You should let me take some of that pain

di Swaggiekr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


 

 

 

                                                       

 

 



Un albero ha bisogno delle foglie per continuare a vivere, giusto?
Beh, la vita di Audrey si poteva rapportare ad un albero in autunno.
Le cui foglie abbandonano lentamente, una per una, i rami ormai quasi del tutto spogli.
Una semplice ragazza, che in fondo tutto era meno che semplice; sola.
Aveva perso la voglia di vivere. A dire il vero non riusciva a capacitarsi nemmeno lei stessa di cosa continuasse a farla andare avanti, forse la lontana speranza di un ritorno da parte dell'unica persona che, nonostante tutto, le era rimasta accanto ogni secondo, nei ricordi che aveva incatenato al suo cuore.


Un'altra giornata si era aperta in quella cittadina ormai famosa e piena di turisti.
Dopo aver preso un respiro profondo, Audrey si alzó lentamente dal letto e cambió le lenzuola. Scese in cucina e bevve un bicchiere di latte. Guardò fuori dalla finestra e quello che si avvicinava di più ad un sorriso, si dipinse sul suo volto alla vista di un temporale in arrivo.

Non le piaceva il sole, le piaceva andare in biblioteca ed ascoltare il rumore dei tuoni e della pioggia mentre beveva un thè fumante.
Era quello che le ricordava maggiormente i pomeriggi migliori che aveva trascorso, quelli passati con il suo migliore amico proprio in quell'edificio a cui era tanto legata.

Dopo una rapida doccia infiló i suoi jeans, una delle tante felpe di due taglie più grandi che aveva e le sue converse.
Con le cuffie nelle orecchie, uscí di casa e si diresse verso la piccola biblioteca che le aveva lasciato in eredità sua nonna Lynn, venuta a mancare solo pochi mesi prima di quella giornata.
Una ragazza dolcissima, ormai giovane donna, che ne aveva passate tante; così la definivano gli abitanti di quella cittadina. Tutti sapevano chi fosse Audrey e che cosa avesse passato, tutti le volevano bene, tutti credevano che stesse bene, che fosse forte, ma nessuno sapeva come si sentisse veramente.
Aprì la porta del piccolo edificio di legno e vi entró facendo suonare i campanellini attaccati ad essa.
Mister Twinkle si avvicinó alla ragazza miagolando. Anche quel gatto faceva parte dell'edificio, aveva da sempre vissuto lì ed anche se la ragazza avrebbe voluto portarlo a casa con sè, il felino si era sempre dimostrato contrario ad ogni suo tentativo.
-Hai fame eh?- esclamó la ragazza mettendo dei croccantini nella sua ciotolina.
Aspettó lo scoccare delle otto dell'orologio al centro del muro e giró il cartello con su scritto "aperto" verso l'esterno. Poi si sedè su una poltroncina e sospiró osservando le strade pian piano cominciare a popolarsi.
Mister Twinkle le salì in braccio e fece le fusa alla ragazza appena cominció ad accarezzarlo.
Riusciva a ricordare perfettamente il giorno in cui le aveva portato quel gatto, si ricordava benissimo l'immagine di Justin sorridente con una scatola in mano. "Aud, vieni a vedere chi ho trovato per strada! Ti va di tenerlo?" lei aprí la scatola e si innamoró istantaneamente di quel piccolo ammasso di peli.
Era proprio in quella biblioteca, ed era proprio poche settimane prima che partisse.

Venne distratta dal rumore dei campanelli che indicavano l'apertura della porta d'ingresso.
-Buongiorno Mike!- esclamó la ragazza sorridendo all'anziano.
-Buongiorno Audrey, sono venuto per riportare questo libro e prenderne un'altro, hai qualche consiglio da darmi?- disse con voce roca sorridendo.
-Certo, solo un secondo..- disse facendo scorrere velocemente le dita su una serie di libri in uno scaffale, fin quando trovó quello che cercava e porse il libro all'uomo.
-Ecco, lo ho finito di leggere proprio qualche giorno fa- disse la ragazza sorridendogli.
-Oh, allora mi fido, cara- le rispose sorridendo teneramente.
-Sono dodici dollari- disse poi la ragazza annotando su un registro la restituzione del libro.
-Grazie, cara, ci vediamo la prossima settimana!-
-Arrivederci, Mike- salutó l'uomo e tornó a sedersi sulla poltroncina.
Osservó il cielo scurirsi sempre di più fino ad iniziare a piovere. Chiuse gli occhi e ascoltó il rumore della pioggia cadere sulle vetrine.
Una marea di ricordi le invasero la mente e, assorta nei suoi pensieri, non si sentì il rumore dei campanellini della porta e sobbalzó subito dopo al rumore di quest'ultima sbattere.


