Like an Hurricane

di TheOnlyWay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Chapter 1. ***
Capitolo 3: *** Chapter 2. ***
Capitolo 4: *** Chapter 3. ***
Capitolo 5: *** Chapter 4. ***
Capitolo 6: *** Chapter 5. ***
Capitolo 7: *** Chapter 6. ***
Capitolo 8: *** Chapter 7. ***
Capitolo 9: *** Chapter 8. ***
Capitolo 10: *** Chapter 9. ***
Capitolo 11: *** Chapter 10. ***
Capitolo 12: *** Chapter 11. ***
Capitolo 13: *** Chapter 12. ***
Capitolo 14: *** Chapter 13. ***
Capitolo 15: *** Chapter 14. ***
Capitolo 16: *** Chapter 15. ***
Capitolo 17: *** Chapter 16. ***
Capitolo 18: *** Chapter 17. ***
Capitolo 19: *** Epilogue. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Prologue.

 

 

 

 

Ho sempre pensato che i ragazzi fossero stupidi e insensibili. Poi ho conosciuto lui e ne ho avuto la conferma: sono dei completi idioti.
E non è colpa loro, probabilmente è una questione genetica, anche se in effetti dovrebbero iniziare a cercare una cura per questa stupidità dilagante.
Insomma, ci sarà pur qualcosa che si possa fare, per evitare che diano aria alla bocca, tanto per dimostrare che sono addirittura in grado di formulare un pensiero coerente.
Quando ho capito che Louis Tomlinson è un idiota?
Non mi ci è voluto molto, se devo essere sincera. È bastato che lo incontrassi nel corridoio, vicino al mio armadietto.
«Ciao, bambolina
Era il mio primo giorno nella nuova scuola e tutto ciò che desideravo era diventare invisibile. Essere al centro dell’attenzione non mi era mai piaciuto un granché: preferivo starmene sulle mie, parlare il tanto necessario e ignorare completamente tutto il resto. Louis aveva rovinato i miei piani, perché aveva catturato l’attenzione di tutti i presenti con due semplici parole.
Sorrideva, mentre dietro di lui quattro ragazzi osservavano la scena con particolare interesse. E poi si dice che sono le ragazze a girare in branco.
«Bambolina ci chiami tua sorella, idiota.»
Avevo sibilato, seccata, prima di voltargli le spalle e incamminarmi verso la mia classe, seppur non avessi la minima idea di dove fosse. Tutto, pur di allontanarmi da lì.
Sentivo chiaramente i bisbigli che seguivano il mio passaggio, ma avevo deciso di ignorarli, perché non ero per niente intenzionata a dare adito ad ulteriori pettegolezzi. Era stato sufficiente rispondere ad un cretino convinto, per essere sulla bocca di tutti, e non osavo pensare cosa sarebbe successo se avessi mormorato quello che davvero mi passava per le testa.
Ma ero l’ultima arrivata e non sapevo niente.
Avrei scoperto a mie spese, tempo dopo, quanto Louis avrebbe cambiato la mia vita, fiondandocisi dentro come un uragano.



***





Ciao a tutte!
Ecco, è la prima storia che pubblico sui One Direction, e non sono nemmeno sicura di cosa ne verrà fuori, ma ho deciso lo stesso di provarci... Non si sa mai che a qualcuno potrebbe piacere :)
Tutto qui :)
Se vi và, lasciate un commento, sarebbe davvero importante, per me, sapere cosa ne pensate!
Grazie,
Fede.






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Capitolo 2
*** Chapter 1. ***


Chapter 1.
 
 
 
 
«Tesoro, potresti passarmi il martello?»
La voce di mia madre mi raggiunse dalla cucina, un po’ smorzata. Andai a vedere cosa stesse facendo, lievemente preoccupata; mamma aveva la pericolosa tendenza a mettere mano in cose che la maggior parte delle volte non sapeva come gestire.
In quel momento era infilata fino a metà busto nella credenza accanto al frigo e, a giudicare dai colpi che continuavano a far traballare il mobile, stava cercando di fissare un ripiano.
«Non sarebbe meglio, che ne so, comprare dei mobili nuovi? Mamma, questa cucina sta cadendo a pezzi…» mormorai, allungandole comunque il martello.
«Non dire assurdità, tesoro. – riprese a martoriare quel povero pensile, senza un briciolo di pietà – I mobili sono in perfette condizioni, è solo che questa mensola… ecco. Ho fatto.» Gettai un’occhiata piuttosto scettica al ripiano, mentre mamma si levava dalla fronte una ciocca di capelli biondi che era sfuggita al controllo dello chignon. Ero sicura che entro sera mi avrebbe chiesto di guardare dove fosse il mobilificio più vicino.
«Allora, com’è andata a scuola, oggi?» la sua espressione speranzosa mi fece desistere dal mio progetto iniziale, ossia dirle che in quel posto erano tutti un branco di idioti.
«Bene. Sono tutti molto simpatici.» risposi perciò, guardando altrove per non farle capire quanto fossi ben lontana dal dire la verità.
«Mi fa piacere. Lo sapevo che ce l’avremmo fatta, Cass.» sostenne, mentre gli occhi le si facevano lucidi.
Non mi ero mai soffermata a pensare che trasferirci a Doncaster potesse essere difficile anche per mamma. Lei era sempre così forte, così coraggiosa. E aveva preso la decisione migliore per entrambe, quando aveva approfittato dell’assenza di papà per preparare i bagagli e caricarli su un furgone a noleggio.
Tempo cinquanta minuti ed Halifax era lontana, così come papà, che al suo ritorno avrebbe trovato solo un biglietto. Non avevo fatto in tempo a leggerlo, perché mamma mi aveva letteralmente trascinato fuori di casa.
«Tu sai sempre tutto, mamma.» le sorrisi, prima di lasciarle un bacio sulla guancia, afferrare una mela dalla busta della spesa e avvicinarmi al ripiano appena montato.
Appoggiai la mela e la mensola cedette, cadendo sul fondo del pensile.
«Ora che ne dici se cerchiamo un mobilificio?»
«Odio quando hai ragione.» borbottò, incrociando le braccia sotto il seno.
«Lo so.» ridacchiai, divertita.
 
 
***


«Quando inizi a lavorare?» chiesi, mentre stendevo la tovaglia a quadretti bianchi e blu sul tavolo della cucina.
«Domani. Samantha dice che hanno bisogno immediatamente; spero solo di non aver perso il tocco.» mormorò mamma, aiutandomi a disporre i piatti di plastica. Ad Halifax faceva la parrucchiera, ed era veramente bravissima: quando c’era lei, il salone era sempre pieno. Poi le cose erano degenerate, e aveva dovuto licenziarsi.
«Potrei trovarmi un lavoretto anche io. Come baby-sitter, magari.» proposi.
Da quando avevamo messo piede a Doncaster, circa una settimana prima, ci avevo pensato continuamente. Potevo e dovevo aiutare mamma a ricominciare una nuova vita.
«Non è necessario, tesoro. Credo proprio che guadagnerò bene, da Sam.»
Ovviamente lo sapevo che avrebbe bocciato la mia idea, perciò avevo già deciso per conto mio. Non appena avessi ingranato bene con la scuola, avrei fatto in modo di cercare un piccolo lavoretto. Non necessariamente come baby-sitter, mi sarei accontentata anche di un part-time in un bar, o qualcosa del genere.
«Lasciamo perdere questi discorsi, d’accordo? Non devi preoccuparti.»
Mi scompigliò i capelli e andò a spegnere il gas. Dopo aver scolato la pasta, me ne versò una porzione non troppo grande nel piatto e iniziammo a mangiare.
Speravo davvero che lasciasse perdere il discorso scuola, perché non mi andava di inventarmi una marea di bugie. Volevo che stesse tranquilla, visto che ultimamente avevamo già avuto un sacco di problemi.
In quel momento, poi, Louis Tomlinson era completamente assente dai miei pensieri.
«Credi che papà…» cominciai, ma mi interruppi subito, quando il viso di mamma si adombrò parecchio. Credevo fosse inevitabile parlarne, prima o poi.
«Tuo padre non è più affar nostro, Cassidy.» E seppi che il discorso era stato chiuso.
Mamma si allontanò, con la scusa di dover sistemare l’ultimo scatolone in camera sua e mi lasciò da sola, preda dei sensi di colpa.
Buttai la pasta nella spazzatura: mi era passata la fame. Dopo aver sparecchiato e lavato i piatti, recuperai il mio zaino dal salotto e salii in camera mia. Magari avrei fatto i compiti di matematica per il giorno seguente, oppure me ne sarei direttamente andata a letto, visto che non avevo nient’altro da fare.
Niente compiti, non ne avevo voglia. Li avrei fatti l’indomani mattina in classe.
Frugai nel cassetto alla ricerca del pigiama e lo indossai. Poi mi infilai sotto le coperte, e chiusi gli occhi.
Non era stata per niente una bella giornata, pensai. Prima quel simpaticone di cui ancora non conoscevo il nome mi aveva chiamata bambolina, poi mia madre si chiudeva in camera per il resto della serata.
Le cose non potevano peggiorare, vero?
L’ultima cosa a cui pensai, prima di addormentarmi, fu papà. Chissà come se la stava cavando, senza di noi. Sapevo che era sbagliato, continuare a pensare a lui come ad un uomo buono e gentile.
La verità era che, prima di diventare alcolizzato, papà era davvero buono e gentile. Poi aveva iniziato a bere, dopo che il suo datore di lavoro l’aveva licenziato e la situazione era precipitata. Da lì a picchiare mamma il passo era stato breve. Quando, alla fine, aveva tirato uno schiaffo anche a me, mamma aveva perso la pazienza e la speranza, aveva raccolto baracca e burattini e aveva allontanato entrambe da quell’uomo che ormai era diventato irriconoscibile.
 
 
***
 
 
La mattina seguente mi svegliai di pessimo umore. Avevo dormito poco e niente, tormentata dai sensi di colpa per quello che avevo detto a mamma e avevo continuato a rigirarmi nel letto per parecchie ore, prima di riuscire a prendere sonno.
E quando finalmente mi ero addormentata, era suonata la sveglia.
Dopo essermi vestita con le prime cose che trovai nell’armadio, scesi al piano di sotto. Volevo chiedere scusa a mamma per la sera prima, ma lei era già uscita. Sul frigo aveva lasciato un bigliettino rosa, attaccato con un pezzo di scotch.
“Buona giornata, tesoro. E non sentirti in colpa, per ieri. È stata solo una brutta giornata. Ti voglio bene, ci vediamo stasera” aveva scritto, con quella sua calligrafia un po’ spigolosa ma tutto sommato elegante.
Sapere che non se l’era presa mi fece stare decisamente meglio, così mi sentivo pronta ad affrontare quel secondo giorno di scuola un po’ più di buon umore.
Una volta arrivata davanti all’ingresso della scuola, però, il poco ottimismo che avevo guadagnato scemò velocemente, di fronte al gruppo di ragazzi appostati all’entrata.
E non avevo alcun dubbio: guardavano me.
«Guarda un po’ chi si rivede. Ciao, bambolina.» mi si pararono davanti, quasi in formazione. Probabilmente cercavano di intimidirmi, ma ero abituata a quelli come loro. Si facevano forza perché stavano insieme, ma da soli erano come tutti gli altri.
«Mi faresti passare, per cortesia?» domandai, con una punta di acidità. Non avevo davvero voglia di perdere il mio tempo con quell’ammasso di idioti.
Lo fissai negli occhi, tranquilla. E lui ricambiò il mio sguardo, sornione. Evidentemente, non aveva nessuna voglia di lasciarmi in pace.
«E dove vorresti andare? È presto, ancora.» insinuò, senza muoversi di un centimetro.
«Non credo che sia un tuo problema. Spostati.» intimai, posandogli una mano all’altezza del braccio e spingendolo lievemente da parte.
Non oppose nemmeno resistenza. Anzi, si spostò subito, con quel sorriso irritante stampato in faccia e gli occhi azzurri che scintillavano divertiti.
«Ehi, Lou, si può sapere che ti prende?» sentii chiedere, dietro di me.
«Niente. Mi sto solo divertendo.» rispose lui. Sentivo il suo sguardo trapassarmi la nuca e non mi piaceva affatto. Odiavo sentirmi posta sotto esame.
‘Fanculo, pensai, mentre inserivo la combinazione del mio armadietto.
Poi qualcuno picchiettò sulla mia spalla, facendomi spaventare. Mi voltai di scatto, ma le parole mi morirono in gola.
Sembrava proprio che non volessero lasciarmi stare, quel giorno. E dire che non avevo fatto niente per attirare la loro attenzione.
Rivolsi al biondino un’occhiata colma di risentimento e di stizza, poi lo invitai a parlare.
«Mi chiamo Niall.» si presentò, porgendomi una mano. La fissai per qualche secondo, senza la minima intenzione di stringerla. Lui ridacchiò, per niente offeso, e si appoggiò all’armadietto accanto al mio, fissandomi attentamente.
«Be’? Cosa vuoi? Impedirmi di andare in classe?» chiesi, sarcastica. Ne avevo già abbastanza e le lezioni non erano nemmeno cominciate.
«Voglio accompagnarti.» spiegò lui, con tono di ovvietà.
«Ma davvero? Grazie, non ne ho bisogno.» rifiutai, afferrando il libro di storia e chiudendo l’armadietto con più forza del dovuto. Mi stavo innervosendo parecchio.
«E dai, non c’è bisogno di fare così. Tanto siamo in classe insieme.»
«Che incredibile fortuna.» sibilai, mollandolo lì su due piedi e dirigendomi in classe.
Niall mi seguì: evidentemente aveva deciso di farmi da guardia del corpo, o più semplicemente da stalker.
Quando entrammo in classe, l’attenzione di venti persone – no, dico: venti! – si concentrò immediatamente su di me.
Dio, qualcuno mi salvi, pensai. Ma, come al solito, non successe niente. Anzi, le cose peggiorarono sempre di più, visto che quella seccatura dell’insegnante di storia entrò in classe in quel momento.
«Cosa fate ancora in piedi, voi due? Fuori! Se non avete voglia di stare in classe, uscite.»

 

***

Pubblico subito il primo capitolo, in modo che possiate farvi un'idea minuscola sulla storia. Solo il prologo mi sembrava un pò pochino...
Spero vi sia piaciuto!
Ripeto, se vi và, fatemi sapere che ne pensate ;)

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Capitolo 3
*** Chapter 2. ***


Chapter 2.
 
 
 
 
Decisamente perplessa, seguii Niall fuori dalla classe. Mi grattai una guancia, confusa. Ma cosa avevo fatto, di male? La lezione non era neanche iniziata, e già mi aveva sbattuto fuori. Quella sottospecie di donna doveva sentirsi parecchio male.
«Non avrà battuto chiodo.» mormorò Niall, incamminandosi verso il cortile interno della scuola.
«Che fai, non vieni?» si voltò e mi sorrise, semplicemente. Come se fossimo amici da chissà quanto tempo. Alzai le spalle, cercando di non pensare alle conseguenze di ciò che stavo per fare.
Mi affiancai a lui e in completo silenzio raggiungemmo il cortile. Niall si sedette sull’erba, con le gambe incrociate, e alzò il viso verso il sole, che quel giorno aveva deciso di intiepidire almeno un po’ l’aria di solito gelida.
«Non mi hai ancora detto come ti chiami.» disse, dopo qualche minuto di silenzio.
«Cassidy.» borbottai, ancora un po’ restia. Insomma, dovevo dire la verità: Niall non sembrava tanto male, ma sapere che andava in giro con quello aveva fatto nascere in me parecchi pregiudizi.
«Bel nome.» commentò, rivolgendomi un sorriso simpatico. Mio malgrado, mi ritrovai a ricambiare. Aveva un sorriso contagioso, Niall.
«Grazie.»
«Come mai ti sei trasferita a Doncaster?»
Non guardava più il cielo, fissava me e sembrava realmente interessato. Tuttavia non gli avrei certo raccontato i fatti miei. Non lo conoscevo e poi erano cose troppo personali. Non volevo dare a nessuno la possibilità di mettere in circolazione voci sul mio conto.
«Cambio domanda?» chiese, di fronte al mio silenzio risoluto.
Ancora una volta non risposi e Niall sembrò prenderlo come un assenso.
Passò i venti minuti successivi a tempestarmi di domande, alle quali risposi sinteticamente e non proprio volentieri. Non mi sentivo un granché a mio agio, con i ragazzi. Soprattutto con quelli di una certa “portata”, se così si poteva definire Niall.
Lui era conosciuto, nella scuola, e farmi vedere in sua compagnia avrebbe scatenato, probabilmente, una serie di pettegolezzi che non avevo voglia di sentire.
«E così vivi sola con tua madre.»
Alla fine, dopo averci girato intorno, aveva provato a capire qualcosa di più.
«Si.»
«E tuo padre?»
Non risposi, iniziando a fissare ostinatamente la punta delle mie vecchie converse.
Dovevo ammettere che Niall non era affatto male, per essere uno che frequentava quell’idiota. Era simpatico, e poi i suoi occhi azzurri erano sinceri. Mi sarebbe piaciuto averlo come amico, ma c’era qualcosa che mi bloccava.
Accolsi con sollievo il suono della campanella, che ci raggiunse forte e chiaro, nonostante fossimo nel cortile.
Niall sbuffò, poi si alzò e mi porse la mano per fare altrettanto. Forse si aspettava che rifiutassi, ma non lo feci.
«Che ne dici di sederti accanto a me, durante l’ora di matematica?» propose, mentre ci incamminavamo di nuovo verso la classe.
«Io… ecco…» tentennai. Dovevo dirgli di si?
Il suo sorriso speranzoso mi tolse ogni dubbio.
«E va bene.»
 
 
***
 
 
«Cass!»
Ero appena entrata in mensa, e mi stavo dirigendo verso la coda per ritirare il pranzo, anche se non avevo per niente fame.
Perciò mi guardai intorno, un po’ perplessa. Chi mi aveva chiamato?
«Ehi, Cass!» voltai lo sguardo a destra, e vidi Niall che sventolava la mano, facendomi segno di raggiungerlo. Inarcai un sopracciglio, incredula.
Ma faceva sul serio?
Se fosse stato da solo, probabilmente non avrei esitato neanche un attimo. Ma era con i suoi amici e non mi sembrava un idea brillante. Anche perché sentivo lo sguardo di uno di loro, lui, osservare ogni mio minimo movimento.
Alla fine Niall perse la pazienza e si diresse in gran carriera verso di me, sotto lo sguardo costernato di tutti i presenti e soprattutto dei suoi amici, che probabilmente non capivano cosa gli fosse preso.
«Quante storie.» borbottò, mentre mi afferrava per il polso e mi trascinava verso il loro tavolo. Ero un po’ riluttante, a dire la verità, ma non mi andava proprio di stare in compagnia di quei quattro. Niall era okay, ma loro…
In ogni caso era troppo tardi, perché Niall mi aveva già costretta a sedermi tra lui ed un ricciolino con gli occhi verdi, che si voltò completamente verso di me.
«Ragazzi, lei è Cassidy.» mi presentò.
«Cass, loro sono Harry, Zayn, Liam e Louis.» indicò rispettivamente il ricciolino con gli occhi verdi, un ragazzo con la pelle ambrata e gli occhi scuri, un biondino con gli occhi scuri – era biondo, o castano chiaro? Non capivo – e poi lui.
«Ciao, bambolina», sorrise, malizioso. Gli scoccai un’occhiataccia e decisi di ignorarlo. Forse, se avessi smesso di rispondergli, mi avrebbe lasciata in pace.
Sorrise di nuovo, divertito e iniziò a mangiare la sua fetta di pizza in tutta calma.
«Tu non mangi?»
Mi voltai verso Harry, che osservava con curiosità il vuoto davanti a me.
«Non ho fame.» mormorai, in imbarazzo. Continuavo a sentire gli sguardi di tutti quanti puntati addosso.
«Se vuoi puoi prendere qualcosa da me.» offrì Niall, guadagnandosi quattro occhiate totalmente sconcertate.
«Sicuro di sentirti bene?» chiese Liam.
«Vuoi che ti portiamo in ospedale?» propose Harry, sporgendosi in avanti per guardare meglio l’amico in faccia.
«La volete piantare?» si lamentò Niall, prima di scoppiare a ridere.
Io non fiatavo, perché non capivo proprio cosa ci fosse di tanto strano.
«Niall non rinuncia mai al cibo. Devi piacergli parecchio.» Zayn mi fece un occhiolino, divertito. Poi allungò il suo vassoio verso di me.
«Prendi quello che vuoi. Io non ho tanta fame. E poi non vorrei che Niall si sentisse male.» mi invitò.
Scossi lievemente la testa. «Grazie, Zayn. Ma proprio non mi và niente. Ho lo stomaco chiuso.»
«Sarà l’emozione.» Ancora una volta decisi di ignorare i commenti di Louis, che non se la prese affatto. Sembrava divertirsi un mondo.
«Posso chiedere una cosa?» domandai, improvvisamente curiosa.
«Spara.» disse Liam, mettendosi in posizione d’ascolto. Era dall’altra parte del tavolo, così si sporse in avanti.
«Mi è sembrato di capire che voi, qui a scuola, siete – come dire – piuttosto conosciuti. Mi sbaglio?». Magari la mia era stata solo un impressione.
A giudicare dai ghigni di soddisfazione che improvvisamente si dipinsero sui volti di tutti e cinque, capii di avere azzeccato in pieno.  
«No, non sbagli.» confermò Louis e, per una volta, mi sembrava serio.
Non so perché lo feci, ma scoppiai a ridere. Mi sembrava di essere finita in uno di quei maledettissimi telefilm per adolescenti. Mancava solo la Reginetta.
 
 
***
 
 
«Montgomery, tocca a te.»
Eravamo in palestra e l’insegnante aveva deciso di valutare le nostre capacità motorie, prima di stabilire le diverse attività che avremmo effettuato durante l’anno.
Sinceramente non capivo il senso di questa cosa, ma lasciai perdere.
Afferrai il pallone da pallavolo e mi posizionai alla fine del campo. Dovevamo semplicemente spedire la palla dall’altra parte della rete.
Palleggiai un paio di volte, poi lanciai la palla in aria, feci un piccolo salto e la colpii con forza. Osservai con soddisfazione la traiettoria seguita dalla palla, che andò a colpire l’angolo. Fosse stata una partita, avrei sicuramente fatto punto.
«Gran bel tiro, bambolina.» sussurrò qualcuno, vicino al mio orecchio. Mi voltai di scatto, spaventata, ritrovandomi a nemmeno dieci centimetri di distanza dal petto di Louis.
Era parecchio più alto di me, che raggiungevo a stento il metro e sessantacinque.
«Mi hai fatto prendere un colpo, idiota.» borbottai, facendo un passo indietro.
Lui ridacchiò. «Potrei offendermi, a furia di sentirmi chiamare così.»
«Basterebbe che tu la smettessi di chiamarmi bambolina, sai? Non capisco che bisogno ci sia di fare il figo», commentai, tranquilla.
Non avevo mai avuto problemi, nel dire quello che pensavo, così l’ultima frase mi era uscita di getto e Louis era rimasto decisamente spiazzato.
«Tomlinson! Possibile che non sei mai in classe?» il professor Brown sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di qualcuno estraneo alla classe. E, a giudicare dalla sua espressione seccata, Louis non gli stava per niente simpatico.
«La Collins vuole le chiavi del ripostiglio.» urlò Louis, di rimando. Poi mi fece un occhiolino e raggiunse l’insegnante. Sentii diversi commenti da parte di alcune delle mie compagne, ma non ci feci caso.
Poi Louis si voltò, prima di uscire dalla palestra.
«Ci vediamo, bambolina.» Tutti, e quando dico tutti intendo anche Brown, si voltarono verso di me, curiosi di sentire cosa avrei risposto.
«Nei tuoi sogni, idiota.»
Che razza di individuo: presuntuoso, egocentrico e assolutamente irritante; ecco com’era Louis Tomlinson.


***


Ecco qui il secondo capitolo! Che ve ne pare?
Volevo ringraziare b o o b e a r, Girl in Love e Shining31_ per aver commentato lo scorso capitolo! Spero che anche questo vi piaccia!
Inoltre ringrazio anche le 6 persone che hanno inserito la storia tra le seguite, e le 3 che l’hanno messa tra le preferite!

Grazie :D  

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Capitolo 4
*** Chapter 3. ***



Chapter 3.
 
 
 
«Fammi capire un momento…»
Girai il caffè con aria assorta, fino a che lo zucchero non si sciolse completamente.
Niall, che stava mangiando – anzi, divorando – una brioche alla crema, mi guardò, stranito.
«Stai dicendo che tra due minuti verranno tutti qui?» chiesi, quasi in un ringhio.
Niall annuì, tranquillo.
Eravamo in un bar al centro di Doncaster, a fare colazione. Era sabato, quindi niente scuola. Quando mi aveva chiesto se volevo andare a fare colazione insieme a lui avevo accettato subito, convinta che saremmo stati da soli.
E invece lui se ne usciva con un invito esteso a tutti i suoi amici. Stupida io, a non aver capito che di certo voleva farmi litigare con Louis.
Niall amava vedermi perdere la pazienza con Louis, diceva di continuo che avrebbero dovuto dichiararci un’attrattiva mondiale. Io, da parte mia, mi limitavo a sbuffare o, più spesso, a tirargli un pugno sul braccio.
Che poi, non è che mi divertissi chissà quanto, a farmi venire il sangue amaro per colpa di Tomlinson. La maggior parte delle volte gli avrei volentieri sbattuto la testa al muro. Anche se aveva quel sorriso accattivante e quegli occhi meravigliosi.
«Non lo sopporto quando mi chiama…» iniziai, ma un’altra voce si sovrappose alla mia.
«Bambolina? Peccato, perché non credo ti chiamerò mai in un altro modo.» Ecco. Ma che meraviglia. Louis si sedette dall’altra parte del tavolo, esattamente davanti a me, che decisi di voltarmi dall’altra parte onde evitare un omicidio di prima mattina.
«Ciao, Cass.»
Liam mi stava decisamente simpatico. Aveva sempre il sorriso ed era così dolce che era impossibile non volergli bene. Era da lui che ero andata, la settimana prima, dopo che Louis mi aveva fatto inciampare in mezzo al corridoio.
Lo avevo inseguito per mezza scuola, gridandogli minacce di morte che probabilmente erano state sentite anche in Irlanda. Louis continuava a ridere, ma correva piuttosto veloce e non ero riuscita a raggiungerlo. Sconfitta, mi ero rifugiata da Liam, che era l’unico che provasse a mantenere un contegno. Visto che ci mancava poco che Niall si rotolasse sul pavimento. Almeno Harry e Zayn non avevano assistito alla scena, o ero sicura che anche loro non mi avrebbero affatto risparmiato le prese per il culo.
«Perché saluti sempre tutti tranne me?» si intromise Louis, come al solito. Non sembrava, ma un po’ eravamo amici. Poco. Il tanto che bastava per capire che la mia voglia di ucciderlo non era dettata dall’odio. Il tanto che bastava per capire che il suo “bambolina” non aveva niente di offensivo. Semplicemente, voleva rompere le scatole.
«Fatti due domande, Louis.» risposi, prima di terminare il mio caffè in un sorso solo.
Gli sorrisi, invitandolo a prendere sul serio la mia proposta.
«Dì la verità, bambolina. Quanto ti piaccio?», chiese, cambiando completamente argomento. Era spiazzante, quel suo modo di fare.
E ancora non riuscivo a farci l’abitudine.
«Si è fatto tardi. Devo proprio andare, ciao ragazzi.» E non osate dire che non volevo rispondere, perché non è affatto vero.
Mi alzai, in fretta e furia, lasciai un bacio sulla guancia di Liam, poi feci lo stesso con Harry, Niall e Zayn e quando fu il turno di Louis tentennai un momento.
«Ti accompagno, tanto siamo venuti in macchina.» si offrì, prima che mi abbassassi a baciargli la guancia.
 
