Un dolce, piccolo problema

di Lizzyluna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cronaca di un disastro annunciato ***
Capitolo 2: *** Tanto per cambiare… ***
Capitolo 3: *** Come una bambola ***
Capitolo 4: *** Oh capitano, mio capitano… ***
Capitolo 5: *** Bacchette magiche… ma anche no! ***



Capitolo 1
*** Cronaca di un disastro annunciato ***


Per dare a Cesare quel che è di Cesare(non le 23 pugnalate), preciso che questa fanfiction è stata ispirata da altre due storie: “...allora questa é Ginny, e questo é Draco...”, di RachelDickinson, e “Don't panic!”, di Chu (vi consiglio di leggerle; per la seconda, attenzione agli avvisi). Le autrici non c’entrano con questo colpo di...beh, chiamiamolo genio, in ogni caso ho provveduto ad avvisarle prima di piazzare i loro nomi su questa pagina. Spero di essere all’altezza e di non lasciarmi influenzare troppo dalle mie fonti (per ovvi motivi che capirete perfettamente durante la lettura).

Un dolce, piccolo problema

1-Cronaca di un disastro annunciato

“Oh, NO!”
“Che diavolo c’è, Lunastorta?” brontolò James.
“Hai messo una foglia di menta insieme a quelle di salvia! Potrebbe succedere un disastro, toglila subito!”
“Remus, è solo una...”
“Toglila!”
“Che rottura!”
James Potter afferrò il mestolo e cercò di ripescare la foglia che galleggiava allegramente nel calderone, maledicendo le paranoie del compagno di Casa. Remus Lupin era un ragazzo solitamente equilibrato e razionale, ma diventava dannatamente isterico quando si trattava di pozioni: al minimo errore da parte dei compagni si metteva a predicare come Nostradamus, minacciando scenari apocalittici, tragedie, epidemie, esplosioni e perfino qualche catastrofe nucleare. Per sua sfortuna l’assistente che aveva incautamente scelto per l’impresa del giorno (preparare una Pozione Ringiovanente almeno passabile, valutata come compito in classe) era molto meno scrupoloso: ogni suo gesto sembrava attentare deliberatamente all’integrità del fegato dell’amico (e della propria testa). Non che lo facesse apposta...ma questo non cambiava le cose.
“Tutto per una stupida foglia!” pensò James irritato. “Se per caso ci fosse caduta dentro una noce di cocco sarebbe morto di...”
“Non così, razza di babbuino!” intervenne Remus. “La stai mescolando! Sai cosa succede se mescoli troppo una pozione?”
“Non saprei proprio, Remus!” disse ingenuamente Sirius Black, che lavorava allo stesso tavolo in coppia con Peter Minus. “I ghiacciai si sciolgono? Gli alieni ci invadono? La Terra esplode? La Evans esce con James?”
Peter ridacchiò di gusto a quella battuta, ma la successiva occhiataccia di Remus bastò a togliergli il buonumore. “Ma bene!” esclamò tagliente il Prefetto. “Vi state divertendo, eh? Non ho mai incontrato persone più sciocche e superficiali in questo sotterraneo...non diventerete mai dei pozionisti, poco ma sicuro!” e con uno sbuffo stizzito girò la pagina del suo libro con tanta violenza da strapparla.
“Ha parlato il re dei calderoni!” commentò Sirius, a voce molto bassa. Pozioni era l’unica materia in cui Remus non riusciva a prendere il massimo dei voti e i suoi amici sospettavano che questo c’entrasse non poco con il suo malumore. Una sciocchezza, certo, non era il caso di farci una malattia...ma Lunastorta era fatto così, non sopportava di non essere bravo in qualcosa.
Nel frattempo James aveva ripescato la foglia clandestina, incollandola per ripicca sulla fronte di Remus, ed aveva cominciato a spremere le Melarance Turchine schizzando una notevole quantità di succo sul libro di Pozioni; Sirius vide il viso del giovane Lupin cambiare quattordici colori diversi e si affrettò a concentrarsi sul suo calderone, in cui la pozione, che doveva essere grigia, stava tendendo pericolosamente al verde scuro. Non che avesse paura di quel grazioso lupacchiotto, certo che no...ma il coltello d’argento vicino al suo polso sembrava un po’troppo affilato per i suoi gusti.

Il lavoro nei sotterranei procedeva a pieno ritmo, fra colpi di pestello e dense nuvole di fumo; ogni tanto si udivano le imprecazioni di chi sbagliava una dose, si scottava o si tagliava un dito, oppure la voce del professore che ricordava ai ragazzi quanto tempo avessero a disposizione per finire il compito. Tutti, Malandrini compresi, erano concentrati sulle pagine ingiallite del libro, distraendosi solo per gettare occhiate nervose all’orologio.
A metà del processo Sirius e Peter riuscirono chissà come a trasformare la loro pozione in una massa nerastra, che aveva la forma e la consistenza di un Bolide da Quidditch, ed accettarono filosoficamente l’ennesima D scarabocchiata da un esasperato Lumacorno. Mentre il compagno s’incaricava di riporre gli attrezzi, il giovane Black, ormai disoccupato, decise di cercarsi un passatempo per quell’ultimo quarto d’ora...e sfortunatamente lo trovò.
“Codaliscia...ehi, Codaliscia!” bisbigliò a Peter, intento a pulire il tavolo. “Perché non diamo una mano a Lunastorta e Ramoso?”
Il piccolo Minus gettò un’occhiata perplessa a Remus, che stava triturando alcune radici con espressione sinistramente fanatica. “Non so, Siri” rispose incerto. “Non mi sembra una buona idea...Remus è così...”
“Peter, coraggio, se non ci si aiuta tra amici...” ribatté Sirius sferrandogli una gomitata nelle costole. “Forza, andiamo!”
I due Grifondoro si trasferirono all’altra estremità del tavolo, trovando un James Potter sull’orlo delle lacrime dopo l’ennesima sfuriata di Remus. “Grazie al cielo!” sussurrò il poveretto. “È più nervoso del solito oggi...eppure manca ancora qualche giorno alla luna piena!”
“Tranquillo, ci penso io!” lo rassicurò Sirius. “Remus, amico mio, eccomi ai tuoi ordini!”
Il Prefetto mugugnò qualcosa che somigliava in modo sospetto a “Magnifico, dalla padella alla brace!”, ma l’altro Malandrino fece finta di niente e cominciò con entusiasmo a leggere le istruzioni sulla pagina sbagliata.
Forse è meglio se finisci di preparare le radici, Sir” suggerì Remus con una voce che grondava stalattiti di ghiaccio.
“Come vuoi, Lunettinastorta...comincio subito!” rispose Sirius per nulla intimorito, schivando abilmente un cuore di salamandra volante.

“...e poi il professore ha detto: Perché avete Trasfigurato la pozione in un Bolide? E Sirius: Professore, è questa la pozione!”
James rise di gusto al racconto di Peter, guadagnandosi un’occhiata storta da parte di Remus, che stava rimestando con diligenza nel calderone. Tutto procedeva insolitamente bene, nonostante le immancabili distrazioni di Sirius, ma il Prefetto non era ancora tranquillo.
“La corteccia è pronta, sergente istruttore!” lo informò il giovane Black asciugandosi il sudore.
“Perfetto!” assentì Remus aggiungendola al composto. “Bene, adesso manca un pizzico di polline di mimosa...non quella, Sirius, dove hai la testa? Quella è polvere di zolfo...lascia, faccio io!”
Alzando gli occhi al cielo Sirius lasciò cadere la polvere gialla in uno dei vasetti sul tavolo, sperando che la lezione finisse al più presto, ma mentre si puliva le mani in uno straccio ebbe la sensazione di aver fatto qualcosa che non andava. Si guardò intorno, grattandosi la testa...e un’occhiata al tavolo gli diede la risposta: la polvere di zolfo. L’aveva messa nel vasetto sbagliato. “Oh, caspita!” pensò il ragazzo. “Per fortuna Lunastorta non mi ha visto...”.
Effettivamente tutta l’attenzione di Remus era assorbita dal calderone, il cui contenuto era di un bel giallo oro. “Forse possiamo farcela!” borbottò nervosamente il Prefetto. “È la sfumatura che non va bene...ma perché...”
“Ehm, Remus...” intervenne timidamente Sirius, preparandosi alla ramanzina.
“Non adesso, Felpato...accidenti, dovrebbe essere arancione, non ne ho messo abbastanza!” e così dicendo il giovane Lupin afferrò rabbiosamente una manciata di polline e la buttò nel calderone.
Sirius sentì un brivido gelato lungo la schiena: qualcosa gli diceva che la perfetta pozione di Remus stava per tramutarsi nell’ennesimo disastro...e la colpa stavolta era sua.
“Oh, no, Lunastorta...” gemette angosciato, mentre Remus mescolava il filtro rasserenandosi progressivamente ad ogni giro di mestolo. A quanto pareva il saggio Grifondoro non si era accorto di nulla: anzi contemplava il calderone come se non avesse mai visto niente di più bello.
“Ecco qui, è pronta!” dichiarò infine compiaciuto. “Ha proprio un bell’aspetto...guarda, Sir, non è magnifica?”
“Remus...ti prego, è importante...”
“Mi confesserai il tuo amore più tardi, Sirius, adesso dobbiamo vedere se funziona...a chi tocca oggi?”
“A me!” rispose James con entusiasmo, immergendo il mestolo nel calderone. “Che bella, sembra aranciata...è anche buona?”
“No, James!”
Tutti, professore compreso, si voltarono verso Sirius fissandolo interrogativi.
“Qualcosa non va, Sirius?” chiese Remus con pericolosa gentilezza.
“No...no, è che...” tentò di spiegarsi Sirius.
“Vorresti forse insinuare che la mia pozione non è perfetta?” proseguì il Prefetto accarezzando affettuosamente il pesante mestolo di legno.
“Ce-certo che no, Remus!”
“Allora taci!” concluse il ragazzo. “James, ecco qui”
Paralizzato, Sirius guardò James bere il liquido arancione dal mestolo e chiuse gli occhi per prepararsi al disastro. “Oh Merlino e Morgana, sono rovinato, sono fritto, ormai è troppo tardi, succederà un bel...”
“Niente!” esclamò Remus.
Il giovane Black riaprì gli occhi. “Come dici, Lunastorta?”
Remus sbuffò esasperato. “Non è successo niente...guarda!” rispose indicando gli altri tavoli: il sotterraneo sembrava essersi popolato di bambini di undici, otto, addirittura sei anni che ridevano allegramente, mentre Ramoso non era ringiovanito neppure di un giorno.
“Bene, bene” esclamava intanto Lumacorno girando tra i banchi. “Ottimo lavoro, ragazzi. Portatemi un campione e venite a prendere l’antidoto...e voi quattro, perché avete quelle facce da funerale?”
“Non...non è riuscita, professore!” spiegò Remus a testa bassa. “Non capisco...ma perché?”
Lumacorno si chinò sul calderone. “Davvero? Strano, sembra perfetta...eccellente, direi, il colore è magnifico. Dev’esserci stato un piccolo intoppo...non te la prendere, giovane Lupin, sono cose che succedono. Bene, ragazzi, la lezione è finita: lasciate i campioni sul mio tavolo e leggetevi il capitolo cinque per la prossima volta...e voi -sì, anche tu, Black- portatemi un tema di almeno un rotolo in cui mi spiegherete dove avete sbagliato!”
Le parole del professore parvero togliere a Remus tutta la sua grinta: non ebbe neppure la forza di sfogarsi sui compagni di sventura. “Un disastro come al solito...questa volta una bella T non me la leva nessuno!” mormorò sconsolato, raccogliendo la sua roba.
“Remus, mi dispiace...” esclamò Sirius sentendosi in colpa. “La tua pozione era magnifica, sono io che...”
“Non importa, Sir, davvero!” rispose il Prefetto con un debole sorriso (molto debole, a dire il vero). “Vorrà dire che mi rifarò agli esami” ed uscì in fretta come se l’allegro chiacchiericcio degli altri studenti gli risultasse insopportabile. Gli altri tre lo seguirono, mortificati...ma Sirius si attardò per concedersi un piccolo, liberatorio sospiro di sollievo. Scampata bella, anche quella volta.

