Fire and rain. di Mils (/viewuser.php?uid=131999)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** little girl. ***
Capitolo 2: *** The only exception. ***
Capitolo 3: *** welcome. ***
Capitolo 4: *** bad memories. ***
Capitolo 5: *** i'm not normal. ***
Capitolo 6: *** nobody but me. ***
Capitolo 7: *** a friend. ***
Capitolo 8: *** a walking disaster. ***
Capitolo 9: *** i need you in my life. ***
Capitolo 10: *** you don't have to be afraid when you're with me. ***
Capitolo 11: *** you're special. ***
Capitolo 12: *** give me love. ***
Capitolo 13: *** turning page. ***
Capitolo 14: *** We have to go, baby. Now. ***
Capitolo 1 *** little girl. ***
tentativo
Primo Capitolo
Pov Kristen
- Non penso che sia
una buona
idea.. - dico, appiattendomi sempre di più per terra, per
impedire a chiunque nella casa di vedermi.
- Non te la starai
facendo sotto, Stewart! - mi urla contro Scout, facendo roteare i suoi
piccoli occhi neri.
-
No.. no, ma dài.. ci
servono proprio quelle cose? Andiamo, possiamo trovare i soldi in un
altro modo.. cazzo, non voglio entrare in casa di questi qua! - la
prego, cercando di tenera la voce bassa. L'ultima cosa che voglio
è farmi beccare ancora prima di essere entrata in questa
dannata
casa.
- Si, ci servono.. fattene una ragione. A me servono per
gli
acidi, tu non puoi capire... - sembra quasi mi stia rinfacciando il
fatto che non mi drogo, è incredibile. Scout però
dice
sul serio, ha davvero bisogno di entrare in questa casa e rubare un po'
di soldi, altrimenti passerà i prossimi giorni urlando e
rompendo tutto quello che abbiamo. Non voglio vederla così
di
nuovo.
- Okay.. va bene, entriamo... ti aiuto e basta, però.. Dio,
ti
odio per farmi fare questo.. - lei mi dà una spinta
amichevole
con il braccio, facendomi ridere.
- Dai, che ci divertiamo adesso.. quello stronzo di Pattinson ha sempre
un sacco di soldi che non gli servono a niente - dice, un sorriso
malizioso in faccia.
Sinceramente a me non importa niente.
Non so neanche chi sia Pattinson.
Scout mi ha raccontato che è uno che ha molti soldi, che sa
il
fatto suo e che è, cosa più importante di tutte,
un
grandissimo stronzo figlio di puttana, che è al mondo solo
perché l'omicidio è illegale. Deve soldi a tutti
ma allo
stesso tempo tutti devono soldi a lui, quindi penso che la cosa sia
okay.
Ci alziamo e ci muoviamo ai lati della casa, dove le luci sono spente,
ma questo non vuol dire niente secondo Scout. Lei sa sempre tutto,
è lei che mi ha insegnato come muovermi quando facciamo
queste
cose, come non farmi beccare e come non fare rumore, mi
insegnerà molto presto anche a disattivare i sistemi di
allarme
ma per ora a quello ci pensa lei. Scout è un vero mago in
tutto
questo ed è anche la mia migliore amica. In
realtà,
è l'unica amica, o persona, che io conosca. E' poco
più
alta di me, i capelli neri tagliati corti per non intralciarla e
un'espressione furba e maliziosa sempre in faccia; ha diciotto anni,
uno più di me, e ha un piccolo appartamento in
città che
divide con me, quando non so dove altro andare.
- Kristen, cazzo, fai piano..! - mi intima, visto che ho schiacciato un
ramoscello per sbaglio.
- Scusa... - io però non sono lei, non sono brava in queste
cose. Anzi, a dire il vero le odio.
Non mi piace rubare, non mi piace entrare in casa degli sconosciuti e
non mi piace commettere nessuna azione illegale, ma devo farlo. Devo, o
resto sola. Devo, o stasera non toccherò cibo. Mi muovo come
dice Scout. Faccio tutto quello che mi dice, e alla fine siamo dentro.
Scout ha scassinato la serratura e adesso siamo dentro casa Pattinson,
al buio.
- Scout..? -
- Kris, chiudi il becco, cazzo -
- E' buio.. lo sai.. lo sai che io.. -
- Ho capito! Ho capito, cazzo, ora trovo una cazzo di luce, non
sclerare mentre sono via, però - la sento camminare via e mi
sale il panico. Sono dentro questa casa, da sola, al buio. E io odio il
buio.
- Scout.. Scout, ehi? Dai, non.. non.. ah! - vado a sbattere contro
qualcosa e non riesco a trattenere un grido.
Un cazzo di divano si è messo fra le mia strada.
- Fottiti, Stewart, sei un caso disperato - sento Scout dietro di me,
mi spinge e mi sprona ad andare avanti.
Provo a fare qualche passo ma veniamo subito interrotte dal rumore di
passi che provengono da.. qualche parte nella casa. Perché
Scout
non ha ancora trovato l'interruttore? Odio il buio e trovarmi qui mi
fa' solo venire l'ansia. Provo a muovere le mani alla ricerca di Scout
ma non trovo niente, solo il divano, di nuovo. - Scout..? - non riesco
a dire altro perché subito dopo una voce sconosciuta mi fa'
quasi morire dallo spavento. E' strana, ha un accento che non conosco.
E usa un tono di voce che non mi piace.
- Chi cazzo c'è in casa mia? Giuro che se trovo qualcuno
è morto! - provo a muovermi ma è come se il mio
corpo non
vuole rispondere ai miei ordini, resto ferma al mio posto, con l'ansia
che mi divora. Spero che Scout mi salvi ma non sento niente,
né
le sue parole né la sua mano che mi tira fuori da
lì, sono sola.
E' già successo che ci trovassero mentre facevamo questo
genere
di lavoretti, ma la maggior parte delle volte siamo riuscite a uscire
in tempo oppure i proprietari della casa erano messi peggio di noi e
non mangiavano da mesi, così non ci hanno fatto molto, ci
hanno
semplicemente buttato fuori. Ma Scout mi ha parlato di Pattinson, ha
detto che è una specie di diavolo, pronto a uccidere anche
sua
madre per un po' di soldi, di cui è pieno.
Quindi non ci spero neanche.
Me ne sto immobile e aspetto.
Poi la luce si accende e io mi lascio scappare un gridolino quando
vengo svelata.
Finalmente posso vedere la stanza che mi circonda, non è
messa
così male: un vecchio divano, un tavolino in legno, una
televisore, pareti color crema sporco, un corridoio che sembra portare
alla cucina e l'altro a un piccolo bagno, un paio di piante sparse qua
e là, un tappeto vicino al divano, rosso. Molto carina.
Sporca
forse, ma carina.
Ma non è la casa a colpirmi.
E' il proprietario.
Sta scendendo le scale, e ha una pistola in mano.
E' puntata contro di me, ma quando mi vede l'abbassa.
- E tu chi sei? - mi chiede, autoritario, ma c'è qualcosa
nei suoi occhi...
E' alto, almeno un metro e ottanta e passa.
Ha due occhi azzurri e i capelli biondo-ramato scompigliati.
Indossa una canottiera bianca e i pantaloni della tuta, è
scalzo.
Mi fissa e io mi faccio piccola piccola.
- Allora? - insiste, scendendo le scale.
- Io.. io.. - non riesco a parlare. Fa' la dura, non fare mai vedere
quanto sei debole, ragazzina,
un vecchio insegnamento mi rimbalza in testa, ricordandomi di non
comportarmi da codarda. - Kristen, mi chiamo Kristen - dico, fingendo
sicurezza.
Scende l'ultimo gradino e si avvicina. - Be', ciao Kristen, sono felice
che tu sia così tranquilla ma forse ti sfugge una piccola
cosa..
questa casa è mia, quindi.. mi spieghi che cazzo ci fai qui?
-
mi sorride e io penso che forse Scout si sbagliava perché, a
parte il tono di voce aggressivo, a me questo ragazzo non sembra un
diavolo semmai a me sembra proprio un angelo. Un bellissimo angelo. Mi
ricordo che mi aveva detto che aveva solo qualche anno più
di
noi e adesso che lo vedo direi che ha sui ventidue anni.
- Io.. io.. ehm.. cazzi miei - mi mordo il labbro, nervosa.
- Mmh.. cazzi tuoi, okay - si strofina con la mano l'accenno di barba
che ha e sorride, divertito. - Interessante, ragazzina. Sai cosa penso
io, invece? Penso che tu sia venuta qui a rubare roba mia, non
è
così? - mi fissa con quei suoi freddi occhi di ghiaccio.
- Mmh... - mi strofino le braccia, infreddolita. Questa casa
sarà anche carina, ma si gela. O forse sono io che ho
freddo,
visto che indosso solo una canottiera nera e un paio di jeans; alle
spalle ho uno zainetto nero con un po' di roba, come una giacca, una
felpa e qualche ricambio. Non so mai dove starò, quindi
è
un bene portarsi la roba sempre con sé.
- Ma quanti anni hai? Sembri una bambina - mi dice.
Un po' mi ferisce.
Lo so che sembro una bambina, ma non c'è nessun bisogno di
dirlo a voce alta.
- Tu quanti me ne dai? - chiedo, strafottente. Ma mi faccio fregare
dalle mie mani che tremano e lui se ne accorge e sorride divertito, di
nuovo.
- Quindici - risponde.
- Diciassette. -
- Non ci credo neanche se mi paghi, ragazzina. -
- Non sono una ragazzina, stronzo - non so neanche io perché
lo sto dicendo, e con
quale coraggio, poi.
Ma lui non sembra offendersi.
Sorride ancora di più e si porta una mano fra i capelli,
è davvero bellissimo.
Ma anche un grandissimo stronzo.
E Scout mi ha messo in guardia da lui.
- Adesso sono io lo stronzo? Tu entri in casa mia di notte per
derubarmi e lo stronzo sarei io? - controbatte e io non so che dire,
quindi resto in silenzio, imbarazzata per la mia figuraccia. Colpa mia
e della mia lingua lunga. - Fammi indovinare - continua - non sei
neanche da sola, vero? Non ci credo che una bambina come te si mette a
fare cose di questo genere da sola - se la ride, lo stronzo.
- Ancora? Non sono una ragazzina, né tanto meno una bambina.
E
sono da sola... - l'ultima cosa che voglio è mettere nei
casini
Scout, che poi se la prenderebbe con me di brutto.
- Ah, si? -
- Si... sono sola, okay? -
- Calma, ragazzina. -
- Non sono una ragazzina, cazzo! - odio quel suo tono da sbruffone,
quasi si sentisse superiore a me.
Tutto quello che fa' è ridere di me.
Odio quando le persone non mi prendono sul serio.
Sopratutto quando non lo fanno per via del mio aspetto infantile.
- Dal tuo vocabolario non si direbbe di certo, in effetti.. - scherza.
- Io parlo come cazzo mi pare.. - voglio andare via, voglio trovare un
posto dove dormire e nascondermi sotto le coperte, questa conversazione
non mi piace neanche un po'.
- Hai davvero diciassette anni? - insiste.
- Si.. e tu? - perché lo sto chiedendo?
- Ventitré tra qualche mese - eppure lui mi risponde.
- Oh... -
- E sei davvero da sola..? Perché mi è sembrato
di sentirti parlare con qualcuno, prima - oh, cazzo. E ora?
- No.. ti sei sbagliato.. io non.. non parlavo con nessuno.. -
balbetto. Cazzo, cazzo, cazzo.
- No? - si avvicina e io indietreggio, spaventata. E' molto
più
alto di me, mi sento davvero piccola in confronto a lui. E poi
è
bellissimo e ha un non so che di selvaggio che mi mette in soggezione.
Scuoto la testa e sussurro un debole "no". Lui fa' un altro passo
avanti e io, spaventata, vado a sbattere contro il muro.
Sono in trappola.
Pov Robert
E' in trappola.
Potrei farle quello che voglio.
E' a casa mia e mi stava pure derubando, ne ho diritto, no?
Eppure qualcosa mi blocca.
Non voglio farle del male. E' ancora una bambina e qualcosa mi dice che
non voleva neanche trovarsi qui in questo momento, sono stra-sicuro che
qualcuno l'abbia obbligata a fare quello che ha fatto,
perché sotto quel faccino da stronza strafottente io ci vedo
due occhi verdi pieni di innocenza e paura, cosa rara nelle persone che
frequento io.
- Sai chi sono, vero..? - le chiedo.
Annuisce.
- E chi te l'ha detto? -
- Nessuno. Lo so e basta
- ha un bel caratterino, devo ammetterlo.
- Le notizie volano, lo so, ma da qualcuno devi pur averlo sentito - ma
lei continua a stare zitta, si porta una ciocca di capelli dietro
l'orecchio e abbassa lo sguardo. Mi regalo qualche secondo per
osservarla: capelli color mogano, occhi verdi, faccino un po' magro ma
dolce, tenero, innocente, molto bella, forse la ragazza più
bella che io abbia mai visto ma anche la meno raggiungibile
perché qualcosa mi dice che questa ragazzina non vede l'ora
di fuggire via. Non ha radici, non vuole essere legata e io questo
genere di cose le riconosco molto bene perché sono
così anche io. - Un amico? - insisto e lei scuote la testa.
- Un'amica, allora? - di nuovo no, inizio a spazientirmi, ho bisogno di
una sigaretta, ma voglio anche una risposta. Questa ragazzina potrebbe
essere innocua ma potrebbe anche essere una spia mandata da qualcuno. -
Dal tuo fidanzatino? - la schernisco e la vedo arrossire.
Evita di guardarmi. - N..no... nessuno. -
- Come? Un bel faccino come te.. - provo ad afferrarle il mento con la
mano ma lei si tira indietro, appiattendosi ancora di più
contro il muro.
- Non toccarmi - ringhia, lanciandomi un'occhiata di fuoco.
- Ehi, okay! - alzo le mani in segno di resa ma non riesco a trattenere
una risata e questo lo fa' infuriare.
- Voglio andarmene! - urla e fa' per superarmi, ma io le blocco di
nuovo il polso, facendole male.
- Cazzo, molla! Lasciami! Lasciami! - strilla, ma io non la lascio
andare e la spingo di nuovo contro il muro. Lei prova a liberarsi
ancora ma sono il doppio di lei e poi penso che non mangi in modo
decente da giorni perché non ha neanche molta forza per
difendersi e tutto quello che fa' è urlare e provare a
graffiarmi e ci riesce anche. Mi lascia un brutto segno sul braccio,
dal polso quasi fino alla spalla, come una gattina rabbiosa. Quasi non
lo sento. La strattono finché non mi ritrovo la sua faccia a
un palmo dalla mia. - Adesso tu mi ascolti, okay? Non entri in casa mia
come se niente fosse! Ora tu mi dici chi ti ha detto di venire qui e me
lo dici subito o per te finirà male, non mi fotti
così facilmente. Sono stato buono con te fino ad ora, adesso
parla, ragazzina - ma tutto quello che ottengo è uno
schiaffo.
Sul serio: uno schiaffo.
Nessuno mi prendeva a schiaffi da.. da una vita.
E adesso arriva una ragazzina e lo fa', come se niente fosse.
Eppure mi colpisce e per lo stupore io mollo la presa.
E lei sfrutta quel mio attimo per correre verso la porta, ma io sono
più veloce di lei e le copro la via di fuga. Per un attimo
vedo il puro terrore nei suoi occhi e qualcosa scatta dentro di me,
vorrei solo proteggere questa bambina che mi ha scambiato per il lupo
cattivo, ma non ho tempo perché lei fugge via e corre verso
la prima porta che trova, quella del.. bagno. E ci si chiude dentro.
Sbatte la porta così forte che per un attimo penso che
l'abbia rotta.
Mi precipito contro di esse, sbattendo i pugni contro il legno. - Esci!
Esci subito! - urlo.
- Vaffanculo! -
- O esci o entro io! -
- E come fai? La porta è chiusa a chiave! Lasciami in pace!
- sembra quasi una preghiera. Una preghiera urlata ma pur sempre una
preghiera di una ragazzina spaventata.
- Ti rendi conto che quello che mi chiedi è assurdo? Sei
entrata in casa mia, cazzo! -
- Lo.. lo so.. e non.. non volevo.. mi.. mi dispiace, scusami.. non..
non ci volevo neanche venire in questo cesso di casa, io! Non volevo
venirci neanche morta, qui! Ma.. ma Scout diceva che.. che le servivano
soldi e lei senza la sua roba impazzisce.. se.. se non prende almeno un
acido al giorno o qualcos'altro.. lei.. oh, lei diventa un'altra
persone e io volevo stare a casa sua perché non dormo bene
da giorni e casa sua ha un letto e io volevo quel cazzo di letto!
Quindi.. scusa, io non volevo venirci qui - e questa a me sembra tanto
una confessione, seguita da scuse e da un discorso che non ha molto
senso, ma mi va bene lo stesso.
- Quindi.. sei entrata in casa mia perché alla tua amica
servivano soldi per la roba? - chiedo.
- Si.... scusa, ancora.. ehm, io non volevo.. -
- Si, si, ho capito, tu non ci volevi venire. Ma ora sei qui. -
- Già... -
- E.. sei dentro al mio bagno - le faccio notare.
- Mi stavi inseguendo... - si difende.
- Di nuovo: sei entrata in casa mia, ragazzina. -
- Smettila di chiamarmi in quel modo, okay? Sei.. sei solo un cazzo di
sbruffone, lo sai? -
- E tu una ladra! -
- Non sono una ladra! -
- ERI A CASA MIA, okay? Eri a casa mia per rubare! -
- Non ero io
che dovevo rubare! Era la mia amica, coglione! Io.. fanculo, io non ci
volevo neanche venire.. io volevo restare a casa a leggere o a guardare
un film.. ma Scout stava per entrare in astinenza e allora... - la sua
voce si spezza.
- Stai.. piangendo? - c'è una ragazzina che piange nel mio
bagno?
- No! No.. io.. io sto bene... senti... lasciami in pace, va bene? Me
la cavo da sola.. - ma la sua voce la tradisce molto.
E sento qualcosa dentro di me sciogliersi.
Questa ragazzina non è una ladra, tanto meno un pericolo.
Più che altro, è un pericolo per se stessa.
Non è altro che una ragazzina spaventata che cerca di fare
la stronza, senza riuscirci.
- Senti.. -
- Lasciami in pace, ho detto! - strilla, interrompendomi.
- Datti una calmata, ragazzina. -
- Vaffanculo... - la sento tirare su con il naso dall'altra parte della
porta.
- Puoi.. puoi restare qui - dico.
- Cosa..? - chiede, stupita.
- Io me ne vado a letto, tu resta nel bagno. Dormi lì. Non
è un letto, ma è il massimo che posso fare. Se
scopro che hai rubato qualcosa stanotte, ti vengo a cercare e penso che
la tua amichetta sia stata così gentile da dirti anche che
se io cerco qualcuno non è per qualcosa di buono - penso di
averla abbastanza spaventata perché non ribatte - quindi
resta qua dentro, okay? -
C'è un po' di silenzio.
Non dice niente per qualche minuto, penso persino che sia fuggita dalla
minuscola finestra del bagno quando alla fine parla.
- G..grazie... -
Erano anni che qualcuno non mi ringraziava sotto tortura.
- Di niente.. notte, Kristen -
- Notte.. s..sogni d'oro -
___________________
okay, sentite, non lo so perché l'ho fatto.
non so perché la sto scrivendo.
è stato un momento e ho buttato giù questa cosa.
scusate se è una schifezza ma dovevo almeno provare.
non abbandonerò l'altra storia, è solo per
cambiare un po'.
qui non è come l'altra storia, è tutto ancora
più incasinato ma non mancheranno i momenti dolci!
kristen qui è sempre timida ma in un modo diverso, ci
saranno molte parolacce, avviso.
non so che altro dire quindi.. grazie, recensite se volete, fatemi
sapere, vi voglio bene e.. ancora grazie :3
|
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Capitolo 2 *** The only exception. ***
Pov
Kristen
Ho tredici anni e me la
sto facendo sotto.
Mamma non torna, eppure è tardi, molto tardi.
Mi chiudo in camera, chiudo bene a chiave perché ho paura
che lui
venga anche stanotte. Non voglio che venga. Mi nascondo sotto le
coperte e prendo il libro che sto leggendo, punto la torcia contro la
pagina del libro e leggo. Leggo per almeno un'ora, mamma non torna. Mi
infilo le cuffiette nelle orecchie e una canzone rilassante mi aiuta a
dormire. Vengo svegliata dai colpi che qualcuno sta dando alla porta
della mia camera.
- Kristen! Kristen, so che sei in camera! - è lui. - Apri questa fottuta porta,
okay? Non farmi incazzare, ragazzina! - ma
io non apro la porta. Mi porto le coperte fin sopra la testa e provo a
nascondermi, a chiudermi per la centesima volta in un mondo che non
esiste ma che mi protegge, perché in quel mondo posso
nascondermi dalla sua voce,
dalle sue mani che non stanno mai ferme, troppo forti per il mio corpo
da tredicenne. Eppure sono forte, sono abbastanza forte da essermi
salvata un sacco di volte. Non è ancora riuscito ad ottenere
quello che vuole, e non lo otterrà.
Mi
sveglio agitata, devo trattenere un urlo che spinge per uscire fuori
dalla mia gola.
Ancora, ancora un altro incubo, quando finirà?
Non posso continuare con questi incubi una settimana si e una no, non
è normale e mi vergogno a stare a casa della gente per paura
di
dire qualcosa mentre dormo. Non che io abbia molti amici, ma devo pur
dormire da qualche parte quando Scout si porta a casa un cliente.
Scout, già.. chissà dov'è adesso, se
è a
casa o in qualche bagno a ficcarsi un ago nel braccio. Mi dispiace
tanto per lei, non sono arrabbiata.
Mi metto a sedere.
Quando ieri Robert mi ha detto che potevo restare a dormire da lui
quasi non ci credevo. Non gli ho neanche chiesto il motivo, ho
accettato subito perché l'opzione sarebbe stata dormire
sotto un
ponte. Certo, stanotte ho dormito nella vasca da bagno ma è
sempre meglio che dormire per strada. Ma ora sto gelando, questo bagno
è davvero freddo. Mi guardo intorno: vasca da bagno - con me
dentro - lavandino, cesso, finestra in alto, piccola e rotta, ecco
spiegato il motivo di questo gelo. Il mio zaino con dentro la mia roba
è per terra, accostato alla porta. Esco dalla vasca e lo
apro,
tiro fuori il mio spazzolino e mi lavo i denti, mi spazzolo i capelli e
mi guardo allo specchio: perché il mio viso è
così
scavato? Ho mangiato. Io ho mangiato, me lo ricordo. Ho mangiato.. tre
giorni fa', un panino. Forse sono quattro giorni. Ma nel frattempo mi
sono nutrita di gomme da masticare e coca cola, quando capitava.
Quando ho finito di rendermi almeno presentabile, giro la chiave ancora
nella toppa della porta ed esco in corridoio.
Mi guardo intorno, non c'è nessuno.
Potrei andarmene senza che Robert lo sappia.
Potrei..
- Ehi! Pensavi di andartene così, ragazzina? - la sua voce
mi
coglie di sorpresa e non riesco a trattenere un urlo. Lui ride.
- Cosa urla di prima mattina? Sei pazzo? - dico, portandomi una mano
sul cuore.
Indossa una maglietta a maniche corte, grigia con lo scollo a V, un
paio di pantaloni della tuta ed è scalzo. Non si
è fatto
la barba.
- E' casa mia, ricordi? Urlo quanto voglio - mi fa' notare.
- Be'... si, ehm.. fa' come vuoi, io me ne vado, grazie per ieri -
faccio per raccogliere il mio zaino da terra quando lui parla.
- Non così in fretta, devo farti un paio di domande, Eva
Kant - mi sfotte.
- Ancora? Non volevo rubarti niente, okay? -
- Si, certo. Comunque sia, resti qua. -
- Non se ne parla nemmeno, io me ne vado! - urlo, presa dal panico.
Cosa vuole farmi? Non ci credo neanche morta che vuole solo "farmi
qualche domanda", non sono nata ieri. L'ho già sentita
questa
scusa e non ci casco una seconda volta. Afferro il mio zaino e giro i
tacchi ma Robert ripete la stessa scena di ieri afferrandomi saldamente
il polso e sbattendomi contro il muro, con decisamente troppo forza per
uno che vuole farmi solo qualche dannata domanda.
Lo zaino mi cade di mano.
- Che cazzo vuoi da me? - chiedo.
- Ti ho detto che voglio solo farti qualche domanda. -
- Non è vero.. - cerco di liberarmi dalla sua stretta ma
è impossibile.
- Donna di poca fede. -
- Mai stata credente - lui ride e allenta un po' la presa.
- Benissimo, neanche io. -
- Allora, queste domande? - lo provoco, cercando di allontanarmi da lui
ma non me lo lascia fare.
Il suo viso è troppo vicino al mio.
So che sto per dare di matto.
Non voglio che
le persone mi stiano vicino, io non voglio il contatto di nessuno,
tanto meno il suo.
Cerco ancora di liberarmi e stavolta me lo fa' fare.
Molla la presa e io mi massaggio il polso.
- Cazzo... - mi lascerà un bel segno, lo so, ho la pelle
troppo sensibile.
- Peggio per te che non mi ascolti quando ti dico le cose.. - dice,
facendomi incazzare ancora di più.
- Ma vaffanculo.. - lascio stare il polso e sollevo lo sguardo su di
lui. - Allora, queste cazzo di domande? Sbrigati, voglio andarmene.. -
in questa casa si gela e io voglio andare a piangere da qualche parte
perché, cazzo, ho avuto un incubo stanotte e non capitava da
cinque giorni, pensavo che fossero finiti, e invece no e in
più
mi fa' anche male al polso per colpa tua e sicuramente mi
uscirà
un livido, quindi muoviti a parlare e a dirmi queste benedette domande.
- Quanta fretta - sorride strafottente e io vorrei solo spaccargli la
faccia.
- Si, ho fretta - dico.
- Ah, si? Appuntamento dal parrucchiere? -
Mi rabbuio subito. Lo so benissimo anche da me che i miei capelli sono
un casino, non dormo in un letto da settimane. - Voglio andare via..
sbrigati, per favore..
- lo prego, perché davvero non c'è la faccio
più.
Lui non mi risponde neanche.
Si gira e si dirige verso la cucina.
Sospiro e lo seguo, sapendo che se provassi ad andarmene di nuovo
potrebbe farmi anche più male.
Apre il frigo e tira fuori una birra.
- Non è presto per bere? - chiedo, non riuscendo proprio a
trattenermi.
Lui si gira verso di me, apre la bottiglia e prende un lungo sorso alla
mia faccia. - Bevo quello che voglio, quando voglio. Chiaro? -
- Chiarissimo.. - alzo gli occhi al cielo e mi guardo intorno.
La cucina è un disastro, ci sono cartoni di pizza ovunque,
bottiglie di birra sul pavimento, piatti sporchi nel lavandino,
forchette e coltelli in giro. Robert appoggia quello che resta della
birra sull'isola in mezzo alla cucina e mi fissa, mi sento quasi
violata da quei due occhi di ghiaccio quindi distolgo subito lo
sguardo, infilando le mani nelle tasche dei jeans corti, nervosa. - Chi
ti ha mandato a casa mia? - chiede.
- Nessuno - rispondo subito.
- Perché sei venuta allora? -
- Dovevo.. - ripenso a Scout, a come mi ha lasciato sola e forse un po'
arrabbiata lo sono.
- Ieri notte hai parlato di una certa Scout, chi è? -
insiste. Dio, non mi può lasciare in pace?
- Una mia.. amica - più o meno, diciamo amica. Praticamente
è la tipa che conosco da più tempo e che mi
permette di
dormire da lei quando non è in crisi di astinenza o quando
non
si deve portare un cliente a casa per racimolare soldi per il prossimo
buco. Si, proprio un'amica.
- E che fine ha fatto questa tua "amica"? - Robert ironizza sull'ultima
parola, come se avesse capito tutto. Ma non può. Non ha
capito
proprio un cazzo di me e questa sua sfacciataggine non mi aiuta a
restare calma.
- Cazzi suoi, no? - dico acida.
- Anche tuoi visto che ti ha lasciato qua, tutta sola. -
- E allora..? Me la so.. cavare benissimo anche da sola... - dico,
cercando di sembrare convincente.
- Oh, non avevo dubbi su questo visto come non hai esitato un istante
prima di accettare la mia offerta di restare a dormire da me. Una vera
donna vissuta, proprio - anche stavolta, mi punge sul vivo.
E io non so che dire, ha ragione. - Io.. ehm, uhm... senti, se non
volevi che dormissi qui perché me l'hai chiesto? Cazzo,
bastava
dirlo e me ne andavo a casa mia. Sono rimasta in quel cesso solo
perché tu me l'hai detto e non ci sarei neanche entrata se
tu
non mi avessi rincorso per mezza casa neanche ti avessi ucciso il cane!
- a volte, tutto quello che riesco a fare è solo prendermela
con
qualcuno, perché con me stessa l'ho fatto già
talmente
tante volte che non c'è neanche più gusto.
Pov Robert
- Di nuovo, sei tu
che sei
entrata in casa mia. Sai, se non fossi entrata adesso non dovresti
neanche preoccuparti di dovere uscire, sarebbe stato tutto
più
semplice. Mi dispiace se ti diverti a complicarti la vita, ragazzina -
dico.
Appena pronuncio la parola "ragazzina" i suoi occhi diventano quasi di
fuoco, sembra quasi che il verde dell'iride si sciolga talmente sono
arrabbiati. - Ti ho detto che non devi chiamarmi in quel modo! Non
devi, non devi, mi hai capita? Accidenti, ma sei sordo o cosa?! -
strilla, e le guance le vanno a fuoco come gli occhi. E' carina quando
si arrabbia.
- No, ci sento benissimo e infatti ti dico di abbassare la voce, raga..
no, niente, abbassa la voce e basta - non ho voglio di sentirla di
nuovo urlare, non per quel motivo almeno. Sono abituato a sentire
urlare le ragazze per ben altri motivi ma penso che questa ragazzina sia
troppo piccola per capirlo.
- Io parlo come mi pare. -
- Bene, allora lo farò anche io, ragazzina. -
- Va bene, non urlo.. - acconsente, abbassando il capo.
- Brava - sorrido e bevo un'altro sorso di birra.
- Non dirmi "brava", non ho cinque anni.. -
- Non posso dire un cazzo allora, facciamo prima, no? - una volta
finita la birra l'appoggio sul bancone e posso stare certo che la
troverò lì anche stasera e il giorno dopo, e
probabilmente anche il giorno dopo ancora.
- Sono finite le domande? - si dondola nervosamente sul posto,
mordendosi il labbro.
E' sexy quando lo fa',
penso. - Non ancora. Chi è Scout? -
- Un'amica, te l'ho detto.. -
- E perché avete scelto proprio casa mia? -
- Non lo so, non l'ho scelto io, ma lei.. ha detto che hai molti soldi.
E' così? - come, non sa chi sono io? Tutti sanno chi sono
io,
tutti sanno che devono stare alla larga dalla mia casa e da me. Ma
questa ragazzina sembra quasi che non abbia idea di chi io sia, e
questo mi piace, mi piace davvero tanto, è divertente.
- Si, parecchi. -
- Non si direbbe... - fa' scorrere lo sguardo per tutta la cucina, - se
fossi così ricco come dici potresti anche permetterti una
cameriera.. o una casa nuova - dice, sorridendo smielata quando lo
sguardo torna su di me. Colgo la frecciatina. Okay, la mia casa non
è il massimo dell'ordine ma non mi è mai
importato, le
uniche stanze che uso sono il bagno e la camera da letto, non mi serve
una reggia né una cameriera.
- E invece ho molti soldi. E sai come me li sono procurati? -
- Mi dovrebbe interessare? -
- Forse. -
- Be', come? -
- Di sicuro non facendo scoprire dal proprietario della casa nella
quale stavo rubando, questo è certo. -
Lei alza gli occhi al cielo, scocciata.
- O sei sordo o sei stronzo - dice, portandosi una mano fra i capelli e
tirandoli indietro. Noto una piccola cicatrice sulla tempia, vicina
all'attaccatura dei capelli.
- Molti dicono che sono stronzo. -
- Molti hanno ragione, allora. -
Ha sempre la battuta pronta, e quella faccia da stronza.. Dio.
Ma c'è qualcosa sotto.
C'è un viso smagrito da giorni senza mangiare.
Ci sono un paio di occhiaie dovute a giorni senza dormire su un letto
decente.
Ci sono vestiti puliti ma vecchi, stropicciati e di qualche taglia
più grande.
Ci sono due vecchie paia di all stars stra-usate, magari per correre
via da qualcuno.
E ci sono due occhioni verdi che si guardano intorno attendi,
impauriti da tutto ma sopratutto da tutti.
E sono proprio quegli occhi a farmi vedere oltre quella facciata da
stronza.
- Senti, se hai finito di fissarmi io posso anche andarmene, e
comunque.. - ma proprio in quel momento suonò alla porta e
io
sapevo esattamente chi fosse. Le afferrai il polso senza neanche
pensarci, avvicinandola a me per poter parlare sotto voce. - Sta zitta
e ascoltami, adesso. Vai di sopra e non scendere finché non
vengo a prenderti io, va bene? - le chiedo, ma in realtà
è un ordine.
- Ma che ti prende? Lasciami! - cerca di divincolarsi, come sempre, ma
la tengo salda.
- Non urlare. Fai come ti dico. -
- No! No.. io non faccio quello che mi dici! - devo aumentare ancora di
più la presa per non farla scappare.
Con uno strattone l'avvicino ancora di più a me e la vedo
rabbrividire per la paura, ma non ho tempo per chiedermi quale sia il
suo problema adesso. - Ragazzina, vuoi finire male? -
- Non chiamarmi.. -
- Cazzo! Fanculo, adesso non conta. Quelli che hanno suonato alla porta
non scherzano, non sono i tuoi amichetti piscia sotto che se la
svignano
lasciandoti sola e non gli piace aspettare, quindi ora tu vai di sopra
e ci resti finché non ti vengo a prendere, chiaro? -
- Chi sono? -
- Non sono cazzi tuoi, tu fa' solo come ti dico. -
- Non sto gli ordini di nessuno.. - ma si volta a guardare verso il
corridoio, in ansia.
- Stai ai miei, ora - con l'ennesimo strattone la spingo verso le scale
e lei si lascia trascinare ma sembra tirare un sospiro si sollievo
quando le lascio il polso. - Adesso vai di sopra, e resta lì
-
ripeto.
Kristen sale i primi scalini ma poi si volta di nuovo verso di me.
- Cosa c'è!? -
- Posso.. posso.. usare il bagno per.. fare la doccia, p..per favore? -
balbetta, timida.
- Certo, certo, ma vai! - agito la mano per mandarla via e lei non se
lo fa' ripetere due volte, correndo su per le scale. Donandomi una
meravigliosa vista del suo delizioso culo racchiuso in quei jeans corti.
Purtroppo sono costretto a distogliere lo sguardo perché
stanno di nuovo suonando alla porta.
Li ho fatti aspettare e adesso saranno incazzati con me.
Grande!
Pov Kristen
Il bagno e la camera da letto penso che siano le uniche stanze della
casa perfettamente in ordine.
La camera da letto è abbastanza grande, con un letto
matrimoniale con coperte grigie e dorate, cuscini, un grande armadio,
un comodino per ogni lato, un tappeto per terra, una grande finestra
con tende color panna e tutto è ordinato e confortevole. Ci
entro solo per qualche secondo, immaginandomi come deve essere dormire
in un letto del genere, sicuramente meraviglioso. Ma se dormissi in
quel letto sicuramente Robert non mi lascerebbe solo dormire, quindi
scarto subito l'idea. Il bagno del piano di sopra è molto
meglio di quello nel quale ho dormito, questo si potrebbe definire
quasi lussuoso, ogni cosa è in marmo, c'è una
grande doccia e una vasca da bagno, lavandino, specchio a forma intera,
armadietto dei medicinali, asciugamani candidi e puliti, accappatoi in
spugna gialli. C'è persino uno stereo di ultima generazione
nel quale posso inserire il mio vecchio ipod e far partire la musica.
Abbasso il volume per non farmi sentire da Robert e le note di The Only Exception
dei Paramore si diffondono nella stanza; chiudo la porta a chiave, una
vecchia abitudine che non
Cambio canzone e
Misery Business
parte a volume più alto della canzone precedente.
Scuoto i capelli e canto in playback davanti allo specchio.
Visto che non so dove si trovi il phon decido di lasciare i capelli
bagnati, asciugandoli come meglio posso. Mi infilo dell'intimo pulito e
per un attimo scorgo il mio riflesso nello specchio: piccola, magra, si
iniziano a vedere le ossa in alcuni punti, ci sono lividi che non so
neanche io come mi sono fatta e un ematoma che mi sono procurata
litigando con Scout in una delle sue giornate no. Mi affretto a
infilarmi una vecchia felpa nera, due taglie più grandi, e
un paio di skinny jeans blu scuro insieme alle converse di prima.
Proprio in quel momento sento delle voci provenienti da fuori.
Mi affaccio alla finestra, nascondendomi però dietro le
tende.
Due uomini stanno uscendo dalla porta principale, entrano in una
vecchia macchina scassata e uno di loro sembra molto arrabbiato.
- Kristen? - la voce di Robert mi fa' sussultare.
Mi allontano subito dalla finestra.
- Ti sei di nuovo chiusa nel mio bagno? - chiede, vedendo che non
rispondo.
- No.. no, io.. io ho finito - vado alla porta e la apro.
Robert ha l'aria stanca e mi prende subito la chiave di mano. - Fatto?
- annuisco - Bene. E' tuo l'ipod nel mio stereo nuovo? -
- Di chi altri dovrebbe essere, scusa? - mi affretto comunque a
riprendermelo, interrompendo la canzone.
- Non preoccuparti di dirmi grazie, eh. -
- Grazie di cosa? Mi hai detto tu di salire al piano di sopra. -
- Hai usato il mio bagno. -
- Preferivi che restavo al piano di sotto con te e i tuoi amichetti? Li
ho visti andare via, sembravano incazzati neri, che hai fatto? - Dio,
ma perché non riesco a tenere la bocca chiusa,
finirà male me lo sento.
- Non sono cazzi tuoi, ragazzina. -
- Dio, ma allora sei proprio stronzo! - afferro il mio zaino e lo
supero uscendo dal bagno. - Me ne vado! -
- Come sei permalosa! - mi urla dietro mentre corro per il corridoio e
inizio a scendere le scale.
- Fanculo! -
- Ti ho anche lasciato usare il bagno e non mi hai detto manco un
"grazie". -
- Sei solo uno stronzo, non te lo meriti un "grazie!" - imito benissimo
il suo accento, che non ho ancora capito da dove provenga.
Raggiungo la porta di casa, ma sono talmente arrabbiata che fatico
persino ad aprirla e Robert ha tutto il tempo di raggiungermi.
- Io sarei uno stronzo? Devo ricordarti per la centesima volta per
quale motivo eri a casa mia? -
- Secondo me tu o sei scemo o hai seriamente qualche problema di
comprensione della nostra lingua, amico - dico, mentre armeggio con la
porta.
- Come sei spiritosa! -
- Vero? Me lo dicono in molti - no, non è vero, nessuno mi
conosce, nessuno sa che a volte, quando sono sola, posso anche avere
pensieri positivi e magari anche spiritosi e di sicuro non lo
saprà lui.
Finalmente riesco ad aprire la porta.
- A mai più! - dico, prima di correre via.
Corro più in fretta possibile.
Corro talmente in fretta da non accorgermi che non ho nessun peso sulla
spalla.
Corro e non mi fermo finché non arrivo davanti a casa di
Scout.
Solo a quel punto mi accorgo che mi manca qualcosa.
Dentro quel qualcosa ci sono le chiavi di casa.
E praticamente tutto quello che resta della mia vita.
- Merda! Mi è caduto lo zaino! -
Mentre cammino avanti e indietro indecisa su cosa fare - tornare a casa
di quello stronzo strisciando pregandolo di ridarmi il mio zaino o
rinunciare definitivamente a tutto quello che resta della mia vita,
almeno quella parte che penso di conoscere? - una macchina si ferma a
qualche metro da me, dentro ci sono due uomini e uno di loro si
affaccia dal finestrino. Non mi sorprende. Non è la prima
volta che pensano che io sia una prostituta o comunque che sia disposta
ad andare con sconosciuti ma stavolta sento che c'è qualcosa
di diverso.
- Ehi, dolcezza, ti va' di fare un giro con noi? - mi chiede.
E' biondo, non avrà più di trent'anni e sembra
più magro del normale.
Riconosco in lui Scout.
Eroinomane.
- No - dico, decisa.
- Avanti! Ci divertiamo, amore. -
Chiamarmi amore è proprio il colmo. - Senti, penso che le
tue mani funzionanti abbastanza bene visto che stai guidando, quindi
non hai bisogno del mio aiuto. Vai a farti fottere. -
Il tipo fa' per scendere dalla macchina, sicuramente per rivendicare il
suo onore e io sono già pronta a darmela a gambe levate
quando il suo amico lo trattiene per la spalla, fermandolo. - Amico,
non possiamo perdere tempo. Tra un po' dobbiamo tornare a casa di
quella testa di cazzo per fargliela pagare, ricordi? La vuoi la roba si
o no? - subito il biondino si rimette apposto, mi lancia uno sguardo di
fuoco e poi riparte.
Mentre guardo la macchina allontanarsi provo una strana sensazione di
déjà-vu. La osservo allontanarsi
finché non ne capisco il motivo: è la stessa
macchina dove sono entrati gli uomini che sono usciti da casa di
Robert, e probabilmente loro erano anche gli stessi uomini e il tipo di
cui devono vendicarsi sarà sicuramente Robert.
Chissà cosa gli ha combinato. Il tipo, l'amico del biondino,
parlava di roba - sicuramente eroina - magari Robert li ha fregati e
ora sono pronti a tutto pur di non entrare in crisi d'astinenza. E chi
potrebbe mai dargli torto? Scout impazzisce quando è a corto
e non ha soldi.
Ma potrebbero fare del
male a Robert.
Già.
Potrebbero.
E sicuramente lo faranno.
Due drogati non pensano ad altro che a se stessi e alla loro droga.
Per loro esiste solamente quello, specialmente se stanno in astinenza.
Non riflettono sulle azioni che compiono e potrebbero anche fargli
molto male se lui provasse a rifiutarsi di fare qualcosa per loro.
E Robert è stato.. più o meno gentile con me.
Mi ha permesso di dormire da lui, anche se in una vasca del suo bagno
con una finestra rotta.
E mi ha lasciato fare la doccia nel suo magnifico bagno de piano di
sopra, dove sono finalmente riuscita a rilassarmi per qualche minuto da
qui a una paio di mesi.
Gli devo qualcosa.
Si, gli devo decisamente qualcosa e io odio essere in debito con le
persone.
Pov Robert
La ragazzina ha lasciato il suo zainetto davanti alla mia porta, le
è scivolato mentre cercava di aprire la serratura.
All'inizio non volevo aprirlo.
Ho pensato: "ehi, l'ha lasciato qui ma questo non vuol dire che tu
possa frugarci dentro", ma poi ho pensato anche che infondo lei si era
intrufolata dentro casa mia quindi mi sono sentito come in dovere di
farlo, tipo per risaldare il conto. Così l'ho aperto e non
immaginavo di trovarci dentro tutte quelle cose.
Due libri, uno molto vecchio e con parecchie sottolineature.
Un ipod - quello che stava ascoltando nel mio bagno.
Intimo di ricambio - carino, semplice, mai volgare.
Due felpe - sempre troppo grandi e vecchie, ma pulite.
Jeans corti, quelli con i quali è arrivata a casa mia.
Varie magliette tutte attorcigliate tra di loro.
Ma il pezzo forte è un piccolo pupazzetto a forma di
leoncino con un vero collarino al collo.
C'è scritto Toby
sopra.
Kristen, la ladra che è entrata in casa mia e che mi
risponde male a ogni cosa che dico, ha un pupazzetto a forma di leone
che si chiama Toby.
Faceva quasi ridere.
- Robert! Robert, aprimi! - il pupazzetto mi cadde di mano quando
sentii qualcuno sbattere i pugni contro la mia porta e
chiamarmi.
- Kristen? -
- Cazzo, ma aprimi! -
- Eh, un attimo! - in fretta, rimisi tutto al suo posto nello zainetto,
giocando per un secondo con il pupazzetto e l'intimo ridendo tra me.
Aprii
la porta e per poco Kristen non mi cadde addosso.
Entrò in casa appoggiandosi sulle ginocchia per riprendere
fiato.
- Aiuto, tutta questa fretta per un dannato zainetto! -
- Fottiti, non sono qui per lo zaino.. - dice, tenendosi ancora sulle
ginocchia.
- Ah, no? Volevi rubare qualcosa altro? -
- Non ho rubato niente, stronzo, e lo sai benissimo. -
- Mmh. Allora ti mancavo? Che carina. -
Lei si rimette in piedi e mi lancia uno sguardo truce. - No, non sono
venuta qui perché mi mancavi, anche perché a me
le persone come te non mi mancano mai. Sono qui perché
volevo pararti il culo ma se ti comporti così posso anche
andarmene e lasciare che i tuoi amici drogati si occupino del tuo bel
caratterino, Pattinson. -
- Cosa..? Di che parli? - i miei amici? Intende.. - Parla! -
- Ho incontrato i tuoi amichetti mentre me ne andavo. -
- Intendi i.. -
- Clienti? Chiamali come vuoi. Comunque, si. Erano loro e sembravano
piuttosto arrabbiati, stavano parlando di.. be', niente di carino. -
- Merda! - mi dò un colpo sulla fronte con la mano. -
Pensavo che se la fossero bevuta! -
- Che hai combinato? - mi chiede, e non sembra più furiosa,
sta semplicemente chiedendo. E io mi ritrovo a risponderle.
- Gli ho venduto eroina.. -
- Ma..? -
- Ma non era quella che volevano, non era abbastanza - ammetto.
- Perché l'hai fatto? I bucomani possono essere molto
aggressivi... - la vedo rabbrividire per un secondo.
- E pensi che non lo sappia? Ma pensavo che non se ne sarebbero accorti
o che fossero talmente tanto in astinenza da non farsi problemi, e
invece.. -
- E invece ora stanno venendo qui! Per te! - urla, agitata di nuovo.
- Merda! Merda, merda, merda! -
- Magari.. magari non stanno venendo subito. -
- Si, ma verranno! -
- Posso.. posso occuparmene io... - dice, la sua voce è
quasi un sussurro.
- Che cosa..? -
- Se.. se mi lasci di nuovo usare il bagno io posso occuparmene. Li
intrattengo finché tu non hai.. risolto il problema. Cosa
devi fare? - adesso è decisa, sicura, ma vedo un velo di
paura nei suoi occhi.
Rifletto un secondo prima di rispondere. - Mi serve un'ora per
recuperare qualcosa da dargli. Massimo due. -
- Un'ora.. due.. okay.. bene.. ma.. ma potrò usare il bagno
stanotte? - si agita sul posto, attorcigliandosi una ciocca di capelli
fra le dita.
- Certo.. okay, ma cosa hai intenzione di fare? -
- Non sono affari tuoi. Tu promettimi solo che stanotte posso dormire
qui.. -
- Okay, prometto - anche se ho una strana sensazione, cosa vuole fare?
- Bene.. -
- Bene... -
- Lascia pure lo zaino da me - dico.
- Non mi fido a lasciarlo qui, non mi fido di te. -
- Non ti fidi di me o non ti fidi delle persone? -
- Che cazzo c'entra adesso? -
- Sto chiedendo, rispondimi e basta. -
- Non mi fido delle persone e lo zaino viene con me. -
- No, resta qui, è diciamo un contratto per assicurarmi che
non mi stai prendendo per il culo. -
- No! -
- Vuoi un tetto sopra la testa stanotte? - chiedo, sapendo benissimo di
avere il coltello dalla parte del manico.
- E tu vuoi avere tempo prima che i tuoi amichetti vengano a trovarti?
-, cazzo.
- Okay.. come vuoi. -
- Bravo.. ora vado - è agitata e si vede. -
Tornerò tra due ore.. spero per te che per quell'ora sia
tutto sistemato - si gira e fa' per andarsene, è quasi sulla
porta quando mi accorgo di una cosa.
- Ehi, e lo zaino? -
Lei alza gli occhi al cielo e sospira aprendo la porta. - Zitto. -
- Non avevi detto che non ti fidavi delle persone? -
- Be', diciamo che questa è... l'unica eccezione,
non farci l'abitudine, idiota - dice, prima di uscire dalla porta.
____________________________
ecco il secondo capitolo!
scusate tutte le parolacce e se magari è un po' incasinato
ma la storia è questa ed è agli inizi.
non ho trovato gif adatte quindi vi lascio con queste due immagini di
kris e robert come dovrebbero essere nella storia.
spero che vi piaccia, davvero.
io mi sto affezionando molto a questa kristen, anche se ha un carattere
molto particolare.
voglio che capiate subito che se kristen si comporta in un certo modo
non è perché è cattiva o roba del
genere, ma è perché.. be', vedrete.
be', che dire?
recensite che voglio sapere cosa ne pensate. per favore, non scrivete
solo "molto bello" o "molto brutto", io voglio sapere la vostra
opinione, che per me conta davvero moltissimo :3
alla prossima, vi voglio bene.
|
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Capitolo 3 *** welcome. ***
fire and rain
Pov Kristen
Mi tengo a un muretto e cerco di mandare via il vomito. Le voci di quei
coglioni dietro le mie spalle non mi danno tregua, mi chiamano, mi
dicono di girarmi, che non hanno ancora finito con me, che hanno pagato
per il servizio completo, ma io non ho nessuna intenzione di farlo.
Come sono arrivata a questo? Sono partita con le migliore intenzioni,
ho provato a parlare con loro, a chiedergli cosa volessero da me quando
mi hanno fermato in macchina, volevo solo intrattenerli mentre Robert
faceva quello che doveva fare. Ma avrei dovuto capirlo subito cosa
volevano loro da una come me. Non ci hanno messo molto ad afferrarmi
per un polso e farmi salire in macchina, afferrandomi la testa e
spingendola verso la lampo dei loro jeans. Non era la prima volta, ho
dovuto farlo altre volte, la maggior parte delle volte
perché
Scout mi costringeva perché aveva bisogno di un quartino di
eroina e lei non era abbastanza in forma per farlo di persona, a volte
mi faceva ubriacare e poi mi presentava i suoi spacciatori come amici.
Io venivo a sapere di quello che avevo fatto solo la mattina dopo.
Altre volte ero meno fortunata ed ero sobria, come adesso.
- Dolcezza, che ti prende? - urla il biondino.
- Fottiti... - sussurrai a denti stretti, avevo bisogno di vomitare.
- Le vuoi le tue venti sterline o no? - insiste.
- S..si.. ora.. ora vengo... - no, non voglio venire, per favore.. per
piacere, Dio, aiutatemi. Voglio stare a casa sotto le coperte in questo
momento, voglio qualcuno che mi dica "ti voglio bene" e non "muoviti
che vengo", voglio cioccolata calda e abbracci non gente che cerca di
infilarmi le mani sotto i jeans. Ma in un qualche modo la mia vita si
riduce sempre e solo a questo.
Mi stacco dal muretto e mi dirigo verso gli uomini, ma loro non ci sono
più.
Neanche la loro macchina c'è più.
Devono essersi stancati di aspettare e devono avere deciso di andare
subito da Robert.
Spero tanto per lui che abbia rimediato loro quello che vogliono.
Per il suo bene.
Non che me ne importi granché, ma non voglio neanche che
qualcuno si faccia male.
Così cerco di muovere qualche passo e mi nascondo dietro il
muretto. Aspetterò qui qualche minuto, poi andrò
da
Robert. Non vedo l'ora di potermi chiudere nel suo bagno per stare un
po' da sola, ma più di ogni cosa non vedo l'ora di farmi una
lunga doccia per lavarmi
via la presenza delle loro mani sul mio corpo. Come posso amarmi, in questo
modo?
Posso amare il mio corpo quando altre mani oltre le mie l'hanno toccato?
Quando hanno lasciati così tanti segni su di esso?
Non lo odio.
Non odio il mio corpo.
Ma mi sembra impossibile che qualcuno possa amarlo.
E questo mi rende triste, vinta da questo pensiero.
Mi siedo per terra e penso.
Mi torna in mente la casa di Robert.
Era fredda, ma è probabilmente il posto più bello
in cui sono stata in questi ultimi anni.
Non è il massimo dell'ordine, ma a me basta il bagno. Voglio
chiudermi là dentro e restarci più tempo che
posso, da
sola.
E il desiderio è così forte che decido che ho
aspettato
abbastanza, così mi alzo e inizio a camminare. Fuori da casa
di
Robert c'è la macchina dei tizi così mi siedo
fuori,
nascosta, e aspetto che escano; ci mettono quasi venti minuti ma alla
fine lo fanno, così mi alzo e busso alla porta.
Robert viene ad aprirmi poco dopo.
- Eccoti, finalmente - dice, un po' scocciato.
- Stavo aspettando che andassero via.. posso entrare? - non vedo l'ora
di chiudermi in bagno.
- Il patto era questo.. - si fa' da parte per lasciarmi entrare.
Entro e trovo il mio zaino appoggiato contro il muro.
Lo afferro. Averlo con me mi fa' stare meglio, dentro c'è
tutto quello di cui ho bisogno.
- Be'... - abbasso lo sguardo, questa situazione è davvero
imbarazzante, - io.. allora.. vado in bagno.. -
- Sono solo le tre del pomeriggio.. hai mangiato? - mi chiede,
stupendomi.
- Mmh.. si - mento, lo faccio sempre quando mi porgono questa domanda.
- Quando? Un anno fa'? -
Arrossisco.
Sono così magra?
Si vede così
tanto?
Così tanto da notarlo e provare disgusto?
Penso di si.
- Non.. non sono affari tuoi, okay? - scatto subito.
- No? -
- No. -
Lo supero per dirigermi in bagno ma lui mi afferra per il polso,
trattenendomi.
- Dovresti seriamente mangiare qualcosa, sei pelle e ossa. -
- Di nuovo, non sono affari tuoi e comunque, io ho mangiato.. -
- Stai mentendo. E se hai mangiato è stato davvero tanto
tempo fa', non ti reggi in piedi. -
- Sei mio padre, per caso? - lo guardo truce, per poi fissare la sua
mano sul mio polso. - Mi stai facendo male - dico, ma lui non sembra
intenzionato a togliere la sua mano da lì. - Mi fa' male.. -
non
voglio che qualcuno mi tocchi, odio il contatto pelle a pelle, penso di
avere qualche problema con le persone, ma più probabilmente
sono
io il problema. - Mi stai facendo male.. per.. per favore - lo
supplico. Sto per impazzire, è troppo forte la sua presa.
Per fortuna, mi lascia andare. - Dico sul serio, sembri uno scheletro. -
Venire qui è stata una pessima idea.
- Vaffanculo - le parole mi escono come un ringhio.
Adesso che non mi tiene più il polso però posso
superarlo facilmente e chiudermi la porta del bagno alle spalle.
Quando sono finalmente sola, scoppia a piangere ripensando a quello che
ho fatto con quegli uomini.
Ti
hanno costretta a fare, mi dice la mia vocina.
Ma non mi aiuta.
L'ho comunque fatto e questo schifo che mi sento addosso non
andrà mai via.
Pov Robert
E'
quasi ora di cena e la ragazzina non è ancora uscita dal
bagno. E' chiusa là dentro da ore e non ho idea di che cosa
stia
facendo lì dentro; è assurdo: sto permettendo a
una
perfetta sconosciuta di stare in casa mia chiusa in bagno. Mi ha
aiutato, senza di lei probabilmente quei due mi avrebbero fatto il
culo, è vero, ma è assurdo comunque. Non ho idea
di
che cosa stia facendo là dentro e poi mi chiedo come abbia
fatto
a tenere occupati i due tizi, ma qualcosa mi dice che non è
stato niente di piacevole, ha evitato di guardarmi per tutto il tempo e
si è nascosta nel bagno come una bambina spaventata.
Mi avvicino alla porta del bagno e busso.
Dentro si sente un improvviso trambusto.
- Tutto bene? - chiedo.
- S..si, io.. io stavo, ehm.. dormendo un po'... - la sento rispondere
dall'altra parte della porta.
- Nella vasca da bagno? -
- Dove pensi che abbia dormito la notte scorsa, scusa? -
Giusto, non ci avevo pensato.
- Posso entrare? -
- Mmh.. perché? -
- E' il mio bagno, ricordi? -
- Si, ma.. -
- Devo entrare! - sbotto, ormai sono davvero curioso di scoprire cosa
stia facendo là dentro da ore.
- Okay.. okay, un attimo... - dieci secondi dopo la porta del bagno si
apre e riesco finalmente a rivedere quei due occhi verdi. Kristen ha i
capelli ancora bagnati, indossa una felpa grande il doppio di lei e..
basta. La felpa le arriva a malapena al ginocchio. Apro la bocca e non
riesco a trattenere un sorriso compiaciuto, lei lo nota e mi lancia
un'occhiataccia, anche se è visibilmente in imbarazzo. - Mi
stavo giusto chiedendo cosa stessi combinando qua dentro - dico.
- Niente. -
- Mmh, davvero? -
- Già, davvero. Mi sono fatta una doccia e basta, non ho
rotto niente.. -
- Non lo mettevo in dubbio. -
- A me invece sembra proprio di si. Senti, perché se non mi
vuoi
sbattere fuori non me lo dici e basta? Saresti un grande stronzo visto
il patto che abbiamo fatto, ma almeno mi risparmio.. questo. -
Oh mia cara ragazzina, tu non hai idea di quanto io vorrei
sbatterti.. ma non via di qui.
Quel pensiero mi fa' sorridere ancora di più.
- Non ho detto niente. -
- Come ti pare... - si guarda le scarpe e si porta una ciocca di
capelli dietro l'orecchio.
- Comunque l'offerta di prima è ancora valida - dico, prima
di riuscire a trattenermi.
- Quale offerta? -
- Cibo. Sei anoressica. -
- Brutto stronzo! Io
non sono anoressica, chiaro!?
- urla, stringendo i pugni chiusi sul fianco. Vuoi picchiarmi,
ragazzina?
- Sei molto magra, in ogni caso. -
- E allora? Ma ti sembra normale che tu vai a dire alla gente che
è anoressica solo perché è magra? A
gente che
neanche conosci! -
- Tu non sei "la gente", sei Kristen e sei entrata in casa mia, hai
dormito nel mio bagno. Non sei propriamente un estraneo - le faccio
notare, facendomi incazzare ancora di più. E' davvero bella
quando si incazza, alza gli occhi al cielo e si morde il labbro
talmente forte che ho paura che se lo tagli in due. Senza pensarci,
sollevo una mano e le faccio lasciare andare il labbro. I suoi occhi si
spalancano, terrorizzati.
Indietreggia e inizia ad aprire e chiudere la bocca.
- Non... non farlo... mai più - balbetta.
- Ma che ho fatto? - chiedo, confuso.
- Non toccarmi. -
- Ti stavi per tagliare il labbro, scema.. -
- NON TOCCARMI, OKAY? NON TOCCARMI, NON STARMI VICINO, NON AVVICINARTI
A ME! Il patto non era questo! - urla, ormai fuori di sé.
- Non pensavo che... -
Ma lei è già fuori dalla porta, in corridoio.
Quando faccio per uscire anche io dal bagno per raggiungerla i suoi
occhi si spalancano ancora di più.
Non capisco cosa le prenda.
Perché dà di matto in quel modo?
- Non me ne importa un cazzo di quello che pensavi, okay!? Non.. non ti
avvicinare, e basta - adesso mi sta implorando, indietreggiando verso
la parete.
- Mi spieghi che cazzo ti prende, adesso? -
- N..niente. -
- Hai problemi! Tu hai problemi seri! - urlo e forse non avrei dovuto
perché i suoi occhi diventano subito lucidi. - Che stai...? -
- Lo so di avere problemi... - sussurra, abbassando lo sguardo.
E per un secondo vedo la sua facciata cadere. Per un attimo, tutta la
sua tristezza, le sue paure, il modo in cui vuole tenere lontano tutto
e tutti, mi è chiaro, riesco a vedere quanto fragile lei sia dentro di sé.
E io provo come un'istinto di protezione verso questa ragazzina magra,
permalosa e isterica, ma con due grandi occhi verdi che non riescono a
camuffare l'innocenza del loro sguardo. E' soltanto una bambina.. che le
sarà mai successo per ridurla in questo stato?
E mentre lo penso, mi accorgo di volerlo sapere veramente.
- Che hai fatto oggi? -
- Che.. che cosa intendi..? -
- Con quei due uomini. Che hai fatto con loro quelle due ore? -
- Che ti importa. Te li ho tenuti occupati, no..? - sembra parecchio in
imbarazzo ora e questo non mi tranquillizza neanche un po'. Conosco
quei
due, sono due figli di puttana, tra i peggiori in circolazione. Vado
alle loro feste spesso per portare loro la roba e ogni volta hanno una
casa diversa, anche se la gente che va' alle loro feste è
sempre
la stessa: puttane, drogati, pezzi grossi del giro che si divertono con
questo genere di cose.
- Dimmi cosa hai fatto, ora. -
- Niente! -
- Io li conosco quei due coglioni, non sono tipi da "niente" - dico,
sperando di invogliarla a parlare, non può continuare a
dirmi
che non ha fatto niente all'infinito.
- E invece non c'ho fatto niente, okay!? Ma che cazzo vuoi da me, si
può sapere? - ma i suoi occhi sono sempre più
lucidi e si
morde il labbro per trattenere le lacrime. Vorrei abbracciarla in
questo momento, ma qualcosa mi dice che non posso.
- Datti una calmata, okay? Non ti sto facendo niente, sto solo
chiedendo cosa hai fatto con quelli lì. -
- E io ti ho risposto: niente.
NIENTE, okay? -
- Come cazzo vuoi, oh - mi giro e vado verso la cucina, lasciandola nel
corridoio, da sola. E' solo una ragazzina isterica che ha qualche serio
problema con le persone. Eppure so che c'è qualcos'altro,
qualcosa di diverso dentro di lei che non riesco a capire. Apro il
frigo e prendo una birra, la apro e prendo un sorso. Il liquido fresco
mi rende più calmo, abbastanza da girarmi di nuovo verso il
corridoio: lei è ancora lì, che fissa il
pavimento,
indecisa. E pian piano sento tutto il nervoso andare via, lasciandomi
vuoto, come mai mi era accaduto prima. Vuoto. Ma con una gran voglia di
essere riempito, di qualcosa di nuovo. - Allora, hai fame o no..? -
Lei solleva lentamente lo sguardo, ancora lucido. - Un.. un po'... -
- Non ho molto, ma magari trovi qualcosa che ti piace e.. -
- Non.. non importa.. mangio quello che trovo... - cammina piano, quasi
avesse paura che il pavimento le crollasse sotto i piedi.
- Cosa ti piace? - perché le sto chiedendo tutte queste
cose? Rischio solo di farla arrabbiare.
Ma, stranamente, lei non sembra incazzarsi. - Non.. non so.. cosa
c'è? - chiede, gentile.
Ecco un nuovo aspetto di questa ragazzina.
Apro il frigo e guardo dentro, elencandole tutto quello che
c'è,
cioè non molto. - Pasta.. ma è di un paio di
giorni.
Latte. Birra. Mmh.. forse ho qualche altra cosa nella dispensa -
- Il latte andrà bene.. -
- Latte? - la guardo sorpreso da sopra la spalla.
- Si.. ehm, posso averne un po', per favore? - la sua sfuriata di poco
fa' sembra lontana anni luce.
- C..certo - dico, indeciso. E se mi saltasse addosso? Sembra avere un
carattere parecchio instabile.
Prendo il poco latte che ho e la verso in un bicchiere, che poi le
porgo. Lei afferra il bicchiere facendo attenzione a non sfiorarmi, per
poi sedersi sullo sgabello più lontano da me. - Bene... -
mormoro.
Restiamo in silenzio per un bel po'.
E' lenta bevendo, è come se lo stesse gustando, come se
fosse..
- Da quanto non bevevi un bicchiere di latte? - le chiedo, dando voce
ai miei pensieri.
- Non ricordo.. - risponde, vaga.
- Una settimana? -
- Mmh -
- Un mese? -
- Mmh... -
- Quanto? -
- Uno.. due anni. -
- Così tanto? -
Lei fa' spallucce e torna a concentrarsi sul suo bicchiere di latte. Lo
tiene stretto fra le mani come se fosse la cosa più buona
del
mondo, fa' tenerezza. Una tenerezza che non pensavo neanche di provare
più.
Pov Kristen
Latte.
Latte, dannazione.
Perché doveva darmi del latte?
Proprio quello? E io non ho rifiutato.
«Kristen, per
favore.. non fare così.. la mamma torna subito, lo
sai..».
«Non è
vero! Bugiarda!» urlavo, mi dimenavo fra le coperte.
«No, amore.. la mamma
torna e lo sai benissimo. Solo che deve andare a lavoro..».
«Ma è quasi
l'ora delle streghe, mamma!» protestai. Era mezzanotte.
«Lo sai che la mamma
lavora tardi... forza, Kristen, a letto, forza».
«No!».
«Ora viene John a
farti compagnia, tanto, amore..», il suo nome mi fece
accapponare la pelle. No no no no no, lui
no, per favore, tutto ma non lui. John era l'essere più
cattivo
del mondo, anche se io non sapevo neanche il perché. Sapevo
solo
che quando mi stava vicino, io avevo paura. Una paura folle,
irrazionale. Di quelle che si hanno da bambini, e non solo.
«Mamma,
mamma, per favore, resta a casa! Resta a casa, per favore! Non andare a
lavoro, oggi! PER PIACERE, TI SCONGIURO, MAMMA!», le lacrime
iniziarono a scorrere sul mio viso. Era così facile
piangere.
«Ma
Kristen, che ti prende? Avanti amore, a letto!» mi
bloccò
gentilmente le braccia e mi spinse sotto le coperte.
Ma io non avevo nessuna intenzione di fare come mi diceva lei.
Avevo dieci anni e tanta voglia di ribellarmi.
«NON DORMO».
«Invece si, Kristen.
Perché lo dico io e quello che dico io tu lo fai, capito? A
letto.»
«Ma tu resti a
casa».
«Kristen,
per favore, finiscila di fare la bambina...», si
sfregò
gli occhi, attenta a non rovinarsi il trucco pesante che si era messa
dieci minuti prima. Il suo "trucco da lavoro", ecco come lo chiamavo
io. E non mi piaceva. Odiavo quel trucco. Lo odiavo con tutto il mio
cuore perché quando mia madre andava in bagno con i suoi
trucchi
voleva dire che io restavo a casa da sola, o peggio: con John. «Facciamo
così.. ti preparo un bicchiere di latte e resto con te
finché non l'hai finito, va bene, amore mio?»,
annuii. Non
potevo fare altrimenti.
- Ehi? - la voce di Robert mi riportò alla
realtà.
Mi resi conto di stare stringendo il bicchiere così forte da
avere le nocche bianche.
Lo lascia andare, anche se a malincuore. - S..scusa - di cosa, non lo
sapevo.
- Sembravi.. incantata. -
- Si.. si, lo so, scusa - dissi, di nuovo.
- Non ti sto sgridando, perché continui a chiedermi scusa? -
Rimasi in silenzio.
Abbassai lo sguardo sul bicchiere.
Avevo quasi finito il latte.
Oh.. che peccato.
- Ne vuoi un altro po'? - Robert sembrava avermi letto nel pensiero.
- Oh.. ehm... si.. si, grazie. -
Mentre lui si girava per aprire il frigorifero ebbi un attimo per
osservarlo. La sua schiena era davvero bella, solida, mascolina,
muscolosa al punto giusto, mi sarei potuta arrampicare sopra le sue
spalle e lui mi avrebbe retto senza problemi.. non che io avessi
intenzione di farlo, chiaro, ma era giusto per chiarire il concetto. Il
modo in cui muoveva le mani poi, era davvero meraviglioso, restavo
incantata da quelle dita da pianista che si muovevano decise ma allo
stesso tempo delicate. Quando si girò verso di me, osservai
la
sua mascella coperta dalla barba incolta, osservandone attentamente il
colore che variava dal biondo al rossiccio, come i suoi capelli. Era un
colore a sé, come ogni cosa in lui. Anche i suoi occhi erano
qualcosa di unico.
- Che fissi? -
Colta in flagrante. Arrossii fino alla punta delle orecchie. - Niente -
- Mi stavi fissando. -
- Ma fottiti, non stavo fissando proprio nessuno... - mi
passò
il bicchiere pieno di latte e io lo presi subito. Che figuraccia.
- Come vuoi.. ma a me sembrava che stessi fissando proprio me -
sorrideva divertito.
- E invece no. Stavo pensando, non fissando
a te, idiota.. -
- Passiamo subito agli insulti, eh? Comunque.. a che pensavi? - era
gentile, ma io non mi fidavo comunque.
- E a te, di quello che penso io, che cazzo importa, mh? -
- Volevo solo saperlo.. essere gentile. -
- Be'.. non esserlo! -
- Ma che problema hai?! Seriamente, tu sei fuori di testa! Ti ho solo
chiesto a che cosa stavi pensando e tu mi attacchi, cazzo. Sei pazza -
ma comunque non se ne andò. Io me ne sarei andata. Io
fuggivo
sempre. Sarei voluta fuggire anche adesso, ma c'era il latte a
trattenermi.
Non sapevo che dire quindi rimasi in silenzio.
Presi un sorso del latte.
«L'hai finito,
Kristen?».
«Si invece.. ora vado,
okay amore?».
«Non ho finito il
latte, mamma...».
«Lo sai che non devi
dire bugie, Kristen».
«Si...».
«Lo sai che quando
finisci il latte mamma poi deve andare via. Giusto?».
«Si.. si, lo
so».
- Scusa... - le mie labbra sembrarono muoversi da sole.
Robert sollevò lo sguardo dalla birra che aveva preso. In
cucina
c'era un silenzio di tomba. I suoi occhi erano di ghiaccio. - Ancora
questo scusa? Piantala. -
Il suo tono freddo mi fece brillare gli occhi. Accidenti a lui.
«Smettila di piangere!
Piantala, ragazzina!», John mi bloccava i polsi e mi spingeva
contro il letto.
«Sei un
idiota!».
«Ti ho
detto..», bam. Uno schiaffo in piena faccia. «che devi smetterla di
piangere e urlare. Piantala!».
- Che.. che ora è? - chiedo, giusto per dire
qualcosa prima che un altro ricordo mi torni in mente.
- Penso che siano le quattro.. forse, non lo so - mi risponde,
scocciato.
Perché infastidisco le persone?
«Per.. per
favore.. basta.. mi fai.. mi fai male...».
«Mi stai dando sui nervi, ora ti faccio stare zitta
io», e lo fece.
Una serie di brividi mi percorse la schiena.
- Hai freddo? -
- Mmh? - la voce di Robert però era calda. Latte caldo.
- Freddo. Stai.. tremando. -
- Questa casa è.. una camera mortuaria - dico, senza
pensarci due volte.
E lui ride.
Non l'avevo ancora sentito ridere in
questo modo.
Senza ironia. Non mi sta prendendo in giro, sta solo ridendo ed
è la cosa più bella del mondo per me. Non sentivo
una
risata del genere da.. una vita. - Si, hai ragione - dice - fa' davvero
freddo. Non ho pagato il riscaldamento, mi sono dimenticato. Lo
pagherò domani mattina presto, promesso - perché
me lo
stava dicendo? Io non ci sarei stata l'indomani mattina. Ma
chissà perché annuii, prendendo un altro sorso di
latte.
Due ore dopo, sono di nuovo nel suo bagno. Al sicuro. Al riparo. E ho
gli occhi rigati di lacrime. La sua risata mi ha fatto stare bene ma mi
ha anche fatto ricordare quanto io non
stia bene neanche un po',
e ha ragione a dire che ho qualche problema. Tutti questi ricordi che
tornano alla mente non vanno per niente bene, non ora. Vorrei stare
bene, vorrei che andasse tutto alla grande. Vorrei una casa tutta mia e
non una vasca in due dormire ma sono anni che non ricordo
più
come ci si sente ad avere una speranza vera e propria.
- Kristen? -
Robert bussa alla porta.
Non apro. - Si..? -
- Sta per passare un mio amico.. resta dentro il bagno, chiaro? -
Perché?
Si vergogna di me?
Domanda stupida.
Certo che si vergogna di me, chi non lo farebbe?
Apro la porta.
Robert è davanti a me, sorpreso, ma non indietreggia. - Ti
ho appena detto di restare dentro il bagno.. -
- Che amico? - chiedo.
- Un amico. -
- Devi vendergli roba? - perché lo sto chiedendo?
- Non sono cazzi tuoi. -
- Vero... - passai la lingua sulla lingua e abbassai lo sguardo. Volevo
fare la stronza senza esserlo neanche un po'.
- Stai nel bagno? - mi chiese.
- Ehm.. no... io.. ehm.. penso che tornerò.. da Scout
stasera..
non so cosa.. come stia e.. sono stata anche troppo qui da te, quindi..
- avevo preso la decisione sul momento e già me ne stavo
pentendo: è vero, questa casa è fredda, ma
c'è
cibo, un posto dove dormire anche se non era un vero e proprio letto ma
solo una vasca da bagno e poi.. c'era lui.
- Avevamo un patto, tu l'hai rispettato e anche io lo farò.
Dormi qui - disse, con voce ferma.
- Non voglio starci qui - bugia, bugia, bugia.
- Perché? -
- Ho.. ho mal di schiena.. la vasca da bagno non è un letto
di piume d'oca, sai? -
Per un attimo sembrò quasi imbarazzato. Ma fu solo un
attimo. -
Puoi dormire sul divano, se vuoi. Ma ora stai in bagno
perché
sta arrivando il mio amico. -
- Voglio andare via... - mormorai, senza neanche sapere
perché.
- Non è vero. -
- E tu che ne sai? - odiavo le persone che pensavano di sapere tutto,
specialmente su di me. Nessuno mi conosceva, cazzo.
- Possiamo parlarne dopo? Starà arrivando. -
- No, io... - ma non riuscii a finire la frase. Robert
sollevò
gli occhi al cielo poi, con un gesto brusco mi spinge dentro il bagno
chiudendo la porta, ma non senza avermi prima lanciato un occhiata
maliziosa e un sorriso divertito. - Fai da brava! -
- FOTTITI! - urlai, ma stavo urlando contro una porta chiusa.
Pov Robert
Forse non avrei dovuto, ma ormai Kristen era chiusa a chiave nel mio
bagno.
Dieci minuti dopo qualcuno bussa alla porta.
Marcus, Tom e Sarah entrano in casa. Tom è un mio
amico-collega,
lo conosco da quando siamo piccoli e potrei definirlo come una specie
di migliore amico, anche se da quando è entrato nel giro
dell'eroina potrei dire di non conoscerlo più di tanto.
Marcus
si occupa di consegnare la mia roba e lo conosco da tre anni. Sarah
è una nostra.. amica comune. Viene a letto con tutti noi.
Lavora
per noi e si vende nelle strade di notte per potersi pagare qualche
grammo di eroina visto che Tom l'ha iniziata qualche mese fa', per
fortuna non è ancora dipendente fisicamente altrimenti
sarebbe
intrattabile, invece saltella allegra per casa mia. Mi bacia sulla
guancia ma io la spingo via, non mi piacciono questo genere di contatti
con lei. Ci scopo e basta. Forse è un'amica o forse no. -
Che
antipatico che sei Pattz - mi dice, alzando i suoi occhioni azzurri al
cielo e sistemandosi la frangetta biondo platino. E' alta quasi quanto
me anche senza tacchi.
- Lo sai che non lo sopporto. -
- Si, si, come vuoi. Comunque, che cosa dobbiamo fare oggi? - chiede,
appoggiandosi a Marcus, che le stringe subito la vita. Ho sempre
sospettato che lui avesse una specie di cotta segreta per lei, ma come
puoi amare una puttana?
- Dobbiamo portare un sacco di roba a una festa. Ci aspettano presto,
però.. quindi dobbiamo muoverci subito. Marcus, la macchina
è fuori? - chiedo.
