Daughters Of Darkness

di RedGretch92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Broken Hearts And Cigarettes ***
Capitolo 2: *** We've all been more than eager to sin and it feels alright, 'till we pay the price ***
Capitolo 3: *** Everything looks better when the sun comes down ***
Capitolo 4: *** Well, when you go don't ever think I'll make you try to stay ***
Capitolo 5: *** Thoughts are haunting me as I look around ***
Capitolo 6: *** But you really need to listen to me because I'm telling you the truth ***
Capitolo 7: *** Tryin’ not to love you, only makes me love you more ***
Capitolo 8: *** Welcome to my life, you see it is not easy but I'm doing all right ***
Capitolo 9: *** Let's Make A New Start #Kris POV ***
Capitolo 10: *** My Happy Ending #Gretch POV ***



Capitolo 1
*** Broken Hearts And Cigarettes ***


L'autostrada si espandeva nera e dritta davanti ai miei occhi arrossati dal fumo della sigaretta che tenevo in bilico un pò fra le labbra e un pò fra le dita. Il finestrino completamente abbassato per lasciare quel fumo libero di perdersi nella notte misteriosa e pulsante di Huntington, così come i miei capelli, che a ciocche vorticavano perse nella brezza, miste a quel fumo che aspiravo stanca dalla sigaretta, aiutavano il mio corpo a non aver voglia di schiantarsi sull'asfalto sotto di sè. Alla guida dell'enorme fuoristrada in cui mi trovavo c'era la mia migliore amica Gretch, la mia compagna di scorribande, bravate e sbronze. Di sere trascorse a raccontarci sogni, passioni, giornate trascorse tra una strimpellata alla chitarra e una giornata finita a volte male e a volte bene, davanti ad improvvisati falò sulla spiaggia, con una bottiglia di Jack Daniel's, una stecca di sigarette e l'oceano ad ascoltarci. Mi aveva salvata anche stavolta. O meglio, ci eravamo salvate a vicenda semplicemente restando insieme. Lei era stata scaricata un paio di settimane prima dal suo ragazzo, il bassista del primo vero gruppo metal- rock della sua vita, messo in piedi quando aveva appena quattordici anni, trasferita ad Huntington da due anni con la madre, e con la voglia di cambiare il mondo. Il gruppo era fallito due anni dopo. Gretchen adesso suonava in un'altra band di cui io ero la manager. La storia con Phil, l'ex bassista, era continuata per altri tre anni dopo la fine del gruppo. Poi, di punto in bianco, lui l'aveva scaricata per una mezza puttanella, (ok una puttanella e basta), e nonostante Gretchen fosse una dalla corazza dura e la lacrima non facile (a differenza mia), il colpo di quel tradimento e di quella separazione lo subì, eccome. Glielo leggevo negli occhi scuri appesantiti dal trucco che stava soffrendo. Io invece, inguaribile romanticona dall'aspetto dark, fumatrice per gioco, cantante per sbaglio, ero piena di lividi su quel cuore romantico, ed avevo pagato per l'ennesima volta con il rifiuto il mio essere incondizionatamente innamorata del tipo sbagliato. Sempre la solita storia. Conosci un tipo, ti ci innamori, pensi a lui ventiquattro ore al giorno, poi come una cogliona gli confessi che ti piace, lui per un pò fa finta di starci, tu ci credi, ti illudi di importare davvero qualcosa per lui, addirittura andate a vivere insieme, fate progetti. Poi una bella mattina si sveglia e ti dice che non ti ama più, che si era sbagliato a correre così tanto o qualche puttanata simile. Tu fai le valigie in silenzio e ritorni a testa bassa alla tua misera esistenza da single, soffri come un cane, giuri sulla tua vita che non ti innamorerai mai più. Ma in fondo la tua vita non conta un cazzo. Incontri un altro e ci ricaschi, e così all'infinito. Almeno questa era la mia storia. Perennemente innamorata e poi scaricata da qualcuno. Stavolta forse aveva fatto più male del solito, stavolta questa perdita non aveva lasciato solo un livido sul cuore, ma una ferita bella profonda e impossibile da rimarginare. Stavolta a scaricarmi era stato il mio migliore amico, tornando dalla sua ex dopo che per quattro mesi aveva fatto finta di averla lasciata per voler stare con me in un modo diverso dal semplice essere migliori amici. Dio, come mi era sembrato fantastico lui che mi confessava di amarmi sulle scale di casa mia e di Gretchen, dopo aver fatto dieci kilometri con l'auto nel cuore della notte. In realtà voleva solo scoparmi, e la stronza innamorata di lui praticamente da sempre si era fatta fottere ancora, credendo ad uno stupido "ti amo" e restando col culo per terra nel momento in cui aveva deciso di mandare a puttane non solo la relazione, ma anche l'amicizia, per una ragazza che non aveva mai lasciato.
A questo punto lo so cosa vi state chiedendo. Perchè cazzo non mi sono ancora fatta saltare il cervello in una vasca da bagno con una pistola. Semplice. Perchè ho Gretchen.
Dall'autoradio proveniva una canzone dei Metallica di cui non ricordavo il titolo, Gretchen, la vera cantante tra noi due, sussurrava le parole continuando a guidare ad una velocità moderata. Si voltò verso di me nel momento in cui soffiai la mia ultima boccata di fumo fuori dalle narici. Gettai il mozzicone dal finestrino spalancato dell'auto in corsa e le rivolsi un sorriso.
"Dovresti smetterla di fumare così tanto, Kri. Non voglio fare tua madre ma non serve cercare conforto nelle sigarette."
"Ah,no?" Inarcai un sopracciglio, in attesa di una spiegazione a quella sua, per niente da lei, affermazione.
"No, per quello ci vuole l'alcol."
Scoppiammo a ridere tutte e due. I capelli rosso fuoco di Gretchen illuminavano l'intero abitacolo, l'intera autostrada in realtà. Illuminavano il mio cuore esausto e ferito, così come i suoi occhi castani, grandi e sempre felici anche sotto chili di trucco e tristezza.
"Devi spiegarmi come fai ad essere così tranquilla. Davvero,ti invidio. Phil è stato uno stronzo e non merita che tu pianga per lui, ma tu lo amavi."
"Ho la scorza dura, Kri. Non me ne fotto, a perderci sono i bastardi che mi lasciano."
Disse, scrollando le spalle come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo. E lo era. Lasciare Gretchen era davvero da imbecilli. Così piena di energia, di passione, di talento. Prorompente nelle curve e nella risata contagiosa. Era da bastardi farla soffrire una così.
"Già, hai ragione. Peccato che io sia un pò meno figa e interessante di te per poter applicare questa regola."
"Solo più debole e sentimentale, lo sai. Non cominciare con le puttanate che non sei bella perchè non hai tette o perchè hai il viso anonimo che ti prendo a pugni. Hai un cuore enorme, sei bionda e hai due occhi stupendi, porca puttana."
"A quanto pare non basta. Non comincio, va bene. Piuttosto, dove andiamo?"
Chiesi, mentre trafficavo con entrambe le mani nelle tasche dei jeans sporgendomi leggermente in avanti a cercare accendino e pacchetto di sigarette. Ne sfilai un'altra dal pacchetto ammaccato, ormai vuoto, e la misi in bocca, pronta ad accenderla.
Una mano smaltata di nero mi si parò davanti e afferrò la sigaretta, portandosela dietro l'orecchio a mò di camionista.
"Al Johnny's bar, dove sennò?! e basta fumare, cazzo."
"Cristo santo quanto ti odio!" Sbottai, incrociando teatralmente le braccia sul petto.
"Anche io ti amo, bionda."
Rispose lei facendomi l'occhiolino. Un altro paio di kilometri e il pub che aveva ospitato gran parte delle nostre sbronze e dei nostri inutili tentativi (più miei) d'imparare a giocare a biliardo, sarebbe stato pronto ad inghiottire le nostre fottute pene d'amore, per poi vomitarle nell'oscura densità della notte sempre più inoltrata e chiassosa della piccola Huntington beach.
 

“Being drunk and weary I went to Molly's chamber
Taking money with me and I never knew the danger
For about six or maybe seven, yeah, in walked Captain Farrell
I jumped up, fired my pistols, and I shot him with both barrels, yeah”
La voce di James Hetfield risuonava potente nelle casse della mia Hummer, che sfrecciava lungo la Highway con i finestrini totalmente abbassati, e respirando il profumo di oceano mischiato al fumo di sigaretta che proveniva dall’interno dell’auto.
“Dove andiamo?” la voce un po’ roca della mia inseparabile amica Kris che si contorceva sul sedile alla ricerca dell’ennesima sigaretta interruppe la linea dei miei pensieri che percorrevano in sincrono la strada sotto i miei piedi. Appena trovò la sua desiderata sigaretta, gliela sfilai di mano e me la portai dietro l’orecchio … Cacchio, nemmeno dieci minuti che siamo partite da casa ed era già alla sua sesta sigaretta mentre io ne avevo appena fumata una.
“Al Johnny’s bar, dove sennò? ! E basta fumare cazzo” La mia risposta sapeva un po’ di ammonimento, ma in fondo la capisco. Entrambe siamo state mollate dai nostri rispettivi e ormai ex fidanzati qualche settimana fa, e nessuna delle due ne è uscita bene. La mia storia con Phil è durata quattro splendidi anni fatti di musica, alcool e tanto sesso, e in tutto quel tempo pensavo che la passione condivisa per la musica e l’amore incondizionato reciproco (o almeno così è stato per un po’) ci portasse lontano, chissà, magari un giorno saremmo finiti in qualche cappella di Las Vegas ubriachi che ci sposavamo … E invece vieni a sapere che ha passato gli ultimi mesi a scoparsi una puttanella conosciuta per caso e tutto va in fumo. È difficile accettare una batosta del genere, anche per me che all’apparenza do l’impressione di avere un cuore di pietra, ma questa volta dovevo farlo. Dovevo farlo per me, ma soprattutto per Kris. Abbiamo due caratteri abbastanza diversi, lei è introversa e sensibile, io sono più espansiva e casinara, e questa volta la botta è stata più pesante delle precedenti per lei. Mollata da quello che credeva essere il suo migliore amico per quella che non era mai stata la sua ex fidanzata, ma nonostante tutto è sempre stata lì, pronta a sorreggermi ogni volta che stavo per cadere. Questa volta dovevo farlo io per lei. L’unica soluzione a tutto questo era il Johnny’s bar, le quattro mura che hanno vissuto le nostre peggiori sbronze e consumo istantaneo di sigarette, a mio parere il miglior pub di tutta la costa sud della California.
“Cristo santo, quanto ti odio!!” sbottò, facendo un’espressione teatralmente delusa e incrociando le braccia.
“Anch’io ti amo, bionda” le risposi con un occhiolino.
Sfilai la sigaretta appena confiscata dall’orecchio e la appoggiai sulle mie labbra, pronta ad accenderla, ma eravamo già a destinazione. Parcheggiai l’auto nel parcheggio quasi pieno ed entrammo nel pub, dove come al solito dovevi quasi sempre fare a cazzotti per poter passare. Riuscimmo ad arrivare al bancone con non poca fatica, e feci un cenno di saluto a Jess, il nostro ormai grande amico barista del pub, che ci faceva trovare un tavolo disponibile e due birre ghiacciate tutte per noi ogni volta che mettevamo piede lì dentro. Indicò un tavolo verso il fondo, e nello stesso modo in cui siamo arrivate al bancone, raggiungemmo il tavolo e le birre qualche secondo dopo. Questa sera c’era più gente del solito, ma poco importava, la cosa importante è che io e Kris eravamo pronte a distruggere le nostre delusioni con alcool, fumo e, perché no, magari anche del sesso occasionale, che tanto male non fa in situazioni del genere.Che la serata abbia inizio!
“Facciamo un brindisi … Alla nostra nuova vita che ci aspetta, anche se ho perso il conto di quante volte l’abbia già detto ma fa niente, e alla faccia di quei due coglioni che tra poco avranno un bellissimo attacco di disfunzione erettile e la sifilide!!!” urlai, dopo aver buttato giù un grosso sorso della mia terza birra. Fanculo alla sobrietà alla guida, se proprio andrà male, vuol dire che dormiremo in macchina nel parcheggio.
“Ma sì dai, che si possano sentire così impotenti da non poter centrare nemmeno il buco del cesso quando pisciano!!! Alla faccia degli stronzi che ci spezzano il cuore!!” rispose Kris, che mi sfilò l’ultima sigaretta del mio pacchetto (il suo era andato a farsi fottere prima di arrivare al pub) sotto al naso.  Beh, sembra che per ora la stia superando bene la batosta, buon per noi.
“Sai cosa ci vorrebbe adesso, Gretch?” continuò, dopo aver buttato giù la sua birra “Del sesso occasionale … Si, qua ci vuole del sanissimo sesso occasionale!! Cazzo, c’è tanto di quel testosterone qui, qualcuno disposto a fare del sesso occasionale deve pur esserci!” Ok, non è Kris che parla, ma la birra. Mi ha sempre urlato contro quando dicevo cose del genere, e adesso è lei a farlo? Di bene in meglio, il mio animo da bad girl è sempre disponibile a questo.
“Porca troia, si che hai ragione!! Troviamo qualche maschio ben piazzato disposto a consolare questi animi tristi!!”continuai facendo urtare di nuovo i nostri bicchieri pieni di birra scura.

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Capitolo 2
*** We've all been more than eager to sin and it feels alright, 'till we pay the price ***


I bicchieri enormi, traboccanti di birra ghiacciata, emisero un tintinnio appena accennato scontrandosi sotto quel plateale brindisi proposto da Gretchen che mi provocò un'enorme e sguaiata risata. Il rumore di altri centinaia di bicchieri, sparsi per la sala inondata dal fumo copriva tutto il resto, anche il rumore di un cuore che tenta incondizionatamente di battere dopo essere praticamente morto e risorto nel tuo petto troppe fottute volte. Henry era l'ultimo coglione che mi faceva questo, e stavolta era vero. Stavolta lo dovevo a Gretch più che a me stessa.
"I miss the Misery" degli Halestorm rimbombava bassa e composta nel piccolo e caldo locale unendosi a tutti gli altri rumori e rendendoli meno assordanti.
Gretch mi soffiò in faccia il fumo della mia sigaretta, quella che mi aveva rubato prima in macchina, lasciando me a secco.
"La smetti di fissare il vuoto?! Non sei ancora abbastanza sbronza da volerci provare con me?"
Provocò la mia amica.
"Direi di no. Ho bevuto solo tre misere birre...e abbiamo finito le sigarette...cazzo..."
Intrufolai le mani in tutte le tasche che potessi avere. Nel gilet di jeans nero strappato ai lati, ancora nei pantaloni, ma niente, niente sigarette. Mi buttai i capelli già troppo sudati all'indietro con una mano e chiamai Jess urlando come una posseduta per farmi strada tra tutto il casino del pub gremito di gente.
Il nostro amico cameriere arrivò al tavolo con un'altra caraffa di birra e il whisky che tanto amavamo io e Gretch, senza neanche bisogno di chiederglielo.
"Non è che mi offriresti anche una sigaretta, Jess?!"
"A quella credo di poterci pensare io."
Una voce imponente tuonò da dietro il cameriere. In realtà apparteneva ad un uomo bello grosso, che si vedeva benissimo da dietro l'esile figura del nostro amico.
Gretchen spalancò gli occhi in direzione dell'energumeno. Jess si scostò di lato con il vassoio privo di tutto l'alcol che ci aveva portato al tavolo tra le mani.
Se ne andò, sorridendo. Il ragazzone enorme stava ancora lì invece, le mani sprofondate nelle tasche di un paio di jeans blu scuri, una canotta grigia a dettagli gialli su una manica. Cazzo che braccia enormi ricoperte di tatuaggi che aveva, e porca puttana se i suoi occhi erano bellissimi. Verdi, lucidi come il velluto e taglienti come la lama di un coltello. Non avevano smesso di guardarmi e mi sa che neanche io avevo smesso di fissarlo.
"Grazie, la sigaretta l'accetto volentieri."
Dissi, alla fine. Liberandomi di quelle strane sensazioni che la vista di quello sconosciuto mi aveva provocato. Giuri di non innamorarti più e poi ti metti a fissare uno sconosciuto come una scolaretta alla prima cotta. Che cogliona ritardata, Kristen.
Gretchen cominciò a bere la sua quarta birra, dopo aver rivolto uno sguardo molto eloquente al gigante. Probabilmente già stava progettando come fare di lui il sesso occasionale di cui aveva bisogno dopo la storia di Phil.
Il ragazzo sfilò una mano dalla tasca dei jeans impugnando un pacchetto di sigarette, da cui ne estrasse una con tanto di accendino. Mi porse la sigaretta. La presi dalle sue enormi dita e me la portai alle labbra. Si avvicinò al mio viso con l'accendino.
"Nel caso te lo stessi chiedendo...mi chiamo Matt."
Urlò vicino al mio orecchio dopo avermi acceso la sigaretta.
"Kristen." Annunciai ai suoi occhi verdi, una volta ripreso il contatto con essi.
"E lei è la mia amica Gretchen." Dissi facendo un cenno verso la cantante troppo presa dai suoi shot per poter pensare a quella nuova conoscenza, conoscenza che si era già scannerizzata nella sua testa. Si voltò verso di me non appena sentii pronunciare il suo nome.
"Oh...piacere..." Disse teatralmente e fintamente distratta, porgendo la mano al ragazzo che l'accettò volentieri.
"Sei solo?" Esordì Gretch. Eccola, la pantera si è svegliata dal letargo ed è pronta ad attaccare.
"In verità sono qui con un amico, che è stato inghiottito dallo scarico del cesso, mi sa."
Annunciò Matt scrollando le enormi spalle e sorridendo in un modo talmente ampio da rivelare due fossette enormi quanto tutto in lui, ma decisamente troppo dolci per un corpo così ruvido. La sua espressione angelica faceva a pugni con il suo essere una montagna umana. Lo rendeva ancora più intrigante.
"Puoi sederti ed aspettarlo con noi, vero Kri?"
Annunciò Gretchen spegnendo la sua (mia) sigaretta nel posacenere sul tavolo circolare di legno. Mi fece un occhiolino fin troppo eloquente. Cosa?! Voleva che fossi io a corteggiare il bestione tatuato?! Oh cazzo. Non è che l'idea mi dispiacesse, anzi. Quello sconosciuto in un posto di cui ormai conoscevamo tutte le facce sembrava un segno del destino, che ne so io, una specie di angelo malefico mandato a farmi distrarre per bene, almeno per una sera. Ok, magari potevo cercare di non innamorarmici e semplicemente di fare un pò la civetta. Il fumo e l'alcol mi avrebbero aiutata.
"Certo. Nessun problema, se per te va bene."
Dissi a Matt, azzardando un sorriso tra una boccata di fumo e l'altra.
Per tutta risposta prese una sedia vuota dal tavolo vicino, senza manco chiedere a chi lo occupasse se appartenesse a qualcuno.
"Scusa amico." Disse poi rivolto ad un gruppo di ragazzi increduli, prima di girare la sedia al contrario e sedersi appoggiando i bicipiti sulla spalliera.
Ok, voglio scoparmelo.
 
La serata stava prendendo la piega giusta. O almeno così era per Kris. Proprio quando stava per avere una crisi di astinenza da nicotina dato che avevamo consumato le scorte di sigarette di entrambe, ecco che si avvicina un tipo pronto ad offrirle una sigaretta, Matt, questo armadio ricoperto di tatuaggi ma con un viso da ispirarti quasi tenerezza. Ed eccolo seduto di fronte a noi, al nostro tavolo, con le braccia appoggiate alla spalliera, che non  ci pensava minimamente a togliere i suoi occhi verdi da Kris che sembrava anche abbastanza disposta a dare un seguito a questo incontro abbastanza casuale. Non era solo a quanto affermato da lui stesso, era con un amico che dovrebbe essere al bagno, ma fino ad ora del suo amico nemmeno l’ombra. Non è molto divertente essere la terza incomodo della situazione, e non vorrei nemmeno finire in qualche cosa a tre che non ne ho alcuna intenzione.
“Ehi amico, ma dove eri finito? Ti stavo cercando ovunque” Una mano, sulla quale si notava la parola “Wine” tatuata, appoggiata sulla spalla di Matt aveva parlato, ma non riuscivo a vedere a chi appartenesse, forse era il suo amico. Poi ecco spuntare un ragazzo, a vista molto più basso di Matt, jeans scuri e camicia nera leggermente aperta che lasciava intravedere una strana scritta, le maniche arrotolate fin sopra ai gomiti che lasciavano scoperte entrambe le braccia completamente tatuate, e una cresta nera alta almeno una decina di centimetri. Ah bene, qui il tatuaggio su buona parte del corpo va molto di moda. Di bene in meglio direi, io adoro i tatuaggi, il mio corpo ne sa qualcosa. Gli occhi. Cazzo e che occhi! Verdi,con striature color nocciola. Ok, tralasciando l’altezza direi che non è affatto male, se tutto va come dico io può darsi ci sarà da divertirsi.
“Ero qui, a fare compagnia a queste due splendide ragazze … Prendi una sedia e aggregati a noi, facciamo quattro chiacchiere insieme a loro” rispose all’amico, che prese uno sgabello da non so dove e si avvicinò al nostro tavolo, sorridendo timidamente.
“Loro sono Kristen e … Gretchen, giusto? Lui è il mio amico Johnny” continuò, con un sorriso a 32 denti stampato in faccia. Carino, è talmente attento a guardare la mia Kristen che a malapena si è ricordato il mio nome. Vabbé, tanto domani mi dimenticherò di lui anch’io.
“Gretchen” dissi allungando gentilmente la mano. Lui allungò la sua e notai la scritta “Beer” tatuata sulla sua mano destra, oltre ai calli sulle dita. Ah, non solo amante dell’alcool e dei tatuaggi, ma anche musicista. Cantante? Troppo timido per esserlo, con molta probabilità lo è Matt, nonostante quel visino quasi tenero su quel corpo da energumeno, la faccia tosta tipica di noi cantanti ce l’ha e si nota anche parecchio. Batterista? Mani troppo piccole. Chitarra solista? Dita troppo paffute. Chitarra ritmica? Bassista? Boh, so solo che sono diventata una calamita per i musicisti … Ma che è, ho per caso scritto sulla faccia “Cercasi solo ed esclusivamente musicisti”?? Bah!!
“Allora … Che ci fate voi due qui, tutte sole?” disse, guardandosi intorno alla ricerca di un cameriere disponibile per ordinare da bere.
“Potremmo fare la stessa domanda a voi due, visto che anche voi siete soli, o sbaglio?” intervenne Kris, che fece segno a Jess di portare altra birra e whisky, pur non staccando lo sguardo da Matt. Jess non tardò ad arrivare, con quattro birre e una bottiglia di whisky con altri bicchierini. Gli amici giusti nei posti giusti sono la miglior cosa al mondo.
“Si, ma l’abbiamo fatta prima noi la domanda” rispose Matt, sorseggiando la sua birra. È un cantante, lo sapevo!!
“Serata tra donne, tra alcool, fumo e un po’ di sana musica” risposi, buttando giù il secondo shot “E voi due, cosa vi porta qui in questo locale?”
“Solita serata tra scapoli … Nulla di tanto strano, ogni tanto fa bene stare con gli amici a farsi una sana bevuta” disse Johnny, mentre versava un altro giro di whisky a tutti e quattro. Benissimo … Musicisti, amanti dell’alcol, molto tatuati … La serata non può far altro che migliorare.

