E chi la ferma più questa Rivoluzione? - Parte I

di AndreaMesso45
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Epilogo ***
Capitolo 2: *** Walk ***
Capitolo 3: *** I should have known ***
Capitolo 4: *** Back and forth ***
Capitolo 5: *** These days ***
Capitolo 6: *** Resolve ***
Capitolo 7: *** Learn to fly (Prima parte) ***
Capitolo 8: *** Learn to fly (parte seconda) ***
Capitolo 9: *** The pretender ***
Capitolo 10: *** Everlong ***
Capitolo 11: *** My hero ***
Capitolo 12: *** Times like these ***



Capitolo 1
*** Epilogo ***


E chi la ferma più questa rivoluzione?

Parte I

Epilogo


12 / 01 / 2030
Kemerovo, Siberia
5° C


District general
Regime of the north
      Distretto federale del regime nord

 
Credo di avere aspettato abbastanza...
 
Il freddo era devastante, l’odore della cella sempre uguale negli ultimi dieci lunghi anni.
Anche il colore era sempre lo stesso, grigio scuro, con macchie nere qua e là.
Le sbarre d’acciaio … i vetri color alluminio … il pavimento di marmo antico …  le pareti impregnate di vomito mai pulito e ormai essiccato che avevano preso un colore verdognolo spento che dava la nausea … questa era la prigione, questa era la vita qui a Kemerovo.
Quando ci fu il colpo di stato del Regime, la prigione di Kemerovo fu la prima ad essere utilizzata per gli scopi del governo, per la “riabilitazione” e la “rieducazione” della gente.
Ma non fu costruita in quell’anno, il carcere c’era già dagli anni ‘60 almeno, fu utilizzato come campo di prigionia in diverse occasioni ma non rilevanti.
Era uno stabile piuttosto grosso, una parte era andata distrutta nel primo attacco della Resistenza con conseguenti danni alla struttura irreparabili che adesso non garantivano alla prigione una ventilazione a tutta la piattaforma, molti prigionieri morivano di stenti e per mancanza di ossigeno … molti soprattutto per il freddo abominevole della Siberia, principalmente nei mesi invernali.
I carcerati erano più di mille e la maggior parte si trovava a Kemerovo come prigionieri politici, inoltre, qui nella prigione siberiana non erano mancati negli anni anche galeotti illustri come attori, musicisti e politici.
Tutta gente famosa prima dell’arrivo del Regime, era molta di più però la povera gente che si era ribellata, specialmente le persone senza soldi e senza casa che erano state le prime ad essere deportate … nella sistemazione “temporanea” che si trasformava in tomba per tutti.
I carcerati che ci lasciavano la pelle venivano tutti rimossi e occultati da qualche parte, non si sa ancora di preciso dove, tutto sotto gli occhi del Regime e dello Stato che commissionava tutto da lontano.
Una regola regnava a Kemerovo, chi entra nella prigione non ne esce se non in una cassa, fin’ora era sempre stato così.
La prigione era famosa perché, oltre ad essere stata la prima, era la più affollata e la più “ambita” per i  criminali, era la Auschwitz del terzo millennio.
Governata da persone senza morale o pietà, era un carcere molto molto rigido sotto tutti i punti di vista, era una casa del grande fratello di morte e putrefazione.
Tutto il mondo era a conoscenza della prigione, ma una cosa sfuggiva a tutti, il reparto H …
La galera era divisa in molti reparti che servivano ad assegnare le celle ai detenuti e potevi trovare bene in fila tutti i settori, dalla A alla Z, poi c’erano celle speciali di isolamento che avevano lettere straniere come la W e la Y.
Ma guardando per i corridoi, potevi benissimo notare che dopo il reparto G veniva subito il reparto I, questo perché il settore H era stato nascosto e sistemato sotto la prigione, nelle sotterranee del carcere, dove venivano sistemati i carcerati più pericolosi che non facevano mai più ritorno alla superficie.
Nessuno sa bene cosa facessero là sotto, nessuno è mai riuscito ad entrarci fin’ora … liberamente.
Qualcosa respirava lì in fondo, là nelle tenebre, lontano dai raggi solari e illuminato solo da gialli fasci di luce da dei neon.

 
 
Una vecchia foto, solo quello.
Una vecchia foto sbiadita, scolorita e tutta rovinata.
Si poteva ancora distinguere, però, in quella foto un viso … dei capelli biondi, non molto lunghi … un sorriso dipinto sulle labbra … un raggio di luce specchiarsi nell’obbiettivo … gli occhi dolci e vispi …
 
Lui stava a fissare la foto per ore, anche per una giornata intera, di solito faceva intervalli di mezz’ora per coricarsi nella branda che aveva nella sua cella H02.
Era l’unica cosa che aveva … una foto sbiadita, scolorita e tutta rovinata.
Lui si ricordava ancora, si sforzava di ricordarsi le cose che prima avevano importanza; ogni giorno ripeteva i colori per tenersi a mente che esistevano, si sforzava di ricordarsi il mare, la spiaggia, le montagne, la pioggia, il calore sulla pelle, il rumore del vento … ricordarsi di lei.


 
… amore … è ora si svegliarsi …


Si svegliò di soprassalto, con respiri molto veloci e profondi, con gocce di sudore sulla fronte e gli occhi stralunati.
“Colori … giallo, arancio, rosso, violetto, blu … ehm … verde, grigio, marrone, bianco … Nero!” disse subito molto velocemente, chiudendo le palpebre.
Cercò la foto, la trovò, la osservò con costanza immancabile, voleva essere sicuro di ricordarsi.
Gli occhi, come dei laser, controllavano ogni millimetro della foto ruotando con frenesia ma senza fretta.
Toccò con le mani la foto, la volle sentire al tatto, il sapore della carta e della pellicola; poi tirò un sospiro e si rimise sdraiato sulla branda.
La cella era chiusa da tutti i lati con muri di cemento armato, tranne per la parte frontale che era fatta solo di inferiate di acciaio e da una porta in ferro.
Da lì provenivano i rumori in lontananza di tutto il reparto H, soprattutto lamenti e bestemmie.
Ehi, forestiero … forestiero … mi senti? Tutto bene là? Forestiero?
La voce proveniva dal vicino di cella, la stanza era di fianco, non si potevano vedere in faccia i due carcerati.
Forestiero?” continuò a chiamare “Che diavolo! Non parli mai? Che succede?” .
Non ci fu ancora risposta, il carcerato insistette Diavolo! Ma sei vivo o no?”.
Forse … arrivò la risposta, con un fil di voce Non mi chiamare forestiero”.
Il vicino di cella smise di parlare, anzi, per la precisione bestemmiò e poi sembrò mettersi a dormire.
 

 
Passò qualche ora, forse, il tempo lì non contava più niente, ormai nessuno ci faceva più caso, non si sapeva se era giorno o notte o che data fosse … persino l’anno corrente.
Si sentì aprire una porta … e poi dei passi … passi lenti e controllati.
Si avvicinavano alla cella H02 … si fermarono … ci fu uno schiarimento di voce.
Ehi, mister! Sei ancora vivo? Sorprendente! Ti volevo informare che oggi non ci sarà la cena per te”.
A parlare era il capoufficio del reparto H;  gestiva tutto lui, i condannati lo chiamavano il Custode.
Il carcerato non fece alcun cenno, non si degnò nemmeno di girarsi a guardare il capoufficio.
Vedo che siamo di buon umore oggi, allora forse anche domani non ci sarà la cena per te”.
Il Custodenon ottenne nessun cambiamento da parte del galeotto H02, così tornò sui suoi passi pensando ad una eventuale punizione per un tale atteggiamento.
Tornerò da te presto e a quel punto forse sarai più felice di conversare, Mister Grohl concluse il Custode.
Il prigioniero non fece nessun cenno, non cambiò espressione, non disse niente.
Il prigioniero era Dave Grohl, un tempo era stato una delle più grandi rockstar del mondo, oltre che un formidabile musicista, ora era solo una presenza solitaria, senza presente o futuro, con un passato ormai dimenticato alle spalle.
I capelli erano lunghi, non più neri come una volta, erano brizzolati, per metà grigi; la barba era lunghissima, bianca, una barba da sopravissuto.
Le rughe ricoprivano il viso, un viso sconfitto, un viso senza più espressione e gli occhi … gli occhi erano tristi.
Dave era magro, scavato in volto, con la mano destra leggermente tremante, vestito con pezzi di abiti grigi e neri, puzzolenti e poco resistenti al freddo che toccava i 5 gradi.
Aveva problemi a stare in piedi perché alla gamba sinistra aveva perso sensibilità quasi del tutto e aveva una enorme cicatrice sulla schiena, un regalo del Custode nei primi anni della sua residenza a Kemerovo.
Dave fu subito portato nel reparto H dopo aver sputato in faccia ad una guardia nel primo anno della sua prigionia che avvenne nel febbraio del 2020, ormai era passato un decennio, in questo posto una vita intera.
Dave mostrava i chiari segni della stanchezza, causa le condizioni in cui era obbligato a vivere, ma il suo cuore batteva sempre, sempre e sempre … sempre più forte.
I suoi pensieri erano sterili e incessanti, a lui bastava ricordarsi di alcune cose fondamentali per riuscire a rimanere vivo e “lucido” di mente.
Ogni volta che si svegliava ripeteva in sincronia la scala dei colori e si immaginava un arcobaleno, o almeno, cercava; ultimamente aveva difficoltà ad immaginarsi le cose.
Pensò spesso al suicidio, continuamente, ogni volta che apriva gli occhi ci pensava, qualche volta tentò anche di provarci, però riusciva a fermarsi sempre in tempo.
Negli ultimi mesi cominciò a pensarci sul serio, stava pianificando una uscita di scena, la Sua uscita di scena, ormai dimenticato da tutti e abbandonato dal mondo, senza più amici, aveva preso la decisione di alzare bandiera bianca, il suo spirito guerriero aveva ormai cessato di esistere.
Aveva smesso anche di pregare, aveva cominciato a farlo assiduamente dall’arrivo nella prigione di Kemerovo, gli dava la sensazione di poter farcela, che tutto si sarebbe risolto per il meglio.
Sentiva che era arrivato il momento, il momento di andare, la partenza, continuava a ripetersi che aveva aspettato abbastanza, che voleva ricominciare ad imparare a camminare, con lo spirito in un altro posto.
Si era convinto, si sarebbe addormentato e avrebbe concluso così, senza più risvegliarsi.
Dave chiuse gli occhi ed emise un sospiro lunghissimo, aveva tra le mani la sua foto … la strinse a se e cominciò ad andarsene, pian piano …

Tornò a camminare.
 


 
L’esplosione fu violentissima, sembrò scatenarsi l’inferno, ci fu un terremoto durissimo, il pavimento sembrò alzarsi di un metro per poi tornare al suo posto.
Ci furono urla, colpi di arma da fuoco seguiti da un’altra esplosione, poi il rumore di pareti che cadono, di macerie, di fiamme.
Dave aprì violentemente gli occhi, stravolto  e sbalordito di essere ancora vivo, ma soprattutto sorpreso di tanto rumore dopo anni e anni di silenzio incontrastato, di silenzio assordante.
Si alzò dalla branda di colpo, ripose subito la foto in una tasca dei pantaloni e si avvicinò alla porta della sua cella.
Si sentivano voci in lontananza, alcune familiari come quella del Custode che urlava di tutto e di più e alcune invece sconosciute.
Iniziò a sentire odore di bruciato, un odore piccante e acido; il corridoio si riempì di fumo grigio spesso come un banco di nebbia.
Ci furono altri colpi di pistola e una piccola detonazione, poi il rumore di pezzi di acciaio che cadono per terra, successivamente il suono dei passi di una persona che corre.
Dave non riusciva a vedere niente al di fuori della sua cella, c’era troppo fumo ad impedirgli la visuale.
Sentì però bene una voce che diceva “Questa è la cella H zero tre! Questa è la H zero quattro! Deve essere qui da qualche parte! Cerchiamo! Forza!”, una voce sconosciuta con un accento austriaco.
Percepì i passi avvicinarsi alla sua di cella “Cella H zero due!” , vide un ragazzo sui 30 anni avvicinarsi e scrutare nei suoi occhi.
Dave rimase fermo immobile, aspettando che il ragazzo dicesse qualcosa.
Il ragazzo guardò bene Dave senza dire niente, fece una faccia dubbiosa, aguzzò gli occhi e poi esplose in un sorriso smagliante e fece un salto, si girò all’indietro e urlò “Si!! È qua! Lo abbiamo trovato! Vieni!.
Dave si sentì strano, stava parlando di lui?
Si chiese se forse non era davvero morto come voleva e se questi erano angeli venuti per portarlo via, poi però accantonò subito l’idea.
Il ragazzo fece cenno a qualcuno di avvicinarsi, sempre con un sorriso incredibilmente spensierato sulla faccia.
Dave smise di guardare il ragazzo e osservò nel fumo un’ombra che si stava avvicinando, un uomo con un passo lento e sicuro, guardò l’ombra trasformarsi in carne e d’ossa e presentarsi davanti a lui.

No … no …” disse sorpreso Dave.
Ciao. Finalmente ti ho trovato.



to be continued...

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Capitolo 2
*** Walk ***


E chi la ferma più questa rivoluzione?

Parte I

Walk



13/01/2030
Kemerovo, Siberia
6° C

 
District General
Regime of the North
                                          Distretto federale del regime nord
 

      “A million miles away                                                                                                                                       “Un milione di miglia di distanza
      Your signal in the distance …”                                                                                                                          Il tuo segnale in lontananza …”

 

Incredibilmente confuso, ma sollevato.
Così si sentì Dave in quel preciso istante, forse con un pizzico di paura e una punta di adrenalina nel cuore, provò a ricordare il momento …
Il momento in cui aveva conosciuto quella voce, quella espressione, quella figura umana, quell’anima.
Eppure era lì davanti a lui, era come un angelo senza ali ma con i segni del tempo sul viso, era una creatura celeste vestita da guerriero dimenticato, era l’anima gemella che aveva perso da tempo.
Dave rimase fermo per quell’attimo, giusto quel secondo, solo per ricongiungersi con la vita, con il tempo e tornare a vivere nel presente … magari sperando in un futuro.
Gli bastò quell’istante soltanto, fissò gli occhi dell’amico ritrovato e sprofondò in un sorriso eterno, lanciandosi contro le sbarre d’acciaio della sua cella.
Protese le braccia fuori dalle transenne e cercò il contatto con egli, come un bambino che sogna … lui gli prese le mani e le strinse al petto.
Il ragazzo sui 30 anni, intanto, si godeva il momento liberatorio tra i due e rimase veramente colpito dai sentimenti sprigionati in quella scena, rimase colpito nel profondo.
Dave, ci sarà tempo per tutto. Forza amico, dobbiamo portarti fuori da qui!”  disse l’uomo.
Taylor, non so .. io ..
Dave non riusciva a dire niente dall’emozione, era stordito anche dal fumo e dal tremendo calore che emanavano gli incendi che si stavano propagando in tutto il settore H.
Guardò Taylor negli occhi e, deglutendo, lasciò le sue mani e si spostò dalle sbarre facendo due passi indietro.
Aveva dannatamente paura di perdere quel contatto, che fosse solo un sogno, aveva il terrore di risvegliarsi nella sua branda con la sua foto in tasca e una eternità da passare da solo.
Dave, non ti lasciamo! Stai tranquillo, noi non ti lasciamo! … Io non ti lascio” affermò Taylor.
Aveva notato benissimo anche lui la paura di Dave e lo voleva calmare e rincuorare il più possibile, in fondo, anche Taylor aveva il timore di non riuscire a liberare l’amico.
Nel mentre, il ragazzo sui 30 anni tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni una specie di biro, sembrava una stilo senza però l’inchiostro.
Portò la biro sulle sbarre e fece ampi disegni e segni su di esse, si sentì un rumore di acido che corrode.
Le sbarre cominciarono a logorarsi e a decadere.
Il ragazzo osservava lo stato delle transenne e un secondo dopo fece cenno a Dave di spostarsi e di mettersi ai lati della cella.
Dave ascoltò e si girò verso Taylor, quasi a cercare il suo giudizio o approvazione, Taylor annuì e Dave si accasciò al lato destro della sua stanza.
Il ragazzo prese una rincorsa di mezzo metro e poi diede un forte calcio alla porta della cella che fece un sibilo fastidiosissimo.
Al secondo calcio la porta si spalancò e Taylor si fiondò dentro la cella, prese per un braccio Dave e lo rialzò.
Poi lo guardò bene in faccia e annunciò  “Adesso andiamo, andiamo!”.
Dave emise un suono dalla bocca simile ad un “sì” molto sommesso, ma decisamente sincero.
Il ragazzo urlò  “Stiamo tornando con Dave, stiamo tornando con Dave, preparatevi al rientro!” , poi accese una radiotrasmittente che portava al collo e ripeté le stesse parole però in modo meno violento.
Taylor uscì dalla cella insieme a Dave e cominciarono a percorrere tutto il corridoio tra lamenti, fumo, fiamme e carcerati che imploravano libertà.
Ad un tratto uscì dal fumo il Custode, con una ampia ferita all’addome che gli faceva perdere molto sangue e lasciava una striscia per terra molto evidente anche in tutta quella foschia.
Tutto sudato in preda ad un attacco di adrenalina, con la mente ormai impazzita gracchiò  “State andando via? Adesso che la festa è appena iniziata? Venite avanti!”.
Aveva gli occhi stralunati fuori dalle orbite da tanto erano grossi e pulsanti, la testa era leggermente reclinata verso sinistra e … … e rideva, il Custode sembrava ridere o forse era solo il respiro di uno in punto di morte.
Dai, che la carne è ancora in tavola. C’è la sera dietro la collina e tu sarai il tramonto, amico mio! Il tramonto ti dico! Eh eh! Sarai il mio pasto preferito, mister!”  affermò il Custode.
La sua frase mise i brividi a Taylor che intimò a Dave di stare indietro e guardò il ragazzo trentenne al suo fianco.
Egli, allora, prese dalla tasca interna del suo giubbotto una revolver e la puntò verso il Custode, che percependo il pericolo si scagliò contro quel ragazzo urlando e sbraitando.
Il ragazzo cercò di evitare lo scontro buttandosi verso la sua destra e andando accidentalmente a sbattere contro Taylor che cadde per terra.
Il Custode si rialzò e mise nel suo mirino Dave che intanto cercava di stare in piedi, lo guardò e  si buttò a capofitto su di lui, Taylor prontamente si rialzò e riuscì ad abbrancare il Custode per le gambe che scivolò, riuscendo lo stesso a colpire Dave con un pugno.
Dave cadde a terra, sentì il suo respiro rallentare, il suo battito scemare pian piano e cominciò a perdere i sensi.
Osservava da terra Taylor che sballottava a destra e a manca il Custode ed il ragazzo che lo prendeva a pugni sul viso e sull’addome.
Pensò tra se e se   “Cercavo proprio te.... qui”  , poi perse del tutto i sensi.
 


 
Amore … amore è ora …
 
Dave si alzò di soprassalto, con il respiro affannato e la fronte tutta bagnata di sudore e l’espressione tipica di un uomo che si sveglia da un incubo.
Ehi … Dave. Ciao! Va tutto bene”   disse Taylor.
Dave osservò l’amico sgranando gli occhi, Taylor era vestito come un militare americano, la tuta era di colore verde scuro e marrone ed era mezza stracciata.
Portava una scritta su quella maglia,  ,  Dave rimase colpito da questo particolare, ma decisamente molto di più dal viso di Taylor.
Aveva i capelli bianchi, leggermente biondi e molto lunghi, con un accenno di barba incolta grigia e rughe su tutta la faccia, non molte a dir la verità.
Ma era sempre lui, era sempre Taylor, in tutto quello che faceva era sempre lui, aveva ancora tutta la sua anima cucita addosso.
Ehi, Taylor, dove siamo?” chiese Dave a quello che un tempo era stato il suo batterista e grande amico e che ora era anche il suo salvatore.
Siamo su un furgone, stiamo andando ad un traghetto che ci porterà ad un sottomarino che, a sua volta, ci porterà a casa, amico”.
Erano insieme nel retro di un furgone molto grosso, quasi un camion che sembrava correre su strade non proprio asfaltate, infatti ogni minuto c’erano scosse e capitomboli.
Dave si alzò e si mise seduto sulla branda dove lo avevano affidato, si guardò intorno e vide che in quel camioncino c’erano almeno 20 persone e che non conosceva nessuna di essa.
Taylor, sono contentissimo di poterti rivedere! Ho tante cose da dire e da chiedere ma … non so da dove iniziare.
Taylor guardò la speranza dell’amico, ritrovata e rinnovata e si sentì veramente bene e in pace con il mondo.
Dave, avremo tempo per chiarire tutto. Adesso è il caso che tu riposi, io sarò qui al tuo fianco quando ti risveglierai, non devi temere. Adesso hai bisogno di riposare, è tutto finito.” Rispose Taylor con un sorriso infinito stampato sulla labbra, decisamente rassicurante.
Tanto rassicurante che Dave annuì e si rimise sdraiato e chiuse gli occhi.
Entrò nel mondo dei sogni, che da quel momento sembrava esattamente la realtà, Dave era tornato nel mondo dei vivi e sarebbe risalito.
 
 

Il camion continuò il suo percorso fino ad arrivare a destinazione, sulla costa a nord-est, dove Taylor e Dave avrebbero preso il sottomarino e attraversato l’oceano pacifico per tornare a casa, negli Stati Uniti.
Il camion si fermò a qualche miglio di distanza dal sottomarino che era ancorato nel punto più oscuro di tutta la costa.
Era mattina presto e non c’era ancora luce a sufficienza per far notare il sottomarino al telescopio delle guardie dei vari distretti, Taylor aveva pianificato di partire prima dell’alba, sarebbe stato più semplice.
Il punto della costa era denominato  “Posto Antico”  poiché era stato abbandonato tanti anni prima a causa di alcuni problemi climatici tra il ghiaccio e la terra, era sprovvisto di telecamere e posti di blocco, arrivati lì sarebbe stato tutto in discesa per Dave e compagnia.
Scesi dal camion, proseguirono a piedi camminando nelle semi-paludi non controllate dalla milizia, con Taylor che portava con se Dave su di una carriola, non proprio l’hotel di lusso, ma era abbastanza per trasportare l’amico ancora non in grado di camminare e sostenere una fuga.
Arrivarono senza problemi al traghetto che utilizzarono per arrivare al sottomarino.
Per salire, Dave doveva mettersi in piedi e tornare a camminare, Taylor glielo disse e lui fece una faccia sconsolata e mosse la testa in segno di no.
Taylor si sentì morire dentro guardando l’amico in quelle condizioni, esile e senza alcuna forza esteriore ed interiore.
Gli prese le spalle e lo guardò negli occhi e quindi affermò:   “Ce la puoi fare, amico mio.   Provaci! ”.
Dave lo guardò nelle pupille degli occhi e disse:
 
“I think I lost my way                                                                                                    “Credo di aver perso la mia strada
Getting good at starting over                                                                                           sono bravo a ricominciare
Every time that I return”                                                                                                 Ogni volta che torno”

 
Dave cercò di alzarsi e mettersi in piedi: la prima volta non fu capace, la seconda neanche, alla terza ci riuscì, barcollava tentando di tenersi in equilibrio.
Taylor lo guardava e fece un sorriso liberatorio e incoraggiò Dave:   Bravo, così! Prova a camminare, coraggio. Ce la puoi fare
Dave ascoltò l’amico e fece segno di sì con le mani e poi gli disse okay, cercò di fare un passo in avanti con la gamba sinistra e ci riuscì.
Fece partire un sospiro di felicità sotto lo sguardo di Taylor visibilmente commosso, poi pronunciò:
 
“I'm learning to walk again                                                                                              "Sto imparando a camminare di nuovo             
Can't you see I've waited long enough                                                                               non vedi che ho aspettato abbastanza.
Where do I begin?”                                                                                                        Da dove comincio?”

 
E poi portò avanti la gamba destra, e poi ancora la sinistra … Stava camminando, camminava, seppur con fatica, ci riusciva.
Taylor lasciò partire senza accorgersene una lacrima che scese fino a bagnargli le labbra.
Bravo Dave, così! Abbi pazienza, torneremo a casa, andiamo a casa. Non sei più solo, continua così
Dave lo guardò e gli disse:
 
“I'm learning to talk again                                                                                                “Sto imparando a parlare di nuovo             
I believe I've waited long enough                                                                                      credo di avere aspettato abbastanza.
Where do I begin?”                                                                                                        Da dove comincio?”

 
Riusciva a camminare! Dave alzò le braccia al cielo e scoppiò a piangere, un pianto di felicità.
Poi si girò verso il suo amico, lo abbracciò e in seguito affermò:
 
Now …                                                                                                                       “Ora …
for the very first time                                                                                                      per la prima vera volta
don't you pay no lie                                                                                                       non pagare nessuna bugia
set me free … again.                                                                                                      lasciami libero … di nuovo.
You keep alive a moment at a time                                                                                   Mantieni vivo ogni momento alla volta
but still inside a whisper to a liar                                                                                      ma tieni ancora dentro un sussurro a un bugiardo
to sacrifice but knowing to survive                                                                                   da sacrificare ma per saper sopravvivere
the first to find another state of mind                                                                               il primo a trovare un altro stato d’animo.
I'm on my knees, I'm waiting for a sign                                                                           Io sono in ginocchio, ti sto aspettando per un segno
forever, whenever … I never wanna die!”                                                                          per sempre e sempre … Non voglio morire!”

 
Poi si girò all’indietro e guardò nello spazio vuoto in direzione della prigione dove era rinchiuso poco prima ed esplose in un canto rabbioso di gioia e ira … ma soprattutto un canto di liberazione.
 
