How can I be sure?

di The bet_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The meeting ***
Capitolo 2: *** The bet ***
Capitolo 3: *** Let's go to the beach ***
Capitolo 4: *** Changes ***
Capitolo 5: *** He wasn't enough ***
Capitolo 6: *** Goodbye past, welcome present! ***
Capitolo 7: *** All you need is love ***



Capitolo 1
*** The meeting ***


Erano le 5 del mattino quando la sveglia sul comodino prese a suonare, in genere non mi svegliavo mai cosi presto, ma quello era un giorno importante, almeno per mio padre. Era il suo primo vero incarico da quando eravamo arrivati in Italia. Era stato nominato direttore artistico del festival della canzone italiana, ed era decisamente l’occasione per cominciare la sua carriera in questo nuovo paese. Vivevamo a Genova da una decina di mesi, non avevo neanche avuto il tempo di farmi nuovi amici. Fino a pochi anni prima abitavamo in Francia, ma i miei genitori si erano separati e io ero andata a vivere con mio padre e la sua nuova compagna Sharon a Newport. Avevo lasciato tutto in Francia, compreso il mio fidanzato, il quale mi avrebbe raggiunto per San Valentino in Italia, sarebbe dovuta essere una sorpresa, ma avevo scoperto tutto. 
Lanciai una svelta occhiata alla sveglia, erano le 5 e mezzo, e quasi a conferma di ciò che avevo appena visto, sentii la voce di mio padre che mi diceva di sbrigarmi. Corsi in bagno e feci una doccia veloce, l’acqua fresca fu un ottimo metodo per risvegliarmi; tornai in camera e trovai la mia piccola sorellina ad aspettarmi lì, vestita elegantissima con un sorriso indelebile stampato in faccia. Mi assomigliava davvero tanto nonostante ci togliessimo ben cinque anni, mi sembrava un po’ di guardarmi allo specchio quando la vedevo, era una strana sensazione. Le volevo bene come non ne volevo a nessuno, avevo una specie di spirito protettivo nei suoi confronti e vederla sorridente non poteva fare altro che rendermi felice. Decisi di indossare un vestito, anch’io ci tenevo a non far sfigurare papà.
Scesi in cucina, dove mio padre si guardava allo specchio nervoso, aspettava solo me per partire. Diedi un’ultima occhiata alla casa: cominciavo ad affezionarmici. 
 
 
Il tragitto in auto fu silenzioso, io ero troppo assonnata per parlare, mia sorella invece era euforica, mise le cuffie alle orecchie e iniziò a cantare una delle sue canzoni preferite, i miei occhi pian piano si chiusero e decisi di riappisolarmi finché non fossimo arrivati a Sanremo. Aprii gli occhi dopo un tempo indefinito, a me sembravano cinque minuti, ma mi guardai intorno e vidi un grandissimo teatro, dedussi che si trattasse dell’Ariston, eravamo arrivati. Tempismo perfetto, pensai. Mio padre non stava più nella pelle, voleva andare a vedere l’interno di quel maestoso edificio, mia sorella scese di corsa dall’auto ed entrò per prima, io decisi di accompagnarla, non volevo si perdesse.
 
Era bellissimo, non immaginavo che fosse così grande. C’era gente che correva da tutte le parti, alcuni tecnici controllavano i microfoni, altri organizzavano la disposizione dei posti, insomma tutti avevano qualcosa da fare. Mi girai verso mio padre e lo trovai a parlare con un uomo che non avevo mai visto prima. 
‘Julie vieni qui un attimo!’ urlò lui, in francese, ancora non era riuscito ad imparare l’inglese, figuriamoci l’italiano.
Andai verso di loro. Mio padre mi chiese di aiutarlo con l’inglese, proprio come immaginavo. Il signore accanto a noi era un certo Paul e, a quanto avevo capito, era il manager di un ospite del Festival. Cominciai a fargli domande sull’arrivo del cantante e alcune richieste tecniche. Iniziammo un interminabile e, a mio parere noiosissimo, discorso sulla sicurezza della band di cui lui era la guardia del corpo, non desiderava che fossero troppo vicini alle fan urlanti, temeva per la loro incolumità. Avrei voluto dirgli che qualche adolescente urlante non aveva mai ucciso nessuno, ma decisi di non dare inizio a nessuna discussione, volevo andare nella camera dell’albergo il più presto possibile. Dovevo sistemare le robe nell’armadio e farmi una doccia, faceva stranamente caldissimo, nonostante fossimo a febbraio. Prima di fare tutto ciò decisi però di costatare che il letto fosse sufficientemente comodo e non appena posai la testa sul letto mi addormentai senza neppure rendermene conto. Solo dopo molte ore la voce squillante di mia sorella riuscì a farmi balzare giù dal letto, era tardissimo e tutte le mie cose erano ancora in valigia.
‘’Ti devo dare una bella notizia Julie’’
disse mia sorella sorridente, aggiungendo subito ‘’Anzi, due!’’ trillò.
La guardai in attesa di spiegazioni.
‘’Questa è solo la tua camera, non dovrai più condividerla con me, io dormirò nella stanza di papà. E l’altra notizia ancora più bella, è che domani mattina arriverà Carl, sua madre ha chiamato papà per accertarsi che non ci fossero problemi, doveva essere una sorpresa, ma io ho sentito tutto.’’ Disse compiaciuta, con il sorriso ancora stampato sul volto. Impossibile quella bambina era felice per un non nulla, bastava niente perché diventasse euforica, beata lei. Inoltre adorava letteralmente Carl, quasi più di quanto lo facessi io.
‘’Beh la notizia più bella è che non avrò una rompiscatole in giro per la stanza!’’ esclamai ridendo.
‘’Ah è così? Allora chiederò a papà di poterti fare compagnia, sai non vorrei che rimanessi tutta sola’’
Fece una strana vocina, mi stava chiaramente facendo il verso.
La buttai sul letto e le lanciai i cuscini addosso, dando così inizio ad una sfrenata battaglia di cuscini. Ridevamo fragorosamente, ci divertivamo sul serio. Alla fine si sdraiò sul letto stremata chiedendo una tregua. 
Ripresi a tirar fuori le robe dalla valigia e una volta finito mi misi sotto la doccia. Annie era ancora lì stesa sul letto, probabilmente si era addormentata, era distrutta, era stata in piedi tutto il tempo, balzando da una parte all’altra. Quindi decisi di non svegliarla e mi misi il pigiama. Mi stesi affianco a lei, il suo strano profumo aveva inondato la stanza, ma mi addormentai ugualmente in un secondo, quel letto aveva uno strano potere.
‘’Driiiiiiiin’’ era la sveglia che trillava incessantemente sul comodino. Spalancai gli occhi, Annie non c’era più, doveva essere scesa in camera di papà a prendere le sue cose per vestirsi.
Non avevo voglia di alzarmi, ma la certezza che a breve avrei potuto riabbracciare Carl mi fece saltare giù dal letto. Lo trovai lì, proprio fuori dalla porta della mia stanza, avevo sicuramente un aspetto orribile, ma non m’importava, volevo solo stringerlo a me. Mi era mancato, mi era mancato davvero tanto. Ci scambiammo un lungo bacio, mi aspettavo che il mio corpo reagisse in un qualche modo, ogni volta che mi baciava, almeno nei primi tempi, il mio cuore impazziva, ma non sentii assolutamente nulla, neppure un brivido. Non ci diedi troppa importanza e insieme scendemmo a fare colazione in una grande sala, era davvero tutto lussuosissimo, l’albergo era stato pagato dagli organizzatori del Festival e così vi alloggiavano tutti gli ospiti. Riconobbi sì e no un paio di volti, ma non ci diedi troppa importanza. L’attenzione di Carl fu catturata da una bellissima ragazza che si aggirava nella Hall, m’irritai, stavo per cantargliene quattro, ma fui interrotta dalla voce squillante di mia sorella Annie.
‘Julie, guarda! Lì ci sono i One direction!’. 
Avevo sentito Annie parlare altre volte di loro, le piacevano molto, così decisi di accompagnarla a chiedere un autografo. Mi avvicinai, erano a pochi tavoli da noi, Carl era ancora preso da quella ragazza, così non gli dissi nulla. 
Uno di loro stava mangiando, così pensai che chiedergli un autografo in quel momento l’avrebbe disturbato. Decisi quindi di tornare indietro, ma mia sorella stava già parlando con uno di loro.
‘Potrei avere un autografo?’ domandò Annie con voce spezzata.
‘Ma certo!’ le rispose il biondino con ancora un po’ di cornetto in bocca. Mi scappò da ridere, tutti si girarono a guardarmi e si unirono a me. 
‘E chi è questa bella ragazza?’ mi chiese uno di loro. Lo guardai, era davvero molto bello, aveva gli occhi verdi e i capelli ricci, mi sorrise facendo l’occhiolino. Il tipo con la maglia a righe accanto a lui gli diede una gomitata e gli sussurrò ‘Sei sempre il solito, Hazza!’. 
‘Sono la sorella di una delle vostre più grandi fan!’ risposi io, un po’ intimidita da tutti quegli occhi puntati addosso.
‘E tu? Non sei una nostra fan?’ esordì il più silenzioso di loro, accompagnato da una risatina del moro accanto a lui.
‘‘Veramente non ho mai sentito una vostra canzone.’’ Risposi senza pensarci due volte. ‘’Avrei dovuto?’ aggiunsi subito dopo, in un tono che doveva suonare un po’ antipatico.
Mi lanciarono cinque occhiatacce, sei con mia sorella. Decisi che era ora di uscire di scena, ma all’improvviso arrivò mio padre.
‘’Ehi tesoro, vedo che hai già conosciuto i cinque ospiti del Festival, con loro mi servirà ancora il tuo aiuto’’. 
‘‘Va bene papà’ ’ risposi poco convinta, avevo appena fatto una pessima figura con quei cinque ragazzi ed ero sinceramente imbarazzata.
A quel punto era davvero ora di tornare da Carl, così feci un cenno con la mano e mi allontanai.
Il riccioluto mi gridò dietro ‘Byeee Babeee!’, attirando così l’attenzione del mio ragazzo, che finalmente si accorse della mia esistenza. 
‘’Chi è quello Julie?’’ chiese Carl, poco interessato.
‘’Uno dei membri dei One Direction, la band che parteciperà al Festival.’’ Risposi fingendo entusiasmo.
‘’Che si fa oggi?’’ chiesi, cercando di cambiare argomento.
‘’Julie tesoro, sono stanchissimo, devo ancora disfare le valigie, credo che per oggi sia meglio rimanere in albergo!’’ disse, mettendosi una fetta di torta in bocca. Caddero un sacco di briciole sul tavolino e sulla sua maglietta verdina che si macchiò anche di cioccolato.
‘’Maledizione, maledetta torta!’’ esclamò, sussurrando una serie di imprecazioni.
Lo accompagnai fino alla sua camera, non mi chiese neanche di entrare, sembrava troppo preso dalla macchia di cioccolato sulla sua costosissima maglia.
‘’A dopo Julie, verso le 18 e 30 andiamo all’Aristord, o come diavolo si chiama.’’
‘’Ariston.’’ Sussurrai.
‘’Cosa?’’
‘’Nulla, lasciamo stare. A dopo Carl.’’
Mi sporsi per dargli un bacio, ma mi ritrovai di fronte alla fredda parete bianca della porta che batté di fronte a me.
Odiavo che il mio fidanzato non mi desse attenzioni, ogni ragazza amava averne almeno un po’. Ma era il suo carattere e non potevo fare che accettarlo.

