Memories of Snow di Lily BlackRose (/viewuser.php?uid=15708)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mago e la Dea ***
Capitolo 2: *** Onore & Amicizia ***
Capitolo 3: *** Cadono le foglie, inizia l'avventura! ***
Capitolo 4: *** Nemici nell'Oscurità ***
Capitolo 1 *** Il mago e la Dea ***
Il mago e la Dea
Il vento scuoteva le bianche tende di seta dello
studio dove il mago sedeva silenzioso alla scrivania, intento a
copiare,
delicato, un incantesimo sul
suo libro
stracolmo. L’aroma di cuore d’ambra che usciva
dall’incensiere gli solleticò le
narici. Alzando appena lo sguardo captò la serena armonia
che vibrava
all’interno del giardino. Sospirò dolcemente
osservando la luna lilla che in
quel momento faceva capolino da dietro una veste di nubi. Concludendo
con un
ghirigoro l’ultima lettera dell’incanto, si
alzò dalla sedia di legno, andando
verso la porta scorrevole che dava all’esterno, mentre un
tenue sospiro
gl’increspava di nuovo le labbra. Delicatamente
posò i piedi sulla fresca erba
che iniziava a bagnarsi di rugiada e prese a camminare lentamente per i
viottoli
che il giardino gli permetteva di
percorrere. Sorridendo fra se e se, il giovane pensava a quanto fosse
stato
fortunato nella sua vita di mezz’elfo. Nascere
a Hikari aveva certo rappresentato un’immensa grazia. Siccome
era una delle
città più ricche e fiorenti nell’isola
di Reis , oltre al fatto che le scuole
di magia erano le migliori.
Giunto al lago estrasse dalla tasca un flauto di legno
finemente
intagliato che era stato creato per lui da uno dei migliori artigiani
del
continente. Accostandolo alle labbra prese a suonare una dolce melodia
dedicata
alla Dea Lily, signora della neve e protettrice dei maghi, da lei molto
amati.
Lasciando che la melodia impregnasse l’aria e si spandesse
attorno a lui come
una miriade di farfalle colorate, il mago abbassò per un
attimo lo sguardo a
fissare le calme acque del laghetto dinnanzi e se e con sua enorme
sorpresa, vi
vide riflesso un viso di donna. Colto alla sprovvista smise
immediatamente di
suonare per guardarsi attorno alla ricerca di qualche intruso, essendo
che non
vi era nessuno, rivolse ancora una volta la propria attenzione alla
figura
riflessa.
“Chi siete?” le domandò incuriosito
strappandole un sorriso.
“Mi stupisce che tu non mi riconosca, pur conservando in
segreto un mio
ritratto...” dette quelle esili parole, il riflesso
iniziò ad uscire dall’acqua
avvolto in un turbinio di gocce d’acqua cristallizzate,
prendendo forma umana,
sotto gli occhi increduli del mago.
“Chiedo perdono per non avervi riconosciuta immediatamente
Lily della Neve, mia
Dea!” rispose il ragazzo proferendosi in un inchino, mentre
la donna poggiava i
piedi scalzi a terra e portava una mano alle labbra rosee per celarvi
dietro un
sorriso. Alzando nuovamente gli occhi castani e tornando ad una
posizione
eretta, l’arcanista, si soffermò un attimo ad
osservarla. Era bellissima. La
sua figura esile appena coperta da un vestito di seta color della luna,
la
pelle diafana risplendeva alla poca luce che vi era in quel momento in
giardino. I lunghi capelli lilla incorniciavano un perfetto visetto da
bambola
in cui brillavano due occhi azzurri venati di viola. Il tatuaggio della
rosa
era visibile a tratti sulla spalla sinistra, ogni qualvolta il vento le
spostava la veste. Divertita da quell’attento esame, la Dea
non potè fare a
meno di ridacchiare, col risultato di far arrossire nuovamente il mago.
“Vi chiedo perdono mia signora... io non volevo mancarvi di
rispetto...”
abbassò nuovamente il viso a guardare la tenera erba verde.
Il suo cuore
batteva all’impazzata, non poteva credere che la figura che
aveva dinnanzi
fosse proprio la sua dea. Una mano dal tocco gentile gli fece alzare
nuovamente
il viso così che i loro occhi potessero incontrarsi
nuovamente.
“Suona per me...” gli chiede dolcemente la donna
accomodandosi su di una pietra
poco distante ed osservando il giovane affabile. Colto alla sprovvista
il
ragazzo accostò immediatamente il flauto alle labbra,
suonando la sua melodia
preferita “Il cantico della luna e del sole” questa
canzone era dedicata
proprio alla dea Lily ed al suo fratello gemello. Deliziata dalle note
del
flauto che le fluttuavano attorno come dolci petali di Sakura, la
fanciulla
socchiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella calma. Quando le note
giunsero alla fine, il silenzio tornò a regnare sovrano.
“Sei un ottimo flautista. Se tu non fossi già mago
ti consiglierei questa
professione, ma...” fece una piccola pausa, mentre una vena
di inquietudine le
attraversava il viso facendo preoccupare anche il giovane che aveva
davanti
“Ma... sono qui per affidarti una missione... sei il solo
puro di cuore di cui
possa fidarmi...” una piccola folata di vento
scompigliò i capelli di entrambi.
*^*^*
Va
bene ora che l'avete letta potete anche tirarmi i pomodori u_u
Volevo dedicare questa Fan a Melanto che con la sua Elementia mi ha
dato lo slancio per capire che anche i nostri campioni posso finire in
un mondo fantasy :P e poi volevo dedicarla anche al mio ragazzo
Elloinilbardo da cui ho preso il allegramente il mondo dopo averci
fatto una bellissima avventura di D&D *_* tu sai quanto ho
amato Fake!
Aggiungo anche che questa fan è il continuo di questa
giocata e quando ci sarà bisogno metterò le
spiegazioni giù in basso!
Un
bacione
Lily
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Capitolo 2 *** Onore & Amicizia ***
Onore & Amicizia!
“Tu sei
folle Misugi!” l’affermazione di Tsubasa
arrivò come
un torrente in piena travolgendo il giovane, che però rimase
a galla e fingendo
indifferenza. Si era aspettato una reazione simile da parte
dell’amico ed ora
stava nella sua bravura riuscire a convincerlo facendo leva sulla cosa
che più
gli premeva sul cuore: riconquistare l’onore perduto della
famiglia Ozora.
Purtroppo erano ormai diversi anni che la nobile famiglia era caduta in
disgrazia a causa del tradimento della signora Natsuko, la madre di
Tsubasa.
“So che è un impresa difficile, ma sono certo che
ce la possiamo fare!”
continuò Jun tranquillamente mentre accostava alle labbra
una coppa di vino
elfico rosso, era uno dei migliori e più costosi che si
potessero acquistare in
quel periodo su Reis, segno che gli Ozora avevano ancora qualche buon
amico fra
gl’elfi. Roteando il liquido color rubino
all’interno del bicchiere di
cristallo riprese a parlare “Dobbiamo solo trovare una nave
che ci porti sino a
Ilia, così da evitare Darken, lo stato malvagio, e poi da
lì proseguire sino a Mura, che si trova nello stato di
Nives.”
“Jun... per quanto la tua idea mi alletti, non ho prove che
quello che tu mi
stai dicendo sia vero! Insomma dovrei credere che Lily, la
divinità da poco
ricomparsa di voi maghi blu, ti sia apparsa in giardino due notti
orsono
dandoti una missione? Scusa ma mi riesce difficile! Ci sono milioni di
maghi su
Fake... perché proprio da te è venuta? Insomma
sei appena diventato mago, fino
a qualche mese fa non eri altro che un apprendista! La fai facile tu...
ma Nives non è dietro l'angolo come la fai sembrare... sono
mesi e mesi di viaggio!” nella voce di Tsubasa si
leggevano chiaramente i dubbi che lo tormentavano, dall’altro
lato, la voglia
di partire all’avventura e di ridare lustro al nome di
famiglia era palese.
Posando il bicchiere Jun incatenò lo sguardo a quello
dell’amico in un gioco
così potente che i bicchieri tremarono dalle vibrazioni che
emanavano.
Purtroppo non aveva modo di dare risposta alle domanda che
l’amico gli stava
ponendo e che anche lui in quei giorni si era chiesto diverse volte.
Già perché
proprio lui? Scuotendo la testa il giovane mago distolse infine per
primo lo
sguardo sospirando.
“Non so perché tutto questo Tsubasa, non so
perché a me, ma so che devo fare
quello che mi ha chiesto… è la mia Dea e non
voglio deluderla! Quindi fra tre
giorni io partirò, con te o senza di
te…” dette quelle poche parole il
mezz’elfo si alzò posando il bicchiere ormai vuoto
sul tavolo. Il tono che
aveva usato era stato duro ed inflessibile, chiaro segno che la
decisione ormai
era stata presa e lui non avrebbe cambiato di certo idea solo per i
dubbi
dell’amico. Il vento prese a soffiare, spazzando
così il giardino ben ordinato
di casa Ozora. Gl’occhi color nocciola del mago si persero
alla vista del
salice piangente scosso dalla forza di quell’elemento che lui
appena riusciva a
governare. Certo, Tsubasa aveva ragione, di cose da imparare ne aveva
moltissime
e forse sarebbe anche morto nell’impresa, ma poco gli
importava perché era
stata LEI a chiederglielo e lo avrebbe fatto. Nuvole nere iniziarono ad
addensarsi all’orizzonte facendo infine riscuotere
l’incantatore dai suoi
pensieri.
