Un dolce, piccolo problema di Lizzyluna (/viewuser.php?uid=11910)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cronaca di un disastro annunciato ***
Capitolo 2: *** Tanto per cambiare… ***
Capitolo 3: *** Come una bambola ***
Capitolo 4: *** Oh capitano, mio capitano… ***
Capitolo 5: *** Bacchette magiche… ma anche no! ***
Capitolo 1 *** Cronaca di un disastro annunciato ***
Per dare a
Cesare quel
che è di Cesare(non le 23 pugnalate), preciso che questa
fanfiction è stata ispirata
da altre due storie: “...allora
questa é Ginny, e questo é Draco...”,
di RachelDickinson, e “Don't
panic!”, di Chu (vi consiglio
di leggerle; per la seconda,
attenzione agli avvisi). Le autrici non c’entrano con questo
colpo di...beh,
chiamiamolo genio, in ogni caso ho provveduto ad avvisarle prima di
piazzare i
loro nomi su questa pagina. Spero di essere all’altezza e di
non lasciarmi
influenzare troppo dalle mie fonti (per ovvi motivi che capirete
perfettamente
durante la lettura).
Un
dolce, piccolo problema
1-Cronaca
di un disastro
annunciato
“Oh, NO!”
“Che diavolo
c’è, Lunastorta?” brontolò
James.
“Hai messo una foglia di
menta insieme a quelle di salvia!
Potrebbe succedere un disastro, toglila subito!”
“Remus, è solo
una...”
“Toglila!”
“Che rottura!”
James Potter afferrò il
mestolo e cercò di ripescare la
foglia che galleggiava allegramente nel calderone, maledicendo le
paranoie del
compagno di Casa. Remus Lupin era un ragazzo solitamente equilibrato e
razionale, ma diventava dannatamente isterico
quando si trattava di pozioni: al minimo errore da parte dei compagni
si
metteva a predicare come Nostradamus, minacciando scenari apocalittici,
tragedie,
epidemie, esplosioni e perfino qualche catastrofe nucleare. Per sua
sfortuna l’assistente
che aveva incautamente scelto per l’impresa del giorno
(preparare una Pozione
Ringiovanente almeno passabile, valutata come compito in classe) era
molto meno
scrupoloso: ogni suo gesto sembrava attentare deliberatamente
all’integrità del
fegato dell’amico (e della propria testa). Non che lo facesse
apposta...ma questo
non cambiava le cose.
“Tutto per una stupida
foglia!” pensò James irritato. “Se
per caso ci fosse caduta dentro una noce di cocco sarebbe morto
di...”
“Non così, razza
di babbuino!” intervenne Remus. “La stai mescolando!
Sai cosa succede se mescoli
troppo una pozione?”
“Non saprei proprio,
Remus!” disse ingenuamente Sirius Black,
che lavorava allo stesso tavolo in coppia con Peter Minus. “I
ghiacciai si
sciolgono? Gli alieni ci invadono? La Terra
esplode? La
Evans esce con James?”
Peter ridacchiò di gusto a
quella battuta, ma la successiva
occhiataccia di Remus bastò a togliergli il buonumore.
“Ma bene!” esclamò
tagliente il Prefetto. “Vi state divertendo, eh? Non ho mai
incontrato persone
più sciocche e superficiali in questo sotterraneo...non
diventerete mai dei pozionisti,
poco ma sicuro!” e con uno sbuffo stizzito girò la
pagina del suo libro con tanta
violenza da strapparla.
“Ha parlato il re dei
calderoni!” commentò Sirius, a voce
molto bassa. Pozioni era l’unica materia in cui Remus non
riusciva a prendere
il massimo dei voti e i suoi amici sospettavano che questo
c’entrasse non poco
con il suo malumore. Una sciocchezza, certo, non era il caso di farci
una
malattia...ma Lunastorta era fatto così, non sopportava di
non essere bravo in
qualcosa.
Nel frattempo James aveva ripescato
la foglia clandestina,
incollandola per ripicca sulla fronte di Remus, ed aveva cominciato a
spremere
le Melarance Turchine schizzando una notevole quantità di
succo sul libro di
Pozioni; Sirius vide il viso del giovane Lupin cambiare quattordici
colori
diversi e si affrettò a concentrarsi sul suo calderone, in
cui la pozione, che
doveva essere grigia, stava tendendo pericolosamente al verde scuro.
Non che
avesse paura di quel grazioso lupacchiotto, certo che no...ma il
coltello
d’argento vicino al suo polso sembrava un po’troppo
affilato per i suoi gusti.
Il lavoro nei sotterranei procedeva a
pieno ritmo, fra colpi
di pestello e dense nuvole di fumo; ogni tanto si udivano le
imprecazioni di
chi sbagliava una dose, si scottava o si tagliava un dito, oppure la
voce del
professore che ricordava ai ragazzi quanto tempo avessero a
disposizione per
finire il compito. Tutti, Malandrini compresi, erano concentrati sulle
pagine
ingiallite del libro, distraendosi solo per gettare occhiate nervose
all’orologio.
A metà del processo Sirius
e Peter riuscirono chissà come a
trasformare la loro pozione in una massa nerastra, che aveva la forma e
la
consistenza di un Bolide da Quidditch, ed accettarono filosoficamente
l’ennesima D scarabocchiata da un esasperato Lumacorno.
Mentre il compagno s’incaricava
di riporre gli attrezzi, il giovane Black, ormai disoccupato, decise di
cercarsi
un passatempo per quell’ultimo quarto d’ora...e
sfortunatamente lo trovò.
“Codaliscia...ehi,
Codaliscia!” bisbigliò a Peter, intento a
pulire il tavolo. “Perché non diamo una mano a
Lunastorta e Ramoso?”
Il piccolo Minus gettò
un’occhiata perplessa a Remus, che
stava triturando alcune radici con espressione sinistramente fanatica.
“Non so,
Siri” rispose incerto. “Non mi sembra una buona
idea...Remus è così...”
“Peter, coraggio, se non ci
si aiuta tra amici...” ribatté
Sirius sferrandogli una gomitata nelle costole. “Forza,
andiamo!”
I due Grifondoro si trasferirono
all’altra estremità del
tavolo, trovando un James Potter sull’orlo delle lacrime dopo
l’ennesima
sfuriata di Remus. “Grazie al cielo!”
sussurrò il poveretto. “È
più nervoso del
solito oggi...eppure manca ancora qualche giorno alla luna
piena!”
“Tranquillo, ci penso
io!” lo rassicurò Sirius. “Remus,
amico mio, eccomi ai tuoi ordini!”
Il Prefetto mugugnò
qualcosa che somigliava in modo sospetto
a “Magnifico, dalla padella alla
brace!”,
ma l’altro Malandrino fece finta di niente e
cominciò con entusiasmo a leggere
le istruzioni sulla pagina sbagliata.
“Forse
è meglio se
finisci di preparare le radici, Sir” suggerì Remus
con una voce che grondava
stalattiti di ghiaccio.
“Come vuoi,
Lunettinastorta...comincio subito!” rispose
Sirius per nulla intimorito, schivando abilmente un cuore di salamandra
volante.
“...e poi il professore ha
detto: Perché avete Trasfigurato
la pozione in un Bolide? E Sirius: Professore,
è questa la pozione!”
James rise di gusto al racconto di
Peter, guadagnandosi
un’occhiata storta da parte di Remus, che stava rimestando
con diligenza nel
calderone. Tutto procedeva insolitamente bene, nonostante le
immancabili
distrazioni di Sirius, ma il Prefetto non era ancora tranquillo.
“La corteccia è
pronta, sergente istruttore!” lo informò il
giovane Black asciugandosi il sudore.
“Perfetto!”
assentì Remus aggiungendola al composto. “Bene,
adesso manca un pizzico di polline di mimosa...non quella, Sirius, dove
hai la
testa? Quella è polvere di zolfo...lascia, faccio
io!”
Alzando gli occhi al cielo Sirius
lasciò cadere la polvere
gialla in uno dei vasetti sul tavolo, sperando che la lezione finisse
al più
presto, ma mentre si puliva le mani in uno straccio ebbe la sensazione
di aver
fatto qualcosa che non andava. Si guardò intorno,
grattandosi la testa...e
un’occhiata al tavolo gli diede la risposta: la polvere di
zolfo. L’aveva messa
nel vasetto sbagliato. “Oh, caspita!”
pensò il ragazzo. “Per fortuna Lunastorta
non mi ha visto...”.
Effettivamente tutta
l’attenzione di Remus era assorbita dal
calderone, il cui contenuto era di un bel giallo oro. “Forse
possiamo farcela!”
borbottò nervosamente il Prefetto. “È
la sfumatura che non va bene...ma
perché...”
“Ehm, Remus...”
intervenne timidamente Sirius, preparandosi
alla ramanzina.
“Non adesso,
Felpato...accidenti, dovrebbe essere arancione,
non ne ho messo abbastanza!” e così dicendo il
giovane Lupin afferrò rabbiosamente
una manciata di polline e la buttò nel calderone.
Sirius sentì un brivido
gelato lungo la schiena: qualcosa
gli diceva che la perfetta pozione di Remus stava per tramutarsi
nell’ennesimo
disastro...e la colpa stavolta era sua.
“Oh, no,
Lunastorta...” gemette angosciato, mentre Remus
mescolava il filtro rasserenandosi progressivamente ad ogni giro di
mestolo. A
quanto pareva il saggio Grifondoro non si era accorto di nulla: anzi
contemplava il calderone come se non avesse mai visto niente di
più bello.
“Ecco qui, è
pronta!” dichiarò infine compiaciuto.
“Ha
proprio un bell’aspetto...guarda, Sir, non è
magnifica?”
“Remus...ti prego,
è importante...”
“Mi confesserai il tuo
amore più tardi, Sirius, adesso
dobbiamo vedere se funziona...a chi tocca oggi?”
“A me!” rispose
James con entusiasmo, immergendo il mestolo
nel calderone. “Che bella, sembra aranciata...è
anche buona?”
“No, James!”
Tutti, professore compreso, si
voltarono verso Sirius
fissandolo interrogativi.
“Qualcosa non va,
Sirius?” chiese Remus con pericolosa
gentilezza.
“No...no, è
che...” tentò di spiegarsi Sirius.
“Vorresti forse insinuare
che la mia pozione non è perfetta?”
proseguì il Prefetto accarezzando affettuosamente il pesante
mestolo di legno.
“Ce-certo che no,
Remus!”
“Allora taci!”
concluse il ragazzo. “James, ecco qui”
Paralizzato, Sirius guardò
James bere il liquido arancione
dal mestolo e chiuse gli occhi per prepararsi al disastro.
“Oh Merlino e
Morgana, sono rovinato, sono fritto, ormai è troppo tardi,
succederà un bel...”
“Niente!”
esclamò Remus.
Il giovane Black riaprì
gli occhi. “Come dici, Lunastorta?”
Remus sbuffò esasperato.
“Non è successo niente...guarda!”
rispose indicando gli altri tavoli: il sotterraneo sembrava essersi
popolato di
bambini di undici, otto, addirittura sei anni che ridevano
allegramente, mentre
Ramoso non era ringiovanito neppure di un giorno.
“Bene, bene”
esclamava intanto Lumacorno girando tra i
banchi. “Ottimo lavoro, ragazzi. Portatemi un campione e
venite a prendere
l’antidoto...e voi quattro, perché avete quelle
facce da funerale?”
“Non...non è
riuscita, professore!” spiegò Remus a testa
bassa. “Non capisco...ma perché?”
Lumacorno si chinò sul
calderone. “Davvero? Strano, sembra
perfetta...eccellente, direi, il colore è magnifico.
Dev’esserci stato un
piccolo intoppo...non te la prendere, giovane Lupin, sono cose che
succedono.
Bene, ragazzi, la lezione è finita: lasciate i campioni sul
mio tavolo e
leggetevi il capitolo cinque per la prossima volta...e voi
-sì, anche tu,
Black- portatemi un tema di almeno un rotolo in cui mi spiegherete dove
avete
sbagliato!”
