ATL never stop invading my head 2

di SkeSmartMistake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [cap 1] You're shameless. ***
Capitolo 2: *** [cap 2] Dream of the endless possibilities. Catch my breath and go for it. ***
Capitolo 3: *** [cap 3] Now the rain is just washing you out of my hair and out of my mind. ***
Capitolo 4: *** [cap 4] You said love's overrated,I say it's complicated ***
Capitolo 5: *** [cap 5] You're searching so hard, you've lost yourself. ***
Capitolo 6: *** [cap 6] I think I'll name it after all of you. ***
Capitolo 7: *** [cap 7] Stella would you take me home? ***
Capitolo 8: *** [cap 8] Are you having trouble finding sleep at night? ***
Capitolo 9: *** [cap 9] I walk a fine line, between the right and the real. ***
Capitolo 10: *** [cap 10] Hello Brooklyn. ***
Capitolo 11: *** [cap 10 epilogo] Hello Brooklyn. ***



Capitolo 1
*** [cap 1] You're shameless. ***


Il post concerto era sempre un misto di emozioni pure.

C’era l’adrenalina che ti pulsava nel sangue, la voglia di salire sul palco e spaccare ancora qualche culo, c’era la fatica, il sudore sulla fronte, c’era il fiato corto e il brontolio nello stomaco, e poi c’era la mia vita che in silenzio, stava lavorando per me.

-Con quella roba in testa sembri una patata deforme.- Disse Rian con no chalance ingoiando una manciata di patatine.

Jack mi fissava perplesso il vistoso bernoccolo livido che mi era spuntato vicino alla tempia.

-Ma come cazzo si fa?-

Silenzio. Tutti alzammo lo sguardo in attesa che continuasse.

-Come cazzo si fa essere così deficienti da far inciampare il proprio ragazzo nelle scarpe? –

Scontato, dovevo aspettarmela.

Mi toccai il bernoccolo e mi rimisi a rimuginare sul piatto ancora vuoto; il mio Hamburger con doppio formaggio stava arrivando.

-Magari Sebastian è un cane zombie e le ha mangiato il cervello, oppure da piccola le davano gli psicofarmaci al posto delle vitamine.-  Commentò Matt con fare pacato.

-Ghmm. Quoto per il cane zombie! E’ geniale cazzo.-  Esclamò Jack entusiasta.

Sospirai.

-Ecco qua il vostro hamburger con doppio formaggio Alex!- Disse la cameriera ammiccando e sporgendo le sue enormi tette sulla mia cena.

Se ne andò via sculettando.

-WOOOOOOOOAH che balcone da fare invidia a Giulietta.-

-Jack ma che cazzo di battuta eh? Cioè io…- Scoppiai a ridere e gli altri mi seguirono, tutti tranne Zac.

In questo periodo era sempre più silenzioso.

Alzai le spalle, e mi armai di forza per addentare il panino.

Ma prima che potessi  dare il primo morso qualcosa mi interruppe.

-Faresti meglio a scusarti con lei Alex, mi ha chiamato poco fa ed era sconvolta.- 

Il volto di Zac era serio, le sopracciglia leggermente curve, la bocca stretta.

-Di che cosa dovrebbe scusarsi? Di averle sverniciato una ballerina?- Disse Jack ridendo nervosamente.

-No, di averle spudoratamente fatto capire che è innamorato di un'altra.-

Silenzio.

Di fronte a me c’erano ben cinque paia di occhi che mi fissavano indagatori, ma suppongo che anche i nostri vicini fossero interessati alla succulenta notizia.

Prima  Rian: -Oh cazzo.-

Vinny: -Porca Vacca-

Jack: -Ah bella merda.-

Jeff: -LOL-

Matt: - Oddio-

-Già-  disse Zac.

Mi alzai di scatto verso Zac, la voglia di mollargli un cazzotto sul naso era forte. Molto.

-Dannazione Zac, grazie per avermi fatto passare per lo stronzo in pubblico.-

-Forse è semplicemente ciò che sei, perché non lo ammetti almeno un po’?- Si alzò anche lui con tutta la sua massa verso di me.

- Io non sono uno stronzo solo perché lei non ha un briciolo di dignità.-

-Ti ricordo che gliela stai facendo perdere tu la dignità.-

-Inizio a pensare che non l’abbia mai avuta, già solo per il fatto che venga a sfogarsi con il mio bassista.-

-Ti pare così assurdo?-  I toni si facevano sempre più alti, nell’aria c’era odore di sfida.

- SI lo è-

-Affatto, la sto solo aiutando a capire che non tutti i ragazzi sono megalomani ed egoisti.-

-Io non sono megalomane ed egoista!-

Giuro che non ricordo molto di quel veloce scambio di battute.

Sapevo che tutti ci stavano osservando, dopotutto eravamo due persone che urlavano da un capo all’altro del tavolo, ma tutto ciò che ricordo sono i suoi occhi nei quali si rifletteva il mio volto.

Ero arrabbiato, deluso da qualcuno che consideravo un fratello.

-Ragazzi, ragazzi stiam degenerando- 

Il braccio di Matt si interpose tra noi due creando una barriera oltre l’odio del momento.

-Direi che è il caso di smetterla, sì.- Disse Rian prendendo per un braccio Zac e facendolo risedere al suo posto.

-Calmatevi dai.- provò ad aggiungere Vinny in un momento di silenzio.

Io ero ancora lì fermo, in piedi, immobile. Lo sguardo fisso su di lui.

Come poteva farmi questo?

-Alex ha ragione.- Disse Jack alzandosi in piedi al mio fianco.

- Trovo il comportamento di Lisa a dir poco autodistruttivo. Magari questa è la volta buona in cui ritrova un briciolo di amor proprio.-

Zac chinò lo sguardo con aria amareggiata.

-Detto ciò. Zac alzati in piedi. E Alex, tu porgigli la mano.-

Zack avvicinò la sua mano alla mia.

-Ora stringetevela e mettete un fermo a sta discussione del cazzo. E non si ripeta mai più che gli All Time Low litighino per una Biondina senza tette. Chiaro?-

Strinsi la mano di Zac con decisione, e lui fece lo stesso.

Ci guardammo con un sorriso colpevole sulle labbra; sapevamo entrambi di aver esagerato, ma  allo stesso modo sapevamo entrambi che le idee sarebbero rimaste invariate, che Lisa sarebbe stato ancora motivo di discordie.

C’è solo una cosa di cui tutti eravamo certi: non sarebbe finita lì.

 

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Capitolo 2
*** [cap 2] Dream of the endless possibilities. Catch my breath and go for it. ***


La reazione di Zac mi aveva stupito.

Non riuscivo a comprendere tanta compassione nei confronti di Lisa, quando fino a qualche mese fa ( i tempi in cui fingevo che tutto andasse bene, per intenderci) si ignoravano ,o peggio, c’era Lisa che adorava lanciargli pungenti frecciatine sul suo “mutismo da palcoscenico”: così lo definiva lei.

Ero sconvolto.

Mi passai la spugna insaponata sul collo e cercai di rilassarmi.

Stava iniziando un nuovo tour, e gli avvenimenti degli ultimi giorni mi avevano buttato a terra come un birillo.

-Hai fatto bene- Disse tranquillo Jack, mentre si strofinava i genitali con la saponetta.

-Cos…? Ma Che cazzo Jack te l’ho detto mille volte che non ti devi lavare le palle direttamente con la saponetta, mi attacchi tutti i peli.-

Gli strappai la saponetta di mano e iniziai a pulirla passandola sotto il getto d’acqua.