“Mi dispiace per Remus!” disse Peter fissando il Prefetto che camminava in fretta davanti a lui, con l’aria di chi ha un lutto in famiglia. “Ci teneva tanto a prendere un bel voto per non rovinarsi la media, non si meritava dei pasticcioni come noi!”
“In effetti non siamo granché come pozionisti...anche se mi sembra che Remus prenda un po’troppo sul serio questa faccenda dei voti” ammise Sirius. “Voglio dire...ci sono cose più importanti nella vita, giusto? Però hai ragione, dovremmo impegnarci un po’ di più, se non altro per non sentirlo predicare...quel sotterraneo tira fuori il peggio di lui, deve essere il fumo. Ci stava sbranando oggi, ti giuro che ho avuto paura...ma quando diventeremo autentici geni delle pozioni chiederà in ginocchio la nostra assistenza. Possiamo farcela, non è vero James...ehi, James, ci sei?”
“Sirius!”
Il giovane Black si voltò di scatto, assolutamente spiazzato: la voce che aveva risposto al suo richiamo era insolitamente acuta, cinguettante...in una parola infantile. Ma non era l’unica cosa strana...
La cosa peggiore era che James non c’era più. L’affascinante sedicenne che Sirius conosceva come un fratello era svanito nel nulla, lasciando a terra un mucchio dei suoi vestiti...e al suo posto, sepolta tra la sciarpa e il maglione, era comparsa una bambina dai capelli neri che non dimostrava più di tre anni.
Tre anni, capelli neri, occhiali in bilico sul naso.
“Oh, no...vi prego, ditemi che non è vero...” mormorò Sirius orripilato.
“Sirius!” ripeté la piccola angosciata. “Sirius, cosa è successo?”.
Il ragazzo tentò inutilmente di rispondere che non ne aveva idea, mentre l’orribile verità cominciava a farsi strada nella sua mente: per quanto folle potesse sembrare, quella bimba era...
“Felpato...oh, cielo, Felpato, cosa abbiamo fatto?” gemette Peter aggrappandosi alla sua manica. “Vorrei poterti dire che non lo so, Peter!” rispose tetramente Sirius. “Remus...ehi, Remus, torna indietro!”.
Il Prefetto, immerso nei suoi cupi pensieri, era arrivato quasi in fondo al corridoio senza accorgersi che gli amici non erano con lui; udendo il disperato grido di Sirius tornò sui suoi passi, con un'occhiata frettolosa all’orologio. “Sirius, piantala adesso, ti ho detto che non importa...” cominciò in tono brusco, poi notò i visi sconvolti dei due ragazzi e il mucchietto sul pavimento. “Che succede adesso? Dov’è James? E chi cavolo è quella bambina?”
“Remus...” disse Sirius con voce malferma. “Remus, io...credo che sia James”


Mi scuso in anticipo dei ritardi che sicuramente ci saranno nell’aggiornamento, dato che sto praticamente scrivendo di notte; intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto.

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Capitolo 2
*** Tanto per cambiare… ***


2-Tanto per cambiare…

I Malandrini rimasero impietriti in mezzo al corridoio, mentre un gruppetto di Tassorosso li oltrepassava ridacchiando senza accorgersi di nulla; Remus continuò a fissare la bimba, facendo metodicamente a pezzi i propri appunti di Trasfigurazione.
“James?” chiese cautamente, rompendo un lungo silenzio. “James, sei proprio tu?”
La piccina alzò il visetto rosso e stravolto verso il ragazzo. “Remus!” esclamò spaventata “Remus, aiuto, mi sono ristretto!”. Tendendo le manine in una commovente richiesta d’aiuto, mosse un passo incerto e traballante in direzione dell’amico ma inciampò nei vestiti divenuti troppo grandi e cadde in avanti, battendo la fronte sul duro pavimento di pietra. Sul viso di Sirius saettò un’espressione divertita, che scomparve immediatamente.
Il giovane Lupin si chinò premurosamente per aiutare James a rialzarsi, esaminando la fronte ferita ed il nasino rosso. “Chiunque sia stato, passerà un grosso guaio!” esclamò in tono serio. “È proibito fare magie nei corridoi!”
“Veramente…” disse una vocina timida alla sua sinistra. Apparteneva a quello che, a giudicare dalle dimensioni, doveva essere un Tassorosso del primo anno.
“Hai visto qualcosa?” chiese gentilmente Remus.
Il ragazzino scosse la testa. “Ero proprio dietro di lui, e non ho visto nient’altro. Niente incantesimi, voglio dire. All’improvviso puff, si è rimpicciolito” e detto questo trotterellò via, felice di essere stato d’aiuto a un Prefetto.
Remus si grattò il naso, perplesso. “Ma allora cosa è stato? A meno che…no, non è possibile, l’effetto della pozione è immediato!”
Sirius, già agitato in precedenza, a quelle parole cominciò a sudare freddo. Remus non avrebbe impiegato molto ad individuare il colpevole…e il massacro avrebbe avuto inizio. “Ma non l’ho fatto apposta!” mormorò disperato.
A quelle parole Remus si voltò, sospettoso. “Apposta? Cosa intendi, Sirius?”
La sua espressione era così simile a quella della McGranitt che Sirius si pentì di aver aperto bocca. “Cioè…io…ecco…veramente…Remus mi dispiace ho sbagliato vasetto non è colpa mia è stato un incidente ti prego non uccidermi!” esclamò, buttandosi in ginocchio e stritolando James in un abbraccio drammatico.
Le labbra di Remus si arricciarono nel suo celebre sorriso azzannante. “Ucciderti? Certo che no, Sirius caro...ci costerebbe almeno diecimila punti. E poi non voglio togliere a James la soddisfazione di farlo di persona, non è vero Ramoso?”
“Ci puoi giurare!” ringhiò James lottando per liberarsi. “Appena ti metto le mani addosso…”
“Ehm, scusate…” intervenne Peter. “Non possiamo discuterne più tardi? La McGranitt si starà chiedendo che fine abbiamo fatto…”
Solo in quel momento Remus si rese conto della gravità della situazione: erano in mezzo al corridoio, senza James, con una bimba sbucata dal nulla e un mucchio di vestiti per terra. E, cosa ancora più grave, erano in ritardo per la lezione.
Il ragazzo rifletté rapidamente in cerca di una soluzione e ne trovò una, l’unica sensata. “Giusta osservazione, Peter. Vai a chiamare la McGranitt, dille che abbiamo un problema”

Cinque minuti più tardi, un’irritata professoressa McGranitt marciò verso il proprio ufficio seguita a ruota da Peter; gli altri tre Malandrini si trovavano già lì, seduti sulle “sedie da punizione” allineate di fronte alla cattedra. Naturalmente avevano trovato la porta aperta, dato che la direttrice di Grifondoro non chiudeva mai a chiave; del resto, a nessun allievo sano di mente sarebbe mai venuta l’idea suicida di combinare danni in quella stanza.
James sedeva tra Sirius e Remus, dondolando i piedini scalzi e ormai congelati dal freddo di novembre. I suoi amici l’avevano impacchettato nella sua stessa camicia, stringendogli la sciarpa intorno alla vita come una cintura, e l’avevano avvolto nella veste da lavoro per tenerlo caldo, ma i calzini troppo larghi erano scivolati giù durante il tragitto e gli altri vestiti, biancheria compresa, erano di parecchie taglie più larghi rispetto al suo nuovo corpo. Sirius aveva proposto di lasciarli per terra e spargere la voce che James era stato polverizzato da un Mangiamorte di passaggio, giusto per vedere se Lily si sarebbe commossa, ma Remus aveva bocciato l’idea e imposto all’amico di raccoglierli prima che Gazza li trovasse.
Quando la McGranitt spalancò la porta del suo sancta sanctorum, la prima cosa che vide fu appunto la pila di abiti sul pavimento, coronata da una cravatta di Grifondoro e da un fazzoletto sporco.
“Chiudi la porta e siediti!” ordinò a Peter, che obbedì prontamente. Scrutò i quattro con viso severo, soffermandosi sulla bambina, poi raggiunse la scrivania e si sedette, sforzandosi di mantenere la calma. “Black e Potter!” cominciò. “Ogni mattina, ogni singolo giorno che passo in questa scuola mi sveglio con il terrore di quello che potreste combinare!”
“Ma è stato un incidente!” protestò Sirius.
“Il fatto è, Black, che voi quattro”, e Remus arricciò il naso a quelle parole, “siete portatori sani di disastri anche quando non intendete farlo!” continuò la donna. “Minus mi ha spiegato cosa è successo…in modo alquanto confuso, devo dire…e posso solo sperare che il professor Lumacorno sappia come rimediare a questo pasticcio”
Il suddetto professore comparve pochi istanti dopo, sudato e ansimante e con una notevole quantità di muschio nei capelli. “Eccomi, cara Minerva, ho ricevuto il biglietto…gran brutto affare, davvero…ma forse si può rimediare…e dimmi, il soggetto…?”
“Il signor Potter si trova qui, Horace” confermò la McGranitt indicando la bambina. “Pare che la Pozione Ringiovanente sia stata alterata”
Il professore si avvicinò a James, esaminandolo con attenzione. “Stupefacente, davvero stupefacente! Nessuna delle altre pozioni è stata così efficace! Signor Lupin…e anche tu, signor Potter…senza questo piccolo intoppo sarebbe stata una E garantita!”
La McGranitt tossicchiò lievemente, mentre Remus tentava, senza riuscirci, di sembrare modesto.
“Chiedo perdono, Minerva, mi sono lasciato trascinare!” si scusò Lumacorno. “Dunque, se ho capito bene è stato introdotto un ingrediente estraneo…”
“Zolfo” confermò Sirius.
“Zolfo, dici? Capisco, questo spiega il colore arancio vivo…abbastanza simile all’originale da trarre in inganno. Sarà un ottimo spunto per il mio prossimo saggio”
“Cosa mi succederà, professore?” pigolò James. “Continuerò a…a rimpicciolire?”
Lumacorno ridacchiò. “Rimpicciolire? Lo escludo, Potter. La tua condizione dovrebbe rimanere, diciamo così, stabile finché non troverò il modo per riportarti indietro”
“E lo troverà, vero? Non dovrò restare così a vita?” supplicò il ragazzo.
Il professore rise di nuovo. “Ma certo che lo troverò, è il mio mestiere! Mi servirà il tuo sangue …non fare il bambino, solo una goccia…e con un po’di pazienza dovrei riuscire a produrre un antidoto entro un mese, due al massimo”
“Un MESE?” strillò James. “Non resisterò un mese con questo stupido corpo!”
“Un mese?” fece eco Remus. “L’effetto della pozione dovrebbe svanire in un’ora!”
“Quella normale, Lupin” specificò il professore “ma non c’è modo di sapere come si comporta una pozione alterata. Di solito l’aggiunta di un ingrediente sbagliato tende a potenziarne gli effetti, mi ricordo una Pozione Calmante che…”
Un’occhiataccia della McGranitt lo costrinse ad interrompere l’aneddoto.
“In ogni caso, credo che il signor Potter se la caverà. La sua mente non ha subito danni, ma forse potrebbe avere difficoltà a controllare la magia, capita spesso ai bambini piccoli. Se mi fate avere quel campione di sangue posso cominciare con l’antidoto oggi pomeriggio…no grazie, Minerva, mi fermerei volentieri per il tè ma adesso devo proprio andare, ho lasciato gli allievi del primo anno soli nel sotterraneo e temo che non abbiano afferrato…”
Come per confermare quelle parole, una potente esplosione scosse il castello dalle fondamenta, facendo tintinnare i vetri e mandando in frantumi il calamaio della McGranitt.
“Troppo tardi!” sospirò Lumacorno, e corse fuori.