Le parole del professore parvero
togliere a Remus tutta la
sua grinta: non ebbe neppure la forza di sfogarsi sui compagni di
sventura. “Un
disastro come al solito...questa volta una bella T non me la leva
nessuno!”
mormorò sconsolato, raccogliendo la sua roba.
“Remus, mi
dispiace...” esclamò Sirius sentendosi in colpa.
“La
tua pozione era magnifica, sono io che...”
“Non importa, Sir,
davvero!” rispose il Prefetto con un
debole sorriso (molto debole, a dire
il vero). “Vorrà dire che mi rifarò
agli esami” ed uscì in fretta come se
l’allegro chiacchiericcio degli altri studenti gli risultasse
insopportabile. Gli
altri tre lo seguirono, mortificati...ma Sirius si attardò
per concedersi un
piccolo, liberatorio sospiro di sollievo. Scampata bella, anche quella
volta.
“Mi dispiace per
Remus!” disse Peter fissando il Prefetto
che camminava in fretta davanti a lui, con l’aria di chi ha
un lutto in
famiglia. “Ci teneva tanto a prendere un bel voto per non
rovinarsi la media, non
si meritava dei pasticcioni come noi!”
“In effetti non siamo
granché come pozionisti...anche se mi
sembra che Remus prenda un po’troppo sul serio questa
faccenda dei voti” ammise
Sirius. “Voglio dire...ci sono cose più importanti
nella vita, giusto? Però hai
ragione, dovremmo impegnarci un po’ di più, se non
altro per non sentirlo
predicare...quel sotterraneo tira fuori il peggio di lui, deve essere
il fumo. Ci
stava sbranando oggi, ti giuro che ho avuto paura...ma quando
diventeremo
autentici geni delle pozioni chiederà in ginocchio la nostra
assistenza. Possiamo
farcela, non è vero James...ehi, James, ci sei?”
“Sirius!”
Il giovane Black si voltò
di scatto, assolutamente
spiazzato: la voce che aveva risposto al suo richiamo era insolitamente
acuta,
cinguettante...in una parola infantile.
Ma non era l’unica cosa strana...
La cosa peggiore era che James non
c’era più. L’affascinante
sedicenne che Sirius conosceva come un fratello era svanito nel nulla,
lasciando a terra un mucchio dei suoi vestiti...e al suo posto, sepolta
tra la
sciarpa e il maglione, era comparsa una bambina dai capelli neri che
non
dimostrava più di tre anni.
Tre anni, capelli neri, occhiali in
bilico sul naso.
“Oh, no...vi prego, ditemi
che non è vero...” mormorò Sirius
orripilato.
“Sirius!”
ripeté la piccola angosciata. “Sirius, cosa
è
successo?”.
Il ragazzo tentò
inutilmente di rispondere che non ne aveva
idea, mentre l’orribile verità cominciava a farsi
strada nella sua mente: per
quanto folle potesse sembrare, quella bimba era...
“Felpato...oh, cielo,
Felpato, cosa abbiamo fatto?” gemette
Peter aggrappandosi alla sua manica. “Vorrei poterti dire che
non lo so, Peter!”
rispose tetramente Sirius. “Remus...ehi, Remus, torna
indietro!”.
Il Prefetto, immerso nei suoi cupi
pensieri, era arrivato
quasi in fondo al corridoio senza accorgersi che gli amici non erano
con lui;
udendo il disperato grido di Sirius tornò sui suoi passi,
con un'occhiata
frettolosa all’orologio. “Sirius, piantala adesso,
ti ho detto che non
importa...” cominciò in tono brusco, poi
notò i visi sconvolti dei due ragazzi
e il mucchietto sul pavimento. “Che succede adesso?
Dov’è James? E chi cavolo è
quella bambina?”
“Remus...” disse
Sirius con voce malferma. “Remus,
io...credo che sia James”
Mi scuso in anticipo
dei ritardi che sicuramente ci saranno nell’aggiornamento, dato che sto
praticamente scrivendo di notte; intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Tanto per cambiare… ***
2-Tanto
per
cambiare…
I
Malandrini rimasero impietriti in mezzo al corridoio,
mentre un gruppetto di Tassorosso li oltrepassava ridacchiando senza
accorgersi
di nulla; Remus continuò a fissare la bimba, facendo
metodicamente a pezzi i propri
appunti di Trasfigurazione.
“James?”
chiese cautamente, rompendo un lungo silenzio.
“James, sei proprio tu?”
La
piccina alzò il visetto rosso e stravolto verso il
ragazzo. “Remus!” esclamò spaventata
“Remus, aiuto, mi sono ristretto!”.
Tendendo le manine in una
commovente richiesta d’aiuto, mosse un passo incerto e
traballante in direzione
dell’amico ma inciampò nei vestiti divenuti troppo
grandi e cadde in avanti, battendo
la fronte sul duro pavimento di pietra. Sul viso di Sirius
saettò
un’espressione divertita, che scomparve immediatamente.
Il
giovane Lupin si chinò premurosamente per aiutare James a
rialzarsi, esaminando la fronte ferita ed il nasino rosso.
“Chiunque sia stato,
passerà un grosso guaio!” esclamò in
tono serio. “È proibito fare magie nei
corridoi!”
“Veramente…”
disse una vocina timida alla sua sinistra.
Apparteneva a quello che, a giudicare dalle dimensioni, doveva essere
un
Tassorosso del primo anno.
“Hai
visto qualcosa?” chiese gentilmente Remus.
Il
ragazzino scosse la testa. “Ero proprio dietro di lui, e
non ho visto nient’altro. Niente incantesimi, voglio dire.
All’improvviso puff, si
è rimpicciolito” e detto questo
trotterellò via, felice di essere stato d’aiuto a
un Prefetto.
Remus
si grattò il naso, perplesso. “Ma allora cosa
è stato?
A meno che…no, non è possibile,
l’effetto della pozione è immediato!”
Sirius,
già agitato in precedenza, a quelle parole
cominciò
a sudare freddo. Remus non avrebbe impiegato molto ad individuare il
colpevole…e il massacro avrebbe avuto inizio. “Ma
non l’ho fatto apposta!”
mormorò disperato.
A
quelle parole Remus si voltò, sospettoso.
“Apposta? Cosa
intendi, Sirius?”
La
sua espressione era così simile a quella della McGranitt
che Sirius si pentì di aver aperto bocca.
“Cioè…io…ecco…veramente…Remus
mi
dispiace ho sbagliato vasetto non è colpa mia è
stato un incidente ti prego non
uccidermi!” esclamò, buttandosi in ginocchio e
stritolando James in un
abbraccio drammatico.
Le
labbra di Remus si arricciarono nel suo celebre sorriso
azzannante. “Ucciderti? Certo che no, Sirius caro...ci
costerebbe almeno diecimila punti. E poi non voglio
togliere a James la soddisfazione di farlo di persona, non è
vero Ramoso?”
“Ci
puoi giurare!” ringhiò James lottando per
liberarsi.
“Appena ti metto le mani addosso…”
“Ehm,
scusate…” intervenne Peter. “Non
possiamo discuterne
più tardi? La McGranitt si starà chiedendo che
fine abbiamo fatto…”
Solo
in quel momento Remus si rese conto della gravità della
situazione: erano in mezzo al corridoio, senza James, con una bimba
sbucata dal
nulla e un mucchio di vestiti per terra. E, cosa ancora più
grave, erano in
ritardo per la lezione.
Il
ragazzo rifletté rapidamente in cerca di una soluzione e
ne trovò una, l’unica sensata. “Giusta
osservazione, Peter. Vai a chiamare la
McGranitt, dille che abbiamo un problema”
Cinque
minuti più tardi, un’irritata professoressa
McGranitt
marciò verso il proprio ufficio seguita a ruota da Peter;
gli altri tre
Malandrini si trovavano già lì, seduti sulle
“sedie da punizione” allineate di
fronte alla cattedra. Naturalmente
avevano trovato la porta aperta, dato che la direttrice di Grifondoro
non
chiudeva mai a chiave; del resto, a
nessun allievo sano di mente sarebbe mai venuta l’idea
suicida di combinare
danni in quella stanza.
James
sedeva tra Sirius e Remus, dondolando i piedini scalzi
e ormai congelati dal freddo di novembre. I suoi amici
l’avevano impacchettato
nella sua stessa camicia, stringendogli la sciarpa intorno alla vita
come una
cintura, e l’avevano avvolto nella veste da lavoro per
tenerlo caldo, ma i
calzini troppo larghi erano scivolati giù durante il
tragitto e gli altri
vestiti, biancheria compresa, erano di parecchie taglie più
larghi rispetto al
suo nuovo corpo. Sirius aveva proposto di lasciarli per terra e
spargere la
voce che James era stato polverizzato da un Mangiamorte di passaggio,
giusto
per vedere se Lily si sarebbe commossa, ma Remus aveva bocciato
l’idea e
imposto all’amico di raccoglierli prima che Gazza li trovasse.
Quando
la McGranitt spalancò la porta del suo sancta
sanctorum, la prima cosa che vide
fu appunto la pila di abiti sul pavimento, coronata da una cravatta di
Grifondoro e da un fazzoletto sporco.
“Chiudi
la porta e siediti!” ordinò a Peter, che
obbedì
prontamente. Scrutò i quattro con viso severo, soffermandosi
sulla bambina, poi
raggiunse la scrivania e si sedette, sforzandosi di mantenere la calma.
“Black
e Potter!” cominciò. “Ogni mattina, ogni
singolo giorno che passo in questa
scuola mi sveglio con il terrore di quello che potreste
combinare!”
“Ma
è stato un incidente!” protestò Sirius.
“Il
fatto è, Black, che voi
quattro”, e Remus arricciò il naso a
quelle parole, “siete portatori sani
di disastri anche quando non intendete farlo!”
continuò la donna. “Minus mi ha
spiegato cosa è successo…in modo alquanto
confuso, devo dire…e posso solo
sperare che il professor Lumacorno sappia come rimediare a questo
pasticcio”
Il
suddetto professore comparve pochi istanti dopo, sudato e
ansimante e con una notevole quantità di muschio nei
capelli. “Eccomi, cara
Minerva, ho ricevuto il biglietto…gran brutto affare,
davvero…ma forse si può
rimediare…e dimmi, il soggetto…?”
“Il
signor Potter si trova qui, Horace” confermò la
McGranitt indicando la bambina. “Pare che la Pozione
Ringiovanente sia stata
alterata”
Il
professore si avvicinò a James, esaminandolo con
attenzione. “Stupefacente, davvero stupefacente! Nessuna
delle altre pozioni è
stata così efficace! Signor Lupin…e anche tu,
signor Potter…senza questo
piccolo intoppo sarebbe stata una E garantita!”
La
McGranitt tossicchiò lievemente, mentre Remus tentava,
senza riuscirci, di sembrare modesto.
“Chiedo
perdono, Minerva, mi sono lasciato trascinare!” si
scusò Lumacorno. “Dunque, se ho capito bene
è stato introdotto un ingrediente
estraneo…”
“Zolfo”
confermò Sirius.
“Zolfo,
dici? Capisco, questo spiega il colore arancio
vivo…abbastanza simile all’originale da trarre in
inganno. Sarà un ottimo
spunto per il mio prossimo saggio”
“Cosa
mi succederà, professore?” pigolò
James. “Continuerò
a…a rimpicciolire?”
Lumacorno
ridacchiò. “Rimpicciolire? Lo escludo, Potter. La
tua condizione dovrebbe rimanere, diciamo così, stabile
finché non
troverò il modo per riportarti indietro”
“E
lo troverà, vero? Non dovrò restare
così a vita?”
supplicò il ragazzo.
Il
professore rise di nuovo. “Ma certo che lo
troverò, è il
mio mestiere! Mi servirà il tuo sangue …non fare
il bambino, solo una goccia…e
con un po’di pazienza dovrei riuscire a produrre un antidoto
entro un mese, due
al massimo”
“Un
MESE?” strillò James. “Non
resisterò un mese con questo
stupido corpo!”
