Memories of Snow

di Lily BlackRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mago e la Dea ***
Capitolo 2: *** Onore & Amicizia ***
Capitolo 3: *** Cadono le foglie, inizia l'avventura! ***
Capitolo 4: *** Nemici nell'Oscurità ***



Capitolo 1
*** Il mago e la Dea ***


Il mago e la Dea 

Il vento scuoteva le bianche tende di seta dello studio dove il mago sedeva silenzioso alla scrivania, intento a copiare, delicato, un incantesimo  sul suo libro stracolmo. L’aroma di cuore d’ambra che usciva dall’incensiere gli solleticò le narici. Alzando appena lo sguardo captò la serena armonia che vibrava all’interno del giardino. Sospirò dolcemente osservando la luna lilla che in quel momento faceva capolino da dietro una veste di nubi. Concludendo con un ghirigoro l’ultima lettera dell’incanto, si alzò dalla sedia di legno, andando verso la porta scorrevole che dava all’esterno, mentre un tenue sospiro gl’increspava di nuovo le labbra. Delicatamente posò i piedi sulla fresca erba che iniziava a bagnarsi di rugiada e prese a camminare lentamente per i viottoli che il giardino gli permetteva di percorrere. Sorridendo fra se e se, il giovane pensava a quanto fosse stato fortunato nella sua vita di mezz’elfo. Nascere a Hikari aveva certo rappresentato un’immensa grazia. Siccome era una delle città più ricche e fiorenti nell’isola di Reis , oltre al fatto che le scuole di magia erano le migliori.
Giunto al lago estrasse dalla tasca un flauto di legno finemente intagliato che era stato creato per lui da uno dei migliori artigiani del continente. Accostandolo alle labbra prese a suonare una dolce melodia dedicata alla Dea Lily, signora della neve e protettrice dei maghi, da lei molto amati. Lasciando che la melodia impregnasse l’aria e si spandesse attorno a lui come una miriade di farfalle colorate, il mago abbassò per un attimo lo sguardo a fissare le calme acque del laghetto dinnanzi e se e con sua enorme sorpresa, vi vide riflesso un viso di donna. Colto alla sprovvista smise immediatamente di suonare per guardarsi attorno alla ricerca di qualche intruso, essendo che non vi era nessuno, rivolse ancora una volta la propria attenzione alla figura riflessa.
“Chi siete?” le domandò incuriosito strappandole un sorriso.
“Mi stupisce che tu non mi riconosca, pur conservando in segreto un mio ritratto...” dette quelle esili parole, il riflesso iniziò ad uscire dall’acqua avvolto in un turbinio di gocce d’acqua cristallizzate, prendendo forma umana, sotto gli occhi increduli del mago.
“Chiedo perdono per non avervi riconosciuta immediatamente Lily della Neve, mia Dea!” rispose il ragazzo proferendosi in un inchino, mentre la donna poggiava i piedi scalzi a terra e portava una mano alle labbra rosee per celarvi dietro un sorriso. Alzando nuovamente gli occhi castani e tornando ad una posizione eretta, l’arcanista, si soffermò un attimo ad osservarla. Era bellissima. La sua figura esile appena coperta da un vestito di seta color della luna, la pelle diafana risplendeva alla poca luce che vi era in quel momento in giardino. I lunghi capelli lilla incorniciavano un perfetto visetto da bambola in cui brillavano due occhi azzurri venati di viola. Il tatuaggio della rosa era visibile a tratti sulla spalla sinistra, ogni qualvolta il vento le spostava la veste. Divertita da quell’attento esame, la Dea non potè fare a meno di ridacchiare, col risultato di far arrossire nuovamente il mago.
“Vi chiedo perdono mia signora... io non volevo mancarvi di rispetto...” abbassò nuovamente il viso a guardare la tenera erba verde. Il suo cuore batteva all’impazzata, non poteva credere che la figura che aveva dinnanzi fosse proprio la sua dea. Una mano dal tocco gentile gli fece alzare nuovamente il viso così che i loro occhi potessero incontrarsi nuovamente.
“Suona per me...” gli chiede dolcemente la donna accomodandosi su di una pietra poco distante ed osservando il giovane affabile. Colto alla sprovvista il ragazzo accostò immediatamente il flauto alle labbra, suonando la sua melodia preferita “Il cantico della luna e del sole” questa canzone era dedicata proprio alla dea Lily ed al suo fratello gemello. Deliziata dalle note del flauto che le fluttuavano attorno come dolci petali di Sakura, la fanciulla socchiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella calma. Quando le note giunsero alla fine, il silenzio tornò a regnare sovrano.
“Sei un ottimo flautista. Se tu non fossi già mago ti consiglierei questa professione, ma...” fece una piccola pausa, mentre una vena di inquietudine le attraversava il viso facendo preoccupare anche il giovane che aveva davanti “Ma... sono qui per affidarti una missione... sei il solo puro di cuore di cui possa fidarmi...” una piccola folata di vento scompigliò i capelli di entrambi.


 
*^*^*



Va bene ora che l'avete letta potete anche tirarmi i pomodori u_u
Volevo dedicare questa Fan a Melanto che con la sua Elementia mi ha dato lo slancio per capire che anche i nostri campioni posso finire in un mondo fantasy :P e poi volevo dedicarla anche al mio ragazzo Elloinilbardo da cui ho preso il allegramente il mondo dopo averci fatto una bellissima avventura di D&D *_* tu sai quanto ho amato Fake!
Aggiungo anche che questa fan è il continuo di questa giocata e quando ci sarà bisogno metterò le spiegazioni giù in basso!

Un bacione

Lily

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Capitolo 2
*** Onore & Amicizia ***


Onore & Amicizia!

“Tu sei folle Misugi!” l’affermazione di Tsubasa arrivò come un torrente in piena travolgendo il giovane, che però rimase a galla e fingendo indifferenza. Si era aspettato una reazione simile da parte dell’amico ed ora stava nella sua bravura riuscire a convincerlo facendo leva sulla cosa che più gli premeva sul cuore: riconquistare l’onore perduto della famiglia Ozora. Purtroppo erano ormai diversi anni che la nobile famiglia era caduta in disgrazia a causa del tradimento della signora Natsuko, la madre di Tsubasa.
“So che è un impresa difficile, ma sono certo che ce la possiamo fare!” continuò Jun tranquillamente mentre accostava alle labbra una coppa di vino elfico rosso, era uno dei migliori e più costosi che si potessero acquistare in quel periodo su Reis, segno che gli Ozora avevano ancora qualche buon amico fra gl’elfi. Roteando il liquido color rubino all’interno del bicchiere di cristallo riprese a parlare “Dobbiamo solo trovare una nave che ci porti sino a Ilia, così da evitare Darken, lo stato malvagio, e poi da lì proseguire sino a Mura, che si trova nello stato di Nives.”
“Jun... per quanto la tua idea mi alletti, non ho prove che quello che tu mi stai dicendo sia vero! Insomma dovrei credere che Lily, la divinità da poco ricomparsa di voi maghi blu, ti sia apparsa in giardino due notti orsono dandoti una missione? Scusa ma mi riesce difficile! Ci sono milioni di maghi su Fake... perché proprio da te è venuta? Insomma sei appena diventato mago, fino a qualche mese fa non eri altro che un apprendista! La fai facile tu... ma Nives non è dietro l'angolo come la fai sembrare... sono mesi e mesi di viaggio!” nella voce di Tsubasa si leggevano chiaramente i dubbi che lo tormentavano, dall’altro lato, la voglia di partire all’avventura e di ridare lustro al nome di famiglia era palese. Posando il bicchiere Jun incatenò lo sguardo a quello dell’amico in un gioco così potente che i bicchieri tremarono dalle vibrazioni che emanavano. Purtroppo non aveva modo di dare risposta alle domanda che l’amico gli stava ponendo e che anche lui in quei giorni si era chiesto diverse volte. Già perché proprio lui? Scuotendo la testa il giovane mago distolse infine per primo lo sguardo sospirando.
“Non so perché tutto questo Tsubasa, non so perché a me, ma so che devo fare quello che mi ha chiesto… è la mia Dea e non voglio deluderla! Quindi fra tre giorni io partirò, con te o senza di te…” dette quelle poche parole il mezz’elfo si alzò posando il bicchiere ormai vuoto sul tavolo. Il tono che aveva usato era stato duro ed inflessibile, chiaro segno che la decisione ormai era stata presa e lui non avrebbe cambiato di certo idea solo per i dubbi dell’amico. Il vento prese a soffiare, spazzando così il giardino ben ordinato di casa Ozora. Gl’occhi color nocciola del mago si persero alla vista del salice piangente scosso dalla forza di quell’elemento che lui appena riusciva a governare. Certo, Tsubasa aveva ragione, di cose da imparare ne aveva moltissime e forse sarebbe anche morto nell’impresa, ma poco gli importava perché era stata LEI a chiederglielo e lo avrebbe fatto. Nuvole nere iniziarono ad addensarsi all’orizzonte facendo infine riscuotere l’incantatore dai suoi pensieri.
“Sarà meglio che mi avvii, ti ho già sottratto troppo tempo!” dette quelle parole si alzò in piedi e dopo un breve inchino si avviò verso l’uscita che ormai conosceva. Era quasi giunto sulla soglia della porta scorrevole che la mano di Tsubasa gli si posò sulla spalla facendolo poi volgere.
“Vengo con te! Sia mai che lasci solo un amico e poi… un’impresa era proprio quello che mi serviva per riabilitare il buon nome della mia famiglia… e anche se Lily delle nevi non è la mia Dea, chissà, magari potrebbe mettere una buona parola con il mio…” disse il giovane facendo poi l’occhiolino all’amico ed entrambi scoppiarono a ridere.
“Grazie! Non dimenticherò quello che stai facendo per me… e ti devo anche un enorme favore per questo!”
“Ah non ti preoccupare… piuttosto come farai con tua madre? Già la vedo con i lacrimoni attaccata al tuo braccio… “ ridacchiò Tsubasa cercando poi di imitare la voce della donna “Oh Jun tesoro non andare… il tuo cuore potrebbe non reggere…”
La faccia del mago assunse uno strano colorito verdognolo, in effetti non aveva minimamente pensato a cosa potesse dire alla madre per persuaderla che doveva proprio partire, ma forse se prima parlava con suo padre aveva qualche buona possibilità.
“Di questo non ti preoccupare… qualcosa riuscirò ed inventarmi…” scosse il capo passandosi una mano dinnanzi al viso “Partiamo fra quattro giorni all’alba!” quindi prese definitivamente commiato uscendo in strada ed inspirando profondamente la frizzante aria dell’autunno ormai inoltrato che quasi tendeva all’inverno. Si sarebbe presto partito e l’idea dell’avventura che lo attendeva gli solleticava l’animo, oltre al fatto che sperava di rivedere presto anche la sua Dea. Sì, sarebbe andato tutto bene, o almeno così pensava ingenuamente.
 