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Capitolo 3
*** Everything looks better when the sun comes down ***


"Cosa fate nella vita?" Dissi, gustandomi il whisky fresco e liscio che mi scivolava per la gola fin troppo bollente. Come tutto in me. Ok, Kristen sei quasi sbronza e ti piace il gigante.
"Abbiamo una band. Io sono il cantante, Johnny il bassista." Rispose Matt bevendo anche lui e guardando sempre e soltanto me.
Sentii il whisky pizzicarmi le narici e volermi uscire dal naso alla parola band...e bassista. Cazzo, Gretchen. Hai la calamita per i bassisti, tutti quelli che non si fila il mondo capitano a te. La mia amica riprese subito il controllo della situazione, salvandomi, come sempre, da un'imminente figura di merda se i ragazzi avessero notato il mio quasi vomitare il whisky dalle risate. E addio al sesso occasionale.
"Una band?! Anche io canto in una band. Kristen è la nostra manager, all'occorrenza corista."
Disse sarcasticamente, insistendo sulla parola "corista". Non sembrava molto sorpresa dall'aver appreso cosa facessero i due ragazzi per vivere.
"Ok, certo. Bellissimo scambio di esperienze lavorative ma non credo siamo qui per parlare di questo, no?!"
Ammiccai in direzione di Matt, focalizzandomi su di lui forse più del dovuto.
"Hai fatto tu la domanda." Sbottò Gretch un pò confusa.
"Ed io la ritiro. Un pò di rispetto, sono la tua manager." Dissi senza guardarla, aggrappandomi alla birra, stavolta.
"E sei ubriaca." Continuò Gretchen scuotendo la testa mentre Johnny, l'amico basso e bassista di Matt, rideva come un dannato. Si teneva addirittura la pancia tra le mani tatuate.
"Era questo lo scopo della serata." Continuai acida. Quei due mi stavano prendendo per il culo, e la cosa non mi piaceva molto.
"Delusione d'amore, ho indovinato?" chiese Matt voltandosi completamente verso di me con la sedia, dando le spalle a Gretch e Johnny che non si sentirono per nulla offesi da quel gesto, anzi, sembrava non aspettassero altro che restare un pò da soli. Almeno così avrebbero smesso di fracassare le palle a me. Gretchen aveva la sua preda. Ed io...Io avevo trovato la mia?!
"Sai, sono single da più o meno un mese. Esco da un matrimonio durato tre anni."
"E perchè me lo stai dicendo?!" Dissi, appoggiando la mano sul pacchetto di sigarette di Matt poggiato sul tavolo dietro di lui. La sua mano si posò sulla mia con abbastanza decisione.
"Perchè so come ti senti."
Rispose rivolgendomi uno sguardo severo e sicuro di sè. Le iridi verdi quasi gli si ghiacciarono e fui sicura di vederci un'ombra di tristezza attraversarle per un attimo.
"Senti, se non puoi offrirmi un'altra sigaretta stavolta la chiedo a Jess. Accetto la tua compagnia ma non voglio paternali da sconosciuti. Grazie."
Sfilai la mano da sotto la sua con sicurezza. Va bene che sei forte e sexy, sei un cantante tatuato e puoi permetterti tutto. Ma raccontarmi la tua vita e cercare di psicoanalizzarmi mentre sono ubriaca e depressa, no è un pò troppo, grazie.
Stavo per chiamare Jess quando Matt afferrò il pacchetto di sigarette per metterselo in tasca. Mi prese per mano rischiando di farmi cadere col culo per terra, e mi trascinò verso il tavolo da biliardo.
"Se vinci a biliardo te lo regalo il pacchetto di sigarette."
Disse, mentre prendeva una stecca dalle mura scorticate del locale e girava attorno al tavolo guardando me che me ne ero stata completamente immobile e muta in un angolo dell'enorme tavolo verde per tutto il tempo. Sbarrai gli occhi, sempre più confusa. Matt mi stava davvero facendo impazzire. In ogni senso. Spalancai la bocca sorpresa dalla proposta.
"Sono una frana a biliardo, e comunque è vero che sono assuefatta dalla nicotina ma di certo se vincessi non chiederei quelle in premio." Dissi, indicando le sigarette ora poggiate nell'angolo del tavolo opposto al mio, accanto a Matt
Se vuole giocare, giochiamo. Basta che la smette di fare il saggio parlando inutilmente. Anche se più lo guardavo e più credevo che se fosse successo qualcosa tra noi non sarei certo uscita viva da tutto quell'ammasso di muscoli e sesso. Sì, ormai gli stavo vicino da un bel pò e quell'uomo a tratti rude a tratti sensibile odorava di sesso. Ed aveva il cuore infranto, proprio come il mio.
Con la stecca in mano si avvicinò verso il mio angolo. Accarezzò il mio braccio, partendo dalla mano appoggiata sul tavolo verde e arrivò alla spalla. Sorrisi cercando di non sembrare una maniaca.
"E che vorresti?" Disse, soffiandomi in faccia il suo respiro caldo come il fumo delle sigarette che aveva fumato e della birra e il whisky che aveva bevuto.
"Te." annunciai diretta, affilando lo sguardo più malizioso che riuscissi a fare verso il suo già acceso di desiderio di conquista.
Mi ero messa in un bel casino. Giocarsi del sesso, al gioco in cui non valevo niente. Però magari stavolta sarei stata fortunata.
Per tutta risposta mi passò la stecca che aveva preso lui e tornò verso la parete dove giacevano ammassate tutte le altre per prendersene un'altra.
Quando quell'assurda e inconcludente partita a biliardo finì ero totalmente a pezzi. Inutile dire che Matt aveva vinto, io non avevo fatto altro che ridere, tirare la stecca a caso sul tavolo verde guidata a tratti dalle sue mani sui fianchi che più che aiutarmi a prendere la mira mi distraevano, e cercare conforto nelle birre che chiedevo continuamente a Jess.
Matt mi lasciava giocare e bere, ridendo di gusto e godendosi lo spettacolo. Ammiccando e mollandomi improvvise pacche sul sedere. Girandomi attorno con lo sguardo mi accorsi improvvisamente che il locale era vuoto. Non c'era più nessuno. Le sedie erano tirate con i piedi in alto sui tavoli ripuliti e l'unico essere umano, oltre me e Matt, presente nel pub, era proprio Jess, che lucidava dei bicchieri e li metteva al suo posto tra gli scaffali dietro il bancone, facendo finta di niente.
Adesso, è vero che ero ubriaca, ma non accorgersi che un locale fottutamente pieno di gente si svuota è proprio da ritardati mentali. Gretchen, chissà che cazzo di fine aveva fatto pure lei. Qualcosa mi diceva che non era molto lontana, e se la conoscevo abbastanza bene stava scopando con il bassista dalla cresta esuberante da qualche parte. Forse però non era stato l'alcol ad avermi distratto dal tempo che passava e dal locale che si svuotava. Forse era stato Matt, la sua presenza, le sue battute e la sua risata a non farmi rendere conto di nient'altro se non delle sue azioni. Sto pensando troppo, e adesso mi gira la testa. Porca troia.
"Ma che ore sono?!" Sussurrai alla fine, confusa. Matt si voltò verso di me una volta riposte le stecche da biliardo al loro posto, sul muro.
"Le quattro." Disse, guardando l'orologio appeso al muro sopra la sua testa.
"Merda. Devo cercare Gretchen, come cazzo torno a casa adesso?!"
Inutile sperare nel mio premio. Tanto avevo perso. Meglio recuperare la mia cantante e tornare a casa, anche se la cosa non poteva succedere se la mia supposizione di prima fosse stata vera...Ci dovevo provare, che cazzo facevo adesso?! Senza più sigarette, ubriaca e con l'opportunità di fare del sano sesso occasionale buttata nel cesso per via delle mie stupide frasi ad effetto. Mi sfilai il cellulare dalla tasca. Scarico. Porca puttana.
Mi sedetti sul tavolo da biliardo e affondai con il viso sudato tra le mani. E mi venne di nuovo voglia di fumare, cazzo. Dovevo rubargli quelle fottute sigarette, almeno quello. Rimisi il cellulare scarico nei jeans stretti. Matt era di fronte a me. Il volto rilassato e disteso. Come faceva a non essere ubriaco lui?! Avevamo bevuto la stessa roba. Magari è dieci volte te e smaltisce prima l'alcol, cogliona.
"Senti, ho perso e quindi niente premio. Ma facciamo che almeno mi accompagni a casa?"
Matt si fece strada con le mani tra le mie gambe, aprendole. Poi le posizionò sui miei fianchi e mi sporse leggermente verso di lui in modo tale da fare avvicinare i nostri petti abbastanza da farli toccare. Il cuore prese a battermi all'impazzata e la testa ormai non la smetteva più di girare.
"Io non ti accompagno da nessuna parte. Prima di iniziare a giocare non ti ho detto che premio avrei voluto se fossi stato io a vincere...perchè non provi a chiedermelo, eh biondina?!"
Disse lui spostandomi i capelli dalla spalla e cominciando a baciarmi il collo.
"Cosa vuoi?" Annaspai balbettando.
"Te." Sussurrò deciso al mio orecchio.
Nel mio ultimo attimo di lucidità vidi sparire Jess nel suo ufficio e chiudere la porta.
Dalle casse dello stereo del locale che aveva continuato a suonare per tutto quel tempo, intercettai "Make me wanna die" dei The pretty reckless.
Non solo erano spariti tutti.
Era sparito tutto. Restava solo Matt con il suo corpo divino che avrebbe inghiottito le mie pene d'amore.
Mi avventai sulle sue labbra con decisione mentre ancora erano sospese al mio orecchio. Fu il bacio più libero che avessi mai dato in tutta una vita. La birra mi tolse qualsiasi tipo d'inibizione, anche se già normalmente non è che ne avessi molte.
La mia schiena finì a sfiorare il tappeto verde ruvido del tavolo. Matt abbandonava le mie labbra solo per spogliarmi. Io facevo lo stesso.
Quando gli tolsi la canotta notai che quelli sulle braccia non erano gli unici tatuaggi che possedeva, ne era ricoperto dal petto all'addome, erano tutti colorati e terribilmente eccitanti. Il suo corpo muscoloso era fottutamente caldo, il mio ormai stava andando in fiamme.
Prima di togliere i jeans sfilò dalla tasca posteriore un preservativo e se lo mise fra i denti.
Il desiderio che sentivo di essere posseduta da lui mi sgorgava nel sangue misto all'alcol e al mio dolore per Henry, misto al dolore per tutti quelli che mi avevano tradita e abbandonata. I suoi occhi si fecero più lucidi e assassini man mano che i vestiti erano sempre di meno sui nostri corpi, fino ad annullarsi.
"Sai che domani non ricorderò niente, vero? Non vorrei ci rimanessi male." Annunciai, mentre le sue labbra erano impegnate sul mio addome piatto scosso dai respiri veloci e convulsi.
"Non vorrei ci restassi male tu. Io non sono uno che si dimentica facilmente, sbronze colossali incluse." Disse, non smettendo di fare quello che stava facendo con la mia pancia nuda.
Non perdemmo troppo tempo in smancerie inutili, eravamo già abbastanza eccitati entrambi. Gli sfilai dai denti il preservativo e lo aprii con i miei per poi ridarglielo. Se lo infilò senza staccarmi gli occhi di dosso, e senza staccarmi gli occhi di dosso mi prese e Dio solo sa come, resistetti alla prepotenza devastante con cui s'impadronì del mio corpo. Non avevo perso troppo tempo a guardarlo nelle parti basse, anche perchè eccitata  e ubriaca com'ero ormai non m'importava più mettermi ad ispezionarlo ma da quello che adesso sentivo, anche dal ventre in giù quell'uomo era enorme. Non ci mise molto a farmi passare dai gemiti attaccata con le mani ai suoi capelli castani corti e sudati, alle urla assolutamente incontrollate, mentre mi attraversava. Adesso capivo cosa significava la sua maliziosa affermazione di prima. Come fai a scordare uno che ti scopa così?! Le spinte erano veloci, secche e decise. Diventarono morbide non appena entrambi cominciammo a metterci i fluidi oltre alla passione.
I gemiti che uscivano dalle sue labbra erano gutturali, bassi, fottutamente sexy...
Il tavolo sotto di noi tremava, vittima delle nostre spinte sempre crescenti e disperate.
Mi aggrappai alle sue spalle enormi con le unghie e credetti davvero di svenire, quando arrivò l'orgasmo. Lo sentii provenire dalle ossa, dai muscoli, dal cervello, da tutto. Le labbra di Matt scivolarono sul mio seno e presero a baciarlo frenetico quando di colpo il suo corpo smise di agitarsi nel mio, s'irrigidì. Venne. Ed io con lui. Mi si annebbiò la vista. Annegai tra i gemiti ininterrotti che provenivano dai nostri corpi distrutti.
Uscì da me dopo aver esaurito sperma e forze. Si alzò dal tavolo e gettò il preservativo con attaccata sopra la nostra scopata magnifica, nel cestino dietro il tavolo da biliardo. Adesso sì che lo stavo guardando e riuscivo solo a penare che tutto quel ben di Dio era stato mio. Completamente mio. Per pochi, intensi e perversi minuti.
"Adesso però voglio una sigaretta."
Sussurrai, stiracchiandomi nuda e soddisfatta, sul tavolo da biliardo.
"Sei proprio una tipa tosta, biondina. L'ho capito subito, al primo sguardo. E devo dire al mio chitarrista solista che ho trovato qualcuno che fuma più di lui."
Scoppiò a ridere prima di lanciarmi il pacchetto di sigarette finito per terra.
Poi, per mia grande sfortuna, cominciò a rivestirsi. Se non altro avevo riaggiustato la mia serata. Ora mi mancava solo trovare Gretchen e infilare la testa nel bagno per vomitare tutto l'alcol che avevo ingerito.
 
Mi accorsi che il locale si stava svuotando solo quando Kristen e Matt lasciarono il nostro tavolo per quello da biliardo. Ok, adesso Matt scoprirà che Kris è negata al biliardo nonostante i tentativi miseramente falliti di chiunque abbia tentato di insegnarle come si tiene la stecca tra le dita, me compresa. E per come si guardavano avevo seri dubbi che sarebbe durata a lungo, quindi meglio andare via e togliere il disturbo.
“Direi che è meglio sgomberare il campo, siamo solo di intralcio qui dentro … Andiamo fuori a prendere una boccata d’aria” annunciai, dirigendomi verso l’uscita. Il conto? Kris, visto che l’ultima sbronza l’avevo offerta io, adesso tocca a lei ricambiare. Il parcheggio era deserto, il tintinnio dei miei tacchi sull’asfalto rimbombava in quel silenzio notturno che era una vera delizia per le mie orecchie. Mi avvicinai alla mia auto, e recuperai il pacchetto di sigarette di emergenza che avevo prontamente nascosto dalle grinfie di Kristen dalla tasca laterale della mia portiera. Presi una sigaretta e lanciai il pacchetto verso Johnny, che era a pochi passi da me.
“E così tu sei un bassista … Lo avevo intuito da subito” continuai, appoggiandomi alla portiera chiusa. Il cartello sulla mia testa probabilmente dice “Cercasi esclusivamente musicisti, preferibilmente bassisti”, perché non è possibile che me li ritrovo sempre davanti … Me li cerco tutti io, e che cazzo.
“Ah, si? E da cosa lo avevi capito?” rispose, incrociando le sue braccia al petto, e avanzando di un paio di passi verso di me.
“Semplice: mani troppo piccole per un batterista e dita troppo paffute per un chitarrista … E sei abbastanza timido da non essere un cantante. E poi ho un po’ di esperienza nel riconoscere un bassista” replicai ammiccando non eccessivamente. Avanzò di un altro paio di passi finché non si trovò a pochi centimetri da me. Feci un ultimo tiro alla mia sigaretta e schiacciai il mozzicone sotto la scarpa, per poi infilare le mani in tasca e i pollici nei passanti.
“Sfacciata, senza peli sulla lingua e un ottimo fiuto verso i musicisti … Esattamente come una cantante che in passato ha avuto a che fare con dei bassisti” commentò, lanciando il suo mozzicone verso un punto indefinito del parcheggio. La preda è presa, che la pantera entri in azione.
“Tu hai qualcosa che mi appartiene” dissi fissando decisa i suoi occhi. Johnny si avvicinò ancora in modo da far aderire il corpo di una all’altro, facendo roteare il pacchetto di sigarette tra le dita. Ammiccava con lo sguardo deciso puntato su di me, con un leggero sorriso sulle labbra. Non avrà questo sorrisetto da chi crede di aver fatto colpo ancora per molto, la pantera era pronta a sferrare il suo attacco.
Lo baciai senza pensarci su due volte, intrecciando una mano tra la sua nuca e i capelli. Questa cresta dirompente non avrà lunga vita con me. Mi allontanai da lui solo per aprire la portiera posteriore, e salire in macchina. Mi seguì pochi secondi dopo, chiudendo la porta con la punta della scarpa, le sue mani erano impegnate a risalire dalle gambe ai fianchi, verso il seno. Con una piccola mossa lo feci sedere dritto, posizionandomi a cavalcioni su di lui. Una mia mano risaliva dall’interno dal suo addome fino al collo, sbottonando la camicia sempre dall’interno con estrema facilità, mentre l’altra era impegnata a slacciargli i jeans. Una volta eliminata la sua camicia e sfilato il mio top, martirizzai il suo collo con baci e morsi che lo facevano fremere solo a sfiorarlo, poi scivolai lentamente verso il petto completamente tatuato, continuando la scia di baci verso l’addome e mordicchiando l’ombelico. Mi inginocchiai ai suoi piedi e scoprii la sua erezione, che premeva contro la stoffa dei boxer e dei jeans più o meno da quando aveva messo piede in macchina. Mordevo, leccavo, baciavo e succhiavo mentre lo guardavo con la coda dell’occhio che si dimenava dal piacere, graffiando la pelle del sedile. Poi si irrigidì, e venne nella mia bocca. Inghiottii il suo seme amaro e caldo, mi pulii la bocca alla bene e meglio con il dorso della mano e mi alzai lentamente, riprendendo la posizione di prima, a cavalcioni, su di lui. Johnny era rosso in viso, con la testa rivolta all’indietro, che respirava a bocca aperta, cercando di recuperare un briciolo di energie il prima possibile. Tipica espressione di chi ha subito il passaggio della pantera, molto eccitante. Tentai di rivestirmi, ma Johnny mi bloccò i polsi. A quanto pare non gli è bastato, molto meglio.
“Non credere di cavartela così solo perché hai avuto quello che volevi … Ora tocca a me” disse, ancora ansimante, poi si avventò sulle mie labbra, come se non avesse mai desiderato altro che quelle. Mi spogliò nel giro di pochi secondi, per poi penetrarmi con un unico, deciso e profondo colpo. Non tardai molto a raggiungere l’orgasmo, le sue spinte erano così veloci e decise da mandarmi fuori di testa in pochissimo tempo. Iniziò a mordicchiarmi il seno, e a quel punto non riuscii a resistere e venni, completamente esausta e lui poco dopo di me. Porca troia, fino ad ora nessuno era mai riuscito a darmi del sesso così, nemmeno Phil. A proposito, chi è Phil?
Mi rivestii in fretta e scesi dall’auto, avevo bisogno di respirare un po’ d’aria fresca e sgranchirmi le gambe, accendendomi una sigaretta. Vidi Kristen che si avvicinava alla macchina con un’espressione sul volto che non preannunciava niente di buono, mentre Matt era non molto lontano da lei, che si gustava abbastanza contento una sigaretta.
“Gretch …” sussurrò appoggiandosi allo specchietto, poi iniziò a vomitare. Cazzo! Gettai la sigaretta a terra e le corsi accanto tenendole i capelli all’indietro, massaggiandole la schiena per tranquillizzarla.
“Ma che succede …” tentò di dire Johnny, che stava per uscire dall’auto.
“Esci dall’altro lato, cazzo!!” urlai quasi in preda alla disperazione, Kris tra poco mi vomiterà anche la sua anima … Ma quanto cazzo ha bevuto??
Alle mie spalle sentivo i ragazzi che parlavano tra di loro, osservando lo scenario non molto entusiasmante, quasi come se fosse molto divertente.
“Invece di rimanere lì impalati come dei coglioni datemi una mano, ne sarei molto grata, porca puttana!!” urlai ancora più forte di prima, ormai ero davvero incazzata.
“Ci sono dei fazzoletti di carta nel cofano, e una bottiglietta d’acqua nel vano portaoggetti … Se me li porgete mi fate un grosso favore”
Fortunatamente gli aiuti arrivarono subito, e Kristen sembrò riprendersi un pochino e calmarsi. Smise di vomitare e si rialzò in piedi, quindi le porsi un fazzoletto e la bottiglietta, in modo da eliminare l’amaro della bile dalla bocca.
“Kris, come ti senti?” sussurrò Matt, che nel frattempo si era avvicinato per controllare come stava.
“Sto bene … Ho solo bisogno di riposarmi …” rispose Kris con la voce molto sottile e roca. La accompagnai al lato passeggero della macchina, aiutandola a sedersi sul sedile anteriore. Tornai al lato del guidatore, evitando la chiazza di vomito per terra, e salii in macchina.
“Johnny è andato a prendere la macchina, vi accompagniamo a casa” disse Matt. Con un tono abbastanza serio. Non avevo molta intenzione di discutere sulla loro presenza in casa nostra con Kris in queste condizioni.
“Fate quello che volete” risposi sbuffando, poi misi in moto e mi avviai verso casa.

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Capitolo 4
*** Well, when you go don't ever think I'll make you try to stay ***