 
***
 
 
«Non hai risposto alla mia domanda.» mi ricordò, mentre avviava il motore e ingranava la prima marcia.
Feci orecchie da mercante, come di solito faceva lui. L’unica differenza era che se Louis si metteva in testa qualcosa, insisteva fino a che non otteneva ciò che voleva, in questo caso una mia risposta.
«Dai, rispondi.»
«Non ti voglio rispondere.» borbottai, incrociando le braccia al petto e fissando ostinatamente fuori dal finestrino. Louis ridacchiò.
«E allora ti piaccio.»
«Sei proprio un’idiota, Louis.» ridacchiai. Scherzava, o almeno così credevo.
«E tu sei permalosa, bambolina.»
Se mi piaceva Louis? Credevo di no. Era bello, ma quello chiunque avrebbe potuto dirlo. Ammetterlo, nonostante il rapporto un po’ strano tra noi due, era segno di grande maturità: era quello che continuavo a ripetermi.
Non gli risposi, persa in un ragionamento che ormai mi capitava di fare fin troppo spesso.
Mi lasciava parecchio perplessa la popolarità dei ragazzi. Anzi, non riuscivo proprio a spiegarmela. Insomma, nei film si vedevano sempre le stesse cose: ragazzi sfacciati, un po’ violenti, che facevano della scuola il proprio regno. Anche nella mia vecchia scuola era così.
Ma loro erano diversi: di solito, quando si è perennemente al centro dell’attenzione, si tende a montarsi la testa. I ragazzi invece erano simpatici, per niente altezzosi o cose del genere.
«Senti, Louis… mi spieghi una cosa?» chiesi. Magari mi avrebbe chiarito le idee.
Louis mi ignorò, poi parcheggiò davanti ad una casa che non era di certo la mia e smontò dalla macchina.
«Ma che fai?» lo chiamai, slacciando la cintura.
«Vieni!» urlò, mentre frugava nelle tasche dei jeans ed estraeva un mazzo di chiavi.
Alzai gli occhi al cielo, poi lo seguii.
«Tu ed Harry vivete qui?» domandai, incredula, mentre varcavo la soglia e mi accomodavo in salotto, un po’ nervosa.
Niall mi aveva spiegato che Harry e Louis vivevano insieme già da un anno, anche se non avevo ben capito il motivo.
«Louis!» lo chiamai, ma non mi rispose. Così sbuffai, mi sedetti sul divano e attesi. Louis scese qualche minuto dopo e, notai, aveva indossato una felpa rossa.
«Non potevi semplicemente dire che avevi freddo?» gli chiesi, facendogli alzare gli occhi al cielo.
«Ti preoccupi per me, bambolina?» rise, prima di sedersi e passarmi un braccio intorno alle spalle. Inarcai un sopracciglio, scettica.
«Non ci starai mica provando con me, Tomlinson?»
Mi sforzai di non arrossire, mentre mi maledicevo ogni secondo che passava per quella uscita così insensata.
«Sei troppo intelligente, per cascarci.»
«Ovvio.» confermai, mio malgrado divertita.
Chissà se avrei mai capito cos’eravamo io e Louis… amici? Nemici? Conoscenti? Cosa?
 
 
***
 
 
«Secondo te, cosa siamo?» gli chiesi, quindi, mentre guidava verso casa mia.
Louis mi guardò, un po’ confuso.
«In che senso, bambolina?»
«Litighiamo sempre, no? Credo di non esserti molto simpatica, e avresti anche ragione, visto che non faccio niente per esserlo. Ma a volte sembra quasi che tu ed io siamo amici. Altre volte ti vorrei uccidere, invece.» spiegai, un po’ contorta. Chissà se aveva capito cosa intendevo dire.
«Tipo quando mi fai gli sgambetti in mezzo al corridoio.» aggiunsi, sentendo montare l’imbarazzo al solo ripensare alla scena di me stessa spalmata sul pavimento.
Lui rise, divertito, prima di entrare nel vialetto che conduceva a casa mia. Spense la macchina, slacciò la cintura e mi guardò, a metà tra il serio e il divertito.
«Quando ti arrabbi sei un vero spasso.» sostenne, tranquillo.
«E quindi ti sembra giusto farmi fare figure di merda a nastro?»
«Certo.» rispose, in tono ovvio.
«Comunque, tornando alla domanda principale. Credo che potremmo definirci amici che a volte si vorrebbero ammazzare, che ne pensi?» propose, porgendomi la mano, come a stipulare un accordo.
Ci meditai su qualche secondo, prima di decidere che come definizione calzava a pennello. Insomma, a volte lo detestavo, altre non potevo fare a meno di trovarlo divertente. Addirittura simpatico, una volta che avevo iniziato a conoscerlo meglio.
Così gli strinsi la mano, con aria solenne.
«Te ne avevo fatta un’altra, di domanda.» gli ricordai, voltandomi completamente verso di lui.
«Veramente ancora non me l’hai detta.» precisò. Questa volta toccò a me alzare gli occhi al cielo, poi mi preparai a chiedergli ciò che mi assillava già da un mese.
«Ti ricordi quando mi hai detto che voi, a scuola, comandate?» non aveva detto proprio così, ma il succo della questione era quello.
Louis annuì, attento.
«Non capisco. Ecco… non vi ho mai visto picchiare nessuno.» mormorai, sentendomi improvvisamente stupida. E Louis sembrava pensarla al mio stesso modo, visto che scoppiò a ridere.
«Piccola, ingenua Cassidy. Solo perché non ci vedi alzare le mani non vuol dire che siamo dei bravi ragazzi. Tu sei un’eccezione».
Era la prima volta che mi chiamava per nome e, non sapevo perché, ma mi sentii avvampare. Era così strano sentire il mio nome pronunciato da lui.
Io ero l’eccezione. Ecco spiegati gli sguardi strani che mi rivolgevano tutti quanti ogni volta che passavo insieme ad uno di loro, ecco spiegata l’invidia delle mie compagne di classe e del resto delle ragazze. Probabilmente c’erano delle ragazze con cui “uscivano”, ma nessuna di loro era tanto importante da potersi, per esempio, sedere al loro tavolo per il pranzo.
«Perché io?» fu la domanda successiva.
Louis alzò le spalle.
«Nessuna ragazza mi aveva mai dato dell’idiota.» rispose, con un sorriso dolce che inspiegabilmente mi fece saltare un paio di battiti.


***

Che ve ne pare? Lo so che probabilmente la storia sta procedendo molto in fretta, ma non so perchè mi è uscita così... Boh. Comunque, ho già finito di scriverla e non è nemmeno tanto lunga. Inoltre credo che pubblicherò un capitolo ogni giorno, perchè tra due settimane parto e non so quanto tempo starò via: non voglio lasciare niente in sospeso!

Risponderò prestissimo alle recensioni che mi avete lasciato per gli scorsi capitoli, intanto vi ringrazio anche qui! Sono felice che la storia vi piaccia!
Naturalmente, se vi và, mi farebbe piacere avere una vostra opinione anche su questo capitolo: perciò recensite! ;)
Un bacio,
Fede.

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Capitolo 5
*** Chapter 4. ***


Chapter 4.
 
 
 
 
«Ciao, Cass.»
Sventolai la mano in direzione di Melanie, che mi corse incontro con un sorriso emozionato.
L’avevo conosciuta il mio quarto giorno di scuola, dopo che mi ero rifugiata in bagno per sfuggire a Niall, che voleva a tutti i costi rubarmi un pezzo del panino che mi ero portata da casa. Ovviamente stavamo solo scherzando, ma non avevo nessuna intenzione di dividere con lui la mia merenda. Avevo fame, quella mattina.
Una volta entrata in bagno, avevo trovato Melanie intenta a singhiozzare, accasciata in un angolo sul pavimento freddo.
Generalmente, sono una che si fa gli affari propri, ma quella ragazzina minuta mi aveva davvero fatto tenerezza e mi ero avvicinata.
Le avevo allungato un fazzoletto, e mi ero seduta accanto a lei.
In breve, mi aveva raccontato di Jason, il suo ormai ex-fidanzato, che l’aveva tradita con la sua migliore amica.
«Ciao, Mel.» ci sedemmo sui gradini davanti all’ingresso, visto che entrambe arrivavamo sempre un po’ in anticipo. Io perché abitavo vicina e lei perché suo padre l’accompagnava lì prima di andare a lavoro.
«Devo assolutamente dirti una cosa!» esclamò, battendo le mani con aria entusiasta. Non so perché, ma sentivo che non mi sarebbe affatto piaciuta.
«Sentiamo.» la invitai, attorcigliandomi una ciocca di capelli intorno al dito. Lo facevo sempre, quando ero in agitazione. E Melanie, la maggior parte delle volte, mi faceva venire l’ansia.
«Ho parlato con Jason.»
La cosa non mi sorprese: Melanie era ancora innamorata di lui, e non ne faceva mistero. Non le importava che l’avesse tradita, continuava a sperare che lui si accorgesse di quanto fosse unica e importante. Io non ci credevo. Avevo visto Jason esattamente per quello che era: un coglione.
Immediatamente il mio cervello lo paragonò a Tomlinson. No, neanche lui era messo così male. A quanto ne sapevo, Louis aveva anche un po’ di cervello. Poco, ma tanto bastava.
«Mel…» cominciai, ma lei non mi lasciò finire.
«Mi ha chiesto di uscire insieme. Io ovviamente ho risposto di si.»
«Ovviamente.» borbottai, schiaffandomi una mano sulla fronte.
«A patto che venissi anche tu.»
Ecco, lo sapevo io che c’era il trucco.
«Non so, Mel. Per me non avresti proprio dovuto parlargli; in ogni caso da sola non ci vai.» commentai, seria. Non sapevo più come farglielo capire: doveva toglierselo dalla testa.
«Ciao, ragazze.»
Salutai Liam con un cenno della mano, ma lui non ne fu per niente soddisfatto, visto che si abbassò e mi lasciò un bacio sulla guancia. Salutò allo stesso modo anche Mel, che balbettò qualcosa, mentre le guance le andavano in fiamme.
Non era ancora abituata all’idea che i più popolari della scuola si avvicinassero a noi.
Io, d’altro canto, non ci facevo caso. La popolarità era all’ultimo posto nei miei interessi.
Liam mi si sedette accanto e mi passò un braccio intorno alle spalle.
«Di che si parla?» chiese, curioso.
«Di me, naturalmente.»
Signori e signore, Louis Tomlinson era arrivato. Insieme a lui Harry, Niall e Zayn.
«Bambolina, Melanie.» salutò, appoggiandosi con le spalle alla ringhiera e mettendo in scena la sua solita aria da il più figo del mondo. Sapevo che lo faceva apposta, ma aveva comunque un certo fascino, nonostante la faccia da schiaffi.
«Mi spieghi perché a lei la chiami per nome?» bofonchiai, facendo ridacchiare Harry, che mi scompigliò i capelli in un gesto affettuoso che mi colse un po’ di sorpresa. Era incredibile come in un mese quei ragazzi fossero entrati a far parte della mia vita. Anche Louis, a modo suo. Soprattutto Louis.
 
 
***
 
 
Camminavo con Niall lungo il corridoio che conduceva alla mensa, dove ci saremmo poi incontrati con gli altri.
«Tu lo conosci, Jason?» gli chiesi. Magari aveva fatto una brutta impressione solo a me. Poteva anche darsi che fosse un bravo ragazzo, ma ne dubitavo fortemente.
«Coburn?»
«Si.»
«Che, hai una cotta per lui?», chiese, un po’ allarmato.
«Ma sei scemo?» gli tirai un pugno sulla spalla, risentita. Come poteva anche solo pensare che un’idiota di quel calibro fosse adatto a me?
«Giusto. A te piace Louis.» continuò, mentre ci sedevamo al tavolo. Melanie era già lì, con le guance rosse e una doppia porzione di patate arrosto.
«E a chi è che non piaccio? Guardatemi, sono perfetto.» si pavoneggiò Louis, prima di avvolgermi le spalle con un braccio e sorridermi malizioso.
«E così hai una cotta per me?» mormorò, provocatorio.
Tanto ormai il discorso su Jason era stato accantonato, visto che Melanie era lì presente e non mi sembrava affatto carino parlare del ragazzo di cui era innamorata nei termini che intendevo usare. Anche se a lei non avevo mai fatto mistero di quello che pensavo.
«Sono brava a nasconderlo, vero?» chiesi, sarcastica. Peccato che Louis e il sarcasmo abitassero su due pianeti diversi.
«Non ti arrabbiare, bambolina. Ma non sei il mio tipo: parli troppo e poi sei intelligente.» rispose.
«Non sai quanto mi dispiace» bofonchiai, fintamente afflitta. Ovviamente sapevo che scherzava, o almeno lo speravo. Non tanto perché volevo piacergli, ma perché non riuscivo a concepire l’idea che si potesse basare una storia sulla poca intelligenza di una persona.
C’era da dire che Louis non frequentava delle cime, ma dubitavo fortemente che spendessero del tempo a parlare.
«Cass…» Melanie tirò leggermente la manica della mia maglietta, richiamando la mia attenzione. Mi voltai verso di lei, curiosa. Mi dimenticai persino del braccio di Louis ancora avvolto intorno alle mie spalle, nonostante ne sentissi il peso stranamente confortante.
«Ecco, non ti arrabbiare, ma Jason ha detto che sarebbe meglio se tu non venissi.»
Si morse il labbro inferiore, combattuta. Da una parte voleva che io non l’accompagnassi, ma dall’altra aveva paura di avere un confronto con Jason e di ritrovarsi da sola nel caso in cui fosse andato male.
E siccome pensavo che sarebbe sicuramente andata a finire nel peggiore dei modi, stabilii che a me, di quello che diceva Jason, non me ne fregava assolutamente niente.
«Scordatelo, Mel. Non ti lascio da sola con lui.» sbottai. Ma a chi voleva fregare? Lo sapevo, cosa voleva fare. E se Melanie era talmente cotta da non accorgersene, lo avrei fatto io per lei.
«Ma…» provò a protestare, ma non gliene diedi il tempo.
«Niente ma. Ti ricordi cosa ti ha fatto, vero?» insinuai, con il preciso intento di farle ricordare quanto fosse stata male per quel tradimento.
«State parlando di Jason Coburn?» si intromise Louis. La verità? Non l’avevo mai visto tanto serio.
Io e Melanie annuimmo, confuse. Cosa c’era, adesso?
«Niente da fare, bambolina. Tu non ci vai.»
Avevo sentito bene, o era la mia immaginazione?
«Scusa?»
«Hai sentito perfettamente. Non uscirai con Coburn. E non dovresti farlo neanche tu, Melanie.»
Non sapevo cosa pensare. Da una parte, mi sentivo quasi felice – quasi – all’idea che Louis si preoccupasse per me, anche se continuava a chiamarmi in quel modo irritante; dall’altra, mi sentivo piuttosto seccata dal tono perentorio con cui me l’aveva detto. Chi era lui, per impormi qualcosa?
«Ti sbagli, invece. Melanie deve parlarci, e io non la lascio da sola con lui.» spiegai, pazientemente. Louis tolse il braccio dalla mia spalla, nervoso. I ragazzi, intanto, rimasero in silenzio, ma sembravano sapere perfettamente cosa stava succedendo. E anche io iniziavo a immaginarlo: Louis doveva avere un qualche conto in sospeso con Jason.
Poi, prima che potessi aggiungere che non aveva nessun diritto di impedirmi di uscire con qualcuno, Louis si alzò e si allontanò.
 
 
***
 
 
«Io non capisco.» borbottai, nervosa, mentre finivo di svolgere l’esercizio di matematica. Niall fece finta di non sentirmi, così come per i venti commenti precedenti.
Ma cosa c’era che non andava?
«Mi toccherà parlare con Louis.» affermai, spazientita. Ancora una volta Niall mi ignorò, ma ero certa di aver visto gli angoli della sua bocca inclinarsi verso l’alto.
Così, una volta suonata la campanella mi precipitai fuori dalla classe, nervosa e sul piede di guerra.
Più pensavo al tono di Louis, più sentivo l’irritazione crescere.
Possibile che ogni volta che non lo cercavo stava in mezzo alle scatole e che l’unica volta in cui volevo parlare con lui si fosse volatilizzato?
Poi svoltai l’angolo e andai a cozzare contro qualcosa di duro. Barcollai un po’, poi due mani calde cinsero i miei fianchi e mi impedirono di cadere col sedere per terra.
Riconobbi immediatamente la risata di Louis, che non sembrava per niente intenzionato a mollare la presa.
Mi divincolai, imbarazzata, e mi appoggiai con la schiena al muro. Louis mi osservò, divertito, prima di piazzarsi davanti a me, fin troppo vicino.
«Ti cercavo.» dissi, iniziando a fare avanti e indietro. Non riuscivo a stare ferma, quando ero agitata.
«A cosa devo l’onore, bambolina?» chiese. Mi seguiva con lo sguardo, ma pensavo che fosse già a conoscenza di quello che volevo dirgli.
«Lo sai.»
«No, invece. Dimmelo tu.»
«Si può sapere qual è il tuo problema?» domandai, passandomi una mano tra i capelli.
«Non ho nessun problema. Sei tu che ne avrai, se uscirai con Coburn.» affermò Louis, afferrandomi il braccio nel momento in cui gli passavo davanti.
«Mi stai minacciando, per caso?» domandai, inarcando un sopracciglio. Louis strinse la presa intorno al mio braccio. Non l’avevo mai visto così, e iniziavo seriamente a preoccuparmi. Cos’era successo di tanto grave da fargli perdere le staffe al solo pensiero che io (che per lui non ero sicuramente così importante) potessi anche solo parlare con Jason?
«Ti sto semplicemente avvertendo, Cassidy.» Sentirlo pronunciare il mio nome mi provocò un brivido lungo la spina dorsale.
«Ma perché?» insistetti.
Louis mi bloccò anche l’altro braccio, spingendomi contro il muro. Lo guardai, cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa, ma non riuscii a comprendere niente.
«Jason Coburn è un gran bastardo, bambolina. Tu non ne hai idea.» sorrise amaramente, prima di rendersi conto che forse mi stava stringendo un po’ troppo forte. Non mi ero neanche accorta che mi stava facendo male, fino a che non lo vidi osservare i segni rossi sulle mie braccia.
«Non è niente.» mi affrettai a tranquillizzarlo, prima che potesse dire qualunque cosa. Non sapevo perché, ma non volevo vedere il senso di colpa sul suo volto. Non ero abituata a vederlo così serio, e mi faceva uno strano effetto.
«Se è davvero come dici tu, non posso permettere che Melanie vada da sola, capisci? Ci è già stata male una volta, non voglio che succeda di nuovo.» spiegai.
«Allora vengo con te.»
«Dici sul serio?» sbarrai gli occhi, incredula.
«Sai, bambolina, chiunque pagherebbe per uscire con me.» mormorò, avvicinandosi di un passo. Mi accarezzò il braccio, nello stesso punto che pochi istanti prima aveva stretto.
«Io non ti piaccio, Louis.» gli ricordai, fingendo di essere tranquilla, anche se in realtà non lo ero affatto. Si inchinò, fino a sfiorare il mio orecchio con le labbra.
«Perché quelle come te sono la rovina di quelli come me.»


***


Hello, girls!
Come avete letto, la situazione inizia ad evolversi. Cosa succederà? Entra in scena anche Melanie. Che ne pensate? Io l'adoro. Non so perchè, ma mi piace un sacco.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Lasciatemi qualche recensione, eh! Su, non siate timide! :D

Grazie mille a chi ha commentato lo scorso capitolo, a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate ed anche a chi legge soltanto!
Thanks!
Baci,
Fede. <3

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Capitolo 6
*** Chapter 5. ***


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Chapter 5.




Quando rientrai a casa, venni accolta unicamente dal silenzio e dal profumo del tortino alla cannella di mamma.

Mi sentivo un po’ scossa, dopo l’incontro faccia a faccia con Louis. E non riuscivo a pensare a nient’altro che alle sue parole: “quelle come te sono la rovina di quelli come me”. Cosa voleva dire?
Continuai a pensarci, anche mentre mangiavo una fetta di tortino. E poi, la consapevolezza mi colpì come un fulmine a ciel sereno: Louis Tomlinson non mi era così indifferente come mi sforzavo di mostrare.
Come spiegare, altrimenti, quello strano batticuore?
Poi il telefono iniziò a squillare, insistentemente, così corsi a rispondere, rischiando di inciampare nel grande tappeto persiano che mamma aveva posizionato in soggiorno.
«Pronto?»
«Tesoro, sono mamma. È un problema, per te, se stasera abbiamo ospiti a cena?» chiese.
«No, figurati. Vuoi che prepari qualcosa? O che vada a fare la spesa?» proposi, sapendo che sicuramente aveva in serbo di preparare qualche buon manicaretto. Mamma era bravissima, ai fornelli.
«Lo faresti davvero? Grazie, tesoro.»
Le chiesi di aspettare, poi afferrai una penna, un foglietto giallo stropicciato e annotai l’elenco di cose da comprare. Dopo aver salutato mamma, andai alla ricerca del cellulare. Avrei chiesto a Melanie di farmi compagnia.
Melanie era troppo impegnata a prepararsi per una verifica che avrebbe avuto l’indomani, anche se si dichiarò disposta a mollare tutto. Le risposi di non preoccuparsi e di continuare a studiare. Sarei andata da sola.
Indossai una felpa bianca, poi afferrai la borsa e uscii di casa. Mi incamminai verso il supermercato, che si trovava a un isolato di distanza, persa nei miei pensieri. Dovevo smetterla di pensare a Louis, o avrei finito per convincermi che non era così idiota come credevo.
Ma non fu tanto facile come avevo previsto: le sue parole continuavano a tornarmi alla mente.
Non riuscivo proprio a dargli un senso: come potevo, io, essere la sua rovina? Insomma, ero innocua, sotto un certo punto di vista. Non ero bellissima, non avevo gli splendidi capelli biondi di mamma, nemmeno i suoi occhi azzurri. Avevo un bel sorriso e le mie fossette erano adorabili, a quanto diceva Melanie.
In realtà credevo che le fossette fossero il mio punto debole: chi le trovava adorabili, doveva ricredersi quasi immediatamente di fronte all’evidenza che io di adorabile avevo ben poco.
Quindi come potevo costituire un problema per Louis? Era bello, simpatico – quasi sempre – e aveva una risata contagiosa. Per non parlare, poi, delle ragazze con cui usciva. Mel me ne aveva indicata qualcuna, a scuola, ed erano tutte assolutamente stupende. Io non facevo testo, di fronte a loro.
Tuttavia, non mi sentivo affatto inferiore. Dopotutto l’aveva detto anche Louis: io ero intelligente.
 
 
***
 
 
Mamma era in agitazione, lo capii da come si tormentava nervosamente una ciocca di capelli intorno al dito. Si era vestita piuttosto elegante, per una volta, relegando nell’armadio la sua salopette di jeans e aveva indossato un vestito celeste che le sfiorava appena le ginocchia.
Mi aveva pregato di seguire il suo esempio e mettere il vestito rosa pastello che la nonna mi aveva regalato l’anno prima, ma l’occhiata scettica che le avevo rivolto l’aveva fatta desistere quasi immediatamente.
Così avevo optato per un paio di jeans e per una maglietta verde scuro che lasciava una spalla completamente scoperta. Dopotutto ero in casa mia, ed avevo tutto il diritto di vestirmi come mi pareva.
«Mi raccomando, tesoro. Fai la brava.»
Alzai gli occhi al cielo, di fronte all’ennesima raccomandazione di mamma, che a quanto pareva aveva tutta l’intenzione di fare una buona impressione sulla sua vecchia amica Johannah.
Al suono del campanello, la sua agitazione divenne evidente. Le dissi di andare a controllare il forno, che ad aprire ci avrei pensato io.
Rimasi parecchio stupita, quando mi trovai faccia a faccia con Louis, che sorrideva con il suo solito sorriso accattivante.
«Louis? Che fai qui?» chiesi, grattandomi una guancia, confusa.
Lui ridacchiò, poi fece un cenno alle sue spalle, dove una donna e quattro bambine stavano scendendo dalla macchina, parcheggiata nel vialetto.
«Johannah è tua madre?» chiesi, incredula. Lui ridacchiò, prima di scompigliarmi i capelli e voltarsi verso una delle bambine più piccole, che gli corse incontro e gli si gettò tra le braccia, con un sorriso felice.
Mi feci da parte, ancora un po’ stordita. Insomma, avevo passato tutto il pomeriggio tormentata dal pensiero di Louis, ed ora me lo trovavo in casa, insieme a sua madre a alle sue sorelle. E, in più, si comportava come se niente fosse.
«Ciao, Cassidy. Ma guardati, sei bellissima!» Johannah mi strinse a sé, affettuosa. Arrossii, in imbarazzo, prima di ringraziare e indicarle dove fosse la cucina. Con la coda dell’occhio notai che Louis sorrideva, ma non riuscii a capire se fosse divertito o intenerito. Gli tirai una gomitata nelle costole, poco delicata, non appena Johannah ci diede le spalle.
«Potevi dirmelo che saresti venuto a cena. Ci siamo visti stamattina!» sibilai. Lo sapeva e non mi aveva detto niente.
«Volevo vedere la tua faccia.» commentò, come se nulla fosse. Alzai gli occhi al cielo. Poi sentii una manina tirare la manica della mia maglietta e abbassai lo sguardo su una delle sorelle di Louis.
«Ciao.» le sorrisi, abbassandomi sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. Assomigliava tantissimo al fratello.
«Tu e Louis siete fidanzati?» chiese, curiosa. Arrossii di nuovo, ma questa volta non guardai in direzione di Louis, nonostante fosse piuttosto chiaro che stava divertendosi un mondo.
«Non si fanno queste domande, Daisy.» la rimproverò una delle sorelle più grandi. Daisy si intristì parecchio, di fronte al rimprovero, così mi affrettai a tranquillizzarla.
«Siamo amici, tesoro.» le confessai, con un sorriso. Lei ridacchiò, prima di annuire soddisfatta e raggiungere la gemella, che si era sdraiata sul tappeto e canticchiava una canzone di qualche cartone animato che non ricordavo di aver mai visto.
«Amici che a volte si vorrebbero ammazzare.» mi ricordò Louis, passandomi un braccio intorno alle spalle. Gli scoccai un’occhiataccia, consapevole di avere addosso gli sguardi delle sorelle maggiori.
«Non è colpa mia se sei un’idiota.» gli sussurrai, facendo in modo che nessuno mi sentisse.
«Ormai non ci credi più neanche tu.» rise.
«Non esserne tanto convinto.» replicai, piccata. Aveva ragione, lo sapevo. Ma non potevo certo dirglielo.
Poco dopo ci sedemmo a tavola e, inevitabilmente, venne tirato in ballo l’argomento “Cassidy – Louis”, per mia enorme sfortuna e vergogna.
«Non mi avevi detto che conoscevi Louis, tesoro.»
Nel tono di mia madre c’era un rimprovero piuttosto evidente, ma al momento non ci feci caso.
«Si, be’, non è che lo conosco.»
Louis mi tirò un calcio da sotto il tavolo e mi guardò con un sopracciglio inarcato.
«Non crederle, Grace. Fa così perché io sapevo che dovevamo venire qui e non gliel’ho detto.» ridacchiò, sorridendo in direzione di mia madre, che ricambiò immediatamente. Come previsto, Louis le stava simpatico. E se la conoscevo abbastanza bene, entro sera mi avrebbe chiesto quando ci saremmo dichiarati.
«Faccio così perché sei un… oh, al diavolo, lascia stare.» borbottai, prendendo a mangiare con più foga del necessario il mio roast-beef. Johannah ridacchiò.
«Voi due non me la contate giusta.» affermò. Per la prima volta da quando lo conoscevo, vidi Louis arrossire. Ed era assolutamente adorabile, oltre che un vero spasso.
Perciò scoppiai a ridere, rivolgendogli un’occhiata di palese presa per il culo.
Insomma, non c’era niente tra di noi, eppure un’insinuazione fatta da sua madre aveva la capacità di farlo arrossire come un bambino. Niall avrebbe riso fino alle lacrime, non appena glielo avessi raccontato. Anzi, ripensandoci, era molto meglio tenerlo per me, prima che anche i ragazzi iniziassero a insinuare qualcosa.
 