I Malandrini rimasero soli con la McGranitt, che continuava a scrutarli come se si aspettasse che quella faccenda della pozione fosse uno dei loro soliti scherzi.
“Bene!” esclamò quando il professore fu uscito. “Sembra che questa situazione si trascinerà per qualche giorno. Black, Lupin, Minus…posso fidarmi di voi?”
“Che intende con fidarmi, professoressa?” chiese Peter.
“Intendo, Minus, se siete in grado di occuparvi di Potter” spiegò seccamente la professoressa. “Aiutarlo a vestirsi, prendergli i libri dagli scaffali, impedirgli di finire nei guai perché non riesce a controllare la magia…quello che fareste per un bambino piccolo. So che la mente di Potter conserva la sua…maturità”, e qui fece uno sbuffo di disapprovazione, “ma il corpo di un bambino di tre anni non è quello di un ragazzo di sedici, e dovrete tenerlo presente”
“Ci ha presi per imbranati, professoressa?” protestò Sirius. “Certo che possiamo farlo! Voglio dire, James era un bambino scemo anche prima, l’unica differenza è che adesso è più basso!”
“Cretino!” ringhiò James indispettito.
“Non cominciate!” li interruppe la McGranitt. “Dunque, Potter…tanto per cominciare avrai bisogno di vestiti nuovi”
Lo sguardo della professoressa si appuntò di nuovo sul mucchio per terra, e James arrossì imbarazzato. Vedere le sue mutande esposte agli occhi del mondo lo metteva a disagio.
“Possiamo andare noi a prenderli a Hogsmeade” propose Sirius speranzoso.
“Scordatelo, Black. Mandy, nel mio ufficio, per favore!”
Un’elfa domestica avvolta in uno straccio rosa si Materializzò nella stanza. “La signora ha chiamato?” chiese con un profondo inchino.
“Ho un compito per te, Mandy: vai a Hogsmeade e procurati dei vestiti adatti a una bambina piccola” ordinò la McGranitt indicando James. “Abiti pesanti, scarpe, un pigiama e…tutto quello che può servire. Dirai alla sarta di mandarmi il conto”
Mandy intanto contemplava il giovane Potter, sbalordita. “Signorina è studentessa?” chiese incuriosita.
“Sì, Mandy, è una studentessa!” sospirò la McGranitt.
“Ooh!” esclamò l’elfa spalancando gli occhi. “Signorina molto intelligente se a Hogwarts così giovane!”
Quando Mandy si fu Smaterializzata, portando con sé i vestiti di James, la McGranitt si rivolse ai quattro Grifondoro. “Uno di voi porterà Potter in infermeria per il prelievo e poi verrà immediatamente in classe; Potter, Madama Chips vorrà darti un’occhiata, quindi per oggi sei esonerato dalla mia lezione. Tuttavia mi aspetto di vederti nell’aula di Vitious alle due in punto…non protestare, Potter: forse non potrai usare la bacchetta, ma niente ti impedisce di ascoltare la spiegazione. E mi aspetto anche” proseguì, fissando Sirius con i suoi occhi penetranti, “che nessuno di voi usi la condizione di Potter come scusa per andarsene a spasso per i corridoi. Non vi ho tolto punti perché è stato un incidente, ma lo farò se vi scoprirò a saltare le lezioni per giocare ai fratelli maggiori!”
“Pensa sempre a tutto, maledizione!” bisbigliò Sirius.
“È il mio mestiere, Black!” replicò la professoressa. “E adesso andate!”

Com’era prevedibile, l’onore di scortare James in infermeria toccò a Sirius; tuttavia Remus insistette per accompagnarlo, in modo che non facesse altri danni. Il povero Peter, non trovando una scusa plausibile per giustificare la necessità della sua presenza, fu costretto a seguire la McGranitt in classe e si avviò depresso verso l’aula di Trasfigurazione.
I tre Malandrini erano già a metà corridoio quando la professoressa li richiamò. “Un’ultima cosa, Potter!” aggiunse con un sorrisetto. “Il dormitorio femminile è al completo, dunque non hai alcun motivo per entrarci. Puoi dormire nella tua stanza, come hai sempre fatto. In caso contrario, cinquanta punti in meno per Grifondoro”

“Ci ha proprio incastrati, eh?” mormorò Sirius quando la McGranitt fu abbastanza lontana.
“È davvero ingiusta!” commentò James. “L’idea del dormitorio non mi era neppure venuta!”

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Capitolo 3
*** Come una bambola ***


3-Come una bambola

I tre Malandrini raggiunsero l’infermeria senza troppi incidenti, con James in braccio a Sirius e Remus che li seguiva. Un paio di studenti che tornavano dal bagno li fissarono stupiti, ma a Remus bastò un altezzoso “Sono un Prefetto!” per mettere a tacere eventuali domande; del resto non era raro vedere studenti con strani brufoli, arti in più o capelli fucsia in una scuola di magia (specialmente dopo una lezione di Incantesimi) e un Grifondoro ristretto non attirava più di tanto l’attenzione.
Madama Chips era già stata informata e prese subito in consegna James, lasciando i due amici nel corridoio. Remus afferrò Sirius per un braccio con l’intenzione di trascinarlo in classe, come aveva detto la McGranitt, ma in quel momento Mandy si Materializzò con un grosso fagotto in mano. “Mandy ha vestiti per signorina intelligente!” squittì porgendo l’involto a Sirius.
“Sir, dobbiamo andare! Porta quel pacco a madama Chips!” intervenne Remus.
“Aspetta, Lunastorta, fammi vedere…oh, che carini, Ramoso sarà una favola con questi addosso!”
La sarta aveva pensato a tutto: c’era una divisa in miniatura con tanto di sciarpa e cravatta, un mantello pesante, una tunica da lavoro e un paio di guanti per Pozioni, scarpine di vernice nere e un pigiama azzurro con un delizioso coniglietto stampato sulla maglia.
“Ooh, ma guarda un po’cosa c’è qui!” sghignazzò il giovane Black aprendo un pacchetto. “Orsetti, conigli, pinguini…il nostro Jamie avrà un intero zoo sulle mutande!”
“Sirius, an-diamo!” scandì Remus impaziente.
“Arrivo, un momento. Oh, guarda: questo cagnolino somiglia a…”
Sirius non riuscì a dire a chi somigliasse il cane, se a Felpato o a Lunastorta: Remus eseguì una perfetta Presa della Sciarpa di Seta Assassina (che consisteva nello stringere la sciarpa stessa attorno al collo della vittima, bloccando momentaneamente l’afflusso di sangue) che mandò il giovane Black al tappeto in due secondi. Dopodiché il Grifondoro mannaro bussò alla porta dell’infermeria, consegnò il pacco ad una meravigliata madama Chips spiegandole a cosa serviva e pochi minuti dopo varcò trionfalmente la porta del’aula di Trasfigurazione con Sirius che gli galleggiava davanti come un palloncino.
Il giovane Black, ancora mezzo stordito, seguì il resto della lezione in misericordioso silenzio, e il perfetto Incantesimo Levitante eseguito da Remus fece guadagnare due punti a Grifondoro.