Ehi babies!!! Sono ancora qui! :))
Che ne dite? So che è corto, ma è solo il primo capitolo e mi piacerebbe sapere se vorreste che la continuassi o meno :)
fatemi sapere! 
un bacio :** 
e grazie se avete letto!

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


                                                       



 

Entró un ragazzo apparentemente giovane con occhiali da sole, cappello e una felpa con il cappuccio sulla visiera del berretto da baseball.
Si mise silenziosamente a guardare gli scaffali di libri senza notare la ragazza abbastanza spaventata dall'individuo. 
Audrey osservó il ragazzo di spalle a lei per qualche secondo per poi prendere quello che più somigliava ad un'arma e rivolgersi impaurita al giovane.
-Se.. Se è una rapina qui non c'è nulla da rubare- disse con voce flebile mentre stringeva l'oggetto che avrebbe usato per difendersi tra le mani.
Il ragazzo si giró lentamente, ridacchiando alla vista della statuetta di marmo nelle mani della ragazza.
-Cosa ti fa pensare che io sia un ladro?- chiese lui senza prestare molta attenzione alla ragazza e tornando a leggere la trama del libro che aveva in mano.
-Io..Io conosco tutti qui.. E di persone incappucciate in quel modo non ne vedo molto spesso. E soprattutto non vedo persone con occhiali da sole mentre fuori diluvia.- rispose Audrey abbassando le braccia ma continuando a tenere saldamente la statuetta tra le mani.
Mister Twinkle miagoló leggermente e si avvicinó al ragazzo, riconoscendolo. Si strusció sulla sua gamba in attesa che il suo "salvatore" lo notasse.
Lui ripose il libro nello scaffale e si piegó sulle ginocchia per accarezzare il gatto. Dopo pochi secondi notò la medaglietta dell'animale e si pietrificó.
-Mister Twinkle?- sussurró togliendosi il cappuccio e gli occhiali da sole ma lasciando il cappello. Si guardò intorno e si sorprese di non essersi accorto di dove era capitato per ripararsi dalla pioggia. 
-Sì, si chiama così...- rispose la ragazza lasciando trasparire un pizzico di malinconia nella sua voce.
Il ragazzo ricollegò tutto in pochi secondi ma sorrise e rimise gli occhiali.
-Chi ha scelto questo nome?- chiese senza guardare la ragazza nella speranza che lei si ricordasse di lui.
-Non.. Non ti riguarda..- rispose scontrosa. Audrey era diffidente, e toccare qualsiasi argomento riguardante i suoi ricordi la faceva rattristare.
-Mmh, vediamo, posso provare ad indovinare?- chiese lui
-Cosa sei, un mago o roba simile?- scherzó lei, convinta del fatto che l'individuo che aveva davanti non avrebbe mai indovinato la storia di quel gatto.
Il ragazzo fece un passo avanti e cominció a parlare, continuando a guardarsi intoro e ricordando i pomeriggi passati a chiacchierare sdraiati per terra..
-Quando tu e un certo idiota di nome Justin avete deciso di passare la notte proprio qui,- disse indicando con un dito l'interno della stanza -avete notato che gli occhi dell' "ammasso di peli", come lo hai sempre chiamato, brillavano di notte; così hai proposto di chiamarlo mister scintillio, ovvero mister Twinkle.
All'inizio lui non voleva cedere, avrebbe voluto chiamarlo blacky, ma tu hai fatto la faccia da cucciolo e non ha saputo resisterti..
Ho indovinato?- chiese sorridendo e levandosi gli occhiali per osservare meglio la reazione della ragazza.
Occhi e bocca avevano preso la forma di tre "o" e la statuetta che poco prima teneva in mano era per terra.
-Tu.. tu..? J..j...justin?- balbettó la ragazza incredula e presa da una strana sensazione di disagio, portandosi una mano davanti alla bocca. Lui le sorrise, aprendo le braccia per invitarla ad abbracciarlo. Ma capì che c'era qualcosa che non andava bene quando la vide abbassare lo sguardo e passarsi velocemente le maniche della felpa sulle guance. Allora si ricordò del motivo per cui non la aveva vista negli ultimi anni e si sentì terribilmente stupido a pensare che lei si sarebbe comportata diversamente da come stesse facendo. 
Audrey si sentiva in colpa, perchè sapeva di averlo ferito qualche anno prima. Ma sapeva di averlo fatto per il suo bene in un certo senso; era sicura che se gli avesse detto cosa stava succedendo avrebbe lasciato tutto e sarebbe tornato da lei. E questo non avrebbe potuto perdonarselo. Aveva chiuso ogni tipo di contatto con lui, dalle videochiamate giornaliere ai messaggi di auguri per natale. E questo aveva scatenato in Justin una tormenta di sensi di colpa, dati dall'idea che avesse sbagliato in qualcosa per farsi ignorare in quel modo dalla sua migliore amica.
Lui la guardava pietrificato, si accorse di quanto la ragazza fosse cambiata dall'ultima videochiamata che avevano fatto qualche anno prima.
-Perchè sei qui?- sussurró lei alzando lo sguardo e incrociando i suoi occhi.
-Ho deciso di prendermi una pausa..- rispose lui sottovoce, cercando di capire cosa stesse provando Audrey, che annuì con un cenno del capo.
Dopo qualche minuto di silenzio tra i due, mentre si scambiavano sguardi pieni di scuse e nostalgia, lei scosse la testa, riprese coscienza di quello che stava succedendo e cercó di sviare la conversazione che sarebbe avvenuta di lí a poco.

