In un giorno di nebbia accadde che...

di SnowWhiteQueen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Somiglianze improbabili... o forse no? ***
Capitolo 2: *** Sorrisi falsi e persone reali... ***



Capitolo 1
*** Somiglianze improbabili... o forse no? ***


Spero vi piaccia questa mia interpretazione di Sibilla Cooman.

***

Sibilla Cooman era sempre stata strana. Non aveva amici, non aveva un ragazzo, non aveva una famiglia che si potesse considerare normale, non aveva i soliti sogni delle ragazzine della sua età. Non giocava con le bambole, ma non giocava nemmeno con i soldatini.

Era strana, passava intere ore davanti a delle sfere di cristallo o davanti a tazzine da tè. E questo era il motivo delle prese in giro da parte dei suoi compagni di scuola.

Che scuola, poi.

Hogwarts, la Scuola di Magia e Stregoneria più prestigiosa di Inghilterra, se non di tutta l’Europa. E lei aveva avuto il “privilegio” di essere ammessa.

Privilegio, puah!

Secondo lei non era un privilegio essere ammessa ad Hogwarts, era una cosa più che normale.

Sei una strega, vai ad Hogwarts; non sei una strega? Non vai ad Hogwarts. Per lei era facile capirlo, per la sua famiglia no.

Si ricordava ancora la madre quando aveva ricevuto la lettera, quando aveva undici anni. E come faceva a scordarsi la sua faccia?

Era prima passata dal bianco al rosso, le sopracciglia alzate fino ad avere un’espressione di totale idiozia, che il padre dovette interpretare come un’espressione dolce. Ma di dolce in quella stanza c’era solo lo zucchero nel suo tè.

E da quel giorno sua madre non si era data pace: compra quello, compra questo, compra quell’altro, rivedi qui, rivedi lì… dopo una settimana avevano dovuto portare Sibilla al San Mungo, per un gran mal di testa cronico.

E da lì la madre si era un po’ calmata. E meno male, sennò al San Mungo non ci doveva andare per il mal di testa, ma per qualcosa di molto più grave, di questo era certa.

E da lì era cominciata la sua tortura: la scuola, ma la scuola è la tortura di tutti. Ma per lei di più, perché tutti i professori le erano contro, tranne la più orribile, antipatica, racchia, professoressa della scuola: Adrienne Boulanger. Ma che ci vuoi fare? La vita va così, è il fato, e non si può cambiare, perché se si potesse cambiare, a quest’ora lei non era un alunna di Hogwarts, ma era felicemente diplomata, con un buon lavoro, e perché no, anche un bel marito e dei figli.

Stava camminando nei corridoi della Scuola, e come al solito aveva la testa in ben altre faccende. Altro che il compito di pozioni che aveva fatto due ore prima e di cui ogni singolo studente del quinto anno si stava preoccupando.

O meglio, non ogni singolo, perché c’erano molti Serpeverde che stavano rintanati in angoli bui a fare solo loro sapevano cosa con qualche altra studentessa.

Poi c’erano i Tassorosso, studiosi come al solito, rintanati in Biblioteca; e così anche i Grifondoro.

I Corvonero invece stavano quasi tutti nel loro dormitorio ad inventarsi chissà cosa.

E’ vero che anche lei era una Corvonero, ma lei era strana, diversa.

Quel pomeriggio si doveva andare ad Hogsmeade, ma una serie di sfortunati eventi avevano fatto annullare la gita, con lo scontento di almeno tre quarti della popolazione della Scuola; ma per lei andava bene anche così, dopo tutto se anche non fosse stata annullata, lei ci sarebbe andata da sola. Come al solito.

“Cooman, signorina Cooman!” si sentì chiamare da una voce gracchiante, davvero fastidiosa.

“Sì” sibilò girandosi, altamente seccata, verso la fonte del suo fastidio.

Adrienne Boulanger, insegnante di Divinazione di Hogwarts, totalmente negata per la sua materia, totalmente negata in tutto, effettivamente. E confermando le idee di Sibilla, la professoressa, tentando di fare un gesto sbrigativo con la mano, beccò un’armatura che si sfracellò al suolo.

