Let's make it last forever.

di PLO4O4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***





PROLOGO.


I suoi occhi blu avevano accecato Bill. Guardava quella bambina con le labbra spalancate e gli occhi concentrati solo sulla sua piccola figura, proprio come se fosse un angelo sceso in terra. Conosceva il suo nome, si chiamava Sophie, ed era bellissima. 
Sophie aveva sette anni, gli occhi color del mare, i capelli scuri e la carnagione diafana. Era piccola, magrolina, quasi troppo scarna per la sua età. 
Quel giorno nella loro scuola si stava svolgendo la festa di carnevale, e come ad ogni festa che si rispetti, erano tutti vestiti in maschera. Bill era vestito da Zorro, con una maschera nera sugli occhi ed un mantello dello stesso colore, mentre suo fratello aveva optato per un look da pirata, con tanto di benda e gamba di legno. 
La piccola Sophie invece era una splendida fatina azzurra, ed il colore del vestito rispecchiava quello dei suoi grandi occhi. 
Era sul palco poiché la maestra l’aveva incaricata di leggere una piccola poesia sul carnevale, e a Bill pareva l’unica stella, l’unico fiore, l’unica persona in tutta la sala.

“Se comandasse Arlecchino
il cielo sai come lo vuole?
A toppe di cento colori
cucite con un raggio di sole.
Se Gianduia diventasse
ministro dello Stato,
farebbe le case di zucchero
con le porte di cioccolato.
Se comandasse Pulcinella
la legge sarebbe questa:
a chi ha brutti pensieri
sia data una nuova testa.


La sua voce era minuta proprio come lei, e risuonava armoniosa all’interno della stanza. Il bambino non riusciva a toglierle gli occhi di dosso nemmeno per un istante, e ciò non sfuggì all’intuito del gemello.
Si avvicinò a Bill che – come tutti i presenti nel grande androne della scuola elementare – era in piedi nella sala con il viso rivolto in direzione del palco.
Aggrottò la fronte nel guardare suo fratello, stringendo il suo braccio inaspettatamente.
-Le bambine sono stupide.
Il suo tono appariva quasi indignato, e la sua espressione era visibilmente corrucciata mentre tentava di tirare Bill dal gomito. 
-Andiamo a giocare alla guerra.
Fu ciò che disse infine, trascinando il gemello a forza in giardino, mentre Bill tentava in ogni modo di protestare. Voleva restare lì, avrebbe ascoltato in eterno la piccola Sophie leggere quella poesia, avrebbe voluto continuare a guardare quei grandi occhi sorridere ad ogni parola che veniva fuori da quelle labbra.




- Stellaindienacht.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


CAPITOLO UNO.


Aveva solo sette anni, non poteva sapere cos’era l’amore. Quello strano sentimento che ti fa fare cose stupide di cui parlavano tutti, dalle maestre, ai genitori, agli attori nei film. Nonostante l’età, però, l’unica cosa che Bill poteva dire con assoluta certezza era che non riusciva a togliersi dalla mente Sophie. Erano due settimane, ormai, che non pensava ad altro; dal giorno della festa di Carnevale. Tom lo prendeva in giro, diceva che l’amore era una cosa da femminucce, che se lui avesse continuato a comportarsi in quel modo non avrebbero mai più giocato assieme. Ovviamente non era vero, non avrebbe mai abbandonato suo fratello, ma Bill cercava di non parlare della bambina che gli piaceva tanto quando c’era il suo gemello nei paraggi.

- Dai Bill, altrimenti facciamo tardi a scuola! Muoviti! - Simone chiamò suo figlio, ancora intento a guardarsi allo specchio ed a sistemare i capelli chiari al meglio. 

- Sì, smettila di farti bello! Tanto Sophie nemmeno ti guarda! - lo canzonò Tom mentre scendeva le scale ridendo. Afferrò lo zainetto ed uscì con sua madre, mettendosi in auto ed aspettando che anche suo fratello facesse lo stesso. Bill sbuffò sonoramente sentendo le sue parole e, con un ultimo sguardo sconsolato allo specchio, si affrettò a scendere al piano di sotto, sistemarsi la cartella sulle spalle ed entrare in macchina.

