I loved you, I love you, I will always love you.

di _vdechelon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Sveglia alle 5.30
Questa mattina ci siamo anticipati per l’arrivo della nuova divisione in arrivo dagli Stati Uniti. Arriveranno verso le 10 e per quell’ora dev’essere tutto in ordine. Ho sistemato la sezione destra dei dormitori, e per un po’ di tempo avanzato, ho aiutato Leo a pulire i bagni.
Finalmente posso fare quello per cui sono portata di più: cucinare. Sono l’assistente cuoco delle piccola cucina di quest’accampamento. Sono l’assistente di nientepopodimeno che Joe Sorrentino, chef ovviamente di origini italiane.
“Sarah, qui ci vuole un po’ di sale!” Adoro il suo accento, è troppo divertente.
“Certo chef!” Cucinare è la mia passione, ma soprattutto amo farlo ridendo e con Joe , tutto è più divertente. Questa è la parte più bella di questa missione, l’unità, la fratellanza. Sono contro le guerre, di ogni tipo. Mi ritrovo qui per una mia scelta, per dare una mano alla mia nazione, ma non per vincere, ma per sopravvivere.
“Gente, è arrivata la nuova divisione, su, venite fuori!” Sofia ci avvisa dell’arrivo dei soldati, tolgo il mio grembiule, un bel sospiro e mi preparo a questa nuova ‘avventura’.
“Come va?” Sofia è un punto di riferimento per me. Una seconda mamma, una zia, una sorella. Una donna che non ha mai paura di niente, non dice mai qualcosa che non pensa, in poche parole, una donna con le palle.
“Bene!” Le sorrido, e sotto il Sole del deserto asiatico, ci schieriamo tutti in riga, mentre il pullman scarica i soldati. Di solito sono tutti uguali: circa 1 metro e 80, rasati, muscolosi, robusti.
Questi sembrano diversi, vedo qualcuno senza un filo di muscolo, chi porta gli occhiali per la vista, chi non arriva al metro e 60.
“Sicuri che sono soldati?” Sussurro e Sofia mi zittisce per poi ridere.
Si avvicina a noi il capitano della divisione, alto un metro e 80, di colore e molto muscoloso.
“Salve, noi siamo della divisione S490, il vostro responsabile?”
Sofia si raddrizza e tende la mano al capitano. “Una donna?” L’espressione accigliata del capitano ha un tono ironico, e sono sicura che Sofia non si terrà la provocazione. “Problemi capitano… James?”
L’espressione del sig. James cambia notevolmente e Sofia non riceve risposta. Il capitano James si allontana da noi e riporta sull’attenti i suoi soldati. Scruto attentamente gli uomini schierati davanti ai miei occhi, quando questi vengono catturati da due gemme verdi. Giovane, carnagione abbastanza chiara, un metro e 70, abbastanza muscoloso. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso quando i suoi incontrano d’improvviso i miei e per imbarazzo abbasso lo sguardo. Sono 8 mesi che sono qui e non mi era mai capitato d’interessarmi in quel senso ad un militare, forse perché non è permesso, forse perché nessuno aveva catturato la mia attenzione.
Non ho ascoltato un parola di quello che ha detto James, ma sono sicura che ha appena liberato dall’attenti i suoi soldati. Rialzo lo sguardo e i suoi occhi sono ancora su di me. Quando i nostri sguardi si rincontrano, sul suo viso compare un sorriso. Mi sento strattonare, ma tutto quello che riesco a sentire è il battito del mio cuore che è impazzito da quando ho posato l’attenzione sul quel ragazzo.
“Sarah!!” Alcune volte Sofia mi spaventa. 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Dopo il pranzo dei soldati, come da routine, faccio il bucato insieme a Sofia. Riempiamo un secchio grande d’acqua, e anche per rilassarci, ci mettiamo fuori. I soldati sono andati a controllare la zona e l’accampamento è silenzioso. Oggi fa più caldo del solito, infatti non ho messo la parte superiore della divisa, lasciando solo la mia canotta.
“Sai che la divisa non serve solo perché va messa giusto?”
“Che intendi?” Rido, mentre strofino nell’acqua il mio lenzuolo mentre Sofia strofina il suo grembiule.
“Intendo che serve anche per proteggerti…”
“Io non ho paura!”
“Lo so” Alzo lo sguardo su Sofia che mi guarda apprensiva e le sorrido, poi il chiasso dei soldati di ritorno ci fa sbuffare.
Guardo verso i ragazzi, forse per trovare lui.
“Signorina Sarah?” Il capitano James mi ha chiamato, e prima di recarmi da lui, guardo accigliata Sofia che scrolla le spalle.
Asciugo le mani sul mio pantalone e mi avvicino a James.
“Si, signore?” Mi porge delle lettere legate da un elastico tra loro, credo sia la posta.
“Queste sono per il personale.”
“Grazie, signore” Faccio un cenno con la testa e mi allontano, ritornando da Sofia.
“Posta!!” Sventolo le buste bianche e sul viso di Sofia compare un bel sorriso. È sempre così quando arriva la posta dei suoi figli. Si, Sofia ha due figli, di 10 e 15 anni.
Le porgo tutte le lettere, sarà lei a darle agli altri, mentre finisco di strizzare il lenzuolo che stavo lavando.
Torno nel mio dormitorio, prima di tornare in cucina, prendo l’altra roba da lavare che però porterò in lavanderia.
Mentre esco dalla stanza, inciampo e faccio cadere tutti i miei stracci. Alzo lo sguardo e mi blocco. Si sta avvicinando il ragazzo dagli occhi verdi.
“Tutto bene?” La sua voce è sensuale e delicata, il suo sorriso dolce e i suoi occhi accattivanti.
“Si..” riesco a emettere un suono senza balbettare ma ho il cuore che batte troppo velocemente.
Riprendo il controllo della mia mente e mi abbasso per prendere la mia roba dal pavimento, lui fa lo stesso e mi aiuta a rassettare i vestiti.
“Devi portarli in lavanderia?” Anche gentile. O forse ci sta provando, non che mi dispiaccia. Annuisco e camminiamo insieme verso la lavanderia.
“Io sono Jake!” mi tende la mano e lentamente la stringo alla mia. Quando ho il contatto con la sua pelle, un brivido percorre tutta la schiena. “Sarah!” Ci sorridiamo mentre le nostre mani sono ancora unite. Per l’imbarazzo ritiro la mia mano e abbasso lo sguardo. Rischio di diventare rossa come un peperone.
“Strano, mi hanno sempre raccontato che chi va in guerra soffre…”
Alzo lo sguardo e sul suo viso c’è un sorriso strano. Alzo un sopracciglio e si avvicina a me.
“Sai, non tutti hanno la fortuna di avere nell’equipaggio una bella ragazza…” Con la mano mi sfiora la guancia e solo adesso capisco la natura di quel sorriso perverso. Mi allontano e lo guardo in malo modo.
“Signor Grey, ritorni dai suoi compagni!” Il signor James riporta la serietà nell’espressione di Jake, e senza degnarmi più di quel suo sorriso, si allontana dalla stanza.
“Signorina Sarah, ci sono delle regole qui!” Adesso ci manca solo la predica del capitano.
“Lo so, signor James, forse sono i suoi ragazzi che non hanno ancora focalizzato le regole!” Rispondo sembrando ironica, incrociando le braccia.
“I miei ragazzi sono stati addestrati nel migliore dei modi, signorina. Forse se non venissero provocati…” Gli occhi del capitano cadono sulla mia canotta, o per meglio dire, sul mio seno e in questo momento mi sento particolarmente offesa.
“Bene, allora cerca di addestrare anche i loro ormoni, signor James, ora se non vi dispiace, vado a lavorare!”
Molto velocemente lascio la stanza, andando verso la cucina. 

