Like an Hurricane di TheOnlyWay (/viewuser.php?uid=125619)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Chapter 1. ***
Capitolo 3: *** Chapter 2. ***
Capitolo 4: *** Chapter 3. ***
Capitolo 5: *** Chapter 4. ***
Capitolo 6: *** Chapter 5. ***
Capitolo 7: *** Chapter 6. ***
Capitolo 8: *** Chapter 7. ***
Capitolo 9: *** Chapter 8. ***
Capitolo 10: *** Chapter 9. ***
Capitolo 11: *** Chapter 10. ***
Capitolo 12: *** Chapter 11. ***
Capitolo 13: *** Chapter 12. ***
Capitolo 14: *** Chapter 13. ***
Capitolo 15: *** Chapter 14. ***
Capitolo 16: *** Chapter 15. ***
Capitolo 17: *** Chapter 16. ***
Capitolo 18: *** Chapter 17. ***
Capitolo 19: *** Epilogue. ***
Capitolo 1 *** Prologue. ***
Prologue.
Ho
sempre pensato che i
ragazzi fossero stupidi e insensibili. Poi ho conosciuto lui
e ne ho avuto la conferma: sono dei completi idioti.
E
non è colpa loro,
probabilmente è una questione genetica, anche se in effetti
dovrebbero iniziare
a cercare una cura per questa stupidità dilagante.
Insomma,
ci sarà pur qualcosa
che si possa fare, per evitare che diano aria alla bocca, tanto per
dimostrare
che sono addirittura in grado di
formulare un pensiero coerente.
Quando
ho capito che Louis
Tomlinson è un idiota?
Non
mi ci è voluto molto, se
devo essere sincera. È bastato che lo incontrassi nel
corridoio, vicino al mio
armadietto.
«Ciao,
bambolina.»
Era
il mio primo giorno nella
nuova scuola e tutto ciò che desideravo era diventare
invisibile. Essere al
centro dell’attenzione non mi era mai piaciuto un
granché: preferivo starmene
sulle mie, parlare il tanto necessario e ignorare completamente tutto
il resto.
Louis aveva rovinato i miei piani, perché aveva catturato
l’attenzione di tutti
i presenti con due semplici parole.
Sorrideva,
mentre dietro di
lui quattro ragazzi osservavano la scena con particolare interesse. E
poi si
dice che sono le ragazze a girare in branco.
«Bambolina
ci chiami tua
sorella, idiota.»
Avevo
sibilato, seccata,
prima di voltargli le spalle e incamminarmi verso la mia classe, seppur
non
avessi la minima idea di dove fosse. Tutto, pur di allontanarmi da
lì.
Sentivo
chiaramente i
bisbigli che seguivano il mio passaggio, ma avevo deciso di ignorarli,
perché
non ero per niente intenzionata a dare adito ad ulteriori pettegolezzi.
Era
stato sufficiente rispondere ad un cretino convinto, per essere sulla
bocca di
tutti, e non osavo pensare cosa sarebbe successo se avessi mormorato
quello che
davvero mi passava per le testa.
Ma
ero l’ultima arrivata e
non sapevo niente.
Avrei
scoperto a mie spese,
tempo dopo, quanto Louis avrebbe cambiato la mia vita, fiondandocisi
dentro
come un uragano.
***
Ciao a tutte!
Ecco,
è la prima storia che pubblico sui One Direction, e non sono
nemmeno sicura di cosa ne verrà fuori, ma ho deciso lo
stesso di provarci... Non si sa mai che a qualcuno potrebbe piacere :)
Tutto qui :)
Se vi
và, lasciate un commento, sarebbe davvero importante, per
me, sapere cosa ne pensate!
Grazie,
Fede.
|
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Capitolo 2 *** Chapter 1. ***
Chapter 1.
«Tesoro,
potresti passarmi il
martello?»
La
voce di mia madre mi
raggiunse dalla cucina, un po’ smorzata. Andai a vedere cosa
stesse facendo,
lievemente preoccupata; mamma aveva la pericolosa tendenza a mettere
mano in
cose che la maggior parte delle volte non sapeva come gestire.
In
quel momento era infilata
fino a metà busto nella credenza accanto al frigo e, a
giudicare dai colpi che
continuavano a far traballare il mobile, stava cercando di fissare un
ripiano.
«Non
sarebbe meglio, che ne
so, comprare dei mobili nuovi? Mamma, questa cucina sta cadendo a
pezzi…»
mormorai, allungandole comunque il martello.
«Non
dire assurdità, tesoro.
– riprese a martoriare quel povero pensile, senza un briciolo
di pietà – I
mobili sono in perfette condizioni, è solo che questa
mensola… ecco. Ho fatto.»
Gettai un’occhiata piuttosto scettica al ripiano, mentre
mamma si levava dalla
fronte una ciocca di capelli biondi che era sfuggita al controllo dello
chignon. Ero sicura che entro sera mi avrebbe chiesto di guardare dove
fosse il
mobilificio più vicino.
«Allora,
com’è andata a
scuola, oggi?» la sua espressione speranzosa mi fece
desistere dal mio progetto
iniziale, ossia dirle che in quel posto erano tutti un branco di idioti.
«Bene.
Sono tutti molto simpatici.»
risposi perciò, guardando altrove per non farle capire
quanto fossi ben lontana
dal dire la verità.
«Mi
fa piacere. Lo sapevo che
ce l’avremmo fatta, Cass.» sostenne, mentre gli
occhi le si facevano lucidi.
Non
mi ero mai soffermata a
pensare che trasferirci a Doncaster potesse essere difficile anche per
mamma.
Lei era sempre così forte, così coraggiosa. E
aveva preso la decisione migliore
per entrambe, quando aveva approfittato dell’assenza di
papà per preparare i
bagagli e caricarli su un furgone a noleggio.
Tempo
cinquanta minuti ed
Halifax era lontana, così come papà, che al suo
ritorno avrebbe trovato solo un
biglietto. Non avevo fatto in tempo a leggerlo, perché mamma
mi aveva
letteralmente trascinato fuori di casa.
«Tu
sai sempre tutto, mamma.»
le sorrisi, prima di lasciarle un bacio sulla guancia, afferrare una
mela dalla
busta della spesa e avvicinarmi al ripiano appena montato.
Appoggiai
la mela e la
mensola cedette, cadendo sul fondo del pensile.
«Ora
che ne dici se cerchiamo
un mobilificio?»
«Odio
quando hai ragione.»
borbottò, incrociando le braccia sotto il seno.
«Lo
so.» ridacchiai,
divertita.
***
«Quando
inizi a lavorare?»
chiesi, mentre stendevo la tovaglia a quadretti bianchi e blu sul
tavolo della
cucina.
«Domani.
Samantha dice che
hanno bisogno immediatamente; spero solo di non aver perso il
tocco.» mormorò
mamma, aiutandomi a disporre i piatti di plastica. Ad Halifax faceva la
parrucchiera, ed era veramente bravissima: quando c’era lei,
il salone era
sempre pieno. Poi le cose erano degenerate, e aveva dovuto licenziarsi.
«Potrei
trovarmi un lavoretto
anche io. Come baby-sitter, magari.» proposi.
Da
quando avevamo messo piede
a Doncaster, circa una settimana prima, ci avevo pensato continuamente.
Potevo
e dovevo aiutare mamma a ricominciare una nuova vita.
«Non
è necessario, tesoro.
Credo proprio che guadagnerò bene, da Sam.»
Ovviamente
lo sapevo che
avrebbe bocciato la mia idea, perciò avevo già
deciso per conto mio. Non appena
avessi ingranato bene con la scuola, avrei fatto in modo di cercare un
piccolo
lavoretto. Non necessariamente come baby-sitter, mi sarei accontentata
anche di
un part-time in un bar, o qualcosa del genere.
«Lasciamo
perdere questi
discorsi, d’accordo? Non devi preoccuparti.»
Mi
scompigliò i capelli e
andò a spegnere il gas. Dopo aver scolato la pasta, me ne
versò una porzione
non troppo grande nel piatto e iniziammo a mangiare.
Speravo
davvero che lasciasse
perdere il discorso scuola, perché non mi andava di
inventarmi una marea di
bugie. Volevo che stesse tranquilla, visto che ultimamente avevamo
già avuto un
sacco di problemi.
In
quel momento, poi, Louis
Tomlinson era completamente assente dai miei pensieri.
«Credi
che papà…» cominciai,
ma mi interruppi subito, quando il viso di mamma si adombrò
parecchio. Credevo
fosse inevitabile parlarne, prima o poi.
«Tuo
padre non è più affar
nostro, Cassidy.» E seppi che il discorso era stato chiuso.
Mamma
si allontanò, con la
scusa di dover sistemare l’ultimo scatolone in camera sua e
mi lasciò da sola,
preda dei sensi di colpa.
Buttai
la pasta nella
spazzatura: mi era passata la fame. Dopo aver sparecchiato e lavato i
piatti,
recuperai il mio zaino dal salotto e salii in camera mia. Magari avrei
fatto i
compiti di matematica per il giorno seguente, oppure me ne sarei
direttamente
andata a letto, visto che non avevo nient’altro da fare.
Niente
compiti, non ne avevo
voglia. Li avrei fatti l’indomani mattina in classe.
Frugai
nel cassetto alla
ricerca del pigiama e lo indossai. Poi mi infilai sotto le coperte, e
chiusi
gli occhi.
Non
era stata per niente una
bella giornata, pensai. Prima quel simpaticone di cui ancora non
conoscevo il
nome mi aveva chiamata bambolina, poi mia madre si chiudeva in camera
per il
resto della serata.
Le
cose non potevano peggiorare,
vero?
L’ultima
cosa a cui pensai,
prima di addormentarmi, fu papà. Chissà come se
la stava cavando, senza di noi.
Sapevo che era sbagliato, continuare a pensare a lui come ad un uomo
buono e
gentile.
La
verità era che, prima di
diventare alcolizzato, papà era davvero
buono e gentile. Poi aveva iniziato a bere, dopo che il suo datore di
lavoro
l’aveva licenziato e la situazione era precipitata. Da
lì a picchiare mamma il
passo era stato breve. Quando, alla fine, aveva tirato uno schiaffo
anche a me,
mamma aveva perso la pazienza e la speranza, aveva raccolto baracca e
burattini
e aveva allontanato entrambe da quell’uomo che ormai era
diventato
irriconoscibile.
***
La
mattina seguente mi
svegliai di pessimo umore. Avevo dormito poco e niente, tormentata dai
sensi di
colpa per quello che avevo detto a mamma e avevo continuato a rigirarmi
nel
letto per parecchie ore, prima di riuscire a prendere sonno.
E
quando finalmente mi ero
addormentata, era suonata la sveglia.
Dopo
essermi vestita con le prime
cose che trovai nell’armadio, scesi al piano di sotto. Volevo
chiedere scusa a
mamma per la sera prima, ma lei era già uscita. Sul frigo
aveva lasciato un
bigliettino rosa, attaccato con un pezzo di scotch.
“Buona giornata, tesoro.
E non sentirti in colpa, per
ieri. È stata solo una brutta giornata. Ti voglio bene, ci
vediamo stasera”
aveva scritto, con quella sua calligrafia un po’
spigolosa ma tutto sommato elegante.
Sapere
che non se l’era presa
mi fece stare decisamente meglio, così mi sentivo pronta ad
affrontare quel
secondo giorno di scuola un po’ più di buon umore.
Una
volta arrivata davanti
all’ingresso della scuola, però, il poco ottimismo
che avevo guadagnato scemò
velocemente, di fronte al gruppo di ragazzi appostati
all’entrata.
E
non avevo alcun dubbio:
guardavano me.
«Guarda
un po’ chi si rivede.
Ciao, bambolina.» mi si
pararono
davanti, quasi in formazione. Probabilmente cercavano di intimidirmi,
ma ero
abituata a quelli come loro. Si facevano forza perché
stavano insieme, ma da
soli erano come tutti gli altri.
«Mi
faresti passare, per
cortesia?» domandai, con una punta di acidità. Non
avevo davvero voglia di
perdere il mio tempo con quell’ammasso di idioti.
Lo
fissai negli occhi,
tranquilla. E lui ricambiò il mio sguardo, sornione.
Evidentemente, non aveva
nessuna voglia di lasciarmi in pace.
«E
dove vorresti andare? È
presto, ancora.» insinuò, senza muoversi di un
centimetro.
«Non
credo che sia un tuo
problema. Spostati.» intimai, posandogli una mano
all’altezza del braccio e
spingendolo lievemente da parte.
Non
oppose nemmeno
resistenza. Anzi, si spostò subito, con quel sorriso
irritante stampato in
faccia e gli occhi azzurri che scintillavano divertiti.
«Ehi,
Lou, si può sapere che
ti prende?» sentii chiedere, dietro di me.
«Niente.
Mi sto solo
divertendo.» rispose lui. Sentivo il suo sguardo trapassarmi
la nuca e non mi
piaceva affatto. Odiavo sentirmi posta sotto esame.
‘Fanculo,
pensai, mentre
inserivo la combinazione del mio armadietto.
Poi
qualcuno picchiettò sulla
mia spalla, facendomi spaventare. Mi voltai di scatto, ma le parole mi
morirono
in gola.
Sembrava
proprio che non
volessero lasciarmi stare, quel giorno. E dire che non avevo fatto
niente per
attirare la loro attenzione.
Rivolsi
al biondino
un’occhiata colma di risentimento e di stizza, poi lo invitai
a parlare.
«Mi
chiamo Niall.» si
presentò, porgendomi una mano. La fissai per qualche
secondo, senza la minima
intenzione di stringerla. Lui ridacchiò, per niente offeso,
e si appoggiò
all’armadietto accanto al mio, fissandomi attentamente.
«Be’?
Cosa vuoi? Impedirmi di
andare in classe?» chiesi, sarcastica. Ne avevo
già abbastanza e le lezioni non
erano nemmeno cominciate.
«Voglio
accompagnarti.»
spiegò lui, con tono di ovvietà.
«Ma
davvero? Grazie, non ne
ho bisogno.» rifiutai, afferrando il libro di storia e
chiudendo l’armadietto
con più forza del dovuto. Mi stavo innervosendo parecchio.
«E
dai, non c’è bisogno di
fare così. Tanto siamo in classe insieme.»
«Che
incredibile fortuna.»
sibilai, mollandolo lì su due piedi e dirigendomi in classe.
Niall
mi seguì: evidentemente
aveva deciso di farmi da guardia del corpo, o più
semplicemente da stalker.
Quando
entrammo in classe,
l’attenzione di venti persone – no, dico: venti!
– si concentrò immediatamente su di me.
Dio,
qualcuno mi salvi,
pensai. Ma, come al solito, non successe niente. Anzi, le cose
peggiorarono
sempre di più, visto che quella seccatura
dell’insegnante di storia entrò in
classe in quel momento.
«Cosa
fate ancora in piedi,
voi due? Fuori! Se non avete voglia di stare in classe,
uscite.»
***
Pubblico subito il
primo capitolo, in modo che possiate farvi un'idea minuscola sulla
storia. Solo il prologo mi sembrava un pò pochino...
Spero
vi sia piaciuto!
Ripeto,
se vi và, fatemi sapere che ne pensate ;)
|
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Capitolo 3 *** Chapter 2. ***
Chapter 2.
Decisamente
perplessa, seguii
Niall fuori dalla classe. Mi grattai una guancia, confusa. Ma cosa
avevo fatto,
di male? La lezione non era neanche iniziata, e già mi aveva
sbattuto fuori.
Quella sottospecie di donna doveva sentirsi parecchio male.
«Non
avrà battuto chiodo.»
mormorò Niall, incamminandosi verso il cortile interno della
scuola.
«Che
fai, non vieni?» si
voltò e mi sorrise, semplicemente. Come se fossimo amici da
chissà quanto
tempo. Alzai le spalle, cercando di non pensare alle conseguenze di
ciò che
stavo per fare.
Mi
affiancai a lui e in
completo silenzio raggiungemmo il cortile. Niall si sedette
sull’erba, con le
gambe incrociate, e alzò il viso verso il sole, che quel
giorno aveva deciso di
intiepidire almeno un po’ l’aria di solito gelida.
«Non
mi hai ancora detto come
ti chiami.» disse, dopo qualche minuto di silenzio.
«Cassidy.»
borbottai, ancora
un po’ restia. Insomma, dovevo dire la verità:
Niall non sembrava tanto male,
ma sapere che andava in giro con quello
aveva fatto nascere in me parecchi pregiudizi.
«Bel
nome.» commentò,
rivolgendomi un sorriso simpatico. Mio malgrado, mi ritrovai a
ricambiare.
Aveva un sorriso contagioso, Niall.
«Grazie.»
«Come
mai ti sei trasferita a
Doncaster?»
Non
guardava più il cielo,
fissava me e sembrava realmente interessato. Tuttavia non gli avrei
certo
raccontato i fatti miei. Non lo conoscevo e poi erano cose troppo
personali.
Non volevo dare a nessuno la possibilità di mettere in
circolazione voci sul
mio conto.
«Cambio
domanda?» chiese, di
fronte al mio silenzio risoluto.
Ancora
una volta non risposi
e Niall sembrò prenderlo come un assenso.
Passò
i venti minuti
successivi a tempestarmi di domande, alle quali risposi sinteticamente
e non
proprio volentieri. Non mi sentivo un granché a mio agio,
con i ragazzi.
Soprattutto con quelli di una certa “portata”, se
così si poteva definire
Niall.
Lui
era conosciuto, nella
scuola, e farmi vedere in sua compagnia avrebbe scatenato,
probabilmente, una
serie di pettegolezzi che non avevo voglia di sentire.
«E
così vivi sola con tua
madre.»
Alla
fine, dopo averci girato
intorno, aveva provato a capire qualcosa di più.
«Si.»
«E
tuo padre?»
Non
risposi, iniziando a
fissare ostinatamente la punta delle mie vecchie converse.
Dovevo
ammettere che Niall
non era affatto male, per essere uno che frequentava
quell’idiota. Era
simpatico, e poi i suoi occhi azzurri erano sinceri. Mi sarebbe
piaciuto averlo
come amico, ma c’era qualcosa che mi bloccava.
Accolsi
con sollievo il suono
della campanella, che ci raggiunse forte e chiaro, nonostante fossimo
nel
cortile.
Niall
sbuffò, poi si alzò e
mi porse la mano per fare altrettanto. Forse si aspettava che
rifiutassi, ma
non lo feci.
«Che
ne dici di sederti
accanto a me, durante l’ora di matematica?»
propose, mentre ci incamminavamo di
nuovo verso la classe.
«Io…
ecco…» tentennai. Dovevo
dirgli di si?
Il
suo sorriso speranzoso mi
tolse ogni dubbio.
«E
va bene.»
***
«Cass!»
Ero
appena entrata in mensa,
e mi stavo dirigendo verso la coda per ritirare il pranzo, anche se non
avevo
per niente fame.
Perciò
mi guardai intorno, un
po’ perplessa. Chi mi aveva chiamato?
«Ehi,
Cass!» voltai lo
sguardo a destra, e vidi Niall che sventolava la mano, facendomi segno
di
raggiungerlo. Inarcai un sopracciglio, incredula.
Ma
faceva sul serio?
Se
fosse stato da solo,
probabilmente non avrei esitato neanche un attimo. Ma era con i suoi
amici e
non mi sembrava un idea brillante. Anche perché sentivo lo
sguardo di uno di
loro, lui, osservare ogni mio
minimo
movimento.
Alla
fine Niall perse la
pazienza e si diresse in gran carriera verso di me, sotto lo sguardo
costernato
di tutti i presenti e soprattutto dei suoi amici, che probabilmente non
capivano cosa gli fosse preso.
«Quante
storie.» borbottò,
mentre mi afferrava per il polso e mi trascinava verso il loro tavolo.
Ero un
po’ riluttante, a dire la verità, ma non mi andava
proprio di stare in
compagnia di quei quattro. Niall era okay, ma loro…
In
ogni caso era troppo
tardi, perché Niall mi aveva già costretta a
sedermi tra lui ed un ricciolino
con gli occhi verdi, che si voltò completamente verso di me.
«Ragazzi,
lei è Cassidy.» mi
presentò.
«Cass,
loro sono Harry, Zayn,
Liam e Louis.» indicò rispettivamente il
ricciolino con gli occhi verdi, un
ragazzo con la pelle ambrata e gli occhi scuri, un biondino con gli
occhi scuri
– era biondo, o castano chiaro? Non capivo – e poi lui.
«Ciao,
bambolina», sorrise,
malizioso. Gli scoccai un’occhiataccia e
decisi di ignorarlo. Forse, se avessi smesso di rispondergli, mi
avrebbe lasciata
in pace.
Sorrise
di nuovo, divertito e
iniziò a mangiare la sua fetta di pizza in tutta calma.
«Tu
non mangi?»
Mi
voltai verso Harry, che
osservava con curiosità il vuoto davanti a me.
«Non
ho fame.» mormorai, in
imbarazzo. Continuavo a sentire gli sguardi di tutti quanti puntati
addosso.
«Se
vuoi puoi prendere qualcosa
da me.» offrì Niall, guadagnandosi quattro
occhiate totalmente sconcertate.
«Sicuro
di sentirti bene?»
chiese Liam.
«Vuoi
che ti portiamo in
ospedale?» propose Harry, sporgendosi in avanti per guardare
meglio l’amico in
faccia.
«La
volete piantare?» si
lamentò Niall, prima di scoppiare a ridere.
Io
non fiatavo, perché non
capivo proprio cosa ci fosse di tanto strano.
«Niall
non rinuncia mai al cibo.
Devi piacergli parecchio.» Zayn mi fece un occhiolino,
divertito. Poi allungò
il suo vassoio verso di me.
«Prendi
quello che vuoi. Io
non ho tanta fame. E poi non vorrei che Niall si sentisse
male.» mi invitò.
Scossi
lievemente la testa.
«Grazie, Zayn. Ma proprio non mi và niente. Ho lo
stomaco chiuso.»
«Sarà
l’emozione.» Ancora una
volta decisi di ignorare i commenti di Louis, che non se la prese
affatto.
Sembrava divertirsi un mondo.
«Posso
chiedere una cosa?»
domandai, improvvisamente curiosa.
«Spara.»
disse Liam,
mettendosi in posizione d’ascolto. Era dall’altra
parte del tavolo, così si
sporse in avanti.
«Mi
è sembrato di capire che
voi, qui a scuola, siete – come dire – piuttosto
conosciuti. Mi sbaglio?».
Magari la mia era stata solo un impressione.
A
giudicare dai ghigni di soddisfazione
che improvvisamente si dipinsero sui volti di tutti e cinque, capii di
avere
azzeccato in pieno.
«No,
non sbagli.» confermò
Louis e, per una volta, mi sembrava serio.
Non
so perché lo feci, ma
scoppiai a ridere. Mi sembrava di essere finita in uno di quei
maledettissimi
telefilm per adolescenti. Mancava solo la Reginetta.
***
«Montgomery,
tocca a te.»
Eravamo
in palestra e
l’insegnante aveva deciso di valutare le nostre
capacità motorie, prima di
stabilire le diverse attività che avremmo effettuato durante
l’anno.
Sinceramente
non capivo il
senso di questa cosa, ma lasciai perdere.
Afferrai
il pallone da
pallavolo e mi posizionai alla fine del campo. Dovevamo semplicemente
spedire
la palla dall’altra parte della rete.
Palleggiai
un paio di volte,
poi lanciai la palla in aria, feci un piccolo salto e la colpii con
forza.
Osservai con soddisfazione la traiettoria seguita dalla palla, che
andò a
colpire l’angolo. Fosse stata una partita, avrei sicuramente
fatto punto.
«Gran
bel tiro, bambolina.»
sussurrò qualcuno, vicino al
mio orecchio. Mi voltai di scatto, spaventata, ritrovandomi a nemmeno
dieci
centimetri di distanza dal petto di Louis.
Era
parecchio più alto di me,
che raggiungevo a stento il metro e sessantacinque.
«Mi
hai fatto prendere un
colpo, idiota.» borbottai, facendo un passo indietro.
Lui
ridacchiò. «Potrei
offendermi, a furia di sentirmi chiamare così.»
«Basterebbe
che tu la
smettessi di chiamarmi bambolina, sai? Non capisco che bisogno ci sia
di fare
il figo», commentai, tranquilla.
Non
avevo mai avuto problemi,
nel dire quello che pensavo, così l’ultima frase
mi era uscita di getto e Louis
era rimasto decisamente spiazzato.
«Tomlinson!
Possibile che non
sei mai in classe?» il professor Brown sembrò
accorgersi solo in quel momento
della presenza di qualcuno estraneo alla classe. E, a giudicare dalla
sua
espressione seccata, Louis non gli stava per niente simpatico.
«La
Collins vuole le chiavi
del ripostiglio.» urlò Louis, di rimando. Poi mi
fece un occhiolino e raggiunse
l’insegnante. Sentii diversi commenti da parte di alcune
delle mie compagne, ma
non ci feci caso.
Poi
Louis si voltò, prima di
uscire dalla palestra.
«Ci
vediamo, bambolina.»
Tutti, e quando dico tutti
intendo anche Brown, si voltarono verso di me, curiosi di sentire cosa
avrei
risposto.
«Nei
tuoi sogni, idiota.»
Che
razza di individuo:
presuntuoso, egocentrico e assolutamente irritante; ecco
com’era Louis
Tomlinson.
***
Ecco
qui il secondo capitolo!
Che ve ne pare?
Volevo
ringraziare b o o b e a
r, Girl in Love e Shining31_ per aver commentato lo
scorso capitolo! Spero che
anche questo vi piaccia!
Inoltre
ringrazio anche le 6
persone che hanno inserito la storia tra le seguite, e le 3 che
l’hanno messa
tra le preferite!
Grazie
:D
|
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Capitolo 4 *** Chapter 3. ***
Chapter 3.
«Fammi
capire un momento…»
Girai
il caffè con aria
assorta, fino a che lo zucchero non si sciolse completamente.
Niall,
che stava mangiando –
anzi, divorando – una brioche alla crema, mi
guardò, stranito.
«Stai
dicendo che tra due
minuti verranno tutti qui?» chiesi, quasi in un ringhio.
Niall
annuì, tranquillo.
Eravamo
in un bar al centro
di Doncaster, a fare colazione. Era sabato, quindi niente scuola.
Quando mi
aveva chiesto se volevo andare a fare colazione insieme a lui avevo
accettato
subito, convinta che saremmo stati da soli.
E
invece lui se ne usciva con
un invito esteso a tutti i suoi amici. Stupida io, a non aver capito
che di
certo voleva farmi litigare con Louis.
Niall
amava vedermi perdere
la pazienza con Louis, diceva di continuo che avrebbero dovuto
dichiararci
un’attrattiva mondiale. Io, da parte mia, mi limitavo a
sbuffare o, più spesso,
a tirargli un pugno sul braccio.
Che
poi, non è che mi
divertissi chissà quanto, a farmi venire il sangue amaro per
colpa di
Tomlinson. La maggior parte delle volte gli avrei volentieri sbattuto
la testa
al muro. Anche se aveva quel sorriso accattivante e quegli occhi
meravigliosi.
«Non
lo sopporto quando mi
chiama…» iniziai, ma un’altra voce si
sovrappose alla mia.
«Bambolina? Peccato, perché non
credo ti chiamerò mai in un altro
modo.» Ecco. Ma che meraviglia. Louis si sedette
dall’altra parte del tavolo,
esattamente davanti a me, che decisi di voltarmi dall’altra
parte onde evitare
un omicidio di prima mattina.
«Ciao,
Cass.»
Liam
mi stava decisamente
simpatico. Aveva sempre il sorriso ed era così dolce che era
impossibile non
volergli bene. Era da lui che ero andata, la settimana prima, dopo che
Louis mi
aveva fatto inciampare in mezzo al corridoio.
Lo
avevo inseguito per mezza
scuola, gridandogli minacce di morte che probabilmente erano state
sentite
anche in Irlanda. Louis continuava a ridere, ma correva piuttosto
veloce e non
ero riuscita a raggiungerlo. Sconfitta, mi ero rifugiata da Liam, che
era
l’unico che provasse a mantenere un contegno. Visto che ci
mancava poco che
Niall si rotolasse sul pavimento. Almeno Harry e Zayn non avevano
assistito
alla scena, o ero sicura che anche loro non mi avrebbero affatto
risparmiato le
prese per il culo.
«Perché
saluti sempre tutti
tranne me?» si intromise Louis, come al solito. Non sembrava,
ma un po’ eravamo
amici. Poco. Il tanto che bastava per capire che la mia voglia di
ucciderlo non
era dettata dall’odio. Il tanto che bastava per capire che il
suo “bambolina”
non aveva niente di offensivo. Semplicemente, voleva rompere le
scatole.
«Fatti
due domande, Louis.»
risposi, prima di terminare il mio caffè in un sorso solo.
Gli
sorrisi, invitandolo a
prendere sul serio la mia proposta.
«Dì
la verità, bambolina.
Quanto ti piaccio?», chiese, cambiando completamente
argomento. Era spiazzante,
quel suo modo di fare.
E
ancora non riuscivo a farci
l’abitudine.
«Si
è fatto tardi. Devo
proprio andare, ciao ragazzi.» E non osate dire che non
volevo rispondere,
perché non è affatto vero.
Mi
alzai, in fretta e furia,
lasciai un bacio sulla guancia di Liam, poi feci lo stesso con Harry,
Niall e
Zayn e quando fu il turno di Louis tentennai un momento.
