Dieci regole per farla innamorare

di thecarnival
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Regola numero uno. ***
Capitolo 3: *** Regola numero due. ***
Capitolo 4: *** Regola numero tre. ***
Capitolo 5: *** Regola numero quattro. ***
Capitolo 6: *** Regola numero cinque. ***
Capitolo 7: *** Regola numero sei. ***
Capitolo 8: *** Regola numero sette. ***
Capitolo 9: *** Regola numero otto. ***
Capitolo 10: *** Regola numero nove. ***
Capitolo 11: *** Regola numero dieci. ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Gentilmente betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce



Prologo

Le donne potevano essere complicate, è vero. Non erano nulla, però, paragonate alla testa dura di un uomo.

Specie se la testa dura apparteneva al mio migliore amico.

Damon si era messo in testa di voler conquistare una ragazza e non era una semplice ragazza ma la bellissima e biondissima Caroline, figlia del senatore e ragazza più popolare della città.

Non sapevo il motivo di quella sua cotta, più che altro mi sembrava davvero strana, dato che lui non era il tipo di innamoramenti e cose varie.

In pratica era il classico farfallone che ammaliava le ragazze con il solo sguardo e le portava a letto per poi non ricontattarle mai più. Era uno stronzo, ma gli volevo un gran bene.

Ecco, Caroline era il motivo dei nostri incontri settimanali pomeridiani.

Gli avevo spiegato che per conquistare una donna, per farla innamorare, esistevano 10 regole che lui avrebbe dovuto imparare e tenere a mente, per sempre!

Quegli incontri erano il motivo della profonda gelosia di Stefan, il mio ragazzo. Gli avevo detto che non aveva nessun motivo per essere geloso, che io e Damon eravamo così amici da essere quasi fratelli, ma lui mi aveva risposto che era un ragazzo e che si accorgeva quando un uomo era attratto da una donna.
Ovviamente non era vero, non che lui non lo capisse, erano gli uomini in generale a non capirlo.

Lì mi sbagliavo, ero così stupida da non capire quanto mi stessi sbagliando.

Le cose iniziarono a cambiare dalla regola numero sei e precipitarono alla dieci, quando gli occhi azzurri di uno e quelli verdi dell'altro spezzarono il mio cuore in due.

**********

Buon pomeriggio e buona Domenica,
sono molto emozionata perchè è la mia prima storia in questo fandom e spero sinceramente di non deludervi.
Sono Thecarnival, ma chiamatemi Alessia, lo preferisco.
Dunque, questa storia nasce da un'idea abbastanza semplice e buffa, stavo scrivendo una storia sul fandom Twilight dove due personaggi avevano i volti di Nina Dobrev e Ian Somerhalder e mi è venuta voglia di parlare di loro, niente vampiri o roba varia, ma di Elena, Damon e Stefan come persone, amici e fidanzati. Rapporti semplici che si trovano tutti i giorni.
Non voglio perdermi in altre chiacchiere, ringrazio già da adesso chi avrà voglia di seguirmi in questa nuova avventura.
Ho un profilo facebook, potete aggiurgermi se volete, ma per favore specificate chi siete, Thecarnival efp .
Esiste anche un gruppo, dove pubblico storie e scemenze varie, e dove possiamo parlare liberamente, sempre su facebook, Le mie storie ed altro.
Alla prossima.

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Capitolo 2
*** Regola numero uno. ***


Gentilmente betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce




Regola numero uno.




La luce entrava timida da un piccolo spiraglio, illuminando quelle pochissime cose che incontrava.
Aprii gli occhi infastidita e sorrisi nel vedere la scena. I vestiti sparsi sul pavimento e sulla scrivania, il piumone, tutto arrotolato, era finito ai piedi del letto e l'unica cosa che ci copriva era il lenzuolo celeste, regalatogli una settimana prima in occasione del trasferimento nel suo nuovo appartamento.
Il mio bellissimo fidanzato dormiva ancora.
Il sedere in aria, la gamba sinistra piegata e poggiata su quella destra che, invece, era completamente distesa, un braccio sotto il cuscino e l'altro che mi stringeva a sé. Era protettivo anche mentre dormiva ed era bello anche in quel momento.
Le labbra appena dischiuse in un'espressione buffa. La fronte distesa, segno che stava facendo sogni tranquilli.
Mi strinsi di più a lui, lasciandogli un dolce bacio su suo naso all'insù. Nessun segno di risveglio perciò gli diedi altri baci, finchè non lo vidi aprire gli occhi ed illuminarmi con il suo sorriso.
- Non potevi farmi dormire ancora? - Mi abbracciò fortissimo.
- Stai sempre a lamentarti...- gli sussurrai sulle sue labbra -... ed io che pensavo di darti il buongiorno in un modo diverso dal solito.-
Sorrisi maliziosa e poi lo baciai. Venimmo interrotti, però, dallo squillo del suo cellulare. Sbuffai mentre mi allungavo per passarglielo, senza neanche vedere chi fosse, ma lo capii dall'espressione sul suo viso.
- Mamma!-
Il suo sorriso si allargò ancora di più, adorava sua madre tanto quanto lei odiava me.
Lo guardavo sorridere ed annuire mentre si alzava dal letto e si vestiva in fretta e furia.
-Certo che non si sono problemi, verrà anche Elena.-
Gli mimai un NO con le labbra, con il corpo e con tutto ciò che c'era attorno a me, ma fece finta di nulla e continuò la sua telefonata.
-No che non vengo!-
- O andiamo Ele... sai che mia mamma ci tiene!-
Non mi avrebbe mai convinta. Odiavo i pranzi domenicali a casa Orlando, li odiavo più di qualsiasi cosa al mondo.
Non mi sentivo per niente accettata in quella famiglia. Solo il padre mi era simpatico forse perché sorrideva ed era gentile con me, al contrario di quella vipera della madre. Non era colpa mia se quando entravo in quella casa cercavo di essere il più naturale, gentile e cortese possibile, ma non potevo non notare gli sguardi assassini della sorella di Stefan e della signora Orlando, Sharon.


-Ci vediamo più tardi allora, ok?-
Lo salutai baciandolo sulle labbra e scesi dall'auto entrando in casa.
Il silenzio regnava sovrano, evidentemente mio fratello Jeremy era in giro con la sua nuova fidanzata, Anna, quindi ero completamente sola con casa a mia completa disposizione.
Musica a palla, sali da bagno nell'acqua calda della vasca e candele profumate alla vaniglia, mi immersi rilassandomi completamente e cantando alcuni versi di “It Will Rain” amavo la modalità random dello stereo, chiusi gli occhi non pensando a nulla, finalmente ero sola lontana da pensieri e preoccupazioni varie, ogni donna, anzi, ogni essere umano meritava un momento del genere almeno una volta a settimana.
Forse mi addormentai perchè fu davvero traumatico quando sentii suonare il campanello insistentemente, caddero persino due candele per terra, lontane dal tappeto per fortuna, quando corsi ad aprire la porta tremando di freddo.
-Accidenti! E se fossi stato un maniaco?-
-Non è che ci sia tutta questa differenza- Gli feci spazio e si accomodò in casa dirigendosi direttamente in cucina. -Ti serve qualcosa?-
-Andiamo Lena così mi offendi! Mi apri in accappatoio, dai a me del maniaco e insinui che sia qui perchè mi serve qualcosa.-

Incrociai le braccia, in attesa della verità.
Con tutta calma lo vidi armeggiare prima con il frigorifero poi con il contenitore del pane.
-D'accordo, ho bisogno del tuo aiuto.- Addentò il suo toast e io mi sedetti sullo sgabello di fronte a lui, prima o poi avrebbe parlato ne ero certa. -IeriFonouFitoe...-
-Se parlassi con la bocca vuota forse riuscirei a capirti- Sbottai, togliendogli il toast dalle mani, quel ragazzo era in grado di farmi saltare i nervi anche dopo un bel bagno rilassante.

