Why can't you see?

di TooLateForU
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le banane. ***
Capitolo 2: *** triangoli pericolosi. ***
Capitolo 3: *** Iceland. ***
Capitolo 4: *** impatto. ***
Capitolo 5: *** daddy's girl is gone ***
Capitolo 6: *** kiss 'n frega ***
Capitolo 7: *** serial-budino-killer. ***



Capitolo 1
*** Le banane. ***


  Plic. Plic. Plic.
La pioggia tamburellava insistentemente sulla mia finestra, quel venerdì ventitrè ottobre. Non era una tempesta, era solo pioggia. Una tranquillissima pioggia per un tranquillissimo venerdì ventitrè ottobre.
In fondo, cosa era successo di così drammatico? Mi figurai come avrebbero potuto passare la notizia al telegiornale.
Una sedicenne di una piovosa città inglese in culo ai lupi era uscita da casa sua per dirigersi a quella accanto del migliore amico e confessargli i suoi sentimenti. Aveva provato il discorso due ore e un quarto davanti allo specchio, e doveva suonare come qualcosa del tipo ‘ciao, ti amo da una cifra, mi porti al ballo?’ e poi tutto si sarebbe risolto con un bacio mozzafiato.
Bacio, applausi, cala il sipario.
Però qualcosa era andato storto, perché la nostra cara protagonista, la qui presente sfigata Allison Stewart, non aveva calcolato bene la reazione dell’amico.
 
 
Boccheggiai qualche attimo, come un pesce. Quando avevo otto anni nonno mi aveva portato al circolo della pesca, sapete quel posto dove mettono tre pesci del cazzo in una piscinetta di venti centimetri per far credere ai bambini di saper pescare? Ecco, lì. Avevo pescato una sogliola, peccato che questa aveva continuato ad agitarsi sul legno e ad aprire e chiudere la bocca in cerca di aria.
Poi mio nonno l’aveva colpita con il suo bastone da passeggio bestemmiando in irlandese, ed era crepata.
Ero come quella sogliola. Boccheggiavo. Mi mancava l’aria.
“Allie, ci sei?” Liam sventolò una mano davanti alla mia faccia, scrutandomi preoccupato.
“Tu..sei..mm…”
“Gay, lo so. Io..davvero, volevo dirtelo prima, ma non sapevo come e poi..Oh Allison, mi dispiace così tanto!” si morse un labbro, guardandomi con compassione.
Ma forse..forse non era tutto perduto. Magari era una fase, no? Voglio dire, anche io guardando Santana di Glee mi sentivo un po’ lesbica. Magari era solo una sensazione, una piccola parte!
“Ma sei sicuro di essere tutto gay? No perché, magari è solo una parte..Magari il tuo gomito sinistro è molto gay, ma tutto il resto è etero..” borbottai, ma dicendolo ad alta voce mi accorsi di come suonassi schizzata.
Liam accennò un sorriso “Mi dispiace, davvero. Ma tu non c’entri,eh? Io ti amo, solo che ti amo..a modo mio, capisci?”
No che non capisco, Liam, che minchia ti sei fumato?!
“Sì sì, capisco.” confermai, deglutendo.
Capisco di essere la ragazza più fottutamente sfigata della terra, ecco cosa capisco.
 
Sospirai, prima di affondare la testa tra le braccia. Ma perché, perché tutte a me? Non avevo mai considerato nessun altro ragazzo, eccetto Liam James Payne. Ci conoscevamo da..da sempre, dannazione! Mia madre e sua madre facevano quella cosa, quella ginnastica per donne molto incinta che vogliono sentirsi meno balene o cose del genere. Insomma si erano conosciute, erano diventate grandi amiche e – sorpresa delle sorprese – avevano scoperto di abitare l’una accanto all’altra.
Poi siamo nati io e lui, ad un mese di distanza. E siamo cresciuti insieme, a giocare nei nostri giardini, a pitturarci la faccia con le tempere, a fingere di essere Spiderman e Mary-Jane.
Forse avrei dovuto insospettirmi, quando a sette anni chiese lui di essere Mary-Jane.
Ma questo non c’entra. Lui, insomma..non era gay, cazzo! Non poteva esserlo! Io non avevo nulla contro gli omosessuali, ma semplicemente Liam non lo era.
Si stava sbagliando, sicuro. Era solo un po’ confuso, voglio dire lui faceva atletica, magari vedere tutte quelle gambe muscolose lo aveva un po’ stordito..
Ma certo, era sicuramente così! Lui credeva di essere frocio, ma non lo era. Io ad esempio, in seconda media, avevo dato un bacio sulla bocca a Serena Cosgrove. Bhè, in realtà ero inciampata mentre tentavo di darle un bacio sulla guancia, ma era uguale.
E poi lui non era stato due settimane con quella zoccola di Zoe Sanders? Sì, due mesi fa era stato con lei! La gente non cambia orientamento sessuale di punto in bianco.
Lo sai sin da piccolo, se ti piace la patata o la banana. Non è che a sedici anni ti svegli e dici ‘ehi, vorrei proprio farmi un giro su quella tipa del quarto’, no? No.
Quindi tecnicamente io non ero stata rifiutata da Liam. Era solo un rifiuto temporaneo. Bastava solo aspettare che tornasse in sé, a vedere il mondo dalla solita prospettiva…una prospettiva triangolare diciamo.
Ero troppo volgare? Nonno diceva sempre che ero come un pecoraro nel corpo di una ragazzina, ma diceva anche di aver conosciuto Kennedy in un bordello a Brighton nel 1966, quindi non ci si poteva fidare troppo.
Qualcuno bussò alla porta, e il secondo dopo la testa riccia di mamma fece capolino “Allison, dormi?”
Non mi degnai neanche di guardarla “No, sono morta.”
“Oh, come sei tragica! Che è successo, hai finito il mascara?” prese a ridacchiare come una iena scema, quando sentii squillare il suo cellulare.
La sentii armeggiare nervosamente con il telefono, borbottando ‘dov’è il tasto..stupido aggeggio..’
“Ciao, Sandy! Come stai bellezza? No no, certo che non mi disturbi!”
“Mamma, TE NE VAI?”
“Scusa un secondo cara…” allontanò il telefono, per scoccarmi un’occhiataccia “Allison! Non parlarmi così!”
“Guarda che io ho il cuore spezzato, sono depressa. L’amore della mia vita mi ha chiuso la porta in faccia, capisci? E tutto per colpa delle banane!” gridai, istericamente.
“No scusa, mia figlia ha uno dei suoi momenti…eh lo so, è un periodo difficile, sta sempre a urlare..” continuò a parlare di me al telefono, come se non fossimo a tre metri di distanza e non la sentissi. Stavo per lanciarle addosso il dizionario di inglese, quando finalmente se ne andò verso le scale.
Non chiudendo la porta.
Mia madre mi ignora, il mio migliore amico di cui sono innamorata è gay, e i miei capelli sono in una condizione disperata.
Come posso rimediare a tutto questo prima di morire zitella?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
buonsalve. ho appena finito di scrivere questa cosa, e già la pubblico.
non so dove mi porterà (se mi porterà da qualche parte, perché potrebbe sempre rimanere ad ammuffire nel pc come taaante altre storie) ma mi andava di pubblicarla.
alcune cose le ho già in mente, poi boh. andrò dove mi porterà il vento (?)
adios.

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Capitolo 2
*** triangoli pericolosi. ***


 aloha chicas. sono tornata ieri sera da una vacanza in Toscana con una mia amica e ho subito scritto il capitolo, sjkbdhjfg
questa storia mi intriga. cioè, grazie al cazzo, è mia, intendo che mi vengono un sacco di idee *eeeeh macarena*
comunque stasera sono molto amjdjsgfew perché domani vado all’i-day festival con una mia caVa amica e vedrò i green day *crepa*
grazie a chiunque abbia recensito. vi amùzzòò!1 molto.
byeee

 
 
 
 
 
as long as you love me, I’ll be your platinum, I’ll be your silver, I’ll be your gold..’
Non so perchè, sistemandomi meglio la cuffietta destra, mi immaginai Justin Bieber come pezzo di platino dentro una miniera.
Il platino si trova nelle miniere, no? O forse erano i diamanti? Vabbè, chissene frega. Comunque sia Justin Bieber, che fosse in una miniera o no, aveva ancora attaccato al culo Selena Gomez, dopo ottant’anni che stavano insieme.
Perché è questo che succede alle persone fortunate e normali. Si innamorano, e poi si mettono insieme.
E poi c’ero io, e tutta la mia tragica e penosa e paradossale situazione. Cercai di non pensarci, ma era piuttosto difficile ignorare Liam e far finta che non esistesse quando mi stava venendo incontro sventolando una mano in segno di saluto.
Aprì il cancelletto del suo giardino e se lo richiuse dietro velocemente, prima di trovarsi davanti a me.
Oddio, lo amo lo amo lo amo lo amo..
“Ciao.”
“Amo.”
Aggrottò le sopracciglia “Che cosa?” domandò, incuriosito. Vai Allie, continua a sparare stronzate e a renderti ridicola! Tanto peggio di così non potrebbe andare, a meno che Caroline non usasse di nuovo il ketchup per prepararmi un frullato alle fragole.
“Io non ho detto niente.” risposi, tranquillissima “Allora, come va?” mi sforzai di fare un sorriso come quelli di sempre, e non un sorriso da ragazza con il cuore a pezzi che vorrebbe ficcare la testa nel water fino a raggiungere Atlantide.
“Io sto bene, e..tu?” mi scrutò velocemente, mordendosi un labbro, come se avesse paura di vedermi crollare sul marciapiede urlando in aramaico da un momento all’altro.
E in effetti..
“Bene, benissimo, alla grande. Non vedi che bella giornata che è oggi? Guarda, il cielo, è così azzurro! Cioè, è sicuramente azzurro dietro tutte quelle nuvole nere no? Ah, come mi sento bene! Ma proprio bene, b-e-n-e. E sono contentissima di vedere il mio migliore amico, il ragazzo perfetto che conosco da sedici anni, la mia anima gemella. Tu sei sicuramente la mia anima gemella, solo che io non sono la tua. Ma non è un problema eh, non fa niente, io non ci sono mica rimasta male. Anche se non potremmo mai, mai, mai stare insieme e tu non potrai mai ricambiare ed io rimarrò sempre e solo ‘l’amica’, che importa no? Che importa?”
Mi guardò in silenzio.
Lo guardai in silenzio.
E poi scoppiai a piangere tra le sue braccia.
 