Sembrava un'eternità fa, me e Matt schiacciati petto contro petto, la mia schiena che strusciava graffiandosi sul tappeto verde scuro del tavolo da biliardo consumato da migliaia di giocatori, sicuramente più bravi di me, ma dubito sfiorato da nessun altro prima d'ora per farci sesso. Conoscevo Jess da una vita, da quando venivo a bere in quel posto dopo la scuola grazie ai documenti falsi, non avrebbe lasciato il suo tavolo da biliardo ad un ubriacone qualunque e la sua puttanella. L'avrebbe lasciato solo ad un'amica distrutta, infelice e sola e, alla sua distrazione di turno. O meglio. La sua prima distrazione. Dicevo, sembrava un'eternità fa, eppure erano trascorsi solo pochi minuti. Come si fa a passare dall'orgasmo al vomito, porca troia?!
Non avrei mai voluto vomitare davanti ad uno sconosciuto, non avrei mai voluto diventare verde in viso all'improvviso e barcollare fuori come una cogliona, non avrei mai voluto che dopo quel sesso stupendo ci sarebbe stato questo oblio. Mi ero sbronzata migliaia di volte ma mai così tanto, mai da sentirmi così uno schifo, mai dopo aver fatto del sesso megagalattico con qualcuno che non avrei più visto. Sinceramente tendevo sempre a lasciare una buona impressione di me. Anche se mi ero sempre innamorata dei tipi che mi ero scopata. Forse avevano scopato più loro me che io loro, io ci avevo fatto l'amore. Matt era stato diverso. Sotto tutti i punti di vista.
Avevo il viso sudato e dal trucco colato sul viso completamente immerso nell'oscuro momento che precede l'alba qui ad Huntington, il più buio e desolato prima del sole dorato che fa capolino dalle onde cristalline dell'oceano.
Pensavo solo a me e Matt, alla nostra scopata, pensavo solo al mio mal di testa e al sapore di vomito che nonostante l'acqua prontamente offerta da Gretchen ancora mi pizzicava la gola.
Gretchen. Sempre e solo lei, la mia unica e sola salvatrice. Se non l'avessi trovata nel parcheggio sarei stata costretta a farmi vedere in quello stato per un periodo prolungato da Matt, a quel punto sì che avrei voluto seppellirmi.
Mi voltai verso di lei, dosando anche il più piccolo movimento della testa, per non vomitare di nuovo. Se le avessi sporcato i sedili della Hummer mi avrebbe uccisa, teneva troppo a quella fottuta macchina, più di me.
Il volto serio e preoccupato concentrato sulla strada, le mani tese sul volante, il vento che le scompigliava silenzioso i capelli fiammeggianti buttandoglieli a ciocche scomposte davanti al viso, senza distrarla dalla guida. Cazzo, ma perchè tutti hanno bevuto e l'unica a stare male sono io? Perchè tu hai smesso due secondi fa di bere.
"Gretch, non sono mica morta?! Rilassati!"
Non l'avessi mai detto. Si voltò verso di me affilando lo sguardo.
"Vedo che la voglia di fare la sarcastica non ti è passata. Cazzo, Kris. Ok, sbronzarti, ok il sesso occasionale ma sentirti male...Avresti dovuto vedere la tua faccia pochi secondi fa nel parcheggio. Mi hai spaventata."
"Menomale che ti ho trovata. A proposito del sesso... Ti sei scopata il bassista?"
Sorrise, quasi arrendendosi al mio essere me anche nelle situazioni più drammatiche. Ironizzavo per non mettermi a urlare, per non cadere nell'imbarazzo della figura di merda con Matt. E anche questo lei lo sapeva. E mise da parte il suo istinto un pò materno che sentiva nei miei confronti e accettò il mio cambio di discorso.
"Sì, è stato veloce e fottutamente divino."
Rispose soddisfatta, leccandosi le labbra come a sottolineare chissà il ricordo di quale immagine perversa che le stava scorrendo per la testa in quell'istante.
"Allora? Bravo come il precedente bassista?"
"Molto di più. Phil è morto e sepolto, sul serio. Sotto una cresta alta dieci centimetri e qualcos’ altro di altrettanto ben piazzato."
Provai a ridere. Ma le fitte allo stomaco mi uccisero la risata in gola.
"Cazzo." Biascicai ritornando a guardare fuori. Fortuna che eravamo a due minuti da casa, ormai. Volevo solo buttarmi sul letto e dormire.
Gretch abbandonò una mano dal volante e la posò sulla mia fronte. Il suo tocco freddo fu un sollievo per le mie vene pulsanti nelle tempie e la fronte madida di sudore.
"Abbiamo scopato in macchina. Lì dietro."
"Quanto sei scontata, sorella." Risposi, guardandola.
"Io e Matt abbiamo scopato sul tavolo da biliardo." Annunciai, E l'immagine di me che gli arpionavo le spalle muscolose con le unghie raggiungendo l'orgasmo si colorò davanti ai miei occhi stanchi, e riprese a pulsare.
"Non ci credo."
"Credici, se vuoi te lo faccio dire da Jess. Chiamalo domani. Si è chiuso in ufficio non appena ha visto che la situazione cominciava a farsi equivoca." Annunciai, con un bel pò di soddisfazione nella voce traballante.
"Fottuta troia!"
Disse amichevolmente, spostando la mano dalla fronte alla spalla nuda per darmi un colpetto.
"Fottuta troia che vomita." Dissi, perdendo tutta la mia soddisfazione, annegandola nell'imbarazzo.
"Cazzo, mi ha pure mezza soccorsa prima vero?!" Chiesi sconvolta.
Gretchen annuii.
"Chissà che brutta impressione devo avergli fatto."
"Non credo che si soffermerà su quei due minuti,ma sulla mezz'ora precedente. Ora porta il tuo culo di sopra, stronza."
Mi diede uno schiaffo sul sedere poi spense il motore. L'auto emise un ultimo smorzato sospiro prima di addormentarsi del tutto.
Aprii la portiera e trovai Gretchen e il suo braccio pronto a sorreggermi ed accompagnarmi in casa.
Inserì l'allarme al suo gioiellino parcheggiato nel parcheggio della nostra modesta casetta e mi aiutò a salire i tre scalini sul portico che conduceva alla porta sotto braccio, come se fossi stata una fottuta vecchietta. Mentre trafficava con le mani nelle tasche incasinate per cercare le chiavi, mi voltai indietro, verso il vialetto che conduceva al nostro parcheggio. Un fuoristrada blu, dalle ruote alte e nere e con due fari che mi accecarono, si fermarono proprio dietro la Hummer di Gretch. E fu lì che si spensero.
"PERCHE' LORO SONO QUI?" Urlai con tutto il fiato che mi era rimasto nella gola riarsa, rivolgendomi a Gretchen non appena intercettai i due ragazzi a cui apparteneva il fuoristrada. Lei intanto aveva trovato le chiavi, e anche una sigaretta. Fottuta bugiarda che mi nascondeva la nicotina.
"Tu parlavi del sesso ed eri sconvolta per la figura di merda, non ce la facevo a dirti che quei due erano dietro di noi. Avresti fatto l'isterica. Come adesso. E poi non credevo facesse sul serio Matt quando ha detto che ci avrebbe seguite fino a casa."
Cercò di giustificarsi la mia amica.
Rimasi impalata sull'ultimo scalino bianco, davanti la porta di casa, con una mano poggiata in fronte e l'altra ad una delle colonne che teneva in piedi la casa. Anche se ero io ad aver bisogno di essere sorretta da qualche colonna. Mi stavo letteralmente macinando nella sbronza all'idea di aver rovinato la scopata più bella della mia vita. L'imbarazzo passava solo se pensavo che quel gigante tatuato dagli occhi di vetro e il sorriso tenero non avrebbe mai più incrociato la mia strada, ma come capitava spesso nella mia vita, mi ero sbagliata.
Gretchen andò incontro a Johnny che scendeva in quel momento dall'auto. Quanto a Matt, era già troppo vicino a me per mandarlo via. Respiro profondo, sei ubriaca. Non è colpa tua se gli hai vomitato davanti. E se ora è sotto casa tua.
"Come ti senti?" Disse quando mi raggiunse. A lui bastava stare in piedi sul primo gradino.
"Mi sembra di avertelo detto prima." Risposi sincera, incrociando le braccia sul petto e spostando lo sguardo verso Gretch che rideva con Johnny come se io non fossi più sulla porta, ubriaca, con un armadio a quattro ante di fronte, ad aspettarla. Sono incazzata. Incazzata con tutti.
"Spero solo che la tua reazione non sia dovuta a quello che è successo sul tavolo da biliardo. E' vero che non dovevi dimenticarti di me, ma lo dicevo in positivo." Sorrideva. Stavo per esplodere.
"Scusa per lo spettacolo penoso che ho offerto ma mi sa che ho bevuto troppo. Di solito reggo meglio l'alcol."
"Non ne dubito." Sbottò malizioso.
Ed io esplosi. Slegai le braccia sul petto e mi arresi al guardarlo.
"Ma chi cazzo sei per fare il prepotente con me, me lo spieghi? Chi cazzo ti ha autorizzato a seguirmi a casa? abbiamo scopato, è stato bello, ma adesso sto male. Lasciami in pace. GREEETCHEEEN!"
La mia amica si voltò verso di me seguita da Johnny che aveva l'espressione di chi fosse venuto per dare un seguito al suo sesso sfrenato in macchina con la mia cantante, di certo non per accertarsi di come stesse un'emerita sconosciuta.
"Io definirei più che bello quello che c'è stato tra noi. Io non ti conosco. Tu non conosci me. Sei sbronza, se resto a farti compagnia stanotte, per te che cambia?"
Disse Matt afferrandomi delicatamente per un polso e avvicinandomi a sè, richiamando la mia attenzione, mentre Gretchen raggiungeva la porta con le chiavi in una mano e...la mano di Johnny nell'altra. Ok, che cazzo sta succedendo qui?! Gretch non si porta mai le scopate a casa. Che cazzo si erano detti quei due?!
"Ci facciamo un caffè e fumiamo una sigaretta."
Disse la mia amica calma, mentre apriva la porta.
"No dico, mettetevi a fare anche l'uncinetto insieme visto che ci siete."
Ribattei acida. Rivolsi uno sguardo di fuoco a tutti. Sguardo che nessuno ricambiò.
Gretch e Johnny sparirono in casa incolumi alle urla di una povera ubriaca. Stavo per seguirli. Mi ero scordata di Matt. Ma la sua presa salda sul mio fragile polso costrinsero la mia testa esausta a ricordarmelo.
"Che cambia?" Riprese alzando le spalle.
A quel punto mi arresi. Lasciai che mi seguisse in casa. Che cambia, Kristen?! Mi ripetevo nella testa. Che cambia. Salimmo le scale, abbandonando i nostri amici giù in cucina. Lanciai un'ultima, feroce occhiata a Gretchen prima di sparire oltre le scale.
"Non so perchè hai insistito così tanto per venire qui, ma ti assicuro che non posso farti più compagnia. Non vorrei ammetterlo, ma sto una merda."
Dissi, una volta superata la porta di camera mia e gettati gli anfibi in un angolo. Sentii la serratura richiudersi, e bastò quello per capire che Matt era entrato. Se voleva il bis, tanto valeva fargli capire da subito che avevo investito tutte le forze sul tavolo da biliardo.
"Cercherò di non disturbarti mentre dormi, allora."
La sua voce arrivò lenta e sensuale alle mie orecchie frastornate. Un suono così diverso dall'urlare per farsi strada tra le voci del pub e il roco ansimare mentre mi possedeva sul tavolo. La vergogna per avergli vomitato praticamente davanti agli occhi dopo il sesso c'era ancora ma la rabbia nei suoi confronti stava scivolando verso il fondo di me stessa con la sbornia. Quella proposta mi fece uno strano effetto e non seppi dargli una risposta.
Lui non c'entra col tuo dolore, Kri. E' solo uno sconosciuto che adesso vuole dormire nel tuo letto. E alla fine, non lo sono stati tutti quelli con cui hai diviso le lenzuola finora? Almeno lui non ti ha spezzato il cuore. Non ancora.
Mi gettai sul letto perennemente sfatto con lo sguardo fisso alla scrivania, alla destra della mia stanza.
"Gretchen domani mattina mi sente. Eccome se mi sente. Prima fa tanto la tosta che ha voglia di sbattersi qualcuno per dimenticare Phil, fa tutta la premurosa con me, poi mi lascia sola e si porta il nano da giardino a casa, contro ogni logica. Doveva occuparsi di me."
Non so se lo dissi tra veglia e sonno o se l'alcol parlava ancora per me. So solo che, un istante dopo quello sfogo, due braccia enormi e tatuate si strinsero attorno la mia vita, troppo, ma non fecero male.
"Mi occuperò io di te stanotte. Ora dormi."
Sussurrò una voce morbida al mio orecchio.
Pietrificata. Sconvolta. Ubriaca. Chiusi gli occhi e mi abbandonai alla notte che si chiudeva di fronte a me, mentre fuori sorgeva il sole.
 
Anche questa volta, eccomi pronta ad aiutare la mia Kris a dimenticare una serata che avrebbe potuto avere un finale decisamente migliore rispetto a quello che è successo.
“PERCHE’ LORO SONO QUI?” L’urlo di Kris per poco non mi traforava un timpano. Due minuti prima vomitava l’anima nel parcheggio del Johnny’s pub dopo aver passato la serata a bere quantità industriali di birra e whisky, fumato un quantitativo indefinito di sigarette e fatto sesso su un tavolo da biliardo, poi mi chiede come è stato il sesso in auto con Johnny e adesso spara questo urlo degno di uno screamer … E questo per cosa? Perché da un fuoristrada blu parcheggiato dietro la mia Hummer impregnata di sesso sono usciti Matt e Johnny? Bel ringraziamento. E meno male che sono io che sorreggo lei, sbronza, in questo momento, per portare le sue chiappe a letto.
"Tu parlavi del sesso ed eri sconvolta per la figura di merda, non ce la facevo a dirti che quei due erano dietro di noi. Avresti fatto l'isterica. Come adesso. E poi non credevo facesse sul serio Matt quando ha detto che ci avrebbe seguite fino a casa” risposi un bel po’ stizzita. Era l’alba, avevo appena fatto sesso, avevo un urgente bisogno di dormire e di discutere non ne avevo la benché minima voglia. Che aspettasse almeno fino alle prossime 48 ore per voler inveire contro di me.
Matt scese subito dall’auto, e in pochi passi raggiunse il porticato di casa nostra, fermandosi ai piedi degli scalini davanti a Kristen, appoggiata al pilastro del porticato. Io invece raggiunsi Johnny, che stava scendendo dall’auto in quel momento.
“Come sta Kristen, si sente meglio adesso?” domandò abbastanza preoccupato, appoggiandosi alla portiera del suo fuoristrada.
“Si, si sente abbastanza bene da screammarmi nell’orecchio e spaccarmi un timpano … E da come guarda Matt direi che sta anche meglio di me e te” risposi, affogando una risata con un piccolo sbadiglio. Stavo letteralmente crollando, meno male che non è successo mentre guidavo, altrimenti non sarei qui a parlare di tutto questo.
“Oh, direi che sta decisamente meglio allora … A proposito, credo che queste qui siano tue” disse, facendo roteare il mio pacchetto di sigarette di emergenza tra le dita davanti ai miei occhi esattamente come qualche minuto fa, nel parcheggio, prima di rinchiuderci in macchina. Scoppiai a ridere e mi avvicinai in modo da avere il suo viso a pochi centimetri dal mio.
“Se volevi rivedermi ti bastava chiedere il numero di telefono e invitarmi ad uscire, non credi? Non servono questi sotterfugi da quattro soldi, sono troppo banali” sussurrai al suo orecchio. Con il braccio libero mi cinse i fianchi e mi avvicinò ancora di più a sé, baciandomi, ricordando il motivo per cui ho il sedile posteriore graffiato.
“GREEETCHEEEN!" Un’altra screammata di Kristen interruppe il nostro bacio abbastanza appassionato da dimenticare le due presenze sul porticato. E che cazzo! Mi voltai verso di lei con uno sguardo abbastanza spazientito, ma probabilmente non mi ha vista, avendo davanti a lei un muro di muscoli di nome Matt. Meglio farla entrare in casa prima che la uccida, o meglio, prima che lei uccida me.
“Se ti avessi chiesto il numero di telefono non avrei potuto fare questo non credi? Avrei dovuto aspettare chissà quando per poterti rivedere, e tutte le altre cose” disse Johnny, strizzando l’occhio. Mi sa che per lui quello che è successo non è solo del sano e spettacolare sesso occasionale. Vabbé, quando sarò abbastanza lucida e sobria da poter riflettere per bene su questo vedremo.
“E comunque mi devi il rivestimento del sedile posteriore, più che graffiato, l’hai quasi strappato!” aggiunsi facendo anch’io l’occhiolino.  Ricorderà questa serata per il resto della sua vita, ne sono sicura. Raggiunsi l’entrata di casa con la mia mano intrecciata alla sua, facendo finta di non vedere lo sguardo incredulo di Kris che blaterava ancora mentre Matt le teneva stretto un polso.
"Ci facciamo un caffè e fumiamo una sigaretta"  dissi con una calma degna di un monaco tibetano.
"No dico, mettetevi a fare anche l'uncinetto insieme visto che ci siete." Commentò Kristen acida. È sbronza, lasciamola perdere. Aprii la porta di casa e raggiunsi la cucina, con Johnny che mi teneva ancora per mano. Poi sciolsi la presa dalla sua mano, appoggiai la borsa sulla poltrona e mi tolsi le scarpe, liberando i piedi da un dolore atroce durato per tutta la serata. Mi avvicinai alla cucina per preparare il caffè, ma mi fermai all’istante perché sbadigliai, di nuovo.
“Sei stanca?” chiese Johnny, restando ancora in piedi. No, sbadiglio perché sprizzo energia da tutti i pori.
“Abbastanza … Considera anche quello che è successo nell’ultima mezz’ora” risposi leggermente acida.
“Hai ragione, scusa … Meglio che vada allora” replicò, infilando entrambi le mani nelle tasche dei jeans.
“No, resta” dissi, addolcendo il tono di prima, e avvicinandomi a lui. Incrociai il suo sguardo ancora una volta e capii che probabilmente non sarebbe diventato uno delle tante serate da sesso occasionale, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
“Voglio restare ancora un po’ con te, se ti va” continuai, intrecciando ancora una volta la mia mano alla sua, raggiungendo il divano ad angolo del soggiorno. Si accomodò all’angolo del divano, distendendo leggermente le gambe lungo un lato. Lo imitai sdraiandomi dall’altro lato del divano, appoggiando la testa sul suo braccio disteso lungo i cuscini. Come potevo considerarlo semplicemente uno come tanti se ero totalmente incantata dai suoi occhi, mentre mi coccolava come se non avesse fatto altro in vita sua? Fanculo se quando riaprirò gli occhi lui non ci sarà, o peggio, non ricorderò di lui a causa della sbronza … La cosa importante era non dimenticare i suoi occhi.

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Capitolo 5
*** Thoughts are haunting me as I look around ***


La prima cosa che vidi non appena riuscii a vincere la lotta contro le palpebre pesanti che rifiutavano di collaborare per farmi aprire gli occhi, fu la radiosveglia rettangolare, nera e leggermente impolverata che segnava le quattro di pomeriggio nel suo verde alieno fluorescente e misterioso che si disperdeva nell'azzurro di un pomeriggio soleggiato ad Huntington.
Le quattro di pomeriggio?! C'era solo una spiegazione al fatto che mi fossi svegliata a quell'ora, con i vestiti addosso (puzzolenti come una fogna, tra l'altro!) il viso sudato e i capelli attaccati al cuscino sporco di mascara. Una serata al Johnny's bar trascorsa ad ubriacarmi.
Eppure di solito, anche se dopo ogni sbronza sentissi sempre la testa leggera e il corpo pesante, nonostante avessi un aspetto orribile e nessuna voglia di alzarmi dal letto per fare qualsiasi cosa, mi girava sempre nella mente qualche ricordo della sera prima, confuso e avvolto da cerchi di fumo, ma faceva abbastanza rumore da farmi scoppiare le vene nelle tempie obbligandomi a farsi ricordare.
E invece adesso niente. Solo un gran senso di nausea e vuoto.
Decisi che alzarsi per andare a fare una doccia fosse la soluzione migliore, per svegliarmi e provare a riprendere in mano il controllo di una giornata che era finita senza neppure io avessi deciso di farla iniziare.
Mi spogliai evitando accuratamente lo specchio di camera mia, e una volta raggiunto il bagno, continuai a togliermi i vestiti pregni di fumo, sudore e Dio sa cos'altro, di spalle allo specchio ovale appeso appena accanto la cabina doccia. Tolsi anche la biancheria e una volta gettati gli indumenti della sera prima, che erano diventati quasi la mia seconda pelle ormai, nella cesta della biancheria sporca stracolma fino all'orlo, entrai nella doccia. Lasciai scorrere l'acqua ghiacciata per qualche secondo, poi cominciai col bagnarmi un braccio. Chiusi la tendina trasparente e buttai la testa sotto l'acqua congelata. Cominciai a sentire l'acqua dura e fredda scuotermi le membra, risvegliarmi e allontanarmi dal sudore bollente che mi si era chiuso sulla testa fino ad ora. L'acqua che scorreva verso lo scarico si portava via il mascara, l'eyeliner e la sbronza.
Con le labbra tremanti regolai l'acqua in modo tale da renderla tiepida, visto che l'acqua ghiacciata aveva fatto il suo lavoro era meglio smettere di battere i denti, prima di morire.
Iniziai ad insaponarmi. Arrivata al fianco destro sussultai di dolore e ritrassi di scatto la mano da quel punto del mio corpo. Abbassando lo sguardo verso di esso notai un livido enorme, viola e a forma di mano che percorreva tutto l'osso del mio fianco, macchiando la mia pelle diafana.
"Cazzo. Come ho fatto a non accorgermi di sto coso?!"
Borbottai tra me e me mentre cominciavo a lavarmi i capelli.
Poi, come un lampo, si accese davanti ai miei occhi un sorriso innocente, allargato da due fossette enormi e gioviali, un paio d'occhi del verde più bello e allo stesso tempo più malvagio che avessi mai visto. I lineamenti marcati di un volto che nei suoi tratti mischiava l'innocenza al peccato. Un corpo statuario completamente ricoperto d'inchiostro a disegnare tatuaggi maestosi e bellissimi.
"Matt."
Sussurrai, sconvolta, mentre mi sciacquavo e la schiuma bianca scivolava lungo il mio fianco ferito. Mi portai due mani al petto. Quel mezzo secondo di ricordo della sera precedente, quel viso, quel corpo, avevano provocato al mio cuore stanco, deluso e ferito, innumerevoli e preoccupanti battiti.
Recuperai l'accappatoio e stringendo la cinta attorno la vita sottile emisi un altro rantolo di dolore non appena la spugna sfregò a contatto con quel maledetto livido. L'uomo tatuato con cui avevo fatto sesso, su un tavolo da biliardo se non ricordavo male, aveva lasciato un tatuaggio sul mio corpo ubriaco e malandato. Ma non era quello a fare male.
Cazzo. Ecco che cominciavo a ricordare tutto. Anche se a pezzi scomposti.
Mi sedetti sul letto sfatto e tra le lenzuola sgualcite notai un pacchetto di sigarette macchiato da qualche scritta sulla sua facciata bianca e blu.
Lo presi. Mi tremavano le mani. Avrei voluto tanto non avere quelle reazioni strane e sconclusionate. Ma non riuscivo a controllarle. Mi sentivo in balìa di strani ricordi legati ad una nottata decisamente folle. E quel pacchetto di sigarette tra le mie dita pallide non fece che accentuare quel flusso incontrollabile di immagini buie davanti ai miei occhi spaventati e persi nel vuoto. Matt. Lui mi aveva offerto una sigaretta. Lui e il suo amico bassista si erano uniti a me e Gretch per la serata. Matt, che per gioco mi aveva sfidato a biliardo per vincere quel pacchetto di sigarette che adesso era tra le mie mani.
"Per qualsiasi cosa tu abbia voglia di fare chiama. Questo è il mio numero di cellulare. Magari solo per farmi sapere come hai smaltito la sbronza. Matt."
Ecco cosa formava la scia di parole impressa col nero di un pennarello indelebile sulla facciata del suo pacchetto di sigarette. Sotto quella frase c'era un numero di telefono. Il suo, a quanto pareva.
"Bella addormentata sei sveglia? Vengo in pace. Ti ho portato una caraffa di caffè bello caldo."
La voce di Gretchen rimbombò nella mia testa che cercava di trovare i pezzi mancanti che servivano a completare il puzzle del ricordo della notte più assurda e sballata della mia vita.
"Vieni."
La mia voce fu quasi un sussurro. La mia amica però lo sentì e si fece strada attraverso la porta di legno scuro della mia stanza, con un sorriso smagliante sul volto e un bricco di caffè e una tazza tra le mani.
"Buongiorno!"
La sua vitalità e la sua energia mi fecero abbandonare per un attimo le mie seghe mentali. Decisi di farle qualche domanda per capire cosa effettivamente fosse successo ieri notte, almeno per riuscire a completare il puzzle e accertarmi di star ricordando le cose giuste.
"Che è successo ieri sera?"
Le chiesi, mentre mi versava il liquido marrone caldo e fumante dalla caraffa alla tazza blu. Mi porse la tazza, poggiò la caraffa sul comodino, accanto la radiosveglia, e prese posto al mio fianco, sul letto.
"Da dove vuoi che inizi?"
"So che siamo andate al Johnny's a bere, ricordo anche due ragazzi. E credo di aver fatto sesso sul tavolo da biliardo di Jess con uno dei due. Ma dopo non ricordo altro. E non riesco a capire perchè il pacchetto di sigarette di Matt sia finito in camera mia."
Dissi alla mia amica che mi fissava annuendo, attendendo pazientemente il suo turno per potersi allacciare ai miei ricordi con i suoi. Le porsi il pacchetto di sigarette con il messaggio di Matt. Lesse e poi mi rivolse uno sguardo abbastanza strano... quasi...preoccupato...
"Sei uscita dal locale che a stento ti reggevi in piedi. Hai vomitato davanti la mia macchina e ti ho portata a casa. Solo che Johnny e Matt ci hanno seguite. Sono rimasti a dormire qui. Stamattina, verso le undici, Matt è sceso a svegliare me e Johnny e se ne sono andati."
"Hanno dormito qui?"
Gretchen mi prese la mano abbandonata sul letto, con l'altra mi sollevò il mento per incrociare i miei occhi, ora pieni di lacrime.
"Ehi. Non è successo niente di grave. Non devi sentirlo se non ti va. Non voglio vederti stare ancora male Kris, ti prego."
Sorseggiai il caffè, ricacciai dentro le lacrime, mi rifiutai di piangere. Abbandonai lo sguardo dal suo e lasciai che il calore della caffeina rimettesse in moto le mie funzioni vitali leggermente alterate.
"Sono solo...confusa. Tu e Johnny?"
"Potremmo diventare buoni amici. Ma non so, non riesco a capire cosa voglia da me, e un ragazzo in questo momento è l'ultima cosa di cui io abbia bisogno, soprattutto se è un bassista. Avevo bisogno di fare sesso, l'ho fatto e adesso basta, chiuso. Non ho intenzione di fare altro con quello gnomo tatuato."
La strana luce che aveva negli occhi, però, faceva a pugni con il tono freddo e distaccato con cui mi stava spiegando di Johnny. Qualche effetto il nano gliel'aveva fatto. E non era stato solo per il sesso. Ma sapevo anche che, qualsiasi cosa sentisse, Getchen non avrebbe mai permesso ad una sua scopata di farle quell'effetto, soprattutto in quel momento della sua vita. Decisi che, per ora, avrei creduto alla sua versione, dato che dovevo cercare di concentrarmi sulla mia scopata finita in modo abbastanza strano. Già scarseggiavo in razionalità in momenti normali, figuriamoci in una situazione che di razionale non aveva proprio un cazzo.
Bevvi il mio caffè tutto d'un sorso e poggiai la tazza, adesso vuota, di nuovo sul comodino.
"Scusa. Per qualsiasi cosa ti abbia fatto passare ieri." Sentii ad un tratto il bisogno di dirlo, aiutata dall'espressione preoccupata e dal modo dolce e premuroso in cui Gretch stava cercando di tirarmi su.
"L'unica cosa di cui dovresti scusarti è lo spavento che mi hai fatto prendere in quel dannato parcheggio. Devi giurarmi che non berrai mai più così tanto da sentirti male, Kris."
Glielo leggevo negli occhi che faceva sul serio, e annuendo fermamente feci quella promessa non solo a lei ma anche a me stessa, tanto l'alcol non aveva distrutto i mie problemi, anzi, ne aveva generati altri.
"Adesso vestiti. Andiamo alle prove. I ragazzi ci aspettano tra un'ora al garage di Tom."
Riprese Gretchen accarezzandomi il viso e abbandonando l'apprensione e la preoccupazione che le aveva colorato il volto finora, per lasciare spazio ad un più bello e raggiante sorriso, che facesse da spinta e luce alla mia confusione.
Si alzò ma prima di andarsene riprese il discorso su Matt. Sapeva benissimo che ci stavo ancora pensando.
"Rifletti bene sulla storia di Matt. Ti conosco, so che succede se ti affezioni a qualcuno. Ho paura che se qualcun altro ti spezzasse il cuore stavolta non ce la faresti a raccoglierne e incollarne i pezzi, neanche grazie alla sbronza più colossale del mondo."
"Quello è poco ma sicuro."
Le dissi.
"Sesso. Sesso e nient' altro, è così che dovrebbe funzionare, no?!. Non vedrò mai più Matt. Quando avrò finito le sue sigarette questo pacchetto finirà nella spazzatura e non avrò più motivo di pensare a lui...a parte il livido a forma della sua mano che ho sul fianco destro."
Annunciai in direzione dell'espressione, ora stravolta, di Gretchen.
"Un livido?! Hai fatto sesso con una bestia, non con un uomo."
Assecondai la sua risata per un attimo ma se pensavo a quel livido sul fianco non riuscivo a farmi sopraffare dal male che mi faceva in quel momento, pulsando sul mio corpo. Quello che avevo provato stando con lui, o almeno quello che ricordavo di aver provato, non aveva niente a che fare col dolore. L'unico dolore che sentivo era ancora una volta all'altezza del petto. Mi facevo schifo per non ricordare altro dopo la scopata. Di non ricordare le cose che avessi detto a lui, o quelle che avesse detto lui a me per convincermi a restare a dormire da me. E non ricordavo assolutamente niente del periodo trascorso con lui in quella stanza. Una cosa era certa. Non avevamo fatto il bis, altrimenti a quest'ora sarei ricoperta di lividi e assordata dai ricordi. Ma non dovevo ricordare, semmai dovevo dimenticare.
Lascialo andare, Kristen. Gretchen ha fottutamente ragione. Lascialo andare prima che ti possa fare irreparabilmente del male.
 
