Avengers Assemble: la Guerra dei Robot.

di vampirella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Introduction to. ***
Capitolo 3: *** Blond, bad and... ***
Capitolo 4: *** Ready to go? ***
Capitolo 5: *** I - L'inizio ***
Capitolo 6: *** I - La fine ***
Capitolo 7: *** Top Secret ***
Capitolo 8: *** Il Progetto Fenice ***
Capitolo 9: *** Sull'amore e sull'odio ***
Capitolo 10: *** Avengers Disassemble? ***
Capitolo 11: *** Lost game. Resume? ***
Capitolo 12: *** II - L'inizio ***
Capitolo 13: *** II - La fine ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.

Dal New York Times del 6 giugno 2012

Washington D.C - Il mondo sembra sul punto di esplodere. Questa è l'idea che si sta velocemente insinuando nella popolazione mentre alle sue orecchie arrivano notizie sempre più disastrose, da ogni parte degli Stati Uniti. L’ultima fra queste è a dir poco spaventosa: alle ore 5:00 di questa notte, la base aeronautica ‘Tricorn’ di Albany, in Georgia, ha subito un attacco che molti ormai non esiterebbero a definire terroristico. Dotata di una decina di caccia e di una dozzina di armi a lungo raggio, tra cui i terribili missili terra-aria, la base è stata distrutta proprio dalle sue stesse munizioni, in un attacco la cui strategia è senza precedenti. Dalle prime ricostruzioni sembra che un virus informatico sia penetrato nel sensibilissimo sistema di gestione degli armamenti, ottenendo il controllo di questi e rivoltandoli contro la Tricorn che, rimasta inoffensiva, è stata rasa completamente al suolo nel giro di un’ora. Al momento non siamo a conoscenza di nessun’altro particolare, il Pentagono e la Casa Bianca hanno deciso di non rilasciare ulteriori dichiarazioni sulla faccenda. Il Presidente ha preso il primo volo da Washington tre ore dopo il fatto, insieme allo stato maggiore delle principali forze militari statunitensi, per valutare i danni e comprendere le dinamiche dell’incidente. Indiscrezioni dicono che siano decedute persone sia fra militari che fra civili.
 
Incidente? Attacco premeditato? L’FBI e la CIA indagano da oltre un mese su episodi simili distribuiti a macchia d’olio sul suolo statunitense, ma sembrano brancolare nel buio. L’attacco terroristico viene ritenuta la pista più solida, poiché avvalorata dai numerosi episodi accaduti in Europa, Russia e Cina. Incidenti molto simili a quelli accaduti nel nostro paese, che presuppongono un disegno più ampio da conseguenze disastrose. Ci si chiede il perché e come questo sia potuto accadere, agli albori del ventunesimo secolo, con i livelli di conoscenza disponibili e ai livelli di sicurezza che ogni base militare di questo tipo possiede, almeno in America.
Sono molti i dubbi che colpiscono la popolazione mondiale, e tanta la rabbia dei parenti delle vittime. Come mai il governo mantiene il segreto su questi incidenti? Perché la Casa Bianca non rivela nessun’altra informazione, a distanza di un mese dai primi episodi? I cittadini americani aspettano delle risposte ormai da troppo tempo.
 
E infine, ma non meno importante: dove sono i Vendicatori? Non dovrebbero difenderci, sistemare questa terribile situazione? Nonostante si siano rivelati indispensabile durante la guerra di New York, i nostri sembrano spariti nel nulla. La gente li acclama a gran voce, perché non rispondono alla chiamata?





Dopo tanti tentennamenti ho deciso di pubblicare questa storia. Sono quasi a metà ma sono molto scettica sulla qualità di ciò che sto scrivendo. Spero di non incartarmi nè di annoiare. Fatemi sapere tutto quello che vi passa per la testa. Veramente. Ogni commento è prezioso.

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Capitolo 2
*** Introduction to. ***


Introduction to.

Dove Nick Fury comunica agli Stati Confederati i suoi piani, e Tony Stark mostra di avere un senso di legalità piuttosto contorto.


- La situazione è questa. –

Nick Fury si girò, guardando il gruppo che si era disposto davanti a lui, in ascolto. Si rese conto che il mezzanino della plancia di comando era pieno di persone. In realtà l’ambiente pareva soffocare sotto il peso di membra umane di varie nazionalità ed etnie. Erano ovviamente presenti diversi membri dello SHIELD, alcuni dei massimi esponenti delle forze americane, russe e cinesi. I Vendicatori completavano la lista, benchè ne mancassero un paio all’appello.

- Le reti informatiche delle basi militari di tutto il mondo sono fuori dal nostro controllo. Nessuno, a quanto ci è giunta voce, è riuscito a riattivare i comandi manuali di governo delle attrezzature. Aerei, missili, scudi….non riusciamo ad interagire con niente. Tutto è in modalità automatica. Attualmente non disponiamo zone strategiche in nessuna zona del mondo. Per questioni di sicurezza sono state attrezzate basi temporanee, principalmente per quanto riguarda i mezzi di combattimento come carri armati e qualche aereo di vecchia costruzione, ma non siamo preparati a questo tipo di minaccia…– Tacque, aspettandosi una domanda, che non tardò troppo ad arrivare.

- Una minaccia che viene direttamente da noi stessi? - esclamò il Sergente O’Connelly con tono arrogante. Scosse la testa mentre osservava gli occhi puntati su di lui. - Centinaia di centri strategici sparsi per gli Stati Uniti eseguono, di loro volontà, attacchi su suolo americano. Non avevo mai visto una cosa del genere. -

- Siamo sicuri che non sia opera di una banda di hacker? La stampa americana parla di virus e malfunzionamenti. – disse il Comandante Bogdanov. Il Sergente O’Connelly gli rispose perentorio. – Non è possibile. Abbiamo monitorato le anomalie per due giorni, e i comandi avvengono simultaneamente. Duecento basi su suolo americano eseguono le stesse procedure nello stesso identico momento. Anche se esistesse un gruppo di hacker per ogni base, - continuò il Sergente, come se avesse imparato tali informazioni a forza di discuterne in interminabili riunioni - le reti e i satelliti civili e militari non riuscirebbero a gestire tale portata di informazioni da far avvenire il tutto come attacco congiunto. –

- E allora cosa può essere? – rispose, acido, il Comandante. Bogdanov era un veterano ad un passo dalla pensione. Quella faccenda gli aveva creato parecchi problemi e il fastidio traspariva facilmente dalle sue maniere.

Nick Fury riprese il discorso.- Sospettiamo sia un’entità aliena. Sì, - Fury osservò i militari, stupiti. – Alieni. Non è la prima volta che li affrontiamo e temo non sarà neanche l’ultima. Sappiamo che le basi si autogestiscono e progettano attacchi multipli, come hanno fatto nei giorni scorsi. Fortunatamente l’abbandono delle basi da parte del personale ha rallentato il riarmo ma, temo, che queste siano abbastanza evolute a livello tecnologico da poter essere…autosufficienti .-

Fury guardò i Vendicatori: erano stremati dalle ultime settimane di combattimento. Correvano da una parte all’altra del mondo, in soccorso a coloro le cui macchine di distruzione si rivoltavano contro. Putroppo erano in inferiorità numerica per tenere tutto sotto controllo.

-Negli scorsi giorni abbiamo tentato di tenere a bada questi attacchi, ma con difficoltà; temiamo non riusciremo a gestirli a lungo. Occorre cambiare tattica e tentare qualcosa di più elaborato. –

- Che cosa suggerisce, Direttore? La bomba atomica? – chiese il Maggiore Chan. Fury agitò le mani come per dire ‘non se ne parla nemmeno’.

- No. Potremmo distruggere le basi con le armi classiche, ma sarebbe dispendioso in termini di risorse e di uomini, senza contare che farlo ci renderebbe, nel lungo periodo, deboli. – Fury osservò di nuovo tutti, poi prese un bel respiro. – Abbiamo bisogno di un consulente. –

Un mormorìo si diffuse fra la folla. Tony Stark lanciò uno sguardo contrariato al Direttore, che lo sostenne in segno di sfida. Il Sergente captò l’intesa e fece una domanda che molti non avevano ancora espresso: - Il sig. Stark non collabora già con voi? –

- Non si tratta di un consulente di armi, Sergente. – rispose Tony. – Ma un consulente informatico. Anche se chiamarlo consulente è offensivo per chi possiede una certa etica professionale… -

- Che cosa significa, Direttore? – si rivolse dubbioso il Maggiore Chan a Fury, che intanto cercava le parole giuste per comunicare la sua decisione.

- Conosciamo solo una persona che abbia una buona conoscenza di tutti i sistemi informatici militari. – Ricominciò l’agente. – Nel 2009 fece saltare Dominion, il sistema operativo della base di Dresda. Nel 2010 toccò a Majesty, il programma di volo dei caccia americani portati in missioni in Afghanistan. Nel 2011 riuscì ad entrare nel sistema della Marina Cinese ed impossessarsi dell’archivio. Noi vogliamo… -

- LEI vuole rivolgersi a quello?!? – scattò in piedi il Capitano Bogdanov. Una sottile venuzza faceva capolino dal suo collo, pulsando pericolosamente. Gli altri ufficiali cominciarono a parlare fitto fra di loro, lanciando occhiatacce al Direttore. Nel marasma generale, Capitan America si avvicinò a Tony per chiedergli di chi tutti stessero parlando.

- Freedom. Un maledetto hacker che si diverte cancellare il lavoro di anni di migliaia di persone in nome di una libertà che non si rende conto di possedere. – Tony osservava la scena davanti a sé, ma si rese conto che Steve lo fissava, non capendo. Si riprese dal suo commento visibilmente personale e tentò di rispondere in modo esauriente alla domanda che compariva negli occhi dell’amico. – Un hacker è una persona che utilizza la tecnologia per recuperare informazioni riservate e protette in modo totalmente illegale.-

- Credo che lo facciano già, allo SHIELD. Tu stesso lo hai fatto, qualche tempo fa. Con la fase due. -

- Oh si. Ma era diverso. -

- Perchè? -

- Perchè io agivo per il bene dell’umanità. -

- Come sei pomposo, Tony. - Steve si appoggiò ad una mano, mentre non lontano da lui O’Connelly indicava urlando il Direttore, che si vide di rispondergli col medesimo tono. Il Capitano sospirò, stanco.

- Perchè tu dovresti essere scusato e Freedom no? -

- Freedom ha fatto arrabbiare parecchie persone. Penso sia per questo che io posso fare certe cose e lui no. - il miliardario rise sotto I baffi, ma si accorse che l’amico non aveva la medesima reazione. - Oh, andiamo! Ha sottratto schemi di difesa! Ha indebolito alcune nazioni con il suo operato. Ha messo a rischio centinaia di vite! -

Steve annuì. - Allora capisco il perché di tutta questa agitazione. E perché Fury crede che questo “fuorilegge” voglia aiutarci? –

- Non lo so, avrà qualche asso nella manica. Fury non dice molte cose. –

Intanto il Direttore aveva ripreso il controllo della discussione. – Lo so che non può piacere, ma ora come ora è l’unica persona che ci può aiutare. Vi chiedo l’autorizzazione formale ad accedere alle vostre informazioni sensibili per permetterci di fargli elaborare una strategia contro questi attacchi. –

- E’ fuori discussione. – il Sergente O’Connelly si alzò. – Se crede che per salvare il pianeta metteremo in pericolo gli abitanti degli Stati Uniti si sbaglia di grosso. Credete veramente che Freedom sarà disposto a lavorare per coloro a cui ha sempre nuociuto? Credete veramente che non utilizzerà tali informazioni per I suoi scopi? La facevo più intelligente, Direttore. Me ne vado. –

- Anche io me ne vado. Quello che ha detto non solo è fuori questione, ma è un offesa alle nostre democrazie. – esclamò il Capitano Bogdanov, visibilmente adirato. Il russo si diresse verso gli aerei, seguito dal Maggiore Chan e dagli altri militari, che ancora discutevano delle notizie che avevano ricevuto.

Quando questi se ne andarono Fury congedò gli agenti SHIELD e si sedette su una delle sedie libere,guardando nel vuoto. La sala tornò alla normalità benchè si sentisse ancora qualche mormoriò e qualche commento.

Gli Avengers lo scrutarono, indecisi su cosa fare. Per qualche minuto rimase ancora in silenzio poi, sospirando, si rivolse a loro. -Potete andare. -

I Vendicatori ruppero le righe. Banner si diresse stancamente verso il corridoio insieme a Steve, che lo seguì senza dire una parola. Clint fece una battuta sottovoce a Tony, che cercò di non ridere e fece per seguire i due amici quando Fury lo richiamò.

- Bisognerà andare a prenderlo. –

- Come? – disse, girandosi confuso. – Ma chi? –

- Freedom. –

- Ma se hanno appena detto.. –

- Lo so cosa hanno detto. Ma ciò non significa che noi non andremo avanti con il nostro piano. –

Clint guardò Tony, confuso.

- Va bene, allora. – Tony guardò Fury ancora una volta con aria contrariata. – Lo andrò a prendere io. -

- Con le buone o con le cattive? - chiese in tono ironico l’agente Fury.

- Spero con le cattive. Ho un conto in sospeso con lui. Ma mi sfugge un piccolo particolare: ha idea di come trovarlo, considerando che nessuna forza di polizia, senza contare quella militare, è mai riuscito ad arrestarlo? E soprattutto ha idea di come farà ad ottenere dei permessi che gli sono appena stati negati? –

- Trovarlo non è un problema. Per quanto riguarda I permessi… credo ne farà a meno. Come ha sempre fatto. -

Tony rimase interdetto per qualche secondo, poi sbuffò. - Certo. Come ha sempre fatto. -

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Capitolo 3
*** Blond, bad and... ***


Blond, bad and...

Dove si scopre chi è questo 'consulente' di cui Fury parla. E di come ha accettato, di malavoglia, di salvare il pianeta.


- Quanto la realtà virtuale ci condiziona? Arriveremo a un punto tale che essa potrà sostituire la realtà che percepiamo ora? –
‘Fanculo’ pensò Sharon. Aveva scelto Filosofia dell’Informatica giusto per raggiungere il numero di crediti che le occorrevano per la laurea, ma il corso era diventato un esercizio di puro masochismo.
-…quindi per venerdì prossimo voglio cinque pagine riguardo la percezione della metafisica nella realtà aumentata. Potete andare. – Un chiacchiericcio di sottofondo cominciò a diffondersi nell’aula.
- Professoressa. – Sharon si alzò, dirigendosi decisa verso la cattedra. – Mi scusi, professoressa, io avrei l’esame di Robotica Avanzata venerdì prossimo. Mi chiedevo se potesse concedermi una proroga. – il sorriso di Sharon più che accattivante sembrava diabolico.
- Lei segue Robotica Avanzata? – la professoressa alzò gli occhiali insieme alle sopracciglia. – Complimenti. Mi hanno che quest’anno siete in quattro. Non mi aspettavo che ci fossero donne. –
- Già. Se mi desse almeno un’altra settimana… -
- Mi dispiace, ma non posso fare favoritismi. E poi, non mi dica che per una ragazza come lei, che segue un corso di tale complessità, scrivere cinque pagine le porti via molto tempo! Sono sicura che ce la farà a fare entrambi. –
‘Si certo, brutta vacca.’ Pensò Sharon, ritornando al posto per prendere le sue cose. Mentre risistemava gli appunti ammise a sé stessa che sì, effettivamente la sua richiesta era dovuta al fatto che il solo pensiero di scrivere cinque pagine su quell’argomento le faceva venire l’orticaria. Ma insomma, lei aveva ben altri pensieri! Si rendeva conto che Robotica era un casino e doveva ancora smontare parte dell’armamentario che aveva tirato fuori alcune settimane prima, per fare QUELLA cosa.
Stava ancora maledicendo la prof quando qualcuno interruppe i suoi pensieri.
- Robotica avanzata, eh? –
Sharon si girò. L’aula si era ormai svuotata e davanti a lei stava un uomo di mezza età, seduto sulla cattedra. Sembrava a suo agio in quell’ambiente a cui, notava dai suoi vestiti, non apparteneva.
- Già. – Sharon si rimise a sistemare i libri, sperando di terminare la conversazione.
- Mi ricordo quando lo diedi io. C’è ancora Stanford? –
-E’ andato in pensione l’anno scorso. Adesso c’è Atkins. –
- Non ci credo! Quell’idiota è diventato professore? –
- QUELL’IDIOTA, come lo chiama lei, è consulente alla NASA. E ora, se mi vuole scusare… - la ragazza cercò di guadagnare l’uscita, ma si bloccò alle parole dell’uomo.
- Quanta fretta, Freedom. –
Sharon si bloccò, agghiacciata. ‘Merda.’ L’avevano scoperta. Se avevano mandato lui, allora era finita. Avrebbe tirato fuori l’armatura solo se avesse opposto resistenza? Eppure lo aveva osservato,  non aveva niente con sé. Come poteva mettersela se non l’aveva appresso?
E poi perché mandare proprio lui? Un qualsiasi poliziotto sarebbe andato bene. Sharon era alta un metro e sessanta e pesava poco più di cinquanta chili. Odiava fare movimento e non sapeva niente sull’autodifesa, figuriamoci resistere a un pubblico ufficiale addestrato. Perché impiegare un supereroe?
C’era sotto qualcosa. Cercò di non scoprirsi troppo. - Come? –
-Oh, andiamo. – Lui si girò verso la ragazza. – Non c’è motivo di giocare. Io so chi sei e tu chi sono io. O devo presentarmi? –
- So chi è lei, ma non so di cosa stia parlando. –
- Senti, ragazzina, non ho molto tempo da perdere. Dominion, Majesty, JMaxi… quando ho saputo di essere stato messo ko da TE non potevo crederci. Hai fatto abbastanza danni da far arrabbiare un sacco di persone, lo sai? Non sono qui a farti la paternale, comunque.- Tony alzò le mani in segno di resa. - Abbiamo bisogno del tuo aiuto. –
- Abbiamo? –
- Sono qui da parte di una forza paramilitare internazionale. Abbiamo un problema, un problema che sembra solo tu possa risolvere. Quindi o mi segui, oppure ti faccio incarcerare nel giro di un’ora. Ho i contatti giusti per fare sapere chi sei a chi hai reso la vita difficile. Cosa scegli? –
Sharon respirò un paio di volte. Guardò l’aula per l’ultima volta, cercando di imprimersi tutto nella mente. Pensò che, molto probabilmente, non l’avrebbe più rivista. Poi rispose semplicemente – La seguo, sig. Stark.-
 