«Ti
accompagno, tanto siamo
venuti in macchina.» si offrì, prima che mi
abbassassi a baciargli la guancia.
***
«Non
hai risposto alla mia
domanda.» mi ricordò, mentre avviava il motore e
ingranava la prima marcia.
Feci
orecchie da mercante,
come di solito faceva lui. L’unica differenza era che se
Louis si metteva in
testa qualcosa, insisteva fino a che non otteneva ciò che
voleva, in questo
caso una mia risposta.
«Dai,
rispondi.»
«Non
ti voglio rispondere.»
borbottai, incrociando le braccia al petto e fissando ostinatamente
fuori dal
finestrino. Louis ridacchiò.
«E
allora ti piaccio.»
«Sei
proprio un’idiota, Louis.»
ridacchiai. Scherzava, o almeno così credevo.
«E
tu sei permalosa, bambolina.»
Se
mi piaceva Louis? Credevo
di no. Era bello, ma quello chiunque avrebbe potuto dirlo. Ammetterlo,
nonostante il rapporto un po’ strano tra noi due, era segno
di grande maturità:
era quello che continuavo a ripetermi.
Non
gli risposi, persa in un
ragionamento che ormai mi capitava di fare fin troppo spesso.
Mi
lasciava parecchio
perplessa la popolarità dei ragazzi. Anzi, non riuscivo
proprio a spiegarmela.
Insomma, nei film si vedevano sempre le stesse cose: ragazzi sfacciati,
un po’
violenti, che facevano della scuola il proprio regno. Anche nella mia
vecchia
scuola era così.
Ma
loro erano diversi: di
solito, quando si è perennemente al centro
dell’attenzione, si tende a montarsi
la testa. I ragazzi invece erano simpatici, per niente altezzosi o cose
del
genere.
«Senti,
Louis… mi spieghi una
cosa?» chiesi. Magari mi avrebbe chiarito le idee.
Louis
mi ignorò, poi parcheggiò
davanti ad una casa che non era di certo la mia e smontò
dalla macchina.
«Ma
che fai?» lo chiamai,
slacciando la cintura.
«Vieni!»
urlò, mentre frugava
nelle tasche dei jeans ed estraeva un mazzo di chiavi.
Alzai
gli occhi al cielo, poi
lo seguii.
«Tu
ed Harry vivete qui?»
domandai, incredula, mentre varcavo la soglia e mi accomodavo in
salotto, un
po’ nervosa.
Niall
mi aveva spiegato che
Harry e Louis vivevano insieme già da un anno, anche se non
avevo ben capito il
motivo.
«Louis!»
lo chiamai, ma non
mi rispose. Così sbuffai, mi sedetti sul divano e attesi.
Louis scese qualche
minuto dopo e, notai, aveva indossato una felpa rossa.
«Non
potevi semplicemente
dire che avevi freddo?» gli chiesi, facendogli alzare gli
occhi al cielo.
«Ti
preoccupi per me,
bambolina?» rise, prima di sedersi e passarmi un braccio
intorno alle spalle.
Inarcai un sopracciglio, scettica.
«Non
ci starai mica provando
con me, Tomlinson?»
Mi
sforzai di non arrossire,
mentre mi maledicevo ogni secondo che passava per quella uscita
così insensata.
«Sei
troppo intelligente, per
cascarci.»
«Ovvio.»
confermai, mio
malgrado divertita.
Chissà
se avrei mai capito
cos’eravamo io e Louis… amici? Nemici? Conoscenti?
Cosa?
***
«Secondo
te, cosa siamo?» gli
chiesi, quindi, mentre guidava verso casa mia.
Louis
mi guardò, un po’
confuso.
«In
che senso, bambolina?»
«Litighiamo
sempre, no? Credo
di non esserti molto simpatica, e avresti anche ragione, visto che non
faccio
niente per esserlo. Ma a volte sembra quasi che tu ed io siamo amici.
Altre volte
ti vorrei uccidere, invece.» spiegai, un po’
contorta. Chissà se aveva capito
cosa intendevo dire.
«Tipo
quando mi fai gli sgambetti
in mezzo al corridoio.» aggiunsi, sentendo montare
l’imbarazzo al solo
ripensare alla scena di me stessa spalmata sul pavimento.
Lui
rise, divertito, prima di
entrare nel vialetto che conduceva a casa mia. Spense la macchina,
slacciò la
cintura e mi guardò, a metà tra il serio e il
divertito.
«Quando
ti arrabbi sei un
vero spasso.» sostenne, tranquillo.
«E
quindi ti sembra giusto
farmi fare figure di merda a nastro?»
«Certo.»
rispose, in tono
ovvio.
«Comunque,
tornando alla
domanda principale. Credo che potremmo definirci amici che a volte si
vorrebbero ammazzare, che ne pensi?» propose, porgendomi la
mano, come a
stipulare un accordo.
Ci
meditai su qualche
secondo, prima di decidere che come definizione calzava a pennello.
Insomma, a
volte lo detestavo, altre non potevo fare a meno di trovarlo
divertente.
Addirittura simpatico, una volta che avevo iniziato a conoscerlo
meglio.
Così
gli strinsi la mano, con
aria solenne.
«Te
ne avevo fatta un’altra,
di domanda.» gli ricordai, voltandomi completamente verso di
lui.
«Veramente
ancora non me
l’hai detta.» precisò. Questa volta
toccò a me alzare gli occhi al cielo, poi
mi preparai a chiedergli ciò che mi assillava già
da un mese.
«Ti
ricordi quando mi hai
detto che voi, a scuola, comandate?» non aveva detto proprio
così, ma il succo
della questione era quello.
Louis
annuì, attento.
«Non
capisco. Ecco… non vi ho
mai visto picchiare nessuno.» mormorai, sentendomi
improvvisamente stupida. E
Louis sembrava pensarla al mio stesso modo, visto che
scoppiò a ridere.
«Piccola,
ingenua Cassidy.
Solo perché non ci vedi alzare le mani non vuol dire che
siamo dei bravi
ragazzi. Tu sei un’eccezione».
Era
la prima volta che mi
chiamava per nome e, non sapevo perché, ma mi sentii
avvampare. Era così strano
sentire il mio nome pronunciato da lui.
Io ero l’eccezione.
Ecco spiegati gli sguardi strani che mi rivolgevano tutti quanti ogni
volta che passavo insieme ad uno di loro, ecco spiegata
l’invidia delle mie
compagne di classe e del resto delle ragazze. Probabilmente
c’erano delle
ragazze con cui “uscivano”,
ma
nessuna di loro era tanto importante da potersi, per esempio, sedere al
loro
tavolo per il pranzo.
«Perché
io?» fu la domanda
successiva.
Louis
alzò le spalle.
«Nessuna
ragazza mi aveva mai
dato dell’idiota.» rispose, con un sorriso dolce
che inspiegabilmente mi fece saltare un paio di battiti.
***
Che ve ne pare? Lo so che probabilmente la storia sta procedendo molto
in fretta, ma non so perchè mi è uscita
così... Boh. Comunque, ho già finito di scriverla
e non è nemmeno tanto lunga. Inoltre credo che
pubblicherò un capitolo ogni giorno, perchè tra
due settimane parto e non so quanto tempo starò via: non
voglio lasciare niente in sospeso!
Risponderò prestissimo alle recensioni che mi avete lasciato
per gli scorsi capitoli, intanto vi ringrazio anche qui! Sono felice
che la storia vi piaccia!
Naturalmente, se vi và, mi farebbe piacere avere una vostra
opinione anche su questo capitolo: perciò recensite! ;)
Un bacio,
Fede.
|
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Capitolo 5 *** Chapter 4. ***
Chapter 4.
«Ciao,
Cass.»
Sventolai
la mano in
direzione di Melanie, che mi corse incontro con un sorriso emozionato.
L’avevo
conosciuta il mio
quarto giorno di scuola, dopo che mi ero rifugiata in bagno per
sfuggire a
Niall, che voleva a tutti i costi rubarmi un pezzo del panino che mi
ero
portata da casa. Ovviamente stavamo solo scherzando, ma non avevo
nessuna
intenzione di dividere con lui la mia merenda. Avevo fame, quella
mattina.
Una
volta entrata in bagno,
avevo trovato Melanie intenta a singhiozzare, accasciata in un angolo
sul
pavimento freddo.
Generalmente,
sono una che si
fa gli affari propri, ma quella ragazzina minuta mi aveva davvero fatto
tenerezza e mi ero avvicinata.
Le
avevo allungato un
fazzoletto, e mi ero seduta accanto a lei.
In
breve, mi aveva raccontato
di Jason, il suo ormai ex-fidanzato, che l’aveva tradita con
la sua migliore
amica.
«Ciao,
Mel.» ci sedemmo sui
gradini davanti all’ingresso, visto che entrambe arrivavamo
sempre un po’ in
anticipo. Io perché abitavo vicina e lei perché
suo padre l’accompagnava lì
prima di andare a lavoro.
«Devo
assolutamente dirti una
cosa!» esclamò, battendo le mani con aria
entusiasta. Non so perché, ma sentivo
che non mi sarebbe affatto piaciuta.
«Sentiamo.»
la invitai,
attorcigliandomi una ciocca di capelli intorno al dito. Lo facevo
sempre,
quando ero in agitazione. E Melanie, la maggior parte delle volte, mi
faceva
venire l’ansia.
«Ho
parlato con Jason.»
La
cosa non mi sorprese:
Melanie era ancora innamorata di lui, e non ne faceva mistero. Non le
importava
che l’avesse tradita, continuava a sperare che lui si
accorgesse di quanto
fosse unica e importante. Io non ci credevo. Avevo visto Jason
esattamente per
quello che era: un coglione.
Immediatamente
il mio
cervello lo paragonò a Tomlinson. No, neanche lui era messo
così male. A quanto
ne sapevo, Louis aveva anche un po’ di cervello. Poco, ma
tanto bastava.
«Mel…»
cominciai, ma lei non
mi lasciò finire.
«Mi
ha chiesto di uscire
insieme. Io ovviamente ho risposto di si.»
«Ovviamente.» borbottai,
schiaffandomi una mano sulla fronte.
«A
patto che venissi anche
tu.»
Ecco,
lo sapevo io che c’era
il trucco.
«Non
so, Mel. Per me non
avresti proprio dovuto parlargli; in ogni caso da sola non ci
vai.» commentai,
seria. Non sapevo più come farglielo capire: doveva
toglierselo dalla testa.
«Ciao,
ragazze.»
Salutai
Liam con un cenno
della mano, ma lui non ne fu per niente soddisfatto, visto che si
abbassò e mi
lasciò un bacio sulla guancia. Salutò allo stesso
modo anche Mel, che balbettò
qualcosa, mentre le guance le andavano in fiamme.
Non
era ancora abituata
all’idea che i più popolari della scuola si
avvicinassero a noi.
Io,
d’altro canto, non ci
facevo caso. La popolarità era all’ultimo posto
nei miei interessi.
Liam
mi si sedette accanto e
mi passò un braccio intorno alle spalle.
«Di
che si parla?» chiese,
curioso.
«Di
me, naturalmente.»
Signori
e signore, Louis
Tomlinson era arrivato. Insieme a lui Harry, Niall e Zayn.
«Bambolina, Melanie.»
salutò, appoggiandosi con le spalle alla ringhiera
e mettendo in scena la sua solita aria da il più figo del
mondo. Sapevo che lo
faceva apposta, ma aveva comunque un certo fascino, nonostante la
faccia da
schiaffi.
«Mi
spieghi perché a lei la
chiami per nome?» bofonchiai, facendo ridacchiare Harry, che
mi scompigliò i
capelli in un gesto affettuoso che mi colse un po’ di
sorpresa. Era incredibile
come in un mese quei ragazzi fossero entrati a far parte della mia
vita. Anche
Louis, a modo suo. Soprattutto
Louis.
***
Camminavo
con Niall lungo il
corridoio che conduceva alla mensa, dove ci saremmo poi incontrati con
gli
altri.
«Tu
lo conosci, Jason?» gli
chiesi. Magari aveva fatto una brutta impressione solo a me. Poteva
anche darsi
che fosse un bravo ragazzo, ma ne dubitavo fortemente.
«Coburn?»
«Si.»
«Che,
hai una cotta per
lui?», chiese, un po’ allarmato.
«Ma
sei scemo?» gli tirai un
pugno sulla spalla, risentita. Come poteva anche solo pensare che
un’idiota di
quel calibro fosse adatto a me?
«Giusto.
A te piace Louis.»
continuò, mentre ci sedevamo al tavolo. Melanie era
già lì, con le guance rosse
e una doppia porzione di patate arrosto.
«E
a chi è che non piaccio?
Guardatemi, sono perfetto.» si pavoneggiò Louis,
prima di avvolgermi le spalle
con un braccio e sorridermi malizioso.
«E
così hai una cotta per
me?» mormorò, provocatorio.
Tanto
ormai il discorso su
Jason era stato accantonato, visto che Melanie era lì
presente e non mi
sembrava affatto carino parlare del ragazzo di cui era innamorata nei
termini
che intendevo usare. Anche se a lei non avevo mai fatto mistero di
quello che
pensavo.
«Sono
brava a nasconderlo,
vero?» chiesi, sarcastica. Peccato che Louis e il sarcasmo
abitassero su due
pianeti diversi.
«Non
ti arrabbiare, bambolina. Ma non
sei il mio tipo: parli
troppo e poi sei intelligente.» rispose.
«Non
sai quanto mi dispiace» bofonchiai,
fintamente afflitta. Ovviamente sapevo che scherzava, o almeno lo
speravo. Non
tanto perché volevo piacergli, ma perché non
riuscivo a concepire l’idea che si
potesse basare una storia sulla poca intelligenza di una persona.
C’era
da dire che Louis non
frequentava delle cime, ma dubitavo fortemente che spendessero del
tempo a
parlare.
«Cass…»
Melanie tirò
leggermente la manica della mia maglietta, richiamando la mia
attenzione. Mi
voltai verso di lei, curiosa. Mi dimenticai persino del braccio di
Louis ancora
avvolto intorno alle mie spalle, nonostante ne sentissi il peso
stranamente
confortante.
«Ecco,
non ti arrabbiare, ma
Jason ha detto che sarebbe meglio se tu non venissi.»
Si
morse il labbro inferiore,
combattuta. Da una parte voleva che io non l’accompagnassi,
ma dall’altra aveva
paura di avere un confronto con Jason e di ritrovarsi da sola nel caso
in cui
fosse andato male.
E
siccome pensavo che sarebbe
sicuramente andata a finire nel peggiore dei modi, stabilii che a me,
di quello
che diceva Jason, non me ne fregava assolutamente niente.
«Scordatelo,
Mel. Non ti
lascio da sola con lui.» sbottai. Ma a chi voleva fregare? Lo
sapevo, cosa
voleva fare. E se Melanie era talmente cotta da non accorgersene, lo
avrei
fatto io per lei.
«Ma…»
provò a protestare, ma
non gliene diedi il tempo.
«Niente
ma. Ti ricordi cosa
ti ha fatto, vero?» insinuai, con il preciso intento di farle
ricordare quanto
fosse stata male per quel tradimento.
«State
parlando di Jason
Coburn?» si intromise Louis. La verità? Non
l’avevo mai visto tanto serio.
Io
e Melanie annuimmo,
confuse. Cosa c’era, adesso?
«Niente
da fare, bambolina. Tu non ci
vai.»
Avevo
sentito bene, o era la
mia immaginazione?
«Scusa?»
«Hai
sentito perfettamente.
Non uscirai con Coburn. E non dovresti farlo neanche tu,
Melanie.»
Non
sapevo cosa pensare. Da
una parte, mi sentivo quasi felice – quasi
– all’idea che Louis si preoccupasse per me, anche
se continuava a chiamarmi in
quel modo irritante; dall’altra, mi sentivo piuttosto seccata
dal tono
perentorio con cui me l’aveva detto. Chi era lui, per impormi
qualcosa?
«Ti
sbagli, invece. Melanie
deve parlarci, e io non la lascio da sola con lui.» spiegai,
pazientemente.
Louis tolse il braccio dalla mia spalla, nervoso. I ragazzi, intanto,
rimasero
in silenzio, ma sembravano sapere perfettamente cosa stava succedendo.
E anche
io iniziavo a immaginarlo: Louis doveva avere un qualche conto in
sospeso con
Jason.
Poi,
prima che potessi
aggiungere che non aveva nessun diritto di impedirmi di uscire con
qualcuno,
Louis si alzò e si allontanò.
***
«Io
non capisco.» borbottai,
nervosa, mentre finivo di svolgere l’esercizio di matematica.
Niall fece finta
di non sentirmi, così come per i venti commenti precedenti.
Ma
cosa c’era che non andava?
«Mi
toccherà parlare con
Louis.» affermai, spazientita. Ancora una volta Niall mi
ignorò, ma ero certa
di aver visto gli angoli della sua bocca inclinarsi verso
l’alto.
Così,
una volta suonata la
campanella mi precipitai fuori dalla classe, nervosa e sul piede di
guerra.
Più
pensavo al tono di Louis,
più sentivo l’irritazione crescere.
Possibile
che ogni volta che
non lo cercavo stava in mezzo alle scatole e che l’unica
volta in cui volevo
parlare con lui si fosse volatilizzato?
Poi
svoltai l’angolo e andai
a cozzare contro qualcosa di duro. Barcollai un po’, poi due
mani calde cinsero
i miei fianchi e mi impedirono di cadere col sedere per terra.
Riconobbi
immediatamente la
risata di Louis, che non sembrava per niente intenzionato a mollare la
presa.
Mi
divincolai, imbarazzata, e
mi appoggiai con la schiena al muro. Louis mi osservò,
divertito, prima di
piazzarsi davanti a me, fin troppo vicino.
«Ti
cercavo.» dissi,
iniziando a fare avanti e indietro. Non riuscivo a stare ferma, quando
ero
agitata.
«A
cosa devo l’onore, bambolina?»
chiese. Mi seguiva con lo
sguardo, ma pensavo che fosse già a conoscenza di quello che
volevo dirgli.
«Lo
sai.»
«No,
invece. Dimmelo tu.»
«Si
può sapere qual è il tuo
problema?» domandai, passandomi una mano tra i capelli.
«Non
ho nessun problema. Sei
tu che ne avrai, se uscirai con Coburn.» affermò
Louis, afferrandomi il braccio
nel momento in cui gli passavo davanti.
«Mi
stai minacciando, per
caso?» domandai, inarcando un sopracciglio. Louis strinse la
presa intorno al
mio braccio. Non l’avevo mai visto così, e
iniziavo seriamente a preoccuparmi. Cos’era
successo di tanto grave da fargli perdere le staffe al solo pensiero
che io
(che per lui non ero sicuramente così importante) potessi
anche solo parlare
con Jason?
«Ti
sto semplicemente
avvertendo, Cassidy.» Sentirlo pronunciare il mio nome mi
provocò un brivido
lungo la spina dorsale.
«Ma
perché?» insistetti.
Louis
mi bloccò anche l’altro
braccio, spingendomi contro il muro. Lo guardai, cercando di capire
cosa gli
stesse passando per la testa, ma non riuscii a comprendere niente.
«Jason
Coburn è un gran
bastardo, bambolina. Tu non ne hai idea.» sorrise amaramente,
prima di rendersi
conto che forse mi stava stringendo un po’ troppo forte. Non
mi ero neanche
accorta che mi stava facendo male, fino a che non lo vidi osservare i
segni
rossi sulle mie braccia.
«Non
è niente.» mi affrettai
a tranquillizzarlo, prima che potesse dire qualunque cosa. Non sapevo
perché,
ma non volevo vedere il senso di colpa sul suo volto. Non ero abituata
a
vederlo così serio, e mi faceva uno strano effetto.
«Se
è davvero come dici tu,
non posso permettere che Melanie vada da sola, capisci? Ci è
già stata male una
volta, non voglio che succeda di nuovo.» spiegai.
«Allora
vengo con te.»
«Dici
sul serio?» sbarrai gli
occhi, incredula.
«Sai,
bambolina, chiunque
pagherebbe per uscire con me.» mormorò,
avvicinandosi di un passo. Mi accarezzò
il braccio, nello stesso punto che pochi istanti prima aveva stretto.
«Io
non ti piaccio, Louis.»
gli ricordai, fingendo di essere tranquilla, anche se in
realtà non lo ero
affatto. Si inchinò, fino a sfiorare il mio orecchio con le
labbra.
«Perché
quelle come te sono
la rovina di quelli come me.»
***
Hello, girls!
Come avete letto, la situazione inizia ad evolversi. Cosa
succederà? Entra in scena anche Melanie. Che ne pensate? Io
l'adoro. Non so perchè, ma mi piace un sacco.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Lasciatemi qualche recensione, eh! Su, non siate timide! :D
Grazie mille a chi ha commentato lo scorso capitolo, a chi ha inserito
la storia tra le seguite/preferite/ricordate ed anche a chi legge
soltanto!
Thanks!
Baci,
Fede. <3
|
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Capitolo 6 *** Chapter 5. ***
Chapter
5.
Quando rientrai a casa, venni
accolta unicamente dal silenzio e dal profumo del tortino alla cannella
di
mamma.
Mi
sentivo un po’ scossa,
dopo l’incontro faccia a faccia con Louis. E non riuscivo a
pensare a
nient’altro che alle sue parole: “quelle
come te sono la rovina di quelli come me”. Cosa
voleva dire?
Continuai
a pensarci, anche
mentre mangiavo una fetta di tortino. E poi, la consapevolezza mi
colpì come un
fulmine a ciel sereno: Louis Tomlinson non mi era così
indifferente come mi sforzavo
di mostrare.
Come
spiegare, altrimenti,
quello strano batticuore?
Poi
il telefono iniziò a
squillare, insistentemente, così corsi a rispondere,
rischiando di inciampare
nel grande tappeto persiano che mamma aveva posizionato in soggiorno.
«Pronto?»
«Tesoro, sono
mamma. È un
problema, per te, se stasera abbiamo ospiti a cena?»
chiese.
«No,
figurati. Vuoi che
prepari qualcosa? O che vada a fare la spesa?» proposi,
sapendo che sicuramente
aveva in serbo di preparare qualche buon manicaretto. Mamma era
bravissima, ai
fornelli.
«Lo faresti davvero? Grazie, tesoro.»
Le
chiesi di aspettare, poi
afferrai una penna, un foglietto giallo stropicciato e annotai
l’elenco di cose
da comprare. Dopo aver salutato mamma, andai alla ricerca del
cellulare. Avrei
chiesto a Melanie di farmi compagnia.
Melanie
era troppo impegnata
a prepararsi per una verifica che avrebbe avuto l’indomani,
anche se si
dichiarò disposta a mollare tutto. Le risposi di non
preoccuparsi e di
continuare a studiare. Sarei andata da sola.
Indossai
una felpa bianca,
poi afferrai la borsa e uscii di casa. Mi incamminai verso il
supermercato, che
si trovava a un isolato di distanza, persa nei miei pensieri. Dovevo
smetterla
di pensare a Louis, o avrei finito per convincermi che non era
così idiota come
credevo.
Ma
non fu tanto facile come
avevo previsto: le sue parole continuavano a tornarmi alla mente.
Non
riuscivo proprio a dargli
un senso: come potevo, io, essere la sua rovina? Insomma, ero innocua,
sotto un
certo punto di vista. Non ero bellissima, non avevo gli splendidi
capelli
biondi di mamma, nemmeno i suoi occhi azzurri. Avevo un bel sorriso e
le mie
fossette erano adorabili, a quanto diceva Melanie.
In
realtà credevo che le
fossette fossero il mio punto debole: chi le trovava adorabili, doveva
ricredersi quasi immediatamente di fronte all’evidenza che io
di adorabile
avevo ben poco.
Quindi
come potevo costituire
un problema per Louis? Era bello, simpatico – quasi sempre
– e aveva una risata
contagiosa. Per non parlare, poi, delle ragazze con cui usciva. Mel me
ne aveva
indicata qualcuna, a scuola, ed erano tutte assolutamente stupende. Io
non
facevo testo, di fronte a loro.
Tuttavia,
non mi sentivo
affatto inferiore. Dopotutto l’aveva detto anche Louis: io
ero intelligente.
***
Mamma
era in agitazione, lo
capii da come si tormentava nervosamente una ciocca di capelli intorno
al dito.
Si era vestita piuttosto elegante, per una volta, relegando
nell’armadio la sua
salopette di jeans e aveva indossato un vestito celeste che le sfiorava
appena
le ginocchia.
Mi
aveva pregato di seguire
il suo esempio e mettere il vestito rosa pastello che la nonna mi aveva
regalato l’anno prima, ma l’occhiata scettica che
le avevo rivolto l’aveva
fatta desistere quasi immediatamente.
Così
avevo optato per un paio
di jeans e per una maglietta verde scuro che lasciava una spalla
completamente
scoperta. Dopotutto ero in casa mia, ed avevo tutto il diritto di
vestirmi come
mi pareva.
«Mi
raccomando, tesoro. Fai
la brava.»
Alzai
gli occhi al cielo, di
fronte all’ennesima raccomandazione di mamma, che a quanto
pareva aveva tutta
l’intenzione di fare una buona impressione sulla sua vecchia
amica Johannah.
Al
suono del campanello, la
sua agitazione divenne evidente. Le dissi di andare a controllare il
forno, che
ad aprire ci avrei pensato io.
Rimasi
parecchio stupita,
quando mi trovai faccia a faccia con Louis, che sorrideva con il suo
solito
sorriso accattivante.
«Louis?
Che fai qui?» chiesi,
grattandomi una guancia, confusa.
Lui
ridacchiò, poi fece un
cenno alle sue spalle, dove una donna e quattro bambine stavano
scendendo dalla
macchina, parcheggiata nel vialetto.
«Johannah
è tua madre?»
chiesi, incredula. Lui ridacchiò, prima di scompigliarmi i
capelli e voltarsi
verso una delle bambine più piccole, che gli corse incontro
e gli si gettò tra
le braccia, con un sorriso felice.
Mi
feci da parte, ancora un
po’ stordita. Insomma, avevo passato tutto il pomeriggio
tormentata dal
pensiero di Louis, ed ora me lo trovavo in casa, insieme a sua madre a
alle sue
sorelle. E, in più, si comportava come se niente fosse.
«Ciao,
Cassidy. Ma guardati,
sei bellissima!» Johannah mi strinse a sé,
affettuosa. Arrossii, in imbarazzo,
prima di ringraziare e indicarle dove fosse la cucina. Con la coda
dell’occhio
notai che Louis sorrideva, ma non riuscii a capire se fosse divertito o
intenerito. Gli tirai una gomitata nelle costole, poco delicata, non
appena
Johannah ci diede le spalle.
«Potevi
dirmelo che saresti
venuto a cena. Ci siamo visti stamattina!» sibilai. Lo sapeva
e non mi aveva
detto niente.
«Volevo
vedere la tua
faccia.» commentò, come se nulla fosse. Alzai gli
occhi al cielo. Poi sentii
una manina tirare la manica della mia maglietta e abbassai lo sguardo
su una
delle sorelle di Louis.
«Ciao.»
le sorrisi, abbassandomi
sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. Assomigliava tantissimo
al
fratello.
«Tu
e Louis siete fidanzati?»
chiese, curiosa. Arrossii di nuovo, ma questa volta non guardai in
direzione di
Louis, nonostante fosse piuttosto chiaro che stava divertendosi un
mondo.
«Non
si fanno queste domande,
Daisy.» la rimproverò una delle sorelle
più grandi. Daisy si intristì
parecchio, di fronte al rimprovero, così mi affrettai a
tranquillizzarla.
«Siamo
amici, tesoro.» le
confessai, con un sorriso. Lei ridacchiò, prima di annuire
soddisfatta e
raggiungere la gemella, che si era sdraiata sul tappeto e canticchiava
una
canzone di qualche cartone animato che non ricordavo di aver mai visto.
«Amici
che a volte si
vorrebbero ammazzare.» mi ricordò Louis,
passandomi un braccio intorno alle
spalle. Gli scoccai un’occhiataccia, consapevole di avere
addosso gli sguardi
delle sorelle maggiori.
«Non
è colpa mia se sei
un’idiota.» gli sussurrai, facendo in modo che
nessuno mi sentisse.
«Ormai
non ci credi più
neanche tu.» rise.
«Non
esserne tanto convinto.»
replicai, piccata. Aveva ragione, lo sapevo. Ma non potevo certo
dirglielo.
Poco
dopo ci sedemmo a tavola
e, inevitabilmente, venne tirato in ballo l’argomento
“Cassidy – Louis”,
per mia enorme sfortuna e vergogna.
«Non
mi avevi detto che
conoscevi Louis, tesoro.»
Nel
tono di mia madre c’era
un rimprovero piuttosto evidente, ma al momento non ci feci caso.
«Si,
be’, non è che lo
conosco.»
Louis
mi tirò un calcio da
sotto il tavolo e mi guardò con un sopracciglio inarcato.
«Non
crederle, Grace. Fa così
perché io sapevo che dovevamo venire qui e non
gliel’ho detto.» ridacchiò,
sorridendo in direzione di mia madre, che ricambiò
immediatamente. Come
previsto, Louis le stava simpatico. E se la conoscevo abbastanza bene,
entro
sera mi avrebbe chiesto quando ci saremmo dichiarati.
«Faccio
così perché sei un…
oh, al diavolo, lascia stare.» borbottai, prendendo a
mangiare con più foga del
necessario il mio roast-beef. Johannah ridacchiò.