 
***
 
 
Dopo cena, mamma e Johannah decisero di portare le bambine a prendere un gelato, lasciando me e Louis a casa da soli. Sospettavo che l’avessero fatto di proposito, visto che per tutta la serata avevano continuato a lanciare frecciatine riguardo ad una presunta storia tra di noi. Io avevo smentito, Louis aveva riso.
Cominciai a sparecchiare, perché il silenzio improvviso che si era creato tra me e Louis mi metteva in imbarazzo. Un conto era scherzare in presenza di mamma, un altro era stare da soli. E il fatto che quel pomeriggio avessi ammesso che Louis forse avrebbe potuto piacermi non era affatto d’aiuto.
Raccolsi i capelli in una coda, in modo che non mi cadessero davanti alla faccia mentre lavavo i piatti. In tutto questo, Louis rimase in silenzio, appoggiato allo stipite della porta, ad osservarmi. Non mi ero mai sentita così a disagio, con un ragazzo.
«Senti, Louis… Stavo pensando a Jason.» dissi, tanto per spezzare la tensione. Louis annuì, facendomi cenno di andare avanti.
«Ecco… non è necessario che mi accompagni.» sostenni, mentre iniziavo a lavare il primo piatto. Era una fortuna che stessi dando le spalle a Louis, o la sua aria incazzata mi avrebbe decisamente inquietato. Il punto era che non volevo costringerlo a vedere una persona che detestava, solo per me.
«Invece si.» replicò. Non mi voltai, ma avevo sentito che si era mosso, nervoso. Un secondo dopo era seduto sul bancone della cucina, accanto al lavandino. Da lì non avevo scampo, vedeva esattamente la mia faccia.
«Te l’ho già spiegato, bambolina. Coburn è un bastardo.»
«Ma…» provai ad obbiettare. Volevo fargli capire che ero in grado di cavarmela da sola. Louis saltò giù dal bancone, poi si portò alle mie spalle e mi costrinse a voltarmi verso di lui. Mi ritrovai intrappolata tra il lavello e il suo corpo e, inevitabilmente, arrossii.
In realtà, non mi dispiaceva affatto averlo così vicino. Proprio per niente.
«Che ti prende?» sussurrai, agitata.
«Non voglio che Coburn metta gli occhi su di te, bambolina.» mormorò, portandomi una ciocca di capelli che era sfuggita dall’elastico dietro le orecchie. Era talmente vicino che avrei potuto baciarlo, bastava che mi alzassi sulle punte dei piedi e…
«Perché?» chiesi, invece.
Louis sospirò, ma non rispose. Mi guardò e basta, tremendamente serio.
«Louis…»
Credevo che mi avrebbe baciata, dico sul serio. Volevo che mi baciasse, invece si limitò a lasciarmi una carezza sulla guancia e a rimettere le distanze tra di noi.
Sentivo il cuore battere all’impazzata ed ero sicura di essere arrossita, ma Louis non ci fece caso, sembrava completamente smarrito nei suoi pensieri.
«D’accordo, lasciamo stare. Andiamo insieme, va bene?» proposi, posandogli la mano sulla spalla. Non mi piaceva vederlo così.
Louis sorrise, decisamente più tranquillo, e annuì.
«Ottima decisione, bambolina. E ora, avresti una carota? Ho di nuovo fame.»
Ridacchiai, di fronte al suo tentativo di allentare un po’ la tensione.
Passammo il resto della serata a parlare, tranquilli; nessuno dei due aveva intenzione di tirare fuori l’argomento “Jason Coburn”, così alla fine optammo per vedere un film in televisione.
Quando mi addormentai, il film era iniziato da appena dieci minuti.
Non mi accorsi neanche di essermi accoccolata a Louis, con la testa posata sulla sua spalla e una mano sul suo petto. Semplicemente, dormivo.
Una cosa di cui mi accorsi, invece, fu il suo braccio che circondava con dolcezza le mia spalle e le sue labbra che sfioravano delicatamente i miei capelli.



Ecco qua il capitolo 5!
Spero vi sia piaciuto, quindi fatemi sapere che ne pensate, please! Comunque, scusate se l'immagine fa un pò schifo, ma ancora non sono tanto brava con il programma, quindi perdonatemi!
Poi, già che ci sono, mi faccio anche un pò di pubblicità!
Per chi volesse, su Facebook mi trova qui!

Se vi và, passate a dare un'occhiata all'altra mia fanfiction! Si intitola "Diario di una Psicopatica" (non fatevi ingannare dal titolo!)


Grazie mille a tutte le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, vi adoro! <3 
  
 
 
 

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Capitolo 7
*** Chapter 6. ***


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Chapter 6.


  
 


 
«Credo di avere un problema.»
Mel mi rivolse un’occhiata scettica, come a dire che di problemi non ne avevo uno solo, ma molti di più.
«Credo di avere un grande problema.» mi corressi, seccata.
«Quanto grande?» domandò Melanie, interessata.
Era sabato sera, ed eravamo nel pub in cui Mel avrebbe incontrato Jason. Ancora, però, non si vedevano né lui, né Louis. Perciò avevo deciso che dovevo assolutamente condividere il mio segreto con qualcuno, oppure sarei impazzita.
«Enorme. Gigantesco. Stratosferico.» elencai.
«Non mi dire che ti piace Louis, perché quello è piuttosto ovvio. E non è neanche un problema.» mi anticipò Mel, con l’aria di chi la sapeva lunga. Spalancai la bocca, incredula e prossima alla morte per la vergogna. Mi sarei voluta sotterrare.
Nella mia mente, Melanie mi avrebbe risposto così: “tranquilla, passerà presto. È come un’influenza”, invece non solo non mi aveva dato il tempo di dirlo, ma addirittura non credeva che fosse un problema e, soprattutto, non voleva che mi passasse.
«Non è ovvio.» borbottai, risentita.
«Certo, prova a chiedere ai ragazzi.» mi invitò Melanie, indicando con un cenno del capo il lato opposto della sala, dove Niall, Harry, Liam e Zayn ci osservavano di sott’occhio.
Sorrisi, nervosa, e sventolai la mano. Ricambiarono, un po’ perplessi. Niall rise, perché probabilmente aveva già capito tutto. E poi sapevo alla perfezione che, alle mie spalle, Melanie stava gesticolando.
Alla fine nessuno di loro voleva lasciarci da sole con Jason. Così, oltre a Louis, che si era autoeletto mio accompagnatore, i ragazzi avevano casualmente deciso di trascorrere la serata nello stesso locale. Non sapevo se sentirmi infastidita o lusingata per la loro premura.
«Eccolo.» mormorai, adocchiando Jason, che si faceva largo tra i tavoli con un’espressione decisamente inquietante. Aveva ragione Louis, aveva proprio l’aria da gran bastardo.
Melanie arrossì, quando Jason le stampò un bacio sulle labbra, senza troppi preamboli. Poi si voltò verso di me e fece per avvicinarsi, per darmi un bacio sulla guancia. Stavo per dirgli di risparmiarsi la sceneggiata, quando Louis comparve al mio fianco e mi circondò la vita con un braccio.
«Non provarci.» lo ammonì, prima di stringere un po’ la presa. Vidi Melanie sorridere compiaciuta e lanciarmi una delle sue solite occhiate soddisfatte.
Jason e Louis si guardarono in cagnesco per qualche secondo, poi Jason si arrese e mi porse la mano.
«Sono Jason.» si presentò, con un sorriso sfacciato che mi fece venire voglia di allungare la gamba e tirargli un calcio nelle parti basse. Da quella posizione l’avrei beccato in pieno.
Invece mi limitai a stringergli la mano, inespressiva.
«Che ne dici di andare a fare una passeggiata, dolcezza?» si rivolse a Melanie, che tentennò qualche istante, prima di annuire. Niente da fare, quando vedeva Jason non capiva più niente.
«Melanie…» la bloccai per il polso, provando a farle capire che non era davvero il caso di rimanere da sola con lui.
Louis rimase in silenzio, ma percepivo il suo nervosismo.
«Io... Scusa, Cass.» abbassò lo sguardo, preda dei sensi di colpa.
«Ti aspetto qui. Torna tra mezz’ora, me lo prometti?» la supplicai, preoccupata.
Jason mi afferrò il polso, costringendomi a mollare la presa su Melanie.
«Fatti i cazzi tuoi, stronza» Louis fece per scattare, ma gli afferrai entrambe le mani e lo trattenni. Sembrava non vedere l’ora di picchiare Jason, ma Melanie mi guardava con quell’espressione supplichevole ed io non me la sentii di rovinarle la serata più di così.
«Se non torni tra mezz’ora ti vengo a cercare.» le dissi. Melanie annuì. Poi presi Louis per mano e lo trascinai fino al tavolo dei ragazzi, dove mi sedetti.
Louis si accomodò accanto a me, senza mollare la presa sulla mia mano. Io continuavo a gettare lo sguardo sulle nostre dita incrociate, senza capire per quale motivo, tra tutti i ragazzi che esistevano al mondo, dovesse piacermi proprio l’unico al quale, probabilmente, non sarei mai interessata.
 
 
***
 
 
Picchiettai le unghie sul tavolo, nervosa. Erano passati tre quarti d’ora e di Melanie non c’era traccia. Ogni secondo guardavo verso l’ingresso, nella speranza di vederla rientrare. Avevo proprio un brutto presentimento.
«Cass, la pianti?» Harry mi bloccò la mano, esasperato. Lo fulminai, seccata.
«Mi stai facendo diventare scemo.» brontolò, prima di bere un lungo sorso del cocktail.
«Scusa.» borbottai, prima di appoggiargli la testa sulla spalla e chiudere gli occhi. Avrei contato fino a dieci, dopodiché sarei andata a cercare Melanie e poi avrei fatto un bel discorsetto con quel grandissimo bastardo.  
Harry mi passò un braccio intorno alle spalle, cercando di consolarmi. Ma non ci fu niente da fare, ero così nervosa che non capivo più niente.
«Eccola.» ci informò Liam. Mi separai da Harry e feci in tempo a notare Melanie serpeggiare tra i tavoli, prima che si buttasse tra le mie braccia, in singhiozzi.
La strinsi forte, perché sapevo che stava male ed io non potevo fare niente per farla stare meglio. Era l’unica amica che avessi lì a Doncaster. Certo, c’erano i ragazzi, ma a loro non potevo mica raccontare tutto. C’erano cose che non potevano capire.
«Cosa è successo, tesoro?» le chiesi, accarezzandole la schiena con dolcezza.
Non volevo pensare al peggio, ma avevo idea che da Jason Coburn non ci si potesse aspettare niente di positivo.
«Lui voleva… e io… oh, Cass, avevi ragione.» singhiozzò, disperata. Le lasciai un bacio sulla fronte, poi feci cenno a Liam di prendere il mio posto e mi alzai. Sentivo gli sguardi di tutti quanti addosso, ma mi sforzai di apparire tranquilla.
«Scusate, vado un attimo in bagno.» dissi, sperando di risultare abbastanza convincente.
Non appena fossero stati tutti concentrati su Melanie, sarei uscita e sarei andata a cercare Jason.
Così mi diressi in bagno, aspettai qualche minuto, poi uscii.
«Dove pensi di andare?»
Louis era appoggiato accanto alla porta, con le braccia incrociate e il solito sorriso sornione, che sembrava riservare solo a me.
Sbuffai, perché non avevo affatto calcolato che qualcuno di loro avrebbe potuto sospettare qualcosa, soprattutto Louis.
«Da nessuna parte, perché?» chiesi, con un sorriso innocente che non lo ingannò affatto.
«Oh, e va bene.» sbottai, di fronte alla sua occhiata scettica. «Vado a cercare Jason. Mi vuoi accompagnare?» proposi, sapendo che di certo non mi avrebbe permesso di andare da sola.
Una volta fuori dal locale, rabbrividii. Mi passai una mano sulle braccia, mentre mi incamminavo verso sinistra, dove c’erano i parcheggi. Non sapevo perché, ma credevo che Jason fosse ancora lì.
Louis mi adagiò la sua felpa sulle spalle. Gli sorrisi, grata, e mi ci strinsi un po’, beandomi del calore che ancora vi era rimasto intrappolato.
Non c’era niente da fare: mi piaceva. Come avevo potuto cascarci? Stavo giusto ripensando alla prima volta che avevo parlato seriamente con Louis, quando mi accorsi di Jason appostato contro una macchina con una sigaretta accesa tra le dita.
Istintivamente, presi Louis per mano e mi avvicinai.
«Guarda un po’ chi si vede…» commentò Jason, tirando una profonda boccata dalla sigaretta. Storsi il naso, quando mi soffiò il fumo in faccia.
«Stai zitto.» gli ordinai, facendo un passo in avanti. Mi irritava a morte.
«Non ti bastava tradirla una volta, vero? Dovevi per forza fare il bastardo?» lo accusai, prossima a perdere la pazienza. Non capivo cosa gli passasse per la testa, ma era evidente che lui a Melanie non ci teneva per niente.
Coburn mi gettò un’occhiata sprezzante.
«Tu devi imparare a farti i cazzi tuoi, ragazzina. O finirai male.» rabbrividii, perché lessi la verità, nelle sue parole. E sarebbe stato lui, a farmi finire male.
Oppure Louis avrebbe fatto male a lui, considerai, quando Louis lo colpì sullo zigomo con un pugno ben piazzato. Gliene diede un altro sullo stomaco, così forte che Jason si accasciò a terra, tossendo per lo sforzo di recuperare un po’ d’ossigeno.
Mi spaventò parecchio, l’espressione di Louis, perché sembrava davvero pronto ad ammazzarlo.
«Louis…» mormorai, spaventata. Non volevo che ci finisse di mezzo lui. Non volevo vederlo picchiare Jason, anche se se lo meritava più di chiunque altro, anche se io stessa avrei voluto tirargli uno schiaffo.
Non volevo che facesse come papà.
 
 
***
 
 
Scoppiai in singhiozzi, prima di riuscire a rendermene conto. Semplicemente, mi era tornata alla mente la scena di papà che picchiava mamma e provava a fare lo stesso con me, e non avevo retto il colpo.
Louis si voltò di scatto, preoccupato.
«Cass…» sentii le sue mani accarezzarmi il volto, delicate, nonostante qualche secondo prima avessero colpito tanto duramente un’altra persona.
Mi abbracciò, completamente dimentico di Jason, che nel frattempo si stava alzando e si allontanava. Singhiozzai più forte, nascondendo il volto nel suo petto.
Mi sentivo così spaventata, così triste e così addolorata da non riuscire a muovere un passo. Louis continuò a stringermi, senza dire una parola. Sentivo solo la sua mano accarezzarmi la schiena.
«Mi dispiace.» dissi, poco dopo. Passai i pugni sotto gli occhi, per cancellare le tracce delle lacrime e mi ravvivai i capelli, passandovi le mani in mezzo.
«Cosa c’è che non và, bambolina?», chiese, preoccupato. Capivo anche io che dovevo sembrargli una pazza, ma non potevo farci niente. Credevo di aver superato la questione di papà, ma forse non era del tutto così.
«Non mi và di parlarne.» sussurrai, a fatica. Non ero pronta.
«D’accordo.»
Non pensavo che avrebbe lasciato perdere così facilmente. Ma iniziavo a capire che Louis era imprevedibile. E per niente idiota, tra le altre cose.
«Vuoi che ti accompagni a casa?» domandò, gentile. Scossi la testa.
«Devo vedere Melanie.»
«Torniamo indietro, allora.» mi prese per mano, poi, in silenzio, tornammo verso il pub. Forse un giorno gli avrei raccontato la verità, ma mi sembrava ancora presto. Mi riusciva molto più comodo fingere che non fosse mai successo niente, anziché far riaffiorare tutti i ricordi dell’ultimo anno. Parlarne, significava ammettere la loro esistenza.



***

Eccomi qua con il sesto capitolo! Spero che vi piaccia!
Recensite, mi raccomando! :D Naturalmente non siete obbligate e non mi sentirete mai dire se non ho almeno due recensioni per capitolo non aggiorno, però boh! Ho visto che la storia è seguita da 17 persone, preferita da 2 e ricordata da 11, come mai nessuno mi fa sapere niente?
Naturalmente, ringrazio le ragazze che hanno recensito gli scorsi capitoli, davvero, e vi prego di non scambiarmi per una rompiscatole, la mia era solo curiosità!
Non sentitevi obbligate a recensire, se non vi và!

Comunque, grazie ancora, e scusate se vi ho rotto le scatole con questa cosa antipatica! :D :D Perdonatemi!
Vi lascio il link per l'altra storia, se vi và, passate: Diario di una Psicopatica.

Con affetto,
Fede.

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Capitolo 8
*** Chapter 7. ***


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Chapter 7.

 

 

 

«Tesoro, sei sicura che vada tutto bene?» domandò mamma, osservandomi con attenzione attraverso le lenti degli occhiali da vista.
Mi sforzai di sorridere, e annuii. Certo non potevo dirle che il pensiero di papà, ormai, mi tormentava praticamente tutte le notti, insieme a quello di Louis.
Se nel primo caso potevo pensare di accantonarlo come qualcosa che riguardava il passato, con Louis era completamente diverso.
Louis era il presente, e aveva stravolto la mia vita in un modo che ancora non riuscivo a comprendere. Ero stata completamente travolta dalla sua allegria, dalla sua voce, dal suo modo di fare. Ormai non mi arrabbiavo nemmeno più quando mi chiamava bambolina. Iniziavo a pensare che fosse un modo tutto suo per farmi capire che mi voleva bene.
Se anche io gliene volevo? Tanto. Forse troppo, essendo poco abituata a lasciarmi coinvolgere da qualcuno. I ragazzi volevano solo una cosa, perché Louis avrebbe dovuto essere diverso? Dopotutto, l’avevo visto più di una volta insieme ad una delle sue avventure. Anzi, me ne aveva addirittura presentata una. Si chiamava Mallory, ed era una sua compagna di classe. La verità? Era bellissima. E nemmeno tanto stupida come pensavo. Perciò mi ero sforzata di ignorare la gelosia che mi attanagliava lo stomaco e le avevo sorriso, tranquilla, prima di intavolare una conversazione su quello che avrebbe fatto una volta finita la scuola. Fortunatamente, Mallory non era per niente interessata ai fatti miei, così aveva proprio evitato di chiedermi qualsiasi cosa, limitandosi a parlare di sé stessa, con un egocentrismo a dir poco sorprendente.  
Melanie mi ripeteva in continuazione quanto fossi stupida e Niall sembrava sulla sua stessa linea di pensiero.
A proposito di Niall: non gli ci era voluto molto, per capire che il mio ricordare frequentemente a Louis quanto fosse idiota non era dovuto all’antipatia ma a sentimenti di ben altro genere.
Il discorso era saltato fuori una settimana dopo l’incontro con Jason.
Stavamo camminando verso la palestra, per l’ennesima, noiosa lezione di educazione fisica e Niall aveva approfittato dell’assenza dei ragazzi per mettermi alle strette.
«Parliamo un po’, ti và?» aveva chiesto, con un sorriso innocente che mi aveva immediatamente messo in allarme. Mio malgrado, mi ero ritrovata ad annuire.
Così Niall era corso da Brown, gli aveva detto che mi sentivo poco bene e che mi avrebbe accompagnato in infermeria ed era tornato da me, fingendosi preoccupato.
Poco dopo, eravamo davvero in infermeria, dove Cecilia, l’infermiera, aveva acconsentito affinché rimanessimo lì per tutta la durata della lezione. Se prima mi era sempre stata simpatica, in quel momento la odiai, perché con la sua accondiscendenza mi stava costringendo ad affrontare una realtà alla quale ancora non ero pronta.
Io e Niall ci eravamo seduti sulla brandina, con le gambe incrociate, ed io ero ripiombata nel silenzio più assoluto.
«So che ti piace Louis.» aveva esordito, facendomi arrossire come una ragazzina alla prima cotta.
«Ma come ti viene in mente?» avevo protestato, subito dopo. Persino a me stessa ero risultata poco credibile.
«Cass…» Niall era scoppiato a ridere, facendomi vergognare ancora di più. Insomma, era davvero così evidente che Louis mi piaceva?
«Sto facendo di tutto per farmela passare, contento?» avevo borbottato, imbarazzata oltre ogni dire e persino un po’ nervosa: e se Niall ne avesse parlato con il diretto interessato?
A quel punto, Niall era apparso piuttosto confuso.
«Cosa significa che stai facendo di tutto per fartela passare?» aveva chiesto, grattandosi la guancia con aria perplessa.
«Esattamente quello che pensi tu.» avevo replicato, tranquilla. Una volta ammesso, non c’era più bisogno di comportarsi come una bambina che si ostina a negare l’evidenza.
«Non credo sia la cosa migliore.» aveva commentato Niall, più serio di quanto non l’avessi mai visto.
«Io credo di si.» con quello, avevo chiuso il discorso, rifiutandomi di parlarne ancora.
 
 
***
 
 
«Cosa pensi di fare?» Melanie si avvicinò un po’ di più, parlando con un tono di voce talmente basso che a stento riuscii a sentirla. Inarcai un sopracciglio, perplessa, senza capire dove volesse andare a parare. O meglio, lo capii, ma feci finta di niente.
«Riguardo a cosa?» domandai, fingendo di non seguirla. Lei sbuffò, poi gettò un’occhiata piuttosto eloquente a Louis, che era completamente assorto dalla conversazione con Harry. Era da quella mattina che parlavano di qualcosa che non ero riuscita ad afferrare e che, sinceramente, preferivo non sapere. Non ci tenevo affatto a sentirmi dire quanto fosse meraviglioso il sesso con Mallory. Per quanto ne sapevo, Louis l’aveva frequentata solo per un paio di giorni, prima di mollarla e dedicarsi alla sua prossima “preda”. Ancora, però, non l’avevo vista.
«Ti ho già detto che non voglio più parlarne.» dissi, seccata. Ma perché non mi lasciavano in pace? Come avrei potuto far finta di niente, se mi ricordavano ogni cinque minuti che era impossibile farlo?
Melanie borbottò qualcosa di vagamente simile ad un “deficiente” e iniziò a confabulare con Liam, che sedeva alla sua destra e fingeva di non essere interessato al discorso. Stessa cosa Niall, che sembrava completamente intento ad ingozzarsi di patatine fritte, ma era palese che fosse assolutamente concentrato sulla nostra conversazione.
Perciò rimasi in silenzio, godendomi quei pochi minuti in cui nessuno di loro mi avrebbe ricordato quanto fosse stupido, da parte mia, fingere che tutto andasse bene.
«Hai capito?» Louis mi sventolò la mano davanti alla faccia, cercando di catturare la mia attenzione.
«Eh?» mi ero completamente estraniata e non avevo sentito una parola di quello che mi avevano detto. Melanie ridacchiò, subito imitata da Liam e da Niall. Fortuna che Zayn quel giorno fosse assente, oppure anche lui avrebbe sicuramente riso.
«Dove hai la testa, bambolina?» chiese Louis, divertito.
«Io lo so…» canticchiò Melanie. Sperai che Louis non la sentisse, o per lo meno che evitasse di chiedere spiegazioni. Ma se c’era una cosa che avevo capito, era che Louis era tutto tranne che stupido. O sordo.
«Dillo anche a me.» la pregò Louis, trattenendosi a stento dal saltellare sul posto.
«Sta pensando a Etienne.»
Il silenzio calò in tutto il tavolo, improvviso. Louis smise di sorridere, Liam e Niall di ridacchiare, Harry si limitò a guardarmi con attenzione, cercando di capire come avrei reagito.
«Etienne?»
Louis mi sembrò piuttosto disinteressato, così evitai proprio di infilarmi in una situazione spiacevole, nel quale mi mettevo a raccontare del mio ex-ragazzo nella vana speranza di farlo ingelosire. Anche perché non avrebbe assolutamente funzionato. Io non piacevo a Louis, fine della storia.
 
 
***
 
 
«Ti và se andiamo a prendere un gelato?» gettai un’occhiata colma di sospetto ad Harry. Ci mancava solo che anche lui avesse intuito qualcosa, ed allora la mia figura di merda sarebbe stata colossale e completa.
«Io e te?»
«No, tu e la panchina. La vedi? Proprio quella.» Harry alzò gli occhi al cielo, e io ridacchiai.
«Hai ragione, domanda stupida.» gli sorrisi, poi annuii. Dovevo smetterla di essere così paranoica, o avrei iniziato a perdere la testa. E poi, in fin dei conti, non c’era niente di male se mi piaceva qualcuno, giusto?
«Almeno lo ammetti.» ridacchiò Harry, dirigendosi verso la macchina di Louis, che aspettava al posto di guida con un’espressione lievemente preoccupante. Non feci caso al motore acceso, non feci caso a Melanie, Liam e Niall nascosti dietro un’altra macchina come dei pessimi agenti segreti.
Non feci caso a niente di tutto questo, fino a che Harry non aprì la portiera con un gesto che al momento reputai cavalleresco e mi spinse dentro la macchina.
Era troppo tardi per rendermi conto di essere vittima di un tranello architettato – evidentemente – da quei traditori, perché Louis era già partito, con un sorriso soddisfatto sul volto affascinante.
«Levati quel sorriso idiota dalla faccia, idiota.» ringhiai, fissando ostinatamente fuori dal finestrino.
«Ti porto lo stesso a prendere il gelato.» rise Louis, guardandomi con la coda dell’occhio.
«Però paghi tu.» risposi, incrociando le braccia al petto e sforzandomi di fare l’offesa. Mi sarei vendicata, prima o poi, per quel tradimento.
«Andata.» approvò Louis, prendendo la strada che portava al centro di Doncaster. Rimasi in silenzio fino a che scendemmo dalla macchina, poi sentii la necessità di spezzare la tensione e dissi la prima cosa che mi passò per la testa. 
«È novembre.»
«Che tu ci creda o no, lo so anche io.» replicò Louis, scoppiando a ridere. Mi passò un braccio intorno alle spalle, divertito, mentre camminavamo verso la gelateria.
«Volevo dire che il gelato a novembre non è proprio da persone sane di mente, no?»
«E chi l’ha detto che noi siamo sani di mente?»
«Giusto.» ammisi. In effetti, non potevo proprio dargli torto.
Poco dopo ci ritrovammo seduti al tavolino, lui con una cioccolata calda ed io con una coppa alla nocciola.
«Così l’unica malata mentale sembro io, però.» bofonchiai, gettando un’occhiata scettica alla coppetta.
Ero stata piuttosto stupida, nel permettere a Louis di ordinare al posto mio e avrei dovuto aspettarmi uno scherzo del genere da parte sua.
«Vuoi fare cambio?» propose, facendo scivolare la sua tazza di cioccolato sul tavolo, fino a portarmela sotto gli occhi. Scossi la testa e gli sorrisi, per ringraziarlo.
«Allora, me lo dici o no a cosa serve tutta questa messa in scena, Louis?» chiesi, raccogliendo tutto il coraggio che avevo e preparandomi alle conseguenze. Louis sorrise, poi bevve un sorso di cioccolata e si leccò gli angoli della bocca. Arrossii, ma sostenni lo sguardo: doveva capire che non aveva a che fare con una delle sue solite conoscenze.
«Chi è Etienne?» chiese, incrociando le mani sopra il tavolo e rivolgendomi una lunga, curiosa occhiata.
«Cos’è, un interrogatorio?» chiesi, piccata.
«Direi più una conversazione tra amici…» precisò Louis.
Amici, già.
‘Fanculo, gli avrei raccontato tutto, visto che gli interessava così tanto. Almeno si sarebbe sentito soddisfatto, no? Non riuscivo proprio a capire questa curiosità da parte sua. Così, per evitare di cadere in pensieri scomodi, raccolsi le idee e iniziai a raccontare di Etienne.
«Ci siamo conosciuti circa tre anni fa, ad Halifax. Era più grande di me, di quasi cinque anni.» iniziai, ma Louis mi interruppe subito, puntandomi contro il dito indice con fare accusatorio.
«Non dirmi che ci sei cascata!»
Gli scoccai un’occhiataccia, poi mi agitai sulla sedia, nervosa.
«Vuoi sapere o no? Guarda che per me sarebbe molto meglio non parlarne.»
«Come non detto. Vai avanti, bambolina.» sorrisi lievemente.
«Era carino, sai? Aveva gli occhi azzurri, e i capelli neri. E poi era affascinante. Aveva l’aria da cattivo ragazzo, ma io pensavo che la sua fosse solo una finzione. Con me era così gentile, che mi innamorai subito…» guardai Louis di sottecchi, cercando di cogliere una sua qualsiasi reazione, ma mi sembrava imperturbabile, così andai avanti, mentre i ricordi di Etienne mi assalivano.
«Ero piccola, e ingenua. Non pensavo affatto che si potesse fingere di essere innamorati di qualcuno solo per scommessa. Ma Etienne aveva finto, per tutto il tempo. Mi aveva presentato i suoi amici, mi aveva fatto conoscere sua sorella. Mi aveva convinto a fare l’amore con lui. Sai, è stato una merda, scoprire che lui e i suoi amici avevano scommesso su chi di loro sarebbe stato il primo a riuscire a portarmi a letto. Etienne è stato il primo ad averci provato, se poi non avesse funzionato, avrebbe tentato il secondo, e così via. Mi sono sentita uno schifo per mesi.» conclusi, asciugandomi rabbiosamente le guance.
Quando avevo cominciato a piangere? Non me ne ero neanche accorta.
«Patetica, non è vero?» mormorai.
Louis scosse la testa, poi mi lasciò un bacio sulla fronte e una carezza sulla guancia.
«Non è stata colpa tua, bambolina.»
«Si, invece. In ogni caso, è storia vecchia.» commentai, più tranquilla.
 
