Sopravvivenza

di Eman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2- Incontri ***



Capitolo 1
*** Inizio ***


Salve, non ero sicura di inserire la storia in questa categoria per il semplice motivo che per ora non appaiono personaggi di Dragonball, nonostante il mondo che ho adottato sia grosso modo lo stesso. Avevo pensato di fare incontrare i miei pesonaggi con alcuni dell'anime, ma per ora sono solo idee che non ho ancora tradotto su carta. Spero che questo non vi dia troppo fastidio. Buona lettura ( spero )




Urlò dal dolore, piegandosi in ginocchio. Le braccia strette attorno al costato. Il calcio era stato forte, probabilmente le aveva rotto due o tre costole. Il terreno era freddo sotto di lei, lo strato d'asfalto era stato quasi tutto svelto dalla furia della lotta. Il suo sguardo era puntato a terra, i capelli rossi le ricadevano sul volto. Intravide delle scarpe che a passi lenti si avvicinavano, i sassolini scricchiolavano sotto il loro peso. Quanto avrebbe resistito ancora? L'uomo si fermò a pochi centimetri da lei.

< Tutto qui? > disse con voce divertita, l'allarme di una macchina suonava lontano.

< Perchè non mi uccidi e basta? > un pugnale le si piantò nel petto quando cercò di riprendere fiato. Strinse i pugni e si costrinse a non gemere.

< E avrei fatto tutto questo solo per ucciderti così velocemente? > allargò le braccia indicando il paesaggio davanti a sé. Morte e dolore era ora la città. Alcuni sopravvissuti si stavano nascondendo dietro le macerie di un edificio, non potevano muoversi senza che l'uomo li vedesse, quindi stavano tutti accucciati tremando e aspettavano la fine di tutto. Fino a poco tempo prima erano estranei, ora si abbracciavano e piangevano insieme, condividendo lo stesso destino. L'unione nella tragedia.

Ariel tossì e macchioline di sangue macchiarono il suolo. Barcollò cercando di rimettersi in piedi, le gambe le tremarono incapaci di reggere il suo peso, la mano dell'uomo come una saetta le si avventò al collo. La alzò con facilità, sorridendo nel sentire i gemiti soffocati della ragazza. Strinse la mano più forte, sentendo la trachea che piano piano cedeva sotto la forza delle sue dita. Il volto della ragazza divenne paonazzo, boccheggiò in cerca d'aria. L'uomo aspettò qualche secondo prima di allentare la presa. Ariel inspirò avidamente l'aria, sentendo il dolore acuto delle costole rotte premere sui polmoni. Nonostante tutto aveva ancora forza, la sentiva dentro di lei, se avesse reagito in quel momento, se si fosse difesa, l'uomo davanti a lei sarebbe morto, ma no, non poteva farlo. Alzò lo sguardo verso uno dei pochi edifici ancora in piedi, un grosso schermo in bianco e nero era posto sulla cima, proiettava l'immagine di due persone, una era legata con spesse corde. Ogni volta che si muoveva sembrava che queste assorbissero parte della sua energia, il prigioniero sembrava esausto. Era per lui che non poteva reagire. L'altra figura era immobile, pronta ad intervenire nel caso che lei o il prigioniero facessero qualcosa di avventato.

< Guardati > il tono dell'uomo era disgustato < stai sacrificando la tua vita e la tua gente per una sola, misera persona. > Con l'altra mano le afferrò il volto, costringendola a guardarlo negli occhi. Si avvicinò, tanto che Ariel potè sentire il calore del suo fiato sulle guance. Ariel si guardò intorno, un piccola folla li stava guardando, i volti erano ricoperti di polvere, aspettavano un qualche miracolo forse, ma Ariel non poteva fare niente. Non rispose alla provocazione di Lmar, continuò a guardare in basso cercando con entrambe le mani di allentare la presa. L'uomo irritato la colpì una lunga serie di pugni sullo stomaco, Ariel non riuscì a trattenersi ed esplose in urla terrificanti. Con gli occhi socchiusi vide che molte delle persone avevano distolto lo sguardo, quasi fossero imbarazzati di non poter fare niente per lei. Passò un'infinità di tempo prima che la serie finì e Lmar con un accennò di fiatone sorrise soddisfatto al volto sofferente di Ariel.