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Capitolo 3
*** 3. ***


Non pensavo di poter cedere alla bellezza superficiale di una persona. Mi sono fatta ingannare da quegli occhioni verdi, dal sorriso perfetto, che in realtà nascondevano solo uno come gli altri. Sapevo che i soldati, stando tanto tempo lontano da mogli e fidanzate, avessero dei bisogni, ma non credevo fossero così disperati. Per chi mi abbia preso quello lì, non ne ho idea. Meglio non pensarci, va.
Mi intrufolo in cucina e rubo una birra dal frigo, esco fuori e mi siedo a sedere appoggiata ad un muro, in modo che nessuno spero mi possa vedere. È sera e il cielo è completamente invaso da stelle. Chiudo gli occhi tra una bevuta e l’altra e appoggio la testa al muro. Sento un tessuto caldo sfiorarmi il braccio, apro gli occhi e mi ritrovo ‘occhi verdi ’ seduto accanto a me. Non dico niente, anche perché mi sento a disagio. Non so spiegarlo. Mi ha trattato come una poco di buono e comunque la sua presenza fa effetto su di me. Ignoro questo pensiero e ignoro anche lui.
“Non pensavo fosse permesso bere alcolici..” Rido ironicamente e scuoto la testa.
“Perché adesso sei interessato alle regole?”
“Touchè” ride anche lui e appoggia la testa al muro. La sua risata è meravigliosa. Un suono sublime direi.
“Sai perché esistono le stelle?”
“Perché?” Discorso filosofico in arrivo.
“Non ne ho la minima idea, volevo solo fare un discorso poetico!” Lo guardo alzando il sopracciglio poi si gira anche lui verso me e scoppiò a ridere e lui mi segue dietro. Quando smetto di ridere, Jake mi osserva e dentro di me scatta di nuovo l’ansia che avevo prima.
“Cosa c’è?” D’improvviso mi ritrovo le sue labbra sulle mie, per un istante cedo, poi lo respingo.
“Devo andare..” mi alzo velocemente e vado via. Sono scappata. Non è nel mio stile. Mi ha baciato. Cosa c’è di così strano? Oddio sono confusissima. Quel ragazzo mi fa rincitrullire completamente.
Ritorno velocemente al mio letto e Sofia sta leggendo il suo solito libro.
“Tutto bene?” Non so cosa risponderle sinceramente, forse perché non sono sicura della risposta. ‘Va tutto bene Sarah?’
Tolgo le scarpe e senza mettere il pigiama mi metto sotto le coperte.
“Si, tutto bene.” Non è vero. Chiudo gli occhi e lascio i problemi per dare spazio ai miei sogni.
La terra trema e dei forti rumori rimbombano nelle mie orecchie. Mi alzo velocemente e Sofia si avvicina a me. Ci stringiamo e chiudiamo gli occhi dopo un altro forte rumore. La terra si calma e i rumori cessano. L’attacco è finito. Non capita spesso di essere attaccati. In otto mesi che sono qui, ci sono stati tre o quattro attacchi. Non riesci mai ad abituarti, è sempre difficile accettarlo. Metto le scarpe velocemente e infilo la mia giacca. Fuori c’è polvere e fumo, sono tutti fuori, stanno controllando che non ci siano feriti. Fortunatamente stanno tutti bene.
Sofia e il capitano James stanno discutendo di quello che è accaduto e lui sembra abbastanza agitato.
Inizio ad agitarmi anche io e inizio a guardare tra i ragazzi in cerca di Jake. Sta parlando con un suo compagno e vederlo sano e salvo mi da sollievo. Poi si gira e ci guardiamo. Dentro di me cerco di non farmi prendere dalle emozioni, quindi per evitare il peggio, decido di ritornare a dormire. Se riesco. 