Ora mi piaci tu.



Okay, capitolo un pò più riflessivo del solito, almeno credo. Come avete visto, iniziano a saltare fuori gli altarini: Etienne, Louis che piace a Cassidy e insomma... La storia è quasi finita, per ora sono arrivata a scrivere il capitolo 11, credo che arriverò a 15, massimo 20!
Comunque, spero che vi sia piaciuto e se vi và, recensite!
Mi raccomando, ci tengo!
Grazie mille alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, vi adoro!

Ah, ho pubblicato una One-Shot che ha come protagonista Harry, si intitola "Fix you" cliccate sul titolo per andare a leggerla! E fatemi sapere che ne pensate, sarebbe importante, per me.
Come al solito, vi lascio anche il link dell'altra storia "Diario di una Psicopatica"

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Capitolo 9
*** Chapter 8. ***


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Chapter 8.

 
 
 
 
«Com’è andata?» Melanie mi saltellò davanti, battendo le mani con aria entusiasta e decisamente curiosa. Mi feci da parte, permettendole di entrare in casa.
Mentre salivamo le scale per andare in camera mia, le risposi.
«Come vuoi che sia andata? Mi ha chiesto di Etienne.» che poi, se proprio dovevo dire la verità, avrebbe potuto farlo davanti agli altri, senza bisogno di organizzare un sequestro, peraltro malriuscito.
«E ti ha baciata, dopo?»
«Non so più come dirtelo, Mel. Io a Louis non piaccio. O mi avrebbe baciata già da un bel pezzo.» borbottai. Di positivo c’era che almeno avevo smesso di arrossire pensando a noi due insieme.
«Che stronzata.» mugugnò Melanie, dirigendosi spedita verso il mio armadio. La osservai perplessa, mentre frugava e spulciava tra i miei vestiti con tutta la tranquillità del mondo.
«Si può sapere che fai?» chiesi, quindi, sedendomi sul letto con le gambe incrociate. Melanie sventolò la mano, e non mi rispose. Non mi convinceva per niente. Ma cosa diavolo prendeva a tutti quanti, in quei giorni?
Alzai gli occhi al cielo, rimpiangendo i giorni in cui nessuno sapeva della mia cotta per Louis. Era tutto così tranquillo, all’epoca.
«Si può?»
Riconobbi la voce di Zayn, e lo invitai ad entrare piuttosto sconcertata. Non credevo nemmeno che sapesse dove abitavo, figurarsi poi se avessi mai pensato che si sarebbe presentato a casa mia così, di punto in bianco.
«Cosa ci fai, qui?» chiesi, senza nemmeno salutare.
«Ciao anche a te, Cass.» ridacchiò lui, prima di allungarsi sul letto e lasciarmi un bacio sulla guancia. Gli sorrisi, divertita.
«Ciao, Mel.» si avvicinò a Melanie, che in tutta risposta si limitò a sventolare la mano e a sbuffare spazientita.
«Possibile che tu non abbia nemmeno un vestito, Cass? Neanche una gonna!» protestò, invitando anche Zayn a guardare dentro l’armadio. Lui non si fece pregare due volte e iniziò a controllare un capo alla volta: era inutile, non avrebbero trovato niente, lì dentro.
«Pensate di dirmi cosa vi passa per la testa o devo chiamare una squadra di psicologi?» chiesi, chiudendo a forza le ante dell’armadio e impedendo a entrambi di curiosare ancora.
«Stasera andiamo a una festa.» comunicò Zayn, rivolgendomi un sorriso mozzafiato.
«Tu e Mel? E Liam lo sa?» chiesi, stupita. Insomma, era palese che Liam fosse interessato a Melanie. E, in fondo, credevo che anche lui piacesse a lei.
L’unica differenza era che non avevo ancora visto Liam cambiare ragazza una volta a settimana e, soprattutto, nessuno aveva messo sulla pubblica piazza i loro sentimenti, così come era successo a me.
«Abbiamo deciso che tu e Louis siete fatti per stare insieme.» informò Melanie, deviando con invidiabile non-chalance la domanda che le avevo rivolto pochi secondi prima.
Gettai un’occhiata a Zayn, che annuiva perfettamente d’accordo.
«Sentite, non so più come dirvelo: Io. A. Louis. Non. Piaccio. E non lo dico per mancanza di autostima o per chissà quale problema mentale. È tanto semplice, mi vede come un’amica e basta.» spiegai, con una pazienza che non credevo mi appartenesse.
Mi aspettavo l’approvazione di almeno uno dei due, invece Zayn e Melanie si limitarono a scambiarsi un’occhiata complice, prima di alzare gli occhi al cielo in perfetta sincronia.
«Ecco. Questo è perfetto.» esultò Melanie, che nel frattempo aveva continuato a frugare dentro l’armadio.
 
 
***
 
 
«Non dirai sul serio?» inarcai un sopracciglio, mentre Melanie mi sventolava davanti alla faccia un paio di scarpe dal tacco quindici, che probabilmente mi avrebbero spezzato la caviglia dopo nemmeno dieci passi.
«Zitta. Ora vestiti, metti le scarpe e poi passiamo a trucco e parrucco.» intimò, mentre si infilava il suo bellissimo vestito azzurro e calzava le scarpe bianche.
Sbuffai, ma feci comunque come mi aveva detto: era inutile insistere, quando si metteva in testa qualcosa. Non volevo neanche pensare a cosa sarebbe successo quella sera. Dopo che Zayn se n’era andato, promettendo che sarebbe venuto a prenderci intorno alle nove, Melanie si era completamente scatenata. Alla fine, mi ero decisa a lasciarla fare, anche perché l’alternativa sarebbe stata un esaurimento nervoso coi fiocchi. E visto che ero già abbastanza agitata per questa festa alla quale non volevo nemmeno presenziare, non mi sembrava il caso di bisticciare per uno stupido vestito.
Perciò, lasciai che Melanie mi raccogliesse i capelli in una treccia morbida che ricadeva sulla spalla sinistra e che mi truccasse come più le aggradava.
Un’ora dopo, poté dichiararsi soddisfatta e finì di prepararsi anche lei.
Guardandomi allo specchio, quasi stentavo a riconoscermi. Il vestito nero che aveva trovato nell’armadio nemmeno mi ricordavo di averlo, e mi sembrava un po’ troppo corto, un po’ troppo scollato e un po’ troppo non da me. Continuavo ad abbassare l’orlo inferiore, nella speranza di farlo arrivare almeno un po’ più in fondo della metà coscia, ma mi arresi di fronte all’impossibilità dell’impresa. I piedi già mi facevano male e le scarpe blu elettrico erano davvero un colpo nell’occhio. E non erano neppure mie: Mel se le era portate dietro, sapendo che probabilmente non avrei avuto niente del genere da mettere.
«Sarà un disastro, me lo sento.» borbottai, facendo in modo che Melanie non mi sentisse. Altrimenti avrebbe iniziato la solita tiritera che non ne potevo più di sentire.
Pochi minuti dopo, mamma ci urlò che i ragazzi erano arrivati, così Melanie finì velocemente di prepararsi e, insieme, scendemmo le scale. Mi tenevo al corrimano, perché volevo assolutamente evitare di cadere e fare figure di merda solo per colpa di quelle maledette scarpe.
Quando mi trovai di fronte Louis, però, iniziarono a tremarmi le gambe. Rivolsi un’occhiataccia a Mel, che sorrise angelica, prima di baciare entrambi i ragazzi sulle guance.
«Ciao, Liam.» lo abbracciai brevemente, mettendoci più forza del dovuto e gli sussurrai all’orecchio che l’avrei ammazzato più tardi. Lui rise, prima passare un braccio intorno alle spalle di Mel, salutare mia madre ed uscire.
«Ciao, mamma.» sventolai la mano in direzione di mia madre, poi afferrai Louis, che ancora non aveva detto nemmeno una parola, per un braccio, e lo trascinai fuori.
«Dov’è Zayn?» gli chiesi, prossima ad una crisi di nervi. Davvero, non riuscivo a capire tutta quell’ostinazione nel volermi a tutti i costi accoppiare con Louis, come se già non ci pensassi abbastanza. Non era propriamente piacevole, sapere che per quanto mi sforzassi, non gli sarei mai interessata, se non come un’amica. Il che, anche se non era del tutto quello che volevo, non mi sembrava così tanto male. Preferivo averlo come amico, piuttosto che non averlo affatto. 
Louis, intanto, non dava segno di avermi sentita, e continuava a fissarmi dalla testa ai piedi. Mi costrinsi a non arrossire, per evitare di sembrare ancora di più una bambina di tre anni.
«Cosa?» chiese, dopo qualche secondo. Lo guardai, con un sopracciglio inarcato.
«Sei già ubriaco?» domandai, osservandolo negli occhi, per capire se fosse davvero il caso di salire in macchina con qualcuno che per metà era già fuori di testa.
«No, stavo pensando…» mormorò, scuotendo la testa come a scacciare un pensiero un po’ scomodo. In un altro momento, gli avrei chiesto a cosa pensava di tanto impegnativo da estraniarlo fino a quel punto, ma rimasi zitta, ondeggiando lievemente su quei tacchi troppo alti e troppo scomodi.
«Ah, be’. Si spiega tutto.» berciai, quindi, cercando di farlo riprendere da quello stato catatonico in cui era precipitato senza alcun motivo.
Ancora una volta non rispose, limitandosi a fissarmi.
«Ti hanno lobotomizzato, per caso?» chiesi, puntellandogli la fronte con il dito. Finalmente, Louis sorrise, prima di alzare gli occhi al cielo e circondarmi le spalle con un braccio.
«Dio, bambolina. Non si può nemmeno pensare, con te?» chiese, mentre ci avviavamo verso la sua macchina, che aveva parcheggiato a pochi metri dal vialetto. Liam e Melanie erano già dentro, entrambi affacciati al finestrino, nemmeno stessero assistendo ad un combattimento illegale o a chissà che cosa. Scoccai ad entrambi un’occhiataccia, prima di sedermi accanto a Melanie e appoggiare la testa sulla sua spalla.
«Dì un po’, Louis, non ti sembra che Cass sia bellissima, stasera?» domandò Mel, sfoderando la sua migliore espressione innocente. Louis inarcò un sopracciglio, senza capire dove lei volesse andare a parare, poi annuì.
«Certo.» confermò, tenendo lo sguardo ben piantato sulla strada. Arrossii, chinando la testa verso il basso. All’improvviso, l’orlo del vestito mi sembrava incredibilmente interessante.
 
 
***
 
 
La festa si sarebbe svolta a casa di Louis ed Harry, e doveva essere già ben avviata, a giudicare dalla musica che si sentiva nonostante la porta chiusa, e dal viavai di gente che faceva avanti e indietro sul vialetto. Louis parcheggiò poco distante da lì, poi scese dalla macchina e senza dire una parola si avviò verso la casa.
Un po’ perplessa, seguii Liam e Mel che avevano iniziato a confabulare a proposito di qualcosa che non capii, anche se, chissà perché, ero quasi del tutto convinta che si trattasse di me. Dopotutto, ultimamente sembravo diventata un’attrazione piuttosto interessante. 
Osservai Louis entrare in casa, senza nemmeno voltarsi indietro per controllare che lo stessimo seguendo. Chissà cosa diavolo gli prendeva, quella sera. Non era mai stato così freddo, da quando lo conoscevo.
Oppure aveva capito ciò che mi sforzavo di nascondere, e non era assolutamente intenzionato ad avere a che fare con me. Alzai le spalle, feci un respiro profondo e mi obbligai a pensare a tutt’altro, per esempio alla canzone che rimbombava per tutto il salotto, già gremito di gente. Mi feci spazio tra una folla di ragazze che riconobbi come alcune campagne di classe di Melanie e mi diressi a passo spedito – per quanto i tacchi me lo concedessero – verso la cucina. Almeno lì avrei trovato meno casino.
Infatti, in cucina c’era solo Niall, intento a divorare un panino imbottito di prosciutto e formaggio. Quando mi vide, strabuzzò gli occhi e rischiò di soffocarsi con un boccone troppo grosso.
Gli battei la mano sulla schiena, fino a che non smise di tossire e inghiottì il panino.
«Tutto bene?» gli chiesi, con un sorriso divertito.
«Ma sei bellissima!» disse, afferrandomi la mano e facendomi fare una giravolta su me stessa. Risi, imbarazzata, prima di scuotere il capo.
«Sei gentile…» mormorai, prima di appoggiarmi al tavolo, carico di bottiglie e incrociare le braccia al petto. Avrei voluto chiedere a Niall se sapesse cosa era preso a Louis, ma scoprii di non volerlo sapere. Forse non ero pronta per quella delusione.
«È la verità.» rispose, semplicemente. Gli sorrisi di nuovo, prima di gettare un’occhiata al salone. Harry stava ballando con una ragazza decisamente carina, che mi sembrava frequentasse il quinto anno. Non credevo sarebbero rimasti lì ancora per molto, visti gli sguardi eloquenti che si lanciavano. Zayn stava chiacchierando con un suo compagno di classe, Liam e Melanie ballavano, e Louis… Louis ballava con Mallory. Lei gli si strusciava addosso e ad ogni suo movimento il vestito di per sé scandalosamente corto saliva sempre di più, mostrando una generosa porzione di coscia.
Mi sentii gelosa, delusa e, forse, sull’orlo del pianto. Di certo c’era solo una cosa: io a Louis non piacevo, soprattutto se era abituato a ragazze come Mallory.


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Capitolo 10
*** Chapter 9. ***


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Chapter 9.

 

 
 
 
«E così vieni da Halifax?»
Annuii, rivolgendo a Philip un sorriso puramente di circostanza. Mi si era avvicinato quando Niall mi aveva lasciata da sola ed aveva provato ad attaccar bottone. Invano.
L’avevo riconosciuto come il ragazzo con cui Zayn aveva parlato sino a qualche minuto prima, perciò mi stavo proprio sforzando di portare avanti la conversazione, nonostante il mio umore non fosse decisamente dei migliori.
«Si. Sai, in realtà qui è più bello…» confessai. In automatico, non potei fare a meno di pensare che sarebbe stato di gran lunga peggiore, se non avessi incontrato Louis, Melanie e i ragazzi. Avevo più amici qui che ad Halifax, ed ero più felice, a parte la piccola parentesi “Louis”, che non stava propriamente procedendo alla grande.
Philip sorrise, mettendo in mostra una serie di denti bianchi e fece un passo in avanti, avvicinandosi ancora un po’ e superando la distanza che io stessa avevo imposto all’inizio della conversazione. Non mi piaceva che si prendesse tanta confidenza.
«Ti hanno mai detto che sei uno schianto?» domandò, accarezzandomi il braccio con la punta delle dita. Mi scostai, lievemente infastidita.
«Certo. Il mio ragazzo me lo dice di continuo.» risposi, mentendo alla grande. Stupida, ecco cos’ero. Speravo che nominare un fidanzato – sebbene inesistente – sarebbe stato sufficiente a far allontanare Philip, che in risposta si avvicinò ancora un po’, annullando quasi completamente le distanze tra di noi.
«E il tuo ragazzo sarebbe Tomlinson, per caso?» chiese, gettando un’occhiata alle mie spalle. Mi voltai e seguii il suo sguardo, curiosa. Louis si avvicinava velocemente, con un’espressione seccata che proprio non capii. Cosa gli interessava, a lui, se parlavo con qualcun altro? Lui aveva Mallory…
«No.»
«Be’, è da quando abbiamo iniziato a parlare che non ti toglie gli occhi di dosso.» mi comunicò Philip, prima di fare un passo indietro. Louis era arrivato e non sembrava per niente contento.
«Che succede?» chiese, posizionandosi di fianco a me e passandomi un braccio intorno alle spalle, protettivo e un po’ troppo possessivo, forse.
«Niente. Stiamo solo parlando.» si giustificò Philip, alzando le mani in segno di resa.
«E c’è bisogno di farlo così vicini?»
«Louis, quanto cavolo hai bevuto?» mi intromisi, notando che la sua voce appariva un po’ strascicata. Louis mi sorrise.
«Non lo so. Un po’ troppo, forse.» ridacchiò. Decisamente perplessa da quel cambio d’umore – insomma, all’inizio della serata nemmeno mi aveva guardata in faccia, ora rideva come se niente fosse successo – decisi che era il caso di allontanarlo da Philip, prima che ricominciasse a comportarsi come un fidanzato geloso senza, peraltro, averne alcun diritto.
«Andiamo a prendere una boccata d’aria, così ti riprendi.» mormorai, rivolgendo un saluto a Philip e afferrando Louis per mano. Mi seguì senza fare storie, mentre lo trascinavo verso l’ingresso.
Una volta fuori, presi un respiro profondo. Ci incamminammo, senza una meta precisa, in completo silenzio. Lo tenevo ancora per mano, come se fosse una cosa normale, come se ne avessi davvero il diritto.
 
 
***
 
 
«Ti ho già detto che sei bellissima?» chiese, poco dopo.
«Piantala di fare lo scemo, Louis.» lo ammonii, separandomi bruscamente e mettendo qualche passo di distanza tra di noi. Non volevo sentire ciò che aveva da dirmi, soprattutto se era ubriaco. Lui si sarebbe dimenticato tutto, il giorno dopo, io mi sarei ricordata di tutto alla perfezione, invece.
«Dico davvero, bambolina. Sei bellissima.» mi bloccò per il polso, costringendomi a voltarmi verso di lui. Scossi la testa e mantenni lo sguardo basso. Non volevo nemmeno guardarlo negli occhi.
«Sei ubriaco.»
«Non è vero. L’ho detto solo perché sapevo che mi avresti portato via.» ridacchiò, passandosi una mano tra i capelli.
«E perché l’avresti fatto? Non mi sembravi tanto contento di vedermi, questa sera. Soprattutto quando ballavi con Mallory.» mormorai, sentendo che gli occhi mi si facevano lucidi. Ecco, ci mancava solo che scoppiassi a piangere come una perfetta psicopatica e poi sì, che sarebbe stata una serata fantastica.
Louis sospirò, poi mi sollevò il volto con due dita e mi costrinse a guardarlo.
«Ti ricordi cosa ti ho detto, un po’ di tempo fa?» chiese. Capii immediatamente a cosa si riferisse, perché erano state proprio quelle parole che mi avevano fatto capire che mi piaceva.
«Che quelle come me sono la rovina di quelli come te. Cosa c’entra adesso?»
Non riuscivo a capire dove volesse andare a parare e in più mi sembrava che il cuore stesse per uscirmi fuori dal petto, per quanto batteva. Era normale, sentirsi così?
Louis sorrise.
«C’entra eccome, bambolina.»
«Non capisco. Che vuol dire?» ero confusa, imbarazzata e non mi ricordavo nemmeno dove fossi. In quel momento vedevo solo Louis.
«Vuol dire che da quando sei entrata nella mia vita, mi hai costretto a diventare qualcun altro. È bastato che tu mi dessi dell’idiota, per sconvolgermi.» spiegò, tranquillo.
«Costretto? Io non ti ho costretto a fare niente!» protestai, un po’ piccata. Come poteva dire una cosa del genere? Semmai ero io quella che avrebbe dovuto lamentarsi! Insomma, mi aveva travolto da un giorno all’altro, ed era stato proprio come un uragano, bellissimo, ma devastante.
«Cristo Santo, Cass, non vuoi proprio capire, allora! Prima di conoscere te, cambiavo ragazza ogni tre giorni e non me ne era mai fregato niente di ferire i loro sentimenti, di parlarci, di conoscerle o di fare con loro qualcosa che non fosse solo sesso. Poi sei arrivata tu, con i tuoi “idiota”, con il tuo carattere di merda, con la tua acidità, con il tuo sorriso, con quegli occhioni verdi e con quelle tue cazzo di fossette che mi mandano fuori di testa! E non sono più riuscito a pensare ad altro, se non al fatto che avrei voluto baciarti, che avrei voluto averti affianco ogni minuto. Quando mi hai raccontato di Etienne, ho capito che non avrei avuto nessuna chance. Il mio comportamento fino ad allora era stato tanto simile al suo che di certo non avrei mai potuto piacerti, non dopo quello che ti aveva fatto. E in più, come se non bastasse, ho avuto paura. Perché io, che non avevo mai avuto problemi, che ho sempre avuto tutte le ragazze che volevo senza nessuno sforzo, perché mi sono innamorato dell’unica a cui probabilmente non sarei mai interessato? E mi sono pentito così tanto di aver fatto lo stronzo, perché se fossi stato diverso, probabilmente avrei avuto qualche possibilità e adesso tu saresti mia e io non mi incazzerei perché hai messo un vestito troppo corto? Si può sapere come ti è venuto in mente di uscire di casa vestita così?» sbraitò infine.
Scoppiai a ridere, con le lacrime agli occhi, incredula di fronte a quello che mi aveva detto. Era stato il discorso più lungo che gli avessi mai sentito fare ed era stato così dolce, così confusionario, sconclusionato e così da Louis che non ero riuscita a trattenermi.
Gli gettai le braccia al collo, lo attirai verso di me e lo baciai. Rimase immobile per qualche istante, poi lo sentii sorridere sulle mie labbra, prima che ricambiasse il bacio con una veemenza che mi lasciò completamente tramortita e senza fiato: era decisamente molto meglio di quanto mi fossi mai aspettata.
Quando ci separammo, lo abbracciai, al settimo cielo e ancora un po’ incredula di fronte all’evolversi della serata.
«Se sei ubriaco e domani mattina non ti ricordi più niente, giuro che ti ammazzo.» lo minacciai. Louis rise e mi stampò un bacio sulle labbra.
«Vuoi dire che ho una possibilità?»
«No, di solito bacio tutti quelli che passano per strada. Sai, mi diverte un sacco.» alzai gli occhi al cielo, chiedendomi come cavolo avessi fatto a perdere la testa per un’idiota del genere.
«Ti conviene cambiare abitudini, bambolina. Sono un tipo geloso.» risi, felice.
Perché improvvisamente mi sembrava tutto così bello? Mi sentivo come se niente potesse andare male, come se tutte le cose che mi avevano resa triste, in passato, fossero state cancellate dopo la confessione di Louis, dopo il suo bacio. Per la prima volta dopo non so quanto tempo, mi sentii in pace con me stessa.
 
 
***
 
 
Rientrammo alla festa circa un’ora dopo. Louis mi teneva per mano, completamente a suo agio, mentre io mi sentivo addosso gli sguardi di tutti quanti.
Poi l’uragano Melanie mi travolse, separandomi bruscamente da lui. Urlò qualcosa di incomprensibile, ancora più felice di me, e mi gettò le braccia al collo. La abbracciai, gettando a Louis un’occhiata di scuse. Lui mi sorrise, poi indicò la cucina con un cenno della testa e si allontanò.
«Allora? Allora?» saltellò Melanie, eccitata. Evidentemente non vedeva l’ora di essere aggiornata.
«Riunione in cucina.» comunicai. Non vedevo l’ora di tornare tra le braccia di Louis, ora che potevo farlo davvero.
Quando aprii la porta, i ragazzi erano tutti lì.
«Ve l’avevo detto…» canticchiò Melanie, facendo ridacchiare tutti, tranne Louis, che sembrava un po’ stranito.
«Detto cosa?» chiese, infatti.
«Che anche tu eri innamorato di Cass! Dai, era così palese che se ne sono accorti anche i muri! E dire che Cass non ci credeva. Continuava a ripetere “tanto io a Louis non piaccio, blablabla, blablabla” e invece… ta-daaan! Ah, sono proprio un genio! Un genio!» si complimentò. Inarcai un sopracciglio, domandandomi se da un momento all’altro si sarebbe stretta la mano da sola.
«Tanto io a Louis non piaccio?» domandò il diretto interessato, rivolgendomi un’occhiata maliziosa e divertita. Arrossii violentemente, mentre la voglia di strangolare la mia migliore amica si faceva strada dentro di me.
«Non so più come dirvelo: Io. A. Louis. Non. Piaccio.» mi scimmiottò anche Zayn, prima di battersi il cinque con Mel, che nel frattempo aveva cominciato a sgranocchiare delle patatine, contendendosi il sacchetto con Niall.
«Fammi capire, bambolina, da quant’è che ti piaccio?» chiese Louis, divertito. Arrossii ancora di più, scatenando un altro attacco di risa dei presenti.
«Da quando hai detto quella cosa…» farfugliai. Louis strabuzzò gli occhi, evidentemente colpito.
«Non mi sono mai accorto di niente.» mormorò, portandosi davanti a me. Lo guardai e sorrisi.
«Certo, perché sei un’idiota.»







Ooooookay, avete visto? Ce l'abbiamo fatta, finalmente!
Ora, siccome domani parto e sto via due mesi - quindi addio internet, addio pc, addio EFP (no, non vado in Burundi) - ho pensato che fosse carino da parte mia non lasciarvi a bocca asciutta!
Perciò, be', diciamo che si è conclusa la prima parte della storia u.u

Spero che vi sia piaciuta e spero che al prossimo aggiornamento non sparirete nel nulla! xD
See you soon!


P.s. Grazie mille a chi ha commentato i capitoli precedenti, a chi ha inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite e anche a chi ha solamente letto!
Vi adoro! <3


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Capitolo 11
*** Chapter 10. ***



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Chapter 10.