-Lo prendi quello?- chiese indicando con lo sguardo il libro che teneva in mano Justin poco prima. Lui la guardó sorpreso, incuriosito e deluso allo stesso tempo; sentiva che quel 'qualcosa' che c'era tra loro non ci fosse più.
-Allora?- ribattè lei fingendo indifferenza.
Lui posò il libro e la guardó deluso. Poi, dopo una carezza a mister Twinkle uscì dalla biblioteca. Senza uno sguardo, senza una parola. Solo pieno di rimorsi e sensi di colpa. Continuava a chiedersi cosa avesse fatto per rovinare tutto in quel modo.
La ragazza raccolse la statuetta lasciata cadere poco prima e la rimise al suo posto.
Fece un respiro profondo e decise che avrebbe rimandato le lacrime a qualche ora dopo quando sarebbe tornata a casa.
Justin era deluso; certo, non si aspettava un bentornato da film, ma vedere Audrey in quello stato gli aveva provocato qualcosa che lo aveva confuso e si sentiva un'idiota per essersene andato in quel modo. In fondo era tornato per aggiustare le cose, no? Ma non si era preparato a una reazione come quella.
E non aveva programmato di entrare in quella biblioteca; il piano era quello 
di presentarsi a casa sua nel pomeriggio ed esporle il discorso di scuse che aveva preparato in aereo.
Invece si ritrovò sotto la pioggia a camminare verso quella che una volta era casa sua.


Era successo tutto per puro caso, per ripararsi dalla pioggia era entrato nel primo edificio che aveva incontrato.
Justin continuava a cercare una spiegazione alla sua reazione, non riusciva a capire il motivo per cui era uscito in quel modo, senza degnarla di uno sguardo.
Non aveva la più pallida idea di cosa fare, camminava sotto la pioggia bagnandosi sempre di più. Non riusciva neanche a vedere dove stesse andando da quanto la pioggia era fitta.
Poi peró scorse in lontananza 'la staccionata'. La loro staccionata rossa.
I loro, erano gli unici due giardini della città ad essere separati da una staccionata rosso fuoco. Le loro madri la avevano verniciata insieme perchè, appena trasferite in quel viale pieno di villette perfettamente identiche, facevano fatica a riconoscere le loro case.
E non era successo poche volte che parcheggiassero nel giardino di qualcun altro.

Non ci pensó nemmeno; attraversó la strada e si mise seduto sul portico della villetta sulla destra, quella di Audrey.
Pensò di bussare per farsi aprire da Dianne e chiederle di aspettare sua figlia in camera sua, ma non aprì nessuno. Si sedette sulla sedia a dondolo accanto alla porta e il suo sguardo cadde su un pacchetto di sigarette vuoto e un posacenere colmo di cenere. "Michael avrà iniziato a fumare.." pensò. Poi chiuse gli occhi e cominciarono ad affiorare i ricordi dei pomeriggi passati in giardino a cercare disegni nelle nuvole.
Lentamente le immagini divennero sempre più confuse e si addormentò. 
Uno starnuto lo fece svegliare di soprassalto e si ritrovò davanti una figura esile con una sigaretta fra le labbra.
Stava cercando nelle tasche di una felpa decisamente troppo grande le chiavi di casa e non si era accorta che Justin stesse dormendo sul suo portico. 
-Da quando tu fumi?!- sbottò lui con un tono di voce superiore al normale che fece sobbalzare Audrey.
-E da quando TU non puoi permetterti un albergo e dormi nelle verande della gente?!- chiese con lo stesso tono.
-Da quando questo mese c'è il festival di Shakespeare e non c'è neanche una camera libera a Stratford.- rispose scrollando le spalle.
-E vieni a dormire davanti a casa mia?- chiese sorpresa
-Veramente ero venuto per aspettarti, ma ho bussato e non mi ha aperto nessuno.. Quindi mi sono seduto qui e mi sono addormentato...-
-Entra.- sussurrò lei aprendo la porta.