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Capitolo 4
*** 4. ***


Jake mi sistema una ciocca dei miei capelli bruni dietro l’orecchio e mi da un lieve bacio sulla fronte.
“Sei bellissima” mi sussurra mentre poggia le sue labbra sul mio naso “Sei mia” continua quando le sue labbra arrivano sulle mie, trasformandosi in un bacio caldo e passionale. Sento la sua mano scendere giù lungo il mio fianco destro per poi staccarsi e intrecciare le sue dita tra le mie. Con un movimento entra dentro di me, porto la testa indietro e sento Jake ansimare.
Mi risveglio di colpo, controllo se c’è qualcuno accanto a me  e mi rendo conto di aver solo sognato. Porto le mani tra i capelli e chiudo gli occhi. D’improvviso scatto, mi preparo velocemente e corro subito in cucina. Sono le 7 e non ho sentito la sveglia. A quest’ora i ragazzi già stanno facendo colazione. Entro nella mensa e infatti erano tutti impegnati a chiacchierare e bere caffè. Da lontano vedo Sofia, e dallo sguardo capisco che è arrabbiata. Mentre mi avvicino faccio il mio solito sorriso riparatore, poi con la coda dell’occhio scruto Jake che mi guarda con aria seria mentre i suoi compagni mi guardano e se la ridono fra di loro. Ignoro Jake e i suoi amici e con le mani congiunte mi avvicino a Sofia.
“Mi dispiace, non ho sentito la sveglia!” Sofia scuote la testa, poi mi sorride.
“La prossima volta vieni punita!” Faccio un sospiro di sollievo sorridendo a Sofia, quando si avvicina a noi il capitano James.
“Ben svegliata signorina Sarah!” Con tono ironico mi manda una frecciatina.
“Signor James, non capiterà più!” Abbasso la testa a mo’ di scuse.
“Ci credo, quando avrai finito di pulire i bagni questo pomeriggio, sarà anche lei convinta della sua affermazione!” Sofia manda un’occhiataccia contrariata al sig. James ma lui la ignora totalmente.
Non replico per non peggiorare la situazione e annuisco.
James chiama i suoi ragazzi e tutti vanno al loro addestramento mattutino.
“Stronzo!”

“Che schifo!” I bagni dei ragazzi puzzano in un modo assurdo, è vero che i maschi sono poco igienici o almeno, non rispettano quello che hanno. Sto almeno da venti minuti in questo posto e fortunatamente per me ho quasi finito, devo solo pulire i lavandini, un tempo bianchi, ora hanno un colore sul grigio o giallo. Sento dei passi e mi ritrovo sul ciglio della porta, un ragazzo con una canotta e il pantalone della divisa. È Jake. Sul quel bel faccino c’è il suo sorriso fastidioso.
“Lavori forzati, eh?” Faccio una smorfia e non rispondo. Continuo a pulire, ignorando la sua presenza, quando d’improvviso me lo ritrovo a pochi centimetri da me. Mi giro verso di lui e cerco di allontanarmi, ma il lavandino m’impedisce di allungare le distanze.
“Cosa vuoi, Jake?” Con tono esasperato cerco di distogliere le mie attenzioni da quei suoi occhi verdi. Poi il mio sguardo scene e passa alle sue spalle. Ovviamente si tiene in forma, e con ottimi risultati. Sopprimo il mio istino da ragazza predatrice, e ritorno al mio sguardo serio e infastidito.
“Vuoi davvero sapere cosa voglio?” Si avvicina lentamente a me, scandendo quelle parole con una voce calda e sensuale. I suoi occhi mi sciolgono, scrutando per bene i miei occhi castani. Abbasso lo sguardo per l’imbarazzo e lui si avvicina ancora di più a me. Tra di noi non c’è più ossigeno, solo attrazione. Il mio respiro si affatica sempre di più e nella mia testa passano i pensieri più strani e perversi.
Non posso, non posso cedere così, ma l’attrazione è troppa. Alzo la testa di scatto e poso con violenza le mie labbra sulle sue, quando in gioco entrano le nostre lingue, diventando così un bacio intenso e passionale. Mi spinge di più contro il lavandino, quando mi prende per i fianchi e mi ci fa sedere sopra. Le mie mani scendono su e giù, accarezzando i suoi capelli, la sua schiena. Le nostre labbra si separano e le sue raggiungono il mio collo. Lo guardo mentre sfoga sua la sua passione su di me, gli prendo il viso per le mani, in modo da guardarci negli occhi. Abbiamo entrambi il respiro corto, e d’improvviso ho un momento di sconforto e paura. Abbasso lo sguardo, continuando a massaggiare con le dita il suo volto ben scolpito.
“Questo è quello che voglio io, e tu? Cosa vuoi Sarah?” Alzo lo sguardo e la sua espressione è seriamente dolce, mi porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e questo mi riporta al mio sogno.
Cosa voglio? Sono così confusa. Lo desidero così tanto e nello stesso tempo vorrei respingerlo con tutte le mie forze. Sto per dire qualcosa quando sento dei passi. Ci ricomponiamo velocemente,  e ci allontaniamo uno dall’altro. Sofia si ferma appena vede me e Jake. È imbarazzata e rimane tesa a guardarci. Per un attimo mi perdo poi sorrido. “Ciao, ti serve qualcosa?” Ha l’aria confusa, quasi ha dimenticato perché è venuta.
“Io… ti vuole Joe..” Menomale, scatto subito, guardando per qualche secondo Jake e poi con lo sguardo basso lascio quella stanza maledetta. Appena esco, una sensazione di sollievo mi travolge tutta.