“I never wanna die                                                                                                      “Non voglio morire!
I'm on my knees.                                                                                                        Io sono in ginocchio
                                                                                     
Dancing on my grave                                                                                                  Danzando sulla mia tomba
running through the fight                                                                                            correndo attraverso la battaglia
Forever, whenever                                                                                                      Per sempre e sempre
Never wanna die                                                                                                        Non voglio morire!
Never wanna leave                                                                                                     Non voglio lasciare
Never say goodbye!”                                                                                               mai dire addio!”

 

Si rigirò verso Taylor che gli disse che era il momento di partire.
Dave guardò di nuovo nella direzione opposta con uno sguardo pensieroso ...
Poi prese la sua foto, la osservò e la sentì con le dita;  chiuse gli occhi, fece un lungo sospiro e si voltò di nuovo verso Taylor, poi gli disse:
Si, andiamo!


to be continued....


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Capitolo 3
*** I should have known ***


E chi la ferma più questa rivoluzione?

Parte I

I should have known


14/01/2030

Portland; Oregon
United States of America
11° C
 

 
“I should have known that it would end this way,                                    “Avrei dovuto saperlo che sarebbe finita in questo modo
I should have known there was no other way …”                                     avrei dovuto saperlo che non c'era nessun altro modo”
 
L’oceano era calmo, disteso, piatto e sereno.
Aveva proprio un quieto vivere, con la corrente che trasportava fiumi di solitudine, quell’oceano desolato e quasi discostante dal mondo terreno.
Sembrava veramente tutta un’altra realtà quel mare blu profondo, ed il suo nome Pacifico era certamente azzeccato.
Taylor e Dave navigavano per l’oceano con il sottomarino, attraversando maree e tonnellate di pesci di tutti i tipi e forma.
Il viaggio era molto lungo ma grazie alla tecnologia avanzata dei nuovi sottomarini fu più corto del previsto.
L’ossigeno a disposizione era veramente poco per sostenere un viaggio di quella lunghezza con quasi 30 persone a bordo, si trattava pur sempre di un sottomarino abbastanza piccolo, rispetto ai famosi sommergibili della guerra fredda.
Così per mantenere abbastanza aria respirabile per tutti, furono preparate camere criogeniche in cui ogni persona poteva risiedere e dormire per un tempo determinato con l’utilizzo di una scarsa quantità di ossigeno.
Dave fu subito inserito in una di quelle celle, anche perché doveva rimettersi in forze dopo la “camminata” per entrare nel sottomarino.
Taylor gli applicò sul braccio una flebo per nutrirlo di proteine e pulire il sangue, poi lo fece entrare nella camera criogenica e Dave descrisse la situazione affermando che gli sembrava una scena da film fantascientifico, ormai divenuto realtà.
Anche in occasioni del genere, Dave sapeva sempre cosa dire e come scherzare per rendere l’atmosfera meno tesa di quello che era.
Prima di farlo addormentare, Taylor strinse la mano a Dave e pronunciò tali parole   “Ora devi riposare e rimetterti in forze, quando ti sveglierai saremo ancora più vicini a casa. Quando ci saremo, però, non ti aspettare fuochi di artificio”.
Dave annuì.
Queste camere potevano essere utilizzate anche come ambienti di ibernazione, ma al momento tutti gli esperimenti su animali e anche esseri umani aveva fallito e quindi erano utilizzate solo come stanze per il recupero fisico.
Anche Taylor si mise in una di quelle celle, aveva bisogno di riposare anche lui.
Sotto lo sguardo vigile del ragazzo 30enne che gli disse   “Vai, tranquillo. Qui ci penso io, controllo io tutto. Tu riposati, la missione è riuscita perfettamente”.
Quel ragazzo aveva uno spiccato accento austriaco, però sapeva parlare benissimo l’inglese.
Aveva degli occhi blu molto belli, capelli non molto lunghi castani scuri e una corporatura simile a quella di Dave da giovane, asciutta e prestante.
 

Il viaggio proseguiva senza sosta, il sommergibile navigava e navigava, senza fermarsi mai, i radar piazzati in tutto l’oceano dal Regime non riuscivano ad individuare il sottomarino poiché esso veniva letteralmente by-passato da delle frequenze radio che rispedivano i raggi radar al mittente, cosicché fosse “invisibile” ai radio rivelatori.
In cuor suo Dave non sapeva cosa aspettarsi, cercava di ricordare la sua casa prima del Regime, cercava di ricordare il suo giardino, il suo garage dove registrava la sua musica …
Ah … la sua musica, avrebbe dato tutto per ricordarsi la sua musica … aveva dimenticato o forse solo protetto?
C’erano giorni in cella in cui Dave non si ricordava nemmeno il suo nome, in cui non riusciva a capire il perché del suo soggiorno in carcere, a volte desiderava dimenticare tutto, anche come aprire gli occhi e respirare.
Altri giorni invece Dave aveva umore migliore, per quasi tutto il primo anno ogni santo giorno canticchiava le melodie delle sue canzoni e batteva le dita sulle sbarre a ritmo per simulare la sua batteria, cercando di restare attivo mentalmente.
Ben presto però tutto questo svanì, soprattutto perché agli albori del suo terzo anno in cella H si ammalò gravemente e rimase per qualche mese in stato comatoso, con febbri altissime e dolori atroci.
Poi tutto si risolse fisicamente ma mentalmente Dave era cambiato, non era più lui.
Aveva dimenticato chi era realmente, forse inconsciamente cercava di proteggere la sua vera identità.
Ma adesso, in quel preciso istante, Dave sentiva che dentro di lui qualcosa nasceva, anzi, rinasceva, una forza che aveva conosciuto da bambino.
Non era il battito del cuore, non era il rumore dello stomaco, era la sua anima che risaliva.
Pensava a tutte quelle cose che avrebbe voluto dire a Taylor e che non gli aveva mai detto, pensava a quanta fatica e quanto tempo avesse impiegato l’amico per liberarlo da quella prigione di morte e silenzio.
Aveva anche voglia di vedere il sole, aveva voglia di sentire l’odore delle piante, aveva voglia di mangiarsi un hamburger e bere una pepsi, aveva voglia di sentire il rumore della città, aveva voglia di casa.
Come era sentirsi a casa? Come era la vita prima … prima di questo?
Dave lo voleva assolutamente riscoprire.
 

Quando sbarcarono sulla costa degli Stati Uniti, Dave era già sveglio da qualche ora, così come Taylor.
Ad attenderli sulla terra ferma non ci furono polizia, milizia, sirene, ne tantomeno il Regime.
In realtà, c’era una plotone di molti uomini che sembravano militari del Vietnam capitanati da un uomo sulla sessantina di anni vestito come un generale dell’esercito.
Tutti avevano la scritta   < U.S. resistance of thefourth state >   sulla divisa, Dave notò che era la stessa di quella di Taylor.
Il simil-generale si avvicinò a Dave e gli diede la mano e disse   “Salve Mister Grohl, io sono il generale David Josh Cameron e noi siamo della Resistenza del quarto stato. È un piacere riceverla sul nostro territorio”.
Dave gli strinse la mano e annuì con un piacere molto stupito.
Lo guardava negli occhi, David Josh Cameron aveva dei capelli bianchi corti e una barba estremamente lunga sempre bianca, una corporatura stabile da generale, ma gli occhi … Dave era meravigliato da quegli occhi, gli sembrava di averli già visti.
Anche la voce del generale, seppur roca e bassa era familiare, ma il particolare più strano era la stretta di mano, Dave intuì qualcosa e lo fece trasparire con una espressione sul suo viso di ricerca.
Il Generale se ne accorse e domandò   “Si sente bene? Ho qualcosa che non va?”.
No, no, perdio, si figuri!”  disse Dave in modo presuntuoso, Taylor allora diede un piccolo calcetto all’amico e gli sussurrò  “Signore, signore!” , il Generale continuava a guardare Dave che, capendo la situazione si ricompose e si corresse   “Cioè, no, signore”.
Molto bene, è ora di accompagnarvi alla vostra residenza”   affermò Cameron che si girò e cominciò a camminare facendo segno di seguirlo.
Dave guardò in faccia a Taylor sussurrandogli   “Ma chi è questo?”, Taylor fece segnò di stare zitto e di proseguire.
Salirono su una jeep Taylor con il suo fido ragazzo austriaco, Dave ed il Generale.
Partirono dalla costa ed entrarono dentro una strada diroccata e abbandonata.
Ormai era l’alba, la luce iniziava a venire fuori ed il sole cominciava a colorare il cielo ed a inondare di luce tutta la terra.
Dave guardava il paesaggio circostante e rimase letteralmente a bocca aperta.
Dove … dove ci troviamo esattamente?”  chiese Dave ed il Generale rispose  “Siamo negli Stati Uniti, Regime dell’Ovest”.
Dave rimase confuso dalla risposta, si girò verso Taylor che gli chiarì le idee   “In Oregon, stiamo andando a Portland, almeno, quello che tempo fa era Portland”.
Qui non esistono più regioni e stati, signor Grohl. Deve sapere che il mondo in questi anni è ripartito sulle basi del Regime, che forse lei non ricorda bene, le famose regole del Regime imposte al mondo venti anni fa, ora noi viviamo su queste regole, non c’è scampo signor Grohl”  affermò Cameron.
Ma come? Non è cambiato niente? Non è successo niente?”   chiese Dave leggermente scosso.
Niente. Da quando lei è stato arrestato non è successo niente. La gente si è adattata a questa dittatura universale e ha deciso di vivere come topi in gabbia, lasciando la dignità in mano ai potenti”   disse Cameron.
Noi, però signor Grohl, siamo quel qualcosa che ancora non è successo, siamo la Resistenza”   concluse il Generale.
Dave si sforzava di capire, ma come era possibile che la gente avesse accettato simili condizioni?
 

Le città americane erano spoglie, molte erano distrutte.
La popolazione viveva sotto il terrore e dentro il silenzio, ognuno nel suo posto di lavoro e senza alcun tipo di immaginazione e fantasia.
Il mondo era diventato il parco giochi del Regime, la crisi era stata appiattita e le risorse erano quantificate per ogni persona, nessuno poteva mangiare di più o di meno.
Tutto questo destabilizzò moltissimo Dave che rimase veramente molto stupito nel vedere la sua terra morta, la sua terra priva di colori e speranze.
Pensò che avrebbe dovuto saperlo, che avrebbe dovuto immaginarselo.
 
“I should have known                                               Avrei dovuto saperlo
Look at the shape you're in                                    guarda in che condizioni sei
I should have known                                               avrei dovuto saperlo
But I don't write in                                                     ma io non lo aggiungo
One thing is for certain                                            una cosa è certa
As I'm standing here                                                come sto in piedi qui “
I should have known”    pensò Dave.
 

Era gennaio, il freddo era abbastanza secco ed intenso.
Stavano passando per Portland, che era una città fantasma, tutta diroccata, una città senza anima ormai dimenticata.
Il Generale svoltò e con la Jeep entrarono dentro la città, cavalcando l’asfalto crepato con alcuni ciuffi di erba che, penetrando quelle crepe, crescevano su tutta la strada.
Dave fissava i negozi vuoti con le vetrine rotte, le macchine abbandonate ai cigli del marciapiede, i palazzi vuoti e disabitati, tutto questo li mise una tristezza da pazzi e dentro di se continuava a sentire un rumore, un suono, qualcosa provenire dall’interno e che voleva uscire.
C’era stato tanto tempo fa a Portland e si ricordava i ristoranti dove aveva mangiato e i posti che aveva visitato che ora erano grigi e polverosi.
Alcune case erano state bombardate, alcune invece erano rimaste perfettamente in piedi e normali, come il giorno in cui erano ancora abitate prima dell’arrivo del Regime.
Taylor ormai non ci faceva più caso, lui era riuscito a nascondersi e a scappare per tutto questo tempo, vivendo in quelle case diroccate che un tempo erano calde ed accoglienti.
Però capiva bene come poteva sentirsi il suo amico che era stato rinchiuso tanto tempo e magari non si aspettava una desolazione simile.
Dave prese le mani e le appoggiò al finestrino della Jeep, poi chiuse gli occhi e cominciò a ricordare, ad immaginare come erano quelle case e cose venti anni prima.
Poi sussurrò …
 
“Lay your hands in mine                                        Posa le tue mani sulle mie
Heal me one last time”                                           guariscimi un'ultima volta”
 
In quel preciso momento cominciarono a cadere fiocchi di neve sulla città, Dave aprì gli occhi ed il finestrino, protese le braccia fuori e fissò il cielo.
Poi gracchiò …
 
Though I cannot forgive you yet                        “Anche se non posso ancora perdonarti
No I cannot forgive you yet                                  no, non posso ancora perdonarti
To leave my heart in debt!”                                  per aver lasciato il mio cuore in debito”
 
Dave non riusciva a perdonare ma forse neanche a concepire e ad accettare tutto … quanto.
Probabilmente non riusciva nemmeno a perdonarsi, perché si sentiva in colpa di essere rimasto lontano così a lungo dal mondo vero, si accusava dentro di non aver lottato abbastanza per il suo mondo, per la sua vita e per la vita di chi amava di più.
Non poteva perdonare se stesso e questo anche Taylor lo aveva intuito ma al momento rimase in silenzio lasciando che l’amico si sfogasse.
Intanto la neve continuava a scendere e le nuvole coprivano i raggi del sole che saliva in cielo, un nuovo giorno iniziava.
Girarono per tutta la città fino ad arrivare ad uno stabilimento chiuso e abbandonato.
Eccoci”  disse Taylor, la Jeep si fermò.
Cameron scese dalla Jeep e fece segno a Dave di seguirlo, entrarono dentro lo stabilimento e presero le scale per arrivare ad un piano sotterraneo.
Non c’era corrente in quell’edificio che sembrava vuoto ed incustodito da millenni, poi il Generale seguito da Dave e Taylor si fermò davanti ad un muro apparentemente normale e bussò 4 volte.
All’improvviso il muro si aprì e mostrò una via d’accesso fatta ancora da scale che portava ad un posto segreto, ancora più sottoterra.
Da lì si aprì un mondo nuovo per Dave, infatti si trattava di un vero e proprio stabilimento per fuggiaschi e ribelli.
Eccoci, ora il signor Hawkins la potrà accompagnare al suo posto dove risiederà … per adesso. Benvenuto nella resistenza. Buon soggiorno, il pranzo è fissato per mezzogiorno, si faccia trovare pronto e vestito come si deve.”  Proferì Cameron che poi fece dietrofront e se andò.
Vieni Dave, seguimi. Ti porto a casa mia”  disse Taylor.
 

Dave si ambientò perfettamente in quel posto, la sua nuova casa era molto simile alla cella della sua prigione però senza sbarre e con pranzi sostanziosi, docce e soprattutto bagni agibili.
Successivamente fece un giro per tutto l’impianto che era di dimensioni immense curiosando ed chiedendo informazioni.
Si trovava nell’impianto della Resistenza, ovvero quel gruppo di persone che non avevano accettato le leggi del Regime e si nascondevano da esso per non essere incarcerate e giustiziate.
La sicurezza di tutto il sistema era in mano ad un vero e proprio esercito, comandato da Cameron, il generale supremo.
Questo impianto situato nelle sotterranee di tutta Portland sapeva tanto di Area 51 e l’accesso da cui si poteva entrare era una vecchia centrale idroelettrica abbandonata, il posto da cui Dave entrò per la prima volta.
 

14.00
 

Erano già le due di pomeriggio, fuori continuava a nevicare e Dave stava coricato nella sua branda che era situata nello stesso alloggio dell’amico Taylor.
Avevano già mangiato, un piatto di pasta in bianco con condimento di pochezza e con un gusto decisamente poco saporito ma alla fine sostanzioso.
Dave aveva gli occhi stanchi, le palpebre a mezza altezza e fissava la sua vecchia foto scolorita.
Taylor, anche lui sdraiato sulla sua branda, stava pensando all’amico e si stava chiedendo il perché di quella foto, quale fosse il significato … però non si attentava a chiedergli niente.
Fu Dave a rompere il ghiaccio   “Ehi Tay, da quanto sei nella Resistenza o come diavolo voi la chiamate?”.
Da quando presero te, quando tu … insomma, dalla tua dipartita”   rispose l’amico.
Diavolo, è tanto tempo sai? Tanto tempo che non è mai passato, che è ancora tutto qui”   disse Dave.
In quel momento Taylor si fece coraggio e chiese   “Ehi, Dave. Parlami della tua foto. Cosa rappresenta?”.
Questa foto è tutto quello che mi rimane, la cosa più cara che ho, amico mio. Almeno, oltre a te adesso.
È un ricordo mai dimenticato che mi tengo stretto, l’unica cosa che mi fa addormentare e sognare, l’unica ragione di vita. L’amore della mia vita.
Dave fece un sorriso, continuava a guardare la sua foto e a rimembrare il momento …
Sai, mi ricordo quando fu scattata.
Lei era così bella e giovane, così aggraziata, così angelica, così piena di vita … così viva
”.
Dave parlava di sua figlia, la foto raffigurava sua figlia da piccola, la sua primogenita Violet  Maye, sogno di tutte le sue notti.
Tengo stretta questa foto per ricordarmi di lei, solo per questo.
Ogni giorno che passa sento sempre di più la sua mancanza, mi manca da morire
” .
Oh, Dave. Mi dispiace così tanto, io non ho notizie su di lei, ho provato a cercare ma non ho notizie”   disse Taylor con una faccia triste e dispiaciuta.
Tranquillo Taylor, non ti ho chiesto notizie perché già immaginavo e sapevo … già sapevo”.
 
Ho avuto del tempo per pensare, ma penso di aver meditato troppo in questi anni di solitudine, così tanto da essermi creato ricordi non veri, ricordi sereni e speranze … molte speranze” riprese Dave.
Lui aveva tanto sperato di rincontrare sua figlia che si era creato dei ricordi falsi, per stare meglio, ricordi che non erano veri e mai successi nella realtà.
Si ricordava di aver visto sua figlia scappare con la madre e la sorella e vivere felici in una casa in Canada, ma questo non era mai successo, la realtà era ben più dura da affrontare.
Dave, ricordati che non sei solo, ci sono io qua”  disse Taylor.
Dave ripose la sua foto nei pantaloni, si girò a guardare l’amico e fece un sorriso commovente, quasi a dire grazie.
Per lungo tempo aveva avuto tutto dalla vita: soldi, fama, potere, la musica, gli amici e una famiglia, ora gli restava solo Taylor.
Solo Taylor … lui e Taylor … due uomini in un mondo pazzo e crudele.
Chiuse gli occhi e tornò a sdraiarsi pensando alla sua vita precedente, alla musica …
Improvvisamente quel suono nel suo cervello cominciò a pulsare, si alzò di scatto e guardò Taylor.
L’amico si girò a guardare Dave così agitato e chiese  “Ehi, cosa c’è?
Taylor, ho avuto una idea!
 

 
To be continued …

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Capitolo 4
*** Back and forth ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione?!

Parte I:

Back and Forth


14/01/2030

Portland; Oregon
United States of America
 
 
“Once upon a time I was somebody else,                      “C’era una volta, io ero qualun’altro
In another life, I saw myself…”                                         in un’altra vita, ho visto me stesso”
 
Taylor fissava inerme gli occhi pazzi e vivaci dell’amico che roteavano senza sosta, che sembravano venir fuori dalle orbite tanto giravano.
Dave cominciò a muoversi freneticamente, come se un fulmine lo avesse centrato in pieno, sembrava cercare di sistemare i pensieri che gli affollavano la mente.
C’era una volta, quando io ero qualcun altro … in un’altra vita … ho visto me stesso”   gracchiò Dave.
Taylor lo fissava immobile …
Ti ricordi Taylor? Ti ricordi?”   chiese Dave all’amico che rispose con un secco   “Cosa?”.
 
Way back then …. Back when I was you …”    continuava Dave.
 
Dai, come eravamo un tempo? Come ero io? Come eri tu? …. Come eravamo noi cinque!
Ma cosa stai farneticando? Di che diavolo stai parlando?”   reclamò  Taylor.
Dave studiava imperterrito lo sguardo stupito dell’amico e cercava uno spiraglio nelle sue pupille … fissava le sopraciglia di Taylor, che erano state ferme nello stesso punto da quando lo aveva rivisto.
Poi vide il sopraciglio destro alzarsi di poco e allora riprese il discorso e l’eccitamento  “Dai Taylor! ... Ti ricordi quel rumore?...  Il suono? ... Le pacche sulle spalle? ... Il vento dell’anima di centomila persone?
Taylor iniziò a pensare, nella sua mente iniziarono ad affiorare ricordi di quando era giovane, di quando ancora non sapeva cosa avrebbe voluto fare, gli sembrava che fosse passata una eternità.
Però … anche lui sentiva qualcosa … nel profondo … un qualcosa di intenso … il ritmo del battito del suo cuore, il dolore allo stomaco iniziava a salire, i muscoli delle braccia iniziarono a tendersi leggermente, il fegato ribolliva dentro di lui … il suo corpo stava ricordando.
Dai Taylor, ti prego!”  insisteva Dave.
Taylor rimaneva perso in questo ribollire di emozioni contrastanti, fisiche e psichiche, Dave lo osservava in viso e poi affondò il colpo conclusivo   “Non ti ricordi della band?”.
Dentro Taylor al suono di quella frase avvenne una reazione a catena ed una esplosione simile ad una bomba nucleare, una potenza inaudita di energia e sentimento.
Iniziò a sentire prurito alle mani, a sentire le unghie ringhiare e ad avere fame … fame di vita!
Dave percepì tutto questo e fece un sorriso smagliante “Amico …
La band?”   disse Taylor …  “Rimettiamo insieme la band?”  domandò Dave.
 
Somewhere down the line I started to slip                          “Da qualche parte lungo la linea ho iniziato a scivolare
Years gone by, biting my lip                                                     anni passati, mordendo il mio labbro
All the while, all this time I knew …”                                       e tutto nel mentre … in tutto questo tempo ho capito …”

La risposta di Taylor fu eloquente  “NO! Dave … la band? … Cioè … è impossibile!
Ma che stai dicendo? Impossibile? Niente è impossibile, amico! … NIENTE!”   rispose Dave un po’ sorpreso dal rifiuto di Taylor.
Mi dispiace Dave”  disse sconsolato l’amico  “Non sai quanto mi piacerebbe anche a me … solo un momento … solo ricordare alcune cose che ho perso … Il rumore della folla che ti acclama, il legno delle bacchette … il suono dei piatti … suonare, creare dall’anima … Darei tutto per riavere questo!
E allora, facciamo in modo di riaverlo!”  affermò Dave.
Mi dispiace, ma per quanto voglia anche io … è impossibile … dannatamente impossibile”  rispose Taylor.
Pareva inutile convincere Taylor che sembrava sentirsi male, dopo aver ricordato alcuni particolari e aver rammentato che non torneranno mai più, si sentiva veramente molto male e anche depresso.
Dave non aveva perso ancora le speranze, sapeva di aver ricevuto questo compito da qualcuno … sentiva che la sua vita non poteva essere solo scappare e tirare alla giornata, sentiva dentro di se il compito di tornare a ringhiare come ai vecchi tempi.
E voleva che Taylor se ne accorgesse, perché credeva fermamente nel suo amico e senza di lui non avrebbe avuto senso nemmeno incominciare un discorso.
Taylor! Mi serve che ti fidi! Ho bisogno che ti fidi di me! Sento che è venuto il momento di tornare sul palco!”  asserì Dave.
 
You got a lot of nerve …                                                                     Hai un bel po’ di coraggio
Now show a little backbone why don't you”                                    ora mostrami un po’ di spina dorsale …
punzecchiò Dave e aspettò una risposta dell’amico.
 
Dave … lo sai … non possiamo tornare indietro nel tempo!
Come tu sei qui, io non so dove siano gli altri e se ancora siano VIVI!
”  asserì Taylor.
Tu sbagli, amico mio... Perché parti già con il piede sbagliato... Devi sperare, devi sentire la tua forza dentro di te, la fiducia! Io ho bisogno di te adesso come gli altri hanno bisogno di noi!”.
Taylor cominciava a cedere anche se sapeva bene che il resto della band era scomparso dall’inizio del regime, ognuno aveva perso le tracce dell’altro, lui stesso era riuscito a trovare Dave per puro caso.
Forza! Amico mio! Vieni con me?”  …. Dave aspettava una risposta che sembrava non arrivare così gettò l’ultimatum  “Lo sai, io ti voglio bene ma che tu dica di si o di no, io partirò da qui e me ne andrò lo stesso … senza di te, però, sarà tutto più complicato.
Ora decidi bene come vivere il tuo pezzo di vita restante, da codardo o da sognatore

Le parole di Dave ferirono nel profondo Taylor che sentì male al pensiero di rinunciare ad una speranza, forse l’ultima …
Cavolo, Dave! Vuoi fare quest’ultima pazzia, razza di figlio di buona donna?
Perché se è così, allora al diavolo! Io verrò con te!
”  reagì Taylor.
Dave fece un grande sorriso e diede la mano all’amico che gliela strinse in segno di accordo reciproco.
Da quella stretta di mano sarebbe partita la nascita … anzi, la RI nascita.
Faremo la Rivoluzione, Taylor! Ti giuro che faremo la Rivoluzione!” assicurò Dave.
 
I'm lookin' for some back and forth with you
Are you feeling the same as I do now and now and then?”   concluse Dave.
 
Ormai l’idea era ripartita, ovvero rimettere insieme la band … perché? Per cercare qualcosa, per provare a risollevare loro stessi … o semplicemente morire tentando di farlo.
Nel frattempo il mondo continuava ad andare avanti, il tempo continuava a passare e il mare continuava ad ondeggiare.
I due amici si erano messi all’opera per progettare questo ritorno alle origini, un progetto che partiva da zero, anzi, da sottozero perché non sapevano dove trovare il resto della band, ne come procurarsi degli strumenti (visto che erano stati tutti banditi e distrutti sotto richiesta del Regime) ma soprattutto erano anni che nessuno suonava o tentava di suonare.
 