SONO IMPERDONABILE, lo so.. Sono mesi che non mi faccio sentire.
Non sto a spiegarvi il motivo per cui sono sparita perchè mi odiereste lo stesso.
Comunque questo è il secondo capitolo, spero che qualcuno lo leggerà :)

SE trovo qualche recensione pubblico il prossimo 
GRAZIE SE AVETE LETTO :*
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


                                                       



 

Aprí la porta e ripose le chiavi su un piattino d'argento appoggiato sul mobile all'ingresso.
Si abbassó il cappuccio della felpa e sobbalzó quando alle sue spalle sentí uno starnuto.

-Forse dovresti asciugarti, sembri un pulcino bagnato- disse a Justin sorridendo.
-Si, ma prima voglio salutare la migliore cuoca di torte di mele al mondo, dov'è tua madre?- esclamó lui con un sorriso che andava da una parte all'altra del viso.
Audrey si irrigidì e si guardó intorno mentre cercava qualcosa da dire.
-Lei.. non c'è.- disse quasi in un sussurro.
-Ah, tuo padre?- chiese come se fossero domande di routine.
-Non c'è neanche lui. Ci sono solo io qui..- affermó cercando di mantenere ferma la voce.
-E dove sono..? Non capisco..- rispose Justin confuso mentre cercava insistentemente lo sguardo di Audrey.
-Dovresti farti una doccia calda o ti ammalerai..- lei alzó lo sguardo e gli sorrise forzatamente.
-Aspetta, io non sto capendo nulla..- continuó lui ancora piú disorientato mentre cercava una risposta negli occhi di Audrey.
Lei, peró, non riuscì a sostenere lo sguardo e si giró salendo le scale.
Justin la seguí levandosi la felpa bagnata e il cappello e appoggiandoli su un termosifone.
Seguì Audrey fino ad arrivare in camera sua e notó che di quella casa non era cambiato nulla se non che la serenità che ricordava, era stata sostituita dalla malinconia che ora custodivano avidamente quelle mura.

-Qui ci sono degli asciugamani e immagino che tu ti ricordi dove sia il bagno..- disse Audrey sfilando da un'armadio degli asciugamani e porgendoli a Justin che la ringraziò e annuì sorridendo.
-Dove hai intenzione di andare a dormire?- chiese lei prima che la porta del bagno si chiudesse.
-Non lo so, però ametto che se dovessi scegliere tra un materasso di cartone e la tua veranda, sceglierei la seconda opzione.- rispose ridacchiando attraverso la porta.
Audrey scosse il capo sorridendo e tirò fuori dallo stesso armadio anche delle lenzuola pulite.
Guardò il letto accanto al suo con la biancheria in mano ma poco dopo uscì dalla camera e adagiò la stoffa sul divano al piano inferiore.
Dopo aver fatto rimbalzare una monetina su quel letto improvvisato, soddisfatta, prese una coperta dallo stesso armadio di prima e la sistemó sulle lenzuola azzurre.
Poi tornó in camera sua e chiuse la porta.
Si sfiló le scarpe e mentre stava per fare lo stesso con la felpa, non volendo, urtó violentemente l'avambraccio contro l'anta dell'armadio che aveva lasciato aperta.

Non riuscì a trattenere un urlo di dolore e si accasció a terra tenendosi il braccio destro con la mano sinistra. Sentí lo scroscio dell'acqua della doccia interrompersi e poco dopo si ritrovó davanti due piedi gocciolanti che le chiedevano cosa fosse successo.
-Ho sbattuto contro l'armadio- rispose cercando inutilmente di muovere il braccio.
-Vieni, ti aiuto..- disse lui piegandosi e avvolgendole un braccio intorno al fianco per sollevarla da terra.
-Justin, non è niente, davvero, ora passa.- affermó poco sicura mentre si mordeva il labbro per trattenere le lacrime.
-Fammi vedere- la guardó negli occhi e scansó la mano dal braccio.
Abbassò lo sguardo e quando fece per alzare la manica della maglietta, una mano lo bloccó.