< Nonostante tutto quel sangue sei bellissima > disse scostandogli una ciocca di capelli da davanti alla faccia. Il gesto sarebbe sembrato dolce fuori dal contesto. Fece scendere la mano non occupata lungo la parte del collo libera della ragazza, poi scese ancora, le dita scivolarono dolcemente lungo lo sterno e scesero infine verso la zona addominale. Gli occhi di Ariel si serrarono dalla paura, immaginando quello che sarebbe avvenuto dopo, iniziò a divincolarsi risvegliando la forza che aveva soffocato. Si liberò dalla presa dell'uomo e lo scaraventò a terra, gli mise un piede sullo stomaco in modo che l'uomo non potesse rialzarsi, solo allora realizzò quello che aveva fatto. Un urlò lacerante provenne dallo schermo sopra il grattacielo, Ariel alzò lentamente gli occhi verso la sorgente luminosa e lo vide. Marc ora era svenuto, dove prima c'era la mano ora un mozzicone sgocciolante, sembrava ancora vivo, però le pulsazioni erano deboli, il sangue usciva dalla arterie lacerate a ritmi sempre più lenti. Di fianco la figura sogghignava. Ariel cadde in ginocchio a terra, le mani battevano rabbiosamente sul suolo, creando profondi solchi. Il suo corpo fu scosso da singulti, cercò inutilmente di trattenere le lacrime. Lmar si alzò, anche lui ora barcollava, l'espressione inferocita di trasformò in un ghigno quando vide le lacrime di Ariel.

< Dev'essere stato doloroso > non specificò a chi si riferiva

< Uccidmi e falla finita >

< Pregami > . Si avvicinò arrivando di fronte a lei.

Ariel strinse i pugni, tagliandosi i palmi delle mani con le unghie.

< Ti prego, basta >

Una grossa risata di gioia pura uscì dalla bocca di Lmar

< Quasi non ci credo. Tu mi stai pregando di ucciderti. Avrei dovuto registrarlo, non molti ci crederanno, pensavano che il mio viaggio fosse solo una pazzia > Gli occhi azzurri di Lmar brillavano di eccitazione.

Ariel guardò per un' ultima volta lo schermo, il sangue aveva smesso zampillare, ora il corpo di Marc pendeva inerme ancora legato alle corde. Di fianco la guardia si guardava intorno agitata, probabilmente cercava un modo per comunicare con Lmar, solo che lui era troppo occupato per accorgersene. Marc era morto, lo aveva ucciso lei? La rabbia iniziò a montarle, il sangue a ribollire nelle vene, sentì come una scarica elettrica su tutto il corpo quando finalmente si rialzò. Lmar indietreggiò

< Cosa vuoi fare? > il tono arrogante era incrinato, un accennò di paura oscurò i suoi occhi, si girò a guardare lo schermo e impallidì all'istante.

< è... è morto > farfugliò

< Si sono ribaltate le parti adesso > ora era lei che sorrideva, un sorriso sinistro. Malvagio l'avrebbe descritto che non conosce Ariel.

La ragazza avanzava a pelo sul terreno, le scariche elettriche sul suo corpo producevano profondi solchi. Si fermò a pochi centimetri da lui, tutto il dolore era scomparso. C'era solo rabbia.

