Back to the past

di apochan kenshiro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cruel pain ***
Capitolo 2: *** Family portrait ***
Capitolo 3: *** Water drops ***
Capitolo 4: *** Hope ***
Capitolo 5: *** Hesitating ***
Capitolo 6: *** Oldnew comers ***
Capitolo 7: *** Heart beat ***
Capitolo 8: *** Turnin' point ***
Capitolo 9: *** Plain explanation ***
Capitolo 10: *** Leaving ***
Capitolo 11: *** Sensations ***
Capitolo 12: *** Ordinary day ***
Capitolo 13: *** First impression ***
Capitolo 14: *** Look into your mirror ***
Capitolo 15: *** Step by step ***
Capitolo 16: *** As time goes by ***
Capitolo 17: *** In the darkness ***
Capitolo 18: *** Grey clouds ***
Capitolo 19: *** Voices and visions ***
Capitolo 20: *** A sign ***



Capitolo 1
*** Cruel pain ***


Cruel pain
 

Una sfera rosso fuoco inondò di luce, per l’ultima volta in quella giornata, la città. Le ombre della sera cominciarono a farsi strada sinuose, mentre la prima stella fece capolino nel cielo. Nella città tutti ormai si apprestavano a rincasare e gli unici ostinati a rimanere all’aperto erano pochi gatti, che vagavano miagolando fra i vicoli, forse in cerca di cibo. La sera si apprestava sempre più a scendere sulla città di Nerima.
Poco dietro le tende di un’anonima camera da letto, una ragazza osservava pensierosa lo spettacolo del tramonto, che si svolgeva sul piccolo distretto di Tokyo; sospirava tristemente solo guardando la ritirata giornaliera del sole; pensieri e ricordi si affollavano sicuramente nella sua mente: i suoi occhi blu lo confermavano.
Michiko fece un ultimo lungo respiro e poi si scostò dalla finestra, richiudendo la tenda. Distolse i suoi pensieri dal crepuscolo, ma non da ciò che quasi ormai da molto aleggiava nella sua mente. Con la stanchezza nei movimenti e nei gesti, si diresse alla scrivania della sua camera; accese la luce; scostò la sedia e vi si poggiò; poi aprì un cassetto ed estrasse il suo fidato confessore, l’unico che aveva tutta la pazienza del mondo per ascoltarla e nessuna possibilità o volontà di raccontare ciò che lei le confidava.
La ragazza aprì così il suo diario sulla scrivania, prese una penna, appuntò accuratamente la data e cominciò a scrivere, completamente immersa nei suoi pensieri:
“Caro diario,
per l’ennesima volta sono qui che sfoglio le tue pagine, sperando di trovare ancora un angolo dove parlare e sfogarmi con te. Ogni giorno, ogni notte quando dormo, ogni volta che guardo il tramonto, questi pensieri non fanno altro che sommergermi ed io non riesco a provare niente che non sia una profonda tristezza. Ripenso alla mia vita come qualcosa di vuoto, come ad una puzzle con una tessera mancante … sento veramente il bisogno di ciò che mi è stato strappato ingiustamente … se solo non me lo avessero detto … avrei potuto continuare a vivere senza questo senso di incompletezza, senza questo rimorso di non averli mai potuti conoscere … i nonni e le zie erano riusciti a far vivere me e mio fratello in serenità, per almeno sedici anni. Purtroppo il peso che tutti avevano sul cuore non aveva permesso oltre che mantenessero il silenzio: si sentivano in dovere di raccontarci la verità. Ed io, ormai da almeno due mesi, non riesco a fare altro che rimanere chiusa in me stessa e riversare quasi ossessivamente sulle tue pagine i miei pensieri: quello che dissero a me e a mio fratello in quel pomeriggio di metà settembre mi ha letteralmente sconvolto … dal racconto trapelavano unicamente odio, risentimento e sofferenza … quell’odio … continuo ancora chiedermelo: si può arrivare ad odiare così tanto? Si può veramente arrivare ad un tale punto di non ritorno e di follia? No, non si può, e questo mi tormenta ininterrottamente … tutto ciò era inammissibile, era inaccettabile, e ciò che era peggio, tutto ciò era EVITABILE … anche adesso non riesco a fare a meno di guardare intensamente l’orologio: spero da un momento all’altro che le lancette si blocchino e comincino a girare furiosamente al contrario, magari portandomi indietro nel tempo … magari facendomi aggiustare quello che tutti quanti vogliono continuare a guardare, anche se con le lacrime agli occhi, come inevitabile … magari facendo sì che la mia vita sia quella che io volevo che fosse. Con questo non voglio dire che i nonni, le zie e mio fratello Kaito non mi abbiano dato tutto l’affetto di cui avevo bisogno, ma con LORO sarebbe sicuramente stato bellissimo …”
Michiko sollevò stanca gli occhi dalla pagina di diario ed osservò l’orologio: erano le cinque e mezzo e ciò significava che poteva concedersi ancora un po’ di solitudine.
“ … ora i miei pensieri sono più fitti che mai e non riesco a proseguire oltre. Quando ancora avrò bisogno di aprirmi, sono sicura che le tue pagine saranno pronte ad accogliere i miei pensieri. Mi concederò un po’ di riposo sul mio letto, anche se so che in realtà ne passerà di tempo prima che trovi la mia pace …”
Posò la penna e chiuse il diario, riponendolo poi accuratamente nel cassetto. Si alzò dalla sedia e si guardò intorno: si rese conto che ormai la sera era scesa e che l’unica fonte di luce nella sua stanza era la lampada sulla scrivania.
Fece per dirigersi sul letto, quando sentì un lieve ticchettio.
“Sarà forse la zia che bussa alla mia porta?”
Pensò dirigendosi alla porta della sua camera. Afferrò la maniglia ed aprì, sporgendosi timidamente sul corridoio: non c’era nessuno. Dal piano inferiore proveniva un sommesso chiacchierare, probabilmente la televisione. Da due mesi a quella parte quasi più nessuno aveva voglia di parlare in famiglia.
Michiko richiuse la porta, pensando che fosse stato unicamente frutto della sua immaginazione. Questa volta ritornò alla scrivania e spense la luce, poi con decisione andò sul suo letto; distendendosi, agguantò con forza il cuscino e lo tenne stretto a sé, come se stesse cercando di abbracciare qualcosa che non poteva in realtà afferrare. Si accoccolò su sé stessa, continuando a tenersi il cuscino fra le braccia; i pensieri che la tormentavano erano talmente confusi ed affollati nella sua testa, che le dettero quasi l’impressione di svanire. Nell’oscurità, nel silenzio, nella sua stanza, la ragazza si ritrovò in uno stato di dormiveglia, come sospesa nel vuoto in cui si sentiva cadere.
Stava quasi per addormentarsi, quando il lieve ticchettio fece nuovamente capolino. No … nonostante si sentisse più prigioniera del mondo onirico che presente nella realtà, capì che quel ticchettio era reale.
Si alzò controvoglia dal letto e provò a guardarsi intorno: era notte di luna nuova e non vi era assolutamente luce nella stanza; solo la lontana e fioca reminescenza della luce di un lampione. Provò allora ad acuire il suo senso dell’udito, ma non ricevette un segno. Si diresse dunque a tentoni verso la scrivania, per accendere la luce. Proprio nel momento in cui stava per premere l’interruttore risentì quel suono. Questa volta aveva capito: la finestra.
Facendo spazio nella sua mente ad altro, immaginò il peggio: un malintenzionato, un ladro, un maniaco, un mascalzone, un assassino … procedendo sempre a luce spenta, appoggiandosi ai mobili ed alle pareti, giunse all’angolo opposto della stanza dove, nascosti accanto all’armadio, c’erano due “cimeli” assai curiosi, che la sedicenne non aveva mai però esitato ad usare. Non aveva mai saputo il perché fossero lì nella sua stanza; lei non l’aveva mai chiesto e nessuno glielo aveva mai detto. Li prese entrambi, giusto per scegliere quale dei due sarebbe stato più utile al momento: nella mano sinistra teneva una vecchia mazza da baseball, che aveva almeno vent’anni, mentre nella destra impugnava un’altrettanto vecchia katana di bambù. Le soppesò per qualche secondo fra le mani, poi optò per la katana di bambù: più leggera, ma efficace.
Il ticchettio arrivò nuovamente, stavolta meno lieve. Michiko, afferrando con entrambe le mani la katana, si diresse lentamente verso la finestra, seguendo la luce esterna del lampione. Quando arrivò vicino a questa, vi si mise accanto, in modo da non essere vista. Emise un respiro profondo.
“Forza Michiko …”
Aprì di scatto tende e finestra e puntò la katana verso l’individuo che le stava di fronte.
-Non muoverti brutto maniaco!-
Aveva gli occhi spalancati e pieni di rabbia. Quando però quello che vedeva fu tradotto in informazione dal suo cervello, comprese l’errore in cui era caduta, per l’ennesima volta …
-Cavolo, Michiko, un giorno o l’altro mi farai fuori con tutti i tuoi attrezzi! Ed io che ero venuto per tirarti un po’ su di morale … -
Due occhi irriverenti color nocciola squadravano la ragazza.
-Non potresti farlo come tutte le persone normali, Kaito? Bussando alla porta, per esempio. –
-Noto che sei carina come al solito, sorellina. –
-Piantala scemo! Entra, altrimenti ci congeliamo tutti e due … -
Uno volta che il ragazzo fu entrato, la sorella chiuse la finestra ed accese la luce. 

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Capitolo 2
*** Family portrait ***


Family portrait

Michiko, con una certa stizza nello sguardo, squadrò dall’alto al basso il fratello, che nel frattempo si era tranquillamente messo a cavalcioni della sedia della scrivania. Lei rimase in piedi a braccia conserte.

“Il solito impunito”

Pensò, mentre lei fissava astiosa Kaito e lui fissava lei con irriverenza. Entrambi rimasero silenziosi per un po’.

Alla fine la ragazza, irritata dal silenzio imbarazzante con il fratello, lo ruppe:

-Senti, Kaito, dimmi subito di cosa hai bisogno e poi vattene. Stasera non è serata … -

-Non vorrei contraddirti, Michiko, ma per te è da un pezzo che non è mai serata, non è mai mattinata, non è mai giornata … -

-Piantala! Mi vuoi dire cosa vuoi?!-

Rispose quasi ringhiando.

Kaito di tutta risposta si alzò improvvisamente di scatto.

-Ma che … ma non posso nemmeno preoccuparmi per te?! Che diamine! Cosa credi, anch’io non riesco quasi più a prendere sonno dopo quello che ci hanno detto! Però almeno cerco di andare avanti, non mi trascino come uno zombie per tutta la casa! Io mi alleno, mi distraggo, io … -

Kaito si bloccò improvvisamente. Michiko non aveva potuto sopportare tanta prepotenza: sulla guancia del ragazzo aveva stampato con forza la sagoma del palmo della sua mano e delle sue cinque dita. Il silenzio si rimpadronì con prepotenza della scena. L’imbarazzo stagnava di nuovo pesantemente sui due fratelli.

Dopo qualche minuto calde lacrime cominciarono a scorrere copiosamente dagli occhi della ragazza; seguirono quasi contemporaneamente singhiozzi e sussulti, che le scuotevano completamente il corpo. No … era successo ancora … l’aveva fatta piangere … aveva fatto piangere sua sorella.

Inspiegabilmente Kaito possedeva un talento naturale per irritare sua sorella Michiko e, in alcune occasioni, la capacità di portarla all’esasperazione e di farla piangere; il tutto anche se non era nelle sue intenzioni. La guardò mortificato, preso da un interno moto di rabbia verso sé stesso. Poi cercò di aprire bocca per esprimere il suo dispiacere, ma lei lo anticipò.

-Basta, Kaito, non ne posso più … -

Quando Michiko arrivava a piangere diveniva fragile e vulnerabile. Kaito non poteva vederla così.

Si avvicinò ed abbracciò la sorella, che non oppose resistenza. Lei continuava a piangere.

-Michiko, scusami. Sono un vero idiota … quello che volevo dirti è che sono seriamente preoccupato per te e che non ce la faccio più a vederti in questo stato! Sei sempre stata allegra, piena di vitalità, ma, da quando i nonni ci hanno raccontato tutto, non sei più la stessa e questo mi fa male. In fondo sono tuo fratello … sono per natura preoccupato per te. –

Le parole di Kaito sortirono un effetto non solo calmante, ma anche liberatorio su Michiko:

-Fratellone … sì io non sono più me stessa, perché purtroppo vedo la mia vita da un’altra prospettiva. Sapere che TUTTO fosse successo per cause naturali, mi aveva lenito il dolore per la loro mancanza. Non sono una stupida, quando certe cose avvengono è inutile piangere sul latte versato: bisogna mettersi il cuore in pace e guardare cosa il mondo e chi ti è vicino possono darti … ma sapere che tutto era evitabile, che c’era una scelta, che qualcosa poteva essere fatto … non faccio altro che sperare che il tempo torni indietro, di vivere una vita migliore, che TUTTI NOI viviamo una vita migliore … oh, Kaito! Perché non c’è una maniera di tornare indietro, PERCHÈ!?! –

-Vorrei tanto conoscerla anch’io sorellina … vorrei tanto … -

I due fratelli si tennero stretti l’uno all’altro per un po’, per incoraggiarsi, per aiutarsi reciprocamente a superare quel momento. Perché sì, Kaito era un ragazzo forte, ma era pur sempre un ragazzo, ed anche lui soffriva come la sorella … anche lui sentiva quel buco nel petto …

Il ragazzo sollevò lo sguardo al soffitto, come a liberare un grido silenzioso, poi si guardò intorno. La camera della sorella era sempre così ben ordinata … a differenza della sua …

Lo sguardo gli cadde casualmente sull’orologio sulla scrivania … i pensieri nella sua mente si azzerarono completamente per lasciare posto ad uno solo … era tardi.

-Oh, cavolo, Michiko, sono le sette!-

La sorella si ridestò.

-Oh, cavolo … -

Non finì la sua esclamazione, che entrambi sentirono una voce provenire dal piano terra.

-Ragazzi! A tavola!-

-Arriviamo!-

Come ridestati da un sonno lungo secoli, i due si riscossero e corsero giù a precipizio per le scale, fino ad arrivare in sala da pranzo.

C’era tutta la famiglia: nonno Soun, con i suoi lunghi capelli bianchi, con i suoi baffi, con l’immancabile completo terra da palestra e la coperta di lana sulle spalle; nonno Genma, con i suoi vecchi occhiali ormai rotti, con anche lui la sua tenuta bianca da palestra, insieme alla sua buffa bandana a nascondere la calvizie, e l’onnipresente coperta di lana simile a quella dell’amico; zia Nabiki, una bella donna sulla trentina, dai capelli castani, corti tagliati a caschetto, sempre disinvolta, elegante ed indipendente, ma con la luce spenta nei suoi occhi color nocciola; guardandosi intorno, a dir la verità, si accorsero che mancava zia Kasumi.

Dopo qualche secondo entrò nella sala da pranzo, con il recipiente in cui aveva preparato con cura l’oden; anche lei era una bella donna, apparentemente sulla trentina, dai capelli lunghi castani raccolti in una treccia; Michiko e Kaito sapevano per certo che era più grande di zia Nabiki di due anni; inoltre era una perfetta donna di casa, dal carattere dolce e sempre gioviale, anche se alla fine aveva gli stessi occhi della sorella: color nocciola, ma dalla luce spenta.

Kasumi arrivò dunque con l’oden e lo poggiò sul tavolo. Vide poi i ragazzi in piedi che sgomitavano per mettersi nel posto che preferivano. L’intera famiglia li osservava come incantata: per due mesi erano stati il ritratto della malinconia e del rancore, mentre quella sera, dopo quel tremendo litigio che avevano udito fin dal piano terra, sembravano tornati i fratelli allegri di sempre. Sembrava addirittura di rivivere il passato. Una lacrima furtiva scese sulle guance del vecchio Soun Tendo.

Quando i due se ne accorsero, smisero si battibeccare.

-Nonno, stai bene?-

Chiese preoccupata Michiko.

-No, nipotina cara, solo che è talmente bello rivedervi così allegri … -

Kaito e Michiko provarono per un po’a lasciarsi alle spalle la loro sofferenza e fecero al nonno un bellissimo sorriso. Un velo di serenità discese dopo tanto sulla casa Tendo.

-Allora, ragazzi, cosa aspettate a sedervi? Se non vi sbrigate l’oden si fredda.-

Fece allegramente Kasumi.

I fratelli si sedettero ed iniziarono a cenare serenamente assieme a tutta la famiglia. Per quella sera non ci sarebbero stati musi lunghi.

 

Finita la cena, Genma e Soun cominciarono una delle loro abituali partite e shogi, Nabiki si mise a fumare una sigaretta sulla veranda, Kaito a guardare la televisione, mentre Michiko decise di aiutare Kasumi.

-Zia Kasumi, posso aiutarti?-

Le fece poco dopo che era terminata la cena.

-Certo, tesoro. Però c’è da sparecchiare, lavare i piatti e preparare la lavastoviglie. Te la senti?-

-Certo, zia!-

Così, con un’aria quasi spensierata, prese a sparecchiare la tavola e, una volta fatto, seguì la zia in cucina per lavare le stoviglie.

Mentre sciacquavano le scodelle del riso vide improvvisamente il volto della zia scurirsi. Un dubbio atroce le balenò in mente.

-Zia, cosa succede?-

-Oh, niente piccola … non ti preoccupare.-

-Sicura? Il tuo sguardo e così serio … -

Kasumi chinò un attimo il capo. Poi decise: alla nipote poteva dirlo.

-Beh, stamani … mentre tu e Kaito eravate a scuola, zia Nabiki a lavoro ed i nonni al parco … -

-Cosa zia?-

Chiese ansiosa Michiko.

- … Ha chiamato … -

-Chi?-

Nonostante i suoi sospetti, Michiko aveva bisogno che la zia glielo confermasse.

-Chi zia?-

- … Ono … -

Entrambe poggiarono momentaneamente i piatti. Michiko prese le candide mani della zia fra le sue e la guardò dritta negli occhi. Quello sguardo di conforto e sicurezza, uno sguardo che Kasumi non vedeva da tanto, da tantissimi anni, la esortò a continuare.

-Mi ha detto che si trova bene a Sapporo, anche se c’è molta neve … -

-Oh kami … è nell’Hokkaido …. –

-Già … ma dice che il suo studio comunque funziona … -

Silenziosamente le lacrime cominciarono a scendere sul volto di Kasumi. Michiko se ne accorse ed abbracciò delicatamente la zia.

-Oh, Michiko! Io non ce la faccio più, mi manca da morire … -

-Oh, zia … No, non devi piangere … Lo so che lui ti manca e non è qui, ma ti ama e prima o poi tornerà!-

-Non ne sono così sicura nipotina … il rimorso è troppo grande per lui … -

-Ma non è stata colpa sua! Lui ha fatto il possibile!!!-

-Lo so … ma, dato che non è bastato, non è stato tutto … sai … anche lui era veramente affezionato … -

-Lo so, zia … lo so … -

Ora anche Michiko piangeva.

Zia e nipote si tennero strette per un po’. Poi, fra qualche lacrima, singhiozzo, qualche parola di conforto ed alcune stoviglie da lavare, finirono il loro compito casalingo e si confortarono a vicenda. Quando finalmente la lavastoviglie terminò il lavaggio, erano le dieci e mezzo.

Michiko e Kasumi passarono dalla sala da pranzo per portare a posto la tovaglia. Genma, Soun, Kaito e Nabiki erano già andati tutti a letto.

Le due salirono dunque le scale per concedersi anche loro il dovuto riposo notturno.

Si dettero la buona notte con un abbraccio. Kasumi dette poi un bacio in fronte alla nipote.

-Buona notte Michiko … -

-Buona notte zia … -

E Kasumi entrò in camera da letto. Anche Michiko entrò nella sua.

Una volta dentro si appoggiò alla porta e sospirò.

“Sì, zia … il dottor Tofu tornerà indietro, te lo prometto … troverò una maniera … e non solo …”

 

 

 

 

Salve a tutti! Eccomi qui dopo il secondo capitolo di questa mia impresa ^^ ... lo so: chi avesse intuito cosa ho combinato, è libero di volere la mia morte, magari chiedendo anche una di quelle bamboline woodoo che piacciono tanto a Gosunkugi; vi chiederei però di aspettare a trarre le conclusioni: la fine è ben lontana e ancora ne dovranno succedere...

Prima di farvi proseguire al prossimo capitolo (che pubblicherò presto), vi lascio qui sotto una piccola cosuccia, visto che la mia mente bacata non pensa solo a scrivere, ma anche a disegnare! =P

Alla prossima!

 

Image and video hosting by TinyPic(ecco a voi come mi immagino Michiko)

 

Image and video hosting by TinyPic(... ed ecco anche Kaito...)

 

Inoltre ecco a voi le sorelle Tendo:

  • Nabiki: Image and video hosting by TinyPic

  • Kasumi: Image and video hosting by TinyPic

 

p.s. Ah, dimenticavo... grazie mille a tutti i lettori del momento! See you soon! ^^ 

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Capitolo 3
*** Water drops ***


Water drops

Erano le sei e mezzo circa, quando cominciò un nuovo giorno a Nerima, un giorno che significava scuola.

I raggi del sole appena sorto accarezzarono il volto di Michiko. Restia ad alzarsi si girò dall’altra parte, ma il suo desiderio di dormire ancora fu interrotto da chi bussava giornalmente alla sua porta.

-Sbrigati dormigliona! Non voglio arrivare tardi come ieri mattina!-

Era suo fratello Kaito, mattiniero come sempre.

Infatti, nonostante lui fosse caparbio, a volte prepotente e presuntuoso, ogni mattina puntualmente si svegliava per fare i suoi esercizi fisici ed immancabilmente veniva a svegliare la sorella, che avrebbe preferito dormire fino all’indomani.

-Sì … ora mi alzo … -

Rispose lei con la bocca alquanto impastata per il sonno.

-Io ti aspetto giù! Vado a fare colazione!-

E si sentì uno scalpiccio veloce che poi sparì in lontananza.

Colazione? Se non si fosse sbrigata a prepararsi e a scendere giù, non avrebbe più trovato una briciola per colazione; agli altri innumerevoli difetti di suo fratello si aggiungeva purtroppo anche una spaventosa voracità.

Rapidamente si alzò, buttando in fondo al letto tutte le coperte; si precipitò all’armadio e l’aprì, prendendo velocemente l’uniforme. Si tolse dunque il pigiama, scaraventandolo sul letto; prese l’uniforme: camicia, giacca, gonna, calzini … dov’erano i calzini?! Aprì in fretta e furia un cassetto dell’armadio, li scelse a caso e li calzò. Guardò l’ora: sei e quaranta.

“Noooo … veloceveloceveloceveloce!!!!!”

Ogni minuto poteva essere fatale per lei.

Prese la cartella, che era sulla scrivania, uscì dalla camera, si precipitò in bagno a lavarsi mani e viso e a pettinarsi; poi giù a precipizio per le scale, fino in sala da pranzo. Guardò l’orologio in sala: sei e quarantadue. Notò con piacere che Kaito era solo alla seconda scodella di riso e che quindi quella mattina poteva concedersi una buona colazione.

-Buon giorno nipotina … vedo che stamani ti sei ben ripresa … -

Disse Nabiki sorseggiando caffè. Da quando aveva cominciato a lavorare nella multinazionale, si era abituata ai costumi, per così dire, americani.

-Direi di sì, zia. Ed ho anche una fame da lupi! Zia Kasumi, puoi darmi la mia ciotola di riso?-

-Certo, ecco a te!-

E mentre Michiko si sedeva, Kasumi le porse la ciotola.

 

Finito dopo pochi minuti il pasto, i due fratelli si precipitarono fuori per dirigersi a scuola.

Per le strade correvano con un’agilità sorprendente, tanto insolita quanto utile, soprattutto nelle volte in cui rischiavano di non arrivare in tempo alle lezioni.

Ad un certo punto un foglio scivolò fuori dalla cartella di Kaito.

Michiko, che camminava sulla ringhiera che separava la strada dal fiume, saltò giù e raccolse il foglio. Il fratello si bloccò e divenne di pietra.

-E questo che cos’è Kaito?-

Chiese curiosa Michiko.

-Oh, nulla di che … rendimelo e andiamo, è tardi … -

Fece Kaito a denti stretti. Ma la sorella sembrava contrariata …

-Aspetta un attimo, non avere fretta … manca poco a scuola ed abbiamo ancora dieci minuti … -

“Sono morto … spiffererà tutto”

Michiko diede un’occhiata: era il compito di matematica di suo fratello, quello che aveva fatto firmare l’altro giorno a nonno Soun … solo che lì non c’era la firma …

Poi l’occhio della ragazza cadde sul voto …

-Kaito! Ma hai preso gravemente insufficiente! Ed inoltre hai fatto firmare un falso compito al nonno!! Stamani lo dirò alla signorina Ninomiya!-

-No, ti prego, non lo fare! Altrimenti mi toccano i corsi di recupero!-

-Cavoli tuoi! Ci dovevi pensare prima! Bleah!-

E dopo avergli fatto una linguaccia, la ragazza prese a correre a precipizio verso la scuola. Kaito si sentì morire. Prese a rincorrere la sorella a più non posso finché non arrivò al cancello della scuola. Lei dall’ingresso sventolava il suo compito.

-Ridammelo!-

Urlò correndo verso l’entrata ed evitando di essere chiuso fuori dal cancello.

-Tieni, tanto primo o poi la Ninomiya ti scopre … -

-Tzè! Vedremo … -

Così entrarono e dopo aver salito le scale raggiunsero la loro classe. Michiko era veramente di ottimo umore.

-Buon giorno a tutti!-

Fece entrando.

Nessuno fece caso al suo saluto.

L’umore di Michiko cambiò totalmente non appena si accorse del perché: tutti quanti, meno qualche sua amica, stavano attorno a Ming Li.

Ming Li era una ragazza dal fisico prorompente, dai capelli neri corvini con delle sfumature tendenti al lavanda e dagli occhi marroni. Era palesemente di origini cinesi. Aveva un atteggiamento insopportabile, dovuto soprattutto al fatto che era sempre contornata da schiere di ragazzi, suoi spasimanti. Ora, non bastava solo il fatto che fosse così antipatica a Michiko, ma si aggiungeva il fatto che ultimamente non poteva proprio vederla. Quando la mora la notò, la salutò con un certo disprezzo, palesemente distinguibile sia dal tono che dalle parole:

-Oh, buon giorno racchia perticona! Dormito bene stanotte?-

-Stavo dormendo bene finché non mi sono sognata il tuo brutto muso … -

-Vedo che sei gentile come sempre … devono essere i modi di famiglia, no?-

Michiko cominciò ad alterarsi: non dovevano toccarle la sua famiglia, MAI.

-Fammi indovinare, tua madre o tuo padre?-

A questo punto Michiko non ci vide più dalla rabbia. Quello era un argomento tabù, proibissimo soprattutto per Ming Li. Una vena cominciò a pulsarle sulla fronte, mostrando palesemente la sua rabbia. Kaito era dietro di lei, atterrito: non si voleva intromettere, perché avrebbe rischiato di diventare una vittima innocente. Ming Li, dall’altra parte della stanza, scese dal banco su cui era seduta e si fece largo fra i suoi spasimanti.

-Cerchi la lotta ragazza violenta?-

-Non potevi chiedermi di meglio!-

Michiko si lanciò sulla cinese improvvisamente, impedendole di mettersi in posizione e di difendersi. Il resto della classe e Kaito guardavano pieni di paura la scena: Michiko furente stava seriamente facendo del male a Ming Li, che ormai era in balia dell’avversaria.

Ad un certo punto dall’ingresso della classe entrò una ragazza di circa vent’anni, vestita però in tailleur e con in mano una cartella da professore. Piena di sdegno, non si limitò ad osservare la scena fra le alunne, ma intervenne.

-Voi!-

Disse rivolgendosi con autorità ad un gruppetto di studenti in disparte sulla parete: questi erano improvvisamente divenuti paonazzi.

-Mi darete l’energia necessaria!-

Lo stesso gruppetto di prima tentò di fuggire alla rinfusa, ma fu tutto inutile. La ragazza estrasse dalla giacca una monetina e, dopo aver pronunciato alcune parole, assorbì l’energia dei poveri studenti, prendendo l’aspetto di una donna sulla cinquantina e straordinariamente bella.

A questo punto si avvicinò alle studentesse, tenendo sempre tra l’indice ed il medio la monetina. Pronunciò altre parole. Senza che nemmeno se ne accorgessero, Michiko e Ming Li furono investite da un potente raggio di energia vitale: furono entrambe stese a terra e la donna sulla cinquantina riprese le sembianze precedenti.

-Saotome! Porti sua sorella e la Joketsu in infermeria. Poi le accompagni in presidenza. Che non si ripeta mai più una cosa del genere, chiaro?!-

-Sì, professoressa Ninomiya.-

Kaito si caricò dunque le due ragazze sulle spalle e si diresse in infermeria. La voce della professoressa, man mano che si allontanava, sembrava sempre più sommessa.

-Allora prendete il libro di letteratura a pagina trentasette … -

Kaito sospirò.

-Speriamo bene … -

 

Quando Michiko si risvegliò vide intorno a sé le tendine bianche dei letti dell’infermeria. Si alzò a sedere sul letto in cui si trovava, percependo una fitta acuta dietro la testa.

-Come cavolo sono finita qui?-

-La Ninomiya ti ha steso con il suo solito attacco dell’“Happo goen satsu” … -

La ragazza si girò verso sinistra e vide accanto al lei il fratello, seduto su di una sedia a braccia conserte e a gambe incrociate.

-No … un’altra volta … -

-Beh, stavolta l’hai fatta grossa sorellina … -

-Grossa o meno, quella smorfiosa se lo meritava … lo sai che soprattutto LEI non può permettersi di fare discorsi del genere, vero?-

-Lo so e me ne rendo conto. Ma considerando la tua media e la tua condotta non dovevi arrivare a tanto … -

-Te l’ho già detto … non m’importa più niente … -

Michiko era stata tremendamente fredda e chiara. Entrambi abbassarono il capo, cadendo in un imbarazzante silenzio.

La ragazza ruppe nuovamente il ghiaccio.

-Senti, ma Ming Li come mai non è qui? Anche lei dovrebbe aver subito gli effetti dell’attacco … -

-Si è già risvegliata ed al momento si trova dal Preside … dopo tocca a te … -

-Immaginavo … -

Michiko si alzò completamente dal letto e si mise in piedi. Andò verso la porta dell’infermeria e si sporse sul corridoio. Ming Li si stava dirigendo verso di lei: ora toccava a lei.

-Ci si vede ragazza violenta … -

-Non sperarci troppo … -

Michiko si incamminò verso l’ufficio del preside. Era ormai appurato che fosse un tipo alquanto bizzarro, ma mai quanto lo era stato il suo predecessore. Su quest’ultimo aleggiavano leggende alquanto strane, sicuramente pura fantasia.

Quando arrivò di fronte alla porta, sentì salire un groppo in gola.

“Forza …”

Bussò.

-Avanti, Saotome … -

La maniera in cui il preside aveva pronunciato il suo cognome la fece rabbrividire Michiko: sembrava puro disprezzo.

La ragazza aprì la porta ed entrò. La prima cosa che notò furono i molti premi sportivi appesi nella stanza e le numerose katana di legno e bambù. Poi vide il preside seduto alla scrivania. Era un uomo sorprendentemente giovane per ricoprire il ruolo che esercitava: avrà avuto circa una trentina d’anni o poco più, un fisico molto atletico, capelli castani ed occhi marroni; sfoggiava inoltre con una certa impudenza e sicurezza con un sorriso smagliante e bianchissimo.

-Prego, si sieda.-

Fece alla ragazza con un gesto della mano.

Michiko si sentiva stranamente a disagio.

-Allora, vogliamo parlare di quello che è successo?-

Lei annuì.

-Racconti, prego.-

-Ming Li mi ha provocato ed io l’ho attaccata, reagendo in maniera spropositata … ecco tutto.-

-Tutto qua? Beh, se non erro, sia lei che la Joketsu avete riportato delle contusioni, per la vostra … ehm … “bravata”… -

Fece il preside osservando un fascicolo, sicuramente proveniente dall’infermeria.

-Non sono stata solo io … anche la professoressa con il suo attacco avrebbe dovuto contenersi.-

-Già … mi sono noti fin da troppo tempo i modi della Ninomiya … -

Il preside nel frattempo si era alzato e si era accostato alla finestra ad osservare il paesaggio esterno.

-Sa, signorina Saotome, mi rincresce molto quello che lei ha fatto oggi: ha un’ottima media, un’ottima condotta … vuole veramente buttare tutto questo all’aria? Deludere anche la sua famiglia? So che ne sarebbero molto rammaricati.-

Stranamente Michiko percepì che nelle parole del preside c’era sincerità. Lo sguardo le cadde inoltre sulla targhetta presente sulla scrivania, rivelandole per la prima volta il nome dell’uomo che aveva di fronte, per lo più sconosciuto a tutta la scuola.

“TATEWAKI KUNO …”

Lesse mentalmente. Le affiorarono in mente alcuni racconti di sua zia Nabiki … erano stati compagni di classe proprio lì, al Furinkan, ma non ricordava di più.

-Vuole appassire come un bel fiore di ciliegio ormai caduto dalla stupenda chioma vaporosa? La prego, ci rifletta … in nome del ricordo di vostra madre, cercate di non ricadere più in certe sciocchezze … -

Michiko ammutolì. Quando il preside aveva nominato sua madre, i suoi occhi si erano velati di malinconia. Doveva conoscere molto bene anche lei.

-Allora, signorina, siamo d’accordo? Lei si impegna a non fare più sciocchezze ed io ci metterò una pietra sopra … -

Michiko si alzò lentamente dalla sedia e fece un piccolo inchino.

-Va bene, grazie … -

-Non mi deve ringraziare … sa, quando la guardo devo dire che, se non fosse per gli occhi azzurri, sareste due gocce d’acqua … -

La ragazza fece un’altra volta un inchino e poi uscì dall’ufficio del preside.

Fuori trovò suo fratello Kaito ad aspettarla.

-Allora, com’è andata?-

-Beh, meglio del previsto … sai, Kaito, ho sempre più la sensazione che siamo gli unici sulla faccia di questa terra a non sapere come fossero … -

-A chi ti riferisci sorellina?-

-A LORO, Kaito, a LORO … -

Il ragazzo ammutolì. Non capiva perché improvvisamente sua sorella avesse fatto quel discorso, ma sentiva che era meglio non approfondire. Le loro “ferite” si stavano lentamente cicatrizzando, ma sarebbe bastato un nonnulla, come quella mattina, per riaprirle.

 

Da quel momento in poi le ore a scuola passarono velocemente ed anche quella giornata al Furinkan volse al termine. I due fratelli si incamminarono silenziosamente verso casa e, una volta arrivati, andarono ad allenarsi in palestra.

La sera a cena Michiko, anche se con un po’ di vergogna, raccontò tutto ai familiari, che però alla fine non ebbero il coraggio né la forza di biasimarla: ringraziarono mentalmente i kami che Tatewaki si fosse rivelato così comprensivo.

-E così il senpai ti ha salvato la pelle nipotina, eh?-

-Zia, come mai tutta questa confidenza con il preside, eh?-

La domanda retorico sarcastica si era ritorta contro Nabiki.

-Non ti avevo, “per caso”, già detto che eravamo compagni di classe?!-

Fece la donna con un tono alterato.

-Sì, ok, ma tutta questa confidenza … -

-Oh, beh, quel ragazzo è sempre comunque stato un conoscente e frequentatore della famiglia.-

Disse intervenendo tempestivamente Soun. Nabiki ringraziò mille volte il padre ed i kami.

-Ah … ma non potevate dirmelo?! Non mi dite mai niente !-

-Michiko non ti arrabbiare … prima o poi ti racconteremo tutto. Ora però siediti a tavola, altrimenti la zuppa di miso si fredda.-

Fece zia Kasumi, che nel frattempo era arrivata dalla cucina con la cena.

-Va bene … farò la brava bambina e sarò paziente, ok?-

Il volto di Michiko si contrasse in un buffissimo e scherzoso broncio infantile.

-Va bene.-

Rispose Kasumi, la cui asserzione fu seguita da una sana ed energica risata di tutta la famiglia.

Quando finirono tutti di cenare, Michiko andò come al solito ad aiutare sua zia in cucina.

Mentre stavano asciugando pochi bicchieri, le balenò in mente una domanda:

-Zia, ma io le assomiglio?-

Kasumi si fermò e si voltò verso la nipote.

-Perché questa domanda?-

-Per curiosità … non ho nemmeno idea se le assomiglio … -

Kasumi abbassò un attimo lo sguardo, continuando ad asciugarsi lentamente le mani al grembiule. Poi si ridestò.

-Sì, Michiko … siete due gocce d’acqua … -

 

 

 

Rieccomi! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto eche vi abbia maggiormente incuriosito... Ringrazio Rakiy per aver recensito il mio secondo capitolo ed anche tutti gli altri lettori silenziosi che si sono buttati in questa mia fan fiction! Mi scuso per la confusione con le immagini del capitolo precedente,ma ancora devo imparare ad usare bene link , programmi e l'inserzione di varie immagini....

Vi ringrazio ancora e.... See you soon! 

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Capitolo 4
*** Hope ***


Hope

Finalmente era arrivato il weekend. Dopo una settimana pesantissima Michiko poteva riposarsi e fare ciò che più le piaceva: allenarsi. Dopo aver messo la tenuta e preso l’asciugamano, usci dalla sua stanza. Fece per scendere le scale, ma una luce lampeggiante la attirò alla finestra del corridoio. Quando si affacciò, notò un’ambulanza parcheggiata fuori dall’ingresso … avvertì un nodo in gola ed un tremito per tutto il corpo.

Impaurita scese a precipizio le scale in cerca della zia.

-Zia Kasumi! Zia Kasumi!-

Urlava disperatamente temendo il peggio. Il pensiero era rivolto a nonno Soun e a nonno Genma … era così che improvvisamente nonna Nodoka aveva lasciato tutti qualche anno fa: da sola e senza lasciare traccia di sé.

-Zia Kasumi!-

Ora era corsa in cucina. Scostò velocemente le frange della tenda ed entrò: la trovò lì pacata e tranquilla che già preparava la cena.

-Michiko, cosa c’è? Perché ti allarmi tanto?-

La ragazza sbarrò gli occhi incredula.

-Come “cosa c’è”? Ma non hai visto che fuori c’è l’ambulanza?!-

Kasumi guardò dolcemente la nipote. Aveva capito che si era allarmata.

-Oh, Michiko, ti sei preoccupata! Sei veramente una ragazza d’oro. Però devi stare tranquilla, qui non si è sentito male nessuno.-

La ragazza ci stava capendo sempre meno.

-Ma allora l’ambulanza?!-

-Finalmente hanno riportato il MAESTRO dall’ospedale … sembra si sia un po’ ripreso … -

-Il maestro?-

Michiko non realizzava.

-Sì, proprio lui.-

La ragazza fece un profondo respiro.

-Meno male … non è successo niente di brutto … bene … allora io vado in palestra ad allenarmi!-

-Aspetta! Prendi questa bottiglietta d’acqua, Michiko. L’acqua della cannella oggi è molto fredda, ti farebbe male!-

-Grazie zia!-

E corse via per la porta di servizio verso la palestra.

Il maestro … Michiko aveva sentito parlare a volte di lui ed effettivamente l’aveva anche conosciuto, ma aveva solo due anni e da molto tempo ormai stava in ospedale, costretto da una malattia. I nonni, quando quelle rare volte parlavano di lui, ne parlavano con timore e rispetto mentre le zie lo ritraevano come un vecchietto “spensierato” che ormai aveva perso la sua vitalità. Sapeva inoltre che era un combattente potentissimo e che doveva avere circa qualche centinaio di anni … qualcosa al limite dell’inverosimile … infatti non aveva mai creduto a quell’affermazione: probabilmente il maestro era solo un nonnino un bel po’ avanti nell’età, forse fra gli ottanta ed i novant’anni.

Accompagnata da questi pensieri Michiko compiva i suoi kata ed i suoi vari esercizi.

Minuto dopo minuto, ora dopo ora, il tempo passò, finché Michiko non decise di andare a fare un bagno. Raccolse l’asciugamano, finì quelle poche gocce d’acqua che erano rimaste nella bottiglietta ed uscì. Sul vialetto che conduceva in cucina incrociò suo fratello Kaito, che tremava palesemente per il freddo.

-Ehi, Kaito, tutto a posto?-

-Certo … come no … -

Rispose lui battendo freneticamente i denti.

-Sono stato a correre per allenarmi un po’, ma ho ottenuto solo di essermi congelato come un ghiacciolo! Ora vado a scaldarmi un po’ in palestra.-

-Fai pure … io ho appena finito.-

-Come, hai appena finito?-

Fece lui, con una punta di terrore nella voce.

-Certo! Ora vado a farmi un bellissimo bagno caldo! Ciao, ciao, fratellone!-

E Michiko sparì attraverso la porta di servizio della cucina.

Kaito invece aprì quella della palestra molto titubante. Si trovò di fronte quello che purtroppo si aspettava: blocchi di pietra spezzati qua e là e molto, MOLTO disordine.

-Ora mi tocca ripulire tutta la palestra da cima a fondo … -

Sospirò rassegnato, mentre si immaginava il ghigno beato di sua sorella che si crogiolava in vasca.

Pezzo dopo pezzo mise tutto quanto a posto, pronto per fare i SUOI esercizi. Con fare furtivo si guardò intorno. Poi estrasse dalla casacca della tenuta un rotolo.

Qualche tempo fa, mentre si allenava in palestra aveva urtato contro una trave, spezzando un’asse di legno della parete, e vi aveva scoperto all’interno quel rotolo. Non era né antico né estremamente vecchio: avrà avuto sì e no una ventina di anni; oltretutto era pieno di polvere, fatto con normalissima carta, e non pergamena, e scritto con una calligrafia pessima! Solo che quello che Kaito vi trovò scritto era un vero tesoro: si trattava di tre tecniche di combattimento veramente sensazionali. Kaito le aveva lette e rilette, passando notti insonni, ed ogni volta che riusciva ad avere la palestra tutta per sé, aveva provato a metterle in pratica. Ormai ne era rimasta soltanto una da imparare.