Quando la lezione di Trasfigurazione finì, Remus e Peter corsero in infermeria mentre Sirius si attardava a spiegare agli altri compagni cosa fosse accaduto. La sparizione di James e il ritardo degli altri Malandrini non erano passati inosservati, soprattutto a causa dell’entrata ad effetto di Remus, così Sirius dovette rassicurare tutti che James non stava male e che si era trattato di un piccolo incidente, senza specificare di che tipo. La preoccupazione dei compagni era comprensibile: la prima partita di Quidditch della stagione si avvicinava e James era il nuovo capitano, nonché il più abile Cacciatore della squadra.
Liberatosi dall’ultimo Grifondoro, Sirius si affrettò giù per le scale e all’altezza del primo piano si imbatté nell’unica che non si era degnata di chiedere notizie: la magnifica, inavvicinabile Lily Evans.
“Buongiorno, Evans!” la salutò.
“Buongiorno, Black. Che fine ha fatto il tuo amico?”
“Aha, ma allora ti preoccupi per lui!” esclamò Sirius, cogliendo la palla al balzo. “Vedi che in fondo ti piace? Dai, ammettilo, eri in ansia per lui!”
Lily finse di riflettere. “Fammi pensare…no!”
Il giovane Black non si arrese. “Non mi inganni, bellezza: hai gli occhi lucidi…”
“È il raffreddore”
“…il tuo pallore ti tradisce…”
“Mai stata abbronzata”
“…e continuavi a voltarti verso il mio banco quando Minnie non guardava!” concluse trionfalmente Sirius. “È inutile che fai finta di niente, eri preoccupata!”
Lily sospirò, bestemmiando in cuor suo tutti gli dei dell’Olimpo. “Cosa devo fare per liberarmi di te, Black?”
“Puoi nascondere il viso nel mio petto e confessarmi una buona volta che ami James e sei troppo timida per ammetterlo”
“Nasconderò il viso nel tuo petto, Sirius, solo per strapparti a morsi gli organi interni!” replicò Lily con un sorriso tutto denti. “Allora, quale parte di Potter è un arrogante presuntuoso e pieno di sé e io non lo sopporto non hai capito?”
“La parte in cui tu arrossisci mentre lo dici, Evans!” sottolineò Sirius implacabile. “Avanti, capisco che tu non voglia cedere al primo che ti fa gli occhi dolci, ma James fa sul serio…è disperato, piange tutte le notti…”
“Black…”
“Va bene, una notte sì e una no; parla nel sonno, una volta ha cercato di baciare Remus, è stato orribile! Credimi, Evans, fa tanto il disinvolto ma non vede l’ora di averti nel suo lett…”
Siiiiirius!”
Il Grifondoro interruppe l’appassionato discorso per guardare alla sua destra, dove una bambinetta furibonda stava cercando di uccidere proprio quel Remus che lui aveva appena nominato, il quale stava risalendo il corridoio portando la piccola in braccio. Il povero ragazzo lottava eroicamente contro le manine tenaci che gli stringevano il collo e che, Sirius ne aveva la netta impressione, avrebbero preferito fare a pezzi qualcun altro. Lui, per esempio.
“Ignobile e schifoso traditore, non potevi aspettare almeno una settimana prima di provarci con la Evans?” lo accusò la bambina, con una voce talmente aspra e sibilante che sembrava stesse parlando in Serpentese. Nel frattempo, una terrorizzata Evans fissava quella scena a occhi sbarrati.
Sirius scosse la testa, offeso da quell’ingiustizia. “Non ci stavo provando, allocco: stavo…come si dice…perborando…perdurando…”
Perorando!” ansimò Remus, mezzo soffocato.
“Ah, sì…perorando la tua causa. Se mi avessi lasciato lavorare ancora mezzo minuto sarei riuscito a…”
“Lily, stai bene?” lo interruppe la voce di Mary MacDonald, giunta in soccorso della compagna.
Lily non rispose; puntò il dito verso la bambina, emettendo suoni inarticolati che non potevano appartenere a nessuna lingua conosciuta, e infine scappò a gambe levate, inseguita da una Mary sbigottita.
“Complimenti, grande seduttore: il tuo fascino l’ha proprio stesa!” commentò Peter.
“Guarda che non è colpa mia! Me la stavo cavando benissimo, prima che James mi facesse quella scenata” replicò Sirius. “A proposito… ehi, Ramoso, fatti un po’vedere!”
Aiutato da Peter, James smontò dalle braccia di Lunastorta e si piantò di fronte all’amico con le manine sui fianchi. Indossava la divisa in miniatura e aveva i capelli raccolti in due codini legati da nastri rossi e oro, un piccolo tocco d’artista di madama Chips; le scarpine lucide e le calze con il bordo di pizzo completavano l’opera. “Che ne dici, mi hai guardato abbastanza o devo farti una sfilata?” esclamò sarcastico.
Sirius si inginocchiò sul pavimento per ammirare l’amico da vicino. “Sei una delizia” gli assicurò pizzicandogli il nasino. “Che fine hanno fatto i tuoi occhiali?”
“Non ne ho bisogno” lo informò James. “L’unica cosa positiva di questo casi… Sirius, che diavolo stai facendo? Lascia stare la mia gonna!”
“Controllo se è tutto a posto” rispose Sirius con un sorrisetto malizioso. “Allora, quali hai messo, James? Cagnolini o coniglietti?”
“Traditore, maniaco e sporcaccione!” esclamò il giovane Potter, rifilando a Sirius uno schiaffetto poco efficace. “Stammi alla larga o ti faccio picchiare da Remus!”
“Ehi, che c’entro io?” protestò il ragazzo.
Sirius scoppiò a ridere, senza neppure provare a fingersi spaventato. “Sei un tesoro quando ti arrabbi, Ramoso. Rischio seriamente di innamorarmi di te”
“No, non ci credo!” gemette Peter sconsolato. “Ci stai provando anche con James! Non riesci proprio a controllarti, Felpato?”
“Le preferisco più mature, grazie” rispose Sirius disinvolto. “Ma se questa bellezza dimostrasse qualche anno di più… mmh, credo proprio che mi darei da fare”
Quell’ultima uscita di Sirius ebbe l’effetto di terrorizzare James, che si affrettò a rintanarsi tra gli altri due Malandrini gemendo “È impazzito… oh cielo, è impazzito, il fumo dei sotterranei ha fatto male anche a lui!”. Tra le risate di Sirius, l’imbarazzo di Remus, le proteste di James e il rude intervento di Peter, che cercò di abbattere Sirius con una copia della Gazzetta del Profeta per difendere la purezza della giovanissima dama, la scenetta creò abbastanza trambusto da attirare l’attenzione di madama Chips, che uscì armata di bastone per riportare ordine e disciplina sul suo pianerottolo; i quattro capirono che era il caso di levare le tende e si affrettarono a scendere le scale, con James aggrappato alla mano di Peter e Remus che gli faceva scudo col suo corpo contro gli inopportuni apprezzamenti di Sirius.

Le spiegazioni non erano finite: quando i Malandrini raggiunsero la Sala Grande per il pranzo trovarono l’intera squadra di Quidditch di Grifondoro riunita fuori dalla porta. A quanto pareva, la notizia si era sparsa.
“Come sta il capitano, Sir?” chiese Oliver Becker, il Portiere. “Non è niente di grave, vero? La partita è sabato!”
Sirius strattonò nervosamente il colletto della divisa, non sapendo come cominciare. “Veramente James ha avuto un piccolo…”
“Oh, che carina!” cinguettò Katie Lou Caldwell, una dei Cacciatori, prendendo in braccio la bimba che si nascondeva dietro a Remus. “Sembra una bambola! Chi è questo fiorellino, Sirius?”
“È il capitano, Kats” spiegò Sirius, mentre James faceva del suo meglio per impedire alla ragazza di dargli buffetti sulle guance.
Katie Lou si bloccò. “Il capitano? Questa è James?” chiese sbalordita.
“Prova a ridere delle mie disgrazie e l’unica parte di te che giocherà a Quidditch sarà la testa, Caldwell!” ringhiò la bimba.
“James? Oh, scu…scusa!” balbettò la Cacciatrice imbarazzata.
“Non ci sono dubbi: è proprio il capitano!” affermò Louis Coleman, Battitore, mentre la compagna di squadra rimetteva precipitosamente la bambina a terra. “Solo lui sa minacciare con tanto stile”
“Ma cosa è successo?” chiese una ragazza bassa e minuta con il viso lentigginoso: Melanie Calvert, detta la poetessa del Boccino.
“Sirius ha fatto danni come al solito” intervenne Remus. “Vedi, Melanie, durante la lezione di Lumacorno abbiamo avuto un problema con…”
“Ho sentito bene? Quello è Potter?” disse una voce alle sue spalle; Sirius smise all’istante di fare linguacce a Lunastorta e si voltò per fronteggiare il nuovo arrivato, ovvero il loro vecchio amico Severus Piton.
Il ragazzo raggiunse il gruppetto di Grifondoro con il viso carico di perversa soddisfazione, mentre i suoi amici Serpeverde ridacchiavano di gusto. “Potter!” esclamò con voce melliflua. “Noto con piacere che la tua età fisica si è finalmente allineata a quella mentale!”
“E io noto” rispose Sirius imperturbabile, “che la tua simpatia è sempre inversamente proporzionale al grado di untuosità dei tuoi capelli, Mocciosus”
“Ma che carino, difendi la tua amichetta!” replicò Piton. “Peccato che sia tanto giovane, voi due sareste una magnifica coppia. Anime gemelle, capisci cosa intendo?”
“Dateci un taglio, tutti e due!” intervenne Melanie. “Sirius, la partita è tra due giorni: prova a farti mettere in punizione e ti disintegro!”
“Ha cominciato lui!” mugugnò il giovane Black, ma seguì ugualmente la Cercatrice nella Sala Grande, mentre i compagni creavano uno scudo protettivo intorno a loro. Era già capitato che il caratteraccio di Sirius lo mettesse nei guai, specialmente quando c’entrava Piton, e quando si trattava di castighi la McGranitt era assolutamente imparziale; i Grifondoro non erano affatto ansiosi di perdere il loro Cacciatore, dunque si affrettarono a disinnescare la bomba prima che la situazione degenerasse.
“Buon appetito, Potter! Ci vediamo dopo l’ora della nanna!” salutò Piton sarcastico. James strinse i pugni, ma non fiatò.
“Dunque è stata una pozione” riprese Louis, costeggiando il tavolo in cerca di un posto libero. “La Evans è corsa giù dalle scale farneticando di magia nera e possessioni demoniache, ma non avevo capito che stava parlando di te”
“Infatti parlava di Sirius” rispose James. “O meglio, della belva che si scatena in lui appena vede un essere con la gonna”
Sirius lo punì con uno scappellotto, accorgendosi troppo tardi di aver calcolato male le forze: la sua manata abbatté la bimba come un birillo, facendola cascare a faccia in giù per la seconda volta. “Oddio… James, scusa!”
“Vergogna, Black! Non si picchiano i bambini!” lo rimproverò Sabrina Goldwin, secondo Battitore della squadra.
“Te ne approfitti perché sono piccolo, Sirius!” mugugnò James rialzandosi. “Ma faremo i conti dopo pranzo, sto morendo di fa…”
Solo allora il giovane Potter si rese conto di un altro piccolo, trascurabile problema: il bordo del tavolo gli arrivava più o meno a livello della fronte, e per sedersi sulla panca avrebbe dovuto arrampicarsi.
“Ti prendo in braccio, James?” si offrì Sirius.
“No, Sir”
“Aspetta, ti aiuto io” propose Peter, issandolo sulla panca. “Remus, non è che hai preso qualcuno dei tuoi libroni?”
“I miei libri non si toccano!” dichiarò Remus, abbracciando la borsa con aria possessiva. “Potremmo Appellare un cuscino o due, così James sarebbe anche più comodo”
“Ma quale cuscino!” lo liquidò Sirius, prendendo posto al fianco di James e trasferendolo di peso sulle sue ginocchia. “Il mio Ramoso starà benissimo in braccio a me, non è vero dolcezza?”
Gli irripetibili insulti del ragazzo non ebbero il minimo effetto.

“Cosa ti prendo, amore? Vuoi l’arrosto o la torta salata?” tubò il giovane Black, allungandosi a prendere un vassoio.
“Voglio tornare come prima e farti ingoiare il piatto!” mugugnò James. “E se proprio non posso, allora scelgo l’arrosto”
Gli altri Grifondoro nascosero un sorriso dietro il tovagliolo, divertiti da quella scenetta. Ormai tutta la tavolata sapeva chi fosse quella bimba che godeva delle attenzioni di Sirius, e ogni tanto anche qualche studente delle altre case allungava il collo per vedere la nuova arrivata (e, nel caso dei Serpeverde, per dare di gomito al vicino e bisbigliare qualche commento acido).
“James, per quanto tempo resterai così?” si informò Sabrina.
“U’efe” rispose James con la bocca piena.
“Lumacorno dice che ci vorrà almeno un mese per l’antidoto” tradusse Peter.
“Oh, no! Ma allora non potrai giocare!” gemette Katie Lou. “Sarà un disastro, non abbiamo riserve abbastanza forti… forse dovremmo chiedere a madama Bumb di rimandare la partita”
“Certo che giocherò, Kats, il grande James Potter non si fa fermare da sciocchezze come questa!” affermò James inforcando un pezzo di carne e schizzando la tovaglia di sugo. “Rimandare la partita… figuriamoci, non vedo l’ora di scendere in campo!”
Grande James Potter, hai la manica nel piatto” lo richiamò Remus, suscitando i risolini delle compagne.
“È Sirius che non mi fa spazio” si lamentò il ragazzo. “Ehi, cagnaccio, quella era la mia patata!”
“Non c’è il tuo nome scritto sopra” ribatté Sirius, dando un morso all’oggetto conteso. “E poi questo è il mio piatto”
“E quella è la mia gamba! La vuoi smettere di strizzarmi il ginocchio, pervertito che non sei altro?”
“E tu smettila di prendermi a calci!”
“E tu piantala di schiacciarmi contro il tavolo!”
“E voi smettetela di dare spettacolo, o toglierò dieci punti a Grifondoro” li apostrofò la McGranitt, comparsa silenziosamente dietro di loro.
“Ci scusi professoressa, Potter è così infantile…” sghignazzò Sirius. “Hai sentito, James? Comportati bene, dammi un bacino e facciamo pace!”
“Avvicinati e ti mordo il naso, Sirius!” cinguettò James con un sorriso feroce.
La professoressa chiuse gli occhi per calmarsi, non ci riuscì e diede ai due degenerati uno scappellotto a testa. “Incantesimi alle due, Potter. Sveglio e puntuale!” scandì prima di allontanarsi.
L’intervento pose fine al bisticcio, almeno sulla parte visibile del tavolo (sotto la tovaglia calci e pizzicotti continuarono imperterriti); i Malandrini finirono con calma di pranzare e si incamminarono verso l’aula del professor Vitious.
A metà tragitto, James strattonò la manica di Remus. “Lunastorta?”
“Sì, James?”
“Mi accompagni in bagno?”
Remus si morse la lingua un attimo prima di sputare la frase “Vacci da solo, sei grande abbastanza” e deviò verso il bagno del secondo piano (quello dei ragazzi, naturalmente: Remus non sarebbe entrato nel bagno delle femmine nemmeno sotto tortura, e non solo per via di Mirtilla).
“Grazie, Remus. Faccio in un attimo” garantì James scomparendo in uno dei cubicoli.
Mezzo minuto dopo, la sua vocina risuonò di nuovo. “Remus?”
“Sì, James?”
“Non ci arrivo”
Il giovane Lupin accorse e constatò che i water di Hogwarts non erano esattamente a misura di bambino. “Oh, accidenti… aspetta, ci penso io: reducio
La tazza si rimpicciolì di un paio di taglie, ma da qualche parte un tubo si staccò e l’acqua che ne usciva cominciò ad allagare il pavimento.
“Veloce, James! Qui si bagna tutto!” esortò Remus, voltando le spalle allo stanzino per lasciare a James un minimo di riservatezza.
“Tu e l’idraulica siete proprio due mondi a parte, eh?” ironizzò James. “Ho finito, possiamo andare”
“James, non tirare la cate…”
L’appello di Remus giunse un secondo troppo tardi.