Buonasera gente! :D
Alloora, questo è il primo capitolo della nuova FF che scrivo con un'amica. Che ne pensate? Recensitee!

Sciao :3

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Capitolo 2
*** The bet ***


Indossai il vestito che Carl mi aveva portato da Parigi, ero in ritardo come al solito, erano già le 18 ed io non ero ancora pronta. Mio padre mi stava aspettando da un pezzo e così decisi di non truccarmi portando con me il necessario per farlo una volta arrivata in teatro. Carl, contrariamente a quanto mi aveva promesso la mattina rimase in albergo, riciclò la scusa che era distrutto dal viaggio in aereo e dal jetlag, così lo lasciai riposare in camera, mi avrebbe raggiunta all’inizio dello spettacolo.
 
L’Ariston stava cominciando a riempirsi, mio padre andò a controllare che andasse tutto bene ed io per non perdere tempo andai a truccarmi nella toilette. Il problema era che non avevo la più pallida idea di dove fosse, così girovagai un po’ dietro le quinte. Poi, finalmente lo trovai, non c’era nessun’icona che mi facesse capire se era il bagno delle femmine o dei maschi, così supposi che fosse unico. Una volta entrata tirai fuori i trucchi dal mio beauty e iniziai a truccarmi. Nel bagno irruppero i due ragazzi che avevo incontrato la mattina nell’albergo, ricordai il nome del ricciolino, Harry, e del suo amico con la maglia a righe, Louis. Mi guardarono sorpresi, mi resi conto che forse ero nel bagno sbagliato.
‘’Oh, ma guarda chi si rivede!’’ esclamò Louis. 
‘’Ma che piacere!’’ aggiunse subito Harry.
‘’Ehm, temo di aver sbagliato bagno!’ risposi, arrossendo.
I ragazzi si lasciarono andare ad una fragorosa risata.
‘’Ci presteresti un po’ di cipria!?’ mi prese in giro Louis, con una vocina strana, tentando di imitare quella femminile, ma era molto più simile a quella di un’oca.
‘’E’ inutile che ve lo presto, avete fatto già da soli!’’ ribattei, riferendomi alle tonnellate di cipria che avevano in viso.
Harry rise sotto i baffi, cercando di non farsi vedere dall’amico che però lo fulminò con lo sguardo, fece una smorfia e se ne andò. Rimanemmo soli io e lui, per un minuto ci fu un silenzio imbarazzante. Feci per andarmene, ma la voce di Harry mi bloccò.
‘’Aspetta!!’’ 
‘’Cosa?’’ risposi, girandomi di scatto.
‘’Non mi hai ancora detto come ti chiami!’’.
‘’Mi chiamo Julie!’’
‘’Francese?’’.
‘’Sì, vivo in Inghilterra da un po’ di anni, ma di recente mi sono trasferita in Italia a causa del lavoro di mio padre’’.
Harry mi fissò senza dire nulla, mi guardò dalla testa ai piedi come se volesse captare chissà quale dettaglio che gli sfuggiva, era come se stesse cercando di vedermi l’anima.
Poi ci fu un interminabile silenzio.
‘’Beh, adesso vado o mio padre mi darà per dispersa. Ciao Harry!”
‘’Ciao bellezza!’’
 
Stavo cercando mio padre nei vari camerini, su ognuno di essi c’era un biglietto con il nome dell’artista, scorsi quello dei One Direction. Sentii delle voci e mi fermai ad ascoltare, sapevo che non avrei dovuto, ma la curiosità era troppa. Riuscii a malapena a distinguere le voci, riconobbi però con certezza quella di Harry.
‘’Scommettiamo che riesco a farmela prima di tornare in Inghilterra?’’ sussurrò Harry.
‘’Ma chi la Francesina? No, non credo che ce la farai, non mi sembrava la tipa!’’ rispose quello che doveva essere Louis.
‘’Tranquillo, al mio fascino non si può resistere!’’ replicò Harry scoppiando a ridere insieme all’amico.
‘’Scommessa accettata! E se non ce la fai..’’ non riuscii più a distinguere le parole poiché alla voce di Louis si sovrappose la fragorosa risata di uno di loro. Così decisi di allontanarmi. Harry mi aveva dato l’impressione di essere un tipo carino, ma il suo unico obiettivo era di portarmi a letto. Me lo sarei dovuto aspettare, era più grande di me, era famoso ed era dannatamente bello, cos’altro poteva volere da una come me? Ma che stavo pensando, io avevo Carl, non dovevo neanche badare a quella stupida scommessa.
 
