Fire and rain.

di Mils
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** little girl. ***
Capitolo 2: *** The only exception. ***
Capitolo 3: *** welcome. ***
Capitolo 4: *** bad memories. ***
Capitolo 5: *** i'm not normal. ***
Capitolo 6: *** nobody but me. ***
Capitolo 7: *** a friend. ***
Capitolo 8: *** a walking disaster. ***
Capitolo 9: *** i need you in my life. ***
Capitolo 10: *** you don't have to be afraid when you're with me. ***
Capitolo 11: *** you're special. ***
Capitolo 12: *** give me love. ***
Capitolo 13: *** turning page. ***
Capitolo 14: *** We have to go, baby. Now. ***



Capitolo 1
*** little girl. ***


tentativo Primo Capitolo

Pov Kristen

- Non penso che sia una buona idea.. - dico, appiattendomi sempre di più per terra, per impedire a chiunque nella casa di vedermi.
- Non te la starai facendo sotto, Stewart! - mi urla contro Scout, facendo roteare i suoi piccoli occhi neri.
- No.. no, ma dài.. ci servono proprio quelle cose? Andiamo, possiamo trovare i soldi in un altro modo.. cazzo, non voglio entrare in casa di questi qua! - la prego, cercando di tenera la voce bassa. L'ultima cosa che voglio è farmi beccare ancora prima di essere entrata in questa dannata casa.
- Si,
ci servono.. fattene una ragione. A me servono per gli acidi, tu non puoi capire... - sembra quasi mi stia rinfacciando il fatto che non mi drogo, è incredibile. Scout però dice sul serio, ha davvero bisogno di entrare in questa casa e rubare un po' di soldi, altrimenti passerà i prossimi giorni urlando e rompendo tutto quello che abbiamo. Non voglio vederla così di nuovo.
- Okay.. va bene, entriamo... ti aiuto e basta, però.. Dio, ti odio per farmi fare questo.. - lei mi dà una spinta amichevole con il braccio, facendomi ridere.
- Dai, che ci divertiamo adesso.. quello stronzo di Pattinson ha sempre un sacco di soldi che non gli servono a niente - dice, un sorriso malizioso in faccia.
Sinceramente a me non importa niente.
Non so neanche chi sia Pattinson.
Scout mi ha raccontato che è uno che ha molti soldi, che sa il fatto suo e che è, cosa più importante di tutte, un grandissimo stronzo figlio di puttana, che è al mondo solo perché l'omicidio è illegale. Deve soldi a tutti ma allo stesso tempo tutti devono soldi a lui, quindi penso che la cosa sia okay.
Ci alziamo e ci muoviamo ai lati della casa, dove le luci sono spente, ma questo non vuol dire niente secondo Scout. Lei sa sempre tutto, è lei che mi ha insegnato come muovermi quando facciamo queste cose, come non farmi beccare e come non fare rumore, mi insegnerà molto presto anche a disattivare i sistemi di allarme ma per ora a quello ci pensa lei. Scout è un vero mago in tutto questo ed è anche la mia migliore amica. In realtà, è l'unica amica, o persona, che io conosca. E' poco più alta di me, i capelli neri tagliati corti per non intralciarla e un'espressione furba e maliziosa sempre in faccia; ha diciotto anni, uno più di me, e ha un piccolo appartamento in città che divide con me, quando non so dove altro andare.
- Kristen, cazzo, fai piano..! - mi intima, visto che ho schiacciato un ramoscello per sbaglio.
- Scusa... - io però non sono lei, non sono brava in queste cose. Anzi, a dire il vero le odio. Non mi piace rubare, non mi piace entrare in casa degli sconosciuti e non mi piace commettere nessuna azione illegale, ma devo farlo. Devo, o resto sola. Devo, o stasera non toccherò cibo. Mi muovo come dice Scout. Faccio tutto quello che mi dice, e alla fine siamo dentro.
Scout ha scassinato la serratura e adesso siamo dentro casa Pattinson, al buio.
- Scout..? -
- Kris, chiudi il becco, cazzo -
- E' buio.. lo sai.. lo sai che io.. -
- Ho capito! Ho capito, cazzo, ora trovo una cazzo di luce, non sclerare mentre sono via, però - la sento camminare via e mi sale il panico. Sono dentro questa casa, da sola, al buio. E io odio il buio.
- Scout.. Scout, ehi? Dai, non.. non.. ah! - vado a sbattere contro qualcosa e non riesco a trattenere un grido.
Un cazzo di divano si è messo fra le mia strada.
- Fottiti, Stewart, sei un caso disperato - sento Scout dietro di me, mi spinge e mi sprona ad andare avanti.
Provo a fare qualche passo ma veniamo subito interrotte dal rumore di passi che provengono da.. qualche parte nella casa. Perché Scout non ha ancora trovato l'interruttore? Odio il buio e trovarmi qui mi fa' solo venire l'ansia. Provo a muovere le mani alla ricerca di Scout ma non trovo niente, solo il divano, di nuovo. - Scout..? - non riesco a dire altro perché subito dopo una voce sconosciuta mi fa' quasi morire dallo spavento. E' strana, ha un accento che non conosco. E usa un tono di voce che non mi piace.
- Chi cazzo c'è in casa mia? Giuro che se trovo qualcuno è morto! - provo a muovermi ma è come se il mio corpo non vuole rispondere ai miei ordini, resto ferma al mio posto, con l'ansia che mi divora. Spero che Scout mi salvi ma non sento niente, né le sue parole né la sua mano che mi tira fuori da lì, sono sola. E' già successo che ci trovassero mentre facevamo questo genere di lavoretti, ma la maggior parte delle volte siamo riuscite a uscire in tempo oppure i proprietari della casa erano messi peggio di noi e non mangiavano da mesi, così non ci hanno fatto molto, ci hanno semplicemente buttato fuori. Ma Scout mi ha parlato di Pattinson, ha detto che è una specie di diavolo, pronto a uccidere anche sua madre per un po' di soldi, di cui è pieno.
Quindi non ci spero neanche.
Me ne sto immobile e aspetto.
Poi la luce si accende e io mi lascio scappare un gridolino quando vengo svelata.
Finalmente posso vedere la stanza che mi circonda, non è messa così male: un vecchio divano, un tavolino in legno, una televisore, pareti color crema sporco, un corridoio che sembra portare alla cucina e l'altro a un piccolo bagno, un paio di piante sparse qua e là, un tappeto vicino al divano, rosso. Molto carina. Sporca forse, ma carina.
Ma non è la casa a colpirmi.
E' il proprietario.
Sta scendendo le scale, e ha una pistola in mano.
E' puntata contro di me, ma quando mi vede l'abbassa.
- E tu chi sei? - mi chiede, autoritario, ma c'è qualcosa nei suoi occhi...
E' alto, almeno un metro e ottanta e passa.
Ha due occhi azzurri e i capelli biondo-ramato scompigliati.
Indossa una canottiera bianca e i pantaloni della tuta, è scalzo.
Mi fissa e io mi faccio piccola piccola.
- Allora? - insiste, scendendo le scale.
- Io.. io.. - non riesco a parlare. Fa' la dura, non fare mai vedere quanto sei debole, ragazzina, un vecchio insegnamento mi rimbalza in testa, ricordandomi di non comportarmi da codarda. - Kristen, mi chiamo Kristen - dico, fingendo sicurezza.
Scende l'ultimo gradino e si avvicina. - Be', ciao Kristen, sono felice che tu sia così tranquilla ma forse ti sfugge una piccola cosa.. questa casa è mia, quindi.. mi spieghi che cazzo ci fai qui? - mi sorride e io penso che forse Scout si sbagliava perché, a parte il tono di voce aggressivo, a me questo ragazzo non sembra un diavolo semmai a me sembra proprio un angelo. Un bellissimo angelo. Mi ricordo che mi aveva detto che aveva solo qualche anno più di noi e adesso che lo vedo direi che ha sui ventidue anni.
- Io.. io.. ehm.. cazzi miei - mi mordo il labbro, nervosa.
- Mmh.. cazzi tuoi, okay - si strofina con la mano l'accenno di barba che ha e sorride, divertito. - Interessante, ragazzina. Sai cosa penso io, invece? Penso che tu sia venuta qui a rubare roba mia, non è così? - mi fissa con quei suoi freddi occhi di ghiaccio.
- Mmh... - mi strofino le braccia, infreddolita. Questa casa sarà anche carina, ma si gela. O forse sono io che ho freddo, visto che indosso solo una canottiera nera e un paio di jeans; alle spalle ho uno zainetto nero con un po' di roba, come una giacca, una felpa e qualche ricambio. Non so mai dove starò, quindi è un bene portarsi la roba sempre con sé.
- Ma quanti anni hai? Sembri una bambina - mi dice.
Un po' mi ferisce.
Lo so che sembro una bambina, ma non c'è nessun bisogno di dirlo a voce alta.
- Tu quanti me ne dai? - chiedo, strafottente. Ma mi faccio fregare dalle mie mani che tremano e lui se ne accorge e sorride divertito, di nuovo.
- Quindici - risponde.
- Diciassette. -
- Non ci credo neanche se mi paghi, ragazzina. -
- Non sono una ragazzina, stronzo - non so neanche io perché lo sto dicendo, e con quale coraggio, poi.
Ma lui non sembra offendersi.
Sorride ancora di più e si porta una mano fra i capelli, è davvero bellissimo.
Ma anche un grandissimo stronzo.
E Scout mi ha messo in guardia da lui.
- Adesso sono io lo stronzo? Tu entri in casa mia di notte per derubarmi e lo stronzo sarei io? - controbatte e io non so che dire, quindi resto in silenzio, imbarazzata per la mia figuraccia. Colpa mia e della mia lingua lunga. - Fammi indovinare - continua - non sei neanche da sola, vero? Non ci credo che una bambina come te si mette a fare cose di questo genere da sola - se la ride, lo stronzo.
- Ancora? Non sono una ragazzina, né tanto meno una bambina. E sono da sola... - l'ultima cosa che voglio è mettere nei casini Scout, che poi se la prenderebbe con me di brutto.
- Ah, si? -
- Si... sono sola, okay? -
- Calma, ragazzina. -
- Non sono una ragazzina, cazzo! - odio quel suo tono da sbruffone, quasi si sentisse superiore a me.
Tutto quello che fa' è ridere di me.
Odio quando le persone non mi prendono sul serio.
Sopratutto quando non lo fanno per via del mio aspetto infantile.
- Dal tuo vocabolario non si direbbe di certo, in effetti.. - scherza.
- Io parlo come cazzo mi pare.. - voglio andare via, voglio trovare un posto dove dormire e nascondermi sotto le coperte, questa conversazione non mi piace neanche un po'.
- Hai davvero diciassette anni? - insiste.
- Si.. e tu? - perché lo sto chiedendo?
- Ventitré tra qualche mese - eppure lui mi risponde.
- Oh... -
- E sei davvero da sola..? Perché mi è sembrato di sentirti parlare con qualcuno, prima - oh, cazzo. E ora?
- No.. ti sei sbagliato.. io non.. non parlavo con nessuno.. - balbetto. Cazzo, cazzo, cazzo.
- No? - si avvicina e io indietreggio, spaventata. E' molto più alto di me, mi sento davvero piccola in confronto a lui. E poi è bellissimo e ha un non so che di selvaggio che mi mette in soggezione. Scuoto la testa e sussurro un debole "no". Lui fa' un altro passo avanti e io, spaventata, vado a sbattere contro il muro.
Sono in trappola.


Pov Robert


E' in trappola.
Potrei farle quello che voglio.
E' a casa mia e mi stava pure derubando, ne ho diritto, no?
Eppure qualcosa mi blocca.
Non voglio farle del male. E' ancora una bambina e qualcosa mi dice che non voleva neanche trovarsi qui in questo momento, sono stra-sicuro che qualcuno l'abbia obbligata a fare quello che ha fatto, perché sotto quel faccino da stronza strafottente io ci vedo due occhi verdi pieni di innocenza e paura, cosa rara nelle persone che frequento io.
- Sai chi sono, vero..? - le chiedo.
Annuisce.
- E chi te l'ha detto? -
- Nessuno. Lo so e basta - ha un bel caratterino, devo ammetterlo.
- Le notizie volano, lo so, ma da qualcuno devi pur averlo sentito - ma lei continua a stare zitta, si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e abbassa lo sguardo. Mi regalo qualche secondo per osservarla: capelli color mogano, occhi verdi, faccino un po' magro ma dolce, tenero, innocente, molto bella, forse la ragazza più bella che io abbia mai visto ma anche la meno raggiungibile perché qualcosa mi dice che questa ragazzina non vede l'ora di fuggire via. Non ha radici, non vuole essere legata e io questo genere di cose le riconosco molto bene perché sono così anche io. - Un amico? - insisto e lei scuote la testa. - Un'amica, allora? - di nuovo no, inizio a spazientirmi, ho bisogno di una sigaretta, ma voglio anche una risposta. Questa ragazzina potrebbe essere innocua ma potrebbe anche essere una spia mandata da qualcuno. - Dal tuo fidanzatino? - la schernisco e la vedo arrossire.
Evita di guardarmi. - N..no... nessuno. -
- Come? Un bel faccino come te.. - provo ad afferrarle il mento con la mano ma lei si tira indietro, appiattendosi ancora di più contro il muro.
- Non toccarmi - ringhia, lanciandomi un'occhiata di fuoco.
- Ehi, okay! - alzo le mani in segno di resa ma non riesco a trattenere una risata e questo lo fa' infuriare.
- Voglio andarmene! - urla e fa' per superarmi, ma io le blocco di nuovo il polso, facendole male.
- Cazzo, molla! Lasciami! Lasciami! - strilla, ma io non la lascio andare e la spingo di nuovo contro il muro. Lei prova a liberarsi ancora ma sono il doppio di lei e poi penso che non mangi in modo decente da giorni perché non ha neanche molta forza per difendersi e tutto quello che fa' è urlare e provare a graffiarmi e ci riesce anche. Mi lascia un brutto segno sul braccio, dal polso quasi fino alla spalla, come una gattina rabbiosa. Quasi non lo sento. La strattono finché non mi ritrovo la sua faccia a un palmo dalla mia. - Adesso tu mi ascolti, okay? Non entri in casa mia come se niente fosse! Ora tu mi dici chi ti ha detto di venire qui e me lo dici subito o per te finirà male, non mi fotti così facilmente. Sono stato buono con te fino ad ora, adesso parla, ragazzina - ma tutto quello che ottengo è uno schiaffo.
Sul serio: uno schiaffo.
Nessuno mi prendeva a schiaffi da.. da una vita.
E adesso arriva una ragazzina e lo fa', come se niente fosse.
Eppure mi colpisce e per lo stupore io mollo la presa.
E lei sfrutta quel mio attimo per correre verso la porta, ma io sono più veloce di lei e le copro la via di fuga. Per un attimo vedo il puro terrore nei suoi occhi e qualcosa scatta dentro di me, vorrei solo proteggere questa bambina che mi ha scambiato per il lupo cattivo, ma non ho tempo perché lei fugge via e corre verso la prima porta che trova, quella del.. bagno. E ci si chiude dentro. Sbatte la porta così forte che per un attimo penso che l'abbia rotta.
Mi precipito contro di esse, sbattendo i pugni contro il legno. - Esci! Esci subito! - urlo.
- Vaffanculo! -
- O esci o entro io! -
- E come fai? La porta è chiusa a chiave! Lasciami in pace! - sembra quasi una preghiera. Una preghiera urlata ma pur sempre una preghiera di una ragazzina spaventata.
- Ti rendi conto che quello che mi chiedi è assurdo? Sei entrata in casa mia, cazzo! -
- Lo.. lo so.. e non.. non volevo.. mi.. mi dispiace, scusami.. non.. non ci volevo neanche venire in questo cesso di casa, io! Non volevo venirci neanche morta, qui! Ma.. ma Scout diceva che.. che le servivano soldi e lei senza la sua roba impazzisce.. se.. se non prende almeno un acido al giorno o qualcos'altro.. lei.. oh, lei diventa un'altra persone e io volevo stare a casa sua perché non dormo bene da giorni e casa sua ha un letto e io volevo quel cazzo di letto! Quindi.. scusa, io non volevo venirci qui - e questa a me sembra tanto una confessione, seguita da scuse e da un discorso che non ha molto senso, ma mi va bene lo stesso.
- Quindi.. sei entrata in casa mia perché alla tua amica servivano soldi per la roba? - chiedo.
- Si.... scusa, ancora.. ehm, io non volevo.. -
- Si, si, ho capito, tu non ci volevi venire. Ma ora sei qui. -
- Già... -
- E.. sei dentro al mio bagno - le faccio notare.
- Mi stavi inseguendo... - si difende.
- Di nuovo: sei entrata in casa mia, ragazzina. -
- Smettila di chiamarmi in quel modo, okay? Sei.. sei solo un cazzo di sbruffone, lo sai? -
- E tu una ladra! -
- Non sono una ladra! -
- ERI A CASA MIA, okay? Eri a casa mia per rubare! -
- Non ero io che dovevo rubare! Era la mia amica, coglione! Io.. fanculo, io non ci volevo neanche venire.. io volevo restare a casa a leggere o a guardare un film.. ma Scout stava per entrare in astinenza e allora... - la sua voce si spezza.
- Stai.. piangendo? - c'è una ragazzina che piange nel mio bagno?
- No! No.. io.. io sto bene... senti... lasciami in pace, va bene? Me la cavo da sola.. - ma la sua voce la tradisce molto.
E sento qualcosa dentro di me sciogliersi.
Questa ragazzina non è una ladra, tanto meno un pericolo.
Più che altro, è un pericolo per se stessa.
Non è altro che una ragazzina spaventata che cerca di fare la stronza, senza riuscirci.
- Senti.. -
- Lasciami in pace, ho detto! - strilla, interrompendomi.
- Datti una calmata, ragazzina. -
- Vaffanculo... - la sento tirare su con il naso dall'altra parte della porta.
- Puoi.. puoi restare qui - dico.
- Cosa..? - chiede, stupita.
- Io me ne vado a letto, tu resta nel bagno. Dormi lì. Non è un letto, ma è il massimo che posso fare. Se scopro che hai rubato qualcosa stanotte, ti vengo a cercare e penso che la tua amichetta sia stata così gentile da dirti anche che se io cerco qualcuno non è per qualcosa di buono - penso di averla abbastanza spaventata perché non ribatte - quindi resta qua dentro, okay? -
C'è un po' di silenzio.
Non dice niente per qualche minuto, penso persino che sia fuggita dalla minuscola finestra del bagno quando alla fine parla.
- G..grazie... -
Erano anni che qualcuno non mi ringraziava sotto tortura.
- Di niente.. notte, Kristen -
- Notte.. s..sogni d'oro -



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okay, sentite, non lo so perché l'ho fatto.
non so perché la sto scrivendo.
è stato un momento e ho buttato giù questa cosa.
scusate se è una schifezza ma dovevo almeno provare.
non abbandonerò l'altra storia, è solo per cambiare un po'.
qui non è come l'altra storia, è tutto ancora più incasinato ma non mancheranno i momenti dolci!
kristen qui è sempre timida ma in un modo diverso, ci saranno molte parolacce, avviso.
non so che altro dire quindi.. grazie, recensite se volete, fatemi sapere, vi voglio bene e.. ancora grazie :3

                                                  

















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Capitolo 2
*** The only exception. ***


Pov Kristen

Ho tredici anni e me la sto facendo sotto.
Mamma non torna, eppure è tardi, molto tardi.
Mi chiudo in camera, chiudo bene a chiave perché ho paura che lui venga anche stanotte. Non voglio che venga. Mi nascondo sotto le coperte e prendo il libro che sto leggendo, punto la torcia contro la pagina del libro e leggo. Leggo per almeno un'ora, mamma non torna. Mi infilo le cuffiette nelle orecchie e una canzone rilassante mi aiuta a dormire. Vengo svegliata dai colpi che qualcuno sta dando alla porta della mia camera.
- Kristen! Kristen, so che sei in camera! - è
lui. - Apri questa fottuta porta, okay? Non farmi incazzare, ragazzina! - ma io non apro la porta. Mi porto le coperte fin sopra la testa e provo a nascondermi, a chiudermi per la centesima volta in un mondo che non esiste ma che mi protegge, perché in quel mondo posso nascondermi dalla sua voce, dalle sue mani che non stanno mai ferme, troppo forti per il mio corpo da tredicenne. Eppure sono forte, sono abbastanza forte da essermi salvata un sacco di volte. Non è ancora riuscito ad ottenere quello che vuole, e non lo otterrà.


Mi sveglio agitata, devo trattenere un urlo che spinge per uscire fuori dalla mia gola.
Ancora, ancora un altro incubo, quando finirà?
Non posso continuare con questi incubi una settimana si e una no, non è normale e mi vergogno a stare a casa della gente per paura di dire qualcosa mentre dormo. Non che io abbia molti amici, ma devo pur dormire da qualche parte quando Scout si porta a casa un cliente. Scout, già.. chissà dov'è adesso, se è a casa o in qualche bagno a ficcarsi un ago nel braccio. Mi dispiace tanto per lei, non sono arrabbiata.
Mi metto a sedere.
Quando ieri Robert mi ha detto che potevo restare a dormire da lui quasi non ci credevo. Non gli ho neanche chiesto il motivo, ho accettato subito perché l'opzione sarebbe stata dormire sotto un ponte. Certo, stanotte ho dormito nella vasca da bagno ma è sempre meglio che dormire per strada. Ma ora sto gelando, questo bagno è davvero freddo. Mi guardo intorno: vasca da bagno - con me dentro - lavandino, cesso, finestra in alto, piccola e rotta, ecco spiegato il motivo di questo gelo. Il mio zaino con dentro la mia roba è per terra, accostato alla porta. Esco dalla vasca e lo apro, tiro fuori il mio spazzolino e mi lavo i denti, mi spazzolo i capelli e mi guardo allo specchio: perché il mio viso è così scavato? Ho mangiato. Io ho mangiato, me lo ricordo. Ho mangiato.. tre giorni fa', un panino. Forse sono quattro giorni. Ma nel frattempo mi sono nutrita di gomme da masticare e coca cola, quando capitava.
Quando ho finito di rendermi almeno presentabile, giro la chiave ancora nella toppa della porta ed esco in corridoio.
Mi guardo intorno, non c'è nessuno.
Potrei andarmene senza che Robert lo sappia.
Potrei..
- Ehi! Pensavi di andartene così, ragazzina? - la sua voce mi coglie di sorpresa e non riesco a trattenere un urlo. Lui ride.
- Cosa urla di prima mattina? Sei pazzo? - dico, portandomi una mano sul cuore.
Indossa una maglietta a maniche corte, grigia con lo scollo a V, un paio di pantaloni della tuta ed è scalzo. Non si è fatto la barba.
- E' casa mia, ricordi? Urlo quanto voglio - mi fa' notare.
- Be'... si, ehm.. fa' come vuoi, io me ne vado, grazie per ieri - faccio per raccogliere il mio zaino da terra quando lui parla.
- Non così in fretta, devo farti un paio di domande, Eva Kant - mi sfotte.
- Ancora? Non volevo rubarti niente, okay? -
- Si, certo. Comunque sia, resti qua. -
- Non se ne parla nemmeno, io me ne vado! - urlo, presa dal panico. Cosa vuole farmi? Non ci credo neanche morta che vuole solo "farmi qualche domanda", non sono nata ieri. L'ho già sentita questa scusa e non ci casco una seconda volta. Afferro il mio zaino e giro i tacchi ma Robert ripete la stessa scena di ieri afferrandomi saldamente il polso e sbattendomi contro il muro, con decisamente troppo forza per uno che vuole farmi solo qualche dannata domanda.
Lo zaino mi cade di mano.
- Che cazzo vuoi da me? - chiedo.
- Ti ho detto che voglio solo farti qualche domanda. -
- Non è vero.. - cerco di liberarmi dalla sua stretta ma è impossibile.
- Donna di poca fede. -
- Mai stata credente - lui ride e allenta un po' la presa.
- Benissimo, neanche io. -
- Allora, queste domande? - lo provoco, cercando di allontanarmi da lui ma non me lo lascia fare.
Il suo viso è troppo vicino al mio.
So che sto per dare di matto.
Non voglio che le persone mi stiano vicino, io non voglio il contatto di nessuno, tanto meno il suo.
Cerco ancora di liberarmi e stavolta me lo fa' fare.
Molla la presa e io mi massaggio il polso.
- Cazzo... - mi lascerà un bel segno, lo so, ho la pelle troppo sensibile.
- Peggio per te che non mi ascolti quando ti dico le cose.. - dice, facendomi incazzare ancora di più.
- Ma vaffanculo.. - lascio stare il polso e sollevo lo sguardo su di lui. - Allora, queste cazzo di domande? Sbrigati, voglio andarmene.. - in questa casa si gela e io voglio andare a piangere da qualche parte perché, cazzo, ho avuto un incubo stanotte e non capitava da cinque giorni, pensavo che fossero finiti, e invece no e in più mi fa' anche male al polso per colpa tua e sicuramente mi uscirà un livido, quindi muoviti a parlare e a dirmi queste benedette domande.
- Quanta fretta - sorride strafottente e io vorrei solo spaccargli la faccia.
- Si, ho fretta - dico.
- Ah, si? Appuntamento dal parrucchiere? -
Mi rabbuio subito. Lo so benissimo anche da me che i miei capelli sono un casino, non dormo in un letto da settimane. - Voglio andare via.. sbrigati, per favore.. - lo prego, perché davvero non c'è la faccio più.
Lui non mi risponde neanche.
Si gira e si dirige verso la cucina.
Sospiro e lo seguo, sapendo che se provassi ad andarmene di nuovo potrebbe farmi anche più male.
Apre il frigo e tira fuori una birra.
- Non è presto per bere? - chiedo, non riuscendo proprio a trattenermi.
Lui si gira verso di me, apre la bottiglia e prende un lungo sorso alla mia faccia. - Bevo quello che voglio, quando voglio. Chiaro? -
- Chiarissimo.. - alzo gli occhi al cielo e mi guardo intorno.
La cucina è un disastro, ci sono cartoni di pizza ovunque, bottiglie di birra sul pavimento, piatti sporchi nel lavandino, forchette e coltelli in giro. Robert appoggia quello che resta della birra sull'isola in mezzo alla cucina e mi fissa, mi sento quasi violata da quei due occhi di ghiaccio quindi distolgo subito lo sguardo, infilando le mani nelle tasche dei jeans corti, nervosa. - Chi ti ha mandato a casa mia? - chiede.
- Nessuno - rispondo subito.
- Perché sei venuta allora? -
- Dovevo.. - ripenso a Scout, a come mi ha lasciato sola e forse un po' arrabbiata lo sono.
- Ieri notte hai parlato di una certa Scout, chi è? - insiste. Dio, non mi può lasciare in pace?
- Una mia.. amica - più o meno, diciamo amica. Praticamente è la tipa che conosco da più tempo e che mi permette di dormire da lei quando non è in crisi di astinenza o quando non si deve portare un cliente a casa per racimolare soldi per il prossimo buco. Si, proprio un'amica.
- E che fine ha fatto questa tua "amica"? - Robert ironizza sull'ultima parola, come se avesse capito tutto. Ma non può. Non ha capito proprio un cazzo di me e questa sua sfacciataggine non mi aiuta a restare calma.
- Cazzi suoi, no? - dico acida.
- Anche tuoi visto che ti ha lasciato qua, tutta sola. -
- E allora..? Me la so.. cavare benissimo anche da sola... - dico, cercando di sembrare convincente.
- Oh, non avevo dubbi su questo visto come non hai esitato un istante prima di accettare la mia offerta di restare a dormire da me. Una vera donna vissuta, proprio - anche stavolta, mi punge sul vivo.
E io non so che dire, ha ragione. - Io.. ehm, uhm... senti, se non volevi che dormissi qui perché me l'hai chiesto? Cazzo, bastava dirlo e me ne andavo a casa mia. Sono rimasta in quel cesso solo perché tu me l'hai detto e non ci sarei neanche entrata se tu non mi avessi rincorso per mezza casa neanche ti avessi ucciso il cane! - a volte, tutto quello che riesco a fare è solo prendermela con qualcuno, perché con me stessa l'ho fatto già talmente tante volte che non c'è neanche più gusto.


Pov Robert


- Di nuovo, sei tu che sei entrata in casa mia. Sai, se non fossi entrata adesso non dovresti neanche preoccuparti di dovere uscire, sarebbe stato tutto più semplice. Mi dispiace se ti diverti a complicarti la vita, ragazzina - dico.
Appena pronuncio la parola "ragazzina" i suoi occhi diventano quasi di fuoco, sembra quasi che il verde dell'iride si sciolga talmente sono arrabbiati. - Ti ho detto che non devi chiamarmi in quel modo! Non devi, non devi, mi hai capita? Accidenti, ma sei sordo o cosa?! - strilla, e le guance le vanno a fuoco come gli occhi. E' carina quando si arrabbia.
- No, ci sento benissimo e infatti ti dico di abbassare la voce, raga.. no, niente, abbassa la voce e basta - non ho voglio di sentirla di nuovo urlare, non per quel motivo almeno. Sono abituato a sentire urlare le ragazze per ben altri motivi ma penso che questa ragazzina sia troppo piccola per capirlo.
- Io parlo come mi pare. -
- Bene, allora lo farò anche io, ragazzina. -
- Va bene, non urlo.. - acconsente, abbassando il capo.
- Brava - sorrido e bevo un'altro sorso di birra.
- Non dirmi "brava", non ho cinque anni.. -
- Non posso dire un cazzo allora, facciamo prima, no? - una volta finita la birra l'appoggio sul bancone e posso stare certo che la troverò lì anche stasera e il giorno dopo, e probabilmente anche il giorno dopo ancora.
- Sono finite le domande? - si dondola nervosamente sul posto, mordendosi il labbro.
E' sexy quando lo fa', penso. - Non ancora. Chi è Scout? -
- Un'amica, te l'ho detto.. -
- E perché avete scelto proprio casa mia? -
- Non lo so, non l'ho scelto io, ma lei.. ha detto che hai molti soldi. E' così? - come, non sa chi sono io? Tutti sanno chi sono io, tutti sanno che devono stare alla larga dalla mia casa e da me. Ma questa ragazzina sembra quasi che non abbia idea di chi io sia, e questo mi piace, mi piace davvero tanto, è divertente.
- Si, parecchi. -
- Non si direbbe... - fa' scorrere lo sguardo per tutta la cucina, - se fossi così ricco come dici potresti anche permetterti una cameriera.. o una casa nuova - dice, sorridendo smielata quando lo sguardo torna su di me. Colgo la frecciatina. Okay, la mia casa non è il massimo dell'ordine ma non mi è mai importato, le uniche stanze che uso sono il bagno e la camera da letto, non mi serve una reggia né una cameriera.
- E invece ho molti soldi. E sai come me li sono procurati? -
- Mi dovrebbe interessare? -
- Forse. -
- Be', come? -
- Di sicuro non facendo scoprire dal proprietario della casa nella quale stavo rubando, questo è certo. -
Lei alza gli occhi al cielo, scocciata.
- O sei sordo o sei stronzo - dice, portandosi una mano fra i capelli e tirandoli indietro. Noto una piccola cicatrice sulla tempia, vicina all'attaccatura dei capelli.
- Molti dicono che sono stronzo. -
- Molti hanno ragione, allora. -
Ha sempre la battuta pronta, e quella faccia da stronza.. Dio.
Ma c'è qualcosa sotto.
C'è un viso smagrito da giorni senza mangiare.
Ci sono un paio di occhiaie dovute a giorni senza dormire su un letto decente.
Ci sono vestiti puliti ma vecchi, stropicciati e di qualche taglia più grande.
Ci sono due vecchie paia di all stars stra-usate, magari per correre via da qualcuno.
E ci sono due occhioni verdi che si guardano intorno attendi, impauriti da tutto ma sopratutto da tutti.
E sono proprio quegli occhi a farmi vedere oltre quella facciata da stronza.
- Senti, se hai finito di fissarmi io posso anche andarmene, e comunque.. - ma proprio in quel momento suonò alla porta e io sapevo esattamente chi fosse. Le afferrai il polso senza neanche pensarci, avvicinandola a me per poter parlare sotto voce. - Sta zitta e ascoltami, adesso. Vai di sopra e non scendere finché non vengo a prenderti io, va bene? - le chiedo, ma in realtà è un ordine.
- Ma che ti prende? Lasciami! - cerca di divincolarsi, come sempre, ma la tengo salda.
- Non urlare. Fai come ti dico. -
- No! No.. io non faccio quello che mi dici! - devo aumentare ancora di più la presa per non farla scappare.
Con uno strattone l'avvicino ancora di più a me e la vedo rabbrividire per la paura, ma non ho tempo per chiedermi quale sia il suo problema adesso. - Ragazzina, vuoi finire male? -
- Non chiamarmi.. -
- Cazzo! Fanculo, adesso non conta. Quelli che hanno suonato alla porta non scherzano, non sono i tuoi amichetti piscia sotto che se la svignano lasciandoti sola e non gli piace aspettare, quindi ora tu vai di sopra e ci resti finché non ti vengo a prendere, chiaro? -
- Chi sono? -
- Non sono cazzi tuoi, tu fa' solo come ti dico. -
- Non sto gli ordini di nessuno.. - ma si volta a guardare verso il corridoio, in ansia.
- Stai ai miei, ora - con l'ennesimo strattone la spingo verso le scale e lei si lascia trascinare ma sembra tirare un sospiro si sollievo quando le lascio il polso. - Adesso vai di sopra, e resta lì - ripeto.
Kristen sale i primi scalini ma poi si volta di nuovo verso di me.
- Cosa c'è!? -
- Posso.. posso.. usare il bagno per.. fare la doccia, p..per favore? - balbetta, timida.
- Certo, certo, ma vai! - agito la mano per mandarla via e lei non se lo fa' ripetere due volte, correndo su per le scale. Donandomi una meravigliosa vista del suo delizioso culo racchiuso in quei jeans corti.
Purtroppo sono costretto a distogliere lo sguardo perché stanno di nuovo suonando alla porta.
Li ho fatti aspettare e adesso saranno incazzati con me.
Grande!


Pov Kristen


Il bagno e la camera da letto penso che siano le uniche stanze della casa perfettamente in ordine.
La camera da letto è abbastanza grande, con un letto matrimoniale con coperte grigie e dorate, cuscini, un grande armadio, un comodino per ogni lato, un tappeto per terra, una grande finestra con tende color panna e tutto è ordinato e confortevole. Ci entro solo per qualche secondo, immaginandomi come deve essere dormire in un letto del genere, sicuramente meraviglioso. Ma se dormissi in quel letto sicuramente Robert non mi lascerebbe solo dormire, quindi scarto subito l'idea. Il bagno del piano di sopra è molto meglio di quello nel quale ho dormito, questo si potrebbe definire quasi lussuoso, ogni cosa è in marmo, c'è una grande doccia e una vasca da bagno, lavandino, specchio a forma intera, armadietto dei medicinali, asciugamani candidi e puliti, accappatoi in spugna gialli. C'è persino uno stereo di ultima generazione nel quale posso inserire il mio vecchio ipod e far partire la musica. Abbasso il volume per non farmi sentire da Robert e le note di The Only Exception dei Paramore si diffondono nella stanza; chiudo la porta a chiave, una vecchia abitudine che non
Cambio canzone e Misery Business parte a volume più alto della canzone precedente.
Scuoto i capelli e canto in playback davanti allo specchio.
Visto che non so dove si trovi il phon decido di lasciare i capelli bagnati, asciugandoli come meglio posso. Mi infilo dell'intimo pulito e per un attimo scorgo il mio riflesso nello specchio: piccola, magra, si iniziano a vedere le ossa in alcuni punti, ci sono lividi che non so neanche io come mi sono fatta e un ematoma che mi sono procurata litigando con Scout in una delle sue giornate no. Mi affretto a infilarmi una vecchia felpa nera, due taglie più grandi, e un paio di skinny jeans blu scuro insieme alle converse di prima.
Proprio in quel momento sento delle voci provenienti da fuori.
Mi affaccio alla finestra, nascondendomi però dietro le tende.
Due uomini stanno uscendo dalla porta principale, entrano in una vecchia macchina scassata e uno di loro sembra molto arrabbiato.
- Kristen? - la voce di Robert mi fa' sussultare.
Mi allontano subito dalla finestra.
- Ti sei di nuovo chiusa nel mio bagno? - chiede, vedendo che non rispondo.
- No.. no, io.. io ho finito - vado alla porta e la apro.
Robert ha l'aria stanca e mi prende subito la chiave di mano. - Fatto? - annuisco - Bene. E' tuo l'ipod nel mio stereo nuovo? -
- Di chi altri dovrebbe essere, scusa? - mi affretto comunque a riprendermelo, interrompendo la canzone.
- Non preoccuparti di dirmi grazie, eh. -
- Grazie di cosa? Mi hai detto tu di salire al piano di sopra. -
- Hai usato il mio bagno. -
- Preferivi che restavo al piano di sotto con te e i tuoi amichetti? Li ho visti andare via, sembravano incazzati neri, che hai fatto? - Dio, ma perché non riesco a tenere la bocca chiusa, finirà male me lo sento.
- Non sono cazzi tuoi, ragazzina. -
- Dio, ma allora sei proprio stronzo! - afferro il mio zaino e lo supero uscendo dal bagno. - Me ne vado! -
- Come sei permalosa! - mi urla dietro mentre corro per il corridoio e inizio a scendere le scale.
- Fanculo! -
- Ti ho anche lasciato usare il bagno e non mi hai detto manco un "grazie". -
- Sei solo uno stronzo, non te lo meriti un "grazie!" - imito benissimo il suo accento, che non ho ancora capito da dove provenga.
Raggiungo la porta di casa, ma sono talmente arrabbiata che fatico persino ad aprirla e Robert ha tutto il tempo di raggiungermi.
- Io sarei uno stronzo? Devo ricordarti per la centesima volta per quale motivo eri a casa mia? -
- Secondo me tu o sei scemo o hai seriamente qualche problema di comprensione della nostra lingua, amico - dico, mentre armeggio con la porta.
- Come sei spiritosa! -
- Vero? Me lo dicono in molti - no, non è vero, nessuno mi conosce, nessuno sa che a volte, quando sono sola, posso anche avere pensieri positivi e magari anche spiritosi e di sicuro non lo saprà lui.
Finalmente riesco ad aprire la porta.
- A mai più! - dico, prima di correre via.
Corro più in fretta possibile.
Corro talmente in fretta da non accorgermi che non ho nessun peso sulla spalla.
Corro e non mi fermo finché non arrivo davanti a casa di Scout.
Solo a quel punto mi accorgo che mi manca qualcosa.
Dentro quel qualcosa ci sono le chiavi di casa.
E praticamente tutto quello che resta della mia vita.
- Merda! Mi è caduto lo zaino! -

Mentre cammino avanti e indietro indecisa su cosa fare - tornare a casa di quello stronzo strisciando pregandolo di ridarmi il mio zaino o rinunciare definitivamente a tutto quello che resta della mia vita, almeno quella parte che penso di conoscere? - una macchina si ferma a qualche metro da me, dentro ci sono due uomini e uno di loro si affaccia dal finestrino. Non mi sorprende. Non è la prima volta che pensano che io sia una prostituta o comunque che sia disposta ad andare con sconosciuti ma stavolta sento che c'è qualcosa di diverso.
- Ehi, dolcezza, ti va' di fare un giro con noi? - mi chiede.
E' biondo, non avrà più di trent'anni e sembra più magro del normale.
Riconosco in lui Scout.
Eroinomane.
- No - dico, decisa.
- Avanti! Ci divertiamo, amore. -
Chiamarmi amore è proprio il colmo. - Senti, penso che le tue mani funzionanti abbastanza bene visto che stai guidando, quindi non hai bisogno del mio aiuto. Vai a farti fottere. -
Il tipo fa' per scendere dalla macchina, sicuramente per rivendicare il suo onore e io sono già pronta a darmela a gambe levate quando il suo amico lo trattiene per la spalla, fermandolo. - Amico, non possiamo perdere tempo. Tra un po' dobbiamo tornare a casa di quella testa di cazzo per fargliela pagare, ricordi? La vuoi la roba si o no? - subito il biondino si rimette apposto, mi lancia uno sguardo di fuoco e poi riparte.
Mentre guardo la macchina allontanarsi provo una strana sensazione di déjà-vu. La osservo allontanarsi finché non ne capisco il motivo: è la stessa macchina dove sono entrati gli uomini che sono usciti da casa di Robert, e probabilmente loro erano anche gli stessi uomini e il tipo di cui devono vendicarsi sarà sicuramente Robert. Chissà cosa gli ha combinato. Il tipo, l'amico del biondino, parlava di roba - sicuramente eroina - magari Robert li ha fregati e ora sono pronti a tutto pur di non entrare in crisi d'astinenza. E chi potrebbe mai dargli torto? Scout impazzisce quando è a corto e non ha soldi.
Ma potrebbero fare del male a Robert.
Già.
Potrebbero.
E sicuramente lo faranno.
Due drogati non pensano ad altro che a se stessi e alla loro droga.
Per loro esiste solamente quello, specialmente se stanno in astinenza.
Non riflettono sulle azioni che compiono e potrebbero anche fargli molto male se lui provasse a rifiutarsi di fare qualcosa per loro.
E Robert è stato.. più o meno gentile con me.
Mi ha permesso di dormire da lui, anche se in una vasca del suo bagno con una finestra rotta.
E mi ha lasciato fare la doccia nel suo magnifico bagno de piano di sopra, dove sono finalmente riuscita a rilassarmi per qualche minuto da qui a una paio di mesi.
Gli devo qualcosa.
Si, gli devo decisamente qualcosa e io odio essere in debito con le persone.


Pov Robert


La ragazzina ha lasciato il suo zainetto davanti alla mia porta, le è scivolato mentre cercava di aprire la serratura.
All'inizio non volevo aprirlo.
Ho pensato: "ehi, l'ha lasciato qui ma questo non vuol dire che tu possa frugarci dentro", ma poi ho pensato anche che infondo lei si era intrufolata dentro casa mia quindi mi sono sentito come in dovere di farlo, tipo per risaldare il conto. Così l'ho aperto e non immaginavo di trovarci dentro tutte quelle cose.
Due libri, uno molto vecchio e con parecchie sottolineature.
Un ipod - quello che stava ascoltando nel mio bagno.
Intimo di ricambio - carino, semplice, mai volgare.
Due felpe - sempre troppo grandi e vecchie, ma pulite.
Jeans corti, quelli con i quali è arrivata a casa mia.
Varie magliette tutte attorcigliate tra di loro.
Ma il pezzo forte è un piccolo pupazzetto a forma di leoncino con un vero collarino al collo.
C'è scritto Toby sopra.
Kristen, la ladra che è entrata in casa mia e che mi risponde male a ogni cosa che dico, ha un pupazzetto a forma di leone che si chiama Toby.
Faceva quasi ridere.
- Robert! Robert, aprimi! - il pupazzetto mi cadde di mano quando sentii qualcuno sbattere i  pugni contro la mia porta e chiamarmi.
- Kristen? -
- Cazzo, ma aprimi! -
- Eh, un attimo! - in fretta, rimisi tutto al suo posto nello zainetto, giocando per un secondo con il pupazzetto e l'intimo ridendo tra me.
Aprii la porta e per poco Kristen non mi cadde addosso.
Entrò in casa appoggiandosi sulle ginocchia per riprendere fiato.
- Aiuto, tutta questa fretta per un dannato zainetto! -
- Fottiti, non sono qui per lo zaino.. - dice, tenendosi ancora sulle ginocchia.
- Ah, no? Volevi rubare qualcosa altro? -
- Non ho rubato niente, stronzo, e lo sai benissimo. -
- Mmh. Allora ti mancavo? Che carina. -
Lei si rimette in piedi e mi lancia uno sguardo truce. - No, non sono venuta qui perché mi mancavi, anche perché a me le persone come te non mi mancano mai. Sono qui perché volevo pararti il culo ma se ti comporti così posso anche andarmene e lasciare che i tuoi amici drogati si occupino del tuo bel caratterino, Pattinson. -
- Cosa..? Di che parli? - i miei amici? Intende.. - Parla! -
- Ho incontrato i tuoi amichetti mentre me ne andavo. -
- Intendi i.. -
- Clienti? Chiamali come vuoi. Comunque, si. Erano loro e sembravano piuttosto arrabbiati, stavano parlando di.. be', niente di carino. -
- Merda! - mi dò un colpo sulla fronte con la mano. - Pensavo che se la fossero bevuta! -
- Che hai combinato? - mi chiede, e non sembra più furiosa, sta semplicemente chiedendo. E io mi ritrovo a risponderle.
- Gli ho venduto eroina.. -
- Ma..? -
- Ma non era quella che volevano, non era abbastanza - ammetto.
- Perché l'hai fatto? I bucomani possono essere molto aggressivi... - la vedo rabbrividire per un secondo.
- E pensi che non lo sappia? Ma pensavo che non se ne sarebbero accorti o che fossero talmente tanto in astinenza da non farsi problemi, e invece.. -
- E invece ora stanno venendo qui! Per te! - urla, agitata di nuovo.
- Merda! Merda, merda, merda! -
- Magari.. magari non stanno venendo subito. -
- Si, ma verranno! -
- Posso.. posso occuparmene io... - dice, la sua voce è quasi un sussurro.
- Che cosa..? -
- Se.. se mi lasci di nuovo usare il bagno io posso occuparmene. Li intrattengo finché tu non hai.. risolto il problema. Cosa devi fare? - adesso è decisa, sicura, ma vedo un velo di paura nei suoi occhi.
Rifletto un secondo prima di rispondere. - Mi serve un'ora per recuperare qualcosa da dargli. Massimo due. -
- Un'ora.. due.. okay.. bene.. ma.. ma potrò usare il bagno stanotte? - si agita sul posto, attorcigliandosi una ciocca di capelli fra le dita.
- Certo.. okay, ma cosa hai intenzione di fare? -
- Non sono affari tuoi. Tu promettimi solo che stanotte posso dormire qui.. -
- Okay, prometto - anche se ho una strana sensazione, cosa vuole fare?
- Bene.. -
- Bene... -
- Lascia pure lo zaino da me - dico.
- Non mi fido a lasciarlo qui, non mi fido di te. -
- Non ti fidi di me o non ti fidi delle persone? -
- Che cazzo c'entra adesso? -
- Sto chiedendo, rispondimi e basta. -
- Non mi fido delle persone e lo zaino viene con me. -
- No, resta qui, è diciamo un contratto per assicurarmi che non mi stai prendendo per il culo. -
- No! -
- Vuoi un tetto sopra la testa stanotte? - chiedo, sapendo benissimo di avere il coltello dalla parte del manico.
- E tu vuoi avere tempo prima che i tuoi amichetti vengano a trovarti? -, cazzo.
- Okay.. come vuoi. -
- Bravo.. ora vado - è agitata e si vede. - Tornerò tra due ore.. spero per te che per quell'ora sia tutto sistemato - si gira e fa' per andarsene, è quasi sulla porta quando mi accorgo di una cosa.
- Ehi, e lo zaino? -
Lei alza gli occhi al cielo e sospira aprendo la porta. - Zitto. -
- Non avevi detto che non ti fidavi delle persone? -
- Be', diciamo che questa è... l'unica eccezione, non farci l'abitudine, idiota - dice, prima di uscire dalla porta.


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ecco il secondo capitolo!
scusate tutte le parolacce e se magari è un po' incasinato ma la storia è questa ed è agli inizi.
non ho trovato gif adatte quindi vi lascio con queste due immagini di kris e robert come dovrebbero essere nella storia.
spero che vi piaccia, davvero.
io mi sto affezionando molto a questa kristen, anche se ha un carattere molto particolare.
voglio che capiate subito che se kristen si comporta in un certo modo non è perché è cattiva o roba del genere, ma è perché.. be', vedrete.
be', che dire?
recensite che voglio sapere cosa ne pensate. per favore, non scrivete solo "molto bello" o "molto brutto", io voglio sapere la vostra opinione, che per me conta davvero moltissimo :3
alla prossima, vi voglio bene.



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Capitolo 3
*** welcome. ***


fire and rain Pov Kristen

Mi tengo a un muretto e cerco di mandare via il vomito. Le voci di quei coglioni dietro le mie spalle non mi danno tregua, mi chiamano, mi dicono di girarmi, che non hanno ancora finito con me, che hanno pagato per il servizio completo, ma io non ho nessuna intenzione di farlo. Come sono arrivata a questo? Sono partita con le migliore intenzioni, ho provato a parlare con loro, a chiedergli cosa volessero da me quando mi hanno fermato in macchina, volevo solo intrattenerli mentre Robert faceva quello che doveva fare. Ma avrei dovuto capirlo subito cosa volevano loro da una come me. Non ci hanno messo molto ad afferrarmi per un polso e farmi salire in macchina, afferrandomi la testa e spingendola verso la lampo dei loro jeans. Non era la prima volta, ho dovuto farlo altre volte, la maggior parte delle volte perché Scout mi costringeva perché aveva bisogno di un quartino di eroina e lei non era abbastanza in forma per farlo di persona, a volte mi faceva ubriacare e poi mi presentava i suoi spacciatori come amici. Io venivo a sapere di quello che avevo fatto solo la mattina dopo. Altre volte ero meno fortunata ed ero sobria, come adesso.
- Dolcezza, che ti prende? - urla il biondino.
- Fottiti... - sussurrai a denti stretti, avevo bisogno di vomitare.
- Le vuoi le tue venti sterline o no? - insiste.
- S..si.. ora.. ora vengo... - no, non voglio venire, per favore.. per piacere, Dio, aiutatemi. Voglio stare a casa sotto le coperte in questo momento, voglio qualcuno che mi dica "ti voglio bene" e non "muoviti che vengo", voglio cioccolata calda e abbracci non gente che cerca di infilarmi le mani sotto i jeans. Ma in un qualche modo la mia vita si riduce sempre e solo a questo.
Mi stacco dal muretto e mi dirigo verso gli uomini, ma loro non ci sono più.
Neanche la loro macchina c'è più.
Devono essersi stancati di aspettare e devono avere deciso di andare subito da Robert.
Spero tanto per lui che abbia rimediato loro quello che vogliono.
Per il suo bene.
Non che me ne importi granché, ma non voglio neanche che qualcuno si faccia male.
Così cerco di muovere qualche passo e mi nascondo dietro il muretto. Aspetterò qui qualche minuto, poi andrò da Robert. Non vedo l'ora di potermi chiudere nel suo bagno per stare un po' da sola, ma più di ogni cosa non vedo l'ora di farmi una lunga doccia per lavarmi via la presenza delle loro mani sul mio corpo. Come posso amarmi, in questo modo?
Posso amare il mio corpo quando altre mani oltre le mie l'hanno toccato?
Quando hanno lasciati così tanti segni su di esso?
Non lo odio.
Non odio il mio corpo.
Ma mi sembra impossibile che qualcuno possa amarlo.
E questo mi rende triste, vinta da questo pensiero.
Mi siedo per terra e penso.
Mi torna in mente la casa di Robert.
Era fredda, ma è probabilmente il posto più bello in cui sono stata in questi ultimi anni.
Non è il massimo dell'ordine, ma a me basta il bagno. Voglio chiudermi là dentro e restarci più tempo che posso, da sola.
E il desiderio è così forte che decido che ho aspettato abbastanza, così mi alzo e inizio a camminare. Fuori da casa di Robert c'è la macchina dei tizi così mi siedo fuori, nascosta, e aspetto che escano; ci mettono quasi venti minuti ma alla fine lo fanno, così mi alzo e busso alla porta.
Robert viene ad aprirmi poco dopo.
- Eccoti, finalmente - dice, un po' scocciato.
- Stavo aspettando che andassero via.. posso entrare? - non vedo l'ora di chiudermi in bagno.
- Il patto era questo.. - si fa' da parte per lasciarmi entrare.
Entro e trovo il mio zaino appoggiato contro il muro.
Lo afferro. Averlo con me mi fa' stare meglio, dentro c'è tutto quello di cui ho bisogno.
- Be'... - abbasso lo sguardo, questa situazione è davvero imbarazzante, - io.. allora.. vado in bagno.. -
- Sono solo le tre del pomeriggio.. hai mangiato? - mi chiede, stupendomi.
- Mmh.. si - mento, lo faccio sempre quando mi porgono questa domanda.
- Quando? Un anno fa'? -
Arrossisco.
Sono così magra?
Si vede così tanto?
Così tanto da notarlo e provare disgusto?
Penso di si.
- Non.. non sono affari tuoi, okay? - scatto subito.
- No? -
- No. -
Lo supero per dirigermi in bagno ma lui mi afferra per il polso, trattenendomi.
- Dovresti seriamente mangiare qualcosa, sei pelle e ossa. -
- Di nuovo, non sono affari tuoi e comunque, io ho mangiato.. -
- Stai mentendo. E se hai mangiato è stato davvero tanto tempo fa', non ti reggi in piedi. -
- Sei mio padre, per caso? - lo guardo truce, per poi fissare la sua mano sul mio polso. - Mi stai facendo male - dico, ma lui non sembra intenzionato a togliere la sua mano da lì. - Mi fa' male.. - non voglio che qualcuno mi tocchi, odio il contatto pelle a pelle, penso di avere qualche problema con le persone, ma più probabilmente sono io il problema. - Mi stai facendo male.. per.. per favore - lo supplico. Sto per impazzire, è troppo forte la sua presa.
Per fortuna, mi lascia andare. - Dico sul serio, sembri uno scheletro. -
Venire qui è stata una pessima idea.
- Vaffanculo - le parole mi escono come un ringhio.
Adesso che non mi tiene più il polso però posso superarlo facilmente e chiudermi la porta del bagno alle spalle.
Quando sono finalmente sola, scoppia a piangere ripensando a quello che ho fatto con quegli uomini.
Ti hanno costretta a fare, mi dice la mia vocina.
Ma non mi aiuta.
L'ho comunque fatto e questo schifo che mi sento addosso non andrà mai via.


Pov Robert


E' quasi ora di cena e la ragazzina non è ancora uscita dal bagno. E' chiusa là dentro da ore e non ho idea di che cosa stia facendo lì dentro; è assurdo: sto permettendo a una perfetta sconosciuta di stare in casa mia chiusa in bagno. Mi ha aiutato, senza di lei probabilmente quei due mi avrebbero fatto il culo, è vero, ma è assurdo comunque. Non ho idea di che cosa stia facendo là dentro e poi mi chiedo come abbia fatto a tenere occupati i due tizi, ma qualcosa mi dice che non è stato niente di piacevole, ha evitato di guardarmi per tutto il tempo e si è nascosta nel bagno come una bambina spaventata.
Mi avvicino alla porta del bagno e busso.
Dentro si sente un improvviso trambusto.
- Tutto bene? - chiedo.
- S..si, io.. io stavo, ehm.. dormendo un po'... - la sento rispondere dall'altra parte della porta.
- Nella vasca da bagno? -
- Dove pensi che abbia dormito la notte scorsa, scusa? -
Giusto, non ci avevo pensato.
- Posso entrare? -
- Mmh.. perché? -
- E' il mio bagno, ricordi? -
- Si, ma.. -
- Devo entrare! - sbotto, ormai sono davvero curioso di scoprire cosa stia facendo là dentro da ore.
- Okay.. okay, un attimo... - dieci secondi dopo la porta del bagno si apre e riesco finalmente a rivedere quei due occhi verdi. Kristen ha i capelli ancora bagnati, indossa una felpa grande il doppio di lei e.. basta. La felpa le arriva a malapena al ginocchio. Apro la bocca e non riesco a trattenere un sorriso compiaciuto, lei lo nota e mi lancia un'occhiataccia, anche se è visibilmente in imbarazzo. - Mi stavo giusto chiedendo cosa stessi combinando qua dentro - dico.
- Niente. -
- Mmh, davvero? -
- Già, davvero. Mi sono fatta una doccia e basta, non ho rotto niente.. -
- Non lo mettevo in dubbio. -
- A me invece sembra proprio di si. Senti, perché se non mi vuoi sbattere fuori non me lo dici e basta? Saresti un grande stronzo visto il patto che abbiamo fatto, ma almeno mi risparmio.. questo. -
Oh mia cara ragazzina, tu non hai idea di quanto io vorrei sbatterti.. ma non via di qui.
Quel pensiero mi fa' sorridere ancora di più.
- Non ho detto niente. -
- Come ti pare... - si guarda le scarpe e si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Comunque l'offerta di prima è ancora valida - dico, prima di riuscire a trattenermi.
- Quale offerta? -
- Cibo. Sei anoressica. -
- Brutto stronzo! Io non sono anoressica, chiaro!? - urla, stringendo i pugni chiusi sul fianco. Vuoi picchiarmi, ragazzina?
- Sei molto magra, in ogni caso. -
- E allora? Ma ti sembra normale che tu vai a dire alla gente che è anoressica solo perché è magra? A gente che neanche conosci! -
- Tu non sei "la gente", sei Kristen e sei entrata in casa mia, hai dormito nel mio bagno. Non sei propriamente un estraneo - le faccio notare, facendomi incazzare ancora di più. E' davvero bella quando si incazza, alza gli occhi al cielo e si morde il labbro talmente forte che ho paura che se lo tagli in due. Senza pensarci, sollevo una mano e le faccio lasciare andare il labbro. I suoi occhi si spalancano, terrorizzati.
Indietreggia e inizia ad aprire e chiudere la bocca.
- Non... non farlo... mai più - balbetta.
- Ma che ho fatto? - chiedo, confuso.
- Non toccarmi. -
- Ti stavi per tagliare il labbro, scema.. -
- NON TOCCARMI, OKAY? NON TOCCARMI, NON STARMI VICINO, NON AVVICINARTI A ME! Il patto non era questo! - urla, ormai fuori di sé.
- Non pensavo che... -
Ma lei è già fuori dalla porta, in corridoio.
Quando faccio per uscire anche io dal bagno per raggiungerla i suoi occhi si spalancano ancora di più.
Non capisco cosa le prenda.
Perché dà di matto in quel modo?
- Non me ne importa un cazzo di quello che pensavi, okay!? Non.. non ti avvicinare, e basta - adesso mi sta implorando, indietreggiando verso la parete.
- Mi spieghi che cazzo ti prende, adesso? -
- N..niente. -
- Hai problemi! Tu hai problemi seri! - urlo e forse non avrei dovuto perché i suoi occhi diventano subito lucidi. - Che stai...? -
- Lo so di avere problemi... - sussurra, abbassando lo sguardo.
E per un secondo vedo la sua facciata cadere. Per un attimo, tutta la sua tristezza, le sue paure, il modo in cui vuole tenere lontano tutto e tutti, mi è chiaro, riesco a vedere quanto fragile lei sia dentro di sé. E io provo come un'istinto di protezione verso questa ragazzina magra, permalosa e isterica, ma con due grandi occhi verdi che non riescono a camuffare l'innocenza del loro sguardo. E' soltanto una bambina.. che le sarà mai successo per ridurla in questo stato?
E mentre lo penso, mi accorgo di volerlo sapere veramente.
- Che hai fatto oggi? -
- Che.. che cosa intendi..? -
- Con quei due uomini. Che hai fatto con loro quelle due ore? -
- Che ti importa. Te li ho tenuti occupati, no..? - sembra parecchio in imbarazzo ora e questo non mi tranquillizza neanche un po'. Conosco quei due, sono due figli di puttana, tra i peggiori in circolazione. Vado alle loro feste spesso per portare loro la roba e ogni volta hanno una casa diversa, anche se la gente che va' alle loro feste è sempre la stessa: puttane, drogati, pezzi grossi del giro che si divertono con questo genere di cose.
- Dimmi cosa hai fatto, ora. -
- Niente! -
- Io li conosco quei due coglioni, non sono tipi da "niente" - dico, sperando di invogliarla a parlare, non può continuare a dirmi che non ha fatto niente all'infinito.
- E invece non c'ho fatto niente, okay!? Ma che cazzo vuoi da me, si può sapere? - ma i suoi occhi sono sempre più lucidi e si morde il labbro per trattenere le lacrime. Vorrei abbracciarla in questo momento, ma qualcosa mi dice che non posso.
- Datti una calmata, okay? Non ti sto facendo niente, sto solo chiedendo cosa hai fatto con quelli lì. -
- E io ti ho risposto: niente. NIENTE, okay? -
- Come cazzo vuoi, oh - mi giro e vado verso la cucina, lasciandola nel corridoio, da sola. E' solo una ragazzina isterica che ha qualche serio problema con le persone. Eppure so che c'è qualcos'altro, qualcosa di diverso dentro di lei che non riesco a capire. Apro il frigo e prendo una birra, la apro e prendo un sorso. Il liquido fresco mi rende più calmo, abbastanza da girarmi di nuovo verso il corridoio: lei è ancora lì, che fissa il pavimento, indecisa. E pian piano sento tutto il nervoso andare via, lasciandomi vuoto, come mai mi era accaduto prima. Vuoto. Ma con una gran voglia di essere riempito, di qualcosa di nuovo. - Allora, hai fame o no..? -
Lei solleva lentamente lo sguardo, ancora lucido. - Un.. un po'... -
- Non ho molto, ma magari trovi qualcosa che ti piace e.. -
- Non.. non importa.. mangio quello che trovo... - cammina piano, quasi avesse paura che il pavimento le crollasse sotto i piedi.
- Cosa ti piace? - perché le sto chiedendo tutte queste cose? Rischio solo di farla arrabbiare.
Ma, stranamente, lei non sembra incazzarsi. - Non.. non so.. cosa c'è? - chiede, gentile. Ecco un nuovo aspetto di questa ragazzina.
Apro il frigo e guardo dentro, elencandole tutto quello che c'è, cioè non molto. - Pasta.. ma è di un paio di giorni. Latte. Birra. Mmh.. forse ho qualche altra cosa nella dispensa -
- Il latte andrà bene.. -
- Latte? - la guardo sorpreso da sopra la spalla.
- Si.. ehm, posso averne un po', per favore? - la sua sfuriata di poco fa' sembra lontana anni luce.
- C..certo - dico, indeciso. E se mi saltasse addosso? Sembra avere un carattere parecchio instabile.
Prendo il poco latte che ho e la verso in un bicchiere, che poi le porgo. Lei afferra il bicchiere facendo attenzione a non sfiorarmi, per poi sedersi sullo sgabello più lontano da me. - Bene... - mormoro.
Restiamo in silenzio per un bel po'.
E' lenta bevendo, è come se lo stesse gustando, come se fosse.. - Da quanto non bevevi un bicchiere di latte? - le chiedo, dando voce ai miei pensieri.
- Non ricordo.. - risponde, vaga.
- Una settimana? -
- Mmh -
- Un mese? -
- Mmh... -
- Quanto? -
- Uno.. due anni. -
- Così tanto? -
Lei fa' spallucce e torna a concentrarsi sul suo bicchiere di latte. Lo tiene stretto fra le mani come se fosse la cosa più buona del mondo, fa' tenerezza. Una tenerezza che non pensavo neanche di provare più.


Pov Kristen


Latte.
Latte, dannazione.
Perché doveva darmi del latte?
Proprio quello? E io non ho rifiutato.

«Kristen, per favore.. non fare così.. la mamma torna subito, lo sai..».
«Non è vero! Bugiarda!» urlavo, mi dimenavo fra le coperte.
«No, amore.. la mamma torna e lo sai benissimo. Solo che deve andare a lavoro..».
«Ma è quasi l'ora delle streghe, mamma!» protestai. Era mezzanotte.
«Lo sai che la mamma lavora tardi... forza, Kristen, a letto, forza».
«No!».
«Ora viene John a farti compagnia, tanto, amore..», il suo nome mi fece accapponare la pelle. No no no no no, lui no, per favore, tutto ma non lui. John era l'essere più cattivo del mondo, anche se io non sapevo neanche il perché. Sapevo solo che quando mi stava vicino, io avevo paura. Una paura folle, irrazionale. Di quelle che si hanno da bambini, e non solo.
«Mamma, mamma, per favore, resta a casa! Resta a casa, per favore! Non andare a lavoro, oggi! PER PIACERE, TI SCONGIURO, MAMMA!», le lacrime iniziarono a scorrere sul mio viso. Era così facile piangere.
«Ma Kristen, che ti prende? Avanti amore, a letto!» mi bloccò gentilmente le braccia e mi spinse sotto le coperte.
Ma io non avevo nessuna intenzione di fare come mi diceva lei.
Avevo dieci anni e tanta voglia di ribellarmi.
«NON DORMO».
«Invece si, Kristen. Perché lo dico io e quello che dico io tu lo fai, capito? A letto.»
«Ma tu resti a casa».
«Kristen, per favore, finiscila di fare la bambina...», si sfregò gli occhi, attenta a non rovinarsi il trucco pesante che si era messa dieci minuti prima. Il suo "trucco da lavoro", ecco come lo chiamavo io. E non mi piaceva. Odiavo quel trucco. Lo odiavo con tutto il mio cuore perché quando mia madre andava in bagno con i suoi trucchi voleva dire che io restavo a casa da sola, o peggio: con John. «Facciamo così.. ti preparo un bicchiere di latte e resto con te finché non l'hai finito, va bene, amore mio?», annuii. Non potevo fare altrimenti.

- Ehi? - la voce di Robert mi riportò alla realtà.
Mi resi conto di stare stringendo il bicchiere così forte da avere le nocche bianche.
Lo lascia andare, anche se a malincuore. - S..scusa - di cosa, non lo sapevo.
- Sembravi.. incantata. -
- Si.. si, lo so, scusa - dissi, di nuovo.
- Non ti sto sgridando, perché continui a chiedermi scusa? -
Rimasi in silenzio.
Abbassai lo sguardo sul bicchiere.
Avevo quasi finito il latte.
Oh.. che peccato.
- Ne vuoi un altro po'? - Robert sembrava avermi letto nel pensiero.
- Oh.. ehm... si.. si, grazie. -
Mentre lui si girava per aprire il frigorifero ebbi un attimo per osservarlo. La sua schiena era davvero bella, solida, mascolina, muscolosa al punto giusto, mi sarei potuta arrampicare sopra le sue spalle e lui mi avrebbe retto senza problemi.. non che io avessi intenzione di farlo, chiaro, ma era giusto per chiarire il concetto. Il modo in cui muoveva le mani poi, era davvero meraviglioso, restavo incantata da quelle dita da pianista che si muovevano decise ma allo stesso tempo delicate. Quando si girò verso di me, osservai la sua mascella coperta dalla barba incolta, osservandone attentamente il colore che variava dal biondo al rossiccio, come i suoi capelli. Era un colore a sé, come ogni cosa in lui. Anche i suoi occhi erano qualcosa di unico.
- Che fissi? -
Colta in flagrante. Arrossii fino alla punta delle orecchie. - Niente -
- Mi stavi fissando. -
- Ma fottiti, non stavo fissando proprio nessuno... - mi passò il bicchiere pieno di latte e io lo presi subito. Che figuraccia.
- Come vuoi.. ma a me sembrava che stessi fissando proprio me - sorrideva divertito.
- E invece no. Stavo pensando, non fissando a te, idiota.. -
- Passiamo subito agli insulti, eh? Comunque.. a che pensavi? - era gentile, ma io non mi fidavo comunque.
- E a te, di quello che penso io, che cazzo importa, mh? -
- Volevo solo saperlo.. essere gentile. -
- Be'.. non esserlo! -
- Ma che problema hai?! Seriamente, tu sei fuori di testa! Ti ho solo chiesto a che cosa stavi pensando e tu mi attacchi, cazzo. Sei pazza - ma comunque non se ne andò. Io me ne sarei andata. Io fuggivo sempre. Sarei voluta fuggire anche adesso, ma c'era il latte a trattenermi.
Non sapevo che dire quindi rimasi in silenzio.
Presi un sorso del latte.
«L'hai finito, Kristen?».
«Si invece.. ora vado, okay amore?».
«Non ho finito il latte, mamma...».
«Lo sai che non devi dire bugie, Kristen».
«Si...».
«Lo sai che quando finisci il latte mamma poi deve andare via. Giusto?».
«Si.. si, lo so».
- Scusa... - le mie labbra sembrarono muoversi da sole.
Robert sollevò lo sguardo dalla birra che aveva preso. In cucina c'era un silenzio di tomba. I suoi occhi erano di ghiaccio. - Ancora questo scusa? Piantala. -
Il suo tono freddo mi fece brillare gli occhi. Accidenti a lui.
«Smettila di piangere! Piantala, ragazzina!», John mi bloccava i polsi e mi spingeva contro il letto.
«Sei un idiota!».
«Ti ho detto..», bam. Uno schiaffo in piena faccia.
«che devi smetterla di piangere e urlare. Piantala!».
- Che.. che ora è? - chiedo, giusto per dire qualcosa prima che un altro ricordo mi torni in mente.
- Penso che siano le quattro.. forse, non lo so - mi risponde, scocciato.
Perché infastidisco le persone?
«Per.. per favore.. basta.. mi fai.. mi fai male...».
«Mi stai dando sui nervi, ora ti faccio stare zitta io», e lo fece.
Una serie di brividi mi percorse la schiena.
- Hai freddo? -
- Mmh? - la voce di Robert però era calda. Latte caldo.
- Freddo. Stai.. tremando. -
- Questa casa è.. una camera mortuaria - dico, senza pensarci due volte.
E lui ride.
Non l'avevo ancora sentito ridere in questo modo. Senza ironia. Non mi sta prendendo in giro, sta solo ridendo ed è la cosa più bella del mondo per me. Non sentivo una risata del genere da.. una vita. - Si, hai ragione - dice - fa' davvero freddo. Non ho pagato il riscaldamento, mi sono dimenticato. Lo pagherò domani mattina presto, promesso - perché me lo stava dicendo? Io non ci sarei stata l'indomani mattina. Ma chissà perché annuii, prendendo un altro sorso di latte.


Due ore dopo, sono di nuovo nel suo bagno. Al sicuro. Al riparo. E ho gli occhi rigati di lacrime. La sua risata mi ha fatto stare bene ma mi ha anche fatto ricordare quanto io non stia bene neanche un po', e ha ragione a dire che ho qualche problema. Tutti questi ricordi che tornano alla mente non vanno per niente bene, non ora. Vorrei stare bene, vorrei che andasse tutto alla grande. Vorrei una casa tutta mia e non una vasca in due dormire ma sono anni che non ricordo più come ci si sente ad avere una speranza vera e propria.
- Kristen? -
Robert bussa alla porta.
Non apro. - Si..? -
- Sta per passare un mio amico.. resta dentro il bagno, chiaro? -
Perché?
Si vergogna di me?
Domanda stupida. Certo che si vergogna di me, chi non lo farebbe?
Apro la porta.
Robert è davanti a me, sorpreso, ma non indietreggia. - Ti ho appena detto di restare dentro il bagno.. -
- Che amico? - chiedo.
- Un amico. -
- Devi vendergli roba? - perché lo sto chiedendo?
- Non sono cazzi tuoi. -
- Vero... - passai la lingua sulla lingua e abbassai lo sguardo. Volevo fare la stronza senza esserlo neanche un po'.
- Stai nel bagno? - mi chiese.
- Ehm.. no... io.. ehm.. penso che tornerò.. da Scout stasera.. non so cosa.. come stia e.. sono stata anche troppo qui da te, quindi.. - avevo preso la decisione sul momento e già me ne stavo pentendo: è vero, questa casa è fredda, ma c'è cibo, un posto dove dormire anche se non era un vero e proprio letto ma solo una vasca da bagno e poi.. c'era lui.
- Avevamo un patto, tu l'hai rispettato e anche io lo farò. Dormi qui - disse, con voce ferma.
- Non voglio starci qui - bugia, bugia, bugia.
- Perché? -
- Ho.. ho mal di schiena.. la vasca da bagno non è un letto di piume d'oca, sai? -
Per un attimo sembrò quasi imbarazzato. Ma fu solo un attimo. - Puoi dormire sul divano, se vuoi. Ma ora stai in bagno perché sta arrivando il mio amico. -
- Voglio andare via... - mormorai, senza neanche sapere perché.
- Non è vero. -
- E tu che ne sai? - odiavo le persone che pensavano di sapere tutto, specialmente su di me. Nessuno mi conosceva, cazzo.
- Possiamo parlarne dopo? Starà arrivando. -
- No, io... - ma non riuscii a finire la frase. Robert sollevò gli occhi al cielo poi, con un gesto brusco mi spinge dentro il bagno chiudendo la porta, ma non senza avermi prima lanciato un occhiata maliziosa e un sorriso divertito. - Fai da brava! -
- FOTTITI! - urlai, ma stavo urlando contro una porta chiusa.