Dunque, dobbiamo trovare prima di tutto la band, Chris, Nate e Pat”  disse Dave.
Io gli ho persi di vista tutti il giorno della tua incarcerazione, Dave.   Bisognerà cercare informazioni in giro, io penso che abbiano lasciato tutti gli Stati Uniti per nascondersi, sperando che qualcuno non ci abbia rimesso le penne”   rispose Taylor.
Sono consapevole, Taylor. Non sarà certamente facile ma dobbiamo provarci.
Da quel che mi ricordo, Nate aveva acquistato una casa in Minnesota, giusto? Potremmo dirigerci là intanto
”  propose Dave.
Può essere un inizio … bisognerà, però, trovare supporto per mezzi e attrezzature per viaggiare al di fuori di questo bunker”   ipotizzò Taylor.
Poi, prese un foglio dal suo zainetto ed una matita quasi tutta consumata e iniziò a scrivere tutto quello di cui avrebbero avuto bisogno.
Poi disse a Dave che avrebbero potuto chiedere al Generale Cameron, che lui avrebbe capito poiché anche lui era stato un musicista al tempo.
Davvero?”  chiese sorpreso Dave.  “Io ricordo una faccia simile, forse l’ho conosciuto tempo fa”.
Non so chi sia stato tempo fa, nessuno lo sa da queste parti. C’è questa voce che dice sia stato un grande musicista … ma lui non ha mai confermato o smentito”  affermò Hawkins.
Dave e Taylor continuavano la lista degli armamentari finché non si imbatterono proprio nel Generale che era passato a vedere come stava Dave.
Vedo che siete al lavoro! Che state architettando uomini?”  chiese il Generale.
La Rivoluzione, signore. La nostra Rivoluzione e la Rivoluzione di tutti”  rispose Dave in modo molto orgoglioso.
Poi Taylor spiegò l’idea dell’amico al Generale che si mise seduto con loro ad ascoltare, pareva preso anche lui da questo piano.
Che ne pensa Generale?”  domandò infine Taylor.
Signori, questa è la Resistenza e la vostra sarà anche la nostra Rivoluzione! Avrete bisogno di noi e di me! Vi darò l’aiuto di cui necessitate”   affermò Cameron che diede una pacca sulla spalla a Dave e gli porse la mano.
Dave la strinse più forte che poteva e intanto lo fissava in faccia, pensava a chi potesse assomigliare, a chi fosse stato realmente venti anni prima.
Poi, senza arrivare a nessuna conclusione, prese il coraggio e disse al Generale  “Mi scusi signore, ho sentito dire in giro che anche lei era un musicista”.
Esatto signor Grohl, ma si parla di tanto tempo fa, ormai il mio momento è passato da tanto … “  rispose Cameron.
Ma, se posso chiedere signore, lei cosa suonava e con chi suonava?”  continuò Dave.
Signor Grohl, se glielo dicessi forse perderei la mia carica di Generale, la mia immagine muterebbe e lei mi vedrebbe in modo diverso. Devo rimanere ad un livello superiore, devo essere un Generale santo Cielo, non un musicista!”  rispose Cameron.
Chiedevo solo, signore. Perché lei mi ricordava un batterista della mia generazione”   concluse Dave.
Sa, qui siamo tutti batteristi ad un certo punto. Buona giornata, fatemi sapere in cosa posso essere utile”   finì il Generale che si alzò e se ne andò.
 


Arrivò sera … e iniziò un giorno nuovo, con una idea che progrediva nelle menti dei due amici ex batteristi.
Mentre continuavano l’architettura del progetto, si avvicinò un ragazzo sui 25 anni dai capelli biondi e gli occhi neri, alto circa un metro e settanta.
Salve, ho sentito che state rimettendo insieme la band. La vostra idea sta girando in tutta la Resistenza. Io so poco di voi ma conosco un vostro amico, Nate.
Forse posso dirvi dove si trova adesso
”.
Dave si alzò di scatto, porse la mano al ragazzo e poi disse   "Grande amico mio, dicci tutto! Te ne saremo grati!
Eh già … si … ehm … ecco …
Il ragazzo era visibilmente commosso e agitato, aveva ancora la faccia da ragazzino e sembrava avere l’atteggiamento del classico fan in cerca di un autografo.
Io … posso dirvi il quartiere. L’ultima volta che l’ho visto viveva in una campagna a Firenze, in Italia
Okay, bene. Continua ragazzo, dacci tutte le informazioni”   esortò Taylor.
Quel simpatico ragazzo disse a Dave e a Taylor che il loro amico Nate viveva in questa campagna deserta nascosto dalla Milizia a Firenze già da qualche anno e che lui lo aveva frequentato per qualche mese prima di partire per gli Stati Uniti e di trovarsi nella Resistenza.
Disse a loro il luogo preciso e le coordinate per arrivarci, quindi venne ringraziato dai due musicisti e tornò da dove era venuto (secondo Dave era comparso dal nulla, l’ho sottolineò più volte in seguito a Taylor).
Taylor successivamente fece chiamare il Generale che arrivò dopo circa mezz’ora e cominciarono a parlare del reclutamento di Nate e di come arrivare in Italia.
Dunque, utilizzeremo un velivolo costruito dalla Resistenza che vi porterà da qui, fino in Italia.
Vi darò un pilota ed un co-pilota molto bravi e con loro armi e munizioni
”   cominciò il Generale.
Poi vi darò anche apparecchiature per la navigazione e delle mappe di intere zone del mondo, in questo caso una mappa della zona in cui dovrete atterrare là.
Questi dettagli dovranno rimanere top secret tra noi, intesi?
”   continuò Cameron.
Dave annuì e poi si scrocchiò le dita della mani e le incrociò.
Vi darò due piloti e basta, altri uomini non possono venire perché il velivolo nei contiene al massimo sei, quindi voi due con i piloti e con, sperando, Nate e qualcun altro.
Vi aspetterò al ritorno, partirete all’alba di domattina.   Godetevi la serata, potrebbe essere anche la vostra ultima di vivi! In bocca al lupo!
”   concluse il Generale.
Cameron aveva il dono di rendere le cose che diceva ottimiste e pessimiste allo stesso tempo, infatti Dave non capiva se la missione era suicida o era abbastanza abbordabile.
 
Holding my breath I waited and waited                            “Trattenendo il respiro, ho aspettato e aspettato
How'd the simple life get so complicated?                         Come mai questa semplice vita è così complicata?
Shoes to fill, secrets to spill down you”                           Scarpe da riempire, segreti da versare in te
disse Dave all’amico.
 
Ormai era passato anche quel giorno, la notte si faceva rivedere, la luna saliva in un cielo infestato dalle nuvole …
Dave chiuse gli occhi con in mano la sua foto …  Cominciò a sognare …
 
I'm lookin' for some back and forth with you …
 
 
To be continued….

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Capitolo 5
*** These days ***


E chi la ferma più questa .... Rivoluzione?!

Parte I

These days



17/01/2030

Cintoia; Firenze
Regime Europeo Sezione 3 (Ex – Italia)

 

 
“One of these days                                                                                “Uno di questi giorni
the ground will drop out from beneath your feet …”                        ti mancherà il terreno sotto i piedi”
 

Ma quanto ci metti a pisciare?
Nel silenzio della notte, in un cielo finalmente stellato in cui si potevano intravedere le varie costellazioni famose come l’orsa maggiore, seppur sempre con una piccola striscia di smog nell’atmosfera che rendeva il cielo più sul blu scuro che sul nero, si sentì proferire la voce di Dave.
Tra le campagne fiorentine, in un posto dove un tempo sorgeva ospitalità, freschezza d’animo e pace, ora c’erano solo vecchie campagne abbandonate, diventate rifugio per profughi e basi per la Resistenza.
Diavolo Dave, non ci riesco se quello continua a guardarmi
Taylor … quello è un profugo e non ti sta guardando … è cieco!“ rispose Dave mettendosi le mani in faccia dalla disperazione.
Certo!” disse Taylor ironicamente, poi ripartì all’attacco “Allora perché mi fissa? Eh?
Oh santo Cielo!” reagì Dave nella più totale angoscia.
Allora, voi due, avete finito di fare cagnara? Dobbiamo andare! Non abbiamo molto tempo
A parlare era Vincent, il pilota che aveva portato i due amici da Portland a Firenze con il suo velivolo, che lui aveva soprannominato .
Con loro c’era anche Patrick, il co-pilota che stava fissando la scena trattenendo le risate.
Il gruppo era alla ricerca di Nate Mendel, che un tempo era il loro bassista, per rimettere insieme la band del passato.
Erano partiti il giorno prima e avevano viaggiato per un gran parte di tempo arrivando nella notte, atterrando in un villaggio sulla costa toscana non controllato dal Regime ma dalla Resistenza italiana, che era gemellata con quelle statunitense e con quella inglese.
Poi avevano viaggiato tra le campagne abbandonate cercando di arrivare nella città dove, si pensava, risiedesse Nate, ovvero Cintoia.
La sfortuna era che avevano delle mappe dettagliate fino al confine con Cintoia, la città era completamente sconosciuta ai quattro uomini che, non sapendo una parola di italiano, si trovavano persi.
Taylor si era fermato per fare dei bisogni proprio al confine di Cintoia, nel buio delle campagne, vicino ad un campo di barboni e profughi e stava rallentando il gruppo.
Ho fatto, ho fatto. Però quello mi fissava, lo sai!
È cieco, Taylor!” rispose Dave.
Ripresero il cammino.
 



Da quando erano atterrati viaggiavano camminando, percorrevano le colline e le campagne toscane.
Ad un certo punto trovarono una vecchia rimessa per biciclette, ormai dimessa e abbandonata da anni, distrutta e quasi vuota.
Il materiale era stato tutto rubato, tranne per due biciclette ed un tandem a due posti.
Fregarono le biciclette ed il tandem che fu, ovviamente, preso da Dave e Taylor.
Vederli andare in tandem era come osservarli gareggiare ad una gara di canotaggio, Dave nel sedile posteriore teneva il tempo delle pedalate e Taylor dirigeva il manubrio sul posto davanti.
E bisticciavano tra loro, sembravano due ragazzini adolescenti invece di uomini sessantenni …
Avevano lasciato in seguito le bici vicino ad un casolare deserto per riposarsi qualche ora, il risultato fu che una volta tornati fuori dalla baracca, non trovarono più le bici.
Dave imprecò in dieci modi diversi, Taylor annuì a tutte le imprecazioni dell’amico.
Ora stavano attraversando l’ultimo pezzo di vecchi vigneti che li separavano da una antica bottega piuttosto mal ridotta.
È incredibile come nel 2030 ci sia così tanta miseria in giro, mentre nelle grandi metropoli si vive di tecnologie avanzate” osservò Taylor.
Dalla finestra della bottega usciva una debole luce rossa, questo stava ad indicare che ci abitava qualcuno, dopotutto.
I due accompagnatori e piloti dissero a Dave e a Taylor che conveniva entrare in quella casa e cercare informazioni, perché al momento erano praticamente al buio, senza alcuna indicazione.
Si avvicinarono alla porta sul retro della bottega e pian piano bussarono, nel frattempo si erano anche preparati ad una rissa, nel caso in quella bottega vivesse qualche barbone ubriaco pronto a fare a botte con chiunque.
Sentirono dei passi avvicinarsi alla porta e poi videro la stessa aprirsi pian piano cigolando, era una vecchia porta di legno, come quasi tutta la baracca.
Gli aprì una donna sulla cinquantina di anni, capelli scuri e lunghi, occhi marroni che iniziò a fissarli e poi proferì “Chi siete?”.
Dave si girò verso Taylor con una faccia perplessa quasi a dirgli “che ha detto?”, Taylor rispose con un’altra espressione alquanto dubbiosa.
Allora Vincent si avvicinò alla signora e rispose “Noi” poi indicò tutti i suoi compagni “venuti in pace” e fece il segno di vittoria con l’indice ed il medio e poi mise le mani unite in segno di preghiera.
La signora li guardò con una faccia incerta, con gli occhi indagava su di loro e cercava di capire le loro intenzioni.
Vincent, non siamo degli alieni, accidenti!” sussurrò Dave dopo aver sentito il compagno parlare.
Vincent fissò Dave con uno sguardo cattivo, poi si rigirò verso la signora, scandì la voce e disse sillabando bene “Noi , siamo, qui, per, informazioni”.
La signora iniziava a capire qualcosa ma rimaneva ancora molto dubbiosa.
Era vestita in modo piuttosto casual, con una gonna rosa scuro sporca di polvere e degli scarponi neri infangati di fango ormai asciutto.
Vincent riprovò “Tu dare a noi informazioni? Tu può?” e ogni volta che diceva tu indicava con l’indice la donna che ancora non riusciva a capire bene.
Dai Vincent! Stiamo perdendo tempo! Non stiamo mica parlando ad uno australopiteco” ringhiò Dave, sempre però sottovoce.
Vincent spazientito si girò verso di lui e affermò “Bene, mister Grohl. Faccia lei!”.
La donna spalancò violentemente gli occhi e fece una espressione sorpresa e chiese “Grohl?
Tutti e quattro si girarono verso la donna e Dave si avvicinò a lei e annuì con la testa in segno di si, la donna lo osservò bene da vicino, dalla punta dei capelli al tacco degli scarponi che indossava e fece segno loro di entrare “Venite, venite”.
Dave si girò indietro e fece una espressione sorpresa quasi a dire “Boh, andiamo”, gli altri tre lo seguirono dentro.
La catapecchia era in buone condizioni rispetto a quanto si possa pensare guardandola dall’esterno, le pareti erano tutte in piedi senza crepe e la luce rossa che si vedeva da fuori veniva da un caminetto piccolo acceso.
Davanti al caminetto c’era un tavolo e due divani, più una poltrona girata verso il fuoco.
La donna fece segno ai quattro uomini di sedersi sul divano e di prendere un bicchiere di vino.
Infatti sul tavolino c’erano diversi bicchieri di vetro antichi e una bottiglia di vino già aperta, Dave ne prese un bel sorso, lo seguì anche Taylor e Vincent.
La donna si sedette nel divano di fronte e fissò i quattro uomini aspettando una risposta da loro.
A loro volta, anche Dave e compagnia fissavano la signora aspettando qualche soluzione, soprattutto si chiedevano come mai alla parola <Grohl> gli avesse fatti entrare in casa sua.
Regnava un silenzio abbastanza imbarazzante tra tutti e cinque, che fu spezzato da Dave con un “Bè, un buon vino signora”.
A Dave non piacevano i silenzi, la signora se ne accorse e gli prese il bicchiere di mano e lo mise sul tavolo, Dave la fissò e disse “Ma …”, poi venne zittito da Taylor con un “Shhh”.
In seguito la signora aprì la bocca quasi per parlare ma si stoppò, si mise un mano sulla tempia sinistra e cominciò a pensare ed a fissare il soffitto.
I quattro uomini guardavano un po’ impauriti da quella stramba donna che però si riprese subito e disse “Scusate per inglese mio, no tanto buono. Cosa volete?”.
Tutti si fissarono tra di loro per decidere chi avrebbe dovuto parlare con la signora, alla fine si decise Taylor e rispose  “Salve!  Noi siamo qui.
Fin qua Taylor ci eravamo anche noi” sussurrò Dave all’orecchio dell’amico in modo scherzoso.
Taylor diede un piccolo calcetto sul piede di Dave e poi riprese “Allora, noi qui per cercare un signore”.
La signora annuì e disse “Who?” per dire “Chi” e Taylor rispose subito “No signora, non cerchiamo gli Who ma un bassista bravo che …” lo interrupe Dave immediatamente che continuò “Signora cerchiamo un signore che si chiama Nate, Nate Mendel” poi si girò verso Taylor con uno sguardo incazzoso.
La signora annuì e indicò con la mano la poltrona girata verso il camino, era una poltrona abbastanza grande, di pelle, color rosso scuro che impediva di capire se qualcuno ci stesse seduto sopra o no.
Solo allora Dave e gli altri notarono una vecchia chitarra con solamente 3 corde in un angolo, una chitarra che a Dave parve subito familiare.
Taylor si alzò dal divano e andò vicino alla poltrona per scoprire chi poteva esserci seduto, lo seguirono subito gli altri.
La scena fu epocale, tutti e quattro davanti alla poltrona a fissare un uomo seduto.
L’uomo accomodato sulla poltrona era un signore anche lui sui sessant’anni con un vecchio cappello Borsalino nero in testa ed una pipa marrone in bocca che stava fumando.
Aveva la barba sufficientemente lunga di un colore rossiccio misto a bianco e portava un cappotto lungo nero su un vestito trasandato sul blu scuro.
Continuava imperterrito a fissare il camino ed a fumare la sua pipa, non curandosi delle persone che aveva intorno.
Dave si schiarì la voce per ottenere l’attenzione dell’uomo che era coperto dal cappello e non si vedeva chiaramente la faccia.
Non ottenne nessun risultato, quindi prese coraggio ed allungò pian piano la mano sopra al cappello per toglierlo, quando fu abbastanza vicino per sentire la stoffa del Borsalino sulle dita, l’uomo seduto proferì uno schietto “No” con una voce roca e bassa.
Non lo farei, amico” disse.
Dave percepì in quella voce qualcosa di molto familiare e così anche Taylor, quindi annunciò “Eh, Nate. Ti abbiamo trovato!”.
L’uomo alzò lo sguardo e così mostrò la faccia ai due vecchi amici che fecero un grande sorriso.
Era lui, era veramente Nate Mendel, la missione era riuscita ……………..
…….. o quasi?
 
 



Si misero a parlare per una buona ora delle avventure che avevano vissuto in questi anni senza vedersi, in realtà parlò solo Taylor mentre Nate era più attento a fumarsi la pipa e Dave ad ascoltare l’amico raccontare le sue storie vissute.
Ad un certo punto Nate fece la domanda che era stata evitata fino a quel momento “Che ci fate qui?”.
Bè, Nate, ascoltami. Abbiamo una proposta da farti” disse Dave e prontamente Nate rispose “No”.
Ma, aspetta, quando la sentirai non riuscirai a dire di no” ribatté Taylor.
Ah … Ma vi faccio risparmiare tempo amici, no” ridisse Nate.
Ok. Però la nostra idea la puoi ascoltare lo stesso che dici? Siamo venuti dall’altra parte del mondo fin qui per trovarti, almeno questo …” rispose Dave.
Va bene Dave” disse Nate, quindi l’amico presentò l’idea della Rivoluzione con il rock della loro band, della voglia di tornare a suonare sul palco, della nuova vita che stavano progettando.
Nate fissò l’amico e la sua volontà e coraggio e rimase stupefatto, in cuor suo sapeva cosa poteva aver passato Dave tutti quegli anni rinchiuso in un tomba di morte come quella prigione e si stupiva della volontà che dimostrava quel giorno, per questo per lui fu più difficile dire “No. Non ci sto. Mi dispiace amici, ma non lascio questa casa e non ritornerò mai più a suonare o cose del genere”.
Taylor e Dave cercarono in tutti i modi di far cambiare idea a Nate ma lui era irremovibile, aveva detto no ed era no.
A Nate impauriva il fatto di lasciare la sua catapecchia, il suo vecchio vigneto, la sua vita sicura nella campagna fiorentina, un posto dove ormai non pattugliava neanche più il Regime, un posto in sicurezza, una garanzia che nei tempi che correvano era molto molto rara.
Il primo a stancarsi fu Taylor che girò le spalle a Nate e con Vincent e Patrick si avvicinò alla porta per uscire salutando la signora con un sorriso ed un arrivederci.
Dave era ancora davanti a Nate implorandolo di ripensarci senza aver successo, così Taylor disse “Dai, Dave. Non abbiamo più tempo, dobbiamo tornare indietro”.
In quel momento Dave fece scendere una piccolissima lacrima di disperazione perché quella era l’ultima volta che avrebbe visto il suo amico e ne era consapevole … consapevole anche che senza di lui il suo progetto era miseramente fallito, non poteva funzionare.
Si avvicino depresso a Taylor senza salutare Nate e quando fu in procinto di uscire dalla porta trasformò la sua disperazione in rabbia e si girò verso Nate che intanto si era riseduto sulla poltrona rigirandosi verso il camino, in modo da non vedere i suoi amici andarsene.
Quindi Dave disse “Si, bravo! Ma ricordati che uno di questi giorni …
 

“One of these days                                                                       “Uno di questi giorni
the ground will drop out from beneath your feet                     ti mancherà il terreno sotto i piedi
One of these days                                                                         Uno di questi giorni
your heart will stop and play it's final beat”                              il tuo cuore si fermerà, suonando il suo ultimo battito”
 

Nate sentì proferire quelle parole di rabbia e disperazione all’amico e rimase molto colpito, tanto che appoggiò per terra la sua pipa e si mise ad ascoltare.
Intanto Taylor si era girato anche lui verso l’amico restio a lasciare la sua casa, ora iniziava a dare appoggio a Dave.
 

“One of these days                                                                   “Uno di questi giorni
the clocks will stop and time won't mean a thing                gli orologi si fermeranno e il tempo non significherà più nulla
One of these days                                                                     Uno di questi giorni
their bombs will drop and silence everything”                    getteranno le loro bombe e faranno solo silenzio”
 

In quel momento Dave colpì forte con il piede per terra e fece scatenare cento emozioni nel cuore di Nate.
 

“One of these days                                                                  “Uno di questi giorni
your eyes will close and pain will disappear                       i tuoi occhi si chiuderanno e il tuo dolore sparirà
One of these days                                                                    uno di questi giorni
you will forget to hope and learn to fear”                             dimenticherai di sperare e imparerai ad aver paura”
 

Continuava a denigrare Nate e poi disse in modo molto ironico.
 

“But it's alright                                                     “Ma va tutto bene
Yet it's alright                                                       fin’ora va tutto bene
I said it's alright”                                                 ho detto che va tutto bene”
 

Subito dopo esplose in un urlò di rabbia incredibile, dando tutto se stesso.
 

“Easy for you to say                                                 “è facile per te dire
Your heart has never been broken                       che il tuo cuore non è mai stato infranto
Your pride has never been stolen                         che il tuo cuore non è mai stato rubato
Not yet … not yet”                                                     non ancora … non ancora”
 

In quel momento scese una lacrima sul viso di Nate visibilmente provato da quei sentimenti che stava scatenando la furia di Dave che era aiutato anche da Taylor in quel momento, facevano quasi un coro i due amici.
 

“One of these days                                                       “Uno di questi giorni
I bet your heart'll be broken                                       scommetto che il tuo cuore verrà infranto
I bet your pride'll be stolen                                         scommetto che il tuo cuore verrà rubato
I'll bet                                                                              ci scommetterò.
One of these days”                                                       Uno di questi giorni”
 

Poi Dave si fermò e uscì dall’abitazione sbattendo la porta, seguito dagli altri suoi compagni di avventura.
Nate rimase un decimo si secondo seduto, subito dopo si alzò di scatto dalla sua poltrona e andò alla porta, la spalancò e disse “Quindi, quando si parte amici?”.
Dave si rigirò, fece un sorriso gigantesco, si avvicinò a Nate e lo abbracciò sussurrandogli “Grazie, Nate. Grazie”, quindi lui rispose subito “Grazie a te, Dave”.
Adesso la missione sembrava veramente compiuta, bisognava solo tornare a casa (o almeno tentare pensò Taylor).
Il posto sul velivolo c’era per Nate e c’era anche per la donna della catapecchia, che non si sa in quale legame fosse stata con Mendel.
Egli gli chiese in un italiano molto maccheronico di venire con lui ma lei rifiutò garbatamente, quindi Nate la abbracciò, la baciò sulla fronte e le disse addio.
Poi partirono.
Cominciarono il loro cammino per tornare a casa e ripartire per un altro reclutamento, la band stava pian piano tornando e Dave era entusiasta della cosa.
Vedrete che sarà una cosa fantastica!” disse Dave ai due amici durante il cammino.
Lo spero Dave, lo spero” rispose Nate un po’ triste nel dover lasciare la sua seconda terra ormai.
Non te ne pentirai, te lo prometto. Non ci saranno problemi” affermò Dave mettendo una mano sulla spalla di Nate, ma fu interrotto bruscamente da Taylor che esclamò “In verità, adesso abbiamo un problema …”, i due si fermarono e fissarono Taylor in viso e aspettarono la risposta che arrivò subito
Ehm … devo fare pipì, non mi fissate
 
 

To be continued …

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Capitolo 6
*** Resolve ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione?!