- Certo. -
- Ma però.. - inizia Tom.
- "Ma però" non si dice, non lo sai? - lo rimprovera Sarah,
con
un sorriso divertito su quel viso da gatta morta\figlia del boss. Era
simpatica, infondo.
Tom la fulmina con lo sguardo.
Lo conosco abbastanza bene da sapere che sta per entrare in crisi
d'astinenza, quindi è meglio non farlo innervosire. - Cosa
volevi dire, Tom? -
- Volevo chiederti se.. sai no... -
- Si, Tom, ne ho tenuta un po' per te, te la dò dopo, okay?
Ora andiamo. -
Sarah si lancia fra le braccia di Tom, baciandolo a stampo sulle
labbra. - Roba, roba, roba. Contento, Tommy? - scherza. Lei la fa'
facile, ma tra qualche mese anche lei sarà ridotta come Tom.
Ora
però non ci voglio pensare. La tiro via per un braccio,
spingendola verso la porta. - Smettila, Sarah. Non farci incazzare
oggi! - lei sbuffa come una bambina di cinque anni, si sistema il top
argentato e la gonna in jeans ed esce dalla porta.
Marcus la segue subito.
Un cagnolino dietro al padrone.
Io e Tom stiamo per uscire quando Kristen dà un pugno alla
porta del bagno.
- Cosa è stato? - mi chiede Tom.
- Niente - e chiudo la porta dietro di noi.
Più o meno due ore dopo, siamo di ritorno a casa.
Sarah si sdraia sul divano, definendosi «stanca morta,
ragazzi
miei!», Marcus si siede vicino a lei per terra e lei inizia a
giocare con i suoi capelli. So benissimo che tra un paio di minuti
dovrà tornare in quello squallido appartamento in cui abita
per
cambiarsi, ma ora decido di lasciare che quei due si godano un po' di
riposo. Tom è in bagno con un cucchiaio, uno spicchio di
limone,
una siringa e la roba; ringrazio di avere due bagni perché
Tom
stava proprio entrando in crisi mentre eravamo in macchina e non sarei
riuscito a trattenerlo dall'entrare in quello dove sta Kristen
altrimenti.
Kristen.
Merda.
Mi alzo e vado al bagno.
Busso piano sperando di non attirare l'attenzione di Marcus e Sarah,
chi è il coglione che bussa in casa propria?
Per fortuna Kristen apre subito.
Ha i capelli bagnati e indossa solo una maglietta a maniche lunghe
larga che le arriva fino al ginocchio.
- Sei tornato.. - dice, indietreggiando.
- Si.. ma ci sono ancora i miei amici. -
- Posso andarmene se vuoi... - abbassa lo sguardo, visibilmente in
imbarazzo.
- No. Ti vedrebbero - ma so benissimo che non è quello il
motivo per cui non voglio che se ne vada.
- Oh.. okay.. -
- Ehi! Pattz, con chi parli? Tom ha già finito? - la voce
squillante di Sarah ci fa' sobbalzare entrambi. Lei si ferma in mezzo
al corridoio e ci guarda per un po', all'inizio confusa, poi fa'
qualche passo verso Kristen, porgendole la mano. - Ciao, io sono Sarah.
Tu chi sei? - Kristen fissa la mano che le sta porgendo Sarah come se
fosse un coltello pronto a trafiggerle lo stomaco. Meglio intervenire.
- Sarah, lei è.. - già, chi cazzo è?
non ne ho
idea, e la verità è che muoio dalla voglia di
saperlo.
- S..sono Kristen - si presenta lei, senza però stringerle
la mano.
- Mi piace il tuo nome. Sembri piccola, però. Anni? -
- Quasi.. quasi diciassette - risponde Kristen. A me aveva detto di
averne già diciassette.
- Pattz, - si volta verso di me, con uno sguardo accusatorio che poco
si addice a quel viso da bambolina - che cosa ci fa' una sedicenne in
casa tua? -
- Io... - Kristen sembra sul punto di dire tutta la verità,
ma io decido che non è il caso.
- Lavora per me - mi invento sul momento.
Sarah mi guarda scettica, - Sedici anni, Pattz - ripete.
- Tu a sedici anni cosa stavi facendo, Sarah, eh? - le dico.
Lei mi fulmina con lo sguardo. - B.. bene. Benvenuta nel gruppo allora,
Kristen - le porge di nuovo la mano, ma Kristen non gliela stringe
neanche questa volta.
___________________
bene.
mmmh.
non saprei dire esattamente se mi piace oppure no questo capitolo, ma
serviva per farvi capire come era la situazione. vi piace sarah? a me
si. ah, marcus e tom ci sono sempre perché comunque questa
è una ff sui robsten e tom e marcus non possono mai mancare.
cosa ne pensate di robert che chiude kristen in bagno? ahahaha ehm,
avanti! spero che questo capitolo non faccia così schifo e
che
riceverò molte recensioni perché lo sapete che
amo
sentire cosa ne pensate su quello che scrivo. prometto che per la
prossima volta cerco anche di mettere qualche foto o gif.
vi voglio bene,
fatevi sentire con le recensioni, cià.
|
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Capitolo 4 *** bad memories. ***
Pov
Kristen
Sarah
mi porge la mano ancora per un po' prima di abbassarla.
-
Ehi, ci sei? - mi chiede, facendomi un sorriso davvero enorme,
enfatizzato ancora di più da un rossetto color fuoco.
Per
un secondo, vorrei solo potermi voltare verso Robert e chiedergli
aiuto, implorarlo di portarmi via di qui, di aiutarmi.
Ma so
che non lo farebbe, e comunque io non sono tipa da chiedere aiuto
alle persone.
- Ehm.. si.. uhm... -
balbetto, non sapendo bene cosa dire.
A
questo punto Robert finalmente dice qualcosa. - Sarah, lasciala in
pace, okay? - alza gli occhi al cielo e mi spinge verso il bagno. -
Puoi restare là dentro - e la sua non suona molto coma una
domanda, ma come un ordine.
- In
bagno? Scherzi, vero? - scatta Sarah. Poi la sua
mano afferra
la mia e io vorrei solo urlare. - Vieni con me, in salotto si sta
decisamente meglio che in bagno - e mi trascina via. Quasi senza
pensarci allungo la mano libera come per afferrare qualcuno e trovo
il braccio di Robert, lo stringo per un secondo e poi lo lascio
andare. Che ho fatto? Non è proprio da me.
Non
oso neanche guardare verso Robert.
Sarah
mi trascina fino al soggiorno e mi invita a sedermi su una poltrona.
Nella stanza c'è anche
un'altra persona: avrà qualche anno più di
Robert, ma
non molti. Occhi color nocciola, capelli un po' più scuri e
mossi, quasi ricci, ma corti. Se ne sta seduto lì e mi
fissa.
- Sarah - dice alla ragazza - è una delle nuove amichette di
Pattinson, o cosa? - amichette? come, prego?
-
No, Marcus, lavora con noi, me l'ha detto Pattz. -
-
Ma se sembra che ha dodici anni, fammi il favore! -
-
E allora? Lo sai bene quanto me che non importa a nessuno di quanti
anni hai se sei disposta a fare quello che ti dicono e lo fai bene...
quindi, zitto - sembra terribilmente consapevole e triste adesso e
per un secondo mi chiedo come mai sappia tutte queste e cosa intenda
con quello che ha appena detto; cosa dovrò fare bene?
Nel
frattempo Robert ci ha raggiunto e se ne sta lì in piedi al
centro della sala. Cazzo, quanto è bello. Abbasso lo sguardo
e
mi porto le ginocchia al petto, in questo momento vorrei essere nel
vecchio divano scassato di Scout, ma non qui, sotto il loro sguardo.
- Sarah ha ragione, Marcus, lei è.. con noi, l'ho.. diciamo,
scoperta io
- dice, guardandomi
dritto negli occhi.
- Si chiama
Kristen - Sarah mi sorride. Sono tutti più grandi di me qua
dentro. Tutti sui vent'anni e io mi sento così piccola. - E
ha
sedici anni. -
- Quasi... quasi...
diciassette - sussurro, ma nessuno mi ascolta.
-
Oh, fantastico! E' pure minorenne! Sai cosa succede se la beccano,
Robert? - Marcus si alza dalla poltrona, mettendosi davanti a Robert.
- Non la beccheranno, okay? Calmati,
adesso - Robert lo rimette subito al suo posto. Marcus si siede di
nuovo borbottando qualcosa che non riesco a capire; Sarah si siede
sul bracciolo della mia poltrona e cerca il mio sguardo, ma io sto
attenta a non incrociarlo.
Ma penso
che lei sia la meno pericolosa qua dentro.
-
Dove dorme? - chiede a Robert.
- Ma
mi hai preso per il padre, per caso? -
-
Ho solo chiesto, Pattz. Dio, quanto sei odioso.. - si china un po'
per parlare con me, - dove stai? - mi chiede, molto più
gentilmente.
- Ehm... - nel suo
bagno, vorrei rispondere, vorrei poter dire qualcosa ma ho paura
della reazione di Robert.
Per
fortuna, quella ragazza sembra capire il mio disagio perché
sorride e dice: - Vuoi stare da me? -
-
Sarah! - le urla il ragazzo che si chiama Marcus, mi sembra.
-
Shh! - lo zittisce lei, alzando una mano. - Allora, ti va'? Puoi
dormire sul divano finché non troviamo qualcosa di meglio,
no?
Meglio del bagno di Pattz, mh? - aggiunge sotto voce e io mi ritrovo
ad annuire. - Bene, allora stasera vieni da me.. Pattz, dobbiamo fare
qualche lavoretto ancora? -
Lui evita
di guardare nella nostra direzione - nella mia direzione.
-
No. Puoi anche tornartene sotto i ponti, Sarah, o sui marciapiedi se
preferisci - anche se non capisco a cosa si riferisca, so che le sue
parole sono cattive. Sono state dette apposta per ferire.
Sarah
sospira e stringe i pugni. - Fottiti, Pattinson. -
-
Già fatto, non ricordi più? -
-
Oh, al diavolo! - si alza e gli dà uno schiaffo in piena
faccia. - Se hai problemi, non sfogarti su di me. Ci vediamo domani,
non mi va' più di stare in questo posto del cazzo, non con
te. Se hai bisogno, chiamami. Per qualunque cosa, chiaro? E
smettila di comportarti come un bambino di cinque anni, cresci per
una buona volta, Pattz. Ah, e scusa per lo schiaffo, ma te lo
meritavi proprio - Robert non dice niente, non solleva neanche una
mano per toccarsi la guancia colpita. Non penso sia stato uno
schiaffo forte, o forse sono abituati a picchiarsi fra di loro.
Sarah si volta verso di me e mi fa'
cenno di alzarmi. - Cambio di programma, si torna a casa adesso. Ti
piacerà, vedrai - mi alzo svogliatamente e mi guardo
intorno:
Robert ha una mano fra i capelli e sbuffa, Marcus sta seduto nella
poltrona e guarda il cellulare. Sarah fa' per prendermi la mano ma io
mi ritiro e lei non dice niente, stranamente, sembra capire. - Ti
presto qualche abito, okay? Devo solo trovare qualche abito di quando
avevo la tua età.. sei davvero piccola. E devi mangiare un
po', agli uomini non piacciono gli scheletri, sai? E neanche a me e
te - mi sorride e anche se io non ricambio lei non ci resta male.
Si
avvicina a Marcus e lo bacia sulle labbra. - Ti chiamo - gli sussurra
lui.
Lei annuisce e si avvicina a
Robert. Bacia anche lui sulle labbra.
Per
un attimo, mi si ferma il cuore.
Ah.
Non capisco bene la situazione.
-
Sei una stronza, Sarah. -
- E tu sei
un figlio di puttana, Pattz. Ti voglio bene, chiama eh - gli
scompiglia i capelli e poi torna da me. - Forza, usciamo da qui,
Kristen. -
Casa di Sarah si
trova a qualche minuto di distanza da quella di Robert. Per
raggiungerla dobbiamo prendere la metropolitana e Sarah mi sta vicina
tutto il tempo; non è la prima volta che la prendo, ma ho
sempre odiato tutta la gente che si accalca là dentro, non
si
respira e la gente può facilmente metterti le mani addosso.
Sarah non ci prova più a prendermi la mano, forse ha capito
che non amo il contatto fisico. E lo rispetta. Casa sua è
davvero piccola, è composta da un bagno, minuscolo, una
cucina
che forse non può essere definita tale, un salotto composto
da
un divano rotto, un tappeto, una tv scassata e una camera da letto
dove il letto occupa più di tre quarti della stanza. Il
resto
dello spazio è occupato dall'armadio. La prima cosa che
Sarah
fa' quando entriamo in casa è chiudere la serratura
più
volte, a doppia mandata. - Scusa, ma avrai visto anche tu che
ambiente è questo mentre venivamo.. di notte non dormo se
non
chiudo la porta più che posso.. - dice, accennando un
sorriso.
Mentre venivamo abbiamo incontrato diversi tipi di persone, ubriachi,
drogati, spacciatori. Nessuno ci ha guardato negli occhi.
-
Ti va' una tazza di cioccolata? - mi chiede Sarah andando in cucina.
Bastano davvero pochi passi per passare dal "salotto" alla
cucina.
- No, grazie.. - ho lo
stomaco completamente sotto sopra, non riuscirei a buttare
giù
neanche un sorso.
- Come vuoi. Allora,
visto che vivremo insieme per chissà quando, potresti tipo
dirmi.. che so, come mai conosci Robert? - mi dà le spalle e
armeggia con qualcosa nella cucina, preparando la cioccolata.
-
Oh.. ehm, lui.. mi ha ospitato a casa sua in questi giorni
perché
non sapevo dove stare.... - dico, usando una mezza bugia.
-
Non hai una casa? -
- Non sarei qui
altrimenti, no? Se avessi una casa sarei lì, adesso. -
-
Giusta osservazione. Be', almeno ti ha trattato bene quello stronzo?
- si volta e mi sorride, la tazza di cioccolato in mano.
-
Oh.. ehm, - mi torna in mente il mio breve soggiorno a casa di
Robert. - più o meno, si... - a parte quando mi ha chiuso in
bagno e non mi lasciava più andare il polso.
Sarah
prende un sorso della sua cioccolata e annuisce. - Robert ha un
carattere davvero.. strano. Io lo conosco da anni. -
-
A...anni? - io solo da qualche giorno..
-
Oh si, diciamo che mi ha tirato fuori dalla merda, più o
meno.. ma io sono stupida e ci sono finita di nuovo - fa' spallucce e
prende un altro sorso.
- Che
intendi..? -
- Mi aveva trovato un
lavoro, un buono.. più o meno. Sicuramente migliore di
quello
che faccio adesso, ma io ho buttato tutto all'aria.. -
-
Che.. che lavoro fai? -
Lei mi guardò
dritto negli occhi e scoppiò a ridere, ma era una risata
senza
allegria. - Il lavoro più vecchio del mondo.. -
Oh.
- Intendi.. cioè.. tu
fai..
ehm... uhm. -
- Dipende.. a volte in
strada, a volte riesco a trovare qualcosa in qualche locale. Robert
mi aiuta, mi fa' fare qualche lavoretto. Porto roba ai suoi clienti
di solito, mi aiuta. Ma per la maggior parte del tempo devo
arrangiarmi da sola - ne parla come se fosse una cosa normale, e
forse per lei lo è, ma io riesco a percepire la
rassegnazione
nella sua voce.
- Da quanto lo fai..?
- chiedo.
- Avevo più o meno
la tua età quando ho iniziato. Forse meno. -
-
E'... terribile - non riesco a trattenermi. Io non so se ci
riuscirei. Mi tornano in mente gli uomini che ho dovuto
"intrattenere" per Robert e un conato di vomito si fa'
sentire.
- Così terribile da
farti sbiancare? Piccola, sembri un lenzuolo! - Sarah si avvicina, ma
non troppo. - Hai decisamente bisogno di mangiare qualcosa e di
metterti a letto.. - non mi ero accorta di essere sbiancata
così
tanto, ma Sarah l'ha notato subito.
-
No, no.. sto.. sto bene, davvero - dico, ma lei non mi dà
retta.
- Non voglio sentire storia,
mangerai qualcosa. Uova, pancetta e coca cola andranno bene, per ora.
Siediti, preparo la cena - mi ordina, tornando ai fornelli.
-
Sto bene! -
- Siediti, okay? Devo
preparare comunque la cena, tra un po' devo andare a lavoro. -
-
Oh.. dove.. dove lavori? - mi siedo a un piccolo tavolo, le sedie in
plastica rotte.
- Stasera in un club
privato. Robert mi ha trovato questo lavoro qualche giorno fa' - mi
dà le spalle e sento lo sfrigolio dell'olio nella padella.
-
Te l'ha trovato lui...? -
- Credimi,
è meglio un club che in mezzo alla strada. Nei club scegli
con
chi andare, più o meno.. in mezzo alla strada devi salire in
macchina e tapparti la bocca. Be', non proprio. A volte la devo
aprire... -
Mi si rivolta lo stomaco.
- Non ho fame.. - sussurro.
- Oh,
mangerai eccome. -
- Ma non ho fame! -
protesto.
- Mangerai, fine della
storia. -
Resto in silenzio.
Sarah
mi dà le spalle e io ho il tempo di osservarla.
E'
molto più alta di me, quasi quanto Robert.
Indossa
una gonna corta e una canottiera larga ma che le lascia scoperta la
schiena, ha un paio di tacchi alti rovinati e calze nere. I capelli
biondi sono scompigliati ma perfetti allo stesso tempo e le arrivano
fino al sedere. Quando si volta per portarmi la cena noto il trucco
pesante, la matita nera colata e il mascara, sembra un panda, ma
è
bella, davvero bella. Il rossetto color fuoco le illumina il sorriso
mentre si siede davanti a me e ci dividiamo la cena in silenzio, come
se lo facessimo ogni sera.
Quando va'
a cambiarsi finisco di mangiare da sola.
Cucina
davvero bene, io so fare davvero poco in cucina.
Quando
torna indossa un lungo capotto che le arriva fino al ginocchio,
tacchi alti e il viso è truccato ancora di più.Mi
viene
il mal di pancia: sembra mia madre prima di uscire di casa. Mi
sorride e si sistema i capelli con le mani. - Allora, ho chiamato
Marcus e lui e Robert dovrebbero venire a controllarti più
tardi. E' la tua prima volta in un quartiere del genere e non voglio
che tu.. be', è meglio se vengono a controllare che vada
tutto
bene. Io tornerò verso le quattro del mattino, in ogni caso.
Forse prima se riesco a prendere l'ultimo fermata della metro. Se hai
fame c'è qualcosa in frigo, i miei vestiti sono nell'armadio
e
ti ho lasciato qualcosa da metterti sul letto, non ho trovato niente
di meglio, scusa. Fatti una bella doccia, vestiti e mettiti a letto..
o meglio, sul divano. I cuscini li trovi facilmente e anche le
coperte, ora devo proprio scappare - corre verso la porta,
lanciandomi un bacio in aria prima di salutarmi con "ciao ciao"
della mano e chiudere la porta dietro di sé.
Non
mi ha neanche dato il tempo di aprire bocca.
Di
salutarla.
Ma forse è meglio
così.
Non mi va' molto di
parlare stasera.
In realtà, a
me non va' molto di parlare in generale.
Mi
alzo e mi trascino fino al bagno. Piccolo, ma pulito. Mi faccio una
doccia veloce e mi asciugo svogliatamente i capelli solo
perché
non ho altro da fare. I vestiti che mi ha lasciato Sarah sono un
maglione verde abbastanza largo, che mi arriva al ginocchio. Trovo le
coperte e i cuscini e mi sdraio sul divano, coprendomi con la coperta
e appoggiando la schiena sul cuscino, lasciandomi lentamente
scivolare verso il basso. Quando i pensieri e i brutti ricordi
iniziano a farsi sentire decido di accendere la tv sperando di
distrarmi un po', ma loro mi raggiungono lo stesso.
Pov
Robert
- Per stasera abbiamo
finito - mi sto già incamminando verso la macchina quando
Marcus mi ferma.
- Dobbiamo andare a
controllare la ragazzina, ti ricordi? L'abbiamo promesso a Sarah. -
- Chi se ne fotte? Non ci vado. -
-
A Sarah hai detto che andavi. -
- A
Sarah dico un sacco di cose, sai? Non tutte sono vere. -
-
Io devo andare con Tom, lo sai.. ci andrei io, ma.. non posso. Vai,
per favore. -
- Per favore? Ma ti
senti? Oddio, stai diventando una ragazzina.. - apro lo sportello
della macchina e mi siedo al posto del guidatore. Marcus si siede a
quello del passeggero. - Se proprio insisti ci andrò, okay?
Ma
prima devo passare a casa mia, un attimo... -
-
Per cosa? -
- Una cosa.. -
-
Cosa? -
- E che cazzo, e non rompere! - sbottai, mettendo
in moto la macchina.
Marcus
non aprì più bocca.
Mi
conosceva. Non bene, ma mi conosceva, e sapeva che quando mi
incazzavo non volevo parlare con nessuno ed era facile che alzassi
anche le mani. Gli avevo rotto il naso una volta e sicuramente non
voleva rivivere l'esperienza. Una volta arrivato a casa scesi dalla
macchina e aprii la porta sbattendola forte per chiuderla. Sapevo
perfettamente cosa dovevo fare, forse lo sapevo ancora prima che
Marcus mi parlasse ricordandomi cosa avevamo promesso a Sarah. Andai
in bagno e raccolsi lo zainetto di Kristen, che aveva dimenticato a
casa mia. Controllai che dentro ci fosse tutto dentro e poi tornai
alla macchina, dove Marcus mi stava aspettando.
Non
entrai e mi appoggiai allo sportello della macchina. - Usa tu la
macchina, vado a piedi. -
-
A piedi? E perché? -
-
Ho bisogno di farmi due passi.. - e senza aggiungere altro mi
allontano dalla macchina e con lo zaino di Kristen in spalla giro
l'angolo e cammino finché non mi ritrovo a prendere la
metropolitana e poi scendere all'ultima fermata, quella del quartiere
dove vive Sarah.
L'ho aiutata io a trovare quella casa, la stava
cercando da mesi. Poi le ho regalato anche alcuni mobili vecchi che
avevo rubato a casa di uno che mi doveva dei soldi.
Vicino a casa
di Sarah non c'era di sicuro un bell'ambiente, mentre camminavo
sentii alcuni parlarmi alle spalle, alcuni sfidarono la sorta
indicandomi da lontano, ma stasera non avevo voglia di attaccare
briga. Volevo solo riportare lo zaino a Kristen. Mi ricordavo ancora
come era affezionata a quel coso, dentro c'erano un sacco delle sue
cose, mi chiesi se quella fosse tutta la roba che possedesse. Quando
arrivai sul portone di casa di Sarah mi chinai per raccogliere il
paio di chiavi di scorta che teneva sotto il tappetino - quante volte
l'avevo rimproverata per questo motivo? avevo perso il corso - aprii
la porta e sentii subito il rumore della tv accesa in soggiorno.
-
Kristen? - era sveglia?
Nessuna risposta.
Ma questo non voleva
dire niente.
Da quello che avevo avuto modo di notare, Kristen
non rispondeva neanche se le stavi chiedendo qualcosa. Almeno non a
me.
Feci qualche passo in casa, trovandomi dentro quello che
veniva chiamato "soggiorno" ma che in realtà era una
piccola stanza con una tv rotta, un tappeto che aveva bisogno di
essere lavato, un divano... e una ragazzina sopra di esso. No, non
una ragazzina qualunque: Kristen. Era rannicchiata
sotto una
pesante coperta di lana blu ma sembrava tremare ancora dal freddo,
teneva le mani strette a pugno sulla coperta e avvicinandomi meglio
notai che aveva il viso bagnato di lacrime. Tremava e sembrava nel
bel mezzo di un incubo, dal modo in cui si muoveva. Faceva..
tenerezza. E all'improvviso mi venne spontaneo avvicinarmi di
più
a lei per controllare meglio come stesse. Mi inginocchiai vicino al
divano e osservai meglio il suo viso. Respirava a fatica, spalancava
la bocca nel sonno ma non entrava abbastanza aria, stava annaspando
in un incubo. Le sue mani stringevano convulsamente la coperta, come
se fosse la sua via d'uscita. Senza pensarci, allungai una mano e le
sfiorai il viso.
Mossa sbagliata.
Kristen scattò nel
sonno, urlando.
- No! No! Per favore, no! - urlava, gli occhi
chiusi ma la bocca spalancata per la paura.
Si agitò,
muovendosi sul divano senza riuscire a girarsi del tutto. - Per
favore.. no.. no.. John... no... no.. mi fai male! Mamma! Mamma!
Mamma.. mamma torna a casa.. mamma torna a casa per me... - la sua
voce si affievolì fino a diventare un sussurro.
Mamma?
John? Chi erano?
Allungo di nuovo la mano, toccandole la spalla
questa volta. - Kristen, sono io.. sveglia. -
- Per favore... -
continua a boccheggiare, girandosi dalla mia parte e mostrandomi
senza volerlo il viso inondato di lacrime.
Mi si stringe il
cuore, cosa che non mi capitava da una vita.
Non so cosa fare.
Svegliarla?
Ci provo. - Kristen.. è un incubo..
sveglia, è solo un incubo, ora passa.. sveglia.. cazzo,
sveglia! - ma lei si agita ancora di più, piange e inizia ad
agitare le mani, come se volesse difendersi da qualcuno.
-
Lasciami! LASCIAMI HO DETTO! - urla e io non posso fare altro che
fare come mi dice lei, anche se so che non sta dicendo a me.
-
Kristen.. ehi, è.. tutto okay.. - provo a usare un tono di
voce calmo, tranquillo, per cercare di calmarla.
- Per favore..
per favore.. non voglio.. non.. voglio.. no.. - si rannicchia sotto
le coperte, coprendosi il viso.
Mi alzo e vado a raccogliere lo
zaino.
Lo apro e tiro fuori il leoncino di peluche con il
collarino, Ted.
Mi avvicino di nuovo a Kristen e provo a
sollevarle le braccia, ma lei si ribella. - Kristen.. c'è un
amico per te.. lo vuoi? C'è.. ehm, c'è Ted.. - a
sentire quel nome lei sembra rilassarsi un po'.
- Ted... -
sussurra, tirando sù col naso.
- Già.. Ted. Ecco,
ferma.. - facendo il più piano possibile le sollevo le
braccia
- noto che trema al contatto - e le sistemo Ted fra le braccia.
Subito se lo stringe al petto, come una bambina piccola. Le sistemo
meglio la coperta, e resto a vegliare su di lei per il resto della
nottata.
- Rob.. Rob.. Pattz, oh! Sveglia, idiota! -
- Mmh.. - quando aprii gli occhi la luce che c'era nella stanza
mi accecò.
Sarah era chinata appena sopra di me e mi
sorrideva, divertita. - Facevi da baby-sitter alla piccola? - mi
chiese, scompigliandomi i capelli.
Mi tiro indietro infastidito.
- Non dire cazzate. Mi sono addormentato, tutto qui.. - sono ancora
appoggiato al divano, dove Kristen dorme, finalmente tranquilla e
serena, Ted ancora stretto al petto, le orecchie che le toccano le
labbra, appena dischiuse.
Ha ancora il viso rigato di lacrime,
però.
Anche Sarah se ne accorge. - Ha pianto..? - chiede,
preoccupata.
- Si - non dico altro e mi alzo.
Sarah ha il
trucco sbavato e indossa un impermeabile lasciato aperto che mostra
un paio di gambe lunghissime da modella. Ma non sono come quelle di
Kristen, le sue sono diverse in un modo che non riesco a spiegarmi.
Sarah è matura, perfetta e bellissima e potrebbe fare la
modella o l'attrice, ha il viso telegenico e il portamento di una
regina, mentre Kristen.. le sue gambe sono decisamente migliori, non
so perché ma lo sono. Il viso di Kristen è
più
infantile, ma quando vuole sa fare una faccia da stronza che ti
spiazza e ti chiedi se abbia davvero l'età che dice di
avere.
I suoi occhi sono di un verde unico e ti entrano dentro, in un modo
invadente e tu non puoi farci niente, puoi solo sentirli entrare
dentro di te, prendendo tutto quello che hai. Lei tira fuori un lato
di me che non voglio. Di cui non ho bisogno nella mia vita. Ma lei lo
fa' e io non posso impedirglielo.
- Ha pianto molto mentre ero
via? - insiste Sarah facendo per scostare una ciocca di capelli dalla
fronte di Kristen.
La fermo giusto in tempo.
Le afferro il
polso, bloccandola prima che possa toccare Kristen che altrimenti si
sveglierebbe.
Sarah mi guarda senza capire.
Solleva un
sopracciglio biondo perfettamente curato e fa' per dire qualcosa
quando io l'attiro a me e la bacio.
Non sento niente, quindi
provo a far diventare il bacio più intenso, ma neanche
così
riesco a sentire qualcosa.
Sarah mi lascia fare, non è
certo la prima volta.
Ma improvvisamente mi torna in mente
Kristen che dorme tranquilla dietro di me così stringo la
vita
di Sarah e la trascino fino alla camera da letto, iniziando
già
a toglierle i vestiti di dosso. Lei mi toglie la maglietta e io
l'impermeabile e la camicetta che indossa. In meno di due minuti
siamo sdraiati sul letto, lei sopra e io sotto, che la bacio mentre
cerco qualcosa. In quel bacio cerco qualcosa che non trovo. Da quando
non bacio qualcuno solo per il gusto di farlo e non solo per sfuggire
da qualcosa?
Sarah mi aiuta nella mia "ricerca", si
sistema sotto di me e io entro dentro di lei.
La sento gemere ma
non mi importa. Non mi importa molto di quello che sta provando lei
in questo momento, perché io non ho
ancora trovato
quello che sto cercando. Un senso di vuoto mi invade e per non
sentirlo inizio a spingere sempre più forte dentro di lei,
finché Sarah non mi morde la spalla per dirmi di smetterla
subito. Accelero. Un altro morso. Due. Tre. Mi spinge via e si mette
lei sopra di me. - Sei uno stronzo, Pattz - sorride e mi bacia,
cercando di prendere il comando del movimento, ma neanche in questo
caso ci riesce perché sono io ad avere il comando, sempre.
Alla fine, crolla esausta dall'altro lato del letto.
Io a
destra, lei a sinistra.
Non ci tocchiamo.
Non parliamo neanche
per un po', finché non è lei a parlare.
- Sesso di
sfogo, eh? -
- Già.. -
- Mmh, non è male.. ma
fai troppo forte, Pattz. -
- Lo so. -
- Lo so che lo sai,
scemo. Te lo sto dicendo perché non voglio che tu lo faccia,
almeno non con me. Né con Kristen. -
Sentire il suo nome
mi riporta lentamente alla realtà.
E' a pochi metri da me,
sul divano, (speriamo) addormentata.
Avremo fatto troppo rumore?
- Cosa c'entra lei adesso? - chiedo, subito sulla difensiva.
-
Sei rimasto a vegliare su di lei tutta la notte, Pattz, non credere
che io non abbia... -
- Io non sono rimasto a vegliare
proprio su nessuno! Mi sono addormentato, chiaro? -
- Si,
si, certo.. e infatti tu sei tranquillo, giusto? -
- Perché
non dovrei esserlo? -
- Non si fa' sesso di sfogo senza niente di
cui sfogarsi, ti pare? -
Beccato.
- Ma tu dove aver scopato
tipo cinque ore di fila non sei stanca? Tappati la bocca, Sarah.. -
mi giro dall'altra parte e spero che non parli più ma la
conosco e so che sto sperando a vuoto.
- Per tua informazione,
oggi non ho scopato con nessuno! A parte te, coglione - la sento
alzarsi da letto e cercare i suoi vestiti. - Ho ballato e basta! Ma
ho capito che avevi bisogno di uno sfogo e ti ho lasciato fare, mi
hai fatto pure male, testa di cazzo. E questo è il
ringraziamento! Ma fottiti, Pattz - so che non è davvero
arrabbiata, quindi non dico niente.
- Potresti almeno dire
qualcosa, ti pare? -
- Cosa vuoi che dica? Che sono contento che
non hai scopato con nessuno? Non mi interessa! -
- Non quello!
Voglio.. voglio solo che tu mi racconti cosa c'è che non
va'... siamo amici, Pattz. Siamo.. amici - mi giro verso di lei e
vedo che mi sta sorridendo, un sorriso timido, strano per lei che
è
sempre sfrontata e maliziosa.
- Gli amici non scopano, Sarah. -
Pov Kristen
Mi svegliai per via dei rumori
proveniente dalla camera accanto.
Ancora prima di svegliarmi,
però, avevo riconosciuto l'esserino che tenevo fra le
braccia:
Ted. Era il leoncino che mia madre aveva comprato - da sola - il
giorno in cui ero nata e che mi aveva messo nella culla. Infatti era
vecchio e con un orecchio che penzolava, ma io lo amavo, con tutto il
cuore. Era un ricordo di mia mamma e dei suoi abbracci. Era
infantile, ma non potevo fare a meno di quel pupazzo.
Ma.. non
avevo Ted quando mi sono addormentata.
Come era finito con me?
Mi misi a sedere, stringendomi la coperta al petto.
Il mio
zaino era appoggiato - aperto - contro il muro dall'altra parte della
stanza. L'avevo portato e aperto io?
Non mi ricordavo.
Le voci
nell'altra stanza attirarono la mia attenzione, distogliendomi dalla
mia riflessione.
- Sei proprio uno stronzo! -
- Come se
avessi detto chissà che cosa! Cosa pensavi? -
Sarah e
Robert stavano litigando.
Mi strinsi ancora di più la
coperta al petto.
«Te lo dico io, Jane. Tua figlia ha un
problema!».
«Nostra figlia! E tu non hai nessun
diritto di venire a dirmi come crescere mia figlia! Fuori da casa
mia, ora».
«E' anche casa mia, Jane!».
«Non
più! Da ora, chiaro? Fuori!».
«Vuoi davvero
privare una bambina di sette anni di un padre?».
«Padre!?
Padre. Tu ti definiresti davvero in questo modo? Quando è
stata l'ultima volta che hai parlato con lei? Non c'eri quando
è
nata, sei sparito per i seguenti quattro anni e poi sei tornato e
adesso sparisci di nuovo. E tu saresti un padre?».
«Ma
io lo sono!».
«No. Tu non lo sei e ora
fuori!».
Gli occhi stanno già iniziando a
diventare lucidi.
Perché i pochi ricordi che ho dei miei
genitori devono essere così?
Perché non posso
ricordare i momenti felici? Ah già, non ne ho.
Non ricordo
un solo giorno felice passato con entrambi i miei genitori.
In
realtà, non ricordo molto bene come fosse mio padre, ricordo
solo che faceva urlare spesso mamma.
- Cazzo, questa è
l'ultima volta che scopo con te, Pattinson! - cosa?
-
Guarda che non eri obbligata! -
- Mi sei saltato addosso,
coglione! -
Robert aveva fatto.. cosa?
Ma che mi
aspettavo?
Una piccola lacrima mi scivolò sul viso ma
svelta l'asciugai giusto in tempo perché proprio in quel
momento Sarah entrò nella stanza indossando solo una
maglietta
e un paio di slip. Mi vide subito e si immobilizzò. - Oh..
Kristen, sei sveglia.. -
Non sapevo che fare: annuire? Avevo la
gola secca.
- Ti sei svegliata da.. poco? -
Stavolta,
annuii.
Vidi chiaramente il suo viso rilassarsi.
- Oh.. bene!
Hai fame? Sono.. più o meno le cinque del mattino, devi
essere
affamata. -
Non feci in tempo a rispondere che Robert fece il suo
ingresso nella stanza.
A petto nudo.
Si stava ancora
infilando i jeans quando entrò.
Sentii le guance
diventarmi incandescenti e abbassai subito lo sguardo, coprendomi con
la coperta quasi fino al collo.
Sentivo i suoi occhi posarsi su di
me ma ero troppo intimorita per ricambiare lo sguardo.
- E'
sveglia... -
- Si, è sveglia. E tu sei ancora in casa mia.
Fuori, Pattinson - Sarah aveva riacquistato il tono arrabbiato che
aveva prima.
- Non così in fretta, non ho ancora trovato
la mia maglietta.. -
Un'immagine di Robert e Sarah a letto si
formò nella mia testa.
E mi salì immediatamente un
conato di vomito.
- Non sarebbe la prima volta. -
- Come sei
spiritosa stasera. -
«Non capisci mai niente!».
«Ah,
io non capisco mai niente? E tu?».
«Di sicuro più
di te!».
«Come siamo spiritose stasera, Jane! E
sentiamo, hai già preso la tua dose quotidiana o sei nervosa
di tuo?».
Chiusi gli occhi.
Basta. Basta. Non
voglio tornare indietro a quello.
- Si... - sussurrai.
Sarah
si voltò verso di me. - Come? -
- Si.. ho fame... -
specificai.
- Oh.. certo. Vieni, ti preparo subito qualcosa.. -
sforzò un sorriso solo per me e mi fece segno di seguirla in
cucina. Mi alzai a fatica dal divano, cercando di coprimi meglio con
la felpa che indossavo, ma mi lasciava le gambe piuttosto scoperte.
Tremavo. Un po' per il freddo, un po' per altro. Oltrepassai Robert
tenendo lo sguardo basso.
Sarah stava aprendo il frigo, mi dava
le spalle.
- Cosa ti andrebbe..? Ho latte e.. -
- Anche io ho
fame - la voce di Robert dietro di me era incredibilmente vicina.
Quando mi voltai, mi ritrovai a pochi centimetri da lui.
Lottai
con tutte le mie forze per non scappare via.
Sarah lo guardò
da sopra la spalla, fulminandolo con lo sguardo. - Nessuno te l'ha
chiesto. Se hai fame vai a casa e ti prepari qualcosa da mangiare,
Pattinson. -
- Non fare l'idiota, Sarah. Non è la prima
volta che ceno a casa tua dopo.. -
- Oh lo so bene. Ma oggi è
serata fra donne, quindi.. sparisci - un sorrisetto furbetto si
posò
sulle labbra ancora truccate di Sarah.
- Serata fra donne, eh? -
sentii i suoi occhi posarsi di nuovo su di me, che per tutto questo
tempo ero rimasta immobile come una statua, fissando il pavimento o
lanciando uno sguardo veloce a Sarah. - Vediamo.. - i suoi passi
rimbombavano nella mia testa. Si avvicinò, mi
oltrepassò
e si mise davanti a me, sovrastandomi. Sentii le guance bruciarmi e
gli occhi pizzicare. O stavo per urlare o stavo per scoppiare a
piangere. - Kristen - il mio nome, pronunciato da
lui aveva
qualcosa di speciale, ma ero troppo impegnata a tenere lo sguardo
basso e controllare le mie emozioni per soffermarmici troppo, adesso.
- a te invece piacerebbe se restassi con voi? - mi chiese, usando un
tono stranamente gentile. Non l'aveva mai fatto, non così.
-
Non provarci, Pattinson - lo ammonì Sarah.
- Zitta, sto
chiedendo a lei. Allora, Kristen? - si piegò sulle ginocchia
per avere la faccia all'altezza della mia.
A quel punto fui
costretta a incrociare il suo sguardo.
E quello che vidi non mi
aiutò affatto.
Due bellissimi occhi di ghiaccio.
Fai
la stronza.
Non lasciarti influenzare.
Rispondi male.
Non
accettare quello che ti dicono.
Vai sempre contro le persone.
Nessuno ti aiuterà mai.
Sei sola e così devi
restare.
Non accettare l'aiuto di nessuno.
Questi
erano tutti gli insegnamenti che avevo appreso nella mia vita di
merda.
E adesso quei due occhi di ghiaccio stavano mandando tutto
a puttane.
- Io.. ehm.. uhm.. - balbettai.
Lui sorrise,
divertito. - Si? -
- Be', forse.. cioè... -
La mano di
Sarah calò sulla spalla di Robert con una forza che non mi
sarei mai aspettata da una persona tanto alta e magra, e lo spinse
via facendolo andare a sbattere contro il muro. Gli puntò il
dito contro mentre lui si massaggiava la spalla che aveva sbattuto. -
Provaci un'altra volta e ti taglio quel coso che hai in mezzo alle
gambe, Pattinson. E ora fuori da casa mia, non farmelo ripetere. -
Robert continuava a massaggiarsi la spalla. - Sei una cazzo di
pazza psicopatica, Sarah. -
Di nuovo il sorrisetto furbo. -
Grazie mille, Pattz. Fuori! -
- Ho capito! Cazzo, un minuto.. - i
suoi occhi incontrarono i miei.
Li abbassai subito.
-
Kristen? - Sarah mi stava sorridendo.
- Mmh? -
- Latte e
cereali? -
- S..si, grazie... -
Robert mi superò,
diretto verso la porta, ma per un secondo i nostri occhi si
incrociarono. E ricordai: l'incubo di stanotte, qualcuno che mi
chiamava, Ted fra le mie braccia al mio risveglio. Era stato lui?
Magari era stata Sarah, ma qualcosa mi diceva che era stato lui.
Avrei voluto dirgli grazie, trovare un modo per ripagargli il favore,
fare qualcosa, magari un sorriso. Ci provai, ma tutto quello che mi
uscì una specie di smorfia che lui guardò stupito
prima
di andarsene. Quando la porta si chiuse mi lascia ricadere sul tavolo
della cucina, la tazza con i cereali davanti a me.
______________________________
allora, lo scopo di questo capitolo è
farvi fare "awwww" a quasi ogni scena.
se avete provato tenerezza verso kristen, allora sono riuscita nel mio
scopo.
non è lunghissimo, ma spero che vi sia piaciuto lo stesso!
a me è piaciuto, mi piace come è uscito.
non so che dire quindi.. niente, vi voglio bene e lasciate recensioni
lunghe, okay? le amo.
|
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Capitolo 5 *** i'm not normal. ***
Pov
Kristen
Erano passate da poco le cinque di pomeriggio e Sarah non era ancora
tornata, mi chiesi pigramente a che ora sarebbe tornata mentre mi
sdraiavo sul divano tirandomi la coperta addosso. Lasciai vagare nella
mia testa quel pensiero, impedendo così a tutti gli altri di
tormentarmi. Sistemai Ted vicino a me, voltandogli persino la testa
verso la televisione; a quell'ora non trasmettevano molto ma riuscii a
trovare la replica di un vecchio episodio di Scooby-Doo. Da piccola lo
guardavo sempre, quando potevo. La tv era quasi sempre rotta e a un
certo punto abbiamo dovuto venderla, ma mi ricordo che questo era uno
dei pochi cartoni di cui non mi perdevo mai una puntata.
«Kristen, che
fai?».
«Niente...», sapevo che avrei dovuto rispondere.
Non dire
niente lo faceva solo arrabbiare di più. Ma a undici anni
non
fai mai quello che ti dicono.
«Mamma
non c'è, quindi comando io, lo sai e se ti chiedo cosa stai
facendo tu devi rispondermi. Hai capito?», John si piazza
davanti
alla tv, impedendomi di capire chi si nasconde sotto la mascara del
mostro. Ho perso la fine del cartone per colpa sua. Lo odio.
«HAI
CAPITO?» alza subito la voce.
Annuisco.
«Si, cosa?» la sua mano si
abbatte subito sulla mia guancia, facendomi voltare la testa dall'altra
parte per il colpo.
Sento gli occhi pizzicarmi ma non dico niente, ancora una volta non
ubbidisco e resto zitta. Se parlassi, scoppierei subito in lacrime e
non voglio che mi veda piangere, non oggi.
Quando meno te lo aspetti, i ricordi tornano, sempre.
Non importa quanto tempo sia passato, quanto dolore hai provato o
quanta gioia, loro tornano e tu devi accettarli sia che portino un
sorriso sia che portino una lacrima come quella che inizia a rigarmi la
guancia. Stringo Ted al mio petto e mi accuccio sul divano, voltando la
testa verso il cartone. La fortuna vuole che trasmettano proprio lo
stesso episodio di quella volta.
Mentre guardo il cartone animato mi rilasso per la prima volta da
quando sono in questa casa.
Sto a casa di Sarah ormai da quattro giorni, non sono praticamente
uscita di casa da quando ci sono entrata. Sarah lavora quasi tutto il
giorno e quando rientra la sera io sto già dormendo; stare a
casa da sola mi piace ma mi sento terribilmente a disagio, questa non
è casa mia. Comunque sia, non mi manca neanche il vecchio
appartamento di Scout. Vorrei solo trovare un posto da poter chiamare
"casa". Per di più, non mi piace neanche restare a casa di
Sarah
senza fare niente in cambio, non so neanche cucinare bene, preparo
giusto l'indispensabile per me e per lei ma non so prendermi cura della
casa o andare a fare la spesa, non sono pratica con queste cose. Con
Scout era tutto un scappare, andare sempre in posti diversi, fuggire
per non essere prese; per mangiare esistevano i fast food o le case dei
suoi "amici" o "clienti", che di solito cercavano sempre di mettermi le
mani addosso quindi per di più rifiutavo gli inviti e
restavo
senza cena.
Ecco perché sono così magra.
«Anoressica»,
ecco come mi ha definito Robert. «Sei pelle e
ossa».
Ma a me non sembra. Mi guardo le gambe, e tutto quello che vedo -
scostando la coperta e mostrando le gambe bianche lasciate scoperte
dalla felpa che indosso - sono lividi. Lividi, lividi, lividi. Solo
quelli. Non vedo neanche quanto siano magre e deboli, vedo solo quelle
macchie verdi, viola, blu. Ho un arcobaleno di lividi nelle gambe e io
vedo solo quelli. Alcuni sono nuovi, me li procurati facendo i
lavoretti con Scout, altri sono più vecchi. Sembra che non
abbiano intenzione di andarsene presto, come se volessero ricordarmi
ogni giorno il motivo per il quale sono sulla mia pelle.
La porta di casa si apre e io mi copro subito le gambe.
Magari Sarah è tornata prima, oggi.
«Sarah..?»
la chiamo, alzandomi dal divano per andarle incontro.
Ma non faccio in tempo a fare due passi che mi ritrovo Robert davanti. «E tu che
cosa ci fai qui?» chiedo, senza neanche pensarci.
«Che
gentili che siamo, ragazzina».
«Secondo
me tu sei proprio scemo, non capisci la tua stessa lingua».
«Perché?
Ah, giusto, non ti piace essere chiamata "ragazzina",
ragazzina»
mi sorride serafico, facendomi incazzare ancora di più.
«Che
nervi... comunque sia, perché sei qui? Dov'è
Sarah?».
«Mi ha
chiesto di passare a controllarti» mi supera e va' verso la
cucina.
Non ci penso neanche un secondo e lo seguo, accorgendomi solo un
secondo dopo che indosso solo una felpa e che ho più di
metà gambe praticamente scoperte, il che mette in bella
mostra
tutti i miei lividi; me ne accorgo quando Robert si gira verso di me
dopo aver preso una birra dal frigo mezzo vuoto di Sarah e i suoi occhi
cadono proprio lì, facendomi arrossire terribilmente. Mi
sento
uno schifo, perché quei lividi sono una cosa davvero
orribile e
io non posso farci niente. Ho cercato del trucco nel bagno di Sarah ma
poi ho avuto paura che a lei dispiacesse e non volevo chiederglielo
direttamente perché mi vergognavo da morire, così
adesso
i miei lividi sono ben visibili e Robert li ha appena visti.
Vedo la sua espressione passare dal divertita al confuso e poi allo
sconcertato.
Prova schifo?
Ribrezzo?
Verso di..me?
Non posso sopportare quello sguardo su di me un secondo di
più.
Con una mano cerco di allungare la felpa sulle mie gambe per coprirle
ma quando vedo che non ci riesco, mi volto e corro via. Mi chiudo in
camera di Sarah, cioè nella prima stanza che trovo.
Robert ti ha visto.
Mi ha visto.
Ha visto i lividi e ha provato schifo verso di me,
come tutte le altre persone.
Ma perché cazzo ho messo questa felpa?
Non potevo mettermi qualcos'altro questa mattina? No, perché
sono una cogliona e non c'ho pensato.
Non penso alle cose e poi queste accadono, gettandomi altra merda
addosso.
«Kristen?».
La voce di Robert dall'altra parte della stanza mi fa' sobbalzare.
Non ho chiuso la porta a chiave, potrebbe entrare facilmente.
«Oh,
Kristen!», no per favore, non urlare.
«Apri
questa cazzo di porta, ragazzina!».
«Voglio
la mamma!».
«Mamma
non c'è, quante volte te lo devo dire? Ho detto di aprirmi, adesso.
Quindi ora apri e non ti farò niente», era una
bugia, ma
io ci ho creduto lo stesso perché volevo crederci.
«E'..
è aperto...» sussurro, perché proprio
non voglio che urli anche
lui.
La porta si apre quasi subito e Robert entra dentro la stanza. Io sono
seduta sul letto, il cuscino sopra le gambe, sistemato con cura in modo
che copra i lividi più evidenti. Ma Robert li vedo lo
stesso, lo
vedo nei suoi occhi. Non guardarmi
così, per favore.
«Hai
proprio un brutto vizio, sai?».
Sollevo la testa verso di lui, sforzandomi per avere un'espressione
neutrale.
«Fuggi.
Ti nascondi nella prima stanza che trovi appena puoi. Cazzo, non mi hai
dato neanche il tempo di parlare».
Non so che dire, quindi sto zitta.
«Ora
non parli neanche più? Bene. Almeno non stai scappando,
però. O insultandomi, come fai di solito».
«Se tu
fai lo stronzo, io te lo dico..».
«Oh, ma
allora parli», di nuovo quel sorriso furbo.
Eh no mio caro, io non cadrò nella tua trappola.
Sono stupida, non cogliona.
«Si,
parlo. Tu invece parli troppo.
Cazzo vuoi da me?».
«Siamo di
nuovo stronze, eh?».
«Fanculo..»,
Dio, non può lasciarmi in pace? Voglio essere lasciata in
pace,
è tanto difficile da capire?
«Cosa
sono quelli?», a quanto pare si.
«C..cosa?»
domanda, facendo la finta tonta. Copro meglio i lividi con il cuscino,
fingendo di sedermi meglio.
Robert fa' qualche passo verso di me e io indietreggio subito,
schiacciandomi contro il muro. «Ehi,
guarda che io non ti faccio niente».
«Disse
quello che mi ha quasi rotto un polso e chiuso in un bagno».
«Ho
dovuto, sei impossibile».
«Fottiti».
«Prima mi mandi a fanculo e adesso a farmi fottere, quanto
zucchero hai preso questa mattina a colazione, ragazzina?»,
la
voglia di spaccargli la faccia è sempre più
forte.
«Ma..
non dovevi andartene? Sei venuto solo per controllare che fosse tutto
okay, no? Be', lo è. Puoi anche andartene
adesso..».
«Nessuna
ha detto che la mia visita sarebbe stata breve».
«Nessuna
ha detto che voglio che tu mi stia vicino..», vattene,
vattene Robert, non sono affare tuo.
«Ahi,
così mi ferisci» si porta una mano sul cuore e
finge che io l'abbia trafitto con qualcosa.
Se non fossi.. me, riderei.
Da quando non rido?
Cioè, ridere davvero, quel genere di risata che ti senti
nascere
dentro e quando esce fuori fa' ridere anche tutte le persone intorno e
non la smette più e ridi finché non piangi, ma
sono
lacrime belle e non soffri. Da quanto non lo faccio? Non riesco a
ricordarmi l'ultima volta che ho riso così, sempre che io
l'abbia mai fatto.
«Dico sul serio, quando te ne vai?».
«Tu rispondimi: cosa sono.. quelli?», indica le mie
gambe, ancora nascoste sotto il cuscino.
«Cosa ti sembrano?» rispondo, acida.
Robert apre la bocca per dire qualcosa ma in quel Sarah apre la porta
di casa e si precipita in camera da letto, trovando me seduta in un
letto
e Robert che si avvicina pericolosamente a me. Situazione alquanto
equivoca per chi la vede dal suo punto di vista, e anche dal mio. «Cosa
cazzo sta succedendo qui?», si rivolge esclusivamente a
Robert,
che non sembra molto preoccupato della sua reazione. «Ti avevo
detto di controllare, non di farla nascondere in un angolo del letto in
camera mia, Robert!».
Robert si passa una mano fra i capelli e io resto come incantata.
Stupida, ma cosa fai?,
dice la mia parte razionale.
E' bellissimo,
dice invece quella parte di me che non ha brutti ricordi.
«Non ho
fatto proprio un bel niente, invece. Stavamo solo parlando, vero
Kristen?».
I suoi occhi cercano i miei e io non riesco a resistere. Incrocio il
suo sguardo e subito non posso non obbedire al suo ordine silenzioso. «Si..
solo.. solo parlando, d..davvero», ma so di non aver convinto
nessuno, men che meno Sarah che afferra il colletto della camicia di
Robert. «Possiamo parlare per un secondo, Pattz?».
«Ma
devi per forza lasciarti le unghie così lunghe e affilate,
ahi,
cazzo fa' male..» si lamenta lui mentre viene trascinato
fuori
dalla stanza.
Pov Robert
Sarah mi lascia andare il colletto della camicia solo quando siamo in
cucina, abbastanza lontani dalle orecchie di Kristen.
«Mi
spieghi che cazzo ti è preso?» l'aggredisco.
«A me? Ma
hai visto quella ragazzina? Hai visto i suoi occhi? Cosa le
stavi facendo?».
Eccome se ho visto i suoi occhi. Li ho sognati stanotte. «Niente!».
«E allora
perché sembrava terrorizzata?».
«Perché
lo sembra sempre!
Sembra sempre
terrorizzata».
Sarah alza gli occhi al cielo e si avvicina di qualche passo verso di
me, avvicinando il suo viso al mio in un modo più minaccioso
che
sexy. «E non ti
sei chiesto il motivo
di questo, coglione? Ti sei chiesto perché sembra
sempre così impaurita? Cristo, quella ragazza non si fa'
toccare
da nessuno! E tu non ti sei neanche chiesto il motivo! Sei proprio un
egocentrico del cazzo, Pattz».
Si invece. Si che me lo sono chiesto. Giusto stanotte, poco prima di
addormentarmi, mi sono chiesto del motivo per cui non si fa' toccare,
allontana le persone con le parole e anche con i fatti, si chiude nelle
stanze e scappa per non dovere rispondere alle domande degli estranei;
e prima mi ha dato prova di quanto sia impaurita, quando ho visto il
terrore nei suoi occhi notando che i suoi lividi erano ben esposti. Chi
le avrà fatto del male? «Come se
non lo sapessi già» dico.
«E
tutto qui quello che hai da dire? "Come se non lo sapessi
già"?
Grazie al cazzo, Rob. Anche io so che sei uno stronzo e forse sei pure
insensibile, ma da qualche parte, non so dove dentro di te, io spero
davvero che tu nasconda un'altra persona.. perché stai
peggiorando giorno dopo giorno» mi fissa dritta negli occhi,
senza sbattere neanche le palpebre. I suoi occhi piccoli ma truccati
con cura e di un grigio-azzurro da Kate Moss non mi inteneriscono, ma
riescono a farmi capire meglio le sue parole.
"Stai peggiorando giorno dopo giorno".
Eh si, cara Sarah, io peggioro, non miglioro mai. Io vado di male in
peggio, in ogni caso. Ma quei due occhi verdi, quelle sfere di luce che
mi hanno colpito quella notte, non riesco proprio a togliermele dalla
testa e questo non va bene, non va' affatto bene. Cosa vuol dire quando
la notte non chiudo occhio perché mi torna in mente quella
ragazzina spaventata e mi chiedo come stia, se ha freddo o fame, cosa?
Non voglio pensare a lei, eppure lo faccio. Lo faccio perché quei
due occhi verdi mi sono entrati dentro.
Fanculo.
«Mi dispiace. Non c'è niente da cercare, niente in
cui sperare, io sono questo. Queste merda sono io».
«Io
spero tanto di no, per te.. spero tanto che ti sbagli, Rob,
davvero...» scuote la testa, triste, e torna in camera, dove
la
sento dire qualcosa a Kristen. Non ascolto, decido di non
ascoltare per non finire di impazzire.
La voce di quella ragazza è dolcissima, impaurita e mi manda
completamente fuori di testa quasi quanto i suoi occhi verdi.
Devo trovare un modo per non pensarci.
Apro il frigo e tiro fuori una birra.
Ne bevo altre due prima che Kristen entri in cucina; si è
cambiata e adesso indossa un paio di jeans davvero stretti, che
mostrano quanto siano magre le sue gambe, mi stupisco che riesca a
reggersi in piedi. Ha una maglietta grande il doppio di lei che ho
già visto addosso a Sarah e che le arriva quasi al
ginocchio, i
capelli sono legati in una coda disordinata che mi dà modo
di
osservare il suo bellissimo viso da bambina. Appena mi vede abbassa lo
sguardo e va' dritta verso il frigo, lo apre e prende una confezione di
latte che poi versa in una ciotola, il tutto in un fastidioso silenzio
che mi dà sui nervi.
«Il gatto
ti ha mangiato la lingua?».
Lei si gira verso di me, confusa. «Cosa?».
«Parla,
cazzo. Hai la bocca anche
per quello».
«Oh
Dio... quanto sei volgare? Sei proprio.. oh» alzò
gli
occhi al cielo in un modo che trovai assolutamente adorabile e
irritante allo stesso tempo.
«Facci
l'abitudine, visto che lavorerai per me».
«Pensavo
che.. si, insomma..», controllò che Sarah fosse
ancora in camera prima di continuare, «non
pensavo che dicessi sul serio, pensavo che fosse solo una cazzata per
coprire il fatto che mi trovassi a casa tua..».
«E invece no. Almeno, adesso non lo è
più».
«Oh..»,
si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, nervosa. «E cosa
dovrei fare?».
Già, cosa?
Non ne ho idea.
Non può fare quello che potrebbe fare Tom o Marcus
perché
finirebbe in un cimitero in meno di una settimana, ma forse.. «Andrai
con Sarah. A volte mi fa' anche lei qualche lavoretto, e tu andrai con
lei».
La vedo deglutire lentamente, se la sta facendo sotto.
Sa benissimo che non può dirmi di no.
«Che...
che genere di lavoretti?» chiede, la voce è appena
un sussurro.
«Non so.. consegne, probabilmente».
«Che..
che genere di consegne?».
«Troppe
domande per i miei gusti», non le dò il tempo di
replicare
e mi dirigo verso la camera di Sarah, dove si sta cambiando.
Indossa solo
un paio di slip
neri e tacchi alti, sta cercando una felpa da indossare per andare "a
lavoro". Si volta verso di me senza neanche avere la decenza di
coprirsi il petto, mostrando la sua terza abbondante. Anche se non va'
a prendere il sole da una vita e per di più esce di notte,
la
sua carnagione è più color caramello che bianca.
Al
contrario di quella di Kristen, candida e diafana. Basta pensare a lei, cazzo,
provo a darmi una controllata e mi avvicino a Sarah che mi lancia uno
sguardo attento, cercando di capire quale sarà la mia
prossima
mossa. «Devo
andare a lavoro» dice, spingendomi via e andando a cercare
una giacca nell'armadio.
«Mi
annoio», ma non è vero, non mi sto annoiando,
voglio solo non pensare per un po'.
«Devo
andare a lavoro, Rob» ripete.
«Non ci
metto molto».
«Cristo,
non le sai usare le mani?» sbotta, lanciandomi
un'occhiataccia.
«Si,
molto bene, ecco perché ho detto che ci metto
poco» non
riesco a trattenere un sorriso sbruffone e Sarah mi spinge di nuovo,
stavolta più forte, facendomi andare a sbattere contro il
muro.
«Non sono
il tuo svuotapalle personale, Pattinson, hai capito?».
«Non ti
sei mai tirata indietro, però».
«Perché
volevo aiutarti, pezzo di merda. Ma con te è tutto inutile.
Persino io ho più cuore di te, Robert», le sue
dita si
stringono contro il colletto della mia maglietta, riesco quasi a
sentire la sua rabbia. Non voglio rabbia, voglio sesso, voglio non
pensarci per un po'.
«Kristen
verrà con te» dico, all'improvviso.
La sua presa sulla mia maglietta si allenta. «Cosa?».
«Verrà
con te d'ora in poi. La porti con te, le insegni come si deve
comportare, le fai vendere un po' di roba in giro.. roba
così.
Controllala, è talmente piccola che potrebbe perdersi anche
dentro questa casa», mi accorgo troppo tardi di aver usato un
tono decisamente dolce per parlare di lei e se ne accorge anche Sarah,
che molla la presa e fa' qualche passo indietro, fissandomi accennando
un sorriso.
«Devo..
controllarla, eh? Mmh, interessante. Perché, che succede se
si perde?».
«Che
la mettono in cella, o in qualche cazzo di casa famiglia, ecco che
succede. Tu controllala e basta, ci siamo capiti?».
«Assolutamente,
Pattz. Ora esci, devo finire di prepararmi e non ti voglio in mezzo
alle palle mentre lo faccio, mi distrai, sei completamente fuori di
testa, quando è stata l'ultima volta che hai fumato? Almeno
ti
calmi un po'».
«Ho un
pacchetto di sigarette sempre con me» la informo.
«Non
intendevo quel tipo di fumo, aspetta..», apre un cassetto del
comodino e tira fuori un pacchetto pieno di erba. Me lo lancia e io lo
prendo al volo.
«Tieni,
ti aiuterà».
Uscii di casa di Sarah e mi fermai in un angolo della strada, un vicolo
buio dove tirai fuori il pacchetto che mi aveva regalato Sarah per
preparami una canna. Probabilmente preparai la canna più
bella di
tutta la mia vita, talmente tanto ero concentrato su quello che stavo
facendo. Volevo dimenticarmi di tutto, di Sarah e del suo continuo
darmi dello stronzo insensibile, di Kristen, dei suoi occhi verdi, dei
suoi lividi,
di ogni cosa, almeno per qualche ora, non chiedevo altro. Presi il
cellulare e composi un messaggio per Marcus: "Stasera accompagna Sarah e la
ragazzina nel solito posto"
sperai che si ricordasse anche di andarle a prendere dopo. Finii di
prepararmi la canna e nel frattempo pensai a come, forse, mandare
Kristen a spacciare roba non fosse un'idea poi così
grandiosa:
poteva capitarle di tutto. Il posto in cui sarebbero andare quella sera
era davvero un posto di merda, c'ero stato un paio di volte e tutte
quante avevo fatto a botte con qualcuno, i motivi erano i
più
disperati. Sarah era abituata, ormai non ci faceva neanche
più
caso. Di solito andava lì a spacciare quando vedeva che i
clienti nelle strade diminuivano, cioè la domenica o nei
giorni
festivi, quando i papà restano a casa con la famiglia e alle
ragazze come Sarah non ci pensano più. Domani era domenica e
Sarah aveva bisogno di soldi per gli acidi, l'erba e forse anche per
una dose, visto che era stata così stupida da lasciarsi
convincere da Tom a provare.
Ripensai a Kristen.
Alla sua statura minuta.
Al viso da bambina.
Ai grandi occhi verdi spaventati ma allo stesso tempo coraggiosi.
Alle parolacce che uscivano facilmente dalla sua bocca rossa.
Al modo in cui fuggiva via.
Ai lividi.
Ancora una volta mi soffermai su quel pensiero, chiedendomi chi avesse
avuto il coraggio di fare del male a un corpo così piccolo.
Un mostro, sicuramente.
Quello che diventerò anche io tra non molto.
Finisco di preparare la canna.
L'accendo e prendo una boccata.
Gli occhioni di Kristen mi tornano in mente.
«Non
sopravvivrai un giorno in questo mondo, angelo».
*
Pov Kristen
«Tieni, mettiti pure questo», Sarah mi passa un
maglione
nero che mi infilo subito sopra la canottiera nera e al mio
paio di jeans blu scuro e delle
all stars. Anche Sarah ha qualche livido, l'ho notato mentre si stava
cambiando prima e io le ho passato una gonna in jeans. I suoi non sono
come i miei, sono più verso la zona inguinale, e non si
vedono
molto, ma devono fare un male cane perché la vedo camminare
male
ogni tanto. Ma lei non si toglie mai di dosso quel sorriso da cattiva
ragazza che tanto le sta bene, è come se prendesse
continuamente
in giro la vita e tutto quello che è costretta a fare per
andare
avanti senza affogare, come invece sto facendo io. Forse dovrei anche
io smettere di affogare e cominciare a nuotare, anche senza una meta,
semplicemente per smetterla di bere acqua salata. «Devi
sbrigarti, Marcus sarà qui a momenti» mi dice,
uscendo
dalla stanza per lasciarmi cambiare in pace, ma non prima di avermi
fatto un sorriso di incoraggiamento.
Mi lego bene le scarpe e sistemo il maglione in modo che mi copra fino
ai polsi.
Li tengo sempre ben coperti.
Ho ancora qualche.. cicatrice anche lì.
«Kristen, tesoro, cosa stai facendo in bagno? Ti prego, amore
di mamma, esci.. devo andare».
«Un
attimo...», prendo della cartigenica e la premo sul taglio
che mi
sono appena auto procurata. Non è profondo, non è
neanche
vicino alla vene, non ci sono riuscita ad arrivare così
infondo.
L'ho fatto vicino all'incavo del braccio, ed è uscito un
sacco
di sangue. Per un attimo, tutta la mia attenzione era solo su quello.
Sangue, taglio, ferita, cazzo, cazzo, cazzo. Non c'era John, non c'era
il lavoro di mia madre, non c'ero neanche io, ogni cosa era rossa. Rossa e profonda.
«Arrivo, arrivo, arrivo, un attimo» ripetevo, come
una
cantilena. Rimisi a posto la lametta che avevo trovato frugando per
casa, sospettavo che fosse di John. Magari la usa per.. qualcosa che
non volevo sapere.
«Mi sto preoccupando, Kristen.. esci!».
«Mamma, un attimo! E che cazzo..» impreco, passando
il braccio sotto il getto dell'acqua fredda.
L'acqua fredda rallenta il flusso sanguigno, vero? Forse era l'acqua
calda. Non ricordo.
Nessuno mi ha mai spiegato niente, ma ho letto qualcosa a riguardo.
Mi asciugo il braccio e lo premo contro il fianco.
Apro la porta e mia madre è lì che mi aspetta.
«Fatto, contenta? Manco la doccia posso farmi in pace,
adesso».
Lei sembra ferita dalle mie parole.
Pensa di non darmi abbastanza.
Ed è così.
Ma a me
basta.
«Mi dispiace, Kristen. Dài, vai a letto, mamma
adesso viene a darti la buonanotte».
Era uno degli ultimi ricordi che avevo di mia madre.
Risaliva agli ultimi mesi in cui ho vissuto insieme a lei.
Mi ero davvero trascinata in basso prima di rendermi conto di avere
bisogno di uscire da quell'inferno.. anche solo per entrare in un
altro, anche peggio.
Almeno, quando vivevo con mia madre, avevo qualcuno che mi desse la
buonanotte prima di addormentarmi.
Adesso non ho nessuno che lo faccia.
Non ho nessuno, e basta.
«Cosa..
cosa è questo posto?» chiedo, mentre scendo
dall'auto di
Marcus, che saluta frettolosamente Sarah con un bacio sulla guancia
prima di mettere di nuovo in moto la macchina e correre via.
Lasciandoci sole.
«Oh,
è solo la strada più merdosa di Los Angeles.
Tutti
pensano che LA sia solo Hollywood e attori famosi, ma in
realtà
è anche questo, sai? C'è anche la
merda», Sarah
cammina spedita davanti a me, ondeggiando in un modo che immagino sia
sexy su quei suoi tacchi alti neri e rovinati, indossando quella che
dovrebbe essere una canottiera ma che in realtà ha deciso di
mettere come vestito.
Le vado dietro, cercando di tenere il passo.
E' una strada buia vicino all'autostrada, dove le macchine sfrecciano
illuminandoci.
Alcune ragazze stanno ai bordi della strada, ancora meno vestite di
Sarah - mi chiedo come faccia a non avere freddo quando io, con un
maglione addosso, sto congelando. Stasera tira proprio un vento freddo.
Svolta l'angolo una figura emaciata, illuminata a tratti dai fari delle
macchine che passano. Sembra dirigersi verso di noi e io mi fermo per
un attimo, mentre Sarah continua a camminare tranquillamente verso la
figura nel buio. Dopo un po' accelera il passo e la sento sussurrare
il nome della figura, è come un lamento, una preghiera
silenziosa che pensavo che Sarah non fosse in grado di fare.
«Tom.. merda, Tom», praticamente si getta fra le
braccia del ragazzo, che barcolla sotto il peso - minimo - di lei.
Dopo un po' le circonda la vita con un braccio, ma si vede persino da
lontano e al buio che la sua stretta è debole.
Nonostante ciò, Sarah non smette di abbracciarlo.
Faccio qualche passo verso di loro, sentendomi terribilmente a disagio
e di troppo.
Dopo un po' Sarah lo lascia andare e inizia a cercare qualcosa nella
borsa che tiene a tracolla. Il vento le scompiglia i capelli biondi,
facendoglieli finire sulla faccia; lei li scosta bruscamente mentre
tira fuori qualcosa che viene illuminato dalla luce della luna: carta
stagnola e un cucchiaio.
«Hai il limone, vero?» gli chiede, e sento la sua
voce agitata.
Lui annuisce e apre il palmo della mano davanti a lei, mostrando un
limone vecchio e raggrinzito. Per un attimo, guarda me. Non capisce
cosa ci faccio là ma non pone domande, è troppo
preso dal
prendere la carta stagnola da Sarah, darle un bacio sulla guancia e
correre via, svoltando di nuovo l'angolo e immergendosi nel buio della
notte ancora una volta.
Sarah si volta verso di me e anche se è buio e le uniche
luci
sono la luna e i fari delle auto riesco a vedere i suoi occhi
luccicare. «Vieni»
fa' per prendermi per un polso, ma poi - per fortuna - ci ripensa e si
limita a superarmi sperando che io la segua, e io lo faccio.
Perché non ho nessun altro posto dove andare.
«Tu devi
solo stare qua, capito? Vengono loro da te» mi ripete, per
almeno la decima volta di fila.
«E se..
non so, chiedono qualcosa?».
«No, no e
ancora no. Non chiedono niente. Tu dai loro la roba e loro ti danno i
soldi, fine. Chiaro?».
«Ma..».
«Kristen!
Santo cielo, cara, datti una calmata, eh? Sei un fascio di
nervi»
sorride nervosa e mi passa una bustina con della roba. Non si fida a
darmi la roba pesante che ha dato prima a Tom - eroina sicuramente - e
quindi mi occupo della bustina con dentro gli acidi.
«V..va..
bene...» dico.
Lei sorride, tranquillizzata. «Brava.
Adesso.. vado a controllare Tom.. chissà dove cazzo
è
finito.. tu stai qua.. se ti chiedono qualcosa, tu non rispondere, non
dire come ti chiami, niente, niente,
capito bene?».
Annuisco, lei mi sorride di nuovo e se ne va, ondeggiando di nuovo sui
tacchi.
Resto sola.
Le donne - o meglio, ragazze, visto che avranno si e no quattro anni
più di me - ai lati della strada si voltano per guardarmi.
Devo
sembrare davvero come un pesce fuor d'acqua: una ragazzina con una
bustina in mano, vicino a un muretto, che si guarda intorno alla
ricerca dei famosi uomini che Sarah mi ha detto che sarebbero venuti da
me.
Li aspetto.
Aspetto per almeno mezz'ora e Sarah ancora non la vedo.
Le macchina si fermano, prendono una ragazza e se la portano via.
Non è la prima volta che lo vedo fare, Scout lo faceva molto
spesso.
Diceva sempre che era una figata, perché tu non dovevi fare
niente la maggior parte delle volte, e loro ti davano soldi. Alcune
volte non dovevi neanche aprire le gambe, a loro bastava averti
lì mentre si occupavano di tutto loro e poi ti pagavano.
Naturalmente c'erano anche quelli che avevano "bisogno di una mano" o
quelli che pretendevano di portarti a casa con loro, e a quel punto non
potevi fare molto perché ormai eri in macchina con loro e
comunque sia i soldi poi alla fine te li davano, quindi.
Una macchina si ferma davanti a me.
All'inizio penso che abbia sbagliato, spero che metta di nuovo in moto
e parte. Ma non lo fa'.
Uno dei finestrini si abbassa e un uomo sui cinquant'anni con i capelli
bianchi si sporge, sorridendomi viscido.
«Ehi,
piccola. Tutta sola, stanotte?».
Non dire niente, Kristen,
ricorda cosa ti ha detto Sarah.
Abbasso la testa e nascondo la busta dietro la schiena.
«Ehi,
guarda che parlo con te. Allora? Guarda che pago bene, piccola. Forza,
sali.. ci facciamo un giretto».
Mi inizia a salire l'ansia.
Che succede se mi costringe?
«Senti,
tesoruccio, stasera ho proprio voglia e ho un sacco di soldi. Se sei
qua ci sarà un motivo e tutti e due sappiamo
qual'è,
quindi o sali o ti ci faccio salire io qua sopra, okay?».
«No...»
sussurro, ma so che lui non può sentirmi.
«Cosa?
Piccola, forza, ho soldi! Tu hai bisogno di soldi e io ne ho, sali o
no?».
Lo vedo perdere le staffe; apre lo sportello e fa' per uscire quando
sento la voce di Sarah - e il ticchettio dei suoi tacchi - dietro di
me. «Ehi!
Bello, gira a largo! Non è merce in vendita»
agitava le
mani come una pazza, sembrava che stesse scacciando una mosca.
L'uomo mi lanciò un'ultima occhiata. «E'
ancora valida l'offerta, dolcezza».
«Ah, ma
allora proprio non capisci. GIRA A LARGO!» si
portò le mani ai lati della bocca, come un megafono.
Se non stessi per urlare dalla paura, riderei.
Sarah si avvicina fino ad arrivare al mio fianco. «Sei ancora
qui? Ti dò cinque secondi per andartene prima che chiami
qualcuno che ti spacchi la faccia».
L'uomo sbuffa e mette in moto, allontanandosi.
Mi lascio scappare un sospiro di sollievo.
Mi appoggio al muretto prima di crollare a terra. Ho il cuore che batte
a mille.
Sarah mi appoggia una mano sulla spalla ma io mi scosto subito cercando
di non farla restare troppo male. «Tutto
bene..?» mi chiede, non sembra arrabbiata per il mio gesto,
solo
preoccupata.. e forse anche un po' in colpa. Di cosa, poi? Non
è
colpa sua.
Annuisco. «Tutto
okay...», posso
nascondermi sotto le coperte, adesso?
«Non hai
venduto niente, vero?».
«No...».
«Fantastico,
ci hanno fatto il pacco.. avranno trovato qualcuno che vende a meno..
oh, be'.. vado a chiamare.. a cercare Tom.. vuoi venire con
me?».
«Si»
rispondo subito. Non
starò qui da sola.
Lei non dice niente, ma penso che abbia intuito i miei pensieri.
Passiamo davanti al gruppo di ragazze che hanno assistito alla scena
senza fare niente. Forse, vista dal loro punto di vista, non era niente
di che, niente di nuovo o insolito. Una di loro, una brunetta dagli
occhi scuri, si rivolge a Sarah mentre passiamo. «Qualche
problema?».
Lei scuote la testa e accenna un sorriso. «Niente
di grave..», parla
per te, «solo un
coglione che non accetta "no" come risposta, il solito..».
La brunetta annuisce e prima di voltarsi di nuovo verso la strada mi
rivolge un'occhiata veloce, come per studiarmi. Cosa vedi?,
vorrei chiederle. Riesci a vedere tutta la paura che ho addosso? Riesci
a vedere lo schifo che mi sentivo addosso mentre lo sguardo di
quell'uomo si posava sul mio corpo? Riesci?
Sarah mi porta in un vicolo buio, stretto.
Non c'è nessuno, a parte Tom disteso per terra, gli occhi
chiusi.
Sarah si inginocchia accanto a lui mentre io resto all'inizio del
vicolo, agitata e a disagio. «Tom..
ehi, svegliati, forza..», Tom apre a fatica gli occhi, che
sembrano completamente neri al buio, «devi
alzarti» gli dice Sarah, aiutandolo a mettersi in piedi. Si
rivolge a me, passandomi il suo telefonino, «Chiama
Robert, per favore.. digli che deve venire a prenderci,
subito».