“Si può sapere dove eravate finiti?” domandò Sirius quando James e Remus comparvero in aula, fissando le loro scarpe bagnate e l’acqua che gocciolava dai pantaloni di Remus formando una pozzanghera.
Per tutta risposta, Remus estrasse di tasca quella che sembrava la miniatura di una scala a due gradini.
“E quella dove l’hai presa?” chiese il giovane Black.
“Appellata dalla biblioteca” spiegò Remus laconico.
“E a cosa ti serve?”
“Per il bagno”
Sirius si grattò la testa, cercando di capire.
Inutile dire che non ci riuscì.



Come avrete capito, aggiorno una volta ogni torneo Tremaghi perché sono una fan dei capitoli chilometrici pieni di boiate messe lì per fare atmosfera (e anche perché ho la deprecabile abitudine di fare dieci cose alla volta).
Intanto vi presento la mia creazione: la squadra di Quidditch di Grifondoro, che è solo una comparsa ma avrà un rilevante ruolo comico più avanti:


Oliver Becker - Portiere
Sirius Black - Cacciatore
Katie Lou Caldwell - Cacciatrice
Melanie Calvert - Cercatrice
Louis Coleman - Battitore
Sabrina Goldwin - Battitrice
James Potter - Cacciatore (C)

Grazie a todos per le recensioni e saluti ai miei affezionati fan delle coppie allucinanti.
Riguardo a Remus e Sirius, il fatto che colga ogni occasione per farli litigare non è puramente casuale.

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Capitolo 4
*** Oh capitano, mio capitano… ***


4-Oh capitano, mio capitano…

Il professor Vitious era evidentemente ben informato sulla disgrazia: entrò in classe lanciando solo un’occhiata distratta a James ed attaccò subito con l’argomento di quel giorno.
Geminio, ragazzi!” squittì, colpendo la matita di Peter con la bacchetta e creandone una copia identica, compresi i segni di masticatura intorno alla gomma. “Un utile incantesimo, quando si tratta di duplicare qualcosa che non sia un compito in classe… perché, mi duole dirlo, non avreste alcuna possibilità di farla franca. Produce una copia identica all’oggetto in questione, fin nei minimi particolari come macchie d’inchiostro” e toccò il fazzoletto di Mary, “strappi sui bordi” e fece apparire un secondo libro sul banco di Katie Lou, “e calligrafia sui bigliettini di pettegolezzi… che, signorina Doolin, non andrebbero condivisi in classe!” concluse, gettando nell’imbarazzo una Corvonero al penultimo banco. “L’incantesimo funziona solo con oggetti inanimati, dunque vi sconsiglio di sperimentarlo sul compagno di banco o sul vostro animale domestico. Chi vuol provare a descrivere gli altri limiti di questa formula? Dimmi, Black!”
Sirius, che in realtà si stava stiracchiando, rimase di sasso. “Ehm, forse… che riproduce solo l’aspetto e non quello che c’è dentro? Come la Pozione Polisucco?” tentò.
“Avresti potuto formularla meglio, Black, ma la risposta è esatta” approvò il professore. “L’incantesimo non riproduce le proprietà magiche di un oggetto, bacchette comprese, e non è una buona idea neppure usarlo per duplicare il denaro: ciò che otterreste sarebbero due monete con lo stesso numero di serie, e quindi inutilizzabili. Ma ora basta con le parole: fuori le bacchette e facciamo un po’di esercizio”
“Mi dai la mia, Remus?” pigolò James.
“Fai attenzione, hai sentito cosa ha detto Lumacorno” raccomandò il ragazzo, prendendo la bacchetta di James dalla propria borsa.
“I professori si aspettano sempre disastri da me!” si lagnò il giovane Potter.
“Già, chissà perché…” commentò la Evans, seduta al banco dietro il suo. Scoprire che quella non era una povera creatura indemoniata non l’aveva affatto rassicurata; anzi, continuava a tormentarsi la gonna della divisa come se temesse che un topo (o una bimba?) le zampettasse su per la gamba.
“La nostra prima cavia” stava spiegando intanto il professore, “sarà un pezzo di pergamena. Ne avrete tutti uno, suppongo… no, Caldwell, non serve un foglio intero, per oggi un pezzettino basterà. Posatelo sul banco, prendete la bacchetta e compiendo questo semplice movimento” e mosse lentamente la bacchetta perché tutti vedessero, “dovreste ottenerne un altro identico, macchie incluse. Forza, cominciate”
Tutta la classe si mise al lavoro: per i primi dieci minuti, gli unici eventi degni di nota furono piccoli incendi o fughe improvvise delle pergamene causate da colpi di tosse dei proprietari. Man mano che la lezione proseguiva, gli studenti più svegli cominciarono a padroneggiare l’incantesimo e produrre inizialmente pallidi fantasmi di pergamena che svanivano subito, poi copie via via più consistenti; normalmente James Potter sarebbe stato uno dei primi a riuscirci, ma quel giorno dalla sua bacchetta non usciva neppure una scintilla.
Geminio! Geminio! Accidenti a te, stupida bacchetta!”
“Non occorre urlare, James: la bacchetta ci sente benissimo” disse Sirius, il cui banco era ormai coperto da frammenti di appunti sulla storia dei troll. Un ottimo lavoro, considerando che, oltre ad esercitarsi nell’incantesimo, doveva anche sorvegliare una bimbetta in piedi sulla sedia che agitava un bastoncino di mogano con frustrazione crescente.
“La magia c’è, devi solo riuscire a incanalarla” disse Remus da dietro la propria pila di foglietti. “Concentrati, sentila nella tua mano… Geminio!”
“D’accordo, adesso ci riprovo” sospirò James chiudendo gli occhi per concentrarsi. “Geminio!”
Il suo sforzo fu premiato: quando guardò di nuovo, un secondo quadrato di pergamena spiccava sul legno del banco. “Sirius, guarda, ce l’ho…”
“Ehm… è la mia” intervenne Peter arrossendo. “Mi è volata via, scusa”
“Le pietose bugie non si usano più?” sbuffò James. “Uffa… geminio!”
“Non ti preoccupare, Potter: è normale che tu faccia fatica” lo rassicurò Vitious. “Non scuotere la bacchetta, concentrati e mantieni la calma; magari prova prima con qualcosa di più semplice, va bene?”
James inspirò profondamente, puntò la bacchetta verso la pergamena e disse: “Wingardium leviosa
Non accadde nulla.
Wingardium leviosa!” strillò di nuovo, battendo il piedino sulla sedia con le guance paonazze, e questa volta ebbe successo: tutti i banchi e le sedie dell’aula decollarono verso l’alto con gli studenti sopra, e Vitious fece appena in tempo a trasformare il soffitto in un materasso prima che l’intera classe, lui compreso, prendesse una zuccata colossale. Ci vollero due Finite incantatem per riportare i giovani maghi con i piedi per terra, e un terzo per spegnere un principio d’incendio causato da un movimento scomposto di James; seguì l’immediato sequestro della bacchetta colpevole, con relative proteste del proprietario, che non voleva rassegnarsi a lasciarla alla custodia di Gazza (“Ma professore… lui mi odia, prenderà la mia adorata in ostaggio e la torturerà per vendicarsi!”).
Il giovane Potter passò il resto della lezione a dondolare stizzosamente la gambetta paffuta, guardando i compagni che si esercitavano, e neppure l’offerta di pace di Vitious, che decise ‘in via del tutto eccezionale’ di incantare la sua piuma perché prendesse appunti da sola, riuscì a migliorarne l’umore.