Parte I

Resolve


19/01/2030
Saint John’s
Canada

 
 
“Lookin’ back to find my way                                                        “Guardarmi indietro per trovare la mia strada
never seemed so hard…”                                                              non è mai sembrato così difficile”
 
Il cartello “Welcome to Canada” era tutt’altro che pulito.
Mezzo obliquo, bucherellato qua e là da colpi d’arma da fuoco, un angolo era bruciacchiato, si leggeva bene solo la parola Benvenuti, questo dava conforto a Nate.
Nate, un altro pezzo dei Foos che era tornato dall’inferno per entrare in un altro inferno, quello della Rivoluzione.
Il prossimo passo verso la Rivoluzione era trovare Pat e Chris, una missione quasi impossibile perché nessuno sapeva di loro e si erano perse le tracce del tutto da molti anni.
Ehi, ragazzi, siamo arrivati al punto di non ritorno. Non si può tornare indietro” continuava a ripetere Dave, convinto della sua missione.
Lui era il punto di forza, il cardine, la colonna portante di tutto il sistema, aveva una forza d’animo strabiliante e fortissima … e poi aveva moltissime idee, il suo cervello era tornato a lavorare a pieno regime.
Ogni tanto si assopiva nei suoi pensieri, così Taylor lo risvegliava e gli chiedeva sempre “A cosa stai pensando?”.
Ma Dave teneva le sue idee belle strette, come se fossero dei diamanti pregiati e rispondeva con un “No, niente, riposavo la mente”.
Da quando era tornato Dave non dormiva quasi più, era sempre in movimento, aveva energia da vendere, una macchina inarrestabile.
Proprio il giorno prima, mentre Nate e Taylor cercavano di trovare delle tracce sugli altri due componenti della band, Dave si era preso su ed era uscito dal rifugio.
Dopo un po’ era tornato con l’idea per trovare Chris: andare in Canada.
Taylor e Nate rimasero basiti, molto scettici sull’idea dell’amico che però, trascinandoli come sempre, gli aveva convinti a partire.
Partirono praticamente subito, facendo rifornimento di armi, viveri e fiducia in Dave.
Con loro anche i due co-piloti della missione precedente, Vincent e Patrick, abili nell’usare le armi, erano risorse indispensabili, almeno questo riteneva Taylor che li volle a tutti i costi per la missione.
Non ci fu neanche bisogno di chiedere al Generale Cameron il permesso, egli stesso aveva dato carta bianca a Dave, lo aveva solo raccomandato di non farsi ammazzare, tutto qui.
Ed ora erano in Canada per trovare Chris.
Dave era convinto di trovarlo in Canada, precisamente a Saint John’s nella villa “Peppers Tree”, che un tempo era un luogo ambito per musicisti.
L’idea gli era venuta mentre passeggiava fuori all’aria aperta, si ricordava di una conversazione fatta con Chris quasi trenta anni prima, una chiacchierata quasi dimenticata, in cui proprio Chris aveva nominato quella villa, quel posto in Canada.
Era uno dei posti in cui avrebbe voluto vivere e passare la vecchiaia e Dave si buttò a capofitto su questa pista.
Il freddo del Canada era bestiale, sotto lo zero, quasi un freddo Siberiano, i tre amici camminavano per strade deserte coperte di neve bianca con vestiti poco appariscenti, ma comunque molto grossi ed abbondanti fatti con pelli, per debellare un po’ il clima.
 
“Something that I felt today                                             “Qualcosa che ho provato oggi
something that I heard …”                                                 qualcosa che ho sentito…”
 
Erano le parole di Dave da quando erano partiti, lui sosteneva di aver ricevuto l’idea da qualche cosa, da qualcuno, forse solo da se stesso, ma di aver sentito il bisogno di andare.
La sua forza d’animo si incrementava sempre di più, man mano che passava il tempo.
Il Canada era uno stato quasi deserto dopo tutte le guerre e dopo la presa del Regime, uno stato dimenticato da tutti, che viveva per conto suo.
Gli abitanti parlavano quattro o cinque lingue diverse, ognuno era complice del suo destino, ognuno vittima ed assassino, ognuno con un fiore in una mano e nell’altra un pugno.
Erano arrivati in Canada con il loro elicottero, poi avevano viaggiato su delle motoslitte costruite dalla Resistenza, portate dagli Stati Uniti ed adesso erano arrivati nel paese in cui c’era la villa.
Il viaggio con le motoslitte, che erano due, era stato sicuramente emozionante e divertente con Dave che gareggiava contro la coppia Taylor – Nate, che invece era più propensa a non schiantarsi contro qualche albero.
Dai, vigliacchi! Cagasotto! Venite a prendermi!” diceva Dave.
Invece Taylor e Nate bisticciavano per decidere chi avrebbe dovuto guidare e si cambiavano di posto ogni dieci minuti accusandosi a vicenda di non saper guidare bene.
Sembrava un pomeriggio di quelli invernali in cui con gli amici ti ritrovi a giocare a palle di neve per il parco urbano del proprio paese, sembrava un altro mondo, decisamente più pulito e in pace con se stesso.
Purtroppo le cose migliori non durano in eterno e la felicità che regnava nei tre foos svanì appena arrivati in paese.
Si fermarono vicino ad una casa che un tempo doveva essere stata un distributore di benzina e cercarono qualcuno per avere informazioni.
Si presentò davanti a loro un signore alto circa un metro e sessanta, sulla settantina di anni, con la barba lunga bianca ed un cappello da baseball sulla testa.
Portava dei vecchi occhialoni da vista spessi come fondi di bottiglia e masticava qualcosa, forse tabacco.
Dave si fece avanti e gli chiese se conosceva la villa Peppers Tree, il vecchietto rispose con un si smagliante e deciso, così Dave prese ancora più coraggio e domandò se aveva mai visto o sentito di un certo Chris Shiflett e la persona anziana rispose immediatamente alzando le sopracciglia “Certo, Chris, il cantante, lo sfigato! Viveva nella villa, certo che lo conoscevo”.
Grande!!” rispose Dave tutto galvanizzato, fece una piroetta e si mise a ballare una strana danza con ampi giravolte e giri in tondo.
Taylor lo guardava stupito e imbarazzato, si mise una mano sulla faccia in segno di disperazione mentre guardava l’amico rendersi ridicolo davanti al vecchio.
Dave vide l’imbarazzo di Hawkins, così lo prese per un braccio e lo tirò verso di se, gli urlò di darsi da fare e cominciò ad introdurlo alla sua danza impetuosa, Taylor era molto scosso e inetto a fare quello strano ballo, anche svogliato ma qualche rapida occhiata di Dave gli fecero venire voglia di ballare.
Iniziarono a danzare e saltare su e giù sotto gli occhi stralunati di Nate, così il vecchio cominciò a battere le mani ed a sorridere mostrando i pochi denti che aveva e disse “Dai, belli! Fate un tango!”.
A quella frase Dave si fermò e disse “Cominciamo il tango! Nate, fai la musica”.
Nate fissò l’amico e rispose con un secco “Ma che sei pazzo?”.
Oh che palle! La faccio io! Ta da dam! Taradam ta dam” affermò quindi Dave ed iniziò il ballo con Taylor che ormai era partito anche lui per la tangente, sempre sotto lo sguardo del vecchietto divertito che teneva il tempo con le mani.
Tutto fu fermato dalla voce di Nate che chiese “Mi scusi lei? Ma perché prima ha usato il passato? Dove è adesso Chris?”.
Già, non l’ho detto, è morto. Dai, continuate il tango” rispose l’anziana persona.
Dave nel sentire quella frase mandò giù un magone incredibile, così anche Taylor, si girarono di scatto verso il vecchio con le facce sorprese e tristissime e aspettarono che egli aggiungesse qualcosa.
Ah, avete già finito il tango? Che succede? Vi doveva dei soldi quel tipo?” esclamò il vecchio.
Che cosa è successo a Chris?” chiese Nate.
Così il vecchio gli invitò dentro casa sua, gli fece sedere nella sala davanti ad un tavolo e ad un caffè caldo e iniziò a raccontare i fatti, la realtà dei fatti.
Chris era arrivato in città circa dieci anni prima, cercando la villa Peppers Tree che però era stata abbattuta dal Regime qualche mese prima.
Non volendo più tornare negli Stati Uniti, Chris si fermò in città e cominciò ad abitare in un caseificio del luogo, dove cominciò anche a scrivere canzoni d’autore per intrattenere la gente del paese.
Diventò, quindi, ben presto il cantante ufficiale della città, a cui tutti si rivolgevano, era diventato una sorte di eroe, lui che invece del fucile aveva la chitarra in spalla.
Purtroppo, durante una retata delle Milizia, Chris per difendere un ragazzino dalla cattura, colpì sulla faccia un poliziotto rompendogli il naso.
Shiflett cercò di scappare ma la Milizia riuscì a prenderlo e lo bruciarono vivo.
Dave cominciò a scuotere la testa “No, non è vero. Non è successo niente di tutto questo. No!”, non riusciva ad accettare una fine così triste e dolorosa per l’amico di mille avventure, continuava a scuotere la testa, incredulo.
Così Taylor gli mise una mano sulla spalla e disse “Dave, mi dispiace”.
Ti dispiace di cosa? Non è vero niente! Non è vero un cazzo di niente!” rispose Dave infuriato e pieno di rabbia e malinconia.
Si avvicinò al vecchio e lo prese per il colletto e urlò “Dimmi dove è Chris! Dimmelo!!”.
Ehi, ehi, ragazzo! Ehi! Piano ..
Dave era su tutte le furie e per poco non strangolò quel poveretto, Taylor si avvicinò per fermare l’amico che era in preda alla rabbia e continuava a percuotere il vecchietto.
Ad un certo punto quell’anziano strillò “Okay, okay, bello! Ti porto da lui!”, Dave lo lasciò dalla sua presa e il vecchietto cadde per terra.
Dai, andiamo … subito! Portaci subito da lui!” affermò Dave.
Quel pensionato si rimise con molta fatica in piedi e sbuffando andò a prendere un giaccone che si mise addosso e poi fece segno agli altri di seguirlo.
 
 
Camminarono per la città, fecero abbastanza strada seguendo il vecchietto che zoppicando li portava dall’amico, ogni persona che incontravano chiedeva a loro chi erano e l’anziano rispondeva sempre allo stesso modo “Amici di Chris”.
Tutta la gente allora affermava il loro dispiacere per la perdita del loro amico, perché era un bravo uomo, una persona onesta, un ragazzo affidabile e simpatico con molta allegria.
Dave non riusciva ad ascoltare queste parole e queste frasi, non accettava la morte dell’amico e sperava di trovarselo davanti prima o poi, in quel gelido posto invernale coperto di neve.
Il vecchio si fermò davanti ad un cancello che conduceva ad una specie di oasi coperta da alberi ormai spogli.
Poi fece loro segno di entrare e disse “Ecco, troverete qui il vostro amico. Vi saluto e vi auguro di trovare la pace dentro di voi come Chris ce la fece trovare a noi. Povero sfigatello”.
Dave entrò subito, mentre Taylor si fermò a dare la mano al vecchio e notò una sensazione paterna nei confronti di Chris, anzi, il vecchio era visibilmente commosso, doveva essergli stato vicino in questi ultimi anni.
Nate fu l’ultimo ad entrare in quell’oasi e si accorse della realtà, si accorse del posto in cui si trovava, era un atipico cimitero con tantissime croci minuscole scavate nella neve, c’era una calma apparente incredibile, gli alberi creavano ombra a tutto il posto.
Dave era fermo davanti ad un punto, davanti ad una croce su cui c’era scritto Chris Shiflett, eri lì davanti, fermo, immobile … senza fiato … completamente morto dentro.
Lo raggiunsero anche Taylor e Nate e tutti e tre si sederono dinnanzi alla sepoltura di Chris.
Cavolo Chris. Perché ci hai lasciati? Proprio tu che volevi vivere fino a cento anni? Proprio adesso che avevamo bisogno di te, proprio tu?” sussurrò Taylor che sfiorò la croce, quasi a voler fare una carezza.
Dave era sempre più cupo, dentro di se combatteva tra due disperazioni, quella della morte dell’amico e quella della morte della sua idea, della Rivoluzione.
Nessuno avrebbe mai potuto sostituire Chris nella formazione e nella band, nessuno.
Dave recitò subito nella sua testa una frase e la disse sussurrando rivolto verso la tomba:
 
“One more year that you’re not here                           “Ancora un anno che tu non sei qui
It’s gone and passed you by                                         se n’è andato e ti è passato accanto
What happened to you ? …”                                         Cosa ti è successo? …”
 
Così, dopo minuti e minuti di silenzio in cui Taylor e Nate raccontavano degli aneddoti riguardanti l’amico defunto, Dave aprì bocca e sentenziò “Già, bravo! Vigliacco che non sei altro! Sei stato il primo a volertene andare, come se altri non avessero avuto il tempo e la voglia di farlo!”.
Parlava con un tono acido e aspro “Tu, proprio tu, che vivevi in questo paradiso mentre io stavo a marcire in una sudicia cella per ben venti anni, proprio tu sei voluto morire. Bè, spero che l’inferno sia abbastanza comodo per te, amico! Perché ci troveremo lì e ti spaccherò …
Cosa mi spaccherai, scusa?” una voce da dietro interruppe il soliloquio di Dave, una voce arcaica come una vecchia quercia.
I tre amici si girarono di scatto e videro un uomo in piedi dietro di loro, con degli stivali marroni, un giaccone marrone, dei jeans rovinati blu scuro e con una benda sull’occhio sinistro.
Aveva una cicatrice sulla guancia destra, un po’ di barba ed un cappello da cow boy antico, stile anni ’10.
I tre erano senza parole e stupiti, con tutta quell’ombra era difficile riconoscere il viso ma qualcuno di loro cominciò ad intuire.
Bè, cosa c’è? Non avete mai visto un fantasma?
Si trattava proprio dell’amico, Chris … si tratta di Chris.
Non era certo nella miglior forma fisica possibile, ma almeno non era morto, anzi, era lì di fronte a loro in carne ed ossa e respirava.
Che mi venga un colpo, Chris! Sei un pirata!” affermò Taylor con un sorriso incredibile, si alzò e lo andò ad abbracciare.
Così fece anche Nate mentre Dave rimase ancora un po’ in disparte, molto confuso e scettico.
Lo guardò bene, si scambiarono qualche occhiata e poi Chris disse “Allora? Non mi saluti amico? Eh Dave? Come va?”.
Sei un gran figlio di … lo sai? Mi hai fatto morire qui oggi!” esclamò Dave che si avvicinò all’amico ritrovato.
Ma cosa è questa favoletta della tua morte? C’è anche la tomba!” chiese Nate immediatamente.
Eh, sapete, sono ricercato! Ho finto la mia morte così adesso non mi cercano più e questa cittadina può vivere in pace, senza dover subire dei controlli ogni volta” rispose Chris.
Poi chiese lui a sua volta “Ma ditemi piuttosto voi, cosa ci fate qui? Nostalgia dei tempi andati?”.
Taylor fece segno a Chris di guardare Dave, come se la colpa fosse sua e l’amico rispose “Ora che sei risorto, dobbiamo offrirti la ribalta, offrirti una realtà da vivere! La Rivoluzione, faremo la Rivoluzione e tu verrai con noi!”.
Dave spiegò all’amico la sua idea e Chris rispose subito con un “Certo, ci sto! Che diavolo! Si vive una sola volta!”.
Dave pensò tra se e se che la giornata appena vissuta era stata una altalena di emozioni incredibili, dalla felicità allo sconforto, dall’amore all’odio, ci voleva solo un po’ di volontà e determinazione per tirare avanti e non mollare al primo crollo, così guardando i tre amici affermò:
 
“A little bit of resolve is what I need now                       “Un po’ di determinazione è ciò di cui ho bisogno ora
Pin me down, show me how …”                                      incastrami ora, fammi vedere come … “
 
I tre amici annuirono e poi uscirono dal cimitero.
Si diressero verso le motoslitte dove sarebbero partiti per tornare all’elicottero dove li stavano aspettando Vincent e Patrick.
Chris salutò un po’ tutti in città dicendo che doveva partire per tentare di salvare il mondo, tutti gli strinsero la mano, era molto rispettato nella città.
Mentre si incamminavano Chris scosse la testa e disse amaramente “Peccato, era una bellissima cittadina con tantissime belle persone, avrei voluto morire veramente lì, mi mancheranno.
Tranquillo, Chris, quando morirai ti riporteremo qui” disse in modo ironico Dave.
Ah si? Secondo me schiatti prima tu, appena risali su un palco, un infarto e via” esclamò Chris.
Taylor quindi fece smettere i due di battibeccare e li fece separare.
Arrivarono sulle motoslitte e Dave salì su una con Taylor, mentre l’altra la prese Chris con Nate, a quel punto Dave accese il motore e disse sussurrando “Comunque, io avrò almeno una tomba da etero, mica come la tua che è da finocchi!” e prese a sgasare.
Partì velocissimo mostrando il dito medio a Chris che accese subito la motoslitta e sgasò anche lui.
Poi urlò “Ti prendo! Maledetto! Ti prendo e ti taglio la gola!!” e cominciò ad inseguire l’amico che rideva come un matto.
 
 
 
To be continued ….

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Capitolo 7
*** Learn to fly (Prima parte) ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione?!

Parte I

Learn to fly (prima parte)

22/01/2030
Oaxaca de Juàrez
Messico

 
 
“Hook me up a new Revolution                                  “Agganciami ad una nuova Rivoluzione
‘cause this one is a lie ….”                                          Perché questa qui è una bugia … ”
 

Trovare Pat, mancava lui.
Già si sentiva nell’aria il profumo di Rivoluzione, l’idea di Dave si era sparsa a macchia d’olio, a Portland non si parlava d’altro, le voci correvano “Hai sentito che i Foo Fighters tornano insieme?” oppure “Faranno un concerto a New York!”.
Ovviamente nessuna di queste voci erano vere e fondate poiché mancava ancora Pat all’appello e i quattro foos ormai riuniti erano molto perplessi nel ritrovarlo, anche perché stando all’anno 2030, Pat aveva già superato la soglia dei settanta anni.
In secondo luogo, solo Chris aveva continuato a suonare negli anni di separazione, gli altri tre componenti non avevano più toccato uno strumento e quando Nate lo fece notare a Dave, lui non sembrò molto convinto di tutto ciò, però riuscì lo stesso a tranquillizzare tutti con la sua solita forza d’animo e simpatia “Ma si … suonare è come andare in bicicletta. Una volta che hai imparato, lo sai fare sempre, basta rimettersi sotto”.
Anche se, in cuor suo, Dave non ne era molto certo e convinto, ma sapeva di essere il punto forte del gruppo e doveva dimostrare sempre una grande sicurezza a tutti per restare uniti.
Inoltre, la voce del concerto a New York era totalmente impensabile, solamente perché la grande mela era il quartier generale del Regime, sarebbe stato impossibile solamente passare nelle vicinanze senza essere notati, era un suicidio.
Ma il problema in quel momento principale era trovare Pat.
L’ultimo ad averlo visto era stato Chris quasi quindici anni prima; raccontò di averlo incontrato in Canada un giorno, Pat era venuto per salutare Chris, lui infatti partiva per il Messico dove si sarebbe ritirato per la vecchiaia fino alla morte.
Il racconto di Chris fece venire i brividi a Taylor che toccò il ferro della sua cintura per scaramanzia, aveva il terrore di incontrare il fantasma di Pat in giro, una cosa che lo terrorizzava.
Dave, allora, aveva detto “Che aspettiamo? Partiamo per il Messico!” senza preoccuparsi dell’immensità di quella nazione.
Ma non possiamo girare per il Messico così, senza tracce e altro!” sbottò Nate, così Dave gli rispose “Ehi, sono una rock star di sessant’anni con la barba lunga e senza più niente da perdere, pensi che me ne possa fregare qualcosa?”.
Allora saltò in conversazione Chris affermando di avere una pista per trovare l’amico musicista, gli aveva detto di aver comprato casa in una cittadina di nome Oaxaca.
Neanche a dirlo, Dave si mise subito gli stivali, diede un piccolo sguardo alla foto di sua figlia e pensò “questo lo faccio anche per te” e poi si incamminò verso l’uscita.
Quando lui partiva non si poteva far altro che seguirlo, lo pensò Taylor in quel momento e si arrabbiò per tutto quel tempo passato lontano da lui, tantissimo tempo perduto.
Contattarono Cameron perché il Messico, cosa risaputa da tutti quelli della Resistenza, aveva una dogana da passare per entrarci che era una di quelle più pericolose, anche se praticamente priva di macchinari tecnologici, ma se mentre passi il confine ti trovano e sei tra i ricercati, sei morto.
Così chiesero aiuto al Generale per escogitare un piano per attraversare il confine, Cameron rispose subito con un “Impossibile farlo” ma dopo una occhiataccia di Dave seguita da un altro sguardo minaccioso di Chris, che con la banda sull’occhio era molto più temibile degli altri, il Generale si corresse subito con un “Quasi impossibile”.
Si misero, quindi, seduti ad un tavolo loro cinque per immaginare e trovare una soluzione, parlarono di mille idee che vennero tutte scartate, fino a che …
Ho avuto una idea!!” affermò Nate che fino a quel momento era sempre stato zitto ad ascoltare.
Sentiamo” disse Dave.
L’idea di Nate era una cosa particolare, molto proibitiva che gli avrebbe fatti ammazzare subito nel caso di fallimento ma era anche geniale.
Ci nascondiamo tutti dentro delle bare!” dichiarò Nate.
Taylor si toccò di nuovo la cintura e pensò “Che diavolo! Morti dappertutto” mentre Dave sgranò gli occhi e dopo circa un secondo cominciò ad annuire con la testa, si girò verso il Generale che invece era assorto nei suoi pensieri e aspettò una sua risposta.
Eh … insomma … si può fare” sussurrò Cameron.
 
 

Il piano era strutturato così: partivano da Portland con il solito elicottero capitanato da Vincent che sapeva bene il messicano; l’elicottero sarebbe stato pitturato con un logo di agenzie funebri messicane del luogo.
Alla dogana sarebbero dovuti atterrare per far controllare le merci, i quattro foos dovevano essere trasportati dentro quattro bare sigillate, sperando di non farsi scoprire, le guardie messicane avrebbero lasciato passare l’elicottero.
Il problema principale era come sopravvivere ad un volo del genere dentro una bara sigillata.
Cameron riuscì ad ottenere delle bombole di ossigeno da dare ai quattro musicisti, le bombole sarebbero state collegate sotto le bare per portare aria dentro di esse e far respirare gli uomini all’interno, un piano complicato e semplice allo stesso tempo.
Speriamo che le guardie non si accorgano delle bombole se no siete finiti ragazzi” affermò il Generale.
Non si accorgeranno di nulla, siamo come i Blues Brothers, in missione per conto del Dio Rock” replicò Taylor.
Bè, anche se non credo, che Dio ve la mandi buona. È stato un onore aiutarvi” rispose Cameron e diede la mano a tutti.
Partirono … partirono dentro delle bare.
 


Oh … aria pura! Aria libera!” esclamò Taylor mentre veniva tolto dalla bara.
Ehi ragazzi, sembra che Nate si sia addormentato! Ma come diavolo ha fatto?” urlò Dave.
Erano arrivati a destinazione, al confine con Oaxaca, ora sarebbero dovuti andare a piedi.
Il volo era andato bene, troppo bene, sembravano miracolati i quattro musicisti, avevano avuto le strade spianate e aperte, era tutto troppo tranquillo.
Quando arrivarono alla dogana, le guardie vollero vedere l’imbarco e le merci e quando notarono le bare, fecero passare subito il velivolo.
Taylor era tutto irrigidito, la sua paura dei morti e dei fantasmi non era passata negli anni di dura guerra, anzi, con tutti i morti che aveva visto adesso ne aveva il terrore.
Viaggiare in una bara per lui era stato terribile, uno scontro con i suoi demoni e ne era uscito vincitore, anche se molto scosso.
Continuava a ripetere “Qui ci stanno i morti! Non i vivi! Maledetto Nate con le sue idee del cavolo!”.
L’aria in Messico era diversa, c’era un caldo esponenziale, si arrivava ai 30 gradi quasi a Gennaio, colpa soprattutto dei gas emanati nel cielo dopo l’esplosione di bombe ai neutroni che avevano alterato il clima messicano, era sempre estate lì.
Si dovettero tutti cambiare, passare dai giacconi statunitensi alle infradito messicane, dai 10 gradi ai 30 gradi, fu un trauma per Chris, abituato da sempre ad un clima freddo.
 