“Sarà meglio che mi avvii, ti ho già
sottratto troppo tempo!” dette quelle
parole si alzò in piedi e dopo un breve inchino si
avviò verso l’uscita che
ormai conosceva. Era quasi giunto sulla soglia della porta scorrevole
che la
mano di Tsubasa gli si posò sulla spalla facendolo poi
volgere.
“Vengo con te! Sia mai che lasci solo un amico e
poi… un’impresa era proprio
quello che mi serviva per riabilitare il buon nome della mia
famiglia… e anche
se Lily delle nevi non è la mia Dea, chissà,
magari potrebbe mettere una buona
parola con il mio…” disse il giovane facendo poi
l’occhiolino all’amico ed
entrambi scoppiarono a ridere.
“Grazie! Non dimenticherò quello che stai facendo
per me… e ti devo anche un
enorme favore per questo!”
“Ah non ti preoccupare… piuttosto come farai con
tua madre? Già la vedo con i
lacrimoni attaccata al tuo braccio… “
ridacchiò Tsubasa cercando poi di imitare
la voce della donna “Oh Jun tesoro non andare… il
tuo cuore potrebbe non
reggere…”
La faccia del mago assunse uno strano colorito verdognolo, in effetti
non aveva
minimamente pensato a cosa potesse dire alla madre per persuaderla che
doveva
proprio partire, ma forse se prima parlava con suo padre aveva qualche
buona
possibilità.
“Di questo non ti preoccupare… qualcosa
riuscirò ed inventarmi…” scosse il capo
passandosi una mano dinnanzi al viso “Partiamo fra quattro
giorni all’alba!”
quindi prese definitivamente commiato uscendo in strada ed inspirando
profondamente la frizzante aria dell’autunno ormai inoltrato
che quasi tendeva
all’inverno. Si sarebbe presto partito e l’idea
dell’avventura che lo attendeva gli solleticava
l’animo, oltre al fatto che
sperava di rivedere presto anche la sua Dea. Sì, sarebbe
andato tutto bene, o
almeno così pensava ingenuamente.
^*^*^
Grazie
a tutti quelli che stanno passando a leggere Fan e grazie ancora per i
commenti che mi hanno lasciato Melanto e Elloin... spero che questo
capitolo non vi abbia deluso... so che ancora non è successo
nulla, ma vedrete che nel prossimo vi sarà una piccola
scossa. ^_* Per farvi poi capire bene il mondo cercherò di
farmi fare una mappa decente dal mio amore e la metterò
disponibile qui XD
Bacioni
Lily!
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Capitolo 3 *** Cadono le foglie, inizia l'avventura! ***
Cadono le foglie, inizia l'avventura!
Il sole
iniziava appena a fare capolino dietro al monte,
tingendo d’oro le punte degli alberi che attorniavano il
villaggio. La nebbia
si stava pian piano diradando, lasciando il posto a quella che sarebbe
stata
una bella e fresca giornata di metà autunno. Gli alberi
attorno al paese
stavano già perdendo quasi tutte le loro foglie, ma quelle
che ancora
resistevano attaccate ai rami erano dei più sgargianti toni
del rosso e del
giallo e la luce che il sole proiettava su di loro le metteva ancora
più in risalto.
Infagottato nel suo mantello e con lo zaino in spalla Jun
uscì dalla sua bella
casa. Si volse indietro per qualche secondo a guardarla, forse per
molti mesi o
anni non vi avrebbe fatto ritorno e così voleva portarne con
se il ricordo più
vivido che poteva. Guardò il tetto di legno rosso che
spioveva su tutta la
struttura, casa sua era a pianta quadrata ed un poco rialzata da terra
e tutto
attorno vi correva uno splendido giardino ben curato. Da li non lo
poteva vederla,
ma nel retro vi era una piccola veranda e poco più in
là, verso il laghetto in
cui la Dea gli era apparsa, un pergolato su cui si arrampicavano piante
di uva
fragola. Più volte si era maledetto per non aver offerto
nemmeno un chicco di
quella dolcissima uva alla sua Dea, e avrebbe dovuto farsi perdonare
per
quello. Un muro di mattoni circondava la casa e dinnanzi ad essa vi era
un
cancello di ferro battuto fra le cui ante stava in piedi suo padre a
guardarlo.
L’uomo gli sorrise posandogli le mani sulle spalle.
“E’ meglio che tu vada o farai tardi…
sta attento figlio mio e facci avere tue
notizie…” disse l’uomo stringendo il
giovane in forte abbraccio che prontamente
veniva ricambiato.
“Non ti preoccupare papà andrà tutto
bene! A presto!” con un ultimo sorriso e
cenno della mano verso la madre alla finestra il mago si
avviò lungo la strada
principale. Avrebbe dovuto attraversare tutto il villaggio, siccome la
casa
dove risiedeva era quasi alle pendici del monte. L’aria
frizzante del mattino
gli solleticava il viso, mentre procedeva a passo svelto. Il paese
stava
iniziando pian piano a svegliarsi, in qualche casa le finestre erano
già aperte
e si potevano intravedere le donne che preparavano la colazione per i
loro
figli e mariti. Qualche contadino passava accanto Jun diretto ad i
campi dove ancora
vi era qualche patata da dissotterrare per l’inverno
imminente. Insomma la vita
riprendeva lentamente per tutti dopo il lungo torpore della notte. Vite
sempre
uguali e monotone, vite che non aveva nulla di eccitante, sempre le
stesse da
anni ed anni, ma quella mattina per almeno due di loro le cose
sarebbero stare
diverse. Un tenue sorriso colorò le labbra del giovane mago
che, giunto alla
piazza si fermò qualche attimo ad ammirare la statua della
divinità della luce,
Hikari, da cui il villaggio prendeva il nome. Era davvero una splendida
statua
che raffigurava il Dio in una delle sue più classiche pose
da battaglia, ovvero
la destra alzata con la spada bastarda in segno che stava di certo per
caricare
e vincere il nemico che gli sbarrava la strada. Scuotendo la testa il
giovane
riprese a camminare salutando sporadicamente persone che conosceva da
quando
era nato. Hikari gli sarebbe mancato terribilmente, ma doveva farlo,
doveva
farlo per la sua Dea. Alzando gl’occhi color nocciola verso
l’orizzonte scorse
la figura di Tsubasa che lo stava già aspettando. Indossava
una tunica bianca
ricamata sui bordi con i simboli della famiglia Ozora sotto ad
un'armatura di
piastre che aveva evidentemente visto tempi migliori, mentre robusti
gambali di
cuoio andavano a proteggergli le gambe, Jun pensò che certo
il suo aspetto
rappresentava pienamente lo stato attuale della sua casata, troppo
legata ad
una gloria passata, ormai offuscata da macchie indelebili, ma capace di
restare
in piedi grazie al profondo orgoglio, come quello emanato dal ragazzo
che stava
al centro della strada con la mano sull'elsa della spada lunga che
portava al
fianco.
“Allora andiamo? O hai cambiato idea?” gli chiese
il paladino dopo diversi
minuti che i due si stavano fissando senza dire nemmeno una parola.
“Andiamo!” Jun non disse altro prendendo ad
incamminarsi lungo la strada
maestra che attraversava il bosco mentre un sorriso faceva capolino sul
viso di
Tsubasa che, tintinnando per via dell’armatura, prese a
seguire l’amico
all’interno del rosso e dell’oro di quella
stagione. La nebbia bassa del
mattino iniziava a diradarsi lentamente rendendo così la
visuale migliore.
“Tua madre come l’ha presa?” chiese dopo
un poco il mago volgendo appena il
viso a guardare a guardarlo.
“Beh… all’inizio era molto
preoccupata… Nives è davvero molto lontana, ma
poi
mi ha lasciato andare… ha detto che era il mio
destino… poi è corsa a
rispolverare una delle vecchie armature di mio padre ed eccomi
qui…” sul viso
di Tsubasa si leggeva chiaramente che non era troppo contento di
portare
un’armatura vecchia, ma se la fortuna li assisteva di certo
avrebbero
guadagnato abbastanza da potersi comprare cose nuove “Tua
madre invece?”
Jun sospirò pesantemente, mentre ripensava a quello che la
donna gli aveva
fatto passare in quei tre giorni, era stato davvero un inferno e, per
quanto le
volesse bene, il ragazzo si era ritrovato a pensare che forse
affrontare
Lucifero, il diavolo più potente degli Inferi, sarebbe stato
più facile “Se non
ci fosse stato mio padre sarei impazzito… Tutto il giorno a
guardarmi con i
suoi occhi rossi del pianto… a ripetermi che sono malato di
cuore… che non ce
la potevo fare… un incubo!” borbottò
ancora stizzito per il fatto che la donna
non credesse affatto in lui.