Pov Robert


Forse non avrei dovuto, ma ormai Kristen era chiusa a chiave nel mio bagno.
Dieci minuti dopo qualcuno bussa alla porta.
Marcus, Tom e Sarah entrano in casa. Tom è un mio amico-collega, lo conosco da quando siamo piccoli e potrei definirlo come una specie di migliore amico, anche se da quando è entrato nel giro dell'eroina potrei dire di non conoscerlo più di tanto. Marcus si occupa di consegnare la mia roba e lo conosco da tre anni. Sarah è una nostra.. amica comune. Viene a letto con tutti noi. Lavora per noi e si vende nelle strade di notte per potersi pagare qualche grammo di eroina visto che Tom l'ha iniziata qualche mese fa', per fortuna non è ancora dipendente fisicamente altrimenti sarebbe intrattabile, invece saltella allegra per casa mia. Mi bacia sulla guancia ma io la spingo via, non mi piacciono questo genere di contatti con lei. Ci scopo e basta. Forse è un'amica o forse no. - Che antipatico che sei Pattz - mi dice, alzando i suoi occhioni azzurri al cielo e sistemandosi la frangetta biondo platino. E' alta quasi quanto me anche senza tacchi.
- Lo sai che non lo sopporto. -
- Si, si, come vuoi. Comunque, che cosa dobbiamo fare oggi? - chiede, appoggiandosi a Marcus, che le stringe subito la vita. Ho sempre sospettato che lui avesse una specie di cotta segreta per lei, ma come puoi amare una puttana?
- Dobbiamo portare un sacco di roba a una festa. Ci aspettano presto, però.. quindi dobbiamo muoverci subito. Marcus, la macchina è fuori? - chiedo.
- Certo. -
- Ma però.. - inizia Tom.
- "Ma però" non si dice, non lo sai? - lo rimprovera Sarah, con un sorriso divertito su quel viso da gatta morta\figlia del boss. Era simpatica, infondo.
Tom la fulmina con lo sguardo.
Lo conosco abbastanza bene da sapere che sta per entrare in crisi d'astinenza, quindi è meglio non farlo innervosire. - Cosa volevi dire, Tom? -
- Volevo chiederti se.. sai no... -
- Si, Tom, ne ho tenuta un po' per te, te la dò dopo, okay? Ora andiamo. -
Sarah si lancia fra le braccia di Tom, baciandolo a stampo sulle labbra. - Roba, roba, roba. Contento, Tommy? - scherza. Lei la fa' facile, ma tra qualche mese anche lei sarà ridotta come Tom. Ora però non ci voglio pensare. La tiro via per un braccio, spingendola verso la porta. - Smettila, Sarah. Non farci incazzare oggi! - lei sbuffa come una bambina di cinque anni, si sistema il top argentato e la gonna in jeans ed esce dalla porta.
Marcus la segue subito.
Un cagnolino dietro al padrone.
Io e Tom stiamo per uscire quando Kristen dà un pugno alla porta del bagno.
- Cosa è stato? - mi chiede Tom.
- Niente - e chiudo la porta dietro di noi.

Più o meno due ore dopo, siamo di ritorno a casa.
Sarah si sdraia sul divano, definendosi «stanca morta, ragazzi miei!», Marcus si siede vicino a lei per terra e lei inizia a giocare con i suoi capelli. So benissimo che tra un paio di minuti dovrà tornare in quello squallido appartamento in cui abita per cambiarsi, ma ora decido di lasciare che quei due si godano un po' di riposo. Tom è in bagno con un cucchiaio, uno spicchio di limone, una siringa e la roba; ringrazio di avere due bagni perché Tom stava proprio entrando in crisi mentre eravamo in macchina e non sarei riuscito a trattenerlo dall'entrare in quello dove sta Kristen altrimenti.
Kristen.
Merda.
Mi alzo e vado al bagno.
Busso piano sperando di non attirare l'attenzione di Marcus e Sarah, chi è il coglione che bussa in casa propria?
Per fortuna Kristen apre subito.
Ha i capelli bagnati e indossa solo una maglietta a maniche lunghe larga che le arriva fino al ginocchio.
- Sei tornato.. - dice, indietreggiando.
- Si.. ma ci sono ancora i miei amici. -
- Posso andarmene se vuoi... - abbassa lo sguardo, visibilmente in imbarazzo.
- No. Ti vedrebbero - ma so benissimo che non è quello il motivo per cui non voglio che se ne vada.
- Oh.. okay.. -
- Ehi! Pattz, con chi parli? Tom ha già finito? - la voce squillante di Sarah ci fa' sobbalzare entrambi. Lei si ferma in mezzo al corridoio e ci guarda per un po', all'inizio confusa, poi fa' qualche passo verso Kristen, porgendole la mano. - Ciao, io sono Sarah. Tu chi sei? - Kristen fissa la mano che le sta porgendo Sarah come se fosse un coltello pronto a trafiggerle lo stomaco. Meglio intervenire.
- Sarah, lei è.. - già, chi cazzo è? non ne ho idea, e la verità è che muoio dalla voglia di saperlo.
- S..sono Kristen - si presenta lei, senza però stringerle la mano.
- Mi piace il tuo nome. Sembri piccola, però. Anni? -
- Quasi.. quasi diciassette - risponde Kristen. A me aveva detto di averne già diciassette.
- Pattz, - si volta verso di me, con uno sguardo accusatorio che poco si addice a quel viso da bambolina - che cosa ci fa' una sedicenne in casa tua? -
- Io... - Kristen sembra sul punto di dire tutta la verità, ma io decido che non è il caso.
- Lavora per me - mi invento sul momento.
Sarah mi guarda scettica, - Sedici anni, Pattz - ripete.
- Tu a sedici anni cosa stavi facendo, Sarah, eh? - le dico.
Lei mi fulmina con lo sguardo. - B.. bene. Benvenuta nel gruppo allora, Kristen - le porge di nuovo la mano, ma Kristen non gliela stringe neanche questa volta.


___________________

bene.
mmmh.
non saprei dire esattamente se mi piace oppure no questo capitolo, ma serviva per farvi capire come era la situazione. vi piace sarah? a me si. ah, marcus e tom ci sono sempre perché comunque questa è una ff sui robsten e tom e marcus non possono mai mancare. cosa ne pensate di robert che chiude kristen in bagno? ahahaha ehm, avanti! spero che questo capitolo non faccia così schifo e che riceverò molte recensioni perché lo sapete che amo sentire cosa ne pensate su quello che scrivo. prometto che per la prossima volta cerco anche di mettere qualche foto o gif.
vi voglio bene,
fatevi sentire con le recensioni, cià.




























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Capitolo 4
*** bad memories. ***


Pov Kristen


Sarah mi porge la mano ancora per un po' prima di abbassarla.
- Ehi, ci sei? - mi chiede, facendomi un sorriso davvero enorme, enfatizzato ancora di più da un rossetto color fuoco.
Per un secondo, vorrei solo potermi voltare verso Robert e chiedergli aiuto, implorarlo di portarmi via di qui, di aiutarmi. Ma so che non lo farebbe, e comunque io non sono tipa da chiedere aiuto alle persone.
- Ehm.. si.. uhm... - balbetto, non sapendo bene cosa dire.
A questo punto Robert finalmente dice qualcosa. - Sarah, lasciala in pace, okay? - alza gli occhi al cielo e mi spinge verso il bagno. - Puoi restare là dentro - e la sua non suona molto coma una domanda, ma come un ordine.
- In bagno? Scherzi, vero? - scatta Sarah. Poi la sua mano afferra la mia e io vorrei solo urlare. - Vieni con me, in salotto si sta decisamente meglio che in bagno - e mi trascina via. Quasi senza pensarci allungo la mano libera come per afferrare qualcuno e trovo il braccio di Robert, lo stringo per un secondo e poi lo lascio andare. Che ho fatto? Non è proprio da me.
Non oso neanche guardare verso Robert.
Sarah mi trascina fino al soggiorno e mi invita a sedermi su una poltrona.
Nella stanza c'è anche un'altra persona: avrà qualche anno più di Robert, ma non molti. Occhi color nocciola, capelli un po' più scuri e mossi, quasi ricci, ma corti. Se ne sta seduto lì e mi fissa. - Sarah - dice alla ragazza - è una delle nuove amichette di Pattinson, o cosa? - amichette? come, prego?
- No, Marcus, lavora con noi, me l'ha detto Pattz. -
- Ma se sembra che ha dodici anni, fammi il favore! -
- E allora? Lo sai bene quanto me che non importa a nessuno di quanti anni hai se sei disposta a fare quello che ti dicono e lo fai bene... quindi, zitto - sembra terribilmente consapevole e triste adesso e per un secondo mi chiedo come mai sappia tutte queste e cosa intenda con quello che ha appena detto; cosa dovrò fare bene?
Nel frattempo Robert ci ha raggiunto e se ne sta lì in piedi al centro della sala. Cazzo, quanto è bello. Abbasso lo sguardo e mi porto le ginocchia al petto, in questo momento vorrei essere nel vecchio divano scassato di Scout, ma non qui, sotto il loro sguardo. - Sarah ha ragione, Marcus, lei è.. con noi, l'ho.. diciamo, scoperta io - dice, guardandomi dritto negli occhi.
- Si chiama Kristen - Sarah mi sorride. Sono tutti più grandi di me qua dentro. Tutti sui vent'anni e io mi sento così piccola. - E ha sedici anni. -
- Quasi... quasi... diciassette - sussurro, ma nessuno mi ascolta.
- Oh, fantastico! E' pure minorenne! Sai cosa succede se la beccano, Robert? - Marcus si alza dalla poltrona, mettendosi davanti a Robert.
- Non la beccheranno, okay? Calmati, adesso - Robert lo rimette subito al suo posto. Marcus si siede di nuovo borbottando qualcosa che non riesco a capire; Sarah si siede sul bracciolo della mia poltrona e cerca il mio sguardo, ma io sto attenta a non incrociarlo.
Ma penso che lei sia la meno pericolosa qua dentro.
- Dove dorme? - chiede a Robert.
- Ma mi hai preso per il padre, per caso? -
- Ho solo chiesto, Pattz. Dio, quanto sei odioso.. - si china un po' per parlare con me, - dove stai? - mi chiede, molto più gentilmente.
- Ehm... - nel suo bagno, vorrei rispondere, vorrei poter dire qualcosa ma ho paura della reazione di Robert.
Per fortuna, quella ragazza sembra capire il mio disagio perché sorride e dice: - Vuoi stare da me? -
- Sarah! - le urla il ragazzo che si chiama Marcus, mi sembra.
- Shh! - lo zittisce lei, alzando una mano. - Allora, ti va'? Puoi dormire sul divano finché non troviamo qualcosa di meglio, no? Meglio del bagno di Pattz, mh? - aggiunge sotto voce e io mi ritrovo ad annuire. - Bene, allora stasera vieni da me.. Pattz, dobbiamo fare qualche lavoretto ancora? -
Lui evita di guardare nella nostra direzione - nella mia direzione. - No. Puoi anche tornartene sotto i ponti, Sarah, o sui marciapiedi se preferisci - anche se non capisco a cosa si riferisca, so che le sue parole sono cattive. Sono state dette apposta per ferire.
Sarah sospira e stringe i pugni. - Fottiti, Pattinson. -
- Già fatto, non ricordi più? -
- Oh, al diavolo! - si alza e gli dà uno schiaffo in piena faccia. - Se hai problemi, non sfogarti su di me. Ci vediamo domani, non mi va' più di stare in questo posto del cazzo, non con te. Se hai bisogno, chiamami. Per qualunque cosa, chiaro? E smettila di comportarti come un bambino di cinque anni, cresci per una buona volta, Pattz. Ah, e scusa per lo schiaffo, ma te lo meritavi proprio - Robert non dice niente, non solleva neanche una mano per toccarsi la guancia colpita. Non penso sia stato uno schiaffo forte, o forse sono abituati a picchiarsi fra di loro.
Sarah si volta verso di me e mi fa' cenno di alzarmi. - Cambio di programma, si torna a casa adesso. Ti piacerà, vedrai - mi alzo svogliatamente e mi guardo intorno: Robert ha una mano fra i capelli e sbuffa, Marcus sta seduto nella poltrona e guarda il cellulare. Sarah fa' per prendermi la mano ma io mi ritiro e lei non dice niente, stranamente, sembra capire. - Ti presto qualche abito, okay? Devo solo trovare qualche abito di quando avevo la tua età.. sei davvero piccola. E devi mangiare un po', agli uomini non piacciono gli scheletri, sai? E neanche a me e te - mi sorride e anche se io non ricambio lei non ci resta male.
Si avvicina a Marcus e lo bacia sulle labbra. - Ti chiamo - gli sussurra lui.
Lei annuisce e si avvicina a Robert. Bacia anche lui sulle labbra.
Per un attimo, mi si ferma il cuore.
Ah.
Non capisco bene la situazione.
- Sei una stronza, Sarah. -
- E tu sei un figlio di puttana, Pattz. Ti voglio bene, chiama eh - gli scompiglia i capelli e poi torna da me. - Forza, usciamo da qui, Kristen. -


Casa di Sarah si trova a qualche minuto di distanza da quella di Robert. Per raggiungerla dobbiamo prendere la metropolitana e Sarah mi sta vicina tutto il tempo; non è la prima volta che la prendo, ma ho sempre odiato tutta la gente che si accalca là dentro, non si respira e la gente può facilmente metterti le mani addosso. Sarah non ci prova più a prendermi la mano, forse ha capito che non amo il contatto fisico. E lo rispetta. Casa sua è davvero piccola, è composta da un bagno, minuscolo, una cucina che forse non può essere definita tale, un salotto composto da un divano rotto, un tappeto, una tv scassata e una camera da letto dove il letto occupa più di tre quarti della stanza. Il resto dello spazio è occupato dall'armadio. La prima cosa che Sarah fa' quando entriamo in casa è chiudere la serratura più volte, a doppia mandata. - Scusa, ma avrai visto anche tu che ambiente è questo mentre venivamo.. di notte non dormo se non chiudo la porta più che posso.. - dice, accennando un sorriso. Mentre venivamo abbiamo incontrato diversi tipi di persone, ubriachi, drogati, spacciatori. Nessuno ci ha guardato negli occhi.
- Ti va' una tazza di cioccolata? - mi chiede Sarah andando in cucina. Bastano davvero pochi passi per passare dal "salotto" alla cucina.
- No, grazie.. - ho lo stomaco completamente sotto sopra, non riuscirei a buttare giù neanche un sorso.
- Come vuoi. Allora, visto che vivremo insieme per chissà quando, potresti tipo dirmi.. che so, come mai conosci Robert? - mi dà le spalle e armeggia con qualcosa nella cucina, preparando la cioccolata.
- Oh.. ehm, lui.. mi ha ospitato a casa sua in questi giorni perché non sapevo dove stare.... - dico, usando una mezza bugia.
- Non hai una casa? -
- Non sarei qui altrimenti, no? Se avessi una casa sarei lì, adesso. -
- Giusta osservazione. Be', almeno ti ha trattato bene quello stronzo? - si volta e mi sorride, la tazza di cioccolato in mano.
- Oh.. ehm, - mi torna in mente il mio breve soggiorno a casa di Robert. - più o meno, si... - a parte quando mi ha chiuso in bagno e non mi lasciava più andare il polso.
Sarah prende un sorso della sua cioccolata e annuisce. - Robert ha un carattere davvero.. strano. Io lo conosco da anni. -
- A...anni? - io solo da qualche giorno..
- Oh si, diciamo che mi ha tirato fuori dalla merda, più o meno.. ma io sono stupida e ci sono finita di nuovo - fa' spallucce e prende un altro sorso.
- Che intendi..? -
- Mi aveva trovato un lavoro, un buono.. più o meno. Sicuramente migliore di quello che faccio adesso, ma io ho buttato tutto all'aria.. -
- Che.. che lavoro fai? -
Lei mi guardò dritto negli occhi e scoppiò a ridere, ma era una risata senza allegria. - Il lavoro più vecchio del mondo.. -
Oh.
- Intendi.. cioè.. tu fai.. ehm... uhm. -
- Dipende.. a volte in strada, a volte riesco a trovare qualcosa in qualche locale. Robert mi aiuta, mi fa' fare qualche lavoretto. Porto roba ai suoi clienti di solito, mi aiuta. Ma per la maggior parte del tempo devo arrangiarmi da sola - ne parla come se fosse una cosa normale, e forse per lei lo è, ma io riesco a percepire la rassegnazione nella sua voce.
- Da quanto lo fai..? - chiedo.
- Avevo più o meno la tua età quando ho iniziato. Forse meno. -
- E'... terribile - non riesco a trattenermi. Io non so se ci riuscirei. Mi tornano in mente gli uomini che ho dovuto "intrattenere" per Robert e un conato di vomito si fa' sentire.
- Così terribile da farti sbiancare? Piccola, sembri un lenzuolo! - Sarah si avvicina, ma non troppo. - Hai decisamente bisogno di mangiare qualcosa e di metterti a letto.. - non mi ero accorta di essere sbiancata così tanto, ma Sarah l'ha notato subito.
- No, no.. sto.. sto bene, davvero - dico, ma lei non mi dà retta.
- Non voglio sentire storia, mangerai qualcosa. Uova, pancetta e coca cola andranno bene, per ora. Siediti, preparo la cena - mi ordina, tornando ai fornelli.
- Sto bene! -
- Siediti, okay? Devo preparare comunque la cena, tra un po' devo andare a lavoro. -
- Oh.. dove.. dove lavori? - mi siedo a un piccolo tavolo, le sedie in plastica rotte.
- Stasera in un club privato. Robert mi ha trovato questo lavoro qualche giorno fa' - mi dà le spalle e sento lo sfrigolio dell'olio nella padella.
- Te l'ha trovato lui...? -
- Credimi, è meglio un club che in mezzo alla strada. Nei club scegli con chi andare, più o meno.. in mezzo alla strada devi salire in macchina e tapparti la bocca. Be', non proprio. A volte la devo aprire... -
Mi si rivolta lo stomaco. - Non ho fame.. - sussurro.
- Oh, mangerai eccome. -
- Ma non ho fame! - protesto.
- Mangerai, fine della storia. -
Resto in silenzio.
Sarah mi dà le spalle e io ho il tempo di osservarla.
E' molto più alta di me, quasi quanto Robert.
Indossa una gonna corta e una canottiera larga ma che le lascia scoperta la schiena, ha un paio di tacchi alti rovinati e calze nere. I capelli biondi sono scompigliati ma perfetti allo stesso tempo e le arrivano fino al sedere. Quando si volta per portarmi la cena noto il trucco pesante, la matita nera colata e il mascara, sembra un panda, ma è bella, davvero bella. Il rossetto color fuoco le illumina il sorriso mentre si siede davanti a me e ci dividiamo la cena in silenzio, come se lo facessimo ogni sera.
Quando va' a cambiarsi finisco di mangiare da sola.
Cucina davvero bene, io so fare davvero poco in cucina.
Quando torna indossa un lungo capotto che le arriva fino al ginocchio, tacchi alti e il viso è truccato ancora di più.Mi viene il mal di pancia: sembra mia madre prima di uscire di casa. Mi sorride e si sistema i capelli con le mani. - Allora, ho chiamato Marcus e lui e Robert dovrebbero venire a controllarti più tardi. E' la tua prima volta in un quartiere del genere e non voglio che tu.. be', è meglio se vengono a controllare che vada tutto bene. Io tornerò verso le quattro del mattino, in ogni caso. Forse prima se riesco a prendere l'ultimo fermata della metro. Se hai fame c'è qualcosa in frigo, i miei vestiti sono nell'armadio e ti ho lasciato qualcosa da metterti sul letto, non ho trovato niente di meglio, scusa. Fatti una bella doccia, vestiti e mettiti a letto.. o meglio, sul divano. I cuscini li trovi facilmente e anche le coperte, ora devo proprio scappare - corre verso la porta, lanciandomi un bacio in aria prima di salutarmi con "ciao ciao" della mano e chiudere la porta dietro di sé.
Non mi ha neanche dato il tempo di aprire bocca.
Di salutarla.
Ma forse è meglio così.
Non mi va' molto di parlare stasera.
In realtà, a me non va' molto di parlare in generale.
Mi alzo e mi trascino fino al bagno. Piccolo, ma pulito. Mi faccio una doccia veloce e mi asciugo svogliatamente i capelli solo perché non ho altro da fare. I vestiti che mi ha lasciato Sarah sono un maglione verde abbastanza largo, che mi arriva al ginocchio. Trovo le coperte e i cuscini e mi sdraio sul divano, coprendomi con la coperta e appoggiando la schiena sul cuscino, lasciandomi lentamente scivolare verso il basso. Quando i pensieri e i brutti ricordi iniziano a farsi sentire decido di accendere la tv sperando di distrarmi un po', ma loro mi raggiungono lo stesso.


Pov Robert


- Per stasera abbiamo finito - mi sto già incamminando verso la macchina quando Marcus mi ferma.
- Dobbiamo andare a controllare la ragazzina, ti ricordi? L'abbiamo promesso a Sarah. -
- Chi se ne fotte? Non ci vado. -
- A Sarah hai detto che andavi. -
- A Sarah dico un sacco di cose, sai? Non tutte sono vere. -
- Io devo andare con Tom, lo sai.. ci andrei io, ma.. non posso. Vai, per favore. -
- Per favore? Ma ti senti? Oddio, stai diventando una ragazzina.. - apro lo sportello della macchina e mi siedo al posto del guidatore. Marcus si siede a quello del passeggero. - Se proprio insisti ci andrò, okay? Ma prima devo passare a casa mia, un attimo... -
- Per cosa? -
- Una cosa.. -
- Cosa? -
- E che cazzo, e non rompere! - sbottai, mettendo in moto la macchina.

Marcus non aprì più bocca.
Mi conosceva. Non bene, ma mi conosceva, e sapeva che quando mi incazzavo non volevo parlare con nessuno ed era facile che alzassi anche le mani. Gli avevo rotto il naso una volta e sicuramente non voleva rivivere l'esperienza. Una volta arrivato a casa scesi dalla macchina e aprii la porta sbattendola forte per chiuderla. Sapevo perfettamente cosa dovevo fare, forse lo sapevo ancora prima che Marcus mi parlasse ricordandomi cosa avevamo promesso a Sarah. Andai in bagno e raccolsi lo zainetto di Kristen, che aveva dimenticato a casa mia. Controllai che dentro ci fosse tutto dentro e poi tornai alla macchina, dove Marcus mi stava aspettando.
Non entrai e mi appoggiai allo sportello della macchina. - Usa tu la macchina, vado a piedi. -
- A piedi? E perché? -
- Ho bisogno di farmi due passi.. - e senza aggiungere altro mi allontano dalla macchina e con lo zaino di Kristen in spalla giro l'angolo e cammino finché non mi ritrovo a prendere la metropolitana e poi scendere all'ultima fermata, quella del quartiere dove vive Sarah.
L'ho aiutata io a trovare quella casa, la stava cercando da mesi. Poi le ho regalato anche alcuni mobili vecchi che avevo rubato a casa di uno che mi doveva dei soldi.
Vicino a casa di Sarah non c'era di sicuro un bell'ambiente, mentre camminavo sentii alcuni parlarmi alle spalle, alcuni sfidarono la sorta indicandomi da lontano, ma stasera non avevo voglia di attaccare briga. Volevo solo riportare lo zaino a Kristen. Mi ricordavo ancora come era affezionata a quel coso, dentro c'erano un sacco delle sue cose, mi chiesi se quella fosse tutta la roba che possedesse. Quando arrivai sul portone di casa di Sarah mi chinai per raccogliere il paio di chiavi di scorta che teneva sotto il tappetino - quante volte l'avevo rimproverata per questo motivo? avevo perso il corso - aprii la porta e sentii subito il rumore della tv accesa in soggiorno.
- Kristen? - era sveglia?
Nessuna risposta.
Ma questo non voleva dire niente.
Da quello che avevo avuto modo di notare, Kristen non rispondeva neanche se le stavi chiedendo qualcosa. Almeno non a me.
Feci qualche passo in casa, trovandomi dentro quello che veniva chiamato "soggiorno" ma che in realtà era una piccola stanza con una tv rotta, un tappeto che aveva bisogno di essere lavato, un divano... e una ragazzina sopra di esso. No, non una ragazzina qualunque: Kristen. Era rannicchiata sotto una pesante coperta di lana blu ma sembrava tremare ancora dal freddo, teneva le mani strette a pugno sulla coperta e avvicinandomi meglio notai che aveva il viso bagnato di lacrime. Tremava e sembrava nel bel mezzo di un incubo, dal modo in cui si muoveva. Faceva.. tenerezza. E all'improvviso mi venne spontaneo avvicinarmi di più a lei per controllare meglio come stesse. Mi inginocchiai vicino al divano e osservai meglio il suo viso. Respirava a fatica, spalancava la bocca nel sonno ma non entrava abbastanza aria, stava annaspando in un incubo. Le sue mani stringevano convulsamente la coperta, come se fosse la sua via d'uscita. Senza pensarci, allungai una mano e le sfiorai il viso.
Mossa sbagliata.
Kristen scattò nel sonno, urlando.
- No! No! Per favore, no! - urlava, gli occhi chiusi ma la bocca spalancata per la paura.
Si agitò, muovendosi sul divano senza riuscire a girarsi del tutto. - Per favore.. no.. no.. John... no... no.. mi fai male! Mamma! Mamma! Mamma.. mamma torna a casa.. mamma torna a casa per me... - la sua voce si affievolì fino a diventare un sussurro.
Mamma? John? Chi erano?
Allungo di nuovo la mano, toccandole la spalla questa volta. - Kristen, sono io.. sveglia. -
- Per favore... - continua a boccheggiare, girandosi dalla mia parte e mostrandomi senza volerlo il viso inondato di lacrime.
Mi si stringe il cuore, cosa che non mi capitava da una vita.
Non so cosa fare.
Svegliarla?
Ci provo. - Kristen.. è un incubo.. sveglia, è solo un incubo, ora passa.. sveglia.. cazzo, sveglia! - ma lei si agita ancora di più, piange e inizia ad agitare le mani, come se volesse difendersi da qualcuno.
- Lasciami! LASCIAMI HO DETTO! - urla e io non posso fare altro che fare come mi dice lei, anche se so che non sta dicendo a me.
- Kristen.. ehi, è.. tutto okay.. - provo a usare un tono di voce calmo, tranquillo, per cercare di calmarla.
- Per favore.. per favore.. non voglio.. non.. voglio.. no.. - si rannicchia sotto le coperte, coprendosi il viso.
Mi alzo e vado a raccogliere lo zaino.
Lo apro e tiro fuori il leoncino di peluche con il collarino, Ted.
Mi avvicino di nuovo a Kristen e provo a sollevarle le braccia, ma lei si ribella. - Kristen.. c'è un amico per te.. lo vuoi? C'è.. ehm, c'è Ted.. - a sentire quel nome lei sembra rilassarsi un po'.
- Ted... - sussurra, tirando sù col naso.
- Già.. Ted. Ecco, ferma.. - facendo il più piano possibile le sollevo le braccia - noto che trema al contatto - e le sistemo Ted fra le braccia. Subito se lo stringe al petto, come una bambina piccola. Le sistemo meglio la coperta, e resto a vegliare su di lei per il resto della nottata.



- Rob.. Rob.. Pattz, oh! Sveglia, idiota! -
- Mmh.. - quando aprii gli occhi la luce che c'era nella stanza mi accecò.
Sarah era chinata appena sopra di me e mi sorrideva, divertita. - Facevi da baby-sitter alla piccola? - mi chiese, scompigliandomi i capelli.
Mi tiro indietro infastidito. - Non dire cazzate. Mi sono addormentato, tutto qui.. - sono ancora appoggiato al divano, dove Kristen dorme, finalmente tranquilla e serena, Ted ancora stretto al petto, le orecchie che le toccano le labbra, appena dischiuse.
Ha ancora il viso rigato di lacrime, però.
Anche Sarah se ne accorge. - Ha pianto..? - chiede, preoccupata.
- Si - non dico altro e mi alzo.
Sarah ha il trucco sbavato e indossa un impermeabile lasciato aperto che mostra un paio di gambe lunghissime da modella. Ma non sono come quelle di Kristen, le sue sono diverse in un modo che non riesco a spiegarmi. Sarah è matura, perfetta e bellissima e potrebbe fare la modella o l'attrice, ha il viso telegenico e il portamento di una regina, mentre Kristen.. le sue gambe sono decisamente migliori, non so perché ma lo sono. Il viso di Kristen è più infantile, ma quando vuole sa fare una faccia da stronza che ti spiazza e ti chiedi se abbia davvero l'età che dice di avere. I suoi occhi sono di un verde unico e ti entrano dentro, in un modo invadente e tu non puoi farci niente, puoi solo sentirli entrare dentro di te, prendendo tutto quello che hai. Lei tira fuori un lato di me che non voglio. Di cui non ho bisogno nella mia vita. Ma lei lo fa' e io non posso impedirglielo.
- Ha pianto molto mentre ero via? - insiste Sarah facendo per scostare una ciocca di capelli dalla fronte di Kristen.
La fermo giusto in tempo.
Le afferro il polso, bloccandola prima che possa toccare Kristen che altrimenti si sveglierebbe.
Sarah mi guarda senza capire.
Solleva un sopracciglio biondo perfettamente curato e fa' per dire qualcosa quando io l'attiro a me e la bacio.
Non sento niente, quindi provo a far diventare il bacio più intenso, ma neanche così riesco a sentire qualcosa.
Sarah mi lascia fare, non è certo la prima volta.
Ma improvvisamente mi torna in mente Kristen che dorme tranquilla dietro di me così stringo la vita di Sarah e la trascino fino alla camera da letto, iniziando già a toglierle i vestiti di dosso. Lei mi toglie la maglietta e io l'impermeabile e la camicetta che indossa. In meno di due minuti siamo sdraiati sul letto, lei sopra e io sotto, che la bacio mentre cerco qualcosa. In quel bacio cerco qualcosa che non trovo. Da quando non bacio qualcuno solo per il gusto di farlo e non solo per sfuggire da qualcosa?
Sarah mi aiuta nella mia "ricerca", si sistema sotto di me e io entro dentro di lei.
La sento gemere ma non mi importa. Non mi importa molto di quello che sta provando lei in questo momento, perché io non ho ancora trovato quello che sto cercando. Un senso di vuoto mi invade e per non sentirlo inizio a spingere sempre più forte dentro di lei, finché Sarah non mi morde la spalla per dirmi di smetterla subito. Accelero. Un altro morso. Due. Tre. Mi spinge via e si mette lei sopra di me. - Sei uno stronzo, Pattz - sorride e mi bacia, cercando di prendere il comando del movimento, ma neanche in questo caso ci riesce perché sono io ad avere il comando, sempre.
Alla fine, crolla esausta dall'altro lato del letto.
Io a destra, lei a sinistra.
Non ci tocchiamo.
Non parliamo neanche per un po', finché non è lei a parlare.
- Sesso di sfogo, eh? -
- Già.. -
- Mmh, non è male.. ma fai troppo forte, Pattz. -
- Lo so. -
- Lo so che lo sai, scemo. Te lo sto dicendo perché non voglio che tu lo faccia, almeno non con me. Né con Kristen. -
Sentire il suo nome mi riporta lentamente alla realtà.
E' a pochi metri da me, sul divano, (speriamo) addormentata.
Avremo fatto troppo rumore?
- Cosa c'entra lei adesso? - chiedo, subito sulla difensiva.
- Sei rimasto a vegliare su di lei tutta la notte, Pattz, non credere che io non abbia... -
- Io non sono rimasto a vegliare proprio su nessuno! Mi sono addormentato, chiaro? -
- Si, si, certo.. e infatti tu sei tranquillo, giusto? -
- Perché non dovrei esserlo? -
- Non si fa' sesso di sfogo senza niente di cui sfogarsi, ti pare? -
Beccato.
- Ma tu dove aver scopato tipo cinque ore di fila non sei stanca? Tappati la bocca, Sarah.. - mi giro dall'altra parte e spero che non parli più ma la conosco e so che sto sperando a vuoto.
- Per tua informazione, oggi non ho scopato con nessuno! A parte te, coglione - la sento alzarsi da letto e cercare i suoi vestiti. - Ho ballato e basta! Ma ho capito che avevi bisogno di uno sfogo e ti ho lasciato fare, mi hai fatto pure male, testa di cazzo. E questo è il ringraziamento! Ma fottiti, Pattz - so che non è davvero arrabbiata, quindi non dico niente.
- Potresti almeno dire qualcosa, ti pare? -
- Cosa vuoi che dica? Che sono contento che non hai scopato con nessuno? Non mi interessa! -
- Non quello! Voglio.. voglio solo che tu mi racconti cosa c'è che non va'... siamo amici, Pattz. Siamo.. amici - mi giro verso di lei e vedo che mi sta sorridendo, un sorriso timido, strano per lei che è sempre sfrontata e maliziosa.
- Gli amici non scopano, Sarah. -


Pov Kristen


Mi svegliai per via dei rumori proveniente dalla camera accanto.
Ancora prima di svegliarmi, però, avevo riconosciuto l'esserino che tenevo fra le braccia: Ted. Era il leoncino che mia madre aveva comprato - da sola - il giorno in cui ero nata e che mi aveva messo nella culla. Infatti era vecchio e con un orecchio che penzolava, ma io lo amavo, con tutto il cuore. Era un ricordo di mia mamma e dei suoi abbracci. Era infantile, ma non potevo fare a meno di quel pupazzo.
Ma.. non avevo Ted quando mi sono addormentata.
Come era finito con me?
Mi misi a sedere, stringendomi la coperta al petto.
Il mio zaino era appoggiato - aperto - contro il muro dall'altra parte della stanza. L'avevo portato e aperto io?
Non mi ricordavo.
Le voci nell'altra stanza attirarono la mia attenzione, distogliendomi dalla mia riflessione.
- Sei proprio uno stronzo! -
- Come se avessi detto chissà che cosa! Cosa pensavi? -
Sarah e Robert stavano litigando.
Mi strinsi ancora di più la coperta al petto.
«Te lo dico io, Jane. Tua figlia ha un problema!».
«Nostra figlia! E tu non hai nessun diritto di venire a dirmi come crescere mia figlia! Fuori da casa mia, ora».
«E' anche casa mia, Jane!».
«Non più! Da ora, chiaro? Fuori!».
«Vuoi davvero privare una bambina di sette anni di un padre?».
«Padre!? Padre. Tu ti definiresti davvero in questo modo? Quando è stata l'ultima volta che hai parlato con lei? Non c'eri quando è nata, sei sparito per i seguenti quattro anni e poi sei tornato e adesso sparisci di nuovo. E tu saresti un padre?».
«Ma io lo sono!».
«No. Tu non lo sei e ora fuori!».
Gli occhi stanno già iniziando a diventare lucidi.
Perché i pochi ricordi che ho dei miei genitori devono essere così?
Perché non posso ricordare i momenti felici? Ah già, non ne ho.
Non ricordo un solo giorno felice passato con entrambi i miei genitori.
In realtà, non ricordo molto bene come fosse mio padre, ricordo solo che faceva urlare spesso mamma.
- Cazzo, questa è l'ultima volta che scopo con te, Pattinson! - cosa?
- Guarda che non eri obbligata! -
- Mi sei saltato addosso, coglione! -
Robert aveva fatto.. cosa?
Ma che mi aspettavo?
Una piccola lacrima mi scivolò sul viso ma svelta l'asciugai giusto in tempo perché proprio in quel momento Sarah entrò nella stanza indossando solo una maglietta e un paio di slip. Mi vide subito e si immobilizzò. - Oh.. Kristen, sei sveglia.. -
Non sapevo che fare: annuire? Avevo la gola secca.
- Ti sei svegliata da.. poco? -
Stavolta, annuii.
Vidi chiaramente il suo viso rilassarsi.
- Oh.. bene! Hai fame? Sono.. più o meno le cinque del mattino, devi essere affamata. -
Non feci in tempo a rispondere che Robert fece il suo ingresso nella stanza.
A petto nudo.
Si stava ancora infilando i jeans quando entrò.
Sentii le guance diventarmi incandescenti e abbassai subito lo sguardo, coprendomi con la coperta quasi fino al collo.
Sentivo i suoi occhi posarsi su di me ma ero troppo intimorita per ricambiare lo sguardo.
- E' sveglia... -
- Si, è sveglia. E tu sei ancora in casa mia. Fuori, Pattinson - Sarah aveva riacquistato il tono arrabbiato che aveva prima.
- Non così in fretta, non ho ancora trovato la mia maglietta.. -
Un'immagine di Robert e Sarah a letto si formò nella mia testa.
E mi salì immediatamente un conato di vomito.
- Non sarebbe la prima volta. -
- Come sei spiritosa stasera. -
«Non capisci mai niente!».
«Ah, io non capisco mai niente? E tu?».
«Di sicuro più di te!».
«Come siamo spiritose stasera, Jane! E sentiamo, hai già preso la tua dose quotidiana o sei nervosa di tuo?».
Chiusi gli occhi.
Basta. Basta. Non voglio tornare indietro a quello.
- Si... - sussurrai.
Sarah si voltò verso di me. - Come? -
- Si.. ho fame... - specificai.
- Oh.. certo. Vieni, ti preparo subito qualcosa.. - sforzò un sorriso solo per me e mi fece segno di seguirla in cucina. Mi alzai a fatica dal divano, cercando di coprimi meglio con la felpa che indossavo, ma mi lasciava le gambe piuttosto scoperte. Tremavo. Un po' per il freddo, un po' per altro. Oltrepassai Robert tenendo lo sguardo basso.
Sarah stava aprendo il frigo, mi dava le spalle.
- Cosa ti andrebbe..? Ho latte e.. -
- Anche io ho fame - la voce di Robert dietro di me era incredibilmente vicina.
Quando mi voltai, mi ritrovai a pochi centimetri da lui.
Lottai con tutte le mie forze per non scappare via.
Sarah lo guardò da sopra la spalla, fulminandolo con lo sguardo. - Nessuno te l'ha chiesto. Se hai fame vai a casa e ti prepari qualcosa da mangiare, Pattinson. -
- Non fare l'idiota, Sarah. Non è la prima volta che ceno a casa tua dopo.. -
- Oh lo so bene. Ma oggi è serata fra donne, quindi.. sparisci - un sorrisetto furbetto si posò sulle labbra ancora truccate di Sarah.
- Serata fra donne, eh? - sentii i suoi occhi posarsi di nuovo su di me, che per tutto questo tempo ero rimasta immobile come una statua, fissando il pavimento o lanciando uno sguardo veloce a Sarah. - Vediamo.. - i suoi passi rimbombavano nella mia testa. Si avvicinò, mi oltrepassò e si mise davanti a me, sovrastandomi. Sentii le guance bruciarmi e gli occhi pizzicare. O stavo per urlare o stavo per scoppiare a piangere. - Kristen - il mio nome, pronunciato da lui aveva qualcosa di speciale, ma ero troppo impegnata a tenere lo sguardo basso e controllare le mie emozioni per soffermarmici troppo, adesso. - a te invece piacerebbe se restassi con voi? - mi chiese, usando un tono stranamente gentile. Non l'aveva mai fatto, non così.
- Non provarci, Pattinson - lo ammonì Sarah.
- Zitta, sto chiedendo a lei. Allora, Kristen? - si piegò sulle ginocchia per avere la faccia all'altezza della mia.
A quel punto fui costretta a incrociare il suo sguardo.
E quello che vidi non mi aiutò affatto.
Due bellissimi occhi di ghiaccio.
Fai la stronza.
Non lasciarti influenzare.
Rispondi male.
Non accettare quello che ti dicono.
Vai sempre contro le persone.
Nessuno ti aiuterà mai.
Sei sola e così devi restare.
Non accettare l'aiuto di nessuno.
Questi erano tutti gli insegnamenti che avevo appreso nella mia vita di merda.
E adesso quei due occhi di ghiaccio stavano mandando tutto a puttane.
- Io.. ehm.. uhm.. - balbettai.
Lui sorrise, divertito. - Si? -
- Be', forse.. cioè... -
La mano di Sarah calò sulla spalla di Robert con una forza che non mi sarei mai aspettata da una persona tanto alta e magra, e lo spinse via facendolo andare a sbattere contro il muro. Gli puntò il dito contro mentre lui si massaggiava la spalla che aveva sbattuto. - Provaci un'altra volta e ti taglio quel coso che hai in mezzo alle gambe, Pattinson. E ora fuori da casa mia, non farmelo ripetere. -
Robert continuava a massaggiarsi la spalla. - Sei una cazzo di pazza psicopatica, Sarah. -
Di nuovo il sorrisetto furbo. - Grazie mille, Pattz. Fuori! -
- Ho capito! Cazzo, un minuto.. - i suoi occhi incontrarono i miei.
Li abbassai subito.
- Kristen? - Sarah mi stava sorridendo.
- Mmh? -
- Latte e cereali? -
- S..si, grazie... -
Robert mi superò, diretto verso la porta, ma per un secondo i nostri occhi si incrociarono. E ricordai: l'incubo di stanotte, qualcuno che mi chiamava, Ted fra le mie braccia al mio risveglio. Era stato lui? Magari era stata Sarah, ma qualcosa mi diceva che era stato lui. Avrei voluto dirgli grazie, trovare un modo per ripagargli il favore, fare qualcosa, magari un sorriso. Ci provai, ma tutto quello che mi uscì una specie di smorfia che lui guardò stupito prima di andarsene. Quando la porta si chiuse mi lascia ricadere sul tavolo della cucina, la tazza con i cereali davanti a me.

______________________________


allora, lo scopo di questo capitolo è farvi fare "awwww" a quasi ogni scena.
se avete provato tenerezza verso kristen, allora sono riuscita nel mio scopo.
non è lunghissimo, ma spero che vi sia piaciuto lo stesso!
a me è piaciuto, mi piace come è uscito.
non so che dire quindi.. niente, vi voglio bene e lasciate recensioni lunghe, okay? le amo.

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Capitolo 5
*** i'm not normal. ***




                                                                                                        http://i50.tinypic.com/sl7321.jpg


Pov Kristen

Erano passate da poco le cinque di pomeriggio e Sarah non era ancora tornata, mi chiesi pigramente a che ora sarebbe tornata mentre mi sdraiavo sul divano tirandomi la coperta addosso. Lasciai vagare nella mia testa quel pensiero, impedendo così a tutti gli altri di tormentarmi. Sistemai Ted vicino a me, voltandogli persino la testa verso la televisione; a quell'ora non trasmettevano molto ma riuscii a trovare la replica di un vecchio episodio di Scooby-Doo. Da piccola lo guardavo sempre, quando potevo. La tv era quasi sempre rotta e a un certo punto abbiamo dovuto venderla, ma mi ricordo che questo era uno dei pochi cartoni di cui non mi perdevo mai una puntata.
«Kristen, che fai?».
«Niente...», sapevo che avrei dovuto rispondere. Non dire niente lo faceva solo arrabbiare di più. Ma a undici anni non fai mai quello che ti dicono.
«Mamma non c'è, quindi comando io, lo sai e se ti chiedo cosa stai facendo tu devi rispondermi. Hai capito?», John si piazza davanti alla tv, impedendomi di capire chi si nasconde sotto la mascara del mostro. Ho perso la fine del cartone per colpa sua. Lo odio.
«HAI CAPITO?» alza subito la voce.
Annuisco.
«Si, cosa?» la sua mano si abbatte subito sulla mia guancia, facendomi voltare la testa dall'altra parte per il colpo.
Sento gli occhi pizzicarmi ma non dico niente, ancora una volta non ubbidisco e resto zitta. Se parlassi, scoppierei subito in lacrime e non voglio che mi veda piangere, non oggi.
Quando meno te lo aspetti, i ricordi tornano, sempre.
Non importa quanto tempo sia passato, quanto dolore hai provato o quanta gioia, loro tornano e tu devi accettarli sia che portino un sorriso sia che portino una lacrima come quella che inizia a rigarmi la guancia. Stringo Ted al mio petto e mi accuccio sul divano, voltando la testa verso il cartone. La fortuna vuole che trasmettano proprio lo stesso episodio di quella volta.
Mentre guardo il cartone animato mi rilasso per la prima volta da quando sono in questa casa.
Sto a casa di Sarah ormai da quattro giorni, non sono praticamente uscita di casa da quando ci sono entrata. Sarah lavora quasi tutto il giorno e quando rientra la sera io sto già dormendo; stare a casa da sola mi piace ma mi sento terribilmente a disagio, questa non è casa mia. Comunque sia, non mi manca neanche il vecchio appartamento di Scout. Vorrei solo trovare un posto da poter chiamare "casa". Per di più, non mi piace neanche restare a casa di Sarah senza fare niente in cambio, non so neanche cucinare bene, preparo giusto l'indispensabile per me e per lei ma non so prendermi cura della casa o andare a fare la spesa, non sono pratica con queste cose. Con Scout era tutto un scappare, andare sempre in posti diversi, fuggire per non essere prese; per mangiare esistevano i fast food o le case dei suoi "amici" o "clienti", che di solito cercavano sempre di mettermi le mani addosso quindi per di più rifiutavo gli inviti e restavo senza cena.
Ecco perché sono così magra.
«Anoressica», ecco come mi ha definito Robert. «Sei pelle e ossa». Ma a me non sembra. Mi guardo le gambe, e tutto quello che vedo - scostando la coperta e mostrando le gambe bianche lasciate scoperte dalla felpa che indosso - sono lividi. Lividi, lividi, lividi. Solo quelli. Non vedo neanche quanto siano magre e deboli, vedo solo quelle macchie verdi, viola, blu. Ho un arcobaleno di lividi nelle gambe e io vedo solo quelli. Alcuni sono nuovi, me li procurati facendo i lavoretti con Scout, altri sono più vecchi. Sembra che non abbiano intenzione di andarsene presto, come se volessero ricordarmi ogni giorno il motivo per il quale sono sulla mia pelle.
La porta di casa si apre e io mi copro subito le gambe.
Magari Sarah è tornata prima, oggi.
«Sarah..?» la chiamo, alzandomi dal divano per andarle incontro.
Ma non faccio in tempo a fare due passi che mi ritrovo Robert davanti.
«E tu che cosa ci fai qui?» chiedo, senza neanche pensarci.
«Che gentili che siamo, ragazzina».
«Secondo me tu sei proprio scemo, non capisci la tua stessa lingua».
«Perché? Ah, giusto, non ti piace essere chiamata "ragazzina", ragazzina» mi sorride serafico, facendomi incazzare ancora di più.
«Che nervi... comunque sia, perché sei qui? Dov'è Sarah?».
«Mi ha chiesto di passare a controllarti» mi supera e va' verso la cucina.
Non ci penso neanche un secondo e lo seguo, accorgendomi solo un secondo dopo che indosso solo una felpa e che ho più di metà gambe praticamente scoperte, il che mette in bella mostra tutti i miei lividi; me ne accorgo quando Robert si gira verso di me dopo aver preso una birra dal frigo mezzo vuoto di Sarah e i suoi occhi cadono proprio lì, facendomi arrossire terribilmente. Mi sento uno schifo, perché quei lividi sono una cosa davvero orribile e io non posso farci niente. Ho cercato del trucco nel bagno di Sarah ma poi ho avuto paura che a lei dispiacesse e non volevo chiederglielo direttamente perché mi vergognavo da morire, così adesso i miei lividi sono ben visibili e Robert li ha appena visti.
Vedo la sua espressione passare dal divertita al confuso e poi allo sconcertato.
Prova schifo?
Ribrezzo?
Verso di..me?
Non posso sopportare quello sguardo su di me un secondo di più.
Con una mano cerco di allungare la felpa sulle mie gambe per coprirle ma quando vedo che non ci riesco, mi volto e corro via. Mi chiudo in camera di Sarah, cioè nella prima stanza che trovo.
Robert ti ha visto.
Mi ha visto.
Ha visto i lividi e ha provato schifo verso di me, come tutte le altre persone.
Ma perché cazzo ho messo questa felpa?
Non potevo mettermi qualcos'altro questa mattina? No, perché sono una cogliona e non c'ho pensato.
Non penso alle cose e poi queste accadono, gettandomi altra merda addosso.
«Kristen?».
La voce di Robert dall'altra parte della stanza mi fa' sobbalzare.
Non ho chiuso la porta a chiave, potrebbe entrare facilmente.
«Oh, Kristen!», no per favore, non urlare.
«Apri questa cazzo di porta, ragazzina!».
«Voglio la mamma!».
«Mamma non c'è, quante volte te lo devo dire? Ho detto di aprirmi, adesso. Quindi ora apri e non ti farò niente», era una bugia, ma io ci ho creduto lo stesso perché volevo crederci.
«E'.. è aperto...» sussurro, perché proprio non voglio che urli anche lui.
La porta si apre quasi subito e Robert entra dentro la stanza. Io sono seduta sul letto, il cuscino sopra le gambe, sistemato con cura in modo che copra i lividi più evidenti. Ma Robert li vedo lo stesso, lo vedo nei suoi occhi.
Non guardarmi così, per favore.
«Hai proprio un brutto vizio, sai?».
Sollevo la testa verso di lui, sforzandomi per avere un'espressione neutrale.
«Fuggi. Ti nascondi nella prima stanza che trovi appena puoi. Cazzo, non mi hai dato neanche il tempo di parlare».
Non so che dire, quindi sto zitta.
«Ora non parli neanche più? Bene. Almeno non stai scappando, però. O insultandomi, come fai di solito».
«Se tu fai lo stronzo, io te lo dico..».
«Oh, ma allora parli», di nuovo quel sorriso furbo.
Eh no mio caro, io non cadrò nella tua trappola.
Sono stupida, non cogliona.
«Si, parlo. Tu invece parli troppo. Cazzo vuoi da me?».
«Siamo di nuovo stronze, eh?».
«Fanculo..», Dio, non può lasciarmi in pace? Voglio essere lasciata in pace, è tanto difficile da capire?
«Cosa sono quelli?», a quanto pare si.
«C..cosa?» domanda, facendo la finta tonta. Copro meglio i lividi con il cuscino, fingendo di sedermi meglio.
Robert fa' qualche passo verso di me e io indietreggio subito, schiacciandomi contro il muro.
«Ehi, guarda che io non ti faccio niente».
«Disse quello che mi ha quasi rotto un polso e chiuso in un bagno».
«Ho dovuto, sei impossibile».
«Fottiti».
«Prima mi mandi a fanculo e adesso a farmi fottere, quanto zucchero hai preso questa mattina a colazione, ragazzina?», la voglia di spaccargli la faccia è sempre più forte.
«Ma.. non dovevi andartene? Sei venuto solo per controllare che fosse tutto okay, no? Be', lo è. Puoi anche andartene adesso..».
«Nessuna ha detto che la mia visita sarebbe stata breve».
«Nessuna ha detto che voglio che tu mi stia vicino..», vattene, vattene Robert, non sono affare tuo.
«Ahi, così mi ferisci» si porta una mano sul cuore e finge che io l'abbia trafitto con qualcosa.
Se non fossi.. me, riderei.
Da quando non rido?
Cioè, ridere davvero, quel genere di risata che ti senti nascere dentro e quando esce fuori fa' ridere anche tutte le persone intorno e non la smette più e ridi finché non piangi, ma sono lacrime belle e non soffri. Da quanto non lo faccio? Non riesco a ricordarmi l'ultima volta che ho riso così, sempre che io l'abbia mai fatto.
«Dico sul serio, quando te ne vai?».
«Tu rispondimi: cosa sono.. quelli?», indica le mie gambe, ancora nascoste sotto il cuscino.
«Cosa ti sembrano?» rispondo, acida.
Robert apre la bocca per dire qualcosa ma in quel Sarah apre la porta di casa e si precipita in camera da letto, trovando me seduta in un letto e Robert che si avvicina pericolosamente a me. Situazione alquanto equivoca per chi la vede dal suo punto di vista, e anche dal mio.
«Cosa cazzo sta succedendo qui?», si rivolge esclusivamente a Robert, che non sembra molto preoccupato della sua reazione. «Ti avevo detto di controllare, non di farla nascondere in un angolo del letto in camera mia, Robert!».
Robert si passa una mano fra i capelli e io resto come incantata.
Stupida, ma cosa fai?, dice la mia parte razionale.
E' bellissimo, dice invece quella parte di me che non ha brutti ricordi.
«Non ho fatto proprio un bel niente, invece. Stavamo solo parlando, vero Kristen?».
I suoi occhi cercano i miei e io non riesco a resistere. Incrocio il suo sguardo e subito non posso non obbedire al suo ordine silenzioso.
«Si.. solo.. solo parlando, d..davvero», ma so di non aver convinto nessuno, men che meno Sarah che afferra il colletto della camicia di Robert. «Possiamo parlare per un secondo, Pattz?».
«Ma devi per forza lasciarti le unghie così lunghe e affilate, ahi, cazzo fa' male..» si lamenta lui mentre viene trascinato fuori dalla stanza.


Pov Robert


Sarah mi lascia andare il colletto della camicia solo quando siamo in cucina, abbastanza lontani dalle orecchie di Kristen.
«Mi spieghi che cazzo ti è preso?» l'aggredisco.
«A me? Ma hai visto quella ragazzina? Hai visto i suoi occhi? Cosa le stavi facendo?».
Eccome se ho visto i suoi occhi. Li ho sognati stanotte.
«Niente!».
«E allora perché sembrava terrorizzata?».
«Perché lo sembra sempre! Sembra sempre terrorizzata».
Sarah alza gli occhi al cielo e si avvicina di qualche passo verso di me, avvicinando il suo viso al mio in un modo più minaccioso che sexy.
«E non ti sei chiesto il motivo di questo, coglione? Ti sei chiesto perché sembra sempre così impaurita? Cristo, quella ragazza non si fa' toccare da nessuno! E tu non ti sei neanche chiesto il motivo! Sei proprio un egocentrico del cazzo, Pattz».
Si invece. Si che me lo sono chiesto. Giusto stanotte, poco prima di addormentarmi, mi sono chiesto del motivo per cui non si fa' toccare, allontana le persone con le parole e anche con i fatti, si chiude nelle stanze e scappa per non dovere rispondere alle domande degli estranei; e prima mi ha dato prova di quanto sia impaurita, quando ho visto il terrore nei suoi occhi notando che i suoi lividi erano ben esposti. Chi le avrà fatto del male?
«Come se non lo sapessi già» dico.
«E tutto qui quello che hai da dire? "Come se non lo sapessi già"? Grazie al cazzo, Rob. Anche io so che sei uno stronzo e forse sei pure insensibile, ma da qualche parte, non so dove dentro di te, io spero davvero che tu nasconda un'altra persona.. perché stai peggiorando giorno dopo giorno» mi fissa dritta negli occhi, senza sbattere neanche le palpebre. I suoi occhi piccoli ma truccati con cura e di un grigio-azzurro da Kate Moss non mi inteneriscono, ma riescono a farmi capire meglio le sue parole.
"Stai peggiorando giorno dopo giorno".
Eh si, cara Sarah, io peggioro, non miglioro mai. Io vado di male in peggio, in ogni caso. Ma quei due occhi verdi, quelle sfere di luce che mi hanno colpito quella notte, non riesco proprio a togliermele dalla testa e questo non va bene, non va' affatto bene. Cosa vuol dire quando la notte non chiudo occhio perché mi torna in mente quella ragazzina spaventata e mi chiedo come stia, se ha freddo o fame, cosa? Non voglio pensare a lei, eppure lo faccio. Lo faccio perché quei due occhi verdi mi sono entrati dentro.
Fanculo.
«Mi dispiace. Non c'è niente da cercare, niente in cui sperare, io sono questo. Queste merda sono io».
«Io spero tanto di no, per te.. spero tanto che ti sbagli, Rob, davvero...» scuote la testa, triste, e torna in camera, dove la sento dire qualcosa a Kristen. Non ascolto, decido di non ascoltare per non finire di impazzire.
La voce di quella ragazza è dolcissima, impaurita e mi manda completamente fuori di testa quasi quanto i suoi occhi verdi.
Devo trovare un modo per non pensarci.
Apro il frigo e tiro fuori una birra.
Ne bevo altre due prima che Kristen entri in cucina; si è cambiata e adesso indossa un paio di jeans davvero stretti, che mostrano quanto siano magre le sue gambe, mi stupisco che riesca a reggersi in piedi. Ha una maglietta grande il doppio di lei che ho già visto addosso a Sarah e che le arriva quasi al ginocchio, i capelli sono legati in una coda disordinata che mi dà modo di osservare il suo bellissimo viso da bambina. Appena mi vede abbassa lo sguardo e va' dritta verso il frigo, lo apre e prende una confezione di latte che poi versa in una ciotola, il tutto in un fastidioso silenzio che mi dà sui nervi.
«Il gatto ti ha mangiato la lingua?».
Lei si gira verso di me, confusa.
«Cosa?».
«Parla, cazzo. Hai la bocca anche per quello».
«Oh Dio... quanto sei volgare? Sei proprio.. oh» alzò gli occhi al cielo in un modo che trovai assolutamente adorabile e irritante allo stesso tempo.
«Facci l'abitudine, visto che lavorerai per me».
«Pensavo che.. si, insomma..», controllò che Sarah fosse ancora in camera prima di continuare, «non pensavo che dicessi sul serio, pensavo che fosse solo una cazzata per coprire il fatto che mi trovassi a casa tua..».
«E invece no. Almeno, adesso non lo è più».
«Oh..», si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, nervosa. «E cosa dovrei fare?».
Già, cosa?
Non ne ho idea.
Non può fare quello che potrebbe fare Tom o Marcus perché finirebbe in un cimitero in meno di una settimana, ma forse..
«Andrai con Sarah. A volte mi fa' anche lei qualche lavoretto, e tu andrai con lei».
La vedo deglutire lentamente, se la sta facendo sotto.
Sa benissimo che non può dirmi di no.
«Che... che genere di lavoretti?» chiede, la voce è appena un sussurro.
«Non so.. consegne, probabilmente».
«Che.. che genere di consegne?».
«Troppe domande per i miei gusti», non le dò il tempo di replicare e mi dirigo verso la camera di Sarah, dove si sta cambiando.
Indossa solo un paio di slip neri e tacchi alti, sta cercando una felpa da indossare per andare "a lavoro". Si volta verso di me senza neanche avere la decenza di coprirsi il petto, mostrando la sua terza abbondante. Anche se non va' a prendere il sole da una vita e per di più esce di notte, la sua carnagione è più color caramello che bianca. Al contrario di quella di Kristen, candida e diafana. Basta pensare a lei, cazzo, provo a darmi una controllata e mi avvicino a Sarah che mi lancia uno sguardo attento, cercando di capire quale sarà la mia prossima mossa.
«Devo andare a lavoro» dice, spingendomi via e andando a cercare una giacca nell'armadio.
«Mi annoio», ma non è vero, non mi sto annoiando, voglio solo non pensare per un po'.
«Devo andare a lavoro, Rob» ripete.
«Non ci metto molto».
«Cristo, non le sai usare le mani?» sbotta, lanciandomi un'occhiataccia.
«Si, molto bene, ecco perché ho detto che ci metto poco» non riesco a trattenere un sorriso sbruffone e Sarah mi spinge di nuovo, stavolta più forte, facendomi andare a sbattere contro il muro.
«Non sono il tuo svuotapalle personale, Pattinson, hai capito?».
«Non ti sei mai tirata indietro, però».
«Perché volevo aiutarti, pezzo di merda. Ma con te è tutto inutile. Persino io ho più cuore di te, Robert», le sue dita si stringono contro il colletto della mia maglietta, riesco quasi a sentire la sua rabbia. Non voglio rabbia, voglio sesso, voglio non pensarci per un po'.
«Kristen verrà con te» dico, all'improvviso.
La sua presa sulla mia maglietta si allenta.
«Cosa?».
«Verrà con te d'ora in poi. La porti con te, le insegni come si deve comportare, le fai vendere un po' di roba in giro.. roba così. Controllala, è talmente piccola che potrebbe perdersi anche dentro questa casa», mi accorgo troppo tardi di aver usato un tono decisamente dolce per parlare di lei e se ne accorge anche Sarah, che molla la presa e fa' qualche passo indietro, fissandomi accennando un sorriso.
«Devo.. controllarla, eh? Mmh, interessante. Perché, che succede se si perde?».
«Che la mettono in cella, o in qualche cazzo di casa famiglia, ecco che succede. Tu controllala e basta, ci siamo capiti?».
«Assolutamente, Pattz. Ora esci, devo finire di prepararmi e non ti voglio in mezzo alle palle mentre lo faccio, mi distrai, sei completamente fuori di testa, quando è stata l'ultima volta che hai fumato? Almeno ti calmi un po'».
«Ho un pacchetto di sigarette sempre con me» la informo.
«Non intendevo quel tipo di fumo, aspetta..», apre un cassetto del comodino e tira fuori un pacchetto pieno di erba. Me lo lancia e io lo prendo al volo.
«Tieni, ti aiuterà».

Uscii di casa di Sarah e mi fermai in un angolo della strada, un vicolo buio dove tirai fuori il pacchetto che mi aveva regalato Sarah per preparami una canna. Probabilmente preparai la canna più bella di tutta la mia vita, talmente tanto ero concentrato su quello che stavo facendo. Volevo dimenticarmi di tutto, di Sarah e del suo continuo darmi dello stronzo insensibile, di Kristen, dei suoi occhi verdi, dei suoi lividi, di ogni cosa, almeno per qualche ora, non chiedevo altro. Presi il cellulare e composi un messaggio per Marcus: "Stasera accompagna Sarah e la ragazzina nel solito posto" sperai che si ricordasse anche di andarle a prendere dopo. Finii di prepararmi la canna e nel frattempo pensai a come, forse, mandare Kristen a spacciare roba non fosse un'idea poi così grandiosa: poteva capitarle di tutto. Il posto in cui sarebbero andare quella sera era davvero un posto di merda, c'ero stato un paio di volte e tutte quante avevo fatto a botte con qualcuno, i motivi erano i più disperati. Sarah era abituata, ormai non ci faceva neanche più caso. Di solito andava lì a spacciare quando vedeva che i clienti nelle strade diminuivano, cioè la domenica o nei giorni festivi, quando i papà restano a casa con la famiglia e alle ragazze come Sarah non ci pensano più. Domani era domenica e Sarah aveva bisogno di soldi per gli acidi, l'erba e forse anche per una dose, visto che era stata così stupida da lasciarsi convincere da Tom a provare.
Ripensai a Kristen.
Alla sua statura minuta.
Al viso da bambina.
Ai grandi occhi verdi spaventati ma allo stesso tempo coraggiosi.
Alle parolacce che uscivano facilmente dalla sua bocca rossa.
Al modo in cui fuggiva via.
Ai lividi.
Ancora una volta mi soffermai su quel pensiero, chiedendomi chi avesse avuto il coraggio di fare del male a un corpo così piccolo.
Un mostro, sicuramente.
Quello che diventerò anche io tra non molto.

Finisco di preparare la canna.
L'accendo e prendo una boccata.
Gli occhioni di Kristen mi tornano in mente.
«Non sopravvivrai un giorno in questo mondo, angelo».


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Pov Kristen


«Tieni, mettiti pure questo», Sarah mi passa un maglione nero che mi infilo subito sopra la canottiera nera e al mio paio di jeans blu scuro e delle all stars. Anche Sarah ha qualche livido, l'ho notato mentre si stava cambiando prima e io le ho passato una gonna in jeans. I suoi non sono come i miei, sono più verso la zona inguinale, e non si vedono molto, ma devono fare un male cane perché la vedo camminare male ogni tanto. Ma lei non si toglie mai di dosso quel sorriso da cattiva ragazza che tanto le sta bene, è come se prendesse continuamente in giro la vita e tutto quello che è costretta a fare per andare avanti senza affogare, come invece sto facendo io. Forse dovrei anche io smettere di affogare e cominciare a nuotare, anche senza una meta, semplicemente per smetterla di bere acqua salata.
«Devi sbrigarti, Marcus sarà qui a momenti» mi dice, uscendo dalla stanza per lasciarmi cambiare in pace, ma non prima di avermi fatto un sorriso di incoraggiamento.
Mi lego bene le scarpe e sistemo il maglione in modo che mi copra fino ai polsi.
Li tengo sempre ben coperti.
Ho ancora qualche.. cicatrice anche lì.
«Kristen, tesoro, cosa stai facendo in bagno? Ti prego, amore di mamma, esci.. devo andare».
«Un attimo...», prendo della cartigenica e la premo sul taglio che mi sono appena auto procurata. Non è profondo, non è neanche vicino alla vene, non ci sono riuscita ad arrivare così infondo. L'ho fatto vicino all'incavo del braccio, ed è uscito un sacco di sangue. Per un attimo, tutta la mia attenzione era solo su quello. Sangue, taglio, ferita, cazzo, cazzo, cazzo. Non c'era John, non c'era il lavoro di mia madre, non c'ero neanche io, ogni cosa era rossa. Rossa e profonda. «Arrivo, arrivo, arrivo, un attimo» ripetevo, come una cantilena. Rimisi a posto la lametta che avevo trovato frugando per casa, sospettavo che fosse di John. Magari la usa per.. qualcosa che non volevo sapere.
«Mi sto preoccupando, Kristen.. esci!».
«Mamma, un attimo! E che cazzo..» impreco, passando il braccio sotto il getto dell'acqua fredda.
L'acqua fredda rallenta il flusso sanguigno, vero? Forse era l'acqua calda. Non ricordo.
Nessuno mi ha mai spiegato niente, ma ho letto qualcosa a riguardo.
Mi asciugo il braccio e lo premo contro il fianco.
Apro la porta e mia madre è lì che mi aspetta.
«Fatto, contenta? Manco la doccia posso farmi in pace, adesso».
Lei sembra ferita dalle mie parole.
Pensa di non darmi abbastanza.
Ed è così.
Ma a me basta.
«Mi dispiace, Kristen. Dài, vai a letto, mamma adesso viene a darti la buonanotte».
Era uno degli ultimi ricordi che avevo di mia madre.
Risaliva agli ultimi mesi in cui ho vissuto insieme a lei.
Mi ero davvero trascinata in basso prima di rendermi conto di avere bisogno di uscire da quell'inferno.. anche solo per entrare in un altro, anche peggio.
Almeno, quando vivevo con mia madre, avevo qualcuno che mi desse la buonanotte prima di addormentarmi.
Adesso non ho nessuno che lo faccia.
Non ho nessuno, e basta.


«Cosa.. cosa è questo posto?» chiedo, mentre scendo dall'auto di Marcus, che saluta frettolosamente Sarah con un bacio sulla guancia prima di mettere di nuovo in moto la macchina e correre via. Lasciandoci sole.
«Oh, è solo la strada più merdosa di Los Angeles. Tutti pensano che LA sia solo Hollywood e attori famosi, ma in realtà è anche questo, sai? C'è anche la merda», Sarah cammina spedita davanti a me, ondeggiando in un modo che immagino sia sexy su quei suoi tacchi alti neri e rovinati, indossando quella che dovrebbe essere una canottiera ma che in realtà ha deciso di mettere come vestito.
Le vado dietro, cercando di tenere il passo.
E' una strada buia vicino all'autostrada, dove le macchine sfrecciano illuminandoci.
Alcune ragazze stanno ai bordi della strada, ancora meno vestite di Sarah - mi chiedo come faccia a non avere freddo quando io, con un maglione addosso, sto congelando. Stasera tira proprio un vento freddo.
Svolta l'angolo una figura emaciata, illuminata a tratti dai fari delle macchine che passano. Sembra dirigersi verso di noi e io mi fermo per un attimo, mentre Sarah continua a camminare tranquillamente verso la figura nel buio. Dopo un po' accelera il passo e la sento sussurrare il nome della figura, è come un lamento, una preghiera silenziosa che pensavo che Sarah non fosse in grado di fare.
«Tom.. merda, Tom», praticamente si getta fra le braccia del ragazzo, che barcolla sotto il peso - minimo - di lei.
Dopo un po' le circonda la vita con un braccio, ma si vede persino da lontano e al buio che la sua stretta è debole.
Nonostante ciò, Sarah non smette di abbracciarlo.
Faccio qualche passo verso di loro, sentendomi terribilmente a disagio e di troppo.
Dopo un po' Sarah lo lascia andare e inizia a cercare qualcosa nella borsa che tiene a tracolla. Il vento le scompiglia i capelli biondi, facendoglieli finire sulla faccia; lei li scosta bruscamente mentre tira fuori qualcosa che viene illuminato dalla luce della luna: carta stagnola e un cucchiaio.
«Hai il limone, vero?» gli chiede, e sento la sua voce agitata.
Lui annuisce e apre il palmo della mano davanti a lei, mostrando un limone vecchio e raggrinzito. Per un attimo, guarda me. Non capisce cosa ci faccio là ma non pone domande, è troppo preso dal prendere la carta stagnola da Sarah, darle un bacio sulla guancia e correre via, svoltando di nuovo l'angolo e immergendosi nel buio della notte ancora una volta.
Sarah si volta verso di me e anche se è buio e le uniche luci sono la luna e i fari delle auto riesco a vedere i suoi occhi luccicare. 
«Vieni» fa' per prendermi per un polso, ma poi - per fortuna - ci ripensa e si limita a superarmi sperando che io la segua, e io lo faccio.
Perché non ho nessun altro posto dove andare. 



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«Tu devi solo stare qua, capito? Vengono loro da te» mi ripete, per almeno la decima volta di fila.
«E se.. non so, chiedono qualcosa?».
«No, no e ancora no. Non chiedono niente. Tu dai loro la roba e loro ti danno i soldi, fine. Chiaro?».
«Ma..».
«Kristen! Santo cielo, cara, datti una calmata, eh? Sei un fascio di nervi» sorride nervosa e mi passa una bustina con della roba. Non si fida a darmi la roba pesante che ha dato prima a Tom - eroina sicuramente - e quindi mi occupo della bustina con dentro gli acidi.
«V..va.. bene...» dico.
Lei sorride, tranquillizzata.
«Brava. Adesso.. vado a controllare Tom.. chissà dove cazzo è finito.. tu stai qua.. se ti chiedono qualcosa, tu non rispondere, non dire come ti chiami, niente, niente, capito bene?».
Annuisco, lei mi sorride di nuovo e se ne va, ondeggiando di nuovo sui tacchi.
Resto sola.
Le donne - o meglio, ragazze, visto che avranno si e no quattro anni più di me - ai lati della strada si voltano per guardarmi. Devo sembrare davvero come un pesce fuor d'acqua: una ragazzina con una bustina in mano, vicino a un muretto, che si guarda intorno alla ricerca dei famosi uomini che Sarah mi ha detto che sarebbero venuti da me.
Li aspetto.
Aspetto per almeno mezz'ora e Sarah ancora non la vedo.
Le macchina si fermano, prendono una ragazza e se la portano via.
Non è la prima volta che lo vedo fare, Scout lo faceva molto spesso.
Diceva sempre che era una figata, perché tu non dovevi fare niente la maggior parte delle volte, e loro ti davano soldi. Alcune volte non dovevi neanche aprire le gambe, a loro bastava averti lì mentre si occupavano di tutto loro e poi ti pagavano. Naturalmente c'erano anche quelli che avevano "bisogno di una mano" o quelli che pretendevano di portarti a casa con loro, e a quel punto non potevi fare molto perché ormai eri in macchina con loro e comunque sia i soldi poi alla fine te li davano, quindi.
Una macchina si ferma davanti a me.
All'inizio penso che abbia sbagliato, spero che metta di nuovo in moto e parte. Ma non lo fa'.
Uno dei finestrini si abbassa e un uomo sui cinquant'anni con i capelli bianchi si sporge, sorridendomi viscido.
«Ehi, piccola. Tutta sola, stanotte?».
Non dire niente, Kristen, ricorda cosa ti ha detto Sarah.
Abbasso la testa e nascondo la busta dietro la schiena.
«Ehi, guarda che parlo con te. Allora? Guarda che pago bene, piccola. Forza, sali.. ci facciamo un giretto».
Mi inizia a salire l'ansia.
Che succede se mi costringe?
«Senti, tesoruccio, stasera ho proprio voglia e ho un sacco di soldi. Se sei qua ci sarà un motivo e tutti e due sappiamo qual'è, quindi o sali o ti ci faccio salire io qua sopra, okay?».
«No...» sussurro, ma so che lui non può sentirmi.
«Cosa? Piccola, forza, ho soldi! Tu hai bisogno di soldi e io ne ho, sali o no?».
Lo vedo perdere le staffe; apre lo sportello e fa' per uscire quando sento la voce di Sarah - e il ticchettio dei suoi tacchi - dietro di me.
«Ehi! Bello, gira a largo! Non è merce in vendita» agitava le mani come una pazza, sembrava che stesse scacciando una mosca.
L'uomo mi lanciò un'ultima occhiata.
«E' ancora valida l'offerta, dolcezza».
«Ah, ma allora proprio non capisci. GIRA A LARGO!» si portò le mani ai lati della bocca, come un megafono.
Se non stessi per urlare dalla paura, riderei.
Sarah si avvicina fino ad arrivare al mio fianco. «Sei ancora qui? Ti dò cinque secondi per andartene prima che chiami qualcuno che ti spacchi la faccia».
L'uomo sbuffa e mette in moto, allontanandosi.
Mi lascio scappare un sospiro di sollievo.
Mi appoggio al muretto prima di crollare a terra. Ho il cuore che batte a mille.
Sarah mi appoggia una mano sulla spalla ma io mi scosto subito cercando di non farla restare troppo male.
«Tutto bene..?» mi chiede, non sembra arrabbiata per il mio gesto, solo preoccupata.. e forse anche un po' in colpa. Di cosa, poi? Non è colpa sua.
Annuisco.
«Tutto okay...», posso nascondermi sotto le coperte, adesso?
«Non hai venduto niente, vero?».
«No...».
«Fantastico, ci hanno fatto il pacco.. avranno trovato qualcuno che vende a meno.. oh, be'.. vado a chiamare.. a cercare Tom.. vuoi venire con me?».
«Si» rispondo subito. Non starò qui da sola.
Lei non dice niente, ma penso che abbia intuito i miei pensieri.
Passiamo davanti al gruppo di ragazze che hanno assistito alla scena senza fare niente. Forse, vista dal loro punto di vista, non era niente di che, niente di nuovo o insolito. Una di loro, una brunetta dagli occhi scuri, si rivolge a Sarah mentre passiamo.
«Qualche problema?».
Lei scuote la testa e accenna un sorriso.
«Niente di grave..», parla per te, «solo un coglione che non accetta "no" come risposta, il solito..».
La brunetta annuisce e prima di voltarsi di nuovo verso la strada mi rivolge un'occhiata veloce, come per studiarmi. Cosa vedi?, vorrei chiederle. Riesci a vedere tutta la paura che ho addosso? Riesci a vedere lo schifo che mi sentivo addosso mentre lo sguardo di quell'uomo si posava sul mio corpo? Riesci?
Sarah mi porta in un vicolo buio, stretto.
Non c'è nessuno, a parte Tom disteso per terra, gli occhi chiusi.
Sarah si inginocchia accanto a lui mentre io resto all'inizio del vicolo, agitata e a disagio.
«Tom.. ehi, svegliati, forza..», Tom apre a fatica gli occhi, che sembrano completamente neri al buio, «devi alzarti» gli dice Sarah, aiutandolo a mettersi in piedi. Si rivolge a me, passandomi il suo telefonino, «Chiama Robert, per favore.. digli che deve venire a prenderci, subito». Prendo il telefonino ma resto ancora un po' ad osservare Sarah mentre parla con Tom, e vedo qualcosa nel suo sguardo, si vede che ci tiene proprio tanto. Tom è un caso senza speranza, un po' come me, eppure lei continua a provarci, lo tiene in piedi e lo incita a non mollare, anche se Tom non risponde alle sue parole lei continua in ogni caso. Troverò mai qualcuno che faccia la stessa cosa con me?
Sarah appoggia le labbra su quelle di Tom, come se lui fosse la Bella Addormentata.
Ora mi sento ancora più a disagio.
«Hai davvero esagerato stasera, tesoro..» gli dice, e sento la sua voce spezzarsi, «grazie a Dio sei vivo.. che coglione che sei, che coglione..» ma continua a baciarlo, abbracciarlo, tenerlo in piedi.
Mi volto e cammino lontano da loro, lasciandoli da soli.
Sarah ha già inserito il numero, mi basta solo premere il tasto di chiamata.
Mentre sento il telefono squillare ho il cuore che batte di nuovo veloce.
«Pronto? Sarah?», Dio, la sua voce...
«N..no, sono io... Kristen».
C'è un momento di silenzio dall'altra parte.
«Ah, sei tu.. avete già finito? Dov'è Sarah?».
«E' con Tom... si, abbiamo finito, Sarah ha detto di dirti di venirci a prendere...».
«Sto arrivando, ma come sta Tom?» anche se finge indifferenza, sento che ci tiene.
«Se ne sta occupando Sarah.. non stava.. molto bene».
«Arrivo» e chiude la chiamata.
Resto con il telefono in mano.
La sua voce che ancora mi rimbomba in testa.
Non mi ha chiesto come sto, e perché avrebbe dovuto infondo?