^*^*^ 

Grazie a tutti quelli che stanno passando a leggere Fan e grazie ancora per i commenti che mi hanno lasciato Melanto e Elloin... spero che questo capitolo non vi abbia deluso... so che ancora non è successo nulla, ma vedrete che nel prossimo vi sarà una piccola scossa. ^_* Per farvi poi capire bene il mondo cercherò di farmi fare una mappa decente dal mio amore e la metterò disponibile qui XD
Bacioni
Lily!

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Capitolo 3
*** Cadono le foglie, inizia l'avventura! ***


Cadono le foglie, inizia l'avventura!

Il sole iniziava appena a fare capolino dietro al monte, tingendo d’oro le punte degli alberi che attorniavano il villaggio. La nebbia si stava pian piano diradando, lasciando il posto a quella che sarebbe stata una bella e fresca giornata di metà autunno. Gli alberi attorno al paese stavano già perdendo quasi tutte le loro foglie, ma quelle che ancora resistevano attaccate ai rami erano dei più sgargianti toni del rosso e del giallo e la luce che il sole proiettava su di loro le metteva ancora più in risalto. Infagottato nel suo mantello e con lo zaino in spalla Jun uscì dalla sua bella casa. Si volse indietro per qualche secondo a guardarla, forse per molti mesi o anni non vi avrebbe fatto ritorno e così voleva portarne con se il ricordo più vivido che poteva. Guardò il tetto di legno rosso che spioveva su tutta la struttura, casa sua era a pianta quadrata ed un poco rialzata da terra e tutto attorno vi correva uno splendido giardino ben curato. Da li non lo poteva vederla, ma nel retro vi era una piccola veranda e poco più in là, verso il laghetto in cui la Dea gli era apparsa, un pergolato su cui si arrampicavano piante di uva fragola. Più volte si era maledetto per non aver offerto nemmeno un chicco di quella dolcissima uva alla sua Dea, e avrebbe dovuto farsi perdonare per quello. Un muro di mattoni circondava la casa e dinnanzi ad essa vi era un cancello di ferro battuto fra le cui ante stava in piedi suo padre a guardarlo. L’uomo gli sorrise posandogli le mani sulle spalle.
“E’ meglio che tu vada o farai tardi… sta attento figlio mio e facci avere tue notizie…” disse l’uomo stringendo il giovane in forte abbraccio che prontamente veniva ricambiato.
“Non ti preoccupare papà andrà tutto bene! A presto!” con un ultimo sorriso e cenno della mano verso la madre alla finestra il mago si avviò lungo la strada principale. Avrebbe dovuto attraversare tutto il villaggio, siccome la casa dove risiedeva era quasi alle pendici del monte. L’aria frizzante del mattino gli solleticava il viso, mentre procedeva a passo svelto. Il paese stava iniziando pian piano a svegliarsi, in qualche casa le finestre erano già aperte e si potevano intravedere le donne che preparavano la colazione per i loro figli e mariti. Qualche contadino passava accanto Jun diretto ad i campi dove ancora vi era qualche patata da dissotterrare per l’inverno imminente. Insomma la vita riprendeva lentamente per tutti dopo il lungo torpore della notte. Vite sempre uguali e monotone, vite che non aveva nulla di eccitante, sempre le stesse da anni ed anni, ma quella mattina per almeno due di loro le cose sarebbero stare diverse. Un tenue sorriso colorò le labbra del giovane mago che, giunto alla piazza si fermò qualche attimo ad ammirare la statua della divinità della luce, Hikari, da cui il villaggio prendeva il nome. Era davvero una splendida statua che raffigurava il Dio in una delle sue più classiche pose da battaglia, ovvero la destra alzata con la spada bastarda in segno che stava di certo per caricare e vincere il nemico che gli sbarrava la strada. Scuotendo la testa il giovane riprese a camminare salutando sporadicamente persone che conosceva da quando era nato. Hikari gli sarebbe mancato terribilmente, ma doveva farlo, doveva farlo per la sua Dea. Alzando gl’occhi color nocciola verso l’orizzonte scorse la figura di Tsubasa che lo stava già aspettando. Indossava una tunica bianca ricamata sui bordi con i simboli della famiglia Ozora sotto ad un'armatura di piastre che aveva evidentemente visto tempi migliori, mentre robusti gambali di cuoio andavano a proteggergli le gambe, Jun pensò che certo il suo aspetto rappresentava pienamente lo stato attuale della sua casata, troppo legata ad una gloria passata, ormai offuscata da macchie indelebili, ma capace di restare in piedi grazie al profondo orgoglio, come quello emanato dal ragazzo che stava al centro della strada con la mano sull'elsa della spada lunga che portava al fianco.
“Allora andiamo? O hai cambiato idea?” gli chiese il paladino dopo diversi minuti che i due si stavano fissando senza dire nemmeno una parola.
“Andiamo!” Jun non disse altro prendendo ad incamminarsi lungo la strada maestra che attraversava il bosco mentre un sorriso faceva capolino sul viso di Tsubasa che, tintinnando per via dell’armatura, prese a seguire l’amico all’interno del rosso e dell’oro di quella stagione. La nebbia bassa del mattino iniziava a diradarsi lentamente rendendo così la visuale migliore.
“Tua madre come l’ha presa?” chiese dopo un poco il mago volgendo appena il viso a guardare a guardarlo.
“Beh… all’inizio era molto preoccupata… Nives è davvero molto lontana, ma poi mi ha lasciato andare… ha detto che era il mio destino… poi è corsa a rispolverare una delle vecchie armature di mio padre ed eccomi qui…” sul viso di Tsubasa si leggeva chiaramente che non era troppo contento di portare un’armatura vecchia, ma se la fortuna li assisteva di certo avrebbero guadagnato abbastanza da potersi comprare cose nuove “Tua madre invece?”
Jun sospirò pesantemente, mentre ripensava a quello che la donna gli aveva fatto passare in quei tre giorni, era stato davvero un inferno e, per quanto le volesse bene, il ragazzo si era ritrovato a pensare che forse affrontare Lucifero, il diavolo più potente degli Inferi, sarebbe stato più facile “Se non ci fosse stato mio padre sarei impazzito… Tutto il giorno a guardarmi con i suoi occhi rossi del pianto… a ripetermi che sono malato di cuore… che non ce la potevo fare… un incubo!” borbottò ancora stizzito per il fatto che la donna non credesse affatto in lui.
“No cara,  vedi ci sono alcuni momenti nella vita in cui un vero uomo deve andare diritto per la sua strada, anche quando si tratta di una strada pericolosa” la voce di Tsubasa che imitava quella di suo padre lo face sobbalzare, non si aspettava di certo che conoscesse quella fra che ormai veniva ripetuta di continuo in casa sua come se fosse il ritornello di una canzone.
“E tu come lo sai!?” gli chiese, fermando il passo mentre l’altro scoppiava a ridere.
“Ho sentito tuo padre mentre la diceva al mercato, credo che lo abbia detto a tua madre almeno una decina di volte!”
“Dannazione!” sbottò il ragazzo rendendosi conto che ora tutto il villaggio doveva sapere della sua impresa o peggio, che sua madre lo credeva una persona fragile incapace di badare a se stesso.
“Dai non ci pensare! Adesso hai una missione importante da portare a termine e concentrati solo su quella! Non vorrai mica deludere la tua Dea no!?” il braccio di Tsubasa era andato a stringere Jun attorno alle spalle e delicatamente lo aveva sospinto a riprendere il cammino.
“Tuo padre invece?” osò chiedere dopo qualche tempo che camminavano in silenzio.
“Uhm… credo sia ancora nella capitale con il nuovo imperatore… mia madre gli ha scritto una lettera per informarlo… chissà magari torna a casa un po’ con lei…” la voce del giovane era piuttosto incerta, siccome da quando sua madre aveva tradito la famiglia, mandandola in rovina, il rapporto fra i suoi genitori non era più stato quello di prima, ma sperava ardentemente che la cosa si potesse risolvere presto, che suo padre riuscisse a perdonarla del tutto e che sarebbero tornati la bella famiglia affiatata che erano un tempo, anche se suo padre era sempre stato via per lunghi mesi impegnato in battaglia per aiutare l'imperatore nel consolidamento del suo regno.
“Vedrai che tutto andrà a posto… “ lo rassicurò con voce ferma e tranquilla, mentre il cammino li stava lentamente facendo uscire dal bosco in una campagna ora ben pettinata. I campi erano arati e seminati, e la frutta quasi del tutto raccolta. Solo qualche sporadico contadino si vedeva sullo sfondo intendo a raccogliere le ultime patate o a portare al sicuro il fieno per gli animali, mentre la maggior parte della gente ora era intenta a far provviste di legna per l’inverno che stava per arrivare. I due ragazzi erano stati fuori dal loro villaggio pochissime volte. Uscire dal nido che li aveva protetti sino ad i loro diciotto anni rappresentava un grande passo avanti. Erano emozionati di scoprire tutte le cose belle e brutte che il mondo aveva loro da offrire e così, dopo un’ultima occhiata in dietro al bosco iniziarono a camminare più svelti verso il loro destino.