 


Entrarono nella città, a Taylor sembrò di stare in uno di quei film western degli anni 60 – 70, disse ad alta voce “Qui adesso salta fuori Clint Estewood e ci spara”.
La cittadina era fatta di sabbia, terra, deserto … era proprio come stare nel Far West, la vecchia America, ma non c’erano gli indiani, c’erano i messicani, tutti con dei bei sombrero in testa.
Si sentiva nell’aria afosa il rumore di qualche chitarra acustica suonare in lontananza, era qualche anziano vecchio che suonava nella veranda qualche canzone popolare e canticchiava.
Oltre a quel piccolo rumore, si sentiva solo il vociare del vento, alcuni arbusti svolazzavano qua e là, ogni tanto arrivava qualche onda più forte di corrente che faceva alzare un po’ di terriccio giallastro da terra.
I quattro ragazzi videro il cartello “Bienvenidos aOaxaca” e proseguirono per la strada principale, ovviamente non asfaltata.
Non videro macchine o cose tecnologiche, quella città sembrava ferma agli anni ’30, c’erano carrozze con cavalli, biciclette vecchissime e un esemplare di sidecar molto antico.
Osservarono ogni particolare della cittadina, camminavano uno di fianco all’altro e mentre passavano la gente si affacciava alle verande e gli fissavano.
Tutti e quattro i foos con gli occhiali da sole, anche Chris li portava nonostante la benda.
Passo dopo passo scorrevano per la via principale, notando tutti i posti e scrutando … cercando … analizzando …
Dave fece notare agli altri un negozio di ferramenta antico dove vendevano anche attrezzi da agricoltura come zappe e falci.
Indico il negozio e suggerì di entrare per chiedere informazioni, gli altri annuirono, così si avvicinarono alla bottega.
Aprirono la porta e sentirono un tintinnio, doveva essere una di quelle porte collegate ad un campanaccio, si avvicinarono al bancone e Dave si appoggiò.
Arrivò dopo circa un minuto il commesso, un uomo sulla quarantina di anni, sbarbato e con degli occhi azzurri stranissimi.
Buenos días” disse il negoziante, i quattro musicisti si guardarono e si chiusero in cerchio, come fanno i giocatori di football durante i time-out per decidere chi dovesse parlare.
Dave fece notare che era stata una cavolata quella di far restare Vincent all’elicottero, visto che lui sapeva parlare bene lo spagnolo.
Nessuno riusciva a decidersi, erano tutti ancora in cerchio mentre il commesso stava lì ad osservarli stupito e sorpreso.
Allora? Parli tu?” disse Nate a Taylor, “Ma certo che no! So un po’ di tedesco se vuoi, ma di spagnolo non so niente!” rispose subito lui.
Così a Chris venne l’idea di decidere con il gioco sasso carta e forbice, quindi i quattro amici iniziarono a giocare ed a sbraitare sotto gli occhi di quel povero commesso sempre più stupefatto.
L’ultimo a perdere fu Dave che imprecò, poi si girò verso il commesso e con la faccia di chi non ha proprio niente da nascondere disse “Hola!”, sempre con una espressione molto sicura di se si tolse gli occhiali da sole e se li mise nel taschino della giacca.
Cómo puedo ayudar?” allora disse il commesso.
Dave fece una smorfia di dolore, non sapeva cosa dire, così sempre con l’espressione di uno che sa quello che dice esordì con un “Nosotros voluntad saber” scandendo bene ogni singola parola e facendo ampi gesti con le mani, indicando i suoi compagni di viaggio.
Il commesso annuì e senza dir niente fece segno di andare avanti, Dave prese fiato e ricominciò a parlare “Bien, una persona” e fece segno di uno con l’indice “Encontrar una persona”.
Il venditore riuscì a capire e rispose “Sì, dime quièn?”.
Dave si girò verso gli altri amici e sussurrò “E adesso che gli dico?”, Taylor gli suggerì di dirgli che sta cercando un americano, così l’amico annuì con la testa e tornò con lo sguardo al commesso.
Ehm … unos americanos” disse con voce profonda e sostenuta, il negoziante fece una espressione stralunata mentre Chris si mise le mani tra i capelli notando la frase dell’amico completamente errata.
Americanos? Què es?” chiese il commesso.
Ehm … vamos! Unos americanos! Un hombre de America!” affermò Dave con una voce sicura e facendo ampi gesti, come se fosse il venditore a sbagliare le frasi.
Ancora non si riuscivano ad intendere, così Dave cominciò a canticchiare l’inno americano e fece cenno al commesso di intendere.
Egli, allora, fece capire di aver inteso con un sospiro e disse “Aquíhay un hombre que sabe que los americanos!” e indicò con un dito una casa fuori dal suo negozio.
Ah, muy bien. Gracias senor!” ringraziò Dave e si rimise gli occhiali da sole.
Salutarono il commesso ed uscirono, come quattro eroi da una sacra tomba, anche se agli occhi del venditore sembrarono più quattro babbei.
Santo de Dios!” commentò tra se e se il venditore vedendoli uscire dal suo negozio.
Quindi, essi si diressero verso quella casa che aveva indicato il ragazzo della bottega e si fermarono davanti alla veranda, dove sedeva un uomo sulla settantina di anni, con un sombrero giallo in testa.
Sedeva su una sedia a dondolo e dondolava lentamente pulendo un fucile a canne mozze, aveva una spiga di grano in bocca.
Puliva bene la canna con uno straccio e di fianco a lui c’era un tavolino dove vi era un sigaro acceso sopra un posacenere con alcune pallottole sfuse.
Canticchiava con una voce lievissima una canzone messicana e ogni tanto faceva partire qualche fischio … intanto dondolava e dondolava, sempre pian piano, puliva il fucile e si passava la spiga di grano tra i denti.
I quattro uomini lo guardavano aspettando un suo sguardo ma egli non li considerava proprio, quindi Dave bussò contro una trave della staccionata lì vicino e si schiarì la voce per ottenere attenzione.
L’uomo alzò leggermente lo sguardo e smise si strofinare il fucile, aveva di baffi lunghi classici alla messicana, i capelli erano neri e abbastanza lunghi e portava degli occhiali da sole.
Que pasa?” chiese con una voce roca, era vestito da vero messicano, con una camicia a quadri rossi e bianchi e dei vecchi jeans da lavoro, portava anche degli stivali marrone scuro con degli speroni sul tacco.
Dave si ritrovò con il problema di prima, non sapeva come farsi capire così andò a braccio “Ehm … tu saber encontrar una persona americanos, santo dios, porca palettas!” si lasciò andare verso la fine della frase.
Il cappellone di quel messicano alzò le sopracciglia e sputò per terra la spiga, poi prese il sigaro e cominciò a ciucciarlo come se fosse un ciuccio.
Disse con fare ironico “Uhm .. americanos?”, Dave annuì con la testa e fece una specie di sorriso, così il messicano rispose con un altro sorriso ma disse “Yo no se nada”, poi riprese il fucile e ricominciò a pulirlo dondolando flebilmente.
Dave fece morire il sorriso appena fatto sulle sue labbra e si massaggiò le sopracciglia e la tempia, poi disse “Mierda! No sé como dire! Americanos! No? Comos se dices?” con un tono minaccioso e snervato.
Così il messicano si rifermò, appoggiò il fucile al tavolino e si alzò in piedi.
Aveva un bel pancione di uno che beve birra e mangia con gusto, si sgranchì la schiena e disse “Bien! Que dos bolas! Mi fusil es aùn silencio mientras que usted habla y habla” con una voce isterica e ironica.
Dave lo guardò molto perplesso, non aveva capito una sola parola della sua frase.
L’uomo lo fissò, si tolse il sigaro di bocca, abbassò leggermente gli occhiali da sole e guardò bene in faccia Dave.
Si rimise a posto gli occhiali e fece un sorrisone e ripeté “Ho detto che due palle! Il mio fucile se ne sta zitto mentre tu invece parli e parli, americanos!” e cominciò a ridacchiare.
Dave capì al volo, così anche Taylor che si mise a braccia conserte ridacchiando pure lui e anche Chris, mentre Nate era ancora molto dubbioso.
Bene, bene, dimmi cosa ne hai fatto di Pat e poi dicci perché l’hai fatto, messicano!” affermò Dave che diede la mano all’amico che gliela strinse con molta forza e poi si abbracciarono.
Maldito!! Amigo, non eri morto?” chiese Pat con un gran sorriso stampato in faccia.
A quanto pare sono il più vivo di tutti qui!” rispose Dave, poi si girò verso i tre amici e li presentò a Pat, prima indicò Taylor e disse “Qui abbiamo un ribelle ricercato che ha paura dei morti e delle persone che lo fissano mentre fa pipì” e Hawkins fece un saluto con un inchino, poi venne la volta di Nate “Qui abbiamo un toscano ubriaco che suona il mandolino” e Mendel fece un cenno con la mano.
Infine abbiamo qui un morto, un fantasma, il pirata risorto!” e Chris eseguì una giravolta su se stesso, facendo notare la benda.
Insomma, uguali come eravate un tempo! Ahahah!”rispose Pat ridendo di gusto.
Ed eccoti qua, caro mio, un panzone messicano rugoso e pieno di tabacco che masturba un fucile!” affermò Dave con la sua solita ironia e simpatia ineguagliabile.
Pat annuì e si mise la mani sulla pancia e cominciò a guardarsela “Eh … insomma. Ci ho dato bene, la bondad de Dios” disse “Ma cosa ci fate voi qua?”.
Dave si girò verso i compagni con la faccia di chi “dico sempre tutto io” e poi sbuffò e disse “Bè, Pat, spero di doverlo dire per l’ultima volta, perché a forza di spiegare la mia idea penso di essermela dimenticata e ci vorrà qualcuno che la rispieghi a me, diamine!
Cominciò a parlare ed a illustrare l’idea della Rivoluzione a Pat che ogni tanto guardava Taylor e compagni che erano ancora dietro per capire se era uno scherzo o se Dave faceva sul serio.
Quindi? Che ne dici?” chiese infine Dave.
No lo sé … uhm … estàn en duda … sono dubbioso” rispose Pat con una espressione spensierata.
Dave allora provò a convincerlo con ogni mezzo, gli promise anche forniture a vita di sigari e fucili ma Pat sembrava sempre molto dubbioso e non mollava la presa.
Così anche Taylor cercò di persuadere Pat, ma ogni tentativo era invano, l’ex chitarrista dei foos non voleva accettare ed era molto restio a lasciare il Messico per rientrare nei vecchi Stati Uniti.
Dai, niños, non ho l’età e neanche voi!” infine disse Pat.
Hai ancora l’età giusta Pat, fidati! Abbiamo tanta rabbia dentro che possiamo farcela e ce la faremo! Insieme però … Senza te non ha senso nemmeno provarci! Abbiamo bisogno di te!” esclamò Taylor e vedendo l’espressione di Pat e i suoi occhi in cui sembrava sul punto di cedere, Dave colpì al cuore “Pat, avrai la possibilità di vendicare tutti quelli che hai perso, ti offro solo questo, una possibilità di cambiare questo mondo di merda. Non avrai altre opportunità oltre alla morte, in fondo al tunnel … C’è solo la morte, amico.
Annuì … sentì un groppo in gola, pensò alla sua famiglia, sepolta chissà dove, in qualche parte del mondo, era rimasto solo.
Già, bueno. Okay.” rispose Pat, imprecò e poi diede un calcio forte alla sua staccionata e urlò “Amigo, i Foo Fighters sono tornati in città!
 
 
 
To be continued …


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Capitolo 8
*** Learn to fly (parte seconda) ***


22/01/2030
Oaxaca de Juàrez
Messico

 
 
“Hook me up a new Revolution                                  “Agganciami ad una nuova Rivoluzione
‘cause this one is a lie ….”                                         Perché questa qui è una bugia … ”
 

I cinque, ora al completo, partirono per ritornare all’elicottero che gli avevi condotti in Messico.
Il problema più grosso era tornare indietro e ripassare la dogana, serviva uno stratagemma diverso da quello delle bare.
Dave iniziò a spremersi le meningi letteralmente, strofinandosi e massaggiandosi le tempie con gli indici delle mani.
Pensava a come tornare indietro, invitò anche gli altri a farlo, nel frattempo Pat radunava le sue cose più care dentro un vecchio zaino, una borsa consumata da tennis.
Non aveva da portarsi dietro chissà che cosa, solo qualche effetto personale ed un cambio di vestiti.
Ehi, amigos, sono pronto por l’aventura!” esclamò Pat, ma notò nei suoi amici solo espressioni dubbiose.
Allora, visto che la situazione sembrava non evolversi e rimanere statica, Dave saltò su con “Okay, ho una idea” e poi cominciò ad incamminarsi.
Non volle rivelare a nessuno la sua idea, probabilmente perché non ne aveva una, in realtà voleva solo dirigersi verso l’elicottero sperando di trovare l’illuminazione durante il tragitto.
I compagni, in ogni caso, lo assecondarono e lo seguirono, i Foo partirono in quinta verso il ritorno negli Stati Uniti.

Proprio a metà del tragitto sentirono un fortissimo boato in lontananza ed uno scoppio.
All’improvviso la radiotrasmittente a basse frequenze che aveva con se Taylor prese a funzionare e si sentì una voce gracchiare “crrr … Sono sot …crrr …. Attacco!! Crrr … tshk … Mi hanno colpito!
Non si capiva molto dal messaggio ma fu subito chiaro che la voce, seppur così distorta, era di Vincent.
Continuava a stridere la radiotrasmittente, si sentiva spari e suoni rintronati oltre che a frasi di Vincent appena udibili.
Il telegramma era, tuttavia, chiaro ai cinque musicisti, Vincent era stato scoperto così come loro ed era stato attaccato.
Taylor continuava ad urlare nella radio “Mi senti, Vincent? Mi senti? Ripeti! Cosa sta succedendo, passo!”.
Non ottenendo una risposta ma solo suoni distorti e poco chiari, Dave prese dalle mani dell’amico la radiotrasmittente e se la portò alla bocca ed urlò spazientito “Che diavolo succede lì? Vincent? Che diavolo succede lì?”.
Aspettò una replica che arrivò subito ma non era quella che si aspettava “Scappate! Scap …”, poi si sentì uno sparo e il rumore di qualcosa che cade per terra, successivamente altri rumori confusi e all’improvviso una voce “Chi è lì? Chi è lì? Arrendetevi e non farete la fine del vostro amico qua”.
Dave sgranò gli occhi, spense la radio e la gettò via lontano bestemmiando come non aveva mai fatto.
Il loro piano per il ritorno era stato completamente gettato via, adesso erano senza via d’uscita.
Taylor cominciò a mangiarsi le unghie e a camminare avanti ed indietro parlando sottovoce tra se e se, Chris invece si mise seduto per terra, Nate sprofondò in un pianto colossale.
E Dave?
Dave era completamente sorpreso, attonito, fermo e muto, terrorizzato; pensava tra se e se “Gli ho portati alla morte! Gli ho portati alla morte!”.
Ad un tratto si sentì una voce roca provenire da dietro tutti, era Pat, aveva ancora un sorriso stampato in faccia, di uno che non ha paura di niente, l’espressione di un vecchio saggio.
Disse “Ehi, amici, non state così giù. Io so dove possiamo trovare un velivolo, anche se di fortuna.
Cazzo, Pat! Lo dicevo, l’ho sempre detto! Tu sei un gran figlio di buona donna!” esclamò Dave con un gran sorriso ritrovato.
Fu in quell’istante che si sentì un suono di elicotteri che arrivano e di macchine, con tanto di sirena attaccata, era la Milizia e stava venendo a prenderli, Taylor allora urlò “Muoviamoci!!!”.
Pat, dove dobbiamo andare esattamente?” chiese Chris tutto di un fiato “Bisogna proseguire per la strada qui a destra, qualche kilometro più in là troveremo una rimessa per auto, nel retro ci deve essere una piccola pista di atterraggio e dovrebbe esserci un elicottero” rispose Pat alzando la voce, poiché il rumore della Milizia che arrivava si faceva pian piano più grande.
Okay, dobbiamo muoverci! Bisognerebbe trovare il modo di arrivarci nel minor tempo possibile” aggiunse Nate, ripresosi dal pianto di qualche secondo prima.
Ecco …” sussurrò Pat e poi indico verso un punto dove c’erano una carrozza con due cavalli ed un vecchio sidecar “Ci sarebbero quelli”.


Dave sgranò gli occhi e fissò Taylor che disse “Nella vita bisogna adattarsi ogni tanto eh?”, quindi disse “Andiamo!”.
Dave salì sul sidecar con Taylor, mentre gli altri tre salirono sulla carrozza, una vecchio rottame che sembrava provenire da un set di un film di Sergio Leone.
Pat si mise alla guida del vecchio calesse poiché in questi anni si era specializzato nella guida dei cavalli, o almeno, così disse lui in quel momento.
Dave cercò di mettere in moto il sidecar e dopo svariati tentativi ci riuscì facendo sobbalzare il motore e producendo molto fumo della marmitta.
Allora, dobbiamo proseguire per una strada poco aperta, per esempio le vie di un paese, in modo da seminare meglio qui militari” propose Dave urlando per farsi sentire.
Così rispose Pat “Seguitemi, faremo delle piccole vie e stradelli di questi paesi qua intorno. Avanti! Argg!!” e con la frusta diede un bello sbatacchio ai due cavalli che partirono subito velocissimi facendo sobbalzare Chris e Nate, seduti nella carrozza dietro Pat.
Dave sgasò e partì anche lui seguendo l’amico con Taylor che si teneva stretto nella cabina del sidecar ed urlò “Dave, sai come si guida questo coso??!!”.
Accidenti Taylor!! Certo! È come andare in bicicletta!” affermò subito l’amico …. “Ma tu sai andare in bicicletta?” richiese Taylor.
Allora Dave eseguì una curva stretta per seguire Pat che era entrato in un piccolo vicolo, una curva ad alta velocità che per poco non si ribaltò con tutta la moto ed urlò “Ovviamente no! Tieniti fortee!!!”.
Nel frattempo la Milizia notò il loro tentativo di fuga e cominciarono a braccarli con alcune moto vedette, facendo tornare indietro gli elicotteri poiché le strade erano troppo piccole e poco visibili.
Ahhh!!! Pat!! Attento a quei vasi!!” urlò Nate, la carrozza girò violentemente a destra evitando l’ostacolo, subito dopo gridò Chris “Pat, attento a quel muro!! Proprio davanti a noi!!” ed il calesse svoltò violentemente a sinistra schivando quella parete.
La fuga in carrozza non andava molto leggera per i tre musicisti ma anche Dave e Taylor non se la passavano molto bene nel sidecar, infatti anche loro schivavano gli ostacoli sempre all’ultimo minuto, alzando tantissima polvere a causa dello slittamento delle ruote della moto.
Ad un tratto, dietro di loro, apparve uno della milizia che li seguiva con molta foga su una moto vedetta, così Taylor cominciò dal sidecar a lanciargli addosso gli oggetti che trovava lungo il tragitto, riuscì a prendere un vaso da un tavolo in una via ed a tirarlo a quel poliziotto che lo schivò.
Continua così Taylor! Lanciagli tutto!!” esclamò divertito Dave.
Il poliziotto non voleva demordere, così Taylor si tolse una scarpa e gliela tirò dritto in faccia, lo prese in pieno ed egli cadde rovinosamente per terra lasciando via libera ai musicisti ribelli.
Si!! Rivoluzione!!” esordì Taylor.


 
Quando Pat urlò “Siamo arrivati!!” ci fu un sospiro di sollievo da parte di tutti ma fu subito seguito da un altro problema, come far partire il velivolo e come pilotarlo.
Pat scese dalla carrozza con Chris e Nate mentre Dave parcheggiò il sidecar lì vicino con Taylor, che nel frattempo controllava se era ancora tutto intatto dopo quella interminabile fuga.
Allora, quello è il velivolo” affermò Pat indicando un vecchio aeroplano malridotto, in piedi per miracolo, con le ali mezze sbeccate.
No, quello è un cesso con le ali” considerò Taylor e fissò i suoi amici di sempre “Qualcuno qui sa pilotare un aeroplano di questo genere?”.
Allora Dave alzò la mano, si mise gli occhiali da sole e si avvicinò per salire sul velivolo e Taylor subito ridisse “Ma cosa lo chiedo a fare!
Ovviamente Dave non sapeva pilotare un elicottero, ne tanto meno guidare un sidecar, ma la missione che aveva e che portava avanti gli sembrava più grande di lui, gli sembrava un dovere ed era disposto a dare tutto per quello, compresa la sua vita.
Avanti! Non lamentiamoci! Sarà pure un cesso o qualcosa del genere ma non avete notato che ci sono cinque posti?” affermò Grohl.
Così rispose Nate con molta ironia “Ah, giusto! Così moriremo in compagnia, almeno”.
Chris controllò il carburante del velivolo, notando che il serbatoio era mezzo pieno fecero qualche calcolo per decidere se era il caso di partire così o se era meglio rimboccarlo di qualche litro, decisero di partire così.
Dobbiamo sbrigarci, anche se siamo riusciti a seminare qualche esercito di imbecilli laureati come quei militari, non vuol dire che qua siamo al sicuro. Saremo al sicuro una volta atterrati a Portland, sotto la protezione di Cameron” precisò Taylor.
I posti a sedere erano due davanti, due di dietro e uno come fanalino di coda … ma la bellezza dei quel povero e triste aeroplano era una mitraglietta sulla coda, bellissima e ancora in ottime condizioni.
Ovviamente Dave e Taylor si misero ai comandi davanti, Nate e Chris appena dietro di loro e Pat nell’ultimo posto con la mitraglietta.
Quell’arma gli ricordò il suo amato fucile, così cominciò ad accarezzarla, Dave notò la cosa e così sussurrò a Taylor “Fidati di me, quando arriveremo a Portland, non diamo armi a Pat, intesi? Ci farà ammazzare tutti”.
Dave cominciò a toccare tutti i pulsanti dell’aeroplano che a dir la verità non erano così tanti, ma erano abbastanza complessi per una persona completamente a secco di informazioni su come volare.
Allora chiese al compagno di fianco se riusciva a trovare una sorte di manuale su come imparare a volare.
Taylor iniziò a cercare in ogni buco del velivolo e trovò un pezzo di quello che una volta era stato il manuale di bordo dell’elicottero.
Bè, qui le cose sono piuttosto … semplici” affermò Hawkins iniziando a leggere quel libro mezzo bruciacchiato e impolverato.
Disse a Dave su come accendere il motore, scese Nate a far girare le pale della ventola davanti al muso, diede un bella spinta e il motore tossì e partì a stento.
Il motore sembrava essersi accesso ma cominciò a perdere potenza ed a spegnersi così Taylor urlò a Dave “Tira l’aria!!” e si sentì rispondere “L’ho appena tirata miseria ladra!”.
Allora toglila, per l’amore di Dio!!” suggerì Chris … ed il motore partì regolarmente.
Appena Nate fu risalito al suo posto, cominciò il duro lavoro di Dave per far volare quella sottospecie di lattina volante.
Cominciò a dire numeri strani come “Allora, undici all’altezza, quattordici al decollo, mille e mille di potenza al comando” e Taylor esclamò “Che stai dicendo?”.
Non ottenne risposte ma si beccò un mezzo schiaffetto sulla guancia dall’amico che fece un gran sorriso e cominciò il decollo.
Il velivolo prese a muoversi pian piano, Dave lo indirizzò verso la pista di lancio, non tanto lunga ma sembrava sufficiente per quel tipo di elicottero.
Taylor cominciò ad incrociare le dita e disse guardando il cielo:
 
“Yeah, I’m lookin’ to the sky to save me                               “Si, guardo il cielo perché mi salvi
Lookin’ for a sign of life                                                            cerco un segno di vita
Lookin’ for something to help me burn out bright”             Cerco qualcosa che mi aiuti a scoppiare luminosamente”
 
Nate annuì ed aggiunse a quello già detto dall’amico:
 
“I’m lookin’ for a complication                                                “Cerco una complicazione
Lookin’ ‘cause I’m tired of lyin’                                                cerco perché sono stanco di mentire
Make my way back home when I learn to fly”                        Fai che io ritrovi la strada di casa quando imparerò a volare”
 
E fu in quel momento che l’elicottero si alzò in volo, si sollevò da terra e prese a volare, ci fu un urlo degno di White Limo da parte di Dave e compagni.
Tra mille peripezie e sbalzi di quota, alla fine Dave riuscì a rimettere dritto l’aereo.
La fortuna volle che sopra a quel velivolo ci fossero anche i caschetti di volo, così i cinque Foo Fighters erano imbacuccati con quei caschi strani con gli occhialini classici, simili a quelli per nuotare.
Stiamo volando! Mamma, guardami! Stiamo volando!” urlò Chris, e girò indietro per dare una bella pacca sulle spalle a Pat che rideva come un matto.
Okay, adesso però, dimmi dove devo andare Tay!” esclamò con un gran ridere Dave all’amico.
 

Volavano tranquilli nel cielo, miracolati da Dio o da chi per lui, cinque vecchie rock star che venti lunghi anni prima solcavano i migliori stadi di tutto il mondo, oggi erano lì a volare per portare la Rivoluzione negli Stati Uniti.
Qui procediamo che è una meraviglia!!” osservava ogni tanto Dave verso i suoi amici.
Ma la fortuna è cieca, così ad un certo punto sbucò quasi dal nulla un piccolo elicottero simile al loro guidato dalla Milizia e cominciò a sparare.
Dave allora imprecò e virò violentemente rischiando di far capottare tutti in modo da evitare i proiettili.
Accidenti!! Dobbiamo toglierceli di torno!!” urlò Taylor e si girò indietro.
Poteva osservare tutto quello che voleva, l’elicottero della milizia che sparava contro di loro, un gabbiano che passava di lì, Nate che si era accucciato nel suo seggiolino e Chris che cercava di estrarre la sua pistola dalla cintura dei pantaloni … invece notò una sola cosa, il sorriso di Pat sulla faccia e allora capì … così disse “Va bene Pat, dacci dentro!”.
In quel momento, Pat prese il mitragliatore sulla coda e cominciò ad aprire il fuoco assordando i suoi compagni e ridendo all’impazzata per ogni colpo che faceva esplodere da quell’arma.
La Milizia fu sorpresa nel vedere una risposta al loro fuoco così dovettero anche loro cambiare rotta per evitare i colpi, ma anche Dave dovette correggere il volo a causa del rinculo violento che il mitragliatore apportava sulla coda dell’aeroplano.
Così urlò “Tenetevi forte!!! Siamo quasi arrivati a casa!! Manca poco!!”.
Pat continuava a mitragliare quei poverini dei militari che dovettero lasciare il loro elicottero e paracadutarsi per salvarsi da una imminente caduta, infatti Pat aveva bucherellato tutto il loro serbatoio e perdevano carburante a vista d’occhio.
Vedendo la Milizia arrendersi Chris fece un urlo di gioia estremo e lo seguì a ruota il compagno di posto Nate.
Il volo allora riprese un tema meno agitato e più sollevato, tutti e cinque i musicisti si calmarono e cominciarono a riprendere fiato dalla lotta appena compiuta.
Dave si girò a fissare per un attimo Pat e poi ritornò con lo sguardo avanti e disse a Taylor sottovoce
 
 “Pat Smear alla mitragliatrice! E domani?.... Domani Tom Petty alla Casa Bianca?
 


To be continued …

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Capitolo 9
*** The pretender ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione?!!