 
“Sei sicura di stare bene? Niente altre crisi improvvise?” chiese, passandomi l’ennesimo fazzoletto su una guancia.
Eravamo seduti e nascosti dietro i cassonetti all’angolo della scuola. Non proprio un posto romantico, ma adatto alle lunghe crisi di pianto.
“Sì, è passato. Mascara?” mi girai perché mi potesse guardare in faccia.
“Apposto.”
“Matita?”
“Apposto”
“Lucidalabbra?”
“Si è tolto, ma non si notava che ce l’avessi prima.”
Sospirai, ed appoggiai la schiena al cassonetto. Probabilmente avrei puzzato di finto cibo marcio della mensa per settimane, ma a chi fotte? Tanto non dovevo conquistare nessuno.
Potrei fare la suora, o la monaca tibetana, e comprarmi una di quelle simpatiche tonache arancioni prima di ritirarmi sul cucuzzolo di una montagna a meditare.
“Scusa, Liam. Non so che mi è preso.” borbottai, disegnando con le dita dei cerchi sui miei jeans.
“Ma scusa di che? Mi sento uno schifo a vederti così.” rispose, con una smorfia.
“Potresti sempre scusarti portandomi a fare shopping, e dicendomi cose tipo tesoro, il verde è il tuo colore!” alzai la voce di un tono per imitare quella di una checca persa, e lui scoppiò a ridere.
Risi piano anche io, giusto per non scoppiare di nuovo in lacrime, e poi lui mi strinse forte una mano.
“Io ti amo, Allie.”
“No, non è vero.”
“Sì che è vero! Sei l’unica ragazza che vedo, lo giuro.”
“Okay che porto la prima, ma ti assicuro che non sono un uomo..A parte quando ho il mal di gola e mi viene la voce da trans, e mi trasformo in Gennaro il pizzaiolo.”
Ruotò gli occhi nocciola al cielo “Intendo che sul versante delle ragazze le altre neanche le calcolo, ci sei solo tu per me. Vorrei tanto amarti in quel senso, ma non ci riesco..”
Feci un gesto seccato con la mano, per zittirlo “Non dire cavolate, non ti devi forzare.” E invece sì che devi, dannazione! “Ma, posso chiederti..da quanto lo sai?”
Fece schioccare le labbra, continuando a tenere la mia mano “Bhè, che mi piacciono i ragazzi lo so da sempre. No, forse non da sempre sempre, dalla terza media credo..” ragionò “..all’inizio pensavo che fosse tipo una fase, o una cosa del genere. Che mi sarebbe passata. Ma non è successo.”
“Ehi, non è che sia una malattia. Anche se non ti è passata e non..e non ti passerà mai, non è una tragedia.”
Mi lanciò uno sguardo obliquo. Non ci credevo neanche io a quello che stavo dicendo.
“Ma l’hai mai visto glee, tu? Lo sai come vengono trattati i gay. E poi in questo paesino del cazzo lo verrebbero a sapere anche i gatti sordomuti.” replicò brusco.
“E allora? Che lo venisse a sapere anche Obama, chissene frega. I tuoi lo sanno?”
“No!” gridò, quasi, e sussultai. “Ti prego, non glielo dire. Mio padre ci rimarrebbe troppo male.” mi supplicò.
“Okay, okay non dirò niente. Ma prima o poi dovrai farlo tu.”
“Preferisco poi.”
Rimanemmo in silenzio, ad osservare il muretto scuro davanti a noi. Era incredibile come erano cambiate le cose in sole ventiquattro ore, il mondo sembrava girare al contrario.
Era più bello, quando eravamo piccoli e giocavamo a sposarci nella rimessa degli attrezzi di casa sua. E ci promettevamo amore eterno.
Era tutto passato, e finto, e finito.
 “Liam?”
“Mmm?”
Non risposi. Restai a riflettere qualche secondo se volevo veramente sapere quello che stavo per domandare.
“Chi ti piace?”
Mi sembrò quasi di sentirlo trattenere il respiro. Ecco, lo sapevo che non avrei dovuto chiederlo. D’altronde, che mi importava? Erano affari suoi, io non c’entravo, e comunque non avrei mai potuto competere con un ragazzo.
“E’ un coglione.” fu la sua risposta, ma a meno che non fossi diventata pazza lo vidi arrossire.
“Che novità.” commentai, sarcastica “Dai, chi è?”
Sospirò, e sciolse la presa dalla mia mano prima di alzarsi in piedi. Si pulì velocemente la maglietta, come se avesse paura che fosse rimasto qualche residuo di spazzatura.
“Liam, dimmelo!” saltai in piedi, decisa.
“Ma che importa, scusa?”
“A me ora importa! Avanti, me lo devi almeno questo.”
Mi lanciò uno sguardo colpevole quando venimmo distratti da un coro di risate fragorose. Sorpassammo i cassonetti per avvicinarci al cancello della scuola, e vedemmo quel povero idiota di Harry Styles appoggiato bellamente al suo Range Rover, circondato da decine di ragazzi e ragazze.
Harry Styles era utile al pianeta quanto lo sputo di una balenottera (senza offesa alle balenottere). Madre avvocato, padre imprenditore a Londra. In poche parole, cagava soldi e non si faceva problemi a sbatterlo in faccia al resto dell’umanità, come non si faceva problemi ad atteggiarsi, a portarsi a letto una ragazza diversa a seconda del tempo e via dicendo.
Una volta mi aveva anche salutato ma io mi ero limitata a chiedere a Liam se anche lui avesse sentito uno strano miagolio, prima di andarmene.
“Guarda, è arrivato l’idiota. Un giorno all’altro i piccioni faranno il nido in quella specie di parrucca che ha in testa.” commentai, ironica, ma Liam non rispose.
Mi girai, e notai che stava ancora fissando Styles come imbambolato. Gli pungolai il fianco con un gomito “Ehi, ci sei?”
“Che? Ah sì, certo.” borbottò, distogliendo velocemente lo sguardo.
Aggrottai le sopracciglia, notando che era arrossito di nuovo.  
Mi sembrò di sentire il criceto sulla ruota nella mia testa muoversi più velocemente, mentre incastravo i pezzi del puzzle.
Chi ti piace?
Lo stava fissando come imbambolato.
Che?
“LIAM!” urlai, sconcertata “Tu vuoi fotterti Harry Styles!”
Il secondo dopo sentii il sapore della mano di Liam sulla bocca, e non perché in un attacco di fame l’avevo addentata, per il semplice motivo che mi stava tappando la bocca.
“Shh, non urlare porca miseria!” urlò (appunto) “E non dire cavolate!”
Scansai bruscamente la sua mano “Non sono cavolate! Oh, Liam, ma perché proprio lui? Perché non uno più normale?”
“Non so di cosa parli.”
“Lo sai benissimo! Ci sono trecento ragazzi in questa scuola, e tu vai a pescarti il più stronzo, idiota, amante della patata che esista!”
“Guarda che non l’ho scelto!” ribattè, piccato “E’ successo, e basta. E non voglio parlarne.”
Detto questo mi superò e si incamminò velocemente verso l’entrata. Continuai a fissare la sua schiena finchè non sparì nella folla di studenti, ancora immobile, prima di tornare a guardare Styles che stava armeggiando con il suo iPhone.
Io amo Liam, Liam ama Harry, Harry ama chiunque abbia una figa.
Come dovrei risolvere la situazione?