“Come faccio senza la mia bacchetta?” si lamentò James attraversando il parco verso il campo da Quidditch. “Sono come un Boccino senza ali, una piuma senza inchiostro, un… una crostata senza marmellata!”
“A me basta essere un Sirius senza bernoccolo” rispose l’amico, passandosi un braccio sulla fronte. “Mi è arrivato il banco in testa, accidenti a te!”
“Non capisco proprio perché non volete ridarmela!” insistette James. “Non serve che Minnie lo sappia, potete dire che l’ho rubata mentre dormivate!”
“Ti ho detto che non ce l’abbiamo!” sbottò Sirius esasperato. “Vitious l’ha data a Remus e Remus l’ha portata a Minnie, quindi dacci un taglio. E poi, cosa te ne fai di una bacchetta che non riesci a controllare?”
“E me lo chiedi?” si stupì il giovane (piccolo, in verità) Potter. “Sirius, non hai proprio fantasia? Potrei scagliare una maledizione su Mocciosus e farlo sembrare un incidente!”
“Tu hai un’ossessione per quel ragazzo, James” replicò Sirius con un sorrisetto. “Beh, adesso che sei donna puoi farti avanti, no?”
L’interessato non lo pestò solo per non provocare il crollo della massa di bagagli trasportati dall’amico, che aveva due scope in spalla e un sacca per mano, dato che James era troppo debole e Remus e Peter si erano rifiutati di farsi schiavizzare. Fortunatamente il campo era ancora deserto, così nessuno assistette all’entrata trionfale della strana coppia; Sirius passò dagli spogliatoi per cambiarsi e James rimase solo in compagnia della sua Comet da corsa.
Il giovane Potter amava dire che lui e la sua scopa erano praticamente una cosa sola, ma a quanto pareva le cose erano cambiate: invece di galleggiare a mezz’aria pronta a ricevere il pilota, la Comet resistette a tutti i tentativi di alzarla da terra e quando Sirius uscì sul campo di gioco il manico lucido era ancora immobile sotto la manina di bimba che lo chiamava.
“Ti aiuto io, James: su!” ordinò il ragazzo, e il manico di scopa schizzò in alto rischiando di staccare il naso al legittimo proprietario. “Riesci a salire?”
James guardò la Comet, sospesa più o meno all’altezza delle sue ascelle, e gratificò Sirius con un sorriso ottimista. “Certo che sì, Felpato: stai a vedere!”. Afferrato il manico, si issò bocconi sulla scopa con un goffo saltello e cercò di mettersi a cavalcioni come al solito, ma prese troppo slancio e ruzzolò giù dall’altra parte proprio mentre Oliver Becker usciva dagli spogliatoi.
“’Sera, capitano!” salutò il nuovo arrivato. “Ehi, quelli erano orsetti?”
“Le mutande del capitano non c’entrano con gli allenamenti!” dichiarò Sirius, riuscendo eroicamente a restare serio. “E comunque erano coniglietti, quelle con gli orsetti sono ver...”
“Siiiirius!” ringhiò James, con il viso verde di rabbia e di erba.
Il Portiere accorse a rialzarlo e lo installò premurosamente sulla scopa, benché James insistesse che ce l’avrebbe fatta benissimo da solo; dopodiché, con Oliver che lo sosteneva da una parte e Sirius che lo sorreggeva dall’altra, il capitano di Grifondoro poté accogliere il resto della squadra in sella al suo bolide come si conveniva ad un campione, effetto solo in parte guastato dalle chiazze di terra che aveva ancora sulla fronte.
Quando anche Sabrina, la ritardataria per eccellenza, si fu presentata a centrocampo, James si schiarì la voce per ottenere l’attenzione di tutti. “Bene!” cominciò con aria solenne. “La partita si avvicina e sarà meglio che...”
“Ehi, è il capitano, un po’ di rispetto, gente!” lo interruppe Oliver, scoccando un’occhiataccia a Louis e Sabrina che ridacchiavano nelle retrovie.
“Scusa, capitano, ma quelle calzette sono deliziose!” si giustificò la Battitrice. “Cosa stavi dicendo?”
“Oh, al diavolo!” sbottò James indispettito. “Cosa parlo a fare se voi teste di legno… In sella alle scope, muovetevi!”
“James…” obiettò Oliver esitante. “Tu… ce la fai?”
“Naturale, Oliver!” rispose James. “Fate largo, truppa!”
Tutti si affrettarono a fare spazio e la Comet decollò con la sua leggendaria rapidità, ma lo scatto disarcionò il povero James, che finì ancora una volta a fare compagnia alle cicorie.
“Sei troppo leggero, James” valutò Melanie afferrando al volo la scopa. “Sara meglio legarti, a quel manico, se vuoi restare in sella”
Tutta la squadra collaborò con entusiasmo: dieci minuti dopo James, incastrato in una complicata imbragatura di sciarpe, cinture, cravatte e fazzoletti, riuscì finalmente a prendere quota e dare il via all’allenamento. “Cominciamo dai passaggi!” esclamò. “Kats, la Pluffa! Sabrina, Louis, venite anche voi!”
“Al volo, capitano!” strillò allegramente Katie Lou, e neanche a farlo apposta la Pluffa che lanciò finì dritta sulla fronte di James.
“Cavolo, questo sì che è un passaggio!” commentò Louis prendendo al volo il rimbalzo. “Sabri, è tua!”
“Cosa aspetto a uccidervi tutti?” grugnì James tastandosi un altro bernoccolo.
I successivi dieci minuti procedettero più o meno allo stesso modo: James riusciva a prendere la Pluffa con due manine, anche se faticava a lanciarla più lontano di un metro, ma i compagni di squadra, Sirius compreso, sembravano trovare molto più comodo bersagliarlo con la palla in modo che rimbalzasse verso gli altri giocatori, con la scusa (era sicuro che fosse una scusa) che i loro passaggi erano calibrati su una persona più alta. Quando i due Battitori svolazzarono via per esercitarsi in quello che Louis definiva trattamento Bolidi, anche le due pesanti sfere mostrarono una certa propensione a bersagliare il più piccolo componente della squadra, e dopo mezz’ora di allenamento James si ritrovò a sperare che almeno Melanie e il Boccino non ce l’avessero con lui.
Una manciata di lividi più tardi, un capitano visibilmente provato suggerì una partitella per ripassare gli schemi di gioco in vista dell’incontro; tutti i giocatori, meno Melanie che continuava a svolazzare dietro al Boccino, si riunirono nella metà campo presidiata da Oliver per fare ciò che il loro ruolo richiedeva. Il divertente esercizio terminò bruscamente un quarto d’ora prima del previsto: nel corso di un’azione concitata, l’orologio di Oliver si impigliò nella sciarpa di Katie, che si trovava ovviamente intorno alla vita di James, e cercando di liberarsi il giovane Potter sciolse accidentalmente il nodo sbagliato.
Non finì in tragedia solo perché James fu lesto nel ripararsi il cranio con un braccio, slogandosi la spalla invece di fracassarsi l’osso frontale nell’impatto con il suolo, ma l’infortunio fu sufficiente a creare scompiglio tra i Grifondoro; madama Chips arrivò di corsa, chiamata dalla fenice Fanny che in quelle occasioni stazionava sempre nei pressi del campo, e spese altri dieci minuti litigando con James per convincerlo a farsi dare un’occhiata (“Non è niente, razza di troll! Sei appena caduto da dieci metri!”) e scoraggiando Sabrina dal tentare un incantesimo di guarigione che aveva imparato guardando sua nonna. Tra una cosa e l’altra il tempo passò; ben presto giunsero le sei, calò il buio e i Grifondoro dovettero sgombrare il campo.

“Stai bene, James?” chiese Melanie prima di entrare nello spogliatoio.
“Come nuovo, Mel, ma starei meglio con un altro po’di allenamento” mugugnò James. “Quasi quasi domani all’alba…”
“Oh, James, ti prego!” supplicò Sabrina. “Siamo fortissimi, siamo preparati e Corvonero non ha una sola possibilità, perché non pensi positivo?”
“È vero, James, dacci fiducia per una volta!” la appoggiò Sirius. “Vieni a cambiarti, ti prenderai qualche malanno a uscire così sudato”
“Non ho una divisa di ricambio, genio” gli ricordò James glaciale.
“Lo so, zuccherino… per fortuna c’è il tuo Sirius che pensa a tutto!” gongolò l’amico scortandolo nello spogliatoio maschile; prese la sacca di James dall’armadietto e ne estrasse una salvietta… “…e il pigiamino!” esclamò trionfante. “Così vedranno tutti come sei adorabile, Jamie!”
James fissò il migliore amico come se volesse incenerirlo, e fu una fortuna che Louis riuscisse a fiondarsi nella doccia e aprire l’acqua prima di sghignazzare in modo incontrollabile.

Il Cacciatore in miniatura assicurò che era perfettamente in grado di svestirsi, così Sirius lo lasciò solo e si godette l’acqua calda senza i consueti richiami dell’amico che lo esortavano a sloggiare e fargli posto; quando, in maniche di camicia e con i capelli umidi, tornò a vedere come se la stava cavando, lo trovò seduto sulla panca ancora vestito di tutto punto, che lottava con il cinturino della scarpa che non voleva slacciarsi. Sospirando con rassegnazione, si inginocchiò di fronte a lui e lo aiutò a liberarsi della divisa, armeggiando con mani goffe e inesperte con lacci, bottoni e maniche lunghe e cercando di toccarlo il meno possibile, mentre Oliver e Louis fingevano di essere impegnatissimi ad asciugarsi i capelli.
Quando anche la camicia fu piegata alla bell’e meglio e buttata sopra gli altri indumenti, Sirius tese di nuovo la mano ma James lo respinse. “Basta così, faccio da solo” dichiarò, chinando la testolina in un’adorabile manifestazione di timidezza.
“James, la gente normale non si fa la doccia in mutande e canottiera” sbuffò Sirius afferrando l’orlo della maglia di cotone. “Dai, alza le braccia, cercherò di non tirarti i capelli”
James si strinse le ginocchia al petto, nascondendo le guance che avevano assunto una delicata sfumatura color pesca. “Neanche per sogno! Io non mi spoglio davanti a te!”
“Resistere alle tue curve mozzafiato sarà una vera tortura, ma farò uno sforzo” ribatté il giovane Black cercando di mantenere la calma. “Smettila di fare la damigella timida, Ramoso”
“Puoi togliermi questa” concesse James senza guardarlo, “e poi aprirmi l’acqua e lasciarmi lavare da solo. Non sono una neonata, Felpato”
“Affare fatto” annuì il ragazzo.
“Non così, però!” puntualizzò James, strappandogli la canottiera dalle mani e voltandogli le spalle. “Ecco, adesso puoi”
“D’accordo. Su le braccia, adesso” sospirò Sirius.
“E non guardare!”
“Va bene”
Finalmente il capo in questione finì nel mucchio insieme agli altri e James, rosso in viso e con le braccia magre strette al petto, lasciò che un Sirius altrettanto imbarazzato – e grato a Louis ed Oliver che gli risparmiavano commenti salaci e prese in giro – lo prendesse in braccio e lo depositasse vicino alla doccia, dove Oliver aveva steso una salvietta perché il capitano non posasse i piedini scalzi sul pavimento. “Puoi andare, Sirius. Farò in fretta” assicurò.
“Solo un attimo, James” rispose l’amico; si sporse per aprire il rubinetto, poi afferrò di nuovo la bimba per le ascelle e la piazzò con decisione sotto il getto d’acqua.
La veemente protesta di James fu soffocata dai litri di liquido che gli si riversarono addosso, togliendogli vista, udito e parola; Sirius rimase impassibile di fronte ai suoi tentativi di divincolarsi e lo tenne sotto l’acqua finché non giudicò che fosse fradicio a sufficienza, dopodiché lo sorresse con un braccio e si dedicò a strofinarlo vigorosamente con la saponetta.
“Questa… sput… me la paghi, Felpato!” sputacchiò James inviperito.
“Resisti, coniglietto: un po’di pazienza e sarà tutto finito” replicò Sirius serafico, versando una manata di shampoo sulla chioma di James e spedendogliene un bel po’ in bocca.
Ci vollero quattro risciacqui e un’altra passata di sapone prima che James fosse pulito e profumato come voleva Sirius; finalmente, il Malandrino dichiarò che poteva bastare e riportò trionfalmente l’amico furibondo alla panca, avvolgendolo in una salvietta gigantesca, apparentemente senza notare la propria camicia fradicia e lo sbaffo di schiuma che decorava i propri capelli. Temendo che la situazione gli sfuggisse di mano, Oliver si fece avanti per assistere il compagno di squadra e riuscì a produrre un Incantesimo Asciugante abbastanza ben fatto da togliere un po’di umidità dalla buffa biancheria intima del capitano. “Lascia che lo vesta io, Sirius” si offrì. “Do sempre una mano alla mia sorellina”
Il ragazzo accettò, con grande sollievo di James, che cercava ancora di nascondersi allo sguardo impertinente del suo migliore amico; in poco tempo canottiera, pigiama e scarpine furono indossati, e Louis completò l’opera raccogliendo in due graziose treccine i capelli corvini del compagno. Usciti dallo spogliatoio, i giovanotti trovarono ad attenderli le compagne di squadra, curiose di vedere come se la fossero cavata; naturalmente si produssero in gridolini estasiati nel vedere James con quel curioso abbigliamento, e si contesero l’onore di tenerlo in braccio nel tragitto fino alla scuola.
“Forse non è poi così male essere una bambina” mormorò più tardi  il giovane Potter, varcando l’ingresso sulle robuste spalle di Sabrina (che l’aveva preso in consegna da una riluttante Katie Lou più o meno a metà strada).
“Cosa hai detto che c’era in quella pozione?” indagò Louis scoccandogli uno sguardo invidioso.