-Vado a metterci del ghiaccio, tu vai ad asciugarti.- disse fingendo sicurezza e voltandosi verso la porta quando si accorse che lui era coperto solo da un asciugamano.
-Vuoi spiegarmi cosa ho fatto?! Perchè sei così fredda?- sbottó portandosi le mani nei capelli.
-Puoi prendere una tuta dal mio armadio, dovrebbe starti bene.. Ora asciugati o ti ammalerai..- disse flebile mentre chiudeva la porta e scendeva le scale.
Sapeva che Justin non aveva fatto nulla, sapeva che lui non aveva colpe per come lei si stava comportando, ma aprirsi e rivelare tutto era escluso.
Sapeva che da un momento all'altro le avrebbe chiesto spiegazioni, ma anche lei, pur essendo dalla parte del torto, gliene avrebbe chieste.
Perchè era tornato?
Prese il ghiaccio dal frigorifero e lo avvolse in un canovaccio per poi poggiarlo lentamente sul braccio.
Lo tenne per qualche minuto finchè il dolore si affievolì e ripose il ghiaccio nel frigorifero.
Alzó la manica della maglietta e notó una macchia quasi violacea che si sarebbe trasformata in un livido in poco tempo.
Sentì dei passi scendere le scale e si abbassó la manica per poi spostarsi dietro l'orecchio un ciuffo di capelli.
Justin si fermó sullo stipite della porta della cucina e sospiró prima di entrare e mettersi seduto davanti ad Audrey.
-Dovresti comprare tute da donna, sono piú.. femminili.. di quelle che hai nell'armadio..- disse sorridendo.
Audrey rimase in silenzio mentre passava le dita sulle venature del legno del tavolo.
-Sai, mi ero preparato un discorso di scuse..- iniziò lui.
-Ma mi sto rendendo conto che non so nemmeno di cosa dovrei scusarmi.- fece una pausa, ma quando vide che gli occhi di Audrey erano fissi sul tavolo continuó a parlare alzando di poco la voce.
-Sono partito, è vero. Ho inseguito il mio sogno, e l'ho raggiunto.
Ma non mi sembra di averti trascurata quando ti chiamavo quattro volte al giorno, ti mandavo messaggi ogni cinque minuti e ci vedevamo con Skype tutte le sere.
O forse l'ho fatto?-

Audrey scosse la testa continuando a tenere lo sguardo basso.
-E allora qual è il problema? Perchè hai chiuso tutti i rapporti con me?-
Non rispose, rimase in silenzio e sentí un vuoto sempre piú grande nel petto.
Ogni parola era una freccia che la attraversava e lasciava che un vento gelido soffiasse dentro di lei.

-Eri la mia migliore amica, eri come una sorella per me. E lo sei ancora.-
Lei rimase in silenzio, incapace di trovare le parole per rispondere.
-Perchè fai così?- chiese esasperato prendendole una mano.
-Non sei tu.. il problema sono io..- disse non volendo e non sapendo come spiegarsi.
Justin capì che c'era qualcosa che non andava dal tono della sua voce e le strinse la mano.
-Guardami negli occhi, ti chiedo solo questo. Poi faremo finta di niente, come se tutto questo non fosse mai accaduto, d'accordo?- chiese speranzoso.
Audrey sospirò e alzò gli occhi puntandoli in quelli di Justin, trasmettendogli tutto il dispiacere possibile.
Lui in quegli occhi che da sempre era riuscito a leggere, vide dolore, dispiacere e tanta malinconia; ma quello che lo colpì fu la solitudine che riusciva a percepire.
Lei invece vide speranza e forza di volontà, quella forza che per un secondo le sembrò riempire quel vuoto che aveva dentro.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo, ma quegli sguardi dissero più di quello che mille parole avrebbero potuto provare a spiegare.
Dopo qualche secondo entrambi distolsero lo sguardo e rimasero zitti.
-Hai fame?- chiese lui spezzando quel muro di silenzio.
Audrey scosse la testa e accennó a un sorriso.
-Tu hai fame?- gli chiese
-Si, posso ordinare una pizza?- chiese con sguardo sognante.
-Certo, il telefono è da qualche parte vicino al divano, il numero è in memoria-
-Ok, sicura di non volere niente?- le chiese dubbioso.
-Si, sono sicura, ho giá mangiato.- disse alzandosi e prendendo un bicchiere d'acqua.
Justin non disse altro e si avvicinó al divano.
-Mi fai dormire qui?- chiese ridacchiando
-Hai due possibilità, il divano o la veranda-
-Dimentichi il letto in piú in camera tua..- disse speranzoso cercando di risparmiarsi il probabile mal di schiena che avrebbe avuto il giorno dopo.
-Non è il caso..- sussurró schiarendosi la voce
-Come vuoi..- sbuffó facendo il broncio.
-Ehi, non ho piú dieci anni, quella faccia non mi fa più nessun effetto!- ridacchiò, ma prima che Justin potesse ribattere bussarono alla porta.
Audrey andò ad aprire lasciando Justin in cerca del telefono.
Prima che potesse aprire bocca si ritrovò stretta fra le braccia di John.
-Ehi piccola, come stai?- disse lui prima di lasciarle un bacio sulla guancia.
-Al solito, John.. Tu?- rispose quasi in un sussurro accennando un sorriso.
Sentendosi escluso, Justin si schiarí la voce attirando l'attenzione del ragazzo, che nel frattempo era entrato in casa e si era diretto in cucina.
-Ehm, John, lui è Justin, e Justin, lui è John..- Audrey fece le presentazioni mentre i due ragazzi si guardavano perplessi.
-Si, ho già sentito parlare di te.- sputó John sprezzante poco prima che il gomito di Audrey lo colpisse.
-John, forse dovresti andare.. Ci vediamo domani mattina in biblioteca..- disse imbarazzata.
John annuí e dopo aver abbracciato, ancora una volta, Audrey lanció un'occhiataccia a Justin e chiuse la porta di casa dietro di sé.
-Piacere, eh!- mormorò Justin impercettibilmente.
-Quindi.. Hai un ragazzo..- affermó sorprendendo Audrey