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Capitolo 3
*** Iceland. ***


prima di cominciare e dirvi che questo capitolo è corto, schifoso, di passaggio e che il prossimo sarà migliore vorrei precisare alcune cose.
IO.NON.SONO.OMOFOBA.
ciò che dice la protagonista, il modo in cui si rivolge ai gay chiamandoli a volte 'froci' non ha nessuna intenzione offensiva da parte MIA. e neanche da parte della protagonista, a dirla tutta. è solo il suo gergo, il modo in cui parla e non c'entra niente con ME che sono l'autrice. se qualcuno scrivesse un libro su un assassino, vorrebbe dire che approva gli omicidi? no.
io rispetto tutti: etero, gay, trans, cani, gatti, dugonghi eccetera. mi scuso se sono risultata offensiva, ma pensavo fosse chiaro.
detto questo, oggi ho iniziato la scuola e già mi girano i coglions #lol
minchia mi rido? bah.
adios









“Caroline, abbassi la tv?” chiesi spazientita, lanciandole uno sguardo di fuoco. Lei continuò a tenere gli occhi puntati su Doreimon fingendo di non sentirmi e portandosi alla bocca un duplo.
“Caroline!!”
“Che c’è?”
“A-b-b-a-s-s-a!” sillabai, poi feci un cenno al quaderno aperto davanti a me “Non vedi che sto facendo i compiti?”
Quell’inutile palletta di nove anni sbuffò, prima di alzarsi dal divano e dirigersi stizzita verso le scale. Come minimo avrebbe mischiato qualche mio smalto insieme, oppure usato i miei assorbenti per intasare il cesso.
L’avevo detto a mamma che quella ragazzina aveva bisogno di uno psicologo, ma lei si era limitata a ridacchiare e a darle un buffetto sulla guancia.
Riportai gli occhi sui miei compiti.
Allora, se tutte queste pagine stampate di yahoo answer non mentivano il miglior modo di farsi passare una cotta era cominciare ad odiare l’oggetto della cotta, quindi dovevo portare Liam dallo stadio di ‘voglio rotolarmi con Styles al tramonto su una spiaggia’ allo stadio di ‘voglio dargli fuoco a casa’.
Quanto poteva essere difficile? Voglio dire, Ricciolo Matto era un soggetto piuttosto detestabile. Effettivamente a me riusciva benissimo odiarlo, dovevo solo passare questa carica negativa a Liam.
Forse se Styles si comportasse da stronzo anche con lui, si accorgerebbe che è il ragazzo sbagliato. Si accorgerebbe che tutti i ragazzi sono sbagliati, e si accorgerebbe anche che ho comprato un nuovo reggiseno super-push up e un nuovo mascara ciglia feline della Lancòme.
Il mio cellulare..anzi no, cellulare è la parola sbagliata. Il vecchio scaldapizzette che mamma mi aveva rifilato vibrò sul tavolo, e mi allungai velocemente per afferrarlo.
‘ci vediamo da iceland? :)’
Sorrisi, leggendo il messaggio di Liam, e digitai velocemente la risposta, poi mi alzai e corsi verso l’attaccapanni per prendere la giacca blu.
Avevo già la mano sulla maniglia quando mi ricordai di avere una famiglia, purtroppo.
“CAROLINEEE!” chiamai mia sorella.
Silenzio.
“Caroline!”

“CAROLINE ESCI DA QUELLA STANZA!”
Sentii una porta sbattere dal piano di sopra, e la faccia paffuta e tutta rossa di mia sorella apparve dalle scale.
“Ma quanto sei isterica!” commentò, acida.
“Se mamma chiama dille che sono da Liam a fare i compiti.”
“Oh si certo, adesso si dice così.” rispose con voce improvvisamente adulta, prima di fare una risata sarcastica. Io strabuzzai gli occhi, guardandola scioccata.
Come cavolo faceva a sapere queste cose una mocciosa di nove anni? Ah no, lo sapevo. Era tutta colpa di mamma e dei suoi flirt indecenti che si curava di raccontare nei minimi dettagli alle amiche per telefono, come se in casa non fossero presenti due innocenti e facilmente impressionabili minorenni. 
Avevo tentato di farle presente che era patetico vedere una vecchia single nelle sue condizioni comportarsi come un’adolescente schizzata, ma lei si era limitata ad alzare gli occhi al cielo e a dire ‘vai a studiare’.
Triste no?
“Farò finta che tu non abbia veramente parlato, Caroline. Addio.”
E finalmente mi lasciai alle spalle quel circo che era casa mia.
 
 
20 MINUTI DOPO
Era stata una pessima, pessima idea non prendere l’autobus fino ad iceland. Ma un’ancor più pessima idea era stata quella di mettere delle ballerine che mi stavano lacerando i piedi.
Dio, devo fermarmi.
Mi appoggiai stancamente ad un palo della luce, per riprendere fiato, e in quell’esatto istante notai una testa (con il corpo attaccato, ovvio) familiare dall’altra parte della strada, seduta sui gradini di un negozio.
Era Belle Fricker, una ragazza del penultimo anno con sei metri di gambe e un’abbondante terza di reggiseno. Non era propriamente una troia (come la restante parte della scuola), anzi era piuttosto okay, ma solo se ti piacciono le ragazze con l’intelligenza di un cucciolo di labrador.
Comunque non era al massimo quel giorno, dato che sentivo le sue urla e i suoi singhiozzi da qui.
“Ma che vuol dire che è finita?! Avevi detto che mi amavi!” strillava, al telefono.
“M-ma non capisco, che vuoi dir..pronto? Harry, pronto? PRONTO?!”
La vidi lanciare istericamente il suo povero cellulare per strada, riversando la batteria e la sim sull’asfalto, prima di ricominciare a piangere disperata.
Evidentemente Styles aveva colpito ancora. Già da qualche settimana erano stati avvistati insieme, e girava voce (le ragazze della mia scuola credevano di essere sul set di gossip girl) che lei gli avesse fatto un allegro servizietto negli spogliatoi maschili della palestra.
Il che portava a due deduzioni: che Styles fosse uno squallido perverso e che lei fosse più stupida di quanto pensassi.
Che orrore.
 
 
“Patatina?”
Liam mi porse il pacchetto di fonzies, ed io ne afferrai una manciata. Eravamo seduti per terra nel supermercato, appoggiati con la schiena allo stand dei sughi pronti e davanti al reparto della verdura surgelata.
Era il nostro posto. Questo iceland era verso la periferia della città, quindi non ci entrava mai tanta gente, ma era il nostro posto perché entrambi a sette anni ci eravamo persi qua dentro e le nostre madri avevano dovuto far annunciare alle cassiere negli altoparlanti i nostri nomi.
Non so quante volte avessi sognato di dare il mio primo bacio a Liam proprio qui, vicino ai sughi e alle verdure. Solo io e lui, i suoi dolci occhi nocciola e il nostro magico supermercato.
Sarebbe mai successo? No, a meno che non l’avessi violentato. E sarebbe stato fisicamente complicato.
“Sei così silenziosa oggi. A che pensi?” mi chiese, incuriosito.
“Ho incontrato la Fricker, mentre arrivavo.”
“Chi, tette selvagge?”
Gli lanciai un’occhiata sconvolta, e lui fece spallucce “Che c’è? Non sono io a chiamarla così, è stato Harry.” si giustificò.
Harry.” ripetei, tra i denti “Più ne sento parlare più lo disprezzo.” replicai, prima di prendere altre patatine.
Liam scosse la testa “Tu non lo conosci.”
“Perché, tu sì?”
Mi accorsi di essere stata davvero cattiva quando lo vidi abbassare gli occhi e fare un sorrisetto amaro. Dio, lui era veramente innamorato di Styles, anzi, era perso di lui!
“Scusa scusa scusa, non volevo!” mi scusai, pungolandogli un braccio.
“No dai, non fa niente. Comunque frequentiamo ginnastica e francese insieme, e ti assicuro che dietro tutta quell’aria da stronzo..”
“Si nasconde un cuore tenero e sensibile in cerca d’affetto?”
“..no, si nasconde sempre uno stronzo, ma uno stronzo simpatico. E’ spigliato, divertente, ha sempre la battuta pronta, non ha peli sulla lingua..” continuò, facendo dei gesti vaghi con le mani “..e poi ha un sorriso contagioso, mi basta guardarlo e sto meglio anche se è una giornata di merda, e ha una risata pazzesca. E io invece non riesco neanche a respirare quando sono vicino a lui, mi capisci?”
“Oh sì, ti capisco benissimo.” risposi, guardandomi le mani. Capivo fin troppo bene, perché era tutto quello che provavo quando lo avevo vicino. Da sempre.
Cademmo in un silenzio imbarazzante, mentre sentivo il suo sguardo addosso. Non mi andava di fare sempre la parte di quella piagnucolosa con il cuore a pezzi.
Ma io ero piagnucolosa e con il cuore a pezzi.
“Patatina?” ripetè, e in quel momento mi sembrò la cosa più giusta che potesse dire. Gli sorrisi, giusto per vederlo sorridere di rimando e illuminare tutto il supermercato, tutta la città, l’Inghilterra, il mondo intero..
Un giorno, un giorno sarà mio. Devo solo fare in modo che cominci ad odiare Harry.
E non sarà difficile.



 

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Capitolo 4
*** impatto. ***



 Rigiravo i cheerios lentamente, con il cucchiaio. Odiavo quando i cereali si ammollavano nel latte, ma ormai era troppo tardi, quindi valeva la pena divertirsi.
Sbadigliai, e non mi preoccupai di coprirmi la mano con la bocca. Ero stata sveglia fino alle due e mezza per pensare ad un modo per avvicinare Styles a scuola, e non l’avevo trovato.
Mi sarei affidata all’improvvisazione. D’altronde, io sono una specie di genio sedicenne incompreso, non sarà difficile.
“Oddio, i miei toast!” mamma entrò urlando (strano!) in cucina, ticchettando sul pavimento con i suoi tacchi a spillo. Non capiva che mettere quel genere di scarpe quando si avevano delle salsicce come caviglie non era un bello spettacolo.
Per nessuno.
Guardò risentita le due fette di pane completamente bruciate, fuori dal tostapane, e poi fece la cosa che le veniva meglio: prendersela con me per nessuna buona ragione.
“Allison, non potevi controllare? Adesso cosa dovrei prendere per colazione?” sbraitò.
“Britney, se perderò la parte intelligente dell’orecchio a causa tua non potrò mai scappare di casa per diventare una cantante, e sarò costretta a restare in questo manicomio che tu chiami famiglia a vita.” le spiegai razionalmente, ma lei aveva già smesso di ascoltarmi da un pezzo per inveirmi contro.
“Pensi solo a truccarti e a fissarti allo specchio, guarda che io me li sudo i soldi per mantenere un tetto sopra la testa di te e tua sorella!”
Queste erano parole un po’ azzardate per una il quale ‘lavoro’ consisteva nel vendere baracche a povere persone spacciandole per grandi e lussuose ville. Non avrei mai fatto l’agente immobiliare, m-a-i.
“E allora perché sprechi i nostri soldi per il corso serale di balli sudamericani e non per fare la spesa?”
Mi ignorò, come ogni volta che le dimostravo di avere ragione (quindi sempre) e riprese a farsi i suoi toast.
Bel modo di sviare la conversazione!
 