Pov Robert


Quando arrivo nel solito posto dove Sarah "lavora" trovo Kristen appoggiata a un muretto, le mani infilate nelle tasche dei jeans, lo sguardo basso, i capelli mossi dal vento serale che le finiscono in faccia. E' minuscola, piccola, indifesa e sembra che stia tremando forse per il freddo. Chiudo la macchina e mi avvicino, non c'è traccia di Sarah ma sicuramente sarà ancora con quel cretino di Tom, che stasera ha tentato per la milionesima volta di mettere fine alla sua vita con il buco finale. Ma anche stasera è stato risparmiato. E forse anche stasera Sarah cercherà di convincerlo a smettere, ma finiranno come al solito a letto insieme e poi si bucheranno entrambi prima di scopare di nuovo. Come sono prevedibili.
Kristen solleva lo sguardo impaurito quando sente qualcuno avvicinarsi a lei ma sembra calmarsi un po' quando vede che sono soltanto io.
«Dove sono gli altri?» le chiedo.
Lei indica un vicolo buio vicino a noi.
Non mi serve chiederle perché non è con loro.
Mi avvicino un po' e lei si appiattisce ancora di più contro il muretto.
«Ehi, guarda che non ti mordo mica».
Lei non dice niente per un po', poi tira fuori una bustina dalla tasca dei jeans e me la mostra. «Non ho venduto niente...».
«Come? Cazzo, ma dovevano venire!».
«Io ho aspettato ma non è arrivato nessuno...» e il suo tono di voce sembra che dica "storia della mia vita".
Chi stai aspettando, angelo infreddolito?
«Non importa.. peggio per loro, manderò qualcuno ad occuparsene», la vedo rabbrividire ma non dice niente. Cosa c'è, angioletto? Pensavi che mi stessi abborbidendo? Neanche per idea. In questo mondo, se non ci si comporta così si annega e io ho imparato a nuotare molto bene e molto presto.
Il quel momento vedo Sarah arrivare con Tom sotto braccio che arranca verso di noi.
E' davvero messo male.
«Cristo, ma che cosa hai combinato, Tom?».
Lui non risponde e si limita ad abbassare la testa, non penso neanche che mi abbia capito, ma come al solito Sarah è pronta a rispondere al posto suo, usando quel suo tono da regina dei ghiacci che mi fa' solo incazzare, come se lei fosse la mamma di Tom o qualcosa del genere, come se lei sapesse sempre cosa è meglio per tutti, tranne che per se stessa.
«Secondo te? Ti facevo più sveglio, Pattz. Avanti, aiutami a metterlo in macchina, dorme nel mio appartamento stanotte».
Kristen socchiude appena la bocca, stupita.
Scommetto che la notizia non le piace neanche un po'.
«E dove? C'è lei sul divano» indico Kristen, che non dice niente, forse ha capito che - per qualche strano motivo - sto dalla sua parte.
Sarah sbuffa.
«Cazzo, è vero.. be', non può dormire da te? Solo per stanotte. Non mi va' di lasciare Tom da solo...».
Tom non è ci fa' sapere cosa ne pensa.
«Per me va bene..» dico, infilandomi le mani in tasca e dirigendomi verso la macchina.
Apro lo sportello e Sarah si infila nel posto di dietro insieme a Tom.
Prima che entri anche io in macchina Kristen si piazza davanti a me.
«Posso andare da Scout..» dice, incerta. «Non penso che sia una buona idea dormire da te.. non ci sopportiamo a vicenda, no?».
«Chi ha detto che io non ti sopporto, bambina?» avvicino pericolosamente il suo viso al mio, e la vedo trattenere il fiato. «Entra in macchina, prima che cambi idea. E dormi sul divano, tranquilla».
Per tutto il viaggio non apre bocca.
Guarda fuori dal finestrino, irrequieta.
La vedo torturarsi le dita come una bambina di dieci anni che sta per andare a fare la sua prima visita dal dentista.
E' una bambina, mi ripeto.
Una cazzo di bambina che non dovrebbe trovarsi in questa situazione, non dovrebbe trovarsi dentro la mia macchina.
Ma c'è e io non posso cambiare la sua vita.
Non posso cambiare neanche la mia.
Accompagno Sarah a casa e l'aiuto a portare dentro Tom, sistemandolo sul divano mentre lei prepara l'ennesima dose.
«Vacci piano stavolta» le dico.
«So quello che faccio, Pattz..».
«Si.. certo», esco di casa e rientro in macchina.
Kristen scatta sul posto, inchiodandomi con i suoi occhioni verdi, impauriti.
«Voglio andare da Scout...» dice, e la sua voce è davvero impaurita.
Faccio così paura?
Sono un mostro?
E' così che mi vede la gente?
E' così che mi vede lei?
«Non ti mangio mica, eh» dico.
«Non.. non voglio andare a casa tua..».
«Non ti faccio niente».
«Non è vero...».
Mi volto verso di lei, tenendo le mani ben strette sul volante.
«Hai paura che ti metta le mani addosso?», lei non dice niente ma distoglie lo sguardo, dandomi la conferma del mio sospetto. «Allora? E' così?» insisto.
«Ho solo chiesto di non andare a casa tua, cazzo! Non ti sto chiedendo molto! Ferma questa dannata macchina, voglio scendere!».
Accelero.
«Non se ne parla».
«Sei impazzito!? Fermati!» urla.
«Non ti picchierò, Kristen, mettitelo in testa».
«Fermati.. fermati, cazzo!».
Accelero ancora di più.
«Paura della velocità, bimba?».
Vorrei ridere ma quando mi volto a guardare il suo viso la voglia di farlo mi muore all'istante. E' davvero terrorizzata, guarda davanti a sé come se non ci fosse un domani, non sembra neanche presente, la sua mente è altrove e le sue mani sono strette al sedile, talmente forte da avere le nocche bianche. Smetto di correre e rallento fino ad accostarmi a un angolo della strada, dove scendo e faccio il giro fino a raggiungere il lato del passeggero dove si trova lei; apro lo sportello ma lei non fa' niente, non si muove, non sembra che si sia neanche accorta che ho fermato la macchina.
«Ehi» cerco di attirare la sua attenzione, ma lei non si gira.
«Kristen? Oh. Sveglia!».
Mi accorgo che sta piangendo solo quando sollevo una mano per toccarle il viso e una lacrima calda mi cade sul palmo della mano. Oh, cazzo, piange. Piange perché io stavo correndo.
E stavo correndo per fare il coglione.
Perché volevo che effetto le faceva.
Bene, eccolo qua l'effetto, contento Rob? No, un cazzo. Un cazzo che sono contento.
L'ansia inizia a salire, e se è entrata in catalessi o qualcosa del genere?
«Ragazzina? Kristen?», appoggio una mano sul suo ginocchio e subito lei si scansa, scattando come una molla e finendo fuori dalla macchina, in ginocchio per terra.
«Non.. non toccarmi».
«Non ti muovevi! ERI FERMA IMMOBILE E NON SAPEVO CHE CAZZO FARE! Ma che problemi hai, si può sapere? Non è normale!», so che non dovrei comportarmi così, lo so, ma è più forte di me, quando sei abituato a comportarti in un certo modo da molto tempo è difficile smettere e iniziare a pensare che forse quel modo non va bene, almeno non con tutti.
«Correvi come un pazzo...», si asciuga le lacrime con il bordo del maglione che indossa, come una bambina piccola.
Fa' davvero tenerezza.
Prendo un bel respiro per calmarmi. «Okay.. hai ragione, scusami, stavo facendo il coglione. Ma io corro sempre con la macchina, abituati. Ora alzati che andiamo a casa mia, forza», ma lei continua a non alzarsi. Si rannicchia ancora di più su se stessa, come se volesse nascondersi.
«Puoi alzarti, per favore?».
«Ho detto che non voglio venire a casa con te, okay? VATTENE!» urla, sollevando di scatto il viso e lanciandomi un'occhiata di puro odio. Devo averla fatta davvero spaventare per ridurla in questo stato.
«Non vuoi venire a casa con me? Perfetto! Allora resta in questo schifo di strada da sola, di notte! Magari qualche personcina gentile ti raccoglierà e ti porterà a casa tua, magari dormirai anche in un letto vero stanotte! Magari ci farai anche altro in quel letto, oltre a dormire! Che te ne pare come piano? Non mi sembri molto entusiasta, eh?» ed era così, la sua espressione era passata dal "sono incazzata, lasciami in pace" a "non puoi dire sul serio, non accadrà questo, vero?", come, appunto, una bambina spaventata. Che fine avevano fatto i suoi diciassette anni?
Si sollevò un po', tenendosi sui talloni e portandosi le mani fra i capelli, tirandoli indietro.
«Per favore, no...» sussurra.
«Kristen, andiamo.. non dicevo sul serio, ora andiamo a casa, okay? Sono stanco, voglio dormire e ho promesso a Sarah che ti avrei riportato a casa, ragazzina».
Lei non dice neanche niente sul "ragazzina".
«Non ho una casa...».
«Hai casa mia, ma ora alzati da terra» visto che non si muove decido di sollevarla di peso.
Appena sente che la sto afferrando si dimena e inizia a scalciare ma io non ho alcune intenzione di lasciarla qui da sola, al buio. La costringo a entrare in macchina e blocco il suo sportello per paura che impazzisca del tutto e decida di tentare la sorte provando a lanciarsi dalla macchina in corsa; «Lo so che non ti piace essere toccata, ma non ti muovevi» dico, per spezzare il silenzio di tomba che regna in macchina.
Lei non si degna neanche di voltarsi verso di me.
Guarda fuori dal finestrino, impassibile.
«Hai intenzione di tenermi il broncio come una bambina di cinque anni?» insisto.
Si volta di scatto verso di me, rischiando di farmi andare fuori strada talmente sono verdi i suoi occhi. «Non mi parlare, non rivolgermi proprio la parola, non guardarmi, non stare a meno di un metro da me, ma sopratutto NON TOCCARMI, mi hai sentito bene?!».


Pov Kristen


So di avere esagerato.
Robert non può sapere quanto io odi essere toccata, non può saperlo perché neanche io so fino a che punto io possa spingermi. So solo che il contatto con un altro essere umano mi manda al manicomio, sentire qualcuno che mi tocca mi fa' sentire male, mi torna in mente tutte le volte in cui sentivo le sue mani sbattere contro le porte della mia camera, sento il suo vocione rimbombarmi in testa fino a farmi impazzire e tutto diventa brutto, oscuro, orribile e ogni ricordo della mia infanzia mi torna in mente in un colpo solo, perseguitandomi per il resto della giornata. Ecco perché odio essere toccata da chiunque, ma questo Robert non poteva saperlo, so che si stava comportando in quel modo perché pensava di aiutarmi ma quando mi ha tirata su di peso e ho sentito le sue mani sulle mie braccia ho avuto come un crollo mentale. Non riuscivo a riprendermi, volevo solo urlare.
Urlare tutto il dolore che avevo dentro di me.
Urlare al mondo quanto ingiusto fosse.
Urlare contro mia madre, che non ha impedito tutte le cose brutte che mi sono successe.
Urlare contro quel mostro che mi ha strappato via dalle sue braccia.
Urlare contro me stessa, perché non ho avuto la forza di lottare, neanche contro me stessa.
Urlare fino a non avere più aria nei polmoni.
Ecco cosa volevo fare.
Urlare.
Quando la macchina finalmente accosta davanti a casa di Robert inizio a sbattere i pugni contro i vetri, «Apri! Apri, cazzo! Apri!» urlo.
Robert esce e viene ad aprirmi lo sportello, mettendosi davanti a me impedendomi di scendere.
«Calmati».
«No. No, io non mi calmo, cazzo! Vaffanculo! Vaffanculo, hai capito? Spostati!», non potevo toccarlo, non potevo. Non potevo spingerlo via, o sarei crollata. Ma lo avrei fatto in ogni caso.
«Non capisco cosa ti prenda... stai male? Ti senti male? Hai, che ne so, un attacco di claustrofobia?».
Cosa c'entrava adesso la claustrofobia?
«No, idiota, non ho nessun attacco di nessun genere, ma me ne farò venire uno se non ti sposti da qui in meno di due secondi! Cazzo, ti ho detto di spostarti! SPOSTATI!» urlo, oh ma che bella sensazione.
«Non finché non mi avrai detto che ti prende!».
«Ma che cosa vuoi!? Ma chi sei!? Non sei nessuno per chiedermi una cosa del genere, hai capito!? SPOSTATI!» insisto.
Robert affonda i suoi occhi azzurri nei miei.
E' come se tante lame di ghiaccio mi si conficcassero nel corpo.
Freddo, sto congelando.
Mi sto assiderando e anche quel poco di calore che provavo sta svanendo.
I suoi occhi sono peggio dell'Oceano Pacifico.
Due iceberg in cui sono andata a sbattere.
Mi sono presa proprio una bella sbandata per due occhi di ghiaccio che non fanno altro che farmi sentire ancora più infreddolita.
Mi fanno sentire ancora di più il mio freddo, il vuoto che ho dentro e che ho un bisogno disperato di riempire.
«Guardati, stai tremando... per favore, Kristen, entra in casa con me» mi porge una mano ma io proprio non posso accettarla.
Per favore, Robert, lasciami in pace.
Io non posso.
Non posso proprio.
Ma mi hai vista?
Hai visto in che condizioni sono?
Sono senza speranza.
Completamente senza speranza e infreddolita.
«Vattene...» lo imploro, ormai sull'orlo delle lacrime.
«Sei.. sei così strana! Cristo santo, sei la ragazza più strana che io abbia mai conosciuto! Non sono normali le cose che dici o che fai! Non sei normale tu! E non accetti neanche quando ti dico di entrare in casa che ti stai congelando il culo, questa è pazzia!» sbotta, strofinandosi le mani sulla faccia, nervoso.
Lo so che è pazzia.
Lo so benissimo, Robert.. perché io sono pazza, non lo sapevi?
«Lasciami sola... per favore... non avvicinarti...» le lacrime iniziano a rigarmi il viso, e bruciano così tanto sulla mia
«Non.. cosa? Okay, adesso mi stai davvero facendo uscire fuori di testa.. vuoi.. hai paura che ti picchi o cosa?», il tono duro della sua voce non fa' altro che farmi chiudere in me stessa ancora di più.
Sparisci.
Corri via.
Nasconditi.
Non sei la benvenuta da nessuna parte.
Sei strana.
Sei diversa.
Non sarai mai come le altre persone.
Accettalo.
Ecco cosa mi sono sentita dire per tutta la mia vita.
Cosa ho provato in tutti questi anni.
E adesso mi rendo conto che è terribilmente vero.
Io non so parlare con le persone, non so farci amicizia, non so proprio comunicare.
«Si...» ed è come rivelare chissà quale segreto, quando in realtà non ho ancora detto niente.
Ma mi manca comunque il respiro.
«Hai.. hai paura che io ti picchi...?».
«Si..».


________

okay, questo capitolo è una palla.
ma proprio una palla.
pesante come non so cosa.
ma voi mi amate lo stesso, vero? *occhi da cucciolo*
è più un capitolo per farvi capire cosa prova kristen.
il suo dolore.
dovete capirla.
dovete capire che se si comporta in questo modo è solo perché ha davvero una paura fottuta di tutto quello che la circonda, e chi non lo sarebbe al suo posto?
fate uno sforzo, per lei.
comunque sia,
lasciate lunghe recensioni, mh?
vi voglio bene.

















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Capitolo 6
*** nobody but me. ***


Pov Kristen

Non farmi male.
Non farmi male.
Via.
Via, fuggi, scappa, corri via, cazzo!
Perché me ne stavo lì impalata?
Ero rannicchiata per terra quasi aspettando che Robert mi picchiasse.
Aspettavo di sentire le sue mani su di me e quando arrivarono mi feci prendere talmente tanto dal panico da iniziare a urlare ancora prima di accorgermi che la sua non era una pugnalata ma una carezza.
«C..cosa stai facendo...?» balbettai, scoppiando a piangere di nuovo.
«Alzati..».
«Vuoi guardarmi in faccia mentre mi riempi di botte? No, grazie. Vaffanculo, Robert! Vattene, VATTENE!» ero fuori di me dalla rabbia e dalla paura.
«Stai tremando, Kristen e stai anche uscendo fuori di testa. Non ho nessuna intenzione di picchiarti! Ma per chi mi hai preso!».
«Per il solito maschio coglione, ecco per chi! Per il solito coglione che vuole solo mettermi le mani addosso e so che tanto non riuscirò a impedirtelo, ma non ti guarderò certo negli occhi mentre lo fai, stronzo!», volevo infossarmi nel cemento. Volevo scomparire dalla faccia della Terra per non dover subire una cosa del genere di nuovo.
«Non ho nessuna intenzione di fare niente di tutto ciò, Kristen!!» urlò.
No, non urlare.
Per favore, non urlare che è solo peggio.
Se urli, io crollo davvero e sul serio questa volta.
E addio tentativo di restare viva.
«E cosa vuoi allora..?», non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Di certo, non picchiarti... e adesso puoi metterti in piedi, per favore?».
«No», non mi fido.
Tenevo gli occhi inchiodati al cemento della strada ma lo sentii lo stesso inginocchiarsi davanti a me, avvicinando il suo corpo al mio. Avvinando troppo il suo corpo al mio, un pericolo che non potevo correre in nessun caso. Mi spostai così velocemente da cadere con il sedere a terra e le gambe aperte, che chiusi subito., spaventata a morte dalle conseguenze. Quello era l'unica cosa che mi restava di mio. Mio e basta. «Problemi di fiducia, eh?» disse, accennando un leggero sorrisetto da sbruffone che mi sforzai non guardare a lungo. «Fai bene, il mondo è uno schifo e le persone che ci vivono sono anche peggio... ma forse non tutte, che dici?».
«No. Tutte. Nessuno escluso. Nemmeno me» dissi, guardandolo dritto in quei due pozzi azzurri.
Merda.
Non avrei dovuto.
Faccio fatica a distogliere lo sguardo ma alla fine ci riesco.
«Nemmeno te? Andiamo, non puoi dire una cosa del genere! Nessuno si autodefinirebbe da schifo».
«Allora vuol dire che non hai conosciuto persone che fanno davvero schifo».
«Fidati, ne ho incontrate parecchie.. ma nessuno che se ne rendesse conto», il suo sorriso diventa ancora più largo, ma non ci casco. Non intendo sorridere, né ridere di quella che sicuramente sia una battuta che mi farà ridere, voglio solo infossarmi nel cemento come prima, se non di più.
Resto in silenzio e cerco di mettermi più composta.
Se mi sollevassi?, se mi alzassi e fuggissi via, lui mi seguirebbe?
O meglio, riuscirebbe a raggiungermi?
Forse sono più veloce di lui ma le sue gambe sono più lunghe delle mie e lui ha più cibo nello stomaco di quanto io non ne abbia mai avuto.
A proposito di cibo, il mio stomaco pensa bene di farsi sentire proprio in quel momento, ricordandomi che non mangio bene da giorni.
Robert solleva un sopracciglio, «Fame?» chiede, e sembra quasi gentile.
«Affatto» dico subito.
In realtà, sto morendo di fame.
Sarah mi fa' mangiare ma io a volte me ne dimentico.
Sono così abituata a saltare i pasti che anche quando ho fame non penso che mai che potrei alzarmi e andarmi a prendere qualcosa dal frigo, mi limito a starmene seduta pensando "adesso passa, adesso passa e non avrò più fame", ma non passa mai.
«Il tuo stomaco la pensa diversamente e lo stomaco non mente mai».
«Quelli sono gli occhi, idiota» non riesco a trattenermi dal correggerlo.
Lui trattiene a stento una risata. «Hai ragione. Sei sveglia, ragazzina», ecco come rovinare il proprio tentativo di farmi aprire da solo, complimenti Pattinson.
Scatto in piedi prima che lui se ne renda conto e inizio a correre.
Correre via da lui.
Da quel nome.
Da tutto ciò che mi ricorda.
Perché, infondo, non è quello che faccio sempre? Fuggire dai ricordi.
Ma loro tornano, tornano sempre e io non sono mai abbastanza veloce.
Forse è perché ho le gambe corte o perché non mangio abbastanza, fatto sta che non riesco mai a battere i ricordi in una gara di corsa contro il tempo.
«Ehi, ma dove scappi?» lo sento urlarmi dietro.
Accelero ma non ci vuole molto prima che senta i suoi passi a pochi centimetri da me.
«Kristen, fermati!».
«No, fanculo!».
«Ragazzina, fermati o ti fermerò io!».
Il cuore mi si blocca nel petto.
«John.. per favore.. non lo dirò a mamma.. ma.. per.. per favore.. non.. non...».
«Sono stato anche troppo bravo con te, ragazzina. Adesso fai quello che ti ho detto per farti perdonare, da brava».
«Non.. non voglio.. per favore».
«Ragazzina, sono anche troppo bravo. Forza!» mi spinge ai suoi piedi, tenendomi la testa su tirandomi i capelli.
«John.. per favore» lo imploro per l'ultima volta.
Ma lui niente.
Mi fa' inginocchiare davanti a lui ed è troppo forte per me.
Ho tredici anni e davvero troppo poco grasso sulle ossa.
Mamma dice che sono bellissima comunque, ma lei non sa quanto sono brutta dentro.
Sono brutta dentro e lei non lo sa, perché mamma non sa le cose brutte che ho fatto.
John mi tira i capelli facendomi sollevare il viso, «Che succede, ti sei addormentata?».
«Non voglio farlo» dico, ancora, e ancora, e ancora, e ancora.
«A me di quello che vuoi te, che me ne importa? FORZA!» mi spinge il viso contro la patta dei suoi pantaloni, provocandomi un conato di vomito non indifferente. E' talmente forte che non riesco a trattenermi. Non so come riesco a liberarmi dalla sua presa per correre verso il bagno ma meno di un istante dopo il suo braccio è intorno alla mia vita, trattenendomi. «Sai benissimo che se non fai come ti dico lo trovo comunque un modo per fartele fare», si, lo so benissimo.
E le gambe mi cedono.
Cado a terra, sbattendo forte le ginocchia contro il cemento.
Ho completamente lasciato andare il mio corpo, sono stanca di correre, di fuggire e sopratutto di scappare.
Per una volta, per una dannata volta in vita mia, vorrei essere rincorsa.
E non per essere presa a pugni, ma per un abbraccio.
Vorrei solo qualcuno che mi dicesse "andrà tutto bene", per una volta nella mia vita.
«Ehi, ti sei fatta male?», Robert mi si piazza davanti, ancora una volta si inginocchia per arrivare davanti ai miei occhi.
E i suoi sono così dannatamente belli da farmi piangere. «Si...» rispondo, e non so se sto parlando delle ginocchia sbucciate o dei tagli sui miei polsi.
«Sei.. sei precipitata a terra, cazzo.. ti sarai sicuramente tagliata. Vedi, non dovevi correre. Adesso la smetti di fare la pazza isterica così posso portarti a casa e vedere quanto sono gravi le tue ferite?», cerca di usare un tono leggero ma tutto quello che mi viene in mente è "le mie ferite sono gravi".
Le mie ferite sono gravi, Robert, e non penso che esista una cura, né un cerotto abbastanza grande.
Ma tu.. hai gli occhi più belli che io abbia mai visto.



Pov Robert


Finalmente riesco a farla entrare in casa. E' rimasta silenziosa in macchina tutto il tempo, a un certo punto ho pensato persino che si fosse addormentata ed ero tentato di accelerare di nuovo per vedere la sua reazione, ma ho deciso che avevo superato il limite abbastanza volte con lei. Così mi sono limitato a chiamarla una, due, tre volte finché non sono riuscito ad attirare la sua attenzione. Ha persino accennato un leggero sorriso. Leggerissimo, ma io l'ho visto.
«Vai a sederti in cucina, vado a vedere se ho del disinfettante in bagno» le dico, chiudendo a chiave la porta per paura che scappi via di nuovo.
«Non ce bisogno del disinfettante... davvero, sto bene».
«Vai a sederti in cucina, arrivo» dico, fingendo di non averla sentita e andando in bagno.
Dopo cinque minuti buoni di ispezione di etichette di medicinali, trovo un disinfettante.
Non ne uso molto - preferisco soffrire in silenzio piuttosto che usare una cosa del genere, manco avessi cinque anni - quindi è pieno.
Quando torno in cucina Kristen è seduta sul bancone della cucina - ovviamente lei non si siede sulle sedie, come una persona normale, ma questo mi fa' sorridere - e sta facendo dondolare le gambe avanti e indietro, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento, muovendo piano le labbra, riesco quasi a sentire una canzone cantata a fior di labbra, ma appena sente che sono entrato in cucina si ferma di colpo, smettendo persino di dondolare le gambe. Non capisco perché le metto così tanta soggezione e non ho ancora decido se è una cosa che mi piace o no.
«Ho trovato il disinfettante» dico, mostrandoglielo come un deficiente.
Lei non dice niente, si limita ad annuire e abbassare di nuovo lo sguardo.
Quando abbassa la testa, i lunghi capelli rossicci le ricadono sul viso, nascondendola.
Penso che lo faccio apposta.
Che voglia nascondersi.
Anche da me.
Mi avvicino e la vedo stringere le gambe e irrigidire le braccia, che tiene lunghe distese sul fianco.
Le mani stringono forte il bordo dell'isola posta in mezzo alla cucina sulla quale è seduta.
«Dovresti sollevarti i jeans, altrimenti non posso vedere se esce sangue».
«Non esce sangue» scatta subito, mordendosi talmente forte il labbro che ho paura che se lo tagli in due.
«Ma voglio disinfettare comunque il taglio, quindi.. o vai in bagno e te li togli o prendo un coltello e li taglio io», adesso inizia proprio a tremare. Cazzo, forse ho esagerato. Ma io non volevo farla sembrare una minaccia o roba del genere, anzi.. ma con lei è così facile dire la cosa sbagliata.
«V..va..vado in bagno...» scende con un balzo, correndo in bagno prima che possa aggiungere altro.
Ho giusto il tempo di maledire me stesso per la poca umanità che mi è rimasta che lei è già di ritorno.
Ha il suo zainetto in spalla e si è cambiata: una lunga maglietta bianca che le arriva giusto al ginocchio.
Mi faccio da parte per permetterle di sedersi di nuovo sull'isola e solo in quel momento mi concentro sulle sue ginocchia sbucciate, cercando di non guardare i lividi sulle sue gambe: non è grave, niente che non si possa far passare con un cerotto e un disinfettante. Non ho il cerotto, quindi ci faremo bastare il secondo. «Questa maglietta è di Sarah?» le chiedo, giusto per distrarla mentre metto un po' del disinfettante in un pezzo di cotone.
«Si, me l'ha prestata lei...».
«Ti sta bene..», non riesco proprio a trattenermi.
Lei arrossisce ma mi guarda male. «Muoviti, prima che cambi idea e me ne vado sul serio».
«Simpatica come sempre..» borbotto, posando delicatamente il pezzo di cotone sulla ferita.
Sussulta, ma non dice niente.
Strofino un po' sulla ferita, giusto per essere sicuro.. e anche perché muoio dalla voglia di attivare qualcosa in lei, accendere anche un minimo di reazione nei miei confronti o in quello che faccio. Ma lei non fa' niente, si limita a sollevare gli occhi verso il soffitto, stringendo ancora di più le gambe e pietrificando il resto del corpo.
«Ecco fatto..» dico, buttando il cotone nella spazzatura.
Lei salta giù di nuovo, facendo sollevare la maglietta.
Le sue gambe sono meravigliose, anche se troppo magre, sono di un bianco candido, diafane come tutto in lei, sembrerebbe uscita da un libro di favole... se non fosse per tutti quei lividi che le ricoprono gambe e braccia, le occhiaie, la magrezza esagerata e gli occhi troppo spesso rossi per il pianto. Lei nota che sto guardando le sue gambe e fa' per girarsi e andare via, ma prima che lo faccia le chiedo: «Chi te li ha fatti? Di sicuro non Sarah..».
«No! No, no, lei.. non c'entra niente!» dice, agitandosi.
«Ehi, calma, lo so che non è stata lei.. è una stronza e mi ha dato certi schiaffi.. ma non farebbe mai una cosa del genere, lo so».
«Lei è.. è brava».
Non mi stupisce quanto possa sembrare piccola e bambina Kristen.
«E allora chi te li ha fatti?».
Ma lei si zittisce di nuovo.
Si dondola sul posto e si osserva le mani, che si sta torturando.
Ma è già qualcosa che non scappi via.
«Non importa.. hai fame?».
La vedo trattenere il fiato per un secondo, per poi annuire. «Si, grazie».


La osservo mangiare. Le ho preparato un toast senza niente, come mi ha chiesto lei, e ci ho aggiunto un sacco di frutta alla pesca che sembra apprezzare molto. Si porta i capelli su una spalla e rosicchia i bordi del toast in silenzio, tenendo sempre lo sguardo basso, non sia mai che mi guardi in faccia! Non ho fame, quindi mi limito ad osservarla per un bel po' di tempo, finché lei non sbuffa e solleva finalmente il viso.
«Non mi piace essere osservata».
«Non ho niente di meglio da fare, mi spiace».
«Allora mangia, guarda il piatto, ma.. non me».
Non la capisco. Perché non vuole che la guardi?
E' davvero bellissima.
E l'ho detto. Ed è vero. E' davvero bellissima mentre si dà colpetti sulle labbra con l'indice, nervosa.
«Prima ti ho fatto una domanda..» butto lì.
Lei si irrigidisce subito, ha capito benissimo cosa intendo ma decide di fare la finta tonta.
«Quale..?» chiede, finendo il suo toast rosicchiandolo come una bambina di quattro anni all'ora della merenda.
«Sai a cosa mi sto riferendo».
Lei non solleva neanche lo sguardo.
«No, non lo so.. buono questo toast, posso averne un altro, per favore?».
Ci rinuncio, qualcosa mi dice che non otterrò una risposta, non ora. Mi alzo e prendo il piatto sporco di briciole.
«Certo..», metto due fette di pane nel tostapane, prendendo un po' di latte e versandone un po' in un bicchiere. Come la prima volta, appena vede il bicchiere bianco le si illuminano gli occhi e allunga subito per mani per prenderlo. Ha anche ricominciato a far dondolare le gambe avanti e indietro.
Mi sto godendo quel momento di tranquillità quando sento il campanello suonare.
«Sarah» dice Kristen.
«Vado a vedere», ma non ho neanche il tempo di fare due passi che una voce squillante riesce a superare la porta e arrivare fino alle mie orecchie. Purtroppo conosco quella voce.
Lascio perdere i toast e mi precipito ad aprire la porta. Davanti a me c'è Valerì, ventidue anni di puro egocentrismo e bellezza monotona; Valerì era la tipica francese bionda con gli occhi azzurri, alta, magra, con le dita lunghe ma mai quanto la sua fedina penale, i capelli scompigliati a regola d'arte e il trucco nero pesante la faceva somigliare a un panda di alta società.. o una puttana, dipende. Come al solito indossava una gonna in pelle nera che non superava i dieci centimetri, tacco tredici e un top rosso che lasciava scoperta la pancia. Le labbra sottili erano arricciate e lo sguardo era freddo e insensibile come sempre.
«Muovi il culo la prossima volta, Rob. Ci hai messo una vita ad aprire questa cazzo di porta» disse, a mo' di saluto, con quell'insopportabile e fortissimo accento francese che stonava moltissimo con il suo linguaggio volgare.
«Che cosa ci fai qui, Valerì?», non avevo nessunissima voglia di litigare con lei. Non avevo proprio voglia di parlare con lei.
Lei si esibì nel sorriso più falso della storia, prima di farsi da parte, mostrandomi quello che c'era dietro alla sua schiena.
Un bambino di cinque anni con i miei occhi azzurri.
«Ricky... ehi ometto».


Pov Kristen


Osservavo la scena da lontano.
Mi ero inginocchiata dietro al muro, sbirciando come una ladra la scena.
Robert stava parlando con una ragazza che sembrava appena uscita da una rivista. Era bionda, ma al contrario di Sarah, lei sembrava proprio il tipico stereotipo della bionda idiota, per di più aveva anche un fastidioso accento francese che mi dava sul serio. E non solo a me vista la faccia di Robert. Ma la cosa più interessante è il piccolo bambino che la ragazza spinge contro Robert come se fosse un giocattolo vecchio che non vuole più. Presto più attenzione per stare ad ascoltare quello che dicono.
«Cosa vuol dire che parti!? Dove vai!?», una scenata fra fidanzati?
«Mi hanno offerto un lavoro. A Los Angeles, per un film!».
«Un film, certo.. e che genere di film, sentiamo! Un porno scommetto!».
«E anche se fosse? E' un film come un altro e poi mi pagano, e anche molto!».
«Che.. che schifo, mi fai schifo!».
Il bambino si avvicina di più a Robert e si aggrappa alla sua gamba.
E' piccolo, avrà cinque anni.
Ha gli occhi azzurri di Robert, ma i capelli sono molto più biondi. I lineamenti più tondi, infantili.
Magari è il suo fratellino.
«Non è la prima volta che me lo dici, Rob. Ma io devo partire e non posso certo portarmi dietro un marmocchio! Quindi.. è tutto tuo» guarda il bambino per l'ultima volta prima di voltarsi e andarsene, senza neanche degnarsi di salutarlo.
Robert si stacca bruscamente il bambino dalla gamba e le corre dietro.
«Valerì, non ci pensare neanche! Stronza.. ferma! Puttana, ferma!».
Il bambino non sa che fare.
Si guarda intorno finché i suoi occhi non incrociano i miei, mentre sono ancora inginocchiata per terra.
Mi sollevo lentamente quando lo vedo avvicinarsi a me.
«Ciao» dice.
Ora che è più vicino riesco a vedere bene i suoi occhi.
Hanno la bellezza degli occhi di ghiaccio di Robert, ma puoi guardarli senza rischiare di affogarci dentro.
«Ciao..».
Il bambino mi fissa per un po'.
«Sei un'amica di papà?».
Papà?
Robert è il papà di questo bambino?
A quanti anni l'ha avuto? Diciotto? Di meno?
«S..si, ehm, si. E tu come ti chiami?» chiedo.
«Richard. Ma tu puoi chiamarmi Ricky. Papà mi chiama Ricky».
«Ricky è un bellissimo nome» dico, accennando un sorriso.
Anche lui lo fa', mostrando due dolcissime fossette.
«E tu come ti chiami?».
«Io sono Kristen».
«Kristen mi piace!».
«Oh.. grazie», sono un caso disperato, mi imbarazzo persino davanti ai complimenti dei bambini.
«Mamma torna?».
Quella ragazza, la francese, deve essere sua mamma.
Non me la immagino proprio come mamma, ma me la immagino benissimo con uno come Robert. Sono davvero una coppia da copertina, entrambi bellissimi, entrambi con un carattere di merda.
«Non.. non lo so..».
Il bambino annuisce, come se lo sapesse già.
I suoi occhi si fanno tristi, come quelli di Robert.
«Ehi, hai.. fame? Sete? Posso.. posso prepararti qualcosa?», il bambino indossa un paio di pantaloni morbidi neri e una felpa rossa da bambino, i capelli biondi sono un po' troppo lunghi e gli cadono sugli occhi, coprendoli del tutto quando annuisce. «Perfetto, vieni con me R.. Ricky». Faccio per allontanarmi quando sento la mano di Ricky cercare la mia.
Vuole che lo prenda per mano.
Mi giro verso di lui.
Si sta guardando intorno, sperduto, e tiene la mano sollevata verso la mia in un gesto che mi ricorda tanto.. me. Anche io non so dove sono né come comportarmi, e avrei davvero bisogno di qualcuno che si prenda cura di me.
Mi chino e lo prendo in braccio.
Ricky si adagia timido contro di me, agganciando le sue piccole braccia intorno al mio collo e appoggiando la guancia contro la mia spalla.
Il mio cuore accelera ma si riprende subito: è solo un bambino e non mi farà del male. Al contrario, penso che qualcuno abbia fatto del male a lui.
Andiamo in cucina e sempre tenendolo in braccio apro il frigo e cerco qualcosa che vada bene per un bambino, ma ci sono soltanto lattine di birra - alcune vuote e lasciate lì per chissà quanto tempo - continuo a cercare finché non trovo un cartone di latte mezzo vuoto e un confezione di biscotti nella credenza. Faccio sedere Ricky a tavola e lo invoglio a mangiare ma lui non sembra avere molta fame.
Inzuppa i biscotti e dà piccoli morsi; non parla.
«Quanti anni hai?».
«Cinque..» timido, mi mostra la mano aperta.
«Cinque! Ma allora sei grande!», non dicono sempre cose del genere i grandi quando parlano con i bambini? Non ho molta esperienza, nessuno mi ha mai parlato in questo modo.
Lui annuisce di nuovo, senza dire niente.
«Rob.. ehm, il tuo papà.. sta parlando con la mamma, ma.. ma ora torna» cerco di rassicurarlo, allungando un braccio e - contro ogni mia previsione - accarezzando il viso di quel bambino così bello eppure così triste.
«Mamma e papà non si vogliono bene...».
«Oh..», non sapevo che dire, cazzo.
«non dire così, a volte.. a volte i grandi litigano ma.. ma questo non vuol dire che non si vogliono bene».
Non è vero.
Stai mentendo.
Mia mamma e mio padre litigavano sempre e infatti si odiavano.
L'unico motivo che li ha portati a stare insieme sono stata io.
O meglio, una loro dimenticanza.
Ricky annuisce per l'ennesima volta.
«Ehi, vuoi vedere una cosa?» dico.
«Cosa..?».
«Aspetta qua» mi alzo e vado a prendere il mio zainetto. Prendo il leoncino di peluche e glielo metto davanti. «E' mio, ce l'ho da quando ero molto piccola e mi aiuta un sacco, sai? Si chiama Ted».
Lui allunga le mani e gli accarezza la criniera.
«Puoi.. puoi tenerlo» dico.
«Ma è tuo».
«Possiamo giocarci tutti e due, ti va'?», Ricky annuisce e prende in mano Ted, per poi stringerlo al petto.


Pov Robert


Rientro in casa imprecando sotto voce.
Quella ragazza mi rovinerà la vita.
Non l'ho mai potuto vedere, mai.
Ma ero giovane, e stupido. Molto stupido.
E anche lei era molto stupida. E lo è ancora adesso.
Ricky non sarebbe nato se lei si fosse ricordata di prendere la pillola come sempre.
Ma quella sera aveva bevuto troppo per ricordarselo, e adesso c'era Ricky.
Non che non gli volessi bene, quel bambino è l'unica cosa buona che ho forse fatto nella mia intera vita; non ha niente della madre per fortuna, che è solo una ragazzina viziata che corre dietro a chiunque sia disposto a tirare fuori dei soldi per mantenerla. E adesso si era messa in testa di fare film! Certo, okay. Che faccia pure quello che vuole, ma lasciarmi Ricky! Non sono bravo come papà, sono abituato a vederlo una settimana al mese perché di solito lo tiene la nonna di Valerì - come faccia a sopportare i capricci della nipote io proprio non lo so - ma deve essere che anche quella buona donna si è stancata e adesso mi tocca iniziare a fare il padre sul serio perché chissà quando quella puttana tornerà!
Attraverso il salotto e subito sento la risata di Ricky e quella di... Kristen.
Kristen sta.. ridendo?
Accelero il passo e mi blocco davanti alla porta della cucina, dove Ricky è seduto a tavola con Kristen davanti a lui, sopra il tavolo c'è il pupazzetto a forma di leone che ho dato a Kristen per farla smettere di piangere.
E stavano parlando. Nessuno dei due si accorge di me, presi come sono dalla loro conversazione.
«Ma quindi lui è tuo amico?» le chiede Ricky, indicando il pupazzo.
«Me l'ha regalato mia madre quando avevo più o meno la tua età..».
«Dov'è la tua mamma, adesso?».
«Oh lei.. ecco, non c'è...».
«E' a casa con il tuo papà?».
Kristen inizia a torturarsi le mani, lo sguardo basso.
«No...».
«Sei da sola?».
«Si..».
Ricky spinge il pupazzo attraverso il tavolo, dalla parte di Kristen.
«Magari il mio papà può essere anche il tuo!».
Kristen solleva la testa, per ridere sicuramente, quando mi vede e la risata le muore in gola.
«Robert.. sei.. sei tornato».
Mi avvicino a Ricky e lo bacio sulla fronte, prendendolo in braccio e sedendomi sulla sua sedia con lui sulle ginocchia.
«Stavate facendo amicizia?» chiedo.
«Oh si, papà!», Ricky mi si aggrappa al collo,
«Kristen è simpaticissima! E non ha un papà e neanche una mamma! Devi fare qualcosa! Devi fargli da papà!», guardo verso Kristen, che è diventata di un colorito molto simile alla tende rosse che ci sono in cucina.
«Certo, ometto» dico, mettendolo giù, «senti, adesso devo parlare con Kristen, perché non vai in camera mia a riposarti?», lui però non sembra molto convinto.
Guarda Kristen.
«Tu resti qua?».
Lei allunga una mano e lo tocca.
Gli sfiora il braccio, accennando un sorriso.
Sono dannatamente sorpreso: da quello che ho capito lei ha il terrore del contatto fisico.
«Certo..».
Ricky ora sembra più tranquillo, ci saluta con la mano ed esce dalla cucina.
Tutta la tranquillità che prima stava sfoggiando lentamente scivola via dalla sua espressione.
«Cosa devi dirmi?».
«Riguarda Ricky.. nessuno lo sa».
«Intendi.. i tuoi amici? Loro non sanno che hai un figlio?», non sembra molto sorpresa.
«Solo Tom.. ma lui non dirà niente».
Lei annuisce.
Penso che abbia capito benissimo la situazione precaria in cui sta Tom.
«Non dirà niente neanche io..».
«Ti ringrazio.. Ricky sa benissimo che non deve chiamarmi papà davanti a Sarah o Marcus, mi chiama "Rob" e basta e su questo non ci sono problemi, pensano che sia tipo mio fratello, non hanno mai fatto domande precise per fortuna... Volevo solo assicurarmi che a te non sfuggisse niente..».
«Non accadrà..».
Mi passo una mano fra i capelli, stanco.
«E' stata una nottata un po' movimentata.. forse è il caso di andare a dormire» dico, alzandomi. Kristen non lo fa', continua a toccarsi le mani, allungando e distendendo le dita per poi chiuderle di nuovo a pugno, lo sguardo basso di chi ha paura di dire qualcosa di sbagliato. Ma cosa? «Puoi dormire qui, non ce problema per me.. e penso anche che tu piaccia a Ricky».
Kristen solleva lentamente lo sguardo su di me.
«E' un bambino adorabile..».
Accenno un sorriso,
«Si. Lo è.»
Kristen si alza e fa' per uscire dalla stanza, quando io la chiamo.
Si gira verso di me, guardandomi da sopra la spalla.
«Non ti piace essere toccata, vero..?».
Annuisce, confusa.
«Ma da lui.. hai toccato il braccio di Ricky».
Lei si morde il labbro e per la prima volta da quando la conosco mi guarda dritta negli occhi di sua spontanea volontà, per lungo tempo prima di rispondermi.
«I bambini sono buoni, puri.. Ricky non cercherebbe mai di farmi del male, non è un adulto, è un bambino, è ancora innocente.. al contrario di me e te».


Sono sdraiato nel letto e continuo a rivedermi la stessa scena ogni volta che chiudo gli occhi: Kristen che sfiora il braccio di Ricky con naturalezza. Poi mi si presenta una seconda scena: un insieme dei momenti in cui ho cercato un contatto fisico con lei e tutto quello che ho ricevuto è stata quasi una reazione di disgusto. Di paura. Le sue parole mi rimbalzano in mente.
«è un bambino, è ancora innocente.. al contrario di me e te», il modo in cui ha detto "me e te" mi ha lasciato incantato per qualche secondo, mi sono ritrovato a ripetere sottovoce quella frase prima di infilarmi a letto, immaginando un futuro in quella frase avesse un significato diverso. "Ancora innocente". Io non sono innocente. Non lo sono mai stato. «i bambini sono buoni, puri», io non sono mai stato un bambino buono, fin da quando ero piccolo ho fatto cose di cui non vado fiero. Mio padre ha cercato di farmi capire che stavo sbagliando, ma ero troppo preso da me stesso per capire che mi stavo dirigendo verso una strada senza uscita. E adesso mi ritrovo in questa vita che non è altro che un vicolo da cui non posso scappare.
Ma lei può.
Lei è ancora in tempo, forse.
Ha solo bisogno di qualcuno che le dia una mano.
Di qualcuno che la tiri fuori da questa merda.
Prima che riesca a capire quello che sto facendo, mi metto a sedere cercando di non svegliare Ricky che dorme sereno al mio fianco. Mi alzo e scendo al piano di sotto, entrando in salotto a piedi scalzi cercando di fare il più piano possibile. Kristen dorme sul divano, una leggera coperta a coprirla, si rannicchia su se stessa in cerca di una qualche protezione.. potrei proteggerti io, scaccio quel pensiero dalla mia testa ma non riesco a non avvicinarmi a lei. Sono praticamente sopra di lei, la osservo dall'alto mentre dorme, è davvero bellissima. Magra, bianca, occhiaie, capelli scompigliati, versi tenerissimi che fa' mentre dorme, mano stretta a pugno sulla coperta. Bellissima.
Ma c'è qualcosa che rovina tutto.
I graffi, i tagli, che noto sulle sue braccia.
Avevo visto i lividi, ma questi.. sono troppo regolari per esserseli procurati in una rissa.
Troppo precisi.
Troppo, troppo, troppo.
Allungo una mano e sfioro quel taglio sul suo braccio, sembra così profondo..


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Kristen si agita nel sonno e io non faccio in tempo a ritirare la mano che i suoi occhi verdi sono subito su di me, impauriti.
Si mette a sedere di scatto, gli occhi spalancati.
«C..cosa stavi facendo!? Cosa pensavi di fare!?», si copre il petto con la coperta, rifugiandosi dall'altro lato del divano.
«Niente! Niente, davvero.. stavo solo.. hai dei tagli» indico il suo braccio, che lei subito nasconde sotto la coperta.
«S..sono caduta, ricordi?».
«Non sono freschi.. ti sei tagliata? Quando?».
«Io non.. non.. non mi..», gli occhi le diventano lucidi e tutto quello che vorrei fare adesso è abbracciarla, ma so che non me lo permetterebbe mai, quindi stringo i pugni e vado avanti.
«Non dirmi cazzate. Non so niente di te, ma qualcosa mi dice che quei tagli hanno una storia dietro..».
«Tu non sai niente di me!» urla.
«Allora raccontami qualcosa. A Ricky hai parlato», perché sembra quasi che io stia facendo una scenata di gelosia? E' ridicolo. Io sono ridicolo in questo momento.
«Te l'ho già detto.. lui.. lui è un bambino.. non mi farebbe mai del male...», la guardo chiudersi in se stessa davanti ai miei occhi.
«Neanche io ti farei mai del male...».
«Tutti vogliono farmi dal male».

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Kristen Pov


«tutti ti feriranno, ragazzina. tutti, nessuno escluso. quindi ora stai zitta e non lamentarti, sono anche troppo buono con te, quindi ora fai quello che ti ho detto! a nessuno piacciono le ragazze che piangono, a nessuno piacerà mai una ragazzina piagnucolosa come te, non hai forza, non hai carattere! ha ragione tua madre, sei ancora una bambina. non sarai mai una donna. ma sei fortunata, perché a me non serve che tu lo sia, mi serve solo una cosa da te ed è meglio che ti sbrighi a farla».
Come puoi dirmi una cosa del genere, Robert, quando io ho ancora in testa queste parole?
E adesso come faccio a capire chi ha ragione?
E' talmente la rabbia che provo - verso me stessa, verso quel mostro che mi ha costretto a fare cose che mi fanno solo venire il vomito, verso Robert che continua a mandarmi in confusione testa e cuore - che le lacrime cominciano a scorrermi sul viso senza che io possa farci niente.
Ma per la prima volta, il dolore si mischia alla rabbia.
Tanta, tantissima rabbia.
«Sei un bugiardo!» grido, «Siete tutti bugiardi! Non è vero che non mi farai del male! Non è vero, non è vero! Tutti vogliono fare del male, a nessuno importa quanto una persona soffra, a nessuno interessa come mi sono fatta questi tagli, lo capisci? Nessuno li aveva neanche mai notati! A nessuno importa, di niente e di nessuno, sopratutto di una come me! Ma mi hai vista? FACCIO SCHIFO! Faccio schifo.. schifo. Sono piena di lividi, tagli, ossa rossa e ho un cuore che non funziona, e tu devi smetterla di fingere che te ne importi qualcosa, perché a te non te ne fotte un cazzo, esattamente come a tutti gli altri e io lo so! Lo so che a nessuno interessa, quindi, per favore, non fingere che io valga qualcosa, perché non è così.»
Riprendo fiato.
Ho le guance in fiamme e anche la gola.
«Tu non fai schifo», la voce di Robert è bassa ma io lo sento.
«Mi hai chiesto come mi sono fatta questi lividi, giusto? Bene! Vuoi saperlo?», non aspetto neanche che mi risponda, continuo a parlare presa da una seconda ondata di rabbia, «Ho lottato! Ho lottato e mi sono fatta male! Ho lottato e ho perso. Ho perso perché non ero forte abbastanza, grande abbastanza da capire cosa stesse succedendo, sveglia abbastanza da svegliarmi da quell'incubo che era la mia vita, non che adesso sia meglio ma almeno adesso non sono messa male come prima. Sono libera, io non sono di nessuno, adesso!».
Non ce la faccio.
Non posso vincere neanche questa volta.
Mi alzo e attraverso la stanza con passo tremante, potrei precipitare a terra da un momento all'altro.
Sento Robert alzarsi quando io sono già in bagno, penso che il mio discorso l'abbia scosso.
Che lo sconvolga pure, che guardi in faccia la realtà per una volta, la mia realtà. Vorrei poterlo buttare fuori, mettere il dolore che provo dentro nel corpo di qualcun altro anche solo per qualche secondo per non doverlo affrontare io ogni giorno.
Ho lasciato il mio zainetto in bagno.
Lo prendo, lo apro.
So che deve essere qui.
L'ho usato l'ultima volta tanto tempo fa', ma sono sicura che c'è ancora.
«Cosa stai facendo?», lo ignoro.
«Eccolo qua..» sussurro, mentre prendo in mano il pezzo di vetro.
Sbatto per l'ultima volta la porta di casa mia.
I vestiti sono a brandelli e fuori c'è un freddo cane, ma non sento quasi niente di tutto ciò, non sento niente se non una rabbia enorme. Come hanno potuto permettere che mi venisse fatto questo?
Come può, un mondo del genere, esistere?
Presa dalla rabbia, mi chino e raccolgo una pietra per poi lanciarla contro il vetro della finestra di camera di mia madre al piano di sopra.
I vetri si infrangono e cadono per terra, vicino a me.
Ne prendo uno e me lo infilo in tasca. Il più affilato.
Lo tengo in mano, lo stringo forte.
Robert è ancora sulla porta, gli dò le spalle e non può vedere cosa sto facendo ma lo sento dietro di me a pochi metri di distanza. La sua presenza mi scombussola dentro.
Ed è dentro di me che sta succedendo tutto questo.
«Kristen, che hai in mano..?».
Non avevo la forza di aprire bocca.
Strinsi ancora più forte il pezzo di vetro finché una goccia di sangue non cadde sul pavimento, macchiando la mattonella bianca di rosso.
Allentai la presa e lo tenni fra il pollice e l'indice. Lo sollevai sopra il braccio. Niente polso, avevo ancora paura. Ma il resto del braccio aveva già alcune cicatrici.
«Kristen.. girati, adesso».
«Non prendo più ordini da nessuno...» dissi, prima di premere il pezzo di vetro sul braccio.
Dolore.
Per un po' ci fu solo il dolore del taglio, nessun altro tipo di dolore.
Non c'erano le lacrime di mia madre.
Non c'erano le cose che quell'uomo mi costringeva a fare.
Non c'erano i capelli biondi e perfetti di Sarah.
Non c'era Robert e i suoi occhi che mi mandavano in confusione.
Non c'era niente se non il dolore fisico.
Ero così presa da quello, da premere più del solito.
Il sangue macchiò la mattonella quasi del tutto, piccole macchie rosse che spuntavano come un pugno in un occhio.
«Oh, merda! Kristen, ma cosa diamine stai facendo!?».
Mi sentivo le gambe molli.
Chiusi gli occhi e lasciai andare il pezzo di vetro, che cadde a terra con un leggero tintinnio.
«L'ho detto io che eri un pericolo ambulante..», ero talmente debole, fra le nuvole, da non accorgermi nemmeno delle mani di Robert che si appoggiavano sui miei fianchi facendomi girare verso di lui.
Sollevando solo una mano dai miei fianchi usò quella libera per stringermi il polso, facendo fuoriuscire solo ancora più sangue.
«Cristo.. ma che cazzo ti sei fatta? Sei impazzita?!» urlò.
«Non toccarmi..» lo supplicai, sentendo gli occhi di nuovo lucidi.
Il dolore stava passando, era solo un sottofondo del mio dolore adesso.
«Non so quanto sia profonda.. quanto cazzo hai spinto quel pezzo di vetro!?».
«Non toccarmi, non toccarmi, non toccarmi», stavo impazzendo, la sua presa si faceva sempre più insistente.
«Non ti sto facendo niente, smettila di tremare! Kristen, calmati!» strinse ancora più forte e con uno strattone mi avvicinò al lavandino, dove aprì il rubinetto e spinse il mio braccio sotto il getto di acqua gelida. «Cazzo, cazzo, cazzo» imprecò mentre l'acqua si colorava di rosso fino a far sembrare il lavandino un calice pieno di vino.
E intanto, io riuscivo a pensare solo alla sua presa sul mio braccio.
Cercai di strattonarlo via ma lui stringeva ancora di più.
Stavo piangendo di nuovo e sentivo una crisi di pianto farsi largo dentro di me.
«Non fare la bambina! Non ti ho fatto niente, smettila di piangere».
«Mi fa' male.. davvero, mi fa' male».
«I pugni fanno bene ai bambini, sopratutto quelli disubbidienti, Kristen».
Me ne stavo nel letto di camera mia, cercando di non pensare al dolore atroce che mi faceva il braccio.
In quel momento non lo sapevo, ma John me l'aveva rotto.
«Mamma.. mamma.. chiama mia madre!».
Bam, uno schiaffo in piena faccia. «Non alzare la voce con me!!».
«Mamma, mamma.. voglio mia mamma...».
«Kristen, ascoltami!», la voce di Robert mi riportò alla realtà.
«Lasciami!».
«Devi ascoltarmi! Smettila di tremare, non ti sto facendo niente! Ti farai venire una crisi isterica se continui così!».
«Sono già in crisi isterica, idiota! E ora lasciami andare! Lasciami! LASCIAMI, CRISTO SANTO HO DETTO DI LASCIARMI ANDARE IL BRACCIO!».
Il cuore batteva troppo forte.
Il taglio era uscito molto più profondo del solito e il sangue non la smetteva di scendere.
«Kristen, va tutto bene, va.. va tutto bene, ma smettila.. di piangere, okay?».
«Non va tutto bene! Quando te ne renderai conto che non va' tutto bene? Devi lasciarmi perdere! Lasciami andare prima che rovini anche te! Prima che renda anche la tua vita un inferno! Guardami, Robert! GUARDARMI! Sono distrutta! Io sono a pezzi! Sono piena di lividi e tagli e non ho più la forza di combattere.. non c'è l'ho più..», mi lasciai cadere a terra, il rumore del cuore che batteva contro la cassa toracica che mi rimbombava nella testa. Era l'unica prova che mi dimostrava che ero ancora viva, perché in quel momento non mi sentivo tale.
Robert si inginocchiò davanti a me.
A pochi centimetri da me.
«Kristen, hai bisogno di punti».
«Allora non capisci... non voglio punti! Non voglio niente!».
«Ne hai bisogno, stai perdendo molto sangue.. davvero, quanto hai premuto?».
«Non lo so...», lasciai ricadere la testa all'indietro, sfinita.
Il sangue stava macchiando tutte le mattonelle.
Ma il flusso stava diminuendo, al contrario di quello che pensava Robert.
Ero più esperta di lui in queste cose.
«Prendo del disinfettante, devo fare almeno qualcosa..» si alza e apre l'armadietto dei medicinali. Quando torna da me ha in mano la stessa boccetta con la quale mi ha disinfettato le ferite sulle ginocchia. Dio, sono davvero.. fatta di tagli e lividi.


Pov Robert


Kristen sembra addormentata.
E' accasciata sul pavimento, il braccio molle, la testa appoggiata contro il muro, gli occhi chiusi e un'espressione sofferente.
Prendo un pezzo di cotone e lo immergo di disinfettante. Bambina, cosa ti ha portato a una cosa del genere?, mi chiedo mentre cerco di pulire la ferita. E' meno profonda di quello che pensavo e forse non è così grave se non ci mettiamo i punti, anche perché non credo che riuscirò a convincerla ad andare al pronto soccorso adesso. Magari domani mattina, anche se a quell'ora servirà a ben poco.
«Non farlo...».
La sua voce è così flebile che per un momento penso di essermela sognata.
«Cosa..?».
«Non cercare di mettermi apposto, perché è inutile... lasciami andare e basta, come hanno già fatto tutti quanti.. pensa a te, non a me..».
Non le rispondo neanche, continuo a pulirle la ferita finché non smette di sanguinare.
Adesso c'è solo un brutto taglio rosso sangue.
«Non fa' così male come può sembrare...».
«Non dovevi farlo.. è da pazzi».
«Il dolore che mi ha portato a farlo, quello.. quello mi farà impazzire, non un taglio», non sembra per niente lucida.
«Provi così tanto dolore..?».
Apre gli occhi.
Si è resa conto di aver parlato troppo.
No, per favore, parla. Parla con me e rendimi partecipe di tutto questo.
Non lasciare che questo dolore uccida te come ha fatto con me
.
E' troppo giovane, bella, ingenua, dolce e timida per finire come me.
E io ho visto carattere dietro quelle lacrime.
«Kristen, io so cosa vuol dire avere la sensazione di non sentire più niente, neanche un minimo di emozione».
Le sue labbra si assottigliano, il corpo rigido.
«Io sento anche troppo, Robert. Sento tutto, ogni cosa, e la trasformo in niente. Ma fidati di me, prima provo ogni singola sensazione, provo tutto il dolore possibile per ogni cosa che faccio o mi dicono. Non venirmi a dire che sai come mi sento, perché non lo so neanche io!».
«Dimmi cosa ti ha portato a.. questo», faccio per toccarle il braccio ma lei lo ritira, svelta.
«Ti ho già detto che non mi piace essere toccata» ringhia.
«Perché? Cosa ti ha portato ad odiare così tanto il contatto umano?».
«Gli uomini! Ecco cosa mi ha portato così tanto ad odiare il contatto umano!» mi fa' il verso, ma non c'è ironia nella sua voce, neanche uno sprizzo di allegria. Si alza troppo velocemente e perde l'equilibrio, colta sicuramente da un giramento di testa che la fa' sbandare.
Faccio giusto in tempo a mettermi in piedi e stringerle un fianco per non farla cadere a terra.
Lei si dimena, strilla, urla.
«Non toccarmi, non toccarmi! John! Ti odio! Ti odio! Smettila! Mi fai male! Mi stai facendo male!».
John?
Le ho già sentito pronunciare questo nome, la notte in cui ha avuto gli incubi.
Istintivamente, la stringo al mio petto sperando che questo la calmi, ma non fa' altro che farla agitare ancora di più. Mi colpisce il petto con i pugni, ma è talmente debole che quasi non la sento. Mi siedo per terra, trascinandola con me.
«Basta urlare..» le sussurro all'orecchio.
«Non voglio.. non toccarmi.. per favore..».
«Non ti picchierò, non lo farei mai.. non ti farò del male..», cosa mi spinge a fare, a dire tutto ciò, non lo so. Ma non voglio lasciarla sola nel suo stesso sangue, dolore.
«A nessuno.. a nessuno piacciono le ragazzine che piangono...» dice, come se stesse ripetendo una citazione.
Il suo corpo si rilassa lentamente contro il mio.
Kristen chiude gli occhi, sta dormendo. Finalmente.
Non ho il coraggio di muovermi, ho troppa paura di svegliarla.
Comincio a cullarla dolcemente fra le mie braccia, per una volta non sembra dispiacerle il mio tocco.
Una lacrima le solca il viso.
Con il pollice gliela asciugo.
«A me piacciono le ragazze che piangono, invece..» dico.
Prima di alzarmi per portarla a letto, le prendo il braccio, lo sollevo e appoggio le labbra sulla ferita.
Il sapere del suo sangue mi invade la bocca.
«Non farti del male, ragazzina...».

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___________________________________________________
Ehi!
Allora.. che dire?
mmh, questo capitolo è stato un parto, okay?
cioè, l'ho scritto proprio solamente per voi e non è uscito neanche tanto bene, penso che sia abbastanza
pesante e pure angosciante e deprimente, ma... serviva.
spero che tutti voi abbiate capito che se ogni tanto kristen si comporta da pazza isterica è perché ne ha passate
davvero tante e non sa proprio come ci si comporta fra le gente, pensa che ogni persona voglia qualcosa da lei
e lei non vuole dare niente di sé.
povero rob, eh?
dai, vi sta un po' più simpatico?
e ricky? è un amore quel bambino.
valerì invece è una grandissima.... ditelo voi, mh?
in ogni caso, scusate il ritardo ma ho avuto... problemi non molto belli di cui non mi va' di parlare molto,
comunque! si, ehm... l'ultima gif non so di dove sia, non è rob, lo so, ma era troppo dolce e adatta per
non metterla, che dite?
da adesso in poi, se non troverò gif adatte non ne metterò o metterò gif senza rob e kristen e starà a
voi usare l'immaginazione per fare il resto. ma cercherò sempre di usare gif dei robsten.
okay, la sto facendo lunga.
ehm,
grazie ancora, per tutto,
spero vi sia piaciuto e come sempre voglio rencensioni lunghe con tutti i vostri momenti preferiti e quello che
avete provato leggendo e le vostre idee, opinioni.
ci tengo a saperle, davvero.
vi voglio bene,
alla prossima.
(ps, non mi taglio, non so il dolore che una persona che lo fa' può passare, ma una cosa posso dirla: nessuno può dire
quello che un'altra persona ha dentro e l'autolesionismo non è niente di divertente, le persone in questo
mondo sono troppo cattive
)

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Capitolo 7
*** a friend. ***


                                                                                             http://oi50.tinypic.com/2crkryc.jpg

                                                                                         Pov Robert

Non si era ancora svegliata.
L'avevo messa nel letto di camera mia - prima naturalmente avevo detto a Ricky che la sua nuova amichetta stava male e aveva bisogno di riposo e lui si era subito alzato, non si era lamentato neanche un po', aveva solo chiesto: «Ha la febbre, papà?» - «No, ometto, sta solo tanto male.. ha bisogno di riposo» - Kristen non si muoveva neanche, era rannicchiata su se stessa e solo l'alzarsi e abbassarsi della sua cassa toracica mi diceva che era ancora viva. Le ho messo Ted vicino, ma ho avuto troppa paura di svegliarla e quindi l'ho lasciato semplicemente lì, accanto a lei. Ho passato la notte controllando il suo taglio, chiedendomi quanto fosse grave, se avesse bisogno di punti. Verso le tre di notte ha ripreso a sanguinare e ci ho appoggiato sopra una benda, che si è presto inzuppata di rosso sangue.
Mi strofino gli occhi con una mano, stanco, non ho chiuso occhio tutto la notte.
Controllo l'ora: sei del mattino.
Sono appoggiato con la schiena contro il letto, le gambe distese, una si è addormentata.
Il cellulare accanto a me vibra, è Sarah.
"Tom sta bene. Kristen è con te?".
"Si.. c'è stato un piccolo problema la scorsa notte ma ora è tutto okay. Resta con me".
Non ci penso neanche a lasciarla uscire di casa adesso.
Se solo ripenso a ieri notte..
«Papà..?», Ricky è entrato in camera, indossa ancora il pigiama blu che avevo conservato dalla sua ultima visita ed è a piedi scalzi.
«Ehi, ometto.. già sveglio?».
Resta sulla porta. Sta fissando Kristen, addormentata dietro di me, coperta con le coperte fino al collo.
«Kris non si sveglia..» dice.
«Sta ancora male, ometto, ma poi si riprende».
«E se non lo fa'? Io ho avuto la febbre, sai?».
«Oh, davvero?».
«Si» dice con tono serio. «e sono dovuto restare a letto per due settimane. Anche lei ha la febbre?».
Mi alzo, la gamba che mi formicola ancora. «Ti ho già risposto ieri notte, Ricky.. no, non ha la febbre, ma ha bisogno di riposo comunque quindi che ne dici se noi due andiamo a fare colazione in cucina visto che ormai sei già sveglio?».
Lui lancia un'altra occhiata a Kristen.
«Io resto con lei».
«Ricky.. deve dormire».
«Mamma dorme sempre, io non la sveglio mai».
Sospiro, non ho voglia di litigare alle sei del mattino.
«Come ti pare.. ti preparo la colazione, fai silenzio» gli scompiglio i capelli ed esco dalla stanza, lasciando Ricky a vegliare sul sonno di Kristen.



                                                                                 
                                                                                              
             
                                                                                               Pov Kristen




«Amore, sveglia.. Kristen, bambina mia, forza.. apri gli occhi».
«Mmh..».
Sento le mani di mia madre scostarmi qualche ciocca dalla fronte. «Bambina mia, devi svegliarti, è tardi.. ma.. ma che hai fatto al braccio? Sei piena di graffi, Kristen!», spalanco gli occhi: «Posso.. posso spiegare, mamma!».
Mi sveglio di soprassalto.
Mi aspetto di trovarmi mia madre davanti a me. «Posso spiegare.. posso spiegare, lo giuro.. posso..», ma lei non c'è.
«Cosa devi spiegare?».
Per poco non cado dal letto per via dello spavento.



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Mi giro dall'altra parte e vedo Ricky, che mi fissa incuriosito dal bordo del letto, e tutto lentamente mi torna in mente: ieri sera, Robert, il dolore, la follia che mi ha colto, il taglio, tutto. Oddio, che cosa ho combinato? Il mio sguardo cade sul mio braccio, dove una brutta ferita è ancora ben visibile, la crosta rossa che è andata un po' via mentre dormivo e adesso sta uscendo di nuovo sangue. Mi torna in mente anche Robert che mi dice che deve portarmi al pronto soccorso, o forse è solo un sogno.
«Allora..?».
Sollevo lo sguardo sul bambino. «Oh.. niente».
«Hai dormito davvero un sacco, sai?».
«Davvero..?».
«Oh, si. Un sacco. Proprio tanto. Mamma dice che dormire fa' bene e papà ha detto che stavi male, quindi ora stai meglio», non era una domanda, ma mi ritrovai ad annuire. «Papà sta preparando la colazione» aggiunge.
«Oh».
«A te piacciono i cereali?».
«Ehm, si», da quanto non mangio una ciotola gigante di cereali?
«A me piacciono quelli al cioccolato!».
«Anche.. a me», il mio stomaco inizia a borbottare, ma Ricky non se ne accorge.
«Puoi mangiare un po' dei miei, se vuoi».
«Grazie, Ricky.. sei davvero gentile».
Lui non dice niente, ma fa' un gesto che mi ricorda molto Robert: una versione infantile dello scrollare le spalle, solo meno evidente.
La mia mano incontra qualcosa di morbido. Ted.
Ricky lo indica, mettendosi meglio sul letto e gattonando più vicino a me.
«Te l'ha messo papà, l'ho visto io».
Robert? Robert mi ha messo.. Ted, nel letto? Oh.. non sapevo neanche che sapesse della sua esistenza, però.. in effetti, alcuni indizi mi avrebbero dovuta portare a pensare diversamente, ma ero troppo occupata a cercare un modo per mandare via il dolore, le persone via da me.
Visto che non parlavo, Ricky ha preso Ted in mano e me l'ha messo davanti alla faccia. «Ted!».
«Si, si chiama Ted..».
«Io ho fame, vuoi venire a fare colazione?».
«Mmh.. preferirei farmi una doccia, veramente..».
«Va bene! Avviso papà, allora» detto questo lascia ricadere di nuovo Ted sul letto e corre via, con la camminata incerta dei bambini, che ondeggiano da tutte le parti. Mi spunta un sorriso.
Che sparisce appena la ferita inizia a bruciare.
Sbuffo e mi alzo.
Sono sulla porta del bagno quando torno indietro e afferro Ted, portandolo con me in bagno. Lo appoggio sul lavandino, chiudo la porta a chiave e apro l'acqua della vasca finché non è bollente. Mi sfilo i vestiti e mi immergo, mentre l'acqua bollente brucia via tutto, o almeno così spero. La ferita fa' un male cane, ma cerco di non pensarci. Sono stata una stupida e il solo pensiero che Robert mi abbia visto mentre mi procuravo la ferita mi fa' venire gli occhi lucidi e un'ansia incredibile: come ho potuto essere così sciocca, davvero! Cosa penserà adesso, di me? Se prima già pensava che fossi pazza, adesso starà chiamando qualcuno per farmi venire a prendere e chiudermi dentro una casa di cure.
Esco dalla doccia e mi copro subito con un asciugamano.
Fa' freddo, più di quanto mi sono spogliata, e sono fradicia, il che non aiuta.
Cerco qualcosa da mettermi ma non trovo niente. «Che.. idiota che sono!».
Quelle che ho scambiato per acqua, in realtà le lacrime che iniziano a scorrermi sul viso.
Piangi già di prima mattina, che gran donna che sei.
«Fanculo...».
Mi stringo l'asciugamano addosso, sperando che copra abbastanza, poi apro la porta e vado in camera, ma non c'è traccia del mio zainetto. Dove diavolo l'ho lasciato?
Mi mordo il labbro, ma alla fine mi arrendo e mi affaccio nel corridoio. «Rob.. Robert!».
Mi maledico un secondo dopo, quando sento i suoi passi correre sù per le scale.