Prendo il telefonino ma resto ancora un po' ad osservare Sarah mentre
parla con Tom, e vedo qualcosa nel suo sguardo, si vede che ci tiene
proprio tanto. Tom è un caso senza speranza, un po' come me,
eppure lei continua a provarci, lo tiene in piedi e lo incita a non
mollare, anche se Tom non risponde alle sue parole lei continua in ogni
caso. Troverò mai qualcuno che faccia la stessa cosa con me?
Sarah appoggia le labbra su quelle di Tom, come se lui fosse la Bella
Addormentata.
Ora mi sento ancora più a disagio.
«Hai
davvero esagerato stasera, tesoro..» gli dice, e sento la sua
voce spezzarsi, «grazie
a Dio sei vivo.. che coglione che sei, che coglione..» ma
continua a baciarlo, abbracciarlo, tenerlo in piedi.
Mi volto e cammino lontano da loro, lasciandoli da soli.
Sarah ha già inserito il numero, mi basta solo premere il
tasto di chiamata.
Mentre sento il telefono squillare ho il cuore che batte di nuovo
veloce.
«Pronto?
Sarah?», Dio,
la sua voce...
«N..no,
sono io... Kristen».
C'è un momento di silenzio dall'altra parte.
«Ah, sei
tu.. avete già finito? Dov'è Sarah?».
«E' con
Tom... si, abbiamo finito, Sarah ha detto di dirti di venirci a
prendere...».
«Sto
arrivando, ma come sta Tom?» anche se finge indifferenza,
sento che ci tiene.
«Se ne
sta occupando Sarah.. non stava.. molto bene».
«Arrivo»
e chiude la chiamata.
Resto con il telefono in mano.
La sua voce che ancora mi rimbomba in testa.
Non mi ha chiesto come sto, e perché avrebbe dovuto infondo?
Pov Robert
Quando arrivo nel solito posto dove Sarah "lavora" trovo Kristen
appoggiata a un muretto, le mani infilate nelle tasche dei jeans, lo
sguardo basso, i capelli mossi dal vento serale che le finiscono in
faccia. E' minuscola, piccola, indifesa e sembra che stia tremando forse
per il freddo. Chiudo la macchina e mi avvicino, non c'è
traccia
di Sarah ma sicuramente sarà ancora con quel cretino di Tom,
che
stasera ha tentato per la milionesima volta di mettere fine alla sua
vita con il buco finale. Ma anche stasera è stato
risparmiato. E
forse anche stasera Sarah cercherà di convincerlo a
smettere, ma
finiranno come al solito a letto insieme e poi si bucheranno entrambi
prima di scopare di nuovo. Come sono prevedibili.
Kristen solleva lo sguardo impaurito quando sente qualcuno avvicinarsi
a lei ma sembra calmarsi un po' quando vede che sono soltanto io. «Dove
sono gli altri?» le chiedo.
Lei indica un vicolo buio vicino a noi.
Non mi serve chiederle perché non è con loro.
Mi avvicino un po' e lei si appiattisce ancora di più contro
il muretto.
«Ehi,
guarda che non ti mordo mica».
Lei
non dice niente per un po', poi tira fuori una bustina dalla tasca dei
jeans e me la mostra. «Non ho venduto niente...».
«Come?
Cazzo, ma dovevano venire!».
«Io ho
aspettato ma non è arrivato nessuno...» e il suo
tono di voce sembra che dica "storia
della mia vita".
Chi stai aspettando, angelo infreddolito?
«Non
importa.. peggio per loro, manderò qualcuno ad
occuparsene», la vedo rabbrividire ma non dice niente. Cosa
c'è, angioletto? Pensavi che mi stessi abborbidendo? Neanche
per
idea. In questo mondo, se non ci si comporta così si annega
e io
ho imparato a nuotare molto bene e molto presto.
Il quel momento vedo Sarah arrivare con Tom sotto braccio che arranca
verso di noi.
E' davvero messo male.
«Cristo,
ma che cosa hai combinato, Tom?».
Lui non risponde e si limita ad abbassare la testa, non penso neanche
che mi abbia capito, ma come al solito Sarah è pronta a
rispondere al posto suo, usando quel suo tono da regina dei ghiacci che
mi fa' solo incazzare, come se lei fosse la mamma di Tom o qualcosa del
genere, come se lei sapesse sempre cosa è meglio per tutti,
tranne che per se stessa. «Secondo
te? Ti facevo più sveglio, Pattz. Avanti, aiutami a metterlo
in
macchina, dorme nel mio appartamento stanotte».
Kristen socchiude appena la bocca, stupita.
Scommetto che la notizia non le piace neanche un po'.
«E
dove? C'è lei sul divano» indico Kristen, che non
dice
niente, forse ha capito che - per qualche strano motivo - sto dalla sua
parte.
Sarah sbuffa. «Cazzo,
è vero.. be', non può dormire da te? Solo per
stanotte.
Non mi va' di lasciare Tom da solo...».
Tom non è ci fa' sapere cosa ne pensa.
«Per me
va bene..» dico, infilandomi le mani in tasca e dirigendomi
verso la macchina.
Apro lo sportello e Sarah si infila nel posto di dietro insieme a Tom.
Prima che entri anche io in macchina Kristen si piazza davanti a me.
«Posso
andare da Scout..» dice, incerta. «Non
penso che sia una buona idea dormire da te.. non ci sopportiamo a
vicenda, no?».
«Chi
ha detto che io non ti sopporto, bambina?» avvicino
pericolosamente il suo viso al mio, e la vedo trattenere il fiato. «Entra in
macchina, prima che cambi idea. E dormi sul divano,
tranquilla».
Per tutto il viaggio non apre bocca.
Guarda fuori dal finestrino, irrequieta.
La vedo torturarsi le dita come una bambina di dieci anni che sta per
andare a fare la sua prima visita dal dentista.
E' una bambina,
mi ripeto.
Una cazzo di bambina che non dovrebbe trovarsi in questa situazione,
non dovrebbe trovarsi dentro la mia
macchina.
Ma c'è e io non posso cambiare la sua vita.
Non posso cambiare neanche la mia.
Accompagno Sarah a casa e l'aiuto a portare dentro Tom, sistemandolo
sul divano mentre lei prepara l'ennesima dose.
«Vacci
piano stavolta» le dico.
«So
quello che faccio, Pattz..».
«Si..
certo», esco di casa e rientro in macchina.
Kristen scatta sul posto, inchiodandomi con i suoi occhioni verdi,
impauriti. «Voglio
andare da Scout...» dice, e la sua voce è davvero impaurita.
Faccio così paura?
Sono un mostro?
E' così che mi vede la gente?
E' così che mi vede lei?
«Non ti
mangio mica, eh» dico.
«Non..
non voglio andare a casa tua..».
«Non ti
faccio niente».
«Non
è vero...».
Mi volto verso di lei, tenendo le mani ben strette sul volante. «Hai
paura che ti metta le mani addosso?», lei non dice niente ma
distoglie lo sguardo, dandomi la conferma del mio sospetto. «Allora?
E' così?» insisto.
«Ho
solo chiesto di non andare a casa tua, cazzo! Non ti sto chiedendo
molto! Ferma questa dannata macchina, voglio scendere!».
Accelero. «Non se
ne parla».
«Sei
impazzito!? Fermati!» urla.
«Non ti
picchierò, Kristen, mettitelo in testa».
«Fermati..
fermati, cazzo!».
Accelero ancora di più. «Paura
della velocità, bimba?».
Vorrei ridere ma quando mi volto a guardare il suo viso la voglia di
farlo mi muore all'istante. E' davvero terrorizzata, guarda davanti a
sé come se non ci fosse un domani, non sembra neanche
presente,
la sua mente è altrove e le sue mani sono strette al sedile,
talmente forte da avere le nocche bianche. Smetto di correre e rallento
fino ad accostarmi a un angolo della strada, dove scendo e faccio il
giro fino a raggiungere il lato del passeggero dove si trova lei; apro
lo sportello ma lei non fa' niente, non si muove, non sembra che si sia
neanche accorta che ho fermato la macchina.
«Ehi»
cerco di attirare la sua attenzione, ma lei non si gira.
«Kristen?
Oh. Sveglia!».
Mi accorgo che sta piangendo solo quando sollevo una mano per toccarle
il viso e una lacrima calda mi cade sul palmo della mano. Oh, cazzo,
piange. Piange perché io stavo correndo.
E stavo correndo per fare il coglione.
Perché volevo che effetto le faceva.
Bene, eccolo qua
l'effetto, contento Rob? No, un cazzo. Un cazzo che sono
contento.
L'ansia inizia a salire, e se è entrata in catalessi o
qualcosa del genere?
«Ragazzina?
Kristen?», appoggio una mano sul suo ginocchio e subito lei
si
scansa, scattando come una molla e finendo fuori dalla macchina, in
ginocchio per terra.
«Non..
non toccarmi».
«Non
ti muovevi! ERI FERMA IMMOBILE E NON SAPEVO CHE CAZZO FARE! Ma che
problemi hai, si può sapere? Non è
normale!», so
che non dovrei comportarmi così, lo so,
ma è più forte di me, quando sei abituato a
comportarti
in un certo modo da molto tempo è difficile smettere e
iniziare
a pensare che forse quel modo non va bene, almeno non con tutti.
«Correvi
come un pazzo...», si asciuga le
lacrime con il bordo del maglione che indossa, come una bambina piccola.
Fa' davvero tenerezza.
Prendo
un bel respiro per calmarmi. «Okay.. hai ragione, scusami,
stavo
facendo il coglione. Ma io corro sempre con la macchina, abituati. Ora
alzati che andiamo a casa mia, forza», ma lei continua a non
alzarsi. Si rannicchia ancora di più su se stessa, come se
volesse nascondersi.
«Puoi
alzarti, per favore?».
«Ho
detto che non voglio venire a casa con te, okay? VATTENE!»
urla,
sollevando di scatto il viso e lanciandomi un'occhiata di puro odio.
Devo averla fatta davvero spaventare per ridurla in questo stato.
«Non
vuoi venire a casa con me? Perfetto! Allora resta in questo schifo di
strada da sola, di notte! Magari qualche personcina gentile ti
raccoglierà e ti porterà a casa tua, magari
dormirai
anche in un letto vero stanotte! Magari ci farai anche altro
in quel letto, oltre a dormire! Che te ne pare come piano? Non mi
sembri molto entusiasta, eh?» ed era così, la sua
espressione era passata dal "sono incazzata, lasciami in pace" a "non
puoi dire sul serio, non accadrà questo, vero?", come,
appunto,
una bambina spaventata. Che fine avevano fatto i suoi diciassette anni?
Si sollevò un po', tenendosi sui talloni e portandosi le
mani fra i capelli, tirandoli indietro.
«Per
favore, no...» sussurra.
«Kristen,
andiamo.. non dicevo sul serio, ora andiamo a casa, okay? Sono stanco,
voglio dormire e ho promesso a Sarah che ti avrei riportato a casa,
ragazzina».
Lei non dice neanche niente sul "ragazzina". «Non ho
una casa...».
«Hai casa
mia, ma ora alzati da terra» visto che non si muove decido di
sollevarla di peso.
Appena sente che la sto afferrando si dimena e inizia a scalciare ma io
non ho alcune intenzione di lasciarla qui da sola, al buio. La
costringo a entrare in macchina e blocco il suo sportello per paura che
impazzisca del tutto e decida di tentare la sorte provando a lanciarsi
dalla macchina in corsa; «Lo so che non ti piace essere
toccata,
ma non ti muovevi» dico, per spezzare il silenzio di tomba
che
regna in macchina.
Lei non si degna neanche di voltarsi verso di me.
Guarda fuori dal finestrino, impassibile.
«Hai intenzione di tenermi il broncio come una bambina di
cinque anni?» insisto.
Si
volta di scatto verso di me, rischiando di farmi andare fuori strada
talmente sono verdi i suoi occhi. «Non mi parlare, non
rivolgermi
proprio la parola, non guardarmi, non stare a meno di un metro da me,
ma sopratutto NON TOCCARMI, mi hai sentito bene?!».
Pov Kristen
So di
avere esagerato.
Robert non può sapere quanto
io odi essere toccata,
non può saperlo perché neanche io so fino a che
punto io possa spingermi. So solo che il contatto con un altro essere
umano mi manda al manicomio, sentire qualcuno che mi tocca mi fa'
sentire male, mi torna in mente tutte le volte in cui sentivo le sue
mani sbattere contro le porte della mia camera, sento il suo vocione
rimbombarmi in testa fino a farmi impazzire e tutto diventa brutto,
oscuro, orribile e ogni ricordo della mia infanzia mi torna in mente in
un colpo solo, perseguitandomi per il resto della giornata. Ecco
perché odio essere toccata da chiunque, ma questo Robert non
poteva saperlo, so che si stava comportando in quel modo
perché pensava di aiutarmi ma quando mi ha tirata su di peso
e ho sentito le sue mani sulle mie braccia ho avuto come un crollo
mentale. Non riuscivo a riprendermi, volevo solo urlare.
Urlare tutto il dolore
che avevo dentro di me.
Urlare al mondo quanto ingiusto fosse.
Urlare contro mia madre, che non ha impedito tutte le cose brutte che
mi sono successe.
Urlare contro quel mostro che mi ha strappato via dalle sue braccia.
Urlare contro me stessa, perché
non ho avuto la forza di lottare, neanche contro me stessa.
Urlare
fino a non avere più aria nei polmoni.
Ecco cosa volevo fare.
Urlare.
Quando la macchina finalmente accosta davanti a casa di Robert inizio a
sbattere i pugni contro i vetri, «Apri! Apri, cazzo!
Apri!» urlo.
Robert esce e viene ad aprirmi lo sportello, mettendosi davanti a me
impedendomi di scendere.
«Calmati».
«No. No,
io non mi calmo, cazzo! Vaffanculo! Vaffanculo, hai capito?
Spostati!», non potevo toccarlo, non potevo. Non potevo
spingerlo via, o sarei crollata. Ma lo avrei fatto in ogni caso.
«Non
capisco cosa ti prenda... stai male? Ti senti male? Hai, che ne so, un
attacco di claustrofobia?».
Cosa c'entrava adesso la claustrofobia? «No,
idiota, non ho nessun attacco di nessun genere, ma me ne
farò venire uno se non ti sposti da qui in meno di due
secondi! Cazzo, ti ho detto di spostarti! SPOSTATI!» urlo, oh
ma che bella sensazione.
«Non
finché non mi avrai detto che ti prende!».
«Ma che
cosa vuoi!? Ma chi sei!? Non sei nessuno per chiedermi una cosa del
genere, hai capito!? SPOSTATI!» insisto.
Robert affonda i suoi occhi azzurri nei miei.
E' come se tante lame di ghiaccio mi si conficcassero nel corpo.
Freddo, sto congelando.
Mi sto assiderando e anche quel poco di calore che provavo sta
svanendo.
I suoi occhi sono peggio dell'Oceano Pacifico.
Due iceberg in cui sono andata a sbattere.
Mi sono presa proprio una bella sbandata per due occhi di ghiaccio che
non fanno altro che farmi sentire ancora più infreddolita.
Mi fanno sentire ancora di più il mio freddo, il
vuoto che ho dentro e che ho un bisogno disperato di riempire.
«Guardati,
stai tremando... per favore, Kristen, entra in casa con me»
mi porge una mano ma io proprio non posso accettarla.
Per favore, Robert,
lasciami in pace.
Io non posso.
Non posso proprio.
Ma mi hai vista?
Hai visto in che condizioni sono?
Sono senza speranza.
Completamente senza speranza e infreddolita.
«Vattene...»
lo imploro, ormai sull'orlo delle lacrime.
«Sei..
sei così strana! Cristo santo, sei la ragazza più
strana che io abbia mai conosciuto! Non sono normali le cose che dici o
che fai! Non sei normale tu! E non accetti neanche quando ti dico di
entrare in casa che ti stai congelando il culo, questa è
pazzia!» sbotta, strofinandosi le mani sulla faccia, nervoso.
Lo so che è pazzia.
Lo so benissimo,
Robert.. perché io sono pazza, non lo sapevi?
«Lasciami sola... per favore... non
avvicinarti...» le lacrime iniziano a rigarmi il viso, e
bruciano così tanto sulla mia
«Non..
cosa? Okay, adesso mi stai davvero facendo uscire fuori di testa..
vuoi.. hai paura che ti picchi o cosa?», il tono duro della
sua voce non fa' altro che farmi chiudere in me stessa ancora di
più.
Sparisci.
Corri via.
Nasconditi.
Non sei la benvenuta da nessuna parte.
Sei strana.
Sei diversa.
Non sarai mai come le altre persone.
Accettalo.
Ecco cosa mi sono sentita dire per tutta la mia vita.
Cosa ho provato in tutti questi anni.
E adesso mi rendo conto che è terribilmente vero.
Io non so parlare con le persone, non so farci amicizia, non so proprio comunicare.
«Si...»
ed è come rivelare chissà quale segreto, quando
in realtà non ho ancora detto niente.
Ma mi manca comunque il respiro.
«Hai..
hai paura che io ti picchi...?».
«Si..».
________
okay, questo capitolo è una palla.
ma proprio una palla.
pesante come non so cosa.
ma voi mi amate lo stesso, vero? *occhi da cucciolo*
è più un capitolo per farvi capire cosa prova
kristen.
il suo dolore.
dovete capirla.
dovete capire che se si comporta in questo modo è solo
perché ha davvero
una paura fottuta di tutto quello che la circonda, e chi
non lo sarebbe al suo posto?
fate uno sforzo, per lei.
comunque sia,
lasciate lunghe recensioni, mh?
vi voglio bene.
|
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Capitolo 6 *** nobody but me. ***
Pov
Kristen
Non farmi male.
Non farmi male.
Via.
Via, fuggi, scappa, corri via, cazzo!
Perché me ne stavo lì impalata?
Ero rannicchiata
per terra quasi aspettando che Robert mi picchiasse.
Aspettavo di
sentire le sue mani su di me e quando arrivarono mi feci prendere
talmente tanto dal panico da iniziare a urlare ancora prima di
accorgermi che la sua non era una pugnalata ma una carezza.
«C..cosa
stai facendo...?» balbettai, scoppiando a piangere di nuovo.
«Alzati..».
«Vuoi guardarmi in faccia mentre
mi riempi di botte? No, grazie. Vaffanculo, Robert! Vattene,
VATTENE!» ero fuori di me dalla rabbia e dalla paura.
«Stai tremando, Kristen e stai anche uscendo fuori di
testa. Non ho nessuna intenzione di picchiarti! Ma per chi mi hai
preso!».
«Per il solito maschio coglione, ecco per
chi! Per il solito coglione che vuole solo mettermi le mani addosso e
so che tanto non riuscirò a impedirtelo, ma non ti
guarderò
certo negli occhi mentre lo fai, stronzo!», volevo infossarmi
nel cemento. Volevo scomparire dalla faccia della Terra per non dover
subire una cosa del genere di nuovo.
«Non ho nessuna
intenzione di fare niente di tutto ciò, Kristen!!»
urlò.
No, non urlare.
Per favore, non urlare che è
solo peggio.
Se urli, io crollo davvero e sul serio questa volta.
E addio tentativo di restare viva.
«E cosa vuoi
allora..?», non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Di certo, non picchiarti... e adesso puoi metterti in
piedi, per favore?».
«No», non mi fido.
Tenevo
gli occhi inchiodati al cemento della strada ma lo sentii lo stesso
inginocchiarsi davanti a me, avvicinando il suo corpo al mio.
Avvinando troppo il suo corpo al mio, un pericolo
che non
potevo correre in nessun caso. Mi spostai così velocemente
da
cadere con il sedere a terra e le gambe aperte, che chiusi subito.,
spaventata a morte dalle conseguenze. Quello era l'unica cosa che mi
restava di mio. Mio e basta. «Problemi di fiducia,
eh?»
disse, accennando un leggero sorrisetto da sbruffone che mi sforzai
non guardare a lungo. «Fai bene, il mondo è uno
schifo e
le persone che ci vivono sono anche peggio... ma forse non tutte, che
dici?».
«No. Tutte. Nessuno escluso. Nemmeno me»
dissi, guardandolo dritto in quei due pozzi azzurri.
Merda.
Non
avrei dovuto.
Faccio fatica a distogliere lo sguardo ma alla fine
ci riesco.
«Nemmeno te? Andiamo, non puoi dire una cosa del
genere! Nessuno si autodefinirebbe da schifo».
«Allora
vuol dire che non hai conosciuto persone che fanno davvero
schifo».
«Fidati, ne ho incontrate parecchie.. ma
nessuno che se ne rendesse conto», il suo sorriso diventa
ancora più largo, ma non ci casco. Non intendo sorridere,
né
ridere di quella che sicuramente sia una battuta che mi farà
ridere, voglio solo infossarmi nel cemento come prima, se non di
più.
Resto in silenzio e cerco di mettermi più
composta.
Se mi sollevassi?, se mi alzassi e fuggissi via, lui mi
seguirebbe?
O meglio, riuscirebbe a raggiungermi?
Forse sono
più veloce di lui ma le sue gambe sono più lunghe
delle
mie e lui ha più cibo nello stomaco di quanto io non ne
abbia
mai avuto.
A proposito di cibo, il mio stomaco pensa bene di
farsi sentire proprio in quel momento, ricordandomi che non mangio
bene da giorni.
Robert solleva un sopracciglio, «Fame?»
chiede, e sembra quasi gentile.
«Affatto» dico
subito.
In realtà, sto morendo di fame.
Sarah mi fa'
mangiare ma io a volte me ne dimentico.
Sono così abituata
a saltare i pasti che anche quando ho fame non penso che mai che
potrei alzarmi e andarmi a prendere qualcosa dal frigo, mi limito a
starmene seduta pensando "adesso passa, adesso passa e non
avrò
più fame", ma non passa mai.
«Il tuo stomaco la
pensa diversamente e lo stomaco non mente mai».
«Quelli
sono gli occhi, idiota» non riesco a trattenermi dal
correggerlo.
Lui trattiene a stento una risata. «Hai
ragione. Sei sveglia, ragazzina», ecco come
rovinare il
proprio tentativo di farmi aprire da solo, complimenti
Pattinson.
Scatto in piedi prima che lui se ne renda conto e inizio a
correre.
Correre via da lui.
Da quel nome.
Da tutto ciò
che mi ricorda.
Perché, infondo, non è
quello che faccio sempre? Fuggire dai ricordi.
Ma loro tornano,
tornano sempre e io non sono mai abbastanza veloce.
Forse è
perché ho le gambe corte o perché non mangio
abbastanza, fatto sta che non riesco mai a battere i ricordi in una
gara di corsa contro il tempo.
«Ehi, ma dove scappi?»
lo sento urlarmi dietro.
Accelero ma non ci vuole molto prima
che senta i suoi passi a pochi centimetri da me.
«Kristen,
fermati!».
«No, fanculo!».
«Ragazzina,
fermati o ti fermerò io!».
Il cuore mi si blocca nel
petto.
«John.. per favore.. non lo dirò a
mamma..
ma.. per.. per favore.. non.. non...».
«Sono stato
anche troppo bravo con te, ragazzina. Adesso fai quello che ti ho
detto per farti perdonare, da brava».
«Non.. non
voglio.. per favore».
«Ragazzina, sono anche troppo
bravo. Forza!» mi spinge ai suoi piedi, tenendomi la testa su
tirandomi i capelli.
«John.. per favore» lo imploro
per l'ultima volta.
Ma lui niente.
Mi fa' inginocchiare
davanti a lui ed è troppo forte per me.
Ho tredici anni e
davvero troppo poco grasso sulle ossa.
Mamma dice che sono
bellissima comunque, ma lei non sa quanto sono brutta dentro.
Sono brutta dentro e lei non lo sa, perché mamma
non sa
le cose brutte che ho fatto.
John mi tira i capelli facendomi
sollevare il viso, «Che succede, ti sei
addormentata?».
«Non
voglio farlo» dico, ancora, e ancora, e ancora, e ancora.
«A
me di quello che vuoi te, che me ne importa? FORZA!» mi
spinge
il viso contro la patta dei suoi pantaloni, provocandomi un conato di
vomito non indifferente. E' talmente forte che non riesco a
trattenermi. Non so come riesco a liberarmi dalla sua presa per
correre verso il bagno ma meno di un istante dopo il suo braccio
è
intorno alla mia vita, trattenendomi. «Sai benissimo che se
non
fai come ti dico lo trovo comunque un modo per fartele fare»,
si, lo so benissimo.
E le gambe mi cedono.
Cado a terra,
sbattendo forte le ginocchia contro il cemento.
Ho completamente
lasciato andare il mio corpo, sono stanca di correre, di fuggire e
sopratutto di scappare.
Per una volta, per una dannata volta in
vita mia, vorrei essere rincorsa.
E non per essere presa a pugni,
ma per un abbraccio.
Vorrei solo qualcuno che mi dicesse "andrà
tutto bene", per una volta nella mia vita.
«Ehi, ti
sei fatta male?», Robert mi si piazza davanti, ancora una
volta
si inginocchia per arrivare davanti ai miei occhi.
E i suoi sono
così dannatamente belli da farmi piangere.
«Si...»
rispondo, e non so se sto parlando delle ginocchia sbucciate o dei
tagli sui miei polsi.
«Sei.. sei precipitata a terra,
cazzo.. ti sarai sicuramente tagliata. Vedi, non dovevi correre.
Adesso la smetti di fare la pazza isterica così posso
portarti
a casa e vedere quanto sono gravi le tue ferite?», cerca di
usare un tono leggero ma tutto quello che mi viene in mente
è
"le mie ferite sono gravi".
Le mie ferite sono gravi,
Robert, e non penso che esista una cura, né un cerotto
abbastanza grande.
Ma tu.. hai gli occhi più belli che io
abbia mai visto.
Pov Robert
Finalmente
riesco a farla entrare in casa. E' rimasta silenziosa in macchina
tutto il tempo, a un certo punto ho pensato persino che si fosse
addormentata ed ero tentato di accelerare di nuovo per vedere la sua
reazione, ma ho deciso che avevo superato il limite abbastanza volte
con lei. Così mi sono limitato a chiamarla una, due, tre
volte
finché non sono riuscito ad attirare la sua attenzione. Ha
persino accennato un leggero sorriso. Leggerissimo, ma io l'ho visto.
«Vai a sederti in cucina, vado a vedere se ho del
disinfettante in bagno» le dico, chiudendo a chiave la porta
per paura che scappi via di nuovo.
«Non ce bisogno del
disinfettante... davvero, sto bene».
«Vai a sederti in
cucina, arrivo» dico, fingendo di non averla sentita e
andando
in bagno.
Dopo cinque minuti buoni di ispezione di etichette
di medicinali, trovo un disinfettante.
Non ne uso molto -
preferisco soffrire in silenzio piuttosto che usare una cosa del
genere, manco avessi cinque anni - quindi è pieno.
Quando
torno in cucina Kristen è seduta sul bancone della cucina -
ovviamente lei non si siede sulle sedie, come una persona normale,
ma questo mi fa' sorridere - e sta facendo dondolare le gambe avanti
e indietro, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento, muovendo piano le
labbra, riesco quasi a sentire una canzone cantata a fior di labbra,
ma appena sente che sono entrato in cucina si ferma di colpo,
smettendo persino di dondolare le gambe. Non capisco perché
le
metto così tanta soggezione e non ho ancora decido se
è
una cosa che mi piace o no.
«Ho trovato il disinfettante»
dico, mostrandoglielo come un deficiente.
Lei non dice niente, si
limita ad annuire e abbassare di nuovo lo sguardo.
Quando abbassa
la testa, i lunghi capelli rossicci le ricadono sul viso,
nascondendola.
Penso che lo faccio apposta.
Che voglia
nascondersi.
Anche da me.
Mi avvicino e la vedo stringere le
gambe e irrigidire le braccia, che tiene lunghe distese sul fianco.
Le mani stringono forte il bordo dell'isola posta in mezzo alla
cucina sulla quale è seduta.
«Dovresti sollevarti i
jeans, altrimenti non posso vedere se esce sangue».
«Non
esce sangue» scatta subito, mordendosi talmente forte il
labbro
che ho paura che se lo tagli in due.
«Ma voglio
disinfettare comunque il taglio, quindi.. o vai in bagno e te li
togli o prendo un coltello e li taglio io», adesso inizia
proprio a tremare. Cazzo, forse ho esagerato. Ma io non volevo farla
sembrare una minaccia o roba del genere, anzi.. ma con lei è
così facile dire la cosa sbagliata.
«V..va..vado
in bagno...» scende con un balzo, correndo in bagno
prima che possa aggiungere altro.
Ho giusto il tempo di maledire
me stesso per la poca umanità che mi è rimasta
che lei
è già di ritorno.
Ha il suo zainetto in spalla e si
è cambiata: una lunga maglietta bianca che le arriva giusto
al
ginocchio.
Mi faccio da parte per permetterle di sedersi di nuovo
sull'isola e solo in quel momento mi concentro sulle sue ginocchia
sbucciate, cercando di non guardare i lividi sulle sue gambe: non
è grave, niente che non si possa far passare
con un cerotto e un disinfettante. Non ho il cerotto, quindi ci
faremo bastare il secondo. «Questa maglietta è di
Sarah?» le chiedo, giusto per distrarla mentre metto un po'
del
disinfettante in un pezzo di cotone.
«Si, me l'ha prestata
lei...».
«Ti sta bene..», non riesco proprio a
trattenermi.
Lei arrossisce ma mi guarda male. «Muoviti,
prima che cambi idea e me ne vado sul serio».
«Simpatica
come sempre..» borbotto, posando delicatamente il pezzo di
cotone sulla ferita.
Sussulta, ma non dice niente.
Strofino
un po' sulla ferita, giusto per essere sicuro.. e anche
perché
muoio dalla voglia di attivare qualcosa in lei, accendere anche un
minimo di reazione nei miei confronti o in quello che faccio. Ma lei
non fa' niente, si limita a sollevare gli occhi verso il soffitto,
stringendo ancora di più le gambe e pietrificando il resto
del
corpo.
«Ecco fatto..» dico, buttando il cotone nella
spazzatura.
Lei salta giù di nuovo, facendo sollevare la
maglietta.
Le sue gambe sono meravigliose, anche se troppo magre,
sono di un bianco candido, diafane come tutto in lei, sembrerebbe
uscita da un libro di favole... se non fosse per tutti quei lividi
che le ricoprono gambe e braccia, le occhiaie, la magrezza esagerata
e gli occhi troppo spesso rossi per il pianto. Lei nota che sto
guardando le sue gambe e fa' per girarsi e andare via, ma prima che
lo faccia le chiedo: «Chi te li ha fatti? Di sicuro non
Sarah..».
«No! No, no, lei.. non c'entra niente!»
dice, agitandosi.
«Ehi, calma, lo so che non è stata
lei.. è una stronza e mi ha dato certi schiaffi.. ma non
farebbe mai una cosa del genere, lo so».
«Lei è..
è brava».
Non mi stupisce quanto possa sembrare
piccola e bambina Kristen.
«E allora chi te li
ha fatti?».
Ma lei si zittisce di nuovo.
Si dondola sul
posto e si osserva le mani, che si sta torturando.
Ma è
già qualcosa che non scappi via.
«Non importa.. hai
fame?».
La vedo trattenere il fiato per un secondo, per poi
annuire. «Si, grazie».
La osservo mangiare. Le
ho preparato un toast senza niente, come mi ha chiesto lei, e ci ho
aggiunto un sacco di frutta alla pesca che sembra apprezzare molto.
Si porta i capelli su una spalla e rosicchia i bordi del toast in
silenzio, tenendo sempre lo sguardo basso, non sia mai che mi guardi
in faccia! Non ho fame, quindi mi limito ad osservarla per un bel po'
di tempo, finché lei non sbuffa e solleva finalmente il
viso.
«Non mi piace essere osservata».
«Non ho
niente di meglio da fare, mi spiace».
«Allora mangia, guarda il piatto, ma.. non me».
Non la capisco. Perché non vuole che la guardi?
E' davvero bellissima.
E l'ho detto. Ed è vero. E' davvero bellissima mentre si
dà colpetti sulle labbra con l'indice, nervosa.
«Prima ti
ho fatto una domanda..» butto lì.
Lei si irrigidisce subito, ha capito benissimo cosa intendo ma decide
di fare la finta tonta. «Quale..?»
chiede, finendo il suo toast rosicchiandolo come una bambina di quattro
anni all'ora della merenda.
«Sai a cosa mi sto riferendo».
Lei non solleva neanche lo sguardo. «No, non
lo so.. buono questo toast, posso averne un altro, per
favore?».
Ci rinuncio, qualcosa mi dice che non otterrò una risposta,
non ora. Mi alzo e prendo il piatto sporco di briciole. «Certo..»,
metto due fette di pane nel tostapane, prendendo un po' di latte e
versandone un po' in un bicchiere. Come la prima volta, appena vede il
bicchiere bianco le si illuminano gli occhi e allunga subito per mani
per prenderlo. Ha anche ricominciato a far dondolare le gambe avanti e
indietro.
Mi sto godendo quel momento di tranquillità quando sento il
campanello suonare.
«Sarah»
dice Kristen.
«Vado
a vedere», ma non ho neanche il tempo di fare due passi che
una
voce squillante riesce a superare la porta e arrivare fino alle mie
orecchie. Purtroppo conosco quella voce.
Lascio perdere i toast e mi precipito ad aprire la porta. Davanti a me
c'è Valerì, ventidue anni di puro egocentrismo e
bellezza
monotona; Valerì era la tipica francese bionda con gli occhi
azzurri, alta, magra, con le dita lunghe ma mai quanto la sua fedina
penale, i capelli scompigliati a regola d'arte e il trucco nero pesante
la faceva somigliare a un panda di alta società.. o una
puttana,
dipende. Come al solito indossava una gonna in pelle nera che non
superava i dieci centimetri, tacco tredici e un top rosso che lasciava
scoperta la pancia. Le labbra sottili erano arricciate e lo sguardo era
freddo e insensibile come sempre. «Muovi
il culo la prossima volta, Rob. Ci hai messo una vita ad aprire questa
cazzo di porta» disse, a mo' di saluto, con
quell'insopportabile
e fortissimo accento francese che stonava moltissimo con il suo
linguaggio volgare.
«Che
cosa ci fai qui, Valerì?», non avevo nessunissima
voglia
di litigare con lei. Non avevo proprio voglia di parlare con lei.
Lei si esibì nel sorriso più falso della storia,
prima di
farsi da parte, mostrandomi quello che c'era dietro alla sua schiena.
Un bambino di cinque anni con i miei occhi azzurri.
«Ricky...
ehi ometto».
Pov Kristen
Osservavo la scena da lontano.
Mi ero inginocchiata dietro al muro, sbirciando come una ladra la
scena.
Robert stava parlando con una ragazza che sembrava appena uscita da una
rivista. Era bionda, ma al contrario di Sarah, lei sembrava proprio il
tipico stereotipo della bionda idiota, per di più aveva
anche un
fastidioso accento francese che mi dava sul serio. E non solo a me
vista la faccia di Robert. Ma la cosa più interessante
è
il piccolo bambino che la ragazza spinge contro Robert come se fosse un
giocattolo vecchio che non vuole più. Presto più
attenzione per stare ad ascoltare quello che dicono.
«Cosa
vuol dire che parti!? Dove vai!?», una scenata fra fidanzati?
«Mi hanno
offerto un lavoro. A Los Angeles, per un film!».
«Un film,
certo.. e che genere di film, sentiamo! Un porno scommetto!».
«E anche
se fosse? E' un film come un altro e poi mi pagano, e anche
molto!».
«Che..
che schifo, mi fai schifo!».
Il bambino si avvicina di più a Robert e si aggrappa alla
sua gamba.
E' piccolo, avrà cinque anni.
Ha gli occhi azzurri di Robert, ma i capelli sono molto più
biondi. I lineamenti più tondi, infantili.
Magari è il suo fratellino.
«Non
è la prima volta che me lo dici, Rob. Ma io devo partire e
non
posso certo portarmi dietro un marmocchio! Quindi.. è tutto
tuo» guarda il bambino per l'ultima volta prima di voltarsi e
andarsene, senza neanche degnarsi di salutarlo.
Robert si stacca bruscamente il bambino dalla gamba e le corre dietro. «Valerì,
non ci pensare neanche! Stronza.. ferma! Puttana, ferma!».
Il bambino non sa che fare.
Si guarda intorno finché i suoi occhi non incrociano i miei,
mentre sono ancora inginocchiata per terra.
Mi sollevo lentamente quando lo vedo avvicinarsi a me.
«Ciao»
dice.
Ora che è più vicino riesco a vedere bene i suoi
occhi.
Hanno la bellezza degli occhi di ghiaccio di Robert, ma puoi guardarli
senza rischiare di affogarci dentro.
«Ciao..».
Il bambino mi fissa per un po'. «Sei
un'amica di papà?».
Papà?
Robert è
il papà
di questo bambino?
A quanti anni l'ha avuto? Diciotto? Di meno?
«S..si,
ehm, si. E tu come ti chiami?» chiedo.
«Richard.
Ma tu puoi chiamarmi Ricky. Papà mi chiama Ricky».
«Ricky
è un bellissimo nome» dico, accennando un sorriso.
Anche lui lo fa', mostrando due dolcissime fossette. «E tu
come ti chiami?».
«Io sono
Kristen».
«Kristen
mi piace!».
«Oh..
grazie», sono un caso disperato, mi imbarazzo persino davanti
ai complimenti dei bambini.
«Mamma torna?».
Quella ragazza, la francese, deve essere sua mamma.
Non me la immagino proprio come mamma, ma me la immagino benissimo con
uno come Robert. Sono davvero una coppia da copertina, entrambi
bellissimi, entrambi con un carattere di merda. «Non..
non lo so..».
Il bambino annuisce, come se lo sapesse già.
I suoi occhi si fanno tristi, come quelli di Robert.
«Ehi,
hai.. fame? Sete? Posso.. posso prepararti qualcosa?», il
bambino
indossa un paio di pantaloni morbidi neri e una felpa rossa da bambino,
i capelli biondi sono un po' troppo lunghi e gli cadono sugli occhi,
coprendoli del tutto quando annuisce. «Perfetto,
vieni con me R.. Ricky». Faccio per allontanarmi quando sento
la mano di Ricky cercare la mia.
Vuole che lo prenda per mano.
Mi giro verso di lui.
Si sta guardando intorno, sperduto, e tiene la mano sollevata verso la
mia in un gesto che mi ricorda tanto.. me. Anche io non so dove sono
né come comportarmi, e avrei davvero bisogno di qualcuno che
si
prenda cura di me.
Mi chino e lo prendo in braccio.
Ricky si adagia timido contro di me, agganciando le sue piccole braccia
intorno al mio collo e appoggiando la guancia contro la mia spalla.
Il mio cuore accelera ma si riprende subito: è solo un
bambino
e non mi farà del male. Al contrario, penso che qualcuno
abbia
fatto del male a lui.
Andiamo in cucina e sempre tenendolo in braccio apro il frigo e cerco
qualcosa che vada bene per un bambino, ma ci sono soltanto lattine di
birra - alcune vuote e lasciate lì per chissà
quanto
tempo - continuo a cercare finché non trovo un cartone di
latte
mezzo vuoto e un confezione di biscotti nella credenza. Faccio sedere
Ricky a tavola e lo invoglio a mangiare ma lui non sembra avere molta
fame.
Inzuppa i biscotti e dà piccoli morsi; non parla.
«Quanti
anni hai?».
«Cinque..»
timido, mi mostra la mano aperta.
«Cinque!
Ma allora sei grande!», non dicono sempre cose del genere i
grandi quando parlano con i bambini? Non ho molta esperienza, nessuno
mi ha mai parlato in questo modo.
Lui annuisce di nuovo, senza dire niente.
«Rob..
ehm, il tuo papà.. sta parlando con la mamma, ma.. ma ora
torna» cerco di rassicurarlo, allungando un braccio e -
contro
ogni mia previsione - accarezzando il viso di quel bambino
così
bello eppure così triste.
«Mamma e
papà non si vogliono bene...».
«Oh..», non sapevo che dire, cazzo. «non dire
così, a volte.. a volte i grandi litigano ma.. ma questo non
vuol dire che non si vogliono bene».
Non è vero.
Stai mentendo.
Mia mamma e mio padre litigavano sempre e infatti si odiavano.
L'unico motivo che li ha portati a stare insieme sono
stata io.
O meglio, una loro dimenticanza.
Ricky annuisce per l'ennesima volta.
«Ehi,
vuoi vedere una cosa?» dico.
«Cosa..?».
«Aspetta
qua» mi alzo e vado a prendere il mio zainetto. Prendo il
leoncino di peluche e glielo metto davanti. «E' mio, ce l'ho
da
quando ero molto piccola e mi aiuta un sacco, sai? Si chiama
Ted».
Lui allunga le mani e gli accarezza la criniera.
«Puoi..
puoi tenerlo» dico.
«Ma
è tuo».
«Possiamo
giocarci tutti e due, ti va'?», Ricky annuisce e prende in
mano Ted, per poi stringerlo al petto.
Pov Robert
Rientro in casa imprecando sotto voce.
Quella ragazza mi rovinerà la vita.
Non l'ho mai potuto vedere, mai.
Ma ero giovane, e stupido. Molto stupido.
E anche lei era molto stupida. E lo è ancora adesso.
Ricky non sarebbe nato se lei si fosse ricordata di prendere la pillola
come sempre.
Ma quella sera aveva bevuto troppo per ricordarselo, e adesso c'era
Ricky.
Non che non gli volessi bene, quel bambino è l'unica cosa
buona
che ho forse fatto nella mia intera vita; non ha niente della madre per
fortuna, che è solo una ragazzina viziata che corre dietro a
chiunque sia disposto a tirare fuori dei soldi per mantenerla. E adesso
si era messa in testa di fare film! Certo, okay. Che faccia pure quello
che vuole, ma lasciarmi Ricky! Non sono bravo come papà,
sono
abituato a vederlo una settimana al mese perché di solito lo
tiene la nonna di Valerì - come faccia a sopportare i
capricci
della nipote io proprio non lo so - ma deve essere che anche quella
buona donna si è stancata e adesso mi tocca iniziare a fare
il
padre sul serio perché chissà quando quella
puttana
tornerà!
Attraverso il salotto e subito sento la risata di Ricky e quella di...
Kristen.
Kristen sta.. ridendo?
Accelero il passo e mi blocco davanti alla porta della cucina, dove
Ricky è seduto a tavola con Kristen davanti a lui, sopra il
tavolo c'è il pupazzetto a forma di leone che ho dato a
Kristen
per farla smettere di piangere.
E stavano parlando. Nessuno dei due si accorge di me, presi come sono
dalla loro conversazione.
«Ma
quindi lui è tuo amico?» le chiede Ricky,
indicando il pupazzo.
«Me l'ha
regalato mia madre quando avevo più o meno la tua
età..».
«Dov'è
la tua mamma, adesso?».
«Oh lei..
ecco, non c'è...».
«E' a
casa con il tuo papà?».
Kristen inizia a torturarsi le mani, lo sguardo basso.
«No...».
«Sei da
sola?».
«Si..».
Ricky spinge il pupazzo attraverso il tavolo, dalla parte di Kristen. «Magari
il mio papà può essere anche il tuo!».
Kristen solleva la testa, per ridere sicuramente, quando mi vede e la
risata le muore in gola.
«Robert..
sei.. sei tornato».
Mi avvicino a Ricky e lo bacio sulla fronte, prendendolo in braccio e
sedendomi sulla sua sedia con lui sulle ginocchia. «Stavate
facendo amicizia?» chiedo.
«Oh si, papà!», Ricky mi si aggrappa al
collo, «Kristen
è simpaticissima! E non ha un papà e neanche una
mamma!
Devi fare qualcosa! Devi fargli da papà!», guardo
verso
Kristen, che è diventata di un colorito molto simile alla
tende
rosse che ci sono in cucina.
«Certo,
ometto» dico, mettendolo giù, «senti,
adesso devo parlare con Kristen, perché non vai in camera
mia a
riposarti?», lui però non sembra molto convinto.
Guarda Kristen. «Tu resti
qua?».
Lei allunga una mano e lo tocca.
Gli sfiora il braccio, accennando un sorriso.
Sono dannatamente sorpreso: da quello che ho capito lei ha il terrore del
contatto fisico.
«Certo..».
Ricky ora sembra più tranquillo, ci saluta con la mano ed
esce dalla cucina.
Tutta la tranquillità che prima stava sfoggiando lentamente
scivola via dalla sua espressione. «Cosa
devi dirmi?».
«Riguarda
Ricky.. nessuno lo sa».
«Intendi..
i tuoi amici? Loro non sanno che hai un figlio?», non sembra
molto sorpresa.
«Solo
Tom.. ma lui non dirà niente».
Lei annuisce.
Penso che abbia capito benissimo la situazione precaria in cui sta Tom.
«Non
dirà niente neanche io..».
«Ti
ringrazio.. Ricky sa benissimo che non deve chiamarmi papà
davanti a Sarah o Marcus, mi chiama "Rob" e basta e su questo non ci
sono problemi, pensano che sia tipo mio fratello, non hanno mai fatto
domande precise per fortuna... Volevo solo assicurarmi che a te non
sfuggisse niente..».
«Non
accadrà..».
Mi passo una mano fra i capelli, stanco. «E' stata
una nottata un po' movimentata.. forse è il caso di andare a
dormire» dico, alzandomi. Kristen non lo fa', continua a
toccarsi le mani, allungando e distendendo le dita per poi chiuderle di
nuovo a pugno, lo sguardo basso di chi ha paura di dire qualcosa di
sbagliato. Ma cosa? «Puoi
dormire qui, non ce problema per me.. e penso anche che tu piaccia a
Ricky».
Kristen solleva lentamente lo sguardo su di me. «E' un
bambino adorabile..».
Accenno un sorriso, «Si. Lo
è.»
Kristen si alza e fa' per uscire dalla stanza, quando io la chiamo.
Si gira verso di me, guardandomi da sopra la spalla.
«Non ti
piace essere toccata, vero..?».
Annuisce, confusa.
«Ma da
lui.. hai toccato il braccio di Ricky».
Lei si morde il labbro e per la prima volta da quando la conosco mi
guarda dritta negli occhi di sua spontanea volontà, per
lungo tempo prima di rispondermi. «I
bambini sono buoni, puri.. Ricky non cercherebbe mai di farmi del male,
non è un adulto, è un bambino, è
ancora innocente.. al contrario di me e te».
Sono sdraiato nel letto e continuo a rivedermi la stessa scena ogni
volta che chiudo gli occhi: Kristen che sfiora il braccio di Ricky con
naturalezza. Poi mi si presenta una seconda scena: un insieme dei
momenti in cui ho cercato un contatto fisico con lei e tutto quello che
ho ricevuto è stata quasi una reazione di disgusto. Di
paura. Le sue parole mi rimbalzano in mente. «è un bambino,
è ancora innocente.. al contrario di me e te»,
il modo in cui ha detto "me e te" mi ha lasciato incantato per qualche
secondo, mi sono ritrovato a ripetere sottovoce quella frase prima di
infilarmi a letto, immaginando un futuro in quella frase avesse un
significato diverso. "Ancora innocente". Io non sono innocente. Non lo
sono mai stato. «i bambini sono buoni, puri»,
io non sono mai stato un bambino buono, fin da quando ero piccolo ho
fatto cose di cui non vado fiero. Mio padre ha cercato di farmi capire
che stavo sbagliando, ma ero troppo preso da me stesso per capire che
mi stavo dirigendo verso una strada senza uscita. E adesso mi ritrovo
in questa vita che non è altro che un vicolo da cui non
posso scappare.
Ma lei può.
Lei è ancora in tempo, forse.
Ha solo bisogno di qualcuno che le dia una mano.
Di qualcuno che la tiri fuori da questa merda.
Prima che riesca a capire quello che sto facendo, mi metto a sedere
cercando di non svegliare Ricky che dorme sereno al mio fianco. Mi alzo
e scendo al piano di sotto, entrando in salotto a piedi scalzi cercando
di fare il più piano possibile. Kristen dorme sul divano,
una leggera coperta a coprirla, si rannicchia su se stessa in cerca di
una qualche protezione.. potrei
proteggerti io, scaccio quel pensiero dalla mia testa ma
non riesco a non avvicinarmi a lei. Sono praticamente sopra di lei, la
osservo dall'alto mentre dorme, è davvero bellissima. Magra,
bianca, occhiaie, capelli scompigliati, versi tenerissimi che fa'
mentre dorme, mano stretta a pugno sulla coperta. Bellissima.
Ma c'è
qualcosa che rovina tutto.
I graffi, i tagli,
che noto sulle sue braccia.
Avevo visto i lividi, ma questi.. sono troppo regolari per esserseli
procurati in una rissa.
Troppo precisi.
Troppo, troppo, troppo.
Allungo una mano e sfioro quel taglio sul suo braccio, sembra
così profondo..
Kristen si agita
nel sonno e io non faccio in tempo a ritirare la mano che i suoi occhi
verdi sono subito su di me, impauriti.
Si mette a sedere di scatto, gli occhi spalancati. «C..cosa
stavi facendo!? Cosa pensavi di fare!?», si copre il petto
con la coperta, rifugiandosi dall'altro lato del divano.
«Niente!
Niente, davvero.. stavo solo.. hai dei tagli» indico il suo
braccio, che lei subito nasconde sotto la coperta.
«S..sono
caduta, ricordi?».
«Non sono
freschi.. ti sei tagliata? Quando?».
«Io non..
non.. non mi..», gli occhi le diventano lucidi e tutto quello
che vorrei fare adesso è abbracciarla, ma so che non me lo
permetterebbe mai, quindi stringo i pugni e vado avanti.
«Non
dirmi cazzate. Non so niente di te, ma qualcosa mi dice che quei tagli
hanno una storia dietro..».
«Tu non
sai niente
di me!» urla.
«Allora
raccontami qualcosa. A Ricky hai parlato», perché
sembra quasi che io stia facendo una scenata di gelosia? E' ridicolo.
Io sono ridicolo in questo momento.
«Te l'ho
già detto.. lui.. lui è un bambino.. non mi
farebbe mai del male...», la guardo chiudersi in se stessa
davanti ai miei occhi.
«Neanche
io ti farei mai del male...».
«Tutti
vogliono farmi dal male».
Kristen Pov
«tutti ti feriranno, ragazzina.
tutti, nessuno escluso. quindi ora stai zitta e non lamentarti, sono
anche troppo buono con te, quindi ora fai quello che ti ho detto! a nessuno piacciono le ragazze
che piangono, a nessuno piacerà
mai una ragazzina piagnucolosa come te, non hai forza, non hai
carattere! ha ragione tua madre, sei ancora una bambina. non sarai mai
una donna. ma sei fortunata, perché a me non serve che tu lo
sia, mi serve solo una cosa da te ed è meglio che ti sbrighi
a farla».
Come puoi dirmi una cosa del genere, Robert, quando io ho ancora in
testa queste parole?
E adesso come faccio a capire chi ha ragione?
E' talmente la rabbia che provo - verso me stessa, verso quel mostro
che mi ha costretto a fare cose che mi fanno solo venire il vomito,
verso Robert che continua a mandarmi in confusione testa e cuore - che
le lacrime cominciano a scorrermi sul viso senza che io possa farci
niente.
Ma per la prima volta, il dolore si mischia alla rabbia.
Tanta, tantissima rabbia.
«Sei un
bugiardo!» grido, «Siete
tutti bugiardi! Non è vero che non mi farai del male! Non
è vero, non è vero! Tutti vogliono fare del male,
a nessuno importa quanto una persona soffra, a nessuno interessa come
mi sono fatta questi tagli, lo capisci? Nessuno li aveva neanche mai
notati! A nessuno importa, di niente e di nessuno, sopratutto di una
come me! Ma mi hai vista? FACCIO SCHIFO! Faccio schifo.. schifo. Sono
piena di lividi, tagli, ossa rossa e ho un cuore che non funziona, e tu
devi smetterla di fingere che te ne importi qualcosa, perché
a te non te ne fotte un cazzo, esattamente
come a tutti gli altri e io lo so! Lo so che a nessuno
interessa, quindi, per favore, non fingere che io valga qualcosa,
perché non è così.»
Riprendo fiato.
Ho le guance in fiamme e anche la gola.
«Tu non
fai schifo», la voce di Robert è bassa ma io lo
sento.
«Mi hai
chiesto come mi sono fatta questi lividi, giusto? Bene! Vuoi
saperlo?», non aspetto neanche che mi risponda, continuo a
parlare presa da una seconda ondata di rabbia, «Ho
lottato! Ho lottato e mi sono fatta male! Ho lottato e ho perso. Ho perso
perché non ero forte abbastanza, grande abbastanza da capire
cosa stesse succedendo, sveglia abbastanza da svegliarmi da
quell'incubo che era la mia vita, non che adesso sia meglio ma almeno
adesso non sono messa male come prima. Sono libera, io non sono di nessuno,
adesso!».
Non ce la faccio.
Non posso vincere neanche questa volta.
Mi alzo e attraverso la stanza con passo tremante, potrei precipitare a
terra da un momento all'altro.
Sento Robert alzarsi quando io sono già in bagno, penso che
il mio discorso l'abbia scosso.
Che lo sconvolga pure, che guardi in faccia la realtà per
una volta, la mia realtà. Vorrei poterlo buttare fuori,
mettere il dolore che provo dentro nel corpo di qualcun altro anche
solo per qualche secondo per non doverlo affrontare io ogni giorno.
Ho lasciato il mio zainetto in bagno.
Lo prendo, lo apro.
So che deve essere qui.
L'ho usato l'ultima volta tanto tempo fa', ma sono sicura che
c'è ancora.
«Cosa
stai facendo?», lo ignoro.
«Eccolo
qua..» sussurro, mentre prendo in mano il pezzo di vetro.
Sbatto per l'ultima
volta la porta di casa mia.
I vestiti sono a brandelli e fuori c'è un freddo cane, ma
non sento quasi niente di tutto ciò, non sento niente se non
una rabbia enorme. Come hanno potuto permettere che mi venisse fatto
questo?
Come può, un mondo del genere, esistere?
Presa dalla rabbia, mi chino e raccolgo una pietra per poi lanciarla
contro il vetro della finestra di camera di mia madre al piano di
sopra.
I vetri si infrangono e cadono per terra, vicino a me.
Ne prendo uno e me lo infilo in tasca. Il più affilato.
Lo tengo in mano, lo stringo forte.
Robert è ancora sulla porta, gli dò le spalle e
non può vedere cosa sto facendo ma lo sento dietro di me a
pochi metri di distanza. La sua presenza mi scombussola dentro.
Ed è dentro di me che sta succedendo tutto questo.
«Kristen,
che hai in mano..?».
Non avevo la forza di aprire bocca.
Strinsi ancora più forte il pezzo di vetro finché
una goccia di sangue non cadde sul pavimento, macchiando la mattonella
bianca di rosso.
Allentai la presa e lo tenni fra il pollice e l'indice. Lo sollevai
sopra il braccio. Niente polso, avevo ancora paura. Ma il resto del
braccio aveva già alcune cicatrici.
«Kristen..
girati, adesso».
«Non
prendo più ordini da nessuno...» dissi, prima di
premere il pezzo di vetro sul braccio.
Dolore.
Per un po' ci fu solo il dolore del taglio, nessun
altro tipo di dolore.
Non c'erano le lacrime di mia madre.
Non c'erano le cose che quell'uomo mi costringeva a fare.
Non c'erano i capelli biondi e perfetti di Sarah.
Non c'era Robert e i suoi occhi che mi mandavano in confusione.
Non c'era niente se non il dolore fisico.
Ero così presa da quello, da premere più del
solito.
Il sangue macchiò la mattonella quasi del tutto, piccole
macchie rosse che spuntavano come un pugno in un occhio.
«Oh,
merda! Kristen, ma cosa diamine stai facendo!?».
Mi sentivo le gambe molli.
Chiusi gli occhi e lasciai andare il pezzo di vetro, che cadde a terra
con un leggero tintinnio.
«L'ho
detto io che eri un pericolo ambulante..», ero talmente
debole, fra le nuvole, da non accorgermi nemmeno delle mani di Robert
che si appoggiavano sui miei fianchi facendomi girare verso di lui.
Sollevando solo una mano dai miei fianchi usò quella libera
per stringermi il polso, facendo fuoriuscire solo ancora più
sangue. «Cristo..
ma che cazzo ti sei fatta? Sei impazzita?!» urlò.
«Non
toccarmi..» lo supplicai, sentendo gli occhi di nuovo lucidi.
Il dolore stava passando, era solo un sottofondo del mio dolore adesso.
«Non so
quanto sia profonda.. quanto cazzo hai spinto quel pezzo di
vetro!?».
«Non
toccarmi, non toccarmi, non toccarmi», stavo impazzendo, la
sua presa si faceva sempre più insistente.
«Non ti
sto facendo niente, smettila di tremare! Kristen, calmati!»
strinse ancora più forte e con uno strattone mi
avvicinò al lavandino, dove aprì il rubinetto e
spinse il mio braccio sotto il getto di acqua gelida. «Cazzo,
cazzo, cazzo» imprecò mentre l'acqua si colorava
di rosso fino a far sembrare il lavandino un calice pieno di vino.
E intanto, io riuscivo a pensare solo alla sua presa sul mio braccio.
Cercai di strattonarlo via ma lui stringeva ancora di più.
Stavo piangendo di nuovo e sentivo una crisi di pianto farsi largo
dentro di me.
«Non fare
la bambina! Non ti ho fatto niente, smettila di piangere».
«Mi fa'
male.. davvero, mi fa' male».
«I pugni
fanno bene ai bambini, sopratutto quelli disubbidienti,
Kristen».
Me ne stavo nel letto di camera mia, cercando di non pensare al dolore
atroce che mi faceva il braccio.
In quel momento non lo sapevo, ma John me l'aveva rotto.
«Mamma..
mamma.. chiama mia madre!».
Bam, uno schiaffo in piena faccia. «Non
alzare la voce con me!!».
«Mamma,
mamma.. voglio mia mamma...».
«Kristen,
ascoltami!», la voce di Robert mi riportò alla
realtà.
«Lasciami!».
«Devi
ascoltarmi! Smettila di tremare, non ti sto facendo niente! Ti farai
venire una crisi isterica se continui così!».
«Sono
già in crisi isterica, idiota! E ora lasciami andare!
Lasciami! LASCIAMI, CRISTO SANTO HO DETTO DI LASCIARMI ANDARE IL
BRACCIO!».
Il cuore batteva troppo forte.
Il taglio era uscito molto più profondo del solito e il
sangue non la smetteva di scendere.
«Kristen,
va tutto bene, va.. va tutto bene, ma smettila.. di piangere,
okay?».
«Non va
tutto bene! Quando te ne renderai conto che non va' tutto bene? Devi
lasciarmi perdere! Lasciami andare prima che rovini anche te! Prima che
renda anche la tua vita un inferno! Guardami, Robert! GUARDARMI! Sono
distrutta! Io sono a
pezzi! Sono piena
di lividi e tagli e non ho più la forza di
combattere.. non c'è l'ho più..», mi
lasciai cadere a terra, il rumore del cuore che batteva contro la cassa
toracica che mi rimbombava nella testa. Era l'unica prova che mi
dimostrava che ero ancora viva, perché in quel momento non
mi sentivo tale.
Robert si inginocchiò davanti a me.
A pochi centimetri da me.
«Kristen,
hai bisogno di punti».
«Allora
non capisci... non voglio punti! Non voglio niente!».
«Ne hai
bisogno, stai perdendo molto sangue.. davvero, quanto hai
premuto?».
«Non lo
so...», lasciai ricadere la testa all'indietro, sfinita.
Il sangue stava macchiando tutte le mattonelle.
Ma il flusso stava diminuendo, al contrario di quello che pensava
Robert.
Ero più esperta di lui in queste cose.
«Prendo
del disinfettante, devo fare almeno qualcosa..» si alza e
apre l'armadietto dei medicinali. Quando torna da me ha in mano la
stessa boccetta con la quale mi ha disinfettato le ferite sulle
ginocchia. Dio, sono
davvero.. fatta di tagli
e lividi.
Pov Robert
Kristen sembra addormentata.
E' accasciata sul pavimento, il braccio molle, la testa appoggiata
contro il muro, gli occhi chiusi e un'espressione sofferente.
Prendo un pezzo di cotone e lo immergo di disinfettante. Bambina, cosa ti ha portato a
una cosa del genere?, mi
chiedo mentre cerco di pulire la ferita. E' meno profonda di quello che
pensavo e forse non è così grave se non ci
mettiamo i punti, anche perché non credo che
riuscirò a convincerla ad andare al pronto soccorso adesso.
Magari domani mattina, anche se a quell'ora servirà a ben
poco.
«Non
farlo...».
La sua voce è così flebile che per un momento
penso di essermela sognata.
«Cosa..?».
«Non
cercare di mettermi apposto, perché è inutile...
lasciami andare e basta, come hanno già fatto tutti quanti..
pensa a te, non a me..».
Non le rispondo neanche, continuo a pulirle la ferita finché
non smette di sanguinare.
Adesso c'è solo un brutto taglio rosso sangue.
«Non fa'
così male come può sembrare...».
«Non
dovevi farlo.. è da pazzi».
«Il
dolore che mi ha portato a farlo, quello.. quello mi farà
impazzire, non un taglio», non sembra per niente lucida.
«Provi
così tanto dolore..?».
Apre gli occhi.
Si è resa conto di aver parlato troppo.
No, per favore, parla.
Parla con me e rendimi partecipe di tutto questo.
Non lasciare che questo dolore uccida te come ha fatto con me.
E' troppo giovane, bella, ingenua, dolce e timida per finire come me.
E io ho visto carattere dietro quelle lacrime.
«Kristen,
io so cosa vuol dire avere la sensazione di non sentire più
niente, neanche un minimo di emozione».
Le sue labbra si assottigliano, il corpo rigido. «Io sento
anche troppo, Robert. Sento tutto, ogni cosa, e la trasformo in niente. Ma fidati
di me, prima provo ogni singola sensazione, provo tutto il dolore
possibile per ogni cosa che faccio o mi dicono. Non venirmi a dire che
sai come mi sento, perché non lo so neanche io!».
«Dimmi
cosa ti ha portato a.. questo», faccio per toccarle il
braccio ma lei lo ritira, svelta.
«Ti ho
già detto che non mi piace essere toccata»
ringhia.
«Perché?
Cosa ti ha portato ad odiare così tanto il contatto
umano?».
«Gli
uomini! Ecco cosa mi ha portato così tanto ad odiare il
contatto umano!»
mi fa' il verso, ma non c'è ironia nella sua voce, neanche
uno sprizzo di allegria. Si alza troppo velocemente e perde
l'equilibrio, colta sicuramente da un giramento di testa che la fa'
sbandare.
Faccio giusto in tempo a mettermi in piedi e stringerle un fianco per
non farla cadere a terra.
Lei si dimena, strilla, urla.
«Non
toccarmi, non toccarmi! John!
Ti odio! Ti odio! Smettila! Mi fai male! Mi stai facendo
male!».
John?
Le ho già sentito pronunciare questo nome, la notte in cui
ha avuto gli incubi.
Istintivamente, la stringo al mio petto sperando che questo la calmi,
ma non fa' altro che farla agitare ancora di più. Mi
colpisce il petto con i pugni, ma è talmente debole che
quasi non la sento. Mi siedo per terra, trascinandola con me.
«Basta
urlare..» le sussurro all'orecchio.
«Non
voglio.. non toccarmi.. per favore..».
«Non ti
picchierò, non lo farei mai.. non ti farò del
male..», cosa mi spinge a fare, a dire tutto ciò,
non lo so. Ma non voglio lasciarla sola nel suo stesso sangue, dolore.
«A
nessuno.. a nessuno
piacciono le ragazzine che piangono...» dice,
come se stesse ripetendo una citazione.
Il suo corpo si rilassa lentamente contro il mio.
Kristen chiude gli occhi, sta dormendo. Finalmente.
Non ho il coraggio di muovermi, ho troppa paura di svegliarla.
Comincio a cullarla dolcemente fra le mie braccia, per una volta non
sembra dispiacerle il mio tocco.
Una lacrima le solca il viso.
Con il pollice gliela asciugo. «A me
piacciono le ragazze che piangono, invece..» dico.
Prima di alzarmi per portarla a letto, le prendo il braccio, lo sollevo
e appoggio le labbra sulla ferita.
Il sapere del suo sangue mi invade la bocca.
«Non
farti del male, ragazzina...».
___________________________________________________
Ehi!
Allora.. che dire?
mmh, questo capitolo è stato un parto, okay?
cioè, l'ho scritto proprio solamente per voi e non
è uscito neanche tanto bene, penso che sia abbastanza
pesante e pure angosciante e deprimente, ma... serviva.
spero che tutti voi abbiate capito che se ogni tanto kristen si
comporta da pazza isterica è perché ne ha passate
davvero tante e non sa proprio come ci si comporta fra le gente, pensa
che ogni persona voglia qualcosa da lei
e lei non vuole dare niente di sé.
povero rob, eh?
dai, vi sta un po' più simpatico?
e ricky? è un amore quel bambino.
valerì invece è una grandissima.... ditelo voi,
mh?
in ogni caso, scusate il ritardo ma ho avuto... problemi non molto
belli di cui non mi va' di parlare molto,
comunque! si, ehm... l'ultima gif non so di dove sia, non è
rob, lo so, ma era troppo dolce e adatta per
non metterla, che dite?
da adesso in poi, se non troverò gif adatte non ne
metterò o metterò gif senza rob e kristen e
starà a
voi usare l'immaginazione per fare il resto. ma cercherò
sempre di usare gif dei robsten.
okay, la sto facendo lunga.
ehm,
grazie ancora, per tutto,
spero vi sia piaciuto e come sempre voglio rencensioni lunghe con tutti
i vostri momenti preferiti e quello che
avete provato leggendo e le vostre idee, opinioni.
ci tengo a saperle, davvero.
vi voglio bene,
alla prossima.
(ps, non mi taglio, non so il dolore che una persona che lo fa'
può passare, ma una cosa posso dirla: nessuno può dire
quello che un'altra persona ha dentro e l'autolesionismo non
è niente di divertente, le persone in questo
mondo sono troppo cattive)
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Capitolo 7 *** a friend. ***
Pov
Robert
Non
si era ancora svegliata.
L'avevo messa nel letto di camera mia -
prima naturalmente avevo detto a Ricky che la sua nuova amichetta
stava male e aveva bisogno di riposo e lui si era subito alzato, non
si era lamentato neanche un po', aveva solo chiesto: «Ha la
febbre, papà?» - «No, ometto, sta solo
tanto
male.. ha bisogno di riposo» - Kristen non si muoveva
neanche,
era rannicchiata su se stessa e solo l'alzarsi e abbassarsi della sua
cassa toracica mi diceva che era ancora viva. Le ho messo Ted vicino,
ma ho avuto troppa paura di svegliarla e quindi l'ho lasciato
semplicemente lì, accanto a lei. Ho passato la notte
controllando il suo taglio, chiedendomi quanto fosse grave, se avesse
bisogno di punti. Verso le tre di notte ha ripreso a sanguinare e ci
ho appoggiato sopra una benda, che si è presto inzuppata di
rosso sangue.
Mi strofino gli occhi con una mano, stanco, non ho
chiuso occhio tutto la notte.
Controllo l'ora: sei del mattino.
Sono appoggiato con la schiena contro il letto, le gambe distese,
una si è addormentata.
Il cellulare accanto a me vibra, è
Sarah.
"Tom sta bene. Kristen è con te?".
"Si.. c'è stato un piccolo problema la scorsa
notte ma ora è tutto okay. Resta con me".
Non ci
penso neanche a lasciarla uscire di casa adesso.
Se solo ripenso
a ieri notte..
«Papà..?», Ricky è
entrato in camera, indossa ancora il pigiama blu che avevo conservato
dalla sua ultima visita ed è a piedi scalzi.
«Ehi,
ometto.. già sveglio?».
Resta sulla porta. Sta
fissando Kristen, addormentata dietro di me, coperta con le coperte
fino al collo.
«Kris non si sveglia..» dice.
«Sta
ancora male, ometto, ma poi si riprende».
«E se non lo
fa'? Io ho avuto la febbre, sai?».
«Oh,
davvero?».
«Si» dice con tono serio. «e
sono dovuto restare a letto per due settimane. Anche lei ha la
febbre?».
Mi alzo, la gamba che mi formicola ancora. «Ti
ho già risposto ieri notte, Ricky.. no, non ha la febbre, ma
ha bisogno di riposo comunque quindi che ne dici se noi due andiamo a
fare colazione in cucina visto che ormai sei già
sveglio?».
Lui lancia un'altra occhiata a Kristen.
«Io resto con
lei».
«Ricky.. deve dormire».
«Mamma
dorme sempre, io non la sveglio mai».
Sospiro, non ho voglia
di litigare alle sei del mattino.
«Come ti pare.. ti
preparo la colazione, fai silenzio» gli scompiglio i capelli
ed
esco dalla stanza, lasciando Ricky a vegliare sul sonno di Kristen.
Pov Kristen
«Amore,
sveglia.. Kristen, bambina mia, forza.. apri gli occhi».
«Mmh..».
Sento le mani di mia madre scostarmi
qualche ciocca dalla fronte. «Bambina mia, devi svegliarti,
è
tardi.. ma.. ma che hai fatto al braccio? Sei piena di graffi,
Kristen!», spalanco gli occhi: «Posso..
posso
spiegare, mamma!».
Mi sveglio di soprassalto.
Mi
aspetto di trovarmi mia madre davanti a me. «Posso spiegare..
posso spiegare, lo giuro.. posso..», ma lei non
c'è.
«Cosa
devi spiegare?».
Per poco non cado dal letto per via dello
spavento.
Mi
giro dall'altra parte e vedo Ricky, che mi fissa incuriosito dal
bordo del letto, e tutto lentamente mi torna in mente: ieri sera,
Robert, il dolore, la follia che mi ha colto, il taglio, tutto.
Oddio, che cosa ho combinato? Il mio sguardo cade sul mio braccio,
dove una brutta ferita è ancora ben visibile, la crosta
rossa
che è andata un po' via mentre dormivo e adesso sta uscendo
di
nuovo sangue. Mi torna in mente anche Robert che mi dice che deve
portarmi al pronto soccorso, o forse è solo un sogno.
«Allora..?».
Sollevo lo sguardo sul bambino. «Oh..
niente».
«Hai dormito davvero un sacco,
sai?».
«Davvero..?».
«Oh, si. Un sacco.
Proprio tanto. Mamma dice che dormire fa' bene e papà ha
detto
che stavi male, quindi ora stai meglio», non era una domanda,
ma mi ritrovai ad annuire. «Papà sta preparando la
colazione» aggiunge.
«Oh».
«A te
piacciono i cereali?».
«Ehm, si», da quanto non
mangio una ciotola gigante di cereali?
«A me piacciono
quelli al cioccolato!».
«Anche.. a me», il mio
stomaco inizia a borbottare, ma Ricky non se ne accorge.
«Puoi
mangiare un po' dei miei, se vuoi».
«Grazie, Ricky..
sei davvero gentile».
Lui non dice niente, ma fa' un gesto
che mi ricorda molto Robert: una versione infantile dello scrollare
le spalle, solo meno evidente.
La mia mano incontra qualcosa di
morbido. Ted.
Ricky lo indica, mettendosi meglio sul letto
e gattonando più vicino a me.
«Te l'ha messo papà,
l'ho visto io».
Robert? Robert mi ha messo.. Ted, nel letto?
Oh.. non sapevo neanche che sapesse della sua esistenza,
però..
in effetti, alcuni indizi mi avrebbero dovuta portare a pensare
diversamente, ma ero troppo occupata a cercare un modo per mandare
via il dolore, le persone via da me.
Visto che non parlavo,
Ricky ha preso Ted in mano e me l'ha messo davanti alla faccia.
«Ted!».
«Si, si chiama Ted..».
«Io
ho fame, vuoi venire a fare colazione?».
«Mmh..
preferirei farmi una doccia, veramente..».
«Va bene!
Avviso papà, allora» detto questo lascia ricadere
di
nuovo Ted sul letto e corre via, con la camminata incerta dei
bambini, che ondeggiano da tutte le parti. Mi spunta un sorriso.
Che
sparisce appena la ferita inizia a bruciare.
Sbuffo e mi alzo.
Sono sulla porta del bagno quando torno indietro e afferro Ted,
portandolo con me in bagno. Lo appoggio sul lavandino, chiudo la
porta a chiave e apro l'acqua della vasca finché non
è
bollente. Mi sfilo i vestiti e mi immergo, mentre l'acqua bollente
brucia via tutto, o almeno così spero. La ferita fa' un male
cane, ma cerco di non pensarci. Sono stata una stupida e il solo
pensiero che Robert mi abbia visto mentre mi procuravo la ferita mi
fa' venire gli occhi lucidi e un'ansia incredibile: come ho potuto
essere così sciocca, davvero! Cosa penserà
adesso, di
me? Se prima già pensava che fossi pazza, adesso
starà
chiamando qualcuno per farmi venire a prendere e chiudermi dentro una
casa di cure.
Esco dalla doccia e mi copro subito con un
asciugamano.
Fa' freddo, più di quanto mi sono spogliata, e
sono fradicia, il che non aiuta.
Cerco qualcosa da mettermi ma non
trovo niente. «Che.. idiota che sono!».
Quelle che ho
scambiato per acqua, in realtà le lacrime che iniziano a
scorrermi sul viso.
Piangi già di prima mattina, che
gran donna che sei.
«Fanculo...».
Mi stringo
l'asciugamano addosso, sperando che copra abbastanza, poi apro la
porta e vado in camera, ma non c'è traccia del mio zainetto.
Dove diavolo l'ho lasciato?
Mi mordo il labbro, ma alla fine mi
arrendo e mi affaccio nel corridoio. «Rob..
Robert!».
Mi
maledico un secondo dopo, quando sento i suoi passi correre
sù
per le scale.
Pov
Robert
Quando
sento la sua voce chiamarmi qualcosa scatta dentro di me. Mollo
subito le uova che sto cucinando e mi precipito verso le scale,
mentre una scena catastrofica ispirata all'altra sera si presenta
nella mia testa; a ogni scalino mi ritrovo a pregare che non sia
morta, che non si sia tagliata, che lei stia bene.
Quando
arrivo a metà scala sollevo lo sguardo e la vedo, tiro
subito
un sospiro di sollievo, che mi fa' accorgere un secondo troppo tardi
di cosa ha addosso Kristen. O meglio, cosa non ha addosso.
Si
tiene stretto l'asciugamano, rossa per l'imbarazzo.
«Dove..
dove è il mio zainetto? Non ho vestiti» dice,
imbarazzata. Evita di guardarmi.
I capelli bagnati le ricadono
sulle spalle, vedo le gocce d'acqua accarezzarle la pelle bianca per
poi cadere sul mio pavimento, bagnandolo, ma adesso non mi importa.
Anche se intorno a lei si è formata una piccola pozza
d'acqua.
«Zaino. Zaino, certo. Uhm, te lo vado a
prendere».
«Grazie..».
Scendo di nuovo le
scale e vado in cucina, dove ho messo lo zainetto, appoggiato in un
angolo.
Ricky mi osserva attento mentre mangia i suoi
cereali.
«Kristen sta bene?» mi chiede.
«Tutto
okay, ometto» li scompiglio i capelli mentre raggiungo le
scale.
Kristen mi aspetta appoggiata al muro, le mani ancora
strette all'asciugamano.
Ancora non mi guarda.
Non solleva lo
sguardo neanche quando le mostro lo zaino.
«Grazie...»
ripete.
«Come va' la ferita? Cioè, il taglio..»
indico il suo braccio, ma lei lo nasconde dietro la schiena.
«Non
è niente.. ti sei preoccupato per niente, è solo
un
taglietto».
«Non lo sembrava l'altra sera, però.
Cristo, mi hai fatto prendere un infarto, te ne rendi conto? Potevi
farti male sul serio, Kristen. Poteva andare peggio, molto
peggio»
non so neanche io perché me la sto prendendo tanto visto che
lei non sembra neanche che mi stia ascoltando, ma non riesco a
smettere di parlare. «Potevi sbagliare qualcosa. Potevi
sbagliare punto, potevi beccare una vena, potevi.. morire, te ne
rendi conto? E cazzo, guardami quando ti parlo!».