«Voi
due non me la contate
giusta.» affermò. Per la prima volta da quando lo
conoscevo, vidi Louis
arrossire. Ed era assolutamente adorabile, oltre che un vero spasso.
Perciò
scoppiai a ridere,
rivolgendogli un’occhiata di palese presa per il culo.
Insomma,
non c’era niente tra
di noi, eppure un’insinuazione fatta da sua madre aveva la
capacità di farlo
arrossire come un bambino. Niall avrebbe riso fino alle lacrime, non
appena
glielo avessi raccontato. Anzi, ripensandoci, era molto meglio tenerlo
per me,
prima che anche i ragazzi iniziassero a insinuare qualcosa.
***
Dopo
cena, mamma e Johannah
decisero di portare le bambine a prendere un gelato, lasciando me e
Louis a
casa da soli. Sospettavo che l’avessero fatto di proposito,
visto che per tutta
la serata avevano continuato a lanciare frecciatine riguardo ad una
presunta
storia tra di noi. Io avevo smentito, Louis aveva riso.
Cominciai
a sparecchiare,
perché il silenzio improvviso che si era creato tra me e
Louis mi metteva in
imbarazzo. Un conto era scherzare in presenza di mamma, un altro era
stare da
soli. E il fatto che quel pomeriggio avessi ammesso che Louis forse
avrebbe
potuto piacermi non era affatto d’aiuto.
Raccolsi
i capelli in una
coda, in modo che non mi cadessero davanti alla faccia mentre lavavo i
piatti.
In tutto questo, Louis rimase in silenzio, appoggiato allo stipite
della porta,
ad osservarmi. Non mi ero mai sentita così a disagio, con un
ragazzo.
«Senti,
Louis… Stavo pensando
a Jason.» dissi, tanto per spezzare la tensione. Louis
annuì, facendomi cenno
di andare avanti.
«Ecco…
non è necessario che
mi accompagni.» sostenni, mentre iniziavo a lavare il primo
piatto. Era una
fortuna che stessi dando le spalle a Louis, o la sua aria incazzata mi
avrebbe
decisamente inquietato. Il punto era che non volevo costringerlo a
vedere una
persona che detestava, solo per me.
«Invece
si.» replicò. Non mi
voltai, ma avevo sentito che si era mosso, nervoso. Un secondo dopo era
seduto
sul bancone della cucina, accanto al lavandino. Da lì non
avevo scampo, vedeva
esattamente la mia faccia.
«Te
l’ho già spiegato,
bambolina. Coburn è un bastardo.»
«Ma…»
provai ad obbiettare.
Volevo fargli capire che ero in grado di cavarmela da sola. Louis
saltò giù dal
bancone, poi si portò alle mie spalle e mi costrinse a
voltarmi verso di lui.
Mi ritrovai intrappolata tra il lavello e il suo corpo e,
inevitabilmente,
arrossii.
In
realtà, non mi dispiaceva
affatto averlo così vicino. Proprio per niente.
«Che
ti prende?» sussurrai,
agitata.
«Non
voglio che Coburn metta
gli occhi su di te, bambolina.» mormorò,
portandomi una ciocca di capelli che
era sfuggita dall’elastico dietro le orecchie. Era talmente
vicino che avrei
potuto baciarlo, bastava che mi alzassi sulle punte dei piedi
e…
«Perché?»
chiesi, invece.
Louis
sospirò, ma non
rispose. Mi guardò e basta, tremendamente serio.
«Louis…»
Credevo
che mi avrebbe
baciata, dico sul serio. Volevo che
mi baciasse, invece si limitò a lasciarmi una carezza sulla
guancia e a
rimettere le distanze tra di noi.
Sentivo
il cuore battere
all’impazzata ed ero sicura di essere arrossita, ma Louis non
ci fece caso,
sembrava completamente smarrito nei suoi pensieri.
«D’accordo,
lasciamo stare.
Andiamo insieme, va bene?» proposi, posandogli la mano sulla
spalla. Non mi
piaceva vederlo così.
Louis
sorrise, decisamente
più tranquillo, e annuì.
«Ottima
decisione, bambolina.
E ora, avresti una carota? Ho di nuovo fame.»
Ridacchiai,
di fronte al suo
tentativo di allentare un po’ la tensione.
Passammo
il resto della
serata a parlare, tranquilli; nessuno dei due aveva intenzione di
tirare fuori
l’argomento “Jason Coburn”,
così alla fine optammo per vedere un film in
televisione.
Quando
mi addormentai, il
film era iniziato da appena dieci minuti.
Non
mi accorsi neanche di
essermi accoccolata a Louis, con la testa posata sulla sua spalla e una
mano
sul suo petto. Semplicemente, dormivo.
Una
cosa di cui mi accorsi,
invece, fu il suo braccio che circondava con dolcezza le mia spalle e
le sue
labbra che sfioravano delicatamente i miei capelli.
Ecco qua il capitolo 5!
Spero vi sia piaciuto, quindi fatemi sapere che ne pensate, please!
Comunque, scusate se l'immagine fa un pò schifo, ma ancora
non sono tanto brava con il programma, quindi perdonatemi!
Poi, già che ci sono, mi faccio anche un pò di
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Se vi và, passate a dare un'occhiata all'altra mia
fanfiction! Si intitola "Diario di una Psicopatica"
(non fatevi ingannare dal titolo!)
Grazie
mille a tutte le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, vi
adoro! <3
|
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Capitolo 7 *** Chapter 6. ***
Chapter 6.
«Credo
di avere un problema.»
Mel
mi rivolse un’occhiata
scettica, come a dire che di problemi non ne avevo uno solo, ma molti
di più.
«Credo
di avere un grande
problema.» mi corressi, seccata.
«Quanto
grande?» domandò
Melanie, interessata.
Era
sabato sera, ed eravamo
nel pub in cui Mel avrebbe incontrato Jason. Ancora, però,
non si vedevano né
lui, né Louis. Perciò avevo deciso che dovevo
assolutamente condividere il mio
segreto con qualcuno, oppure sarei impazzita.
«Enorme.
Gigantesco. Stratosferico.»
elencai.
«Non
mi dire che ti piace
Louis, perché quello è piuttosto ovvio. E non
è neanche un problema.» mi
anticipò Mel, con l’aria di chi la sapeva lunga.
Spalancai la bocca, incredula
e prossima alla morte per la vergogna. Mi sarei voluta sotterrare.
Nella
mia mente, Melanie mi
avrebbe risposto così: “tranquilla,
passerà presto. È come un’influenza”,
invece non solo non mi aveva dato il
tempo di dirlo, ma addirittura non credeva che fosse un problema e,
soprattutto, non voleva che mi passasse.
«Non
è ovvio.» borbottai,
risentita.
«Certo,
prova a chiedere ai
ragazzi.» mi invitò Melanie, indicando con un
cenno del capo il lato opposto
della sala, dove Niall, Harry, Liam e Zayn ci osservavano di
sott’occhio.
Sorrisi,
nervosa, e sventolai
la mano. Ricambiarono, un po’ perplessi. Niall rise,
perché probabilmente aveva
già capito tutto. E poi sapevo alla perfezione che, alle mie
spalle, Melanie
stava gesticolando.
Alla
fine nessuno di loro
voleva lasciarci da sole con Jason. Così, oltre a Louis, che
si era autoeletto
mio accompagnatore, i ragazzi avevano casualmente
deciso di trascorrere la serata nello stesso locale. Non sapevo se
sentirmi
infastidita o lusingata per la loro premura.
«Eccolo.»
mormorai,
adocchiando Jason, che si faceva largo tra i tavoli con
un’espressione
decisamente inquietante. Aveva ragione Louis, aveva proprio
l’aria da gran
bastardo.
Melanie
arrossì, quando Jason
le stampò un bacio sulle labbra, senza troppi preamboli. Poi
si voltò verso di
me e fece per avvicinarsi, per darmi un bacio sulla guancia. Stavo per
dirgli
di risparmiarsi la sceneggiata, quando Louis comparve al mio fianco e
mi
circondò la vita con un braccio.
«Non
provarci.» lo ammonì,
prima di stringere un po’ la presa. Vidi Melanie sorridere
compiaciuta e
lanciarmi una delle sue solite occhiate soddisfatte.
Jason
e Louis si guardarono
in cagnesco per qualche secondo, poi Jason si arrese e mi porse la
mano.
«Sono
Jason.» si presentò,
con un sorriso sfacciato che mi fece venire voglia di allungare la
gamba e
tirargli un calcio nelle parti basse. Da quella posizione
l’avrei beccato in
pieno.
Invece
mi limitai a
stringergli la mano, inespressiva.
«Che
ne dici di andare a fare
una passeggiata, dolcezza?» si rivolse a Melanie, che
tentennò qualche istante,
prima di annuire. Niente da fare, quando vedeva Jason non capiva
più niente.
«Melanie…»
la bloccai per il
polso, provando a farle capire che non era davvero il caso di rimanere
da sola
con lui.
Louis
rimase in silenzio, ma
percepivo il suo nervosismo.
«Io...
Scusa, Cass.» abbassò
lo sguardo, preda dei sensi di colpa.
«Ti
aspetto qui. Torna tra
mezz’ora, me lo prometti?» la supplicai,
preoccupata.
Jason
mi afferrò il polso,
costringendomi a mollare la presa su Melanie.
«Fatti
i cazzi tuoi, stronza»
Louis fece per scattare, ma gli afferrai entrambe le mani e lo
trattenni. Sembrava
non vedere l’ora di picchiare Jason, ma Melanie mi guardava
con
quell’espressione supplichevole ed io non me la sentii di
rovinarle la serata
più di così.
«Se
non torni tra mezz’ora ti
vengo a cercare.» le dissi. Melanie annuì. Poi
presi Louis per mano e lo
trascinai fino al tavolo dei ragazzi, dove mi sedetti.
Louis
si accomodò accanto a me,
senza mollare la presa sulla mia mano. Io continuavo a gettare lo
sguardo sulle
nostre dita incrociate, senza capire per quale motivo, tra tutti i
ragazzi che
esistevano al mondo, dovesse piacermi proprio l’unico al
quale, probabilmente,
non sarei mai interessata.
***
Picchiettai
le unghie sul
tavolo, nervosa. Erano passati tre quarti d’ora e di Melanie
non c’era traccia.
Ogni secondo guardavo verso l’ingresso, nella speranza di
vederla rientrare. Avevo
proprio un brutto presentimento.
«Cass,
la pianti?» Harry mi
bloccò la mano, esasperato. Lo fulminai, seccata.
«Mi
stai facendo diventare
scemo.» brontolò, prima di bere un lungo sorso del
cocktail.
«Scusa.»
borbottai, prima di
appoggiargli la testa sulla spalla e chiudere gli occhi. Avrei contato
fino a
dieci, dopodiché sarei andata a cercare Melanie e poi avrei
fatto un bel
discorsetto con quel grandissimo bastardo.
Harry
mi passò un braccio
intorno alle spalle, cercando di consolarmi. Ma non ci fu niente da
fare, ero
così nervosa che non capivo più niente.
«Eccola.»
ci informò Liam. Mi
separai da Harry e feci in tempo a notare Melanie serpeggiare tra i
tavoli,
prima che si buttasse tra le mie braccia, in singhiozzi.
La
strinsi forte, perché
sapevo che stava male ed io non potevo fare niente per farla stare
meglio. Era
l’unica amica che avessi lì a Doncaster. Certo,
c’erano i ragazzi, ma a loro
non potevo mica raccontare tutto. C’erano cose che non
potevano capire.
«Cosa
è successo, tesoro?» le
chiesi, accarezzandole la schiena con dolcezza.
Non
volevo pensare al peggio,
ma avevo idea che da Jason Coburn non ci si potesse aspettare niente di
positivo.
«Lui
voleva… e io… oh, Cass,
avevi ragione.» singhiozzò, disperata. Le lasciai
un bacio sulla fronte, poi
feci cenno a Liam di prendere il mio posto e mi alzai. Sentivo gli
sguardi di
tutti quanti addosso, ma mi sforzai di apparire tranquilla.
«Scusate,
vado un attimo in
bagno.» dissi, sperando di risultare abbastanza convincente.
Non
appena fossero stati
tutti concentrati su Melanie, sarei uscita e sarei andata a cercare
Jason.
Così
mi diressi in bagno,
aspettai qualche minuto, poi uscii.
«Dove
pensi di andare?»
Louis
era appoggiato accanto
alla porta, con le braccia incrociate e il solito sorriso sornione, che
sembrava riservare solo a me.
Sbuffai,
perché non avevo
affatto calcolato che qualcuno di loro avrebbe potuto sospettare
qualcosa,
soprattutto Louis.
«Da
nessuna parte, perché?»
chiesi, con un sorriso innocente che non lo ingannò affatto.
«Oh,
e va bene.» sbottai, di
fronte alla sua occhiata scettica. «Vado a cercare Jason. Mi
vuoi
accompagnare?» proposi, sapendo che di certo non mi avrebbe
permesso di andare
da sola.
Una
volta fuori dal locale,
rabbrividii. Mi passai una mano sulle braccia, mentre mi incamminavo
verso
sinistra, dove c’erano i parcheggi. Non sapevo
perché, ma credevo che Jason
fosse ancora lì.
Louis
mi adagiò la sua felpa
sulle spalle. Gli sorrisi, grata, e mi ci strinsi un po’,
beandomi del calore
che ancora vi era rimasto intrappolato.
Non
c’era niente da fare: mi
piaceva. Come avevo potuto cascarci? Stavo giusto ripensando alla prima
volta
che avevo parlato seriamente con Louis, quando mi accorsi di Jason
appostato contro
una macchina con una sigaretta accesa tra le dita.
Istintivamente,
presi Louis
per mano e mi avvicinai.
«Guarda
un po’ chi si vede…»
commentò Jason, tirando una profonda boccata dalla
sigaretta. Storsi il naso,
quando mi soffiò il fumo in faccia.
«Stai
zitto.» gli ordinai,
facendo un passo in avanti. Mi irritava a morte.
«Non
ti bastava tradirla una
volta, vero? Dovevi per forza fare il bastardo?» lo accusai,
prossima a perdere
la pazienza. Non capivo cosa gli passasse per la testa, ma era evidente
che lui
a Melanie non ci teneva per niente.
Coburn
mi gettò un’occhiata
sprezzante.
«Tu
devi imparare a farti i
cazzi tuoi, ragazzina. O finirai male.» rabbrividii,
perché lessi la verità, nelle
sue parole. E sarebbe stato lui, a farmi finire male.
Oppure
Louis avrebbe fatto
male a lui, considerai, quando Louis lo colpì sullo zigomo
con un pugno ben
piazzato. Gliene diede un altro sullo stomaco, così forte
che Jason si accasciò
a terra, tossendo per lo sforzo di recuperare un po’
d’ossigeno.
Mi
spaventò parecchio,
l’espressione di Louis, perché sembrava davvero
pronto ad ammazzarlo.
«Louis…»
mormorai,
spaventata. Non volevo che ci finisse di mezzo lui. Non volevo vederlo
picchiare Jason, anche se se lo meritava più di chiunque
altro, anche se io
stessa avrei voluto tirargli uno schiaffo.
Non
volevo che facesse come
papà.
***
Scoppiai
in singhiozzi, prima
di riuscire a rendermene conto. Semplicemente, mi era tornata alla
mente la
scena di papà che picchiava mamma e provava a fare lo stesso
con me, e non
avevo retto il colpo.
Louis
si voltò di scatto,
preoccupato.
«Cass…»
sentii le sue mani
accarezzarmi il volto, delicate, nonostante qualche secondo prima
avessero
colpito tanto duramente un’altra persona.
Mi
abbracciò, completamente
dimentico di Jason, che nel frattempo si stava alzando e si
allontanava.
Singhiozzai più forte, nascondendo il volto nel suo petto.
Mi
sentivo così spaventata,
così triste e così addolorata da non riuscire a
muovere un passo. Louis
continuò a stringermi, senza dire una parola. Sentivo solo
la sua mano
accarezzarmi la schiena.
«Mi
dispiace.» dissi, poco
dopo. Passai i pugni sotto gli occhi, per cancellare le tracce delle
lacrime e
mi ravvivai i capelli, passandovi le mani in mezzo.
«Cosa
c’è che non và,
bambolina?», chiese, preoccupato. Capivo anche io che dovevo
sembrargli una
pazza, ma non potevo farci niente. Credevo di aver superato la
questione di
papà, ma forse non era del tutto così.
«Non
mi và di parlarne.»
sussurrai, a fatica. Non ero pronta.
«D’accordo.»
Non
pensavo che avrebbe
lasciato perdere così facilmente. Ma iniziavo a capire che
Louis era
imprevedibile. E per niente idiota, tra le altre cose.
«Vuoi
che ti accompagni a
casa?» domandò, gentile. Scossi la testa.
«Devo
vedere Melanie.»
«Torniamo
indietro, allora.»
mi prese per mano, poi, in silenzio, tornammo verso il pub. Forse un
giorno gli
avrei raccontato la verità, ma mi sembrava ancora presto. Mi
riusciva molto più
comodo fingere che non fosse mai successo niente, anziché
far riaffiorare tutti
i ricordi dell’ultimo anno. Parlarne, significava ammettere
la loro esistenza.
***
Eccomi qua con il sesto capitolo!
Spero che vi piaccia!
Recensite, mi
raccomando! :D Naturalmente non siete obbligate e non mi sentirete mai
dire se non ho almeno due recensioni per capitolo non aggiorno,
però boh! Ho visto che la storia è seguita da 17
persone, preferita da 2 e ricordata da 11, come mai nessuno mi fa
sapere niente?
Naturalmente, ringrazio
le ragazze che hanno recensito gli scorsi capitoli, davvero, e vi prego
di non scambiarmi per una rompiscatole, la mia era solo
curiosità!
Non sentitevi obbligate
a recensire, se non vi và!
Comunque, grazie ancora,
e scusate se vi ho rotto le scatole con questa cosa antipatica! :D :D
Perdonatemi!
Vi lascio il link per
l'altra storia, se vi và, passate: Diario
di una Psicopatica.
Con affetto,
Fede.
|
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Capitolo 8 *** Chapter 7. ***
Chapter 7.
«Tesoro,
sei sicura che vada
tutto bene?» domandò mamma, osservandomi con
attenzione attraverso le lenti
degli occhiali da vista.
Mi
sforzai di sorridere, e
annuii. Certo non potevo dirle che il pensiero di papà,
ormai, mi tormentava
praticamente tutte le notti, insieme a quello di Louis.
Se
nel primo caso potevo
pensare di accantonarlo come qualcosa che riguardava il passato, con
Louis era
completamente diverso.
Louis
era il presente, e
aveva stravolto la mia vita in un modo che ancora non riuscivo a
comprendere.
Ero stata completamente travolta dalla sua allegria, dalla sua voce,
dal suo
modo di fare. Ormai non mi arrabbiavo nemmeno più quando mi
chiamava bambolina.
Iniziavo a pensare che fosse un modo tutto suo per farmi capire che mi
voleva
bene.
Se
anche io gliene volevo?
Tanto. Forse troppo, essendo poco abituata a lasciarmi coinvolgere da
qualcuno.
I ragazzi volevano solo una cosa, perché Louis avrebbe
dovuto essere diverso?
Dopotutto, l’avevo visto più di una volta insieme
ad una delle sue avventure.
Anzi, me ne aveva addirittura presentata una. Si chiamava Mallory, ed
era una
sua compagna di classe. La verità? Era bellissima. E nemmeno
tanto stupida come
pensavo. Perciò mi ero sforzata di ignorare la gelosia che
mi attanagliava lo stomaco
e le avevo sorriso, tranquilla, prima di intavolare una conversazione
su quello
che avrebbe fatto una volta finita la scuola. Fortunatamente, Mallory
non era
per niente interessata ai fatti miei, così aveva proprio
evitato di chiedermi qualsiasi
cosa, limitandosi a parlare di sé stessa, con un
egocentrismo a dir poco sorprendente.
Melanie
mi ripeteva in
continuazione quanto fossi stupida e Niall sembrava sulla sua stessa
linea di
pensiero.
A
proposito di Niall: non gli
ci era voluto molto, per capire che il mio ricordare frequentemente a
Louis
quanto fosse idiota non era dovuto all’antipatia ma a
sentimenti di ben altro
genere.
Il
discorso era saltato fuori
una settimana dopo l’incontro con Jason.
Stavamo
camminando verso la
palestra, per l’ennesima, noiosa lezione di educazione fisica
e Niall aveva
approfittato dell’assenza dei ragazzi per mettermi alle
strette.
«Parliamo
un po’, ti và?»
aveva chiesto, con un sorriso innocente che mi aveva immediatamente
messo in
allarme. Mio malgrado, mi ero ritrovata ad annuire.
Così
Niall era corso da
Brown, gli aveva detto che mi sentivo poco bene e che mi avrebbe
accompagnato
in infermeria ed era tornato da me, fingendosi preoccupato.
Poco
dopo, eravamo davvero in
infermeria, dove Cecilia, l’infermiera, aveva acconsentito
affinché rimanessimo
lì per tutta la durata della lezione. Se prima mi era sempre
stata simpatica,
in quel momento la odiai, perché con la sua accondiscendenza
mi stava
costringendo ad affrontare una realtà alla quale ancora non
ero pronta.
Io
e Niall ci eravamo seduti
sulla brandina, con le gambe incrociate, ed io ero ripiombata nel
silenzio più
assoluto.
«So
che ti piace Louis.»
aveva esordito, facendomi arrossire come una ragazzina alla prima
cotta.
«Ma
come ti viene in mente?»
avevo protestato, subito dopo. Persino a me stessa ero risultata poco
credibile.
«Cass…»
Niall era scoppiato a
ridere, facendomi vergognare ancora di più. Insomma, era
davvero così evidente
che Louis mi piaceva?
«Sto
facendo di tutto per
farmela passare, contento?» avevo borbottato, imbarazzata
oltre ogni dire e
persino un po’ nervosa: e se Niall ne avesse parlato con il
diretto
interessato?
A
quel punto, Niall era
apparso piuttosto confuso.
«Cosa
significa che stai
facendo di tutto per fartela passare?» aveva chiesto,
grattandosi la guancia
con aria perplessa.
«Esattamente
quello che pensi
tu.» avevo replicato, tranquilla. Una volta ammesso, non
c’era più bisogno di
comportarsi come una bambina che si ostina a negare
l’evidenza.
«Non
credo sia la cosa
migliore.» aveva commentato Niall, più serio di
quanto non l’avessi mai visto.
«Io
credo di si.» con quello,
avevo chiuso il discorso, rifiutandomi di parlarne ancora.
***
«Cosa
pensi di fare?» Melanie
si avvicinò un po’ di più, parlando con
un tono di voce talmente basso che a
stento riuscii a sentirla. Inarcai un sopracciglio, perplessa, senza
capire
dove volesse andare a parare. O meglio, lo capii, ma feci finta di
niente.
«Riguardo
a cosa?» domandai,
fingendo di non seguirla. Lei sbuffò, poi gettò
un’occhiata piuttosto eloquente
a Louis, che era completamente assorto dalla conversazione con Harry.
Era da
quella mattina che parlavano di qualcosa che non ero riuscita ad
afferrare e
che, sinceramente, preferivo non sapere. Non ci tenevo affatto a
sentirmi dire
quanto fosse meraviglioso il sesso con Mallory. Per quanto ne sapevo,
Louis
l’aveva frequentata solo per un paio di giorni, prima di
mollarla e dedicarsi
alla sua prossima “preda”. Ancora, però,
non l’avevo vista.
«Ti
ho già detto che non
voglio più parlarne.» dissi, seccata. Ma
perché non mi lasciavano in pace? Come
avrei potuto far finta di niente, se mi ricordavano ogni cinque minuti
che era
impossibile farlo?
Melanie
borbottò qualcosa di
vagamente simile ad un “deficiente”
e
iniziò a confabulare con Liam, che sedeva alla sua destra e
fingeva di non
essere interessato al discorso. Stessa cosa Niall, che sembrava
completamente
intento ad ingozzarsi di patatine fritte, ma era palese che fosse
assolutamente
concentrato sulla nostra conversazione.
Perciò
rimasi in silenzio,
godendomi quei pochi minuti in cui nessuno di loro mi avrebbe ricordato
quanto
fosse stupido, da parte mia, fingere che tutto andasse bene.
«Hai
capito?» Louis mi
sventolò la mano davanti alla faccia, cercando di catturare
la mia attenzione.
«Eh?»
mi ero completamente
estraniata e non avevo sentito una parola di quello che mi avevano
detto.
Melanie ridacchiò, subito imitata da Liam e da Niall.
Fortuna che Zayn quel
giorno fosse assente, oppure anche lui avrebbe sicuramente riso.
«Dove
hai la testa,
bambolina?» chiese Louis, divertito.
«Io
lo so…» canticchiò
Melanie. Sperai che Louis non la sentisse, o per lo meno che evitasse
di
chiedere spiegazioni. Ma se c’era una cosa che avevo capito,
era che Louis era
tutto tranne che stupido. O sordo.
«Dillo
anche a me.» la pregò
Louis, trattenendosi a stento dal saltellare sul posto.
«Sta
pensando a Etienne.»
Il
silenzio calò in tutto il
tavolo, improvviso. Louis smise di sorridere, Liam e Niall di
ridacchiare,
Harry si limitò a guardarmi con attenzione, cercando di
capire come avrei
reagito.
«Etienne?»
Louis
mi sembrò piuttosto
disinteressato, così evitai proprio di infilarmi in una
situazione spiacevole,
nel quale mi mettevo a raccontare del mio ex-ragazzo nella vana
speranza di
farlo ingelosire. Anche perché non avrebbe assolutamente
funzionato. Io non
piacevo a Louis, fine della storia.
***
«Ti
và se andiamo a prendere
un gelato?» gettai un’occhiata colma di sospetto ad
Harry. Ci mancava solo che
anche lui avesse intuito qualcosa, ed allora la mia figura di merda
sarebbe
stata colossale e completa.
«Io
e te?»
«No,
tu e la panchina. La
vedi? Proprio quella.» Harry alzò gli occhi al
cielo, e io ridacchiai.
«Hai
ragione, domanda
stupida.» gli sorrisi, poi annuii. Dovevo smetterla di essere
così paranoica, o
avrei iniziato a perdere la testa. E poi, in fin dei conti, non
c’era niente di
male se mi piaceva qualcuno, giusto?
«Almeno
lo ammetti.»
ridacchiò Harry, dirigendosi verso la macchina di Louis, che
aspettava al posto
di guida con un’espressione lievemente preoccupante. Non feci
caso al motore
acceso, non feci caso a Melanie, Liam e Niall nascosti dietro
un’altra macchina
come dei pessimi agenti segreti.
Non
feci caso a niente di
tutto questo, fino a che Harry non aprì la portiera con un
gesto che al momento
reputai cavalleresco e mi spinse dentro la macchina.
Era
troppo tardi per rendermi
conto di essere vittima di un tranello architettato –
evidentemente – da quei
traditori, perché Louis era già partito, con un
sorriso soddisfatto sul volto
affascinante.
«Levati
quel sorriso idiota
dalla faccia, idiota.» ringhiai, fissando ostinatamente fuori
dal finestrino.
«Ti
porto lo stesso a
prendere il gelato.» rise Louis, guardandomi con la coda
dell’occhio.
«Però
paghi tu.» risposi,
incrociando le braccia al petto e sforzandomi di fare
l’offesa. Mi sarei
vendicata, prima o poi, per quel tradimento.
«Andata.»
approvò Louis,
prendendo la strada che portava al centro di Doncaster. Rimasi in
silenzio fino
a che scendemmo dalla macchina, poi sentii la necessità di
spezzare la tensione
e dissi la prima cosa che mi passò per la testa.
«È
novembre.»
«Che
tu ci creda o no, lo so
anche io.» replicò Louis, scoppiando a ridere. Mi
passò un braccio intorno alle
spalle, divertito, mentre camminavamo verso la gelateria.
«Volevo
dire che il gelato a
novembre non è proprio da persone sane di mente,
no?»
«E
chi l’ha detto che noi
siamo sani di mente?»
«Giusto.»
ammisi. In effetti,
non potevo proprio dargli torto.
Poco
dopo ci ritrovammo
seduti al tavolino, lui con una cioccolata calda ed io con una coppa
alla
nocciola.
«Così
l’unica malata mentale
sembro io, però.» bofonchiai, gettando
un’occhiata scettica alla coppetta.
Ero
stata piuttosto stupida,
nel permettere a Louis di ordinare al posto mio e avrei dovuto
aspettarmi uno
scherzo del genere da parte sua.
«Vuoi
fare cambio?» propose, facendo
scivolare la sua tazza di cioccolato sul tavolo, fino a portarmela
sotto gli
occhi. Scossi la testa e gli sorrisi, per ringraziarlo.
«Allora,
me lo dici o no a cosa
serve tutta questa messa in scena, Louis?» chiesi,
raccogliendo tutto il
coraggio che avevo e preparandomi alle conseguenze. Louis sorrise, poi
bevve un
sorso di cioccolata e si leccò gli angoli della bocca.
Arrossii, ma sostenni lo
sguardo: doveva capire che non aveva a che fare con una delle sue
solite
conoscenze.
«Chi
è Etienne?» chiese,
incrociando le mani sopra il tavolo e rivolgendomi una lunga, curiosa
occhiata.
«Cos’è,
un interrogatorio?»
chiesi, piccata.
«Direi
più una conversazione
tra amici…» precisò Louis.
Amici,
già.
‘Fanculo,
gli avrei
raccontato tutto, visto che gli interessava così tanto.