“Un
mese?” fece eco Remus. “L’effetto della
pozione dovrebbe
svanire in un’ora!”
“Quella
normale, Lupin” specificò il professore
“ma non c’è
modo di sapere come si comporta una pozione alterata. Di solito
l’aggiunta di
un ingrediente sbagliato tende a potenziarne gli effetti, mi ricordo
una
Pozione Calmante che…”
Un’occhiataccia
della McGranitt lo costrinse ad interrompere
l’aneddoto.
“In
ogni caso, credo che il signor Potter se la caverà. La
sua mente non ha subito danni, ma forse potrebbe avere
difficoltà a controllare
la magia, capita spesso ai bambini piccoli. Se mi fate avere quel
campione di
sangue posso cominciare con l’antidoto oggi
pomeriggio…no grazie, Minerva, mi
fermerei volentieri per il tè ma adesso devo proprio andare,
ho lasciato gli
allievi del primo anno soli nel sotterraneo e temo che non abbiano
afferrato…”
Come
per confermare quelle parole, una potente esplosione
scosse il castello dalle fondamenta, facendo tintinnare i vetri e
mandando in
frantumi il calamaio della McGranitt.
“Troppo
tardi!” sospirò Lumacorno, e corse fuori.
I
Malandrini rimasero soli con la McGranitt, che continuava
a scrutarli come se si aspettasse che quella faccenda della pozione
fosse uno
dei loro soliti scherzi.
“Bene!”
esclamò quando il professore fu uscito. “Sembra
che
questa situazione si trascinerà per qualche giorno. Black,
Lupin, Minus…posso
fidarmi di voi?”
“Che
intende con fidarmi,
professoressa?” chiese Peter.
“Intendo,
Minus, se siete in grado di occuparvi di Potter”
spiegò seccamente la professoressa. “Aiutarlo a
vestirsi, prendergli i libri
dagli scaffali, impedirgli di finire nei guai perché non
riesce a controllare
la magia…quello che fareste per un bambino piccolo. So che
la mente di Potter
conserva la sua…maturità”,
e qui fece
uno sbuffo di disapprovazione, “ma il corpo di un bambino di
tre anni non è
quello di un ragazzo di sedici, e dovrete tenerlo presente”
“Ci
ha presi per imbranati, professoressa?” protestò
Sirius.
“Certo che possiamo farlo! Voglio dire, James era un bambino
scemo anche prima,
l’unica differenza è che adesso è
più basso!”
“Cretino!”
ringhiò James indispettito.
“Non
cominciate!” li interruppe la McGranitt. “Dunque,
Potter…tanto per cominciare avrai bisogno di vestiti
nuovi”
Lo
sguardo della professoressa si appuntò di nuovo sul
mucchio per terra, e James arrossì imbarazzato. Vedere le
sue mutande esposte
agli occhi del mondo lo metteva a disagio.
“Possiamo
andare noi a prenderli a Hogsmeade” propose Sirius
speranzoso.
“Scordatelo,
Black. Mandy, nel mio ufficio, per favore!”
Un’elfa
domestica avvolta in uno straccio rosa si Materializzò
nella stanza. “La signora ha chiamato?” chiese con
un profondo inchino.
“Ho
un compito per te, Mandy: vai a Hogsmeade e procurati
dei vestiti adatti a una bambina piccola” ordinò
la McGranitt indicando James.
“Abiti pesanti, scarpe, un pigiama e…tutto quello
che può servire. Dirai alla
sarta di mandarmi il conto”
Mandy
intanto contemplava il giovane Potter, sbalordita.
“Signorina è studentessa?” chiese
incuriosita.
“Sì,
Mandy, è una studentessa!” sospirò la
McGranitt.
“Ooh!”
esclamò l’elfa spalancando gli occhi.
“Signorina
molto intelligente se a Hogwarts così giovane!”
Quando
Mandy si fu Smaterializzata, portando con sé i
vestiti di James, la McGranitt si rivolse ai quattro Grifondoro.
“Uno di voi
porterà Potter in infermeria per il prelievo e poi
verrà immediatamente in
classe; Potter, Madama Chips vorrà darti
un’occhiata, quindi per oggi sei esonerato dalla mia lezione.
Tuttavia mi
aspetto di vederti nell’aula di Vitious alle due in
punto…non protestare,
Potter: forse non potrai usare la bacchetta, ma niente ti impedisce di
ascoltare la spiegazione. E mi aspetto anche”
proseguì, fissando Sirius con i
suoi occhi penetranti, “che nessuno di voi usi la condizione
di Potter come
scusa per andarsene a spasso per i corridoi. Non vi ho tolto punti
perché è
stato un incidente, ma lo farò se vi scoprirò a
saltare le lezioni per giocare
ai fratelli maggiori!”
“Pensa
sempre a tutto, maledizione!” bisbigliò Sirius.
“È
il mio mestiere, Black!” replicò la professoressa.
“E
adesso andate!”
Com’era
prevedibile, l’onore di scortare James in infermeria
toccò a Sirius; tuttavia Remus insistette per accompagnarlo,
in modo che non
facesse altri danni. Il povero Peter, non trovando una scusa plausibile
per
giustificare la necessità della sua presenza, fu costretto a
seguire la
McGranitt in classe e si avviò depresso verso
l’aula di Trasfigurazione.
I
tre Malandrini erano già a metà corridoio quando
la
professoressa li richiamò. “Un’ultima
cosa, Potter!” aggiunse con un
sorrisetto. “Il dormitorio femminile è al
completo, dunque non hai alcun motivo
per entrarci. Puoi dormire nella tua stanza, come hai sempre fatto. In
caso
contrario, cinquanta punti in meno per Grifondoro”
“Ci
ha proprio incastrati, eh?” mormorò Sirius quando
la
McGranitt fu abbastanza lontana.
“È
davvero ingiusta!” commentò James.
“L’idea del dormitorio
non mi era neppure venuta!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Come una bambola ***
3-Come
una bambola
I tre Malandrini raggiunsero
l’infermeria senza troppi
incidenti, con James in braccio a Sirius e Remus che li seguiva. Un
paio di
studenti che tornavano dal bagno li fissarono stupiti, ma a Remus
bastò un
altezzoso “Sono un Prefetto!” per mettere a tacere
eventuali domande; del resto
non era raro vedere studenti con strani brufoli, arti in più
o capelli fucsia
in una scuola di magia (specialmente dopo una lezione di Incantesimi) e
un
Grifondoro ristretto non attirava più di tanto
l’attenzione.
Madama Chips era già stata
informata e prese subito in
consegna James, lasciando i due amici nel corridoio. Remus
afferrò Sirius per
un braccio con l’intenzione di trascinarlo in classe, come
aveva detto la
McGranitt, ma in quel momento Mandy si Materializzò con un
grosso fagotto in
mano. “Mandy ha vestiti per signorina
intelligente!” squittì porgendo
l’involto
a Sirius.
“Sir, dobbiamo andare!
Porta quel pacco a madama Chips!”
intervenne Remus.
“Aspetta, Lunastorta, fammi
vedere…oh, che carini, Ramoso
sarà una favola con questi addosso!”
La sarta aveva pensato a tutto:
c’era una divisa in
miniatura con tanto di sciarpa e cravatta, un mantello pesante, una
tunica da lavoro
e un paio di guanti per Pozioni, scarpine di vernice nere e un pigiama
azzurro
con un delizioso coniglietto stampato sulla maglia.
“Ooh, ma guarda un
po’cosa c’è qui!”
sghignazzò il giovane
Black aprendo un pacchetto. “Orsetti, conigli,
pinguini…il nostro Jamie avrà un
intero zoo sulle mutande!”
“Sirius,
an-diamo!” scandì Remus impaziente.
“Arrivo, un momento. Oh,
guarda: questo cagnolino somiglia
a…”
Sirius non riuscì a dire a
chi somigliasse il cane, se a
Felpato o a Lunastorta: Remus eseguì una perfetta Presa
della Sciarpa di Seta
Assassina (che consisteva nello stringere la sciarpa stessa attorno al
collo
della vittima, bloccando momentaneamente l’afflusso di
sangue) che mandò il
giovane Black al tappeto in due secondi. Dopodiché il
Grifondoro mannaro bussò
alla porta dell’infermeria, consegnò il pacco ad
una meravigliata madama Chips
spiegandole a cosa serviva e pochi minuti dopo varcò
trionfalmente la porta
del’aula di
Trasfigurazione con Sirius che gli galleggiava davanti come un
palloncino.
Il giovane Black, ancora mezzo
stordito, seguì il resto
della lezione in misericordioso silenzio, e il perfetto Incantesimo
Levitante
eseguito da Remus fece guadagnare due punti a Grifondoro.
Quando la lezione di Trasfigurazione
finì, Remus e Peter
corsero in infermeria mentre Sirius si attardava a spiegare agli altri
compagni
cosa fosse accaduto. La sparizione di James e il ritardo degli altri
Malandrini
non erano passati inosservati, soprattutto a causa
dell’entrata ad effetto di
Remus, così Sirius dovette rassicurare tutti che James non
stava male e che si
era trattato di un piccolo incidente, senza specificare di che tipo. La
preoccupazione dei compagni era comprensibile: la prima partita di
Quidditch della
stagione si avvicinava e James era il nuovo capitano, nonché
il più abile
Cacciatore della squadra.
Liberatosi dall’ultimo
Grifondoro, Sirius si affrettò giù
per le scale e all’altezza del primo piano si
imbatté nell’unica che non si era
degnata di chiedere notizie: la magnifica, inavvicinabile Lily Evans.
“Buongiorno,
Evans!” la salutò.
“Buongiorno, Black. Che
fine ha fatto il tuo amico?”
“Aha, ma allora ti
preoccupi per lui!” esclamò Sirius,
cogliendo la palla al balzo. “Vedi che in fondo ti piace?
Dai, ammettilo, eri
in ansia per lui!”
Lily finse di riflettere.
“Fammi pensare…no!”
Il giovane Black non si arrese.
“Non mi inganni, bellezza: hai
gli occhi lucidi…”
“È il
raffreddore”
“…il tuo pallore
ti tradisce…”
“Mai stata
abbronzata”
“…e continuavi a
voltarti verso il mio banco quando Minnie
non guardava!” concluse trionfalmente Sirius.
“È inutile che fai finta di
niente, eri preoccupata!”
Lily sospirò, bestemmiando
in cuor suo tutti gli dei
dell’Olimpo. “Cosa devo fare per liberarmi di te,
Black?”
“Puoi nascondere il viso
nel mio petto e confessarmi una
buona volta che ami James e sei troppo timida per ammetterlo”
“Nasconderò il
viso nel tuo petto, Sirius, solo
per strapparti a morsi gli organi interni!”
replicò
Lily con un sorriso tutto denti. “Allora, quale parte di Potter
è un arrogante presuntuoso e
pieno di sé e io non lo sopporto non
hai capito?”
“La parte in cui tu
arrossisci mentre lo dici, Evans!”
sottolineò Sirius implacabile. “Avanti, capisco
che tu non voglia cedere al
primo che ti fa gli occhi dolci, ma James fa sul
serio…è disperato, piange
tutte le notti…”
“Black…”
“Va bene, una notte
sì e una no; parla nel sonno, una volta
ha cercato di baciare Remus, è stato orribile! Credimi,
Evans, fa tanto il
disinvolto ma non vede l’ora di averti nel suo
lett…”
“Siiiiirius!”
Il Grifondoro interruppe
l’appassionato discorso per guardare
alla sua destra, dove una bambinetta furibonda stava cercando di
uccidere
proprio quel Remus che lui aveva appena nominato, il quale stava
risalendo il
corridoio portando la piccola in braccio. Il povero ragazzo lottava
eroicamente
contro le manine tenaci che gli stringevano il collo e che, Sirius ne
aveva la
netta impressione, avrebbero preferito fare a pezzi qualcun altro. Lui,
per esempio.
“Ignobile e schifoso
traditore, non potevi aspettare almeno una
settimana prima di provarci con la Evans?” lo
accusò la bambina, con una voce
talmente aspra e sibilante che sembrava stesse parlando in Serpentese.