 
“E ora toccate la punta del piede destro!”
Mrs Truman era una donna che non definiresti proprio normale. Tanto per cominciare insegnava ginnastica, cosa che solo un pazzo sadico o un morto di fame potrebbe fare, ma per di più sembrava vivere in un universo tutto proprio. Aveva i capelli tinti pessimamente di arancione, con almeno quattro dita di ricrescita, indossava sempre dei lunghi cardigan arancioni, delle scarpe adidas arancioni e degli orecchini a lampadario arancioni.
E rideva sempre. Ti verrebbe da pensare che sarebbe facile saltare le sue lezioni per fare qualcosa di utile come mettersi lo smalto o farsi le sopracciglia, ma fiutava l’odore di una ragazza nascosta negli spogliatoi a seicento chilometri di distanza.
E quindi mi ritrovavo al freddo e al gelo nel campetto a contorcermi in modo imbarazzante.
Mi piegai, e a testa in giù vidi poco distante da me Macy.
“Ciao!”mi salutò allegra lei, per nulla sfiancata dagli esercizi. Macy era una ragazza mezza filippina che avevo conosciuto al secondo anno, ed era piuttosto simpatica. Ma troppo buona per me.
Voglio dire, lei fa beneficenza, aiuta i vecchietti ad attraversare la strada, fa la spesa…io non posso permettermi di perdere il tempo così. Devo eterorizzare il mio migliore amico.
“Ciao.” risposi, quasi con il fiatone “Come va?”
“Tutto bene, ieri sono andata all’acquario con Conor, sai il ragazzo biondino del corso di inglese, e abbiamo visto un sacco di pesci stupendi! Sai che gli squali a martello attaccano principalmen..”
“Frena frena frena, quel Conor? Conor Shepard?” la interruppi, prima che si perdesse nell’oscuro mondo marino di cui non me ne fregava una minchia.
“Ora su, inspirate!” la pazza continuò a urlare, e finalmente potei alzarmi.
Macy sorrise “Sì lui, ti ricordi che te ne avevo parlato no? Bhè è stata sua l’idea, ed è stato fortissimo! Sa un sacco di cose sai? E’ proprio intelligente, secondo me dovrebbe andare a Oxford, o magari in America ad Harvard..”
Ma io non l’ascoltavo più. Conor Shepard, oltre ad essere un bel pezzo di fregno, era anche il migliore amico di Styles, e sicuramente frequentava tutti i suoi corsi. Ed ora era anche il ragazzo di Macy.
Ed io ero amica di Macy.
Tutto sembrava combaciare.
“Macy, tesoro, che cos’ha Conor alla prossima ora?” le chiesi, molto molto gentilmente. Non volevo darle l’idea che stessi sfruttando la sua conoscenza per arrivare ad Harry.
Anche se lo stavo facendo.
Lei sporse un attimo le labbra, come per concentrarsi “Mmm, matematica, credo.”
“E in quale aula?”
“La duecentosei..ma perché ti interessa?” chiese, più circospetta.
“Oh sai, mi piace..uno della sua classe.” inventai, sul momento. Lei comunque parve soddisfatta della mia risposta.
“Stewart, so che muori dalla voglia di giocare a pallavolo, ma placa i tuoi spiriti infiammati!” esclamò la prof, prima di scoppiare a ridere.
Oddio, ora tutti mi guardavano, domandandosi probabilmente quali fossero i miei spiriti. Infiammati.
Perché a me?
 
Okay, okay l’aula duecentosei era solo a pochi passi, e la campanella era appena suonata.
Ecco, gli studenti già cominciavano ad uscire.
‘Ciao Styles, se ti presento una che ti fa una sega potresti trattare male il mio migliore amico? Ma non essere troppo crudele’
‘Senti Styles, mi serve una mano. Ma non ti eccitare perché non parlo in senso letterale.’
‘Styles, devi aiutarmi.’
No, no, no! Dovevo trovare qualcos’altro, dovevo essere d’impatto, doveva ricordarsi di me..
 
TRENTA SECONDI DOPO
Afferrai il colletto della sua polo rossa e lo sbattei bruscamente addosso un armadietto, che vibrò come impazzito.
“Dobbiamo parlare.” dissi, molto semplicemente.
Non avevo mai guardato Harry Styles così da vicino, e dovevo dire che aveva degli occhi davvero ENORMI. Erano come due bocce di vetro per pesci, ma verdi.
Due bocce di vetro per pesci piuttosto perplesse.
“Non c’è bisogno di assassinare la mia maglietta per spogliarmi.” mi rispose, con un sorrisetto sarcastico.
“Placati, nessuno si spoglierà qui.”
“E allora perché mi stai ancora parlando?”
Oh, come vorrei prenderlo a schiaffi. E poi fargli ingoiare tutti i suoi stupidi ricci!
Smisi di stringere la sua maglietta, che lui si preoccupò subito di lisciare, e cercai di rilassarmi “Cercherò di essere breve. Ho un amico gay.” iniziai.
“Portalo a friendzone.”
“Ma ti stai zitto? Dicevo, ho un amico gay, che ti ama.”
Lo vidi sbiancare “Oddio, che schifo!” esclamò, quasi terrorizzato.
Fu allora che gli diedi il primo schiaffo (primo di una lunga serie..) su una spalla.
“Ahia!”
“Sei un coglione. Che schifo cosa?! E’ assolutamente naturale.” ribattei, irritata.
“Normale un cazzo. E se mi salta addosso? Chi è questo?” domandò, infastidito. Poi mi squadrò attentamente dalla testa ai piedi “E poi scusa, chi cazzo sei tu?”
“Mi metti angoscia Styles, stai calmo! E fammi finire di parlare! Dicevo, ho questo amico, che ti ama, il punto è che io amo lui..”
Mi stavo sputtanando alla grande.
“Ti prego, risparmiami! Ho persone da incontrare, sfigati da tormentare, cose da..cosare..” vagheggiò, gesticolando.
“Certo che se mi interrompi ad ogni parola non finiremo mai.”
“Okay.”
“L’hai rifatto!”
“Cosa?”
“Interrompermi, di nuovo!”
“Non è vero!”
“Ancora?!”
Sembrava sul punto di prendermi a pugni, ma si trattenne “E allora DIMMI!” gridò, esasperato.
Presi un respiro “Tu vuoi togliertelo di torno, io voglio che ami me. La soluzione è semplice: devi fargli capire che razza di idiota sei, così che si dimentichi di te.”
“Io non sono un idiota.” replicò, risentito. Io alzai in modo eloquente un sopracciglio.
“Senti, senza offesa, ma tu hai tutta l’aria di una che non sta tanto bene mentalmente e sinceramente non vedo perché dovrei aiutarti, quindi che ne dici di dirci addio e far finta che questa conversazione non sia mai esistita?” propose, parlando molto lentamente e scandendo le parole come se fossi un cucciolo di cane.
Calma, calma Allie, non staccare la sua gamba e non prendere a picchiarlo ferocemente con quella..
“E andiamo Harry, che ti costa? Giuro che poi non mi vedrai mai più!” lo implorai, suonando davvero disperata.
Mi fissò attentamente con i suoi occhi a pesce palla, con una smorfia, come soppesandomi. So cosa stava pensando, pensava ‘se fosse qualche metro più alta, se i suoi capelli non sembrassero una giungla, se fosse una tettona potrei aiutarla e portarmela a letto, ma..’
“E va bene. Ma lo faccio solo perché non vorrei essere violentato in palestra da un finocchio. E perché sei passabile.” rispose, del tutto sincero, prima di superarmi e prendere la propria strada per il corridoio.
Chissà quando se ne sarebbe ricordato, quella scimmia senza peli, che..
“Ehi!” si fermò nel mezzo del corridoio, e si girò verso di me “Ma come si chiama quello?” urlò, indisturbato. Io lo raggiunsi velocemente, e mi guardai intorno per accertarmi che Liam non fosse nei paraggi.
“Si chiama Liam, Liam Payne.”
Socchiuse gli occhi per qualche secondo, poi scrollò le spalle “Non lo conosco.”
“Ma fate ginnastica insieme da tre anni!”
“E quindi? Se non lo conosco sarà uno sfigato, magari pure pieno di acne, fissato con la matematica, e con gli occhiali..” continuò, sprezzante.
“Liam è stupendo, e non porta gli occhiali.” lo difesi subito, ma lui fece un gesto seccato e fece per andarsene, se non fosse che lo trattenni per un polso.
“Senti, non essere troppo cattivo, okay? E non accennare al fatto che è gay, e non..”
“Gioia, non mi devi insegnare come levarmi di torno qualcuno, lo so fare perfettamente da solo.” replicò, compiaciuto, e per un momento mi comparve nella mente l’immagine di Belle in lacrime. Poi parve ricordarsi qualcosa, tirò fuori dalla tasca il suo iPhone e senza darmi il tempo di scappare a nascondermi sotto una pianta mi fece una foto.
“Ehi!” protestai.
“E’ per ricordarmi la tua faccia. Sai, con tutta la gente con cui parlo ogni giorno…” lasciò in sospeso la frase.
“Pensi di essere Paris Hilton? No perché, al massimo potresti essere il suo cane.”
“Il cane di Paris Hilton è molto più popolare di te. E si veste anche meglio.”
Con questa uscita geniale, mi voltò le spalle e si allontanò.