“No cara, vedi
ci sono alcuni momenti
nella vita in cui un vero uomo deve andare diritto per la sua strada,
anche
quando si tratta di una strada pericolosa” la voce di Tsubasa
che imitava
quella di suo padre lo face sobbalzare, non si aspettava di certo che
conoscesse quella fra che ormai veniva ripetuta di continuo in casa sua
come se
fosse il ritornello di una canzone.
“E tu come lo sai!?” gli chiese, fermando il passo
mentre l’altro scoppiava a
ridere.
“Ho sentito tuo padre mentre la diceva al mercato, credo che
lo abbia detto a
tua madre almeno una decina di volte!”
“Dannazione!” sbottò il ragazzo
rendendosi conto che ora tutto il villaggio
doveva sapere della sua impresa o peggio, che sua madre lo credeva una
persona
fragile incapace di badare a se stesso.
“Dai non ci pensare! Adesso hai una missione importante da
portare a termine e
concentrati solo su quella! Non vorrai mica deludere la tua Dea
no!?” il
braccio di Tsubasa era andato a stringere Jun attorno alle spalle e
delicatamente lo aveva sospinto a riprendere il cammino.
“Tuo padre invece?” osò chiedere dopo
qualche tempo che camminavano in
silenzio.
“Uhm… credo sia ancora nella capitale con il nuovo
imperatore… mia madre gli ha
scritto una lettera per informarlo… chissà magari
torna a casa un po’ con lei…”
la voce del giovane era piuttosto incerta, siccome da quando sua madre
aveva
tradito la famiglia, mandandola in rovina, il rapporto fra i suoi
genitori non
era più stato quello di prima, ma sperava ardentemente che
la cosa si potesse
risolvere presto, che suo padre riuscisse a perdonarla del tutto e che
sarebbero tornati la bella famiglia affiatata che erano un tempo, anche
se suo
padre era sempre stato via per lunghi mesi impegnato in battaglia per
aiutare
l'imperatore nel consolidamento del suo regno.
“Vedrai che tutto andrà a posto…
“ lo rassicurò con voce ferma e tranquilla,
mentre il cammino li stava lentamente facendo uscire dal bosco in una
campagna
ora ben pettinata. I campi erano arati e seminati, e la frutta quasi
del tutto
raccolta. Solo qualche sporadico contadino si vedeva sullo sfondo
intendo a
raccogliere le ultime patate o a portare al sicuro il fieno per gli
animali,
mentre la maggior parte della gente ora era intenta a far provviste di
legna
per l’inverno che stava per arrivare. I due ragazzi erano
stati fuori dal loro
villaggio pochissime volte. Uscire dal nido che li aveva protetti sino
ad i
loro diciotto anni rappresentava un grande passo avanti. Erano
emozionati di
scoprire tutte le cose belle e brutte che il mondo aveva loro da
offrire e
così, dopo un’ultima occhiata in dietro al bosco
iniziarono a camminare più
svelti verso il loro destino.
I giorni che
seguirono furono quasi tutti identici. La notte
dormivano dove potevano, se erano fortunati trovavano un tempio che li
ospitava
oppure erano costretti a dormire all’agghiaccio lungo la
strada, in luoghi
appena riparati, siccome i soldi erano pochi e loro dovevano di certo
risparmiare. Durante il dì percorrevano parecchia strada
mangiando in modo
frugale. Ogni tanto trovavano qualche frutto o qualche radice
commestibile,
altrimenti mangiavano le razioni che si erano portati da casa. Sapevano
che il
viaggio sarebbe stato lungo e difficile e quindi il loro animo era duro
da
scalfire. Il quindicesimo giorni di ottobre, dopo quasi una settimana
da quando
erano partiti, si trovarono ad un bivio. Se avessero preso il sentiero
a destra
avrebbero fatto un giro di qualche giorno più lungo, mentre
se avessero preso
quello a sinistra avrebbero tagliato molta della strada, arrivando alla
loro
meta marittima in mene di due giorni. L’unico problema nel
prendere questa via
era il fatto di dover attraversare il
bosco di Aokigahara che si
diceva che fosse
infestato da non morti e quindi quasi tutta la gente del luogo
preferiva fare
il doppio del cammino piuttosto che passarvi attraverso.
“Allora Jun cosa vogliamo fare?” chiese Tsubasa
fermo dinnanzi ad i cartelli
che indicavano la via.
Il viso del mago era pensieroso, certo risparmiare tre giorni di
viaggio non
era male, ma le loro capacità erano abbastanza per
affrontare qualunque cosa
gli sarebbe andata contro? Certo se avessero avuto un chierico assieme
a loro
non avrebbe di certo avuto quei timori. Immerso in quei pensieri si
rivide il
viso di sua madre e risentì tutte le parole che gli erano
state dette e il moto
di rabbia lo colse facendolo decidere.
“Io sono per l’attraversare il
bosco…” disse in tono deciso afferrando lo zaino
e rimettendoselo in spalla.
“Per me va bene… ma controlliamo prima di avere
qualche pozione di cura ferite…
non possiamo andare allo sbaraglio in questo modo, rischiamo solo di
farci
ammazzare per niente.”
Piccato un poco dalla risposta che l’amico gli aveva dato,
Jun posò di nuovo la
borsa a terra e si mise a frugarvi dentro. A malincuore però
dovette ammettere
che aveva ragione e che la rabbia era davvero una pessima compagna in
un
viaggio del genere.
“Io ne ho sei… mio padre praticamente mi ha
rifornito di tutte le pozioni che
poteva trovare…” sorrise ora più calmo.
“Anche io ho diverse pozioni, ma solo quelle poche che mia
madre è riuscita a
preparare…” aggiunse Tsubasa dirigendosi ora verso
l’entrata del bosco.
“Tua madre sa fare pozioni!?” la voce di Jun era
evidentemente sorpresa, non si
aspettava di certo una rivelazione del genere, siccome in tutti
gl’anni che
aveva frequentato casa Ozora non si era mai accorto di nulla. Il
paladino
ridacchiò alla sua faccia sconvolta.
“Si mia madre è una chierica… vedi i
miei si sono conosciuti durante una
battaglia… lui combatteva e lei lo curava… hanno
fatto molte spedizioni
assieme… e si sono innamorati…”
spiegò semplicemente lasciando che ancora la
meraviglia prendesse il possesso del viso del mago.
Fatti i primi passi all’interno della vegetazione fu come se
il sole fosse
stato inghiottito lasciandoli in una semi oscurità che
sembrava quasi irreale.
La fitta vegetazione era così intricata che il cielo a
malapena si vedeva. Gli
alberi erano prevalentemente dei sempre verdi, anche se qua e la si
vedeva
ancora qualche sprazzo di foglie marroni. Una nebbiolina surreale
restava
sospesa a poco centimetri dal terreno. Un lungo brivido corse lungo la
schiena
dei due ragazzi, mentre con passo deciso prendevano a camminare verso
il fitto.
Non parlarono molto durante la prima giornata, timorosi di attirare a
se cose
sgradite. E quando la notte scese si accamparono non troppo lontano dal
sentiero, erano piuttosto timorosi di accendere un fuoco, ma al buio
più
completo di certo sarebbero stati prede ancora più facili.
Fecero i turni di
guardia anche se Jun aveva lanciato qualche incantesimo di protezione
su di
loro ed attorno all’area che li circondava. Con loro grande
fortuna la notte
passò lenta e tranquilla, solo qualche rumore venne a
disturbarli e quando
l’oscurità venne appena rischiarata dalla luce i
due sistemarono le loro
cose e ripartirono
in fretta. Aveva già
percorso molta strada il giorno precedente e se non si fossero persi,
sarebbero
usciti dal bosco entro mezzogiorno. Il passo era svelto ed il morale
decisamente migliore di quello che avevano avuto durante la notte.
Procedevano
spediti, stando però attenti ad evitare gli ostacoli che il
sentiero metteva
loro incontro. Soprattutto erano radici e rami bassi. Camminavano
silenziosi
ascoltando ogni singolo rumore che poteva giungere loro e dopo tutto
quel
silenzio furono quasi sorpresi quando alle loro orecchie giunge il
suono di
quella che poteva essere una battaglia non troppo lontana. Si
scambiarono una
breve occhiata e poi senza pensarci due volte si diressero cautamente
verso il
luogo da cui proveniva il frastuono. La scena che gli si
presentò dinnanzi era
raccapricciante; un chierico di Crio, a giudicare dalle vesti azzurre,
stava
cercando ci difendersi da una decina di orridi scheletri marcescenti
animati da
oscure magie necromantiche, proteggendosi con scarso successo con un
logoro
bastone nodoso. Le sue vesti erano lacerate in diversi punti e coperte
del suo
sangue. Si vedeva chiaramente che non avrebbe retto ancora a lungo ed
infatti
dopo l’ennesimo colpo andato a segno da uno degli scheletri
si accasciò a
terra, un’espressione di dolore chiaramente dipinta sul viso.