Almeno si sarebbe
sentito soddisfatto, no? Non riuscivo proprio a capire questa
curiosità da
parte sua. Così, per evitare di cadere in pensieri scomodi,
raccolsi le idee e
iniziai a raccontare di Etienne.
«Ci
siamo conosciuti circa
tre anni fa, ad Halifax. Era più grande di me, di quasi
cinque anni.» iniziai,
ma Louis mi interruppe subito, puntandomi contro il dito indice con
fare
accusatorio.
«Non
dirmi che ci sei
cascata!»
Gli
scoccai un’occhiataccia,
poi mi agitai sulla sedia, nervosa.
«Vuoi
sapere o no? Guarda che
per me sarebbe molto meglio non parlarne.»
«Come
non detto. Vai avanti,
bambolina.» sorrisi lievemente.
«Era
carino, sai? Aveva gli
occhi azzurri, e i capelli neri. E poi era affascinante. Aveva
l’aria da
cattivo ragazzo, ma io pensavo che la sua fosse solo una finzione. Con
me era
così gentile, che mi innamorai subito…»
guardai Louis di sottecchi, cercando di
cogliere una sua qualsiasi reazione, ma mi sembrava imperturbabile,
così andai
avanti, mentre i ricordi di Etienne mi assalivano.
«Ero
piccola, e ingenua. Non
pensavo affatto che si potesse fingere di essere innamorati di qualcuno
solo
per scommessa. Ma Etienne aveva finto, per tutto il tempo. Mi aveva
presentato
i suoi amici, mi aveva fatto conoscere sua sorella. Mi aveva convinto a
fare
l’amore con lui. Sai, è stato una merda, scoprire
che lui e i suoi amici
avevano scommesso su chi di loro sarebbe stato il primo a riuscire a
portarmi a
letto. Etienne è stato il primo ad averci provato, se poi
non avesse
funzionato, avrebbe tentato il secondo, e così via. Mi sono
sentita uno schifo
per mesi.» conclusi, asciugandomi rabbiosamente le guance.
Quando
avevo cominciato a
piangere? Non me ne ero neanche accorta.
«Patetica,
non è vero?»
mormorai.
Louis
scosse la testa, poi mi
lasciò un bacio sulla fronte e una carezza sulla guancia.
«Non
è stata colpa tua,
bambolina.»
«Si,
invece. In ogni caso, è
storia vecchia.» commentai, più tranquilla.
Ora mi piaci tu.
Okay,
capitolo un pò più riflessivo del solito, almeno
credo. Come avete visto, iniziano a saltare fuori gli altarini:
Etienne, Louis che piace a Cassidy e insomma... La storia è
quasi finita, per ora sono arrivata a scrivere il capitolo 11, credo
che arriverò a 15, massimo 20!
Comunque, spero che vi sia piaciuto e se vi và, recensite!
Mi raccomando, ci tengo!
Grazie mille alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, vi
adoro!
Ah, ho pubblicato una One-Shot che ha come protagonista Harry, si
intitola "Fix you"
cliccate sul titolo per andare a leggerla! E fatemi sapere che ne
pensate, sarebbe importante, per me.
Come al solito, vi lascio anche il link dell'altra storia "Diario di
una Psicopatica"
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Capitolo 9 *** Chapter 8. ***
Chapter 8.
«Com’è
andata?» Melanie mi
saltellò davanti, battendo le mani con aria entusiasta e
decisamente curiosa.
Mi feci da parte, permettendole di entrare in casa.
Mentre salivamo le scale
per
andare in camera mia, le risposi.
«Come vuoi che
sia andata? Mi
ha chiesto di Etienne.» che poi, se proprio dovevo dire la
verità, avrebbe
potuto farlo davanti agli altri, senza bisogno di organizzare un
sequestro,
peraltro malriuscito.
«E ti ha baciata,
dopo?»
«Non so
più come dirtelo,
Mel. Io a Louis non piaccio. O mi avrebbe baciata già da un
bel pezzo.»
borbottai. Di positivo c’era che almeno avevo smesso di
arrossire pensando a
noi due insieme.
«Che
stronzata.» mugugnò
Melanie, dirigendosi spedita verso il mio armadio. La osservai
perplessa,
mentre frugava e spulciava tra i miei vestiti con tutta la
tranquillità del
mondo.
«Si
può sapere che fai?»
chiesi, quindi, sedendomi sul letto con le gambe incrociate. Melanie
sventolò
la mano, e non mi rispose. Non mi convinceva per niente. Ma cosa
diavolo prendeva
a tutti quanti, in quei giorni?
Alzai gli occhi al cielo,
rimpiangendo i giorni in cui nessuno sapeva della mia cotta per Louis.
Era
tutto così tranquillo, all’epoca.
«Si
può?»
Riconobbi la voce di Zayn,
e
lo invitai ad entrare piuttosto sconcertata. Non credevo nemmeno che
sapesse
dove abitavo, figurarsi poi se avessi mai pensato che si sarebbe
presentato a
casa mia così, di punto in bianco.
«Cosa ci fai,
qui?» chiesi,
senza nemmeno salutare.
«Ciao anche a te,
Cass.»
ridacchiò lui, prima di allungarsi sul letto e lasciarmi un
bacio sulla
guancia. Gli sorrisi, divertita.
«Ciao,
Mel.» si avvicinò a
Melanie, che in tutta risposta si limitò a sventolare la
mano e a sbuffare
spazientita.
«Possibile che tu
non abbia
nemmeno un vestito, Cass? Neanche una gonna!»
protestò, invitando anche Zayn a
guardare dentro l’armadio. Lui non si fece pregare due volte
e iniziò a
controllare un capo alla volta: era inutile, non avrebbero trovato
niente, lì
dentro.
«Pensate di dirmi
cosa vi
passa per la testa o devo chiamare una squadra di psicologi?»
chiesi, chiudendo
a forza le ante dell’armadio e impedendo a entrambi di
curiosare ancora.
«Stasera andiamo
a una
festa.» comunicò Zayn, rivolgendomi un sorriso
mozzafiato.
«Tu e Mel? E Liam
lo sa?»
chiesi, stupita. Insomma, era palese che Liam fosse interessato a
Melanie. E,
in fondo, credevo che anche lui piacesse a lei.
L’unica
differenza era che
non avevo ancora visto Liam cambiare ragazza una volta a settimana e,
soprattutto, nessuno aveva messo sulla pubblica piazza i loro
sentimenti, così
come era successo a me.
«Abbiamo deciso
che tu e
Louis siete fatti per stare insieme.» informò
Melanie, deviando con invidiabile
non-chalance la domanda che le avevo rivolto pochi secondi prima.
Gettai
un’occhiata a Zayn,
che annuiva perfettamente d’accordo.
«Sentite, non so
più come
dirvelo: Io. A. Louis. Non. Piaccio. E non lo dico per mancanza di
autostima o
per chissà quale problema mentale. È tanto
semplice, mi vede come un’amica e
basta.» spiegai, con una pazienza che non credevo mi
appartenesse.
Mi aspettavo
l’approvazione
di almeno uno dei due, invece Zayn e Melanie si limitarono a scambiarsi
un’occhiata complice, prima di alzare gli occhi al cielo in
perfetta sincronia.
«Ecco. Questo
è perfetto.»
esultò Melanie, che nel frattempo aveva continuato a frugare
dentro l’armadio.
***
«Non dirai sul
serio?»
inarcai un sopracciglio, mentre Melanie mi sventolava davanti alla
faccia un
paio di scarpe dal tacco quindici, che probabilmente mi avrebbero
spezzato la
caviglia dopo nemmeno dieci passi.
«Zitta. Ora
vestiti, metti le
scarpe e poi passiamo a trucco e parrucco.»
intimò, mentre si infilava il suo
bellissimo vestito azzurro e calzava le scarpe bianche.
Sbuffai, ma feci comunque
come mi aveva detto: era inutile insistere, quando si metteva in testa
qualcosa. Non volevo neanche pensare a cosa sarebbe successo quella
sera. Dopo
che Zayn se n’era andato, promettendo che sarebbe venuto a
prenderci intorno
alle nove, Melanie si era completamente scatenata. Alla fine, mi ero
decisa a
lasciarla fare, anche perché l’alternativa sarebbe
stata un esaurimento nervoso
coi fiocchi. E visto che ero già abbastanza agitata per
questa festa alla quale
non volevo nemmeno presenziare, non mi sembrava il caso di bisticciare
per uno
stupido vestito.
Perciò, lasciai
che Melanie
mi raccogliesse i capelli in una treccia morbida che ricadeva sulla
spalla
sinistra e che mi truccasse come più le aggradava.
Un’ora dopo,
poté dichiararsi
soddisfatta e finì di prepararsi anche lei.
Guardandomi allo specchio,
quasi stentavo a riconoscermi. Il vestito nero che aveva trovato
nell’armadio
nemmeno mi ricordavo di averlo, e mi sembrava un po’ troppo
corto, un po’
troppo scollato e un po’ troppo non da me. Continuavo ad
abbassare l’orlo
inferiore, nella speranza di farlo arrivare almeno un po’
più in fondo della
metà coscia, ma mi arresi di fronte
all’impossibilità dell’impresa. I piedi
già
mi facevano male e le scarpe blu elettrico erano davvero un colpo
nell’occhio.
E non erano neppure mie: Mel se le era portate dietro, sapendo che
probabilmente non avrei avuto niente del genere da mettere.
«Sarà
un disastro, me lo
sento.» borbottai, facendo in modo che Melanie non mi
sentisse. Altrimenti
avrebbe iniziato la solita tiritera che non ne potevo più di
sentire.
Pochi minuti dopo, mamma ci
urlò che i ragazzi erano arrivati, così Melanie
finì velocemente di prepararsi
e, insieme, scendemmo le scale. Mi tenevo al corrimano,
perché volevo
assolutamente evitare di cadere e fare figure di merda solo per colpa
di quelle
maledette scarpe.
Quando mi trovai di fronte
Louis, però, iniziarono a tremarmi le gambe. Rivolsi
un’occhiataccia a Mel, che
sorrise angelica, prima di baciare entrambi i ragazzi sulle guance.
«Ciao,
Liam.» lo abbracciai
brevemente, mettendoci più forza del dovuto e gli sussurrai
all’orecchio che
l’avrei ammazzato più tardi. Lui rise, prima
passare un braccio intorno alle
spalle di Mel, salutare mia madre ed uscire.
«Ciao,
mamma.» sventolai la
mano in direzione di mia madre, poi afferrai Louis, che ancora non
aveva detto
nemmeno una parola, per un braccio, e lo trascinai fuori.
«Dov’è
Zayn?» gli chiesi,
prossima ad una crisi di nervi. Davvero, non riuscivo a capire tutta
quell’ostinazione nel volermi a tutti i costi accoppiare con
Louis, come se già
non ci pensassi abbastanza. Non era propriamente piacevole, sapere che
per
quanto mi sforzassi, non gli sarei mai interessata, se non come
un’amica. Il
che, anche se non era del tutto quello che volevo, non mi sembrava
così tanto
male. Preferivo averlo come amico, piuttosto che non averlo affatto.
Louis, intanto, non dava
segno di avermi sentita, e continuava a fissarmi dalla testa ai piedi.
Mi
costrinsi a non arrossire, per evitare di sembrare ancora di
più una bambina di
tre anni.
«Cosa?»
chiese, dopo qualche
secondo. Lo guardai, con un sopracciglio inarcato.
«Sei
già ubriaco?» domandai,
osservandolo negli occhi, per capire se fosse davvero il caso di salire
in
macchina con qualcuno che per metà era già fuori
di testa.
«No, stavo
pensando…»
mormorò, scuotendo la testa come a scacciare un pensiero un
po’ scomodo. In un
altro momento, gli avrei chiesto a cosa pensava di tanto impegnativo da
estraniarlo fino a quel punto, ma rimasi zitta, ondeggiando lievemente
su quei
tacchi troppo alti e troppo scomodi.
«Ah,
be’. Si spiega tutto.»
berciai, quindi, cercando di farlo riprendere da quello stato
catatonico in cui
era precipitato senza alcun motivo.
Ancora una volta non
rispose,
limitandosi a fissarmi.
«Ti hanno
lobotomizzato, per
caso?» chiesi, puntellandogli la fronte con il dito.
Finalmente, Louis sorrise,
prima di alzare gli occhi al cielo e circondarmi le spalle con un
braccio.
«Dio, bambolina.
Non si può
nemmeno pensare, con te?» chiese, mentre ci avviavamo verso
la sua macchina,
che aveva parcheggiato a pochi metri dal vialetto. Liam e Melanie erano
già
dentro, entrambi affacciati al finestrino, nemmeno stessero assistendo
ad un
combattimento illegale o a chissà che cosa. Scoccai ad
entrambi
un’occhiataccia, prima di sedermi accanto a Melanie e
appoggiare la testa sulla
sua spalla.
«Dì un
po’, Louis, non ti
sembra che Cass sia bellissima, stasera?» domandò
Mel, sfoderando la sua
migliore espressione innocente. Louis inarcò un
sopracciglio, senza capire dove
lei volesse andare a parare, poi annuì.
«Certo.»
confermò, tenendo lo
sguardo ben piantato sulla strada. Arrossii, chinando la testa verso il
basso.
All’improvviso, l’orlo del vestito mi sembrava
incredibilmente interessante.
***
La festa si sarebbe svolta
a
casa di Louis ed Harry, e doveva essere già ben avviata, a
giudicare dalla
musica che si sentiva nonostante la porta chiusa, e dal viavai di gente
che
faceva avanti e indietro sul vialetto. Louis parcheggiò poco
distante da lì,
poi scese dalla macchina e senza dire una parola si avviò
verso la casa.
Un po’ perplessa,
seguii Liam
e Mel che avevano iniziato a confabulare a proposito di qualcosa che
non capii,
anche se, chissà perché, ero quasi del tutto
convinta che si trattasse di me.
Dopotutto, ultimamente sembravo diventata un’attrazione
piuttosto
interessante.
Osservai Louis entrare in
casa, senza nemmeno voltarsi indietro per controllare che lo stessimo
seguendo.
Chissà cosa diavolo gli prendeva, quella sera. Non era mai
stato così freddo,
da quando lo conoscevo.
Oppure aveva capito
ciò che
mi sforzavo di nascondere, e non era assolutamente intenzionato ad
avere a che
fare con me. Alzai le spalle, feci un respiro profondo e mi obbligai a
pensare
a tutt’altro, per esempio alla canzone che rimbombava per
tutto il salotto, già
gremito di gente. Mi feci spazio tra una folla di ragazze che riconobbi
come
alcune campagne di classe di Melanie e mi diressi a passo spedito
– per quanto
i tacchi me lo concedessero – verso la cucina. Almeno
lì avrei trovato meno
casino.
Infatti, in cucina
c’era solo
Niall, intento a divorare un panino imbottito di prosciutto e
formaggio. Quando
mi vide, strabuzzò gli occhi e rischiò di
soffocarsi con un boccone troppo
grosso.
Gli battei la mano sulla
schiena, fino a che non smise di tossire e inghiottì il
panino.
«Tutto
bene?» gli chiesi, con
un sorriso divertito.
«Ma sei
bellissima!» disse,
afferrandomi la mano e facendomi fare una giravolta su me stessa. Risi,
imbarazzata, prima di scuotere il capo.
«Sei
gentile…» mormorai,
prima di appoggiarmi al tavolo, carico di bottiglie e incrociare le
braccia al
petto. Avrei voluto chiedere a Niall se sapesse cosa era preso a Louis,
ma
scoprii di non volerlo sapere. Forse non ero pronta per quella
delusione.
«È la
verità.» rispose,
semplicemente. Gli sorrisi di nuovo, prima di gettare
un’occhiata al salone.
Harry stava ballando con una ragazza decisamente carina, che mi
sembrava
frequentasse il quinto anno. Non credevo sarebbero rimasti
lì ancora per molto,
visti gli sguardi eloquenti che si lanciavano. Zayn stava
chiacchierando con un
suo compagno di classe, Liam e Melanie ballavano, e Louis…
Louis ballava con
Mallory. Lei gli si strusciava addosso e ad ogni suo movimento il
vestito di
per sé scandalosamente corto saliva sempre di
più, mostrando una generosa
porzione di coscia.
Mi sentii gelosa, delusa e,
forse, sull’orlo del pianto. Di certo c’era solo
una cosa: io a Louis non
piacevo, soprattutto se era abituato a ragazze come Mallory.
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Capitolo 10 *** Chapter 9. ***
Chapter 9.
«E
così vieni da Halifax?»
Annuii,
rivolgendo a Philip
un sorriso puramente di circostanza. Mi si era avvicinato quando Niall
mi aveva
lasciata da sola ed aveva provato ad attaccar bottone. Invano.
L’avevo
riconosciuto come il
ragazzo con cui Zayn aveva parlato sino a qualche minuto prima,
perciò mi stavo
proprio sforzando di portare avanti la conversazione, nonostante il mio
umore
non fosse decisamente dei migliori.
«Si.
Sai, in realtà qui è più
bello…» confessai. In automatico, non potei fare a
meno di pensare che sarebbe
stato di gran lunga peggiore, se non avessi incontrato Louis, Melanie e
i
ragazzi. Avevo più amici qui che ad Halifax, ed ero
più felice, a parte la
piccola parentesi “Louis”, che non stava
propriamente procedendo alla grande.
Philip
sorrise, mettendo in
mostra una serie di denti bianchi e fece un passo in avanti,
avvicinandosi
ancora un po’ e superando la distanza che io stessa avevo
imposto all’inizio
della conversazione. Non mi piaceva che si prendesse tanta confidenza.
«Ti
hanno mai detto che sei
uno schianto?» domandò, accarezzandomi il braccio
con la punta delle dita. Mi
scostai, lievemente infastidita.
«Certo.
Il mio ragazzo me lo
dice di continuo.» risposi, mentendo alla grande. Stupida,
ecco cos’ero.
Speravo che nominare un fidanzato – sebbene inesistente
– sarebbe stato
sufficiente a far allontanare Philip, che in risposta si
avvicinò ancora un
po’, annullando quasi completamente le distanze tra di noi.
«E
il tuo ragazzo sarebbe
Tomlinson, per caso?» chiese, gettando un’occhiata
alle mie spalle. Mi voltai e
seguii il suo sguardo, curiosa. Louis si avvicinava velocemente, con
un’espressione seccata che proprio non capii. Cosa gli
interessava, a lui, se
parlavo con qualcun altro? Lui aveva Mallory…
«No.»
«Be’,
è da quando abbiamo
iniziato a parlare che non ti toglie gli occhi di dosso.» mi
comunicò Philip,
prima di fare un passo indietro. Louis era arrivato e non sembrava per
niente
contento.
«Che
succede?» chiese,
posizionandosi di fianco a me e passandomi un braccio intorno alle
spalle,
protettivo e un po’ troppo possessivo, forse.
«Niente.
Stiamo solo
parlando.» si giustificò Philip, alzando le mani
in segno di resa.
«E
c’è bisogno di farlo così
vicini?»
«Louis,
quanto cavolo hai
bevuto?» mi intromisi, notando che la sua voce appariva un
po’ strascicata.
Louis mi sorrise.
«Non
lo so. Un po’ troppo,
forse.» ridacchiò. Decisamente perplessa da quel
cambio d’umore – insomma,
all’inizio della serata nemmeno mi aveva guardata in faccia,
ora rideva come se
niente fosse successo – decisi che era il caso di
allontanarlo da Philip, prima
che ricominciasse a comportarsi come un fidanzato geloso senza,
peraltro,
averne alcun diritto.
«Andiamo
a prendere una
boccata d’aria, così ti riprendi.»
mormorai, rivolgendo un saluto a Philip e
afferrando Louis per mano. Mi seguì senza fare storie,
mentre lo trascinavo
verso l’ingresso.
Una
volta fuori, presi un
respiro profondo. Ci incamminammo, senza una meta precisa, in completo
silenzio. Lo tenevo ancora per mano, come se fosse una cosa normale,
come se ne
avessi davvero il diritto.
***
«Ti
ho già detto che sei
bellissima?» chiese, poco dopo.
«Piantala
di fare lo scemo,
Louis.» lo ammonii, separandomi bruscamente e mettendo
qualche passo di
distanza tra di noi. Non volevo sentire ciò che aveva da
dirmi, soprattutto se
era ubriaco. Lui si sarebbe dimenticato tutto, il giorno dopo, io mi
sarei
ricordata di tutto alla perfezione, invece.
«Dico
davvero, bambolina. Sei
bellissima.» mi bloccò per il polso,
costringendomi a voltarmi verso di lui.
Scossi la testa e mantenni lo sguardo basso. Non volevo nemmeno
guardarlo negli
occhi.
«Sei
ubriaco.»
«Non
è vero. L’ho detto solo
perché sapevo che mi avresti portato via.»
ridacchiò, passandosi una mano tra i
capelli.
«E
perché l’avresti fatto?
Non mi sembravi tanto contento di vedermi, questa sera. Soprattutto
quando
ballavi con Mallory.» mormorai, sentendo che gli occhi mi si
facevano lucidi.
Ecco, ci mancava solo che scoppiassi a piangere come una perfetta
psicopatica e
poi sì, che sarebbe stata una serata fantastica.
Louis
sospirò, poi mi sollevò
il volto con due dita e mi costrinse a guardarlo.
«Ti
ricordi cosa ti ho detto,
un po’ di tempo fa?» chiese. Capii immediatamente a
cosa si riferisse, perché
erano state proprio quelle parole che mi avevano fatto capire che mi
piaceva.
«Che
quelle come me sono la
rovina di quelli come te. Cosa c’entra adesso?»
Non
riuscivo a capire dove
volesse andare a parare e in più mi sembrava che il cuore
stesse per uscirmi
fuori dal petto, per quanto batteva. Era normale, sentirsi
così?
Louis
sorrise.
«C’entra
eccome, bambolina.»
«Non
capisco. Che vuol dire?»
ero confusa, imbarazzata e non mi ricordavo nemmeno dove fossi. In quel
momento
vedevo solo Louis.
«Vuol
dire che da quando sei
entrata nella mia vita, mi hai costretto a diventare qualcun altro.
È bastato
che tu mi dessi dell’idiota, per sconvolgermi.»
spiegò, tranquillo.
«Costretto?
Io non ti ho
costretto a fare niente!» protestai, un po’
piccata. Come poteva dire una cosa
del genere? Semmai ero io quella che avrebbe dovuto lamentarsi!
Insomma, mi
aveva travolto da un giorno all’altro, ed era stato proprio
come un uragano,
bellissimo, ma devastante.
«Cristo
Santo, Cass, non vuoi
proprio capire, allora! Prima di conoscere te, cambiavo ragazza ogni
tre giorni
e non me ne era mai fregato niente di ferire i loro sentimenti, di
parlarci, di
conoscerle o di fare con loro qualcosa che non fosse solo sesso. Poi
sei
arrivata tu, con i tuoi “idiota”,
con
il tuo carattere di merda, con la tua acidità, con il tuo
sorriso, con quegli
occhioni verdi e con quelle tue cazzo di fossette che mi mandano fuori
di
testa! E non sono più riuscito a pensare ad altro, se non al
fatto che avrei
voluto baciarti, che avrei voluto averti affianco ogni minuto. Quando
mi hai
raccontato di Etienne, ho capito che non avrei avuto nessuna chance. Il
mio
comportamento fino ad allora era stato tanto simile al suo che di certo
non
avrei mai potuto piacerti, non dopo quello che ti aveva fatto. E in
più, come
se non bastasse, ho avuto paura. Perché io, che non avevo
mai avuto problemi,
che ho sempre avuto tutte le ragazze che volevo senza nessuno sforzo,
perché mi
sono innamorato dell’unica a cui probabilmente non sarei mai
interessato? E mi
sono pentito così tanto di aver fatto lo stronzo,
perché se fossi stato
diverso, probabilmente avrei avuto qualche possibilità e
adesso tu saresti mia
e io non mi incazzerei perché hai messo un vestito troppo
corto? Si può sapere
come ti è venuto in mente di uscire di casa vestita
così?» sbraitò infine.
Scoppiai
a ridere, con le
lacrime agli occhi, incredula di fronte a quello che mi aveva detto.
Era stato
il discorso più lungo che gli avessi mai sentito fare ed era
stato così dolce,
così confusionario, sconclusionato e così da
Louis che non ero riuscita a trattenermi.
Gli
gettai le braccia al
collo, lo attirai verso di me e lo baciai. Rimase immobile per qualche
istante,
poi lo sentii sorridere sulle mie labbra, prima che ricambiasse il
bacio con
una veemenza che mi lasciò completamente tramortita e senza
fiato: era
decisamente molto meglio di quanto mi fossi mai aspettata.
Quando
ci separammo, lo
abbracciai, al settimo cielo e ancora un po’ incredula di
fronte all’evolversi
della serata.
«Se
sei ubriaco e domani
mattina non ti ricordi più niente, giuro che ti
ammazzo.» lo minacciai. Louis
rise e mi stampò un bacio sulle labbra.
«Vuoi
dire che ho una
possibilità?»
«No,
di solito bacio tutti
quelli che passano per strada. Sai, mi diverte un sacco.»
alzai gli occhi al
cielo, chiedendomi come cavolo avessi fatto a perdere la testa per
un’idiota
del genere.
«Ti
conviene cambiare
abitudini, bambolina. Sono un tipo geloso.» risi, felice.
Perché
improvvisamente mi
sembrava tutto così bello? Mi sentivo come se niente potesse
andare male, come
se tutte le cose che mi avevano resa triste, in passato, fossero state
cancellate dopo la confessione di Louis, dopo il suo bacio. Per la
prima volta
dopo non so quanto tempo, mi sentii in pace con me stessa.
***
Rientrammo
alla festa circa
un’ora dopo. Louis mi teneva per mano, completamente a suo
agio, mentre io mi
sentivo addosso gli sguardi di tutti quanti.
Poi
l’uragano Melanie mi
travolse, separandomi bruscamente da lui. Urlò qualcosa di
incomprensibile,
ancora più felice di me, e mi gettò le braccia al
collo. La abbracciai,
gettando a Louis un’occhiata di scuse. Lui mi sorrise, poi
indicò la cucina con
un cenno della testa e si allontanò.
«Allora?
Allora?» saltellò
Melanie, eccitata. Evidentemente non vedeva l’ora di essere
aggiornata.
«Riunione
in cucina.»
comunicai. Non vedevo l’ora di tornare tra le braccia di
Louis, ora che potevo
farlo davvero.
Quando
aprii la porta, i
ragazzi erano tutti lì.
«Ve
l’avevo detto…»
canticchiò Melanie, facendo ridacchiare tutti, tranne Louis,
che sembrava un
po’ stranito.
«Detto
cosa?» chiese,
infatti.
«Che
anche tu eri innamorato
di Cass! Dai, era così palese che se ne sono accorti anche i
muri! E dire che
Cass non ci credeva. Continuava a ripetere “tanto io a Louis
non piaccio, blablabla, blablabla” e invece…
ta-daaan! Ah, sono proprio un genio! Un
genio!» si complimentò. Inarcai un sopracciglio,
domandandomi se da un momento
all’altro si sarebbe stretta la mano da sola.
«Tanto
io a Louis non
piaccio?» domandò il diretto interessato,
rivolgendomi un’occhiata maliziosa e
divertita. Arrossii violentemente, mentre la voglia di strangolare la
mia
migliore amica si faceva strada dentro di me.
«Non
so più come dirvelo: Io.
A. Louis. Non. Piaccio.» mi scimmiottò anche Zayn,
prima di battersi il cinque
con Mel, che nel frattempo aveva cominciato a sgranocchiare delle
patatine,
contendendosi il sacchetto con Niall.
«Fammi
capire, bambolina, da
quant’è che ti piaccio?» chiese Louis,
divertito. Arrossii ancora di più, scatenando
un altro attacco di risa dei presenti.
«Da
quando hai detto quella
cosa…» farfugliai. Louis strabuzzò gli
occhi, evidentemente colpito.
«Non
mi sono mai accorto di
niente.» mormorò, portandosi davanti a me. Lo
guardai e sorrisi.
«Certo,
perché sei
un’idiota.»
Ooooookay, avete visto? Ce l'abbiamo fatta, finalmente!
Ora, siccome domani parto e sto via due mesi - quindi addio internet,
addio pc, addio EFP (no, non vado in Burundi) - ho pensato che fosse
carino da parte mia non lasciarvi a bocca asciutta!
Perciò, be', diciamo che si è conclusa la prima
parte della storia u.u
Spero che vi sia piaciuta e spero che al prossimo aggiornamento non
sparirete nel nulla! xD
See you soon!
P.s. Grazie mille a chi ha commentato i capitoli precedenti, a chi ha
inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite e anche a chi ha
solamente letto!
Vi adoro! <3
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Capitolo 11 *** Chapter 10. ***
Chapter 10.
Il
giorno dopo, la notizia
che Louis Tomlinson e Cassidy “quella
nuova” Montgomery stessero insieme, riecheggiava
tra le mura della scuola
come se fosse qualcosa di sconvolgente e in grado di catturare
completamente
l’attenzione dell’intero corpo studentesco.
Da
parte mia, avevo la
completa intenzione di fingere di non esistere: non perché
mi vergognassi, ma
perché metà delle ragazze che incontravo per i
corridoi mi lanciava occhiate di
fuoco; l’altra metà, invece, scuoteva la testa con
rassegnazione, come a dire
“eccone un’altra che ci è
cascata.”
