L'oggetto Dei Miei Desideri

di luna1991
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROIEZIONI D'AMORE ***
Capitolo 2: *** QUALCUNO CE L'HA CALDO ***
Capitolo 3: *** SEI UNA PARTE DI ME ***



Capitolo 1
*** PROIEZIONI D'AMORE ***


Salve lettori ^^ Questa storia non ha minimamente senso, lo so…dopotutto, quale persona normale si innamorerebbe di un proiettore? Ma infondo, io stessa non sono del tutto normale, quindi può capitare che mi venga lo schizzo di scrivere anche cose come questa…dovete rassegnarvi  u.u

E siccome sono una brava persona, ho creato un modellino del proiettore in questione, per farvi capire meglio l’ “anatomia” della situazione…E non venite a dirmi che faccio schifo ad usare i programmi di grafica 3D, ne sono già pienamente consapevole. *si rinchiude nell’angolino degli incapaci*
Buona lettura!
-Luna1991-

 
 

PROIEZIONI D'AMORE

 
 
Questa storia narra di un amore proibito.
Un amore intenso, una passione profonda, un desiderio struggente.
Un amore che la persone normali non possono comprendere.
Un amore vero.
 

***
 

La porta dell’aula si aprì, lenta e pesante, e lei varcò la soglia cercando di mostrare autorità e sicurezza, nonostante i tacchi troppo alti rendessero il suo passo malfermo.
“Buongiorno”
“Buongiorno, professoressa” risposero gli studenti.
Si avvicinò con piccoli passi alla cattedra e si sedette sulla morbida sedia blu.
Era il momento di iniziare la lezione.
Aprì la borsa e tirò fuori una cartelletta con dentro alcuni fogli.
Oggi spiegherò questi, poi passerò a quelli e concluderò con gli esercizi.
Pensò, mentre selezionava le pagine in questione.
Cercò con lo sguardo la pulsantiera di controllo del proiettore.
Devo accendere prima lo schermo, poi il resto. Disse fra sé, mentre allungava lentamente la mano.
L’indice della sua mano destra si posò sul tasto ON/OFF.
Sentiva le forme sinuose contro le sue dita, i bordi tondeggianti sfiorare i suoi polpastrelli, la morbidezza e il calore sulla sua pelle.
Premette delicatamente la sporgenza rotonda sotto di sé e lo schermo del proiettore si accese, l’energia iniziò a scorrere nei suoi cavi e luce e calore furono irradiati come raggi del sole.
Il suo sguardo si posò immediatamente sul ripiano illuminato dalle lampade e lei si accorse quasi all’improvviso che la luce che irradiavano creava due magnifici coni gialli che si stagliavano, fieri ed imponenti, contro la plastica color avorio, creando un riflesso talmente bello da oscurare persino le stelle del cielo.
Avrebbe voluto osservare quel gioco di luce per ore ed ore, ma non poteva.
Gli studenti, coloro per cui era venuta, volevano altro.
Volevano che lei lo coprisse con dei fogli freddi e inespressivi, ricoperti da noiose parole.
Perché non capiscono la bellezza di questa luce? Perché si ostinano a chiedermi di coprirla? Dannati studenti, perché non riescono a vedere quello che vedo io?
Così pensava, mentre dalle sue labbra uscivano parole.
Parole che le sue orecchie non sentivano.
Parole che la sua mente non ascoltava.
A intervalli regolari cambiava il foglio e lo spostava dal proiettore per sostituirlo con il successivo.
Ogni volta che lo faceva le sue dita sfioravano per un attimo la morbida plastica del proiettore e un brivido le correva lungo la schiena mentre la luce e il calore la invadevano con dolcezza.
Oh, come invidiava quei fogli!