Qualcosa scattò
immediatamente nei due giovani che, incuranti uscirono dal loro
nascondiglio
per andare a soccorrere il ragazzo.
Jun, ricordandosi delle prime lezioni di necromazia che aveva seguito
da
giovane, lanciò un incantesimo contro il non morto
più vicino, tentando di
dissolvere la magia che teneva unite quelle ossa, mentre vedeva che
l'amico gli
passava rapidamente di fianco, gridando un'invocazione al dio Hikari,
affinché
gli desse la forza per schiacciare il male. La spada ammantata di luce
di
Tsubasa tranciò in due uno scheletro, mentre quello
bersagliato dal mago cadeva
a terra come un burattino a cui avessero tagliato i fili, i due ragazzi
si
fecero scappare un grido di gioia, prima di contare che ne mancavano
ancora
sette da sconfiggere, che accortisi della minaccia e ormai stufi del
chierico a
terra, si stavano lanciando su di loro.
Tsubasa vibrò la sua lama con vigore, cercando allo stesso
tempo di spaccare
più ossa possibile e tenere lontano gli artigli acuminati
dei mostri che
laceravano la pelle come rasoi, Jun invece si trovò ben
presto in difficoltà,
il corpo a corpo non era certo la sua specialità e, doveva
continuamente
indietreggiare per raccogliere la concentrazione necessaria a lanciare
i suoi
incantesimi. Mentre il paladino aveva a proteggerlo la sua
capacità nella
scherma e l'armatura del padre, il mago blu aveva solo il suo bastone
da
passeggio, per cui si ritrovò presto vicino a svenire per le
numerose ferite da
cui il sangue usciva copioso, trovandosi allora con le spalle al muro e
incapace di pensare ad una tattica migliore si arrampicò
allora velocemente
sull'albero più vicino. Si accasciò non appena
ebbe raggiunto un ramo
abbastanza alto, e con la vista ormai appannata, guardò
sotto di lui, dove gli
scheletri, considerandolo la preda più difficile da
raggiungere, si diressero
in mucchio verso Tsubasa, che di certo non avrebbe saputo reggere ad un
simile
assalto in massa. Richiamando le sue ultime forze Jun
considerò allora bene le
distanze, evocando il potere del fuoco delle sue mani, e con un enorme
sforzo
mentale scagliò un cono di fiamme che avvolse tutti gli
scheletri,
polverizzandoli tutti, tranne uno che era troppo vicino a Tsubasa per
essere
preso di mira.
Jun lasciò così Tsubasa ad occuparsi
dell’ultimo scheletro, mentre beveva una pozione curativa, e
poi, scendendo agilmente
dall'albero corse verso il chierico che era riverso a terra, seguito
pochissimi
istanti dopo dall’amico.
“Hai fatto in fretta!” gli sorrise il mago mentre
s’inginocchiava accanto al
corpo.
“Tu lo avevi già praticamente finito con un
incantesimo prima…” rispose
scuotendo la testa ed accucciandosi a sua volta “Come
sta?” chiese
successivamente mentre guardava Jun che gli sentiva il polso e si
sincerava che
non vi fossero ferite mortali.
“E’ messo piuttosto male… gli
darò una delle nostre pozioni” dette quelle
parole frugò nella borsa e stappatane una gliela fece bere
con gentilezza.
Molte delle ferite che il chierico aveva iniziarono a rimarginarsi, ma
lui era
ancora primo di sensi “Dobbiamo andare via di qui potrebbero
arrivarne altri…
riesci a caricartelo sulle spalle?”
Tsubasa annuì e con l’aiuto del mago prese il
chierico in braccio. Si
affrettarono quindi a lasciare quel luogo maledetto, ma erano piuttosto
rallentati e quando finalmente il sole tornò a carezzare i
loro volti mezzodì
era passato da un pezzo. L’oppressione che aveva avvolto i
loro animi in quei
giorno si sciolse, ma prima di fermarsi vollero mettere ancora un poco
di
distanza dal bosco di Aokigahara. Fu solo verso il tramonto che il
giovane
chierico si decise a riaprire gli occhi, alzandosi di scatto e facendo
sobbalzare i due ragazzi che seduti fuori dalla tenda stavano
preparando la
cena.
“Come stai?” gli chiese subito Tsubasa porgendogli
un piatto di minestra calda.
“Abbastanza bene… ma è come se una
mandria di Incubi mi avesse calpestato…”
ammise con voce dolce il ragazzo, sedendosi accanto a loro e prendendo
il
piatto fra le mani “Siete stati voi a salvarmi vero? Vi
ringrazio davvero
moltissimo!”
“Figurati! Non avremmo mai potuto lasciare qualcuno in
difficoltà.” Sorride Jun
portandosi il cucchiaio alle labbra e gustando la pietanza calda,
mentre
osservava ancora il ragazzo. Doveva avere su per giù la loro
età con un fisico
sottile ma atletico. Gli occhi castani erano vivaci, anche se una luce
di
smarrimento andava a colorarli in diversi attimi. I capelli castani
erano corti
ed un poco spettinati.
“Piuttosto io sono Tsubasa Ozora e lui è Jun
Misugi…” presentò il paladino con
un sorriso “Tu come ti chiami?”
A quella domanda il viso del chierico si rabbuiò di colpo.
“Io non so come mi chiamo… veramente non so nulla
del mio passato… so solo che
due giorni fa mi sono risvegliato nei pressi di quel
bosco…” la voce era
incrinata da un’infinita tristezza, che prepotente
varcò gli animi dei due
ragazzi che lo stavano ascoltando. Tsubasa senza riflettere gli pose un
braccio
attorno alle spalle con fare rassicurante.
“Vedrai che presto riacquisterai sia la memoria!”
gli disse convinto delle sue
parole “Intanto puoi stare con noi finché non
arriviamo a Kai, vero Jun?” chiese
poi rivolto al mago, che annuì con decisone, avere un
chierico nel gruppo non
era affatto male, e poi quel ragazzo gli era simpatico e voleva
aiutarlo.
“Sicuri che non sia troppo disturbo per voi?” la
voce del giovane era ora più
rilassata.
“Sicuro nessun disturbo!” replicò Jun
sorridendo e facendogli un segno
positivo.
“Ma dovremmo trovarti un nome… non possiamo
chiamarti il chierico… è piuttosto
brutto!” il viso di Tsubasa si fece pensieroso,
guardò prima le vesti di Jun e
poi quelle del giovane e seguendo tutto un filo logico suo basato sulle
divinità decise di proporre un nome “Che ne dici
di Taro?”
“Taro…” mormorò quel nome
diverse volte fra sé e sé, sapeva di dolce e
amaro,
ma gli piaceva e quindi sorrise annuendo.
“E Taro sia allora!” sorrise Jun pensando a cosa
quel nome implicasse e
sperando che alla sua Dea la cosa non desse fastidio.
*^*^*
Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto e che abbia mescolato un poco le carte in tavola che avevo
iniziato a disporre... ^_^
Siccome credo di non aver altro da dire se non un sincerissimo grazie a
tutti quelli che stanno leggendo la fan e che la seguono!
Adesso vi lascio nelle mani del mio adorato Elloin... siccome il mondo
è suo ci tiene ad aggiungere qualche nota in fondo
al capitolo :P
Vi lascio in oltre una foto di nebbia ed autunno che mi è
piaciuta moltissimo...
Chiedo anche scusa per l'impaginazione, ma con NVU non mi trovo molto
ç_ç
Alla prossima!
Lily
Note by Elloin
1. Le vesti dei maghi: Su Fake i maghi
si distinguono tra di loro in base alle vesti che indossano:
I maghi 'universalisti' cioè che studiano tutte le branche
della magia senza
particolare propensione verso una in particolare, indossano vesti blu,
per cui
sono detti maghi Blu, e sono famosi per girare spesso il mondo in cerca
di
nuove e strabilianti magie, cercando di non porre mai limite alla loro
conoscenza, il colore delle vesti fu scelto dal leggendario mago blu
Tesla che
spiegò la sua scelta con queste parole 'Perché mi
piace il Blu', quando al
ritorno degli dei, la dea Crio, che era sempre stata considerata la
patrona
delle arti magiche, scoprì che ora i maghi portavano vesti
blu, anche lei ne fu
felice poiché anche a lei piaceva quel colore.
I maghi che si specializzano in una determinata branca della magia,
ricercando
il potere più che la conoscenza, indossano vesti nere, a
scegliere il colore
delle vesti fu la malvagia strega Mathoya, famosa per aver addestrato
in
passato i più potenti maghi specializzati nella necromanzia
e nell'invocazione
degli elementi, quando alcune categorie di maghi specialisti, come gli
abiuratori, specializzati nelle magie di protezione, provarono a
protestare
poiché non apprezzavano un colore considerato dai
più negativo, furono messi a
tacere dal sommo mago Tesla, che apprezzava evidentemente anche il
colore nero.