Kaito prese un gessetto dalla tasca del suo giubbotto, che aveva lasciato in un angolo della palestra dopo esserselo tolto; tracciò una spirale per terra; poi tinse con il gessetto le suole delle sue scarpe; cominciò.

Senza che neanche se ne fosse accorto, gli attempati Soun e Genma lo stavano osservando, ben imbottiti con sciarpe, guanti e giubbotti, da una finestra della palestra.

-Amico mio … hai visto?-

Disse un ormai in lacrime Soun Tendo.

-Vedo … e non possiamo far altro che esserne fieri … -

 

Altre ore passarono ed arrivò l’ora di cena. Tutti tranquillamente si riunirono nella sala da pranzo, per gustare una delle delizie di Kasumi.

Quando tutti erano già sazi, Kaito, insaziabile, chiese ancora un’altra porzione di riso.

-Mi dispiace Kaito, ma non posso proprio darti altro riso .-

-Ma perché no, zia Kasumi? Ho ancora fame!-

-Tu hai sempre fame, scemo!-

Fece Michiko, dando uno scappellotto al fratello.

-Ahi, scema! E dai, ti prego zietta!-

-Ho detto di no, Kaito. Ma se vuoi domani ti preparerò una colazione più abbondante.-

Disse Kasumi facendo un bellissimo sorriso. Quando la zia faceva così, Kaito non aveva la forza di contraddirla.

-OK … va bene … -

A quel punto tutti si alzarono: Soun e Genma andarono a letto: era troppo freddo quella sera per fare una partita a shogi; Nabiki era vestita molto elegante e sicuramente quella sera sarebbe uscita: infatti andò a prendere il cappotto ed i guanti e dopo pochi secondi si sentì chiudere la porta dell’ingresso; Kaito in realtà si era alzato solo per accaparrarsi i posti più lontani dalla veranda, ovvero quelli più caldi, che solitamente erano dei nonni, e, dopo essersi seduto, si mise a leggere un fumetto; Kasumi fece per andare come al suo solito in cucina, chiamando con sé la nipote. Michiko le andò dietro.

Dapprima la zia non disse nulla, poi, dopo aver armeggiato con ciò che aveva lasciato da parte, preparò un vassoio con cibo e bere necessari per un pasto.

-Aspettami qui, Michiko.-

E Kasumi sparì nel corridoio. Poco dopo tornò con una coperta di lana.

-Allora, Michiko, ora ascoltami attentamente: bisogna che tu vada a portare questo vassoio al maestro e che tu metta in più anche questa coperta sul suo futon. Stasera e molto freddo e non vorrei che ne risentisse. Sai, è comunque molto stanco e provato.-

-E tu cosa farai zia?-

-Io devo finire di lavare i piatti e devo ancora cominciare a stirare i panni. Allora, ti va di farmi questo favore?-

-Volentieri zia .-

-Grazie mille tesoro.-

Disse stampandole un lieve bacio sulla fronte.

E Kasumi tornò all’acquaio, dove aveva lasciato pentole e ciotole.

 

Michiko, con la coperta in spalla ed il vassoio fra le mani, si diresse verso la camera del maestro, andando oltretutto per esclusione.

Quando arrivò di fronte alla camera ebbe una specie di sussulto. Quel timore che sembrava trasparire dai racconti dei nonni ora si era impadronito di lei. E se fosse stato quel tipo di anziano autoritario che ti mette i piedi in testa, fosse anche sul letto di morte?

Smettila Michiko! È solo un povero nonnino ammalato!”

Fattasi dunque coraggio, chiese il permesso di entrare.

-Si può?-

Fece lei molto timorosa.

Rispose una voce sensibilmente provata dalla stanchezza.

-Avanti … -

Michiko aprì piano la porta scorrevole ed una volta dentro poggiò il vassoio e la coperta. Dunque si mise in ginocchio, appoggiandosi sui talloni. Quello che vide davanti a sé la meravigliò: aveva di fronte a sé, steso nel futon, un omino alto poco più di un metro, stempiato, con pochi capelli ai lati che erano bianchi, con due baffetti corti alla cinese dello stesso colore e due occhi grandi, che però erano come quelli di tutti i suoi familiari: spenti.

Dunque una volta inginocchiatasi, si mise a lato del vecchio maestro. Stava per prendere la coperta e rimboccarlo quando lui la interruppe:

-Chi sei ragazza? Non ricordo di averti mai visto, anche se in realtà, devo dire, hai un’aria pressoché familiare … -

La sedicenne poggiò la coperta e pensò che fosse proprio il caso di fare le presentazioni.

-Forse lei non si ricorda di me, perché quando l’ho vista la prima volta avevo solo due anni e lei è molto tempo che è stato via da qui. Io sono Michiko Saotome, ho sedici anni e vivo qui con i nonni, le zie e mio fratello da quando sono nata .-

Gli occhi dell’anziano si animarono improvvisamente di una vivida luce.

-Davvero? Tu sei veramente la piccola Michiko?-

-In carne ed ossa .-

-Come sei cresciuta! E come assomigli al mio tesoruccio!-

La ragazza capì il paragone e cominciò a piangere istintivamente. Anche lui … anche lui conosceva meglio di lei sua madre …

-Ed ora cos’hai, bambina? Perché piangi?-

-Perché io non riesco più a sopportare il fatto di non averla conosciuta, di non averli conosciuti. Mentre tutti gli altri, compreso lei, sanno tutto di loro … -

Ora Michiko singhiozzava.

-Vedo che stai molto male per questo figliola … facciamo una cosa: ora tu mi rimbocchi quella coperta di lana e mi aiuti a prendere qualcosa per cena, poi, se ti va, io ti racconto qualcosa di loro. Che ne dici, affare fatto?-

Michiko si asciugò le lacrime e fece un bel respiro: la proposta del maestro la incuriosiva tantissimo.

-Sì. Affare fatto.-

-Benissimo! Ora aiuta questo povero vecchio a mangiare un po’ di riso bollito!-

Fece lui molto allegramente.

-Con piacere maestro! Ma prima penso sia il caso di metterle questa coperta.-

La ragazza prese dunque la coperta di lana, mettendola sopra il futon e rimboccandola. Prese poi il vassoio con il riso bollito, un poco di zuppa di miso e delle verdure bollite. Il maestro nel frattempo si era messo a sedere sul futon. Lo imboccò con il cucchiaio, finché non capì che era sazio.

A quel punto cominciò a raccontare alla ragazza tantissime avventure: dal momento del suo arrivo a casa Tendo, a quando fece uso della moxibustione, a quando invece, essendo il padrino di un bimbo appena nato, gli aveva dato un nome terribile e gli aveva fatto covare rancore e vendetta nei suoi confronti.

Gli occhi di Michiko brillavano mentre ascoltava i racconti del maestro, non solo perché erano incredibili ed assurdi, ma perché sempre ed in ogni caso, i suoi genitori facevano parte di quei racconti e ricordi.

Quando il maestro concluse, vide scendere delle lacrime dal volto della ragazza.

-Oh, no, figliola, perché piangi ancora? Non ti sono piaciuti i miei racconti?-

-Non è questo … i suoi racconti sono bellissimi, solo che continuo a pensare ad una cosa: sarebbe stato ancora più bello vivere avventure simili … Mi deve proprio scusare, ma provo veramente una nostalgia immensa e mi sento davvero sola senza di loro … -

Michiko si asciugò nuovamente gli occhi e si alzò. Raccolse il vassoio vuoto e si avvicinò alla porta.

-Ora è bene che lei dorma, maestro. Sarà tardi ed è importante che lei riposi nelle sue condizioni … e grazie per i suoi racconti: purtroppo gli altri in famiglia non hanno ancora acquistato tanta forza, ma per questo non li biasimo … -

Stava dunque per aprire la porta quando il maestro la fermò:

-No. Aspetta.-

Qualcosa era balenato nella mente del vecchietto.

-Senti veramente un grandissimo sconforto tale da far tornare indietro il tempo? Hai veramente tanta nostalgia? Un buco nel petto?-

Ora questi era incredibilmente serio e sembrava quasi che stesse leggendo Michiko nel pensiero.

-Sì .-

Rispose la ragazza con risolutezza.

-Allora ti svelerò un segreto: si può.-

-Cosa?-

-Tornare indietro nel tempo.-

Questa affermazione cadde pesante come un macigno addosso alla ragazza. Si poteva tornare indietro nel tempo? O il maestro era impazzito del tutto o per lei e suo fratello si stava aprendo la porta della speranza.

-M-ma cosa sta dicendo maestro, una cosa del genere è impossibile!-

-Cos’è, forse mi credi pazzo? Strano che, nonostante tu viva qui, non ti sia abituata alle stranezze … -

-Perché non ci sono stranezze a cui abituarsi!-

-Ah, no? Ti ricordi per caso degli animali quando eri piccola?-

Michiko guardò straniata il maestro.

-E adesso cosa c’entrano gli animali?-

-Tu rispondimi.-

Va bene … proviamo a stare al gioco …”

Michiko concentrò i suoi ricordi dell’infanzia: l’immagine più ricorrente che aveva era quella di un enorme panda.

-Mi ricordo un panda.-

-Visto?-

-Ma visto cosa? L’avrò visto spesso in qualche zoo o in qualche circo!-

-Vuoi dire che non sai nulla della maledizione di tuo nonno Genma, che si trasforma in un panda? E tuo fratello, per esempio, non diventa una ragazza quando si bagna con l’acqua fredda?-

Michiko non credeva alle sue orecchie: ma cosa stava farneticando il vecchietto!?

-Ma cosa dice?! Mio nonno e mio fratello sono normalissimi!-

La conversazione stava degenerando. Il vecchietto decise di cambiare rotta.

-Va bene, lasciamo perdere questi discorsi, ma fa un’ultima cosa per me: apri l’armadio e cerca nel primo cassetto. Troverai uno specchio.-

-D’accordo … -

Forse così dopo mi lascerà andare a letto.”

Michiko fece come il maestro le aveva detto. Trovò uno specchio dall’aspetto antico, decorato molto finemente, con una cornice rossa dai motivi alla greca.

-Quello è lo specchio greco: se qualcuno, piangendo, vi lascia cadere sulla sua superficie una lacrima, viaggerà nel tempo, raggiungendo il luogo ed il momento che più desidera raggiungere. So inoltre che, se il desiderio è veramente potente, si può riuscire, dopo aver viaggiato nel tempo, a cambiare il corso degli eventi.-

La sedicenne ammutolì. Non sapeva più se credergli o meno, però solo l’idea di tale cosa la faceva sentire viva.

-Ed io, cosa dovrei farci?-

-Puoi usarlo come no, credermi oppure no: la scelta è tua. Ma in ogni caso te lo regalo.-

-Grazie … -

-Non c’è di che … spero che tu ne faccia in ogni caso un buon uso .-

Michiko a quel punto riprese il vassoio e lo specchio. Si avvicinò nuovamente alla porta. La aprì.

-Un’ultima cosa, maestro: qual è il vostro nome? Purtroppo non lo ricordo.-

-Chiamami pure maestro Happosai … -

-Bene. Buona notte maestro Happosai.-

-Buona notte a te, Michiko.-

Happosai scomparve sotto le coperte, mentre Michiko, ormai sul corridoio, richiuse la porta dietro di sé.

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qua con il quarto capitolo di questa storia... che ne pensate? La cosa si sta facendo interessante? Nuovi e vecchi personaggi compaiono e le carte del destino si mescolano. Cosa succederà ora che Michiko ha lo specchio greco? Avrà davvero ascoltato Happosai?

Colgo l'occasione per ringraziare ancora voi lettori, che siete molto silenziosi (le critiche mi farebbero solo bene, quindi non trattenetevi se credete di offendermi... si può solo migliorare...), ed ancora Rakiy, per la sua recensione e per aver messo la mia storia fra quelle da seguire...

Vi lascio in attesa dei prossimi capitoli con l'immagine di Michiko ed una di gruppo, nel mio stile personale di disegno...

See you soon guys!

 

 

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Capitolo 5
*** Hesitating ***


Hesitating

Qualcosa di petulante ed impertinente cominciò a vibrare sulla testa di Kaito. Girandosi nel letto e facendolo cadere sul cuscino, si accorse che era il suo cellulare, che puntualmente ogni mattina fungeva da sveglia.

Il ragazzo dunque lo afferrò, armeggiò sui tasti, lo appoggiò sul comodino e si alzò. Il sole faceva già capolino dalla finestra.

Kaito agguantò nuovamente il suo telefonino e guardò l’ora: erano le sette e mezzo.

-Cavolo … stanotte ho dormito della grossa … -

Esclamò con poca enfasi e facendo un grande sbadiglio.

-Forza … Al lavoro!-

Con un agile balzo si mise in piedi e si diresse verso l’armadio: anche se era domenica il suo imperativo era allenarsi, allenarsi, allenarsi.

Prese una tuta e la indossò, poi si mise i guanti, una sciarpa ed un cappello. Tese l’orecchio: in casa dormivano ancora tutti. Indossò il giubbotto ed una volta raccolte le sue scarpe da ginnastica, lasciò un bigliettino sulla porta; poi uscì dalla finestra.

Fuori, anche se si preannunciava una buona giornata, l’aria era fredda, tale da penetrare fin dentro le ossa, e le strade erano ghiacciate; ciò nonostante Kaito non desisté dalla sua corsa mattutina.

Correva da solo nei vicoli di Nerima, emettendo ogni tanto qualche sbuffo, come se fosse stato un treno a vapore; correva con la mente completamente sgombra da ogni pensiero, eccetto uno: l’ultima tecnica.

Stavolta non era stato semplice come con le altre: nel rotolo erano descritti persino gli effetti delle tecniche e, stando a ciò, era impensabile testarli in palestra. Deciso e caparbio, dunque, avrebbe compiuto la sua corsa mattutina, per sgombrare del tutto la sua mente; poi sarebbe andato al parco, dove avrebbe testato la tecnica.

Era già al terzo giro dell’isolato, quando improvvisamente si fermò. Aveva la netta sensazione di essere osservato, anzi, di più, seguito. Si girò lentamente intorno, acuendo tutti i sensi … niente.

-C’è qualcuno?-

Nessuno dette risposta alla sua domanda. Stava per ripartire, ma un fruscio lo bloccò. Si mise in posizione.

-Avanti … vieni fuori … -

Ci furono alcuni minuti di tensione. Il fruscio aumentò.

-Avanti … -

Sibilò il ragazzo a denti stretti. Era al massimo della tensione.

Stava per lanciarsi all’attacco, quando all’improvviso apparve un gatto. Kaito si dette mentalmente del paranoico. Riprese la sua corsa.

Completò circa un’altra ventina di giri intorno alla zona, poi si diresse verso il parco. Cominciò semplicemente con un po’ di stretching e dei kata, poi fece un po’ di respirazione per rilassarsi e rallentare il battito cardiaco.

-Ci siamo … -

A quel punto raccolse tutte le sue energie ed iniziò a compiere dei movimenti rapidi e precisi, che andavano a formare una spirale immaginaria, la quale finiva col richiudersi su sé stessa al centro. Quando arrivò a compiere l’ultimo passo di quella sorta di frenetica danza, chiuse gli occhi e sferrò un colpo verso il cielo … non successe niente.

Kaito lasciò andare le braccia lungo i fianchi: si arrendeva. Quella tecnica era impossibile per lui, non era in grado di scatenarne gli effetti devastanti.

Con ancora un briciolo di speranza in corpo, tentò nuovamente. Compì tutti i passi e sferrò il colpo, ma fu un altro fiasco.

Stizzito ed irritato si buttò a sedere per terra. Aprì il giubbotto e cominciò a rovistare freneticamente nella tasca interna; da lì estrasse il rotolo, lo aprì e lo esaminò nuovamente: tutto fatto come da copione.

-Ma cos’è che non va?-

-Te lo dico io cos’è che non va nella tua tecnica, giovanotto … fin troppi errori.-

Kaito sobbalzò appena sentì quella voce. Si alzò velocemente in piedi e guardò dritto davanti a sé.

-Oh, kamisama, una scimmia che parla!-

Esclamò alla vista di ciò che aveva di fronte.

-Ma come osi, piccolo impertinente! Non ti hanno insegnato ad usare le buone maniere con le signore?-

Fece rabbiosa la presunta donna, mentre Kaito veniva colpito, senza nemmeno accorgersene, da qualcosa di molto contundente.

-Ahi!-

Strillò, avvertendo un dolore atroce sul capo e strizzando spasmodicamente gli occhi. Quando li riaprì, mise meglio a fuoco l’immagine che gli si presentava alla vista.

Una vecchietta, alta appena un metro, dai folti e lunghi capelli bianchi e vestita con abiti cinesi, stava appollaiata su di un nodoso bastone, alto almeno il doppio di lei!

-Cosa vuoi da me vecchietta?-

-Bada a come parli ragazzo … -

Nel mentre era già scesa molto agilmente dal bastone e lo aveva puntato alla gola di Kaito, che non era riuscito ad arretrare.

- … come ti ho già colpito una volta posso farlo ancora, ma senza farmi tanti scrupoli.-

Kaito era sempre più confuso.

-Ma si può sapere almeno chi accidenti sei?-

Il bastone della vecchietta si fece più vicino alla giugulare di Kaito.

-Ehm … volevo dire: potrebbe dirmi almeno chi è?-

Quella ritirò il bastone, tornandovi a stare in equilibrio.

-Io sono Obaba, della tribù delle Amazzoni, piacere di fare la tua conoscenza, ragazzo mio.-

-Io … -

-Risparmia fiato per l’allenamento, giovanotto: so chi sei. E se anche non lo sapessi, sarebbe palese. Tu sei il figlio del futuro marito, no?-

-Futuro che?-

-Kaito Saotome … sei il suo ritratto, eccezion fatta per gli occhi … tua madre suppongo.-

Nelle ultime parole pronunciate dall’amazzone, Kaito notò un certo disprezzo. Ma provò a non farci caso. Il fatto che quella vecchietta conoscesse i suoi genitori o che almeno dimostrasse una certa simpatia per suo padre lo animarono.

-Come fai a conoscere il mio nome? E come fai, soprattutto, a conoscere i miei genitori?!-

-Beh, diciamo che ero una conoscente … -

Obaba … effettivamente il nome suonava familiare a Kaito … ma c’era altro, qualcosa di più importante al momento …

-Va bene … ma perché hai detto che ci sono troppi errori nella tecnica? Tu che ne sai?-

-Veramente questa domanda sono io che la rivolgo a te: come hai fatto ad apprenderla? Al momento è impossibile che tu ne sia venuto a conoscenza … -

Senza tante cerimonie, Kaito estrasse il rotolo dal giubbotto e lo lanciò ad Obaba.

-Tieni … l’ho trovata su quel rotolo, insieme ad altre due tecniche.-

La vecchia amazzone ne esaminò molto velocemente il contenuto; poi sfoggiò un sorriso di compiacimento, leggermente velato di malinconia.

-Però … devo dire che il futuro marito aveva pensato a tutto … proprio un’ottima idea … -

-Vuoi dire che sai a chi appartenevano il rotolo e le tecniche?-

-Certo, ragazzo! Queste sono le tecniche di combattimento di tuo padre!-

-Cavolo … -

Nella mente del sedicenne affiorarono milioni di ricordi … nonno Genma, che quando era piccolo, per farlo dormire, gli raccontava di nascosto un sacco di storie, in cui il protagonista era sempre un misterioso guerriero, molto forte e capace di usare tecniche di combattimento formidabili, sempre descritte fin nei minimi dettagli … spesso e volentieri, a metà della storia, succedeva che il nonno si commuovesse e dovesse essere esortato dal nipotino a continuare … collegando l’insieme degli avvenimenti, ora gli era tutto tremendamente più chiaro.

-Ma se queste tecniche sono di mio padre, allora, TU, com’è che pensi di conoscerle così bene?!-

Stavolta la voce di Kaito tremava.

-Semplice giovanotto: quelle tecniche gliele insegnai tutte IO .-

Il ragazzo cadde ginocchioni … troppe notizie … troppe tutte insieme …

-Si parla del leggendario “Amaguriken”, la “tecnica delle castagne”… -

Kaito era ancora inerte.

- … del “Moko takabisha”, il “colpo della tigre”, che ad essere sincera non gliel’avevo insegnato proprio io, ma era una variante da lui inventata del “colpo del leone”, lo “Shishi Hokodan”; ed infine … -

Qui l’attenzione del ragazzo tornò ad animarlo.

- ... del millenario e potentissimo “Hiryu Shotenha”, il “colpo del drago”, quello che tu stavi tentando maldestramente di emulare.-

Il catalogo di Obaba era stato puntuale, quanto taglienti come lame erano state le sue parole in merito allo sforzo mal ripiegato del giovane. Kaito notò il puntiglio della vecchietta.

-Potrei allora sapere cosa c’è che non va nella mia esecuzione?-

-Beh, i movimenti sono effettivamente precisi, i gesti pure … -

-E allora?-

-Allora ti “scaldi” troppo ed oltretutto ti manca una cosa fondamentale per rendere efficace il colpo.-

-E cosa sarebbe di grazia?!-

Dal momento in cui quella mattina aveva incontrato Obaba, Kaito ne aveva viste di tutti i colori e provato tutta la gamma di sentimenti possibili. Ora si sentiva leggermente alterato.

-Ti manca un avversario.-

-Tutto qua? Perché non ti fai avanti tu allora?-

Fece con fare malizioso.

-Non ti conviene, giovanotto; non ci riusciresti.-

-Allora, cosa aspetti ad attaccarmi? -

-Te lo ripeto, ti farei troppo male … ma se vuoi, attaccami tu. -

-Non me lo faccio ripetere due volte … -

Kaito si lanciò con tutta la sua forza all’attacco dell’amazzone, che per tutta risposta schivò prontamente ogni suo colpo. Gli attacchi che si vanificavano nell’aria andarono avanti per un po’, finché la vecchietta non sorrise. Il ragazzo capì, ma ormai era troppo tardi. Obaba sollevò il suo bracciò destro e di tutta risposta si generò un piccolo tornado, che fece roteare Kaito fino al cielo. Quando questo si esaurì, Kaito si ritrovò scaraventato sull’altalena.

-Ora hai capito, giovanotto? Se vuoi sapere qualcosa di più, vieni a cercarmi al “Nekohanten”, il mio ristorante di cucina cinese. Sarà un vero piacere parlare con te .-

E Obaba sparì, correndo veloce, stando in equilibrio sul suo bastone.

Il ragazzo rimase per un po’ imbambolato, sempre legato dalle catene che sorreggevano l’altalena. Quel colpo non era devastante: era la devastazione fatta realtà!

-Roba da matti … domani devo assolutamente saperne di più … -

Dopo un po’ Kaito si districò dal groviglio che era divenuto l’altalena e si rimise in piedi. Frugò un po’ nella tasca destra del giubbotto, per poi estrarne il cellulare. Lo osservò un po’ titubante. Poi sospirò sollevato.

-Meno male … non si è rotto … -

Poi guardò l’ora.

-Oh, kami … ma è tardissimo! Sono le nove e mezzo!-

Kaito prese a correre all’impazzata in direzione di casa. Ora solo una cosa importava: la colazione.

 

Nel frattempo in casa Tendo tutti si erano svegliati e la casa aveva cominciato ad animarsi. L’irreprensibile Kasumi fu come al solito la prima a svegliarsi, circa mezz’ora dopo Kaito.

Nella sua perlustrazione giornaliera, aveva trovato un biglietto sulla porta del nipote.

“Sono fuori ad allenarmi. Kaito.”

-Gli metterò la colazione da parte.-

Esclamò allegra pensando alle abitudini del ragazzo.

Passò dunque ad aprire le finestre, a rassettare gli ultimi angoli non ancora in ordine della casa; poi apparecchiò e preparò la colazione. Dopo che l’ebbe preparata, ebbe cura di portarla prima al maestro Happosai, poi di svegliare il resto della famiglia e di chiamarla a raccolta per il pasto mattutino.

Erano le otto e mezzo ed era ormai tutto pronto in sala da pranzo.

La prima ad arrivare veloce come un fulmine fu Michiko, che temeva il solito saccheggio delle cibarie da parte del fratello; poi arrivarono lentamente Soun e Genma, che discutevano allegramente sul sogno assurdo che aveva fatto quest’ultimo; per ultima arrivò Nabiki, che sbadigliava costantemente e che era palesemente reduce da una sbornia.

-Ehi, zietta … stanotte ti sei divertita … -

-Ti prego, Michiko, lascia stare. Non sono in vena … ho la testa che mi scoppia … Kasumi, per piacere, portami un bicchiere d’acqua, con un’aspirina … -

-Sì .-

Kasumi si alzò ed andò in cucina. Dopo un paio di minuti ritornò con quanto richiesto dalla sorella.

-Ecco a te .-

-Grazie.-

-Comunque Michiko ha ragione. Potresti rallentare un po’ i ritmi ogni tanto.-

-Sì, sì … va bene … -

-Ehi, non fare la furba, zia! Devi ascoltare zia Kasumi!-

-Se non la finisci, giuro che ti dimezzo la paghetta settimanale!-

Michiko impietrì.

-OK! OK! Buon appetito a tutti quanti!-

E la ragazza si lanciò all’attacco degli yakizakana.

-E poi sono io quella attaccata al denaro … -

Fece la donna bevendo lentamente il suo bicchiere d’acqua con l’aspirina. Sulle bocche di Soun e Genma si era formato un sorrisetto impertinente.

La colazione andò avanti così per circa mezz’ora, fra battute, risate, sbadigli e qualche bis di una ciotola di riso.

Quando arrivò il momento di sparecchiare, Kasumi chiamò, come al solito, la nipote con sé.

-Michiko, potresti farmi un grandissimo piacere?-

-Certo zia, dimmi pure.-

-Ti dispiacerebbe andare alla bottega per prendermi le uova e le verdure? Sai, stasera volevo cucinare qualcosa di diverso … -

-Non c’è problema zia. Vado a prendere il giubbotto!-

-Grazie mille tesoro. Ripassa qui dalla cucina, così ti posso dare la lista ed i soldi.-

-Certo.-

Così si diresse verso camera sua per prendere il piumino. Quando riscese giù seguì alla lettera le richieste della zia. Poi corse all’ingresso.

-Mi raccomando, Michiko! Non dimenticare anche la salsa di soia!-

-Va bene!-

Ed uscì di casa.

Fuori era una buona giornata. Non era proprio caldo, anzi, il contrario, ma i raggi del sole erano abbastanza tiepidi da essere piacevoli.

Michiko si incamminò trastullandosi. Aveva deciso che se la sarebbe presa con calma e che avrebbe fatto una passeggiata. Quella domenica le sue amiche erano andate tutte alle terme, ma lei non se l’era ancora sentita, non era ancora pronta.

In quella zona del distretto dove ora lei stava passando, c’era una calma quasi surreale. Quando era piccola era abituata a vederci, ogni mattina, una buffa vecchietta, alquanto miope, che buttava dell’acqua sulla strada, un rito di cui solo quella anziana signora conosceva il significato. Ormai quella donna era morta da anni, ma ogni volta che ripassava davanti all’ingresso della sua casa, le piaceva immaginarsela ancora lì, che compiva il suo rito misterioso. Quanti ricordi: la festa dei ciliegi, il Natale, la gita al tempio … quante cose le vennero in mente solo ripensando all’anziana signora …

Mentre era completamente assorta nei suoi pensieri, Michiko non si accorse che qualcuno veniva verso di lei a gran velocità. L’impatto fu improvviso.

Si ritrovò stesa a terra con un ragazzo alla sua destra.

-Ma che diamine … -

-Oddio, mi scusi, io … -

Ci fu un attimo di silenzio.

-Kaito … ?-

-Eh .. Michiko … ?-

Fratello e sorella si guardarono dritti negli occhi, indecisi se piangere o ridere.

-Ma dov’eri finito? Di solito non fai mai così tardi per la colazione.-

-Ho fatto un incontro incredibile … ma tu, che ci fai in giro?-

-Zia Kasumi mi ha mandato a farle la spesa  … chi hai incontrato di così interessante?-

-Oh, niente, poi ti dico … -

-E dai, dimmelo, che ti costa?-

-Ora voglio andare a casa a fare colazione; ho una fame che muoio!-

-Perché non mi accompagni a fare la spesa? Dai, sono troppo curiosa!-

Kaito titubò un attimo. Il buco nel suo stomaco reclamava a gran voce cibo … d’altra parte, però, non vedeva l’ora di raccontare tutto alla sorella … era indeciso …

-Allora?-

Ancora non aveva una risposta.

-Ti decidi? Se continui così facciamo l’ora di pranzo!-

-Se ci fermiamo ad un caffè lungo il tragitto per te va bene?-

-Perfetto. Avverti però zia Kasumi; ti aveva messo da parte la colazione.-

-Ok. -

Il ragazzo frugò un po’ nella tasca e prese il cellulare. Digitò il numero di casa e poi premette il tasto di invio chiamata. Come da copione rispose la zia.

-Zia Kasumi?-

-Oh, sei tu, Kaito, dimmi.-

-Ho incrociato Michiko. Vado con lei a fare la spesa.-

-Va bene. Ma la colazione?-

-Non ti preoccupare. Prendo qualcosa per strada, ho qualche spicciolo con me. -

-Ok. Mi raccomando, però, tornate almeno a pranzo!-

-Senz’altro zia, ciao!-

E riattaccò.

-Andiamo sorellina!-

 

I due si diressero innanzitutto verso la bottega. Non volevano rischiare di dimenticarsi niente, come invece era successo altre volte. Comprarono tutto ciò di cui la zia aveva bisogno.

Appena uscirono dalla bottega, si precipitarono nel primo caffè che trovarono. Il tempo aveva cominciato a cambiare ed un vento fastidioso e gelido aveva iniziato a soffiare.

Kaito e Michiko si sedettero ad un tavolo, di fronte ad una fumante tazza di caffè ed una fetta di torta.

Michiko non perse tempo.

-Allora, fratellone, dimmi tutto.-

Kaito finì di sorseggiare il suo caffè e posò la tazza. Poi estrasse il rotolo dal giubbotto e lo mise sul tavolo.

-E questo? Che cos’è?-

-Prima di raccontarti cosa mi è capitato stamattina, devo assolutamente farti vedere questo e fare qualche passo indietro … circa un mese fa ho trovato questo rotolo, dietro un’asse di legno della parete della palestra. Lo aperto e ti assicuro che quello che ci ho trovato è allo stesso tempo assurdo e strabiliante ... -

Michiko incantata e stranita seguiva il racconto del fratello. Si sentiva un po’ arrabbiata, perché non le aveva detto niente, ma la curiosità era più forte.

-Posso aprirlo?-

-Certo, fai pure.-

Estrasse con cura lo spago e srotolò quella che sembrava pergamena. Quando cominciò a leggere, capì subito di cosa si trattava.

-Ma, ma … sono tecniche di combattimento!-

-Esatto.-

Michiko continuò a leggere. Erano tre in tutto.

Quando ebbe finito, posò il tutto sul tavolo.

-Ma non è possibile che esistano delle tecniche del genere! È pura fantascienza!-

-Questo è quello che pensavo anch’io, ma poi ci ho provato … e funzionano.-

La ragazza non voleva crederci. Andava tutto al di là di ciò che è umanamente possibile. Già per lei era strabiliante che dei karateka potessero spezzare a mani nude tavole di legno e blocchi di cemento, cose che persone normali non avrebbero potuto fare. Trovava anche al limite della fantascienza la professoressa Ninomiya con i suoi modi da educatrice e la sua abitudine di correre sulla ringhiera, ma le domande da UFO della sua vita finivano lì. Invece in quel rotolo c’era scritto che si poteva liberare energia, che si poteva atterrare un avversario senza toccarlo, che si poteva raggiungere velocità inimmaginabili. Prima lo specchio, ora le tecniche del rotolo.

-Non è possibile … -

-E questo non è tutto. Anzi, il bello deve ancora venire … questa mattina sono andato a fare la mia solita corsa per poi allenarmi e, mentre ero al parco ed avevo cominciato a provare la numero TRE, mi sono imbattuto in una persona veramente strana.-

La curiosità si fece nuovamente strada in Michiko.

-Di chi si tratta? Chi è?-

-È una strana vecchietta cinese, incredibilmente forte ed agile, ha detto di chiamarsi Obaba … il suo nome mi è suonato molto familiare … -

Michiko si congelò. Sapeva che suo fratello era un ragazzo perspicace ed intelligente, ma possedeva anche una memoria da criceto. Lei si era ricordata benissimo chi era Obaba: era la strana ed anziana bisnonna di Ming Li.

-Certo che ti suona familiare! Obaba è la nonna di Ming Li!! Com’è possibile che tu te ne sia scordato?!-

Kaito realizzò tutto d’un colpo.

-Oh kami … -

Sua sorella non sopportava Ming Li, figurarsi i suoi parenti!

Fra i due fratelli si era creato un forte clima di tensione. Kaito esitava a continuare e sua sorella era alquanto restia a sentire il resto.

Michiko fece per andarsene, ma Kaito la fermò prontamente.

-Senti, aspetta … -

-Andiamo, dobbiamo portare la spesa alla zia Kasumi … -

Rispose lei freddamente.

-Senti, lo so che non sopporti i Joketsu, ed è un motivo più che valido, però ti assicuro che vale la pena che tu ascolti il resto del mio racconto.-

Michiko sembrava di pietra.

-Ti prego sorellina … è importante … -

Alla fine cedette. Si rimise composta sulla sedia. Posò nuovamente il sacchetto della spesa.

-Va bene … continua … -

Kaito riprese il suo racconto. Le disse di come la vecchietta fosse sbucata fuori all’improvviso, di come lo avesse sorpreso con la sua agilità e forza e di come sapeva molte cose più di lui riguardo le tecniche ed il rotolo. Poi al punto cruciale, le spiegò anche PERCHÉ.

Michiko riprese in tutta furia il rotolo fra le mani e lo esaminò come se fosse l’oggetto più prezioso del mondo: quel rotolo l’aveva scritto suo padre.

Avrebbe voluto piangere, ma un altro pensiero precedette quello delle lacrime.

-Kaito, anch’io devo dirti una cosa … hai presente il maestro?-

Il ragazzo si incuriosì. A parte qualche volta, quando era piccolo, da quando l’anziano si era ammalato non lo aveva più visto. Si era addirittura dimenticato di come fosse fatto. Inoltre in famiglia nessuno ne parlava, se non raramente, e sua sorella, almeno fino al giorno precedente, ne sapeva quanto lui.

-Ieri sera gli ho portato la cena ed ho avuto modo di parlare con lui … -

Michiko raccontò al fratello le fantastiche storie che la sera prima le aveva raccontato Happosai. Kaito rimase sbalordito: possibile che la vita dei loro genitori fosse stata così strana ed assurda? E come invece loro ne vivevano una così ordinaria e normale?

Il racconto della ragazza proseguì, fino a quando una rivelazione lasciò completamente di stucco il fratello.

- … e questo è quanto … -

-Ma è impossibile! Non può esistere un oggetto del genere!-

-Lo so, è assurdo, però … non lo so … il maestro non aveva per niente l’aria di qualcuno che stava mentendo … -

-Dobbiamo saperne di più … in ogni modo. -

“… al ‘Nekohanten’ …”

Echeggiò nella mente di Kaito.

Michiko guardò l’orologio che aveva al polso. Erano le 11.00.

-Sono d’accordo, fratello. Ora però che ne dici se portiamo la spesa alla zia?-

Kaito estrasse il cellulare e guardò anche lui l’ora sullo schermo.

-Sono d’accordo. Io, inoltre, avrei proprio bisogno di un bel bagno caldo … -

-Bene, allora andiamo.-

Si alzarono. Kaito riprese il rotolo e lo rimise nella sua tasca, poi andò alla cassa a pagare la sua colazione; nel frattempo Michiko era uscita con la borsa della spesa in mano. Quando Kaito uscì s’incamminarono verso casa.

 

Durante il tragitto non parlarono nemmeno un secondo fra di loro. Tutto ciò di cui volevano parlare se lo erano già detto al caffè; inoltre c’era una sorta di timore. Ormai percepivano l’argomento come un tabù.

Il silenzio fra i due fratelli si ruppe nel momento in cui svoltarono nella strada che portava davanti all’ingresso di casa. Davanti a loro si trovarono un uomo, che consultava una cartina. Aveva i capelli neri come l’ebano e portava un lungo cappotto consunto e parzialmente lacero. Non poterono desumere altro, perché stava girato di spalle per tre quarti.

Quest’uomo era talmente assorto nei suoi ragionamenti ad alta voce, che non si accorse dei due ragazzi che si avvicinavano.

Quello che Kaito e Michiko sentirono dire da lui li stranì … :

-Oh, no! Ma dove sono finito!? Perché alla mia destra non c’è la fontana? Non dovrei essere ad Osaka?!?!-

Michiko ed il fratello si avvicinarono ulteriormente. Volevano aiutare quel poveretto.

-Mi scusi, signore … -

Fece Kaito.

-Ha bisogno d’aiuto?-

L’uomo, che era completamente assorto nei suoi pensieri, si voltò.

-Uhm? Cosa? Ecco io … -

Non completò la frase, perché rimase come pietrificato. La cartina nel frattempo era scivolata dalle sue mani.

-Ehi, si sente bene?-

Chiese Michiko preoccupata. L’uomo indietreggiò; sembrava che avesse visto un fantasma, anzi, DUE.

-Si sente bene?-

Ripeté nuovamente la sedicenne. L’uomo era completamente pallido in volto.

-Oh, kami, non è possibile … -

Detto questo lo sconosciuto svenne, cadendo ai piedi dei due.

 

 

 

 

Eccomi qua, con il quinto capitolo! Le cose cominciano a farsi interessanti: Happosai, Obaba, rotoli misteriosi e sconosciuti che svengono... cosa riserverà il futuro ai due fratelli?

Al prossimo capitolo per scoprirlo!

Ringrazio chi continua a seguirmi, pur se in sordina (vi ricordo che però sarebbero molto graditi dei commenti, anche per capire se c'è qualcosa che non va...)

See you later! 

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Capitolo 6
*** Oldnew comers ***


Oldnew comers

I due fratelli guardarono spaventati l’uomo in terra. Era svenuto così, senza un apparente perché.

-Oh, kami, signore! SIGNORE!-

Urlò disperatamente Michiko. Ma l’uomo non si mosse.

La ragazza allora si avvicinò, gli prese il polso e cercò di ascoltare il battito.

-Oh, no, Kaito! Il polso è debole!-

-Presto allora! Aiutami a sollevarlo! Lo portiamo a casa con noi. Qui fuori rischierà di lasciarci le penne.-

-Ma non facciamo prima a chiamare un’ambulanza?-

-Non arriverebbe mai in tempo. Da quando non c’è più lo studio ortopedico, la sede più vicina è quella centrale di Tokyo!-

-È vero … dobbiamo portarlo da noi … zia Kasumi ci darà una mano … -

Si avvicinarono entrambi all’uomo. Si inginocchiarono e gli sollevarono un braccio ciascuno.

-Pronta?-

-Sì. -

-Al mio tre … uno … due … tre!-

E così se lo sollevarono sulle spalle. Quell’uomo risultò per loro un peso non indifferente: non solo era abbastanza alto, ma portava anche con sé uno zaino pieno d’ogni genere di cosa, oltremodo pesante.

Così per circa duecento metri, Michiko e Kaito si portarono lo sconosciuto a spalla, fino all’ingresso di casa loro.

-Nonno Soun! Nonno Genma! Zia Kasumi! Zia Nabiki! Presto, venite!-

A quel richiamo tutta la famiglia meno Nabiki si precipitò all’ingresso.

-Si può sapere cos’è successo, Kaito?-

Fece Soun incuriosito.

-Presto, nonno, aiutaci a portare quest’uomo dentro!-

-Uno sconosciuto?-

Fece stranito Genma.

-Stavamo tornando a casa, quando lo abbiamo incrociato. Sembrava essersi perso, lo volevamo aiutare … ma all’improvviso è svenuto.-

-Allora sbrigatevi a portarlo dentro! Sia mai che qualcuno muoia a causa mia!-

Rispose fiero Soun.

-Grazie, nonno … però non essere così drastico … -

Disse Michiko, lasciandosi scivolare sulla nuca un enorme gocciolone.

A quel punto le consegne passarono ai due nonni. Non avevano più la forza di un tempo, ma non era certo deboli.

Mentre lo coricavano sul futon della camera di Soun, Kaito, venuto dietro a loro, aveva portato il pesantissimo zaino.

-Bene. Adesso Kasumi dovrebbe portare il termometro e qualche altra coperta. Direi che possiamo andare. Aspetti tu qualche secondo, Kaito?-

Chiese Soun.

-Senz’altro.-

-Grazie, ragazzo. Andiamo a farci una partita a shogi vecchio mio?-

-Con molto piacere Soun. -

Fecero per andarsene, ma Genma si bloccò.

-Tutto a posto amico mio?-

Domandò Soun. L’occhio dell’amico era caduto sullo zaino dello sconosciuto. Solo ora ci aveva fatto caso.

-No, niente, andiamo. Poi ti dico … -

E si dileguarono.

Soun e Genma si diressero in sala da pranzo. Aprirono le ante della vetrina e presero la scacchiera con le pedine; dopo che ebbero disposto il tutto, cominciarono la loro partita.

Per qualche minuto fece da padrone il silenzio più totale, almeno finché Soun non parlò.

-Allora vecchio mio, cosa hai visto di così strano?-

-Hai notato lo zaino?-

-Quale zaino? Non ci ho proprio fatto caso. -

-Lo zaino di quell’uomo … lo ha portato Kaito in camera … -

-Ah, sì … e cosa ci sarebbe di così strano?-

-L’ombrello che c’era legato sopra … sono sicuro di averlo già visto … -

-Un ombrello? E com’era fatto, scusa?-

-Beh, sai, uno di quegli ombrelli tradizionali, di quelli che non si fanno quasi più, con il manico nero in legno e l’ombrello rosso … -

-Sai che descritto così, anche a me questo oggetto sembra familiare?-

Rimasero per un po’ a riflettere. Poi il padrone di casa ebbe l’illuminazione.