                                                                                    Pov Robert


Quando sento la sua voce chiamarmi qualcosa scatta dentro di me. Mollo subito le uova che sto cucinando e mi precipito verso le scale, mentre una scena catastrofica ispirata all'altra sera si presenta nella mia testa; a ogni scalino mi ritrovo a pregare che non sia morta, che non si sia tagliata, che lei stia bene. Quando arrivo a metà scala sollevo lo sguardo e la vedo, tiro subito un sospiro di sollievo, che mi fa' accorgere un secondo troppo tardi di cosa ha addosso Kristen. O meglio, cosa non ha addosso. Si tiene stretto l'asciugamano, rossa per l'imbarazzo.
«Dove.. dove è il mio zainetto? Non ho vestiti» dice, imbarazzata. Evita di guardarmi.
I capelli bagnati le ricadono sulle spalle, vedo le gocce d'acqua accarezzarle la pelle bianca per poi cadere sul mio pavimento, bagnandolo, ma adesso non mi importa. Anche se intorno a lei si è formata una piccola pozza d'acqua.
«Zaino. Zaino, certo. Uhm, te lo vado a prendere».
«Grazie..».
Scendo di nuovo le scale e vado in cucina, dove ho messo lo zainetto, appoggiato in un angolo.
Ricky mi osserva attento mentre mangia i suoi cereali.
«Kristen sta bene?» mi chiede.
«Tutto okay, ometto» li scompiglio i capelli mentre raggiungo le scale.
Kristen mi aspetta appoggiata al muro, le mani ancora strette all'asciugamano.
Ancora non mi guarda.
Non solleva lo sguardo neanche quando le mostro lo zaino.
«Grazie...» ripete.
«Come va' la ferita? Cioè, il taglio..» indico il suo braccio, ma lei lo nasconde dietro la schiena.
«Non è niente.. ti sei preoccupato per niente, è solo un taglietto».
«Non lo sembrava l'altra sera, però. Cristo, mi hai fatto prendere un infarto, te ne rendi conto? Potevi farti male sul serio, Kristen. Poteva andare peggio, molto peggio» non so neanche io perché me la sto prendendo tanto visto che lei non sembra neanche che mi stia ascoltando, ma non riesco a smettere di parlare. «Potevi sbagliare qualcosa. Potevi sbagliare punto, potevi beccare una vena, potevi.. morire, te ne rendi conto? E cazzo, guardami quando ti parlo!».
Ancora niente.
Non parla neanche.
«Da quanto lo fai? E non dirmi da poco perché ho visto gli altri tagli! E i lividi..».
«Non so di cosa tu stia parlando... sono caduta, mi hai visto anche tu.. sono parecchio distratta» prova a far sembrare il suo tono leggero, ma sembra sul punto di scoppiare a piangere.
«Non prendermi per il culo» l'avverto.
«Non sto facendo proprio niente, cazzo! Nessuno ti ha chiesto niente, Robert! Porca puttana, non sei mio padre!» finalmente solleva lo sguardo, ha gli occhi verdi come smeraldi e mi colpiscono come uno schiaffo. «O..okay? Non sei mio padre e.. e.. io posso stare benissimo da sola, non avevo bisogno di te l'altra sera, sei tu che ti sei messo in mezzo, non riesco neanche a capire perché sono ancora qui.. lasciami andare, è meglio per entrambi, fidati...».
«Kristen..», non ce la faccio: non posso stare davanti a questo corpicino infreddolito, pieno di lividi e tagli, a quei due occhi bellissimi, tristi e lucidi, e restarmene con le mani in mano. Non ce la faccio. Vorrei prenderla per mano, vorrei poter sfiorare quel taglio e rassicurarmi ancora una volta di quanto non sia poi così profondo, ma so che lei non me lo permetterebbe mai, anche se adesso non mi preoccupa poi così tanto l'idea di prendermi uno schiaffo, ma non voglio farla incazzare ancora di più quindi mi limito ad avvicinarmi di qualche passo a lei. «tu hai bisogno di aiuto».
«A..aiuto? Cazzo dici? Non ho bisogno di aiuto!».
«Ti sei tagliata ieri sera, davanti a me.. si, ne hai bisogno invece».
«Ancora? Non era.. non è niente, te l'ho detto..».
«E i lividi? Sei piena di lividi, sopratutto nelle braccia e nelle gambe. Alcuni sono vecchi ematoma che non sono andati via del tutto, avresti bisogno di cure, sai?».
Lei si morde il labbro inferiore, nervosa.
«Non voglio.. non voglio, si ehm insomma», cerca le parole giuste, Robert, o la farai scappare, «ho capito che non ti piace quando mi avvicino troppo, in tutti i sensi, ma guardati: come posso non fare qualcosa? Lascia che ti aiuti, non voglio entrare nella tua vita e peggiorarla, voglio solo porgerti una mano.. del tipo che, se hai bisogno, puoi chiedere a me..», bel discorso Robert, degno di un bambino delle elementari.
Mi sento un idiota.
Non mi è mai successa una cosa del genere, non mi sono mai rivolto a qualcuno in questo modo, offrendogli il mio aiuto senza volere neanche niente in cambio, ma con lei mi viene naturale. Voglio aiutarla e il fatto che lei non lo voglia mi spinge solo a insistere ancora di più.
Anche se questo la fa' solo allontanare ancora di più.
«Okay».
Ci metto un minuto buono a realizzare quello che ho appena sentito.
«C..cosa?».
Lei non mi guarda neanche, gioca con una ciocca dei capelli bagnati. «Ho detto.. okay. So.. so che.. so di non.. essere.. normale, so di avere.. problemi ed è.. okay, posso.. uhm, accettare qualche aiuto. Tipo.. posso avere i miei vestiti, adesso? E' un aiuto: voglio che tu mi dia i miei vestiti».
E' già qualcosa, mi dico. Non ha accettato il mio aiuto, non ha capito bene neanche il senso delle mie parole, ma non è scappata via né si è messa a piangere, per oggi mi basta.
«Certo.. ecco» le passo lo zaino, che lei afferra subito.
Restiamo qualche secondo in silenzio, nessuno dei due dice niente ma resto a guardarla, osservando la ferita sul braccio e un lieve taglio nell'altro. Alla fine lei si gira e si chiude in bagno ma io non riesco comunque a trovare la forza di andarmene e tornare di sotto, così mi appoggio alla porta che so, anche senza controllare, essere chiusa a chiave.
«Hai bisogno di vestiti nuovi» dico.
Lei ci mette molto tempo a rispondere, sono quasi convinto che mi stia ignorando quando sento la sua voce arrivare bassa dall'altra parte della porta. «Quelli che ho mi vanno benissimo, grazie».
«No. Non è vero. Oggi avevo intenzione di portare Ricky a comprare qualcosa, visto che abiterà qui per.. non so quanto; vieni con noi, ti compro qualcosa».
Mi ritrovo a incrociare le dita.
Dì di sì, per favore.
Lasciami fare qualcosa per te.
Anche una cazzata, ma lascia che ti aiuti in qualche modo che non sai urlarti contro per spronarti a reagire contro il tuo dolore. Per favore.
«No».
Le mie speranze vanno in frantumi.
Ma non la mia testardaggine.
«Perché?».
«Non.. non voglio che.. spendi soldi per.. me, okay? No, uhm».
«Kristen, con il lavoro che faccio i soldi non mi mancano, ne trovo altri subito», e mi faccio un po' schifo per questo.
«I vestiti che ho.. vanno.. vanno bene», insiste.
«O ti lasci comprare qualche vestito nuovo o ti trascino da un dottore», e la mia voce risulta molto più fredda e minacciosa di quanto volessi in realtà. Perché devo sempre finire con il fare lo stronzo con lei? Mi maledico da solo.
Non c'è risposta per un po'.
Poi: «O...okay, v..va bene... basta che non mi porti da un dottore, odio.. odio quei bastardi», la porta del bagno si apre ed ecco Kristen con i capelli ancora un po' bagnati, jeans larghi il doppio di lei, come la felpa verde che indossa. Verde come i suoi occhi, che sono stupendi. Perché lei è stupenda. Ed è una scheggia, e sprofonda in quei vestiti. E tu ti stai finendo di rincoglionire, Robert Pattinson, parli e pensi come un bambino di dieci anni da quando c'è lei, coglione. Cerco di riprendermi e trovare quel poco di dignità che mi resta. «Andiamo tra dieci minuti.. hai fame? Ho preparato la colazione anche per te» le chiedo.
Annuisce, timida, e mi precede scendendo le scale.





                                                                                        Pov Kristen



Ho mangiato. Robert mi ha fatto sedere a tavola come se avessi cinque anni, mi ha messo davanti un piatto con uova strapazzate, succo d'arancia, toast e marmellata. Tutto buonissimo, ma poi sono dovuta correre in bagno con una scusa e ho vomitato tutto. La verità è che sono troppo nervosa. Mi vuole portare a comprare dei vestiti e questo implica il dover andare in giro per negozi. E' quel "in giro" che mi preoccupa; non voglio andare per strada, non voglio incontrare nessuno, non voglio dover andare a sbattere contro una persona per sbaglio mentre cammino. Odio la gente, le folle, il rumore, i negozi, ogni cosa. L'unico negozio che mi piace è la libreria, ma ci sono andata davvero poche volte in vita mia e non so neanche più se il bel ricordo di quel posto che ho sia vero o solo frutto della mia immaginazione, che vuole rassicurarmi che un posto che mi piace al mondo c'è, non sono del tutto pazza.
Quindi Ricky ha provato a parlarmi, ma è stata una cosa abbastanza breve.
«Ti piace la colazione?».
«Uhm, si..».
«L'ha preparata papà!».
«Uhm».
«Tu non parli molto ma mi piaci comunque», poi mi ha rubato un sorso di spremuta.
«Mi.. mi piaci anche tu..».
Robert ha preso Ricky in braccio e l'ha portato in macchina.
Non ero mai salita nella macchina di Robert, abbiamo sempre usato quella di Marcus.
O almeno credo che fosse sua, in realtà non mi interessa.
La macchina di Robert è ordinata, non troppo grande; non mi intendo di macchina ma credo che sia un modello nuovo, sportivo, color grigio metallizzato, come i suoi occhi quando è preoccupato. I sedili sono comodi e muoio dalla voglia di sollevare le gambe e metterci i piedi sopra, ma mi trattengo per paura della sua reazione.
Ricky sta dietro, Robert ha controllato un paio di volte che si mettesse bene la cintura.
«So farlo da solo, papà!» ha protestato lui.
«Ricky, niente capricci oggi, okay? Faccio io, ometto».
Ricky ha messo su il muso e a quel punto Robert ha tirato fuori una caramella dalla tasca della giacca.
Da quel momento ho deciso che mi piaceva Robert in versione papà.
E adesso me ne sto sul sedile del passeggero, guardando fuori dal finestrino, torturandomi le mani.
E se qualcuno mi viene addosso?
E se qualcuno prova a toccarmi? Non voglio scoppiare a piangere davanti a tutti.
Questi pensieri mi tormentano e non riesco a smettere di pensarci.
«Che taglia hai?».
La domanda di Robert mi spiazza. «Ehm.. non.. non lo so» rispondo, imbarazzata.
Non mi è mai importato molto della taglia dei vestiti che indossavo, tutto quello che mi importava era che mi coprissero tagli, lividi e parti del corpo vulnerabili.
«Come non lo sai?».
«Non lo so. Che posso dirti, scusa? Non lo so» dico, acida.
Dio, sono un fascio di nervi.
«Okay! Capito.. non sai neanche che taglia hai. E come fai a scegliere i vestiti?».
«Prendi quelli che trovo...».
«Mmh..», non dice niente per un po', limitandosi a fissare la strada. Non so dove stiamo andando, non conosco questa zona. Conosco solo le zone che mi ha mostrato Scout.
«Dove stiamo andando?» chiedo.
«In un centro commerciale appena fuori città, non voglio rischiare di incontrare nessuno», so che con "nessuno" intende i suoi clienti. Mi ero quasi dimenticata che Robert fosse uno spacciatore. Non sembrerebbe a vederlo a casa sua, con Ricky, con me, ma lo è e io me ne sono dimenticata. Non devo farlo più.
«Papà, io voglio la cioccolata» si intromette Ricky.
«Dobbiamo comprarti vestiti, ometto, non cioccolata».
«Ma io voglio la cioccolata».
«Ricky, che ti ho detto prima di partire?», il tono paternale che usa Robert mette sull'attenti anche a me.
«Ma io sto facendo da bravo! Kristen, vero che sto facendo da bravo!?».
«Ehm..», mi giro verso Robert, alla ricerca di un suo aiuto, un suggerimento, ma lui sta continuando a guardare davanti a sé, tenendo le mani ben strette sul volante. Mi piacciono le sue mani, sono lunghe e fini, come quelle di un pianista. «c..certo che stai facendo da bravo» dico.
«Visto, papà!? Cioccolata, per favore!».
Lancio uno sguardo di sottecchi a Robert e potrei giurare che stesse sorridendo.


Non andavo in un centro commerciale da una vita, forse anche di più.
L'ultimo ricordo che ho di un posto del genere risale a quando avevo dieci anni e mia madre mi c'ha portato per il mio compleanno, è stata una giornata diversa dalle altre e mi sono anche divertita. Mamma mi ha comprato una felpa, me la ricordo ancora: era rosa chiaro con il disegno di un gatto che spalancava la bocca per miagolare. Amo i gatti, ma il rosa non mi è mai andato tanto bene, ma mi piaceva davvero un sacco quella felpa per il semplice fatto che me l'aveva regalata mia madre, e me la mettevo quasi ogni giorno perché mi ricordava quella giornata in cui era riuscita a prendersi un giorno libero tutto per noi.
«Eccoci, siamo arrivati» annuncia Robert, parcheggiando in uno dei pochi posti liberi davanti al centro commerciale.
Ricky è euforico e Robert corre subito a liberarlo dal seggiolino.
Io invece vorrei non dover mai scendere da quest'auto.
Se da una parte questo posto mi ricorda la mia giornata con mia madre, dall'altra fa' riaffiorare in me le mie paure.
Alla fine, Robert vieni ad aprire il mio sportello.
Vede subito che ho qualcosa che non va'. «Ehi.. che succede? Ti senti male?».
Si, malissimo. Voglio nascondermi, fuggire e non tornare mai più in questo posto che fa' scaturire in me fin troppe emozioni. «No, sto bene» mi sforzo di mantenere il controllo e scendo dall'auto.
Per fortuna non c'è neanche una persona nel parcheggio.
Ricky supera sia me che Robert e inizia a correre verso l'entrata.
«Ricky, non così veloce!» lo riprende subito Robert.
«Papà, veloce! Veloce, veloce!».
Robert sorride e si passa una mano fra i capelli. «Sei troppo veloce per noi due, campione!».
Noi due.
Noi due.
Basta, basta, basta.
Robert mi affianca, sempre senza perdere d'occhio Ricky.
«Sicura di stare bene? Hai una faccia..».
«Ti ho detto che sto bene, cazzo».
«Okay, come ti pare» sbuffa e accelera il passo, raggiungendo Ricky e prendendolo per mano. Io resto indietro.
Cercando di mandare via le lacrime alla vista di quella scena.
«Mamma, quando torna papà a casa?».
«Uno di questi giorni, Kristen.. uno di questi giorni».
«Mamma.. hai gli occhi rossi».
«Sono solo stanca...».
«E hai anche uno strano odore. Bagnoschiuma nuovo, mamma?».
«Si, Kristen.. è nuovo. Adesso per favore smettila di parlare perché la mamma è tanto stanca e ha un gran mal di testa, okay?».
«Tu hai sempre mal di testa...».
L'interno del centro commerciale è affollato e io mi sento circondata, senza via di scampo. Spero che Robert non se ne accorga e continuo a camminare dietro di loro, osservando ogni persona che prova ad avvicinarsi a me, intimorita, sperando che non abbia una pistola nascosta da qualche parte o mi afferri per portarmi via. C'è davvero un sacco di gente, qui. La maggior parte sono famiglie con bambini piccoli ma ci sono anche gruppi di adolescenti della mia età che camminano in gruppo, uno di loro - un ragazzino di massimo diciotto anni con i capelli biondi e due occhi azzurri che non hanno niente a che vedere con quelli di Robert - mi lancia uno sguardo più lungo degli altri, facendomi venire un unico brivido in tutto il corpo.
Senza pensarci, mi avvicino a Robert, che percepisce subito la mia presenza accanto a sé. «Kristen, si può sapere che hai? Sei agitata. Perché?».
«Non.. non mi piacciono i centri commerciali» dico.
«I centri commerciali?» guarda prima a me e poi la gente che ci passa accanto, troppo vicino. «I centri commerciali, eh?» ripete, e io annuisco. «Io dico che non ti piacciono proprio i luoghi affollati», la mia espressione accigliata deve tradirmi perché Robert fa' un sorriso da "ecco, lo sapevo, ho ragione", girando leggermente la testa dall'altra parte per poi tornare su di me, serio stavolta. «Perché non me l'hai detto? Ti avrei portata in un negozio, o avrei fatto comprare qualche vestito da Sarah».
«Ecco, io.. non volevo.. non volevo dirlo» ammetto.
«Non volevi dirlo?» si ferma e io anche.
Annuisco, imbarazzata.
Ricky è attaccato alla vetrina di un negozio di giocatoli insieme ad altri bambini.
«Kristen... ti ricordi cosa ti ho detto a casa?», annuisco.
«Quando ti ho detto che volevo aiutarti, io intendevo anche per cose del genere, mi capisci?».
«Si, certo», no, non ho capito neanche la prima volta, figurati adesso.
«Quindi.. se hai problemi con la gente, con la.. folla, io lo capisco» il tono si fa' più duro, «ma dovevi dirmelo, Kristen, altrimenti come potevo saperlo?».
«Hai.. hai ragione, mi dispiace».
La sua espressione torna ad addolcirsi. «Non importa, adesso lo sai. Facciamo così, adesso mi stai vicino - nel limite del possibile per te - e andiamo a prendere qualche vestito, non ci mettiamo molto e non dovrai parlare con nessuna commessa perché lo farò io, okay?».
Mi perdo nei suoi occhi.
Sul serio, mentre mi parla io non riesco fare a meno di osservarli.
La sua bocca, mentre parla, è bellissima da osservare.
La mascella, i lineamenti, tutto in lui è un capolavoro.
Ha una leggera barbetta biondo-rossiccia, stamattina.
E' bello ma io no.
E' grande e io no.
Lui sa fare le cose, io sono impedita.
Osservo la sua mano mentre sprofonda nella tasca dei jeans e per un secondo desidero che la tiri fuori e l'appoggio sulla mia guancia, ma è solo un attimo.
Le sue parole ci mettono un po' per trovare un senso nella mia testa.
Mi sta.. offrendo il suo aiuto?
«Il mondo è una merda».
«Kristen, non usare questo linguaggio in casa mia!».
«Mamma, guardati! Guardati, cazzo! Non ti reggi in piedi e guarda che schifo di casa in cui siamo! Cade tutto a pezzi! E' una merda, tu sei una merda, io sono una merda, John è il re delle merde e tutto questo mondo di merda fa' schifo! Schifo!» urlo con tutto il fiato che ho in gola. Mia madre è distesa sul divano, indossa ancora i suoi "abiti da lavoro" e ha una sigaretta in mano, metà accesa e metà spente, ma se la mette in bocca lo stesso.
«Non tutto è brutto a questo mondo, bambina mia. Forse qualcuno che vuole fare del bene esiste ancora a questo mondo, bambina mia.. bambina mia»
, è ubriaca, lo sento dalla voce impastata, «non tutti sono cattivi, Kristen, e scommetto che tu troverai qualcuno che ti aiuterò a uscire da questa merda, bambina mia.. bambina mia.. bambina mia...».
Guardo Robert negli occhi.
Mi mordo il labbro, ancora un po' indecisa.
«Lo prometto, Kristen, non ci mettiamo molto» aggiunge, «prendiamo qualche vestito e andiamo a casa. Non.. non avere paura, okay? Non averne, perché ci sono io, non sei sola».
Mamma, forse avevi ragione... forse. «Va bene, andiamo...».


                                                                                                               Pov Robert

«Per chi è il vestito?» mi chiede la commessa.
«Ehm, per mia sorella» mento.
La commessa annuisce e mi fa' cenno di seguirla.
Non so perché ho deciso di comprarle un vestito, da quello che ho capito di lei non lo metterà mai.
Non è il tipo da vestiti, ma io voglio comprarle un vestito comunque.
Tengo la busta con dentro le altre cose - due paia di jeans, cinque magliette con le maniche che arrivano fino ai gomiti, tre a maniche lunghe e altre tre a mezze maniche - e seguo la commessa mentre penso a Kristen chiusa nel camerino, con Ricky. Mi ha chiesto lei di lasciarla là, penso che andare in giro in mezzo alla gente la disturbi proprio tanto, quindi l'ho accontentata e ho lasciato che Ricky restasse con lei, quei due vanno abbastanza d'accordo. Più di lei e me, sicuramente.
«Che ne dice di questo?» mi chiede la ragazza, mostrandomi un vestito rosso lungo fino al ginocchio forse, a tubino, stretto in vita ma che si allarga verso il basso.
Nella mia testa si forma l'immagine di Kristen con addosso una cosa del genere.
Mi ucciderà, penso. «Lo prendo, grazie».


Sto andando a prendere Kristen, i camerini non sono molto lontani.
Non ho bisogno di chiamarla, sento la voce di Ricky che urla e ride.. e qualche istante dopo si aggiunge anche la risata di Kristen, ed è meravigliosa, una delle cose più belle che io abbia mai sentito. E' genuina, spontanea, una di quelle risate speciali, di chi ha pianto molto.
«Kristen, ho pagato. Ricky, esci fuori ometto» dico.
Ricky scansa subito la tenda ed esce fuori, sollevando le braccia. «Papà!!!!» urla.
Lo sollevo, prendendolo in braccio. Il mio bambino, lo bacio sulla fronte. «Kristen?».
Anche lei esce fuori, guardandosi attorno.
«Non c'è nessuno, tranquilla..» le dico, sperando di rassicurarla.
Lei non dice niente ma annuisce.
Usciamo dal negozio e Ricky inizia a lagnare perché vuole prendere la sua cioccolata, così mi giro verso Kristen per avvisarla del cambiamento di rotta. «Andate pure.. io devo andare in bagno tanto.. vi.. vi raggiungo» dice.
«Sicura?», che deve fare in bagno?
«Certo..».
E non posso aggiungere altro perché Ricky inizia a tirarmi per la manica, incitando a muovermi.
Guardo Kristen mentre va' verso i bagni del centro commerciale, non la perdo di vista finché non sparisce dalla mia visuale. Ricky ci mette troppo a scegliere che tipo di cioccolata vuole e io sto perdendo la pazienza.
Che deve fare in bagno?
Non dovrò tagliarsi, vero?
Ci manca solo che la ritrovo svenuta in una pozza di sangue nel bagno di un centro commerciale.
«Ricky, sbrigati».
«Ma papà! Sono tutte buone. Tu quale vuoi?».
«Una qualsiasi, basta che ci muoviamo».
«Questa?» prende una tavoletta di cioccolato al latte con la figura di una mucca viola.
«Si si, va benissimo» lo afferro per la mano e lo trascino verso la cassa.
Mentre pago cerco di osservare l'entrata dei bagni.
Un gruppo di ragazzini più o meno dell'età di Kristen ci stanno entrando, ridendo come dei coglioni.
Un brutto presentimento mi assale.
Velocizzo il passo, Ricky ha difficoltà a starmi dietro.
«Dove andiamo, papà?».
«Devo controllare una cosa, ometto, ci metto un attimo».
Mi avvicino ai bagni, che sono alla fine di un lungo corridoio subito dopo un muro.
Faccio per aggirarlo, quando sento di nuovo le risate di quei coglioni.
«Avanti, piccola, ho visto come mi guardavi».
«Sta lontano da me!!», Kristen.
«Matt, puoi tenerla ferma per favore? Ne abbiamo trovata una difficile, oggi».
«Non.. provarci. Lasciami! Lasciami, figlio di puttana! Bastardo, lasciami! LASCIAMI!! NON TOCCARMI, NON TOCCARMI, CAZZO! non toccarmi.. non toccarmi.. non toccarmi, lasciami andare... LASCIAMI!», quelle che prima erano grida disumane che hanno attirato l'attenzione della maggior parte delle persone che passava in quel momento, adesso sono una preghiera disperata che mi spezza il cuore.
«Kristen, papà! Stanno facendo male a Kristen!», Ricky mi lascia la mano per correre nell'esatto momento in cui io scatto in avanti verso i bagni.
Ci sono cinque ragazzi. Due di loro stanno tenendo ferma Kristen, che si dimena come un animale in trappola, il viso inondato di lacrime mentre scalcia e cerca di graffiare i suoi aggressori, che la tengono ferma bloccandola per le braccia. Un ragazzo è davanti a lei e mi dà le spalle, lo sento ridere.
Quelli che la tengono ferma mi vedono arrivare e si bloccano, ma il coglione che sta ridendo mi dà le spalle e ho tutto il tempo di arrivare dietro di lui e afferrarlo per un braccio. «Che cazzo..», non ha il tempo di finire la frase perché lo sbatto a terra. Impreca e cerca di rialzarsi tenendosi il braccio, probabilmente rotto.
Ricky piange insieme a Kristen. «Lasciatela! Siete cattivi! CATTIVI!!!».
I due tipi che tengono ferma Kristen si lanciano un'occhiata, impauriti.
Kristen continua a dimenarsi, senza smettere di urlare e piangere.
Il resto della combriccola se la dà a gambe, senza neanche chiedere al loro grande capo se ha bisogno di una mano per alzarsi.
«Lasciate andare la ragazza o vi spacco il culo, ci siamo capiti? LASCIATELA ANDARE, ADESSO, COGLIONI!».
Le mani che prima la sollevavano adesso allentano la presa fino a lasciarla andare.
Kristen barcolla e ci mette qualche secondo prima di rimettersi in piedi, giusto il tempo adatto per permettere a quei due coglioni di correre via, dritti fra le braccia delle guardie di sicurezza.
«Rob..».
Kristen tieni una mano sulla bocca, scossa dai singhiozzi.
«Va tutto bene, adesso..» dico, avvicinandomi.
Ma non c'è n'è bisogno. Kristen solleva gli occhi, incrocia il mio sguardo e io riesco a vedere tutta la sua paura. Tutta la paura che quel piccolo corpicino si tiene dentro. Non sono solo i tagli e i lividi che mostrano quanto sia fragile, ma basta guardarla negli occhi per capire che ha bisogno di aiuto, di protezione, di qualcuno che la prenda per mano e le insegni ogni cosa, anche la più insignificante su come si comunica con le persone.
«Oh, Rob..» e in un meno di un secondo Kristen uccide la distanza che ci divide...
.. gettandosi fra le mie braccia.
Appoggia il viso sul mio petto, cingendomi la vita con quelle braccia che sono talmente magre da non riuscire neanche a stringermi come si deve, ma a me basta. Mi basta per capire quanto abbia bisogno di me, quanto io voglia aiutarla, mi basta per ricambiare quell'abbraccio e stringerla a me mentre lei si lascia andare a un pianto disperato.
Le accarezzo i capelli, mentre intorno a noi la gente si raduna.
«Shh, va tutto bene.. è okay, ci sono qui con te..».
«Mandali via.. mandali via tutti quanti, per favore.. via.. portami via... non voglio restare qui, per favore.. per favore, Robert.. non restiamo qua.. via.. portami..», non riesco a capire il resto delle sue parole, perché il pianto le impedisce di parlare correttamente.
La stringo ancora di più, facendo attenzione a non farle male.
E' così magra, cazzo.
Ricky si avvicina e appoggia una mano sulla schiena di Kristen, che urla prima di accorgersi che si tratta solo di Ricky. Lui non sembra restarci male, anzi, sembra quasi capire la gravità della situazione. Guarda Kristen e tiene la sua piccola manina sulla schiena di lei senza dire niente.
Una signora anziana si fa' avanti, accanto a lei ci sono le guardie di sicurezza. Chissà dove sono adesso quei cinque coglioni.
«Cosa è successo?» mi chiede.
«Hanno cercato di.. aggredirla, ma va tutto bene adesso» spiego, Kristen non si gira neanche.
«Sei il fratello?».
«Ehm.. no. No, non lo sono».
«Un parente?».
«Un amico».


___________________________________________________________
Okay, ehm.
si, sono stata una stronza a farla finire in questo modo ma oggi vado a vedere BD2 e volevo postare per forza, quindi mi dispiace ma è andata così.
comunque sia!,
aaaaaah, si sono abbracciati!
cioè, lei si è praticamente gettata fra le sue braccia, che è anche meglio no?
spero che tutto questa storia vi stia prendendo e volevo solo dirvi che
non sto accellerando niente - se questa è stata la vostra impressione - ma semplicemente
kristen era presa dal panico e ha riconosciuto in robert un qualcuno
che poteva aiutarla, l'unico nella stanza che l'avrebbe potuta salvare.
tutto qui.
niente di che insomma.
che altro dire?
mmmmh.
BD2! insomma, io vado a vederlo oggi e non sto già più nella pelle!
ma tornando al capitolo, vi prego ditemi cosa ne pensate perché non so proprio come definirlo.
è carino da una parte e fa' schifo nell'altra.
insomma, come la maggior parte dei miei capitoli!
ma il giudizio finale spetta sempre a voi.
quiiiiindi, grazie ancora per tutto,
vi voglio bene,
alla prossima!

ps ho aperto un secondo blog su tumblr su robsten, taylor swift, miley cyrus e altri,
insomma, tutti grandi artisti! eccolo qui.











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Capitolo 8
*** a walking disaster. ***


fire and rain

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Pov Kristen




Non so cosa mi sia preso. Non pensavo neanche di essere in grado di fare una cosa del genere. Ma quando le loro braccia mi hanno circondato e mi sono sentita l'aria mancarmi nei polmoni non ho capito più niente, il mio cervello è come entrato in modalità automatica. Urlavo, strillavo, piangevo senza neanche rendermene conto. Le mie braccia si muovevano da sole, le gambe si sollevavano e la bocca si apriva in cerca d'aria; ma era inutile perché la cosa peggiore era la paura che mi attanagliava e mi impediva di ragionare con lucidità. Non so quanto durò, nella mia testa fu almeno una vita intera ma molto probabilmente quei cinque coglioni ebbero appena il tempo di iniziare che Robert stava già venendo a salvarmi. Robert. Già. Quando l'ho visto la paura che sentivo nel mio petto - vuol vuoto freddo e sempre più profondo - si è allentato un po' e la sua voce era come un ancora a cui aggrapparmi per non affogare. Le prese sulle mie braccia si sono allentate e appena mi sono sentita libera, con di nuovo il pieno controllo del mio corpo martoriato, non ci ho pensato neanche cinque secondi: mi sono gettata fra le sue braccia, trovandoci il rifugio che cercavo da una vita. Le sue braccia erano forti, stringevano il mio corpo contro al suo facendomi quasi male, ma le sue mani sapevano anche essere dolci, gentili e persino premurose e me ne diedero la prova quando iniziò ad accarezzarmi i capelli per tranquillizzarmi. Schiaccio il viso contro il suo petto, ispirando il buonissimo profumo che ha. Non avevo mai sentito un ragazzo profumare in questo modo: menta, tabacco - sopratutto - e qualcosa che non conosco insieme al bagnoschiuma, qualcosa di dolce e leggermente pungente che, decido subito, mi piace. Ma che stai facendo?, penso, allontanati subito! è un ragazzo, ha una cosa in mezzo alle gambe che ti creerà un sacco di problemi! fuggi, cogliona, fuggi!, ma non gli diedi retta, volevo stare ancora un po' fra le braccia di Robert anche se sapevo che era sbagliato. Non facevo altro che starmene lì, fra le sue braccia, a respirare quel buon profumo e a farmi consolare mentre, pian piano, sentivo il mio corpo rilassarsi. Scappa!, e stavolta seguii quello che mi diceva la mia vocina interiore, quella spaventata e impaurita da ogni cosa.. ma prima di staccarmi da Robert, lo abbracciai a mia volta.

«Ma che è successo?!».
«Sarah, cazzo urli? Ti ho detto di darmi una cazzo di calmata e tu urli!».
«Prima non mi chiami come ti ho chiesto per dirmi che cazzo è successo a Kristen e poi mi dici che c'è stato un "piccolo" problema di nuovo dopo quello di stanotte - di cui non mi vuoi parlare - e pretendi anche che IO NON URLI, ROBERT? MA VAFFANCULO!», Sarah ha una voce davvero acuta quando urla. Mi ritrovo a pensare se anche la mia lo è.
E' da quando siamo tornati a casa che penso a cosa stupide.
Penso che il mio cervello lo faccia per non farmi impazzire al pensiero di tutte quelle mani su di me e al pensiero dell'abbraccio di Robert, a come mi sono sentita protetta fra le sue braccia.
Non pensarci.
Non adesso
.
«Cazzi miei, okay? CAZZI MIEI, Sarah! Quello che faccio sono solo cazzi miei e tu non URLARE!».
«Tu non urlare, COGLIONE!».
Per due che si dicono di non urlare, stanno urlando davvero tanto.
Mi porto le ginocchia al petto e cerco di distrarmi.
Me ne sto sul divano, cercando di abbassare il volume sul litigio che si sta svolgendo in cucina.
Mi chiedo dove sia Ricky, perché Robert urli così tanto e perché Sarah sia così preoccupata, ma anche perché le tende sono una più lunga dell'altra e quando potrò andarmene a letto, da sola, in pace.
«Senti, vattene, okay?».
«Fottiti. Non vado da nessuna parte, prima voglio vedere come sta lei! Ma ti rendi conto che è solo una bambina e che non puoi occupartene tu? Insomma, non sai neanche badare a te stesso!».
Gioco un po' con la mia maglietta.
Forse dovrei provare una delle magliette nuove.
Erano carine.
Robert ha buon gusto, ma ha tenuto una busta per sé, chissà cosa ha comprato.
«Ha parlato la grande donna vissuta, invece! Io almeno ho un lavoro che non consiste nell'aprire le gambe!».
Il rumore inconfondibile di uno schiaffo si sente fino in soggiorno.
Mi tappo le orecchie e mi rannicchio.
Premo la fronte contro le ginocchia e poi nascondo la testa in mezzo alle ginocchia.

«Sei un fallito!».
«E tu una puttana! Chi era quell'uomo, eh!? Spero per te che Kristen non l'abbia visto!».
«Zitto! Stai zitto o stasera finisce male! Io non ho fatto NIENTE, okay? E ora fuori da casa mia!».
«E' anche casa mia! E ora dimmi chi era quell'uomo che è uscito da casa nostra!».
«Un amico!».
«Uno che ti sei scopata mentre eri ubriaca, ecco chi era!».
«Si, me lo sono scopata, ma non ero ubriaca! E adesso fuori da casa mia!».

«Ehi..», la voce di Robert scaccia via quella di mia madre dalla mia testa.
Apro gli occhi e solo in quel momento mi accorgo che sto piangendo.
«Che è successo..?» è inginocchiato davanti al divano dove sono ancora sdraiata e mi guarda fisso negli occhi, così vicino al mio viso da farmi quasi spaventare. Mi metto subito a sedere, sollevando le ginocchia al petto a mo' di barriera fra di noi.
«Un.. un brutto sogno» dico.
«Che sogno?» mi chiede e sembra davvero interessato.
«N..niente. Sarah.. è.. è andata via?».
Annuisce e si porta una mano fra i capelli. «Era incazzata nera.. scusa se ci hai sentito urlare».
«Non importa...» lo guardo un attimo negli occhi e rivedo la scena di qualche ora fa', di me che mi getto fra le sue braccia e lui che mi stringe forte. Da quanto non provavo una sensazione così bella? Eppure adesso il solo pensiero di farlo di nuovo mi terrorizza e non riuscirei mai a farlo di nuovo. Eppure è sempre lo stesso Robert quello che ho davanti, sono io che cambio alla velocità della luce.
«Senti.. ho messo Ricky a letto e stavo pensando che magari anche tu volevi dormire un po'.. ma prima, ti va' di parlare di quello che è successo al centro commerciale? Solo se vuoi, nessun obbligo».
«N..no» balbetto.
Le loro mani su di me.
Quella mancanza di libertà.
Il loro alito estraneo sulla mia pelle.
Le loro voci che mi ripetevano incessantemente di stare ferma e lasciarli fare.
«No?».
«Per favore...» lo imploro, non di nuovo, non farmelo rivivere un'altra volta.
«Ehi, è okay.. non importa, ne parliamo un'altra volta. A letto allora» mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi, sicuramente pensa che adesso che l'ho abbracciato può toccarmi quanto vuole ma non è affatto così.
Lascio la sua mano sostare a mezz'aria per un tempo abbastanza lungo da farglielo capire.
«Oh..».
«Rob, io.. non..».
«A letto, forza. Ti accompagno» il suo tono è duro, freddo e io mi sento come una bambina che viene sgridata. Cosa che ho sempre odiato. Perché gli adulti devono sempre essere così cattivi? Mi sento sempre piccola quando uno parla con me in questo modo usando un tono come di superiorità. E Robert sta usando proprio questo tono. Quello che aveva la prima volta che ci siamo "conosciuti" e questo non mi piace per niente.
Mi alzo da sola e resto qualche secondo lì in piedi senza sapere bene cosa fare.
«Vado da sola, grazie..» dico.
«Voglio solo assicurarmi che non ti perdi o svieni in mezzo alla strada, se non mangi qualcosa finirai con lo scomparire..», ecco di nuovo il Robert stronzo, non mi era mancato affatto.
«Mangio. Mi riempi di cibo, anche se nessuno ti ha chiesto niente», peccato che anche io so giocare a questo gioco e anche meglio di lui. Mi sono dovuta allenare per anni.
«Che gentile che sei, davvero.. ti do da mangiare e tu pure ti lamenti. Ovvio. Vai a letto, adesso».
«Non sei mio padre, non mi puoi dare ordini!» urlo.
«Sono più grande di te, però! E se non sbaglio non hai nessun altro posto dove andare, quindi devi restare qua per forza e qui comando io e se io ti dico che devi andare a letto tu ci vai senza lamentarti» il tono superiore adesso si è trasformato in una vera e propria paternale, una di quelle che neanche mio padre mi ha mai fatto. Be', non che ci fosse mai molto a casa.. non parlavamo mai neanche molto, ma in ogni caso nessun ha mai usato un tono del genere con me e non lo sopporto.
«Sai una cosa? Hai ragione: io non ho nessun altro posto dove andare, ma in fondo, non l'ho mai avuto e questa cosa non ti spaventa per niente! Quindi, ci si vede» faccio per superarlo ma la mano di Robert si serra sul mio braccio, spingendomi indietro.
Perdo l'equilibrio e cado di nuovo sul divano.
Non mi aspettavo un gesto del genere e sono impreparata, quindi anche se non mi ha fatto così male i miei occhi diventano subito lucidi.

«Ti ho detto che devi stare zitta!».
«Per favore.. non di nuovo.. non.. di.. nuovo, per piacere... non dirò niente a mamma ma.. non obbligarmi a farlo di nuovo».
Ma lui mi spinge contro il divano, facendomi cadere. «Shh, ragazzina.. la tua bocca adesso serve ad altro, zitta. ZITTA».




Pov Robert





Kristen ha gli occhi lucidi e mi fissa dal basso, gli occhi sembrano due fari verdi. Mi guarda come se dovessi attaccarlo o qualcosa del genere e solo dopo un po' capisco perché è così spaventata: l'ho toccata e l'ho pure spinta. Non mi guarda neanche, è entrata in uno di quei suoi momenti dove esiste solo lei e i suoi pensieri e dove a me è proibito l'accesso.
Mi passo una mano fra i capelli, frustrato. «Puoi, per favore, evitare altre scenata e andare a letto?» le chiedo, cercando di usare il tono più gentile che mi è concesso al momento.
Lei non dice niente, se ne sta semplicemente lì.
E' diventata una statua.
«Kristen.. ci sei? Oh» mi inginocchio davanti a lei, che subito si rianima in tempo per allontanarsi e portarsi le ginocchia al petto.
Sospiro: che posso farci? Non vuole che le stia vicino, messaggio ricevuto.
Eppure sento ancora la sensazione del suo corpo minuscolo stretto fra le mie braccia.
«Senti, mi dispiace, okay? Non sono abituato a dosare la forza e tu.. tu sei davvero troppo magra, quindi.. scusa, va bene? Intendo mantenere la promessa che ti ho fatto..».
«Che.. che promessa?» chiede, con un filo di voce.
«Ah ma allora mi stai ascoltando, meno male, pensavo di stare parlando da solo come un cretino».
«Che promessa..?» insiste, sollevando lo sguardo.
«Quella dove ti ho detto che ho intenzione di aiutarti.. ma solo se tu ti lascerai aiutare. Quella promessa, Kristen».
«Non..» sospira e si morde il labbro inferiore, nervosa.
«non mi piace essere aiutata.. non voglio l'aiuto di nessuno, dico sul serio, Robert.. io non sono abituata e non voglio pesare sulle spalle di nessuno, capisci..? Non voglio essere in debito con nessuno.. perché non voglio dover essere costretta a fare.. io.. io non...» i suoi occhi diventano lucidi e inizia ad agitarsi sul posto, stringendo i pugni ai lati del suo corpo.
«Ehi..» senza pensarci, sfioro piano il suo pugno con il palmo della mano, sento subito la sua pelle scossa da un brivido.
«Non.. non toccarmi» mi implora.
Ritiro subito la mano.
«Giusto.. scusa. Volevo solo rassicurarti.. non ti costringerò a fare niente».
«Che.. che genere di aiuto? Non.. non sto dicendo di si, ma..».
«Mi hai già detto di si» dico, e mi sento come un bambina di cinque anni che dice alla mamma "ma avevi promesso!".
«Ti prendevo per il culo prima.. volevo solo essere lasciata in pace.. adesso, invece.. sto considerando la tua idea..» gioca con le mani, abbassando lo sguardo. Ha le guance rosse e le sta tremando il labbro. «non capisco che cosa tu voglia da me.. non ho niente da offrire, Robert.. io proprio.. non.. non capisco cosa vuoi da me.. sono un disastro, non so se l'hai capito.. porto.. uhm, porto abbastanza guai e incasino le persone.. neanche Scout mi sopportava a fatica e faccio pena in quasi tutto.. ne hai già avuto una prova con il.. lavoretto che mi avete affidato, faccio schifo. Non te ne fai niente di me».
Davvero questa ragazza pensa questo di sé?
Pensa di essere un fallimento.
Pensa che non è brava in niente e mai lo sarà.
Ma io vedo qualcosa in lei.
Qualcosa che nessun altro ha.
Di nuovo mi viene voglia di prenderla per mano ma mi trattengo perché per la prima volta Kristen sembra davvero ben disposta a parlare con me, parlare sul serio.
«Hai davvero poca autostima di te stessa..» non posso fare a meno di dirlo.
«Tu non sai niente di me, se mi conoscessi, capiresti...».
«Tu non mi permetti di conoscerti..», mi pento un secondo dopo di averlo detto.
Riesco quasi a vederla mentre si chiude in se stessa.
«Non mi hai ancora detto che genere di "aiuto" mi stai offrendo» mi dice, usando un tono distaccato, è di nuovo tornata la Kristen chiusa e sempre in guardia.
«Te l'ho detto.. qualunque tipo di aiuto tu abbia bisogno.. vestiti, cibo..».
«Gratis? Non se ne parla. Non voglio debiti con nessuno, ricordi?».
«Non ho problemi di soldi, Kristen..» sono ancora inginocchiato davanti a lei, appoggiato sui talloni.
«Non me ne importa.. non voglio debiti. Se hai intenzione di comprarmi vestiti, li pagherò. Anche quelli che mi hai comprato oggi. Li ripagherò.. in un modo o nell'altro».
«E come? Non hai un lavoro. Accetta i miei regali e basta», sto davvero implorando una ragazza di accettare i miei regali? Non mi riconosco, non sono io questo ragazzo inginocchiato sul pavimento come un idiota. Eppure sento di stare facendo la cosa giusta per la prima volta in vita mia.
«No».
«Si!».
«NO. Non ci penso neanche. Dammi un.. lavoro da fare. Posso provarci di nuovo. Se fallisco me ne dai un altro finché non combino qualcosa e riesco a ripagarti i vestiti e anche tutto il cibo che ho mangiato da quando sono qui», si sta sfilacciando la manica della felpa che indossa, rovinandola ancora di più.
«Non ho nessun lavoro da offrirti, mi spiace».
Sbuffa.
«Stronzo.. be', allora me ne troverò io uno».
«Non ti muovi da qua».
«NON SONO IN TRAPPOLA!» scatta, spalancando gli occhi verdi.
«NO, NON LO SEI! Ma non voglio che te ne vai, perché sembra che tu attiri i guai come nessun altra..», e non è l'unica cosa che fai come nessun altra. Tipo farmi impazzire.
«Te l'ho detto che sono un casino..» si è di nuovo calmata.
«Anche io sono un casino, Kristen.. hai presente che lavoro faccio? Potrei finire in prigione da un momento all'altro, nessuno mi definirebbe mai una brava persona...».
Passa un attimo di silenzio.
Kristen abbassa le gambe, sedendosi normalmente e, così facendo, avvicinandosi un po' a me.
Si morde forte il labbro inferiore, ma i suoi occhi non sono lucidi, bensì fiduciosi e limpidi.
E si fondono con i miei quando mi guarda.
«Io lo farei...».
«Non dire sciocchezze, neanche tu. Ti ho trattato di merda».
«Mi hanno trattato molto peggio», e senza che se ne accorga mi ha raccontato qualcosa di sé.
«Io non lo farei..».
«Perché sei una brava persona».
«Kristen, il mio lavoro..».
«Il lavoro che fai non definisce chi sei, ma solo cosa sei disposto a fare pur di andare avanti» dice, serissima.
«Mi piace come la pensi.. pensavo fossi una pessimista, invece c'è ottimismo anche in te» accenno un sorriso e incredibilmente lei ricambia, anche se solo appena, ma lo fa'.
«Dopo un po' essere pessimista stanca..».
«Mmh, hai ragione».
«Si, ho ragione» si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e io penso che avrei preferito poterlo fare io al suo posto.
«E io ho ragione sul fatto che accetterai il mio aiuto», è un azzardo, non ho idea di come reagirà: potrebbe chiudersi di nuovo in se stessa o lasciarsi contagiare dalla nuova aria rilassata che aleggia su di noi.
Osservo attentamente ogni suo movimento: labbro stretto fra i denti, una ciocca di capelli attorcigliata nervosamente fra due dita, occhi che vagano per la stanza per poi posarsi su di me, indecisi.
«A me.. a me piace stare qui...» sussurra, timida.
Non riesco a nascondere il sorriso enorme che mi spunta sul viso.
«Be', sei la benvenuta. Basterà solo sistemarci meglio. Puoi.. dividere la seconda camera con Ricky magari, solo per i primi giorni, poi..».
Solleva una mano per zittimi e io lo faccio.
«Devo trovarmi un lavoro, però. Sul serio, non intendo pesare sulle spalle di nessuno. Sarò come una coinquilina, o roba del genere.. chiederò a Sarah, potrei persino andare a trovare Scout.. troverò qualcosa e nel frattempo potrei badare a Ricky quando tu sei via...».
Non mi piaceva l'idea di Kristen in giro e a essere sincero neanche con Sarah, quella ragazzina sapeva attirare guai come nessun altra e avevo una gran paura che finisse dentro qualcosa di grosso. Ma non volevo neanche scatenare un altro litigio e mi piaceva vederla rilassata, anche se solo di poco.
«Va bene, ma a quello ci penseremo domani. Ora ti accompagno a letto, va bene?».
Annuisce e si alza dopo di me.
Alla fine delle scale lei si ferma e io penso che voglia che me ne vado e la lasci sola ma poi lei si gira verso di me. Ha le guance rosse e sembra intimidita. «Penso davvero quello che ho detto...».
«Cosa?».
Va' verso la camera da letto principale dove sta dormendo anche Ricky e si ferma sulla porta.
«Quello che ho detto prima: tu sei davvero una brava persona, per me».


Esco dal bagno e mi cambio. Sono costretto a usare il bagno al piano di sotto per non svegliare Kristen e Ricky, che dormono tranquilli in camera mia. L'idea di Kristen che dorme nel mio letto mi tranquillizza e allo stesso tempo mi turba, trasformandosi in qualcosa di davvero poco casto nella mia testa. Cosa che non dovrebbe succedere, visto che lei è praticamente una bambina e io dovrei assicurarmi che mangi, non che abbia le curve al punto giusto. Eppure non riesco a non pensare a come il suo corpo sia bellissimo anche se ricoperto da lividi e tagli, ha un qualcosa che mi affascina e mi attira; vorrei abbracciarla e il pensiero che solo qualche ora fa' avevo quel corpo minuscolo fra le mie braccia mi fa' sentire bene. E poi male, perché so che non accadrà di nuovo molto presto visto che adesso ha di nuovo ripreso un atteggiamento di astio verso i contatti fisici. Vorrei davvero capire perché ha questa paura e chi gliel'ha messa addosso, chi ha osato fare del male a una ragazza come lei. Chi farebbe mai del male a una bambina come lei? Persino io, che mi sono sempre considerato un pezzo di merda anche da solo, non ci riuscirei. Ho scopato molte volte nella mia vita con donne che magari desideravo un po' più di dolcezza da me e me ne sono altamente fregato, ma mai sarei in grado di fare del male a una come lei, a spaventarla in quel modo. Ripenso anche alle sue parole. Tu sei davvero una brava persona, ha detto. E' così ingenua. Come può pensare una cosa del genere di me? Penso di avere spaccato la faccia ad almeno cento persone nella mia vita, fin da quando ero un ragazzino. E lei pensa che io sia una brava persona? Vendo morte per vivere, che è un terribile paradosso e mi prendo per il culo da solo. Eppure lei lo pensa e questa cosa mi fa' sorridere per un po'.


*


Pov Kristen





«Mamma...?».
«Mamma, sveglia..».
«Mamma, sono io... mamma, sono la tua bambina, sveglia!».
«Mamma...».
«Aiuto! Aiuto! Qualcuno chiami un'ambulanza. AIUTO!».


Mi sveglio di soprassalto, aggrappandomi alle lenzuola del letto, stringendole così tanto da rischiare di romperle.
Mi guardo intorno, cercando di riprendere fiato. Non riesco a respirare bene.
E' solo un incubo, solo un brutto ricordo.. mi ripeto, ma sento le lacrime iniziare a scendermi sulle guance.
Ricky dorme sereno dall'altra parte del letto sotto le coperte, per fortuna non si è accorto di nulla.
Un rumore attira la mia attenzione: il vento che si infrange sulle finestre, fuori si sta scatenando un bel temporale. Mi piace la pioggia ma i temporali di notte non sono il mio forte e il rumore del vento assomiglia decisamente troppo a un lamento per i miei gusti e non mi aiuta per niente a riprendere sonno.
Scalcio via le coperte e mi metto seduta, prendendomi la testa fra le mani.
Perché proprio stasera doveva tornarmi in mente quel ricordo?
Ho ancora ben stampata nella memoria il suono della mia voce stridula che implora mia madre di svegliarsi e lei che rimane sdraiata nel letto, immobile. Ricordo me che corro fuori e mi aggrappo al braccio della prima persona che trovo: una vecchietta che chiama l'ambulanza e aspetta con me finché non arriva.
Mi asciugo una lacrima e mi alzo in piedi per uscire dalla stanza, non voglio rischiare di svegliare Ricky.
Indosso un paio di pantaloni della tuta e una maglietta XXL a maniche corte, sono scalza.
Mi sfrego le mani sulle braccia per cercare di riscaldarmi un po' mentre vado in cucina.
Stranamente, la luce è accesa.
Ma che ora è?, mi chiedo mentre continuo ad asciugarmi le lacrime.
Robert è appoggiato al bancone ed è attaccato al collo di una bottiglia di birra.
Mi affretto ad asciugarmi le lacrime e cerco di sembrare tranquilla mentre entro in cucina.
«Ehi..» dice, mettendo giù la bottiglia e lanciandomi uno sguardo che parte dal viso e scende fino ai piedi. Odio essere guardata ma il modo in cui lo fa' Robert non mi disgusta come tutti gli altri, semplicemente mi mette in imbarazzo perché si tratta di lui.
«Perché sei sveglia? Pensavo che stessi dormendo, è tardi, Kristen».
No, il tono da papà no, ti prego, penso mentre mi siedo davanti a lui salendo sopra lo sgabello.
«Non riuscivo a dormire..» dico, sperando che gli basti.
«Come mai?», e ovviamente no.
«Brutto sogno..».
Robert prende un altro sorso della sua birra.
«Che hai sognato?».
«Brutti ricordi..», mi mordo il labbro, «mia madre», l'ho detto davvero? Mi è praticamente uscito dalla bocca senza che potessi prima pensarci. Credo che sia colpa del pianto e del cuore che continua a battere troppo forte per colpa dell'incubo. Ho davvero bisogno di qualcuno con cui parlarne, ne sento il bisogno per la prima volta in vita mia. Prima ero terrorizzata che qualcuno potesse pensare male di me, che potesse pensare che fossi ancora peggio di quello che già ero, ma con Robert è diverso, è un modo, una sensazione di protezione che mi è completamente estranea e non so neanche se voglio conoscerla.
«Tua.. madre?», anche lui sembra sorpreso.
«Si..».
«Ti va' di parlarmi di lei?», è gentile, ma anche timoroso. Ha paura che io dica di no. E sono tentata dal farlo. Parecchio.
«Noi.. noi non andavamo molto d'accordo.. ero.. ero troppo.. difficile, per lei» abbasso lo sguardo e mi fisso le mani appoggiate sul bancone, imbarazzata.
«E'.. è lei che ti ha fatto quei lividi, Kristen..?».
«No.. no, non è stata lei. Mi.. mi voleva bene, almeno credo...» gli occhi diventano di nuovo lucidi.
Non piangere.
Non piangere, scema.
Cogliona, trattieni quelle cazzo di lacrime per una volta!

«Posso..?» chiedo, allungando una mano verso la sua birra.
«Ehm.. certo. Ma non sei un po'.. piccola per bere?».
Evito di rispondere alla sua domanda prendendo una lunga sorsata. Non è la prima volta che bevo. Non vado matta per l'alcol ma ogni tanto lo faccio, per stare con la testa fra le nuvole almeno un paio di ore. Poi torno allo schifo che è la mia vita.
«Woh.. bevi come un ragazzo».
«E' un insulto?».
«Affatto, è sexy».
Penso di essere diventata viola.
Perché doveva dire una cosa del genere?
Abbasso lo sguardo, imbarazzata come non mai, ma non riesco a trattenere un lieve sorriso.
E' strano, mi piace parlare con lui.
Per la prima volta da quando lo conosco mi sento a mio agio, ho seriamente voglia di parlare con lui, di confidarmi. Qualcosa dentro di me dice che, anche se non posso ancora fidarmi totalmente di lui, non mi farà del male. O almeno non tanto come mi hanno fatto in passato. Il pensiero di soffrire per mano di Robert è persino sopportabile adesso che ho una birra in mano e ho pianto abbastanza da sentirmi leggera.
«Perché fai questo lavoro?» chiedo, audace.
«E' l'unico lavoro disponibile per uno come me, non credi?».
«So cosa intendi.. ma non sono d'accordo. Potresti fare molto di più», prendo un altro sorso per non doverlo guardare negli occhi dopo questa mia uscita davvero troppo audace.
«Forse.. o forse no. Ma nel frattempo mi servono soldi e così ne ho quanti ne voglio, quando voglio. E mi servono, anche per Ricky e per.. Tom, sai..».
Tom, il suo amico.
Quello ormai andato.
«Mi dispiace tanto per lui...» dico, giocando con la bottiglia, «forse, però.. c'è speranza. Mia madre..» mi blocco, non voglio spingermi troppo oltre. Ma poi lui solleva lo sguardo e mi guarda e io mi sento fiduciosa. O forse è colpa della birra. «lei.. si faceva.. cocaina, penso. Ma alla fine è riuscita a smettere. E' andata in una clinica.. pubblica, certo, ma è servito.. almeno per un anno. Potreste provarci».
«Quanti anni avevi?».
«C..cosa? Quando..?», no, ti prego.
«Quando lei è finita in clinica, tua madre.. tu, quanti anni avevi?», i suoi occhi adesso sono più sul grigio e sembrano.. premurosi.
«Dodici..».
«Quanto è rimasta in quella clinica?».
«Un paio di mesi.. quando è tornata a casa sembrava così felice.. non è durata», cerco di ricacciare indietro le lacrime.
«Perché?».
«Non aveva un lavoro.. passava la giornata a casa.. non l'ha aiutata a tenere la mente occupata, la cocaina era l'unica cosa a cui pensava.. tutto il giorno... alla fine è crollata di nuovo».
«Mi dispiace.. Kristen, mi dispiace davvero.. grazie di avermelo raccontato..» la sua voce è calda, suadente e così bella con quel suo accento che potrei restare ad ascoltarla per ore.
«Da.. da dove vieni?» chiedo, strizzando gli occhi per riprendere lucidità.
Robert resta interdetto per via del mio repentino cambiamento d'argomento, ma risponde lo stesso.
«Londra. Perché me lo chiedi?».
«Il tuo accento. Non l'avevo mai sentito.. cioè, non dal vivo, magari in tv. E'.. interessante».
Solleva un sopracciglio, divertito. 
«Ho un accento interessante?».
«Si, c'è l'hai».
«Anche il tuo è bello, molto.. ragazza americana di Los Angeles».
«Oh.. grazie».
Riempio il momento di silenzio prendendo un altro sorso di birra, il terzo per questa sera.
«Who, vacci piano!» mi sgrida Robert, togliendomi la bottiglia di mano.
Per un secondo, le nostre mani si sfiorano e un brivido mi ripercorre tutta la schiena, ma dedico di far finta di niente.
«Ehi!» protesto.
«Hai sedici anni, non hai manco l'età per bere».
«Mi stai dicendo davvero che non ho l'età per bere? Tu spacci droga!».
«Non a minorenni».
«E' la stessa cosa! Dammi quella birra».
«Non ci penso neanche, poi mi vomiti tutta la casa» dice, facendo un adorabile, meraviglioso sorriso spontaneo, degno della sua età e senza quell'aria di superiorità che di solito lo distingue.
«Non dire cazzate, lo reggo!», bugiarda. Non è vero, non reggo per niente l'alcol.
«Si, certo! Con quel corpicino di ossa che ti ritrovi non reggi neanche un succo di frutta».
«Ma hai una fissa per il mio corpo o cosa?» mi pento un istante dopo di averlo detto.
Robert si fa' subito serio e i suoi occhi sembrano affondare nei miei, che fanno lo stesso con i suoi.
«Chi ti ha fatto quei lividi..?».
«Non chiedermelo» lo imploro.
«Voglio saperlo. Chi ti ha ridotto in quello stato, Kristen? Voglio che tu me lo dica, così posso andare a spaccargli la faccia» una smorfia di rabbia deforma per un minuto il suo viso d'angelo. E' davvero così arrabbiato o lo fa' solo per giustizia?
«Robert, adesso io sto bene, non ce bisogno che tu spacchi la faccia a nessuno, per.. per piacere».
«Non stai bene! Scoppi a piangere un giorno si e l'altro pure e io non so mai il perché, il tuo corpo è ricoperto da tagli di dubbia origine, lividi, ematomi e penso che quelli dentro di te siano ancora più gravi! E tu.. tu non mi vuoi dire chi è stato, ma tu d farlo, perché quando ti ho detto che ti avrei aiutato io dicevo sul serio..» allunga le mani e prende una delle mie fra le sue, facendomi sussultare. Un attimo dopo la lascia. «S..scusa, non volevo.. per favore, non.. non schizzare, adesso. Ho reagito senza pensarci, non lo faccio più.. okay?».
Non so che dire. Perché mi ha lasciato la mano? Non mi dispiaceva. Mi sono solo.. spaventata, mi ha colto di sorpresa, ma non mi dispiaceva che mi tenesse la mano, in quel momento ne avevo davvero bisogno.
«E' okay..» sussurro.
«Davvero..? Avevo paura che iniziassi a urlare come una pazza un'altra volta».
«No..», accenno un sorriso, «non urlerò».
Robert ricambia il sorriso e fa' per allungare la mano, ma prima che lo faccia aggiungo:
«Solo.. non prenderci l'abitudine».
Lui si blocca e annuisce, serio, poi mi sfiora la mano con la sua.
«Hai una mano davvero.. piccola» la sfiora piano con il pollice e poi con l'indica, accarezzandomi talmente piano che quasi non lo sento. Non riesco a distogliere lo sguardo dalla sua mano sopra la mia, da quanto qualcuno non faceva una cosa del genere? Da sempre, perché nessuno mi ha mai toccato in questo modo ed è un modo che non conosco e mi piace. «Dovresti mangiare di più».
«Mangio..» mi difendo.
«Ma sei pelle e ossa. E voglio comprare qualcosa per far passare quei tagli.. specialmente l'ultimo».
Mi sento male al solo pensiero, eppure in quel momento mi sembrava terribilmente giusto. L'unica via d'uscita.
«Un disinfettante e basta.. un cerotto è il massimo che ti concedo».
«Sicura di non voler andare da un medico..? Giusto per una..».
«No» lo interrompo.
«Una visita e..».
«Ho detto di no, Robert.»
«Hai paura dei dottori..?».
«Degli ospedali in generale... posso avere un altro sorso di birra, adesso?».
«No. Perché hai paura degli ospedali?» insiste.
«Non.. mi piacciano, okay? Hanno un odore che mette ansia, non credi? Tutto quel.. disinfettante e quelle persone.. i medici stronzi».
«Hai ragione, i medici sono stronzi», finisce di bere la birra e si alza per prenderne un'altra, lasciando la mia mano. No.. mi piaceva davvero tanto..
«Posso averne una..?».
Alza gli occhi al cielo e si passa una mano fra i capelli.
«Vuoi ubriacarti, per caso?».
Forse.
«Posso o no?».
«No, ti ho detto di no» torna a sedersi con la nuova bottiglia di birra in mano.
«Sei proprio uno stronzo..».
Lui ride e io non riesco a non fare lo stesso.
«Da te, lo prendo come un complimento».
«Non dovresti».
«Mmh, lo farò lo stesso»; molla la presa sulla birra e poggia di nuovo la sua mano sopra la mia, è fredda per via della birra ma è comunque una sensazione piacevole come prima. Mi sta tenendo la mano, urla il mio cervello, come un normale ragazzo che tiene la mano a una normale ragazza, ma naturalmente io so che io non sono una normale ragazza e neanche lui è un ragazzo normale, purtroppo niente di tutto questo può definirsi tale. E questo mi rattrista terribilmente.
«Rob..?».
«Si..?».
Continuo a fissare la sua mano e la mia, sotto. E' tanto piacevole da guardare quasi quanto lo è provarlo.
«Grazie.. per, sai, esserti offerto di aiutarmi e tutto il resto.. io davvero non riesco a credere che tu lo stia facendo davvero.. quindi, appena vuoi che me ne vada.. se ti rompi i coglioni di me... basta dirlo, e vado via...».
«Perché dovrei rompermi i coglioni di te, scusa? Ti ho chiesto io di restare da me».
«Oh, andiamo..» mi tiro indietro i capelli, mentre la parole muoiono sulla mia lingua, non riesco a parlare per un po', le parole si attorcigliano dentro la mia bocca. «sono un disastro che cammina, Robert, non so se te ne sei accorto ma.. lo sono».
«Non sei un disastro, Kristen..» stringe un po' più forte la mia mano, invogliandomi ad alzare lo sguardo su di lui e io lo faccio, «sei solo una ragazza con un passato difficile che ancora non conosco, ma non hai niente di cui vergognarti, non con me, hai capito?».
Sollevo la mano libera e, timidamente e con le lacrime agli occhi, sfioro piano la sua mano ancora appoggiata sulla mia. Sto quasi tenendo per mano un ragazzo.. il ragazzo migliore del mondo.
«Grazie..», non riesco a dire altro.
«Fidati.. sono io che devo ringraziare te» sfiora entrambe le mie mani con le sue, stringendole un po' attraverso il bancone. Io resto in silenzio, lo sguardo basso sulle nostri mani intrecciate, voglio assaporare come meglio posso questa sensazione perché sono abituata che tutto quello che c'è di bello nella mia vita di solito non ha vita lunga e se domani sarà di nuovo uno schifo e questa è l'ultima volta in cui mi sentirò così, be', voglio ricordarmela per sempre.
«Penso che debba andare a letto adesso, però..».
«Oh..» non riesco a nascondere la mia delusione.
«Vuoi che ti accompagni a letto?».
«Uhm..si».
Robert sorride e, tenendomi per mano, si alza e fa' il giro del bancone per venire dalla mia parte.
Mh, la sua mano nella mia, è una sensazione a cui potrei abituarmi.
Forse.
Anche mentre saliamo le scale continua a tenermi per mano e anche se la sua presa è sempre molto delicata per me è fortissima, riesco a sentirla quasi come un prolungamento del mio braccio o della mia mano. Arrivati alla porta della sua camera da letto però torna l'imbarazzo.
«Mi scoccia davvero tanto che tu dorma nella camera degli ospiti..» dico.
«Non è così male. E poi Ricky ti adora».
«E' un bambina adorabile».
«Già.. be', allora..».
«Buonanotte, Rob..».
«Buonanotte, Kristen...» e poi si sporge e sembra quasi che voglia baciarmi sulla fronte e senza pensarci faccio un balzo all'indietro mollando la presa sulla sua mano, intimidita e arrossendo.
«Oh.. ops, s..scusa, ehm, troppo presto?» chiede.
Sono troppo imbarazzata per dire qualcosa, ma annuisco.
«Giusto.. che idiota» annuisce più volte, come se stesse parlando a se stesso, «be', però.. posso fare questo, giusto..?» riprende il possesso della mia mano, sollevandola in mezzo a noi.
Annuisco un'altra volta, timida.
«Ti va' bene, giusto..?».
«S..si».
«Grandioso» mi accarezza il dorso della mano, più e più volte, piano, dolce, «piccoli passi».




__________________________________________________________________

ooookay, so che di solito faccio un capitolo di una storia a testa, ma questa volta.. non so, 
avevo l'ispirazione per continuare questa storia quindi perché sprecarlo? tranquillo,
continuerò anche l'altra.
allora, che dire?
questo capitolo mi piace, sopratutto la fine! - cosa insolita per me visto che di solito è il contrario -
si sono tenuti per mano, si.
che detto così sembra una cosa da niente ma voi che conoscete la storia sapete quanto significhi
tutto questo per kristen.
be', che dire?
si stanno facendo dei piccoli passi avanti ma almeno finalmente kristen si sta lasciando un po' andare,
no?
quindi, ditemi cosa avete preferito di questo capitolo e cosa vi ha fatto provare,
voglio recensioni lunghe perché me lo merito, dài, li ho fatti prendere per mano! AHAHAHA
vi voglio bene,
alla prossima.

ah, questo è il mio secondo blog su tumblr, solo sui robsten e altri.





















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Capitolo 9
*** i need you in my life. ***


fire and rain
Pov Robert

(suggerimento canzone)



    http://oi48.tinypic.com/2evyo10.jpg




«Senti, non ho molto molto tempo da perdere, quindi te lo dico subito: ho tiri fuori i soldi o ti stendo a terra e ti lascio un promemoria stampato in faccia così domani ti ricordi di portarmeli, okay?».

Il ragazzo sta praticamente tremando. Se la sta facendo sotto, il coglione. «Per favore, Robert, scusami.. ma non li ho.. oggi no, ma domani.. domani te li porto, lo giuro!» mi prega.
Alzo gli occhi al cielo. «Non sono un ente di beneficenza, ragazzo. O mi dai i miei soldi o ti spacco la faccia, è così che funziona con me, chiaro? Se adesso ti lascio andare, dovrò farlo anche con tutti quelli che mi devono dei soldi» mi avvicino ancora di più a lui e lo afferro per il colletto della camicia, sollevandolo. Lo vedo sbiancare e chiudere gli occhi, impaurito. «E se si sparge in giro la voce che Robert Pattinson fa' favori ai drogati come te, io che fine faccio? Eh, ragazzo? Che fine faccio, io?».
«Domani..», fa' fatica a parlare, «ti porto il doppio domani, davvero...».
«Non ti credo. E anche se fosse vero, io ho bisogno di quei soldi oggi».
«Il triplo... triplo.. ti porto mille dollari domani..», stringo ancora di più la presa, «duemila! Duemila dollari!».
Lo lascio andare talmente in fretta che, preso alla sprovvista, il ragazzo cade a terra sbattendo il culo ossuto che si ritrova. Penso che abbia più eroina in corpo che sangue.
«G..grazie, grazie!».
«Tremila dollari, domani, in contanti. Se non ce li hai, ti vengo a cercare e hai finito di andare in giro a cazzeggiare, ci siamo capiti?», lui annuisce almeno dieci volte di vita facendo ondeggiare la faccia magra e si alza a fatica in piedi prima di scappare via, inciampando nei suoi stessi passi.
Mi infilo le mani in tasca e giro l'angolo. Tom è appoggiato al muro e mi aspetta. Quando mi sente arrivare si gira verso di me e mi fissa senza dire una parola, come sempre. All'inizio lo faceva perché avevamo un legame talmente unito da non avere neanche bisogno delle parole per capirci, adesso era così perché semplicemente Tom non aveva la lucidità mentale per parlare o non ne aveva voglia per la maggior parte del tempo perché l'unico suo pensiero era la sua prossima dose di eroina giornaliera.
«Ehi, amico, guarda che ho finito e sono qui, eh» dico, giusto per attirare la sua attenzione.
«Okay».
«Vuoi che ti accompagni da Sarah? O vieni da me?».
«Vengo da te».
«Okay, allora muovi il culo, Tom» lo sprono e lui finalmente si stacca da quel muretto.
Io e Tom ci conosciamo da una vita, è l'unico vero amico che ho.
Marcus è mio "amico" solo per una questione di "affari" e anche se mi ci trovo abbastanza bene so che ha occhi solo per Sarah, che invece fa' di tutto per entrare nelle grazie di Tom, che invece non se ne frega di niente e di nessuno a parte la sua dose.
La macchina è qua vicino e nel frattempo Tom ha il tempo di imprecare dodici volte perché gli fanno male le ossa, le braccia, le gambe e il naso e anche gli occhi; vorrei dirgli che se sta così male è solo colpa sua ma mi trattengo e lo spingo in macchina senza dire niente. Guido in silenzio mentre lui si accende una mia sigaretta e ne fuma altre cinque prima che arriviamo a casa. Un secondo prima di scendere dalla macchina mi viene in mente che c'è Kristen con Ricky in casa e non l'ho avvisata che al mio ritorno ci sarebbe stato anche Tom, spero che non sia un problema per lei. Scendo dalla macchina e Tom mi segue nel vialetto.
«C'è Ricky, a casa» lo avviso, mentre infilo le chiavi della serratura. Sono quasi le dieci di sera ed è già buio pesto. «Ti ricordi chi è Ricky, vero?».
«Certo che so chi cazzo è Ricky, Rob. E' tuo figlio, mi sta simpatico il piccoletto».
«Già.. lui. Be', non c'è solo lui in casa, c'è anche Kristen - la ragazza che è entrata in casa mia e che adesso sta con me.. cioè, non sta con me in quel senso, ma vive con me - quindi ti pregherei di non fare una delle tue solite scenate da drogato in crisi di astinenza, va bene?».
«Ti ho detto almeno un milione di volte che io smetto quando voglio, è solo che ora non mi va'..».
«Si si, come ti pare..» apro la porta e subito sento la risata di Kristen e subito dopo quella di Ricky, in questi giorni quei due non fanno altro che stare insieme, il che mi fa' davvero molto piacere visto che questo aiuta sia Ricky che Kristen. «E infatti, eccoli qua.. Kristen! Ricky, sono a casa».
Meno di cinque secondi dopo ecco Ricky corrermi incontro come un uragano facendo ruotare le braccia come un elicottero e imitandone anche il suono. «PAPA', PAPA', PAPA'» urla, finché non mi finisce addosso e mi abbraccia decisamente troppo forte per un bambino della sua età. D'altronde, Ricky è alto per la sua età esattamente come me quando avevo la sua età e ha anche il mio carattere: timido con la maggior parte delle persone, estremamente vivace con le persone che vuole lui. Inizia a saltellare e i suoi occhioni azzurri sono più luminosi del solito. «Papà, lo sai che Kristen ha giocato a nascondino con me tutto il pomeriggio e mi ha anche raccontato due storie? Tutte bellissime!».
Gli scompiglio i capelli e lo allontano gentilmente da me quando vedo Kristen sbucare da dietro il muro, timida. «Ci scommetto, ometto», Kristen sta guardando Tom, confusa e forse anche un po' impaurita. In questi giorni siamo stati sempre e solo io, lei e Kristen e sicuramente trovarsi qualcuno di nuovo in casa non le piace molto. «Ehi» le sorrido e lei ricambia, con uno dei suoi adorabili sorrisi timidi da bambina che adoro.
«Ehi..» si passa una mano fra i capelli, nervosamente.
«Tom.. lei è Kristen, ti ricordi di lei?».
«Ancora? Cazzo, ti ho già detto di si. Adesso posso andare in bagno o devo stare ancora qui a guardare la tua ragazza? So che non ti farebbe piacere quindi vado», il suo discorso non ha molto senso; barcolla in avanti e quando supera Kristen le lancia un'occhiata strana, facendola intimidire ancora di più.
Mi avvicino a Kristen - alla nostra solita distanza di sicurezza anche se muoio dalla voglia di prenderle di nuovo la mano. «Scusa se non ti ho avvisato prima, ma non ci ho pensato. Comunque, tutto okay?».
«PAPA'» si intromette Ricky, mettendosi in mezzo a noi due, «ti ho già detto io che Kristen mi ha raccontato la favola! E' stata bravissima! Mi ha detto che dopo me ne racconta anche un'altra, sai? Vero, Kris?».
Kristen tira fuori uno dei suoi migliori sorrisi - sento un'improvvisa fitta di tristezza: perché non è per me quel sorriso? - e accarezza una guancia a Ricky. «Certo, piccolo, tutte quelle vuoi».
«Voglio quella del bambino di legno!».
«Pinocchio, va bene».
«Papà, sai che Kristen non la conosceva la storia di Pinocchio? Lei non conosce nessuna storia, ha dovuto leggere tutte le storie dal Libro Gigante di Favole che mi hai regalato per Natale!».
Guardo Kristen, sorpreso. «Nessuna storia..?».
Lei scuote la testa, imbarazzata. «Non ho mai avuto... l'opportunità di vedere un cartone animato e gli unici libri che ho letto erano già per adulti... niente favole».
La tristezza lascia il posto ha un profondo senso di tenerezza verso quella ragazza che non conosce che alla fine il principe azzurro salva sempre la principessa in difficoltà, forse è anche per questo che si fida così poco degli uomini.
«Be', rimedieremo... o almeno, Ricky potrebbe..».
«CERTO! Papà, dobbiamo comprare alcuni DVD» dice Ricky, serissimo.
«Come vuoi, ometto, ma adesso penso che sia meglio andare a letto» mi piego sulle ginocchia e lo prendo in braccio. Lui appoggia il mento sulla mia spalle e inizia a lamentarsi. «Niente da fare, ometto, ci sono delle regole e lo sai anche tu. E' decisamente troppo tardi per un bambino, da domani a letto alle nove».
«Alle nove è troppo presto, papà!».
«Non a casa mia, non per i bambini piccoli», faccio segno a Kristen di seguirmi, sapendo già che tanto Tom si sarà nascosto in bagno e non ci disturberà per i prossimi dieci minuti o anche di più.
Kristen mi segue in silenzio, la vedo pensierosa. Ricky non si lamenta più e allunga una mano da sopra la mia spalla per tenderla verso Kristen mentre siamo nelle scale e lei la stringe senza paura, una cosa che ha solo con lui. Si lasciano la mano solo quando arriviamo in camera da letto e devo cambiare Ricky, che insista perché tutti e due usciamo dalla stanza. «Sono grande, mi devo cambiare da solo!».
«Va bene, ometto, come vuoi».
«Sicuro..?», Kristen invece sembra titubante a lasciarlo da solo in camera da letto. «Non vuoi neanche una mano a cercare il pigiama?».
«Kristen» le dico, «non avrà problemi: il pigiama è sulla sedia.. vieni», vorrei prenderla per mano ma è una cosa che mi riservo per dopo, quando saremo soli e potrò gustarmi il momento con calma. E' incredibile quanto un gesto così scemo sia diventato importante per me.
Lasciamo Ricky da solo e rimaniamo fuori dalla porta, in attesa.
«Il tuo amico.. non sembrava stare tanto bene..».
«Non sta bene, infatti».
Kristen incrocia le braccia al petto e annuisce, mordendosi il labbro.
«Un penny per i tuoi pensieri» dico, riuscendo a strapparle un sorriso.
«Stavo pensando che... non prendermi per scema, ma.. sei davvero..» prende una bella boccata d'aria, questo un paio di volte, gonfiando le guance e poi rilasciando l'aria come se si stesse preparando a un'immersione. «be... mi piaci quando fai il papà, non avevo mai visto questo tuo lato e ora sto imparando a conoscerlo... be', non ti conosco da molto e in effetti non so neanche molto di te.. volevo solo dirti questo».
Le piace quando faccio il papà? Oh. «Grazie.. credo. Io invece penso di conoscerti.. almeno un po'» senza volerlo, il mio sguardo finisce sul suo taglio, coperto dalla manica della felpa.
Lei lo nota e si tira ancora più giù la manica. «Questo non sono io...» e prima che possa aggiungere qualunque altra cosa Tom si para davanti a noi due, con un aspetto terribile ma un po' più lucido del solito.
«Scusate se vi ho interrotto, piccioncini, ma io qui mi sto ammazzando dalla fame».
«Tom, che cazzo..».
Kristen alza gli occhi al cielo ed entra in camera da letto - sento i lievi protesti di Ricky prima che si accorga che è Kristen e non io.
Fantastico, è incazzata con me.
«Non credo di piacere molto alla tua fidanzata, Rob».
«Tranquillo.. non le piaccio nemmeno io, a volte».