Ormai scomparsi, i Maghi bianchi, erano coloro che erano capaci di
attingere
alla magia divina nel periodo in cui scomparvero gli dei, attingendo,
senza
saperlo, ai poteri dei cristalli divini, oggi che gli dei si sono
ripresi i
loro poteri i maghi bianchi, per mantenere i loro poteri, si sono
dovuti convertire
e diventare chierici, oppure di sono orientati verso altri tipi di
magia.
Ultimi ma non meno importanti sono i maghi rossi, considerati dei Nerd
tra gli
stessi maghi, capaci di controllare sia la magia divina sia quella
arcana,
spesso devono studiare tutta la vita per riuscire ad abbracciare ogni
sfacettatura della magia, ma alla fine sembra non vi sia quasi nulla
che non
siano capaci di fare.
2. L'imperatore di Rais, Takeda,
è da poco salito al potere, sembra che fino a
pochi anni fa fosse solo un vassallo al servizio di un shogun minore,
poi, dopo
essere partito per un viaggio è ritornato dotato di una
terribile armatura con
le fattezze di un demone ed enormi poteri, dopo aver eliminato il suo
corrotto
signore si è messo all'opera per unire le terre di Reis,
devastate da continui
conflitti, raccogliendo numerosi consensi tra la popolazione e tra
molti
nobili. Ora che si è autoproclamato imperatore, governa
saggiamente ma
schiacciando con durezza ogni tentativo di ribellione, che continuano a
susseguirsi
a causa di alcuni Shogun che ancora non hanno accettato il suo regno.
Si
vocifera che sia immortale.
3. Gli Aspetti delle
divinità: Sin dalla creazione del mondo gli dei di Fake
hanno avuto problemi a tenere tutto sotto controllo, iniziarono
così a creare degli 'aspetti', semidivinità nate
dall'essenza di una divinità maggiore. Questi aspetti,
seppure non potessano concedere magie divine ai chierici fedeli,
fungono da agenti per gli dei che li hanno creati e sono adorati dai
mortali come manifestazioni di un'area di interesse della
divinità maggiore. Due esempi sono Lily, che rappresenta il
dominio della magia della dea Crio e Gardenia Aspetto della musica
della dea Verità
|
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Capitolo 4 *** Nemici nell'Oscurità ***
Nemici nell'Oscurità
Il bosco
spettrale era ormai alle loro spalle e quasi appariva
solo come un tenue ricordo di un incubo avvenuto in una notte lontana,
eppure
non era successo che il giorno precedente. Avevano ripreso da poco la
strada
maestra ora di nuovo costeggiata da campi, mentre nell’aria
si iniziava a
percepire l’odore caratteristico della salsedine. Il mare
ormai non era più
così lontano e da una collina sopraelevata potevano ben
vederlo come linea
azzurra che si stagliava all’orizzonte. Il sole anche se alto
nel cielo, non
riusciva a scaldare la terra e così l’aria attorno
a loro era frizzante e
fresca. Jun sorrise dolcemente mentre
camminava al fianco dell’amico di una vita, non poteva
credere di essere quasi
arrivato alla città di mare. Non poteva ancora credere di
aver smentito tutte
le previsioni funeste che la madre gli aveva propinato. Era felice,
felice come
non mai in vita sua. Pervaso da quella sensazione accelerò
il passo suscitando
il sorriso di Tsubasa e la perplessità del nuovo membro del
gruppo.
“Cerca di non correre troppo! La tua Dea non scappa
mica!” lo prese in giro il
paladino facendo poi l’occhiolino a Taro, mentre il mago
sbuffando riprendeva
il passo normale e gli si affiancava nuovamente.
“Oh beh… lei ha tutta
l’eternità davanti…”
mormorò il mago alquanto piccato
dalla frecciatina dell’amico, certo sperava ardentemente di
rivedere la sua Dea
una volta giunto a Kai, ma era solo una sua semplice illusione siccome
lei non
gli aveva mai accennato al fatto che si sarebbero rivisti, se non alla
fine della
missione. Ma come gli sarebbe piaciuto rivederla, vedere quegli occhi
azzurro
ghiaccio per perdersi dentro di essi ed affogare poi sulle labbra
rosee.
Affondare le mani nella sua chioma lilla e baciarla. Il suo viso doveva
aver
assunto una qualche espressione da ebete perché
suscitò anche la risata del
giovane chierico che sino a quel momento aveva detto poco o nulla,
sempre
immerso in quelle poche cose che riusciva a ricordare. Frammenti di
luce a cui
cercava di ridare in senso.
“Chiedo scusa…” disse subito Taro
nascondendo poi il resto dell’ilarità dietro
la mano, ma il mago fece un segno di diniego, era contento del suo
ridere,
anche se era a sue spese. Percorsero ancora qualche tratto di strada in
silenzio, mentre alcuni carri passavano accanto a loro superandoli.
Diverse
volte Jun aveva pensato di fermarne uno e chiedere un passaggio sino
alla
città, ma poi ci aveva ripensato, avevano davvero pochi
soldi con loro e forse
non gli sarebbero nemmeno bastati per pagarsi il viaggio in nave,
ammesso che
una nave che salpasse per Ila ci fosse. Effettivamente aveva
pianificato ben
poco quel viaggio e ora se ne pentiva. Se non avessero trovato una nave
cosa
avrebbero fatto? No, non doveva pensare negativo, altrimenti tutto
sarebbe
davvero andato a rotoli! Scuotendo la testa cercò di
cacciare via quei pensieri
e per qualche ora assieme a Tsubasa avevano provato a fare diverse
domande a
Taro sul suo passato, ma davvero non ricordava nulla, a malapena si
ricordava
se un cibo gli piacesse o meno, siccome aveva guardato in modo strano
la mela
rossa che un contadino aveva offerto loro per aver recuperato un maiale
che era
scappato dal recinto. Con diffidenza l’aveva addentata,
scoprendone poi che il
sapore dolce gli piaceva moltissimo e quindi l’aveva poi
mangiata con gusto.
Verso metà pomeriggio un vento forte proveniente dalla costa
si era alzato
portando con se in un attimo nubi nere che oscurarono il cielo come una
pesante
coperta plumbea, nel giro di pochi attimi si scatenò il
diluvio che costrinse i
giovani a cercare riparo sotto un piccola pineta che cresceva sul
limitare di
una villa di campagna. Avvolti nei loro mantelli si erano riparati il
più
possibile in quell’intreccio di sempreverdi, sperando che la
pioggia smettesse
al più presto, ma con loro grande sfortuna fu solo quasi
verso il crepuscolo
che essa accennò a diminuire. Risolto il problema della
pioggia però se ne
presentò un altro siccome ormai era il tramonto e viaggiare
non era più saggio.
Jun imprecò fra i denti per quell’ennesimo colpo
di sfortuna sulla sua strada e
raccolto un sasso da terra lo scagliò verso il centro della
pineta con quanta
forza aveva in sé. Un sordo mugolio di dolore ed il tonfo di
qualcosa di
pensante che cadeva a terra li mise tutti in allerta. Tsubasa estraendo
la
spada dal fodero si avvicinò cautamente al luogo da dove
aveva sentito
provenire il rumore riscontrando alcune tracce di impronte fresche sul
terreno,
le quali si interrompevano di colpo al centro esatto di una
piccolissima
radura. Fermandosi a pochi passi dalle impronte il paladino mosse la
spada,
facendola cozzare contro qualcosa che era stesa a terra.
“C’è qualcosa qui! Ma temo che sia
invisibile!”
“Oh non dovrebbe essere un problema, se mi ricordo bene la
formula…” disse il
mago avvicinandosi all’amico. Socchiude gli occhi cercando la
giusta
concentrazione, il suono della pioggia che ancora lenta continuava a
cadere lo
aiutava a rilassarsi. Sentì la magia scorrergli lungo tutto
il corpo e fluire
dalle sue mani tese verso quello che appariva vuoto, incanalandosi con
tutta la
sua potenza. Le parole dell’incantesimo uscirono quasi come
una cascata dalle
labbra del mago e dopo qualche attimo che le aveva pronunciate fu come
se
l'aria avesse iniziato a fremere, poi si contorse come se la magia
l'avesse
strizzata, e nel vortice di colori che si era formato appare una figura
distesa
a terra, un uomo a giudicare dalla stazza, vestito con gli abiti neri
tipico di
chi non vuole farsi vedere, nel buio della notte. Gli occhi di Taro
erano
vivamente sorpresi, non aveva mai visto nessuno lanciare una simile
magia . . .
oppure si? Un senso di malinconia prese possesso della sua anima, ma fu
lesto a
celarlo ad i due ragazzi. Cautamente si avvicinò anche lui
per osservare il
corpo disteso a terra. Molto evidentemente il sasso scagliato da Jun lo
aveva
colpito in testa facendolo precipitare a terra privo di sensi.