Probabilmente il discorso che avevo fatto poco fa a Kristen valeva più per me che per lei. Era stato solo sesso. Del sano e fottuto sesso. I segni lasciati sul sedile posteriore della mia auto mi davano prova che era stato realmente così, ma il risveglio mi faceva credere l’esatto contrario. Che quel suo saluto sarebbe stato soltanto un arrivederci, e non un addio. Ma dovevo lasciare tutto alle spalle e dimenticare, come il getto freddo della doccia che leva i residui della sbronza della sera precedente dal tuo corpo. Dimenticare, più facile a dirsi che a farsi. Dovevo farlo per forza, o almeno cercare il più possibile di farlo sembrare così. Kris non doveva assolutamente notare che la sua fortissima amica dalla chioma rossa fiammante, sotto quella scorza dura come la roccia, in realtà era esattamente come lei, una semplicissima ragazza che aveva un grande vuoto nel cuore fin troppe volte distrutto e rattoppato alla bene e meglio. Un vuoto nel cuore creato nel giro di qualche ora da un bassista gnomo con una cresta più alta di lui stesso, conosciuto la sera prima, dotato di uno sguardo capace di inchiodarti al muro in un niente, che ti ha soltanto dato il miglior sesso occasionale delle tua vita. O forse no? Nemmeno le prove con la mia band riuscirono a distrarmi da tutti questi pensieri, più li respingevo e più tornavano a galla più forti di prima. Cazzo, e per non riuscirci con un po’ di sana musica, voleva dire solo che la situazione si stava rivelando molto peggio di quanto avessi previsto.
“Sto male, ho i postumi di una sbornia e cose da donne … Scusatemi”
Mi giustificai con i ragazzi prima di sgattaiolare via con la mia biondissima amica sottobraccio, d’altronde non mi avevano mai vista in una condizione così indecente, almeno fisicamente e mentalmente parlando. O per meglio dire dal punto di vista del cuore. Riuscii a fregare loro, ma non Kris.
“Stai bene? Cioè … Sei sicura di stare bene Gretch?” mi domandò durante il tragitto verso casa.
“Si, sto bene … Ho solo bisogno di una dormita come si deve” mentii spudoratamente, ma dovevo farlo o avrei reso la situazione di entrambe ben peggiore di quello che era.
“Ok, va bene … Ma devi smetterla di fissare quei graffi sul sedile posteriore, li stai fissando da quando siamo partite dal garage” commentò. Cazzo, 24 ore fa ero io a farle la ramanzina da mamma premurosa e adesso la situazione si era capovolta? Merda. Non avrebbe dovuto preoccuparsi anche per me.
“Invece ci penso … Si, il sesso è stato magnifico, ma non puoi distruggermi la macchina, rifare il rivestimento del sedile costa un sacco di soldi, e come minimo deve riparare al danno che ha fatto alla mia bimba” dissi, anche se riparare il danno era l’ultimo dei miei pensieri. Forse la mia auto rispecchiava a pieno il mio stato d’animo: indistruttibile all’esterno, ma ferita all’interno.
“E tu che dopo aver fumato tutte quelle sigarette in così poco tempo, ti sei rigirata quel pacchetto tra le mani per non so quanto tempo prima di buttarlo nella spazzatura, sempre se lo hai fatto sul serio?”
“Stavo pensando di non buttare il pacchetto e di chiamarlo, poi mi sono detta che non ne valeva davvero la pena visto come è nata la cosa, quindi l’ho buttato e fanculo Matt e il suo numero di telefono, tanto è stato solo sesso” disse abbozzando un sorriso. Mi è bastato guardarla negli occhi per capire che stava mentendo, ma almeno si stava sforzando di fregarsene. Come me. Avevo deciso di reggerle il gioco.
“Ah, benissimo … Ma sì dai, fanculo Johnny, però per il danno alla mia bimba me la pagherà molto cara prima o poi!!” risposi allegramente. L’auto convincimento è il primo passo per dimenticare, va bene.
“Vedi? Basta solo non pensarci e va tutto bene, me lo hai detto anche tu prima … E poi hai me, mica puoi tradirmi con un bassista a forma di gnomo tatuato con la cresta qualsiasi trovato chissà dove!!” disse, accendendosi un’altra sigaretta presa chissà dove, visto che, a suo dire, aveva finito quelle di Matt.
“Ma io ti non lascio mani giganti stampate addosso … Al massimo ti butto addosso la cenere quando fumo mentre guido, o ti dipingo di tintura per capelli quando vuoi rompere i coglioni … Ma almeno non sono una bestia tatuata venuta fuori da qualche fenomeno da baraccone. Io so come si trattano le donne” commentai tra un tiro di sigaretta e l’altro.
“Ah, si? E come si deve trattare una donna? Sentiamo questa opinione di una donna che sa come trattare le donne, sono molto curiosa di questa cosa” rispose, trattenendo una risata.
“Molto semplice: due boccali giganti di birra preferibilmente ghiacciata, una bottiglia di whisky ancora chiusa e una, no meglio due stecche di sigarette … O perlomeno questo è il trattamento che preferisci tu e che preferisco anch’io, poi non so se anche le altre ragazze si fanno trattare come camioniste dai propri uomini, ragiono col cervello io, non col pisello, ricordatelo” dissi, facendo ridere entrambe.
Questo è ciò rende unica la nostra amicizia. Restare unite e essere una la forza dell’altra, essere quella mano che ti aiuta a rialzarti quando cadi, quel braccio che ti sorregge quando stai barcollando, la persona perfetta che anche quando ha il cuore infranto riesce a ricucire i pezzi del tuo. Per me tutto questo rappresentava Kris, così come io lo rappresentavo per lei.
“Ci rimpinziamo di schifezze e ci facciamo una bella maratona di film divertenti? Ne ho davvero bisogno!!” chiesi.
“E vada per la serata divertente, basta che non beviamo troppo, però … E’ vero che restiamo a casa, ma non vorrei sentirmi male di nuovo” rispose Kris, con un sorriso a 32 denti stampato in faccia.
“Ci sono soltanto due 40’s in frigo, sembra brutto che per una serata così non vengano sfruttate, potrebbero offendersi” dissi ridendo in modo abbastanza sguaiato da coprire la musica, decisamente più allegra di quella dell'andata, che proveniva dallo stereo.
Parcheggiai l’auto nel vialetto di casa e fu allora che lo notai. Il fuoristrada nero enorme davanti casa nostra. Il tipetto che abbandonò la macchina con un salto era proprio lui: Johnny.
"Ma Cristo Santo!" Proruppe Kristen, ora immobilizzata sul sedile.
"Si vede che non ce la faceva ad aspettare la telefonata." Lo so, avevo sparato una cazzata. Ma ero stranita quanto lei. Addio alle 40's davanti ad un film demenziale del cazzo.
"Ma che cazzo dici? Non sono passate manco dodici ore. E poi ero io che dovevo decidere, no?! Gretch, ti prego, andiamocene."
"E' casa nostra. Semmai sono loro che devono andarsene!"
Afferra la situazione per le palle, Gretch. Basta pensare. Agisci e sbarazzati dello gnomo.
 

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Capitolo 6
*** But you really need to listen to me because I'm telling you the truth ***


Il viaggio in auto in direzione di casa di Tom e del suo garage fu terribilmente e angosciosamente silenzioso. L'unica voce che riempiva l'abitacolo del fuoristrada di Gretchen era quella di Gerard Way che cantava come un forsennato:
"I'm not okay, You wear me out..."
Spensi la radio, stizzita. Adoravo quella canzone ma in quel momento sembrava poco adatta, o forse troppo adatta, il che era peggio. Gretchen non obiettò il mio gesto di spegnere l'autoradio, anzi, sembrò tirare un sospiro di sollievo quando premetti quel pulsante, quasi stesse odiando quella canzone tanto quanto me in quel preciso istante. Conferma di quanto, anche quando ce ne rimanevamo in silenzio, i nostri pensieri erano perfettamente uguali.
Il pacchetto di sigarette che avevo nella tasca destra dei jeans neri pesava una tonnellata. Pesava come i pensieri e i ricordi ingombranti che si portava dietro, come le parole che aveva scritte sopra con quell'inchiostro spesso e marcato.
Il silenzio continuò finchè Gretch non arrivò davanti casa di Tom e suonò il clacson per annunciare che eravamo arrivate.
Scesi dalla macchina e Tom uscì di casa venendomi incontro. Tom, il chitarrista degli Stolen Sound, l'unico ragazzo, oltre Jess, esistente ad Huntington, con cui non avevo mai avuto implicazioni sentimentali. Tom, il metallaro amante degli Slikpnot e della marijuana, divertente e sballato al punto giusto da farsi volere un gran bene. Mi accolse abbracciandomi. Lo salutai sorridendo, come sempre, e Gretch fece lo stesso una volta abbandonata l'auto e finite le sue manovre da perfettina per parcheggiarla. E poi se l'era lasciata distruggere a furia di graffi da uno sconosciuto. Almeno lei non doveva guardarsi addosso per ricordare quella fottuta sera.
Durante le prove me ne stetti seduta sul mio solito sgabello di metallo, a fumare le sigarette di Matt e a cercare di non fissarne il pacchetto. Gretchen continuava a sbagliare gli attacchi di tutte le canzoni, non ricordava i testi, era praticamente da un'altra parte con la testa, e ciò mi diede conferma che anche lei, come me, stava cercando di non pensare al fatto che con Johnny non era stato solo sesso.
Provai a rassicurarla con i miei soliti consigli, tra una sigaretta e l'altra, anche i ragazzi tentarono di ridarle la concentrazione necessaria alle prove ma non servì a molto. Tre ore di assoluto disastro.
Una volta finite le pseudo prove e accesa la mia ultima sigaretta, fissai il pacchetto per un ultimo secondo prima di accartocciarlo e gettarlo nel cestino della spazzatura dietro di me, dove scomparve immerso da tantissimi altri pacchetti di sigarette fumati dagli Stolen.
Quel gesto fece scomparire il peso che sentivo sul cuore da quando mi ero svegliata, anche se, era inutile fingere. Io quel numero l'avevo già imparato a memoria e quando mi sfilai il Blackberry dalla tasca opposta a quella dove prima c'era quello stramaledetto pacchetto di sigarette, mi trovai a memorizzare quello stesso numero in rubrica. Comporre il nome "Matt" mi provocò un nodo alla bocca dello stomaco. Quattro fottutissime lettere che corrispondevano a quattro battiti accelerati nel mio cuore.
Basta, Kristen. Non essere così infantile. Tanto non lo chiamerai mai, perchè dovresti?! Semplicemente per sentire la sua voce, per accertarmi che quella notte non è stato solo un brutto sogno, o bello, a seconda della prospettiva da cui veniva esaminato.
No. Sai che non servirebbe solo a quello. Sai che a giocare col fuoco alla fine ci si scotta.
"Andiamo?!"
Gretch mi passò accanto passandosi una mano tra i capelli mossi, distrutta nel fisico e nella voce, cercò la mia mano. Gliela strinsi e annuendo ci avviammo verso l'uscita del garage, dopo aver salutato tutti.
Il viaggio del ritorno si prospettava meno silenzioso di quello dell'andata.
Riprendemmo a parlare di Johnny e Matt, dei nostri pensieri e di come ci stessimo comportando da due fottute ragazzine tutte zucchero e miele. Scambiammo un paio di battute che alleggerirono l'umore ad entrambe, ricordandoci quanto fossimo fortunate ad essere l'una la spalla dell'altra.
"Quindi hai deciso? La storia di Matt è chiusa?"
Concluse la mia amica lanciandomi occhiate scomposte mentre eravamo quasi arrivate a casa.
"Non voglio manco più sentirlo nominare."
Continuai, nascondendo a Gretchen quanto mi fosse costato gettare quel pacchetto di sigarette, quanto in fondo mi fossi convinta a farlo solo dopo aver stupidamente e irrazionalmente memorizzato il numero di cellulare sul mio BB. Guardavo fuori dal finestrino, come sempre spalancato per lasciare il fumo libero di uscire e il tiepido vento serale libero di entrare.
Nel momento in cui imboccammo il nostro vialetto trovammo una macchina enorme nera, dalle ruote alte due metri, davanti casa nostra.
Gretchen spense il motore e guardò incredula verso il lato del passeggero da cui sbucò una cresta alta dieci centimetri ed un ragazzo in pantaloni neri avvolti da cinte borchiate e il torace ricoperto da una semplice maglietta bianca. I ricordi sbiaditi della sera al pub mi suggerivano che quello doveva essere Johnny e se era sceso dal lato del passeggero voleva dire solo una cosa. Era venuto con Matt.
"Ma Cristo santo!"
Sbottai incazzata, agitandomi sul sedile.
"Si vede che non ce la faceva ad aspettare la telefonata."
"Ma che cazzo dici? Non sono passate manco dodici ore. E poi ero io che dovevo decidere, no?! Gretch, ti prego, andiamocene."
"E' casa nostra. Semmai sono loro che devono andarsene!" Fissavo la macchina scura davanti a me e Johnny che sorrideva tranquillo verso di noi con le braccia incrociate sul petto e la schiena appoggiata alla portiera.
Un respiro profondo, Kristen. Tu non vuoi vederlo mai più, no?! Basta semplicemente dirglielo.
"Dì a lui quello che hai detto a me stamattina, Kri. Per il tuo bene."
Continuò Gretchen guardando in direzione dello sportello destro di quel fuoristrada che si stava spalancando aiutato dalla mano di cui avevo la precisa copia sul fianco destro.
"Puoi farcela." Continuò, vedendomi riluttante nell'abbandonare l'auto.
"Posso farcela." Ripetei, cercando di non perdere l'equilibrio mentre mi accingevo, finalmente, a scendere.
Mi voltai dando le spalle alla macchina, e me lo trovai più vicino di quanto avessi immaginato. Sorrise, e quel "Puoi farcela" si sgretolò sotto il peso insopportabilmente tenero e innocente di quelle fossette.
Datemi una pala. Voglio scavarmi una fossa e scomparire.
Cercò di avvicinarsi per abbracciarmi o qualcosa di simile, mi scostai dal lato opposto al suo e mi ci volle tutta la mia forza di volontà per non affondare con la testa nei suoi bicipiti tatuati.
Cazzo dici, Kris?!
"Come stai?" Chiese innocentemente affondando le mani enormi nelle tasche dei jeans dopo quell'abbraccio rifiutato. Certo che i miei ricordi non gli davano per niente giustizia. Cazzo se era alto. Cazzo se era muscoloso. Cazzo se era sorprendentemente bello.
Scossi la testa, cercando di scacciare dalla mente tutte quelle distrazioni, tutti quei particolari che avevano reso difficile una cosa così semplice come il dimenticare qualcuno con cui hai scopato dopo esserti sbronzata fino a vomitare.
"Bene, grazie." Risposi, secca, evitando di guardarlo.
"Hai trovato il pacchetto di sigarette?"
"Sì."
"E?"
"Ah, grazie." Risposi, tentando di spazientirlo, sperando che così facendo mollasse la presa e se ne andasse.
"Non mi avresti chiamato, vero?"
"Complimenti per la perspicacia."
"Eppure ieri sera, mentre dormivi, sussurravi il mio nome..."
"Ma che cazzo dici? Ero ubriaca. Non provare a fare certi giochetti con me." Mi tremava la voce. L'imbarazzo mi stava avvolgendo nella sua calda nube da capo a piedi. Respiravo a malapena.
"Non mi fai entrare?" Chiese, paziente.
Non alzai lo sguardo, ancora.
"No."
"E' inutile che provi a respingermi. Tra me e te c'è chimica. Non senti la corrente elettrica che attraversa i nostri corpi quando siamo vicini? Eh? Non la senti?" Sussurrò avvicinando il suo petto al mio, trascinandomi verso di sè per i fianchi.
Mi prese il viso tra le mani, prepotentemente ma con una dolcezza che non avevo mai riscontrato in nessun ragazzo con cui fossi mai stata finora. Mi sentii mancare la terra sotto i piedi, e in realtà i miei piedi erano sospesi a mezz'aria, visto che Matt mi aveva sollevata da terra con un solo braccio, mentre con una mano ancora mi teneva il viso, ora all'altezza del suo. Il contatto con i suoi occhi fu devastante. Ma non come lo fu quello con le sue labbra. Mi rifiutai di ricambiare quel bacio, resistetti fino alla fine. Poi la sua lingua chiese alla mia bocca di entrare e mi abbandonai a quella richiesta senza più un briciolo di forze dalla mia parte. Debole e ferita mi lasciai baciare. Lo baciai intrecciando la lingua alla sua e respirando nella sua bocca.
"Che vuoi da me, Matt?" Chiesi, con l'ultimo fiato che mi era rimasto in gola dopo che quel bacio aveva prosciugato la mia riserva di ossigeno e saliva.
"Conoscerti, starti vicino, aiutarti." Rispose, con la piena padronanza del respiro e delle corde vocali, accarezzandomi il fianco con la mano che ancora mi teneva sospesa da terra.
Stavo per rispondergli, quando emisi un rantolo di dolore. Matt si voltò verso il mio fianco e mi lasciò andare. Abbassai la maglietta leggermente sollevata nell'impeto di quel bacio, imbarazzata al massimo.
"Se vuoi conoscermi direi che posso offrirti un caffè, se ti va."
Matt mi guardò confuso, probabilmente a causa dell'espressione piena di vergogna e paura che mi si era dipinta sul volto quando stava per guardare in direzione del mio fianco. La sua mano stampata sul mio corpo. Poi la sua espressione accigliata si distese in un sorriso e mi seguì in casa.
"Greeetch!" Chiamai, una volta entrata in casa. Non avevo idea di dove lei e il nano fossero finiti, avevano un bel pò di cose da chiarire anche loro e l'avevo completamente persa di vista da quando Matt mi si era parato davanti e mi aveva letteralmente investita come un carro armato, con le parole, i sorrisi, quel bacio...
"Siamo di sopra!"
Urlò una voce proveniente dalle scale.
"Io e Matt siamo un cucina per un caffè."
"Ok." Acconsentì, alla fine. Se solo avesse saputo cosa stessi facendo, cosa avevo fatto poco fa nel vialetto davanti casa, mi avrebbe già spezzato le ossa ad una ad una, come darle torto. Ma ero ancora in tempo. Potevo ancora salvarmi.
Andai in cucina e mi accorsi che Matt si era già accomodato su una delle sedie di legno rosso che circondavano il tavolo.
Le due ore seguenti furono un discutere della sua vita, del suo gruppo originario di Huntington Beach: gli Avenged Sevenfold, il cui nome mi ricordò più cose di quanto avessi creduto. Si chiamava Matthew Charles Sanders. Aveva un nome d'arte di cui mi spiegò origine e significato: M. Shadows. Mi parlò della sua ex- moglie: Valary. Mi sembrò sempre sincero e terribilmente ostinato nel farmi sapere tutta la sua vita proprio quella sera. Quando, dopo tre tazze di caffè e dieci sigarette, venne il mio turno di parlare, passai in rassegna la mia vita per cercare di raccontargli qualcosa che non fossero le sbronze, le sigarette e il cuore infranto, ma non mi venne in mente niente. Allora cominciai a raccontargli di Hanry e man mano che lo facevo mi accorgevo di quanto aprirmi con lui mi venisse spontaneo, cosa che mi succedeva solo con Gretchen. E mi spaventai molto nello scoprirmi a mio agio con lui. Molto.
"Se io fossi stato in Hanry non ti avrei spezzato il cuore. Sei così dolce, così fragile... E' stato un bastardo."
Annunciò, alzandosi dalla sua sedia e venendo verso di me, affilando lo sguardo.
"Matt..."
"Se vuoi che la serata finisca qui basta che tu me lo dica. Vado via all'istante."
"Non voglio affezionarmi a te."
Conclusi, sincera.
"E se non avessi scelta?"
"Vai via, ti prego." Deglutii con forza, cercando di non scoppiare a piangere come una ragazzina. Alzai lo sguardo verso la sua figura bloccata a metà strada tra la sua sedia vuota e la mia.
"Grazie per la chiacchierata. Ma non credo io e te dovremmo vederci più, non in quel modo, almeno."
"Mi stai respingendo solo perchè hai paura."
"Mi biasimi?" Chiesi.
"Dì a Johnny che se ha bisogno di me lo passo a prendere quando ha finito di fare qualsiasi cosa stia facendo con la tua amica."
Annuii impercettibilmente. Non alzai lo sguardo dalla tazza vuota finchè non sentii la porta dei casa sbattere violentemente.
 