-Cosa? No! Josh.. Ecco, lui è solo un amico.- disse indecisa sulle parole da usare.
-Davvero? Perchè sembrava molto... affettuoso...- rispose alzando un sopracciglio
-Lui è cosí.. Anche tu ti comportavi in quel modo.- non fece in tempo a rendersi conto di aver detto quello che non doveva dire e prima che potesse dire qualcosa, Justin aveva già abbassato lo sguardo ed era ritornato alla ricerca del telefono.
Proseguí per una decina di minuti sotto lo sguardo divertito di Audrey per poi gettare la spugna.

-Basta! Ci rinuncio!- sbuffó esasperato sedendosi sul divano poco prima che la ragazza lo affiancasse ridendo e porgendogli il telefono che era sul tavolino davanti a loro.
-Da quanto tempo sapevi che era lì?- chiese scioccato mentre cercava nella rubrica il numero che gli serviva.
-Da un po', era divertente vederti disperato mentre cercavi qualcosa che era sotto il tuo naso!- ridacchiò mentre Justin assottigliava lo sguardo scuotendo la testa.
-Strano, non funziona..- disse confuso guardando il telefono che si era spento.
-Forse è scarico..- sussurró insicura, ma quando poco dopo tutte le luci si spensero, le si geló il sangue.
Justin si alzó, seguito da Audrey che si attaccó al suo braccio.

-Deve essere saltata la corrente, vado a vedere fuo- cominció Justin prima di essere interrotto dalla mano tremante di Audrey che si appoggió sulla sua bocca e scosse la testa velocemente.
Qualcuno bussó alla porta e le gambe di Audrey cedettero, lasciandola inerme fra le braccia di Justin, che non capiva cosa stesse succedendo.
La appoggiò sul divano spaventato dal suo sguardo perso nel vuoto e le appoggió le mani sulle guance puntando i suoi occhi sul suo viso.

-Audrey calmati, dimmi che succede.- disse preoccupato poco prima di sussultare quando si sentì bussare piú forte alla porta.
La guardó negli occhi cercando di trasmetterle sicurezza prima di lasciare la presa sul suo viso e dirigersi verso la porta.
Si irrigidì quando sentì la mano di Audrey stringere forte il suo braccio e percepì le sue unghie attraverso la stoffa dei vestiti.
Con una mano allentò la presa della ragazza e si avvicinó alla porta che tremava ad ogni colpo.
Senza esitare spalancó la porta e alla velocità della luce John entró in casa e si fermò in ginocchio davanti a Audrey prendendole le mani strette a pugno e cercando il suo sguardo.

-Piccola, ascoltami, è solo andata via la corrente, non sta succedendo niente. Non torneranno, andrà tutto bene.-
A lei peró qualsiasi suono arrivava impercettibile, si era di nuovo creata quella bolla intorno a lei e John lo sapeva.
Stava rivivendo tutto e i ricordi la stavano divorando dall'interno; le lacrime scendevano senza che neanche se ne accorgesse.

John sussultó quando sentí vibrare il suo cercapersone e allontanandosi da Audrey si rivolse serio a Justin.
-Ascoltami, c'è stato un incidente a due isolati da qui, una macchina ha sbandato ed è andata contro un palo della luce, io devo correre in ospedale, il mio cercapersone ha vibrato almeno dieci volte. I vigili del fuoco riallacceranno la corrente entro qualche ora, nel frattempo devi controllarla, non permettere per nessun motivo che esca di casa o che si avvicini a qualsiasi cosa che può essere usata come arma. Cerca di calmarla, di distrarla, io tornerò appena possibile.- disse lasciando Justin frastornato e scosso dalla situazione.
Non ebbe il tempo di chiedergli spiegazioni che sentí la porta sbattere dietro di lui.