In
realtà, non mi sentivo
affatto “incastrata”. Semplicemente, ero contenta
che per una volta le cose
volgessero a mio favore. Era giusto, no? O dovevo sempre essere io,
quella
sfortunata?
Louis
era innamorato di me,
punto. Che andassero tutte quante al diavolo.
Sapevo
anche che era
piuttosto ottimistico, da parte mia, sperare che cessasse
l’interesse per il
mio ragazzo – ancora non riuscivo a crederci –
tutto di colpo, perciò quando
Mallory gli finì accidentalmente addosso ebbi
un’illuminazione: i guai erano
appena cominciati.
E
le statistiche giocavano
tutte a mio sfavore. Potevo davvero competere con Mallory?
La
osservai, mentre mi
passava di fianco con un’espressione mortalmente soddisfatta.
«Saluti
da parte di Etienne.»
cinguettò, sventolando la mano in segno di saluto. Mi
immobilizzai di colpo,
frastornata.
Come
faceva a sapere di
Etienne? Sicuramente doveva averlo sentito da Melanie, quando
l’aveva urlato in
mensa per catturare l’attenzione di Louis. Si, doveva per
forza essere così.
«Cosa
ti ha detto Mallory?»
Niall mi fermò per il braccio un istante prima che
entrassimo in classe. Doveva
essersi accorto che avevo la testa da un’altra parte. Scossi
la testa in segno
di noncuranza e gli sorrisi.
«Niente.»
Niall
non ne sembrò affatto
convinto, tuttavia non indagò oltre: mi conosceva e sapeva
che se ne avessi
voluto parlare l’avrei fatto. Il punto era che non ne volevo
parlare affatto,
perché sapevo che, facendolo, l’avrei data vinta a
Mallory. Voleva farmi
credere di sapere qualcosa e io non volevo darle il potere di
condizionarmi.
Perciò
la scelta migliore
sarebbe stata quella di ignorarla, così come avevo sempre
fatto.
Dopotutto,
Louis non era mica
così importante per lei, no? Per me invece lo era, e di
certo non le avrei
permesso di portarmelo via, non quando era l’unico in grado
di rendermi felice.
Passai
tutta la lezione di
matematica concentrata nel tentativo di ignorare Niall e le sue
occhiate
indagatrici e ci riuscii piuttosto bene, anche se cominciavo ad
avvertire il
bisogno di parlare con qualcuno.
Louis
era fuori discussione
perché, conoscendolo, avrebbe trascinato Mallory in un
angolo e l’avrebbe
costretta a parlare. Ed io non ero affatto sicura di voler sentire cosa
avesse da
dire.
Mi
infastidii parecchio,
capire che per quanto mi sforzassi di vivere una vita semplice,
monotona e
all’insegna della noia non ce l’avrei mai fatta.
Sembravo attirare la sfiga
come una calamita attira un ago.
Perciò
tanto valeva
rassegnarsi e godersi ogni momento, giusto?
***
Louis
mi aspettava fuori
dalla classe. Aveva la schiena appoggiata al muro, e le braccia
incrociate. Ed
era incredibilmente bello.
Scossi
la testa, stupita di
me stessa: stavo iniziando a pensare di nuovo come una ragazzina.
«Ehi,
bambolina.»
ammiccò nella mia direzione, prima di aprirsi in un
sorriso divertito.
«Idiota.»
risposi, prima di
avvicinarmi e lasciargli un bacio leggero sulle labbra. Louis mi
passò un
braccio intorno alle spalle e Niall ridacchiò.
«Fa
impressione vedervi
insieme.»
Risi
anche io, mentre Louis
mise in scena un’espressione oltraggiata.
«Stai
dicendo che la mia
fidanzata è brutta?» chiese, afferrando Niall per
la maglietta.
Niall
rise ancora più forte,
per niente impressionato.
«Sto
dicendo che tu sei brutto. Cass
è bellissima.»
spiegò, prima di lanciarmi un bacio con la mano. Finsi da
acchiapparlo e me la
filai prima che Louis cominciasse a fare le tragedie greche: quando gli
dicevano che era brutto perdeva la testa.
Improvvisamente,
mi resi
conto che lasciare Niall da solo con Louis non era stato un gran colpo
di
genio: avrebbe potuto dirgli di Mallory. Mi voltai per controllare cosa
stessero facendo, ma ancora stavano scherzando, così
immaginai che Niall se ne
fosse dimenticato.
E
me ne dimenticai anche io, salvo
quando sentii Louis dire che ci avrebbe pensato lui. Ma pensato lui a
che cosa?
Mi maledissi per essermi distratta.
Per
una volta, però, decisi
di lasciare che le cose andassero come dovevano andare. Non potevo
stare dietro
a tutto, e magari non ero neanche io l’argomento di
conversazione. Smisi di
rimuginarci presto, quando mi accorsi di Melanie.
Piangeva,
stretta tra le
braccia di Liam, che proprio non sapeva cosa fare per consolarla.
Visto? Non
c’era verso che le cose andassero per bene.
Mi
avvicinai di corsa,
preoccupata. C’era una sola persona in grado di ridurre
Melanie in quello
stato, e quella persona era Jason Coburn. Avevo già avuto a
che fare con lui, e
non mi era piaciuto affatto.
Sorrisi
debolmente a Liam e
gli feci cenno di cominciare a dirigersi verso la mensa insieme a Louis
e
Niall. Poi presi Melanie per mano, e insieme andammo in cortile.
«Che
succede, Mel?» le
chiesi, rigida. Mel tirò su col naso, fece per dire
qualcosa, poi riprese a
singhiozzare. Cosa diavolo stava succedendo?
«Jason…»
farfugliò, tra i
singhiozzi.
«Cos’ha
fatto ancora?»
Non
mi aspettavo niente di
buono, da Jason Coburn. E avevo idea che ciò che avrei
sentito avrebbe solo
confermato la mia idea – di per sé pessima
– di lui.
Melanie
scosse la testa. Non
riusciva a parlare.
«Devo
andare a parlare
direttamente con lui? Lo sai che lo faccio.»
l’avvertii, prima di alzarmi in
piedi e rassettarmi i jeans con fretta.
Mel
mi afferrò il braccio e
mi trascinò un’altra volta per terra accanto a
lei.
«Allora?»
insistetti,
impaziente. Volevo sapere la verità.
«Mi
ha minacciata.»
«COSA?»
come si era permesso
quel grandissimo bastardo di arrivare addirittura a minacciare
l’unica persona
che probabilmente avrebbe sempre speso una parola in sua difesa?
«Lui…
ecco, gli ho detto che
non ero più interessata, perché
adesso… oh, merda, Cass! Mi piace Liam, e come
una deficiente ho pensato che Jason mi avrebbe lasciato in pace. E
invece lui
ha minacciato di picchiare Liam e io non so cosa fare… lo
odio! Lo odio!» pestò
un pugno per terra, arrabbiata. Io sorrisi: finalmente aveva capito di
provare
qualcosa per Liam e, soprattutto, aveva cominciato a odiare Jason. Il
che era
una gran bella notizia. Almeno avrei potuto organizzarmi.
«Liam
lo sa?»
«Certo
che no, non dire
cazzate. Gli ho detto che mi è morto il criceto e che
piangevo per quello.»
spiegò, facendomi scoppiare a ridere.
Tutto
quello che mi serviva,
ora, era un piano.
***
E
chi meglio di Louis per
mettere a punto una strategia d’attacco? Gli raccontai di
Jason mentre
camminavamo verso casa mia. Mamma non c’era, e avremmo avuto
tutto il tempo di
parlare con calma. Magari gli avrei detto anche di Mallory. O magari
no.
Ancora
non mi sembrava vero
che Louis mi tenesse per mano, davanti a tutti. Anche Etienne lo faceva
sempre,
ma era così possessivo che non mi permetteva neanche di
separarmi per un
attimo. Louis era completamente diverso: la sua presa era morbida, ma
rassicurante.
Sorrideva in continuazione e ogni tanto si fermava per darmi un bacio.
Come
potevo non sentirmi felice?
«A
me basta che si tenga
lontano da te.» mormorò, quando gli dissi che
Jason cercava Melanie in
continuazione. Sorrisi, poi mi alzai sulle punte dei piedi per baciarlo.
«Basta
anche a me. Ora il
problema sono Melanie e Liam. Dobbiamo trovare un modo
per…» feci un gesto
strano con le mani, facendo scoppiare a ridere Louis, che in ogni caso
mi capì
al volo.
«Chiaro.
Bene, mettiamoci al
lavoro.» sostenne, passandosi una mano tra i capelli
spettinati. Lo sapevo, che
avrei potuto contare su di lui.
«Dobbiamo
farli uscire allo
scoperto. Qualche idea?» chiesi, raccogliendo i capelli in
una coda di cavallo
disordinata. Nel frattempo, Louis si sedette sul divano e mi fece cenno
di
raggiungerlo.
«In
questo momento, qualsiasi
cosa mi venga in mente centra poco con Liam. O con Melanie.»
Arrossii,
nascondendo il viso
nell’incavo tra il suo collo e la sua spalla e non replicai.
Louis ridacchiò.
«E
va bene. Potremmo
costringere Liam a seguire Melanie dappertutto. Sai, tipo guardia del
corpo.»
propose, mentre mi accarezzava la schiena con dolcezza. Annuii,
pensandoci
sopra. Non era male come idea, ma ci serviva qualcosa che facesse
accelerare i
tempi.
«Che
tu sappia, Liam è un
tipo geloso?» chiesi.
«Liam
è più il tipo che
accumula e accumula…»
«E
alla fine scoppia! Ma
certo, sei un genio, Lou!» battei le mani, entusiasta per
l’idea che mi era
appena venuta in mente. Louis rise.
«Modestamente.
Quindi che si
fa?»
«Chiediamo
a Harry di
fingersi il fidanzato di Mel.»
«Harry?
Ma non stavamo parlando
di Liam?»
«Si.
Ma vedi, se Liam è interessato
a Melanie, non permetterà mai che stiano insieme. Neanche
per finta. Così si
dichiarerà prima. Sono un genio.»
«Ma
lo ero io, fino a dieci secondi
fa!» protestò
Louis, prima di cominciare a farmi il solletico. Si portò
sopra di me, senza
lasciarmi via di scampo, seppur cercassi di divincolarmi. Poi, quando
lo pregai
di smetterla, mi baciò.
«Che
succede, qui?»
Ora
si, che le cose si
mettevano male.
***
I’m
baaaaaaaack!
E
dopo non so nemmeno quanto
tempo, eccomi qui con il nuovo capitolo, che personalmente non mi
convince un
granché.
Voi
che ne dite?
Sapete,
ho il dubbio che
questa storia inizi ad assomigliare ad un polpettone romantico,
però non
importa. Ormai il mio cervello è partito per la tangente.
Okay,
la smetto.
Spero
che il capitolo vi sia
piaciuto…
Ho
una piccola richiesta: mi
lascereste una recensioncina piccina piccina? Anche per dirmi che fa
schifo e
che potevo evitare di pubblicare di nuovo xD
Grazie
mille alle ragazze che
hanno recensito lo scorso capitolo, scusate se non vi ho risposto, ma
ho
adorato OGNI SINGOLA PAROLA che avete lasciato.
Naturalmente,
grazie anche a
chi ha inserito la storia tra le seguite-preferite-ricordate e anche a
chi
legge soltanto!
Vi
adoro.
Fede.
|
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Capitolo 12 *** Chapter 11. ***
Chapter 11.
In genere, mamma non aveva
una mentalità chiusa, bigotta e arretrata. Anzi, mi ripeteva
in continuazione
che forse avere qualcuno accanto mi avrebbe fatto bene, visto che mi
serviva
proprio un ragazzo che riuscisse ad addolcirmi. Nell’ultimo
periodo, poi, le
allusioni a Louis non erano più nemmeno tanto velate. Era
dalla sera della cena
con Johannah e famiglia, che mi tormentava.
Perciò non avevo
affatto
pensato che avrebbe potuto darle fastidio, sapere che io e Louis
stavamo
finalmente insieme. Insomma, non era quello che si auspicava da
settimane? Eppure,
avrei evitato volentieri di trovarmi in quella situazione. Non solo
Louis era a
cavalcioni su di me e mi stava baciando ma, ad un occhio esterno, la
situazione
sarebbe potuta sembrare piuttosto ambigua. E in effetti lo era.
«Ciao,
mamma.»
Louis mi lasciò
libera
immediatamente, mentre le sue guance si arrossavano lievemente.
Ridacchiai: non
ero ancora abituata a vederlo in versione “ragazzo timido e
imbarazzato”.
Poi, proprio quando pensavo
che mamma si sarebbe messa ad urlare per lo sdegno, lei
scoppiò a ridere.
«Ma è
fantastico! Lo sapevo
io, che voi due nascondevate qualcosa! Santo cielo, sono
così felice. Aspettate
che lo sappia anche Jay…» esclamò,
prima di precipitarsi in cucina alla ricerca
del telefono di casa.
Usava sempre quello, quando
era intenzionata a stare ore ed ore al telefono.
Mi schiaffai una mano sulla
fronte, incredula, poi guardai Louis, che si stava evidentemente
trattenendo
dal ridere.
«Direi che
l’ha presa bene.»
commentò, prima di lasciarsi andare ad una risata divertita
e contagiosa. Lo
abbracciai stretto, posando la testa sul suo petto e avvolgendogli i
fianchi
con le braccia.
«Credo non
aspettasse altro.»
mormorai, cercando ancora di dare un senso alla reazione entusiastica
di mamma.
Mi aveva lasciata parecchio stupita.
«In
realtà, beh, mia madre lo
sa già. L’ha scoperto subito.»
confessò Louis. Spalancai gli occhi, stupita.
Per essere uno che non aveva fatto altro che portarsi a letto una
ragazza
diversa ogni settimana, era incredibile come riuscisse a prendere
questa storia
sul serio.
Non fraintendete, non ne
ero
affatto delusa. Anzi, tutto mi sembrava fin troppo perfetto, rispetto
agli
standard abituali. Mi aspettavo da un momento all’altro che
Louis si stancasse
di me, che la prima settimana trascorresse e che ognuno prendesse la
propria
strada.
«Non staremo
andando troppo
di fretta?» domandai, in preda ai dubbi.
Insomma, stavamo insieme da
quanto, due giorni?
Louis fece spallucce.
«Non
direi. E poi non aspettavano altro. In ogni caso, se sanno che stiamo
insieme,
non dovremo più dare spiegazioni se ci vedranno fare
questo…» mi baciò
dolcemente sulla fronte.
«O
questo…» spostò le labbra
sulla guancia, soffermandosi in un punto pericolosamente vicino alla
bocca. «O
questo.» quando finalmente mi baciò, capii che
aveva ragione. Era così bello
non dover fare le cose di nascosto, per paura di essere scoperti.
Potevamo
stare insieme alla luce del sole, mamma approvava, Johannah anche.
Tutto era dalla nostra
parte.
Per il momento.
***
La mattina dopo, decisi che
avrei dato il via al mio piano per unire Liam e Melanie. Personalmente,
ero
certa al cento percento che quei due sarebbero stati perfetti, insieme.
Insomma, Liam era così dolce, così protettivo e
così leale che Melanie avrebbe
senz’altro dimenticato quel gran bastardo per cui si era
presa una cotta
colossale. Fortunatamente, da parte sua l’interesse era
già piuttosto alto:
aveva ammesso che Liam le piaceva. Rimaneva solo da vedere se lei
piaceva a lui
e mi sembrava altamente probabile, perché Melanie era
bellissima, aveva un
cuore d’oro ed era divertente.
Perciò lanciai
un’occhiata
d’intesa a Louis: avevamo stabilito che io avrei preso
Melanie, Liam ed Harry
da parte e gli avrei spiegato come avremmo agito. Lui, invece, si
sarebbe
occupato di illustrare la situazione a Zayn e Niall. Ero certa che si
sarebbero
dimostrati degli importanti alleati.
Tuttavia, la scuola non era
di certo il posto migliore per parlare di tali argomenti, considerate
le orecchie
indiscrete del corpo studentesco. Non volevo che Jason venisse a
conoscenza del
nostro piano o ci avrebbe procurato un sacco di rogne. Volevo solo che
si
rendesse conto che Mel era fuori dalla sua portata e, soprattutto,
libera dalla
cattiva influenza che aveva su di lei.
Quando Louis propose di
andare tutti quanti a casa sua e di Harry, poi, i miei progetti di
super-spia
si sciolsero come neve al sole, di fronte all’evidenza che il
mio ragazzo non
aveva capito un bel niente del piano che avevo progettato con tanta
cura.
Perciò alzai gli
occhi al
cielo, mugugnai un “come non detto” e mi avviai a
piedi con Zayn e Melanie.
Mel era ancora preoccupata
per Liam, ed era chiaro che voleva parlarne con qualcuno. Zayn, che in
genere
era quello con cui parlava di più, di tanto in tanto le
lanciava occhiate
preoccupate. Alzai gli occhi al cielo. Era davvero possibile che per
colpa di
quel deficiente di Jason nessuno potesse vivere tranquillo?
«A che
pensi?» mi chiese
Zayn, rivolgendomi un’occhiata penetrante e colma di
sospetto. Anche Melanie
focalizzò la sua attenzione su di me: sembrava avesse capito
che c’era qualcosa
di strano.
«A
niente.» cinguettai, fin
troppo entusiasta. Dai, potevano almeno aspettare che arrivassimo a
casa!
«Bugiarda. Stai
nascondendo
qualcosa.» accusò Zayn, con un sopracciglio
inarcato.
Oh, santo cielo, ma
perché doveva
essere così sospettoso? Uomo di poca fede.
«Sapete, mamma mi
ha beccato
mentre mi rotolavo sul divano con Louis.» confessai, sperando
che la novità li
distraesse fino a che fossimo arrivati a casa.
E funzionò,
visto che Melanie
iniziò a ridacchiare e Zayn sogghignò.
Guardandolo, capii che non si era
affatto bevuto il mio tentativo di cambiare argomento. Mi
fissò per qualche
istante, poi sorrise e annuì. Ricambiai: ero completamente
convinta che Zayn mi
sarebbe stato di grande aiuto.
«Allora? Voglio
sapere
tutto.» esclamò Melanie, prendendomi sotto
braccio.
Sorrisi.
Ah, Mel, ancora non sai
cosa
ho in serbo per te. Ma se tutto andrà come penso, sono
sicura che mi
ringrazierai.
***
Quando finalmente fummo
tutti
riuniti, cominciai a parlare, consapevole che, da quel momento in poi,
tutto
sarebbe cambiato. Non vedevo davvero l’ora di scoprire come
l’avrebbe presa
Liam.
«Abbiamo un
problema.» esordii,
guardando per un attimo Louis. Harry spalancò la bocca, ma
lo interruppi
immediatamente. «No, non sono incinta, scemo. Il problema
è Mel.» la diretta
interessata sgranò gli occhi e deglutì
vistosamente, rannicchiandosi ancora di
più al fianco di Liam, che sorrise e le passò un
braccio intorno alle spalle
esile. Louis ridacchiò, così gli tirai una
gomitata sulle costole per farlo
stare zitto.
«È una
cosa seria.» lo
rimproverai, divertita. In tutta risposta, alzò gli occhi al
cielo.
«Jason ha deciso
che Melanie
è una sua proprietà e la cosa non mi sta affatto
bene.» tutti i presenti, tranne
Melanie, annuirono: pendevano tutti dalle mie labbra.
«Perciò,
io e Louis abbiamo
pensato che dovrebbe fingere di essere fidanzata. In questo modo, Jason
la
lascerebbe in pace.»
Mel si agitò
parecchio,
quando conclusi la frase. Le sorrisi angelica, poi mi accorsi che Liam
sembrava
quasi speranzoso di essere il prescelto e gongolai soddisfatta.
Tuttavia, era
ancora troppo presto. Non bastava che fingessero e basta; quei due
dovevano
stare insieme davvero.
«Così
crediamo che Harry
sarebbe perfetto, in veste di finto fidanzato.»
Mentre terminavo il mio
illuminante discorso, Zayn, Niall, Harry e Louis puntarono gli occhi su
Liam,
che si era irrigidito parecchio e sembrava sull’orlo di un
collasso.
Ora, le soluzioni erano
due:
poteva offrirsi di stare con Mel e, come speravo, da cosa sarebbe nata
cosa,
oppure poteva scegliere di comportarsi nel peggiore dei modi ed essere
d’accordo
con me.
«Mi sembra
un’ottima idea.»
proclamò, tranquillo. Naturalmente, se avevo pensato che
fosse un tantino
intelligente, mi ricredetti immediatamente.
A volte i maschi erano
così
idioti che ancora mi stupivo dei livelli che raggiungevano. Chi mi
preoccupò di
più, però, fu Mel. Non l’avevo mai
vista così delusa, triste e affranta. Stavo per
lasciar perdere tutto, perché non volevo certo farla
soffrire, quando sul suo
volto comparve un sorrisino che tutti i presenti colsero come
imbarazzo. A me,
che la conoscevo meglio di tutti quanti, fu chiaro che aveva appena
dichiarato
guerra a Liam. L’avrebbe fatto impazzire. Ed era esattamente
ciò che volevo
ottenere.
«Harry
sarà sicuramente
perfetto. E poi, non si sa mai…» insinuai,
divertita. Liam strinse il pugno, ma
annuì. Battei le mani, soddisfatta.
«Si comincia
domani.»
annunciai, prima di salutare tutti con un bacio sulla guancia e
chiedere a
Louis di accompagnarmi a casa.
«Non ti sembra di
aver
esagerato?» mi domandò, mentre camminavamo verso
casa. era sinceramente
preoccupato per i suoi amici e lo capivo. Credeva che il rapporto tra
Harry e
Liam avrebbe potuto distruggersi, in seguito a questa pazzia. Se si
fosse
trattato di qualcun altro, avrei anche potuto essere
d’accordo, ma i ragazzi
erano davvero amici e poi, ero certa che Liam si sarebbe accorto fin
troppo
presto che rischiava di perdere Melanie. La loro era tutta una
questione di
orgoglio.
«Stai tranquillo,
Lou.» lo
rassicurai, lasciandogli una carezza sulla guancia. Lui mi sorrise e si
chinò
per baciarmi.
«Sai, mi spaventi
certe
volte. Sei diabolica.»
«Voglio solo che
quei due
siano felici come lo sono io.» mormorai, stringendomi a lui
in un abbraccio. Lo
sentii sospirare tra i miei capelli, poi vi lasciò un bacio.
«Quindi sei
felice, con me?»
chiese.
«Certo.
Altrimenti non
saremmo qui.»
«Pensavo che non
sarei stato
in grado di starti accanto.» confessò, dopo
qualche istante di silenzio.
«E io pensavo che
non ti
sarei mai piaciuta. Ma a quanto pare abbiamo sbagliato
entrambi.»
***
Ciao!
Non so perché,
ma anche
questo capitolo non mi entusiasma tanto. Non lo so, ultimamente non
sono molto
soddisfatta. Comunque, da qui in poi la vicenda Liam-Melanie
entrerà nel vivo.
Stavo pensando di scrivere
una One-Shot su di loro, magari approfondendo un po’ di
più la questione. Voi che
ne dite? Vi piacerebbe? Ovviamente la pubblicherei più in
là, per non rovinare
la sorpresa dei prossimi capitoli… Fatemi sapere se vi
sembra una brutta idea
oppure no J
Comunque, lo scorso
capitolo
è stato recensito da ben 10 persone, ed è
assolutamente fantastico, visto che
proprio non me l’aspettavo! Chiedo sempre di avere un parere,
ma naturalmente
non è che siete obbligate, anzi.
Quindi ringrazio di cuore
tutte le ragazze che hanno recensito, sappiate che mi avete resa
felicissima
oltre ogni dire!
Ovviamente, grazie anche a
chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate e a chi
legge soltanto.
GRAZIE.
Mi faccio un po’
di
pubblicità, adesso :)
Questo è il link
dell’altra
long che sto scrivendo “Diario
di una Psicopatica”, mentre queste sono le due
One-Shot: Fix you
(Harry Styles/nuovo personaggio) e Hey,
pretty girl! (Zayn
Malik/nuovo personaggio).
La seconda è un
po’ una
stupidata, mentre la prima credo sia la cosa migliore che io abbia mai
scritto.
Quindi, se vi và, passate ^^
Con affetto, Fede.
|
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Capitolo 13 *** Chapter 12. ***
Chapter
12.
Stava
andando tutto come
previsto, quella mattina.
Per
una volta tanto, Louis
aveva capito alla perfezione cosa dovevamo fare e si stava prodigando
per
spargere in giro la voce che Harry e Melanie stavano insieme. In quel
momento,
poi, stava parlando con Valerie, una delle sue innumerevoli ex e, soprattutto, cugina di Jason. Cercai di
respingere la gelosia che aveva iniziato ad attanagliarmi le viscere
dal
momento in cui Valerie aveva sfiorato il braccio di Louis e annuii
soddisfatta
quando lo vidi girarsi verso di me ed aprirsi in uno dei suoi
meravigliosi
sorrisi.
Con
una punta d’orgoglio, mi
resi conto che sorrideva così solamente a me.
Poco
dopo si avvicinò, con
aria decisamente realizzata. Mi baciò la fronte con dolcezza
e poi, insieme, ci
avviammo verso la mensa.
«Cos’ha
detto?» domandai,
curiosa.
«Mmmmh,
niente.» rispose
Louis, facendo il misterioso.
«Lou!
Dai, dimmelo.»
protestai, molto più simile ad una bambina di cinque anni
che alla ragazza di
sedici anni che mi sforzavo di essere.
«Te
lo dico solo se stasera
vieni a cena da me.»
«Certo.»
«Intendevo
a casa di mia
mamma.»
«Oh.»
mormorai, colta di
sorpresa. Cielo, avevano preso la storia proprio sul serio, a quanto
pareva.
«Già.
Allora?» colsi il suo
tono preoccupato, così mi affrettai a tranquillizzarlo. Non
era affatto un
problema, trascorrere la serata in compagnia di Johannah e delle
sorelle di
Louis.
«Si,
certo.» annuii. Gli
sorrisi, per convincerlo che non mi pesava affatto. Ed era vero.
«Allora?
Che ha detto
Valerie?» dovette accorgersi del tono acido con cui avevo
pronunciato il nome
della ragazza, perché ridacchiò.
«Ha
detto che a Jason non
piacerà affatto, ma che probabilmente non avrà le
palle di mettersi contro
tutti e cinque. Sai, pare che nemmeno a lei stia tanto
simpatico.»
Alzai
gli occhi al cielo. E
grazie tante, esisteva davvero qualcuno che avrebbe potuto trovare
Jason Coburn
simpatico? Io ne dubitavo fortemente.
Ridacchiai,
mentre afferravo
il vassoio in plastica e mi posizionavo in fila davanti a Louis, che mi
aveva
gentilmente offerto il suo posto.
«Byron
ti sta guardando un
po’ troppo, per i miei gusti.» borbottò,
parandosi dietro di me in modo che
nessuno riuscisse a vedermi.
«Chi?»
domandai, confusa.
«Byron.
È in classe tua.»
«Ah,
Joshua, intendi.»
«Si,
Joshua.»
brontolò Louis,
facendo una smorfia strana con la bocca. Iniziai a ridere, divertita ed
emozionata da questo suo attacco di gelosia. Non glielo feci notare,
però.
Invece, mi voltai verso di lui e lo baciai lievemente.
«È
solo il mio compagno di banco
nell’ora di letteratura. E comunque, io penso solo a te,
Tomlinson.» rivelai, a
bassa voce.
Non
erano proprio da me,
tutte quelle smancerie, ma Louis era riuscito a far venire fuori il mio
lato
migliore. Ed era una cosa che mi piaceva davvero, perché mi
sentivo bene e,
soprattutto, felice.
***
Quando
ci sedemmo al tavolo,
sembrava più che evidente che Liam fosse davvero, davvero
nervoso. Capii subito
il perché: Harry e Mel ancora non si vedevano.
Quella
mattina, prima di
entrare a scuola, avevamo pensato che un’entrata trionfale
fosse proprio ciò di
cui avevano bisogno.
Perciò,
cosa c’era di meglio
della mensa?
Ormai
erano quasi tutti
seduti, quando le porte si aprirono per l’ennesima volta ed
Harry e Mel
entrarono. Il silenzio calò immediatamente per tutta la
sala. Era rotto
solamente da Liam, che continuava a mangiare con tutta
tranquillità,
infischiandosene apertamente del “momento epico”.
«Cosa
vuoi per pranzo, dolcezza?»
Dovevo
ammettere che Harry
era un ottimo attore. Anzi, un superbo attore. Da come guardava
Melanie,
sembrava pensasse che al mondo non esisteva nessun’altro a
parte lei. Ed anche
Mel, in realtà, non se la cavava affatto male. Aveva le
guance rosse e sembrava
davvero emozionata. Sentii che rispondeva «quello che prendi
tu, amore.» poi
distolsi la mia attenzione per rivolgerla a Liam.
A
quanto pareva, non era
proprio così indifferente come voleva far credere. Fissava
l’amico e la ragazza
che gli piaceva con uno sguardo talmente di ghiaccio che pensai che da
un
momento all’altro si sarebbe alzato e avrebbe preso Harry a
pugni.
Invece
niente, quando Harry e
Mel si accomodarono uno accanto all’altra, molto
più vicini di quanto lo
fossero stati fino a quel momento, Liam sorrise e si
congratulò.
Che
razza di idiota.
Melanie
ci rimase davvero
male, tanto che gli occhi le divennero lucidi. Iniziai a dubitare della
mia
idea.