Nel
frattempo, una terrorizzata Evans fissava quella scena a occhi sbarrati.
Sirius scosse la testa, offeso da
quell’ingiustizia. “Non ci
stavo provando, allocco: stavo…come si
dice…perborando…perdurando…”
“Perorando!”
ansimò Remus, mezzo soffocato.
“Ah,
sì…perorando la tua causa. Se mi avessi lasciato
lavorare ancora mezzo minuto sarei riuscito a…”
“Lily, stai
bene?” lo interruppe la voce di Mary MacDonald,
giunta in soccorso della compagna.
Lily non rispose; puntò il
dito verso la bambina, emettendo
suoni inarticolati che non potevano appartenere a nessuna lingua
conosciuta, e
infine scappò a gambe levate, inseguita da una Mary
sbigottita.
“Complimenti, grande
seduttore: il tuo fascino l’ha proprio
stesa!” commentò Peter.
“Guarda che non
è colpa mia! Me la stavo cavando benissimo,
prima che James mi facesse quella scenata” replicò
Sirius. “A proposito… ehi, Ramoso,
fatti un po’vedere!”
Aiutato da Peter, James
smontò dalle braccia di Lunastorta e
si piantò di fronte all’amico con le manine sui
fianchi. Indossava la divisa in
miniatura e aveva i capelli raccolti in due codini legati da nastri
rossi e
oro, un piccolo tocco d’artista di madama Chips; le scarpine
lucide e le calze
con il bordo di pizzo completavano l’opera. “Che ne
dici, mi hai guardato
abbastanza o devo farti una sfilata?” esclamò
sarcastico.
Sirius si inginocchiò sul
pavimento per ammirare l’amico da
vicino. “Sei una delizia” gli assicurò
pizzicandogli il nasino. “Che fine hanno
fatto i tuoi occhiali?”
“Non ne ho
bisogno” lo informò James.
“L’unica cosa positiva
di questo casi… Sirius, che diavolo stai facendo? Lascia
stare la mia gonna!”
“Controllo se è
tutto a posto” rispose Sirius con un
sorrisetto malizioso. “Allora, quali hai messo, James?
Cagnolini o
coniglietti?”
“Traditore, maniaco e
sporcaccione!” esclamò il giovane
Potter, rifilando a Sirius uno schiaffetto poco efficace.
“Stammi alla larga o
ti faccio picchiare da Remus!”
“Ehi, che c’entro
io?” protestò il ragazzo.
Sirius scoppiò a ridere,
senza neppure provare a fingersi
spaventato. “Sei un tesoro quando ti arrabbi, Ramoso. Rischio
seriamente di
innamorarmi di te”
“No, non ci
credo!” gemette Peter sconsolato. “Ci stai
provando anche con James! Non
riesci proprio
a controllarti, Felpato?”
“Le preferisco
più mature, grazie” rispose Sirius
disinvolto. “Ma se questa bellezza dimostrasse qualche anno
di più… mmh, credo
proprio che mi darei da fare”
Quell’ultima uscita di
Sirius ebbe l’effetto di terrorizzare
James, che si affrettò a rintanarsi tra gli altri due
Malandrini gemendo “È
impazzito… oh cielo, è impazzito, il fumo dei
sotterranei ha fatto male anche a
lui!”. Tra le risate di Sirius, l’imbarazzo di
Remus, le proteste di James e il
rude intervento di Peter, che cercò di abbattere Sirius con
una copia della Gazzetta del Profeta
per difendere la
purezza della giovanissima dama, la scenetta creò abbastanza
trambusto da
attirare l’attenzione di madama Chips, che uscì
armata di bastone per riportare
ordine e disciplina sul suo pianerottolo; i quattro capirono che era il
caso di
levare le tende e si affrettarono a scendere le scale, con James
aggrappato
alla mano di Peter e Remus che gli faceva scudo col suo corpo contro
gli inopportuni
apprezzamenti di Sirius.
Le spiegazioni non erano finite:
quando i Malandrini raggiunsero
la Sala Grande per il pranzo trovarono l’intera squadra di
Quidditch di
Grifondoro riunita fuori dalla porta. A quanto pareva, la notizia si
era
sparsa.
“Come sta il capitano,
Sir?” chiese Oliver Becker, il
Portiere. “Non è niente di grave, vero? La partita
è sabato!”
Sirius strattonò
nervosamente il colletto della divisa, non
sapendo come cominciare. “Veramente James ha avuto un
piccolo…”
“Oh, che carina!”
cinguettò Katie Lou Caldwell, una dei Cacciatori, prendendo
in braccio la bimba
che si nascondeva dietro a Remus. “Sembra una bambola! Chi
è questo fiorellino,
Sirius?”
“È il capitano,
Kats” spiegò Sirius, mentre James faceva del
suo meglio per impedire alla ragazza di dargli buffetti sulle guance.
Katie Lou si bloccò.
“Il capitano? Questa
è James?” chiese sbalordita.
“Prova a ridere delle mie
disgrazie e l’unica parte di te
che giocherà a Quidditch sarà la testa,
Caldwell!” ringhiò la bimba.
“James? Oh,
scu…scusa!” balbettò la Cacciatrice
imbarazzata.
“Non ci sono dubbi:
è proprio il capitano!” affermò Louis
Coleman, Battitore, mentre la compagna di squadra rimetteva
precipitosamente la
bambina a terra. “Solo lui sa minacciare con tanto
stile”
“Ma cosa è
successo?” chiese una ragazza bassa e minuta con
il viso lentigginoso: Melanie Calvert, detta la
poetessa del Boccino.
“Sirius ha fatto danni come
al solito” intervenne Remus. “Vedi,
Melanie, durante la lezione di Lumacorno abbiamo avuto un problema
con…”
“Ho sentito bene? Quello
è Potter?” disse una voce alle sue
spalle; Sirius smise all’istante di fare linguacce a
Lunastorta e si voltò per
fronteggiare il nuovo arrivato, ovvero il loro vecchio amico Severus
Piton.
Il ragazzo raggiunse il gruppetto di
Grifondoro con il viso
carico di perversa soddisfazione, mentre i suoi amici Serpeverde
ridacchiavano
di gusto. “Potter!” esclamò con voce
melliflua. “Noto con piacere che la tua
età fisica si è finalmente allineata a quella
mentale!”
“E io noto”
rispose Sirius imperturbabile, “che la tua
simpatia è sempre inversamente proporzionale al grado di
untuosità dei tuoi
capelli, Mocciosus”
“Ma che carino, difendi la
tua amichetta!” replicò Piton.
“Peccato che sia tanto giovane, voi due sareste una magnifica
coppia. Anime
gemelle, capisci cosa intendo?”
“Dateci un taglio, tutti e
due!” intervenne Melanie.
“Sirius, la partita è tra due giorni: prova a
farti mettere in punizione e ti
disintegro!”
“Ha cominciato
lui!” mugugnò il giovane Black, ma
seguì
ugualmente la Cercatrice nella Sala Grande, mentre i compagni creavano
uno
scudo protettivo intorno a loro. Era già capitato che il
caratteraccio di
Sirius lo mettesse nei guai, specialmente quando c’entrava
Piton, e quando si
trattava di castighi la McGranitt era assolutamente imparziale; i
Grifondoro
non erano affatto ansiosi di perdere il loro Cacciatore, dunque si
affrettarono
a disinnescare la bomba prima che la situazione degenerasse.
“Buon appetito, Potter! Ci
vediamo dopo l’ora della nanna!”
salutò Piton sarcastico. James strinse i pugni, ma non
fiatò.
“Dunque è stata
una pozione” riprese Louis, costeggiando il
tavolo in cerca di un posto libero. “La Evans è
corsa giù dalle scale farneticando
di magia nera e possessioni demoniache, ma non avevo capito che stava
parlando di
te”
“Infatti parlava di
Sirius” rispose James. “O meglio, della
belva che si scatena in lui appena vede un essere con la
gonna”
Sirius lo punì con uno
scappellotto, accorgendosi troppo
tardi di aver calcolato male le forze: la sua manata abbatté
la bimba come un
birillo, facendola cascare a faccia in giù per la seconda
volta. “Oddio… James,
scusa!”
“Vergogna, Black! Non si
picchiano i bambini!” lo rimproverò
Sabrina Goldwin, secondo Battitore della squadra.
“Te ne approfitti
perché sono piccolo, Sirius!” mugugnò
James rialzandosi. “Ma faremo i conti dopo pranzo, sto
morendo di fa…”
Solo allora il giovane Potter si rese
conto di un altro
piccolo, trascurabile problema: il bordo del tavolo gli arrivava
più o meno a
livello della fronte, e per sedersi sulla panca avrebbe dovuto
arrampicarsi.
“Ti prendo in braccio,
James?” si offrì Sirius.
“No, Sir”
“Aspetta, ti aiuto
io” propose Peter, issandolo sulla panca.
“Remus, non è che hai preso qualcuno dei tuoi
libroni?”
“I miei libri non si
toccano!” dichiarò Remus, abbracciando
la borsa con aria possessiva. “Potremmo Appellare un cuscino
o due, così James
sarebbe anche più comodo”
“Ma quale
cuscino!” lo liquidò Sirius, prendendo posto al
fianco di James e trasferendolo di peso sulle sue ginocchia.
“Il mio Ramoso starà
benissimo in braccio a me, non è vero dolcezza?”
Gli irripetibili insulti del ragazzo
non ebbero il minimo
effetto.
“Cosa ti prendo, amore?
Vuoi l’arrosto o la torta salata?”
tubò il giovane Black, allungandosi a prendere un vassoio.
“Voglio tornare come prima
e farti ingoiare il piatto!”
mugugnò James. “E se proprio non posso, allora
scelgo l’arrosto”
Gli altri Grifondoro nascosero un
sorriso dietro il
tovagliolo, divertiti da quella scenetta. Ormai tutta la tavolata
sapeva chi
fosse quella bimba che godeva delle attenzioni di Sirius, e ogni tanto
anche
qualche studente delle altre case allungava il collo per vedere la
nuova
arrivata (e, nel caso dei Serpeverde, per dare di gomito al vicino e
bisbigliare qualche commento acido).
“James, per quanto tempo
resterai così?” si informò Sabrina.
“U’efe”
rispose James con la bocca piena.
“Lumacorno dice che ci
vorrà almeno un mese per l’antidoto”
tradusse Peter.
“Oh, no! Ma allora non
potrai giocare!” gemette Katie Lou.
“Sarà un disastro, non abbiamo riserve abbastanza
forti… forse dovremmo
chiedere a madama Bumb di rimandare la partita”
“Certo che
giocherò, Kats, il grande James Potter non si fa
fermare da sciocchezze come questa!” affermò James
inforcando un pezzo di carne
e schizzando la tovaglia di sugo. “Rimandare la
partita… figuriamoci, non vedo
l’ora di scendere in campo!”
“Grande
James Potter,
hai la manica nel piatto” lo richiamò Remus,
suscitando i risolini delle compagne.
“È Sirius che
non mi fa spazio” si lamentò il ragazzo.
“Ehi,
cagnaccio, quella era la mia patata!”
“Non
c’è il tuo nome scritto sopra”
ribatté Sirius, dando un
morso all’oggetto conteso. “E poi questo
è il mio piatto”
“E quella è la
mia gamba! La vuoi smettere di strizzarmi il
ginocchio, pervertito che non sei altro?”
“E tu smettila di prendermi
a calci!”
“E tu piantala di
schiacciarmi contro il tavolo!”
“E voi smettetela di dare
spettacolo, o toglierò dieci punti
a Grifondoro” li apostrofò la McGranitt, comparsa
silenziosamente dietro di
loro.
“Ci scusi professoressa,
Potter è così infantile…”
sghignazzò Sirius. “Hai sentito, James? Comportati
bene, dammi un bacino e
facciamo pace!”
“Avvicinati e ti mordo il
naso, Sirius!” cinguettò James con
un sorriso feroce.