 
Il teatro si era riempito, quasi non riuscii a trovare il mio posto, ma poi riconobbi Carl e mi avvicinai a lui sorridendo. Gli diedi un lungo bacio e, voltandomi, sentii lo sguardo di Harry  puntato su di me, non ci feci troppo caso. Carl stava davvero bene quella sera, indossava il suo completo migliore, mi fece quasi tenerezza.
Alla fine della serata tornammo in albergo stanchissimi, ovviamente io e Carl dormivamo in camere separate, poiché mio padre non voleva che passassimo la notte insieme. Per me avevano affittato una stanza singola, cosa di cui ero molto contenta, perché avevo bisogno dei miei spazi. Appena posai la testa sul cuscino ed ero pronta ad addormentarmi, solo per effetto di quel magico materasso e non per sonno vero e proprio, sentii bussare alla porta. In un primo momento pensai di non aprire, chiunque fosse avrebbe potuto aspettare la mattina seguente, ma siccome insisteva, fui costretta ad alzarmi. Aprii la porta assonnata e mi ritrovai davanti l’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere: Harry.

Sono ancora qua! :3
Ed ecco anche il secondo capitolo. Qui arriva Harry e le cose iniziano a farsi più movimentate! Ahahah ok me ne vado, adios c:

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Capitolo 3
*** Let's go to the beach ***


LET'S GO TO THE BEACH

‘’Cosa ci fai qui a quest’ora?’’ gli domandai.
‘’Volevo vederti’’ mi rispose.
‘’E perché volevi vedermi?’’ chiesi, con molta nonchalance.
‘’Perché avevo voglia di parlare con qualcuno e non so perché mi sei venuta in mente tu’’.
‘’Va bene, allora entra’’ dissi un po’ incerta sapendo le sue intenzioni.
Ci sedemmo sul letto, lui mi fissava, non sapevo che dire, così per rompere il silenzio gli chiesi se voleva qualcosa da bere, ma lui rispose di no.
‘’Julie, ho paura!’’ esplose alla fine.
‘’Di cosa?’’
‘’Di non riuscire a dare il massimo durante la nostra esibizione. Sono molto stressato, ultimamente non posso neanche uscire a prendere un po’ d’aria, sono sempre immerso dal lavoro. Certo questo mi fa piacere, ma a volte avrei bisogno di un po’ di spazio per me!’’.
‘’Non devi preoccuparti Harry, anche se non ti esibirai al massimo, nessuno se ne accorgerà, le ragazzine continueranno a venerarti come un dio nonostante tutto, potresti anche stare zitto e metterti semplicemente sul palco, loro ti amerebbero lo stesso.’’
‘’Sarà, ma per me è importante fare una buona impressione, anche con tutti coloro che magari partono prevenuti nei nostri confronti, voglio dimostrare chi sono davvero. Ma adesso basta annoiarti, penserai davvero che io sia matto, andarmi a sfogare con una perfetta sconosciuta a quest’ora della notte. Come posso ringraziarti?’’
‘’Non devi ringraziarmi in alcun modo, tranquillo!’’.
‘’No, devo sdebitarmi, domani sei invitata a pranzo con me e non si accettano repliche!’’
Se non avessi ascoltato quella conversazione che aveva avuto con Louis, sicuramente avrei creduto ad ognuna delle sue parole, ma purtroppo non potevo fidarmi di lui. Decisi comunque di accettare, dovevo vedere fino a che punto sarebbe arrivato.
‘’Va bene ci sarò, a domani!’’
Accompagnai Harry fuori dalla porta e lui mi diede un bacio sulla guancia augurandomi la buonanotte.
Una volta rimasta sola i miei pensieri andarono a Carl. Come facevo a dirgli che stavo andando a pranzo con Harry Styles? E soprattutto, perché non avevo voglia di stare con il mio ragazzo che non vedevo da mesi? Un sacco di domande mi attanagliavano, ma decisi di non angosciarmi troppo e di dormirci su.

Un raggio di sole si intrufolò dalla finestra e mi diede il buongiorno. Era già ora di alzarsi, ricominciare d’accapo un’altra giornata. Guardai la sveglia, erano le undici, avevo dormito davvero tanto! Squillò il telefono, risposi, era Carl. M’invitò a pranzo, ma rifiutai dicendo che ero stanchissima, che sarei rimasta in albergo a riposare, gli dissi di andare a visitare Saremo con mio padre e mia sorella che ci saremmo visti direttamente all’Ariston quella sera.
Comincia a prepararmi non sapendo a che ora sarebbe passato Harry, non pensai troppo a cosa indossare, ma decisi comunque di mettere qualcosa che mi valorizzasse.
Bussarono alla porta, era Harry, uscii di fretta dimenticando il telefono in camera.
‘’Buongiorno bella!’’ mi disse.
‘’Ciao Harry! Dove mi porti?’’
‘’E’ una sorpresa, ora vedrai!’’
Salimmo in macchina, non avevo idea di dove stessimo andando, ma immaginai che fosse uno di quei posti chic in cui vanno le star. Una volta arrivati però capii di essermi sbagliata, scesi dall’auto e sentii sotto i miei piedi la sabbia, eravamo al mare! Aveva messo un tavolo proprio in mezzo alla spiaggia, era già tutto pronto. Harry mi diede la mano e da vero gentiluomo allontanò la sedia dal tavolo per farmi sedere.
‘’Beh che ne pensi?’’ mi domandò.
‘’Davvero niente male, vedo che ti sei impegnato signor Styles! Posso farti una domanda?’’.
‘’Ma certo Julie!’’
‘’Perché con tutte le ragazze che ti vengono dietro tu hai deciso di uscire proprio con me?’’
‘’Eh lo so che il mio fascino è irresistibile, ma che ci vuoi fare devo pur scegliere!’’ disse in tono sarcastico e scoppiò a ridere, mi unii a lui.
Andammo a stenderci sulla sabbia, si tolse la maglietta, lo fissai, era talmente bello che non sembrava reale, mi guardò come per dire: ‘’Visto quanto sono figo?’’, si aspettava che glielo dicessi, ma io mi limitai a chiedere:
‘’Non senti freddo?’’ mi guardò deluso, ma poi rispose prontamente.
‘’Neanche un po’, anzi sai che ti dico, che tu ed io ora ci facciamo un bel bagno!’’
‘’Oh, non credo proprio, te lo farai tu il bagno mio caro!’’.
All’improvviso corse in acqua e cominciò a schizzarmi, così mi alzai per allontanarmi e lui mi prese da dietro, trascinandomi in acqua. Entrambi cominciammo a schizzarci, ero bagnata fradicia, ma non ci stavo pensando, per la prima volta da quando mi ero trasferita, ero felice, felice per davvero. Iniziammo a ridere senza un motivo, ci guardavamo e non riuscivamo a smettere, spostai lo sguardo verso la spiaggia e vidi una figura che ci fissava.
Merda. Carl.

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Capitolo 4
*** Changes ***


CHANGES

Smisi di ridere immediatamente e uscii dall’acqua, ma Harry sembrò non capire cosa succedesse.
’Che succede Julie?’’ mi chiese, ma non mi girai neanche a guardarlo.
Andai verso Carl, mentre lui si stava velocemente allontanando dalla spiaggia, aveva tratto conclusioni affrettate, aveva frainteso la situazione.
Iniziai a correre per raggiungerlo, andava davvero veloce.
‘’Carl! Carl aspetta!’'
Si girò di scatto, guardandomi male
‘’Che vuoi ancora da me?’’
‘’Non è come pensi.’’

‘’Ah no? E com’è allora?’’ rispose seccato.
‘’Io e lui siamo solo amici.’’
‘’Quindi sei troppo stanca per il tuo fidanzato, ma non per il tuo amico!’’ mi accusò.
Non sapevo che dire, non avevo idea del perché avessi scelto di trascorrere la giornata con un perfetto sconosciuto invece che con il mio fidanzato.
‘’Non sai cosa dire? Beh non lo so neanche io. È stato tutto un errore. Tu sei stato un errore. Venire qui è stato un errore. Addio Julie.’’
‘’Ah sì, sono un errore? Allora sei liberissimo di andartene, nessuno ti trattiene. Addio Carl.’’