oddio sto morendo AHAHAHAHA vi giuro, non ho mai riso tanto in tutta la mia vita!
una ragazza (che dovrebbe essere anche una mia lettrice) mi ha detto, in ordine, che sono maleducata a non rispondere alle recensioni, che preferisco quelle di rachiamoipanda, poi mi ha chiesto come diventare ‘popolare’ (?) e dopo averle risposto male, mi ha scritto (cito testualmente): sarò popolare senza bisogno di ragazze acide come te.
in tutto questo ha scritto anche ad una mia amica, chiedendole se è amica mia solo per essere popolare
io boh AHAHAHAHAHAHA mai fatte tante risate in vita mia!
popolare? ma nooo, io voglio essere una dìvinàà, come antonella!1! hihi
AHAHAH ma seriamente, ohonedirection, fuma di meno. e comprendi che questo sito non è una gara a chi ha più recensioni, ma un posto dove condividere le proprie idee.
detto questo, vi lascio. vi amo muchissimo, e volevo dire a mymindisamess che mi dispiace se l’ho presa male, ma l’avviso dello scorso capitolo l’ho fatto solo a titolo informativo, ragionando sul fatto che magari anche altre avevano le tue stesse perplessità. quindi peace, e grazie anzi per avermelo fatto notare :)




 
 
 
 

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Capitolo 5
*** daddy's girl is gone ***


buonsalve. come va? avete visto come aggiorno veloce?
più veloce di una faina, ma scaltra come una lepre, AHAH.
basta.
cazzo, stavolta volevo rispondere alle recensioni. mi ero detta ‘ora rispondo alle recensioni, mi metto con il culo sulla sedia e rispondo’
e non l’ho fatto. *martamerda*
però vi amo tanto, tutte, dalla prima all'ultima cwc OOOOOH, su questa tastiera non c’è la ‘c’ francese per fare la faccina che piange.
fanculo!
gomungue, oggi ho fatto un test d’ingresso di latino. non ricordavo una ceppa *trolololo*. per fortuna non lo conta nel voto.
ora dovrei andare a studiare greco, perché il nuovo prof. è pazzo, sadico e lancia i gessi. oltretutto ha le unghie lunghe.
non mi vaaaaaa. sono tornata da scuola da neanche un’ora.
è un’ingiustizia.
okay, basta parlare della mai tragica vita. vi lascio alla nostra melodrammatica protagonista.
bai.
 
 ps oggi sono undici anni dalla caduta delle torri gemelle. avevo proposto alla prof. di matematica di fare un'ora di silenzio (suo silenzio).
mi ha ignorata.
no, basta scherzare. rivolgo un pensiero a tutte le vittime dell'11-09-2001 #pernondimenticare
 
 

 


15.32
Casa. Cucina. Non facevo altro che andare avanti e indietro nervosamente dai fornelli al frigo, lanciando di tanto in tanto un’occhiata all’orologio a forma di gufo (…) appeso alla parete.
Avevo evitato Liam tutto il tempo a scuola, poi giunta l’ora di pranzo me ne ero tornata a casa. Tanto i prof. non lo fanno l’appello il pomeriggio, e poi potevo sempre accusare un’emicrania, o un virus intestinale, o una costola rotta..
Ma Liam sarebbe tornato da un momento all’altro, e avrei potuto vederlo attraversare il suo giardino solo sbirciando dalle tende.
Dalla sua faccia avrei capito tutto.
Dovevo solo essere paziente.
 
15.33
O-MIO-DIO, come passa lento il tempo! Mi sembra di aspettare da secoli interi.
Diventerò vecchia.
E mi crescerà la barba.
 
15.35
Potrei provare qualche trucco, nel frattempo che aspetto. Ho comprato una nuova make-up pallette l’altro giorno che è favolosa..
Okay, mamma ha comprato una nuova make-up pallette, ma non mi ha mai proibito di usarla.
Ha solo detto ‘se vuoi rivedere la luce del sole, non toccare niente di mio’ il che non è proprio una proibizione, no?
No.
 
Mi stavo giusto passando la quarta manata di blush rosa pallido quando intravidi la figura di Liam sul vialetto. Teneva la testa bassa, mentre si sistemava lo zaino sulle spalle, e sentii il cuore prendere a battermi all’impazzata.
Mollai trucchi e tutto il resto (dopo essermi passata un filo di lucidalabbra d’emergenza) e uscii di corsa di casa.
Attraversai il mio giardino in ciottoli (mamma aveva un odio represso verso ogni tipo di pianta) quasi correndo, quando pensai che dovevo assumere un atteggiamento naturale, non un atteggiamento da psicopatica.
Quindi presi a camminare con più calma, anche se già mi sudavano le mani. Il che è un po’ sconveniente, no? Perché Dio ha creato il sudore?
Non era già un sufficiente flagello aver creato la mia prof. di matematica?
“Liam!” esclamai, con un sorriso assolutamente naturale, fermandolo sul patio “Che ci fai qui?”
Lui alzò un sopracciglio “Ci abito..?”
Giusta osservazione. Già. Ma non lo ascoltavo, mi limitavo a scrutargli con attenzione il viso..
Sembrava piuttosto di malumore. Lo capivo dal modo in cui aveva arricciato il labbro inferiore, e dalla piccola ruga comparsa sulla fronte.
“Perché mi fissi?” chiese d’un tratto, sempre accigliato.
“Mi sei davanti.”
“Anche tu mi sei davanti, ma non ti fisso così.”
“Secondo me pioverà.” cambiai argomento, lanciando uno sguardo al cielo cupo e nuvoloso sopra di noi “Posso entrare?” accennai a casa sua.
Liam annuì leggermente, ed aprì la porta in silenzio.
Non era di malumore, era depresso. Aveva la stessa espressione di quel tipo che una volta avevo visto in un quadro…quello senza un orecchio..bhè, qualcuno di molto depresso.
Entrammo, e immediatamente un delizioso odore di pancakes e muffin invase le mie narici. Liam aveva la grande fortuna di avere dei genitori normali, un padre che lavorava in banca e tornava tardi e una madre come si deve che preparava dolci e si occupava delle faccende di casa.
Inoltre, era figlio unico, gioia che solo pochi eletti possono provare.
Bonnie (sua madre) aveva lasciato la teglia di dolci sul piano della cucina, e aveva attaccato un post-it rosa con scritto ‘per uno spuntino, mamma’.
Vi immaginate mia mamma a preparare i pancakes?
Vi immaginate mia mamma a cucinare?!
“Mmm, adoro tua madre. Posso prenderne uno?”
In realtà avevo già afferrato e dato un boccone al muffin, ma mi sembrava comunque corretto chiedere.
Però Liam non mi ascoltava. Gettò lo zaino vicino al portaombrelli e si lanciò con un sospiro sul divano bianco, a peso morto.
Oh. Oh.
Non avevo calcolato sentire il mio cuore spezzarsi vedendolo stare male.
Mi avvicinai piano piano, come se non volessi farmi sentire, e mi misi in ginocchio all’altezza del suo viso. Teneva gli occhi chiusi, e le lunga ciglia nocciola gli sfioravano le guance. Forse avrei potuto svegliarlo io, con un bacio. Come in Biancaneve, ma al contrario.
“Vuoi parlarne?” chiesi, quasi sussurrando.
Sospiro.
“E’ per Harry.” sentenziò, sempre ad occhi chiusi, e mi parve di sentire un tuffo al cuore.
Che gli aveva fatto quel coglione? Ma perché, perché gliel’avevo detto?! Oh, ero una stupida idiota, ecco cos’ero, ed era tutta colpa mia!
Vaffanculo, vaffanculo Allison.
“E’ stato parecchio scontroso…e cattivo. Non so perché, se l’è presa con me tutto d’un tratto, e mi ha dato il tormento con i suoi amichetti tutta l’ora.”
“Te l’avevo detto che era un idiota.”
Appena pronunciate quelle parole, avrei voluto prendermi a pugni. Stavo sfruttando la situazione a mio favore, dannazione, e dovevo smetterla, smetterla, smetterla! Come potevo essere così egoista?
Avrei parlato con Styles, e gli avrei detto di dimenticare tutto.
L’avrei corrotto con un nuovo balsamo per capelli, o con uno specchio, non lo so.
“Forse..forse l’ha capito.” continuò Liam, con voce rotta. Aveva aperto gli occhi, ma fissava un punto imprecisato del divano, e per un momento temetti che stesse per piangere.
“Oh Liam, non stare male, ti prego! Probabilmente gli giravano semplicemente i maroni ad elica, sono certa che non sospetta niente. Vedrai che..che si risolverà, e potrai tornare ad ammirare il suo casco di banane che lui chiama capelli in pace.” tentai di consolarlo, stringendogli una mano.
Lui mi guardò negli occhi per qualche attimo, e vi giuro era il momento perfetto per un bacio, sarebbe bastato sporgermi un po’, solo un po’..
Liam mi tirò a se, e mi strinse in un abbraccio fortissimo, accarezzandomi la schiena. Quando eravamo piccoli, ogni volta che ci abbracciavamo, lui prima di faceva qualche carezza sulla schiena e poi cominciava a farmi il solletico sotto le ascelle, e ridevamo per ore a crepapelle.
Ma ora non eravamo più piccoli. Io lo amavo, e lui mi teneva così stretta…e mi sentii dannatamente bene.
 