Non
volevo davvero che
soffrissero. Tutto ciò che speravo, era che si rendessero
conto di essere fatti
l’uno per l’altra. Era lo stesso che avevano fatto
loro per me e Louis, no?
Harry
sembrò accorgersi di
tutto, così avvolse le spalle di Melanie con il braccio e le
lasciò un bacio
sulla tempia. Lei gli sorrise grata e si accoccolò un
po’ di più al suo fianco.
Seppure tifassi per Liam, dovetti ammettere che erano carini, insieme.
Ma
non era quello che voleva
Mel, perciò non c’era storia. Liam doveva
svegliarsi. E, se non l’avesse fatto
presto, avrebbe rischiato di perdere Melanie.
Sapevo
anche che avrei dovuto
finirla di impicciarmi negli affari degli altri. Avrei dovuto dedicarmi
ai
miei, visto che mi attendeva una cena a casa di Louis. Cena che mi
vedeva
ufficialmente come sua fidanzata. Non potevo nemmeno pensarci.
E
non sopportavo nemmeno di
vedere Melanie tanto triste.
«Mel,
che ne dici di venire
da me, questo pomeriggio? Ho bisogno di un tuo consiglio.» le
chiesi, con un
sorriso tranquillo. Improvvisamente, la tensione si
stemperò. Liam riprese a
mangiare e Melanie tornò la solita Melanie.
«Dove
devi andare, stasera?»
«A
cena da Louis.» mormorai,
mentre sentivo le guance colorarsi di rosso. Niall, seduto alla mia
destra,
ridacchiò.
«Wow,
qualcuno qui fa sul
serio.» gli rivolsi un’occhiata in tralice, salvo
poi scoppiare a ridere di
fronte alla sua aria che avrebbe dovuto essere provocante ma che in
realtà lo
faceva sembrare un po’ scemo.
Gli
scompigliai quell’ammasso
di capelli biondissimi, poi gli lasciai un bacio sulla guancia. Niall
sorrise.
«Ci
possiamo vedere, dopo la
cena?»
«Tu
con la mia fidanzata non
vai da nessuna parte.» borbottò Louis.
«Sei
un cretino, Louis.
Intendevo tutti insieme.» Niall alzò gli occhi al
cielo e riprese a mangiare
con il suo solito entusiasmo.
«Non
sarai un po’ troppo
geloso?» lo stuzzicò Zayn, con un ghigno
divertito. Louis fece spallucce, poi,
come a dimostrare che non gli interessava affatto che pensassero che
fosse
geloso, mi abbracciò e mi baciò con slancio.
«Lei
è tutta mia.»
***
Melanie
stava in silenzio da
ben dieci minuti. Ed era un evento più unico che raro: Mel
era la persona più
chiacchierona e più allegra che avessi mai conosciuto in
vita mia. E vederla
sdraiata sul mio letto, con l’aria abbattuta e sconsolata di
chi non sa più che
pesci pigliare, mi riempiva di tristezza.
«Ne
vuoi parlare?» le chiesi,
preoccupata. Nel frattempo, mi sdraiai accanto a lei e cominciai ad
accarezzarle i capelli con gentilezza.
Melanie
affondò ancora di più
la testa nel cuscino, poi rispose. La sua voce giunse un po’
soffocata, ma
capii comunque ogni parola.
«Non
capisco. Perché non gli
importa di me?» chiese, con le lacrime agli occhi. Sospirai.
«Non
penso sia così. Anzi,
sono sicura che gli importa. Solo che è un maschio, e i
maschi sono stupidi.»
risposi, seria. Be’, lo pensavo davvero. Essere innamorata,
non aveva mica
viziato del tutto i pensieri sui ragazzi. Che fossero idioti, era
risaputo.
«Louis
non è stupido.»
borbottò Mel. Ridacchiai.
«Mel.
Louis è il più stupido
di tutti.»
«Ma
ti ama.»
«Credo
di sì.»
«Ti
ama. Altrimenti non ti
avrebbe mai invitato a cena a casa sua. Sai, non ci ha mai portato
nessuna.»
«Anche
Liam ti ama. Deve solo
accorgersene. E capire che fare l’orgoglioso non lo
porterà da nessuna parte.
Non so te, ma io confido in lui. È intelligente,
davvero.»
«Lo
pensi sul serio?» domandò
Melanie, alzando il viso dal cuscino e guardandomi speranzosa.
«Cosa?
Che Liam sia
intelligente?»
«No.
Che mi ami.»
«Certo.
Altrimenti non avrei
mai chiesto ad Harry di fingersi il tuo ragazzo.» confessai,
facendole un
occhiolino malizioso. Mel ridacchiò.
«Lo
sapevo, che non era
un’idea di Louis e basta.» alzò gli
occhi al cielo, poi sorrise e scosse le
spalle.
«Va
bene, Liam Payne. Vuoi la
guerra? E guerra sia.»
Finalmente,
pensai.
«Ed
ora, pensiamo a come
renderti fantastica per questa sera.»
***
Scusatemi.
Questo capitolo fa
proprio schifo. Lo so che avevo promesso un capitolo fantastico e
blablabla, ma
mi è uscito così. Non riesco a concentrarmi solo
su Liam e Melanie. La mia
testa è in fissa per Louis e Cassidy, perciò ce
li piazzo dappertutto.
Comunque,
sto lavorando allo
spin-off su Liam e Melanie, non so quando sarà pronto, ma
credo che stia
uscendo bene.
Detto
questo, vi ringrazio
per aver recensito lo scorso capitolo e vi chiedo scusa per non aver
risposto
alle recensioni MERAVIGLIOSE che mi avete lasciato. Le ho apprezzate
tantissimo. Perciò grazie, di cuore.
Ora,
ho postato una nuova
long e una nuova OS, mi piacerebbe sapere che ne pensate, vi lascio il
link,
basta cliccare sul titolo.
Long:
Wedding? No, thank you.
OS:
Cicatrici
Ah,
dimenticavo! Per chi
volesse, su Twittah sono @FTheOnlyWay
|
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Capitolo 14 *** Chapter 13. ***
Chapter 13.
Non
avrei dovuto sentirmi
così nervosa, all’idea di cenare con Louis,
Johannah e le altre quattro figlie.
Le conoscevo già e, in più, non erano affatto
terribili.
Il
vero problema, forse, era
che cenare tutti insieme avrebbe fatto sì che la storia tra
me e Louis fosse
davvero ufficiale. Non si trattava più di una storiella tra
adolescenti. Era
una cosa seria. Ed io volevo che lo fosse, perché nonostante
avessi appena
diciassette anni, sentivo che Louis sarebbe potuto essere
l’uomo della mia
vita.
Oh,
cielo. Da quando in qua
avevo iniziato a pensare a lui in quei termini? Ero davvero troppo
piccola, per
imbarcarmi in una situazione del genere. E poi Louis
quell’anno avrebbe finito
la scuola, e probabilmente se ne sarebbe andato per frequentare il
college, o
non so che altro. E al college, senza ombra di dubbio, avrebbe trovato
qualcuno
migliore di me.
Qualcuno
come Mallory. A
proposito, dovevo ancora capire come aveva fatto a sapere di Etienne.
Tuttavia,
mi imposi di
affrontare un problema alla volta, onde evitare di impazzire.
Era
la scelta migliore? Si,
senza ombra di dubbio.
Prima
avrei affrontato i
Tomlinson, poi, forse, avrei pensato a Mallory. E comunque dovevo
fidarmi di
Louis.
Avevo
deciso di negare a
Melanie il piacere di conciarmi come una bambolina, e avevo indossato
un
semplicissimo paio di jeans scuri e una maglietta verde acqua. Le avevo
concesso di allisciarmi i capelli e di truccarmi un po’, ma
non volevo dare
alla situazione un’eccessiva importanza o avrei finito per
convincermi che ce
l’avesse sul serio.
Era
solo una cena, punto.
Alle
otto precise, il
campanello di casa suonò, così mi precipitai ad
aprire, convinta che avrei
trovato Louis.
Invece,
per mia enorme
sorpresa, alla porta c’era Liam, che ansimava come se avesse
corso la maratona.
«Melanie
è qui?» mi chiese,
guardandosi intorno freneticamente. Inarcai un sopracciglio e mi feci
da parte
per lasciarlo entrare. Dentro di me, sogghignavo. Finalmente,
quell’idiota
aveva capito che stava per perderla. O almeno speravo.
«Aspetta
un momento, te la
vado a chiamare.» gli dissi, scoccandogli un sorrisino
soddisfatto. Liam alzò
gli occhi al cielo e ridacchiò.
«Grazie,
Cass. Sono in debito
con te.» mormorò. Ovviamente, non si riferiva al
fatto che stessi chiamando
Melanie.
«È
stato un piacere.» affermai,
mentre tornavo al piano di sopra. Melanie era seduta sul mio letto e si
rigirava tra le mani il cellulare. Chissà, forse si
aspettava che Liam la
chiamasse da un momento all’altro. Ovviamente non sarebbe
successo, perché Liam
era di sotto e stava cercando le parole giuste da dirle. Ah, che
meraviglia
l’amore.
«Liam
è venuto a prenderti.»
la informai. Accadde tutto molto velocemente: il cellulare le
sfuggì di mano,
le guance arrossirono e poi Melanie si precipitò
giù dalle scale. Un po’
perplessa, la seguii, ma quando raggiunsi il pianerottolo,
né lei né Liam
c’erano più.
Mi
grattai una guancia, poi
scossi la testa e tornai di sopra a prendere la borsa e a recuperare il
telefono di Mel: gliel’avrei restituito quella sera stessa.
Il
campanello suonò di nuovo.
E
questa volta era Louis.
Lo
baciai, felice di vederlo.
Insomma, volevo assolutamente raccontare a qualcuno cos’era
appena successo.
«Stai
bene?» mi chiese,
quando si accorse di tutta la mia agitazione.
«Certo.
Perché?»
«Non
so, hai gli occhi fuori
dalle orbite.» commentò, tranquillo. Gli tirai un
pugno sullo stomaco, poi
scoppiai a ridere.
«Idiota.
Sono solo felice.»
«E
perché?»
«Te
lo spiego mentre
andiamo.» gli dissi.
***
Per
tutto il tragitto, non
avevo fatto altro che parlare di quanto fossi contenta che Liam si
fosse
svegliato, che si fosse accorto di quanto Melanie fosse speciale. Gli
dissi che
non vedevo l’ora di sapere come sarebbe andata,
perché entrambi si meritavano
di essere felici.
E
Louis mi aveva ascoltata
con pazienza, per tutto il tempo con il sorriso sulle labbra.
Aveva
parlato poco e niente
ed io avevo pensato che, forse, anche lui era agitato
all’idea di presentarmi
ufficialmente. Oppure stava avendo dei ripensamenti e stava cercando il
modo
migliore per dirmelo.
Perciò,
quando finii di
blaterare, lo osservai con più attenzione. Guardava la
strada, ma sulle sue
labbra continuava ad aleggiare quel sorriso.
«Perché
sorridi?» chiesi,
quindi. Mi aspettavo di tutto, davvero. Una battuta, una presa in giro,
un
commento su quanto fossi impicciona e testarda. Tutte cose che Louis mi
diceva
in continuazione, scherzando. Qualsiasi cosa, tranne quella che
uscì dalle sue
labbra.
«Ti amo.»
L’aveva
detto. L’aveva fatto
davvero? Non è che la mie orecchie mi avevano giocato un
brutto scherzo?
Sarebbe stato parecchio crudele, da parte loro.
Boccheggiai
per qualche
secondo, mentre sentivo gli angoli degli occhi pizzicare. Cielo, sarei
scoppiata in lacrime da un momento all’altro. Nel frattempo,
Louis mi guardava
con la coda dell’occhio e continuava a sorridere.
«Vuoi
che te lo ripeta,
bambolina?» domandò, per niente imbarazzato.
«Si,
se non ti dispiace.
Credo di non averlo sentito bene.» mormorai, con voce un
po’ più acuta del
normale. Non piangere, mi imposi.
«Ti
amo.»
L’aveva
detto di nuovo. E
questa volta l’avevo sentito.
«Dillo
ancora.»
«Ti
amo.»
«Ancora.»
«Ti
amo. Dai, che hai capito,
Cass.» rise, prima di voltarsi completamente verso di me e
sorridere. Se solo
non stesse guidando, l’avrei baciato.
«Mi
ama…» sussurrai.
«Sai,
a questo punto dovresti
dire qualcosa anche tu.» mormorò. Lo guardai, un
po’ stralunata e ancora
incredula. Louis Tomlinson mi amava. Amava me. Cassidy Montgomery. Mi
amava.
«Ho
una fame incredibile.»
risposi, perciò.
Louis
scoppiò a ridere, poi
fermò la macchina e spense il motore. Non appena ebbe
slacciato la cintura di
sicurezza, lo baciai con slancio.
«Ti
amo anch’io.»
***
La
cena era andata alla
perfezione: Johannah era stata dolce e gentile, come al solito, e mi
aveva
trattato con affetto, rivolgendomi qualche complimento sincero e anche
qualche
presa in giro. Non riusciva ancora a credere che io e Louis stessimo
insieme
davvero. Le sembrava talmente strano che ogni due per tre, anche mentre
mangiavamo, ci fissava.
Dopo
l’ennesima occhiata
incredula, Louis era scoppiato a ridere e mi aveva baciata.
Così,
davanti a tutti. Io ero
arrossita fino all’inverosimile, le gemelle aveva fatto un
verso schifato e
Charlotte e Félicité si erano limitate a
ridacchiare.
«Visto,
mamma? Te l’avevo detto
che sarebbero finiti insieme.» commentò Lottie,
poco dopo. Mi sorrise ed io non
potei fare a meno di ricambiare: era adorabile. E Louis era davvero
fortunato
ad avere delle sorelle come le sue. A quanto pareva, lo amavano tutte
quante
alla follia, sia la madre, che le sorelle e, be’, anche io.
«Sai,
in realtà è stato
piuttosto difficile.» rivelò Louis, passando un
braccio intorno alle spalle
della sorella. A giudicare dallo scintillio dei suoi occhi, capii che
stava per
raccontare com’erano andate le cose la sera della festa.
Perciò
alzai gli occhi al
cielo e, mentre Louis raccontava alle sorelle come eravamo finiti
insieme,
aiutai Johannah a sparecchiare.
«Sai…»
disse, mentre le
allungavo uno dei tanti piatti da lavare «Da quando ti
conosce, Louis è
cambiato.» non lessi alcuna accusa, nella sua voce, forse
solo un profondo
sollievo.
«In
peggio?» domandai,
sperando davvero che la risposta fosse negativa. Non avrei sopportato
di essere
un problema per la famiglia Tomlinson.
«No,
cara. In meglio. Da quando
è andato a vivere con Harry, è cambiato. Non
è colpa di nessuno, credo solo che
tutta questa indipendenza gli abbia fatto vedere le cose in modo
diverso. Poi sei
arrivata tu, e lui è tornato quello di sempre. Lottie se ne
è accorta subito. È
molto legata al fratello ed è sensibile ad ogni suo
cambiamento. Perciò si è
accorta che Louis non era più lo stesso: un po’
troppo vanitoso, sbruffone e…
non lo so. Ma ora è tutto come prima. E il merito
è tuo.»
Rimasi
in silenzio per
qualche istante, riflettendo per bene sulle parole di Johannah. Non
potevo
darle torto: anche io avevo notato il cambiamento in Louis. Rispetto
all’inizio
dell’anno, era molto più rilassato. Forse gli
avevo davvero fatto bene.
Per
una volta, non avevo
deluso nessuno.
Perciò
mi limitai a
sorridere. Non avevo bisogno di dire nient’altro.
***
Ciao,
miei tesori (?)
Okay,
scherzo. Alors, ecco a
voi il nuovo capitolo. E’ fresco fresco di giornata,
perciò spero che vi
piaccia. L’ho scritto di getto e non so proprio cosa ne
è uscito.
Personalmente,
amo la seconda
parte, è in assoluto la mia preferita.
Vorrei
dire un paio di
cosette, ora: tanto per iniziare vi ringrazio per le 12 recensioni, che
erano
assolutamente in aspettate ma che ho gradito tantissimo. Mi fa piacere
che mi
diciate cosa pensate della storia, perché mi sto davvero
impegnando a portarla
avanti. Perciò grazie davvero, siete meravigliose.
Vorrei
ringraziare anche le 58
persone che l’hanno inserita tra le ricordate, le 36 che
l’hanno messa tra le
preferite e le 5 ricordate. Grazie.
Vi
adoro davvero.
Poi,
altra informazione: ho
pubblicato lo spin-off su Melanie e Liam. Non sarà lungo, al
massimo cinque
capitoli. Perciò, mi farebbe davvero tanto piacere che
passaste a commentare. L’ho
scritto perché molte di voi mi hanno detto di adorare Liam e
Mel e volevo darvi
una visione un po’ più completa. Spero
l’apprezzerete, perché ci conto.
Ecco,
vi lascio qui il link.
|
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Capitolo 15 *** Chapter 14. ***
Chapter 14.
Dopo
cena, raggiungemmo il
resto del gruppo a casa di Harry e Louis, come proposto da Niall quella
mattina
stessa.
Non
appena mettemmo piede in
casa, mi fu chiaro che la situazione non era propriamente delle
migliori: non
sapevo ancora perché, ma sembrava che Doncaster –
o forse ero solamente io –
attirava disgrazie come il miele attira le mosche.
I
ragazzi erano tutti riuniti
in salotto. Zayn sedeva sul tappeto e fumava una sigaretta con aria
pensierosa,
mentre Harry giocherellava nervosamente con il ciondolo della collana
che
portava. Niall, Liam e Melanie discutevano animatamente in un angolo,
riguardo
ad un argomento che non riuscii a capire immediatamente.
Non
mi accorsi dell’occhiata
d’intesa che Louis scambiò con Harry,
perché ero troppo impegnata ad osservare
le mani di Liam e Melanie. Poteva significare solo una cosa: che Liam
si era
finalmente svegliato e aveva fatto quella maledetta dichiarazione.
Corsi
da Melanie, la
sottrassi dalla presa di Liam e la trascinai in cucina. Poi chiusi la
porta e
mi sedetti sul tavolo con le gambe a penzoloni. Volevo sapere ogni
cosa.
«Allora?»
domandai,
entusiasta.
Le
guance di Mel si tinsero
di rosso, rendendola adorabile. Sorrisi, intenerita e con un cenno
della mano
la incitai a parlare.
«Stiamo
insieme!» esultò,
cominciando a saltellare, piena di felicità. Scoppiai a
ridere, balzai giù dal
tavolo e la abbracciai con forza. Ero così contenta per lei,
che quasi mi
veniva da piangere. Quei due si meritavano assolutamente di essere
felici.
Insomma, Mel si era lasciata alle spalle la storia con Jason e Liam si
era reso
conto di essere innamorato. Cosa poteva esserci, di meglio?
«Sono
così felice!» cinguettai,
prima di lasciarle un bacio sulla guancia.
«Dai,
raccontami tutto…»
continuai, poi. Ero così curiosa di sapere com’era
andata, che non stavo più
nella pelle. Perciò era meglio che Mel si sbrigasse a
parlare o sarei corsa da
Liam a farmi raccontare ogni dettaglio.
«Be’,
dopo che siamo andati
via da casa tua, Liam mi ha detto che doveva parlarmi. Ha iniziato a
dire che
la storia della scommessa era in assoluto una cavolata, che se avessi
finito
per innamorarmi di Harry avrei sofferto, che Jason non si sarebbe
arreso e che
lui non ci sarebbe stato, quando Harry mi avrebbe lasciato.»
Inarcai
un sopracciglio, per
niente stupita dalla stupidità di Liam. Cielo, era
così tonto, certe volte.
«Il
solito pollo.»
Melanie
ridacchiò. «Già. In
ogni caso, gli ho fatto presente che non aveva alcun diritto su di me e
che se
era geloso erano affari suoi. Se proprio ci teneva, avrebbe potuto
proporsi lui
come finto fidanzato.»
«E
lui?»
«Ha
detto che non aveva
motivo per farlo.»
«Diventa
più cretino ogni
secondo che passa.» commentai, alzando gli occhi al cielo.
Mel annuì, mi diede
ragione e proseguì.
«E
allora gli ho tirato uno
schiaffo. Sai, di quelli belli forti, da manuale. Si è
sentito proprio lo
schiocco. Mi sono girata per andarmene – come una vera diva,
tra l’altro.
Avresti dovuto vedermi – ma Liam mi ha afferrato per un
braccio, mi ha spinta
contro il muro e mi ha baciata.» arrossì
lievemente.
«E
tu?»
«Gli
ho tirato un altro
schiaffo. E poi l’ho baciato.»
Vedete?
Sono perfetti per
stare insieme. Idioti alla stessa maniera. Credo che non esista al
mondo una
coppia migliore. Abbracciai di nuovo Mel, sinceramente felice per lei.
Dopo
tutto quello che Jason le aveva fatto passare, meritava qualcuno in
grado di
prendersi cura di lei.
Finalmente,
le cose
iniziavano a sistemarsi.
***
«Finita
la riunione di
condominio?» domandò Harry, con un sorriso
divertito. Non sembrava per niente
dispiaciuto del fatto che il piano del finto – fidanzamento
fosse giunto al
termine. Ero certa che gli dispiacesse fare un torto del genere a Liam.
E
comunque, avevo notato che nei pochissimi giorni che Mel ed Harry
avevano portato
avanti la farsa – solo uno, in effetti. Chi
l’avrebbe mai detto che Liam
avrebbe resistito così poco? – i rapporti tra Liam
e quest’ultimo si erano
decisamente raffreddati.
Ovviamente,
sapevano tutti
quanti che avevo trascinato Mel in cucina per spettegolare un
po’ e non
sembravano minimamente infastiditi. Solo Liam teneva lo sguardo basso,
forse
perché si aspettava che da un momento all’altro
l’avrei preso per il culo.
Cosa
che feci, per l’appunto,
non appena mi sedetti sul divano.
«Liam,
che hai fatto alla
faccia?»
Mel
mi scoccò
un’occhiataccia, poi ridacchiò e lasciò
un bacio sulla guancia di Liam, che le
sorrise. Cavolo, erano così carini, insieme! Ancora non ci
credevo.
Louis
mi circondò le spalle
con il braccio e mi baciò sui capelli. «Potresti
non prenderlo per il culo? Per
noi ragazzi essere picchiati da una donna è un po’
umiliante.» disse. Come al
solito, quando c’era da prendere un po’ in giro,
Louis era in prima linea.
Risi, divertita.
«E
va bene. Per oggi ti
lascio in pace, Liam.»
«Grazie,
Cass. Sei davvero
gentile.» borbottò lui, risentito.
Per
qualche secondo cadde di
nuovo il silenzio, poi mi ricordai della strana sensazione che avevo
avuto poco
prima e cercai conferma negli occhi di Niall: mi ero accorta che faceva
di
tutto per non incrociare il mio sguardo, ed era una cosa che non
sopportavo.
Era sempre stato sincero, con me, per quale motivo adesso faceva
così?
«Niall…»
lo chiamai. Sollevò
il viso, sostenne lo sguardo per un secondo e lo riabbassò.
Nei suoi occhi
lessi il senso di colpa, anche se non riuscii a collegarlo a niente.
Poi,
facendo mente locale, pensai a Mallory.
«Gliel’hai
detto!» accusai,
un po’ delusa. Davvero, non volevo che Louis venisse a
saperlo.
«L’ho
costretto io. Andiamo,
bambolina, non avrai davvero creduto che mi fossi dimenticato di
Etienne?»
domandò Louis, tremendamente serio. Mi morsicai
l’interno della guancia: il
solo sentire il nome di Etienne, mi faceva venire
l’orticaria. Lo detestavo
così tanto che se me lo fossi trovato davanti, probabilmente
lo avrei ammazzato
con le mie mani.
Ma
a chi volevo darla a bere?
Me ne sarei rimasta immobile, paralizzata. Così come quando
mi aveva scaricata
davanti a tutti. L’umiliazione bruciava ancora e non
l’avrei dimenticata tanto
facilmente.
E,
in più, mi sentivo tradita
da colui che reputavo il mio migliore amico e dal ragazzo che amavo. Mi
sembrava come se entrambi non si fossero fidati di me. Mi alzai di
scatto e
cominciai a camminare avanti e indietro per il salotto.
«Calma,
Cass…» mormorò Zayn,
spegnendo il mozzicone della sigaretta nel portacenere. Lo fulminai con
un’occhiataccia.
«Calma?
Come posso stare
calma? Avanti, sentiamo, che avete fatto?» domandai, nervosa.
Perché era ovvio
che Niall non si era limitato a dire che Mallory sapeva di Etienne.
C’era qualcos’altro
sotto, qualcosa che non mi sarebbe piaciuto affatto.
Me
lo confermarono lo sguardo
di Harry, le guance rosse di Niall, l’ennesima sigaretta di
Zayn e,
soprattutto, Louis. Per la prima volta da quando lo conoscevo, non
sorrideva.
Niente.
Era gelido,
completamente.
«Allora?»
Nessuno
mi diede una
risposta, perciò feci l’unica cosa che reputai
giusta: me ne andai.
***
Nervosa,
delusa e sull’orlo
del pianto, mi avviai verso casa. Scalciai con furia un sassolino dal
marciapiede, spedendolo in mezzo alla strada.
La
rabbia aveva spazzato via
la delusione e, ormai, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare
era che tutti
coloro che credevo amici avevano agito alle mie spalle. Soprattutto
Niall, che
nonostante avessi pregato di tenere la bocca chiusa con Louis, non si
era fatto
alcuno scrupolo nello spifferare la verità.
«Come
ci si sente, Cassidy?»
la voce di Mallory mi raggiunse alle spalle, con quel suo solito timbro
acuto e
un po’ strascicato.
«Di
bene in meglio…»
borbottai. Ero completamente decisa ad ignorarla. Figurarsi se avevo
voglia di
mettermi a discutere anche con lei. Mi era bastato l’incontro
a casa di Louis,
non ero ancora pronta per il secondo round.
Perciò
sorpassai Mallory, con
tutto l’intento di lasciarmela alle spalle come se fosse una
pessima
apparizione, ma ovviamente la fortuna non giocava a mio favore.
Mallory
mi afferrò per un
braccio.
«Rispondimi,
ragazzina.»
intimò. Mi scostai bruscamente, infastidita, mentre la
voglia di tirarle un bel
pugno su quel naso rifatto si affacciava tra i miei pensieri.
D’accordo
essere contro la
violenza, ma quando era troppo era troppo.
Feci
un respiro profondo, per
calmarmi. Sinceramente, non avevo voglia di starle dietro, o di
ascoltare ciò
che aveva da dire: mi avrebbe solo insinuato il tarlo del dubbio. Ne
avevo
abbastanza dei suoi stupidi giochetti.
«Non
mi toccare.» l’avvertii,
prima di tornare sui miei passi. Non volevo darle
l’opportunità di ferirmi, di
distruggermi e di farmi sentire uno schifo. Era quello che voleva ed io
ero troppo
orgogliosa per concederglielo così facilmente.
«Che
paura.» rise, prima di
portare i capelli biondi dietro alla schiena con un colpo secco. Le
diedi le
spalle e continuai a camminare.
«Il
tuo fidanzatino ti ha
raccontato cos’è successo oggi?»
urlò. Quelle parole mi fecero immobilizzare di
colpo. Cos’era successo? Cos’aveva fatto Louis? E
perché dovevano tenermi al
segreto di quello che accadeva? Non avevo forse tutto il diritto di
sapere la
verità?
«Cos’è
successo?» farfugliai,
confusa e un po’ in preda al panico.
«Prova
a chiederlo a lui…»
con un cenno del capo, Mallory indicò il lato opposto della
strada. Illuminato
appena dalla luce fioca del lampione, c’era Etienne.
Le
gambe mi cedettero
praticamente all’istante e mi trovai accasciata sul
marciapiede, priva della
forza necessaria per alzarmi. Cos’avevo detto, prima? Che
avrei l’picchiato?
Come no, non riuscivo neanche a respirare, a momenti.
Poi
delle mani che conoscevo
piuttosto bene, mi aiutarono ad alzarmi, delicatamente e con estrema
gentilezza.
Quasi fossi fatta di cristallo, quasi temessero che mi spezzassi da un
momento
all’altro.
Louis
mi amava, ed era lì. E
mi sorreggeva con fermezza. Mi lasciò un bacio sulle labbra,
delicato. Sapevo
che Etienne sarebbe ricomparso, prima o poi.
Quello
che non avevo
minimamente immaginato, invece, era che al mio fianco ci sarebbe stato
un
ragazzo meraviglioso, pronto ad affrontare la situazione.
«Ho
parlato con Mallory,
questo pomeriggio. Volevo essere certo che ti lasciasse in pace, ma
alla fine
mi ha detto che Etienne era di nuovo in città e che questa
sera sarebbe venuto
a casa tua. Ho chiesto a mia madre di anticipare la cena, in modo che
lui non
ti trovasse. Mi dispiace, Cass. Se te ne avessi parlato, forse sarebbe
stato
meglio…» spiegò, con dolcezza.
Ecco
cosa c’era, di strano.
Ed io ero stata stupida, a pensare che i ragazzi – che Louis
– macchinassero
alle mie spalle. Semplicemente, avevano voluto proteggermi da qualcuno
che, a
tutti gli effetti, riusciva ancora a ferirmi con la sua semplice
presenza.
«Scusami.»
farfugliai, tra le
lacrime. Louis scosse la testa.
«Scusami
tu, bambolina.