-Ieri sono uscito con Caroline...-

Scoppiai a ridergli in faccia, e cominciai a salire le scale che mi dividevano dalla mia camera da letto.

-Lo sapevo che non dovevo dirti nulla.- borbottò.
-Quella Caroline? La figlia del Senatore Forbes? La ragazza più popolare e bella della città?- Gli chiesi ironica dal bagno mentre mi vestivo, sapendo che lui era sdraiato sul mio letto a torturare i peluche che gli tolsi dalle mani non appena lo raggiunsi.
-Non capisco tutto questo sarcasmo-
Risi di nuovo.-E sentiamo, casanova, come è andata?- Mi distesi accanto a lui.
-Oh..diciamo che non è andata come mi aspettavo- Lo invitai a continuare con lo sguardo - Siamo andati al cinema, ho fatto la mia solita mossa, lei se n'è accorta e quindi ho dovuto lasciar perdere. Non ridere! La cosa più grave è stata quando ho cercato di baciarla-
-Che è successo?- Gli chiesi abbastanza curiosa.

-Mi ha respinto!- Urlò sconvolto causando la mia ilarità.

Damon era così, tremendamente tragico nei suoi racconti amorosi. Non riuscivo a smettere di ridere nel vedere la sua espressione afflitta al ricordo di quel bacio mancato, al ricordo del rifiuto di Caroline, il primo rifiuto in tutta la sua vita. Più ridevo più il suo sguardo si faceva minaccioso, lanciò i peluche in aria, perchè sapeva che erano i miei piccoli figlioletti, e si buttò su di me iniziando a farmi il solletico. Non riuscivo a respirare.
-Ti prego Damn, non res.respir.ro-

Alzò le mani, scrutandomi a fondo, come per controllare se stessi dicendo la verità, e poi si alzò, permettendomi di rilassarmi e ridarmi la vita.
- Mi devi aiutare- Lo guardai interrogativa, oltre che terrorizzata. -Tu sei una ragazza e voi sapete sempre cosa fare in questi casi. -
- Che dovrei fare esattamente?-
- Aiutarmi a conquistarla, insegnarmi qualche trucchetto- Lo guardai scettica, e lui continuò -Mi piace davvero Lena.. Caroline non è la solita ragazza da portare a letto e basta! Lei è bella e simpatica, voglio conoscerla.-
- Sembri serio. Sicuro di non avere la febbre?-
- Sono davvero serio- I suoi occhi azzurri mi fulminarono e in quel momento presi la decisione più sbagliata in tutta la mia vita -D'accordo ti aiuterò-


Damon e io ci conoscevamo da... beh, in pratica una vita, eravamo cresciuti insieme, l'avevo visto in tutte le situazioni possibili ed immaginabili.
Appena sveglio, in pigiama, in accappatoio, ubriaco, in lacrime e anche nudo, in realtà avevo visto solo il suo "lato B", ma c'era chi avrebbe pagato per essere al mio posto. Prima che mi mettessi insieme a Stefan dormivamo spesso insieme quindi anche lui mi aveva visto nei miei momenti peggiori e non me ne vergognavo perché era come se fossimo fratelli. Per queste ragioni avevo deciso di aiutarlo ed anche perchè sapevo che se avessi avuto bisogno io di lui non se lo sarebbe fatto chiedere due volte.
-Quindi? Devo farmi la ceretta con lei? Accompagnarla a fare shopping o dal parrucchiere?-
Gli risi in faccia. In effetti l'idea di Damon dall'estetista urlante nel patire i dolori della ceretta non era una brutta idea, ma optai per dirgli la verità. -Vedi, caro mio, per conquistare una donna soprattutto una come Caroline è come se ci fossero dieci regole-
-E tu le conosci?- Mi chiese con quel ghigno fastidioso.
-Lo vuoi o no il mio aiuto?- Sbuffai lanciandogli una ciabatta in testa, era il mio migliore amico ma a volte avrei voluto strozzarlo, farlo a pezzettini e seppellirlo in qualche parco disperso. -Dunque, seguendo queste dieci regole, potresti farle cambiare idea sul tuo conto e addirittura farla innamorare di te- I suoi occhi si illuminarono, pensai che forse era davvero interessato a lei e che Caroline non fosse il solito sfizio o la solita scommessa fatta con gli amici del pub -Però devi seguirle alla perfezione Damn o non funzionerà!-
-Che cosa devo fare?-
Fu il mio turno di sorridere, da un lato ero felice di aiutarlo perchè se tutto quel lavoro avesse funzionato, allora si sarebbe sistemato con una ragazza seria, ma dall'altro lato mi sentivo molto sadica, lui era il mio burattino e gli avrei fatto fare qualsiasi cosa. Mi trattenni dal ridere per quel pensiero, lo avevo immaginato di legno come un Damon-Pinocchio.
-Le hai già detto che vuoi uscire con lei?- Negò con il capo facendomi venire l'istinto di picchiarlo a sangue. -Bene, fallo-
-E che le dico-
-Come che le dici?- Mi sbattei una mano sulla fronte con fare disperato, era senza speranza -Tu non sei il Casanova, il Don Giovanni? Adesso la chiami e le dici che ti piacerebbe uscire di nuovo con lei e..- lo ammonii con lo sguardo prima ancora che mi interrompesse -se si nega, ti scusi per l'altra volta e gentilmente le chiedi un'altra possibilità-
-Gentilcosa?-
-Accidenti Damon! Hai un cuore ed un cervello anche tu, usali piuttosto che ragionare sempre con il tuo cosetto lì sotto-
-'Etto' sarà quello del tuo ragazzo- Uscì dalla mia camera con il cellulare in mano, sapevo che colpendolo proprio in quel punto, si sarebbe sentito ferito nell'orgoglio ed avrebbe fatto quella telefonata.
In attesa che lui finisse, sistemai la mia camera e finii di vestirmi prendendo anche la borsa ed indossando le scarpe, lo vidi rientrare con una faccia sconvolta che quasi mi fece preoccupare.
-Mi.. mi ha detto di sì-
Scrollai le spalle, ne ero sicura che avrebbe accettato. Damon era bello, gli bastava essere gentile per avere tutti ai suoi piedi.
-Ha funzionato! Tu sei un genio e io ti adoro-
-Lo so. Adesso dobbiamo andare- Il suo sguardo interrogativo mi obbligò a parlare di nuovo -Si va a fare shopping-


