Bussò

di AriaNR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sfuggevole ***
Capitolo 2: *** Stanza 219 ***
Capitolo 3: *** Non era così una volta ***



Capitolo 1
*** Sfuggevole ***


1.Sfuggevole

-Donar!-un urlo nella notte, sempre la stessa voce a richiamarlo nel buio.
Poi il dolore lancinante al braccio bionico, l’improvviso risveglio, il fiato corto, il sudore ad imperlare la fronte…
L’uomo sollevò l’arto meccanico per osservare la mano di metallo che lentamente si apriva e si richiudeva facendolo gemere per il dolore.
Non era un buon segno, non lo era affatto.
Si diresse alla doccia, ne aprì il getto e vi si buttò sotto, nonostante la bassissima temperatura dell’acqua.
Il solo pensiero che aveva in testa era lei.

 
Mykage l’aveva portata via da così tanto tempo che, no, non poteva credere che lei…
Gemette sconsolato, tirando un pugno contro la parete di metallo.
Era morta. Per una sua distrazione. Il suo amore l’aveva uccisa.  A quel tempo non era ancora proibito l’amore, ma mai e poi mai Donar avrebbe pensato che potesse accadere una cosa del genere. Era sconsiderato, impulsivo, superbo, ma soprattutto era follemente innamorato di lei.
 
Lei era bella, la più bella di tutte. Forse non agli occhi del mondo, ma per quelli di Donar non esisteva nessun’altra. Ricordava ancora come i capelli a caschetto gli solleticavano il collo quando la stringeva e come le sue dita accarezzavano delicatamente il suo petto, nella notte.
 
I suoi occhi erano meravigliosi, vispi, attenti e luminosi, ma soprattutto ricolmi di dolcezza, dedicata solo a Donar.
Era raro, però, incrociarli durante la giornata.
Donar faceva parte della prima squadra e già compiva numerose azioni per proteggere il proprio mondo. Si allenava duramente per giornate intere e l’unico momento in cui riusciva a vederli era quando lei percorreva il corridoio che dava sul campo.
La vedeva fermarsi ad una finestra e lanciargli sorrisi e accenni di saluti.
-Dantes!-Urlava una voce da metà campo. –Se non muovi quel culo ti prometto 100 giri del campetto prima di pranzo. Sei più pigro di un’element in gonnella!- Sbraitava come ogni giorno.
-Arrivo capitano- Il tempo di voltarsi per dirlo al capitano e quando tornava a fissare la finestra lei non c’era più.
Sfuggevole, scappava ogni volta, o meglio scompariva nella sede, in chissà quale stanza.






Note dell'Autore:  Vorrei sottolineare che il personaggio di Donar Dantes è dovuto riferito a come era prima della scomparsa di Nao. Mi è piaciuto immaginarlo così, con un sorriso da ebete che mai e poi mai potrebbe avere ora. Non è un vero e proprio OOC, è un’analisi di come potrebbe essere stato in passato e come quell’evento lo abbia segnato. Ho voluto rappresentare la sofferenza di colui che nella lotta ha perso davvero la persona a cui più teneva, senza avere più speranze di rincontrarla, neanche dopo 12mila anni.
Long fic composta di tre capitoli.

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Capitolo 2
*** Stanza 219 ***