< S...se solo avessi fatto quello che volevo > quelle che luccicavano negli occhi di Lmar sembravano lacrime

< Tutto questo non sarebbe successo >

< Perchè volevi uccidermi? >

< Se te lo dicessi mi lasceresti vivere? >

< No >

< Immaginavo > abbassò gli occhi, come accecato da una luce proveniente dalle spalle di Ariel. Seguì un lungo istante di silenzio. Lmar sembrava stare combattendo qualche demone interno, si morse le labbra e scosse più volte la testa. Poi parlò

< Vengo da un pianeta chiamato Gorick > Ariel si accigliò, non aveva mai sentito parlarne < La mia famiglia aveva qualcosa che destò le attenzioni di molti personaggi importanti: una gemma capace di trattenere e conservare energia, grandi quantità di energia. Se gli scienziati avessero scoperto la sua struttura e se fossero riusciti a costruirne artificialmente delle altre, allora il mio pianete avrebbe colonizzato l'intero universo. Il problema era che la mia famiglia non voleva vendere l'oggetto, ci furono molte offerte, ma nessuna suscitò il loro interesse. Allora entrai in gioco io. Mi misi d'accordo col supremo del mio pianeta e insieme decidemmo di rubargliela, loro mi avrebbero dato i soldi promessi alla mia famiglia e io gli avrei condotti nel posto in cui la gemma era nascosta. Tutto filò liscio e in breve il supremo si trovò tra le mani l'oggetto più potente di tutto l'universo. Il problema eravamo noi, io e la mia famiglia eravamo un pericolo per il nostro pianeta, se solo avessimo detto in giro i poteri della gemma, avremmo potuto attirare orde di nemici da tutti gli angoli dell'universo, prima ancora che il supremo capisse come fare funzionare l'oggetto. Ci rinchiuse in una strettissima cella, i miei due fratellini più piccoli morirono in poche settimane per le terribili condizioni igieniche e mia madre li seguì poco dopo. Per burlarsi ulteriormente di noi mi spedirono sulla terra, dicendo che se fossi riuscito ad ucciderti allora ci avrebbero lasciato andare. Il resto della storia la conosci. >

Ariel si accigliò a quella storia e la sua determinazione vacillò per un istante solo. No, non meritava compassione, aveva tradito la sua famiglia per soldi e ucciso innocenti per divertimento. Non meritava più niente.

< Ti hanno spedito da tuo pianeta per uccidere me? > quella era la parte del racconto che più non quadrava, come facevano a conoscerla? Perchè la volevano morta?

< Sì >

< Perchè? >

< Perchè dovrei dirtelo, cosa ci guadagno? > Nel volto di Lmar ora c'era un accenno di sorriso, la trappola era stata tesa

< Niente, non ci guadagneresti niente. Facciamola finita > il volto di Ariel riassunse quella tinta crudele, poco prima di partire all'attacco, negli stessi istanti si potè vedere una smorfia di profonda delusione disegnarsi nel volto di Lmar.

Quello che accadde dopo si presentò come una serie di flash. Gli occhi degli spettatori non erano abituati a tali velocità e quello che videro furono solo strisce di colore scontrarsi e mischiarsi. Nessuno seppe dare un senso a quello che successe in quegli istanti, ma tutti videro il grosso lampo di luce che scaraventò il corpo di Lmar a terra. Ariel fluttuava, nel punto esatto da cui era partito il fascio, scese sul suolo lentamente. I cittadini, prima esitanti, si riversarono sulle strade sempre più numerosi. L'ultima memoria di Ariel di quel giorno fu uno scroscio di applausi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2- Incontri ***


La circondava il buio. Denso e pesante. Un lontano bip si sentiva echeggiare in lontananza, il suono era fioco come il verso di un animale morente. Non c'era motivo per aprire gli occhi, non ancora.

 

***

 

Il tocco di un oggetto freddo la destò dal torpore regalatole dalla morfina. Ariel si alzò a sedere di scatto e l'infermiere chino su di lei emise uno strillo di sorpresa, quando la paziente afferrò la mano con la quale la stava toccando.