Me ne stavo seduta sulla poltroncina in attesa che uscisse dal camerino per farmi vedere l'ennesimo paio di jeans o l'ennesima camicia, ormai non sapevo più che cosa stesse provando.
-Puoi ripetermi la prima regola?- Mi urlò da là dentro, e per fortuna le commesse ci avevano lasciato soli.
-Di nuovo? L'ho già fatto per d..-
-Per favore Lena, ne ho bisogno- mi interruppe.
Sbuffai - Al primo appuntamento non vestirsi troppo, e neanche troppo poco. Non mettersi in mostra troppo presto, non fare il timido troppo a lungo ma nello stesso tempo non parlare troppo di te stesso. Al secondo appuntamento valgono le stesse regole, con una differenza: non si ha il diritto di fare sesso. E molto importante: Una donna si accorge sempre se un uomo le sta guardando la scollatura, non importa quanto si è stati rapidi o furtivi.- Ormai ripetevo quelle parole come un mantra e lui mi veniva dietro come se le stesse imparando a memoria.
-E questo per me sarebbe il primo o il secondo appuntamento?-
-In pratica è il secondo, in teoria potresti comportarti bene e fare due in uno-
-Anche tre- Lo ammonii con lo sguardo dato che era uscito dal camerino. Indossava un paio di jeans sul blu scuro, una camicia bianca e un gilet grigio sopra, lasciato sbottonato. -Mi manca qualcosa, vero?- Mi voltai e vidi un cappello borsalino dello stesso colore del gilet -Sono il Dio della figaggine-
-Sei il Dio degli idioti, su spogliati e paga, non abbiamo tempo da perdere- Lo spinsi verso il camerino per mettergli fretta, ma non fu una buona idea, perchè mi intrappolò i polsi in una sua mano sollevandomi con una gamba e mettendomi su un fianco, mi sentivo un sacco di patate più che una persona. -Dai Damn, mettimi giù-
-Devi dire la parola d'ordine-
-Padrone??- Scosse la testa -Non la conosco, per favoreeee- Una commessa venne a vedere la situazione e trovandoci in quel modo si mise a ridere, strano dato il modo in cui aveva guardato Damon non appena eravamo entrati. -Ci scusi, adesso la smettiamo- Non ero molto credibile in quella posizione.
-Tranquilli tanto non c'è nessuno. Siete una bella coppia-
Damon sorrise -Grazie- Aspettò che quella se ne andasse prima di continuare -Dunque, dimmi la parola d'ordine e ti lascio andare, ti aiuto, l'ho detto prima io-
Ci pensai su, e se avessi potuto mi sarei data un colpo di mano in testa -Sei il Dio della figaggine- Mi mise giù ed ebbi la tentazione di picchiarlo ma sapevo che la sua vendetta sarebbe stata tremenda.
Finalmente dopo aver pagato uscimmo dal negozio, si era fatto tardissimo e non avevo neanche sentito Stefan, se avesse saputo che ero uscita con Damon senza neanche farglielo sapere si sarebbe arrabbiato da morire.
Gli mandai un messaggio spiegandogli quindi la situazione ma omettendo lo shopping, non perchè volessi mentirgli ma per evitare discussioni inutili.
-Grazie davvero Lena, ti farò sapere come va a finire-
Lo abbracciai prima di scendere dall'auto -Andrà bene, non preoccuparti- Chiusi lo sportello e lo salutai con la mano, ovviamente non si mosse, aspettava che entrassi in casa e chiudessi la porta per ripartite.
Stavo per infilare la chiave nella toppa quando sentii il clacson della sua auto. Mi voltai con il cuore che scalpitava dallo spavento, l'idiota aveva suonato a mio fratello per salutarlo e si erano messi a parlare in mezzo alla strada, si lasciarono dopo qualche minuto.
-Dove sei stato?- Il mio non era un tono accusatorio o chissà che, mi preoccupavo solo per il mio fratellino minore.
-Potrei chiederti la stessa cosa riguardo questa notte- Mi rispose sornione incrociando le braccia al petto, mentre posavo le chiavi di casa sul mobiletto all'ingresso. -Eri con Damon?- Il mio sguardo fu più eloquente di qualsiasi altra parola. -Stavo scherzando, lo so che eri con coso-
-Stefan-
-No, mi chiamo Jeremy-
-Idiota, si chiama Stefan, quindi smettila di chiamarlo 'coso'- Sbuffai. A volte mio fratello e Damon facevano la gara a chi riusciva a farmi impazzire per prima, Jeremy perdeva quasi sempre. -Quindi? Eri con Anna-
-Sì, ci siamo visti verso le 10. Non ha dormito qua, tranquilla- Sapeva della regola fondamentale 'nessun ragazzo o ragazza doveva dormire in casa nostra', ovviamente era sempre stata fatta eccezione per Damon, considerato un fratello anche da Jer. -Che hai fatto fino a quest'ora con Damon?-
Scrollai le spalle -L'ho aiutato a fare una cosa-
-E il tuo Stefan non è geloso?-
-No, perchè mi ama e capisce l'amicizia che ci lega-
-Bah, se lo dici tu. Io non permetterai alla mia fidanzata di fare quello che fai tu con Damon-
-Questo è perchè sei un idiota-
-No.- Rispose mentre saliva le scale -E' perché vedo quello che c'è tra te e quell'altro-
Non gli risposi nemmeno, tra me e Damon c'era un bellissimo legame d'amicizia, che mai e poi mai avrei scambiato per amore, lo conoscevo troppo bene, c'era fin troppa confidenza per poter solo pensare di iniziare qualcosa di.. qualcosa che non fosse amicizia insomma. Era stupido anche fare quel discorso, dovevo piuttosto, risolvere la questione con Stefan, dato che mi aveva mandato tantissimi messaggi dopo aver saputo che stavo con Damon.
La mia vita stava cominciando a incasinarsi in maniera allarmante, dovevo fare qualcosa per calmare le acque.

*********

Buon pomeriggio, buon pranzo e buon sabato.
E' trascorsa quasi una settimana dalla pubblicazione del prologo di questa nuova storia e prima che lo dimentichi vorrei ringraziare tutte quelle fantastiche persone che hanno letto ciò che ho scritto, coloro che hanno aggiunto -sulla fiducia- la storia tra preferiti, seguiti e ricordati e ancora chi ha commentato. GRAZIE. 
Nel primo capitolo conoscete già tutti i personaggi principali, Elena -ovviamente- Stefan, Damon e Jeremy. Non darò molto spazio agli altri e non mi interessa neanche dare una precisa collocazione temporale, quello che voglio è descrivere le dinamiche dei loro rapporti.
L'amicizia da un lato e l'amore dall'altro.
O entrambi in entrambi i lati.
Ci si legge la prossima settimana.


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Capitolo 3
*** Regola numero due. ***


Gentilmente betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce










Regola numero due.

Dopo quel pomeriggio intero trascorso insieme a Damon, avevo maledettamente litigato con Stefan, prima per telefono e poi, come se non bastasse, si era presentato a casa, continuando ad urlare e a rinfacciarmi inutili sciocchezze sulla nostra amicizia, su come Damon, per esempio, mi fissasse il sedere quando indossavo degli abiti o jeans più attillati ed ancora sul nostro modo di scherzare.

Se da un lato, all'inizio, poteva avere ragione ad essere minimamente geloso, dall'altro, dopo avergli spiegato milioni di volte che vedevo Damon come un fratello maggiore, non sopportavo il modo in cui lui mi rinfacciasse certe nostre frasi o momenti, non volevo che giudicasse la nostra amicizia come io non mettevo becco sulla sua con quell'idiota di Klaus.
– Quindi non vi parlate? – mio fratello faceva sempre le domande sbagliate al momento sbagliato.
– No

Te l'avevo detto che sarebbe stato geloso di Damon, anche io lo sarei se Anna passasse il suo tempo con un ragazzo del genere –
– Jer, lo dirò solo una volta perché mi sono stufata. Non c'è niente di cui essere gelosi e poi tu, caro fratello traditore, dovresti sapere meglio di me quello che c'è tra me e Damon, siamo cresciuti tutti insieme!
– Oh, ma io lo so benissimo cosa c'è tra di voi...– quel suo tono di voce non mi piaceva – E quando lo capirete anche voi due, sarà davvero un gran bello spettacolo!
– Ti diverti a vedermi impazzire e soffrire?– mi alzai dal divano e il suo annuire mi fece scattare – Brutto stronzo che non sei altro
Lo rincorsi per mezza casa, anche su per le scale, urlandogli le peggio parole del mondo, ma fu più veloce e riuscì a chiudersi in camera sua, non feci in tempo neanche entrare dal bagno comunicante perché avevano suonato il campanello, così scesi a vedere chi fosse.
–Scusa– disse senza neanche salutare.
Mi si sciolse il cuore nel vedere Stefan con gli occhi bassi e le mani strette a pugno.

Lo tirai per la maglietta, baciandolo non appena mise il piede in casa.