Jack scoppiò a ridere e così feci anche io. Non potevo evitarlo.

Scivolammo sul piatto doccia, piegati in due dalle risate.

Ma ad un certo punto calò il silenzio.

Si tirò su e dopo essersi schiarito la gola cominciò: -Comunque dicevo, prima che incominciassi a farmi la paternale su quanto sia abominevole vedere i miei simpatici peli sulla tua saponetta…che poi c’è gente che pagherebbe per vederli oh!

-Jaaaaack…-

-Si, Dicevo, che hai fatto bene ha tenere la testa alta nella discussione con Zac. Giuro, non so cosa gli è preso, di solito non si espone molto, perdipiù su questioni che non gli riguardano. Ecco.

Per un po’ lo guardai in silenzio mentre si sciacquava via il bagnoschiuma di dosso.

-Non  ho idea di cosa gli sia preso. Sembrava alienato. Proverò a chiamare Rian e chiederli se hanno novità. Dopo la discussione sono andati a bersi una birra da qualche parte lui Zac e Jeff giusto per distrarsi un po’ non so se tornano in bus o van direttamente a casa. – continuò.

-Io ho voglia di andare a casa, dai miei cani. Guardarli e dire “cazzo, menomale che ci siete voi” e poi bere due o tre vodke giusto per dormire meglio.

-Non che bere ti possa aiutare molto Amico. Quando di mezzo c’è l’amore, l’alcol diventa solo un nemico bastardo.

Sfilò l’accapatoio dall’appendino, e mi passò anche il mio.

-Devi cercare di arrivare all’obbiettivo, o lasciare perdere.- Mi disse con una certa convinzione.

Inifilai l’accappatoio e iniziai a riflettere.

Come sarebbe stato possibile lasciar perdere tutto quello che aveva costituito un misero barlume di speranza nella mia vita super piena?

Uscimmo dalla stanza doccia e rincominciammo a vestirci.

-So a cosa stai pensando, quindi smettila. Se non vuoi che finisca qui sai cosa devi fare.

Così dicendo prese i miei pantaloni e li scosse.

Ecco il rumore metallico delle chiavi della macchina, le prese e le fece tintinnare.

Un sorriso mi si spalancò sul volto.

 

 

 

*

 

Quando tolsi le chiavi dalla macchina, una lacrima mi rigò il viso.

Sembrava tutto come sempre, come se nulla fosse cambiato: gli alberi, le case, i passanti perfino le foglie sembravano non essersi mai mossi di là.

 Presi fiato, scesi dalla macchina e incominciai lentamente la mia camminata lungo quel vialetto che mi avrebbe portato alla vittoria o alla disfatta più totale.

La casa era sempre la stessa, perfetto.  

Una classica villetta americana, bassa, pareti bianche, una piccola scaletta per accedere al tetto e le scalette tra il vialetto e la porta di ingresso.

Tre gradini  mi separavano da le mie aspettative.

 

“Casa Sletcher” era riportato sulla targhetta attaccata alla porta.

Presi fiato, chiusi gli occhi e premetti l’indice sul campanello.

*DLIN DLON*

 

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Capitolo 3
*** [cap 3] Now the rain is just washing you out of my hair and out of my mind. ***


 

La tensione era alle stelle.

Sentivo il cuore palpitarmi in gola, era come se il mio pomo d’Adamo fosse pronto ad esplodere.

Ancora nessuna risposta.

“Forse non c’è, forse non vuole rispondermi, forse è in bagno, o magari sta facendo qualcosa con il suo nuovo ragazzo…” una serie di pensieri mi affollarono la testa, e mentre nessuno si decideva ad aprire quella benedetta porta, il mio cervello elaborò a malincuore la soluzione migliore: andarsene.

Girai su me stesso, alzando le spalle.

Se era così che doveva andare, lo avrei accettato.

-Chi è?-

Ma forse non era così.

La voce di una signora anziana si fece  sentire, proveniva dalla porta d’ingresso.

Mi voltai speranzoso e intravidi la figura di una donna in carne attraverso il vetro opaco della porta.

-Sono Alex, Alexander- Dissi con un sorriso.

-Adel?- Rispose la vecchia signora attraverso la porta.

-No signora, Alex: Alexander William Gaskarth-  ripetetti ad a voce alta.

-Oh cielo.- Disse la donna con tono sommesso.

Calò il silenzio.

L’unico rumore che riuscivo a sentire fu quello di un paio di scarpe col tacco che camminavano sul pavimento.

Poi finalmente la porta si aprì.

-Che diamine ci fai qui?-

Una giovane donna mi guardava arcigna con quegli occhi cioccolato che mai dimenticherò, i capelli ramati lmossi in balia del venticello umido, la bocca carnosa leggermente curva verso il basso e quel fisico mozza fiato fatto di curve da far invidia ad una clessidra: nonostante l’altezza Maria era da sempre il tipo di donna che preferivo.

Era diventata più bella, gli anni in più le avevano dato quel nonsoché di donna matura che la rendeva terribilmente sexy.

-Alex?-

Scossì il capo e tornai in me.

-Si.- risposi senza pensare.

-Ti ho chiesto che ci fai qui?-  Disse mettendosi le mani sui fianchi a mo’ di rimprovero.

-Sono venuto a scusarmi di persona.- Cercai di mantenere un tono normale senza far notare l’ansia.

-Non ho bisogno delle tue scuse, va bene così.-

La sua risposta fredda mi diede modo di ricompormi, di vedere le cose come stavano.

-Mi sembrava giusto fartele di persona-

-Alex, va bene così davvero.-

Una gioccia mi bagnò il naso, stava incominciando a piovere.

La guardai in quegli occhi così profondi che avrei potuto perdermici.

-Maria io… Io credo di essere ancora innamorato di te.

Immaginate la reazione ad un’affermazione simile.

C’è chi si commuoverebbe, chi mollerebbe una sberla, chi rifiuterebbe, chi corrisponderebbe con gioia.

Lei non fece nulla di tutto questo.

Maria, scoppio a ridere istericamente.

Poi si calmò, e mi guardò intensamente senza nascondere le lacrime.

Non sembravano lacrime di gioia però.

Con le sue lacrime si mescolarono anche le gocce di pioggia.

Ormai piovigginava piuttosto fitto.

-Maria…- Sussurrai avvicinandomi a lei.

Allungai le mani verso lei e cercai di abbracciarla.

Le presi il viso con le mani e lei rimase immobile.

I nostri volti erano completamente bagnati.

Cercai  di assaporare quel momento, quella scena ricreata che però assomigliava tanto al nostro primo bacio.

Era una domenica, avevamo fatto colazione insieme in una di quei bar all’inglese e poi avevamo camminato lungo le stradine di Baltimora incerca di un riparo dalla pioggia insistente.

L’avevo incontrata la sera prima, in uno di quei miserei localini di stiptease dove solitamente vanno i ragazzini che non riescono a controllare gli ormoni, o semplicemente i vecchi senza ritegno

Ricordo che ballava bene, si muoveva sul palo con una certa sinuosità, eppure sembrava infelice, sembrava come una farfalla rinchiusa in una campana di vetro.

Quando finì il suo spettacolo la vidì nascondersi dietro le quinte; il proprietario (un vecchio balordo) le si avvicinò con aria cattiva puntandole il dito contro e gesticolando.