-L’eliveivolo. Pazzesco! – Sharon si guardava intorno, estasiata, cercando di imprimersi più particolari possibili nella mente. - E’ esattamente come me lo ricordavo! -
- Lo hai già visto? – Tony alzò un sopracciglio.
- Si. No. Cioè, sono riuscita ad ottenere i progetti. Piantine dei reparti interni, schemi di funzionamento dei reattori e gestione degli impianti di servizio. Cose così. Ma immaginarselo è tutta un’altra cosa che vederlo… - La ragazza cominciò a osservare lontano, mentre l’ascensore di vetro percorreva in altezza il grosso aeroporto. Tony si appoggiò al corrimano, sospirando. Doveva ammetterlo, quella ragazzina aveva fatto cose che molti laureati ed esperti programmatori avrebbero faticato a realizzare lavorando in team. D’altra parte, continuò nella sua riflessione, se avesse avuto le risorse che possedeva lei a vent’anni, probabilmente avrebbe conquistato il mondo. Era tutta una questione di prospettiva.
L’ascensore si aprì al piano della plancia di comando. Erano presenti il Direttore e l’agente Hill. Si teneva lontano un terzo uomo, che si stropicciava continuamente le mani.
- Signorina Carter, sono lieto di vedere che ha accettato la nostra offerta. Sapevo che incontrare un uomo come il sig. Stark l’avrebbe convinta ad aiutarci. Sicuramente ammirerà molto il suo operato. – la salutò Fury.
- Più che ammirata mi sento costretta.- la ragazza lanciò uno sguardo di fuoco al miliardario, che la ignorò volontariamente. - Come mi avete trovata? –
- Non sono autorizzato a dirglielo. – Fury si fermò, e mentre Sharon lo guardava storto, si girò verso gli altri due personaggi. – Mi permetta di presentarle l’agente Maria Hill e il dottor Bruce Banner. – Hill si limitò ad un cenno ma Banner si avvicinò per stringerle la mano. Lei restituì il saluto di malavoglia senza neanche guardarlo, continuando a conversare con il Direttore.
- Cosa volete da me? –
- So che Tony le ha riferito cosa c’è da sapere sullo SHIELD, anche se credo lei ne sapesse già abbastanza. Quindi non mi dilungherò molto sul nostro ruolo nei conflitti internazionali e intergalattici. Posso spiegarle per quale missione l’abbiamo convocata, ma non la obbligheremo a fare nulla. Stiamo agendo senza il beneplacito degli Stati Confederati e questo risulta a tutti gli effetti un’operazione illegale. Questa consulenza potrebbe ricollegarla pubblicamente all’identità di Freedom e rischierebbe di non trovare un paese disposto ad accoglierla…fuori dalla prigione, si intende. –
- Sono rischi del mestiere. Cosa VOLETE? –
Fury si sedette davanti a lei e anche gli altri presero posto. Le raccontò tutto quello che sapeva. Il suo racconto era preciso e privo di emozione, ma attorno a lei Sharon vedeva che quelle persone erano visibilmente a disagio. Tony Stark inoltre era parecchio contrariato.
- Quindi, vi serve qualcuno che riesca a penetrare nelle reti militari per disattivarle completamente. – Sharon disse, pensosa.
- Esattamente. Capisce anche lei che la situazione è pericolosa. Se qualcosa andasse male, ma anche se tutto finisse per il meglio, lei molto probabilmente sarebbe condannata per pirateria, come minimo. –
- Quante sono le basi da neutralizzare? –
- Circa 550. –
- Entro che ora? –
- Il prima possibile. –
Sharon chiuse gli occhi.
- Ho bisogno delle mie cose. –
- Le faremo andare a prendere. –
- No. Devo andare io. Se mia madre vedesse degli agenti… - Sharon si guardò in giro, cercando le parole. – Penso che prenderebbe un colpo. –
- Mi dispiace, lei non si può muovere da qui. Abbiamo idea che i federali le stiano alle costole. –
- E come è possibile? Solo voi sapete la mia identità. –
Fury la guardò, in silenzio. – Solo voi, vero? – disse Sharon, più curiosa che preoccupata.
- Lei resti qui, le garantisco che sua madre non si preoccuperà.- Fury si girò verso Banner. – il sig. Stark e il dott. Banner la affiancheranno nella gestione delle procedure di disarmo dei missili nucleari e delle armi chimiche. –
L’agente Hill chiese alla ragazza di seguirla nel laboratorio assegnatole, mentre i tre uomini si scambiavano le ultime parole.
- Beh, è stupefacente. – affermò Bruce, stupito.
- Che cosa? – rispose Tony.
- E’ così giovane… siete sicuri che ci possa aiutare? Insomma, fatico a pensare che possa essere meglio di Tony… -
- Io non lo credo, infatti. - disse tranquillamente l’amico. - Mi fa andare in bestia ammetterlo, ma è comunque molto brava. –
- E ‘ la migliore. – concluse Fury. – L’abbiamo tenuta d’occhio per anni.-
- E perché non l’avete fermata? Insomma, ha creato parecchi problemi a molti stati. Se sapevate chi era, non potevate rivelarlo a chi ha messo una taglia sulla sua testa?– chiese Bruce.
- I conflitti nazionali non sono di nostra competenza. Col suo operato non ha mai messo in pericolo alcuna vita umana, ma solo regimi politici e scelte egoistiche. Potrà sembrare un comportamento terroristico, ma lei fa quello che fa per un’altra ragione. –
- E sarebbe? –
- Ti sei mai chiesto perché colpisce solo obiettivi militari? Hai mai collegato le sue opere con le date in cui venivano messe in atto? La guerra in Afghanistan, in Iraq… C’è sempre una ragione. E’ una pacifista, Tony. Una di quelle toste. –
- Ma davvero?  E allora perché ci aiuta? – riprese la parola Bruce.
- Perché adesso siamo tutti in pericolo. E credo trovi succulenta l’idea di mandare in crash le superpotenze belligeranti del pianeta.– rispose Fury, senza riuscire a trattenere una smorfia che pareva un sorriso.

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Capitolo 4
*** Ready to go? ***


Ready to go?

Dove Steve si rende conto di essere solo Capitan America in questo nuovo mondo, e Tony accetta le scuse di una ragazzina.


-Steve! Steve, mi stai ascoltando? –

Steve si ridestò dalla trance che l’osservazione del suo caffè gli aveva indotto. Sorrise alla ragazza bruna che davanti a lui lo guardava con un misto di apprensione e nervosismo.

- Scusami Jane, ero sovrappensiero. Dicevi? –

Jane fece un respiro profondo. – L’appuntamento è stasera. –

- L’appuntamento? –

- Vado ad Asgard, non ricordi? Vado da Thor. Il portale ha dei problemi e devo ripararlo, o per lo meno capire che cosa non va. – la scienziata bevve un po’ del suo caffè. – Vuoi venire con me? –

- A fare cosa? –

- Niente. A salutare Thor. A visitare Asgard. E’ così bella in questo periodo dell’anno… - Jane si perse nei suoi ricordi. – Ci sono questi fiori, viola, con un profumo così penetrante… -

- Quello che non capisco – la interruppe Steve, col sorriso sulle labbra. – E’ perché tu ti ostini a rimanere qui, sulla terra. Il tuo sposo è là, e tu ami così tanto quel pianeta! –

- Credo di avere dei doveri, proprio come te. – lei abbassò gli occhi, pensierosa. – Ma forse, un giorno… forse un giorno farò come dici tu. Ma è di vitale importanza che io sorvegli il portale, sulla Terra. Lo SHIELD me lo ha chiesto e ne va dell’incolumità di tutti. Io… -

- Ho capito, ho capito. Scusami. Ti ringrazio dell’offerta, ma penso che non l’accetterò. –

- Steve… -

- Lo so. Devo fare qualcosa. Sto impazzendo, qui. – Steve si alzò, di scatto, lanciando uno sguardo di scusa alla ragazza. – Salutami Thor. Mi mancano le sue improvvise pacche sulle spalle, sai, quelle che ti lasciano senza fiato. –

Jane rispose ridendo. Steve la salutò ed uscì dal refettorio dell’eliveivolo. Avrebbe voluto ridere anche lui, ma non se la sentiva. Non in quel momento.

Dopo la battaglia di New York lo Stato Maggiore Militare si era riunito a Washington e si era interrogato sulla portata del disastro accaduto. Steve era stato convocato, sia come rappresentante dello SHIELD sia in veste di ufficiale dell’esercito, cosa che era fin dagli anni ‘40. Aveva partecipato a tutti i briefing e alle riunioni e aveva sempre espresso con onestà le sue opinioni, ma questo non aveva fatto altro che aumentare il sospetto su di lui e sulla sua squadra. La schiettezza di Fury, che a volte rasentava la maleducazione, non aveva aiutato. Ma nonostante la reticenza dei militari verso di loro (e i loro poteri, molto più efficaci rispetto all’ingente macchina bellica degli Stati Uniti) fosse aumentata, l’intervento del Presidente e qualche vecchio contatto all’interno della gerarchia aveva contribuito a concordare un ampio margine di manovra alla squadra dei Vendicatori. Appena in tempo: dopo poche settimane gli strani attacchi delle basi cominciarono a mietere vittime. A poco servì l’intervento dei supereroi, nonostante avessero riportato vittorie importanti. Steve aveva fatto il possibile per aiutare il suo Paese, e il fatto che avesse riportato tante sconfitte lo frustrava. Inoltre, con il disarmo preventivo gli attacchi si erano spenti, ma la minaccia era ben tangibile. Il non potere fare qualunque cosa per aiutare lo snervava tremendamente.

Odiava l’attesa anche per un altro motivo. Finchè c’era da combattere non doveva pensare. Ai suoi cari che aveva perso, al mondo che non riconosceva. Ma quando si fermava tutto questo gli ricadeva addosso come un macigno. Si sentiva come un pesce fuor d’acqua, gli mancava l’ossigeno. Senza radici o affetti, Steve si considerava quasi una macchina, il cui significato d’esistere era quello di salvare persone. Come l’armatura di Tony si sentiva di non avere più un’anima. Eppure lui voleva tornare ad amare ad essere felice. Ma come, se tutti coloro che amava erano scomparsi? Perchè lui sentiva che non c’erano più, lo sentiva…

Una ragazzina con i capelli biondi veniva nella sua direzione, insieme all’agente Hill. Steve fece cenno al vicedirettore e ed osservò la bionda. Gli ricordava qualcosa, ma non sapeva cosa. Si diresse verso la palestra, pensando di poter sfogarsi con un po’ di attività fisica da tutti quei pensieri cupi.

- Agente Rogers. – Clint gli passò accanto, mentre si dirigeva al poligono. – Ancora palestra? E’ sicuro di non stancarsi troppo? – continuò con tono ironico.

- Beh, Clint, hai idee migliori? –

- Temo di no. Qualcosa mi dice che presto saremo di nuovo in prima linea. Hai sentito? Freedom ha accettato l’incarico. Presto il Consiglio comincerà a lamentarsi, puoi starne certo. –

- Il Consiglio non è d’accordo? – I due entrarono nello spogliatoio. Steve si cominciò a cambiarsi, mentre un gruppo di agenti si dirigeva verso le docce nel modo più chiassoso possibile.

- Da quando ha contattato l’hacker il capo è strano. – Clint approfittò della chiacchierata per pulire la sua Magnum, appoggiato al muro. – Pochissimi sono a conoscenza del suo dossier, che sembrerebbe anche grosso. –

- Ha un dossier? –

- Lo SHIELD lo ha sempre seguito, con discrezione è ovvio. Non l’hanno mai catturato però. – Clint fece scattare l’otturatore. – Finito. Ci vediamo, Cap.-

 

Il laboratorio era luminoso poichè dei semplici vetri lo dividevano dal cielo azzurro. ‘Non saranno semplici vetri’ pensò la ragazza, mentre si sedeva davanti al suo laptop. Aprì lo schermo e cominciò a digitare, pensierosa.

- Hai ricevuto i tuoi giocattoli? – dietro di lei comparve Tony.

- Sì, la ringrazio sig. Stark. – Lei si girò. – Da quello che ho capito devo mettere ko parecchie reti. Ma, purtroppo per voi, io colleziono solo informazioni, ma non ho mai manomesso protocolli.-

- Già, ti limitavi a cancellare le procedure e le strutture dei sistemi informativi. –

Lei lo guardò con aria di sfida. – Non sono una criminale. –

- Dillo alla polizia. –

- Glielo dirò, perché ho l’impressione che nessuno prenderà le mie parti quando tutto questo sarà finito. – Sharon si voltò come per far capire che la discussione era chiusa.

Tony si avvicinò, incuriosito. – Non capisco. Sai di essere nella merda ma ci aiuti comunque. –

- Sbaglio o è lei che ha detto che mi avrebbe fatta arrestare? –

- Come fai ad essere sicura che non stiamo facendo questo per degli scopi che tu non approvi? Non ti viene il dubbio di stare andando contro tutto ciò che credi aiutandoci? –

Lei si girò, di nuovo. – Ho visto quello che è successo in Georgia. E’ stato terribile. So che lavorate con lo SHIELD, e so che ci avete già salvati, avete salvato il mondo. Il mio sesto senso mi dice che siete i buoni, almeno questa volta. – Sharon alzò la testa verso il miliardario. – Mi dispiace di aver sputtanato il database dei fornitori, qualche anno fa. Ho tenuto sotto controllo gli ordini che le Stark Industries ricevevano. Terroristi, cellule di stampo razzista… non potevo non fare nulla. Mettervi i bastoni fra le ruote mi sembrava il minimo. Sono contenta che vi siate orientati su un altro tipo di settore.-

Tony sorrise alle scuse della ragazzina. – Abbiamo ottenuto un buco di 4 miliardi di dollari nel fatturato di quell’anno. Ai tempi non era niente male. –

- Lo so. – Lei gli restituì il sorriso, poi pigiò un tasto sullo schermo del computer che divenne un ologramma, espandendosi davanti a Tony. Sharon si alzò mettendosi vicino a lui. – Ho elaborato una strategia mentre recuperavate le mie cose. Ho suddiviso le basi in diverse categorie: portata di risposta, gestione dei dati, tipo di sistema operativo. – continuò. – Analizzando le similitudini sono riuscita a suddividerle in gruppi da dieci. Lavorerò contemporaneamente su ogni base di un gruppo. Ho stimato un tempo di lavoro su ciascuno di essi. Supererò le difese e metterò tutto off-line, poi passerò la palla a voi, che entrerete nei prompt e procederete allo smantellamento dei protocolli tecnici. – Sharon agitò le mani sullo schermo, pigiando qua e là e aprendo diverse finestre allo stesso tempo. – La prima unità sarà pronta domani mattina. Venite qui entro le nove. –

Tony annuì e prese nota dei suoi compiti. – Avvertirò Bruce. Lavorerai tutta la notte? –

- Ho paura di sì. – Sharon si risedette, guardando fuori. – Temo di avere poco tempo.-

- Vuoi qualcosa per cena? Ti mando qualcuno? –

- Ti ringrazio, sarebbe carino. – la testa bionda era di nuovo china sul laptop, e il ticchettare dei tasti aveva già riempito la stanza.

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Capitolo 5
*** I - L'inizio ***


I - L'inizio


Dove si viene a conoscenza dei cattivi.
 

Steve era certo di aver sentito un rumore.

Non era un rumore di passi, sembrava più che qualcosa strisciasse sotto la pancia dell’eliveivolo. Eppure il rumore era appena percettibile. Steve pensò fosse il vento e tornò a vestirsi. Era distrutto e ancora angosciato. ‘ Il destino è crudele.’ Si disse, mentre percorreva la sala del refettorio. Pensò a Jane, a quanto gli faceva male la sua felicità, e quanto si odiava per questo. Ma poi pensava a Natasha e a Clint, così bravi ad uccidere a sangue freddo e così impauriti dal confessarsi ciò che provavano...

‘ Non sanno la fortuna che hanno’ si disse.

Trovò Bruce lungo il corridoio, che fissava attraverso i vetri.

- Vieni a mangiare, amico mio? –

- Oh, Steve! Non ti avevo visto. – Bruce si rivolse di nuovo verso il vetro.

- Cosa stai osservando di tanto interessante? –

- Vedi quella ragazza? – Bruce puntò il dito verso il separé di vetro che divideva i laboratori fra loro. – Quella è Freedom. –

- Una ragazzina? – Steve scrutò meglio. – Ma come… -

- Nel 2004 ha fatto fuori mezzo archivio delle Stark Industries. –

- E tu come fai a saperlo? –

- Sei stato in palestra, vero? E’ tutto il giorno che le voci circolano. – Bruce guardò dietro il Capitano. – Andiamo a mangiare? –

- Certo. – i due si incamminarono verso il refettorio. – Come procede il lavoro? –

- Stiamo neutralizzando I sistemi informatici delle basi. Siamo molto lenti, ma riteniamo di portare tutti al sicuro in pochissimo tempo. Forse riusciremo a studiare anche da dove provengono questi attacchi. Forse sono solo anomalie… stellari. Voglio dire, forse siamo capitati nel bel mezzo delle manovre militari di qualche stato intergalattico. –

- Sono morte delle persone, Bruce. –

- Questo lo so. E’ solo…. Quante formiche hai ucciso nella tua vita? –

- Come? –

- Quando cammini, hai idea di quante formiche tu possa uccidere? –

- Non capisco.. –

- Immagina: noi potremmo essere delle formiche per qualche altra forma di vita! Dovremmo toglierci dalla testa l’idea che tutti ci stiano attaccando apposta, magari alcuni neanche si prendono la briga di preoccuparsi della nostra distruzione! –

- A volte non ti capisco. – disse Steve, sedendosi vicino a Tony, che armeggiava con il telefonino. – Che stai facendo? – chiese all’amico, cercando di cambiare discorso.