“Non si preoccupi, faccio io” disse Sibilla, pensando che forse se faceva lei, la Boulanger non avrebbe fatto altri danni.

“Grazie, Cooman. Ti ho chiamato per dirti che oggi deve andare ad Hogsmeade” disse la professoressa, con lo stesso tono in cui uno dice che manca il sale in un cibo.

“Professoressa, ma non si ricorda che la gita è stata annullata?” fece presente Sibilla. Quella era la conferma dei sospetti di mezza scuola, su cui si diceva che la Boulanger aveva l’Alzehimer, dato che si scordava sempre tutto.

“Cooman, non mi prenda in giro. Lo so che la gita è stata annullata, ma a me servono delle foglie da tè per il prossimo compito, e siccome sono di vitale importanza e lei ha gusti sublimi mi chiedevo se mi potesse fare questo favore” spiegò la professoressa.

Ci mancava questa! Pensava intanto Sibilla Cooman guardando fuori dalla finestra: nevicava, pioveva e per di più c’era una nebbia che impossibilitava la vista.

“Ma certo professoressa!” esclamò con un sorriso talmente falso che sembrava essersi fatta una plastica facciale riuscita male, ma molto male.

“E’ inutile che fa quei sorrisi di convenienze, tanto lo so che non le va, ma siccome sono la sua professoressa lei farà quello che le ho detto!” disse calma la Boulanger, prima di andare via.

Quella professoressa era proprio strana! Ma la cosa più brutta era che tutta la scuola paragonava lei, Sibilla Cassandra Cooman, alla professoressa. Cosa impossibile, dati i pensieri con un minimo di logica della prima e le teorie totalmente fuori luogo della seconda.

Dicevano che lei era lunatica, suscettibile e stramba.

Beh, forse lo era veramente, ma non sopportava di essere paragonata a qualcun altro. Lei era lei, e su questo non ci pioveva, o almeno per lei non ci pioveva, per gli altri sì, e pure troppo.

“Sibilla, guarda che non si può uscire! Che vuoi fare? La cattiva bambina…” la schernì una sua compagna di stanza, mentre si preparava per uscire ed andare a comprare quelle maledette foglie da tè per quella maledetta racchia.

“Sì, voglio proprio fare la cattiva bambina” asserì lei. Tanto con certe persone non si poteva dire nient’altro.

“Oooh!” esclamò quell’altra prima di uscire di corsa dal dormitorio, probabilmente per dire alle sue amiche oche la notizia scoop del giorno. Che poi scoop non era, e nemmeno notizia chissà quanto inaspettata, ma il cervello delle oche era ancora ignoto ai comuni mortali.

Si mise la divisa blu-argento e scese in Sala Comune, dove come al solito venne additata da tutti i compagni.

Scese per la scale e uscì al freddo e al gelo.

Dopo molte avversie riuscì ad arrivare alla tanto agoniata meta, cioè Hogsmeade.

Ma la cosa brutta era riuscire a trovare il negozietto nella nebbia che invadeva le strade, che fossero ampie o strette, la nebbia regnava incontrastata sul paesino, e non era per nulla una cosa bella o degna di nota; ma si sa, quando si è di cattivo umore anche una cosa insignificante diventa degna di nota.

Non ci si vedeva nulla, il buio più totale, appunto, il nulla.

E forse per destino, forse per caso, inciampò su un oggetto non bene identificato e cadde a faccia in giu. O meglio, non cadde, perché due braccia possenti la tennero in piedi. Due braccia calde e confortanti, due braccia che erano fatte per abbracciare.

“Ti sei fatta male?” domandò il proprietario delle braccia.

“No, grazie a lei” e fece un sorriso impacciato, vedendo la bellezza del volto di quel ragazzo, che aveva si e no 25 anni.

Aveva i capelli castani e due occhi color miele, e come il miele erano dolcissimi, sprizzava tenerezza dappertutto.

“Ma non ti preoccupare. Ma piuttosto, cosa ci fa una studentessa così carina in giro per Hogsmeade in una giornata come questa?” chiese offrendo un braccio per farla mettere bene in piedi.