-Cosa hanno detto i ragazzi a proposito di quell’uomo?-

-Che è svenuto.-

-Non intendevo quello, ma prima … cosa hanno detto che stava facendo?-

I due arrivarono improvvisamente alla stessa conclusione.

-Si era … -

- … perso!-

Si alzarono bruscamente facendo cadere alcune pedine dalla scacchiera.

-Kasumi!-

Corsero a precipizio verso la camera.

 

Nel frattempo Kasumi aveva portato tutto il necessario per aiutare il poveretto. Kaito le aveva dato il cambio ed era andato a farsi un bagno.

Pose innanzitutto le coperte più pesanti e le rimboccò; poi ebbe cura di misurare la febbre allo sconosciuto.

Attese pazientemente per qualche minuto, finché il termometro elettronico non emise il suo fastidioso bip.

-Bene per fortuna non ne ha … però, com’è poco curato, poverino … -

L’uomo aveva una folta barba ed un aria in generale molto trascurata. Sul volto portava un taglio sulla guancia sinistra, che tentava di dargli un aspetto selvaggio, ma l’espressione che aveva in volto era quella di un uomo stanco, fin dentro l’anima. Aveva un’aria molto familiare …

Kasumi stette per molto a vegliare su di lui.

Ad un certo punto, senza un motivo, fece per avvicinare la sua mano. Non sapeva perché, ma una sorta di istinto materno – fraterno si era come impossessato di lei: sentiva di voler accarezzare il suo volto, così spento, così stanco, così …

La mano di Kasumi stava ormai per sfiorargli la guancia, ma non appena si accorse che l’uomo si stava svegliando, la ritrasse.

-Ben svegliato.-

-Mh … ma … che mi è successo? Dove mi trovo?!-

-Non si preoccupi, stia calmo. Si era perso ed è svenuto. È stato ritrovato dai miei nipoti. Sa, ha rischiato molto … con il freddo di questi giorni.-

-Ah, sì, grazie … -

“Devo aver avuto un’allucinazione … lo sapevo, era impossibile …”

Pensò l’uomo fra sé e sé.

-Senta, mi scusi, potrebbe passarmi il mio zaino?-

-Certo.-

Kasumi si avvicinò al pesante oggetto e lo trascinò verso il proprietario.

-Grazie. Lei è una donna veramente gentile.-

-Si figuri, è un piacere.-

L’uomo aprì lo zaino e cominciò a rovistarci dentro. Dopo qualche secondo ne estrasse uno specchio ed un rasoio elettrico a batteria. Poi prese qualche indumento pulito, ed anche quella che sembrava la custodia di un paio di occhiali da vista.

-Senta, le dispiacerebbe uscire un attimo dalla stanza? Sa, vorrei cambiarmi e rendermi presentabile.-

-Non c’è problema.-

Kasumi uscì.

L’uomo cominciò a svestirsi, per poi indossare i suoi abiti puliti. In seguito accese il rasoio e cominciò a radersi.

Fuori dalla stanza, sentì un forte tramestio: Soun e Genma era accorsi letteralmente precipitandosi. L’uomo non ci fece granché caso, considerando anche il fatto che il suo rasoio produceva un fastidioso rumore e che altri possibili suoni erano difficili da sentire.

-Kasumi!-

L’uomo sussultò.

“Kasumi …”

Il nome della padrona di casa gli fece un certo effetto. Uno strano effetto.

Incuriosito non smise di radersi, ma abbassò la potenza dell’elettrodomestico, diminuendone anche il frastuono.

Voleva ascoltare, anzi, DOVEVA ascoltare.

-Papà, signor Genma, ma cosa c’è?-

-Dov’è quell’uomo?-

-È qui nella sua stanza. Ma, aspettate! Si sta cambiando.-

-Dobbiamo parlargli assolutamente. Dobbiamo accertarci!-

-Ma di cosa, papà?-

Nello stesso momento lo sconosciuto finì di radersi. Prese allora la custodia degli occhiali, li estrasse e li indossò. Non aveva un minuto da perdere.

-Di cosa?-

-Dobbiamo capire … -

-Cosa signori? Se sono io?-

L’uomo era uscito dalla stanza.

Non aveva più la folta barba di prima e portava invece sul volto gli occhiali. Era un uomo sulla trentina, alquanto alto e dal fisico asciutto ed atletico. Indossava un pensante maglione di lana blu e dei jeans sbiaditi. I capelli neri erano mossi e fluenti, lunghi fino all’altezza della nuca ed i suoi occhi color ambra erano penetranti.

Quando lo sguardo dei tre si posò sul volto dell’uomo, ogni dubbio si dissolse.

Kasumi attonita si portò una mano alla bocca.

-Oh, kami, non posso crederci … -

Anche i due anziani erano basiti.

-Incredibile, dopo tutti questi anni … -

-Sei, tu, Ryoga! Kami, fatti abbracciare!-

Esclamò felice Kasumi, avvicinandosi a quello che un tempo era un ragazzino.

-Ma come mai prima non mi hai riconosciuto?-

-Sapete, ho perso tanto di quel tempo ad inveire contro il povero Mousse, che alla fine anch’io mi sono ritrovato questo difettuccio. Per fortuna oggi esistono anche le lenti a contatto … -

-Dove sei stato fino ad oggi? Cosa hai fatto?-

La trepidazione di Soun e Genma era alla stelle: si sentivano curiosi come bambini.

Ryoga, vedendoli così, sorrise, ma non rispose.

-Allora, figliolo, cosa hai combinato in tutto questo tempo? Diccelo, ti prego, ci farebbe tanto piacere saperlo … -

-Wow … accidenti, quante domande, signor Tendo … non saprei dove cominciare … -

-Che ne dici di fronte ad una tazza di tè, figliolo?-

Propose Soun.

-Direi che può andare … ma accetto di raccontarle tutto, solo se non mi chiama più “figliolo”. Sa, il tempo è passato, anch’io ormai sono cresciuto …  -

-Direi che va bene, Ryoga. Sentito, Kasumi? È andata per il tè … -

-Allora vado subito a prepararne un po’.-

E la maggiore delle Tendo si diresse subito in cucina.

-Vieni, Ryoga, andiamo in sala da pranzo … -

-Con piacere.-

 

Ryoga si incamminò dietro ai due anziani. Quanto tempo era passato … da quanto non aveva rimesso piede in casa Tendo? Un fremito gli attraversò tutto il corpo. Quanti ricordi …

Guardandosi intorno notò che niente in realtà era cambiato, solamente la casa era invecchiata assieme ai suoi abitanti … come fu strano vedere il signor Saotome ed il signor Tendo con i capelli bianchi e le rughe che solcavano i loro volti …

Vide il semplice corridoio che portava alla sala da pranzo, la cucina, dove evidentemente Kasumi non aveva mai smesso di passare la maggior parte del suo tempo; arrivò in sala … anche lì era ancora tutto uguale a come l’aveva lasciato sedici anni prima … poco dopo la tragedia …

-Prego, siediti.-

Lo esortò Soun.

-Grazie.-

Rispose semplicemente lui.

Il padrone di casa non proferì parola, finché sulla soglia non comparve Kasumi, con in mano il vassoio con le tazze di tè fumante.

-Ecco a voi.-

Ed anche lei si sedette insieme agli uomini. Il padre non replicò: in quel momento la figlia era curiosa ed interessata quanto lui e l’amico.

Presero dunque ciascuno una tazza e ne bevvero un sorso. Poco dopo Soun parlò:

-Allora, Ryoga, cosa hai fatto in tutti questi anni? Come hai tirato avanti?-

Ryoga aveva il suo sguardo fisso sull’orlo della tazza. Trovarsi lì, quasi all’improvviso, così inaspettatamente, gli aveva tolto il fiato.

Raccolse dunque le sue forze e prese un respiro profondo; alzò lo sguardo sui suoi interlocutori e cominciò:

-Sapete, dopo quello che era successo, eravamo tutti quanti sconvolti … non avremmo mai pensato che uno di noi, nonostante le divergenze, sarebbe mai arrivato a tanto … non vi nascondo che prima di tutto ciò ero comunque rimasto con il cuore spezzato … l’avrete capito tutti voi quali erano i miei sentimenti, solo che io non riuscivo a guardarmi intorno … ero perennemente chiuso nelle mie stupide fantasie di ragazzino innamorato … solo ora mi rendo veramente conto di quanto fossi sciocco ed insulso. Comunque, ad un certo punto, anch’io mi ero ripreso e mi ero fatto una ragione di come stavano realmente le cose, e quell’ostinazione … solo per il dolore che sentivo nel petto ho pensato che sarei morto … sapete, la cosa per me “strana” era che questa volta non avevo sentito un buco nel petto, ma due profonde voragini, che mi risucchiavano … non avevo solo perso l’amore, avevo perso anche un prezioso amico, compagno di mille scontri e battaglie … mi sono maledetto per essermene reso conto così tardi … -

Ryoga si bloccò, stringendo forte fra le mani la tazza ed abbassando nuovamente lo sguardo. Lui non era colpevole di niente, ma si sentiva ugualmente in quel modo.

Kasumi vedendolo così, provò una morsa allo stomaco: le sembrava di avere di fronte lo sguardo frustrato di Tofu, come quando in quella maledetta notte le aveva detto addio.

Una lacrima solitaria rigava la guancia di Genma: sì, Ryoga era sempre stato un po’ strano, un po’ irruento, un po’ introverso; ma di sicuro aveva capito che lui era stato un grande amico per il figlio, forse così tanto che neanche loro se ne erano resi conto …

-Scusate … ho bisogno di riprendere fiato … parlare di queste cose dopo tanto tempo mi fa un certo effetto … -

Soun annuì con il capo. Comprendeva benissimo il suo stato d’animo.

-Non ti preoccupare … prenditi pure tutto il tempo che ti serve … -

Ryoga sorseggiò un po’ il suo tè. Sentiva che la sua gola era secca ed arida … gli erano veramente costate tanto quelle parole …

Dopo aver preso nuovamente un bel respiro ed essersi schiarito la voce riprese il proprio discorso.

-Dunque … dov’ero rimasto … ecco … dopo aver vagato per quasi un mese senza meta, alla fine mi sono deciso a partire per le montagne … lassù mi sono allenato per alcuni anni, in completa solitudine … ho quasi rischiato di diventare un misantropo … poi, dieci anni fa, ho fatto un incontro inaspettato. Mi trovavo nella regione di Gumma, sul monte Asaki; stavo tentando di raggiungere il pendio più ripido, quando sentii una voce gridare: a poche centinaia di metri, da dove ero io, c’era un uomo intrappolato in una grotta, dove la roccia era franata all’entrata. Corsi a perdifiato e poi usai lo “Shishi hokodan”, per distruggere i massi … la “Bakusai tenketsu” avrebbe solo causato danni maggiori. Così lo liberai e feci la sua conoscenza: era un geologo, il professor Seiji Nagano; si trovava nella zona per studiare la conformazione delle rocce sul monte e nella grotta, ma, come raccontano i fatti, si accorse troppo tardi che la roccia era particolarmente friabile. Quella sera gli feci compagnia per cena, poi anche il giorno dopo ed il giorno dopo ancora: lui studiava, faceva prelievi, analizzava campioni di roccia, compilava le sue schede; io lo aiutavo a non mettersi nei guai … era un uomo veramente maldestro, ma di buon cuore … dopo circa una settimana mi fece una proposta: se non avevo dove andare, se non avevo un lavoro, gli avrebbe fatto molto piacere se mi fossi aggregato a lui … era un uomo solo, vedovo, e non aveva figli … io dal canto mio una casa ce l’avevo, ma non ero certo ancora pronto per tornare a Nerima; un lavoro, invece, non lo avevo ancora avuto neanche per scherzo … accettai la sua proposta e divenni il suo assistente. Giorno dopo giorno lo aiutavo sul campo e lui in cambio mi insegnava il suo mestiere … da allora ho fatto il geologo, assieme a lui, sulle montagne, e l’ho aiutato nella sua ricerca … il professor Nagano ha proprio salvato la mia vita dall’oblio … -

Ryoga si interruppe nuovamente. I presenti non osarono proferire parola.

Ancora un profondo respiro. Sul petto aveva un macigno che per una volta non poteva frantumare.

Kasumi, timidamente, un po’ per curiosità, un po’ per incoraggiarlo, decise di interrompere il pesante silenzio:

-Ryoga … tu ti trovavi veramente bene con il tuo professore … lo sento dalle tue parole; gli dovevi volere bene come ad un padre … perché allora sei partito?-

L’uomo dagli occhi color ambra abbassò lo sguardo.

-Purtroppo, circa due anni fa, il professore cominciò a soffrire di una grave insufficienza polmonare. Il lavoro per lui divenne difficile e le nostre esplorazioni del versante divennero sempre meno frequenti, fino a divenire rare. Ho cercato di aiutarlo in tutte le maniere, di convincerlo a tornare a valle per curarsi, ma non c’è stato niente da fare: la montagna era il suo mondo e lui non ne voleva essere portato via. Cercai di assisterlo con tutto me stesso, ma alla fine ha ceduto: sei mesi fa, dopo aver contratto una polmonite, è morto … ho affidato la salma agli enti locali, che hanno avuto cura di mandarla ad Osaka, la sua città natale … io ho cercato di completare al meglio la sua ricerca e poi sono partito. Volevo recarmi all’università di Osaka, dove sempre era docente, e consegnare la sua ricerca ai colleghi, ma poi è successo l’inevitabile: mi sono perso. Dopo aver girovagato per circa quattro mesi, alla fine sono tornato inconsapevolmente a Nerima … poi mi avete trovato … -

-E devo dire che siamo felici di averlo fatto … bentornato a Nerima, Ryoga … -

Fece in un fiume di lacrime Genma. Ryoga era certamente stato l’amico più prezioso che suo figlio avesse potuto avere.

Il pianto del vecchio Saotome fu contagioso. Dagli occhi dei quattro presenti cominciarono a sgorgare calde lacrime, ma non di dolore.

-Anch’io sono molto felice di rivederla, signor Saotome … ed anche lei, Signor Tendo, e tu, Kasumi … con voi, oggi, mi sono risentito nuovamente a CASA.-

 

Nel momento in cui Ryoga terminò di dire queste parole, si sentì girare la chiave nella toppa della porta d’ingresso. Poi la serratura scattò e la porta si aprì.

-Sono tornata! Kasumi, dove sei? Devo darti il ricettario che mi avevi chiesto!-

-Siamo in sala da pranzo sorellina!-

-Accidenti … già a tavola e non mia avete neanche asp … -

Nabiki aveva appena percorso il corridoio ed era svoltata dalla veranda in sala. Stava a capo chino, tentando di sbottonarsi il giubbotto con una mano. Quando alzò lo sguardo, le braccia le ricaddero penzoloni lungo il corpo e la borsetta di mano.

Lentamente si accasciò in terra a sedere, fino a trovarsi di fronte un uomo che lei conosceva troppo bene, ma che non rivedeva da talmente tanto tempo, che le era sembrato un secolo.

-R-Ryoga … non è possibile … sei tu!-

Detto questo si gettò letteralmente al collo di lui, lasciandolo completamente di stucco.

-Accidenti, Nabiki, ed io che credevo che forse tu saresti stata l’unica che non sarebbe cambiata di una virgola … mi lasci senza parole … -

-Non me ne frega se non ti sembro io, ma sappi che è veramente bello rivedere un volto amico dopo così tanto tempo … ci sei mancato eterno disperso … Non ho forse ragione papà?-

-Senza alcun dubbio, figlia mia.-

-Allora, cosa hai fatto in tutto questo tempo?-

Nabiki era tornata in men che non si dica sé stessa. Aveva mostrato il suo lato debole per ben troppo tempo …

-Wow … piano … avevo finito appena ora … non vorrei ricominciare tutto da capo … -

Ryoga tentò di pararsi dietro un tono scherzoso.

- Accidenti, che noioso! Non hai fatto in tempo a tornare che già fai il guastafeste!-

L’intera sala proruppe in una fragorosa risata.

-Ehi! Guastafeste a chi! Senti chi ha parlato! Se n’è andato oppure hai sempre il vizietto dello strozzinaggio?-

-Se proprio vuoi saperlo, caro, io lavoro per una grande multinazionale americana, una finanziaria precisamente!-

-Appunto … il lupo perde il pelo, ma non il vizio … -

-Oh, kami, Ryoga, così mi ucciderai a forza di farmi ridere!-

Proruppe il vecchio Tendo, mentre tutti gli altri continuavano a ridere.

-Allora sentiamo, Ryoga … -

Fece riprendendo la parola Nabiki …

- … tu cosa faresti di così importante?-

-Beh, sono un geologo … -

-Però … mica male … -

Esclamò la donna di ghiaccio, inarcando il sopracciglio.

All’espressione di lei, Ryoga Hibiki non seppe dare una risposta.

-Però anche tu non hai perso il vizio, eh?-

-In che senso … -

- … nel senso che prima le rocce le facevi esplodere, adesso le studi … alla fine non mi sembra sia cambiato molto!-

Ryoga non rifletté abbastanza velocemente, perché fu bruciato sul tempo.

-Cavolo, Nabiki, hai sempre maledettamente ragione!-

-Ahahahahahah!-

Fra gli abitanti di casa Tendo ed il vecchio amico sembrava essere tornata una serenità ormai dimenticata da anni: erano tutti lì in sala da pranzo che ridevano beatamente, non come se nulla fosse successo, ma come se almeno avessero alleggerito quel peso sul cuore.

Continuavano tranquillamente a ridere di gusto, quando Kasumi alzò lo sguardo verso il vecchio pendolo.

-Oh, kami, è mezzogiorno! Devo preparare il pranzo! Voi continuate pure.-

E Kasumi, si alzò, precipitandosi in cucina.

-Mhh … quasi ora di pranzo … -

Sentenziò Soun.

-Che ne dici vecchio mio se io e te finiamo la nostra partita a shogi, prima che sia pronto tutto?-

-Con piacere!-

Ed i due anziani si spostarono di pochi metri, risistemando la scacchiera con i suoi pezzi.

Al tavolo rimasero Nabiki e Ryoga. Si fissarono per un po’ incerti, finché il secondo non prese parola:

-Senti Nabiki … non vorrei essere troppo indelicato, né toccare un tasto dolente, ma … -

Prese un respiro.

- … che fine hanno fatto gli altri?-

Nabiki giocherellò distrattamente con una ciocca dei suoi capelli, guardando la superficie del tavolo. Quello di Ryoga sembrava il domandone finale di un quiz televisivo.

Riorganizzate le idee nella sua mente, incredibilmente razionale, si alzò.

-Ti va se usciamo fuori in giardino? Prendiamo una boccata d’aria ed evitiamo di rompere questa atmosfera allegra che si è creata.-

-Volentieri. Prendo il giubbo … -

-Fermo. Vengo con te. Non vorrei che ti perdessi per la casa. -

-Ok … -

Fece lui, consapevolmente rassegnato a quel suo terribile difetto, mentre il suo volto si imporporava a causa vergogna.

-Dove sono le tue cose?-

-Credo in camera di tuo padre. Dovrebbero avermi portato lì, dopo che mi hanno trovato … -

-Ok … -

Si diressero insieme in camera di Soun e presero quanto a lui serviva. Poi, passando dall’ingresso, Nabiki prese il suo giubbotto, frugando nella tasca come per controllare: lo indossò ed uscirono in giardino.

Si posizionarono appoggiati alla veranda, con il laghetto di fronte, dove lì, almeno d’estate, l’eterna carpa continuava a guizzare.

Nabiki affondò nuovamente la sua mano nella tasca, per poi estrarne un pacchetto di sigarette ed un accendino. Si accese dunque una sigaretta.

-Ne vuoi una?-

-No, grazie, non fumo … -

Fece evasivo Ryoga. Quella semplice azione che aveva compiuto la donna, lo aveva un po’ stranito …

“Chissà quando avrà iniziato …”

Nabiki si posizionò meglio, aggiustandosi la gonna del tailleur; poi inspirò la prima boccata della sua sigaretta.

-Allora, cosa vuoi sapere?-

-TUTTO.-

-Bene … -

Ryoga avvertì dei brividi lungo la schiena. Aveva la brutta sensazione che Nabiki avrebbe chiesto un lauto compenso. Quella pausa non significava nulla di buono.

Teso ma impassibile, Hibiki attendeva una sentenza … la sentenza però non arrivò mai.

La donna prese un’altra boccata dalla sua sigaretta, espirando poi una nuvola di fumo: era come alla ricerca di aria pura, che in realtà non lo era; ma aveva bisogno di forza, di tutte le sue forze per raccontare quello che avrebbe detto all’amico.

Finalmente cominciò:

-Dunque … io non so di quanto tu sia a conoscenza, però posso farti un riassunto generale … vediamo … il senpai, per quanto sia rimasto visibilmente sconvolto, alla fine è tornato in sé, se così si può dire … ha continuato gli studi al Furinkan, in fondo è sempre stato un ottimo allievo; poi è andato all’università di Tokyo, la Toudai, dove si è laureato in lettere antiche … da due anni a questa parte è divenuto preside del Furinkan, in seguito al pensionamento di suo padre … vive notte e giorno per il suo lavoro … e per sua sorella; dal canto suo, Kodachi, non ha retto: è degenerata sempre di più, finché tredici anni fa non è stata portata in una casa di cura, giudicata insana di mente, dove è stata ed è ancora mantenuta da suo fratello … -

Nabiki si fermò e prese un’altra boccata dalla sua sigaretta.

Ryoga sentì una fitta al cuore: com’era possibile che le loro vite fossero state a tal punto sconvolte? Certo, Kodachi non era mai stata una che sembrava completamente sana di mente, ma arrivare a quel punto …

La Tendo ricominciò.

- … poi c’è stata Ukyo … anche lei in un primo momento mi era parsa veramente distrutta: si era chiusa completamente in sé stessa. Poi, dopo qualche mese, prese le sue cose e disse che sarebbe tornata da suo padre: non l’abbiamo più vista. Obaba, invece … è rimasta sola con la nipotina … -

-Nipote?-

Ryoga era rimasto shoccato.

-Ma se … quando sarebbe accaduto?-

-Poco prima di quello che tu già sai … la ragazzina era talmente frustrata che doveva spezzare il cuore a qualcuno … poi si accorse che in realtà aveva spezzato anche il suo … passato appena qualche mese dalla nascita della piccola, ha fatto ciò che ha fatto … Obaba l’ha cresciuta da sola tutti questi anni … credo che lei abbia avuto un dolore più grande del nostro da sopportare … -

-Non lo metto in dubbio … ma … il vecchio, che fine ha fatto? È sempre fra noi? E Mousse?-

-Chi? Happosai? Sì, ma per miracolo. Ora la sua vita è appesa ad un filo … quando tutto è accaduto, sembrava l’unico ad essersi ripreso … alcune volte era così allegro, che avremmo dato l’anima pur di vederlo sparire. Ma poi ci rendemmo conto della realtà: tentava di colmare il nostro vuoto rallegrandoci, ma alla fine, a poco a poco, le forze lo hanno abbandonato, facendo di lui un vecchietto che poi si è dovuto ridurre a vivere in ospedale … solo ieri lo hanno riportato … per quanto riguarda Mousse, non ne ho idea … -

-Accidenti … -

Nabiki tirò l’ultima boccata alla sua sigaretta, che ormai si era consumata fino al filtro. La butto in terra e la spense, facendo pressione con la suola delle sue décolleté.

-Bene … che ne dici se ora rientriamo? Comincia di nuovo a tirare vento ed il pranzo sarà pronto.-

-Dico che è una buona idea … -

-Allora andiamo … -

E si avviarono verso l’ingresso.

 

 

 

 

 

 

Ni – hao! Ecco un po' di misteri svelati ed un po' di incontri... la nuova Nerima è davvero un posto particolare, non trovate? Piano piano si ritroverà il bandolo della matassa, allora tutto si comprenderà...

Al momento non mi resta che ringraziare i miei silenziosi lettori e juventina29, per aver recensito il capitolo 5, ed augurarvi buon proseguimento con i capitoli che verranno...

See you soon!

p.s. Ecco a voi il nuovo Ryoga Hibiki....

 

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Capitolo 7
*** Heart beat ***


Heart beat

Ryoga e Nabiki varcarono la porta d’ingresso e si diressero in sala da pranzo. Poco prima di svoltare, incrociarono Kasumi, carica di scodelle e bicchieri.

-Ehi, Kasumi! Così non ce la farai! Lascia che ti aiuti.-

-Oh, grazie Ryoga. Sei così gentile! Allora ecco a te!-

E Kasumi gli lasciò il suo carico, tornandosene in cucina.

-Andiamo, Ryoga, la sala è di là … -

-Va bene … -

-Sì, ma di LÀ … di qua andiamo in camera di Happosai … -

-S-sì … -

Balbettò in lieve imbarazzo l’eterno disperso. Dopo di che, fu letteralmente trascinato dalla Tendo in sala.

Genma e Soun avevano già terminato la loro partita e si erano tranquillamente seduti ai loro posti. Sul tavolo erano già posizionati alcuni vassoi, con le deliziose pietanze cucinate da Kasumi.

Ryoga, aiutato da Nabiki, posizionò le ciotole per il riso ed i bicchieri. Entrambi infine si sedettero.

L’uomo, che solo da poco si era nuovamente ambientato, si mise a contare per diletto il numero delle ciotole.

- … sei … sette … quanti siete attualmente in famiglia?-

Il conto non tornava.

-Beh, siamo sette, con quegli scapestrati dei ragazzi.-

Rispose Soun.

-Ragazzi?-

Ryoga non connetteva.

Nabiki, come esasperata, si coprì il volto con una mano.

-Certo che però hai la memoria di un criceto … i miei nipoti, Michiko e Kaito, i gemelli!-

-Sì! Ma certo! I piccoli gemelli! Come stanno?-

Nabiki guardò il pendolo della sala da pranzo.

-Non c’è bisogno di chiederlo … lo vedrai con i tuoi occhi … -

Subito dopo il pendolo segnò l’ora e si sentì il grido di Kasumi dalla cucina.

-Ragazzi! A tavola!-

Non appena pronunciate queste parole, si udì un confuso scalpiccio provenire dal piano di sopra. I presenti in sala non proferivano parola.

Il rumore si fece più nitido e vicino: ora proveniva dalle scale. Mancava poco ormai, i partecipanti a quella gara stavano per strappare il nastro dell’arrivo.

Improvvisamente dal corridoio sbucarono due ragazzi, reduci da una corsa sfrenata. Come due bambini che giocano a nascondino e fanno tana, Michiko e Kaito gridarono la loro vittoria all’unisono.

-Eccoci!-

Ryoga, nel frattempo, si era momentaneamente distratto, cercando di scacciare una mosca fastidiosa. Quando però, sentendoli arrivare, pose il suo sguardo sui due ragazzi, mancò di un battito.

“Oh kami, allora non ho avuto le allucinazioni …”

Di fronte a se, mentre lui impietrito osservava, c’era una ragazza alta, snella, atletica; aveva lunghi capelli lisci, bruni, contornati da una passata che, inoltre, le delimitava la frangetta che aveva sulla fronte: era praticamente la copia di quello che era stato il suo primo vero amore … tranne per un particolare, che non lasciava dubbi: i suoi occhi erano blu, come il mare, delle iridi di una profondità assoluta. Accanto a lei stava un ragazzo poco più alto, anche lui avente un fisico asciutto ed atletico; i suoi capelli erano mossi e scompigliati, del colore dell’ebano, e talmente tanti che all’estremità erano raccolti in un piccolo codino, legato con un nastro bianco: lui sarebbe stato il ritratto perfetto del vecchio amico, se non fosse stato per le sue irriverenti iridi color nocciola.

L’indagine visiva dell’uomo continuò per circa qualche minuto interminabile; gli inquilini di casa Tendo cominciavano a preoccuparsi.

-Ehi, Ryoga, ti senti bene?-

Fece Nabiki, passandogli di fronte la sua mano. Finalmente si riscosse.

-Oh, kami! Ma sono identici!-

-Mh?-

I fratelli Saotome erano rimasti interdetti. Chi era quel tipo in sala da pranzo? E come mai aveva tanta confidenza con la zia? Ma, soprattutto, dove era finito quell’uomo che avevano tratto in salvo?!

-Identici in che senso, scusi? E poi lei chi sarebbe?-

Chiese con estrema curiosità Michiko. L’uomo che stava seduto a tavola con i suoi familiari stava per darle una risposta, ma il suo proposito fu interrotto dall’ingresso di Kasumi con l’oden.

-Ragazzi, sedetevi! Non è cortese far attendere gli ospiti … -

I ragazzi obbedirono entrambi, sedendosi ai rispettivi posti. Kasumi fece lo stesso, poggiando prima il recipiente sul tavolo.

Kaito stava per rivolgere la domanda della sorella, quando venne interrotto nuovamente dalla zia.

-Oh kami, ragazzi, che maleducazione! Dovete presentarvi! Non è buona cosa comportarsi così con un ospite … -

Michiko e Kaito erano stati veramente strigliati a dovere. Ryoga rimase interdetto: Kasumi, anche se con la sua solita pacatezza, era stata incredibilmente autoritaria.

-E va bene, zia … -

I due fratelli si scostarono dal tavolo, facendo ciascuno un inchino:

-Molto piacere, io sono Michiko Saotome.-

-Piacere, Kaito Saotome.-

Ryoga, per ricambiare tanta cortesia da parte di dei due, si allontanò anch’egli dal tavolo e profuse un lungo inchino.

-Il piacere è tutto mio, ragazzi. Io sono Ryoga Hibiki, un vecchio amico dei vostri genitori ed anche vostro debitore, visto che mi avete salvato … -

I fratelli Saotome rimasero spiazzati: in meno di un minuto era stato risposto ai loro quesiti.

-Sentite, capisco la curiosità, ma qui comincia a freddare tutto ed io avrei un certo languorino … -

Disse il non poco affamato Genma.

-Concordo pienamente. Avete tutto il tempo che volete per chiacchierare durante il pranzo.-

Aggiunse Nabiki.

-Allora, cosa aspettiamo? Buon appetito!-

E dopo il consenso del padrone di casa, tutti cominciarono a mangiare.

 

Mentre tutti i commensali consumavano vivacemente il pasto, i fratelli Saotome non persero occasione si mostrare la loro curiosità: l’ospite e vecchio amico di famiglia suscitava in loro un fortissimo interesse.

Dopo aver lottato strenuamente con la sorella per il possesso di un onigiri, Kaito si rivolse improvvisamente al suo suddetto interlocutore:

-Mi scusi, signor Hibiki … -

-Per favore, chiamami Ryoga e dammi del tu: non sono tipo da formalità … -

-Allora, Ryoga, di cosa ti occupi?-

-Beh, come prima ho avuto modo di spiegare agli altri tuoi familiari sono una sorta di geologo … -

-Sul serio?-

Nel tono di Kaito c’era una punta di scetticismo.

-Come scusa?-

Ryoga non aveva compreso l’incredulità del sedicenne.

-Beh, non hai affatto l’aria di uno che perde tempo dietro studi e scartoffie.-

-Tecnicamente ho sempre lavorato sul campo … -

-Fa lo stesso … non hai l’aria di un tipo del genere … -

Ryoga inarcò il sopracciglio.

-Potrei sapere cosa ti fa pensare questo? Avanti, sono tutto orecchie … -

Le ultime parole erano state particolarmente marcate, come da un accento da tempo insolito di sfida.

-Semplice: hai un fisico troppo muscoloso e tonico. Se fossi uno studioso a pieno regime, non credo che avresti tutto questo tempo per tenerti così in forma.-

L’uomo, che stava a braccia conserte, come in attesa di una risposta convincente, si rilassò. Gli angoli della sua bocca si erano contratti a formare un sorriso trionfante.

-Beh, a questo proposito, non posso darti torto: sei un ottimo osservatore. È vero che sono da quasi quindici anni un “geologo”, ma è anche vero che da molto più tempo, talmente tanto che non mi ricordo più da quando, io pratico le ARTI MARZIALI. Ti posso inoltre assicurare, che nonostante il mio lavoro non ho smesso mai di allenarmi: le arti marziali sono sempre state la mia ragione di vita e sempre lo saranno, e sono state, in certo momento della mia vita, … -

Ryoga contrasse il volto in un’espressione malinconica …

- .. il mio unico appiglio ad essa.-

Kaito rimase sbalordito.

In quel medesimo istante anche Michiko, che fino a quel momento era rimasta tranquilla ad ascoltare il discorso, si animò improvvisamente. Gli occhi dei due fratelli brillavano di una luce insolita.

-Sei un artista marziale?!-

Chiesero in coro come due bambini.

-Sì.-

La risposta secca del loro interlocutore mise addosso ai due ragazzi un fervore incredibile. Il resto della famiglia osservava i tre rapita: non vedevano tanto brio in quella casa da molti anni.

Da quel momento in poi sia Michiko che Kaito non diedero fiato a Ryoga, che dal canto suo teneva loro abilmente testa: loro chiedevano e lui rispondeva, in possesso di un’energia che nemmeno ricordava.

Battuta dopo battuta si giunse alla fine del pranzo, momento in cui cominciò l’esodo degli inquilini da tavola.

Soun e Genma si congedarono per riposarsi, ormai affaticati dagli anni; Nabiki prese il suo pacchetto di sigarette ed il suo giubbotto e si diresse nuovamente in giardino, con intento alquanto ovvio; Michiko aiutò come al suo solito Kasumi, dirigendosi con lei in cucina. In sala da pranzo rimasero unicamente Kaito e Ryoga, ancora rapiti dalla conversazione.

Il ragazzo aveva chiesto a Ryoga dei suoi interminabili viaggi di allenamento, di cui quest’ultimo fu particolarmente lieto di raccontargli: quella volta sulle montagne, un’altra agli estremi confini del Giappone, addirittura in Cina … quello che maggiormente attirò l’attenzione di Kaito furono le stupefacenti tecniche di lotta, di cui l’uomo andava raccontandogli, nonché delle incredibili e numerose sfide intraprese con suo padre … era tutto così incredibile …

- … così lanciai lo “Shishi hokodan”, ma tuo padre riuscì abilmente a ritorcermelo contro, vincendo per poco. E questo è quanto … -

-Wow … incredibile … ma esiste davvero una tecnica del genere?-

-Assolutamente! Ma dove hai vissuto fino ad ora, ragazzo?-

Gli occhi di Kaito si velarono di malinconia, pensando ai due mesi appena trascorsi.

-Non me lo chiedere … non lo so neanch’io. -

Ryoga comprese il momentaneo smarrimento del ragazzo e tentò di cambiare argomento:

-Beh … lasciamo stare, dai … piuttosto, io ti ho praticamente detto tutto di me, ma tu cosa mi dici? È senz’altro vero che ero e SONO un amico di famiglia, ma, kami, l’ultima volta che ti ho visto eri praticamente in fasce!-

Il sedicenne si lasciò andare ad un lieve ma sincero sorriso e cominciò a raccontare.

Parlò della sua infanzia, di come la famiglia gli aveva sempre voluto un mondo di bene, di tutto il tempo passato con la sorella, quasi unica amica in certi momenti; poi raccontò della sua crescita e di come era arrivato fino a lì. Non tralasciò alcun particolare della sua vita, soprattutto uno, il comune denominatore della sua esistenza: le arti marziali.

-Fin da quando ne ho avuto ricordo … -

Disse schiarendosi la voce.

-Ho sempre amato le arti marziali. Mi ricordo particolarmente di una mattina, quando ancora andavo all’asilo: rimasi letteralmente incantato ad osservare nonno Genma e nonno Soun mentre eseguivano i loro kata in giardino. Da allora mi sono sempre impegnato, allenandomi al meglio e migliorando giorno per giorno. Inoltre sapevo che prima o poi qualcuno in famiglia avrebbe dovuto ereditare la palestra … -

Il ragazzo si fermò un attimo, abbassando lo sguardo e scoprendosi a giocherellare con le proprie dita.

Ryoga, dal canto suo, rimase estasiato: la storia del figlio del suo amico lo aveva letteralmente assorbito, se non che la sua passione per le arti marziali lo aveva rapito.

-Dunque, Kaito … -

Cominciò prendendo la parola.

- … anche tu pratichi le arti marziali, giusto?-

-Sì … -

-Ti andrebbe di dimostrarmi quello che sai fare?-

-Beh, non lo so … in fondo non credo di essere poi così bravo, né probabilmente alla tua altezza … -

-Non ti preoccupare, faremo un incontro amichevole … giusto per vedere le tue capacità. Mi hai veramente incuriosito.-

Kaito stette un po’ su a pensarci: dopo quanto Ryoga gli aveva raccontato, temeva seriamente di fare una brutta figuraccia, non sarebbe mai stato all’altezza di suo padre, come il suo interlocutore probabilmente si aspettava …

“Vorrei evitare una brutta figuraccia, ma non mi tiro mai indietro ad una sfida, oltretutto amichevole …”

Il silenzio divenne addirittura pesante finché Kaito non dette la sua sentenza.

-Ok, ci sto. Andiamo in palestra.-

 

Ryoga e Kaito si alzarono, sgranchendosi le gambe. Kaito cominciò ad avviarsi verso l’entrata posteriore, che conduceva alla palestra. Dopo qualche secondo si voltò indietro, per sincerarsi che l’altro lo stesse seguendo.

-Da questa pa … -

Il ragazzo si rese conto, suo malgrado, che Ryoga stava prendendo la via delle scale. Un enorme gocciolone scivolò sulla sua testa.

-Ehm … Ryoga?-

-Sì?-

-Per le scale si va al piano superiore … la palestra è da questa parte … -

Fece indicandogli la direzione. L’altro rise nervosamente, maledicendo nuovamente il suo terribile difetto.

-Eheh … sì, scusa … purtroppo ho un pessimo senso dell’orientamento … ora ti seguo.-

“Lo vedo …”

Pensò con un po’ di amarezza Kaito. In meno di una giornata stava scoprendo a poco a poco il mondo dei suoi genitori; man mano che però andava avanti, constatava che era, per così dire, “popolato” da personaggi assai singolari …

Finalmente i due giunsero nella palestra, dopo però non poche riprese di Kaito nei confronti di Ryoga, che continuava a prendere vie ogni volta sbagliate.

-Eccoci … dojo Tendo … -

Alle parole del ragazzo, Ryoga constatò amaramente che gli anziani di casa non avevano fatto in tempo ad effettuare le consegne …

Il sedicenne aprì la porta. Entrambi si scalzarono ed entrarono. A Ryoga la vista del dojo fece il medesimo effetto di quello della casa: un luogo invecchiato, proprio come i suoi proprietari.

I due fecero un po’ di riscaldamento, qualche kata ed un po’ di respirazione. Terminati gli esercizi, si misero in posizione; fecero l’inchino.

-Non preoccuparti, Kaito: sarà un semplice combattimento amichevole … ci andrò leggero … -

-Ok, grazie.-

-Cominciamo … -

Ryoga, dopo essersi concentrato, raccolse le proprie forze e si lanciò all’attacco dell’avversario. Pronto a colpire, protese il braccio destro con la mano raccolta a pugno. Kaito rimaneva immobile, in posizione di guardia.

“Allenterò la potenza del colpo … non vorrei fargli male”

Controllando dunque la sua forza, l’uomo sferrò il colpo. Con sua grande meraviglia, però, si ritrovò a fendere l’aria: Kaito si era spostato di fianco a lui.

-Senti … -

Proruppe il ragazzo.

-Capisco che non vuoi esagerare, che magari sei stanco per questa giornata, ma potresti evitare di prendermi in giro? Va bene trattenersi, però … -

-Non c’è problema … ho solo fatto un errore di valutazione … penso anche che tu stia sottovalutando, ragazzo … -

“Accidenti, che rapidità … ci sarà da divertirsi”

Pensò compiaciuto l’eterno disperso.

- … che ne dici se ora facciamo sul serio?-

Kaito esitò alla proposta.

-Beh, non so, non vorrei fare danni … -

-Diciamo che staremo attenti … -

-Ok, ci sto.-

I due avversari si posizionarono nuovamente l’uno di fronte all’altro.

“Questa volta non mi tratterrò …”

Lo scontro ebbe inizio e senza esclusione di colpi: Ryoga cominciò con una rapidissima raffica di pugni, che furono però prontamente parati da Kaito; il ragazzo, poi, passò al contrattacco, lanciando una serie di calci volanti, i quali furono scansati dall’avversario. L’incontro andò avanti così per molto, in perfetta parità.

Kaito, ad un certo punto ebbe l’illuminazione.

“Però … è un ottimo combattente … perché non provare le tecniche di papà?”

Sul volto del sedicenne si stampò un sorriso spavaldo.

-E adesso? Cosa c’è da ridere?-

-Mi sto veramente divertendo … anzi, non mi ero mai divertito così in vita mia … ora non si scherza più … -

-Ma cos … -

Il ragazzo si mise in posizione, poi si lanciò verso Ryoga.

“Ora cos’avrà in mente?”

Quando gli fu abbastanza vicino da sferrare la sua tecnica, l’uomo capì ed i suoi occhi divennero vitrei.

“No … non è possibile!”

-Preparati, Ryoga! Questo è l’“Amaguriken”!-

Si mise in posizione di difesa più in fretta che poté, mentre il ragazzo cominciò una serie di colpi rapidissimi, di cui non si riusciva quasi a distinguere la provenienza. Ryoga arretrò in fretta, fino quasi a trovarsi stretto al muro. Fece un velocissimo salto all’indietro, ampio abbastanza per permettergli di agire.

-Sai, ragazzo, avevi ragione: ora non si scherza più. “Bakusai tenketsu”!-

E Ryoga, sollevando il dito indice della mano, colpì con quello il pavimento. Si generò un’esplosione di media intensità, che fece spaccare alcune assi di legno e sollevare un nugolo di polvere. Kaito a quel punto interruppe il suo attacco ed arretrò, coprendosi il volto. Il combattimento si stava facendo davvero una faccenda seria.