2.Stanza 219

Era sera. Donar si era allenato duramente e non vedeva l’ora di farsi una bella doccia.
Aveva acceso l’acqua e si era messo sotto non appena il getto divenne caldo.
Miracolosamente non era ancora arrivato nessuno e quindi si sarebbe potuto godere un po’ di pace.
-Ehi Ehi! Donar!-esclamo Shinji passando un braccio attorno al collo di Donar quasi a strozzarlo.
-Stanza 219-disse sorridendo -Ti dice qualcosa?- rise sonoramente.
-No, una delle tue nuove conquiste?-Rispose Donar liberandosi della presa per poi ridere a propria volta. Gli porse la mano e insieme compirono uno strano rito che prevedeva una stretta, uno scontro tra pugni e un’esplosione finale.
Davvero imbarazzante, ripensandoci.
-Hai presente la meravigliosa Madge?-Domandò retoricamente, sapendo bene che l’amico non aveva mai presente la donna di cui parlava.
-Bene, mi è costata una notte di fuoco e lotta greco-romana, ma sono riuscito a farla “sbottonare” e farmi dire il numero della camera della tua dolcissima ragazza-Gli diede una sonora pacca sulla spalla nuda e iniziò a insaponarsi.
-Non ringrazi il tuo miglior amico?-rise divertito -Mi sono dovuto spremere per bene per ottenere un’informazione tanto importante dalla silenziosissima Madge-
Donar rimase imbambolato alcuni secondi, sconvolto, con un sorriso che aveva sempre quando pensava a lei: da ebete.
Improvvisamente si risvegliò, si sciacquò il sapone di dosso velocemente e chiuse l’acqua.
-Bhe, Shinji, grazie mille, ma ora devo proprio andare-Sorrise, indossò un paio di slip e i pantaloni del cambio.
- Donar, Donar! Muoviti, vai a divertirti e guai a te se torni al nostro dormitorio stanotte!-.
L’altro, che intanto era corso via, chiuse l’armadietto con una manata e si strinse in una mano la maglietta. Inutile dire che non aveva sentito tutte le parole dell’amico perché già stava correndo in una direzione univoca.

 
-Donar?!-Una voce femminile e severa lo richiamò dal sonno.
-Ehi Donar, non puoi dormire nella sala comune!- Aggiunse sempre la stessa voce indignata, mente l’uomo iniziava a riaprire gli occhi e a sollevarsi dal tavolino su cui era stravaccato.
-Sei di pessimo esempio per i ragazzi- Donar si sentì scuotere e finendo di sollevarsi puntò lo sguardo su la proprietaria della voce. Sbatté gli occhi per vincere la vista appannata e Suomi apparve davanti ai suoi occhi con uno sguardo severamente preoccupato, se era possibile.
Si guardò intorno e colse alcuni sguardi di tralice colpirlo, ma l’uomo si limitò a fulminare ognuno di essi con una sua occhiata. Tutti tornarono ai loro affari.
-Non hai dormito nemmeno stanotte-Commentò preoccupata la donna la quale, da quando aveva scoperto la vera storia di Donar, era diventata fastidiosamente attenta ad ogni sua mossa.
-No, neanche stanotte-Rispose seccamente per poi alzarsi, ricomporsi in fretta e allontanarsi dalla donna.
Uscì dalla sala senza molte cerimonie e dopo qualche minuto si ritrovò a riconoscere il corridoio che portava alla stanza dove lei lo aspettava, la 219.

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Capitolo 3
*** Non era così una volta ***


3.Non era così, una volta.