Forse dovremmo litigare più spesso, per poi scusarmi così.
Gli diedi uno scappellotto. – Saltando la parte del litigio possibilmente –
Mi sorrise teneramente, stringendomi e baciandomi subito dopo. Odiavo litigare con lui, in realtà odiavo litigare in generale, era così semplice parlare civilmente con le persone e andare d'accordo quindi perché complicarsi la vita?
Ci buttammo sul divano, difficile spiegare il come, ma eravamo presi dalla smania di far pace, mi liberò dalla canotta azzurra di cotone mentre mi baciava il collo scendendo verso la spalla.
– No, accidenti! – Jeremy era entrato in salotto facendomi sobbalzare – Non sul divano! Lo uso per sedermi – indignato mi lanciò la canotta che era finita accanto la porta e mi diede le spalle aspettando che mi rivestissi.
– Scusaci Jeremy, pensavo che tua sorella fosse sola a casa. – Stefan mi fulminò con lo sguardo e cercò di ricomporsi, dato che era visibilmente eccitato.
– Hai pensato male – si sedette su uno sgabello, alternando il suo sguardo tra me e Stefan, poi sorrise e mi preoccupai perché conoscevo benissimo quella sua espressione – Ho sentito Damon su twitter, vuole parlare con te urgentemente.
Ebbi l'istinto di tirargli il telecomando in testa, peccato fosse troppo leggero.
– Come mai deve parlarti?
– Non lo so.– Misi su una faccia da poker, non mi piaceva mentire, ma nello stesso tempo non volevo spiattellare i segreti del mio migliore amico. –Più tardi lo chiamo.
– Ah no, ha detto che sarebbe passato qui. Era abbastanza grave, ero sceso a dirtelo
– Non potevi dirgli che ero impegnata? – mi alzai di scatto, come a volerlo intimorire.
– No, perché non lo sapevo. Ora devo andare, buona giornata. Ciao Stef, a presto
Capii che se la stava ridendo sotto i baffi, sapevo anche che mentiva, gli aveva sicuramente detto che c'era Stefan in casa e quell'altro ne aveva approfittato.
Volevo urlare dalla rabbia perché odiavo quell'assurda situazione di scegliere con chi trascorrere un paio di ore pomeridiane.
– Quindi dovrai stare di nuovo con lui oggi.
– Non per forza. Vedo che vuole e poi possiamo continuare quello che stavamo facendo prima di essere interrotti– mi strusciai a lui come una gattina ed ottenni l'effetto desiderato. Con un colpo secco mi tirò a sé, stringendomi dalla schiena e baciandomi con passione, ma fummo di nuovo interrotti, questa volta dal campanello di casa. Jeremy si precipitò dalle scale.
– Ero convinto fosse Anna, ma anche tu mi vai bene Damon– si salutarono come al loro solito, con vari gesti e versi strani, sembravano delle scimmie. –Nanà, appena arriva Anna, puoi dirle di aspettarmi qua giù? Sto finendo una cosa al pc.

Annuii reprimendo l'istinto di ucciderlo ancora una volta per aver usato quello stupido nomignolo che usava quando era piccolo.
– Ciao Lena– mi posò un bacio sulla fronte e con un gesto del capo salutò il mio ragazzo – Stefan.
– Damon – stesso identico saluto. – Come mai di nuovo qui?
Quegli occhi di ghiaccio sputavano fiamme. – Ho bisogno di un consiglio dalla mia migliore amica. Spero non sia un problema – si accomodò sullo sgabello in cucina, cominciando a prepararsi un sandwich come se fosse a casa sua.
– Io vado, ci sentiamo più tardi allora.
Annuii accompagnandolo alla porta – Sì, ti chiamo non appena sistemo questa cosa– gli lasciai un delicato bacio sulle labbra – Mi dispiace Stef .

Il suo sorriso mi rassicurò.
Chiusi la porta e tornai in cucina furiosa, questa volta mi avrebbe sentita sul serio e forse, da quello scontro, ne sarebbe uscito morto. Lo trovai seduto sempre allo stesso posto, che mangiava in silenzio, nessun ghigno o sguardo sarcastico perché era riuscito a buttar fuori da casa mia Stefan, sembrava turbato per qualcosa.
– D'accordo hai vinto. Che succede?
– Succede che le ragazze stanno con me solo perché ho gli occhi di ghiaccio, perché sono ricco e perché...–
Non riuscivo a seguire il suo discorso – Spiegati meglio.
Si alzò cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza – Se incontro qualcuna e ci provo quella ci sta perché sa benissimo che sarà per una notte e il giorno dopo addio chi si è visto si è visto.
– E di questo non te ne sei mai lamentato, mi sembra.
– No, però se faccio capire a una di loro...
– A Caroline, stiamo parlando di lei, giusto?
Mi fulminò con lo sguardo e gli sorrisi stile 'bimba innocente che convince il padre a comprargli il gelato più grosso del mondo' – Se faccio capire a Caroline che vorrei costruire con lei qualcosa di serio si tira indietro .
Esasperato si sedette nuovamente sullo sgabello.
– Cosa è successo ieri sera?– se magari si degnava di spiegarmi tutto dal principio potevo aiutarlo.
Sospirò – Ci siamo visti al Mystic. Sono stato puntuale e lei in ritardo, quando è arrivata le ho fatto i complimenti, perché era davvero bella, e lei ha risposto che stavo bene anch'io– sorrise sornione guadagnandosi uno scappellotto. – Siamo entrati, ci siamo accomodati e dopo aver ordinato è calato il silenzio. Non sapevo di che parlare perché ogni argomento mi sembrava stupido e lei lo liquidava con 'si grazie' oppure 'non lo so, forse tra qualche anno'– Terminò cercando di imitare gesti e voce di Caroline, facendomi ridere a crepapelle.
– Dio Damon, sei senza speranza– non riuscivo a smettere di ridere nel guardare le sue espressioni di sofferenza e umiliazione sul volto. – Ti consiglio di lasciarla un po' in pace, per adesso. Questo non significa però che devi darti alla pazza gioia con altre ragazze, stai un po' buono, d'accordo?
– D'accordo– mi guardò intensamente – E dopo?
– E dopo ti dirò la seconda regola, ma solo quando lo riterrò opportuno.
Mi abbracciò quasi stritolandomi e, dopo aver urlato a Jeremy un saluto, se ne uscì da casa.

Era passata una settimana, o forse qualche giorno in più, dall'appuntamento disastroso di Damon e per fortuna lui aveva seguito il mio consiglio, anche se sentirlo ogni giorno lamentare perché era in astinenza sessuale, non era una gran bella cosa.

Tu hai il tuo bel biondino che ti soddisfa” diceva “io invece devo starmene buono senza toccare tette e culi”.