Ancora
niente.
Non parla neanche.
«Da quanto lo fai? E non
dirmi da poco perché ho visto gli altri tagli! E i
lividi..».
«Non so di cosa tu stia parlando... sono
caduta, mi hai visto anche tu.. sono parecchio distratta»
prova
a far sembrare il suo tono leggero, ma sembra sul punto di scoppiare
a piangere.
«Non prendermi per il culo»
l'avverto.
«Non sto facendo proprio niente, cazzo! Nessuno
ti ha chiesto niente, Robert! Porca puttana, non sei mio
padre!»
finalmente solleva lo sguardo, ha gli occhi verdi come smeraldi e mi
colpiscono come uno schiaffo. «O..okay? Non sei mio padre e..
e.. io posso stare benissimo da sola, non avevo bisogno di te l'altra
sera, sei tu che ti sei messo in mezzo, non riesco neanche a capire
perché sono ancora qui.. lasciami andare, è
meglio per
entrambi, fidati...».
«Kristen..», non ce la
faccio: non posso stare davanti a questo corpicino infreddolito,
pieno di lividi e tagli, a quei due occhi bellissimi, tristi e
lucidi, e restarmene con le mani in mano. Non ce la faccio. Vorrei
prenderla per mano, vorrei poter sfiorare quel taglio e rassicurarmi
ancora una volta di quanto non sia poi così profondo, ma so
che lei non me lo permetterebbe mai, anche se adesso non mi preoccupa
poi così tanto l'idea di prendermi uno schiaffo, ma non
voglio
farla incazzare ancora di più quindi mi limito ad
avvicinarmi
di qualche passo a lei. «tu hai bisogno di
aiuto».
«A..aiuto? Cazzo dici? Non ho bisogno
di aiuto!».
«Ti sei tagliata ieri sera, davanti a me..
si, ne hai bisogno invece».
«Ancora? Non era.. non è
niente, te l'ho detto..».
«E i lividi? Sei piena di
lividi, sopratutto nelle braccia e nelle gambe. Alcuni sono vecchi
ematoma che non sono andati via del tutto, avresti bisogno di cure,
sai?».
Lei si morde il labbro inferiore, nervosa.
«Non
voglio.. non voglio, si ehm insomma», cerca le
parole
giuste, Robert, o la farai scappare, «ho capito
che non ti
piace quando mi avvicino troppo, in tutti i sensi, ma guardati: come
posso non fare qualcosa? Lascia che ti aiuti, non voglio entrare
nella tua vita e peggiorarla, voglio solo porgerti una mano.. del
tipo che, se hai bisogno, puoi chiedere a me..», bel
discorso Robert, degno di un bambino delle elementari.
Mi
sento un idiota.
Non mi è mai successa una cosa del genere,
non mi sono mai rivolto a qualcuno in questo modo, offrendogli
il
mio aiuto senza volere neanche niente in cambio, ma con lei
mi
viene naturale. Voglio aiutarla e il fatto che lei non lo voglia mi
spinge solo a insistere ancora di più.
Anche se questo la
fa' solo allontanare ancora di più.
«Okay».
Ci
metto un minuto buono a realizzare quello che ho appena
sentito.
«C..cosa?».
Lei non mi guarda neanche,
gioca con una ciocca dei capelli bagnati. «Ho detto.. okay.
So.. so che.. so di non.. essere.. normale, so di avere.. problemi ed
è.. okay, posso.. uhm, accettare qualche aiuto. Tipo.. posso
avere i miei vestiti, adesso? E' un aiuto: voglio che tu mi dia i
miei vestiti».
E' già qualcosa, mi dico. Non ha
accettato il mio aiuto, non ha capito bene neanche il senso delle mie
parole, ma non è scappata via né si è
messa a
piangere, per oggi mi basta.
«Certo.. ecco» le passo
lo zaino, che lei afferra subito.
Restiamo qualche secondo in
silenzio, nessuno dei due dice niente ma resto a guardarla,
osservando la ferita sul braccio e un lieve taglio nell'altro. Alla
fine lei si gira e si chiude in bagno ma io non riesco comunque a
trovare la forza di andarmene e tornare di sotto, così mi
appoggio alla porta che so, anche senza controllare, essere chiusa a
chiave.
«Hai bisogno di vestiti nuovi» dico.
Lei
ci mette molto tempo a rispondere, sono quasi convinto che mi stia
ignorando quando sento la sua voce arrivare bassa dall'altra parte
della porta. «Quelli che ho mi vanno benissimo,
grazie».
«No.
Non è vero. Oggi avevo intenzione di portare Ricky a
comprare
qualcosa, visto che abiterà qui per.. non so quanto; vieni
con
noi, ti compro qualcosa».
Mi ritrovo a incrociare le
dita.
Dì di sì, per favore.
Lasciami fare
qualcosa per te.
Anche una cazzata, ma lascia che ti aiuti in
qualche modo che non sai urlarti contro per spronarti a reagire
contro il tuo dolore. Per favore.
«No».
Le mie
speranze vanno in frantumi.
Ma non la mia testardaggine.
«Perché?».
«Non.. non voglio che..
spendi soldi per.. me, okay? No, uhm».
«Kristen, con
il lavoro che faccio i soldi non mi mancano, ne trovo altri
subito»,
e mi faccio un po' schifo per questo.
«I vestiti che
ho.. vanno.. vanno bene», insiste.
«O ti lasci
comprare qualche vestito nuovo o ti trascino da un dottore»,
e
la mia voce risulta molto più fredda e minacciosa di quanto
volessi in realtà. Perché devo sempre finire con
il
fare lo stronzo con lei? Mi maledico da solo.
Non c'è
risposta per un po'.
Poi: «O...okay, v..va bene... basta
che non mi porti da un dottore, odio.. odio quei bastardi»,
la
porta del bagno si apre ed ecco Kristen con i capelli ancora un po'
bagnati, jeans larghi il doppio di lei, come la felpa verde che
indossa. Verde come i suoi occhi, che sono stupendi. Perché
lei è stupenda. Ed è una scheggia, e sprofonda in
quei
vestiti. E tu ti stai finendo di rincoglionire, Robert
Pattinson,
parli e pensi come un bambino di dieci anni da quando c'è
lei,
coglione. Cerco di riprendermi e trovare quel poco di
dignità
che mi resta. «Andiamo tra dieci minuti.. hai fame? Ho
preparato la colazione anche per te» le chiedo.
Annuisce,
timida, e mi precede scendendo le scale.
Pov Kristen
Ho
mangiato. Robert mi ha fatto sedere a tavola come se avessi cinque
anni, mi ha messo davanti un piatto con uova strapazzate, succo
d'arancia, toast e marmellata. Tutto buonissimo, ma poi sono dovuta
correre in bagno con una scusa e ho vomitato tutto. La
verità
è che sono troppo nervosa. Mi vuole portare a comprare dei
vestiti e questo implica il dover andare in giro per negozi. E' quel
"in giro" che mi preoccupa; non voglio andare per
strada, non voglio incontrare nessuno, non voglio dover andare a
sbattere contro una persona per sbaglio mentre cammino. Odio la
gente, le folle, il rumore, i negozi, ogni cosa. L'unico negozio che
mi piace è la libreria, ma ci sono andata davvero poche
volte
in vita mia e non so neanche più se il bel ricordo di quel
posto che ho sia vero o solo frutto della mia immaginazione, che vuole
rassicurarmi che un posto che mi piace al mondo c'è, non
sono
del tutto pazza.
Quindi Ricky ha provato a parlarmi, ma è
stata una cosa abbastanza breve.
«Ti piace la
colazione?».
«Uhm, si..».
«L'ha
preparata papà!».
«Uhm».
«Tu non
parli molto ma mi piaci comunque», poi mi ha rubato un sorso
di
spremuta.
«Mi.. mi piaci anche tu..».
Robert ha
preso Ricky in braccio e l'ha portato in macchina.
Non ero mai
salita nella macchina di Robert, abbiamo sempre usato quella di
Marcus.
O almeno credo che fosse sua, in realtà non mi
interessa.
La macchina di Robert è ordinata, non troppo
grande; non mi intendo di macchina ma credo che sia un modello nuovo,
sportivo, color grigio metallizzato, come i suoi occhi quando
è
preoccupato. I sedili sono comodi e muoio dalla voglia di sollevare
le gambe e metterci i piedi sopra, ma mi trattengo per paura della
sua reazione.
Ricky sta dietro, Robert ha controllato un paio di
volte che si mettesse bene la cintura.
«So farlo da solo,
papà!» ha protestato lui.
«Ricky, niente
capricci oggi, okay? Faccio io, ometto».
Ricky ha messo su
il muso e a quel punto Robert ha tirato fuori una caramella dalla
tasca della giacca.
Da quel momento ho deciso che mi piaceva
Robert in versione papà.
E adesso me ne sto sul sedile del
passeggero, guardando fuori dal finestrino, torturandomi le mani.
E
se qualcuno mi viene addosso?
E se qualcuno prova a toccarmi? Non
voglio scoppiare a piangere davanti a tutti.
Questi pensieri mi
tormentano e non riesco a smettere di pensarci.
«Che taglia
hai?».
La domanda di Robert mi spiazza. «Ehm.. non..
non lo so» rispondo, imbarazzata.
Non mi è mai
importato molto della taglia dei vestiti che indossavo, tutto quello
che mi importava era che mi coprissero tagli, lividi e parti del
corpo vulnerabili.
«Come non lo sai?».
«Non
lo so. Che posso dirti, scusa? Non lo so» dico, acida.
Dio,
sono un fascio di nervi.
«Okay! Capito.. non sai neanche
che taglia hai. E come fai a scegliere i vestiti?».
«Prendi
quelli che trovo...».
«Mmh..», non dice niente
per un po', limitandosi a fissare la strada. Non so dove stiamo
andando, non conosco questa zona. Conosco solo le zone che mi ha
mostrato Scout.
«Dove stiamo andando?» chiedo.
«In
un centro commerciale appena fuori città, non voglio
rischiare
di incontrare nessuno», so che con "nessuno" intende
i suoi clienti. Mi ero quasi dimenticata che Robert fosse uno
spacciatore. Non sembrerebbe a vederlo a casa sua, con Ricky, con me,
ma lo è e io me ne sono dimenticata. Non devo farlo
più.
«Papà, io voglio la cioccolata» si
intromette
Ricky.
«Dobbiamo comprarti vestiti, ometto, non
cioccolata».
«Ma io voglio la cioccolata».
«Ricky,
che ti ho detto prima di partire?», il tono paternale che usa
Robert mette sull'attenti anche a me.
«Ma io sto facendo da
bravo! Kristen, vero che sto facendo da bravo!?».
«Ehm..»,
mi giro verso Robert, alla ricerca di un suo aiuto, un suggerimento,
ma lui sta continuando a guardare davanti a sé, tenendo le
mani ben strette sul volante. Mi piacciono le sue mani, sono lunghe e
fini, come quelle di un pianista. «c..certo che stai facendo
da
bravo» dico.
«Visto, papà!? Cioccolata, per
favore!».
Lancio uno sguardo di sottecchi a Robert e potrei
giurare che stesse sorridendo.
Non andavo in un centro
commerciale da una vita, forse anche di più.
L'ultimo
ricordo che ho di un posto del genere risale a quando avevo dieci
anni e mia madre mi c'ha portato per il mio compleanno, è
stata una giornata diversa dalle altre e mi sono anche divertita.
Mamma mi ha comprato una felpa, me la ricordo ancora: era rosa chiaro
con il disegno di un gatto che spalancava la bocca per miagolare. Amo
i gatti, ma il rosa non mi è mai andato tanto bene, ma mi
piaceva davvero un sacco quella felpa per il semplice fatto che me
l'aveva regalata mia madre, e me la mettevo quasi ogni giorno
perché
mi ricordava quella giornata in cui era riuscita a prendersi un
giorno libero tutto per noi.
«Eccoci, siamo arrivati»
annuncia Robert, parcheggiando in uno dei pochi posti liberi davanti
al centro commerciale.
Ricky è euforico e Robert corre
subito a liberarlo dal seggiolino.
Io invece vorrei non dover mai
scendere da quest'auto.
Se da una parte questo posto mi ricorda
la mia giornata con mia madre, dall'altra fa' riaffiorare in me le
mie paure.
Alla fine, Robert vieni ad aprire il mio sportello.
Vede subito che ho qualcosa che non va'. «Ehi.. che
succede? Ti senti male?».
Si, malissimo. Voglio
nascondermi, fuggire e non tornare mai più in questo posto
che
fa' scaturire in me fin troppe emozioni. «No, sto
bene»
mi sforzo di mantenere il controllo e scendo dall'auto.
Per
fortuna non c'è neanche una persona nel parcheggio.
Ricky
supera sia me che Robert e inizia a correre verso l'entrata.
«Ricky,
non così veloce!» lo riprende subito Robert.
«Papà,
veloce! Veloce, veloce!».
Robert sorride e si passa una
mano fra i capelli. «Sei troppo veloce per noi due,
campione!».
Noi due.
Noi due.
Basta,
basta, basta.
Robert mi affianca, sempre senza perdere d'occhio
Ricky.
«Sicura di stare bene? Hai una faccia..».
«Ti
ho detto che sto bene, cazzo».
«Okay, come ti pare»
sbuffa e accelera il passo, raggiungendo Ricky e prendendolo per
mano. Io resto indietro.
Cercando di mandare via le lacrime alla
vista di quella scena.
«Mamma, quando torna papà
a casa?».
«Uno di questi giorni, Kristen.. uno di
questi giorni».
«Mamma.. hai gli occhi rossi».
«Sono
solo stanca...».
«E hai anche uno strano odore.
Bagnoschiuma nuovo, mamma?».
«Si, Kristen.. è
nuovo. Adesso per favore smettila di parlare perché la mamma
è
tanto stanca e ha un gran mal di testa, okay?».
«Tu
hai sempre mal di testa...».
L'interno del centro
commerciale è affollato e io mi sento circondata,
senza
via di scampo. Spero che Robert non se ne accorga e continuo a
camminare dietro di loro, osservando ogni persona che prova ad
avvicinarsi a me, intimorita, sperando che non abbia una pistola
nascosta da qualche parte o mi afferri per portarmi via. C'è
davvero un sacco di gente, qui. La maggior parte sono famiglie con
bambini piccoli ma ci sono anche gruppi di adolescenti della mia
età
che camminano in gruppo, uno di loro - un ragazzino di massimo
diciotto anni con i capelli biondi e due occhi azzurri che non hanno
niente a che vedere con quelli di Robert - mi lancia uno sguardo
più
lungo degli altri, facendomi venire un unico brivido in tutto il
corpo.
Senza pensarci, mi avvicino a Robert, che percepisce
subito la mia presenza accanto a sé. «Kristen, si
può
sapere che hai? Sei agitata. Perché?».
«Non..
non mi piacciono i centri commerciali» dico.
«I
centri commerciali?» guarda prima a me e poi la gente che ci
passa accanto, troppo vicino. «I centri
commerciali,
eh?» ripete, e io annuisco. «Io dico che non ti
piacciono
proprio i luoghi affollati», la mia espressione accigliata
deve
tradirmi perché Robert fa' un sorriso da "ecco, lo
sapevo, ho ragione", girando leggermente la testa dall'altra
parte per poi tornare su di me, serio stavolta.
«Perché
non me l'hai detto? Ti avrei portata in un negozio, o avrei fatto
comprare qualche vestito da Sarah».
«Ecco, io.. non
volevo.. non volevo dirlo» ammetto.
«Non volevi
dirlo?» si ferma e io anche.
Annuisco, imbarazzata.
Ricky
è attaccato alla vetrina di un negozio di giocatoli insieme
ad altri bambini.
«Kristen... ti ricordi cosa ti ho detto a
casa?», annuisco.
«Quando ti ho detto che volevo
aiutarti, io intendevo anche per cose del genere, mi
capisci?».
«Si, certo», no, non ho capito neanche la prima
volta, figurati adesso.
«Quindi.. se hai problemi con la
gente, con la.. folla, io lo capisco» il tono si fa'
più
duro, «ma dovevi dirmelo, Kristen, altrimenti come potevo
saperlo?».
«Hai.. hai ragione, mi dispiace».
La
sua espressione torna ad addolcirsi. «Non importa, adesso lo
sai. Facciamo così, adesso mi stai vicino - nel limite del
possibile per te - e andiamo a prendere qualche vestito, non ci
mettiamo molto e non dovrai parlare con nessuna commessa
perché
lo farò io, okay?».
Mi perdo nei suoi occhi.
Sul
serio, mentre mi parla io non riesco fare a meno di osservarli.
La
sua bocca, mentre parla, è bellissima da osservare.
La
mascella, i lineamenti, tutto in lui è un capolavoro.
Ha
una leggera barbetta biondo-rossiccia, stamattina.
E' bello ma io
no.
E' grande e io no.
Lui sa fare le cose, io sono impedita.
Osservo la sua mano mentre sprofonda nella tasca dei jeans e per
un secondo desidero che la tiri fuori e l'appoggio sulla mia guancia,
ma è solo un attimo.
Le sue parole ci mettono un po' per
trovare un senso nella mia testa.
Mi sta.. offrendo il suo
aiuto?
«Il mondo è una merda».
«Kristen,
non usare questo linguaggio in casa mia!».
«Mamma,
guardati! Guardati, cazzo! Non ti reggi in piedi e guarda che schifo
di casa in cui siamo! Cade tutto a pezzi! E' una merda, tu sei una
merda, io sono una merda, John è il re delle merde e tutto
questo mondo di merda fa' schifo! Schifo!» urlo con tutto il
fiato che ho in gola. Mia madre è distesa sul divano,
indossa
ancora i suoi "abiti da lavoro" e ha una sigaretta in mano,
metà accesa e metà spente, ma se la mette in
bocca lo
stesso.
«Non tutto è brutto a questo mondo, bambina
mia. Forse qualcuno che vuole fare del bene esiste ancora a questo
mondo, bambina mia.. bambina mia», è
ubriaca, lo
sento dalla voce impastata, «non tutti sono cattivi, Kristen,
e
scommetto che tu troverai qualcuno che ti aiuterò a uscire
da
questa merda, bambina mia.. bambina mia.. bambina mia...».
Guardo
Robert negli occhi.
Mi mordo il labbro, ancora un po' indecisa.
«Lo prometto, Kristen, non ci mettiamo molto»
aggiunge, «prendiamo qualche vestito e andiamo a casa. Non..
non avere paura, okay? Non averne, perché ci sono io, non
sei
sola».
Mamma, forse avevi ragione... forse. «Va
bene, andiamo...».
Pov Robert
«Per chi è il vestito?»
mi chiede la commessa.
«Ehm, per mia sorella» mento.
La commessa annuisce e mi fa' cenno di seguirla.
Non so
perché ho deciso di comprarle un vestito, da quello che ho
capito di lei non lo metterà mai.
Non è il tipo da
vestiti, ma io voglio comprarle un vestito comunque.
Tengo la
busta con dentro le altre cose - due paia di jeans, cinque magliette
con le maniche che arrivano fino ai gomiti, tre a maniche lunghe e
altre tre a mezze maniche - e seguo la commessa mentre penso a
Kristen chiusa nel camerino, con Ricky. Mi ha chiesto lei di
lasciarla là, penso che andare in giro in mezzo alla gente
la
disturbi proprio tanto, quindi l'ho accontentata e ho lasciato che
Ricky restasse con lei, quei due vanno abbastanza d'accordo.
Più
di lei e me, sicuramente.
«Che ne dice di questo?» mi
chiede la ragazza, mostrandomi un vestito rosso lungo fino al
ginocchio forse, a tubino, stretto in vita ma che si allarga verso il
basso.
Nella mia testa si forma l'immagine di Kristen con addosso
una cosa del genere.
Mi ucciderà, penso. «Lo
prendo, grazie».
Sto andando a prendere Kristen, i
camerini non sono molto lontani.
Non ho bisogno di chiamarla,
sento la voce di Ricky che urla e ride.. e qualche istante dopo si
aggiunge anche la risata di Kristen, ed è meravigliosa,
una delle cose più belle che io abbia mai sentito. E'
genuina,
spontanea, una di quelle risate speciali, di chi ha pianto molto.
«Kristen, ho pagato. Ricky, esci fuori ometto»
dico.
Ricky scansa subito la tenda ed esce fuori, sollevando le
braccia. «Papà!!!!» urla.
Lo sollevo,
prendendolo in braccio. Il mio bambino, lo
bacio sulla
fronte. «Kristen?».
Anche lei esce fuori, guardandosi
attorno.
«Non c'è nessuno, tranquilla..» le
dico, sperando di rassicurarla.
Lei non dice niente ma
annuisce.
Usciamo dal negozio e Ricky inizia a lagnare perché
vuole prendere la sua cioccolata, così mi giro verso Kristen
per avvisarla del cambiamento di rotta. «Andate pure.. io
devo
andare in bagno tanto.. vi.. vi raggiungo» dice.
«Sicura?»,
che deve fare in bagno?
«Certo..».
E non posso
aggiungere altro perché Ricky inizia a tirarmi per la
manica,
incitando a muovermi.
Guardo Kristen mentre va' verso i bagni del
centro commerciale, non la perdo di vista finché non
sparisce
dalla mia visuale. Ricky ci mette troppo a scegliere che tipo di
cioccolata vuole e io sto perdendo la pazienza.
Che deve fare in
bagno?
Non dovrò tagliarsi, vero?
Ci manca solo che la
ritrovo svenuta in una pozza di sangue nel bagno di un centro
commerciale.
«Ricky, sbrigati».
«Ma papà!
Sono tutte buone. Tu quale vuoi?».
«Una qualsiasi,
basta che ci muoviamo».
«Questa?» prende una
tavoletta di cioccolato al latte con la figura di una mucca
viola.
«Si si, va benissimo» lo afferro per la mano e
lo trascino verso la cassa.
Mentre pago cerco di osservare
l'entrata dei bagni.
Un gruppo di ragazzini più o meno
dell'età di Kristen ci stanno entrando, ridendo come dei
coglioni.
Un brutto presentimento mi assale.
Velocizzo il
passo, Ricky ha difficoltà a starmi dietro.
«Dove
andiamo, papà?».
«Devo controllare una cosa,
ometto, ci metto un attimo».
Mi avvicino ai bagni, che sono
alla fine di un lungo corridoio subito dopo un muro.
Faccio per
aggirarlo, quando sento di nuovo le risate di quei coglioni.
«Avanti, piccola, ho visto come mi guardavi».
«Sta
lontano da me!!», Kristen.
«Matt, puoi tenerla
ferma per favore? Ne abbiamo trovata una difficile, oggi».
«Non..
provarci. Lasciami! Lasciami, figlio di puttana! Bastardo, lasciami!
LASCIAMI!! NON TOCCARMI, NON TOCCARMI, CAZZO! non toccarmi.. non
toccarmi.. non toccarmi, lasciami andare... LASCIAMI!»,
quelle
che prima erano grida disumane che hanno attirato l'attenzione della
maggior parte delle persone che passava in quel momento, adesso sono
una preghiera disperata che mi spezza il cuore.
«Kristen,
papà! Stanno facendo male a Kristen!», Ricky mi
lascia
la mano per correre nell'esatto momento in cui io scatto in avanti
verso i bagni.
Ci sono cinque ragazzi. Due di loro stanno tenendo
ferma Kristen, che si dimena come un animale in trappola, il viso
inondato di lacrime mentre scalcia e cerca di graffiare i suoi
aggressori, che la tengono ferma bloccandola per le braccia. Un
ragazzo è davanti a lei e mi dà le spalle, lo
sento
ridere.
Quelli che la tengono ferma mi vedono arrivare e si
bloccano, ma il coglione che sta ridendo mi dà le spalle e
ho
tutto il tempo di arrivare dietro di lui e afferrarlo per un braccio.
«Che cazzo..», non ha il tempo di finire la frase
perché
lo sbatto a terra. Impreca e cerca di rialzarsi tenendosi il braccio,
probabilmente rotto.
Ricky piange insieme a Kristen. «Lasciatela!
Siete cattivi! CATTIVI!!!».
I due tipi che tengono ferma
Kristen si lanciano un'occhiata, impauriti.
Kristen continua a
dimenarsi, senza smettere di urlare e piangere.
Il resto della
combriccola se la dà a gambe, senza neanche chiedere al loro
grande capo se ha bisogno di una mano per alzarsi.
«Lasciate
andare la ragazza o vi spacco il culo, ci siamo capiti? LASCIATELA
ANDARE, ADESSO, COGLIONI!».
Le mani che prima la sollevavano
adesso allentano la presa fino a lasciarla andare.
Kristen
barcolla e ci mette qualche secondo prima di rimettersi in piedi,
giusto il tempo adatto per permettere a quei due coglioni di correre
via, dritti fra le braccia delle guardie di
sicurezza.
«Rob..».
Kristen tieni una mano sulla
bocca, scossa dai singhiozzi.
«Va tutto bene, adesso..»
dico, avvicinandomi.
Ma non c'è n'è bisogno. Kristen
solleva gli occhi, incrocia il mio sguardo e io riesco a vedere tutta
la sua paura. Tutta la paura che quel piccolo corpicino si
tiene
dentro. Non sono solo i tagli e i lividi che mostrano quanto
sia
fragile, ma basta guardarla negli occhi per capire che ha bisogno di
aiuto, di protezione, di qualcuno che la prenda per mano e le insegni
ogni cosa, anche la più insignificante su come si comunica
con le persone.
«Oh,
Rob..» e in un meno di un secondo Kristen uccide la distanza
che ci divide...
.. gettandosi fra le mie braccia.
Appoggia il viso sul mio petto, cingendomi la vita con quelle braccia
che sono talmente magre da non riuscire neanche a stringermi come si
deve, ma a me basta. Mi basta per capire quanto abbia bisogno di me,
quanto io voglia aiutarla, mi basta per ricambiare quell'abbraccio e
stringerla a me mentre lei si lascia andare a un pianto disperato.
Le accarezzo i capelli, mentre intorno a noi la gente si raduna.
«Shh, va
tutto bene.. è okay, ci sono qui con te..».
«Mandali
via.. mandali via tutti quanti, per favore.. via.. portami via... non
voglio restare qui, per favore.. per favore, Robert.. non restiamo
qua.. via.. portami..», non riesco a capire il resto delle
sue parole, perché il pianto le impedisce di parlare
correttamente.
La stringo ancora di più, facendo attenzione a non farle
male.
E' così magra, cazzo.
Ricky si avvicina e appoggia una mano sulla schiena di Kristen, che
urla prima di accorgersi che si tratta solo di Ricky. Lui non sembra
restarci male, anzi, sembra quasi capire la gravità della
situazione. Guarda Kristen e tiene la sua piccola manina sulla schiena
di lei senza dire niente.
Una signora anziana si fa' avanti, accanto a lei ci sono le guardie di
sicurezza. Chissà dove sono adesso quei cinque coglioni.
«Cosa
è successo?» mi chiede.
«Hanno
cercato di.. aggredirla, ma va tutto bene adesso» spiego,
Kristen non si gira neanche.
«Sei il
fratello?».
«Ehm..
no. No, non lo sono».
«Un
parente?».
«Un
amico».
___________________________________________________________
Okay, ehm.
si, sono stata una stronza a farla finire in questo modo ma oggi vado a
vedere BD2 e volevo postare per forza, quindi mi dispiace ma
è andata così.
comunque sia!,
aaaaaah, si sono abbracciati!
cioè, lei si è praticamente gettata fra le sue braccia,
che è anche meglio no?
spero che tutto questa storia vi stia prendendo e volevo solo dirvi che
non sto accellerando niente - se questa è stata la vostra
impressione - ma semplicemente
kristen era presa dal panico e ha riconosciuto in robert un qualcuno
che poteva aiutarla, l'unico nella stanza che l'avrebbe potuta salvare.
tutto qui.
niente di che insomma.
che altro dire?
mmmmh.
BD2! insomma, io vado a vederlo oggi e non sto già
più nella pelle!
ma tornando al capitolo, vi prego ditemi cosa ne pensate
perché non so proprio come definirlo.
è carino da una parte e fa' schifo nell'altra.
insomma, come la maggior parte dei miei capitoli!
ma il giudizio finale spetta sempre a voi.
quiiiiindi, grazie ancora per tutto,
vi voglio bene,
alla prossima!
ps ho aperto un secondo blog su tumblr su robsten, taylor swift, miley
cyrus e altri,
insomma, tutti grandi artisti! eccolo qui.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** a walking disaster. ***
fire and rain
Pov
Kristen
Non
so cosa mi sia preso. Non pensavo neanche di essere in
grado
di fare una cosa del genere. Ma quando le loro braccia mi hanno
circondato e mi sono sentita l'aria mancarmi nei polmoni non ho
capito più niente, il mio cervello è come entrato
in
modalità automatica. Urlavo, strillavo, piangevo senza
neanche
rendermene conto. Le mie braccia si muovevano da sole, le gambe si
sollevavano e la bocca si apriva in cerca d'aria; ma era inutile
perché la cosa peggiore era la paura
che mi
attanagliava e mi impediva di ragionare con lucidità. Non so
quanto durò, nella mia testa fu almeno una vita intera ma
molto probabilmente quei cinque coglioni ebbero appena il tempo di
iniziare che Robert stava già venendo a salvarmi. Robert.
Già.
Quando l'ho visto la paura che sentivo nel mio petto - vuol vuoto
freddo e sempre più profondo - si è allentato un
po' e
la sua voce era come un ancora a cui aggrapparmi per non affogare. Le
prese sulle mie braccia si sono allentate e appena mi sono sentita
libera, con di nuovo il pieno controllo del mio corpo martoriato, non
ci ho pensato neanche cinque secondi: mi sono gettata fra le sue
braccia, trovandoci il rifugio che cercavo da una vita. Le sue
braccia erano forti, stringevano il mio corpo contro al suo facendomi
quasi male, ma le sue mani sapevano anche essere dolci, gentili e
persino premurose e me ne diedero la prova quando iniziò ad
accarezzarmi i capelli per tranquillizzarmi. Schiaccio il viso contro
il suo petto, ispirando il buonissimo profumo che ha. Non avevo mai
sentito un ragazzo profumare in questo modo: menta, tabacco -
sopratutto - e qualcosa che non conosco insieme al bagnoschiuma,
qualcosa di dolce e leggermente pungente che, decido subito, mi
piace. Ma che stai facendo?, penso, allontanati
subito! è
un ragazzo, ha una cosa in mezzo alle gambe che ti creerà un
sacco di problemi! fuggi, cogliona, fuggi!, ma non gli diedi
retta, volevo stare ancora un po' fra le braccia di Robert anche se
sapevo che era sbagliato. Non facevo altro che starmene lì,
fra le sue braccia, a respirare quel buon profumo e a farmi consolare
mentre, pian piano, sentivo il mio corpo rilassarsi. Scappa!,
e stavolta seguii quello che mi diceva la mia vocina interiore,
quella spaventata e impaurita da ogni cosa.. ma prima di staccarmi da
Robert, lo abbracciai a mia volta.
«Ma che è
successo?!».
«Sarah, cazzo urli? Ti ho detto di darmi
una cazzo di calmata e tu urli!».
«Prima non mi chiami
come ti ho chiesto per dirmi che cazzo è successo a Kristen
e
poi mi dici che c'è stato un "piccolo" problema di
nuovo dopo quello di stanotte - di cui non mi vuoi parlare -
e
pretendi anche che IO NON URLI, ROBERT? MA VAFFANCULO!»,
Sarah
ha una voce davvero acuta quando urla. Mi ritrovo a pensare se anche
la mia lo è.
E' da quando siamo tornati a casa che penso a
cosa stupide.
Penso che il mio cervello lo faccia per non farmi
impazzire al pensiero di tutte quelle mani su di me e al pensiero
dell'abbraccio di Robert, a come mi sono sentita protetta fra le sue
braccia.
Non pensarci.
Non adesso.
«Cazzi
miei, okay? CAZZI MIEI, Sarah! Quello che faccio sono solo cazzi miei
e tu non URLARE!».
«Tu non urlare, COGLIONE!».
Per
due che si dicono di non urlare, stanno urlando davvero tanto.
Mi
porto le ginocchia al petto e cerco di distrarmi.
Me ne sto
sul divano, cercando di abbassare il volume sul litigio che si sta
svolgendo in cucina.
Mi chiedo dove sia Ricky, perché
Robert urli così tanto e perché Sarah sia
così
preoccupata, ma anche perché le tende sono una
più
lunga dell'altra e quando potrò andarmene a letto, da sola,
in
pace.
«Senti, vattene, okay?».
«Fottiti. Non
vado da nessuna parte, prima voglio vedere come sta lei! Ma ti rendi
conto che è solo una bambina e che non puoi occupartene tu?
Insomma, non sai neanche badare a te stesso!».
Gioco un po'
con la mia maglietta.
Forse dovrei provare una delle magliette
nuove.
Erano carine.
Robert ha buon gusto, ma ha tenuto una
busta per sé, chissà cosa ha comprato.
«Ha
parlato la grande donna vissuta, invece! Io almeno ho un lavoro che
non consiste nell'aprire le gambe!».
Il rumore
inconfondibile di uno schiaffo si sente fino in soggiorno.
Mi
tappo le orecchie e mi rannicchio.
Premo la fronte contro le
ginocchia e poi nascondo la testa in mezzo alle ginocchia.
«Sei
un fallito!».
«E tu una puttana! Chi era quell'uomo,
eh!? Spero per te che Kristen non l'abbia visto!».
«Zitto!
Stai zitto o stasera finisce male! Io non ho fatto NIENTE, okay? E
ora fuori da casa mia!».
«E' anche casa mia! E ora
dimmi chi era quell'uomo che è uscito da casa
nostra!».
«Un
amico!».
«Uno che ti sei scopata mentre eri ubriaca,
ecco chi era!».
«Si, me lo sono scopata, ma non ero
ubriaca! E adesso fuori da casa mia!».
«Ehi..»,
la voce di Robert scaccia via quella di mia madre dalla mia testa.
Apro gli occhi e solo in quel momento mi accorgo che sto
piangendo.
«Che è successo..?» è
inginocchiato davanti al divano dove sono ancora sdraiata e mi guarda
fisso negli occhi, così vicino al mio
viso da farmi
quasi spaventare. Mi metto subito a sedere, sollevando le ginocchia
al petto a mo' di barriera fra di noi.
«Un.. un brutto
sogno» dico.
«Che sogno?» mi chiede e sembra
davvero interessato.
«N..niente. Sarah.. è.. è
andata via?».
Annuisce e si porta una mano fra i capelli.
«Era incazzata nera.. scusa se ci hai sentito
urlare».
«Non
importa...» lo guardo un attimo negli occhi e rivedo la scena
di qualche ora fa', di me che mi getto fra le sue braccia e lui che
mi stringe forte. Da quanto non provavo una sensazione così
bella? Eppure adesso il solo pensiero di farlo di nuovo mi terrorizza
e non riuscirei mai a farlo di nuovo. Eppure è sempre lo
stesso Robert quello che ho davanti, sono io che cambio alla
velocità
della luce.
«Senti.. ho messo Ricky a letto e stavo
pensando che magari anche tu volevi dormire un po'.. ma prima, ti va'
di parlare di quello che è successo al centro commerciale?
Solo se vuoi, nessun obbligo».
«N..no» balbetto.
Le loro mani su di me.
Quella mancanza di libertà.
Il
loro alito estraneo sulla mia pelle.
Le loro voci che mi
ripetevano incessantemente di stare ferma e lasciarli fare.
«No?».
«Per favore...» lo imploro, non
di nuovo, non farmelo rivivere un'altra volta.
«Ehi, è
okay.. non importa, ne parliamo un'altra volta. A letto
allora»
mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi, sicuramente pensa che
adesso che l'ho abbracciato può toccarmi quanto vuole ma non
è
affatto così.
Lascio la sua mano sostare a mezz'aria per
un tempo abbastanza lungo da farglielo capire.
«Oh..».
«Rob, io.. non..».
«A letto, forza. Ti
accompagno» il suo tono è duro, freddo e io mi
sento
come una bambina che viene sgridata. Cosa che ho sempre odiato.
Perché gli adulti devono sempre essere così
cattivi? Mi
sento sempre piccola quando uno parla con me in questo modo usando un
tono come di superiorità. E Robert sta usando proprio questo
tono. Quello che aveva la prima volta che ci siamo "conosciuti"
e questo non mi piace per niente.
Mi alzo da sola e resto qualche
secondo lì in piedi senza sapere bene cosa fare.
«Vado
da sola, grazie..» dico.
«Voglio solo assicurarmi che
non ti perdi o svieni in mezzo alla strada, se non mangi qualcosa
finirai con lo scomparire..», ecco di nuovo il
Robert
stronzo, non mi era mancato affatto.
«Mangio. Mi riempi
di cibo, anche se nessuno ti ha chiesto niente», peccato che
anche io so giocare a questo gioco e anche meglio di lui. Mi sono
dovuta allenare per anni.
«Che gentile che sei, davvero..
ti do da mangiare e tu pure ti lamenti. Ovvio. Vai a letto,
adesso».
«Non sei mio padre, non mi puoi dare ordini!»
urlo.
«Sono più grande di te, però! E se non
sbaglio non hai nessun altro posto dove andare, quindi devi restare
qua per forza e qui comando io e se io ti dico che
devi andare
a letto tu ci vai senza lamentarti» il tono superiore adesso
si
è trasformato in una vera e propria paternale, una di quelle
che neanche mio padre mi ha mai fatto. Be', non che ci fosse mai
molto a casa.. non parlavamo mai neanche molto, ma in ogni caso
nessun ha mai usato un tono del genere con me e non lo sopporto.
«Sai una cosa? Hai ragione: io non ho nessun altro posto
dove andare, ma in fondo, non l'ho mai avuto e questa cosa non ti
spaventa per niente! Quindi, ci si vede» faccio per superarlo
ma la mano di Robert si serra sul mio braccio, spingendomi indietro.
Perdo l'equilibrio e cado di nuovo sul divano.
Non mi
aspettavo un gesto del genere e sono impreparata, quindi anche se non
mi ha fatto così male i miei occhi diventano subito lucidi.
«Ti ho detto che devi stare zitta!».
«Per
favore.. non di nuovo.. non.. di.. nuovo, per piacere... non
dirò
niente a mamma ma.. non obbligarmi a farlo di nuovo».
Ma lui
mi spinge contro il divano, facendomi cadere. «Shh,
ragazzina..
la tua bocca adesso serve ad altro, zitta. ZITTA».
Pov
Robert
Kristen
ha gli occhi lucidi e mi fissa dal basso, gli occhi sembrano due fari
verdi. Mi guarda come se dovessi attaccarlo o qualcosa del genere e
solo dopo un po' capisco perché è così
spaventata: l'ho toccata e l'ho pure spinta. Non mi guarda neanche,
è
entrata in uno di quei suoi momenti dove esiste solo lei e i suoi
pensieri e dove a me è proibito l'accesso.
Mi passo una
mano fra i capelli, frustrato. «Puoi, per favore, evitare
altre
scenata e andare a letto?» le chiedo, cercando di usare il
tono
più gentile che mi è concesso al momento.
Lei non
dice niente, se ne sta semplicemente lì.
E' diventata una
statua.
«Kristen.. ci sei? Oh» mi inginocchio davanti a
lei, che
subito si rianima in tempo per allontanarsi e portarsi le ginocchia al
petto.
Sospiro: che posso farci? Non vuole che le stia vicino, messaggio
ricevuto.
Eppure sento ancora la sensazione del suo corpo minuscolo stretto fra
le mie braccia.
«Senti,
mi dispiace, okay? Non sono abituato a dosare la forza e tu.. tu sei
davvero troppo magra, quindi.. scusa, va bene? Intendo mantenere la
promessa che ti ho fatto..».
«Che..
che promessa?» chiede, con un filo di voce.
«Ah ma
allora mi stai ascoltando, meno male, pensavo di stare parlando da solo
come un cretino».
«Che
promessa..?» insiste, sollevando lo sguardo.
«Quella
dove ti ho detto che ho intenzione di aiutarti.. ma solo se tu ti
lascerai aiutare. Quella promessa, Kristen».
«Non..» sospira e si morde il labbro inferiore,
nervosa. «non
mi piace essere aiutata.. non voglio l'aiuto di nessuno, dico sul
serio, Robert.. io non sono abituata e non voglio pesare sulle spalle
di nessuno, capisci..? Non voglio essere in debito
con nessuno.. perché non voglio dover essere costretta a
fare..
io.. io non...» i suoi occhi diventano lucidi e inizia ad
agitarsi sul posto, stringendo i pugni ai lati del suo corpo.
«Ehi..»
senza pensarci, sfioro piano il suo pugno con il palmo della mano,
sento subito la sua pelle scossa da un brivido.
«Non..
non toccarmi» mi implora.
Ritiro subito la mano. «Giusto.. scusa. Volevo solo
rassicurarti.. non ti costringerò a fare niente».
«Che..
che genere di aiuto? Non.. non sto dicendo di si, ma..».
«Mi hai già detto
di si» dico, e mi sento come un bambina di cinque anni che
dice alla mamma "ma avevi promesso!".
«Ti
prendevo per il culo prima.. volevo solo essere lasciata in pace..
adesso, invece.. sto considerando la tua idea..» gioca con le
mani, abbassando lo sguardo. Ha le guance rosse e le sta tremando il
labbro. «non
capisco che cosa tu voglia da me.. non ho niente da offrire, Robert..
io proprio.. non.. non capisco cosa vuoi da me.. sono un disastro, non
so se l'hai capito.. porto.. uhm, porto abbastanza guai e incasino le
persone.. neanche Scout mi sopportava a fatica e faccio pena in quasi
tutto.. ne hai già avuto una prova con il.. lavoretto che mi
avete affidato, faccio schifo. Non te ne fai niente di me».
Davvero questa ragazza pensa questo di sé?
Pensa di essere un fallimento.
Pensa che non è brava in niente e mai lo sarà.
Ma io vedo qualcosa in lei.
Qualcosa che nessun altro ha.
Di nuovo mi viene voglia di prenderla per mano ma mi trattengo
perché per la prima volta Kristen sembra davvero ben
disposta a
parlare con me, parlare sul serio.
«Hai
davvero poca autostima di te stessa..» non posso fare a meno
di dirlo.
«Tu non
sai niente di me, se mi conoscessi, capiresti...».
«Tu non
mi permetti di conoscerti..», mi pento un secondo dopo di
averlo detto.
Riesco quasi a vederla mentre si chiude in se stessa. «Non
mi hai ancora detto che genere di "aiuto" mi stai offrendo»
mi
dice, usando un tono distaccato, è di nuovo tornata la
Kristen
chiusa e sempre in guardia.
«Te l'ho
detto.. qualunque tipo di aiuto tu abbia bisogno.. vestiti,
cibo..».
«Gratis?
Non se ne parla. Non voglio debiti con nessuno, ricordi?».
«Non ho
problemi di soldi, Kristen..» sono ancora inginocchiato
davanti a lei, appoggiato sui talloni.
«Non
me ne importa.. non voglio debiti. Se hai intenzione di comprarmi
vestiti, li pagherò. Anche quelli che mi hai comprato oggi.
Li
ripagherò.. in un modo o nell'altro».
«E
come? Non hai un lavoro. Accetta i miei regali e basta», sto
davvero implorando una ragazza di accettare i miei regali? Non mi
riconosco, non sono io questo ragazzo inginocchiato sul pavimento come
un idiota. Eppure sento di stare facendo la cosa giusta per la prima
volta in vita mia.
«No».
«Si!».
«NO.
Non ci penso neanche. Dammi un.. lavoro da fare. Posso provarci di
nuovo. Se fallisco me ne dai un altro finché non combino
qualcosa e riesco a ripagarti i vestiti e anche tutto il cibo che ho
mangiato da quando sono qui», si sta sfilacciando la manica
della
felpa che indossa, rovinandola ancora di più.
«Non ho
nessun lavoro da offrirti, mi spiace».
Sbuffa. «Stronzo..
be', allora me ne troverò io uno».
«Non ti
muovi da qua».
«NON SONO
IN TRAPPOLA!» scatta, spalancando gli occhi verdi.
«NO, NON
LO SEI! Ma non voglio che te ne vai, perché sembra che tu
attiri i guai come nessun altra..», e non è l'unica cosa
che fai come nessun altra. Tipo farmi impazzire.
«Te l'ho
detto che sono un casino..» si è di nuovo calmata.
«Anche
io sono un casino, Kristen.. hai presente che lavoro faccio? Potrei
finire in prigione da un momento all'altro, nessuno mi definirebbe mai
una brava persona...».
Passa un attimo di silenzio.
Kristen abbassa le gambe, sedendosi normalmente e, così
facendo, avvicinandosi un po' a me.
Si morde forte il labbro inferiore, ma i suoi occhi non sono lucidi,
bensì fiduciosi e limpidi.
E si fondono con i miei quando mi guarda.
«Io lo
farei...».
«Non dire
sciocchezze, neanche tu. Ti ho trattato di merda».
«Mi hanno
trattato molto peggio», e senza che se ne accorga mi ha
raccontato qualcosa di sé.
«Io non
lo farei..».
«Perché
sei una brava persona».
«Kristen,
il mio lavoro..».
«Il
lavoro che fai non definisce chi sei, ma solo cosa sei disposto a fare
pur di andare avanti» dice, serissima.
«Mi
piace come la pensi.. pensavo fossi una pessimista, invece
c'è
ottimismo anche in te» accenno un sorriso e incredibilmente
lei
ricambia, anche se solo appena, ma lo fa'.
«Dopo un
po' essere pessimista stanca..».
«Mmh, hai
ragione».
«Si,
ho ragione» si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio
e io
penso che avrei preferito poterlo fare io al suo posto.
«E
io ho ragione sul fatto che accetterai il mio aiuto»,
è un
azzardo, non ho idea di come reagirà: potrebbe chiudersi di
nuovo in se stessa o lasciarsi contagiare dalla nuova aria rilassata
che aleggia su di noi.
Osservo attentamente ogni suo movimento: labbro stretto fra i denti,
una ciocca di capelli attorcigliata nervosamente fra due dita, occhi
che vagano per la stanza per poi posarsi su di me, indecisi. «A me.. a me piace stare
qui...» sussurra, timida.
Non riesco a nascondere il sorriso enorme che mi spunta sul viso. «Be',
sei la benvenuta. Basterà solo sistemarci meglio. Puoi..
dividere la seconda camera con Ricky magari, solo per i primi giorni,
poi..».
Solleva una mano per zittimi e io lo faccio. «Devo
trovarmi un lavoro, però. Sul serio, non intendo pesare
sulle
spalle di nessuno. Sarò come una coinquilina, o roba del
genere..
chiederò a Sarah, potrei persino andare a trovare Scout..
troverò qualcosa e nel frattempo potrei badare a Ricky
quando tu
sei via...».
Non mi piaceva l'idea di Kristen in giro e a essere sincero neanche con
Sarah, quella ragazzina sapeva attirare guai come nessun altra e avevo
una gran paura che finisse dentro qualcosa di grosso. Ma non volevo
neanche scatenare un altro litigio e mi piaceva vederla rilassata,
anche se solo di poco. «Va bene, ma a quello ci penseremo
domani. Ora ti accompagno a letto, va bene?».
Annuisce e si alza
dopo di me.
Alla fine delle scale lei si ferma e io penso che voglia che me ne vado
e la lasci sola ma poi lei si gira verso di me. Ha le guance rosse e
sembra intimidita. «Penso davvero quello che ho
detto...».
«Cosa?».
Va' verso la camera da letto principale dove sta dormendo anche Ricky e
si ferma sulla porta. «Quello che ho detto prima: tu sei
davvero una brava persona, per me».
Esco dal bagno e mi cambio. Sono costretto a usare il bagno al piano di
sotto per non svegliare Kristen e Ricky, che dormono tranquilli in
camera mia. L'idea di Kristen che dorme nel mio letto mi tranquillizza
e allo stesso tempo mi turba, trasformandosi in qualcosa di davvero
poco casto nella mia testa. Cosa che non dovrebbe succedere, visto che
lei è praticamente una bambina e io dovrei assicurarmi che
mangi, non che abbia le curve al punto giusto. Eppure non riesco a non
pensare a come il suo corpo sia bellissimo anche se ricoperto da lividi
e tagli, ha un qualcosa che mi affascina e mi attira; vorrei
abbracciarla e il pensiero che solo qualche ora fa' avevo quel corpo
minuscolo fra le mie braccia mi fa' sentire bene. E poi male,
perché so che non accadrà di nuovo molto presto
visto che
adesso ha di nuovo ripreso un atteggiamento di astio verso i contatti
fisici. Vorrei davvero capire perché ha questa paura e chi
gliel'ha messa addosso, chi ha osato fare del male a una ragazza come
lei. Chi farebbe mai del male a una bambina come lei? Persino io, che
mi sono sempre considerato un pezzo di merda anche da solo, non ci
riuscirei. Ho scopato molte volte nella mia vita con donne che magari
desideravo un po' più di dolcezza da me e me ne sono
altamente
fregato, ma mai sarei in grado di fare del male a una come lei, a
spaventarla in quel modo. Ripenso anche alle sue parole. Tu sei davvero una brava persona,
ha detto. E' così ingenua. Come può pensare una
cosa del
genere di me? Penso di avere spaccato la faccia ad almeno cento persone
nella mia vita, fin da quando ero un ragazzino. E lei pensa che io sia
una brava persona? Vendo morte per vivere, che è un
terribile
paradosso e mi prendo per il culo da solo. Eppure lei lo pensa e questa
cosa mi fa' sorridere per un po'.
*
Pov Kristen
«Mamma...?».
«Mamma,
sveglia..».
«Mamma,
sono io... mamma, sono la tua bambina, sveglia!».
«Mamma...».
«Aiuto!
Aiuto! Qualcuno chiami un'ambulanza. AIUTO!».
Mi sveglio di soprassalto, aggrappandomi alle lenzuola del letto,
stringendole così tanto da rischiare di romperle.
Mi guardo intorno, cercando di riprendere fiato. Non riesco a respirare
bene.
E' solo un incubo, solo
un brutto ricordo.. mi ripeto, ma sento le lacrime
iniziare a scendermi sulle guance.
Ricky dorme sereno dall'altra parte del letto sotto le coperte, per
fortuna non si è accorto di nulla.
Un rumore attira la mia attenzione: il vento che si infrange sulle
finestre, fuori si sta scatenando un bel temporale. Mi piace la pioggia
ma i temporali di notte non sono il mio forte e il rumore del vento
assomiglia decisamente troppo a un lamento per i miei gusti e non mi
aiuta per niente a riprendere sonno.
Scalcio via le coperte e mi metto seduta, prendendomi la testa fra le
mani.
Perché proprio stasera doveva tornarmi in mente quel ricordo?
Ho ancora ben stampata nella memoria il suono della mia voce stridula
che implora mia madre di svegliarsi e lei che rimane sdraiata nel
letto, immobile. Ricordo me che corro fuori e mi aggrappo al braccio
della prima persona che trovo: una vecchietta che chiama l'ambulanza e
aspetta con me finché non arriva.
Mi asciugo una lacrima e mi alzo in piedi per uscire dalla stanza, non
voglio rischiare di svegliare Ricky.
Indosso un paio di pantaloni della tuta e una maglietta XXL a maniche
corte, sono scalza.
Mi sfrego le mani sulle braccia per cercare di riscaldarmi un po'
mentre vado in cucina.
Stranamente, la luce è accesa.
Ma che ora è?, mi chiedo mentre continuo ad asciugarmi le
lacrime.
Robert è appoggiato al bancone ed è attaccato al
collo di una bottiglia di birra.
Mi affretto ad asciugarmi le lacrime e cerco di sembrare tranquilla
mentre entro in cucina.
«Ehi..» dice, mettendo giù la bottiglia
e lanciandomi uno sguardo che parte dal viso e scende fino ai piedi.
Odio essere guardata ma il modo in cui lo fa' Robert non mi disgusta
come tutti gli altri, semplicemente mi mette in imbarazzo
perché si tratta di lui. «Perché sei sveglia? Pensavo
che stessi dormendo, è tardi, Kristen».
No, il tono da papà no, ti prego, penso mentre mi siedo
davanti a lui salendo sopra lo sgabello. «Non riuscivo a dormire..» dico, sperando che gli basti.
«Come
mai?», e ovviamente no.
«Brutto
sogno..».
Robert prende un altro sorso della sua birra. «Che hai sognato?».
«Brutti
ricordi..», mi mordo il labbro, «mia madre», l'ho detto
davvero? Mi è praticamente uscito dalla bocca senza che
potessi prima pensarci. Credo che sia colpa del pianto e del cuore che
continua a battere troppo forte per colpa dell'incubo. Ho davvero
bisogno di qualcuno con cui parlarne, ne sento il bisogno per la prima
volta in vita mia. Prima ero terrorizzata che qualcuno potesse pensare
male di me, che potesse pensare che fossi ancora peggio di quello che
già ero, ma con Robert è diverso, è un
modo, una sensazione di protezione che mi è completamente
estranea e non so neanche se voglio conoscerla.
«Tua..
madre?», anche lui sembra sorpreso.
«Si..».
«Ti va'
di parlarmi di lei?», è gentile, ma anche
timoroso. Ha paura che io dica di no. E sono tentata dal farlo.
Parecchio.
«Noi..
noi non andavamo molto d'accordo.. ero.. ero troppo.. difficile, per
lei» abbasso lo sguardo e mi fisso le mani appoggiate sul
bancone, imbarazzata.
«E'..
è lei che ti ha fatto quei lividi, Kristen..?».
«No.. no,
non è stata lei. Mi.. mi voleva bene, almeno
credo...» gli occhi diventano di nuovo lucidi.
Non piangere.
Non piangere, scema.
Cogliona, trattieni quelle cazzo di lacrime per una volta!
«Posso..?»
chiedo, allungando una mano verso la sua birra.
«Ehm..
certo. Ma non sei un po'.. piccola per bere?».
Evito di rispondere alla sua domanda prendendo una lunga sorsata. Non
è la prima volta che bevo. Non vado matta per l'alcol ma
ogni tanto lo faccio, per stare con la testa fra le nuvole almeno un
paio di ore. Poi torno allo schifo che è la mia vita.
«Woh..
bevi come un ragazzo».
«E' un
insulto?».
«Affatto,
è sexy».
Penso di essere diventata viola.
Perché doveva dire una cosa del genere?
Abbasso lo sguardo, imbarazzata come non mai, ma non riesco a
trattenere un lieve sorriso.
E' strano, mi piace parlare con lui.
Per la prima volta da quando lo conosco mi sento a mio agio, ho
seriamente voglia di parlare con lui, di confidarmi. Qualcosa dentro di
me dice che, anche se non posso ancora fidarmi totalmente di lui, non
mi farà del male. O almeno non tanto come mi hanno fatto in
passato. Il pensiero di soffrire per mano di Robert è
persino sopportabile adesso che ho una birra in mano e ho pianto
abbastanza da sentirmi leggera.
«Perché
fai questo lavoro?» chiedo, audace.
«E'
l'unico lavoro disponibile per uno come me, non credi?».
«So cosa
intendi.. ma non sono d'accordo. Potresti fare molto di
più», prendo un altro sorso per non doverlo
guardare negli occhi dopo questa mia uscita davvero troppo audace.
«Forse..
o forse no. Ma nel frattempo mi servono soldi e così ne ho
quanti ne voglio, quando voglio. E mi servono, anche per Ricky e per..
Tom, sai..».
Tom, il suo amico.
Quello ormai andato.
«Mi
dispiace tanto per lui...» dico, giocando con la bottiglia, «forse, però.. c'è
speranza. Mia madre..» mi blocco, non voglio spingermi troppo
oltre. Ma poi lui solleva lo sguardo e mi guarda e io mi sento
fiduciosa. O forse è colpa della birra. «lei.. si faceva.. cocaina, penso. Ma
alla fine è riuscita a smettere. E' andata in una clinica..
pubblica, certo, ma è servito.. almeno per un anno. Potreste
provarci».
«Quanti
anni avevi?».
«C..cosa?
Quando..?», no, ti prego.
«Quando
lei è finita in clinica, tua madre.. tu, quanti anni
avevi?», i suoi occhi adesso sono più sul grigio e
sembrano.. premurosi.
«Dodici..».
«Quanto
è rimasta in quella clinica?».
«Un paio
di mesi.. quando è tornata a casa sembrava così
felice.. non è durata», cerco di ricacciare
indietro le lacrime.
«Perché?».
«Non
aveva un lavoro.. passava la giornata a casa.. non l'ha aiutata a
tenere la mente occupata, la cocaina era l'unica cosa a cui pensava..
tutto il giorno... alla fine è crollata di nuovo».
«Mi
dispiace.. Kristen, mi dispiace davvero.. grazie di avermelo
raccontato..» la sua voce è calda, suadente e
così bella con quel suo accento che potrei restare ad
ascoltarla per ore.
«Da.. da
dove vieni?» chiedo, strizzando gli occhi per riprendere
lucidità.
Robert resta interdetto per via del mio repentino cambiamento
d'argomento, ma risponde lo stesso. «Londra. Perché me lo
chiedi?».
«Il tuo
accento. Non l'avevo mai sentito.. cioè, non dal vivo,
magari in tv. E'.. interessante».
Solleva un sopracciglio, divertito. «Ho un accento interessante?».
«Si,
c'è l'hai».
«Anche il
tuo è bello, molto.. ragazza americana di Los
Angeles».
«Oh..
grazie».
Riempio il momento di silenzio prendendo un altro sorso di birra, il
terzo per questa sera.
«Who,
vacci piano!» mi sgrida Robert, togliendomi la bottiglia di
mano.
Per un secondo, le nostre mani si sfiorano e un brivido mi ripercorre
tutta la schiena, ma dedico di far finta di niente.
«Ehi!»
protesto.
«Hai
sedici anni, non hai manco l'età per bere».
«Mi stai
dicendo davvero che non ho l'età per bere? Tu spacci
droga!».
«Non a
minorenni».
«E' la
stessa cosa! Dammi quella birra».
«Non ci
penso neanche, poi mi vomiti tutta la casa» dice, facendo un
adorabile, meraviglioso sorriso spontaneo, degno della sua
età e senza quell'aria di superiorità che di
solito lo distingue.
«Non dire
cazzate, lo reggo!», bugiarda. Non è vero, non
reggo per niente l'alcol.
«Si,
certo! Con quel corpicino di ossa che ti ritrovi non reggi neanche un
succo di frutta».
«Ma hai
una fissa per il mio corpo o cosa?» mi pento un istante dopo
di averlo detto.
Robert si fa' subito serio e i suoi occhi sembrano affondare nei miei,
che fanno lo stesso con i suoi.
«Chi ti
ha fatto quei lividi..?».
«Non
chiedermelo» lo imploro.
«Voglio
saperlo. Chi ti ha ridotto in quello stato, Kristen? Voglio che tu me
lo dica, così posso andare a spaccargli la faccia»
una smorfia di rabbia deforma per un minuto il suo viso d'angelo. E'
davvero così arrabbiato o lo fa' solo per giustizia?
«Robert,
adesso io sto bene, non ce bisogno che tu spacchi la faccia a nessuno,
per.. per piacere».
«Non stai
bene! Scoppi a piangere un giorno si e l'altro pure e io non so mai il
perché, il tuo corpo è ricoperto da tagli di
dubbia origine, lividi, ematomi e penso che quelli dentro di te siano
ancora più gravi! E tu.. tu non mi vuoi dire chi
è stato, ma tu d farlo, perché quando ti ho detto
che ti avrei aiutato io dicevo sul serio..» allunga le mani e prende una
delle mie fra le sue, facendomi sussultare.
Un attimo dopo la lascia. «S..scusa, non volevo.. per favore, non..
non schizzare, adesso. Ho reagito senza pensarci, non lo faccio
più.. okay?».
Non so che dire. Perché mi ha lasciato la mano? Non mi
dispiaceva. Mi sono solo.. spaventata, mi ha colto di sorpresa, ma non
mi dispiaceva che mi tenesse la mano, in quel momento ne avevo davvero
bisogno. «E'
okay..» sussurro.
«Davvero..?
Avevo paura che iniziassi a urlare come una pazza un'altra
volta».
«No..»,
accenno un sorriso, «non urlerò».
Robert ricambia il sorriso e fa' per allungare la mano, ma prima che lo
faccia aggiungo: «Solo.. non prenderci
l'abitudine».
Lui si blocca e annuisce, serio, poi mi sfiora la mano con la sua. «Hai una mano davvero..
piccola» la sfiora piano con il pollice e poi con l'indica,
accarezzandomi talmente piano che quasi non lo sento. Non riesco a
distogliere lo sguardo dalla sua mano sopra la mia, da quanto qualcuno
non faceva una cosa del genere? Da sempre, perché nessuno mi
ha mai toccato in questo modo ed è un modo che non conosco e
mi piace. «Dovresti mangiare di
più».
«Mangio..»
mi difendo.
«Ma sei
pelle e ossa. E voglio comprare qualcosa per far passare quei tagli..
specialmente l'ultimo».
Mi sento male al solo pensiero, eppure in quel momento mi sembrava
terribilmente giusto. L'unica via d'uscita. «Un disinfettante e basta.. un cerotto
è il massimo che ti concedo».
«Sicura
di non voler andare da un medico..? Giusto per una..».
«No»
lo interrompo.
«Una
visita e..».
«Ho detto
di no, Robert.»
«Hai
paura dei dottori..?».
«Degli
ospedali in generale... posso avere un altro sorso di birra,
adesso?».
«No.
Perché hai paura degli ospedali?» insiste.
«Non.. mi
piacciano, okay? Hanno un odore che mette ansia, non credi? Tutto
quel.. disinfettante e quelle persone.. i medici stronzi».
«Hai
ragione, i medici sono stronzi», finisce di bere la birra e
si alza per prenderne un'altra, lasciando la mia mano. No.. mi piaceva davvero tanto..
«Posso
averne una..?».
Alza gli occhi al cielo e si passa una mano fra i capelli. «Vuoi ubriacarti, per caso?».
Forse. «Posso o
no?».
«No, ti
ho detto di no» torna a sedersi con la nuova bottiglia di
birra in mano.
«Sei
proprio uno stronzo..».
Lui ride e io non riesco a non fare lo stesso.
«Da te,
lo prendo come un complimento».
«Non
dovresti».
«Mmh, lo
farò lo stesso»; molla la presa sulla birra e
poggia di nuovo la sua mano sopra la mia, è fredda per via
della birra ma è comunque una sensazione piacevole come
prima. Mi sta tenendo
la mano, urla il mio cervello, come un normale ragazzo che
tiene la mano a una normale ragazza, ma naturalmente io so
che io non sono una normale ragazza e neanche lui è un
ragazzo normale, purtroppo niente di tutto questo può
definirsi tale. E questo mi rattrista terribilmente.
«Rob..?».
«Si..?».
Continuo a fissare la sua mano e la mia, sotto. E' tanto piacevole da
guardare quasi quanto lo è provarlo.
«Grazie..
per, sai, esserti offerto di aiutarmi e tutto il resto.. io davvero non
riesco a credere che tu lo stia facendo davvero.. quindi, appena vuoi
che me ne vada.. se ti rompi i coglioni di me... basta dirlo, e vado
via...».
«Perché
dovrei rompermi i coglioni di te, scusa? Ti ho chiesto io di restare da
me».
«Oh,
andiamo..» mi tiro indietro i capelli, mentre la parole
muoiono sulla mia lingua, non riesco a parlare per un po', le parole si
attorcigliano dentro la mia bocca. «sono un disastro che cammina,
Robert, non so se te ne sei accorto ma.. lo sono».
«Non sei
un disastro, Kristen..» stringe un po' più forte
la mia mano, invogliandomi ad alzare lo sguardo su di lui e io lo
faccio, «sei solo
una ragazza con un passato difficile che ancora non conosco, ma non hai
niente di cui vergognarti, non con me, hai capito?».
Sollevo la mano libera e, timidamente e con le lacrime agli occhi,
sfioro piano la sua mano ancora appoggiata sulla mia. Sto quasi tenendo per mano un
ragazzo.. il ragazzo migliore del mondo. «Grazie..», non riesco a dire
altro.
«Fidati..
sono io che devo ringraziare te» sfiora entrambe le mie mani
con le sue, stringendole un po' attraverso il bancone. Io resto in
silenzio, lo sguardo basso sulle nostri mani intrecciate, voglio
assaporare come meglio posso questa sensazione perché sono
abituata che tutto quello che c'è di bello nella mia vita di
solito non ha vita lunga e se domani sarà di nuovo uno
schifo e questa è l'ultima volta in cui mi
sentirò così, be', voglio ricordarmela per
sempre.
«Penso
che debba andare a letto adesso, però..».
«Oh..»
non riesco a nascondere la mia delusione.
«Vuoi che
ti accompagni a letto?».
«Uhm..si».
Robert sorride e, tenendomi per mano, si alza e fa' il giro del bancone
per venire dalla mia parte.
Mh, la sua mano nella mia, è una sensazione a cui potrei
abituarmi.
Forse.
Anche mentre saliamo le scale continua a tenermi per mano e anche se la
sua presa è sempre molto delicata per me è
fortissima, riesco a sentirla quasi come un prolungamento del mio
braccio o della mia mano. Arrivati alla porta della sua camera da letto
però torna l'imbarazzo. «Mi scoccia davvero tanto che tu dorma
nella camera degli ospiti..» dico.
«Non
è così male. E poi Ricky ti adora».
«E' un
bambina adorabile».
«Già..
be', allora..».
«Buonanotte,
Rob..».
«Buonanotte,
Kristen...» e poi si sporge e sembra quasi che voglia
baciarmi sulla fronte e senza pensarci faccio un balzo all'indietro
mollando la presa sulla sua mano, intimidita e arrossendo.
«Oh..
ops, s..scusa, ehm, troppo presto?» chiede.
Sono troppo imbarazzata per dire qualcosa, ma annuisco.
«Giusto..
che idiota» annuisce più volte, come se stesse
parlando a se stesso, «be', però.. posso fare
questo, giusto..?» riprende il possesso della mia mano,
sollevandola in mezzo a noi.
Annuisco un'altra volta, timida.
«Ti va'
bene, giusto..?».
«S..si».
«Grandioso»
mi accarezza il dorso della mano, più e più
volte, piano, dolce, «piccoli passi».
__________________________________________________________________
ooookay, so che di
solito faccio un capitolo di una storia a testa, ma questa volta.. non
so,
avevo l'ispirazione
per continuare questa storia quindi perché sprecarlo?
tranquillo,
continuerò anche l'altra.
allora, che dire?
questo capitolo mi piace, sopratutto la fine! - cosa insolita per me
visto che di solito è il contrario -
si sono tenuti per mano,
si.
che detto così sembra una cosa da niente ma voi che
conoscete la storia sapete quanto significhi
tutto questo per kristen.
be', che dire?
si stanno facendo dei piccoli passi avanti ma almeno finalmente kristen
si sta lasciando un po' andare,
no?
quindi, ditemi cosa avete preferito di questo capitolo e cosa vi ha
fatto provare,
voglio recensioni lunghe perché me lo merito,
dài, li ho fatti prendere per mano! AHAHAHA
vi voglio bene,
alla prossima.
ah, questo
è il mio secondo
blog su tumblr, solo sui robsten e altri.
|
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Capitolo 9 *** i need you in my life. ***
fire and rain
«Senti,
non ho molto molto tempo da perdere, quindi te lo dico subito: ho
tiri fuori i soldi o ti stendo a terra e ti lascio un promemoria
stampato in faccia così domani ti ricordi di portarmeli,
okay?».
Il ragazzo sta
praticamente tremando. Se la sta
facendo sotto, il coglione. «Per favore, Robert, scusami.. ma
non li ho.. oggi no, ma domani.. domani te li porto, lo
giuro!»
mi prega.
Alzo gli occhi al
cielo. «Non sono un ente di
beneficenza, ragazzo. O mi dai i miei soldi o ti spacco la faccia,
è
così che funziona con me, chiaro? Se adesso ti lascio
andare,
dovrò farlo anche con tutti quelli che mi devono dei
soldi»
mi avvicino ancora di più a lui e lo afferro per il colletto
della camicia, sollevandolo. Lo vedo sbiancare e chiudere gli occhi,
impaurito. «E se si sparge in giro la voce che
Robert
Pattinson fa' favori ai drogati come te, io che fine faccio? Eh,
ragazzo? Che fine faccio, io?».
«Domani..»,
fa'
fatica a parlare, «ti porto il doppio domani,
davvero...».
«Non
ti credo. E anche se fosse vero, io ho bisogno di quei soldi
oggi».
«Il
triplo... triplo.. ti porto mille dollari
domani..», stringo ancora di più la presa,
«duemila!
Duemila dollari!».
Lo lascio andare
talmente in fretta che,
preso alla sprovvista, il ragazzo cade a terra sbattendo il culo
ossuto che si ritrova. Penso che abbia più eroina in corpo
che
sangue.
«G..grazie,
grazie!».
«Tremila
dollari, domani, in contanti. Se non ce li hai, ti vengo a cercare e
hai finito di andare in giro a cazzeggiare, ci siamo
capiti?»,
lui annuisce almeno dieci volte di vita facendo ondeggiare la faccia
magra e si alza a fatica in piedi prima di scappare via, inciampando
nei suoi stessi passi.
Mi infilo le mani
in tasca e giro
l'angolo. Tom è appoggiato al muro e mi aspetta. Quando mi
sente arrivare si gira verso di me e mi fissa senza dire una parola,
come sempre. All'inizio lo faceva perché avevamo un legame
talmente unito da non avere neanche bisogno delle parole per capirci,
adesso era così perché semplicemente Tom non
aveva la
lucidità mentale per parlare o non ne aveva voglia per la
maggior parte del tempo perché l'unico suo pensiero era la
sua
prossima dose di eroina giornaliera.
«Ehi,
amico, guarda
che ho finito e sono qui, eh» dico, giusto per attirare la
sua
attenzione.
«Okay».
«Vuoi che
ti accompagni
da Sarah? O vieni da me?».
«Vengo da
te».
«Okay,
allora muovi il culo, Tom» lo sprono e lui finalmente si
stacca
da quel muretto.
Io e Tom ci
conosciamo da una vita, è
l'unico vero amico che ho.
Marcus è
mio "amico"
solo per una questione di "affari" e anche se mi ci trovo
abbastanza bene so che ha occhi solo per Sarah, che invece fa' di
tutto per entrare nelle grazie di Tom, che invece non se ne frega di
niente e di nessuno a parte la sua dose.
La macchina
è qua
vicino e nel frattempo Tom ha il tempo di imprecare dodici volte
perché gli fanno male le ossa, le braccia, le gambe e il
naso
e anche gli occhi; vorrei dirgli che se sta così male
è
solo colpa sua ma mi trattengo e lo spingo in macchina senza dire
niente. Guido in silenzio mentre lui si accende una mia sigaretta e
ne fuma altre cinque prima che arriviamo a casa. Un secondo prima di
scendere dalla macchina mi viene in mente che c'è Kristen
con
Ricky in casa e non l'ho avvisata che al mio ritorno ci sarebbe stato
anche Tom, spero che non sia un problema per lei. Scendo dalla
macchina e Tom mi segue nel vialetto.
«C'è
Ricky, a
casa» lo avviso, mentre infilo le chiavi della serratura.
Sono
quasi le dieci di sera ed è già buio pesto.
«Ti
ricordi chi è Ricky, vero?».
«Certo
che so chi
cazzo è Ricky, Rob. E' tuo figlio, mi sta simpatico il
piccoletto».
«Già..
lui. Be', non c'è
solo lui in casa, c'è anche Kristen - la ragazza che
è
entrata in casa mia e che adesso sta con me.. cioè, non sta
con me in quel senso, ma vive con me - quindi ti pregherei
di non
fare una delle tue solite scenate da drogato in crisi di astinenza,
va bene?».
«Ti ho
detto almeno un milione di volte che
io smetto quando voglio, è solo che ora non mi
va'..».
«Si
si, come ti pare..» apro la porta e subito sento la risata di
Kristen e subito dopo quella di Ricky, in questi giorni quei due non
fanno altro che stare insieme, il che mi fa' davvero molto piacere
visto che questo aiuta sia Ricky che Kristen. «E infatti,
eccoli qua.. Kristen! Ricky, sono a casa».
Meno di cinque
secondi dopo ecco Ricky corrermi incontro come un uragano facendo
ruotare le braccia come un elicottero e imitandone anche il suono.
«PAPA', PAPA', PAPA'» urla, finché non
mi finisce
addosso e mi abbraccia decisamente troppo forte per un bambino della
sua età. D'altronde, Ricky è alto per la sua
età
esattamente come me quando avevo la sua età e ha anche il
mio
carattere: timido con la maggior parte delle persone, estremamente
vivace con le persone che vuole lui. Inizia a saltellare e i suoi
occhioni azzurri sono più luminosi del solito.
«Papà,
lo sai che Kristen ha giocato a nascondino con me tutto il pomeriggio
e mi ha anche raccontato due storie? Tutte
bellissime!».
Gli
scompiglio i capelli e lo allontano gentilmente da me quando vedo
Kristen sbucare da dietro il muro, timida. «Ci scommetto,
ometto», Kristen sta guardando Tom, confusa e forse anche un
po' impaurita. In questi giorni siamo stati sempre e solo io, lei e
Kristen e sicuramente trovarsi qualcuno di nuovo in casa non le piace
molto. «Ehi» le sorrido e lei ricambia, con uno dei
suoi
adorabili sorrisi timidi da bambina che adoro.
«Ehi..»
si passa una mano fra i capelli, nervosamente.
«Tom..
lei è
Kristen, ti ricordi di lei?».
«Ancora?
Cazzo, ti ho
già detto di si. Adesso posso andare in bagno o devo stare
ancora qui a guardare la tua ragazza? So che non ti farebbe piacere
quindi vado», il suo discorso non ha molto senso; barcolla in
avanti e quando supera Kristen le lancia un'occhiata strana,
facendola intimidire ancora di più.
Mi avvicino a
Kristen
- alla nostra solita distanza di sicurezza anche se muoio dalla
voglia di prenderle di nuovo la mano. «Scusa se non ti ho
avvisato prima, ma non ci ho pensato. Comunque, tutto okay?».
«PAPA'»
si intromette Ricky, mettendosi in mezzo a noi due, «ti ho
già
detto io che Kristen mi ha raccontato la favola! E' stata bravissima!
Mi ha detto che dopo me ne racconta anche un'altra, sai? Vero,
Kris?».
Kristen tira fuori
uno dei suoi migliori sorrisi -
sento un'improvvisa fitta di tristezza: perché non
è
per me quel sorriso? - e accarezza una guancia a Ricky.
«Certo,
piccolo, tutte quelle vuoi».
«Voglio
quella del
bambino di legno!».
«Pinocchio,
va bene».
«Papà,
sai che Kristen non la conosceva la storia di Pinocchio? Lei non
conosce nessuna storia, ha dovuto leggere tutte le
storie dal
Libro Gigante di Favole che mi hai regalato per Natale!».
Guardo Kristen,
sorpreso. «Nessuna storia..?».
Lei
scuote la testa, imbarazzata. «Non ho mai avuto...
l'opportunità di vedere un cartone animato e gli unici libri
che ho letto erano già per adulti... niente
favole».
La
tristezza lascia il posto ha un profondo senso di tenerezza verso
quella ragazza che non conosce che alla fine il principe azzurro
salva sempre la principessa in difficoltà, forse
è
anche per questo che si fida così poco degli uomini.
«Be',
rimedieremo... o almeno, Ricky potrebbe..».
«CERTO!
Papà, dobbiamo comprare alcuni DVD» dice Ricky,
serissimo.
«Come
vuoi, ometto, ma adesso penso che sia
meglio andare a letto» mi piego sulle ginocchia e lo prendo
in
braccio. Lui appoggia il mento sulla mia spalle e inizia a
lamentarsi. «Niente da fare, ometto, ci sono delle regole e
lo
sai anche tu. E' decisamente troppo tardi per un bambino, da domani a
letto alle nove».
«Alle
nove è troppo presto,
papà!».
«Non a
casa mia, non per i bambini
piccoli», faccio segno a Kristen di seguirmi, sapendo
già
che tanto Tom si sarà nascosto in bagno e non ci
disturberà
per i prossimi dieci minuti o anche di più.