Ero troppo orgogliosa per sentirmi dire tutte quelle cose e chiedere anche scusa. Avevo sbagliato, lo sapevo, ma anche lui aveva esagerato. Girai le spalle e tornai da Harry, che mi guardò sconcertato, certo di essere lui la causa delle mie lacrime.
‘’Ehi, che succede?’’
‘’E’ solo colpa tua, riportami subito a casa!’’ gli urlai, prendendo la mia borsa e dirigendomi verso la macchina, visibilmente arrabbiata.
Ero ancora bagnata fradicia, faceva un gran freddo e, come se non bastasse, iniziò anche a piovere. Harry, impassibile, rimase a guardarmi e quando capì che non mi sarei calmata, decise di raggiungermi in auto. Sembrava veramente dispiaciuto, aveva un’aria abbattuta e mi sembrava strano che facesse tutto questo unicamente per una stupida scommessa. Chissà qual era la posta in gioco.
‘’Scusa’’ disse, con voce supplichevole, e quasi riuscì a persuadermi.
Non risposi.
‘’Scusa’’ ripeté.
Mi ostinai a non rispondere.
Iniziò ad intonare le note del ritornello di una canzone che mi sembrava di conoscere.
‘’Sorry seems to be the hardest word.’’
Elton John, amavo quella canzone. La sua voce era irresistibile, non potevo davvero continuare ad essere arrabbiata con lui, ma non era da me perdonare subito. Cosa mi stava succedendo?
‘’Oh, d’accordo, ma solo perché non voglio sentirti cantare ancora, le mie orecchie non potrebbero sopportarlo!’’ scherzai.
‘’E tu sapresti cantare meglio di me?’’ disse ridendo.
‘’Certo, ma non vorrei umiliarti!’’
‘’Ma che ragazza simpatica!’’ si voltò a guardarmi e mi fece l’occhiolino.
Mi ritrovavo lì a parlare e a scherzare con un perfetto sconosciuto, dimenticandomi di tutti i miei problemi, Carl, i miei che avevano divorziato, il fatto che vivessi in una città totalmente sconosciuta. Finii per dimenticarmi anche della scommessa, e mi rifiutai di credere che un ragazzo come lui potesse ferire i sentimenti di una ragazza, solo per una soddisfazione personale.
‘’Arrivati!’’ la voce di Harry irruppe nei miei pensieri.
Mi accompagnò in camera.
‘’A dopo’’ mi sussurrò
‘’Ci vediamo dopo’’ Gli feci un cenno con la mano ed entrai.
Mi misi sotto la doccia ancora piena di sale e iniziai a pensare a tutto quello che mi stava succedendo. Il mio primo pensiero fu Harry, era sorprendentemente bello, così pieno di fascino, mai nessuno era riuscito a catturare le mie attenzioni in quel modo, neanche Carl. Io e lui stavamo insieme da tanto, troppo tempo e il pensiero di baciare qualcun altro sembrava solo un’eresia, almeno fino a quel momento. Ma quando stavo con Harry, ogni particella del mio corpo lo desiderava, mi sembrava di non ragionare più, non mi sentivo più me stessa.
Ma riflettendoci razionalmente lui non poteva essere nient’altro che un sogno, una fantasia, un’irraggiungibile favola senza lieto fine. Lui era una pop star, viveva in Inghilterra e stava facendo tutto questo solo per una stupidissima scommessa. Questa era la realtà, questo era tutto.
Cercai di soffocare tutti quei pensieri che mi angosciavano con il getto dell’acqua fresca, canticchiando la canzone che Harry aveva intonato in auto.
Mi resi conto di essere in ritardo, uscii frettolosamente dalla doccia e indossai il completo intimo di Victoria's secret che mi aveva regalato Carl al compleanno.
Il silenzio fu interrotto dal suono del campanello.
Andai ad aprire, dimenticando totalmente di non aver indosso nient’altro che la biancheria intima e me ne resi conto quando vidi l’espressione sul volto di Harry. Sembrava incantato da qualcosa e solo a quel punto gli sbattei la porta in faccia per andarmi a mettere qualcosa addosso.
Riaprii.
‘’Ma no, stavi meglio prima!’’ scherzò lui.
‘’Asciugati la bava piuttosto!’’ gli lanciai uno sguardo terribile e lui si zittì immediatamente.
‘’Dai non te la prendere, scherzavo.’’
Andò a stendersi sul letto, si mise a suo agio come se fosse in camera sua.
‘’Beh, cosa ti serve Harry?’’
‘’Oh nulla, solo un po’ di buona compagnia e uno shampoo…per capelli ricci però!’’
‘’Perché se no i tuoi ricci si afflosciano!’’

‘’Certo che no Baby, al signor Styles non si affloscia mai nulla!’’ disse ironicamente.
Cominciai a ridere, anche se era una di quelle stupidissime battute fatte da tutti i maschi col testosterone a mille, ma detta da lui cambiava totalmente significato.
‘’Io non ci giurerei!’’ Lo sfidai.
Harry mi trascinò per un braccio sul letto e mi stesi affianco a lui. Ci guardammo dritti negli occhi per attimi che sembravano interminabili, non sapevo cosa fare, non sapevo quale fosse la prossima mossa. Non riuscivo più a trattenermi, per quanto mi sforzassi di non accettarlo la realtà era che desideravo le sue labbra più di quanto avessi mai desiderato qualunque altra cosa. Si avvicinò pericolosamente al mio volto, avrei dovuto allontanarmi, ma era come se qualche legge fisica mi attirasse verso di lui. Ci baciammo, fu un attimo. Il mio cuore sembrava scoppiare, sentivo una fitta allo stomaco. Maledetta emozione. Per un secondo mi mancò l’aria, poi le cose ripresero il loro corso e ci continuammo a baciare, senza imbarazzo, senza paure, sembrava che il mondo intorno a noi non esistesse, era tutto perfetto.
Si dice che il primo bacio non si dimentica mai, ma io non credo sia così. Secondo me non conta l’ordine cronologico, ma le sensazioni che si provano e l’importanza che quella persona ha. Sono queste le cose che ti fanno ricordare un momento, un momento che nel nostro cuore non può che rievocare gioia, un momento che nella nostra mente durerà per sempre.
Mi sembravano passati solo pochi minuti da quando Harry era entrato in camera mia, ma la sveglia sul comodino segnava le 20 e 15 e avevo solo dieci minuti per prepararmi e correre all’Ariston.
‘’E’ tardissimo! Vattene, SUBITO!’’ strillai in tono isterico.
‘’Come rovinare un attimo bellissimo’’ si mise a ridere ‘’Va beh dai, hai ragione, vado a farmi la doccia’’
Si alzò ed andò verso la porta, mi lanciò un’ ultima occhiata e uscì. Solo a quel punto mi ricordai del suo shampoo e gli corsi dietro.
‘’Haaaaarry, ma a te non serviva lo shampoo? Non vorrei che questa sera i tuoi ricci non risplendessero come al solito, sai, potresti giocarti il posto come testimonial della Sunsilk!’’
‘’Oh, giusto, avevo tutt’altro per la testa, ma non posso trascurare la cura della mia chioma!’’ mi fece l’occhiolino, gli lanciai lo shampoo e l’afferrò al volo.