< S..sono un infermiere > farfugliò con gli occhi sbarrati dalla paura. Ariel lo guardò con occhio indagatore, indossava una mascherina da chirurgo e una veste azzurro smorto, le mani erano fasciate da spessi guanti bianchi in lattice. Sembrava innocuo. Mortificata lasciò andare la mano dell'uomo.

< Sono venuto a cambiarti le fasciature > disse massaggiandosi il polso arrossato nel punto dove Ariel l'aveva afferrato. La ragazza lo guardò sbattendo le palpebre per numerosi secondi.

< Fasciature? > chiese come se non sapesse il significato della parola.

< Fasciature > confermò l'infermiere indicando la garza bianca sul braccio della paziente. Ariel abbassò gli occhi, guardando il punto indicato dall'infermiere con stupore crescente.

< Come me le sono.... > poi tutto riemerse, un lampo di luce accecante risvegliò i ricordi che la sua mente aveva cercato di nascondere. Iniziò a tremare violentemente, i denti sbattevano l'uno sull'altro producendo un rumore simile al ticchettio di un orologio, le braccia e le mani si muovevano come anguille minacciando seriamente di strappare i tubi di plastica attaccati all'avambraccio. L'infermiere la guardò preoccupato per qualche secondo prima che la sua formazione professionale avesse la meglio. Chiamò altri due colleghi e mentre questi cercavano con la forza di bloccare il tremito della paziente, l'altro provvide ad aumentarle la dose di morfina nel sangue. Questo fece subito effetto e Ariel si riaddormentò.

 

***

 

Ottobre incedette con passo svelto portando con sé una fresca brezza autunnale che cullava le foglie dorate posandole dolcemente sul terreno. Il sole era ancora luminoso in cielo e combatteva fieramente la densa nebbia mattutina che ammantava il paesaggio.

Fu in uno di quei giorni che Ariel decise di riaprire gli occhi. Aveva avuto modo di pensare a quello che era successo e anche se, la mente rallentata dalla morfina, aveva faticato a raggiungere grossi risultati, aveva accettato l'idea del suo fallimento. Era arrivata all'egoistica conclusione che poco importasse l'aver salvato parte della popolazione della cittadina, perchè aveva fallito il suo compito: salvare le persone che aveva giurato di proteggere. Aveva meditato a lungo sulla punizione e alla fine aveva concluso che avrebbe scontato la pena solo rimanendo in vita. La colpa l'avrebbe accompagnata ogni singolo giorno, come un marchio invisibile che la corrodeva.

Non era riuscita a salvare la sua famiglia da Lmar, ma avrebbe fatto il possibile perchè altri non subissero il loro stesso destino. La sua vita, il suo corpo nulla le apparteneva più, erano solo mezzi utili per ripagare il suo debito verso la sua famiglia,

L'infermiere entrò in quel momento e vedendola sveglia si gettò a prendere una siringa e riempirla di un liquido trasparente. Strizzò gli occhi, tenendoli fissi su di lei, pronto ad iniettare un'altra dose di morfina nel caso Ariel avesse un altro attacco. La ragazza lo guardò con un sorriso triste.

< Non mi succederà niente > lo tranquillizzò. L'infermiere la guardò con aria diffidente senza lasciare la sua postazione, poi annuì e di malavoglia posò la siringa.

< Fasciature? > chiese Ariel sollevando il braccio, in un tentativo di allentare l'atmosfera di tensione. L'infermiere aveva ancora i nervi a fior di pelle e una grossa arteria sul collo pompava freneticamente il sangue al cervello quando rispose: < No, veramente oggi era venuto semplicemente a controllare i tuoi valori > disse indicando un piccolo schermo che segnava i battiti cardiaci di Ariel < ma dato che sei sveglia ti porterò anche qualcosa da mangiare >

Ariel non aveva voglia di ingerire niente, ma si sentiva debole e il suo istinto di sopravvivenza le impose di mangiare qualcosa. Annuì e l'infermiere, compiaciuto, lasciò la stanza.