Justin si passó una mano nei capelli cercando di rielaborare le parole di John e capire cosa stesse succedendo, ma non riuscì a fare altro che confondersi ancora di piú.
Chi non sarebbe tornato? Cosa era successo?

Si avvicinó al divano dove era seduta Audrey e cercò il suo sguardo senza però ottenere risultati.
-Aud, ascoltami.- disse poggiando le mani sulle sue guance e asciugando con le dita le lacrime che scendevano assidue.
-Mi stai facendo spaventare, scimmietta, devi calmarti..- cercò di rassicurarla prendendole le mani, ma quando sentí che erano bagnate e abbassó lo sguardo rabbrividì alla vista del sangue. Stava stringendo i pugni talmente tanto forte da ferirsi i palmi con le unghie.
Prima che potesse fare qualcos'altro, sentì il bisogno di avvolgere le braccia attorno al corpo inerme davanti a lui e si avvicinó portando le sue mani dietro la schiena di Audrey e stringendola a sè il piú possibile.
Poco dopo percepì le braccia della ragazza dietro al suo collo stringerlo il più possibile e sussultò quando la sentì singhiozzare sulla sua spalla.

Improvvisò e cominciò a cantare qualcosa al suo orecchio come faceva da bambino ogni volta che voleva tirarle su il morale.
Dopo un tempo che sembrava essere durato ore, ma che in realtà era solo una ventina di minuti, la stretta delle braccia di Audrey sul suo collo e il ritmo del suo respiro si affievolirono, facendo rilassare i nervi di Justin, che tenendo un braccio dietro la sua schiena e portando l'altro sotto le sue ginocchia la sollevò lentamente e la portò in camera sua per poi adagiarla sul letto.
Andò in bagno e aprì uno degli armadietti vicino al lavandino, prese dell'ovatta e del disinfettante e tornò in camera.
Poggiò tutto sul comodino e si sedé sul bordo del letto.
Prese il disinfettante e ne versò un po' su un batuffolo di ovatta, poi, cautamente, aprì una mano di Audrey e disinfettò quei taglietti causati dalle unghie.
Procedé allo stesso modo con l'altra mano, mise a posto quello che aveva preso per poi levarsi le scarpe e stendersi sul letto accanto a lei.

Osservò quella figura fragile e indifesa e promise a sé stesso di prendersene cura.
Avrebbe fatto in modo che il dolore che aveva visto nei suoi occhi sparisse.

Sarebbe rimasto con lei stavolta e avrebbe scoperto chi e perché era riuscito a ferirla fino a quel punto.
Giurò che quella volta avrebbe mantenuto le sue promesse.
Le scansò i capelli dal viso e dal collo e trasalì quando vide quel segno bianco sotto la mandibola. 
Passò le dita su quella cicatrice come per assicurarsi che non fosse un'allucinazione e si sentì responsabile pur non avendo idea di quello che fosse successo.
Spostando lo sguardo per trattenere le lacrime, si alzò e scese al piano di sotto per prendere un bicchiere d'acqua.

Si appoggiò sul piano della cucina e cominciò a pentirsi di non essere tornato prima.
Continuò a chiedersi perché fosse stato così stupido da non continuare a chiamarla e se, nel caso in cui avesse mollato tutto per tornare da lei, ora sarebbe stata meglio.
Si distrasse quando sentí bussare alla porta. Poggiò il bicchiere nel lavandino ed andò ad aprire.
Trovò John con una pizza in mano.

-Ciao- lo salutò accennando un sorriso, John ricambiò con un cenno della testa.
-Posso?-
-Certo..- Justin si scansó e lo fece entrare. Si diresse verso la cucina ed appoggiò la pizza sul tavolo.
-Ah, mi dispiace per prima.. Sono stato.. poco cortese..- si scusó prima di chiedere dove fosse Audrey.
-Sta dormendo..-
-Davvero?- chiese stupito guardando Justin perplesso.
-Sei riuscito a calmarla?- continuó ancora piú sorpreso.
-Si... L'ho abbracciata e pian piano si è calmata..- disse Justin passandosi una mano fra i capelli.
-L'hai abbracciata e non ha opposto resistenza..?- chiese dirigendosi verso il frigorifero e prendendo due birre.
-No, ha ricambiato l'abbraccio ed ha pianto..- rispose prendendo la birra che gli porse John.
-Devi essere speciale allora.. Nessuno era mai riuscito a calmarla e a farla addormentare dopo una crisi come quella.
Tantomeno con un abbraccio..
- mormorò tra sè.