Pov Kristen




«Kris, sei arrabbiata?».
«Non con te, tesoro» aiuto Ricky a infilarsi la maglietta del pigiama. Dopo qualche protesta ha lasciato che lo aiutassi a mettersi il pigiama.
«Con papà?», mi sentii una stretta allo stomaco a quel nome: papà. Aveva tanti significati per me; era la persona che non c'era quasi mai stata nella mia infanzia e anche la figura di Robert che si presentava nella mia testa mentre prendeva in braccio Ricky.
«Si, tesoro, con.. papà», persino dirlo a voce alta mi metteva in soggezione.
«Che ha fatto?».
«Niente.. niente, tesoro, sono..».
«Non dirmi che sono "cose da grandi" perché io sono grande!» mi precedette lui, mettendosi le mani sui fianchi e guardandomi storto in un modo davvero buffo.
Lo baciai sulla fronte. «Hai ragione, tesoro. Sei grande. Non ho litigato con Rob.. con papà, semplicemente non mi stanno bene alcune cose che fa', o meglio: i suoi amici. Quel.. Tom, mi spaventa un po'» prendo un bel respiro e cerco di sorridere per non spaventare anche lui. «A te Tom piace, tesoro?».
«Papà dice che Tom è malato e bisogna avere tanta pazienza con lui».
Gli accarezzo una guancia e lo faccio sdraiare sotto le coperte, coprendolo fin sopra il collo. Mi siedo vicino a lui e gli scosto i capelli dagli occhi, facendolo sorridere. «Sei davvero il bambino più buono del mondo, sai?».
«Kris?».
«Si?», sistemo meglio le coperte, non voglio che prenda freddo.
«Tu resti con noi, vero..? Non.. non vai via, poi.. tu e papà avete litigato e quindi.. tu vai via?».
«No, no, amore mio, io non vado da nessuna parte..» mi chino su di lui, abbracciandolo. Stringere fra le mie braccia quel corpicino minuscolo mi fa' stare incredibilmente bene, «non vado da nessuna parte senza di te, piccolo».
Mi prese la mano, stringendola nella sua, piccola e paffuta. «Se ti dico che ti voglio bene quindi tu resti?».
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime. «Oh Ricky... ti voglio bene anche io».


Esco dalla stanza qualche minuto dopo aver controllato che Ricky stesse effettivamente dormendo. Il tempo di chiudere la porta che mi ritrovo Tom davanti, con quella sua aria perenne da funerale e le occhiaie quasi viola.
«Cazzo, mi hai spaventato, sai?», mi porto una mano sul cuore, che batte più del normale.
«Volevo parlarti», non mi chiede neanche scusa questo stronzo.
«Sono qui, parla pure» mi stringo le braccia al petto, nervosa. Cosa diamine vuole da me? E dov'è finito Robert? Non sono più arrabbiata con lui e ho davvero bisogno di averlo al mio fianco per la maggior parte del tempo, è una cosa che ho capito in questi giorni: non riesco a stare lontana da Robert per molto tempo e ogni volta che esce di casa per "lavoro" o per andare a parlare con qualcuno mi ritrovo a pensare a quando tornerà a casa e se sarà triste o felice.
«Ti chiami Kristen, vero..?», annuisco, mordendomi il labbro, questa conversazione sta diventando sempre più strana.
«Bene, Kristen, volevo solo assicurarmi che tu non fossi una pazza squilibrata o una maniaca o roba del genere.. cioè, Robert è il mio migliore amico e anche se è una testa di cazzo non ci terrei molto a trovarlo, magari per sbaglio mentre cerco una birra, con la testa mozzata nel frigorifero solo perché ha lasciato una ragazzina entrare in casa sua.. a proposito, quanti cazzo di anni hai? Sembri appena uscita dalle elementari, sai?».
Sono indecisa se scappare o prenderlo a pugni.
E in più, penso di non aver capito la maggior parte delle cose che ha detto.
«Ho.. ho diciassette anni».
«Mh, te ne davo massimo tredici. Ma guadagni punti con quegli occhi verdi» indica i miei occhi ma io sto osservando i suoi, sono lucidi ma non per via delle lacrime: ha bevuto.
Il senso di disagio cresce sempre di più.
Perché le persone devono bere?
Ovvio, lo faccio anche io, ma mai fino a diventare ubriaca.
Un brutto ricordo inizia a farsi largo dentro di me, ma per fortuna la voce di Robert lo mette a tacere. «Che state facendo voi due?», sembra un cavaliere come si muove, nella mia testa ha anche l'armatura. Mi costringo a tornare sulla Terra, ricordando a me stessa quello che fa' per vivere.
«Facevamo amicizia» risponde Tom, con un sorriso un po' troppo largo.
«Ho messo a letto Ricky..» dico, cercando di non guardare nessuno dei due, eppure sento gli occhi di Robert su di me.
«Accompagno Tom a casa di Sarah e torno subito, va bene?» il tono di voce sembra quasi spingermi a sollevare lo sguardo su di lui. Non resisto e lo guardo, lasciando i miei occhi fondersi dentro i suoi; lentamente una sensazione di pace mi inebria, è come una droga il suo sguardo e mi affretto a distogliere lo sguardo prima di ritrovarmi a guardarlo con la bocca spalancata e anche la bava alla bocca. Sei proprio una sciocca, Kristen, ti farei solo male.
«V..va bene..».
Accenna un sorriso e afferra Tom per un braccio, trascinandolo via.
«Ehi, amico, sono a casa tua da neanche dieci minuti e già mi sbatti fuori?» si lamenta Tom mentre viene trascinato lungo il corridoio, «Avere una ragazza non ti fa' per niente bene!».
Robert sbuffa ed evita di guardarmi, e fa' bene.
E' già la seconda volta che Tom dice che sono la ragazza di Robert e credo di avere il viso in fiamme.
«Ci vediamo, ragazza di Robert!» urla Tom, ridendo da solo. Sento distintamente la voce di Robert mentre lo manda al diavolo.
«Non sono la sua ragazza...», sussurro quando la porta di casa si chiude dietro di loro, non sono la ragazza di nessuno.




Sto girando per casa da non so neanche più quanto tempo. Lancia l'ennesima occhiata verso l'orologio appeso alla parete della cucina che segna le due di notte; mi chiedo che fine abbia fatto Robert. Ho fame e sto morendo di sonno ma non riesco a dormire senza sapere che fine ha fatto Robert; mi siedo su una sedia e provo a rilassarmi. Non devo sempre immaginarmi gli scenari peggiori, anche perché Robert sa cosa fa', è abituato a trattare con gente anche peggiore di quella con cui ho avuto a che fare io, solo che io sono scema e mi lascio sopraffare molto facilmente.
Mi alzo e vado verso il frigo, e se provassi a cucinare qualcosa?
Non sono un asso in cucina, a dire il vero non ho mai imparato a cucinare davvero. So fare giusto il minimo indispensabile e di solito mi esce male anche quello, ma ho bisogno di fare qualcosa per tenermi occupata per non pensare a scenari catastrofici. Perché ti preoccupi per lui? Finirai male, Kristen. Sospiro e apro le ante alla ricerca di qualche ciotola e un mestolo.
Decido di provare a fare una semplice torta.
Non l'ho mai fatta quindi mi metto alla ricerca di una libro di cucina o di qualcosa da cui prendere la ricetta e alla fine trovo un vecchio libro di cucina in un cassetto, lo apro alla prima pagina e leggo la dedica che c'è scritta a matita "Coglione, cucinati qualcosa che non sia la solita roba da asporto, Sarah xx", mentre leggo provo una strana sensazione; Sarah ha mai cucinato per lui? Non ci ho mai pensato ma adesso non riesco a togliermi dalla testa l'idea che Robert e Sarah siano più che amici, è ovvio che sono andati a letto insieme ma non me li ero mai immaginati come una coppia e adesso ho questa immagine in testa e non va più via. Probabilmente è perché fino ad ora ho immaginato Robert come il ragazzo che mi ha accolto in casa sua, salvandomi dal dormire in mezzo alla strada, come una specie di eroe, quando in realtà non è niente di tutto ciò e forse lui non mi vuole neanche in mezzo ai piedi e ha solo una gran pietà nei miei confronti e si sente in dovere di aiutare una povera scema come me.
Scaccio via le lacrime che si addensano nei miei occhi e sfoglio il libro fino a trovare la ricetta di una torta margherita.
Nel frigo ci sono alcune uova, una confezione di latte e un panetto di burro ma niente lievito. Ovvio, uno che non cucina che se ne fa' del lievito? Sbuffo e tiro fuori dal frigo quello che ho, sperando che esca comunque qualcosa di decente.
Apro il libro di ricette sul tavolo e cerco di seguire alla lettera ogni indicazione che c'è scritta, ma dopo neanche venti minuti mi ritrovo con un impasto gommoso e neanche la più pallida idea di come si accenda un forno.
«Allora.. ci.. ci deve essere un modo, forse.. qui?» provo a cliccare un tasto ma non succede niente quindi lo clicco di nuovo, cerco nella memoria un ricordo di mia madre mentre accende il vecchio forno di casa nostra ma non trovo niente, neanche una volta che abbia visto mia madre preparare, che ne so, un pranzo della domenica. Lacrime di frustrazione iniziano a rigarmi il viso, accidenti a me!, neanche un forno so accendere! «Fanculo!», e tiro un calcio contro una sedia, facendola andare a sbattere contro il muro.
«Ehi, ehi, ehi, che succede qui?».
Per poco non mi prende un infarto.
Ero così concentrata nel mio tentativo di accendere il forno da non sentire neanche la porta di casa aprirsi.
«Io.. io, ecco, io...» balbetto, cercando di asciugarmi le lacrime con le maniche della felpa.
«Che è successo? Perché piangi?», si sfila la giacca e l'appoggia sulla sedia, avvicinandosi a me.
«N..niente».
«Si, certo, avanti perché stai piangendo? E' successo qualcosa..? Stai male..?».
Non sto male, Robert.
E' che io non sto bene da nessuna parte, non lo capisci?
Io sono fuori posto ovunque e stavo cercando di fare qualcosa per te, per farmi apprezzare un po' di più, ma non sono riuscita a fare niente come al solito.
«No..».
«Cosa c'è sul tavolo?» indica la ciotola con l'impasto gommoso giallastro dentro.
Mi mordo il labbro, nervosa e imbarazzata. Adesso scoprirà che non so neanche cucinare. «Stavo.. provando a fare una cosa».
Aggrotta le sopracciglia e si avvicina alla ciotola, infilandoci dentro un dito che poi si porta alla bocca. «Torta...?» chiede, ma dalla faccia schifata che ha fatto si vede che non è convinto neanche lui.
Sto per scoppiare a piangere di nuovo. «Lascia perdere, sono una scema, non so manco cucinare una cazzo di torta! Fa' schifo, puoi anche dirlo; non c'era lievito e ho voluto farla lo stesso, perché tu non tornavi e io...», hai detto anche troppo, mi dico.
«Ehi! Kristen, prendi fiato», lo faccio quasi senza pensarci.
«E' okay.. è stato carino da parte tua fare una cosa del genere. Da dove hai tirato fuori la ricetta?».
Indico il libro di cucina sul tavolo, «Era dentro un cassetto e io..ehm».
«Va bene, hai fatto benissimo. Non l'ho mai manco aperto, finalmente qualcuno l'ha usato» mi sorride e io mi ritrovo a sorridere insieme a lui.
«Non.. non c'era lievito in casa.. penso che non si posso fare una torta senza.. o almeno, adesso lo so».
«Già, non si può. Ma possiamo fare una frittata con le altre uova che sono rimaste in frigo».
«D..davvero?», l'idea di stare ancora un po' di tempo con lui mi piace, non voglio più andare a letto adesso che lui è di nuovo a casa. A casa.. casa di chi?.
«Certo, però magari stavolta.. ti aiuto io».



Pov Robert



Prendo la ciotola e rovescio il contenuto - un impasto giallognolo che non ha niente a che fare con quello di una torta - nel lavandino, anche se ci mette un po' a cadere e quando lo fa' sembra quasi un macigno. «Anche io ho fatto una cosa del genere, una volta».
«Davvero..?».
«Già.. avevo fame e volevo assolutamente prepararmi qualcosa da mangiare. Avevo fumato molto ed ero in fame chimica, il risultato è stato bruciare quasi metà cucina cercando di preparare un piatto di pasta».
«Fumi?».
«Si, perché?».
«Ehm..», mi giro verso di lei, che si sta passando nervosamente una mano fra i capelli, «hai una sigaretta?».
Per poco non sgrano gli occhi per lo stupore.
«Sei troppo piccola per fumare».
Kristen alza gli occhi al cielo.
«Chi sei, mio padre? Neanche lui mi ha mai detto una cosa del genere».
Una cosa in più su di te, ragazzina, penso mentre tiro fuori il pacchetto di sigarette.
«No, non sono tuo padre ma tu sei davvero troppo piccola per fumare».
«Tu a quanti anni hai iniziato?» mi chiede, mentre prende una sigaretta dal pacchetto. «Hai da accendere?».
«Quindici».
Mi fulmina con lo sguardo.
«Robert Pattinson, sei un grandissimo ipocrita del cazzo, lo sai?».
Mi trattengo dal sorridere, non so perché ma mi piace quando dice il mio nome - e forse mi diverte anche il fatto che mi insulti e mi prende in giro, perché nessuno ha mai avuto il coraggio di farlo -
«Si, lo so e adesso zitta altrimenti questa sigaretta l'accendiamo domani mattina».
Si porta la sigaretta alla bocca e io mi avvicino per accenderla, avvicinandomi inevitabilmente anche a lei e al suo viso; la vedo irrigidirsi leggermente ma non si tira indietro.
Mi infilo di nuovo l'accendino in tasca tornando a occuparmi della frittata.
«Grazie..» - prende una bella boccata, ed è terribilmente sexy mentre lo fa'.
«Oh, di niente».
Si appoggia al bancone, mezzo metro da me.
«Quindi.. una frittata? Non ne mangio una da una vita. Posso prendere una birra?».
«Sigaretta e birra, sei sicura di avere diciassette anni?».
«Spiritoso. Ti stupiresti delle cose che so fare meglio di un ragazzo..» e sento un leggero tono malinconico nella sua voce mentre va' verso il frigorifero e tira fuori una birra.
«Oh, davvero? Tipo?».
Altra boccata alla sigaretta,
«Che vuoi, la lista?».
«Non ho altro da fare, quindi si, se ti va'».
«Be', non mi va'.. mi insegni a fare la frittata?».
«Non sai farla? Tutti sanno fare una frittata, anche i bambini!».
«Che fai, prendi per il culo? Io non so farla, te l'ho detto.. mangio e cucino giusto il minimo indispensabile e di solito non mangio uova, quindi... allora?».
«Va bene», prendo le due uova e le tengo in mano davanti a lei, «allora, queste sono due uova, Kristen. Uova. Hai capito? Uova».
«Vaffanculo, Pattinson», ma si vede che si sta divertendo, anche se cerca di nascondere il sorriso prendendo un sorso dalla lattina di birra.
«Con queste due uova, Kristen, dobbiamo fare la frittata».
«Io te le spaccherei volentieri in testa invece, sei un tale idiota. Smettila con quella vocina da cretino, non ho due anni!».
«Come siamo maleducate. E va bene, farò il serio» scrollo le spalle e prendo un bel respiro, beccandomi un'occhiataccia da Kristen che capisce che sto continuando a prenderla in giro. E' adorabile quando tiene il muso. «Per preparare una frittata, c'è bisogno di due o tre uova, del latte e del sale. E una padella. Vuoi provare a rompere le uova?».
«Tu stai rompendo altro, Robert» alza gli occhi al cielo e prende una delle due uova, mordendosi il labbro.
Le indico la ciotola.
«Rompila là, spiritosa».
«Lo so!» dice, acida. «Non c'è bisogno che me lo dici tu».
Sospiro e mi appoggio al muro, a distanza di sicurezza - per lei, non per me.
Kristen resta ferma qualche secondo - continuando a martoriarsi il labbro per tutto il tempo - per poi sbattere delicatamente l'uovo contro il bordo della ciotola, talmente piano da non farlo neanche scheggiare. Mi trattengo dal ridere e continuo a osservarla. Inizia a dondolarsi sul posto, in un modo che ormai inizio a riconoscere: si trova in difficoltà;
«Kristen, prova un po' più forte.. deve rompersi» le ricordo e lei volta il viso per lanciarmi un'occhiata di fuoco.
«Lo so, lo so..».
«Devi solo..».
«Ho paura di sporcare! Okay? Non voglio creare casini.. fallo tu, ho cambiato idea» e mi porge l'uovo.
«Devi imparare» insisto, «avanti, non succede nulla anche se sporchi, pulisco io».
«No, io..».
«Kristen, ho detto di farlo.. e smettila di morderti quel labbro, ti sta uscendo sangue» - lo lascia subito andare quasi avesse preso la scossa.
Annuisce e sbatte l'uovo contro la ciotola, rompendolo stavolta.
Peccato che invece che prendere le due metà del guscio e lasciare solo l'interno nella ciotola fa' cadere tutto quanto dentro: guscio, tuorlo e bianco.
«Così..?» mi chiede, come una bambina in cerca di approvazione.
«Ehm.. veramente..».
«Ecco! Lo sapevo! Ho sbagliato! Mi.. mi dispiace, è che non so.. io non ho mai..».
«Kristen! Va tutto bene, sul serio. Era solo la tua prima volta in cucina, tutti combinano casini. Finisco io, okay?».
Annuisce, rassegnata.
Sicuramente pensa che sia inutile continuare perché non ne sarebbe in grado, glielo si legge in faccia.
Si appoggia di nuovo al muro e prende una boccata dalla sigaretta che aveva appoggiato sul bancone per provare a rompere l'uovo. Ne prende una dopo l'altra, segno che sta ancora pensando alla storia dell'uovo mentre io preparo la frittata. Decido che è meglio provare a farla parlare prima che impazzisca per questa storia.
«Prima hai detto che tuo padre non ti ha mai sgridata perché fumi..».
«Si. E allora?», si è subito messa sulla difensiva appena ha sentito "padre".
«Non ti sgridava, mai?».
Abbassa lo sguardo e si guarda i piedi, ma per un secondo mi è sembrato quasi di scorgere i suoi occhi farsi più lucidi..
«Non.. lui non ci stava molto in casa..».
«Oh.. e tua madre?».
«Neanche lei...».
Non posso fare a meno di guardarla e spero che non mi si legga in faccia la preoccupazione che provo verso di lei, perché conoscendola potrebbe scambiarla per pena e mandarmi a fanculo in meno di tre secondi. Chi si prendeva cura di te, bambina?
«Hai fratelli o sorelle?».
«No».
«Parenti? Nonni, zii, cugini, parenti alla lontana..».
«Cos'è, un interrogatorio?» scatta, sollevando lo sguardo, furiosa.
«N..no, sto solo.. sto solo cercando di conoscerti un po' meglio. Se ci pensi, sappiamo davvero poco l'uno dell'altra.. è strano, visto.. be', visto che vivi con me e che..».
«Mi hai salvato la vita» finisce lei per me.
«Non esageriamo. Diciamo che è strano che io non conosca molto di te visto quello che abbiamo condiviso..».
«Mmh...», sorso di birra, tre boccate di sigaretta, «si.. hai ragione..».
«So che tua madre è finita in una clinica per disintossicarsi dalla cocaina e che sei rimasta da sola in casa quando eri molto piccola, so che vivevi con una tua amica e che lei ti trascinava in giro a rubare in ville di poveri spacciatori ignari..».
Accenna un sorriso, che però non nasconde il velo di tristezza che ha negli occhi.
«Già... non sento Scout da una vita, però..».
Metto a cuocere la frittata.
«Meglio, si è comportata male con te, quella stronza».
«Ha un modo tutto suo di ragionare.. se la conosci, ti abitui.. e non ti aspetti neanche più che si comporti in altri modi».
«Bell'amica, davvero. Comunque, come mai sei finita con una tipa come lei?».
«Neccesità».
«Neccesità?».
«Non sapevo dove cazzo andare, non avevo una casa, una famiglia a cui affidarmi, ero sola e avevo bisogno di un letto e Scout mi offriva tutto questo e anche di insegnarmi a cavarmela nella vita, una prospettiva molto allettante per una ragazzina di appena tredici anni che ha una voglia matta di libertà», finisce la sigaretta e la butta via.
«Avevi tredici anni quando sei andata via di casa?».
«All'incirca si.. non me ne pento, ma Scout non era proprio la scelta migliore che potessi fare, lo ammetto», mi offre un sorso di birra ma io rifiuto e la finisce lei, buttando via anche quella.
«Perché sei andata via di casa..?».
«Non chiedermelo...» - di nuovo quella richiesta. Cosa mi stai nascondendo, Kristen?
«Ha a che fare con i lividi che hai sul corpo..?».
I suoi occhi si fanno lucidi.
«Per favore... non chiedermelo e basta, okay?».
«Dimmi chi te li ha fatti, Kristen. Dimmelo! Sei piena di lividi e tagli e odi essere toccata per colpa di qualcuno?».
«No.. no.. ti ho chiesto per favore!» mi implora con lo sguardo, trattenendo a stento le lacrime.
«Non puoi continuare a tacere a lungo, Kristen, lo sai anche tu.. quei lividi..».
«PER FAVORE! PER FAVORE, NON CHIEDERE! non voglio parlarne, non voglio! Non chiedermelo o me ne vado! Corro via se me lo chiedi un'altra volta, capito!?» urla, le lacrime che iniziano a scorrerle sul viso.
«Va bene.. va bene», la sola idea che fugga via mi costringe a smettere di chiederglielo.
Sei davvero così dipendente da questa ragazzina, Robert? E mentre la guardo e vedo le lacrime, gli occhi rossi e il suo piccolo corpicino pieno di lividi e tagli che trema e provo solo una grande voglia di abbracciarla e dirle che va tutto bene, capisco che la risposta è si, sono diventato dipendente da questa ragazzina, voglio che stia bene, che non abbia paura di stare con me, di ridere e anche di toccarmi ma mi rendo anche conto che non posso costringerla a fare niente perché facendo così la farei solo scappare ed è l'ultima cosa che voglio.
«G...grazie...» dice, asciugandosi frettolosamente le lacrime, imbarazzata.
«Ehi..», le prendo la mano, cercando di non stringere troppo e per fortuna non mi respinge. Ha le mani gelide. «è tutto okay.. hai ragione, non posso pretendere che tu mi dica tutto subito. Ma quando vorrai.. io ci sono, capito?», annuisce e ricambia leggermente la stretta con la sua piccola mano fredda.
«Capito.. grazie, davvero
».
«A cosa servono gli amici, altrimenti?», ma perché l'ho detto? Vorrei uccidermi in questo momento. Amici, certo, come se non volessi portartela a letto in questo preciso istante - e anche abbracciarla stretta stretta dopo, baciarla sulla fronte, dirle che è bella anche se coperta di lividi e... basta! Che cazzo, non posso pensare cose del genere, non io.
«Siamo amici, quindi..?», non riesco a decifrare la sua espressione, è un misto di contentezza e confusione e forse anche un po' di delusione, ma probabilmente sono io che voglio vedere in lei la delusione che provo anche io davanti a quel termine così riduttivo.
«Certo. Anche coinquilini e Ricky praticamente ti adora!».
«Mi ha.. mi ha detto che mi vuole bene, sai?», sorride al ricordo, un sorriso dolcissimo.
«Davvero?».
«Già.. tuo.. figlio è davvero un bambino speciale. Dico sul serio, secondo me è speciale.. riesce a capire le persone, e non è una cosa da sottovalutare, è un dono di pochi» - io riuscirò mai a capirti?
«Non ha preso dalla madre, per fortuna» dico, mettendo la frittata in un piatto grande che poi metto al centro del tavolo. Kristen si siede e io mi metto davanti a lei. Le taglio una fetta abbastanza grande e lei sorride ringraziandomi con un filo di voce, timida.
«Come hai conosciuto la madre di Ricky?» mi chiede.
«Una festa. Amici comuni. Tanto alcol. Ti basta?».
«Si.. capisco..», resta in silenzio per un po', mangia la sua fetta e ne prende un'altra. A un certo punto solleva il viso e mi guarda negli occhi, seria. «La ami?».
Per poco non mi strozzo con la birra che ho appena aperto.
«C..cosa!?».
Lei diventa tutta rossa ma lo ripete lo stesso:
«Ami la madre di Ricky?».
«No», rispondo subito, deciso. «C'è stato un tempo, quando mi ha detto di essere incinta, in cui ho provato a vederla sotto un'altra luce, almeno a farmela piacere.. ma non è servito. Veniamo da due mondi diversi, rischiamo di ammazzarci di botte se ci troviamo troppo tempo nella stessa stanza. Non mi ha neanche voluto quando ha partorito, aveva una sua amica o collega di lavoro, non lo so.. a me non ha voluto perché diceva la mia presenza l'avrebbe solo fatta incazzare e aveva ragione, io e lei ci odiano per la maggior parte del tempo. Lei è superficiale e scorbutica, sempre pronta a mettere se stessa al primo posto anche a costo di fare stare male chi le sta intorno e le vuole bene, non le importa di nessuno oltre che di se stessa».
«Anche Scout era così..» dice, adesso si è parecchio rilassata, «era sempre pronta a mettere a rischio tutto e tutti pur di ottenere quello che voleva.. era il lato di lei che più mi spaventava perché sapevo che non ci avrebbe ripensato due volte a mettermi nei casini per guadagnarci qualcosa.. come appunto è successo, alla fine».
«Ora però sei qui..», allungo una mano e prendo la sua attraverso il tavolo.
Lei osserva le nostre mani, un leggero sorriso sul viso.
«Te l'ho già detto, a me piace stare qui.. ma non voglio essere un peso. Ho bisogno di un lavoro».
«Sei troppo giovane per lavorare».
«Sono troppo giovane per fumare, bere e anche lavorare. Per te sono sempre troppo giovane».

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«
Esatto. Non lavorare, resta a casa con me e basta», oh merda, l'ho detto davvero? Mi è sfuggito, non intendevo dirlo davvero. E' quello che penso, si, ma volevo solo pensarlo, non volevo dirlo ad alta voce.
Kristen sgrana gli occhi, come se avesse appena visto un fantasma.
Lentamente, fa' scivolare via la sua mano da sotto la mia.
«E' meglio che vada a letto. Buonanotte, Robert» si alza e fa' per andarsene ma riesco ad alzarmi prima di lei e raggiungerla facendo il giro del tavolo giusto in tempo per mettermi davanti a lei.
«Aspetta, non volevo dire quello..».
«Non hai detto niente. Lasciami andare, ho sonno», la sua voce è fredda, quasi gelida. Non mi guarda neanche negli occhi.
«Un attimo, voglio spiegarti.. so che tu..».
«Tu non sai niente di me! NIENTE! E ora lasciami passare, voglio andarmene a letto... per favore...».
«O..okay».
Mi sposto e lei mi supera e sale le scale di corsa.
Scappando via.
Io non intendevo metterti paura, piccola.



*


Pov Kristen





Era mezzogiorno e Robert era appena uscito di casa per una "commissione urgente", lasciandomi da sola con Ricky, che se ne stava tranquillo in soggiorno a guardare la tv. Io ero ancora in camera da letto, indossavo ancora la maglietta e i pantaloni della tuta che usavano per dormire e continuavo a pensare alla notte appena passata. Le parole di Robert continuavo a tornarmi in testa, rimbalzavano come delle palle magiche, tormentandomi; ci avevo pensato tutta la notte, avevo chiuso occhio solo verso l'alba, quando la luce proveniente dalla finestra mi aveva rassicurata e Ricky aveva iniziato a girarsi nel letto, dandomi una leggere sensazione di protezione. Resta a casa con me e basta. Voleva forse tenermi prigioniera? Non voleva che trovassi un lavoro così sarei rimasta con lui per sempre? No. Non ci sarei mai riuscita. Avevo vissuto in quel modo per troppo tempo, l'avevo odiato troppo per permettere a qualcun altro, persino a Robert, di mettermi in gabbia di nuovo. Volevo essere libera, volevo andare dove volevo io e quando volevo io, volevo guidare la mia vita e prenderne le redini per una volta, non volevo essere sottomessa a nessuno. La vita era la mia e mi ero lasciata comandare per troppo tempo per permettere a qualcun altro di farlo di nuovo. Non adesso che avevo imparato cosa voleva dire essere liberi di prendere le proprie decisioni. Sbagliate, quasi sempre, ma mie.
«Ehi! C'è qualcuno in casa!? Ehilà!».
Sentii il rumore della porta di casa che veniva prima spalancata e mandata a sbattere contro il muro e poi chiusa con forza, poi il rumore di tacchi alti che camminavano sul pavimento in legno. Capii un secondo in ritardo di chi si trattasse e di cosa - o meglio, chi - ci fosse in soggiorno.
«Porca troia, e tu chi cazzo sei, dolcezza!?» sento esclamare Sarah mentre mi alzo di scatto dal letto e corro verso il soggiorno dove trovo lei e Ricky che si guardano negli occhi, entrambi curiosi.
«Sarah, ciao!».
«Oh, Kristen, almeno tu ci sei in casa. Volevo Robert, ma penso che mi accontenterò anche di te per una spiegazione.. chi è questo bellissimo bambino? Ha gli occhi di Robert».
Ricky, già annoiato dalla nostra conversazione, torna a concentrarsi sul cartone animato.
«Ehm.. che ci fai qui?» le chiedo, sperando che Robert torni presto per spiegare tutto lui.
«Dovevo prendere alcune... cose, per Tom sai.. e Robert di solito è pieno, in casa. Ma, Kris, non mi hai ancora risposto: chi è questo bambino e perché ha gli occhi di Robert?».
«Oh.. ecco...», cazzo, pensavo che Robert gli avesse detto che era suo nipote o qualcosa del genere, ma a quanto pare non ha raccontato questa favoletta a Sarah, che continua a fissarmi, insistente.
«Questo bel bambino, è forse..», si china e prende in braccio Ricky, che sembra abbastanza scocciato dall'essere stato disturbato mentre guardava il suo cartone animato, «il bambino di Robert? Non mentirmi, Kristen. Fai parte di questo gruppo ormai e devi sapere che qui non ci sono secreti, e se Robert ne ha uno.. è durato troppo a lungo», rimette a terra Ricky, che torna contento a guardare la TV.
Io e Sarah andiamo in cucina.
Sarah fa' come se fosse a casa sua e si prepara un caffè.
«Non mi stupisce che Robert abbia un figlio. Abbassava i pantaloni molto facilmente, prima».
Non oso guardarla in faccia dopo un commento del genere e mi chiedo se invece adesso le cose siano cambiate più di tanto.
«Allora» si gira verso di me con la tazza di caffè in mano. Ha i capelli biondi sciolti e scompigliati, le labbra gonfie e l'aria scarmigliata di chi ha appena fatto qualcosa a letto; indossa una camicia da uomo che ho già visto da qualche parte e un paio di pantaloncini corti insieme ai tacchi alti, sembra una modella in pausa caffè.
«come ti trovi da Robert? Perché puoi tornare da me quando vuoi, lo sai. Ormai sei di famiglia, Kristen» mi sorride, affettuosa. Sarah ha un carattere davvero strano, molto simile a quello di Robert: autoritario da una parte e apprensivo e premuroso dall'altra, due cose che si scontrano molto facilmente.
«Sto bene».
«Davvero? Oh, be', meglio così. Anche con il bambino in giro? Sai.. a me non piacciono molto i bambini, non credo che ne avrò mai».
«A me.. a me piacciono molto i bambini», sopratutto Ricky, ma mi piacciono proprio i bambini, hanno quella luce negli occhi, come se avessero il bene dentro di loro. Non sono cattivi.
«Buon per te», di nuovo quel sorriso prima di prendere un sorso del suo caffè.
«Sarah..», mi torna in mente ancora una volta la discussione con Robert dell'altra sera, ma stavolta penso anche a un'altra cosa che abbiamo detto. «non è che hai un lavoro per me? Ho bisogno di soldi».
I suoi occhi azzurri si illuminano.



*



«Ma sei sicura che mi debba proprio conciare così..?».
«Shh! Non muoverti!».
«Ma..».
«Ferma! Vuoi sembrare un panda, per caso? Ecco, allora stai ferma», Sarah mi fa' cenno di tirare indietro il viso per mettermi meglio il mascara. Mi sto decisamente pentendo di averle chiesto aiuto. Appena le ho chiesto se avesse un lavoro per me mi ha detto che mi avrebbe portato in un posto questa sera, poi se n'è andata ed tornata solo dopo che Robert è uscito di nuovo per fare un'altra delle sue commissioni, portando con sé anche una busta piena di trucchi, vestiti e scarpe più o meno della mia taglia.
«Non mi hai ancora detto che genere di lavoro è..» protesto.
«Oh.. uhm, niente di che. Cameriera. Ci lavoro anche io».
«Anche tu fai la cameriera?».
Evita di guardarmi mentre mi risponde e si concentra sul trovare un rossetto del mio colore dentro la busta.
«Qualcosa del genere.. adesso stai ferma che ho quasi finito. Dobbiamo uscire prima che torni Robert, o non ti farà mai uscire conciata così» mi sorride complice ma io riesco a ricambiare a fatica. Non parlo con Robert da ieri sera. E' tutto il giorno che io evito lui e lui evita me uscendo di casa ogni cinque minuti. Penso che non mi voglia più parlare, forse si è finalmente reso conto di quanto sia un disastro e di come tutta la buona volontà di questo mondo non servirebbe per rimettermi apposto.
«E Ricky? Non posso lasciarlo solo in casa, neanche per cinque minuti, se succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai..».
«Tranquilla, ci viene a prendere Tom con Marcus. Ci accompagna Tom e resta Marcus a badare al marmocchio», mi fa' l'occhiolino e mi fa' alzare per farmi guardare allo specchio. «Allora, cosa ne pensi?».
«Sono.. sono.. non sembro io...».
«E' questo il punto, dolcezza».

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«Sarah.. io non sono più sicura..».
«Eddai, non fare la cacasotto» mi sprona lei, spingendomi verso il bancone. «Ci sono io con te, okay? Ci lavoro anche io, non ti ci avrei mai portato se non sapessi che è un posto sicuro. Può ingannare, ma in realtà non succede molto, davvero».
Quel posto poteva davvero ingannare. E con me lo stava facendo e mi stava mettendo anche un sacco di paura. Era un grande locale, alla fine di un lungo vicolo buio e riuscivi a vederlo solo grande all'insegna rossa con la scritta HELL. Erano solo le otto di sera ma c'era già mezzo locale pieno, c'erano alcuni signori seduti ai tavoli che giocavano a carte, ragazze che servivano ai tavoli con una divisa addosso alquanto discutibile e un palco coperto da un tendone rosso. Sembrava proprio di stare davvero all'inferno e ogni cosa era o rossa o nera, il che dava al locale un'aria alquanto sinistra e tetra anche se qualcuno avrebbe potuto definirla sexy.
Ci avviciniamo al bancone del bar, dove un uomo grosso e robusto sorride a Sarah e poi a me.
«Già qui, Sarah?» le chiede e lei ride, civettuola.
«Dovevo portare un'amica, ha bisogno di soldi», mi indica, sorridendomi.
Il tipo mi guarda e mi scruta con attenzione.
«E' maggiorenne?».
«Certo!» risponde Sarah per me, «Non ti metterei mai nei casini, lo sai», il suo sorriso si fa' ancora più grande e si sporge sul bancone, mettendo in mostra la scollatura della maglietta a una manica sola. «Allora.. che ne dici? Dalle un periodo di prova almeno.. ti dò la mia parola che ci sa fare. Serve ai tavoli, un cazzata».
Il tipo però non sembra molto convinto.
«Hai mai lavorato in un posto come questo prima d'ora?» mi chiede.
«Uhm.. si.. si, certo, una volte o due, ovvio» mento e Sarah solleva i pollici in segno di approvazione senza farsi vedere dal tipo.
L'omone si gratta la barba folta che ha. E' pelato e ha due braccia che hanno visto anni e anni di palestra.
«Va bene... una settimana di prova, poi vediamo» - per poco Sarah non inizia a saltare come una bambina. «Grazie, grazie, James! Non te ne pentirai!» strilla, prima di afferrarmi per la maglietta e trascinarmi via verso quelli che sembrano dei camerini ai lati del locale.
Dentro ci sono cinque ragazze che ci guardano una sola volta prima di tornare a quello che stavano facendo prima che entrassimo noi. La stanza non è molto grande e ci sono solo tre specchi con le rispettive postazioni, ma sono abbastanza grandi; Sarah mi fa' sedere nell'unico libero e inizia a rifarmi il trucco, disfando e rifacendo come se fossi una bambola di porcellana. Anche Scout lo faceva ogni tanto, quando dovevamo andare a trovare i suoi amici e voleva che mi trovassero almeno presentabile. Non mi piace il trucco e avere tutta questa roba in faccia mi mette davvero a disagio ma Sarah ci mette così tanto impegno che non ho il coraggio di contraddirla e così la lascio fare.
«Ecco fatto.. il trucco ora è davvero apposto. Adesso devi cambiarti».
«Che.. che devo mettermi?».
Sarah non mi risponde ma apre uno degli armadietti che ci sono e tira fuori una maglietta rossa e una gonna nera in pelle insieme a un a paio di stivaletti con il tacco alto e mi lancia addosso il tutto.
«Cambiati, ti aspetto fuori, okay? Vado a parlare con James. Andrà alla grande!» mi dice, mentre corre via.
Così io rimango lì, con quei vestiti in mano e nessuna idea di cosa io debba fare. Perché mi ha dato questi vestiti? Insomma, la gonna è cortissima e la maglietta mostra buona parte della pancia e della schiena e io non so camminare sui tacchi; in più, mi vergogno a cambiarmi in pubblico, anche se non sembra che nessuna delle cinque ragazze mi stia minimamente calcolando. Così inizio a sfilarmi le scarpe da ginnastica e poi i pantaloni, morendo dentro. Vorrei scoppiare a piangere ma mi convinco che nessuno mi sta guardando e questo mi aiuta a finire di spogliarmi e a iniziare a mettermi la maglietta che mi ha dato Sarah. Mi guardo allo specchio in slip e maglietta e il risultato è davvero pessimo, con tutti i miei lividi in bella mostra: non posso uscire in questo stato.
Sto per scoppiare a piangere quando sento qualcuno darmi un colpetto sulla spalla che per poco non mi fa' urlare dallo spavento.
Mi giro verso la proprietaria della mano e mi trovo davanti una ragazza sui ventitré anni, alta come Sarah ma con lunghi capelli neri e due grandi occhi blu ornati da ciglia finte verdi, truccata alla perfezione con indosso un corsetto intonato alle ciglia e tacchi alti neri.
«Tu devi essere nuova perché non ti ho mai vista qui.. piacere, Sonnie» mi sorride e stranamente non cerca di stringermi la mano, sicuramente deve aver notato come sono sobbalzata al suo semplice tocco.
«P..piacere, io mi chiamo Kristen. Si, sono nuova.. inizio oggi, mi hanno preso in prova» dico.
Lei sorride e annuisce, poi prende il vasetto di una crema dalla postazione del trucco e me la passa.
«Ho visto che eri in difficoltà e ho pensato che magari ti servisse un po' di questo.. sai, per coprire i lividi. Anche io sono piena, quel palo uccide e fa' un sacco male» dice, alzando gli occhi al cielo e ridendo.
Il palo... che palo?
Ma non chiedo niente; prendo la crema che mi porge, arrossendo.
«Grazie mille..».
Lei ricambia il sorriso.
«Di niente, se hai bisogno chiedi pure a me, so cosa vuol dire essere nuova in questo giro».
E sto proprio per chiederle qualcosa, tipo a cosa si riferisce, quando la porta del camerino si apre e la testa bionda di Sarah sbuca in mezzo alla ragazze che si stanno preparando. I suoi occhi mi trovano subito.
«Kristen, sbrigati!» urla.
Mi infilo di corsa la gonna e apro la crema, che non è altro che fondotinta, parecchio coprente però visto che copre perfettamente quasi tutti i miei lividi; me lo passo velocemente su schiena, pancia, gambe e braccia e mi infilo i tacchi per poi correre fuori alla ricerca di Sarah, che trovo appoggiata al bancone che parla tranquillamente con James.
La raggiungo a fatica, visto che per via dei tacchi rischio di inciampare ogni due passi.
James mi indica e Sarah si gira, raggiante.
«Kristen, sei uno schianto!», prende un vassoio con delle birre dal bancone e me lo porge, «Ecco a te, dolcezza. Buon primo giorno di lavoro, il mio turno inizia più tardi, adesso porta questo vassoio a quel tavolo laggiù, forza» indica un tavolo pieno di signori sui quaranta, trentenni.
Camminare con questi tacchi è peggio che fare una camminata a piedi nudi sui carboni ardenti.
Mi mancano le mie converse.
Ucciderei per un paio di converse adesso.
Il tavolo pieno di anziani smette di ridere appena mi avvicino e si lanciano occhiate e gomitate tra di loro appena mi sporgo per mettere le birre sul tavolo.
«Ehi, bellezza» - è un uomo sui trentacinque anni, con i capelli già brizzolati e qualche ruga di troppo, gli occhi rossi per via dell'alcol.
«Ecco le vostre birre, arrivederci».
«Scappi già?», fa' per afferrarmi il braccio ma io mi tiro indietro subito, veloce come sempre.
«Già. Buona serata».
«Che ragazzina difficile».
Stringo i denti a sentire quel nome ma fingo indifferenza e torno al bancone del bar per prendere le altre birre e liquori da servire ai tavoli. Quando torno per prendere il settimo vassoio della serata, Sarah non è più al bancone. Vorrei chiedere a James che fine abbia fatto ma mi trattengo perché ho paura che anche lui ci provi con me, anche se ogni volta che torno al bancone lui mi sorride amichevole e torna a lavare i bicchieri senza degnarmi di una seconda occhiata di troppo. Continuo così per un'altra mezz'ora prima che parta all'interno del locale una musica abbastanza forte che attira la mia attenzione; il sipario che esclude il pubblico all'occhio del pubblico si apre e finalmente capisco a cosa si riferisse Bonnie: ci sono tre pali ai lati del palco, di metallo e luccicano illuminati dalle luci colorate puntate su di loro.
La musica continua e aumenta di volume.
Non mi accorgo neanche di essermi fermata finché un'altra cameriera mi viene addosso scrollandomi dal mio sogno e facendomi riprendere a camminare, ma anche così non smetto di guardare verso il palco, dove intravedo tre figure. Una non la conosco, mentre le altre due mi sembrano famigliari. Quando arrivano entrambe vicino al palo - afferrandolo e iniziando a ballare strusciandosi contro di esso - le riconosco: sono Bonnie e Sarah.


Pov Robert


«Cosa cazzo vuol dire che le hai lasciate andare, Marcus!?».
«Cazzo, calmati, Rob! Sarah fa' quello che vuole e lo sai meglio di me!».
«Si, ma con lei c'era Kristen! Cazzo, perché l'hai lasciata andare!? Non è sicuro che vada in giro con Sarah, è una bambina, porca puttana e chissà dove cazzo l'ha mandata! Dimmi dove sono andate!» spingo Marcus contro il muro, fregandomene del fatto che mio figlio è nell'altra stanza.
«Cazzo! Porca troia, fai male!».
«E ti farò ancora più male se non mi dirai subito dove sono andate!».
«Non lo so! Non.. non ne sono sicuro».
«Dimmelo! Dimmi dov'è Kristen! Anche se non ne sei sicuro, cazzo. Devo trovarla prima che si faccia male!».


Vaffanculo. Non posso neanche uscire di casa cinque minuti che Kristen scappa via con quella pazza squilibrata di Sarah. Appena le trovo le faccio fuori entrambe, è sicuro. Uccido prima a Sarah. Cosa cazzo le è saltato in mente a quella testolina bionda!? Trascinare Kristen con sé in uno dei suoi piani di lavoro! Conosco benissimo l'HELL, ci sono stato un paio di volte tre mesi fa' ed è uno dei posti più schifosi che conosca. Non la pensavi così quando ti sei scopato Sarah dietro le quinte, mi ricorda la mia coscienza. E si, cazzo, è vero, ma tre mesi fa' non c'era Kristen e non me ne fregava niente di che lavori faceva Sarah per poter pagare le dosi di Tom; non che adesso me ne freghi qualcosa, ma non mi va' che trascini nella merda anche Kristen.
Scendo dalla macchina appena intravedo il vicolo che porta al locale.
Mi metto a correre e per poco non butto giù la porta quando entro nel locale.
Sono incazzato nero, che cazzo gli è saltato in testa a quelle due!?
Mi guardo intorno e vedo subito Sarah, sul palco.
Balla e si dimena, strusciandosi contro il palo con agilità, tenendosi per le gambe e mettendosi a testa in giù mentre due dozzine di uomini cercando di afferrarla e le lanciano soldi e altro sul palco.
Sto per mettermi a spingere in mezzo alla folla per raggiungere il palco e trascinarla giù per i capelli quando sento qualcuno con una voce famigliare imprecare dietro di me. Mi giro di scatto e vedo Kristen a terra che si tiene una caviglia, ai suoi piedi c'è un vassoio pieno di birre rovesciate o che sono scoppiate per la caduta. Deve aver fatto cadere il vassoio per sbaglio per via della caviglia, cosa probabile visto i tacchi vertiginosi che indossa.
«Robert... cosa.. cosa ci fai qui?» mi chiede, ancora in terra e con una mano sulla caviglia.
«Sono venuto a cercarvi! Ecco cosa ci faccio qui! Siete due stupide! E tu, come hai potuto permettere a quella pazza fuori di testa di trascinarti in un posto del genere!? COME!?» urlo, fuori di me.
Kristen abbassa lo sguardo, non prova neanche a rimettersi in piedi, deve farle davvero male.
«Avevo bisogno di soldi, te l'ho detto.. io non voglio pesare su nessuno e questo lavoro è tutto quello che ho trovato...».
«TI RENDI CONTO DI CHE CAZZO DI POSTO SI TRATTA, KRISTEN!?».
«Si! Me ne rendo conto benissimo ma non ho altra scelta! Cosa posso permettermi, altrimenti? Merda, Robert! Non lo capisci? Ho provato a spiegarti di che casino sia la mia vita ma tu non mi hai dato retta. Io posso fare solo questo, merda con merda, non posso permettermi chissà che cosa, non posso trovare lavoro in posti per bene perché nessuno mi accetterebbe mai! Guardami! Mi sono dovuta ricoprire di fondotinta per nascondere i miei cazzo di lividi..».
«Potevi chiedere a me, cazzo!».
«Tu mi vuoi chiudere in gabbia!».
«Di cosa cazzo stai parlando!?».
Si strofina le mani sugli occhi, cacciando via le lacrime e rendendo il viso una specie di maschera nera, rossa e viola.
«Lascia perdere, non capiresti..» fa' per alzarsi ma un altro crampo alla caviglia la fa' cadere a terra. Mi avvicino ma lei mi scosta, lanciandomi un'occhiata di fuoco. Ma quando per la seconda volta prova a rialzarsi e vedo che sta per cadere non ce la faccio più e mi avvicino, afferrandola per i fianchi.
«Cazzo fai! Lasciami!» urla, dandomi colpi sul petto.
«Ferma» le dico, tenendola per i fianchi in modo che riesca a reggersi in piedi senza tendere il peso sulla caviglia.
«Rob.. no, per favore.. non..».
La scuoto, facendole voltare il viso verso di me.
I suoi occhi verdi sono ancora più in risalto con quella matita nera, e sono anche pieni di lacrime che cadranno da un momento all'altro.
«Kristen, ascoltami!» - lei non dice niente - «Non è un posto per te, questo, mi hai capito? Tu meriti molto di più di questo! Molto di più! Non lascerò che tu venga trascinata nella merda come tutti noi. Non permetterò che tu finisca di rovinarti con le tue stesse mani, anche se so che vorresti tanto farlo giusto per non dover più soffrire. Quindi, per favore, lascia che ti aiuti a uscire da questa merda, lascia che io... faccia qualcosa. Non avere paura di me», le stringo forte un fianco e con l'altra mano le accarezzo il viso, scostandole una ciocca di capelli e riportandola dietro l'orecchio, «Non ti farei mai del male..».
I suoi occhi finalmente libero le sue lacrime.
Quante volte l'ho vista piangere? Ha troppi demoni dentro di sé.
«Robert, io non posso...» sussurra, la voce rotta dal pianto.
«Si, invece che puoi. Ti stai uccidendo, Kristen» la tengo stretta per i fianchi e la porta in un angolo riparato del locale, facendola appoggiare contro il muro.
«Non.. non mi fido.. non mi fido delle persone, non mi fido di te, non mi fido neanche di me stessa, Robert!».
«Ma fidati di me, per favore! Non ti farei mai del male, te l'ho detto! Fidati quando ti dico che tu meriti di meglio e io posso aiutarti a uscire da tutto questo! Posso.. posso almeno provarci se tu me lo lasci fare».
Kristen scoppia a ridere, ma è una risata che non ha niente di divertente. «Da quale pulpito! Se tu sapessi un modo per uscire da tutto questo te ne saresti già andato da molto tempo! Invece sei ancora qui, sei ancora nella merda come me, Robert.. non possiamo uscirne.. non possiamo, siamo.. siamo come condannati a vivere così, ma non è così male.. ci si abitua, no?».
Il suo corpo minuscolo trema al contatto delle mie mani sui suoi fianchi, ma non si tira indietro.
«Possiamo provare..» insisto.
Lei scuote la testa.
«No. Non si può».
«Ti farai del male se continui così..» le accarezzo di nuovo il viso e lei si morde il labbro, chiudendo gli occhi per un secondo.
Quando li riapre, sembrano più verdi del solito. Verde speranza. «Forse..non sarebbe la prima volta; ma anche se fosse, tu resti lo stesso?», mi stava sfidando con lo sguardo, sicura di una mia risposta negativa, la sicurezza di uno che si è sentita rifiutata tutta una vita.
Mi avvicino ancora di più, appoggiando la sua fronte alla mia.
Trema visibilmente ma ancora una volta non si scosta, continuando a sfidarmi con lo sguardo.
«Non vado da nessuna parte senza di te».



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Capitolo dedicato a: @robstenssmile
che deve imparare ad accettare il merito di quello che fa',
se non ci fosse stata lei a quest'ora non avreste neanche mezzo
capitolo. mi fa' sempre un sacco di complimenti che non merito, ma vabbè,
è dolce lo stesso <3



Allora!
Che dire?
E' lungo, eh?
E anche un sacco senza senso e confuso e palloso ecc ecc
ma mi perdonate, vero?
cioè, non è così male.
quindi, che dire...? mmh, vi piace Bonnie? è tanto dolce.
è l'idea di Sarah del locale per Kristen? AHAHAA
Kristen è praticamente caduta a terra appena ha visto Robert, slogandosi una caviglia e facendo cadere a terra tutti i liquori,
bottiglie, birre e roba varia, poverina.
che altro dire? sono dolci questi due.
ma il prossimo capitolo sarà più dolce, promesso.
be'... quindi, alla prossima, grazie infinite.
lasciatemi lunghe recensioni perché il capitolo di oggi è davvero lungo e me le merito (?), okay, passando ad altro oltre
alla mia orrenda modestia, fatemi sapere cosa ne pensate, momenti preferiti, frasi, gesti, insomma quello che
volete basta che mi scrivete qualcosa <3
vi voglio bene,
alla prossima.

ps. scusate quegli orrendi "suggerimento canzone" messi alla cazzo ma non sono ancora riuscita a capire come si
mette il video, quindi... se lo sapete, VI PREGO, ditemelo, sto impazzendo.


















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Capitolo 10
*** you don't have to be afraid when you're with me. ***


fire
Pov Kristen


http://25.media.tumblr.com/2748ead512e67e89a25c25b5fdb68663/tumblr_mepyp83e9f1rgabk6o1_500.gif








«Odio il trucco.. lo odio, lo odio, lo odio» ripeto, mentre mi guardo allo specchio e con un gesto scocciato apro il rubinetto dell'acqua.

«Peggio per te che ti sei fatta conciare in quel modo da Sarah, adesso ti becchi le conseguenze» - Robert è appoggiato allo stipite della porta del bagno e vedo il suo sguardo rivolto verso di me nello specchio. Mi ha praticamente trascinata a casa dal locale, ho avuto appena il tempo di avvisare Sarah che in meno di cinque minuti mi ha buttata in macchina e portata a casa, ordinandomi di andare in bagno a togliermi quella "cosa" dalla faccia, come l'ha chiamata lui, riferendosi al trucco che mi ha messo Sarah per il mio "primo giorno di lavoro".
«Vaffanculo» dico, gettandomi una secchiata di acqua in faccia, con il solo risultato di guardarmi allo specchio dopo e trovare una forte somiglianza tra me e un panda. «Cazzo.. io non sono brava in queste cose! Io non lo so come si usano queste cose.. mi trucco poco, odio il trucco, cazzo.. e adesso come faccio a togliermi questa cosa dalla faccia...?» lagno, come una bambina di cinque anni. Il punto è che con Robert mi sento bene, posso permettermi anche di fare la bambina di cinque anni. Ho ancora la sensazione delle sue mani su di me, sui miei fianchi, sul mio viso, la sua fronte sulla mia, e anche se ammetterlo mi terrorizza, questa cosa mi mette parecchio di buon umore.. anche se so che non sembra. Ma sto gioendo dentro al ricordo di quella sensazione. Robert non è come gli altri.. non provavo schifo quando mi ha toccata ed è una cosa nuova, e ne ho paura.
«Ehi, calma! Ci sarà un modo, no? Le ragazze lo fanno sempre, si riempiono la faccia di trucco e poi dopo escono dal bagno e non hanno più un cazzo, l'ho visto».
«Oh, che bravo! Sei un genio, hai ragione, succede per magia!» lo prendo in giro.
«Che spiritosa che sei, davvero. Dico solo che ci deve essere un modo».
«Trovamelo allora, genio».
«Senti, smettila con questo tono perché mi stai facendo girare i coglioni, okay? Ti ricordo che sono ancora incazzato con te per la cazzata dell'andare a lavorare in quel locale quindi ti conviene non rompere per stasera» - alzo gli occhi al cielo e torno a guardarmi allo specchio; davvero, sembro un panda.
Robert sbuffa e si avvicina, venendomi dietro e incrociando lo sguardo con il mio nello specchio.
Come al solito, resto qualche secondo incantata a fissare i suoi occhi azzurri. Come fanno ogni volta a farmi questo effetto?
«Sembro un panda» - mi rendo conto di averlo detto ad alta voce solo dopo che l'espressione di Robert sembra distendersi tutta in una volta e gli angoli delle labbra si sollevano verso l'alto in un sorriso sghembo che mi manda il cuore fuori dal petto.
«I panda sono carini».
«Ma io non lo sono».
«Hai ragione, non lo sei», mi appoggia una mano sulla spalla e dolcemente mi fa' girare verso di lui, così mi ritrovo a pochi centimetri dal suo viso - dai suoi occhi meravigliosi, cazzo - «hai ragione perché tu non sei carina, tu sei bella e lo sei anche senza tutta questa roba addosso, sei bella così come sei, al naturale, anche con quel bel broncio che hai sempre, mi piace davvero un sacco» - in un altro momento, con un umore diverso, in una situazione diversa, probabilmente sarei scappata via da una rivelazione del genere, ma adesso, con ancora addosso la sensazione delle sue mani sui miei fianchi e con il buon umore che mi ha messo addosso quest'ultima cosa, non riesco a non accennare un sorriso timido e a non arrossire terribilmente, abbassando lo sguardo come una bambina e iniziando a mormora un imbarazzatissimo «grazie» mentre lui continua a fissarmi.
«Wow, pensavo che saresti scappata via» dice dopo un po'.
«Potrei ancora farlo..».
«Non farlo», sento la sua mano afferrare all'improvviso la mia, «per favore, non farlo».
«O..okay» balbetto.
Sorride, raggiante. «Grandioso. Allora stasera è la mia serata».
«P..perché?» - vuoi smetterla di balbettare come una cogliona? Neanche avessi dodici anni.
«Sono riuscito a portarti via da quel locale, hai accettato un mio complimento senza uccidermi e ti fai pure tenere per mano. E' un miracolo», mentre lo dice accarezza piano il palmo della mia mano, mandando a puttane il mio cuore.
«Be'.. tanto al locale ci torno domani».
«No, perché?».
«Perché ho bisogno di un lavoro ed è l'unico che ho trovato e se vuoi che le cose vadano bene tra di noi - cioè non dobbiamo ucciderci a vicenda - devi lasciarmi fare quello che voglio, senza pretendere di fare l'eroe della situazione. Non ci sono eroi nella mia vita, non.. non ci sono mai stati», brava, ecco la Kristen stronza di diciassette anni.
«E principi azzurri? Quelli possono esserci?» - un sorriso malizioso mi fa' battere forte il cuore e mi mordo il labbro per non urlare o svenire. Non posso continuare così.
«No», ma non posso fare a meno di ricambiare il sorriso. Stasera c'è qualcosa di speciale nell'aria, è come se per la prima volta in vita mia mi sentissi davvero a mio agio. Non bene. Ma non ho neanche voglia di scappare via urlando a gambe levate né mi sento a disagio o impaurita, mi sento semplicemente me stessa, fiduciosa, non ho paura di mostrare qualche debolezza davanti a lui e questa sensazione mi terrorizza e piace da impazzire allo stesso tempo. Non mi era mai successo. «Neanche quelli, mi spiace».
«C'è sempre una prima volta», fa' qualche passo verso di me, senza mai staccarmi gli occhi di dosso.
I suoi occhi, cazzo.
Potrei perdermi in due occhi del genere.
Potrei vivere solo di quelli, sono sicura che sarebbe una vita bellissima.
Ma probabilmente non me la merito.
«Uhm..», mi appoggio al lavandino, sottraendomi a quello sguardo, «allora? Che fine ha fatto questa idea per risolvere il problema "faccia da panda" che abbiamo qui, eh? Forza, non voglio sembrare un panda caduto in un ruscello tutta la vita!» - mentre lo dico spero che non faccia caso alla mia risata nervosa o al fatto che sto contando i battiti del mio cuore per non pensare a lui, a come la sua vicinanza mi mandi fuori di testa, e a come odi il fatto di non meritarmi i suoi occhi azzurri troppo tempo su di me.
Robert non dice niente ma mi fa' cenno di spostarmi. Apre l'armadietto dei medicinali e tira fuori una bustina con dentro dei pezzi di cotone e una bottiglietta bianca, anonima, che agita davanti al mio viso. Leggo l'etichetta: «Latte detergente. Tu avevi dello struccante per tutto questo tempo e non mi hai detto niente lasciandomi disperare! Stronzo!».
Robert fa' spallucce. «Mi è venuto in mente solo adesso. Sarah qualche volta si è fermata a dormire qui e ha lasciato alcune sue cose in giro per casa, tra cui questa bottiglietta con il coso magico che toglie quella robetta dalla faccia di voi ragazze, pulendovi», sono sicura che la sua definizione creativa di "latte detergente" sia stata creata apposta per farmi ridere ma io mi sono fermata alla fermata "Sarah qualche volta si è fermata a dormire qui", lasciandomi l'amaro in bocca. Non sono l'unica ragazza che ha dormito in questa casa, non sono l'unica a cui ha regalato questo genere di attenzioni e non sarò l'ultima. Poi mi viene in mente anche l'altro significato che ha quella frase e cioè che Sarah e Robert sono andati a letto insieme, più di una volta, e si conoscono in un modo che io non potrò mai conoscere per via della mia paura del contatto fisico.
«Ehi, ci sei?», Robert agita una mano davanti alla mia faccia, riportandomi alla realtà, ma senza però scacciare via i brutti pensieri che ormai si sono annidati nella mia testa.
Provo ad accennare un sorriso ma tutto quello che mi esce fuori è una smorfia e anche lui se ne rende conto. «Tutto okay?» mi chiede - annuisco.
«Allora siediti che ti tolgo quella roba dalla faccia, su!».
Senza pensarci, faccio come mi viene detto e mi siedo sulla tazza del water. «Non avevo idea che fossi bravo anche in questo. Struccatore, cuoco, che uomo dalle mille sorprese..», incredibilmente, il buon umore senza tornare poco a poco anche se l'idea di Robert e Sarah insieme a letto mi tormenta ancora. Io non potrò mai fare una cosa del genere, anche se volessi, la mia paura me lo impedirebbe.
«E non hai idea di quante altre qualità ti nascondo» dice, sorridendomi mentre versa un po' di latte detergente nel pezzo di cotone.
Quando mi rendo conto di quello che ha intenzione di fare è troppo tardi ma riesco appena in tempo a tirarmi indietro prima che mi tocchi con quell'affare che assomiglia tanto a una nuvola sporca di crema.
Robert mi sorride di nuovo ma si vede che c'è rimasto male. «Kristen, è solo per togliere il trucco..».
«Lo so..».
«E allora qual'è il problema?».
«Nessuno.. nessun problema» mento.
«Bene, allora lasciami fare quello che stavo facendo. Tranquilla, mh?» - annuisco e cerco di calmare il mio cuore mentre lui piega le ginocchia per avvicinarsi e mi ritrovo con il suo viso a pochi centimetri dal mio. Sento il suo respiro così vicino alle mie labbra e istintivamente chiudo gli occhi mentre Robert passa il pazzo di cotone prima sulle labbra - cuore a mille - per togliermi il rossetto rosso fuoco, poi sulle guance per togliere cipria e altro - dolce sensazione - e infine gli occhi. Per tutto questo tempo il suo respiro è stato come una leggera coperta sul mio viso, ho contato le volte in cui l'ha trattenuto per poi lasciarlo andare su di me, mi sono concentrata per sentire il battito dei nostri cuori che battevano all'unisono senza risultato e mi sono lasciata ripulire dal cotone stretto fra le sue mani. Per un attimo, appena dopo che aveva finito, ho desiderato ardentemente che mi accarezzasse il viso o mi baciasse sulla fronte, per poi essere spaventata da quella stessa idea.
Robert si tira su e io apro di nuovo gli occhi.
Ha un sorriso soddisfatto in viso, sembra quasi un bambino ed è bellissimo.
«Ecco..», mi porge una mano per alzarmi e io la prendo esitando solo un po', «ora sei di nuovo tu», mi fa' mettere davanti allo specchio così da poter ammirare la mia immagine riflessa. Non c'è neanche un po' di trucco sul mio viso adesso, sono completamente scoperta e questo mi spaventa un po' ma mi fa' anche piacere perché odiavo tutta quella roba sulla mia faccia.
«Meglio ora?».
Annuisco, timida. «Decisamente meglio».
«Perfetto. Ti va' un bicchiere di latte prima di andare a letto?» - annuisco di nuovo e lui mi sorride prima di uscire dalla stanza, lasciandomi sola.
Sollevo una mano e mi sfioro il viso.
Quale sarebbe stata la sensazione se invece di quel cotone imbevuto di latte detergente ci fossero state le sue mani a pulire via quel trucco dal mio viso? Mi sarebbe piaciuto?
O sarei scappata via?
Una parte di me dice che probabilmente si sarebbe avverata la seconda opzione ma un'altra parte di me, quella più fiduciosa, quella che non ammette il mio passato e che si rifiuta di credere che tutti gli uomini vogliono solo una cosa da me, mi dice che mi sarebbe piaciuta e che magari avrei dovuto provare. Forse...
Esco dal bagno e vado in camera di Robert, dove Ricky dorme tranquillamente; mi avvicino e gli bacio la fronte prima di andare a cercare alcuni miei vestiti dentro l'armadio - Robert non vuole che tenga tutta la mia roba dentro la zaino, quindi mi ha praticamente obbligata a mettere tutta la roba nuova che mi ha comprato dentro il suo armadio - e sto proprio guardando in mezzo alle maglietta alla ricerca di quella più comoda quando vedo qualcosa che mi incuriosisce, in un angolo, semi nascosto. E' una busta e improvvisamente mi torna in mente il giorno in cui siamo andati al centro commerciale e Robert aveva una busta in mano che non era di nessuno dei negozi in cui sono entrata a comprare roba, che sia questa?
Mi infilo dentro l'armadio e mi siedo dentro - mi ci trovo subito bene, è piccolo ma non troppo, posso chiudermi dentro e nessuno mi troverà qui dentro - prendo la busta e faccio per aprirla quando sento Ricky rigirarsi nel letto e chiamare il mio nome. Chiudo la busta ed esco dall'armadio, avvicinandomi al letto.
«Ehi, piccolino, che succede?», mi siedo accanto a lui, scostandoli i capelli dal viso.
Ricky apre lentamente gli occhi e allunga le braccia verso di me, «Mamma.. mamma..» - mi manca un battito quando lo sento chiamarmi in quel modo. «mamma non andare via di nuovo..», ha gli occhi lucidi e penso che non abbia ben capito chi io sia o forse pensa di stare sognando, perché anche quando mi guarda non sembra riconoscermi.
Lo abbraccio, sdraiandomi nel letto insieme a lui. «Shh, shh, tesoro.. va tutto bene, ci sono qua io con te.. non ti lascerò mai solo, mai, lo giuro su tutto ciò che ho di più caro al mondo», lo tengo stretto a me, mi aggrappo a lui esattamente come lui si aggrappa a me, due relitti persi nell'oceano che cercano una qualche consolazione tra di loro. Forse con i nostri pezzi di nave affondata potremo crearne una nuova che non faccia la fine del Titanic, ma per ora ci basta restare abbracciati.
«Mamma, mamma..».
«Sono Kristen, piccolo mio.. sono solo Kristen.. mi dispiace tanto..».
«Mamma, mamma, mamma» continua a ripeterlo finché non si addormenta contro il mio petto.
Controvoglia, lo scosto da me, mi assicuro che stia bene, lo copro di nuovo, gli bacio la fronte e controllo che non abbia la febbre. Per fortuna sta bene, ha solo avuto un brutto sogno troppo realistico come capitava spesso anche a me da bambina - e anche ora nelle mie notti più sole - così mi costringo a raggiungere Robert di sopra senza neanche essermi cambiata, ma non senza aver prima lanciato un'ultima occhiata al mio piccolo angelo biondo.
Quando arrivo in cucina trovo Robert che sta mettendo sul tavolo due tazze fumanti dall'intenso colore scuro.
«E' una cioccolata calda, quella?».
Robert si gira di scatto verso di me, rischiando di far cadere il contenuto della sua tazza, che tiene ancora in mano. «Cristo Santo, mi hai fatto prendere un infarto, Kristen!».
Non riesco a trattenere una risata. Mi avvicino al tavolo e osservo la mia tazza. Dio, da quando non mangio una cioccolata calda? L'ultima volta è stata.. se non sbaglio, avevo cinque anni ed era buonissima ma questa che ho davanti non è niente in confronto, ha un profumo che mi manda in estasi. «Scusa, non volevo spaventarti.. ha un profumo delizioso».
«Probabilmente è l'unica cosa che in cucina so fare davvero bene, un giorno ti insegno» - va' verso il frigo e lo apre.
«Promesso?» chiedo, come una bambina piccola. In realtà, è più la promessa di passare del tempo con lui che voglio, non quella di imparare a fare la cioccolata.
Lui mi guarda da sopra la spalla e mi sorride in un modo che mi fa' arrossire, «Promesso». Chiude il frigo e io noto che ha preso qualcosa.
«E'.. è... oddio! Oddio, oddio, oddio! Si si si!» mi ritrovo a battere le mani come una bambina di cinque anni mentre Robert ha un sorriso a trentadue denti dovuto probabilmente alla mia scenetta ridicola che non riesco a trattenere.
Si avvicina alla mia tazza e spruzza sopra la cioccolata calda una montagna di panna montata. «Ecco a lei, signorina, la cena è servita! Spero che sia di suo gradimento» - ne mette un po' anche sopra la sua e poi si siede davanti a me.
«Oddio, Rob, non.. non riesco a crederci! Porca puttana, è panna montata!».
«Non credevo di farti così felice».
«Invece lo hai fatto, eccome! Dio, grazie!».
«Di niente, mademoiselle» - colpita e affondata, sono rossa dalla testa ai piedi.