 

I giorni che seguirono furono quasi tutti identici. La notte dormivano dove potevano, se erano fortunati trovavano un tempio che li ospitava oppure erano costretti a dormire all’agghiaccio lungo la strada, in luoghi appena riparati, siccome i soldi erano pochi e loro dovevano di certo risparmiare. Durante il dì percorrevano parecchia strada mangiando in modo frugale. Ogni tanto trovavano qualche frutto o qualche radice commestibile, altrimenti mangiavano le razioni che si erano portati da casa. Sapevano che il viaggio sarebbe stato lungo e difficile e quindi il loro animo era duro da scalfire. Il quindicesimo giorni di ottobre, dopo quasi una settimana da quando erano partiti, si trovarono ad un bivio. Se avessero preso il sentiero a destra avrebbero fatto un giro di qualche giorno più lungo, mentre se avessero preso quello a sinistra avrebbero tagliato molta della strada, arrivando alla loro meta marittima in mene di due giorni. L’unico problema nel prendere questa  via era il fatto di dover attraversare il bosco di Aokigahara che si diceva che fosse infestato da non morti e quindi quasi tutta la gente del luogo preferiva fare il doppio del cammino piuttosto che passarvi attraverso.
“Allora Jun cosa vogliamo fare?” chiese Tsubasa fermo dinnanzi ad i cartelli che indicavano la via.
Il viso del mago era pensieroso, certo risparmiare tre giorni di viaggio non era male, ma le loro capacità erano abbastanza per affrontare qualunque cosa gli sarebbe andata contro? Certo se avessero avuto un chierico assieme a loro non avrebbe di certo avuto quei timori. Immerso in quei pensieri si rivide il viso di sua madre e risentì tutte le parole che gli erano state dette e il moto di rabbia lo colse facendolo decidere.
“Io sono per l’attraversare il bosco…” disse in tono deciso afferrando lo zaino e rimettendoselo in spalla.
“Per me va bene… ma controlliamo prima di avere qualche pozione di cura ferite… non possiamo andare allo sbaraglio in questo modo, rischiamo solo di farci ammazzare per niente.”
Piccato un poco dalla risposta che l’amico gli aveva dato, Jun posò di nuovo la borsa a terra e si mise a frugarvi dentro. A malincuore però dovette ammettere che aveva ragione e che la rabbia era davvero una pessima compagna in un viaggio del genere.
“Io ne ho sei… mio padre praticamente mi ha rifornito di tutte le pozioni che poteva trovare…” sorrise ora più calmo.
“Anche io ho diverse pozioni, ma solo quelle poche che mia madre è riuscita a preparare…” aggiunse Tsubasa dirigendosi ora verso l’entrata del bosco.
“Tua madre sa fare pozioni!?” la voce di Jun era evidentemente sorpresa, non si aspettava di certo una rivelazione del genere, siccome in tutti gl’anni che aveva frequentato casa Ozora non si era mai accorto di nulla. Il paladino ridacchiò alla sua faccia sconvolta.
“Si mia madre è una chierica… vedi i miei si sono conosciuti durante una battaglia… lui combatteva e lei lo curava… hanno fatto molte spedizioni assieme… e si sono innamorati…” spiegò semplicemente lasciando che ancora la meraviglia prendesse il possesso del viso del mago.
Fatti i primi passi all’interno della vegetazione fu come se il sole fosse stato inghiottito lasciandoli in una semi oscurità che sembrava quasi irreale. La fitta vegetazione era così intricata che il cielo a malapena si vedeva. Gli alberi erano prevalentemente dei sempre verdi, anche se qua e la si vedeva ancora qualche sprazzo di foglie marroni. Una nebbiolina surreale restava sospesa a poco centimetri dal terreno. Un lungo brivido corse lungo la schiena dei due ragazzi, mentre con passo deciso prendevano a camminare verso il fitto. Non parlarono molto durante la prima giornata, timorosi di attirare a se cose sgradite. E quando la notte scese si accamparono non troppo lontano dal sentiero, erano piuttosto timorosi di accendere un fuoco, ma al buio più completo di certo sarebbero stati prede ancora più facili. Fecero i turni di guardia anche se Jun aveva lanciato qualche incantesimo di protezione su di loro ed attorno all’area che li circondava. Con loro grande fortuna la notte passò lenta e tranquilla, solo qualche rumore venne a disturbarli e quando l’oscurità venne appena rischiarata dalla luce i due sistemarono le loro cose  e ripartirono in fretta. Aveva già percorso molta strada il giorno precedente e se non si fossero persi, sarebbero usciti dal bosco entro mezzogiorno. Il passo era svelto ed il morale decisamente migliore di quello che avevano avuto durante la notte. Procedevano spediti, stando però attenti ad evitare gli ostacoli che il sentiero metteva loro incontro. Soprattutto erano radici e rami bassi. Camminavano silenziosi ascoltando ogni singolo rumore che poteva giungere loro e dopo tutto quel silenzio furono quasi sorpresi quando alle loro orecchie giunge il suono di quella che poteva essere una battaglia non troppo lontana. Si scambiarono una breve occhiata e poi senza pensarci due volte si diressero cautamente verso il luogo da cui proveniva il frastuono. La scena che gli si presentò dinnanzi era raccapricciante; un chierico di Crio, a giudicare dalle vesti azzurre, stava cercando ci difendersi da una decina di orridi scheletri marcescenti animati da oscure magie necromantiche, proteggendosi con scarso successo con un logoro bastone nodoso. Le sue vesti erano lacerate in diversi punti e coperte del suo sangue. Si vedeva chiaramente che non avrebbe retto ancora a lungo ed infatti dopo l’ennesimo colpo andato a segno da uno degli scheletri si accasciò a terra, un’espressione di dolore chiaramente dipinta sul viso. Qualcosa scattò immediatamente nei due giovani che, incuranti uscirono dal loro nascondiglio per andare a soccorrere il ragazzo.
Jun, ricordandosi delle prime lezioni di necromazia che aveva seguito da giovane, lanciò un incantesimo contro il non morto più vicino, tentando di dissolvere la magia che teneva unite quelle ossa, mentre vedeva che l'amico gli passava rapidamente di fianco, gridando un'invocazione al dio Hikari, affinché gli desse la forza per schiacciare il male. La spada ammantata di luce di Tsubasa tranciò in due uno scheletro, mentre quello bersagliato dal mago cadeva a terra come un burattino a cui avessero tagliato i fili, i due ragazzi si fecero scappare un grido di gioia, prima di contare che ne mancavano ancora sette da sconfiggere, che accortisi della minaccia e ormai stufi del chierico a terra, si stavano lanciando su di loro.
Tsubasa vibrò la sua lama con vigore, cercando allo stesso tempo di spaccare più ossa possibile e tenere lontano gli artigli acuminati dei mostri che laceravano la pelle come rasoi, Jun invece si trovò ben presto in difficoltà, il corpo a corpo non era certo la sua specialità e, doveva continuamente indietreggiare per raccogliere la concentrazione necessaria a lanciare i suoi incantesimi. Mentre il paladino aveva a proteggerlo la sua capacità nella scherma e l'armatura del padre, il mago blu aveva solo il suo bastone da passeggio, per cui si ritrovò presto vicino a svenire per le numerose ferite da cui il sangue usciva copioso, trovandosi allora con le spalle al muro e incapace di pensare ad una tattica migliore si arrampicò allora velocemente sull'albero più vicino. Si accasciò non appena ebbe raggiunto un ramo abbastanza alto, e con la vista ormai appannata, guardò sotto di lui, dove gli scheletri, considerandolo la preda più difficile da raggiungere, si diressero in mucchio verso Tsubasa, che di certo non avrebbe saputo reggere ad un simile assalto in massa. Richiamando le sue ultime forze Jun considerò allora bene le distanze, evocando il potere del fuoco delle sue mani, e con un enorme sforzo mentale scagliò un cono di fiamme che avvolse tutti gli scheletri, polverizzandoli tutti, tranne uno che era troppo vicino a Tsubasa per essere preso di mira.
Jun lasciò così Tsubasa ad occuparsi dell’ultimo scheletro, mentre beveva una pozione curativa, e poi, scendendo agilmente dall'albero corse verso il chierico che era riverso a terra, seguito pochissimi istanti dopo dall’amico.
“Hai fatto in fretta!” gli sorrise il mago mentre s’inginocchiava accanto al corpo.
“Tu lo avevi già praticamente finito con un incantesimo prima…” rispose scuotendo la testa ed accucciandosi a sua volta “Come sta?” chiese successivamente mentre guardava Jun che gli sentiva il polso e si sincerava che non vi fossero ferite mortali.
“E’ messo piuttosto male… gli darò una delle nostre pozioni” dette quelle parole frugò nella borsa e stappatane una gliela fece bere con gentilezza. Molte delle ferite che il chierico aveva iniziarono a rimarginarsi, ma lui era ancora primo di sensi “Dobbiamo andare via di qui potrebbero arrivarne altri… riesci a caricartelo sulle spalle?”
Tsubasa annuì e con l’aiuto del mago prese il chierico in braccio. Si affrettarono quindi a lasciare quel luogo maledetto, ma erano piuttosto rallentati e quando finalmente il sole tornò a carezzare i loro volti mezzodì era passato da un pezzo. L’oppressione che aveva avvolto i loro animi in quei giorno si sciolse, ma prima di fermarsi vollero mettere ancora un poco di distanza dal bosco di Aokigahara. Fu solo verso il tramonto che il giovane chierico si decise a riaprire gli occhi, alzandosi di scatto e facendo sobbalzare i due ragazzi che seduti fuori dalla tenda stavano preparando la cena.
“Come stai?” gli chiese subito Tsubasa porgendogli un piatto di minestra calda.
“Abbastanza bene… ma è come se una mandria di Incubi mi avesse calpestato…” ammise con voce dolce il ragazzo, sedendosi accanto a loro e prendendo il piatto fra le mani “Siete stati voi a salvarmi vero? Vi ringrazio davvero moltissimo!”
“Figurati! Non avremmo mai potuto lasciare qualcuno in difficoltà.” Sorride Jun portandosi il cucchiaio alle labbra e gustando la pietanza calda, mentre osservava ancora il ragazzo. Doveva avere su per giù la loro età con un fisico sottile ma atletico. Gli occhi castani erano vivaci, anche se una luce di smarrimento andava a colorarli in diversi attimi. I capelli castani erano corti ed un poco spettinati.
“Piuttosto io sono Tsubasa Ozora e lui è Jun Misugi…” presentò il paladino con un sorriso “Tu come ti chiami?”
A quella domanda il viso del chierico si rabbuiò di colpo.
“Io non so come mi chiamo… veramente non so nulla del mio passato… so solo che due giorni fa mi sono risvegliato nei pressi di quel bosco…” la voce era incrinata da un’infinita tristezza, che prepotente varcò gli animi dei due ragazzi che lo stavano ascoltando. Tsubasa senza riflettere gli pose un braccio attorno alle spalle con fare rassicurante.
“Vedrai che presto riacquisterai sia la memoria!” gli disse convinto delle sue parole “Intanto puoi stare con noi finché non arriviamo a Kai, vero Jun?” chiese poi rivolto al mago, che annuì con decisone, avere un chierico nel gruppo non era affatto male, e poi quel ragazzo gli era simpatico e voleva aiutarlo.
“Sicuri che non sia troppo disturbo per voi?” la voce del giovane era ora più rilassata.

“Sicuro nessun disturbo!” replicò Jun sorridendo e facendogli un segno positivo.
“Ma dovremmo trovarti un nome… non possiamo chiamarti il chierico… è piuttosto brutto!” il viso di Tsubasa si fece pensieroso, guardò prima le vesti di Jun e poi quelle del giovane e seguendo tutto un filo logico suo basato sulle divinità decise di proporre un nome “Che ne dici di Taro?”
“Taro…” mormorò quel nome diverse volte fra sé e sé, sapeva di dolce e amaro, ma gli piaceva e quindi sorrise annuendo.
“E Taro sia allora!” sorrise Jun pensando a cosa quel nome implicasse e sperando che alla sua Dea la cosa non desse fastidio.

*^*^*

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia mescolato un poco le carte in tavola che avevo iniziato a disporre... ^_^
Siccome credo di non aver altro da dire se non un sincerissimo grazie a tutti quelli che stanno leggendo la fan e che la seguono!
Adesso vi lascio nelle mani del mio adorato Elloin... siccome il mondo è suo ci tiene ad aggiungere qualche nota  in fondo al capitolo :P
Vi lascio in oltre una foto di nebbia ed autunno che mi è piaciuta moltissimo... 
Chiedo anche scusa per l'impaginazione, ma con NVU non mi trovo molto ç_ç

Alla prossima!
Lily

Note by Elloin 

1. Le vesti dei maghi:  Su Fake i maghi si distinguono tra di loro in base alle vesti che indossano:
I maghi 'universalisti' cioè che studiano tutte le branche della magia senza particolare propensione verso una in particolare, indossano vesti blu, per cui sono detti maghi Blu, e sono famosi per girare spesso il mondo in cerca di nuove e strabilianti magie, cercando di non porre mai limite alla loro conoscenza, il colore delle vesti fu scelto dal leggendario mago blu Tesla che spiegò la sua scelta con queste parole 'Perché mi piace il Blu', quando al ritorno degli dei, la dea Crio, che era sempre stata considerata la patrona delle arti magiche, scoprì che ora i maghi portavano vesti blu, anche lei ne fu felice poiché anche a lei piaceva quel colore.
I maghi che si specializzano in una determinata branca della magia, ricercando il potere più che la conoscenza, indossano vesti nere, a scegliere il colore delle vesti fu la malvagia strega Mathoya, famosa per aver addestrato in passato i più potenti maghi specializzati nella necromanzia e nell'invocazione degli elementi, quando alcune categorie di maghi specialisti, come gli abiuratori, specializzati nelle magie di protezione, provarono a protestare poiché non apprezzavano un colore considerato dai più negativo, furono messi a tacere dal sommo mago Tesla, che apprezzava evidentemente anche il colore nero.
Ormai scomparsi, i Maghi bianchi, erano coloro che erano capaci di attingere alla magia divina nel periodo in cui scomparvero gli dei, attingendo, senza saperlo, ai poteri dei cristalli divini, oggi che gli dei si sono ripresi i loro poteri i maghi bianchi, per mantenere i loro poteri, si sono dovuti convertire e diventare chierici, oppure di sono orientati verso altri tipi di magia.
Ultimi ma non meno importanti sono i maghi rossi, considerati dei Nerd tra gli stessi maghi, capaci di controllare sia la magia divina sia quella arcana, spesso devono studiare tutta la vita per riuscire ad abbracciare ogni sfacettatura della magia, ma alla fine sembra non vi sia quasi nulla che non siano capaci di fare.