- E’ Pepper. Oddio, è insopportabile. – Tony si rivolse a Bruce. – Hai parlato con la ragazzina? –

- Sharon? No. –

- Domani ci manda i primi dati. Una decina di basi da disarmare. –

- Va bene. La stai tenendo sotto controllo? –

- Ci sono fin troppe telecamere perché me ne occupi io. – fu la sua risposta.

- Ho sentito che quella ragazzina ti ha dato del filo da torcere Tony. – disse Steve.

Il silenzio scese tra i tre amici. Lentamente Tony si girò verso Steve. – Beh, hai sentito male. Mi avrà anche danneggiato, ma mi sono preso la rivincita. –

- E come? –

- Ricreando quello che lei aveva distrutto e diventando ancora più ricco. -

- Capisco. – chiuse Steve.

 

‘ Comando non accettato. Sistema disconnesso.’ Sharon diede un calcio al tavolo. Era la sesta volta che il sistema di Dearborn le dava messaggio d’errore. La bionda si alzò e cominciò a passeggiare per sgranchirsi le gambe. Aveva ancora dieci ore e non poteva arrivare alla mattina dopo senza in mano nulla. Già si immaginava lo sguardo di vittoria misto a scherno del miliardario, cosa che non poteva sopportare.

Sharon prese un bel respiro e si risedette. C’era qualcosa che non andava. Il pc era molto lento. Guardò le icone sulla barra: il laptop stava usando la batteria. Guardò l’alimentatore, ma sembrava andasse tutto bene. Lo inserì un paio di volte nella presa, ma non cambio nulla. Notò un’altra cosa: la rete internet era sparita. Non captava più segnali dall’eliveivolo. Imprecando si diresse verso il corridoio, sperando di incontrare qualcuno disposto ad aiutarla.

- Scusami. – Sharon riuscì a fermare un agente che si dirigeva, armato, dall’altra parte del corridoio. – Nei laboratori non c’è più corrente, credo. E neanche i segnali radio funzionano.-

- Parte dell’eliveivolo è privo di corrente e di segnale. – si limitò a dire il ragazzo, sorpassandola. – Rientri e aspetti che l’inconveniente tecnico venga risistemato. –

Sharon si diresse verso il laboratorio. Si sedette sulla sedia, sbuffando e guardandosi attorno. Le superfici dei tavoli erano sgombre, a parte alcuni appunti farciti di calcoli complessi. Le aveva provate tutte, con Dearborn? Sharon cominciò a ripassare mentalmente tutti gli algoritmi classici, finché un rumore la spaventò a morte.

Il rumore di un’esplosione.

Si diresse di nuovo verso l’entrata del suo laboratorio. Ora le persone correvano velocemente lungo il corridoio, nella semioscurità dovuta alla mancanza di luce. Sharon non riconobbe nessuno, e nessuno si era accorto di lei.

Si diresse nel verso contrario alla direzione in cui veniva la maggior parte della gente. Si guardava in giro terrorizzata, strisciando il più possibile verso la parete per non intralciare gli agenti che, credeva, erano in azione per missioni di soccorso.

Fortunatamente Tony e Bruce vennero verso di lei. Stavano urlando, ma non sentì cosa si dissero a causa della seconda deflagrazione. Ad un tratto si sentì sbattere verso l’alto e infine ricadde rovinosamente al suolo. Alzò lo sguardo: tutti erano a terra ma si rialzavano come se fosse la cosa più normale del mondo.

Lei era paralizzata.

- Bruce! Vai con lei e chiudetevi nel laboratorio! NON MUOVETEVI DA LI’! – Tony cominciò a correre nella direzione opposta mentre parlava all’auricolare. Banner strattonò la ragazza nel corridoio, la lanciò in laboratorio senza tanti preamboli e avviò le procedura di sicurezza per la chiusura ermetica dell’ambiente.

Calò il silenzio.

- Cosa è stato? – chiese lei, con un fil di voce. Era pallida e sembrava sul punto di svenire.

Bruce cercava di guardare oltre le vetrate, terrorizzato all’idea di dover intervenire, ma pronto.

- Non lo so. – non lontano da loro era cominciata una sparatoria: i rumori degli spari e delle esplosioni erano aumentate e diventavano sempre più vicine. – Spero solo che finisca presto. –

 

La luce era sparita e subito dopo Steve era stato sbalzato dalla sedia. Gran parte delle guardie SHIELD si erano incanalate nelle varie uscite e il personale del refettorio si era recato nei punti di sicurezza, aspettando o la salvezza o l’evacuazione automatica dall’eliveivolo. I tre supereroi si misero l’auricolare.

Fury contattò il Capitano – Qui è il direttore Fury. State tutti bene? –

- Noi sì. Cosa è successo? –

- Dirigetevi all’ala sud. Hanno colpito un generatore. Dì a Tony che voglio una scansione completa dell’attacco e manda Bruce ai laboratori. Lui sa il perché. –

Steve aiutò Tony ad alzarsi, dicendogli cosa doveva fare. Diede delle istruzioni a Bruce e appena usciti dalla stanza si divisero. Steve si stava dirigendo esattamente dalla parte opposta, verso la plancia di comando. Riuscì a raggiungere i dormitori e prese il suo scudo, poi ricominciò la sua corsa. Non sapeva come, ma sentiva che in quella direzione avrebbero avuto bisogno del suo aiuto.

Stava per raggiungere l’entrata quando una seconda esplosione lo scagliò verso la parete del corridoio. Alzandosi a fatica si diresse verso la plancia: le porte erano divelte e facevano intravedere la luce del sole e il cielo azzurro che passavano dai vetri. Dall’altra parte le fiamme lambivano alcune postazioni, mentre gli operatori ancora in vita sparavano con le armi in dotazione.

Steve diresse lo sguardo verso la minaccia: un robot si divideva fra il colpire i soldati e distruggere le consolle. I proiettili sembravano non scalfirlo minimante e le bombe utilizzate avevano conseguenze solamente per gli umani che stavano intorno.

Steve vide che gran parte degli umani erano feriti o morti. Urlò a chi ancora respirava di ritirarsi verso i punti di evacuazione dell’aereo o di aiutare nell’ala sud. Steve prese un arma da terra e corse verso il robot. Lanciò il suo scudo che sbalzò il nemico di una decina di metri. Questo, stupito dal fatto di non aver rilevato il colpo, restò interdetto per alcuni secondi, poi si alzò.

- ARRENDITI, macchina, o sarai annientato! – urlò Steve, conscio che difficilmente avrebbe ottenuto quello che voleva.

Il robot si girò lentamente verso di lui: - L’arresa non è un’opzione valida. – la sua voce era limpida e metallica. Un raggio laser fendette l’aria e Steve riuscì ad evitarlo per un pelo. Avvicinò lo scudo al corpo e cominciò a correre ed a sparare verso di lui. Il robot non prese neanche la briga di proteggersi e ricalibrò il raggio laser verso l’obiettivo. Il Capitano lo scansò di nuovo e cominciò a sparare alle impalcature di calcestruzzo poste sopra di lui. Queste cedettero e crollarono addosso al robot, ma al diradarsi della polvere vide che il nemico era ancora illeso. Il panico cominciò ad impossessarsi di Steve che si impose di rimanere calmo. Lanciò di nuovo lo scudo, che sembrava l’unica cosa potesse tenerlo a bada. Questa volta fece centro e mise a nudo i circuiti dell’armatura. Il robot rispose con il lancio di alcuni missili. Il Cap allora corse verso una delle consolle, che risultò abbastanza robusta da proteggerlo dalle esplosioni.

Steve cercò di riprendere le forze. Sapeva che dietro la sua momentanea fortezza il nemico si stava preparando ad attaccare.

 

Il generatore era fuori uso. I tecnici avevano iniziato subito con i lavori di riparazione, mentre due squadre di agenti coprivano loro le spalle in caso di attacco.

Fury camminava su e giù, nervoso.

- Agente Hill, quali sono i danni? –

- Molto contenuti signore. – Hill teneva la mano sull’auricolare. – E’ stato colpito solamente questo generatore. Potrebbe essere un’esercitazione militare. –

- E da quando si lanciano missili di tale portata per un’esercitazione? – Fury si guardò intorno. Sembrava tutto sotto controllo, ma c’era qualcosa che non andava. – Quanto ci vuole prima che ritorni la luce? –

- Altre squadre sono nella pancia dell’eliveivolo. Signore… - Hill non riuscì a terminare la frase, poiché sentirono uno scoppio dall’altra parte dell’aereo.

Fury si mise subito in contatto con gli Avengers, ma appena impartito l’ultimo comando si fermò.

Le guardie SHIELD avevano cominciato a sparare, verso il cielo. Qualcuna era anche caduta. Fury prese la sua pistola e concentrò lo sguardo verso l’esterno dell’aereo.

Uno spostamento d’aria generò la pressione occorrente per far loro perdere l’equilibrio. Da uno scorcio del generatore erano riusciti ad entrare dei robot che avevano cominciato ad attaccare. Dappertutto la gente crollava o si riparava per organizzare un attacco.

Fury si rimise in piedi e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo: - Tony!-

- Nick sto andando verso la plancia. C’è stato un attacco, sto raggiungendo Steve.. –

Fury cambiò interlocutore. – CLINT! –

- Sono sopra di lei, Capo. – una freccia fendette l’aria e arrivò dritta in centro agli occhi del primo robot che aveva osato entrare. Ci fu un’esplosione ma esso rimase illeso. Una sagoma scura cadde dalle scale di evacuazione e cominciò a lanciare frecce.

I robot non si fermavano. Clint riusciva a stordirli ma parte di essi entrarono nel velivolo e cominciarono ad affrontare le altre guardie. Fury cercò di rimettersi in contatto con Tony, ma anche il segnale che li collegava era stato definitivamente messo off-line. Cominciò a coordinare i soccorsi, mentre Occhio di Falco e gli altri agenti creavano un cerchio intorno ai robot superstiti e permettevano le riparazioni del motore.

- Fury! Non resisteremo a molto! Chiama qualcuno! –

Fury si girò verso la scena. Il caos si era impadronito di loro. Pregò in un colpo di fortuna.

 

Bruce si muoveva sempre più nervoso, su e giù, davanti alla ragazzina. Sharon cercava di sbirciare nel corridoio, ma oltre il buio e le macerie non vedeva nulla.

- Dovrei uscire. – disse con foga l’indeciso Bruce.

- Stai scherzando? E cosa credi potresti fare? – disse istericamente lei. – Sai usare una pistola? Beh, io no. E devo dire che stare qui, in attesa di essere macellata, mi fa impazzire.. –

- Non saremo macellati. – Bruce le prese le spalle, costringendolo a guardare. – Presto la situazione sarà sotto controllo, vedrai. –

- Che cos’è questo silenzio? – disse lei, scostandosi. Non uno sparo, non un grido si sentiva provenire da quel settore della nave volante. Lei cercò di scrutare di nuovo, invano. Poi sospirò.

Un passo, poi un altro, scandivano il tempo. Anche Bruce cercò di mettere a fuoco, ma non vedeva nulla. Poi ad un tratto aprì la bocca, stupito.

Sharon seguì il suo sguardo: tre robot camminavano lungo il corridoio, senza incontrare resistenza. Dov’erano gli agenti SHIELD? Erano tutti morti?

- Bruce, sono… sono dei nostri? –

- Temo di no, Sharon… -

Come se avesse sentito, uno di questi si girò verso di loro. Nella penombra, la macchina prese la mira e sparò verso l’entrata del laboratorio. Il laser frantumò tutto quello che ostacolava il suo passaggio ma non riuscì a divellere le porte. Sharon urlò, mettendosi le mani sulla testa per proteggersi,anche se era nell’ambiente in cui era non era stata minimamente scalfita.

I tre robot cominciarono ad avvicinarsi. Bruce continuò ad osservarli, sempre più concentrato.

- Bruce… - la voce di Sharon era colma d’angoscia. – Bruce, cosa facciamo?-

- Stai tranquilla, le porte non cederanno. – come per contraddirlo, i robot cominciarono un attacco congiunto nei confronti delle porte di metallo che li dividevano. Il metallo si stava fondendo, era una questione di pochi minuti dopodiché non ci sarebbe stata alcuna difesa.

Bruce si guardò intorno, preoccupato. – Mettiti dietro quella scrivania. Qualsiasi cosa succeda NON USCIRE DA LI’-

- Bruce! –

- Andrà tutto bene, te lo prometto, ma ora vai! –

Sharon saltò dietro la scrivania, tremando come una foglia. Nel frattempo un rumore di lamiera riempì la stanza. Sharon alzò la testa appena in tempo nel vedere il dottor Banner tramutarsi nella Bestia Verde più pericolosa del mondo. ‘O mio dio’ pensò lei. Nonostante la paura e l’angoscia, la sorpresa le aveva rizzato i peli sulle braccia. Si rincantucciò in un angolo, talmente sgomenta che era incapace di pensare.

Hulk prese il primo robot e lo scagliò verso le vetrate. Queste si frantumarono in mille pezzi, riuscendo a stordire il nemico, ma l’eroe non poté cantare vittoria perché il secondo robot lo aveva afferrato e gli stringeva la gola. Cominciò a colpirlo dappertutto, ma la sua armatura era invincibile. Con angoscia vide che il terzo robot si dirigeva verso il covo di Sharon, mentre il robot che aveva appena scagliato si dirigeva verso di lui, pronto ad attaccare.

Hulk percepì la rabbia di Banner crescere in lui, e colpì ancora più forte.

Sharon sentì da dietro il suo riparo dei rumori terrificanti. Non si rendeva conto che, da quando i robot erano entrati, aveva continuato a gridare. Non aveva più voce quando si ritrovò, sopra di lei, uno di loro che stava per ucciderla con un’arma laser. Puntava alla testa, e non avrebbe fallito.

Sharon tacque e si rese conto che stava per morire. La paura, ma anche il senso di impotenza, si stavano impadronendo di lei mentre le forze le venivano meno. Ad un tratto fu tutto buio e capì che era finita.

 

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Capitolo 6
*** I - La fine ***


I- La fine.

Dove Tony cerca di uccidere Steve. Ma fortunatamente non ci riesce.