Parte I

The pretender


23/01/2030

Portland; Oregon
United States of America

 
Keep you in the dark                                        “Ti tengono al buio
You know they all pretend                                  tu sai che tutti fingono
Keep you in the dark                                          Ti tengono al buio
And so it all began”                                            e così tutto ebbe inizio”
 
 
A casa si stava abbastanza bene … Portland … sotterranei … buio e luce sfocata … freddo polare … casa dolce casa.
Ormai la parte più complicata, quella di reclutare i tre componenti della band scomparsi, era fatta … eseguita … ma Dave ancora non si capacitava.
Sentiva che mancava qualcosa che sperava di trovare in questa avventura … perché di avventure ne avevano vissute all’epoca ma erano niente in confronto alla Rivoluzione.
Erano tornati a Portland, si erano presi moltissimi applausi, soprattutto Pat che rispondeva a tutti con un bel grazie in spagnolo e si accendeva sigari su sigari.
Avevano incontrato Cameron che aveva stretto la mano a tutti e aveva confessato che in cuor suo sapeva che ce la avrebbero fatta, infine.
Sembrava che tutto andasse bene, fin’ora tutto era andato bene, ogni cosa era al punto giusto, in una settimana la Rivoluzione da idea bislacca si era evoluta a progetto nazionale, tutti volevano dare una mano a Dave e fare parte del suo piano.
Loro, i Foos, erano riusciti ad accendere la speranza in moltissime persone che ormai non avevano più niente per vivere, tutti ora avevano uno scopo nella vita, quello di resistere e di capovolgere … capovolgere … e costruire nuove strade su cui camminare liberi.
Questa era la vera Rivoluzione di Dave e lui sul momento non se ne rendeva conto.
Tutti gli eserciti di ribelli di tutto il mondo erano venuti a conoscenza della Rivoluzione, ogni paese appoggiava nel suo modo quella idea, seppur mantenendo le distanze.
Quando i cinque uomini arrivarono negli Stati Uniti con il velivolo vennero protetti da moltissimi ribelli, messi al riparo da uno scudo umano di persone pronte a lottare per la Rivoluzione, persone vere e sincere.
L’atterraggio fu quasi tragico, nessuno sapeva come effettuarlo e sul manuale mancava quel punto.
Dave riuscì a girovagare per un po’ in attesa di ricevere supporto aereo della Resistenza, Cameron riuscì a mandare qualche caccia.
Un uomo si paracadutò da un caccia sul velivolo dei Foos e diede a loro cinque paracaduti, così se li misero e si buttarono dall’elicottero.
Tutti arrivarono a terra … certo, tutti tranne Taylor che rimase impigliato su un albero, un pioppo immenso e altissimo.
Nessuno si fece male, nonostante le venerande età dai cinquantanove ai settanta anni, nessuno riportò danni fisici e psichici.
Si, Nate si pisciò addosso nel scendere dal paracadute ma sono cose che possono succedere, così disse anche Dave guardandolo per rincuorarlo mentre Chris lo prese un po’ un giro.
La sera arrivò nello stesso modo in cui arrivò la sera prima … in silenzio.
Di notte, nell’impianto della Resistenza vigilava il silenzio … una calma molto apparente, alcune volte potevi sentire il rumore dei passi delle ronde che giravano per controllare il perimetro ed evitare brusche sorprese come attentati da parte della Milizia.
Era tutto qui, tra quelle quattro mura, fuori non c’era più niente ormai, solo un modo incerto e apatico, un mondo tutto uguale e preciso, senza sbavature governato da persone potenti senza scrupoli e senza anima … e popolato da lavoratori senza sosta e senza dignità.
La vita vera si viveva nei sotterranei del mondo, dove ancora si potevano provare emozioni e dove erano ancora legali le melodie e la musica.
La notte coprì tutto … tutto … i cinque musicisti presero il sonno tranquilli, erano veramente stanchi e provati … il giorno seguente sarebbe stato forse meno traumatico.
Dave chiuse gli occhi …
 
 

… amore … è ora si svegliarsi …

Che diavolo! Amf … amf … amf” Dave si alzò di scatto dalla branda, tutto sudato, appena sveglio.
Ancora quell’incubo che lo tormenta da tanto tempo, che gli interrompe il sonno, sapeva di cosa aveva paura lui ed il suo subconscio, non lo voleva ammettere e non ci voleva pensare ma sarebbe arrivato il giorno in cui fare i conti con i propri fantasmi.
Si ristese sul letto, aveva tra le mani quella foto … la Sua foto … di Sua figlia … dimenticata.
A volte dimenticava chi era … lui … lei … cosa aveva senso? Aveva senso la sua vita ora?
Forse no.
 
“The secrets that you keep are ever ready
Are you ready?”

 
A Dave giravano molte frasi in testa, tantissime frasi, alcune molto complicate da capire.
Pensava, adesso … adesso pensava … pensava a sua figlia, Violet.
Era lei la sua luce, la sua forza, la potenza del suo cuore, il suo spirito era dentro di lui.
Violet … cara Violet.

“It’s never-ending, never-ending
Same old story”

 
La notte passò … senza lasciare alcuna traccia, sarebbe tornata il giorno dopo nella stessa maniera e con gli stessi suoi amici, il silenzio e l’incubo.
Dopo una svelta e dolce colazione a basi di cereali scaduti e puzzolenti, i cinque foos guardarono al programma del giorno …
Il programma del giorno era stato scritto e progettato da Taylor, nel caso di reclutamento di Pat, la mossa successiva era trovare gli strumenti adatti per un concerto, o almeno per iniziare a provare.
Non era una cosa semplice poiché tutti i negozi di musica e di strumenti erano stati distrutti ed aboliti.
La prima manovra da fare era scrivere tutto quello che serviva e che poteva servire.
I cinque Foo Fighters si misero ad un tavolo con Cameron e cominciarono a discutere sul materiale da prendere, iniziarono con la cosa più ovvia: gli strumenti.
Dave voleva fortemente la sua chitarra storica ma dovette rinunciare a quella idea, era impossibile ritrovarla, “andrà bene qualunque chitarra” affermò.
In lista c’erano tre chitarre di cui una acustica, un basso e la batteria.
La batteria di Taylor, la batteria che aveva in mente Taylor non esisteva più da almeno quindici anni, ma lui questo già lo sapeva ed era riuscito a costruirne una simile, con vari pezzi di strumenti che aveva trovato e carpito negli anni.
Successivamente cominciarono a guardare per decidere su come amplificare gli strumenti per un concerto, il suono, un mixer, le casse e tutto quanto.
Era quasi impossibile trovare un mixer di questi tempi, così Dave ipotizzò di usare un programma, un software al computer.
Stesso discorso per le casse e l’amplificazione “Dovremo cercare solo qualche microfono per prendere il suono, il resto ci penseranno i computer … e le televisioni” disse Dave.
Tutti rimasero a bocca aperta dalla frase di Dave.
Le televisioni?” chiese Cameron.
Certo, il concerto lo dobbiamo trasmettere abusivamente su tutti i televisore d’America, intesi? Così sarà la nostra Rivoluzione.
Entreremo nelle case di tutti, nei megaschermi dei supermercati, per le città, per i vicoli, dentro le industrie”.
Cameron, sentendo l’idea di Dave cominciò a pensare a come entrare nelle emittenti televisive, ne valeva la pena?
Pensò di si.
Okay, ad entrare nelle emittenti televisive ed a mandare in diretta il concerto ci penseremo noi della Resistenza, ci divideremo in vari gruppi ed ognuno assalirà una televisione in modo da coprire tutto il territorio.
Voi ci manderete il segnale con un router del concerto e noi lo trasmetteremo in tutti gli Stati Uniti d’America!”.
Il piano poteva riuscire … il piano doveva riuscire.

 
Dopo circa qualche ora di progetti e ricerche, i cinque foos con l’aiuto di qualche militare ribelle riuscirono a rintracciare un vecchio negozio di musica, uno degli ultimi.
Partirono con una squadra di venti unità, trenta uomini in tutto, quasi un plotone a proteggere cinque ex musicisti.
Andavano in giro con Jeep rinforzate e blindate e anche carri per portare la strumentazione che stavano cercando.
Arrivarono al vecchio negozio, una rivendita segreta costruita sotto un vecchi casinò abbandonato.
La bottega della musica era gestita da una anziana signora, dai capelli lunghi e bianchi, con strani occhiali da sole scuri e grossi.
Quando la Resistenza si presentò davanti a quel negozio, l’anziana signora li fece entrare subito.
Il negozio era piuttosto piccolo, c’erano strumenti d’epoca, alcuni in condizioni quasi decenti e moltissimi vinili, la storia della musica si trovava lì, insieme alle vecchie chitarre.
Quella signora appena li vide disse “Salve, vi stavo aspettando. Ho sentito parlare di voi, della vostra Rivoluzione”.
Aveva una voce roca, molto lenta e profonda, sembrava distrutta quella voce.
Aveva un viso segnato, chissà quante cose aveva visto quella signora.
Il negozio era gestito in maniera meticolosa, seppur con qualche disordine qua e là, c’era un camino che riscaldava tutto l’ambiente ed un ufficio che faceva da camera da letto e da cucina, la signora viveva dentro il negozio … il suo negozio.
Dave provava qualcosa verso quella signora, le ricordava i tempi passati, provava tenerezza a guardarla e avrebbe voluto tanto abbracciarla e consolarla, darle forza.
Infatti quella donna sembrava stanca, molto provata, terribilmente debole, ma con ancora molto spirito e anima.
Prendete tutto quello che vi serve, qui ormai tutto sta prendendo solo polvere, come me” disse la donna.
Poi fisso Taylor, egli ricambiò con uno sguardo sorpreso, vide attraverso quegli occhiali scuri, vide i suoi occhi, vide il suo sorriso e così … la vide.
Ma …
Shh … Va tutto bene, caro. Va tutto bene.
Quella donna mise una mano sulla bocca di Taylor per non farlo parlare, lui aveva capito … e lei non voleva sentire … non voleva più sentire quelle cose … quelle cose su di lei … anche solo il suo nome.
Una volta ero chi tu sai, una volta ero chi volevo essere. Una volta ero viva, adesso invece vivo attraverso questi strumenti, non attraverso il mio corpo o la mia anima”.
Ma … ma come …” cercò di dire Taylor.
Io vedo te, ti sto guardando adesso e vedo lo stesso ragazzo di un tempo, ti vedo ancora come prima. Tu meriti tutto quello che ho io, ti darei tutto quanto, ma il massimo che posso darti è la mia fiducia in cambio del tuo silenzio”.
Taylor allora rimase in silenzio dopo la frase della donna che un tempo aveva conosciuto sotto un altro aspetto e forma.
Nel frattempo gli altri membri avevano scelto i loro strumenti, anche Dave trovò una chitarra che lo soddisfacesse, di colore rosso con qualche sfumatura di nero.
Portarono tutto in macchina, compreso alcuni microfoni e qualche percussione.
Dave, però, si soffermò di più davanti ad uno spartito, vuoto.
Uno sparito vuoto …
Prese quel foglio e se lo nascose sotto la giacca e tornò fuori salutando la donna.
Egli le disse “Mi dispiace non poterle dare quello che lei sta dando a noi adesso. Ma le posso assicurare che se ci sentirà alla radio o alla televisione, quelle note sono anche per lei. Addio.
Poi si strinsero la mano e Dave uscì dal negozio.
L’ultimo ad uscire fu Taylor che affermò agli altri “Arrivo subito, aspettatemi.”.
Io non so come salutarti, cosa dirti, dopo così tanto tempo … Posso dirti che mi dispiace, tanto, tanto.
Taylor aveva le lacrime agli occhi, la donna lo prese tra le sue braccia e lo strinse forte, quindi sussurrò “Stai tranquillo, tutto si sistemerà. Ti voglio un bene dell’anima, Taylor. Veramente tanto, ma tu non fermarti qui, tu continua fino alla fine, guarda verso l’orizzonte e mi vedrai di nuovo con te sul palco, come tanto tempo fa”.
Si, lo farò. Lo farò” affermò Taylor.
Poi salutò la donna e si accorse che portava una grossa cicatrice sulla gola, coperta da un ampio foulard viola.
Era stato un regalo del Regime, le aveva danneggiato le corde vocali a quella povera signora, un tempo aveva una voce forte e possente, ora era roca, lieve e quasi impercettibile.
Taylor raggiunse gli altri con quel pensiero in testa. Gli occhi di quella signora coperti da quelle lenti scure ma così forti … che bucavano gli occhiali da sole.
Per tutto il viaggio di ritorno rimase in silenzio, tanto da far preoccupare Dave che ad un certo punto gli mise una mano sulla spalle e gli disse “Tutto bene Tay?”.
Si, tranquillo. Sono solo un po’ stanco, forse per via del viaggio.
Quella signora, lo sai … Quella signora un tempo deve essere stata forte, penso” allora disse Dave.
Taylor annuì e sospirò … era stata veramente forte.

 
 
Il prossimo passo del viaggio era fermarsi ad uno spaccio di computer e di software che potevano fare al caso loro.
Uno della Resistenza, esperto informatico ed infallibile hacker aveva stilato una lista di cose da avere per poter riuscire a trasmettere il segnale di un concerto.
Lo spaccio era vicino al centro ed era estremamente pericoloso, così proseguirono con allerta e calma.
Avevano un informatore dentro le vendite di software che gli dava le soffiate sul materiale e quello era il momento giusto per rubare qualche cosa.
Nessuno si accorse della Milizia … nessuno della Resistenza si accorse della Milizia …
Fu anche troppo facile entrare ed uscire da quello spaccio con tutto il materiale, così come ripartire verso Portland … ma … ma ad un certo punto.
Ehi, che diavolo succede!” urlò Dave.
Buio.
 
 

Al momento dell’attacco Dave e compagnia si trovavano in un lungo corridoio che stavano percorrendo per tornare alla loro Jeep, con una unità dietro a proteggerli.
Quell’informatore era uno sporco doppiogiochista, un ruolo che gli permetteva forse di vivere meglio, sicuramente di non morire poiché serviva al Regime … uno sudicio bugiardo.
Le luci smisero di funzionare, si sentirono rumori di fumogeni che esplodono … fumo … e buio.
 
A terra!! Tutti a terra! Maledizione!!” urlò il capo tenente dell’unità incaricata di proteggere i Foo Fighters.
 
What if I say I’m not like the others?
What if I say I’m not just another one of your plays?

 
Urla. Colpi di arma da fuoco.
Sangue … non il colore ma l’odore del sangue.
 
“You’re the pretender
What if I say I will never surrender?”

 
Rumori di lotta e di botte, di spinte, di calcioni e di proiettili che cadono per terra.
L’inferno … l’inferno.
 
“I’m the voice inside your head
You refuse to hear
I’m the face that you have to face
Mirrored in your stare”

 
Dave non capiva che stava succedendo, non vedeva niente se non qualche pizzico di luce dagli spari.
Sentiva il rumore della lotta, il rumore della vita che veniva tolta ad ognuno di quelle persone, sia buone che cattive.
Argh!! Fianco sinistro!! James, Wilson, sul lato destro!” il tenente dirigeva l’attacco.
Dave era ancora steso per terra ed urlava il nome dell’amico Taylor, che non rispondeva.
Scoppiò una granata ed il trambusto fu accecante.
 
“I’m what’s left, I’m what’s right
I’m the enemy
I’m the hand that will take you down
Bring you to your knees”

 
Dave sentiva questa musica in sottofondo, il pretendente era lui … era lui. Era sempre stato lui ed ora chi era, chi era lui.
Chi sei tu?
Chi sei tu?
Un uomo senza più niente da perdere o ancora qualcosa da perdere ce l’hai?
 
“So who are you?”
 
Il cielo sembrò crollare sotto il pavimento.
Dave riaprì gli occhi, ora c’era una luce fioca che proveniva da un muro, la granata aveva fatto delle crepe e danni enormi.
Si alzò faticando moltissimo e ricadde per terra.
Ad un certo punto venne aiutato ad alzarsi da Nate che gli disse “Forza Dave! Dobbiamo andare! Svelto! Torneranno!”.
Quell’imboscata era riuscita a metà alla Milizia, ma stavano arrivando altre truppe, era il caso di correre via e svignarsela con tutto il materiale già preso.
Dave si alzò a fatica e vide Pat e Chris, corsari, con dei mitragliatori a ripulire tutti i corridoi insieme ai Ribelli, alcuni feriti anche gravemente, altri purtroppo stesi per terra senza vita.
Dove Taylor?” chiese Nate a Dave che spalancò gli occhi e cominciò a chiamarlo ad alta voce.
Taylor? Taylor? Taylor!”.
Egli sbucò da dietro un muro più avanti con una sicura di granata in mano, era stato lui a lanciarla, aveva aperto lui la strada alla Resistenza, era lui stavolta l’eroe.
Era lì, con quel suo solito sorriso simpatico da ragazzo eternamente felice e semplice.
Sono qua, andiamo”.
Dave fece un sospiro di sollievo e cominciò ad incamminarsi verso di lui.
Quando gli altri si accorsero di quel maledetto militare per terra, era già troppo tardi.
L’esplosione aveva ridotto in brandelli la Milizia ed il suo plotone ma alcuni erano stati solo feriti, alcuni erano incoscienti e svenuti, ma uno, forse quello meno terribile, un povero ragazzo sui venti anni era solamente stordito.
E guardando … guardando con la vista tutta sfocata sparò.
Il colpo arrivò dritto nel petto.
Taylor!!” … …
Dave si inginocchiò per terra, seguito da tutti gli altri.
Il pavimento cominciava a ricoprirsi di rosso, passò di lì una brezza invernale che fece rabbrividire tutti.
Una brezza che sfiorò le labbra di Dave.
Non mi lasciare! Ti prego, non mi lasciare! Rimani sveglio!”.
Ora sul pavimento cadevano anche delle gocce … lacrime … lacrime di disperazione.
Rimani … rimani sveglio! Forza! Non lasciarmi, ti prego!
La faccia di Dave scomparve nel bianco … in un bianco di luce … calda e spietata.
 

Non lasciarmi … non … lasciarmi … anche tu” …
Il tempo passa e porta via le cose migliori.
Anche tu …
 
“… I will never surrender …”
 



To be continued …
 

 

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Capitolo 10
*** Everlong ***


E chi la ferma più questa .... Rivoluzione?!!

Parte I

EVERLONG


TAYLOR

 
“Hello                                                                 “Ciao
I’ve waited here for you                                    ti aspettavo qui
Everlong …”                                                       da una vita”
 
 
Il passato è come un buco nero, più scappi e più lui diventa grande e lo senti sfiorarti i talloni.
La vita sfuggiva via tra le mani, il silenzio era come un amico immaginario, la paura una sorella di viaggio, il sentimento era il nemico da combattere, il dolore era la conseguenza, l’unica soluzione restava vivere.
 
Ogni cosa era cosparsa di cenere …
 
Dave sentiva la mano fredda dell’amico … immobile … senza vita … come ogni speranza.
Era morto.
 
Ogni angolo era sfuocato dalla polvere …
 
Dave se ne accorse dopo … era tutto un oblio, una utopia, il cuore batteva all’impazzata, la rabbia colorava il cervello e la tristezza inibiva gli arti.
Tutto pareva inventato … tutto pareva inventato per una storia … una storia troppo … complessa.
Ormai non c’era più … non esisteva più in questo mondo … un pazzo mondo.
Dave fece fatica ad accettarlo, sentiva il rumore dello sparo nelle orecchie, il colpo che gli uccise l’anima … e lui.
Era tutto finito.
Gli sembrò tutto finito … si accasciò per terra esanime … stanco morto …
 
Quale realtà poteva essere?
 
Il cielo era una scarica di fulmini dietro l’altra, la pioggia una cascata di cristalli infangati … la terra era scura e fangosa …
Erano tutti lì, con Taylor … tutti lì per lui.
Nessuno però si azzardò a parlare … o ad avvicinarsi a Dave …
L’ultimo pezzo di terra lo mise lui e gli sembrò di dirgli addio.
La vita era troppo corta … sempre troppo corta.
 
Dave si trovò nella sua branda, non si ricordava come ci era arrivato, fissava il letto di fianco .. ora vuoto.
Le cose gli sembravano tutte differenti, era tutto diverso, tutto più scuro ed opaco.
Il tempo da alleato era diventato un nemico, ogni secondo scandiva un momento senza di lui, senza Taylor, Dave non lo sopportava.
Si stese sulla branda, distrutto di mise a dormire.
 
 

DAVE

 

 
Il mattino … il mattino ha l’oro in bocca” disse Dave guardando Jordyn.
Lei dormiva serenamente di fianco a lui … la fissava … era bellissima al chiaro di luce dell’alba … la amava tantissimo, provava la stessa emozione a guardarla come la prima volta … era un angelo.
La sveglia segnava le 6:00, Dave si era appena svegliato … la luce entrava dalla finestra con un bel venticello estivo, era giugno …
Sembra quasi primavera” si disse tra se e se.
Le pareti della camera erano tutte illuminate, piene di luce, brillavano di chiarore splendente.
Da fuori entrava l’odore di erba tagliata, delle rose sul balcone e il soffio della brezza di prima mattina.
Andava tutto bene, stavano tutti bene.
Dave richiuse dolcemente gli occhi e fece un sospiro … riprese a dormire sereno.
Erano al sicuro, lì, al sicuro … in quel posto dimenticato da Dio, lontano dalle metropoli e dalle guerre civili del caso … si diceva in giro che il Regime avrebbe imposto a tutti i musicisti di depennare la loro arte ma Dave non ne era così preoccupato, sentiva di poter continuare per la sua strada anche lontano da casa.
Un nuovo giorno cominciava … ed il sole saliva nel cielo.
 
Amore … amore … è ora si svegliarsi
La sensazione di un brusco risveglio era già nell’aria, la voce sembrava provenire da lontano, ma non era un suono sereno, era sommesso e agitato.
Jordyn? Jordyn?
Che stava succendo?
A questo punto Dave si svegliava … e rimaneva basito nel ritrovarsi sempre nello stesso posto … ma questa volta … questa volta Dave non si svegliò … continuò il suo percorso … lungo il passato.
I demoni dietro le finestre … i demoni erano dietro le finestre e volavano per la stanza … il sole lasciò spazio alle nuvole ed il cielo venne coperto.
La luce diventò fioca, ogni cosa era cosparsa di cenere, ogni angolo era sfuocato come in un quadro impressionista.
Tutto era scuro.
Amore … è ora di svegliarsi
Che succede? Jord…” …
 
La porta di quella camera era stata voluto fortemente da Jordyn, lei diceva che le ricordava la primavera, era di legno pitturato in bianco con risvolti che ritraevano fiori e rondini.
Non era mai stata chiusa a chiave, nonostante avesse una serratura e fosse sempre chiusa … in quel momento era aperta … ed era per terra, divisa in qualche pezzo.
I demoni … i demoni urlavano dalle pareti … si potevano sentire sulla pelle gli urli … gridi strazianti … il tempo volava ed era tutto così sfocato ed illogico.
La stanza iniziò a vibrare, il pavimento cominciò a dondolare ed il soffitto ad appiattirsi … il letto divenne un fiume di fuoco ardente.
Cosa diavolo succede?” urlò Dave.
 
Succede … succede veramente.
 
Quelli sembravano alberi … alberi armati di fucili, avevano delle braccia lunghe ed erano vestiti di nero.
Dietro portavano la loro ombra che lasciava un segno indelebile sul pavimento … un segno marcio.
Camminavano ed urlavano … a Dave iniziò a girare la testa.
Si accorse di essere per terra, con le mani legate dietro da qualche cosa, forse una fascetta … oppure dall’indifferenza di quei tipi strani.
No! Dave!!
Allontanati!! Scappa!” urlò Dave
 

JORDYN

 

La mattina per lei era iniziata come tante altre, con l’uomo della sua vita con lei nel loro nuovo letto, in una isola sperduta qua e là nel mondo per sfuggire a qualche pazza legge.
Ma alla fine le andava bene così, con le loro figlie e qualche amico fidato … e con Dave … Avrebbe cavalcato il mondo con lui.
Ma quella mattina aveva qualcosa di particolare, forse l’odore di erba tagliata … non lo sentiva da molto tempo … però percepiva che qualche cosa stava per accadere.
Si svegliò di soprassalto e sentì dei rumori al piano di sotto … grossi rumori di passi.
Aveva capito.
Era sempre stata molto sveglia e riusciva a comprendere le situazioni prima degli altri, aveva insegnato questa dote anche alle figlie.
Quando entrarono nella camera lei aveva appena svegliato il marito, con estrema dolcezza, quasi ad implorarlo di fuggire e di scappare … di non pensare a lei … di portarsi con se le bimbe … di lasciare tutto alle spalle … e lei? Lei se la sarebbe cavata.
Ma era tardi, non riuscì a dire niente di tutto questo … erano già lì.
Vedeva … fissava “loro” che incatenavano Dave, ancora tutto assonnato … “Le mani dietro la schiena” urlavano … pretendevano!
Lei si sentì morire e cercò di correre verso il marito per liberarlo nonostante … i “consigli” di “quelli” ….
Si allontani signora, lei non c’entra! Si allontani o dovremo arrestare anche lei” …
No! Dave!! No!!” lei viaggiava sulla forza di volontà.
Corse verso il marito … lo prese per una spalla e lo tirò verso di se … e lui che la implorava di lasciarlo andare …
Un uomo la staccò dal marito e lei, così automaticamente, colpì quell’uomo sulla faccia spaccandogli il naso, probabilmente con un pugno ben assestato.
Fu la fine.
 
L’ultima volta che lei vide suo marito fu qualche minuto dopo, stesa per terra, piangendo … vide lui trascinato via …
 

VIOLET

 

Violet si svegliò come sempre prestissimo, verso le sette di mattina, aveva la abitudine di assalire i suoi genitori presto nel loro letto e saltargli addosso.
Prendeva sempre tante di quelle botte dal papà Dave, ovviamente affettuose, facevano tanta lotta insieme.
Il papà le aveva insegnato tantissime cose e nonostante fosse sempre in tour, era ugualmente molto presente nella sua vita.
Si accorse subito che qualcosa non andava …
Sentiva delle urla e dei gemiti …
Guardò la sorella più piccola e le disse di rimanere ferma ed in camera  … le disse di nascondersi sotto il letto … lei obbedì.
Poi Violet si diresse verso la camera  dei suoi e notò la porta completamente distrutta per terra, iniziò a temere e ad sentirsi soffocare.
Corse dentro ma venne fermata da un militare vestito di nero lungo la porta.
Lei cominciò a calciare ed a dimenarsi ma quell’uomo era molto forte e possente di corporatura, era tutto inutile.
Riuscì a sentire le urla della madre e le implorazioni del padre.
Vide i piedi della madre fermi a terra, senza vita … e vide un militare uscire con il naso tutto sanguinante, bestemmiando e affermando “Se lo meritava quella stronza”.
Pianse … iniziò a piangere … e sentì il padre chiamare la madre senza avere risposta.
In quel momento ebbe un sprazzo di forte adrenalina, morse l’orecchio del militare che la teneva in braccio e riuscì a liberarsi.
Corse dentro ad abbracciare il padre che intanto piangeva disperato, con le mani legate lungo la schiena … ma venne di nuovo presa da un altro militare.
Dave le urlò di andare via, di scappare, di nascondersi.
Scappa! Violet! Scappa!!
Dall’altra stanza si sentì una voce “Ehi, qui abbiamo un’altra bimba! Vieni piccola! Vieni, non ti faremo del male”.
 