Molte volte uscivamo, incontrandoci con altri amici al Mystic Grill o a delle feste organizzate vicino al bosco, e tenevo d'occhio Caroline, che a sua volta non smetteva di fissare Damon.
La salutava, scambiava con lei qualche parola però poi si allontanava andando a divertirsi con i suoi amici.
Era arrivato il momento di passare alla seconda regola.
– Ti ho mandato un messaggio mezz'ora fa. – lo feci entrare in casa.
– Aspettavo che finisse un film, che mi devi dire? Litigato con il biondino? Non ti soddisfa più?
– Togli i piedi dal tavolino! Ti ho fatto venire per la seconda regola, ricordi?– i suoi occhi si illuminarono – Ma sto quasi per pentirmene.
– No, ti prego Lena. Mi dispiace di essere uno stronzo, prometto di cambiare.
Lo guardai sconvolta e poi risi –Ti ho mai detto che sei senza speranza?
– E' stata la tua prima parola quando sei nata– mi abbracciò portandomi sul divano –Dicevi su questa seconda regola?
Roteai gli occhi – “Alle donne piacciono gli uomini che le facciano ridere. Ma fai attenzione, le battute non devono essere troppo volgari o forzate. Una donna si accorge la differenza tra un uomo simpatico e un uomo pagliaccio” – recitai in modo solenne.
Era in preda al panico – Quindi che faccio?
– Smettila di fare lo stronzo e sii naturale.
– Ma io sono naturalmente stronzo!
Scoppiai a ridere – Ecco, sei sulla buona strada– salii le scale andando verso la mia camera, dovevo iniziare a prepararmi per la festa di compleanno di un'amica di Stefan. –Vuoi seguirmi anche sotto la doccia?
Fece finta di pensarci e gli tirai una scarpa addosso – Come se non ti avessi vista già nuda.
Lo disse ormai troppo tardi, quando sapeva che non potevo uscire dal bagno perché stavo per entrare in doccia, ma l'avrei picchiato dopo, soprattutto per sapere quando mi aveva vista nuda. Che stress che dovevo subire ogni giorno con lui.
Sciacquai per l'ultima volta i miei lunghi capelli castani e poi chiusi l'acqua per avvolgermi nel telo di spugna bianco, c'era troppo caldo per utilizzare ancora l'accappatoio. Legai i capelli in alto con l'asciugamano e asciugai il resto del corpo, così da potermi vestire e tornare in camera per uccidere quell'idiota che era rimasto in silenzio per tutto il tempo della doccia, segno che stava combinando uno dei suoi tanti guai. Damon era come i bambini, se parlava era una buona cosa, ma se calava il silenzio, era impegnato a combinarne una delle sue.
Dopo aver indossato dei pantaloncini e una canotta, entrambi colorati, lo raggiunsi, stava dormendo sul mio letto abbracciando il mio cuscino. Sorrisi malignamente e mi buttai su di lui, svegliandolo.
– Questo è molto peggio di un terremoto.
– Si perché, essendo vecchio decrepito, tu di terremoti ne hai vissuti tanti.
– No, perché durante i terremoti ti cadono tetti e mobili addosso, tu pesi più di tutti questi messi insieme.

Brutto stronzo!– lo picchiai, senza fargli nulla, fingendomi offesa, anche se la battuta era molto divertente.
Mi stesi accanto a lui, respirando lentamente per calmarmi dalla “lotta” di prima, restammo vicini in silenzio per un po' come quando eravamo piccoli, come se in quel modo potessimo comunicare con il pensiero.
– Pensi che riuscirò a conquistarla?– annuii solamente – Come fai ad esserne sicura?
– Perché ti conosco meglio di chiunque altro e so che in realtà non sei quello che hai sempre dimostrato di essere. – lo guardai negli occhi, come a volerlo rassicurare maggiormente – Sei molto di più. – Intrecciò la sua mano alla mia e restammo ancora sdraiati in silenzio a fissare il tetto della mia camera.

Qualche ora dopo ero in auto con Stefan verso villa Cassady dove si sarebbe tenuta la festa di compleanno dell'amica di Stefan.

Io la conoscevo a malapena ma quella aveva invitato quasi tutta Mystic Falls per festeggiare i suoi 25 anni.
– Stefan sei venuto– ci corse incontro quella che intuii dovesse essere Kyla Cassady – Sono davvero contenta!
– Non potevo perdermi la tua festa. Ti presento Elena.
– Uh! Sono felice di conoscerti. Vieni voglio presentarti le mie amiche, ti troverai benissimo con loro.
– Io veramente...
– No no! I ragazzi devono stare con i ragazzi e le ragazze...– mi esortò a continuare con lo sguardo

Con le ragazze? – domandai tra l'ironico e lo scocciato.
– Certo!
Ero disgustata ed erano trascorsi solo 5 minuti dal mio arrivo alla festa.

Ci avvicinammo ad un gruppo di ragazze che parlavano tra di loro, ne riconobbi solo una, Caroline Forbes.
– Ragazze, lei è Elena, fatela sentire a suo agio mentre io vado ad accogliere le altre. – disse e se ne andò.
Non riuscivo a capire il motivo di quella assurda situazione, perché mi aveva portata dalle sue amiche, dicendo che le ragazze dovevano stare tutte insieme, se poi lei se ne andava in giro?
– Fa così ad ogni sua festa– fu Caroline a parlare a bassa voce, per non farsi sentire dalle altre. –Mi ero ripromessa di non metterci più piede ma...– si guardò intorno fino a quando il suo sguardo non si fermò, lo seguii anche io e capii subito chi stesse guardando. Feci finta di nulla.
– Perché fa così?
– Ci raduna in un angolo in modo da avere campo libero su tutti i ragazzi.
Scoppiai a ridere – Me ne torno da Stefan.
– Non puoi farlo– mi bloccò –Si vendicherà rendendo la tua vita un inferno. Fidati.
Ci spostammo sul retro della villa, stare lontane dalla musica e dal resto delle ragazze ci sembrava un'ottima idea, soprattutto per parlare un po'. Ovviamente mandai un messaggio a Stefan per avvertirlo.
– Non hai paura che il tuo ragazzo possa fare qualcosa?
Scossi la testa – No. Mi fido di lui. Tu?
– Non sto con nessuno.

Cercava di evitare il mio sguardo.
– Caroline, siamo state compagne di scuola per molti anni e sai che io e...
– DAMON!–

Mi voltai scettica e lo vidi arrivare con un espressione sconvolta sul viso. Mi diede un bacio sulla fronte e ignorò Caroline cominciando a parlare a vanvera, non riuscivo a seguire il suo discorso.
– Sanguisughe. Potrei fare un trapianto agli occhi... color cacca, tipo i tuoi. E dare tutti i soldi in beneficenza... e chi me l'ha fatto fare poi venire qui, sono tutte mezze nude che non fanno altro che provarci e non posso neanche bere perché sai che succede se bevo VERO ELENA?
Si fermò solo quando sentì la risata di Caroline, all'inizio pensò che stessi ridendo io ma quando mi vide estremamente seria si voltò ancora più sconvolto di prima, scusandosi per non averla vista prima e per non averla salutata.
– Non ti preoccupare, capisco il tuo stato d'animo– Caroline non smetteva di ridere.
– E' ubriaca?
Negai. – Qualcuno ha visto che stavi venendo qui?
– E' probabile che tra un attimo quelle sanguisughe vengano qui a tentare di succhiarmi la vita. – si bloccò un attimo, come se avesse realizzato di aver detto qualcosa di sbagliato – E con vita intendevo davvero la vita, non qualcosa di porno.
Caroline rise di nuovo e non riuscivo a capire cosa ci fosse di divertente in quello che diceva Damon. Decisi di lasciarli soli con la scusa che Stefan mi stava cercando.
Quando lo trovai riuscii a convincerlo ad andare via, sperando che Kyla non si arrabbiasse e mi torturasse per il resto dei miei giorni.
– E' stata una bella festa no?
– Sai che Kyla...– mi guardò e non volli deludere le sue aspettative perciò gli mentii – … è molto meglio di quanto immaginassi!
– Te l'avevo detto, non ti fidi mai di me – mi sorrise baciando il dorso della mano.
Mi accompagnò fin davanti alla porta di casa, aveva una strana luce negli occhi.
– Va tutto bene?
– Sì, cioè no. Tu questa sera sei stupenda e non vorrei lasciarti adesso.– il suo broncio mi fece ridere.
– A volte sei davvero un bambino. – mi sporsi a baciarlo. Mi strinse e mi abbracciò baciandomi con passione.
– Possiamo fare piano, tuo fratello non se ne accorgerebbe.
– Assolutamente no. Ho messo io questa regola, lui ne sarebbe felice se la infrangessi così da esserne legittimato anche lui a farlo.
– Allora infrangiamola – Lo ammonii con lo sguardo – D'accordo, ma sappi che ho solo rimandato a domani. Ti rapirò e ti porterò a casa mia.

Risi per la sua espressione e mi baciò di nuovo.
Lo salutai ancora sulla soglia della porta, mentre saliva in macchina per poi sparire nel buio della notte.