- E’ inutile nascondersi,  ho un sensore che rileva la temperatura nell’ambiente circostante. Arrenditi umano. E’ finita. –
Steve balzò fuori dal suo nascondiglio. – Mai! – gli lanciò addosso lo scudo, ma lo mancò. Il robot stava per contrattaccare, quando l’uniraggio si abbattè su di lui, centrandolo e scaraventandolo di una decina di metri.
- Tutto a posto Capitano? – chiese l’armatura sopra di lui.
- Stati attento Tony, è impenetrabile. Non si lascia attaccare facilmente. –
- Non sarà un grosso problema, ti faccio vedere. – Tony direzionò i palmi delle mani verso il nemico, pronto a colpire. Aveva quasi raggiunto la potenza richiesta dal colpo quando vide sullo schermo dell’armatura che qualcosa non funzionava.
- Jarvis, che sta succedendo? –
- Ho paura, signore – iniziò la voce computerizzata – che l’armatura non risponda più ai suoi comandi. –
- COSA? Riprendi la connessione, Jarvis! –
- Temo di non potere, signore. – intanto questa aveva raggiunto il Capitano, che lo guardava con aria stupita.
- Tony, cosa stai facendo? –
- Steve, lo scudo! –
Appena in tempo, Steve riuscì a ripararsi dietro lo scudo di adamantio. L’impatto lo fece volare di qualche decina di metri. Nella caduta sentì di essersi incrinato un paio di costole.
Appena riuscì ad alzarsi vide che l’armatura e il robot lo fronteggiavano, con i mirini puntati verso di lui.
- Steve, non ho più il controllo dell’armatura. Mettiti in salvo! –
Ma mentre Tony pronunciava queste parole, partirono due scariche di energia verso il Capitano, che poté evitarle solo di striscio.
Steve aveva perso i sensi e a nulla poterono le grida di Tony. Capitan America stava per essere ucciso dal suo migliore amico. Tony chiuse gli occhi mentre l’uniraggio si caricava…
- Signore, ho ripreso i comandi. – Jarvis era tranquillo, anche in un momento come quello.
Tony non ci fece subito caso, troppo angosciato dal momento, ma un nanosecondo dopo urlò.- Spegni tutto! –
Jarvis mise l’armatura off-line e questa cadde come un sacco di patate sul pavimento. Tony si liberò della maschera e guardò verso il robot. Questo era riverso sul pavimento, privo di vita.
Tony corse verso la sagoma di Steve, stesa in un angolo. La girò e vide Steve respirava ancora.
- Stai bene Cap? – gli chiese, osservandogli le ferite che si intravedevano dalla calzamaglia.
- Più o meno. Cosa ti è successo? –
- Non lo so. Ad un tratto i comandi non rispondevano più. – Tony tirò su il Cap – Riesci a camminare? –
- Credo di sì. – Steve si guardò attorno. – Dobbiamo avvertire qualcuno. Ci potrebbero essere dei feriti. –
- Credo stiano arrivando. – Dal corridoio entrò una squadra d’emergenza insieme ai paramedici che cominciarono a spostare i detriti e ad aiutare chi ancora era vivo.
- Tony! – Fury era pallido. Parte della faccia era ricoperta di sangue e si teneva il braccio. Dietro di lui la Hill, apparentemente illesa, coordinava il soccorso.
- Cosa è successo…qua? –
- Un robot ha attaccato la plancia distruggendo qualsiasi cosa capitasse a tiro. – Steve cercò di appoggiarsi solo sulle sue gambe, cercando di prendere fiato. – Poi si è fermato. E’ crollato, come se lo avessero…disinnescato. – Steve non trovava le parole per definire lo stato in cui riversava la macchina. Guardò Tony, ma esso si limitò ad assentire. – Ha preso controllo della mia armatura, o almeno credo, ma ad un certo punto si è disconnesso ed è…morto. – I tre uomini guardavano il robot, accerchiato da soldati armati nel caso di un suo risveglio.
- Bruce? Clint? Stanno bene? – chiese Tony, mentre un paramedico lo faceva sedere e lo visitava. Steve ne allontanò gentilmente un secondo, limitandosi a dire che sarebbe andato in infermeria per le sue ferite.
- L’agente Barton stava per avere la peggio contro un paio di quei cosi. In realtà eravamo tutti messi male. Ma anche loro si sono…spenti. Non so che diavoleria sia questa, non ci capisco nulla. – rispose Fury.
- Come sta Bruce? E la ragazzina? – continuò Tony.
- Devo controllare. – Fury si allontanò a parlare nell’auricolare. Tony si avvicinò al robot, curioso, mentre le guardie che lo tenevano sotto tiro lo tenevano sotto tiro, nell’eventualità di un suo eventuale risveglio. – Devo aprirlo. –
- Tony, no. Non adesso. – Steve riprese in mano lo scudo. – Cerchiamo Banner, piuttosto. –
I due uomini si incamminarono verso il settore dei laboratori. Dappertutto si muovevano feriti, dottori, personale di bordo. Tante erano le barelle che li superavano, pensò Cap.
C’era un ingorgo nella zona dei laboratori. Soldati andavano e venivano con gran lena.
- Che succede? – Tony fermò un agente che si stava dirigendo verso la zona est.
- C’è un gran casino lì dentro. Mezzo laboratorio è distrutto e c’è ferraglia ovunque. Stiamo cercando di estrarre i superstiti, ma abbiamo bisogno di laser per tagliare il metallo. –
- Vi aiuto io. – Tony indossava l’armatura. Facendosi spazio riuscì a conquistare il centro della scena.
In un angolo, Bruce era incastrato fra i rottami di due robot. Due agenti cercavano di spostare la mobilia che si era incastrata in un angolo della stanza e parlavano con qualcuno che sembrava incastrata sotto un terzo robot.
Steve si diresse quella zona, mentre Tony si metteva d’impegno a liberare Bruce. Chiese agli agenti se avessero bisogno d’aiuto.
- Signore – disse uno. – C’è una ragazza incastrata fra la mobilia e la lamiera, ma la carcassa è troppo pesante e l’ambiente troppo piccolo per liberarla.
- Proviamo assieme. – grazie alla forza del supersoldato riuscirono a spostare il mobile e ad estrarre la ragazzina.
- Riesci ad alzarti? – le fece lui. Sharon alzò lo sguardo titubante e accennò un sì con la testa. Pian piano si trovò in mezzo alla stanza, circondata dal personale dell’aereo. Si guardò in giro e vide Bruce steso, privo di conoscenza, mentre un paio di infermieri lo mettevano sulla barella e lo portarono via. Tony lo scortò.
- E’ vivo? – chiese lei a Steve. Lui annuì, seguendolo con lo sguardo. Anche lei lo guardò, finché si rese conto di quello che era successo. Si mise le mani nei capelli e diede sfogo alle sue paure con una crisi isterica.
- O mio dio. O mio dio. Lui… lui si è trasformato…lui si è trasformato…lui è Hulk!- urlò lei, senza freni. Steve la prese per le braccia cercando di farla calmare.
- Va tutto bene. E’ finita. E’ finita. – la abbracciò e dopo qualche momento lei scoppiò a piangere, finalmente tranquilla. – Ti porto in infermeria. –
- Sto bene. – Si passò le mani sulla faccia, mischiando lacrime e polvere. – Tu dovresti andare. – disse lei, indicando le ferite sul suo corpo.
- Non puoi stare da sola. Seguimi. –
Si diressero verso l’infermeria. Il caos si stava affievolendo ma il disagio era evidente. Fortunatamente la luce era tornata. La bionda si torceva nervosamente le mani mentre guardava sconvolta la baraonda che le operazioni di salvataggio avevano scatenato.
- Come ti chiami? – disse Steve alla ragazza.
- Sharon. Tu sei Capitan America, vero? –
- Come….?-
- Lo scudo. –
Steve cambiò discorso. – Cosa è successo? –
- Sono arrivati i robot. Bruce mi ha detto di nascondermi e si è…trasformato. Omioddio… - Sharon si impose di mantenere il controllo. – Ci giocavano come se fosse una bambola. Lo stavano per uccidere. Stavano per uccidere anche me…poi sono svenuta. Quando mi sono risvegliata il laboratorio era pieno di agenti. –
Steve la guardò. Nei suoi occhi leggeva il terrore.
- Che cosa erano, Capitano? –
- Non sappiamo nulla purtroppo. -
- Ho paura. Una paura fottuta. – Sharon si guardò intorno, come se cercasse un modo per scappare, la voce leggermente tremante, come sul punto di piangere. - Non dovevo venire qui. –
- Ti sbagli. – Fury li raggiunse, urlando alcuni ordini all’auricolare. – Signorina Carter, mi segua. –
I due continuarono nel corridoio, sorpassando l’infermeria. Non si immaginavano che il Cap si era fermato, in mezzo alla folla.
Carter.
Sharon Carter.
Il suo cognome… e i suoi occhi.
Steve scosse la testa. Doveva farsi curare, doveva aiutare gli altri agenti.
Doveva sapere se i suoi amici stavano bene.
A quello ci avrebbe pensato dopo, forse.

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Capitolo 7
*** Top Secret ***


Top Secret.

Dove tutto è strettamente confidenziale. Clint è preoccupato, Tony incuriosito e Bruce...piuttosto malconcio.


- Direttore. – Clint corse incontro a Fury, che camminava avanti e indietro sulla plancia di comando, mentre le squadre di elettricisti si industriavano a riattivare tutti i controlli. Fury si girò, contrariato. – Cosa c’è, Agente Barton? –
- Vorrei avere notizie dell’agente Romanoff, signore.–
- Temo di non potertele dare, ragazzo. – e senza aspettare una risposta si diresse verso Maria, che lo chiamava dall’altra parte della sala.
- Signore. – Clint lo raggiunse. – Io devo sapere… -
- Tu non devi sapere niente. – Fury gli lanciò un’occhiataccia. – La sua missione è classificata top-secret. –
- Ma lei potrebbe… -
- Barton! Si può sapere che hai? – Fury gli bloccò la strada, affrontandolo. – Sono giorni che mi chiedi notizie di Natasha. E non è la prima volta che lei parte senza dirti nulla. –
- Ma è la prima volta che il giorno dopo la sua partenza è successo il finimondo. – rispose Clint, esasperato. – Che basi militari sparse per il mondo attaccano la popolazione mondiale. Che un’intelligenza artificiale può dispone di tutte le nostre risorse. – prese fiato. – La missione di Natasha c’entra con tutto questo. Lo sento. Sapevo che non voleva che incontrare Bogdanov, ma mi rendo conto che lei, signore, sapesse a cosa andavano in contro… -
- Che cosa? –
- Forse non esattamente, ma sapeva che stava per accadere qualcosa. L’ho visto nel suo occhio buono. Non può ingannarmi, sono un osservatore. – Clint guardò le montagne che concedevano riparo all’eliveivolo, che era atterrato dopo l’attacco per le dovute riparazioni. – Sono preoccupato per lei. La sua missione non ha data di ritorno. –
- Lo capisco. – Fury appoggiò una mano sulla sua spalla, con fare protettivo. – Ma non posso dirti nulla. Nat è sulla buona strada a trovare una soluzione a questo enorme problema. Ma è meglio che poche persone lo sappiano, compreso tu. – Fury ritornò a dirigersi verso Maria. – Abbi fiducia. L’agente Romanoff è molto più in gamba di te e sarà qui prima che tu te ne possa accorgere.-
Clint, sconsolato, sorrise.

Steve bussò alla porta del laboratorio. Sharon si alzò dalla scrivania, facendogli cenno di rientrare.
- Ciao. Come stai? – chiese Steve.
- Meglio, grazie. Le tue ferite? –
- Sono a posto. –
- Come sta Bruce? –
- Meglio, ma ha una commozione cerebrale. Stento a credere che Hulk non l’abbia protetto. –
Sharon rabbrividì istintivamente. Steve la osservò con attenzione.
- Bruce non è cattivo. E anche Hulk, beh, è gestibile. –
- Lo so. Ma io non sono un supereroe, Capitano. Sono mille volte più debole. Non credo che tu possa renderti conto di come mi senta, dopo gli eventi di ieri. – lei gli sorrise a stento. – Vorrei andarmene, ma Fury non me lo permette. Dice che ADESSO è troppo pericoloso. Ma ormai, con Tony che lavora al robot e Bruce ko sono praticamente inutile. –
Ma Steve non la stava ascoltando. Aveva in mente una sola cosa.
- Sharon, ti devo chiedere una cosa che ho in mente da tutta la notte.  Il tuo cognome è Carter, giusto? –
- Sì. –
- Tanto tempo fa ho conosciuto una donna con il tuo stesso cognome…Margaret si chiamava. –
Sharon lo fissò, curiosa. Sorrise. – Mia nonna si chiama così. –
Steve pensò che il mondo gli stesse cadendo addosso. Ad un tratto si rese conto cosa quella ragazza le ricordava. Era sua nipote. Era inutile chiederle altro, sapeva che era lei.
Peggy era viva.
Molte domande frullavano nella testa del supereroe, incapace di proferire altre parole. Si sedette, fissando la ragazza che continuava a sorridere.
- Maggiore Carter? – disse lui, senza fiato.
- Generale. Prese il grado nel 1961. – Anche Sharon si sedette. – Dove l’hai conosciuta? –
- In guerra. Abbiamo combattuto insieme. Io… -
- Aspetta. No, non può essere… - Sharon spalancò gli occhi. – Non è possibile! Tu sei Steve! –
- Ti ha parlato di me? –
- Stai scherzando? Nonno era così geloso! – La bionda rise di gusto, ma Cap sentì una fitta al cuore. Era ovvio che se Peggy aveva una nipote aveva avuto una famiglia, un marito.
Sharon continuò. – Raccontava sempre che eri così valoroso, e avvenente! Non mi aveva mai detto che era Capitan America! –
- Come sta? – Steve cercò di cambiare discorso, ma il viso della ragazza gli fece capire che la fitta al cuore si sarebbe ripetuta.
- Bene. Cioè… beh, è in Illinois, adesso. In una casa di cura. Demenza senile. –
- Mi dispiace. Peggy…Margaret era fantastica. –
- Lo è ancora, nonostante tutto. Anche se litighiamo è la migliore nonna del mondo. –
- Litigate? –
- Beh, lei è così PATRIOTTICA. – Sharon alzò gli occhi al cielo.- E io odio la politica militarista degli USA. Anche lei sa quel che faccio. Dice che sono una specie di anarchica e che dovrei aiutare il mio paese, invece di contestarlo. – Sharon tornò a sorridere. Anche Steve sorrise.
- Mi piacerebbe molto andare a trovarla. –
- Quando finirà questo casino, ti accompagnerò. E spero tanto che ti riconosca. Potrebbe prendere un colpo, a vederti, ma sarebbe uno dei giorni più belli, per lei! –

- Allora, come sta il mio mostro verde preferito? –
- Tony! – Bruce si mise in posizione seduta, sul letto d’ospedale. Il sorriso era tirato e rendeva conto della sofferenza che aveva passato. – Come stai? –
- Mai stato meglio. Tu? –
- Mi sembra di essere stato travolto da una mandria di bufali impazziti. – Tony gli diede una pacca sulla schiena. – Gli altri stanno bene? –
- Sì. Hai visto Sharon? –
- No. Io credo…abbia paura. –
- Di cosa?-
- Di me. Voglio dire… di Hulk. – Bruce si grattò la testa. – Ho visto i suoi occhi, mentre mi trasformavo.-
- Beh, non puoi pretendere di essere il suo eroe preferito. – Bruce rise. – Cosa è successo? Voglio dire, Sharon ha raccontato gli eventi fino ad un certo punto, poi ha riferito di essere svenuta. Tu ti ricordi altro? –
- Non molto. Ho sentito un’esplosione, credo, e poi sono svenuto anche io. – Bruce continuò – Avete controllato le registrazioni delle telecamere? –
- Erano fuori uso, per via del blackout. Sto analizzando uno dei robot che ci hanno attaccati. –
- Che cosa hai scoperto? –
- E’… pazzesco. – Tony prese fiato. – E’ una tecnologia standard, quasi obsoleta per me ma… ha qualcosa di diverso. –
- Che cosa? –
Tony si alzò in piedi per enfatizzare la parola. Sembrava un bambino che non stava più nella pelle nel raccontare qualche marachella alla mamma. – Biomeccanica. –
- Come? –
- E’ un AI ma con facoltà biologiche. –
- Stai scherzando? –
- No! Riesce a rigenerarsi, riprogrammarsi in maniera automatica. E’ stupefacente! – l’enfasi di Tony venne mitigata dallo sguardo sconsolato di Bruce. – Cosa c’è? – chiese Tony all’amico.
- Come possiamo fermare un affare del genere? –
- Beh, lo abbiamo già fermato. –
- Come? –
- Non lo so, ma lo abbiamo fatto. – Tony si sedette. – Lo scopriremo. –

- La linea è sicura? –
- Affermativo. Ho sentito dell’attacco. Dove siete ora? –
- Siamo dovuti atterrare. Il governo del Canada ci ha offerto protezione. Ti manderò le coordinate esatte. Sei riuscita a trovare le informazioni che ci occorrono? –
- Affermativo, Direttore. E’ interessante, la ragazza. –
- Cosa intendi? –
- Se è vero quello che c’è scritto, allora abbiamo veramente un’arma potente fra le mani. –

- Ciao, ragazzina. – Sharon incrociò Tony, di ritorno dal refettorio. Lei abbozzò un sorriso e tirò dritto, volendolo evitare. Non aveva molta voglia di discutere, al momento.
- Allora, come stai? –
- Sto bene. – Sharon continuò. – Sto monitorando le basi. Sembra che gli attacchi siano cessati. –
- Per fortuna. Non saremmo in grado di fare molto. Ti va di fare colazione? –
- Veramente, ho appena mangiato. –
Tony guardò il refettorio. – Stai scherzando? Quella del refettorio non è una colazione. Semmai è un palliativo. Seguimi, andiamo in città. –
- Cosa? Scendiamo dall’eliveivolo? –
- Credo che sia opportuno, sì – Tony la guardò. – ci farà bene un po’ di aria di montagna. Vieni, mi sono fatto dare una macchina. –
Il primo centro abitato distava mezz’ora dalla base. Quaranta minuti più tardi Sharon beveva un caffè mentre Tony divorava dei disgustosi pancake al sapore di menta.
- Menta? Sul serio? – lo apostrofò, per la seconda volta, Sharon. Lui deglutì prima di rispondere – Vedo che le bizzarrie ti colpiscono,ragazzina. –
- Cosa non mi ha colpito in questi tre giorni? – sospirò lei.
Tony la osservò. – Cosa è successo con i robot? –
- L’ho già detto, non lo so. Sono svenuta. –
- Sei sicura di non ricordare nulla? –
- Perché mi fai queste domande? Ho già parlato con Fury. –
- Perché il laboratorio sembra sia l’unica zona in cui non sappiamo quello che è accaduto. – Tony si osservò intorno. – Entrambi siete svenuti, le telecamere distrutte e i robot disarmati. Vale la pena di scavare a fondo, non credi? –
- Hai provato nella scatola nera delle macchine? –
- Non hanno una scatola nera. –
- Non l’hanno o non riesci ad aprirla? – un sorrisetto comparve sulla bocca della ragazza.
- Non lo so. La tecnologia sembra umana ma…sono fatti in maniera differente. –
- Spiegati. –
- Forse è meglio di no. Finisci quel caffè, ce ne andiamo. – ad un tratto Tony sembrava avere fretta. Probabilmente gli era venuta qualche idea da mettere subito in pratica.
- Tony. – Sharon appoggiò con un po’ troppa forza la tazza sul tavolo. – Sono stufa delle mezze parole, delle cose tenute all’oscuro. Bruce è stata una delle più grosse. Se devo collaborare con voi vorrei avere delle rispose alle mie domande. E poi lo sai che posso scoprirlo comunque da sola. –
- Davvero? – l’uomo lanciò i soldi sul tavolo e non si alzò senza degnarsi di aspettarla. Sharon lo rincorse.
- Lo sai cosa mi fa veramente arrabbiare, ragazzina? – disse, mentre metteva in moto la macchina.
- Cosa? –
- Che sei esattamente come me, alla tua età. –
- E cioè? –
- Maledettamente brava e per questo fottutamente arrogante. –
- Non direi. –
- E in che cosa saresti diversa? –
- Io non mi ritengo invincibile, diversamente da te. Anche senza armatura hai sempre creduto di essere intoccabile. Con i tuoi soldi, il tuo potere… Come un dio. Io so di essere debole e me lo ripeto ogni giorno. –
Sharon guardò le montagne fuori dal finestrino. Scese il silenzio nella vettura.
- Le persone muoiono con una facilità impressionante, sai? Improvvisamente, senza che te ne accorgi…così ti rendi conto di quanto tu sia fragile, di quanto poco serva per crollare in mille pezzi. - La ragazza tacque per alcuni minuti, come se indecisa se continuare o no. - Mio padre era pompiere. E’ morto in un incendio, mentre salvava una famiglia da un condominio esploso a causa di una caldaia difettosa. Faceva questo lavoro da quindici anni. Per me era impossibile pensare che potesse succedere. Chi sono io per sbeffeggiare la morte? -
Tony la osservò per un paio di secondi, poi ritornò a guardare la strada. - Perchè sei diventata Freedom? -
- Perché era giusto così. -
- Che risposta del cazzo. -
- Tu non hai mai fatto qualcosa semplicemente perchè era giusto? Credo di sì, visto che sei nei Vendicatori. Nonostante il tuo spropositato ego ti faccia comportare come un idiota, tutto sommato fai quello che devi fare. -
- Non credere che salvare il mondo non aumenti il mio ego. -
- Già. - la ragazza rise. - Ho sempre smanettato con i pc. Ho sempre violato reti, cercato informazioni. Ho scoperto delle cose che non mi sono piaciute. Avevo le competenze per fermare certe schifezze e così mi sono messa d’impegno… ho dato filo da torcere e mi sono creata un brand. -
Erano arrivati alla base. – Ecco il lato narcisista. Credi che con le tue abilità salverai il mondo dal potere delle lobby? –
- So che fallirò. Sono debole, ricordi? Non sono all’altezza dei miei nemici. Ma almeno ci provo. Credo che sia il minimo, sai, cercare di fare andare il mondo per il verso giusto. Per tutti. –
- Un debole che aiuta i deboli. –
Sharon lo liquidò. – Quanto credi di essere forte tu, invece? – e senza aspettare la risposta, scese dalla macchina.