La ragazza scoppiò a piangere e corse verso la via d’’uscita, guardai gli altri che, troppo presi dalla nuova stripper non si erano accorti di nulla, e mi divincolai tra i tavolini con una certa destrezza, per poi aprire la porta  del retro e vederla lì, immobile a fissare il muro di fronte.

Non c’erano parole per descriverla.

Mi avvicinai a lei e l’abbracciai, e lei ricominciò a piangere.

Poi smise e abbozzò un sorriso asciugandosi le lacrime.

Da quel momento fino all’indomani mattina non l’abbandonai un istante.

Passammo tutta la notte a parlare di noi, di come io volessi trasmettere emozioni attraverso la mia musica, e stessi dando il massimo per farlo; di come lei desiderasse una vita da medico, ma fosse stata tratta in inganno da un uomo che fingendosi un buon manager e  promettendole fama e felicità, l’aveva incastrata in un locale per donne di strada.

E fu così che più o meno alle 9 e mezzo del mattino, dopo una notte insonne, ci ritrovammo in una stradina poco fuori dal Block* di Baltimora, la pioggia che ci aveva completamente inzuppato capelli e vestiti, e solo la crescente voglia di stare un po’ più vicini.

Ci guardammo e scocco in noi una scintilla.

Così avvenne il nostro primo bacio.

 

 

-E’ proprio vero Alex Gaskarth, arrivi sempre in ritardo, e non solo di 10 minuti.

-Maria, mi dispiace. Giuro.-  scossi il capo continuando a guardala negli occhi, sentivo dentro di me una rivoluzione emozionale.

Lei si strinse  a me e incominciò a piangere. 

Credo che in quel momento tra tutte le lacrime versate ce ne fosse anche qualcuna delle mie.

-Shhh… - cercai di consolarla io mentre di tanto in tanto le accarezzavo la chioma color rame ormai bagnata.

All’improvviso alzò il capo, si asciugò le lacrime e mi guardò anche ella negli occhi.

Poi mi prese la mano e mi condusse velocemente nell’angolo della casa, in modo che nessuno potesse vederci, in modo che neppure la pioggia potesse darci toccarci.

Mi spinse contro il muro, le sue braccia creavano una sorta di recinzione.

I nostri sguardi, non si erano abbandonati un solo istante dal momento in cui si erano incrociati.

Avvicinò il suo viso al mio e io feci lo stesso.

Socchiusi gli occhi aspettandomi un bacio che non arrivò.

-E’ tardi Alex, devi tornare a casa.

E così dicendo, con il capo chino si allontanò da me senza però lasciarmi la mano.

Sospirai e sciolsi l’intreccio delle nostre dita, poi senza dire una parola mi voltai e percossi il vialetto  sotto la pioggia scrosciante a passo lento fino alla macchina.

Mi guardai indietro giusto il tempo di vederla in mezzo al vialetto, il viso arrossato dalle lacrime, i pugni chiusi e i capelli fradici.

Dovevo tornarmene a casa.

Ora  si, sembrava che tutto fosse arrivato al termine.

 * THE BLOCK è la zona a luci rosse di Baltimora.

 

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Capitolo 4
*** [cap 4] You said love's overrated,I say it's complicated ***


Misi il piede sull’acceleratore e spinsi.

Spinsi il più forte possibile sperando che la velocità mi permettesse di lasciarmi alle spalle i ricordi più dolorosi.

Ascoltai Dirty Work con il volume al massimo, non volevo dare alla mia mente una sola opportunità di pensare.

“You said love's overrated,I say it's complicated” diceva That girl e cazzo quanto ho ragione a dirlo.

Guardai fisso lungo la strada,  ero quasi arrivato a casa.

Ricordavo la facilità con cui da ragazzino raggiungevo Maria a casa, a volte la facevo in bici ma preferivo la macchina: sempre dritto per 2 km poi al benzinaio svolta a sinistra dopo la scuola quindi prendi la prima a destra e vai dritto fino distributore di film, arrivato.

Percorrere quella strada al contrario mi ha sempre  incupito.

Ed eccomi lì, di nuovo a parlare di lei. Dovevo smetterla.

Mi infilai nel vialetto di casa mia e fermai l’auto proprio in linea d’aria con la porta.

Mi presi qualche minuto per rimettere le idee al loro posto nel mio cervello, respirai e spensi la macchina.

Dovevo dimenticarla.

Aprii la portiera e una volta sceso la sbattei con forza.

-Vaffanculo!- E il vicino di casa che bagnava il giardino si girò a guardare.

Alzai la mano abbozzando un sorriso dispiaciuto.

Poi a capo chino raggiunsi la porta di casa, l’aprii ed entrai ignorando totalmente le feste dei miei cani.

Mi  buttai sul divano, e accesi la TV cercando di smorzare la tensione dei miei poveri nervi.

Il primo canale che mi apparve fu una rete di film d’epoca che doveva aver lasciato in memoria Lisa.

“The end” recitava il fotogramma in bianco e nero.

Perfetto, pensai tra me  e me, anche la televisione ha deciso di farmi sentire una merda.

Spensi e passai davanti allo stereo, e lo accesi.

“Bentornati a Radio Baltimora, la prossima canzone è dei nostri concittadini All Time Low che ci regalano un vecchio singolo: questa è Dear Maria Count me in.”

Premetti il bottone di spegnimento prima che la tecnologia, che quel giorno sembrava odiarmi, potesse darmi la mazzata finale.

Mi sedetti sul divano e cercando di mantenere la calma tirai fuori il telefono.

Tre minuti dopo Jack ricevette un messaggio che riportava tali parole: “E’ finita.”

Tre minuti dopo mi rispose : “Dammi il tempo di dileguarmi da mia madre e sono da te”

Mezzora dopo una figura alta ed esile piuttosto capellona si intravedeva dai vetri della mia porta.

-Alex.- mi disse guardandomi con un sorriso consolatore.

-Ho fatto di tutto per spiegarle, ma non voleva ascoltarmi, sembrava che odiasse ciò che sono diventato-

Jack si sedette sul mio divano,  prendendo in braccio Sebastian che cercava in ogni modo di attirare la sua attenzione, poi mi guardò con uno sguardo corrucciato e infine disse.

-Non credo che odi quello che sei diventato, piuttosto penso che sia sentita tradita dall’unica persona che sembrava comprenderla davvero.-

Guardai per bene l’espressione di Jack per cercare in lui ogni genere di risposta alternativa ma tutto quello che gli leggevo in volto era la pura verità.

Le avevo fatto male, e meritavo tutta questa freddezza.

-Forse vuole solo essere lasciata in pace.- Dissi con tono sommesso fissandomi i calzini bucati.

-Forse. O forse vuole solo essere compresa di nuovo. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci capisca davvero per quello che siamo.-

Jack alzò il sopracciglio come se si aspettasse di vedermi assentire, ma non fu così. La mia faccia doveva sembrare parecchio confusa.

-Questa è la battaglia finale Alex, potrebbe anche tornare per restare. Ma si aspetterebbe da te la stessa comprensione di un tempo. Sarai ancora in grado?-

Per qualche istante lo fissai intensamente come se fossi prossima a dargli una risposta.

Poi abbassai la testa e sorrisi.

-Fanculo Jack, quando parli da persona normale sei incomprensibile.-

-Hai ragione, sembro una specie di effemminato che cerca di baccagliare.-

Fragorose risate irruppero nella casa.

-Idiota, ma tu sei gay, ricordati che nel caso Cassadee dovesse scaricarti potremo di nuovo tornare alle nostre porcate come ai vecchi tempi.-

Il volto di Jack si rabbuiò.