Lei arrossì a quelle parole e rispose: “Devo comprare delle foglie del tè per la mia insegnante di Divinazione…”.

“Ah! Quindi andiamo dalla stessa parte! E poi la tua insegnante non è mica Adrienne Boulanger?” domandò indagatore lui.

“Sì… ma perché?” rispose Sibilla, incamminandosi con lui verso un punto imprecisato alla sua destra.

“Perché è mia madre” disse lui semplicemente.

Sibilla Cassandra Cooman per poco non inciampò. Un essere come lui, bello, gentile, dolce, figlio di una racchia come la sua professoressa. Ma si era impazzito il Mondo?

“Cosa?!” quasi urlò lei.

“E’ mia madre ed oggi la sono andato a trovare” piegò lui con pazienza, e poi aggiunse: “ah! Mi chiamo Etienne, piacere”.

“Io sono Sibilla, piacere mio” si presentò lei impacciata.

E così si chiamava Etienne, un nome così musicale, armonioso…

“A che anno sei di scuola?” interruppe il corso dei suoi pensieri il diretto interessato del suo corso di pensieri.

“Al quinto” si riscosse Sibilla.

“Senti, prima di andare a comprare le cose per mia madre, ti va di prendere un caffè?” la invitò Etienne gentilmente.

“Ehm… cosa? Un caffè? M…ma cer…certo!” sorrise lei imbranata.

Ma perché quando c’era qualcuno con un minimo di cervello e di bellezza nei paraggi lei si dovesse sempre mostrare strana?

Forse perché lei era strana, effettivamente, tutti glielo dicevano sempre.

E così si incamminarono verso I tre manici di scopa, ancora pensando che Etienne e la Boulanger non avevano niente in comune.

Ma dopo tutto, anche lei e la professoressa non avevano niente in comune, ma tutti sostenevano il contrario.

Erano proprio somiglianze improbabili.

***

Spazio autrice: leggendo la fan fiction di Bad_Devil, "Everything can be changer", mi è venuto in mente che Cassabdra era qualche parente di Sibilla Cooman, e mi è sorta una domanda: com'era il passato della professoressa di Divinazione?

E allora eccomi qua con una nuova fan fiction, che siccome è venuta lunga, l'ho divisa in due parti.

Spero vi piaccia, fatemi sapere!

Baci a tutti,

Julya

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Capitolo 2
*** Sorrisi falsi e persone reali... ***


Dedico questa fan fiction a Bad_Devil, la mia gemellina a cui mi sono affezionata veramente; e a MrsElric, mia sorella “vera”, che ieri mi ha ispirato per questo chap con racconti della sua vita sentimentale.

 

***

 

Entrarono in un locale molto affollato e pieno di tizi dall’aria non molto affidabile. Faceva caldo, Sibilla si tolse il cappotto, e prima che poteva fare qualsiasi cosa, Etienne le prese il cappotto dalle mani e lo appese sull’appendiabiti.

“Oh, grazie!” sorrise lei, perdendosi nello sguardo del suo bell’accompagnatore.

“Di niente. Cosa prendi?” si informò lui.

“Io… ehm, solo una Burrobirra” disse Sibilla.

Che riposta idiota! – si disse, ma d’altronde cosa poteva ordinare se non una Burrobirra? Il caffè le faceva schifo…

“Non ti piace il caffè?” chiese Etienne.

Ecco, appunto – si maledì lei per aver accettato di andare a bere qualcosa.

“Beh… veramente non è proprio la mia bevanda preferita” disse Sibilla.

Il sorriso del giovane si aprì ancora di più quando disse: “Anche a me non piace! Allora siamo in due, di solito sto tra tutti caffè-dipendenti!” (NdA io sono caffè-dipendente! O_O).

Lei sorrise, anche se come al solito non risultò un sorriso, ma una smorfia venuta male, tanto male che, forse, Etienne scoppiò a ridere.

“Cosa c’è?” chiese Sibilla imbronciata.

“Niente, hai fatto un’espressione troppo buffa!” e detto questo le scompigliò amichevolmente i capelli, a quel gesto lei avvampò.