2. L'imperatore di Rais, Takeda, è da poco salito al potere, sembra che fino a pochi anni fa fosse solo un vassallo al servizio di un shogun minore, poi, dopo essere partito per un viaggio è ritornato dotato di una terribile armatura con le fattezze di un demone ed enormi poteri, dopo aver eliminato il suo corrotto signore si è messo all'opera per unire le terre di Reis, devastate da continui conflitti, raccogliendo numerosi consensi tra la popolazione e tra molti nobili. Ora che si è autoproclamato imperatore, governa saggiamente ma schiacciando con durezza ogni tentativo di ribellione, che continuano a susseguirsi a causa di alcuni Shogun che ancora non hanno accettato il suo regno. Si vocifera che sia immortale.

3. Gli Aspetti delle divinità: Sin dalla creazione del mondo gli dei di Fake hanno avuto problemi a tenere tutto sotto controllo, iniziarono così a creare degli 'aspetti', semidivinità nate dall'essenza di una divinità maggiore. Questi aspetti, seppure non potessano concedere magie divine ai chierici fedeli, fungono da agenti per gli dei che li hanno creati e sono adorati dai mortali come manifestazioni di un'area di interesse della divinità maggiore. Due esempi sono Lily, che rappresenta il dominio della magia della dea Crio e Gardenia Aspetto della musica della dea Verità

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Capitolo 4
*** Nemici nell'Oscurità ***