La professoressa chiuse gli occhi per
calmarsi, non ci
riuscì e diede ai due degenerati uno scappellotto a testa.
“Incantesimi alle
due, Potter. Sveglio e puntuale!” scandì prima di
allontanarsi.
L’intervento pose fine al
bisticcio, almeno sulla parte
visibile del tavolo (sotto la tovaglia calci e pizzicotti continuarono
imperterriti); i Malandrini finirono con calma di pranzare e si
incamminarono
verso l’aula del professor Vitious.
A metà tragitto, James
strattonò la manica di Remus.
“Lunastorta?”
“Sì,
James?”
“Mi accompagni in
bagno?”
Remus si morse la lingua un attimo
prima di sputare la frase
“Vacci da solo, sei grande
abbastanza”
e deviò verso il bagno del secondo piano (quello dei
ragazzi, naturalmente:
Remus non sarebbe entrato nel bagno delle femmine nemmeno sotto
tortura, e non
solo per via di Mirtilla).
“Grazie, Remus. Faccio in
un attimo” garantì James
scomparendo in uno dei cubicoli.
Mezzo minuto dopo, la sua vocina
risuonò di nuovo. “Remus?”
“Sì,
James?”
“Non ci arrivo”
Il giovane Lupin accorse e
constatò che i water di Hogwarts
non erano esattamente a misura di bambino. “Oh,
accidenti… aspetta, ci penso
io: reducio”
La tazza si rimpicciolì di
un paio di taglie, ma da qualche
parte un tubo si staccò e l’acqua che ne usciva
cominciò ad allagare il
pavimento.
“Veloce, James! Qui si
bagna tutto!” esortò Remus, voltando
le spalle allo stanzino per lasciare a James un minimo di riservatezza.
“Tu e l’idraulica
siete proprio due mondi a parte, eh?”
ironizzò James. “Ho finito, possiamo
andare”
“James, non tirare la
cate…”
L’appello di Remus giunse
un secondo troppo tardi.
“Si può sapere
dove eravate finiti?” domandò Sirius quando
James e Remus comparvero in aula, fissando le loro scarpe bagnate e
l’acqua che
gocciolava dai pantaloni di Remus formando una pozzanghera.
Per tutta risposta, Remus estrasse di
tasca quella che
sembrava la miniatura di una scala a due gradini.
“E quella dove
l’hai presa?” chiese il giovane Black.
“Appellata dalla
biblioteca” spiegò Remus laconico.
“E a cosa ti
serve?”
“Per il bagno”
Sirius si grattò la testa,
cercando di capire.
Inutile dire che non ci
riuscì.
Come avrete
capito,
aggiorno una volta ogni torneo Tremaghi perché sono una fan
dei capitoli
chilometrici pieni di boiate messe lì per fare atmosfera (e
anche perché ho la
deprecabile abitudine di fare dieci cose alla volta).
Intanto vi
presento la mia creazione: la
squadra di Quidditch di Grifondoro, che è solo una comparsa
ma avrà un
rilevante ruolo comico più avanti:
Oliver Becker - Portiere
Sirius Black - Cacciatore
Katie Lou Caldwell - Cacciatrice
Melanie Calvert - Cercatrice
Louis Coleman - Battitore
Sabrina Goldwin - Battitrice
James Potter - Cacciatore (C)
Grazie a
todos per le
recensioni e saluti ai miei affezionati fan delle coppie allucinanti.
Riguardo a Remus e Sirius, il fatto che colga ogni occasione per farli
litigare non è puramente casuale.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Oh capitano, mio capitano… ***
4-Oh
capitano, mio capitano…
Il professor Vitious era
evidentemente ben informato sulla
disgrazia: entrò in classe lanciando solo
un’occhiata distratta a James ed
attaccò subito con l’argomento di quel giorno.
“Geminio,
ragazzi!” squittì, colpendo la matita di Peter con
la bacchetta e
creandone una copia identica, compresi i segni di masticatura intorno
alla
gomma. “Un utile incantesimo, quando si tratta di duplicare
qualcosa che non
sia un compito in classe… perché, mi duole dirlo,
non avreste alcuna
possibilità di farla franca. Produce una copia identica
all’oggetto in
questione, fin nei minimi particolari come macchie
d’inchiostro” e toccò il
fazzoletto di Mary, “strappi sui bordi” e fece
apparire un secondo libro sul
banco di Katie Lou, “e calligrafia sui bigliettini di
pettegolezzi… che,
signorina Doolin, non andrebbero condivisi in classe!”
concluse, gettando
nell’imbarazzo una Corvonero al penultimo banco.
“L’incantesimo funziona solo
con oggetti inanimati, dunque vi sconsiglio di sperimentarlo sul
compagno di
banco o sul vostro animale domestico. Chi vuol provare a descrivere gli
altri
limiti di questa formula? Dimmi, Black!”
Sirius,
che in
realtà si stava stiracchiando, rimase di sasso.
“Ehm, forse… che riproduce solo
l’aspetto e non quello che c’è dentro?
Come la Pozione Polisucco?” tentò.
“Avresti
potuto
formularla meglio, Black, ma la risposta è esatta”
approvò il professore. “L’incantesimo
non riproduce le proprietà magiche di un oggetto, bacchette
comprese, e non è
una buona idea neppure usarlo per duplicare il denaro: ciò
che otterreste
sarebbero due monete con lo stesso numero di serie, e quindi
inutilizzabili. Ma
ora basta con le parole: fuori le bacchette e facciamo un
po’di esercizio”
“Mi
dai la mia,
Remus?” pigolò James.
“Fai
attenzione, hai
sentito cosa ha detto Lumacorno” raccomandò il
ragazzo, prendendo la bacchetta
di James dalla propria borsa.
“I
professori si
aspettano sempre disastri da me!” si lagnò il
giovane Potter.
“Già,
chissà
perché…” commentò la Evans,
seduta al banco dietro il suo. Scoprire che quella
non era una povera creatura indemoniata non l’aveva affatto
rassicurata; anzi,
continuava a tormentarsi la gonna della divisa come se temesse che un
topo (o
una bimba?) le zampettasse su per la gamba.
“La nostra prima
cavia” stava spiegando intanto il
professore, “sarà un pezzo di pergamena. Ne avrete
tutti uno, suppongo… no,
Caldwell, non serve un foglio intero, per oggi un pezzettino
basterà. Posatelo
sul banco, prendete la bacchetta e compiendo questo semplice
movimento” e mosse
lentamente la bacchetta perché tutti vedessero,
“dovreste ottenerne un altro
identico, macchie incluse. Forza, cominciate”
Tutta la classe si mise al lavoro:
per i primi dieci minuti,
gli unici eventi degni di nota furono piccoli incendi o fughe
improvvise delle
pergamene causate da colpi di tosse dei proprietari. Man mano che la
lezione
proseguiva, gli studenti più svegli cominciarono a
padroneggiare l’incantesimo
e produrre inizialmente pallidi fantasmi di pergamena che svanivano
subito, poi
copie via via più consistenti; normalmente James Potter
sarebbe stato uno dei
primi a riuscirci, ma quel giorno dalla sua bacchetta non usciva
neppure una
scintilla.
“Geminio!
Geminio! Accidenti a te, stupida
bacchetta!”
“Non occorre urlare, James:
la bacchetta ci sente benissimo”
disse Sirius, il cui banco era ormai coperto da frammenti di appunti
sulla
storia dei troll. Un ottimo lavoro, considerando che, oltre ad
esercitarsi
nell’incantesimo, doveva anche sorvegliare una bimbetta in
piedi sulla sedia
che agitava un bastoncino di mogano con frustrazione crescente.
“La magia
c’è, devi solo riuscire a incanalarla”
disse Remus
da dietro la propria pila di foglietti. “Concentrati, sentila
nella tua mano… Geminio!”
“D’accordo,
adesso ci riprovo” sospirò James chiudendo gli
occhi per concentrarsi. “Geminio!”
Il suo sforzo fu premiato: quando
guardò di nuovo, un
secondo quadrato di pergamena spiccava sul legno del banco.
“Sirius, guarda, ce
l’ho…”
“Ehm…
è la mia” intervenne Peter arrossendo.
“Mi è volata
via, scusa”
“Le pietose bugie non si
usano più?” sbuffò James.
“Uffa… geminio!”
“Non ti preoccupare,
Potter: è normale che tu faccia fatica”
lo rassicurò Vitious. “Non scuotere la bacchetta,
concentrati e mantieni la
calma; magari prova prima con qualcosa di più semplice, va
bene?”
James inspirò
profondamente, puntò la bacchetta verso la
pergamena e disse: “Wingardium
leviosa”
Non accadde nulla.
“Wingardium
leviosa!”
strillò di nuovo, battendo il piedino sulla sedia con le
guance paonazze, e
questa volta ebbe successo: tutti i banchi e le sedie
dell’aula decollarono
verso l’alto con gli studenti sopra, e Vitious fece appena in
tempo a
trasformare il soffitto in un materasso prima che l’intera
classe, lui
compreso, prendesse una zuccata colossale. Ci vollero due Finite
incantatem per riportare i giovani
maghi con i piedi per
terra, e un terzo per spegnere un principio d’incendio
causato da un movimento
scomposto di James; seguì l’immediato sequestro
della bacchetta colpevole, con
relative proteste del proprietario, che non voleva rassegnarsi a
lasciarla alla
custodia di Gazza (“Ma professore… lui mi odia,
prenderà la mia adorata in
ostaggio e la torturerà per vendicarsi!”).
Il giovane Potter passò il
resto della lezione a dondolare
stizzosamente la gambetta paffuta, guardando i compagni che si
esercitavano, e
neppure l’offerta di pace di Vitious, che decise ‘in
via del tutto eccezionale’
di incantare la sua piuma perché
prendesse appunti da sola, riuscì a migliorarne
l’umore.
“Come faccio senza la mia
bacchetta?” si lamentò James
attraversando il parco verso il campo da Quidditch. “Sono
come un Boccino senza
ali, una piuma senza inchiostro, un… una crostata senza
marmellata!”
“A me basta essere un
Sirius senza bernoccolo” rispose
l’amico, passandosi un braccio sulla fronte. “Mi
è arrivato il banco in testa,
accidenti a te!”
“Non capisco proprio
perché non volete ridarmela!”
insistette James. “Non serve che Minnie lo sappia, potete
dire che l’ho rubata
mentre dormivate!”
“Ti ho detto che non ce
l’abbiamo!” sbottò Sirius
esasperato. “Vitious l’ha data a Remus e Remus
l’ha portata a Minnie, quindi
dacci un taglio. E poi, cosa te ne fai di una bacchetta che non riesci
a
controllare?”
“E me lo chiedi?”
si stupì il giovane (piccolo, in verità)
Potter. “Sirius, non hai proprio fantasia? Potrei scagliare
una maledizione su
Mocciosus e farlo sembrare un incidente!”
“Tu hai
un’ossessione per quel ragazzo, James”
replicò
Sirius con un sorrisetto. “Beh, adesso che sei donna puoi
farti avanti, no?”
L’interessato non lo
pestò solo per non provocare il crollo
della massa di bagagli trasportati dall’amico, che aveva due
scope in spalla e
un sacca per mano, dato che James era troppo debole e Remus e Peter si
erano
rifiutati di farsi schiavizzare. Fortunatamente il campo era ancora
deserto,
così nessuno assistette all’entrata trionfale
della strana coppia; Sirius passò
dagli spogliatoi per cambiarsi e James rimase solo in compagnia della
sua Comet
da corsa.
Il giovane Potter amava dire che lui
e la sua scopa erano
praticamente una cosa sola, ma a quanto pareva le cose erano cambiate:
invece
di galleggiare a mezz’aria pronta a ricevere il pilota, la
Comet resistette a
tutti i tentativi di alzarla da terra e quando Sirius uscì
sul campo di gioco
il manico lucido era ancora immobile sotto la manina di bimba che lo
chiamava.
“Ti aiuto io, James: su!”
ordinò il ragazzo, e il manico di scopa schizzò
in alto rischiando di staccare
il naso al legittimo proprietario. “Riesci a
salire?”