“Vado a prendere le bibite” disse lui, prima di alzarsi ed andare verso il bancone. Sibilla lo guardò allontanarsi, e si perse nei suoi modi eleganti e attraenti, mentre la convinzione che lei non avrebbe avuto nemmeno una speranza con lui si faceva strada nella sua mente.

Nemmeno una speranza, era quella la cosa che le ripetevano spesso le oche nel suo dormitorio.

Ma dove vai con lui? Non hai nemmeno una speranza! – le dicevano ogni qual volta lei si fosse prese una cotta per qualcuno troppo bello e irraggiungibile.

Sibilla Cooman non era mai stata fidanzata, non aveva mai baciato un ragazzo, figuriamoci averci fatto qualcos’altro. E queste erano solo ragioni di prese in giro. Era possibile che a quindici anni ancora non ha baciato un ragazzo? Se lo avessero detto senza conoscerla di sicura avrebbero riposto di no, ma se conoscevi Sibilla Cooman, allora era più che possibile.

Ma lei non aveva mai provato una cotta così forte per qualcuno. Sì, erano cotte adolescenziali quelle che aveva avuto, quelle che aveva ogni singola ragazza. Etienne era diverso però, era più… era più lui. Lui, il Principe che tutte sognavano, quello bello, biondo, sul cavallo bianco.

Beh, Etienne non aveva il cavallo bianco, e non era neppure biondo, ma era bello. Maledettamente bello, dannatamente bello.

“Eccomi qui!” fu riscossa dall’interessato dei suoi pensieri, che lei si sforzava di mettere da parte.

“Oh, grazie” disse lei, cominciando a bere la sua Burrobirra, notando che anche lui aveva la stessa bevanda.

“Che cosa mi dici di te?” curiosò lui.

Sibilla quasi si strozzò a quella domanda.

“Studio ad Hogwarts” disse semplicemente lei: non le piaceva sperperare informazioni sulla sua vita privata; che poi vita privata mica tanto, visto che la sua era dominio di tutta la scuola, nessuno escluso.

“Solo? E che mi dici di te? Cosa ti piace fare? I tuoi amici? Hai un ragazzo?” sparò tutte le domande in mezzo secondo, tanto che lei dovette applicare più logica alle parole di Etienne.

“Se lo vuoi veramente sapere te lo dirò: non ho amici, forse l’unico amico che ho vive in Giappone e ci sentiamo molto di rado. Mi piace la Divinazione, e passo intere ore davanti ad una sfera di vetro o davanti alle foglie di tè, e per finire non ho un ragazzo, e non l’ho mai avuto” spiegò brevemente quello che era lei: una ragazza un po’ fuori dal comune, “tutti a scuola mi prendono in giro per questo. Ma sinceramente non me ne frega nulla: io sono così, e non saranno certo le chiacchiere che mi faranno cambiare!”.

“Sinceramente non mi immaginavo nulla di tutto questo. Ti vedevo come una ragazza con molti amici e con un ragazzo” osservò Etienne.

“Perché mi immaginavi così?” chiese curiosa Sibilla.

“Beh, perché sei una bella ragazza, simpatica ed estroversa” disse lui, come se fosse ovvio.

“Io?!?” chiese stupita lei. Mai qualcuno le aveva detto che era simpatica, men che meno che era bella. Quel ragazzo era veramente stupendo.

“Certo! Non mi dire che a Scuola non piaci a nessuno! Non ci crederei mai!” esclamò Etienne.

“Allora ti tocca crederci!” sbottò Sibilla, molto infastidita dal comportamento tenuto dal giovane seduto davanti a lei.

“Scusami, non ti volevo offendere” mormorò lui, abbassando il capo. Forse gli dispiaceva veramente.

“Non fa niente. Scusami anche tu, è che quando si tocca la mia vita mi infastidisco spesso” spiegò lei, ritornando alla solita calma surreale che faceva invidia a tutti.

“Possiamo andare ora?” chiese lui, visto che avevano finito le Burrobirra.

Sibilla fece un cenno affermativo col capo, e presi i cappotti uscirono nella tormenta.

“Tu invece cosa mi racconti di te? Perché sei qui ad Hogsmeade?” chiese lei, ma quando lui le rispose, volle non aver fatto mai quella domanda.