Ritorno pochi minuti dopo con un carrello e le porse un piatto fumante.

< Brodino? > chiese sconsolata Ariel arricciando il naso

< E' l'unica cosa che il tuo stomaco può reggere in questo momento > rispose in tono professionale l'infermiere.

< Da quanto tempo sono qui? > chiese mentre immergeva il cucchiaio nella brodaglia bollente, pezzettini di carne e verdura galleggiavano placidi e poco invitanti sulla superficie untuosa della minestra.

< Circa tre settimane, le tue ferite sono guarite molto velocemente >

< Tre settimane? Cosa è successo intanto? > mentre parlava si ficcò una cucchiaiata di minestra in bocca, il sapore era decisamente meglio di quanto si sarebbe aspettata e il suo stomaco si aprì accogliendo la densa brodaglia.

< La città è in via di ristrutturazione, hanno fatto grandi progressi. Mi dispiace per quello che ti è successo > lo sguardo dell'infermiere si rattristò < ho saputo che non è solo morto tuo fratello quel giorno >

Ariel guardò in basso torturandosi le mani, non aveva voglia di evocare quei demoni < Sì, grazie > rispose in tono sommesso. Notò una profonda compassione negli occhi dell'infermiere che la mise a disagio
 < Non sono in un ospedale, vero ? > chiese per cambiare discorso guardandosi intorno

< No, i giornalisti erano diventati un problema piuttosto serio. Abbiamo deciso di trasferirti qui a loro insaputa >. Ariel annuì pensierosa.

< La lascio da sola adesso > passerò dopo a riprendere la tazza.

 

I giorni passarono noiosi e Ariel si ritrovò a pensare più volte a scappare da quel posto. Non era nella sua forma migliore e il riposo forzato stava indebolendo notevolmente la muscolatura, questo sarebbe potuto diventare un grosso problema.

Il cielo era ricoperto da una spessa coltre di minacciose nubi scure, quando l'infermiere entrò a passi pesanti nella sala, il volto era arrossato probabilmente a causa di una accesa discussione.

< Hai degli ospiti > annunciò laconicamente. Ariel lo guardò stupita.

< Non ero in una specie di posto segreto? >

< A quanto pare non così segreto > sembrava sinceramente infastidito che qualcuno avesse trovato Ariel. Non poteva negare una visita dato che la paziente non era più in condizioni gravi, questo a meno che la stessa interessata non avesse espresso la volontà di non ricevere nessuno. Lui la fissò in attesa di una risposta

< Va bene, falli entrare >. L'infermiere sembrò deluso, ma fece un cenno d'assenso e uscì dalla stanza.

Ariel aveva appena iniziato a vagare con la mente immaginando chi potesse essere, quando due figure si affacciarono alla porta. La rara luce che entrava dalla finestra disegnava le forme di due corpi possenti che si allungavano verso il soffitto con capigliature che sembravano vincere la gravità terrestre. Uno dei due si avvicinò al letto mentre l'altro poggiò la schiena allo stipite della porta e a braccia incrociate iniziò a guardarla con una smorfia schifata che sarebbe durata per tutto il loro incontro.

< Ciao Ariel > l'uomo che le parlò era quello che si era avvicinato al suo letto. La voce era leggermente acuta e il tono rivelava un'allegria genuina e infantile. Ariel si ritrovò a rispondere al saluto con un ridicolo sorriso stampato in faccia.

< Io sono Goku... >

< Lo sapevo che sarebbe stata una perdita di tempo, guardala è patetica > interruppe l'uomo alla soglia. Goku girò la testa per guardarlo infastidito per qualche secondo, poi continuò < e quello là dietro è Vegeta, imparerai ad ignorarlo >.

< Cosa volete da me? > chiese Ariel incuriosita

< Capire una cosa > rispose Goku con un sorriso enigmatico.

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