Violet venne liberata dal militare …
Solo grazie al padre …
Dave, sentendo quella voce di là, spezzò con la forza la fascetta che gli teneva legate le mani, nella furia si spezzò un polso ma si mise in piedi e corse nella stanza di là scontrandosi contro diversi militari.
Violet venne liberata dal militare che iniziò a seguire Dave.
Corse nel piano di sotto ed uscì di casa … correndo.
Non vide mai più ne il padre, ne la sorella.
 
 

DAVE

 


Jordyn era esamine per terra …
Dave si sentiva morto … pieno di rabbia.
Non sentì dolore quando liberandosi si spezzò un polso, non sentiva più dolore.
Corse nella stanza delle figlie e trovò un militare che rapiva con la forza la figlia più piccola.
Così Dave gli si gettò contro e gli diede una forte testata …
Il militare cadde per terra liberando la piccola che corse in braccio al padre …
Dave era in ginocchio, gli girava la testa dopo quel colpo micidiale … vedeva doppio …
Fu l’ultima volta che parlò a sua figlia più piccola … le disse “Ti voglio bene, tesoro”.
Il militare colpito da Violet entrò nella stanza e si prese un pugno nel basso ventre dall’altra figlia … un brutto colpo.
Preso dalla rabbia, strinse per un braccio la bambina, la portò sulla finestra e la buttò di sotto senza pensarci due volte …
Dave non si accorse appieno di quello che stava succedendo e di quello che era successo perché ancora barcollava con giramenti di testa.
Venne preso e portato fuori.
I demoni nelle pareti gli urlavano nelle orecchie … era tutto un incubo … un grosso incubo.
L’aria si poteva respirare ma anche sentire e vedere … un’aria verdognola e puzzolente … un’atmosfera marcia e stantia.
La brezza gli tagliava la pelle …
Era tutto un grosso incubo … ma era anche tutto successo … tanto tempo prima … e Dave si era sforzato di non ricordare.
Non vide mai più la sua casa, sua moglie, le sue figlie … non seppe niente di loro se non qualche anno dopo …
In prigione gli dissero che la moglie e la figlia erano morte quella mattina … e l’altra era scomparsa nel nulla.
Dave non esisteva più da quel momento.
Vomitò l’anima quella mattina stessa … anche Taylor non c’era più … non voleva far altro che sparire anche lui con tutte le persone care che aveva perso negli anni … ritrovarsi con la moglie, con il fratello, con le figlie e cantare insieme a Kurt, magari.
 
La stanza … la sua casa … tutto in quel momento si trasformò in una foresta … una palude ombrosa … oscura …
 
“Come down
And waste away with me
Down with me”
 
Proseguì per quella foresta, a carponi … non gli girava più la testa … era stato come vivere un terribile incubo … che però era la realtà … una vecchia realtà dimenticata.
 
“And I wonder
When I sing along with you”
 
Era tutto buio, tutto un buio luccicante.
Si sentivano versi di gufi e dietro gli alberi c’erano immagini sfocate del suo passato, della sua famiglia … tutto perso.
Guardò Taylor … guardò Jordyn e guardò Violet … erano tutti riflessi spiccati … in foglie.
 
“The only thing I’ll ever ask of you
You’ve got to promise not to stop when I say when
She sang”
 
 
Da dietro gli alberi si sentivano le voci … le voci dei vari momenti della sua vita … del suo primo compleanno, della sua prima band … del suo primo bacio … la prima volta che incontrò Jordyn … di quando nacque Violet.
La prima canzone scritta … in sottofondo … un sottofondo lontano ed una frase …
E’ ora di svegliarsi …
Diventava incessante quella frase, “Sono già sveglio! Sono già sveglio!” urlava Dave agli alberi ed a i gufi “Sono già sveglio!” …
 
È ora di svegliarsi …
 
“Breathe out so I can breathe you in
Hold you in … “
 
 

ORA

 

Ora …
È ora … di svegliarsi …
Ti prego Dave, svegliati …
Ti prego di svegliarti …
 
Taylor?
 
Dave si svegliò nella sua branda con al fianco Taylor … vivo.
Taylor … non sei morto … dove sono?” chiese flebilmente Dave.
Sei svenuto dopo che ho lanciato la granata. Ti abbiamo riportato qui, pensavamo fossi entrato in uno stato di coma profondo. Ma per fortuna ti sei svegliato” rispose Taylor con un grosso sorriso stampato in faccia.
 

Era tutto un incubo … forse … era giunto il momento di fare i conti con i propri fantasmi, di ricordare … di lasciarsi alle spalle tutto l’orrore del passato e vivere per un futuro.
Ehi, ti ho sognato sai” disse Dave.
Un bel sogno?” chiese Taylor.
Non esattamente … però adesso ricordo cosa devo fare … e dove voglio arrivare … soprattutto per chi devo lottare. Non mi fermerò mai, Tay. Abbiamo una Rivoluzione da fare.
Dave sconfisse il suo incubo … non sognò più da quel momento la morte della figlia e della moglie, da lì sognò sempre e solo il suo primo risveglio … prima di ricominciare a sognare ancora.
 

La vita scorre lungo il suo tragitto, pian piano porta con se le cose migliori, creando il tempo e lo spazio per altri momenti che sta a noi decidere se colorarli di nero o di bianco.
L’unica soluzione, come sempre, è vivere.
 
 
To be continued …

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Capitolo 11
*** My hero ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione?!

Parte I

My hero


Portland …
 
There goes my hero                                     “Ecco il mio eroe …
He’s ordinary …”                                           
è una persona qualunque …”
 
La settimana iniziò con questa frase, da My Hero.
I cinque musicisti erano ormai proiettati verso l’arrivo … il giorno X ancora da decidere, il giorno in cui sarebbe partito il concerto e la Rivoluzione.
Ci furono diversi momenti che si susseguirono in quelle settimane prima del concerto, Cameron prese il comando di alcune forze speciali, squadre d’assalto per addestrarle all’attacco delle televisioni e delle radio; nel frattempo alcuni tecnici arruolati si presero la briga di cercare un posto ed un luogo per creare il palco e allestire lo stesso con tutto l’occorrente.
Nel mentre avveniva tutto questo, i Foo Fighters iniziarono le prove per prepararsi le canzoni e avvenne anche la scelta (faticosa) della scaletta …
Tutto questo in poche settimane, una organizzazione veloce e precisa … una vera Pre-Rivoluzione.
Proprio da quella frase di My Hero si entrò nel clima rivoluzionista di Grohl and Company.
 
 

CAMERON

 
My hero? Il mio eroe? Non saprei da dove iniziare … non ci ho mai pensato … da ragazzo avevo diversi eroi.
Sono nato a San Diego nel 1962, ho avuto una infanzia movimentata nel verso senso della parola, non ero neanche lontanamente quello che sono oggi … addirittura un Generale, rispettato e al comando di grosse operazioni come la Resistenza di Portland e questa nuova cosa della Rivoluzione.
Io i Foo Fighters li ho vissuti sulla mia pelle, quando ancora facevo la mia vita artistica, a detta di molti ero anche bravo in quello che facevo … molte volte conobbi Dave e i suoi compagni ma ero decisamente più diverso … così diverso che oggi ancora non mi riconoscono.
La musica è stata la mia vita per almeno trenta lunghi anni, fino al momento della presa del Regime.
In quel momento, io fui degradato in tutto quello che avevo, non possedevo più niente.
Fui deportato in un carcere di massima sicurezza per artisti che non stavano alle nuove regole e continuavano a professare la loro arte …
Non vi dico neanche chi c’era con me in quella prigione, tantissimi altri miei colleghi … solo per citarne alcuni … i Green Day al completo, tutti in celle diverse … due di loro si impiccarono, il terzo morì di overdose di farmaci … ma ancora non sono del tutto sicuro di quelle morti … io penso più a degli omicidi …
Ho visto morire moltissimi miei amici, tra cui Eddie e Chris … non voglio ricordare … fa ancora troppo male.
Io riuscii a sopravvivere in quella prigione, nonostante le condizioni degradanti di quel posto e dei suoi prigionieri, capisco quello che deve aver passato Dave in questi anni, ma io fui più fortunato di lui.
Infatti un giorno ci fu una rivolta capitanata dal Boss Bruce che ci venne a liberare … fui capace di fuggire e scappare.
Venni ad abitare a Portland, lontano da tutto e tutti e intrapresi l’unica strada possibile per avere un tetto sulla testa e del cibo, entrai nella Resistenza.
Non avendo niente da perdere vedevo le cose con maggior chiarezza rispetto ad altri e pian piano nel tempo mi guadagnai la fiducia dei Generali e dei Tenenti.
Il nostro comandante era Tom Petty, con i capelli lunghi e con un bastone appariscente, ormai zoppo.
Fui lui a darmi l’onorificenza del grado di Generale, da allora diventai il massimo esponente qui a Portland e acquistai la fiducia dei miei soldati.
Le nostre operazioni negli anni si sono ampliate sempre di più, nonostante le pochissime vittorie che ottenemmo … ma quei pochi trionfi salvarono la vita a molte persone.
Oggi avevamo l’opportunità di entrare nella storia, di salvare il mondo … o almeno di cercare.
Quando arrivò Taylor da noi ebbi subito la sensazione che qualcosa stava per cambiare … poi ci portò Dave … e lui ci regalò la speranza di poter migliorare il mondo … ci regalò la sua Rivoluzione, non aspettavamo altro.
Ed oggi, toccava a me … era il mio turno.
Avrei dovuto creare alcune squadre d’assalto ed addestrarle per prendere il comando delle radio e delle televisioni … questo potevo e dovevo fare.
Creai diverse squadre a cui diedi dei nomi semplici, i primi che mi vennero in mente “Alfa, beta, gamma, delta ecc.”, qualcosa di facile da ricordare.
Ognuna avrebbe dovuto svolgere un compito, la squadra Alfa avrebbe dovuto attaccare una televisione, la squadra Gamma una stazione radio e così via.
Il nostro era uno dei compiti più difficili e più importanti, grazie a noi il mondo sarebbe ripartito.
 

Ero terrorizzato al solo pensiero di addestrare e spiegare i movimenti e le azioni a dei soldati, forse più in gamba di me, ma ce la feci.
In questi anni si era persa la sensazione di quotidianità come c’era un tempo, al giorno d’oggi si era capaci solo di sopravvivere combattendo … combattendo una guerra non nostra, ma di altri.
Grazie all’aiuto dei miei fedeli sotto-comandanti, riuscii a selezionare diversi uomini abili e diligenti per le squadre d’assalto.
Diedi a loro l’attrezzatura giusta come armi e altri strumenti per scassinare e misi per ogni squadra uno o due esperti tecnici per collegare il segnale al router del concerto.
Feci le squadre, sembrava di giocare a ruba bandiera e alla fine fu una specie di gioco.
Anche io mi misi in una squadra, la Beta, avremmo dovuto assaltare la televisione più importante.
Riuscii a procurarmi le planimetrie di tutti gli edifici da attaccare, con i miei fedeli soldati programmammo e pianificammo tutto nei minimi dettagli, dovetti memorizzare diversi informazioni come orari e luoghi.
L’operazione era piuttosto semplice, entriamo e indirizziamo il segnale al router, poi saremmo dovuti rimanere lì a proteggere il collegamento, avremmo sicuramente lottato fino alla morte per mantenere quel segnale vivo su tutti i canali.
Penso di averli preparati bene, penso di essere pronto, penso che darò la vita per Dave e per il suo concerto, credo in lui come credo ancora nella gente comune … e credo che alla fine ne sia valsa la pena.
Che Dio ce la mandi buona, daremo il meglio di noi, spero che basti anche solo quello.
Generale M. Cameron, battaglione della Resistenza di Portland.
 
 


CHRIS

 
“Don’t the best of them bleed it out
While the rest of them peter out”

 
“Non sprecare il meglio di loro
Mentre il resto di loro si esaurisce”

 
My hero? Il mio eroe resta per me, mio padre.
Lui mi ha insegnato tutto, come vivere, come pensare, come agire … ma soprattutto mi ha insegnato che la vita è mia e che sono responsabile dei miei danni e delle mie azioni.
In questi anni di solitudine avevo un po’ perso la mia strada e la mia coscienza sembrava essere svanita in una nuvola di polvere e fumo.
Devo ringraziare Dave e Taylor per avermi concesso questa seconda opportunità di tornare a vivere, anche se nella cittadina dove mi ero rifugiato non si stava così male.
Mi hanno trattato benissimo nonostante non avessi fatto proprio niente, ma essere musicisti al giorno d’oggi equivale ad essere degli eroi.
I nostri eroi all’epoca erano i supereroi come Spider man, erano gli attori degli action movie come Stallone o Clint Eastwood, i nostri eroi erano anche le rockstar, i Rolling Stones … i Beatles
Ora i nostri eroi forse se la sarebbero cavata con più difficoltà, noi facciamo del nostro meglio per essere all’altezza delle aspettative che la gente nutre nei nostri confronti.
Noi, che un tempo vivevamo tra una villa ed una macchina lussuosa, tra feste e concerti e che adesso tiriamo avanti con un pezzo di pane azzimo al giorno e qualche alcolico per sbronzarci e dimenticarci … dimenticare noi stessi, dimenticare la brutalità che abbiamo visto, perché se non dimentichi alcune cose o almeno ti sforzi di non ricordarle … sei morto.
Io ho perso la fama, i soldi, la credibilità … un occhio … ho perso molte cose ma le migliori mi sono rimaste … la band!
Subito non ero convinto di tutto ciò, adesso posso dire che questa Rivoluzione che sta per partire è la miglior cosa che possa fare nella mia vita, un buon modo per provare a restituire al mondo quello che ho preso in tutti i miei anni.
Ora bisognava provare … tornare a suonare … sono teso … sono molto teso … ho paura di sbagliare, di non essere all’altezza della band … ho paura di deludere i miei compagni ed il pubblico.
Con il tempo tutti pensano che la paura di salire sul palco si attenui, non è assolutamente vero, ho paura di salire su un palco oggi come il primo giorno, come tutte le sante volte che ci sono salito nella mia vita.
Ma … è la paura che alla fine ti salva e ti rende maledettamente bravo perché ti regala una carica eccezionale che sei la sai usare ti trasforma in un eroe … una immensa potenza.
 

Mi ero messo, durante le pause dalle prove, a guardare il palco e come veniva allestito.
Sono rimasto senza parole.
Era un palco non tanto grande, noi venti anni prima siamo stati abituati in un’altra maniera con spazi esagerati a volte … mi ricordo Wembley.
Ma era comunque una goduria quel posto … la cosa più bella era che il soffitto si poteva aprire, sembrava un porto …
Il soffitto era in apparenza chiuso ma con dei meccanismi, come in un teatro, si poteva aprire ed il concerto da chiuso diventa aperto!
Una cosa fantastica!! Quando l’ho visto ne ho parlato con Dave e lui mi ha subito detto “Bene!! Fantastico, a metà della prima canzone lo facciamo aprire!”.
Deve essere stupendo, dovrà essere veramente mega stupendo.
C’erano persone, non tecnici come eravamo abituati noi, ma veramente persone comuni che lavoravano senza sosta per sistemare i cavi, la corrente, le luci … solo per noi, cioè … è qualcosa che se ci penso rimango stupefatto … ammaliato.
 

Le luci e i faretti non erano niente di che, quella gente che lavorava montava quello che erano riusciti a trovare in giro, faretti da giardino per di più.
Ma erano lo stesso abbastanza buoni, anche solo per illuminare le nostre facce e far capire chi eravamo, almeno !
I cavi che stavano stendendo qua e là non erano proprio “ordinati” come in un concerto vero, ma bisogna considerare il fatto che di concerti non ce ne erano stati da almeno quindici anni o più, andava bene così come era.
Il palco era stato creato con una piattaforma di legno massiccio, abbastanza robusto e con un immenso dietro le quinte.
Il posto davanti poteva contenere anche mille persone, aprendo il soffitto e le pareti infondo al palco si poteva anche creare una specie di arena, un concerto che da mille posti diventa un milioni di posti.
Ovviamente il problema era far sentire il volume, per questo i tecnici pensarono di bombardare il posto di case e televisioni, avevamo delle televisioni ovunque!
Era come essere in un negozio di televisori, era veramente atipico e molto interessante.
Non vedo l’ora di salire su quel palco, con la mia ansia e con la mia paura che ormai so gestire bene … il più sarà tornare a suonare!
I miei eroi sono anche loro, sono gli altri … quelli là fuori che aspettano, siete voi che mi state leggendo, voi siete i nostri eroi.
Chris Schifflet, chitarra.
 
 


NATE

 
“Too alarming now to talk about
Take your pictures down and shake it out”

 
“E’ troppo allarmante ora per parlarne
Prendi le tue foto e levati di torno”

 
 
My hero? Resta per me una grande canzone, un grande momento della mia vita … il mio eroe non esiste, esistono tanti piccoli eroi di tutti i giorni.
Ogni tanto, penso, siamo tutti un po’ eroi e anti-eroi, ognuno ha il proprio eroe dentro di se, ognuno ha il proprio anti-eroe dentro di se, la convinzione e la differenza concreta sta nel capire a quale dei due lasci più spazio e prerogativa.
Penso che resterò sempre della mia idea.
Questa Rivoluzione per me iniziò con una grossa diffidenza, non volevo assolutamente rimettermi in gioco, soprattutto dopo aver vissuto tanto dolore negli anni come questi, non volevo soffrire ancora.
Ho detto chiaramente di no a Dave e alla sua cavolo di idea.
Però si sa, lui è sempre stato uno zio per me, quasi un parente, gli potevi dire di no ma alla fine torni sempre da lui con un sì, non c’è niente da fare.
Anche dopo tutto quello che ha passato, rimane sempre lui, con la sua faccia e la sua bontà di animo.
Ho tanti ricordi di lui e di me … ricordo per esempio quando mi prese a pugni una volta perché avevo deriso Taylor, lui era sempre stato per la tolleranza … io a volte ne ho poca … però ho imparato dopo, ho imparato a rispettare le idee di tutti.
Grazie anche a lui ovviamente.
Ma quello di cui vorrei parlare ora, aldilà di tutte le cavolate che si possono dire in questi momenti, appena prima della Rivoluzione, è questo … come posso dire … questo segreto che tiene Dave tra di lui.
Quando c’è qualcosa che non va lo sento da subito, mi ricordo di tensioni nella band ed ora che eravamo molto in sintonia, anche con le prove, sentivo che a Dave mancava qualcosa.
 

Spesso mentre provavamo una canzone qualunque, lui si prendeva su ad un certo punto e se ne andava via avvolto nei suoi pensieri.
L’ho visto varie volte scrivere su un pezzo di carta, forse uno spartito?
L’ho visto guardare la sua foto, che penso ritragga la figlia Violet, se non sbaglio, lui non ce la fa vedere spesso, anzi, quasi mai.
Io penso che ancora senta un dolore ed un immenso senso di colpa per la sua famiglia.
Una volta gli ho detto, appena dopo le prove di Hey Jhonny Park! , “Dave, non è colpa tua quello che è successo! Guarda avanti!
Lui mi ha sempre risposto “Non so di cosa tu stia parlando. Sono solo un po’ stanco, tutto qui” ma io riconosco quella espressione, Dave saprà anche mentire ad altri ma a me non la fa … a me non mi prende in giro.
Sento che si flagella ancora per quella storia, credo che sia del tutto normale provare senso di colpa quando per il tuo lavoro ti uccidono la famiglia … non è facile saltarci fuori … io ce l’ho fatta dopo tanto sacrificio … dimenticando … ce l’ho fatta dimenticando … penso che anche Dave voglia dimenticare ma ancora non ci riesce … forse crede ancora di ritrovare la figlia …
Lo so, lo so … non sono affari miei, però sto male a vedere un amico stare così … sul chi vive.
Quello che, però, posso dire di aver notato è la carica che ci mette Dave nelle canzoni …
Nonostante abbia dei problemi respiratori, dopo anni e anni di torture in quella prigione in cui stava, riesci ancora a cantare benissimo, anche se a volte stona chiaramente e la voce è più roca … molto più roca del solito … ma la potenza è ancora fortissima … forse di più oggi che ieri.
Penso che abbia dentro di sé tanta di quella cattiveria e rabbia che gli permette di cantare così forte, senza sbandare nella potenza … ma indirizzarla in emozioni canore.
Emozioni canore? Questo è un termine a dir poco bizzarro!
Forse anche io sto impazzendo un po’, dopo tutte le cose che ho visto, diventare pazzi è quasi una cosa da sani di mente … paradosso.
Mi piacerebbe sapere cosa scrive Dave su quel pezzo di carta … si nasconde sempre e scrive … scrive … scrive …
Però non glielo chiederò, mai.
Aspetterò che sia pronto lui, un giorno, a dirci di cosa si tratta …
Ne ho parlato anche con Taylor, secondo lui è una lettera per la figlia … forse ha ragione, in ogni caso se questo gli serve per riconciliarsi con la vita e con il fatto che lui sia vivo e la sua famiglia no, ben venga.
Nate Mendel, basso.
 
 


TAYLOR

 
“Truth or consequence, say it aloud
Use that evidence, race it around …”

 
“Verità o conseguenza, dillo a voce alta
Usa quella prova, fai in fretta …”

 

My hero? Quando ero giovane, un ragazzo, il mio eroe era Freddy Mercury … e con lui adoravo Brian May e Roger Taylor.
Pensate che era molto orgoglioso di condividere una parte del mio nome Taylor con Roger, era il mio idolo, ho iniziato a suonare la batteria grazie a lui.
Adoravo i Queen, ancora oggi mi sogno le loro canzoni … però, poi, negli anni, guidando sulla strada delle vita a fari spenti, mi imbattei in altri falsi idoli … come la droga … cose che ti cambiano la vita …
Il mio eroe? Dave, senza ombra di dubbio
Mi salvò senza chiedermi niente in cambio, come i veri eroi.
E per me bastò quello per diventare il mio eroe, bastò solo quello.
Questa Rivoluzione penso possa essere il nostro modo per dire che così non va bene, il nostro modo per tornare in carreggiata e per dimostrare che la musica conta più di qualche legge ridicola, di qualche dittatura messa lì, di qualche musicista messo a tacere, noi daremo la nostra vita per fare in modo che voi altri riprendiate la vostra.
Ma questo è essere degli eroi?
Forse sì, ma le onorificenze fatecele quando saremo già morti, così ci andrà bene qualunque cosa, no?
Vorrei raccontarvi, prima di partire per la Rivoluzione, finché sono ancora vivo e ne ho l’occasione, della scelta della scaletta per il concerto.
Eravamo tutti molto in ansia perché nessuno si ricordava alla perfezione le canzoni.
Siamo rimasti preoccupati fino ad ora e ancora lo siamo, anche adesso che le sappiamo suonare … per fortuna che qualche buon’anima riuscì a procurarsi e a farci avere degli spartiti con le nostre canzoni, se no saremmo ancora lì a decifrare le note nella nostra fottuta mente!
Ops … non si possono dire le parolacce? Questo è un rating verde? Vado avanti lo stesso, se vorrete poi censurare questa lettera, potrete farlo … non verrò certo io ad impedirvelo.
 

Quando Cameron, il Generale, ci venne a dire che il concerto si sarebbe svolto il 7 febbraio, a noi tutti vennero i sudori freddi, avevamo si e no una settimana e mezzo per decidere e provare una decina di canzoni … o quante ne potevamo cantare e suonare dietro fila dopo venti anni di astinenza.
Dave sembrò il meno preoccupato, ma penso fingesse.
Ogni tanto si ritirava da solo a scrivere qualche cosa, penso una lettera per la figlia.
Secondo me soffre ancora molto per quella perdita, soprattutto per Violet.
Penso che gli faccia più male pensare a lei che potrebbe essere viva chissà dove che la moglie e l’altra figlia, loro non possono più soffrire in effetti.
La prima canzone che provammo fu My hero, da lì inizio tutto.
Ci vollero giorni e giorni di prove prima di trovare la giusta sincronizzazione tra di noi; mi ricordo il giorno in cui ci uscì perfetta, ridemmo tutti a crepapelle, soprattutto perché durante l’ultimo ritornello Pat fece partire una scoreggia enorme di un odore nauseabondo, quindi Dave dovette cantare l’ultima strofa con il naso tappato … fu veramente simpatico.
Dave poi ci propose una canzone insolita come Summer’s End, non ricordo di averla mai suonata in effetti, la facemmo e ci venne benissimo.
Su una cosa eravamo tutti d’accordo dal principio, la prima canzone e l’ultima … ma lascio che lo scopriate da soli, se ne avrete l’opportunità.
Suonare la batteria mi da questa impressione di … uhm … non so, può essere la stessa sensazione che prova un vigile del fuoco salvando un bambino, la stessa sensazione di un calciatore quando fa gol, la stessa sensazione che provi a stringere la mano della persona che ami … o quando dolcemente le scosti i capelli dal viso e le sfiori le labbra … e poi la baci … è quella l’emozione che provo io suonando la batteria, il massimo della vita, lo scopo della vita.
Questo è … questo è il senso che ho trovato per la mia esistenza.
Continuavamo a provare e a provare, senza sosta, ogni tanto ci fermavamo per ricordare i vecchi tempi e per riposarci un po’ … e poi subito sotto con un’altra canzone.
In totale, penso di aver suonato cinquanta canzoni diverse.
Alla fine decidemmo di arrivare ad una quindicina di canzoni, senza intermezzi, di suonare dall’inizio alla fine senza sosta, un vero concerto rock.
Che poi il rock non è solo musica, è stile di vita, il rock non è solo sesso droga e rock’n’roll, il rock è vivere la vita nel meglio delle possibilità, il rock è non accettare compromessi sulla propria arte, non accettare diversità, il rock è tolleranza, il rock è amore, il rock non è guerra … il rock sconfigge la guerra perché è più forte.
Molta gente non lo ha capito ed oggi il rock non esiste più, sarà difficile convincere di nuovo la gente, ormai assopita a questo malato sistema?
Spero proprio di sì, perché così sentirci sarà un pugno duro nello stomaco, così faremo cadere le barriere, così re-inventeremo il rock!
A chi legge questa lettera, sappi che la nostra vita non valeva più della vostra, ma allo stesso modo; noi abbiamo solo avuto il dono di poter scegliere e abbiamo deciso di donare la nostra abilità per poter dare anche a voi una possibilità di scelta.
Un abbraccio.
Taylor Hawkins, batteria.