 
 
 
Il giorno dopo, la notizia che Louis Tomlinson e Cassidy “quella nuova” Montgomery stessero insieme, riecheggiava tra le mura della scuola come se fosse qualcosa di sconvolgente e in grado di catturare completamente l’attenzione dell’intero corpo studentesco.
Da parte mia, avevo la completa intenzione di fingere di non esistere: non perché mi vergognassi, ma perché metà delle ragazze che incontravo per i corridoi mi lanciava occhiate di fuoco; l’altra metà, invece, scuoteva la testa con rassegnazione, come a dire “eccone un’altra che ci è cascata.”
In realtà, non mi sentivo affatto “incastrata”. Semplicemente, ero contenta che per una volta le cose volgessero a mio favore. Era giusto, no? O dovevo sempre essere io, quella sfortunata?
Louis era innamorato di me, punto. Che andassero tutte quante al diavolo.
Sapevo anche che era piuttosto ottimistico, da parte mia, sperare che cessasse l’interesse per il mio ragazzo – ancora non riuscivo a crederci – tutto di colpo, perciò quando Mallory gli finì accidentalmente addosso ebbi un’illuminazione: i guai erano appena cominciati.
E le statistiche giocavano tutte a mio sfavore. Potevo davvero competere con Mallory?
La osservai, mentre mi passava di fianco con un’espressione mortalmente soddisfatta.
«Saluti da parte di Etienne.» cinguettò, sventolando la mano in segno di saluto. Mi immobilizzai di colpo, frastornata.
Come faceva a sapere di Etienne? Sicuramente doveva averlo sentito da Melanie, quando l’aveva urlato in mensa per catturare l’attenzione di Louis. Si, doveva per forza essere così.
«Cosa ti ha detto Mallory?» Niall mi fermò per il braccio un istante prima che entrassimo in classe. Doveva essersi accorto che avevo la testa da un’altra parte. Scossi la testa in segno di noncuranza e gli sorrisi.
«Niente.»  
Niall non ne sembrò affatto convinto, tuttavia non indagò oltre: mi conosceva e sapeva che se ne avessi voluto parlare l’avrei fatto. Il punto era che non ne volevo parlare affatto, perché sapevo che, facendolo, l’avrei data vinta a Mallory. Voleva farmi credere di sapere qualcosa e io non volevo darle il potere di condizionarmi.
Perciò la scelta migliore sarebbe stata quella di ignorarla, così come avevo sempre fatto.
Dopotutto, Louis non era mica così importante per lei, no? Per me invece lo era, e di certo non le avrei permesso di portarmelo via, non quando era l’unico in grado di rendermi felice.
Passai tutta la lezione di matematica concentrata nel tentativo di ignorare Niall e le sue occhiate indagatrici e ci riuscii piuttosto bene, anche se cominciavo ad avvertire il bisogno di parlare con qualcuno.
Louis era fuori discussione perché, conoscendolo, avrebbe trascinato Mallory in un angolo e l’avrebbe costretta a parlare. Ed io non ero affatto sicura di voler sentire cosa avesse da dire.
Mi infastidii parecchio, capire che per quanto mi sforzassi di vivere una vita semplice, monotona e all’insegna della noia non ce l’avrei mai fatta. Sembravo attirare la sfiga come una calamita attira un ago.
Perciò tanto valeva rassegnarsi e godersi ogni momento, giusto?
 
 
***
 
 
Louis mi aspettava fuori dalla classe. Aveva la schiena appoggiata al muro, e le braccia incrociate. Ed era incredibilmente bello.
Scossi la testa, stupita di me stessa: stavo iniziando a pensare di nuovo come una ragazzina.
«Ehi, bambolina.» ammiccò nella mia direzione, prima di aprirsi in un sorriso divertito.
«Idiota.» risposi, prima di avvicinarmi e lasciargli un bacio leggero sulle labbra. Louis mi passò un braccio intorno alle spalle e Niall ridacchiò.
«Fa impressione vedervi insieme.»
Risi anche io, mentre Louis mise in scena un’espressione oltraggiata.
«Stai dicendo che la mia fidanzata è brutta?» chiese, afferrando Niall per la maglietta.
Niall rise ancora più forte, per niente impressionato.
«Sto dicendo che tu sei brutto. Cass è bellissima.» spiegò, prima di lanciarmi un bacio con la mano. Finsi da acchiapparlo e me la filai prima che Louis cominciasse a fare le tragedie greche: quando gli dicevano che era brutto perdeva la testa.
Improvvisamente, mi resi conto che lasciare Niall da solo con Louis non era stato un gran colpo di genio: avrebbe potuto dirgli di Mallory. Mi voltai per controllare cosa stessero facendo, ma ancora stavano scherzando, così immaginai che Niall se ne fosse dimenticato.
E me ne dimenticai anche io, salvo quando sentii Louis dire che ci avrebbe pensato lui. Ma pensato lui a che cosa? Mi maledissi per essermi distratta.
Per una volta, però, decisi di lasciare che le cose andassero come dovevano andare. Non potevo stare dietro a tutto, e magari non ero neanche io l’argomento di conversazione. Smisi di rimuginarci presto, quando mi accorsi di Melanie.
Piangeva, stretta tra le braccia di Liam, che proprio non sapeva cosa fare per consolarla. Visto? Non c’era verso che le cose andassero per bene.
Mi avvicinai di corsa, preoccupata. C’era una sola persona in grado di ridurre Melanie in quello stato, e quella persona era Jason Coburn. Avevo già avuto a che fare con lui, e non mi era piaciuto affatto.
Sorrisi debolmente a Liam e gli feci cenno di cominciare a dirigersi verso la mensa insieme a Louis e Niall. Poi presi Melanie per mano, e insieme andammo in cortile.
«Che succede, Mel?» le chiesi, rigida. Mel tirò su col naso, fece per dire qualcosa, poi riprese a singhiozzare. Cosa diavolo stava succedendo?
«Jason…» farfugliò, tra i singhiozzi.
«Cos’ha fatto ancora?»
Non mi aspettavo niente di buono, da Jason Coburn. E avevo idea che ciò che avrei sentito avrebbe solo confermato la mia idea – di per sé pessima – di lui.
Melanie scosse la testa. Non riusciva a parlare.
«Devo andare a parlare direttamente con lui? Lo sai che lo faccio.» l’avvertii, prima di alzarmi in piedi e rassettarmi i jeans con fretta.
Mel mi afferrò il braccio e mi trascinò un’altra volta per terra accanto a lei.
«Allora?» insistetti, impaziente. Volevo sapere la verità.
«Mi ha minacciata.»
«COSA?» come si era permesso quel grandissimo bastardo di arrivare addirittura a minacciare l’unica persona che probabilmente avrebbe sempre speso una parola in sua difesa?
«Lui… ecco, gli ho detto che non ero più interessata, perché adesso… oh, merda, Cass! Mi piace Liam, e come una deficiente ho pensato che Jason mi avrebbe lasciato in pace. E invece lui ha minacciato di picchiare Liam e io non so cosa fare… lo odio! Lo odio!» pestò un pugno per terra, arrabbiata. Io sorrisi: finalmente aveva capito di provare qualcosa per Liam e, soprattutto, aveva cominciato a odiare Jason. Il che era una gran bella notizia. Almeno avrei potuto organizzarmi.
«Liam lo sa?»
«Certo che no, non dire cazzate. Gli ho detto che mi è morto il criceto e che piangevo per quello.» spiegò, facendomi scoppiare a ridere.
Tutto quello che mi serviva, ora, era un piano.
 
 
***
 
 
E chi meglio di Louis per mettere a punto una strategia d’attacco? Gli raccontai di Jason mentre camminavamo verso casa mia. Mamma non c’era, e avremmo avuto tutto il tempo di parlare con calma. Magari gli avrei detto anche di Mallory. O magari no.
Ancora non mi sembrava vero che Louis mi tenesse per mano, davanti a tutti. Anche Etienne lo faceva sempre, ma era così possessivo che non mi permetteva neanche di separarmi per un attimo. Louis era completamente diverso: la sua presa era morbida, ma rassicurante. Sorrideva in continuazione e ogni tanto si fermava per darmi un bacio. Come potevo non sentirmi felice?
«A me basta che si tenga lontano da te.» mormorò, quando gli dissi che Jason cercava Melanie in continuazione. Sorrisi, poi mi alzai sulle punte dei piedi per baciarlo.
«Basta anche a me. Ora il problema sono Melanie e Liam. Dobbiamo trovare un modo per…» feci un gesto strano con le mani, facendo scoppiare a ridere Louis, che in ogni caso mi capì al volo.
«Chiaro. Bene, mettiamoci al lavoro.» sostenne, passandosi una mano tra i capelli spettinati. Lo sapevo, che avrei potuto contare su di lui.
«Dobbiamo farli uscire allo scoperto. Qualche idea?» chiesi, raccogliendo i capelli in una coda di cavallo disordinata. Nel frattempo, Louis si sedette sul divano e mi fece cenno di raggiungerlo.
«In questo momento, qualsiasi cosa mi venga in mente centra poco con Liam. O con Melanie.»
Arrossii, nascondendo il viso nell’incavo tra il suo collo e la sua spalla e non replicai. Louis ridacchiò.
«E va bene. Potremmo costringere Liam a seguire Melanie dappertutto. Sai, tipo guardia del corpo.» propose, mentre mi accarezzava la schiena con dolcezza. Annuii, pensandoci sopra. Non era male come idea, ma ci serviva qualcosa che facesse accelerare i tempi.
«Che tu sappia, Liam è un tipo geloso?» chiesi.
«Liam è più il tipo che accumula e accumula…»
«E alla fine scoppia! Ma certo, sei un genio, Lou!» battei le mani, entusiasta per l’idea che mi era appena venuta in mente. Louis rise.
«Modestamente. Quindi che si fa?»
«Chiediamo a Harry di fingersi il fidanzato di Mel.»
«Harry? Ma non stavamo parlando di Liam?»
«Si. Ma vedi, se Liam è interessato a Melanie, non permetterà mai che stiano insieme. Neanche per finta. Così si dichiarerà prima. Sono un genio.»
«Ma lo ero io, fino a dieci secondi fa!» protestò Louis, prima di cominciare a farmi il solletico. Si portò sopra di me, senza lasciarmi via di scampo, seppur cercassi di divincolarmi. Poi, quando lo pregai di smetterla, mi baciò.
«Che succede, qui?»
Ora si, che le cose si mettevano male.
 
 
***
 
 
I’m baaaaaaaack!
E dopo non so nemmeno quanto tempo, eccomi qui con il nuovo capitolo, che personalmente non mi convince un granché.
Voi che ne dite?
Sapete, ho il dubbio che questa storia inizi ad assomigliare ad un polpettone romantico, però non importa. Ormai il mio cervello è partito per la tangente.
Okay, la smetto.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto…
Ho una piccola richiesta: mi lascereste una recensioncina piccina piccina? Anche per dirmi che fa schifo e che potevo evitare di pubblicare di nuovo xD
 
Grazie mille alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, scusate se non vi ho risposto, ma ho adorato OGNI SINGOLA PAROLA che avete lasciato.
Naturalmente, grazie anche a chi ha inserito la storia tra le seguite-preferite-ricordate e anche a chi legge soltanto!
 
Vi adoro.
Fede.
 

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Capitolo 12
*** Chapter 11. ***


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Chapter 11.

 
 
 
In genere, mamma non aveva una mentalità chiusa, bigotta e arretrata. Anzi, mi ripeteva in continuazione che forse avere qualcuno accanto mi avrebbe fatto bene, visto che mi serviva proprio un ragazzo che riuscisse ad addolcirmi. Nell’ultimo periodo, poi, le allusioni a Louis non erano più nemmeno tanto velate. Era dalla sera della cena con Johannah e famiglia, che mi tormentava.
Perciò non avevo affatto pensato che avrebbe potuto darle fastidio, sapere che io e Louis stavamo finalmente insieme. Insomma, non era quello che si auspicava da settimane? Eppure, avrei evitato volentieri di trovarmi in quella situazione. Non solo Louis era a cavalcioni su di me e mi stava baciando ma, ad un occhio esterno, la situazione sarebbe potuta sembrare piuttosto ambigua. E in effetti lo era.
«Ciao, mamma.»
Louis mi lasciò libera immediatamente, mentre le sue guance si arrossavano lievemente. Ridacchiai: non ero ancora abituata a vederlo in versione “ragazzo timido e imbarazzato”.
Poi, proprio quando pensavo che mamma si sarebbe messa ad urlare per lo sdegno, lei scoppiò a ridere.
«Ma è fantastico! Lo sapevo io, che voi due nascondevate qualcosa! Santo cielo, sono così felice. Aspettate che lo sappia anche Jay…» esclamò, prima di precipitarsi in cucina alla ricerca del telefono di casa.
Usava sempre quello, quando era intenzionata a stare ore ed ore al telefono.
Mi schiaffai una mano sulla fronte, incredula, poi guardai Louis, che si stava evidentemente trattenendo dal ridere.
«Direi che l’ha presa bene.» commentò, prima di lasciarsi andare ad una risata divertita e contagiosa. Lo abbracciai stretto, posando la testa sul suo petto e avvolgendogli i fianchi con le braccia.
«Credo non aspettasse altro.» mormorai, cercando ancora di dare un senso alla reazione entusiastica di mamma. Mi aveva lasciata parecchio stupita.
«In realtà, beh, mia madre lo sa già. L’ha scoperto subito.» confessò Louis. Spalancai gli occhi, stupita. Per essere uno che non aveva fatto altro che portarsi a letto una ragazza diversa ogni settimana, era incredibile come riuscisse a prendere questa storia sul serio.
Non fraintendete, non ne ero affatto delusa. Anzi, tutto mi sembrava fin troppo perfetto, rispetto agli standard abituali. Mi aspettavo da un momento all’altro che Louis si stancasse di me, che la prima settimana trascorresse e che ognuno prendesse la propria strada.
«Non staremo andando troppo di fretta?» domandai, in preda ai dubbi.
Insomma, stavamo insieme da quanto, due giorni?
Louis fece spallucce. «Non direi. E poi non aspettavano altro. In ogni caso, se sanno che stiamo insieme, non dovremo più dare spiegazioni se ci vedranno fare questo…» mi baciò dolcemente sulla fronte.
«O questo…» spostò le labbra sulla guancia, soffermandosi in un punto pericolosamente vicino alla bocca. «O questo.» quando finalmente mi baciò, capii che aveva ragione. Era così bello non dover fare le cose di nascosto, per paura di essere scoperti. Potevamo stare insieme alla luce del sole, mamma approvava, Johannah anche.
Tutto era dalla nostra parte. Per il momento.
 
 
***
 
 
La mattina dopo, decisi che avrei dato il via al mio piano per unire Liam e Melanie. Personalmente, ero certa al cento percento che quei due sarebbero stati perfetti, insieme. Insomma, Liam era così dolce, così protettivo e così leale che Melanie avrebbe senz’altro dimenticato quel gran bastardo per cui si era presa una cotta colossale. Fortunatamente, da parte sua l’interesse era già piuttosto alto: aveva ammesso che Liam le piaceva. Rimaneva solo da vedere se lei piaceva a lui e mi sembrava altamente probabile, perché Melanie era bellissima, aveva un cuore d’oro ed era divertente.
Perciò lanciai un’occhiata d’intesa a Louis: avevamo stabilito che io avrei preso Melanie, Liam ed Harry da parte e gli avrei spiegato come avremmo agito. Lui, invece, si sarebbe occupato di illustrare la situazione a Zayn e Niall. Ero certa che si sarebbero dimostrati degli importanti alleati.
Tuttavia, la scuola non era di certo il posto migliore per parlare di tali argomenti, considerate le orecchie indiscrete del corpo studentesco. Non volevo che Jason venisse a conoscenza del nostro piano o ci avrebbe procurato un sacco di rogne. Volevo solo che si rendesse conto che Mel era fuori dalla sua portata e, soprattutto, libera dalla cattiva influenza che aveva su di lei.
Quando Louis propose di andare tutti quanti a casa sua e di Harry, poi, i miei progetti di super-spia si sciolsero come neve al sole, di fronte all’evidenza che il mio ragazzo non aveva capito un bel niente del piano che avevo progettato con tanta cura.
Perciò alzai gli occhi al cielo, mugugnai un “come non detto” e mi avviai a piedi con Zayn e Melanie.
Mel era ancora preoccupata per Liam, ed era chiaro che voleva parlarne con qualcuno. Zayn, che in genere era quello con cui parlava di più, di tanto in tanto le lanciava occhiate preoccupate. Alzai gli occhi al cielo. Era davvero possibile che per colpa di quel deficiente di Jason nessuno potesse vivere tranquillo?
«A che pensi?» mi chiese Zayn, rivolgendomi un’occhiata penetrante e colma di sospetto. Anche Melanie focalizzò la sua attenzione su di me: sembrava avesse capito che c’era qualcosa di strano.
«A niente.» cinguettai, fin troppo entusiasta. Dai, potevano almeno aspettare che arrivassimo a casa!
«Bugiarda. Stai nascondendo qualcosa.» accusò Zayn, con un sopracciglio inarcato.
Oh, santo cielo, ma perché doveva essere così sospettoso? Uomo di poca fede.
«Sapete, mamma mi ha beccato mentre mi rotolavo sul divano con Louis.» confessai, sperando che la novità li distraesse fino a che fossimo arrivati a casa.
E funzionò, visto che Melanie iniziò a ridacchiare e Zayn sogghignò. Guardandolo, capii che non si era affatto bevuto il mio tentativo di cambiare argomento. Mi fissò per qualche istante, poi sorrise e annuì. Ricambiai: ero completamente convinta che Zayn mi sarebbe stato di grande aiuto.
«Allora? Voglio sapere tutto.» esclamò Melanie, prendendomi sotto braccio.
Sorrisi.
Ah, Mel, ancora non sai cosa ho in serbo per te. Ma se tutto andrà come penso, sono sicura che mi ringrazierai.
 
 
***
 
 
Quando finalmente fummo tutti riuniti, cominciai a parlare, consapevole che, da quel momento in poi, tutto sarebbe cambiato. Non vedevo davvero l’ora di scoprire come l’avrebbe presa Liam.  
«Abbiamo un problema.» esordii, guardando per un attimo Louis. Harry spalancò la bocca, ma lo interruppi immediatamente. «No, non sono incinta, scemo. Il problema è Mel.» la diretta interessata sgranò gli occhi e deglutì vistosamente, rannicchiandosi ancora di più al fianco di Liam, che sorrise e le passò un braccio intorno alle spalle esile. Louis ridacchiò, così gli tirai una gomitata sulle costole per farlo stare zitto.
«È una cosa seria.» lo rimproverai, divertita. In tutta risposta, alzò gli occhi al cielo.
«Jason ha deciso che Melanie è una sua proprietà e la cosa non mi sta affatto bene.» tutti i presenti, tranne Melanie, annuirono: pendevano tutti dalle mie labbra.
«Perciò, io e Louis abbiamo pensato che dovrebbe fingere di essere fidanzata. In questo modo, Jason la lascerebbe in pace.»
Mel si agitò parecchio, quando conclusi la frase. Le sorrisi angelica, poi mi accorsi che Liam sembrava quasi speranzoso di essere il prescelto e gongolai soddisfatta. Tuttavia, era ancora troppo presto. Non bastava che fingessero e basta; quei due dovevano stare insieme davvero.  
«Così crediamo che Harry sarebbe perfetto, in veste di finto fidanzato.»
Mentre terminavo il mio illuminante discorso, Zayn, Niall, Harry e Louis puntarono gli occhi su Liam, che si era irrigidito parecchio e sembrava sull’orlo di un collasso.
Ora, le soluzioni erano due: poteva offrirsi di stare con Mel e, come speravo, da cosa sarebbe nata cosa, oppure poteva scegliere di comportarsi nel peggiore dei modi ed essere d’accordo con me.
«Mi sembra un’ottima idea.» proclamò, tranquillo. Naturalmente, se avevo pensato che fosse un tantino intelligente, mi ricredetti immediatamente.
A volte i maschi erano così idioti che ancora mi stupivo dei livelli che raggiungevano. Chi mi preoccupò di più, però, fu Mel. Non l’avevo mai vista così delusa, triste e affranta. Stavo per lasciar perdere tutto, perché non volevo certo farla soffrire, quando sul suo volto comparve un sorrisino che tutti i presenti colsero come imbarazzo. A me, che la conoscevo meglio di tutti quanti, fu chiaro che aveva appena dichiarato guerra a Liam. L’avrebbe fatto impazzire. Ed era esattamente ciò che volevo ottenere.
«Harry sarà sicuramente perfetto. E poi, non si sa mai…» insinuai, divertita. Liam strinse il pugno, ma annuì. Battei le mani, soddisfatta.
«Si comincia domani.» annunciai, prima di salutare tutti con un bacio sulla guancia e chiedere a Louis di accompagnarmi a casa.
«Non ti sembra di aver esagerato?» mi domandò, mentre camminavamo verso casa. era sinceramente preoccupato per i suoi amici e lo capivo. Credeva che il rapporto tra Harry e Liam avrebbe potuto distruggersi, in seguito a questa pazzia. Se si fosse trattato di qualcun altro, avrei anche potuto essere d’accordo, ma i ragazzi erano davvero amici e poi, ero certa che Liam si sarebbe accorto fin troppo presto che rischiava di perdere Melanie. La loro era tutta una questione di orgoglio.
«Stai tranquillo, Lou.» lo rassicurai, lasciandogli una carezza sulla guancia. Lui mi sorrise e si chinò per baciarmi.
«Sai, mi spaventi certe volte. Sei diabolica.»
«Voglio solo che quei due siano felici come lo sono io.» mormorai, stringendomi a lui in un abbraccio. Lo sentii sospirare tra i miei capelli, poi vi lasciò un bacio.
«Quindi sei felice, con me?» chiese.
«Certo. Altrimenti non saremmo qui.»
«Pensavo che non sarei stato in grado di starti accanto.» confessò, dopo qualche istante di silenzio.
«E io pensavo che non ti sarei mai piaciuta. Ma a quanto pare abbiamo sbagliato entrambi.»
 
 
***
 
 
Ciao!
Non so perché, ma anche questo capitolo non mi entusiasma tanto. Non lo so, ultimamente non sono molto soddisfatta. Comunque, da qui in poi la vicenda Liam-Melanie entrerà nel vivo.
Stavo pensando di scrivere una One-Shot su di loro, magari approfondendo un po’ di più la questione. Voi che ne dite? Vi piacerebbe? Ovviamente la pubblicherei più in là, per non rovinare la sorpresa dei prossimi capitoli… Fatemi sapere se vi sembra una brutta idea oppure no J
 
Comunque, lo scorso capitolo è stato recensito da ben 10 persone, ed è assolutamente fantastico, visto che proprio non me l’aspettavo! Chiedo sempre di avere un parere, ma naturalmente non è che siete obbligate, anzi.
Quindi ringrazio di cuore tutte le ragazze che hanno recensito, sappiate che mi avete resa felicissima oltre ogni dire!
Ovviamente, grazie anche a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate e a chi legge soltanto.
GRAZIE.
 
Mi faccio un po’ di pubblicità, adesso :)
Questo è il link dell’altra long che sto scrivendo “Diario di una Psicopatica”, mentre queste sono le due One-Shot: Fix you (Harry Styles/nuovo personaggio) e Hey, pretty girl! (Zayn Malik/nuovo personaggio).
La seconda è un po’ una stupidata, mentre la prima credo sia la cosa migliore che io abbia mai scritto. Quindi, se vi và, passate ^^
 
Con affetto, Fede.

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Capitolo 13
*** Chapter 12. ***










 
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Chapter 12.






Stava andando tutto come previsto, quella mattina.
Per una volta tanto, Louis aveva capito alla perfezione cosa dovevamo fare e si stava prodigando per spargere in giro la voce che Harry e Melanie stavano insieme. In quel momento, poi, stava parlando con Valerie, una delle sue innumerevoli ex e, soprattutto, cugina di Jason. Cercai di respingere la gelosia che aveva iniziato ad attanagliarmi le viscere dal momento in cui Valerie aveva sfiorato il braccio di Louis e annuii soddisfatta quando lo vidi girarsi verso di me ed aprirsi in uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
Con una punta d’orgoglio, mi resi conto che sorrideva così solamente a me.
Poco dopo si avvicinò, con aria decisamente realizzata. Mi baciò la fronte con dolcezza e poi, insieme, ci avviammo verso la mensa.
«Cos’ha detto?» domandai, curiosa.
«Mmmmh, niente.» rispose Louis, facendo il misterioso.
«Lou! Dai, dimmelo.» protestai, molto più simile ad una bambina di cinque anni che alla ragazza di sedici anni che mi sforzavo di essere.
«Te lo dico solo se stasera vieni a cena da me.»
«Certo.»
«Intendevo a casa di mia mamma.»
«Oh.» mormorai, colta di sorpresa. Cielo, avevano preso la storia proprio sul serio, a quanto pareva.
«Già. Allora?» colsi il suo tono preoccupato, così mi affrettai a tranquillizzarlo. Non era affatto un problema, trascorrere la serata in compagnia di Johannah e delle sorelle di Louis.
«Si, certo.» annuii. Gli sorrisi, per convincerlo che non mi pesava affatto. Ed era vero.
«Allora? Che ha detto Valerie?» dovette accorgersi del tono acido con cui avevo pronunciato il nome della ragazza, perché ridacchiò.
«Ha detto che a Jason non piacerà affatto, ma che probabilmente non avrà le palle di mettersi contro tutti e cinque. Sai, pare che nemmeno a lei stia tanto simpatico.»
Alzai gli occhi al cielo. E grazie tante, esisteva davvero qualcuno che avrebbe potuto trovare Jason Coburn simpatico? Io ne dubitavo fortemente.
Ridacchiai, mentre afferravo il vassoio in plastica e mi posizionavo in fila davanti a Louis, che mi aveva gentilmente offerto il suo posto.
«Byron ti sta guardando un po’ troppo, per i miei gusti.» borbottò, parandosi dietro di me in modo che nessuno riuscisse a vedermi.
«Chi?» domandai, confusa.
«Byron. È in classe tua.»
«Ah, Joshua, intendi.»
«Si, Joshua.» brontolò Louis, facendo una smorfia strana con la bocca. Iniziai a ridere, divertita ed emozionata da questo suo attacco di gelosia. Non glielo feci notare, però. Invece, mi voltai verso di lui e lo baciai lievemente.
«È solo il mio compagno di banco nell’ora di letteratura. E comunque, io penso solo a te, Tomlinson.» rivelai, a bassa voce.
Non erano proprio da me, tutte quelle smancerie, ma Louis era riuscito a far venire fuori il mio lato migliore. Ed era una cosa che mi piaceva davvero, perché mi sentivo bene e, soprattutto, felice.
 