Kristen mi
segue in silenzio, la vedo pensierosa. Ricky non si lamenta
più
e allunga una mano da sopra la mia spalla per tenderla verso Kristen
mentre siamo nelle scale e lei la stringe senza paura, una cosa che
ha solo con lui. Si lasciano la mano solo quando arriviamo in camera
da letto e devo cambiare Ricky, che insista perché tutti e
due
usciamo dalla stanza. «Sono grande, mi devo cambiare da
solo!».
«Va bene,
ometto, come vuoi».
«Sicuro..?»,
Kristen invece sembra titubante a lasciarlo da solo in camera da
letto. «Non vuoi neanche una mano a cercare il
pigiama?».
«Kristen»
le dico, «non avrà
problemi: il pigiama è sulla sedia.. vieni»,
vorrei
prenderla per mano ma è una cosa che mi riservo per dopo,
quando saremo soli e potrò gustarmi il momento con calma. E'
incredibile quanto un gesto così scemo sia diventato
importante per me.
Lasciamo Ricky da
solo e rimaniamo fuori dalla
porta, in attesa.
«Il tuo
amico.. non sembrava stare tanto
bene..».
«Non sta
bene, infatti».
Kristen
incrocia le braccia al petto e annuisce, mordendosi il labbro.
«Un
penny per i tuoi pensieri» dico, riuscendo a strapparle un
sorriso.
«Stavo
pensando che... non prendermi per scema,
ma.. sei davvero..» prende una bella boccata d'aria, questo
un
paio di volte, gonfiando le guance e poi rilasciando l'aria come se
si stesse preparando a un'immersione. «be... mi piaci quando
fai
il papà, non avevo mai visto questo tuo lato e ora sto
imparando a conoscerlo... be', non ti conosco da molto e in effetti
non so neanche molto di te.. volevo solo dirti questo».
Le
piace quando faccio il papà? Oh. «Grazie.. credo.
Io
invece penso di conoscerti.. almeno un po'» senza volerlo, il
mio sguardo finisce sul suo taglio, coperto dalla manica della felpa.
Lei lo nota e si
tira ancora più giù la manica.
«Questo non sono io...» e prima
che possa
aggiungere qualunque altra cosa Tom si para davanti a noi due, con un
aspetto terribile ma un po' più lucido del solito.
«Scusate
se vi ho interrotto, piccioncini, ma io qui mi sto ammazzando dalla
fame».
«Tom, che
cazzo..».
Kristen alza gli
occhi al cielo ed entra in camera da letto - sento i lievi protesti
di Ricky prima che si accorga che è Kristen e non io.
Fantastico,
è incazzata con me.
«Non
credo di
piacere molto alla tua fidanzata, Rob».
«Tranquillo..
non le piaccio nemmeno io, a volte».
Pov
Kristen
«Kris,
sei arrabbiata?».
«Non con
te, tesoro» aiuto
Ricky a infilarsi la maglietta del pigiama. Dopo qualche protesta ha
lasciato che lo aiutassi a mettersi il pigiama.
«Con
papà?», mi sentii una stretta allo stomaco a quel
nome:
papà. Aveva tanti significati per me; era
la persona
che non c'era quasi mai stata nella mia infanzia e anche la figura di
Robert che si presentava nella mia testa mentre prendeva in braccio
Ricky.
«Si,
tesoro, con.. papà», persino dirlo
a voce alta mi metteva in soggezione.
«Che ha
fatto?».
«Niente..
niente, tesoro, sono..».
«Non
dirmi che sono "cose da grandi" perché io sono
grande!» mi precedette lui, mettendosi le mani sui fianchi e
guardandomi storto in un modo davvero buffo.
Lo baciai sulla
fronte. «Hai ragione, tesoro. Sei grande. Non ho litigato con
Rob.. con papà, semplicemente non mi stanno bene alcune cose
che fa', o meglio: i suoi amici. Quel.. Tom, mi spaventa un
po'»
prendo un bel respiro e cerco di sorridere per non spaventare anche
lui. «A te Tom piace, tesoro?».
«Papà
dice che Tom è malato e bisogna avere tanta pazienza con
lui».
Gli accarezzo una
guancia e lo faccio sdraiare sotto
le coperte, coprendolo fin sopra il collo. Mi siedo vicino a lui e
gli scosto i capelli dagli occhi, facendolo sorridere. «Sei
davvero il bambino più buono del mondo, sai?».
«Kris?».
«Si?»,
sistemo meglio le
coperte, non voglio che prenda freddo.
«Tu resti
con noi,
vero..? Non.. non vai via, poi.. tu e papà avete litigato e
quindi.. tu vai via?».
«No, no,
amore mio, io non vado
da nessuna parte..» mi chino su di lui, abbracciandolo.
Stringere fra le mie braccia quel corpicino minuscolo mi fa' stare
incredibilmente bene, «non vado da nessuna parte senza di te,
piccolo».
Mi prese la mano,
stringendola nella sua, piccola
e paffuta. «Se ti dico che ti voglio bene quindi tu
resti?».
Sentii gli occhi
riempirsi di lacrime. «Oh
Ricky... ti voglio bene anche io».
Esco dalla stanza
qualche minuto dopo aver controllato che Ricky stesse effettivamente
dormendo. Il tempo di chiudere la porta che mi ritrovo Tom davanti,
con quella sua aria perenne da funerale e le occhiaie quasi
viola.
«Cazzo,
mi hai spaventato, sai?», mi porto una
mano sul cuore, che batte più del normale.
«Volevo
parlarti», non mi chiede neanche scusa questo stronzo.
«Sono
qui, parla pure» mi stringo le braccia al petto, nervosa.
Cosa
diamine vuole da me? E dov'è finito Robert? Non sono
più
arrabbiata con lui e ho davvero bisogno di averlo al mio fianco per
la maggior parte del tempo, è una cosa che ho capito in
questi
giorni: non riesco a stare lontana da Robert per molto tempo e ogni
volta che esce di casa per "lavoro" o per andare a parlare
con qualcuno mi ritrovo a pensare a quando tornerà a casa e
se
sarà triste o felice.
«Ti
chiami Kristen, vero..?»,
annuisco, mordendomi il labbro, questa conversazione sta diventando
sempre più strana.
«Bene,
Kristen, volevo solo
assicurarmi che tu non fossi una pazza squilibrata o una maniaca o
roba del genere.. cioè, Robert è il mio migliore
amico
e anche se è una testa di cazzo non ci terrei molto a
trovarlo, magari per sbaglio mentre cerco una birra, con la testa
mozzata nel frigorifero solo perché ha lasciato una
ragazzina
entrare in casa sua.. a proposito, quanti cazzo di anni hai? Sembri
appena uscita dalle elementari, sai?».
Sono indecisa se
scappare o prenderlo a pugni.
E in
più, penso di non aver
capito la maggior parte delle cose che ha detto.
«Ho.. ho
diciassette anni».
«Mh, te
ne davo massimo tredici. Ma
guadagni punti con quegli occhi verdi» indica i miei occhi ma
io sto osservando i suoi, sono lucidi ma non per via delle lacrime:
ha bevuto.
Il senso di disagio
cresce sempre di più.
Perché
le persone devono bere?
Ovvio, lo faccio
anche io, ma mai fino a
diventare ubriaca.
Un brutto ricordo
inizia a farsi largo dentro
di me, ma per fortuna la voce di Robert lo mette a tacere.
«Che
state facendo voi due?», sembra un cavaliere come si muove,
nella mia testa ha anche l'armatura. Mi costringo a tornare sulla
Terra, ricordando a me stessa quello che fa' per vivere.
«Facevamo
amicizia» risponde Tom, con un sorriso un po' troppo largo.
«Ho messo
a letto Ricky..» dico, cercando di non
guardare nessuno dei due, eppure sento gli occhi di Robert su di me.
«Accompagno
Tom a casa di Sarah e torno subito, va bene?»
il tono di voce sembra quasi spingermi a sollevare lo sguardo su di
lui. Non resisto e lo guardo, lasciando i miei occhi fondersi dentro
i suoi; lentamente una sensazione di pace mi inebria, è come
una droga il suo sguardo e mi affretto a distogliere lo sguardo prima
di ritrovarmi a guardarlo con la bocca spalancata e anche la bava
alla bocca. Sei proprio una sciocca, Kristen, ti farei solo
male.
«V..va
bene..».
Accenna un sorriso
e afferra
Tom per un braccio, trascinandolo via.
«Ehi,
amico, sono a
casa tua da neanche dieci minuti e già mi sbatti
fuori?»
si lamenta Tom mentre viene trascinato lungo il corridoio,
«Avere
una ragazza non ti fa' per niente bene!».
Robert sbuffa ed
evita di guardarmi, e fa' bene.
E' già
la seconda volta
che Tom dice che sono la ragazza di Robert e credo di avere il viso
in fiamme.
«Ci
vediamo, ragazza di Robert!» urla Tom,
ridendo da solo. Sento distintamente la voce di Robert mentre lo
manda al diavolo.
«Non sono
la sua ragazza...»,
sussurro quando la porta di casa si chiude dietro di loro, non
sono la ragazza di nessuno.
Sto girando per
casa da non so neanche più quanto tempo. Lancia l'ennesima
occhiata verso l'orologio appeso alla parete della cucina che segna
le due di notte; mi chiedo che fine abbia fatto Robert. Ho fame e sto
morendo di sonno ma non riesco a dormire senza sapere che fine ha
fatto Robert; mi siedo su una sedia e provo a rilassarmi. Non devo
sempre immaginarmi gli scenari peggiori, anche perché Robert
sa cosa fa', è abituato a trattare con gente anche peggiore
di
quella con cui ho avuto a che fare io, solo che io sono scema e mi
lascio sopraffare molto facilmente.
Mi alzo e vado
verso il
frigo, e se provassi a cucinare qualcosa?
Non sono un asso in
cucina, a dire il vero non ho mai imparato a cucinare davvero. So
fare giusto il minimo indispensabile e di solito mi esce male anche
quello, ma ho bisogno di fare qualcosa per tenermi occupata per non
pensare a scenari catastrofici. Perché ti
preoccupi per
lui? Finirai male, Kristen. Sospiro e apro le ante alla
ricerca
di qualche ciotola e un mestolo.
Decido di provare a
fare una
semplice torta.
Non l'ho mai fatta
quindi mi metto alla ricerca
di una libro di cucina o di qualcosa da cui prendere la ricetta e
alla fine trovo un vecchio libro di cucina in un cassetto, lo apro
alla prima pagina e leggo la dedica che c'è scritta a matita
"Coglione, cucinati qualcosa che non sia la solita roba da
asporto, Sarah xx", mentre leggo provo una strana
sensazione; Sarah ha mai cucinato per lui? Non ci ho mai pensato ma
adesso non riesco a togliermi dalla testa l'idea che Robert e Sarah
siano più che amici, è ovvio che sono andati a
letto
insieme ma non me li ero mai immaginati come una coppia
e
adesso ho questa immagine in testa e non va più via.
Probabilmente è perché fino ad ora ho immaginato
Robert
come il ragazzo che mi ha accolto in casa sua, salvandomi dal dormire
in mezzo alla strada, come una specie di eroe, quando in
realtà
non è niente di tutto ciò e forse lui non mi
vuole
neanche in mezzo ai piedi e ha solo una gran pietà nei miei
confronti e si sente in dovere di aiutare una povera scema come me.
Scaccio via le
lacrime che si addensano nei miei occhi e sfoglio
il libro fino a trovare la ricetta di una torta margherita.
Nel
frigo ci sono alcune uova, una confezione di latte e un panetto di
burro ma niente lievito. Ovvio, uno che non cucina che se ne
fa'
del lievito? Sbuffo e tiro fuori dal frigo quello che ho,
sperando che esca comunque qualcosa di decente.
Apro il libro di
ricette sul tavolo e cerco di seguire alla lettera ogni indicazione
che c'è scritta, ma dopo neanche venti minuti mi ritrovo con
un impasto gommoso e neanche la più pallida idea di come si
accenda un forno.
«Allora..
ci.. ci deve essere un modo,
forse.. qui?» provo a cliccare un tasto ma non succede niente
quindi lo clicco di nuovo, cerco nella memoria un ricordo di mia
madre mentre accende il vecchio forno di casa nostra ma non trovo
niente, neanche una volta che abbia visto mia madre preparare, che ne
so, un pranzo della domenica. Lacrime di frustrazione iniziano a
rigarmi il viso, accidenti a me!, neanche un forno so
accendere!
«Fanculo!», e tiro un calcio contro una
sedia,
facendola andare a sbattere contro il muro.
«Ehi,
ehi, ehi,
che succede qui?».
Per poco non mi
prende un infarto.
Ero
così concentrata nel mio tentativo di accendere il forno da
non sentire neanche la porta di casa aprirsi.
«Io.. io,
ecco, io...» balbetto, cercando di asciugarmi le lacrime con
le
maniche della felpa.
«Che
è successo? Perché
piangi?», si sfila la giacca e l'appoggia sulla sedia,
avvicinandosi a me.
«N..niente».
«Si,
certo,
avanti perché stai piangendo? E' successo qualcosa..? Stai
male..?».
Non sto male,
Robert.
E' che io non sto
bene da
nessuna parte, non lo capisci?
Io sono fuori posto
ovunque e stavo
cercando di fare qualcosa per te, per farmi apprezzare un po' di
più,
ma non sono riuscita a fare niente come al solito.
«No..».
«Cosa
c'è sul tavolo?» indica la ciotola con l'impasto
gommoso
giallastro dentro.
Mi mordo il labbro,
nervosa e imbarazzata.
Adesso scoprirà che non so neanche cucinare.
«Stavo..
provando a fare una cosa».
Aggrotta le
sopracciglia e si
avvicina alla ciotola, infilandoci dentro un dito che poi si porta
alla bocca. «Torta...?» chiede, ma dalla faccia
schifata
che ha fatto si vede che non è convinto neanche lui.
Sto
per scoppiare a piangere di nuovo. «Lascia perdere, sono una
scema, non so manco cucinare una cazzo di torta! Fa' schifo, puoi
anche dirlo; non c'era lievito e ho voluto farla lo stesso,
perché
tu non tornavi e io...», hai detto anche troppo,
mi
dico.
«Ehi!
Kristen, prendi fiato», lo faccio quasi
senza pensarci.
«E'
okay.. è stato carino da
parte tua fare una cosa del genere. Da dove hai tirato fuori la
ricetta?».
Indico il libro di
cucina sul tavolo, «Era
dentro un cassetto e io..ehm».
«Va bene,
hai fatto
benissimo. Non l'ho mai manco aperto, finalmente qualcuno l'ha
usato»
mi sorride e io mi ritrovo a sorridere insieme a lui.
«Non..
non c'era lievito in casa.. penso che non si posso fare una torta
senza.. o almeno, adesso lo so».
«Già,
non si
può. Ma possiamo fare una frittata con le altre uova che
sono
rimaste in frigo».
«D..davvero?»,
l'idea di
stare ancora un po' di tempo con lui mi piace, non voglio
più
andare a letto adesso che lui è di nuovo a casa. A
casa..
casa di chi?.
«Certo,
però magari stavolta.. ti
aiuto io».
Pov Robert
Prendo la
ciotola e rovescio il contenuto - un impasto giallognolo che non ha
niente a che fare con quello di una torta - nel lavandino, anche se
ci mette un po' a cadere e quando lo fa' sembra quasi un macigno.
«Anche io ho fatto una cosa del genere, una
volta».
«Davvero..?».
«Già..
avevo fame e volevo assolutamente prepararmi qualcosa da mangiare.
Avevo fumato molto ed ero in fame chimica, il risultato è
stato bruciare quasi metà cucina cercando di preparare un
piatto di pasta».
«Fumi?».
«Si,
perché?».
«Ehm..»,
mi giro verso di lei, che si sta passando nervosamente una mano fra i
capelli, «hai una
sigaretta?».
Per poco non sgrano gli occhi per lo stupore. «Sei troppo piccola per fumare».
Kristen alza gli occhi al cielo. «Chi sei, mio padre? Neanche lui mi ha
mai detto una cosa del genere».
Una cosa in
più su di te, ragazzina, penso mentre tiro
fuori il pacchetto di sigarette. «No, non sono tuo padre ma tu sei davvero
troppo piccola per fumare».
«Tu a
quanti anni hai iniziato?» mi chiede, mentre prende una
sigaretta dal pacchetto. «Hai da accendere?».
«Quindici».
Mi fulmina con lo sguardo. «Robert Pattinson, sei un grandissimo
ipocrita del cazzo, lo sai?».
Mi trattengo dal sorridere, non so perché ma mi piace quando
dice il mio nome - e forse mi diverte anche il fatto che mi insulti e
mi prende in giro, perché nessuno ha mai avuto il coraggio
di
farlo - «Si, lo
so e adesso zitta altrimenti questa sigaretta l'accendiamo domani
mattina».
Si porta la sigaretta alla bocca e io mi avvicino per accenderla,
avvicinandomi inevitabilmente anche a lei e al suo viso; la vedo
irrigidirsi leggermente ma non si tira indietro.
Mi infilo di nuovo l'accendino in tasca tornando a occuparmi della
frittata.
«Grazie..»
- prende una bella boccata, ed
è terribilmente sexy mentre lo fa'.
«Oh, di niente».
Si appoggia al bancone, mezzo metro da me. «Quindi.. una frittata? Non ne mangio una
da una vita. Posso prendere una birra?».
«Sigaretta
e birra, sei sicura di avere diciassette anni?».
«Spiritoso.
Ti stupiresti delle cose che so fare meglio di un ragazzo..»
e
sento un leggero tono malinconico nella sua voce mentre va' verso il
frigorifero e tira fuori una birra.
«Oh,
davvero? Tipo?».
Altra boccata alla sigaretta, «Che vuoi, la lista?».
«Non ho
altro da fare, quindi si, se ti va'».
«Be', non
mi va'.. mi insegni a fare la frittata?».
«Non sai
farla? Tutti sanno fare una frittata, anche i bambini!».
«Che
fai, prendi per il culo? Io non so farla, te l'ho detto.. mangio e
cucino giusto il minimo indispensabile e di solito non mangio uova,
quindi... allora?».
«Va
bene», prendo le due uova e le tengo in mano davanti a lei, «allora, queste sono due uova, Kristen.
Uova. Hai capito? Uova».
«Vaffanculo,
Pattinson», ma si
vede che si sta divertendo, anche se cerca di nascondere il sorriso
prendendo un sorso dalla lattina di birra.
«Con
queste due uova,
Kristen, dobbiamo fare la frittata».
«Io
te le spaccherei volentieri in testa invece, sei un tale idiota.
Smettila con quella vocina da cretino, non ho due anni!».
«Come
siamo maleducate. E va bene, farò il serio»
scrollo le
spalle e prendo un bel respiro, beccandomi un'occhiataccia da Kristen
che capisce che sto continuando a prenderla in giro. E' adorabile
quando tiene il muso. «Per
preparare una frittata, c'è bisogno di due o tre uova, del
latte
e del sale. E una padella. Vuoi provare a rompere le uova?».
«Tu stai
rompendo altro, Robert» alza gli occhi al cielo e prende una
delle due uova, mordendosi il labbro.
Le indico la ciotola. «Rompila là,
spiritosa».
«Lo
so!» dice, acida. «Non c'è bisogno che me lo
dici tu».
Sospiro e mi appoggio al muro, a distanza di sicurezza - per lei, non
per me.
Kristen resta ferma qualche secondo - continuando a martoriarsi il
labbro per tutto il tempo - per poi sbattere delicatamente l'uovo
contro il bordo della ciotola, talmente piano da non farlo neanche
scheggiare. Mi trattengo dal ridere e continuo a osservarla. Inizia a
dondolarsi sul posto, in un modo che ormai inizio a riconoscere: si
trova in difficoltà; «Kristen,
prova un po' più forte.. deve rompersi» le ricordo
e lei
volta il viso per lanciarmi un'occhiata di fuoco.
«Lo so,
lo so..».
«Devi
solo..».
«Ho paura
di sporcare! Okay? Non voglio creare casini.. fallo tu, ho cambiato
idea» e mi porge l'uovo.
«Devi
imparare» insisto, «avanti, non succede nulla anche se
sporchi, pulisco io».
«No,
io..».
«Kristen,
ho detto di farlo.. e smettila di morderti quel labbro, ti sta uscendo
sangue» - lo lascia subito andare quasi avesse preso la
scossa.
Annuisce e sbatte l'uovo contro la ciotola, rompendolo stavolta.
Peccato che invece che prendere le due metà del guscio e
lasciare solo l'interno nella ciotola fa' cadere tutto quanto dentro:
guscio, tuorlo e bianco.
«Così..?»
mi chiede, come una bambina in cerca di approvazione.
«Ehm..
veramente..».
«Ecco! Lo
sapevo! Ho sbagliato! Mi.. mi dispiace, è che non so.. io
non ho mai..».
«Kristen!
Va tutto bene, sul serio. Era solo la tua prima volta in cucina, tutti
combinano casini. Finisco io, okay?».
Annuisce, rassegnata.
Sicuramente pensa che sia inutile continuare perché non ne
sarebbe in grado, glielo si legge in faccia.
Si appoggia di nuovo al muro e prende una boccata dalla sigaretta che
aveva appoggiato sul bancone per provare a rompere l'uovo. Ne prende
una dopo l'altra, segno che sta ancora pensando alla storia dell'uovo
mentre io preparo la frittata. Decido che è meglio provare a
farla parlare prima che impazzisca per questa storia.
«Prima
hai detto che tuo padre non ti ha mai sgridata perché
fumi..».
«Si. E
allora?», si è subito messa sulla difensiva appena
ha sentito "padre".
«Non ti
sgridava, mai?».
Abbassa lo sguardo e si guarda i piedi, ma per un secondo mi
è
sembrato quasi di scorgere i suoi occhi farsi più lucidi.. «Non.. lui non ci stava molto in
casa..».
«Oh.. e
tua madre?».
«Neanche
lei...».
Non posso fare a meno di guardarla e spero che non mi si legga in
faccia la preoccupazione che provo verso di lei, perché
conoscendola potrebbe scambiarla per pena e mandarmi a fanculo in meno
di tre secondi. Chi si
prendeva cura di te, bambina?
«Hai
fratelli o sorelle?».
«No».
«Parenti?
Nonni, zii, cugini, parenti alla lontana..».
«Cos'è,
un interrogatorio?» scatta, sollevando lo sguardo, furiosa.
«N..no,
sto solo.. sto solo cercando di conoscerti un po' meglio. Se ci pensi,
sappiamo davvero poco l'uno dell'altra.. è strano, visto..
be',
visto che vivi con me e che..».
«Mi hai
salvato la vita» finisce lei per me.
«Non
esageriamo. Diciamo che è strano che io non conosca molto di
te visto quello che abbiamo condiviso..».
«Mmh...»,
sorso di birra, tre boccate di sigaretta, «si.. hai ragione..».
«So
che tua madre è finita in una clinica per disintossicarsi
dalla
cocaina e che sei rimasta da sola in casa quando eri molto piccola, so
che vivevi con una tua amica e che lei ti trascinava in giro a rubare
in ville di poveri spacciatori ignari..».
Accenna un sorriso, che però non nasconde il velo di
tristezza che ha negli occhi. «Già... non sento Scout da una
vita, però..».
Metto a cuocere la frittata. «Meglio, si è comportata male
con te, quella stronza».
«Ha
un modo tutto suo di ragionare.. se la conosci, ti abitui.. e non ti
aspetti neanche più che si comporti in altri modi».
«Bell'amica,
davvero. Comunque, come mai sei finita con una tipa come
lei?».
«Neccesità».
«Neccesità?».
«Non
sapevo dove cazzo andare, non avevo una casa, una famiglia a cui
affidarmi, ero sola e avevo bisogno di un letto e Scout mi offriva
tutto questo e anche di insegnarmi a cavarmela nella vita, una
prospettiva molto allettante per una ragazzina di appena tredici anni
che ha una voglia matta di libertà», finisce la
sigaretta
e la butta via.
«Avevi
tredici anni quando sei andata via di casa?».
«All'incirca
si.. non me ne pento, ma Scout non era proprio la scelta migliore che
potessi fare, lo ammetto», mi offre un sorso di birra ma io
rifiuto e la finisce lei, buttando via anche quella.
«Perché
sei andata via di casa..?».
«Non
chiedermelo...» - di
nuovo quella richiesta. Cosa mi stai nascondendo, Kristen?
«Ha a che
fare con i lividi che hai sul corpo..?».
I suoi occhi si fanno lucidi. «Per favore... non chiedermelo e basta,
okay?».
«Dimmi
chi te li ha fatti, Kristen. Dimmelo! Sei piena di lividi e tagli e odi
essere toccata per colpa di qualcuno?».
«No..
no.. ti ho chiesto per favore!» mi implora con lo sguardo,
trattenendo a stento le lacrime.
«Non puoi
continuare a tacere a lungo, Kristen, lo sai anche tu.. quei
lividi..».
«PER
FAVORE! PER FAVORE, NON CHIEDERE! non voglio parlarne, non voglio! Non
chiedermelo o me ne vado! Corro via se me lo chiedi un'altra volta,
capito!?» urla, le lacrime che iniziano a scorrerle sul viso.
«Va
bene.. va bene», la sola idea che fugga via mi costringe a
smettere di chiederglielo.
Sei davvero
così dipendente da questa ragazzina, Robert?
E mentre la guardo e vedo le lacrime, gli occhi rossi e il suo piccolo
corpicino pieno di lividi e tagli che trema e provo solo una grande
voglia di abbracciarla e dirle che va tutto bene, capisco che la
risposta è si,
sono
diventato dipendente da questa ragazzina, voglio che stia bene, che non
abbia paura di stare con me, di ridere e anche di toccarmi ma mi rendo
anche conto che non posso costringerla a fare niente perché
facendo così la farei solo scappare ed è l'ultima
cosa
che voglio.
«G...grazie...»
dice, asciugandosi frettolosamente le lacrime, imbarazzata.
«Ehi..»,
le prendo la mano, cercando di non stringere troppo e per fortuna non
mi respinge. Ha le mani gelide. «è
tutto okay.. hai ragione, non posso pretendere che tu mi dica tutto
subito. Ma quando vorrai.. io ci sono, capito?», annuisce e
ricambia leggermente la stretta con la sua piccola mano fredda.
«Capito.. grazie, davvero».
«A cosa
servono gli amici, altrimenti?», ma perché l'ho
detto? Vorrei uccidermi in questo momento. Amici, certo,
come se non volessi portartela a letto in questo preciso istante - e anche abbracciarla stretta
stretta dopo, baciarla sulla fronte, dirle che è bella anche
se coperta di lividi e... basta! Che cazzo, non posso
pensare cose del genere, non io.
«Siamo
amici, quindi..?», non riesco a decifrare la sua espressione,
è un misto di contentezza e confusione e forse anche un po'
di
delusione, ma probabilmente sono io che voglio vedere in lei la
delusione che provo anche io davanti a quel termine così
riduttivo.
«Certo.
Anche coinquilini e Ricky praticamente ti adora!».
«Mi ha..
mi ha detto che mi vuole bene, sai?», sorride al ricordo, un
sorriso dolcissimo.
«Davvero?».
«Già..
tuo.. figlio è davvero un bambino speciale. Dico sul serio,
secondo me è speciale.. riesce a capire le persone, e non
è una cosa da sottovalutare, è un dono di pochi» - io riuscirò mai a capirti?
«Non ha
preso dalla madre, per fortuna»
dico, mettendo la frittata in un piatto grande che poi metto al centro
del tavolo. Kristen si siede e io mi metto davanti a lei. Le taglio una
fetta abbastanza grande e lei sorride ringraziandomi con un filo di
voce, timida.
«Come hai conosciuto la madre di Ricky?»
mi chiede.
«Una
festa. Amici comuni. Tanto alcol. Ti basta?».
«Si..
capisco..», resta in silenzio per un po', mangia la sua fetta
e
ne prende un'altra. A un certo punto solleva il viso e mi guarda negli
occhi, seria. «La ami?».
Per poco non mi strozzo con la birra che ho appena aperto. «C..cosa!?».
Lei diventa tutta rossa ma lo ripete lo stesso: «Ami la madre di Ricky?».
«No», rispondo subito, deciso. «C'è
stato un tempo, quando mi ha detto di essere incinta, in cui ho provato
a vederla sotto un'altra luce, almeno a farmela piacere.. ma non
è servito. Veniamo da due mondi diversi, rischiamo di
ammazzarci
di botte se ci troviamo troppo tempo nella stessa stanza. Non mi ha
neanche voluto quando ha partorito, aveva una sua amica o collega di
lavoro, non lo so.. a me non ha voluto perché diceva la mia
presenza l'avrebbe solo fatta incazzare e aveva ragione, io e lei ci
odiano per la maggior parte del tempo. Lei è superficiale e
scorbutica, sempre pronta a mettere se stessa al primo posto anche a
costo di fare stare male chi le sta intorno e le vuole bene, non le
importa di nessuno oltre che di se stessa».
«Anche Scout era così..» dice,
adesso si è parecchio rilassata, «era
sempre pronta a mettere a rischio tutto e tutti pur di ottenere quello
che voleva.. era il lato di lei che più mi spaventava
perché sapevo che non ci avrebbe ripensato due volte a
mettermi
nei casini per guadagnarci qualcosa.. come appunto è
successo,
alla fine».
«Ora
però sei qui..», allungo una mano e prendo la sua
attraverso il tavolo.
Lei osserva le nostre mani, un leggero sorriso sul viso. «Te l'ho già detto, a me piace stare
qui.. ma non voglio essere un peso. Ho bisogno di un lavoro».
«Sei troppo giovane per lavorare».
«Sono troppo giovane per fumare, bere e anche
lavorare. Per te sono sempre troppo giovane».
«Esatto. Non
lavorare, resta a casa con me e basta», oh merda,
l'ho detto davvero? Mi è sfuggito, non intendevo dirlo
davvero. E'
quello che penso, si, ma volevo solo pensarlo, non volevo dirlo ad alta
voce.
Kristen sgrana gli occhi, come se avesse appena visto un fantasma.
Lentamente, fa' scivolare via la sua mano da sotto la mia. «E'
meglio che vada a letto. Buonanotte, Robert» si alza e fa'
per
andarsene ma riesco ad alzarmi prima di lei e raggiungerla facendo il
giro del tavolo giusto in tempo per mettermi davanti a lei.
«Aspetta,
non volevo dire quello..».
«Non hai
detto niente. Lasciami andare, ho sonno», la sua voce è fredda, quasi
gelida. Non mi guarda neanche negli occhi.
«Un
attimo, voglio spiegarti.. so che tu..».
«Tu non
sai niente di me! NIENTE! E ora lasciami passare, voglio andarmene a
letto... per favore...».
«O..okay».
Mi sposto e lei mi supera e sale le scale di corsa.
Scappando via.
Io non intendevo
metterti paura, piccola.
*
Pov Kristen
Era
mezzogiorno e Robert era appena uscito di casa per una "commissione
urgente", lasciandomi da sola con Ricky, che se ne stava tranquillo in
soggiorno a guardare la tv. Io ero ancora in camera da letto, indossavo
ancora la maglietta e i pantaloni della tuta che usavano per dormire e
continuavo a pensare alla notte appena passata. Le parole di Robert
continuavo a tornarmi in testa, rimbalzavano come delle palle magiche,
tormentandomi; ci avevo pensato tutta la notte, avevo chiuso occhio
solo verso l'alba, quando la luce proveniente dalla finestra mi aveva
rassicurata e Ricky aveva iniziato a girarsi nel letto, dandomi una
leggere sensazione di protezione. Resta
a casa con me e basta.
Voleva forse tenermi prigioniera? Non voleva che trovassi un lavoro
così sarei rimasta con lui per sempre? No. Non ci sarei mai
riuscita. Avevo vissuto in quel modo per troppo tempo, l'avevo odiato
troppo per permettere a qualcun altro, persino a Robert, di mettermi in
gabbia di nuovo. Volevo essere libera, volevo andare dove volevo io e
quando volevo io, volevo guidare la mia vita e prenderne le redini per
una volta, non volevo essere sottomessa a nessuno. La vita era la mia e
mi ero lasciata comandare per troppo tempo per permettere a
qualcun altro di farlo di nuovo. Non adesso che avevo imparato cosa
voleva dire essere liberi di prendere le proprie decisioni. Sbagliate,
quasi sempre, ma mie.
«Ehi! C'è qualcuno in casa!?
Ehilà!».
Sentii il rumore della porta di casa che veniva prima spalancata e
mandata a sbattere contro il muro e poi chiusa con forza, poi il rumore
di tacchi alti che camminavano sul pavimento in legno. Capii un secondo
in ritardo di chi si trattasse e di cosa - o meglio, chi - ci fosse in
soggiorno.
«Porca troia, e tu chi cazzo sei, dolcezza!?» sento
esclamare Sarah mentre mi alzo di scatto dal letto e corro verso il
soggiorno dove trovo lei e Ricky che si guardano negli occhi, entrambi
curiosi.
«Sarah,
ciao!».
«Oh,
Kristen, almeno tu ci sei in casa. Volevo Robert, ma penso che mi
accontenterò anche di te per una spiegazione.. chi
è questo bellissimo bambino? Ha gli occhi di
Robert».
Ricky, già annoiato dalla nostra conversazione, torna a
concentrarsi sul cartone animato.
«Ehm..
che ci fai qui?» le chiedo, sperando che Robert torni presto
per spiegare tutto lui.
«Dovevo
prendere alcune... cose, per Tom sai.. e Robert di solito è
pieno, in casa. Ma, Kris, non mi hai ancora risposto: chi è
questo bambino e perché ha gli occhi di Robert?».
«Oh..
ecco...», cazzo, pensavo che Robert gli avesse detto che era
suo nipote o qualcosa del genere, ma a quanto pare non ha raccontato
questa favoletta a Sarah, che continua a fissarmi, insistente.
«Questo
bel bambino, è forse..», si china e prende in
braccio Ricky, che sembra abbastanza scocciato dall'essere stato
disturbato mentre guardava il suo cartone animato, «il bambino di Robert? Non mentirmi,
Kristen. Fai parte di questo gruppo ormai e devi sapere che qui non ci
sono secreti, e se Robert ne ha uno.. è durato troppo a
lungo», rimette a terra Ricky, che torna contento a guardare
la TV.
Io e Sarah andiamo in cucina.
Sarah fa' come se fosse a casa sua e si prepara un caffè. «Non mi stupisce che Robert abbia un
figlio. Abbassava i pantaloni molto facilmente, prima».
Non oso guardarla in faccia dopo un commento del genere e mi chiedo se
invece adesso le cose siano cambiate più di tanto.
«Allora» si gira verso di me con la tazza di
caffè in mano. Ha i capelli biondi sciolti e scompigliati,
le labbra gonfie e l'aria scarmigliata di chi ha appena fatto qualcosa
a letto; indossa una camicia da uomo che ho già visto da
qualche parte e un paio di pantaloncini corti insieme ai tacchi alti,
sembra una modella in pausa caffè. «come ti trovi da Robert?
Perché puoi tornare da me quando vuoi, lo sai. Ormai sei di
famiglia, Kristen» mi sorride, affettuosa. Sarah ha un
carattere davvero strano, molto simile a quello di Robert: autoritario
da una parte e apprensivo e premuroso dall'altra, due cose che si
scontrano molto facilmente.
«Sto
bene».
«Davvero?
Oh, be', meglio così. Anche con il bambino in giro? Sai.. a
me non piacciono molto i bambini, non credo che ne avrò
mai».
«A me.. a
me piacciono molto i bambini», sopratutto Ricky, ma mi
piacciono proprio i bambini, hanno quella luce negli occhi, come se
avessero il bene dentro di loro. Non sono cattivi.
«Buon per
te», di nuovo quel sorriso prima di prendere un sorso del suo
caffè.
«Sarah..»,
mi torna in mente ancora una volta la discussione con Robert dell'altra
sera, ma stavolta penso anche a un'altra cosa che abbiamo detto. «non è che hai un lavoro per
me? Ho bisogno di soldi».
I suoi occhi azzurri si illuminano.
*
«Ma sei sicura che mi debba proprio conciare
così..?».
«Shh! Non
muoverti!».
«Ma..».
«Ferma!
Vuoi sembrare un panda, per caso? Ecco, allora stai ferma»,
Sarah mi fa' cenno di tirare indietro il viso per mettermi meglio il
mascara. Mi sto decisamente pentendo di averle chiesto aiuto. Appena le
ho chiesto se avesse un lavoro per me mi ha detto che mi avrebbe
portato in un posto questa sera, poi se n'è andata ed
tornata solo dopo che Robert è uscito di nuovo per fare
un'altra delle sue commissioni, portando con sé anche una
busta piena di trucchi, vestiti e scarpe più o meno della
mia taglia.
«Non mi
hai ancora detto che genere di lavoro è..»
protesto.
«Oh..
uhm, niente di che. Cameriera. Ci lavoro anche io».
«Anche tu
fai la cameriera?».
Evita di guardarmi mentre mi risponde e si concentra sul trovare un
rossetto del mio colore dentro la busta. «Qualcosa del genere.. adesso stai ferma
che ho quasi finito. Dobbiamo uscire prima che torni Robert, o non ti
farà mai uscire conciata così» mi
sorride complice ma io riesco a ricambiare a fatica. Non parlo con
Robert da ieri sera. E' tutto il giorno che io evito lui e lui evita me
uscendo di casa ogni cinque minuti. Penso che non mi voglia
più parlare, forse si è finalmente reso conto di
quanto sia un disastro e di come tutta la buona volontà di
questo mondo non servirebbe per rimettermi apposto.
«E Ricky?
Non posso lasciarlo solo in casa, neanche per cinque minuti, se
succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai..».
«Tranquilla,
ci viene a prendere Tom con Marcus. Ci accompagna Tom e resta Marcus a
badare al marmocchio», mi fa' l'occhiolino e mi fa' alzare
per farmi guardare allo specchio. «Allora, cosa ne pensi?».
«Sono..
sono.. non sembro io...».
«E'
questo il punto, dolcezza».
«Sarah.. io non sono più sicura..».
«Eddai,
non fare la cacasotto» mi sprona lei, spingendomi verso il
bancone. «Ci sono
io con te, okay? Ci lavoro anche io, non ti ci avrei mai portato se non
sapessi che è un posto sicuro. Può ingannare, ma
in realtà non succede molto, davvero».
Quel posto poteva davvero ingannare. E con me lo stava facendo e mi
stava mettendo anche un sacco di paura. Era un grande locale, alla fine
di un lungo vicolo buio e riuscivi a vederlo solo grande all'insegna
rossa con la scritta HELL. Erano solo le otto di sera ma c'era
già mezzo locale pieno, c'erano alcuni signori seduti ai
tavoli che giocavano a carte, ragazze che servivano ai tavoli con una
divisa addosso alquanto discutibile e un palco coperto da un tendone
rosso. Sembrava proprio di stare davvero all'inferno e ogni cosa
era o rossa o nera, il che dava al locale un'aria alquanto sinistra e
tetra anche se qualcuno avrebbe potuto definirla sexy.
Ci avviciniamo al bancone del bar, dove un uomo grosso e robusto
sorride a Sarah e poi a me.
«Già
qui, Sarah?» le chiede e lei ride, civettuola.
«Dovevo
portare un'amica, ha bisogno di soldi», mi indica,
sorridendomi.
Il tipo mi guarda e mi scruta con attenzione. «E' maggiorenne?».
«Certo!»
risponde Sarah per me, «Non ti metterei mai nei casini, lo
sai», il suo sorriso si fa' ancora più grande e si
sporge sul bancone, mettendo in mostra la scollatura della maglietta a
una manica sola. «Allora.. che ne dici? Dalle un periodo
di prova almeno.. ti dò la mia parola che ci sa fare. Serve
ai tavoli, un cazzata».
Il tipo però non sembra molto convinto.
«Hai mai
lavorato in un posto come questo prima d'ora?» mi chiede.
«Uhm..
si.. si, certo, una volte o due, ovvio» mento e Sarah solleva
i pollici in segno di approvazione senza farsi vedere dal tipo.
L'omone si gratta la barba folta che ha. E' pelato e ha due braccia che
hanno visto anni e anni di palestra. «Va bene... una settimana di prova, poi
vediamo» - per poco Sarah non inizia a saltare come una
bambina. «Grazie,
grazie, James! Non te ne pentirai!» strilla, prima di
afferrarmi per la maglietta e trascinarmi via verso quelli che sembrano
dei camerini ai lati del locale.
Dentro ci sono cinque ragazze che ci guardano una sola volta prima di
tornare a quello che stavano facendo prima che entrassimo noi. La
stanza non è molto grande e ci sono solo tre specchi con le
rispettive postazioni, ma sono abbastanza grandi; Sarah mi fa' sedere
nell'unico libero e inizia a rifarmi il trucco, disfando e rifacendo
come se fossi una bambola di porcellana. Anche Scout lo faceva ogni
tanto, quando dovevamo andare a trovare i suoi amici e voleva che mi
trovassero almeno presentabile. Non mi piace il trucco e avere tutta
questa roba in faccia mi mette davvero a disagio ma Sarah ci mette
così tanto impegno che non ho il coraggio di contraddirla e
così la lascio fare.
«Ecco
fatto.. il trucco ora è davvero apposto. Adesso devi
cambiarti».
«Che..
che devo mettermi?».
Sarah non mi risponde ma apre uno degli armadietti che ci sono e tira
fuori una maglietta rossa e una gonna nera in pelle insieme a un a paio
di stivaletti con il tacco alto e mi lancia addosso il tutto. «Cambiati, ti aspetto fuori, okay? Vado a
parlare con James. Andrà alla grande!» mi dice,
mentre corre via.
Così io rimango lì, con quei vestiti in mano e
nessuna idea di cosa io debba fare. Perché mi ha dato questi
vestiti? Insomma, la gonna è cortissima e la maglietta
mostra buona parte della pancia e della schiena e io non so camminare
sui tacchi; in più, mi vergogno a cambiarmi in pubblico,
anche se non sembra che nessuna delle cinque ragazze mi stia
minimamente calcolando. Così inizio a sfilarmi le scarpe da
ginnastica e poi i pantaloni, morendo dentro. Vorrei scoppiare a
piangere ma mi convinco che nessuno mi sta guardando e questo mi aiuta
a finire di spogliarmi e a iniziare a mettermi la maglietta che mi ha
dato Sarah. Mi guardo allo specchio in slip e maglietta e il risultato
è davvero pessimo, con tutti i miei lividi in bella mostra:
non posso uscire in questo stato.
Sto per scoppiare a piangere quando sento qualcuno darmi un colpetto
sulla spalla che per poco non mi fa' urlare dallo spavento.
Mi giro verso la proprietaria della mano e mi trovo davanti una ragazza
sui ventitré anni, alta come Sarah ma con lunghi capelli
neri e due grandi occhi blu ornati da ciglia finte verdi, truccata alla
perfezione con indosso un corsetto intonato alle ciglia e tacchi alti
neri.
«Tu devi
essere nuova perché non ti ho mai vista qui.. piacere,
Sonnie» mi sorride e stranamente non cerca di stringermi la
mano, sicuramente deve aver notato come sono sobbalzata al suo semplice
tocco.
«P..piacere,
io mi chiamo Kristen. Si, sono nuova.. inizio oggi, mi hanno preso in
prova» dico.
Lei sorride e annuisce, poi prende il vasetto di una crema dalla
postazione del trucco e me la passa. «Ho visto che eri in
difficoltà e ho pensato che magari ti servisse un po' di
questo.. sai, per coprire i lividi. Anche io sono piena, quel palo
uccide e fa' un sacco male» dice, alzando gli occhi al cielo
e ridendo.
Il palo... che palo?
Ma non chiedo niente; prendo la crema che mi porge, arrossendo. «Grazie mille..».
Lei ricambia il sorriso. «Di niente, se hai bisogno chiedi pure a
me, so cosa vuol dire essere nuova in questo giro».
E sto proprio per chiederle qualcosa, tipo a cosa si riferisce, quando
la porta del camerino si apre e la testa bionda di Sarah sbuca in mezzo
alla ragazze che si stanno preparando. I suoi occhi mi trovano subito. «Kristen, sbrigati!» urla.
Mi infilo di corsa la gonna e apro la crema, che non è altro
che fondotinta, parecchio coprente però visto che copre
perfettamente quasi tutti i miei lividi; me lo passo velocemente su
schiena, pancia, gambe e braccia e mi infilo i tacchi per poi correre
fuori alla ricerca di Sarah, che trovo appoggiata al bancone che parla
tranquillamente con James.
La raggiungo a fatica, visto che per via dei tacchi rischio di
inciampare ogni due passi.
James mi indica e Sarah si gira, raggiante.
«Kristen,
sei uno schianto!», prende un vassoio con delle birre dal
bancone e me lo porge, «Ecco a te, dolcezza. Buon primo giorno
di lavoro, il mio turno inizia più tardi, adesso porta
questo vassoio a quel tavolo laggiù, forza» indica
un tavolo pieno di signori sui quaranta, trentenni.
Camminare con questi tacchi è peggio che fare una camminata
a piedi nudi sui carboni ardenti.
Mi mancano le mie converse.
Ucciderei per un paio di converse adesso.
Il tavolo pieno di anziani smette di ridere appena mi avvicino e si
lanciano occhiate e gomitate tra di loro appena mi sporgo per mettere
le birre sul tavolo.
«Ehi,
bellezza» - è un uomo sui trentacinque anni, con i
capelli già brizzolati e qualche ruga di troppo, gli occhi
rossi per via dell'alcol.
«Ecco le
vostre birre, arrivederci».
«Scappi
già?», fa' per afferrarmi il braccio ma io mi tiro
indietro subito, veloce come sempre.
«Già.
Buona serata».
«Che
ragazzina difficile».
Stringo i denti a sentire quel nome ma fingo indifferenza e torno al
bancone del bar per prendere le altre birre e liquori da servire ai
tavoli. Quando torno per prendere il settimo vassoio della serata,
Sarah non è più al bancone. Vorrei chiedere a
James che fine abbia fatto ma mi trattengo perché ho paura
che anche lui ci provi con me, anche se ogni volta che torno al bancone
lui mi sorride amichevole e torna a lavare i bicchieri senza degnarmi
di una seconda occhiata di troppo. Continuo così per
un'altra mezz'ora prima che parta all'interno del locale una musica
abbastanza forte che attira la mia attenzione; il sipario che esclude
il pubblico all'occhio del pubblico si apre e finalmente capisco a cosa
si riferisse Bonnie: ci sono tre pali ai lati del palco, di metallo e
luccicano illuminati dalle luci colorate puntate su di loro.
La musica continua e aumenta di volume.
Non mi accorgo neanche di essermi fermata finché un'altra
cameriera mi viene addosso scrollandomi dal mio sogno e facendomi
riprendere a camminare, ma anche così non smetto di guardare
verso il palco, dove intravedo tre figure. Una non la conosco, mentre
le altre due mi sembrano famigliari. Quando arrivano entrambe vicino al
palo - afferrandolo e iniziando a ballare strusciandosi contro di esso
- le riconosco: sono Bonnie e Sarah.
Pov Robert
«Cosa
cazzo vuol dire che le hai lasciate andare, Marcus!?».
«Cazzo,
calmati, Rob! Sarah fa' quello che vuole e lo sai meglio di
me!».
«Si, ma
con lei c'era Kristen! Cazzo, perché l'hai lasciata andare!?
Non è sicuro che vada in giro con Sarah, è una
bambina, porca puttana e chissà dove cazzo l'ha mandata!
Dimmi dove sono andate!» spingo Marcus contro il muro,
fregandomene del fatto che mio figlio è nell'altra stanza.
«Cazzo!
Porca troia, fai male!».
«E ti
farò ancora più male se non mi dirai subito dove
sono andate!».
«Non lo
so! Non.. non ne sono sicuro».
«Dimmelo!
Dimmi dov'è Kristen! Anche se non ne sei sicuro, cazzo. Devo
trovarla prima che si faccia male!».
Vaffanculo. Non posso neanche uscire di casa cinque minuti che Kristen
scappa via con quella pazza squilibrata di Sarah. Appena le trovo le
faccio fuori entrambe, è sicuro. Uccido prima a Sarah. Cosa
cazzo le è saltato in mente a quella testolina bionda!?
Trascinare Kristen con sé in uno dei suoi piani di lavoro!
Conosco benissimo l'HELL, ci sono stato un paio di volte tre mesi fa'
ed è uno dei posti più schifosi che conosca. Non la pensavi così
quando ti sei scopato Sarah dietro le quinte, mi ricorda
la mia coscienza. E si, cazzo, è vero, ma tre mesi fa' non
c'era Kristen e non me ne fregava niente di che lavori faceva Sarah per
poter pagare le dosi di Tom; non che adesso me ne freghi qualcosa, ma
non mi va' che trascini nella merda anche Kristen.
Scendo dalla macchina appena intravedo il vicolo che porta al locale.
Mi metto a correre e per poco non butto giù la porta quando
entro nel locale.
Sono incazzato nero, che cazzo gli è saltato in testa a
quelle due!?
Mi guardo intorno e vedo subito Sarah, sul palco.
Balla e si dimena, strusciandosi contro il palo con agilità,
tenendosi per le gambe e mettendosi a testa in giù mentre
due dozzine di uomini cercando di afferrarla e le lanciano soldi e
altro sul palco.
Sto per mettermi a spingere in mezzo alla folla per raggiungere il
palco e trascinarla giù per i capelli quando sento qualcuno
con una voce famigliare imprecare dietro di me. Mi giro di scatto e
vedo Kristen a terra che si tiene una caviglia, ai suoi piedi
c'è un vassoio pieno di birre rovesciate o che sono
scoppiate per la caduta. Deve aver fatto cadere il vassoio per sbaglio
per via della caviglia, cosa probabile visto i tacchi vertiginosi che
indossa.
«Robert...
cosa.. cosa ci fai qui?» mi chiede, ancora in terra e con una
mano sulla caviglia.
«Sono
venuto a cercarvi! Ecco cosa ci faccio qui! Siete due stupide! E tu,
come hai potuto permettere a quella pazza fuori di testa di trascinarti
in un posto del genere!? COME!?» urlo, fuori di me.
Kristen abbassa lo sguardo, non prova neanche a rimettersi in piedi,
deve farle davvero male. «Avevo bisogno di soldi, te l'ho detto..
io non voglio pesare su nessuno e questo lavoro è tutto
quello che ho trovato...».
«TI RENDI
CONTO DI CHE CAZZO DI POSTO SI TRATTA, KRISTEN!?».
«Si! Me
ne rendo conto benissimo ma non ho altra scelta! Cosa posso
permettermi, altrimenti? Merda, Robert! Non lo capisci? Ho provato a
spiegarti di che casino sia la mia vita ma tu non mi hai dato retta. Io
posso fare solo questo, merda con merda, non posso permettermi
chissà che cosa, non posso trovare lavoro in posti per bene
perché nessuno mi accetterebbe mai! Guardami! Mi sono dovuta
ricoprire di fondotinta per nascondere i miei cazzo di
lividi..».
«Potevi
chiedere a me, cazzo!».
«Tu mi
vuoi chiudere in gabbia!».
«Di cosa
cazzo stai parlando!?».
Si strofina le mani sugli occhi, cacciando via le lacrime e rendendo il
viso una specie di maschera nera, rossa e viola. «Lascia perdere, non
capiresti..» fa' per alzarsi ma un altro crampo alla caviglia
la fa' cadere a terra. Mi avvicino ma lei mi scosta, lanciandomi
un'occhiata di fuoco. Ma quando per la seconda volta prova a rialzarsi
e vedo che sta per cadere non ce la faccio più e mi
avvicino, afferrandola per i fianchi.
«Cazzo
fai! Lasciami!» urla, dandomi colpi sul petto.
«Ferma»
le dico, tenendola per i fianchi in modo che riesca a reggersi in piedi
senza tendere il peso sulla caviglia.
«Rob..
no, per favore.. non..».
La scuoto, facendole voltare il viso verso di me.
I suoi occhi verdi sono ancora più in risalto con quella
matita nera, e sono anche pieni di lacrime che cadranno da un momento
all'altro.
«Kristen,
ascoltami!» - lei non dice niente - «Non è un posto per te,
questo, mi hai capito? Tu meriti molto di più di questo!
Molto di più! Non lascerò che tu venga trascinata
nella merda come tutti noi. Non permetterò che tu finisca di
rovinarti con le tue stesse mani, anche se so che vorresti tanto farlo
giusto per non dover più soffrire. Quindi, per favore,
lascia che ti aiuti a uscire da questa merda, lascia che io... faccia
qualcosa. Non avere paura di me», le stringo forte un fianco
e con l'altra mano le accarezzo il viso, scostandole una ciocca di
capelli e riportandola dietro l'orecchio, «Non ti farei mai del male..».
I suoi occhi finalmente libero le sue lacrime.
Quante volte l'ho vista piangere? Ha troppi demoni dentro di
sé.
«Robert,
io non posso...» sussurra, la voce rotta dal pianto.
«Si,
invece che puoi. Ti stai uccidendo, Kristen» la tengo stretta
per i fianchi e la porta in un angolo riparato del locale, facendola
appoggiare contro il muro.
«Non..
non mi fido.. non mi fido delle persone, non mi fido di te, non mi fido
neanche di me stessa, Robert!».
«Ma
fidati di me, per favore! Non ti farei mai del male, te l'ho detto!
Fidati quando ti dico che tu meriti di meglio e io posso aiutarti a
uscire da tutto questo! Posso.. posso almeno provarci se tu me lo lasci
fare».
Kristen scoppia a
ridere, ma è una risata che non ha niente di divertente.
«Da quale pulpito! Se tu sapessi un modo per uscire da tutto
questo te ne saresti già andato da molto tempo! Invece sei
ancora qui, sei ancora nella merda come me, Robert.. non possiamo
uscirne.. non possiamo, siamo.. siamo come condannati a vivere
così, ma non è così male.. ci si
abitua, no?».
Il suo corpo minuscolo trema al contatto delle mie mani sui suoi
fianchi, ma non si tira indietro.
«Possiamo
provare..» insisto.
Lei scuote la testa. «No. Non si può».
«Ti farai
del male se continui così..» le accarezzo di nuovo
il viso e lei si morde il labbro, chiudendo gli occhi per un secondo.
Quando li riapre,
sembrano più verdi del solito. Verde speranza.
«Forse..non sarebbe la prima volta; ma anche se fosse, tu
resti lo stesso?», mi stava sfidando con lo sguardo, sicura
di una mia risposta negativa, la sicurezza di uno che si è
sentita rifiutata tutta una vita.
Mi avvicino ancora di più, appoggiando la sua fronte alla
mia.
Trema visibilmente ma ancora una volta non si scosta, continuando a
sfidarmi con lo sguardo.
«Non vado
da nessuna parte senza di te».
____________________________________________________
Capitolo dedicato a: @robstenssmile
che deve imparare ad accettare il merito di quello che fa',
se non ci fosse stata lei a quest'ora non avreste neanche mezzo
capitolo. mi fa' sempre un sacco di complimenti che non merito, ma
vabbè,
è dolce lo stesso <3
Allora!
Che dire?
E' lungo, eh?
E anche un sacco senza senso e confuso e palloso ecc ecc
ma mi perdonate, vero?
cioè, non è così male.
quindi, che dire...? mmh, vi piace Bonnie? è tanto dolce.
è l'idea di Sarah del locale per Kristen? AHAHAA
Kristen è praticamente caduta a terra appena ha visto
Robert, slogandosi una caviglia e facendo cadere a terra tutti i
liquori,
bottiglie, birre e roba varia, poverina.
che altro dire? sono dolci questi due.
ma il prossimo capitolo sarà più dolce, promesso.
be'... quindi, alla prossima, grazie infinite.
lasciatemi lunghe recensioni perché il capitolo di oggi
è davvero lungo e me le merito (?), okay, passando ad altro
oltre
alla mia orrenda modestia, fatemi sapere cosa ne pensate, momenti
preferiti, frasi, gesti, insomma quello che
volete basta che mi scrivete qualcosa <3
vi voglio bene,
alla prossima.
ps. scusate quegli orrendi "suggerimento canzone" messi alla cazzo ma
non sono ancora riuscita a capire come si
mette il video, quindi... se lo sapete, VI PREGO, ditemelo, sto
impazzendo.
|
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Capitolo 10 *** you don't have to be afraid when you're with me. ***
fire
Pov
Kristen
«Odio
il trucco.. lo odio, lo odio, lo odio» ripeto, mentre mi
guardo
allo specchio e con un gesto scocciato apro il rubinetto dell'acqua.
«Peggio
per te che ti sei fatta conciare in quel modo da
Sarah, adesso ti becchi le conseguenze» - Robert è
appoggiato allo stipite della porta del bagno e vedo il suo sguardo
rivolto verso di me nello specchio. Mi ha praticamente trascinata a
casa dal locale, ho avuto appena il tempo di avvisare Sarah che in
meno di cinque minuti mi ha buttata in macchina e portata a casa,
ordinandomi di andare in bagno a togliermi quella "cosa"
dalla faccia, come l'ha chiamata lui, riferendosi al trucco che mi ha
messo Sarah per il mio "primo giorno di lavoro".
«Vaffanculo»
dico, gettandomi una secchiata di acqua
in faccia, con il solo risultato di guardarmi allo specchio dopo e
trovare una forte somiglianza tra me e un panda. «Cazzo.. io
non sono brava in queste cose! Io non lo so come si usano queste
cose.. mi trucco poco, odio il trucco, cazzo.. e adesso come faccio a
togliermi questa cosa dalla faccia...?» lagno, come una
bambina
di cinque anni. Il punto è che con Robert mi sento bene,
posso
permettermi anche di fare la bambina di cinque anni. Ho ancora la
sensazione delle sue mani su di me, sui miei fianchi, sul mio viso,
la sua fronte sulla mia, e anche se ammetterlo mi terrorizza, questa
cosa mi mette parecchio di buon umore.. anche se so che non sembra.
Ma sto gioendo dentro al ricordo di quella sensazione. Robert non
è
come gli altri.. non provavo schifo quando mi ha toccata ed
è
una cosa nuova, e ne ho paura.
«Ehi,
calma! Ci sarà
un modo, no? Le ragazze lo fanno sempre, si riempiono la faccia di
trucco e poi dopo escono dal bagno e non hanno più un cazzo,
l'ho visto».
«Oh,
che bravo! Sei un genio, hai
ragione, succede per magia!» lo prendo in giro.
«Che
spiritosa che sei, davvero. Dico solo che ci deve essere un
modo».
«Trovamelo
allora, genio».
«Senti,
smettila con questo tono perché mi stai facendo girare i
coglioni, okay? Ti ricordo che sono ancora incazzato con te per la
cazzata dell'andare a lavorare in quel locale quindi ti conviene non
rompere per stasera» - alzo gli occhi al cielo e torno a
guardarmi allo specchio; davvero, sembro un panda.
Robert
sbuffa e
si avvicina, venendomi dietro e incrociando lo sguardo con il mio
nello specchio.
Come
al solito, resto qualche secondo incantata a
fissare i suoi occhi azzurri. Come fanno ogni volta a farmi questo
effetto?
«Sembro
un panda» - mi rendo conto di averlo
detto ad alta voce solo dopo che l'espressione di Robert sembra
distendersi tutta in una volta e gli angoli delle labbra si sollevano
verso l'alto in un sorriso sghembo che mi manda il cuore fuori dal
petto.
«I
panda sono carini».
«Ma
io non lo
sono».
«Hai
ragione, non lo sei», mi appoggia
una mano sulla spalla e dolcemente mi fa' girare verso di lui,
così
mi ritrovo a pochi centimetri dal suo viso - dai suoi occhi
meravigliosi, cazzo - «hai ragione
perché tu non sei
carina, tu sei bella e lo sei anche senza tutta
questa roba
addosso, sei bella così come sei, al naturale, anche con
quel
bel broncio che hai sempre, mi piace davvero un sacco» - in
un
altro momento, con un umore diverso, in una situazione diversa,
probabilmente sarei scappata via da una rivelazione del genere, ma
adesso, con ancora addosso la sensazione delle sue mani sui miei
fianchi e con il buon umore che mi ha messo addosso quest'ultima
cosa, non riesco a non accennare un sorriso timido e a non arrossire
terribilmente, abbassando lo sguardo come una bambina e iniziando a
mormora un imbarazzatissimo «grazie» mentre lui
continua
a fissarmi.
«Wow,
pensavo che saresti scappata via»
dice dopo un po'.
«Potrei
ancora farlo..».
«Non
farlo», sento la sua mano afferrare all'improvviso la mia,
«per
favore, non farlo».
«O..okay»
balbetto.
Sorride,
raggiante. «Grandioso. Allora stasera è la mia
serata».
«P..perché?»
- vuoi smetterla
di balbettare come una cogliona? Neanche avessi dodici anni.
«Sono
riuscito a portarti via da quel locale, hai accettato
un mio complimento senza uccidermi e ti fai pure tenere per mano. E'
un miracolo», mentre lo dice accarezza piano il palmo della
mia
mano, mandando a puttane il mio cuore.
«Be'..
tanto al
locale ci torno domani».
«No,
perché?».
«Perché
ho bisogno di un lavoro ed è l'unico che ho trovato e se
vuoi
che le cose vadano bene tra di noi - cioè non dobbiamo
ucciderci a vicenda - devi lasciarmi fare quello che voglio, senza
pretendere di fare l'eroe della situazione. Non ci sono eroi nella
mia vita, non.. non ci sono mai stati», brava, ecco
la
Kristen stronza di diciassette anni.
«E
principi
azzurri? Quelli possono esserci?» - un sorriso malizioso mi
fa'
battere forte il cuore e mi mordo il labbro per non urlare o svenire.
Non posso continuare così.
«No»,
ma non posso
fare a meno di ricambiare il sorriso. Stasera c'è qualcosa
di
speciale nell'aria, è come se per la prima volta in vita mia
mi sentissi davvero a mio agio. Non bene. Ma non ho
neanche
voglia di scappare via urlando a gambe levate né mi sento a
disagio o impaurita, mi sento semplicemente me stessa, fiduciosa, non
ho paura di mostrare qualche debolezza davanti a lui e questa
sensazione mi terrorizza e piace da impazzire allo stesso tempo. Non
mi era mai successo. «Neanche quelli, mi spiace».
«C'è
sempre una prima volta», fa' qualche passo verso di me, senza
mai staccarmi gli occhi di dosso.
I
suoi occhi, cazzo.
Potrei
perdermi in due occhi del genere.
Potrei
vivere solo di quelli,
sono sicura che sarebbe una vita bellissima.
Ma
probabilmente non
me la merito.
«Uhm..»,
mi appoggio al lavandino,
sottraendomi a quello sguardo, «allora? Che fine ha fatto
questa idea per risolvere il problema "faccia da panda" che
abbiamo qui, eh? Forza, non voglio sembrare un panda caduto in un
ruscello tutta la vita!» - mentre lo dico spero che non
faccia
caso alla mia risata nervosa o al fatto che sto contando i battiti
del mio cuore per non pensare a lui, a come la sua vicinanza mi mandi
fuori di testa, e a come odi il fatto di non meritarmi i suoi occhi
azzurri troppo tempo su di me.
Robert
non dice niente ma mi fa'
cenno di spostarmi. Apre l'armadietto dei medicinali e tira fuori una
bustina con dentro dei pezzi di cotone e una bottiglietta bianca,
anonima, che agita davanti al mio viso. Leggo l'etichetta:
«Latte
detergente. Tu avevi dello struccante per tutto questo tempo e non mi
hai detto niente lasciandomi disperare! Stronzo!».
Robert
fa' spallucce. «Mi è venuto in mente solo adesso.
Sarah
qualche volta si è fermata a dormire qui e ha lasciato
alcune
sue cose in giro per casa, tra cui questa bottiglietta con il coso
magico che toglie quella robetta dalla faccia di voi ragazze,
pulendovi», sono sicura che la sua definizione creativa di
"latte detergente" sia stata creata apposta per farmi
ridere ma io mi sono fermata alla fermata "Sarah qualche volta
si è fermata a dormire qui", lasciandomi l'amaro in
bocca. Non sono l'unica ragazza che ha dormito in questa casa,
non sono l'unica a cui ha regalato questo genere di attenzioni e non
sarò l'ultima. Poi mi viene in mente anche l'altro
significato
che ha quella frase e cioè che Sarah e Robert sono andati a
letto insieme, più di una volta, e si conoscono in un modo
che
io non potrò mai conoscere per via della mia paura del
contatto fisico.
«Ehi,
ci sei?», Robert agita una
mano davanti alla mia faccia, riportandomi alla realtà, ma
senza però scacciare via i brutti pensieri che ormai si sono
annidati nella mia testa.
Provo
ad accennare un sorriso ma tutto
quello che mi esce fuori è una smorfia e anche lui se ne
rende
conto. «Tutto okay?» mi chiede - annuisco.
«Allora
siediti che ti tolgo quella roba dalla faccia, su!».
Senza
pensarci, faccio come mi viene detto e mi siedo sulla tazza del
water. «Non avevo idea che fossi bravo anche in questo.
Struccatore, cuoco, che uomo dalle mille sorprese..»,
incredibilmente, il buon umore senza tornare poco a poco anche se
l'idea di Robert e Sarah insieme a letto mi tormenta ancora. Io non
potrò mai fare una cosa del genere, anche se volessi, la mia
paura me lo impedirebbe.
«E
non hai idea di quante altre
qualità ti nascondo» dice, sorridendomi mentre
versa un
po' di latte detergente nel pezzo di cotone.
Quando
mi rendo
conto di quello che ha intenzione di fare è troppo tardi ma
riesco appena in tempo a tirarmi indietro prima che mi tocchi con
quell'affare che assomiglia tanto a una nuvola sporca di crema.
Robert
mi sorride di nuovo ma si vede che c'è rimasto
male. «Kristen, è solo per togliere il
trucco..».
«Lo
so..».
«E
allora qual'è il
problema?».
«Nessuno..
nessun problema» mento.
«Bene,
allora lasciami fare quello che stavo facendo.
Tranquilla, mh?» - annuisco e cerco di calmare il mio cuore
mentre lui piega le ginocchia per avvicinarsi e mi ritrovo con il suo
viso a pochi centimetri dal mio. Sento il suo respiro così
vicino alle mie labbra e istintivamente chiudo gli occhi mentre
Robert passa il pazzo di cotone prima sulle labbra - cuore a mille -
per togliermi il rossetto rosso fuoco, poi sulle guance per togliere
cipria e altro - dolce sensazione - e infine gli occhi. Per tutto
questo tempo il suo respiro è stato come una leggera coperta
sul mio viso, ho contato le volte in cui l'ha trattenuto per poi
lasciarlo andare su di me, mi sono concentrata per sentire il battito
dei nostri cuori che battevano all'unisono senza risultato e mi sono
lasciata ripulire dal cotone stretto fra le sue mani. Per un attimo,
appena dopo che aveva finito, ho desiderato ardentemente che mi
accarezzasse il viso o mi baciasse sulla fronte, per poi essere
spaventata da quella stessa idea.
Robert
si tira su e io apro di
nuovo gli occhi.
Ha
un sorriso soddisfatto in viso, sembra quasi
un bambino ed è bellissimo.
«Ecco..»,
mi porge
una mano per alzarmi e io la prendo esitando solo un po',
«ora
sei di nuovo tu», mi fa' mettere davanti allo specchio
così
da poter ammirare la mia immagine riflessa. Non c'è neanche
un
po' di trucco sul mio viso adesso, sono completamente scoperta e
questo mi spaventa un po' ma mi fa' anche piacere perché
odiavo tutta quella roba sulla mia faccia.
«Meglio
ora?».
Annuisco,
timida. «Decisamente
meglio».
«Perfetto.
Ti va' un bicchiere di latte prima
di andare a letto?» - annuisco di nuovo e lui mi sorride
prima
di uscire dalla stanza, lasciandomi sola.
Sollevo
una mano e mi
sfioro il viso.
Quale
sarebbe stata la sensazione se invece di
quel cotone imbevuto di latte detergente ci fossero state le sue mani
a pulire via quel trucco dal mio viso? Mi sarebbe piaciuto?
O
sarei scappata via?
Una
parte di me dice che probabilmente si
sarebbe avverata la seconda opzione ma un'altra parte di me, quella
più fiduciosa, quella che non ammette il mio passato e che
si
rifiuta di credere che tutti gli uomini vogliono solo una cosa da me,
mi dice che mi sarebbe piaciuta e che magari avrei dovuto provare.
Forse...
Esco
dal bagno e vado in camera di Robert, dove
Ricky dorme tranquillamente; mi avvicino e gli bacio la fronte prima
di andare a cercare alcuni miei vestiti dentro l'armadio - Robert non
vuole che tenga tutta la mia roba dentro la zaino, quindi mi ha
praticamente obbligata a mettere tutta la roba nuova che mi ha
comprato dentro il suo armadio - e sto proprio guardando in mezzo
alle maglietta alla ricerca di quella più comoda quando vedo
qualcosa che mi incuriosisce, in un angolo, semi nascosto. E' una
busta e improvvisamente mi torna in mente il giorno in cui siamo
andati al centro commerciale e Robert aveva una busta in mano che non
era di nessuno dei negozi in cui sono entrata a comprare roba, che
sia questa?
Mi
infilo dentro l'armadio e mi siedo dentro - mi ci
trovo subito bene, è piccolo ma non troppo, posso chiudermi
dentro e nessuno mi troverà qui dentro - prendo la busta e
faccio per aprirla quando sento Ricky rigirarsi nel letto e chiamare
il mio nome. Chiudo la busta ed esco dall'armadio, avvicinandomi al
letto.
«Ehi,
piccolino, che succede?», mi siedo
accanto a lui, scostandoli i capelli dal viso.
Ricky
apre
lentamente gli occhi e allunga le braccia verso di me,
«Mamma..
mamma..» - mi manca un battito quando lo sento chiamarmi in
quel modo. «mamma non andare via di nuovo..», ha
gli
occhi lucidi e penso che non abbia ben capito chi io sia o forse
pensa di stare sognando, perché anche quando mi guarda non
sembra riconoscermi.
Lo
abbraccio, sdraiandomi nel letto insieme a
lui. «Shh, shh, tesoro.. va tutto bene, ci sono qua io con
te..
non ti lascerò mai solo, mai, lo giuro su tutto
ciò che
ho di più caro al mondo», lo tengo stretto a me,
mi
aggrappo a lui esattamente come lui si aggrappa a me, due relitti
persi nell'oceano che cercano una qualche consolazione tra di loro.
Forse con i nostri pezzi di nave affondata potremo crearne una nuova
che non faccia la fine del Titanic, ma per ora ci basta restare
abbracciati.
«Mamma,
mamma..».
«Sono
Kristen, piccolo mio.. sono solo Kristen.. mi dispiace
tanto..».
«Mamma,
mamma, mamma» continua a
ripeterlo finché non si addormenta contro il mio petto.
Controvoglia,
lo scosto da me, mi assicuro che stia bene, lo
copro di nuovo, gli bacio la fronte e controllo che non abbia la
febbre. Per fortuna sta bene, ha solo avuto un brutto sogno troppo
realistico come capitava spesso anche a me da bambina - e anche ora
nelle mie notti più sole - così mi costringo a
raggiungere Robert di sopra senza neanche essermi cambiata, ma non
senza aver prima lanciato un'ultima occhiata al mio piccolo angelo
biondo.
Quando
arrivo in cucina trovo Robert che sta mettendo sul
tavolo due tazze fumanti dall'intenso colore scuro.
«E'
una
cioccolata calda, quella?».
Robert
si gira di scatto verso
di me, rischiando di far cadere il contenuto della sua tazza, che
tiene ancora in mano. «Cristo Santo, mi hai fatto prendere un
infarto, Kristen!».
Non
riesco a trattenere una risata. Mi
avvicino al tavolo e osservo la mia tazza. Dio, da quando non mangio
una cioccolata calda? L'ultima volta è stata.. se non
sbaglio,
avevo cinque anni ed era buonissima ma questa che ho davanti non
è
niente in confronto, ha un profumo che mi manda in estasi.
«Scusa,
non volevo spaventarti.. ha un profumo delizioso».
«Probabilmente
è l'unica cosa che in cucina so fare davvero bene, un giorno
ti insegno» - va' verso il frigo e lo apre.
«Promesso?»
chiedo, come una bambina piccola. In realtà, è
più
la promessa di passare del tempo con lui che voglio, non quella di
imparare a fare la cioccolata.
Lui
mi guarda da sopra la spalla e
mi sorride in un modo che mi fa' arrossire,
«Promesso».
Chiude il frigo e io noto che ha preso qualcosa.
«E'..
è...
oddio! Oddio, oddio, oddio! Si si si!» mi ritrovo a battere
le
mani come una bambina di cinque anni mentre Robert ha un sorriso a
trentadue denti dovuto probabilmente alla mia scenetta ridicola che
non riesco a trattenere.
Si
avvicina alla mia tazza e spruzza
sopra la cioccolata calda una montagna di panna montata.
«Ecco
a lei, signorina, la cena è servita! Spero che sia di suo
gradimento» - ne mette un po' anche sopra la sua e poi si
siede
davanti a me.
«Oddio,
Rob, non.. non riesco a crederci!
Porca puttana, è panna montata!».
«Non
credevo
di farti così felice».
«Invece
lo hai fatto,
eccome! Dio, grazie!».
«Di
niente, mademoiselle»
- colpita e affondata, sono rossa dalla testa ai piedi.
Pov
Robert
«Non
riesco a crederci che tu non mangi una cioccolata calda da quando
avevi cinque anni!».
«Non
riesco a crederci neanche
io, mi sono persa il paradiso. E' buonissima!».
«Dovrebbe
essere illegale».
«Che
cosa?».
«Non
fare mangiare a una bambina la cioccolata calda. Dovrebbero fare una
legge su di questo! Tipo "ogni bambino deve mangiare la
cioccolata calda.."».
«..
con panna montata!»
mi suggerisce lei, prendendo un altro sorso dalla sua.
«Giusto!
"Ogni bambino deve mangiare la cioccolata calda con panna
montata almeno una volta a settimana"».
«Concordo
in pieno!», Kristen solleva la faccia dalla cioccolata e io
non
posso fare a meno di scoppiare a ridere: ha tutte le labbra e buona
parte del naso e del mento ricoperto di cioccolato e anche un po' di
panna.
«Cazzo
ridi?».
«Sei
piena di
cioccolato in faccia!», cerco di smettere di ridere non
appena
vedo che lei è arrossita e si guarda in giro in cerca di un
fazzoletto, imbarazzata come sempre. Quando imparerà che con
me può essere me stessa senza imbarazzarsi per sciocchezze
come questa?
«Aspetta..».
Mi
alzo e vado a prendere
un fazzoletto.
Mi
avvicino a Kristen, che ha già intuito
le mie intenzioni. Solleva una mano per prendere il fazzoletto ma io
sono più svelto e le pulisco delicatamente la cioccolata che
ha sulla punta del naso. «Sei tutta sporca..» - le
sorrido per farle capire che non la sto rimproverando perché
con lei non si sa mai - «neanche i bambini di cinque anni a
cui
è stata negata la cioccolata si sporcano così,
sai?».
Ma
lei non dice niente e quando abbasso lo sguardo e
osservo le sue labbra noto che sono leggermente aperte, come in cerca
d'aria.
Ti
mozzo il respiro, piccola? Anche tu a me.
Ha
gli occhi spalancati e sento il suo sguardo su di me, penetrante e
attento mentre le pulisco le labbra. «Ecco fatto. E' la
seconda
volta oggi che devo pulirti il viso, eh».
Soltanto
quando mi
sono allontanato abbastanza la vedo riprendere a battere le palpebre.
«Già... uhm, non prenderci l'abitudine».
«In
realtà.. potrei eccome».
Ecco
che arrossiva di nuovo.
Era
davvero carina quando arrossiva, continuavo a pensare che
fosse una cosa davvero rara da trovare. Sarah non era mai arrossita
con me, né nessun altra donna, erano tutte civette o
frettolose ma nessuna di loro si soffermava più di tanto sui
miei complimenti - non che io ne facessi molti, in effetti Kristen
era l'unica ragazza a cui facessi dei complimenti quasi senza
rendermene conto, proprio perché mi uscivano spontanei
perché
era lei. Kristen era speciale, me ne rendevo conto
sempre di
più.