Quella sera aveva corso come un forsennato per attraversare l’intera base e arrivare dalle docce alla camera della ragazza. Shinji si era dimenticato di dirgli il suo nome, ma poco importava ora che si trovava davanti alla porta 219, piegato, con il fiatone per lo sforzo appena compiuto.
Bussò una volta, trattenendo a fatica l’impazienza e il desiderio di ripetere il gesto più volte freneticamente.
Attese e poi bussò di nuovo. In quello stesso momento la porta si aprì e dietro di essa vide apparire la figura minuta della ragazza.
Le sue gote erano di un rosso acceso e i suoi occhi violaerano fissati in quelli di Donar, come se uno strano magnetismo impedisse ad entrambi di distogliere lo sguardo dall’altro.
L’uomo avrebbe voluto dire qualcosa per rompere il ghiaccio, ma senza accorgersene era rimasto imbambolato a guardarla, con il suo solito sorriso da ebete.
Sentiva le mani pizzicargli per il desiderio di prenderla, tirarla a sé e stringerla tra le braccia.
La ragazza accennò un sorriso e abbassando lo sguardo si scostò dalla porta per invitare Donar ad entrare.
Non importava parlare più di tanto. L’uomo entrò nella camera e dopo qualche passo sentì la porta chiudersi, poi un paio di passi leggeri. Le due piccole mani si fecero strada sul suo petto per poi cingerlo, timorosamente, in un abbraccio imbarazzato.
-Nao-Disse una voce cristallina che risuonò nella testa di Donar come tanti campanellini -Puoi chiamarmi Nao…-
Donar si era dimenticato di mettersi la maglia e ora la fronte e il naso della ragazza appoggiavano direttamente sulla sua pelle, come le sue piccole mani. Poteva sentire il corpo surriscaldarsi grazie a quei soli tocchi delicati.
-Donar-Rispose una volta riuscito a riordinare le idee. Indeciso portò le mani su quelle della ragazza e le strinse delicatamente.
Poco dopo allentò la presa per alcuni attimi, si voltò e poi si piegò sul volto di lei per baciarne le labbra.
Sapevano di ciliegie.
L’aveva sognata talmente tante notti che poterla toccare veramente era decisamente troppo per l’autocontrollo del ragazzo.
Quando poi la sentì ricambiare scese istintivamente con le mani lungo i suoi fianchi fino ad afferrarla delicatamente per le cosce e sollevarla.
La porta era chiuse e le tende tirate.
Sentì la ragazza aggrapparsi a lui con le gambe, mentre le piccole mani cercavano timorosamente le sue spalle e la sua nuca.
Senza attendere oltre la portò al letto, facendola distendere sotto il suo corpo e pensando di compiere il desiderio di entrambi iniziò lentamente a sollevargli il vestito toccando delicatamente la pelle. Prima la coscia poi la pancia.
Gli occhi vispi della ragazza si spalancarono e le loro labbra si divisero. Liberò la presa con le gambe mente con una mano scivolava lungo il braccio dell’uomo per bloccarne la marcia.
-Non ancora-La sentì sospirare contro le sue labbra e riprendere a baciare le stesse con tocchi più casti e trattenuti.
I suoi occhi erano enormi ed incantatori. Donar ci cascò in pieno. 
Si lasciò cadere accanto al corpo minuto della ragazza. Passò un braccio sotto il collo di lei e con l’altro, sulla sua schiena, la tirò a sé.
Sentiva il suo respiro regolare contro la pelle nuda del petto. Il cuore di Donar sembrò riprendere il ritmo naturale, tranquillizzandosi lentamente. Intanto il suo corpo, stanco per i duri allenamenti, si allacciò a quello della ragazza per tenerla il più vicino possibile. Bastarono pochi attimi, qualche parola sussurrata da lei e si assopì.
La mattina seguente si sarebbe svegliato con ancora Nao tra le braccia, anche quella successiva e tutte quelle a seguire.
 
Alcune settimane perché Donar ritornasse al suo letto, alcuni mesi perché riuscisse a dormire di nuovo, ma il tempo passato non era mai abbastanza per smettere di sognarla.

 
Era un rito che non compiva più così spesso come una volta.
Donar percorse il corridoio, una volta avrebbe corso, ma quel giorno il suo passo era calmo e misurato.
Si fermò alla 219.
Bussò due volte come aveva sempre fatto.
Nao arrivava sempre ad aprirgli con le gote rosse e gli occhi colmi di dolcezza.
Bussò altre due volte mentre sentiva gli occhi bruciargli e gli arti appesantirsi. Non era così una volta.
Bussò, ma il silenzio riecheggiava oltre quella porta. Non era così una volta.
Bussò, ma non riuscì a fermare le lacrime ora che si trovava accovacciato a terra davanti a quella porta.
No, non era così una volta.

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