 

“Kudos my hero leaving all the best …”
 
“Gloria al mio eroe, lasciando tutto il meglio …”
 


 
To be continued … to the final chapter …


messo45

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Capitolo 12
*** Times like these ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione?!

Parte I

Times like these

07/02/2030

GDR – Giorno della Rivoluzione
 
“I am a one way motorway
I’m the one that drives away
then follows you back home …”

 
“Sono un’autostrada ad una sola corsia
Sono il solo che se ne va
E ti segue a casa …”

 


Il plettro in mano … il cielo che si apriva … le gocce di rugiada che cadono da una grondaia … nevischio in strada … l’aria fresca … il vento fa brillare una leggerissima brina sulle strade … nevica …
Nevica …
Nevica …
 

Un laccio avvinghiato ad un altro laccio … pian piano le scarpe si allacciano …
Note … note qua e là … per la testa girano … le gambe tremano … le voce è più roca del solito … lo stomaco si chiude … è il giorno della Rivoluzione.
 

Per le strade c’è fermento, nessuno sa … nessuno deve sapere … deve essere una sorpresa, così avrà inizio la Rivoluzione.
 

Dave si svegliò malissimo quella mattina, non aveva avuto incubi e non ne aveva da settimane, però aveva dormito poco … era molto in ansia.
Probabilmente non era mai stato così in ansia come stavolta, prima di un grande evento come questo, perché con questo concerto non si giocavano la reputazione o qualche fan, ma la vita … e la vita di tutti.
Dave non doveva sbagliare niente e … nonostante tutte le prove … aveva ancora un terribile presentimento di sbagliare e di scordarsi le canzoni.
Così, dormì tutta notte con un occhio aperto ed uno chiuso.
Taylor invece dormì come un angelo, tutta la notte, prese sonno velocemente e russò per tutto il tempo.
Si riposò moltissimo e si svegliò carichissimo e abbastanza sereno … si alzò dalla branda sicuro … sicuro di una vittoria.
Quando vide lo sguardo di Dave cercò di tirarlo su di morale cantandogli un pezzo di Cold day in the sun a cappella, così, per farlo ridere un po’ … ci riuscì.
Pat, come da consuetudine, dormì con il sigaro in bocca … tutta notte … quasi fosse il suo ciuccio o il suo scacciapensieri.
Inoltre, aveva tenuto sopra la faccia il sombrero … il suo sombrero … che dire? Un vero messicano!
Nate e Chris, da quando vennero costretti per mancanza di letti a dormire in una branda matrimoniale, dormivano avvinghiati l’uno all’altro.
Dave ogni tanto gli apostrofava ironicamente “Eccoli, sembrate due bei froci! A quando le nozze?” e Chris rispondeva sempre nello stesso modo “Non lo so Dave, ieri sera sono venuto nella tua branda e non mi sembravi dello stesso avviso”.
Ovviamente Taylor assisteva alla scena divertito come non mai, ridendo a crepapelle e veniva sempre ripreso da Chris “Ehi, che ridi? Taylor è un nome da donna, lo sapevi?”, in quell’istante Taylor fece una espressione da donna sorpresa “Ahh .. davvero?”, Dave aguzzò gli occhi guardando l’amico, poi girò lo sguardo verso Chris ed affermò “Ecco, adesso sembra un mignottone”.
Classico risveglio dei Foo Fighters” osservò Nate.
 


Era il giorno X, un giorno che doveva arrivare prima o poi … ed era arrivato … senza neanche troppi complimenti.
Dave si fermò a pensare a quante avventure aveva vissuto dal giorno della sua fuga dal carcere, sorrise pensando a tutto quello che avevano vissuto in quelle settimane.
Non poteva crederci, la sua idea sarebbe diventata realtà, sarebbe tornato su un palco, davanti ad una folla, a cantare … a suonare … a spaccare tutto come piaceva fare a lui … era il massimo.
Appena dopo colazione avvenne una delle ultime scelte sulla scaletta.
 


Erano tutti seduti ad un tavolo … tutti e cinque … quando Dave incrociò le mani e disse chiaramente “Ragazzi, dobbiamo aggiungere una canzone alla scaletta”.
Sospirò … e aspettò una risposta dagli amici.
Ci fu una reazione di sorpresa, da subito, soprattutto Taylor rimase sbalordito dalla richiesta di Dave tanto che esclamò “Come? Adesso ce lo dici? Non abbiamo il tempo di provarla, ormai abbiamo già tutto pronto, come pensi di fare?”.
Seguì il ragionamento di Taylor anche Chris che però fu più schematico, disse “Già, sei pazzo?”.
Dave cercò la foto di sua figlia nella tasca, la trovò … la prese e la mise sul tavolo.
La guardò violentemente e affettuosamente allo stesso tempo, poi con il braccio destro prese la chitarra acustica che aveva dietro di lui, l’unico strumento rimasto nella base e se la appoggiò sul ginocchio sinistro.
Poi, sotto gli occhi degli amici fidati curiosi di scoprire le mosse e le risposte di Dave, prese la foto e la incastro nel manico della chitarra, divenne parte dello strumento.
Di seguito, prese dal taschino interno della sua giacca il suo spartito e lo mise sul tavolo, poi disse dolcemente “Questa è la canzone” e pian piano cominciò a suonare, lentamente, nota per nota, quasi a far sentire ogni piccolo movimento che provocava quella melodia iniziale …
Dave aveva gli occhi ludici, Taylor rimase basito da quella melodia … era perfetta …
Anche Chris dovette appoggiare le braccia sul tavolo per lo sgomento che provocava quel suono … Dave ricominciò quel piccolo arpeggio di chitarra … era dolcissimo ma molto rock.
Mentre suonava Dave aveva chiuso gli occhi ed immaginava la figlia … Violet … quindi sottovoce disse “Violet … still thinking you …”, la prima frase della sua canzone.
A quel canto salirono i brividi lungo la schiena a Nate che rimase allibito, era terribile quella canzone … ma non orribile, era terribilmente stupenda … geniale … e veramente molto toccante … delicatissima e dietro di lei sembrava esserci una vecchia anima struggente, era Dave.
Continuò con un altro verso sempre con la stessa potenza d’onda, un fiume di emozioni …
I quattro musicisti erano estasiati e ipnotizzati da quella canzone “Io credo che continuerò a cercarti …” cantò Dave “e ad amarti …
Continuava a suonare leggermente, sembrava quasi che le sue dita non toccassero le corde della chitarra ma le sfiorassero solo … sembrava che stesse suonando con la mente … o con l’anima … per empatia.
Ad un certo punto, dopo aver stregato i suoi amici, Dave esclamò con un fil di voce “Adesso potete entrare voi … come e quando volete …
Fu in quel momento che Taylor cominciò a muovere le dita sul tavolo per seguire la melodia … creò dal nulla un tempo di batteria per quella bellissima canzone, Dave richiuse gli occhi e continuò con la sua canzone “Violet …”, in quel momento Chris fece un suono con la voce per imitare un accordo di chitarra, l’accordo che avrebbe fatto lui e cominciò a muovere le mani nel vuoto suonando una chitarra immaginaria … trovò tre accordi perfetti che entravano benissimo nella melodia … lo seguì immediatamente Nate che cominciò ad imitare il basso battendo le mani sui pantaloni e creando con la voce il suono … trovò la metrica perfetta immediatamente.
E Dave cominciò una nuova strofa pian piano … e si avvicinò al ritornello … e quando fu in procinto di cantarlo fece segno con la testa agli altri di guardare lo spartito e le note, c’era un cambiamento notevole nella lirica … e ad un tratto Dave cambiò gli accordi e la canzone esplose in un grido di rabbia misto a tristezza e dolore “Yeah!! Sometimes!” … e fu qualcosa di epico, qualcosa di bellissimo, Taylor riuscì a trovare subito il ritmo senza perdere neanche una battuta, così anche Chris che cambiò il suo arpeggio in un altro perfetto per il ritornello … e Nate seguì con il suo basso immaginario … ma … in quel preciso istante in cui Dave urlò la sua disperazione entrò Pat con una schitarrata (naturalmente a voce) delle sue che raggiunse il cielo come potenza, uno stile simile a quello di Monkey Wrench, ma totalmente diverso nella metrica e nella sensazione, Dave stava soffrendo a cantare quella canzone e anche gli altri soffrirono insieme a lui, resero quel piccolo accordo iniziale in un capolavoro eterno.
Yeah!! Sometimes! I miss you more than yesterday” e così il ritornello finiva e ritornava la calma della strofa iniziale.
La cantò tutta, Dave, e alla fine della canzone aveva gli occhi lucidi …
Ma non era l’unico, i suoi compagni avevano vissuto la stessa emozione di Grohl, perché in quella canzone dava tutto se stesso e gli altri percepirono il dolore di quelle note, sentirono la potenza.
Alla fine della canzone cominciò a regnare il silenzio tra di loro, nessuno voleva azzardarsi di dire qualunque cosa, così fu Taylor a rompere il ghiaccio “Okay, Dave. Quando pensi di farla, in che ordine? Per ultima?” e lì l’amico spiazzò tutti con una risposta sorprendente “No, questa la facciamo quando verrà il momento giusto. Lo sentiremo. La faremo quando sarà giusto farla
Rimasero in silenzio, tutti annuirono con lo sguardo … stettero ancora un po’ in silenzio.
 

 
“I am a street light shining
I’m a wild light blinding bright
burning off alone”

 
“Sono un lampione che illumina
Sono una luce selvaggia che acceca
E si consuma solitaria”

 
 


Era già mezzogiorno, i cinque Foos partirono per raggiungere il palco, il concerto sarebbe partito come previsto verso le 19, quando il sole era quasi tutto sceso con la popolazione americana accinta a tornare nelle proprie abitazioni … il momento di massimo spessore … per creare una rivolta ed una Rivoluzione.
La strumentazione era rimasta come qualche giorno prima, era già tutto pronto, i Foo Fighters si misero tutti sul palco a provare un’ultima volta gli strumenti e la loro sincronizzazione con le casse, con l’audio, con il video delle telecamere e anche con il router … sembrava tutto perfettamente pronto.
L’adrenalina saliva … la gente della Resistenza cominciava ad arrivare … verso le 14 c’erano già quasi duecento persone davanti al palco … in tempi come questi erano già considerevoli.
Dave riprovò il microfono, non si sentiva un gran che bene, l’acustica era quella che era, ma lui si accontentava di quello che c’era e che avevano a disposizione.
Taylor sistemò ancora una volta la sua batteria artigianale fatta in casa, al posto della marca sulla gran cassa c’era una adesivo fatto da lui stesso con il suo nome.
Sistemò i piatti, alcuni con qualche crepa ma andavano ancora abbastanza bene, sistemò il charleston, il rullo e tutto il resto.
Era la sua batteria, era veramente molto affezionato ed onorato di suonare con quella, pensava che fosse la sua migliore batteria nonostante le condizioni quasi pietose ed il rumore molto discutibile, per non parlare della qualità del suono, ma lui ci si ritrovava con lei … quella batteria simboleggiava la sua persona, trasandata con le rughe e ormai vecchia però con un suono vissuto, rude, molto rock e tanta voglia di vedersela ancora con le sfide e con il mondo … con tanta voglia di rivincita.
Nate, come suo solito, si era posizionato nella parte sinistra del palco (guardando da dietro le quinte), aveva la sua pedana dove sarebbe rimasto per tutto il concerto, inoltre era l’unico senza avere una sedia dietro di lui, infatti tutti avevano richiesto qualcosa per potersi sedere tra una canzone e l’altra, in modo da riprendere un po’ di fiato e riposarsi nelle pause.
Era in forma Nate ed era voglioso di dimostrare a se stesso di poter ancora suonare ad alti livelli e di poter lottare contro il sistema, come sognava di fare ben trenta anni prima.
Dall’altra parte del palco c’era il fantasma pirata, Chris.
Lui aveva una sedia particolare, rivestita di pelle tutta rovinata ma pur sempre comoda rispetto ad una rivestita solo di legno.
Chris aveva questa mania del tempo, guardava continuamente l’orologio e nella sua testa non vedeva l’ora di incominciare lo show, sentiva di dover dedicare le melodie che sarebbero uscite dalla sue mani alla sua vecchia cittadina, dove lo avevano accolto da eroe e da salvatore.
La benda sull’occhio gli dava fastidio, così ogni tanto chiudeva anche l’altro e suonava al buio … si sentiva come un pirata contro la tempesta perfetta … la tempesta del secolo … la tempesta della Rivoluzione … voleva vincerla!
Tra Dave e Nate si era piazzato Pat, lui aveva una sedia a dondolo, come quella che cavalcava in Messico, di fianco a lui per terra c’era un pacco di sigari cubani e messicani, i migliori … se li era portati dietro il vecchio Pat … e sorrideva … Pat sorrideva sempre, ‘deve essersi fumato il cervello’ sosteneva Dave.
Pat aveva tantissima voglia di suonare e di creare baraonde con la sua potenza di fuoco, riteneva quella chitarra una mitragliatrice che invece di proiettili sparava note … e le note, diceva lui, sono più pericolose delle pallottole.
Davanti a tutti Dave … lui … davanti a tutti.
Guardava nel vuoto, innanzi a lui, dove si sarebbe dovuto aprire il soffitto per far entrare tutti … voleva morirci su quel palco … dare tutto se stesso e sull’ultima nota regalare anche la sua vita.
Aveva degli occhi simili a quelli del falco … pronti all’assalto.
Il tempo, intanto, scorreva.
 


 
“I am a new day rising
I’m a brand new sky
to hang the stars upon tonight …”

 
“Sono un nuovo giorno che sorge
Sono un cielo nuovo di zecca
A cui si appenderanno le stelle stanotte …”

 
 


La prima esplosione della serata avvenne precisamente alle 18.45.
La squadra Delta della Resistenza aveva attaccato “Antenna Nazionale”, la televisione locale più importante, avevano preso il controllo di quella televisione e collegato ad essa il router.
Esattamente un minuto e mezzo dopo venne assaltata la parabola più importante della regione, a qualche miglio di distanza … dalla squadra Alfa.
La squadra Gamma colpì duramente qualche minuto dopo la radio nazionale più potente, collegando sempre tutte le reti al famoso router … i collegamenti stavano arrivando alla base …
Tutto il regime fu messo in allerta da questi attacchi a sorpresa, ci furono delle piccole rivolte nelle stazioni radio e televisive, molti uomini della Resistenza perirono ma tutti riuscirono a proteggere il collegamento.
Intanto, Taylor, Nate, Chris e Pat erano tornati sul palco ed erano già pronti per l’inizio, scalpitavano … a Taylor sudavano da morire le mani.
La bacchette che avrebbe usato le aveva fabbricate da lui ed era molto orgoglioso di questo, ogni tanto le guardava e le baciava.
L’ultima esplosione che fece prendere l’intero comando alla base del concerto fu alle 18.58 … dalla squadra Beta, capitanata da Cameron, presero il controllo di tutte le reti degli Stati Uniti, i vecchi Stati Uniti d’America.
Taylor cominciò a scaldare il piede sul charleston … sentiva già l’impulso di suonare, il calore del pubblico nonostante i pochissimi gradi …
Erano tutti vestiti con dei giacconi di pelle, Chris indossava dei jeans sgualciti, un giaccone pesante e degli scarponi, Pat invece stava più sul messicano, d’altronde ormai lo era a tutti gli effetti.
In quel momento si mise un sigaro in bocca e lo accese, Nate di fianco a lui portava un maglione di lana spesso color marrone scuro ed una sciarpa gigantesca tutta avvinghiata al collo, egli cominciò a strofinare i polpastrelli sulle corde del suo basso … cominciò a sentire le note uscire pianissimo dalle casse.
Intanto su tutto il perimetro c’era il buio, tutte le luci erano spente … c’era un gran silenzio … la gente sotto il palco era aumentata nelle ultime ore fino ad arrivare ad un totale di quattrocento persone, tutte delle Resistenza di Portland e dei dintorni.
Il collegamento era pronto, bastava solo dare INVIO sulla tastiera del pc e tutto il mondo avrebbe visto e sentito il concerto.
Intanto, nelle vie, nelle case, sotto i lampioni, per le strade la gente viveva come il giorno prima, ignara di tutto.
Cameron dice che è tutto pronto, potete iniziare” disse uno della Resistenza a Taylor che rispose immediatamente “Okay. Iniziamo allora. Ma dov’è Dave? Lo avete visto? Dave! … Dave!
L’orologio toccò le 18.59.
 

 
“I am a little divided
do I stay or run away
and leave it all behind?”

 
“Sono un po’ diviso
Dovrei restare, o scappare
Lasciandomi tutto alle spalle?”

 
 

Dave era ancora dietro il palco, dietro le quinte, nascosto sotto delle assi di legno, con la foto in mano e il suo spartito nell’altra mano.
Si domandò quella stessa frase “Dovrei restare o scappare lasciandomi tutto alle spalle?”.
Guardò la foto e chiuse gli occhi … rivide il primo compleanno della figlia, la torta, gli invitati, Taylor che aveva portato tre diversi regali vestito da re magio … rivide il giorno in cui nacque Violet, l’attesa all’ospedale, la paura che qualcosa potesse andare storto, i quattro amici in sala d’attesa ad aspettare la nascita della bimba con Pat che girava avanti e indietro mangiando M&M presi dalla macchinetta dell’ospedale, Taylor che suonava tutte le sedie del reparto battendo le mani a tempo, Nate che ci provava con tutte le infermiere e Chris che invece leggeva tutte le riviste da donna nella sala d’attesa, molto interessato.
Era stato tutto così bello … ed ora … ed ora quei quattro ragazzi che avevano aspettato la nascita della figlia, ora aspettavano di vederlo salire sul palco … così Dave si alzò da terra, rimise la foto e lo spartito nelle tasche interne del suo giaccone e cominciò a camminare verso il palco.
 

“It’s times like these you learn to live again”
“E’ in tempi come questi che si impara a vivere di nuovo”
 

La strada per raggiungere il palco sembrava tanto lunga … il tempo si era fermato, Dave camminava e vedeva muoversi al rallentatore tutto, qualunque cosa …
In tempi come questi si impara a vivere di nuovo, pensava … era vero.
 

“It’s times like these you give and give again”
“E’ in tempi come questi che si da’ e si da’ ancora”
 

Dietro ogni angolo gli sembrava di vedere una scena della sua vita, il primo concerto con la band, l’incontro con Pat Smear “Pat? Sei ancora vivo?” …
La prima chitarra comprata … l’incontro con la moglie … l’ultimo concerto con Krist e Kurt … non erano in ordine di tempo, erano emozioni e sensazioni sparse … come i ricordi … erano ritratti di memoria.
Saliva la scaletta che portava sul palco … sentiva la gente gemere ed urlare i nomi della band … sentì il rumore dei suoi passi ed il suo cuore battere nel petto.
 

“It’s times like these you learn to love again”
“E’ in tempi come questi che si impara ad amare di nuovo”
 

Salì fino all’ultimo gradino prima di toccare il palco … fece un lungo sospiro e gli parve di vedere davanti a se l’ombra della moglie e della figlia “Dai papà! Ti aspettiamo qui sul palco, dove dovresti stare” disse la piccola … Dave fece un sorriso e salì con un piede e poi con l’altro sulla piattaforma.
Eccolo! Andiamo Dave” urlò felice e galvanizzato Taylor.
 

“It’s times like these time and time again”
“E’ in tempi come questi … che hai tempo e ancora tempo”
 
 
 
19.00 … INVIO … Tutte le televisioni cambiarono immagini … tutte le radio cambiarono frequenza … tutto il Regime rimase terrorizzato dall’attacco ed immobile ascoltò le prime parole della Rivoluzione.
Le luci all’improvviso si accesero sul palco, la gente lì a vederli iniziò a scalpitare, per molti era il primo concerto e le prime musiche della loro vita, Dave appoggiò la bocca al microfono e pian piano disse con voce chiara e forte … e calma “Noi …. “ si girò verso Taylor che annuì con lo sguardo … cercò con gli occhi l’espressione anche di Pat, Chris e Nate e tutti fecero cenno di continuare … erano pronti … continuò “Noi siamo i Foo Fighters …”  …. Pausa …. silenzio inequivocabile dappertutto … Dave guardò il cielo ed enunciò fortissimo “e questa è la Rivoluzione!” …
In quel momento sembrò esplodere il cielo dalla potenza di quella sola parola … la gente in tutta l’America si fermò ad ascoltare.
Quello che stavano ascoltando erano le prime note di All my life … la prima canzone in scaletta … Dave cominciò a cantare lasciando trasparire dalla voce una notevole agitazione, gli tremava la voce, sembrava ancora più vero e sincero … ancora più Rivoluzionario.
Attaccarono Taylor e gli altri e le luci fecero un piccolo bagliore.
Il Regime mandò giù un magone incredibile in quel momento.
 

Il mondo era pronto per esplodere … “One by one hidden up my sleeve” …
 

“Hey don't let it go to waste!!!
I love it but I hate the taste
Weight, keeping me down!!”

 

Il concerto scoppiò, le luci illuminarono tutti, Taylor picchiava da morire sulla batteria, Nate volava con il suo basso, Pat creava muri di note potentissime con la sua chitarra, Chris arpeggiava da Dio in terra e Dave … Dave cantava con tutto lo stomaco e l’anima facendo sobbalzare il terreno.
 

In tutta l’America si sentivano le note di All my life e l’urlo di Dave … voleva svegliare la gente dal tepore e dalla sonnolenza di quella dittatura in cui vivevano.
Da tutti i megaschermi nelle piazze, nei cortili, nei supermercati si vedevano e si sentivano i Foo Fighters e la loro Rivoluzione … la gente cominciò a svegliarsi.
 

“Done! Done! on to the next one!
Done I'm done and I'm on to the next”

 

Dal cielo cominciarono a scendere dei fiocchi di neve, il soffitto venne aperto … il concerto divenne grandissimo … la gente cominciò a scappare, a liberarsi dalla catene del Regime e dell’indifferenza, cominciarono tutti ad arrivare al concerto, la luce dei riflettori andava e veniva, Dave continuava a dimenarsi e a dare tutto se stesso sul palco, Taylor continuava a menare durissimo sui piatti, i Foo Fighters volevano che il primo pezzo attirasse l’attenzione e spezzasse tutti i vincoli dei cittadini, in modo da attirarli lì.
Moltissima gente uscì dalle proprie case nonostante il coprifuoco indetto dal Regime e cominciò ad affollare le piazze, si ribellarono addirittura alcuni militari del Regime che buttarono via le loro armi e si diressero verso il concerto.
Scoppiarono rivolte in tutta l’America con la milizia bloccata da questa arma potentissima: la musica!
Molti mai avevano sentito questo tipo di musica … ed era come prendere un pezzo di Santo Graal.
Quando finì la prima canzone, i Foo Fighters avevano già attirato la massima percentuale di attenzione da parte di tutto lo stato.
Si sentirono le sirene dell’allerta nazionale … non suonavano da anni e anni … le piazze ormai erano tutte affollate e tutti aspettavano la prossima canzone.
 

 
In quel preciso istante Dave capì che era arrivato il momento … aveva raggiunto il massimo dell’interesse … sfiorò la foto che aveva nel taschino e si girò verso Taylor.
Hawkins capì subito dallo sguardo di Dave e annuì con una occhiata bellissima, aveva visto gli occhi di Dave, erano lucidi dall’emozione, come tutti gli altri occhi sotto il palco … erano tutti nella stessa barca, tutti uguali, nessuno era diverso … erano tutti uomini soli.
Dave cercò l’approvazione anche degli altri compagni, guardò Pat che gli fece segno di andare avanti, guardò Chris che fece un grandissimo sorriso e infine guardò Nate … lui che era rimasto sempre fedele alla band, che c’era dal principio … che aveva fatto tutti i concerti … lui che urlò “Se non adesso, quando?”.
Allora Dave si rigirò verso tutto il pubblico, prese il plettro … lo appoggiò sulle corde e guardò … guardò tra la gente … gli sguardi … le espressioni … erano lì per lui … ma forse neanche … erano lì per loro stessi, per riprendersi quello che meritavano, la loro vita e la loro musica … ed il loro diritto di vivere come meglio potevano, fissava individuo per individuo finché non si imbatté in due occhi … conosciuti … gli occhi di una ragazza che si era fatta largo tra la folla per essere lì davanti, lì per vederlo … Dave iniziò l’accordo con un risolino ed una lacrima sul viso, fissando il sorriso di quella ragazza …
Violet …
 

 
THE END …


Ringrazio tutte le persone che hanno letto questa storia e che l'hanno recensita positivamente, grazie mille a tutti voi.
Questa storia è dedicata ai Foo Fighters (un ringraziamento speciale va proprio a loro), è dedicata anche ai miei amici soprattutto ad una persona che mi ha fatto conoscere questo splendido gruppo e anche questo sito, quindi se questa storia esiste il merito è anche suo.
Un abbraccio a tutti!


Messo45

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