Sul viso di Etienne si aprì un meraviglioso sorriso, e spiegò: “Mi sto per sposare!”.

E in quell’istante tutte le speranze di Sibilla caddero, come quando si infrange un vaso, così le sue speranze si spaccarono e caddero veloci come la luce. Mentre sul suo volto si faceva spazio un’espressione immensamente triste e sconsolata.

“Sono felice per te!” riuscì ad articolare, con un sorriso ancora più largo di quelli che rivolgeva di solito alla Boulanger.

“Lo vedo che non pensi quel che dici” osservò lui, fermandosi in mezzo alla strada.

Sibilla si fermò di colpo, voltandosi verso Etienne, con espressione fredda e scostante.

Ma come si permette? – pensò lei. Effettivamente prima era carino, e lei si era fatta già tutte le favole, poi come le nuvole che annebbiano il Sole, le parole - Mi sto per sposare! – annebbiarono le sue speranze.

Ed ora cosa gli diceva?

Sì, è vero che non sono felice, perché ogni volta che trovo qualcuno che mi piace è irraggiungibile! – decisamente non lo poteva dire.

“Ma cosa dici! Certo che sono felice per te!” disse lei. Ma questa volta il sorriso le venne spontaneo, perché quella era l’ultima risposta che si aspettava di dire; ma era uscita così, dalla sua bocca.

“Allora meglio così” sorrise Etienne.

“E dimmi, come si chiama la futura sposa?” indagò Sibilla.

“Jeanne. E’ bellissima, ha lunghi capelli biondo cenere e occhi azzurri, grandi e dolcissimi…”.

Passò mezz’ora mentre lui tesseva le lodi della sua ragazza, Sibilla annuiva facendo di tanto in tanto commenti benevoli sull’evento, ma in cuor suo aveva l’inferno.

Improvvisamente vennero invasi da un profumo di tè, prova che erano arrivati al negozio.

Entrarono, e si sbrigarono a prendere l’occorrente, perché non gli andava di venire uccisi da quell’odore assolutamente inebriante, quasi come una droga.

Usciti di nuovo nella tempesta, si diressero verso il Castello.

“Ma perché sei qui se ti devi sposare?” domandò curiosa Sibilla, colta improvvisamente da quella domanda.

“Perché glielo devo dire a mia madre” spiegò Etienne.

“Come, ancora non lo sa?” chiese sorpresa lei, spalancando gli occhi per lo stupore.

“No che non lo sa, l’abbiamo deciso una settimana fa. E poi, mia madre non è molto d’accordo con i Matrimoni, perché il suo è andato a farsi benedire, e perciò pensa che il Matrimonio ti rovini la vita” spiegò brevemente lui.

Ecco un altro lato della Boulanger che non aveva mai fatto vedere. Ma nonostante odiasse quella professoressa, Sibilla dovette ammettere che era d’accordo con lei.

“Sono d’accordo” disse, prima che riuscisse a non aprire bocca.

“Perché?” chiese Etienne. Questa volta quello sorpreso era lui.

“Perché se due persone si amano non c’è bisogno di sposarsi, puoi vivere felicemente la tua vita così. Per non contare che io non credo che sposandosi uno sia felice, cosa cambia se uno è sposato o no? Tanto basta che c’è l’amore” sostenne la sua tesi lei, ma lui fece una cosa inaspettata: la prese per le spalle e la fece girare verso di lui.

“Credi veramente che due persone che si amano non abbiano bisogno di mostrarsi l’amore? Non mi dire che non hai mai sognato il Principe Azzurro che viene e ti porta con sé nel suo Palazzo! Non dirmi che non hai mai sognato un futuro felice con un uomo, con tuo marito!” sbottò Etienne.

Quella era l’ultima cosa che Sibilla si era aspettata fare da lui.