- Non mi importa di Sophie, smetti di nominarla, Tom. -

- Chi è Sophie? - domandò Simone, guardando i bambini dallo specchietto retrovisore e rivolgendo un sorriso divertito al gemello che era arrossito violentemente a quella domanda.

- Nessuno. -

- E’ la ragazza di Bill! Mamma, diglielo anche tu che innamorarsi è da femmine. -

- Non è vero, Tom! - Simone scosse la testa in modo divertito e mise in moto l’auto, uscendo dal vialetto ed imboccando la strada che li avrebbe portati a scuola. - L’amore non è una cosa da femmine. Tutti possono innamorarsi. Succederà anche a te, un giorno. -

- Non è vero, io non mi innamorerò mai mai mai. - fece risoluto, incrociando le braccia al petto e rivolgendo lo sguardo fuori dalla finestra, indispettito dalle parole di sua madre. - E nemmeno Bill dovrebbe innamorarsi. -

- E perché no? -

- Perché no! -

Dopo quella risposta a dir poco eloquente, restarono in silenzio per tutta la durata del tragitto che li condusse da casa a scuola, ed una volta scesi dall’auto Bill rivolse lo sguardo al suo gemello. - Senti, ti va bene se per andare a pranzo ci incontriamo in mensa? Devo fare una cosa prima… -

- Che cosa dev… - il bambino non riuscì a concludere la domanda, che la campanella della prima ora suonò e tutti iniziarono a correre verso la propria classe. - Sì, okay, ci vediamo dopo allora! - disse, seguendo un suo compagno.

Bill sospirò ed accennò un sorriso, lieto di non essere stato costretto a dire a suo fratello dove aveva intenzione di andare. Entrò nella sua classe ed andò a sedersi in fondo all’aula, come al solito. Non aveva molti amici, di solito lo etichettavano come quello “strano” e veniva lasciato in disparte. A suo fratello non accadeva, ma caratterialmente i due erano completamente diversi. Bill era chiuso, riservato, apparentemente timido; quasi nessuno sapeva che bisognava semplicemente conoscerlo un po’ per far sì che il suo carattere adorabile e coinvolgente uscisse allo scoperto. Tom, al contrario, era più spigliato e giocherellone. La maggior parte delle bambine erano “innamorate” di lui, ma il biondino non voleva saperne. Lo divertiva il modo in cui le sue compagne di classe litigavano per ottenere la sua attenzione, e non avrebbe mai scelto una di loro per far sì che i litigi terminassero.

Bill trascorse le prime ore di lezione scambiando soltanto di tanto in tanto qualche parola con Klaus, il suo compagno di banco. A volte era convinto che il bambino parlasse con lui soltanto per pietà, ma preferiva non pensare a quest’opzione non molto soddisfacente. Quando suonò la campanella dell’ultima ora prima della pausa pranzo, si armò di coraggio ed uscì dall’aula, dirigendosi verso la classe di Sophie. Aveva deciso che si sarebbe fatto forza e le avrebbe parlato, anche soltanto per presentarsi. Tom aveva ragione, lei non lo degnava di uno sguardo, ed il biondino si era stancato di questa situazione. Se suo fratello, per di più suo gemello, aveva così successo con così tante bambine, perché lui non poteva essere voluto da una di loro?

Si appoggiò alla parete di fronte alla classe, e quando la vide uscire ringraziò dio che fosse da sola. Si stampò un bel sorriso sul viso e le si avvicinò, parlando subito. - Ciao! -

La bambina si bloccò e lo guardò, aggrottando appena la fronte come per cercare di capire chi fosse. - Ehm… ciao. - rispose, con la sua solita vocetta dolce e squillante.