“Che fortuna, hai catturato un ladro senza nemmeno
volerlo!” lo prese in giro
Taro chinandosi accanto al soggetto svenuto per esaminargli la ferita,
osservò
che non era molto grave e di certo di lì a poco si sarebbe
ripreso,
“Guarda che era tutto calcolato! Avevo sentito un rumore e
così…”
“Certo, come no!” lo interruppe Tsubasa ridendo
come un matto mentre legava il
giovane “Fai prima a dire che è stato un bel colpo
di fortuna!” rimessosi in
piedi si caricò in spalla lo sventurato ladro e con il
piccolo gruppetto seguì
le tracce a ritroso. Giunti dinnanzi ad una villa due guardie armate di
lance
sbarrarono loro la strada, non fu difficile immaginare che il ladro
fosse giunto
da lì.
“Chi siete!? Cosa volete!?” chiesero rudemente
scrutandoli con aria torva.
“Siamo dei viaggiatori e vorremmo parlare con il signore
della casa…” rispose
il mago con voce pacata.
“Ah si e per quale motivo?”
“Abbiamo trovato qualcosa che probabilmente appartiene a
lui!” dette queste
parole il paladino mostrò il corpo che portava a spalla. I due uomini guardarono
l’uomo privo di sensi
e, dopo aver parlottato fra loro, uno si diresse verso la casa del suo
signore
tornando poco dopo assieme a lui. I tre ragazzi guardarono
l’uomo avvicinarsi,
era ben vestito e di aspetto distinto. Indossava una tunica verde
smeraldo ed
una calzamaglia nera ad i piedi portava stivali di cuoio nero, ed alla
vita
indossava una cintura ornata di pietre preziose. I capelli azzurri
erano legati
dietro la testa in una coda.
“Hiro mi ha detto che avete qualcosa per me. È
vero?” chiese il nobile con voce
gentile ma ferma, chiaro segno che per ora non era ostile agli
avventurieri.
“Sì Signore è vero… abbiamo
sorpreso questo ladro che fuggiva da casa vostra… o
almeno così dicono le orme che abbiamo seguito”
prese a spiegare il chierico.
“Lo abbiamo perquisito alla svelta e nelle tasche abbiamo
trovato questo
amuleto…” aggiunse Jun mostrando
all’uomo una collana d’oro con un ciondolo a
forma di goccia che fra le sue mani luccicava appena per la magia che
vi
scorreva dentro.
“Ma quello è l’amuleto della salute di
mia moglie!” la sua espressione stupita
fece capire ai ragazzi che non si era minimamente accorto del furto che
aveva
subito “Io non so davvero come potervi ringraziare!”
Diede un'occhiata ai fagotti che si portavano appresso e ad i loro
vestiti
bagnati, ''Sembrate viandanti, e di certo a quest'ora farete fatica a
trovare
un posto per la notte, se volete potete rimanere qui''
“La vostra offerta ci onora mio Signore.” Jun si
profuse in un inchino,
immensamente grato verso quell'uomo che risolveva tutti i loro
problemi,
seguendolo poi verso la casa “Permettetemi che mi presenti,
il mio nome è Jun
Misugi e questi sono Tsubasa Ozora e Taro.” Indicò
i compagni che lo seguivano.
Fermandosi di colpo il
Signore della
casa si volte verso il paladino scrutandolo con estrema attenzione.
“Ozora hai detto? Il figlio di Koudai Ozora?”
guardando meglio il ragazzo si
accorse in effetti dell’incredibile somiglianza fra lui ed il
padre, per non
parlare della madre.
“Si signore, proprio lui, ma come fa a conoscerlo?”
chiese abbastanza
sconvolto.
“Devi sapere che io e tuo padre abbiamo combattuto assieme,
forse ti ha parlato
di me, Akira Tanaka, ma ora entriamo a riscaldarci avremo modo di
parlare sta
sera durante la cena.” E detto questo varcò la
soglia di casa dando
disposizione alle serve di preparare le camere ed un bagno caldo per i
loro
ospiti.
Immerso nell’acqua calda Jun sentì la tensione
accumulata nei giorni precedenti
sciogliersi, così come il freddo che gli si era annidato
nelle ossa. Certo
partire in autunno non era proprio il massimo, con il freddo imminente
dell’inverno, ma non avevano potuto fare diversamente. Il
profumo del sapone alla
rosa gli fece ancora una volta pensare alla sua Signora. La sua Dea. Il
grande
amore della sua vita che non sarebbe mai riuscito a coronare. Il
bussare lieve
alla porta lo fece sobbalzare.
“Si?”
“Sono la cameriera, le ho portato dei vestiti
puliti” mormorò una voce morbida
all’altro capo ed immediatamente il giovane uscì
dall’acqua avvolgendosi
attorno alla vita un asciugamano di lino, un po’ lo
imbarazzava che la donna
entrasse, ma non poteva mica restare nudo durante la cena attendendo
che i suoi
vestiti fossero pronti, la fece così entrare, ma lei con
molto riguardo lasciò
i vestiti accanto al camino e, dopo aver ravvivato le fiamme,
uscì avvisandolo
che la cena sarebbe stata servita di lì a pochi minuti.
Vestendosi velocemente
si asciugò i capelli alla meglio scendendo così
nella sala grande dove il
tavolo di legno era stato riempito di ogni sorta di prelibatezza. Prima
di
prendere posto Akira presentò sua moglie e la sua
figlioletta di appena cinque
anni ad i suoi ospiti.
“Vi ringrazio ancora infinitamente per aver ritrovato la
collana di mia moglie,
purtroppo senza quella non le sarebbe rimasto molto da
vivere…” e la voce ebbe
una note di tristezza.
“Veniamo a noi caro ragazzo… come
vanno le cose in famiglia? Tuo padre
come sta? E tua… madre?” ci mise un po’
a chiedergli della donna e la cosa non
sfuggì affatto al ragazzo che strinse con forza le bacchette
fra le dita.
“Beh diciamo che le cose vanno bene… mio padre sta
per tornare dalla capitale
e… anche mia madre sta bene… insomma le cose si
stanno aggiustando, piano,
piano…”
“Uhm capisco… quindi i tuoi stanno ancora assieme?
Bene…”
La risata della piccola Momo fece volgere tutti i presenti
ad osservare
la scena. Taro sedeva accanto a lei e con il tovagliolo avvolto attorno
ad una
mano impersonava il “serpente del solletico” e ogni
tanto fingeva di attaccarle
il fianco facendola divertire un mondo.
“Momo fai la brava… non disturbare i nostri
ospiti!” la redarguì la madre
scuotendo il capo bonariamente, mentre il viso della piccola si
rabbuiava di colpo.
“Oh no Signora la prego non la sgridi! Non da alcun
fastidio… anzi è bello
giocare con lei…” mormorò il giovane
chierico perso in qualcosa che poteva
anche somigliare ad un ricordo. Una figura nera che correva accanto a
lui, due
bambini? Non sapeva dirlo, sapeva solo che uno dei due era lui, mentre
l’altra
persona restava sfocata ad appena pochi passi da lui, ma rideva, rideva
dolce e
piena di felicità, nostalgia di tempi lontani prese possesso
di lui. Uno
sguardo in direzione del chierico fece capire a Jun che era sprofondato
in
qualcosa di totalmente suo e per non far intravedere quel qualcosa ai
loro
ospiti si rivolse alla piccola.
“Vuoi vedere una magia?” le chiese dolcemente e lei
battendo felice le mani
corse verso di lui, facendosi poi mettere in braccio “Dalla
tua reazione
presumo che sia un si!” rise il ragazzo che per qualche
attimo rimase
silenzioso, quindi s’illuminò di colpo e,
richiamando alla mente le sue prime
lezioni di magia, eseguì una prestidigitazione, facendo
apparire dal nulla una
bellissima rosa color pesca che mandò in estasi la piccola.
“Ancora, ancora per favore!” lo supplicò
dolcemente la bambina guardandolo con
i suoi grandi occhi azzurri.
“Vediamo cosa posso fare!” concentrandosi qualche
attimo nella sua mano venne
evocata una fiammella azzurra che si alzò in aria, iniziando
poi a danzare al
ritmo del battito delle sue mani.
E così alla fine della serata la piccola Momo si
ritrovò con tanti bellissimi
regali da parte del mago. Akira stupefatto aveva sorriso ai giovani e
li aveva
invitati poi a trattenersi con lui nella sala per qualche altra
chiacchierata
prima di coricarsi, mentre la moglie portava a letto la piccola che non
si
voleva staccare dalle gambe di Jun e Taro, che erano stati
così carini con lei.
“Facciamo una cosa” asserì il mago
cercando di calmare il capriccio dettato
dalla stanchezza “Io suono qualcosa col flauto e tu poi vai a
nanna da brava,
va bene?”
Annuendo con vigore la piccina corse in braccio a Taro, mentre
l’amico estraeva
lo strumento dalla custodia e lo accostava alle labbra iniziando a
suonare una
dolcissima ninna nanna, la stessa che sua madre gli suonava quando non
riusciva
ad addormentarsi e così in pochi attimi anche la piccola
Momo cadde in un dolce
sonno ristoratore, pieno di farfalle ed unicorni che giocavano con lei.