 
***
 
 
Quando ci sedemmo al tavolo, sembrava più che evidente che Liam fosse davvero, davvero nervoso. Capii subito il perché: Harry e Mel ancora non si vedevano.
Quella mattina, prima di entrare a scuola, avevamo pensato che un’entrata trionfale fosse proprio ciò di cui avevano bisogno.
Perciò, cosa c’era di meglio della mensa?
Ormai erano quasi tutti seduti, quando le porte si aprirono per l’ennesima volta ed Harry e Mel entrarono. Il silenzio calò immediatamente per tutta la sala. Era rotto solamente da Liam, che continuava a mangiare con tutta tranquillità, infischiandosene apertamente del “momento epico”.
«Cosa vuoi per pranzo, dolcezza
Dovevo ammettere che Harry era un ottimo attore. Anzi, un superbo attore. Da come guardava Melanie, sembrava pensasse che al mondo non esisteva nessun’altro a parte lei. Ed anche Mel, in realtà, non se la cavava affatto male. Aveva le guance rosse e sembrava davvero emozionata. Sentii che rispondeva «quello che prendi tu, amore.» poi distolsi la mia attenzione per rivolgerla a Liam.
A quanto pareva, non era proprio così indifferente come voleva far credere. Fissava l’amico e la ragazza che gli piaceva con uno sguardo talmente di ghiaccio che pensai che da un momento all’altro si sarebbe alzato e avrebbe preso Harry a pugni.
Invece niente, quando Harry e Mel si accomodarono uno accanto all’altra, molto più vicini di quanto lo fossero stati fino a quel momento, Liam sorrise e si congratulò.
Che razza di idiota.
Melanie ci rimase davvero male, tanto che gli occhi le divennero lucidi. Iniziai a dubitare della mia idea.
Non volevo davvero che soffrissero. Tutto ciò che speravo, era che si rendessero conto di essere fatti l’uno per l’altra. Era lo stesso che avevano fatto loro per me e Louis, no?
Harry sembrò accorgersi di tutto, così avvolse le spalle di Melanie con il braccio e le lasciò un bacio sulla tempia. Lei gli sorrise grata e si accoccolò un po’ di più al suo fianco. Seppure tifassi per Liam, dovetti ammettere che erano carini, insieme.
Ma non era quello che voleva Mel, perciò non c’era storia. Liam doveva svegliarsi. E, se non l’avesse fatto presto, avrebbe rischiato di perdere Melanie.
Sapevo anche che avrei dovuto finirla di impicciarmi negli affari degli altri. Avrei dovuto dedicarmi ai miei, visto che mi attendeva una cena a casa di Louis. Cena che mi vedeva ufficialmente come sua fidanzata. Non potevo nemmeno pensarci.
E non sopportavo nemmeno di vedere Melanie tanto triste.
«Mel, che ne dici di venire da me, questo pomeriggio? Ho bisogno di un tuo consiglio.» le chiesi, con un sorriso tranquillo. Improvvisamente, la tensione si stemperò. Liam riprese a mangiare e Melanie tornò la solita Melanie.
«Dove devi andare, stasera?»
«A cena da Louis.» mormorai, mentre sentivo le guance colorarsi di rosso. Niall, seduto alla mia destra, ridacchiò.
«Wow, qualcuno qui fa sul serio.» gli rivolsi un’occhiata in tralice, salvo poi scoppiare a ridere di fronte alla sua aria che avrebbe dovuto essere provocante ma che in realtà lo faceva sembrare un po’ scemo.
Gli scompigliai quell’ammasso di capelli biondissimi, poi gli lasciai un bacio sulla guancia. Niall sorrise.
«Ci possiamo vedere, dopo la cena?»
«Tu con la mia fidanzata non vai da nessuna parte.» borbottò Louis.
«Sei un cretino, Louis. Intendevo tutti insieme.» Niall alzò gli occhi al cielo e riprese a mangiare con il suo solito entusiasmo.
«Non sarai un po’ troppo geloso?» lo stuzzicò Zayn, con un ghigno divertito. Louis fece spallucce, poi, come a dimostrare che non gli interessava affatto che pensassero che fosse geloso, mi abbracciò e mi baciò con slancio.
«Lei è tutta mia.»
 
 
***
 
 
Melanie stava in silenzio da ben dieci minuti. Ed era un evento più unico che raro: Mel era la persona più chiacchierona e più allegra che avessi mai conosciuto in vita mia. E vederla sdraiata sul mio letto, con l’aria abbattuta e sconsolata di chi non sa più che pesci pigliare, mi riempiva di tristezza.
«Ne vuoi parlare?» le chiesi, preoccupata. Nel frattempo, mi sdraiai accanto a lei e cominciai ad accarezzarle i capelli con gentilezza.
Melanie affondò ancora di più la testa nel cuscino, poi rispose. La sua voce giunse un po’ soffocata, ma capii comunque ogni parola.
«Non capisco. Perché non gli importa di me?» chiese, con le lacrime agli occhi. Sospirai.
«Non penso sia così. Anzi, sono sicura che gli importa. Solo che è un maschio, e i maschi sono stupidi.» risposi, seria. Be’, lo pensavo davvero. Essere innamorata, non aveva mica viziato del tutto i pensieri sui ragazzi. Che fossero idioti, era risaputo.
«Louis non è stupido.» borbottò Mel. Ridacchiai.
«Mel. Louis è il più stupido di tutti.»
«Ma ti ama.»
«Credo di sì.»
«Ti ama. Altrimenti non ti avrebbe mai invitato a cena a casa sua. Sai, non ci ha mai portato nessuna.»
«Anche Liam ti ama. Deve solo accorgersene. E capire che fare l’orgoglioso non lo porterà da nessuna parte. Non so te, ma io confido in lui. È intelligente, davvero.»
«Lo pensi sul serio?» domandò Melanie, alzando il viso dal cuscino e guardandomi speranzosa.
«Cosa? Che Liam sia intelligente?»
«No. Che mi ami.»
«Certo. Altrimenti non avrei mai chiesto ad Harry di fingersi il tuo ragazzo.» confessai, facendole un occhiolino malizioso. Mel ridacchiò.
«Lo sapevo, che non era un’idea di Louis e basta.» alzò gli occhi al cielo, poi sorrise e scosse le spalle.
«Va bene, Liam Payne. Vuoi la guerra? E guerra sia.»
Finalmente, pensai.
«Ed ora, pensiamo a come renderti fantastica per questa sera.»
 
 
***
 
 
Scusatemi. Questo capitolo fa proprio schifo. Lo so che avevo promesso un capitolo fantastico e blablabla, ma mi è uscito così. Non riesco a concentrarmi solo su Liam e Melanie. La mia testa è in fissa per Louis e Cassidy, perciò ce li piazzo dappertutto.
Comunque, sto lavorando allo spin-off su Liam e Melanie, non so quando sarà pronto, ma credo che stia uscendo bene.
 
Detto questo, vi ringrazio per aver recensito lo scorso capitolo e vi chiedo scusa per non aver risposto alle recensioni MERAVIGLIOSE che mi avete lasciato. Le ho apprezzate tantissimo. Perciò grazie, di cuore.
 
Ora, ho postato una nuova long e una nuova OS, mi piacerebbe sapere che ne pensate, vi lascio il link, basta cliccare sul titolo.
 
Long: Wedding? No, thank you.
OS: Cicatrici
 
Ah, dimenticavo! Per chi volesse, su Twittah sono @FTheOnlyWay

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Capitolo 14
*** Chapter 13. ***










Chapter 13.
 
 
 
Non avrei dovuto sentirmi così nervosa, all’idea di cenare con Louis, Johannah e le altre quattro figlie. Le conoscevo già e, in più, non erano affatto terribili.
Il vero problema, forse, era che cenare tutti insieme avrebbe fatto sì che la storia tra me e Louis fosse davvero ufficiale. Non si trattava più di una storiella tra adolescenti. Era una cosa seria. Ed io volevo che lo fosse, perché nonostante avessi appena diciassette anni, sentivo che Louis sarebbe potuto essere l’uomo della mia vita.
Oh, cielo. Da quando in qua avevo iniziato a pensare a lui in quei termini? Ero davvero troppo piccola, per imbarcarmi in una situazione del genere. E poi Louis quell’anno avrebbe finito la scuola, e probabilmente se ne sarebbe andato per frequentare il college, o non so che altro. E al college, senza ombra di dubbio, avrebbe trovato qualcuno migliore di me.
Qualcuno come Mallory. A proposito, dovevo ancora capire come aveva fatto a sapere di Etienne.
Tuttavia, mi imposi di affrontare un problema alla volta, onde evitare di impazzire.
Era la scelta migliore? Si, senza ombra di dubbio.
Prima avrei affrontato i Tomlinson, poi, forse, avrei pensato a Mallory. E comunque dovevo fidarmi di Louis.
Avevo deciso di negare a Melanie il piacere di conciarmi come una bambolina, e avevo indossato un semplicissimo paio di jeans scuri e una maglietta verde acqua. Le avevo concesso di allisciarmi i capelli e di truccarmi un po’, ma non volevo dare alla situazione un’eccessiva importanza o avrei finito per convincermi che ce l’avesse sul serio.
Era solo una cena, punto.
Alle otto precise, il campanello di casa suonò, così mi precipitai ad aprire, convinta che avrei trovato Louis.
Invece, per mia enorme sorpresa, alla porta c’era Liam, che ansimava come se avesse corso la maratona.
«Melanie è qui?» mi chiese, guardandosi intorno freneticamente. Inarcai un sopracciglio e mi feci da parte per lasciarlo entrare. Dentro di me, sogghignavo. Finalmente, quell’idiota aveva capito che stava per perderla. O almeno speravo.
«Aspetta un momento, te la vado a chiamare.» gli dissi, scoccandogli un sorrisino soddisfatto. Liam alzò gli occhi al cielo e ridacchiò.
«Grazie, Cass. Sono in debito con te.» mormorò. Ovviamente, non si riferiva al fatto che stessi chiamando Melanie.
«È stato un piacere.» affermai, mentre tornavo al piano di sopra. Melanie era seduta sul mio letto e si rigirava tra le mani il cellulare. Chissà, forse si aspettava che Liam la chiamasse da un momento all’altro. Ovviamente non sarebbe successo, perché Liam era di sotto e stava cercando le parole giuste da dirle. Ah, che meraviglia l’amore.
«Liam è venuto a prenderti.» la informai. Accadde tutto molto velocemente: il cellulare le sfuggì di mano, le guance arrossirono e poi Melanie si precipitò giù dalle scale. Un po’ perplessa, la seguii, ma quando raggiunsi il pianerottolo, né lei né Liam c’erano più.
Mi grattai una guancia, poi scossi la testa e tornai di sopra a prendere la borsa e a recuperare il telefono di Mel: gliel’avrei restituito quella sera stessa.
Il campanello suonò di nuovo.
E questa volta era Louis.
Lo baciai, felice di vederlo. Insomma, volevo assolutamente raccontare a qualcuno cos’era appena successo.
«Stai bene?» mi chiese, quando si accorse di tutta la mia agitazione.
«Certo. Perché?»
«Non so, hai gli occhi fuori dalle orbite.» commentò, tranquillo. Gli tirai un pugno sullo stomaco, poi scoppiai a ridere.
«Idiota. Sono solo felice.»
«E perché?»
«Te lo spiego mentre andiamo.» gli dissi.
 

 
 
***
 
 

 
Per tutto il tragitto, non avevo fatto altro che parlare di quanto fossi contenta che Liam si fosse svegliato, che si fosse accorto di quanto Melanie fosse speciale. Gli dissi che non vedevo l’ora di sapere come sarebbe andata, perché entrambi si meritavano di essere felici.
E Louis mi aveva ascoltata con pazienza, per tutto il tempo con il sorriso sulle labbra.
Aveva parlato poco e niente ed io avevo pensato che, forse, anche lui era agitato all’idea di presentarmi ufficialmente. Oppure stava avendo dei ripensamenti e stava cercando il modo migliore per dirmelo.
Perciò, quando finii di blaterare, lo osservai con più attenzione. Guardava la strada, ma sulle sue labbra continuava ad aleggiare quel sorriso.
«Perché sorridi?» chiesi, quindi. Mi aspettavo di tutto, davvero. Una battuta, una presa in giro, un commento su quanto fossi impicciona e testarda. Tutte cose che Louis mi diceva in continuazione, scherzando. Qualsiasi cosa, tranne quella che uscì dalle sue labbra.
«Ti amo.»
L’aveva detto. L’aveva fatto davvero? Non è che la mie orecchie mi avevano giocato un brutto scherzo? Sarebbe stato parecchio crudele, da parte loro.
Boccheggiai per qualche secondo, mentre sentivo gli angoli degli occhi pizzicare. Cielo, sarei scoppiata in lacrime da un momento all’altro. Nel frattempo, Louis mi guardava con la coda dell’occhio e continuava a sorridere.
«Vuoi che te lo ripeta, bambolina?» domandò, per niente imbarazzato.
«Si, se non ti dispiace. Credo di non averlo sentito bene.» mormorai, con voce un po’ più acuta del normale. Non piangere, mi imposi.
«Ti amo.»
L’aveva detto di nuovo. E questa volta l’avevo sentito.
«Dillo ancora.»
«Ti amo.»
«Ancora.»
«Ti amo. Dai, che hai capito, Cass.» rise, prima di voltarsi completamente verso di me e sorridere. Se solo non stesse guidando, l’avrei baciato.
«Mi ama…» sussurrai.
«Sai, a questo punto dovresti dire qualcosa anche tu.» mormorò. Lo guardai, un po’ stralunata e ancora incredula. Louis Tomlinson mi amava. Amava me. Cassidy Montgomery. Mi amava.
«Ho una fame incredibile.» risposi, perciò.
Louis scoppiò a ridere, poi fermò la macchina e spense il motore. Non appena ebbe slacciato la cintura di sicurezza, lo baciai con slancio.
«Ti amo anch’io.»
 
 

 
***
 

 
 
La cena era andata alla perfezione: Johannah era stata dolce e gentile, come al solito, e mi aveva trattato con affetto, rivolgendomi qualche complimento sincero e anche qualche presa in giro. Non riusciva ancora a credere che io e Louis stessimo insieme davvero. Le sembrava talmente strano che ogni due per tre, anche mentre mangiavamo, ci fissava.
Dopo l’ennesima occhiata incredula, Louis era scoppiato a ridere e mi aveva baciata.
Così, davanti a tutti. Io ero arrossita fino all’inverosimile, le gemelle aveva fatto un verso schifato e Charlotte e Félicité si erano limitate a ridacchiare.
«Visto, mamma? Te l’avevo detto che sarebbero finiti insieme.» commentò Lottie, poco dopo. Mi sorrise ed io non potei fare a meno di ricambiare: era adorabile. E Louis era davvero fortunato ad avere delle sorelle come le sue. A quanto pareva, lo amavano tutte quante alla follia, sia la madre, che le sorelle e, be’, anche io.
«Sai, in realtà è stato piuttosto difficile.» rivelò Louis, passando un braccio intorno alle spalle della sorella. A giudicare dallo scintillio dei suoi occhi, capii che stava per raccontare com’erano andate le cose la sera della festa.
Perciò alzai gli occhi al cielo e, mentre Louis raccontava alle sorelle come eravamo finiti insieme, aiutai Johannah a sparecchiare.
«Sai…» disse, mentre le allungavo uno dei tanti piatti da lavare «Da quando ti conosce, Louis è cambiato.» non lessi alcuna accusa, nella sua voce, forse solo un profondo sollievo.
«In peggio?» domandai, sperando davvero che la risposta fosse negativa. Non avrei sopportato di essere un problema per la famiglia Tomlinson.
«No, cara. In meglio. Da quando è andato a vivere con Harry, è cambiato. Non è colpa di nessuno, credo solo che tutta questa indipendenza gli abbia fatto vedere le cose in modo diverso. Poi sei arrivata tu, e lui è tornato quello di sempre. Lottie se ne è accorta subito. È molto legata al fratello ed è sensibile ad ogni suo cambiamento. Perciò si è accorta che Louis non era più lo stesso: un po’ troppo vanitoso, sbruffone e… non lo so. Ma ora è tutto come prima. E il merito è tuo.»
Rimasi in silenzio per qualche istante, riflettendo per bene sulle parole di Johannah. Non potevo darle torto: anche io avevo notato il cambiamento in Louis. Rispetto all’inizio dell’anno, era molto più rilassato. Forse gli avevo davvero fatto bene.
Per una volta, non avevo deluso nessuno.
Perciò mi limitai a sorridere. Non avevo bisogno di dire nient’altro.
 


 
***
 


 
Ciao, miei tesori (?)
Okay, scherzo. Alors, ecco a voi il nuovo capitolo. E’ fresco fresco di giornata, perciò spero che vi piaccia. L’ho scritto di getto e non so proprio cosa ne è uscito.
Personalmente, amo la seconda parte, è in assoluto la mia preferita.
Vorrei dire un paio di cosette, ora: tanto per iniziare vi ringrazio per le 12 recensioni, che erano assolutamente in aspettate ma che ho gradito tantissimo. Mi fa piacere che mi diciate cosa pensate della storia, perché mi sto davvero impegnando a portarla avanti. Perciò grazie davvero, siete meravigliose.
Vorrei ringraziare anche le 58 persone che l’hanno inserita tra le ricordate, le 36 che l’hanno messa tra le preferite e le 5 ricordate. Grazie.
Vi adoro davvero.
 
Poi, altra informazione: ho pubblicato lo spin-off su Melanie e Liam. Non sarà lungo, al massimo cinque capitoli. Perciò, mi farebbe davvero tanto piacere che passaste a commentare. L’ho scritto perché molte di voi mi hanno detto di adorare Liam e Mel e volevo darvi una visione un po’ più completa. Spero l’apprezzerete, perché ci conto.
Ecco, vi lascio qui il link.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Chapter 14. ***


Chapter 14.
 
 


 
Dopo cena, raggiungemmo il resto del gruppo a casa di Harry e Louis, come proposto da Niall quella mattina stessa.
Non appena mettemmo piede in casa, mi fu chiaro che la situazione non era propriamente delle migliori: non sapevo ancora perché, ma sembrava che Doncaster – o forse ero solamente io – attirava disgrazie come il miele attira le mosche.
I ragazzi erano tutti riuniti in salotto. Zayn sedeva sul tappeto e fumava una sigaretta con aria pensierosa, mentre Harry giocherellava nervosamente con il ciondolo della collana che portava. Niall, Liam e Melanie discutevano animatamente in un angolo, riguardo ad un argomento che non riuscii a capire immediatamente.
Non mi accorsi dell’occhiata d’intesa che Louis scambiò con Harry, perché ero troppo impegnata ad osservare le mani di Liam e Melanie. Poteva significare solo una cosa: che Liam si era finalmente svegliato e aveva fatto quella maledetta dichiarazione.
Corsi da Melanie, la sottrassi dalla presa di Liam e la trascinai in cucina. Poi chiusi la porta e mi sedetti sul tavolo con le gambe a penzoloni. Volevo sapere ogni cosa.
«Allora?» domandai, entusiasta.
Le guance di Mel si tinsero di rosso, rendendola adorabile. Sorrisi, intenerita e con un cenno della mano la incitai a parlare.
«Stiamo insieme!» esultò, cominciando a saltellare, piena di felicità. Scoppiai a ridere, balzai giù dal tavolo e la abbracciai con forza. Ero così contenta per lei, che quasi mi veniva da piangere. Quei due si meritavano assolutamente di essere felici. Insomma, Mel si era lasciata alle spalle la storia con Jason e Liam si era reso conto di essere innamorato. Cosa poteva esserci, di meglio?
«Sono così felice!» cinguettai, prima di lasciarle un bacio sulla guancia.
«Dai, raccontami tutto…» continuai, poi. Ero così curiosa di sapere com’era andata, che non stavo più nella pelle. Perciò era meglio che Mel si sbrigasse a parlare o sarei corsa da Liam a farmi raccontare ogni dettaglio.
«Be’, dopo che siamo andati via da casa tua, Liam mi ha detto che doveva parlarmi. Ha iniziato a dire che la storia della scommessa era in assoluto una cavolata, che se avessi finito per innamorarmi di Harry avrei sofferto, che Jason non si sarebbe arreso e che lui non ci sarebbe stato, quando Harry mi avrebbe lasciato.»
Inarcai un sopracciglio, per niente stupita dalla stupidità di Liam. Cielo, era così tonto, certe volte.
«Il solito pollo.»
Melanie ridacchiò. «Già. In ogni caso, gli ho fatto presente che non aveva alcun diritto su di me e che se era geloso erano affari suoi. Se proprio ci teneva, avrebbe potuto proporsi lui come finto fidanzato.»
«E lui?»
«Ha detto che non aveva motivo per farlo.»
«Diventa più cretino ogni secondo che passa.» commentai, alzando gli occhi al cielo. Mel annuì, mi diede ragione e proseguì.
«E allora gli ho tirato uno schiaffo. Sai, di quelli belli forti, da manuale. Si è sentito proprio lo schiocco. Mi sono girata per andarmene – come una vera diva, tra l’altro. Avresti dovuto vedermi – ma Liam mi ha afferrato per un braccio, mi ha spinta contro il muro e mi ha baciata.» arrossì lievemente.
«E tu?»
«Gli ho tirato un altro schiaffo. E poi l’ho baciato.»
Vedete? Sono perfetti per stare insieme. Idioti alla stessa maniera. Credo che non esista al mondo una coppia migliore. Abbracciai di nuovo Mel, sinceramente felice per lei. Dopo tutto quello che Jason le aveva fatto passare, meritava qualcuno in grado di prendersi cura di lei.
Finalmente, le cose iniziavano a sistemarsi.
 
 
 
***
 
 
 
«Finita la riunione di condominio?» domandò Harry, con un sorriso divertito. Non sembrava per niente dispiaciuto del fatto che il piano del finto – fidanzamento fosse giunto al termine. Ero certa che gli dispiacesse fare un torto del genere a Liam. E comunque, avevo notato che nei pochissimi giorni che Mel ed Harry avevano portato avanti la farsa – solo uno, in effetti. Chi l’avrebbe mai detto che Liam avrebbe resistito così poco? – i rapporti tra Liam e quest’ultimo si erano decisamente raffreddati.
Ovviamente, sapevano tutti quanti che avevo trascinato Mel in cucina per spettegolare un po’ e non sembravano minimamente infastiditi. Solo Liam teneva lo sguardo basso, forse perché si aspettava che da un momento all’altro l’avrei preso per il culo.
Cosa che feci, per l’appunto, non appena mi sedetti sul divano.
«Liam, che hai fatto alla faccia?»
Mel mi scoccò un’occhiataccia, poi ridacchiò e lasciò un bacio sulla guancia di Liam, che le sorrise. Cavolo, erano così carini, insieme! Ancora non ci credevo.
Louis mi circondò le spalle con il braccio e mi baciò sui capelli. «Potresti non prenderlo per il culo? Per noi ragazzi essere picchiati da una donna è un po’ umiliante.» disse. Come al solito, quando c’era da prendere un po’ in giro, Louis era in prima linea. Risi, divertita.
«E va bene. Per oggi ti lascio in pace, Liam.»
«Grazie, Cass. Sei davvero gentile.» borbottò lui, risentito.
Per qualche secondo cadde di nuovo il silenzio, poi mi ricordai della strana sensazione che avevo avuto poco prima e cercai conferma negli occhi di Niall: mi ero accorta che faceva di tutto per non incrociare il mio sguardo, ed era una cosa che non sopportavo. Era sempre stato sincero, con me, per quale motivo adesso faceva così?
«Niall…» lo chiamai. Sollevò il viso, sostenne lo sguardo per un secondo e lo riabbassò. Nei suoi occhi lessi il senso di colpa, anche se non riuscii a collegarlo a niente. Poi, facendo mente locale, pensai a Mallory.
«Gliel’hai detto!» accusai, un po’ delusa. Davvero, non volevo che Louis venisse a saperlo.
«L’ho costretto io. Andiamo, bambolina, non avrai davvero creduto che mi fossi dimenticato di Etienne?» domandò Louis, tremendamente serio. Mi morsicai l’interno della guancia: il solo sentire il nome di Etienne, mi faceva venire l’orticaria. Lo detestavo così tanto che se me lo fossi trovato davanti, probabilmente lo avrei ammazzato con le mie mani.
Ma a chi volevo darla a bere? Me ne sarei rimasta immobile, paralizzata. Così come quando mi aveva scaricata davanti a tutti. L’umiliazione bruciava ancora e non l’avrei dimenticata tanto facilmente.
E, in più, mi sentivo tradita da colui che reputavo il mio migliore amico e dal ragazzo che amavo. Mi sembrava come se entrambi non si fossero fidati di me. Mi alzai di scatto e cominciai a camminare avanti e indietro per il salotto.
«Calma, Cass…» mormorò Zayn, spegnendo il mozzicone della sigaretta nel portacenere. Lo fulminai con un’occhiataccia.
«Calma? Come posso stare calma? Avanti, sentiamo, che avete fatto?» domandai, nervosa. Perché era ovvio che Niall non si era limitato a dire che Mallory sapeva di Etienne. C’era qualcos’altro sotto, qualcosa che non mi sarebbe piaciuto affatto.
Me lo confermarono lo sguardo di Harry, le guance rosse di Niall, l’ennesima sigaretta di Zayn e, soprattutto, Louis. Per la prima volta da quando lo conoscevo, non sorrideva.
Niente. Era gelido, completamente.
«Allora?»
Nessuno mi diede una risposta, perciò feci l’unica cosa che reputai giusta: me ne andai.
 
 
 
***
 
 
 
Nervosa, delusa e sull’orlo del pianto, mi avviai verso casa. Scalciai con furia un sassolino dal marciapiede, spedendolo in mezzo alla strada.
La rabbia aveva spazzato via la delusione e, ormai, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che tutti coloro che credevo amici avevano agito alle mie spalle. Soprattutto Niall, che nonostante avessi pregato di tenere la bocca chiusa con Louis, non si era fatto alcuno scrupolo nello spifferare la verità.
«Come ci si sente, Cassidy?» la voce di Mallory mi raggiunse alle spalle, con quel suo solito timbro acuto e un po’ strascicato.
«Di bene in meglio…» borbottai. Ero completamente decisa ad ignorarla. Figurarsi se avevo voglia di mettermi a discutere anche con lei. Mi era bastato l’incontro a casa di Louis, non ero ancora pronta per il secondo round.
Perciò sorpassai Mallory, con tutto l’intento di lasciarmela alle spalle come se fosse una pessima apparizione, ma ovviamente la fortuna non giocava a mio favore.
Mallory mi afferrò per un braccio.
«Rispondimi, ragazzina.» intimò. Mi scostai bruscamente, infastidita, mentre la voglia di tirarle un bel pugno su quel naso rifatto si affacciava tra i miei pensieri.
D’accordo essere contro la violenza, ma quando era troppo era troppo.
Feci un respiro profondo, per calmarmi. Sinceramente, non avevo voglia di starle dietro, o di ascoltare ciò che aveva da dire: mi avrebbe solo insinuato il tarlo del dubbio. Ne avevo abbastanza dei suoi stupidi giochetti.
«Non mi toccare.» l’avvertii, prima di tornare sui miei passi. Non volevo darle l’opportunità di ferirmi, di distruggermi e di farmi sentire uno schifo. Era quello che voleva ed io ero troppo orgogliosa per concederglielo così facilmente.
«Che paura.» rise, prima di portare i capelli biondi dietro alla schiena con un colpo secco. Le diedi le spalle e continuai a camminare.
«Il tuo fidanzatino ti ha raccontato cos’è successo oggi?» urlò. Quelle parole mi fecero immobilizzare di colpo. Cos’era successo? Cos’aveva fatto Louis? E perché dovevano tenermi al segreto di quello che accadeva? Non avevo forse tutto il diritto di sapere la verità?
«Cos’è successo?» farfugliai, confusa e un po’ in preda al panico.
«Prova a chiederlo a lui…» con un cenno del capo, Mallory indicò il lato opposto della strada. Illuminato appena dalla luce fioca del lampione, c’era Etienne.
Le gambe mi cedettero praticamente all’istante e mi trovai accasciata sul marciapiede, priva della forza necessaria per alzarmi. Cos’avevo detto, prima? Che avrei l’picchiato? Come no, non riuscivo neanche a respirare, a momenti.
Poi delle mani che conoscevo piuttosto bene, mi aiutarono ad alzarmi, delicatamente e con estrema gentilezza. Quasi fossi fatta di cristallo, quasi temessero che mi spezzassi da un momento all’altro.
Louis mi amava, ed era lì. E mi sorreggeva con fermezza. Mi lasciò un bacio sulle labbra, delicato. Sapevo che Etienne sarebbe ricomparso, prima o poi.
Quello che non avevo minimamente immaginato, invece, era che al mio fianco ci sarebbe stato un ragazzo meraviglioso, pronto ad affrontare la situazione.
«Ho parlato con Mallory, questo pomeriggio. Volevo essere certo che ti lasciasse in pace, ma alla fine mi ha detto che Etienne era di nuovo in città e che questa sera sarebbe venuto a casa tua. Ho chiesto a mia madre di anticipare la cena, in modo che lui non ti trovasse. Mi dispiace, Cass. Se te ne avessi parlato, forse sarebbe stato meglio…» spiegò, con dolcezza.
Ecco cosa c’era, di strano. Ed io ero stata stupida, a pensare che i ragazzi – che Louis – macchinassero alle mie spalle. Semplicemente, avevano voluto proteggermi da qualcuno che, a tutti gli effetti, riusciva ancora a ferirmi con la sua semplice presenza.
«Scusami.» farfugliai, tra le lacrime. Louis scosse la testa.
«Scusami tu, bambolina. Questo era esattamente quello che volevo evitare. Vederti in lacrime è una cosa che non riesco a tollerare.» annuii e mi sfregai i pugni sulle guance. Forse potevo affrontare Etienne, a patto che Louis fosse rimasto al mio fianco. Cosa che sembrava del tutto intenzionato a fare. Era questo che significava, amare qualcuno con tutto se stessi? Trovare il coraggio di affrontare le proprie paure – perché Etienne era quello, per me – a viso scoperto, sapendo di non essere soli. Improvvisamente, lo sguardo gelido di Etienne non mi fece più così tanta impressione. Tutta la paura svanì, quando Louis mi prese per mano e intrecciò le sue dita con le mie.
«Ora andiamo a parlarci, lo mandi a fare in culo e ce ne torniamo a casa, d’accordo, bambolina?» propose.
Attraversammo la strada, diretti verso Etienne. Non era cambiato affatto: aveva ancora quell’espressione strafottente che faceva cadere ai suoi piedi chissà quante ragazzine ingenue. Come lo ero stata io tre anni prima.
«Ciao, piccola.» mormorò. Neanche la voce era cambiata. Sempre quel tono mellifluo, ammaliante. C’era una sostanziale differenza, ora: non tremavo più.
Strinsi la presa sulla mano di Louis, che ricambiò con tranquillità e si fece ancora più vicino. Lo sentivo nervoso e sapevo che moriva dalla voglia di tirare un pugno contro il bel faccino di Etienne. Così come sapevo che si sarebbe trattenuto pur di non farmi agitare inutilmente. Anche se avevo idea che quel “piccola” non gli fosse piaciuto affatto.
«Cosa fai qui, Etienne?» domandai, inespressiva.
«Sono qui per te, ovviamente.» ridacchiò, prima di passarsi una mano tra i capelli.
«Ovviamente non mi interessa. Perciò puoi anche tornartene da dove sei venuto.» se non fossi stata tanto nervosa, mi sarei fatta un applauso. Davvero, fui così convincente che Etienne, per un secondo, rimase spiazzato. Poi cominciò a ridere e io iniziai a pensare che, forse, spaccargli la testa contro il palo non era poi un’idea così malvagia.
«Hai tirato fuori gli artigli, vedo. Mi piacciono le ragazze aggressive.»
Decisi che avrei contato fino a dieci, dopodiché avrei tirato un calcio sui suoi gioielli di famiglia, in modo che non avrebbe più potuto usarli con qualche sprovveduta. Qualcuno, però, mi precedette.
E non fu Louis, ma Melanie, che sferrò un calcio esattamente in mezzo alle gambe di Etienne, che si accasciò a terra stringendosi la zona infortunata.
«Ti piacciono le ragazze aggressive, eh?» ringhiò, assottigliando gli occhi scuri.
E, questa volta, applaudii sul serio. Altro che delusione! Avevo degli amici che spaccavano il culo ai passeri. Di certo, non avrei più dubitato di nessuno di loro.
Erano tutti lì.
Liam, che osservava Melanie con occhi pieni di stima e di preoccupazione; Harry che ridacchiava senza ritegno; Niall, che sgranocchiava dei pop-corn con aria soddisfatta e Zayn, che si limitava a sorridere impenetrabile, con la sigaretta tra le labbra.
«Non finisce qui.» ringhiò Etienne.
«Invece si. Se ti fai vedere di nuovo in giro, te la vedrai con me.» minacciò Louis, serio.
«Dovrei essere spaventato?»
«Si, dovresti.»
E fu così, che Etienne uscì definitivamente dalla mia vita.
 