Ecco a voi il capitolo 4, che ne pensate? Recensitee c:

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Capitolo 5
*** He wasn't enough ***


He wasn't enough

 

 
L’Ariston era pieno di gente, tutti erano emozionati, la sfida canora si stava facendo sempre più interessante, io non ero particolarmente presa, avevo ascoltato tutte le canzoni, ma nessuna di queste mi aveva colpito particolarmente. Da dietro le quinte si sentì la voce del presentatore che annunciava l’inizio della gara. C’era un gran fermento, gente che si scaldava la voce, che si truccava, si vestiva o strillava come un’isterica; mio padre si guardava intorno cercando un modo per essere utile, io invece cercavo Harry.
‘’Papà, io vado a farmi un giro, torno tra un po’.’’ gli dissi.
‘’Va bene tesoro, a dopo ’’
Cercai Harry dappertutto, finché non arrivai davanti alla stanza dei ragazzi. Bussai.
‘’Chi è?’’ disse una voce dall’interno che non sembrava quella di Harry.
‘’Sono Julie’’ risposi incerta.
‘’Entra!’’ rispose una voce euforica e questa volta la riconobbi, era la sua.
Entrai, cinque ragazzi erano seduti su un divanetto, mangiando pop corn e scherzando tra di loro. Harry si alzò e mi venne incontro, feci per andare dagli altri, ma lui mi tirò da un braccio e ci dirigemmo verso un’altra stanzetta appartata, sussurrandomi nell’orecchio che dovevamo parlare. Prima di uscire notai che Harry guardò Louis con aria compiaciuta e lui gli sussurrò qualcosa di incomprensibile.
Mi portò in una stanzetta abbastanza piccola, ma aveva l’aria di essere molto confortevole. C’erano due poltrone e un tavolino. Ci sedemmo e calò un silenzio imbarazzante.
Decisi di rompere il ghiaccio.
‘’Di cosa dobbiamo parlare?’’ Dissi, sperando che mi dicesse che aveva cambiato idea riguardo alla scommessa con Louis, che gli piacevo per davvero e che ci teneva a me.
‘’Quello che ho provato oggi pomeriggio non lo provavo da davvero tanto tempo. E’ stato… Wow, non ci sono parole.‘’
Fece una faccia strana, sembrava diverso, vero. Forse era la speranza che mi faceva vedere le cose a modo mio, come avrei voluto.
‘’Pensavo che stasera potevamo..’’ disse lui, gesticolando. Sembrava in imbarazzo. Sapevo dove voleva arrivare, e non mi piaceva per niente. Volevo cambiare argomento, dentro di me avrei dovuto capire che il suo unico obbiettivo rimaneva ancora quello di portarmi a letto, ma non volevo accettarlo, e feci finta di nulla.
‘’No!’’ Dissi seccata.
‘’Ma se non ho neanche finito di parlare!’’
‘’So dove vuoi arrivare, e la risposta è no!’’
‘’Ma...’’ Non sapeva neanche lui cosa dire, era lì, immobile che continuava a fissarmi. Mi avrebbe persuaso se non avessi saputo della scommessa con Louis.
‘’Ma niente!’’ Feci per alzarmi, mi aspettavo che lui mi chiedesse scusa o tentasse almeno di fermarmi, ma niente. Uscii trattenendo le lacrime, non volevo sembrare debole, soprattutto davanti a lui. Fuori dalla stanza la situazione era sempre la stessa: gente che correva da una parte all’altra, voci isteriche che urlavano nei corridoi e, mentre con lo sguardo cercavo mio padre, scorsi Carl alla fine del corridoio. Mi stava cercando e gli andai incontro.
‘’Julie, ti devo parlare’’
‘’Io non ho nulla da dirti, Carl’’ Dissi duramente.
‘’Beh io si. Conosci un posto più appartato dove possiamo parlare?’’
‘’Vieni con me’’ lo portai nella stanzetta, convinta che ormai Harry fosse tornato nel camerino con i ragazzi. Quando entrai, trovai il mio telefono sulla poltrona, c’era un messaggio aperto ed era di Carl. Non ricordavo proprio di aver aperto nessun messaggio, doveva essere stato sicuramente Harry. Mi sedetti e Carl fece lo stesso.
‘’Julie, io volevo chiederti scusa per quello che ho detto stamattina, non lo penso davvero, ero solo molto arrabbiato. Dai, anche tu avresti pensato lo stesso se mi avessi trovato a fare il bagno con un’altra ragazza. Tu non sei assolutamente un errore, e lo sai. Non possiamo buttare tutto all’aria per una stupida litigata.’’ Quasi mi implorò.
‘’Forse quello che hai detto non lo pensavi davvero, ma quello che è successo oggi pomeriggio mi ha fatto capire che io e te stiamo insieme da davvero troppo tempo. Sappiamo tutto l’uno dell’altra e sembriamo una coppia di anziani sposati che vive sempre la stessa routine. Siamo troppo giovani per impegnarci per davvero. In questo momento ho solo voglia di divertirmi’’
‘’Lo dici solo perché una pop star si è interessato a una ragazzina come te, e non sei stupida Julie, dovresti capire qual è l’unica cosa che vuole da te!’’
Si, aveva ragione, ma a prescindere da tutto, non avevo davvero voglia di tornare con lui, non ora. Stavamo insieme da una vita praticamente, non ricordavo neanche quando fosse stata l’ultima volta che avevo desiderato un’altra persona all’infuori di lui. Il punto non era Harry, il punto eravamo io e lui, ma Carl sembrava non capirlo. Non riusciva ad accettarlo o forse, semplicemente non voleva farlo. Ci dovevamo lasciare, questo lo sapeva anche lui, ma aveva paura. Paura di rimanere da solo. Ma non si rimane con una persona solo perché si hanno questo tipo di timori, anch’io infondo avevo l’incubo della solitudine. Ma non si è mai soli e questo Carl doveva capirlo.
‘’Sarà, ma quello che ho provato con lui in due giorni, non lo provavo davvero da tanto tempo. E anche se è solo un’avventura di poco tempo non mi importa perché, come ti ho già detto, non cerco nulla di serio. A prescindere da Harry, è necessario che io e te rompiamo, prima di farci davvero del male.’’
 ‘’Non ti ricordavo così superficiale e frivola Julie. Sei diventata proprio.. sei una.. si, sei una troia!’’ mi urlò contro.
Una troia, io? Proprio io che mi creavo migliaia di problemi se indossavo una minigonna, io che quasi m’imbarazzavo a indossare un paio di tacchi. Bisogna dare il giusto peso alle parole e non offendere le persone gratuitamente. Quelle parole mi trafissero come lame taglienti che andavano a ferire dritto il mio orgoglio.
‘’Tu in cinque anni di relazione non hai capito proprio un cazzo di me caro Carl! Non voglio vederti mai più! Fai le tue valigie e tornatene in Francia, prima che passi alle maniere forti!’’
Me ne andai senza dire nulla, e questa volta non tentai neanche di trattenere le lacrime. Non mi importava davvero più di nulla, forse quella sera avevo davvero perso tutto. L’unica cosa che volevo era tornare in camera a piangere, da sola, senza nessuno che mi giudicasse. Senza tutti quegli occhi accusatori che traevano le loro conclusioni. Odiavo piangere in pubblico, odiavo in genarle manifestare i miei sentimenti in pubblico, era la cosa in assoluto più irritante, mi sentivo lo sguardo della gente puntato addosso, mi sentivo spogliata della mia intimità. Decisi quindi di tornare nella mia camera d’albergo, l’unico rifugio isolato dal resto del mondo.
Mentre me ne andavo, sentii dei passi allontanarsi velocemente. Presi il cellulare dal divanetto con il messaggio di Carl ancora aperto, lo eliminai, chiamai mio padre e mi accompagnò in albergo.



I'm sorry if this hurts you but I tried to keep what we had once I was wrong


You didn't listen you didn't hear me when I said I want more I got no more 
 
 

It's not enough, it's not enough  •
 



[Mi dispiace se ti ha fatto male, ma ho provato a mantenere quello che c'era tra di noi,ma stavo sbagliando, 



non mi sentivi, tu non mi ascoltavi quando ti dicevo che volevo di più. Non ho avuto di più,non è abbastanza.]