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Capitolo 8
*** Il Progetto Fenice ***


Il Progetto Fenice.

Dove l’Agente Romanoff torna da una Missione Compiuta. E Sharon ne valuta le conseguenze.

 
 Si sentivano dei passi ticchettare lungo il corridoio dell’eliveivolo. I segni dell’attacco erano ormai svaniti ma c’era nell’aria l’elettricità segno di un’imminente tempesta. Una battaglia si stava avvicinando e tutti, dal personale allo stesso Direttore, lo avevano percepito.
I tacchi girarono l’angolo e si trovarono davanti Capitan America.
- Capitano. –
- Natasha! Quando sei arrivata? –
- Da poco. Ho sentito dell’attacco. Bruce è ancora in infermeria? –
- Sì. Ha subito parecchi traumi, ma è cosciente. – Steve osservò la ragazza: non sembrava reduce da una missione. Non aveva tagli, o abrasioni, o ferite di qualsiasi tipo. Pensò che QUELLA era un altro tipo di missione.
- Fury mi ha informato. Devo andare da lui. – senza aspettare il congedo Nat passò davanti al Capitano, che si girò per dirle – Clint è al poligono. –
- Lo so dov’è, grazie. –
Il tono della rossa spiazzò Steve. Natasha era ragionevolmente fredda in ogni situazione, ma in quel momento appariva di più… scocciata.
Steve continuò il suo cammino e si diresse nel laboratorio. Tony era chino su una delle teste di robot, mentre i corpi erano allineati in teche di vetro antisfondamento.
- Come va? – salutò Steve.
- Oh.. mi sento come al compito sulla seconda guerra di indipendenza. –
- Come? – Steve alzò le sopracciglia, scrutandolo. Tony distolse definitivamente l’attenzione dalla macchina.
- Il terzo anno del liceo presi una F in un compito di storia. Sulla seconda guerra d’indipendenza. La sera prima del compito mi ero messo a progettare un prototipo di razzo, una roba da niente, ma ai tempi mi teneva sveglio fino all’alba. Non studiai e presi una F. – Tony si sedette davanti al Cap. – La cosa che più mi ricordo non è tanto la F, che tra parentesi fu l’unica che presi nella mia carriera scolastica. Fu il sentimento di impotenza che mi colpì durante il compito. Il fatto che le mie abilità, le mie competenze non mi sarebbero bastate per raggiungere l’obiettivo che mi ero prefissato. – Tony tacque.
- Sei frustrato, insomma. – terminò Steve.
- Sì, no… - Tony sbuffò. – Ho bisogno di conoscenze che non posseggo. Bruce vorrebbe darmi una mano, ma temo che neanche lui potrebbe… -
– Non esiste qualcun altro disposto ad aiutarti? –
- Forse. Il problema è che è irraggiungibile. – Tony tornò alla sua testa-esperimento. – Sto raccogliendo qualsiasi trattato riguardi la biomeccanica, ma è un argomento talmente nuovo che non esiste praticamente nulla sull’argomento. –
- Capisco. – Steve si guardò intorno. – Fury ha convocato te e Sharon, stasera. Vuole capire a che punto siamo con tutta questa faccenda. Cosa sta facendo la ragazza? –
- Per adesso…nulla. Tiene sotto controllo le basi, che hanno smesso di attaccare. -
- Magari lei potrebbe aiutarti con tutto questo. –
- Non credo. Ho bisogno di un biologo, non di un informatico. O magari, se fossero veramente alieni… - Tony si bloccò, ricordandosi improvvisamente di una cosa. – Jane è sull’eliveivolo? –
- Ha utilizzato il portale per Asgard prima dell’attacco, e durante la battaglia è stato distrutto. – Steve era sconsolato. – L’unico che potrebbe riparare il portale è esattamente dall’altra parte di esso. Jane è intrappolata ad Asgard, ma questo è il minore dei mali. Dio solo sa quando ci potrebbe tornare utile Thor. –
- Appena finirò qui andrò a dare un’occhiata. – Tony cercò di contenere lo sbadiglio.
- Da quanto tempo non dormi, soldato? –
- Abbastanza. – fu la laconica risposta del miliardario.
- Beh, cerca di riposarti. Un genio stanco non carbura molto bene. – Steve salutò l’amico e uscì dal laboratorio.
Tony scosse la testa. Non poteva dormire. Troppi pensieri si agitavano nella testa e quel robot lo incuriosiva enormemente. Prese di tasca il telefonino e digitò di nuovo un numero di telefono. Nessuno dall’altra parte rispose.
Tony sospirò e chiese a Jarvis una panoramica dell’esoscheletro del cyber, per l’ennesima volta.
 
Natasha era stanca. Non dormiva da due giorni e si rendeva conto che le relazioni burocratiche e i sotterfugi erano infinitamente più faticosi di un combattimento corpo a corpo. Stava per raggiungere l’infermeria quando una figura le si parò davanti.
- Nat. – Clint evitava di aggiungere altro. Quando i due agenti venivano assegnati a missioni diverse erano i primi a sapere che l’altro era tornato alla base. Questa volta Clint lo aveva saputo da Steve, che lo aveva chiamato al cercapersone: ‘è arrivata’. e questo significava una sola cosa.
Nat era arrabbiata.
- Non ora Clint.- lei lo scansò.
- Si può sapere che è successo? – disse lui, aprendo le braccia per mostrare la sua preoccupazione.
Lei si girò e lo affrontò a muso duro. – Come ti PERMETTI di ficcare il naso nelle mie faccende? –
- Cosa? –
- Prima hai torturato il capo chiedendo mie notizie. Poi lo hai MINACCIATO. Infine hai cercato nell’archivio a quale missione ero assegnata. – lui cercò di difendersi, ma lei lo interruppe. – Oh, lo SO che lo hai fatto. Peccato che io abbia cambiato le password prima di partire. –
- Addestramento SHIELD, eh? – disse lui, sconsolato.
- Ascoltami bene, CLINT – Nat scandì bene le parole. – Io ho degli ordini, e intendo portarli a termine. Tu fai quello che vuoi, ma non tirarmi dentro nei guai che intendi creare, ok? –
- Senti – si intenerì l’uomo. – Ero preoccupato. Non è mai successo che tu SPARISSI…in questo modo. –
- Non mi interessa se sei preoccupato. So badare a me stessa e in caso contrario solo io subirò le conseguenze. –
- Non è giusto. Sono il tuo patner. – Clint abbassò la voce. – Lo sai che io ti sono affezionato come nessun’altro su questa base. –
- Per il ruolo che ricopriamo siamo tenuti a non affezionarci. – Nat chiuse il discorso e lo lasciò da solo, in corridoio.
‘Non è una scelta’ pensò lui, mentre la osservava allontanarsi.
 
- Bruce. – Nat si sedette sul lettino, appoggiandogli la mano sul braccio infilzato da aghi. Lo scienziato si ridestò dal suo intorpidimento e rispose al saluto.
- Sto bene, Natasha. Com’è andata la missione? –
- Portata a termine. Ho visto l’obitorio. Tutto questo è terribile. Com’è potuto accadere? –
- Non lo so. Tony sta studiando quei cosi che ci hanno attaccati, ma è a un punto morto. Clint sa che sei qua? –
- Ci ho appena discusso. –
Bruce sospirò. – Non capisco perché tu ti comporta in questo modo con lui. –
- Bruce, non iniziare nemmeno. Non ho voglia di litigare anche con te. –
- E sia. Ma almeno promettimi che non annichilerai i tuoi sentimenti in nome di un’associazione per cui sei solo un numero. –
- Hai una brutta idea dello SHIELD, nonostante tu ci lavori ormai da qualche tempo.-
- Avrei la medesima opinione di qualsiasi altra. – Bruce si appoggiò al cuscino. – Il punto è: puoi combattere per ciò che ritieni giusto. Puoi sentirti in dovere di compiere determinate azioni, ma ricordati che hai anche dei diritti. –
- Come agente? – lei aggrottò le sopracciglia in uno sguardo sarcastico.
- Come essere umano. – Bruce si sistemò il cuscino dietro alla testa, visibilmente stanco.
- Posso venire a trovarti, stasera? – disse la ragazza.
- Solo se fai pace con l’arciere. –
 
Fury aspettava. Entrambe le persone che aveva convocato, quella sera, erano in ritardo. L’irritazione stava salendo, ma da qualche tempo non ci faceva più caso. Per la prima volta non aveva idea di come sconfiggere i suoi nemici. Era proprio vero? L’umanità si sarebbe estinta perché troppo debole nei confronti delle altre razze aliene? Gli Avengers non si sarebbero dimostrati all’altezza?
Forse c’era una soluzione. Le informazioni che Natasha aveva procurato erano fonte di speranza. Ma niente di quello che si aspettavano si era ancora rivelato. E se fosse stato tutto un inganno?
- Direttore. – Tony si sedette scomposto sulla sedia davanti alla scrivania del capo. Fury smise di osservare al di fuori dal finestrino del suo ufficio e si sedette davanti a lui.
- Elegantemente in ritardo, vedo. –
- Mi perdoni. Forse ho qualcosa in mano. – Tony si mise a elencare le informazioni estratte dai corpi cybertronici.
- Devo contattare un civile, Direttore. E’ uno scienziato, si chiama Henry Pym. Io credo possa essere la persona chiave per risolvere questo problema. –
- Ci hai già provato? –
- Più volte, ma non risponde. Mi dia il permesso di raggiungerlo. –
- Puoi partire domani mattina, quando Bruce verrà dimesso. –
Sharon arrivò in quel momento. Un misto di determinazione e di rabbia rendeva il suo sguardo nervoso.
- Signorina Carter, l’ho convocata qui per… -
- Devo dire alcune cose, prima. – Sharon appoggiò il faldone che aveva con sé sulla scrivania, ma non lo aprì. – Gli apparati dello SHIELD sembrano attualmente attivi e funzionanti. –
- E’ nelle procedure controllare i sistemi dopo un attacco. – rispose accondiscendente il direttore.
- Peccato che l’archivio sia stato completamente copiato e mandato a circa 600 ID diversi nel mondo. –
- Che cosa? –
- Controllate il BIOS del sistema. Durante l’attacco un’unità si è introdotta e ha preso possesso di ogni informazione presente. Ha tranquillamente copiato tutto il database, poi ha fatto in modo che tutto comparisse esattamente com’era prima della battaglia, così da evitare che qualcuno controllasse eventuali manomissioni. –
- Merda. Questo significa che… - iniziò Tony
- ….quegli orrendi robot hanno in mano ogni nostra informazione strategica e militare per dichiarare guerra al mondo. – completò Fury. Tony si alzò dalla sedia.
- Vado a prendere visione dei dati. Dovremo comunicare questa notizie agli Stati Confederati. –
- Per quello ci penso io, avvertirò il Consiglio. Tu fatti assegnare degli uomini per scandagliare il database e capire cosa hanno in mano. Prendi Steve con te, potrebbe esserti utile. Cercate di tirare le conclusioni e capire se quei cosi hanno intenzione di colpire un luogo in particolare. –
Tony annuì e uscì dalla stanza, ma Sharon non si era data pena di girarsi. Fissava Fury con cieca determinazione.
- Hai altre notizie, Carter? –
- Sì. Vuole sapere come ho scoperto dei file copiati? –
- Anche se così non fosse, credo che tu me lo diresti ugualmente. –
- Ho cercato la mia scheda. – Sharon lanciò il faldone a Fury. – E’ curioso come accadono le cose. Nel senso della tempistica. Avrei potuto farlo appena arrivata qui, ma avevo un compito da svolgere, e in poco tempo. Poi l’attacco…ad un tratto avevo del tempo libero. Utile per craccare il sistema su cui lavoravo. Mi sono resa conto di alcuni dati caricati oggi stesso. Molto protetti. E’ stato duro leggerli. Li ha davanti, ma credo che ormai conosca ciò che vi è scritto. – Sharon si alzò in piedi.
- Io sono un arma di distruzione di massa. – disse lei, tutto d’un fiato. – Fantastico. Quando pensavate di dirmelo? –
- Non è così, Sharon. –
- Oh certo. Sono POTENZIALMENTE un’arma. Che stupida. –
- Siediti.- la ragazza non obbedì. – Vorrai sapere com’è andata la faccenda. –
- Sentiamo. –
- Era il 1955. – anche Fury si alzò e si rimise a osservare il verde che il finestrino mostrava.
- La guerra era finita da un pezzo ma, piano piano, venivano gettate le basi per la guerra fredda. L’America aveva bisogno di un’arma letale quando la bomba atomica ma intelligente, in quella maniera in cui solo l’uomo può essere.
Il progetto del siero per il supersoldato era miseramente fallito, e l’unico prodotto di quel siero era andato perduto. Anche se oggi sappiamo che non è così. – Fury lanciò un’occhiata alla ragazza per controllare che lo stesse ascoltando. – Venne istituita una commissione, per lo più allievi del dottor Erskine del periodo in cui lui aveva lavorato per gli Stati Uniti, che elaborarono un nuovo progetto. L’idea non era ricreare un uomo con grandi capacità fisiche, ma grandi capacità mentali. –
Fury si girò e cominciò ad osservarla.
- Il siero venne preparato e serviva un volontario. Qualcuno già coinvolto in altri missioni top secret, qualcuno di cui potersi fidare. –
- E mia nonna accettò. –
- Margaret Carter era la persona ideale. Fu subito sottoposta al trattamento. Purtroppo non ebbe i risultati sperati. – Fury aprì il faldone, come per controllare le informazioni che possedeva. – Non mostrò nessuno degli effetti che il siero doveva fornire e ben presto smisero di sottoporre la signora Carter ai vari test. Finì la sua carriera come Generale e fu messa nella lista della protezione testimoni per poterla proteggere.
Quando venimmo a conoscenza dell’esperimento e della formula del siero ipotizzammo che gli effetti potessero trasmettersi alla discendenza mediante il DNA. Misi una squadra SHIELD a controllare i cambiamenti di tuo padre, e poi i tuoi. Eravate costantemente controllati. Sapevo tutto di te, per questo sapevo come contattarti per avere il tuo aiuto. Poi è successo quello che è successo al laboratorio. In realtà non sappiamo bene cosa sia successo,ma tu c’entri sicuramente. Ne sono sicuro. – Fury appoggiò le mani sulla scrivania, sporgendosi verso di lei.
- Voglio sottoporti a dei test, Sharon. Se veramente hai i poteri che credo, potresti essere la persona giusta per mettere fine a tutta questa situazione. –
- Perché avete rubato la formula del siero? –
- Se tu avessi questi poteri e si venisse a sapere l’FBI ci metterebbe poco a tirare fuori tutta la faccenda e riaprire il progetto. Quali sarebbero le complicazioni di un esercito di… cervelloni? –
- Come il tuo qui, sull’eliveivolo? –
- Andiamo. Lo sai cosa intendo. Un esercito di superumani in mano ad un’unica potenza sarebbe catastrofico. – Fury si sedette, fissandola.
- Che c’è? –
- Sto aspettando che tu ti renda utile. Ad esempio, uscendo di qui. –
- Sta scherzando? Cosa vuole che faccia? –
- Vorrei studiarti ma credo che tu ti opporresti. – lo sguardo del direttore era stanco. – Allora trovami quei cosi. –
- E’ impossibile triangolare il segnale. Utilizza porte di collegamento diverse ogni minuto che passa. Io…-
- Non intendo in quel modo. Usa i tuoi sensi. Guarda dentro di te. E’ l’unica cosa che posso dirti. Trova il tuo potenziale. Puoi andare. –
‘Che discorso assurdo ‘ pensò la ragazza, richiudendo alle sue spalle la porta dell’ufficio. Davanti a lei un ragazzo la oltrepassò, dedicandole uno sguardo obliquo.
- Mi permetta, signorina. – Clint la sorpasso ed entrò nella stanza che aveva appena lasciato.
Sharon si diresse verso i laboratori, confusa. Non aveva idea di cosa fare. Trovò un messaggio di Tony sul laptot.
- Vieni in sala 2. Livello -2, corridoio centrale.-
La ragazza si diresse verso il primo ascensore disponibile e con qualche difficoltà trovò la sala 2, piena zeppa di terminali disposti attorno ad un tavolo da riunioni. Qui agenti monitoravano i dati SHIELD e analizzavano una cartina mondiale. I risultati comparivano in ologramma al centro del tavolo. Alle due estremità Steve e Tony osservavano la cartina, che mutava continuamente. Tony agitava le dita aprendo decine di finestre al secondo sulla proiezione, mentre Steve camminava avanti e indietro dicendo quali informazioni controllare.
- Novità? – li salutò la bionda. Tony si rivolse senza preamboli.
- Diccelo tu. –
- Cosa? –
- Sarai brava come hacker, ma come agente segreto fai pena. Ti ho messo addosso una microspia. –
- Sentite, io… -
- Siamo impantanati. – Tony tornò ad osservare lo schermo. – Ha colpito due paesi. Uno in India, vicino a Nuova Deli, l’altro in Madagascar. Credo stia facendo delle prove. –
- Non riusciamo a capire dove voglia scagliare l’attacco. – disse Steve.
- Io posso provare… -
- No. Tu non puoi provare. Devi darci una mano. – Tagliò corto Tony, osservandola. – Devi fare quello che hai fatto in laboratorio. –
- Io non ho fatto niente!- urlò lei esasperata.
- Tu sei entrata in contatto con loro. Ne sono sicuro. – nei suoi occhi c’era una luce frenetica. Steve cominciò a osservare con apprensione i due.
- Lasciatemi in pace ok? – lei continuava a urlare. – Ne ho abbastanza. Se non vi servo come consulente io me ne vado. – detto questo si incamminò verso l’uscita.
Era appena uscita all’aria aperta e si stava dirigendo verso i boschi li vicino, senza un motivo,  quando sentì che qualcuno la stava seguendo. – Che strano. E io che pensavo che tu fossi CORAGGIOSA, che combattessi anche le battaglie destinate ad essere perdute. –
- Tu mi stai chiedendo qualcosa che non posso fare! –
- Perché non lo ammetti Sharon? Tu sei speciale e sei il prodotto di coloro che odi di più al mondo. Tu esisti solamente perché gli Stati Uniti hanno deciso di metterti in una fialetta di vetro! –
- Tony, smettila! – Steve aveva seguito l’amico e ora gli urlava contro con rabbia.
- Oh fantastico. Ti fai difendere dal supersoldato, ragazzina? Ancora adesso ti fai proteggere dai militari. Non ti vergogni? –
Sharon smise di camminare e si girò. Davanti a lei, lontano qualche decina di metri c’era Tony che la guardava strafottente. Dietro di lui, uno Steve parecchio arrabbiato lo stava raggiungendo. Ai piedi dell’eliveivolo, più lontano, un gruppo di agenti si era assiepato per assistere alla scena.
- Lo hai ammesso anche tu. Sei un’arma di distruzione di massa. Come ci si sente a essere la causa di una potenziale distruzione dell’umanità? – Il sorriso di Tony sparì. I suoi occhi si sbarrarono e si mise la mano al cuore, o meglio, al reattore che stava nel suo petto. Steve corse verso di lui mentre cadeva in ginocchio. Il soldato lo prese fra le sue braccia mentre lo scienziato si accasciava, diventando sempre più pallido.
- Tony! Che cosa hai? – non ricevette risposta. Guardò la ragazza: uno sguardo di rabbia era concentrato verso Tony.
- Sharon! – Steve gli urlò contro. Dal naso della ragazza scese del sangue, ma lei sembrava non accorgersi di questo.
- SHARON! Torna in te, subito! – il grido del Capitano era perentorio. La bionda si scosse, come se fosse colpita da una forza invisibile, e cadde per terra.
- Maledetta…ragazzina…. – Tony cominciò a riprendersi.
- Cosa gli hai fatto? – disse il soldato alla ragazza semisvenuta.
Lei lo guardò, sconvolta. – io…io…- Ad un tratto fu scossa dalle convulsioni. Una crisi epilettica colpì la ragazza. Steve corse da lei ma non osava toccarla. Dopo quindici secondi il corpo di questa si accasciò sul terreno, esanime.