***********

Buon pomeriggio e Buona Domenica.
Come state? Spero bene.
Mi scuso per il ritardo ma sono indietro con la scrittura del terzo capitolo e avrei voluto aggiornare con il capitolo successivo pronto, ma non si può avere tutto nella vita. Prometto di impegnarmi questa settimana e di riuscire a finirlo... il problema è che ho avuto tanti di quei pensieri per la testa da non avere il tempo di aprire word.
Passiamo a questo capitolo. L'appuntamento precedente tra Damon e Caroline non era andato molto bene, i due infatti non avevano trovato argomenti comuni di cui parlare ed Elena -venendolo a sapere- ha riso come una pazza. Adoro questo personaggio, perché è spensierata, felice e tanto affezionata al suo migliore amico...
Kayla non è un problema, è apparsa adesso e non penso apparirà mai più, perché -lo ripeto- i personaggi principali sono Elena, Stefan, Damon, Caroline e anche Jeremy (dato che è presente in quasi ogni capitolo)
A proposito del fratellino minore, che mi dite di lui? Siete d'accordo su quello che pensa?
Fatemi sapere! ;)
Ringrazio ancora chi ha letto, chi ha aggiunto la storia tra preferiti, ricordate e seguite e chi si è fermato a commentare, SIETE FANTASTICHE.
Alla prossima.

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Capitolo 4
*** Regola numero tre. ***


Gentilmente betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce



VIDEO TRAILER DELLA STORIA




Regola numero tre.









Una volta a settimana? – le sue urla mi avevano fatto venire il mal di testa. – Non può andarsene da uno psicologo se ha dei problemi?
– Spero tu stia scherzando...
– Assolutamente no. Perché deve assillarti in questo modo? –
Non faceva altro che strillare e la cosa mi urtava parecchio.
– Non mi assilla, mi chiede solo qualche consiglio.
– Bel modo di chiederli, Elena.
Il suo camminare avanti e indietro per la cucina mi rendeva ancora più nervosa
– Allora, secondo il tuo ragionamento, non dovrebbero esistere gli amici.
– Non quelli come lui.
Mi trattenni dall'urlare anch'io perché ero davvero stanca di sentirgli dire quelle cose. Non riuscivo a spiegarmi il perché non capisse il mio punto di vista, perché non riuscisse a vedere la purezza nel rapporto d'amicizia tra me e Damon.
– Cos'ha lui di diverso dagli altri? – sospirai rassegnata sedendomi sul divano.
– Io lo vedo come ti guarda, come ti sfiora e sorride. Non è una semplice amicizia è... qualcos'altro.
Scossi il capo. – Non so davvero in che altro modo dirtelo... Siamo. Solo. Amici. – ribadii il concetto scandendo bene le parole, fosse mai che stavolta Stefan capisse.
Mi raggiunse sedendosi accanto a me – Mi dispiace ma non è quello che vedo io – mi prese le mani stringendole – Vorrei tanto Elena perché ti amo e non voglio perderti ma sento che accadrà.
– Ti sbagli – asciugai in fretta una lacrima traditrice.
– Allora non vederlo, ti prego.
– Non puoi chiedermi questo, io non ti ho mai proibito di uscire con i tuoi amici soprattutto con Klaus.
– Sai bene che non è la stessa cosa.– Lasciò le mie mani e riprese a camminare su e giù per la cucina. – Lui è un ragazzo.
– Non ne voglio più parlare. – ero esausta.
– E' assurdo, adesso ti arrabbi pure? Sono io quello che dovrebbe essere in collera.
Avevo esaurito ogni argomento per fargli capire che si sbagliava, ormai avevo perso la battaglia; Stefan era un bravissimo ragazzo con milioni di pregi e pochissimi difetti, uno di questi era la sua testardaggine: quando si metteva in testa qualcosa niente e nessuno poteva fargli cambiare quell'idea.
– Non può trovarsi un altro con cui risolvere questa misteriosa situazione?
– Tu andresti mai a raccontare i fatti personali a un tuo amico qualsiasi che non sia Klaus? – sottolineai quel nome con una smorfia. Non sopportavo quel ragazzo e lo stesso era per lui.
– Il modo in cui lo difendi è incredibile.
– Perché lui ha sempre difeso me! Oddio mi sembra di impazzire; mi ha vista nascere, crescere, litigare con i compagni di scuola e mi è stato accanto in ogni momento: è il mio migliore amico non potrei mai e poi mai rinunciare a lui.
Asciugai un'altra lacrima, quella discussione mi stava corrodendo l'anima.
– Spero, un giorno, di essere almeno un quarto tanto importante per te, rispetto a lui.
-Ma che...
Provai a fermarlo mentre si dirigeva verso la porta ma riuscì lo stesso ad uscire e andare via.


Jeremy mi trovò sul letto della mia camera sommersa dal piumone.
– Sembri una crisalide.– sentii il letto abbassarsi, segno che s'era seduto accanto a me. – Solo che tu non diventerai una stupenda e bellissima farfalla.
– Lo so – tirai su il naso e mi abbracciò, nonostante l'enorme piumone a dividerci.
– Perché lo sei già, scema. – tirai fuori gli occhi e il naso per poter vederlo e respirare meglio. – Hai litigato con di nuovo con Stefan?
– Sì. E' geloso marcio e mi ha chiesto di non vedere Damon, a modo suo, ma l'ha fatto.
– Hai accettato?
– Sei pazzo? – scattai come una furia mettendomi a sedere sul letto e sciogliendomi dal groviglio del piumone – Chiedermi di non vederlo è come rinunciare ad una parte di me stessa: quella più bella, più allegra, più solare e sorridente. Quella migliore insomma. – mi rigettai nello sconforto, coprendomi fino alla testa.
– Dovresti riflettere su quello che hai appena detto.
Chiuse la porta della mia camera da letto e sbuffai; non volevo rinunciare al mio migliore amico e non volevo perdere Stefan ma lui era così testardo... perché non capiva come mi sentivo io stando insieme a Damon? Perché non riusciva a capire che avevo bisogno della mia dose quotidiana del mio migliore amico per cominciare o continuare una giornata?
Risolvere quella situazione sarebbe stato impossibile: avevo promesso a Damon d'aiutarlo, di conquistare Caroline dicendogli le famose dieci regole un po' per volta; ma come potevo fare senza continuare a ferire il ragazzo che amavo?
– Quand'eri piccola e avevi qualche problema, correvi a casa mia e ti nascondevi nell'armadio in attesa che tornassi dagli allenamenti e potessimo parlare.
– Il buio mi aiutava a pensare meglio.
– Quando tornavo ti trovavo lì, rannicchiata in un angolo con gli occhi confusi...
– Non piangevo perché non volevo distrarmi dal pensare.
– E allora chiudevo l'armadio, mi sedevo di fronte a te, ti stringevo le mani e pensavamo insieme ad una soluzione. Abbiamo sempre risolto tutto insieme.
Con un colpo secco mi srotolò dal piumone, si distese accanto a me e coprì entrambi: buio e mani intrecciate, quasi come quand'ero piccola. – Perché non eri nel mio armadio?
– Sono troppo grande per infilarmi là dentro.
Nonostante non lo vedessi riuscii a sentire il suo sguardo su di me – Sai che non mi riferivo all'armadio vero e proprio.
– Ho litigato con Stefan per... perché è geloso di te. Non volevo correre tra le tue braccia.
– Non volevi dirmelo? – la sua risatina mi fece innervosire.
– Sei qui per prenderlo in giro o per trovare una soluzione.
– Scusa, continua.
Trascorsi il resto del pomeriggio a sfogarmi come non facevo da tempo. Amavo stare al buio perché lì ero sola con me stessa e pensare era molto più semplice; forse era per questo che molta gente ne era terrorizzata.
– Ti ho fatto perdere una giornata intera.
Mi tirò di più a sé, intrecciammo anche le nostre gambe – Non dire sciocchezze: stare con te non è assolutamente una perdita di tempo.
– Posso farti una domanda? Devi promettere, però, che mi dirai la verità.– Poggiai la testa sul suo petto mentre me lo prometteva. – Hai mai, cioè... tu hai mai fatto pensieri, come dire... o anche sogni; sai no?
La sua risata mi scosse – Mi stai chiedendo se ho mai fatto dei pensieri o dei sogni erotici su di te? – io annuii e lui rise di nuovo, tanto che lo colpii per farlo smettere. – Perché me lo chiedi? Ne hai fatto uno su di me e vuoi vedere se sono all'altezza del tuo sogno... fidati, sono molto di più.
– Sei un cretino. Non t'ho mai sognato, in quel senso. – Gli diedi una gomitata e mi liberai dal piumone per scendere da letto. – Adesso non lo voglio più sapere, idiota.
Lui intanto non la smetteva di ridere, era senza speranza.