Nemici nell'Oscurità

Il bosco spettrale era ormai alle loro spalle e quasi appariva solo come un tenue ricordo di un incubo avvenuto in una notte lontana, eppure non era successo che il giorno precedente. Avevano ripreso da poco la strada maestra ora di nuovo costeggiata da campi, mentre nell’aria si iniziava a percepire l’odore caratteristico della salsedine. Il mare ormai non era più così lontano e da una collina sopraelevata potevano ben vederlo come linea azzurra che si stagliava all’orizzonte. Il sole anche se alto nel cielo, non riusciva a scaldare la terra e così l’aria attorno a loro era frizzante  e fresca. Jun sorrise dolcemente mentre camminava al fianco dell’amico di una vita, non poteva credere di essere quasi arrivato alla città di mare. Non poteva ancora credere di aver smentito tutte le previsioni funeste che la madre gli aveva propinato. Era felice, felice come non mai in vita sua. Pervaso da quella sensazione accelerò il passo suscitando il sorriso di Tsubasa e la perplessità del nuovo membro del gruppo.
“Cerca di non correre troppo! La tua Dea non scappa mica!” lo prese in giro il paladino facendo poi l’occhiolino a Taro, mentre il mago sbuffando riprendeva il passo normale e gli si affiancava nuovamente.
“Oh beh… lei ha tutta l’eternità davanti…” mormorò il mago alquanto piccato dalla frecciatina dell’amico, certo sperava ardentemente di rivedere la sua Dea una volta giunto a Kai, ma era solo una sua semplice illusione siccome lei non gli aveva mai accennato al fatto che si sarebbero rivisti, se non alla fine della missione. Ma come gli sarebbe piaciuto rivederla, vedere quegli occhi azzurro ghiaccio per perdersi dentro di essi ed affogare poi sulle labbra rosee. Affondare le mani nella sua chioma lilla e baciarla. Il suo viso doveva aver assunto una qualche espressione da ebete perché suscitò anche la risata del giovane chierico che sino a quel momento aveva detto poco o nulla, sempre immerso in quelle poche cose che riusciva a ricordare. Frammenti di luce a cui cercava di ridare in senso.
“Chiedo scusa…” disse subito Taro nascondendo poi il resto dell’ilarità dietro la mano, ma il mago fece un segno di diniego, era contento del suo ridere, anche se era a sue spese. Percorsero ancora qualche tratto di strada in silenzio, mentre alcuni carri passavano accanto a loro superandoli. Diverse volte Jun aveva pensato di fermarne uno e chiedere un passaggio sino alla città, ma poi ci aveva ripensato, avevano davvero pochi soldi con loro e forse non gli sarebbero nemmeno bastati per pagarsi il viaggio in nave, ammesso che una nave che salpasse per Ila ci fosse. Effettivamente aveva pianificato ben poco quel viaggio e ora se ne pentiva. Se non avessero trovato una nave cosa avrebbero fatto? No, non doveva pensare negativo, altrimenti tutto sarebbe davvero andato a rotoli! Scuotendo la testa cercò di cacciare via quei pensieri e per qualche ora assieme a Tsubasa avevano provato a fare diverse domande a Taro sul suo passato, ma davvero non ricordava nulla, a malapena si ricordava se un cibo gli piacesse o meno, siccome aveva guardato in modo strano la mela rossa che un contadino aveva offerto loro per aver recuperato un maiale che era scappato dal recinto. Con diffidenza l’aveva addentata, scoprendone poi che il sapore dolce gli piaceva moltissimo e quindi l’aveva poi mangiata con gusto. Verso metà pomeriggio un vento forte proveniente dalla costa si era alzato portando con se in un attimo nubi nere che oscurarono il cielo come una pesante coperta plumbea, nel giro di pochi attimi si scatenò il diluvio che costrinse i giovani a cercare riparo sotto un piccola pineta che cresceva sul limitare di una villa di campagna. Avvolti nei loro mantelli si erano riparati il più possibile in quell’intreccio di sempreverdi, sperando che la pioggia smettesse al più presto, ma con loro grande sfortuna fu solo quasi verso il crepuscolo che essa accennò a diminuire. Risolto il problema della pioggia però se ne presentò un altro siccome ormai era il tramonto e viaggiare non era più saggio. Jun imprecò fra i denti per quell’ennesimo colpo di sfortuna sulla sua strada e raccolto un sasso da terra lo scagliò verso il centro della pineta con quanta forza aveva in sé. Un sordo mugolio di dolore ed il tonfo di qualcosa di pensante che cadeva a terra li mise tutti in allerta. Tsubasa estraendo la spada dal fodero si avvicinò cautamente al luogo da dove aveva sentito provenire il rumore riscontrando alcune tracce di impronte fresche sul terreno, le quali si interrompevano di colpo al centro esatto di una piccolissima radura. Fermandosi a pochi passi dalle impronte il paladino mosse la spada, facendola cozzare contro qualcosa che era stesa a terra.
“C’è qualcosa qui! Ma temo che sia invisibile!”
“Oh non dovrebbe essere un problema, se mi ricordo bene la formula…” disse il mago avvicinandosi all’amico. Socchiude gli occhi cercando la giusta concentrazione, il suono della pioggia che ancora lenta continuava a cadere lo aiutava a rilassarsi. Sentì la magia scorrergli lungo tutto il corpo e fluire dalle sue mani tese verso quello che appariva vuoto, incanalandosi con tutta la sua potenza. Le parole dell’incantesimo uscirono quasi come una cascata dalle labbra del mago e dopo qualche attimo che le aveva pronunciate fu come se l'aria avesse iniziato a fremere, poi si contorse come se la magia l'avesse strizzata, e nel vortice di colori che si era formato appare una figura distesa a terra, un uomo a giudicare dalla stazza, vestito con gli abiti neri tipico di chi non vuole farsi vedere, nel buio della notte. Gli occhi di Taro erano vivamente sorpresi, non aveva mai visto nessuno lanciare una simile magia . . . oppure si? Un senso di malinconia prese possesso della sua anima, ma fu lesto a celarlo ad i due ragazzi. Cautamente si avvicinò anche lui per osservare il corpo disteso a terra. Molto evidentemente il sasso scagliato da Jun lo aveva colpito in testa facendolo precipitare a terra privo di sensi.
“Che fortuna, hai catturato un ladro senza nemmeno volerlo!” lo prese in giro Taro chinandosi accanto al soggetto svenuto per esaminargli la ferita, osservò che non era molto grave e di certo di lì a poco si sarebbe ripreso,
“Guarda che era tutto calcolato! Avevo sentito un rumore e così…”
“Certo, come no!” lo interruppe Tsubasa ridendo come un matto mentre legava il giovane “Fai prima a dire che è stato un bel colpo di fortuna!” rimessosi in piedi si caricò in spalla lo sventurato ladro e con il piccolo gruppetto seguì le tracce a ritroso. Giunti dinnanzi ad una villa due guardie armate di lance sbarrarono loro la strada, non fu difficile immaginare che il ladro fosse giunto da lì.
“Chi siete!? Cosa volete!?” chiesero rudemente scrutandoli con aria torva.
“Siamo dei viaggiatori e vorremmo parlare con il signore della casa…” rispose il mago con voce pacata.
“Ah si e per quale motivo?”
“Abbiamo trovato qualcosa che probabilmente appartiene a lui!” dette queste parole il paladino mostrò il corpo che portava a spalla.  I due uomini guardarono l’uomo privo di sensi e, dopo aver parlottato fra loro, uno si diresse verso la casa del suo signore tornando poco dopo assieme a lui. I tre ragazzi guardarono l’uomo avvicinarsi, era ben vestito e di aspetto distinto. Indossava una tunica verde smeraldo ed una calzamaglia nera ad i piedi portava stivali di cuoio nero, ed alla vita indossava una cintura ornata di pietre preziose. I capelli azzurri erano legati dietro la testa in una coda.
“Hiro mi ha detto che avete qualcosa per me. È vero?” chiese il nobile con voce gentile ma ferma, chiaro segno che per ora non era ostile agli avventurieri.
“Sì Signore è vero… abbiamo sorpreso questo ladro che fuggiva da casa vostra… o almeno così dicono le orme che abbiamo seguito” prese a spiegare il chierico.
“Lo abbiamo perquisito alla svelta e nelle tasche abbiamo trovato questo amuleto…” aggiunse Jun mostrando all’uomo una collana d’oro con un ciondolo a forma di goccia che fra le sue mani luccicava appena per la magia che vi scorreva dentro.
“Ma quello è l’amuleto della salute di mia moglie!” la sua espressione stupita fece capire ai ragazzi che non si era minimamente accorto del furto che aveva subito “Io non so davvero come potervi ringraziare!”
Diede un'occhiata ai fagotti che si portavano appresso e ad i loro vestiti bagnati, ''Sembrate viandanti, e di certo a quest'ora farete fatica a trovare un posto per la notte, se volete potete rimanere qui''