Io appoggiata alla mia Hummer. Lui al fuoristrada nero parcheggiato di fronte casa nostra. In mezzo Matt e Kristen che parlavano, ma a me sembrava ci fossimo solo io e lui. Tutto il resto non contava nulla, c’eravamo soltanto io e Johnny in quel momento. Coraggio Gretch, puoi farcela a mandarlo a fanculo. Non hai mai avuto problemi a dire alle persone come stanno le cose, ce la puoi fare. Al massimo gli spacchi la faccia se non ti rimborsa per il sedile, la tua bimba viene prima di tutto, probabilmente anche prima di Kristen. E allora perché ho il cuore che mi batte all’impazzata, le farfalle nello stomaco e lo sto spogliando con gli occhi, facendo tornare alla mente i dettagli della serata di ieri? Gli feci cenno di seguirmi dall’altro lato della fiancheggiata della mia macchina, per lasciare un minimo di privacy a Kris e al gigante con la delicatezza di un elefante in una cristalleria.
“Come mai ti sto vedendo troppo spesso oggi?” dissi una volta che mi ebbe raggiunta.
“Ciao anche a te” rispose sorridente, al quale persi un paio di battiti. Sbarazzarmi di lui? Per come si sono messe le cose ne dubito fortemente.
“Guarda che bel ricordino mi hai lasciato sul sedile … Come la mettiamo?” commentai seccata, infilando le mani nelle tasche degli shorts. Continua così, rossa.
“Fammi vedere …” disse, incollandosi su di me con la scusa di guardare nel finestrino “Ti ho fatto un bel danno, scusami …” continuò sussurrandomi all’orecchio e baciandomi il collo, con una mano sotto la mia maglietta “Farò riparare il sedile, promesso”
A quel punto non capii più nulla. Gli presi la mano e lo trascinai dentro casa, fino al piano superiore, in camera mia, chiudendo la porta molto energicamente. Mandarlo via? Chi l’ha detto?
“Ok Johnny, mettiamo tre cose in chiaro prima che inizi a fare cazzate che poi mi pentirei di aver fatto. La prima: che intenzioni hai? Non è possibile che tu mi piombi davanti casa all’improvviso con quel sorrisetto da ebete sulla faccia sperando che mi sciolga come un ghiacciolo al sole, perché io non sono come quelle ochette da strapazzo che accerchiano i musicisti solo per sentirsi fighe o per togliersi lo sfizio di fare la finta groupie di qualcuno. Seconda: qualsiasi cosa tu abbia intenzione di fare, vacci piano perché sono appena uscita da una storia di 4 anni con il mio ex fidanzato Phil, quindi avere una nuova relazione è l’ultimo dei miei pensieri in questo momento, specialmente se si considera il fatto che le ultime due persone con cui ho fatto sesso sono entrambi bassisti, quindi non voglio fare lo stesso sbaglio due volte di fila …” sparai tutto d’un fiato. Dire che ero in preda al panico era un eufemismo: camminavo su e giù per la stanza con lo sguardo fisso al pavimento, le mani mi tremavano e balbettavo come un disco inceppato. Porca troia, e come sono rovinata!
"Greeetch!" La voce di Kristen anche questa volta mi aveva salvata da una situazione alquanto imbarazzante. Aprii la porta di camera mia e vidi che era entrata in casa con l’energumeno che la seguiva a ruota in cucina.
"Siamo di sopra!" urlai per farmi sentire bene. Sono sgattaiolata alle sue spalle, era abbastanza ovvio che volesse accertarsi che fossi ancora viva.
"Io e Matt siamo un cucina per un caffè." Disse, urlando anche lei. Bene, sia io che Kris nonostante tutte le chiacchiere che abbiamo fatto oggi e le conseguenti seghe mentali, stavamo facendo l’esatto contrario di quello che avevamo previsto. Abbiamo seguito il cuore e non il cervello, anche questa volta.
"Ok." Risposi, poi chiusi di nuovo la porta, ma in modo molto più calmo rispetto a prima. Va bene, ero nel panico più totale, Kris era al piano di sotto ad intrattenersi con la montagna di muscoli e Johnny era ancora seduto sul mio letto che assisteva a questa sottospecie di spettacolo indecente come se fosse una cosa normalissima.
“Cazzo, cazzo, cazzo!!!” dissi tra i denti, sedendomi a terra sotto la finestra della stanza. Afferrai il posacenere sulla scrivania e mi accesi una sigaretta, cercando di trovare un briciolo di razionalità tra i neuroni mal funzionanti della mia testa di cazzo.
“Se la smetti di agitarti, magari riesco anche a spiegarti tutto” disse, sedendosi accanto a me. Ho una grancassa a doppio pedale al posto del cuore, non riesco a calmarmi. Calma e sangue freddo, Gretch.
“Scusami per la scenetta di prima … Di solito mi comporto molto più da persona normale e meno da ochetta starnazzante” riuscii a dire una volta ritrovata la lucidità. Johnny scoppiò a ridere come se avesse visto lo spettacolo più divertente della sua vita. È ancora ubriaco da ieri o mi sono rincoglionita io? Non ci sto capendo davvero un fico secco.
“Tornando al discorso di prima … Non sono il tipo da scoparsi la prima che incontra, tantomeno sfasciarle la macchina durante il sesso, quindi la situazione è strana per me quanto lo è per te. Secondo, ti capisco, la mia ex mi ha mollato per un altro bassista, e in un certo senso so come ti senti … Anche se, cazzo, mollare un bassista per poi trovarne un altro, ce ne vuole di capacità eh” disse, al che scoppiai a ridere. Si, sono un’idiota con degli sbalzi d’umore degna di una squilibrata da manicomio. Se non lo sapevate, adesso lo sapete.
“E adesso che si fa? Mi sa che ho ancora qualche residuo della sbronza, perché sono un bel po’ confusa” dissi grattandomi la nuca. Oltre ad essere una squilibrata mentale, sono anche stupida … Di bene in meglio direi.
“Si fa che facciamo quattro chiacchiere, ti va?” rispose, ancora una volta, sorridente.
Iniziammo a parlare delle nostre vite, la musica, le nostre band, le sbronze più folli che più ricordiamo, per poi scoprire che la puttanella di Phil non è altro che la ex di Johnny … Il mondo non è piccolo, è microscopico. Poi sentimmo una porta sbattere molto forte dal piano di sotto.
“Cazzo, Kris!!” dissi, e mi catapultai al piano di sotto in non so che modo. Mi fiondai in cucina e trovai Kristen che fissava la sua tazza di caffè e piangeva silenziosamente. Matt era andato via, quindi è stata la sua delicatezza da carro armato a far tremare tutta la casa. La abbracciai senza dire una parola, intuendo subito quello che aveva fatto. È stata molto più coraggiosa di me, e ne stava subendo le conseguenze.
“Cosa è successo?” chiese Johnny, appena entrato in cucina
“Matt … E’ andato via” risposi, cercando di tranquillizzare la mia bionda col cuore ancora più infranto di prima. E la colpa è anche un po’ mia.
“Oh … Ok, ci penso io” rispose e si allontanò, estraendo il cellulare dalla tasca dei jeans. Tornò pochi minuti dopo, sempre con il cellulare tra le mani, e l’espressione soddisfatta.
“Mi spieghi il tuo “Ok, ci penso io” e i tuoi cinque minuti da centralinista?” domandai, cercando di far ridere anche Kris, ma con scarsi risultati.
“Ho trovato il modo di risolvere questa situazione e di far contenti entrambi” rispose, accendendosi una sigaretta. Speriamo bene.

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Capitolo 7
*** Tryin’ not to love you, only makes me love you more ***


Johnny aveva un sorrisetto dipinto sul volto che non riuscivo a capire. Gretchen sembrava sconvolta quanto me.
Non volle dirci nulla di quella telefonata. Insistette soltanto per continuare il discorso con Gretchen al piano di sopra che la porta di casa richiusasi con un tonfo e la mia tristezza avevano interrotto.
Discusse con la mia amica per un paio di secondi. Io me ne stavo in un angolo della cucina, muta, rifiutandomi di capire cosa stesse succedendo: volevo solo una fottuta sigaretta e abbandonare la testa pesante sul tavolo per poter piangere. Mi ero innamorata. Ancora una volta. Mi ero innamorata di qualcuno che a malapena conoscevo e stavolta avevo deciso di lasciarlo andare, di soffrire per la sua mancanza piuttosto che per la sua presenza. Prima o poi le cotte passano, le ferite che scavano dentro le delusioni d'amore no. Ti si attaccano addosso, sanguinano e poi diventano cicatrici doloranti a cui il tuo corpo si abitua.
Gretchen si avvicinò a me, mi diede un bacio sulla fronte, mi abbracciò e poi scomparve con Johnny oltre le scale. Al piano di sopra. Di nuovo.
"Che succede?" Urlai spazientita, salendo un paio di scalini e affacciandomi con la testa verso l'alto, in direzione di camera di Gretchen.
Nessuna risposta. Non è che avevano chiamato un killer per farmi uccidere? O magari, meno drasticamente, uno strizzacervelli a domicilio che potesse ascoltare tutte le mie angosce e seghe mentali. Ok, Kristen. Sei ancora mezza ubriaca. Ma davvero, congetture cretine e impossibili a parte, non riuscivo davvero a capire, per quanto mi sforzassi, cosa stessero tramando il nano e la mia camionista preferita alle mie spalle. E non avevo avuto abbastanza forze per chiederlo prima. Stavo per trascinarmi di nuovo verso il tavolo rotondo della cucina, decisa che non me ne importava più di un cazzo, con l'intenzione di scavare nei più nascosti anfratti di qualsiasi mobile per trovarmi un pò di fumo (Gretchen si divertiva tanto ad additarmi come la nicotinomane della casa e quindi si nascondeva le sigarette ovunque, ma la maggior parte delle volte sapevo esattamente dove cercarle). Dovetti lasciare a metà la ricerca e deviare verso la porta di casa, perchè qualcuno stava bussando in modo abbastanza insistente da quando le avevo dato le spalle.
Un ragazzo moro, con i capelli sparati da tutte le parti, gli occhi castani piccoli ma penetranti truccati abilmente di nero e le braccia completamente ricoperte di tatuaggi, se ne stava impalato sulla soglia di casa nostra con una mano affondata nei jeans blu scuro e l'altra appoggiata allo stipite della porta.
"Porca puttana, più bona di quanto ricordassi."
"Scusami?!"
"Sei Kristen,vero? La biondina di cui Matt è cotto."
Ok, un ubriaco alla porta era l'ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento. Ma se era ubriaco come faceva a sapere chi ero? Come faceva a conoscere Matt?. D'un tratto collegai tutto.
"Sei venuto per Johnny?" Chiesi al ragazzo con lo sguardo fin troppo malizioso stampato sul faccino dai bei lineamenti, ancora impalato sulla porta.
"In realtà sono venuto per te. Ma sì, mi ha chiamato lui."
Sbattei le palpebre tre volte. Provai a capire in che cazzo di situazione volesse impantanarmi quello gnomo. E Gretchen era d'accordo. Cos'é? Portiamoci a letto un altro così dimentichi Matt? Non credevo di essere in grado di poterlo fare. In quel momento più che mai. Ma mi dissi che, malgrado la rabbia e la tristezza, era inutile farsi domande senza lasciare a quella sottospecie di amico di Johnny, e a quanto pareva Matt, fuori dalla porta, costretto dalle mie silenziose paranoie, a non potersi spiegare. Qualsiasi cosa l'avesse mandato a fare lo gnomo, adesso ero curiosa di saperlo.
"Entra." Dissi, non del tutto convinta.
Il ragazzo dalle spalle larghe e il sorrisetto bastardo non se lo fece ripetere due volte, e, prima che me ne potessi rendere conto, me lo trovai seduto sulla stessa sedia che aveva occupato Matt poco prima che io lo cacciassi via. Io di fronte a lui, in totale, imbarazzato silenzio.
"Allora... suppongo che Christ mi abbia chiamato per spiegarti cose che se ti dicesse lui non sarebbero poi così efficaci. Innanzitutto mi chiamo Brian." Disse, allungando un braccio verso di me e mostrandomi delle lettere tatuate sulle nocche delle dita lunghe e affusolate. Gliela strinsi, con sempre meno convinzione.
"Tu, a quanto pare già sai chi sono." Risposi, incerta.
"E' proprio perchè lo so che sono qui. Ti conosco più di quanto tu creda. Matt mi parla da settimane di te."
"Impossibile. Ci siamo conosciuti ieri." Risposi, assolutamente scioccata.
Brian si fece una grossa risata, una risata che non mi fece ridere. La cosa ancora più assurda di quell'assurda conversazione era che mi annunciò di essere il chitarrista solista del gruppo dei ragazzi, nonchè migliore amico e coinquilino di Matt. Mi annunciò che lui e Sanders erano assidui frequentatori del Johnny's bar, quasi quanto me e Gretch. Scoprii che Matt mi aveva notata una sera di due settimane fa, una di quelle in cui io e Gretchen avevamo dato prova delle nostre doti artistiche ballando sui tavoli, completamente ubriache.
"C'era Daughters of Darkness degli Halestorm di sottofondo" Proruppe il chitarrista. Una delle sere in cui ci avevo dato decisamente dentro, porca troia.
Imbarazzata continuavo a fissare un punto indefinito sul tavolo e a starmene in silenzio.
"Non ti staccava gli occhi di dosso. Ma non è venuto a parlarti... perchè non avrebbe saputo che dirti, perchè non riusciva a dimenticare quella stronza della sua ex moglie."
Difficile, anzi impossibile, decifrare quali fossero i miei pensieri nel momento in cui Brian mi disse quelle cose. L'avevo colpito. Ballando da ubriaca su un tavolo al Johnny's bar. Avevo colpito l'uomo che mi ero scopata per annegare le mie pene d'amore e di cui mi era rimasto un livido sul fianco e di cui cercavo da ore di annullare l'effetto strano che sentivo alla bocca dello stomaco quando qualcuno diceva il suo nome.
Sfilò una sigaretta dal pacchetto che estrasse dai jeans e, senza neanche chiedermi il permesso, se la accese. Ne approfittai per chiederne una anche io e, quando mi passò il pacchetto facendolo scivolare sul tavolo, mi accorsi dell'altra mano e delle nocche tatuate, fissai le sue mani decisamente tipiche di un chitarrista, mentre si accendeva la sigaretta, e decifrai la scritta che formavano le lettere sulle sue dita. "Marlboro". L'amico fumatore incallito di cui mi aveva accennato Matt. Ricordavo una mezza frase che mi aveva detto a quel proposito, dopo il sesso. Quella situazione si faceva sempre più assurda. La sigaretta bruciò tra le mie labbra. Ne bruciarono quattro prima che Brian avesse finito di raccontarmi delle sere successive in cui era costretto a venire al pub con Matt. Sere in cui il cantante mi osservava, sere in cui dimenticava sua moglie e cominciava a pensare ad una sconosciuta sempre ubriaca e sola.
"Quando ha capito che non avevi altra compagnia al di fuori della tua amica dai capelli rossi, si è convinto. Ieri sera io avevo un appuntamento con la mia ragazza, uno di quelli che non puoi rimandare perchè si festeggia qualcosa tipo l'anniversario o qualche puttanata a cui tenete voi donne, comunque, gli ho detto che non sarei potuto venire al pub e ha chiamato Christ, dicendogli che la tua amica era altrettanto figa e che magari quella sera rimorchiavano entrambi."
Spense la sua quinta sigaretta nella ceneriera piena di mozziconi posta a metà tra noi due, sul tavolo.
"Quella sera mi ha messaggiato dicendomi che ti aveva conosciuta. Mi ha detto che stavi male e che non aveva intenzione di lasciarti sola. Questo è Matt."
Due sere fa. La notte che aveva passato accanto a me, quella che purtroppo la sbronza aveva deciso di cancellare dalla mia memoria.
"In tutta la sua vita è stato solo con sua moglie, e con qualche groupie, ma solo perchè era ubriaco perso e perchè io e i ragazzi lo costringevamo. Tu gli hai fatto perdere la testa."
Non riuscivo a non sentirmi confusa. Più Brian parlava più mi sentivo un verme per aver cacciato Matt di casa in così malo modo qualche istante prima, accecata dal mio dolore, i miei sensi di colpa, scaricando la mia frustrazione su un ragazzo che, pur nascondendomi quelle cose, mi aveva ascoltata, aiutata. I dubbi riguardanti il fatto che Matt mi avrebbe fatta soffrire sparirono dalla mia testa angosciata. Aveva sofferto anche lui, tanto da non riuscire ad abbordare una ragazza che l'aveva colpito per ben due settimane, tanto da dover accontentarsi di un scopata pur di poterla conoscere. Eppure, quando mi aveva raccontato di questa Valary, non l'avevo mica capito che aveva lasciato dei danni così simili a quelli lasciati dai miei amori non corrisposti. Avevo pensato troppo a me stessa, avevo avuto così tanta paura di quello che Matt mi avrebbe fatto passare se l'avessi lasciato entrare nella mia vita, che davo per scontato non lo meritasse, come tutti gli altri che finora c'erano stati.
"Perchè lui e sua moglie si sono separati?" Chiesi, dopo essere stata in silenzio per quasi un'ora.
"Questo non posso dirtelo, se vorrà te ne parlerà Matt. Non è per niente una bella storia, però."
Disse il chitarrista, incrociando le braccia sul petto
"Io dovevo solo farti capire che non è un mostro, che non è capace di trattare male nessuno, specialmente una ragazza. Ha pagato le conseguenze di questa bontà troppe volte, ma con te sembra non importargliene. E, per qualsiasi motivo tu abbia deciso di respingerlo, non sarà mai forte come l'unico motivo che ti ha spinto a cercarlo. Perchè l'hai cercato, così come lui ha cercato te...Se lo mandi via soffrirete entrambi."
"Ok, adesso mi spaventi."
Risposi. Va bene che sei il suo migliore amico e mi hai rivelato cose assolutamente preziose, ma vacci piano ad analizzarmi.
"So essere abbastanza convincente e romantico quando mi ci metto."
Scoppiò a ridere e io lo seguii a ruota stavolta, sentendomi improvvisamente leggera. Avrei dovuto ringraziare il bassista fino alla nausea per avermi fatto conoscere Brian. Se non avessi sentito tutte quelle cose per Matt probabilmente avrei anche cercato di approfondire quella conoscenza tra noi due. No...Era troppo sicuro di sè e donnaiolo per i miei gusti. Ma del resto, chi chitarrista solista non lo è?!
"Mi accompagneresti a casa vostra?" Chiesi, alzandomi dalla sedia di scatto, quasi avessi una molla sotto al sedere che mi avesse spinta a farlo con così tanta fretta e decisione. In realtà una molla ce l'avevo, all'altezza del cuore.
Per tutta risposta si alzò anche lui e mi precedette verso la porta d'ingresso. Non pensai neanche ad avvisare Gretchen che stavo uscendo. Ma in fondo, credo lo sapesse già.

"Shadz, sono tornato!"
Urlò Brian spalancando la porta di una modesta casetta vicina alla spiaggia, non molto lontana dalla nostra. Huntington Beach era un fottuto buco, tutti conoscevano tutti. E pure non avevo mai visto quegli occhi verdi prima di quella sera, mai incrociato neanche di sfuggita quel sorriso meraviglioso durante una passeggiata lungo il molo.
Brian, durante il nostro breve tragitto in auto, mi aveva raccontato che da quando avevano la band trascorrevano la maggior parte del tempo a registrare pezzi per uno dei loro innumerevoli album, in uno studio a Los Angeles, o in giro per i vari palchi d'America ed Europa. Cazzo, se erano una band famosa. Eppure era una di quelle di cui avevo sentito solo qualche volta il nome, di sfuggita. Una band nata e cresciuta proprio lì, nel mio perfetto angolo di Paradiso. Ed io che credevo che gli Stolen Sound fossero l'unico gruppo rock metal proveniente da lì. Su quante cose mi stavo ricredendo, quante certezze mi si stavano frantumando davanti agli occhi nello spazio ristretto di sole 48 ore.
"Entra, tranquilla. Sta scendendo."
Mi accolse Brian con un sorriso meno malizioso e più normale dei precedenti, vedendomi riluttante nel varcare la soglia di quella casa, con un piede fasciato nelle Converse nere basse e troppo vissute a metà tra il portico e il pavimento. Entrai, emettendo un profondo respiro, e fui invasa da un odore di alcol, misto a sigarette, misto a qualcos’ altro. Un odore che era molto simile a quello che aveva la pelle di Matt. Trasalii. Eccola, la finta donna vissuta che trema di paura di fronte la prospettiva di una nuova storia.
Dio, sono a casa sua. Fino a due ore fa avevo deciso di non vederlo mai più ed ora mi ritrovavo a sudare le mani come una ragazzina, impalata nel salottino di casa sua. Brian sparì oltre una porticina bianca vicina a quella che sembrava una cucina, camera sua o forse il bagno. Cercai di concentrarmi sui divani di stoffa color verde petrolio, sui bloc notes dai fogli strappati sparsi sul tavolino di fronte al plasma gigante e sulle chitarre poste su vari piedistalli accanto quello stesso enorme televisore. Poi una voce fece scomparire ogni tv, ogni chitarra e ogni divano dalla mia visuale.
"Kristen, che ci fai qui?"
Mi voltai verso le scale, con la stessa velocità con cui mi ero alzata dalla sedia della mia cucina mezz'ora prima.
La canotta scura di prima, i jeans di prima. E pure a me sembrava tremila volte più bello di prima. Vederlo non fece altro che sciogliere gli ultimi nodi dei miei dubbi.
"Brian mi ha detto tutto. L'ha chiamato Johnny dopo che te ne sei andato."
"Dopo che mi hai mandato via." Precisò. Sentii la sua voce incrinarsi verso il dolore. Ci era rimasto di merda per come l'avevo trattato.
"Credevo di non avere scelta. Non potevo sapere. Tu, mi hai raccontato tutta la tua vita prima, ma perchè non mi hai parlato delle sere in cui venivi a spiarmi al pub? Perchè non mi hai detto che eri terrorizzato quanto me all'idea che a quella scopata potesse esserci un seguito?"
"Non lo so. Non credevo fosse così importante, credevo bastasse farmi conoscere e farti capire che non avevo intenzione di rassegnarmi con te. Forse non ho detto niente per lo stesso motivo per cui tu hai fatto sesso con me su quel tavolo da biliardo. Perchè eri stanca di pensare, volevi provare a stare bene."
"Se avessi saputo che non era la prima volta che mi vedevi, non l'avrei fatto."
Probabilmente non era del tutto vero. Il suo fascino rude e assoluto mi avrebbe colpita in ogni caso, fosse anche stato mio cugino. Meglio non dimostrarsi da subito così del tutto persa.
"Eri ubriaca. L'avresti fatto comunque, ed io non mi pento che tu l'abbia fatto."
Disse, solenne.
"Non mi pento, ma sono stata malissimo per il dopo. Mi sono data la colpa di provare qualcosa...ancora..."
"Scusa. Ho parlato troppo di cose superflue e troppo poco di cose importanti, mi capita spesso. Ma non ti ho presa in giro, neanche per un secondo, te lo giuro. Adesso che sai che mi sento esattamente come te che hai intenzione di fare?"
Chiese, allargando le braccia enormi.
Feci due passi verso di lui, ancora poggiato alle scale, mi sollevai in punta di piedi e intrecciai le dita dietro il suo collo per avvicinare il suo volto al mio. Le sue mani, ferme a mezz'aria si strinsero attorno ai miei fianchi. Evitai di pensare al livido, anche se adesso sembrava fare decisamente meno male. Ci baciammo e sentii il cuore ronzarmi nelle orecchie e la testa girarmi come nel bel mezzo di una giostra.
"Sono fortunato ad avere amici che non si fanno i cazzi loro, a quanto pare."
Sussurrò, ad un millimetro dalle mie labbra, divertito.
"Sei fortunato ad avere amici che sono più coraggiosi di te." Annunciai prima di riprendere a baciarlo.
Più le nostre labbra e le nostre lingue si incontravano, più desideravo restassero unite. Ci avrei passato la vita a baciarlo, a leccare quelle dolci labbra carnose, respirare quel sapore di sigarette e caramelle alla ciliegia. Non somigliava per niente a nessuno dei ragazzi che avevo incontrato in tutta la mia vita. Stentavo ancora a crederci che lui ricambiava i miei sentimenti. Eppure, mentre mi baciava, li sentivo tutti quei sentimenti. E i due giorni di seghe mentali andarono a farsi fottere.
 