- Io… io sono Bill. - fece titubante, senza riuscire a spostare lo sguardo dalle iridi azzurrine dell’esile bambina di fronte a lui. - Ti ho vista alla festa di Carnevale, e… mi… mi andava di conoscerti, ecco. -

- Oh! - Sophie sorrise alle sue parole, ed annuì appena quando lui accennò alla festa. - Sì, ho recitato la poesia. E tu da cosa eri vestito? -

Dire che fu rapito da quel sorriso sarebbe stato troppo poco. I due iniziarono a camminare per il corridoio assieme, parlando come se si conoscessero da una vita, scherzando e divertendosi. E, probabilmente per la prima volta in tutta la sua esistenza, Bill non pensò a suo fratello. Dimenticò completamente l’appuntamento che avevano per pranzare assieme, e non immaginava nemmeno le conseguenze che tale gesto avrebbe portato.




- P_Sunshine.

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


CAPITOLO DUE.


“E’ tardi.”

Era tutto ciò che Tom riusciva a pensare mentre si soffermava a guardare l’orologio appeso alla parete della mensa ogni tre minuti esatti. Perché Bill non era ancora arrivato? E cosa aveva da fare di così misterioso? In fin dei conti, Bill aveva sempre detto tutto a suo fratello, dai segreti inconfessabili alle semplicissime banalità. Gli amici di Tom lo guardavano da un tavolo poco distante, chiedendosi che cosa avesse e per quale motivo se ne stava tutto solo per pranzo.

-Tom, vieni a mangiare con noi!- Lukas, un biondino tutto pepe, dondolo indietro con la sedia mentre fece cenno con una mano al bambino affinché li raggiungesse.
-Non posso, devo aspettare Bill.- Fu la semplice risposta che ricevette. Lukas si limitò a scrollare le spalle, tornando a conversare con il resto del gruppo e a terminare la sua pizza.

Finalmente, quando Tom sollevò lo sguardo, dalla piccola porta d’ingresso della sala mensa apparve la figura del suo gemello. Non riusciva a credere ai suoi occhi quando vide Sophie che, camminando al suo fianco, parlava e rideva come se fosse la sua migliore amica. Lui era il suo migliore amico, e nessun altro poteva privarlo di suo fratello, tantomeno una sciocca bambina con i codini rosa e la voce da ochetta.

Il pranzo si sarebbe concluso a breve, ed i bidelli tiravano già a sorte per chi di loro si sarebbe dovuto alzare dalla portineria per andare a suonare la campanella che avrebbe annunciato la ripresa delle lezioni. Al di sotto del tavolo, le mani di Tom si strinsero in dei serrati pugni che quasi potevano fargli dolere le nocche. Si alzò improvvisamente dalla sedia di plastica sulla quale era seduto, abbandonando il vassoio con il pranzo ancora intatto, decidendo infine di raggiungere suo fratello che si era fermato dinnanzi il bancone dei gelati. 

-Vaffanculo.

Dalle labbra di Tom quella parola venne fuori aspra e violenta, ma il suo tono di voce era basso, solo Bill e Sophie furono capaci di sentirlo. Bill si voltò improvvisamente quando sentì la voce di suo fratello, spalancando le palpebre e guardandolo come se avesse compiuto chissà quale reato aggravato.

-Lo dico alla mamma!- Urlò Bill con il suo tono di voce squillante, irrigidendo i lineamenti del viso.

-Vaffanculo vaffanculo vaffanculo vaffanculo!- La discussione stava divulgando al punto che adesso anche gli altri bambini si erano voltati ad osservarlo sconvolti. Tom si guardò intorno, sentendosi improvvisamente osservato, mentre sulle sue gote apparivano alcune chiazze appena rossastre ed il silenzio calava nella stanza. 

-Oh no, alla mamma non piacerà.

Le parole di Bill pronunciate con il suo classico tono da maestrino irruppero in quel silenzio, spezzandolo definitivamente. 