“La vostra offerta ci onora mio Signore.” Jun si profuse in un inchino, immensamente grato verso quell'uomo che risolveva tutti i loro problemi, seguendolo poi verso la casa “Permettetemi che mi presenti, il mio nome è Jun Misugi e questi sono Tsubasa Ozora e Taro.” Indicò i compagni che lo seguivano. Fermandosi di colpo  il Signore della casa si volte verso il paladino scrutandolo con estrema attenzione.
“Ozora hai detto? Il figlio di Koudai Ozora?” guardando meglio il ragazzo si accorse in effetti dell’incredibile somiglianza fra lui ed il padre, per non parlare della madre.
“Si signore, proprio lui, ma come fa a conoscerlo?” chiese abbastanza sconvolto.
“Devi sapere che io e tuo padre abbiamo combattuto assieme, forse ti ha parlato di me, Akira Tanaka, ma ora entriamo a riscaldarci avremo modo di parlare sta sera durante la cena.” E detto questo varcò la soglia di casa dando disposizione alle serve di preparare le camere ed un bagno caldo per i loro ospiti.
Immerso nell’acqua calda Jun sentì la tensione accumulata nei giorni precedenti sciogliersi, così come il freddo che gli si era annidato nelle ossa. Certo partire in autunno non era proprio il massimo, con il freddo imminente dell’inverno, ma non avevano potuto fare diversamente. Il profumo del sapone alla rosa gli fece ancora una volta pensare alla sua Signora. La sua Dea. Il grande amore della sua vita che non sarebbe mai riuscito a coronare. Il bussare lieve alla porta lo fece sobbalzare.
“Si?”
“Sono la cameriera, le ho portato dei vestiti puliti” mormorò una voce morbida all’altro capo ed immediatamente il giovane uscì dall’acqua avvolgendosi attorno alla vita un asciugamano di lino, un po’ lo imbarazzava che la donna entrasse, ma non poteva mica restare nudo durante la cena attendendo che i suoi vestiti fossero pronti, la fece così entrare, ma lei con molto riguardo lasciò i vestiti accanto al camino e, dopo aver ravvivato le fiamme, uscì avvisandolo che la cena sarebbe stata servita di lì a pochi minuti. Vestendosi velocemente si asciugò i capelli alla meglio scendendo così nella sala grande dove il tavolo di legno era stato riempito di ogni sorta di prelibatezza. Prima di prendere posto Akira presentò sua moglie e la sua figlioletta di appena cinque anni ad i suoi ospiti.
“Vi ringrazio ancora infinitamente per aver ritrovato la collana di mia moglie, purtroppo senza quella non le sarebbe rimasto molto da vivere…” e la voce ebbe una note di tristezza.
“Veniamo a noi caro ragazzo… come vanno le cose in famiglia? Tuo padre come sta? E tua… madre?” ci mise un po’ a chiedergli della donna e la cosa non sfuggì affatto al ragazzo che strinse con forza le bacchette fra le dita.
“Beh diciamo che le cose vanno bene… mio padre sta per tornare dalla capitale e… anche mia madre sta bene… insomma le cose si stanno aggiustando, piano, piano…”
“Uhm capisco… quindi i tuoi stanno ancora assieme? Bene…”
La risata della piccola Momo fece volgere tutti i presenti ad osservare la scena. Taro sedeva accanto a lei e con il tovagliolo avvolto attorno ad una mano impersonava il “serpente del solletico” e ogni tanto fingeva di attaccarle il fianco facendola divertire un mondo.
“Momo fai la brava… non disturbare i nostri ospiti!” la redarguì la madre scuotendo il capo bonariamente, mentre il viso della piccola si rabbuiava di colpo.
“Oh no Signora la prego non la sgridi! Non da alcun fastidio… anzi è bello giocare con lei…” mormorò il giovane chierico perso in qualcosa che poteva anche somigliare ad un ricordo. Una figura nera che correva accanto a lui, due bambini? Non sapeva dirlo, sapeva solo che uno dei due era lui, mentre l’altra persona restava sfocata ad appena pochi passi da lui, ma rideva, rideva dolce e piena di felicità, nostalgia di tempi lontani prese possesso di lui. Uno sguardo in direzione del chierico fece capire a Jun che era sprofondato in qualcosa di totalmente suo e per non far intravedere quel qualcosa ai loro ospiti si rivolse alla piccola.
“Vuoi vedere una magia?” le chiese dolcemente e lei battendo felice le mani corse verso di lui, facendosi poi mettere in braccio “Dalla tua reazione presumo che sia un si!” rise il ragazzo che per qualche attimo rimase silenzioso, quindi s’illuminò di colpo e, richiamando alla mente le sue prime lezioni di magia, eseguì una prestidigitazione, facendo apparire dal nulla una bellissima rosa color pesca che mandò in estasi la piccola.
“Ancora, ancora per favore!” lo supplicò dolcemente la bambina guardandolo con i suoi grandi occhi azzurri.
“Vediamo cosa posso fare!” concentrandosi qualche attimo nella sua mano venne evocata una fiammella azzurra che si alzò in aria, iniziando poi a danzare al ritmo del battito delle sue mani.
E così alla fine della serata la piccola Momo si ritrovò con tanti bellissimi regali da parte del mago. Akira stupefatto aveva sorriso ai giovani e li aveva invitati poi a trattenersi con lui nella sala per qualche altra chiacchierata prima di coricarsi, mentre la moglie portava a letto la piccola che non si voleva staccare dalle gambe di Jun e Taro, che erano stati così carini con lei.
“Facciamo una cosa” asserì il mago cercando di calmare il capriccio dettato dalla stanchezza “Io suono qualcosa col flauto e tu poi vai a nanna da brava, va bene?”
Annuendo con vigore la piccina corse in braccio a Taro, mentre l’amico estraeva lo strumento dalla custodia e lo accostava alle labbra iniziando a suonare una dolcissima ninna nanna, la stessa che sua madre gli suonava quando non riusciva ad addormentarsi e così in pochi attimi anche la piccola Momo cadde in un dolce sonno ristoratore, pieno di farfalle ed unicorni che giocavano con lei.
“Siete davvero un ottimo musicista!” disse il Signore della casa, mentre anche la moglie si complimentava e cercava di togliere la piccola dalle braccia del chierico.
“Se volete posso portarla io di sopra così non vi affaticate!” si offrì Taro
“Ma no, vi abbiamo già arrecato troppo disturbo!” un'espressione di imbarazzo passò sul viso della donna, colpita dalla gentilezza del ragazzo, mentre questi si alzava e accompagnava la bambina fuori dal salotto. Qualche attimo di silenzio cadde dopo quel breve scambio di parole ed Akira sospirò.
“Voi siete benedetti! Prima avete riportato il medaglione di mia moglie e ora siete così gentili con la mia bambina! Come potrò davvero mai ringraziarvi?”
“Il solo fatto che ci abbiate dato un tetto ed un pasto caldo è già un grosso ringraziamento, non eravate tenuto a farlo!” Tsubasa sorrise verso l’uomo, suo padre aveva ragione ,era davvero una persona di animo buono e generoso, era molto contento di averlo incontrato. A parte il primo momento d’imbarazzo dovuto alla storia dei suoi genitori che ormai lo perseguitava dalla nascita, la cena era stata molto piacevole, anche se l’argomento spinoso era stato lasciato indietro, ma ormai non poteva più essere rimandato.
“Allora cosa ci fate da queste parti? Dove siete diretti?” chiese il nobile, mentre i due si guardavano cercando di capire quale fosse la cosa migliore da dire, in fondo, per quanto potesse essere gentile, non sapevano se potevano davvero fidarsi di lui.
“Siamo diretti all’accademia di Tesla per affinare le nostre tecniche, siccome sappiamo che è la migliore al mondo.” disse Jun annuendo alle sue stesse parole per darvi più enfasi, infondo non aveva detto una vera e propria bugia, siccome quella era davvero la loro meta finale.
“Così lontano?” Akira era stupito da quello che aveva appena ascoltato “Vi faccio allora i miei migliori auguri e che gli Dei vi proteggano!” alzò quindi il calice in loro direzione, mentre Taro tornava nella stanza e prendeva posto accanto a Tsubasa osservando il calice di liquore che aveva fra le mani.
“Vuoi assaggiare?” gli chiese teneramente il paladino porgendoglielo. Il chierico prese il bicchiere fra le mani e dopo averlo annusato con circospezione mandò giù un piccolo sorso di liquido cristallino che gli bruciò tutta la gola. Lo diede di nuovo al ragazzo con una smorfia dipinta sul viso. No decisamente quella cosa non faceva per lui.
“Oh mia Dea ma che roba è?!” chiese quando ebbe riottenuto l’uso della parola.
“E' sakè, non lo hai mai assaggiato ragazzo?” chiese smettendo di ridere ed osservando il giovane con interesse.
“Forse l’ho assaggiato mio Signore, ma purtroppo non ho memoria del mio passato… sembra che abbia perso i ricordi pochi giorni fa” sospirò tristemente posando la schiena contro il divano su cui sedeva. Il viso dell’uomo assunse un’espressione stupita ed  affranta.
“Mi dispiace ragazzo! Spero tu possa ritrovare presto i tuoi ricordi! Ma davvero non ricordi proprio nulla?”
“No, la prima cosa che ricordo sono i visi di Tsubasa e Jun, quando mi hanno salvato, per il resto ho solo buio”.