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Capitolo 9
*** Sull'amore e sull'odio ***


Sull’amore e sull’odio.

Dove Natasha si trova in trappola, e il Direttore Fury anche.

 

- Ho bisogno di un’informazione. Sto cercando l’agente Barton… - Nat aveva lasciato la plancia e aveva cercato in lungo e in largo lungo l’Eliveivolo. Nella sala di controllo centrale regnava il caos, eppure riuscì a trovare un operatore che la stava ad ascoltare.
- Che strano. Pensavo che non volessi vedermi, per un po’. – Clint sbucò dietro alcune postazioni, avendo cura di non farsi investire dalle persone che correvano in giro. Natasha lo guardò di traverso ma senza impedire che gli angoli della bocca si sollevassero.
- Da quanto sei qui? –
-Abbastanza da sapere che Tony ha avuto un attacco cardiaco e Sharon una crisi epilettica. –
- La ragazza con i poteri telecinetici? –
- Beh, per lo meno adesso sappiamo che li ha. – Clint la squadrò. – L’hai già incontrata? –
- Di persona, no. Clint, dobbiamo parlare. –
- Ma allora tu come sai di lei? Aspetta. – Clint le si piantò davanti, guardandola negli occhi. – C’entra col fatto che sei sparita in questi giorni, vero? Lo sapevo. –
- Clint, usciamo di qua. –
Si allontanarono in corridoio. Nessuno dei due parlava. Si ritrovarono nel poligono, il loro posto preferito per allenarsi e per parlare.
- Perché mi hai trattato in quel modo prima? – lui la attaccò immediatamente, mentre prendeva posto sedendosi sul ripiano che divideva la zona di mira da quella dei bersagli. Lei si appoggiò al muro.
- Avevo le mie ragioni, e lo sai. –
- Non capisco. Cosa ti ha fatto arrabbiare? –
- Questo! Che tu non capisci! Rispondimi Clint: quando ci siamo conosciuti? –
- Nat… -
- Rispondimi. –
- San Pietroburgo. –
- Cosa hai pensato di me? –
- Che eri una tosta. – Clint sorrise, guardandola. – Avevi steso sette agenti di polizia. Da sola. Poi hai cominciato a correre sui tetti. Sembravi invincibile. –
- E adesso? Cosa pensi di me? –
- Siamo tutti umani. Anche tu potresti essere uccisa. Coulson è morto e nessuno di noi se lo aspettava. – Clint sospirò. – Nat, non metto in discussione che tu abbia i tuoi ordini e i tuoi doveri, ma devi capire che io mi preoccupo perché ho paura che ti succeda qualcosa, che tu non possa tornare. E se poi mi pentissi di aver sprecato anche l’unica possibilità di salvarti? –
- Ma io non devo essere salvata! – scattò lei.
- Nella nostra vita tutti abbiamo bisogno di aiuto! –
- Senti Clint. So cosa intendi dire. Ma devo essere io a decidere se voglio il tuo aiuto. –
- Piccola russa cocciuta. – sorrise l’arciere. La ragazza sorrise a sua volta.
- Quindi… abbiamo fatto pace? –
- Perché? Non abbiamo litigato. – disse Clint facendo spallucce. Nat di risposta rise e lo abbracciò. Clint rispose all’abbraccio alzandola in aria. Si guardarono negli occhi e Clint la baciò.
Alla fine, Nat lo guardò stupito. Tutti sull’Eliveivolo pensavano ci fosse del tenero fra i due agenti, ma la verità è che nessuno dei due lo aveva lontanamente confessato all’altro. La Vedova Nera, così abituata al sangue e alla morte non era pronta a questo. Non era pronta ad avere un punto debole, ad essere vulnerabile. Perché la verità era che anche lei era profondamente legata all’arciere, più di quanto potesse ammettere a sé stessa. Anche lei sopportava a malapena il terrore che le scorreva nelle vene quando egli scompariva per giorni o tornava in stato di incoscienza dopo una battaglia, o… Non poteva sopportarlo. Doveva mettere più distanza possibile da lui. Per proteggersi. Per proteggerlo.
 Si girò e prese l’uscita, senza dire una parola.
 

- Dove sono? – Sharon si svegliò in un letto dannatamente illuminato.
- In infermeria. – Bruce era seduto vicino a lei.
- Bruce… ho fatto una cosa terribile… - Sharon si mise a piangere. L’uomo le prese la mano.
- Calma, calma, non è successo niente… -
- Tony… -
- Tony sta bene. Hai avuto una crisi epilettica. I tuoi poteri sono molto potenti e non li sai gestire, questo fa sì che prendano il sopravvento. Dobbiamo assolutamente fare delle analisi. –
- Dovete studiarmi. – affermò senza emozioni la ragazza, asciugandosi le lacrime con l’altra mano. – Bruce, mi dispiace tanto non essere venuta a trovarti. Hai cercato di salvarmi la vita e io… -
- Non ti preoccupare. Capisco che tu abbia subìto uno shock. Tutti lo subiscono, la prima volta. – Bruce la strinse con affetto.
- Cosa faccio adesso? –
- Se ti senti meglio, dovresti venire con me. – sulla porta comparve Cap, a disagio. – Ti portiamo al livello -3. Dovresti cominciare le analisi. –
- Le analisi? –
- Devi sottoporti a un leggero elettrochoc. Monitoreremo le reazioni del tuo cervello e forse riusciremo a capire come…beh…funzioni. – si intromise Bruce.
- Va bene. Ma voglio che tu sovrintenda l’esecuzione dei test. E’ possibile? – chiese a Steve.
- Credo di sì. – Steve guardò alternativamente la ragazza e lo scienziato. – Tu sei d’accordo? –
Banner annuì.
- Va bene. Quando siete pronti dirigetevi al livello -3. Io torno alla plancia. Ho delle cose da fare. –
 
- Direttore, abbiamo una chiamata dall’ ONU. Sono molto insistenti. – Maria Hill parlava dal mezzanino della plancia. Fury distolse lo sguardo dal terminale che stava osservando e alzò le sopracciglia, stupito.
- Passameli. –
Sullo schermo – ologramma davanti a lui comparve il sergente O’Connelly.
- Buonasera, Fury. –
- Buonasera, sergente. –
- Ho saputo dell’attacco. Mi dispiace molto. Come siete messi? –
- Ritorneremo in autonomia entro due giorni. Che cosa vuole? –
- Delle conferme. – un militare gli passò un faldone. – Il Presidente degli Stati Uniti ha chiesto un colloquio. Mi ha riferito che la minaccia è arrivata a Defcon 2. So per certo che glielo ha riferito lei. Perché? –
- Un’entità nemica è riuscita ad ottenere i piani strategici dell’esercito statunitense. –
- Capisco. E lei come fa a saperlo, considerando la sua estraneità alle forze militari americane? –
- Ho i miei informatori. –
- E’ questo che non mi piace. – il sergente prese tempo. – Lo sa che commette atto di tradimento ed è imputabile di spionaggio ai danni del nostro stato? –
- Non avete prove per incriminarmi. E anche se fosse, il vostro presidente ha piena fiducia in noi. –
- Ma non l’ONU. Ho saputo che avete comunicato la notizia anche a Russia, Cina e Germania. Si stanno organizzando attraverso l’organizzazione per capire un po’ di più di questa faccenda. –
- Cosa vuole sergente? – ripeté Fury una seconda volta.
- Lei conosce il progetto Fenice, direttore? –
Fury si raggelò. – Come? –
- Perché non esistono più informazioni in merito. Tutto cancellato. Il progetto è collegato al Generale Carter, vero? – O’Toole guardò il fascicolo. – Fortunatamente abbiamo ancora un archivio storico, a Washington. Congedata con onore. – O’Toole guardò lo schermo. – Perché le interessa?-
- Non ha prove di un nostro coinvolgimento in tale faccenda. Ora se non le dispiace avrei molto lavoro da fare. –
- Non se la caverà così, Fury. Sappiamo di Sharon Carter. Una delle studentesse più brillanti alla Cornell University. Facoltà di Informatica e Meccatronica. Abbiamo interrogato sua madre. Dice che è sparita da alcuni giorni, ma ci assicura che è con i federali per una consulenza. Noi non l’abbiamo quindi suppongo che sia con lei. O è così o la situazione è ancora peggiore. –
Fury sospirò – La signorina Carter è qui, è vero, ma è qui di sua spontanea volontà. –
- Bene. Allora di sua spontanea volontà verrà alla più vicina base americana per sostenere un interrogatorio. –
- Temo non sia possibile. Ci serve qua, ORA. –
- Non è lei che detta le regole, Fury. – Il Sergente sbatté il palmo contro il tavolo. – L’ONU ha revocato allo SHIELD il diritto di belligeranza. Da questo momento siete sciolti da qualsiasi rapporto di collaborazione con gli stati confederati. Nei prossimi giorni verranno inviati commissari in Canada con il compito di analizzare la vostra documentazione e interrogare gli agenti. Non cercate di opporre resistenza. E voglio Sharon Carter. Se solo prova a fare qualcosa di diverso da ciò che le sto ORDINANDO sarete dichiarati ufficialmente terroristi e perseguiti dalle potenze della federazione. Ha capito,vero?–
Fury si limitò a osservarlo, furioso.
- Certo che mi ha capito. Buona giornata, direttore. -
Venne chiuso il collegamento. Maria chiamò timidamente Fury, ma lui non gli rispose immediatamente.
- Chiama tutti i Vendicatori. Devo parlargli. -
Mezz’oretta dopo erano lì. Tony si teneva a distanza da Sharon, che aveva seguito Bruce dietro ordine del vicedirettore. Steve sedeva rigido, osservando Clint che giocava con una punta di freccia mentre Fury spiegava la situazione. Natasha era introvabile.
- I fatti stanno così. Dobbiamo decidere cosa fare di Sharon: o la consegniamo alle autorità americane e rinunciano al piano oppure per l’ONU diventiamo terroristi. – terminò Fury.
- Consegniamola. – disse Tony, senza guardare nessuno.
- Non essere precipitoso. – ribatté Steve.
- Sono solo realista. Non possiamo inimicarmi gli stati della Terra per salvare una ragazzina. –
- A meno che questa ragazzina sia l’unica possibilità di salvare la Terra. –
- E cosa ve lo fa pensare? –
- Andiamo Tony! – ribattè Bruce, esasperato.
- Sono molto vicino a trovare un’arma contro quei cosi, Bruce. – Tony lo fissava con sguardo di sfida. – Credo di poter mettere fine a tutta questa faccenda DA SOLO. –
- Ma non ne sei certo. Mi dispiace Tony ma non sono d’accordo. – Fury sospirò. – Posso mettere a rischio la mia organizzazione, benché la cosa non mi faccia piacere. Ma senza di voi non abbiamo chance. E’ per questo che vi rimetto la scelta: la maggioranza deciderà. Steve? –
- Sharon deve restare. –
- Bruce? –
- I test sono incoraggianti, io credo debba restare. –
- Clint? –
- Oh…per me è lo stesso. – L’arciere si alzò e uscì dalla stanza.
- Per tre a uno la ragazza resta. – decretò Fury.
- Oh, bene. – Tony si alzò di scatto, guardandoli di sbieco. – Suppongo che il fatto di aver cercato di uccidermi non conti nelle vostre scelte. –
- Mi dispiace – disse Sharon. – Non so come abbia fatto… -
- Sei un pericolo, ragazzina. – disse lui, puntandole il dito addosso. – E qui nessuno sembra accorgersene. –
- Tony! – Fury lo chiamò ma il miliardario non diede segno di fermarsi. Sharon guardò Steve, sperando che potesse sistemare le cose.
- Forse è meglio che usciamo. – le rispose lui.
Tra gli alberi filtrava la luce del sole. Sharon si torceva le mani.
- Li troveremo, vedrai. – cominciò Cap
- Ho combinato un casino vero? –
- Non è colpa tua. –
- Eppure mi sembra così. – Sharon si sedette ai piedi di un albero, prendendosi la testa fra le mani.
Steve si sedette vicino a lei. – Ci hai salvati, non basta questo a perdonarti? –
- Hai perso molti amici in guerra, Capitano? – Sharon non aspettò la risposta. – Sei riuscito a perdonarti per la loro morte? –
Questa volta Steve non volle rispondere.
- Pensate che io sia chissà cosa… ma vi sbagliate. Solo perché la mia mente ha iniziato a funzionare in modo strano non significa che sia come voi. –
- Se verrai allenata, allora… -
- Farò tutto quello che volete. Mi sembra il minimo per quello che ho combinato. Ma per favore, smettere di CREDERE in me. Avete tante altre risorse. Vincerete come sempre. –
I due rimasero a osservare l’eliveivolo da lontano. Quando cominciò a scendere la luce decisero di rientrare.

 

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Capitolo 10
*** Avengers Disassemble? ***


Avengers Disassemble?

Dove le strade si dividono. O forse no?

- Ora siamo ufficialmente terroristi ricercati dall’ONU. – affermò Fury. Hill lo guardò di sbieco, continuando a dare ordini in plancia. L’Eliveivolo era stato riparato e sorvolavano l’Oceano Atlantico, in direzione dell’Europa.

- Aggiornami Maria. –

- Stark è in laboratorio. Banner sta completando i test con Carter. Rogers è in palestra con Romanoff e Barton è al poligono. Thor non è ancora raggiungibile. – sospirò. – Tony non parla con Steve. Lasciamo perdere come tratta Sharon, ma non potrei biasimarlo. L’agente Barton e l’agente Romanoff non riescono a stare nella stessa stanza per più di cinque minuti. Ognuno è perso nelle sue attività, nei suoi problemi. Nessuna collaborazione. –

- Chi coordina il team strategico per l’analisi dei punti caldi dell’attacco robot? –

- Io. – sospirò l’agente, stanca.

Fury si girò verso di lei, raddolcito nel sentire il suo tono. – Ti prometto un congedo di un mese quando tutto questo sarà finito. –

- Sì, come per la battaglia di Manhattan. Sono rientrata dopo tre giorni. –

- Causa di forza maggiore. – cercò di sorridere lui.

- Come sempre. Quando ci attaccheranno gli eserciti? –

- Appena le potenze che li comandano si metteranno d’accordo sulla tattica da adottare. E appena riusciranno a raggiungerci.-

- E quanto ci vorrà, direttore? – Hill cominciò a giocare distrattamente con i capelli, desiderando ardentemente almeno otto ore di sonno. Che non ci sarebbero state.

- Purtroppo, non credo molto. –
 

- Come va con Clint? – Steve parò un colpo lanciato dai robot-esercitatori e scartò di lato. – Ho notato del gelo fra di voi, dopo la tua solitaria missione. –

- Non sono affari tuoi Rogers. – disse Nat, più laconica che arrabbiata, mentre correva verso un angolo della palestra per far perdere la mira al suo metallico nemico.

- Dimenticavo il tuo splendido carattere. –

- Che cosa vuoi sapere eh? – Nat si girò vero di lui, alzando le mani in segno di resa. – Tutti a chiedermi come sta Clint, cosa fa Clint, come va con Clint… non sono la sua balia, né tantomeno lui è la mia! –

Steve corse verso Nat, la fece cadere e coprì con lo scudo entrambi nel momento stesso in cui uno dei robot sparava verso di loro.

- ABBANDONO ALLENAMENTO – urlò il Cap. Poi si sedette a gambe incrociate guardando Nat che si sistemava i capelli. – Lo sputi il rospo o no? –

- E va bene, soldato. – Nat si sedette davanti a lui. – Sono confusa dai sentimenti che provo verso Clint. E voi tutti non mi aiutate, alludendo e facendo battutine. –

- Io credevo… - Steve esitò. – Insomma… voi non siete innamorati? –

- Cosa? – Nat strabuzzò gli occhi, ma non negò nulla. – Io…io…ma chi te l’ha detto? –

- Nessuno. – Steve strofinò la mano sullo scudo per eliminare un alone invisibile. – Vi ho visti. Ho intuito qualcosa… ma evidentemente mi sono sbagliato. Perdonami. –

- No, io… - la rossa si guardò in giro. Poi sospirò. – Non posso permettermi di innamorarmi. –

- Come? –

- Sono una spia, Steve! Un’assassina e un agente dello SHIELD. Rischio la vita tutti i giorni. E anche Clint… se mi affezionassi troppo a lui e lo perdessi sul campo di battaglia? O se permettessi che i sentimenti che provo per lui compromettessero una missione? Io..non posso. – Nat si alzò per terminare la conversazione. S’incamminò verso l’uscita, turbata. Non si rendeva conto di aver turbato anche il soldato.
 