Quei minuti infiniti che trascorrevano sdraiati sul letto caldo e luminoso che il proiettore offriva loro, e che li avvolgeva come una morbida coperta in una fredda sera d’inverno.
Sono così ruvidi e freddi. Non meritano tutto questo!
Un’ondata di rabbia e gelosia le stava salendo alla testa, quando sentì una voce gridare dal fondo dell’aula:
“La lampada!”
Si voltò di scatto verso la lampada, preoccupata che potesse essersi irrimediabilmente guastata.
Mi sembra che sia tutto a posto. Cosa vuole questo studente?  Si chiese.
“Si vede la lampada!”
Continuò il ragazzo dal fondo dell’aula.
Ora aveva capito.
Si voltò lentamente verso lo schermo appeso alla parete dietro di lei e si accorse che una parte di una delle due lampade si poteva vedere nell’inquadratura e copriva parzialmente il foglio.
Ancora. Mettono sempre al primo posto quei dannati fogli. Le nuove generazioni non riescono proprio a capire dove sta la vera bellezza.
Era arrabbiata con quello studente, ma la sua rabbia svanì in un  istante quando le sue mani si posarono sugli spigoli armoniosi che segnavano i contorni della lampada.
I battiti del suo cuore si fecero più rapidi e il respiro più corto.
Afferrò con decisione le forme affusolate di quel dispensatore di luce e calore e lo spostò verso destra fino a che non fu uscito dall’inquadratura della telecamera.
Il contatto durò solo pochi secondi, ma le sensazioni e le emozioni che la attraversarono furono le più intense che avesse mai provato.
Non avrebbe mai dimenticato la sensazione calda e luminosa che l’aveva invasa in quei momenti, il piacere che le aveva dato il tocco forte e allo stesso tempo gentile della plastica o i brividi che l’avevano percorsa mentre le sue mani scivolavano lentamente lungo tutta la lunghezza della lampada.
Niente e nessuno avrebbe mai potuto provocarle emozioni di eguale intensità e bellezza.
La lezione continuò apparentemente come prima, ma la sua mente si era ormai persa in un modo diverso, lontano da tutto e da tutti, dove esistevano solo lei ed il proiettore, uniti in un vortice di luce e calore.
Un fugace sguardo all’orologio le ricordò che il tempo dei sogni era finito, le due ore a sua disposizione erano giunte al termine ed era il momento di tornare alla vita reale.
Devo spegnere tutto. Pensò, con un velo di tristezza nell’anima.
Posò per la seconda volta l’indice della mano destra sul tasto ON/OFF e lo premette.
Sentì un groppo alla gola mentre osservava le luci spegnersi ed il calore abbandonare la morbida plastica.
Si alzò dalla sedia e si allontanò dall’aula il più velocemente possibile.
Non voleva mostrare agli studenti i suoi occhi sempre più lucidi.
Ormai era tutto finito, doveva andarsene e tornare a casa.
Le emozioni, il calore, la luce, il piacere, tutto questo era già soltanto un ricordo.
Un magnifico ricordo.
Un ricordo che avrebbe portato per sempre nel suo cuore.

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Capitolo 2
*** QUALCUNO CE L'HA CALDO ***


QUALCUNO CE L’HA CALDO

 
Questa shot è stata scritta da Risa Slytherin con il preciso scopo di celebrare la mia dipendenza da caffè…Avrei  potuto rincorrerla con una spranga ed ucciderla per questo, ma siccome sono una persona pacifica (e anche masochista, a quanto pare) ho deciso invece di pubblicarla.
Divertitevi mentre leggete degli amoreggiamenti fra me e la macchinetta ^^
-Luna1991-
 