 
Mi sentivo terribilmente in colpa per tutto questo casino che stava succedendo in casa nostra. La mia migliore amica stava malissimo se non peggio, e io invece di consolarla cosa stavo facendo? Tornavo in camera mia trascinata da Johnny per non so quale motivo gli passava per quella fottuta testa ricoperta dalla cresta quasi più alta di lui? E che amica di merda che sono, i miei complimenti Gretch, il premio per la peggior migliore amica dell’anno è sicuramente il tuo.
“Ma mi vuoi spiegare che cazzo hai combinato per trascinarmi di nuovo qui di sopra? Non so se hai ben notato, ma la mia amica è al piano di sotto che sta malissimo e ha bisogno di me ora più che mai” mugugnai, mentre richiudeva la porta della camera a chiave.
“Ho chiamato qualcuno che potrebbe far risolvere la questione tra quei due, perciò non hai nulla di cui preoccuparti, adesso calmati” disse, sedendosi accanto a me, ai bordi del letto. Qualcosa non quadra. E calmati un corno!!
“Johnny, c’è qualcosa che dovrei sapere prima che sfondi la porta e torni esattamente dove ero prima? Parla prima che ti spezzi le ossa” tagliai a corto la questione. Odio i giri di parole, meglio arrivare al nocciolo della situazione. È così evidente che sono molto arrabbiata? Giusto un pochino.
“Beh, effettivamente si, visto che in parte riguarda anche te … In pratica, Matt aveva adocchiato Kristen già qualche settimana fa al Johnny’s , e non riusciva mai a trovare il coraggio di farsi avanti per timore di avere un’altra delusione dopo la storia della sua ex moglie. Non ero io la sua spalla per questa cosa, c’era il nostro amico Brian, ma poiché lui aveva un impegno con la sua ragazza, e Matt sapeva che Kristen era sempre in compagnia di una splendida rossa e non c’era nessuno che le ronzasse intorno, ha chiamato me con la speranza di poter rimorchiare entrambi, e ho accettato anche per distrarmi dopo quello che è successo con la mia ex … E a quanto pare ci siamo riusciti, considerando la scorsa sera e tutto quello che è accaduto dopo il nostro incontro. O almeno così è stato per me, per quanto riguarda lui un po’ meno, date le circostanze” rispose. Ah, quindi tutto questo caos si è scatenato principalmente per colpa mia. Dalla padella alla brace. E come potevo calmarmi dopo aver scoperto tutto questo? Adesso pensavo solo a come uscire da questa fottuta stanza e tornare dalla mia Kris, e consolarla come una vera amica dovrebbe fare in queste occasioni del genere.
“Cazzo … Quella fottuta pazza di una testolina bionda doveva starmi a sentire proprio adesso, porca puttana!!” commentai, con il viso tra le mani. Ero in preda alla disperazione e alla rabbia, mi sentivo totalmente incapace.
“Ehm … Forse sono io che dovrei sapere qualcosa adesso, spiegati meglio” disse, secco. Feci un respiro profondo e iniziai a parlare, quasi come un fiume in piena.
“L’altra sera, al locale, io e Kris ci promettemmo di trovare qualcuno con cui fare del sesso occasionale, così giusto per il gusto di svagarci almeno per una sera, e all’improvviso è sbucato fuori Matt e il suo amico un po’ buffo con la cresta. Quando siete andati via stamattina, dopo tutto quel casino che è successo nel parcheggio, sapevamo entrambe che probabilmente la cosa non si sarebbe risolta con un semplice “Ero ubriaca, è stato bello scopare con te. Addio”, così abbiamo tentato di nasconderlo l’una all’altra. Siamo anche andate alle prove con la mia band ed è stato un disastro totale su tutta la linea, e ti lascio immaginare in che condizione mi sono ritrovata ad osservarli sbalorditi mentre io avevo la testa da tutt’altra parte. Poi torniamo qui, e vi vediamo spuntare fuori da quel cazzo di fuoristrada e la cosa è andata ovviamente a puttane … Con l’eccezione che io ho seguito il cuore e Kris la testa, quando di solito facciamo esattamente l’opposto di tutto questo. Soltanto che nel suo caso in ballo c’era molto più di quanto mi aspettassi, ed è andata a finire così solo perché sono stata io ad infilarle la pulce nell’orecchio dicendole di lasciar perdere la cosa. Porca troia e che fottuta testa di cazzo che sono!!” confessai. Mi ero tolta un grosso peso dallo stomaco rivelando tutto a Johnny, ma il senso di colpa per aver abbandonato Kris non faceva altro che aumentare.
“Non sentirti in colpa per quello che è successo, non potevi mica prevedere tutto questo, a meno che non hai la sfera di cristallo nascosta da qualche parte e hai il dono di prevedere il futuro … E poi capisco la tua preoccupazione nei confronti di Kristen, è la tua migliore amica e non vuoi vederla soffrire ancora una volta per colpa di qualcuno. Andrà tutto bene, tranquilla” disse, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Mi stavo comportando come un’emerita cretina, e lui si stava rivelando la persona più dolce di questo mondo … Davvero meritavo un ragazzo del genere?
Il silenzio prevalse sulle nostre parole per non so quanto tempo, fin quando non avvertii il suono della porta d’ingresso che si chiudeva al piano di sotto, questa volta molto più delicatamente rispetto alla scossa di terremoto provocata da Matt di qualche minuto fa. Mi affacciai alla finestra e vidi Kris che usciva dal vialetto di casa con un ragazzo moro, con i capelli tutti sparati in aria, e salire nell’auto di lui. Ho capito, nella loro band adorano infilare le dita nella corrente e avere i capelli sparati in alto di almeno mezzo metro. Sarà che la vecchiaia si sta facendo sentire e che il tempo passa alla velocità della luce, però quando mi trasferii ad Huntington Beach e portavo anch’io i capelli sparati in aria (strano ma vero), tutti mi prendevano per una svitata arrivata da chissà dove (non che sia cambiato molto da allora, a parte i capelli), ma almeno ci fu il vantaggio che conobbi Kristen, e il resto è storia nota.
“Ah, e quello sarebbe il famoso Brian? Credo di averlo già visto qualche volta al Johnny’s … Una volta mi pare di averlo anche schiaffeggiato perché mi stava palpando il sedere, probabilmente era talmente ubriaco da non farci nemmeno caso a quello che stava facendo” dissi, trattenendo una delle mie solite grasse risate. Ero ancora fidanzata con Phil quando successe, e per recuperare Kris che se la stava spassando, come al solito ubriaca marcia, ballando su un tavolo, mi sentii palpare il fondoschiena e in automatico mi partì la mano che colpì il viso di qualcuno. Quando recuperai Kristen e mi voltai, vidi solo questo ragazzo con del ghiaccio sul viso che blaterava cose senza senso circondato da altri ragazzi. Probabilmente c’era anche Johnny, ma in quel momento pensavo a portare le chiappe della mia bionda a casa e aiutarla a vomitare l’anima nel cesso dopo aver ingerito la solita quantità industriale di alcool e fumo nel giro di poche ore. Altro che bodyguards, la cosiddetta “mano libera al contrario” è molto più efficace di qualsiasi arte marziale conosciuta e non sulla faccia della Terra.
“Ah ecco, adesso si spiega perché si chiuse in casa per due giorni di fila senza farsi vedere dalla fidanzata, aveva la faccia gonfia con una mano rossa stampata su …  Adesso sì che comprendo tante cose” rispose, scoppiando a ridere. Cazzo se è bello quando ride. Poteva anche essere alto un metro e una Vigorsol con una cresta alta almeno mezzo metro, però le sensazioni che stavo provando con lui adesso non le ho mai provate con nessun’altro ragazzo in vita mia, nemmeno in così tanto tempo che sono stata con quel coglione di Phil. Mi andai a sedere di nuovo sul letto, evitando di diventare tutt’uno col colore dei miei capelli a furia di squadrarlo dalla testa ai piedi. O per meglio dire spogliarlo con gli occhi e ridurlo a che non serve per le prossime 24 ore. Se qualcuno si stesse domandano se stia perdendo davvero la testa per questo ragazzo nonostante lo conoscessi da più o meno 24 ore, la mia risposta è: ASSOLUTAMENTE E FOTTUTAMENTE SI.
“Ecco a cosa porta la troppa spavalderia dei chitarristi … Per questo preferisco di gran lunga i bassisti: sanno il fatto loro senza dare troppo nell’occhio, e vanno meglio di tutti gli altri musicisti messi insieme. E poi nessuno ha ancora capito che vengono sempre sottovalutati” confessai, abbassando leggermente lo sguardo. Me lo ritrovai di fronte non so come, come sempre, sorridente, che mi accarezzava il viso. Al che persi totalmente i battiti cardiaci e tutto il sangue che avevo in corpo si stava dichiarando non reperibile. Che mi stavo sputtanando alla grande era appurato, e che non ci stavo capendo più nulla da molto tempo ormai era molto più che sicuro, avrebbero anche potuto dirmi che gli asini sappiano volare o che i cani sappiano parlare e camminare su due zampe, io ci avrei sicuramente creduto ciecamente.
“Ascolta, non so cosa cazzo ci abbiano messo nell’alcool o nelle sigarette … O magari anche in entrambi … Ma io non ci sto capendo davvero un bel niente di tutta questa situazione … Aaaaah, ma che cazzo sto dicendo, zitto e baciami!!” dissi, poi mi avventai sulle sue labbra, come se non mai desiderato altro in vita mia.
----ANGOLO DELLE AUTRICI----
Intanto grazie a tutte quelle che ci seguono, ci fa molto piacere che la nostra storia piaccia molto, nonostante siamo delle grandissime depravate xD
Notizia importante ... Kris (la nostra cara Mallory92) ha scritto uno spin-off di questo chapter, quindi dateci brutto (cit. del mio prof di sociologia xD) con le recensioni ;D
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1357874&i=1

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Capitolo 8
*** Welcome to my life, you see it is not easy but I'm doing all right ***


"Thicker than water".
Questa la frase che i miei occhi si trovarono davanti non appena li aprii con meno fatica della mattina, o meglio pomeriggio, precedente. La frase che Matt aveva tatuata appena all'inizio del petto, al centro, in verde scuro, a caratteri medi ed evidenti. La piccola e insignificante frase che sovrastava il resto dei tatuaggi di cui il suo petto e il suo addome erano ricoperti. Ero nuda, su di lui. Le sue braccia, altrettanto tatuate avvolgevano la mia schiena. Il lenzuolo bianco arrivava a coprire i nostri corpi abbracciati l'uno sull'altro a partire dalla vita, e ci copriva solo per metà. Matt ancora dormiva. Gli occhi chiusi, il volto rilassato. Intrecciai le mani sul suo petto e mi sporsi di qualche millimetro col volto assonnato in avanti per vederlo meglio, per prendermi tutto il tempo necessario a memorizzare nella mente ogni singola linea di quei tatuaggi perfetti, ogni singola curva del suo corpo altrettanto perfetto. Sgombra da qualsiasi fretta o sbronza mi beai di quella visione e il cuore cominciò a battermi nel petto attaccato al suo, come un tamburo impazzito.
Dopo le seghe mentali durate ventiquattro ore e il convincere la mia testa di rifiutare le attenzioni di quello sconosciuto con cui avevo scopato per dimenticare le mie pene d'amore e la mia patetica e triste vita, aveva vinto il cuore. Mi trovavo in camera di quello sconosciuto, abbandonata come mamma mi ha fatto sul suo corpo altrettanto vivo e sgombro da ogni tipo di stoffe. E stavolta c'era anche qualcun altro da ringraziare per quello, oltre al mio cuore che faceva sempre quello che cazzo gli pareva: Johnny e la mia nuova conoscenza: Brian.
Matt sbatté le palpebre due volte e poi le aprì dolcemente insieme alle labbra che si dischiusero in un enorme e tenerissimo sorriso capace di farmi svenire se non fossi stata sdraiata. Uno di quei sorrisi che mi avevano mandato a puttane il cervello dal momento in cui avevo capito che lui non avrebbe potuto restare di certo solo una scopata.
Le sue iridi verdi e luccicanti accarezzate dai bagliori del sole di Huntington già alto nel cielo che ci guardava luminoso dalla finestra di fronte al letto, presero a far battere il mio cuore in maniera ancora più sconclusionata e impazzita, e riportarono alla mente i ricordi della notte appena trascorsa. Notte in cui avevamo fatto l'amore, non certo sesso.
"Buongiorno!" Sussurrai, in risposta al suo sorriso.
"Allora non è stato un sogno..." Biascicò con la sua voce sexy e ancora impastata dal sonno.
Tese le labbra verso le mie. Accolsi il suo caldo e dolce bacio del buongiorno e persi il cuore nello sterno.
Cazzo, mi sentivo già la sua ragazza. E questo non andava bene. Ok, il chiarimento. Ok, che non mi stava prendendo in giro e ok anche che ero cotta e forse innamorata... ma non dovevo correre così tanto con l'immaginazione come mio solito, non prima di aver saputo quello che mi mancava di sapere per poter instaurare una specie di relazione con quel gigante tatuato dal sorriso di un bambino.
"Non vorrei rovinare tutto, ma credo che dovremmo...parlare..." Dissi, scostandomi, mio malgrado, dal suo corpo caldo e accogliente, per occupare l'altro lato del letto ad una piazza e mezza in cui mi ero svegliata. La stanza di Matt. Ero nella sua stanza. Cazzo. Ok, Kris. Concentrati.
Matt si sollevò sui gomiti, scivolò con la schiena verso la spalliera del letto e vi si appoggiò. Incrociò le braccia sul petto. Il lenzuolo che a malapena ci copriva ci aveva definitivamente abbandonati dopo tutti quegli spostamenti, e a noi non importava. Oddio, forse a me un pò sì, dato che la visione di CERTE parti del corpo di Matt mi distraeva dal pensare cose coerenti, e non poco. Cazzo, ho riperso la concentrazione.
"So già di cosa vuoi parlare. Valary." Proruppe serio Matt, riportandomi alla realtà.
Annuii nella sua direzione.
"Se ti va. Brian mi ha solo accennato che è una brutta storia, ma sento che se sta succedendo quello che credo stia succedendo tra noi, magari è giusto raccontarmela..."
Matt abbassò lo sguardo, poi lo rialzò dopo qualche secondo. Emise un respiro profondo e guardando fisso il soffitto prese a parlare come improvvisamente trascinato dalla corrente di un fiume in piena, travolgente e amorfe, senza capace di fermarsi.
"Era la mia amina gemella, o così credevo. Ci conoscevamo dai tempi del liceo, se non da prima. Vicini di casa, cresciuti praticamente insieme, compagni di scuola, migliori amici e poi fidanzati... e marito e moglie. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. Dopo un anno e mezzo di matrimonio, visto che le cose con il gruppo andavano alla grande ed eravamo in un periodo di pausa da tour e cose del genere, manifestai a Val il mio desiderio di mettere su famiglia, avere un figlio da lei. La sua reazione mi spiazzò. Non ne voleva sapere. Diceva che era presto, che per la vita che facevo non era il caso di pensare a mettere in cantiere un bambino, che c'erano i fan e la mia carriera a cui pensare per primi, che a lei bastava stare con me... Ci rimasi male ma lo accettai, convincendomi addirittura che lei avesse ragione. Dopo sei mesi da quella conversazione, una sera, tornato a casa nostra dopo le prove con i ragazzi, mi disse di essere incinta, e che il padre di suo figlio non ero io."
Un silenzio pesante come il piombo e asfissiante come il più micidiale dei gas velenosi cadde sulle nostre teste. Matt continuava a fissare il soffitto, immobile. Io ero semplicemente sbalordita.
"Matt...io...non potevo immaginare che...scusami se..." Fendetti quel silenzio pesantissimo sceso su di noi all'improvviso, tentando di giustificarmi. Aveva ragione Brian. Era davvero una brutta storia e mi sentii improvvisamente in colpa per avergliela fatta raccontare. Poi pensai anche a quanto potesse essere stata stupida questa Valary. Tradire l'uomo più dolce e amorevole del mondo, l'uomo che conosci e che ami da quando praticamente hai imparato a camminare, l'uomo che vuole avere un figlio con te. Che puttana questa Val. Non la conoscevo ma decisi in quel momento di odiarla. Come decisi che ero innamorata di Matt. Senza più forse.
"Ma no, tranquilla. Mi hai raccontato tutto dei tuoi disastri amorosi, di Hanry. Io voglio stare con te e dopo stanotte ne sono ancora più convinto, quindi smettiamola di raccontarci bugie o nasconderci cose, l'hanno fatto con noi, ci hanno spezzato il cuore ed io non auguro a nessuno di soffrire così tanto per qualcuno di cui ti fidavi ciecamente, qualcuno per cui avresti dato la vita."
Disse, rivolgendomi lo sguardo in quel preciso istante, dopo aver fissato nient'altro al di fuori del soffitto bianco per tutto quel tempo.
Avrei risposto qualcosa, ci avrei provato. Ma prima che le parole giuste mi si formassero nel cervello, Matt aveva già le sue belle pronte ad uscire dalla bocca.
"Insomma, era incinta di un altro. Un amico di famiglia che conoscevo anche, porca troia. Uno stronzetto qualsiasi dalla faccia anonima e la vita di merda si scopava mia moglie e l'aveva messa incinta. Quello stronzetto qualunque sarebbe morto se Gates non mi avesse fermato la sera in cui l'ho incontrato per caso mentre passeggiava sul molo. L'ho visto da lontano, all'uscita da un bar qualunque in cui ero andato per evitare di pensare. Di pensare a mia moglie con un altro. E ora quell'altro mi camminava davanti come se niente fosse successo, come se non mi avesse distrutto la vita. Mi ci sono avventato addosso e l'ho massacrato di botte. Sentivo il suo sangue scorrermi sulle nocche delle mani e pensavo solo che volevo fargli schizzare fuori gli occhi dalle orbite a furia di pugni. Brian spuntò da Dio solo sa dove, e mi fermò. Mi scosse dal mio momento buio ricordandomi che non ne valeva la pena. Che dovevo solo cacciare Val di casa e lasciarla andare con la scelta che aveva deciso di prendere. Se Brian non fosse arrivato io quell'uomo lo avrei ucciso, ne sono sicuro. Brian mi è stato vicino come non mai per tutto il tempo in cui ho creduto di non farcela, per tutto il tempo in cui neanche avevo la forza per salire sul palco e cantare, figuriamoci per mettermi a scrivere o creare musica per la band... Lui è stato l'unico che mi ha visto piangere, stare davvero male, aiutarmi a mascherare la depressione e l'angoscia con gli altri membri della band a cui non avrei mai voluto mostrarmi fragile. E' grazie alla sua voglia di vivere che io ho ritrovato la mia. Poi ti ho incontrata. Ti ho vista scatenarti su quel tavolo al Johnny's e non potevo crederci, ma mi sono sentito di nuovo vivo. Di nuovo con la voglia di stare con una donna. Ma la paura di soffrire ancora, è stata più forte di quella voglia per un pò...Il resto lo conosci."
Concluse abbozzando un mezzo sorriso più o meno convincente, riprendendo a guardarmi.
Durante il suo discorso rividi me in ogni singola sfumatura del suo dolore. Vidi me e Gretch nel rapporto tra lui e Brian. D'un tratto mi balzò davanti agli occhi vivida e sfavillante una frase. Una di quelle che ti ripetono tutti tante volte ma che per te non ha senso perchè ti sembra una puttanata messa lì a caso da qualche tizio comune che non sa un cazzo della vera vita: "Tutto questo dolore un giorno ti sarà utile."
Tutto quel dolore mi aveva regalato Matt.
"E sono felice che Brian ti abbia convinto ad avvicinarti a me, alla fine. Mi dispiace anche per aver fatto la stronza all'inizio. Matt, anche io voglio stare con te."
Eccole le parole giuste. Eccole uscite dalla mia bocca.
Sussurrai avvicinandomi a lui per accarezzargli il volto che a stento riusciva a trattenere la delusione e il dolore che aveva provato in quel'ultimo periodo per colpa di una troia che non aveva capito semplicemente nulla di lui. Mi sentii all'improvviso come se i miei problemi con i ragazzi non fossero altro che stronzate da adolescenti che si innamorano dei tipi sbagliati, che si fanno del male volontariamente imponendosi storie impossibili, di fronte a quella confessione. Ammiravo da morire Matt, non sapevo se una delusione del genere, così forte, io avrei mai saputo superarla.
"Ok, biondina." Ammiccò, sciogliendosi in nuovo sorriso sotto le mie dita un pò troppo piccole e sottili rispetto al suo viso dai lineamenti decisi e marcati.
Traslocai con le mani dal suo viso al collo, avvolgendovi le mie braccia esili e tremanti. Presi a giocare con i suoi capelli alla base del collo prima di rapire la sua bocca, mordicchiargli le labbra prima di baciarlo con piena libertà, voglia e passione. Giocai a mordergli la lingua per un pò. La tensione tra di noi si era assolutamente spezzata. E tutto quel tormentato passato era stato ingoiato dai nostri avidi baci.
"Ti piace mordere, eh?!"
"Te?! Da morire." Ammisi maliziosamente.
"A me piace farti urlare." Disse, appoggiando le sue mani sui miei fianchi, stando accuratamente attento a non sfiorarmi il livido enorme da lui stesso lasciato sul mio fianco destro, livido la cui vista l'aveva stranito e spaventato un bel pò ma che altro non era se non il segno di quel nostro essere entrati nella vita dell'altro grazie ad un pò di fumo, tanto alcol e troppo sesso.
I nostri corpi si riavvicinarono, si sfregarono l'uno sull'altro e mentre ci baciavamo facevano dei rumori così sexy da farmi perdere la testa.
"Piccioncini, avete visite!!!"
Urlò una vocetta stridula che supposi essere quella di Brian, dal piano di sotto.
"Cazzo, Gretchen." Pensai in quel preciso istante mentre Matt rimase con un'espressione comica e delusa dipinta sul volto non appena mi vide abbandonare il letto con un salto e cercare i vestiti sparsi sul parquet in giro per la stanza.
Che cogliona. Mi scordo sempre di lei.
"Dai, ti muovi?! Mi farà una scenata epica. Per quello che ci siamo dette e dopo che ti ho mandato via ieri pomeriggio, lei pensa che io ti odi."
"Ma Johnny le avrà raccontato che hai parlato con Brian, no?! E che ne sai che è lei?!" Cercò di farmi ragionare Matt.
"Brian ha detto che abbiamo visite. Io e te. Chi altri potrebbe essere? Le devo delle spiegazioni per non essere tornata a dormire a casa. Tu non vieni?"
Avevo parlato trascinandomi in giro per la stanza recuperando la biancheria e i jeans. Avevo anche trovato le scarpe.
Mi stavo infilando la maglietta sgualcita appena ritrovata dietro la porta d'ingresso, completando la mia opera di vestitura in un solo minuto.
"Ehm...Non puoi farmi eccitare e poi fuggire..." Ammise vergognosamente Matt, grattandosi la testa. Guardai in direzione del lenzuolo bianco come le pareti della camera che ora ricopriva il suo corpo dalla vita in giù e notai un'erezione...Una grandissima erezione.
"MATT!!!" Mi coprii gli occhi in un gesto teatrale. Lui scoppiò a ridere.
"Non è colpa mia se a letto perdi tutta la tua finta innocenza."
"Sbrigati." Tergiversai imbarazzata spalancando la porta della stanza e catapultandomi di sotto. Cazzo, Gretchen spero solo che sia tu. Ho lasciato Matt nudo ed eccitato per correre da te, non so se mi spiego. Pensai mentre le mie Converse, ticchettando rumorosamente sulle scale di marmo nero, giunsero a toccare il pavimento del salotto.
 