Damon aveva questo potere: quello di farti passare ogni malinconia e farti tornare il sorriso; era uno dei motivi per cui gli volevo un gran bene.
Uscii dal bagno dopo una doccia fredda veloce, stare sotto quel piumone tutte quelle ore mi aveva fatto sudare tantissimo.

Puzzi come una barbona” aveva detto Damon non appena eravamo scesi in cucina per bere un po' d'acqua.
Indossai un vestitino leggero e lo raggiunsi: era sul divano intento a guardare la tv.
– Come vanno le cose con Caroline?
– Mh, mh. – mugugnò.
– E' una cosa negativa o positiva?
– Lena, sto guardando la partita di beach-volley femminile, sono troppo impegnato per risponderti.
Assottigliai lo sguardo e spensi la tv. – Adesso posso avere la tua attenzione?
-Ma... Stefan dovrebbe essere geloso del mondo intero non di me.
– Come scusa?
– Che razza di vestito hai addosso?
– E' estivo, fresco, colorato...
– E' corto. Se ti abbassi ti si vedono le mutande.
– Non ho le mutande.
– COSA?
Risi come una matta e mi accasciai per terra nel vedere la sua faccia sconvolta – Ho degli shorts. – Continuai a ridere e, non appena mi ripresi, gli spiegai che avevo indossato dei pantaloncini sotto l'abitino perché sapevo fosse troppo corto. Ogni volta però che ripensavo alla sua espressione ridevo come una scema.
Quando riuscii a superare la fase di riderella acuta, mi disse di Caroline: dopo la festa si erano visti qualche volta di sfuggita ed era stata lei a fermarlo e salutarlo.
– Bene, potresti chiederle di uscire di nuovo.
– Non saprei... e se poi non avessimo argomenti su cui parlare?
– Adesso è lei che ti cerca e che vuole un contatto con te; se dovesse calare l'imbarazzo vedrai che sarà la prima a cercare un argomento: le interessi.
– Tutti questi discorsi seri mi hanno messo appetito, andiamo a mangiare.
Ebbi il tempo di prendere la borsa con le chiavi di casa e il cellulare che mi trascinò fuori di peso; da piccoli io e Damon adoravamo camminare a piedi e a volte fare delle gare di corsa per vedere chi fosse più veloce: all'inizio vincevo sempre io, poi lui iniziò a fare sport e le cose cambiarono.
Quella sera decidemmo di onorare una vecchia tradizione e di andare al Mystic Grill a piedi, per goderci al meglio la pace notturna, per poter parlare in tranquillità senza farci distrarre dalla radio o altre auto e anche per prolungare il tempo da trascorrere insieme.
– Lo fai mai con lui? – Lo guardai interrogativa – Intendo passeggiare in questo modo. Pervertita.
Sorrisi. – No. Non ci ho mai pensato in realtà, è una cosa nostra.
– Non ne sarei geloso.
– Lo so ma io non farei altro che fare paragoni nella mia mente e non voglio.
– Lo fai spesso? – Lo guardai di nuovo. – Dio Elena! Sei in astinenza? Parlo dei paragoni.
Dovetti fermarmi per le troppe risate, come faceva a non capire quando lo prendevo in giro?
– No, siete diversi... sarebbe strano.
– Ti è mai capitato di aver fatto la stessa cosa con entrambi e di non saper dire con chi ti è piaciuta di più.
Ci pensai su – No, per fortuna no.

Non sapresti decidere?
Me lo chiese proprio quando arrivammo al Mystic, ci fermammo davanti la porta d'ingresso perché dovevo ancora rispondergli. – Sì e forse è proprio questo che mi spaventa.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi ed entrai.

Tutte quelle domande che Damon mi aveva rivolto durante la nostra passeggiata mi avevano turbata. Aveva la capacità di far passare la tristezza ma aveva anche quella di insinuarti un fastidioso tarlo in testa e farti rimuginare sopra quel pensiero fino a farti scoppiare la testa.
Era quello che mi stava succedendo: cosa avrei fatto, anzi, chi avrei scelto?
– Mentre eri nel tuo mondo del 'perché Damon mi ha fatto tutte quelle domande' ho ordinato il tuo piatto preferito.
– Mh... e se avessi voluto qualcos'altro?
Mi guardò scettico e poggiò i gomiti sul tavolo, incrociando le mani sotto il mento – E' sempre la stessa storia: prendi il menù, lo sfogli quattro volte, storci la bocca in una smorfia strana, leggi qualcosa che può aver attirato la tua attenzione e quando viene Matt per ordinare prendi il solito hamburger senza cetriolini con patatine, poco piccante e con cipolla a parte.
Incrociai le braccia al petto offesa – Oggi non volevo le patatine.
– D'accordo lo chiamo e glielo dico.
– No no no. Stavo scherzando – Il suo sorriso mi infastidì – Potresti smetterla?
– Non sto facendo nulla.
– Neanche Stefan conosce il mio piatto preferito. – mi morsi la lingua non appena mi accorsi di averlo detto ad alta voce, era l'inizio della fine. – Cioè...
– Ti conosco da ventitré anni, sarebbe strano non saperle queste cose.
– Cambiamo discorso? Ti prego.
Mangiammo i nostri hamburger alternando il silenzio a discorsi stupidi e senza senso, più volte però pensai alla frase detta in precedenza; mi ero sempre ripromessa di non fare paragoni tra il mio migliore amico e il mio fidanzato, di non cercare i difetti di uno nei pregi dell'altro: ma allora perché avevo quella strana sensazione che tutto stava per cambiare, meglio dire, per precipitare?
Ci alzammo per andare alla cassa e Damon pagò per entrambi, mi opposi chiedendogli almeno di prendere i soldi della mia parte ma non volle sentir ragioni.

Hai appena imparato la terza regola. – dissi uscendo dal Mystic.
– Sarebbe?
– “Pagare la cena non è per le donne un segno di emancipazione! Offrire la cena o il pranzo la prima volta che si esce insieme è molto importante ed anche galante, si acquistano molti punti.”
Quindi la tua era una messa in scena?
– Idiota – Lo spinsi leggermente – Mi dispiace quando spendi dei soldi per me.
Scosse la testa rassegnato mentre tornavamo verso casa mia – Chi sarebbe l'idiota adesso?
Sorrisi e restammo in silenzio per il resto della passeggiata. Quando arrivammo a casa le luci del portico erano accese, segno che Jeremy era rientrato.
– Posso darti un consiglio? – mi voltai per ascoltarlo. – Dovresti chiamare Stefan e dirgli che vuoi passare del tempo con lui. Posso cavarmela senza di te per qualche giorno, non sono così grave.
– Non è questo...
– Potreste andare nella casa al lago dei tuoi genitori. Una settimana di puro amore e vedrai che tutto si sistema.
– Non voglio abbandonarti, ti ho promesso di aiutarti.
– So che ci sei sempre per me ma non voglio che litighi con lui a causa mia, ancora.
Lo abbracciai forte: questo era un altro dei motivi per cui lo adoravo e non potevo fare a meno di lui.
– Grazie.
Rientrai e chiamai Stefan proponendogli quello che mi aveva consigliato Damon; accettò dopo qualche minuto di tentennamento: quella settimana sarebbe servita per fargli capire che lo amavo e che Damon era solo un amico.