 
 
***
 
 
 
Buonsalve, ragazze ^^
Come state? Spero bene e blablabla. Allora, ho un paio di cosucce da dire, su questo capitolo e sulla storia in generale.
Tanto per iniziare, avrete notato che è un po’ più lungo degli altri, no? Non tanto, solo due pagine di Word in più, ma spero comunque che non vi abbia annoiato!
Poi, la seconda cosa, quella più importante: è che ho ufficialmente concluso la storia: saranno in tutto 17 capitoli + epilogo. Perciò si, siamo quasi giunti al termine.
Oddio, ancora non ci credo, sapete? Fa uno strano effetto!
In ogni caso, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. A me la prima parte non convince molto, preferisco di gran lunga la terza.
Voi che ne pensate? Fatemelo sapere!
 
Terza cosa: vorrei ringraziare le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e tutte coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate e anche a chi legge soltanto. Vorrei invitarvi a commentare, se vi và. Su, non siate timide!
In ogni caso, grazie di cuore!
 
Pooooi – lo so, oggi sto rompendo – siccome la storia è finita, gli aggiornamenti saranno più veloci, nel senso che non aspetterete più due/tre settimane. Pensavo di pubblicare una volta a settimana, tempo permettendo. Sempre di lunedì. D’accordo?
 
Ultimissima cosa, poi smetto di tormentarvi, ho pubblicato il MissingMoment su Liam e Melanie. Saranno solo cinque capitoli, molto corti, niente di impegnativo, mi piacerebbe avere una vostra opinione in merito, grazie ^^
Per leggerla, basta cliccare sul banner.



 
 
Infine, per chi volesse mi trova su Twitter come @FTheOnlyWay
Seguitemi!
 
Bien, ho finito.
Vi adoro,
Fede.  

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Capitolo 16
*** Chapter 15. ***


Chapter 15.
 
 
 






«Stavo pensando…» rivolsi un’occhiata fintamente strabiliata a Louis, che alzò gli occhi al cielo e ridacchiò.
«Lo so che è strano, ma ogni tanto capita anche a me.» commentò. Annuii, come a dargli ragione, e lasciai che continuasse a giocare con una ciocca dei miei capelli. Eravamo sdraiati sul divano, a casa sua, e stavamo aspettando che Harry rientrasse con le pizze.
Mi piaceva stare con Louis. Incredibilmente, nonostante avesse fama di essere un gran bastardo, uno che cambiava ragazza una volta a settimana, uno che pensava solo al sesso o cose di questo genere, quando stava con me non era niente di tutto ciò.
Certo, faceva sempre le sue solite battutine imbarazzanti, ma erano sopportabili.
«Non è solo strano: è addirittura stupefacente.» commentai, tranquilla.
«Molto simpatica, bambolina. Dai, dico sul serio.» proseguì, agitandosi lievemente. Lo guardai, confusa. Possibile che ci fosse già qualcosa che non andava? Insomma, stavamo insieme da così poco tempo, e mi aveva già presentato ufficialmente. Non poteva essersi già stancato, vero?
«Oh, d’accordo. È per qualcosa che ho detto?» chiesi, un po’ preoccupata. Mi faceva strano, vederlo così serio.
Louis negò con il capo, poi si sistemò meglio su un fianco e si voltò completamente verso di me. Mi imbambolai un attimo a fissare i suoi occhi azzurri, come una perfetta deficiente, poi mi riscossi.
«E allora? Dai, Lou, non tenermi sulle spine!» brontolai.
«Mi chiedevo dove fosse tuo padre.»
Ecco. Forse era meglio stare sulle spine ancora un po’. Non è che mi andasse così tanto, di raccontare di papà. Anzi, per i miei gusti mi ero anche aperta fin troppo: solo la settimana prima avevamo completamente cancellato Etienne dalle nostre vite. Ora il suo non era altro che un ricordo. Fastidioso, certo – e ancora un po’ doloroso – ma pur sempre un ricordo.
Mi divincolai dall’abbraccio di Louis, un po’ nervosa. Mi alzai dal divano e cominciai a camminare avanti a indietro. Louis mi osservò, in silenzio. Non sapevo perché, ma all’improvviso il suo sguardo mi sembrò fin troppo consapevole, per essere uno che non aveva idea di quello che stavo per raccontargli.
«Lo sai già, non è vero?» domandai, bloccandomi esattamente davanti a lui, con le mani piantate sui fianchi e un’espressione a metà tra il rassegnato e l’infastidito.
Louis annuì, poi mi afferrò per un braccio e mi tirò in braccio a lui. Gli allacciai le braccia al collo e sospirai.
«Dopo che il suo datore di lavoro l’ha licenziato, papà è caduto in depressione. Dopo la depressione è arrivato l’alcool. All’inizio non era niente di preoccupante… Insomma, beveva un bicchierino dopo cena. Poi, di punto in bianco, ha cominciato a diventare scontroso, scorbutico e un po’ troppo possessivo. Ha costretto mamma a lasciare il lavoro, ma pretendeva i soldi per comprarsi da bere. Mamma ha provato ad accontentarlo in tutti i modi. Ha chiesto soldi ad alcune amiche – forse anche a tua mamma, ma non sono sicura – ma a papà non bastavano più. Fino a che una sera non ha perso la testa, e l’ha aggredita. E non credo nemmeno che fosse la prima volta.
Quando sono rientrata, mamma stava provando a farlo ragionare. Gli diceva che insieme potevano superare tutto, potevano aiutarlo a stare meglio, sai, tutte quelle cose che si dicono in questi casi. Papà ripeteva che stava bene, che gli servivano solo un po’ di soldi, così gli ho dato tutti i miei risparmi. Non volevo che picchiasse mamma un’altra volta. E poi, poi ha finito anche i miei soldi, e si è arrabbiato, perché anziché perdere tempo a scuola avrei dovuto lavorare. A quel punto mamma ha deciso di averne abbastanza, e ce ne siamo andate.» terminai il discorso tra i singhiozzi, stringendomi a Louis come se fosse la mia unica ancora di salvezza. Lui sospirò, mi passò le mani sulle guance e mi lasciò un bacio sulla tempia.
«Non è giusto.» farfugliai, in preda al pianto. E in più mi vergognavo così tanto, per essermi mostrata tanto debole di fronte a Louis, che non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi.
«E sai qual è la cosa peggiore? Che nonostante tutto io gli voglio ancora bene! Anche se lo schiaffo che mi ha tirato brucia ancora, se solo ci penso!» aggiunsi, in pieno delirio sconclusionato. Per quanto tempo avevo tenuto dentro tutto quello? Certo con mamma non potevo parlare di una cosa del genere, si trattava pur sempre dell’uomo che aveva amato con tutta sé stessa ed ero sicura che era pronta a perdonarlo, se solo si fosse ripresentato. Non potevo dirle che ero confusa, perché lo odiavo ma mi mancava, perché gli volevo bene.
«E se tornasse, probabilmente lo perdonerei! E sai cosa? Non dovrei farlo, perché è stato debole, ed ha preferito affogare i dispiaceri nell’alcool anziché rimboccarsi le maniche! E mi vergogno, a volte, di essere sua figlia, perché forse sono come lui, perché forse anche io mi sarei comportata allo stesso modo, nella sua situazione… e poi»
Le labbra di Louis sulle mie mi impedirono di proseguire ancora, bloccando quel puro delirio con un bacio che ebbe lo straordinario potere di farmi sentire molto meglio.
«Tu non sei come lui, Cassidy.» cominciò «E io faccio schifo con i discorsi, è Liam quello bravo, tra di noi. Perciò ascoltami, anche se probabilmente dirò un sacco di cazzate e non capirai una sola parola: tu non sei tuo padre. E tutti noi sbagliamo. Tu, io – soprattutto io – Harry, Melanie, tutti. Non c’è nessuno che si salva. Ma ogni errore è diverso. Ed io scommetto che tu saresti stata pronta a lasciare la scuola, per aiutare tuo padre. E vuoi sapere cos’altro scommetto? Scommetto che tra esattamente diciotto secondi, Harry rientrerà con le pizze, dirà “Ehi, gente, piantatela di copulare sul divano e andiamo a mangiare, che ho fame”. E sai perché lo so? Perché lo conosco. E so anche che tu non sei come tuo padre, bambolina. Perché ti conosco. Cioè, non così bene, perché sei brava a tenere per te i cazzi tuoi, ma le cose ti si leggono in faccia lo stesso. Quindi non darti colpe che non hai e dammi retta. Ora: sono passati quindici secondi. Perciò uno, due, tre!»
 
 
***
 
 
«Ehi, gente, piantatela di copulare sul divano e andiamo a mangiare, che ho fame.» Harry si precipitò in cucina, rischiando di inciampare un numero imprecisato di volte per colpa dei cartoni della pizza, che gli intralciavano la visuale di parecchio.
Io rivolsi a Louis un’occhiata strabiliata, ammirata e decisamente incredula. Lui ridacchiò, alzò le spalle come a dire “visto?” e mi lasciò un altro bacio sulle labbra.
«Ammettilo, non te l’aspettavi.»
«Incredibile.» mormorai «Ha detto esattamente così.» raggiungemmo Harry in cucina.
«Cass, tutto bene?» domandò Harry, confuso di fronte alla mia faccia. Dio, dovevo essere orribile.
«Ora sì.» gli sorrisi, afferrai una fetta di pizza con le mani e cominciai a mangiare.
«Sapete chi ho incontrato in pizzeria?» domandò Harry, mentre si versava una quantità spropositata di Coca-Cola in un bicchiere grande quanto un vaso da notte.
«Mallory!» si affrettò a spiegare.
Louis scosse le spalle, io borbottai un “che culo”, seccata. Harry rise, prima di cominciare a raccontare per filo e per segno la conversazione che aveva avuto con Mallory. Alla fine, sembrava che lei non avesse accettato proprio di buon grado che io e Louis stessimo insieme e aveva ribadito più di una volta che io non sarei mai stata all’altezza di Louis, soprattutto sotto le lenzuola, dove lei sapeva decisamente come muoversi. A quel punto del discorso ero arrossita vistosamente, Louis aveva ridacchiato e si era beccato un pugno non proprio affettuoso sul braccio.
«Beh, è vero che non è affatto male. Sai, Mallory ce la siamo passati tutti. Però tu sei molto più simpatica, Cass.» aggiunse Harry.
«Molto consolante, davvero. E molto di classe, devo dire. Non so se sia più zoccola lei o se siate più tristi per esservela fatti tutti e cinque.» commentai, un filino disgustata. Si poteva essere così squallide?
«Non c’è bisogno di prendertela, Cass. E poi ti assicuro che Louis và in bianco già da un sacco di tempo. Anche da prima che vi metteste insieme.» rivelò. Louis quasi si strozzò con l’acqua. Io scoppiai a ridere, imbarazzata, ma felice allo stesso tempo. Ci teneva davvero, allora.
«Che bisogno c’era di dirlo?» borbottò, infastidito e un po’ rosso in viso. Non credevo che l’avrei visto arrossire una seconda volta, non dopo l’insinuazione fatta da Johannah la volta che erano venuti a cena: sembrava già lontana anni luce.
«Ma è la verità!»
«Sei un coglione, Harry.»
«E dai, Tommo, non prendertela. Certo, sarai un po’ frustrato, abituato com’eri…»
«Piantala!»
«Ma se ti sei fatto mezza Doncaster! È giusto che Cass sappia la verità!»
«Che stronzo.»
«Harry!» lo richiamai, trattenendomi a stento dallo scoppiare a ridere in faccia a Louis, che sembrava  «Finiscila, credo di aver afferrato il concetto.»
«Mi dispiace, Louis. Credo sia meglio finirla qui.» sibilai, guardandolo con freddezza.
Louis sbiancò, prima di rivolgere un’occhiata risentita ad Harry e voltarsi completamente verso di me.
«Non farmi questo, Cass. Ti giuro che sono cambiato.»
«Non posso credere che tu ci sia cascato. Quanto sei scemo.» risi.
«Sapete cosa siete? Due stronzi! Soprattutto tu!» mi accusò «Mi hai fatto prendere un infarto!» si portò una mano al cuore, teatrale.
«Santo cielo, Louis, non pensavo ci avresti creduto sul serio! Fai sempre l’uomo senza cuore, quello che fa strage di cuori e blablabla e poi mi caschi su una cosa così?» lo presi in giro, prima di lasciargli un bacio sulla guancia e precipitarmi verso il soggiorno, dove il mio telefono aveva cominciato a suonare.
 
 
***
 
 
«Mamma? Che succede, stai bene?» chiesi, spaventata. Mamma non mi chiamava mai, se non in casi eccezionali.
«Tesoro, credo sia meglio se stasera non torni a casa, a dormire. Credi di poter rimanere da Louis? Ho già avvertito Johannah, dovrebbe chiamarlo a momenti.»
La sua voce mi spaventò parecchio: era da quando avevamo lasciato Halifax che non la sentivo così.
«Ma cosa succede?» insistetti, passandomi una mano tra i capelli.
«Niente di cui preoccuparti. È tutto okay.»
«Mamma…»
«Tranquilla, tesoro. È tutto a posto, ti spiego domani.»
«Davvero?»
«Certo. Te lo prometto.»
«D’accordo. Allora ci vediamo domani.»
«Si. Buonanotte, tesoro. Ti voglio bene.»
«Anche io, mamma.»
Una volta chiusa la conversazione, rimasi a fissare il telefono, forse nella speranza che mamma richiamasse e mi dicesse cosa diavolo stava succedendo.
«Ehi, bambolina, mi ha appena chiamato mia madre…» urlò Louis, dalla cucina. Ancora un po’ stranita dalla conversazione appena conclusa, lo raggiunsi.
«Si, lo so. Pare che rimarrò qui a dormire.» informai.
«Vado a preparare l’altra stanza?»
«Non dire assurdità, possiamo dormire insieme senza nessun problema. Se ti và. Se poi preferisci stare da solo non c’è problema.»
«Ora non dire tu assurdità.» mi rimproverò, divertito.
«Come potrei dormire, sapendo che tu sei nell’altra stanza?»
«FRUSTRATO!» urlò Harry, che nel frattempo era salito in camera sua a cambiarsi.
Scoppiai a ridere, divertita.
Un momento dopo, però, tornai seria. Cosa stava succedendo?
Cominciavo a pensare che ci fosse qualche entità sconosciuta che ce l’avesse con me, perché non facevo in tempo a risolvere un problema, che subito se ne presentava un altro.
In ogni caso, ero a buon punto, non c’erano più tante cose che potessero rovinare la mia vita. Etienne era un caso chiuso, Mallory aveva rinunciato e Mel e Liam stavano insieme.
L’unico, grosso ostacolo che mi separava dalla felicità era la situazione di mio padre. Non mi aspettavo che miracolosamente tutto tornasse come prima, che io, lui e mamma fossimo di nuovo una famiglia felice, ma in cuor mio speravo ci fosse una soluzione.
E se il “niente di cui preoccuparmi” fosse stato proprio papà? Non mi restava che aspettare l’indomani, per scoprirlo. Intanto, avrei dovuto superare quella notte.
 



 
***
 



Avete visto come sono stata brava? Ho rispettato i tempi, così, dopo una settimana esatta, ecco l’aggiornamento!
Ho un paio di cosucce da dire – tanto per cambiare! – perciò, spero che ci sia qualcuno che legge questa sottospecie di “spazio autrice” (se si può chiamare così)…
Be’, credo non vi siate dimenticate che i problemi di Cass, principalmente, erano tre: Louis, Etienne e il padre. Piano piano, sono stati risolti. Prima Louis, poi Etienne, ne resta solo uno, che personalmente ritengo il più delicato da trattare. Infatti ero molto indecisa se parlarne o meno e la scena in cui Cass racconta la storia nei dettagli non mi convince un granché. Mi rendo anche conto che purtroppo è un argomento fin troppo banale e trattato nelle FF, ma ce l’avevo in mente fin dall’inizio e, dopotutto, il motivo per cui Cassidy e sua madre si trasferiscono a Doncaster è proprio l’alcolismo del padre. Perciò non volevo lasciarlo in sospeso.
Ho cercato comunque di sdrammatizzare un po’, anche perché la storia non ha una piega tanto tragica, quindi mi sembrava esagerato andare sul melodrammatico. E si, il racconto è triste ed effettivamente un po’ drammatica, ma come avrete capito amo il lieto fine, perciò… basta così, o va a finire che spoilero tutto!
Poi, vorrei ringraziare tutte le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, le 52 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le 8 ricordate e le 76 seguite! Siete davvero in tante e ve ne sono veramente grata! Significa molto, per me.
Bene, ho detto tutto!
Grazie mille per essere arrivate fino a qui!
Vi adoro,
Fede.  
 
 

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Capitolo 17
*** Chapter 16. ***






Chapter 16.

 
 
 
«Avresti un pigiama da prestarmi?» chiesi, affacciandomi timidamente nella stanza di Louis. All’improvviso, mi ero quasi pentita di essere sembrata tanto tranquilla all’idea di dormire con lui. Come avevo fatto ad uscirmene con una frase del genere? “Possiamo tranquillamente dormire insieme.” Insomma, non ci credevo neanche io. E se Louis si fosse aspettato qualcosa? Sapevo che, in tutta probabilità, era abituato a fare tutt’altro nel letto. Anzi, dubitavo che qualcuna si fosse mai fermata a dormire.
E se avesse voluto la stessa cosa anche da me? Non ero pronta per avere con Louis una relazione che comprendeva anche il sesso. Proprio no. Forse ero ancora bloccata per quella storia di Etienne, forse mi spaventava l’idea che stare con Louis mi sembrasse così naturale. Lo amavo. E lui mi amava, quello lo sapevo. Avevo l’impressione di stare con lui da sempre, perciò mi spaventava che dopo così poco tempo che stessimo insieme, lui fosse già diventato una parte integrante e assolutamente fondamentale della mia vita.
«Mi sembri un po’ nervosa, bambolina.» mormorò, tranquillo. Si avvicinò, reggendo in mano dei pantaloncini verdi e una maglietta gigante, bianca.
Scossi la testa, ma evidentemente non gliela diedi a bere.
«Cosa c’è che non và?» domandò, curioso. Sorrisi, quando allungò un braccio per sistemarmi una ciocca di capelli dietro le orecchie: era un gesto che faceva spesso e che lo faceva sembrare così dolce che non riuscivo a credere che fosse lo stesso ragazzo che il primo giorno di scuola mi aveva fatto incazzare come una biscia. Scossi di nuovo la testa, ma il mio sguardo cadde comunque sul letto a una piazza e mezza.
Louis seguì la traiettoria e sul suo volto comparve un sorriso.
«Oh, capisco. Non preoccuparti, bambolina. Non ho intenzione di sfiorarti neanche con un dito, a meno che non sia tu a chiedermelo.» disse, porgendomi il pigiama con un’espressione indecifrabile. Arrossii fino alla radice dei capelli, facendolo ridacchiare.
«Sei un’idiota.» borbottai. Louis continuò a ridere, imperterrito.
«Per una volta che faccio il gentiluomo, mi devo anche beccare gli insulti.»
Alzai gli occhi al cielo, spazientita e ancora imbarazzata.
«Ma che gentiluomo e gentiluomo. Piantala, e fammi cambiare in pace.» borbottai, spingendolo fuori dalla stanza piuttosto bruscamente e chiudendogli la porta davanti alla faccia.
Ignorai la sua risata e iniziai a spogliarmi. Quando rimasi in mutande e reggiseno, la porta si spalancò. Ero pronta a gridare a Louis di uscire prima che lo picchiassi violentemente, ma mi bloccai di fronte ad Harry, che mi squadrava da capo a piedi, cercando di cogliere ogni minimo dettaglio.
«Ero venuto a darti la buonanotte…» ridacchiò, senza staccarmi gli occhi di dosso. Infilai velocemente la maglietta e i pantaloni, poi gli rivolsi un’occhiata in tralice.
«Hai tre secondi per sparire, Styles.» minacciai.
«Uno. Due.» prima che riuscissi ad arrivare al tre, Harry si era dileguato, ridendo.
«Buonanotte! E belle mutande!» urlò, dal fondo del corridoio.
«Louis! Harry ha provato a baciarmi!» urlai di rimando. Louis accorse su per le scale, con un’espressione confusa e al tempo stesso arrabbiata.
«HARRY!» sbraitò, con un tono oltraggiato che mi fece scoppiare a ridere. Harry, intanto, si era affacciato al corridoio, piuttosto confuso.
«Che c’è?»
«Come ti sei permesso?»
«Di fare che?»
«Hai provato a baciare Cassidy!» lo accusò Louis, puntandogli contro il dito indice.
«Non è vero!» negò Harry, agitando le mani. Io, nascosta dietro a Louis, continuai a ridere.
«LEI E’ MIA! CAPITO? MIA!» urlò di nuovo Louis, prima di ridere come un deficiente per l’acuto che aveva appena tirato. Dopo aver augurato la buonanotte ad entrambi, Harry tornò a chiudersi in camera, ma ancora ridacchiava.
 
 
***
 
 
Una volta rimasti da soli, sprofondai nel più completo imbarazzo. Louis dovette accorgersene, perché mi abbracciò con dolcezza e mi lasciò un bacio sulla fronte.
«Posso dormire nella stanza degli ospiti, bambolina.» propose, serio.
«No, no. È tutto a posto. Anzi, scusami se sto facendo tutte queste scene, ma sono un po’ preoccupata…» mormorai, andando a sedermi sul letto. Incrociai le gambe e osservai Louis mentre si sfilava la maglia e rimaneva con i pantaloni della tuta. Arrossii un po’, ma lui non ci fece caso. Apprezzai davvero, consapevole che gli costasse un certo sforzo, comportarsi in quel modo. Insomma, di sicuro non era abituato ad avere a che fare con ragazze che non saltavano di gioia all’idea di trovarsi nel suo stesso letto. Sospirai, poi mi infilai sotto le coperte e senza dire una parola mi voltai di lato. Era davvero preoccupata per mamma: cosa stava succedendo? E perché non mi diceva niente? non poteva credere sul serio che non mi sarei allarmata, di fronte al suo tono.
Louis spense la luce, poi si sdraiò accanto a me. Sembrava del tutto intenzionato a non sfiorarmi nemmeno con un dito e il materasso era abbastanza grande affinché ci riuscisse senza sforzo.
Ero io, però, a non volerlo così lontano. Avevo bisogno di sentirlo vicino a me, almeno per quella notte. Ed ero anche consapevole di essere del tutto contraddittoria, ma non potevo farci niente.
Così mi voltai verso di lui e gli avvolsi le braccia intorno ai fianchi. Louis mi dava la schiena, ma percepivo che era teso e mi sentii in colpa, perché probabilmente con il mio comportamento lunatico e altalenante lo stavo disorientando al punto che non sapeva come comportarsi.
Tuttavia, rimase in perfetto silenzio per qualche minuto, poi si voltò e mi strinse a sé. Sollevai lo sguardo, incontrando i suoi occhi. Anche se l’unica luce nella stanza era quella che filtrava dalla finestra, riuscivo a vedere perfettamente la sua espressione. Era combattuto, forse un po’ nervoso e un po’ triste.
«Mi dispiace di essere così.» sussurrai, nascondendo il viso nell’incavo tra il suo collo e la sua spalla. Lui mi baciò la fronte e sorrise.
«Così come?»
«Così lunatica.»
«Non dispiacerti, Cass… se tu non fossi così, probabilmente non mi piaceresti neanche.» confessò, accarezzandomi la schiena con dolcezza.
«Potresti trovare qualcuno di meno complicato.»
«E il divertimento dove sarebbe, in quel caso?» ribatté, tranquillo. Poi mi lasciò un bacio sulle labbra e chiuse gli occhi.
«Dormi, bambolina. E non preoccuparti, andrà tutto bene.»
Gli credetti, perché da quando lo conoscevo, bene o male, Louis era sempre stato sincero ed io mi fidavo.
«’Notte, Lou.»
«Sogni d’oro…»
Mi addormentai quasi subito, cullata dal suo respiro leggero che mi solleticava i capelli e dalla carezze lievi che mi lasciava sulla schiena. Non mi ero mai sentita così sicura, tra le braccia di qualcuno.
 