-E’ tutta colpa sua. Per favore Bill, lasciala stare, ti prometto che non ti obbligherò mai più ad andare sullo skateboard e se vuoi mi farò anche truccare, ma tu lasciala stare e torna a giocare insieme a me.

Il tono della voce di Tom era strano, diverso da quello strafottente che il bambino era solito usare. Era quasi supplichevole e spezzato, come se da un momento all’altro avrebbe potuto scoppiare in lacrime. No, non lo avrebbe fatto. Tom non era il tipo, al massimo avrebbe lanciato qualcosa contro il muro oppure avrebbe potuto decapitargli il peluche di Snoopy, ma non avrebbe mai pianto. 

-E’ la mia fidanzata. Voglio giocare insieme a lei.

I lineamenti di Tom ritornarono tesi. Non aveva mai sentito suo fratello usare quel tono così freddo e distaccato, non con lui. Tom era per Bill l’eroe dei cartoni animati che improvvisamente spunta dal nulla per salvarlo. Ed era vero, lo salvava sempre, dalla mamma quando si metteva nei guai, dai bambini che lo prendevano in giro, da suo padre quando.. quando voleva picchiarlo. L’aveva sempre guardato con occhi dolci, quasi sognanti. 

“Vaffanculo, Sophie!”




- Stellaindienacht.

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Capitolo 4
*** Capitolo tre. ***


CAPITOLO TRE




Durante il tragitto in auto da scuola a casa, i due bambini restarono in silenzio, rivolgendosi di tanto in tanto uno sguardo torvo. Simone li osservava incuriosita e stupida dal sedile anteriore, mentre guidava. Non si erano mai comportati in quel modo; ovviamente capitava anche ai suoi figli, come a tutti i fratelli, di litigare, ma solitamente i due gemellini non riuscivano a trascorrere nemmeno cinque minuti consecutivi senza parlare e giocare assieme.

- D’accordo, volete dirmi cos’è successo? – proruppe infine, non appena ebbe parcheggiato l’auto nel vialetto di casa. Si voltò verso di loro, restando però seduta, ed aspettò che uno dei due proferisse parola.

- Niente. – disse Bill con voce cupa, incrociando le braccia al petto con fare risoluto e puntando lo sguardo fuori dal finestrino come se non avesse intenzione di aggiungere altro.

- Tom, allora cos’è successo a te? – sospirò pazientemente la donna, puntando i propri occhi nocciola sull’altro biondino, che d’altro canto scosse energicamente la testa quasi a volersi tirar fuori da ogni impiccio.

- Io non ho fatto proprio niente, questa volta. – borbottò coinciso, aprendo la portiera dell’auto e prendendo lo zainetto, per poi correre su in casa ed andare a chiudersi nella propria stanza. Non riusciva proprio a mandar giù il fatto che il suo fratellino avesse trovato qualcun altro con cui giocare. Era lui quello popolare con cui tutti volevano stare, non Bill! E poi questa Sophie non gliela contava giusta; sicuramente voleva soltanto prendere in giro suo fratello ed allontanarlo in tutti i modi da Tom. No, no, no, no. Bill non poteva stare con lei! Loro avevano un patto. Non si sarebbero mai e poi mai fidanzati.

Bill aspettò un po’ prima di salire in camera dov’era suo fratello; lo conosceva fin troppo bene, sapeva perfettamente che prima di iniziare una qualsiasi discussione avrebbe dovuto lasciar sbollire la sua rabbia, altrimenti non avrebbero concluso un bel niente. Ovviamente era consapevole del fatto che Tom si sentiva escluso adesso che lui aveva una nuova amica, ma era inevitabile che prima o poi sarebbe accaduto. E poi, lui aveva così tanti amici oltre Bill…

Bussò titubante alla porta, nonostante quella fosse anche la sua stanzetta, per poi entrarvi quasi in punta di piedi. – Tomi? – fece esitante, chiudendosi la porta alle spalle ed osservando suo fratello, seduto per terra con delle macchinine tra le piccole mani. – Dai, lo sai che Sophie non sarà mai come te. -