Questo era esattamente quello che volevo evitare. Vederti in lacrime
è una cosa
che non riesco a tollerare.» annuii e mi sfregai i pugni
sulle guance. Forse
potevo affrontare Etienne, a patto che Louis fosse rimasto al mio
fianco. Cosa
che sembrava del tutto intenzionato a fare. Era questo che significava,
amare
qualcuno con tutto se stessi? Trovare il coraggio di affrontare le
proprie
paure – perché Etienne era quello, per me
– a viso scoperto, sapendo di non
essere soli. Improvvisamente, lo sguardo gelido di Etienne non mi fece
più così
tanta impressione. Tutta la paura svanì, quando Louis mi
prese per mano e
intrecciò le sue dita con le mie.
«Ora
andiamo a parlarci, lo
mandi a fare in culo e ce ne torniamo a casa, d’accordo,
bambolina?» propose.
Attraversammo
la strada,
diretti verso Etienne. Non era cambiato affatto: aveva ancora
quell’espressione
strafottente che faceva cadere ai suoi piedi chissà quante
ragazzine ingenue.
Come lo ero stata io tre anni prima.
«Ciao,
piccola.» mormorò.
Neanche la voce era cambiata. Sempre quel tono mellifluo, ammaliante.
C’era una
sostanziale differenza, ora: non tremavo più.
Strinsi
la presa sulla mano
di Louis, che ricambiò con tranquillità e si fece
ancora più vicino. Lo sentivo
nervoso e sapevo che moriva dalla voglia di tirare un pugno contro il
bel
faccino di Etienne. Così come sapevo che si sarebbe
trattenuto pur di non farmi
agitare inutilmente. Anche se avevo idea che quel
“piccola” non gli fosse
piaciuto affatto.
«Cosa
fai qui, Etienne?»
domandai, inespressiva.
«Sono
qui per te,
ovviamente.» ridacchiò, prima di passarsi una mano
tra i capelli.
«Ovviamente non mi interessa.
Perciò puoi anche tornartene da dove
sei venuto.» se non fossi stata tanto nervosa, mi sarei fatta
un applauso.
Davvero, fui così convincente che Etienne, per un secondo,
rimase spiazzato.
Poi cominciò a ridere e io iniziai a pensare che, forse,
spaccargli la testa
contro il palo non era poi un’idea così malvagia.
«Hai
tirato fuori gli
artigli, vedo. Mi piacciono le ragazze aggressive.»
Decisi
che avrei contato fino
a dieci, dopodiché avrei tirato un calcio sui suoi gioielli
di famiglia, in
modo che non avrebbe più potuto usarli con qualche
sprovveduta. Qualcuno, però,
mi precedette.
E
non fu Louis, ma Melanie,
che sferrò un calcio esattamente in mezzo alle gambe di
Etienne, che si
accasciò a terra stringendosi la zona infortunata.
«Ti
piacciono le ragazze
aggressive, eh?» ringhiò, assottigliando gli occhi
scuri.
E,
questa volta, applaudii
sul serio. Altro che delusione! Avevo degli amici che spaccavano il
culo ai
passeri. Di certo, non avrei più dubitato di nessuno di
loro.
Erano
tutti lì.
Liam,
che osservava Melanie
con occhi pieni di stima e di preoccupazione; Harry che ridacchiava
senza
ritegno; Niall, che sgranocchiava dei pop-corn con aria soddisfatta e
Zayn, che
si limitava a sorridere impenetrabile, con la sigaretta tra le labbra.
«Non
finisce qui.» ringhiò
Etienne.
«Invece
si. Se ti fai vedere
di nuovo in giro, te la vedrai con me.» minacciò
Louis, serio.
«Dovrei
essere spaventato?»
«Si,
dovresti.»
E
fu così, che Etienne uscì
definitivamente dalla mia vita.
***
Buonsalve,
ragazze ^^
Come
state? Spero bene e
blablabla. Allora, ho un paio di cosucce da dire, su questo capitolo e
sulla
storia in generale.
Tanto
per iniziare, avrete
notato che è un po’ più lungo degli
altri, no? Non tanto, solo due pagine di
Word in più, ma spero comunque che non vi abbia annoiato!
Poi,
la seconda cosa, quella
più importante: è che ho ufficialmente concluso
la storia: saranno in tutto 17
capitoli + epilogo. Perciò si, siamo quasi giunti al
termine.
Oddio,
ancora non ci credo,
sapete? Fa uno strano effetto!
In
ogni caso, spero che
questo capitolo vi sia piaciuto. A me la prima parte non convince
molto,
preferisco di gran lunga la terza.
Voi
che ne pensate? Fatemelo
sapere!
Terza
cosa: vorrei
ringraziare le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e tutte
coloro
che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate e anche
a chi
legge soltanto. Vorrei invitarvi a commentare, se vi và. Su,
non siate timide!
In
ogni caso, grazie di
cuore!
Pooooi
– lo so, oggi sto
rompendo – siccome la storia è finita, gli
aggiornamenti saranno più veloci,
nel senso che non aspetterete più due/tre settimane. Pensavo
di pubblicare una
volta a settimana, tempo permettendo. Sempre di lunedì.
D’accordo?
Ultimissima
cosa, poi smetto
di tormentarvi, ho pubblicato il MissingMoment su Liam e Melanie.
Saranno solo
cinque capitoli, molto corti, niente di impegnativo, mi piacerebbe
avere una
vostra opinione in merito, grazie ^^
Per
leggerla, basta cliccare
sul banner.
Infine,
per chi volesse mi
trova su Twitter come @FTheOnlyWay
Seguitemi!
Bien,
ho finito.
Vi
adoro,
Fede.
|
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Capitolo 16 *** Chapter 15. ***
Chapter
15.
«Stavo
pensando…» rivolsi
un’occhiata fintamente strabiliata a Louis, che
alzò gli occhi al cielo e
ridacchiò.
«Lo
so che è strano, ma ogni
tanto capita anche a me.» commentò. Annuii, come a
dargli ragione, e lasciai
che continuasse a giocare con una ciocca dei miei capelli. Eravamo
sdraiati sul
divano, a casa sua, e stavamo aspettando che Harry rientrasse con le
pizze.
Mi
piaceva stare con Louis.
Incredibilmente, nonostante avesse fama di essere un gran bastardo, uno
che
cambiava ragazza una volta a settimana, uno che pensava solo al sesso o
cose di
questo genere, quando stava con me non era niente di tutto
ciò.
Certo,
faceva sempre le sue
solite battutine imbarazzanti, ma erano sopportabili.
«Non
è solo strano: è
addirittura stupefacente.» commentai, tranquilla.
«Molto
simpatica, bambolina.
Dai, dico sul serio.» proseguì, agitandosi
lievemente. Lo guardai, confusa.
Possibile che ci fosse già qualcosa che non andava? Insomma,
stavamo insieme da
così poco tempo, e mi aveva già presentato
ufficialmente. Non poteva essersi
già stancato, vero?
«Oh,
d’accordo. È per
qualcosa che ho detto?» chiesi, un po’ preoccupata.
Mi faceva strano, vederlo
così serio.
Louis
negò con il capo, poi
si sistemò meglio su un fianco e si voltò
completamente verso di me. Mi
imbambolai un attimo a fissare i suoi occhi azzurri, come una perfetta
deficiente, poi mi riscossi.
«E
allora? Dai, Lou, non
tenermi sulle spine!» brontolai.
«Mi
chiedevo dove fosse tuo
padre.»
Ecco.
Forse era meglio stare
sulle spine ancora un po’. Non è che mi andasse
così tanto, di raccontare di
papà. Anzi, per i miei gusti mi ero anche aperta fin troppo:
solo la settimana
prima avevamo completamente cancellato Etienne dalle nostre vite. Ora
il suo
non era altro che un ricordo. Fastidioso, certo – e ancora un
po’ doloroso – ma
pur sempre un ricordo.
Mi
divincolai dall’abbraccio
di Louis, un po’ nervosa. Mi alzai dal divano e cominciai a
camminare avanti a
indietro. Louis mi osservò, in silenzio. Non sapevo
perché, ma all’improvviso
il suo sguardo mi sembrò fin troppo consapevole, per essere
uno che non aveva
idea di quello che stavo per raccontargli.
«Lo
sai già, non è vero?»
domandai, bloccandomi esattamente davanti a lui, con le mani piantate
sui
fianchi e un’espressione a metà tra il rassegnato
e l’infastidito.
Louis
annuì, poi mi afferrò
per un braccio e mi tirò in braccio a lui. Gli allacciai le
braccia al collo e
sospirai.
«Dopo
che il suo datore di
lavoro l’ha licenziato, papà è caduto
in depressione. Dopo la depressione è
arrivato l’alcool. All’inizio non era niente di
preoccupante… Insomma, beveva
un bicchierino dopo cena. Poi, di punto in bianco, ha cominciato a
diventare
scontroso, scorbutico e un po’ troppo possessivo. Ha
costretto mamma a lasciare
il lavoro, ma pretendeva i soldi per comprarsi da bere. Mamma ha
provato ad
accontentarlo in tutti i modi. Ha chiesto soldi ad alcune amiche
– forse anche
a tua mamma, ma non sono sicura – ma a papà non
bastavano più. Fino a che una
sera non ha perso la testa, e l’ha aggredita. E non credo
nemmeno che fosse la
prima volta.
Quando
sono rientrata, mamma
stava provando a farlo ragionare. Gli diceva che insieme potevano
superare
tutto, potevano aiutarlo a stare meglio, sai, tutte quelle cose che si
dicono
in questi casi. Papà ripeteva che stava bene, che gli
servivano solo un po’ di
soldi, così gli ho dato tutti i miei risparmi. Non volevo
che picchiasse mamma
un’altra volta. E poi, poi ha finito anche i miei soldi, e si
è arrabbiato,
perché anziché perdere tempo a scuola avrei
dovuto lavorare. A quel punto mamma
ha deciso di averne abbastanza, e ce ne siamo andate.»
terminai il discorso tra
i singhiozzi, stringendomi a Louis come se fosse la mia unica ancora di
salvezza. Lui sospirò, mi passò le mani sulle
guance e mi lasciò un bacio sulla
tempia.
«Non
è giusto.» farfugliai,
in preda al pianto. E in più mi vergognavo così
tanto, per essermi mostrata
tanto debole di fronte a Louis, che non riuscivo nemmeno a guardarlo
negli
occhi.
«E
sai qual è la cosa
peggiore? Che nonostante tutto io gli voglio ancora bene! Anche se lo
schiaffo
che mi ha tirato brucia ancora, se solo ci penso!» aggiunsi,
in pieno delirio
sconclusionato. Per quanto tempo avevo tenuto dentro tutto quello?
Certo con
mamma non potevo parlare di una cosa del genere, si trattava pur sempre
dell’uomo che aveva amato con tutta sé stessa ed
ero sicura che era pronta a
perdonarlo, se solo si fosse ripresentato. Non potevo dirle che ero
confusa,
perché lo odiavo ma mi mancava, perché gli volevo
bene.
«E
se tornasse, probabilmente
lo perdonerei! E sai cosa? Non dovrei farlo, perché
è stato debole, ed ha
preferito affogare i dispiaceri nell’alcool
anziché rimboccarsi le maniche! E
mi vergogno, a volte, di essere sua figlia, perché forse
sono come lui, perché
forse anche io mi sarei comportata allo stesso modo, nella sua
situazione… e
poi»
Le
labbra di Louis sulle mie
mi impedirono di proseguire ancora, bloccando quel puro delirio con un
bacio
che ebbe lo straordinario potere di farmi sentire molto meglio.
«Tu
non sei come lui,
Cassidy.» cominciò «E io faccio schifo
con i discorsi, è Liam quello bravo, tra
di noi. Perciò ascoltami, anche se probabilmente
dirò un sacco di cazzate e non
capirai una sola parola: tu non sei tuo padre. E tutti noi sbagliamo.
Tu, io – soprattutto io
– Harry, Melanie, tutti.
Non c’è nessuno che si salva. Ma ogni errore
è diverso. Ed io scommetto che tu
saresti stata pronta a lasciare la scuola, per aiutare tuo padre. E
vuoi sapere
cos’altro scommetto? Scommetto che tra esattamente diciotto
secondi, Harry
rientrerà con le pizze, dirà “Ehi,
gente, piantatela di copulare sul divano e
andiamo a mangiare, che ho fame”. E sai perché lo
so? Perché lo conosco. E so
anche che tu non sei come tuo padre, bambolina. Perché ti
conosco. Cioè, non
così bene, perché sei brava a tenere per te i
cazzi tuoi, ma le cose ti si
leggono in faccia lo stesso. Quindi non darti colpe che non hai e dammi
retta.
Ora: sono passati quindici secondi. Perciò uno, due,
tre!»
***
«Ehi,
gente, piantatela di
copulare sul divano e andiamo a mangiare, che ho fame.» Harry
si precipitò in
cucina, rischiando di inciampare un numero imprecisato di volte per
colpa dei
cartoni della pizza, che gli intralciavano la visuale di parecchio.
Io
rivolsi a Louis
un’occhiata strabiliata, ammirata e decisamente incredula.
Lui ridacchiò, alzò
le spalle come a dire “visto?” e mi
lasciò un altro bacio sulle labbra.
«Ammettilo,
non te
l’aspettavi.»
«Incredibile.»
mormorai «Ha
detto esattamente così.» raggiungemmo Harry in
cucina.
«Cass,
tutto bene?» domandò
Harry, confuso di fronte alla mia faccia. Dio, dovevo essere orribile.
«Ora
sì.» gli sorrisi,
afferrai una fetta di pizza con le mani e cominciai a mangiare.
«Sapete
chi ho incontrato in
pizzeria?» domandò Harry, mentre si versava una
quantità spropositata di Coca-Cola
in un bicchiere grande quanto un vaso da notte.
«Mallory!»
si affrettò a
spiegare.
Louis
scosse le spalle, io
borbottai un “che culo”, seccata. Harry rise, prima
di cominciare a raccontare
per filo e per segno la conversazione che aveva avuto con Mallory. Alla
fine,
sembrava che lei non avesse accettato proprio di buon grado che io e
Louis
stessimo insieme e aveva ribadito più di una volta che io
non sarei mai stata
all’altezza di Louis, soprattutto sotto le lenzuola, dove lei
sapeva
decisamente come muoversi. A quel punto del discorso ero arrossita
vistosamente, Louis aveva ridacchiato e si era beccato un pugno non
proprio
affettuoso sul braccio.
«Beh,
è vero che non è
affatto male. Sai, Mallory ce la siamo passati tutti. Però
tu sei molto più
simpatica, Cass.» aggiunse Harry.
«Molto
consolante, davvero. E
molto di classe, devo dire. Non so se sia più zoccola lei o
se siate più tristi
per esservela fatti tutti e cinque.» commentai, un filino
disgustata. Si poteva
essere così squallide?
«Non
c’è bisogno di
prendertela, Cass. E poi ti assicuro che Louis và in bianco
già da un sacco di
tempo. Anche da prima che vi metteste insieme.»
rivelò. Louis quasi si strozzò
con l’acqua. Io scoppiai a ridere, imbarazzata, ma felice
allo stesso tempo. Ci
teneva davvero, allora.
«Che
bisogno c’era di dirlo?»
borbottò, infastidito e un po’ rosso in viso. Non
credevo che l’avrei visto
arrossire una seconda volta, non dopo l’insinuazione fatta da
Johannah la volta
che erano venuti a cena: sembrava già lontana anni luce.
«Ma
è la verità!»
«Sei
un coglione, Harry.»
«E
dai, Tommo, non
prendertela. Certo, sarai un po’ frustrato, abituato
com’eri…»
«Piantala!»
«Ma
se ti sei fatto mezza
Doncaster! È giusto che Cass sappia la
verità!»
«Che
stronzo.»
«Harry!»
lo richiamai, trattenendomi
a stento dallo scoppiare a ridere in faccia a Louis, che sembrava «Finiscila,
credo di aver afferrato il
concetto.»
«Mi
dispiace, Louis. Credo
sia meglio finirla qui.» sibilai, guardandolo con freddezza.
Louis
sbiancò, prima di
rivolgere un’occhiata risentita ad Harry e voltarsi
completamente verso di me.
«Non
farmi questo, Cass. Ti
giuro che sono cambiato.»
«Non
posso credere che tu ci
sia cascato. Quanto sei scemo.» risi.
«Sapete
cosa siete? Due stronzi!
Soprattutto tu!» mi accusò
«Mi hai fatto prendere un infarto!» si
portò una mano al cuore, teatrale.
«Santo
cielo, Louis, non
pensavo ci avresti creduto sul serio! Fai sempre l’uomo senza
cuore, quello che
fa strage di cuori e blablabla e
poi
mi caschi su una cosa così?» lo presi in giro,
prima di lasciargli un bacio
sulla guancia e precipitarmi verso il soggiorno, dove il mio telefono
aveva
cominciato a suonare.
***
«Mamma?
Che succede, stai
bene?» chiesi, spaventata. Mamma non mi chiamava mai, se non
in casi
eccezionali.
«Tesoro, credo sia meglio se stasera non torni a
casa, a dormire. Credi
di poter rimanere da Louis? Ho già avvertito Johannah,
dovrebbe chiamarlo a
momenti.»
La
sua voce mi spaventò
parecchio: era da quando avevamo lasciato Halifax che non la sentivo
così.
«Ma
cosa succede?»
insistetti, passandomi una mano tra i capelli.
«Niente di cui preoccuparti. È tutto okay.»
«Mamma…»
«Tranquilla, tesoro. È tutto a posto, ti
spiego domani.»
«Davvero?»
«Certo. Te lo prometto.»
«D’accordo.
Allora ci vediamo
domani.»
«Si. Buonanotte, tesoro. Ti voglio bene.»
«Anche
io, mamma.»
Una
volta chiusa la
conversazione, rimasi a fissare il telefono, forse nella speranza che
mamma
richiamasse e mi dicesse cosa diavolo stava succedendo.
«Ehi,
bambolina, mi ha appena
chiamato mia madre…» urlò Louis, dalla
cucina. Ancora un po’ stranita dalla
conversazione appena conclusa, lo raggiunsi.
«Si,
lo so. Pare che rimarrò
qui a dormire.» informai.
«Vado
a preparare l’altra
stanza?»
«Non
dire assurdità, possiamo
dormire insieme senza nessun problema. Se ti và. Se poi
preferisci stare da
solo non c’è problema.»
«Ora
non dire tu assurdità.»
mi rimproverò, divertito.
«Come
potrei dormire, sapendo
che tu sei nell’altra stanza?»
«FRUSTRATO!»
urlò Harry, che
nel frattempo era salito in camera sua a cambiarsi.
Scoppiai
a ridere, divertita.
Un
momento dopo, però, tornai
seria. Cosa stava succedendo?
Cominciavo
a pensare che ci
fosse qualche entità sconosciuta che ce l’avesse
con me, perché non facevo in
tempo a risolvere un problema, che subito se ne presentava un altro.
In
ogni caso, ero a buon
punto, non c’erano più tante cose che potessero
rovinare la mia vita. Etienne
era un caso chiuso, Mallory aveva rinunciato e Mel e Liam stavano
insieme.
L’unico,
grosso ostacolo che
mi separava dalla felicità era la situazione di mio padre.
Non mi aspettavo che
miracolosamente tutto tornasse come prima, che io, lui e mamma fossimo
di nuovo
una famiglia felice, ma in cuor mio speravo ci fosse una soluzione.
E
se il “niente di cui
preoccuparmi” fosse stato proprio papà? Non mi
restava che aspettare
l’indomani, per scoprirlo. Intanto, avrei dovuto superare
quella notte.
***
Avete
visto come sono stata
brava? Ho rispettato i tempi, così, dopo una settimana
esatta, ecco l’aggiornamento!
Ho
un paio di cosucce da dire
– tanto per cambiare! – perciò, spero
che ci sia qualcuno che legge questa
sottospecie di “spazio autrice” (se si
può chiamare così)…
Be’,
credo non vi siate
dimenticate che i problemi di Cass, principalmente, erano tre: Louis,
Etienne e
il padre. Piano piano, sono stati risolti. Prima Louis, poi Etienne, ne
resta
solo uno, che personalmente ritengo il più delicato da
trattare. Infatti ero
molto indecisa se parlarne o meno e la scena in cui Cass racconta la
storia nei
dettagli non mi convince un granché. Mi rendo anche conto
che purtroppo è un
argomento fin troppo banale e trattato nelle FF, ma ce
l’avevo in mente fin
dall’inizio e, dopotutto, il motivo per cui Cassidy e sua
madre si
trasferiscono a Doncaster è proprio l’alcolismo
del padre. Perciò non volevo
lasciarlo in sospeso.
Ho
cercato comunque di
sdrammatizzare un po’, anche perché la storia non
ha una piega tanto tragica,
quindi mi sembrava esagerato andare sul melodrammatico. E si, il
racconto è
triste ed effettivamente un po’ drammatica, ma come avrete
capito amo il lieto
fine, perciò… basta così, o va a
finire che spoilero tutto!
Poi,
vorrei ringraziare tutte
le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, le 52 persone che
hanno
inserito la storia tra le preferite, le 8 ricordate e le 76 seguite!
Siete davvero
in tante e ve ne sono veramente grata! Significa molto, per me.
Bene,
ho detto tutto!
Grazie
mille per essere
arrivate fino a qui!
Vi
adoro,
Fede.
|
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Capitolo 17 *** Chapter 16. ***
Chapter 16.
«Avresti
un pigiama da
prestarmi?» chiesi, affacciandomi timidamente nella stanza di
Louis.
All’improvviso, mi ero quasi pentita di essere sembrata tanto
tranquilla
all’idea di dormire con lui. Come avevo fatto ad uscirmene
con una frase del
genere? “Possiamo tranquillamente
dormire
insieme.” Insomma, non ci credevo neanche io. E se
Louis si fosse aspettato
qualcosa? Sapevo che, in tutta probabilità, era abituato a
fare tutt’altro nel
letto. Anzi, dubitavo che qualcuna si fosse mai fermata a dormire.
E
se avesse voluto la stessa
cosa anche da me? Non ero pronta per avere con Louis una relazione che
comprendeva anche il sesso. Proprio no. Forse ero ancora bloccata per
quella
storia di Etienne, forse mi spaventava l’idea che stare con
Louis mi sembrasse
così naturale. Lo amavo. E lui mi amava, quello lo sapevo.
Avevo l’impressione
di stare con lui da sempre, perciò mi spaventava che dopo
così poco tempo che
stessimo insieme, lui fosse già diventato una parte
integrante e assolutamente
fondamentale della mia vita.
«Mi
sembri un po’ nervosa,
bambolina.» mormorò, tranquillo. Si
avvicinò, reggendo in mano dei pantaloncini
verdi e una maglietta gigante, bianca.
Scossi
la testa, ma
evidentemente non gliela diedi a bere.
«Cosa
c’è che non và?»
domandò, curioso. Sorrisi, quando allungò un
braccio per sistemarmi una ciocca
di capelli dietro le orecchie: era un gesto che faceva spesso e che lo
faceva
sembrare così dolce che non riuscivo a credere che fosse lo
stesso ragazzo che
il primo giorno di scuola mi aveva fatto incazzare come una biscia.
Scossi di
nuovo la testa, ma il mio sguardo cadde comunque sul letto a una piazza
e
mezza.
Louis
seguì la traiettoria e
sul suo volto comparve un sorriso.
«Oh,
capisco. Non
preoccuparti, bambolina. Non ho intenzione di sfiorarti neanche con un
dito, a
meno che non sia tu a chiedermelo.» disse, porgendomi il
pigiama con
un’espressione indecifrabile. Arrossii fino alla radice dei
capelli, facendolo
ridacchiare.
«Sei
un’idiota.» borbottai.
Louis continuò a ridere, imperterrito.
«Per
una volta che faccio il
gentiluomo, mi devo anche beccare gli insulti.»
Alzai
gli occhi al cielo,
spazientita e ancora imbarazzata.
«Ma
che gentiluomo e
gentiluomo. Piantala, e fammi cambiare in pace.» borbottai,
spingendolo fuori
dalla stanza piuttosto bruscamente e chiudendogli la porta davanti alla
faccia.
Ignorai
la sua risata e
iniziai a spogliarmi. Quando rimasi in mutande e reggiseno, la porta si
spalancò. Ero pronta a gridare a Louis di uscire prima che
lo picchiassi
violentemente, ma mi bloccai di fronte ad Harry, che mi squadrava da
capo a
piedi, cercando di cogliere ogni minimo dettaglio.
«Ero
venuto a darti la
buonanotte…» ridacchiò, senza staccarmi
gli occhi di dosso. Infilai velocemente
la maglietta e i pantaloni, poi gli rivolsi un’occhiata in
tralice.
«Hai
tre secondi per sparire,
Styles.» minacciai.
«Uno.
Due.» prima che
riuscissi ad arrivare al tre, Harry si era dileguato, ridendo.
«Buonanotte!
E belle
mutande!» urlò, dal fondo del corridoio.
«Louis!
Harry ha provato a
baciarmi!» urlai di rimando. Louis accorse su per le scale,
con un’espressione
confusa e al tempo stesso arrabbiata.
«HARRY!»
sbraitò, con un tono
oltraggiato che mi fece scoppiare a ridere. Harry, intanto, si era
affacciato
al corridoio, piuttosto confuso.
«Che
c’è?»
«Come
ti sei permesso?»
«Di
fare che?»
«Hai
provato a baciare
Cassidy!» lo accusò Louis, puntandogli contro il
dito indice.
«Non
è vero!» negò Harry,
agitando le mani. Io, nascosta dietro a Louis, continuai a ridere.
«LEI
E’ MIA! CAPITO? MIA!»
urlò di nuovo Louis, prima di ridere come un deficiente per
l’acuto che aveva
appena tirato. Dopo aver augurato la buonanotte ad entrambi, Harry
tornò a
chiudersi in camera, ma ancora ridacchiava.
***
Una
volta rimasti da soli,
sprofondai nel più completo imbarazzo. Louis dovette
accorgersene, perché mi
abbracciò con dolcezza e mi lasciò un bacio sulla
fronte.
«Posso
dormire nella stanza
degli ospiti, bambolina.» propose, serio.
«No,
no. È tutto a posto.
Anzi, scusami se sto facendo tutte queste scene, ma sono un
po’ preoccupata…»
mormorai, andando a sedermi sul letto. Incrociai le gambe e osservai
Louis
mentre si sfilava la maglia e rimaneva con i pantaloni della tuta.
Arrossii un
po’, ma lui non ci fece caso. Apprezzai davvero, consapevole
che gli costasse
un certo sforzo, comportarsi in quel modo. Insomma, di sicuro non era
abituato
ad avere a che fare con ragazze che non saltavano di gioia
all’idea di trovarsi
nel suo stesso letto. Sospirai, poi mi infilai sotto le coperte e senza
dire una
parola mi voltai di lato. Era davvero preoccupata per mamma: cosa stava
succedendo? E perché non mi diceva niente? non poteva
credere sul serio che non
mi sarei allarmata, di fronte al suo tono.
Louis
spense la luce, poi si
sdraiò accanto a me. Sembrava del tutto intenzionato a non
sfiorarmi nemmeno
con un dito e il materasso era abbastanza grande affinché ci
riuscisse senza
sforzo.
Ero
io, però, a non volerlo
così lontano. Avevo bisogno di sentirlo vicino a me, almeno
per quella notte.
Ed ero anche consapevole di essere del tutto contraddittoria, ma non
potevo
farci niente.
Così
mi voltai verso di lui e
gli avvolsi le braccia intorno ai fianchi. Louis mi dava la schiena, ma
percepivo che era teso e mi sentii in colpa, perché
probabilmente con il mio
comportamento lunatico e altalenante lo stavo disorientando al punto
che non
sapeva come comportarsi.
Tuttavia,
rimase in perfetto
silenzio per qualche minuto, poi si voltò e mi strinse a
sé. Sollevai lo
sguardo, incontrando i suoi occhi. Anche se l’unica luce
nella stanza era
quella che filtrava dalla finestra, riuscivo a vedere perfettamente la
sua
espressione. Era combattuto, forse un po’ nervoso e un
po’ triste.
«Mi
dispiace di essere così.»
sussurrai, nascondendo il viso nell’incavo tra il suo collo e
la sua spalla.
Lui mi baciò la fronte e sorrise.
«Così
come?»
«Così
lunatica.»
«Non
dispiacerti, Cass… se tu
non fossi così, probabilmente non mi piaceresti
neanche.» confessò,
accarezzandomi la schiena con dolcezza.
«Potresti
trovare qualcuno di
meno complicato.»
«E
il divertimento dove
sarebbe, in quel caso?» ribatté, tranquillo. Poi
mi lasciò un bacio sulle
labbra e chiuse gli occhi.
«Dormi,
bambolina. E non
preoccuparti, andrà tutto bene.»
Gli
credetti, perché da
quando lo conoscevo, bene o male, Louis era sempre stato sincero ed io
mi
fidavo.
«’Notte,
Lou.»
«Sogni
d’oro…»
Mi
addormentai quasi subito,
cullata dal suo respiro leggero che mi solleticava i capelli e dalla
carezze
lievi che mi lasciava sulla schiena. Non mi ero mai sentita
così sicura, tra le
braccia di qualcuno.
***
Sognai,
quella notte.
Ed
erano sogni
sconclusionati, apparentemente senza senso e senza logica alcuna. Per
prima,
apparve Mallory: era ancora più bella del solito e
continuava a ripetermi che
era inutile illudermi perché tanto Louis non mi avrebbe mai
amato come amava
lei.