Ieri ero particolarmente pessimista sulla sorte dell'umanità (il mio paese ospita certi adolescenti talmente maleducati, sboccati e fondamentalmente inutili che perfino Attila esiterebbe a riconoscerli come figli) e ho sentito la necessità di comunicare con persone di maggiore e più profonda intelligenza. Ho così trovato lo stimolo per collegare l'inizio e la fine degli allenamenti, già chiari nella mia mente contorta, con qualche scenetta di colore locale e aggiungere finalmente il quarto capitolo.
Ringraziando lettori e recensori, auguro a tutti buona lettura, e agli idioti della panchina di imbattersi in un Piton di pessimo umore e in un Macnair particolarmente sadico.

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Capitolo 5
*** Bacchette magiche… ma anche no! ***


5-Bacchette magiche… ma anche no!

James si godette davvero la cena di quella sera: passò dalle ginocchia di un compagno di squadra a quelle di un altro, accarezzato dalle femmine e stuzzicato amichevolmente dai maschi, e naturalmente servito come una regina. Solo Piton azzardò una battuta sul suo pigiama, chiedendo al vicino di posto (ma a voce abbastanza alta da farsi sentire anche dai Grifondoro) se quella fosse per caso la nuova divisa da Quidditch, e fu ricompensato da un piatto di minestra di cavoli che si librò a mezz’aria per rovesciarsi sulla sua testa; gli sforzi di Lumacorno per scoprire il colpevole furono inutili, dato che tutti i potenziali responsabili sembravano impegnati ad ammirare il coniglietto che saltellava indisturbato sulla maglia del Malandrino.
Quando tutti ebbero finito il dolce, Sirius si appropriò nuovamente del suo migliore amico (a Peter parve di notare una punta di gelosia nel suo abbraccio) e lo trasportò in sala comune per fargli finire i compiti. Le esercitazioni pratiche erano ovviamente fuori discussione, ma il tema di Trasfigurazione per il giorno successivo non sembrava in grado di avere effetti potenzialmente letali e quindi il giovane mago – temporaneamente degradato a piccola strega – fu costretto a riempire le solite due spanne di pergamena con qualche notizia sulle leggi di Gamp, anche se dopo un tentativo poco convinto di simulare una lussazione al braccio destro (peccato che quello che si era ferito fosse il sinistro, come quella traditrice di Melanie non mancò di fargli notare). Per sua fortuna la penna incantata da Vitious accelerò la stesura dell’elaborato, anche se gli altri Grifondoro ebbero da ridire sul fatto che James dettasse il testo ad alta voce disturbando tutti.
Verso le dieci e mezzo la testolina scura cominciò a ciondolare sulla pergamena, sfiorando pericolosamente il calamaio, e perfino l’inflessibile Remus giudicò che non fosse il caso di insistere; Sirius si incaricò dunque di prendere in braccio la piccola principessa, troppo stanca anche per protestare, e portarla al sicuro nel dormitorio, dove la infilò sotto le coperte e le sciolse le trecce con qualche carezza di troppo alle guance rosate. James non si lamentò, dato che si era addormentato a metà scala con il ditino in bocca e una chiazza d’inchiostro sul naso; Sirius appuntò nella memoria quella tenera scena, progettando di servirsene per un futuro ricatto, e tornò al piano di sotto dopo essersi concesso un ultimo pizzicotto al delicato visino dell’amico.
I Malandrini superstiti si trattennero in sala comune per un’altra ora, tra libri aperti e rotoli umidi; Sirius fu l’ultimo a salire in dormitorio ed ebbe la soddisfazione di sorprendere i due compagni di stanza intenti a fissare estasiati l’unico letto occupato, con Remus che cercava di darsi un tono smacchiando la mano di James e Peter che lisciava le pieghe del copriletto con la cura di una cameriera esperta. Il giovane Black prese nota anche di quello – altra materia di ricatto – e approfittò della distrazione degli amici per occupare il bagno a suo piacimento, sapendo che nessuno dei due avrebbe osato gridargli insulti o bussare fino a buttar giù la porta, come avrebbero fatto in altre circostanze: non potevano rischiare di svegliare la bimba, giusto?
Remus, tuttavia, non si astenne dal comunicargli a gesti quello che pensava di lui (usando termini che dovevano essere molto volgari, a giudicare dalla sua espressione) prima di scivolare a sua volta in bagno, muovendosi senza rumore come un gatto siamese particolarmente aggraziato (Peter, che in effetti somigliava più a un persiano, lo imitò con discreto successo); James continuò dunque a sonnecchiare indisturbato mentre i suoi più cari amici si mandavano elegantemente al diavolo a pochi passi dal suo letto, e da quel momento in poi la quiete innaturale del dormitorio fu scossa solo da lenzuola fruscianti e risate silenziose.

Era solo l’una di notte quando James aprì gli occhi e si trovò di fronte una cortina di oscurità. Abituato com’era a stare sveglio fino a tardi, si sentiva stranamente confuso dopo quel sonno anticipato; in più provava un’indefinibile sensazione di insicurezza, come se il fatto di essere così piccolo avesse ridestato le sue paure infantili di ombre con le zanne e mostri in agguato sotto il letto. Luce, mi serve luce, pensò, scivolando fuori dalle coperte e ricordandosi un secondo più tardi che la sua bacchetta era stata requisita. Però c’era ancora quella di Sirius... era sul comodino, a poca distanza dalla sua mano, gli sarebbe bastato allungarsi e prenderla. Non c’era nemmeno bisogno di camminare sul pavimento gelido: il suo comodino era a metà strada e avrebbe senza dubbio retto il suo peso.
Convinto della bontà della propria idea, James si arrampicò sul piano del mobile, attento a non far cadere quello che c’era sopra, e tese il braccio più che poteva, cercando a tentoni il bastoncino senza riuscire a trovarlo; in compenso la sua manina incontrò qualcos’altro, spingendolo pericolosamente oltre il bordo. Il piccolo Potter scattò nel tentativo di afferrarlo al volo prima che cadesse, ma si spinse troppo in avanti e finì per sbilanciarsi: l’oggetto sgusciò dalle sue dita per infrangersi sul pavimento e poco dopo lui lo seguì, precipitando su un tappeto di inchiostro e frammenti di vetro che si conficcarono nel suo palmo come pugnali.
Poco dopo, una luce azzurrina illuminò il dormitorio e il viso assonnato di Sirius. «Sei caduto dal letto, Ramoso?»
«Volevo solo un po’di luce» confessò il ragazzo umiliato. « Ho cercato di prendere la bacchetta e... ho rotto il tuo calamaio, scusa».
Se James avesse pensato di impietosire Sirius con quel racconto, avrebbe avuto una fiera delusione: invece di consolarlo, il suo migliore amico lo fissò dall’alto in basso con un sogghigno. «Il grande Potter ha paura del buio? Oh, ma che sorpresa! Chiamo la Gazzetta del Profeta
«Sei proprio stupido, Sir!» sbuffò James cercando di alzarsi, ma non riuscì a trattenere un gemito quando altri pezzi di vetro si piantarono nel ginocchio e nel piedino scalzo. Sirius abbassò la bacchetta per vedere cosa avesse, e non appena illuminò la galassia di schegge intorno al corpo dell’amico cambiò bruscamente atteggiamento. «Jamie, perché non mi hai detto che ti sei fatto male?» bisbigliò, sollevandolo con cautela e posandoselo in grembo. Corrugò la fronte quando gli vide le mani, ridotte a un reticolo di tagli, e si occupò subito di rimuovere i frammenti rimasti nella carne, ignorando i sussulti e i contorcimenti del paziente.
Con tutto il fracasso che aveva creato, la piccola avventura non poteva certo passare inosservata, e ben presto altri due Lumos moltiplicarono l’ombra di Sirius sulla parete. «Sirius, cosa c’è?» sbadigliò Peter dall’altra parte della stanza, mentre Remus si affacciava da dietro la colonnina del letto per investigare sulla riunione notturna (naturale, era un Prefetto...).
«James ha cercato di suicidarsi per saltare la partita» rispose il ragazzo, sputando su un fazzoletto per disinfettare le ferite.
«Idiotaaah!» gemette James, mentre Sirius affrontava senza troppe cerimonie un graffio sul suo polso.
«Sei un disastro, Felpato. Aspetta, ti diamo una mano» sospirò Remus, accendendo una lampada che trasportò vicino al letto di James. Lui e Sirius si occuparono di rimettere in sesto l’amico, guarendo tagli e cancellando macchie con l’aiuto della magia (decisamente più efficace della combinazione di stoffa e saliva impiegata in precedenza), mentre Peter mise a frutto il GUFO in Incantesimi eliminando l’inchiostro e ricomponendo il calamaio con abili tocchi di bacchetta.
Dieci minuti di sforzi più tardi, il dormitorio e la sua piccola ospite furono finalmente in ordine e Remus e Peter tornarono al meritato riposo, lasciando la custodia della bimba a Sirius. Il ragazzo aveva intenzione di stuzzicare James proponendogli di dormire con lui, ma un’occhiata storta del Prefetto – che oltre che un licantropo era evidentemente un Legilimens – lo convinse a cambiare programma. «Noi abbiamo finito» sussurrò invece, chinandosi sulla caviglia dell’amico per rimarginare un graffietto sfuggito all’ispezione. «Ti fa male da qualche altra parte? James?»
L’interpellato non rispose, e per un’ottima ragione: quando Sirius lo guardò in faccia, scoprì che aveva gli occhi chiusi e l’espressione beata di chi si trova da un pezzo nel mondo dei sogni. «Oh, stai dormendo!» commentò impacciato, ignorando la risatina sfuggita all’autocontrollo di Remus. «Allora io… ti riporto a letto, va bene?»
James non replicò, lasciandosi docilmente trasportare nel suo giaciglio e rimboccare le coperte.
«Ti lascio la lucetta…»
Nessuna risposta.
«Buonanotte, James»
Salutato l’amico, Sirius tirò le tende e fece per tornare a letto, ma a metà strada decise di compiere un’ultima buona azione e lasciare veramente una luce per James, nel caso si fosse svegliato di nuovo. L’idea di tenere una lampada accesa e incustodita per tutta la notte non gli andava a genio, così bisbigliò un ordine alla propria bacchetta e quella si illuminò debolmente di una rassicurante luce rosata; la posò sul comodino di James, scostando le tende perché lui la vedesse, e si allontanò in silenzio, girandosi una decina di volte per verificare che fosse tutto a posto.
Quella notte, nessun abitante di Hogwarts dormì peggio di lui.