Note dell'autrice:
Saaaalve :) Spero che la storia vi piaccia e qualche recensione in più, positiva o negativa che sia, non mi dispiacerebbe. 

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Capitolo 5
*** 5. ***


“Ma cosa ti prende?”
“Oddio Sofia, mi hai spaventata!” Sofia mi ha fatto prendere un colpo, Joe mi aveva chiesto di preparare delle cose per la cena ed ero solo in cucina, immersa nei miei pensieri.
“Se fosse entrato James in quel bagno?” È arrabbiata, si vede, ma anche preoccupata.
“Non stavamo facendo niente!” Cerco di convincermi di questo, ma è impossibile riuscirci, perché quello che è successo non è niente. Sofia mi guarda con un sopracciglio alzato, sa che sto mentendo. Io abbasso lo sguardo, espirando profondamente, si avvicina a me e prende il mio viso tra le mani.
“Sei come una figlia per me, lo sai questo?” Le sorrido e annuisco e poso la mia mano sulla sua.
“Qualunque cosa stia succedendo tra te e quel ragazzo…” So che mi dirà di smettere, le regole. Sofia segue sempre le regole. La signora delle regole. “Non sopprimere i tuoi sentimenti, devi scoprirli, vai avanti!” Cosa? Sofia è impazzita. “Ma, non si può..”
“No, niente ma.” Sofia mi zittisce e mi sorride dolcemente. “Sei giovane Sarah, non puoi vivere la tua vita in questa cucina, in questo posto.” Io amo questo posto, ho incontrato persone fantastiche e poi mi piace aiutare il Paese. Sofia fa scivolare le sua mani dietro la mia schiena e mi abbraccia, e io ricambio, molto forte. “Ti voglio bene Sofia, grazie!” Stringo gli occhi e cerco di trasmettere con quell’abbraccio tutta la sincerità di quelle parole. “Anche io!” Mi da una pacca sulla schiena e si stacca da me. “Ora torna a lavoro, non vorrai far arrabbiare Joe!” Ridiamo entrambe, Sofia lascia la stanza e io ritorno ai miei compiti.
La terra trema, il rumore delle stoviglie, spari, bombe. Un altro attacco. Mi abbasso, mantenendomi al bancone, chiudo fortemente gli occhi e aspetto. Dopo qualche minuto, ritorna il silenzio. Mi alzo lentamente, mi gira la testa, poi sento le urla del capitano James. Corro immediatamente fuori, c’è fumo ovunque, copro la bocca con la mano, tossendo poi mi avvicino a Leo.
“Tutto bene?”
“Si, sto bene!” Il fumo man mano svanisce. “Dov’è Sofia?” Mi guardo intorno, poi a pochi metri da me vedo qualcosa disteso sul terreno, mi avvicino per vedere meglio. Grido per chiamare soccorso e mi getto su quel corpo. Lo giro e quando vedo il quel viso bruciato, mi si ferma la circolazione. Si avvicina Leo e mette due dita sotto al collo della donna. Lo guardo con le lacrime agli occhi e lui abbasso lo sguardo sconfitto.
“No, no..” scuoto il corpo senza vita, ormai le lacrime mi rigano il viso. Arriva il capitano James e ripete il gesto di Leo. Si avvicinano anche gli altri intorno a noi. “Fate qualcosa, vi prego!” Continuo a piangere e a lamentarmi, ma tutto quello che vedo è resa. 
“Portatela via!”
Mi sento tirare per le braccia, ma io faccio resistenza, poi perdo le forze e vengo trascinata via.
Jake mi mette il braccio intorno la spalla e stringe forte, appena entriamo nella mensa mi stacco e mi allontano per potermi riprendere. Mi metto le mani nei capelli e mi asciugo le lacrime.
“Mi dispiace…” La voce di Jake è bassa, quasi ha paura. Ricomincio a piangere e con un gesto Jake mi avvolge tra le sue braccia e stringe forte. Mi accarezza i capelli con una mano e cerca di calmarmi.
Lei doveva rimanere con me, qui. Era il mio pilastro, il mio mentore. E ora non c’è. È morta. Sofia è morta. Mi si è spezzato tutto.

“Un minuto di raccoglimento per la perdita di una delle migliori reclute del nostro corpo d’armi.” La mensa è immersa in silenzio tombale, con il capo abbassato e le mani giunte.
Un minuto da spendere per ringraziare Sofia. Non basta un minuto. Gli devo tutto.
Un lacrime scende giù sul mio viso ma subito la asciugo con il dorso della mano. Non voglio piangere. Non più.
Quando il raccoglimento finisce, il silenzio viene spezzato e tutti ritornano a fare colazione. Leo mi mette una mano sulla spalla e mi da un bacio sulla tempia. Si allontana e si avvicina il sig. James.
“Signorina Sarah, so che eravate molto legate, mi dispiace, ma la prossima volta trattenga le sue emozioni!”
Non rispondo a quella affermazione barbara e scuoto la testa allibita. Giro i tacchi e vado via. Esco fuori, dove ci sono ancora i segni dell’attacco. Scivolo giù lungo il muro e mi siedo, appoggiando la testa indietro.
Vedo che stanno caricando una cassa di legno sul furgone, chiudo gli occhi e un senso di angoscia mi travolge. Cosa faranno i figli senza la loro mamma, suo marito senza l’amore della sua vita, cosa farò io?
Guardo il cielo azzurro con qualche spruzzatina di bianco e prego.
“Mancherai a tutti lo sai?”