-Ho paura- Disse fissandomi con sguardo serio.

-Paura? Di cosa?

-Che torni da lui.-

-Jack…- incominciai.

-Non ne posso più di questa situazione, mi sento una merda nei confronti di Rian, una merda nei confronti di Lei che sta tradendo il suo ragazzo e una merda nei confronti di me stesso per non averle ancora detto la verità.-

-Il sesso non ti basta più eh?- Dissi guardando la sua espressione costernata.

-Sesso Alex? Io non sono arrivato a nulla più che ad una palpatina con Cassee. Mi sento in colpa al solo pensiero di fare qualcosa di più intimo, che richieda di togliersi le mutande.-

-Merda.

-Alex.

-Sì?

-Io la amo.

-Lei lo sa?

-No.-

-Beh forse, è arrivato il momento di mettere le carte in tavola.-

Forse era arrivato il momento di realizzare che le cose stavano cambiando.

 

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Capitolo 5
*** [cap 5] You're searching so hard, you've lost yourself. ***


-Non ne posso più.- Esclamai sbuffando.

Il tour vicino a casa era terminato, eravamo di nuovo tornati alla routine, ai lunghi viaggi in pullman, ai lettini stretti, agli scleri di Matt quando gli nascondevamo Mickey, alla Nutella ovunque potessimo spalmarla.

Ma la cosa peggiore di essere lontano da casa, era essere lontano da Maria.

Sembrava assurdo, come avessi potuto sopportare il nostro distacco per così tanto tempo, e ora non riuscire quasi a fare a meno di respirare la sua stessa aria. Ero diventato maniacale.

-Alex, mi spieghi perché ci hai rinunciato così in fretta?- Mi chiese Jack a bassa voce, guardandosi intorno sospettoso.

Rian non doveva saperlo, ne tanto meno Zack che in quel periodo sembrava diventato l’avvocato difensore di Lisa, e la cosa si faceva sempre più irritante.

-Non avrebbe funzionato.- Risposi guardando con indifferenza lo schermo del telefono che tenevo in mano.

-Sei un coglione.-

-Lo so.-

A Jack era bastato un secondo per capire, che quella frase era terribilmente finta. A me c’era voluta una vita per capire che ci credevo davvero.

Alla fine si è sempre saputo che il mio fratello, non di sangue, mi conosceva meglio di quanto conoscessi me stesso. Nessuna novità.

-Ora alza il culo e andiamo a provare, prima che Matt ci sbraiti dietro. Credo sia ancora arrabbiato per quella volta che ho scucito i pantaloni al suo Mickey preferito.-

Un sorriso mi arricciò le labbra. Jack era l’unico che riuscisse a farmi sorridere in momenti simili.

Ci avviammo a passo  veloce verso la sala prove, il concerto del giorno dopo sarebbe stato piuttosto impegnativo. Avrebbe richiesto, tempismo, qualità e buona organizzazione.

 

-Ci siamo.- Disse Jack aprendo la porta della sala.

Rian era già alla batteria, con aria concentrata stava ripassando la ritmica di Under a Paper Moon, Zack invece era fermo su uno scalino, il basso rosa al suo fianco e in mano il telefono, appena ci vide entrare ci lanciò un occhiata fulminante.

-Venti minuti di ritardo!- Sbraitò Matt piazzandosi davanti a noi con le mani sui fianchi.

Sembrava mia madre nei momenti peggiori.

-Calma , calma Matt. Ora ci mettiamo al lavoro- Gli disse Jack sventolandogli davanti un paio di piccoli calzoncini rossi.

Matt li afferrò con gli occhi illuminati, poi li voltò le spalle brontolando qualcosa.

-Sei proprio uno stronzo Jack.- dissi con con pacatezza salutando Jeff con la mano, che si stava occupando della seconda chitarra di Jack.

-Ne vado così fiero.-  disse passandomi il microfono.

Così iniziammo a provare. C’era così tanta tensione tra di noi che non riuscivamo neppure a sincronizzarci.

-Ragazzi?-  sussurrò Matt preoccupato vedendoci smettere all’improvviso.

-Non  mi va più.-  disse Zack alzandosi indifferente.

Jack si alzò dal pavimento su cui sedeva e si affrettò a raggiungere Zack.

-Che cazzo vuol dire che non ti va più?-   disse piombandogli davanti.

-Che sono troppo teso, e non riesco a dare il meglio di me- Zack chinò il capo, sembrava dispiaciuto davvero, almeno nei confronti di Jack e di tutti gli altri. Alla fine non poteva prendersela con loro, ero io il suo problema.

-Ti piace Lisa vero?-

Il silenzio calò nella sala, anche Rian smise di picchiettare sul piatto.

Zack che mi dava le spalle si drizzò di colpo, gli occhi di Jack invece erano rivolti  sbarrati verso di me, e così quelli di tutti gli altri nella sala.

-Io, credo che meriti di meglio.- e così dicendo si allontanò dalle braccia spalancate di Jack che era rimasto immobile, e dopo averlo sorpassato si avviò verso la porta e la aprì.

Dietro la porta, con una mano sulla bocca e gli occhi preoccupati c’era Cassadee. Zack le posò una mano sulla spalla a mo’ di saluto e le passò oltre.

-Che sta succedendo?- mormorò scuotendo lievemente la testa.

Vidi Jack che istintivamente aprì la bocca e fece un passo avanti verso di lei, poi si fermò. Rian stava scendendo giù dal palco veloce diretto verso la sua fidanzata.

-Hei Piccola.- Le disse dolcemente, con il suo solito sorriso sulle labbra, accarezzandole la guancia con la mano.

Cassee lo ignorò, gli spostò la mano e rivolse lo sguardo prima a Jack poi ad Alex con aria sconvolta.

-Ragazzi potreste spiegarmi che sta succedendo?-

-Nulla di cui preoccuparsi.- disse Rian

-Cazzate.-  commentò Jeff

-Lascia perdere- continuò Matt

-Zack è un coglione.- Esclamò Jack.

-E’ tutta colpa mia.-  affermai scendendo giù dal piano rialzato, mi avvicinai alla porta a testa bassa ed uscii.

-Scusate un attimo.- disse Cassee  rincorrendomi fuori dalla sala.

-Fate con comodo, domani abbiamo solo un concerto di proporzioni cosmiche eh!- sentii commentare Jeff con aria sarcastica, proprio poco prima che la porta sbattesse alle mie spalle, proprio poco prima che Cassee mi posasse una mano sulla spalla.

-Alex?- I suoi occhi cercavano risposte, e io non avrei saputo dargliele.

 

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Capitolo 6
*** [cap 6] I think I'll name it after all of you. ***


-E’ per Lisa vero?- Mi  chiese Cassee guardandomi con i suoi occhi azzurri.

-Sì.-  Confermai io immobile, senza riuscire a incrociare il suo sguardo.

-Non la ami più?- domandò con un filo di voce abbassandosi per guardarmi in faccia.

-No.- Risposi con tutta la calma di cui ero capace. – Non ci riesco.-

-Capisco.-  Cassadee scrollò le spalle e si sedette a terra a gambe incrociate, di fianco a me, mi guardò per un po’,con aria compassionevole, poi disse: - Sai, a dire il vero, non mi è mai andata a genio!-

La guardai stupito, quasi piacevolmente.

-E’ una ragazza viziata, senza alcun interesse per nulla. Il suo problema più grande è decidere quale delle sue trenta paia di decolté indossare per il prossimo servizio fotografico. – Disse abbozzando un sorriso amaro.  - E’ una persona… triste-  e tornò a guardarmi, in cerca di approvazione.