Pov Robert





«Non riesco a crederci che tu non mangi una cioccolata calda da quando avevi cinque anni!».
«Non riesco a crederci neanche io, mi sono persa il paradiso. E' buonissima!».
«Dovrebbe essere illegale».
«Che cosa?».
«Non fare mangiare a una bambina la cioccolata calda. Dovrebbero fare una legge su di questo! Tipo "ogni bambino deve mangiare la cioccolata calda.."».
«.. con panna montata!» mi suggerisce lei, prendendo un altro sorso dalla sua.
«Giusto! "Ogni bambino deve mangiare la cioccolata calda con panna montata almeno una volta a settimana"».
«Concordo in pieno!», Kristen solleva la faccia dalla cioccolata e io non posso fare a meno di scoppiare a ridere: ha tutte le labbra e buona parte del naso e del mento ricoperto di cioccolato e anche un po' di panna.
«Cazzo ridi?».
«Sei piena di cioccolato in faccia!», cerco di smettere di ridere non appena vedo che lei è arrossita e si guarda in giro in cerca di un fazzoletto, imbarazzata come sempre. Quando imparerà che con me può essere me stessa senza imbarazzarsi per sciocchezze come questa?
«Aspetta..».
Mi alzo e vado a prendere un fazzoletto.
Mi avvicino a Kristen, che ha già intuito le mie intenzioni. Solleva una mano per prendere il fazzoletto ma io sono più svelto e le pulisco delicatamente la cioccolata che ha sulla punta del naso. «Sei tutta sporca..» - le sorrido per farle capire che non la sto rimproverando perché con lei non si sa mai - «neanche i bambini di cinque anni a cui è stata negata la cioccolata si sporcano così, sai?».
Ma lei non dice niente e quando abbasso lo sguardo e osservo le sue labbra noto che sono leggermente aperte, come in cerca d'aria.
Ti mozzo il respiro, piccola? Anche tu a me.
Ha gli occhi spalancati e sento il suo sguardo su di me, penetrante e attento mentre le pulisco le labbra. «Ecco fatto. E' la seconda volta oggi che devo pulirti il viso, eh».
Soltanto quando mi sono allontanato abbastanza la vedo riprendere a battere le palpebre. «Già... uhm, non prenderci l'abitudine».
«In realtà.. potrei eccome».
Ecco che arrossiva di nuovo.
Era davvero carina quando arrossiva, continuavo a pensare che fosse una cosa davvero rara da trovare. Sarah non era mai arrossita con me, né nessun altra donna, erano tutte civette o frettolose ma nessuna di loro si soffermava più di tanto sui miei complimenti - non che io ne facessi molti, in effetti Kristen era l'unica ragazza a cui facessi dei complimenti quasi senza rendermene conto, proprio perché mi uscivano spontanei perché era lei. Kristen era speciale, me ne rendevo conto sempre di più.
Nel frattempo, Kristen era tornata alla sua cioccolata. Faceva quasi ridere, sembrava una bambina, guardava quella cioccolata come se fosse la cosa più bella del mondo e in quel momento fui geloso della cioccolata perché avrei voluto quello sguardo su di me. Ero abituato ad avere tutte le ragazze che volevo, mi veniva facile portarmele a letto e loro non si facevano di certo pregare. Kristen invece, lei era lì seduta a tavola che beveva serena la sua cioccolata, con quella sua aria pensierosa che in un attimo spariva e tornava, lasciando spazio a una Kristen bambina che non mangiava una cosa così dolce da una vita.
«Ti piace tanto, eh?».
«Molto.. grazie, davvero».
«Mi stai riempiendo di grazie stasera, guarda che poi ci faccio davvero l'abitudine».
«No! Ehm, meglio di no, davvero».
«Peccato..», cerco il suo sguardo e lo trovo poco dopo, timido e un po' schivo come sempre, «sei più carina quando sei calma e tranquilla, più di quando schizzi come una pazza».
«Stronzo. Io non "schizzo" proprio per niente, sei tu che rompi le palle».
«Hai un vocabolario davvero colorito, sai?».
E poi fa' una cosa che mi fa' capire che stasera è davvero la mia serata.
Mi fa' la linguaccia.
«Parlo come voglio!» - e scoppia a ridere davanti alla mia faccia sorpresa.
«Ma hai davvero cinque anni? Mi basta mio figlio, eh». La sua espressione cambia, si fa' più tesa sentendomi nominare Ricky.
«Rob.. a proposito di Ricky.. prima... ecco, in camera sua.. mi stavo cambiando e.. ha iniziato a chiamare.. sua mamma».
Oh. Un senso di colpa incredibile mi colpisce. Ero così preso da Kristen da dimenticarmi che ho anche responsabilità, quel bambino ormai conta interamente su di me e anche se all'inizio - quando Valerì mi aveva "annunciato" di essere incinta - ero rimasto praticamente impassibile davanti alla notizia, adesso quel bambino conta immensamente per me, è l'unica cosa giusta che ho commesso nella mia vita anche senza volerlo. Mentre Kristen è l'unica cosa giusta che ho fatto nella mia vita, aiutarla e prendermi cura di lei mi fa' stare bene in un modo che pensavo che non ci sarebbe mai stato per me. «Quella ragazza non ha cuore» dico, pensando al modo in cui Valerì è sparita dalla mia vita e da quella di suo figlio senza neanche salutare in modo decente.
«Forse.. forse non voleva semplicemente fare la mamma... anche mia madre non ne andava matta, ma non è andata via.. ha avuto solo più coraggio, ma neanche tanta pazienza a dire il vero..», abbassa lo sguardo e si contorce le mani. Aspetto in silenzio che continui il suo racconto, ho bisogno di sapere qualcosa in più su il suo passato; e dopo un minuto di silenzio, continua. «Vivevamo in un appartamento.. più piccolo di questa casa, diciamo che era più che altro una stanza molto grande divisa da muri... ma avevo una cameretta tutta mia» - mentre parla è come se fosse immersa in un sogno a occhi aperti, gioca nervosamente con le mani, guardando nel vuoto.
«Dov'è tua madre..?» le chiedo, sperando di sfruttare questo momento per ottenere ancora più informazioni.
«Oh.. lei.. non so.. penso.. penso che sia ancora a casa sua, con lui..», l'incantesimo si spezza e una maschera di terrore investe per un secondo il viso di Kristen.
«Con.. lui? Chi è lui?».
«Non voglio parlarne».
«Okay, ma..».
«Ho detto di no», sposta la sua tazza di cioccolata e prende di sua spontanea volontà la mia mano attraverso il tavolo, appoggiandoci sopra la sua, «per favore, non voglio parlare di lui adesso.. voglio solo stare tranquilla per un po', okay? Possiamo.. non so, parlare d'altro?».
«Certo» - ma mentre cambiamo argomento continua a tormentarmi l'idea di Kristen, da sola in quella casa, senza nessuno che la protegge, con un uomo che vuole farle del male e una madre assente. E' questo il suo passato? Vorrei continuare a farle mille domande ma so che se lo facessi la farei solo scappare via, così decido di accantonare l'argomento almeno per stasera.



Sono le tre del mattino quando - dopo almeno un'ora di avanti e indietro nel letto - sento il campanello di casa suonare fino a rompermi l'udito. Impreco e cerco di alzarmi dal divano, dove mi sono addormentato dopo aver accompagnato Kristen in camera mia per la notte; «Ma che cazzo.. uno manco la notte può dormire. Arrivo, cazzo, arrivo!» solo dopo mi tappo la bocca da solo ricordandomi che c'è Kristen addormentata. Mi alzo dal divano e vado ad aprire la porta, ritrovandomi due uomini davanti. Non so chi sono e mi costa davvero tanto aprire bene gli occhi per guardarli in faccia.
«Chi cazzo siete?», non ho né tempo né voglia per essere gentile.
«Non ti interessa. Noi sappiamo benissimo chi sei tu» dice uno dei due, quello più piccolo.
Sto per rispondere quando l'altro - grande quasi il doppio di me - mi sferra un pugno al naso. Prima ancora di sentire il dolore sento il crack che segue il colpo, seguito naturalmente da un dolore allucinante che mi fa' cedere le ginocchia e cadere a terra. «Cazzo, cazzo, cazzo! Ma sei impazzito!? Porca troia.. CRISTO, CHE MALE!» urlo, ormai piegandomi in due dal dolore.
I due uomini restano semplicemente in piedi accanto a me. Poi uno dei due mi dà un calcio al ginocchio, facendomi cadere a terra. Un pugno allo stomaco è il colpo di grazia. «Questo è solo un avvertimento, sia chiaro» - anche se non lo vedo in faccia so per certo che il figlio di puttana che mi ha colpito sta sorridendo.
«Ma avvertimento di cosa, cazzo!», sento il sangue rigarmi il viso ed entrarmi in bocca quando parlo.
«Mettiamola così: io ti consiglierei di smetterla con i tuoi.. "traffici", ecco. Per il tuo bene».
«Vaffanculo. Faccio quello che cazzo voglio».
Altro calcio in pancia. «Se fossi in te, farei tesoro delle nostre parole».
«Andatevene a fanculo! E possibilmente fuori da casa mia..».
«Non la penserai così tra un paio di giorni, ragazzino. Hai fatto il figo anche per troppo tempo, non hai la minima idea in quali casini ti sei cacciato in questi anni ma, se continuerai, lo saprai molto presto» - vedo le loro scarpe firmate allontanarsi da me e la porta chiudersi. Resto sdraiato per terra per un tempo che mi sembra infinito, con il sangue che scivola lungo il mio viso, il petto che mi fa' un male cane e un ematoma che mi sembra di sentir nascere sulla mia gamba. Ma non è il primo pugno che ricevo e sopravvivrò. In questi anni ho fatto a botte talmente tante volte che non è neanche la prima volta che mi rompo il naso, ma stasera proprio non ce la faccio a sollevarmi dal pavimento.




Pov Kristen





Mi sveglio di soprassalto per via di un rumore proveniente dal piano di sotto. Mi giro dall'altra parte per controllare che Ricky stia bene e quando vedo che sta ancora dormendo mi tranquillizzo almeno un po'; ma quanto dorme questo bambino? Ha un sonno davvero pesante. Un'altra cosa in cui mi rivedo molto in lui. Anche io alla sua età, e anche oltre, passavo molto tempo dormendo, era un modo come un altro per non dover vedere la realtà che mi circondava; perché non è vero che quando si è piccoli le cose non si capiscono o non riesci a capire quello che hai intorno, semplicemente non afferri tutto ma le cose ti entrano dentro ancora di più, lasciandoti come una cicatrice dentro, che è peggiore di tutte quelle cicatrici fisiche che ti farai in futuro. Ti lascia come una specie di vuoto dentro.
Mi metto seduta nel letto e sto in silenzio, in ascolto.
Mi sembra ancora di sentire dei rumori dal piano di sotto.
E se Robert fosse sveglio?
Improvvisamente mi passa tutto il sonno.
Salto giù dal letto e quasi corro fuori dalla stanza. Non so neanche io cosa mi succede, ma sento che qualcosa si sta lentamente sciogliendo dentro di me, mi sento come persa e senza meta, mi lascio trascinare dalle emozioni del momento come non mi era mai successo prima e non so cosa pensare di questa cosa, perché da un certo punto di vista mi sento libera come non mai ma se ci penso troppo capisco che questo cambiamento potrebbe anche portarmi solo guai e di guai ne ho avuti anche fin troppi in vita mia.
Mentre scendo le scale ripenso alla mia chiacchierata di stasera con Robert. Con lui è davvero facile parlare, riesce a farmi dire cose che credevo che non avrei mai detto a nessuno e invece con lui mi escono quasi spontanee. Un sorriso mi spunta sul viso all'idea di un'altra chiacchierata notturna.. ma ha vita breve, mi basta uno sguardo alla fine delle scale per notare un corpo disteso per terra, nascosto dal buoi della casa.
Corro a precipizio giù dalle scale e quando sono abbastanza vicina riconosco che è Robert e sta imprecando pesantemente mentre si tiene il naso.
«Rob.. Rob.. ehi.. cazzo, ma.. oh merda, ma che cosa cazzo è successo?» mi inginocchio accanto a lui, il cuore che mi batte a mille. No, no. Non può essere. Anche lui. Anche lui, come tutti quelli a cui ho voluto bene, ha dovuto pagare le conseguenze di stare al mio fianco. Questi pensieri rimbombano nella mia testa mentre mi piego su di lui, gli occhi lucidi.
«Ahi...» - sento un gemito sfuggirgli dalle labbra -
«Kris...Kristen, il fianco.. mi fa' male.. per favore, potresti...».
«Oh! Scusa..» mi scosto subito da lui, rimanendo però seduta per terra accanto a lui. «Rob.. non.. non capisco, chi ti ha ridotto così? Chi.. oh, mamma! Cazzo, il tuo naso, Rob! E'.. sei pieno di sangue» - Robert si è voltato dalla mia parte, non senza aver prima imprecato di nuovo un altro paio di volte, e ora riesco a vedere meglio il suo viso. Mi alzo e corro ad accendere la luce per vedere meglio e per poco non svengo vedendo tutto quel sangue sul suo viso; mi inginocchio accanto a lui, non sapendo bene cosa fare.
Robert deve notare la mia espressione preoccupata perché prova ad accennare un sorriso per calmarmi ma tutto quello che riesce a fare è farsi ancora più male al viso.
«Non muoverti.. Cristo, sei messo davvero male.. devo.. devo portarti da un dottore.. da.. da qualcuno.. oddio, Robert, mi dispiace così tanto...».
«Di cosa? Non è colpa tua».
«Sei.. sei finito così per colpa mia.. io.. io porto guai, te l'ho detto..».
«Non è colpa tua, Kristen. Sono venuti due tipi.. è colpa del mio.. lavoro» - fa' una fatica immensa a parlare e si vede.
«Del tuo.. okay, lasciamo perdere, l'importante adesso è portarti da un dottore. Dobbiamo andare all'ospedale..».
«No..», prova a mettersi seduto ma credo che gli faccia male il petto o il fianco perché non riesce neanche a mettersi seduto bene, «nessun dottore o ospedale, non ho neanche l'assicurazione sanitaria o soldi al momento.. chiama Marcus e Tom, loro sapranno cosa fare».
«Ma..».
«Kristen.. per favore, fa' come ti dico».
«V..va bene» faccio per alzarmi e andare a cercare il suo cellulare quando all'ultimo ci ripenso e torno a sedermi vicino a lui. Quando vedo che sta per protestare e dirmi di affrettarmi sollevo una mano e l'appoggio sulla sua guancia. Una scossa elettrica mi percorre tutto il corpo, leggera, ma percepibile anche a lui o almeno mi sembra di capire che sia così dal modo in cui mi guarda. Gli accarezzo delicatamente il viso, facendo attenzione a non sfiorare la parte lesa. Non ho neanche il coraggio di guardarlo negli occhi mentre parlo. «Starai bene.. mi dispiace tanto», sollevo lentamente lo sguardo su di lui, trovandoci i suoi due occhi azzurri di ghiaccio che mi stanno già guardando, stupiti. Arrossisco e mi alzo di scatto, correndo a cercare il suo cellulare.


Me ne sto appoggiata al bancone in cucina, osservo Ricky che colora un disegno seduto sul tavolo della cucina. Non c'è stato verso di farlo addormentare di nuovo dopo che si è svegliato per via del casino che hanno fatto Marcus, Tom e Sarah quando sono arrivati. Così l'ho portato in cucina e lui ha tirato fuori una specie di kit di emergenza di sua invenzione: pennarelli, fogli, matite colorate, gomme, colla, forbici dalla punta arrotondata e anche alcuni acquerelli. A me è bastato riempirli un bicchiere d'acqua per gli acquerelli e dopo non ha più aperto bocca. Non ha chiesto neanche di Robert e del motivo per cui ci fosse così tanta gente in casa, si è semplicemente nascosto in cucina con me. Mentre lo osservo mi piomba addosso uno strano senso di malinconia, mi rivedo così tanto in lui.
«Okay, tutto sistemato» - Sarah entra in cucina camminando sicura sui tacchi -
«Era messo meglio di quanto pensassimo. Si riprenderà».
«Davvero? Che.. come sta adesso?» chiedo, ricordandomi di come Robert mi avesse pregato di non assistere al "riparo" del suo viso.
«Una merda».
Lancio un'occhiata a Ricky e poi una di rimprovero a Sarah, che scrolla le spalle.
«Prima impara le parolacce meglio è, fidati. E' figlio di Robert, non ha scampo. Oh, ma stai disegnando! Fa' vedere!», si avvicina a Ricky, che solleva timidamente il suo disegno: una ragazza e un ragazzo che si tengono per mano, dietro c'è quello che dovrebbe essere un camino e poi c'è un albero di Natale e un bambino seduto là vicino. Disegna molto meglio di me quando avevo la sua età.
«Oh..» - Sarah mi lancia un'occhiata in cerca di spiegazioni.
Mi avvicino a Ricky e mi chino per baciarlo su una guancia,
«E' bellissimo, tesoro. Lo appendiamo al frigo, ti va'?».
«Così papà lo vede..» - annuisce, sorridente - «Okay!».
Sorrido a Ricky e metto il disegno sotto una calamita attaccata al frigo, al centro.
Ricky ha già cominciato con un altro disegno.
«Allora... come sta?», mi avvicino a Sarah, abbassando abbastanza la voce da non farmi sentire da Ricky.
«Ti sei preoccupata per niente, non è la prima botta al naso che riceve in prima sua..» - di nuovo quel senso di inadeguatezza mi torna in mente, è come se io fossi l'ultima arrivata della scuola, tutti si conoscono già e sanno tutto di tutti e anche se io provo a fare amicizia con il capo della squadra sportiva della scuola ci sarà sempre la sua fidanzata\migliore amica\scopaamica che saprà sempre più di me e me lo farà notare ogni volta. E' una battaglia persa in partenza, non sarò mai come loro.
«Già... be', si è comunque fatto molto male».
«Sopporta molto il dolore».
«Mmh...».
Sarah apre il frigo e tira fuori una birra,
«Mi piacerebbe davvero tanto restare qua e vedere come sta Robert, ma Tom ha bisogno del suo "piccolo aiuto" quindi devo portarlo a fare un giretto. Marcus ci accompagna. Ti lascio il mio numero di telefono in caso tu abbia bisogno di una mano», scrive il suo numero di telefono su uno dei fogli di Ricky, usando un pennarello rosa. Quando me lo porge, noto una luce diversa nei suoi occhi ma non saprei definirla, è quasi un.. avvertimento. «Non preoccuparti di disturbare, chiama. Chiaro?».
«Certo..».
Sarah mi sorride, un sorriso terribilmente affettato anche per una come lei. Mi viene quasi da indietreggiare ma mi impongo di non mostrarmi debole.
«Vedrai che ti troverai bene nel nostro gruppo, Kristen.. non siamo malvagi come sembriamo».
«Interessante scelta di parole..» sussurro, ma sicuramente non abbastanza a voce bassa perché il suo sorriso diventa ancora più falso, se possibile.
«Ora devo proprio andare. Prenditi cura del nostro malato» - esce dalla stanza, indossando tacchi più alti della mia autostima in quel momento.
Resto in cucina finché non sento la porta chiudersi dietro di loro, solo allora esco dalla cucina per andare a vedere come sta Robert.
Sono quasi le quattro di mattina e Robert è sdraiato sul divano, a petto nudo.
Ha il viso girato dall'altra parte e senza pensarci approfitto di quel gesto per posare lo sguardo sul suo petto scultoreo. E' perfetto in ogni sua linea, la carnagione chiara ma non cadaverica come la mia, il fisico muscoloso ma per niente eccessivo e una leggera peluria bionda che lo rende sexy come mai. La posa rilassata mi permette di vederlo in tutto il suo splendore, facendomi arrossire anche se lui non mi sta guardando.
Prendo un bel respiro e mi avvicino.
Robert sente il rumore dei miei passi e si gira verso di me; quando i suoi occhi si posano su di me sento il respiro venir meno.
«C..come stai? Ho chiesto a Sarah e mi ha detto che stavi bene... ma io voglio chiederlo a te».
«Sono stato meglio..» accenna un sorriso, anche in un momento come questo riesce ad avere il miglior sorriso di sempre. Il naso ha una posa strana ma Sarah aveva ragione: non è messo così male e tutto il sangue è sparito, o almeno la maggior parte. Anche se adesso si sta formando un bel livido scuro che non andrà via per giorni. «Ma non è la prima volta che mi prendono a pugni».
«Si.. uhm, mi ha detto anche questo...».
«Ricky è in cucina?».
«Sta colorando. Abbiamo appeso un disegno al frigo, spero che non ti dispiaccia».
Di nuovo quel sorriso, Dio.
«No, per niente».
Non posso fare a meno di ricambiare.
«Ero così preoccupata per te..» - sto davvero dicendo queste cose? escono dalla mia bocca senza che io possa farci assolutamente niente - «Vederti steso per terra, ricoperto di sangue.. ha riportato nella mia testa una marea di brutti ricordi.. e avevo paura che tu fossi.. non so.. morto.. che tu fossi sparito dalla mia vita, come tutti gli altri» - mi accorgo di star piangendo solo quando sento una lacrima arrivare sulle mie labbra e il sapore salato mi invade la bocca; perché sto piangendo?
«Oh, Kristen.. non.. non piangere..», prova ad alzarsi ma io sollevo una mano per dirgli di non farlo.
«Ti farai male.. ho visto i lividi che hai sul petto, non sono.. cosa da niente».
«Non sono niente in confronto ai tuoi».
No. Non ho nessuna intenzione di parlare di questo, non adesso. So che lui vuole solo conoscere la verità ma io non sono pronta, non a raccontare tutto, non ora. 
«I miei sono vecchi, i tuoi sono freschi», terribilmente freschi.
«Ma scommetto che i tuoi fanno più male».
Cazzo.
Ha ragione.
Fanno terribilmente male.
Un male atroce. Ogni giorno, ogni notte piango per i miei lividi, le miei cicatrici e i tagli che ancora sento sanguinare.
Ma cosa penseresti di me una volta saputo come sono finiti sul mio corpo?
«Hai bisogno di una crema, un qualcosa che allievi il dolore e non faccia formare un livido troppo evidente..» dico, asciugandomi le lacrime e cercando di darmi una sistemata, non posso permettermi di crollare, l'ho fatto anche troppe volte da quando conosco Robert. Cosa mi stai facendo? Non posso sopravvivere a una cosa del genere, non lo capisci? Mi sono costruita un muro e tu non puoi buttarlo giù come se niente fosse, cazzo.
«Non me importa niente del livido.. Kristen, per favore, vieni qui.. siediti, non ti tocco, giuro» mi implora. Si solleva a fatica, imprecando sotto voce, e si siede sul divano.
E invece io vorrei tanto che mi prendessi la mano.. ma scommetto che sarebbe solo un'altra delle mille cose che hai già fatto con tante ragazze, mi pento subito di averlo pensato ma ormai è troppo tardi e il mio umore è rovinato. Mi sento piccola e indifesa, un'altra pedina nel gioco di qualcuno e non so più se quello che sento è vero o no, se quello che voglio lo voglio veramente o è solo per paura o curiosità.
Mi siedo accanto a lui, portandomi le ginocchia al petto, come per proteggermi.
Come per creare una fortificazione attorno a me. Non so neanche io da chi o da che cosa io voglia difendermi.
So solo che l'ho dovuto fare per tutta la mia vita e adesso è così difficile non farlo.


(canzone)


«Tu pensi che io sia una specie di pazza, vero?» - ancora una volta la mia testa non è collegata con il cervello e la mia bocca fa' uscire parole che non dovrebbero uscire dai miei pensieri.
«No, ma che dici?».
«Mi hai raccolto come un cane randagio e mi hai dato una casa, ma io vedo il modo in cui mi guardi... non sono altro che un cane che hai salvato dalla strada, ma non ho pedigree o altro, sarò sempre il bastardino che hai salvato».
«Non mi piacciono i cani di razza, anche se non riesco a seguire il tuo discorso fino in fondo. Ha qualcosa a che fare con qualcosa che ho detto?» - sento i suoi occhi su di me ma non ho nessuna intenzione di guardare verso di lui.
No, non ha niente a che fare con qualcosa che hai detto. Ha a che fare con quello che non ho mai detto io, a nessuno. 
«Tu mi fai un sacco di domande, sai? Nessuno mi ha mai fatto tante domande come fai tu, forse perché a nessuno è mai fottuto un cazzo di me».
«A me invece interessa e scusami se ti faccio così tante domande, so essere davvero.. pesante, quando voglio»; "quando voglio", e con me vuoi?
«Non sono le domande che mi spaventano... sono le risposte che devo dare a spaventarmi» ammetto, abbassando lo sguardo sulle mie gambe, so anche senza vederle perché sono coperte dai pantaloni della tuta, dove sono i miei lividi.
«Non devi fare proprio un bel niente. Non sei obbligata a fare niente, non ti obbligherò mai, capisci? Kristen.. Kristen, per favore, guardami quando ti parlo, odio vederti con lo sguardo perso nel vuoto, è come se fossi a chilometri di distanza e invece sei qui, con me, e non devi avere paura quando sei con me, capisci..?» - distolgo lo sguardo dal muro che ho preso a fissare per concentrarmi su altro e non sulle sue parole, ma queste mi sono comunque arrivate e non alle orecchie, ma al cuore, che è anche peggio. - «Io non ti farei mai del male. Non so cosa ti sia successo prima di incontrare me, so solo che non ti piace il contatto fisico e tu non immagini neanche quante immagini orrende questo crei nella mia testa. Ma non importa, perché io non ti costringerò mai a dirmi tutto subito, ti voglio lasciare il tuo tempo e quando sarai pronta e vorrai parlare con qualcuno.. allora io ti ascolterò. Nel frattempo, voglio solo cercare di non spaventarti o non mandarti via da me».
«Anche se tu lo facessi.. anche se mi spingessi via, io non me ne andrei» dico, mettendomi a gambe incrociate sul divano, davanti a lui.
«Mi fa' piacere sentirtelo dire, non hai idea quanto mi faccia piacere.. ma io non lo farei mai. Posso essermi comportato una merda con chiunque altro ma non farei mai del male a una ragazza come te».
Come te.
Come me, nel senso che faccio pena.
Come me, perché non sono come gli altri.
Come me, nel senso che sono diversa da tutti, non ho niente che funzioni bene dentro di me.
Come me, nel senso che sono diversa da lui e tutti gli altri, non farò mai parte del suo mondo, non importa quanto io lo voglia e quanto io mi trovi bene fra le sue braccia, anche se ci sono stata per poco tempo. Ma per quel poco tempo ho capito che è quello il posto più sicuro in cui sono mai stata.
«Una come me... certo» il mio tono trasuda sarcasmo e autocommiserazione e non faccio niente per nasconderlo.
«No, aspetta.. non intendevo quello che pensi tu. "Una come te" nel senso che tu sei diversa da tutte le ragazze che ho conosciuto!».
«So di essere diversa, grazie per avermelo ricordato. Grazie tante».
«Cazzo, non intendevo quello!» - un gesto troppo frettoloso lo fa' piegare in due dal dolore.
Mi piego in avanti, preoccupata.
«Ehi.. tutto bene? Ti avevo detto di non muoverti, cazzo».
Robert solleva la testa, il suo viso a pochi centimetri dal mio, un sorriso affaticato dal dolore al fianco. I suoi occhi sono due pozze di ghiaccio, un lago ghiacciato su cui puoi pattinare ma devi stare attenta perché potrebbe formarsi una crepa da un momento all'altro, in qualunque punto e tu potresti affondarci dentro, per sempre.
«Ti ho detto che sei diversa, ma nel modo più positivo che esista».
«P..perché lo fai?».
«Cosa?».
«Essere gentile con me. Ti devo ricordare come sono finita in casa tua..?».
«No, me lo ricordo molto bene. Sei stata trascinata in casa mia da una tua "cara amica" che non si è neanche preoccupata di vedere dove tu fossi finita e che dopo quel giorno non si è neanche più fatta sentire; non è stata colpa tua, tu non avevi intenzione di farmi del male né di rubare veramente, eri lì solo perché costretta. Ora io lo so».
«Ma non sai tutto..» insisto, calcando sull'ultima parola.
«Lo saprò. So che un giorno riuscirai ad aprirti. Non stasera, probabilmente neanche fra un mese, ma un giorno lo farai».
«Come puoi esserne così sicuro..?».
Come può essere così certo di una cosa che riguarda me?
Perché io vorrei solo scappare via. Fuggire da me stessa e da tutto quello che si sta scatenando dentro di me, per la prima volta.
«Non lo sono.. forse lo spero soltanto», avvicina il suo viso al mio, talmente tanto che sento il cuore uscirmi fuori dal petto.
«Non sperare quando si tratta di me» dico, non riuscendo ad allontanarmi da lui neanche di un centimetro, «te l'ho già detto, sono un caso senza speranza, un disastro che cammina e ti farò solo perdere tempo. Non sono Sarah, io..».
«Sarah? Cosa c'entra Sarah adesso?».
«So che voi due siete più che amici, mi hai presa forse per scema?».
«No, mai. E non ti mentirò: io e Sarah siamo più che semplici conoscenti, ma non siamo neanche quel genere di "amici", in breve.. non credo che la nostra relazione si sia mai basata sull'amicizia, ecco».
«Non credo di capire fino in fondo.. ma comunque sia, non sono affari miei».
Robert solleva una mano e mi scosta una ciocca di capelli dal viso, portandomela dietro l'orecchio.
«Puoi chiedermi tutto quello che vuoi..».
Resterai?
Resterai per sempre? Con me?

«Siamo amici?» - stupida, stupida, stupida.
«Sarò quello di cui hai bisogno, non posso prometterti altro» - gioca con una ciocca dei miei capelli, accarezzandomi il viso ogni tanto, mandando milioni di scosse al mio corpo, che non si muove di un millimetro dalle sue dita.
«Ho bisogno di qualcuno che resti.. che non abbia pietà di me ma che voglia restare nella mia vita solo perché vuole farlo davvero e non so se tu puoi essere quella persona...» - sento la mia voce incrinarsi lentamente, l'immagine di Robert davanti a me diventa sfocata per via delle lacrime che si ammassano sui miei occhi - «ma ci spero davvero tanto..».
Mi tremano le mani.
Ma più di tutto, mi trema il cuore.
Quella sensazione di scioglimento torna a farsi sentire, è come se qualcosa dentro di me si stesse lentamente sciogliendo.. o lasciandosi andare.
Fallo, penso, per una notte, provaci.. guarda se sei ancora in grado di provare emozioni vere.
«Posso provarci, Kristen.. posso provare a essere quella persona».
Emozioni vere, quelle che non hai mai avuto ma hai sempre cercato senza trovarle mai.
«Ti farò uscire fuori di testa.. io.. io sono un disastro, te l'ho detto...».
Le sue mani sul mio viso, milioni di brividi.
«Non voglio cambiarti, voglio aiutarti a rimettere insieme i cocci, piccola».
«Ho davvero bisogno di tutto questo...».
E prima che me ne renda conto il viso di Robert si avvicina sempre di più al mio e c'è quella frazione di secondi prima del bacio in cui hai appena il tempo di decidere se è si o no e mi tornano in mente tutte le volte in cui per tutta la mia vita sono andata alla ricerca di qualcuno che mi aiutasse per poi fuggire davanti agli aiuti che - anche se pur raramente - mi venivano dati. Ho sempre avuto paura di essere in debito con qualcuno o di non essere abbastanza per le persone che erano attorno a me ma da quando c'è Robert la sensazione si è affievolita, mi sento a mio agio per la prima volta nella mia vita e questo è molto meglio di tutto l'aiuto del mondo. Mi sento protetta, mi sento accettata.

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«Se vuoi che mi fermi, dimmelo adesso.. perché ho davvero voglia di baciarti da quando ti ho vista per la prima volta ma non farò mai niente che ti metta in difficoltà o ti faccia sentire sotto pressione. Quindi.. voglio farlo, ma non lo farò se tu non vuoi» - il suo alito sa di nicotina, menta e forse anche un po' di birra ma è quasi inebriante.
«Mmh..».
«Fermami, Kristen.. perché non posso riuscirci se tu non lo fai», ormai le sue labbra sono praticamente sulle mie.
«Fallo, Kristen..».
«Fallo...».
Fallo.
Fermalo prima che sia troppo tardi.
Fermati prima di fare la cazzata più grande della tua vita.
Fermati perché dopo non tornerai più indietro e sai benissimo che una volta che ci sei dentro uscirne è ancora più difficile che entrare.
Non imprigionarti ancora una volta.
Non di nuovo.
«Devo fermarmi, piccola..?».
«No...» - chiusi gli occhi e in un attimo le sue labbra furono sulle mie.


Erano morbide e completamente diverse da come me l'ero aspettate. Mi immaginavo un bacio duro e rude come tutti quelli della mia vita e invece Robert mi baciava come se fossi la cosa più delicata del mondo. Me ne stavo seduta sul divano, tremante, mentre lui mi prendeva il viso fra le mani e premeva delicatamente le sue labbra sulle mie. Sentii le famose farfalle nello stomaco, ma le mie erano più simili a uno stormo che si muoveva confusamente dentro di me, sembrava che le loro ali mi spingessero sempre di più verso di lui; presi coraggio e sollevai un braccio per poi usarlo per circondare le spalle e il collo di Robert, avvicinandolo ancora di più a me. Più vicino, più vicino, più vicino.. a me.
Quando ci separammo per mancanza d'ossigeno, non sapevo da che parte guardare.
«Non mi hai fermato, io pensavo che tu..».
«Non sai molto di me» dissi, per poi sfiorarmi le labbra con la mano. Dio, era stato un bacio stupendo.
«Ma lo saprò. Hai appena detto di si».
«A cosa?» chiesi.
Robert mi sfiorò il fianco con una mano, il mio corpo reagì iniziando a tremare come una foglia quando sentii la sua mano premere contro il mio fianco, l'unica cosa che separava la mia pelle dalla sua mano era una sottile maglietta da casa. Mi accarezzò il fianco e mi avvicinò ancora di più a sé senza però spingere troppo. Si chinò di nuovo e mi baciò di sfuggita sulle labbra, lasciandomi un dolce bacio a fior di labbra.
«Hai detto di si alla mia offerta d'aiuto, piccola. Stavolta sul serio».


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Allora, eccoci qua.
questo è l'ultimo capitolo del 2012 e il prossimo non ho idea di come sarà perché.. be', ci saranno le vacanze e poi
per natale o nei giorni successivi mi dovrebbe arrivare un... cane! si, e sono troppo contenta, lo sto chiedendo da anni e finalmente
mi hanno ascoltata.
ma lasciamo stare me!, dobbiamo occuparci del capitolo.
partiamo con il fatto che... si, si sono baciati e questo è stupendo, magnifico e dolcissimo e ho cercato
di rendere questo capitolo il più dolce possibile anche se non so se ci sono riuscita del tutto ma vi giuro che ho
fatto del mio meglio!
comunque sia, adesso non pensate che sarà tutto rose e fiori!
certo, saranno dolci e tutto quello che volete, ma adesso inizia la parte... vedrete, devo togliermi il mio brutto vizio di anticipare sempre le cose nei miei commenti a fine capitolo, rovina la sorpresa no?
spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto e anche le gif che ho messo - piccolo ps per le gif: io non guardo
the vampire diaries ma quella gif è sdfghjkl e anche se non guardo il telefilm adoro troppo elena e damon insieme perché ho
un'amica che lo guarda e ogni tanto me lo racconta e.. non so, sono tanto belli insieme - ho cercato di adattarle meglio che potevo
alla scena e penso di esserci riuscita.
adesso, visto che è l'ultimo capitolo dell'anno, voglio tantissime recensioni e tutte lunghe, chiaro?
bene,
vi voglio un mondo di bene e vi ringrazio all'infinito,
buon natale, buon anno e buone feste, ragazze, divertitevi.
alla prossima <3



































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Capitolo 11
*** you're special. ***


fire and rain
Pov Kristen



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«Ma porca troia, sempre io mi devo beccare i maniaci?» - entro nel camerino del locale, sperando di trovare cinque minuti di pace. La stanza è vuota, a parte per Bonnie che si sistema il corsetto davanti allo specchio e mi sorride solidale. «Serataccia?» mi chiede, gentile.
«Sono qui da neanche un'ora e ho già trovato due idioti che hanno provato a toccarmi, non.. non lo sopporto» le spiego, sedendomi su uno degli sgabelli davanti agli specchi. Osservo la mia immagine riflessa: il trucco pesante negli occhi, le labbra rosso sangue, la pelle ancora più bianca per via del contrasto. E' il mio secondo giorno di lavoro qui e mi trovo già in difficoltà con i clienti.
«Neanche a me piaceva essere toccata all'inizio.. ma poi ti abitui, fidati» sorride triste e finisce di prepararsi. «Ah, volevo anche chiederti una cosa» aggiunge, ritrovando il suo solito buon umore. Bonnie è una di quelle persone che, anche se la vita va' di merda, ha sempre il sorriso stampato sulle labbra, almeno è quello che ho capito dai due giorni che la conosco. Non l'ho mai vista lamentarsi, al contrario di me che sono una lagna.
«Dimmi..».
«Chi è il ragazzo che ti ha accompagnato oggi?» - mi lancia un'occhiata maliziosa che mi fa' arrossire.
«Oh.. ecco, lui.. si chiama Robert», solo pronunciare il suo nome mi fa' venire le farfalle nello stomaco.
«E' il tuo ragazzo?», Bonnie si siede vicino a me, incoraggiandomi a parlare con lo sguardo ma senza mettermi fretta.
«Mmh... non credo.. non so... è una cosa nuova.. vivo da lui, però».
«Allora sei la sua ragazza! Vivi da lui, quando torni a casa hai lui con cui sfogarti, sei fortunata».
«Non è così semplice...» mi tormento le mani, abbassando lo sguardo. Robert ha insistito per accompagnarmi a lavoro quando mi sono imposta di andarci e mi ha lasciato davanti alla porta del locale baciandomi sulla fronte e avvisandomi che sarebbe venuto a prendermi a mezzanotte in punto. Non c'è bisogno di dire che la sua promessa mi sta facendo contare i minuti che mancano alla mezzanotte. «Tu non vivi con nessuno?» chiedo, per cambiare argomento. Non mi va' ancora di parlare di Robert e della cosa che c'è fra di noi, è tutto troppo fresco e non ho le idee ben chiare e anche se Bonnie mi piace davvero non voglio parlare delle mie cose private con chiunque.
«Nope! Vivo beatamente da sola in un cesso di appartamento a pochi metri da questo schifo di posto, così non devo farmi chilometri per venire a lavoro e posso sempre venire qui quando non ho niente da fare e guadagnare qualcosa. Non che impazzisca dalla voglia di venire qua ogni santa sera, ma sai.. i soldi scarseggiando e si fa' quel che si può!» - è questo quello di cui parlavo, lei parla della sua vita da schifo con lo stesso entusiasmo con cui un bambino parlerebbe di un giocattolo nuovo. Ti fa' venire voglia di essere allegro con lei.
«Oh.. wow».
«Invece casa di Robert com'è?».
«Oh lui.. no, casa sua è bella.. mi piace un sacco, mi ci trovo benissimo».
«Da quanto vivi con lui?».
«Qualche mese, due o tre..».
«Allora è una cosa seria.. anche io avevo un ragazzo, sai?» - decido di ignorare volutamente l'epiteto che ha dato a Robert definendolo il mio ragazzo.
«Come si chiamava?».
«Daniel... era bellissimo e lo amavo tanto.. davvero tanto» i suoi occhi diventano tristi per la prima volta da quando la conosco.
«E... cosa è successo?» ho quasi paura a chiederlo.
«Ha scoperto che lavoro facevo.. stavamo insieme da due anni ormai e io avevo iniziato quando le cose tra di noi non stavano andando più tanto bene perché i soldi in casa mancavano sempre e lui era diventato anche violento perché beveva un sacco.. sai, per dimenticare i problemi. Una sera è venuto a vedere cosa facevo a lavoro, era ubriaco, ha visto che stavo ballando su un palo davanti a decine di uomini e ha dato spettacolo.. ho dovuto chiudere con lui, avevo paura che le cose peggiorassero ancora di più. Ma adesso è okay, sto bene, ho saputo che adesso è in un centro di riabilitazione, la sua famiglia l'ha aiutato in un modo che io non ho mai fatto...».
«Bonnie.. non essere così dura con te stessa, non puoi saperlo. Tu non potevi salvarlo, doveva farlo da solo.. o almeno, la sua famiglia l'ha fatto ma costringendolo.. non serve a niente così», mi tornò in mente mia madre e i suoi tanti tentativi falliti di disintossicarsi soltanto perché ogni tanto mio padre si ricordava della sua esistenza e la mandava in uno di quei centri pubblici, restava pulita un paio di mesi e poi le cose tornavano come prima.
«Si, si.. lo so, ma non è così semplice. Mi manca, non lo nego. A volte spero ancora di tornarci insieme».
«Magari.. potreste.. una volta che sarà pulito del tutto.. quando tornerà la persona di cui ti sei innamorata» - ma di cosa parlavo io? Da quando facevo discorsi del genere? Proprio io, che di amore non ne sapevo niente. Un bacio non poteva cambiare tutto, per me l'amore era ancora qualcosa di inesplorato, un gioco di cui non conoscevo le regole.
«Si..», si asciugò velocemente una lacrima, accennando un sorriso tirato, «forse hai ragione, ma è inutile pensarci adesso. Forza, dobbiamo andare a lavoro. Stasera c'è un sacco di gente».



E' il terzo tavolo che servo in cui cercano o di chiedermi il numero di telefono o di toccarmi e sinceramente sto per crollare. Non posso continuare così, rischio di schizzare o di fare una scenata come mio solito. Mi avvicino al bar per prendere le bibite; James, il proprietario del locale e anche barista, mi fissa di sottecchi mentre pulisce un bicchiere.
«Brutta serata, bambolina?».
Bambolina? Ah-ah. «No, tutto okay» fingo un sorriso e faccio per prendere il vassoio.
«Sai.. non avrei mai detto che Sarah conoscesse persone come te».
«Che.. che intende dire?», so di essere diversa, perché continuate a ripetermelo?
«Tu non appartieni a un posto come questo, le persone come te non appartengono a nessuno finché non trovano la loro perfetta metà. Lo so, perché anche mia moglie era come te, me la ricordi molto...» e mentre parla vedo la sua maschera da duro cedere parola dopo parola, mostrando un uomo con il cuore spezzato.
«Cosa è successo a sua moglie..?».
«E' morta.. quasi sei anni fa', un incidente d'auto. Abbiamo litigato e lei è scappata via in strada... e una macchina l'ha portata via da me per sempre. Ma non ti ho detto quello che ti ho detto per poterti raccontare la storia della mia vita, bambolina, te l'ho detto perché so che tu non appartieni a un posto come questo.. hai solo perso la retta via, ma vedrai che un giorno qualcuno ti prenderà per mano e andrà tutto meglio, te lo prometto» - adesso, l'omone gigante che prima sembrava far parte di una vecchia banda di motociclisti, è un Babbo Natale speciale. Che mi fa' venire gli occhi lucidi.
«Mi.. mi dispiace tanto per sua moglie...» sussurro, non sapendo che altro dire.
«Non ti preoccupare, adesso è in un posto migliore. L'amavo tanto».
«Come si chiamava?».
«Elena..».
«Che bel nome...».
«Era una bellissima persona, e tu me la ricordi tanto».
«Non sono una bella persona» scatto subito, facendo un passo indietro.
James sorride, anche se è un sorriso malinconico di chi si aspettava una risposta del genere. «Già.. anche lei diceva sempre così. Adesso vai, o resterai qui fino a domani mattina» - afferro il mio vassoio pieno di birra e bicchierini di liquore e faccio per girarmi quando sento James che mi chiama di nuovo - «Ah, e se qualcuno ti scoccia.. avvisami che lo sbatto fuori, bambolina» mi fa' l'occhiolino e io annuisco, frastornata. Le persone non sono sempre come sembrano, a volte sotto un brutto involucro ma dentro hanno un diamante, avevo letto da qualche parte, o forse era solo un ricordo.
La serata continua esattamente come è iniziata, sono sempre sul punto di scoppiare ma cinque secondi prima di farlo conto fino a dieci e fingo un sorriso ogni volta. Sento lo sguardo di James su di me per tutto il tempo ma dopo un po' ci faccio l'abitudine e non mi crea neanche fastidio. Bonnie sale sul palco verso le dieci e balla per un un'ora di fila per poi venire ad aiutarmi con i tavoli. Verso mezzanotte meno dieci intravedo Robert all'entrata del locale.
Mi manca un battito.
E' bellissimo, ha una felpa nera e un paio di jeans blu scuro e un capellino da baseball calcato in testa e la barba non fatta, ma è bellissimo per me.
Bonnie si ferma e nota che sto guardando qualcuno in particolare. Si avvicina e mi fa' l'occhiolino. «Il tuo turno è quasi finito, va' da lui. Ti copro io».
Non riesco neanche a parlare così mi limito a un sorriso enorme e poi mi infilo in mezzo alla folla per raggiungere Robert, che incrocia subito il mio sguardo e sorride a sua volta.
«Ehi, bellissima» - si fa' spazio fra la folla ed è praticamente a neanche mezzo metro da me, riesco a sentire la sua voce anche in mezzo a tutto questo casino, è incredibile.
Bellissima?, ma che cosa...
«Ciao..».
«Come ti senti? Stanca?» - aw, premuroso.
«Ehm.. tutto okay», solo in quel momento mi ricordo che indosso ancora la stupida divisa del locale, che consiste in una camicetta scollata - non che io abbia molto da mostrare, eh - e in una gonna che mi arriva a malapena a metà coscia. Mi affretto a chiudere tutti i bottoni della camicetta, sotto lo sguardo divertito di Robert che non riesce a trattenere una risata.
«A degli sconosciuti si e a me no, eh?».
«Già. Ehm, ho praticamente finito il turno, dammi il tempo di cambiarmi e..».
«Non c'è problema, ti accompagno al camerino. Vieni» mi prende la mano e mi conduce in mezzo alla folla. Mentre passiamo noto lo sguardo di Bonnie su di noi, mi sorride e mi lancia un bacio mentre continua a camminare diretta ai dietro le quinte.
«Una tua amica?» mi chiede Robert.
«Oh.. si, Bonnie».
«Lavora anche lei qua...?».
«Uhm, si, ma lei non serve ai tavoli.. balla».
«Ah...» - resta in silenzio per un bel po'. Entro nel camerino - che per fortuna è vuoto - e inizio a prendere la mia roba: una felpa verde di almeno tre taglie più grande, un paio di pantaloni della tuta e le mie scarpe da ginnastica. Mi siedo su una delle panche che ci sono davanti alle postazioni del trucco e mi tolgo i tacchi, ho i piedi che stanno andando a fuoco e stasera ho rischiato più di una volta di rompermi una caviglia. «Hai bisogno di una mano?».
«No.. no, grazie, Rob» cerco di sorridergli ma ho come un blocco, mi sento a disagio per via del nostro bacio. E' cambiato qualcosa fra di noi ma non so ancora che cosa e se mi piace.
«Ti tolgo il trucco, almeno» e senza che io dica niente prende una boccetta di latte detergente - che non manca mai qua dentro - e un pezzo di cotone, per poi passarmelo dolcemente sulla faccia, togliendomi tutto quel trucco osceno che ogni sera sono costretta a mettermi - o meglio, a farmi mettere o da Sarah o da Bonnie visto che io con i trucchi faccio proprio schifo.
«Ecco fatto..».
«Grazie» - mi guardo allo specchio, ora va molto meglio.
«Kristen.. è successo qualcosa?».
«C..cosa? No!».
«Sembri strana.. qualcuno ha provato a metterti le mani addosso?», divento quasi viola dall'imbarazzo.
«S..si, ma..».
«Ecco! LO SAPEVO! Basta, con questo posto hai chiuso. Non è proprio posto per te, questo. Non posso starmene tranquillo a casa pensando a tutti quegli uomini che cercano di ottenere una sola cosa da te. Stasera è l'ultima volta che metti piede qua dentro», Dio santo, è incazzato nero e mi fa' quasi paura. Mi faccio piccola piccola e cerco di capire che non è arrabbiato con me, ma con il fatto che io lavori in questo posto. Ma non posso lasciare questo lavoro, è l'unico che potrò mai avere e a me servono soldi, non voglio dipendere solo da lui, né da nessun altro.
«Non è quello il problema, Rob. A me.. a me va bene lavorare qua».
«A te va bene lavorare qua? Scusa, ma proprio non ti capisco. Tu non sopporti le persone, la folla, il contatto fisico e lavori in un posto che è una combinazione letale di tutte queste cose messe insieme, è illogico», e aveva ragione, ma come potevo spiegargli che per me non c'erano alternative senza sembrargli patetica?
«Mi abituerò.. devo sconfiggere le mie paure, no? Hai promesso che mi avresti aiutato!».
«Certo, e lo farò. Ma un passo alla volta, questo è un suicidio».
Me ne resto seduta lì in silenzio per un po', facendo dondolare avanti e indietro le gambe scoperte e giocando con le mia mani. Non sono brava in queste cose, non sono mai stata brava a parlare con le persone, a spiegarmi, a dire loro cosa provavo e come mi sentivo, ho sempre sperato che le persone lo capissero da sole ma purtroppo le persone non leggono ancora nella mente.
«Possiamo.. possiamo parlarne dopo? Devo cambiarmi» dico. Robert sembra sul punto di dire qualcosa ma poi chiude la bocca ed esce dal camerino chiudendosi la porta alle spalle.
Perfetto, adesso è pure incazzato con me.
Ottimo lavoro, Kristen, davvero.
Sbuffo e mi alzo.
Mi levo in fretta camicetta e gonna, restando in intimo.
Spero con tutto il cuore che non entri nessuno mentre mi tolgo il fondotinta speciale che mi ha dato Bonnie per coprire i lividi.
Pian piano, eccoli che spuntano di nuovo sulla mia pelle.
Blu, alcuni viola, altri leggermente verdi. Ce ne sono anche di nuovi, sbatto spesso contro i tavoli per via dei tacchi.
L'ultimo che lascio è la cicatrice del taglio sul braccio che mi sono procurata da sola. Per fortuna sta già svanendo il segno rosso e ora resterà solo una striscia bianca, leggermente visibile. Ma io so che c'è e so anche come mai è lì, ed è questa la parte più dolorosa.
Mi rivesto in fretta con la felpa e i pantaloni, mi lego le scarpe e mi faccio una coda di cavallo.
Quando esco, Robert è fuori dalla porta che mi aspetta.
«Fatto tutto?», per fortuna il suo tono sembra tornato normale.
«Si».
«Allora torniamo a casa. Hai fame?» - ci dirigiamo verso l'uscita, passando davanti al bancone del bar, dove James lancia un'occhiata a Robert e poi a me. Mimo con le labbra un "tutto okay" e lui annuisce, tornando ai suoi clienti. Mi torna in mente la nostra conversazione e sua moglie e mi sento triste per lui, che non ha nessuno che gli chiede come sta o se ha fame. Io ce l'ho, adesso mi sento fortunata.
«Un po'» dico.
«Spuntino di mezzanotte, allora».
Sorrido,
«Okay! Ah, e.. Rob, grazie».
«Per cosa?» - mi tiene la porta aperta mentre usciamo dal locale.
«Per.. non so, per essere qui. Per venire a prendermi, per chiedermi se ho fame, se sto bene, per accompagnarmi a casa, per tutto quello che fai per me, grazie. Dico davvero, grazie».
L'aria fredda della sera mi colpisce in pieno, pungendomi sul viso e arrossandomi le guance.
Robert mi prende la mano e mi spinge un po' più vicino a lui.
«Assolutamente di niente, bellissima».


«Allora, raccontami qualcosa di questo lavoro».
«Rob...».
«Che c'è? Non ho detto niente, voglio solo sapere cosa fai. Voglio solo assicurarmi che sia un posto tranquillo.. per quanto, un posto come quello, possa essere tranquillo, ma vabbè».
Siamo seduti in cucina, l'uno di fronte all'altro, con in mano la famosa cioccolata calda con panna di Robert. E' bella densa e mi riscalda dentro dopo la passeggiata che abbiamo fatto dal locale a casa, al freddo, mi sono praticamente congelata.
«Okay.. ehm, è un posto okay».
«Mh. Servi ai tavoli e basta, giusto?».
«Ovvio, non potrei mai ballare su un palco. Anche perché sono una frana ballando», riesco a strappare un sorriso a Robert.
«Davvero? Non l'avrei mai detto».
«Da cosa?».
«Non so. Ti muovi bene» - bum, cuore che batte e guance rosse.
«Che intendi dire...?».
«Quando cammini o gesticoli, ti muovi bene, dico sul serio», non riesco neanche a guardarlo negli occhi, sono troppo imbarazzata.
«Sei il primo a dirmelo.. cioè, sei il primo a dirmi una bugia del genere».
«Bugia?», è davvero buffo quando è confuso, o forse la parola giusta è tenero.
«Si, bugia. Perché io non mi muovo bene, inciampo sempre..», ed era vero, non poteva negarlo.
«Okay, è vero, hai una passione per le cadute comiche ma.. quando stai in equilibrio, ti muovi bene», aveva lasciato stare la cioccolata e adesso mi stava fissando dritto negli occhi.
«Oh.. uhm, no».
«Oh, uhm, si» dice, facendomi il verso.
«Oh, andiamo, ma mi hai vista bene?».
«Eccome se ti ho vista..», bum, bum, cuore che parte per conto suo.
«Ehm..».
«E dico che ti muovi bene».
«Se lo dici tu...».
«Lo dico io», allunga una mano e prende la mia, togliendola dal bordo della tazza di cioccolata.
«Oh, ehm..», bum, bum, bum, la sua mano è anche più calda della mia e sento una scossa ogni volta che mi accarezza il palmo con il pollice. «V..va bene, se lo dici tu..», non so che dire, non so come comportarmi, perché mi sembra tutto terribilmente serio?
«C'è qualcosa che non va'..?» mi chiede.
«N.. no, niente».
«Vuoi che ti lasci la mano..?».
«No», brava, così, sicura di te.
La sua espressione cambia, si rilassa e sembra più tranquillo anche lui.
«Okay..» - stringe un po' più forte la mia mano e accenna un sorriso davvero dolcissimo, di quelli che mi fanno morire ogni volta, anche se non vorrei - «sembri agitata però, sei sicura che vada tutto bene? A lavoro..».
«Non tocchiamo l'argomento lavoro».
«Va bene.. voglio solo assicurarmi che tu stia bene, lo sai. Ho promesso che ti avrei aiutato e sto cercando di farlo ma saperti in un posto del genere, pieno di uomini che cercano di afferrarti, non mi tranquillizza neanche un po', sai?».
«Perché ti preoccupi così tanto?», mi pento un secondo dopo averlo chiesto.
Robert mi fissa.
Cazzo, gli occhi.
Gli occhi di Robert, i suoi occhi, i suoi occhi, cazzo.
Ha una faccia che dice "ma come, ancora non l'hai capito?" e io vorrei urlare "no, no che non l'ho capito! cosa c'è da capire? io voglio soltanto stare a mano presa con te, anche in silenzio mi va bene, basta che non te ne vai, che resti sempre con me, perché con te mi sento davvero bene e io di solito sto sempre uno schifo", e invece resto in silenzio, il cuore che rallenta e accellera in un modo per niente normale, mi verrà un infarto da un momento all'altro, ne sono più che certa.
«Perché ci tengo a te».
Bum.
Bum.
Bum, bum, bum, bum, bum.

Okay, mi aveva già detto una cosa del genere prima, ma era in un altro contesto, in un'altra situazione e poi.. e poi non importa, perché io non sono abituata a sentirmi dire cose del genere e quando Robert le dice io penso di morire e ho paura di svegliarmi da un bellissimo sogno ogni volta. Lui ci tiene a me. LUI CI TIENE A ME, CAZZO. E io? Io cosa faccio per lui? Niente, ecco cosa. Porca troia, sono proprio un'ingrata.
«Kristen?».
«Oh?».
«Kristen, stai fissando il vuoto.. tutto okay?».
«Kristen, OH!».
Mi alzo di scatto dalla sedia.
Non mi importa delle conseguenze delle mie azioni, voglio solo ringraziarlo. Ringraziarlo come si deve per tutto quello che fa' per me.
«Kristen, ma che..».
Gli faccio cenno di tenere la bocca chiusa.
Non è così difficile, si zittisce subito appena mi siedo sulle sue ginocchia.
Forza, avanti, mi incito nella mia testa.
Gli avvolgo il collo con le braccia e avvicino il mio petto al suo.
Bum, bum.
Ho il cuore che batte a mille, non mi piace essere così vicina a una persona, anche se è Robert.
Mi rende vulnerabile e ho paura, come se da un momento all'altro dovessi essere intrappolata.
«Cosa stai facendo..?», ma non è arrabbiato, solo sorpreso.
«Shh.. shh..», cazzo, mi trema la voce e lui lo capisce.
Prova a toccarmi il braccio, come per rassicurarmi, ma io mi scosto. Non lo sopporterei, non ora.
«Kristen, non..».
So cosa sta per dirmi.
Sta per dirmi qualcosa su me stessa.
Su quanto io debba pensare prima a me.
Sta per dirmi che non devo fare niente che io non voglia fare.
Ma vedi, Robert, io questo non voglio farlo, io devo farlo, devo farti capire quanto anche io ci tenga a te, quanto ti sia grata, con tutto il cuore.
«Non..», troppo tardi, premo le mie labbra sulle sue con forza.



Pov Robert




Le labbra di Kristen sulle mie, cristosanto.
Morbide, soffici, hanno il loro solito sapore di vaniglia e di Kristen.
Non capisco cosa le sia preso. Un attimo prima era timida e imbarazzata, rispondeva a monosillabi, il secondo dopo era incollata alle mie labbra, dopo esserci praticamente gettata fra le mie braccia. Non che mi dispiacesse, ovvio, ma era strano e il modo in cui si era scostata quando avevo provato ad accarezzarle il braccio mi aveva fatto capire che qualcosa non andava. Sapevo che avrei dovuto non rispondere al bacio, sapevo benissimo che c'era davvero qualcosa che non andava in tutto quello, ma le labbra di Kristen erano sulle mie e lei era seduta sulle mie ginocchia, da quanto tempo sognavo una cosa del genere? Non mi era mai capitato di aspettare per una ragazza prima d'ora, meno che mai per un semplice bacio. Ma con lei, anche una cosa stupida come quella, diventava un evento da festeggiare, qualcosa da segnare sul calendario, quasi.
Quindi, mi godetti il bacio.
Per quanto potessi godermi un bacio del genere: Kristen tremava sotto le mie mani, sembrava una foglia in mezzo a una tormenta.
Ma le sue labbra erano ferme, decise sulle mie.
Ma sembrava quasi che ci fosse una mano dietro la sua nuca che la spingeva contro di me.
La scosto gentilmente, interrompendo il bacio. Quando lo faccio lei sembra cadere dalle nuvole.
«Kristen, aspetta un attimo».
«C..cosa? Non andava bene...?».
«No, non è quello. E' solo che..».
«Ho fatto qualcosa di male..? Ho.. io.. io volevo solo..», sembra una bambina piccola e questo mi fece capire quanto ho sbagliato a ricambiare il suo bacio. Non era la cosa giusta da fare, ho pensato solo a me stesso.
«Non hai fatto niente di male, Kristen. Ma non credo che tu volessi davvero baciarmi».
«Io volevo...», le sue guance diventano di un rosso intenso.
«Dimmi la verità, Kristen. Mi hai baciato perché volevi farlo o perché pensavi che sarebbe piaciuto a me?».
«Io.. io volevo solo dirti grazie.. dirti.. non so, dirti grazie e poi.. uhm, non so», si passa una mano fra i capelli, nervosa.
«Dirmi "grazie"?».
«Si. Ecco perché ti ho baciato».
«Mi hai baciato per ringraziarmi?», non ci sto capendo niente, «E' perché ti ho detto che tengo a te?».
Annuisce, imbarazzata.
«Cristo santo, Kristen, non devi baciarmi per dirmi grazie!», ma ho urlato troppo e lei si fa' piccola piccola, agitandosi nervosamente sopra le mie ginocchia.
«Perché no? E'.. è l'unico modo che conosco per farlo».
«Che ne dici delle parole? Invece che baciarmi mi dici "grazie" e la finiamo qua, molto semplice. Meglio che sentirti tremare mentre mi baci» - i suoi occhi diventano lucidi e lei abbassa lo sguardo, in un modo che non potrei definire in altro modo se non triste, sconfitto, rassegnato, un sacco di aggettivi che avrei preferito non attribuire a lei.
«Scusa» - si alza dalle mie ginocchia e si volta dall'altra parte, ma dal modo in cui le tremano le spalle capisco lo stesso che sta piangendo.
«Ehi.. no, non intendevo.. Kristen, scusa, non volevo..».
«Non importa..» - cazzo, cazzo, cazzo, sta piangendo.
«Per favore, non fare così..» mi alzo e provo a toccarle la spalla con una mano ma lei si scansa subito.
«Lasciami sola...».
«No. Kristen, ti prego, non..».
«Ti ho chiesto di lasciarmi sola.. non voglio parlare con te.. Robert, per favore».
«No che non ti lascio sola, ho bisogno di parlarti. Non volevo dire quello che hai capito tu, davvero. Tu.. a me è piaciuto il bacio, è stato bellissimo, ma non è stato sincero... nel senso che l'hai fatto perché ti sentivi in dovere di farlo, perché non conosci altri modi per ringraziare le persone.. ho capito bene?».
Finalmente si gira verso di me e, cazzo, ha il viso inondato di lacrime.
«Io volevo solo dirti grazie, cazzo. Solo quello. E invece non va'. Non va' perché ogni cosa che faccio è sbagliata o non va bene a te. Ma io non volevo creare una discussione, io volevo solo ringraziarti.. volevo solo.. volevo.. tu hai detto...».
«Ehi» mi avvicino a lei e le afferro le spalle, fermando la crisi di pianto che sta per sopraggiungere, «ho capito. Mi hai detto grazie e io ti dico prego».
«Basta parlarne..», tira su col naso e si sistema i capelli dietro le orecchie.
«Va bene, va bene. Posso fare una cosa però?».
«C..cosa?».
Mi sporgo un po' e le bacio la guancia, proprio nel punto in cui una lacrima le stava rigando il viso.
«Questo», le prendo la mano e lei per fortuna non si allontana di nuovo, «e adesso andiamo a dormire».



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Di solito mi sveglio perché Kristen e Ricky stanno giocando al piano di sopra, in camera mia, o perché Ricky si intrufola nel mio letto saltandoci sopra per svegliarmi perché ha fame, ma oggi l'unica cosa che mi sveglia è il silenzio. Non c'è nessuno in casa e subito mi sale il panico, che quell'uomo di cui parlavano quei due che mi hanno pestato abbia fatto del male a Ricky e Kristen? Balzo giù dal letto e mi precipito in camera loro, niente. Scendo di corsa le scale e vado in cucina, dove vedo un pezzo di carta sul tavolo.
"Ho portato Ricky a fare colazione fuori, stiamo al parco vicino a casa, non credo che staremo via molto... ci vediamo dopo. Kristen".
Un parco?
C'era un parco vicino a casa mia? Davvero?
Non ne avevo idea.
Mi calmai subito.
Non era la prima volta che Kristen portava Ricky a fare passeggiate, ma era la prima volta che uscivano così presto per andare a fare colazione fuori. Che stesse cercando di evitarmi?
Conoscendola, era probabile di si.
Mi sedetti a tavola, poi sentii il mio stomaco brontolare e mi dovetti alzare per prepararmi qualcosa da mangiare. Da quando c'erano Kristen e Ricky a casa mia non mancavano mai cereali al cioccolato e latte fresco. Me ne preparai una ciotola e lo mangiai in silenzio, da solo. Prima, ero abituato a mangiare da solo, colazione, pranzo e cena; certo, a volte venivano Marcus, Tom o Sarah, ma per la maggior parte del mio tempo a casa stavo da solo e non mi dispiaceva, adesso invece, mi sentivo terribilmente solo come mai in vita mia. Mi mancava la voce di Kristen di prima mattina, il modo in cui aveva imparato a preparare anche una semplice colazione solo per farla trovare già pronta a Ricky quando si svegliava, il modo in cui mi sorrideva quando le chiedevo se aveva dormito bene, mi mancavano queste piccole cose.
Così, quando sentii la porta di casa aprirsi, qualche ora dopo, mi alzai di scatto correndo verso la porta.
«PAPA', SIAMO A CASA!» - la voce di Ricky mi perforò i timpani anche se non era vicino a me.
«Tesoro, fa' piano.. magari dorme ancora», ed ecco Kristen. Dio, quanto mi era mancata.
Uscii dalla cucina. Kristen stava togliendo il cappotto a Ricky, appoggiandolo sul divano.
«PAPA'!», Ricky mi si gettò fra le braccia.
Kristen mi guardava imbarazzata.
«Hai letto il mio biglietto?».
«Si, tranquilla. Avete fatto colazione?».
«PAPA'» - Ricky, come al solito, cercò di attirare la mia attenzione - «sai che Kristen mi ha comprato un sacco di paste al cioccolato? E anche un succo di frutta alla pesca e all'albicocca, era buonissimo. Ah, e siamo anche andati anche in libreria», la faccia di Kristen diventò tutta rossa e solo in quel momento mi accorgi della busta rossa che teneva fra le mani e che adesso stava cercando di nascondere.
«In libreria?» le chiesi.
«Ehm, solo.. una cosa da niente. Eravamo di passaggio e..».
«Ha comprato due libri, papà! DUE!» - Ricky andò a sedersi sul divano, facendo dondolare le gambe corte e accendendo la tv sui cartoni animati.
Mi avvicinai a Kristen, che ormai non ci provava neanche più a nascondere la busta.
«Posso vedere..?».
«Non.. non sono niente di che..».
«Ti piace leggere..?», mi ricordavo vagamente di un paio di libri che aveva nel suo zainetto quando è "arrivata" qua.
«Si..».
«Una cosa in più che so, grande. Dai, fammi vedere».
Kristen tira fuori due libri, uno è bello grosso mentre l'altro è più piccolo, il primo ha l'immagine di una ragazza con due cicatrici sul viso e la mano trasparente di un ragazzo che le accarezza le ferite mentre il secondo sono due mani tese che mostrano il palmo e hanno dentro come delle caramelle e c'è scritto "Colpa delle Stelle". 
«Di che parlano?».
«Uhm, questo..», indica il primo, «è l'ultimo di una saga che amo e che seguo da anni, mentre questo..», mi porge il secondo, «mi incuriosiva molto, così l'ho preso».
«Hai fatto bene. Ti avrei accompagnato io, ma non sapevo che ti piacesse leggere, adesso che lo so posso accompagnarti quando vuoi».
«Posso andarci da sola, grazie..».
«Lo so, ma io voglio farlo».
«Oh.. va.. va bene, grazie».
«Di niente, possiamo andarci anche domani, pago io» - una piccola pulce entrò nel mio orecchio.
«Kristen, con che soldi hai pagato?».
«Con i miei, ovvio», so che non dovrei arrabbiarmi, ma subito il mio buon umore sparisce.
«Potevi chiederli a me, lo sai».
«Cosa?», strabuzza gli occhi e mi fissa come se fossi pazzo, «Perché mai dovrei chiederti soldi?».
E io vorrei rispondere con un semplice "perché si", perché vivi con me e io voglio darti tutto quello che ho, e non voglio farti mancare niente e voglio anche che vai via da quel locale di merda, perché non hai bisogno di soldi, hai bisogno soltanto di me, o almeno è quello che vorrei.. ah, e non riesco a dimenticarmi del sapore delle tue labbra, posso baciarti di nuovo?
«Potevo darteli io..».
«Lavoro per un motivo, Robert» - va' in cucina e apre il frigo prendendo una bottiglia d'acqua.
«Si... lo so. Ma non voglio che..», si gira verso di me e mi fulmina con un'occhiata.
«Non vuoi cosa, Rob? Non vuoi che lavori? Non vuoi che io abbia soldi miei? Te lo dirò un'ultima volta: non sei mio padre! Non mi comandi, NON PUOI DIRMI COSA DEVO FARE!».
«Oh, ma che cazzo ti prende? Io stavo solo dicendo che..».
«So benissimo cosa stavi per dire, siete tutti uguali. Tutti uguali... che schifo», non sembra neanche lei, è come se Kristen avesse lasciato il posto a una pazza isterica, ma riesco ancora a vedere la dolce ragazza che ho baciato in quelle urla da squilibrata.
«Kristen, non..».
«NON DIRMI COSA DEVO FARE, CAZZO! PORCA TROIA, VUOI CAPIRLO CHE NON VOGLIO! NON DIRMI COSA DEVO FARE, NON DIRMI COSA MI E' PERMESSO O NO, NON DARMI ORDINI E NON IMPORMI LE TUE FOTTUTE REGOLE DEL CAZZO. FANCULO! NON.. NON FARLO!», ha le guance rosse, i pugni stretti per la rabbia, il respiro affannato come se avesse corso una maratona.
«Kristen.. okay, okay, ma calmati, calmati cazzo, sei tutta rossa! Ti verrà un colpo!».
«Non mi verrà nessun fottuto colpo, ma tu smettila di comportarti in questo modo odioso, cazzo!».
«Ho solo detto che posso pagarti i libri, porca troia».
«Be', NON FARLO! Non farlo, perché io so badare a me stessa, ho un lavoro! E so cosa pensi del mio lavoro, ma è l'unico che ho trovato, l'unico che posso fare. CRISTO SANTO, ROBERT, ti rendi conto che io non posso fare altro? Chi altro mi assumerebbe? E' l'unico posto dove non sono poi così fuori posto e dove posso guadagnare un po' di soldi per le cose che mi servono, per non dover, appunto, chiedere soldi a te, cazzo. Ma, come sempre, tu pensi che io possa conquistare il mondo. Notizia dell'ultima ora, genio:sono una stupida che non sa neanche cucinare, non sopporta di stare insieme agli altri, non ha neanche un diploma e le persone si girano a guardarmi quando cammino in mezzo alla strada e non perché io sia chissà quale bellezza ma perché sono strana, quindi non posso fare quello che dici tu», ed ecco che la verità veniva a galla, come sempre quando urlava e si infuriava e iniziava a urlarmi contro, ed ecco che la rabbia si trasformava in pianto.
«Tu non sei strana».
«Si, SI CHE SONO STRANA! Guardami, guardami bene!», sollevò una manica della sua giacca, mostrandomi il braccio dove si era tagliata. «Vedi? Io faccio queste cose, io sono così, io mi uccido da sola. GUARDAMI, CAZZO».
«Ti guardo, Kristen.. e non vedo niente di "strano", solo una ragazza.. con qualche problema».
«Qualche problema? Qualche... okay» - rise, ma era una risata isterica, «Ora inizierai con la tua solita scenetta, che io non voglio sentire».
«Non farò nessuna scenetta. Siediti».
«TI HO DETTO CHE NON..».
«Non sto dicendo quello che devi fare. Ti sto solo dicendo di sederti un attimo con me, per favore. Ho bisogno di parlarti».
«E se io dicessi di no?».
«Sei liberissima di farlo. Te lo chiederò di nuovo domani, però. E dopo domani, e il giorno dopo ancora, finché non parleremo. Ma se stasera mi dirai di no io non insisterò».
Kristen mi guardò, indecisa.
Alla fine sbuffò e si sedette a tavola.
Sorrisi e lei mi guardò male.
«Vuoi da bere?» chiesi.
«No».
Presi lo stesso due birre.
Mi sedetti davanti a lei.
«Hai ragione».
«Su cosa?», prese la sua birra e ci giocò un po', evitando di guardarmi.
«Non devo dirti quello che devi fare, non sei una bambina», però sei la mia bambina.
«Giusto. Finalmente l'hai capito».
«Già.» - presi un sorso di birra per rinfrescarmi - «però hai torto su quello che hai detto adesso».
«Senti, non..».
«Non sei strana, Kristen».
«Ah, no? E cosa sarei? Diversa? Lo so già».
«Neanche quello, sei speciale».



Pov Kristen



Speciale.
Io sono speciale.
Speciale in che senso?
Speciale nel senso che sono fuori dalla norma?
Speciale nel senso che non sono come lui, come loro, come nessun altro al mondo? Quello non è essere diverso?
Ma lui dice che sono speciale.
Lui dice che io sono speciale e io non neanche cosa voglia dire.
Nella mia vita mi sono sentita diversa, fuori posto, inadeguata, sfruttata, confusa, sola, brutta, stupida, presa a calci, sottovalutata, con il cuore spezzato, senza speranza, un disastro, ma mai speciale.
Mai speciale.
Mai speciale per qualcuno.
Per qualcuno che avesse importanza, forse.
«Che.. che vuol dire speciale..?» chiedo.
Robert si alza e viene a sedersi accanto a me. Mi prende le mani e le appoggia sulle sue ginocchia. Non prendermi le mani così, vorrei dirgli, tanto lo sai che ormai sono completamente incantata da te, che cosa ti costa lasciarmi almeno un po' di sanità mentale? Lasciami le mani, lasciami le mani, lasciami andare. Ma non lo fa', e io non lo mando via.
«Vuol dire che non ho mai conosciuto una persona come te, in vita mia, mai».
«Quello è essere diverso...», ecco, lo sapevo.
«No», mi accarezza il viso e io mi scanso un po'; non così vicino. «Tu non sei diversa, Kristen. Sei solo fragile, tanto fragile. E hai bisogno di qualcuno, una persona che ti insegni.. non so, ad amarti un po'».
«Io non mi amo».
«Ecco, appunto. Ma devi farlo, sei speciale, devi essere amata».
Essere amata.
Essere.
Amata.
Amata, amata, amata.
No, non so cosa voglia dire.
Mia madre mi voleva bene, quando era sobria.
Ma chi amerebbe mai una come me? Nessuno, ecco chi.
«No» dico.
«Okay.. no. Però lascia che ti compri un libro, diciamo che è il mio modo per amarti un po'», per.. cosa?
«Mh..».
«Con me però non hai paura a farti toccare. Cioè, mi hai baciato», diosanto, non voglio parlarne.
Divento tutta rossa e prendo un sorso di birra.
«Sei stato tu a baciare me».
«Me l'hai lasciato fare».
«Si, e allora?».
«E mi hai baciato di nuovo, oggi. Per dirmi grazie».
«Questa conversazione non ha senso, io me ne torno di là» - mi alzo ma Robert mi tiene ancora una mano e mi spinge a girarmi verso di lui, a guardarlo. «Cosa vuoi ancora..?».
«Dì che sei speciale», è serissimo.
«No!», era assurdo, io non ero speciale, perché avrei dovuto dirlo?
«Dillo».
«No, ho detto di no, no, no, no!».
«Sei speciale, Kristen Stewart» - con una mossa veloce mi fece cadere sulle sue ginocchia, bumbumbum - «anche se non vuoi ammetterlo, anche se sei un mistero per me, anche se sei ricoperta di lividi, tagli, segni, anche se c'è tristezza nei tuoi occhi, tu sei speciale, bimba», i suoi occhi nei miei, il modo in cui appoggiò la mano sul mio fianco, come avvicinò il mio corpo al suo. Come le sue labbra alle mie.