James guardò la Comet,
sospesa più o meno all’altezza delle
sue ascelle, e gratificò Sirius con un sorriso ottimista.
“Certo che sì,
Felpato: stai a vedere!”. Afferrato il manico, si
issò bocconi sulla scopa con
un goffo saltello e cercò di mettersi a cavalcioni come al
solito, ma prese
troppo slancio e ruzzolò giù dall’altra
parte proprio mentre Oliver Becker
usciva dagli spogliatoi.
“’Sera,
capitano!” salutò il nuovo arrivato.
“Ehi, quelli
erano orsetti?”
“Le mutande del capitano
non c’entrano con gli allenamenti!”
dichiarò Sirius, riuscendo eroicamente a restare serio.
“E comunque erano
coniglietti, quelle con gli orsetti sono ver...”
“Siiiirius!”
ringhiò James, con il viso verde di rabbia e di
erba.
Il Portiere accorse a rialzarlo e lo
installò premurosamente
sulla scopa, benché James insistesse che ce
l’avrebbe fatta benissimo da solo;
dopodiché, con Oliver che lo sosteneva da una parte e Sirius
che lo sorreggeva
dall’altra, il capitano di Grifondoro poté
accogliere il resto della squadra in
sella al suo bolide come si conveniva ad un campione, effetto solo in
parte
guastato dalle chiazze di terra che aveva ancora sulla fronte.
Quando anche Sabrina, la ritardataria
per eccellenza, si fu
presentata a centrocampo, James si schiarì la voce per
ottenere l’attenzione di
tutti. “Bene!” cominciò con aria
solenne. “La partita si avvicina e sarà meglio
che...”
“Ehi,
è il capitano,
un po’ di rispetto, gente!” lo interruppe Oliver,
scoccando un’occhiataccia a
Louis e Sabrina che ridacchiavano nelle retrovie.
“Scusa, capitano, ma quelle
calzette sono deliziose!” si
giustificò la Battitrice. “Cosa stavi
dicendo?”
“Oh, al diavolo!”
sbottò James indispettito. “Cosa parlo a
fare se voi teste di legno… In sella alle scope,
muovetevi!”
“James…”
obiettò Oliver esitante. “Tu… ce la
fai?”
“Naturale,
Oliver!” rispose James. “Fate largo,
truppa!”
Tutti si affrettarono a fare spazio e
la Comet decollò con
la sua leggendaria rapidità, ma lo scatto
disarcionò il povero James, che finì
ancora una volta a fare compagnia alle cicorie.
“Sei troppo leggero,
James” valutò Melanie afferrando al
volo la scopa. “Sara meglio legarti, a quel manico, se vuoi
restare in sella”
Tutta la squadra collaborò
con entusiasmo: dieci minuti dopo
James, incastrato in una complicata imbragatura di sciarpe, cinture,
cravatte e
fazzoletti, riuscì finalmente a prendere quota e dare il via
all’allenamento.
“Cominciamo dai passaggi!” esclamò.
“Kats, la Pluffa! Sabrina, Louis, venite
anche voi!”
“Al volo,
capitano!” strillò allegramente Katie Lou, e
neanche a farlo apposta la Pluffa che lanciò finì
dritta sulla fronte di James.
“Cavolo, questo
sì che è un passaggio!”
commentò Louis
prendendo al volo il rimbalzo. “Sabri, è
tua!”
“Cosa aspetto a uccidervi
tutti?” grugnì James tastandosi un
altro bernoccolo.
I successivi dieci minuti
procedettero più o meno allo
stesso modo: James riusciva a prendere la Pluffa con due manine, anche
se
faticava a lanciarla più lontano di un metro, ma i compagni
di squadra, Sirius
compreso, sembravano trovare molto più comodo bersagliarlo
con la palla in modo
che rimbalzasse verso gli altri giocatori, con la scusa (era sicuro
che fosse una scusa) che i loro
passaggi erano calibrati su una persona più alta. Quando i
due Battitori
svolazzarono via per esercitarsi in quello che Louis definiva trattamento
Bolidi, anche le due pesanti
sfere mostrarono una certa propensione a bersagliare il più
piccolo componente
della squadra, e dopo mezz’ora di allenamento James si
ritrovò a sperare che
almeno Melanie e il Boccino non ce l’avessero con lui.
Una manciata di lividi più
tardi, un capitano visibilmente
provato suggerì una partitella per ripassare gli schemi di
gioco in vista
dell’incontro; tutti i giocatori, meno Melanie che continuava
a svolazzare
dietro al Boccino, si riunirono nella metà campo presidiata
da Oliver per fare
ciò che il loro ruolo richiedeva. Il divertente esercizio
terminò bruscamente
un quarto d’ora prima del previsto: nel corso di
un’azione concitata,
l’orologio di Oliver si impigliò nella sciarpa di
Katie, che si trovava
ovviamente intorno alla vita di James, e cercando di liberarsi il
giovane
Potter sciolse accidentalmente il nodo sbagliato.
Non finì in tragedia solo
perché James fu lesto nel
ripararsi il cranio con un braccio, slogandosi la spalla invece di
fracassarsi
l’osso frontale nell’impatto con il suolo, ma
l’infortunio fu sufficiente a
creare scompiglio tra i Grifondoro; madama Chips arrivò di corsa,
chiamata
dalla fenice Fanny che in quelle occasioni stazionava sempre nei pressi
del
campo, e spese altri dieci minuti litigando con James per convincerlo a
farsi
dare un’occhiata (“Non è niente,
razza di troll! Sei appena caduto da dieci metri!”) e
scoraggiando Sabrina dal
tentare un incantesimo di guarigione che aveva imparato guardando sua
nonna.
Tra una cosa e l’altra il tempo passò; ben presto
giunsero le sei, calò il buio
e i Grifondoro dovettero sgombrare il campo.
“Stai bene,
James?” chiese Melanie prima di entrare nello
spogliatoio.
“Come nuovo, Mel, ma starei
meglio con un altro po’di
allenamento” mugugnò James. “Quasi quasi
domani all’alba…”
“Oh, James,
ti prego!”
supplicò Sabrina. “Siamo fortissimi, siamo
preparati e Corvonero non ha una
sola possibilità, perché non pensi
positivo?”
“È vero, James,
dacci fiducia per una volta!” la appoggiò
Sirius. “Vieni a cambiarti, ti prenderai qualche malanno a
uscire così sudato”
“Non ho una divisa di
ricambio, genio” gli ricordò James
glaciale.
“Lo so,
zuccherino… per fortuna c’è il tuo
Sirius che pensa
a tutto!” gongolò l’amico scortandolo
nello spogliatoio maschile; prese la
sacca di James dall’armadietto e ne estrasse una
salvietta… “…e il pigiamino!”
esclamò trionfante. “Così vedranno
tutti come sei adorabile, Jamie!”
James fissò il migliore
amico come se volesse incenerirlo, e
fu una fortuna che Louis riuscisse a fiondarsi nella doccia e aprire
l’acqua
prima di sghignazzare in modo incontrollabile.
Il Cacciatore in miniatura
assicurò che era perfettamente in
grado di svestirsi, così Sirius lo lasciò solo e
si godette l’acqua calda senza
i consueti richiami dell’amico che lo esortavano a sloggiare
e fargli posto; quando,
in maniche di camicia e con i capelli umidi, tornò a vedere
come se la stava
cavando, lo trovò seduto sulla panca ancora vestito di tutto
punto, che lottava
con il cinturino della scarpa che non voleva slacciarsi. Sospirando con
rassegnazione, si inginocchiò di fronte a lui e lo
aiutò a liberarsi della
divisa, armeggiando con mani goffe e inesperte con lacci, bottoni e
maniche
lunghe e cercando di toccarlo il meno possibile, mentre Oliver e Louis
fingevano di essere impegnatissimi ad asciugarsi i capelli.
Quando anche la camicia fu piegata
alla bell’e meglio e
buttata sopra gli altri indumenti, Sirius tese di nuovo la mano ma
James lo
respinse. “Basta così, faccio da solo”
dichiarò, chinando la testolina in
un’adorabile manifestazione di timidezza.
“James, la gente normale
non si fa la doccia in mutande e
canottiera” sbuffò Sirius afferrando
l’orlo della maglia di cotone. “Dai, alza
le braccia, cercherò di non tirarti i capelli”
James si strinse le ginocchia al
petto, nascondendo le
guance che avevano assunto una delicata sfumatura color pesca.
“Neanche per
sogno! Io non mi spoglio davanti a te!”
“Resistere alle tue curve
mozzafiato sarà una vera tortura,
ma farò uno sforzo” ribatté il giovane
Black cercando di mantenere la calma.
“Smettila di fare la damigella timida, Ramoso”
“Puoi togliermi
questa” concesse James senza guardarlo, “e
poi aprirmi l’acqua e lasciarmi lavare da solo. Non sono una
neonata, Felpato”
“Affare fatto”
annuì il ragazzo.
“Non così,
però!” puntualizzò James, strappandogli
la
canottiera dalle mani e voltandogli le spalle. “Ecco, adesso
puoi”
“D’accordo. Su le
braccia, adesso” sospirò Sirius.
“E non guardare!”
“Va bene”
Finalmente il capo in questione
finì nel mucchio insieme
agli altri e James, rosso in viso e con le braccia magre strette al
petto, lasciò
che un Sirius altrettanto imbarazzato – e grato a Louis ed
Oliver che gli
risparmiavano commenti salaci e prese in giro – lo prendesse
in braccio e lo
depositasse vicino alla doccia, dove Oliver aveva steso una salvietta
perché il
capitano non posasse i piedini scalzi sul pavimento. “Puoi
andare, Sirius. Farò
in fretta” assicurò.
“Solo un attimo,
James” rispose l’amico; si sporse per
aprire il rubinetto, poi afferrò di nuovo la bimba per le
ascelle e la piazzò con
decisione sotto il getto d’acqua.
La veemente protesta di James fu
soffocata dai litri di
liquido che gli si riversarono addosso, togliendogli vista, udito e
parola;
Sirius rimase impassibile di fronte ai suoi tentativi di divincolarsi e
lo
tenne sotto l’acqua finché non giudicò
che fosse fradicio a sufficienza,
dopodiché lo sorresse con un braccio e si dedicò
a strofinarlo vigorosamente
con la saponetta.
“Questa…
sput… me la paghi, Felpato!” sputacchiò
James
inviperito.
“Resisti, coniglietto: un
po’di pazienza e sarà tutto
finito” replicò Sirius serafico, versando una
manata di shampoo sulla chioma di
James e spedendogliene un bel po’ in bocca.
Ci vollero quattro risciacqui e
un’altra passata di sapone
prima che James fosse pulito e profumato come voleva Sirius;
finalmente, il
Malandrino dichiarò che poteva bastare e riportò
trionfalmente l’amico
furibondo alla panca, avvolgendolo in una salvietta gigantesca,
apparentemente
senza notare la propria camicia fradicia e lo sbaffo di schiuma che
decorava i
propri capelli. Temendo che la situazione gli sfuggisse di mano, Oliver
si fece
avanti per assistere il compagno di squadra e riuscì a
produrre un Incantesimo
Asciugante abbastanza ben fatto da togliere un po’di
umidità dalla buffa
biancheria intima del capitano. “Lascia che lo vesta io,
Sirius” si offrì. “Do
sempre una mano alla mia sorellina”
Il ragazzo accettò, con
grande sollievo di James, che
cercava ancora di nascondersi allo sguardo impertinente del suo
migliore amico;
in poco tempo canottiera, pigiama e scarpine furono indossati, e Louis
completò
l’opera raccogliendo in due graziose treccine i capelli
corvini del compagno.
Usciti dallo spogliatoio, i giovanotti trovarono ad attenderli le
compagne di
squadra, curiose di vedere come se la fossero cavata; naturalmente si
produssero in gridolini estasiati nel vedere James con quel curioso
abbigliamento, e si contesero l’onore di tenerlo in braccio
nel tragitto fino
alla scuola.