- Ah, davvero? – sbottò il biondino, alzando lo sguardo verso quello del fratello e trucidandolo quasi con quegli occhi così simili ai suoi. – Avevi persino dimenticato che dovevamo pranzare insieme per stare con… quella! E poi non la conosci nemmeno! E poi lei nemmeno ti vuole! -

- Non dire stupidaggini! -

- Non. Ti. Vuole! -

- E allora perché vuole stare con me? Perché abbiamo giocato insieme prima? -

- Perché… perché… - cosa avrebbe potuto dire? Non era bravo ad inventare bugie, e lui non aveva idea del motivo per cui Sophie era così entusiasta di stare con suo fratello. Voleva semplicemente trovare un pretesto perché lui non la vedesse più. Era soltanto mezza giornata che quei due si conoscevano, e già Tom non ne poteva più. – Oh, non lo so perché. Ma tu sei mio fratello, devi stare con me! -

- Starò sempre con te, ma voglio anche altri amici… -

- Perché? Non ti basto io? – appena ebbe pronunciato quella semplice domanda abbassò lo sguardo, come se se ne fosse pentito immediatamente. Tom non era così. Lui non era mai insicuro o bisognoso di conferme, lui era forte e prepotente. Era diverso da Bill. Apparentemente.

- Certo che mi basti, Tomi. Sei il mio migliore amico. Anche tu hai altri amici, no? Tutti vogliono sempre stare assieme a te… adesso ho trovato anche io un’amica, non sei felice per me? – si strinse nelle spalle, procedendo a piccoli passi verso di lui e sedendosi a gambe incrociate di fronte a suo fratello, prendendo poi una delle macchinine rosse. – Giochiamo? – chiese semplicemente, al ché il suo gemello accennò un sorriso ed annuì, afferrando una macchinina gialla. Da quel giorno Sophie entrò a far parte sempre più della vita di Bill e, nonostante Tom non ne fosse particolarmente entusiasta, dovette imparare ad accettarlo. D’altra parte, in realtà sapeva bene che nessuno avrebbe mai potuto prendere il suo posto.




- P_Sunshine.

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro. ***


CAPITOLO QUATTRO




Era il primo settembre duemilatre. 
 

I gemelli compivano quattordici anni, ed avevano organizzato una piccola festa a casa loro, alla quale erano stati invitati soltanto gli amici più intimi. Il pranzo era stato organizzato da Simone, mentre Jorg si era limitato ad una breve telefonata mattutina per augurare un buon compleanno ad entrambi i suoi figli.

Sophie aveva trascorso a casa Kaulitz la notte antecedente a quella giornata. I rapporto tra Bill e Sophie si era intensificato, erano diventati inseparabili, come se tra di loro ci fosse stata un’attrazione sin dal primo momento, che non aveva permesso che i due si allontanassero mai, durante gli anni, l’uno dall’altra. Bill era il migliore amico di Sophie, l’unica persona alla quale si sentiva veramente legata fino in fondo, l’unico in cui riscontrava una complicità vera. 

Sophie, per Bill, non era la stessa cosa. Il ragazzo si era segretamente preso una bella cotta per lei sin dalla prima volta alla festa di carnevale, ed è noto che tra bambini le storie d’amore sono solo delle semplici baggianate, eppure per Bill era stato diverso. Sophie non era stata semplicemente la bambina a cui aveva sollevato il grembiule mentre giocavano al parco, non era stata una sorta di dispetto per suo fratello e la sua “fama”. Sophie era stata l’unica, a parte Tom, ad averlo accettato così com’era, sempre. Anche quando si era presentato a scuola con l’eye liner sugli occhi ed i capelli tinti, anche quando tutta la classe non faceva altro che prenderlo in giro per via dei suoi vestiti, anche quando sentiva il mondo crollargli addosso. Lei c’era.

Sophie e Tom erano la sua forza.