 
***
 
 
Sognai, quella notte.
Ed erano sogni sconclusionati, apparentemente senza senso e senza logica alcuna. Per prima, apparve Mallory: era ancora più bella del solito e continuava a ripetermi che era inutile illudermi perché tanto Louis non mi avrebbe mai amato come amava lei.
«Sei una nullità, Cassidy Montgomery e nessuno potrebbe mai volerti bene. Guardati, sei brutta, insignificante e nemmeno tanto intelligente. Credi davvero che Louis potrebbe interessarsi a te? Abbiamo scommesso che ci saresti cascata, ed infatti eccoti lì, tra le sue braccia.» all’improvviso, Mallory si trasformava in Etienne e lui era ancora così dolorosamente bello che io ero scoppiata a piangere, prima ancora che iniziasse a parlare.
«Povera, piccola Cassidy. Nessuno ti vuole. Be’, almeno io mi sono divertito. Certo, a letto non sei un granché, ma scaricarti davanti a tutti è stato parecchio esilarante. Dovresti ringraziarmi, però. Avrei potuto essere anche più stronzo.» diceva, ridendo.
Poi arrivava Louis e si comportava come all’inizio, quando io ero appena arrivata a Doncaster.
«Ciao, bambolina. Guarda un po’ cosa succede ora…» mormorava, afferrando Mallory per un braccio. La tirava a sé e la baciava con una passione che con me non aveva mai dimostrato. E Mallory ricambiava, con ardore, come se non ci fosse nessuno a guardarla.
Era stato allora che mi ero svegliata, con il fiatone, le lacrime agli occhi e un peso opprimente che mi schiacciava lo stomaco.
Louis era sveglio e mi fissava un po’ preoccupato. Stava per chiedermi se stavo bene, ma non gliene diedi il tempo. Lo baciai con urgenza, perché avevo bisogno di sentirmi desiderata, avevo bisogno di sapere che in realtà mi voleva, anche se non ero bellissima, anche se ero lunatica.
E Louis me lo dimostrò, portandosi sopra di me, senza separarsi nemmeno per un attimo. Gli accarezzai il petto, con le mani tremanti e le lacrime agli occhi.
Sentii la sua mano che si insinuava dolcemente sotto la mia maglietta, accarezzandomi la pelle e facendomi rabbrividire.
«Cass… se vuoi che mi fermi devi dirmelo adesso.» mormorò, prima di lasciare una scia di baci bollenti sul collo.
«Cass…» mi chiamò di nuovo, quando non gli risposi.
Se volevo che si fermasse?
No.
Avevo pensato di non essere pronta, di non essere abbastanza. Avevo pensato che fosse troppo presto per fare l’amore con Louis. Eppure, quando si unì a me con dolcezza, non potei fare a meno di pensare che non avrebbe potuto esserci un momento migliore di quello e tutte le paure, le ansie e le preoccupazioni svanirono.
Rimaneva solo Louis, con i suoi baci e con i suoi occhi azzurri fissi nei miei.  
 
Quando mi svegliai, la mattina seguente, Louis non c’era.
Ero completamente nuda, coperta fino al collo dal lenzuolo e il letto era freddo. Era così che si erano sentite, tutte le ragazze che Louis aveva lasciato subito dopo aver fatto sesso con loro?
Era normale provare quel senso di smarrimento, di dolore opprimente e di vergogna verso sé stesse? O ero solo io, che come una stupida mi ero innamorata ancora una volta della persona sbagliata? Non ne potevo più di soffrire.
Affondai il viso nel cuscino, cercando di trattenere le lacrime di delusione, ma inutilmente. Nel giro di un secondo stavo piangendo. Dio, quant’ero diventata patetica. Io, che mi facevo vanto di essere così forte, così orgogliosa, così furba.
Io, che avevo promesso a me stessa che non avrei mai più permesso a qualcuno di prendersi gioco di me, avevo ceduto al sentimento che provavo per Louis e, ancora una volta, mi ritrovavo da sola.
Poi, mentre piangevo, una mano si posò con delicatezza sul mio capo. Mi voltai di scatto, incrociando lo sguardo preoccupato di Louis.
«Che succede, piccola?» chiese, sedendosi accanto a me. Singhiozzai di nuovo, lanciandomi contro di lui. Incurante di essere coperta solo da quel leggero lenzuolo, mi strinsi al suo petto.
«Pensavo che te ne fossi andato!»
«Nel caso in cui te ne fossi scordata, vivo qui.» ridacchiò Louis, passandomi le mani sulle guance e cancellando le lacrime. Mi baciò sulle labbra, poi si alzò e raccattò i miei vestiti.
«Vestiti, dai. Facciamo colazione tutti insieme.» mi porse i vestiti e fece per uscire, bloccandosi solo all’ultimo, un istante prima di chiudere la porta.
«Ah, un’altra cosa: non ho nessuna intenzione di lasciarti andare, bambolina. Non pensarci nemmeno.» mi sorrise.
Sospirai, sentendomi pure stupida per aver dubitato di lui in quel modo. Dovevo iniziare a dargli un po’ di fiducia. Mi fidavo, in realtà, però non potevo neanche negare che tutte le cose che avevo sentito sul suo conto – tipo che si fosse sbattuto mezza Doncaster – non mi erano del tutto indifferenti. Ogni tanto, avevo il dubbio di essere una delle tante, anche se dal modo in cui mi guardava non sembrava affatto.
Perciò mi rivestii con calma, feci una tappa in bagno per controllare in che condizioni fossi e scesi in cucina, dove Niall, Zayn, Liam, Melanie ed Harry litigavano su quale pacco di biscotti fosse il caso di aprire. Louis era in disparte, appoggiato al bancone della cucina con le braccia incrociate. Quando si accorse di me, sorrise e spalancò le braccia.
Risi, felice, e un po’ divertita da tutta quella platealità e mi fiondai tra le sue braccia. Lasciai un bacio all’altezza del suo cuore e mi voltai verso i ragazzi, che ci osservavano tutti a bocca spalancata.
«È un succhiotto, quello?» chiese Mel, avvicinandosi per osservare meglio il mio collo.
«Avete fatto sesso!» urlò, poi. Arrossii fino alla radice dei capelli, in imbarazzo, mentre Louis scoppiava a ridere, evidentemente divertito.
«Smettila di fare la scema!» la accusai, puntandole un dito contro.
«Ma avete fatto sesso! E non me l’hai detto!» ribatté lei, risentita.
«La prossima volta ti mando un messaggio nel mentre.» le disse Louis. Mi voltai verso di lui, incenerendolo con lo sguardo.
«Se non la pianti di dire cazzate, non ci sarà nessuna prossima volta.» lo minacciai.
«Idiota.» aggiunsi poi, tanto per ribadire il concetto.
 
 
 
***
 
 
 
Si, sono proprio io.
Ce l’ho fatta ad aggiornare, finalmente. Innanzitutto, mi scuso per non essere riuscita a mandare a tutte quante il solito messaggio con l’avvertimento, ma in questi giorni sono piuttosto di fretta, perciò confido che vi accorgerete della storia sbirciando tra le seguite e le blablabla.
Per quanto riguarda il capitolo, sono molto in dubbio. Odio descrivere le scene di sesso, non mi piace proprio ed ho sempre il timore di cadere nel volgare e nello squallido. Preferisco lasciare tutto più sottinteso ed è ciò che ho cercato di fare anche questa volta. Non so cosa ne è uscito fuori, ma ormai è andata.
Che ve ne pare del capitolo, quindi?
Fatemi sapere, mi raccomando!
 
Bene, credo di aver detto tutto ^^
 
Come al solito, vi ringrazio per aver inserito la storia tra le seguite-preferite-ricordate e per aver inserito ME tra gli autori preferiti. È stato inaspettato e vi ringrazio davvero, mi fa piacere che apprezziate ciò che scrivo.
 
Poi, per chi volesse, su Twitter mi trovate come @FTheOnlyWay
 
Un bacione,
Fede. <3

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Capitolo 18
*** Chapter 17. ***








Chapter 17.

 
  
 
 
Sebbene fossi perfettamente consapevole del fatto che mia madre, prima o poi, si sarebbe fatta viva, sobbalzai come se qualcosa mi avesse punto, quando il mio telefono iniziò a suonare. Presi un respiro profondo, poi mi diressi verso il salotto lasciandomi alle spalle le occhiate preoccupate di tutti i presenti.
L’unico a seguirmi fu Louis, anche se ero certa che avesse detto agli altri di aspettare in cucina per darmi un po’ di tranquillità.
«Mamma?» mormorai, preoccupata.
«Ciao, tesoro.»
«Cosa sta succedendo?» poteva pure fingere che tutto fosse normale, ma non mi avrebbe certo ingannato così facilmente.
«Tuo padre è tornato.»
Semplice, diretta. Ma di che mi sorprendevo? Mamma non era mai stata una persona che girava intorno alla verità. D’altronde, da qualcuno dovevo pur aver preso, no?
Mi sentivo le gambe molli, come se fossero fatte di gelatina, così mi sedetti per terra, prendendo qualche respiro profondo. Porsi il telefono a Louis, perché al momento mi sentivo incapace di pronunciare una frase di senso compiuto.
Lo afferrò senza titubare neanche un attimo e lo portò all’orecchio.
«Ciao, Grace.» lo sentii dire, dopodiché più niente. Smisi di prestare attenzione a Louis nel momento esatto in cui le parole di mia madre risuonarono nella mia mente.
Tuo padre è tornato.” E questo cosa voleva dire? Che erano tornati insieme? Che mia madre si era fatta trarre in inganno, un’altra volta, dai suoi modi gentili? Perché, quando voleva, papà sapeva essere gentile. Perché era tornato? Stava andando tutto così bene, per una volta. Sembrava non avessi nemmeno il diritto di essere felice per più di tre giorni di seguito.
Gettai un’occhiata a Louis, che annuiva con aria grave. Mi accorsi che anche lui mi guardava con la coda dell’occhio, di tanto in tanto, come se temesse che da un momento all’altro sarei scoppiata a piangere, o svenuta.
Ma non avrei fatto niente di tutto ciò. Ero una persona adulta – più o meno – e mi piaceva credere che sarei stata in grado di affrontare qualsiasi altro ostacolo mi si fosse parato davanti. Padre alcolizzato compreso.
Perciò feci qualche respiro profondo, trovai la calma necessaria e mi alzai di nuovo in piedi. Le gambe avevano smesso di tremare ed io dovevo trovare solo il coraggio di tornare a casa. Louis, intanto, aveva terminato la conversazione con mamma e aveva riappoggiato il telefono sul tavolo.
«Tutto bene, piccola?» chiese, prima di circondarmi le spalle con un braccio. Mi baciò la tempia, con una dolcezza alla quale ancora dovevo abituarmi, e mi accarezzò la schiena.
«Si. Mi accompagni a casa?» domandai, sicura.
Louis apparve un po’ sorpreso, ma si sforzò di non darlo a vedere. Annuì.
Quando salii al piano di sopra per cambiarmi, sentii Harry chiedere cosa cavolo stesse succedendo. Louis rispose brevemente che mi avrebbe accompagnato a casa, perché mia madre aveva bisogno di me. Sorrisi, rendendomi conto di come cercasse in tutti i modi di proteggermi.
Prima da Jason, poi da Mallory e da Etienne e, non meno importante, da sé stesso. Credevo che quella fosse stata la cosa più difficile, alla fine dei conti. Quanto poteva essere complicato, voler stare con qualcuno e al tempo stesso tenersene alla larga con la convinzione di non essere adatto? Per mia fortuna, Louis aveva superato l’ostacolo senza troppe difficoltà.
Lo raggiunsi in cucina qualche minuto dopo. Erano tutti lì e mi fissavano con apprensione. Soprattutto Mel, che si torturava le mani con aria preoccupata.
Andai ad abbracciarla, per farle capire che, tutto sommato, ero piuttosto tranquilla.
«Quando torno, vi racconto tutto.» assicurai, con un sorriso convincente che sembrò rasserenarla un po’. Annuì, mi lasciò un bacio sulla guancia e tornò tra le braccia di Liam.
«Be’, noi andiamo.» affermò Louis, prendendomi per mano.
Presi un respiro profondo: avevo la sensazione che, quel giorno, non sarebbe stato affatto facile da sopportare. Aveva tutta l’aria di una resa dei conti.
La battaglia finale, o qualcosa del genere.
 
 
 
***
 
 
 
La famigerata calma che ero riuscita ad ostentare con tanta tranquillità svanì nel momento esatto in cui Louis spense il motore della macchina, proprio davanti al vialetto di casa mia. Con le gambe un po’ instabili, camminai fino alla porta, certa che, se fossi caduta, Louis sarebbe stato pronto a prendermi, come sempre.
Quando mi voltai, però, non c’era.
Era ancora seduto in macchina, e mi guardava con un sorriso incoraggiante. Tornai indietro di corsa.
«Che fai, seduto qui?»
«Credo che dovresti andare da sola.» spiegò, tranquillo.
Io? Da sola?
«Che scherzi? Lou, ho bisogno di te.» supplicai, cominciando a sentire il panico invadermi. Non ero pronta per affrontare tutto quello da sola, avevo bisogno di sapere che Louis sarebbe stato al mio fianco, quando la verità sarebbe venuta a galla.
«Ti prego.» ripetei.
«Non c’è bisogno di pregare, bambolina. Lo sai che sono con te, qualunque cosa accada.» rispose, tranquillo. Gli sorrisi, grata e mi sporsi in avanti per baciarlo sulle labbra, poi, mano nella mano percorremmo di nuovo il vialetto e ci fermammo davanti alla porta.
«Tra un minuto busso.» annunciai, seria. Davvero, mi ci voleva solo un attimo, giusto il tempo di rendermi conto di quello che stava succedendo, prima di affrontarlo a viso aperto.
«Davvero, ora lo faccio.»
Louis ridacchiò.
«L’hai detto anche dieci minuti fa, Cass.» mi ricordò. Aveva ragione, eravamo piantati davanti a casa da dieci minuti, in attesa che io smettessi di comportarmi come una codarda, ma proprio non ci riuscivo. Era più forte di me. Avevo anche perso il conto di tutte le volte in cui avevo allungato la mano verso il campanello. L’avevo sfiorato un sacco di volte, senza mai suonarlo davvero.
«Al tre suono.» ultima chance, Cassidy. Un altro respiro profondo, l’ennesimo, e finalmente riuscii a suonare.
Un minuto dopo, un rumore di passi annunciò che mamma era in arrivo e che aveva piuttosto fretta: mi aspettava.
Strinsi forte la mano di Louis, che non fece una piega sebbene lo stessi stritolando, dopodiché mi sforzai di mettere in mostra un’espressione quantomeno serena.
«Sembra che tu stia per vomitare.» commentò Louis. Nello stesso istante, mamma aprì la porta. Aveva un’aria stanca, ma gli occhi erano lucidi e sul suo viso era comparso un sorriso felice che non le vedevo da tempo. A ben pensarci, l’ultima volta che aveva sorriso così, era stato molto tempo prima di trasferirci a Doncaster.
«Ciao, tesoro. Ciao, Louis.» salutò, felice. Mi abbracciò brevemente e lasciò un buffetto sulla spalla di Louis, dopodiché ci fece cenno di entrare.
Il breve corridoio che separava l’ingresso, mi sembrava lungo duecento metri, anziché quattro. Lo percorsi con calma, costringendo Louis a tenere il mio passo.
«Non sei costretta, Cass. Se vuoi, ti porto via da qui. Devi solo dirmelo.» mi sussurrò all’orecchio, per non farsi sentire da mamma.
Scossi il capo negativamente: era pur sempre mio padre e, in ogni caso, avrei dovuto confrontarmi con lui. Non l’avevo fatto prima di andarcene da Halifax, perciò l’avrei fatto in quel preciso momento.
Papà era seduto al tavolo in cucina, e stava sorseggiando con aria assorta una tazza di tè fumante. Lo osservai con attenzione, cercando di capire cosa ci fosse di diverso in lui. Tanto per iniziare, notai, il suo viso era liscio, pulito e i capelli erano decisamente più corti. L’ultima volta che l’avevo visto, il suo aspetto era in perfetta sintonia con l’immagine del barbone alcolizzato.
Era vestito semplicemente, con un paio di jeans scuri e una camicia azzurra. Non aveva niente dell’uomo che era stato nell’ultimo anno e la cosa, a primo impatto, mi lasciò stordita e disorientata.
Non appena mi vide, si alzò e fece per avvicinarsi. Istintivamente, mi accostai a Louis, che non si mosse di un millimetro, se non per circondarmi le spalle con un braccio. Era tremendamente serio, come non l’avevo mai visto.
Papà interruppe la sua avanzata verso di me.
«Ciao, Cassidy.»
«Ciao, papà.»
Mamma, che si era appoggiata con la schiena al muro, alzò gli occhi al cielo. La guardai, confusa. Perché sembrava così contenta?
«Diglielo, Max.» lo incitò.
Papà sospirò, tornò a sedersi e fece cenno a me e Louis di accomodarci davanti a lui.
«Grace mi ha detto che ti sei preso cura di Cassidy.» disse, rivolto a Louis, che annuì.
«Grazie.»
Mi venne da piangere, ma mi sforzai di trattenere le lacrime per dopo. Ero forte, mi dissi. E non avrei più permesso a papà di ferirmi. Tantomeno mi sarei illusa che fosse cambiato.
«Diglielo, Max.» ripeté ancora mamma. Il suo sorriso, intanto, si era allargato ancora.
Un po’ irritata da tutto il suo buonumore, la fulminai con un’occhiataccia.
«Dopo che ve ne siete andate…» cominciò papà «mi è caduto il mondo addosso.»
Inarcai un sopracciglio. Davvero? Perché secondo lui per noi era stato facile, scappare di punto in bianco? Louis strinse la presa sulla mia mano, probabilmente per consigliarmi di stare zitta.
«All’inizio ho dato la colpa a tua madre, poi mi sono reso conto che, in effetti, tutta la colpa era mia.»
«Vorrei vedere.» celiai, sarcastica. Louis rafforzò la presa e mamma mi allungò un coppino. Papà, sorprendentemente, rise.
«No, ha ragione. Il problema, Cassidy, è che accettare di essere un totale fallimento come marito, come padre e come uomo, non è stato semplice.»
«Non ho mai pensato che tu fossi un fallimento, fino a che non hai provato a picchiarmi.» rivelai, sincera. Volevano parlare? Beh, avrebbero dovuto ascoltare anche quello che io avevo da dire. Altrimenti, che senso aveva?
«CASSIDY!» mamma era scandalizzata, senza ombra di dubbio. Mi guardò severamente, poi osservò papà, temendo forse che ci fosse rimasto male.
«Grace, lascia che parli. Ha tutto il diritto di odiarmi.»
«Non ti odio, papà. Non potrei mai. Però… non so se potrò dimenticare tutto.»
Papà rimase in silenzio per qualche istante, poi riprese a parlare.
«Non ti chiedo di farlo. Io stesso non dimenticherò niente. Però, vorrei avere una seconda possibilità, Cassidy. Non bevo da cinque mesi e ho trovato lavoro poco lontano da qui.»
«Ora devo andare.» farfugliai, infine. Scattai in piedi e mi precipitai fuori casa, in tutta fretta. Sentii appena Louis che assicurava a mia madre che mi avrebbe parlato, poi entrai in macchina e chiusi gli occhi.
Non mi ero neanche accorta di aver trattenuto il respiro, fino a quando sentii il bisogno di incamerare un po’ di ossigeno.
«Cass…»
Louis mi accarezzò i capelli con dolcezza, cercando di calmarmi.
«Lo so, non dovevo andarmene così…» risposi. Sentivo che stavo per piangere e, se avessi continuato a parlare di papà, probabilmente avrei iniziato nel giro di dieci secondi.
«Tuo padre capirà.» concluse Louis.
 
 

***
 
 
 
 
«Stai da schifo.»
Niall si guadagnò un pugno sul braccio e un pizzicotto sulla coscia, dopodiché si tappò la bocca e la finì di dare aria alle corde vocali.
Io e Louis eravamo appena rientrati e i ragazzi mi avevano letteralmente preso d’assalto per sapere cosa stava succedendo. Avevo lasciato a Louis il compito di spiegare ogni cosa, perché io proprio non me la sentivo di affrontare tutto da capo.
Tuttavia, ancora non avevo avuto nessuna reazione isterica. Anzi, mi ritenevo piuttosto soddisfatta di me stessa.
Stavo accettando lo svolgersi della situazione come una persona matura e non come una bambina, il che era molto meglio di quanto mi aspettassi. Forse Louis mi aveva davvero aiutato a crescere. O, forse, a farmi crescere erano state tutte le situazioni più o meno complicate che la vita mi aveva presentato.
«Perciò, alla fine, tuo padre è tornato.» concluse Niall.
Annuii, concentrata sui capelli di Melanie, che mi aveva chiesto di farle una treccia elaborata. Avevo capito che voleva distrarmi e le ero davvero grata: pensare sempre alla stessa cosa non era affatto un bene, per la mia salute mentale. E, in ogni caso, era inutile rimuginare di continuo. Ormai era andata.
«E adesso cosa succederà?» domandò Zayn, un po’ preoccupato.
«Non ne ho la più pallida idea.»
Feci spallucce, poi guardai prima Louis, poi Melanie, Harry, Niall, Liam e Zayn.
Sorrisi, perché c’era una cosa di cui ero del tutto certa: se loro fossero rimasti al mio fianco, sarei riuscita a superare qualunque cosa.
 
 
 
***
 
 
 
Questo capitolo è stato un parto. Davvero, è stato il più difficile di tutti e mi lascia con un senso di vuoto che non riesco a descrivere.
Non mi sento del tutto soddisfatta, se devo dire la verità, ma poco importa. L’ho scritto e riscritto un numero infinito di volte – un po’ perché il mio pc non l’ha salvato, un’altra volta perché per sbaglio non l’ho salvato io.
Vi rendete conto? La storia è finita. Sul serio. Manca solo l’epilogo, che pubblicherò settimana prossima e poi Like an Hurricane è conclusa. Non posso nemmeno pensarci. È la mia prima long, che porto a termine, e mi sono affezionata ai personaggi. Forse ci ho messo così tanto a finire di scriverla perché non volevo che finisse. Sono triste, cavolo.
Be’, niente, perdonatemi se questo capitolo fa un po’ schifo, ma sono depressa.
Well, i ringraziamenti li lascio al prossimo capitolo!
Per adesso, please, fatemi sapere se questo è così illeggibile, o se può andare.
 
Much love,
Fede <3
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Epilogue. ***






Epilogue.

 
 
 
 
 
Alla fine, tutti i tasselli disordinati della mia vita erano tornati al loro posto, trovando la giusta collocazione e un ottimo equilibrio.
L'armonia regnava sovrana e tutti i problemi che avevo affrontato prima di raggiungere la felicità, erano serviti a rendermi più forte, più matura e più donna.
La mia famiglia era di nuovo unita o, almeno, stavamo provando a renderla tale, avevo trovato l'amicizia e l'amore.
I dettagli?
Dopo essere corsa via da mio padre, avevo riflettuto a fondo, e molto a lungo. Si meritava una seconda possibilità? Si. Perciò quella sera stessa ero ritornata e gli avevo detto chiaro e tondo che se mi avesse deluso un’altra volta, non avrei più voluto avere niente a che fare con lui. Aveva accettato le mie imposizioni di buon umore e, quando avevo finito di blaterare, mi aveva abbracciato.
Sarei una bugiarda, se dicessi che quell’abbraccio ha cambiato tutto. È stato solo il primo passo, il primo di una lunga serie, in effetti, per ritrovare una famiglia normale.
Per quanto riguarda gli altri, be’, Niall era sempre il mio migliore amico: iperprotettivo, incapace di tenere i segreti e goloso di qualsiasi cosa fosse anche solo vagamente commestibile. Mi ruba ancora le brioche, ma rimane il primo da cui corro quando ho bisogno di aiuto.
Zayn continuava a mantenere quell'aria misteriosa, a fumare sigarette e a dispensare saggi consigli all'occorrenza.
Harry era sempre il solito. Continuava a passare da un letto all'altro, mettendo Louis al corrente di ogni nuova conquista. Io ero del tutto certa che prima o poi si sarebbe fermato, desideroso di una vita meno movimentata.
Non aveva più provato a vedermi in mutande, consapevole che Louis l'avrebbe ucciso. In compenso, mi aveva proposto di fingersi il mio fidanzato nelle poche occasioni in cui quello vero non poteva accompagnarmi. Anche in quel caso, la sua proposta era stata fermamente respinta.
Liam e Melanie? Continuano a stare insieme e non c'è giorno in cui Melanie non rimpianga il suo beneamato e inesistente criceto. Alla fine, ha stressato Liam così tanto che lui gliene ha regalati ben tre. Coerentemente con la sua stupidità, Melanie ha deciso di ribattezzare quelle povere, innocenti creature con i nomi di coloro che ci hanno aiutato a diventare ciò che siamo.
Indovinato? Jason, Mallory ed Etienne.
Ed infine c'è Louis.
Louis è il tassello più importante della mia vita, perché è grazie a lui se tutti gli altri restano uniti.
E, come ogni uragano che si rispetti, ha provveduto a spazzare via ogni mia ombra, ogni mia tristezza e ogni mio dubbio. Mi ha stravolto l'esistenza, mi ha del tutto scombussolata. Ma mi ha salvata da una vita infelice e all’insegna dei rimpianti.
È arrivato, di punto in bianco, con i suoi “bambolina” e con i suoi sorrisi sghembi e mi ha rubato il cuore senza che nemmeno me ne accorgessi.
Come un uragano.
 
 
 
***
 
 
 
Ci siamo.
“Like an Hurricane” è ufficialmente finita. Be’, c’è ancora lo spin-off, ma la storia è conclusa.    
Avevo un sacco di cose da dire, davvero, ma ora che ho finito di scrivere l’epilogo mi sento un po’ strana. Sono soddisfatta, dico la verità, e commossa.
Perché questa storia è la prima long che porto a termine e, nonostante gli aggiornamenti incostanti, i momenti di crisi, i blocchi creativi e un sacco di altri pensieri, sono riuscita a finire.
Sono fiera di me stessa, sapete? Non vi dico nemmeno quante volte ho pensato di mollare tutto lì.
“Tanto chi se ne frega?” mi sono detta. Poi ho pensato un po’ a me stessa, perché arrendermi sarebbe stato un fallimento clamoroso e ho pensato anche a voi, che mi avete sostenuto dal 10 Aprile, data in cui ho pubblicato il prologo.
Non sarebbe stato giusto mollare, ecco.
Sul prologo non ho niente da dire, in realtà. Se non che è un po’ corto e che probabilmente le note alla fine saranno più lunghe. Spero che almeno qualcuna di voi le abbia lette! HAHAHAH.
 
Adesso volevo passare ai ringraziamenti, perché ci tengo.
Avrei voluto ringraziarvi una alla volta, ma temo sia un po’ difficile e, comunque, finirei per dimenticarmi di qualcuno.
 
Perciò vorrei dire GRAZIE alle 76 ragazze che hanno inserito la storia tra le preferite.
GRAZIE alle 15 ragazze che hanno inserito la storia tra le ricordate.
GRAZIE alle 123 ragazze che hanno inserito la storia tra le seguite.
E GRAZIE alle 51 ragazze che mi hanno tra gli autori preferiti.
E, naturalmente, GRAZIE a chi ha commentato, facendomi sapere cosa ne pensa, GRAZIE a chi mi ha sostenuto sempre e GRAZIE a chi ha letto in silenzio.
 
Vorrei avere una vostra recensione, per potervi ringraziare una per una, perciò fatevi sentire, perché ci tengo davvero!
Ancora grazie, siete fantastiche.
Con affetto, Fede.
 
 
Okay, ora mi faccio un po’ di pubblicità, per chi volesse continuare a seguirmi!
Vi lascio il mio contatto Facebook, Twitter e Ask – per chi avesse qualcosa da chiedermi.
 
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Twitter: @FTheOnlyWay
Ask: TheOnlyWay


Queste, invece, sono le due long che sto portando avanti e lo spin-off su Melanie e Liam.
Basta cliccare sul banner :)













E' tutto, credo :)

GRAZIE.

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