 
Toc Toc.
“Sto facendo i compiti!” urlai, in modo da scoraggiare mia madre ad entrare. Ma come ho già detto svariate volte, parlare con lei è come parlare con un pappagallo stupido, ed entrò comunque.
“Non stai facendo i compiti. Sei sdraiata sul letto.” mi fece notare, piccata.
“Da sdraiati il sangue circola più velocemente, in modo da arrivare di nuovo al cervello. L’abbiamo studiato a biologia..”
“Dobbiamo fare una chiacchierata, tra donne.”
Mi paralizzai, spaventata. L’ultima volta che avevamo fatto una ‘chiacchierata tra donne’ era stato quando mi era venuto il ciclo, e lei non aveva fatto altro che blaterare di ovuli, assorbenti e altre cose che gli adulti non dovrebbero menzionare.
Mi sedetti, e le lanciai un’occhiataccia “Mamma, i fatti della vita li conosco già.”
“Tu non conoscerai proprio niente, almeno fino ai venticinque anni!” ribattè brusca, poi prese un respiro e si sistemò una ciocca di capelli “Vedi, ormai sei una giovane donna..”
Nooo! Come aveva fatto a capirlo?! Le ci erano voluti solo sedici anni!
“..e penso sia giusto che tu sappia che sto frequentando un uomo.” continuò. Io alzai un sopracciglio, e dissi: “Okay.”
“Okay?”
“Non ripetere quello che dico.”
“Sono solo sorpresa, pensavo che avresti fatto uno delle tue solite sceneggiate..”
Ma di che cavolo parlava? “Mamma, per me puoi frequentare anche un cavallo, basta che non lo porti in casa mia.” le feci notare, con calma.
“Modera i termini, ragazzina!” esclamò “E comunque è questo il punto. Le cose si sono fatte un po’ serie, in questo ultimo periodo, e pensavo che sarebbe carino invitare Frank una sera a cena..”
Frank? Va bene, dimmi quando viene così mi organizzo ed esco.”
“Ma cosa dici? Lui muore dalla voglia di conoscere te e Caroline, non faccio che parlargli di voi! Lui è un chirurgo, sai, lavora al St James Hospital, proprio dove sei nata tu!” disse, emozionata.
“Mamma..”
“E potremmo preparare una bella torta insieme, tutte e tre, no? Frank va matto per le crostate ai mirtilli..”
“Mamma!”
“Certo, ai fornelli non sono proprio un portento, ma si potrebbero rimediare un bel po’ di delizie da Marks&Spencer. Sono sicura che lo adorerete, è un tale gentiluomo..”
“Io non lo voglio conoscere, va bene?” gridai, per zittirla “Non me ne frega niente di lui, né di tutte le tue altre ‘fiamme’, è chiaro?”
“Allison, non c’è bisogno di urlare a quest’ora..”
“E non ho bisogno di un nuovo padre, hai capito? Io e Caroline stiamo benissimo così, non ci serve nessuno, NESSUNO!” continuai, stringendo i pugni.
Mamma assunse un insopportabile faccia comprensiva, quella da ‘asseconda la tua figlia pazza’ “Tesoro, so benissimo che nessuno per voi potrà sostituire papà, voi gli volete tanto bene e anche lui ve ne vuole..”
“No, non è vero. Non ci chiama da anni, si è rifatto una famiglia, non gliene importa niente di me e Caroline! E se ci vedesse per strada, tirerebbe dritto, perché non ci vuole bene!” continuai ad urlare, gesticolando, e in quell’istante apparve mia sorella sulla porta.
“Papà non ci vuole bene?” domandò preoccupata, con voce assonnata.
“Torna a dormire.” sibilai, ma mamma si affrettò ad andarle incontro e a stringerla in un abbraccio. Certo, povera Caroline, come al solito.
“Ma certo, certo che vi vuole bene! Lui vi pensa sempre. Tua sorella scherzava, vero Allison?” mi lanciò un’occhiata penetrante, ma io mi limitai a prendere la giacca appesa sulla sedia.
“Esco.” borbottai, prima di uscire dalla stanza.
Prima che potessero vedere che avevo le lacrime agli occhi.
 
 

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Capitolo 6
*** kiss 'n frega ***


 Lo sapevo come sarebbe andata a finire. Avrei gironzolato per la città per qualche ora prima di sgattaiolare dentro casa, afferrare il pacco di biscotti nella credenza e chiudermi nella mia stanza.
Poi domani mattina mamma sarebbe salita in camera mia dicendo ‘c’è qualcosa di cui vuoi parlare?’ prima di cominciare a blaterare sul fatto che il divorzio non era stato facile per nessuno e altre cose che si trovano sulla rubrica per ‘genitori single’ di Vanity Fair.
Dio, che palle. Normalmente sarei andata da Liam, ma quella sera non mi andava. Probabilmente lui non era dell’umore adatto, o magari stava già dormendo, o aveva i cavoli suoi per la testa..
Cavoli che non riguardavano me, ovvio.
Scrollai le spalle, decisa a non pensarci. Cominciava ad irritarmi questa mia vena drammatica, ed era meglio che raddrizzassi la mia vita prima di morire di depressione a soli sedici anni.
Lanciai un’occhiata al cellulare: zero chiamate, zero messaggi. Neanche Britney La Trasgry telefonava per sapere se la sua primogenita stesse bene. Ah no giusto, lei era una ‘mamma moderna’ che mi lasciava i miei spazi.
Il che era grandioso quando volevo andare a qualche festa, però ogni tanto mi avrebbe fatto piacere che si comportasse come..come un’adulta, ecco, e non come una ragazzina.
E chi era questo Frank, ora? Per colpa sua sarei stata accusata da tutta la famiglia di essere un’adolescente scontrosa, o una di quelle che non ha superato il divorzio dei suoi.
Cosa totalmente non vera.
Chi ha bisogno di un padre? Voglio dire, è come avere una madre, ma con la barba, quindi non ne vedo la necessità.
Ad esempio il padre di Liam si limita ad andare a lavoro, a tornare e a commentare a gran voce i campionati di calcio. O a dipingere la staccionata, o qualche altra cavolata simile.
Lui sì che era un padre come si deve, non come Kurt Il Fuggitivo.
Un fischio veloce mi riscosse, e mi guardai intorno spaesata. Su per giù dovevo essere ad High Street, verso la fine considerato quel lampione che andava ad intermittenza, e non mi sembrava che ci fosse qualcun..
“Qui, svegliona!”
Voltai la testa verso la destra, proprio sotto il lampione mezzo rotto, e riconobbi una figura slanciata appoggiata al muro. Ruotai gli occhi al cielo.
Ma tanto la serata era già andata a puttane, quindi..
“Sempre gentile, Styles.”commentai acida, avvicinandomi con calma.
“Hai da accendere?” tagliò corto, facendo cenno alla sigaretta spenta tra le sue dita. Lo osservai meglio, e mi domandai se non avesse freddo solo a mezze maniche.
E perché i suoi capelli sembrassero quelli di un barbone dopo una lotta con una tigre.
“No. Io non fumo.”
“E mi pareva..” sbuffò irritato, gettando con stizza la sigaretta a terra e calpestandola con forza.
Sembrava un tantino incazzato.
Almeno non ero la sola.
“Che ci fai qui?” chiesi, giusto per scaldarmi le labbra. Faceva un fottutissimo freddo, per essere ottobre.
“Cazzi miei.”
“Stai calmo, te l’ho chiesto solo perché mi si stavano congelando la bocca.” mi difesi, e subito dopo averlo detto vidi l’ombra di un sorriso sul suo volto.
“Avrei una soluzione molto divertente da dare, ma risulterei volgare.” commentò, malizioso.
“Tranquillo, non potresti essere peggio di così.” lo rasserenai, poi mi ricordai di una cosa “Che hai fatto oggi a Liam? Era sconvolto.”
Styles alzò le spalle incurante, appoggiandosi meglio al muro “E’ proprio una checca, sembrava sul punto di mettersi a piangere in mezzo al campo. Odio quando la gente piange, è così..patetico.” concluse, quasi sprezzante.
“Wow, sei un vero cattivone. Cosa mi dirai adesso? Che ha ucciso tu la madre di bambi?”
Incredibilmente, si mise a ridere. Non sapevo che sapesse ridere in modo spontaneo, pensavo conoscesse solo quell’idiota sorrisetto alla ‘oh, so che volete fottermi’.
Era molto meglio questa, di risata.
“Sei davvero buffa, sai? Te ne vai in giro con quell’aria incazzosa e non fai altro che insultarmi, ma poi vuoi che ti aiuti con la tua ridicola cotta. Sono un tipo sensibile, io, se mi offendi potrei smettere di aiutarti.” mi disse, divertito.
Sospirai, e mi appoggiai accanto a lui sul muro, mettendomi a guardare verso il cielo scuro “Non me ne frega niente del tuo aiuto, ora come ora.” confessai
Vidi la sua testa girarsi nella mia direzione, e pregai tutti i santi che non chiedesse oltre.
“Oh, ora dovrei fare l’amicone che ti dice ‘c’è qualcosa che non va, piccola’?” alzò la voce di un’ottava “..vero?”
“No.”
“Menomale, perché non lo avrei fatto.”
Cercai per qualche secondo una rispostaccia da dare, ma non mi veniva in mente niente se non l’espressione triste di Liam di poche ore fa, la litigata con mamma, Caroline..
Qualcosa mi pizzicò un fianco, e sobbalzai “C’è qualcosa che non va, piccola?” chiese Harry, con voce stridula.
Cercai di non sorridere, per non dargli soddisfazione, e mi venne fuori una strana smorfia.
“Devi cagare?”
“Che cosa?!”
“Non lo so, hai fatto una faccia da ‘devo cagare’ quindi..”
Scoppiai a ridere, senza trattenermi, prima di dargli una leggere spinta “Ma che schifo, Styles!” commentai.
Scrollò le spalle “E’ una cosa naturale, una liberazione, non puoi tenertela dentro..”
“Basta!” pregai, sempre ridendo “Sono molto schizzinosa.”
Mi fissò per qualche istante, come se non mi stesse ascoltando veramente.
Smettila di fissarmi, smettila! Basta!
..
BASTA!
“Insomma, da quanto conosci quel..coso..Pan..”
“Payne, Liam Payne.” lo corressi.
“Eh vabbè, lui..”
“Da quando sono nata.” risposi, prontamente “Le nostre madri si sono conosciute prima che nascessimo, e hanno scoperto di essere anche vicine di casa.”
“Che accollo!” fu il suo sensibile commento. Gli lanciai un’occhiataccia.
“Non è un accollo, Styles. Liam è un ragazzo fantastico, dolce, sensibile, spiritoso,
intelligente, attraente..Sa un sacco di cose, è un atleta fantastico, e ha sempre un buon profumo e…oh, ma piantala!” esclamai irritata, vedendo che Harry stava fingendo di tagliarsi le vene con un rametto trovato a terra. Molto maturo, vero?
“No scusa, ma deve essere il tipo più noioso sulla faccia della terra. Tanto varrebbe mettersi con una pianta!” ribattè, deciso
“Ma tu che ne sai? Nella tua vita hai frequentato solo troie.”
“Eccola, la suora di turno.” replicò, con uno sbuffo “Non c’è niente di male a godersi la vita, sai? Siamo g-i-o-v-a-n-i.” 
“E questo ti autorizza a fare lo stronzo?”
“No, essere figo mi autorizza a fare lo stronzo.”
“Magari in un locale poco illuminato, con molto gel su quella marmotta morta che hai in testa..” indicai i suoi capelli “..e con dei jeans attillati puoi risultare passabile. Ma dovresti vederti quando corri in palestra con quegli enormi pantaloncini azzurri.” lo informai, acida.
“Ehi!” esclamò, offeso “So che per mantenere la tua facciata da ragazza-dura devi fingere che non sei attratta da me, ma non spingerti troppo oltre.”
“L’unica cosa che spingerò stasera sarai tu giù da un ponte, se non ti tappi la bocca.”
Ci guardammo in cagnesco per qualche attimo, poi lui controllò il suo cellulare.
“Cazzo, sono in ritardo.” mormorò, cominciando ad allontanarsi “Ci vediamo, bionda.”
“Io non sono bionda!”
“Ah, davvero?” socchiuse gli occhi, per mettermi a fuoco.
“Ma vaffanculo, va’!”
“Ehi, non te la prendere! Dai, vieni qua.” continuò, e prima che potessi correre via urlando ‘aiuto, un maniaco’ mi tirò per un braccio e mi scoccò un sonoro bacio a stampo.
Oooooh.
Oooooooooooooooh.
Dopo pochissimo si staccò, mi fece l’occhiolino e se ne andò, tranquillamente.
Ma si rigirò subito “Ehi, come hai detto che ti chiami?” mi urlò.
Come mi chiamo. Facile, facilissimo. L’ho imparato a tre anni, che mi chiamavo Allison Stewart. A, elle, elle, i, esse..
“Stallist Allewart.”
Cazzo!
“Ehm, Allison! Allison Stewart.” mi corressi, sempre urlando. Lui fece un sorriso strano, e tornò sui suoi passi.
Come se niente fosse.
 