Ventiquattro ore rinchiusi in una stanza e non accorgersene. O almeno era quello che la mia mente pensava, al contrario della mia camera che reclamava pietà dopo quello che aveva vissuto nel giro di un solo giorno. Il caldo sole di Huntington che filtrava attraverso le tendine verde mela della finestra illuminava buona parte della stanza, ad eccezione del letto. Ero sveglia già da un po’, ma non volevo allontanarmi dall’abbraccio di Johnny, che dopo tutto quello che gli avevo fatto passare sotto le lenzuola, meritava un po’ di sano e tranquillo riposo. Il problema era il mio stomaco, che necessitava di cibo al più presto, brontolando sonoramente. Mi alzai lentamente (e controvoglia) dal letto e mi fiondai in bagno per una doccia rinfrescante che mi restituì quel pizzico di energie necessarie per scendere al piano di sotto e mettere qualcosa sotto ai denti. Una volta uscita lo trovai sveglio e sorridente, con le braccia tese che desideravano che tornassi di nuovo al mio posto, in mezzo a loro. Cosa che non mi feci ripetere due volte, e mi ci fiondai quasi a capofitto.
“Buongiorno splendore” disse con una voce abbastanza roca per il sonno dandomi un leggero bacio sulle labbra. 
“Tra poco il sole tramonta di nuovo, ma vabbè … Ciao anche a te” risposi, sorridente. I suoi occhi verdi illuminavano ancora di più la stanza, e trasmettevano serenità e gioia, probabilmente quello di cui avevo bisogno in quel momento.
“Tramonto? Ma … Sapresti dirmi da quanto tempo siamo chiusi dentro questa stanza?” domandò un po’ stranito per la mia risposta. Come non potergli dare torto, finché non avevo guardato l’orologio non sarei riuscita a capirlo nemmeno io.
“Direi più o meno ventiquattro ore … E se non metto qualcosa sotto ai denti tra qualche minuto credo che morirò, ho una voragine nello stomaco” replicai, tentando di sciogliere il suo abbraccio. Tentativo fallito miseramente, perché non riuscii a spostarmi di un millimetro. Non che la cosa non mi facesse piacere,anzi, avrei potuto rimanerci anche un altro giorno intero racchiusa tra quelle braccia tatuate, ma il problema urgente da risolvere era il mio stomaco che non smetteva di brontolare, e nemmeno il suo a quanto sembrava, o per meglio dire sentivo.
“Cazzo … Però dai, ora in più, ora in meno, cosa cambia? Restiamo ancora un po’ qui, mi piace stare con te” disse, mentre trafficava con una mano sotto la mia canotta. Gli fiondai un cuscino sulla faccia e saltai giù dal letto, infilandomi le scarpe. Si raddrizzò sulla schiena e ricambiò la cuscinata, che evitai abilmente per un soffio. Scoppiai a ridere, ma questo non fece altro che peggiorare la situazione, ora iniziavo ad avere anche i crampi allo stomaco. Dovevo assolutamente mangiare qualcosa.
“Ma sei scemo? Fatti una doccia e poi quando hai finito scendi di sotto, vado a preparare qualcosa da mangiare, il tuo stomaco brontola peggio del mio … Poi questa me la pagherai prima o poi!!” dissi aprendo la porta, e scesi al piano di sotto. 
Una volta arrivata in cucina mi armai di pentole e padelle, e svuotai quel poco che era rimasto in frigo e in dispensa per preparare qualcosa di commestibile. Non che ero una maga ai fornelli, ma riuscivo a fare qualcosa di digeribile. Diciamo che me la cavavo a non far venire brutte indigestioni e\o intossicazioni alimentari a chi mangiava, ecco. Johnny arrivò un po’ di tempo dopo, ancora leggermente assonnato, mentre riponevo le padelle sporche nella lavastoviglie.
“Avevi ragione, ho una fame da lupo … E questi cosi sono deliziosi!!” disse mentre addentava un pancake e beveva un sorso di caffè. Meno male, qualcuno che era riuscito ad apprezzare la mia poca dimestichezza ai fornelli.
“Grazie, finalmente ho trovato qualcun’ altro oltre a … CAZZO, KRIS!!!” urlai. Merda, mi ero completamente dimenticata di Kris. Questa è davvero la volta buona che mi ammazza … A meno che non dovevo recuperarla in qualche pronto soccorso con le ossa rotte dopo essere tornata a contatto con Matt. Sempre se stava ancora da lui.
“Devo andare a recuperare Kris, mi dovresti portare da Matt” continuai, mentre finivo di bere il mio solito tazzone di caffè.
“Ok, ti accompagno io … Cioè, ti accompagnerei molto volentieri, ma non ho la macchina” rispose, una volta aver finito di fare piazza pulita di tutto il cibo. E meno male che non voleva mangiare, non aveva lasciato nemmeno una briciola. Giusto, era rimasto a piedi perché, il giorno prima, erano venuti con la macchina di Matt. Cazzo!!
“Prendiamo la mia, guida tu che non so dove andare” replicai, lanciandogli le chiavi della Hummer. Uscimmo di casa e partimmo verso casa di Matt, che era non molto lontano da casa nostra. O cristo, non ho mai fatto guidare a nessuno la mia bimba, e adesso stavo lasciando guidare Johnny, tra l'altro sotto mio suggerimento? Per la miseria, avevamo iniziato proprio alla grande questo fine di giornata.
“Che c’è, Gretch? Ti ho detto che il sedile te lo farò riparare” disse, mentre guardava fisso la strada davanti a noi, interrompendo la linea dei miei pensieri.
“No, non è per quello … È che non ho mai fatto guidare a nessuno la mia bimba, compresa Kris … Neanche Phil che me l’ha regalata l’ha mai guidata, ci sono sempre stata soltanto io alla guida, o almeno fino ad ora” risposi, osservando il contorno dei suoi tatuaggi sulle braccia. Guardare i personaggi simbolo della storia del cinema horror e di fantascienza marchiati su quelle braccia leggermente muscolose era incredibile.
“Ah bene … Cioè, lui di punto in bianco ti ha comprato la macchina? Doveva avere qualche rotella fuori posto secondo me” commentò ridacchiando. Phil non ne aveva nemmeno una a posto, probabilmente era stato anche questo che mi aveva fatto innamorare di lui, ma poi anche quella che in un certo senso era sana, se ne era andata allegramente a farsi fottere. Buon per me che alla fine di tutto ci avevo guadagnato questo gioiellino di macchina.
“Effettivamente si, ha speso tutti i soldi che aveva messo da parte per il college per la macchina perché odiava quella che avevo, una vecchia ma stupenda Ford Mustang del ’73 che nonostante la vecchiaia tirava ancora avanti come durante i suoi anni d’oro … Che poi l’ha comprata da suo padre, che gestisce la concessionaria della città. Fortunatamente per me, appena suo padre scoprì che ci eravamo lasciati e venne a sapere cosa era realmente successo, si offrì di accollarsi qualsiasi spesa di riparazione nel caso ne avessi bisogno, ovviamente tutto a spese di suo figlio … Quindi non c’è nemmeno il problema di farlo riparare il sedile, quel coglione mi avrà sulla coscienza per un bel po’” risposi, scoppiando fragorosamente a ridere. 
“Beh, buon per te e peggio per lui, considerando anche con chi se la sta spassando” replicò, ridendo di sano gusto. E fortunatamente anche su questo versante sono andata meglio di quanto mi aspettassi. O almeno lo credevo.

“Now see I would ask you where you like it 
Instead I'll tell you where you're gonna get it, see 
In the bedroom, the bathroom, the classroom, the last room on the left 
In my fantasy, you're next to me 
I'm giving you my everything, my very best 
Like back beats, back seats, summer heat …”


I Black Stone Cherry che risuonavano dallo stereo calzavano a pennello su questa situazione. Diedi uno sguardo veloce al sedile posteriore attraverso lo specchietto retrovisore … Beh, un bis non ci starebbe troppo male secondo me.
“A proposito, dobbiamo parlare” continuò, facendosi serio. Merda, speravo non toccasse questo argomento proprio ora.
“So di cosa vuoi parlare … Tralasciando il post sbronza e i miei squilibri mentali, io sono stata benissimo con te, e sei un ragazzo davvero fantastico. Magari quando tutto questo caos si sarà calmato, potremo continuare a vederci e vedere come va …” ammisi. Non riuscivo a trovare altre parole adatte alla situazione … Possibile che un ragazzo conosciuto appena un paio di sere fa scatenasse in me reazioni del genere? Probabilmente con qualcun altro avrei detto di no, ma con Johnny era tutto diverso. Lo sentivo che era diverso da chiunque altro, e che forse solo con lui sarei riuscita a mettere (almeno un po’) la testa a posto. Arrivammo a destinazione, e parcheggiò l’auto nel vialetto, accanto al fuoristrada nero di Matt. 
“Come ti ho detto ieri, non sono il tipo che si scopa la prima che capita, e la situazione che è venuta a crearsi è strana per me quanto lo è per te. Però, cazzo, non sono mai stato così bene con una persona come lo sono stato con te … E da quanto ti conosco, quarantotto ore? Sei una persona fantastica, un po’ pazza ma d’altronde chi non lo è. Io voglio provarci a stare con te … Ovviamente sempre se per te va bene …” disse, mentre stringeva la mia mano tra la sua. Avete presente il cubetto di ghiaccio che si scioglie al sole? Ecco, dentro di me stava succedendo esattamente la stessa cosa. Cercavo di capire come quella sciacquetta (non mi viene in mente nessun’altro termine pulito per poterla denominare) sia riuscita a mollare la dolcezza fatta a persona per uno che non sa nemmeno che cosa significhi come Phil, ma riuscivo a pensare solo che tra Johnny e Phil c’è una differenza abissale, e che probabilmente avevo trovato quanto di meglio avessi potuto desiderare.
“Tentar non nuoce … Ci sto” risposi, stringendogli la mano. Nonostante questa storia abbia avuto inizio in un modo non del tutto convenzionale, stava prendendo la piega giusta. Scendemmo e ci dirigemmo verso l’entrata di casa, che dall’esterno non era molto dissimile dalla mia e Kris. Johnny bussò alla porta, e venne ad aprirci lo stesso ragazzo moro che ieri usciva da casa mia con Kristen, Brian.
“Ehi Christ, come va? Tu dovresti essere la rossa peperina amica di Kristen, giusto?” esordì, abbracciando il suo amico. Come mi ha chiamata? “Rossa peperina”? Per poco non gli ridevo in faccia.
“Mi chiamo Gretchen” dissi, un bel po’ imbarazzata. Ci accomodammo sul divano del soggiorno, che era di uno strano verde petrolio, e davanti c’era un tavolino con sopra alcuni spartiti e fogli di testi, probabilmente.
“Suppongo che sei qui per sapere come sta la tua amica … Sta bene, o almeno questo è quello che ho capito dalle sue urla dal piano di sopra. Non escono da quella camera da ieri pomeriggio, e stanno scopando peggio dei conigli” disse, mentre ci porgeva una tazza di caffè. Meno male, almeno era ancora viva. Fissai Johnny, che era seduto accanto a me, per un secondo e poi scoppiammo a ridere come due deficienti, con Brian che assisteva alla scena abbastanza stranito.
“Ma non è possibile che voi due facciate sempre le stesse cose, secondo me avete qualcosa tipo il neurone condiviso” commentò Johnny, che a furia di ridere si teneva la pancia tra le mani.
“Ritieniti fortunato che non è successo con lo stesso ragazzo, altrimenti saremmo finiti tutti in ospedale” replicai, con le lacrime agli occhi per le risate.
“Ma porca puttana sono l’unico qui in mezzo che è andato in bianco stanotte? Meglio andare a recuperare … E’ stato un piacere conoscerti” disse Brian, avviandosi verso l’ingresso.
“Piccioncini, avete visite” urlò prima di sparire dietro la porta.
Pochi minuti dopo sentii dei passi provenire dalle scale, e balzai subito in piedi. Riconobbi Kris dalle sue scarpe, le buone e vecchie Converse nere che aveva probabilmente appena infilato ai piedi, visto che i lacci erano ancora sciolti.
“Gretch …” esordì, fermandosi all’ultimo gradino. Mi avvicinai a lei finché non la ebbi di fronte, senza dire una parola e fissando i suoi occhi azzurri come l’oceano contornati dalla matita nera un po’ sciolta.
“Siamo due teste di cazzo e abbiamo sparato una marea di stronzate, lo sapevamo troppo bene che andava a finire così. Abbracciami” dissi, allungando le mie braccia verso di lei. Restammo abbracciate per un po’ in silenzio, sotto lo sguardo di Matt dalle scale e Johnny dal divano. Non avevamo bisogno di altre parole per capire che entrambe avevamo seguito il cuore, abbandonando definitivamente tutti quei discorsi che avevamo fatto in macchina dopo le prove, che adesso sembravano non avessero più senso. Avevamo trovato le persone giuste ed eravamo felici, questo era quello che contava davvero, e ce l'eravamo dette tramite un unico, lunghissimo abbraccio.

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Capitolo 9
*** Let's Make A New Start #Kris POV ***


Persa com'ero nell'abbraccio materno con Gretch non mi resi conto che tre ragazzi dagli occhi di diverso colore ma con la stessa identica espressione stampata in faccia, ci stavano fissando dal divano del salotto, avvolti da anelli di fumo denso e scomposto che fuoriusciva un pò dalle loro labbra e un pò dalle narici, finchè non mi decisi ad abbandonare la mia camionista dalle tette più grosse dell'airbag della sua tanto amata Hummer (ora con la pelle dei sedili in brandelli.)
"Ok, abbiamo dato fin troppo spettacolo con le nostre smancerie, meglio ricomporsi."
Le sussurrai all'orecchio mentre la invitavo a voltarsi verso il salotto non così distante dalle scale, dove Christ, Gates e Matt (vestito e pettinato come se fosse uscito da un catalogo di moda piuttosto che da una stanza da letto in cui avevamo fatto l'amore per tutta la notte!) erano sparpagliati. Ripresero a fumare distrattamente e a parlottare tra di loro non appena io e la mia amica ci voltammo.
"Ok, è sabato sera e direi che abbiamo un bel pò da festeggiare. Si va al Johnny's?"
Chiese Gretch facendo finta di non aver notato quel loro fissarci, sfregandosi le mani e serpeggiando con lo sguardo interrogativo sopra le nostre teste cercando conferma. Io mi sistemai al fianco del mio bestione. Mi sfregò il fianco con i polpastrelli caldi e sussultai impercettibilmente a quel tocco. Cazzo, sembravo proprio una tredicenne alla prima cotta.
"Cazzo, sì. Vado a prendere la mia ragazza e ci rivediamo qui tra mezz'ora?"
Chiese Brian tutto entusiasta rivolgendosi all'organizzatrice della serata. Avevo trovato qualcun’ altro che, come me, era assuefatto dalle serate nei pub, qualcuno che come me aveva bisogno di assorbire il fumo passivo di tante persone chiuse in un unico, piccolo locale, dove scorreva alcol e musica a fiumi. Io e Brian saremmo diventati grandi amici. Dopotutto era grazie a lui se io adesso potevo sorridere a Matt e sentirmi il cuore inondato da nuovi, impetuosi e sconosciuti fiotti di sangue vivo e caldo. Solo che alla sua proposta di portarsi la sua fidanzata, quella fidanzata legata al passato di Matt e di tutti gli altri in maniera assoluta, non fu accolta con tanto entusiasmo. Era la sorella gemella di Val, e forse la maggior parte delle persone in quella casa pensava che fosse meglio per me non conoscerla, almeno non subito e non così.
"Mi va di conoscere la ragazza che ti sopporta, da quanto, quattro anni?!" Annunciai sicura in direzione del chitarrista, spazzando via le espressioni dubbiose da tutti i volti che mi circondavano. Sorrisi a Matt e cercai di infondergli la mia sicurezza attraverso quel sorriso.
"Buona idea. Chiama anche Vee e Gena. Presentiamo l'ultima parte della band alle ragazze."
S'intromise Christ, allentando la tensione che si stava venendo a formare in salotto nostro malgrado. Fece spazio a Gretch che si era seduta accanto a lui su quel divano verde petrolio. Rubò una sigaretta dal pacchetto sul tavolino di cristallo e cominciò a fumare anche lei, allegra come una Pasqua, ignara com'era di gran parte della storia su Val e non del tutto conscia del motivo che spingeva i ragazzi a comportarsi così con me non appena fu nominata questa fantomatica fidanzata di Brian.
Brian abbandonò casa sua e di Matt lasciando una pacca sulla spalla dell'amico e salutandomi con un occhiolino, a cui risposi con un sorriso abbastanza sorpreso e imbarazzato. A quanto pare la simpatia era reciproca e ,almeno lui, aveva fiducia in quell'incontro tra me e la sua fidanzata.
Gretchen e Christ cominciarono a scambiarsi effusioni poco pulite sul divano tra una sigaretta e l'altra e si udivano complimenti altrettanto poco puliti provenire dalle loro voci sussultate.
"E che cazzo, aspettate che ce ne andiamo, no? Anche se in teoria questa sarebbe ancora casa mia." Disse Matt, alzando la voce. Nonostante il suo avesse dovuto somigliare ad un rimprovero il tono di voce che utilizzò per formularlo non fu poi così adatto all'intento. Urlava solo quando cantava a quanto pareva. E tra le lenzuola.
Christ trattenne una risata mentre abbandonava per un attimo le labbra della mia amica.
"Ho il permesso di Gates, scusa amico."
"Fottiti." Fu la risposta di Matt mentre mi accompagnava fuori casa per mano, lasciando a quella nuova coppia la possibilità e l'intimità necessaria per cominciare a stare insieme da vera e propria coppia. Come biasimarli, sentivo lo stesso bisogno io con Matt. Non per forza del sesso, ma del contatto con la sua bocca, il suo corpo, contatto totale e costante, contatto che potesse ricordarmi che tutto quello che stava succedendo era vero. Che in soli tre giorni avevo messo fine ad anni di torture e sofferenze.
Manifestai quel mio desiderio appena ci ritrovammo fuori casa. Saltai con le braccia al collo di Sanders e sporgendomi sulle punte cercai le sue labbra piene e carnose per baciarle. Le sue mani finirono sul mio sedere pochi secondi dopo e cominciarono a stringere e premere nel bel mezzo del bacio. Gemetti sulla sua bocca prima di allontanarmi per riprendere fiato.
"Come siamo aggressivi." Esordii sarcastica.
"Voglio solo ricordarti che da oggi in poi sei mia, mia e di nessun altro."
"Sta succedendo davvero?" Chiesi con semplicità e un pò di imbarazzo per l'affermazione sciocca ma spontanea che mi era appena uscita dalle labbra permeate dal suo dolce ed irresistibile sapore. Un'affermazione che tanto somigliava al suo "allora non è stato solo un sogno..." di quella mattina. Come se fossi io il tesoro prezioso tra i due.
"Sei la mia ragazza."
Rispose Matt guardandomi dritto negli occhi.
"Mi sa che era un sì." aggiunsi, prima di riprendere a baciarlo guidato dalle sue mani ora lungo la mia schiena.
Trascorremmo un tempo indefinito a baciarci e accarezzarci, a farci un mucchio di sorrisi senza senso e blaterare parole sconnesse che in realtà non significavano granchè, sul portico di casa sua. Riuscimmo a quantificare quel tempo con una buona mezz'ora solo grazie alla Volvo argentata di Brian che frenò dritta davanti a noi, fendendo l'oscurità che nel frattempo si era chiusa su Huntington, con i suoi fari accecanti a metà tra il bianco e il blu.
"Ma per favore, se avete intenzione di sbaciucchiarvi tutta la sera state lontani da me."
continuò sarcastico il chitarrista, una volta sceso dall'auto. Matt lo colpì con un pugno sulla scapola, abbastanza finto, ma che piegò comunque l'espressione di Brian in qualcosa di molto simile al dolore.
"Gli altri due?"
"Dentro." Rispose Matt.
"CHRIST! EDDAI...ANDIAMO A BERE SENZA DI VOI!!!" Urlò attraverso la porta.
"Vi do tre minuti per uscire altrimenti sfondo la porta, non me ne fotte in che condizioni siete."
Continuò, non avendo ricevuto reazione al suo inveire contro la porta.
Assistetti divertita alla scenetta stretta accanto a Matt ,ma guardavo verso la macchina di Brian, verso il posto del passeggero su cui era seduta una ragazza bionda, non più grande di me e Gretchen. Non riuscivo a distinguere molto bene la sua espressione nel buio ma non mi sembrava molto contenta.
"Lei sarebbe la ragazza di Brian?" O la sorella gemella dell'ex moglie di Matt, dipendeva dai punti di vista. Chiesi a Matt in modo che il chitarrista non ci sentisse, impegnato com'era con la porta e con Christ che non aveva intenzione di uscire.
"Michelle. Sì... Kristen..."
Abbandonai Matt senza alcuna intenzione di stare ad ascoltarlo, e scesi i due gradini che mi separavano dal vialetto lastricato così simile a quello di casa nostra. Mi avvicinai alla macchina ed entrai dal lato del guidatore, dato che la porta era stata lasciata aperta.
"Io sono Kristen. So che forse per te può essere difficile questa situazione, voglio dire, vedere il tuo ex cognato uscire con una nuova ragazza sconosciuta. Ma sappi solo che se c'è qualcuno che devi odiare quella è tua sorella, per avergli spezzato il cuore e fatto a pezzi la vita. Io e Matt ci siamo salvati a vicenda, credimi."
Spinsi il mio discorso fino alla fine tutto d'un fiato, senza neanche sapere cosa stessi realmente dicendo, ma animata da qualcosa di sconosciuto più forte di qualsiasi sensazione mai provata prima. Matt andava protetto, non certo da me.
"Michelle. Ma ovviamente sai già tutto. E se Matt ti ha già raccontato tutto vuol dire che fa davvero sul serio con te, visto che non è uscito con nessuno in questi mesi... Credimi, odio anche io mia sorella per quello che gli ha fatto ma è mia sorella, lo capisci?!"
Puntò i suoi occhi grandi e marroni verso di me e mi venne una fitta allo stomaco al pensiero che una donna uguale a lei era stata accanto a Matt per mezza vita...Poi spostai lo sguardo verso Gretchen che stava uscendo di casa da quel momento, sconvolta nell'espressione e sorridente come solo lei sapeva essere. E capii esattamente cosa Michelle volesse dire con quel "lo capisci?!". Io e Gretch eravamo sorelle, anche se nelle nostre vene non scorreva lo stesso sangue, e non avrei mai potuto contrariarla o abbandonarla, in nessun caso, neanche il più estremo. Di certo se avesse fatto qualcosa di sbagliato, ferendo irreparabilmente qualcuno, gliel'avrei fatto notare, ma sarei stata comunque dalla sua parte. Mi accorsi che provare a diventare amica di Michelle si sarebbe rivelata un'impresa a dir poco impossibile nonostante le mie buone intenzioni.
"So tutto, è vero. E so anche che è stata tua sorella a tradire Matt. Capisco tu stia dalla sua parte, ma non puoi impedire a lui un pò di felicità solo perchè tua sorella ha fatto un danno di cui si pentirà per la vita, non credi?!"
"Sei una ragazza in gamba. Rendilo felice."
Fu la sua unica risposta mentre spostava lo sguardo verso il finestrino, invitandomi silenziosamente a lasciare l'auto per fare posto al suo ragazzo ormai di ritorno, e soprattutto per mettere fine a quella conversazione inaspettata per me, quanto per lei. Speravo solo avesse capito le mie buone intenzioni, ci tenevo a fare tutto per bene ora che mi affacciavo alla mia nuova vita.
"Allora non avete bisogno delle presentazioni voi due?" Chiese Brian avvicinandosi all'auto mentre io vi uscivo.
Scossi la testa cercando di sorridere e raggiunsi Matt e la sua auto.
"Tutto bene?"
Chiese Sanders, una volta che mi fui sistemata sul sedile enorme della sua auto enorme. Cazzo, altro che Hummer di Gretch.
"Volevo solo capisse che ci tengo da morire che tra me e te funzioni."
"Non è lei che deve capirlo. Nè Val. Io e te. Solo io e te dobbiamo capirlo."
Annunciò, stringendo la mano attorno la mia abbandonata sul sedile e avvolgendomi il corpo con il suo sguardo ardente.
Annuii sorridente, rinnovata da una nuova speranza. Mi sporsi in avanti per lasciargli un bacio a fior di labbra prima di permettergli di mettere in moto e partire verso quella mia, di sicuro diversa dall'ultima, serata di follia e festeggiamenti al Johnny's bar.
 