Nel momento in cui si era generata l’esplosione, il rumore aveva attirato l’attenzione degli inquilini della casa, e forse anche di qualcun’altro, i quali si improvvisarono invisibili spettatori.

Nel frattempo Ryoga e Kaito si erano nuovamente lanciati all’attacco l’uno sull’altro, colpendosi o parandosi i colpi a vicenda. Erano determinati.

Improvvisamente Ryoga balzò indietro, richiamando a sé tutte le proprie forze.

-Ora faremo finire questo duello!-

Era veramente carico di adrenalina ed aveva percepito finalmente, dopo tanti anni, il dolce profumo della sfida.

Reclinando il capo e lasciando le braccia lungo i propri fianchi, creò attorno a sé un’imponente aura rossa, minacciosa. Kaito, alla sua vista, apparve titubante, non capendo cosa lo aspettasse. L’uomo avvicinò pericolosamente i palmi delle proprie mani, fino a formare una sfera rossa di energia, carica di negatività. Allora alzò la testa ed allungò le braccia verso il suo avversario. La sfera pulsava vistosamente ed aumentava di volume.

-Preparati, Kaito! “Shishi hokodan”!-

E Ryoga scagliò un colpo d’energia potentissimo in direzione di Kaito.

Il ragazzo, in quella frazione di secondo, raccolse le proprie energie e scagliò anch’egli un altrettanto potente colpo energetico, di un’eccezionale carica positiva.

-“Moko takabisha”!-

I due colpi arrivarono a scontrarsi al centro della palestra ed annullandosi a vicenda, crearono una violenta onda d’urto, che sbalzò i due combattenti ai lati del dojo e li fece sbattere violentemente contro le pareti di quest’ultimo.

Ryoga si rimise immediatamente in piedi, mentre Kaito esitò: non aveva mai provato gli effetti di quei colpi sulla propria pelle e non aveva mai affrontato un combattimento del genere, si sentiva perciò leggermente indolenzito.

L’uomo gli si avvicinò e gli porse la mano, per aiutarlo a rialzarsi.

-Penso, che possa bastare … è stato un magnifico incontro. Era veramente da tempo che non mi divertivo così!-

Kaito, sorridendo, accettò la mano porta dall’avversario e si alzò: anche lui non si era mai divertito tanto in vita sua.

Gli altri, che si erano tenuti alla finestra del dojo, si dileguarono e tornarono alle loro precedenti mansioni, come se nulla fosse successo.

Il sedicenne, ormai in piedi, si pattò i pantaloni, togliendo la polvere, formatasi con l’esplosione precedente, e si massaggiò il fondo schiena, pervenuto ad urto violento dopo il recente attacco.

Ryoga lo osservava, quasi con aria interrogativa e con una certa irrequietudine in corpo.

-Che c’è? Ho forse qualcosa addosso?-

Chiese il ragazzo stranito: non comprendeva il motivo di quell’improvviso comportamento.

-Beh, c’è una domanda che vorrei farti, ragazzo … -

-Spara.-

-Come sei venuto a conoscenza di quelle tecniche? Come hai fatto ad apprenderle? Allo stato attuale dei fatti lo trovo impossibile … -

Kaito rimase spiazzato: la stessa domanda della vecchia Obaba. Realizzò che era inutile fare molti discorsi per niente.

-Seguimi. Ti faccio vedere una cosa … -

 

I due uscirono dalla palestra e si diressero in casa. Kaito ebbe l’accortezza di tenere Ryoga al suo fianco, per evitare che si perdesse.

Passarono dalla cucina, incrociando Kasumi.

-Oh, avete già finito di allenarvi?-

-Sì zia. Ora porto il signor Hibiki … -

-E-ehm … -

- … volevo dire Ryoga, a far vedere una cosa al piano di sopra.-

-Va bene. Mi raccomando, se dopo avete bisogno di farvi un bagno, avvertitemi!-

-Senz’altro, zia!-

E proseguirono oltre.

Salirono dunque le scale e si diressero in quella che era stata la vecchia camera dei Saotome, ormai divenuta di Kaito. Il ragazzo afferrò lo scorrevole ed aprì.

-Prego, entra.-

Ryoga varcò la soglia della camera e notò che dall’ultima volta erano cambiate parecchie cose: sul lato destro vicino alla finestra, stavano ormai un comodino ed un letto all’occidentale da una piazza, il quale aveva rimpiazzato i vecchi futon; sulla parete sinistra e sull’armadio a muro c’era una serie sterminata di poster di karateka e judoka, accanto ai quali, a loro volta, si trovavano due mensole ricolme di trofei e di medaglie; sulla parete di fondo, sotto la finestra, stava una nuova scrivania, con sopra una lampada ed alcuni libri. L’unica cosa che pareva immutata nella stanza era il tatami.

-Siediti pure sul letto.-

E fece quanto detto dal ragazzo. Nel frattempo Kaito si diresse verso l’armadio. Lo aprì e cominciò a frugarvi dentro.

Dopo qualche minuto di estenuante ricerca, ne estrasse qualcosa.

-Prendi.-

Disse lanciando l’oggetto che aveva in mano a Ryoga; questo lo afferrò e lo osservò attentamente: cilindrico e di carta …

-Ma è un rotolo!-

-Esattamente … aprilo … -

Ryoga svolse lo spago intorno al cilindro cartaceo e lo aprì. Cominciò a leggere. Dopo nemmeno un minuto, il rotolo gli cadde dalle mani.

-Non … non può essere! Questa calligrafia, queste tecniche! Sono … -

- … di mio padre, lo so …  me lo ha detto stamani la vecchia … -

Ryoga si voltò repentinamente verso il ragazzo.

-Vecchia? Non sarà forse … -

-Obaba … -

Nella mente dell’uomo si figurarono tutti gli eventi che avevano portato alla sua partenza anni fa … sentiva strano ripetere il nome dell’anziana amazzone.

-Come hai fatto a conoscerla? Per quanto ne so non siete più in buoni rapporti con la famiglia Joketsu … -

-È buffo … mi allenavo e mi ha trovato lei … mi ha spiegato tutto dell’ultima tecnica e mi ha pure fatto la tua stessa domanda … -

-Capisco … quindi, da quanto ho capito, di QUELLO che è successo non parlate mai … -

-No … è troppo doloroso. Però, a quanto pare, il passato dei miei genitori non riesce a stare lontano da me e mia sorella … curioso … -

Ryoga si alzò e andò verso Kaito, ponendogli poi una mano sulla spalla.

-Lo credo bene, ragazzo … QUEI due non sarebbero mai scappati né fuggiti, né tantomeno si sarebbero arresi … tu e tua sorella non dovete fuggire il passato, anzi, lo dovete ricercare, per quanto male possa farvi, ed affrontare la verità … solo così ce la farete e, credimi, loro sarebbero fieri di voi … sappi, Kaito, che tuo padre ti ha fatto un preziosissimo regalo: dovrai essere un perfetto custode di quelle tecniche, chiaro? Dovrai essere bravo ad utilizzarle almeno quanto lui … io sono sicuro che lo sarai, sei sulla buona strada … -

-Grazie, Ryoga.-

-E di cosa? Ho solo detto la verità … -

Sul volto dell’uomo comparve un limpido sorriso, che contagiò pure il ragazzo.

-Grazie comunque … senti, io andrei a farmi un bagno. Ti dispiacerebbe aspettare qui? Sai, non vorrei che … -

-Non c’è problema … ho capito … aspetto volentieri qui il mio turno.-

-Perfetto ... ZIA KASUMI!!!-

Fece gridando il ragazzo dopo aver aperto lo scorrevole.

-Sì, Kaito?-

Seppur debole, la risposta della maggiore delle Tendo arrivò al nipote.

-Vado a farmi un bagno!-

-Va bene! Allora ti porto gli asciugamani!-

Detto questo scomparve nel corridoio, dirigendosi al piano inferiore.

A metà scale si incrociò con Kasumi, la quale gli porse gli asciugamani.

-Grazie, zia … portane un paio anche a Ryoga, dopo è il suo turno.-

-Va bene, Kaito.-

Ed il ragazzo si diresse al piano terra per il suo tanto agognato bagno, mentre la zia, dopo essersi procurata gli asciugamani, li portò all’eterno disperso.

Kasumi, arrivata di fronte alla camera, scostò leggermente lo scorrevole.

-Si può?-

-Entra pure Kasumi.-

La donna rispose all’invito ed entrò, posando poi gli asciugamani sul letto.

-Kasumi?-

-Sì?-

-Hai veramente dei nipoti stupendi … tu ed i tuoi familiari non dovete che esserne orgogliosi.-

-Lo so, Ryoga: sono dei ragazzi meravigliosi.-

 

 

 

 

 

Ed un altro capitolo si è aggiunto... la freccia del destino continua a girare e nuove carte vengono scoperte... Ryoga è tornato a Nerima e nuove idee si prefigurano nella mente dei gemelli... Quali saranno le prossime mosse?

A voi scoprirlo...

Ringrazio ancora tutti quanti i lettori, che nel giro di nemmeno un mese sono davvero divenuti molti, e 00_sakura_00 e Niki19494, per aver recensito l'ultimo capitolo...

See you soon! 

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Capitolo 8
*** Turnin' point ***


Turnin’ point

Il sole era tramontato e sorto ancora una volta sulla città di Nerima, con la sola differenza che in quei due giorni la cittadina aveva ritrovato uno dei suoi abitanti “smarriti”.

Ryoga, ben nascosto nel futon, si era appena svegliato, dopo che alcuni raggi di sole invadenti erano filtrati dalla finestra. Gli ci vollero alcuni minuti prima di capire perché si trovava al caldo, in un futon e sotto un tetto.

“Ora ricordo”

Il risveglio mattutino, nel momento del passaggio dal sogno alla realtà, lo aveva un po’ disorientato, facendogli dimenticare per un attimo che si trovava a casa Tendo. Fulminei tornarono in mente i ricordi della giornata precedentemente trascorsa, fra cui il salvataggio, il pranzo, l’allenamento, la cena e via dicendo: tutto tornò ad essere perfettamente nitido.

L’uomo si mise a sedere sul futon, stirandosi e facendo crocchiare qualche vertebra. Allungò poi il braccio verso il tatami e, prendendo i propri occhiali, li indossò; si alzò. Ryoga cominciò a guardarsi intorno. Ciò che vide gli fece trattenere a stento le risate: Kaito, che ancora dormiva placidamente, era praticamente avvolto nelle proprie coperte, come un bruco nel suo bozzolo.

“Tale padre, tale figlio …”

Pensò l’uomo, lasciandosi andare infine ad una sommessa risata.

 

Intanto, in cucina, una solerte Kasumi aveva già cominciato a preparare la colazione. Con allegria e pacatezza, sistemò ad una ad una scodelle e bacchette, insieme alla tazza di Nabiki, portandole in sala da pranzo; poi preparò le vivande una dopo l’altra. Erano già le sei e qualcuno in casa si stava svegliando.

La maggiore delle Tendo si avviò dunque con un vassoio in camera del vecchio Happosai, per portargli la colazione. Appena di fronte allo scorrevole, si inginocchiò ed aprì.

-Uhm?-

Un piccolo lamento si levò dal futon dove il maestro si stava lentamente alzando.

-Buon giorno, maestro Happosai. Come sta?-

-Oh, Kasumi, sei tu. Entra pure figliola: sto meglio, grazie.-

-Bene, ne sono lieta. Ecco, le ho portato la colazione.-

-Oh, grazie mille! Ho davvero una fame da lupi, dopo la dormita di questa notte!-

-Ne sono davvero felice! Ora la aiuto a mettersi a sedere.-

-Grazie.-

Così la donna si avvicinò ed aiutò il minuto anziano ad issarsi. Era così strano vederlo così spento, così “tranquillo”.

-Perfetto! Ora puoi anche andare, Kasumi. Oggi mi sento veramente in forma, farò da me!-

-Ne è sicuro, maestro?-

-Mai stato più sicuro!-

-Va bene, allora mi fido.-

Fece lei, esibendo un bellissimo sorriso.

-Ah, Kasumi … -

-Sì, maestro?-

La donna, che stava uscendo dalla stanza, si voltò.

-I ragazzi … sono veramente in gamba … nutro grandi speranze … -

Kasumi sorrise ancora una volta. Poi uscì.

Si diresse in cucina, per prendere il riso e portarlo in tavola: poi sarebbe andata a svegliare tutti.

Quando entrò in sala vide il padre e Genma che stavano già giocando la loro partita a shogi.

-Oh, buon giorno papà! E buon giorno anche a lei signor Saotome!-

-Buon giorno, figliola!-

-Buon giorno!-

Risposero con pacatezza i due anziani.

Kasumi posò il riso in tavola ed alzò lo sguardo verso l’orologio della sala: le sei ed un quarto.

-Io vado a svegliare i ragazzi, Nabiki e Ryoga. Se volete potete tranquillamente cominciare!-

-No, grazie, Kasumi. Preferisco che siamo tutti quanti insieme a tavola.-

-Va bene, grazie.-

E Kasumi, congedandosi dal padre, si diresse al piano superiore.

Bussò a tutte le porte chiamando i familiari e l’amico, ricevendo ora un verso per risposta, ora un “sì” soffocato. Quando arrivò alla stanza del nipote, non fece in tempo a poggiare le nocche sul legno dello scorrevole, che Ryoga si affacciò sulla porta.

-Non ti preoccupare Kasumi, siamo già svegli.-

-Oh, bene. Allora vi aspetto giù in sala da pranzo.-

-Perfetto.-

E come era salita al piano superiore, così scese.

Si erano ormai fatte le sei e mezzo e tutti gli inquilini di casa Tendo si erano svegliati. Dopo qualche minuto dal richiamo di Kasumi, si erano tutti riuniti, meno il vecchio Happosai, in sala da pranzo per la colazione. Come promesso, Soun e Genma avevano atteso il resto della famiglia.

Cominciarono dunque il primo pasto della giornata: Nabiki beveva tranquillamente il suo caffè, i vecchi Tendo e Saotome facevano commenti sul tempo e sul prospettarsi della giornata, Kasumi serviva tutti quanti e Ryoga osservava esterrefatto la lotta per il cibo fra Kaito e Michiko, una lotta che era stato il copione di ogni giorno in quella casa.

Finita la colazione, Michiko e Kaito, vestiti con la divisa scolastica, si alzarono e fecero per dirigersi all’uscita con le loro cartelle, ma …

-Alt!-

La voce di Soun li bloccò.

-Che c’è nonno?-

Fece Michiko leggermente agitata, mentre guardava ora il parente ora il suo orologio da polso.

-C’è che per oggi ho deciso che non andrete a scuola … -

La cartella cadde di mano alla ragazza, mentre sul volto del fratello si dipinse un sorriso beato.

-Ma … -

-Niente ma. Non siete quasi mai mancati quest’anno ed ultimamente ve ne sono successe di tutti i colori. Io e vostro nonno Genma abbiamo deciso che per oggi potete rimanere a casa e riposarvi.-

I tentativi di replicare non affiorarono nemmeno sulle labbra di Michiko: quando i nonni decretavano, non tornavano indietro. Lei e suo fratello, però, sapevano anche che solitamente sotto ogni decisione c’era qualcosa.

Mentre Michiko stava per andare al piano superiore per cambiarsi, suo fratello la fermò: era meglio approfondire.

-Bene, noi oggi staremo a casa … ma, in cambio, cosa dovremmo fare?-

Kaito lanciò un’occhiata gelida ai due anziani. Non gli piaceva andare a scuola, ma se quei due si mettevano in testa qualcosa, era sempre peggiore di una lezione in classe.

Genma e Soun sudarono freddo.

-M-ma niente figliolo! Cosa vuoi che ci sia?!-

Rispose, colto in fallo, Genma Saotome. In quel momento avrebbe tanto voluto rovesciarsi addosso un bel bicchiere d’acqua fresca e mettersi a giocare con un pallone da spiaggia, ma NON poteva.

-Sicuri? L’ultima volta che ci avete fatto saltare la scuola, io ho dovuto riparare tutto il tetto, rischiando di rompermi l’osso del collo, mentre Michiko ha dovuto ripulire lo stagno, cadendoci dentro e buscandosi un bel raffreddore … proprio sicuri?!-

I due amici di gioventù sbiancarono.

-Dai, papà, ammettilo. Ti hanno fregato.-

Questa volta a parlare fu Nabiki, mentre leggeva tranquilla gli indici di borsa sul giornale. Richiuse ordinatamente le pagine del quotidiano e rivolse completamente la sua attenzione ai nipoti.

-Effettivamente una cosa che dovete fare in cambio c’è … -

-Lo sapevo … -

Borbottò Kaito.

- … però non è niente di tutto quello che vi immaginate. Glielo spieghi tu, Ryoga?-

-Certo. Io devo partire, per Osaka, e per fare questo devo raggiungere la stazione. Ma dato che rischio … ehm … di perdermi … -

Il tono dell’uomo si era fatto più sommesso, come se stesse confessando un segreto.

-Date le circostanze … -

Nabiki interruppe nuovamente, riprendendo la parola.

- … papà ed il signor Genma hanno deciso di mandare voi con Ryoga alla stazione. Da lì in poi sarà la mia segretaria ad accompagnarlo fino all’università.-

-Chi, la signorina Yoshimoto?-

Chiese Michiko.

-Esattamente. Le ho dato una specie di “giornata libera”: oggi in sede ci sarà il saldo del mese ed il litigio è assicurato … l’ultima volta due miei dipendenti l’hanno messa di mezzo ad una terribile discussione, in cui non c’entrava assolutamente niente … -

-Ma non se la stavano rifacendo con lei perché avevi detratto loro circa centomila yen dalla busta paga?-

Chiese candidamente Kasumi.

-Ehm … non c’entra niente … comunque … quando arriverete al binario del treno troverete la signorina Yoshimoto. Ora vado o farò tardi a lavoro. Ciao Ryoga, alla prossima!-

E Nabiki si dileguò, con cappotto e ventiquattrore, evitando altri pungenti commenti della famiglia.

Kaito e Michiko si guardarono negli occhi e sospirarono.

-Va bene.-

Proferirono all’unisono.

-A che ora passa il tuo treno, Ryoga?-

Fece il ragazzo, rivolgendosi al suo interlocutore.

-Alle otto.-

-Allora ci dobbiamo sbrigare!-

Kaito e Michiko si precipitarono al primo piano, per poter mettersi degli abiti più caldi e comodi ed anche per poter posare la cartella; nel frattempo Ryoga recuperò assieme a Kasumi il suo zaino, che era rimasto nella camera del padrone di casa.

Dopo circa mezz’ora tutti e tre furono pronti per uscire, ben nascosti nei piumini invernali, in sciarpe e guanti.

Ryoga si fece avanti verso i due uomini di casa.

-Allora … spero che ci rivedremo ancora … -

Soun si alzò in piedi.

-Contaci, Ryoga. Qui sarai sempre il benvenuto.-

Dopo ciò strinse la mano ad entrambi. Poi si avvicinò a Kasumi.

-Grazie per ieri … ero veramente conciato male … e grazie anche per il resto … sei sempre la migliore.-

-Non c’è bisogno che tu mi ringrazi: ho fatto ciò che dovevo, ciò che sentivo. È stato bello rivedere un amico.-

-Anche per me lo è stato … ciao Kasumi … -

-Ciao Ryoga … -

E Kasumi strinse Ryoga in un tenero abbraccio, tanto simile a quello che una madre ha per suo figlio, come era nella sua indole.

-Beh … arrivederci dojo Tendo … -

Detto ciò si unì ai due fratelli.

-A dopo nonni! A dopo zia!-

Dissero salutando in tutta fretta i familiari. Poi uscirono di casa: erano già le sette e venti, loro non avevano altri mezzi di locomozione, se non le loro gambe, e non c’era da perdere un minuto.

Partirono con passo spedito, accertandosi ogni tanto che Ryoga non sbagliasse il tragitto; per le strade c’erano solo pochi studenti, che si apprestavano ad entrare all’ultimo minuto, e qualche anziana signora che compiva la sua passeggiata mattutina.

-Dobbiamo aumentare il passo o non ce la faremo mai.-

Proruppe Kaito: mancavano solo dieci minuti e c’era ancora molta strada da fare.

Ryoga gli poggiò una mano sulla spalla.

-Non c’è problema. Oggi mi sento particolarmente in forma.-

A quel punto cominciarono a correre, recuperando molto terreno. Ryoga era di un’agilità e velocità sorprendenti, tali che rischiava di staccare e lasciare indietro i ragazzi, ma anche lui stesso di perdersi.

Mancavano appena tre minuti, quando finalmente intravidero l’entrata alla stazione. Fecero l’ultimo scatto, fino a raggiungere ansimanti la banchina del primo binario.

-Michiko, controlla il tabellone. Dov’è il binario per Osaka?-

Esclamò il sedicenne, con quel poco di fiato che gli era rimasto in gola.

-Oh, kami, ce ne sono due!-

-Diamine, controlla meglio! Guarda l’orario!-

Lo sguardo di Michiko si perse per qualche secondo sul tabellone. Sudavano tutti e tre freddo, mentre il tempo scorreva inesorabile.

-Eccolo! Binario tre! Corriamo al sottopassaggio!-

Si precipitarono a rotta di collo per le scale, rischiando di cadere, fino a raggiungere il binario. A pochi metri dall’uscita del sottopassaggio, vicino ad una panchina, stava una donna minuta, sulla trentina, dai capelli neri raccolti in uno chignon, che portava degli occhiali ed indossava un tailleur. Michiko la riconobbe.

-Signorina Yoshimoto!-

La donna si voltò.

-Oh, signorina Saotome! Venga!-

I tre le corsero incontro.

-Oh, buon giorno anche a lei, signor Saotome! E lei deve essere il signor Hibiki, molto piacere.-

Disse la donna, mentre porgeva la mano all’eterno disperso.

-Il piacere è tutto mio.-

In quel mentre si sentì la voce dello speaker:

-Il treno delle 10.00 per Osaka, con i soli scali di Kofu, Nagoya e Kyoto, sta per arrivare al binario tre, con zero minuti di ritardo. Si prega la gentile clientela di non oltrepassare la linea bianca e di attendere che il treno sia completamente fermo, grazie.-

-È già ora … ecco il suo biglietto, signor Hibiki.-

-Grazie.-

Ryoga si voltò verso i fratelli Saotome.

-Ragazzi, grazie di tutto e sappiate che è stato veramente un piacere conoscervi. Spero di rivedervi presto … questo è solo un arrivederci.-

Detto ciò strinse la mano ai ragazzi. In quel momento arrivò il treno; con un fischio sordo frenò, fino a far trovare all’uomo un portellone proprio di fronte a sé; dopo alcuni secondi tutti i portelloni si aprirono; Ryoga fece ancora un cenno di saluto, che Michiko e Kaito contraccambiarono; alla fine salì e scomparve nel vagone.

I due fratelli si sentirono come se stessero perdendo ancora una tessera del puzzle. Ma lui era stato chiaro: quello era solo un arrivederci.

 

Il treno ripartì, dopo il via del capostazione, emettendo di nuovo un fischio sordo; poi, preso velocità, scomparve oltre.

I due, rimasti da soli, ripercorsero il sottopassaggio ed uscirono dalla stazione.

Erano da poco passate le dieci e del sole non c’era ombra: era decisamente una giornata fredda e nuvolosa, simile a quelle in cui nevica, dove tutto sembra sospeso, come in uno stato di congelamento.

Michiko e Kaito già avevano superato il parco ed erano ritornati nella zona del distretto; non c’era un’anima in giro. Neppure quando passarono di fronte all’asilo videro i bambini nel cortile: era evidentemente troppo freddo per loro.

Fratello e sorella procedevano in silenzio in mezzo alle stradine, quando all’improvviso, poco prima del torrente, Kaito si bloccò di fronte ad un palo della luce.

-E ora che ti prende?-

Michiko non riusciva a comprendere il comportamento strano del fratello.

-Niente … mi è venuta in mente una cosa … -

Rispose distrattamente, mentre fissava il lampione.

-Ma si può sapere cosa? E poi cos’hai da guardare così intensamente, da non prestarmi nemmeno ascolto?-

La sedicenne non chiese nemmeno il permesso: spinse via il fratello per vedere l’oggetto del di lui interesse.

-Ehi!-

Stavolta fu Michiko a non prestargli ascolto: voleva capire perché tanta curiosità del fratello.

L’oggetto degno di tanto interesse da parte di Kaito Saotome, altro non era che un semplice volantino, stampato completamente con l’inchiostro rosso, che raffigurava un motivo a greca e riportava sopra scritto “Nekohanten – Ristorante ‘Il gatto’”.

-Tutto qua l’oggetto del tuo interesse? Non vorrai mica andare a mangiare cinese a quest’ora, spero!-

-Ma cosa vai blaterando! Adoro il cibo, ma non sono schiavo del mio stomaco!-

-Questo è tutto da dimostrare … -

-Sì, ok, d’accordo … ma non è questo il punto! È un’altra la cosa che mi è venuta in mente.-

-Sarebbe?-

Michiko incrociò le braccia ed inarcò il sopracciglio destro, assumendo quell’espressione scettica che tante volte aveva visto esibire da sua zia Nabiki.

-Devo assolutamente andare a parlare con una persona.-

-E con chi, di grazia?-

-Non importa … ma, se t’interessa tanto saperlo, perché non vieni con me?-

Centro. La ragazza cominciò a mordersi il labbro: non avrebbe scucito una parola da suo fratello e sarebbe stata divorata dalla curiosità. Avrebbe perso in ogni caso.

-Allora?-

-Va bene, hai vinto: vengo con te. Ma chi avverte a casa?-

-Potresti evitare per una volta di fare la melodrammatica? Lascia un messaggio a zia Nabiki, tanto torniamo entro l’ora di pranzo.-

-Bene … se lo dici tu … -

La ragazza estrasse il cellulare e, dopo aver scritto il messaggio, lo inviò.

-Andiamo.-

Kaito fece un cenno alla sorella e strappò il volantino dal palo. Lo osservò per alcuni secondi.

-Per di qua.-

E Michiko seguì il fratello.

Camminavano di buon passo ed allontanandosi progressivamente dalla direzione di casa, proseguivano lungo la riva opposta del canale. Kaito era silenzioso e completamente immerso nel raggiungimento del suo obiettivo; Michiko lo seguiva, anche lei stando in silenzio, evitando di distrarre il fratello e di prendersi un bel po’ di offese.

Dopo circa dieci minuti svoltarono, lasciandosi alle spalle il canale e svoltando in una stradina con poche case ed alcuni negozietti; a nemmeno cinquanta metri dalla posizione, campeggiava un’insegna bianca e rossa, con un motivo alla greca, che recava su scritto “Nekohanten”.

-Finalmente siamo arrivati.-

Proferì con fare deciso il ragazzo. Arrivati di fronte alla porta osservarono il cartello che riportava scritto l’orario del ristorante: aveva aperto da poco.

Kaito afferrò la maniglia ed aprì lo scorrevole; sia lui che sua sorella sbirciarono dentro: nessuno. I due entrarono con fare titubante, quasi fosse un sacrilegio entrare in un luogo pubblico non affollato.

-Sarà pure aperto, ma qui non c’è nessuno … -

Esclamò Michiko, cercando di dare un tono puntiglioso alla sua voce. Suo fratello era visibilmente nervoso ed agitato, chissà per quale motivo …

-Finiscila … hanno aperto da poco, saranno sul retro … -

Il sedicenne si guardò intorno, cercando di smontare la tesi della sorella, ma ancora nessuno: non avrebbe resistito ancora un po’ così, non aveva pazienza, tranne che per le arti marziali.

Si voltò allora indietro e si diresse al bancone dell’ingresso, dove c’era posto sopra un campanello. Stava per suonarlo, ma una voce lo fermò:

-E voi cosa cavolo ci fate qui?-

I fratelli Saotome si voltarono: di fronte a loro c’era una ragazza dai lunghi setosi capelli corvini con riflessi lavanda, raccolti in due code di cavallo; era vestita alla cinese e portava un paio di occhiali molto spessi. Michiko e Kaito si guardarono per un attimo in volto: ma chi era? Aveva un’aria alquanto familiare e pure la sua voce lo era, ma erano certi di non avere fra i conoscenti nessuna ragazza miope, tranne Chidori, una loro compagna di classe, che però era castana …

-Ci conosciamo?-

Azzardò Kaito, mentre si grattava la nuca in preda all’incomprensione.

-Ma siete diventati tutti scemi, per caso?-

-Ehi, maleducata! Finiscila di offenderci! Noi non ti abbiamo mai vista!-

Rimbeccò Michiko, non sopportando questo genere di atteggiamento da qualsiasi persona: le dava veramente sui nervi.

La strana ragazza si portò una mano sulla fronte, come in segno di rassegnazione.

-Tanto meglio … se siete venuti qui per il ramen, dovrete aspettare un po’… non abbiamo ancora aperto la cucina … -

Disse con molta freddezza.

-Noi veramente … -

Ma lei non lo ascoltò. Si voltò in direzione della porta di servizio e si incamminò. In quella frazione di tempo, Michiko ebbe la possibilità di vederla di profilo, notando gli occhi di lei, stretti come fessure e di un marrone sfavillante. Quel piccolo particolare le accese la lampadina.

Cominciò a mordersi il labbro inferiore, facendo montare in sé una rabbia mai sentita prima: non era stata insultata da una sconosciuta. Avrebbe voluto irrompere con tutta la sua furia, ma si doveva trattenere. Poi finalmente trovò un pretesto che mutò la sua rabbia in riso:

-Ming Li … carini quegli occhiali … non sapevo li portassi … hai per caso usato due fondi di bicchiere per farteli?-

“Cosa?”

Kaito, si voltò verso la sorella spalancando la bocca, poi verso l’altra ragazza, che, quasi arrivata alla porta di servizio, si era fermata. Quella alzò il braccio destro verso il suo volto, per poi afferrare i suoi occhiali.

-Complimenti perticona, devo farti anche l’applauso per la tua scadente battuta?-

Fece voltandosi.

Era proprio lei: Ming Li Joketsu.

-Non ce n’è bisogno … penso che me lo farà il preside, quando scoprirà che tu, in orario di lezione, lavori, andando contro il regolamento scolastico … -

-Fallo pure … tanto sarà uno dei tuoi tanti clamorosi buchi nell’acqua … Piuttosto voi, i “perfetti”, o quasi … -

Disse rivolgendo lo sguardo a Kaito.

- … scolaretti, come mai avete saltato la scuola? Troppo poco interessanti le lezioni della Ninomiya?-

Le due si guardarono con un intenso sguardo di sfida. Michiko non avrebbe resistito ancora, senza mandarla all’ospedale. Kaito cercò di intervenire, per evitare il peggio.

-Se proprio vuoi saperlo, Li, abbiamo il permesso dalla nostra famiglia, al contrario di te. -

-Su questo ti sbagli, giovanotto.-

I tre ragazzi volsero i loro sguardi verso il bancone della cucina, dove una curiosa donna anziana, molto bassa, dai fluenti capelli bianchi, vestita anche lei in abiti cinesi ed in equilibrio su di un bastone, teneva in mano due scodelle di ramen fumante.

-E lei chi è?-

-Bisnonna!-

-Vecchia Obaba!-

L’anziana amazzone si accigliò e rapida come il fulmine, dopo aver lanciato in aria le scodelle, raggiunse Kaito, colpendolo in testa con il suo bastone; poi le recuperò subito al volo. Michiko era rimasta di stucco.

-Allora non hai ancora imparato le buone maniere!-

-Ok, ok, ma finiscila di colpirmi con il tuo bastone! Prima o poi mi farai venire una commozione cerebrale!-

Ming Li, tagliata fuori dall’assurda scenetta fra il compagno di classe e sua nonna, si intromise:

-Si può sapere cos’è tutta questa confidenza, bisnonna? Com’è che conosci Saotome?-

Obaba si voltò verso la nipote.

-Ora per te non è il momento della domande, ragazza mia. Ti ricordo che devi effettuare questa consegna a Shinjuku!-

Fece, mostrando ancora il ramen.

-Cosa?! A Shinjuku?!? È troppo lontano per andarci in bici!!!-

-Mi spiace, Ming Li, ma Keichi, il ragazzo delle consegne, si è ammalato, quindi sta a te. Tanto questi ragazzi non penso siano clienti … -

-Cos … -

Ming Li non fece in tempo a terminare la frase, che si ritrovò a dover prender al volo la cassetta delle consegne, con dentro le ciotole di ramen.

-D’accordo … vado … -

E conscia del fatto che la bisnonna sarebbe stata irremovibile, si diresse fuori. Poco dopo si udì il suono del campanello di una bicicletta, che diveniva sempre più lontano. Nel ristorante rimasero Kaito, Michiko ed Obaba.

-Allora, cosa posso fare per voi?-

 


 

 

 

Ancora un passo avanti nella storia ... Michiko e Kaito troveranno le risposte che cercano da Obaba? Questo lo saprete solamente nel prossimo capitolo ...

Ringrazio, quindi, ancora i lettori, coloro che hanno recensito il settimo capitolo, ovvero David19494, 00_sakura_00 e Kuno84 (mi inchino ...), e le ulteriori quattro persone che hanno messo "Back to the past" fra le storie da seguire, ancora Kuno84 e David19494 ed anche shiroganegirl e _diana87.

Vi lascio alla prossima, con il disegno di Ming Li al Nekohanten.

See you soon!

 

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Capitolo 9
*** Plain explanation ***


Plain explanation

Kaito guardò la minuta vecchietta di fronte a sé, facendo un sorriso di compiacimento.

-Voglio sapere TUTTO.-

La vecchia Obaba estrasse velocemente dalla manica della sua tunica la pipa, poi prese un fiammifero e la accese. Dopo aver espirato una prima boccata, volse il suo sguardo ai due fratelli, ricambiando l’espressione del ragazzo.

-Bene … -

Saltellando sul proprio bastone si diresse, sotto gli occhi increduli di Michiko, fino all’entrata. Aprì lo scorrevole, per prendere il cartello sull’entrata e girarlo. Ritornò poi verso i due.

-Per il momento posso anche chiudere, almeno così nessuno ci disturberà. Seguitemi … -

Riprese a muoversi a saltelli, con i ragazzi che la seguivano.

Arrivarono in fondo alla sala e svoltarono nel corridoio che portava alla cucina del ristorante. Obaba aprì una porta sulla destra e vi entrarono: i due fratelli si ritrovarono ora dentro una piccola abitazione, e precisamente nel suo corridoio principale.

-Venite.-

L’anziana amazzone il aveva preceduti di qualche metro ed aveva già aperto lo scorrevole di una stanza; Michiko e Kaito entrarono, constatando che si trattava della sala da pranzo della casa: molto simile alla loro, era arredata alla maniera giapponese e corredata di tatami, ma si configurava molto più piccola ed era arredata spartanamente.

Obaba, sedutasi su di una pila di cuscini, fece cenno ai due di fare altrettanto.

Inspirò ancora una volta il fumo della sua pipa, per poi farne una nuvola grigia.

-Allora, Kaito Saotome, non mi presenti tua sorella?-

Kaito arrossì violentemente per la vergogna: si era completamente dimenticato di lei.

-Ecco … sì, insomma, lei … -

-Lascia stare, Kaito, è meglio se faccio da sola … -

Rimbeccò lei con aria di sufficienza.

Michiko si discostò dal tavolino e profuse un inchino.

-Molto piacere, signora, io sono Michiko Saotome.-

-Piacere mio, ragazza. Io sono Obaba della tribù delle Amazzoni e vedo con piacere che sei ben educata, ma che possiedi pure un bel temperamento … -

-Insinua forse che … -

-Non insinuo niente, ragazza mia. Conosco bene anche mia nipote: purtroppo ha preso la testardaggine da entrambi i suoi genitori e la parlantina veloce di sua madre … -

-“Parlantina?”-

Nella voce di Michiko si avvertì una punta di stizza. Per quanto lei pensava, Ming Li non aveva semplicemente una parlantina pungente, ma una lingua biforcuta.

-Beh, tu come la chiameresti?-

-Preferirei non esprimermi; se lei è un’attenta osservatrice avrà capito che non siamo per niente in buoni rapporti … -

-Bene, come vuoi … alla fine siete qui per voi, non per lei, giusto?-

-GIUSTO.-

Disse con convinzione Kaito, interrompendo il dialogo fra le due. Obaba prese un’altra boccata dalla sua pipa.

-Allora, cos’è che ti ha spinto a venire qui al “Nekohanten”, Kaito?-

-Delucidazioni. -

-Di che genere? Riguardano le arti marziali?-

-No, stavolta, no … si tratta di una cosa che è stata data a mia sorella … -

Michiko si animò improvvisamente: aveva capito cosa intendeva il fratello.

-Di cosa si tratta, ragazza?-

-Si tratta di uno specchio che mi è stato dato dal maestro, ovvero … -

Obaba si agitò improvvisamente e la pipa le cadde di mano; nei suoi grandi occhi si poteva scorgere un luccichio apparentemente incomprensibile.

-Happosai? È tornato? Ti ha dato uno specchio? Di che genere?!-

-Conosce il maestro Happosai?-

-Certo che lo conosco, ma non è questo il punto: ho davvero bisogno che tu risponda alle mie domande, DEVO sapere.-

Michiko rimase sconcertata: perché tanta foga? Pensò che se non avesse risposto non avrebbe mai capito la motivazione di ciò.

-Happosai, che fin da quando eravamo piccoli, era rimasto ricoverato all’ospedale, è stato riportato a casa nostra sabato. Io quella sera gli ho portato la cena ed abbiamo parlato molto. Poco prima di congedarmi da lui, mi ha dato uno specchio: mi ha detto che si chiama “specchio greco”.-

Obaba spalancò completamente i suoi occhi.

-Lo specchio greco … non è possibile … -

Nella mente di Obaba si figurarono milioni di sequenze di immagini e l’anziana sentì il cuore come trafitto da innumerevoli spine. Avrebbe pianto se non fosse stata la donna forte che era sempre stata.

Kaito e Michiko ammutolirono per qualche minuto, come percependo lo stato d’animo della loro interlocutrice. Sembrava sconvolta.

La ragazza, quando notò che l’anziana sembrava essersi tranquillizzata, tentò di rivolgere la fatidica domanda sua e di suo fratello, ma Obaba la precedette, come se le avesse letto il pensiero.

-Lo specchio greco … sembrava essere il più innocuo fra tutti gli oggetti misteriosi ed incantati … il suo potere è quello di permettere viaggi nel passato e nel futuro, qualora vi cada sulla sua superficie una lacrima; lo specchio porta colui che ha fatto cadere la lacrima dove più con il cuore desidera andare e, ovviamente, espressione di questo desiderio altri non è che la lacrima … il potere dello specchio si esaurisce però qui: colui, o coloro, che viaggiano nel tempo sono in grado di interagire e di muoversi nello spazio del tempo prescelto, ma non hanno la facoltà di cambiare il corso degli eventi … almeno così sembrava … già una volta con la vostra famiglia, con i vostri genitori, il vecchio Happy e mia nipote abbiamo viaggiato nel tempo, fino alla mia gioventù, ma nonostante avessero tentato di cambiare la mia storia, non andò diversamente da come era già andata … però, molto tempo dopo, ho scoperto che lo specchio poteva funzionare anche diversamente: se qualcuno possiede sentimenti talmente forti, negativi o positivi che siano, una salda convinzione ed ha subìto una grave perdita nella propria vita, causata da un triste evento, allora può essere in grado di cambiare il proprio flusso temporale. Inoltre un individuo con queste caratteristiche può tentare di cambiare la propria storia, ma non è detto che ci riesca; in compenso, se fallisce, ritorna al momento in cui ha usato lo specchio … -

Michiko e Kaito rimasero allibiti: le cose raccontate da Obaba apparivano sotto una luce diversa, sempre incredibili, ma non poi così lontane dalla realtà.

Mentre il fratello non era ancora in grado di proferire parola, Michiko cercò di fare un bel respiro e parlare:

-Sono le cose che mi ha detto il maestro … io … Obaba, ti prego, dicci la verità: una cosa del genere è possibile? Ne abbiamo sentite tante di favole da piccoli ed abbiamo imparato tantissime leggende a scuola, non vogliamo ancora essere presi in giro … -

L’anziana donna si volse lentamente verso la ragazza: il suo sguardo era impenetrabile e serio.

-Non ho mai scherzato su questo genere di cose … so benissimo cos’è leggenda e cos’è realtà, ma conosco bene anche quei miti che da leggendari si sono rivelati reali. Non mi permetterei mai di confondere una sola di queste tre cose. Certo, il confine sembra spesso labile, ma io reputo di averlo sempre visto … parlando piuttosto di qualcosa di molto più importante, PERCHÉ Happosai te lo ha dato?-

Michiko si sentì colta in fallo. Perché? Era una pura e semplice domanda … il problema era che quella domanda se l’era già posta lei, e si era anche data una risposta abbastanza esauriente: vuole consolarmi un po’, vuole confortarmi … ora però non ne era più sicura …

Un’altra possibile risposta le morì sulle labbra. Non aveva davvero più alcuna certezza da due mesi.

-Allora, ragazza?-

Domandò pazientemente l’amazzone.

-Io … io … non lo so proprio, non né ho idea … -

-Sicura?-

-Non sono più sicura di alcuna cosa … -

-Beh, allora prova a rispondere a questa domanda: cosa ti ha detto ESATTAMENTE il vecchio Happy?-

Michiko fece mente locale, rimandando la memoria a due serate precedenti. Lei era quasi di spalle all’anziano ometto, mentre lui le diceva l’impossibile:

-Mi disse:“ Quello è lo specchio greco: se qualcuno, piangendo, vi lascia cadere sulla sua superficie una lacrima, viaggerà nel tempo, raggiungendo il luogo ed il momento che più desidera raggiungere. So inoltre che, se il desiderio è veramente potente, si può riuscire, dopo aver viaggiato nel tempo, a cambiare il corso degli eventi.”. E questo è quanto … -

-Convinta che non ci sia altro?-

“Strano che il vecchio Happy non le abbia detto altro …”

Pensò con un po’ di delusione Obaba: Michiko, di fronte a lei, stava assumendo un espressione corrucciata, che poi si tramutò in quella di chi ha dimenticato, di chi ha tralasciato qualcosa di veramente importante.