 
Ero un tantino frastornata, mentre infilavo le chiavi di casa nella serratura.
Okay, era stato solo un bacio a stampo, ma io non baciavo qualcuno da..bhè, da mai.
Va bene, forse mai era una parola un po’ esagerata. Non avevo mai baciato qualcuno se non si vuole contare Darren della vacanza in Galles in terza media, quel delizioso ragazzo francese dello scambio colturale in primo liceo (Basilè? Bastian? boh), Jake il porta-giornali, Nick l’amico di mia cugina..
E basta. Solo quattro esperienze.
Praticamente sono una monaca, no? E comunque risalivano tutte almeno ad otto mesi fa, potrei aver dimenticato come si tresca decentemente nel frattempo.
Mi accorsi che la chiave non girava, e cercai di mettere a fuoco nel buio della notte. Forse erano le due, o magari le tre.
Io ero una nottambula, una bad girl. Il mondo dormiva, e Allison Stewart se ne andava in giro a mietere vittime con le sue labbra infuocate.
Ridacchiai al mio stesso pensiero, quando mi cadde il mazzo di chiavi.
“Cazzo..” mormorai, chinandomi. Quando lo ripresi mi accorsi che stavo tentando di aprire la porta di casa con le chiavi della cassetta della posta.
E notai anche sul mio orologio che erano solo le undici e un quarto.
Fantastico.



smile on your face even though your heart is frowning..

madonna, sono tre ore consecutive che ascolto as long as you love me e scrivo.
non mi sento mai tanto ispirata come quando ascolto una canzone, e mi vengono in mente 8264376435462 fanfictions diverse, purtroppo per voi :D
comunque...E' VENERDI'! EEEEEEH, MACARENAAAAA!
basta. vi amo tantotantotanto, e me le cago le vostre recensioni, anche se non rispondo :)
love ya.
ah, per ciastinswife, giuro che appena ho tempo mi metto a leggere qualche tua fanfiction :)


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Capitolo 7
*** serial-budino-killer. ***


 io: ‘odio studiare’
mia madre: ‘studiare serve per il futuro, per te stessa.’
io: ‘voglio andare a coltivare pomodori con martina’ (amica mia)
passo e chiudo.
 

 
 
 
Scesi furtivamente in cucina, già con lo zaino sulle spalle. Volevo evitare ‘la chiacchierata’ con mamma, e se volevo farlo dovevo mangiare la mia colazione prima che scendessero lei e Caroline.
Afferrai la scatola dei cereali e ci versai dentro ciò che restava nel cartone del latte.
Chiudi la scatola. Shakera. Apri la scatola. Ingoia.
Oddio, questo latte era..acido! Feci una smorfia, allontanando la scatola; poi mi girai verso il cartone del latte rovesciato sul tavolo e lessi la scadenza.
25-10-12.
Uhm.
Uhmmmm.
Che giorno è oggi? Venticinque, no? Certo, era il venticinque, perché il ventisei avevo un compito in classe di letteratura e sicuramente non era oggi.
E allora va tutto bene, si può bere.
Tornai a mangiare/ingoiare come una mucca affamata. Affamata e furtiva.
“ALLISON, che stai facendo?”
Mi strozzai, e sputai fuori metà dei cereali “Eh?!”
“Stai mangiando i cereali dalla scatola, di nuovo! Ti ho detto decine di volte di non farlo, ma mi ascolti quando parlo?” continuò ad urlare mamma, prima di avvicinarsi e strapparmi la scatola dalle mani.
“Certo, brava, priva tua figlia del cibo! Così finirò ad impasticcarmi nel vicolo degli anoressici con Kate Moss!” la rimproverai, ragionevolmente, ma lei era troppo impegnata a studiare il cartone del latte.
“Non hai bevuto questo, vero?”
“Perché?”
“Perché è scaduto ieri!” esclamò, indicando la data con un dito.
Oh.
Oh, cazzo.
“Bhè, perché non l’hai ricomprato prima allora? Ah no giusto, eri troppo occupata con Frank per ricordarti di fare la spesa!” sputai fuori.
“Guarda che non sei abbastanza grande per evitarti una bella sberla, Allison!”
Ruotai gli occhi al cielo. Parlare con lei era come parlare con un fossile.
“Vado a scuola. Ciao.” annunciai, avviandomi verso il mondo dei normali (fuori casa).
Ero già nel vialetto quando mamma rispuntò sulla porta “Stasera andiamo a cena da Bonnie e Rich, ti ricordi?” gridò.
Casa di Liam.
Cena.
La mattinata acquistava un senso.
“Certo!”
 