“Siete davvero un ottimo musicista!” disse il
Signore della casa, mentre anche
la moglie si complimentava e cercava di togliere la piccola dalle
braccia del
chierico.
“Se volete posso portarla io di sopra così non vi
affaticate!” si offrì Taro
“Ma no, vi abbiamo già arrecato troppo
disturbo!” un'espressione di imbarazzo
passò sul viso della donna, colpita dalla gentilezza del
ragazzo, mentre questi
si alzava e accompagnava la bambina fuori dal salotto. Qualche attimo
di
silenzio cadde dopo quel breve scambio di parole ed Akira
sospirò.
“Voi siete benedetti! Prima avete riportato il medaglione di
mia moglie e ora
siete così gentili con la mia bambina! Come potrò
davvero mai ringraziarvi?”
“Il solo fatto che ci abbiate dato un tetto ed un pasto caldo
è già un grosso
ringraziamento, non eravate tenuto a farlo!” Tsubasa sorrise
verso l’uomo, suo
padre aveva ragione ,era davvero una persona di animo buono e generoso,
era
molto contento di averlo incontrato. A parte il primo momento
d’imbarazzo
dovuto alla storia dei suoi genitori che ormai lo perseguitava dalla
nascita,
la cena era stata molto piacevole, anche se l’argomento
spinoso era stato
lasciato indietro, ma ormai non poteva più essere rimandato.
“Allora cosa ci fate da queste parti? Dove siete
diretti?” chiese il nobile,
mentre i due si guardavano cercando di capire quale fosse la cosa
migliore da
dire, in fondo, per quanto potesse essere gentile, non sapevano se
potevano
davvero fidarsi di lui.
“Siamo diretti all’accademia di Tesla per affinare
le nostre tecniche, siccome
sappiamo che è la migliore al mondo.” disse Jun
annuendo alle sue stesse parole
per darvi più enfasi, infondo non aveva detto una vera e
propria bugia, siccome
quella era davvero la loro meta finale.
“Così lontano?” Akira era stupito da
quello che aveva appena ascoltato “Vi
faccio allora i miei migliori auguri e che gli Dei vi
proteggano!” alzò quindi
il calice in loro direzione, mentre Taro tornava nella stanza e
prendeva posto
accanto a Tsubasa osservando il calice di liquore che aveva fra le mani.
“Vuoi assaggiare?” gli chiese teneramente il
paladino porgendoglielo. Il
chierico prese il bicchiere fra le mani e dopo averlo annusato con
circospezione mandò giù un piccolo sorso di
liquido cristallino che gli bruciò
tutta la gola. Lo diede di nuovo al ragazzo con una smorfia dipinta sul
viso.
No decisamente quella cosa non faceva per lui.
“Oh mia Dea ma che roba è?!” chiese
quando ebbe riottenuto l’uso della parola.
“E' sakè, non lo hai mai assaggiato
ragazzo?” chiese smettendo di ridere ed
osservando il giovane con interesse.
“Forse l’ho assaggiato mio Signore, ma purtroppo
non ho memoria del mio
passato… sembra che abbia perso i ricordi pochi giorni
fa” sospirò tristemente
posando la schiena contro il divano su cui sedeva. Il viso
dell’uomo assunse
un’espressione stupita ed
affranta.
“Mi dispiace ragazzo! Spero tu possa ritrovare presto i tuoi
ricordi! Ma
davvero non ricordi proprio nulla?”
“No, la prima cosa che ricordo sono i visi di Tsubasa e Jun,
quando mi hanno salvato,
per il resto ho solo buio”.
Restarono a chiacchierare amabilmente con lui per alcune ore, quando,
mentre si
stavano scambiano la buona notte, un grido di terrore dal piano
superiore li
fece scattare in azione, corsero rapidamente su per le scale, dove
trovarono la
moglie dell’uomo. L’espressione di lei era di puro
orrore mentre fissava la
porta della stanza della figlia che era stata divelta da quella che
sembrava
una potente forza magica, l'interno della stanza era vuoto.
“La mia bambina! Hanno preso la mia bambina!”
urlava la donna mentre si gettava
fra le braccia del marito che la stringeva forte a se.
“La troveremo tesoro te lo prometto! HIRO!?”
urlò l'uomo, in un misto di rabbia
e dolore, lasciando la moglie nelle abili mali delle cameriere. Il capo
delle
guardie arrivò poco dopo e fu preso subito per il colletto
della cotta di
maglia “Come diavolo è possibile che tu non sia
riuscito ad impedire che
rapissero mia figlia!?” gli chiese furioso sputacchiandogli
anche qualche
goccia di saliva sul viso che aveva assunto un colore cinereo.
“Io non lo so mio signore.. non lo so…”
balbettava sudando in modo
indescrivibile.
“Non lo sai perché hanno usato una
magia!” la voce di Jun arrivò a salvare Hiro
dalle ire del suo signore.
“ Guardate...” Jun chiuse gli occhi, tentando di
riportare alla mente uno degli
ultimi incantesimi che aveva imparato, era piuttosto difficile, ma
concentrandosi sull'immagine della dea che portava sempre con
sé l'incantesimo
sembrò riaffiorare evidente nella sua mente. Mentre
mormorava le parole arcane,
evocò degli spruzzi di colore magico, che andarono a
colorare quello che
sembrava una corda trasparente che partiva dal centro della stanza e
proseguiva
fuori dalla finestra, “Quella è una scia di
energia magica, si è creata quando
il rapitore si è teletrasportato nella stanza, e ora, per un
breve periodo lo
seguirà ovunque vada, una traccia perfetta per inseguirlo,
però dobbiamo stare
attenti, a giudicare dalla potenza di questa aura magica, deve essere
un
incantatore da non sottovalutare.”
“Hiro, ti ordino di prendere tutti gli uomini che riesci e di
seguire quella
scia” ringhiò Akira al comandante delle guardie
che, senza farselo ripetere due
volte corse rapidamente al piano di sotto.
“Andiamo anche noi!” Tsubasa alzò
risoluto lo sguardo verso l'uomo, ”ci siamo
affezionati subito a Momo, sono certo che nessuno di noi possa pensare
di
saperla in pericolo senza correre in suo aiuto”
Il signor Akira non rispose, affascinato dallo spirito di qui tre
giovani, che
rapidamente corsero dietro Hiro per recuperare il loro equipaggiamento
e
partire all'inseguimento.
La corda di energia magica proseguiva dritta verso le montagne e i tre
eroi,
Hiro e dieci uomini cavalcavano rapidamente in quella direzione, con il
vento
della notte invernale che gelava i loro corpi, ma senza che a nessuno
di essi
ne importasse. Il cielo si stava rasserenando dopo l'acquazzone e la
luna piena
illuminava con luce argentea la via che iniziava a diventare sempre
più
scoscesa. Ad un tratto gli inseguitori furono obbligati ad abbandonare
i
cavalli e a proseguire a piedi poiché le rocce aguzze
potevano azzoppare con
facilità i cavalli e nessuno voleva rischiare di perdere di
vista la scia nel
tentativo di aggirarle.
Ad un tratto però, mentre stavano avanzando con fatica tra i
massi che
tagliavano loro mani e vesti, videro non molto lontano la traccia
entrare in
una grotta, non fecero però in tempo a gioirne che apparve,
davanti a alla
caverna, una figura ammantata di nero. “Stupidi
idioti” la figura parlò con
voce profonda “Siete caduti nella mia trappola”,
poi, con un rapido gesto della
mano evocò una selva di ragnatele magiche che si sparsero
nell'aria, andando a
piombare sugli inseguitori, e tutti coloro che ne venivano toccati,
cadevano in
un sonno profondo. Jun pronunciò un rapido
contro-incantesimo che dissolse
parte delle ragnatele, proteggendo se stesso e i due amici, ma quando
rialzò lo
sguardo x affrontare l'uomo nero questi era già sparito, per
cui si
affrettarono ad entrare nella grotta, voltandosi appena indietro per
vedere che
tutti gli altri uomini erano caduti addormentati.
Dentro la grotta l'oscurità profonda non era mitigata dalla
debole luce lunare
per cui Jun dovette evocare una piccola sfera di luce che illuminasse
loro il
percorso, fluttuando a poca distanza davanti a loro.
La grotta , capirono be presto, era in realtà l'ingresso di
un lungo tunnel che
scendeva sempre più nella montagna, appena largo abbastanza
da far passare
senza fatica un uomo magro, Tsubasa imprecò infatti
più volte, poiché l'armatura
lo faceva incastrare tra le rocce, e ormai gli spallacci erano
pesantemente
ammaccati e graffiati.
Un ruggito all'improvviso annunciò che qualcosa di molto
grosso si trovava
davanti, poco al dì fuori del circolo d'ombra creata dalla
piccola luce di Jun,
ma ciò non riuscì comunque a preparali a dovere
all'attacco a sorpresa, solo
Taro, illuminato da un'improvviso istinto, riuscì a reagire
con prontezza.