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Labbra di Robert.
Labbra di Robert sulle mie.
Mh, voglia di non staccarmi via.
La sensazione che pian piano la tensione stesse lasciando il posto a qualcosa che mi ricordava i "ti voglio bene" di mia madre, a come mi facessero stare bene, al sicuro. Adesso ero al sicuro. Ero tra le braccia di Robert, mi stava abbracciando mentre ci baciavamo, ero al sicuro.
«Dì che sei speciale..» sussurrò contro le mie labbra.
«Mh.. no», sentivo le sue mani sui miei fianchi come due fuochi ardenti.
«Ma lo sei, cazzo» - sfiorò di nuovo le mie labbra, per poi ritrarsi - «tu dici "grazie" con un bacio, sei fottutamente speciale».
«No..», ma non riuscii a non sorridere.
Robert baciò il mio sorriso.
«Ehi!».
«Calma, bimba. Io dico "prego" così».



_______________________________________
okay, ehm, questo capitolo fa leggermente schifo.
ma dovevo postare, quindi...
non so, non siate cattivi con me, ho un cane adesso e ho dovuto stargli dietro un bel po'!
non che il mio blake sia un cane movimentato, dorme molto ed è bravissimo ma richiede tempo, il mio amore.
so.. i don't know.
spero che vi sia piaciuto almeno un pochino e cercherò di farmi perdonare nel prossimo capitolo.
voglio che la storia si movimenti un po', avviso.
lasciate molte recensione perché nell'ultimo me ne aspettavo di più per il loro primo bacio e invece... nada.
quindi, per questo, mh?
vi voglio bene,
alla prossima!

ps. figa la lovato nella prima gif, eh? e i robsten nell'altra? sdfghjkl.





















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Capitolo 12
*** give me love. ***


Pov Kristen





«Ma mi spieghi perché sei venuta a lavoro, oggi?».

«Perché ho bisogno di soldi, ecco perché. E ora spostati, stai occupando tutto lo specchio», mi siedo sulla panca dove è seduta anche Bonnie e cerco di buttarla giù senza riuscirci. Non mangio da giorni, sono completamente senza forze.
«Da quando tu ti preoccupi del trucco per il lavoro? E smettila di spingermi che sei un cazzo di scricciolo» mi prende in giro, facendomi spazio sulla panca. Bonnie e io ormai stiamo sempre insieme a lavoro, è l'unica con cui parlo a parte Robert e Ricky, Sarah non viene praticamente più a lavoro, non la vedo da quasi un mese e mi va benissimo così, ho ancora in mente la nostra ultima chiacchierata e il modo in cui mi guardava non mi piaceva per niente, era come se stesse progettando qualcosa.
«Non mi preoccupo del trucco, solo non voglio che mi licenzino per un motivo stupido..».
«Ma che dici? James ti adora. Ti guarda sempre, ma non nel modo in cui quegli idioti là fuori ci guardano quando passiamo o mentre io ballo, ti guarda come un.. come un papà guarderebbe la sua bambina, penso che sia una cosa davvero dolce, non credi?».
Come un papà, certo. Non mi ricordo neanche cosa si provi ad avere un papà, una figura maschile stabile nella propria vita, qualcuno che ci sia sempre per te, che ti rimbocchi le coperte e ti racconti le favole prima di andare a letto. No, sicuramente non so cosa si provi ad avere una persona del genere nella mia vita. «Si... deve essere bello...».
«Ehi.. tutto okay?», Bonnie smette di ridere e mi fissa preoccupata.
«Si.. tutto okay, sono solo stanca», il che non era una bugia vera e propria. Era da ieri sera che mi sentivo un po' debole e avevo anche un leggero mal di testa, in più sentivo anche il mal di pancia farsi sentire.
«Stanca, eh? Non è che tu e Rob ieri sera..» fa un sorriso malizioso e mi da un colpo scherzoso che mi strappa un sorriso.
«Non dire scemenze, io e lui.. a dire il vero non so neanche cosa siamo. So solo che lui..», nella mia testa si forma l'immagine del Robert ieri sera, di come mi ha preparato la cena e mi ha tenuto sott'occhio tutta la sera perché aveva capito che stavo male, sento di nuovo la sensazione di protezione che solo con lui riesco a provare, che solo lui mi fa sentire; «lui mi ha praticamente salvata, Bonnie. Non so come spiegartelo ma Robert.. ha.. qualcosa di speciale, lui non mi vede solo come un disastro ambulante, è come se lui riuscisse a vedere qualcosa che non esiste, qualcosa di speciale in me, il che è incredibile, perché io non ho assolutamente niente di speciale..», mi guardo allo specchio. Vedo una ragazzina, una bambina, ma c'è una luce diversa nei miei occhi e quella luce mi piace.
«Sei troppo dura con te stessa» mi rimprovera Bonnie.
«Dico solo la verità. Mi conosco, purtroppo ho dovuto convivere da sola con me stessa per molto tempo e so che ho un carattere di merda, un bruttissimo carattere che allontana le persone».
«Robert non l'hai allontanato, però..».
«No... per ora, no. Spero che non accada mai. Se succedesse, non so cosa farei.. ormai è diventato una specie di.. rifugio. Lui e Ricky sono le persone più importanti della mia vita».
Bonnie mi sorride e mi fa segno di girarmi per aiutarmi a mettere il mascara. «Oh tesoro, non sai quanto sono felice di sentirti parlare così. Quando sei arrivata in questo posto, qualche settimana fa, eri come dispersa in te stessa, adesso c'è una luce diversa nei tuoi occhi, perché sai di non essere sola. Puoi contare su qualcuno.. e su di me, ricordardatelo, okay?».
Sorrido. «Grazie..».
Bonnie mi da un buffetto sulla guancia. «E di che? Forza, andiamo adesso, prima che James si preoccupi».
Mi alzo e la seguo fuori.
In effetti, non mi sento per niente bene.
Cerco di far finta di niente e seguo Bonnie finché non mi deve lasciare per andare dietro le quinte a prepararsi insieme alle altre prima dello spettacolo.
Vado al bancone e subito James mi saluta: «Buonasera bambolina, hai una brutta cera».
Oh, si vede così tanto? «No, sto bene».
«Non direi. Finisci prima oggi» la sua non è una domanda ma rispondo lo stesso.
«No, anzi, volevo chiederti se potevo fare il doppio turno stasera..», Robert non tornerà prima delle due di notte per via del "lavoro" e Ricky è in un piccolo asilo che abbiamo trovato che lo tiene anche fino alle ore più ridicole. In realtà è una casa a qualche isolato di distanza da quella di Robert dove una vecchia signora e sua nipote tengono i bambini dei loro amici – amici che, come Robert, fanno lavori che non permettono di avere orari normali – e sono due persone davvero carine, anche se la loro casa e il posto in cui si trova non si possono considerare proprio una reggia ma Ricky si trova bene e si è già fatto un amico e le due donne non chiedono molto quindi è okay per noi. Certo, l'idea di lasciare Ricky a due sconosciute non mi esalta ma neanche l'idea di dipendere da Robert per i soldi, quindi..
«Non se ne parla, stai male» mi liquida James, ignorandomi e rivolgendosi a un cliente che si è appena avvicina al bancone – e a me, quindi mi sposto.
«James» dico, una volta che ha finito con il tipo, «per favore, voglio lavorare. Sono.. sono sola a casa e non mi va', preferisco stare qua.. quindi.. posso?».
«Sola a casa?», ho attirato la sua attenzione.
«Ehm, si..».
«E dove è quel ragazzo.. quello che che viene sempre a prenderti, come si chiama?».
«Robert... lui è.. a lavoro, non può venire oggi. Cioè, può, ma.. viene alle due, ecco perché ti ho chiesto di fare il turno doppio».
«Mh», James si limita ad annuire senza aggiungere altro.
Mi sporgo sul bancone, insoddisfatta. «Allora? Posso restare? Lavoro, giuro».
«In anni di "onorata" carriere non ho mai sentito una delle mie ragazze chiedermi di fare il doppio turno. Magari lo accettavano volentieri o restavano fino a tardi per vari motivi ma nessuno me l'ha mai chiesto.. ma le tue motivazioni sono valide e non mi va che tu stia a casa da sola. Aspetterai qui il tuo amico e nel frattempo servirai qualche tavolo insieme a Bonnie, ti va bene?».
«Benissimo! Grazie» dico, sincera.
James mi sorride, ha due guance paffute, in questi momenti sembra davvero Babbo Natale.
«Vai, vai».
Mi affretto a prendere il mio vassoio con le bibite e inizio il mio turno, che stasera sarà più lungo del solito per fortuna. Ho proprio bisogno di non pensare per un po', di distrarmi da tutti i pensieri che mi frullano in testa. In realtà, l'unico pensiero da cui devo tenermi lontano è solamente uno e ha pure un nome: Robert. Perché lui continua a starmi in testa, giorno e notte. E non va bene, non va affatto bene perché io non so neanche cosa provi lui per me. Okay, è gentile e mi fa un sacco di complimenti, ma che c'entra? Non che io abbia mai avuto un fidanzato e sappia questo genere di cose, so solo come si comportano quei coglioni che ho frequentato fino ad adesso e so che loro volevano una sola cosa da me – e per fortuna non l'hanno mai ottenuta, anche se ci sono andati molto vicini – e riconosco la differenza fra loro e Robert. Lui è dolce, protettivo, e quando sto con lui io mi sento bene, me stessa. Mi sento come se avessi finalmente un posto dove non devo avere paura di niente, ma quanto durerà?
Se c'è una cosa che ho imparato è che niente è per sempre.
Anche quando ho incontrato Scout pensavo di aver trovato un'amica vera, una persona che ci sarebbe sempre stata per me. Ma poi ho visto la verità. È il che bello è che non ho fatto niente, assolutamente niente.
Mi sono sempre fatta andare bene tutto, perché non vedevo altro modo.
E anche adesso sto facendo la stessa cosa.
Non faccio niente per avvicinarmi di più a Robert, lascio solo che lui si avvicini quando vuole ma senza mai permettergli troppa libertà.
Lo voglio, ma ho paura.
Non faccio mai troppi passi in avanti senza farne almeno il doppio indietro.
So che così non andrò da nessuna parte, ma è l'unico modo che conosco per stare con una persona.
So di sbagliare.
Lo so bene, ma che posso fare per cambiare?
«Ecco a lei, signore..» servo una pinta di birra a un vecchio signore che mi sorride – un sorriso viscido, che mi fa salire un brivido lungo la schiena – mi allontano e cerco Bonnie con lo sguardo.
Sta ballando sul palco.
Okay, "ballando" è una parola grossa per quasi tutte le ragazze che lavorano qui ma per lei è persino poco, Bonnie si muove come una vera ballerine, ha movenza eleganti persino in quello che sta facendo, non c'è timore nei suoi passi e persino su quei tacchi chilometrici riesce a muoversi come se fosse a piedi nudi. Mi vede e mi saluta con la mano prima di gettarsi sul palco per raccogliere i soldi che le stanno lanciando.
Non riuscirei mai a fare una cosa del genere.
Morirei di vergogna prima.
Ho fatto tante cose brutte in vita mia, ma questo sarebbe davvero troppo persino per me.
Prima che me ne renda conto è arrivata la mezzanotte e poi l'una e io sono stanca morta, la testa mi sta per scoppiare e vorrei soltanto stendermi un attimo ma la sola idea di andare a casa da sola mi terrorizza e mi fa anche sentire un po' sola. Voglio Robert. Non mi ero mai sentita così e forse è anche un po' colpa del mal di testa e dei giramenti di testa che stanno prendendo possesso del mio corpo ma inizio seriamente a volere Robert, con me, adesso. Ne ho bisogno. Non ce la faccio da sola.
Dio, che mal di testa.
Dov'è Rob?
Mi gira tutta la stanza attorno, cazzo.
Voglio Rob, dove è andato a finire il mio Rob?
Cerco di aggrapparmi a una sedia quando un giramento di testa più forte mi prende all'improvviso.
Amore, amore.. dove sei?
Manco la presa sulla sedia e finisco per terra in ginocchio.
«Kristen!», è Bonnie?
No, Bonnie, non preoccuparti, adesso arriva Robert e risolve tutto, tranquilla. Non urlare, per favore, ho un mal di testa che non ti immagini...
«James! James, corri!» sento urlare Bonnie ma è come se la sua voce provenisse da molto, molto lontano.
Mi premo due dita contro le tempie, nel tentativo di alleviare il dolore.
Non è così forte, ma mi sento debole.
Dio, Rob.. fai presto.
Chiudo gli occhi, alla ricerca di un po' di pace.
La stanza è terribilmente chiassosa.
Una mano si appoggia sulla mia spalla e io apro di nuovo gli occhi nella speranza di vedere Robert ma è solo James, che si inginocchia vicino a me e mi guarda. I suoi piccoli occhi scuri sono preoccupati. Non devi preoccuparti, Babbo Natale, perché adesso arriva Robert e mi porta via, lui risolve sempre tutto, non lo sai? «Oh, bambolina, ti avevo detto che era meglio se non lavoravi.. hai preso proprio una bella botta su quelle ginocchia ossute. Non mangi mai molto, eh?».
Sento il rumore dei tacchi sul pavimento di legno e quando guardo nella direzione del suono vedo Bonnie correre verso di me, indossa ancora l'abito di scena. Si inginocchia accanto a James, anche lei sembra parecchio preoccupata per me.
«Che succede?» chiede.
«Bonnie, fammi un favore: vai a prendere il cellulare di Kristen e chiama il suo amico» le dice, ignorando la sua domanda.
Bonnie non dice niente, scatta in piedi e corre verso il nostro camerino. Nel frattempo, attorno a noi, si è radunata una folla di curiosi. James li manda via in malo modo e subito la gente torna ai propri posti, già stanchi di uno spettacolo patetico come me.
Mi viene da piangere.
Mi sento male.
Mi sento male fisicamente e anche mentalmente.
Mi sento uno schifo, in tutti i sensi, cazzo.
Mi gira la testa, non ho neanche la forza di alzarmi.
Vorrei dire a James che va tutto bene ma tutto quello che faccio è accasciarmi a terra.
«No, no, no», James mi afferra per le braccia e mi mette di nuovo seduta. Mi dimeno, non voglio che mi tocchi. «Aspettiamo il tuo amico, va bene?», annuisco, «Ma.. lo aspettiamo in un altro posto, non in mezzo al locale. Adesso ti prendo in braccio, okay?».
Scuoto la testa.
No, non voglio che mi tocchi nessuno.
Voglio stare sola.
Sola, con Rob.
Corri, corri, corri da me.
«Non puoi stare qua, Kristen».
Non mi interessa.
Non mi interessa, capisci? Io voglio stare qua. Lo aspetto qua.
«Avanti, forza.. almeno alzati da sola, allora».
Non ci riesco, mi dispiace.
«Uno sforzo, bambolina. Uno sforzo e basta».
Uno sforzo?
Uno, dici?
No, grazie.
Ne ho fatti anche troppi, ultimamente.
Sai, mi sono sforzata un sacco. Mi faccio sfiorare da Robert, il che non è neanche male, perché lui è Robert ed è l'unica persona a cui voglio bene davvero. Forse anche lui mi vuole bene. E be', per lui posso anche saltare da una montagna e scalare un vulcano, farei qualunque cosa se me la chiedesse lui, ma sono troppo stanca stasera, mi dispiace. Voglio solo dormire un po', solo un po'..
«Kristen, ehi..», Bonnie.
Oh.. voglio un po' di bene anche a lei, si.
«Robert sta arrivando, Kristen.. ma tu.. non stare così, cazzo.. insomma, vuoi che arrivi e ti trovi in questo stato? Non è sexy, amica mia. Non è per niente sexy e tu devi fare colpo su di lui, no? Che dici, andiamo in camerino e ti rifaccio il trucco?», mi prende la mano ma io la scosto. Mugugno qualcosa che spero si avvicini al "no" che voglio urlare. No, lasciatemi stare, sto aspettando!
«Lasciala stare..» si mette in mezzo James, «non si muoverà di un solo centimetro. Cerca di far allontanare la gente, piuttosto. È tutto quello che possiamo fare finché quel tipo non si fa vedere..».
Ehi!
Lui non è un "tipo".
Lui è Robert.
Lui è l'unico che mi capisce.
Lui mi può toccare perché voglio che lo faccia, e per me è una cosa unica.
Lui è tutto quello che ho.
Pian piano chiudo gli occhi un'altra volta.
Mi accascio sul pavimento, mentre una sensazione di torpore prende possesso del mio corpo e lentamente anche le voci di James e Bonnie si fanno sempre più lontane, finché non diventano solo un eco nella mia testa. Finalmente pace.
Non so da quanto sto dormendo.
All'improvviso sento una mano accarezzarmi il viso.
Bonnie non mi toccherebbe mai così.
James lo ucciderei prima che facesse una cosa del genere.
«Kristen...?».
Amore.. sei venuto.
«Kristen.. svegliati, per favore..».
Si.. si, per te, si.
Apro gli occhi e mi ritrovo quelli azzurri di Robert davanti. È un sogno?
No, è davvero qua. Accenna un lieve sorriso, ma è davvero piccolo perché la sua espressione è corrucciata, sembra in pena.
«Come ti senti..?» mi chiede, in ansia.
«Rob...» è tutto quello che dico.
Mi accarezza una guancia e mi scosta i capelli dal viso, «Mi hai fatto prendere un colpo, sai..?».
Annuisco, o almeno ci provo.
«Che le è successo?» distoglie lo sguardo dai miei occhi e si rivolge a James.
No, ti prego.. guarda me, guardami..
«Sono quasi certo che abbia avuto un mancamento. Sta mangiando?».
«Si... credo.. sto fuori parecchio. Mangia quando ci sono io».
Si, amore.
Io mangio, ma solo quando ci sei tu a casa con me. Quando non ci sei non tocco cibo, non mi va, voglio solo distrarmi, stare con Ricky, giocare con lui, con quel bellissimo bimbo che ha i tuoi occhi, amore.
«Questa ragazza è troppo magra, lavora troppo, non sta mai ferma e la situazione potrebbe essere anche più grave. Servirebbe un medico ma...», James sospira, sembra anche più stanco di me, «non sono sciocco, ragazzo, se lei lavora qua vuol dire che voi due siete quel genere di persone che non può permettersi un medico e non vuole neanche andarci.. ho già visto casi come questo, nel mio lavoro, e tutto quello che posso dirti è di farla riposare molto, tenerla sotto controllo e farla mangiare parecchio. Per la storia del dottore, potrei trovare io qualcuno.. gratis, ovviamente».
«La ringrazio.. davvero».
«Portala a casa, ragazzo. E .. cerca di prendertene cura, è speciale».
Sento un braccio di Robert infilarsi sotto le mie ginocchia e una mano tenermi per la schiena, «Lo so bene.. la ringrazio ancora», lentamente, mi solleva da terra. Oh, Rob... mi accuccio contro il suo petto, stringendo i pugni chiusi contro la sua maglietta. Sa di Robert, mi inebrio di quel profumo che mi fa subito rilassare. Appoggio la testa contro di lui. «Andiamo a casa, piccola..».
Si, amore. Finalmente sei arrivato da me.




Pov Robert





«Si.. si, lo so che avevamo detto che saremmo passati alle due ma c'è stato un imprevisto.. quindi.. si, mi dispiace, so che anche lei deve andare a letto ma.. la pagherò, okay? Le darò il doppio.. solo.. tenga ancora Ricky là con gli altri bambini.. ah, è rimasto solo lui.. be', giochi con lui, metta un cartone animato alla TV, faccia qualcosa! Senta, devo andare, va bene? Verrò a prenderlo entro un'ora, forse... ci sentiamo e.. grazie per la pazienza».

Riattacco il telefono prima che quella donna possa ribattere.
Mi giro verso il letto di camera mia, dove Kristen è sdraiata sopra le coperte, addormentata. Ma non posso lasciarla così, ancora vestita con la divisa del lavoro e sopra le lenzuola. Devo metterla a letto e vedere cosa posso fare per farle stare meglio.
Mi avvicino e le sfioro la fronte.
Cazzo, scotta.
Mi allontano, ma solo per andare a prendere qualcosa da metterle per dormire. Prendo una mia maglietta e un paio di pantaloni della tuta che ha lasciato nel mio armadio, mi avvicino e noto che sta tremando un po'. È così piccola.
Mi avvicino e mi inginocchio sul letto, accarezzandole una guancia sperando di svegliarla senza spaventarla. «Piccola? Kristen, bimba, sveglia..».
Mugugna nel sonno ma non apre gli occhi.
«Kristen? So che sei stanca, piccola, ma..».
«Rob..?», apre un po' gli occhi e mi fissa confusa.
«Si.. si, piccola».
«Rob.. ho.. ho freddo...».
«Lo so, piccola.. devi metterti qualcosa addosso ma prima devi toglierti quello che hai.. ti aiuto, okay?».
I suoi occhi si spalancarono, terrorizzati. Non vedevo quell'espressione da molto tempo e non mi era mancata per niente. «N-No.. f-faccio da sola» balbetta.
Decido di farla almeno provare.
Non mi va di farla agitare più del necessario.
«Okay..».
Le porgo una mano per aiutarla a mettersi seduta e lei ci riesce. Mi sollevo dal letto e le porgo la maglietta e i pantaloni.
«Devi... devi uscire dalla stanza, però..» sussurra.
«Mi giro, non guardo, giuro» mi metto in piedi e le do le spalle, fissando la porta dondolandomi sul posto, nervoso. Perché non mi permette di aiutarla?
Sento Kristen alzarsi a fatica, tossire e poi sento il rumore della stoffa che passa fra i suoi capelli mentre si toglie i vestiti. Si china sul letto per prendere i vestiti puliti ma in una frazione di secondo sento un tonfo per terra e mi giro di scatto verso di lei. È caduta in ginocchio per terra, si tiene la pancia con un braccio e il petto con l'altra, per coprirsi. Corro verso di lei, inginocchiandomi accanto al suo corpo tremante coperto solo dalla biancheria intima. «Kristen!».
«Va.. va tutto bene, sono solo inciampata..».
«Aspetta, ti aiuto a rialzarti..».
Faccio per prenderle la mano ma lei si tira indietro, coprendosi ancora di più. Do un'occhiata veloce al suo corpo e capisco cosa sta cercando di coprire: il corpo è ricoperto di lividi, anche se la maggior parte adesso sono vecchi e stanno svanendo, ma ci sono alcuni ematoma che ci metto più tempo degli altri. «Non guardali, Rob» mi prega, i suoi occhi si riempiono di lacrime mentre cerco di tirarla su afferrandole i fianchi.
Lei si dimena e prova a sfuggire dalla mia presa ma questa volta non la lascio andare.
«E' okay, piccola.. va tutto bene, calma..».
«No!» urla.
«Kristen, ferma» le intimo, ma lei si dimena e riesce a liberarsi. Peccato che le sue gambe non reggano il suo peso, l'afferro al volo prima che cada un'altra volta sul pavimento.
«Robert, lasciami! LASCIAMI! TI PREGO, NON..».
La stringo forte e la stendo delicatamente sul letto.
La fisso dall'alto verso il basso e mi sento un mostro.
Mi sta guardando con gli occhi pieni di terrore.
Appena è libera si rannicchia all'inizio del letto e cerca qualcosa per coprirsi – i suoi gesti sono bruschi, sbrigativi, le sue mani tremano come il resto del suo corpo.
«Mi dispiace...» dico.
Lei non mi guarda.
«Eri caduta.. scusa.. non.. lo sai che non ti avrei mai fatto del male, Kristen.. ti prego, tu lo sai.. sai quanto conti per me» mi avvicino al letto e lei trema ancora di più. «Non fare così.. non avere paura di me.. Kristen?» la chiamo ma lei non solleva neanche lo sguardo.
Mi siedo sul letto, dandole le spalle e prendendomi la testa fra le mani, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Avrei dovuto avere più pazienza, fare più piano con lei. Che idiota che sono.
«E'.. è.. così brutto?», la sua voce è bassissima ma io la sento benissimo.
La guardo da sopra la spalla. «Cosa, piccola?».
Lei si morde il labbro e una lacrima le riga la guancia. Timida, scosta la coperta dal suo petto. «Il mio corpo...è.. pieno di.. segni. Lividi, Rob».
Mi giro completamente verso di lei e cerco di sorriderle per rassicurarla ma la sua espressione mi spezza il cuore. «No, piccola.. per niente. Sono segni, hai ragione, ma sono solo questo, non ti rendono una persona diversa. Tu sei tu, sei bellissima, stupenda, sei la ragazza più.. più bella che io abbia mai incontrato» sollevo una mano e le accarezzo una guancia e lei me lo lascia fare. È più fredda, la febbre sta scendendo per fortuna.
Lei scuote la testa mentre un'altra lacrima scende lenta sulla guancia che sto accarezzando. «Io.. io vorrei crederti.. lo vorrei.. davvero tanto...».
«Allora credici. Kristen, io.. io sono..», diglielo, sussurra una voce nella mia testa, di a questa ragazza cosa provi per lei una volta per tutte. Ma no, non è il momento giusto. Lei è in lacrime, mezza nuda e con la febbre, voglio che ripensi a questo momento come a qualcosa di bello, non a.. questo. «Io sono davvero convinto che tu sia bellissima, i tuoi lividi non fanno che renderti ancora più speciale ai miei occhi, capisci?».
«Sono lividi, Rob... sono.. orrendi».
«I lividi. Non tu, piccola..».
«Ma i lividi sono sul mio corpo! Lo capisci? Non vanno via!».
«Andranno via col tempo..».
«Sono stanca di aspettare».
«Compriamo qualcosa, mh? Compriamo qualcosa che velocizzi la guarigione, ma nel frattempo tu devi capire che di me non ti devi mai vergognare, mai. Tu sei bellissima» lascio scorrere la mano dalla sua guancia alla spalla e poi sul braccio, sento la sua pelle ricoprirsi di brividi sotto le mie mani ma non si scosta.
«Rob..».
«Bellissima, Kristen. Sei bellissima, piccola».
Solleva timidamente lo sguardo e vedo i suoi occhi verdi lucidi che cercano qualcosa dentro i miei, forse la prova che sto dicendo la verità. Ma come fa a non capire quanto bella sia? Quanto sia meravigliosa sia dentro che fuori, come lei mi abbia cambiato dentro. È la cosa più bella che mi potesse capitare e vorrei poterla salvare, se solo lei me lo permettesse. «Tu sei bellissimo...» sussurra.
Sorrido, «Detto da te vale anche di più».
Kristen si morde il labbro, è nervosa. Scosta ancora un po' di più la coperta finché anche le sue gambe non sono libere. Si inginocchia, adesso ha il viso alla stessa altezza del mio. Cerco di non guardare sotto il suo viso per non metterla in imbarazzo. Lei fa scivolare le sue braccia intorno al mio collo e, lentamente, si avvicina a me. Il suo viso è a pochi centimetri dal mio e non riesco a distogliere lo sguardo dalle sue labbra. Da quanto non la bacio? Sto impazzendo dalla voglia di farlo.
«Rob..», la sua voce da bambina mi fa ricordare che devo calmarmi, «ti.. ti ricordi come dico "grazie"?».
Annuisco, sorridendo.
Anche lei accenna un piccolo sorriso prima di poggiare timida le sue labbra sulle mie, stringendo ancora di più le sue braccia intorno al mio collo. Le afferro piano i fianchi con le mani, sentendo la sua pelle morbida e scoperta. È davvero calda, soffice al tocco. Stringo più forte la presa sui fianchi quando la sua bocca si schiude sotto richiesta della mia e il bacio inizia a farsi più casto. Non mi aveva mai permesso di baciarla in questo modo. Le accarezzo i fianchi, facendo andare le mani su e giù e lungo la schiena, spingendola più vicina a me.
Mmh.
Dio, i suoi baci.
I suoi baci che si fanno sempre più intensi.
Il fatto che sia mezza nuda fra le mie braccia.
La mia mano che mentre le accarezzo la schiena incontra il gancetto del reggiseno e lei trema sotto il mio tocco, ma stavolta non sembra avere paura e si avvicina sempre più.
Infila una mano fra i miei capelli e ci gioca provocandomi dei brividi.
Preso dall'euforia faccio scendere una mano fino al suo fondoschiena.
Kristen si solleva un po' facendo pressione sulle ginocchia e io ne approfitto per tirarla su tenendole il sedere e facendola sedere sulle mie ginocchia. Lei si mette a cavalcioni sopra di me, i nostri bacini si scontrano e nella mia testa è come il rumore di un'onda che si schianta contro uno scoglio. Rimette le braccia intorno al mio collo e mi morde piano il labbro inferiore.
Non so dove mettere le mani.
Vorrei potermi godere questo momento ma riesco solo a pensare al fatto che finalmente si sta lasciando andare e sono così contento che vorrei poter far durare questo momento per sempre ma allo stesso tempo so che non sarà così e voglio fare la cosa giusta per non rovinare tutto, per andare oltre i suoi soliti limiti senza spaventarla.
Mentre le stringo un fianco sposto le labbra dalla sua bocca e le sposto sul suo collo, forse una delle poche zone sul suo copro priva di lividi.
Lascio un piccolo bacio, per vedere come reagisce.
Un timido gemito esce dalle sue labbra e io faccio scorrere le mani su e giù per la sua schiena, incontrando di nuovo la forte tentazione del gancetto del reggiseno.
«Rob..», sono talmente preso da quello che sto facendo che non riesco a capire se il suo sia una richiesta di smettere o di continuare.
«Si..?».
Kristen si scosta per guardarmi dritto negli occhi. Smetto di baciarle il collo per guardarla negli occhi ma non tolgo le mani dalla sua schiena. «Rob.. » sembra sul punto di dire qualcos'altro invece riprende a baciarmi, prendendomi il viso fra le mani. Sembra quasi che tutta la sua paura sia evaporata via ma riesco ancora a sentire la sua timidezza in ogni gesto che compie. È ancora la mia piccola Kristen.
Mi appoggio piano sopra di lei, facendola stendere sul letto. Appoggia la testa sul cuscino e mi sorride, un sorriso così spensierato che quasi non ci credo.
«Mi piace...» dice, poi si nasconde il viso fra le mani.
«Ehi.. cosa ti piace?».
«Questo!» si toglie le mani e mi guarda, i suoi occhi brillano, «Mi piace questo.. mi piace come le tue mani toccano il mio corpo.. è come se lo guarissero, Rob» appoggia una mano sul mio viso, poi la fa scivolare sulla mia nuca, in modo da avvicinare il mio viso al suo.
«Kristen..».
«Sei la mia medicina, Rob.. capisci? Sei l'unica cosa che mi fa stare bene sul serio» sussurra contro le mie labbra. È come se le parole mi stessero baciando.
«Tu non sei malata, Kristen..».
«Si.. si, che lo sono. Sono fottutamente malata e tu sei la mia cazzo di medicina, capisci? È la prima volta in vita mia che mi sento così.. non farlo smettere, ti prego..», le sue dita si rincorrono lungo la mia schiena, piccole e timide.
«Cercherò sempre di farti stare bene, piccola..».
«Anche io..» i suoi occhi si fanno più tristi, «anche io voglio renderti felice, Rob..».
«Tu mi rendi felice.. lo fai in continuazione, Kristen. Sei una continua fonte di felicità per me e non te ne rendi neanche conto».
«Sai..», si passa una mano fra i capelli, chiudendo gli occhi per un secondo. Prende un bel respiro e poi mi guarda, «è difficile pensare di essere la felicità di qualcuno se per tutta la tua vita non hai fatto altro che pensare che la tua vita fosse un completo fallimento».
«Ma tu sei grandiosa..».
«No invece..».
«Si! Si, cazzo. Sei la ragazza più bella che io conosco, la più simpatica, la più dolce, la più sincera, hai qualità che tutti gli altri si sognano soltanto e tu pensi ancora di non essere grandiosa? Be', svegliati, bella addormentata, perché tu sei la cosa più bella che mi sia capitata e anche se mi ci vorrà tutta una vita intendo passare tutto il resto dei miei giorni cercando di farti capire quanto.. perfetta tu sia» faccio tutto il mio bel discorso guardandola nei suoi occhi verdi – che diventano lucidi – tutto il tempo, stringendole i fianchi con più forza per via dell'emozione che mi colpisce.
«Rob..?», tante piccole lacrime iniziano a scendere sulle sue guance e io le asciugo tutte con le mani, aspettando che lei continui a parlare ma dopo un po' capisco che ha bisogno di una leggera spinta.
«Si, piccola?».
Kristen mi stringe le braccia, poi le spalle e infine mi getta le braccia al collo.
«Posso restare sempre con te..?».
Le lascio un leggero bacio nell'incavo del collo.
«Non ti lascerò mai andare via».




*





Pov Kristen





Robert era andato a prendere Ricky per riportarlo a casa e io me ne stavo sul letto, confusa ma allo stesso tempo piacevolmente sorpresa di me stessa. Prima, con Rob, mi ritrovata così a mio agio. Certo, ero nervosa e forse avrei potuto fare di più, ma per la prima in vita mia mi ero comportata come una ragazza normale, non una pazza schizofrenica con problemi con il contatto fisica. Mi ero ritrovata a sorridere durante il bacio, il modo in cui mi toccava mi mandava fuori di testa, mi faceva sentire così bene che quasi sentivo ancora le sue mani sui miei fianchi persino in quel momento.

Così è questo che si prova a farsi toccare da qualcuno?
Mi mancava questa sensazione.
Da quando non avevo un contatto volontario con qualcuno? Certo, sfioravo le persone mentre camminavo e per via dei lavoretti di Scout mi ritrovavo anche a toccare parti del corpo di sconosciuti che avrei preferito evitare, ma niente di volontario e niente di così meraviglioso.
Mi piaceva.
Mi piaceva da matti.
E glielo avevo detto.
Ero fiera di me stessa.
Mi ritrovai a sorridere da sola.
Mi accorgo di essere ancora in intimo quando sento la porta di casa aprirsi e i passi di Robert che entra e chiude la porta dietro di sé. Mi affretto a coprirmi con il lenzuolo proprio nel momento in cui Robert entra in camera da letto tenendo Ricky addormentato fra le braccia, il visetto tondo appoggiato alla spalla del suo bellissimo papà.
Mi sorride e appoggia Ricky sul letto.
Lo sistemo sotto le coperte coprendolo cercando di non svegliarlo.
«Ehi..» sussurro, incerta su come comportarmi.
Robert mi guarda e mi fa un sorriso a trentadue denti. «Ciao, bellissima. Vieni di là in cucina con me o sei stanca? Se vuoi dormire..».
«Vengo con te» dico, sicura. «Solo.. puoi prendermi i miei vestiti?».
Rob fa un sorriso da "ma certo, me lo aspettavo" e si inchina per prendere la mia maglietta. Niente pantaloni.
Faccio finta di niente, mi infilo la maglietta e scendo dal letto per seguirlo in cucina. I ricordi di prima affollano la mia testa. Voglio provare di nuovo quelle sensazione ma non so come dirlo senza sembrare sfacciata o peggio, un idiota.
«Preparo del caffè, vuoi una cioccolata?» mi chiede.
Mi siedo sullo sgabello, facendo dondolare le gambe. C'è un po' di freddo e mi maledico per non essermi presa da sola i pantaloni della tuta. «No, grazie».
Osservo Robert mentre prepara il caffè e la cioccolata.
La sua schiena è davvero.. ampia. Un ricordo di prima si pianta ben bene nella mia testa, il modo in cui potevo aggrapparmi alle sue spalle senza problemi mentre eravamo nel letto seguito dal ricordo dei suoi baci, dal modo in cui le sue mani accarezzavano i miei fianchi.. avrei voluto che non finisse mai.
Da quando io sono così?
«Ecco qua», non mi ero neanche accorta che avesse finito. Robert è davanti a me e tiene in mano la mia cioccolata mentre il suo caffè è già appoggiato sul tavolo.
«Grazie, Rob..».
Si siede davanti a me, «Avevi un'aria strana, a cosa stavi pensando?».
«A n-niente» balbetto, arrossendo.
«Mh, non ci casco. A che pensavi, Kristen?» i suoi occhi si fissano su di me, indagatori e all'improvviso sento come uno schianto dentro di me. Come una bomba che esplode o il tic di una chiave che viene infilata nella toppa di casa, che si apre. Ecco, forse è più la seconda definizione, è come se Robert avesse aperto qualcosa dentro di me, come se per tutto tempo io fossi sempre stata rinchiusa da qualche parte senza che neanche lo sapessi.
Una lacrima mi scorre sul viso, seguita da altre tre.
«Ehi.. no, Kristen, non intendevo.. scusami, piccola, mi dispiace, non intendevo farti piangere..» si alza e mi raggiunge, inconocchiandosi accanto a me e appoggiando entrambe le mani sulle mie ginocchia. «Scusami se sono stato troppo aggressivo o.. non so, scusami e basta. Non piangere, però.. non farlo, per favore..».
Sento il mio corpo tremare per via del pianto.
Ma al contrario dei miei attacchi di pianto precedenti non ci sono urla né lotte per liberarmi dai suoi tentativi di aiutarmi, me ne resto semplicemente seduta lì, a piangere come una bambina per non so quanto tempo mentre Robert mi asciuga tutte le lacrime che escono dai miei occhi con estrema premura e pazienza.
«Cosa ti succede..?».
«Rob..», cerco di parlare ma la schiena mi trema troppo e me lo impedisce.
«Andrà tutto bene, piccola..».
«No..», no, non è vero. Non è vero che andrà tutto bene, non è affatto vero, Rob, e tu lo sai bene perché tu mi conosci. Tu mi conosci e sai che io sono a pezzi ma c'è qualcosa di nuovo adesso, una forza che non credevo di avere e che si sta mostrando con la più debole delle richieste d'aiuto. «Rob.. devi.. devi f-fare una c-cosa per me..».
Annuisce subito, appoggiando le mani sulle mie gambe e facendole scorrere su e giù lentamente, senza salire mai troppo in sù – e questo fa male.
«Tutto quello che vuoi».
«D-Davvero?».
«Lo giuro».
«Devi..».
«Si».
«.. amarmi», un ultimo singhiozzo esce dalle mie labbra, mentre mi piego in due dal dolore. Non è un dolore fisico, è più mentale o qualcosa che c'entra con il cuore, è come se si fosse.. non spezzato in due, ma più come se si fosse mosso, spostato.
«Kristen.. oh, Kristen..» ripete il mio nome mentre mi fa scendere dalla sedia e mi fa sedere in braccio sulle sue gambe, mi solleva e manovra un po' come vuole lui senza alcuna difficoltà. Da quanto non mangio?
«Rob.. so.. so che n-non vuoi ma.. ne ho.. ne ho b-bisogno.. p-per.. f-favore» piagnucolo, stringendomi nel suo abbraccio e chiudendo il tessuto della sua maglietta nel mio pugno.
Robert mi accarezza i capelli.
«Shh.. shh..».
Mi bacia la fronte e mi stringe a sé.
«Rob.. p-per favore...» lo prego un altro volta.
«Kristen, calmati.. hai il cuore che ti sta per uscire dal petto», mi stringe più forte e mi culla come se fossi un neonato, sussurrandomi parole dolci che hanno lo stesso effetto di un incantesimo su di me. Mi abbandono completamente fra le sue braccia.
«M-Mi dispiace..» dico.
«Calma.. andrà tutto bene. Devi solo far smettere di battere così veloce questo tuo cuoricino, piccola..», mi accarezza la schiena, aiutandomi a respirare meglio. E finalmente me ne rendo conto, sto avendo un attacco di panico? No, forse sarebbe meglio definirlo un crollo emotivo con tanto di problemi di respirazione. Un crollo, ecco cosa sto avendo. Mi sento crollare. Sento che sta crollando tutto dentro di me, comprese le mie difese.
«Mmh.. mmh..», tiro sù col naso e mi rannicchio ancora di più, impaurita.
«Shh..».
Mi porto le ginocchia al petto e le appoggio contro quello di Robert, che racchiude anche quelle fra le sue braccia. Mi sento come se fossi dentro un castello, formato dalle braccia di Robert e dal suo petto. Qui sono al sicuro.
«Rob.. io.. io non voglio andare via..» sussurro.
«Non ti lascerei mai andare via, piccola».
«Ma io non voglio neanche c-che.. tu vada via».
«Non andrò mai via da te. Te l'ho promesso».



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«Ma.. ma non mi hai risposto..», non ho il coraggio di guardarlo in faccia.

«Pensavo fosse una domanda retorica, sai già la risposta».
Scossi il capo, sentendo già un'altra ondata di lacrima che si preparava a travolgermi. «No.. n-non la so...».
«Mi hai chiesto di amarti..».
«Si.. per favore».
Mi accarezza i capelli in silenzio, poi mi tira sù il mento con un dito, facendo si che i nostri visi siano alla stessa altezza. Mi guarda e accenna un dolcissimo sorriso. «Mi stai davvero chiedendo di amarti mentre io per tutto questo tempo non ho fatto altro che fare proprio quello?».
Ci metto un secondo di troppo a capire le sue parole.
«Mi ami?», la mia voce sembra incredula persino alle mie orecchie.
«Come se esistessi solo tu al mondo, piccola», il suo sorriso diventa ancora più grande e io sento formarne uno anche sul mio viso, piccolo, timido, ma sincero. Mi ama, mi ama.
Mi mordo il labbro.
Annaspo alla ricerca di qualcosa da dire.
Mi muovo ma senza spostarmi da quell'abbraccio che mi da così tanta sicurezza.
Robert aspetta una risposta, paziente come sempre.
Si.
Si, posso.
«Ti amo».
Quasi lo sussurro ma lui lo sento e i suoi occhi si spalancano, pieni di qualcosa che potrebbe essere gioia.
«Piccola mia..», mi prende il viso fra le mani e mi bacia. Un bacio dolce, senza troppe pretese ma carico di dolcezza.
Mi sistemo meglio fra le sue braccia, stando attenta a dove mettere le mani. Ricambio il bacio sentendo una marea di emozioni muoversi dentro di me, come se ci fosse un oceano dentro di me. Prima che me ne renda conto il bacio prende il sopravvento e Robert si tira su, trascinandomi con sé. Aggancio le gambe ai suoi fianchi, avvicinandomi ancora di più al suo petto mentre lascio scivolare le braccia intorno al suo petto.



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Robert cammina senza fatica con me in braccio fino al divano, dove mi appoggia solo un secondo per guardarmi negli occhi.

«Ti amo» dice, i suoi occhi bruciano.
«Voglio solo te...» non so neanche io come ho il coraggio di dire una cosa del genere, ma lo faccio.
Rob sorride, infilando le mani fra il mio sedere e il divano per tirarmi su un'altra volta e io mi aggancio di nuovo a lui, come un pezzo di puzzle. Spingo le sue labbra contro le mie e mi rendo conto che non sto tremando. Robert adesso mi tiene solo con una mano mentre con l'altra mi accarezza la schiena, poi l'appoggia sulla mia nuca per premere ancora di più le mie labbra sulle sue. Quando fa scorrere le sue lunghe dita fra i miei capelli vengo colpita da milioni di brividi e stringo di più le gambe intorno alla sua vita. «Ti amo..» sussurro fra un bacio e l'altro. Lui sorride nel bel mezzo del bacio.
Cammina in mezzo alla stanza finché non incontra il muro. Si gira e mi ci spinge contro, mi stringe i fianchi e interrompe il bacio per guardarmi negli occhi.
«Sei sicura che questo è quello che vuoi?».
Annuisco, mordendomi il labbro.
«E' solo che.. ho aspettato quelle parole per così tanto tempo che..», so che non dovesse tenermi i fianchi in questo momento si starebbe passando una mano fra i capelli.
Gli accarezzo una guancia, «C'è una cosa..».
«Cosa...?», sembra nervoso.
«E' una cosa.. bella» lo rassicuro.
«Dimmi..».
«Ho bisogno che tu faccia un'altra cosa per me».
«Tutto quello che vuoi, amore».
Amore.
Mh, amore.
Amore.
Mi prendo un secondo per gustarmi la sensazione che quelle parole sulla sua bocca prima di parlare.
«Devi.. aiutarmi a fare una cosa».
«Spiegati, piccola».
«Ho bisogno che tu.. mi.. insegni a.. mh, lasciarmi.. uh, andare..».
«Mi sembra che te la stia cavando alla grande anche da sola, piccola».
«Non.. intendo.. voglio dire che..».
«Cosa?».
Mordo un'altra volta il labbro, più forte.
Robert sente l'agitazione che ho e mi accarezza dolcemente i fianchi.
«Non vergognarti con me».
«Lasciarmi andare nel senso.. imparare a lasciarmi..».
«Mh?».
«Toccare».
Le mie guance diventano di un rosso acceso.
Robert mi guarda, serio.
«Ti amo, non ti costringerò mai a fare qualcosa contro la tua volontà» dice, dopo un po'.
«Lo voglio...» sussurro.
«Stai facendo passi enormi, Kristen, non devi forzarti. Hai una fobia che affronteremo giorno per giorno».
«Sono stanca di aspettare.. voglio.. voglio te. Voglio che tu sia l'unico per me, da ogni punto di vista», stringo il mordo della sua maglietta con entrambe le mani, i nostri visi sono a pochi centimetri l'uno dall'altra. «Non voglio avere paura di te, questa storia della paura del contatto fisico è una fobia che ho.. da quando.. da quando vivo questa vita, ma adesso ci sei tutto e adesso tutto sta cambiando e voglio cambiare anche io».
«Ti amo per quella che sei».
«Ma io voglio essere.. libera con te».
«Kristen..».
«Mi capisci? Mi capisci, Rob? Perché tu sei l'unico che può farlo».
«Ti capisco..».
«E allora.. aiutami ad affrontare anche questa cosa».
«Solo se tu sei sicura».
«Sicura».
Annuisce, «Sono fiero di te», mi bacia la guancia e mi appoggia al muro, riprendendo a baciarmi.
«I-Iniziamo da.. s-stanotte..?» chiedo, imbarazzata.
Robert ride e mi stringe meglio a sé, abbracciandomi e allontanandomi dal muro. Mi tiene fra le sue braccia come se fossi la cosa più preziosa del mondo. «No, amore. Stanotte voglio solo tenerti abbracciata a me per capire che non sto solo sognando. Andiamo a letto, amore mio».



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ooookay, non so che dire quindi... be', prima di tutto mi scuso per la cortezza del capitolo...
ma!, ve l'ho adornato con tante belle gif quindi mi perdonate. vero?
e poi... okay, forse il "ti amo" è troppo frettoloso ma se speravate che questa storia fosse come quella che è appena finite resterete "delusi"
perché qui Kristen.. ha bisogno d'amore, capite? quindi si butta.. non proprio a capofitto, ma quasi.
e anche Robert, è sorpresa dai suoi sentimenti, ma li accetta perché vuole aiutare la ragazza che ama,
vuole proteggerla.
okay, sto dicendo anche troppo.
ah, non pensate che la storia sarà tutta rosa e fiori d'ora in poi,
ma tanto lo sapete, no? ;)
be', non so che altro dire.
grazie di tutto,
vi voglio bene,
baci. 










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Capitolo 13
*** turning page. ***


Pov Kristen





E se fosse l'amore?
E se fosse sempre stato l'amore la soluzione di tutto?
Per tutto questo tempo mi sono uccisa, mi sono fatta dal male da sola solo per scoprire che l'unica cosa di cui avevo bisogno era una persona che mi amasse, tutto qui. Okay, forse non è proprio "tutto qua" ma Robert rende tutto così semplice che adesso persino alzarsi al mattino e guardare fuori dalla finestra sembra qualcosa di meraviglioso.
E tutto quello che penso è che lui mi ama.
Ama me e basta, ed è tutto quello che mi serve per sopravvivere a tutto il dolore che ho dentro e che lui sta lentamente lenendo, guarendolo come una medicina che sembra fatta apposta per me e solo per me.
Perché a volte la vita è dura e vorresti solo lasciare perdere tutto, ogni cosa e diventare sempre più invisibile fino a scomparire del tutto ma quando qualcuno ti dice che ti ama improvvisamente ogni cosa sembra trovare il proprio posto nel mondo.
Io ho trovato il mio posto nel mondo, sento di averlo finalmente trovato.
E forse sto solamente impazzendo, ma sento che sto facendo la cosa giusta. Sto imboccando la prima strada giusta in tutta la mia vita.
Mi muovo veloce in casa, questa casa che adesso sento davvero come mia. Mia perché non ho intenzione di andarmene mai più. Sto finalmente facendo qualcosa della mia vita.
«Kristen?».
Eccola, la sua voce.
La sua meravigliosa voce che mi chiama dal salotto.
Quasi mi lascio sfuggire un grido di gioia quando mi rendo conto che sono le due di notte, Robert ha finito di "lavorare", Ricky è nel suo letto addormentato già da un pezzo e finalmente rivedrò Robert da questo pomeriggio, quando è dovuto correre per un affare importante.
Mi affaccio in salotto e lo osservo mentre mi da le spalle e si toglie la giacca in pelle nera.
«Kristen? Andiamo, so che sei sveglia..» dice, prima di voltarsi e notarmi appoggiata al muro. Sorride, «Sapevo che eri ancora sveglia».
«Ciao», ricambio il sorriso.
Il suo sorriso si fa ancora più ampio e io non posso fare a meno di corrergli incontro e gettarmi fra le sue braccia, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come sarebbero due normali persone innamorate, ma per me è una cosa enorme. Per me gettarmi fra le sue braccia è come urlare al mondo che sto bene, è uno schiaffo morale a tutti quei coglioni che mi hanno chiamato ritardata quando mi sono rifiutata in lacrime di andare a letto con loro. Perché adesso posso stare con chi amo senza sentirmi insultare per un difetto che mi ha pesato addosso per quasi tutta la mia vita, rovinandola e rendendola sola e imbarazzante.
«Mi sei mancata», immerge il viso fra i miei capelli e lo sento prendere un lungo respiro. Ho messo lo shampoo all'albicocca come mi ha detto lui perché so che gli piace un sacco.
«Anche tu.. come è andata?» chiedo.
«Al solito...», ma il tono in cui lo dice mi fa capire che c'è dell'altro.
«E' successo qualcosa?».
«No.. qualche problema con una consegna, ma niente di che, tranquilla, abbiamo risolto tutto come facciamo sempre...», la sua presa sui miei fianchi si fa sempre più stretta, quasi dolorosa, adesso so che c'è sul serio qualcosa che non mi sta dicendo.
«Sai.. pensavo che.. magari, sai.. magari io..», non so come continuare la frase, mi scosto un po' dal suo abbraccio per concentrarmi e cercare le parole giuste, «magari potevo venire con te, qualche volta... Ricky sta all'asilo la maggior parte del tempo ormai, ma quando non devo andare a lavoro posso venire con te, tenerti compagnia..», in vita mia non mi sarei mai immaginata a fare una cosa del genere. Prima pensavo che nessuno mi volesse fra i piedi, pensavo di essere un peso per chiunque, e guardatemi adesso, sto persino chiedendo a Robert se posso venire con lui perché a lui piace la mia compagnia... vero?
Robert mi lascia andare e mi guarda, serio. «Non se ne parla neanche, Kristen».
«P-Perché?».
«Non è il posto adatto per una ragazza come te».
«Ti terrei solo compagnia, Rob...», sentendo il mio tono triste la sua espressione si addolcisce e mi prende il viso fra le mani.
«Ti metterei in pericolo, piccola, e questa è l'ultima cosa che voglio, lo sai».
«Si, ma..».
Mi scosta una ciocca di capelli dal viso e mi bacia sulla guancia, «Niente ma, Kristen».
«Almeno dimmi cosa è successo oggi. Lo so. Lo so che è successo qualcosa e non vuoi dirmelo, Rob, si capisce da.. da un sacco di cose», non voglio dirgli che ho passato le ultime tre settimane imparando a memoria ogni suo gesto, ogni suo movimento, che ora conosco praticamente a memoria ogni sua abitudine, mi prenderebbe per pazza.
«Non è successo niente, Kristen».
«Che problema c'è stato?» chiedo.
Lui sbuffa e mi prende per mano, conducendomi in cucina.
«Voglio saperlo» insisto.
«Non è successo niente, ti dico».
«Dimmelo!» lo prego.
Lui sbuffa di nuovo e prende una birra dal frigo mentre io me ne resto in piedi appoggiata al bancone della cucina, indecisa su cosa fare o dire. Adesso non siamo più come prima, non posso rischiare di litigare con lui e perdere tutto, eppure sento crescere in me una lieve rabbia che si fa sempre più forte, perché deve mentirmi? Mi hanno sempre mentito, per tutta la mia vita non hanno fatto altro che mentirmi e insultarmi, prendermi a calci quando provavo a parlare o a dire cosa mi passava per la testa e adesso muoio dalla voglia di aprire bocca e buttare fuori tutti i miei stupidi pensieri insensati che mi tormentano la notte.
«Voglio.. voglio che tu sia onesto con me, Rob.. per fortuna.. io lo sarò con te, se lo tu farai lo stesso con me» sussurro e un secondo dopo spero che non mi abbia sentito perché io non voglio raccontargli tutta la mia storia.
Lui mi fissa per quella che mi sembra un'eternità.
«C'è stato un coglione che ha provato ad andare via senza pagarci» dice, dopo un infinità di tempo, «abbiamo dovuto corrergli dietro, ci siamo presi i soldi e io, Tom e Marcus l'abbiamo pestato a sangue. Sei contenta adesso?».
«Si..».
Ma non è vero.
Non voglio più saperlo adesso.
Dio, ma che casino è la mia testa?
Robert che picchia qualcuno.
Robert che picchia qualcuno perché non gli ha pagato l'eroina.
Mi copro gli occhi per un secondo, mi nascondo dietro le mani e non so neanche io quanto resto così finché non sento le mani di Robert che scostano gentilmente le mie. 
«Ecco qua..».
«C-Cosa?».
«Ecco il motivo per cui non volevo dirtelo. Quello che sono con te... e quello che sono quando lavoro, Kristen, sono due persone completamente diverse e tu ne conosci solo una e deve restare così. Non voglio che tu abbia paura di me, capisci quello che ti sto dicendo?».
«Io voglio conoscere entrambi..», non è vero, voglio solo il Robert dolce, buono, premuroso, ho terribilmente paura che il mio castello di carte crolli da un momento all'altro portandosi via la mia felicità da poco trovato.
Robert tiene ancora i miei polsi fra le sue mani, «Avresti solo paura di me, Kristen..» scuote la testa e lascia andare i miei polsi, girandosi e dandomi le spalle.
«N-Non posso avere paura di te, Rob.. i-io ti amo, ricordi?» dico.
Lui si gira verso di me e accenna un sorriso, «Si, amore, e non smettere mai di dirlo ma vedi.. quello che faccio per vivere, è un'altra cosa, non riguarda te, né noi, quello che faccio per vivere riguarda solo la merda in cui ci sto io, tu non sei così.. tu sei.. innocente».
Faccio una smorfia.
Innocente?
Oh Dio, dovrei davvero raccontargli un paio di cose...
Non sono innocente, non come crede lui.
Essere vergine non vuol dire essere innocente, né tanto meno pura.
Robert non capisce.
Lui pensa che la sua vita faccia schifo.
Ma la mia?
La mia vita prima di incontrarlo era una merda totale, era la cosa peggiore del mondo.
Ne porto ancora i segni.
Adesso darei un occhi per poterlo incontrare prima, per prendere la strada giusta prima che sia troppo tardi.
«Perché fai quella faccia, Kristen?».
«Tu non sai un sacco di cose sul mio passato...».
Gli occhi di Robert si fanno un po' più piccoli, riflessivi. Sta pensando che cosa è meglio fare. Chiedermi di spiegare o lasciare che sia io a continuare da sola il discorso?
Metto fine ai suoi pensieri lasciando la stanza e andando in camera da letto, entrando in bagno e chiudendo la porta.
Non mi chiama.
Non mi segue.
Forse ha capito che è meglio lasciarmi da sola per un po' ma se lo conosco almeno un po' so che tra un po' mi cercherà e allora nascondere tutto sarà ancora più difficile. Diventa ogni giorno più difficile, perché Robert è il mio presente e il mio futuro ma ogni giorno che sto con lui sento che il mio passato mi pesa sulle spalle sempre un po' di più e ignorarlo e difficile e so che anche Robert se ne rendo conto quando perdo lo sguardo nel vuoto o resto a fissare il soffitto anche tutta la notte. Lo sa, ma non dice niente, perché ho un muro intorno a me e funziona bene. Solo io posso farlo crollare, solo io ho questo potere.
Mi guardo allo specchio e vedo una ragazza diversa da quella che è arrivata in questa casa in piena notte mesi fa'.
Una ragazza con un po' più di forza.
Una ragazza che sta facendo qualcosa nella sua vita, forse.
O forse ci sta solo provando senza riuscirci del tutto.
"Tu non farai mai niente della tua vita se continui a essere così stupida!", Scout è dall'altro lato della stanza e mi urla dietro mentre cerco di fermare le lacrime. Il suo ultimo amichetto è stato davvero poco gentile un'ora fa' con me e non riesco ancora a smetterla di piangere.
"Ce la sto mettendo tutta, cazzo" dico.
"No! No, un cazzo che ce la stai mettendo tutta! Non stai facendo un cazzo! Sono io che ti trovo i clienti e tu non ci scopi neanche!! Come la pago io la roba, eh? Ma io ti sbatto fuori! Ti sbatto fuori da casa mia e il gioco è fatto e tu te ne vai a fanculo con tutte le tue cazzo di paure senza senso da bambina del cazzo. Perché è questo che sei! Una cazzo di bambinetta che ha paura di farsi scopare! Ma cresci! Ma cresci un attimo che tu pensi ancora che tra un paio di giorni torni da mamma e papà! Ma qualche mamma? Ma qualche papà? Che nessuno ti vuole, cogliona! E ringrazia che ci sono io altrimenti tu eri in mezzo alla strada ad aprire le gambe, troia!" mi spinge e mi fa cadere per terra. Mi tira i capelli e mi guarda fisso negli occhi, sembra un cane con la rabbia quando è in astinenza. "Ma non farmi mai più uno scherzetto come quello che hai fatto all'ultimo che è venuto qui, perché se prometti una cosa è quella e basta, cogliona. Non puoi pretendere che quello venga qua e ti paghi per fare due chiacchiere, chi pensavi che fosse? Il principe azzurro? Oddio, che cogliona che sei. Cresci" si alza e mi guarda dall'alto al basso.
"Non.. non.. scusa..".
"Scusa un cazzo. E adesso io come la pago la roba?".
"T-Troviamo un modo.. lo troviamo.. lo troviamo....".
"E come?".
"N-Non lo so.. un modo lo...".
"NO, COGLIONA, NON LO TROVIAMO UN MODO PER RISOLVERE LE COSE, PERCHÉ' TU HAI ROVINATO TUTTO COME TUO SOLITO!"
"Mi dispiace... m-mi dispiace..."
"Un cazzo. Un cazzo ti dispiace".
"Scout.. dai, per favore...", ma lei è già fuori dalla porta e io sono sola e anche se so che tornerà appena aver trovato una nuova dose so che ci vorranno un paio di giorni perché mi rivolga di nuovo la parola.
"Ma.. ma a me... a me dispiaceva sul serio...".
Il ricordo svanisce lentamente dalla mia mente.
Mi passo una mano sulla guancia bagnata.
Non mi ero neanche accorta di stare piangendo.
Scout.
Da quanto non la vedo?
Eppure un poco mi manca pure lei.
Forse sono pazza.
Scout potrebbe essere una delle clienti di Robert, potrebbe benissimo vederlo tutte le sere senza sapere che adesso io sto da lui, che quella sera dove mi ha costretto a seguirla mi ha cambiato la vita.
«Kristen..?», la voce di Robert dietro la porta mi fa sussultare.
Non è chiusa a chiave ma lui non entra.
«Rob.. va tutto bene..» dico.
«Stai bene...?».
«Mh..».
«Senti.. mi dispiace per prima, sono stato un po'.. è che non sapevo cosa dire. Vuoi parlarne? Vuoi dirmi qualcosa? So che ci sono molte cose di te che non conosco e so che probabilmente ci sarà sempre un lato di te che nasconderai sempre, che non mostrerai mai a nessuno ma io sarei felice se tu mi mostrassi almeno.. un po' della tua storia. Non chiedo molto, giusto qualche racconto, voglio davvero conoscere la tua vecchia vita se tu vuoi dirmela, ovvio....».
Tiro su col naso e cerco di darmi una sistemata ai capelli con le mani.
 «So che tu hai.. qualcosa nascosto dentro di te, Kristen. Hai bisogno di dirlo a qualcosa. Dillo a me, ti prego».
 Le mie mani si fermano in mezzo ai miei capelli e mi fisso allo specchio.
Posso fidarmi?
Si.
Voglio fidarmi?
Si..
Voglio raccontargli tutta la storia?
Non oggi.
Non tutta.
Non del tutto.
Ma voglio iniziare stasera.
Voglio tastare il terreno, voglio vedere se devo prepararmi a correre via un'altra volta.
Apro la porta del bagno ed eccolo là, paziente.
«Kristen...».
«Ti racconto una storia.. ti va?».
 Lui annuisce, un po' confuso, un po' sorpreso e un po' felice.
 Andiamo in soggiorno, dopo mi siedo al lato del divano e mi porto le gambe al petto. Lui si mette dall'altro lato, prende le mie gambe e le fa distendere sulle sue ginocchia.
«Sai... non avrei mai pensato di raccontare questa storia a qualcuno, ho sempre pensato che l'avrei tenuta per me, che nessuno avrebbe mai fatto un passo verso di me così lungo da entrare dentro la mia zona più nascosta, ma tu l'hai fatta e forse dovresti conoscere... ma non so ancora cosa voglio che tu conosca, Robert, capisci? Inizio con l'inizio, ovvio. Ma non ti dirò tutto, non ora, forse neanche fra un anno. Voglio solo che tu sappia che.. tu mi hai reso un'altra persona e.. per favore.. non provare pietà per me, perché sarebbe mille volte peggio. Vedi, quando sono nata mia madre era molto giovane.. forse era persino più piccola di quanto sia grande io adesso e non sapeva niente della vita, della famiglia, dell'amore, di bambini.... ha sposato l'uomo che l'ha messa incinta, diciamo così.. mio padre non era male, solo che non lo ricordo molto bene. Era un uomo assente. Non c'era mai e quando c'era mia madre lo prendeva a urla perché non c'era mai... sono cresciuta con le urla dei miei genitori nelle orecchie e ancora adesso le sento ogni tanto.. non so neanche io cosa voglia dire avere una famiglia. Non so cosa voglia infanzia perché io non l'ho avuta... mia madre si è stancata presto di mio padre e presto è sparito del tutto dalla mia vita, veniva a casa nostra si e no un paio di volte l'anno e urlava con mia madre tutto il tempo, a malapena mi rivolgeva la parola anche se ci provava... ma mia madre lo mandava via, sempre. Io gli voglio davvero bene a mio padre, perché in fin dei conti lui ci ha provato. E' mia madre che... Dio, non voglio dire che sia stata cattiva con me.. non sarebbe vero ma.. non si è accorta della maggior parte delle cose che facevo, non era veramente una madre per me.. era più la donna che mi aveva messo, si al mondo, ma la storia finiva là... niente baci, niente coccole o "ti voglio bene amore mio", sono durati poco anche quelli.. ma quelle poche volte, mi ci aggrappo come se stessi affondando. Quando ero piccola mia madre era la mia unica difesa contro tutto il male che lei stessa portava in casa nostra ma appena sono diventata più grande tutti i suoi "ti voglio bene" risultavano falsi persino alle sue orecchie perché entrambe sapevamo che si era rotto qualcosa, per sempre. E le voglio bene.. ma non le perdono di avermi lasciata sola ad affrontare tutto quanto. Quando ho chiuso la porta di casa per l'ultima volta, per un istante, per quei minuti io cui sono rimasta davanti a casa mia a fissare la porta chiusa, ho desiderato solo che lei l'aprisse e mi dicesse che le dispiaceva e che mi voleva bene davvero e che sarebbe andato tutto bene da quel momento in poi.. ma non è successo, lei è rimasta in casa a scopare con un tizio che non l'amava e io ora sono qua...».
Robert resta in silenzio per quella che mi sembra un infinità di tempo. Sto per alzarmi e dirgli di dimenticarsi tutto quello che mi ha sentito dire ma appena mi muovo Robert mi afferra e mi abbraccia, stringendomi forte a sé e facendomi appoggiare la guancia contro il suo petto. «Non avrei mai voluto che tu vivessi una vita del genere e so che questa non è tutta la storia.. so benissimo che c'è dell'altro e so anche che non me lo dirai stasera, ma io volevo dirti che.. ti amo, e mi dispiace e voglio che tu stia bene adesso.. quello che conta adesso è come ti senti ora, con me... perché anche se mi distrugge pensare che tu abbia vissuto in quel modo, non posso cambiare il passato..», mi accarezza i capelli e mi bacia sulla fronte mentre sento gli occhi riempirsi di lacrime, «posso solo cercare di fare del mio meglio adesso.. renderti felice. Ci proverò, lo giuro, amore...».
Mi stringo forte a Robert.
E' così bello poter toccare qualcuno senza temere che..
«Rob?».
«Si, amore?».
«Mi piace stare abbracciata a te..».
Lo sento sorridere con il viso immerso nei miei capelli, «Non hai idea di quanto ho aspettato per tenerti fra le braccia.. dalla prima notte che ti ho visto volevo stringerti a me e dirti che andava tutto bene... quando ti sei messa a piangere in bagno ho sentito.. qualcosa smuoversi dentro di me... mi importava di nuovo delle persone.. mi importava di te».
Tiro su col naso e cerco di darmi un contegno ma le sue parole rischiano di farmi piangere. «Mi dispiace ancora per quella notte...».
«Non dirlo neanche per scherzo!», Robert mi scosta bruscamente dal suo abbraccio e mi inchioda con lo sguardo. «Quella notte ti ha portato qui, ti ha portato a me...», mi scosta una ciocca di capelli dal viso e mi accarezza la guancia.
Mi ritrovo a sorridere alle sue parole, stringendomi a lui come ormai sono solita fare, come se non esistesse nient'altro al mondo oltre a noi due. Mi fa quasi pausa l'intensità di quello che sento quando sto con lui. «Rob, io..».
Il cellulare di Robert squilla, interrompendoci.
«Che cazzo..».
Appoggio una mano sulla sua guancia, «Rispondi, magari è importante..».
«Non me ne fotte, sto parlando con te».
«Ma forse..».
«Sto parlando con te, fine. Davano pure al diavolo».
Mi fa sedere meglio sopra le sue ginocchia, circondandomi con le braccia e avvicinando le sue labbra alle mie. Prima di rendermene conto sono io che premo le mie contro le sue, che sono leggermente spaccate in alcuni punti, chissà contri chi ha fatto a pugni, vorrei saperlo, vorrei chiederglielo ma ho paura che si arrabbi di nuovo. Sento un leggero sapore metallico unirsi al nostro bacio, ho premuto troppo facendo aprire un taglio.
Porto le mani sul suo viso ma il telefono riprende a squillare di nuovo e anche se cerchiamo di ignorarlo continua e continua e alla fine mi scosto, infastidita. «Rispondi».
Lui sbuffa e si porta il cellulare all'orecchio, «Che cazzo c'é? Uhm. Ah, Marcus sei tu.. ehi, amico, calmo non capisco un cazzo di quello che mi dici se parli così... oh! Oh, cazzo. No, è.. uh, okay.. no, non posso.. no, Marcus, ho detto di no! Vaffanculo. Sono con Kristen, non la lascio sola a casa per quel coglione, c'è Sarah per queste cazzate. Non sono la sua fottuta baby-sitter, Marcus. No. Ho detto di no. Amico, ma mi senti quando parlo? Senti... okay! Okay, cazzo. Sto arrivando, ciao» chiude la telefonata e getta il telefono dall'altra parte della stanza con un gesto brusco, facendolo andare in un milioni di pezzi. Mi scosta dalle sue ginocchia facendomi sedere sul pavimento, alzandosi e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.
Non so se ho il coraggio di aprire bocca.
Sembra davvero... arrabbiato.
In un modo che non conosco.
Oppure si... il primo giorno che ci siamo incontrati, lui era così.
Incazzato con il mondo intero.
Robert si porta le mani fra i capelli e li tira, imprecando sotto voce.
Sto per aprire la bocca per dire qualcosa quando da un calcio al muro, facendo tremare me e tutta la parete. «Vaffanculo! VAFFANCULO! E' un cazzo di coglione, ecco che cazzo è! CRISTO!».
«R-Rob...?», la mia voce è talmente bassa che non mi sente neanche.
«Sono stanco di salvargli il culo!», sembra che si sia dimenticato che ci sono anche io nelle stessa stanza.
«Rob... c-che succede?».
Finalmente si gira verso di me, i suoi occhi sono come un pozzo d'acqua profondo, torbidi. «Niente. Niente, Kristen. Non succede un cazzo di niente, okay? Adesso fammi un favore, non muoverti da casa, controlla Ricky mentre io vado a salvare il culo a Tom come sempre, perché quel coglione non sa neanche badare a se stesso!».
Tom. Okay.
Tom è nei guai.
«Ma p-perchè..? Tu.. tu d-dove vai.. adesso?».
«A parargli il culo, te l'ho appena detto» dice, secco, mentre si infila la giacca di pelle e cammina verso la porta di casa.
Mi alzo in piedi a fatica, inciampando nei miei stessi piedi e cadendo di nuovo sulle ginocchia.
Robert non se ne accorge niente.
Non gliene importa un cazzo di te.
Scaccio quel pensiero e mi rialzo a fatica mentre lui è già con una porta sulla maniglia di casa.
«Posso venire con te?».
Lui mi lancia un'occhiata di fuoco e apre la porta, «Spero per te che tu stia scherzando, cazzo. Stai a casa, Kristen».
Mi aggrappo al suo braccio appena lo vedo fare un passo fuori di casa. «Dimmi che sta succedendo...».
«Tu non fai parte di questo mondo, Kristen. Ed è meglio così» con uno scossone poco carino si libera della mia presa ed esce di casa ma io mantengo la porta aperta e corro fuori con lui.
«Rob!».
Lui non si gira.
La sua macchina è parcheggiata davanti a casa.
«Robert!».
Il fatto che abbia il cuore che batte così veloce non aiuta la mia cordinazione e finisco con l'inciampare di nuovo nei miei stessi piedi, finendo distesa per terra prima ancora di rendermi conto di cosa stia succedendo. Robert ha aperto la sportello della macchina ma si gira per vedere che cosa ho combinato.
Il colpo e l'andrenalina hanno la meglio e inizio a piangere.
Mi sta abbandonando? No. Ma allora perché mi sento come se lo stesse facendo?
«Cazzo, Kristen..».
Si allontana dalla macchina, mi raggiunge e mi tira in piedi a forza.
Ma lo fa con troppa forza e mi fa male al braccio. «Ah!».
Mi afferra per le spalle e mi tiene il mento con una mano per farmi stare ferma. Anche stavolta, stringe troppo. «Resta a casa! Cristo, mi stai ascoltando? Non uscire di casa finché non sono tornato, mi sono spiegato?».
«V-Voglio venire con te...» piagnucolo, le lacrime mi scorrono sul viso.
Robert distoglie lo sguardo, non vuole guardarmi.
Mi lascia andare e si volta, sale in macchina e parte senza degnarmi di una seconda occhiata.
Cado per terra, piangendo.
Non capisco cosa sia appena successo.
Un attimo prima mi tiene stretta a sé, mi dice che mi ama, che sono importante per lui e mi abbraccia, mi guarda come se fossi l'unica cosa bella al mondo, e l'attimo dopo è incazzato nero e non mi guarda neanche, non gliene sbatte un cazzo neanche se cado e va via senza dirmi niente né una spiegazione.
Rientro in casa, chiudo la porta.
Lentamente, mi lascio ricadere sul pavimento, strisciando la schiena lungo la porta.
«Che ho fatto di male stavolta!?» urlo.