Nel
frattempo, Kristen era tornata alla sua
cioccolata. Faceva quasi ridere, sembrava una bambina, guardava
quella cioccolata come se fosse la cosa più bella del mondo
e
in quel momento fui geloso della cioccolata perché avrei
voluto quello sguardo su di me. Ero abituato ad avere tutte le
ragazze che volevo, mi veniva facile portarmele a letto e loro non si
facevano di certo pregare. Kristen invece, lei era lì seduta
a
tavola che beveva serena la sua cioccolata, con quella sua aria
pensierosa che in un attimo spariva e tornava, lasciando spazio a una
Kristen bambina che non mangiava una cosa così dolce da una
vita.
«Ti
piace tanto, eh?».
«Molto..
grazie, davvero».
«Mi
stai riempiendo di grazie
stasera, guarda che poi ci faccio davvero l'abitudine».
«No!
Ehm, meglio di no, davvero».
«Peccato..»,
cerco
il suo sguardo e lo trovo poco dopo, timido e un po' schivo come
sempre, «sei più carina quando sei calma e
tranquilla,
più di quando schizzi come una pazza».
«Stronzo.
Io non "schizzo" proprio per niente, sei tu che rompi le
palle».
«Hai
un vocabolario davvero colorito, sai?».
E
poi fa' una cosa che mi fa' capire che stasera è davvero
la mia serata.
Mi
fa' la linguaccia.
«Parlo
come
voglio!» - e scoppia a ridere davanti alla mia faccia
sorpresa.
«Ma
hai davvero cinque anni? Mi basta mio figlio, eh».
La sua espressione cambia, si fa' più tesa sentendomi
nominare
Ricky.
«Rob..
a proposito di Ricky.. prima... ecco, in
camera sua.. mi stavo cambiando e.. ha iniziato a chiamare.. sua
mamma».
Oh.
Un senso di colpa incredibile mi colpisce. Ero
così preso da Kristen da dimenticarmi che ho anche
responsabilità, quel bambino ormai conta interamente su di
me
e anche se all'inizio - quando Valerì mi aveva "annunciato"
di essere incinta - ero rimasto praticamente impassibile davanti alla
notizia, adesso quel bambino conta immensamente per me, è
l'unica cosa giusta che ho commesso nella mia vita anche senza
volerlo. Mentre Kristen è l'unica cosa giusta che ho fatto
nella mia vita, aiutarla e prendermi cura di lei mi fa' stare bene in
un modo che pensavo che non ci sarebbe mai stato per me.
«Quella
ragazza non ha cuore» dico, pensando al modo in cui
Valerì
è sparita dalla mia vita e da quella di suo figlio senza
neanche salutare in modo decente.
«Forse..
forse non voleva
semplicemente fare la mamma... anche mia madre non ne andava matta,
ma non è andata via.. ha avuto solo più coraggio,
ma
neanche tanta pazienza a dire il vero..», abbassa lo sguardo
e
si contorce le mani. Aspetto in silenzio che continui il suo
racconto, ho bisogno di sapere qualcosa in più su il suo
passato; e dopo un minuto di silenzio, continua. «Vivevamo in
un appartamento.. più piccolo di questa casa, diciamo che
era
più che altro una stanza molto grande divisa da muri... ma
avevo una cameretta tutta mia» - mentre parla è
come se
fosse immersa in un sogno a occhi aperti, gioca nervosamente con le
mani, guardando nel vuoto.
«Dov'è
tua madre..?»
le chiedo, sperando di sfruttare questo momento per ottenere ancora
più informazioni.
«Oh..
lei.. non so.. penso.. penso
che sia ancora a casa sua, con lui..»,
l'incantesimo si
spezza e una maschera di terrore investe per un secondo il viso di
Kristen.
«Con..
lui? Chi è lui?».
«Non
voglio parlarne».
«Okay,
ma..».
«Ho
detto di no», sposta la sua tazza di cioccolata e prende di
sua
spontanea volontà la mia mano attraverso il tavolo,
appoggiandoci sopra la sua, «per favore, non voglio parlare
di
lui adesso.. voglio solo stare tranquilla per un po', okay?
Possiamo.. non so, parlare d'altro?».
«Certo»
-
ma mentre cambiamo argomento continua a tormentarmi l'idea di
Kristen, da sola in quella casa, senza nessuno che la protegge, con
un uomo che vuole farle del male e una madre assente. E' questo il
suo passato? Vorrei continuare a farle mille domande ma so che se lo
facessi la farei solo scappare via, così decido di
accantonare
l'argomento almeno per stasera.
Sono
le tre del
mattino quando - dopo almeno un'ora di avanti e indietro nel letto -
sento il campanello di casa suonare fino a rompermi l'udito. Impreco
e cerco di alzarmi dal divano, dove mi sono addormentato dopo aver
accompagnato Kristen in camera mia per la notte; «Ma che
cazzo.. uno manco la notte può dormire. Arrivo, cazzo,
arrivo!» solo dopo mi tappo la bocca da solo ricordandomi che
c'è Kristen addormentata. Mi alzo dal divano e vado ad
aprire
la porta, ritrovandomi due uomini davanti. Non so chi sono e mi costa
davvero tanto aprire bene gli occhi per guardarli in faccia.
«Chi
cazzo siete?», non ho né tempo né
voglia per
essere gentile.
«Non
ti interessa. Noi sappiamo benissimo
chi sei tu» dice uno dei due, quello più piccolo.
Sto
per rispondere quando l'altro - grande quasi il doppio di me - mi
sferra un pugno al naso. Prima ancora di sentire il dolore sento il
crack che segue il colpo, seguito naturalmente da
un dolore
allucinante che mi fa' cedere le ginocchia e cadere a terra.
«Cazzo,
cazzo, cazzo! Ma sei impazzito!? Porca troia.. CRISTO, CHE
MALE!»
urlo, ormai piegandomi in due dal dolore.
I
due uomini restano
semplicemente in piedi accanto a me. Poi uno dei due mi dà
un
calcio al ginocchio, facendomi cadere a terra. Un pugno allo stomaco
è il colpo di grazia. «Questo è solo un
avvertimento, sia chiaro» - anche se non lo vedo in faccia so
per certo che il figlio di puttana che mi ha colpito sta sorridendo.
«Ma
avvertimento di cosa, cazzo!», sento il sangue
rigarmi il viso ed entrarmi in bocca quando parlo.
«Mettiamola
così: io ti consiglierei di smetterla con i tuoi..
"traffici",
ecco. Per il tuo bene».
«Vaffanculo.
Faccio quello che
cazzo voglio».
Altro
calcio in pancia. «Se fossi in
te, farei tesoro delle nostre parole».
«Andatevene
a fanculo! E possibilmente fuori da casa mia..».
«Non
la penserai così tra un paio di giorni, ragazzino. Hai fatto
il figo anche per troppo tempo, non hai la minima idea in quali
casini ti sei cacciato in questi anni ma, se continuerai, lo saprai
molto presto» - vedo le loro scarpe firmate allontanarsi da
me
e la porta chiudersi. Resto sdraiato per terra per un tempo che mi
sembra infinito, con il sangue che scivola lungo il mio viso, il
petto che mi fa' un male cane e un ematoma che mi sembra di sentir
nascere sulla mia gamba. Ma non è il primo pugno che ricevo
e sopravvivrò. In questi anni ho fatto a botte talmente
tante
volte che non è neanche la prima volta che mi rompo il naso,
ma stasera proprio non ce la faccio a sollevarmi dal pavimento.
Pov
Kristen
Mi
sveglio di soprassalto per via di un
rumore proveniente dal piano di sotto. Mi giro dall'altra parte per
controllare che Ricky stia bene e quando vedo che sta ancora dormendo
mi tranquillizzo almeno un po'; ma quanto dorme questo bambino? Ha un
sonno davvero pesante. Un'altra cosa in cui mi rivedo molto in lui.
Anche io alla sua età, e anche oltre, passavo molto tempo
dormendo, era un modo come un altro per non dover vedere la
realtà
che mi circondava; perché non è vero che quando
si è
piccoli le cose non si capiscono o non riesci a capire quello che hai
intorno, semplicemente non afferri tutto ma le cose ti entrano dentro
ancora di più, lasciandoti come una cicatrice dentro, che
è
peggiore di tutte quelle cicatrici fisiche che ti farai in futuro. Ti
lascia come una specie di vuoto dentro.
Mi
metto seduta nel letto
e sto in silenzio, in ascolto.
Mi
sembra ancora di sentire dei
rumori dal piano di sotto.
E
se Robert fosse sveglio?
Improvvisamente
mi passa tutto il sonno.
Salto
giù dal
letto e quasi corro fuori dalla stanza. Non so neanche io cosa mi
succede, ma sento che qualcosa si sta lentamente sciogliendo dentro
di me, mi sento come persa e senza meta, mi lascio trascinare dalle
emozioni del momento come non mi era mai successo prima e non so cosa
pensare di questa cosa, perché da un certo punto di vista mi
sento libera come non mai ma se ci penso troppo capisco che questo
cambiamento potrebbe anche portarmi solo guai e di guai ne ho avuti
anche fin troppi in vita mia.
Mentre
scendo le scale ripenso alla
mia chiacchierata di stasera con Robert. Con lui è davvero
facile parlare, riesce a farmi dire cose che credevo che non avrei
mai detto a nessuno e invece con lui mi escono quasi spontanee. Un
sorriso mi spunta sul viso all'idea di un'altra chiacchierata
notturna.. ma ha vita breve, mi basta uno sguardo alla fine delle
scale per notare un corpo disteso per terra, nascosto dal buoi della
casa.
Corro
a precipizio giù dalle scale e quando sono
abbastanza vicina riconosco che è Robert e sta imprecando
pesantemente mentre si tiene il naso.
«Rob..
Rob.. ehi.. cazzo, ma.. oh merda, ma che cosa cazzo è
successo?» mi inginocchio accanto a lui, il cuore che mi
batte
a mille. No, no. Non può essere. Anche lui. Anche lui, come
tutti quelli a cui ho voluto bene, ha dovuto pagare le conseguenze di
stare al mio fianco. Questi pensieri rimbombano nella mia testa
mentre mi piego su di lui, gli occhi lucidi.
«Ahi...» - sento un gemito sfuggirgli dalle labbra
- «Kris...Kristen, il
fianco.. mi fa' male.. per favore, potresti...».
«Oh!
Scusa..» mi scosto subito da lui, rimanendo però
seduta per terra accanto a lui. «Rob..
non.. non capisco, chi ti ha ridotto così? Chi.. oh, mamma!
Cazzo, il tuo naso, Rob! E'.. sei pieno di sangue» - Robert
si
è voltato dalla mia parte, non senza aver prima imprecato di
nuovo un altro paio di volte, e ora riesco a vedere meglio il suo viso.
Mi alzo e corro ad accendere la luce per vedere meglio e per poco non
svengo vedendo tutto quel sangue sul suo viso; mi inginocchio accanto a
lui, non sapendo bene cosa fare.
Robert deve notare la mia espressione preoccupata perché
prova
ad accennare un sorriso per calmarmi ma tutto quello che riesce a fare
è farsi ancora più male al viso.
«Non
muoverti.. Cristo, sei messo davvero male.. devo.. devo portarti da un
dottore.. da.. da qualcuno.. oddio, Robert, mi dispiace così
tanto...».
«Di cosa? Non
è colpa tua».
«Sei.. sei finito
così per colpa mia.. io.. io porto guai, te l'ho
detto..».
«Non
è colpa tua, Kristen. Sono venuti due tipi.. è
colpa del
mio.. lavoro» - fa' una fatica immensa a parlare e si vede.
«Del
tuo.. okay, lasciamo perdere, l'importante adesso è portarti
da
un dottore. Dobbiamo andare all'ospedale..».
«No..»,
prova a mettersi seduto ma credo che gli faccia male il petto o il
fianco perché non riesce neanche a mettersi seduto bene, «nessun
dottore o ospedale, non ho neanche l'assicurazione sanitaria o soldi al
momento.. chiama Marcus e Tom, loro sapranno cosa fare».
«Ma..».
«Kristen.. per favore,
fa' come ti dico».
«V..va
bene» faccio per alzarmi e andare a cercare il suo cellulare
quando all'ultimo ci ripenso e torno a sedermi vicino a lui. Quando
vedo che sta per protestare e dirmi di affrettarmi sollevo una mano e
l'appoggio sulla sua guancia. Una scossa elettrica mi percorre tutto il
corpo, leggera, ma percepibile anche a lui o almeno mi sembra di capire
che sia così dal modo in cui mi guarda. Gli accarezzo
delicatamente il viso, facendo attenzione a non sfiorare la parte lesa.
Non ho neanche il coraggio di guardarlo negli occhi mentre parlo. «Starai
bene.. mi dispiace tanto», sollevo lentamente lo sguardo su
di
lui, trovandoci i suoi due occhi azzurri di ghiaccio che mi stanno
già guardando, stupiti. Arrossisco e mi alzo di scatto,
correndo
a cercare il suo cellulare.
Me ne sto appoggiata al bancone in cucina, osservo Ricky che colora un
disegno seduto sul tavolo della cucina. Non c'è stato verso
di
farlo addormentare di nuovo dopo che si è svegliato per via
del
casino che hanno fatto Marcus, Tom e Sarah quando sono arrivati.
Così l'ho portato in cucina e lui ha tirato fuori una specie
di
kit di emergenza di sua invenzione: pennarelli, fogli, matite colorate,
gomme, colla, forbici dalla punta arrotondata e anche alcuni
acquerelli. A me è bastato riempirli un bicchiere d'acqua
per
gli acquerelli e dopo non ha più aperto bocca. Non ha
chiesto
neanche di Robert e del motivo per cui ci fosse così tanta
gente
in casa, si è semplicemente nascosto in cucina con me.
Mentre lo
osservo mi piomba addosso uno strano senso di malinconia, mi rivedo
così tanto in lui.
«Okay, tutto sistemato» - Sarah entra in cucina
camminando sicura sui tacchi - «Era
messo meglio di quanto pensassimo. Si riprenderà».
«Davvero? Che.. come
sta adesso?» chiedo, ricordandomi di come Robert mi avesse pregato di non
assistere al "riparo" del suo viso.
«Una merda».
Lancio un'occhiata a Ricky e poi una di rimprovero a Sarah, che scrolla
le spalle. «Prima
impara le parolacce meglio è, fidati. E' figlio di Robert,
non
ha scampo. Oh, ma stai disegnando! Fa' vedere!», si avvicina
a
Ricky, che solleva timidamente il suo disegno: una ragazza e un ragazzo
che si tengono per mano, dietro c'è quello che dovrebbe
essere
un camino e poi c'è un albero di Natale e un bambino seduto
là vicino. Disegna molto meglio di me quando avevo la sua
età.
«Oh..» -
Sarah mi lancia un'occhiata in cerca di spiegazioni.
Mi avvicino a Ricky e mi chino per baciarlo su una guancia, «E'
bellissimo, tesoro. Lo appendiamo al frigo, ti va'?».
«Così
papà lo vede..» - annuisce, sorridente - «Okay!».
Sorrido a Ricky e metto il disegno sotto una calamita attaccata al
frigo, al centro.
Ricky ha già cominciato con un altro disegno.
«Allora... come
sta?», mi avvicino a Sarah, abbassando abbastanza la voce da
non farmi sentire da Ricky.
«Ti
sei preoccupata per niente, non è la prima botta al naso che
riceve in prima sua..» - di nuovo quel senso di inadeguatezza
mi
torna in mente, è come se io fossi l'ultima arrivata della
scuola, tutti si conoscono già e sanno tutto di tutti e
anche se
io provo a fare amicizia con il capo della squadra sportiva della
scuola ci sarà sempre la sua fidanzata\migliore
amica\scopaamica
che saprà sempre più di me e me lo
farà notare
ogni volta. E' una battaglia persa in partenza, non sarò mai
come loro.
«Già...
be', si è comunque fatto molto male».
«Sopporta molto il
dolore».
«Mmh...».
Sarah apre il frigo e tira fuori una birra, «Mi
piacerebbe davvero tanto restare qua e vedere come sta Robert, ma Tom
ha bisogno del suo "piccolo aiuto" quindi devo portarlo a fare un
giretto. Marcus ci accompagna. Ti lascio il mio numero di telefono in
caso tu abbia bisogno di una mano», scrive il suo numero di
telefono su uno dei fogli di Ricky, usando un pennarello rosa. Quando
me lo porge, noto una luce diversa nei suoi occhi ma non saprei
definirla, è quasi un.. avvertimento. «Non
preoccuparti di disturbare, chiama. Chiaro?».
«Certo..».
Sarah mi sorride, un sorriso terribilmente affettato anche per una come
lei. Mi viene quasi da indietreggiare ma mi impongo di non mostrarmi
debole.
«Vedrai che ti
troverai bene nel nostro gruppo, Kristen.. non siamo malvagi come
sembriamo».
«Interessante
scelta di parole..» sussurro, ma sicuramente non abbastanza a
voce bassa perché il suo sorriso diventa ancora
più
falso, se possibile.
«Ora
devo proprio andare. Prenditi cura del nostro malato» - esce
dalla stanza, indossando tacchi più alti della mia autostima
in
quel momento.
Resto in cucina finché non sento la porta chiudersi dietro
di
loro, solo allora esco dalla cucina per andare a vedere come sta
Robert.
Sono quasi le quattro di mattina e Robert è sdraiato sul
divano, a petto nudo.
Ha il viso girato dall'altra parte e senza pensarci approfitto di quel
gesto per posare lo sguardo sul suo petto scultoreo. E' perfetto in
ogni sua linea, la carnagione chiara ma non cadaverica come la mia, il
fisico muscoloso ma per niente eccessivo e una leggera peluria bionda
che lo rende sexy come mai. La posa rilassata mi permette di vederlo in
tutto il suo splendore, facendomi arrossire anche se lui non mi sta
guardando.
Prendo un bel respiro e mi avvicino.
Robert sente il rumore dei miei passi e si gira verso di me; quando i
suoi occhi si posano su di me sento il respiro venir meno.
«C..come stai? Ho
chiesto a Sarah e mi ha detto che stavi bene... ma io voglio chiederlo
a te».
«Sono
stato meglio..» accenna un sorriso, anche in un momento come
questo riesce ad avere il miglior sorriso di sempre. Il naso ha una
posa strana ma Sarah aveva ragione: non è messo
così male
e tutto il sangue è sparito, o almeno la maggior parte.
Anche se
adesso si sta formando un bel livido scuro che non andrà via
per
giorni. «Ma non è
la prima volta che mi prendono a pugni».
«Si.. uhm, mi ha detto
anche questo...».
«Ricky è in
cucina?».
«Sta colorando.
Abbiamo appeso un disegno al frigo, spero che non ti
dispiaccia».
Di nuovo quel sorriso, Dio.
«No, per
niente».
Non posso fare a meno di ricambiare. «Ero
così preoccupata per te..» - sto davvero dicendo
queste
cose? escono dalla mia bocca senza che io possa farci assolutamente
niente - «Vederti
steso per terra, ricoperto di sangue.. ha riportato nella mia testa una
marea di brutti ricordi.. e avevo paura che tu fossi.. non so.. morto..
che tu fossi sparito dalla mia vita, come tutti gli altri» -
mi
accorgo di star piangendo solo quando sento una lacrima arrivare sulle
mie labbra e il sapore salato mi invade la bocca; perché sto
piangendo?
«Oh, Kristen.. non..
non piangere..», prova ad alzarsi ma io sollevo una mano per
dirgli di non farlo.
«Ti farai male.. ho
visto i lividi che hai sul petto, non sono.. cosa da niente».
«Non sono niente in
confronto ai tuoi».
No. Non ho nessuna intenzione di parlare di questo, non adesso. So che
lui vuole solo conoscere la verità ma io non sono pronta,
non a
raccontare tutto, non ora. «I
miei sono vecchi, i tuoi sono freschi», terribilmente
freschi.
«Ma scommetto che i
tuoi fanno più male».
Cazzo.
Ha ragione.
Fanno terribilmente male.
Un male atroce. Ogni giorno, ogni notte piango per i miei lividi, le
miei cicatrici e i tagli che ancora sento sanguinare.
Ma cosa penseresti di me una volta saputo come sono finiti sul mio
corpo?
«Hai
bisogno di una crema, un qualcosa che allievi il dolore e non faccia
formare un livido troppo evidente..» dico, asciugandomi le
lacrime e cercando di darmi una sistemata, non posso permettermi di
crollare,
l'ho fatto anche troppe volte da quando conosco Robert. Cosa
mi stai facendo? Non posso sopravvivere a una cosa del genere, non lo
capisci? Mi sono costruita un muro e tu non puoi buttarlo
giù
come se niente fosse, cazzo.
«Non
me importa niente del livido.. Kristen, per favore, vieni qui..
siediti, non ti tocco, giuro» mi implora. Si solleva a
fatica,
imprecando sotto voce, e si siede sul divano.
E invece io vorrei tanto
che mi
prendessi la mano.. ma scommetto che sarebbe solo un'altra delle mille
cose che hai già fatto con tante ragazze, mi
pento subito
di averlo pensato ma ormai è troppo tardi e il mio umore
è rovinato. Mi sento piccola e indifesa, un'altra pedina nel
gioco di qualcuno e non so più se quello che sento
è vero
o no, se quello che voglio lo voglio veramente o è solo per
paura o curiosità.
Mi siedo accanto a lui, portandomi le ginocchia al petto, come per
proteggermi.
Come per creare una fortificazione attorno a me. Non so neanche io da
chi o da che cosa io voglia difendermi.
So solo che l'ho dovuto fare per tutta la mia vita e adesso
è così difficile non farlo.
(canzone)
«Tu pensi che io sia una specie di pazza, vero?» -
ancora
una volta la mia testa non è collegata con il cervello e la
mia
bocca fa' uscire parole che non dovrebbero uscire dai miei pensieri.
«No, ma che
dici?».
«Mi
hai raccolto come un cane randagio e mi hai dato una casa, ma io vedo
il modo in cui mi guardi... non sono altro che un cane che hai salvato
dalla strada, ma non ho pedigree o altro, sarò sempre il
bastardino che hai salvato».
«Non
mi piacciono i cani di razza, anche se non riesco a seguire il tuo
discorso fino in fondo. Ha qualcosa a che fare con qualcosa che ho
detto?» - sento i suoi occhi su di me ma non ho nessuna
intenzione di guardare verso di lui.
No, non ha niente a che
fare con qualcosa che hai detto. Ha a che fare con quello che non ho
mai detto io, a nessuno. «Tu
mi fai un sacco di domande, sai? Nessuno mi ha mai fatto tante domande
come fai tu, forse perché a nessuno è mai fottuto
un
cazzo di me».
«A
me invece interessa e scusami se ti faccio così tante
domande,
so essere davvero.. pesante, quando voglio»; "quando voglio",
e
con me vuoi?
«Non
sono le domande che mi spaventano... sono le risposte che devo dare a
spaventarmi» ammetto, abbassando lo sguardo sulle mie gambe,
so
anche senza vederle perché sono coperte dai pantaloni della
tuta, dove sono i miei lividi.
«Non devi fare
proprio un bel niente. Non sei obbligata a fare niente, non ti
obbligherò mai, capisci? Kristen.. Kristen, per favore,
guardami
quando ti parlo, odio vederti con lo sguardo perso nel vuoto,
è
come se fossi a chilometri di distanza e invece sei qui, con me, e non devi avere paura quando sei
con me,
capisci..?» - distolgo lo sguardo dal muro che ho preso a
fissare
per concentrarmi su altro e non sulle sue parole, ma queste mi sono
comunque arrivate e non alle orecchie, ma al cuore, che è
anche
peggio. - «Io
non ti farei mai del male. Non so cosa ti sia successo prima di
incontrare me, so solo che non ti piace il contatto fisico e tu non
immagini neanche quante immagini orrende questo crei nella mia testa.
Ma non importa, perché io non ti costringerò mai
a dirmi
tutto subito, ti voglio lasciare il tuo tempo e quando sarai pronta e
vorrai parlare con qualcuno.. allora io ti ascolterò. Nel
frattempo, voglio solo cercare di non spaventarti o non mandarti via da
me».
«Anche
se tu lo facessi.. anche se mi spingessi via, io non me ne
andrei» dico, mettendomi a gambe incrociate sul divano,
davanti a
lui.
«Mi
fa' piacere sentirtelo dire, non hai idea quanto mi faccia piacere.. ma
io non lo farei mai. Posso essermi comportato una merda con chiunque
altro ma non farei mai del male a una ragazza come te».
Come te.
Come me, nel senso che faccio pena.
Come me,
perché non sono come gli altri.
Come me,
nel senso che sono diversa da tutti, non ho niente che funzioni bene
dentro di me.
Come me,
nel senso che sono
diversa da lui e tutti gli altri,
non farò mai parte del suo mondo, non importa quanto io lo
voglia e quanto io mi trovi bene fra le sue braccia, anche se ci sono
stata per poco tempo. Ma per quel poco tempo ho capito che è
quello il posto più sicuro
in cui sono mai stata.
«Una come me...
certo» il mio tono trasuda sarcasmo e autocommiserazione e
non faccio niente per nasconderlo.
«No,
aspetta.. non intendevo quello che pensi tu. "Una come te" nel senso
che tu sei diversa da tutte le ragazze che ho conosciuto!».
«So di essere diversa,
grazie per avermelo ricordato. Grazie tante».
«Cazzo, non intendevo
quello!» - un gesto troppo frettoloso lo fa' piegare in due
dal dolore.
Mi piego in avanti, preoccupata. «Ehi..
tutto bene? Ti avevo detto di non muoverti, cazzo».
Robert solleva la testa, il suo viso a pochi centimetri dal mio, un
sorriso affaticato dal dolore al fianco. I suoi occhi sono due pozze di
ghiaccio, un lago ghiacciato su cui puoi pattinare ma devi stare
attenta perché potrebbe formarsi una crepa da un momento
all'altro, in qualunque punto e tu potresti affondarci dentro, per
sempre. «Ti ho detto che sei
diversa, ma nel modo
più positivo che esista».
«P..perché lo fai?».
«Cosa?».
«Essere gentile con
me. Ti devo ricordare come sono finita in casa tua..?».
«No, me lo ricordo
molto bene. Sei stata trascinata in casa mia da una tua "cara amica"
che non si è neanche preoccupata di vedere dove tu fossi
finita e che dopo quel giorno non si è neanche
più fatta sentire; non è stata colpa tua, tu non
avevi intenzione di farmi del male né di rubare veramente,
eri lì solo perché costretta. Ora io lo
so».
«Ma non sai tutto..»
insisto, calcando sull'ultima parola.
«Lo saprò.
So che un giorno riuscirai ad aprirti. Non stasera, probabilmente
neanche fra un mese, ma un giorno lo farai».
«Come puoi esserne
così sicuro..?».
Come può essere così certo di una cosa che
riguarda me?
Perché io vorrei solo scappare via. Fuggire da me stessa e
da tutto quello che si sta scatenando dentro di me, per la prima volta.
«Non lo sono.. forse lo spero soltanto», avvicina
il suo viso al mio, talmente tanto che sento il cuore uscirmi fuori dal
petto.
«Non sperare quando si
tratta di me» dico, non riuscendo ad allontanarmi da lui
neanche di un centimetro, «te l'ho
già detto, sono un caso senza speranza, un disastro che
cammina e ti farò solo perdere tempo. Non sono Sarah,
io..».
«Sarah? Cosa c'entra
Sarah adesso?».
«So che voi due siete
più che amici, mi hai presa forse per scema?».
«No, mai. E non ti
mentirò: io e Sarah siamo più che semplici
conoscenti, ma non siamo neanche quel genere di "amici", in breve.. non
credo che la nostra relazione si sia mai basata sull'amicizia,
ecco».
«Non credo di capire
fino in fondo.. ma comunque sia, non sono affari miei».
Robert solleva una mano e mi scosta una ciocca di capelli dal viso,
portandomela dietro l'orecchio. «Puoi
chiedermi tutto quello che vuoi..».
Resterai?
Resterai per sempre? Con me?
«Siamo
amici?» - stupida, stupida, stupida.
«Sarò
quello di cui hai bisogno, non posso prometterti altro» -
gioca con una ciocca dei miei capelli, accarezzandomi il viso ogni
tanto, mandando milioni di scosse al mio corpo, che non si muove di un
millimetro dalle sue dita.
«Ho bisogno di
qualcuno che resti.. che non abbia pietà di me ma che voglia
restare nella mia vita solo perché vuole farlo davvero e non
so se tu puoi essere quella persona...» - sento la mia voce
incrinarsi lentamente, l'immagine di Robert davanti a me diventa
sfocata per via delle lacrime che si ammassano sui miei occhi - «ma
ci spero davvero tanto..».
Mi tremano le mani.
Ma più di tutto, mi trema il cuore.
Quella sensazione di scioglimento torna a farsi sentire, è
come se qualcosa dentro di me si stesse lentamente sciogliendo.. o
lasciandosi andare.
Fallo, penso,
per una notte,
provaci.. guarda se sei
ancora in grado di provare emozioni vere.
«Posso provarci,
Kristen.. posso provare a essere quella persona».
Emozioni vere, quelle
che non hai mai avuto ma hai sempre cercato senza trovarle mai.
«Ti farò
uscire fuori di testa.. io.. io sono un disastro, te l'ho
detto...».
Le sue mani sul mio viso, milioni di brividi. «Non
voglio cambiarti, voglio aiutarti a rimettere insieme i cocci,
piccola».
«Ho davvero bisogno di
tutto questo...».
E prima che me ne renda conto il viso di Robert si avvicina sempre di
più al mio e c'è quella frazione di secondi prima
del bacio in cui hai appena il tempo di decidere se è si o no e mi tornano in
mente tutte le volte in cui per tutta la mia vita sono andata alla
ricerca di qualcuno che mi aiutasse per poi fuggire davanti agli aiuti
che - anche se pur raramente - mi venivano dati. Ho sempre avuto paura
di essere in debito con qualcuno o di non essere abbastanza per le
persone che erano attorno a me ma da quando c'è Robert la
sensazione si è affievolita, mi sento a mio agio per la
prima volta nella mia vita e questo è molto meglio di tutto
l'aiuto del mondo. Mi sento protetta,
mi sento accettata.
«Se vuoi che mi fermi,
dimmelo adesso.. perché ho davvero voglia di baciarti da
quando ti ho vista per la prima volta ma non farò mai niente
che ti metta in difficoltà o ti faccia sentire sotto
pressione. Quindi.. voglio
farlo, ma non lo farò se tu non vuoi» - il suo
alito sa di nicotina, menta e forse anche un po' di birra ma
è quasi inebriante.
«Mmh..».
«Fermami, Kristen..
perché non posso riuscirci se tu non lo fai»,
ormai le sue labbra sono praticamente sulle mie.
«Fallo,
Kristen..».
«Fallo...».
Fallo.
Fermalo prima che sia troppo tardi.
Fermati prima di fare la cazzata più grande della tua vita.
Fermati perché dopo non tornerai più indietro e
sai benissimo che una volta che ci sei dentro uscirne è
ancora più difficile che entrare.
Non imprigionarti ancora una volta.
Non di nuovo.
«Devo fermarmi,
piccola..?».
«No...» -
chiusi gli occhi e in un attimo le sue labbra furono sulle mie.
Erano morbide e completamente diverse da come me l'ero aspettate. Mi
immaginavo un bacio duro e rude come tutti quelli della mia vita e
invece Robert mi baciava come se fossi la cosa più delicata
del mondo. Me ne stavo seduta sul divano, tremante, mentre lui mi
prendeva il viso fra le mani e premeva delicatamente le sue labbra
sulle mie. Sentii le famose farfalle nello stomaco, ma le mie erano
più simili a uno stormo che si muoveva confusamente dentro
di me, sembrava che le loro ali mi spingessero sempre di più
verso di lui; presi coraggio e sollevai un braccio per poi usarlo per
circondare le spalle e il collo di Robert, avvicinandolo ancora di
più a me. Più
vicino, più vicino, più vicino.. a me.
Quando ci separammo per mancanza d'ossigeno, non sapevo da che parte
guardare.
«Non mi hai fermato,
io pensavo che tu..».
«Non sai molto di
me» dissi, per poi sfiorarmi le labbra con la mano. Dio, era
stato un bacio stupendo.
«Ma lo
saprò. Hai appena detto di si».
«A cosa?»
chiesi.
Robert mi sfiorò il fianco con una mano, il mio corpo
reagì iniziando a tremare come una foglia quando sentii la
sua mano premere contro il mio fianco, l'unica cosa che separava la mia
pelle dalla sua mano era una sottile maglietta da casa. Mi
accarezzò il fianco e mi avvicinò ancora di
più a sé senza però spingere troppo.
Si chinò di nuovo e mi baciò di sfuggita sulle
labbra, lasciandomi un dolce bacio a fior di labbra. «Hai
detto di si alla mia offerta d'aiuto, piccola. Stavolta sul
serio».
_________________________________________________________________________
Allora, eccoci qua.
questo è l'ultimo capitolo del 2012 e il prossimo non ho
idea di come sarà perché.. be', ci saranno le
vacanze e poi
per natale o nei giorni successivi mi dovrebbe arrivare un... cane! si,
e sono troppo contenta, lo sto chiedendo da anni e finalmente
mi hanno ascoltata.
ma lasciamo stare me!, dobbiamo occuparci del capitolo.
partiamo con il fatto che... si, si sono baciati e questo
è stupendo, magnifico e dolcissimo e ho cercato
di rendere questo capitolo il più dolce possibile anche se
non so se ci sono riuscita del tutto ma vi giuro che ho
fatto del mio meglio!
comunque sia, adesso non pensate che sarà tutto rose e fiori!
certo, saranno dolci e tutto quello che volete, ma adesso inizia la
parte... vedrete, devo togliermi il mio brutto vizio di anticipare
sempre le cose nei miei commenti a fine capitolo, rovina la sorpresa no?
spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto e anche le gif che ho
messo - piccolo ps per le gif: io non guardo
the vampire diaries ma quella gif è sdfghjkl e anche se non
guardo il telefilm adoro troppo elena e damon insieme perché
ho
un'amica che lo guarda e ogni tanto me lo racconta e.. non so, sono
tanto belli insieme - ho cercato di adattarle meglio che potevo
alla scena e penso di esserci riuscita.
adesso, visto che è l'ultimo capitolo dell'anno, voglio
tantissime recensioni e tutte lunghe, chiaro?
bene,
vi voglio un mondo di
bene e vi ringrazio all'infinito,
buon natale, buon anno e buone feste, ragazze, divertitevi.
alla prossima <3
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Capitolo 11 *** you're special. ***
fire and rain
Pov
Kristen
«Ma porca troia, sempre io
mi devo beccare i
maniaci?» - entro nel camerino del locale, sperando di
trovare
cinque minuti di pace. La stanza è vuota, a parte per Bonnie
che si sistema il corsetto davanti allo specchio e mi sorride
solidale. «Serataccia?» mi chiede, gentile.
«Sono
qui da neanche un'ora e ho già trovato due idioti che hanno
provato a toccarmi, non.. non lo sopporto» le spiego,
sedendomi
su uno degli sgabelli davanti agli specchi. Osservo la mia immagine
riflessa: il trucco pesante negli occhi, le labbra rosso sangue, la
pelle ancora più bianca per via del contrasto. E' il mio
secondo giorno di lavoro qui e mi trovo già in
difficoltà
con i clienti.
«Neanche a me piaceva essere toccata
all'inizio.. ma poi ti abitui, fidati» sorride triste e
finisce
di prepararsi. «Ah, volevo anche chiederti una
cosa»
aggiunge, ritrovando il suo solito buon umore. Bonnie è una
di
quelle persone che, anche se la vita va' di merda, ha sempre il
sorriso stampato sulle labbra, almeno è quello che ho capito
dai due giorni che la conosco. Non l'ho mai vista lamentarsi, al
contrario di me che sono una lagna.
«Dimmi..».
«Chi
è il ragazzo che ti ha accompagnato oggi?» - mi
lancia
un'occhiata maliziosa che mi fa' arrossire.
«Oh.. ecco,
lui.. si chiama Robert», solo pronunciare il suo nome mi fa'
venire le farfalle nello stomaco.
«E' il tuo ragazzo?»,
Bonnie si siede vicino a me, incoraggiandomi a parlare con lo sguardo
ma senza mettermi fretta.
«Mmh... non credo.. non so... è
una cosa nuova.. vivo da lui, però».
«Allora
sei la sua ragazza! Vivi da lui, quando torni a casa hai lui con cui
sfogarti, sei fortunata».
«Non è così
semplice...» mi tormento le mani, abbassando lo sguardo.
Robert
ha insistito per accompagnarmi a lavoro quando mi sono imposta di
andarci e mi ha lasciato davanti alla porta del locale baciandomi
sulla fronte e avvisandomi che sarebbe venuto a prendermi a
mezzanotte in punto. Non c'è bisogno di dire che la sua
promessa mi sta facendo contare i minuti che mancano alla mezzanotte.
«Tu non vivi con nessuno?» chiedo, per cambiare
argomento. Non mi va' ancora di parlare di Robert e della cosa
che
c'è fra di noi, è tutto troppo fresco e non ho le
idee
ben chiare e anche se Bonnie mi piace davvero non voglio parlare
delle mie cose private con chiunque.
«Nope! Vivo beatamente
da sola in un cesso di appartamento a pochi metri da questo schifo di
posto, così non devo farmi chilometri per venire a lavoro e
posso sempre venire qui quando non ho niente da fare e guadagnare
qualcosa. Non che impazzisca dalla voglia di venire qua ogni santa
sera, ma sai.. i soldi scarseggiando e si fa' quel che si
può!»
- è questo quello di cui parlavo, lei parla della sua vita
da
schifo con lo stesso entusiasmo con cui un bambino parlerebbe di un
giocattolo nuovo. Ti fa' venire voglia di essere allegro con lei.
«Oh.. wow».
«Invece casa di Robert
com'è?».
«Oh lui.. no, casa sua è
bella.. mi piace un sacco, mi ci trovo benissimo».
«Da
quanto vivi con lui?».
«Qualche mese, due o
tre..».
«Allora è una cosa seria.. anche io
avevo un ragazzo, sai?» - decido di ignorare volutamente
l'epiteto che ha dato a Robert definendolo il mio ragazzo.
«Come
si chiamava?».
«Daniel... era bellissimo e lo amavo
tanto.. davvero tanto» i suoi occhi diventano tristi per la
prima volta da quando la conosco.
«E... cosa è
successo?» ho quasi paura a chiederlo.
«Ha scoperto
che lavoro facevo.. stavamo insieme da due anni ormai e io avevo
iniziato quando le cose tra di noi non stavano andando più
tanto bene perché i soldi in casa mancavano sempre e lui era
diventato anche violento perché beveva un sacco.. sai, per
dimenticare i problemi. Una sera è venuto a vedere cosa
facevo
a lavoro, era ubriaco, ha visto che stavo ballando su un palo davanti
a decine di uomini e ha dato spettacolo.. ho dovuto chiudere con lui,
avevo paura che le cose peggiorassero ancora di più. Ma
adesso
è okay, sto bene, ho saputo che adesso è in un
centro
di riabilitazione, la sua famiglia l'ha aiutato in un modo che io non
ho mai fatto...».
«Bonnie.. non essere così
dura con te stessa, non puoi saperlo. Tu non potevi salvarlo, doveva
farlo da solo.. o almeno, la sua famiglia l'ha fatto ma
costringendolo.. non serve a niente così», mi
tornò
in mente mia madre e i suoi tanti tentativi falliti di
disintossicarsi soltanto perché ogni tanto mio padre si
ricordava della sua esistenza e la mandava in uno di quei centri
pubblici, restava pulita un paio di mesi e poi le cose tornavano come
prima.
«Si, si.. lo so, ma non è così
semplice. Mi manca, non lo nego. A volte spero ancora di tornarci
insieme».
«Magari.. potreste.. una volta che sarà
pulito del tutto.. quando tornerà la persona di cui ti sei
innamorata» - ma di cosa parlavo io? Da quando facevo
discorsi
del genere? Proprio io, che di amore non ne sapevo niente. Un bacio
non poteva cambiare tutto, per me l'amore era ancora qualcosa di
inesplorato, un gioco di cui non conoscevo le regole.
«Si..»,
si asciugò velocemente una lacrima, accennando un sorriso
tirato, «forse hai ragione, ma è inutile pensarci
adesso. Forza, dobbiamo andare a lavoro. Stasera c'è un
sacco
di gente».
E' il terzo tavolo che servo in cui
cercano o di chiedermi il numero di telefono o di toccarmi e
sinceramente sto per crollare. Non posso continuare così,
rischio di schizzare o di fare una scenata come mio solito. Mi
avvicino al bar per prendere le bibite; James, il proprietario del
locale e anche barista, mi fissa di sottecchi mentre pulisce un
bicchiere.
«Brutta serata, bambolina?».
Bambolina?
Ah-ah. «No, tutto okay» fingo un sorriso e faccio
per
prendere il vassoio.
«Sai.. non avrei mai detto che Sarah
conoscesse persone come te».
«Che.. che intende
dire?», so di essere diversa, perché
continuate a
ripetermelo?
«Tu non appartieni a un posto come questo,
le persone come te non appartengono a nessuno finché non
trovano la loro perfetta metà. Lo so, perché
anche mia
moglie era come te, me la ricordi molto...» e mentre parla
vedo
la sua maschera da duro cedere parola dopo parola, mostrando un uomo
con il cuore spezzato.
«Cosa è successo a sua
moglie..?».
«E' morta.. quasi sei anni fa', un
incidente d'auto. Abbiamo litigato e lei è scappata via in
strada... e una macchina l'ha portata via da me per sempre. Ma non ti
ho detto quello che ti ho detto per poterti raccontare la storia
della mia vita, bambolina, te l'ho detto perché so che tu
non
appartieni a un posto come questo.. hai solo perso la retta via, ma
vedrai che un giorno qualcuno ti prenderà per mano e
andrà
tutto meglio, te lo prometto» - adesso, l'omone gigante che
prima sembrava far parte di una vecchia banda di motociclisti,
è
un Babbo Natale speciale. Che mi fa' venire gli occhi lucidi.
«Mi..
mi dispiace tanto per sua moglie...» sussurro, non sapendo
che
altro dire.
«Non ti preoccupare, adesso è in un
posto migliore. L'amavo tanto».
«Come si chiamava?».
«Elena..».
«Che bel nome...».
«Era
una bellissima persona, e tu me la ricordi tanto».
«Non
sono una bella persona» scatto subito, facendo un passo
indietro.
James sorride, anche se è un sorriso malinconico
di chi si aspettava una risposta del genere.
«Già..
anche lei diceva sempre così. Adesso vai, o resterai qui
fino
a domani mattina» - afferro il mio vassoio pieno di birra e
bicchierini di liquore e faccio per girarmi quando sento James che mi
chiama di nuovo - «Ah, e se qualcuno ti scoccia.. avvisami
che
lo sbatto fuori, bambolina» mi fa' l'occhiolino e io
annuisco,
frastornata. Le persone non sono sempre come sembrano, a
volte
sotto un brutto involucro ma dentro hanno un diamante, avevo
letto da qualche parte, o forse era solo un ricordo.
La serata
continua esattamente come è iniziata, sono sempre sul punto
di
scoppiare ma cinque secondi prima di farlo conto fino a dieci e fingo
un sorriso ogni volta. Sento lo sguardo di James su di me per tutto
il tempo ma dopo un po' ci faccio l'abitudine e non mi crea neanche
fastidio. Bonnie sale sul palco verso le dieci e balla per un un'ora
di fila per poi venire ad aiutarmi con i tavoli. Verso mezzanotte
meno dieci intravedo Robert all'entrata del locale.
Mi manca un
battito.
E' bellissimo, ha una felpa nera e un paio di jeans blu
scuro e un capellino da baseball calcato in testa e la barba non
fatta, ma è bellissimo per me.
Bonnie si ferma e
nota che sto guardando qualcuno in particolare. Si avvicina e mi fa'
l'occhiolino. «Il tuo turno è quasi finito, va' da
lui.
Ti copro io».
Non riesco neanche a parlare così mi
limito a un sorriso enorme e poi mi infilo in mezzo alla folla per
raggiungere Robert, che incrocia subito il mio sguardo e sorride a
sua volta.
«Ehi, bellissima» - si fa' spazio fra la folla ed
è
praticamente a neanche mezzo metro da me, riesco a sentire la sua voce
anche in mezzo a tutto questo casino, è incredibile.
Bellissima?, ma
che cosa... «Ciao..».
«Come ti senti?
Stanca?» - aw, premuroso.
«Ehm..
tutto okay», solo in quel momento mi ricordo che indosso
ancora
la stupida divisa del locale, che consiste in una camicetta scollata -
non che io abbia molto da mostrare, eh - e in una gonna che mi arriva a
malapena a metà coscia. Mi affretto a chiudere tutti i
bottoni
della camicetta, sotto lo sguardo divertito di Robert che non riesce a
trattenere una risata.
«A degli sconosciuti si e a
me no, eh?».
«Già. Ehm, ho
praticamente finito il turno, dammi il tempo di cambiarmi
e..».
«Non
c'è problema, ti accompagno al camerino. Vieni» mi
prende
la mano e mi conduce in mezzo alla folla. Mentre passiamo noto lo
sguardo di Bonnie su di noi, mi sorride e mi lancia un bacio mentre
continua a camminare diretta ai dietro le quinte.
«Una tua amica?»
mi chiede Robert.
«Oh.. si, Bonnie».
«Lavora anche lei
qua...?».
«Uhm, si, ma lei non serve
ai tavoli.. balla».
«Ah...»
- resta in silenzio per un bel po'. Entro nel camerino - che per
fortuna è vuoto - e inizio a prendere la mia roba: una felpa
verde di almeno tre taglie più grande, un paio di pantaloni
della tuta e le mie scarpe da ginnastica. Mi siedo su una delle panche
che ci sono davanti alle postazioni del trucco e mi tolgo i tacchi, ho
i piedi che stanno andando a fuoco e stasera ho rischiato
più di
una volta di rompermi una caviglia. «Hai bisogno di una
mano?».
«No..
no, grazie, Rob» cerco di sorridergli ma ho come un blocco,
mi
sento a disagio per via del nostro bacio. E' cambiato qualcosa fra di
noi ma non so ancora che cosa e se mi piace.
«Ti
tolgo il trucco, almeno» e senza che io dica niente prende
una
boccetta di latte detergente - che non manca mai qua dentro - e un
pezzo di cotone, per poi passarmelo dolcemente sulla faccia,
togliendomi tutto quel trucco osceno che ogni sera sono costretta a
mettermi - o meglio, a farmi mettere o da Sarah o da Bonnie visto che
io con i trucchi faccio proprio schifo.
«Ecco fatto..».
«Grazie» - mi
guardo allo specchio, ora va molto meglio.
«Kristen.. è
successo qualcosa?».
«C..cosa? No!».
«Sembri strana.. qualcuno ha
provato a metterti le mani addosso?», divento quasi viola
dall'imbarazzo.
«S..si, ma..».
«Ecco!
LO SAPEVO! Basta, con questo posto hai chiuso. Non è proprio
posto per te, questo. Non posso starmene tranquillo a casa pensando a
tutti quegli uomini che cercano di ottenere una sola cosa da te.
Stasera è l'ultima volta che metti piede qua
dentro», Dio
santo, è incazzato nero e mi fa' quasi paura. Mi faccio
piccola
piccola e cerco di capire che non è arrabbiato con me,
ma con il fatto che io lavori in questo posto. Ma non posso lasciare
questo lavoro, è l'unico che potrò mai avere e a
me
servono soldi, non voglio dipendere solo da lui, né da
nessun
altro.
«Non è quello il
problema, Rob. A me.. a me va bene lavorare qua».
«A te va bene
lavorare qua? Scusa, ma proprio non ti capisco. Tu non sopporti le
persone, la folla, il contatto fisico e lavori in un posto che
è
una combinazione letale di tutte queste cose messe insieme,
è
illogico», e aveva ragione, ma come potevo spiegargli che per
me
non c'erano alternative senza sembrargli patetica?
«Mi abituerò..
devo sconfiggere le mie paure, no? Hai promesso che mi avresti
aiutato!».
«Certo, e lo
farò. Ma un passo alla volta, questo è un
suicidio».
Me ne resto seduta lì in silenzio per un po', facendo
dondolare
avanti e indietro le gambe scoperte e giocando con le mia mani. Non
sono brava in queste cose, non sono mai stata brava a parlare con le
persone, a spiegarmi, a dire loro cosa provavo e come mi sentivo, ho
sempre sperato che le persone lo capissero da sole ma purtroppo le
persone non leggono ancora nella mente. «Possiamo..
possiamo parlarne dopo? Devo cambiarmi» dico. Robert sembra
sul
punto di dire qualcosa ma poi chiude la bocca ed esce dal camerino
chiudendosi la porta alle spalle.
Perfetto, adesso è pure incazzato con me.
Ottimo lavoro, Kristen, davvero.
Sbuffo e mi alzo.
Mi levo in fretta camicetta e gonna, restando in intimo.
Spero con tutto il cuore che non entri nessuno mentre mi tolgo il
fondotinta speciale che mi ha dato Bonnie per coprire i lividi.
Pian piano, eccoli che spuntano di nuovo sulla mia pelle.
Blu, alcuni viola, altri leggermente verdi. Ce ne sono anche di nuovi,
sbatto spesso contro i tavoli per via dei tacchi.
L'ultimo che lascio è la cicatrice del taglio sul braccio
che mi
sono procurata da sola. Per fortuna sta già svanendo il
segno
rosso e ora resterà solo una striscia bianca, leggermente
visibile. Ma io so che c'è e so anche come mai è
lì, ed è questa la parte più dolorosa.
Mi rivesto in fretta con la felpa e i pantaloni, mi lego le scarpe e mi
faccio una coda di cavallo.
Quando esco, Robert è fuori dalla porta che mi aspetta.
«Fatto tutto?»,
per fortuna il suo tono sembra tornato normale.
«Si».
«Allora
torniamo a casa. Hai fame?» - ci dirigiamo verso l'uscita,
passando davanti al bancone del bar, dove James lancia un'occhiata a
Robert e poi a me. Mimo con le labbra un "tutto okay" e lui annuisce,
tornando ai suoi clienti. Mi torna in mente la nostra conversazione e
sua moglie e mi sento triste per lui, che non ha nessuno che gli chiede
come sta o se ha fame. Io ce l'ho, adesso mi sento fortunata.
«Un po'» dico.
«Spuntino di mezzanotte,
allora».
Sorrido, «Okay! Ah, e.. Rob,
grazie».
«Per cosa?» - mi
tiene la porta aperta mentre usciamo dal locale.
«Per..
non so, per essere qui. Per venire a prendermi, per chiedermi se ho
fame, se sto bene, per accompagnarmi a casa, per tutto quello che fai
per me, grazie. Dico davvero, grazie».
L'aria fredda della sera mi colpisce in pieno, pungendomi sul viso e
arrossandomi le guance.
Robert mi prende la mano e mi spinge un po' più vicino a
lui. «Assolutamente di niente,
bellissima».
«Allora, raccontami qualcosa di questo lavoro».
«Rob...».
«Che
c'è? Non ho detto niente, voglio solo sapere cosa fai.
Voglio
solo assicurarmi che sia un posto tranquillo.. per quanto, un posto
come quello, possa essere tranquillo, ma vabbè».
Siamo seduti in cucina, l'uno di fronte all'altro, con in mano la
famosa cioccolata calda con panna di Robert. E' bella densa e mi
riscalda dentro dopo la passeggiata che abbiamo fatto dal locale a
casa, al freddo, mi sono praticamente congelata.
«Okay.. ehm, è un
posto okay».
«Mh. Servi ai tavoli e
basta, giusto?».
«Ovvio,
non potrei mai ballare su un palco. Anche perché sono una
frana
ballando», riesco a strappare un sorriso a Robert.
«Davvero? Non l'avrei mai
detto».
«Da cosa?».
«Non so. Ti muovi
bene» - bum, cuore
che batte e guance rosse.
«Che intendi
dire...?».
«Quando
cammini o gesticoli, ti muovi bene, dico sul serio», non
riesco
neanche a guardarlo negli occhi, sono troppo imbarazzata.
«Sei il primo a dirmelo..
cioè, sei il primo a dirmi una bugia del genere».
«Bugia?»,
è davvero buffo quando è confuso, o forse la
parola giusta è tenero.
«Si, bugia.
Perché io non
mi muovo bene, inciampo sempre..», ed era vero,
non poteva negarlo.
«Okay,
è vero, hai una passione per le cadute comiche ma.. quando
stai
in equilibrio, ti muovi bene», aveva lasciato stare la
cioccolata
e adesso mi stava fissando dritto negli occhi.
«Oh.. uhm, no».
«Oh, uhm, si»
dice, facendomi il verso.
«Oh, andiamo, ma mi hai
vista bene?».
«Eccome se ti ho
vista..», bum,
bum, cuore che parte per conto suo.
«Ehm..».
«E dico che ti muovi
bene».
«Se lo dici tu...».
«Lo dico io»,
allunga una mano e prende la mia, togliendola dal bordo della tazza di
cioccolata.
«Oh, ehm..», bum, bum, bum, la
sua mano è anche più calda della mia e sento una
scossa ogni volta che mi accarezza il palmo con il pollice. «V..va
bene, se lo dici tu..», non so che dire, non so come
comportarmi,
perché mi sembra tutto terribilmente serio?
«C'è qualcosa che
non va'..?» mi chiede.
«N.. no, niente».
«Vuoi che ti lasci la
mano..?».
«No», brava,
così, sicura di te.
La sua espressione cambia, si rilassa e sembra più
tranquillo anche lui. «Okay..»
- stringe un po' più forte la mia mano e accenna un sorriso
davvero dolcissimo, di quelli che mi fanno morire ogni volta, anche se
non vorrei - «sembri agitata
però, sei sicura che vada tutto bene? A lavoro..».
«Non tocchiamo l'argomento
lavoro».
«Va
bene.. voglio solo assicurarmi che tu stia bene, lo sai. Ho promesso
che ti avrei aiutato e sto cercando di farlo ma saperti in un posto del
genere, pieno di uomini che cercano di afferrarti, non mi tranquillizza
neanche un po', sai?».
«Perché ti
preoccupi così tanto?», mi pento un secondo dopo
averlo chiesto.
Robert mi fissa.
Cazzo, gli occhi.
Gli occhi di Robert, i suoi occhi, i suoi occhi, cazzo.
Ha una faccia che dice "ma come, ancora non l'hai capito?" e io vorrei
urlare "no, no che non l'ho capito! cosa c'è da capire? io
voglio soltanto stare a mano presa con te, anche in silenzio mi va
bene, basta che non te ne vai, che resti sempre con me,
perché
con te mi sento davvero bene e io di solito sto sempre uno schifo", e
invece resto in silenzio, il cuore che rallenta e accellera in un modo
per niente normale, mi verrà un infarto da un momento
all'altro,
ne sono più che certa.
«Perché ci tengo
a te».
Bum.
Bum.
Bum, bum, bum, bum, bum.
Okay, mi aveva già detto una cosa del genere prima, ma era
in un
altro contesto, in un'altra situazione e poi.. e poi non importa,
perché io non sono abituata a sentirmi dire cose del genere
e
quando Robert le dice io penso di morire e ho paura di svegliarmi da un
bellissimo sogno ogni volta. Lui ci tiene a me. LUI CI TIENE A ME,
CAZZO. E io? Io cosa faccio per lui? Niente, ecco cosa. Porca troia,
sono proprio un'ingrata.
«Kristen?».
«Oh?».
«Kristen, stai fissando il
vuoto.. tutto okay?».
«Kristen, OH!».
Mi alzo di scatto dalla sedia.
Non mi importa delle conseguenze delle mie azioni, voglio solo
ringraziarlo. Ringraziarlo come si deve per tutto quello che fa' per
me.
«Kristen, ma
che..».
Gli faccio cenno di tenere la bocca chiusa.
Non è così difficile, si zittisce subito appena
mi siedo sulle sue ginocchia.
Forza, avanti,
mi incito nella mia testa.
Gli avvolgo il collo con le braccia e avvicino il mio petto al suo.
Bum, bum.
Ho il cuore che batte a mille, non mi piace
essere così vicina a una persona, anche se è
Robert.
Mi rende vulnerabile e ho paura, come se da un momento all'altro
dovessi essere intrappolata.
«Cosa stai
facendo..?», ma non è arrabbiato, solo sorpreso.
«Shh.. shh..»,
cazzo, mi trema la voce e lui lo capisce.
Prova a toccarmi il braccio, come per rassicurarmi, ma io mi scosto.
Non lo sopporterei, non ora.
«Kristen, non..».
So cosa sta per dirmi.
Sta per dirmi qualcosa su me stessa.
Su quanto io debba pensare prima a me.
Sta per dirmi che non devo fare niente che io non voglia fare.
Ma vedi, Robert, io questo non voglio farlo, io devo farlo, devo
farti capire quanto anche io ci tenga a te, quanto ti sia grata, con
tutto il cuore.
«Non..», troppo
tardi, premo le mie labbra sulle sue con forza.
Pov Robert
Le labbra di Kristen sulle mie, cristosanto.
Morbide, soffici, hanno il loro solito sapore di vaniglia e di Kristen.
Non capisco cosa le sia preso. Un attimo prima era timida e
imbarazzata, rispondeva a monosillabi, il secondo dopo era incollata
alle mie labbra, dopo esserci praticamente gettata fra le mie braccia.
Non che mi dispiacesse, ovvio, ma era strano e il modo in cui si era
scostata quando avevo provato ad accarezzarle il braccio mi aveva fatto
capire che qualcosa non andava. Sapevo che avrei dovuto non rispondere
al bacio, sapevo benissimo che c'era davvero qualcosa che non andava in
tutto quello, ma le labbra di Kristen erano sulle mie e lei era seduta
sulle mie ginocchia, da quanto tempo sognavo una cosa del genere? Non
mi era mai capitato di aspettare per una ragazza prima d'ora, meno che
mai per un semplice bacio. Ma con lei, anche una cosa stupida come
quella, diventava un evento da festeggiare, qualcosa da segnare sul
calendario, quasi.
Quindi, mi godetti il bacio.
Per quanto potessi godermi un bacio del genere: Kristen tremava sotto
le mie mani, sembrava una foglia in mezzo a una tormenta.
Ma le sue labbra erano ferme, decise sulle mie.
Ma sembrava quasi che ci fosse una mano dietro la sua nuca che la
spingeva contro di me.
La scosto gentilmente, interrompendo il bacio. Quando lo faccio lei
sembra cadere dalle nuvole.
«Kristen, aspetta un attimo».
«C..cosa? Non andava
bene...?».
«No, non è
quello. E' solo che..».
«Ho
fatto qualcosa di male..? Ho.. io.. io volevo solo..», sembra
una
bambina piccola e questo mi fece capire quanto ho sbagliato a
ricambiare il suo bacio. Non era la cosa giusta da fare, ho pensato
solo a me stesso.
«Non hai fatto niente di
male, Kristen. Ma non credo che tu volessi davvero baciarmi».
«Io volevo...», le
sue guance diventano di un rosso intenso.
«Dimmi
la verità, Kristen. Mi hai baciato perché volevi
farlo o
perché pensavi che sarebbe piaciuto a me?».
«Io..
io volevo solo dirti grazie.. dirti.. non so, dirti grazie e poi.. uhm,
non so», si passa una mano fra i capelli, nervosa.
«Dirmi "grazie"?».
«Si. Ecco perché
ti ho baciato».
«Mi hai baciato per
ringraziarmi?», non ci sto capendo niente, «E' perché ti ho
detto che tengo a te?».
Annuisce, imbarazzata.
«Cristo santo, Kristen, non
devi baciarmi per dirmi grazie!», ma ho urlato troppo e lei
si fa' piccola piccola, agitandosi nervosamente sopra le mie ginocchia.
«Perché no? E'..
è l'unico modo che conosco per farlo».
«Che
ne dici delle parole? Invece che baciarmi mi dici "grazie" e la finiamo
qua, molto semplice. Meglio che sentirti tremare mentre mi
baci»
- i suoi occhi diventano lucidi e lei abbassa lo sguardo, in un modo
che non potrei definire in altro modo se non triste, sconfitto,
rassegnato, un sacco di aggettivi che avrei preferito non attribuire a
lei.
«Scusa»
- si alza dalle mie ginocchia e si volta dall'altra parte, ma dal modo
in cui le tremano le spalle capisco lo stesso che sta piangendo.
«Ehi.. no, non intendevo..
Kristen, scusa, non volevo..».
«Non importa..» -
cazzo, cazzo, cazzo, sta piangendo.
«Per favore, non fare
così..» mi alzo e provo a toccarle la spalla con
una mano ma lei si scansa subito.
«Lasciami sola...».
«No. Kristen, ti prego,
non..».
«Ti ho chiesto di lasciarmi
sola.. non voglio parlare con te.. Robert, per favore».
«No
che non ti lascio sola, ho bisogno di parlarti. Non volevo dire quello
che hai capito tu, davvero. Tu.. a me è piaciuto il bacio,
è stato bellissimo, ma non è stato sincero... nel
senso
che l'hai fatto perché ti sentivi in dovere di farlo,
perché non conosci altri modi per ringraziare le persone..
ho
capito bene?».
Finalmente si gira verso di me e, cazzo, ha il viso inondato di
lacrime. «Io
volevo solo dirti grazie, cazzo. Solo quello. E invece non va'. Non va'
perché ogni cosa che faccio è sbagliata o non va
bene a
te. Ma io non volevo creare una discussione, io volevo solo
ringraziarti.. volevo solo.. volevo.. tu hai detto...».
«Ehi» mi avvicino
a lei e le afferro le spalle, fermando la crisi di pianto che sta per
sopraggiungere, «ho capito. Mi hai detto
grazie e io ti dico prego».
«Basta
parlarne..», tira su col naso e si sistema i capelli dietro
le orecchie.
«Va bene, va bene. Posso
fare una cosa però?».
«C..cosa?».
Mi sporgo un po' e le bacio la guancia, proprio nel punto in cui una
lacrima le stava rigando il viso. «Questo», le
prendo la mano e lei per fortuna non si allontana di nuovo, «e adesso andiamo a
dormire».
Di solito mi sveglio perché Kristen e Ricky stanno giocando
al
piano di sopra, in camera mia, o perché Ricky si intrufola
nel
mio letto saltandoci sopra per svegliarmi perché ha fame, ma
oggi l'unica cosa che mi sveglia è il silenzio. Non
c'è
nessuno in casa e subito mi sale il panico, che quell'uomo di cui
parlavano quei due che mi hanno pestato abbia fatto del male a Ricky e
Kristen? Balzo giù dal letto e mi precipito in camera loro,
niente. Scendo di corsa le scale e vado in cucina, dove vedo un pezzo
di carta sul tavolo.
"Ho portato Ricky a fare
colazione
fuori, stiamo al parco vicino a casa, non credo che staremo via
molto... ci vediamo dopo. Kristen".
Un parco?
C'era un parco vicino a casa mia? Davvero?
Non ne avevo idea.
Mi calmai subito.
Non era la prima volta che Kristen portava Ricky a fare passeggiate, ma
era la prima volta che uscivano così presto per andare a
fare
colazione fuori. Che stesse cercando di evitarmi?
Conoscendola, era probabile di si.
Mi sedetti a tavola, poi sentii il mio stomaco brontolare e mi dovetti
alzare per prepararmi qualcosa da mangiare. Da quando c'erano Kristen e
Ricky a casa mia non mancavano mai cereali al cioccolato e latte
fresco. Me ne preparai una ciotola e lo mangiai in silenzio, da solo.
Prima, ero abituato a mangiare da solo, colazione, pranzo e cena;
certo, a volte venivano Marcus, Tom o Sarah, ma per la maggior parte
del mio tempo a casa stavo da solo e non mi dispiaceva, adesso invece,
mi sentivo terribilmente solo come mai in vita mia. Mi mancava la voce
di Kristen di prima mattina, il modo in cui aveva imparato a preparare
anche una semplice colazione solo per farla trovare già
pronta a
Ricky quando si svegliava, il modo in cui mi sorrideva quando le
chiedevo se aveva dormito bene, mi mancavano queste piccole cose.
Così, quando sentii la porta di casa aprirsi, qualche ora
dopo, mi alzai di scatto correndo verso la porta.
«PAPA', SIAMO A CASA!» - la voce di Ricky mi
perforò i timpani anche se non era vicino a me.
«Tesoro, fa' piano.. magari
dorme ancora», ed ecco Kristen. Dio, quanto mi era mancata.
Uscii dalla cucina. Kristen stava togliendo il cappotto a Ricky,
appoggiandolo sul divano.
«PAPA'!», Ricky mi
si gettò fra le braccia.
Kristen mi guardava imbarazzata.
«Hai letto il mio
biglietto?».
«Si, tranquilla. Avete fatto
colazione?».
«PAPA'» - Ricky,
come al solito, cercò di attirare la mia attenzione - «sai
che Kristen mi ha comprato un sacco di paste al cioccolato? E anche un
succo di frutta alla pesca e all'albicocca, era buonissimo. Ah, e siamo
anche andati anche in libreria», la faccia di Kristen
diventò tutta rossa e solo in quel momento mi accorgi della
busta rossa che teneva fra le mani e che adesso stava cercando di
nascondere.
«In libreria?» le
chiesi.
«Ehm, solo.. una cosa da
niente. Eravamo di passaggio e..».
«Ha
comprato due libri, papà! DUE!» - Ricky
andò a
sedersi sul divano, facendo dondolare le gambe corte e accendendo la tv
sui cartoni animati.
Mi avvicinai a Kristen, che ormai non ci provava neanche più
a nascondere la busta.
«Posso vedere..?».
«Non.. non sono niente di
che..».
«Ti
piace leggere..?», mi ricordavo vagamente di un paio di libri
che
aveva nel suo zainetto quando è "arrivata" qua.
«Si..».
«Una cosa in più
che so, grande. Dai, fammi vedere».
Kristen tira fuori due libri, uno è bello grosso mentre
l'altro
è più piccolo, il primo ha l'immagine di una
ragazza con
due cicatrici sul viso e la mano trasparente di un ragazzo che le
accarezza le ferite mentre il secondo sono due mani tese che mostrano
il palmo e hanno dentro come delle caramelle e c'è scritto "Colpa delle Stelle". «Di che parlano?».
«Uhm, questo..»,
indica il primo, «è l'ultimo di
una saga che amo e che seguo da anni, mentre questo..», mi
porge il secondo, «mi incuriosiva molto,
così l'ho preso».
«Hai
fatto bene. Ti avrei accompagnato io, ma non sapevo che ti piacesse
leggere, adesso che lo so posso accompagnarti quando vuoi».
«Posso andarci da sola,
grazie..».
«Lo so, ma io voglio
farlo».
«Oh.. va.. va bene,
grazie».
«Di niente, possiamo andarci anche domani, pago io»
- una piccola pulce entrò nel mio orecchio.
«Kristen, con che soldi hai
pagato?».
«Con i miei,
ovvio», so che non dovrei arrabbiarmi, ma subito il mio buon
umore sparisce.
«Potevi chiederli a me, lo
sai».
«Cosa?», strabuzza
gli occhi e mi fissa come se fossi pazzo, «Perché mai
dovrei chiederti soldi?».
E io vorrei rispondere con un semplice "perché si",
perché vivi con me e io voglio darti tutto quello che ho, e
non voglio farti mancare niente e voglio anche che vai via da quel
locale di merda, perché non hai bisogno di soldi, hai
bisogno soltanto di me, o almeno è quello che vorrei.. ah, e
non riesco a dimenticarmi del sapore delle tue labbra, posso baciarti
di nuovo? «Potevo darteli
io..».
«Lavoro per un motivo,
Robert» - va' in cucina e apre il frigo prendendo una
bottiglia d'acqua.
«Si... lo so. Ma non voglio
che..», si gira verso di me e mi fulmina con un'occhiata.
«Non vuoi cosa, Rob? Non
vuoi che lavori? Non vuoi che io abbia soldi miei? Te lo
dirò un'ultima volta: non sei mio padre! Non mi comandi, NON
PUOI DIRMI COSA DEVO FARE!».
«Oh, ma che cazzo ti prende?
Io stavo solo dicendo che..».
«So benissimo cosa stavi per
dire, siete tutti uguali. Tutti uguali... che schifo», non
sembra neanche lei, è come se Kristen avesse lasciato il
posto a una pazza isterica, ma riesco ancora a vedere la dolce ragazza
che ho baciato in quelle urla da squilibrata.
«Kristen, non..».
«NON DIRMI COSA DEVO FARE,
CAZZO! PORCA TROIA, VUOI CAPIRLO CHE NON VOGLIO! NON DIRMI COSA DEVO
FARE, NON DIRMI COSA MI E' PERMESSO O NO, NON DARMI ORDINI E NON
IMPORMI LE TUE FOTTUTE REGOLE DEL CAZZO. FANCULO! NON.. NON
FARLO!», ha le guance rosse, i pugni stretti per la rabbia,
il respiro affannato come se avesse corso una maratona.
«Kristen.. okay, okay, ma
calmati, calmati cazzo, sei tutta rossa! Ti verrà un
colpo!».
«Non mi verrà
nessun fottuto colpo, ma tu smettila di comportarti in questo modo
odioso, cazzo!».
«Ho solo detto che posso
pagarti i libri, porca troia».
«Be', NON FARLO! Non farlo,
perché io so badare a me stessa, ho un lavoro! E so cosa
pensi del mio lavoro, ma è l'unico che ho trovato, l'unico
che posso fare. CRISTO SANTO, ROBERT, ti rendi conto che io non posso
fare altro? Chi altro mi assumerebbe? E' l'unico posto dove non sono
poi così fuori posto e dove posso guadagnare un po' di soldi
per le cose che mi servono, per non dover, appunto, chiedere soldi a
te, cazzo. Ma, come sempre, tu pensi che io possa conquistare il mondo.
Notizia dell'ultima ora, genio:sono una stupida che non sa neanche
cucinare, non sopporta di stare insieme agli altri, non ha neanche un
diploma e le persone si girano a guardarmi quando cammino in mezzo alla
strada e non perché io sia chissà quale bellezza
ma perché sono strana, quindi non posso fare quello che dici tu»,
ed ecco che la verità veniva a galla, come sempre quando
urlava e si infuriava e iniziava a urlarmi contro, ed ecco che la
rabbia si trasformava in pianto.
«Tu non sei
strana».
«Si, SI CHE SONO STRANA!
Guardami, guardami bene!», sollevò una manica
della sua giacca, mostrandomi il braccio dove si era tagliata. «Vedi? Io faccio queste
cose, io sono così, io mi uccido da sola. GUARDAMI,
CAZZO».
«Ti guardo, Kristen.. e non
vedo niente di "strano", solo una ragazza.. con qualche
problema».
«Qualche problema?
Qualche... okay» - rise, ma era una risata isterica, «Ora inizierai con la tua
solita scenetta, che io non voglio sentire».
«Non farò nessuna
scenetta. Siediti».
«TI HO DETTO CHE
NON..».
«Non sto dicendo quello che
devi fare. Ti sto solo dicendo di sederti un attimo con me, per favore. Ho
bisogno di parlarti».
«E se io dicessi di
no?».
«Sei liberissima di farlo.
Te lo chiederò di nuovo domani, però. E dopo
domani, e il giorno dopo ancora, finché non parleremo. Ma se
stasera mi dirai di no io non insisterò».
Kristen mi guardò, indecisa.
Alla fine sbuffò e si sedette a tavola.
Sorrisi e lei mi guardò male.
«Vuoi da bere?»
chiesi.
«No».
Presi lo stesso due birre.
Mi sedetti davanti a lei. «Hai ragione».
«Su cosa?», prese
la sua birra e ci giocò un po', evitando di guardarmi.
«Non devo dirti quello che
devi fare, non sei una bambina», però sei la mia
bambina.
«Giusto. Finalmente l'hai
capito».
«Già.»
- presi un sorso di birra per rinfrescarmi - «però hai torto
su quello che hai detto adesso».
«Senti, non..».
«Non sei strana,
Kristen».
«Ah, no? E cosa sarei?
Diversa? Lo so già».
«Neanche quello, sei speciale».
Pov Kristen
Speciale.
Io sono speciale.
Speciale in che senso?
Speciale nel senso che sono fuori dalla norma?
Speciale nel senso che non sono come lui, come loro, come nessun altro
al mondo? Quello non è essere diverso?
Ma lui dice che sono speciale.
Lui dice che io sono speciale e io non neanche cosa voglia dire.
Nella mia vita mi sono sentita diversa, fuori posto, inadeguata,
sfruttata, confusa, sola, brutta, stupida, presa a calci,
sottovalutata, con il cuore spezzato, senza speranza, un disastro, ma
mai speciale.
Mai speciale.
Mai speciale per qualcuno.
Per qualcuno che avesse importanza, forse.
«Che.. che vuol dire
speciale..?» chiedo.
Robert si alza e viene a sedersi accanto a me. Mi prende le mani e le
appoggia sulle sue ginocchia. Non prendermi le mani così,
vorrei dirgli, tanto lo sai che ormai sono completamente incantata da
te, che cosa ti costa lasciarmi almeno un po' di sanità
mentale? Lasciami le mani, lasciami le mani, lasciami andare. Ma non lo
fa', e io non lo mando via. «Vuol dire che non ho mai
conosciuto una persona come te, in vita mia, mai».
«Quello è essere
diverso...», ecco, lo sapevo.
«No», mi accarezza
il viso e io mi scanso un po'; non
così vicino. «Tu non sei diversa,
Kristen. Sei solo fragile, tanto fragile. E hai bisogno di qualcuno,
una persona che ti insegni.. non so, ad amarti un po'».
«Io non mi amo».
«Ecco, appunto. Ma devi
farlo, sei speciale, devi essere amata».
Essere amata.
Essere.
Amata.
Amata, amata, amata.
No, non so cosa voglia dire.
Mia madre mi voleva bene, quando era sobria.
Ma chi amerebbe mai una come me? Nessuno, ecco chi.
«No» dico.
«Okay.. no. Però
lascia che ti compri un libro, diciamo che è il mio modo per
amarti un po'», per.. cosa?
«Mh..».
«Con me però non
hai paura a farti toccare. Cioè, mi hai baciato»,
diosanto, non voglio parlarne.
Divento tutta rossa e prendo un sorso di birra. «Sei stato tu a baciare
me».
«Me l'hai lasciato
fare».
«Si, e allora?».
«E mi hai baciato di nuovo,
oggi. Per dirmi grazie».
«Questa conversazione non ha
senso, io me ne torno di là» - mi alzo ma Robert
mi tiene ancora una mano e mi spinge a girarmi verso di lui, a
guardarlo. «Cosa vuoi
ancora..?».
«Dì che sei
speciale», è serissimo.
«No!», era
assurdo, io non ero speciale, perché avrei dovuto dirlo?
«Dillo».
«No, ho detto di no, no, no,
no!».
«Sei speciale, Kristen
Stewart» - con una mossa veloce mi fece cadere sulle sue
ginocchia, bumbumbum
- «anche se non vuoi
ammetterlo, anche se sei un mistero per me, anche se sei ricoperta di
lividi, tagli, segni, anche se c'è tristezza nei tuoi occhi,
tu sei speciale, bimba»,
i suoi occhi nei miei, il modo in cui appoggiò la mano sul
mio fianco, come avvicinò il mio corpo al suo. Come le sue
labbra alle mie.
Labbra di Robert.
Labbra di Robert sulle mie.
Mh, voglia di non staccarmi via.
La sensazione che pian piano la tensione stesse lasciando il posto a
qualcosa che mi ricordava i "ti voglio bene" di mia madre, a come mi
facessero stare bene, al sicuro. Adesso ero al sicuro. Ero tra le
braccia di Robert, mi stava abbracciando mentre ci baciavamo, ero al
sicuro.
«Dì che sei
speciale..» sussurrò contro le mie labbra.
«Mh.. no», sentivo
le sue mani sui miei fianchi come due fuochi ardenti.
«Ma lo sei, cazzo»
- sfiorò di nuovo le mie labbra, per poi ritrarsi - «tu dici "grazie" con un
bacio, sei fottutamente speciale».
«No..», ma non
riuscii a non sorridere.
Robert baciò il mio sorriso.