Il risveglio mattutino dei Grifondoro del sesto anno fu movimentato come quello notturno: alle sei e mezzo Sirius fu destato bruscamente da uno strillo acuto proveniente dal bagno, segno che James ne stava combinando un’altra delle sue. Si alzò borbottando maledizioni, si affacciò alla porta socchiusa e quello che vide bastò a gelargli il sangue: il suo migliore amico galleggiava a mezz’aria come un palloncino, sfiorando il soffitto con la testa.
«Sirius, aiutami!» gridò James appena lo vide. «Io… non riesco più a scendere!»
«Jamie, come diavolo hai fatto a finire lì?» urlò Sirius a sua volta.
«Volevo lavarmi da solo e ho preso la tua bacchetta per fare un incantesimo di levitazione, ma sono... sono finito troppo in alto!»
Il giovane Black, letteralmente fuori di sé, non pensò nemmeno a recuperare la propria bacchetta, che James aveva fatto cadere nel cesto dei panni, e si mise a saltellare, cercando inutilmente di afferrare la bambina per la caviglia e tirarla giù. Remus, richiamato dal trambusto, mantenne invece il proprio sangue freddo: spinse da parte il compagno, puntò la bacchetta ed esclamò «Finite incantatem!» Fu come se avesse tagliato un filo invisibile: la bambina precipitò con un gridolino di spavento ed atterrò pallida e tremante tra le braccia di Sirius.
«Te l’avevamo detto, James!» disse Remus scuotendo la testa. «E tu, Sirius, razza di imprudente, perché gli hai lasciato la bacchetta?»
Il ragazzo non rispose all’accusa del compagno di stanza, impegnato com’era a tenere James in equilibrio sul bordo del lavandino. «Non riprovarci mai più, sciocchina che non sei altro! Potevi farti male!» esclamò in tono severo, con una mano sotto il rubinetto per verificare che l’acqua non fosse troppo calda.
«Chiamami di nuovo sciocchina e sarai tu a farti male, Sirius!» ringhiò James guardandolo storto. «Non sono una mocciosa, dannazione!»
«Ma a volte ti comporti come se lo fossi» intervenne Remus. «So quanto sia difficile per te, ma cerca almeno di non rischiare l’osso del collo prima di colazione».
Le sagge parole del Prefetto ebbero il solo risultato di trasformare le rabbiose proteste della bimba in un sommesso brontolio; il piccolo Grifondoro accettò con malagrazia l’assistenza degli amici e tenne ostinatamente il muso a Sirius per tutto il tragitto fino alla Sala Grande, che compì arrancando sulle gambette paffute e trascinandosi dietro la borsa dei libri come se fosse un cane grasso e molto pigro. Giunto a destinazione ebbe un’altra sgradita sorpresa: la squadra di Quidditch era presente al gran completo – primo brutto segno, di solito Sabrina scendeva in ritardo e finiva di mangiare nei corridoi – e i giocatori si spintonavano e sgomitavano a vicenda, come per rimpallarsi un compito ingrato.
«Vai tu!»
«No, vai tu
«Ma io ho vinto a testa o croce!»
«Sì, ma sei uscito ai dadi!»
«Tocca a te, sei il più grande!»
«Scherzi? Sei tu la sua preferita!»
«Buongiorno, capitano!» disse Melanie all’improvviso, spingendo avanti Oliver e nascondendosi dietro di lui; gli altri si zittirono all’istante e fissarono James con aria colpevole.
«Che state combinando voialtri?» chiese il capitano sospettoso.
«Vedi… c’è un problema» cominciò il Portiere, a disagio. «Ieri sera la McGranitt ci ha parlato e, ecco…»
«Taglia corto, Oliver. Cosa c’è?» sospirò James, sospettando in cuor suo la risposta.
«Ti sostituiamo» disse Oliver in fretta. «La McGranitt dice che non puoi giocare in quelle condizioni».
Le orecchie del ragazzo assunsero all’istante il colore della divisa da Quidditch. «Come sarebbe a dire, non posso?» protestò indignato. «Perché non si può rimandare la partita?»
«Corvonero non vuole» spiegò Katie Lou. «Non vedono l’ora di batterci, sarebbero sciocchi a non cogliere l’occasione».
«Oh, sul serio?» replicò James in tono polemico. «E chi giocherà al mio posto, allora? Oh, già, che sbadato: dovrei chiedere al capitano
I giocatori accolsero la sfuriata a testa bassa, costernati; solo Louis ebbe il coraggio di assicurare, anche a nome dei compagni, che la squadra aveva deciso a malincuore di lasciarlo fuori, e solo perché la professoressa non intendeva fargli correre rischi. Ciò non servì a rasserenare James, che sbocconcellò la colazione senza appetito e si alzò da tavola per primo, diretto all’aula di Difesa contro le Arti Oscure con ben quaranta minuti di anticipo; Remus lo raggiunse a metà strada e si affiancò a lui senza offrirsi di portarlo in braccio, cosa di cui l’amico gli fu profondamente grato.
Trovarono il professor Stein già seduto alla cattedra, intento a prendere appunti su un grosso volume dall’aria antica. Era un uomo alto e smilzo, dal viso giovanile solcato da lunghe cicatrici, e benché avesse poco più di quarant’anni i suoi capelli folti e spettinati erano completamente grigi; si diceva che prima di insegnare a Hogwarts si fosse occupato a lungo di magia demoniaca e che i numerosi pericoli affrontati l’avessero condotto sull’orlo della pazzia, tanto da spingere il suo capo ad offrirgli (o imporgli) un anno di pausa.
Come Vitious il giorno prima, Stein non sembrò sorpreso quando vide entrare l’allievo; a differenza del collega, però, apparve decisamente interessato. «Ah, Potter!» mormorò, aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Buffo, piccolo incidente il tuo, Lumacorno non ha fatto altro che parlarne a tavola».
«Ne ha visti altri del genere, professore?» chiese Remus curioso. Provava una sincera ammirazione per il nuovo insegnante, cosa che James non condivideva: secondo lui, Stein somigliava un po’troppo a uno scienziato pazzo.
Il professore si concesse un piccolo sorriso. «In verità, Lupin, ho visto più stranezze qui che in tutta la mia carriera, a partire dal babbeo di Corvonero che si è fatto Evanescere un alluce giusto ieri pomeriggio. E pensare che mi avevano raccontato che insegnare fosse un lavoro di tutto riposo».
Remus lo fissò affascinato, come per spronarlo a dire di più, ma gli occhi indagatori del cacciatore di demoni erano puntati su James. «Ma un caso come questo non l’avevo neppure immaginato, parola mia» disse piano, scrutando la piccola creatura che aveva di fronte come si apprestasse a sezionarla. «Ringiovanimento e cambio di sesso in una volta sola, davvero notevole… sarebbe interessante sapere se c’è stato anche un cambiamento interno…»
Il giovane Lupin non sembrò accorgersi della luce sinistra nello sguardo di Stein, così James dovette letteralmente trascinarlo fino ad un banco in fondo all’aula, dove si barricò dietro a una pila di libri. Remus, da persona ingenua e poco recettiva qual era, si rifiutò di prendere sul serio i suoi timori («Andiamo, Ramoso... non è possibile che Stein tagliuzzi gli studenti nei sotterranei, non crederai davvero a queste sciocchezze!»), ma James ebbe la sgradevole sensazione che il professore lo esaminasse con più attenzione del solito, forse meditando di utilizzarlo come cavia per qualcuno dei suoi orrendi esperimenti. L’arrivo di altri compagni per la lezione fu per lui un vero sollievo.
Quando tutti furono ai loro posti, con la bacchetta in mano e il manuale aperto, Stein chiuse il libro che stava consultando e scrutò la classe in attesa. «Oggi» annunciò a voce bassa, «vedremo cosa avete imparato sulla deviazione dei malefici. Sapete tutti produrre un Sortilegio Scudo in modo decente, ma ora è il momento di vederlo in azione: prendete le bacchette e dividetevi in due righe, in modo rapido e silenzioso».
Tutti obbedirono, mettendosi uno di fronte all’altro lungo i corridoi tra i banchi; James finse di non vedere Sirius, che si era incastrato tra lui e un ragazzo moro di Tassorosso.
«Ora» proseguì il professore, «la fila alla mia destra scaglierà una maledizione... niente di distruttivo, per favore, questa scuola è in piedi da secoli e non tocca a voi demolirla... e quella di sinistra cercherà di bloccarla. Dopodiché sarà la fila di sinistra ad attaccare e quella di destra a difendersi. Mi sono spiegato... sì, Potter?»
«Professore, io... non ho la bacchetta!» confessò James.
«La McGranitt me l’ha accennato, sì» confermò Stein con un cenno del capo. «Ma possiamo rimediare... ecco, Potter, tieni questo» e gli tese un oggetto lungo e sottile che aveva appena estratto dalla tasca.
James lo prese con cautela e se lo rigirò tra le dita, perplesso. «Professore, questo è...»
«Uno stuzzicadenti da spiedino» lo anticipò l’insegnante. «Si impugna come una bacchetta e per ripassare i movimenti dell’incantesimo è più che sufficiente; io starò alle tue spalle e farò esattamente quello che fai tu... giusto o sbagliato che sia».
Furioso, paonazzo, umiliato, il ragazzo afferrò con malgarbo lo spiedino e lo brandì con aria minacciosa contro il Tassorosso che aveva di fronte, ormai color Grifondoro per lo sforzo di trattenere una risata. La maledizione scagliata da questo lo colse impreparato, centrandolo dritto in un occhio.
«Finite incantatem!» mormorò pigramente Stein, ponendo fine all’atroce prurito scatenato dall’incantesimo. «Mettici più entusiasmo, Potter... vediamo come intoni quel Protego
James accolse con gioia feroce quel suggerimento: per i successivi trenta minuti fu l’incubo della classe, scagliando e deviando maledizioni con il suo misero stuzzicadenti, mentre la bacchetta di noce del professore si muoveva in perfetta sincronia con la sua mano, riproducendo il minimo errore nei suoi gesti e cogliendo ogni esitazione nelle formule.
«Ma non vale! Questo era perfetto!» protestò il ragazzo quando il sortilegio che aveva prodotto volò alto sopra la testa di Jeremy Hutton.
«Tenevi la mano troppo inclinata» lo smentì placidamente il professore. «L’avresti sbagliato ugualmente, se quella fosse stata una bacchetta vera».
James agitò lo spiedino con uno sibilo di esasperazione e l’incantesimo che scaturì dalla bacchetta di Stein mandò a gambe all’aria la Evans dall’altra parte della stanza.


Ci credete che questo capitolo è in lavorazione da aprile? In verità, a forza di aggiunte mi è sfuggito un tantino di mano, raggiungendo le sette-dico-sette pagine (e non è ancora finito!), così ho deciso di tagliarlo e offrirvelo come preda di guerra: ve lo meritate, dopo tanta attesa. Naturalmente non sono rimasta con le mani in mano - ho scritto parecchio per i concorsi, come potete vedere - ma mi sentivo sempre un po' in colpa vedendo questa storia sepolta sotto le altre.
Parliamo del professore di Difesa. I fan del manga
Soul Eater l'avranno riconosciuto: è Franken Stein, direttamente dalla Shibusen. Per chi non lo sapesse, Soul Eater è ambientato in una scuola fondata da Shinigami, il dio della morte, per preparare giovani dotati alla lotta contro le anime corrotte; Stein è un insegnante particolarmente preparato, molto stimato dagli studenti, ma anche temuto per i suoi attacchi di follia, durante i quali cerca di sezionare ogni essere vivente che gli capita a tiro (il povero James fa decisamente bene a preoccuparsi). Se volete saperne di più, vi ho trovato un articolo ben fatto su Wikia (in inglese) e una passabile scheda in italiano, giusto per farvi un'idea.

State pronti per il prossimo capitolo, in cui compariranno un grazioso criceto, un coniglietto e forse un unicorno. Grazie per l'attenzione.

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