La macchinetta del caffè era lì.
Pochi metri li dividevano.
L’attrazione era troppo forte, stare lontani era impossibile.
La tensione sessuale era palpabile.
Lei si avvicinò, un passo dietro l’altro.
Il tempo era lento. Una tortura.
Il bisogno di essa e dei suoi frutti scatenava in lei forti pulsioni, tutte da soddisfare.
Con un movimento pelvico repentino, raggiunse l’oggetto dei suoi desideri: la macchinetta del caffè.
Dispensatrice di sogni proibiti.
Donatrice di cinque minuti quasi orgasmici.
Creatrice del miglior liquido da bere.
Aggeggio capace di portarti all’apice.
Dominatrice di pensieri perversi.
Lei inserì la monetina dell’apposito spazio, caricando così i soldi sull’unico oggetto capace di farle raggiungere il piacere: la chiavetta.
Simbolo fallico.
Penetrante chiave di macchinette.
Similitudine sessuale e sensuale.
La chiave era inserita, lei doveva solo schiacciare il pulsante giusto.
Avvicinò il dito al pulsante relativo espresso. Lo schiacciò e fu come avvicinarsi al punto G e non raggiungerlo.
Un brivido scosse la ragazza mentre l’insoddisfazione fece largo in lei.
Gemette.
Un rumore le segnalò la discesa del bicchiere, scuotendola da quel torpore in cui stava vivendo.
Stava arrivando.
Una contrazione del bassoventre le ricordò i suoi bisogni.
Un altro rumore e il liquido caldo iniziò a scendere. Non vedeva l’ora di averlo in bocca.
Un nano secondo.
Un altro nano secondo.
Lei ne aveva bisogno il più presto possibile.
Gemette nuovamente, mentre metteva una mano sulla macchinetta.
Chiuse gli occhi e si godette quella contrazione.
Un suono la ridestò.
Aprì gli occhi e lo vide: il suo caffè.
Prese in mano il contenitore del suo liquido preferito.
Assaporò il suo odore così inebriante.
Mancava poco e ne avrebbero goduto le sue papille gustative.
Ancora un nano secondo.
Ancora uno.
Un ragazzo con capelli lunghi e crespi legati in un codino sbattè con la spalla su di lei, facendole cadere il caffè.
La giovane si guardò la mano, ormai vuota.
Sgranò gli occhi mentre il dolore per la perdita repentina del suo unico vero amore la invadeva.
“Scusa” disse il ragazzo.
Lei si voltò lentamente.
Solo furia esprimeva il suo viso.
“TU. SEI. MORTO!!!!”.

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Capitolo 3
*** SEI UNA PARTE DI ME ***


SEI UNA PARTE DI ME

 

Eccomi con un'altra shot di questa raccolta!
Devo dire che l’ispirazione per questo genere di cose non mi manca…e non sono sicura che sia una cosa positiva…ma dopotutto, che volete farci?
È risaputo che ogni donna (?) ha un vestito che ama particolarmente (e da quando?), e alcune invece indossano sempre lo stesso per settimane…già, proprio così…l’ispirazione mi è venuta a causa di una professoressa che viene in università sempre (dai, su…QUASI sempre) con lo stesso vestito verde.
Allora ho pensato: che ne sia innamorata? Ed ecco che nasce questa shot!
Enjoy! ^^
-Luna1991-