In un certo senso, anche Tom si era legato alla moretta, anche se tentava in tutti i modi di non darlo a vedere. Passare del tempo insieme a Bill valeva a dire trascorrerlo anche insieme a Tom, dunque era stato inevitabile. Il biondo sapeva rendersi veramente insopportabile, e solitamente faceva di tutto per farlo, soprattutto in presenza di Sophie. Trascorrevano la gran parte del tempo a battibeccare tra di loro, ad insultarsi, a punzecchiarsi a vicenda, e nonostante Bill cercasse in tutti i modi di metter pace, rinunciava subito all’intento per paura di schierarsi dalla parte di uno dei due.

-Giochiamo a nascondino?

-Tom, non sei grande per giocare a nascondino?- Simone sorrise al bambino mentre faceva avanti ed indietro dalla cucina al piccolo giardino interno, intenta a sparecchiare la tavola.

-Mamma, zitta, fatti i fatti tuoi.- Fu la risposta brusca del rasta mentre si voltava in direzione degli amici, attendendo una loro risposta.

-La mamma ha ragione, Tom. – annuì il gemello.

-Che palle, lo dici solo perché non vuoi che la principessina si sporchi.- Il suo tono era annoiato ed il suo sguardo si era abbassato su un tovagliolo rimasto ancora sul tavolo, che strinse poi tra le dita per iniziare a strapparlo per farlo in mille pezzettini. 

-Io non ho paura di sporcarmi, finocchietto!- La voce di Sophie era forte e squillante quando bastava per irritare Tom che – oramai abituato – ignorò di proposito la bambina.

-Allora facciamo un gioco da grandi.

Il gruppetto volse subito lo sguardo verso Lukas, evidentemente curiosi di sapere a cosa si riferisse.

-Giochiamo al gioco della bottiglia.

Sulle labbra di Tom comparve immediatamente un piccolo sorriso furbo quanto compiaciuto, mentre le gote di Bill si dipinsero di un rosso imbarazzato. Sophie, Klaus e Johanne erano indifferenti a quella proposta, si limitarono semplicemente a scostare lo sguardo sui gemelli in attesa di un loro responso.

Bill non aveva la minima intenzione di aprire la bocca, né per accettare né per negare. Se si fosse rifiutato, cosa avrebbe pensato Sophie? Avrebbe pensato che era un fifone, e lo era per davvero. 

Fu Tom a decidersi, prendendo subito la bottiglia di plastica vuota sul tavolo.

-Inizia tu, Lukas. – Posò la bottiglia sul tavolo proprio dinnanzi al ragazzo, il quale dapprima lo guardò incerto, scorrendo subito dopo lo sguardo sui cinque ragazzi seduti attorno al tavolo.

Piegò orizzontalmente la bottiglia, facendola girare un paio di volte mentre tutti attendevano curiosi di sapere dove si sarebbe fermata. Il tappo della coca-cola puntò su Tom, il quale istintivamente inarcò un sopracciglio.

-Su Tom, facci vedere quanto sei bravo! - Sophie non era riuscita a trattenersi dal cogliere anche quell’occasione per punzecchiarlo, ma lui si limitò a scoccarle un’occhiata fulminea che lei ignorò di proposito.

Lukas guardò il rasta e quest’ultimo ricambiò lo sguardo prima che entrambi, nello stesso momento, esclamarono un deciso “passo!”, facendo sì che tutti scoppiassero in una sonora risata.

-Okay, okay, niente baci gay. – Tom scosse il capo divertito, rabbrividendo al solo pensiero di sfiorare le labbra di un ragazzo. Si decise infine ad afferrare la bottiglia e poggiarla sul tavolo dinnanzi a sé, mentre anche il suo sguardo si mosse tra tutti, soffermandosi su quello di Sophie per alcuni secondi.

“Oh ti prego, non lei” fu ciò che passò nella sua mente solo alcuni secondi prima di lasciar girare la bottiglia.




- Stellaindienacht.

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