«Sei
una nullità, Cassidy
Montgomery e nessuno potrebbe mai volerti bene. Guardati, sei brutta,
insignificante e nemmeno tanto intelligente. Credi davvero che Louis
potrebbe
interessarsi a te? Abbiamo scommesso che ci saresti cascata, ed infatti
eccoti
lì, tra le sue braccia.» all’improvviso,
Mallory si trasformava in Etienne e
lui era ancora così dolorosamente bello che io ero scoppiata
a piangere, prima
ancora che iniziasse a parlare.
«Povera,
piccola Cassidy.
Nessuno ti vuole. Be’, almeno io mi sono divertito. Certo, a
letto non sei un
granché, ma scaricarti davanti a tutti è stato
parecchio esilarante. Dovresti
ringraziarmi, però. Avrei potuto essere anche più
stronzo.» diceva, ridendo.
Poi
arrivava Louis e si
comportava come all’inizio, quando io ero appena arrivata a
Doncaster.
«Ciao,
bambolina. Guarda un
po’ cosa succede ora…» mormorava,
afferrando Mallory per un braccio. La tirava
a sé e la baciava con una passione che con me non aveva mai
dimostrato. E
Mallory ricambiava, con ardore, come se non ci fosse nessuno a
guardarla.
Era
stato allora che mi ero
svegliata, con il fiatone, le lacrime agli occhi e un peso opprimente
che mi
schiacciava lo stomaco.
Louis
era sveglio e mi
fissava un po’ preoccupato. Stava per chiedermi se stavo
bene, ma non gliene
diedi il tempo. Lo baciai con urgenza, perché avevo bisogno
di sentirmi
desiderata, avevo bisogno di sapere che in realtà mi voleva,
anche se non ero
bellissima, anche se ero lunatica.
E
Louis me lo dimostrò,
portandosi sopra di me, senza separarsi nemmeno per un attimo. Gli
accarezzai
il petto, con le mani tremanti e le lacrime agli occhi.
Sentii
la sua mano che si
insinuava dolcemente sotto la mia maglietta, accarezzandomi la pelle e
facendomi rabbrividire.
«Cass…
se vuoi che mi fermi
devi dirmelo adesso.» mormorò, prima di lasciare
una scia di baci bollenti sul
collo.
«Cass…»
mi chiamò di nuovo,
quando non gli risposi.
Se
volevo che si fermasse?
No.
Avevo
pensato di non essere
pronta, di non essere abbastanza. Avevo pensato che fosse troppo presto
per
fare l’amore con Louis. Eppure, quando si unì a me
con dolcezza, non potei fare
a meno di pensare che non avrebbe potuto esserci un momento migliore di
quello
e tutte le paure, le ansie e le preoccupazioni svanirono.
Rimaneva
solo Louis, con i
suoi baci e con i suoi occhi azzurri fissi nei miei.
Quando
mi svegliai, la
mattina seguente, Louis non c’era.
Ero
completamente nuda,
coperta fino al collo dal lenzuolo e il letto era freddo. Era
così che si erano
sentite, tutte le ragazze che Louis aveva lasciato subito dopo aver
fatto sesso
con loro?
Era
normale provare quel
senso di smarrimento, di dolore opprimente e di vergogna verso
sé stesse? O ero
solo io, che come una stupida mi ero innamorata ancora una volta della
persona
sbagliata? Non ne potevo più di soffrire.
Affondai
il viso nel cuscino,
cercando di trattenere le lacrime di delusione, ma inutilmente. Nel
giro di un
secondo stavo piangendo. Dio, quant’ero diventata patetica.
Io, che mi facevo
vanto di essere così forte, così orgogliosa,
così furba.
Io,
che avevo promesso a me
stessa che non avrei mai più permesso a qualcuno di
prendersi gioco di me,
avevo ceduto al sentimento che provavo per Louis e, ancora una volta,
mi
ritrovavo da sola.
Poi,
mentre piangevo, una
mano si posò con delicatezza sul mio capo. Mi voltai di
scatto, incrociando lo
sguardo preoccupato di Louis.
«Che
succede, piccola?»
chiese, sedendosi accanto a me. Singhiozzai di nuovo, lanciandomi
contro di
lui. Incurante di essere coperta solo da quel leggero lenzuolo, mi
strinsi al
suo petto.
«Pensavo
che te ne fossi
andato!»
«Nel
caso in cui te ne fossi
scordata, vivo qui.» ridacchiò Louis, passandomi
le mani sulle guance e
cancellando le lacrime. Mi baciò sulle labbra, poi si
alzò e raccattò i miei
vestiti.
«Vestiti,
dai. Facciamo
colazione tutti insieme.» mi porse i vestiti e fece per
uscire, bloccandosi
solo all’ultimo, un istante prima di chiudere la porta.
«Ah,
un’altra cosa: non ho
nessuna intenzione di lasciarti andare, bambolina. Non pensarci
nemmeno.» mi
sorrise.
Sospirai,
sentendomi pure
stupida per aver dubitato di lui in quel modo. Dovevo iniziare a dargli
un po’
di fiducia. Mi fidavo, in realtà, però non potevo
neanche negare che tutte le
cose che avevo sentito sul suo conto – tipo che si fosse
sbattuto mezza
Doncaster – non mi erano del tutto indifferenti. Ogni tanto,
avevo il dubbio di
essere una delle tante, anche se dal modo in cui mi guardava non
sembrava
affatto.
Perciò
mi rivestii con calma,
feci una tappa in bagno per controllare in che condizioni fossi e scesi
in
cucina, dove Niall, Zayn, Liam, Melanie ed Harry litigavano su quale
pacco di
biscotti fosse il caso di aprire. Louis era in disparte, appoggiato al
bancone
della cucina con le braccia incrociate. Quando si accorse di me,
sorrise e
spalancò le braccia.
Risi,
felice, e un po’
divertita da tutta quella platealità e mi fiondai tra le sue
braccia. Lasciai
un bacio all’altezza del suo cuore e mi voltai verso i
ragazzi, che ci
osservavano tutti a bocca spalancata.
«È
un succhiotto, quello?»
chiese Mel, avvicinandosi per osservare meglio il mio collo.
«Avete
fatto sesso!» urlò,
poi. Arrossii fino alla radice dei capelli, in imbarazzo, mentre Louis
scoppiava a ridere, evidentemente divertito.
«Smettila
di fare la scema!»
la accusai, puntandole un dito contro.
«Ma
avete fatto sesso! E non
me l’hai detto!» ribatté lei, risentita.
«La
prossima volta ti mando
un messaggio nel mentre.» le disse Louis. Mi voltai verso di
lui, incenerendolo
con lo sguardo.
«Se
non la pianti di dire
cazzate, non ci sarà nessuna prossima volta.» lo
minacciai.
«Idiota.»
aggiunsi poi, tanto
per ribadire il concetto.
***
Si,
sono proprio io.
Ce
l’ho fatta ad aggiornare,
finalmente. Innanzitutto, mi scuso per non essere riuscita a mandare a
tutte
quante il solito messaggio con l’avvertimento, ma in questi
giorni sono
piuttosto di fretta, perciò confido che vi accorgerete della
storia sbirciando
tra le seguite e le blablabla.
Per
quanto riguarda il
capitolo, sono molto in dubbio. Odio descrivere le scene di sesso, non
mi piace
proprio ed ho sempre il timore di cadere nel volgare e nello squallido.
Preferisco
lasciare tutto più sottinteso ed è ciò
che ho cercato di fare anche questa
volta. Non so cosa ne è uscito fuori, ma ormai è
andata.
Che
ve ne pare del capitolo,
quindi?
Fatemi
sapere, mi raccomando!
Bene,
credo di aver detto
tutto ^^
Come
al solito, vi ringrazio
per aver inserito la storia tra le seguite-preferite-ricordate e per
aver
inserito ME tra gli autori preferiti. È stato inaspettato e
vi ringrazio
davvero, mi fa piacere che apprezziate ciò che scrivo.
Poi,
per chi volesse, su
Twitter mi trovate come @FTheOnlyWay
Un
bacione,
Fede.
<3
|
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Capitolo 18 *** Chapter 17. ***
Chapter 17.
Sebbene
fossi perfettamente
consapevole del fatto che mia madre, prima o poi, si sarebbe fatta
viva,
sobbalzai come se qualcosa mi avesse punto, quando il mio telefono
iniziò a
suonare. Presi un respiro profondo, poi mi diressi verso il salotto
lasciandomi
alle spalle le occhiate preoccupate di tutti i presenti.
L’unico
a seguirmi fu Louis,
anche se ero certa che avesse detto agli altri di aspettare in cucina
per darmi
un po’ di tranquillità.
«Mamma?»
mormorai,
preoccupata.
«Ciao, tesoro.»
«Cosa
sta succedendo?» poteva
pure fingere che tutto fosse normale, ma non mi avrebbe certo ingannato
così
facilmente.
«Tuo padre è tornato.»
Semplice,
diretta. Ma di che
mi sorprendevo? Mamma non era mai stata una persona che girava intorno
alla
verità. D’altronde, da qualcuno dovevo pur aver
preso, no?
Mi
sentivo le gambe molli,
come se fossero fatte di gelatina, così mi sedetti per
terra, prendendo qualche
respiro profondo. Porsi il telefono a Louis, perché al
momento mi sentivo
incapace di pronunciare una frase di senso compiuto.
Lo
afferrò senza titubare
neanche un attimo e lo portò all’orecchio.
«Ciao,
Grace.» lo sentii
dire, dopodiché più niente. Smisi di prestare
attenzione a Louis nel momento
esatto in cui le parole di mia madre risuonarono nella mia mente.
“Tuo padre
è tornato.” E
questo cosa voleva dire? Che erano tornati insieme? Che mia madre si
era fatta
trarre in inganno, un’altra volta, dai suoi modi gentili?
Perché, quando
voleva, papà sapeva essere gentile. Perché era
tornato? Stava andando tutto
così bene, per una volta. Sembrava non avessi nemmeno il
diritto di essere
felice per più di tre giorni di seguito.
Gettai
un’occhiata a Louis,
che annuiva con aria grave. Mi accorsi che anche lui mi guardava con la
coda
dell’occhio, di tanto in tanto, come se temesse che da un
momento all’altro
sarei scoppiata a piangere, o svenuta.
Ma
non avrei fatto niente di
tutto ciò. Ero una persona adulta – più
o meno – e mi piaceva credere che sarei
stata in grado di affrontare qualsiasi altro ostacolo mi si fosse
parato
davanti. Padre alcolizzato compreso.
Perciò
feci qualche respiro
profondo, trovai la calma necessaria e mi alzai di nuovo in piedi. Le
gambe
avevano smesso di tremare ed io dovevo trovare solo il coraggio di
tornare a
casa. Louis, intanto, aveva terminato la conversazione con mamma e
aveva
riappoggiato il telefono sul tavolo.
«Tutto
bene, piccola?»
chiese, prima di circondarmi le spalle con un braccio. Mi
baciò la tempia, con
una dolcezza alla quale ancora dovevo abituarmi, e mi
accarezzò la schiena.
«Si.
Mi accompagni a casa?»
domandai, sicura.
Louis
apparve un po’
sorpreso, ma si sforzò di non darlo a vedere.
Annuì.
Quando
salii al piano di
sopra per cambiarmi, sentii Harry chiedere cosa cavolo stesse
succedendo. Louis
rispose brevemente che mi avrebbe accompagnato a casa,
perché mia madre aveva
bisogno di me. Sorrisi, rendendomi conto di come cercasse in tutti i
modi di
proteggermi.
Prima
da Jason, poi da
Mallory e da Etienne e, non meno importante, da sé stesso.
Credevo che quella
fosse stata la cosa più difficile, alla fine dei conti.
Quanto poteva essere
complicato, voler stare con qualcuno e al tempo stesso tenersene alla
larga con
la convinzione di non essere adatto? Per mia fortuna, Louis aveva
superato
l’ostacolo senza troppe difficoltà.
Lo
raggiunsi in cucina
qualche minuto dopo. Erano tutti lì e mi fissavano con
apprensione. Soprattutto
Mel, che si torturava le mani con aria preoccupata.
Andai
ad abbracciarla, per
farle capire che, tutto sommato, ero piuttosto tranquilla.
«Quando
torno, vi racconto
tutto.» assicurai, con un sorriso convincente che
sembrò rasserenarla un po’.
Annuì, mi lasciò un bacio sulla guancia e
tornò tra le braccia di Liam.
«Be’,
noi andiamo.» affermò
Louis, prendendomi per mano.
Presi
un respiro profondo:
avevo la sensazione che, quel giorno, non sarebbe stato affatto facile
da
sopportare. Aveva tutta l’aria di una resa dei conti.
La
battaglia finale, o
qualcosa del genere.
***
La
famigerata calma che ero
riuscita ad ostentare con tanta tranquillità
svanì nel momento esatto in cui
Louis spense il motore della macchina, proprio davanti al vialetto di
casa mia.
Con le gambe un po’ instabili, camminai fino alla porta,
certa che, se fossi
caduta, Louis sarebbe stato pronto a prendermi, come sempre.
Quando
mi voltai, però, non
c’era.
Era
ancora seduto in
macchina, e mi guardava con un sorriso incoraggiante. Tornai indietro
di corsa.
«Che
fai, seduto qui?»
«Credo
che dovresti andare da
sola.» spiegò, tranquillo.
Io?
Da sola?
«Che
scherzi? Lou, ho bisogno
di te.» supplicai, cominciando a sentire il panico invadermi.
Non ero pronta
per affrontare tutto quello da sola, avevo bisogno di sapere che Louis
sarebbe
stato al mio fianco, quando la verità sarebbe venuta a
galla.
«Ti
prego.» ripetei.
«Non
c’è bisogno di pregare,
bambolina. Lo sai che sono con te, qualunque cosa accada.»
rispose, tranquillo.
Gli sorrisi, grata e mi sporsi in avanti per baciarlo sulle labbra,
poi, mano
nella mano percorremmo di nuovo il vialetto e ci fermammo davanti alla
porta.
«Tra
un minuto busso.»
annunciai, seria. Davvero, mi ci voleva solo un attimo, giusto il tempo
di
rendermi conto di quello che stava succedendo, prima di affrontarlo a
viso
aperto.
«Davvero,
ora lo faccio.»
Louis
ridacchiò.
«L’hai
detto anche dieci minuti
fa, Cass.» mi ricordò. Aveva ragione, eravamo
piantati davanti a casa da dieci
minuti, in attesa che io smettessi di comportarmi come una codarda, ma
proprio
non ci riuscivo. Era più forte di me. Avevo anche perso il
conto di tutte le
volte in cui avevo allungato la mano verso il campanello.
L’avevo sfiorato un
sacco di volte, senza mai suonarlo davvero.
«Al
tre suono.» ultima
chance, Cassidy. Un altro respiro profondo, l’ennesimo, e
finalmente riuscii a
suonare.
Un
minuto dopo, un rumore di
passi annunciò che mamma era in arrivo e che aveva piuttosto
fretta: mi
aspettava.
Strinsi
forte la mano di
Louis, che non fece una piega sebbene lo stessi stritolando,
dopodiché mi
sforzai di mettere in mostra un’espressione quantomeno
serena.
«Sembra
che tu stia per
vomitare.» commentò Louis. Nello stesso istante,
mamma aprì la porta. Aveva
un’aria stanca, ma gli occhi erano lucidi e sul suo viso era
comparso un
sorriso felice che non le vedevo da tempo. A ben pensarci,
l’ultima volta che
aveva sorriso così, era stato molto tempo prima di
trasferirci a Doncaster.
«Ciao,
tesoro. Ciao, Louis.»
salutò, felice. Mi abbracciò brevemente e
lasciò un buffetto sulla spalla di
Louis, dopodiché ci fece cenno di entrare.
Il
breve corridoio che
separava l’ingresso, mi sembrava lungo duecento metri,
anziché quattro. Lo
percorsi con calma, costringendo Louis a tenere il mio passo.
«Non
sei costretta, Cass. Se
vuoi, ti porto via da qui. Devi solo dirmelo.» mi
sussurrò all’orecchio, per
non farsi sentire da mamma.
Scossi
il capo negativamente:
era pur sempre mio padre e, in ogni caso, avrei dovuto confrontarmi con
lui.
Non l’avevo fatto prima di andarcene da Halifax,
perciò l’avrei fatto in quel
preciso momento.
Papà
era seduto al tavolo in
cucina, e stava sorseggiando con aria assorta una tazza di
tè fumante. Lo
osservai con attenzione, cercando di capire cosa ci fosse di diverso in
lui.
Tanto per iniziare, notai, il suo viso era liscio, pulito e i capelli
erano
decisamente più corti. L’ultima volta che
l’avevo visto, il suo aspetto era in
perfetta sintonia con l’immagine del barbone alcolizzato.
Era
vestito semplicemente,
con un paio di jeans scuri e una camicia azzurra. Non aveva niente
dell’uomo
che era stato nell’ultimo anno e la cosa, a primo impatto, mi
lasciò stordita e
disorientata.
Non
appena mi vide, si alzò e
fece per avvicinarsi. Istintivamente, mi accostai a Louis, che non si
mosse di
un millimetro, se non per circondarmi le spalle con un braccio. Era
tremendamente serio, come non l’avevo mai visto.
Papà
interruppe la sua
avanzata verso di me.
«Ciao,
Cassidy.»
«Ciao,
papà.»
Mamma,
che si era appoggiata
con la schiena al muro, alzò gli occhi al cielo. La guardai,
confusa. Perché
sembrava così contenta?
«Diglielo,
Max.» lo incitò.
Papà
sospirò, tornò a sedersi
e fece cenno a me e Louis di accomodarci davanti a lui.
«Grace
mi ha detto che ti sei
preso cura di Cassidy.» disse, rivolto a Louis, che
annuì.
«Grazie.»
Mi
venne da piangere, ma mi
sforzai di trattenere le lacrime per dopo. Ero forte, mi dissi. E non
avrei più
permesso a papà di ferirmi. Tantomeno mi sarei illusa che
fosse cambiato.
«Diglielo,
Max.» ripeté
ancora mamma. Il suo sorriso, intanto, si era allargato ancora.
Un
po’ irritata da tutto il
suo buonumore, la fulminai con un’occhiataccia.
«Dopo
che ve ne siete
andate…» cominciò papà
«mi è caduto il mondo addosso.»
Inarcai
un sopracciglio.
Davvero? Perché secondo lui per noi era stato facile,
scappare di punto in
bianco? Louis strinse la presa sulla mia mano, probabilmente per
consigliarmi di
stare zitta.
«All’inizio
ho dato la colpa
a tua madre, poi mi sono reso conto che, in effetti, tutta la colpa era
mia.»
«Vorrei
vedere.» celiai,
sarcastica. Louis rafforzò la presa e mamma mi
allungò un coppino. Papà,
sorprendentemente, rise.
«No,
ha ragione. Il problema,
Cassidy, è che accettare di essere un totale fallimento come
marito, come padre
e come uomo, non è stato semplice.»
«Non
ho mai pensato che tu
fossi un fallimento, fino a che non hai provato a
picchiarmi.» rivelai,
sincera. Volevano parlare? Beh, avrebbero dovuto ascoltare anche quello
che io
avevo da dire. Altrimenti, che senso aveva?
«CASSIDY!»
mamma era
scandalizzata, senza ombra di dubbio. Mi guardò severamente,
poi osservò papà,
temendo forse che ci fosse rimasto male.
«Grace,
lascia che parli. Ha
tutto il diritto di odiarmi.»
«Non
ti odio, papà. Non
potrei mai. Però… non so se potrò
dimenticare tutto.»
Papà
rimase in silenzio per
qualche istante, poi riprese a parlare.
«Non
ti chiedo di farlo. Io
stesso non dimenticherò niente. Però, vorrei
avere una seconda possibilità,
Cassidy. Non bevo da cinque mesi e ho trovato lavoro poco lontano da
qui.»
«Ora
devo andare.»
farfugliai, infine. Scattai in piedi e mi precipitai fuori casa, in
tutta
fretta. Sentii appena Louis che assicurava a mia madre che mi avrebbe
parlato,
poi entrai in macchina e chiusi gli occhi.
Non
mi ero neanche accorta di
aver trattenuto il respiro, fino a quando sentii il bisogno di
incamerare un po’
di ossigeno.
«Cass…»
Louis
mi accarezzò i capelli
con dolcezza, cercando di calmarmi.
«Lo
so, non dovevo andarmene
così…» risposi. Sentivo che stavo per
piangere e, se avessi continuato a
parlare di papà, probabilmente avrei iniziato nel giro di
dieci secondi.
«Tuo
padre capirà.» concluse
Louis.
***
«Stai
da schifo.»
Niall
si guadagnò un pugno
sul braccio e un pizzicotto sulla coscia, dopodiché si
tappò la bocca e la finì
di dare aria alle corde vocali.
Io
e Louis eravamo appena
rientrati e i ragazzi mi avevano letteralmente preso
d’assalto per sapere cosa
stava succedendo. Avevo lasciato a Louis il compito di spiegare ogni
cosa, perché
io proprio non me la sentivo di affrontare tutto da capo.
Tuttavia,
ancora non avevo
avuto nessuna reazione isterica. Anzi, mi ritenevo piuttosto
soddisfatta di me
stessa.
Stavo
accettando lo svolgersi
della situazione come una persona matura e non come una bambina, il che
era
molto meglio di quanto mi aspettassi. Forse Louis mi aveva davvero
aiutato a
crescere. O, forse, a farmi crescere erano state tutte le situazioni
più o meno
complicate che la vita mi aveva presentato.
«Perciò,
alla fine, tuo padre
è tornato.» concluse Niall.
Annuii,
concentrata sui
capelli di Melanie, che mi aveva chiesto di farle una treccia
elaborata. Avevo capito
che voleva distrarmi e le ero davvero grata: pensare sempre alla stessa
cosa
non era affatto un bene, per la mia salute mentale. E, in ogni caso,
era
inutile rimuginare di continuo. Ormai era andata.
«E
adesso cosa succederà?»
domandò Zayn, un po’ preoccupato.
«Non
ne ho la più pallida
idea.»
Feci
spallucce, poi guardai
prima Louis, poi Melanie, Harry, Niall, Liam e Zayn.
Sorrisi,
perché c’era una
cosa di cui ero del tutto certa: se loro fossero rimasti al mio fianco,
sarei
riuscita a superare qualunque cosa.
***
Questo
capitolo è stato un
parto. Davvero, è stato il più difficile di tutti
e mi lascia con un senso di
vuoto che non riesco a descrivere.
Non
mi sento del tutto
soddisfatta, se devo dire la verità, ma poco importa.
L’ho scritto e riscritto
un numero infinito di volte – un po’
perché il mio pc non l’ha salvato,
un’altra
volta perché per sbaglio non l’ho salvato io.
Vi
rendete conto? La storia è
finita. Sul serio. Manca solo l’epilogo, che
pubblicherò settimana prossima e
poi Like an Hurricane è conclusa. Non posso nemmeno
pensarci. È la mia prima
long, che porto a termine, e mi sono affezionata ai personaggi. Forse
ci ho
messo così tanto a finire di scriverla perché non
volevo che finisse. Sono
triste, cavolo.
Be’,
niente, perdonatemi se
questo capitolo fa un po’ schifo, ma sono depressa.
Well,
i ringraziamenti li
lascio al prossimo capitolo!
Per
adesso, please, fatemi
sapere se questo è così illeggibile, o se
può andare.
Much
love,
Fede
<3
|
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Capitolo 19 *** Epilogue. ***
Epilogue.
Alla
fine, tutti i tasselli
disordinati della mia vita erano tornati al loro posto, trovando la
giusta
collocazione e un ottimo equilibrio.
L'armonia
regnava sovrana e
tutti i problemi che avevo affrontato prima di raggiungere la
felicità, erano
serviti a rendermi più forte, più matura e
più donna.
La
mia famiglia era di nuovo
unita o, almeno, stavamo provando a renderla tale, avevo trovato
l'amicizia e
l'amore.
I
dettagli?
Dopo
essere corsa via da mio
padre, avevo riflettuto a fondo, e molto a lungo. Si meritava una
seconda
possibilità? Si. Perciò quella sera stessa ero
ritornata e gli avevo detto
chiaro e tondo che se mi avesse deluso un’altra volta, non
avrei più voluto avere
niente a che fare con lui. Aveva accettato le mie imposizioni di buon
umore e,
quando avevo finito di blaterare, mi aveva abbracciato.
Sarei
una bugiarda, se
dicessi che quell’abbraccio ha cambiato tutto. È
stato solo il primo passo, il
primo di una lunga serie, in effetti, per ritrovare una famiglia
normale.
Per
quanto riguarda gli altri,
be’, Niall era sempre il mio migliore amico: iperprotettivo,
incapace di tenere
i segreti e goloso di qualsiasi cosa fosse anche solo vagamente
commestibile. Mi
ruba ancora le brioche, ma rimane il primo da cui corro quando ho
bisogno di
aiuto.
Zayn
continuava a mantenere
quell'aria misteriosa, a fumare sigarette e a dispensare saggi consigli
all'occorrenza.
Harry
era sempre il solito.
Continuava a passare da un letto all'altro, mettendo Louis al corrente
di ogni
nuova conquista. Io ero del tutto certa che prima o poi si sarebbe
fermato,
desideroso di una vita meno movimentata.
Non
aveva più provato a
vedermi in mutande, consapevole che Louis l'avrebbe ucciso. In
compenso, mi
aveva proposto di fingersi il mio fidanzato nelle poche occasioni in
cui quello
vero non poteva accompagnarmi. Anche in quel caso, la sua proposta era
stata
fermamente respinta.
Liam
e Melanie? Continuano a
stare insieme e non c'è giorno in cui Melanie non rimpianga
il suo beneamato e
inesistente criceto. Alla fine, ha stressato Liam così tanto
che lui gliene ha
regalati ben tre. Coerentemente con la sua stupidità,
Melanie ha deciso di
ribattezzare quelle povere, innocenti creature con i nomi di coloro che
ci
hanno aiutato a diventare ciò che siamo.
Indovinato?
Jason, Mallory ed
Etienne.
Ed
infine c'è Louis.
Louis
è il tassello più
importante della mia vita, perché è grazie a lui
se tutti gli altri restano
uniti.
E,
come ogni uragano che si
rispetti, ha provveduto a spazzare via ogni mia ombra, ogni mia
tristezza e
ogni mio dubbio. Mi ha stravolto l'esistenza, mi ha del tutto
scombussolata. Ma
mi ha salvata da una vita infelice e all’insegna dei
rimpianti.
È
arrivato, di punto in
bianco, con i suoi “bambolina” e con i suoi sorrisi
sghembi e mi ha rubato il
cuore senza che nemmeno me ne accorgessi.
Come
un uragano.
***
Ci
siamo.
“Like
an Hurricane” è
ufficialmente finita. Be’, c’è ancora lo
spin-off, ma la storia è conclusa.
Avevo
un sacco di cose da
dire, davvero, ma ora che ho finito di scrivere l’epilogo mi
sento un po’ strana.
Sono soddisfatta, dico la verità, e commossa.
Perché
questa storia è la
prima long che porto a termine e, nonostante gli aggiornamenti
incostanti, i
momenti di crisi, i blocchi creativi e un sacco di altri pensieri, sono
riuscita a finire.
Sono
fiera di me stessa,
sapete? Non vi dico nemmeno quante volte ho pensato di mollare tutto
lì.
“Tanto
chi se ne frega?” mi
sono detta. Poi ho pensato un po’ a me stessa,
perché arrendermi sarebbe stato
un fallimento clamoroso e ho pensato anche a voi, che mi avete
sostenuto dal 10
Aprile, data in cui ho pubblicato il prologo.
Non
sarebbe stato giusto
mollare, ecco.
Sul
prologo non ho niente da
dire, in realtà. Se non che è un po’
corto e che probabilmente le note alla
fine saranno più lunghe. Spero che almeno qualcuna di voi le
abbia lette!
HAHAHAH.
Adesso
volevo passare ai
ringraziamenti, perché ci tengo.
Avrei
voluto ringraziarvi una
alla volta, ma temo sia un po’ difficile e, comunque, finirei
per dimenticarmi
di qualcuno.
Perciò
vorrei dire GRAZIE
alle 76 ragazze che hanno inserito la storia tra le preferite.
GRAZIE
alle 15 ragazze che
hanno inserito la storia tra le ricordate.
GRAZIE
alle 123 ragazze che
hanno inserito la storia tra le seguite.
E
GRAZIE alle 51 ragazze che
mi hanno tra gli autori preferiti.
E,
naturalmente, GRAZIE a chi
ha commentato, facendomi sapere cosa ne pensa, GRAZIE a chi mi ha
sostenuto
sempre e GRAZIE a chi ha letto in silenzio.
Vorrei
avere una vostra
recensione, per potervi ringraziare una per una, perciò
fatevi sentire, perché ci
tengo davvero!
Ancora
grazie, siete
fantastiche.
Con
affetto, Fede.
Okay,
ora mi faccio un po’ di
pubblicità, per chi volesse continuare a seguirmi!
Vi
lascio il mio contatto
Facebook, Twitter e Ask – per chi avesse qualcosa da
chiedermi.
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:TheOnlyWay
Efp
Twitter:
@FTheOnlyWay
Ask: TheOnlyWay
Queste, invece, sono le due long che sto portando avanti e lo spin-off
su Melanie e Liam.
Basta cliccare sul banner :)
E' tutto, credo :)
GRAZIE.
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