-… quindi questi droni utilizzano delle connessioni bioelettroniche collegate a un calcolatore centrale. Adoperano onde radio di media lunghezza, guarda i protocolli interni… – Tony e Bruce erano chinati sulla testa del robot che poco tempo prima avevano mandato ko, in laboratorio. Bruce annuì, intento a seguire il discorso dell’amico.

- …è rilevabile una traccia? Si può risalire alle informazioni di sistema? – chiese lo scienziato.

- è difficile: i programmi di avviamento sono ben protetti. Alcuni protocolli sono occultati. Il processo va a rilento. –

- Bruce. – una voce femminile chiamò timidamente. Entrambi si voltarono.

- Non dovevamo vederci oggi pomeriggio? – continuò Sharon, visibilmente a disagio. Gli occhi dello scienziato si spostavano nervosi tra l’amico e la ragazza.

- Scusa, mi ero dimenticato. Andiamo. – e senza salutare cercò di spingere la bionda verso la porta. Ma lei si trattenne.

- Mi stai evitando Tony. – principiò lei, decisa ad affrontare il supereroe.

- E’ una domanda? –

- No. Ma vorrei che tu capissi che mi dispiace. –

- Immagino. – disse senza intonazione Tony, già rimessosi al lavoro. – E di che cosa ti dispiace, esattamente? Di essere stata inutile? Di avermi quasi fatto fuori? Di averci condannato all’illegalità nel momento in cui abbiamo bisogno di ogni aiuto possibile per salvare la Terra? –

Lei non rispose. Sconfitta uscì con Bruce, diretta al livello -3.
 

Steve guardava le nuvole da uno dei finestrini. Di nuovo in viaggio. Non riusciva a credere che era diventato un fuorilegge per il suo paese. Un fuorilegge! Quanta gente era sulle loro tracce? Già i telegiornali parlavano di loro come delle minacce terroristiche e il Presidente degli USA si rifiutava di rispondere a ogni domanda li coinvolgesse. Ricordava il primo incontro con il nuovo Presidente (non sapeva bene da quanto fosse in carica ma sicuramente non era Roosevelt) e la sensazione di stare parlando con un uomo buono che aveva a cuore la sua Nazione. Steve si trovò a sperare che, almeno in cuor suo, egli fosse ancora dalla loro parte benché non potesse esprimerlo apertamente.

Hill lo guardò distrattamente mentre attraversava il corridoio. Ebbe una mezza idea di portarlo al livello sotterraneo e coinvolgerlo nelle attività di monitoraggio delle basi strategiche, almeno mentre gli altri erano troppo occupati o troppo impegnati a tenere il muso, ma lasciò perdere. Non aveva voglia di parlare a nessuno. Era stanca e frustrata. Tony si chiudeva nel suo laboratorio e si rifiutava di collaborare al progetto Fenice. D’altra parte Bruce faceva fatica a gestire il progetto da solo ma si rifiutava di chiedere risorse, poiché Sharon non voleva nessun altro a parte lui. Tra parentesi, gli esperimenti non davano buoni frutti: sembrava che i poteri della ragazza si fossero assopiti di nuovo. L’agente Romanoff era sparita di nuovo, ovviamente in missione top secret, e con Barton era impossibile parlare, chiuso nel suo mutismo e blindato nel poligono.

Fury non era d’aiuto: passava il tempo con il Consiglio o con il suo ufficio, cercando invanamente di trovare un accordo sull’esperimento biondo che tenevano nella loro base. Fortunatamente quei maledetti robot si erano quietati, altrimenti sarebbe stato l’inferno.

‘Ma prima o poi ricominceranno’ pensò la Hill mentre salutava degli agenti ‘e sarà un bel casino’.

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Capitolo 11
*** Lost game. Resume? ***


Lost game. Resume?

Dove le bionde della situazione danno sfoggio del loro carattere.

Tony chiuse gli occhi, cercando di riprendere il controllo.
Era stufo. Aveva l’impulso di buttare all’aria tutto il laboratorio. Quei cosi erano più complicati del previsto. Insomma, la robotica per lui non aveva segreti, ma non riusciva a comprendere come delle facoltà biologiche fossero innestate su schemi elettronici. Quali teorie della fisica potevano combinarsi così efficacemente con la natura umana?
Il cellulare cominciò a squillare. Tony non ci fece molto caso quando rispose - Stark. – disse, a mo’ di saluto.
- O mio dio Tony! Stai bene? Sei ferito? Ero così preoccupata! Dove sei? – la voce di Pepper rasentava l’isterismo. Lo scienziato cercò di inserirsi tra una domanda e l’altra.
- Sto bene, sto bene! Perché non dovrei? Scusami se non mi sono fatto sentire, ma ho avuto parecchio lavoro da sbrigare… -
- Non mentirmi, Tony. – Pepper riprese un minimo il controllo. – Li guardo i telegiornali. Senza contare che la stampa mi sta tartassando. E senza contare che come nemico dell’ONU non sei proprio sulla cresta dell’onda come imprenditore. Immagino che tu non abbia guardato le quotazioni in borsa. –
- Ah, giusto. Beh, è un problema… -
- Lasciamo perdere le Stark Industries. Tu come stai? Che cosa è successo? –
- E’… complicato. Non posso parlarne. –
- Oh. Sì, certo. Nonostante tenga in piedi il tuo impero e mi senta MORIRE ogni volta che parlano di te e dei Vendicatori io NON DEVO sapere nulla. Mi sembra giusto. E non parliamo del fatto che io sono la tua fidanzata! –
- Pepper… -
- … avrei anche il DIRITTO di sapere che il mio compagno è VIVO o MORTO o cose così, di poca importanza. –
- Pepper, sei isterica. –
- Io non sono isterica, sono ARRABBIATA. –
- Ma mostri segni d’isteria. Non è un comportamento da amministratore delegato, questo. –
- Certo, mentre i tuoi comportamenti sono assolutamente appropriati in ogni situazione, vero? –
- Beh, in un modo molto particolare… -
- Mi sono stufata, Tony. Fai quello che vuoi, ok? D’altra parte che te lo dico a fare? Tu hai sempre fatto quello che volevi senza preoccuparti degli altri! –
- Cosa? E la bomba atomica di New York? –
- Tutta pubblicità positiva per te! – urlò lei dall’altra parte. – Eri talmente convinto di morire che ti sei messo a CHIAMARMI mentre la lanciavi nel portale! Per cosa, per vantarti in tempo reale? –
Tony guardò sconvolto il cellulare prima di rimetterlo all’orecchio. – Sei cattiva, Pepper. –
- Sono realista! – e gli sbatté il telefono in faccia.
Lo scienziato restò per qualche momento con il braccio a mezz’aria. Era ferito dal comportamento della compagna e anche stupito, poiché non l’aveva mai sentita così fuori dai gangheri. Poi però gli venne un po’ di senso di colpa. Era pur sempre la sua fidanzata. Lui era sparito e lei non aveva ricevuto più sue notizie. Chissà che cosa aveva passato, sola, senza uno straccio di notizia. Tony si promise che appena la Terra fosse stata al sicuro avrebbe rapito la bionda e l’avrebbe portata a Parigi. E lì, tra una bottiglia di champagne e la Tour Eiffel le avrebbe dichiarato di nuovo il suo amore, oltre al fatto che era un completo idiota.
 
- Pronta, Sharon ? – Bruce parlava dietro uno schermo di plastica. La ragazza abbassò la testa per confermare e subito dopo una serie di deboli scariche partirono dai polpastrelli delle dita e si diffusero in tutto il corpo.
- Rilassati. Le tue condizioni sono stabili. – spiegò Bruce. Sharon sospirò e si apprestò a sopportarne il doloroso fastidio. Non aveva mai conosciuto qualcuno che avesse avuto il cancro ma pensò che la chemio avesse gli stessi sgradevoli effetti che le davano i test a cui era sottoposta.
 
Dopo qualche ora camminava nel corridoio principale, cercando di raggiungere il più velocemente possibile il dormitorio femminile. Era molto più stanca degli altri giorni e piuttosto depressa. Girò l’angolo e incontrò Steve mentre andava in palestra.
- Capitano… -
- Ciao Sharon. – lui la scrutò. – Come vanno i test? –
- Non molto bene. – Sharon si appoggiò alla parete, cercando di dissimulare la mancanza di forze. Provò a sviare il discorso. – Ci sono stati altri attacchi? Io non so molto da quando sono rinchiusa ai livelli inferiori. –
- E’ tutto tranquillo… ma tu stai bene? –
- Sono solo un po’ stanca. – Sharon cercò di staccarsi dal muro ma la colpì una vertigine e si riappoggiò.
- Non mi pare… mi permetti di accompagnarti? –
- Non ti voglio disturbare. Ce la faccio, sul serio. –
- Insisto… e poi mi fa piacere farlo. – disse lui, sorridendo. Sperava che la ragazza comprendesse la sua preoccupazione e si facesse aiutare.
Lei sorrise a stento. - Sto andando ai dormitori. –
I due ragazzi s’incamminarono. La debolezza non aiutava Sharon a sentirsi meno a disagio col soldato: si rese conto di ammirare molto Capitan America e trovava Steve una persona squisita, nonostante fosse un militare. Aveva apprezzato il suo conforto dopo lo spavento di vedersi davanti Hulk e nonostante quello che aveva fatto a Tony non l’aveva giudicata. Inoltre si sentiva ancora più vicina a lui quando aveva scoperto che entrambi erano esperimenti da laboratorio: probabilmente anche lui provava quel senso di non appartenenza che s’insinuava in quei giorni costantemente nei suoi pensieri.
- Come vanno i test? – chiese Cap, cercando di interrompere il silenzio che c’era fra loro.
- Me lo hai già chiesto. – erano ormai in camerata. Seduti sul letto di lei, erano le uniche persone presenti ancora sveglie.
- Scusami, è solo… che ho la testa da tutt’altra parte. Tutto questo è fuori controllo! Non abbiamo una strategia, ci sono tensioni all’interno della base, il mondo è in pericolo e noi stiamo con le mani in mano… l’esercito ci sta braccando. Sta inseguendo noi, i buoni! Che situazione assurda. - Steve si appoggiò con la schiena al muro che delimitava la branda. Sharon abbassò gli occhi: non sapeva cosa dire. - E io non funziono. – si limitò ad ammettere.
- Non è colpa tua. Siamo noi i supereroi ed è compito nostro salvare il mondo. Credimi, sei stata coraggiosa ad accettare i test e tutto il resto. -
- Pensavo fosse giusto farlo. -
- Sono contento che tu sia qui. Renderai tua madre molto orgogliosa. E anche tua nonna. -
- Oh. Beh, suppongo lo fossero anche prima. Sai, non sanno molto delle mie attività illegali. -
- Lo immaginavo. - Steve le accarezzò il viso d’impulso e Sharon sorrise a quel contatto così semplice e spontaneo.
- Grazie Steve. La tua forza e mi dà molto conforto. - comunicò Sharon, ma presto si rese conto, anche suoi occhi spalancati, che non aveva parlato.
- Bisognerà dirlo a Bruce. - rispose, semplicemente.
Improvvisamente il cellulare di Sharon cominciò a squillare. La ragazza guardò sullo schermo, poi parlò al Capitano, con un tono a metà fra il laconico e il preoccupato. - Hanno ricominciato. Ricominciato ad attaccare. -

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Capitolo 12
*** II - L'inizio ***


Capitolo 12
Dove i Vendicatori sono chiamati ad una nuova sfida.

Tony corse fuori dal laboratorio e incontrò Bruce mentre usciva dall’ascensore.
- Che cosa sta succedendo Tony? -
- Che cosa vuoi che ne sappia? Io ero in laboratorio. Rendez-vous? -
- -2. Steve era parecchio nervoso. -
Il piano era vuoto ad eccezione di Steve, Sharon, Hill, Fury e Clint.
- C’è stato un altro attacco. - sputò fuori senza preamboli Sharon mentre ingrandiva un ologramma posto davanti a loro. - Monti Caucasi. Base di Rostov. Esercito, probabilmente forze speciali. -
- Avete dato disposizioni di evacuazione? - chiese Steve, mentre osservava lo schermo.
- Un po’ difficile che ci diano ascolto, considerando che siamo i cattivi, non credi? - replicò saccente Tony.
- La base è stata evacuata due giorni fa ma questo sembra non impedirne il riarmo. - Sharon mosse le due finestre che rappresentavano gli schemi della base in secondo piano e aprì la finestra che mostrava la cartina geografica della zona. - Questi sono i principali punti strategici della zona. Se deve attaccare, state pur certi che inizieranno da qua. –
- Come fai a esserne così sicura? – chiese Fury, analizzando attentamente le varie opzioni.
- Non sono metà computer anche io, Direttore? Comunque non ne sono sicura. Queste sono le scelte più probabili… e non sono neanche poche. -
- Togliamo queste zone. – Clint indicò alcuni punti. - Colpirà i centri abitati, ma quali? –
- Lì. - indicò Steve sulla mappa, dopo averci ragionato su con la sua mente di soldato. - Vorrà fare più danni possibili, temo. -
- Rostov conta più di un milione di abitanti. E’ plausibile. Ma se fosse un attacco congiunto a molte città contemporaneamente? - scorse lo schermo Sharon.
Fury confabulava in un angolo con l’agente Hill, che sembrava contrariata per gli ordini che il Direttore gli stava affidando. Tony se ne accorse e si schiarì rumorosamente la gola. I due si girarono visibilmente scocciati. - Disturbiamo? -
- Il tuo sarcasmo è fuori luogo, Tony. - replicò il Direttore.
- Invece voi no? -
- Stiamo discutendo di cose importanti. -
- Potreste renderci partecipi. In fondo siamo sulla stessa barca. -
Fury sospirò: non l’avrebbe mai avuta vinta con il miliardario. - Voglio tutti entro mezz’ora alla pista di atterraggio. Clint piloterà uno dei nostri vecchi D58. Sono quelli che dispongono di meno elettronica, ma per precauzione disabiliteremo i segnali di comunicazione. Sarete completamente isolati dalla base, ma è l’unico modo per non permettere loro di impossessarsi delle attrezzature di bordo. Dovrete cavarvela da soli. -
- Signore, io proporrei un contingente di supporto… - aggiunse la Hill. Si capiva che la questione su cui dibattevano poco prima era quella.
- Negativo. Non fino a quando non sapremo l’entità dell’attacco. -
- Ci mandi a morire, Fury? - aggiunse Tony, stanco, mentre trasferiva gli schemi di guerra all’armatura semplicemente con dei tocchi lievi sugli ologrammi.
- Se non le sta bene, signor Stark, se ne può anche andare. Restare nei Vendicatori è una sua scelta. -
Il miliardario si diresse verso il Direttore dello SHIELD. Bruce si mise a pensare che se avessero avuto delle armi appresso, non avrebbero esitato a usarle per porre fine a un ‘democratico scambio di opinioni’, come lo potevano avere due uomini di guerra. La tensione era palpabile.
Lo scienziato decise di intromettersi. - Tony, smettila, ti prego. Abbiamo bisogno di te, abbiamo bisogno di tutti. Fury sta cercando solo di coordinare la migliore delle strategie. -
Tony lanciò l’ultimo sguardo di fuoco a Nick Fury poi si diresse dall’altra parte della stanza. Sharon capì che era il momento di dare una mano concreta ai Vendicatori - Concedetemi una linea radio a bassa frequenza per parlare con loro. -
- Perché? -
- La base è isolata, è vero, ma se loro riescono a entrare posso mandare in crash il sistema direttamente dall’Eliveivolo. Devo solo capire come funziona il meccanismo di auto accensione ma ho bisogno di tenermi in contatto con almeno uno di loro per dire loro come agire. -
- E sia. Posso darti le frequenze SHIELD. -
- Quelle frequenze sono compromesse. Ricorda il discorso nel suo ufficio, qualche giorno fa? -
- Ma le mie no. - s’intromise Tony. - Sharon, sai collegarti a Jarvis? -
- Come? Io non… -
- L’architettura è la stessa di JMAXI. Se sei entrata nell’archivio delle Stark Industries riuscirai a collegarti alla mia armatura. -
- Va bene. - Sharon si sentì un po’ più sollevata dal fatto che Tony non si era rivolto a lei l’ennesima volta per offenderla. Cominciò a lavorare sul suo laptop mentre gli altri si dirigevano alle loro rispettive destinazioni.
 