“Forse non è poi
così male essere una bambina” mormorò
più
tardi il giovane
Potter, varcando
l’ingresso sulle robuste spalle di Sabrina (che
l’aveva preso in consegna da
una riluttante Katie Lou più o meno a metà
strada).
“Cosa hai detto che
c’era in quella pozione?” indagò Louis
scoccandogli uno sguardo invidioso.
Ieri ero particolarmente pessimista sulla sorte
dell'umanità
(il mio paese ospita certi adolescenti talmente maleducati, sboccati e
fondamentalmente inutili che perfino Attila esiterebbe a riconoscerli
come figli) e ho sentito la necessità di comunicare con
persone di maggiore e più profonda intelligenza. Ho
così trovato lo stimolo per collegare l'inizio e la fine
degli allenamenti, già chiari nella mia mente contorta, con
qualche scenetta di colore locale e aggiungere finalmente il quarto
capitolo.
Ringraziando lettori e recensori, auguro a tutti buona lettura, e agli
idioti della panchina di imbattersi in un Piton di pessimo umore e in
un Macnair particolarmente sadico.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Bacchette magiche… ma anche no! ***
5-Bacchette
magiche… ma anche
no!
James si godette davvero la cena di
quella sera: passò dalle
ginocchia di un compagno di squadra a quelle di un altro, accarezzato
dalle
femmine e stuzzicato amichevolmente dai maschi, e naturalmente servito
come una
regina. Solo Piton azzardò una battuta sul suo pigiama,
chiedendo al vicino di
posto (ma a voce abbastanza alta da farsi sentire anche dai Grifondoro)
se
quella fosse per caso la nuova divisa da Quidditch, e fu ricompensato
da un
piatto di minestra di cavoli che si librò a
mezz’aria per rovesciarsi sulla sua
testa; gli sforzi di Lumacorno per scoprire il colpevole furono
inutili, dato
che tutti i potenziali responsabili sembravano impegnati ad ammirare il
coniglietto che saltellava indisturbato sulla maglia del Malandrino.
Quando tutti ebbero finito il dolce,
Sirius si appropriò
nuovamente del suo migliore amico (a Peter parve di notare una punta di
gelosia
nel suo abbraccio) e lo trasportò in sala comune per fargli
finire i compiti.
Le esercitazioni pratiche erano ovviamente fuori discussione, ma il
tema di
Trasfigurazione per il giorno successivo non sembrava in grado di avere
effetti
potenzialmente letali e quindi il giovane mago –
temporaneamente degradato a piccola strega
– fu costretto a riempire
le solite due spanne di pergamena con qualche notizia sulle leggi di
Gamp,
anche se dopo un tentativo poco convinto di simulare una lussazione al
braccio
destro (peccato che quello che si era ferito fosse il sinistro,
come quella traditrice di Melanie non mancò di fargli
notare). Per sua fortuna la penna incantata da Vitious
accelerò la stesura
dell’elaborato, anche se gli altri Grifondoro ebbero da
ridire sul fatto che
James dettasse il testo ad alta voce disturbando tutti.
Verso le dieci e mezzo la testolina
scura cominciò a
ciondolare sulla pergamena, sfiorando pericolosamente il calamaio, e
perfino
l’inflessibile Remus giudicò che non fosse il caso
di insistere; Sirius si
incaricò dunque di prendere in braccio la piccola
principessa, troppo stanca
anche per protestare, e portarla al sicuro nel dormitorio, dove la
infilò sotto
le coperte e le sciolse le trecce con qualche carezza di troppo alle
guance
rosate. James non si lamentò, dato che si era addormentato a
metà scala con il
ditino in bocca e una chiazza d’inchiostro sul naso; Sirius
appuntò nella
memoria quella tenera scena, progettando di servirsene per un futuro
ricatto, e
tornò al piano di sotto dopo essersi concesso un ultimo
pizzicotto al delicato
visino dell’amico.
I Malandrini superstiti si
trattennero in sala comune per
un’altra ora, tra libri aperti e rotoli umidi; Sirius fu
l’ultimo a salire in
dormitorio ed ebbe la soddisfazione di sorprendere i due compagni di
stanza
intenti a fissare estasiati l’unico letto occupato, con Remus
che cercava di
darsi un tono smacchiando la mano di James e Peter che lisciava le
pieghe del
copriletto con la cura di una cameriera esperta. Il giovane Black prese
nota
anche di quello – altra materia di ricatto – e
approfittò della distrazione
degli amici per occupare il bagno a suo piacimento, sapendo che nessuno
dei due
avrebbe osato gridargli insulti o bussare fino a buttar giù
la porta, come avrebbero
fatto in altre circostanze: non potevano rischiare di svegliare la
bimba,
giusto?
Remus, tuttavia, non si astenne dal
comunicargli a gesti
quello che pensava di lui (usando termini che dovevano essere molto
volgari, a
giudicare dalla sua espressione) prima di scivolare a sua volta in
bagno,
muovendosi senza rumore come un gatto siamese particolarmente
aggraziato (Peter,
che in effetti somigliava più a un persiano, lo
imitò con discreto successo);
James continuò dunque a sonnecchiare indisturbato mentre i
suoi più cari amici
si mandavano elegantemente al diavolo a pochi passi dal suo letto, e da
quel
momento in poi la quiete innaturale del dormitorio fu scossa solo da
lenzuola
fruscianti e risate silenziose.
Era solo l’una di notte
quando James aprì gli occhi e si
trovò di fronte una cortina di oscurità. Abituato
com’era a stare sveglio fino
a tardi, si sentiva stranamente confuso dopo quel sonno anticipato; in
più
provava un’indefinibile sensazione di insicurezza, come se il
fatto di essere
così piccolo avesse ridestato le sue paure infantili di
ombre con le zanne e
mostri in agguato sotto il letto. Luce, mi serve luce,
pensò,
scivolando
fuori dalle coperte e ricordandosi un secondo più tardi che
la sua bacchetta
era stata requisita. Però c’era ancora quella di
Sirius... era sul comodino, a
poca distanza dalla sua mano, gli sarebbe bastato allungarsi e
prenderla. Non
c’era nemmeno bisogno di camminare sul pavimento gelido: il
suo comodino era a
metà strada e avrebbe senza dubbio retto il suo peso.
Convinto della bontà della
propria idea, James si arrampicò
sul piano del mobile, attento a non far cadere quello che
c’era sopra, e tese
il braccio più che poteva, cercando a tentoni il bastoncino
senza riuscire a trovarlo;
in compenso la sua manina incontrò qualcos’altro,
spingendolo pericolosamente
oltre il bordo. Il piccolo Potter scattò nel tentativo di
afferrarlo al volo
prima che cadesse, ma si spinse troppo in avanti e finì per
sbilanciarsi:
l’oggetto sgusciò dalle sue dita per infrangersi
sul pavimento e poco dopo lui
lo seguì, precipitando su un tappeto di inchiostro e
frammenti di vetro che si
conficcarono nel suo palmo come pugnali.
Poco dopo, una luce azzurrina
illuminò il dormitorio e il
viso assonnato di Sirius. «Sei caduto dal letto,
Ramoso?»
«Volevo solo un
po’di luce» confessò il ragazzo
umiliato. «
Ho cercato di prendere la bacchetta e... ho rotto il tuo calamaio,
scusa».
Se James avesse pensato di
impietosire Sirius con quel
racconto, avrebbe avuto una fiera delusione: invece di consolarlo, il
suo
migliore amico lo fissò dall’alto in basso con un
sogghigno. «Il grande Potter
ha paura del buio? Oh, ma che sorpresa! Chiamo la Gazzetta
del Profeta?»
«Sei proprio stupido,
Sir!» sbuffò James cercando di
alzarsi, ma non riuscì a trattenere un gemito quando altri
pezzi di vetro si
piantarono nel ginocchio e nel piedino scalzo. Sirius
abbassò la bacchetta per
vedere cosa avesse, e non appena illuminò la galassia di
schegge intorno al
corpo dell’amico cambiò bruscamente atteggiamento.
«Jamie, perché non mi hai
detto che ti sei fatto male?» bisbigliò,
sollevandolo con cautela e posandoselo
in grembo. Corrugò la fronte quando gli vide le mani,
ridotte a un reticolo di
tagli, e si occupò subito di rimuovere i frammenti rimasti
nella carne,
ignorando i sussulti e i contorcimenti del paziente.
Con tutto il fracasso che aveva
creato, la piccola avventura
non poteva certo passare inosservata, e ben presto altri due Lumos
moltiplicarono l’ombra di
Sirius
sulla parete. «Sirius, cosa
c’è?» sbadigliò Peter
dall’altra parte della
stanza, mentre Remus si affacciava da dietro la colonnina del letto per
investigare sulla riunione notturna (naturale, era un Prefetto...).
«James ha cercato di
suicidarsi per saltare la partita»
rispose il ragazzo, sputando su un fazzoletto per disinfettare le
ferite.
«Idiotaaah!»
gemette James, mentre Sirius affrontava senza troppe cerimonie un
graffio sul
suo polso.
«Sei un disastro, Felpato.
Aspetta, ti diamo una mano»
sospirò Remus, accendendo una lampada che
trasportò vicino al letto di James. Lui
e Sirius si occuparono di rimettere in sesto l’amico,
guarendo tagli e
cancellando macchie con l’aiuto della magia (decisamente
più efficace della
combinazione di stoffa e saliva impiegata in precedenza), mentre Peter
mise a
frutto il GUFO in Incantesimi eliminando l’inchiostro e
ricomponendo il
calamaio con abili tocchi di bacchetta.
Dieci minuti di sforzi più
tardi, il dormitorio e la sua piccola
ospite furono finalmente in ordine e Remus e Peter tornarono al
meritato
riposo, lasciando la custodia della bimba a Sirius. Il ragazzo aveva
intenzione
di stuzzicare James proponendogli di dormire con lui, ma
un’occhiata storta del
Prefetto – che oltre che un licantropo era evidentemente un
Legilimens – lo
convinse a cambiare programma. «Noi abbiamo finito»
sussurrò invece, chinandosi
sulla caviglia dell’amico per rimarginare un graffietto
sfuggito all’ispezione.
«Ti fa male da qualche altra parte? James?»
L’interpellato non rispose,
e per un’ottima ragione: quando
Sirius lo guardò in faccia, scoprì che aveva gli
occhi chiusi e l’espressione
beata di chi si trova da un pezzo nel mondo dei sogni. «Oh,
stai dormendo!»
commentò impacciato, ignorando la risatina sfuggita
all’autocontrollo di Remus.
«Allora io… ti riporto a letto, va bene?»
James non replicò,
lasciandosi docilmente trasportare nel
suo giaciglio e rimboccare le coperte.
«Ti lascio la
lucetta…»
Nessuna risposta.
«Buonanotte,
James»
Salutato l’amico, Sirius
tirò le tende e fece per tornare a
letto, ma a metà strada decise di compiere
un’ultima buona azione e lasciare
veramente una luce per James, nel caso si fosse svegliato di nuovo.
L’idea di tenere
una lampada accesa e
incustodita per tutta la notte non gli andava a genio, così
bisbigliò un ordine
alla propria bacchetta e quella si illuminò debolmente di
una rassicurante luce
rosata; la posò sul comodino di James, scostando le tende
perché lui la
vedesse, e si allontanò in silenzio, girandosi una decina di
volte per
verificare che fosse tutto a posto.
Quella notte, nessun abitante di
Hogwarts dormì peggio di
lui.
Il risveglio mattutino dei Grifondoro
del sesto anno fu
movimentato come quello notturno: alle sei e mezzo Sirius fu destato
bruscamente
da uno strillo acuto proveniente dal bagno, segno che James ne stava
combinando
un’altra delle sue. Si alzò borbottando
maledizioni, si affacciò alla porta socchiusa
e quello che vide bastò a gelargli il sangue: il suo
migliore amico galleggiava
a mezz’aria come un palloncino, sfiorando il soffitto con la
testa.
«Sirius,
aiutami!» gridò James appena lo vide.
«Io… non
riesco più a scendere!»
«Jamie, come diavolo hai
fatto a finire lì?» urlò Sirius a
sua volta.