Pov Robert






«Sei un coglione. Cristo, sei un coglione Tom!».
«Pattz, così non aiuti, sai?» - Sarah solleva Tom facendo attenzione e lo fa appoggiare contro il muro di un vecchio palazzo abbandonato, dove l'abbiamo trovato. Gli accarezza la testa e sospira, «Tom, cazzo...».
«E' un coglione! E' un cazzo di coglione e tu stai anche a preoccuparti!» urlo, fuori di me. Sono incazzato nero. Ho lasciato Kristen da sola a casa perché Sarah mi ha chiamato urlando che Tom stava entrando in overdose e invece arrivo qua e lui è solo un po' più sballato del solito, anche se pure io avevo il cuore fuori dal petto quando mi sono avvicinato e l'ho trovato disteso per terra accanto al suo vomito. Perché, per quanto vorrei ucciderlo io stesso con le mie mani in questo momento, è pur sempre il mio migliore amico.. anche se non è più in sé da così tanto tempo che non so quanto ancora ci vorrà prima che diventi "ex".
«Tu sei il coglione, Rob!» mi urla Sarah, girandosi di scatto verso di me e dandomi uno spintone.
«Oh, ma che cazzo ti prende?».
«Che cazzo mi prende? CHE CAZZO MI PRENDE? E ME LO CHIEDI PURE! Ci hai ABBANDONATI, razza di stronzo che non sei altro! Non fai altro che startene con quella troia e di noi te ne sbatti le palle e hai pure il coraggio di chiedermi che cazzo mi prende!».
Le afferro un braccio e la strattono forte, «Non azzardarti a chiamarla in quel modo perché se qui c'è una troia quella sei tu!».
I suoi occhi si fanno fuoco, «Non ti sei mai lamentato, però. E scommetto che a lei non le hai detto niente di quante volte hai trovato rifugio nel mio letto, eh?».
«Kristen sa benissimo che tu sei stata solo una distrazione e niente di più e se provi a farle cambiare idea ti giuro che...».
«Che.. cosa? Eh, Pattz?» mi lancia uno sguardo di sfida e vorrei tanto dargli uno schiaffo o prenderla a pugni ma non sono mai stato quel genere di uomo, anche di fronte a una come lei.
«Eh smettimela di chiamarmi in quel modo! Non hai tredici anni, cazzo» me la scrollo di dosso e mi chino verso Tom. «Amico.. ehi, vuoi alzare il culo da terra o devo prenderti a schiaffi? Sai che lo faccio».
Tom mugugna qualcosa ma non sembra realmente lucido.
Sbuffo e me lo isso in spalla.
Sarah mormora qualcosa a bassa voce ma alla fine mi aiuta e insieme gettiamo Tom sui sedili posteriori della mia macchina.
Metto in moto.
«Avrà bisogno di un po' di.. medicine.. e roba.. tanta.. devi procurarcela» - Sarah si sistema meglio sul sedile del passeggero accanto al mio, alzandosi la gonna e mostrando le lunghe gambe. Vorrei urlare. La conosco abbastanza bene da sapere che lo sta facendo apposta per farmi perdere il controllo.
«Non stasera».
«No, stasera! Cazzo, ne ha bisogno adesso, come puoi non capirlo? È tuo amico, Rob! E tu te ne sbatti altamente, non ti riconosco più..».
«Tu non mi conosci», accellero. Voglio tornare a casa il prima possibile e dimenticarmi di questa serata di merda.
«Conosco come sei a letto, però..», fa scivolare una mano sulla mia gamba, «non sei poi così diversa da quando ne sei fuori».
Faccio per toglierle la mano ma lei la solleva un altro po', portandola sulla cinta dei jeans. «Sarah, smettila».
«Oh, andiamo... scommetto che quella stronza frigida non ti ha mai fatto un...».
Scosto bruscamente la sua mano rischiando di farci finire entrambi fuori strada. Mi volto verso di lei, furente.
«Sei andata fuori di testa, per caso!?».
«Cercavo solo di allegerire l'atmosfera! Tom non è cosciente tanto.. non lo saprà mai», sembra quasi che voglia rassicurare se stessa più che me. Rimette la sua mano sulla mia coscia, stavolta premendo ancora di più.
«Dio, quanto sei... cazzo, Sarah, sposta quella cazzo di mano!» - stava praticamente cercando di togliermi la cintura dei jeans di dosso.
Quando mi sente urlare sbuffa e ritira la mano, mettendo il broncio da bambina viziata che sa fare così bene. «Vaffanculo, Robert. Non sai cosa ti perdi. Quella bambina che ti tieni a casa non sa neanche cosa stavo provando a fare, è un'ingenua e tu ti meriti qualcuno che sappia tenerti testa!».
«Lei mi sa tenere testa mille volte meglio di te, per tua informazione.. e adesso scendi dalla mia fottuta macchina» - accosto davanti a quello schifo di casa che non si decide ad abbandonare e mi sporgo per aprirlo lo sportello. Voglio solo che esca dalla mia macchina e si porti via anche Tom, così potrò tornarmene a casa mia e mettere fine a questa serata.
Sarah si sporge e approfitta del fatto che anche io sono vicino a lei per baciarmi sulla guancia, vicino alle labbra. Troppo vicino. «Vienimi a trovare più spesso, Pattz. Mi mancano le nostre notti. Sei ancora bravo come ricordo?» mi sorride ed esce dalla macchina. Apre lo sportello di dietro e tira fuori Tom.
«Ti aiuto» dico.
Dio, ma perché?
Non dovrei farlo, lo so già, ma l'idea di lasciare Tom da solo con lei non mi piace. Potrebbe addormentarsi e lasciarlo da solo mentre ha un attacco di cuore.
Lei sorride languida e spalanca le braccia. «Come siamo dolci stanotte! Ti va di restare a casa con me? Mi sento sola con Tom.. sai, non parla molto».
Alzo gli occhi al cielo e la ignoro mentre trascino Tom fuori dalla macchina e lo porto dentro casa. Lo sistemo sul divano e quando mi giro mi ritrovo Sarah davanti; mi appoggia le mani sul petto e mi guarda dritto negli occhi. Vorrei respingerla ma lei si avvicina sempre di più, impedendo ogni mia possibile via di fuga.
«Mi mancano davvero le nostre notti insieme, Pattz..».
«Sarah, cazzo, spostati. Voglio tornarmene a casa!».
«Voglio che resti con me stanotte».
«Ma sei seria? Anche tu hai preso qualcosa di forte stanotte. Non ci penso neanche a scopare con te, lo capisci? Amo Kristen».
Quando sente quelle parole sbianca e si allontana subito.
«La ami?».
«Si».
«Tu non ami nessuno, Pattz. Tu ami solo te stesso».
«Tu non sai un cazzo di me, Sarah!».
«Ti conosco da più tempo di quella!».
«Ma non sei nessuno per me. NESSUNO, CAPISCI? Lei invece è tutto per me, è il mio nuovo inizio, tu sei solo un incidente di percorso».
Mi fissa, lo sguardo che sta lentamente prendendo fuoco. «Ti stai sbagliando, Robert, e lo sai. Io, Tom, Marcus.. noi siamo tutto quello che conta nella tua vita. Lei è solo uno sbaglio. Ma noi ti perdoniamo», mi si avvicina di nuovo, ora il suo sguardo è tornato sereno. Mi accarezza il petto anche se cerco di mandarla via, ma lei insiste e mi porta a toccare il muro dietro di me. Vorrei tanto che Tom si svegliasse. «Ti perdoniamo e.. e... non fa niente. La mandiamo via e tutto torna come prima, okay? Ma non scoparti quella e non mandare tutto a fanculo per colpa sua quando tu hai me per farlo. Capisci? Stai mandando tutto a fanculo per una stronza frigida, Pattz».
Ormai sull'orlo dell'esasperazione, la supero con uno spintone e mi dirigo verso la porta ma lei mi segue e si mette in mezzo.
«Stai commettendo un errore, ma ti perdoniamo!».
«Non voglio il fottuto perdono di nessuno, cazzo! Voi finirete all'inferno, morirete tutti se continuate con questa vita! Non lo capisci? Tom sta morendo! Marcus pure con tutto l'alcol che ha in corpo ogni sera e tu ti stai facendo sempre di più, un giorno ti sveglierai e sarai come lui!» indico Tom, ancora addormentato sul divano, il suo respiro è sempre più pesante, «E non ci sarà tempo per tornare indietro, razza di cogliona, lo capisci questo?».
Lei mi fissa senza capire, è troppo concentrata su stessa per prestare veramente attenzione alle mie parole. «Rob.. andrà bene, ehi. Non andrà come hai detto tu. Io sto bene e Tom può smettere quando vuole solo che ora non gli va, tutto qua. Ci vuole testa e tu sai com'è lui.. andiamo, non fare il rompicoglioni».
Alzo gli occhi al cielo e mi passo una mano in mezzo ai capelli per la frustrazione, «Certo, io sono il rompicoglioni, certo, certo... dai, togliti dai piedi che me ne torno a casa mia. Vedi di non far morire Tom mentre sono via».
«Rob..».
«Non voglio parlare con te, Sarah. Non voglio parlare più con nessuno di voi coglioni, mi sono rotto le palle di tutta questa merda.. voglio uscirne, capisci? Voglio tornare a essere me stesso e non tutta questa merda che mi gira intorno, mi sta rovinando ma io voglio essere migliore di questo. Ma tu non puoi capirmi, perché a te piace questa vita. Ti è sempre piaciuta. Ti piace essere l'unica ragazza, la troia di tutti. Ti diverti. Be', io no. Fanculo» - sbatto la porta quando me ne vado.






«Kristen?» - entro in casa sentendomi quasi un ladro. Il modo in cui l'ho lasciata quando sono uscito di fretta mi fa sentire una merda, come ho potuto trattarla in quel modo? È persino caduto. Dio, vorrei solo uccidermi in questo momento. Non merito neanche un po' di quella ragazza, era terrorizzata quando mi ha visto andarmene e io non l'ho consolata neanche un po'. Che merda che sono.
Entro in cucina ma non c'è nessuno.
Provo in soggiorno ma niente.
In camera da letto Ricky sta ancora dormendo, beato.
Sono ormai le cinque del mattino, cazzo.
«Kristen?» la chiamo di nuovo, ormai in ansia. «Ehi, senti.. mi... mi dispiace per quello che è successo prima, è solo che...».
La porta del bagno della mia camera si apre e Kristen esce fuori. Indossa una mia maglietta a maniche lunghe e un paio di pantaloncini. E... sorride. «Rob!», mi corre incontro, abbracciandomi come se non mi vedesse da giorni, ma come se fosse una cosa perfettamente normale. Il suo corpo però, è diverso. Non so perché, è come una sensazione.
La scosto un po' e osservo la sua faccia.
Ha gli occhi rossi?
Anche il suo sorriso ha qualcosa che non va.
«Kristen, che..».
«Non importa, Rob. Non importa», mi abbraccia di nuovo e affonda il viso nel mio petto, come una bambina.
«Kristen, dimmi cosa..».
«Sei a casa...», solleva il viso e mi accarezza una guancia, «ora è tutto okay, Rob».
Ma non è vero.
Non è vero e io lo so, anche se non so come faccio a saperlo.
Forse è il modo in cui i suoi occhi non sono del tutto sinceri, felici.
O forse come le trema il labbro.
E le mani.
Ne prendo una fra le mie. «Mi dispiace per prima...».
I suoi occhi si fanno lucidi. «E' o-okay».
«No. Non lo è affatto... il modo in cui mi sono comportato...».
Lei scuote la testa, asciugandosi una lacrima. «No... non voglio parlarne. Rob?».
La guardo e vedo una montagna di tristezza nei suoi occhi.
«Si, angelo..?» le accarezzo la guancia e le scosto una ciocca di capelli dal viso.
«Fai... uhm... ecco... uh..», si agita sul posto, abbassa lo sguardo, nervosa come non l'ho mai vista. Si morde il labbro e lo lascia andare. Prende una bella boccata d'aria. «F-Fai... fai l'a-amore c-con...me?».
Oh.
Ehm, cosa?
No, non ho capito.
«C-Cosa?» chiedo, come un coglione.
Le vanno le guance in fiamme. «Fai...l'amore... con....me?».
«Kristen, non credo che tu..».
Appoggia le mani sul mio petto, le sento tremare. «Ti.. prego. Non voglio che tu sia arrabbiato con me.. e.. così.. dai, Rob... per f-favore.. fallo.. con me.. che dici?», ha ancora gli occhi lucidi e vedo che è terribilmente in imbarazzo.
Come faccio a dirle di no senza spezzarle il cuore?
«Kristen...».
«Eri arrabbiato, così invece..».
«Ma non si risolvono così i problemi».
«Lo.. lo s-so, ma... aiuta».
«Non sei pronta per un passo così grande, piccola..».
«C-Chi lo dice? Io voglio...», il suo sguardo è pieno di speranza. Mi sento ancora peggio, lei vuole farlo con me solo perché spera che così non sarò più arrabbiato con lei e questo non va bene, non voglio che pensi cose del genere. Kristen è convinta che vendere se stesse per cose del genere vada bene ma non lo è e io non so come spiegarglielo. «Kristen, ascoltami, okay?».
«S-Se proprio non vuoi... p-possiamo fare altro.. possiamo.. possiamo... uh, noi potrem... mh», lascia andare le mani dal mio petto e fa per gettarsi ai miei piedi ma la blocca un secondo prima, facendola di nuovo mettere in piedi.
«OH! Ma che cazzo fai? Ma togliti dalla testa queste cose, Kristen!» - cazzo, forse non avrei dovuto usare un tono così da stronzo.
I suoi occhi si fanno lucidi e pieni di vergogna.
«No, aspetta..».
Si asciuga una lacrima con la mano e gira il viso dall'altra parte.
In quel momento vedo una macchia rossa allargarsi nella maglietta.
«Che diavolo...?» - Kristen segue il mio sguardo e la vedo tremare come una foglia ancora di più.
Fa per andarsene ma la blocca per il braccio e lei fa una smorfia di dolore.
«Ti prego.. ti prego dimmi che non è quello che penso.. cazzo» - una volta tirata su la manica della maglietta non ci sono più dubbi. È un taglio. Bello profondo anche. Coperto a malapena con un cerotto che adesso è andato a farsi benedire.
Guardo Kristen, che ormai è in lacrime.
«Perché?».
«N-No...».
«Pensavo che avessi smesso..».
«M-Mi dispiace...».
«Non me ne fotte un cazzo se ti dispiace, Kristen! NON DOVEVI FARLO! Non posso crederci che tu l'abbia fatto di nuovo, anche quando sai benissimo che non devi, che ti fai solo del male, che non è la soluzione a nessuno dei tuoi problemi. Ma tu l'hai fatto! Te ne sei fregata di tutto e hai commesso di nuovo lo stesso errore!».
Lei si asciuga le lacrime, in fretta, come se non volesse farmele vedere. «Tu n-non capisci... non capisci, Rob...».
«Io capisco solo che ho parlato al vento l'altra volta! Ho parlato al vento perché tu non mi hai ascoltato, hai fatto finta di accettare e invece continuavi a pensare ai cazzi tuoi.. e adesso eccoci qui, di nuovo, dallo stesso punto di partenza!».
«N-No.. no, Rob.. non è così, ascoltami...».
«Perché? Tu mi hai ascoltato, forse? No!».
«Si, invece! Ti ho ascoltato, Rob, ma..».
«Ma cosa? Non voglio neanche sentire le tue patetiche scuse, Kristen».
«Patetiche... patetiche..» ripete quella parola con sguardo vuoto.
«Si, patetiche. Perché se tu fossi anche solo un po' più..».
«Un po' più, cosa? Cosa, Robert? Lo so che non sono un granché di mio, so che dovrei essere più sveglia, più pronta a quello che mi succede intorno, più serena, più bella, più dolce. So che dovrei parlare di più, che dovrei fare di più per te, che dovrei amarmi di più. Ci sono un sacco di cose che dovrei fare in più, ma tu pensi seriamente che sia così semplice per me?», si allontana da me facendo qualche passo indietro e tira su col naso, «Tu non capisci, e fai bene.. se mi capissi, diventeresti matto insieme a me».
«Non ho mai detto che tu dovresti..».
«Ah no? Perché a me è sembrato proprio di s-si».
Provo ad avvicinarmi a lei ma Kristen si tira di nuovo indietro. «N-Non provare.. a... ad avvicinarti, chiaro?».
«Ma..».
«Mi hai sentito...» - si allontana e fa per andarsene.
Le afferro il polso ma quando vedo una smorfia di dolore diffondersi sul suo viso noto che anche lì, sulla maglietta, ci sono alcune macchioline rosse. «Cristo, anche lì ti sei tagliata..?».
«Non ti interessa...» cerca di liberarsi ma io glielo impedisco, tenendola ancora più stretta.
«Si che mi interessa! Mi importa di te! Ti amo, ricordi?».
Annuisce e si porta la mano libera vicino alle labbra, nervosa. «S-Scusami... io volevo.. non so, mi mancavi.. e tu eri così arrabbiato con me... pensavo che mi volessi abbandonare.. è l'unica soluzione che conosco..».
Sospiro.
«Capito...».
L'attiro a me e l'abbraccio.
Lei affonda il viso nel mio petto.
«Non avrei dovuto comportarmi in quel modo, mi dispiace amore...».
«Ho avuto così paura che te ne andassi...» mi cinge la vita con le braccia, abbracciandomi ancora più forte. Le accarezzo la schiena per farla calmare.
«Non puoi pensarlo sul serio..».
«Eri arrabbiato con me, Rob... io sono abituata che quando una persona è arrabbiata con me poi me la fa pagare e tu lo eri.. pensavo che andartene fosse la tua punizione nei miei confronti. Pensavo di aver sbagliato qualcosa.. di nuovo».
«Ero preoccupato per Tom e mi sono lasciato prendere la mano.. non avrei dovuto prendermela con te, ma non puoi continuare a pensarla in quel modo, Kristen.. non è detto che ogni volta che qualcuno si arrabbia con te poi se ne va, i rapporti fra le persone non sono sempre perfetti, si litiga, a volte si dicono parole che non si pensa sul serio, ma questo non vuol dire che ci sia odio. Spesso vuol dire che si è abbastanza innamorati da chiedere perdono».
«Non sono abituata a pensarla come dici tu.. devi avere pazienza con me, ma non ti obbligo a capirmi...».
«Ti do tutto il tempo di cui hai bisogno, amore.. ma per favore, non avere paura di perdermi ogni volta che esco di casa, uscirai matta».
Lei solleva il viso e accenna un sorriso.
«Ti amo..».
«Ti amo anche io, piccola».
«Ma sono ancora arrabbiata con te...».
«Fai bene, sono stato uno stronzo. Ogni tanto ti fa bene incazzarti con me, non devi tenerti tutto dentro».
Annuisce e inizia a giocare con i miei capelli, avvicinando sempre di più il suo viso al mio. «Quindi... è un no?».
«Cosa?», mi appoggio al muro del corridoio – dove siamo finiti – e l'attiro vicino a me tenendola per i fianchi.
«P-Per la domanda.. di prima...», le sue guance si fanno rosse, «n-non vuoi... farlo... con.. me?».
Oh, cazzo. «Amore...».
Lei scuote la testa e si morde l'interno della guancia, saltellando sul posto come fa sempre quando è nervosa. «E' okay... ho capito..».
«Anche dopo tutto quello che abbiamo detto.. ancora me lo chiedi?».
«Volevo solo esserne sicura...», fa spallucce.
«Non sei pronta, piccola..».
«Sarebbe un modo per legarmi a te..».
Oddio, può essere più dolce, piccola, indifesa e tenera di così?
«Sei già legata a me, piccola. Tu sei mia».
Kristen affonda il viso fra il mio collo e la spalla, alzandosi sulle punte. «Tua».






*






Sto dando l'ultima ripassata di vernice al muro quando sento la porta di casa aprirsi e la voce di mio figlio parlare senza sosta di un sacco di cose che non riesco a capire. Poi la voce di Kristen che lo riempie di complimenti, parole dolci e consigli come sempre. Sarebbe una mamma stupenda. Per la prima volta inizio a pensare a lei come alla mamma di Ricky. Non sarebbe male. Forse.. con il tempo. Sorrido.
«Rob?», sento Kristen chiamarmi dal soggiorno.
«Sono qui, piccola!».
Kristen si affaccia sulla stanza, un'espressione confusa in viso. Ricky appare in mezzo alle sue gambe, guarda la stanza con la bocca spalancata. «Abbiamo una camera nuova!» urla.
Kristen gli appoggia una mano sulla spalla e continua a guardarmi come a chiedermi "ma che sta succedendo?". È passata una settimana dal nostro piccolo litigio e da allora ho avuto modo di pensare molto. «Be', non dici niente?» le chiedo, trattenendomi dal ridere.
«E'... uhm, che cosa è?» fa qualche passo avanti e si porta le mani sulla bocca, è davvero stupita.
Ricky inizia a correre da una parte all'altra, toccando le pareti ancora fresche di vernice. «E' bellissima! È una camera! Ha le pareti blu da maschio! È blu, io amo il blu! È blu ma ci sono striscie gialle! Gialle! Si! Si! Si!».
Mi avvicino a Kristen, appoggiandole una mano sul fianco.
«Che ne pensi?».
«E'... è una... hai messo apposto questa stanza... hai verniciato le pareti.. e da dove diavolo spunta fuori tutta questa roba per bambini? Dio, Rob.. ma perché.. tu non mi hai.. ma sono così contenta.. una camera per Ricky, sei il padre migliore del mondo», mi abbraccia forte.
«In realtà, è più un regalo per... noi» dico, baciandola sulla fronte.
Lei mi guarda, arrossendo. «Per.. noi?».
«Be'..», le appoggio una mano sulla schiena, spingendola gentilmente verso il corridoio, fuori portata da un bambino innocente. «avremo più spazio per.. noi, capisci? Con Ricky in camera non possiamo mai passare abbastanza tempo insieme, di notte».
Le sue guance diventano ancora più rosse. «Hai... hai... cambiato idea?» chiede.
«Sto solo dicendo che non dormirò più sul divano, Kristen».
«Mh.. okay. Mi basta. Mi basta davvero, Rob.. è meraviglioso», sorride timida.
«E stavo anche pensando a un'altra cosa..», appoggio le mani ai lati dei suoi fianchi, attirandola a me finché non ho il suo bellissimo viso imbarazzato a un centimetro dal mio.
«D-Dimmi..».
«Voglio far andare bene le cose, Kristen.. voglio davvero far andare bene le cose fra di noi. Niente casini, promesso».
«Non voglio che.. Rob, non voglio che tu...».
«Non sto dicendo che ci saranno cambiamenti radicali dall'oggi al domani, piccola, sto solo dicendo che ci tengo davvero tanto a noi due, ti amo, e voglio che le cose vadano bene. Voglio stare con te, voglio renderti felice.. non voglio che una cosa come quella che è successa la settimana scorsa capiti mai più...», le sfioro il polso, facendo attenzione a non farle male.
Lei abbassa lo sguardo, colpevole.
Glielo sollevo di nuovo con la mano, «Ehi.. è okay, ora capisco. Non è stata colpa tua, ma mia..».
«No, Rob..».
«Non importa.. ora è passato. Pensiamo solo a noi due».
«Sarò un disastro....», i suoi occhi sono così facilmente carichi di lacrime.
«No.. lo sarò io, ma tu mi perdonerai.. vero?».
Sorride, baciandomi sulla guancia e aggrappandosi a me con un braccio. «Tu non hai idea di quello che sto provando in questo momento..».
«Ne ho un'idea.. hai il cuore che batte contro il mio petto, lo sento.. è una sensazione stupenda, voglio che sia così tutti i giorni della mia vita ecco perché voglio che le cose funzionino, amore..».
«Io con te sto sempre bene..».
«Cerco di fare del mio meglio, piccola» sorrido e dopo un po' anche lei ricambia il sorriso, sollevandosi sulle punte per posare timidamente le sue labbra sulle mie, come in una tacita promessa.
«Dovrai insegnarmi tantissime cose...» e dietro il tono malizioso vedo un velo di tristezza nei suoi occhi, so perfettamente a cosa si riferisce.
«Sarà un piacere».
«Mh..», si avvicina per baciarmi di nuovo ma Ricky ci interrompe correndoci incontro e finendoci addosso come un tornado. «Forse.. forse è meglio se preparo il pranzo», Kristen prende in braccio Ricky, che come al solito sembra sempre molto più felice e sereno quando è fra le sue braccia.
Annuisco e bacio entrambi sulla fronte prima di tornare al mio lavoro.
Finisco di verniciare, sistemo il letto che sono andato a comprare questa mattina con gli ultimi soldi che mi sono rimasti e sistemo i giochi di Ricky in giro per la stanza, decidendomi all'ultimo di andare a prendere anche i suoi vestiti dalla camera da letto per trasferirgli qua. Una volta che è tutto fatto, guardo soddisfatto il mio lavoro. Quando mi metto d'impegno so fare proprio un buon lavoro, non c'è che dire, nessuno direbbe mai che prima questa stanza era una specie di ripostiglio delle scope abbandonato e che adesso – con una passata di vernice e dopo essersi sollevati ben bene le maniche – sembra proprio la cameretta di un bambino, con tutte le cose al proprio posto.
«Hai fatto davvero una cosa bellissima, Rob», sento le sottili braccia di Kristen abbracciarmi da dietro, appoggiando la guancia contro la mia schiena. Ogni volta che fa un gesto di questo genere di propria iniziativa, mi riempie il cuore di gioia. Sta facendo passi da gigante senza neanche rendersene conto. Non era malata, era solo infelice, senza fiducia, impaurita.
«Te l'ho detto.. voglio fare le cose per bene, amore», stringo le sue mani, appoggiandole contro il mio stomaco.
«Sai... è... è la prima volta che.. sai, ho un ragazzo», la sento strofinare il viso contro la mia camicia, imbarazzata.
Rido e la faccio girare verso di me, posizionandola bene fra le mie braccia e sollevandole il viso con un dito. «Sono il tuo primo?».
Annuisce, timida. «Ho sempre avuto ragazzi che.. non erano niente per me, solo soldi che dovevo dare a Scout. Nessuno di loro mi ha mai trattata come fai tu, perché tu mi ami.. e per me è una cosa completamente nuova, non credevo di poter essere amata sul serio da qualcuno.. sopratutto, non da qualcuno di meraviglioso come te...».
«Io sarei meraviglioso? Kristen, dovresti farti un esame di coscienza, dico sul serio..».
«Sono seria, Rob», appoggia la sua piccola mano contro il mio petto, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. «Da quando ti ho incontrato ringrazio Dio.. o qualunque cosa ci sia lassù, di avermi fatto incontrare una persona come te. Perché tu mi salvi, lo fai in continuazione.. e io non so come farei senza di te, lo capisci? La sola idea di ritrovarmi di nuovo da sola... mi distrugge... e ho così paura.. così tanta paura di perderti che...», asciugo teneramente le sue lacrime con le mani, prendendole il viso fra le mani.
«Non devi avere paura di qualcosa che non accadrà mai, okay?» le dico, guardandola dritta negli occhi. Quegli occhi verdi che mi hanno fatto innamorare di lei così velocemente.
«Ma ho paura, Rob...».
«Lo so, piccola..», la stringo a me, cercando di trasmetterle almeno un po' di sicurezza, «lo so, lo so...».
«Ho paura di rovinare ogni cosa bella che abbiamo creato insieme.. hai ragione tu, facciamo due passi avanti e dieci indietro.. ed è colpa mia, perché non so.. fare niente, niente di bello.. niente che ti renda fiero di me..».
«Kristen, basta».
«E' la verità..».
«No! Non lo è!», l'afferro per le spalle e la scosto per fare in modo che mi guardi bene in faccia mentre le parlo, «Tu non te ne rendi conto, ma ogni giorno tu compi un miracolo, Kristen. Ti svegli, ti alzi dal letto, parli con me, stai con me, con Ricky, compi gesti che prima per te erano impossibili. Sii ragionevole, sii realista, amore mio, perché io lo so che tu non pensi davvero di essere un fallimento, almeno non per me.. io ti amo, vedo ogni cosa bella che fai, tutti i giorni», prendo la sua mano e l'appoggio sul mio viso, «Prima non ti saresti mai sognata di fare una cosa del genere, ti ricordi? E adesso lo fai quasi senza pensarci..», le stringo un fianco, facendo pressione in modo che lei lo senta e capisce il mio intento, «Una cosa del genere, prima, ti avrebbe fatta scappare via a gambe levate, mentre guardati adesso.. ti piace, hai amesso di amarmi e non ti faccio più paura..».
«Non mi hai mai fatto paura, Robert! Non pensarlo neanche per un istante!».
«Alcune volte...».
«Sono una codarda. Avevo paura di toccarti, di essere toccata. Avevo paura del mondo intero che mi circondava e tu mi hai salvata, basta».
«Non è tutto merito mio..».
«Salvata», soffia sulle mie labbra, circondandomi il collo con le braccia, «mi hai salvata... e non.. n-non vedo l'ora di stare da s-sola con.. te, in.. camera.. nella nostra camera da letto..», mi lascia andare all'improvviso, vedo il suo viso farsi di un rosso vivo mentre scappa in cucina.
Rido.
La solita Kristen.
Non riuscirà mai a fare la maliziosa senza arrossire.
L'amo così tanto.


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Okay, eccomi qua.
Allora, non so come definire questo capitolo,
non so neanche se sia un capitolo di svolta oppure solo transitorio,
so solo che mi è venuto giù all'improvviso, quando in realtà avrei dovuto
scrivere il capitolo per l'altra storia – perdonatemi.
In ogni caso, scusatemi per tutto il tempo che vi ho fatto perdere e tutto quello
che vi ho fatto aspettare.
Vi prego, ditemi bene quello che vi è piaciuto di questo capitolo,
se vi è piaciuto.
Perché.
Okay, la smetto.
Grazie di tutto,
vi voglio bene,
alla prossima.


















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Capitolo 14
*** We have to go, baby. Now. ***


#We have to go, baby. Now.




Pov Robert





Non avevo mai pensato molto a come sarebbe stato avere una relazione.

Una relazione stabile, intendo. Dove si vive l'uno per l'altra. Non avevo idea di che cosa fosse l'amore prima di incontrare Kristen. Ma ora che è qui, con me, mi sento come se mi fosse stato dato il regalo più bello del mondo. Farò qualsiasi cosa per proteggerla, per prendermi cura di lei perché lei si prende cura di me.
Rob..?”.
Kristen è appena entrata in camera dopo una doccia veloce, indossa una mia maglietta e un paio di pantaloncini.
Dio, è la ragazza più bella del mondo.
I capelli sono legati in una coda fatta in fretta e le sue gambe sembrano non finire mai.
Rob? Oh?” - beccato in pieno mentre sbavavo sulle sue gambe, ottimo.
Eh? Si?”.
Mi sorride, “Ti eri incantato?”.
Un po'.. amore, sei bellissima, come faccio a non incantarmi? Poi se metti quei pantaloncini..”.
Arrossisce. “Che stupido...”.
Si. Vieni qua”.
Kristen cammina lentamente verso di me, sedendosi sul letto a gambe incrociate davanti a me. Non mi guarda negli occhi, sicuramente deve essere imbarazzata.
Ehi?”.
Mh, si, scusa.. è... è la prima volta che dormo con un ragazzo” dice, arrossendo ancora di più.
Oh... be', perché tu sei..?”.
Non è un po' ovvia la risposta? Sono vergine”.
Okay, diciamo che lo sapevo.
Ovvio che è vergine.
Ma sentirglielo dire è un'altra cosa.
Vederla così imbarazzata davanti a me, è un'altra cosa.
Non ho mai avuto a che fare con ragazze vergini.
Diciamo che l'ambiente che frequento e il mio lavoro non mi aiutano molto a conoscerle.
Oh...”.
Già...”.
Non cambia niente, tranquilla”.
In che senso?”.
Che... è una bella cosa. Insomma, tu sei vergine ed è... una cosa stupenda, perché vuol dire che ti sei conservata.. quel momento per la persona giusta, che sarà sicuramente strafelice quando..”.
Rob, che cazzo stai dicendo?”, mi guarda come se fossi uscito fuori di testa e forse lo sono davvero. Insomma, per tutto questo tempo non abbiamo fatto altro che baciarci. Insomma, a malapena. Lei ha i suoi limiti e io li rispetto ma adesso lei sta migliorando molto in fretta e anche se ha ancora qualche difficoltà capisco che, adesso, quello con più difficoltà sono io perché non so come muovermi.
Perchè? Che ho detto?”.
Stai parlando del ragazzo con cui avrò la mia prima volta come.. come se non fossi tu. Con chi pensi che io voglia avere la prima volta, scusa...?”.
Non lo so.. spero con me ma capirei se non fosse così”.
Perché non dovrei?”.
Perché io sono un casino, peggio di quanto tu creda”, mi passo una mano fra i capelli, nervoso. “Non so se l'hai notato, ma ho un figlio piccolo, una casa che cade a pezzi in un quartiere di merda, un lavoro pericoloso che fa schifo e tu sei costretta a lavorare in un cazzo di club per aiutarmi a pagare la nostra roba. Vuoi davvero avere la tua prima volta con qualcuno del genere? Insomma, so che voi ragazze ci tenete un sacco a questo genere di cose e io...”.
Kristen mi prende il viso fra le mani e mi guarda fisso negli occhi, facendomi smettere subito di parlare.
Hai ragione, noi ragazze amiamo questo genere di cazzate.. la prima volta è, uhm, molto importante e di solito speriamo che sia con il ragazzo giusto ma tu ti ricordi come sono vissuta? Per me non c'era il figo della scuola, non c'è mai stato nessun primo appuntamento, niente primo bacio romantico, niente di niente, solo... merda. Merda ovunque nella mia vita. Perciò, si, ci tengo alla mia prima volta perché è tutto ciò che di 'normale' e 'adolescenziale' mi resta....”.
E vuoi sprecare questa tappa così importante con...me?”.
Voglio che sia con qualcuno che amo.. e io ti amo”.
Anche io ti amo”.
E allora dov'è il problema..?”.
Non ne sei davvero sicura, lo vedo. Sei ancora piccola, hai tutta una vita davanti e questa scelta sarà la peggiore della tua vita, fidati. Non vuoi davvero avere la tua prima volta con me”.
Si invece”.
Non sono mai stato con una vergine, Kristen.. ti farei male”.
I suoi occhi perdono sicurezza per un istante. “N...non mi importa”.
Io credo di si, invece. Non vuoi che la tua prima volta sia uno schifo”.
Smettila di dirmi cosa voglio, Robert”.
Voglio solo che la tua prima volta sia perfetta... e con me non lo sarebbe”.
Io credo di si... proviamo, mh?”, arrossisce e mi accarezza il viso, le sue mani tremano.
Stai tremando, piccola”.
Tu...tutte le ragazze sono n-nervosa la loro prima volta”.
Si, certo.. certo”.
Kristen si solleva un po', cingendomi il collo con le braccia e avvicinando il suo viso al mio.
Voglio te..” sussurra, posso vedere le sue guance prendere colore.
Ti voglio anche io, da morire, amore mio...”.
Non... non respingermi allora”, chiude gli occhi e preme la sua fronte contro la mia.
Non intendo farlo, piccola”.
Un sorriso timido si forma su quelle labbra rosse, che un istante dopo sto baciando. Le stringo piano i fianchi con le mani e ribalto le posizioni, facendola sdraiare gentilmente sul letto e posizionandomi sopra di lei cercando di pesarle il meno possibile.
Sei un gigante, Rob..”, ride.
Oh, grazie, nanerottola”.
Kristen posa le sue piccole mani sui bordi della mia maglietta, sollevandola.
Mh...”, si morde il labbro e sfiora timida il lato di pelle che ha scoperto, “sei bello.. sei proprio bello, sei il ragazzo più bello che io abbia mai conosciuto”.
Anche tu sei bella”, le bacio la punta del naso, facendola ridere.
Togliti la maglietta..” mi ordina.
Uh, quanta fretta.. non sai che la prima volta si va piano? E dire che io sono un ragazzo e queste cose dovresti dirle tu a me”.
Tu non sai quanto ho aspettato.. fidati, muoio dalla voglia di fare l'amore con qualcuno che mi ami davvero. Tutte le volte che...”, i suoi occhi si fanno lucidi, “tutte le volte che venivo costretta a fare... cose che non volevo fare, da ragazzi che volevano solo una cosa da me... tutte quelle volte, mi sono chiesta come sarebbe stato farlo con qualcuno che amavo. Qualcuno che mi avrebbe insegnato cosa fare, come fare le cose per bene... ho lottato per conservarmi questo momento e sono stata premiata”, mi accarezza il viso mentre una lacrima solitaria le scivola sulla guancia, “mi sei stato dato tu”.
Kristen...”, le asciugo la lacrima con la mano, lasciandola poi appoggiata contro la sua guancia, la sua pelle è accaldata e morbida, “non sono il premio di nessuno.. al massimo, sei tu il mio”.
Lei scuota la testa, cercando di trattenere le lacrime.
Voglio davvero fare l'amore con te, Rob...”.
Vuoi farlo solo perché vuoi qualcuno che non ti usi e basta, ma tu sai benissimo che io non lo farò, io ti amo, non ti farei mai e poi mai del male”.
No, Rob.. io... i-io..”, mi stringe le braccia, come se avesse paura che io me ne andassi.
Non farti prendere dalla fretta, è la tua prima volta, deve essere perfetta, no?”.
No.. no, io non... non voglio che sia perfetta, io voglio che sia con la persona che amo e io amo te”.
Ho capito, amore, ma...”.
Rob, se parli troppo... qua.. non.. facciamo niente, quindi...”, mi sfiora il fianco, provocandomi una serie di brividi lungo la schiena come nessuna ragazza mi aveva mai fatto provare.
Di nuovo fretta? I preliminari servono anche a parlare, eh..”.
No, non parlare.. se parli, poi cambi idea...”.
Non ti ho detto si, amore.. sto solo provando”.
E allora proviamo, ma sta zitto...”, mi bacia.
Mh, quanto amo i suoi baci.
I baci di Kristen sono i migliori.
Così teneri, timidi, che ti viene voglia di abbracciarla stretta a te.
Quando ci stacchiamo, molto tempo dopo, solo per riprendere fiato, lei mi sorride.
Mh, ora via la maglietta...”.
Perché non te la togli tu?”.
Lei scuote la testa, posso vedere l'imbarazzo e la paura nei suoi occhi. So benissimo che ho azzardato con questa domanda.
N...no, p-prima tu, dai...”.
Okay..”.
Mi sfilo la maglietta facendola scivolare sopra le mia testa.
Abbracciami..” sussurra.
Kristen...”.
Ma lei si aggrappa come un koala fra le mie braccia, impedendomi di continuare a parlare e in meno di un secondo le sue labbra sono sulle mie. Mi sfiora le spalle, aggrappandosi ancora di più e facendomi avvicinare a lei con un senso d'urgenza che non le avevo mai sentito.
Infilo una mano sotto la sua maglietta, ha la pelle calda e morbida e le accarezzo lo stomaco.
Uhm, meno male che ero io quella che andava di fretta...” commenta.
Si, hai ragione, ma come posso resisterti?”, arrossisce e riprende a baciarmi.
Non puoi, ovvio”, cerca di ridere e di rendere il suo tono di voce spiritoso ma riesco benissimo a vedere l'ansia e l'agitazione che sta prendendo il possesso di lei. Mi preparo a correre ai ripari appena ce ne sarà bisogno.


Pov Kristen


Okay, devo stare calma.
Calma, molto calma.
Un bel respiro Kristen, forza, su!
Finalmente l'hai convinto a fare l'amore con te per la prima volta, non puoi fartela sotto proprio adesso.
No, non posso.. hai ragione” dice, sorridendomi malizioso.
Dio, no.
Inizio a scacciare dalla mia testa un sacco di immagini orribili.
Non è nessuno di cattivo, devo ricordarmelo. È Robert.
È solo Robert, porca puttana.
G...già. Quindi.. via i pantaloni, su”, ma da dove esce fuori questa sfacciataggine, Stewart? Non sapevo neanche io di essere così.
Robert sembra pensarla allo stesso modo ma anche se è visibilmente confuso dal mio comportamento, fa come gli dico e si sfila i jeans, restando in boxer. In quel momento mi accorgo che io, invece, sono ancora completamente vestita. Oh, cazzo. Spogliarmi? Mai.
Ma l'amore si fa nudi, piccolo genio.
Porca troia, lo so, ma spogliarmi...
Ti aiuto a togliere qualcosa, mh..”.
Annuisco, cercando di sembrare il più convinta possibile.
Robert solleva la mia maglietta e io sento le braccia pesanti, non riesco neanche a sollevarle per aiutarlo a sfilarmi la maglietta.
Qualcosa non va'?”.
N-no, tutto okay..”, mi costringo a sollevare le braccia e Robert mi sfila la maglietta.
Dio.. sei bellissima”, lo sguardo di Robert vaga sul mio corpo coperto a malapena dal reggiseno a fascia che mi sono messa questa mattina. Dio, ma perché a fascia? Quanto posso essere cretina? E ora?
S..scusa, non.. non avrei dovuto mettere... questo... tipo di reggiseno, io.. io sono una cretina...”.
Ma che dici? Tranquilla, è okay, riesco a togliertelo facilmente”.
Oh....oh, okay”, no, non è okay, non è affatto okay, non è okay che lui sappia togliermi il reggiseno a fascia con facilità, non è okay che io abbia il cuore a mille, non è okay che io voglia scappare a gambe levate appena Robert acconsente a fare l'amore con me per la prima volta. Niente, in tutta questa situazione è okay. Neanche io.
Tutto okay, piccola..?”.
C..certo”, ma non riesco a farlo sembrare vero e non resisto alla tentazione di coprirmi con le mani quel che riesco a coprire, cioè molto poco alla volta.
Kristen...”.
No.
No, per favore, odio quel tono di voce.
Sembra quasi che mi stia sgridando mio padre.
Oh.. mio padre.
Mi tornano in mente i miei genitori che urlano, litigano, si mandano a fanculo a vicenda.
No, no, no.
Non proprio ora, non adesso.
I tuoi occhi...”.
Non lo faccio finire, lo attiro a me e lo bacio. Facile, veloce. Ma è quando le sue mani si posano sui miei fianchi scoperti che inizia il peggio. Cristo, voglio morire. Voglio morire in questo momento, mi sento malissimo, penso che tra poco scoppierò.
Kristen..”.
Sshh.. è okay, forza.. vieni più vicino..”, ma lui non mi stava più ascoltando. Fa per alzarsi ma io lo trattengo per un braccio. “Che stai facendo? Non.. non provarci, Rob.. non provarci neanche a mollarmi in questo letto da sola... se ci tieni a me, se mi ami come dici, allora fai l'amore con me e fammi passare questa cazzo di malattia”.
Kristen, non posso farti questo...”.
Non stai facendo niente.. non mi stai facendo niente, amore, davvero”.
Stai solo cercando un modo per..”.
Sto cercando un modo per avere la mia prima volta con te, stupido. E tu continui a mandare a puttane i miei piani! Che ho che non va? Okay, faccio schifo, ma non pensavo che...”.
Smettila subito, tu non fai schifo”.
Allora fai l'amore con me”.
Tu non capisci...”.
Capisco eccome”, sento gli occhi farsi ancora più umidi, cazzo.
No, per niente. Avanti, pensi davvero che io possa fare l'amore con te quando stai tremando sotto di me e il tuo corpo mi sta praticamente implorando di non fare questo a una bambina?”.
B...bambina? Oh, grazie mille. S-spostati, subito..”, dio, che stronzo. Provo a spingerlo via ma lui me lo impedisce.
Mi spinge contro il letto, inchiodandomi al materasso.
Sai benissimo di non essere pronta, non inventiamo storielle, okay?”.
Voglio far parte del tuo mondo, lo vuoi capire?”, e, come sempre, le lacrime cominciano a scendere.
Piccola...”.
Non iniziare con la predica, Rob, okay? N-Non farlo...”.
Devo smetterla con la predica?”.
Si, devi smetterla con la predica. Ti è tanto difficile capirlo? Voglio fare l'amore con il ragazzo che amo, che mi ha salvato la vita e mi ha dato una casa.. ho.. ho paura e sono agitata ma è normale, cazzo, ogni ragazza alla sua prima volta è nervosa, no? E io sono solamente questo: una normale ragazza come tutte le altre che sta per avere la sua prima volta. Posso, solo per stasera, essere solo questo, amore?” - non sapevo neanche di saper parlare in questo modo. Ho fatto un bel discorso, non ho tralasciato niente e forse l'ho pure convinto visto il modo in cui mi sta guardando, ci sta pensando seriamente. Forse non gli ho detto della morsa al basso ventre o del cuore che batte all'impazzata e dell'ansia che mi sta uccidendo ma non era necessario dirgli proprio ogni cosa.
Puoi...” sussurra.
P..posso?”.
Puoi essere una normale ragazza che sta affrontando la sua prima volta, puoi esserlo, amore”.
Dici davvero?”.
Certo..”.
Aw, grandioso...”, gli prendo il viso fra le mani e lo bacio, gustandomi per bene quel bacio. Mi stringe i fianchi e mi accarezza la pelle scoperta, facendomi rabbrividire. Cerco di non fare caso all'ansia che continua a divorarmi, voglio davvero godermi questo momento, ma quando la sua mano scende verso il basso e mi accarezza la gamba sono costretta a interrompere il bacio per guardarlo dritto negli occhi.
Tutto bene?”.
Si..”, ma so che la mia voce mi tradisce.
Okay...”, la sua mano scende ancora di più, mi accarezza l'interno coscia.
Mh...”.
Se vuoi che mi fermo..”.
No”, ma quando mi concentro sulla sua mano che sale sempre di più vorrei solo urlare 'si, si, Cristo, fermati!', ma non lo faccio.
Amore..”.
Continua..”, forse dovrei dire qualcosa, qualcosa come 'è bello' o 'mi piace' ma la verità è che sono troppo agitata e – devo ammetterlo almeno con me stessa – spaventata per godermi la sensazione in sé.
Okay..”.
Sento la sua mano avvicinarsi sempre di più al centro fra le mie gambe.
Senza farmi accorgere, prendo un bel respiro.
Posso farcela, posso farcela, posso farcela.
È tutto okay, è normale, io posso..
Rob, no! Fermo, FERMO! CAZZO, FERMATI, TI PREGO!”.
Robert balza in piedi in meno di un secondo, sembra mortificato.
Cazzo, Kristen...”.
Sento il mio cuore battere contro la cassa toracica talmente forte da rischiare di schizzare fuori. “Io.. io.. io... pensavo di... oddio.. oh.. cazzo” è tutto quello che riesco a dire, ancora distesa, mentre cerco di riprendere fiato.
Robert si avvicina e si mette seduto sul bordo del letto, fissandomi.
Rob... io... mi spiace...”.
Amore, va tutto bene, lo sapevo.. era ovvio, non sei ancora pronta”, si avvicina e fa per abbracciarmi, osservando attentamente la mia reazione, quando vede che non scapperò, mi abbraccia e mi bacia la fronte per rassicurarmi. “Ho cercato di fartelo capire, ma tu continuavi a insistere quindi ho immaginato che... a quanto pare, avevi solo bisogno di sbatterci la testa per capirlo”.
Volevo davvero farlo, però...”.
Lo so, ma non sei pronta”.
Ma io VOGLIO, okay? Io voglio ma... sembra quasi che... quando tu... oddio”, mi nascondo il viso fra le mani, imbarazzata.
Ehi...”, Robert mi scosta gentilmente le mani dal viso e mi ritrovo la sua faccia a un centimetro dalla mia, sta sorridendo, non sembra arrabbiato né deluso, grazie a Dio, “non c'è nessun problema, amore, possiamo riprovarci se vuoi, possiamo.. non so, possiamo riprovare fra una settimana o fra un mese o fra un anno, non ha importanza.. l'unica cosa che importa è che tu resti con me e affronti tutti i problemi che avrai o che avremo insieme.. questo è quello che importa”.
Hai... hai ragione, ma...”.
Insieme” dice, guardandomi intensamente.
Ma io..”.
Mi interrompe dandomi un bacio, “Non hai bisogno di... questo, per far parte del mio mondo. Tu sei già tutto il mio mondo, adesso”.
E' una cosa dolcissima, amore, ma...”, ma non mi basta. O forse si, non lo so. So solo che sono delusa da me stessa in questo momento e non c'è niente che mi possa far stare meglio. “Mi serve davvero questa cosa, capisci? È un pensiero fisso, non posso fare a meno di pensarci da...”.
Da quando ho fatto lo stronzo con te, ti ho lasciata sola e tu adesso pensi che l'unico modo per non farmi andare via sia fare l'amore con me anche se non sei pronta, lo so. E, cazzo, mi dispiace che tu la pensi così perché non è giusto.. non dovrebbe essere così, tu dovresti volerlo non averne bisogno. Sono due cose completamente diverse, piccola e per te lo sono ancora di più.”
Dio, quanto cazzo lo fai lunga...” sbuffo, voltandomi dall'altra parte.
Non arrabbiarti..”.
Non sono arrabbiata, sono solo frustrata. Voglio fare l'amore con te ma il mio corpo sembra essere di un'altra idea”.
Forse.. dovremmo solo iniziare con le cose più.... basilari, semplici”, c'è malizia nel suo tono e quando mi volto per guardarlo in faccia vedo che sta sorridendo.
Sto pensando male...”.
Pensa male, piccola”.
Arrossisco ma sorrido anche. “Quindi c'è speranza”.
C'è sempre speranza quando si tratta di convincermi a venire a letto con te, amore mio”.
So... fare le cose basilari. Le ho.. già fatte, so.. so come si fanno”. Mi tornano in mente tutte le volte che ho dovuto farle, per non finire sotto un ponte, per mangiare, per non far incazzare Scout. Non voglio che con Rob sia la stessa cosa, lo stesso schifo. La stessa sensazione.
Ehi..”, mi solleva il mento con un dito per potermi guardare negli occhi. “C'è qualcosa che non va..?”.
N...non voglio che sia lo stesso... schifo”, dio, ho già gli occhi lucidi. Di nuovo.
Che intendi dire?”, mi osserva con attenzione e so che è il momento giusto per parlare.
Con Scout facevamo così. Io dovevo intrattenere i suoi 'amici' in quel modo.. se non avevamo soldi era l'unico modo per non farci sbattere fuori di casa. All'inizio non volevo ma... avevo fame e sonno.. e freddo. Dio, Rob, tu non sai quanto possono essere fredde le strade di notte quando indossi praticamente un cazzo e io avevo freddo e volevo tornare a casa ma sapevo che mia madre.. lei non si sarebbe più potuta prendere cura di me, dovevo farcela da sola. Dovevo, capisci?” - è come un fiume in piena, non riuscivo più a smettere di raccontare e vedere come Robert mi ascoltava attentamente rendeva tutto ancora più facile - “E l'unico modo.. l'unico dannato modo era fare quello che mi diceva Scout perché lei trovava sempre un modo per cavarsela. Ma era orribile.. ogni giorno io speravo che fosse l'ultimo ma non lo era mai. I suoi amici andavano e venivano e lei mi trascinava un po' ovunque, aveva sempre bisogno di droga e alcol per non impazzire del tutto e io ero l'unica lucida quindi dovevo occuparmene io..”.
Robert mi accarezza una guancia e mi fa distendere sul letto, abbracciandomi. “Cosa facevi, Kristen?”.
Dovevo intrattenerli....”.
Come?”.
Non vuoi davvero saperlo...”.
Niente di ciò che dirai mi farà cambiare idea su di te, voglio solo sapere quanto devo essere incazzato con quella puttana per averti costretta a fare una cosa del genere”.
Aveva bisogno di soldi, Rob, e io..”.
Cosa.Dovevi.Fare”.
Non sono andata a letto con nessuno” dico, arrossendo ed evitando di guardarlo in faccia.
Questo lo so, visto che sei vergine. Quindi immagino che tu abbia dovuto..”.
Cala il silenzio.
Vorrei sprofondare.
Sotterrarmi.
Dio, che schifo che faccio.
Mi copro il viso con le mani e lascio le lacrime scorrermi sul viso.
Kristen... ehi, non fare così...”, mi stringe ancora di più a sé e mi bacia sulla guancia, accarezzandomi le braccia e il viso cercando di consolarmi. Ma non è possibile, è qualcosa più grande di me, qualcosa con cui sto lottando da una vita e non ne uscirò viva, lo so.
E' stato orribile!” urlo, mentre i ricordi si impossessano di me.
Shh, shh, ora è tutto apposto, loro non sono qui.. ”.
Si... si, invece, loro sono sempre qui, sento le loro mani addosso, le loro voci... non guarirò mai, Rob! MAI!”.
Non dire così...”.
Mai...”, mi stringo a lui e soffoco le urla nel suo petto mentre lui mi tiene vicina a lui, cullandomi come una bambina piccola. Continua a urlare e piangere per non so neanche quanto tempo, continuo finché non mi addormento e quando mi sveglio Robert è ancora accanto a me che mi scosta i capelli dal viso.
Buongiorno, amore..”.
Rob.. m..mi dispiace...”.
Non dirlo neanche”.
Voglio che tutto questo finisca, Rob. Lo voglio sul serio. Io voglio godermi la mia vita ma non posso farlo se continuo a pensare a loro ogni istante. Non posso, non voglio...”.
Robert mi spinge gentilmente la testa contro il suo petto mentre un altro pianto isterico si impossessa di me.


Pov Robert


Ho bisogno di una mano, Fred. Mi devi aiutare.. devi farlo, mi devi un favore”.
Un favore? Andiamo, amico, sono passati anni dall'ultima volta che ci siamo rivolti la parola.. non mi ricordavo neanche che esistessi finché non sei apparso davanti alla porta di casa mia – a proposito, ti rendi conto di che cazzo di ore sono, porca troia?”.
Si.. cioè, no. Cazzo, Fred, è urgente!”.
Fred si passa una mano sulla faccia, rassegnandosi al fatto che non me ne andrò da casa sua finché non mi aiuterà. È un vecchio amico – o almeno lo era, anni fa', - e mi deve un grosso favore visto che l'ultima volta che ci siamo visti gli stavo salvando il culo da un gruppo di mafiosi a cui doveva dei soldi. Adesso, servono a me i soldi.
Mi torna in mente l'immagine di Kristen addormentata nel mio letto, serena dopo una notte passata a piangere. L'ho lasciata a casa per correre da Fred, coprendola con il lenzuola mentre il cuore mi batteva fortissimo.
Non potevamo andare avanti così, avevo bisogno di un cambiamento.
Di cosa hai bisogno?”.
Soldi. Molti”.
Quanto?”.
Abbastanza da andarmene da questo posto e cominciare da zero”.
Fred mi guarda in faccia sbalordito. “Pensavo ti piacesse fare la testa di cazzo di professione, amico”.
Faccio spallucce. “Non è solo per me..”.
Ah, ho capito. Una ragazza. Tutto chiaro adesso...”
E so che capisce. Fred è più grande di me di qualche anno ed è sposato. Sua moglie fa la spogliarellista in un locale vicino a casa loro per mandare avanti la baracca, ma si amano, lo so.
Dobbiamo andarcene da qui, ma ho bisogno di soldi. Ne ho un po' da parte ma non basteranno per molto.. devi aiutarmi”.
Lo vorrei tanto amico.. ma non so come. Anche io me la passo male”.
Non è difficile credergli. Casa loro sta cadendo a pezzi, è messa molto peggio della mia.
Qualcosa deve pur esserci.. qualche lavoro di una sera, anche pericoloso, non me ne fotte.. ti prego” - ma a che punto sono arrivato? Mai, nella mia vita, avrei mai pensato di supplicare qualcuno.
In effetti... mi hanno proposto un lavoro, l'altra sera.. e io ho rifiutato”.
Che genere di lavoro?”.
Per un tipo, uno nuovo... voleva qualcuno che sbrigasse una commissione per lui in un covo di spacciatori. Dovevo rubare loro tutta la cocaina che avevano.. ma tu sai com'è quella gente, non è come svaligiare una casa o spacciare un po' di eroina.. quella gente uccide, amico”.
Lo sapevo. Lo sapevo molto bene.
Ma avevo un disperato bisogno di soldi, dovevo portare Kristen fuori da tutta questa merda una volta per tutte.
Quanto pagava?”.
Più di cinquantamila dollari, o giù di lì”.
Mi si seccò la gola.
Dimmi il suo nome”.
Rob, questa non è una cazzata.. non scherzavo quando dicevo che quella gente uccide. Ti metterai in un grosso guaio e non ne vale la pena. Puoi uscirne anche senza quei soldi, credimi”.
Guardai la sua casa, guardai Fred e pensai a sua moglie che si spogliava davanti a degli sconosciuti per un paio di dollari al giorno. E lui, senza soldi, dov'era arrivato? In quella merda. E io ero nella merda e volevo uscirne, volevo portare via Kristen con me, dare una vita migliore a mio figlio e rendere tutta questa storia un brutto ricordo da dimenticare.
Ho detto: dammi il suo cazzo di nome, Fred”.



Pov Kristen




Mi svegliai già con le lacrime agli occhi, avevo sicuramente pianto anche mentre dormivo. Fantastico. Allungai una mano per cercare Robert dall'altra parte del letto ma non lo trovai, al suo posto però c'era un pezzo di carta scritto da lui – la sua calligrafia incasinata era riconoscibile al primo sguardo.



Dovevo fare una cosa.
Per favore, non stare in pensiero per me, tornerò per cena... spero.
Dormi, riposati e prenditi cura di Ricky come fai sempre – sei un angelo.
Mi dispiace che stanotte tu abbia pianto così tanto, ho cercato di calmarti e farti smettere di piangere ma ho pensato che magari era meglio se ti lasciavo sfogare un po'... ti amo, non dimenticartelo mai, capito amore?
Spero di tornare presto.
Non uscire di casa, per favore.
Non piangere mentre sono via,
ti amo,
Robert.


Rob... ma...”, cacciai via le lacrime e mi misi seduta sul letto.
Cosa doveva fare?
Non mi aveva detto niente ieri.
Mi alzai e andai a controllare Ricky, stava ancora dormendo. Gli preparai la colazione, gli feci il bagno e lo lasciai giocare sul tappeto in salotto. Il tutto senza smettere neanche per un secondo di chiedermi dove accidenti fosse andato a cacciarsi Robert.
Nel messaggio diceva che sarebbe tornato per cena... forse.
Mi chiusi in bagno e mi feci una bella doccia.
Per fortuna Ricky era un bambino autosufficiente e autonomo perché continuai a vagare per le stanze della casa senza sapere davvero cosa fare.
Quando più tardi, quella sera, sentii la porta di casa aprirsi il mio cuore mancò un battito.
Ricky era già a letto, ormai erano le dieci passate, stavo anche già iniziando a pensare che fosse successo qualcosa di brutto a Robert quando invece me lo ritrovai davanti alla porta di casa.
Rob!”, gli gettai le braccia al collo ma subito un suo lamento di dolore attirò la mia attenzione. Quando mi scostai da lui per guardarlo bene in faccia mi resi conto che aveva il viso completamente pestato, il labbro rotto e colava sangue dal naso. “C...cosa... che... oh, cazzo.. amore, cosa..”, non riuscivo neanche a parlare ma continuavo a fissarlo, stupita.
Non è niente, amore.. t..tranquilla”.
Chi ti ha ridotto in questo stato!?”.
Kristen, a..ascoltami”, faceva persino fatica a parlare.
N..NO! DIMMI COSA E' SUCCESSO!” - stavo perdendo la testa.
ASCOLTAMI!” mi afferra per le spalle e mi guarda dritto negli occhi. “Ho i soldi”.
C..che soldi? Di cosa cazzo stai p-parlando?”.
Ho i soldi! Possiamo andarcene! Prendi le tue cose, in fretta” - mi spinge in camera da letto e inizia a tirare fuori tutti i miei vestiti - “Dobbiamo sbrigarci, saranno qui a momenti...”.
C..chi? Cosa sta succedendo? SPIEGAMI!”.
Non c'è tempo! Cazzo, muoviti... amore, per favore, fa come ti dico e basta per una volta. Non fare domande, non adesso... amore mio, ascoltami”, mi accarezza una guancia e mi supplica con così tanta forza da non lasciarmi via di scampo.
Annuisco e lo aiuto a mettere i miei vestiti in un vecchio borsone.
Corro in camera di Ricky e prendo anche i suoi.
Quando lo vedo addormentato e sereno, mi viene da piangere.
No, no, basta piangere. Lo farò... dopo, adesso devo agire.
Sveglialo e vestilo pesante...” - Robert è dietro di me, con il borsone in spalla.
O..okay...”.
Ti ho lasciato una mia felpa sul letto e un paio di jeans per cambiarti.. appena hai fatto, ci vediamo di sotto”.
Annuisco senza dire niente.
È tutto assurdo. Non voglio andarmene, mi piace questa casa. Era diventata la nostra casa.
Ehi.. guardami”, mi afferra il viso fra le mani e mi accarezza le guance con i pollici, “fidati di me, andrà tutto bene, te lo prometto.. sarà meraviglioso, credimi”.
Voglio sapere cosa sta succedendo...”.
Dopo, non adesso. Vai, piccola” - scende le scale, lasciandomi sola.
Mi avvicino al lettino di Ricky e lo scuoto piano. “Tesoro.. ehi, piccolino.. dobbiamo alzarci, dobbiamo fare... una passeggiata”.
Ricky apre i suoi occhietti, così uguali a quelli di Robert. “Che ora è?”.
Tardi, amore.. vieni, ti prendo in braccio”.
Ricky non fa altre domande e stringe le sue braccina al mio collo.
Scendo in fretta le scale e trovo Robert che ci aspetta davanti alla porta, sembra sul punto di scoppiare.
Apre la porta appena ci vede e si fionda nella macchina parcheggiata nel viale. Non è sua e neanche di Marcus o di Tom, non l'ho neanche mai vista prima ma non oso fare domande.
Metto Ricky nel sedile dietro e gli allaccio la cintura di sicurezza, poi prendo posto accanto a Robert mentre lui sta già mettendo in moto.
Papà, dove andiamo?”.
A fare un giro, ometto”.
Dove?”.
Ti piacerà, vedrai”.
Kristen viene con noi?”.
Certo, campione. Ora dormi, è tardi”.
Mi è passato il sonno”.
Ricky, ho detto dormi”.
Ma..”.
Ricky, ascoltami. Hai bisogno di dormire adesso, quando arriveremo ti sveglierò io, promesso”.
Va bene...”.
Robert stringe così forte le mani sul volante che ho paura che lo spacchi in due.
Appoggia una mano sulla sua gamba, per calmarlo.
Dimmi cosa sta succedendo...” dico a bassa voce.
Andrà bene, Kristen... adesso andrà bene sul serio. Possiamo fare tutto quello che vogliamo con questi soldi”.
Che soldi, di cosa stai parlando, si può sapere? Che.. che hai f-fatto?”.
Un lavoretto, niente di che..”.
Un lavoretto, eh? Cosa cazzo è successo alla tua faccia, Robert? Sembra che qualcuno abbia tentato di spaccarti il viso.. è così?”.
Praticamente si”.
I...io n-non capisco...”.
Non c'è niente da capire, ora abbiamo i soldi!”.
Vaffanculo i tuoi cazzo di soldi, in che casino ti sei andato a cacciare, Robert?”.
Andrà bene, vedrai” ripete, cercando di sorridermi ma il labbro si spacca ancora di più e inizia a sporcarsi di sangue il viso e la maglietta.
Rob... cazzo, il tuo labbro.. avrai bisogno di punti, dobbiamo fermarci in un ospedale”.
Un ospedale? No, non abbiamo tempo. Ci penseremo dopo, adesso dobbiamo solo raggiungere l'aeroporto”.
Per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. “Il... il COSA?”.
Andiamo via da qui, subito. Mi sono procurato tre passaporti, andrà bene”.
Ancora quelle parole.
'Andrà bene'.
Andrà bene, un cazzo.
Dio, aiuto, aiuto, aiuto.
Sento il cuore battermi troppo forte, sento che mi sta per venire un attacco di cuore.
Lancio un'occhiata a Ricky e vedo che ha la testa appoggiata alla sua spalla, è addormentato. Okay, ora posso dare di matto.
Perché dobbiamo andare in aeroporto? Perché dobbiamo andarcene? Ti prego, Rob, non fare cazzate... ragioniamo, okay? Non voglio andarmene, ho un lavoro, ho un'amica adesso, abbiamo la nostra casa e le cose stavano iniziando ad andare bene sul serio, io non...”.
Le cose non andranno mai bene sul serio, Kristen. Non finché resteremo in questo posto di merda, fidati di me. Okay?”.
N-no... non capisco... CAZZO, ROB, RALLENTA!”.
Ma invece che ascoltarmi, accelera ancora di più mentre svolta un angolo rischiando di finire addosso a un auto che nessuno dei due aveva visto.
Cazzo.. rallenta, rallenta!”.
Dobbiamo sbrigarci!” insiste.
P...per f-favore... mi sto sentendo male...”, appoggio una mano sul cuore e sento che tra un po' uscirà dal petto o scoppierà. Andrà a finire male, in ogni caso.
Kristen?”, Robert si gira verso di me, preoccupato.
Le lacrime iniziano a rigarmi il viso.
Voglio tornare a casa....”.
Non possiamo tornare a casa, amore, davvero... andrà bene, sarà fantastico, devi solo calmarti... forza, piccola, calmati... respira. OH, KRISTEN, RESPIRA! PER FAVORE, CALMA, amore”.
N-No... vaffanculo!” gli dico, togliendomi la cintura di sicurezza e portandomi le ginocchia al petto, circondandole con le braccia e appoggiando la testa sulle ginocchia, chiudendomi a riccio. “Dimmi cosa è successo! Voglio saperlo! Se non me lo dici io scendo dall'auto!”.
Non fare cazzate”.
Fottiti. Parla!”.
OKAY! Cazzo!” sbatte il pugno contro il volante, facendo suonare il clacson. “Ho fatto un lavoretto... un po' più pericoloso del solito”.
Che... che genere di lavoretto?” chiedo ma so già la risposta o almeno la immagino.
Un... niente, amore, ho avuto a che fare con brutta gente, tutto qui”.
Che tipo di gente?” - ti prego, ti prego, ti prego, dimmi che non è qualche pezzo grosso, dimmi che è qualche coglione di periferia che si crede un boss della mafia ma che non può farci niente, ti scongiuro.
Un tipo... un paio di tipi...”.
ROBERT, PARLA, CAZZO!”.
Non farti venire una crisi isterica proprio ora, okay? Ecco, siamo arrivati...”. Parcheggia davanti all'aeroporto, non mi ero neanche accorta che fossimo arrivati. Esce fuori dall'auto in fretta, viene dalla mia parte e apre lo sportello invitandomi a uscire. Apre il bagagliaio e prende due borsoni, dove ci sono tutte le nostre cose, prese alla cazzo mentre uscivamo di corsa.
Scendo dall'auto e vado dalla parte di Ricky, gli sgancio la cintura e lo prendo in braccio, Robert ci aspetta davanti all'entrata. Mi accorgo che non ha chiuso l'auto.
L'auto..?” chiedo.
Non c'è tempo, lasciala qua. Vieni, amore” mi prende la mano ed entriamo dentro.
Robert mi tiene per mano tutto il tempo, mi trascina da una parte all'altra e io quasi non mi accorgo di quello che sta succedendo attorno a me. Tutto quello che faccio è stare attaccata alla mano di Robert come se ne dipendesse dalla mia stessa vita e tengo Ricky appoggiato al mio corpo, entrambi in cerca di conforto e sicurezza. Vedo che la gente mi fissa e solo dopo un po' mi accorgo che sono vestita davvero male: una felpa gigantesca di Robert e un paio di pantaloncini corti con le scarpe da ginnastica, in piena notte. Anche Robert è messo male e ho paura che qualcuno faccia qualche domanda.
Sorprendentemente, nessuno ci ferma o ci degna di una seconda occhiata ai controlli.
Ricky si sveglia solo quando abbiamo finito e Robert è costretto ad andare a prendergli un sacco di frutta al bar dell'aeroporto. Io ne approfitto per andare in bagno.
Sola, mi guardo allo specchio.
Mi faccio i complimenti da sola: faccio schifo.
Non ho occhi, ho solo occhiaie.
I miei capelli sembra che non vedano una spazzola da anni. Cerco di aggiustarli con le mani come meglio posso e
mentre lo faccio mi rendo conto che sono in un aeroporto e realizzo che dovrò prendere un aereo per la prima volta in vita mia.
Quando esco trovo Robert che mi aspetta davanti all'ingresso del bagno, furioso.
Ti sembra il momento di andare in bagno!?” urla.
C..cosa? Io... io sono solo... che dici?” - perché deve essere così cattivo quando è nervoso?
Be', potevi anche avvisarmi!”.
Ci ho messo neanche cinque minuti...”.
Si, come no”, mi afferra la mano e mi tira a sé, prendendo a camminare a passo così veloce che quasi non riesco a stargli dietro. “Forza, dobbiamo prendere l'aereo. Abbiamo avuto culo, c'è un volo che parte tra dieci minuti”.
La sua stretta è troppo forte.
Cerco di liberarmi ma lui stringe ancora di più.
Mi.. mi fai male” mi lamento, sentendo gli occhi farsi lucidi. Tutta questa situazione non aiuta a migliorare il mio umore ballerino.
Robert si gira verso di me e nota la sua stretta serrata sul mio polso e allenta la presa, “S..scusa, amore, davvero.. so che sto uscendo di testa ma... ti spiegherò dopo”.
D..dove s-stiamo andando? Almeno questo me lo puoi dire, Robert?”.
A Londra”.
EH? DOVE?”.
Dove pensavi che stessimo andando? A Parigi? Andiamo a Londra, dove sono nato. Lì ho contatti, amicizie, posso trovare facilmente un posto dove stare e non dobbiamo più preoccuparci dei soldi”.
Non fare lo stronzo con me! Non trattarmi come se fossi stupida!”.
Si ferma.
Siamo nella sala d'attesa, non c'è molta gente. Infondo, non sono neanche le cinque del mattino.
Non lo faccio...”, Robert mette Ricky su una poltroncina e si toglie la giacca per poi arrotolarla come se fosse un cuscino e darla al figlio.
Si, invece”.
E' che tu fai troppe domande...”, si passa una mano fra i capelli, frustrato.
Ah, ovvio. Sono IO che faccio troppe DOMANDE! Non TU che mi tiene nascoste troppe cose! Vaffanculo, Robert. Dico sul serio, vaffanculo”.
Amore, non fare così...”, cerca di abbracciarmi ma io mi allontano.
Lasciami stare!”.
Sto solo cercando..”.
.. di farmi impazzire? Be', ci stai riuscendo!”, cerco di scacciare via le lacrime ma queste insistono per uscire fuori.
No, amore, no.. non piangere, piccola.. per favore, non piangere.. andrà tutto bene. Ti amo, ti amo.. non piangere...” allunga una mano verso di me per toccarmi un fianco e afferrarmi ma io mi scanso di nuovo, stavolta andando a sbattere contro un signore anziano che mi guarda con aria comprensiva.
Ragazzi, non litigate. Siete giovani, avete una vita per farlo” ci dice.
Io abbasso lo sguardo, imbarazzata.
S..scusi” dico.
Non ti preoccupare. Però ascolta il mio consiglio: cerca sempre di non vedere sempre e solo il lato negativo della situazione, sopratutto se si tratta di una ragazza bella come te e di un ragazzone come lui. Buona fortuna, ragazzi” ci saluta con la mano e se ne va, una tazza di caffè in mano e un giornale straniero nell'altra.
Resto in silenzio per un po', ancora imbarazzata.. ma più colpita dalle parole del signore.
Forse ha ragione.. ma ora proprio non ce la faccio a vedere il lato positivo della situazione, riesco solo a vedere il lato pazzo e folle e senza senso di tutto questo.
Sospiro e cerco di riprendere il controllo.
Robert apre la bocca per dire qualcosa ma in quel momento una voce dall'interfono ci avvisa che il nostro volo sta per decollare, dobbiamo prendere posto.
Afferro Ricky e passo davanti a Robert senza guardarlo in faccia.
Che Dio ci aiuti.



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allora, che posso dire?
scommetto che mi volete uccidere e fate bene.
sono una stronza, lo so... ma ho avuto dei problemi.
la scuola, e i compiti e le verifiche e poi i mille altri pensieri che mi tormentavano che non avevano niente a che fare con questo...
tutto questo,
ecco,
non ha aiutato ad aggiornare.
e so che non è lungo ed è una mezza schifezza e non ha senso, maaaaaaaaa....
AMATEMI, dai, sono buona.
adesso, con l'estate, dovrò dedicarmi a molte cose ma cercherò anche di scrivere e aggiornare.
promesso.
almeno ci provo, no? :))))))))))))
quindi...
alla prossima,
vi voglio bene,
grazie per non avermi abbandonata lol

ps. scusate tutti i possibili errori ma l'ho scritto di fretta perché ero in supermega ritardo e in questi due giorni non ci sarò quindi dovevo aggiornare per
forza stasera e pure dopo una lunga passeggiata con il mio cane quindi sono mezza morta sotto il sole,
amatemi ancora di più daaaaaaaaài.














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