-Ragazza?-

Michiko non rispondeva, completamente assorta ed intenta a ricordare: cosa non le riusciva afferrare? COSA?

Kaito, che da un po’ si era ripreso, ma aveva preferito non interrompere la conversazione, tentò di far riscuotere la sorella.

-Ehi, Michiko, ma che hai?-

Fece agitando la mano davanti al volto di lei. Ma Michiko non rispondeva.

“Ma cosa c’era di così importante? Oh, kami, non mi ricordo altro!”

Questa speculazione mentale duro per molto, finché infine le venne in soccorso la memoria.

-Obaba, ci sono … -

Fece la ragazza, riscuotendo sia il fratello che l’anziana amazzone.

-… mi disse che me lo avrebbe regalato ed io gli risposi che non avevo idea di che farmene. Lui disse che non importava: sperava solo che, in ogni caso, io ne facessi un buon uso. -

L’anziana amazzone incastrò fra di loro le ossute dita delle sue mani, poi vi appoggiò il proprio mento pensosa, puntando i gomiti sul tavolino della sala da pranzo: il messaggio non era per niente trascurabile.

Stette parecchi minuti in quella posizione.

Dopo un po’si decise a parlare, senza muoversi dalla posizione assunta.

-Michiko, Kaito … -

-Sì?-

I due risposero all’unisono.

-Avete idea che quello che ha detto Happosai è qualcosa di veramente importante?-

-Perché?-

Chiese Kaito, non comprendendo la gravità delle parole di Obaba.

-Perché? Happosai vi ha fatto un appello e vi ha dato una possibilità incredibile: lui spera che voi usiate lo specchio!-

Questa dichiarazione arrivò come un fulmine a ciel sereno per i due fratelli. Come potevano loro usare lo specchio e cambiare il loro passato? COME?

-Ascoltatemi bene, ragazzi: vi posso assicurare che da vent’anni a questa parte Nerima non è più il posto allegro che era una volta; si può dire che la sua tranquillità è quasi inaccettabile. Inoltre le vite di tutti noi sono diventate sciatte e senza colore, senza senso … si possono unicamente respirare solitudine, amarezza, rimpianto, tristezza, inquietudine, addirittura follia. Ora sono io che ve lo chiedo esplicitamente, al posto di Happy, ma per tutti noi: usate quello specchio, è l’unica possibilità di ritrovare un presente sereno. Se fallirete almeno avrete la consapevolezza di averci provato … -

La vecchia amazzone abbassò lo sguardo, cercando di guardare insistentemente le proprie mani, che muoveva freneticamente e senza sosta.

Michiko si alzò in piedi di scatto, battendo i palmi delle mani sul tavolo.

-Ma si rende conto di cosa ci sta chiedendo? È vero un altro presente sarebbe migliore, più vivibile, ma come potremmo essere in grado di sostenere io e mio fratello un impresa del genere?-

-Michiko ha ragione,-

Fece Kaito di rimando, fissando l’anziana donna con uno sguardo di una serietà allarmante.

-Per quello che abbiamo sentito raccontare e per quello che ho provato sulla mia pelle, non resisteremmo un minuto nel passato. Io ieri ho combattuto contro un vecchio amico di mio padre: ti posso assicurare che è stato devastante. Io me la sono cavata, lo scontro è finito in parità, ma alla fine lui si è alzato di scatto, mentre io non ero nemmeno in grado di farlo da solo … -

-Oh, lo so com’è finito il tuo scontro con Ryoga, Kaito … -

Il ragazzo spalancò gli occhi, ma poi si convinse che ormai non doveva più stupirsi di niente.

- … lui è sempre stato un ottimo avversario del futuro marito, forse il migliore … ma tu non sei stato da meno, devi solo abituartici e fare pratica … -

-D’accordo, ma come la mettiamo con mia sorella? Certo, anche lei è brava, ma – scusami Michiko – non al mio livello.-

-Mi scoccia ammetterlo, ma sono d’accordo con mio fratello. Sono forte, ma non al suo livello; per di più non ho mai avuto un avversario in tutta la mia vita, tranne nelle volte in cui ho litigato con sua nipote … -

-Beh su questo non ti posso biasimare … -

Fece Obaba, riprendendo parola.

-Mia nipote non è lontanamente paragonabile nemmeno al livello dei suoi genitori … è solo tremendamente caparbia e resistente … per il resto non è esattamente nata per le arti marziali … ma voi sì … -

I due fratelli non osavano replicare: la richiesta di Obaba stava assumendo l’aspetto di un’insistente supplica, abilmente mascherata da ordine perentorio.

Gli sguardi dei tre si intrecciavano come in silenzioso dialogo, forse più precisamente una discussione …

All’improvviso Kaito si alzò, imitando il gesto precedente della sorella.

-Dobbiamo andare.-

Sentenziò con freddezza.

-Bene, ma pensate alla mia richiesta … questa è occasione da non perdere … -

Michiko e Kaito si diressero allo scorrevole e lo apersero; dopo un paio di minuti, ripercorsa la strada al contrario, si ritrovarono fuori dal ristorante. Si incamminarono dunque silenziosamente verso casa.

 

Arrivati a casa non fecero parola con nessuno della loro conversazione, immergendosi l’uno negli allenamenti, l’altra nei compiti scolastici. Sia a pranzo che durante tutta la giornata furono completamente silenziosi con i familiari, tanto che in casa Tendo temettero che fossero ripiombati nella tristezza di quei mesi.

La sera a cena si ripeté la medesima scena del pranzo, con la sola differenza che gli apprensivi Soun e Genma tentarono di scucire qualche parola dai nipoti, conseguendo però come risultati dei semplici “va tutto bene” o “tutto a posto”.

Finita la cena, i due fratelli si dileguarono, sparendo entrambi al piano superiore: usarono come scusa la stanchezza ed i familiari si convinsero che doveva essere stato lo stress del giorno precedente. In realtà i due, anche se adagiati su propri letti, non riuscivano a prendere sonno.

Uno dopo l’altro in casa Tendo cominciarono a sparire ciascuno nelle proprie camere, chi per l’età e la stanchezza, chi per la giornata lavorativa che le si prospettava. Ultima rimase Kasumi, che dopo aver sistemato le ultime stoviglie ed aver stirato qualche panno asciutto del bucato, si diresse stanca nella sua camera: erano quasi le undici.

Così, mentre tutti gli altri dormivano tranquillamente sotto il tetto di casa Tendo, i due fratelli Saotome non riuscivano a prendere sonno, agitati dalle rivelazioni della mattinata appena trascorsa. Nella testa di Michiko e Kaito continuavano a rimbombare le parole della vecchia Obaba:

“Ora sono io che ve lo chiedo esplicitamente: usate quello specchio”

Quelle parole non facevano altro che tormentare i due sedicenni, impedendo inoltre che le loro già pesanti palpebre si abbassassero, per dar loro il meritato riposo.

Michiko in camera sua non riusciva letteralmente a chiudere occhio e, rannicchiata su di un fianco, osservava con insistenza la luna a falce, i cui pallidi raggi filtravano a stento attraverso la stoffa delle tende. Ogni tanto il suo sguardo ricadeva sulla sveglia digitale che aveva sul comodino ed osservava amaramente il lento scorrere del tempo: prima le nove, poi le nove ed un quarto, le nove e mezzo …

Ad un certo punto si alzò a sedere sul suo letto di scatto: non poteva andare avanti così tutta la notte. Il suo sguardo si posò ancora una volta sulla sveglia: quasi le due.

“Devo assolutamente prendermi un the …”

Pensò mentre si alzava lentamente ed andava verso la porta a piedi scalzi: senza le pantofole avrebbe evitato di fare quel fastidioso rumore sul pavimento.

Dunque Michiko, in pigiama e calzini, attraversò il corridoio deserto del primo piano in punta di piedi, scendendo poi con altrettanta attenzione le scale. La casa era buia e completamente silenziosa a quell’ora e forse aveva pure un che di sinistro.

La ragazza, senza accendere le luci del corridoio, procedette tentoni lungo la parete, per poi arrivare all’angolo della cucina; quando scorse la porta vide che c’era qualcosa che non andava: c’era una luce.

La sedicenne si fece immediatamente sospettosa, considerando che a quell’ora raramente qualcuno era sveglio in casa Tendo e che solitamente zia Kasumi non protraeva mai fino a ore così tarde le sue faccende domestiche.

Cercando di acuire la sua vista nella semi-oscurità, Michiko vagò con lo sguardo in cerca di un qualsiasi oggetto contundente. Dopo alcuni minuti scorse poco più in là della sua posizione la scopa, sicuramente dimenticata lì dalla zia.

La ragazza si avvicinò all’oggetto, per poi stringerne forte il manico. Si avvicinò dunque furtivamente all’entrata della cucina.

Dopo aver preso un profondo respiro, Michiko si lanciò in un silenzioso attacco del suo sconosciuto avversario, puntandogli il manico alla gola. Colta in fallo, la figura emise un gemito strozzato, per poi battersi forte una mano sul petto.

Lei si avvicinò maggiormente per poi scoprire con amarezza, grazie alla debole luce del frigorifero, che la strana figura non era altro che suo fratello Kaito, che si stava beatamente ingozzando di takoyaki.

-Kaito! Mi hai quasi fatto prendere un colpo!-

Esclamò lei sottovoce.

-Quasi? Beh a me l’hai fatto prendere tutto: infatti mi è andato un takoyaki di traverso!-

Rimbeccò lui, sempre con un tono di voce appena udibile.

-Ben ti sta a fare queste improvvisate … piuttosto, che ci fai alzato a quest’ora? Sei un mattiniero, ma non ti ho mai visto perdere un’ora del tuo prezioso sonno … -

-Simpatica … comunque non mi riusciva chiudere occhio, così ho deciso di venire fare uno spuntino notturno. Tu invece, dormigliona?-

-Ah, ah, divertente … nemmeno io riuscivo a prendere sonno, così sono venuta a farmi un the per tranquillizzarmi.-

-Agitata, eh?-

-Decisamente … -

-Beh, anch’io … ti va se ne parliamo tutti e due davanti una tazza di the? Tanto mi sa che qui nessuno dei due riprende sonno … -

-Ok … a patto che non ti sbafi la dispensa.-

-D’accordo sorellina … -

Nel modo più silenzioso possibile, i due riempirono un bollitore e ne riscaldarono l’acqua; una volta poi messe le foglioline di the in infusione, si spostarono in sala da pranzo. Prese due tazze da the si servirono la bevanda ancora calda.

-Senti, Michiko, tu cosa ne pensi di quello che ha detto la vecchia Obaba? Sii sincera … -

-Sono ancora un po’scettica, ma non è questo il punto: se l’hai capito, mi spaventerebbe intraprendere quest’avventura. Insomma: nel passato, da soli, lontani da tutti i nostri conoscenti e familiari, o almeno da come li conosciamo oggi … inoltre si aggiunge il fatto di tutte le tecniche di combattimento ed il possedere resistenza fisica: non so se ne sarei in grado … -

-Ti capisco, sorellina … lo sai però cosa ti dico? Questa faccenda dello specchio mi entusiasma, mi da un briciolo di speranza: se non fosse una presa di giro, ti immagini cosa potremmo fare? Insomma, evitare l’irreparabile di oggi e finalmente riaverli. Questo non basta a darti la spinta?-

-È la prima cosa che ho pensato, ma anche tu hai sentito Obaba: potrebbe pure essere tutto inutile ed io non voglio provare ancora sulla mia pelle quel dolore, addirittura forse con i miei occhi … -

-Lo so che c’è questo rischio, però … io voglio davvero provarci, sorellina. Non avevi detto che avresti voluto qualsiasi cosa pur di riaverli?-

-È vero … -

Michiko ripensò a quella sera della settimana scorsa, in cui ancora era completamente atterrita e vuota ed in cui suo fratello l’aveva consolata: lei aveva proprio desiderato far tornare indietro il tempo. Ed ora, che aveva fra le mani questa straordinaria possibilità? Aveva paura … sentimento comprensibile dopo tutto, si sarebbero affidati all’ignoto, ma questo la faceva deludere di sé stessa.

Michiko e Kaito stettero per alcuni minuti in silenzio, riflettendo e rimuginando sulla decisione da prendere e, soprattutto, sul modo in cui essere d’accordo l’uno con l’altra.

Il ragazzo dagli occhi color nocciola era come mai deciso, ma non aveva il coraggio di imporsi totalmente alla sorella: in fondo il loro destino era profondamente legato, erano fratelli gemelli; dagli occhi blu della ragazza, invece, traspariva il dubbio da cui era dilaniata: buttarsi nell’ignoto o assecondare la sua paura? Non era una decisione assolutamente facile …

All’improvviso Michiko si alzò, lasciando il fratello perplesso.

-Aspettami qui, Kaito. Torno subito … -

E si diresse in corridoio scomparendo.

Dopo circa cinque minuti ricomparve con in mano un oggetto. Avvicinatasi al fratello glielo porse, rivelandone la natura: si trattava di un piccolo specchio rosso, decorato finemente con un motivo alla greca.

Lo sguardo di Kaito si accese improvvisamente, quasi come se l’oggetto lo stesse richiamando. Michiko nel frattempo si sedette di nuovo.

-È questo, Michiko?-

Chiese lui, lasciando trapelare un po’ di emozione.

-Sì … non so come spiegartelo, ma quando il maestro mi ha chiesto di prenderlo, ho come avvertito una sensazione, un certo desiderio … qualcosa di veramente inesprimibile a parole … -

-Ti credo, sorellina: è come se questo specchio emanasse un’aura propria, è come se avesse addirittura un’anima … -

Kaito rigirò fra le sue mani lo specchio, con lo sguardo completamente rivolto ad esso; pure Michiko non riusciva a distogliere il suo.

-Sai, Kaito, dopo averlo preso, l’ho subito chiuso nel cassetto della mia scrivania. Non volevo credere ad una tale storia ed anche se fosse stata vera pensavo che mi avrebbe fatto paura … invece mi sono resa conto che avevo paura perché mi sentivo attratta dalla specchio, come se fosse nel mio, nel NOSTRO destino … è vero che da quando siamo piccoli zia Nabiki ci ripete che non esiste il destino, ma forse comincio a dubitarlo … forse era scritto che sarebbe andata così … -

Michiko abbassò subito lo sguardo, cominciando poi a giocherellare con i suoi pollici.

Kaito comprese che quel panegirico di parole di sua sorella voleva arrivare da qualche parte, proprio come a volte faceva zia Nabiki con i suoi discorsi criptici.

-Allora, Michiko, cosa avresti deciso?-

-Beh, la mia paura resterà, ma, come si dice, meglio provare che arrendersi prima di farlo … -

-Quindi?-

Nelle iridi nocciola del ragazzo si poteva scorgere trepidazione.

-Partiamo … -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A questo punto l'intento dei gemelli è palese: riusciranno i nostri ad affrontare il passato? Ed Obaba, con il suo fare quasi omniscente, non avrà forse omesso qualcosa? Sarà davvero tutto qua? Non perdetevi assolutamente il prossimo capitolo ...

Colgo l'occasione per ringraziare ancora i lettori, assieme a David19494 e 00_sakura_00, che hanno recensito "Turnin' point" , e sweet_ebe, che ha messo "Back to the past" fra le storie da seguire ....

Ancora grazie a tutti quanti!

See you soon! 

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Capitolo 10
*** Leaving ***


Leaving

Kaito, seduto alla sua scrivania, continuava a ricontrollare con lo sguardo il foglio che aveva fra le mani, scorrendo da destra a sinistra le colonne; teneva quel pezzo di carta nella mano sinistra, mentre la destra giocherellava con una penna biro.

Improvvisamente alzatosi, dette un’ultima rapida occhiata al foglio, poi, una volta piegato, vi scrisse sopra qualcos’altro e lo lasciò sulla scrivania. A quel punto prese il pesante zaino che era ai piedi del suo letto ed aprì la finestra, saltando giù.

Mentre si dirigeva all’ingresso, dette una rapida occhiata al proprio orologio da polso: le quattro e mezzo. Era stato decisamente rapido a preparare tutto l’occorrente, considerando che doveva stare attento a non provocare il benché minimo spostamento d’aria.

Attraversando il giardino udì improvvisamente un rumore che lo fece sobbalzare. Repentinamente si catapultò dietro il primo cespuglio a portata di mano ed osservò: dopo pochi istanti si rese conto della sua tensione nervosa, poiché la causa del suo spavento altro non era stato che il guizzare della carpa nel laghetto.

“Calma, Kaito, calma …”

Si disse mentalmente per tranquillizzarsi. Stava facendo qualcosa per cui non si poteva tornare indietro.

Finalmente passò a grandi falcate il vialetto dell’ingresso ed arrivò all’entrata, dove scorse la figura di sua sorella, illuminata dagli ultimi pallidi raggi lunari e qualche ostinato lampione. Tra poco meno di un’ora sarebbe giunta l’alba.

-Finalmente! È un quarto d’ora che sono qui che ti aspetto! Mi stavo per congelare sai?-

-Sì, ok, ok … però ti ricordo che la mia stanza è proprio di fronte a quella di zia Nabiki e che lo scorrevole è fatto di carta velina! Ho fatto uno sforzo disumano per non fare alcun rumore!-

-D’accordo, sei perdonato. Ma ora dobbiamo andare: abbiamo solo un’ora e mezzo circa per essere sicuri di non essere fermati … hai lasciato il biglietto come ti avevo detto?-

-Sì, è sulla mia scrivania … tu l’hai preso?-

-Certo … ora sbrighiamoci e speriamo di non avere intoppi … te la ricordi la strada per il “Nekohanten”?-

-Sì … -

-Allora andiamo … -

I due fratelli presero a correre a gran velocità per i vicoli di Nerima. Era ancora buio e nell’aria si poteva avvertire una forte umidità, che rendeva il freddo ancora più insopportabile. Michiko e Kaito correvano spediti, con grandi zaini sulle spalle, costeggiando il torrente.

Dopo circa un quarto d’ora giunsero ad una stradina, dove scorsero l’insegna spenta, ma illuminata da un lampione, del ristorante cinese. I due si avvicinarono all’entrata, chiusa con una saracinesca.

-Bene ed ora che facciamo?-

Chiese un po’ irritata Michiko.

-Beh, proviamo a cercare una porta di servizio … -

-Lascia stare, giovanotto, non ce n’è bisogno … -

I due fratelli si voltarono simultaneamente nella medesima direzione, scorgendo la minuta figura di Obaba, arrampicata sull’inseparabile e nodoso bastone.

-Ma come … -

-Immaginavo che sareste tornati, però non così presto … ho avuto la fortuna di essere sveglia e di percepire le vostre aure in avvicinamento, tutto qui. Ora volete seguirmi?-

Michiko e Kaito annuirono: non potevano chiedere di meglio.

Entrarono tutti e tre dalla porta di servizio sul retro, per poi ritrovarsi nella sala del ristorante.

-Sedetevi pure a quel tavolo laggiù. Io vado a prendere il necessario.-

Obaba scomparve in un’altra stanza, per poi ritornare con le mani colme di pergamene. Si avvicinò al tavolo dove i due si erano seduti, posando su di esso ciò che aveva portato; poi si sedette insieme a loro.

L’anziana estrasse dalla manica la propria pipa e la accese; ne prese poi una boccata.

-Dunque, ragazzi, qual è la vostra decisione?-

-Vogliamo partire.-

Rispose risoluta Michiko. I suoi occhi zaffiro sembravano un mare in tempesta.

-Molto bene … come avreste pensato di organizzarvi?-

-Beh … -

Intervenne Kaito.

-Pensavamo di tornare a circa un mese prima dell’avvenimento ed evitare tutto quanto. Dovrebbe bastare … -

-Mi dispiace, ragazzi miei, ma state sbagliando. Così non sareste in grado di affrontare nemmeno il peggiore degli artisti marziali.-

-Ed allora cosa dovremmo fare?-

Chiese istintivamente Michiko.

-Tornare molto, MOLTO più indietro … all’inizio di TUTTO.-

-Come, prego?-

Le parole di Obaba avevano ancora una volta sortito un effetto enigmatico sul giovane Saotome.

-Parla Obaba!-

La incoraggio la ragazza.

-Intendo dire che dovrete tornare al momento in cui vostro padre arrivò a Nerima, con vostro nonno.-

-E questo a cosa servirebbe? Mi sembra sicuramente un grande spreco di tempo! Cosa facciamo intanto, giochiamo a freccette?-

Chiese ancora la sedicenne, leggermente irritato dall’ostentata calma dell’anziana amazzone.

-Calma, giovanotto … non costringermi a ricordarti con le maniere forti cos’è meglio: ti ricordo che sono un’artista marziale anch’io, con più di un secolo di conoscenza alle mie spalle. Se proprio lo vuoi sapere, sarebbe molto utile … l’ho già detto, a te e a tua sorella, ed voi lo dovreste aver capito: stare nel vecchio mondo di Nerima non è facile. Se osserverete attentamente il distretto del passato, fino al momento di agire, sarete in grado di muovervi con facilità e non avrete grandi ostacoli.-

-Di quanto tempo si tratta? Cioè … fino a quel momento … -

-Sono circa due anni. -

Obaba inspirò ancora del fumo dalla sua pipa. Michiko e Kaito si lasciarono andare a tutta la loro sorpresa ed indignazione.

-COSA? DUE ANNI?! Ma sono un’eternità!-

Esclamò quasi urlando Kaito.

-Fa silenzio, ragazzo! Vuoi per caso svegliare mia nipote e tutto il vicinato?! E comunque non sto scherzando: io non scherzo mai su questo genere di faccende … -

-Ma non sarebbe meglio se tu ci raccontassi tutto? Risparmieremmo un sacco di tempo. A noi, in fondo, servono solo poche informazioni … -

Tentò di suggerire Michiko. Due anni … sarebbe impazzita …

-No, ragazza. Vi posso assicurare che sarà molto meglio che osserviate con i vostri occhi … certe questioni sono rimaste oscure persino per me tutt’ora e potrei rischiare di darvi un’informazione errata, un errore che non potete permettervi … -

-Ma due anni … perderemo due anni della nostra vita!-

-Su questo ti sbagli, ragazza mia: se avrete successo, tutto ricomincerà dal momento in cui le cose sono cambiate; se invece fallirete, ritornerete esattamente al momento in cui avete usato lo specchio, come se nulla fosse successo … in questo ultimo caso rimarrebbe solo un ricordo sfocato … -

Michiko e Kaito rimasero pensosi per alcuni minuti. Sarebbe stata un’impresa colossale.

-Ipotizziamo che noi osserveremo tutti gli avvenimenti e la storia dei nostri genitori … -

Cominciò il ragazzo.

- … ma per il resto del tempo, cosa faremo?-

-Non ci sei ancora arrivato? Vi allenerete. Considerando che non siete abituati a dei veri scontri, in questo modo vi fortificherete, allenerete le vostre menti ed i vostri corpi, imparerete nuove tecniche … se volete essere davvero in grado di cambiare la storia, dovrete combattere ed anche piuttosto seriamente … questa sarà la vostra occupazione. Per questo motivo vi darò tutte le mie pergamene, con le millenarie tecniche cinesi … -

Ed in quel mentre spostò tutti i rotoli verso i due. Poi ne estrasse un altro dalla manica della sua tunica.

- … e questo, della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate di Happo. Happosai, poco prima di finire in ospedale, mi fece avere il suo rotolo di tecniche; non che non si fidasse dei propri allievi, ovvero Genma e Soun, ma aveva un presentimento … -

E porse loro anche quello.

-Dunque, in definitiva, cosa dovremmo fare?-

Chiese Michiko. Obaba sconsolata sospirò.

-Benedetti ragazzi … Ascoltate molto bene,perché da questo momento in poi non ve lo ripeterò più. Dovrete tornare indietro nel tempo, osservare con la massima discrezione, allenarvi, cercare di sopravvivere, nascondervi e rendervi irriconoscibili. Quando sarà il momento di agire, lo capirete … -

I due fratelli si voltarono l’uno verso l’altra, come a cercare una conferma. Gli occhi color nocciola incontrarono quelli color zaffiro e l’intesa fu immediata.

I due annuirono e si fecero vicendevolmente segno. Si alzarono insieme e, dopo aver preso un bel respiro, cercarono ancora conferma nell’altro.

-Siamo pronti.-

Esclamarono all’unisono.

-Bene … avete lo specchio?-

-Sì. -

Affermò Michiko. Mentre lei estraeva l’oggetto dal suo zaino, Kaito aveva cura di posare nel suo le pergamene. Obaba sembrava fremere.

Finalmente lo specchio greco venne alla luce, rivelandosi ai tre.

-Lo specchio greco … quanto tempo … ti prego, ragazza, porgimelo.-

-Ecco a te. -

Michiko consegnò lo specchio in mano all’anziana amazzone. I grandi occhi di lei rifulgevano di una luce mai vista.

Lo specchio sembrava nuovo e la sua superficie era liscia e splendente; questo particolare sembrò far corrucciare Obaba.

-Lo specchio è intatto … bene … vi ricordate come funziona?-

-Basta versarvi una lacrima e ci si ritrova nel tempo e nel luogo desiderati.-

-Ottimo. Dovete sapere ancora una cosa: nel modo in cui state per usarlo, voi dovrete essere in grado di esprimere entrambi il sentimento che vi permetterà il suo uso. Solitamente, infatti, chi usa lo specchio coinvolge nel suo viaggio chi è intorno a lui, nel raggio di cinque metri. Nel vostro caso particolare, invece, solo chi ha subito una grande delusione oppure ha provato una gran tristezza può essere coinvolto nel suo campo d’azione … dovrete essere in perfetta sintonia, nessun errore è concesso … in caso di fallimento della procedura uno di voi due potrebbe ritrovarsi scaraventato nel nulla più assoluto, e non sto parlando di un luogo semplicemente deserto … -

I due fratelli deglutirono alle dure parole dell’anziana cinese.

-Quindi?-

Chiese Kaito, recuperata la propria lucidità.

-O tu o tua sorella dovrete versare una lacrima sulla superficie, mentre l’altro rimarrà a stretto contatto, fisico e mentale; dovrete entrambi concentrarvi sull’avvenimento, che ha provocato la vostra inquietudine, e poi sulla destinazione spazio-temporale. Ora vi è più chiaro?-

-Chiarissimo, Obaba.-

Asserì Michiko.

-Perfetto … dunque, siete pronti?-

-Sì. -

Obaba, poggiando la sua pipa e rimettendosi in equilibrio sul suo bastone, porse l’oggetto ai due ragazzi.

-Ecco a voi lo specchio.-

 

A casa Tendo erano appena le sei e tutti cominciavano a svegliarsi. Kasumi, in piedi da almeno un quarto d’ora, aveva già preparato gran parte della colazione e, portato il pasto al maestro si accingeva ad andare a svegliare la sorella ed i nipoti.

Salita al primo piano, si diresse verso la camera di Nabiki, bussando e ricevendo come consueta risposta uno sbuffo. Quando però raggiunse e bussò alla camera di Michiko, non ne ricevette alcuna.

-Michiko, tesoro, sei sveglia? Rispondi, per favore … -

Nessuno rispose. Kasumi ebbe una strana sensazione. Chiamò ancora.

-Michiko?-

Ancora niente. La sensazione si tramutò in sospetto: decise di controllare.

-Tesoro? Io entro … -

La donna spalancò lentamente la porta. Quando entrò soffocò a stento un urlo.

A quel punto il dubbio si insinuò in lei, così che corse a perdifiato nella camera del nipote.

-Kaito, sei in piedi? Sei sveglio? Kaito?!-

Ma anche di fronte alla camera del ragazzo ricevette alcuna risposta.

Come prima, afferrò la maniglia ed aprì repentinamente lo scorrevole. Il letto disfatto era vuoto e la finestra accostata, ma aperta.

Kasumi cominciò a sentire che la testa le girava leggermente, ma decise ugualmente di entrare nella camera. Si avvicinò lentamente alla finestra, per richiuderla, quando la sua attenzione fu catturata da un foglio sulla scrivania del nipote.

Per zia Kasumi, zia Nabiki, nonno Soun e nonno Genma

La donna lo afferrò tremante: non aveva per niente l’aria di uno dei soliti bigliettini, lasciati per avvertire degli allenamenti. Lo aprì con molta cautela e lo lesse.

Improvvisamente lo lasciò cadere per terra, tremando e tentando di reggersi alla spalliera della sedia. Le gambe non la sostenevano e questa volta non trattenne la voce.

-PAPÀ!!!!!!!!!!-

 

Kaito e Michiko si mossero al centro della sala. Entrambi portavano sulle spalle i loro pesantissimi zaini e la ragazza teneva saldo nella mano destra lo specchio: non erano mai stati così convinti di qualcosa.

Michiko sollevò l’oggetto, portandolo all’altezza del suo petto; Kaito, a fianco della sorella, pose la sua mano sinistra sulla spalla di lei; Obaba osservava silenziosa la scena.

La sedicenne guardò per l’ultima volta il suo orologio da polso, scorgendovi le lancette perfettamente posizionate ad indicare le sei e mezzo.

“Non abbiamo un minuto da perdere …”

Fisse ancora una volta il suo sguardo in quello del fratello, per poter dare ed aver un segno: le sembrò di scorgere un assenso nelle sue iridi nocciola, mai come in quel momento serie e risolute.

Richiusero entrambi le palpebre e cominciarono a focalizzare e a concentrarsi sugli eventi della loro vita; con la mente ripercorsero tutta la loro storia, fino ad arrivare a quella tremenda giornata di poco più di due mesi prima, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Michiko cominciò a sentire gli occhi riempirsi di lacrime e sentì il proprio corpo scosso dai singhiozzi, ma ancora niente; Kaito, vicino a lei, si tratteneva a stento, evitando di mandare tutto in fumo.

Improvvisamente una lacrima scese lungo la guancia della ragazza, sul punto di prorompere in un pianto. La goccia scivolò via dal suo viso e cadde sulla superficie dello specchio.

-Ora, ragazzi! Dovete concentrarvi ed esprimere la vostra volontà!-

Gridò tutto d’un fiato la vecchia amazzone.

Come improvvisamente fuse in una sola, le menti dei due fratelli focalizzarono il loro obiettivo ed espressero in un pensiero il loro desiderio.

“Ti prego, specchio, portaci indietro nel tempo, a Nerima, al momento dell’arrivo di nostro padre!”

Dallo specchio scaturì un bagliore accecante, che avvolse completamente i due; dopo nemmeno un secondo, il bagliore scomparve, portando via con sé Michiko e Kaito e non lasciando niente dietro.

Obaba, ormai rimasta sola, sospirò, lasciandosi andare ad un sorriso.

“Buona fortuna, ragazzi miei … e che i kami vi assistano …”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed alla fine Michiko e Kaito hanno deciso: sono partiti. Destinazione? La Nerima di fine anni '80, dove tutto era cominciato ...

Cosa accadrà ora? Si sveleranno finalmente molti degli interrogativi? E quello che troveranno i nostri gemelli, piacerà loro? Non perdetevi il prossimo capitolo, "Sensation", un capitolo molto particolare ...

Colgo l'occasione per ringraziare ancora i miei lettori, che mi hanno seguito fin qui, al decimo capitolo, ed ancora Kuno84, David19494, 00_sakura_00 e Selia, che hanno recensito il nono capitolo (un ulteriore grazie a Kuno84 che ha recensito, anche dopo la pubblicazione del nono, l'ottavo); ringrazio inoltre princesss che ha messo "Back to the past" fra le sue storie preferite (come anche le mie vecchie storie, grazie ^^).

Non mi resta che salutarvi ...

See you soon!

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Capitolo 11
*** Sensations ***


Sensations

Era primavera, e nel giardino di un’abitazione di Nerima una brezza leggera spandeva nell’aria i petali dei fiori di un ciliegio. In quel giardino vi era anche un laghetto, dove a brevi intervalli, si poteva scorgere una carpa guizzare. Gli abitanti della suddetta casa sedevano tranquillamente nella sala da pranzo, come in attesa di qualcosa, osservando nel mentre la danza dei petali di ciliegio dalla veranda completamente spalancata.

Costoro chiacchieravano pacatamente fra di loro, meno una ragazza, che sembrava avere un’espressione imbronciata, quasi di delusione.

Improvvisamente si sentì suonare il campanello ed un’altra ragazza, seduta assieme alla precedente, si alzò e si diresse verso la porta d’ingresso; intanto in sala sembrava essere scoppiata l’agitazione, forse causata da un’attesa ormai giunta alla fine.

Tutti i presenti, ovvero un uomo e due ragazze, sembravano fremere, ed alzandosi cominciarono a dirigersi all’ingresso. Ma l’entusiasmo durò poco: l’uomo, probabilmente il padrone di casa, fu richiamato a gran voce dalla ragazza alla porta d’ingresso, con un nome tale che si rivelò lo stretto legame di parentela padre-figlia.

Tutti coloro che erano nella stanza si precipitarono all’entrata, scoprendo qualcosa di assurdo e mai visto: un panda gigante avanzava verso di loro su due zampe, portando in spalla una ragazzina dalla chioma fulva, che si dimenava e si contorceva, urlando all’animale di metterla giù. Straniti ed impauriti, gli inquilini di quella casa osservavano la scena indietreggiando.

Intanto in giardino, solo per qualche secondo, la chioma del ciliegio si agitò, come sferzata da un forte vento, rilasciando una cascata di petali rosa.

 

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In una pista da pattinaggio, di un istituto molto rinomato, era in atto una gara di pattinaggio fra coppie. Sugli spalti traboccava una folla di liceali, evidentemente appartenenti, come si poteva dedurre dalle uniformi, a due scuole differenti. Il tifo impazzava e si respirava un’incredibile aria di sfida.

Sulla pista le due coppie avevano appena cominciato a fronteggiarsi, in maniera alquanto singolare: la gara infatti stava assumendo sempre i più i connotati di uno scontro su ghiaccio, piuttosto che di una gara a ritmo di musica in cui si esibivano in stupende figure.

Improvvisamente uno dei ragazzi separò la coppia avversaria, tentando di avvicinarsi alla ragazza con intenti discutibili: costui infatti, un ragazzo molto alto, dai capelli corti castano chiaro e gli occhi azzurri, tentò di avvicinarsi impunemente al volto di lei, una ragazza dai capelli corti, mora e dagli occhi color nocciola, che stava dimostrando una certa ripugnanza per il gesto dell’altro. Il compagno di lei, un ragazzo dai capelli lunghi, neri, raccolti in un codino, dagli occhi blu come zaffiri, mostrandosi palesemente irato, si lanciò sull’avversario, ponendogli all’altezza del viso le lame dei suoi pattini.

Poco dopo la scena si scompose e le coppie ritornarono alla loro composizione originaria; entrambe partirono all’attacco l’una dell’altra, ma stavolta ebbe successo la coppia precedentemente divisa.

L’avversario si dimostrò decisamente arrabbiato nei confronti degli avversari, tanto che lanciò loro un’ulteriore sfida. Il ragazzo con il codino non accettò di buon grado la proposta dell’altro, tanto che si pose in estrema difesa della compagna, rivelando all’intera pista il legame con lei e mettendo tutti in subbuglio. L’altro ragazzo si comportò come se non avesse capito; al contrario sfoggiò un sorriso famelico.

Poco lontano dalla centro della scena, due figure si dileguarono improvvisamente, senza lasciare traccia di sé.

 

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Era inverno, notte fonda, ed in un’anonima foresta sulle montagne, spirava un vento gelido. Un gruppo di persone si trovava raccolto attorno ad un fuoco, ascoltando parlare una donna molta anziana, dalle dimensioni eccezionalmente minute.

Il gruppetto ascoltava attentamente, senza perdere una singola parola di lei; quando però ella pronunciò date parole, lo stupore generale si diffuse fra di loro. Quello che stava loro raccontando sembrava fantascienza …

Lei sorridendo non si scompose, invitò anzi i suoi interlocutori a provare la veridicità delle sue parole. Tutti si guardarono fra loro ed annuirono. I presenti si alzarono e si posizionarono tutti intorno all’anziana donna, tranne un ragazzo dai capelli color dell’ebano e dagli occhi zaffiro: nelle sue iridi si poteva leggere chiaramente il senso di impotenza che lo attanagliava.

Il ragazzo si posizionò infatti a malincuore in disparte, costretto unicamente ad osservare ciò che stava per avvenire.

L’anziana fece allora un cenno: gli altri cominciarono ad attaccarla. I colpi degli avversari erano veloci, ma imprecisi e scagliati con veemenza, mentre la donna schivava prontamente ogni attacco con freddezza, vanificandolo, e portando inconsapevolmente i suoi improvvisati avversari in una trappola senza scampo.

Improvvisamente lei si bloccò al centro, sfoderando un mezzo sorrisino; dopo nemmeno un secondo aveva levato un braccio al cielo, scatenando l’inverosimile: un uragano che si librava nell’aria e che aveva coinvolto i suoi “nemici”.

Il ragazzo rimasto in disparte spalancò occhi e bocca sbalordito, vedendo scatenarsi quella tromba d’aria, che prima coinvolgendoli e poi scomparendo, stava facendo volare i suoi compagni in zone indefinite della foresta.

Alcune fronde di un abete appena dietro al ragazzo fremettero, ma non vi era stato alcun alito di vento.

 

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Lungo le strade del piccolo distretto di Nerima, in pieno pomeriggio, una ragazza correva a ritmo serrato, con il cuore in gola. Era vestita semplicemente e teneva stretto, in una mano, un mazzo di rose rosse, nell’altra, un grosso paio di forbici. Era visibilmente affaticata, ma non accennava a rallentare: nei suoi occhi infatti si scorgeva preoccupazione.

La sua corsa inarrestabile non si fermò finché non intravide una modesta chiesina. Si soffermò, incerta se salire la piccola scalinata ed attraversare il portone: e se avesse fatto un errore? Se non era nel posto giusto?

Ancora presa dalla sua incertezza, sollevò il polso ed osservò la posizione delle lancette del suo orologio: ancora due minuti e sarebbe stato troppo tardi …

Prese dunque un bel respiro ed andò: salì gli scalini e varcò la soglia. All’interno, mentre attraversava la navata centrale a grandi falcate, notò che le panche erano completamente vuote e che non c’era una forte illuminazione; solo in fondo notò una coppia a braccetto ed il sacerdote che si stava apprestando ad aprire il breviario.

Con slancio si avvicinò alla coppia, attirando la sua attenzione e rivolgendo alla sposa un sorriso.

In fondo alla navata, dalla parte opposta, una delle ante del portone principale cigolò impercettibilmente.

 

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Ancora. Di nuovo. L’aria fresca e piacevole: era estate. Era affacciata al balcone in trepidante attesa di qualcosa, che forse, segretamente, in fondo al suo cuore, aveva paura non comparisse. Non prestava nemmeno ascolto alla voce bassa e monotona di sua sorella, mentre lei, eccitata come una bimba, poneva lo sguardo nel cannocchiale. Ancora un poco ed avrebbe ammirato uno spettacolo unico.

Ad un certo punto, proprio mentre stava per distogliere lo sguardo, per rispondere a tono ad una provocazione della sorella, la vide: con il cuore in gola vide la principessa Ori, mentre si incontrava con il suo amato in quella unica notte durante l’anno. Era ancora intenta a rimirare lo spettacolo che avveniva nella Via lattea, che non fece in tempo a sentire il richiamo della sorella: una folata improvvisa, il balcone vecchio, uno scherzo del destino, e cadde giù nel giardino sottostante, trovandosi miracolosamente incolume.

 

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Camminavano silenziosamente tenendosi stretti e vicini sotto l’ombrello, in modo che la neve non li bagnasse e che dunque non incorressero situazioni imbarazzanti … avevano avuto una giornata decisamente bella ed intensa, ovviamente sempre con i suoi pro e contro, ma finalmente stavano avendo il loro momento di intimità e di pace … era veramente bello per loro stare così vicini senza dire niente, nessun litigio, nessun rumore, solo la neve che silenziosa scendeva dal cielo e ricopriva la città creando un manto ovattato.

Stavano camminando così, quando curiosamente, solo per qualche attimo, notarono che in una piccola zona, sotto un lampione, dove niente poteva aver riparo, non si era posato ancora alcun candido fiocco, lasciando così nudo l’asfalto.

 

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Freddo. Ecco cosa sentiva: il gelo pervadergli le membra. Eppure si era appena versato una teiera di acqua bollente … e lei, lei era lì, fra le sue braccia … solo c’era un dettaglio, piccolo e terribile: i suoi occhi non si aprivano.

Si sentiva decisamente al pari di un matto mentre era lì che la cullava, parlandole sommessamente. Chissà perché solo in quel momento aveva avuto il coraggio di riversare tante cose … non se lo riusciva a spiegare … pensieri e parole si accavallavano mentre sperava da un momento all’altro di rivedere quelle iridi color nocciola, calde e rassicuranti.

Intorno a lui c’erano gli altri, che gli si tenevano miracolosamente a debita distanza: osservavano ora la scena in apprensione, ora l’acqua delle sorgenti che sgorgava nuovamente copiosa, laggiù, fra le rocce alte e ripide del monte Hooh. Il cielo da terso che era, però, si stava nuovamente oscurando, quasi a voler assecondare l’umore del ragazzo dai capelli ebano, lucidi e gocciolanti per l’acqua appena versatasi addosso.

Poco più lontano dal gruppo, improvvisamente, si sgretolò una parte del fianco della montagna, senza però lasciare tracce significative … tutto ciò non venne nemmeno notato: in quel momento passò in volo lo strano popolo del monte, mentre si allontanava in segno di resa …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco a voi "Sensation" ... Delusi? Se sì, avevo avvertito ;) ... sarebbe stato un capitolo particolare, forse non particolarmente emozionante, ma sicuramente sui generis (ergo anche di passaggio ...).