«Volevo lavarmi da solo e
ho preso la tua bacchetta per fare
un incantesimo di levitazione, ma sono... sono finito troppo in
alto!»
Il giovane Black, letteralmente fuori
di sé, non pensò
nemmeno a recuperare la propria bacchetta, che James aveva fatto cadere
nel
cesto dei panni, e si mise a saltellare, cercando inutilmente di
afferrare la
bambina per la caviglia e tirarla giù. Remus, richiamato dal
trambusto,
mantenne invece il proprio sangue freddo: spinse da parte il compagno,
puntò la
bacchetta ed esclamò «Finite
incantatem!»
Fu come se avesse tagliato un filo invisibile: la bambina
precipitò con un
gridolino di spavento ed atterrò pallida e tremante tra le
braccia di Sirius.
«Te l’avevamo
detto, James!» disse Remus scuotendo la testa.
«E tu, Sirius, razza di imprudente, perché gli hai
lasciato la bacchetta?»
Il ragazzo non rispose
all’accusa del compagno di stanza,
impegnato com’era a tenere James in equilibrio sul bordo del
lavandino. «Non
riprovarci mai più, sciocchina che non sei altro! Potevi
farti male!» esclamò
in tono severo, con una mano sotto il rubinetto per verificare che
l’acqua non
fosse troppo calda.
«Chiamami di nuovo
sciocchina e sarai tu a farti male,
Sirius!» ringhiò James guardandolo storto.
«Non sono una mocciosa, dannazione!»
«Ma a volte ti comporti
come se lo fossi» intervenne Remus. «So
quanto sia difficile per te, ma cerca almeno di non rischiare
l’osso del collo
prima di colazione».
Le sagge parole del Prefetto ebbero
il solo risultato di
trasformare le rabbiose proteste della bimba in un sommesso brontolio;
il
piccolo Grifondoro accettò con malagrazia
l’assistenza degli amici e tenne
ostinatamente il muso a Sirius per tutto il tragitto fino alla Sala
Grande, che
compì arrancando sulle gambette paffute e trascinandosi
dietro la borsa dei
libri come se fosse un cane grasso e molto pigro. Giunto a destinazione
ebbe
un’altra sgradita sorpresa: la squadra di Quidditch era
presente al gran
completo – primo brutto segno, di solito Sabrina scendeva in
ritardo e finiva
di mangiare nei corridoi – e i giocatori si spintonavano e
sgomitavano a
vicenda, come per rimpallarsi un compito ingrato.
«Vai tu!»
«No, vai tu!»
«Ma io ho vinto a testa o
croce!»
«Sì, ma sei
uscito ai dadi!»
«Tocca a te, sei il
più grande!»
«Scherzi? Sei tu la sua
preferita!»
«Buongiorno,
capitano!» disse Melanie all’improvviso,
spingendo avanti Oliver e nascondendosi dietro di lui; gli altri si
zittirono
all’istante e fissarono James con aria colpevole.
«Che state combinando
voialtri?» chiese il capitano
sospettoso.
«Vedi…
c’è un problema» cominciò il
Portiere, a disagio. «Ieri
sera la McGranitt ci ha parlato e, ecco…»
«Taglia corto, Oliver. Cosa
c’è?» sospirò James,
sospettando
in cuor suo la risposta.
«Ti sostituiamo»
disse Oliver in fretta. «La McGranitt dice
che non puoi giocare in quelle condizioni».
Le orecchie del ragazzo assunsero
all’istante il colore
della divisa da Quidditch. «Come sarebbe a dire, non
posso?» protestò
indignato. «Perché non si può rimandare
la partita?»
«Corvonero non
vuole» spiegò Katie Lou. «Non vedono
l’ora di
batterci, sarebbero sciocchi a non cogliere
l’occasione».
«Oh, sul serio?»
replicò James in tono polemico. «E chi
giocherà al mio posto, allora? Oh, già, che
sbadato: dovrei chiedere al capitano!»
I giocatori accolsero la sfuriata a
testa bassa, costernati;
solo Louis ebbe il coraggio di assicurare, anche a nome dei compagni,
che la
squadra aveva deciso a malincuore di lasciarlo fuori, e solo
perché la
professoressa non intendeva fargli correre rischi. Ciò non
servì a rasserenare
James, che sbocconcellò la colazione senza appetito e si
alzò da tavola per
primo, diretto all’aula di Difesa contro le Arti Oscure con
ben quaranta minuti
di anticipo; Remus lo raggiunse a metà strada e si
affiancò a lui senza
offrirsi di portarlo in braccio, cosa di cui l’amico gli fu
profondamente grato.
Trovarono il professor Stein
già seduto alla cattedra,
intento a prendere appunti su un grosso volume dall’aria
antica. Era un uomo alto
e smilzo, dal viso giovanile solcato da lunghe cicatrici, e
benché avesse poco
più di quarant’anni i suoi capelli folti e
spettinati erano completamente
grigi; si diceva che prima di insegnare a Hogwarts si fosse occupato a
lungo di
magia demoniaca e che i numerosi pericoli affrontati
l’avessero condotto
sull’orlo della pazzia, tanto da spingere il suo capo ad
offrirgli (o imporgli)
un anno di pausa.
Come Vitious il giorno prima, Stein
non sembrò sorpreso
quando vide entrare l’allievo; a differenza del collega,
però, apparve
decisamente interessato. «Ah, Potter!»
mormorò, aggiustandosi gli occhiali sul
naso. «Buffo, piccolo incidente il tuo, Lumacorno non ha
fatto altro che
parlarne a tavola».
«Ne ha visti altri del
genere, professore?» chiese Remus curioso.
Provava una sincera ammirazione per il nuovo insegnante, cosa che James
non
condivideva: secondo lui, Stein somigliava un po’troppo a uno
scienziato pazzo.
Il professore si concesse un piccolo
sorriso. «In verità,
Lupin, ho visto più stranezze qui che in tutta la mia
carriera, a partire dal
babbeo di Corvonero che si è fatto Evanescere un alluce
giusto ieri pomeriggio.
E pensare che mi avevano raccontato che insegnare fosse un lavoro di
tutto
riposo».
Remus lo fissò
affascinato, come per spronarlo a dire di
più, ma gli occhi indagatori del cacciatore di demoni erano
puntati su James. «Ma
un caso come questo non l’avevo neppure immaginato, parola
mia» disse piano,
scrutando la piccola creatura che aveva di fronte come si apprestasse a
sezionarla. «Ringiovanimento e cambio di sesso in una volta
sola, davvero notevole…
sarebbe interessante sapere se c’è stato anche un
cambiamento interno…»
Il giovane Lupin non
sembrò accorgersi della luce sinistra
nello sguardo di Stein, così James dovette letteralmente
trascinarlo fino ad un
banco in fondo all’aula, dove si barricò dietro a
una pila di libri. Remus, da
persona ingenua e poco recettiva qual era, si rifiutò di
prendere sul serio i
suoi timori («Andiamo, Ramoso... non è possibile
che Stein tagliuzzi gli
studenti nei sotterranei, non crederai davvero a queste
sciocchezze!»), ma
James ebbe la sgradevole sensazione che il professore lo esaminasse con
più
attenzione del solito, forse meditando di utilizzarlo come cavia per
qualcuno
dei suoi orrendi esperimenti. L’arrivo di altri compagni per
la lezione fu per
lui un vero sollievo.
Quando tutti furono ai loro posti,
con la bacchetta in mano
e il manuale aperto, Stein chiuse il libro che stava consultando e
scrutò la
classe in attesa. «Oggi» annunciò a voce
bassa, «vedremo cosa avete imparato
sulla deviazione dei malefici. Sapete tutti produrre un Sortilegio
Scudo in
modo decente, ma ora è il momento di vederlo in azione:
prendete le bacchette e
dividetevi in due righe, in modo rapido e silenzioso».
Tutti obbedirono, mettendosi uno di
fronte all’altro lungo i
corridoi tra i banchi; James finse di non vedere Sirius, che si era
incastrato
tra lui e un ragazzo moro di Tassorosso.
«Ora»
proseguì il professore, «la fila alla mia destra
scaglierà una maledizione... niente di distruttivo, per
favore, questa scuola è
in piedi da secoli e non tocca a voi demolirla... e quella di sinistra
cercherà
di bloccarla. Dopodiché sarà la fila di sinistra
ad attaccare e quella di
destra a difendersi. Mi sono spiegato... sì,
Potter?»
«Professore, io... non ho
la bacchetta!» confessò James.
«La McGranitt me
l’ha accennato, sì» confermò
Stein con un
cenno del capo. «Ma possiamo rimediare... ecco, Potter, tieni
questo» e gli
tese un oggetto lungo e sottile che aveva appena estratto dalla tasca.
James lo prese con cautela e se lo
rigirò tra le dita,
perplesso. «Professore, questo è...»
«Uno stuzzicadenti da
spiedino» lo anticipò l’insegnante.
«Si
impugna come una bacchetta e per ripassare i movimenti
dell’incantesimo è più
che sufficiente; io starò alle tue spalle e farò
esattamente quello che fai tu...
giusto o sbagliato che sia».
Furioso, paonazzo, umiliato, il
ragazzo afferrò con malgarbo
lo spiedino e lo brandì con aria minacciosa contro il
Tassorosso che aveva di
fronte, ormai color Grifondoro per lo sforzo di trattenere una risata.
La
maledizione scagliata da questo lo colse impreparato, centrandolo
dritto in un
occhio.
«Finite
incantatem!»
mormorò pigramente Stein, ponendo fine all’atroce
prurito scatenato
dall’incantesimo. «Mettici più
entusiasmo, Potter... vediamo come intoni quel Protego!»
James accolse con gioia feroce quel
suggerimento: per i
successivi trenta minuti fu l’incubo della classe, scagliando
e deviando
maledizioni con il suo misero stuzzicadenti, mentre la bacchetta di
noce del
professore si muoveva in perfetta sincronia con la sua mano,
riproducendo il
minimo errore nei suoi gesti e cogliendo ogni esitazione nelle formule.
«Ma non vale! Questo era
perfetto!» protestò il ragazzo
quando il sortilegio che aveva prodotto volò alto sopra la
testa di Jeremy
Hutton.
«Tenevi la mano troppo
inclinata» lo smentì placidamente il
professore. «L’avresti sbagliato ugualmente, se
quella fosse stata una
bacchetta vera».
James agitò lo spiedino
con uno sibilo di esasperazione e
l’incantesimo che scaturì dalla bacchetta di Stein
mandò a gambe all’aria la
Evans dall’altra parte della stanza.
Ci
credete che questo capitolo è in lavorazione da aprile? In
verità, a forza di aggiunte mi è sfuggito un
tantino di mano, raggiungendo le sette-dico-sette pagine (e non
è ancora finito!), così ho deciso di tagliarlo e
offrirvelo come preda di guerra: ve lo meritate, dopo tanta attesa.
Naturalmente non sono rimasta con le mani in mano - ho scritto
parecchio per i concorsi, come potete vedere - ma mi sentivo sempre un
po' in colpa vedendo
questa storia sepolta sotto le altre.
Parliamo
del professore di Difesa. I fan del manga Soul Eater
l'avranno riconosciuto:
è Franken Stein, direttamente dalla Shibusen. Per chi non lo
sapesse, Soul Eater è ambientato in una
scuola fondata da
Shinigami, il dio della morte, per preparare giovani dotati alla lotta
contro le anime corrotte; Stein è un insegnante
particolarmente preparato, molto stimato dagli studenti, ma anche temuto
per i suoi attacchi di follia, durante i quali cerca di sezionare ogni
essere vivente che gli capita a tiro (il povero James fa decisamente
bene a preoccuparsi). Se volete saperne di più, vi ho trovato un articolo
ben fatto su Wikia (in inglese) e una passabile
scheda in italiano, giusto per farvi un'idea.
State
pronti per il prossimo capitolo, in cui compariranno un grazioso
criceto, un coniglietto e forse un unicorno. Grazie per l'attenzione.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=127040
|