Restarono a chiacchierare amabilmente con lui per alcune ore, quando, mentre si stavano scambiano la buona notte, un grido di terrore dal piano superiore li fece scattare in azione, corsero rapidamente su per le scale, dove trovarono la moglie dell’uomo. L’espressione di lei era di puro orrore mentre fissava la porta della stanza della figlia che era stata divelta da quella che sembrava una potente forza magica, l'interno della stanza era vuoto.
“La mia bambina! Hanno preso la mia bambina!” urlava la donna mentre si gettava fra le braccia del marito che la stringeva forte a se.
“La troveremo tesoro te lo prometto! HIRO!?” urlò l'uomo, in un misto di rabbia e dolore, lasciando la moglie nelle abili mali delle cameriere. Il capo delle guardie arrivò poco dopo e fu preso subito per il colletto della cotta di maglia “Come diavolo è possibile che tu non sia riuscito ad impedire che rapissero mia figlia!?” gli chiese furioso sputacchiandogli anche qualche goccia di saliva sul viso che aveva assunto un colore cinereo.
“Io non lo so mio signore.. non lo so…” balbettava sudando in modo indescrivibile.
“Non lo sai perché hanno usato una magia!” la voce di Jun arrivò a salvare Hiro dalle ire del suo signore.
“ Guardate...” Jun chiuse gli occhi, tentando di riportare alla mente uno degli ultimi incantesimi che aveva imparato, era piuttosto difficile, ma concentrandosi sull'immagine della dea che portava sempre con sé l'incantesimo sembrò riaffiorare evidente nella sua mente. Mentre mormorava le parole arcane, evocò degli spruzzi di colore magico, che andarono a colorare quello che sembrava una corda trasparente che partiva dal centro della stanza e proseguiva fuori dalla finestra, “Quella è una scia di energia magica, si è creata quando il rapitore si è teletrasportato nella stanza, e ora, per un breve periodo lo seguirà ovunque vada, una traccia perfetta per inseguirlo, però dobbiamo stare attenti, a giudicare dalla potenza di questa aura magica, deve essere un incantatore da non sottovalutare.”
“Hiro, ti ordino di prendere tutti gli uomini che riesci e di seguire quella scia” ringhiò Akira al comandante delle guardie che, senza farselo ripetere due volte corse rapidamente al piano di sotto.
“Andiamo anche noi!” Tsubasa alzò risoluto lo sguardo verso l'uomo, ”ci siamo affezionati subito a Momo, sono certo che nessuno di noi possa pensare di saperla in pericolo senza correre in suo aiuto”
Il signor Akira non rispose, affascinato dallo spirito di qui tre giovani, che rapidamente corsero dietro Hiro per recuperare il loro equipaggiamento e partire all'inseguimento.