«Ehi!».
«Calma, bimba. Io dico
"prego" così».
_______________________________________
okay, ehm, questo capitolo fa
leggermente schifo.
ma dovevo postare, quindi...
non so, non siate cattivi con me, ho un cane adesso e ho dovuto stargli
dietro un bel po'!
non che il mio blake sia un cane movimentato, dorme molto ed
è bravissimo ma richiede tempo, il mio amore.
so.. i don't know.
spero che vi sia piaciuto almeno un pochino e cercherò di
farmi perdonare nel prossimo capitolo.
voglio che la storia si movimenti un po', avviso.
lasciate molte recensione perché nell'ultimo me ne aspettavo
di più per il loro primo bacio e invece... nada.
quindi, per questo, mh?
vi voglio bene,
alla prossima!
ps. figa la lovato nella prima gif, eh? e i robsten nell'altra?
sdfghjkl.
|
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Capitolo 12 *** give me love. ***
Pov
Kristen
«Ma
mi spieghi perché sei venuta a lavoro, oggi?».
«Perché
ho bisogno di soldi, ecco perché. E ora spostati, stai
occupando tutto lo specchio», mi siedo sulla panca dove
è
seduta anche Bonnie e cerco di buttarla giù senza riuscirci.
Non mangio da giorni, sono completamente senza forze.
«Da
quando tu ti preoccupi del trucco per il lavoro? E smettila di
spingermi che sei un cazzo di scricciolo» mi prende in giro,
facendomi spazio sulla panca. Bonnie e io ormai stiamo sempre insieme
a lavoro, è l'unica con cui parlo a parte Robert e Ricky,
Sarah non viene praticamente più a lavoro, non la vedo da
quasi un mese e mi va benissimo così, ho ancora in mente la
nostra ultima chiacchierata e il modo in cui mi guardava non mi
piaceva per niente, era come se stesse progettando qualcosa.
«Non
mi preoccupo del trucco, solo non voglio che mi licenzino per un
motivo stupido..».
«Ma
che dici? James ti adora. Ti guarda sempre, ma non nel modo in cui
quegli idioti là fuori ci guardano quando passiamo o mentre
io
ballo, ti guarda come un.. come un papà guarderebbe la sua
bambina, penso che sia una cosa davvero dolce, non credi?».
Come
un papà,
certo. Non mi
ricordo neanche cosa si provi ad avere un papà, una figura
maschile stabile nella propria vita, qualcuno che ci sia sempre per
te, che ti rimbocchi le coperte e ti racconti le favole prima di
andare a letto. No, sicuramente non so cosa si provi ad avere una
persona del genere nella mia vita. «Si... deve essere
bello...».
«Ehi..
tutto okay?», Bonnie smette di ridere e mi fissa preoccupata.
«Si..
tutto okay, sono solo stanca», il che non era una bugia vera
e
propria. Era da ieri sera che mi sentivo un po' debole e avevo anche
un leggero mal di testa, in più sentivo anche il mal di
pancia
farsi sentire.
«Stanca,
eh? Non è che tu e Rob ieri sera..» fa un sorriso
malizioso e mi da un colpo scherzoso che mi strappa un sorriso.
«Non
dire scemenze, io e lui.. a dire il vero non so neanche cosa siamo.
So solo che lui..», nella mia testa si forma l'immagine del
Robert ieri sera, di come mi ha preparato la cena e mi ha tenuto
sott'occhio tutta la sera perché aveva capito che stavo
male,
sento di nuovo la sensazione di protezione che solo con lui riesco a
provare, che solo lui mi fa sentire; «lui mi ha praticamente
salvata, Bonnie. Non so come spiegartelo ma Robert.. ha.. qualcosa di
speciale, lui non mi vede solo come un disastro ambulante, è
come se lui riuscisse a vedere qualcosa che non esiste, qualcosa di
speciale in me, il che è incredibile,
perché io
non ho assolutamente niente di speciale..», mi guardo allo
specchio. Vedo una ragazzina, una bambina, ma c'è una luce
diversa nei miei occhi e quella luce mi piace.
«Sei
troppo dura con te stessa» mi rimprovera Bonnie.
«Dico
solo la verità. Mi conosco, purtroppo ho dovuto convivere da
sola con me stessa per molto tempo e so che ho un carattere di merda,
un bruttissimo carattere che allontana le persone».
«Robert
non l'hai allontanato, però..».
«No...
per ora, no. Spero che non accada mai. Se succedesse, non so cosa
farei.. ormai è diventato una specie di.. rifugio. Lui e
Ricky
sono le persone più importanti della mia vita».
Bonnie
mi sorride e mi fa segno di girarmi per aiutarmi a mettere il
mascara. «Oh tesoro, non sai quanto sono felice di sentirti
parlare così. Quando sei arrivata in questo posto, qualche
settimana fa, eri come dispersa in te stessa, adesso c'è una
luce diversa nei tuoi occhi, perché sai di non essere sola.
Puoi contare su qualcuno.. e su di me, ricordardatelo, okay?».
Sorrido.
«Grazie..».
Bonnie
mi da un buffetto sulla guancia. «E di che? Forza, andiamo
adesso, prima che James si preoccupi».
Mi
alzo e la seguo fuori.
In
effetti, non mi sento per niente bene.
Cerco
di far finta di niente e seguo Bonnie finché non mi deve
lasciare per andare dietro le quinte a prepararsi insieme alle altre
prima dello spettacolo.
Vado
al bancone e subito James mi saluta: «Buonasera bambolina,
hai
una brutta cera».
Oh,
si vede così tanto? «No, sto bene».
«Non
direi. Finisci prima oggi» la sua non è una
domanda ma
rispondo lo stesso.
«No,
anzi, volevo chiederti se potevo fare il doppio turno
stasera..»,
Robert non tornerà prima delle due di notte per via del
"lavoro" e Ricky è in un piccolo asilo che abbiamo
trovato che lo tiene anche fino alle ore più ridicole. In
realtà è una casa a qualche isolato di distanza
da
quella di Robert dove una vecchia signora e sua nipote tengono i
bambini dei loro amici – amici che, come Robert, fanno lavori
che
non permettono di avere orari normali – e sono due persone
davvero
carine, anche se la loro casa e il posto in cui si trova non si
possono considerare proprio una reggia ma Ricky si trova bene e si
è
già fatto un amico e le due donne non chiedono molto quindi
è
okay per noi. Certo, l'idea di lasciare Ricky a due sconosciute non
mi esalta ma neanche l'idea di dipendere da Robert per i soldi,
quindi..
«Non
se ne parla, stai male» mi liquida James, ignorandomi e
rivolgendosi a un cliente che si è appena avvicina al
bancone
– e a me, quindi mi sposto.
«James»
dico, una volta che ha finito con il tipo, «per favore,
voglio
lavorare. Sono.. sono sola a casa e non mi va', preferisco stare
qua.. quindi.. posso?».
«Sola
a casa?», ho attirato la sua attenzione.
«Ehm,
si..».
«E
dove è quel ragazzo.. quello che che viene sempre a
prenderti,
come si chiama?».
«Robert...
lui è.. a lavoro, non può venire oggi.
Cioè,
può, ma.. viene alle due, ecco perché ti ho
chiesto di
fare il turno doppio».
«Mh»,
James si limita ad annuire senza aggiungere altro.
Mi
sporgo sul bancone, insoddisfatta. «Allora? Posso restare?
Lavoro, giuro».
«In
anni di "onorata" carriere non ho mai sentito una delle mie
ragazze chiedermi di fare il doppio turno. Magari
lo
accettavano volentieri o restavano fino a tardi per vari motivi ma
nessuno me l'ha mai chiesto.. ma le tue motivazioni sono valide e non
mi va che tu stia a casa da sola. Aspetterai qui il tuo amico e nel
frattempo servirai qualche tavolo insieme a Bonnie, ti va
bene?».
«Benissimo!
Grazie» dico, sincera.
James
mi sorride, ha due guance paffute, in questi momenti sembra davvero
Babbo Natale.
«Vai,
vai».
Mi
affretto a prendere il mio vassoio con le bibite e inizio il mio
turno, che stasera sarà più lungo del solito per
fortuna. Ho proprio bisogno di non pensare per un po', di distrarmi
da tutti i pensieri che mi frullano in testa. In realtà,
l'unico pensiero da cui devo tenermi lontano è solamente uno
e
ha pure un nome: Robert. Perché lui continua a starmi in
testa, giorno e notte. E non va bene, non va affatto bene
perché
io non so neanche cosa provi lui per me. Okay, è gentile e
mi
fa un sacco di complimenti, ma che c'entra? Non che io abbia mai
avuto un fidanzato e sappia questo genere di cose, so solo come si
comportano quei coglioni che ho frequentato fino ad adesso e so che
loro volevano una sola cosa da me – e per fortuna non l'hanno
mai
ottenuta, anche se ci sono andati molto vicini
– e riconosco
la differenza fra loro e Robert. Lui è dolce, protettivo, e
quando sto con lui io mi sento bene, me stessa. Mi sento come se
avessi finalmente un posto dove non devo avere paura di niente, ma
quanto durerà?
Se
c'è una cosa che ho imparato è che niente
è per
sempre.
Anche
quando ho incontrato Scout pensavo di aver trovato un'amica vera, una
persona che ci sarebbe sempre stata per me. Ma poi ho visto la
verità. È il che bello è che non ho
fatto
niente, assolutamente niente.
Mi
sono sempre fatta andare bene tutto, perché non vedevo altro
modo.
E
anche adesso sto facendo la stessa cosa.
Non
faccio niente per avvicinarmi di più a Robert, lascio solo
che
lui si avvicini quando vuole ma senza mai permettergli troppa
libertà.
Lo
voglio, ma ho paura.
Non
faccio mai troppi passi in avanti senza farne almeno il doppio
indietro.
So
che così non andrò da nessuna parte, ma
è
l'unico modo che conosco per stare con una persona.
So
di sbagliare.
Lo
so bene, ma che posso fare per cambiare?
«Ecco
a lei, signore..» servo una pinta di birra a un vecchio
signore
che mi sorride – un sorriso viscido, che mi fa salire un
brivido
lungo la schiena – mi allontano e cerco Bonnie con lo sguardo.
Sta
ballando sul palco.
Okay,
"ballando" è una parola grossa per quasi tutte le
ragazze che lavorano qui ma per lei è persino poco, Bonnie
si
muove come una vera ballerine, ha movenza eleganti persino in quello
che sta facendo, non c'è timore nei suoi passi e persino su
quei tacchi chilometrici riesce a muoversi come se fosse a piedi
nudi. Mi vede e mi saluta con la mano prima di gettarsi sul palco per
raccogliere i soldi che le stanno lanciando.
Non
riuscirei mai a fare una cosa del genere.
Morirei
di vergogna prima.
Ho
fatto tante cose brutte in vita mia, ma questo sarebbe davvero troppo
persino per me.
Prima
che me ne renda conto è arrivata la mezzanotte e poi l'una e
io sono stanca morta, la testa mi sta per scoppiare e vorrei soltanto
stendermi un attimo ma la sola idea di andare a casa da sola mi
terrorizza e mi fa anche sentire un po' sola. Voglio Robert. Non mi
ero mai sentita così e forse è anche un po' colpa
del
mal di testa e dei giramenti di testa che stanno prendendo possesso
del mio corpo ma inizio seriamente a volere Robert, con me, adesso.
Ne ho bisogno. Non ce la faccio da sola.
Dio,
che mal di testa.
Dov'è
Rob?
Mi
gira tutta la stanza attorno, cazzo.
Voglio
Rob, dove è andato a finire il mio Rob?
Cerco
di aggrapparmi a una sedia quando un giramento di testa più
forte mi prende all'improvviso.
Amore,
amore.. dove sei?
Manco
la presa sulla sedia e finisco per terra in ginocchio.
«Kristen!»,
è Bonnie?
No,
Bonnie, non preoccuparti, adesso arriva Robert e risolve tutto,
tranquilla. Non urlare, per favore, ho un mal di testa che non ti
immagini...
«James!
James, corri!» sento urlare Bonnie ma è come se la
sua
voce provenisse da molto, molto lontano.
Mi
premo due dita contro le tempie, nel tentativo di alleviare il
dolore.
Non
è così forte, ma mi sento debole.
Dio,
Rob.. fai presto.
Chiudo
gli occhi, alla ricerca di un po' di pace.
La
stanza è terribilmente chiassosa.
Una
mano si appoggia sulla mia spalla e io apro di nuovo gli occhi nella
speranza di vedere Robert ma è solo James, che si
inginocchia
vicino a me e mi guarda. I suoi piccoli occhi scuri sono preoccupati.
Non devi preoccuparti, Babbo Natale, perché adesso
arriva
Robert e mi porta via, lui risolve sempre tutto, non lo sai?
«Oh,
bambolina, ti avevo detto che era meglio se non lavoravi.. hai preso
proprio una bella botta su quelle ginocchia ossute. Non mangi mai
molto, eh?».
Sento
il rumore dei tacchi sul pavimento di legno e quando guardo nella
direzione del suono vedo Bonnie correre verso di me, indossa ancora
l'abito di scena. Si inginocchia accanto a James, anche lei sembra
parecchio preoccupata per me.
«Che
succede?» chiede.
«Bonnie,
fammi un favore: vai a prendere il cellulare di Kristen e chiama il
suo amico» le dice, ignorando la sua domanda.
Bonnie
non dice niente, scatta in piedi e corre verso il nostro camerino.
Nel frattempo, attorno a noi, si è radunata una folla di
curiosi. James li manda via in malo modo e subito la gente torna ai
propri posti, già stanchi di uno spettacolo patetico come
me.
Mi
viene da piangere.
Mi
sento male.
Mi
sento male fisicamente e anche mentalmente.
Mi
sento uno schifo, in tutti i sensi, cazzo.
Mi
gira la testa, non ho neanche la forza di alzarmi.
Vorrei
dire a James che va tutto bene ma tutto quello che faccio è
accasciarmi a terra.
«No,
no, no», James mi afferra per le braccia e mi mette di nuovo
seduta. Mi dimeno, non voglio che mi tocchi. «Aspettiamo il
tuo
amico, va bene?», annuisco, «Ma.. lo aspettiamo in
un
altro posto, non in mezzo al locale. Adesso ti prendo in braccio,
okay?».
Scuoto
la testa.
No,
non voglio che mi tocchi nessuno.
Voglio
stare sola.
Sola,
con Rob.
Corri,
corri, corri da me.
«Non
puoi stare qua, Kristen».
Non
mi interessa.
Non
mi interessa, capisci? Io voglio stare qua. Lo aspetto qua.
«Avanti,
forza.. almeno alzati da sola, allora».
Non
ci riesco, mi dispiace.
«Uno
sforzo, bambolina. Uno sforzo e basta».
Uno
sforzo?
Uno,
dici?
No,
grazie.
Ne
ho fatti anche troppi, ultimamente.
Sai,
mi sono sforzata un sacco. Mi faccio sfiorare da Robert, il che non
è
neanche male, perché lui è Robert ed è
l'unica
persona a cui voglio bene davvero. Forse anche lui mi vuole bene. E
be', per lui posso anche saltare da una montagna e scalare un
vulcano, farei qualunque cosa se me la chiedesse lui, ma sono troppo
stanca stasera, mi dispiace. Voglio solo dormire un po', solo un
po'..
«Kristen,
ehi..», Bonnie.
Oh..
voglio un po' di bene anche a lei, si.
«Robert
sta arrivando, Kristen.. ma tu.. non stare così, cazzo..
insomma, vuoi che arrivi e ti trovi in questo stato? Non è
sexy, amica mia. Non è per niente sexy e tu devi fare colpo
su
di lui, no? Che dici, andiamo in camerino e ti rifaccio il
trucco?»,
mi prende la mano ma io la scosto. Mugugno qualcosa che spero si
avvicini al "no" che voglio urlare. No, lasciatemi stare,
sto aspettando!
«Lasciala
stare..» si mette in mezzo James, «non si
muoverà
di un solo centimetro. Cerca di far allontanare la gente, piuttosto.
È tutto quello che possiamo fare finché quel tipo
non
si fa vedere..».
Ehi!
Lui
non è un "tipo".
Lui
è Robert.
Lui
è l'unico che mi capisce.
Lui
mi può toccare perché voglio
che lo
faccia, e per me è una cosa unica.
Lui
è tutto quello che ho.
Pian
piano chiudo gli occhi un'altra volta.
Mi
accascio sul pavimento, mentre una sensazione di torpore prende
possesso del mio corpo e lentamente anche le voci di James e Bonnie
si fanno sempre più lontane, finché non diventano
solo
un eco nella mia testa. Finalmente pace.
Non
so da quanto sto dormendo.
All'improvviso
sento una mano accarezzarmi il viso.
Bonnie
non mi toccherebbe mai così.
James
lo ucciderei prima che facesse una cosa del genere.
«Kristen...?».
Amore..
sei venuto.
«Kristen..
svegliati, per favore..».
Si..
si, per te, si.
Apro
gli occhi e mi ritrovo quelli azzurri di Robert davanti. È
un
sogno?
No,
è davvero qua. Accenna un lieve sorriso, ma è
davvero
piccolo perché la sua espressione è corrucciata,
sembra
in pena.
«Come
ti senti..?» mi chiede, in ansia.
«Rob...»
è tutto quello che dico.
Mi
accarezza una guancia e mi scosta i capelli dal viso, «Mi hai
fatto prendere un colpo, sai..?».
Annuisco,
o almeno ci provo.
«Che
le è successo?» distoglie lo sguardo dai miei
occhi e si
rivolge a James.
No,
ti prego.. guarda me, guardami..
«Sono
quasi certo che abbia avuto un mancamento. Sta mangiando?».
«Si...
credo.. sto fuori parecchio. Mangia quando ci sono io».
Si,
amore.
Io
mangio, ma solo quando ci sei tu a casa con me. Quando non ci sei non
tocco cibo, non mi va, voglio solo distrarmi, stare con Ricky,
giocare con lui, con quel bellissimo bimbo che ha i tuoi occhi,
amore.
«Questa
ragazza è troppo magra, lavora troppo, non sta mai ferma e
la
situazione potrebbe essere anche più grave. Servirebbe un
medico ma...», James sospira, sembra anche più
stanco di
me, «non sono sciocco, ragazzo, se lei lavora qua vuol dire
che
voi due siete quel genere di persone che non può permettersi
un medico e non vuole neanche andarci.. ho già visto casi
come
questo, nel mio lavoro, e tutto quello che posso dirti è di
farla riposare molto, tenerla sotto controllo e farla mangiare
parecchio. Per la storia del dottore, potrei trovare io qualcuno..
gratis, ovviamente».
«La
ringrazio.. davvero».
«Portala
a casa, ragazzo. E .. cerca di prendertene cura, è
speciale».
Sento
un braccio di Robert infilarsi sotto le mie ginocchia e una mano
tenermi per la schiena, «Lo so bene.. la ringrazio
ancora»,
lentamente, mi solleva da terra. Oh, Rob... mi
accuccio contro
il suo petto, stringendo i pugni chiusi contro la sua maglietta. Sa
di Robert, mi inebrio di quel profumo che mi fa subito rilassare.
Appoggio la testa contro di lui. «Andiamo a casa,
piccola..».
Si,
amore. Finalmente sei arrivato da me.
Pov
Robert
«Si.. si, lo so che
avevamo detto che saremmo passati alle due ma c'è stato un
imprevisto.. quindi.. si, mi dispiace, so che anche lei deve andare a
letto ma.. la pagherò, okay? Le darò il doppio..
solo..
tenga ancora Ricky là con gli altri bambini.. ah,
è
rimasto solo lui.. be', giochi con lui, metta un cartone animato alla
TV, faccia qualcosa! Senta, devo andare, va bene? Verrò a
prenderlo entro un'ora, forse... ci sentiamo e.. grazie per la
pazienza».
Riattacco
il telefono prima
che quella donna possa ribattere.
Mi
giro verso il letto di
camera mia, dove Kristen è sdraiata sopra le coperte,
addormentata. Ma non posso lasciarla così, ancora vestita
con
la divisa del lavoro e sopra le lenzuola. Devo metterla a letto e
vedere cosa posso fare per farle stare meglio.
Mi
avvicino e le sfioro la
fronte.
Cazzo,
scotta.
Mi
allontano, ma solo per
andare a prendere qualcosa da metterle per dormire. Prendo una mia
maglietta e un paio di pantaloni della tuta che ha lasciato nel mio
armadio, mi avvicino e noto che sta tremando un po'. È
così
piccola.
Mi
avvicino e mi inginocchio
sul letto, accarezzandole una guancia sperando di svegliarla senza
spaventarla. «Piccola? Kristen, bimba, sveglia..».
Mugugna
nel sonno ma non
apre gli occhi.
«Kristen?
So che sei
stanca, piccola, ma..».
«Rob..?»,
apre
un po' gli occhi e mi fissa confusa.
«Si..
si, piccola».
«Rob..
ho.. ho
freddo...».
«Lo
so, piccola.. devi
metterti qualcosa addosso ma prima devi toglierti quello che hai.. ti
aiuto, okay?».
I
suoi occhi si
spalancarono, terrorizzati. Non vedevo quell'espressione da molto
tempo e non mi era mancata per niente. «N-No.. f-faccio da
sola» balbetta.
Decido
di farla almeno
provare.
Non
mi va di farla agitare
più del necessario.
«Okay..».
Le
porgo una mano per
aiutarla a mettersi seduta e lei ci riesce. Mi sollevo dal letto e le
porgo la maglietta e i pantaloni.
«Devi...
devi uscire
dalla stanza, però..» sussurra.
«Mi
giro, non guardo,
giuro» mi metto in piedi e le do le spalle, fissando la porta
dondolandomi sul posto, nervoso. Perché non mi permette di
aiutarla?
Sento
Kristen alzarsi a
fatica, tossire e poi sento il rumore della stoffa che passa fra i
suoi capelli mentre si toglie i vestiti. Si china sul letto per
prendere i vestiti puliti ma in una frazione di secondo sento un
tonfo per terra e mi giro di scatto verso di lei. È caduta
in
ginocchio per terra, si tiene la pancia con un braccio e il petto con
l'altra, per coprirsi. Corro verso di lei, inginocchiandomi accanto
al suo corpo tremante coperto solo dalla biancheria intima.
«Kristen!».
«Va..
va tutto bene,
sono solo inciampata..».
«Aspetta,
ti aiuto a
rialzarti..».
Faccio
per prenderle la mano
ma lei si tira indietro, coprendosi ancora di più. Do
un'occhiata veloce al suo corpo e capisco cosa sta cercando di
coprire: il corpo è ricoperto di lividi, anche se la maggior
parte adesso sono vecchi e stanno svanendo, ma ci sono alcuni ematoma
che ci metto più tempo degli altri. «Non guardali,
Rob»
mi prega, i suoi occhi si riempiono di lacrime mentre cerco di
tirarla su afferrandole i fianchi.
Lei
si dimena e prova a
sfuggire dalla mia presa ma questa volta non la lascio andare.
«E'
okay, piccola.. va
tutto bene, calma..».
«No!»
urla.
«Kristen,
ferma»
le intimo, ma lei si dimena e riesce a liberarsi. Peccato che le sue
gambe non reggano il suo peso, l'afferro al volo prima che cada
un'altra volta sul pavimento.
«Robert,
lasciami!
LASCIAMI! TI PREGO, NON..».
La
stringo forte e la stendo
delicatamente sul letto.
La
fisso dall'alto verso il
basso e mi sento un mostro.
Mi
sta guardando con gli
occhi pieni di terrore.
Appena
è libera si
rannicchia all'inizio del letto e cerca qualcosa per coprirsi
– i
suoi gesti sono bruschi, sbrigativi, le sue mani tremano come il
resto del suo corpo.
«Mi
dispiace...»
dico.
Lei
non mi guarda.
«Eri
caduta.. scusa..
non.. lo sai che non ti avrei mai fatto del male, Kristen.. ti prego,
tu lo sai.. sai quanto conti per me» mi
avvicino al
letto e lei trema ancora di più. «Non fare
così..
non avere paura di me.. Kristen?» la chiamo ma lei non
solleva
neanche lo sguardo.
Mi
siedo sul letto, dandole
le spalle e prendendomi la testa fra le mani, appoggiando i gomiti
sulle ginocchia. Avrei dovuto avere più pazienza, fare
più
piano con lei. Che idiota che sono.
«E'..
è.. così
brutto?», la sua voce è bassissima ma io la sento
benissimo.
La
guardo da sopra la
spalla. «Cosa, piccola?».
Lei
si morde il labbro e una
lacrima le riga la guancia. Timida, scosta la coperta dal suo petto.
«Il mio corpo...è.. pieno di.. segni. Lividi,
Rob».
Mi
giro completamente verso
di lei e cerco di sorriderle per rassicurarla ma la sua espressione
mi spezza il cuore. «No, piccola.. per niente. Sono segni,
hai
ragione, ma sono solo questo, non ti rendono una persona diversa. Tu
sei tu, sei bellissima, stupenda, sei la ragazza più..
più
bella che io abbia mai incontrato» sollevo una mano e le
accarezzo una guancia e lei me lo lascia fare. È
più
fredda, la febbre sta scendendo per fortuna.
Lei
scuote la testa mentre
un'altra lacrima scende lenta sulla guancia che sto accarezzando.
«Io.. io vorrei crederti.. lo vorrei.. davvero
tanto...».
«Allora
credici.
Kristen, io.. io sono..», diglielo,
sussurra una voce
nella mia testa, di a questa ragazza cosa provi per lei una
volta
per tutte. Ma no, non è il momento giusto. Lei
è in
lacrime, mezza nuda e con la febbre, voglio che ripensi a questo
momento come a qualcosa di bello, non a.. questo. «Io sono
davvero convinto che tu sia bellissima, i tuoi lividi non fanno che
renderti ancora più speciale ai miei occhi,
capisci?».
«Sono
lividi, Rob...
sono.. orrendi».
«I
lividi. Non tu,
piccola..».
«Ma
i lividi sono sul
mio corpo! Lo capisci? Non vanno via!».
«Andranno
via col
tempo..».
«Sono
stanca di
aspettare».
«Compriamo
qualcosa,
mh? Compriamo qualcosa che velocizzi la guarigione, ma nel frattempo
tu devi capire che di me non ti devi mai vergognare, mai. Tu sei
bellissima» lascio scorrere la mano dalla sua guancia alla
spalla e poi sul braccio, sento la sua pelle ricoprirsi di brividi
sotto le mie mani ma non si scosta.
«Rob..».
«Bellissima,
Kristen.
Sei bellissima, piccola».
Solleva
timidamente lo
sguardo e vedo i suoi occhi verdi lucidi che cercano qualcosa dentro
i miei, forse la prova che sto dicendo la verità. Ma come fa
a
non capire quanto bella sia? Quanto sia meravigliosa sia dentro che
fuori, come lei mi abbia cambiato dentro. È la cosa
più
bella che mi potesse capitare e vorrei poterla salvare, se solo lei
me lo permettesse. «Tu sei bellissimo...» sussurra.
Sorrido,
«Detto da te
vale anche di più».
Kristen
si morde il labbro,
è nervosa. Scosta ancora un po' di più la coperta
finché anche le sue gambe non sono libere. Si inginocchia,
adesso ha il viso alla stessa altezza del mio. Cerco di non guardare
sotto il suo viso per non metterla in imbarazzo. Lei fa scivolare le
sue braccia intorno al mio collo e, lentamente, si avvicina a me. Il
suo viso è a pochi centimetri dal mio e non riesco a
distogliere lo sguardo dalle sue labbra. Da quanto non la bacio? Sto
impazzendo dalla voglia di farlo.
«Rob..»,
la sua
voce da bambina mi fa ricordare che devo calmarmi, «ti.. ti
ricordi come dico "grazie"?».
Annuisco,
sorridendo.
Anche
lei accenna un piccolo
sorriso prima di poggiare timida le sue labbra sulle mie, stringendo
ancora di più le sue braccia intorno al mio collo. Le
afferro
piano i fianchi con le mani, sentendo la sua pelle morbida e
scoperta. È davvero calda, soffice al tocco. Stringo
più
forte la presa sui fianchi quando la sua bocca si schiude sotto
richiesta della mia e il bacio inizia a farsi più casto. Non
mi aveva mai permesso di baciarla in questo modo. Le accarezzo i
fianchi, facendo andare le mani su e giù e lungo la schiena,
spingendola più vicina a me.
Mmh.
Dio,
i suoi baci.
I
suoi baci che si fanno
sempre più intensi.
Il
fatto che sia mezza nuda
fra le mie braccia.
La
mia mano che mentre le
accarezzo la schiena incontra il gancetto del reggiseno e lei trema
sotto il mio tocco, ma stavolta non sembra avere paura e si avvicina
sempre più.
Infila
una mano fra i miei
capelli e ci gioca provocandomi dei brividi.
Preso
dall'euforia faccio
scendere una mano fino al suo fondoschiena.
Kristen
si solleva un po'
facendo pressione sulle ginocchia e io ne approfitto per tirarla su
tenendole il sedere e facendola sedere sulle mie ginocchia. Lei si
mette a cavalcioni sopra di me, i nostri bacini si scontrano e nella
mia testa è come il rumore di un'onda che si schianta contro
uno scoglio. Rimette le braccia intorno al mio collo e mi morde piano
il labbro inferiore.
Non
so dove mettere le mani.
Vorrei
potermi godere questo
momento ma riesco solo a pensare al fatto che finalmente si sta
lasciando andare e sono così contento che vorrei poter far
durare questo momento per sempre ma allo stesso tempo so che non
sarà
così e voglio fare la cosa giusta per non rovinare tutto,
per
andare oltre i suoi soliti limiti senza spaventarla.
Mentre
le stringo un fianco
sposto le labbra dalla sua bocca e le sposto sul suo collo, forse una
delle poche zone sul suo copro priva di lividi.
Lascio
un piccolo bacio, per
vedere come reagisce.
Un
timido gemito esce dalle
sue labbra e io faccio scorrere le mani su e giù per la sua
schiena, incontrando di nuovo la forte tentazione del gancetto del
reggiseno.
«Rob..»,
sono
talmente preso da quello che sto facendo che non riesco a capire se
il suo sia una richiesta di smettere o di continuare.
«Si..?».
Kristen
si scosta per
guardarmi dritto negli occhi. Smetto di baciarle il collo per
guardarla negli occhi ma non tolgo le mani dalla sua schiena.
«Rob..
» sembra sul punto di dire qualcos'altro invece riprende a
baciarmi, prendendomi il viso fra le mani. Sembra quasi che tutta la
sua paura sia evaporata via ma riesco ancora a sentire la sua
timidezza in ogni gesto che compie. È ancora la mia piccola
Kristen.
Mi
appoggio piano sopra di
lei, facendola stendere sul letto. Appoggia la testa sul cuscino e mi
sorride, un sorriso così spensierato che quasi non ci credo.
«Mi
piace...»
dice, poi si nasconde il viso fra le mani.
«Ehi..
cosa ti
piace?».
«Questo!»
si
toglie le mani e mi guarda, i suoi occhi brillano, «Mi piace
questo.. mi piace come le tue mani toccano il mio
corpo.. è
come se lo guarissero, Rob» appoggia una mano sul mio viso,
poi
la fa scivolare sulla mia nuca, in modo da avvicinare il mio viso al
suo.
«Kristen..».
«Sei
la mia medicina,
Rob.. capisci? Sei l'unica cosa che mi fa stare bene sul
serio»
sussurra contro le mie labbra. È come se le parole mi
stessero
baciando.
«Tu
non sei malata,
Kristen..».
«Si..
si, che lo sono.
Sono fottutamente malata e tu sei la mia cazzo di medicina, capisci?
È la prima volta in vita mia che mi sento così..
non
farlo smettere, ti prego..», le sue dita si rincorrono lungo
la
mia schiena, piccole e timide.
«Cercherò
sempre di farti stare bene, piccola..».
«Anche
io..» i
suoi occhi si fanno più tristi, «anche io voglio
renderti felice, Rob..».
«Tu
mi rendi felice..
lo fai in continuazione, Kristen. Sei una continua fonte di
felicità
per me e non te ne rendi neanche conto».
«Sai..»,
si
passa una mano fra i capelli, chiudendo gli occhi per un secondo.
Prende un bel respiro e poi mi guarda, «è
difficile
pensare di essere la felicità di qualcuno se per tutta la
tua
vita non hai fatto altro che pensare che la tua vita fosse un
completo fallimento».
«Ma
tu sei
grandiosa..».
«No
invece..».
«Si!
Si, cazzo. Sei la
ragazza più bella che io conosco, la più
simpatica, la
più dolce, la più sincera, hai qualità
che tutti
gli altri si sognano soltanto e tu pensi ancora di non essere
grandiosa? Be', svegliati, bella addormentata, perché tu sei
la cosa più bella che mi sia capitata e anche se mi ci
vorrà
tutta una vita intendo passare tutto il resto dei miei giorni
cercando di farti capire quanto.. perfetta tu sia» faccio
tutto
il mio bel discorso guardandola nei suoi occhi verdi – che
diventano lucidi – tutto il tempo, stringendole i fianchi con
più
forza per via dell'emozione che mi colpisce.
«Rob..?»,
tante
piccole lacrime iniziano a scendere sulle sue guance e io le asciugo
tutte con le mani, aspettando che lei continui a parlare ma dopo un
po' capisco che ha bisogno di una leggera spinta.
«Si,
piccola?».
Kristen
mi stringe le
braccia, poi le spalle e infine mi getta le braccia al collo.
«Posso
restare sempre
con te..?».
Le
lascio un leggero bacio
nell'incavo del collo.
«Non
ti lascerò
mai andare via».
*
Pov
Kristen
Robert era andato a prendere
Ricky per riportarlo a casa e io me ne stavo sul letto, confusa ma
allo stesso tempo piacevolmente sorpresa di me stessa. Prima, con
Rob, mi ritrovata così a mio agio. Certo, ero nervosa e
forse
avrei potuto fare di più, ma per la prima in vita mia mi ero
comportata come una ragazza normale, non una pazza schizofrenica con
problemi con il contatto fisica. Mi ero ritrovata a sorridere durante
il bacio, il modo in cui mi toccava mi mandava fuori di testa, mi
faceva sentire così bene che quasi
sentivo ancora le
sue mani sui miei fianchi persino in quel momento.
Così
è questo che si prova a farsi toccare da qualcuno?
Mi
mancava questa
sensazione.
Da
quando non avevo un
contatto volontario con qualcuno? Certo, sfioravo le persone mentre
camminavo e per via dei lavoretti di Scout mi ritrovavo anche a
toccare parti del corpo di sconosciuti che avrei preferito evitare,
ma niente di volontario e niente di così meraviglioso.
Mi
piaceva.
Mi
piaceva da matti.
E
glielo avevo detto.
Ero
fiera di me stessa.
Mi
ritrovai a sorridere da
sola.
Mi
accorgo di essere ancora
in intimo quando sento la porta di casa aprirsi e i passi di Robert
che entra e chiude la porta dietro di sé. Mi affretto a
coprirmi con il lenzuolo proprio nel momento in cui Robert entra in
camera da letto tenendo Ricky addormentato fra le braccia, il visetto
tondo appoggiato alla spalla del suo bellissimo papà.
Mi
sorride e appoggia Ricky
sul letto.
Lo
sistemo sotto le coperte
coprendolo cercando di non svegliarlo.
«Ehi..»
sussurro, incerta su come comportarmi.
Robert
mi guarda e mi fa un
sorriso a trentadue denti. «Ciao, bellissima. Vieni di
là
in cucina con me o sei stanca? Se vuoi dormire..».
«Vengo
con te»
dico, sicura. «Solo.. puoi prendermi i miei
vestiti?».
Rob
fa un sorriso da "ma
certo, me lo aspettavo" e si inchina per prendere la mia
maglietta. Niente pantaloni.
Faccio
finta di niente, mi
infilo la maglietta e scendo dal letto per seguirlo in cucina. I
ricordi di prima affollano la mia testa. Voglio provare di nuovo
quelle sensazione ma non so come dirlo senza sembrare sfacciata o
peggio, un idiota.
«Preparo
del caffè,
vuoi una cioccolata?» mi chiede.
Mi
siedo sullo sgabello,
facendo dondolare le gambe. C'è un po' di freddo e mi
maledico
per non essermi presa da sola i pantaloni della tuta. «No,
grazie».
Osservo
Robert mentre
prepara il caffè e la cioccolata.
La
sua schiena è
davvero.. ampia. Un ricordo di prima si pianta ben bene nella mia
testa, il modo in cui potevo aggrapparmi alle sue spalle senza
problemi mentre eravamo nel letto seguito dal ricordo dei suoi baci,
dal modo in cui le sue mani accarezzavano i miei fianchi.. avrei
voluto che non finisse mai.
Da
quando io sono così?
«Ecco
qua», non
mi ero neanche accorta che avesse finito. Robert è davanti a
me e tiene in mano la mia cioccolata mentre il suo caffè
è
già appoggiato sul tavolo.
«Grazie,
Rob..».
Si
siede davanti a me,
«Avevi un'aria strana, a cosa stavi pensando?».
«A
n-niente»
balbetto, arrossendo.
«Mh,
non ci casco. A
che pensavi, Kristen?» i suoi occhi si fissano su di me,
indagatori e all'improvviso sento come uno schianto dentro di me.
Come una bomba che esplode o il tic di una chiave
che viene
infilata nella toppa di casa, che si apre. Ecco, forse è
più
la seconda definizione, è come se Robert avesse aperto
qualcosa dentro di me, come se per tutto tempo io fossi sempre stata
rinchiusa da qualche parte senza che neanche lo sapessi.
Una
lacrima mi scorre sul
viso, seguita da altre tre.
«Ehi..
no, Kristen,
non intendevo.. scusami, piccola, mi dispiace, non intendevo farti
piangere..» si alza e mi raggiunge, inconocchiandosi accanto
a
me e appoggiando entrambe le mani sulle mie ginocchia.
«Scusami
se sono stato troppo aggressivo o.. non so, scusami e basta. Non
piangere, però.. non farlo, per favore..».
Sento
il mio corpo tremare
per via del pianto.
Ma
al contrario dei miei
attacchi di pianto precedenti non ci sono urla né lotte per
liberarmi dai suoi tentativi di aiutarmi, me ne resto semplicemente
seduta lì, a piangere come una bambina per non so quanto
tempo
mentre Robert mi asciuga tutte le lacrime che escono dai miei occhi
con estrema premura e pazienza.
«Cosa
ti succede..?».
«Rob..»,
cerco di parlare ma la schiena mi trema troppo e me lo impedisce.
«Andrà
tutto bene, piccola..».
«No..»,
no, non è vero. Non è vero che andrà
tutto bene,
non è affatto vero, Rob, e tu lo sai bene perché
tu mi
conosci. Tu mi conosci e sai che io sono a pezzi ma c'è
qualcosa di nuovo adesso, una forza che non credevo di avere e che si
sta mostrando con la più debole delle richieste d'aiuto.
«Rob.. devi.. devi f-fare una c-cosa per me..».
Annuisce
subito, appoggiando
le mani sulle mie gambe e facendole scorrere su e giù
lentamente, senza salire mai troppo in sù – e
questo fa
male.
«Tutto
quello che vuoi».
«D-Davvero?».
«Lo
giuro».
«Devi..».
«Si».
«..
amarmi», un ultimo singhiozzo esce dalle mie labbra, mentre
mi
piego in due dal dolore. Non è un dolore fisico,
è più
mentale o qualcosa che c'entra con il cuore, è come se si
fosse.. non spezzato in due, ma più come se si fosse mosso,
spostato.
«Kristen..
oh, Kristen..» ripete il mio nome mentre mi fa scendere dalla
sedia e mi fa sedere in braccio sulle sue gambe, mi solleva e manovra
un po' come vuole lui senza alcuna difficoltà. Da quanto non
mangio?
«Rob..
so.. so che n-non vuoi ma.. ne ho.. ne ho b-bisogno.. p-per..
f-favore» piagnucolo, stringendomi nel suo abbraccio e
chiudendo il tessuto della sua maglietta nel mio pugno.
Robert
mi accarezza i
capelli.
«Shh..
shh..».
Mi
bacia la fronte e mi
stringe a sé.
«Rob..
p-per favore...» lo prego un altro volta.
«Kristen,
calmati.. hai il cuore che ti sta per uscire dal petto», mi
stringe più forte e mi culla come se fossi un neonato,
sussurrandomi parole dolci che hanno lo stesso effetto di un
incantesimo su di me. Mi abbandono completamente fra le sue braccia.
«M-Mi
dispiace..» dico.
«Calma..
andrà tutto bene. Devi solo far smettere di battere
così
veloce questo tuo cuoricino, piccola..», mi accarezza la
schiena, aiutandomi a respirare meglio. E finalmente me ne rendo
conto, sto avendo un attacco di panico? No, forse sarebbe meglio
definirlo un crollo emotivo con tanto di problemi di respirazione. Un
crollo, ecco cosa sto avendo. Mi sento crollare. Sento che sta
crollando tutto dentro di me, comprese le mie difese.
«Mmh..
mmh..», tiro sù col naso e mi rannicchio ancora di
più,
impaurita.
«Shh..».
Mi
porto le ginocchia al
petto e le appoggio contro quello di Robert, che racchiude anche
quelle fra le sue braccia. Mi sento come se fossi dentro un castello,
formato dalle braccia di Robert e dal suo petto. Qui sono al sicuro.
«Rob..
io.. io non voglio andare via..» sussurro.
«Non
ti lascerei mai andare via, piccola».
«Ma
io non voglio neanche c-che.. tu vada via».
«Non
andrò mai via da te. Te l'ho promesso».
«Ma..
ma non mi hai risposto..», non ho il coraggio di guardarlo in
faccia.
«Pensavo
fosse una domanda retorica, sai già la risposta».
Scossi
il capo, sentendo già
un'altra ondata di lacrima che si preparava a travolgermi.
«No..
n-non la so...».
«Mi
hai chiesto di amarti..».
«Si..
per favore».
Mi
accarezza i capelli in
silenzio, poi mi tira sù il mento con un dito, facendo si
che
i nostri visi siano alla stessa altezza. Mi guarda e accenna un
dolcissimo sorriso. «Mi stai davvero chiedendo
di amarti
mentre io per tutto questo tempo non ho fatto altro che fare proprio
quello?».
Ci
metto un secondo di
troppo a capire le sue parole.
«Mi
ami?», la mia voce sembra incredula persino alle mie
orecchie.
«Come
se esistessi solo tu al mondo, piccola», il suo sorriso
diventa
ancora più grande e io sento formarne uno anche sul mio
viso,
piccolo, timido, ma sincero. Mi ama, mi ama.
Mi
mordo il labbro.
Annaspo
alla ricerca di
qualcosa da dire.
Mi
muovo ma senza spostarmi
da quell'abbraccio che mi da così tanta sicurezza.
Robert
aspetta una risposta,
paziente come sempre.
Si.
Si,
posso.
«Ti
amo».
Quasi
lo sussurro ma lui lo
sento e i suoi occhi si spalancano, pieni di qualcosa che potrebbe
essere gioia.
«Piccola
mia..», mi prende il viso fra le mani e mi bacia. Un bacio
dolce, senza troppe pretese ma carico di dolcezza.
Mi
sistemo meglio fra le sue
braccia, stando attenta a dove mettere le mani. Ricambio il bacio
sentendo una marea di emozioni muoversi dentro di me, come se ci
fosse un oceano dentro di me. Prima che me ne renda conto il bacio
prende il sopravvento e Robert si tira su, trascinandomi con
sé.
Aggancio le gambe ai suoi fianchi, avvicinandomi ancora di
più
al suo petto mentre lascio scivolare le braccia intorno al suo petto.
Robert cammina senza fatica
con me in braccio fino al divano, dove mi appoggia solo un secondo
per guardarmi negli occhi.
«Ti
amo» dice, i suoi occhi bruciano.
«Voglio
solo te...» non so neanche io come ho il coraggio di dire una
cosa del genere, ma lo faccio.
Rob
sorride, infilando le
mani fra il mio sedere e il divano per tirarmi su un'altra volta e io
mi aggancio di nuovo a lui, come un pezzo di puzzle. Spingo le sue
labbra contro le mie e mi rendo conto che non sto tremando. Robert
adesso mi tiene solo con una mano mentre con l'altra mi accarezza la
schiena, poi l'appoggia sulla mia nuca per premere ancora di
più
le mie labbra sulle sue. Quando fa scorrere le sue lunghe dita fra i
miei capelli vengo colpita da milioni di brividi e stringo di
più
le gambe intorno alla sua vita. «Ti amo..» sussurro
fra
un bacio e l'altro. Lui sorride nel bel mezzo del bacio.
Cammina
in mezzo alla
stanza finché non incontra il muro. Si gira e mi ci spinge
contro, mi stringe i fianchi e interrompe il bacio per guardarmi
negli occhi.
«Sei
sicura che questo è quello che vuoi?».
Annuisco,
mordendomi il
labbro.
«E'
solo che.. ho aspettato quelle parole per così tanto tempo
che..», so che non dovesse tenermi i fianchi in questo
momento
si starebbe passando una mano fra i capelli.
Gli
accarezzo una guancia,
«C'è una cosa..».
«Cosa...?»,
sembra nervoso.
«E'
una cosa.. bella» lo rassicuro.
«Dimmi..».
«Ho
bisogno che tu faccia un'altra cosa per me».
«Tutto
quello che vuoi, amore».
Amore.
Mh,
amore.
Amore.
Mi
prendo un secondo per
gustarmi la sensazione che quelle parole sulla sua bocca prima di
parlare.
«Devi..
aiutarmi a fare una cosa».
«Spiegati,
piccola».
«Ho
bisogno che tu.. mi.. insegni a.. mh, lasciarmi.. uh,
andare..».
«Mi
sembra che te la stia cavando alla grande anche da sola,
piccola».
«Non..
intendo.. voglio dire che..».
«Cosa?».
Mordo
un'altra volta il
labbro, più forte.
Robert
sente l'agitazione
che ho e mi accarezza dolcemente i fianchi.
«Non
vergognarti con me».
«Lasciarmi
andare nel senso.. imparare a lasciarmi..».
«Mh?».
«Toccare».
Le
mie guance diventano di
un rosso acceso.
Robert
mi guarda, serio.
«Ti
amo, non ti costringerò mai a fare qualcosa contro la tua
volontà» dice, dopo un po'.
«Lo
voglio...» sussurro.
«Stai
facendo passi enormi, Kristen, non devi forzarti. Hai una fobia che
affronteremo giorno per giorno».
«Sono
stanca di aspettare.. voglio.. voglio te. Voglio che tu sia l'unico
per me, da ogni punto di vista», stringo il mordo della sua
maglietta con entrambe le mani, i nostri visi sono a pochi centimetri
l'uno dall'altra. «Non voglio avere paura di te, questa
storia
della paura del contatto fisico è una fobia che ho.. da
quando.. da quando vivo questa vita, ma adesso ci sei tutto e adesso
tutto sta cambiando e voglio cambiare anche io».
«Ti
amo per quella che sei».
«Ma
io voglio essere.. libera con te».
«Kristen..».
«Mi
capisci? Mi capisci, Rob? Perché tu sei l'unico che
può
farlo».
«Ti
capisco..».
«E
allora.. aiutami ad affrontare anche questa cosa».
«Solo
se tu sei sicura».
«Sicura».
Annuisce,
«Sono fiero
di te», mi bacia la guancia e mi appoggia al muro,
riprendendo
a baciarmi.
«I-Iniziamo
da.. s-stanotte..?» chiedo, imbarazzata.
Robert
ride e mi stringe
meglio a sé, abbracciandomi e allontanandomi dal muro. Mi
tiene fra le sue braccia come se fossi la cosa più preziosa
del mondo. «No, amore. Stanotte voglio solo tenerti
abbracciata
a me per capire che non sto solo sognando. Andiamo a letto, amore
mio».
_________________________________________________________________________
ooookay, non so che dire
quindi... be', prima di tutto mi scuso per la cortezza del capitolo...
ma!, ve l'ho adornato con tante belle gif quindi mi perdonate. vero?
e poi... okay, forse il "ti amo" è troppo frettoloso ma se
speravate che questa storia fosse come quella che è appena
finite resterete "delusi"
perché qui Kristen.. ha bisogno
d'amore, capite? quindi si butta.. non proprio a capofitto, ma quasi.
e anche Robert, è sorpresa dai suoi sentimenti, ma li
accetta perché vuole aiutare la ragazza che ama,
vuole proteggerla.
okay, sto dicendo anche troppo.
ah, non pensate che la storia sarà tutta rosa e fiori d'ora
in poi,
ma tanto lo sapete, no? ;)
be', non so che altro dire.
grazie di tutto,
vi voglio bene,
baci.
|
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Capitolo 13 *** turning page. ***
Pov
Kristen
E se
fosse l'amore?
E
se fosse sempre stato l'amore la soluzione di tutto?
Per
tutto questo tempo mi sono uccisa, mi sono fatta dal male da sola
solo per scoprire che l'unica cosa di cui avevo bisogno era una
persona che mi amasse, tutto qui. Okay, forse non
è
proprio "tutto qua" ma Robert rende tutto così
semplice che adesso persino alzarsi al mattino e guardare fuori dalla
finestra sembra qualcosa di meraviglioso.
E
tutto quello che penso è che lui mi ama.
Ama
me e basta, ed è tutto quello che mi serve per sopravvivere
a
tutto il dolore che ho dentro e che lui sta lentamente lenendo,
guarendolo come una medicina che sembra fatta apposta per me e solo
per me.
Perché
a volte la vita è dura e vorresti solo lasciare perdere
tutto,
ogni cosa e diventare sempre più invisibile fino a
scomparire
del tutto ma quando qualcuno ti dice che ti ama improvvisamente ogni
cosa sembra trovare il proprio posto nel mondo.
Io
ho trovato il mio posto nel mondo, sento di averlo finalmente
trovato.
E
forse sto solamente impazzendo, ma sento che sto facendo la cosa
giusta. Sto imboccando la prima strada giusta in tutta la mia vita.
Mi
muovo veloce in casa, questa casa che adesso sento davvero come mia.
Mia perché non ho intenzione di andarmene mai
più. Sto
finalmente facendo qualcosa della mia vita.
«Kristen?».
Eccola,
la sua voce.
La
sua meravigliosa voce che mi chiama dal salotto.
Quasi
mi lascio sfuggire un grido di gioia quando mi rendo conto che sono
le due di notte, Robert ha finito di "lavorare", Ricky è
nel suo letto addormentato già da un pezzo e finalmente
rivedrò Robert da questo pomeriggio, quando è
dovuto
correre per un affare importante.
Mi
affaccio in salotto e lo osservo mentre mi da le spalle e si toglie
la giacca in pelle nera.
«Kristen?
Andiamo, so che sei sveglia..» dice, prima di voltarsi e
notarmi appoggiata al muro. Sorride, «Sapevo che eri ancora
sveglia».
«Ciao»,
ricambio il sorriso.
Il
suo sorriso si fa ancora più ampio e io non posso fare a
meno
di corrergli incontro e gettarmi fra le sue braccia, come se fosse la
cosa più naturale del mondo, come sarebbero due normali
persone innamorate, ma per me è una cosa enorme. Per me
gettarmi fra le sue braccia è come urlare al mondo che sto
bene, è uno schiaffo morale a tutti quei coglioni che mi
hanno
chiamato ritardata quando mi sono rifiutata in lacrime di andare a
letto con loro. Perché adesso posso stare con chi amo senza
sentirmi insultare per un difetto che mi ha pesato addosso per quasi
tutta la mia vita, rovinandola e rendendola sola e imbarazzante.
«Mi
sei mancata», immerge il viso fra i miei capelli e lo sento
prendere un lungo respiro. Ho messo lo shampoo all'albicocca come mi
ha detto lui perché so che gli piace un sacco.
«Anche
tu.. come è andata?» chiedo.
«Al
solito...», ma il tono in cui lo dice mi fa capire che
c'è
dell'altro.
«E'
successo qualcosa?».
«No..
qualche problema con una consegna, ma niente di che, tranquilla,
abbiamo risolto tutto come facciamo sempre...», la sua presa
sui miei fianchi si fa sempre più stretta, quasi dolorosa,
adesso so che c'è sul serio qualcosa che non mi sta dicendo.
«Sai..
pensavo che.. magari, sai.. magari io..», non so come
continuare la frase, mi scosto un po' dal suo abbraccio per
concentrarmi e cercare le parole giuste, «magari potevo
venire
con te, qualche volta... Ricky sta all'asilo la maggior parte del
tempo ormai, ma quando non devo andare a lavoro posso venire con te,
tenerti compagnia..», in vita mia non mi sarei mai immaginata
a
fare una cosa del genere. Prima pensavo che nessuno mi volesse fra i
piedi, pensavo di essere un peso per chiunque, e guardatemi adesso,
sto persino chiedendo a Robert se posso venire con lui
perché
a lui piace la mia compagnia... vero?
Robert
mi lascia andare e mi guarda, serio. «Non se ne parla
neanche,
Kristen».
«P-Perché?».
«Non
è il posto adatto per una ragazza come te».
«Ti
terrei solo compagnia, Rob...», sentendo il mio tono triste
la
sua espressione si addolcisce e mi prende il viso fra le mani.
«Ti
metterei in pericolo, piccola, e questa è l'ultima cosa che
voglio, lo sai».
«Si,
ma..».
Mi
scosta una ciocca di capelli dal viso e mi bacia sulla guancia,
«Niente ma, Kristen».
«Almeno
dimmi cosa è successo oggi. Lo so. Lo so che è
successo
qualcosa e non vuoi dirmelo, Rob, si capisce da.. da un sacco di
cose», non voglio dirgli che ho passato le ultime tre
settimane
imparando a memoria ogni suo gesto, ogni suo movimento, che ora
conosco praticamente a memoria ogni sua abitudine, mi prenderebbe per
pazza.
«Non
è successo niente, Kristen».
«Che
problema c'è stato?» chiedo.
Lui
sbuffa e mi prende per mano, conducendomi in cucina.
«Voglio
saperlo» insisto.
«Non
è successo niente, ti dico».
«Dimmelo!»
lo prego.
Lui
sbuffa di nuovo e prende una birra dal frigo mentre io me ne resto in
piedi appoggiata al bancone della cucina, indecisa su cosa fare o
dire. Adesso non siamo più come prima, non posso rischiare
di
litigare con lui e perdere tutto, eppure sento crescere in me una
lieve rabbia che si fa sempre più forte, perché
deve
mentirmi? Mi hanno sempre mentito, per tutta la mia vita non hanno
fatto altro che mentirmi e insultarmi, prendermi a calci quando
provavo a parlare o a dire cosa mi passava per la testa e adesso
muoio dalla voglia di aprire bocca e buttare fuori tutti i miei
stupidi pensieri insensati che mi tormentano la notte.
«Voglio..
voglio che tu sia onesto con me, Rob.. per fortuna.. io lo
sarò
con te, se lo tu farai lo stesso con me» sussurro e un
secondo
dopo spero che non mi abbia sentito perché io non voglio
raccontargli tutta la mia storia.
Lui
mi fissa per quella che mi sembra un'eternità.
«C'è
stato un coglione che ha provato ad andare via senza pagarci»
dice, dopo un infinità di tempo, «abbiamo dovuto
corrergli dietro, ci siamo presi i soldi e io, Tom e Marcus l'abbiamo
pestato a sangue. Sei contenta adesso?».
«Si..».
Ma
non è vero.
Non
voglio più saperlo adesso.
Dio,
ma che casino è la mia testa?
Robert
che picchia qualcuno.
Robert
che picchia qualcuno perché non gli ha pagato l'eroina.
Mi
copro gli occhi per un secondo, mi nascondo dietro le mani e non so
neanche io quanto resto così finché non sento le
mani
di Robert che scostano gentilmente le mie.
«Ecco
qua..».
«C-Cosa?».
«Ecco
il motivo per cui non volevo dirtelo. Quello che sono con te... e
quello che sono quando lavoro, Kristen, sono due persone
completamente diverse e tu ne conosci solo una e deve restare
così.
Non voglio che tu abbia paura di me, capisci quello che ti sto
dicendo?».
«Io
voglio conoscere entrambi..», non è vero, voglio
solo il
Robert dolce, buono, premuroso, ho terribilmente paura che il mio
castello di carte crolli da un momento all'altro portandosi via la
mia felicità da poco trovato.
Robert
tiene ancora i miei polsi fra le sue mani, «Avresti solo
paura
di me, Kristen..» scuote la testa e lascia andare i miei
polsi,
girandosi e dandomi le spalle.
«N-Non
posso avere paura di te, Rob.. i-io ti amo, ricordi?» dico.
Lui
si gira verso di me e accenna un sorriso, «Si, amore, e non
smettere mai di dirlo ma vedi.. quello che faccio per vivere,
è
un'altra cosa, non riguarda te, né noi, quello che faccio
per
vivere riguarda solo la merda in cui ci sto io, tu non sei
così..
tu sei.. innocente».
Faccio
una smorfia.
Innocente?
Oh
Dio, dovrei davvero raccontargli un paio di cose...
Non
sono innocente, non come crede lui.
Essere
vergine non vuol dire essere innocente, né tanto meno pura.
Robert
non capisce.
Lui
pensa che la sua vita faccia schifo.
Ma
la mia?
La
mia vita prima di incontrarlo era una merda totale, era la cosa
peggiore del mondo.
Ne
porto ancora i segni.
Adesso
darei un occhi per poterlo incontrare prima, per prendere la strada
giusta prima che sia troppo tardi.
«Perché
fai quella faccia, Kristen?».
«Tu
non sai un sacco di cose sul mio passato...».
Gli
occhi di Robert si fanno un po' più piccoli, riflessivi. Sta
pensando che cosa è meglio fare. Chiedermi di spiegare o
lasciare che sia io a continuare da sola il discorso?
Metto
fine ai suoi pensieri lasciando la stanza e andando in camera da
letto, entrando in bagno e chiudendo la porta.
Non
mi chiama.
Non
mi segue.
Forse
ha capito che è meglio lasciarmi da sola per un po' ma se lo
conosco almeno un po' so che tra un po' mi cercherà e allora
nascondere tutto sarà ancora più difficile.
Diventa
ogni giorno più difficile, perché Robert
è il
mio presente e il mio futuro ma ogni giorno che sto con lui sento che
il mio passato mi pesa sulle spalle sempre un po' di più e
ignorarlo e difficile e so che anche Robert se ne rendo conto quando
perdo lo sguardo nel vuoto o resto a fissare il soffitto anche tutta
la notte. Lo sa, ma non dice niente, perché ho un muro
intorno
a me e funziona bene. Solo io posso farlo crollare, solo io ho questo
potere.
Mi
guardo allo specchio e vedo una ragazza diversa da quella che
è
arrivata in questa casa in piena notte mesi fa'.
Una
ragazza con un po' più di forza.
Una
ragazza che sta facendo qualcosa nella sua vita, forse.
O
forse ci sta solo provando senza riuscirci del tutto.
"Tu
non farai mai niente della tua vita se continui a essere
così
stupida!", Scout è dall'altro lato della stanza e mi urla
dietro mentre cerco di fermare le lacrime. Il suo ultimo amichetto
è
stato davvero poco gentile un'ora fa' con me e non riesco ancora a
smetterla di piangere.
"Ce
la sto mettendo tutta, cazzo" dico.
"No!
No, un cazzo che ce la stai mettendo tutta! Non stai facendo un
cazzo! Sono io che ti trovo i clienti e tu non ci scopi neanche!!
Come la pago io la roba, eh? Ma io ti sbatto fuori! Ti sbatto fuori
da casa mia e il gioco è fatto e tu te ne vai a fanculo con
tutte le tue cazzo di paure senza senso da bambina del cazzo.
Perché
è questo che sei! Una cazzo di bambinetta che ha paura di
farsi scopare! Ma cresci! Ma cresci un attimo che tu pensi ancora che
tra un paio di giorni torni da mamma e papà! Ma qualche
mamma?
Ma qualche papà? Che nessuno ti vuole, cogliona! E ringrazia
che ci sono io altrimenti tu eri in mezzo alla strada ad aprire le
gambe, troia!" mi spinge e mi fa cadere per terra. Mi tira i
capelli e mi guarda fisso negli occhi, sembra un cane con la rabbia
quando è in astinenza. "Ma non farmi mai più uno
scherzetto come quello che hai fatto all'ultimo che è venuto
qui, perché se prometti una cosa è quella e
basta,
cogliona. Non puoi pretendere che quello venga qua e ti paghi per
fare due chiacchiere, chi pensavi che fosse? Il principe azzurro?
Oddio, che cogliona che sei. Cresci" si alza e mi guarda
dall'alto al basso.
"Non..
non.. scusa..".
"Scusa
un cazzo. E adesso io come la pago la roba?".
"T-Troviamo
un modo.. lo troviamo.. lo troviamo....".
"E
come?".
"N-Non
lo so.. un modo lo...".
"NO,
COGLIONA, NON LO TROVIAMO UN MODO PER RISOLVERE LE
COSE, PERCHÉ'
TU HAI ROVINATO TUTTO COME TUO SOLITO!"
"Mi
dispiace... m-mi dispiace..."
"Un
cazzo. Un cazzo ti dispiace".
"Scout..
dai, per favore...", ma lei è già fuori dalla
porta e io sono sola e anche se so che tornerà appena aver
trovato una nuova dose so che ci vorranno un paio di giorni
perché
mi rivolga di nuovo la parola.
"Ma..
ma a me... a me dispiaceva sul serio...".
Il
ricordo svanisce lentamente dalla mia mente.
Mi
passo una mano sulla guancia bagnata.
Non
mi ero neanche accorta di stare piangendo.
Scout.
Da
quanto non la vedo?
Eppure
un poco mi manca pure lei.
Forse
sono pazza.
Scout
potrebbe essere una delle clienti di Robert, potrebbe benissimo
vederlo tutte le sere senza sapere che adesso io sto da lui, che
quella sera dove mi ha costretto a seguirla mi ha cambiato la vita.
«Kristen..?»,
la voce di Robert dietro la porta mi fa sussultare.
Non
è chiusa a chiave ma lui non entra.
«Rob..
va tutto bene..» dico.
«Stai
bene...?».
«Mh..».
«Senti..
mi dispiace per prima, sono stato un po'.. è che non sapevo
cosa dire. Vuoi parlarne? Vuoi dirmi qualcosa? So che ci sono molte
cose di te che non conosco e so che probabilmente ci sarà
sempre un lato di te che nasconderai sempre, che non mostrerai mai a
nessuno ma io sarei felice se tu mi mostrassi almeno.. un po' della
tua storia. Non chiedo molto, giusto qualche racconto, voglio davvero
conoscere la tua vecchia vita se tu vuoi dirmela, ovvio....».
Tiro
su col naso e cerco di darmi una sistemata ai capelli con le mani.
«So
che tu hai.. qualcosa nascosto dentro di te, Kristen. Hai bisogno di
dirlo a qualcosa. Dillo a me, ti prego».
Le
mie mani si fermano in mezzo ai miei capelli e mi fisso allo
specchio.
Posso
fidarmi?
Si.
Voglio
fidarmi?
Si..
Voglio
raccontargli tutta la storia?
Non
oggi.
Non
tutta.
Non
del tutto.
Ma
voglio iniziare stasera.
Voglio
tastare il terreno, voglio vedere se devo prepararmi a correre via
un'altra volta.
Apro
la porta del bagno ed eccolo là, paziente.
«Kristen...».
«Ti
racconto una storia.. ti va?».
Lui
annuisce, un po' confuso, un po' sorpreso e un po' felice.
Andiamo
in soggiorno, dopo mi siedo al lato del divano e mi porto le gambe al
petto. Lui si mette dall'altro lato, prende le mie gambe e le fa
distendere sulle sue ginocchia.
«Sai...
non avrei mai pensato di raccontare questa storia a qualcuno, ho
sempre pensato che l'avrei tenuta per me, che nessuno avrebbe mai
fatto un passo verso di me così lungo da entrare dentro la
mia
zona più nascosta, ma tu l'hai fatta e forse dovresti
conoscere... ma non so ancora cosa voglio che tu conosca, Robert,
capisci? Inizio con l'inizio, ovvio. Ma non ti dirò tutto,
non
ora, forse neanche fra un anno. Voglio solo che tu sappia che.. tu mi
hai reso un'altra persona e.. per favore.. non provare pietà
per me, perché sarebbe mille volte peggio. Vedi, quando sono
nata mia madre era molto giovane.. forse era persino più
piccola di quanto sia grande io adesso e non sapeva niente della
vita, della famiglia, dell'amore, di bambini.... ha sposato l'uomo
che l'ha messa incinta, diciamo così.. mio padre non era
male,
solo che non lo ricordo molto bene. Era un uomo assente. Non c'era
mai e quando c'era mia madre lo prendeva a urla perché non
c'era mai... sono cresciuta con le urla dei miei genitori nelle
orecchie e ancora adesso le sento ogni tanto.. non so neanche io cosa
voglia dire avere una famiglia. Non so cosa voglia infanzia
perché
io non l'ho avuta... mia madre si è stancata presto di mio
padre e presto è sparito del tutto dalla mia vita, veniva a
casa nostra si e no un paio di volte l'anno e urlava con mia madre
tutto il tempo, a malapena mi rivolgeva la parola anche se ci
provava... ma mia madre lo mandava via, sempre. Io gli voglio davvero
bene a mio padre, perché in fin dei conti lui ci ha provato.
E' mia madre che... Dio, non voglio dire che sia stata cattiva con
me.. non sarebbe vero ma.. non si è accorta della maggior
parte delle cose che facevo, non era veramente una madre per me.. era
più la donna che mi aveva messo, si al mondo, ma la storia
finiva là... niente baci, niente coccole o "ti voglio
bene amore mio", sono durati poco anche quelli.. ma quelle poche
volte, mi ci aggrappo come se stessi affondando. Quando ero piccola
mia madre era la mia unica difesa contro tutto il male che lei stessa
portava in casa nostra ma appena sono diventata più grande
tutti i suoi "ti voglio bene" risultavano falsi persino
alle sue orecchie perché entrambe sapevamo che si era rotto
qualcosa, per sempre. E le voglio bene.. ma non le perdono di avermi
lasciata sola ad affrontare tutto quanto. Quando ho chiuso la porta
di casa per l'ultima volta, per un istante, per quei minuti io cui
sono rimasta davanti a casa mia a fissare la porta chiusa, ho
desiderato solo che lei l'aprisse e mi dicesse che le dispiaceva e
che mi voleva bene davvero e che sarebbe andato tutto bene da quel
momento in poi.. ma non è successo, lei è rimasta
in
casa a scopare con un tizio che non l'amava e io ora sono
qua...».
Robert
resta in silenzio per
quella che mi sembra un infinità di tempo. Sto per alzarmi e
dirgli di dimenticarsi tutto quello che mi ha sentito dire ma appena
mi muovo Robert mi afferra e mi abbraccia, stringendomi forte a
sé
e facendomi appoggiare la guancia contro il suo petto. «Non
avrei mai voluto che tu vivessi una vita del genere e so che questa
non è tutta la storia.. so benissimo che c'è
dell'altro
e so anche che non me lo dirai stasera, ma io volevo dirti che.. ti
amo, e mi dispiace e voglio che tu stia bene adesso.. quello che
conta adesso è come ti senti ora, con me...
perché
anche se mi distrugge pensare che tu abbia vissuto in quel modo, non
posso cambiare il passato..», mi accarezza i capelli e mi
bacia
sulla fronte mentre sento gli occhi riempirsi di lacrime,
«posso
solo cercare di fare del mio meglio adesso.. renderti felice. Ci
proverò, lo giuro, amore...».
Mi
stringo forte a Robert.
E'
così bello poter toccare qualcuno senza temere che..
«Rob?».
«Si,
amore?».
«Mi
piace stare abbracciata a te..».
Lo
sento sorridere con il viso immerso nei miei capelli, «Non
hai idea di quanto ho aspettato per tenerti fra le braccia.. dalla
prima notte che ti ho visto volevo stringerti a me e dirti che andava
tutto bene... quando ti sei messa a piangere in bagno ho sentito..
qualcosa smuoversi dentro di me... mi importava di nuovo delle
persone.. mi importava di te».
Tiro
su col naso e cerco di darmi un contegno ma le sue parole rischiano
di farmi piangere. «Mi
dispiace ancora per quella notte...».
«Non
dirlo neanche per scherzo!», Robert mi scosta bruscamente dal
suo abbraccio e mi inchioda con lo sguardo. «Quella notte ti
ha
portato qui, ti ha portato a me...», mi scosta una ciocca di
capelli dal viso e mi accarezza la guancia.
Mi
ritrovo a sorridere alle sue parole, stringendomi a lui come ormai
sono solita fare, come se non esistesse nient'altro al mondo oltre a
noi due. Mi fa quasi pausa l'intensità di quello che sento
quando sto con lui. «Rob, io..».
Il
cellulare di Robert squilla, interrompendoci.
«Che
cazzo..».
Appoggio
una mano sulla sua guancia, «Rispondi, magari è
importante..».
«Non
me ne fotte, sto parlando con te».
«Ma
forse..».
«Sto
parlando con te, fine. Davano pure al diavolo».
Mi
fa sedere meglio sopra le sue ginocchia, circondandomi con le braccia
e avvicinando le sue labbra alle mie. Prima di rendermene conto sono
io che premo le mie contro le sue, che sono leggermente spaccate in
alcuni punti, chissà contri chi ha fatto a pugni, vorrei
saperlo, vorrei chiederglielo ma ho paura che si arrabbi di nuovo.
Sento un leggero sapore metallico unirsi al nostro bacio, ho premuto
troppo facendo aprire un taglio.
Porto
le mani sul suo viso ma il telefono riprende a squillare di nuovo e
anche se cerchiamo di ignorarlo continua e continua e alla fine mi
scosto, infastidita. «Rispondi».
Lui
sbuffa e si porta il cellulare all'orecchio, «Che cazzo
c'é?
Uhm. Ah, Marcus sei tu.. ehi, amico, calmo non capisco un cazzo di
quello che mi dici se parli così... oh! Oh, cazzo. No,
è..
uh, okay.. no, non posso.. no, Marcus, ho detto di no! Vaffanculo.
Sono con Kristen, non la lascio sola a casa per quel coglione,
c'è
Sarah per queste cazzate. Non sono la sua fottuta baby-sitter,
Marcus. No. Ho detto di no. Amico, ma mi senti quando parlo? Senti...
okay! Okay, cazzo. Sto arrivando, ciao» chiude la telefonata
e
getta il telefono dall'altra parte della stanza con un gesto brusco,
facendolo andare in un milioni di pezzi. Mi scosta dalle sue
ginocchia facendomi sedere sul pavimento, alzandosi e iniziando a
camminare avanti e indietro per la stanza.
Non
so se ho il coraggio di aprire bocca.
Sembra
davvero... arrabbiato.
In
un modo che non conosco.
Oppure
si... il primo giorno che ci siamo incontrati, lui era così.
Incazzato
con il mondo intero.
Robert
si porta le mani fra i capelli e li tira, imprecando sotto voce.
Sto
per aprire la bocca per dire qualcosa quando da un calcio al muro,
facendo tremare me e tutta la parete. «Vaffanculo!
VAFFANCULO!
E' un cazzo di coglione, ecco che cazzo è!
CRISTO!».
«R-Rob...?»,
la mia voce è talmente bassa che non mi sente neanche.
«Sono
stanco di salvargli il culo!», sembra che si sia dimenticato
che ci sono anche io nelle stessa stanza.
«Rob...
c-che succede?».
Finalmente
si gira verso di me, i suoi occhi sono come un pozzo d'acqua
profondo, torbidi. «Niente. Niente, Kristen. Non succede un
cazzo di niente, okay? Adesso fammi un favore, non muoverti da casa,
controlla Ricky mentre io vado a salvare il culo a Tom come sempre,
perché quel coglione non sa neanche badare a se
stesso!».
Tom.
Okay.
Tom
è nei guai.
«Ma
p-perchè..? Tu.. tu d-dove vai.. adesso?».
«A
parargli il culo, te l'ho appena detto» dice, secco, mentre
si
infila la giacca di pelle e cammina verso la porta di casa.
Mi
alzo in piedi a fatica, inciampando nei miei stessi piedi e cadendo
di nuovo sulle ginocchia.
Robert
non se ne accorge niente.
Non
gliene importa un cazzo di te.
Scaccio
quel pensiero e mi rialzo a fatica mentre lui è
già con
una porta sulla maniglia di casa.
«Posso
venire con te?».
Lui
mi lancia un'occhiata di fuoco e apre la porta, «Spero per te
che tu stia scherzando, cazzo. Stai a casa, Kristen».
Mi
aggrappo al suo braccio appena lo vedo fare un passo fuori di casa.
«Dimmi che sta succedendo...».
«Tu
non fai parte di questo mondo, Kristen. Ed è meglio
così»
con uno scossone poco carino si libera della mia presa ed esce di
casa ma io mantengo la porta aperta e corro fuori con lui.
«Rob!».
Lui
non si gira.
La
sua macchina è parcheggiata davanti a casa.
«Robert!».
Il
fatto che abbia il cuore che batte così veloce non aiuta la
mia cordinazione e finisco con l'inciampare di nuovo nei miei stessi
piedi, finendo distesa per terra prima ancora di rendermi conto di
cosa stia succedendo. Robert ha aperto la sportello della macchina ma
si gira per vedere che cosa ho combinato.
Il
colpo e l'andrenalina hanno la meglio e inizio a piangere.
Mi
sta abbandonando? No. Ma allora perché mi sento come se lo
stesse facendo?
«Cazzo,
Kristen..».
Si
allontana dalla macchina, mi raggiunge e mi tira in piedi a forza.
Ma
lo fa con troppa forza e mi fa male al braccio.
«Ah!».
Mi
afferra per le spalle e mi tiene il mento con una mano per farmi
stare ferma. Anche stavolta, stringe troppo. «Resta a casa!
Cristo, mi stai ascoltando? Non uscire di casa finché non
sono
tornato, mi sono spiegato?».
«V-Voglio
venire con te...» piagnucolo, le lacrime mi scorrono sul viso.
Robert
distoglie lo sguardo, non vuole guardarmi.
Mi
lascia andare e si volta, sale in macchina e parte senza degnarmi di
una seconda occhiata.
Cado
per terra, piangendo.
Non
capisco cosa sia appena successo.
Un
attimo prima mi tiene stretta a sé, mi dice che mi ama, che
sono importante per lui e mi abbraccia, mi guarda come se fossi
l'unica cosa bella al mondo, e l'attimo dopo è incazzato
nero
e non mi guarda neanche, non gliene sbatte un cazzo neanche se cado e
va via senza dirmi niente né una spiegazione.
Rientro
in casa, chiudo la porta.
Lentamente,
mi lascio ricadere sul pavimento, strisciando la schiena lungo la
porta.
«Che
ho fatto di male stavolta!?» urlo.
Pov
Robert
«Sei
un coglione. Cristo, sei un coglione Tom!».
«Pattz,
così non aiuti, sai?» - Sarah solleva Tom facendo
attenzione e lo fa appoggiare contro il muro di un vecchio palazzo
abbandonato, dove l'abbiamo trovato. Gli accarezza la testa e
sospira, «Tom, cazzo...».
«E'
un coglione! E' un cazzo di coglione e tu stai anche a
preoccuparti!»
urlo, fuori di me. Sono incazzato nero. Ho lasciato Kristen da sola a
casa perché Sarah mi ha chiamato urlando che Tom stava
entrando in overdose e invece arrivo qua e lui è solo un po'
più sballato del solito, anche se pure io avevo il cuore
fuori
dal petto quando mi sono avvicinato e l'ho trovato disteso per terra
accanto al suo vomito. Perché, per quanto vorrei ucciderlo
io
stesso con le mie mani in questo momento, è pur sempre il
mio
migliore amico.. anche se non è più in
sé da
così tanto tempo che non so quanto ancora ci
vorrà
prima che diventi "ex".
«Tu
sei il coglione, Rob!» mi urla Sarah, girandosi di scatto
verso
di me e dandomi uno spintone.
«Oh,
ma che cazzo ti prende?».
«Che
cazzo mi prende? CHE CAZZO MI PRENDE? E ME LO CHIEDI PURE! Ci hai
ABBANDONATI, razza di stronzo che non sei altro! Non fai altro che
startene con quella troia e di noi te ne sbatti le palle e hai pure
il coraggio di chiedermi che cazzo mi prende!».