Io, dal canto mio, ero rimasto sorpreso da una rivelazione simile. Da sempre ero convinto che Cassee adorasse stare con Lisa, ma dopotutto si sa, Cass ha un cuore d’oro, non direbbe mai di no a nessuno.

Mi abbassai anche io e mi sedetti di fronte a lei. Le mie labbra imitarono involontariamente il suo sorriso.

-Immagino che tu non l’abbia realizzato così, all’improvviso.- mormorò.

-Mi sono accorto di amare ancora un’altra donna.- dissi sentendo un improvviso calore sul viso e dietro al collo. Stavo arrossendo.

-Maria, è ovvio.-  Esclamò con voce gentile.

A quelle parole rabbrividii.

-Lo sai anche tu.- sussurrai ormai paonazzo in volto, mi misi le mani in faccia. Tutto ciò che desideravo era scomparire.

-Ti si legge in viso Alex.- mi sorrise ancora.

- Credo in fondo di averla amata da sempre. Tutte coloro che l’hanno succeduta erano solo inutili sostitute di un amore impossibile.- Sospirai.

- Ti capisco.- rispose Cass sospirando anch’essa.

-Lo so Cass, so tutto.-

Ecco questa credo non fosse la reazione che Cassee si aspettava. Sgranò gli occhi e cercò di dire qualcosa ma non gli uscì nulla di più che un ansimo. Sembrava sconvolta, e allo stesso tempo preoccupata.

-Tu…. Non è possibile….Avevo detto….Oh Jack…. Ora mi sentirà.- farfugliò con le mani tra i capelli.

Mi piegai verso di lei e la presi per un polso.

-Casse, so tutto perché vi ho visti. Jack non mi ha detto nulla.-

Il suo viso sembrò passare dall’ira alla vergogna, i sensi di colpa la stavano assalendo.

-Alex, io… Giuro. Non era previsto…-  Biascicò portandosi una mano alla fronte. Sembrava davvero disperata. La sua voce tremava.

-Va tutto bene Cass.- Le dissi io con pacatezza cercando di abbracciarla.

-Mi sento una merda. Rian non se lo merita.-

La guardai negli occhi, e posso confermare che diceva il vero. Ogni sua parola era sincera, e questo era il suo veleno. La sua stessa verità la logorava.

-Lo so.-

-Mi è sempre piaciuto Jack, lui è… la mia risata quotidiana, il mio migliore amico, la variazione più bella di una canzone, le gocce di cioccolato sul biscotto. Lui è la persona con cui preferisco passare i miei giorni, e non riesco davvero a farne a meno. –

I miei sentimenti erano i suoi, lo sentivo. La vergogna per aver fatto qualcosa di deplorevole e l’amore verso una persona che è giusta per noi, ma non per il mondo che ci circonda.

-Jack è la persona giusta per te.-  dissi con un sorriso consolatore sulle labbra.

Lei alzò lo sguardo verso di me. – Non so se sia la persona giusta o meno. So solo che è la persona che amo.-  si morse il labbro, come se stesse cercando la concentrazione. – Certo forse sono una persona misera, perché ho utilizzato Rian come rimpiazzo, forse faccio pena perché cerco qualcosa di più in una persona che non si è mai innamorata. Non credo che Jack sappia come mi sento. –

No, Jack lo sapeva molto bene invece.

Feci per aprire la bocca e ribattere ma lei me lo impedì.

-Lui è abituato a donne bionde strafighe con tette sproporzionate, perizoma e reggiseno a balconcino. Io al massimo posso offrirgli una me con le converse, comunissima biancheria intima e un paio di lentiggini sul naso. No, direi che forse non sono quella giusta. Forse dovrei lasciarlo da quella Holly. Lui riavrebbe la sua coniglietta di Play Boy e io riavrei la pace interiore.- Un fiume di parole uscite dalla sua bocca riempirono le mie orcchie.

Doveva saperlo.

-Non hai idea. No, non hai la benché minima idea di quanto Jack sia innamorato di te.-

Cassadee strabuzzò un attimo gli occhi, poi un sorriso le sbocciò sulle labbra.

Forse almeno lei, aveva capito da che parte stare.

 

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Capitolo 7
*** [cap 7] Stella would you take me home? ***


Quando rientrammo in sala prove mi sentii diverso.

Un moto di rivoluzione mi pervase. Volevo cambiare. Volevo scoprire anche io cosa volevo realmente.

Forse lo sapevo già.

Un intreccio di sguardi fu l’ultima cosa che vidi prima di chiudere la porta della sala e seguire Jeff, Matt e gli altri fuori.

Jack era dietro di me, lanciò un occhiata perplessa a Cass che ricambiò annuendo, poi si voltò verso Rian che era fermo di fronte a lei, con un mezzo sorriso tra le labbra e gli occhi allarmati.

 

Avevo ragione. Tutto era cambiato, o se non lo era, stava per farlo.

La sera dopo, prima del concerto, Cass non si fece viva, Rian era decisamente più serio del solito, e Jack passava da estremi di felicità a istanti di preoccupante depressione.

-Ecco guarda.- mi disse con un filo di voce porgendomi il suo telefono.

Lo presi lanciandomi un occhiata intorno, Rian non c’era, aveva detto che sarebbe andato a farsi una birra con Vinny prima del concerto, e Zack invece era occupato ad accordare il suo basso di riserva per ascoltare i nostri discorsi. Da quel pomeriggio non mi aveva più rivolto la parola.

Guardai lo schermo del cellulare e vi lessi sopra Stella.

Capii subito che non si trattava di una birra.

“Fatto.”  Recitava la scritta sul display.

-Non riesco ancora a crederci.- Sussurrò Jack con lo sguardo perso nel vuoto.

-Non riesco ancora a credere che tu l’abbia chiamata Stella.- dissi riponendogli il telefono tra le mani.

-E’ geniale non trovi? Come copertura intendo.- Rispose con un certo entusiasmo.

-E’ il nome di una birra.

-La mia birra preferita per inciso. – commentò lui con una smorfia saccente.

-Mai riporre speranza nel tuo romanticismo.- Esclamai sorridendo. La questione del nome era solo un ex cursus fittizio per non parlare del problema vero e proprio. Lo sapevamo entrambi, ma entrambi adoravamo non prenderci mai sul serio.

-La canzone parla praticamente di lei. Cioè. Sostituisci Stella a Cassadee.- 

-Fantastico, ma non ho mai visto Cass riportarti a casa ubriaco.-

-Se per questo neppure una birra lo fa. Ma io non parlavo di quello razza di imbecille. Parlavo della parte in cui fa: “solo una ragione in più per non averti mai dovuto incontrare, è un’altra ragione per cui non potrei mai dimenticarti.” Quella è per lei.-

-Geniale sì.-  Dissi a corto di parole. L’assurdità di quei discorsi in un momento così serio che comprometteva il futuro della nostra band faceva quasi paura.

-Quindi… l’ha fatto.- Continuai cercando di tornare al punto.

-Così pare.-  La sua faccia sembrava stropicciata, contrita in una serie di emozioni e ed espressioni facciali tra il sorriso e le labbra arricciate dalla preoccupazione.

-Perfetto.- esclamai alzandomi in piedi e spalancando le braccia.

-Perfetto? Alex ma ti rendi conto che…- Gli feci segno con il dito di abbassare la voce, il suo tono smodato e irritato aveva attirato l’attenzione di Zack.