 
*DRIN DRIN…DRIN DRIN…DRIN DRIN…*
Il fastidioso suono della sveglia riportò la sua mente nel mondo reale, strappandola dal sogno in cui si era rifugiata da alcune ore.
Le sue palpebre erano pesanti ed appiccicaticce e si rifiutavano di alzarsi.
Ma lei non poteva restare tutta la giornata a letto, doveva andare a lavorare e prima di questo doveva alzarsi e vestirsi.
Fu proprio quest’ultimo pensiero a darle la forza di uscire da sotto le coperte e gettarsi in quella fredda mattinata di metà gennaio.
Il pensiero di vestirsi, indossando ancora una volta quel vestito verde che amava così tanto, quel vestito verde che ormai era diventato una parte di sé.
Scese lentamente dal letto e si diresse in bagno, trascinando i piedi ancora assonnata.
Lì completò la sua routine quotidiana e quando uscì si sentiva rinfrescata e finalmente sveglia, pronta ad assaporare pienamente la giornata.
Tornò in camera sua e si avvicinò all’armadio.
Era arrivato il momento che tanto attendeva e che le aveva dato la forza di alzarsi.
Era arrivato il momento di vestirsi.
Appoggiò la mano all’armadio, e le sue dita si avvolsero alla maniglia di legno scuro che sporgeva dall’anta più chiara.
Spostò lentamente il legno e lo vide: davanti a lei, splendido e maestoso come sempre, si stagliava un abito di un magnifico verde smeraldo,  scollato ma non troppo, con maniche molto corte e una gonna lunga fino al ginocchio.
Allungò le mani verso l’abito, e con dolcezza lo prese e lo portò fuori dall’armadio.
Lo osservò per un attimo, poi sorrise leggermente e lo avvicinò a sé.
Affondò il viso fra le sue pieghe ed inspirò.
Sentì un inconfondibile profumo farsi strada nelle sue narici fino a raggiungere i suoi polmoni.
Era l’odore di sé, quell’odore di vissuto che nessuno poteva apprezzare, ma che lei non poteva che amare perché rappresentava la prova inconfutabile che lei e quella che ormai era la sua seconda pelle non si erano separate per più di due settimane, per sedici indimenticabili giorni.
Ricordi di lunghe ore passate insieme iniziarono a farsi strada nella sua mente, mentre con una lentezza quasi esasperante indossò l’abito verde.
Sentiva la stoffa scivolare sul suo corpo e accarezzarle la pelle come nessun uomo avrebbe saputo fare, stringendola in un abbraccio che non aveva eguali.
La sentiva aderire perfettamente al suo corpo, soffice e leggera.
Si voltò verso lo specchio appeso alla parete ed osservò la sua immagine riflessa.
Vide una donna di mezza età, bionda e un po’ rotonda, con indosso un abito unico ed elegante, le cui forme la avvolgevano perfettamente e la cui stoffa colorava di un magnifico verde l’intera immagine.
Quel colore era per lei come il verde del vischio natalizio, sotto al quale coppie di amanti si uniscono in un sensuale abbraccio per festeggiare la Natività.
Essere avvolta in quella tonalità allegra e passionale al tempo stesso le dava una sensazione di piacere ed appagamento impareggiabile.
La faceva sentire sicura e protetta.
La faceva sentire amata.
Ma non era solo il colore a rendere quell’abito il migliore che avesse.
C’era qualcosa in più fra le pieghe della stoffa, qualcosa che lo rendeva veramente unico e speciale.
Si avvicinò di un passo alla superficie vetrosa dello specchio, e finalmente riuscì a vedere.
Le chiazze gialle, gli aloni lasciati dal suo sudore del giorno prima.
Molti li avrebbero odiati, avrebbero preso quel vestito con le pinze e l’avrebbero portato subito a lavare e poi a disinfettare.
Ma lei no.
Per lei quelle macchie e quegli odori erano estasianti.
Per lei non erano altro che un ulteriore segno a riprova del fatto che il loro rapporto era genuino e autentico.
La dimostrazione che amava davvero quel vestito, lo voleva, lo desiderava dal profondo del cuore.
Per lei non era un semplice oggetto e voleva che tutto il mondo lo sapesse.
Finalmente era pronta e si preparò ad uscire.
Aprì nuovamente l’armadio e prese dal suo interno una giacca beige.
Il pensiero di dover coprire l’abito, anche solo parzialmente, la tormentava, ma non aveva altra scelta.
Infondo, era gennaio e faceva molto freddo.
Troppo, per poter uscire senza coprirsi a sufficienza.
Indossò la giacca e le scarpe, prese la borsa e uscì.
Una nuova giornata stava per iniziare.
Una giornata in cui l’abito verde che tanto amava l’avrebbe accompagnata.
Non sapeva cosa sarebbe accaduto da lì a sera, ma sapeva che sarebbe stata in qualche modo felice.
Lo sapeva perché era in compagnia del suo più grande amore, e questo era sufficiente a rendere ogni giornata una giornata speciale.

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