“Tutti giù” gridò, appena
prima che il soffio rovente riempisse il tunnel di
pietra davanti a loro. Il mago e il paladino si gettarono a terra, pur
consci
di quanto ciò fosse inutile, ma il calore del fuoco non li
raggiunse mai. In
piedi, davanti a loro, Taro stava evocando un muro di gelo che li
separava
dalle fiamme e dall'orrida creatura munita di quattro teste serpentine
che le
stava soffiando. “Cavolo, allora sei utile” rise
Jun alzandosi, prima di notare
che il chierico era concentrato in una profonda trance meditativa per
mantenere
integra la barriera di ghiaccio, “Questo é davvero
un avversario tosto” ringhiò
Tsubasa, “ma non possiamo fuggire, Momo potrebbe essere
là dentro”, impugnò con
entrambe le mani la spada lunga, attendendo che l'idra si fermasse per
riprendere fiato.
Non appena le fiamme smisero di uscire dalle orride fauci, Taro
dissolse la
barriera con una rapido ringraziamento alla dea Crio, impugnando poi il
bastone
ferrato per combattere, mentre il paladino caricava il mostro,
recidendone con
un solo colpo una delle teste.
“Ho letto troppi libri dove gli eroi si trovano a combattere
idre con decine di
teste, questa è una Pyroidra, se non cauterizzate subito il
moncone con il gelo
cresceranno rapidamente altre due teste” spiegò
Jun, mentre cercava la
concentrazione necessaria per ricordare un incantesimo utile.
Le tre teste rimanenti scattarono all'unisono contro il giovane
guerriero che
saltò all'indietro, andando a sbattere contro la parete
della grotta, a quanto
pareva si trovavano in una stanza circolare scavata nella roccia,
abbastanza
grande per contenere l'idra, ma non abbastanza per combattere
agevolmente.
Jun nel frattempo, dopo aver schivato per un soffio un'artigliata
dell'idra,
aveva ricordato un incantesimo da battaglia, che, a detta del suo
maestro,
andava bene contro ogni nemico, e con un guizzo un dardo di energia
incantata,
partendo dalla punta delle sue dita, sfrecciò contro il
nemico, colpendolo al
petto. La bestia urlò di dolore e si inarcò,
dando il tempo a Tsubasa di
rialzarsi e a Taro di lanciare il suo attacco.
“Potente dea dal cuore di ghiaccio, donami il tuo potere
così che possa non
avere pietà dei miei nemici” intonò,
mentre infinite schegge di ghiaccio
fuoriuscivano dalla sua mano, congelando il moncone e un'altra delle
teste
dell'idra. Le altre due teste rimaste però, ormai
più furiose che mai,
scattarono questa volta verso i due incantatori, Taro si protesse con
il suo
bastone, ma Jun non fu altrettanto abile, e le zanne si chiusero sul
suo
braccio. Il mago, gridante e incapace di lanciare incantesimi, fu
sollevato in
aria per essere divorato, e mentre guardava da vicino negli occhi
terribili
dell'idra, pensò che era davvero triste morire
così, deludendo la sua dea. Poi
gli occhi della bestia si avvicinarono e Jun chiuse i suoi. Non
successe nulla.
Poi si sentì ad un tratto piombare al suolo, l'impatto gli
tolse il respiro, ma
si costrinse subito ad aprire gli occhi per potersi difendere, ma ormai
non ce
ne era più bisogno. La lama della spada di Tsubasa era
piantata in profondità
nel ventre dell'idra, e doveva averne raggiunto il cuore, mentre quella
di Hiro
aveva tagliato con facilità la testa che aveva afferrato Jun.
Il mago alzò lo sguardo sulla guardia “Grazie
Hiro, ti devo la vita”. L'uomo
sorrise “Ho fatto solo il mio lavoro, presto, dobbiamo
trovare Momo, mi pare di
aver sentito la sua voce provenire da là in fondo”
indicò un corridoio in ombra
in fondo alla stanza.
Jun
tentò di rialzarsi, ma il sangue fuoriusciva copioso
dalla ferita al braccio e ormai non aveva più forze,
“Aspettatemi, potrebbe
esserci anche quel mago oscuro, e io sono l'unico che potrebbe tentare
di
proteggervi dai suoi incantesimi”, Taro sorrise e si
avvicinò all'amico, “Con
quella ferita non vai di sicuro da nessuna parte, fammi
vedere” si inginocchiò
e gli sfiorò il braccio mormorando una preghiera, scintille
di energia positiva
vorticarono attorno all'arto ferito, andando a rimarginare la carne e a
ricongiungere i lembi di pelle. Il braccio del mago era come nuovo.
Taro
anticipò le parole dell'amico quando questi aprì
la bocca “Non devi ringraziare
me, ma la dea Crio,” poi sorrise “e poi
è anche la madre della dea Lily, no?
Quindi dovresti avere anche altri motivi per ringraziarla”.
Jun chiuse gli occhi e ringraziò mentalmente la signora del
freddo, dopodiché
si rialzò.
I quattro si inoltrarono cautamente nel corridoio, preceduti dalla
fioca luce
di Jun, e dopo pochi metri si ritrovarono in un'altra stanza,
più piccola della
precedente, ma come l'altra completamente spoglia, se non per una
piccola sedia
in un angolo su cui sedeva la bambina.
“Finalmente siete arrivati, il signore col mantello nero mi
ha detto di
aspettarvi qui, e quando arrivavate dovevo darvi il premio”
scese dalla sedia e
si avvicinò a ciascuno di loro, dandogli un bacino sulla
guancia.
I tre ragazzi e Hiro si guardarono negli occhi, chiedendosi cosa
diavolo fosse
successo quella notte, e soprattutto chi fosse il mago misterioso
ammantato di
nero.
“E così era una trappola, ma per chi?”
Akira era pensieroso mentre, nel suo
studio, gli eroi gli raccontavano ciò che era accaduto. La
bambina, appena
tornata a casa, era crollata dal sonno, ed era stata riportata a letto
dalle
amorevoli braccia dei genitori, mentre questi piangevano di gioia.
“Avete almeno idea di chi potesse essere il
rapitore?” chiese il nobile.
“Beh, non siamo riusciti a vederlo in volto, ma a giudicare
dal colore delle
vesti e dai poteri, molto probabilmente si tratta di un mago
Oscuro” ipotizzò
Tsubasa,
“Un mago Oscuro?” Akira alzò un
sopracciglio,
“Certo,” spiegò Jun, “non
vanno confusi con i maghi Neri, i maghi Oscuri sono
incantatori che hanno votato la loro magia alla divinità del
male Yami,
ottenendo in cambio immensi poteri”.
“Non riesco però a pensare cosa volesse un mago
oscuro da lei, mio signore”
intervenne Hiro, “a meno che i suoi bersagli non fossero
questi tre ragazzi . .
.”, il nobile rise, interrompendolo “Hiro, tu
viaggi troppo con la fantasia,
sono solo ragazzini, cosa pensi vorrebbe mai un mago tanto potente da
loro? E'
più probabile che si sia trattato di un errore. Anzi, ora
che mi ci fate
pensare, non vi ho ancora ringraziato a dovere per tutto il vostro
aiuto, se
non ci foste stati voi non avrei più potuto abbracciare mia
figlia”.
Si allontanò un attimo, entrando in una stanza laterale, per
ritornare con un
sacco pieno di monete tintinnanti, che appoggiò sul tavolo
davanti a Tsubasa.
“Ma saranno un migliaio di monete d'oro!”
azzardò Jun, spalancando la bocca,
“Sì, più o meno,” ammise il
nobile, “è il minimo, per ciò che avete
fatto per
noi”
“La vostra generosità ci onora, ma non possiamo
accettarle.” Disse Jun guardano
i compagni che annuivano alle sue parole.
“Non dire sciocchezze ragazzo! Ve lo siete meritato e mi
offenderei se non lo
prendeste”
Al sentire quelle parole i giovani, non seppero più cosa
rispondere, certo
l’oro avrebbe fatto loro comodo, ma un poco si sentivano in
colpa nel
prenderlo. Vedendo la loro indecisione Akira sorrise e messo il
sacchetto nelle
mani di Tsubasa sorrise.
“Vi siamo davvero grati, ma ora dobbiamo ripartire per il
viaggio” disse il
paladino profondendosi in un inchino seguito dagli altri due
“Vi ringrazio
ancora e che la vostra famiglia sia benedetta!”
Presero così congedo salutando l’uomo e la moglie,
facendo anche promettere
loro che avrebbero dato un bacio alla piccola Momo. Sospirando colmi di
orgoglio i tre giovani ripresero la via, mentre i primi raggi del sole
facevano
capolino illuminandoli con benevolenza.
*^*^*
Innanzi
tutto volevo ancora una volta Augurare Buon Anno a tutti!
Spero che questi giorni siano stati bellissimi e che il nuovo anno sia
iniziato per il meglio!
E volevo anche chiedere scusa per la lunga attesa, ma questo capitolo
è stato veramente un parto difficile
ç___ç
Allora prossima!
Bacioni
Lily
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