 
 
Venti minuti dopo quell'incontro non tanto felice e facile con Michelle, i nostri sguardi rientrarono in contatto una volta che la comitiva arrivata al Johnny's con tre auto differenti si riunì in quel locale, che per noi era assolutamente da considerare una casa, dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni poi, più che mai.
Michelle entrò prima di me e Matt. Quasi scompariva inghiottita nel braccio tatuato di Brian che le avvolgeva dolcemente il collo. La mano esile e sottile di lei sprofondava nella tasca posteriore dei jeans scuri di lui che aveva l'altra mano abbandonata lungo il fianco, alle prese con la sua inseparabile sigaretta.
La guardai appena si voltò, abbozzando un sorriso sincero verso il suo volto ora più rilassato, rivolto a me. Un sorriso che volesse significare un inizio di un qualche tipo di rapporto tra me e lei che prescindesse dalle cose terribili che aveva fatto il sangue del suo sangue a Matt.
Provò a ricambiare, glielo lessi negli occhi scuri lo sforzo sovrumano che utilizzò per arricciare gli angoli delle labbra sottili e rivolgermi un sorriso. Mi accontentai. Sempre meglio della freddezza e il distacco di pochi attimi fa in auto. Forse Brian era riuscito a farle sbollire un pò di odio incondizionato con i modi tanto convincenti con cui aveva psicoanalizzato pure me.
"Hai tutta la vita per starle simpatica, piccola. Michelle non è Val, lei non è cattiva."
Disse la voce di Matt attutita dal contatto delle sue labbra sui miei capelli, scuotendomi da ogni tipo di pensiero.
Rivolsi lo sguardo rilassato verso il mio gigante. Mi vidi costretta ad alzare di tre piani gli occhi. Non credo mi sarei mai abituata a quello sguardo, a quel sorriso così dolce a caloroso, a quelle fossette così belle e pronunciate che gli solcavano le guance piene accarezzate da appena un filo di barba. Non mi sarei mai potuta abituare al profumo della sua pelle tatuata, al calore elettrico che il suo corpo scatenava a contatto col mio. Non avevo mai provato nulla di simile per nessuno, il che detto da una che ha passato la vita ad innamorarsi follemente di chiunque le dimostrasse un pò d'affetto significava un enorme passo avanti, verso il futuro. Il mio sole personale, il pianeta attorno al quale ruotare, la posizione giusta da assumere. Ecco cos'era diventato Matt in soli tre giorni. Ecco cosa sarebbe stato per sempre. Quel "tutta la vita" di cui aveva scandito con dolcezza infinita parola per parola ,contro i miei capelli sottili, facendomi perdere la facoltà di avere qualsiasi tipo di reazione.
Gretchen e Johnny furono la coppia più esplicita per tutta la sera, non avevano smesso di baciarsi da quando erano usciti da casa di Matt e Brian mi sa, e non sembravano avere intenzione di iniziare proprio adesso che la serata cominciava davvero.
Il locale era ovviamente affollatissimo, nell'aria si percepivano le note soffuse di una canzone dal ritmo forte e avvolgente, che non mi sembrava di conoscere. Piena di chitarre, contornata da un rumore pazzo e sconclusionato di batteria e da una voce potente che tuttavia non riusciva a farsi strada in tutta la sua interezza attraverso il locale pieno di gente.
"Cazzo, Matt. Siamo alla radio."
Fu il commento di Brian che, accomodato su uno sgabello davanti al bancone che si era improvvisamente liberato per lui, si sistemò Michelle sorridente sulle gambe e assunse un'espressione felice e esagitata sul volto dai lineamenti sfacciati e taglienti.
"Almost Easy."
Commentò Shadows con un ulteriore sorriso, senza staccarmi  le mani dai fianchi e gli occhi di dosso per tutto il tragitto entrata, bancone.
"Te la canterò personalmente molto presto, biondina."
Il commento di Matt.
"Diverrete nostre fan nel giro di un giorno."
Oh, il nano parlava ancora quindi. Gretchen non gli aveva aspirato via la voce con quei baci troppo lunghi e travolgenti.
"Non vedo l'ora." fu la mia risposta a caldo, contornata da un sorriso entusiasta e impaziente di conoscere quei ragazzi anche dal punto di vista musicale. Impaziente di sentire Sanders cantare.
Poi Johnny intercettò con lo sguardo un ragazzo dai capelli neri pettinati in modo simile a Gates e due occhi che, Mio Dio, se non fosse stato perchè quelli di Matt mi avevano stregata dal primo istante in cui si erano persi nei miei offrendomi quella sigaretta, probabilmente li avrei descritti come gli occhi più belli che avessi mai visto. Azzurri come l'oceano, grandi e spalancati. Il ragazzo veniva verso di noi, vestito di una semplice camicia bianca sbottonata sul petto a rivelare quantità industriali di tatuaggi, e arrotolata fin sopra i gomiti, mostrando che anche le sue braccia abbastanza muscolose erano tatuatissime. Ok, supposi dal suo aspetto e dal modo in cui fu accolto dai ragazzi che doveva essere il secondo chitarrista del gruppo: Zacky Vengeance. E supposi giusto.
Salutò me e Gretch con un sincero e caloroso entusiasmo e solo allora ci presentò la sua fidanzata che aveva canticchiato la canzone alla radio aspettando che Zacky finisse di salutare tutti. Gena. Una ragazza che dire che era uno schianto era riduttivo. Corpo da modella strizzato in un bustino nero corto a rivelare una scollatura importante (non esagerata e prorompente come quella di Gretchen!) e in un paio di jeans scuri che le fasciavano le gambe magre e perfette. Il tutto sollevato da un paio di sandali borchiati tacco dodici e completato dal suo viso solare splendidamente truccato e dai suoi capelli biondissimi raccolti sulle tempie e lasciati liberi di infilarsi nella sua scollatura.
Mi sentii improvvisamente a disagio di fronte a tutta quella bellezza così perfetta senza risultare volgare, così silenziosa eppure così appariscente. Era più bella di Michelle sicuro, più bella di tutte noi tre messe insieme in verità. Ed era pure fottutamente simpatica. Uomo fortunato il Vengeance. In un secondo notai quanto fossero affiatati e sperai di poter essere così con Matt, un giorno, rimpiazzare quella moglie che l'aveva tradito, la donna con cui si vedeva accanto da quanto aveva cominciato a capirci qualcosa dell'amore. Quella donna che non avrei mai voluto lui potesse ritornare a rimpiangere.
"Lo so cosa stai pensando. Non mi attraggono le bionde come Gena, mi attraggono quelle come te, piccola scatenata."
Disse Matt, appoggiato al mio corpo, sistemato in avanti con le mani poggiate al bancone.
Mi voltai per sorridergli, imbarazzata e sorpresa dal fatto che avesse intercettato correttamente il mio pensiero. Esorcizzò la mia gelosia con quella parole sincere.
Esaurito l'entusiasmo per la canzone dei ragazzi alla radio (che aveva gasato da morire Gretch, che già pensava ad una cover con gli Stolen, o magari proprio ad un duetto con i ragazzi) e per le presentazioni, cominciarono i giri di vodka e gli shot di whisky. Jess guardava in continuazione verso il tavolo da biliardo, calcolando ogni spostamento mio e di Matt, inconsciamente spaventato che il sesso sfrenato sul suo tavolo di qualche sera fa potesse ripetersi, magari stavolta davanti a tutti, visto lo stato di ubriacatura in cui già eravamo un pò tutti.
Di certo non lo escludevo, quel tavolo da biliardo dopotutto mi aveva cambiata la vita, ma dosai il mio ubriacarmi cercando di fermarmi quando mi girava eccessivamente la testa o quando la musica del locale cominciava a diventare un flebile rumore di sottofondo insieme alle innumerevoli voci dei clienti e alle risate scomposte di un Gates assolutamente incontrollabile. Non volevo finire a vomitare di nuovo, per niente.
Michelle tentava invano di bere al suo posto, i due lottavano per la vodka e poi la bevevano dalle labbra dell'altro arrendendosi a risate e toccatine poco pulite. Ok, adesso qua finiamo dritti sul set di un film porno, pensai.
Gli unici che dimostravano ancora un pò di decoro e rispetto per il pudore e i luoghi pubblici, eravamo io e Matt e Zacky e Gena. Infatti tra di noi si instaurarono parecchie conversazioni sensate che mi dimostrarono quanto avessi ragione su Gena, e quanto consideravo gli Avenged Sevenfold la mia nuova famiglia.
Il locale cominciò a svuotarsi e Jess ci trovò un tavolo per otto a cui ci fece gentilmente accompagnare, servendoci birre e whisky annessi e connessi. La sua paura di vedermi spalmata su quel tavolo da biliardo non sembrava essersi separata dal suo sguardo scuro e frenetico, però.
Una volta accomodati (a Gates e Michelle continuava a bastare una sedia!) feci notare a Matt scherzosamente l'atteggiamento preoccupato di Jess.
"Ha paura di doversi chiudere in ufficio anche stasera." Sbottai, dopo essermi accesa la terza sigaretta della serata. Chiacchiere, baci e alcol avevano distratto le mie labbra dalla nicotina, quella sera. Se solo mi avesse dato un pò retta, Gretchen sarebbe stata fiera di me.
"Andiamo in bagno."
Disse lui avvicinando le labbra alle mie. Il tono della sua voce era fermo e severo, suonò quasi come un ordine alle mie orecchie frastornate da troppi rumori, troppe nuove voci da ricordare, troppi rumori di baci scomposti da dimenticare.
"Matt?! Ecco, sei ubriaco pure te."
Dissi non del tutto convinta, aspirando il fumo dalla sigaretta.
"Credimi, sto impazzendo. E' da quando siamo in macchina che non ti tocco come vorrei. Lo so, il bagno è squallido...ma ti voglio, Kris."
Le sue labbra si avvicinarono alla mia pelle. Prima a quella dell'orecchio e poi a quella del collo. Tirai un'ultima boccata alla mia sigaretta e feci una cosa che non avrei mai fatto in altre condizioni: la spensi a metà nella ceneriera già piena del nostro tavolo. Il mio corpo stava mandando chiari segnali verso l'esterno sul fatto che quello di cui avesse davvero bisogno di assorbire, non era certo il fumo. Aveva tutto un altro colore, tutta un'altra consistenza e dava tutt'altre sensazioni...
"Tanto qui sono troppo occupati a limonarsi tra di loro per accorgersi di noi che scappiamo."
Aggiunsi in direzione dello sguardo di Matt ad un millimetro dal mio collo, improvvisamente lucido ed eccitato, affilato e per niente dolce. Abbandonammo la comitiva, o meglio abbandonammo gli unici che ancora ci davano davvero retta del gruppo: Zacky e Gena, e cominciammo a baciarci sul serio, senza trattenerci come avevamo fatto finora, troppo sobri per dare spettacolo di noi stessi in pubblico. Lottando bocca contro bocca, intrecciando le lingue e iniettando la saliva calda nella gola dell'altro, raggiungemmo il bagno che si svuotò di tutti i presenti non appena la mia schiena sbattè contro la porta annunciando la nostra entrata. Schiena che finì contro lo specchio, gambe divaricate, sedere poggiato saldamente al lavandino, continuavo a baciare Matt e l'avrei fatto anche se fossimo stati ancora attorniati da tutte quelle persone.
"Perchè mi sono trattenuta dico io?"
Annaspai sul suo collo mentre le sue mani calde ed enormi trafficavano sotto la mia maglietta leggera continuando a giocarci per un pò fino a sfilarmela.
"Perchè sei una ragazza perbene."
Annaspò Matt sul mio seno costretto ancora per poco dal reggiseno, già visibilmente eccitato.
"La ragazza che ti sei scopata sul biliardo fino ai lividi e quella che hai amato per una notte intera ti è sembrata una ragazza perbene?"
Domanda retorica di cui entrambi conoscevamo la risposta. Matt sorrise lasciandomi la traccia bollente dei suoi polpastrelli sulle labbra. Le dischiusi e accolsi le sue dita per leccarle, una ad una, mentre non smettevo di guardarlo, mentre non smettevo di gemere senza controllo, mentre non smettevo di volerlo con tutta me stessa.
Il resto dei vestiti sudati finì sul pavimento del bagno deserto qualche secondo dopo. Matt legò il mio volto al suo con baci pesanti, strinse il suo torace tatuato al mio esile busto appoggiando le mani allo specchio dietro di noi.
"Sei fottutamente bello."
Dissi, sentendo quella frase scoppiarmi dentro come un'urgenza. L'unico modo che avevo per respirare era annaspare con la bocca legata a quella di Matt. Sentivo la sua erezione libera pulsare contro le mie gambe aperte, stuzzicare appena la mia entrata più e più volte.
"Quest'uomo fottutamente bello sta per scoparti come non mai."
Rispose, tremante e instabile nella voce ma fermo nello sguardo e nelle carezze assassine lungo la schiena, le gambe.
"Scopami, prima che venga solo guardandoti."
Annunciai con la fronte poggiata alla sua, disperata. Avvicinando il bacino sempre più al suo, accarezzando il suo addome teso e contratto con le dita piccole.
Marchiò le mie labbra con un bacio indecente prima di spingermi verso di lui con un colpo secco e lasciando che fossi io ad entrare in lui, non viceversa.
Le spinte che seguirono la sua entrata in me furono veloci, scomposte e tormentate. Cazzo, era sempre più bravo o ero io quella più innamorata? Credo che entrambe le supposizioni possano essere considerare come giuste. Ci amavamo senza intenzione di smettere. Era talmente tanta la voglia che avevo di lui che mi muovevo come impazzita per sentirlo fino in fondo, ogni spinta perdevo la consapevolezza di tutto il resto. Tutto il resto non esisteva. C'eravamo solo io e lui. Entrambi raggiungemmo l'apice di quell'amplesso improvvisato e stupendo urlando disperatamente il nome dell'altro.
Il livido sul fianco sarebbe stato presto raggiunto da altri lividi lo sentivo, lo sentivo in ogni parte del mio corpo che pulsava mista a dolore e all'eccitazione, costretta tra lo specchio e il suo corpo massiccio. Matt era insaziabile, veloce, un amante stupendo, nel sesso non restava poi granchè di dolce in lui, e questo mi piaceva sempre di più.
"Ti fa male qualcosa?"
Sospirò lui contro la mia spalla, baciandola, dopo essere venuto in me che, venendo gli avevo torturato la spalla di morsi e ora ne vedevo la traccia sanguinante oltre i muscoli tesi e sudati.
"Cazzo, ti ho ferito."
Ammisi, arrossendo e ignorando la sua domanda.
"L'hai detto tu che ti piace mordermi. Dai, davvero, ti ho fatta male?"
"Sì, troppo, Matt, Ho provato dolore ogni spinta, ogni presa sul mio corpo. Ma io ti ho morso. Mi sa che faremo sesso così per sempre e non sai quanto fottutamente lo adori. "
Ammisi altrettanto sinceramente e vergognosamente, accarezzandogli i capelli sudati.
"Finchè non ci moriremo."
Sottolineò lui, sarcastico.
"Sarebbe un bel modo di morire."
Conclusi, abbracciandolo.
"Mi hai salvata, biondina. Lo sai?"
Ecco ritornata la sua dolcezza infinita.
"Tu hai salvato me." Risposi alzando la testa per incontrare di nuovo i suoi occhi, ritornati limpidi e puri. Ci rivestimmo sorridenti e ritornammo in sala, mano nella mano, più o meno allo stato di prima, per quanto possibile. Sentivo male ad ogni movimento, cazzo, e anche la semplice azione del vestirmi sembrò la cosa più difficile del mondo. La ferita di Matt, per quanto piccola e innocente che fosse, non sembrava voler smettere di sanguinare. Ci vollero due minuti con il braccio sotto l'acqua fredda per interrompere la fuoriuscita di sangue rosso vivo dalla pelle della spalla di Matt più che altro perchè fui io ad imporglielo, lui continuava a dire che non era niente. E nonostante tutto sarei ritornata in quel bagno anche subito.
"Eccoli i depravati che sono andati in bagno a fottere."
Urlò un Brian in piedi sulla sedia con in mano una caraffa di birra scura piena a metà. Vengeance era dietro di lui, pronto ad afferrarlo non appena sarebbe caduto. Quanto a Michelle, ballava sul tavolo insieme a Gena e Gretchen, mentre Johnny rideva e beveva whisky, dava le spalle a noi e guardava Gretchen dimenarsi impazzita tra le altre due Sevenfold girls.
"Ma che cazzo?!"
Sbottai tra le risate guardando la scenetta. Matt non la smetteva di ridere, e una volta avvicinati al tavolo intrecciò le mani enormi sulla mia vita e sussurrò all'orecchio con il tono di voce che mi ricordò immediatamente il sesso appena fatto:
"Balla per me. Balla per me come quella sera."
Fu proprio la mano di Michelle ad accogliermi sul tavolo e per ironia della sorte (o perchè Jess sapeva fin troppo bene il fatto suo, e i fatti di tutti in quel locale) partì "Daughters of darkness"
Matt si sedette accanto a Johnny che gli offrì prontamente una sigaretta dal suo pacchetto aperto. Matt la prese e accese mentre io cominciavo a muovermi incerta nei movimenti, troppo sobria per essere disinibita come le altre. Poi Sanders mi sorrise e io cominciai ad ardere come la sua sigaretta tra le labbra piene.
Brian, si unì a noi, dando a Zacky un pò di tregua, essendo il tavolo più stabile della sedia, e il suo modo di sculettare e ballare a turno un pò con tutte mi diede quella scarica di pazzia necessaria a dimenticarmi di tutte le centinaia di persone che ci stavano guardando, a concentrarmi su Gretchen, su Matt.
"We stand together, no we're not afraid."
Cantò Gretch al mio orecchio ancheggiando contro il mio bacino
"We live forever, daughters of darkness."
Ribattei del tutto appagata e felice.
Il cuore fin troppe spaccato in mille pezzi, batteva di un nuovo battito nel mio petto agitato. Il battito della guarigione, della rinascita, della rivincita.




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Capitolo 10
*** My Happy Ending #Gretch POV ***


Un anno dopo.
 
“Sono già arrivati tutti Gretch, sappi solo questo … Non siamo in ritardo, molto di più” 
Più il tempo passava e più la sua ansia da risposta al richiamo d’amore è peggiorata. Ma alla fine è rimasta sempre la solita Kris, la mia biondissima migliore amica nicotinomane (dopo un po’ è riuscita a convincersi che non era mai stata una fumatrice per scherzo) innamorata della sua montagna di muscoli e tenerezza di nome Matt.
“E che cazzo Kris, rilassati!! Tanto lo sai che non ha occhi che per te, e che non ci ammazzano se arriviamo un po’ più tardi, tanto sono già abituati a queste cose . E poi sai che non è colpa mia se abbiamo tardi … Almeno questa volta” dissi, gettando il mozzicone di sigaretta fuori dal finestrino. Guidare sulla Highway di sera con la mia Hummer è sempre stata una cosa incredibile, e a volte avevo la sensazione che la macchina guidasse da sola per farmi godere di questo spettacolo, specialmente quando si trattava di andare al Johnny’s, che è diventato ufficialmente la nostra seconda casa.
Non so per quale miracolo riuscimmo a trovare un posto libero nel parcheggio ormai stracolmo del locale, e una volta entrate vedemmo il caos. C’era gente ovunque, a malapena potevi respirare senza avere alcun contatto con chi ti stava accanto. Fortunatamente riuscii ad incrociare lo sguardo di Jess che, come al solito, era super indaffarato al bancone, che ci indicò il solito tavolo in fondo dove ci stavano aspettando tutti. Non ebbi nemmeno il tempo di raggiungere il tavolo che Kristen era già tra le braccia possenti e tatuate del suo fidanzato e baciarsi teneramente come forse solo loro riuscivano a fare (almeno in pubblico) … E che cacchio, un po’ di contegno!!
“Scusate, piccolo contrattempo in concessionaria … Salve a tutti!” esordii appena raggiunto il nostro tavolo. Eravamo i soliti otto, ma facevamo casino quanto almeno 80 persone, se non di più.
“Qualche problema con la bimba, splendore?” due mani si impossessarono dei miei fianchi e un paio di labbra del mio collo. Il mio fidanzato Johnny, ladies and gentlemen.
“La bimba è lì fuori, nel parcheggio, in tutto il suo splendore e sta benissimo. Peggio, ho incontrato Phil in concessionaria e mi ha intrattenuta lì per un bel po’” dissi, mandando giù uno shot di whiskey come se fosse un bicchiere d’acqua. 
“Cosa?? Hai incontrato Phil?” ecco Kris che si risveglia dal mondo dei sogni … O per meglio dire, dopo aver fatto spuntare la sua testolina al di fuori della massa muscolare di Sanders.
“Te ne ho parlato in macchina mentre stavamo arrivando qui … Shadz, tu la devi smettere di ipnotizzare la mia bionda, prima non era così rincoglionita, non è possibile!!” dissi, facendo ridere tutti.
“Comunque sì, ho rivisto Phil alla concessionaria quando sono andata a ritirare la macchina, e ha voluto scambiare quattro chiacchiere con me come ai vecchi tempi … O almeno nelle poche occasioni in cui abbiamo parlato. Cazzo, manco fossi la sua terapista, che palle! Non ha fatto altro che lamentarsi: il lavoro che non va bene, il matrimonio forzato, i figli … Ad un certo punto sentivo solo “bla bla bla”, poi ha tentato miseramente di provarci con me, ma se non fosse stato per Kris che chiamava in continuazione gli avrei mollato un calcio dritto dritto nelle palle” continuai, cercando di evitare lo sguardo alquanto incazzato di Johnny.
“Cioè, fammi capire … Il tuo ex ha sposato la sua ex? Povero lui!”
“Si, e per forza perché era incinta. Adesso aspetta un altro bimbo e sta prosciugando il conto in banca di lui … Certo che non è cambiata di una virgola, stronza era e stronza è rimasta se non peggio” i commenti di Michelle e Gena mi fecero capire che a quanto pare non erano molto amiche con lei. Tutto questo mi dava solo la conferma che da un anno a questa parte quella che è andata meglio ero decisamente io.
“Devo andare a spaccargli la faccia?” sbottò Johnny. Trattenni una grossa risata per non offenderlo … Ma gli altri non seguirono il mio esempio. Dal tavolo partì una grassissima risata che per qualche secondo riuscì a sovrastare la musica che inondava il locale.
“A parte che ti avrebbe schiacciato come una monetina semplicemente calpestandoti, e comunque so difendermi da sola, non ti avrei di certo lasciato sporcare le mani … Ma grazie per il pensiero, amore” risposi, baciandolo in modo troppo sensuale per farlo in pubblico, anche se i ragazzi erano abituati a vedere molto peggio da parte nostra. È vero, sul fattore altezza il mio uomo è in formato mini, ma per me valeva più di tutto l’oro di questo mondo.
“Dai, non ci pensare e beviamoci su … Anzi, balliamoci su!! Sai che oggi è la serata giusta per ballare sui tavoli, vero G.?” irruppe Gates saltando sul tavolo. La cosa che mi fece ridere di più non fu tanto l’espressione di Michelle che non guardava il suo fidanzato che sculettava (pur non avendo neanche un briciolo di chiappa) meglio di una drag queen, ma l’espressione di Zacky, che lasciava intendere solo una cosa: tentare di sedare Gates e sperare di riportarlo a casa in condizioni decenti.
“No grazie, per il momento preferisco berci su. Dopo, se mi va, mi faccio un giro sul tavolo” dissi, rifiutando la mano offerta da Brian per farmi salire sul tavolo.
“Dai amore, fallo per me … Dopo voglio testare i sedili nuovi” sussurrò Johnny al mio orecchio. Eh no, sono stata lontana dalla mia bimba per una settimana e sono stata malissimo, almeno per un po’ voglio godermela come si deve!!
“Ok, ci salgo su sto cazzo di tavolo, però lascia stare la mia bimba che almeno per qualche giorno voglio godermela integra … Quelli della concessionaria sanno che quei graffi sono di un cane e non i nostri, o per meglio dire i tuoi” commentai, raggiungendo le ragazze e Gates che si dimenavano sul tavolo.
Dopo un numero indefinito di alcool, canzoni passate dal dj e sigarette finite sul pavimento (dall’alto era difficile inquadrare il centro del posacenere) mi fermai per un istante e poi mi inginocchiai di fronte a Johnny, che guardava abbastanza divertito la nostra combriccola di ballerini.
“Johnny, mi vuoi sposare?”
Urlai così forte che in quel momento si fermarono tutti. Tutte le persone che erano in quel momento nel locale non smettevano di fissare me e il mio uomo.
“Ascoltami … Forse sono parecchio sbronza in questo momento e probabilmente domani l’avrò anche dimenticato, ma non sono mai stata così seria in vita mia. È vero, stiamo insieme da poco, ma credo che se perdo un’occasione del genere, non l’avrò mai più … Mi vuoi sposare?” dissi tutto d’un fiato, inginocchiandomi sul tavolo di fronte a lui. Ok, sono pazza e anche ubriaca marcia, ma se ami una persona così intensamente da sobria, è lo stesso anche da ubriaca, vero?
“Beh, che tu sia pazza l’ho constatato sin da quando ti ho conosciuta … Ma io sono così pazzo e innamorato di te che volevo chiedertelo io stesso, ma mi hai anticipato ... D’altronde, con una come te c’è da aspettarsi di tutto e di più. Ho chiesto anche la benedizione di Kristen prima di farti la proposta” disse, estraendo una piccola scatola di velluto nero dalla giacca di pelle. Mi voltai verso la mia bionda che assisteva alla scena un po’ commossa, ma al tempo stesso sorridente.
“Ehi, non guardare me … Avete fatto tutto voi due” disse, mentre si lasciava avvolgere dalle braccia possenti e ipertatuate del suo Matt.
“Allora? Ti sbrighi a rispondere??” Lo chiamavano Gates il guasta atmosfere senza chiappe.
“Gates ma fanculo! Ovvio che ti sposo, cazzo!!!” dissi, poi scesi dal tavolo e baciai il mio uomo, facendo scoppiare il locale in un caos di urla, applausi e fischi … Forse ho sentito anche qualche rutto, ma niente di così tanto insolito per me.
Chi l’avrebbe mai detto, una testa calda come me che di punto in bianco decide di mettere finalmente la testa a posto (più o meno) e sposarsi … Fino a un anno fa non ci avrei creduto nemmeno io!!
“Questo giro lo offre la casa. Viva i futuri sposi!!” riuscii a sentire dal retro del bancone la voce di Jess, che ha visto sbocciare questo amore iniziato nel modo più assurdo possibile e che grazie a questa follia avrà anche il suo lieto fine … Con tanta birra e anche qualche fiore d’arancio.
 
 
 
Ed eccoci alla fine della nostra storia *piange come le cascate del Niagara* 
Beh, che dire ... Il frutto di due menti pazze e perverse come la mia e quella della mia amatissima Blonde K. ha avuto il suo seguito.
Chissà, forse un giorno riusciremo a stupirvi con qualche novità ... O con il continuo di questa.
Intanto vi ringrazio dal profondo del mio cuore per il supporto, a chi ci ha seguite dall'inizio, a chi si è aggiunto dopo e anche a chi abbiamo perso per strada.
Grazie di cuore, vi adoro!!
Red G.

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