Da questo momento in poi gli interrogativi aumentano ... Ed ora? Michiko e Kaito? Ed a quando la comparsa dei nostri non ancora nominati? (sono peggio dei maghi e delle streghe di Harry Potter, che non nominano mai Voldemort ... =P).

Avverto che dal prossimo capitolo in poi adotterò uno stile particolare, per cui i punti di vista si "moltiplicheranno" ... vi faccio questo "spoiler" in modo che non vi siano fraintendimenti e che possiate godervi piacevolmente la lettura, senza aggiungere ulteriori complicazioni (come se ce ne fossero poche ... >.>)

Ringrazio dunque i miei lettori, Kuno84, David19494 e 00_sakura_00, che hanno recensito il precedente capitolo, ed anche Mariateresa Kawa e Di4ever, che hanno messo la storia fra le loro seguite.

A questo punto non mi resta che salutarvi. Al prossimo capitolo!

See you soon! 

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Capitolo 12
*** Ordinary day ***


Ordinary day

Silenzio. Sul piccolo distretto di Nerima c’era un incredibile silenzio. La giornata precedente era stata, come sempre, particolarmente movimentata, e per una volta, la notte aveva portato ristoro.

Era stata una notte silenziosa, senza che soffiasse un alito di vento, senza nemmeno il lontano miagolio di un gatto in amore, come invece era normale che accadesse agli inizi della primavera. Verso mezzanotte, poi, era stato splendido: era avvenuto un blackout generale in tutta Tokyo, per appena dieci minuti, ed in quel lasso di tempo era stato possibile ammirare la bellezza e la magnificenza della Via Lattea. Era stato uno spettacolo unico, quasi fuori dal tempo.

Terminati i dieci minuti, però, la luce era tornata ed il tempo aveva ricominciato a scorrere, inesorabile, silenzioso. Infatti le stelle cominciavano ormai a sparire ad una ad una, ed all’orizzonte si poteva notare un bagliore bianco, che preannunciava il sorgere del sole.

Pian piano, lentamente, quella luce bianca cominciò ad occupare maggiore spazio, scacciando insistentemente il blu della notte che ormai sfumava in un più tenue azzurrino; in un istante il bianco glaciale cominciò a mutare in giallo pallido, poi in un tenue arancione misto ad un rosa pastello: la pallida alba aveva iniziato già a lasciare il posto alla tanto decantata aurora dalle dita rosate, che tingeva il cielo di calde sfumature; ma neppure l’aurora avrebbe avuto ancora tempo di mostrare i suoi tenui colori.

A poco a poco i teneri colori pastello che dipingevano il cielo cominciarono a divenire più intensi, finché il disco solare non fece la sua comparsa all’orizzonte, irradiando la piccola città con i suoi primi raggi mattutini.

 

Un primo tenue fascio di luce fece capolino nella stanza, filtrando attraverso le tende, ed andando proprio ad illuminare il volto della ragazza. Quasi completamente avvolta nelle sue coperte gialle, aveva lasciato scoperto unicamente il capo, di cui in realtà si intravedeva soprattutto la capigliatura bruna.

Ad un tratto lei si voltò di lato, permettendo ad una folta ciocca dei suoi capelli di liberarle il volto. A quel punto l’irreverente fascio di luce venne a stuzzicarla, provocandole un piacevole calore sulle guance, che la fece svegliare.

La ragazza si alzò lentamente a sedere sul letto, scostando attentamente le coperte, per poter avere le braccia libere; si stropicciò con cura gli occhi ed emise un lieve sbadiglio, a conferma che avrebbe dormito volentieri ancora un po’; poi però si guardò intorno, fino a posare gli occhi sulla sveglia: per una volta si sarebbe alzata ed avrebbe fatto le cose con calma, e NESSUNO glielo avrebbe impedito.

Convinta di ciò, si stiracchiò, emettendo ancora qualche sbadiglio, per poi alzarsi definitivamente dal letto e ripiegare in fondo ad esso le coperte giallo canarino.

Si diresse con flemma all’armadio, intenzionata a cercare un capo preciso. Stava per aprire l’anta del mobile, ma qualcosa segnato sul calendario la attirò: la data odierna era cerchiata di rosso e nel riquadro per i memo c’era scritto qualcosa. Lei lesse mentalmente tutto d’un fiato, per poi lasciarsi andare ad un triste sorriso.

“Due anni … eppure mi era sembrato solo ieri … è sempre tutto terribilmente uguale …”

Con la mano scivolò fino alla maniglia dell’anta ed aprì: si trovò davanti il suo volto contratto, riflesso nello specchio dell’armadio. I suoi occhi color nocciola era spenti e quelle piccole rughe, che le si erano formate sul volto a causa del suo cruccio, sembravano quasi reali; i suoi capelli, ora lievemente più lunghi, ricadevano scomposti sulle sue spalle.

Come meccanicamente, aprì un cassetto e vi affondò la sua mano destra, fino ad estrarne un obi nero di spugna ed un kimono da allenamento.

La ragazza sospirò e si diresse verso il letto, posandovi sopra la tenuta. Stava per cominciare a spogliarsi, quando un lieve bussare alla porta della sua camera catturò la sua attenzione.

-Chi è?-

-Akane, sono io!-

-Ah, Kasumi. Entra pure … -

La maniglia girò e nella stanza entrò una ragazza di poco più di vent’anni, vestita da casalinga, dai lunghi capelli castani, raccolti in una coda bassa da un fiocco; aveva sul volto un’espressione di infinita dolcezza.

-Buon giorno, sorellina!-

-Buon giorno … -

-Sai, Akane, ero venuta a svegliarti, ma vedo che hai già fatto da sola … -

-Già … -

Lo sguardo di Akane vagava per la stanza, distratto, cercando di non incontrare quello allegro e sempre cordiale della sorella: non che non sopportasse l’allegria di lei, ma riusciva ad invidiarle quel carattere sempre sereno e gioviale, quasi infantile ed innocente.

-Akane, tutto a posto?-

“No, no, NO! Qui non c’è niente che vada per il verso giusto! Sono passati due stramaledettissimi anni e siamo ancora al punto di partenza!! Io … io non sopporto più di continuare ad andare avanti fra sorrisi, insulti e silenzi con quello scemo … quel baka … il MIO baka … ci eravamo andati tanto vicini … accidenti … non trovo che sia decisamente normale continuare ad odiare ed amare una persona allo stesso tempo! Ma non posso farci niente … sono fatta così … SIAMO fatti così … cambierà mai niente ? …”

Akane avrebbe voluto rispondere così alla sorella, senza risparmiarsi niente, buttando giù uno dei tanti ostacoli, ma l’orgoglio l’aveva frenata ancora:

-Tutto bene, sono solamente ancora un po’assonnata … un po’ di allenamento mi sveglierà … -

-Vai ad allenarti?-

-Sì, onee-chan … -

-D’accordo … allora aspetterò ancora un po’ per preparare la colazione … ne approfitterò per stendere i panni: c’è sole oggi e non posso lasciarmi sfuggire un’occasione del genere! Allora a dopo sorellina!-

-A dopo Kasumi … -

E la maggiore delle Tendo uscì dalla camera, richiudendo gentilmente la porta.

Akane ritornò al letto, sfilandosi la maglia gialla del pigiama e posandola sul suo bordo; prese la casacca del karategi, infilando con una lentezza quasi esasperante le braccia nelle maniche; poi si tolse il resto del pigiama, prese i pantaloni bianchi di cotone e li indossò; infine raccolse l’obi nero, che si era srotolato sulla coperta ripiegata, e lo strinse in vita, avendo cura di fermare e piegare opportunamente i lembi della casacca.

“Andiamo …”

Ormai pronta per allenarsi, la ragazza si diresse verso la porta della sua camera, l’aprì e sparì nel corridoio.

Con passi leggeri e veloci percorse tutto il piano fino a raggiungere le scale; scese rapidamente gli scalini ad uno ad uno e, dopo aver passato la sala da pranzo, se ne andò spedita verso il dojo.

“Finalmente …”

Si disse sospirando, pregustando il momento in cui avrebbe finalmente sgombrato la propria mente da tutti gli interrogativi ed i dubbi che la affollavano. Al pensiero di ciò, un leggero sorriso si disegnò sul suo volto.

Arrivata di fronte all’ingresso, afferrò la maniglia dello scorrevole ed aprì, per poi salire lo scalino ed entrare. Quando mise a fuoco l’interno, il sorriso scomparve e lei si congelò sul posto.

“Dannazione! Battuta sul tempo …”

Akane poteva vedere, davanti a sé, colui che da molto tempo a quella parte era stato etichettato come il suo “fidanzato”, Ranma, che già stava sferrando colpi contro un avversario immaginario.

Lui, completamente concentrato sul suo allenamento, non si era nemmeno accorto dell’ingresso della ragazza e continuava, imperterrito ad eseguire i suoi esercizi. Differentemente da lei, non indossava un karategi, ma portava unicamente i suoi inseparabili pantaloni blu della tenuta cinese ed i suoi polsini neri, senza indossare alcunché nella parte superiore del corpo; il torso del ragazzo, infatti, era completamente nudo ed imperlato di sudore, ed il volto non faceva eccezione: era contratto in una specie di smorfia indecifrabile, che esprimeva unicamente l’impegno massimo che stava incanalando in quegli esercizi.

Akane, dal canto suo, nel momento in cui era entrata, aveva provato un po’ di stizza, vedendo l’oggetto dei suoi pensieri davanti ai suoi occhi. Quella stizza, però, scomparve immediatamente, lasciando la ragazza in uno stato catatonico: la minore delle Tendo si era sciolta, rilassata ed era praticamente rimasta incantata ad osservare il ritmico contrarsi e rilassarsi dei muscoli del ragazzo, quasi beandosi di quella vista.

Dopo circa una decina di minuti, Ranma cominciò una serie di colpi velocissimi con le mani, per poi fermarsi poco dopo con un’aria alquanto soddisfatta. Congiunse le mani e fece un inchino, come ormai era suo uso, senza stare a porsi il problema dell’inesistenza del suo avversario. A quel punto per lui fu come tornare sulla terra, e non appena si mise alla ricerca del suo asciugamano, riuscì a notare la presenza della suddetta fidanzata.

-Akane … -

Il suo richiamo fu quasi un sussurro impercettibile, ma appena udibile perché la ragazza si riscuotesse.

-Ah … ecco, Ranma, io … -

Akane era improvvisamente arrossita, a dimostrazione dell’imbarazzo per la strana situazione … non era assolutamente “normale” per lei, farsi trovare a fissare insistentemente la persona di cui continuava a dire di non essere innamorata, nonostante la decisione che aveva preso tempo prima …

-Da quanto tempo sei qui? Io … io non me ne ero accorto … -

-Beh, ecco … so-solo una decina di minuti … n-non volevo disturbarti mentre ti allenavi … -

-Capisco … -

Il ragazzo sembrava freddo ed impassibile, mentre distratto continuava a fissare le assi del pavimento del dojo: una statua di ghiaccio. In realtà Ranma stava compiendo uno sforzo praticamente immane, pur di rimanere apparentemente indifferente nei confronti di lei: se non l’aveva sentita arrivare, anche se era assorto nell’allenamento, significava che stava seriamente perdendo colpi e che qualcosa non andava … eccome se c’era qualcosa che non andava …

-Senti, io qui ho finito … se hai bisogno della palestra, te la lascio libera volentieri … -

-Grazie … volevo proprio allenarmi … -

Sempre tenendo lo sguardo basso, Ranma si diresse verso un angolo del dojo, per raccogliere il suo asciugamano, malamente gettato a terra. Quando lo ebbe preso, si diresse speditamente all’uscita, incrociando per un momento Akane.

-Allora a dopo … -

-A dopo … -

Quando fece per uscire, le mani dei ragazzi si sfiorarono; quel semplice contatto creò in loro una scarica elettrica, che non riuscirono in alcun modo a decifrare e la quale contribuì a confonderli maggiormente.  Akane, risoluta, si precipitò all’interno del dojo, alla ricerca dei suoi blocchi di cemento, mentre Ranma scappò per il vialetto, dileguandosi in casa.

Lei gettò ancora un’occhiata indietro, a fissare lo scorrevole in legno e carta di riso, poi scosse la testa sospirando.

“Questa situazione non è più normale …”

Afferrò dunque i suoi blocchi e ne posizionò uno al centro della palestra. Preso dunque un bel respiro, nell’aria echeggiò un kyai tremendo e feroce, sicuramente liberatore, mentre il blocco di cemento andava in frantumi.

 

Passata la mattinata, arrivò infine l’ora di pranzo, con tutti gli inquilini della casa seduti più o meno pacificamente al tavolo della sala: un uomo sulla quarantina, dai lunghi capelli neri e da baffi dello stesso colore altrettanto folti, leggeva tranquillamente il suo quotidiano, fumandosi una sigaretta; un altro uomo, abbastanza robusto, con indosso una bandana bianca e grandi occhiali, litigava aspramente con il figlio, pur di accaparrarsi l’ultimo manicaretto della portata; una ragazza, alquanto annoiata, con dei corti capelli castani, osservava la scena, mentre si gustava metodicamente il suo pranzo; intorno alla tavola correva un vecchietto di statura estremamente bassa, semi calvo, che sventagliava allegramente un reggiseno di pizzo bianco, mentre padre e figlio, abbandonata la loro precedente lite, lo rincorrevano a loro volta … la scena si presentava così nella sala da pranzo di casa Tendo, mentre la pacata Kasumi continuava a servire le portate ed Akane, sua sorella, pranzava assente.

-Ehilà, sorellina, successo niente?-

Nabiki, la sorella mediana con i capelli a caschetto, sventagliando la sua mano destra, richiamò alla sua attenzione la minore.

-Eh … uh?-

-Però, siamo loquaci oggi, eh?-

-Non sono di umore allegro, Nabiki, tutto qui … -

-Mh … interessante … e quale sarebbe la causa di questo morale sotto i piedi?-

-Niente che ti possa interessare … mi sono semplicemente alzata con il piede storto, va bene?-

-Certo, come no … Siamo sicure? Non è che la causa di questo broncio è QUALCUNO qui in sala?-

Akane, colta in fallo, sbarrò gli occhi arrossendo violentemente, mentre qualcun’altro fermava la sua corsa attorno al tavolo, attonito.

-Na – nabiki!!!!-

-Ah – ah! Allora ho fatto centro! Cosa hai combinato stavolta Ranma?-

-CHE?! E io che c’entro?!-

Strillò quello, chiamato in causa.

-Ranma!-

Il padrone di casa, avvolto in un’aura violacea osservava furente il chiamato in causa, mentre lo stesso aveva assunto un colorito pallido e tremava visibilmente.

-Eh? … -

Rispose il ragazzo con un filo di voce.

-Cosa hai fatto alla mia bambina?!?!-

-Ma non le ho fatto un accidente! Io non c’entro niente!!!-

-Sicuro Ranma? … -

Intervenne con voce melliflua Nabiki.

-Solitamente quando la mia sorellina è taciturna ed ha il muso lungo, è perché tu combini sempre una delle tue … -

-Ma che vai blaterando Nabiki?!?!-

-Avanti sputa il rospo!-

-Ma quale rospo!!!!!-

-C’è di mezzo quella gatta morta di Shampoo? Oppure è quell’appiccicosa di Ukyo?-

-RANMA!!!!!!!!!!!! Tu devi pensare solo alla mia bambina!!!!!!!!!!!-

Soun aveva assunto le sembianze di una grande testa di oni violacea, con tanto di fuochi fatui e lingua biforcuta. Ranma era completamente sbiancato, assumendo una posa innaturale.

-Ma che state dicendo!!! Io non so niente! Io non ho fatto niente!!! Chiedetelo ad Aka … Akane?-

La ragazza si era alzata, con gesti lenti e studiati, mentre tutti in sala la osservavano. Li guardò con sguardo vuoto ad uno ad uno; poi sospirò.

-Smettetela di comportarvi tutti quanti da bambini … non c’è un motivo preciso se sto così: ve l’ho già detto, mi sento giù, punto e basta … e … Ranma, non c’entra niente.-

Le ultime parole le costarono un po’ di fatica, ma nessuno se ne accorse. Detto ciò, attraversò la sala da pranzo.

-Ma, Akane, dove vai?-

Suo padre, Soun Tendo, aveva riassunto delle sembianze normali ed ora si trovava in uno stato apprensivo.

-Sono a posto così … vado a riposarmi un po’ in camera mia … dopo ho da fare dei compiti e la scuola si avvicina … -

E così lasciò la stanza, dirigendosi al piano superiore. I tonfi sordi delle sue pantofole diventarono sempre più leggeri, fino a scomparire, mentre il resto della famiglia era giù, attorno al tavolo, ancora attonita.

“Akane … ma che ti prende?”

Pensò Ranma, osservando ancora l’ingresso alla sala, che comunicava con il corridoio che portava alle scale, punto da dove era uscita Akane.

Kasumi, che aveva quasi immediatamente recuperato il suo sorriso, osservava incantata il giardino.

-Guarda, papà! Il pesco sta cominciando a fiorire!-

Soun si voltò, richiamato dalla voce vellutata della figlia. Effettivamente l’albero aveva buttato molte gemme, ed alcune di loro si stavano apprestando a schiudersi.

-Eh, già, figlia mia … sta arrivando la primavera … la stagione della rinascita … -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed alla fine ecco a voi le vicende del Dojo Tendo: i nostri sono tornati! Come mai Akane possiede quest'umore così nero? E Ranma? Ha perso il suo sesto senso? Ai prossimi capitoli svelare il mistero ...

Ringrazio come sempre i miei lettori (lo sapete che "Back to the past" sta per fare due mesi dalla pubblicazione del primo capitolo? =D), ed anche coloro che hanno recensito l'undicesimo, David 19494, 00_sakura_00 e robygraz86; ringraziamento anche per elysa82, che ha messo la storia fra le sue preferite, ed ancora a robygraz86, che invece la ha inserita fra le sue seguite.

Tsudzuku! 

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Capitolo 13
*** First impression ***


First impression

Diario di viaggio.

Giorno 1°, mese 1°, anno 1°.

In questa sera, all’inizio di quella che ritengo una missione, io, Kaito Saotome, ho deciso di tenere un diario e resoconto di tutto quello che è da poco avvenuto e che avverrà.

Finalmente siamo arrivati.

Ci siamo ritrovati nei piccoli vicoli pedonali vicino a casa, constatando che faceva caldo: tutto intorno era bagnato e l’aria era satura ed umida. Questo significa solamente che aveva piovuto, anche se siamo in piena primavera.

Siamo letteralmente corsi verso casa, desiderosi di metterci all’opera. Quando abbiamo intravisto il portone, abbiamo avuto un sussulto. “Dojo Tendo” … una targa in legno lucido svettava accanto alla trave di sinistra, contrastando con la vecchia e consunta dei nostri ancora freschi ricordi. Allora ci siamo bloccati: dov’era finita tutta la prudenza di cui dovevamo farci carico?

Cercando di ignorare il groppo che mi era formato in gola, ho invitato mia sorella a seguirmi, cercando il muro laterale. Ci siamo allora arrampicati, facendo uno sforzo disumano, con ancora i nostri zaini sulle spalle; miracolosamente siamo stati silenziosi … quando abbiamo volto lo sguardo al giardino, abbiamo visto qualcosa di magnifico: un grande ciliegio in fiore. Senza far lavorare troppo il cervello, siamo saltati su, sui suoi grandi rami e ci siamo appostati.

Nella nostra attesa abbiamo osservato guizzare nel vecchio laghetto la carpa giapponese, probabilmente la progenitrice della nostra attuale; dopo non molto ho avvertito la veranda spalancarsi ed allora ho richiamato l’attenzione di mia sorella. Appena sportici dai rami, abbiamo potuto vedere la comparsa di quattro persone. In quel momento il nostro cuore si è fermato. Un uomo alto e dai lunghi capelli corvini, un incredibilmente giovane nonno Soun, si era seduto di fronte a tre ragazze: la prima alta, dai lunghi capelli castani raccolti in una coda ed in tenuta da casalinga era zia Kasumi; la seconda, più bassa, con corti capelli a caschetto castani ed abbigliata a festa con uno yukata, era zia Nabiki. Quando ho posato lo sguardo sull’ultima ragazza, ho seriamente pensato di avere le allucinazioni, mentre sentivo Michiko che mi stritolava una spalla: lei, una brunetta dai lunghi capelli e vestita con un karategi, era la copia esatta di mia sorella, salvo la statura e gli occhi … se avessi visto quegli occhi allo specchio avrei giurato che fossero i miei. Accanto all’incredibilmente giovane ed allegra zia Nabiki, era seduta accigliata e nervosa mia madre …

Michiko mi si è avvicinata, sussurrandomi qualcosa all’orecchio: zia Kasumi le aveva detto che erano due gocce d’acqua e mai come in quel momento ho capito che aveva maledettamente ragione … mi ero domandato per tanto tempo come fosse e sembra che avessi avuto per anni la risposta sotto il mio naso … almeno apparentemente …

Più passavamo il tempo ad ascoltare la loro conversazione, più mi rendevo conto che mia madre era unica: sicuramente Michiko aveva ripreso la sua testardaggine, ma il suo orgoglio era immenso ed il suo carattere estremamente esplosivo … ho visto nonno Soun vacillare per almeno tre volte … il loro battibeccare pareva riguardare un nuovo arrivo al dojo, non ho capito molto bene, finché non ha suonato il campanello … a quel punto è avvenuto l’inverosimile …

Zia Kasumi è corsa alla porta, ritornando poco dopo come terrorizzata; tempo alcuni secondi ed anche gli altri hanno cominciato ad indietreggiare. Io mi sono sporto eccessivamente da un ramo, rischiando di cadere ed essere visto, mentre mia sorella mi ha recuperato per lo zaino; non c’era verso di capire cosa stava succedendo, quando poi abbiamo visto comparire sulla veranda un enorme panda, assurdamente vestito, con in braccio una recalcitrante ragazzina dai capelli rossi, vestita con abiti cinesi … mai visto niente di simile …

A quel punto il grosso panda ha preso la ragazza e la ha messa giù, ponendola sotto le occhiate indagatrici dei nostri “familiari”: teneva la testa bassa e sospirava, mantenendo però allo stesso tempo un atteggiamento stizzito … mi ha dato l’impressione di avere una bella tempra …

Poco dopo nonno Soun le si è avvicinato, facendole una domanda che mi è parsa assurda:

Sei tu Ranma Saotome?”

Mi sono un attimo girato verso mia sorella: stavo per mettermi a ridere … quando però ho visto gli occhi della ragazza, la mia voglia di scherzare è morta: occhi color zaffiro, blu come il mare … gli occhi di Michiko …

Lei ha sospirato ancora e con una certa rassegnazione ha aperto bocca:

Mi dispiace …”

Dopo ciò non ho più retto: sono scappato, con la testa che mi ronzava, nella confusione più totale, facendo miracolosamente frusciare solo un po’ le fronde dell’albero.

Svoltato l’angolo mi sono accorto che mia sorella era proprio dietro me: mi teneva la spalla stretta in una morsa di ferro, guardandomi con uno sguardo allucinato … in quel momento ho inteso tutto il giro di parole della vecchia cinese … non avevamo proprio capito niente … Nerima era completamente diversa … Nerima era il mondo dell’assurdo, del Caos …

 

Ora sto meditando … c’è molto da fare, molto da comprendere e tante forze da recuperare …

Dopo tutto ciò ci siamo diretti sul monte locale, al tempio … Sapevo che lì c’era una capanna disabitata da almeno trenta anni e che in quelle circostanze l’avrei trovata in condizioni abbastanza decenti … L’ultima volta che l’avevo vista era definitivamente crollato il tetto …

Quando siamo giunti a destinazione, però, ho notato con soddisfazione che avevo ragione. Ci siamo allora stabiliti qui, cercando di rendere il posto almeno accogliente e devo dire che ci siamo riusciti.

Michiko già dorme, fortunatamente, almeno sarà debitamente in forze domani.

Anch’io devo sbrigarmi, devo riposarmi, perché sarà una giornata faticosa … l’esame dei rotoli e delle tecniche ci attende, nonché l’inizio di un difficile allenamento, soprattutto per mia sorella … sarà davvero dura per lei …

Sperando in nuove delucidazioni, chiudo, e che i kami ci assistano davvero …

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci ancora qua e, come promesso, i punti di vista si moltiplicano, come pure si complica la trama: avevo avvertito sin dall'inizio, qui il flusso del tempo è molto, molto particolare ... Quindi, la questione si fa nebulosa: chi ci sarà nel prossimo capitolo? Avremo delucidazioni o domande? Ed i nostri? Saranno i gemelli o gli abitanti della da noi conosciuta Nerima? E se saranno loro, saranno Akane e Ranma? Gli abitanti del dojo Tendo? Oppure qualcun altro? A voi le risposte ...

Colgo l'occasione per ringraziare sempre i lettori, assieme ai recensori dell'ultimo capitolo, ovvero Kuno84, David19494, 00_sakura_00, robygraz86 e The barbarian, ed ulteriormente robygraz86, per aver messo la storia fra le sue preferite.

Ricordo inoltre, per chi fosse interessato, ho aperto una piccola pagina su Facebook, "Noi che scriviamo e leggiamo su efp": ovviamente non è la pagina ufficiale (e non intende assolutamente scavalcarla), ma è solamente un'occasione di ritrovo fra noi scrittori/lettori, che spesso e volentieri passiamo il nostro tempo sul sito. Al momento è solo agli inizi, ed ha qualche piccolo post e link, ma crescendo col tempo potrà avere nuovi spunti e potrà divenire (almeno spero ^^") una pagina di scambi fra frequentatori del sito, di discussioni su fanfiction ed autori, senza esclusione di fandom (potrà anche essere occasione di "pubblicizzazione" della propria fanfiction o di quella di altri, per chi volesse, più in là, quando la pagina avrà un numero più cospicuo di fan).

Detto ciò, vi saluto, al prossimo capitolo!


 

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Capitolo 14
*** Look into your mirror ***


Look into your mirror


Ormai il sole era sorto da alcune ore, non era ancora il momento, ma c’era comunque tanto da fare. Le luci si accesero, la saracinesca si aprì, così anche porte e finestre. L’insegna rossa si illuminò, nonostante la luce del giorno, ed i motivi a greca rossi, rivolti ad est, brillarono alla luce del sole. Il "Nekohanten" si svegliava, ancora vuoto dei suoi clienti, ma pieno di fermento; i suoi possessori e lavoranti infatti si affaccendavano a pieno regime. La cucina già profumava di spezie, tavoli e sedie erano già ordinati ed apparecchiati ed il pavimento splendeva lucido, appena lustrato. Le faccende di apertura durarono ancora qualche ora e le prime consegne cominciarono, al suono del trillo di una campanello. Arrivò infine l’ora designata ed il locale aprì davvero i battenti.

 

Era stata una giornata piena al ristorante cinese: fin dall’ora di pranzo i clienti avevano affollato la sala, ed era stato un lavoro intenso per i possessori del locale, almeno in teoria. Ora, a cena, Mousse, in un angolo della cucina, asciugava mesto e stanco le ultime stoviglie non ancora riposte, mentre la sua Shampoo e sua bisnonna Obaba, che ormai avevano lautamente cenato, sedevano tranquille nella saletta da pranzo della loro abitazione attigua al locale. La cinese dai capelli color lavanda era comodamente sdraiata su alcuni zabuton, a guardare la televisione, mentre sua nonna si affaccendava attorno ad una marea di scartoffie, che aveva rinvenuto dimenticate in chissà quale angolo della casa. L’atmosfera era distesa e serena, mentre gli ex abitanti del Joketsuzoku passavano tranquillamente la loro usuale serata.

La ragazza, appena finito di guardare il suo telefilm preferito, spense il televisore e si stiracchiò, allungando sinuosamente le braccia ed arcuando lievemente la schiena. Osservò di sottecchi la minuta familiare, mentre tutta intenta leggeva, letteralmente sommersa da pergamene e simili.

-Bisnonna, ma cosa stai facendo?-

La curiosità era lentamente montata nella cinesina, che durante la trasmissione aveva sbirciato più volte di soppiatto Obaba, completamente concentrata sui suoi “documenti”.

Uno sbuffo di fumo anticipò la voce bassa e graffiante dell’anziana amazzone.

-Ah, Shampoo! Nipotina mia! Ho fatto davvero un ritrovamento interessante.-

-Di cosa si tlatta, bisnonna?-

-Ogni cosa a sua tempo, Shampoo … sappi intanto che queste pergamene sono una miniera d’oro. Ricordi i cimeli di famiglia?-

-Intendi cose come lo Hanten Hoju?-

-Esatto, nipote, e non solo. Queste pergamene raccolgono il catalogo di tutti i cimeli e tesori del Joketsuzoku: vi sono la “Spilla della discordia”, le “Perle dell’amore”, ma anche armi ed altri tesori, come “Podudun” … ma quello che è più importante … -

Shampoo si era alzata e risieduta vicina alla bisnonna, potendo scorgere ora il suo volto, ed anche un certo bagliore nei suoi occhi.

- … è che ogni oggetto è correlato da una minuziosa descrizione, circa le sue caratteristiche e facoltà.-

-Insomma, una solta di enciclopedia.-

-Più o meno, ma molto più preziosa … come ti stavo accennando … -

Il fumo danzando, uscì nuovamente dall’estremità della pipa, inseparabile oggetto dell’anziana.

- … ho fatto una scoperta molto interessante. Ti ricordi lo specchio greco?-

Shampoo guardò la bisnonna leggermente instupidita, poi, inclinato lievemente il capo ed aggrottate le sopracciglia, mostrò sul volto un’espressione di trionfo.

-Sì! È quello specchio losso che ci lipotlò in Cina all’età della tua gioventù, giusto bisnonna?-

-Esatto. Ti ricorderai inoltre che fu Happosai, in quell’occasione che abbiamo rivissuto, a rubarmi quel cimelio. Ed ora, grazie a queste carte, ho intenzione di riprendermelo.-

Una strana espressione solcò nuovamente il candido volto della ragazza, mentre pensosa aveva puntato pollice ed indice sotto il mento.

-Bisnonna, ma non si ela lotto lo specchio?-

-Non importa, Shampoo, quello era un tesoro della nostra famiglia da secoli, ed ora voglio riaverlo, lo esigo. Riparare la superficie riflettente non sarai poi un problema … -

-Ma potlà funzionale?-

-Non lo so Shampoo, ma per ora non mi interessa. Credo solo che quel vecchio di Happy lo abbia tenuto sufficientemente a lungo con sé … Ora vado a letto: la mia schiena è tutta indolenzita. Buona notte bambina.-

-Buona notte bisnonna.-

E con mosse veloci e precise, l’anziana donna raccolse le pergamene; si arrampicò quindi agilmente sul suo bastone e poi scomparve dalla saletta, verso il piano superiore, mentre i piccoli tonfi del nodoso bastone scomparivano piano, piano.

Shampoo rimase un po’ sovrappensiero. Lo specchio greco? Come mai ora sua nonna lo desiderava tanto? Ormai era rotto, inutile … perché allora tanto interesse? Cologne non lasciava mai nulla al caso …

La sua catena di ragionamenti fu interrotta da un lieve rumore alle sue spalle: Mousse, visibilmente stanco, aveva fatto capolino nella saletta, con ancora le maniche della sua bianca tunica arrotolate ed i suoi occhiali dalle lenti spesse tirati su; sotto i suoi occhi facevano bella mostra scure occhiaie che contrastavano con la sua pelle nivea ed i suoi occhi smeraldini.

-Mia dolce Shampoo, ho finito di lavare tutte le stoviglie, posso avere la mia cena?-

Disse, improvvisamente raggiante ed energico, mentre convinto si rivolgeva alla televisione. Shampoo, esasperata ed indispettita, si dette un piccolo schiaffo sulla fronte, mentre il cinese non la degnava di uno sguardo.

-Stupido papelo di un Mousse! Mettiti gli occhiali, sono di qua!-

Il ragazzo, divenuto tutto un pezzo di ghiaccio, pose le lenti al suo posto, notando effettivamente che stava parlando con l’elettrodomestico. Si voltò repentinamente, trovandosi di fronte alla bella amazzone, che aveva assunto uno sguardo di sufficienza ed un aspetto altero. Mousse non riusciva a spiccicare una parola: perché tanto astio in così pochi secondi?

-Bene. Se non hai altlo da dile, la cena è sul folnello, nella pentola … io vado in camela mia.-

E senza che gli potesse dare il tempo di replicare, anche lei se ne andò, procedendo spedita e sparendo al piano superiore.

Mousse rilassò i muscoli del suo corpo, sospirando rumorosamente; sul suo volto comparve un’espressione triste, amareggiata. Crollò leggermente il capo da una parte, emettendo ancora un altro sospiro.

-Shampoo, perché fai così?-

 

Quell’anno al Furinkan si preannunciava davvero memorabile, in ogni senso. Ormai avevano diciotto anni e quello sarebbe stato l’ultimo anno, l’anno del diploma. Nabiki aveva ormai concluso il suo iter di studi ed aveva “salutato” la sua vita all’istituto superiore, durante la cerimonia della consegna dei diplomi, e già da un mese stava studiando assiduamente per entrare alla Toudai; la sua scelta era inequivocabile: economia e commercio. Quando lo annunciò in famiglia, pubblicamente, le reazioni furono allegre ma contenute … quella era decisamente Nabiki Tendo. Soun fu incredibilmente tiepido, ma nel sorriso che aveva rivolto alla figlia c’era tutto: nonostante le sue inclinazioni spesso “peculiari”, era comunque fiero di lei …  quel mondo, come sembrava prospettarsi in futuro, gli sembrava fatto su misura per la sua secondogenita, ragazza risoluta e competitiva. Ora, in quel posto di matti che era la loro scuola, erano rimasti lui ed Akane. Ancora un altro anno e sarebbe finita anche per loro … e poi? Beh, tante domande ed interrogativi irrisolti … ma ora dovevano dare tempo al tempo …

Camminavano lentamente lungo la ringhiera che li separava dal canale, senza degnarsi di uno sguardo; l’atmosfera non era propriamente pesante, ma quel velo impalpabile che li separava non riusciva a cadere. La ringhiera cigolava impercettibilmente sotto i passi del ragazzo, che vi camminava in perfetto equilibrio; osservava distratto il canale ed il ritmico alternarsi dei suoi passi sulla sottile barra di metallo. La ragazza procedeva invece poco discosta, sulla strada, buttando il suo sguardo assente verso l’orizzonte, ma senza osservare niente in particolare; si manteneva in allerta quel tanto che bastava per procedere lungo la sua strada, senza urtare niente, ma per il resto non c’era. Non riusciva assolutamente a concentrarsi su niente. Erano passati mesi ormai, ma solo ora aveva cominciato a rifletterci: che senso aveva tutto? A cosa avrebbe portato quell’infinito ciclo? Cominciava a sentirsi stufa, stanca delle solite cose, dello stagnare delle acque della sua vita …

Improvvisamente un refolo d’aria la distrasse, costringendola a ritornare sulla terra: si ritrovò vis à vis con due occhi blu, che la scrutavano con insistenza …

-Ma si può sapere cos’hai Akane? Sei veramente strana in questi ultimi tempi.-

Ranma …

-Che cosa te lo farebbe pensare scusa? E poi non mi dici sempre che sono strana?-

Aveva risposto con acidità alla domanda, più penetrante e diretta del solito. Vide le pupille del ragazzo contrarsi ed espandersi velocemente.

-Ehi! Ma che diamine ti ho fatto? Perché mi rispondi così?-

-Non ti ho risposto male, baka!-

Lei scostò una ciocca ribelle dal volto, ponendola dietro l’orecchio, poi scostò il suo sguardo. Riuscì a vedere di sfuggita le mani di Ranma stringersi spasmodicamente, fino a rendere le nocche bianche.

-Ah, certo tu non rispondi male … uno si preoccupa per lei e lei fa la scontrosa!-

-Ma chi ti ha chiesto niente!-

In quel momento i suoi occhi color nocciola si fissero nuovamente in quelli del ragazzo: erano fuoco, fuoco che scoppiettava. Per tutta risposta avvenne qualcosa che la lasciò di stuccò: Ranma le afferrò le spalle, scuotendola lievemente, e lei fremette.

-Accidenti Akane, ti vuoi riprendere?! Non ti riconosco più; preferirei cento volte che mi urlassi contro, che mi tirassi uno schiaffo, un pugno, ma kami, reagisci!-

Akane, lo guardò intensamente, rossa di rabbia, poi senti fremere e prudere la mano: la percepì muoversi, col palmo aperto, ma non arrivò mai ad avvertire sotto la sua pelle la guancia del codinato.

-Ehi! Lagazza violenta! Cosa cledi di fale al mio Lanma?-

Lei alzò lo sguardo in su, notando che Ranma aveva mollato la presa sulle sue spalle e che, digrignando i denti, stava sibilando qualcosa, mentre sulla sua testa era piantata la ruota di una bicicletta. Proseguì la sua scansione verso l’alto, arrivando a scorgere infine l’occupante della bicicletta: Shampoo.

Abbassò repentinamente lo sguardo, sollevando il polso ed osservando le lancette dell’orologio; si voltò.

-Io me ne vado. È tardi. Non ho intenzione di beccarmi alcuna punizione il primo giorno del terzo anno. -

-Ma Akane … -

Ranma aveva spalancato la bocca, rimanendo esterrefatto.

-Ci vediamo dopo. Tanto sei in buona compagnia, no?-

E senza che il ragazzo avesse tempo per replicare, Akane se ne andò via correndo.

-Aya Lanma! Ora possiamo stale insieme, soli, io e te. Usciamo insieme, Ai len?-

In un battito di ciglia, la ragazza era scesa dalla testa del ragazzo e, accantonata la bici, lo aveva stretto in un abbraccio soffocante.

-Lasciami Shampoo … sto soffocando … -

Ranma, quasi cianotico, riuscì a liberarsi con difficoltà dall’abbraccio, ma fu inutile: la cinesina si aggrappò al suo braccio.

-Ola che puoi lespilale, andiamo?-

-Andiamo dove? Io devo andare a scuola!-

-Ma, ma il nostlo appuntamento?-

Shampoo assunse un’aria sbigottita, esterrefatta.

-Ma quale appuntamento! Hai fatto tutto da sola! Se non ti spiace, Shampoo, sono stufo. Devo andare a scuola. È il mio ultimo anno, e vorrei che fosse il più tranquillo possibile … -

-Ma Ai len … -

La richiesta uscì come un lamento, che risultò insopportabile alle orecchie del ragazzo.-

-Senti, mi spiace, ma non mi interessa … -

-Lanma, tu sei il mio futulo malito!-

La cinese di impuntò, pestando i piedi per terra e mordendosi il labbro inferiore. Quella scena fece montare in Ranma un certo nervosismo, mentre il tempo continuava a scorrere inesorabile …

-Ma quale futuro marito?! Hai deciso tutto da sola, tu e le stupide regole del tuo villaggio! Per quanto mi riguarda io non ti devo niente!-

Le parole uscirono taglienti come lame dalla bocca del ragazzo, talmente affilate che Shampoo ne sentì ogni singolo affondo nel petto. Aveva gli occhi spalancati e le braccia che le tremavano impercettibilmente. Guardò dritto negli occhi il ragazzo, vedendo qualcosa di assolutamente inedito. Aveva molte volte visto le iridi scure del ragazzo: a volte erano un mare in tempesta, a volte un oceano tranquillo, a volte pozze cristalline … ma mai, MAI, aveva visto le iridi zaffiro di Ranma divenire ghiaccio.

Il ragazzo si rese conto di aver un po’ esagerato, ma in fondo non aveva fatto niente di male, era la verità: lei non aveva il diritto di decidere per lui tutte quelle cose; inoltre non aveva proprio sofferto che lei avesse interrotto il suo “discorso” con Akane … rimpianse quasi di non aver sentito la guancia dolergli …

-Se non ti spiace, ora me ne vado. Devo recuperare Akane ed andare a scuola … -

E scomparve così, come un lampo, mentre Shampoo rimase lì sola in mezzo alla strada, con un brivido freddo che le percorreva la schiena.

Mai Ranma era stato così, mai … mai il suo “Ai len” l’aveva trattata tanto rudemente … ma lei lo sapeva, oh se lo sapeva: se lo avesse trovato solo, non le avrebbe mai risposto in quel modo, non sarebbe stato così freddo … ma c’era lei … era sempre colpa di LEI …

 

Il tiepido baluginio dei raggi del tramonto filtrava attraverso i vetri dell’entrata principale, mentre Mousse pacatamente disponeva i tavoli per l’apertura serale. Quella mattina Shampoo le era sembrata di buon umore, quindi forse quella sera sarebbe stata più gentile, almeno presumibilmente non lo avrebbe trasformato in papera.

Stava già cominciando a disporre le stoviglie, quando sentì scivolare lo scorrevole.

-Siamo ancora chi… Shampoo?-

La ragazza era lì in piedi, di fronte a lui, con uno sguardo di fuoco.

-Ma dove eri … -

-Dimmi subito dov’è la bisnonna.-

Il tono della voce della cinesina fu perentorio: non ammetteva repliche. Mousse deglutì rumorosamente, poi si sistemò meglio gli occhiali sul naso.

-È in Cina. Le anziane del consiglio la hanno richiamata d’urgenza … questioni importanti al villaggio … -

Shampoo sembrò irrigidirsi per qualche istante. Poi, dopo aver aperto qualche volta a vuoto la bocca, parlò:

-Cosa ha poltato con sé, Mousse?-

Il cinese si ritrovò disorientato. Che domanda era quella?

-Beh, niente credo. È uscita di fretta dal “Nekohanten”, solo col suo bastone, urlandomi qualche direttiva sul locale e qualche minaccia se avessi disertato, tutto qui … Ma perché mi fai questa domanda?-

Sul volto della ragazza comparve un inspiegabile sorriso luciferino, che fece rabbrividire Mousse.

-Niente di palticolale, Mousse … Volevo solo leggele alcuni libli … Ola finisci di plepalale il locale, tla non molto allivelanno i clienti … -

Ed ancheggiando provocante si diresse nella cucina del locale, mentre le coronarie del ragazzo minacciavano di saltare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scusatemi tutti quanti per il ritardo, ma come avevo annunciato, il "materiale" già pronto era finito, quindi ho dovuto mettermi di buona lena a creare il nuovo capitolo ...