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Capitolo 6
*** 6. ***


Erano passate due settimane da quel tragico incidente. Si, incidente. Forse è meglio pensarlo come un incidente, e non un omicidio. Siamo qui per portare sicurezza, non fare la guerra. Ma questi talebani non ne vogliono proprio sapere. Tutto quello che conta è uccidere, uccidere, uccidere.
Ora i soldati sono nelle loro stanze, a riposo, ogni tanto sento delle risate, abbastanza rumorose, e anche qualche battutina volgare. Si sa, sono uomini. Ora sono l’unica donna rimasta, dovevano inviare un’altra recluta, al posto di Sofia, ma hanno mandato un uomo, di sicuro richiesto dal signor James, forse non sopporta le donne, o le donne non sopportano loro. Opto per la seconda.
D’improvviso sento della musica che viene da fuori, dalla qualità deduco sia di una radio. Esco e vedo Leo esaltato che mi chiama agitando la mano.
“Ci sono riuscito, porca puttana!”
“Davvero?” Ah, adesso ricordo. Leo ha sempre provato ad aggiustare una radio vecchia che trovammo nei rifiuti, ma sembrava ormai andata, invece.
Dalla scatolina usciva musica anni ’30, quella che veniva ballata nei locali di lusso dove si fumava e beveva.
Leo inizia a canticchiare e a fare delle mosse strane che mi fanno ridere. È buffo. In queste ultime settimane abbiamo legato molto, forse perché avevo bisogno di supporto, e anche di una distrazione. Un ragazzo con i capelli nero corvino corti, la pelle olivastra e gli occhi azzurri come il mare. Da sposare, diceva Sofia, ma non ho mai avuto quel tipo d’interesse. In realtà, non ci avevo mai pensato. Non ero venuta qui per rimorchiare. Poi è arrivato Jake, e mi ha completamente travolta. È una settimana che non ci parliamo, l’ultima volta l’ho mandato a fare in culo, per il suo atteggiamento rude e antipatico. Non so perché si comporta così, prima ci prova, poi mi corteggia, poi mi consola, poi ritorna ad essere uno stronzo. Dopo quel giorno maledetto mi è stato abbastanza vicino, ogni tanto parlavamo, di Sofia, e lui era lì e mi ascoltava, senza commentare, senza giudicare. Poi ha rovinato tutto.
Un senso di malinconia rovina il momento di spensieratezza con Leo, e ritorno nella mia stanza. Mi stendo sul mio letto e guardo il soffitto. Così passo le mie notti, a guardare il soffitto. Ho paura. Ho paura di poter perdere qualcun altro. Joe, Leo… Jake. No, non ci devo pensare.
Il capitano James chiama in schiera i suoi soldati. Strano. Non c’erano in programma addestramenti o prove varie oggi. Esco ancora una volta fuori e sono già tutti in ordine ad ascoltare ciò che dice James.
“…Ricordate, solo quelli con le armi!” Sono arrivata alla fine, e riesco a sentire solo l’ultima parte. Mi avvicino a Leo, con la sua radiolina stretta tra le mani e chiedo a lui.
“Un attacco ad un'altra base, però questo è più grave, hanno bisogno di rinforzi!”
Più grave? Cerco tra i ragazzi Jake, spaventata, quando lo vedo, si sta preparando per salire sul fuoristrada con gli altri, poi i nostri occhi s’incrociano. Vorrei corrergli incontro e abbracciarlo, tranquillizzarlo, dicendogli che sarebbe tornato, sarebbe tornato da me. Ma non posso, non ci riesco. Il mio sguardo gli sta dicendo di fare attenzione, ma lui abbasso il viso, ignorandomi.
Partono e dentro di me rimane un senso di vuoto. Perché? Pensavo ci fosse qualcosa tra di noi, forse mi sbagliavo. È andato, forse non ritornerà e non mi ha degnato neanche di un sorriso rassicurante. Sono delusa, arrabbiata.

Sono passate parecchie ore ormai da quando sono andati in aiuto all’altra base,  in cielo le stelle sono numerosissime. Sono seduta al mio solito posto, con la mia solita birra.
Il rumore del motore dell’auto cattura la mia attenzione e mi alzo di scatto, lasciando a terra la bottiglia quasi vuota.
Dai fuoristrada scendono i ragazzi, alcuni feriti, altri intatti. Sembra che non manchi nessuno. Quelli feriti vengono aiutati da Leo. Non vedo Jake. Mi agito, alzandomi sulle punta dei piedi, lo cerco, ma niente. Il respiro mi manca, il battito a mille.
Tutti vanno dentro per medicarsi e lavarsi e non ho visto ancora Jake. Sono preoccupatissima. Mi avvicino al fuoristrada dov’era salito prima e ci sono delle macchie di sangue.
Metto una mano davanti la bocca, e le lacrime stanno per uscire.
“Hey.” Quel suono dolce, sensuale, mi ritorna alla mente e di scatto mi giro.
“Va tutto bene?” Corro verso di lui e lo stringo tra le mie braccia, affondando la mia testa nel suo petto.
Sentire il calore del suo corpo, il suo profumo, il suo battito.
“Pensavo che…” Ho la voce spezzata, lui mi prende per le mani la testa e mi guarda dritto negli occhi.
“Sono qui, nessuno mi può abbattere!” Sorrido, poi mi avvicino e gli lascio un bacio casto sulle sue labbra, morbide, ben disegnate.
“Hai capito cosa vuoi?” Mi sussurra dolcemente, massaggiandomi con il pollice il viso. Abbasso lo sguardo, poi ritorno sui suoi occhi verdi. Annuisco e gli prendo la mano. 