-Ho portato una pizza, non hai mangiato, vero?- continuó a voce piú alta.
Justin annuì e lo ringraziò prima di dividerla con lui e mangiare in silenzio.
-Provi qualcosa per lei, non è vero?- John ruppe il silenzio.
-Eh? Per chi?- domandò Justin cadendo dalle nuvole.
-Audrey- ridacchiò l'altro.
-Oltre all'amore fraterno? No.- rise.
-Ne sei sicuro? Ho visto la paura che avevi negli occhi prima..-
-È praticamente mia sorella, vederla così mi ha spaventato.. E comunque siamo cresciuti insieme da quando avevamo meno di un anno, non riuscirei a vederla.. come più di un'amica..- disse sicuro.
-Come vuoi.. Comunque non preoccuparti di me, sono solo una spalla su cui piangere- rispose amareggiato.
-Tu sai tutto quanto, vero?-
-Riguardo a cosa?-
-Riguardo al motivo per cui sta così.
E' pelle e ossa e che Dio mi aiuti, ho visto un segno sul suo collo,
e non era una di quelle cicatrici che vengono dopo essere caduti in giardino.-

-Hai visto solo quella sul collo?-
-Ce ne sono altre?- chiese sbigottito.
-Sai, io credo che quando arriverà il momento giusto, lei ti dirà tutto.. Non vuole mettere in pericolo altre persone con questa storia..-
-In pericolo? Che diavolo significa?- chiese Justin confuso.
-Tu non hai davvero mai letto niente su quello che è successo qui?- chiese John sorpreso.
-No.. Dopo che anche i miei nonni si sono trasferiti a Los Angeles mi sono scordato di questo posto... Ma questo cosa c'entra?-
-Sono sicuro che su google troverai tutto- disse prima di venire interrotto
-Ma tutto cosa?! Dio mio, su google? Non girarci intorno, per favore..- chiese preoccupato
-Non posso dirtelo io. Ma dopo aver letto quegli articoli non fare un fiato, perchè lí non c'è scritto come si è sentita lei.- disse puntandogli un dito in segno di minaccia.
-È già abbastanza sola, se provi ad andartene di nuovo, io...- aggiunse senza peró continuare la frase.

-Sarei dovuto tornare, avrei potuto fare qualcosa...- mormoró ignorando l'ultima frase dell'altro.
-Si, probabilmente si. Se ci fossi stato tu io a quest'ora avrei un lavoro migliore, non avrei mai incontrato Audrey e ora non vivrei nel suo garage perché ha bisogno che qualcuno le stia vicino..- disse sospirando.
-Ma non puoi tornare indietro nel tempo, quel che è fatto è fatto..
E detto questo io me ne torno in garage, buonanotte.- continuò sorridendo debolmente ed uscendo prima ancora che Justin potesse rispondergli.
Pochi istanti dopo aver chiuso la porta sobbalzò sentendo un urlo soffocato provenire dal piano di sopra.
Con il cuore a mille salì le scale di corsa e si precipitò in camera.
Trovò Audrey raggomitolata sul letto e si avvicinó sedendosi accanto a lei e poggiandole una mano sulla spalla.
Lei sobbalzò e si aggrappò al suo collo.

Le accarezzó i capelli cercando di tranquillizzarla, ma stava tremando dalla paura.
-Scimmietta, stai tranquilla, ci sono io qui, non succederà nulla..-
-Non lasciarmi da sola, ti supplico.- mormoró quasi impercettibilmente.
-Non me ne andrò piú, te lo giuro.- disse stringendola a sé e lasciandole un bacio sulla fronte.


 
                                                                                                                                                                                   "...can't promise that things won't be broken,         

                                                                               but I swear that I will never leave..."

 

Avete tutto il diritto di odiarmi, lo capisco..
Non mi faccio sentire da più di un mese -di nuovo- 

mi dispiace davvero tanto, 
ma prometto che d'ora in poi aggiornerò più spesso.
Fatti i convenevoli.. tadaaan ecco a voi lo stra schifosissimo capitolo 3! :D
non mi piace come è venuto, ma rimedierò -spero-.. 
detto questo, da qui si capiscono, o meglio, non si capiscono un po' di cose :)
Chi è John? Che è successo a Audrey? Perchè è da sola?
lo scoprirete nella prossima puntata! *cerca inutilmente di essere simpatica* 
GRAZIE INFINITE A CHI HA LETTO FIN ORA ANCHE SE SONO SPARITA PER TANTO TEMPO :*
Se trovo qualche recensione aggiorno in settimana, intanto vi dedico questa <3


GRAZIE SE AVETE LETTO :*

 

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