Aspettai che riprendesse ad accordare lo strumento e poi gli feci cenno di continuare.

Mi risedetti.

-Ti rendi conto che se Rian scopre che ci sono io in mezzo. Gli All Time Low cessano di esistere? -  lessi la disperazione nei suoi occhi.

-Non posso permetterlo. Siete la mia famiglia. Rian è come un fratello per me. Gli ho rubato la ragazza. Faccio schifo.-

-Hai solo scoperto di amarla, più di quanto potesse fare lui. Prima o poi, quando sarà pronto a metterci una pietra sopra, potrai raccontarglielo. Sono certo che capirà. Tu l’hai fatto.-  Quell’ultima affermazione mi uscì fuori biasciante come se non avessi voluto altro che trattenerla.

-L’ho fatto perché avevo capito da subito che non valeva nulla. Te l’ho ceduta perché credevo che tu potessi far uscire da quel tubo di gomma con le tette un po’ di personalità, ci credevo avendo visto il cambiamento che avevi fatto fare a Maria. Speravo in un salto di qualità, ma mi sbagliavo.-

Quelle cinque lettere mi ferirono come cinque pugnali affilati alla schiena. Non mi aspettavo il suo nome ora. Non ero preparato psicologicamente ad una tempesta di ricordi e flash back devastanti.

Lanciai a Jack un occhiataccia.

-Maria è sempre stata una persona piena di qualità. Io le ho solo aperto gli occhi.- Dissi con un lieve risentimento.

-E  il cuore.- Sussurrò Jack.

Aveva ragione.

-Ragazzi! Matt dice che ora.- disse  Rian  tra una risata e l’altra spuntando con la testa da dietro lo stipite della porta. In mano una bottiglia di Jack Daniels.

 

 

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Capitolo 8
*** [cap 8] Are you having trouble finding sleep at night? ***


Mi dicono sempre che la vita riserva strane sorpese.

 

Ricordo lo sguardo di Jack quando vide quella bottiglia dal vetro marrone in mano a Rian.

Dapprima strabuzzò gli occhi poi scattò verso di me guardandomi con occhi e bocca spalancata.

Solo quando, dopo qualche secondo, Zac se ne andò dicendo: -Io comincio ad andare, ci vediamo sul palco- ( Aveva un’aria quasi tranquilla nel dirlo), ebbi il coraggio di pronunciare parola.

-Temo che non l’abbia presa bene.- Dissi alzando le spalle con aria rassegnata.

-Rian di solito non beve mai prima dei concerti…- Disse Jack con un sussurrò. Lo sguardo teso alla punta delle sue enormi scarpe.

 

-Ok Jack. E’ successo. Cass l’ha mollato, lui la presa male, probabilmente questa notte si ubriacherà e resterà in stato di coma apparente per qualche giorno, non è colpa tua.-  Dissi cercando di non farmi prendere dall’ansia come stava facendo Jack. Mi alzai in piedi e mi diressi fuori dal back stage.

Potevo già sentire le urla dei fans scalpitanti che ci chiamavano.

-L’ha mollato per me Alex, hai scordato questo infimo particolare- Esclamò seguendomi a ruota.

-Dettagli- svoltai a destra nello stretto corridoio.

Colussy mi lanciò un occhiata curiosa poi fece segno dietro di sé. Appese su un ampio appoggio c’erano le nostre chitarre.

Scelsi la chitarra Verde acido, cercai di dare un senso logico ai miei capelli lisciandoli con la mano, feci un bel respiro  e simulai un sorriso per coprire l’ansia da palcoscenico. Dietro di me Jack imprecava.

Eravamo ormai tutti sul palco, quando finalmente le luci si accesero e le preoccupazioni si spensero. Ora intorno a me c’erano solo i miei migliori amici di sempre, il mio pubblico e la mia chitarra.

 

*

 

Mi dicono spesso, che la vita ti riserva strane sorprese, cose che ti lasciano un segno.

Questo mi ripetei questo quando entrai nel camerino con i capelli bagnati, la maglia sudata e i piedi nudi.

Guardai il mio riflesso allo specchio, sembravo stanco,  quasi vissuto, ma soddisfatto. Perciò, una volta aperto il rubinetto, presi a piene mani una bella manciata d’acqua e me la lasciai scorrere sul viso.

Volevo lavare via la stanchezza, la fatica di essere giovani e fingere di essere sempre in perfetta armonia con se stessi. Era più dura di quello che ci si può immaginare far sempre finta che tutto vada bene.

-Alex- Una voce alle mie spalle mi chiamò.

Era Rian, una smorfia triste tra le labbra, e gli occhi lividi. Ma non barcollava, era sobrio e ne ero certo.

-Alex è finita.- Mi si avvicinò lentamente, con le mani sulla bocca, scuotendo la testa.

Io non riuscii a dire nulla, e me ne vergognai. Mi sentii all’improvviso complice di un segreto che non potevo rivelare, testimone di un misfatto innocente del quale nessuno aveva colpa.

Quando Rian fu abbastanza vicino, allungai le braccia. Fu quasi istantaneo. Ho sempre creduto che un abbraccio colmasse il vuoto di mille parole, e così successe.

Quando l’abbraccio si sciolse, Rian si allontanò improvvisando un sorriso.

-Scusami- disse sfoderando i suoi denti bianchissimi. –Sono un cazzone sentimentale.-

-Non devi scusarti amico.- dissi ricambiando il sorriso.

Rian annuì e si avviò verso la porta, poi si fermò.

-Sai, ho provato ad annegare i miei dispiaceri nell’alcol ma non ci riesco, loro continuano ad annegare me.-

Sentire quelle parole mi fece gelare il sangue. “Dannata Empatia” pensai.

-Poi ho provato a sopraffare il male con il tam tam della gran cassa, il suono del charleston e tutto pian piano svaniva, sentivo quasi i nodi di amarezza sciogliersi dentro di me.-

Ci fu un attimo di silenzio, poi continuò.

-La dovrò a voi, Alex, la mia capacità di superare questa situazione di merda. Alla nostra musica, e a voi, che siete la mia famiglia.-

Una pugnalata invisibile mi colpì in pieno petto.

Rian sorrise di nuovo, scrollò le spalle ed uscì.

-Rian Aspetta!- Urlai.

-Sì?-

Vedere il suo viso rispuntare dalla porta, in qualche modo mi risollevò.

-Ti voglio bene.- Dissi con un filo di voce.

-Anche io Alex, anche io.- E se ne andò.

 

                                                                                                *

Passò un'ora prima che finissi di struggermi e che uscissi dal mio camerino. Il teatro in cui si era svolto il concerto era ormai vuoto. Sul palco alcuni addetti stavano risistemando e ripulendo la scena.

Io dal canto mio, mi sentivo stanco, ingrato e bugiardo. Non avevo alcuna voglia di uscire, perciò ignorai ogni messaggio di Jack, a dirla tutta in quel momento provai una sorta di rancore nei suoi confronti per avermi costretto involontariamente a mentire ad un caro amico; ma poi ripensandoci bene non potetti fare a meno di compatirlo.

Presi il corridoio che portava fuori, tutto quello che volevo era uscire da quel posto e tornare nel bus a dormire, ma uno spiraglio di luce proveniente dalla sala del back stage attirò la mia attenzione.

Curioso, mi avvicinai alla porta e vi sbirciai dentro, ma subito me ne pentii.

 Mi dicono spesso, che la vita ti riserva strane sorprese, cose che ti lasciano un segno. Fidatevi, è così.