Sono comparsi i nostri dalla Cina e Shampoo si è mostrata più battagliera che mai ... cosa le sarà balenato in mente? E Ranma ed Akane? Chiariranno mai?

A voi prossimamente scoprirlo ...

Ringranzio ancora e sempre i miei lettori, Kuno84, 00_sakura_00, David19494 e The barbarian per aver recensito, robygraz86 per aver messo la storia fra le preferite ed infine depiid ed elysa82, che hanno messo la storia fra le seguite.

See you soon! (Well, so I hope =P)

p.s. spero di aver fatto debitamente i ringraziamenti. Se avessi scritto qualche cavolata, scusatemi: non basteranno mai mille grazie per tutti =)
Alla prossima!

pp 

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Capitolo 15
*** Step by step ***


Step by step

Schiva. Salta. Rotola. Ancora: ripetere. Schiva. Salta. Rotola. Tutto questo però non è sufficiente; eppure la mia fronte è madida di sudore, il respiro accelerato, il mio corpo accaldato: ho davvero il fiato corto … ma non basta: devo fare di più.

Aveva detto che sarebbe stato difficile, ma mai avrei pensato a tanto. Incrementare di diecimila volte potenza, velocità e riflessi … è quasi impossibile. Eppure mio fratello Kaito, di fronte a me, ha solo qualche goccia di sudore sulla sua canottiera, il suo respiro è solo poco più veloce del normale ed il suo colorito è roseo … perché io faccio tanta fatica? Lo so, lo so … sono una donna, ma nella mia diversità dovrei avere i miei punti di forza, per i kami! Invece sembra non bastare …

Kaito ora si allontana, va allo zaino, prende l'ennesima antica pergamena: solo a guardarla ho il terrore che si sbricioli fra le sue mani, tanto è antica e sottile la sua carta. Scorre velocemente nella lettura, sembra soffermarsi in un punto in particolare. Pochi secondi e devo correre ad afferrarla dopo che me la lancia repentinamente: anche questo è allenamento.

Leggi”.

Il suo tono è perentorio, quasi autoritario, e questo mi irrita leggermente. Allora i miei occhi scorrono le colonne imputate e giungono a quello che sembra il nodo cruciale; l'irritazione comincia a ribollirmi nelle vene.

Stai scherzando, vero? Mi riterresti capace di una tecnica tanto meschina?”

Lui non si scompone più di tanto, alza solo lievemente un sopracciglio.

Meschina? Cosa ci sarebbe di così meschino in questa tecnica? Sfrutta semplicemente energia.”

La mia irritazione sale; non sento quasi più le gambe dolermi.

Energia? Tu la chiami semplice energia? A me non pare proprio. Io ti dico che questa tecnica è subdola ...”

Ti sbagli, Michiko. Ha pari dignità delle sue simili. Sfrutta semplicemente un tipo particolare di energia, come lo 'Shi shi hokodan” o il 'Moko takabisha'. Io ti consiglio di provarla.”

La mia irritazione è già qualcosa di diverso … stizza? No, è già rabbia …

E si può sapere perché?”

Vacilla. Si sta scomponendo. Crolla leggermente la testa in avanti, massaggiandosi le tempie con medio e pollice della mano destra; emette un sospiro.

Quello che è accaduto ieri sera non deve più ripetersi, CHIARO?”

Mi irrigidisco. La mia bocca è aperta, pronta alla replica, ma le mie corde vocali sono mute; anche loro sono muscoli, sono paralizzati, come il resto dei muscoli del mio corpo. Sento ancora la rabbia, bruciare e divampare sotto la pelle, ma sopra di essa c'è altro, qualcosa di viscido e freddo, che mi blocca terribilmente: impotenza.

Vedi? Non possiamo pensare di affrontare tutto questo, se alla prima stupidaggine crolli a quella maniera … ed ora lo fai di nuovo ...”

Niente. Nulla. Il mio grido di disappunto si rifiuta di uscire; il gelo mi trattiene. Ed una dopo l'altra si ammassano le immagini della sera precedente: acqua, risa, volti ignari, un grido ed uno strattone, uno strattone che mi sbalza via, ricordandomi poco alla volta il mio posto.

Kaito si avvicina, piano, passo dopo passo; mi afferra delicatamente le braccia e mi invita a sedermi: posso sentire la sua energia calma fluire, il suo ki … non ce la farò mai a raggiungerlo, non ti raggiungerò mai fratello …

Lo sai vero che non ce l'ho con te, sorellina, ma sai anche tu che abbiamo rischiato, cosa abbiamo rischiato. Il nostro obiettivo è un altro, come è altro il pericolo che dobbiamo affrontare. Hai visto anche tu che poi le cose si sono risolte senza il bisogno di alcun intervento; inoltre il pericolo che tanto hai temuto era un falso, un vero fiasco ...”

Lo so … solo che … siamo all'inizio ed io già penso di non farcela. Guardami, Kaito, ho il fiatone! Tu invece sei fresco come una rosa. Come mai potrò riuscire?”

Ce la farai.”

Come fai a dirlo?”

Perché tu non combatterai come me ...”

L'irritazione comincia a riaffiorare, più nera che rossa, e fluisce attraverso le mie corde vocali, esce dalla mia bocca.

Ah, bene, ora sì che tutto mi è più chiaro … grazie tante fratellino ...”

Ma cosa diamine hai capito? Intendo dire che tu non combatterai mai come me, perché troverai il tuo modo di combattere, la tua personale forza!”

Non ce la faccio, non resisto: ormai sono in vena di sarcasmo e le mie parole pregano di uscire dalla mia bocca, decisamente velenose.

Accidenti, Kaito, da quando sei diventato così saggio? Ho ancora di fronte a me la schiappa che continua a prendere insufficiente a scuola? Kami, mi sembri quasi ...”

Guardo i tuoi occhi e le parole mi muoiono in gola. Mai ho visto i tuoi occhi così calmi e risoluti, così … consapevoli … sei ancora tu, Kaito? Il bambino scherzoso e spensierato che non pensa mai a niente? Il bambino che dice sempre “io”? Il … no, non siamo più bambini, nemmeno tu, che solitamente hai quell'indole giocosa, sempre ottimistica … Beh, il tuo ottimismo c'è ancora, è proprio qui, ora, di fronte a me, ma veste panni completamente differenti … Solo un mese, così poco, eppure sei già diventato un uomo … un salto enorme.

Io invece sono ancora ferma; mi ero mossa per prima dalla casella di partenza, ma ora mi sono ritrovata ferma, per più di due turni. Dov'è finito il mio senso pratico? Dov'è finita quella ragazza che prendeva sempre in mano la situazione? Dove mi sono nascosta? Sono rimasta indietro … io una ragazza, tu un uomo ... eppure siamo gemelli …

Io … scusa ...”

Il tuo viso appare sorpreso, meravigliato; credevi che mi sarei ancora calata nelle mie vesti di guerriera? No, basta, ora è il momento di reagire, è il momento di lanciare i dadi, devo raggiungerti …

Beh, ecco ...”

No, ascoltami Kaito. Hai ragione, devo svegliarmi. È evidente che devo sbarazzarmi della mia falsa immagine, perché sembra che la mia presunzione voglia ancora vedermi avanti a te. Ma se mi comporterò così non migliorerò mai e tu mi lascerai davvero indietro, anche non volendolo.”

Incredibile, mi stai sorridendo. Prima avresti sbuffato, glissato su tutto e rimarcato la tua posizione. Tutto questo ti ha davvero fatto crescere …

Mi fa piacere sentirtelo dire Michiko. Non possiamo permetterci distrazioni ed inciampi.”

Hai*.”

Allora, che ne pensi di questa tecnica?”

Non mi fa impazzire, ma tentare non nuoce.”

Felice di riaverti con me sorellina.”

Felice di aver ripreso a correre.”

Mi guardo intorno ed individuo il fragile rotolo, ancora aperto sulla tecnica in questione.

Andiamo al fiume?”

Come?”

Ora mi guardi stranito, come non molto tempo fa, e sul mio volto sento affiorare un lieve sorriso.

Beh, certo, dove vuoi meditare? Sotto gli alberi con gli uccellini che cinguettano di continuo?”

Non ti arrabbi, anche tu sorridi.

Cosa stiamo aspettando allora?”

Veloci e rapidi. Con mosse piccole e fulminee, percorriamo il versante, per raggiungere il piccolo corso d'acqua che va giù a valle, verso Nerima. Il sole è tiepido, con i suoi raggi sottili che penetrano la verdeggiante boscaglia, fresca e fitta, e noi corriamo spediti, verso la nostra destinazione.

Dopo non molto comincio ad avvertire un lieve gorgoglio, che man mano aumenta di intensità; tu ti volti, come a cercare conferma, poi acceleriamo il passo. Ancora poco e ci siamo: una piccola radura, dove il fiume, o meglio, il torrente, scorre allegro e poco sopra, sulle nostre teste, la spumeggiante cascatella.

Aggiriamo sassi ed alberi, fino a che arriviamo al punto designato: le rocce. Con cautela vi saliamo e procedendo cominciamo a sentire il forte getto gelido sul nostro corpo; comincio già a non sentire le mie dita, soprattutto per cause naturali e tu diventi già una presenza evanescente.

So che raggiungo il centro, sento la nuda e scivolosa roccia sotto i miei glutei; poi tutto comincia a svanire: solo il sempre più lieve scrosciare della cascata.

Shhhhhhhhh ….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci qua! Capitolo quindici raggiunto, dopo due mesi e mezzo di silenzio (chiedo venia, ora spiegherò …).

Ancora uno spaccato, ancora uno scorcio, ancora indizi, ma non le ragioni. Ce la faranno Michiko e Kaito nei loro intenti? E Shampoo, nel capitolo precedente, cosa aveva in mente? Nell'aria aleggia il mistero: a voi continuare e svelarlo, pezzo dopo pezzo.

Ritornando a noi, chiedo davvero scusa per il silenzio così lungo, ma, come ho accennato tempo fa su Facebook, sulla mia pagina “Noi che scriviamo e leggiamo su efp”, ed anche a The barbarian in un messaggio, mi è stato rubato il computer a fine ottobre, perdendo così tutto il mio lavoro ed un oggetto a cui tenevo, in quanto regalo … Ora ho nuovamente il computer, che purtroppo non è lo stesso, quindi chiedo anticipatamente scusa se sarò lenta negli aggiornamenti, ma devo recuperare tutte le fila della storia, evitando di scrivere discordanze o stupidaggini (non voglio aprire i capitoli dal sito perché non voglio alterare il contatore delle visite o perdere tempo: quando scrivo, scrivo, efficienza e concentrazione).

Passando ai ringraziamenti, ringrazio The barbarian, 00_sakura_00 e David19494 per le recensioni al capitolo precedente e mary_1989 per aver inserito la storia fra le sue seguite; ringrazio inoltre chiunque mi fossi dimenticata di menzionare, scusatemi, ma grazie =) (perdonate inoltre le possibili ripetizioni ... =P)

Dunque buone feste (un po' tardi per Natale e Santo Stefano ^^”, lo so ...), buon 2012 ed alla prossima!

Tsuzuku!

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Capitolo 16
*** As time goes by ***


As time goes by

La prima giornata non era stata così terribile come sembrava: i soliti compagni, i soliti professori, il solito preside … c'era stata solo qualche raccomandazione in più visto l'obiettivo dell'anno, sapientemente correlato da qualche minaccia dell'uso del rasoio, ma poi tutto era come gli anni precedenti. La Ninomiya aveva saltellato tutto il tempo eccitata sul palco, allestito per l'evento nel cortile posteriore; i professori avevo cercato di tenerla a bada, finendo tristemente prosciugati.

Poi erano entrati in classe ed era stata routine: spiegazioni, sonnellini, ramanzine e punizioni, sempre con i sospiri di Akane, che sconsolata scuoteva la testa. Ma lui cosa ci poteva fare? Non era affatto portato per la scuola; non aspettava altro che finire quell'anno e seguire la sua vera passione in tutto e per tutto: le arti marziali.

 

Lui ed Akane stavano percorrendo la strada per arrivare a scuola, con un buon anticipo; la ragazza aveva infatti insistito, risparmiandogli miracolosamente una doccia fredda, che si svegliasse abbastanza presto, per rimediare al suo scivolone del primo giorno. Aveva acconsentito malvolentieri, lamentandosi del calduccio sotto il futon, ma poi aveva ceduto; era raro vedere Akane così calma ed era meglio prenderla in quel modo, anche se la cosa lo inquietava. Un vulcano a riposo è molto più pericoloso di un vulcano già in eruzione: c'è sempre il rischio che scoppi senza preavviso.

Camminavano quindi tranquillamente, parlando del più e del meno, dopo aver portato sul campo neutro della scuola la conversazione; lui annuiva per lo più alle raccomandazioni e lei non lo rimbeccava troppo.

Ranma?”

Uh, sì?”

Il tono di Akane era improvvisamente cambiato, assumendo una sfumatura particolare.

Ora che ci penso, sbaglio o Ukyo non è venuta ieri a scuola?”

Il ragazzo assunse un'aria lievemente pensierosa.

Beh, ora che me lo fai notare è vero ...”

Tu hai idea di dove sia andata?”

Boh, e che ne so?”

Mi sembra strano che non l'abbia detto a te ...”

E io ti dico che non ne ho idea. Non ci pensavo nemmeno … ma che ti prende, Akane?”

La ragazza voltò istintivamente il viso nella direzione opposta a quella di Ranma.

Niente, era per dire, per fare un po' di conversazione ...”

Ah, sì?”

Ranma le era piombato davanti, con un'espressione stupida, finendo a pochi centimetri dal suo volto. Si sentì avvampare e lo scostò malamente.

Finiscila! Guarda, siamo arrivati a scuola, entriamo.”

Aspettami!”

Ed a grandi falcate Akane percorse il cortile, distanziandosi, mentre Ranma le andava dietro improvvisando una corsetta. L'orologio sulla facciata dell'istituto segnava dieci minuti alle nove.

Percorsero di buona lena le scale arrivando alla loro nuova aula, che dava direttamente sul cortile d'ingresso. Sullo stipite della porta si poteva leggere a caratteri cubitali, sulla targhetta sporgente, la scritta “3 – F”.

Entrarono insieme, dopo che Ranma l'ebbe recuperata all'ultimo scalino della rampa del loro piano. Molti volti erano nuovi, ma alcuni erano decisamente familiari.

Ehi, Akane!”

Sayuri sventolando la mano fece un cenno di saluto all'amica.

Sayuri!”

Akane sorpassò la cattedra e la andò a raggiungere. Le due si abbracciarono affettuosamente, non essendosi viste da un po' di tempo.

Hai visto? Anche quest'anno siamo insieme!”

È vero! Ma Iruka dov'è?”

Lo sguardo della studentessa si fece lievemente triste.

Purtroppo la hanno messa nella sezione A. Ma ci vedremo comunque tutte a pranzo, no?”

Akane abbozzò un sorriso.

Beh, è vero, però non sarà come prima … come mai ieri non sei venuta?”

Sono tornata ieri pomeriggio dalla Corea del Sud. Hai presente il programma di lingua?”

Sì ...”

Io, Daisuke, Hiroshi ed altri ragazzi del terzo anno siamo stati a Seoul per uno scambio. Siamo andati al posto di quegli studenti coreani venuti a settembre.”

La ragazza dai capelli corti aggrottò un attimo le sopracciglia.

Quando?”

Non te lo ricordi?”

L'amica rimase un attimo pensierosa. Poi schioccò le dita, facendo sobbalzare Akane.

Ma certo! Ora ricordo! Tu non c'eri quella settimana, dov'eri andata?”

Settembre? Mi sembra che fossi andata a Ryugenzawa ...”

Sayuri spalancò gli occhi.

COSA? Come hai fatto a tornare viva da laggiù? E poi cosa ci sei andata a fare?!”

Ci abita un amico di infanzia … ma tranquilla non è stato niente … Ma tu raccon ...”

Akane non riuscì a continuare la sua frase, che un tonfo secco e delle urla la distrassero.

Si voltò e scosse la testa sconsolata, vedendo l'assurda scenetta che aveva di fronte. Hiroshi e Daisuke si erano praticamente fiondati su Ranma, ma il ragazzo era stato decisamente ingannato dai suoi sensi: li aveva colpiti, ed i due, nel cadere giù, lo avevano trascinato con loro, aggrappandosi alle sue caviglie.

Sempre il solito, eh Ranma?”

I due sghignazzavano con un occhio pesto per uno, mentre il codinato borbottava faccia a terra.

Mi siete proprio mancati ragazzi ...”

Fece con tono decisamente sarcastico il ragazzo con la casacca cinese.

E dai, non te la prendere!”

Fra risate e borbottii si rialzarono, sistemandosi anche i vestiti un po' sgualciti.

Allora, come va Saotome?”

Daisuke, con il suo sorrisetto impertinente si era appoggiato all'amico.

Direi bene ora che non sono più faccia a terra!”

Dai, non ti arrabbiare! Piuttosto, quest'anno sei dei nostri? Dobbiamo assolutamente vincere il campionato interscolastico!”

L'espressione di Ranma si fece improvvisamente sospettosa.

E cosa dovrei fare?”

Beh, ecco … tutto!”

Una vena prese a pulsare ritmicamente sulla fronte del ragazzo, mentre le ragazze, dall'altro lato dell'aula, soffocavano a stento le risate.

Che? Ma vi siete bevuti il cervello per caso?”

E dai, lo sai che sei il nostro asso nella manica! Ti prego Ranma!”

I due ragazzi si erano addirittura inginocchiati ai piedi dell'altro, suscitando le risa aperte degli altri studenti. Ranma sospirò sonoramente sconsolato.

E va bene, ma solo perché so che non mi darete pace ...”

Grande!”

Akane e Sayuri accennarono a reprimere le loro risate, per poi riprendere la loro conversazione.

Da quando Ranma è diventato così paziente, Akane?”

La ragazza spalancò gli occhi.

Che? Ma stai scherzando? A me sembra sempre il solito testone di sempre ...”

Sarà … il vecchio Ranma non avrebbe mai acconsentito così presto alle richieste di quei due ...”

Akane accusò il colpo. Doveva ammetterlo: Ranma dopo l'esperienza della Cina era molto più disteso e paziente in alcune circostanze, forse non così palesemente, ma lo era …

Stava per replicare all'amica che il codinato era il solito baka di sempre, quando una figura si affacciò alla porta dell'aula.

Buon giorno a tutti!”

Ukyo, nella sua uniforme maschile, i lunghi capelli castani raccolti nella coda bassa e con l'immancabile enorme spatola da okonomiyaki, era sulla soglia, con un lieve sorriso stampato in volto. Entrò disinvolta zigzagando fra i banchi per poi mettersi dietro a quello occupato da Ranma. Akane era lì accanto, con Sayuri.

Ciao Akane, come stai?”

La ragazza la squadrò un attimo imbambolata. In tutta quell'usualità c'era qualcosa che non le quadrava. Il volto di Ukyo … era … le sembrava … triste …

Ehi, non mi rispondi?”

Oh, ehm, scusa, bene. E tu?”

Bene grazie.”

Ehi, Ucchan!”

Ranma aveva lasciato alle loro chiacchiere Hiroshi e Daisuke ed aveva raggiunto le tre ragazze. Aveva decisamente trovato il tutto strano: come mai Ucchan non gli era saltata al collo strillando? Non che la cosa gli piacesse, ma il fatto che lo avesse ignorato così bellamente gli sembrava surreale.

Ehi, Ran – chan.”

Ma che fine avevi fatto?”

Akane si riscosse da quella specie di trans.

Già, ce lo stavamo domandando poco fa. Dove sei stata?”

Ukyo chinò un attimo lo sguardo. Non era tanto il come, ma ricordare il perché, quel motivo che ora era proprio davanti ai suoi occhi. Si riscosse dai suoi pensieri, dando una scossa mentale alla sua testa.

Beh, finita la scuola ho ricevuto una lettera di mio padre; voleva sapere come stavo, così ho deciso: glielo avrei detto di persona. Nella lettera mi diceva di essere fermo sulla baia, così lo ho raggiunto. Siamo stati a girare tutta la prefettura ed i paesini di montagna più vicini, preparando okonomiyaki nelle fiere primaverili. È stato bello passare del tempo con lui dopo tanto tempo ...”

La ragazza dai capelli castani alzò lo sguardo verso i suoi interlocutori, a cercare una reazione: Akane aveva un'espressione quasi penosa in volto, mentre Ranma era un blocco di ghiaccio e sudava freddo.

E poi?”

Il codinato intervenne, deglutendo a fatica quel nodo che gli si era formato in gola.

Poi niente … ieri mattina sono tornata, ma ero troppo stanca per venire. Fortunatamente mio padre ha inviato una lettera di scuse al corpo docente ..”

Eh …?”

Il ragazzo non accennava a mollare la sua rigidità. Ukyo intuì la ragione di tale comportamento e sentì quasi le lacrime salirle agli occhi, ma resistette, stringendo nervosamente le mani a pugno.

Akane e Sayuri si scambiarono uno sguardo, avendo scorto il leggero tremolio delle braccia della castana.

Ukyo proruppe allora inaspettatamente in una risata, che di distensivo non aveva niente.

Tranquillo, Ranma, ho spiegato tutto a mio padre … poi con i soldi che ho guadagnato con lo “Ucchan” sono riuscita a regalargli un nuovo chiosco ambulante … Se dovesse rifarsela con qualcuno penso che a temere dovrebbe essere un certo panda ...”

E la ragazza gli fece l'occhiolino, contribuendo a sciogliere leggermente i suoi nervi già in allarme.

Parlarono ancora qualche minuto del più e del meno, poi una ragazzina di un'allegria quasi inopportuna fece il suo ingresso in aula, vestita di un tailleur leopardato decisamente fuori luogo e che le calzava troppo lungo. Si slanciò alla cattedra e salì saltellando sulla sedia.

Buon giorno alunni!!”

La classe ormai piena ammutolì e ciascuno raggiunse il proprio posto a sedere, senza fiatare.

Allora siamo pronti!! Sì!!!!!”

Euforica e con una vocina decisamente acuta, la professoressa Hinako Ninomiya aveva fatto il suo ingresso in aula.

La fronte di Ranma andò a toccare la superficie liscia e fredda del suo banco e la sua bocca emise un mugolio.

E menomale che dovevamo ricominciare bene, eh ...”

Allora prendete il nuovo libro di lingua inglese!”

Era ricominciata la solita routine.

 

Shampoo stava assorta in quella marea di fragili pergamene nella sua camera. Era il paradiso per lei: quello che aveva tentato fino a quel momento era ridicolo, in confronto alle soluzioni che le si paravano di fronte, ma ora non poteva più sbagliare, nemmeno per una misera percentuale: avrebbe cercato la soluzione definitiva.

Scorse ancora quelle che aveva in mano, che riguardavano gli oggetti incantati, finché non arrivò a quella designata. Stava per leggerla, per avere finalmente le sue risposte, quando lo scorrevole fu aperto di colpo.

Shampoo! Shampoo! Dobbiamo aprire il locale!”

Mousse, senza occhiali, urlava a squarciagola, rivolgendosi all'armadio a muro.

L'amazzone, interrotta ed alquanto irritata, afferrò un secchio pieno d'acqua gelata che si era preparata e lo scaraventò contro l'ignaro ragazzo.

Stupido papelo! Si bussa plima di entlale nella camela di una signola!”

Mousse si ritrovò improvvisamente fradicio da capo a piedi, con la tunica ed i pantaloni che gli stavano addosso come un groviglio di indumenti; gli occhiali, che erano posati sul capo, gli ricaddero malamente sul becco. Si scosse, arruffando le piume, e sospirando un tremulo “quack”. Uscì allora a capo chino dalla stanza, portandosi via i suoi vestiti come meglio poteva, afferratili con le ali.

Shampoo si alzò richiudendo di scattò lo scorrevole in legno e carta di riso. Ritornò poi al suo piccolo tavolino, decisamente ingombro. Si sedette nuovamente a gambe incrociate e riprese fra le mani l'oggetto del suo interesse. Finalmente Ranma sarebbe stato suo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qua! Scusate l'ennesimo ritardo, ma, se l'ispirazione non c'è, sono problemi >_< !

Allora, ancora un tassello si è aggiunto: Shampoo ha intenzione di porre fine ai suoi “problemi”, per sempre, e quello che ha sottomano sembra essere terribile. Quale sarà la sua prossima mossa? Ed Ukyo? Cos'è che scombussola così il suo animo? C'entrano forse i nostri? Al prossimo capitolo le risposte ;)

Ringrazio ancora chi mi segue, in questa complicata storia, con particolare riferimento a JuliusCX e 00_sakura_00, che hanno recensito il capitolo precedente, ed a elysa82, che ha inserito la storia fra le sue preferite, grazie a tutti!

See you soon!

p.s. Vi ricordo ancora la mia pagina su facebook, “Noi che scriviamo e leggiamo su efp”.

Sayonara!

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Capitolo 17
*** In the darkness ***


In the darkness

Con mosse rapide e veloci percorse il perimetro delle mura, ultimo baluardo di quelle che un tempo erano le tipiche abitazioni della zona. Ormai in tutto il quartiere sorgevano palazzi e villette moderne, ma il dojo e la casa resistevano.

Saltò leggera verso il tetto sporgente, avendo cura di non provocare il minimo rumore: un solo sbaglio avrebbe compromesso tutto. Con passi piccoli e studiati attraversò in bilico il tetto del piano terra, finché non raggiunse la sua meta. Allora si rannicchiò seduta, si voltò verso la parete e si lasciò andare nel vuoto, aggrappandosi al bordo con il dorso dei piedi: sentiva le tegole umide e fredde gelarle gli arti. Scrutò dunque nella semi oscurità, ritrovandosi di fronte ad una finestra ovale dalle studiate rifiniture. Aveva fatto centro.

Si dette un colpo di reni, compiendo un azzardato salto mortale, per poi atterrare sull'erba del prato, coperto di rugiada. Si tolse con gesti lenti le scarpette basse si tessuto, poi estrasse una forcina dalla sua lunga chioma. Sarebbe stato facile aprire la vecchia serratura. Introdusse quindi il piccolo oggetto di plastica nel meccanismo, muovendolo freneticamente in tutte le direzioni, finché la serratura non scattò, con un rumore basso e sordo.

Aprì la piccola finestra, avendo cura che i cardini non producessero rumore, e datasi la spinta con le braccia, vi passò attraverso. Vi si tenne aggrappata per alcuni secondi, in modo da stendersi ed appoggiarsi al tatami silenziosamente; poi mollò. Ringraziò i kami di aver avuto l'idea di indossare la sua piccola casacca floreale: aveva un po' di freddo, ma in compenso si era potuta muovere senza alcun impiccio. All'interno della piccola stanza il suo corpo registrò un lieve cambiamento di temperatura, tale che represse con sforzo disumano un piccolo starnuto. Non poteva fallire proprio in quel momento.

Scandagliò, assottigliando le palpebre, quella comune stanza degli ospiti: pallidi raggi di luna filtravano dalla finestrella ovoidale, per illuminare leggermente lo scorrevole in carta di riso; capì che doveva fare in fretta: chi fosse passato di lì avrebbe potuto notare la sua ombra; si mosse allora sul tatami leggera e veloce.

Improvvisamente il suo piede si bloccò su qualcosa di morbido, rischiando di inciampare; sforzò il più possibile la sua vista, fino a vedere qualcosa che non la sorprese, ma che sinceramente continuava ad inorridirla: cumuli di biancheria intima erano sparpagliati per tutta la stanza, raccolti soprattutto intorno alla minuta sagoma di Happosai, che beato ronfava sul suo futon, con un'espressione lasciva in volto, alcuni reggiseni fra le mani ed una mutandina sul capo. Un brivido le percorse la schiena, ma scosse la testa: doveva concentrarsi sul suo obiettivo.

Serpeggiò dunque in mezzo ai cumuli di pizzo e cotone, fino a potersi sistemare accanto all'anziano ometto. Si distese veloce all'altezza della sua quasi pelata testolina, per poi avvicinarsi piano piano al suo orecchio. Shampoo rannicchiò le sue gambe e, piegati i gomiti, si accostò ad Happosai, avvicinando le sue mani alla bocca, piegando i palmi nella forma di una conchiglia. Inspirò profondamente.

Stava per schiudere le sue labbra, quando il vecchietto si mosse appena, agitando quello che aveva nelle sue mani.

Ahhh … zuccherini ...”

I muscoli del suo corpo si irrigidirono da capo a piedi: che si stesse svegliando?

Gettò una fugace occhiata al volto del vecchio maestro di arti marziali, per scoprire con sollievo che i suoi occhi erano chiusi e l'espressione immutata. Tirò un sospiro di sollievo, capendo che aveva solo parlato nel sonno. Forse aveva consumato tutte le sue energie nella sua strana quanto usuale “caccia”; non era difficile crederlo viste le condizioni della camera.

Shampoo riprese allora il controllo del suo corpo e concessosi per un momento un lieve sorrisetto, riavvicinò i palmi delle sue mani e cominciò a bisbigliare:

Alzati e dai a Shampoo lo specchio … alzati e dai a Shampoo lo specchio … alzati e dai a Shampoo lo specchio ...”

L'incessante nenia fu ripetuta dalla ragazza per diversi minuti, finché gli effetti non si mostrarono. Happosai si alzò di scatto, lasciando quello che aveva in mano. Aprì appena gli occhi, che mostrarono uno sguardo vacuo ed assente; le labbra di Shampoo si piegarono in un sorriso luciferino.

Con movimenti scattosi e meccanici l'ometto si alzò, dirigendosi al suo armadio a muro. Lo aprì con lentezza esasperante, cominciando poi a frugarvi dentro; saltò addirittura sugli scaffali, scomparendovi dentro. Quando meno se lo aspettava, Happosai riemerse da quella massa informe di scatole e pergamene, con in mano l'oggetto del suo desiderio. Saltò in piedi di fronte alla ragazza, che con gli occhi rapiti afferrò con rapidità quello che l'ometto le porgeva. I contorni rosso – arancio erano lievemente ammaccati e sotto lo smalto colorato, in alcuni punti, si poteva scorgere l'argento ossidato; la superficie riflettente era incrinata da tre spaccature nette ed irregolari, che nell'incrociarsi producevano venature anche più sottili, tutte tenute insieme da pezzi di scotch accampati; il tutto era poi ricoperto da una patina di polvere. Al primo sguardo la situazione era parsa obiettivamente disastrosa, ma Shampoo sapeva che c'era del lavoro da fare e che quello specchio sarebbe stato solo in seguito la sua arma vincente; per il momento aveva però segnato una tappa importante: era fra le sue mani.

Rialzò un attimo le sguardo, percepito un movimento: Happosai le stava stranamente venendo in contro, con lo sguardo assente, ma con il suo sorrisetto lascivo nuovamente stampato in faccia. Sapeva che il vecchietto era un osso duro, ma per sua fortuna si muoveva molto lentamente grazie all'ipnosi. Quel breve lasso di tempo le bastò per riflettere: sarebbe fuggita azzerando ogni possibilità di sospetto.

Si abbassò rannicchiandosi sulle sue ginocchia e sporgendosi ancora verso Happosai; lui si fermò, con aria estremamente inebetita e con la bocca spalancata. Shampoo prese a sussurrargli ancora qualcosa all'orecchio, ripetutamente, finché il vecchietto non dette segno di aver recepito il comando. Riassunse un aspetto lievemente composto, per quanto potesse, e si diresse con movimenti lenti allo scorrevole; lo aprì e sparì oltre, nel corridoio, diretto alla metà ordinatagli.

La giovane amazzone a quel punto richiuse accuratamente l'armadio, lasciando il resto come lo aveva trovato. Si arrampicò allora per la finestrella e vi passò, prestando particolarmente attenzione al prezioso oggetto che recava in mano. Una volta sul manto erboso, recuperò le sue scarpette, poi spiccò un balzo, ritornando sulle mura perimetrali. Pose allora l'orecchio in tensione e contò fino a dieci: uno strillo acuto risuonò in tutto l'isolato e di lì a poco casa Tendo si animò.

Un altro sorriso storto solcò il volto della ragazza, che si dileguò nella notte, con la falce di luna alta nel cielo a farle da unica testimone.

 

Mesto e sconsolato Happosai consumava la sua colazione, arrampicato su di una pila di zabuton. L'intera famiglia gli lanciava delle occhiatacce significative, che lo incenerivano. Una serie di bernoccoli ed un vistoso occhio nero continuavano a pulsare incessantemente, dandogli un certo fastidio; emetteva continuamente profondi sospiri.

Vi ripeto che non lo so perché mi trovavo nella camera della dolce Akane, ve lo giuro!”

Come no, vecchiaccio. Sei sempre il solito pervertito. Lo prossima volta non sarò così clemente ...”

Ranma, decisamente irritato, stava trangugiando il suo riso.

Quella notte l'urlo di Akane aveva svegliato tutti quanti ed una scena pressoché familiare si era presentata ai loro occhi, mentre preoccupati avevano fatto irruzione nella stanza della ragazza: Happosai era aggrappato al seno della ragazza, mentre lei lo tempestava di schiaffi ed urlava isterica. Gli uomini della casa non se lo erano fatto ripetere: lo avevano afferrato e conciato per le feste, mentre il vecchietto diceva frasi senza senso. Poi era stato lanciato l'ennesimo Happo Dai Karin ed una parte del corridoio del primo piano era stato incenerito. In conclusione, quella mattina erano più o meno tutti irritati e assonnati, con delle vistose occhiaie sotto gli occhi.

Akanuccia, ti prego, almeno tu credimi.”

Cosa? Che non sapevi di essere venuto in camera mia ed essermi saltato addosso?! La prossima volta ti stenderò con la mia mazza da softball!”

Anche Akane era di umore nero, in sintonia con la famiglia e con il suo fidanzato … doveva ammettere che quella mattina erano decisamente sulla stessa lunghezza d'onda …

Dopo aver consumato il resto della sua colazione, gettò un'occhiata rapida alla pendola: erano quasi le otto.

Andiamo Ranma.”

Mh?”

Sono le otto!”

Ok, ok! Finisco un attimo e andiamo!”

La ragazza sbuffò e raccolse la cartella che aveva appoggiato dietro di lei.

Fa come ti pare. Io vado.”

E detto ciò sparì in direzione del portone.

E dai aspettami!”

Il ragazzo finì tutto d'un colpo il riso bollito, raccolse la sua cartella e raggiunse la ragazza. Stava già calzando le sue scarpe.

Allora, andiamo?”

Ranma sbuffò rumorosamente.

Andiamo ...”

Noi usciamo!”

E pronunciata la frase all'unisono uscirono per il loro terzo giorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Shampoo ha fatto la sua prima mossa ed in casa Tendo nessuno se ne è accorto. Quale sarà la prossima? A voi scoprirlo …

Come sempre rieccomi qua con questa storia, di cui ancora ringrazio sentitamente i lettori, come anche 00_sakura_00 e JuliusCX, che hanno commentato il capitolo precedente, ed anche xtsubasanae80x, che ha inserito la fanfiction fra le sue preferite. Ancora grazie a tutti quanti! Vi rammento per l'ennesima volta “Noi che scriviamo e leggiamo su efp”, la mia pagina su facebook, ciao!

Kisu kisu!

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Capitolo 18
*** Grey clouds ***


Grey clouds

 

 La pioggia cadeva incessante, picchiettando fastidiosamente sui vetri. Ogni tanto un lieve baluginio penetrava, tingendo di bianco la stanza circolare, appena illuminata dalle tenui fiamme che si levavano dal grande braciere.

L'odore di terra umida saliva penetrante alle narici, unitamente all'aroma dell'incenso, nella Rotonda del pavimento nudo e brullo del Gran Consiglio.

La grande matriarca sedeva imponente sul suo seggio di legno dipinto, vecchia memoria di tempi ormai decaduti, picchiettando le lunghe dita affusolate sul braccio intarsiato.

Attorno a lei le anziane, a capo chino, stavano disposte a semicerchio, su due lati, mormorando sconcertate.

Obaba, piccola e minuta, stava di fronte alla figura austera ed altissima di Pu Yi, potente ed anziana sua maestra, unica nelle sue doti a reggere da secoli le sorti di Nyu Che Zhu; le mani le tremavano leggermente, mentre cercava di tenere saldo il nodoso bastone.

Dopo alcuni densi minuti di parole mormorate e tensione, la matriarca sollevò la mano, ed il silenzio si impadronì della scena, lasciando posto solo al crepitare delle fiamme ed alla pioggia battente.

Ko Lon.”

La stanza si riempì di una voce bassa e soffiata, ma al contempo decisa.

Obaba si alzò, continuando a tenere lo sguardo basso, sulle sue nocche tremolanti.

Sono qui grande matriarca.”

Sai perché ti abbiamo mandato a chiamare?”

La minuta amazzone deglutì.

Sì.”

Un silenzio sovrannaturale tornò a dominare la scena, mentre un lampo squarciò il cielo. La luce bianca e repentina illuminò i volti stanchi e provati del Consiglio: la questione era seria.

Grandi nubi si stanno addensando sul nostro villaggio, come in questo giorno le nubi ci hanno arrecato tempesta. Antichi demoni stanno cercando di tornare e noi dobbiamo impedirlo: la pena sarà il buio ed esso si estenderà al mondo intero. Ko Lon, la tua famiglia da millenni è erede non solo delle proprie tecniche e tradizione, ma di quelle di tutto il villaggio. Tu sai, mia cara allieva, quali segreti, pericoli ed armi di difesa si celano nei tesori del Joketsuzoku, quanto essi ci abbiano dato beneficio e quanto danno ci abbiano arrecato... Fu per questo che duemila anni fa il primo Gran Consiglio redasse l'Indice, che tu da secoli, come le tue ave, custodisci con fervore”

Ancora una pausa, lunga ed estenuante, con la tensione che corrodeva le anziane.

... ed è proprio per questo che io ti ho richiamato qui al tuo villaggio: il tuo sapere millenario ed i segreti che custodisci saranno nostri alleati nella lotta.”

L'anziana Pu Yi si fermò, emettendo un roco sospiro e crollando lievemente il capo.

Obaba, o meglio Ko Lon, al cospetto della sua incredibilmente anziana maestra, provava un gran senso di timore e rispetto. Solo la sua incredibile statura ed il suo aspetto longilineo erano sufficienti, ancor di più date le sue modeste dimensioni.

L'anziana amazzone, preso un attimo di coraggio, abbandonò la sua posizione ginocchioni e si accostò, pur sempre china, alla matriarca.

Grande matriarca, la prego, mi dica come posso essere d'aiuto. Mi spieghi esattamente come adempire al mio dovere.”

Pu Yi fece un cenno d'assenso, poi schiarì la voce:

Han Si, Mei He: raccontate alla nostra sorella amazzone quanto è accaduto.”

Sì, matriarca.”

Le due anziane si fecero avanti, profondendosi in un inchino di fronte a Colei che le aveva richiamate; poi si rivolsero ad Obaba.

Venerabile Ko Lon, non più di alcune settimane fa, in fondo alla valle, verso Ovest, ha cominciato a manifestarsi un ingente campo di aura negativa … Inizialmente intermittente, poi sempre più frequente ...”

Abbiamo interrogato più e più volte la Divinatrice, ma quello che abbiamo scoperto ieri è andato oltre ogni nostra aspettativa ...”

Sconcertante.”

Il sigillo è ormai prossimo a rompersi ...”

E se accadrà, le Sorgenti innanzitutto si prosciugheranno, poi il buio si diffonderà in tutto il mondo ...”

Obaba sconcertata fissava quelle che mezzo secolo prima erano state sue allieve; sui loro volti vedeva solchi che ogni giorno aumentavano ed i loro capelli, un tempo neri come l'ebano, erano cascate d'argento.

Ma quello che trovò indecifrabile fu quello che lesse nei loro occhi: spenti, vuoti, stanchi … quelli non erano gli occhi di amazzoni, ma erano gli occhi di chi disperava.

Dopo aver boccheggiato, cercando di respirare, l'anziana e minuta amazzone riprese il controllo di sé, quanto bastava per esprimersi:

Com'è possibile che il sigillo si sia indebolito?! Lo stesso potentissimo sigillo che le Divinatrici, nostre antenate, posero?! Cosa ha provocato tutto ciò?”

Ancora un soffio esalato provenne dalla matriarca.

Qualcosa lo ha incrinato, mia cara Ko Lon. L'equilibrio si è rotto. Ed evidentemente quello scontro di forze che ho avvertito mesi or sono al monte Hooh è stato determinante, anche se non ne è stata la causa ...”

Obaba deglutì: sapeva fin troppo bene il motivo per cui il monte della tribù degli uomini – uccello era stato scosso a tal punto.

Ma prima di tutto ciò le fonti maledette di Jusenkyo si erano prosciugate … in realtà fin troppo perché fosse completamente opera e causa del popolo del monte Hooh.

Grande matriarca, dimmi, qual è la causa di tutto ciò?”

Non lo so, mia cara allieva … però credo che ci sia solo una possibilità: uno dei monili ha perduto l'equilibrio.”

Un forte brusio si levò nella stanza. Lo sconcerto e lo sdegno serpeggiarono fra le anziane del consiglio, mentre una strana sensazione stava prendendo piede nella minuta cinese: era paura?

Mi state forse dicendo che uno dei sacri e millenari monili che custodisco ha perso la sua aura?! È impossibile!”

Il sommesso e concitato chiacchiericcio delle amazzoni non accennava a diminuire, mentre uno tetro scenario cominciava a delinearsi nella mente di Obaba.

Ancora una volta la mano della veneranda Pu Yi si levò, mettendo il Consiglio a tacere.

Vi prego, sorelle, non angustiatevi. Per oggi può bastare: la seduta è sciolta. Conferirò in privato con la vostra sorella Ko Lon. E che i kami e gli antenati ci assistano.”

E detto ciò si profusero in un inchino. Poi sparirono: rapide ed agili, le anziane del consiglio si dileguarono nella pioggia, come solo le amazzoni potevano fare.