“Sì, le tue parole non mi fanno né caldo né freddo. Ecco cosa mi dà fastidio di tutti! Che pensate che dopo le vostre parole io abbassi il capo e vi dia ragione! Beh, se lo pensi davvero vattene! Perché io i piedi in testa non me li faccio mettere! Io ho un’idea, e sono fedele a quello in cui credo, non saranno certo le tua parole a farmi cambiare idea! Non sai quante volte i professori hanno tentato di farmi cambiare idea su qualcosa! E io cosa facevo? Dicevo – Ma certo professoressa! Sicuramente ha ragione lei! – ma lo dicevo perché non potevo dire altro! E così facevo un sorriso di convenienza ed andavo via, continuando a pensare quello che dicevo io. Ma un giorno mi sono resa conto che forse era meglio essere odiati per come siamo fatti realmente, che essere amati per la maschera che portiamo! E così non ho più dato ragione ai professori, ma me ne andavo. E sai perché odio tanto tua madre? Perché è terribilmente uguale a me! Lei mi capisce, non è una che si accontenta di aver ragione con un sorriso falso, lei vuole le persone così come sono, come sono realmente! Ma tutti voi non capite nulla di me! Ecco perché mi prendono in giro tutti! Non capite nulla, hai capito! NULLA!” urlò Sibilla, non curante delle lacrime che scendevano, incurante di aver attirato l’attenzione di tutta la gente che passava di lì per caso, incurante che Etienne era rimasto esterrefatto alla sua reazione.

Incurante che per la prima volta si era sentita libera di esprimere le proprie opinioni senza un sorriso falso.

“Ma cosa ti succede? Quando ti ho incontrato non eri così! Eri contenta che mi sposavo! Perché tutta questa ostilità?” domandò Etienne, scuotendola per le spalle, prima di abbracciarla stretta.

Lei alzò il capo, guardando il volto del giovane di cui si era innamorata perdutamente. Guardò i suoi lineamenti contratti in un’espressione confusa. E sentì il bisogno di baciarlo, come non aveva mai fatto con nessun ragazzo.

Ma la cosa più strana fu che lo fece. Avvicinò lentamente le labbra a quelle di Etienne, e in men che non si dica si ritrovarono a baciarsi.

Il primo vero bacio di Sibilla Cooman.

Lui si scostò e lei, sorridendo amaramente, disse: “Adesso capisci perché questa ostilità?” prima di scappare via a gambe levate.

 

Il giorno dopo Sibilla si svegliò di soprassalto sentendo un le chiacchiere delle compagne di stanza. Aprì un occhio e cercò di sentire cosa mai avevano di tanto interessante da parlare a quell’ora, ovvero le sette di mattina.

“Hai sentito cosa dice Mickey? Ieri mentre andava di nascosto ad Hogsmeade per prendere qualcosa da Mielandia ha visto Sibilla che si stava baciando con un ragazzo! E che ragazzo! Dice che era molto bello, e poi ha sentito anche lei che urlava contro di lui, prima di baciarlo. Poi dopo è venuto a sapere tutta la storia: quel ragazzo è Etienne Boulanger, il figlio della prof di Divinazione, che si sta per sposare! E Sibilla…”.

Sibilla decise che era meglio non ascoltare quello che entro un’ora tutta la scuola avrebbe saputo.

E si perse nei suoi pensieri.

Pensando che in un giorno di nebbia poteva accadere di tutto.

Sì, perché in un giorno di nebbia accadde che Sibilla Cooman decise che non si sarebbe mai sposata, accadde che Sibilla Cooman decise che avrebbe dedicato tutta la sua vita alla Divinazione, con la speranza che forse nella sua adorata sfera potesse vedere il viso del Principe Azzurro che veniva da lei, accadde che Sibilla Cooman diventò quella che è tutt’ora.

 

***

“E’ meglio essere odiati per come siamo realmente, che essere amati per la maschera che portiamo…”  (Jim Morrison)

 

Spazio autrice: allora… so che non è certo uno dei miei lavori migliori, ma mi piaceva come idea, e ieri l’ho cominciata a scrivere così, quasi per divertimento. Poi ho deciso di pubblicarla.

E’ solamente la mia interpretazione della Cooman, che speso viene bistrattata e trattata male, ma io penso che per diventare come è ora abbia passato qualcosa di significativo, e quel qualcosa di significativo io l’ho interpretato così!

Fatemi sapere,

baci

Julya

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