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Capitolo 9
*** [cap 9] I walk a fine line, between the right and the real. ***


Ok.

Dissi a me stesso cercando di ritrovare il respiro.

Mi voltai di scatto verso il corridoio buio, cercando di non pensare a quello che i miei occhi avevano appena visto, ma il flash di quel momento mi continuava ad accecare.

Ok.

Raccolsi dentro di me tutto il coraggio di cui ero capace e mi accostai di nuovo alla porta cercando di non fare il minimo rumore.

Non riuscivo a muovermi, solo le labbra erano in costante cambiamento. Dapprima leggermente curvate, poi strette, poi tirate in una smorfia sconvolta e subito dopo in una catena di OMMIODDIO ripetuti in silenzio.

Se all’inizio credevo di aver visto male e di essermi quindi clamorosamente sbagliato, ora avevo la certezza che la scena a cui stavo assistendo era vera, reale ma soprattutto che i protagonisti della scena stessa non erano fatto frutto di una mia grottesca immaginazione.

Su un piccolo tavolo di truciolato rivestito in lacca bianca c’era una bella ragazza, disinibita con solamente un paio di tacchi numero dodici e una guepiere provocante, di fronte a lei a prestarle volentieri servizio c’era un ragazzo dall’aria familiare, a torso nudo con i  capelli biondicci del tutto scompigliati.

Sì, vedere il tuo bassista che si diverte con la tua ex ragazza è decisamente una scena grottesca.

 

 

*

-Oh Cristo. Stai scherzando vero?-  Gridò Jack nel bel mezzo della notte.

Gli ficcai una mano sulla bocca spalancata.

Benché fossimo a qualche metro dal Bus, e sapessi che tutti ma proprio tutti erano andati a dormire preferivo che non si sentisse nulla dell’accaduto. Almeno per ora.

-Stai zitto.- Sussurrai. – Non scherzo affatto.-

-Dio mio, è scandaloso. Fa quasi  schifo. Giuro viene il vomito. Hai vomitato?-

-No Jack, ma giuro che se continuiamo così, lo farò ben presto.- dissi con una smorfia disgustata sulle labbra.

-Non riesco  a crederci giuro.- Scoppiò a ridere e incominciò a scuotere la testa incredulo, cercando di bloccare la risata con una mano.

-Ma tu cos’hai fatto appena gli hai visti? Potevi chiamarmi prima no?-

-Prima ero sull’orlo dello shock, poi ho dovuto trattenermi per non ridere rumorosamente. E comunque ti ho chiamato il prima possibile,  è successo un’ ora e mezza fa!-

Mi zittii subito sentendo dei passi alle mie spalle.

-Hey ragazzi che succede? Scusa Jack ma dovevo proprio andare al bagno.- Cassadee si mise in punta di piedi e scambiò un rapido bacio con Jack prima di notare le nostre facce.

-Tu da dove spunti?- Dissi con aria stupita.

-Ho accompagnato Jack al bus visto che io alloggio in un alberghetto delizioso qui intorno, ma in questo momento non sembra sia una questione di particolare rilevanza il mio Hotel…-

-Quattro parole baby- disse Jack. –Lisa. Zack. Back Stage.

Cass si portò le mani alla bocca, non seppi mai se anche lei scoppiò a ridere o spalancò semplicemente la bocca sconvolta.

-Ommioddio.- Anche se a giudicare dalla sua faccia non appena tolse le mani, potrebbe benissimo aver fatto le due cose contemporaneamente.

-Nauseante- commentai.

-Davvero raccapricciante.- disse Jack con un filo di voce.

-Io lo trovo meraviglioso, semplicemente meraviglioso!- Rispose lei con uno dei suoi sorrisi.

-Cosa ci sarebbe di tanto meraviglioso nel vedere un tuo amico che si scopa la tua ex?- commentai sarcastico.

Quel sarcasmo mi costò caro.

I due si lanciarono un’ occhiata colpevole, poi la distolsero immediatamente.

-Beh si in fondo è meraviglioso sapere che si sono sistemati… hanno trovato la loro strada- Cercai di rimediare al danno.

-Finalmente non dovrò più sentirmi in colpa!- Aggiunsi improvvisando un sorriso.

-Sono felice per loro. Voi no?-

Cass mi guardò tristemente con le braccia conserte, Jack si fissava i piedi con le mani in tasca ciondolando un po’.

-Avanti ragazzi, non parlavo di voi.- 

Entrambi mi sorrisero compassionevolmente.

-E’ ovvio no?-

-Certo Alex.- Disse Cass accarezzandomi una guancia.

-Ovvio, sì.- continuò  Jack dandomi una pacca affettuosa sulla spalla. –Non preoccuparti.-

- Credo sia ora che vada ragazzi.- sussurrò Cassee avvicinandosi per salutarmi.

Jack si chinò su di lei con gli occhi pieni d’amore e le baciò la fronte.

Non l’avevo mai visto così.

-Buonanotte.- Disse voltandosi per raggiungere l’esterno del parcheggio.

-Cass!- Urlai prima che voltasse l’angolo.

-Voi siete fantastici ragazzi, davvero.- dissi sincero.

Lei mi sorrise e voltò l’angolo.

-Grazie amico, ti voglio bene.- esclamò Jack con voce roca.

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Capitolo 10
*** [cap 10] Hello Brooklyn. ***


Mi svegliai il giorno dopo con un mal di testa da post sbronza.

Uno di quei mal di testa potenti che ti fa dimenticare da dove vieni. Chissà quante e quali intricatissime paranoie si sarà fatto il mio cervello nella notte.

Dopo tutte le cose che erano successe, la storia di Jack e Cass, Rian che tenta di ubriacarsi prima del concerto e Zack che cade ai piedi di Lisa era normale che nella mia testa regnasse il caos più completo. Lo stesso caos che mi aveva permesso di non pensare a Maria per ben due giorni.

Scostai piano le tendine nere della mia cuccetta e lasciai che una tiepida luce mi accarezzasse il viso.

Il bus sembrava vuoto, non arrivava alle mie orecchie neppure il minimo rumore se non quello dei motori delle macchine che correvano per le strade vicine al parcheggio.

Un dubbio mi balenò in mente.

Presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni che avevo ordinatamente appallottolato al fondo del letto e controllai i piccoli numeri in alto a destra.

Erano le 3 del pomeriggio, ma ciò che è peggio è che nessuno mi aveva svegliato.

Matt era furioso, ne ero sicuro.

Mi fiondai giù dal letto e con passo traballante entrai in bagno  e per prima feci pipì, seduto perché di stare in piedi e inondare il bagno non avevo voglia, poi presi il telefono in fretta  e furia e formulai un messaggio indirizzato a Jeff nel quale scrissi: “Dove diavolo siete?”

Nell’attesa di una risposta mi feci  una velocissima doccia e mi rivestii poi quando ricontrollai il telefono:

‘E’ giorno di pausa Idiota’.

Dolce il nostro Jeff.

Tirai un sospiro di sollievo e rallentai il ritmo ricordandomi di quanto fosse fastidioso muoversi troppo con l’emicrania.

Farei meglio ad uscire,stando chiuso qua dentro peggiorerei la situazione.  Pensai, e così dicendo presi una felpa a caso appesa all’appendiabiti di fianco alla porta  e mi incamminai verso l’uscita del parcheggio.

Rieccoci a Brooklyn, il più popoloso tra i cinque borough di New York.

Sinceramente, il mio preferito con il suo ponte verso Manhattan, la sua gente sempre piena di brio, e il suo cibo strambo e i locali alternativi a Williamsburg.