 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Goodbye past, welcome present! ***


Questo capitolo è da carie, ma quando vuole, ci vuole :33


Durante il tragitto il silenzio tipico della convivenza tra me e mio padre, uomo di poche parole con il quale era quasi impossibile instaurare un discorso, ebbi modo di pensare. La mia mente volò a quel pomeriggio. Erano successe così tante cose in quei giorni, avevo rotto con il mio storico fidanzato, avevo baciato un estraneo, una pop star. Non mi sentivo più io, non mi sentivo più la Julie Laurent che viveva in Francia. Per una frazione di secondo pensai alle parole di Carl, una fitta allo stomaco, era davvero tutto finito? Un capitolo così sostanzioso della mia adolescenza chiuso in quel modo. Non volevo che finisse tutto così, mi ero sempre immaginata un finale diverso, qualcosa di più romantico. Ma non esiste un modo ‘romantico’ per rompere una relazione, non è mai esistito e probabilmente non esisterà mai. Carl mi era sempre piaciuto, non ero attratta da lui, non fisicamente almeno, ma mi sentivo affettivamente legata a lui, gli volevo bene, ma come si vuole bene a un fratello o a un cugino. Non era certo questo il tipo d’amore travolgente e passionale che si aspetta di vivere una giovane sedicenne. All’epoca non riuscii a capire la sottile differenza che vi è tra il volere bene ad una persona e il desiderare fisicamente qualcuno. Ero solo una bambina, quattro anni prima quando quel piccolo ragazzo mi aveva ingenuamente baciato, era la mia prima esperienza, non sapevo quale fosse il modo giusto di reagire. Io desideravo avere un ragazzo, molte mie amiche ne avevano uno, e vidi in Carl la cosa più vicina ad un fidanzato così iniziai a frequentarlo. Più che per motivi affettivi per una sorta di competizione che si era creata tra me e tutte le mie compagne di classe, una gara a chi cresce per prima. A ripensarci mi vien da ridere. Io e Carl iniziammo a frequentarci, nessuno dei due aveva idea di come sarebbero andate le cose, ma non ci pensavamo troppo, vivevamo spensierati la nostra età. Giocavamo alla play station, guardavamo la tv, correvamo, andavamo a qualche festa, entrambi avremmo dovuto capire allora che era il momento di darci un taglio, di farci un esame di coscienza e giungere alla conclusione che eravamo dei semplici amici che ogni tanto si scambiavano qualche bacio. Invece nessuno dei due era abbastanza coraggioso da ammetterlo e le cose tra noi si facevano sempre più serie, crescevamo e crescevano insieme con noi tutte le nostre esigenze. I baci sfuggenti che ci scambiavamo nei primi tempi si trasformarono in ben altro e fu quello il periodo più bello della nostra relazione, quello nel quale costatai che superato il periodo iniziale una relazione è molto più solida. Vissi quei mesi con tutto l’entusiasmo possibile, non vedevo l’ora di trascorrere del tempo con lui, da soli. Fu tutto un susseguirsi di eventi, di situazioni, una continua crescita, un continuo cambiamento che ci portò ad essere quello che alla fine eravamo diventati. Stavamo insieme da anni ormai, non c’era più nulla di scoprire l’uno dell’altro, c’era una tale confidenza che, nonostante non avessimo mai avuto rapporti sessuali non mi vergognavo di andare al bagno davanti a lui. Arrivai a considerarlo davvero un fratello, lo davo seriamente per scontato, come una figura constante, che non mi avrebbe mai tradita. Mi fidavo cecamente di lui, non ero affatto gelosa delle altre ragazze, il nostro rapporto era ferreo, non perché ci amassimo alla follia, ma perché il tempo trascorso a crescere insieme ci aveva portato a vedere tutti gli altri come figure estranee, con le quali non si poteva aver alcun tipo di approccio fisico. Fu il trasferimento a precipitare un po’ le cose, la distanza più che altro, eravamo abituati a vederci ogni giorno, a sentirci ogni ora, ma questo tipo di legame, quasi morboso era destinato ad affievolirsi settimana dopo settimana. La nostra voce al telefono era la stessa, ma ciò che ci dicevamo erano semplici frasi fatte, una formalità. Quando gli chiedevo come andassero le cose non mi importava realmente la sua risposta, ma mi sembrava gentile domandarglielo ugualmente. Quando poi mi aveva raggiunto in Italia, l’avevo guardato negli occhi dopo tanto, tantissimo tempo e non mi sembrava di conoscere quella persona. Io ero stata innamorata del bambino che una volta era Carl, mi aggrappavo al suo ricordo cercando di amare anche il ragazzo che era diventato, ma non era che un’illusione destinata a spegnersi.
La macchina frenò bruscamente interrompendo tutte le mie fantasie, la voce di mio padre mi diede la conferma che eravamo arrivati e scesi dall’auto. Aspettai che scomparisse all’orizzonte e poi entrai nell’albergo.
Una volta in camera mi misi una felpa enorme e iniziai a mangiare gelato a volontà. In tv davano Jersey Shore, mi tirava su di morale, anche se le lacrime continuavano a scorrere incessantemente. Stavo quasi per addormentarmi, quando sentii la porta aprirsi. In un primo momento pensai fosse mio padre poiché era l’unico ad avere la copia della chiave.
‘’Papà! Papà sei tu?’’ Urlai, singhiozzando tra le lacrime.
‘’Mi dispiace deluderti, ma non sono tuo padre.’’ Rispose l’inconfondibile voce di Harry.
Come faceva ad avere le chiavi della mia stanza? E soprattutto, come faceva a non scappare vedendomi in quello stato?
‘’Come sei entrato?’’ domandai, cercando di nascondere il viso sui cuscini.
‘’Era aperto, pensavo stessi già dormendo ed ero entrato solo a controllare.’’ Rispose subito lui.
‘’Beh, come puoi vedere non sto dormendo, quindi tranquillo, puoi andare!’’ dissi fingendo di poggiare la testa sul cuscino e chiudere gli occhi, speravo davvero che se ne andasse. Non volevo che pensasse che fossi debole, non desideravo mi vedesse in quello stato.
‘’Veramente volevo chiarire, non voglio litigare con te.’’ Incalzò.
Si sedette sul letto, mi passò il pacco di fazzolettini e mi asciugò le lacrime.
‘’So che sei triste perché abbiamo litigato, ma non c’è bisogno di piangere!’’ Disse in tono chiaramente ironico.
‘’Non sei al centro del mondo, Harry’’ risposi secca. Capì che non era il momento di scherzare e tornò serio.
‘’Okay, hai ragione, che è successo?’’
‘’Io e Carl ci siamo lasciati, definitivamente.’’
‘’Vorrei poterti dire che mi dispiace, ma sappiamo entrambi che non è così.’’
‘’Già, non c’è bisogno di fingere, tranquillo.’’
‘’So solo che vederti così mi fa davvero male. Vedere che tu piangi per uno stupido francesino con la puzza sotto il naso mi fa venir voglia di spaccare tutto.’’
‘’Non piango perché abbiamo rotto, l’ho deciso io, non avrei motivo d starci male. In realtà non so neanch’io perché sto piangendo. Forse solo perché ho messo davvero la parola fine ad un capitolo della mia vita così importante. Il futuro mi spaventa. La solitudine mi distrugge, sai non sono davvero così forte come sembra Harry.’’
‘’Tu non sarai mai sola Julie, dovresti saperlo.’’ Mi sfiorò il ginocchio, ma io lo respinsi.
‘’Oh, al diavolo Harry, sappiamo entrambi cos’è che vuoi da me, e quando l’avrai scomparirai lasciando dietro di te nient’altro che il vuoto.’’
‘’Non è così, se volessi soltanto qualcuna con cui andare a letto, lì fuori avrei una marea di adolescenti che non vedono l’ora di spogliarmi. E’ diverso con te, non lo so neanch’io che cosa mi succede, non so neanch’io come sia possibile.’’
Sembrava davvero sincero, quanto avrei voluto credergli.
‘’Io vorrei potermi fidare di te, ma purtroppo non posso. Diavolo, sei una pop star, una fottutissima pop star, l’idolo di un’orda di ragazzine, siamo due pianeti diversi.’’
‘’Non sono un Dio Julie, sono un ragazzo proprio come te, ho dei sentimenti, so quello che voglio. Ora so che voglio te, non come pensi tu, ma in un modo in cui non ho mai desiderato nessuna.’’ Si stese affianco a me sul letto, mi lasciò senza parole, cosa potevo dire? Che desideravo che mi baciasse in quel momento senza indugiare troppo? Certamente no.
‘’Sta zitto Harry, mi scoppia la testa, non ci capisco più nulla.’’
Si avvicinò sempre di più al mio volto e non potei fare altro che assecondarlo, mi lascai trascinare da lui in quel turbine di emozioni che solo i suoi baci riuscivano a darmi. I suoi occhi verdi mi fissavano, due laghi in cui tuffarsi, brillavano come pietre preziose. Era maledettamente perfetto. Ogni cosa in lui sembrava essere magnifica, i suoi capelli, tanto curati, erano ricci al punto giusto, di un colore indefinibile, ma senza dubbio bellissimi, come tutto il resto. Se avessi dovuto immaginare il principe azzurro, sicuramente l’avrei immaginato come lui, o almeno questo era quello di cui ero convinta mentre le sue labbra si poggiavano sulle mie, ma quando lui era lontano da me ogni certezza che avevo nei suoi confronti sembrava svanire.