L’aereo sorvolava il Mar Mediterraneo.
- Questa assenza di elettronica mi mette a disagio. - Disse Clint, mentre muoveva la cloche. - Un radar ANALOGICO, vi rendete conto? Non credo di averne mai usato uno. -
- Sempre meglio di avere un’isterica nelle orecchie. - disse Tony. - Jarvis, metti in viva voce. -
- Mi sentite? - nell’aereo si diffuse la voce di Sharon.
- Forte e chiaro. Com’è la situazione? - disse Steve.
- Hanno circa una cinquantina di carro armati, modello T9. Ogni carro gestisce una potenza di fuoco di venti missili Tam28. -
- Mica male per essere la concorrenza. - replicò Tony da sotto la maschera di Iron Man.
- Sono a circa 30 km da Rostov. Quindici caccia sono pronti a partire. Hanno due testate nucleari ma non sono ancora armate, nella zona ovest della base. Tony, sto uplodando le cartine per raggiungerle e disinnescarle prima che sia troppo tardi. Il resto sembra tutto in stand by, ma state attenti. -
- Noi stiamo sempre attenti. - disse ironico Clint.
- Clint, dirigiti verso i carro armati. - riprese Tony. - Tu e Bruce distruggeteli prima che arrivino alle porte della città. Io andrò con Steve verso la base per occuparci degli ordigni. -
- Tony, - disse Bruce. - Non credo sia una buona idea dividerci. Non potremo comunicare fra di noi. -
- Non abbiamo tempo. Preferisci salvare Rostov e uccidere la popolazione di un intero continente oppure lasciar morire un milione di persone e sventare un attacco nucleare? -
 
- Siamo dentro. - Tony si guardava intorno, furtivo. La base era totalmente abbandonata e il silenzio che li circondava metteva addosso loro una strana sensazione di morte.
- La sala di comando è fuori uso, provate a raggiungere con quella dei server. Utilizzando Jarvis credo di poter riconfigurare il sistema. -
I due eroi s’incamminarono lungo il perimetro fino ad arrivare a un entrata secondaria degli hangar. Dentro riposavano i caccia, apparentemente senza vita. Trovarono un’entrata e si diressero verso il centro di controllo.
- Dobbiamo raggiungere il secondo livello sottoterra. Useremo le scale di emergenza del personale medico. Credo sia più sicuro. - Tony si era appena voltato verso l’amico quando lui lo strattonò in modo da farli cadere per terra. Nello stesso momento una scarica di proiettili colpì di striscio il muro del corridoio.
- Merda. - I due cominciarono a correre nel verso opposto, cercando di allontanarsi dal robot che li aveva presi di mira. Era dello stesso tipo di quelli che avevano assaltato l’Eliveivolo.
Girarono l’angolo per un pelo prima di sentire un’altra scarica di proiettili che gli passava molto vicino. Tony si fermò e cominciò ad alzare il palmo della mano e a dirigersi verso il nemico.
- Tony, no! Riprenderà possesso dell’armatura! -
- L’ho modificata. Se i miei calcoli sono esatti, C3B0 ha finito di giocare con me. -
Appena in tempo da pararsi davanti al capitano Tony esplose il suo raggio contro il robot, che accusò il colpo e rimbalzò sul muro di cemento che delimitava il corridoio. Da sotto la maschera Iron Man sorrise.
- Potranno sconfiggermi in battaglia, ma sia mai che Iron Man perda una guerra. - si rivolse a Steve, che intanto osservava l’area in cerca di eventuali nemici. - Credo possiamo continuare, ma è meglio farlo con prudenza. Il fatto che abbiano lasciato qualcuno… qualcosa a controllare la base mi preoccupa. -
- Forse si sono accorti che stiamo sabotando i loro piani. - azzardò Tony, mentre i passi dei suoi piedi metallici rimbombavano nel corridoio.
- Ne dubito. Qual’ora sventassimo un attacco potrebbero crearne centinaia d’altri. Sharon non ha avuto tempo di disarmare nessuna base. -
- O forse stiamo sopravvalutando il nostro nemico. - esclamò Tony, come uno scolaretto che è stupito di aver trovato la risposta giusta. - Robot, alieni… ci han già dimostrato di non essere poi così geniali. Li abbiamo già battuti una volta, mi pare. -
- Già, credo. Ecco l’entrata. - La porta blindata richiedeva un codice segreto. Iron Man appoggiò la mano sulla porta. Dal dito indice uscì una chiave USB che collegò a un’entrata adatta. Dopo pochi secondi la porta si aprì e i due eroi entrarono nella sala.
Davanti a loro torri di server alte come un uomo affollavano il piccolo stanzino. In un angolo era posizionata una scrivania con sopra un terminale. Tony staccò dall’armatura una specie di cubo di metallo, grande come una mano, che collegò alla scheda madre del terminale. Poi si allontanò di qualche passo, per ammirare la sua opera.
- Sei pronta, ragazzina? Jarvis è collegato. -
- Va bene. - dal suo laboratorio Sharon cominciò a ticchettare velocissimamente sulla tastiera. Il suo era un pc robusto e veloce, ma si rese conto che c’era qualcosa che non andava nel collegamento.
- Tony… non capisco. Ho dato ordine di spegnimento forzato del sistema, ma vedo dell’attività nei BIOS dei server. Mi sai dire qualcosa di più? -
Il disagio della ragazza crebbe quando si rese conto che Tony non avrebbe risposto.
- Tony? Steve? Qualcuno mi sente? -
Fury, che era stato in piedi dietro di lei fin dall’arrivo in Russia dei Vendicatori, camminando avanti e indietro per tutto il tempo, le strappò l’auricolare dall’orecchio. - Capitano, mi sente? Stark, mi sente? Qui è il Direttore Fury. -
- Non è possibile, comunicavo con loro fino a qualche secondo fa… - Sharon stava impalata, fissando lo schermo.
Fury si precipitò fuori dal laboratorio. Alla plancia Maria e altri membri dello SHIELD osservavano impotenti e impietriti lo scontro di Occhio di Falco e Hulk contro i carroarmati. -
- Sembrano mantenere la posizione, ma le unità di supporto sono pronte. - disse Hill prima che il Direttore potesse chiedere qualsiasi cosa.
- Lascia perdere quei due. Stark e Rogers non rispondono. -
- Mandiamo qualcuno alla base? – propose Maria quando Sharon li raggiunse di corsa.
- Se le testate sono ancora innescate, non cambierà comunque nulla. - rispose Fury. - Non sappiamo nemmeno se quei due sono ancora vivi… -
- Lo sono. - rispose a muro duro Sharon. - Con una squadra speciale sarebbe la stessa cosa. Come potremmo comunicare se il segnale dello SHIELD è compromesso? -
- Qualcuno ha chiesto la sua opinione, Carter? - disse irritato Fury. Lei resse il suo sguardo. - NON-HA-SENSO-MANDARE-DEGLI-AGENTI - scandì la ragazza. – O per lo meno lasciatemi andare con loro. -
- Mossa sbagliata, ragazza. -
- Avanti! Per lo meno chiudiamo questa faccenda. -
- Sei d’importanza strategica, non dimenticarlo. -
- Già, l’Arma di Distruzione di Massa. Una specie di drone biologico. Fatemi andare, posso ancora disinnescare le testate. –
- Non pensare che io sia in vena di sentimentalismi, ma non ho la minima idea di mandarti a morire, considerando l’importanza strategica del Progetto. -
- Andiamo! Non mi succederà niente se mi date delle guardie del corpo, non crede? O non si fida dei suoi agenti? -
- Fury indicò lo schermo che mostrava i combattimenti di Clint e Bruce. - Se due supereroi non sono riusciti a sopravvivere chi mi garantisce che ce la farai TU? Discorso chiuso, Carter: vai in laboratorio e cerca di riprendere la connessione, ma per il resto STANNE FUORI! -
Sharon si diresse verso il corridoio, pronta per esplodere. Si rese conto che quasi tutti gli agenti erano in plancia. Gli altri, posizionati nei punti strategici della nave, parlavano di ciò che stava accadendo. Sharon continuava a pensare di quanto fosse idiota il Direttore dello SHIELD. Come aveva fatto ad arrivare al livello più alto di quella gerarchia?
- Scusami… - una ragazza bruna si rivolse a lei con fare titubante.
- Dimmi. -
- Sto cercando Steve. Steve Rogers. Sai percaso… -
- Il Capitano è in missione. - Sharon era incuriosita da quella ragazza. - Tu chi sei? Sembri una civile, ma non ti ho mai visto nei laboratori. Sei nuova? -
- Mi chiamo Jane. Lavoro al livello -5. -
Sharon visualizzò nel suo cervello la piantina dell’eliveivolo. Se stava al livello -5, allora stava al reparto di ricerca astrofisica. E quindi era…
- Tu sei Jane Foster? - la bionda non le diede tempo di rispondere. - Il portale è fuori uso, come… -
- …l’ho riparato. Dall’altra parte. Come fai a sapere del portale? -
- Senti, non è un bel momento. I Vendicatori sono nella merda, e io… -
- I miei amici sono in pericolo? -
Le due ragazze si girarono simultaneamente nella stessa direzione.
Nella direzione in cui era comparso Thor.

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Capitolo 13
*** II - La fine ***


Capitolo 13
Bisogna sempre credere nelle proprie capacità.


Sharon guardò l'enorme figura emergere da una porta laterale, vestita in modo assolutamente impensabile e con in mano un enorme martello.
- Thor? - Sharon riflettè alle sue parole. Poi si scosse, ritornando alla realtà e alle sue preoccupazioni. - Thor, devi aiutarmi! -
- Scusatemi? - le si rivolse il semidio evidentemente stupito. Jane osservava il dialogo con uno sguardo inebetito.
- Steve e Tony sono in pericolo. Dobbiamo raggiungerli. -
- Chi siete voi? Dove è il valoroso Nick Fury? -
- Valoroso? Senti - la ragazza gli si avvicinò, determinata. - Si sta svolgendo una battaglia in Russia. I Vendicatori sono lì e  sono in grave pericolo. Sul mio onore, ti GIURO che sto dicendo la verità. - notando che Thor non sembrava molto convinto di quello che gli stava dicendo gli sventolò davanti il tesserino di riconoscimento S.H.I.E.L.D, dipingendosi sul volto un sorriso tirato. - Vedi, sono anche io dalla tua parte. -
Thor guardò dubbioso la fidanzata, che si limitò ad alzare le spalle. Senza proferire parola, il biondo spostò la ragazzina e si diresse verso la plancia. Sharon roteò gli occhi al cielo e lo inseguì correndo.
- Comandante Fury. - tuonò il semidio appena entrato. Il Direttore si girò, come il resto del personale, e gli lanciò un’occhiata stupita.
- Thor! Ma come… -
- Jane è assai intelligente, signore. Dove sono i Vendicatori? -
Fury lanciò un’occhiata a Sharon, comparsa alle calcagna del semidio, e si voltò da un’altra parte. - Sono in missione. -
- Dove? -
- In Russia. Thor, c’è bisogno di te. -
- Sono ai vostri ordini. - Si diresse verso gli aerei quando Sharon gli sbattè contro l’armatura.
- Aspetta, vengo con te! -
- Carter,no! Ti proibisco… - cominciò Fury, al limite della sopportazione
- Me ne fotto delle sue proibizioni, Direttore! Thor, ti prego… -
Thor la guardò. Sarà stata la sua aria supplichevole, sarà stato qualcosa nel viso di lei, sta di fatto che le indicò di seguirla verso i piani alti.
Sharon non se lo fece mimare due volte e lo cercò disperatamente di tenere il suo passo per stargli dietro.

- Sharon…Sharon mi ricevi? - Tony battè sull’auricolare un paio di volte. Osservava il computer mentre ne leggeva i dati in modo quasi febbrile. Nessuna risposta dall'altra parte.
- Che cazzo sta facendo questo sistema? - urlò, esasperato. - Dio santo, sta armando i missili?-
- Non puoi fermarlo? - chiese Steve, tenendo la posizione e controllando che nessun robot comparisse all'orizzonte. Quel luogo era una trappola per topi, e questo lo metteva a disagio.
- Ci sto provando, porcaputtana! - Tony continuò a digitare, sempre più veloce. Cap gli lanciò uno sguardo preoccupato. - Sharon. SHARON! Dove cazzo sei una volta che servi? -
Steve si guardò intorno, vigile, alzando il fucile in posizione di tiro. - Credo che si siano accorti di noi, ormai. -
- Tu credi? - disse ironico il miliardario, mollando la presa sulla tastiera. - Usciamo il più velocemente da qui. Li intercetterò in aria. -
I due supereroi cominciarono a correre verso la pista di atterraggio. Appena usciti alla luce del sole vennero colpiti da delle detonazioni che li scagliarono a molti metri da terra. Ricaddero rovinosamente qualche metro più avanti, strisciando sul cemento. Steve fu il primo a rialzarsi. Vide davanti a sè circa una decina di robot disposti a mo’ di muro difensivo.
- Arrendetevi, Vendicatori. - disse uno di loro, con la solita voce metallica.
- Siete duri di comprendonio, vero? - rispose Tony, prendendo il volo. Subito due di questi lo seguirono sganciando una gragnuola di colpi. Iron Man volteggiò in aria e improvvisamente cambiò direzione, volando verso la base. Steve utilizzò il diversivo per sparare contro il robot che gli aveva parlato, riuscendo fortunatamente a staccargli la testa. All’attacco risposero subito i suoi commilitoni che cominciarono a rispondere al fuoco con una raffica di mitra, in dotazione nella loro armatura. Steve si riparò con lo scudo e corse verso un caccia abbandonato, sperando di potervi trovare riparo. Stava pensando di salirvi quando si accorse che l’aereo aveva preso vita e stava per decollare. La massa d’aria spostata fece quasi perdere l’equilibrio a Cap, che nel frattempo veniva circondato dai robot, pronti all’offensiva finale.
Una scossa elettrica bloccò per circa trenta seconda l’ammasso di ferraglie, tempo sufficientemente lungo per permettere a Capitan America di scartarli e correre verso Thor,che nel frattempo era elegantemente atterrato per terra.
- Thor! Sharon…cosa… - Sharon lasciò il semidio e atterrò anch’essa sul pavimento di cemento della pista.
- C’era qualcosa che non andava. Hanno bloccato tutto. - lei indicò gli esseri che, poco lontani da loro, si stavano preparando per un nuovo attacco, dopo lo standby forzato.
- Hanno armato i missili nucleari. - li informò Steve, respirando pesantemente e cercando di recuperare le energie.
- Quanto tempo abbiamo? -
- Non ne ho idea.  Tony vuole intercettarli in aria. -
- Quel fottuto miliardario pazzo. Puoi portarmi al centro di controllo? -
- Sì. Thor, coprici le spalle. -
- Sarà un piacere, amici miei. - benchè il biondo non avesse ben capito cosa stesse succedendo, si diresse verso l'ammasso di ferraglia deciso a distruggerli fino all'ultimo ingranaggio, come un vero guerriero.
- E non usare più i fulmini, aumenti la loro potenza. - suggerì Steve, mentre correva insieme alla ragazza verso la sala dei server.

- Come va Hulk? - gridò Clint, mentre con una mossa da vero acrobata si mise a saltare su un piano di un carroarmato. Librato in aria, si girò verso di questi e scoccò una freccia. Il mezzo saltò in aria. L’impatto lanciò Clint verso terra, che con una veloce capriola si rimise in piedi. Hulk, d’altra parte, era impegnato a stritolare un mostro verde e usarlo come scudo mentre altri due mezzi gli sparavano raffiche di proiettili.
- Carroarmati. Belli. - Hulk urlò e lanciò la ferraglia che gli rimaneva in mano contro il carroarmato più vicino.
Clint sorrise ed evitò un colpo all’ultimo momento.
Si mise a pensare come avrebbe reagito Nat se - assurdamente - avesse saputo che era morto lì, per quella missione. Avrebbe ammesso a sè stessa quello che provava nei suoi confronti? Probabilmente sì, ma sarebbe stata ben poca cosa, considerando la sua ripartita.

Sharon digitava sulla tastiera.
- Accesso negato…accesso negato…MERDA! - Sharon compì lo stesso gesto fatto poco prima da Tony. Steve alzò un sopracciglio.
- Non ci riesco, Steve. Il server è praticamente isolato. Non accetta interazioni. - Sharon si ingobbì sulla sedia. - Tony li farà esplodere in aria e stavolta non riuscirà ad allontanarsi abbastanza velocemente da evitare conseguenze. Credo di aver contribuito alla sua morte. Lo sto uccidendo veramente, questa volta. -
- No… - Steve le si inginocchiò vicino, per guardarla negli occhi. - Puoi fare ben altro. Tu puoi interagire con quelle macchine, lo sai. I robot… -
- Non so come funziona. - la ragazza cominciò a piangere. - Non so cosa devo fare… -
- Provaci. - Steve le asciugò gli occhi con le mani, pieno di speranza. Come non provare a fare qualcosa per quell’uomo? Pensò Sharon. Chiuse gli occhi e cominciò a pensare. Aveva avuto quegli strani attacchi, mentre era arrabbiata. Essere in quello speciale mood l’avrebbe aiutata? In quel momento però non si sentiva arrabbiata, era disperata.
Doveva imporsi di esserlo. Doveva ricercare in sè stessa qualcosa che le permettesse di incanalare la stessa energia che aveva sentito pulsare nelle vene durante le sue 'manifestazioni'. E poi….
Sharon si alzò e si diresse verso l’unità centrale della base. Scardinò alcune lamiere ed evidenziò i contatti. Osservò a lungo quell’intrico di segnali e conduttori, poi decise di porvi sopra le mani.
Respirò a fondo e si concentrò. A lungo rimase in silenzio, con gli occhi chiusi e le mani appoggiate.
Steve la osservava immobile. Lontano si sentivano ancora rumori di spari ed esplosioni.
Poi, più nulla.
Qualche minuto più tardi, Sharon staccò le mani dal computer con un sospiro. Le gambe cominciarono a tremare e sarebbe caduta a terra se Steve non l’avesse presa.
Con la ragazza fra le braccia e lo scudo saldamente legato alla schiena, Capitan America uscì per la seconda volta dagli edifici della base. Thor veniva verso di loro, mentre i robot giacevano sparpagliati fra le macerie degli aerei non ancora esplosi.
- Tecnologia midgardiana. - disse lui, sorridendo come se fosse una semplice scampagnata e non una missione per salvare il mondo.
Tony volteggiò sopra di loro e li raggiunse.
- Thor! Ma come... -
- Avevate bisogno di aiuto. -
- Niente di più vero….Sharon? -
La ragazza giaceva svenuta tra le braccia del Capitano.
- Oh. Allora è stata lei ad interrompere l’attacco. -
- I missili…-
- Sono stati disarmati con un comando a distanza. Già. Li ho fermati e li ho deposti poco lontano da qui. Bisognerà andare a recuperarli-
La terra tremò quando con un salto Hulk si catapultò fra loro. Lasciò cadere Clint, i vestiti strappati e con qualche bruciatura. Non aveva più l’arco.
- I cingolati si sono bloccati… Thor? E lei… -
- Ci è riuscita? - di nuovo in lui, Bruce si avvicinò al Capitano, osservandola più curioso che preoccupato. - Cosa ha fatto? -
- Ci ha appoggiato le mani. - Tony guardò Bruce, che non staccava gli occhi dalla ragazza.
- E poi? -
- E poi basta. E’ svenuta. -
I supereroi si guardarono, chi con uno sguardo di chi non ha capito granchè, chi ragionando sulle ultime parole pronunciate.
Clint ruppe il silenzio, sospirando. - Beh, almeno abbiamo finito. Missione compiuta. Come lo contattiamo lo SHIELD per dire che siamo ancora vivi? -

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