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Capitolo 7
*** 7. ***


Note dell’autrice: in questo capitolo finalmente ci sono cose hot. Ora il rating rosso ha un senso.
 
“Hai fame?”
Ho portato Jake in cucina, forse perché lì non poteva venire nessuno.
“Si.” Ha un piccolo graffietto sotto al collo, mi avvicino, avvolgo la mia mano intorno al suo collo e delicatamente con il pollice massaggio la ferita. Lo guardo negli occhi e poi sorrido.
“Ti preparo qualcosa allora” Faccio per avvicinarmi al frigo, quando mi blocca per il polso. Mi fa avvicinare a lui tanto da poter sentire il sapore del suo respiro. Gli guardo le labbra, ben disegnate, da prendere a morsi. Mi accarezza il viso con la mano, poi la fa scendere sul collo e io inclino leggermente la testa di lato.
“Ho fame…” Mi bacia il collo delicatamente, salendo piano piano verso le mie labbra. “Ma non voglio…” Continua a baciarmi, arrivando ai bordi della mia bocca, poi lentamente le sue labbra si poggiano sulle mie, non riesco più a resistere, così prendo l’iniziativa e gli metto una mano dietro la testa e apro la bocca per far incontrare le nostre lingue. Ormai in quella cucina c’è solo fuoco, e non perché i fornelli sono accesi.
La sua mano scende giù sui miei fianchi e mi stringe forte a sé, dove sento la sua erezione premere contro di me. Gli tolgo la giacca della divisa, e poi la sua canottiera, rimanendo a torso nudo. Porto le mie mani sul suo petto, esplorandolo in tutti i minimi dettagli, poi inizio a baciarlo, al mio tocco lo sento rabbrividire e indurirsi. D’improvviso mi prende il viso per le mani e mi bacia con passione, mi guarda negli occhi, l’espressione infuocata. “Sei… meravigliosa.” Sorrido, gli do un bacio dolce e breve, poi lui mi toglie la maglietta, porta le sue mani dietro la mia schiena  e mi stacca il reggiseno. Si abbassa e mi bacia il ventre, sento l’aria mancarmi e un brivido mi ripercorre la schiena. Mi toglie i pantaloni, rimango così solo con gli slip, ma non passa molto tempo che Jake mi sfila anche quelli. Inizia a baciarmi l’interno coscia, fino ad arrivare lì. Ora ho le gambe che barcollano, e mi mantengo alla sua testa, poi lui si stacca e d’istinto mi abbasso e lo bacio. Lui si china su di me, in modo che mi distenda e lui sopra. Si toglie i pantaloni e poi anche i boxer, liberando la sua erezione. Continua a baciarmi sul collo, arrivando al seno, massaggiandolo con delicatezza, poi prende la mia mano e lentamente entra dentro di me. Porto la testa indietro, chiudendo gli occhi, godendomi quel momento.  Entra ed esce dentro di me e la velocità aumenta pian piano. Le nostre dita solo intrecciate, mentre ho l’altra mano sulla sua schiena.
Veniamo insieme, scoppiando in un intenso e caldo orgasmo. Restiamo per qualche secondo uno sull’altra, lui con la testa affondata nel mio collo. I nostri respiri sono accelerati, e pian piano riprendiamo fiato. Jake si stende di lato, poggiando la testa sul suo braccio e anche io faccio lo stesso girandomi verso di lui.
Ci guardiamo e sorridiamo, Jake mi accarezza i capelli, poi il viso e si avvicina per darmi un bacio sul naso.
D’un tratto una sensazione di malinconia cambia il mio sguardo, diventando tesa e triste.
“Cosa c’è?” La sua voce è bassa e premurosa.
“Quando non ti ho visto tra i ragazzi prima io…” Un nodo in gola non mi fa finire la frase e stringo gli occhi.
“Hey, sono qui con te, solo questo conta.”  Lo guardo negli occhi e gli sorrido.
“Non avrei mai potuto sopportare di perderti… anche se non ti ho mai avuto.”
“Sono sempre stato tuo, solo che, non lo sapevi.” Rido, poi mi getto su di lui e ci baciamo.
“Ora… dobbiamo andare via di qui.” Gli do due schiaffetti sul viso e mi alzo, raccogliendo i miei vestiti per rivestirmi. Si alza anche lui e si riveste. Ogni tanto ci guardiamo e ridiamo.
“Sappi che se mi cacciano, me la pagherai!” Scherzo e lui si avvicina a me, cinghiando le mani dietro i miei fianchi. “Sono pronto a qualsiasi punizione.” Fa il suo sorriso da pervertito poi mi ruba un bacio.

Sono le 7, e sono in cucina con Joe e gli altri. Ogni tanto guardo il punto dove io e Jake l’abbiamo fatto e rido e arrossisco senza motivo. La divisione si è svegliata prima questa mattina, quindi ci siamo svegliati molto più presto.
Alle 9 i ragazzi hanno un ordine di ricognizione e devono andare a controllare i villaggi attorno alla base.
Ho visto Jake di sfuggita, scambiandoci un tenero sorriso. Dopo due settimane, mi sento bene. E ho preso una mezza decisione. Voglio tornare in America.