Ora mia cara saprai perché la tua presenza è tanto preziosa.”

 

Con lo sguardo vitreo Obaba fissava inerte il sottile vetro della finestra, mentre piccole gocce d'acqua brillavano sotto la pallida luce della luna.

Quello che mi dite, veneranda Pu Yi, è terribile, disastroso. Eppure ero sicura di essere stata cauta ...”

Non crucciarti Ko Lon, questa situazione è tanto grave quanto labile: tutto il villaggio sa che sei una custode perfetta, ma pure tu sei umana, anche con te il tempo ha fatto la sua parte … non puoi rimproverarti di non ricordare in ogni suo particolare i dettagli di una storia antica quasi quanto il mondo ...”

Quello che più mi avvilisce è il fatto di non aver potuto pensarci … I sigilli sono così potenti, come lo erano le antiche Divinatrici. Eppure il popolo del monte Hooh ed il suo principe Safulan sono stati in grado di prosciugare Jusenkyo.”

Dimmi, mia allieva, quali sono le tue risonanze? Cosa ti suggerisce la memoria ed il sapere antico?”

Obaba stese le braccia lungo i fianchi, mentre le dita sottili e rugose stringevano tremanti il suo bastone.

Ho un grande timore, grande matriarca, e temo che sia realtà: uno dei tre sacri oggetti che custodisco deve aver perso inavvertitamente la sua aura ed io non sono stata in grado di recepirlo … ma quello che più mi angustia ...” la minuta donna dovette prendere fiato: Pu Yi era a conoscenza di un fatto, ma non di tutta la realtà.

“ … è che tale oggetto possa essere quello che non è più in mio possesso.”

Il rumore della notte riempì la sala dell'edificio rurale.

Il sospiro smorzato della matriarca fu appena percepibile.

Ko Lon, tu mi annunci una catastrofe … non puoi dirmi che è proprio lui!”

Purtroppo temo sia così. L'aura di nessun'altro oggetto sacro ha mai accennato a diminuire, mentre quella del solo che da secoli non è più sotto la mia tutela ...”

Ancora un sospiro.

L'odore di terra umida continuava a permeare l'aria circostante.

Guardami negli occhi, mia allieva. Sei proprio certa che si tratti dell'antico “specchio delle acque del tempo”?”.

Un attimo, un esitazione.

Un raggio di luna filtrò tremolante, illuminando la nuda terra.

Gli occhi di ossidiana della venerabile amazzone erano uno scuro oceano inquieto, mentre il suo corpo ostentava una calma irreale.

Lo sono, veneranda Pu Yi. Quello che però più mi addolora è doverle riferire cosa gli è accaduto un anno fa ...”

Lo hai ritrovato?”

Sì, matriarca … ma credo sia successo qualcosa che solo all'apparenza è trascurabile ...”

Parla, Ko Lon.”

Le lunghe mani affusolate vibrarono appena, mentre afferravano con forza i bracci del seggio intarsiato.

Lo specchio si è rotto.”

Un improvviso refolo di aria gelida spalancò il pesante portone di quercia, investendo in pieno le due donne.

La luna scomparve dietro scuri nembi, in quella notte senza stelle.

Pu Yi, usando tutta la forza che poté, si alzò dal seggio, elevandosi in tutta la sua figura austera.

Che le antenate ci proteggano, Ko Lon, perché questo è l'inizio della fine.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La catastrofe … è questo che Obaba sta riservando per noi? E di quale sventura avranno mai parlato lei e la matriarca? Nubi si addensano all'orizzonte ed una prova difficile sembra delinearsi … a voi prossimamente scoprire quale ;)

Scusandomi ancora del ritardo, ringrazio ancora tutti voi, che continuate a seguirmi, con particolare riferimento a Julius CX e 00_sakura_00, che hanno recensito il capitolo, ed a frangilois, che ha posto la storia fra le sue preferite, grazie ancora.

Con ciò vi auguro la buona notte ed alla prossima!

Kisu kisu! 

 

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Capitolo 19
*** Voices and visions ***


Voices and visions

Salì le scale con compostezza, ma al tempo stesso con passi rapidi e studiati, attenta che nessuno la seguisse: Mousse NON doveva assolutamente disturbarla...

Si diresse in camera sua ed una volta dentro fece scattare la sicura dello scorrevole, bloccando i pannelli. Chi avesse voluto entrare avrebbe dovuto farlo con la forza.

Aprì il piccolo armadio a due ante, dove aveva nascosto il rotolo che le serviva, poi, con estrema cura ed una lentezza esasperante, estrasse dal cassetto sottostante lo specchio. Sentiva le mani inspiegabilmente tremarle, come se fosse febbricitante.

Avvolto in un vecchio strofinaccio, il Guriisu no Kagami aveva ancora di più l'aspetto di una cianfrusaglia, pronta solo per il cestino della spazzatura. Ma si sa, l'apparenza inganna...

Con uno scatto repentino fece uscire l'oggetto dal suo rudimentale involucro e, presa la pergamena, si sedette frettolosamente alla scrivania.

Con movimenti veloci delle dita sciolse il cordoncino logoro e dorato che richiudeva le estremità; svolse poi l'antico rotolo, fino a che non intravide il capitolo che cercava. I grandi caratteri scarlatti, in mandarino antico, erano bordati d'oro, in una calligrafia spigolosa e guizzante, in cui non mancavano lievi sbuffi d'inchiostro e sapienti curvature: erano frutto di mani esperte.

L'occhio scorse dall'alto al basso, da destra a sinistra, finché non arrivò alla formula designata. Con sguardo avido e febbrile l'amazzone cominciò a leggere:

Il Guriisu no Kagami è un cimelio prezioso, forgiato anticamente come suggello fra passato, presente e futuro. La sua rottura è alto presagio di sventura: potrebbe portare ad un enorme squilibrio nell'armonia dell'universo. Esiste tuttavia un rimedio, unico quanto periglioso: se lo superficie si incrinerà, l'acqua della fonte Senza Nome sarà sua cura. Tre gocce dovranno bagnarlo, e l'argento rifletterà ancora le memorie di ciò che era, è e sarà ...”.

Le dita lattee e sottili strinsero con foga la pergamena... se lo sentiva che qualcosa di difficile doveva esserci, il capitolo introduttivo la aveva ingannata... ma non poteva farci niente, i testi antichi erano così: enigmatici e nebulosi.

Il problema non era a quel punto arrivare in Cina, ma come eludere sua bisnonna... l'ultima volta si era rifiutata categoricamente che lei ricorresse ad un preparato o a degli espedienti, rispondendogli che “se voleva l'amore sicuro del futuro marito doveva combattere con Akane Tendo e tutte le sue rivali”. Quell'affermazione l'aveva shoccata, quanto ancora di più il fatto che l'anziana Obaba aveva praticamente sussultato alla richiesta della nipote... Anche la minuta parente stava nascondendo qualcosa...

Scosse la testa allontanando ricordi e congetture dalla mente: ora doveva trovare un rimedio più serio. Come poteva raggiungere Fu Chuan Xiang senza destare sospetti e senza passare da Nyu Che Zu? Un'altra difficoltà sopraggiungeva: non far scoprire a nessuno che era diretta alle Fonti Maledette, altrimenti un cospicuo numero di persone l'avrebbe seguita...

Rilesse ancora altre tre volte il punto interessato ed ogni volta il responso risultò lo stesso. Niente doppi sensi, niente indovinelli, niente seconde opportunità: solo l'acqua di una delle fonti dove non era ancora stato immerso nessuno poteva sanare la superficie crepata dello specchio.

Shampoo si alzò, in preda all'insicurezza, percorrendo avanti e indietro la sua stanzetta quadrata. Ne valeva davvero la pena rischiare tanto per quello che poteva ottenere con molto meno? In fondo poteva sempre disobbedire a sua nonna e comprare qualcosa dall'ambulante... una volta là sarebbe poi stata in grado di trovare una delle fonti necessarie al suo scopo? E se fosse caduta in un'altra pozza maledetta, assumendo orribili sembianze? Separare Ranma ed Akane nel loro passato valeva davvero il suo onore, la sua dignità, forse addirittura la sua vita? E cosa le garantiva che poi lo specchio avrebbe funzionato? L'ultima volta i propositi di “riappacificare” il giovane Happy con la giovane Ko Lon erano stati completamente vani …

Sentì salirle il sangue alla testa ed il nervosismo prendere piede. Accelerò la sua andatura, cominciando a camminare in cerchio sul suo morbido tappeto rosso damascato. I suoi lunghi capelli lavanda, leggermente scarmigliati, ondeggiavano sulla sua schiena, mentre le sue mani si torturavano vicendevolmente. Perché non andava mai secondo i suoi piani?

Perché non sei abbastanza determinata giovane amazzone …

Sì bloccò, stupefatta, al centro della stanza. Cos'era stato? Una voce? Ora stava addirittura impazzendo? Non andava per niente bene, assolutamente..

Massaggiò con movimenti circolari le proprie tempie poi raggiunse nuovamente la scrivania e sedette. Lanciando uno sguardo furtivo sul piano e sulla pergamena notò che qualcosa era cambiato: non c'erano più i caratteri scarlatti ed il testo in inchiostro nero. Sulla pergamena figuravano fiammeggianti caratteri violacei, che sembravano avere vita propria.

Shampoo si guardò intorno... da quando nella sua stanza era diventato così buio? I contorni delle pareti erano a malapena distinguibili, e porta e finestra non si indovinavano in quella quasi totale oscurità. L'univa fonte di luce proveniva dalla pergamena...

Il suo sguardo si bloccò impietrito sullo scenario, mentre i muscoli del suo corpo si rifiutavano di risponderle. Un fremito percorse tutta la sua schiena. Cosa stava accadendo, per i kami?!

Non ti preoccupare, amazzone, non ho intenzioni malvagie, anzi, forse sarò la tua ancora di salvezza...

Ancora quella voce baritonale e glaciale risuonò, frastornando i suoi sensi. Ma da dove proveniva? Dal corridoio? Da fuori?

Sono qui, Xian Pu...

Ancora una volta, e stavolta più nitida, come una forte eco: era nella SUA TESTA.

Chi sei? Cosa mi stai facendo? Cosa vuoi da me? E come conosci il mio nome?”

Una risata lugubre e sommessa riempì la stanza, mentre la testa minacciava di scoppiarle.

Sono la tua salvezza, Xian Pu, io so tutto... sono l'onniscienza, sono il sapere, sono la sete di conoscenza... e tu cercando mi hai evocato...

Com'è possibile? Non ho letto alcuna folmula di invocazione...”

Non è necessario... dal luogo in cui mi trovo sono comunque riuscito a sentire la tua preghiera, la tua necessità, la tua disperazione... tu SEI disperata, Xian Pu, hai bisogno di me...

Era tutto così assurdo.

La testa le girava e quella che sembrava ancora essere la sua stanza le vorticava intorno; i colori violacei di quei caratteri marchiati a fuoco erano cupi, eppure sembravano penetrarle gli occhi, facendole male. Forse stava sognando?

No, non stai sognando, è tutto vero... e te lo dimostrerò: leggi i caratteri che ti ho rivelato, i caratteri nascosti che la pergamena celava... invocandomi hai reso possibile tutto ciò...

Shampoo si accostò lentamente alla scrivania, schermandosi gli occhi con le mani. Fra dito e dito vide il baluginio delle fiamme affievolirsi, mentre i caratteri divenivano sempre più nitidi.

Leggi, giovane amazzone.

Questo è il sigillo di Zhang Qai Long. Colui che lo spezzelà, salà di dilitto dotato di un glande potele e potlà govelnale i fili del Destino... Tu mi plendi folse in gilo, voce? Il Destino è una folza supeliole, nessuno può domallo...”

Ti sbagli, Xian Pu...

La ragazza avvertì nitidamente una fitta dolorosa attraversarle le tempie da parte a parte, che la costrinse a raccogliere la testa fra le mani.

Tu sei in grado di ottenere tutto ciò... tu HAI lo specchio incrinato, e tutto ciò ha liberato un enorme potere...

Dammi un solo motivo pel cui lischiale... la mia vita vale di più...”

Lo so giovane amazzone, ma tu non rischi niente hai già tutto... devi solo ridare VITA allo specchio... ed io farò tuo il tuo ai len...

Il cuore di Shampoo ebbe un sussulto. Ranma... stava facendo tutto per lui, perché finalmente potessero vivere il loro amore, perché lui stesse con lei, perché Akane non si ponesse più in mezzo a loro, senza più problemi, alla luce del sole... Perché stava esitando allora? Non aveva forse il potere di fare tutto ciò nelle sue mani? La sua vita non era in pericolo, no, ora lo sapeva... stavolta avrebbe avuto il suo agognato lieto fine e Ranma sarebbe stato con lei...

Allontanerò la ragazza da lui... PER SEMPRE...

Un sorriso storto comparve sul volto niveo della ragazza: avrebbe messo la parola fine a tutti i suoi guai...

 

Camminavano lentamente lungo il canale, mentre a ovest il sole, un enorme semicerchio rosso, sprofondava lentamente, irrorando il cielo turchese di bagliori arancio.

Attraversarono uno davanti all'altra il ponte, in silenzio, mentre all'orizzonte si stagliavano nere sagome di uccelli, che tornavano al loro nido.

Un'altra giornata come tante era passata ed ora tornavano a casa, in silenzio.

Akane camminava piano, a piccoli passi, tenendo ben salda la cartella di cuoio in mano e lo sguardo a terra. Da quando tornare a casa con Ranma era diventato così difficile, così pesante? Tante cose era state difficili in quegli ultimi mesi... ma arrivare al punto di non battibeccare nemmeno? Ripensò a qualche mattina prima, al solito teatrino. Lei fumante di rabbia, lui balbettante e sempre poco reattivo, Shampoo appiccicosa. Una vampata calda di stizza salì fino alla testa, poi si spense in un baleno: dopo nemmeno un minuto Ranma era già dietro di lei, chiedendole di aspettarlo, senza che ci fosse la cinesina attaccata al suo braccio... chissà come era andata in quel lasso di tempo in cui li aveva lasciati soli...

Akane guardò avanti a se il codinato che, cartella in spalla e mani in tasca, procedeva abbastanza spedito.

Ranma?”

Mh?”

Quello chiamato in causa si voltò.

I raggi del sole, in tralice, illuminavano il suo volto, facendo apparire i suoi occhi di un grigio cangiante. Ad Akane mancò il respiro...

Cosa c'è Akane?”

La ragazza scosse la testa.

Niente, ecco, io ...”

Il ragazzo si voltò completamente, avanzando verso di lei. Il suo sguardo era un misto di curiosità ed apprensione.

Akane, va tutto bene?”

Un altro respiro mancò all'appello quando Akane se lo ritrovò ad un palmo di naso. Una tale vicinanza la scombussolava.

Si discostò appena poi prese fiato.

Ranma dimostrò di accorgersene, lasciando comparire un velo rosso sulle sue guance.

S-sì, tutto bene … è che... volevo scusarmi.”

Il ragazzo rimase allibito: Akane che si scusava? In quale universo parallelo era finito?

Guardò per alcuni secondi la sua interlocutrice con uno sguardo a dir poco allucinato, mentre le palpebre sbatteva veloci, segnalando la sua incredulità.

Ehi, Ranma, ci sei?”

Fece lei, sventolandogli il palmo della mano davanti agli occhi.

Ehm, sì, ma... potrei sapere perché, ecco, mi chiedi scusa?”

Lo sguardo di Akane tornò verso il basso, incatenandosi alle punte lucide delle sue scarpette nere.

Percepiva un calore innaturale spandersi su tutto il suo volto.

Beh, per l'altro giorno... sono stata sgarbata...”

Solo?”

E non mi interrompere!”

Una oblunga gocciolina comparve sulla tempia di Ranma. In fondo era sempre Akane, con i suoi pro ed i suoi contro...

Insomma, sì, tu volevi sapere come stavo, no?”

Già...”

Beh, non è un periodo facile, sai?”

Tutta le leggerezza svanì assieme al sole ormai tramontato.

Ranma sentì che non era più un discorsetto qualunque e che dietro c'era uno sforzo enorme.

Purtroppo non credo di aver fatto per niente ordine nella mia testa, anzi, credo ci sia ancora più confusione... capisci cosa intendo?”

Sì...”

Lo sapeva eccome.

La Cina. Le sorgenti maledette. Il monte Hooh. Safulan. Akane. Il matrimonio fallito. Era tutto un'enorme confusione. Era già tanto che in quel momento fossero riusciti ad intaccare appena la punta dell'iceberg, quando ancora ce n'era un'immensa parte sommersa...

Capiva perfettamente lo stato d'animo di Akane, perché era il suo.

Quindi volevo chiederti scusa, ecco … accetti?”

Un tiepido sorriso si allargò sul volto di Ranma, mentre quel calore insolito continuava ad espandersi sul volto della ragazza. Perché erano sempre un delirio con lui le cose più semplici?

Accetto, ma ad una condizione: che anche tu accetti le mie... non volevo strattonarti a quel modo né tanto meno urlarti addosso, quindi, sì, ecco, scusa...”

Anche Akane rispose con un sorriso, spontaneo, leggero.

In quel momento il cuore di Ranma perse un battito. Era così bello e raro veder sorridere Akane.

Allora pace fatta... adesso andiamo a casa, altrimenti Kasumi comincerà a pensare che ci siamo persi!”

Mh, non mi preoccupa Kasumi, piuttosto Nabiki: sarebbe capace di inventarsi qualcosa ed aizzare i nostri genitori!”

Oh kami, hai ragione. Andiamo! Ranma?”

Il ragazzo si era improvvisamente bloccato, scrutando attentamente i dintorni. In tutto l'isolato si sentiva solo il sommesso uggiolio di un cane.

E adesso che ti prende?”

Shh...”

Scandagliò minuziosamente tutto intorno, senza tralasciare il minimo dettaglio. Poi vide la fronda di un albicocco...

Fino a qualche momento prima non era così sporgente...

Ehi, c'è qualcuno laggiù?”

Era tutto il pomeriggio che aveva avuto una strana sensazione, come di essere seguito, ed anche in quel momento c'era qualcosa che non quadrava...

Ehi?”

Al secondo richiamo udì un fruscio leggero, poi scorse un movimento più palese. C'era davvero qualcuno!

Ehi!”

Scattando in avanti si precipitò nel luogo designato, dalla parte opposta della strada. Poi, dopo aver intravisto una sagoma, constatò amaramente di averne perso le tracce, in pochi secondi.

La costernazione si fece spazio nel suo animo. Chi era che lo stava seguendo? E come faceva ad essere così veloce? Altre domande e confusione si aggiunsero nella sua mente.

Poco dopo Akane, con una corsetta lo raggiunse. Poté leggere apprensione sul suo volto.

Ranma! Cos'è successo?!”

Si voltò verso di lei con uno sguardo abbattuto e serio.

C'era qualcuno e quel qualcuno ci stava seguendo.”

Improvvisamente la dolce brezza serale, che in quel momento spirava, sembrò ad Akane un gelido refolo di vento invernale.

Cosa stava accadendo nelle loro vite?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci qua!!!

Intrighi, voci, visioni e domande … cosa sta combinando Shampoo? Sembra niente di rassicurante. Avrà forse a che fare con il lugubre presagio di sventura di Obaba o con gli strani incontri di Ranma ed Akane? Chissà... a voi scoprirlo prossimamente ;)

Mi scuso ancora per l'ennesimo ritardo, ma gli impegni si stanno sovrapponendo e che volete farci? Poi mettete in conto che sono anche sbadata ed un po' pigrona, con pure il blocco dello scrittore quando serve ^^”, ma abbiate pazienza, che piano piano vado avanti!

Mi scuso inoltre per la confusione che ho fatto con il layout, che mi sono accorta di aver cambiato dopo il quattordicesimo capitolo, chiedo scusa davvero: appena potrò sistemerò tutto, riportando tutto simile, prometto!

In finale di saluti ringrazio ancora e sempre i miei lettori, grazie davvero; ringrazio sentitamente JuliusCX, 00_sakura_00 e frangilois per le loro recensioni ed in particolare ancora JuliusCX, che ha messo la storia fra le sue preferite, come pure me fra i suoi autori preferiti, grazie davvero, ne sono lusingata!

Detto ciò vi saluto ancora, ricordando che se volete farci un salto, c'è la mia pagina su Facebook, “Noi che scriviamo e leggiamo su efp”.

Alla prossima, bye!

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Capitolo 20
*** A sign ***


A sign

Respirava piano, regolarmente, tenendo il suo corpo in tensione. Il cuore scandiva cauto i suoi battiti, i polmoni inspiravano ed espiravano ritmicamente, le membra era quasi statiche.

Ma sotto vi era uno sforzo disumano: le arterie pompavano con tutta la loro forza il sangue, minacciando di scoppiare, i polmoni bruciavano, bramando di risucchiare quanta più aria potessero, e tutti i muscoli, benché coi loro limiti, volevano guizzare, fremevano.

Non si poteva permettere di cedere in quel momento, non senza nemmeno aver cominciato, ma quella volta sarebbe stata dura, più di tutte le altre. Nonostante tutto poteva aver la forza di farcela? E soprattutto, da quando tornare in Giappone, a Nerima, era divenuto così pesante?

 

Fischiettava allegramente, mentre stava riponendo nel frigorifero della cucina le ultime casse con le bottiglie di sake. Si asciugò il sudore della fronte, dopo aver sistemato il tutto con successo, poi uscì da lì richiudendo la grossa porta metallizzata. Estrasse allora dalla tasca il raro tesoro che aveva raccolto: un bocciolo di ciliegio, un bocciolo tardivo, qualcosa di raro e delicato, bello e raro come la sua Shampoo. Glielo avrebbe donato ed avrebbe trovato la forza di chiederle un appuntamento, sì, ne era certo: quel giorno era il suo giorno fortunato e lei gli avrebbe detto di sì.

Uscì quindi gongolante e deciso dai locali del ristorante, per addentrarsi nell'abitazione. Non dovette aspettare molto, che la incontrò, anzi lo travolse.

-Ah, stupido papelo, ma pelché sei semple nel mezzo?-

Mousse, appena steso sul legno del pavimento, impiegò poco a rialzarsi.

-Shampoo, mia adorata … -

-Non ho tempo pel te Mousse, ho molta fletta. Devo andale a fale delle consegne.-

-Consegne? A quest'ora?-

Sistemandosi gli occhiali, lo sguardo del ragazzo ricadde sull'orologio nel corridoio, che segnava appena le dieci. Una mole imprevista di borse fece capolino dietro la ragazza.

Shampoo sbuffò rumorosamente.

-Celto! I clienti sono i clienti. Mi laccomando Mousse, avvelti la bisnonna che potlei fale taldi … so che oggi tolnelà … capito?!-

-S-sì … scusa Shampoo, ma … tutti quei borsoni cosa ci fanno qui?-

Chiese timidamente l'impacciato ragazzo.

La risposta fu rapida e “coincisa”. Uno schiaffo si impresse sulla sua guancia, caldo e dolente.

-Ma, ma, Shampoo, perché?-

-Pelché non ti devi azzaldale a toccale niente, capito? Ho sistemato il mio almadio pel la plimavela, ecco tutto … se ti tlovelò a flugale, uno schiaffò salà niente.-

Un sospiro di rassegnazione sfuggì veloce fra le labbra.

-Ho capito.-

Lo sguardo lugubre della amazzone mutò subito in un sorriso a trentadue denti.

-Pelfetto! Ciao, ciao, Mousse!-

E travolgendolo ancora sgusciò via.

Il cinese si rialzò per l'ennesima volta, sfiduciato e distrutto. In tutto ciò notò qualcosa di roseo sul legno. Il bocciolo di ciliegio era stato calpestato, da Shampoo, senza un minimo di riguardo.

Sistemò saldi sul suo naso i grandi occhiali spessi, sperando che la tristezza nelle sue iridi di giada non si potesse scorgere.

Attraversò mesto il corridoio, tornando al ristorante, decidendo che avrebbe annegato il proprio dispiacere pulendo le ultime stoviglie … almeno Obaba non si sarebbe lamentata, non almeno più del solito.

Stava per dirigersi nella cucina, quando lo scorrevole della porta d'entrata si spalancò di colpo.

-Chi è là?-

Un familiare quanto doloroso colpo in testa non si fece attendere.

-Stupido di un ragazzo, secondo te? Dov'è la mia cara nipotina?-

-Uh? Ah, è andata a fare delle consegne urgenti...-

-Uhm ...-

I grandi occhi dell'anziana amazzone si assottigliarono. Mousse fu quasi certo di aver visto trapelare dal suo sguardo un accenno di nervosismo.

-Dannazione, non possiamo aspettare, le lasceremo un messaggio. Scrivi Mousse: andiamo dai Saotome.-

Tale precisazione fece un strano effetto sul cinese, facendo nascere in lui tante domande.

Ma obbedì a quanto richiesto senza fiatare: il tono perentorio e preoccupato dell'anziana era stato molto più convincente. E non prometteva niente di buono. Come un fragile bocciolo calpestato.

 

La pentola borbottava, mentre al suo interno le verdure bollivano con i funghi. Kasumi affaccendata e solerte era già in cucina, in largo anticipo sull'orario di pranzo, ma già intenta a preparare prelibate pietanze.

Stava per assaggiare il riso, quando un tintinnio sinistro la richiamò.

Non c'è vento … perché il campanello ha suonato?”

Titubante uscì dalla cucina, dirigendosi nella sala da pranzo.

Quando vi entrò trovò tutti riuniti lì, più due ospiti inaspettati.

-Oh, nonnina, Mousse, siete voi.-

Soun Tendo, grave nell'espressione, si volse verso la figlia.

-Kasumi, siediti anche tu.-

-Ma papà, ho il pranzo sul fuoco … -

-Questa volta i tuoi manicaretti dovranno aspettare, figlia mia.-

Una strana sensazione ad attanagliarle il cuore. Ecco come Kasumi si sedette fra i suoi familiari.

-Ora che siamo tutti, potremmo sapere di che cosa si tratta, vecchia.-

Era Ranma, governato da impazienza ed ansia.

Quando i due cinesi erano piombati nel giardino non aveva avvertito nulla di buono … e sentiva che non ne erano la causa …

-Calma futuro marito, stavo giusto per cominciare. Ma ricordati che la fretta è cattiva consigliera.-

-Lo spero ...-

Soffiò, mentre poteva sentire le sue dita perdere sensibilità sotto la propria stretta a pugno.

L'anziana amazzone sospirò, contribuendo ad aumentare il senso d'angoscia che aveva cominciato a serpeggiare al loro arrivo. Anche Nabiki era tesa, pur non rivelandolo eccessivamente.

-Sono tornata oggi stesso da un importante viaggio in Cina, al mio villaggio. La matriarca e le sorelle mi avevano richiamato urgentemente. Vi assicuro che avrei preferito non rivedere la mia terra, non in queste circostanze. Sembra che le cose si siano complicate dall'ultima volta che siamo stati là ...-

Un tuffo al cuore, ancora, in un momento. Ed uno scenario già visto si ripresentò di nuovo nella mente.

-Non … non si tratterà di nuovo delle Sorgenti?!-

Genma, la voce concitata, affannata, aveva parlato.

-Purtroppo sì, Genma Saotome, le Sorgenti si stanno nuovamente prosciugando. E la causa di tutto ciò è ben più grave di un popolo che vuole eleggere il suo re. A quanto pare era già tutto collegato a quello che è successo in precedenza, ma le cose stanno ben diversamente da come avevamo immaginato.-

-Spiegati meglio, Obaba.-

Il codinato aveva sibilato, sentendo che l'ansia stava prendendo il sopravvento.

Akane fece scivolare silenziosamente la sua mano in quella di lui, sperando almeno che sentisse di non essere solo in quell'agonia.

Lo sguardo di risposta della donna minuta, fu un secco rimprovero.

-Il processo di prosciugamento delle Sorgenti non è stato provocato dal popolo del monte Hooh.-

-Cosa?-

Il grido risuonò unanime, previa la voce dell'amazzone.

Soun puntò sconcertato i palmi delle mani sul tavolo.

-Cosa significa tutto ciò, Obaba?-

-Significa, mio caro Soun Tendo, che effettivamente non aveva senso dare tutta la colpa alla popolazione degli uomini – uccello. Sono molto più d'una le tribù che attingono le loro risorse idriche alle fonti delle Sorgenti Maledette. E dopo quello che emerso nel consiglio del mio villaggio è più che palese che la causa di tutto è altra, e ben peggiore … Un sigillo antico, molto potente si sta incrinando, e chi o cosa era trattenuto da questo sigillo sta da tempo prosciugando le fonti per la loro energia … Mi duole continuare, ma c'è una notizia ben peggiore. Questo sigillo era sotto la tutela delle donne della mia famiglia, da millenni. Sono tre i cimeli che mantengono in vita il sigillo, con la loro aura magica: la “collana della vita”, che rappresenta l'Uomo, il “pettine della terra”, lo Spazio … ed infine … lo “specchio delle acque”, il Tempo ...-

-Un momento ...-

Una voce roca e concitata si era intromessa, facendo voltare i presenti: Happosai era rientrato.

- … hai detto uno specchio che rappresenta il tempo?-

-Esatto Happy … ti è forse familiare?-

Le parole di Obaba furono taglienti, quasi accusatorie.

Akane si animò, come conscia che quello che aveva intuito era un pessimo presagio.

-Obaba, non sarà forse … -

-Sì, Akane … è il “Guriisu no Kagami”, lo “specchio greco”. E noi, rompendolo, abbiamo indebolito un antichissimo e fortissimo sigillo. Se non vi poniamo rimedio, quello che ne uscirà sarà la catastrofe globale.-

-Cosa frena quel sigillo?-

La voce di Ranma risuonò vota, atona.

-Io ...-

-Rispondimi Obaba.-

-Una forza oscura, divoratrice, che se sarà totalmente liberata dal sigillo prosciugherà tutto ciò che è ki su questa terra.-

-Sarà la fine della vita.-

Happosai aveva pronunciato la terribile quanto insperata sentenza. Furtivamente aveva già preso posto attorno alla tavola, sui suoi soliti zabuton, fumando la sua pipa.

-Oh, cielo ...-

Kasumi, scandalizzata, non era riuscita a reprimere il proprio orrore.

-Bene, se allora in tutta questa storia dobbiamo … -

Nabiki fu interrotta bruscamente, ritrovandosi il bastone di Obaba puntato alla gola di taglio.

-Ma che … -

-Silenzio ragazza … sembra che i muri in questa casa abbiano orecchie …-

Poi, rivolgendosi oltre la veranda, in giardino, aumentò il volume della voce.

- … mi sorprende essere presa così facilmente alle spalle, così spiata senza accorgermene, davvero complimenti. Ma adesso i giochi sono finiti. Uscite allo scoperto, chiunque voi siate, o vi assicuro che provvederò personalmente.-

Fu il silenzio in sala, tanto palpabile quanto opprimente. Cosa era preso all'amazzone?

-Obaba, cosa …-

-Shh ...-

Ripiombarono nel silenzio, finché un fruscio sempre più udibile li rese certi delle doti dell'anziana cinese.

Dai cespugli sotto il ciliegio spuntarono due figure. Nabiki sentì il bastone abbandonare la sua gola. Non fece altrettanto la tensione.

I due usciti dall'angolo del giardino avanzarono lentamente, sollevando metodicamente le braccia.

La paura serpeggiò, ed in poco Ranma, Mousse, Soun, Genma, Obaba ed Happosai si ritrovarono in piedi, in posizione di difesa. Fu questione di poco, e lo stupore si diffuse: sotto i raggi di sole che filtravano nella veranda comparvero due ragazzi, le braccia alzate al cielo in segno di resa.

Erano due giovani straordinariamente belli e longilinei, atletici a colpo d'occhio, vestiti con abiti singolari, dal taglio particolare. Portavano lei capelli lunghi, lui corti, arruffati, entrambi di un castano chiaro tendente al rosso. I volti, nivei, erano difficilmente indovinabili, nascosti fra i capelli che ricadevano sulla fronte, sugli occhi, sulle guance, sugli zigomi … ma Ranma li intravide, per un attimo, mentre si scambiavano uno sguardo di meraviglia: vide occhi verdi, cangianti, di un colore straordinario … eppure quei capelli fini e scarmigliati non andavano, quegli occhi smeraldini non tornavano … sembrava … sembrava tutto sbagliato …

-Vi chiediamo scusa, non volevamo essere invadenti ...-

A parlare era stato il ragazzo, con una voce grave e lievemente tremula.

- … vi assicuriamo che siamo innocui ...-

Obaba si fece avanti a tutti, andando incontro ai due, ormai fermi sotto gli scalini di pietra della veranda.

-Molto bene... direi allora che delle presentazioni e delle spiegazioni possano essere il minimo, giusto?-

 

Si stavano fissando ormai da un pezzo, senza proferire parola, da che Kasumi li aveva fatti accomodare. Erano sembrati come in ansia, in imbarazzo di fronte a loro. Da quando era stata portata loro una tazza di tè si erano come ammutoliti.

-Bene, figlioli, vi andrebbe di dirci chi siete?-

Era stato Soun.

Più li guardava, più gli sembrava palese che fossero ragazzi dell'età delle sue figlie. Era stato quasi naturale rivolgersi a loro così, anche se con il cuore che martellava stranamente nel petto.

L'appello fu fruttuoso, risvegliando dall'intorpidimento i due.

-Sì, ci scusi, provvediamo. Mi presento, sono Michiko ...-

- … ed io Kaito. Io e mia sorella siamo gemelli e pratichiamo le arti marziali.-

E si proferirono in un inchino di fronte al padrone di casa, mettendolo buffamente a disagio.

-Ah, ecco, noi ...-

-Non si preoccupi signor Tendo, noi sappiamo chi siete …-

-Come?-

-È una lunga storia.-

Ancora lo stupore si impadronì della scena, mettendo in subbuglio le menti dei presenti. Chi erano quei ragazzini?

-Beh, per oggi il tempo non ci manca, giusto Obaba?-

Ammiccò Nabiki all'amazzone.

-Direi di no Nabiki Tendo. Procedete quindi, sono ansiosa di conoscere questa lunga storia ...-

I due si guardarono negli occhi, poi in tacito assenso, la ragazza cominciò a parlare.

-Ecco, noi … come abbiamo detto siamo fratelli e abbiamo 18 anni, ma non in questo anno, almeno non logicamente.-

-Non ti seguo ragazzina … sii più chiara ...-

Esternò Obaba, l'incapacità di sapere la risposta a renderla ansiosa.

Per assurdo anche la ragazza di fronte a lei mostrava un palese nervosismo, come insicura su cosa dire e fare.

-Noi … non veniamo da qui, da Nerima, o almeno non dalla Nerima di questo anno … veniamo dal futuro, dal distretto del terzo millennio …-

Qualcun altro stava per replicare, per curiosità, ansia, nervosismo, un misto di sensazioni inscindibili. Ma Happosai si era frapposto, schermando le intenzioni con la pipa fumante.

- … Nel nostro futuro la città è molto tranquilla, molte cose saranno risolte, ma sono avvenuti danni irreparabili, ferite molto profonde … abbiamo viaggiato nel tempo fino a qua per porvi rimedio ed evitare la catastrofe. Per questo vi abbiamo ascoltato, seguito, in modo da indagare le cause, da scoprire l'origine: per stroncare sul nascere ciò che farà soffrire molte persone.-

Ci fu una pausa, poi l'anziana amazzone intervenne.

-Mh, hai detto che ti chiami Michiko, giusto?-

-Sì … -

-Allora ragazza pregherei tu e tuo fratello di renderci partecipi delle vostre informazione, perché se avete ascoltato bene, potrebbe andarne della vita ...-

-Lo sappiamo … in realtà tutto o niente, le nostre informazioni sono ancora molto divergenti dalle vostre, ma una cosa è sicura: la causa di tutto e il “Guriisu no Kagami”. Ne dobbiamo impedire la manipolazione, a tutti i costi. Quello è la chiave di tutto.-

Gli sguardi astiosi si puntarono tutti sulla piccola figura che fumava beata sugli zabuton. In pochi secondi si ritrovò sollevata per il bavero.

-Ranma, ti pregherei gentilmente di lasciar andare il tuo maestro. Altrimenti la punizione sarà singolare ...-

-Non credo proprio vecchiaccio … dicci subito dove lo hai nascosto.-

-E cosa di grazia?-

-COSA?! Lo specchio, idiota! Sei tu quello che lo aveva rubato, no?-

Nella tensione generale, nessuno aveva notato gli scambi di sguardi dei nuovi arrivati, sguardi di … rimprovero …

La scenetta durò ancora molto, con il rincaro di Soun, Genma e Mousse ed il diniego secco di Happosai, ormai in procinto di scagliare un Happo Dai Karin.

Il ragazzo saltò su, come infastidito, puntando il dito ai bellicosi presenti, e sventando senza saperlo l'ennesima esplosione della sala da pranzo.

-Ehi, finitela! Vi sembra un degno comportamento da artisti marziali? Non dovreste trattare così un venerabile maestro di arti marziali!-

-Eh?-

Tutti si congelarono, guardando il ragazzo come se fosse un alieno.

Ranma acchiappò Happosai, sventolandolo davanti all'altro.

-E questo vecchio lascivo di un ladro di biancheria tu lo chiami “venerabile maestro”? Devi essere ammattito ...-

-No, non lo sono affatto.-

-Sì, lo sei.-

-BASTA!-

Senza rendersene conto, Akane e la ragazza di nome Michiko si era alzate contemporaneamente, urlando l'intimidatorio stop ad entrambi i ragazzi. Si guardarono appena negli occhi, e la nuova arrivata si sedette, un filo di porpora ad incorniciarle le guance e le mani a torturarsi vicendevolmente.

Akane ristette un attimo, sorpresa da ciò che l'altra aveva fatto, poi riprese la parola.

-Dovreste vergognarvi! La questione è seria e stiamo battibeccando! Forse non ci conosciamo ancora bene e possiamo avere dei dubbi, ma credo che l'urgenza della questione dovrebbe andare sopra ogni cosa … credo che abbiamo bisogno di collaborare: non ne va forse del futuro di tutti quanti?-

-Hai detto bene Akane Tendo … Ed ora Ranma e Kaito, se non sbaglio, vi pregherei di abbandonare il vostro futile litigio ...-

Chiese con fermezza la minuta cinese, con uno sguardo fermo e serio, la determinazione a scintillarle negli occhi, insieme ad un piccolo barlume di speranza.

-... Happy, te lo chiedo con gentilezza, la questione è vitale: dov'è lo specchio?-

Il piccolo ometto assunse un'aria più dignitosa, cominciando a lisciarsi i piccoli baffetti.

-Si trova nella mia camera, ma non sarà facile trovarlo.-

-Allora lo cercheremo, TUTTI insieme.-

 

Dopo un'estenuante ed infruttuosa ricerca di più di mezz'ora, in cui era stato più volte rasentato il litigio ed in cui il pranzo era stato ormai dimenticato, qualcosa infine spuntò fuori.

Happosai trionfante sollevò in aria uno scatolone, ponendolo poi sul tatami verde oliva.

-Ne sono certo, è qui! Non può essere altrimenti!-

-Bene, allora apri, Happy.-

Scostò sapientemente i lembi del cartone consumato, prendendo poi a frugare al suo interno.

Esplorò a fondo la scatola ben più grande di lui, senza emergerne per alcuni lunghi minuti.

Quando ne emerse, il suo volto era come pietrificato, indecifrabile.

-Parla, Happy, cosa c'è?-

La voce uscì secca, asciutta.

-Non c'è.-

-Che vuoi dire?-

-Che è sparito … forse, rubato. Mi hanno sottratto lo specchio …-

Obaba strinse con tutta la sua forza il proprio bastone, mostrando palesemente il proprio tremore. Mousse accorse a sorreggerla, forse davvero preoccupato per la prima volta nei confronti dell'anziana.

Ansimò per alcuni secondi, trovando poi miracolosamente aria da inspirare.

-Non … non abbiamo più tempo … Dobbiamo partire per la Cina, o sarà la fine, per tutti ...-

Le parole risuonarono sinistre, come presagio di morte e di sventura, una lama che pendeva già sulle loro teste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci qua. Si aprono le danze. Un sigillo vitale, quanto fragile, nuovi arrivi misteriosi, la tensione alle stelle e la Cina nuovamente all'orizzonte. Come affronteranno i nostri tutto questo? E Shampoo? Cosa sarà di lei? Lo scoprirete nei prossimi capitoli …

Dopo tanto tempo in silenzio, chiedo davvero scusa a tutti quanti, ma gli impegni sono stati innumerevoli, la voglia di scrivere e la fantasia a zero, ovviamente non mi sono mancati gli imprevisti (come un mese senza computer per alimentatore bruciato e batteria scarica) ed alla fine eccoci qua.

Voglio comunque ringraziarvi per la grande pazienza e voglio festeggiare con voi il 20° capitolo di questa storia, ancora lungi dall'essere al termine, ma che già compie tre anni e mezzo da che la ho cominciata a scrivere (esattamente febbraio 2009 … come passa il tempo …) ed un anno e poco più di un mese dalla sua pubblicazione su EFP (mmm... 19 luglio 2011 *-*).

Non è la prima storia, né sarà l'ultima, ma per idee, contenuti, personaggi, sperimentazioni e tante volte passate a finire o scrivere di sana pianta capitoli alle 2 di notte, direi che le sono molto affezionata... è stata la storia di passaggio, dalle buffe storielle ed idee di Apochan a quelle un po' più impegnate e con voglia di riuscire bene di apochan kenshiro.

Per questo ringrazio sentitamente tutti voi che avete letto fin'ora, frangilois, Julius CX, Sakura00, Kuno84, verycoc, Flenci, che hanno recensito lo scorso capitolo, ancora verycoc e Flenci assieme a Valentina27, che hanno inserito la storia fra le loro preferite, jennyvava e mary_1989, che la hanno inserita fra le ricordate, ed infine edocast, verycoc e Rain Princess, che la hanno segnalata fra le loro seguite.

Grazie di cuore a tutti ed alla prossima!

See you soon!

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