“Merda, non ho soldi..” mormorai, tastando la tasca vuota dei jeans.
Avevo fatto una fila di quaranta minuti in questo schifo di mensa per poi scoprire che non avevo neanche abbastanza soldi per prendermi un budino al cioccolato.
Grandioso. Già.
Ovviamente sarei potuta tornare a casa a pranzo, tutti i giorni, se solo non abitassi a settordici chilometri da qui. O avrei potuto portarmi qualcosa da casa, se solo circolasse del cibo a casa mia.
“Ehi.”
Mi voltai di scatto, e vidi che Liam si era materializzato al mio fianco con un vassoio.
“Ah, ciao. Non eri ancora a lezione?” chiesi, sorpresa.
Il prof di matematica di Liam, Mr Tonks, era famoso nella scuola per tre principali motivi: era sessualmente frustrato, non si lavava e prolungava le lezioni di circa mezz’ora dopo il suono della campanella.
“Dopo aver quasi inzuppato tutto il registro con il suo sudore ha ricevuto una chiamata d’emergenza ed è uscito.” si spiegò, e vidi il riflesso della mia faccia disgustata sulla sua “Bhè, che prendi?”
Avanzammo di un passo nella fila.
“Della nutriente aria. Non ho neanche un centesimo.”
“E allora? Pago io per te.” disse, semplicemente.
“No dai, non devi..” mentii, per educazione “Ma se insisti..sette sterline, grazie.” accettai, con un sorriso, tendendo una mano.
Rise divertito, e con un movimento veloce della testa scansò una ciocca di capelli che gli era finita sugli occhi “Sei una sanguisuga, e anche morta di fame!”
“Eh, che esagerato, quando mai ti ho chiesto dei soldi prima d’ora?”
“La scorsa settimana, quando dovevi farti una ricarica al cellulare perché ti erano rimasti quattro penny, o quando dovevi comprare quel rossetto di Boots ma ti mancavano cinque sterline per arrivare a diciotto, o quando volevi le patatine grandi da McDonald’s..”
“Io prendo il guatò di patate!” esclamai incurante alla tipa della mensa, che mi fissava in silenzio. Oddio, guatò era una parola grossa..era una montagnetta giallo-rosa in cui dovevano esserci delle patate e del prosciutto, ma per quanto ne sapevo poteva essere cibo per delfini.
Che mangiano i delfini? Forse sono vegetariani..
“Sai che stasera vengo a casa tua a cena?” domandai a Liam, spostando il mio vassoio per far posto al suo.
“Ah sì? Non lo sapevo…Io le polpette, grazie.”
“Sì, ma purtroppo verranno anche le due matte che vivono a casa mia. Vi do’ un consiglio: non comprate vino, mamma sprofonda nel mondo degli alcolisti anonimi dopo solo mezzo bicchiere. E nessuno vuole sentirla cantare gli Abba in russo.” lo avvertii.
Ci togliemmo dalla fila, e stavamo per andare al nostro solito tavolo quando una voce mi gelò il sangue nelle vene.
“Stewart!”
Strabuzzai gli occhi fissando la figura di Styles che mi veniva incontro sventolando una mano, e camminando come sulla passerella di America’s next top model.
Oh, no. No, no, no, no..
“Ti conosce?” bisbigliò Liam, concitato.
“Eh? Ma no, certo che no! Starà parlando con qualcun altro, andiamo.” risposi sbrigativa, fingendo di non vedere/sentire Styles e camminando verso il nostro tavolo.
Dio, fa che il pavimento della mensa lo inghiotta e lo faccia sparire per sempre, ti prego, ti prego!
Ma lui continuava a venirmi incontro.
“Ehi!” esclamò Harry, di nuovo.
“Allison, ce l’ha con te. Sta venendo qui.”
“No, non credo proprio, ti starai sbagliand..”
“Cazzo Allison, non sono cieco!” sbottò Liam, diventando tutto rosso.
“Madonna Stewart, mi hai fatto spolmonare!” in quell’istante Harry si piazzò davanti a noi, leggermente stizzito “Allora, pranzi con noi?” continuò rivolto verso di me.
Io lo guardai.
Lui mi guardò.
Liam mi guardò.
Persino la bidella che era in pausa-sigaretta mi stava guardando.
“Ehm, veramente io..” tentennai. Okay, calma, forse se mi metto a correre urlando che vado a fuoco..
“Vi conoscete?” domandò sbigottito Liam, spostando lo sguardo da me a Styles. Harry si voltò verso di lui, come se non l’avesse neanche notato fin’ora, e lo trapassò con un’occhiata pessima.
“Raperonzolo, non ci scocciare. Allora Allison, ti muovi?” mi guardò fisso, e mi sembrò che i suoi occhi dicessero ‘seguimi brutta stronza o dirò tutto e la tua vita finita’.
Pranzare con Styles e abbandonare Liam o lasciare che scoprisse tutto?
Oddio oddio oddio oddio..
“Certo, arrivo.” sputai fuori, e ci mancò poco che sputassi sul serio in un occhio di Harry.
Sentii Liam avvicinarsi, come se volesse seguirmi, ma Harry gli tagliò la strada “Non mi pare di averti invitato, checca. Sparisci.” sibilò, gelido, e vidi chiaramente Liam sbiancare.
Mi sembrò di precipitare da un palazzo di dieci piani, a quella vista. Come potevo farlo soffrire così tanto?
Come potevo essere così meschina?
E, soprattutto, come poteva Harry Styles essere così deficiente?
Stavo per aprire bocca e chiedergli scusa, quando Harry mi circondò prepotentemente le spalle con un braccio (!) e mi trascinò via.
“Styles, mollami, o giuro che ti stacco le pall..”
“Shh, tappati quel forno e seguimi.” mi interruppe, stringendo la presa. Praticamente mi stava inglobando, considerato che era venti centimetri più alto di me e decisamente più largo.
Deve morire, deve morire, deve morire, deve morire..
“Ragazzi, lei è Allison.” ci fermammo davanti al tavolo di Styles e dei suoi amici, alias puttanelle e ragazzi mentalmente disturbati “Ora liberate il tavolo.” ordinò.
“Ma chi è quella?”
“Viene alla nostra scuola?”
“E’ bassa!”
“Ma Harry, noi stiamo mangiando!” si oppose Cher Tyler, scocciata. Era conosciuta per essere la ragazza più magra che la storia abbia mai conosciuto, oltre che la più ricca.
“Tanto tutto quello che mangi finisce vomitato nel cesso dopo un’ora, ti faccio solo un piacere.” commentò incurante Harry, e vidi Cher impallidire. Oh signore.. “Allora, ancora qui? Muovete il culo!”
Tutti si alzarono all’unisono, facendo strusciare rumorosamente le sedie sul pavimento, e se ne andarono borbottando. Harry si spaparanzò con tranquillità su una di queste, stendendo i piedi sul tavolo, poi mi fece un cenno.
“Che fai in piedi? Siediti!”
Sbattei il vassoio sul tavolo, facendo traballare l’acqua nel bicchiere “Ma ti rendi conto di cosa hai fatto, cazzone che non sei altro?!” strillai, stridula.
Lui afferrò la mela “La mangi questa?” chiese. Io gliela strappai dalle mani, e la sbattei di nuovo sul vassoio “Mi stai ascoltando? Hai fatto un casino! Liam non doveva sapere che ci conosciamo, dannazione!”
“Prima cosa, smettila di urlare che ai neo-zelandesi non interessa niente. Secondo, ho fatto quello che ho fatto solo per aiutarti, dovresti ringraziarmi invece di urlarmi contro!” sbottò, prima di riprendersi la mia mela e addentarla rumorosamente.
“No! Lo scopo era che lui volesse dare fuoco alla tua casa, non alla mia!”
“Dar fuoco a cosa?!”
Sbuffai, e mi lasciai cadere sulla sedia accanto alla sua. Poi affondai la testa tra le mani “La mia vita è finita.” borbottai.
Sentii Harry fare un verso esasperato, prima di togliermi la mani dalla faccia “Smettila di fare la melodrammatica. Non capisci? Sto cercando di renderlo ‘geloso’..” virgolettò il termine.
“Non funzionerà. Mi odierà e basta, e allora che farò?” domandai, ma Harry stava aprendo il mio budino e ci stava immergendo il cucchiaino.
“Ti farai qualcun altro. E’ pieno di ragazzi che apprezzano la patata questo mondo, sai? Tipo me.”  
Non gli diedi ascolto, perché notai l’occhiataccia di Liam verso di noi “Harry, ci sta guardando, ci sta guardando!”
Lui mi afferrò per un fianco, così che le nostre sedie quasi si accavallarono, e molto lentamente avvicinò il cucchiaino pieno di budino verso la mia bocca.
“Che minchia stai facendo?” sibilai
“Ingoia idiota.” fu la sua dolce risposta a denti stretti, sempre sorridendo.
Ingoiai il cucchiaio di budino, ma sfuggì un rivolo di cioccolato sul mento. Evidentemente dovevo essere piuttosto buffa, perché Styles scoppiò a ridere.
“Cretino, passami un tovagliolo!” gli chiesi, cercando di non ridere.
“No aspetta aspetta, ti pulisco io.”
“Wow, pulire uno sbafo di cioccolato dal mento. Arrapante. Liam morirà di invidia.” commentai sarcastica, ma Harry finse di non sentirmi e si avvicinò al mio viso.
Eravamo vicini proprio come quando ci eravamo ‘accidentalmente’ baciati. Devo ammettere che, sebbene a palla, i suoi occhi erano proprio..uhm, belli, ecco.
Anche i capelli oggi erano meno criniera di Spirit e più normali. Sembravano davvero morbidi, quei ricci.
“Fatto.” esclamò, pulendosi poi il dito sporco di cioccolato sui miei jeans.
“EHI! Che schifo!” strillai, dandogli una spinta su una spalla. Lui fece un risolino divertito, prima di accarezzarmi una coscia con una mano, lentamente.
Io mi irrigidii. Brr, brividi.
Ma non era spiacevole. E se serviva per Liam..
“Rilassati, non vivere in costante allarme terroristico.” mormorò, lanciandomi un’occhiata obliqua. Seguii il suo consiglio, e mi stavo abituando al suo tocco..
Chissà se poteva avere una carriera futura come massaggiatore di cosce. Magari le tonificava anche.
Guardai Liam, e mi accorsi che aveva la testa bassa sul suo piatto.
“Ma Liam non ci sta guardando!” dissi, sorpresa.
“Lo so.” rispose, smettendo di accarezzarmi di colpo e alzandosi.
“E allora perché stavi..”
Mi rivolse un sorrisetto “Voglio divertirmi anche io. Fa parte del gioco, no?”
Parte del gioco, certo.

 

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