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Capitolo 8
*** 8. ***


È passato ormai quasi un mese da quando io e Jake stiamo insieme. O meglio, circa un mese che scopiamo nella cucina di nascosto.
Sono sdraiata sul mio lettino, ci hanno dato un’ora di svago e visto che lui preferisce stare con i suoi amici, io mi ritrovo qui, a riflettere.
“Posso?” Josh entra con una lettera tra le mani, si avvicina e me la porge. “Questa è arrivata poco fa.” Non è molto entusiasta di darmi la posta.
Praticamente la strappo, apro il foglio ripiegato e inizio a leggere.
“Si, si, si!!!” Mi alzo in piedi sul letto e inizio a saltellare. Hanno accettato la mia richiesta di congedo, potrò tornare in America.
“Allora, andrai via?” Josh è triste, fermo subito la mia gioia e scendo con un salto dal letto. Lo stringo in un abbraccio, poi lo guardo negli occhi.
“Mi mancherai, davvero. Ma, io… non ce la faccio.” I miei occhi erano d’un tratto lucidi, Josh mi accarezza il viso, poi si china e mi da un bacio. Stupita da quel gesto inaspettato non dico niente.
“Complimenti.” Jake entra velocemente e si scaglia contro Josh, dandogli un pugno sul viso. Io mi metto davanti e lo fermo.
“Ma sei impazzito?” Gli urlo contro e gli do uno spintone. Lui è incazzato e non mi risponde. Scuoto la testa e mi giro per aiutare Josh a rialzarsi.
“Stai bene?” Lui annuisce, massaggiandosi il naso. Sospiro, e mi volto verso Jake. Sono arrabbiata con lui, con quale coraggio fa questa scenata di gelosia?
“Josh, ci puoi lasciare da soli?” Continuo a mantenere i miei occhi su quelli di Jake, quando Josh va via, lui si avvicina per accarezzarmi il viso, ma io lo scanso.
“Perché sei tu quella arrabbiata? Mi sbaglio o lui ti ha baciata?”
“No, non ti sbagli, ma prima di reagire in quel modo, potevi pure chiedere spiegazioni, no?”
Lui si avvicina, mi accarezza il viso, faccio per schivarlo ancora, ma stavolta cedo. Socchiudo gli occhi e poi abbasso il viso. Ho paura della sua reazione per il mio congedamento.
“Cosa c’è?” Mi chiede dolcemente, avvicinandosi al mio viso, lo prende tra le mani e mi da un tenero bacio.
Vorrei piangere, ma mi trattengo, faccio un bel respiro. Devo dirgli la verità.
“Mi hanno congedata. Entro domani sera, potrò tornare negli Stati Uniti.”
Aggrotta la fronte, non dice niente, mi guarda come se avessi commesso un crimine. “Ti prego parlami.” Lo sto pregando di dirmi almeno quanto mi odia. Non sopporto il silenzio. Continua non dire niente, mi scansa  e si siede sul bordo del letto. Mi siedo accanto a lui e gli stringo la mano. Devo rassicurarlo.
“Jake, senti, andrà tutto bene, io non voglio lasciarti, voglio solo tornare in America, trovarmi un buon lavoro, e… voglio lasciare questo posto.”
“Perché?” È l’unica cosa che esce da quella bocca, come fa un'unica parola avere così tanta intensità?
“Perché io sono venuta qui perché non avevo niente, mi sentivo persa, sola. Potevo soltanto aiutare, oppure la mia vita sarebbe stata inutile.”
“Perché ora?” Le sue parole sono strazianti, ma devo tenere testa.
“Perché dopo la morte di Sofia, non ho più trovato un senso a nulla, neanche a tutto questo. Poi tu… tu mi hai sconvolto l’esistenza.”
Lui si gira verso di me e mi stringe entrambe le mani.
“Ecco, allora perché vuoi andartene?”
“Perché voglio costruirmi una vita Jake. E voglio che sia con te.” Faccio un sospiro profondo, chiudo gli occhi e prendo tutto il coraggio che mi scorre  nelle vene.
“Io ti amo, Jake.” Lui mi guarda, respira lentamente, i suoi occhi sono lucidi. Perché non risponde? Perché non dice nulla? Lui si passa entrambe le mani in faccia e si alza. Io lo guardo delusa, distrutta lasciare la stanza, senza dirmi niente. Scoppio in lacrime e affondo la mia testa nel cuscino.
Lui non mi ama. È solo, soltanto sesso. Sono distrutta. Ora più che mai, voglio andarmene.

Chiudo la zip del mio borsone, sento un suono di clacson, metto la borsa sulle spalle e vado velocemente fuori. Metto la borsa sulla jeep, e inizio a salutare. Ci sono tutti: Josh, Joe, il capitano James, e i tutti i ragazzi. Jake è in fondo, nascosto, mi guarda di sottecchi, è immobile, lo guardo e mi viene da piangere. Vorrei correre ad abbracciarlo, ma tanto per lui, non ha nessun significato. Salgo sulla jeep, e continuo a salutare, una lacrima mi riga il viso. Mi mancheranno i miei amici. Guardo ancora una volta Jake, e un’altra lacrima prende il sopravvento. Non mi ama. È l’unico pensiero che predomina nella mia testa. Asciugo le lacrime con il dorso della mano. Mi siedo, aspettando di arrivare all’aereoporto. È così che finisce tutto? È stata un’esperienza magnifica, ho riso, ho pianto, ho sofferto. Ho conosciuto Sofia, una mamma per me, dei veri amici, mi sono innamorata. Stringo le mani, cerco di soffocare le lacrime. Stringo gli occhi e guardo il cielo. Una lacrima scende giù, socchiudo gli occhi e respiro profondamente. Sussurro dolcemente, come se le mie parole gli arrivassero per davvero.
“Ti ho amato, ti amo e ti amerò per sempre.” 