La corda di energia magica proseguiva dritta verso le montagne e i tre eroi, Hiro e dieci uomini cavalcavano rapidamente in quella direzione, con il vento della notte invernale che gelava i loro corpi, ma senza che a nessuno di essi ne importasse. Il cielo si stava rasserenando dopo l'acquazzone e la luna piena illuminava con luce argentea la via che iniziava a diventare sempre più scoscesa. Ad un tratto gli inseguitori furono obbligati ad abbandonare i cavalli e a proseguire a piedi poiché le rocce aguzze potevano azzoppare con facilità i cavalli e nessuno voleva rischiare di perdere di vista la scia nel tentativo di aggirarle.
Ad un tratto però, mentre stavano avanzando con fatica tra i massi che tagliavano loro mani e vesti, videro non molto lontano la traccia entrare in una grotta, non fecero però in tempo a gioirne che apparve, davanti a alla caverna, una figura ammantata di nero. “Stupidi idioti” la figura parlò con voce profonda “Siete caduti nella mia trappola”, poi, con un rapido gesto della mano evocò una selva di ragnatele magiche che si sparsero nell'aria, andando a piombare sugli inseguitori, e tutti coloro che ne venivano toccati, cadevano in un sonno profondo. Jun pronunciò un rapido contro-incantesimo che dissolse parte delle ragnatele, proteggendo se stesso e i due amici, ma quando rialzò lo sguardo x affrontare l'uomo nero questi era già sparito, per cui si affrettarono ad entrare nella grotta, voltandosi appena indietro per vedere che tutti gli altri uomini erano caduti addormentati.
Dentro la grotta l'oscurità profonda non era mitigata dalla debole luce lunare per cui Jun dovette evocare una piccola sfera di luce che illuminasse loro il percorso, fluttuando a poca distanza davanti a loro.
La grotta , capirono be presto, era in realtà l'ingresso di un lungo tunnel che scendeva sempre più nella montagna, appena largo abbastanza da far passare senza fatica un uomo magro, Tsubasa imprecò infatti più volte, poiché l'armatura lo faceva incastrare tra le rocce, e ormai gli spallacci erano pesantemente ammaccati e graffiati.
Un ruggito all'improvviso annunciò che qualcosa di molto grosso si trovava davanti, poco al dì fuori del circolo d'ombra creata dalla piccola luce di Jun, ma ciò non riuscì comunque a preparali a dovere all'attacco a sorpresa, solo Taro, illuminato da un'improvviso istinto, riuscì a reagire con prontezza.
“Tutti giù” gridò, appena prima che il soffio rovente riempisse il tunnel di pietra davanti a loro. Il mago e il paladino si gettarono a terra, pur consci di quanto ciò fosse inutile, ma il calore del fuoco non li raggiunse mai. In piedi, davanti a loro, Taro stava evocando un muro di gelo che li separava dalle fiamme e dall'orrida creatura munita di quattro teste serpentine che le stava soffiando. “Cavolo, allora sei utile” rise Jun alzandosi, prima di notare che il chierico era concentrato in una profonda trance meditativa per mantenere integra la barriera di ghiaccio, “Questo é davvero un avversario tosto” ringhiò Tsubasa, “ma non possiamo fuggire, Momo potrebbe essere là dentro”, impugnò con entrambe le mani la spada lunga, attendendo che l'idra si fermasse per riprendere fiato.
Non appena le fiamme smisero di uscire dalle orride fauci, Taro dissolse la barriera con una rapido ringraziamento alla dea Crio, impugnando poi il bastone ferrato per combattere, mentre il paladino caricava il mostro, recidendone con un solo colpo una delle teste.
“Ho letto troppi libri dove gli eroi si trovano a combattere idre con decine di teste, questa è una Pyroidra, se non cauterizzate subito il moncone con il gelo cresceranno rapidamente altre due teste” spiegò Jun, mentre cercava la concentrazione necessaria per ricordare un incantesimo utile.
Le tre teste rimanenti scattarono all'unisono contro il giovane guerriero che saltò all'indietro, andando a sbattere contro la parete della grotta, a quanto pareva si trovavano in una stanza circolare scavata nella roccia, abbastanza grande per contenere l'idra, ma non abbastanza per combattere agevolmente.
Jun nel frattempo, dopo aver schivato per un soffio un'artigliata dell'idra, aveva ricordato un incantesimo da battaglia, che, a detta del suo maestro, andava bene contro ogni nemico, e con un guizzo un dardo di energia incantata, partendo dalla punta delle sue dita, sfrecciò contro il nemico, colpendolo al petto. La bestia urlò di dolore e si inarcò, dando il tempo a Tsubasa di rialzarsi e a Taro di lanciare il suo attacco.
“Potente dea dal cuore di ghiaccio, donami il tuo potere così che possa non avere pietà dei miei nemici” intonò, mentre infinite schegge di ghiaccio fuoriuscivano dalla sua mano, congelando il moncone e un'altra delle teste dell'idra. Le altre due teste rimaste però, ormai più furiose che mai, scattarono questa volta verso i due incantatori, Taro si protesse con il suo bastone, ma Jun non fu altrettanto abile, e le zanne si chiusero sul suo braccio. Il mago, gridante e incapace di lanciare incantesimi, fu sollevato in aria per essere divorato, e mentre guardava da vicino negli occhi terribili dell'idra, pensò che era davvero triste morire così, deludendo la sua dea. Poi gli occhi della bestia si avvicinarono e Jun chiuse i suoi. Non successe nulla. Poi si sentì ad un tratto piombare al suolo, l'impatto gli tolse il respiro, ma si costrinse subito ad aprire gli occhi per potersi difendere, ma ormai non ce ne era più bisogno. La lama della spada di Tsubasa era piantata in profondità nel ventre dell'idra, e doveva averne raggiunto il cuore, mentre quella di Hiro aveva tagliato con facilità la testa che aveva afferrato Jun.
Il mago alzò lo sguardo sulla guardia “Grazie Hiro, ti devo la vita”. L'uomo sorrise “Ho fatto solo il mio lavoro, presto, dobbiamo trovare Momo, mi pare di aver sentito la sua voce provenire da là in fondo” indicò un corridoio in ombra in fondo alla stanza.

Jun tentò di rialzarsi, ma il sangue fuoriusciva copioso dalla ferita al braccio e ormai non aveva più forze, “Aspettatemi, potrebbe esserci anche quel mago oscuro, e io sono l'unico che potrebbe tentare di proteggervi dai suoi incantesimi”, Taro sorrise e si avvicinò all'amico, “Con quella ferita non vai di sicuro da nessuna parte, fammi vedere” si inginocchiò e gli sfiorò il braccio mormorando una preghiera, scintille di energia positiva vorticarono attorno all'arto ferito, andando a rimarginare la carne e a ricongiungere i lembi di pelle. Il braccio del mago era come nuovo. Taro anticipò le parole dell'amico quando questi aprì la bocca “Non devi ringraziare me, ma la dea Crio,” poi sorrise “e poi è anche la madre della dea Lily, no? Quindi dovresti avere anche altri motivi per ringraziarla”.
Jun chiuse gli occhi e ringraziò mentalmente la signora del freddo, dopodiché si rialzò.
I quattro si inoltrarono cautamente nel corridoio, preceduti dalla fioca luce di Jun, e dopo pochi metri si ritrovarono in un'altra stanza, più piccola della precedente, ma come l'altra completamente spoglia, se non per una piccola sedia in un angolo su cui sedeva la bambina.
“Finalmente siete arrivati, il signore col mantello nero mi ha detto di aspettarvi qui, e quando arrivavate dovevo darvi il premio” scese dalla sedia e si avvicinò a ciascuno di loro, dandogli un bacino sulla guancia.
I tre ragazzi e Hiro si guardarono negli occhi, chiedendosi cosa diavolo fosse successo quella notte, e soprattutto chi fosse il mago misterioso ammantato di nero.


“E così era una trappola, ma per chi?” Akira era pensieroso mentre, nel suo studio, gli eroi gli raccontavano ciò che era accaduto. La bambina, appena tornata a casa, era crollata dal sonno, ed era stata riportata a letto dalle amorevoli braccia dei genitori, mentre questi piangevano di gioia.
“Avete almeno idea di chi potesse essere il rapitore?” chiese il nobile.
“Beh, non siamo riusciti a vederlo in volto, ma a giudicare dal colore delle vesti e dai poteri, molto probabilmente si tratta di un mago Oscuro” ipotizzò Tsubasa,
“Un mago Oscuro?” Akira alzò un sopracciglio,
“Certo,” spiegò Jun, “non vanno confusi con i maghi Neri, i maghi Oscuri sono incantatori che hanno votato la loro magia alla divinità del male Yami, ottenendo in cambio immensi poteri”.
“Non riesco però a pensare cosa volesse un mago oscuro da lei, mio signore” intervenne Hiro, “a meno che i suoi bersagli non fossero questi tre ragazzi . . .”, il nobile rise, interrompendolo “Hiro, tu viaggi troppo con la fantasia, sono solo ragazzini, cosa pensi vorrebbe mai un mago tanto potente da loro? E' più probabile che si sia trattato di un errore. Anzi, ora che mi ci fate pensare, non vi ho ancora ringraziato a dovere per tutto il vostro aiuto, se non ci foste stati voi non avrei più potuto abbracciare mia figlia”.
Si allontanò un attimo, entrando in una stanza laterale, per ritornare con un sacco pieno di monete tintinnanti, che appoggiò sul tavolo davanti a Tsubasa.
“Ma saranno un migliaio di monete d'oro!” azzardò Jun, spalancando la bocca,
“Sì, più o meno,” ammise il nobile, “è il minimo, per ciò che avete fatto per noi”
“La vostra generosità ci onora, ma non possiamo accettarle.” Disse Jun guardano i compagni che annuivano alle sue parole.
“Non dire sciocchezze ragazzo! Ve lo siete meritato e mi offenderei se non lo prendeste”
Al sentire quelle parole i giovani, non seppero più cosa rispondere, certo l’oro avrebbe fatto loro comodo, ma un poco si sentivano in colpa nel prenderlo. Vedendo la loro indecisione Akira sorrise e messo il sacchetto nelle mani di Tsubasa sorrise.
“Vi siamo davvero grati, ma ora dobbiamo ripartire per il viaggio” disse il paladino profondendosi in un inchino seguito dagli altri due “Vi ringrazio ancora e che la vostra famiglia sia benedetta!”
Presero così congedo salutando l’uomo e la moglie, facendo anche promettere loro che avrebbero dato un bacio alla piccola Momo. Sospirando colmi di orgoglio i tre giovani ripresero la via, mentre i primi raggi del sole facevano capolino illuminandoli con benevolenza.

*^*^*

Innanzi tutto volevo ancora una volta Augurare Buon Anno a tutti!
Spero che questi giorni siano stati bellissimi e che il nuovo anno sia iniziato per il meglio!
E volevo anche chiedere scusa per la lunga attesa, ma questo capitolo è stato veramente un parto difficile ç___ç
Allora prossima!

Bacioni
Lily

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