Ragazze, questo è l'altro capitolo, dove le cose iniziano a scaldarsi.

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Capitolo 7
*** All you need is love ***


La mattina seguente spalancai gli occhi certa di aver fatto solo un inverosimile sogno. Ma a dispetto di quelle che erano le mie convinzioni trovai accanto al letto la figura di Harry, pulito e cambiato che aspettava il mio risveglio con un vassoio in mano contenente un’ottima colazione. Solo alla vista ei croissant realizzai che non mangiavo da ventiquattro ore e che avrei mangiato qualunque cosa fosse sotto mano.
‘’Ma buongiorno bell’addormentata, alla buon’ora!’’ sussurrò il più dolcemente possibile.
Il letto ancora caldo era un ottimo motivo per riaddormentarsi, ero davvero stanchissima, avrei voluto rigettare la testa sul cuscino e chiudere gli occhi. Ma Harry Styles con dei croissant in camera mia era un motivo ancora più valido per buttarmi giù dal letto.
‘’Buongiorno a te.’’ Dissi con voce roca, maledizione, la mia voce a prima mattina era molto più simile a quella di un orso che si sveglia dal letargo che a quella di una ragazza.
Harry non riuscì a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata, sfoderando la sua dentatura perfetta.
‘’Taa-taaan, ti ho portato la colazione, approfittane finché sono ancora caldi!’’ esclamò indicando i croissant.
Senza pensarci due volte mi tirai su e iniziai a trangugiare tutta quella roba, sembravo un animale che non si nutriva da mesi.
‘’Ehi, ehi vacci piano baby, non vorrei essere io la causa di una futura obesità!’’ scherzò facendomi l’occhiolino.
Ero sul punto di innervosirmi, ma lui prontamente mi precedette, sedendosi accanto a me e rubandomi un bacio. Ed ecco che il mio stomaco sobbalzò e il cuore patì di nuovo, avrei dovuto farci l’abitudine prima o poi. ‘’Dove la porto oggi, signorina?’’ domandò lui tutto sorridente, tramava qualcosa, ne ero certa.
‘’Dove mi vuole portare cherie?’’
‘’Surprise!’’ rispose euforico.
Andai a farmi una doccia di fretta, indossai una gonna a vita alta, non avevo voglia di indossare i jeans lunghi, fuori il sole sembrava rovente. Non avevo idea di dove Harry mi volesse portare, così per precauzione misi in borsa un paio di sneakers. Diedi una leggera spolverata di trucco in viso ed ero pronta per uscire.
Prima di mettere in moto l’auto Harry mi guardò dritto negli occhi, era difficile sostenere il suo sguardo, non riuscivo a non rimanerne incantata, ci sprofondavo dentro e non ne uscivo più.
Il rombo della BMW nuova di zecca interruppe tutti i miei viaggi mentali.
‘’Hai intenzione di dirmi dove andiamo?’’ chiesi curiosissima. Di sicuro non mi poteva portare di nuovo al mare, così esclusi un’opzione.
‘’E che gusto ci sarebbe? L’attesa aumenta il desiderio e... ’’ si girò a guardarmi, sapevo dove voleva andare a finire.
‘’Stai attento a quello che dici, basterebbe un nulla per mandare a monte la tua sorpresa.’’
‘’Non prendermi sempre sul serio Julie, sparo tante di quelle cazzate che neanche te le immagini. Ridici su!’’
Beato lui era sempre così spensierato, non aveva nessuna preoccupazione all’infuori del come sistemarsi i capelli o cosa indossare la sera.
‘’Ah ah ah’’ risi sarcasticamente.
Mi diede una pacca sulla spalla. ‘’Meglio lasciar perdere, non voglio farti inacidire di prima mattina.’’
L’auto sfrecciava per le vie del paese, eravamo entrati proprio dentro Sanremo, volevo sapere dove stavamo andando, la curiosità mi mangiava viva.
‘’A che ora hai le prove Harry?’’ chiesi cercando una distrazione altrettanto interessante quanto la sorpresa.
‘’Merda, le prove!’’ esclamò in tono isterico, mi porse il cellulare e mi chiese di mandare un messaggio a Louis, dopo neanche due minuti il telefono s’illuminò.
‘’Dimentichi sempre tutto Hazza, anche le prove dello spettacolo, ma cos’hai per la testa? Ti aspettiamo alle quindici all’Ariston, non un minuto più tardi.’’ Lessi ad alta voce.
Harry iniziò a ridere senza che io capissi bene il perché. Cosa c’era di così divertente in quelle parole? Mi prese il telefono dalle mani e digitò velocemente: ’D’accordo papà!’.
‘’Ora mi puoi dire dove andiamo?’’ chiesi
‘’Purtroppo non avevo previsto le prove, quindi dovremmo accontentarci di questo!’’ Disse guardando il parco davanti a noi.