Salve cari lettori, 
siamo arrivati alla fine della storia, so che non è a  lieto fine, ma il messaggio più importante è che... l'amore vince sopra ogni cosa,anche la guerra, le armi, tutte queste cose sono inutili quando il tuo "nemico" è l'amore. Spero che questa storia vi sia piaciuta, a breve pubblicherò l'epilogo. 

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


5 anni dopo…

New York. Odio il traffico di New York. Ecco perché preferisco prendere la metro. Ma questa mattina, chissà per quale strana ragione ho voluto prendere il taxi. Arriverò in ritardo, lo so. Speriamo solo che Morris non sia ancora arrivato. Appoggio la testa al finestrino, sopportando i suoni fastidiosi dei clacson. Poi vedo lui. Non posso crederci. Prendo dalla borsa i primi dollari che trovo e li do al tassista, scendo velocemente e chiamo il suo nome. Si volta e sorride, stupito. Mi è mancato così tanto. Gli vado incontro e gli getto le braccia al collo, stringendolo. Dopo tutto questo tempo è il minimo. Mi accarezza i capelli e mi prende il viso tra le mani.
“Sei sempre bellissima.”
“Ah, dai smettila, tu sei sempre bugiardo.” Ridiamo.
“Perché non prendiamo qualcosa?” Dovrei andare a lavoro ma… Lui è più importante.
“Certo.”
“Allora, che mi dici?” Siamo seduti in una delle tante caffetterie di NY, fuori fa freddo, ma qui dentro si respira un’aria calda e rilassante. C’è anche il sottofondo natalizio.
“Beh, ho trovato lavoro, in una biblioteca. Non ho fatto molto.”
“Non è mai poco.”
“Ah Josh, mi mancavano i tuoi pensieri filosofici.” Ridiamo insieme, mi mancava davvero questa testa calda. “E tu? Come mai qui?”
“Ho lasciato l’esercito pochi mesi fa. Dopo…” S’interrompe, abbassando lo sguardo sul suo cappuccino.
“Dopo cosa?” Chiedo preoccupata.
“Una specie di epidemia. Un mistero.” La sua voce roca raffredda la mia pelle. Deglutisco. Ho paura di chiedere. Mi guarda, socchiude le labbra, poi decide di tacere. Ho capito, non ho bisogno d’altro.
“Il giorno in cui te ne sei andata, hai dimenticato questa.” Dalla giacca estrae una lettera ripiegata, ingiallita. “L’ho conservata come meglio potevo.” Me la porge e al tocco di quella carta umidiccia, un brivido mi ripercorre la schiena. Ho il vuoto nello stomaco. La guardo perplessa, leggendo l’intestazione scritta sul lato in alto a destra, con una biro nera. ‘To Sarah.’
Sospiro, mi alzo e vado nel bagno. Controllo che non ci sia nessuno e mi appoggio di spalle alla parete. Chiudo gli occhi per qualche secondo e la apro.

Cara Sarah,
ti scrivo perché forse troverai più sincerità in queste parole, che in quelle dette a voce. Sono un codardo, lo so.
Chiederti di restare, sarebbe ingiusto, da egoista. Quello che mi chiedo è: perché chiedere di rimanere sempre accanto a te è da egoisti? Non è questo quello che conta? L’amore verso l’altro? Si, perché io sono talmente stupido e codardo da non riuscire neanche a dire le parole più sincere che potrei mai urlare al mondo. Ti amo. Ti ho amata dal primo istante in cui ti ho vista. Vorrei aver potuto dirlo quando avrei dovuto, quando tu, con i tuoi meravigliosi occhi, mi hai fatto sentire parte di qualcosa. Mi hai fatto sentire parte di te. E credimi quando ti dico che non potevo ricevere niente di meglio da questo mondo patetico e crudele. Quindi ti prometto una cosa. Io verrò a cercarti un giorno. Sono disposto a camminare nella città più affollata del mondo, scrutare un viso per volta, finché non rivedrò il tuo. Un giorno ci rincontreremo e sperando di aver sotterrato la mia codardia, rimesso da parte il mio egoismo, mi avvicinerò alle tue labbra e ti sussurrerò: ti ho amata, ti amo e ti amerò per sempre.
Con il cuore, Jake.

Le lacrime rigano il mio viso ormai, mi stringo al petto la lettera stropicciandola, e mi accascio sul pavimento, singhiozzando. Due mani mi accarezzano i capelli. Josh si abbassa davanti a me e cerca di calmarmi.
“Mi dispiace.”
“Lui non c’è più, lui mi amava, e…” Continuo a singhiozzare, il che non mi permette di parlare. “Non l’ho neanche salutato.” Josh si avvicina e mi abbraccia. Non riesco a fermarmi.
Lui è andato via. Portato via da quel mondo crudele da cui scappava via, nella ricerca di qualcosa di più. E io l’ho abbandonato. Sono io l’egoista. Non lui. Dopo cinque anni, passati a pensare che lui non mi meritasse, che dovevo guardare avanti. E ora? Cosa ho ottenuto? Solo un vuoto, che porterò con me per il resto della mia vita.
 
Note dell’autrice:
Salve! Si, lo so. Non è l’epilogo che ti porta a sorridere. Però con questo, ho solo voluto dimostrare, che in amore, agire d’impulso, non porta sempre a ottimi risultati. Si, magari lui sarebbe morto lo stesso, ma, in uno stato d’animo diverso. E con questa storia ho voluto anche sottolineare, di quanto siano più umani i soldati che vivono i secondi con la paura di poter morire che noi, che viviamo solo seguendo i costumi ridicoli della nostra società. Grazie e alla prossima!

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