Pochi passi verso il cuore della città e il telefono vibra.

‘Alza il culo e raggiungimi al Prospect Park, ti ho preso un hamburger doppio con bacon e formaggio fuso.’

Jack sapeva come convincere le persone.

 

*

Mi ci vollero dieci minuti di Subway per arrivare a Prospect Park, una splendida oasi di pace e tranquillità nel centro della vitalità cittadina.

Jack era lì, con il braccio sventolante che mi faceva segno di venirmi a sedere di fianco a lui mentre con l’altro mi scuoteva davanti il pacco con l’ hamburger.

-E’ reato addescare con il cibo i giovani cantanti. Sai?-  dissi prendendo posto accanto a Jack e strappandogli il sacchetto con il cibo dalle mani.

-Zitto e mangia.-

Afferrai il panino con le mani e lo addentai senza rimorso, avevo davvero fame.

-Come hai fatto a dormire così tanto?- Mi chiese senza un minimo di stupore nella sua voce.

-Insomma ieri sera era presto, sarà stata l’una di notte.-

-Sorà stoto lo shock- dissi masticando con la bocca piena una striscia intera di bacon.

-Ho visto Zack con Lisa prima,-  disse Jack con tono piatto.

-Camminavano allegri mano nella mano, ovviamente la mano sinistra di Lisa era occupata a tenere tre borse di Chanel ma questi sono dettagli.-

-La porta già a fare shopping?- Chiesi prima di dare gli ultimi morsi al panino.

Mi resi conto che parlavo della vita sentimentale della mia ex esattamente come parlavo della partita dei Ravens.

Anzi no, per quella avevo più entusiasmo.

-Non lo invidio.-

Jack mugolò qualcosa di incomprensibile mentre giocherellava con lo schermo del telefono, ma non ci feci caso.

-Dov’è Cass?-  Chiesi rendendomi conto di quanto strano fosse non  vederla intorno a Jack.

-E’ con Rian, stanno discutendo  su delle cose.-  Ma in realtà era questo che avrei dovuto considerare normale.

-Dice che le spezza il cuore vedere Rian in questo stato. E vuole aiutarlo a superarla.-

Appallotolai piano la carta marrone del panino, sapevo che Jack avrebbe avuto qualcosa da aggiungere.

-Crede forse che a me non mi dispiaccia vedere Rian  ridotto così?-

Mi chiusi nel mio silenzio più attonito, sentendomi doppiamente colpevole, non potendo far nulla per migliorare l’umore né di uno né dell’altro amico.

-Fanculo!- Esclamò Jack rovistando nella giacca che si era portato dietro, poi dopo qualche secondo tirò fuori da una cerniera un involucro quadrato e me lo porse.

-Cos’è?- Chiesi curioso rigirandomelo tra le mani.

-Un cd Alex.-

-Grazie Jack- Risposi sarcastico leggendo il nome del gruppo sulla facciata principale.

-We Are The In Crowd-  lessi a bassa voce.

-Me l’ha dato stamattina Matt. Pare che siano I nuovi pupilli della Hopless Records e che ce li vogliano appioppare per il tour. –

Osservai la copertina del cd con attenzione.

-La cosa bella è che hanno una cantante donna, e pure gnocca.-

-Non sarà mai gnocca come la Williams.- esclamai sorridendo e osservando il volto della ragazza.

-Alex, non cambi mai eh.-

Una voce parlò, ma non era maschile.

Qualcosa era cambiato.

Quando alzai lo sguardo Jack non c’era più, al suo posto c’era lei, con i suoi occhi nocciola, e tra i capelli il vento del mio amato Maryland. 

 

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Capitolo 11
*** [cap 10 epilogo] Hello Brooklyn. ***


-Cristo.-

Una parola, una sola imprecazione che esprimeva alla perfezione il mio stato d’animo in quell’esatto istante.

Ci fissammo a lungo negli occhi senza dire una parola, lei sorrideva appena e imbarazzata si aricciava i capelli con le dita.

Era strano averla lì di fronte a me, di solito ero sempre stato io a inseguire lei, e mai lei a trovare me.

-Buongiono anche a te.- Esclamò Maria rompendo il silenzio come fosse cristallo sotto i suoi piedi.

Maledetta. Io in quel silenzio ci stavo bene.

Non ero mai stato un tipo taciturno, ma in certe occasioni il silenzio è davvero d’oro.

-Cosa ci fai tu qui?- dissi cercando di mantenere la calma, non riuscivo a capire se la sua presenza mi facesse piacere o meno.

-E’ difficile da spiegare, ma cercherò di essere breve. Sono a New York per lavoro e sapevo che anche voi eravate nei dintorni perciò ho pensato di scrivere a Jack per sapere come trovarvi.

-Sei stata fin troppo breve Maria. Quindi ti ripeto: cosa ci fai tu qui?- il mio tono era severo, rigido, quello che si meritava.

-Mi mancavi.- disse sommessamente fissandosi le mani sulle ginocchia. Tremava leggermente.

-Ti mancavo? Maria tu sei completamente pazza. – Scoppiai senza riuscire a trattenermi.

Il vecchietto sulla panchina di fronte a noi sobbalzò e mi lanciò un occhiata minacciosa da dietro il suo giornale.

-Ti ho scritto, ti ho cercata, ti ho voluta con tutto me stesso, ti ho trovata e tu mi hai rifiutato. E ora? Ora ti manco?- 

Qualcosa in me non andava. Avrei dovuto essere felice di vederla. Avrei dovuto abbracciarla forte, stringerla e poi baciarla come accade in quei film per ragazzine arrapate in cui dopo mille difficoltà alla fine l’amore trionfa.

-Alex non è facile, ci sono cose che non si possono spiegare. Tu, tu sei piombato a casa mia con tutto il tuo affetto, la tua dichiarazione e io ero confusa, ero shockata.-

La osservai attentamente e capii che non mentiva, i suoi occhi lucidi lo confermavano, ma per qualche strana ragione non mi importava.

-Ti prego, risolviamo la questione una volta per tutte. Io voglio te. Di nuovo.-  Poi aggiunse  -Ricominciamo da oggi.-

Non riuscii a guardarla negli occhi, benché fosse a pochi centimetri dal mio naso, forse aspettando un bacio di risposta. Mantenni  lo sguardo fisso sulla scena che avevo di fronte: il vecchietto se n'era andato, ora vi era una giovane madre che combatteva contro la figlioletta capricciosa che puntava i piedi per avere lo zucchero filato.

Classica scena da parco pensai.

-No. – Fu un attimo. Un istante in cui una risposta secca uscì dritta dalla mia bocca senza che io potessi trattenerla.

-Il nostro tempo è passato. Ho deciso di andare avanti. -

E così come per magia l’incanto era stato spezzato. Non so come o perché, ma quando tornai a guardarla all’improvviso lo feci senza provare più nulla, né rancore né amore. Niente.

Maria era di fronte a me, ma era come avere di fronte un bel ricordo, e per antonomasia si sa, i ricordi appartengono al passato.

Non era vero che l’amore trionfa sempre.

Ci fu un silenzio gelido, poi Maria si alzò piano e mi guardò con un sorriso appoggiando la sua mano sulla mia spalla.

-Arrivederci Alex- Mi disse con un sussurro.  Poi si allontanò, lontana dal mio sguardo e dal mio cuore.

Una forte raffica di vento cominciò a soffiare nella direzione opposta al Maryland.

 

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