 
L’auto si fermò e Harry mi aiutò a scendere. Entrammo da un grande cancello di ferro, rimasi sbalordita da quell’immenso spazio verde. Sembrava di non trovarsi neanche più in quell’antica cittadina, come se fossimo in un’altra dimensione. Davanti a me una serie di giostrine letteralmente invase da bambini che urlavano come matti, spostai lo sguardo dall’altra parte e vidi un magnifico sentiero con delle panchine rosso fuoco, sembrava essere uno dei pochi luoghi quasi incontaminati dall’uomo, gli alberi che svettavano sopra le nostre teste erano verde smeraldo, rigogliosi, sembrava proprio che la vita li sorridesse. Mi sentii invasa da una strana ondata di felicità.
‘’Allora, ti piace?’’ Mi chiese, poco convinto. Sembrava che fosse lui quello a cui non piaceva.
Mi piaceva eccome, ma non erano queste le mie aspettative, così mi limitai a dire: ’’Meglio di niente, dai.’’
‘’Almeno stiamo insieme, qualunque posto insieme a te è meraviglioso!’’ Disse con voce ironica, quasi tentando di recuperare punti.
‘’L’importante non è dove siamo, ma con chi siamo!’’ Lo assecondai, scoppiando a ridere.
‘’Ma ora basta o mi verranno le carie! Beh che si fa adesso?’’ aggiunsi immediatamente tra una risata e l’altra.
‘’Ti va un gelato o preferisci una barretta dietetica? Sai non vorrei che ti rovinassi la linea dopo il cornetto di sta mattina!’’ scherzò. Indicandomi il chiosco al quale intanto ci avviammo.
‘’Parli proprio tu!’’ ribattei.
‘’Che cosa vorresti dire?’’
‘’Che in camera di mia sorella ci sono alcune tue foto davvero compromettenti!’’
‘’Tutti attraversano brutti periodi e poi nonostante la pancetta avevo il mio fascino!’’
‘’Basta che ne sei convinto!’’
Il signore del chiosco ci osservava incuriosito cercando di ascoltare i nostri discordi, nel fra tempo ordinammo due gelati al cioccolato e alla vaniglia che ci vennero serviti in un batter d’occhio.
‘’Ritornando al discorso di prima, ne è una prova tua sorella che nonostante i chili di troppo, aveva comunque i miei poster’’ disse compiaciuto.
‘’Già, peccato che il tuo fascino colpisse solo le bambine di otto anni!’’
‘’Beh, ma adesso le cose sono cambiate’’ si avvicinò pericolosamente a me e a un centimetro dalla mia bocca mi chiese ‘’O sbaglio?’’ mi aspettavo che da un momento all’altro mi baciasse, ma invece mi ritrovai il suo cono al cioccolato dritto in faccia.
Iniziai a rincorrerlo agitando minacciosa il mio cono alla vaniglia e cercando di fargli capire che avevo intenzione di vendicarmi. Lui, però, era maledettamente veloce e dopo non molto lo persi totalmente di vista. Mi fermai per riprendere fiato ed Harry mi afferrò dal bacino e mi trascinò per terra insieme a lui. Non ci pensai due volte e ne approfittai per scaraventargli anche il mio gelato sul viso.
‘’Oh, brutta mossa Julie, brutta mossa!’’ prese a farmi il solletico. Mi fermai un attimo a guardarlo era così bello, così perfetto nonostante fosse tutto sporco di vaniglia in faccia. Pensai a che effetto avrei dovuto fare io, che ero completamente marrone, ma non appena l’immagine di me in quello stato si materializzò nella mia mente tentai con tutte le mie forze di rimuoverla. Davvero un brutto colpo per la mia autostima. Eppure lui, il ragazzo perfetto, era lì accanto a me, desideroso della mie labbra, sembrava impossibile. Si avvicinò e questa volta niente gelato, solamente un travolgente bacio e il subbuglio di emozioni che solo lui sapeva scatenare. Non ci avrei mai fatto l’abitudine probabilmente. Inspirai a fondo e sentii il suo profumo, non era di Cartier nulla del genere, era proprio il suo odore, ed era il più buono che io avessi mai sentito, migliore di qualunque altra fragranza, un misto tra il profumo di gelsomini e la pelle di un neonato. Mi inebriai di quella fragranza come un cocainomane sniffa la sua cocaina.
Avrei voluto che quell’attimo di totale spensieratezza e felicità potesse rimanere immutato nel tempo, le cose erano così perfette che avrei desiderato non cambiassero mai, ma le lancette dell’orologio scorrevano velocemente e senza che non ce ne rendessimo conto l’orario delle prove giunse e fummo costretti a tornare all’Ariston.
‘’Che fai? Ti fermi qui o torni in albergo?’’ mi chiese Harry.
‘’Uhm, non lo so, sarei curiosa di sentire un po’ le vostre canzoni, non ci ho mai dato troppo peso quando le ascoltava mia sorella.’’
‘’Rimarrai a bocca aperta.’’ Scherzò lui, improvvisando un’improbabile imitazione di me con la faccia stupita.
‘’Non fare lo stupido e va a raggiungere gli altri, io devo raggiungere mio padre che è qui da qualche parte!’’
In tutta quella confusione avevo perfino dimenticato di avere un padre, una sorella o qualcosa di simile a una famiglia, non sapevo neanche che cosa facesse tutto il giorno la povera Annie, chiusa in camera perfettamente sola. Sentii una morsa allo stomaco dovuta al senso di colpa, avrei dovuto trascorrere più tempo con lei, la stavo trascurando troppo. In più controllando il telefono mi resi conto che avevo un paio di chiamate perse da mia madre, cosa che era più che normale dal momento che non avevo notizie di lei da quando ero arrivata in Italia. Composi frettolosamente il numero e la richiamai, squillò ma non vi fu nessuna risposta, non ci feci molto caso e riattaccai sicura che mi avrebbe richiamato non appena avesse visto il telefono. Scorsi finalmente mio padre dietro le quinte e mi affrettai a raggiungerlo, aveva un’aria concentrata.
‘’Ehi Jules!’’ mi salutò senza neppure staccare lo sguardo.
‘’Che succede papà?’’
‘’Nulla di serio, qualche problemino tecnico che devo risolvere prima della diretta, ma niente di cui tu debba preoccuparti.’’
‘’Ti posso aiutare in qualche modo? Magari ti serve una mano con l’inglese?’’
‘’Sai è la prima volta che me lo chiedi da quando siamo arrivati, sembra che tu abbia di meglio da fare’’ rispose in tono pungente, spostando finalmente lo sguardo e andandolo a posare sul ragazzo riccioluto dall’altra parte del corridoio. Recepii al volo il messaggio.
‘’Non è come credi, davvero. Sto cercando solo di divertirmi, sai, dopo che ho rotto con Carl sono stata davvero male, avevo bisogno di distrarmi. Ma pensavo sapessi che non c’era bisogno che io ti chiedessi nulla, sapevi perfettamente dove trovarmi.’’
‘’Non si tratta di questo, voglio solo che tu rimanga con i piedi per terra e non ti illuda troppo, non vorrei che poi ci stessi male, non so se potrei sopportarlo senza spaccargli la faccia.’’ Disse abbassando lo sguardo, aveva serie difficoltà a manifestare i suoi sentimenti ad alta voce, si sentiva in imbarazzo.
‘’Tranquillo papà, non c’è nulla di cui preoccuparsi’’ risposi poco convinta e riemerse nella mia mente la scommessa, scacciai via quell’angosciante pensiero.
‘’Okay.’’ Capii che il discorso terminava lì, aveva già sprecato più parole del previsto e non era da lui, così per evitare altri discorsi imbarazzanti decisi di andare a sedermi sugli spalti e godermi le prove dello spettacolo.
Un altro degli ospiti eccezionali del Festival era Gary Go, l’avevo sempre adorato e le sue canzoni erano davvero incredibili.
I One Direction non tardarono a fare il loro ingresso, il primo a entrare fu Liam che attaccò con un pezzo di una canzone che mi sembrava di aver già sentito, probabilmente era una di quelle che mia sorella si sparava nelle orecchie tutti i giorni.

‘’Shout the door, turn the light off, I wanna be with you, I wanna feel your love, I live beside you, i cannot hide this, even know I try’’

Riflettei sul significato di quel testo, davvero sdolcinato e romantico, doveva essere scritto da qualche furbo compositore che voleva colpire dritto al cuore di tutte le ragazzine che li ascoltavano. Davvero astuta come scelta, in questo modo si accalappiavano molte più fan e anche molte più lacrime e urla ai concerti. Mentre io mi perdevo in queste inutili riflessioni, la figura di Harry si materializzò sul palco.

‘’If we could only have this life for one more day, if we could only turn back time’’

Dio mio, la sua voce era così calda, mi fece venire la pelle d’oca, aveva un timbro strano, quasi graffiante che faceva drizzare i peli. Non mi ero accorta di quanto la sua voce fosse sexy, non avevo dato importanza al suo modo di muovere la bocca mentre cantava, aveva un’aria così concentrata, non l’avevo mai visto così. Avrei voluto piombare sul palco e baciarlo, così senza scrupoli, senza paranoie, ma quel briciolo di buon senso che continuava a scorrermi nelle vene mi permise di rimanere perfettamente immobile lì dov’ero.
Quando arrivò la parte di Niall, Louis iniziò a scherzare con Harry e scoppiarono a ridere coinvolgendo anche tutti gli altri, compreso il povero Niall che era tutto preso a cantare il suo pezzo. Così furono costretti a ricominciare, e così ancora tante e tante volte, trovavano sempre un buon motivo per scoppiare a ridere, ad un certo punto Zayn cadde perfino per terra. Non riuscii a contenere le risate e alla fine mi sembrava di aver assistito ad uno show comico più che alle prove di un’esibizione canora, avevo le lacrime agli occhi.



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