Le
afferro un braccio e la strattono forte, «Non azzardarti a
chiamarla in quel modo perché se qui c'è una
troia
quella sei tu!».
I
suoi occhi si fanno fuoco, «Non ti sei mai lamentato,
però.
E scommetto che a lei non le hai detto niente di quante volte hai
trovato rifugio nel mio letto, eh?».
«Kristen
sa benissimo che tu sei stata solo una distrazione e niente di
più
e se provi a farle cambiare idea ti giuro che...».
«Che..
cosa?
Eh, Pattz?» mi
lancia uno sguardo di sfida e vorrei tanto dargli uno schiaffo o
prenderla a pugni ma non sono mai stato quel genere di uomo, anche di
fronte a una come lei.
«Eh
smettimela di
chiamarmi in quel modo! Non hai tredici anni, cazzo» me la
scrollo di dosso e mi chino verso Tom. «Amico.. ehi, vuoi
alzare il culo da terra o devo prenderti a schiaffi? Sai che lo
faccio».
Tom
mugugna qualcosa ma non
sembra realmente lucido.
Sbuffo
e me lo isso in
spalla.
Sarah
mormora qualcosa a
bassa voce ma alla fine mi aiuta e insieme gettiamo Tom sui sedili
posteriori della mia macchina.
Metto
in moto.
«Avrà
bisogno
di un po' di.. medicine.. e roba.. tanta.. devi procurarcela»
-
Sarah si sistema meglio sul sedile del passeggero accanto al mio,
alzandosi la gonna e mostrando le lunghe gambe. Vorrei urlare. La
conosco abbastanza bene da sapere che lo sta facendo apposta per
farmi perdere il controllo.
«Non
stasera».
«No,
stasera! Cazzo,
ne ha bisogno adesso, come puoi non capirlo?
È tuo
amico, Rob! E tu te ne sbatti altamente, non ti riconosco
più..».
«Tu
non mi conosci»,
accellero. Voglio tornare a casa il prima possibile e dimenticarmi di
questa serata di merda.
«Conosco
come sei a
letto, però..», fa scivolare una mano sulla mia
gamba,
«non sei poi così diversa da quando ne sei
fuori».
Faccio
per toglierle la mano
ma lei la solleva un altro po', portandola sulla cinta dei jeans.
«Sarah, smettila».
«Oh,
andiamo...
scommetto che quella stronza frigida non ti ha mai fatto
un...».
Scosto
bruscamente la sua
mano rischiando di farci finire entrambi fuori strada. Mi volto verso
di lei, furente.
«Sei
andata fuori di
testa, per caso!?».
«Cercavo
solo di
allegerire l'atmosfera! Tom non è cosciente tanto.. non lo
saprà mai», sembra quasi che voglia rassicurare se
stessa più che me. Rimette la sua mano sulla mia coscia,
stavolta premendo ancora di più.
«Dio,
quanto sei...
cazzo, Sarah, sposta quella cazzo di mano!» - stava
praticamente cercando di togliermi la cintura dei jeans di dosso.
Quando
mi sente urlare
sbuffa e ritira la mano, mettendo il broncio da bambina viziata che
sa fare così bene. «Vaffanculo, Robert. Non sai
cosa ti
perdi. Quella bambina che ti tieni a casa non sa neanche cosa stavo
provando a fare, è un'ingenua e tu ti meriti qualcuno che
sappia tenerti testa!».
«Lei
mi sa tenere
testa mille volte meglio di te, per tua informazione.. e adesso
scendi dalla mia fottuta macchina» - accosto davanti a quello
schifo di casa che non si decide ad abbandonare e mi sporgo per
aprirlo lo sportello. Voglio solo che esca dalla mia macchina e si
porti via anche Tom, così potrò tornarmene a casa
mia e
mettere fine a questa serata.
Sarah
si sporge e approfitta
del fatto che anche io sono vicino a lei per baciarmi sulla guancia,
vicino alle labbra. Troppo vicino. «Vienimi a trovare
più
spesso, Pattz. Mi mancano le nostre notti. Sei ancora bravo come
ricordo?» mi sorride ed esce dalla macchina. Apre lo
sportello
di dietro e tira fuori Tom.
«Ti
aiuto» dico.
Dio,
ma perché?
Non
dovrei farlo, lo so già,
ma l'idea di lasciare Tom da solo con lei non mi piace. Potrebbe
addormentarsi e lasciarlo da solo mentre ha un attacco di cuore.
Lei
sorride languida e
spalanca le braccia. «Come siamo dolci stanotte! Ti va di
restare a casa con me? Mi sento sola con Tom.. sai, non parla
molto».
Alzo
gli occhi al cielo e la
ignoro mentre trascino Tom fuori dalla macchina e lo porto dentro
casa. Lo sistemo sul divano e quando mi giro mi ritrovo Sarah
davanti; mi appoggia le mani sul petto e mi guarda dritto negli
occhi. Vorrei respingerla ma lei si avvicina sempre di più,
impedendo ogni mia possibile via di fuga.
«Mi
mancano davvero le
nostre notti insieme, Pattz..».
«Sarah,
cazzo,
spostati. Voglio tornarmene a casa!».
«Voglio
che resti con
me stanotte».
«Ma
sei seria? Anche
tu hai preso qualcosa di forte stanotte. Non ci penso neanche a
scopare con te, lo capisci? Amo Kristen».
Quando
sente quelle parole
sbianca e si allontana subito.
«La
ami?».
«Si».
«Tu
non ami nessuno,
Pattz. Tu ami solo te stesso».
«Tu
non sai un cazzo
di me, Sarah!».
«Ti
conosco da più
tempo di quella!».
«Ma
non sei nessuno
per me. NESSUNO, CAPISCI? Lei invece è tutto per me,
è
il mio nuovo inizio, tu sei solo un incidente di percorso».
Mi
fissa, lo sguardo che sta
lentamente prendendo fuoco. «Ti stai sbagliando, Robert, e lo
sai. Io, Tom, Marcus.. noi siamo tutto quello che conta nella tua
vita. Lei è solo uno sbaglio. Ma noi ti
perdoniamo», mi
si avvicina di nuovo, ora il suo sguardo è tornato sereno.
Mi
accarezza il petto anche se cerco di mandarla via, ma lei insiste e
mi porta a toccare il muro dietro di me. Vorrei tanto che Tom si
svegliasse. «Ti perdoniamo e.. e... non fa niente. La
mandiamo
via e tutto torna come prima, okay? Ma non scoparti quella e non
mandare tutto a fanculo per colpa sua quando tu hai me per farlo.
Capisci? Stai mandando tutto a fanculo per una stronza frigida,
Pattz».
Ormai
sull'orlo
dell'esasperazione, la supero con uno spintone e mi dirigo verso la
porta ma lei mi segue e si mette in mezzo.
«Stai
commettendo un
errore, ma ti perdoniamo!».
«Non
voglio il fottuto
perdono di nessuno, cazzo! Voi finirete all'inferno, morirete tutti
se continuate con questa vita! Non lo capisci? Tom sta morendo!
Marcus pure con tutto l'alcol che ha in corpo ogni sera e tu ti stai
facendo sempre di più, un giorno ti sveglierai e sarai come
lui!» indico Tom, ancora addormentato sul divano, il suo
respiro è sempre più pesante, «E non ci
sarà
tempo per tornare indietro, razza di cogliona, lo capisci
questo?».
Lei
mi fissa senza capire, è
troppo concentrata su stessa per prestare veramente attenzione alle
mie parole. «Rob.. andrà bene, ehi. Non
andrà
come hai detto tu. Io sto bene e Tom può smettere quando
vuole
solo che ora non gli va, tutto qua. Ci vuole testa e tu sai
com'è
lui.. andiamo, non fare il rompicoglioni».
Alzo
gli occhi al cielo e mi
passo una mano in mezzo ai capelli per la frustrazione,
«Certo,
io sono il rompicoglioni, certo, certo... dai, togliti dai piedi che
me ne torno a casa mia. Vedi di non far morire Tom mentre sono
via».
«Rob..».
«Non
voglio parlare
con te, Sarah. Non voglio parlare più con nessuno di voi
coglioni, mi sono rotto le palle di tutta questa merda.. voglio
uscirne, capisci? Voglio tornare a essere me stesso e non tutta
questa merda che mi gira intorno, mi sta rovinando ma io voglio
essere migliore di questo. Ma tu non puoi capirmi, perché a
te
piace questa vita. Ti è sempre piaciuta.
Ti piace
essere l'unica ragazza, la troia di tutti. Ti diverti. Be', io no.
Fanculo» - sbatto la porta quando me ne vado.
«Kristen?»
-
entro in casa sentendomi quasi un ladro. Il modo in cui l'ho lasciata
quando sono uscito di fretta mi fa sentire una merda, come ho potuto
trattarla in quel modo? È persino caduto. Dio, vorrei solo
uccidermi in questo momento. Non merito neanche un po' di quella
ragazza, era terrorizzata quando mi ha visto andarmene e io non l'ho
consolata neanche un po'. Che merda che sono.
Entro
in cucina ma non c'è
nessuno.
Provo
in soggiorno ma
niente.
In
camera da letto Ricky sta
ancora dormendo, beato.
Sono
ormai le cinque del
mattino, cazzo.
«Kristen?»
la
chiamo di nuovo, ormai in ansia. «Ehi, senti.. mi... mi
dispiace per quello che è successo prima, è solo
che...».
La
porta del bagno della mia
camera si apre e Kristen esce fuori. Indossa una mia maglietta a
maniche lunghe e un paio di pantaloncini. E... sorride.
«Rob!», mi corre incontro, abbracciandomi come se
non mi
vedesse da giorni, ma come se fosse una cosa perfettamente normale.
Il suo corpo però, è diverso. Non so
perché, è
come una sensazione.
La
scosto un po' e osservo
la sua faccia.
Ha
gli occhi rossi?
Anche
il suo sorriso ha
qualcosa che non va.
«Kristen,
che..».
«Non
importa, Rob. Non
importa», mi abbraccia di nuovo e affonda il viso nel mio
petto, come una bambina.
«Kristen,
dimmi
cosa..».
«Sei
a casa...»,
solleva il viso e mi accarezza una guancia, «ora è
tutto
okay, Rob».
Ma
non è vero.
Non
è vero e io lo
so, anche se non so come faccio a saperlo.
Forse
è il modo in
cui i suoi occhi non sono del tutto sinceri, felici.
O
forse come le trema il
labbro.
E
le mani.
Ne
prendo una fra le mie.
«Mi dispiace per prima...».
I
suoi occhi si fanno
lucidi. «E' o-okay».
«No.
Non lo è
affatto... il modo in cui mi sono comportato...».
Lei
scuote la testa,
asciugandosi una lacrima. «No... non voglio parlarne.
Rob?».
La
guardo e vedo una
montagna di tristezza nei suoi occhi.
«Si,
angelo..?»
le accarezzo la guancia e le scosto una ciocca di capelli dal viso.
«Fai...
uhm... ecco...
uh..», si agita sul posto, abbassa lo sguardo, nervosa come
non
l'ho mai vista. Si morde il labbro e lo lascia andare. Prende una
bella boccata d'aria. «F-Fai... fai l'a-amore
c-con...me?».
Oh.
Ehm,
cosa?
No,
non ho capito.
«C-Cosa?»
chiedo, come un coglione.
Le
vanno le guance in
fiamme. «Fai...l'amore... con....me?».
«Kristen,
non credo
che tu..».
Appoggia
le mani sul mio
petto, le sento tremare. «Ti.. prego. Non voglio che tu sia
arrabbiato con me.. e.. così.. dai, Rob... per f-favore..
fallo.. con me.. che dici?», ha ancora gli occhi lucidi e
vedo
che è terribilmente in imbarazzo.
Come
faccio a dirle di no
senza spezzarle il cuore?
«Kristen...».
«Eri
arrabbiato, così
invece..».
«Ma
non si risolvono
così i problemi».
«Lo..
lo s-so, ma...
aiuta».
«Non
sei pronta per un
passo così grande, piccola..».
«C-Chi
lo dice? Io
voglio...», il suo sguardo è pieno di speranza. Mi
sento
ancora peggio, lei vuole farlo con me solo perché spera che
così non sarò più arrabbiato con lei e
questo
non va bene, non voglio che pensi cose del genere. Kristen è
convinta che vendere se stesse per cose del genere vada bene ma non
lo è e io non so come spiegarglielo. «Kristen,
ascoltami, okay?».
«S-Se
proprio non
vuoi... p-possiamo fare altro.. possiamo.. possiamo... uh, noi
potrem... mh», lascia andare le mani dal mio petto e fa per
gettarsi ai miei piedi ma la blocca un secondo prima, facendola di
nuovo mettere in piedi.
«OH!
Ma che cazzo fai?
Ma togliti dalla testa queste cose, Kristen!» - cazzo, forse
non avrei dovuto usare un tono così da stronzo.
I
suoi occhi si fanno lucidi
e pieni di vergogna.
«No,
aspetta..».
Si
asciuga una lacrima con
la mano e gira il viso dall'altra parte.
In
quel momento vedo una
macchia rossa allargarsi nella maglietta.
«Che
diavolo...?»
- Kristen segue il mio sguardo e la vedo tremare come una foglia
ancora di più.
Fa
per andarsene ma la
blocca per il braccio e lei fa una smorfia di dolore.
«Ti
prego.. ti prego
dimmi che non è quello che penso.. cazzo» - una
volta
tirata su la manica della maglietta non ci sono più dubbi.
È
un taglio. Bello profondo anche. Coperto a malapena con un cerotto
che adesso è andato a farsi benedire.
Guardo
Kristen, che ormai è
in lacrime.
«Perché?».
«N-No...».
«Pensavo
che avessi
smesso..».
«M-Mi
dispiace...».
«Non
me ne fotte un
cazzo se ti dispiace, Kristen! NON DOVEVI FARLO! Non posso crederci
che tu l'abbia fatto di nuovo, anche quando sai benissimo che non
devi, che ti fai solo del male, che non è la soluzione a
nessuno dei tuoi problemi. Ma tu l'hai fatto! Te ne sei fregata di
tutto e hai commesso di nuovo lo stesso errore!».
Lei
si asciuga le lacrime,
in fretta, come se non volesse farmele vedere. «Tu n-non
capisci... non capisci, Rob...».
«Io
capisco solo che
ho parlato al vento l'altra volta! Ho parlato al vento
perché
tu non mi hai ascoltato, hai fatto finta di accettare e invece
continuavi a pensare ai cazzi tuoi.. e adesso eccoci qui, di nuovo,
dallo stesso punto di partenza!».
«N-No..
no, Rob.. non
è così, ascoltami...».
«Perché?
Tu mi
hai ascoltato, forse? No!».
«Si,
invece! Ti ho
ascoltato, Rob, ma..».
«Ma
cosa? Non voglio
neanche sentire le tue patetiche scuse, Kristen».
«Patetiche...
patetiche..» ripete quella parola con sguardo vuoto.
«Si,
patetiche. Perché
se tu fossi anche solo un po' più..».
«Un
po' più,
cosa? Cosa, Robert? Lo so che non sono un granché di mio, so
che dovrei essere più sveglia, più pronta a
quello che
mi succede intorno, più serena, più bella,
più
dolce. So che dovrei parlare di più, che dovrei fare di
più
per te, che dovrei amarmi di più. Ci sono un sacco di cose
che
dovrei fare in più, ma tu pensi
seriamente che sia così
semplice per me?», si allontana da me facendo qualche passo
indietro e tira su col naso, «Tu non capisci, e fai bene.. se
mi capissi, diventeresti matto insieme a me».
«Non
ho mai detto che
tu dovresti..».
«Ah
no? Perché
a me è sembrato proprio di s-si».
Provo
ad avvicinarmi a lei
ma Kristen si tira di nuovo indietro. «N-Non provare.. a...
ad
avvicinarti, chiaro?».
«Ma..».
«Mi
hai sentito...»
- si allontana e fa per andarsene.
Le
afferro il polso ma
quando vedo una smorfia di dolore diffondersi sul suo viso noto che
anche lì, sulla maglietta, ci sono alcune macchioline rosse.
«Cristo, anche lì ti sei tagliata..?».
«Non
ti interessa...»
cerca di liberarsi ma io glielo impedisco, tenendola ancora
più
stretta.
«Si
che mi interessa!
Mi importa di te! Ti amo, ricordi?».
Annuisce
e si porta la mano
libera vicino alle labbra, nervosa. «S-Scusami... io volevo..
non so, mi mancavi.. e tu eri così arrabbiato con me...
pensavo che mi volessi abbandonare.. è l'unica soluzione che
conosco..».
Sospiro.
«Capito...».
L'attiro
a me e l'abbraccio.
Lei
affonda il viso nel mio
petto.
«Non
avrei dovuto
comportarmi in quel modo, mi dispiace amore...».
«Ho
avuto così
paura che te ne andassi...» mi cinge la vita con le braccia,
abbracciandomi ancora più forte. Le accarezzo la schiena per
farla calmare.
«Non
puoi pensarlo sul
serio..».
«Eri
arrabbiato con
me, Rob... io sono abituata che quando una persona è
arrabbiata con me poi me la fa pagare e tu lo eri.. pensavo che
andartene fosse la tua punizione nei miei confronti. Pensavo di aver
sbagliato qualcosa.. di nuovo».
«Ero
preoccupato per
Tom e mi sono lasciato prendere la mano.. non avrei dovuto
prendermela con te, ma non puoi continuare a pensarla in quel modo,
Kristen.. non è detto che ogni volta che qualcuno si
arrabbia
con te poi se ne va, i rapporti fra le persone non sono sempre
perfetti, si litiga, a volte si dicono parole che non si pensa sul
serio, ma questo non vuol dire che ci sia odio. Spesso vuol dire che
si è abbastanza innamorati da chiedere perdono».
«Non
sono abituata a
pensarla come dici tu.. devi avere pazienza con me, ma non ti obbligo
a capirmi...».
«Ti
do tutto il tempo
di cui hai bisogno, amore.. ma per favore, non avere paura di
perdermi ogni volta che esco di casa, uscirai matta».
Lei
solleva il viso e
accenna un sorriso.
«Ti
amo..».
«Ti
amo anche io,
piccola».
«Ma
sono ancora
arrabbiata con te...».
«Fai
bene, sono stato
uno stronzo. Ogni tanto ti fa bene incazzarti con me, non devi
tenerti tutto dentro».
Annuisce
e inizia a giocare
con i miei capelli, avvicinando sempre di più il suo viso al
mio. «Quindi... è un no?».
«Cosa?»,
mi
appoggio al muro del corridoio – dove siamo finiti
– e l'attiro
vicino a me tenendola per i fianchi.
«P-Per
la domanda.. di
prima...», le sue guance si fanno rosse, «n-non
vuoi...
farlo... con.. me?».
Oh,
cazzo. «Amore...».
Lei
scuote la testa e si
morde l'interno della guancia, saltellando sul posto come fa sempre
quando è nervosa. «E' okay... ho
capito..».
«Anche
dopo tutto
quello che abbiamo detto.. ancora me lo chiedi?».
«Volevo
solo esserne
sicura...», fa spallucce.
«Non
sei pronta,
piccola..».
«Sarebbe
un modo per
legarmi a te..».
Oddio,
può essere più
dolce, piccola, indifesa e tenera di
così?
«Sei
già legata
a me, piccola. Tu sei mia».
Kristen
affonda il viso fra
il mio collo e la spalla, alzandosi sulle punte.
«Tua».
*
Sto
dando l'ultima ripassata di vernice al muro quando sento la porta di
casa aprirsi e la voce di mio figlio parlare senza sosta di un sacco
di cose che non riesco a capire. Poi la voce di Kristen che lo
riempie di complimenti, parole dolci e consigli come sempre. Sarebbe
una mamma stupenda. Per la prima volta inizio a pensare a lei come
alla mamma di Ricky. Non sarebbe male. Forse.. con il tempo. Sorrido.
«Rob?»,
sento Kristen chiamarmi dal soggiorno.
«Sono
qui, piccola!».
Kristen
si affaccia sulla stanza, un'espressione confusa in viso. Ricky
appare in mezzo alle sue gambe, guarda la stanza con la bocca
spalancata. «Abbiamo una camera nuova!» urla.
Kristen
gli appoggia una mano sulla spalla e continua a guardarmi come a
chiedermi "ma che sta succedendo?". È passata una
settimana dal nostro piccolo litigio e da allora ho avuto modo di
pensare molto. «Be', non dici niente?» le chiedo,
trattenendomi dal ridere.
«E'...
uhm, che cosa è?» fa qualche passo avanti e si
porta le
mani sulla bocca, è davvero stupita.
Ricky
inizia a correre da una parte all'altra, toccando le pareti ancora
fresche di vernice. «E' bellissima! È una camera!
Ha le
pareti blu
da maschio! È
blu, io amo il blu! È blu ma ci sono striscie gialle!
Gialle!
Si! Si! Si!».
Mi
avvicino a Kristen, appoggiandole una mano sul fianco.
«Che
ne pensi?».
«E'...
è una... hai messo apposto questa stanza... hai verniciato
le
pareti.. e da dove diavolo spunta fuori tutta questa roba per
bambini? Dio, Rob.. ma perché.. tu non mi hai.. ma sono
così
contenta.. una camera per Ricky, sei il padre migliore del
mondo»,
mi abbraccia forte.
«In
realtà, è più un regalo per...
noi» dico,
baciandola sulla fronte.
Lei
mi guarda, arrossendo. «Per.. noi?».
«Be'..»,
le appoggio una mano sulla schiena, spingendola gentilmente verso il
corridoio, fuori portata da un bambino innocente. «avremo
più
spazio per.. noi, capisci? Con Ricky in camera non possiamo mai
passare abbastanza tempo insieme, di notte».
Le
sue guance diventano ancora più rosse. «Hai...
hai...
cambiato idea?» chiede.
«Sto
solo dicendo che non dormirò più sul divano,
Kristen».
«Mh..
okay. Mi basta. Mi basta davvero, Rob.. è
meraviglioso»,
sorride timida.
«E
stavo anche pensando a un'altra cosa..», appoggio le mani ai
lati dei suoi fianchi, attirandola a me finché non ho il suo
bellissimo viso imbarazzato a un centimetro dal mio.
«D-Dimmi..».
«Voglio
far andare bene le cose, Kristen.. voglio davvero far andare bene le
cose fra di noi. Niente casini, promesso».
«Non
voglio che.. Rob, non voglio che tu...».
«Non
sto dicendo che ci saranno cambiamenti radicali dall'oggi al domani,
piccola, sto solo dicendo che ci tengo davvero tanto a noi due, ti
amo, e voglio che le cose vadano bene. Voglio stare con te, voglio
renderti felice.. non voglio che una cosa come quella che è
successa la settimana scorsa capiti mai più...»,
le
sfioro il polso, facendo attenzione a non farle male.
Lei
abbassa lo sguardo, colpevole.
Glielo
sollevo di nuovo con la mano, «Ehi.. è okay, ora
capisco. Non è stata colpa tua, ma mia..».
«No,
Rob..».
«Non
importa.. ora è passato. Pensiamo solo a noi due».
«Sarò
un disastro....», i suoi occhi sono così
facilmente
carichi di lacrime.
«No..
lo sarò io, ma tu mi perdonerai.. vero?».
Sorride,
baciandomi sulla guancia e aggrappandosi a me con un braccio.
«Tu
non hai idea di quello che sto provando in questo momento..».
«Ne
ho un'idea.. hai il cuore che batte contro il mio petto, lo sento..
è
una sensazione stupenda, voglio che sia così tutti i giorni
della mia vita ecco perché voglio che le cose funzionino,
amore..».
«Io
con te sto sempre bene..».
«Cerco
di fare del mio meglio, piccola» sorrido e dopo un po' anche
lei ricambia il sorriso, sollevandosi sulle punte per posare
timidamente le sue labbra sulle mie, come in una tacita promessa.
«Dovrai
insegnarmi tantissime cose...» e dietro il tono malizioso
vedo
un velo di tristezza nei suoi occhi, so perfettamente a cosa si
riferisce.
«Sarà
un piacere».
«Mh..»,
si avvicina per baciarmi di nuovo ma Ricky ci interrompe correndoci
incontro e finendoci addosso come un tornado. «Forse.. forse
è
meglio se preparo il pranzo», Kristen prende in braccio
Ricky,
che come al solito sembra sempre molto più felice e sereno
quando è fra le sue braccia.
Annuisco
e bacio entrambi sulla fronte prima di tornare al mio lavoro.
Finisco
di verniciare, sistemo il letto che sono andato a comprare questa
mattina con gli ultimi soldi che mi sono rimasti e sistemo i giochi
di Ricky in giro per la stanza, decidendomi all'ultimo di andare a
prendere anche i suoi vestiti dalla camera da letto per trasferirgli
qua. Una volta che è tutto fatto, guardo soddisfatto il mio
lavoro. Quando mi metto d'impegno so fare proprio un buon lavoro, non
c'è che dire, nessuno direbbe mai che prima questa stanza
era
una specie di ripostiglio delle scope abbandonato e che adesso
–
con una passata di vernice e dopo essersi sollevati ben bene le
maniche – sembra proprio la cameretta di un bambino, con
tutte le
cose al proprio posto.
«Hai
fatto davvero una cosa bellissima, Rob», sento le sottili
braccia di Kristen abbracciarmi da dietro, appoggiando la guancia
contro la mia schiena. Ogni volta che fa un gesto di questo genere di
propria iniziativa, mi riempie il cuore di gioia. Sta facendo passi
da gigante senza neanche rendersene conto. Non era malata, era solo
infelice, senza fiducia, impaurita.
«Te
l'ho detto.. voglio fare le cose per bene, amore», stringo le
sue mani, appoggiandole contro il mio stomaco.
«Sai...
è... è la prima volta che.. sai, ho un
ragazzo»,
la sento strofinare il viso contro la mia camicia, imbarazzata.
Rido
e la faccio girare verso di me, posizionandola bene fra le mie
braccia e sollevandole il viso con un dito. «Sono il tuo
primo?».
Annuisce,
timida. «Ho sempre avuto ragazzi che.. non erano niente per
me,
solo soldi che dovevo dare a Scout. Nessuno di loro mi ha mai
trattata come fai tu, perché tu mi ami.. e per me
è una
cosa completamente nuova, non credevo di poter essere amata sul serio
da qualcuno.. sopratutto, non da qualcuno di meraviglioso come
te...».
«Io
sarei meraviglioso? Kristen, dovresti farti un esame di coscienza,
dico sul serio..».
«Sono
seria, Rob», appoggia la sua piccola mano contro il mio
petto,
mordendosi nervosamente il labbro inferiore. «Da quando ti ho
incontrato ringrazio Dio.. o qualunque cosa ci sia lassù, di
avermi fatto incontrare una persona come te. Perché tu mi
salvi, lo fai in continuazione.. e io non so come farei senza di te,
lo capisci? La sola idea di ritrovarmi di nuovo da sola... mi
distrugge... e ho così paura.. così tanta paura
di
perderti che...», asciugo teneramente le sue lacrime con le
mani, prendendole il viso fra le mani.
«Non
devi avere paura di qualcosa che non accadrà mai,
okay?»
le dico, guardandola dritta negli occhi. Quegli occhi verdi che mi
hanno fatto innamorare di lei così velocemente.
«Ma
ho paura, Rob...».
«Lo
so, piccola..», la stringo a me, cercando di trasmetterle
almeno un po' di sicurezza, «lo so, lo so...».
«Ho
paura di rovinare ogni cosa bella che abbiamo creato insieme.. hai
ragione tu, facciamo due passi avanti e dieci indietro.. ed
è
colpa mia, perché non so.. fare niente, niente di bello..
niente che ti renda fiero di me..».
«Kristen,
basta».
«E'
la verità..».
«No!
Non lo è!», l'afferro per le spalle e la scosto
per fare
in modo che mi guardi bene in faccia mentre le parlo, «Tu non
te ne rendi conto, ma ogni giorno tu compi un miracolo, Kristen. Ti
svegli, ti alzi dal letto, parli con me, stai con me, con Ricky,
compi gesti che prima per te erano impossibili. Sii ragionevole, sii
realista, amore mio, perché io lo so che tu non pensi
davvero
di essere un fallimento, almeno non per me.. io ti amo, vedo ogni
cosa bella che fai, tutti i giorni», prendo la sua mano e
l'appoggio sul mio viso, «Prima non ti saresti mai sognata di
fare una cosa del genere, ti ricordi? E adesso lo fai quasi senza
pensarci..», le stringo un fianco, facendo pressione in modo
che lei lo senta e capisce il mio intento, «Una cosa del
genere, prima, ti avrebbe fatta scappare via a gambe levate, mentre
guardati adesso.. ti piace, hai amesso di amarmi e non ti faccio
più
paura..».
«Non
mi hai mai fatto paura, Robert! Non pensarlo neanche per un
istante!».
«Alcune
volte...».
«Sono
una codarda. Avevo paura di toccarti, di essere toccata. Avevo paura
del mondo intero che mi circondava e tu mi hai salvata,
basta».
«Non
è tutto merito mio..».
«Salvata»,
soffia sulle mie labbra, circondandomi il collo con le braccia,
«mi
hai salvata...
e non.. n-non
vedo l'ora di stare da s-sola con.. te, in.. camera.. nella nostra
camera da letto..», mi lascia andare
all'improvviso,
vedo il suo viso farsi di un rosso vivo mentre scappa in cucina.
Rido.
La
solita Kristen.
Non
riuscirà mai a fare la maliziosa senza arrossire.
L'amo
così tanto.
Okay,
eccomi qua.
Allora,
non so come definire questo capitolo,
non
so neanche se sia un capitolo di svolta oppure solo transitorio,
so
solo che mi è venuto giù all'improvviso, quando
in
realtà avrei dovuto
scrivere
il capitolo per l'altra storia – perdonatemi.
In
ogni caso, scusatemi per tutto il tempo che vi ho fatto perdere e
tutto quello
che
vi ho fatto aspettare.
Vi
prego, ditemi bene quello che vi è piaciuto di questo
capitolo,
se
vi è piaciuto.
Perché.
Okay,
la smetto.
Grazie
di tutto,
vi
voglio bene,
alla
prossima.
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Capitolo 14 *** We have to go, baby. Now. ***
#We
have to go, baby. Now.
Pov
Robert
Non
avevo mai pensato molto a come sarebbe stato avere una relazione.
Una
relazione stabile, intendo. Dove si vive l'uno per l'altra. Non avevo
idea di che cosa fosse l'amore prima di incontrare Kristen. Ma ora
che è qui, con me, mi sento come se mi fosse stato dato il
regalo
più bello del mondo. Farò qualsiasi cosa per
proteggerla, per
prendermi cura di lei perché lei si prende cura di me.
“Rob..?”.
Kristen
è appena entrata in camera dopo una doccia veloce, indossa
una mia
maglietta e un paio di pantaloncini.
Dio,
è la ragazza più bella del mondo.
I
capelli sono legati in una coda fatta in fretta e le sue gambe
sembrano non finire mai.
“Rob?
Oh?” - beccato in pieno mentre sbavavo sulle sue gambe,
ottimo.
“Eh?
Si?”.
Mi
sorride, “Ti eri incantato?”.
“Un
po'.. amore, sei bellissima, come faccio a non incantarmi? Poi se
metti quei pantaloncini..”.
Arrossisce.
“Che stupido...”.
“Si.
Vieni qua”.
Kristen
cammina lentamente verso di me, sedendosi sul letto a gambe
incrociate davanti a me. Non mi guarda negli occhi, sicuramente deve
essere imbarazzata.
“Ehi?”.
“Mh,
si, scusa.. è... è la prima volta che dormo con
un ragazzo” dice,
arrossendo ancora di più.
“Oh...
be', perché tu sei..?”.
“Non
è un po' ovvia la risposta? Sono vergine”.
Okay,
diciamo che lo sapevo.
Ovvio
che è vergine.
Ma
sentirglielo dire è un'altra cosa.
Vederla
così imbarazzata davanti a me, è
un'altra cosa.
Non
ho mai avuto a che fare con ragazze vergini.
Diciamo
che l'ambiente che frequento e il mio lavoro non mi aiutano molto a
conoscerle.
“Oh...”.
“Già...”.
“Non
cambia niente, tranquilla”.
“In
che senso?”.
“Che...
è una bella cosa. Insomma, tu sei vergine ed è...
una cosa
stupenda, perché vuol dire che ti sei conservata.. quel
momento per
la persona giusta, che sarà sicuramente strafelice
quando..”.
“Rob,
che cazzo stai dicendo?”, mi guarda come se fossi uscito
fuori di
testa e forse lo sono davvero. Insomma, per tutto questo tempo non
abbiamo fatto altro che baciarci. Insomma, a malapena. Lei ha i suoi
limiti e io li rispetto ma adesso lei sta migliorando molto in fretta
e anche se ha ancora qualche difficoltà capisco che, adesso,
quello
con più difficoltà sono io perché non
so come muovermi.
“Perchè?
Che ho detto?”.
“Stai
parlando del ragazzo con cui avrò la mia prima volta come..
come se
non fossi tu. Con chi pensi che io voglia avere la prima volta,
scusa...?”.
“Non
lo so.. spero con me ma capirei se non fosse così”.
“Perché
non dovrei?”.
“Perché
io sono un casino, peggio di quanto tu creda”, mi passo una
mano
fra i capelli, nervoso. “Non so se l'hai notato, ma ho un
figlio
piccolo, una casa che cade a pezzi in un quartiere di merda, un
lavoro pericoloso che fa schifo e tu sei costretta a lavorare in un
cazzo di club per aiutarmi a pagare la nostra roba. Vuoi davvero
avere la tua prima volta con qualcuno del genere? Insomma, so che voi
ragazze ci tenete un sacco a questo genere di cose e io...”.
Kristen
mi prende il viso fra le mani e mi guarda fisso negli occhi,
facendomi smettere subito di parlare.
“Hai
ragione, noi ragazze amiamo questo genere di cazzate.. la prima volta
è, uhm, molto importante e di solito speriamo che sia con il
ragazzo
giusto ma tu ti ricordi come sono vissuta? Per me non c'era il figo
della scuola, non c'è mai stato nessun primo appuntamento,
niente
primo bacio romantico, niente di niente, solo... merda. Merda ovunque
nella mia vita. Perciò, si, ci tengo alla mia prima volta
perché è
tutto ciò che di 'normale' e 'adolescenziale' mi
resta....”.
“E
vuoi sprecare questa tappa così importante
con...me?”.
“Voglio
che sia con qualcuno che amo.. e io ti amo”.
“Anche
io ti amo”.
“E
allora dov'è il problema..?”.
“Non
ne sei davvero sicura, lo vedo. Sei ancora piccola, hai tutta una
vita davanti e questa scelta sarà la peggiore della tua
vita,
fidati. Non vuoi davvero avere la tua prima volta con me”.
“Si
invece”.
“Non
sono mai stato con una vergine, Kristen.. ti farei male”.
I
suoi occhi perdono sicurezza per un istante. “N...non mi
importa”.
“Io
credo di si, invece. Non vuoi che la tua prima volta sia uno
schifo”.
“Smettila
di dirmi cosa voglio, Robert”.
“Voglio
solo che la tua prima volta sia perfetta... e con me non lo
sarebbe”.
“Io
credo di si... proviamo, mh?”, arrossisce e mi accarezza il
viso,
le sue mani tremano.
“Stai
tremando, piccola”.
“Tu...tutte
le ragazze sono n-nervosa la loro prima volta”.
“Si,
certo.. certo”.
Kristen
si solleva un po', cingendomi il collo con le braccia e avvicinando
il suo viso al mio.
“Voglio
te..” sussurra, posso vedere le sue guance prendere colore.
“Ti
voglio anche io, da morire, amore mio...”.
“Non...
non respingermi allora”, chiude gli occhi e preme la sua
fronte
contro la mia.
“Non
intendo farlo, piccola”.
Un
sorriso timido si forma su quelle labbra rosse, che un istante dopo
sto baciando. Le stringo piano i fianchi con le mani e ribalto le
posizioni, facendola sdraiare gentilmente sul letto e posizionandomi
sopra di lei cercando di pesarle il meno possibile.
“Sei
un gigante, Rob..”, ride.
“Oh,
grazie, nanerottola”.
Kristen
posa le sue piccole mani sui bordi della mia maglietta, sollevandola.
“Mh...”,
si morde il labbro e sfiora timida il lato di pelle che ha scoperto,
“sei bello.. sei proprio bello, sei il ragazzo più
bello che io
abbia mai conosciuto”.
“Anche
tu sei bella”, le bacio la punta del
naso, facendola ridere.
“Togliti
la maglietta..” mi ordina.
“Uh,
quanta fretta.. non sai che la prima volta si va piano? E dire che io
sono un ragazzo e queste cose dovresti dirle tu a me”.
“Tu
non sai quanto ho aspettato.. fidati, muoio dalla voglia di fare
l'amore con qualcuno che mi ami davvero. Tutte le volte
che...”, i
suoi occhi si fanno lucidi, “tutte le volte che venivo
costretta a
fare... cose che non volevo fare, da ragazzi che volevano solo una
cosa da me... tutte quelle volte, mi sono chiesta come sarebbe stato
farlo con qualcuno che amavo. Qualcuno che mi avrebbe insegnato cosa
fare, come fare le cose per bene... ho lottato per conservarmi questo
momento e sono stata premiata”, mi accarezza il viso mentre
una
lacrima solitaria le scivola sulla guancia, “mi sei stato
dato tu”.
“Kristen...”,
le asciugo la lacrima con la mano, lasciandola poi appoggiata contro
la sua guancia, la sua pelle è accaldata e morbida,
“non sono il
premio di nessuno.. al massimo, sei tu il mio”.
Lei
scuota la testa, cercando di trattenere le lacrime.
“Voglio
davvero fare l'amore con te, Rob...”.
“Vuoi
farlo solo perché vuoi qualcuno che non ti usi e basta, ma
tu sai
benissimo che io non lo farò, io ti amo, non ti farei mai e
poi mai
del male”.
“No,
Rob.. io... i-io..”, mi stringe le braccia, come se avesse
paura
che io me ne andassi.
“Non
farti prendere dalla fretta, è la tua prima volta, deve
essere
perfetta, no?”.
“No..
no, io non... non voglio che sia perfetta, io voglio che sia con la
persona che amo e io amo te”.
“Ho
capito, amore, ma...”.
“Rob,
se parli troppo... qua.. non.. facciamo niente, quindi...”,
mi
sfiora il fianco, provocandomi una serie di brividi lungo la schiena
come nessuna ragazza mi aveva mai fatto provare.
“Di
nuovo fretta? I preliminari servono anche a parlare, eh..”.
“No,
non parlare.. se parli, poi cambi idea...”.
“Non
ti ho detto si, amore.. sto solo provando”.
“E
allora proviamo, ma sta zitto...”, mi bacia.
Mh,
quanto amo i suoi baci.
I
baci di Kristen sono i migliori.
Così
teneri, timidi, che ti viene voglia di abbracciarla stretta a te.
Quando
ci stacchiamo, molto tempo dopo, solo per riprendere fiato, lei mi
sorride.
“Mh,
ora via la maglietta...”.
“Perché
non te la togli tu?”.
Lei
scuote la testa, posso vedere l'imbarazzo e la paura nei suoi occhi.
So benissimo che ho azzardato con questa domanda.
“N...no,
p-prima tu, dai...”.
“Okay..”.
Mi
sfilo la maglietta facendola scivolare sopra le mia testa.
“Abbracciami..”
sussurra.
“Kristen...”.
Ma
lei si aggrappa come un koala fra le mie braccia, impedendomi di
continuare a parlare e in meno di un secondo le sue labbra sono sulle
mie. Mi sfiora le spalle, aggrappandosi ancora di più e
facendomi
avvicinare a lei con un senso d'urgenza che non le avevo mai sentito.
Infilo
una mano sotto la sua maglietta, ha la pelle calda e morbida e le
accarezzo lo stomaco.
“Uhm,
meno male che ero io quella che andava di fretta...” commenta.
“Si,
hai ragione, ma come posso resisterti?”, arrossisce e
riprende a
baciarmi.
“Non
puoi, ovvio”, cerca di ridere e di rendere il suo tono di
voce
spiritoso ma riesco benissimo a vedere l'ansia e l'agitazione che sta
prendendo il possesso di lei. Mi preparo a correre ai ripari appena
ce ne sarà bisogno.
Pov
Kristen
Okay,
devo stare calma.
Calma,
molto calma.
Un
bel respiro Kristen, forza, su!
Finalmente
l'hai convinto a fare l'amore con te per la prima volta, non puoi
fartela sotto proprio adesso.
“No,
non posso.. hai ragione” dice, sorridendomi malizioso.
Dio,
no.
Inizio
a scacciare dalla mia testa un sacco di immagini orribili.
Non
è nessuno di cattivo, devo ricordarmelo. È
Robert.
È
solo Robert, porca puttana.
“G...già.
Quindi.. via i pantaloni, su”, ma da dove esce fuori questa
sfacciataggine, Stewart? Non sapevo neanche io di essere
così.
Robert
sembra pensarla allo stesso modo ma anche se è visibilmente
confuso
dal mio comportamento, fa come gli dico e si sfila i jeans, restando
in boxer. In quel momento mi accorgo che io, invece, sono ancora
completamente vestita. Oh, cazzo. Spogliarmi? Mai.
Ma
l'amore si fa nudi, piccolo genio.
Porca
troia, lo so, ma spogliarmi...
“Ti
aiuto a togliere qualcosa, mh..”.
Annuisco,
cercando di sembrare il più convinta possibile.
Robert
solleva la mia maglietta e io sento le braccia pesanti, non riesco
neanche a sollevarle per aiutarlo a sfilarmi la maglietta.
“Qualcosa
non va'?”.
“N-no,
tutto okay..”, mi costringo a sollevare le braccia e Robert
mi
sfila la maglietta.
“Dio..
sei bellissima”, lo sguardo di Robert vaga sul mio corpo
coperto a
malapena dal reggiseno a fascia che mi sono messa questa mattina.
Dio, ma perché a fascia? Quanto posso essere cretina? E ora?
“S..scusa,
non.. non avrei dovuto mettere... questo... tipo di reggiseno, io..
io sono una cretina...”.
“Ma
che dici? Tranquilla, è okay, riesco a togliertelo
facilmente”.
“Oh....oh,
okay”, no, non è okay, non
è affatto okay, non è
okay che lui sappia togliermi il reggiseno a fascia con
facilità,
non è okay che io abbia il cuore a mille, non è
okay che io voglia
scappare a gambe levate appena Robert acconsente a fare l'amore con
me per la prima volta. Niente, in tutta questa situazione è
okay.
Neanche io.
“Tutto
okay, piccola..?”.
“C..certo”,
ma non riesco a farlo sembrare vero e non resisto alla tentazione di
coprirmi con le mani quel che riesco a coprire, cioè molto
poco alla
volta.
“Kristen...”.
No.
No,
per favore, odio quel tono di voce.
Sembra
quasi che mi stia sgridando mio padre.
Oh..
mio padre.
Mi
tornano in mente i miei genitori che urlano, litigano, si mandano a
fanculo a vicenda.
No,
no, no.
Non
proprio ora, non adesso.
“I
tuoi occhi...”.
Non
lo faccio finire, lo attiro a me e lo bacio. Facile, veloce. Ma
è
quando le sue mani si posano sui miei fianchi scoperti che inizia il
peggio. Cristo, voglio morire. Voglio morire in questo momento, mi
sento malissimo, penso che tra poco scoppierò.
“Kristen..”.
“Sshh..
è okay, forza.. vieni più vicino..”, ma
lui non mi stava più
ascoltando. Fa per alzarsi ma io lo trattengo per un braccio.
“Che
stai facendo? Non.. non provarci, Rob.. non provarci neanche a
mollarmi in questo letto da sola... se ci tieni a me, se mi ami come
dici, allora fai l'amore con me e fammi passare questa cazzo di
malattia”.
“Kristen,
non posso farti questo...”.
“Non
stai facendo niente.. non mi stai facendo niente, amore,
davvero”.
“Stai
solo cercando un modo per..”.
“Sto
cercando un modo per avere la mia prima volta con te, stupido. E tu
continui a mandare a puttane i miei piani! Che ho che non va? Okay,
faccio schifo, ma non pensavo che...”.
“Smettila
subito, tu non fai schifo”.
“Allora
fai l'amore con me”.
“Tu
non capisci...”.
“Capisco
eccome”, sento gli occhi farsi ancora più umidi,
cazzo.
“No,
per niente. Avanti, pensi davvero che io possa fare l'amore con te
quando stai tremando sotto di me e il tuo corpo mi sta praticamente
implorando di non fare questo a una bambina?”.
“B...bambina?
Oh, grazie mille. S-spostati, subito..”, dio, che stronzo.
Provo a
spingerlo via ma lui me lo impedisce.
Mi
spinge contro il letto, inchiodandomi al materasso.
“Sai
benissimo di non essere pronta, non inventiamo storielle,
okay?”.
“Voglio
far parte del tuo mondo, lo vuoi capire?”, e, come sempre, le
lacrime cominciano a scendere.
“Piccola...”.
“Non
iniziare con la predica, Rob, okay? N-Non farlo...”.
“Devo
smetterla con la predica?”.
“Si,
devi smetterla con la predica. Ti è tanto difficile capirlo?
Voglio
fare l'amore con il ragazzo che amo, che mi ha salvato la vita e mi
ha dato una casa.. ho.. ho paura e sono agitata ma è
normale, cazzo,
ogni ragazza alla sua prima volta è nervosa, no? E io sono
solamente
questo: una normale ragazza come tutte le altre che sta per avere la
sua prima volta. Posso, solo per stasera, essere solo questo,
amore?” - non sapevo neanche di saper parlare in questo modo.
Ho
fatto un bel discorso, non ho tralasciato niente e forse l'ho pure
convinto visto il modo in cui mi sta guardando, ci sta pensando
seriamente. Forse non gli ho detto della morsa al basso ventre o del
cuore che batte all'impazzata e dell'ansia che mi sta uccidendo ma
non era necessario dirgli proprio ogni cosa.
“Puoi...”
sussurra.
“P..posso?”.
“Puoi
essere una normale ragazza che sta affrontando la sua prima volta,
puoi esserlo, amore”.
“Dici
davvero?”.
“Certo..”.
“Aw,
grandioso...”, gli prendo il viso fra le mani e lo bacio,
gustandomi per bene quel bacio. Mi stringe i fianchi e mi accarezza
la pelle scoperta, facendomi rabbrividire. Cerco di non fare caso
all'ansia che continua a divorarmi, voglio davvero godermi questo
momento, ma quando la sua mano scende verso il basso e mi accarezza
la gamba sono costretta a interrompere il bacio per guardarlo dritto
negli occhi.
“Tutto
bene?”.
“Si..”,
ma so che la mia voce mi tradisce.
“Okay...”,
la sua mano scende ancora di più, mi accarezza l'interno
coscia.
“Mh...”.
“Se
vuoi che mi fermo..”.
“No”,
ma quando mi concentro sulla sua mano che sale sempre di più
vorrei
solo urlare 'si, si, Cristo, fermati!', ma non lo faccio.
“Amore..”.
“Continua..”,
forse dovrei dire qualcosa, qualcosa come 'è bello' o 'mi
piace' ma
la verità è che sono troppo agitata e –
devo ammetterlo almeno
con me stessa – spaventata per godermi la sensazione in
sé.
“Okay..”.
Sento
la sua mano avvicinarsi sempre di più al centro fra le mie
gambe.
Senza
farmi accorgere, prendo un bel respiro.
Posso
farcela, posso farcela, posso farcela.
È
tutto okay, è normale, io posso..
“Rob,
no! Fermo, FERMO! CAZZO, FERMATI, TI PREGO!”.
Robert
balza in piedi in meno di un secondo, sembra mortificato.
“Cazzo,
Kristen...”.
Sento
il mio cuore battere contro la cassa toracica talmente forte da
rischiare di schizzare fuori. “Io.. io.. io... pensavo di...
oddio.. oh.. cazzo” è tutto quello che riesco a
dire, ancora
distesa, mentre cerco di riprendere fiato.
Robert
si avvicina e si mette seduto sul bordo del letto, fissandomi.
“Rob...
io... mi spiace...”.
“Amore,
va tutto bene, lo sapevo.. era ovvio, non sei ancora pronta”,
si
avvicina e fa per abbracciarmi, osservando attentamente la mia
reazione, quando vede che non scapperò, mi abbraccia e mi
bacia la
fronte per rassicurarmi. “Ho cercato di fartelo capire, ma tu
continuavi a insistere quindi ho immaginato che... a quanto pare,
avevi solo bisogno di sbatterci la testa per capirlo”.
“Volevo
davvero farlo, però...”.
“Lo
so, ma non sei pronta”.
“Ma
io VOGLIO, okay? Io voglio ma... sembra quasi che... quando tu...
oddio”, mi nascondo il viso fra le mani, imbarazzata.
“Ehi...”,
Robert mi scosta gentilmente le mani dal viso e mi ritrovo la sua
faccia a un centimetro dalla mia, sta sorridendo, non sembra
arrabbiato né deluso, grazie a Dio, “non
c'è nessun problema,
amore, possiamo riprovarci se vuoi, possiamo.. non so, possiamo
riprovare fra una settimana o fra un mese o fra un anno, non ha
importanza.. l'unica cosa che importa è che tu resti con me
e
affronti tutti i problemi che avrai o che avremo insieme.. questo
è
quello che importa”.
“Hai...
hai ragione, ma...”.
“Insieme”
dice, guardandomi intensamente.
“Ma
io..”.
Mi
interrompe dandomi un bacio, “Non hai bisogno di... questo,
per far
parte del mio mondo. Tu sei già tutto il mio mondo,
adesso”.
“E'
una cosa dolcissima, amore, ma...”, ma non mi basta. O forse
si,
non lo so. So solo che sono delusa da me stessa in questo momento e
non c'è niente che mi possa far stare meglio. “Mi
serve davvero
questa cosa, capisci? È un pensiero fisso, non posso fare a
meno di
pensarci da...”.
“Da
quando ho fatto lo stronzo con te, ti ho lasciata sola e tu adesso
pensi che l'unico modo per non farmi andare via sia fare l'amore con
me anche se non sei pronta, lo so. E, cazzo, mi dispiace che tu la
pensi così perché non è giusto.. non
dovrebbe essere così, tu
dovresti volerlo non averne bisogno. Sono due cose
completamente diverse, piccola e per te lo sono ancora di
più.”
“Dio,
quanto cazzo lo fai lunga...” sbuffo, voltandomi dall'altra
parte.
“Non
arrabbiarti..”.
“Non
sono arrabbiata, sono solo frustrata. Voglio fare l'amore con te ma
il mio corpo sembra essere di un'altra idea”.
“Forse..
dovremmo solo iniziare con le cose più.... basilari,
semplici”,
c'è malizia nel suo tono e quando mi volto per guardarlo in
faccia
vedo che sta sorridendo.
“Sto
pensando male...”.
“Pensa
male, piccola”.
Arrossisco
ma sorrido anche. “Quindi c'è speranza”.
“C'è
sempre speranza quando si tratta di convincermi a venire a letto con
te, amore mio”.
“So...
fare le cose basilari. Le ho.. già fatte,
so.. so come si
fanno”. Mi tornano in mente tutte le volte che ho dovuto
farle, per non finire sotto un ponte, per mangiare, per non far
incazzare Scout. Non voglio che con Rob sia la stessa cosa, lo stesso
schifo. La stessa sensazione.
“Ehi..”,
mi solleva il mento con un dito per potermi guardare negli occhi.
“C'è qualcosa che non va..?”.
“N...non
voglio che sia lo stesso... schifo”, dio, ho già
gli occhi lucidi.
Di nuovo.
“Che
intendi dire?”, mi osserva con attenzione e so che
è il momento
giusto per parlare.
“Con
Scout facevamo così. Io dovevo intrattenere i suoi 'amici'
in quel
modo.. se non avevamo soldi era l'unico modo per non farci sbattere
fuori di casa. All'inizio non volevo ma... avevo fame e sonno.. e
freddo. Dio, Rob, tu non sai quanto possono essere fredde le strade
di notte quando indossi praticamente un cazzo e io avevo freddo e
volevo tornare a casa ma sapevo che mia madre.. lei non si sarebbe
più potuta prendere cura di me, dovevo farcela da sola.
Dovevo,
capisci?” - è come un fiume in piena, non riuscivo
più a smettere
di raccontare e vedere come Robert mi ascoltava attentamente rendeva
tutto ancora più facile - “E l'unico modo..
l'unico dannato modo
era fare quello che mi diceva Scout perché lei trovava
sempre un
modo per cavarsela. Ma era orribile.. ogni giorno io speravo che
fosse l'ultimo ma non lo era mai. I suoi amici andavano e venivano e
lei mi trascinava un po' ovunque, aveva sempre bisogno di droga e
alcol per non impazzire del tutto e io ero l'unica lucida quindi
dovevo occuparmene io..”.
Robert
mi accarezza una guancia e mi fa distendere sul letto,
abbracciandomi. “Cosa facevi, Kristen?”.
“Dovevo
intrattenerli....”.
“Come?”.
“Non
vuoi davvero saperlo...”.
“Niente
di ciò che dirai mi farà cambiare idea su di te,
voglio solo sapere
quanto devo essere incazzato con quella puttana per averti costretta
a fare una cosa del genere”.
“Aveva
bisogno di soldi, Rob, e io..”.
“Cosa.Dovevi.Fare”.
“Non
sono andata a letto con nessuno” dico, arrossendo ed evitando
di
guardarlo in faccia.
“Questo
lo so, visto che sei vergine. Quindi immagino che tu abbia
dovuto..”.
Cala
il silenzio.
Vorrei
sprofondare.
Sotterrarmi.
Dio,
che schifo che faccio.
Mi
copro il viso con le mani e lascio le lacrime scorrermi sul viso.
“Kristen...
ehi, non fare così...”, mi stringe ancora di
più a sé e mi bacia
sulla guancia, accarezzandomi le braccia e il viso cercando di
consolarmi. Ma non è possibile, è qualcosa
più grande di me,
qualcosa con cui sto lottando da una vita e non ne uscirò
viva, lo
so.
“E'
stato orribile!” urlo, mentre i ricordi si impossessano di
me.
“Shh,
shh, ora è tutto apposto, loro non sono qui.. ”.
“Si...
si, invece, loro sono sempre qui, sento le loro
mani addosso,
le loro voci... non guarirò mai, Rob! MAI!”.
“Non
dire così...”.
“Mai...”,
mi stringo a lui e soffoco le urla nel suo petto mentre lui mi tiene
vicina a lui, cullandomi come una bambina piccola. Continua a urlare
e piangere per non so neanche quanto tempo, continuo finché
non mi
addormento e quando mi sveglio Robert è ancora accanto a me
che mi
scosta i capelli dal viso.
“Buongiorno,
amore..”.
“Rob..
m..mi dispiace...”.
“Non
dirlo neanche”.
“Voglio
che tutto questo finisca, Rob. Lo voglio sul serio. Io voglio godermi
la mia vita ma non posso farlo se continuo a pensare a loro ogni
istante. Non posso, non voglio...”.
Robert
mi spinge gentilmente la testa contro il suo petto mentre un altro
pianto isterico si impossessa di me.
Pov
Robert
“Ho
bisogno di una mano, Fred. Mi devi aiutare.. devi farlo, mi devi un
favore”.
“Un
favore? Andiamo, amico, sono passati anni dall'ultima volta che ci
siamo rivolti la parola.. non mi ricordavo neanche che esistessi
finché non sei apparso davanti alla porta di casa mia
– a
proposito, ti rendi conto di che cazzo di ore sono, porca
troia?”.
“Si..
cioè, no. Cazzo, Fred, è urgente!”.
Fred
si passa una mano sulla faccia, rassegnandosi al fatto che non me ne
andrò da casa sua finché non mi
aiuterà. È un vecchio amico – o
almeno lo era, anni fa', - e mi deve un grosso favore visto che
l'ultima volta che ci siamo visti gli stavo salvando il culo da un
gruppo di mafiosi a cui doveva dei soldi. Adesso, servono a me i
soldi.
Mi
torna in mente l'immagine di Kristen addormentata nel mio letto,
serena dopo una notte passata a piangere. L'ho lasciata a casa per
correre da Fred, coprendola con il lenzuola mentre il cuore mi
batteva fortissimo.
Non
potevamo andare avanti così, avevo bisogno di un cambiamento.
“Di
cosa hai bisogno?”.
“Soldi.
Molti”.
“Quanto?”.
“Abbastanza
da andarmene da questo posto e cominciare da zero”.
Fred
mi guarda in faccia sbalordito. “Pensavo ti piacesse fare la
testa
di cazzo di professione, amico”.
Faccio
spallucce. “Non è solo per me..”.
“Ah,
ho capito. Una ragazza. Tutto chiaro adesso...”
E
so che capisce. Fred è più grande di me di
qualche anno ed è
sposato. Sua moglie fa la spogliarellista in un locale vicino a casa
loro per mandare avanti la baracca, ma si amano, lo so.
“Dobbiamo
andarcene da qui, ma ho bisogno di soldi. Ne ho un po' da parte ma
non basteranno per molto.. devi aiutarmi”.
“Lo
vorrei tanto amico.. ma non so come. Anche io me la passo
male”.
Non
è difficile credergli. Casa loro sta cadendo a pezzi,
è messa molto
peggio della mia.
“Qualcosa
deve pur esserci.. qualche lavoro di una sera, anche pericoloso, non
me ne fotte.. ti prego” - ma a che punto sono arrivato? Mai,
nella
mia vita, avrei mai pensato di supplicare qualcuno.
“In
effetti... mi hanno proposto un lavoro, l'altra sera.. e io ho
rifiutato”.
“Che
genere di lavoro?”.
“Per
un tipo, uno nuovo... voleva qualcuno che sbrigasse una commissione
per lui in un covo di spacciatori. Dovevo rubare loro tutta la
cocaina che avevano.. ma tu sai com'è quella gente, non
è come
svaligiare una casa o spacciare un po' di eroina.. quella gente
uccide, amico”.
Lo
sapevo. Lo sapevo molto bene.
Ma
avevo un disperato bisogno di soldi, dovevo portare Kristen fuori da
tutta questa merda una volta per tutte.
“Quanto
pagava?”.
“Più
di cinquantamila dollari, o giù di lì”.
Mi
si seccò la gola.
“Dimmi
il suo nome”.
“Rob,
questa non è una cazzata.. non scherzavo quando dicevo che
quella
gente uccide. Ti metterai in un grosso guaio e non ne vale la pena.
Puoi uscirne anche senza quei soldi, credimi”.
Guardai
la sua casa, guardai Fred e pensai a sua moglie che si spogliava
davanti a degli sconosciuti per un paio di dollari al giorno. E lui,
senza soldi, dov'era arrivato? In quella merda. E io ero nella merda
e volevo uscirne, volevo portare via Kristen con me, dare una vita
migliore a mio figlio e rendere tutta questa storia un brutto ricordo
da dimenticare.
“Ho
detto: dammi il suo cazzo di nome, Fred”.
Pov
Kristen
Mi
svegliai già con le lacrime agli occhi, avevo sicuramente
pianto
anche mentre dormivo. Fantastico. Allungai una mano per cercare
Robert dall'altra parte del letto ma non lo trovai, al suo posto
però
c'era un pezzo di carta scritto da lui – la sua calligrafia
incasinata era riconoscibile al primo sguardo.
Dovevo
fare una cosa.
Per
favore, non stare in pensiero per me, tornerò per cena...
spero.
Dormi,
riposati e prenditi cura di Ricky come fai sempre – sei un
angelo.
Mi
dispiace che stanotte tu abbia pianto così tanto, ho cercato
di
calmarti e farti smettere di piangere ma ho pensato che magari era
meglio se ti lasciavo sfogare un po'... ti amo, non dimenticartelo
mai, capito amore?
Spero
di tornare presto.
Non
uscire di casa, per favore.
Non
piangere mentre sono via,
ti
amo,
Robert.
“Rob...
ma...”, cacciai via le lacrime e mi misi seduta sul letto.
Cosa
doveva fare?
Non
mi aveva detto niente ieri.
Mi
alzai e andai a controllare Ricky, stava ancora dormendo. Gli
preparai la colazione, gli feci il bagno e lo lasciai giocare sul
tappeto in salotto. Il tutto senza smettere neanche per un secondo di
chiedermi dove accidenti fosse andato a cacciarsi Robert.
Nel
messaggio diceva che sarebbe tornato per cena... forse.
Mi
chiusi in bagno e mi feci una bella doccia.
Per
fortuna Ricky era un bambino autosufficiente e autonomo
perché
continuai a vagare per le stanze della casa senza sapere davvero cosa
fare.
Quando
più tardi, quella sera, sentii la porta di casa aprirsi il
mio cuore
mancò un battito.
Ricky
era già a letto, ormai erano le dieci passate, stavo anche
già
iniziando a pensare che fosse successo qualcosa di brutto a Robert
quando invece me lo ritrovai davanti alla porta di casa.
“Rob!”,
gli gettai le braccia al collo ma subito un suo lamento di dolore
attirò la mia attenzione. Quando mi scostai da lui per
guardarlo
bene in faccia mi resi conto che aveva il viso completamente pestato,
il labbro rotto e colava sangue dal naso. “C...cosa... che...
oh,
cazzo.. amore, cosa..”, non riuscivo neanche a parlare ma
continuavo a fissarlo, stupita.
“Non
è niente, amore.. t..tranquilla”.
“Chi
ti ha ridotto in questo stato!?”.
“Kristen,
a..ascoltami”, faceva persino fatica a parlare.
“N..NO!
DIMMI COSA E' SUCCESSO!” - stavo perdendo la testa.
“ASCOLTAMI!”
mi afferra per le spalle e mi guarda dritto negli occhi. “Ho
i
soldi”.
“C..che
soldi? Di cosa cazzo stai p-parlando?”.
“Ho
i soldi! Possiamo andarcene! Prendi le tue cose, in fretta” -
mi
spinge in camera da letto e inizia a tirare fuori tutti i miei
vestiti - “Dobbiamo sbrigarci, saranno qui a
momenti...”.
“C..chi?
Cosa sta succedendo? SPIEGAMI!”.
“Non
c'è tempo! Cazzo, muoviti... amore, per favore, fa come ti
dico e
basta per una volta. Non fare domande, non adesso... amore mio,
ascoltami”, mi accarezza una guancia e mi supplica con
così tanta
forza da non lasciarmi via di scampo.
Annuisco
e lo aiuto a mettere i miei vestiti in un vecchio borsone.
Corro
in camera di Ricky e prendo anche i suoi.
Quando
lo vedo addormentato e sereno, mi viene da piangere.
No,
no, basta piangere. Lo farò... dopo, adesso devo agire.
“Sveglialo
e vestilo pesante...” - Robert è dietro di me, con
il borsone in
spalla.
“O..okay...”.
“Ti
ho lasciato una mia felpa sul letto e un paio di jeans per
cambiarti.. appena hai fatto, ci vediamo di sotto”.
Annuisco
senza dire niente.
È
tutto assurdo. Non voglio andarmene, mi piace questa casa. Era
diventata la nostra casa.
“Ehi..
guardami”, mi afferra il viso fra le mani e mi accarezza le
guance
con i pollici, “fidati di me, andrà tutto bene, te
lo prometto..
sarà meraviglioso, credimi”.
“Voglio
sapere cosa sta succedendo...”.
“Dopo,
non adesso. Vai, piccola” - scende le scale, lasciandomi sola.
Mi
avvicino al lettino di Ricky e lo scuoto piano. “Tesoro..
ehi,
piccolino.. dobbiamo alzarci, dobbiamo fare... una
passeggiata”.
Ricky
apre i suoi occhietti, così uguali a quelli di Robert.
“Che ora
è?”.
“Tardi,
amore.. vieni, ti prendo in braccio”.
Ricky
non fa altre domande e stringe le sue braccina al mio collo.
Scendo
in fretta le scale e trovo Robert che ci aspetta davanti alla porta,
sembra sul punto di scoppiare.
Apre
la porta appena ci vede e si fionda nella macchina parcheggiata nel
viale. Non è sua e neanche di Marcus o di Tom, non l'ho
neanche mai
vista prima ma non oso fare domande.
Metto
Ricky nel sedile dietro e gli allaccio la cintura di sicurezza, poi
prendo posto accanto a Robert mentre lui sta già mettendo in
moto.
“Papà,
dove andiamo?”.
“A
fare un giro, ometto”.
“Dove?”.
“Ti
piacerà, vedrai”.
“Kristen
viene con noi?”.
“Certo,
campione. Ora dormi, è tardi”.
“Mi
è passato il sonno”.
“Ricky,
ho detto dormi”.
“Ma..”.
“Ricky,
ascoltami. Hai bisogno di dormire adesso, quando arriveremo ti
sveglierò io, promesso”.
“Va
bene...”.
Robert
stringe così forte le mani sul volante che ho paura che lo
spacchi
in due.
Appoggia
una mano sulla sua gamba, per calmarlo.
“Dimmi
cosa sta succedendo...” dico a bassa voce.
“Andrà
bene, Kristen... adesso andrà bene sul serio. Possiamo fare
tutto
quello che vogliamo con questi soldi”.
“Che
soldi, di cosa stai parlando, si può sapere? Che.. che hai
f-fatto?”.
“Un
lavoretto, niente di che..”.
“Un
lavoretto, eh? Cosa cazzo è successo alla tua faccia,
Robert? Sembra
che qualcuno abbia tentato di spaccarti il viso.. è
così?”.
“Praticamente
si”.
“I...io
n-non capisco...”.
“Non
c'è niente da capire, ora abbiamo i soldi!”.
“Vaffanculo
i tuoi cazzo di soldi, in che casino ti sei andato a cacciare,
Robert?”.
“Andrà
bene, vedrai” ripete, cercando di sorridermi ma il labbro si
spacca
ancora di più e inizia a sporcarsi di sangue il viso e la
maglietta.
“Rob...
cazzo, il tuo labbro.. avrai bisogno di punti, dobbiamo fermarci in
un ospedale”.
“Un
ospedale? No, non abbiamo tempo. Ci penseremo dopo, adesso dobbiamo
solo raggiungere l'aeroporto”.
Per
poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. “Il... il
COSA?”.
“Andiamo
via da qui, subito. Mi sono procurato tre passaporti, andrà
bene”.
Ancora
quelle parole.
'Andrà
bene'.
Andrà
bene, un cazzo.
Dio,
aiuto, aiuto, aiuto.
Sento
il cuore battermi troppo forte, sento che mi sta per venire un
attacco di cuore.
Lancio
un'occhiata a Ricky e vedo che ha la testa appoggiata alla sua
spalla, è addormentato. Okay, ora posso dare di matto.
“Perché
dobbiamo andare in aeroporto? Perché dobbiamo andarcene? Ti
prego,
Rob, non fare cazzate... ragioniamo, okay? Non voglio andarmene, ho
un lavoro, ho un'amica adesso, abbiamo la nostra casa e le cose
stavano iniziando ad andare bene sul serio, io non...”.
“Le
cose non andranno mai bene sul serio, Kristen. Non
finché
resteremo in questo posto di merda, fidati di me. Okay?”.
“N-no...
non capisco... CAZZO, ROB, RALLENTA!”.
Ma
invece che ascoltarmi, accelera ancora di più mentre svolta
un
angolo rischiando di finire addosso a un auto che nessuno dei due
aveva visto.
“Cazzo..
rallenta, rallenta!”.
“Dobbiamo
sbrigarci!” insiste.
“P...per
f-favore... mi sto sentendo male...”, appoggio una mano sul
cuore e
sento che tra un po' uscirà dal petto o
scoppierà. Andrà a finire
male, in ogni caso.
“Kristen?”,
Robert si gira verso di me, preoccupato.
Le
lacrime iniziano a rigarmi il viso.
“Voglio
tornare a casa....”.
“Non
possiamo tornare a casa, amore, davvero... andrà bene,
sarà
fantastico, devi solo calmarti... forza, piccola, calmati... respira.
OH, KRISTEN, RESPIRA! PER FAVORE, CALMA, amore”.
“N-No...
vaffanculo!” gli dico, togliendomi la cintura di sicurezza e
portandomi le ginocchia al petto, circondandole con le braccia e
appoggiando la testa sulle ginocchia, chiudendomi a riccio.
“Dimmi
cosa è successo! Voglio saperlo! Se non me lo dici io scendo
dall'auto!”.
“Non
fare cazzate”.
“Fottiti.
Parla!”.
“OKAY!
Cazzo!” sbatte il pugno contro il volante, facendo suonare il
clacson. “Ho fatto un lavoretto... un po' più
pericoloso del
solito”.
“Che...
che genere di lavoretto?” chiedo ma so già la
risposta o almeno la
immagino.
“Un...
niente, amore, ho avuto a che fare con brutta gente, tutto
qui”.
“Che
tipo di gente?” - ti prego, ti prego, ti prego, dimmi che non
è
qualche pezzo grosso, dimmi che è qualche coglione di
periferia che
si crede un boss della mafia ma che non può farci niente, ti
scongiuro.
“Un
tipo... un paio di tipi...”.
“ROBERT,
PARLA, CAZZO!”.
“Non
farti venire una crisi isterica proprio ora, okay? Ecco, siamo
arrivati...”. Parcheggia davanti all'aeroporto, non mi ero
neanche
accorta che fossimo arrivati. Esce fuori dall'auto in fretta, viene
dalla mia parte e apre lo sportello invitandomi a uscire. Apre il
bagagliaio e prende due borsoni, dove ci sono tutte le nostre cose,
prese alla cazzo mentre uscivamo di corsa.
Scendo
dall'auto e vado dalla parte di Ricky, gli sgancio la cintura e lo
prendo in braccio, Robert ci aspetta davanti all'entrata. Mi accorgo
che non ha chiuso l'auto.
“L'auto..?”
chiedo.
“Non
c'è tempo, lasciala qua. Vieni, amore” mi prende
la mano ed
entriamo dentro.
Robert
mi tiene per mano tutto il tempo, mi trascina da una parte all'altra
e io quasi non mi accorgo di quello che sta succedendo attorno a me.
Tutto quello che faccio è stare attaccata alla mano di
Robert come
se ne dipendesse dalla mia stessa vita e tengo Ricky appoggiato al
mio corpo, entrambi in cerca di conforto e sicurezza. Vedo che la
gente mi fissa e solo dopo un po' mi accorgo che sono vestita davvero
male: una felpa gigantesca di Robert e un paio di pantaloncini corti
con le scarpe da ginnastica, in piena notte. Anche Robert è
messo
male e ho paura che qualcuno faccia qualche domanda.
Sorprendentemente,
nessuno ci ferma o ci degna di una seconda occhiata ai controlli.
Ricky
si sveglia solo quando abbiamo finito e Robert è costretto
ad andare
a prendergli un sacco di frutta al bar dell'aeroporto. Io ne
approfitto per andare in bagno.
Sola,
mi guardo allo specchio.
Mi
faccio i complimenti da sola: faccio schifo.
Non
ho occhi, ho solo occhiaie.
I
miei capelli sembra che non vedano una spazzola da anni. Cerco di
aggiustarli con le mani come meglio posso e
mentre
lo faccio mi rendo conto che sono in un aeroporto e realizzo che
dovrò prendere un aereo per la prima volta in vita mia.
Quando
esco trovo Robert che mi aspetta davanti all'ingresso del bagno,
furioso.
“Ti
sembra il momento di andare in bagno!?” urla.
“C..cosa?
Io... io sono solo... che dici?” - perché deve
essere così
cattivo quando è nervoso?
“Be',
potevi anche avvisarmi!”.
“Ci
ho messo neanche cinque minuti...”.
“Si,
come no”, mi afferra la mano e mi tira a sé,
prendendo a camminare
a passo così veloce che quasi non riesco a stargli dietro.
“Forza,
dobbiamo prendere l'aereo. Abbiamo avuto culo, c'è un volo
che parte
tra dieci minuti”.
La
sua stretta è troppo forte.
Cerco
di liberarmi ma lui stringe ancora di più.
“Mi..
mi fai male” mi lamento, sentendo gli occhi farsi lucidi.
Tutta
questa situazione non aiuta a migliorare il mio umore ballerino.
Robert
si gira verso di me e nota la sua stretta serrata sul mio polso e
allenta la presa, “S..scusa, amore, davvero.. so che sto
uscendo di
testa ma... ti spiegherò dopo”.
“D..dove
s-stiamo andando? Almeno questo me lo puoi dire, Robert?”.
“A
Londra”.
“EH?
DOVE?”.
“Dove
pensavi che stessimo andando? A Parigi? Andiamo a Londra, dove sono
nato. Lì ho contatti, amicizie, posso trovare facilmente un
posto
dove stare e non dobbiamo più preoccuparci dei
soldi”.
“Non
fare lo stronzo con me! Non trattarmi come se fossi stupida!”.
Si
ferma.
Siamo
nella sala d'attesa, non c'è molta gente. Infondo, non sono
neanche
le cinque del mattino.
“Non
lo faccio...”, Robert mette Ricky su una poltroncina e si
toglie la
giacca per poi arrotolarla come se fosse un cuscino e darla al
figlio.
“Si,
invece”.
“E'
che tu fai troppe domande...”, si passa una mano fra i
capelli,
frustrato.
“Ah,
ovvio. Sono IO che faccio troppe DOMANDE! Non TU che mi tiene
nascoste troppe cose! Vaffanculo, Robert. Dico sul serio,
vaffanculo”.
“Amore,
non fare così...”, cerca di abbracciarmi ma io mi
allontano.
“Lasciami
stare!”.
“Sto
solo cercando..”.
“..
di farmi impazzire? Be', ci stai riuscendo!”, cerco di
scacciare
via le lacrime ma queste insistono per uscire fuori.
“No,
amore, no.. non piangere, piccola.. per favore, non piangere..
andrà
tutto bene. Ti amo, ti amo.. non piangere...” allunga una
mano
verso di me per toccarmi un fianco e afferrarmi ma io mi scanso di
nuovo, stavolta andando a sbattere contro un signore anziano che mi
guarda con aria comprensiva.
“Ragazzi,
non litigate. Siete giovani, avete una vita per farlo” ci
dice.
Io
abbasso lo sguardo, imbarazzata.
“S..scusi”
dico.
“Non
ti preoccupare. Però ascolta il mio consiglio: cerca sempre
di non
vedere sempre e solo il lato negativo della situazione, sopratutto se
si tratta di una ragazza bella come te e di un ragazzone come lui.
Buona fortuna, ragazzi” ci saluta con la mano e se ne va, una
tazza
di caffè in mano e un giornale straniero nell'altra.
Resto
in silenzio per un po', ancora imbarazzata.. ma più colpita
dalle
parole del signore.
Forse
ha ragione.. ma ora proprio non ce la faccio a vedere il lato
positivo della situazione, riesco solo a vedere il lato pazzo e folle
e senza senso di tutto questo.
Sospiro
e cerco di riprendere il controllo.
Robert
apre la bocca per dire qualcosa ma in quel momento una voce
dall'interfono ci avvisa che il nostro volo sta per decollare,
dobbiamo prendere posto.
Afferro
Ricky e passo davanti a Robert senza guardarlo in faccia.
Che
Dio ci aiuti.
___________________________________________________________________________________________________________
allora, che posso dire?
scommetto che mi volete uccidere e fate bene.
sono una stronza, lo so... ma ho avuto dei problemi.
la scuola, e i compiti e le verifiche e poi i mille altri pensieri che
mi tormentavano che non avevano niente a che fare con questo...
tutto questo,
ecco,
non ha aiutato ad aggiornare.
e so che non è lungo ed è una mezza schifezza e
non ha senso, maaaaaaaaa....
AMATEMI, dai, sono buona.
adesso, con l'estate, dovrò dedicarmi a molte cose ma
cercherò anche di scrivere e aggiornare.
promesso.
almeno ci provo, no? :))))))))))))
quindi...
alla prossima,
vi voglio bene,
grazie per non avermi abbandonata lol
ps. scusate tutti i possibili errori ma l'ho scritto di fretta
perché ero in supermega ritardo e in questi due giorni non
ci sarò quindi dovevo aggiornare per
forza stasera e pure dopo una lunga passeggiata con il mio cane quindi
sono mezza morta sotto il sole,
amatemi ancora di più daaaaaaaaài.
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