********

Buooooooona Domenica, buona Domenica delle P(p)alme (non so se si scrive grande ma per sicurezza l'ho scritto in entrambi i modi!) Buon pesce d'Aprile.
Come state e che mi raccontate di bello?
Ah beh, io nulla di che... è sempre la soooolita vita. Studio, esami, scrivo, litigo con Youtube. Ok la smetto.
Che dire su questo capitolo?
Elena e Stefan hanno litigato pesantemente, maledetti fidanzati che non capiscono il significato dell'amicizia. Damon ed Elena si sono avvicinati ancora di più e le domande di Damon hanno fatto sorgere in Elena qualche dubbio, non sui suoi sentimenti ma su un'ipotetica scelta. Le scelte sono sempre una brutta cosa.
Devo dire che oggi non è una bella giornata e lo si capisce anche da queste note orrende che sto scrivendo.
Ringrazio chi ha aggiunto la storia tra i preferiti, seguiti e ricordati e chi ha commentato. Siete meravigliose.
Alla prossima!
Un bacio, Alessia.

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Capitolo 5
*** Regola numero quattro. ***


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Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce




VIDEO TRAILER DELLA STORIA






Regola numero quattro.




Era strano stare in quella casa dopo l'incidente dei miei genitori, era proprio una strana sensazione vivere lì senza di loro anche se per una settimana. Dovunque guardassi riuscivo a percepire la loro assenza; ogni oggetto in cucina mi ricordava mia madre, il suo preoccuparsi per l'avere un pranzo sempre perfetto, il suo rimproverare papà perché si sedeva in ritardo a tavola troppo occupato a guardare lo sport in tv, il suo bacchettare Jeremy da bambino perché non lavava mai le mani.
Sospirai e spensi il forno.
– L'odorino non è niente male. – Stefan mi abbracciò aiutandomi poi a tirar fuori il polpettone – Spero sia lo stesso anche per il sapore.
Gli diedi una gomitata nel fianco e iniziai a tagliare il mio capolavoro culinario – Che stronzo.
Quando gli avevo proposto di trascorrere una settimana da soli nella casa al lago, dopo i primi minuti di tentennamento, si era dimostrato entusiasta, proponendo, come cose da fare, un sacco di cose divertenti; aveva addirittura portato da casa dei giochi da tavola: mi sembrava un bambino in gita scolastica.
Alla fine, però, avevamo trascorso quei primi quattro giorni a coccolarci e, soprattutto, senza litigare.
– Accidenti, è buonissimo.
Gli risposi con una smorfia e continuammo a mangiare tranquillamente, seduti uno di fronte all'altra, la televisione spenta, sentendo quindi i versi degli animali attorno al lago e sugli alberi.
– Che programmi abbiamo per domani?– Gli chiesi mentre m'aiutava a sparecchiare e lavare i piatti. Scrollò le spalle facendo attenzione a mettere nel posto giusto le stoviglie. Sembrava strano. – C'è qualcosa che non va?
– Volevo farti la stessa domanda.
Mi bloccai con il piatto a mezz'aria: il suo tono era stato abbastanza serio da farmi preoccupare.
– Dimmi.– Gli risposi fingendo tranquillità.
– Ultimamente sei strana e non mi riferisco solo alle liti che abbiamo avuto a causa di Damon; non ridi come prima, non scherzi o ti comporti come prima: è come se fossi un'altra persona.
Continuavo a sciacquare quella pentola, evitando di guardarlo.
– Ele, che succede?
Alzai lo sguardo con lentezza; avevo paura di affrontarlo. – Non lo so.
– Non mi ami più?
– Certo che sì.
– E allora?
Mi allontanai dalla cucina, volevo scappare anche da lui per evitare quel discorso: la verità era che non sapevo cosa dire; non mi ero accorta di quei miei comportamenti, come potevo, quindi, spiegarglieli?
– Non so che dirti Stefan. Non so di cosa tu stia parlando.
– Di questo. Io parlo e tu scappi: da quando sei così codarda?
– Da quando tu mi accusi di cose che non sono vere.
Aveva alzato la voce provocandomi, aveva fatto scattare in me un qualcosa di non ben definito.
– Ti ho già chiesto scusa per quello che t'ho detto.
– L'hai detto comunque. Non bastano le scuse; è come se domani uccidessi qualcuno e poi mi scusassi con la sua famiglia.
– E allora dimmi cosa devo fare.
– Non lo so.
Sentivo la gola in fiamme per tutte quelle urla. Gli occhi di Stefan erano di un verde acceso a causa della rabbia e miei, non potevo vederli, ma erano sicuramente rossi per le lacrime che stavo trattenendo.
– Io ti amo Elena– Fu quasi un sussurro, e ne fui lieta perché significava che le acque si erano calmate; il peggio era passato, forse.
– Anche io.
– Non voglio, però, stare con te se devo dividerti con qualcun altro.
Sospirai avvicinandomi a lui, mi spezzava il cuore sentirlo dire quelle cose; lo amavo e non volevo farlo o vederlo soffrire.
– Io sono tua, e basta.
– Sei anche sua.
I suoi occhi verdi stavano, pian piano, cominciando a tornare chiari come sempre.
– Sono solo la sua migliore amica, nulla di più.– Gli sorrisi e mi sollevai sulle punte per lasciargli un bacio sulle labbra. – Tu invece sei il mio ragazzo e posso farti questo.
Mi aggrappai stile koala, baciandolo con passione: ero stanca di litigare e urlare; volevo rilassarmi e non pensare a nient'altro se non a lui.
Sorrise contro le mie labbra mentre camminava verso la camera da letto; sbatté più volte contro i muri e le porte, facendomi ridere di gusto. Mi lasciò cadere sul letto per poi sdraiarsi su di me; quello era il miglior modo di far pace.

Mi svegliai ancora tra le braccia di Stefan e sorrisi nel vederlo rilassato; decisi tuttavia di non svegliarlo, indossai una sua maglietta e andai in cucina per chiamare Jeremy, la sera prima non l'avevo sentito e dovevo pur informarmi su quello che stava combinando a casa.
– Ti ho detto che va tutto bene. Mi hai svegliato.
– Mi dispiace. Hai portato Anna a...
– Non ti fidi di me?
– Devo dirti la verità?– Lo dissi ridendo per fargli capire che stessi scherzando.
– Lasciamo perdere. Mi ha tenuto compagnia Damon in questi giorni.
– Puoi pass...
– Sta dormendo.
– Sveglialo.
– No, perché poi dovrebbe andare a fare jogging, quindi non potrebbe parlare con te.
– Jeremy. Cosa avete combinato?
Non sentii cosa rispose mio fratello perché Stefan mi tolse il telefono dalle mani, spegnendolo. Mi augurò il buongiorno riempiendomi di baci, risi felice; mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando non avevamo ancora litigato per tutte quelle inutili sciocchezze su Damon.
– Devi smetterla di preoccuparti per tuo fratello. E' abbastanza grande.
– Io non mi preoccupo per lui... Mi preoccupo per casa mia.
Mi regalò un sorriso che mi sciolse il cuore; mi alzai dalla sedia per sedermi sulle sue gambe e continuai la mia colazione lì, come se fossi una bambina. Gli sporcai il naso con la cioccolata: nacque una vera e propria guerra e vinse lui: mi intrappolò i polsi in una sua mano dietro la schiena, e con l'altra mi spalmò Nutella dovunque potesse farlo: non riuscivo a smettere di ridere.
– Sei un idiota, guarda come mi hai ridotta.– Dissi guardandomi allo specchio dell'ingresso.
– Hai iniziato tu.
Gli risposi con una linguaccia – Sarà meglio che vada a farmi la doccia...
Non ebbi neanche il tempo di scappare; mi prese in braccio, come se fossi un sacco di patate, mi portò in bagno e, nonostante le mie urla e il mio dimenarmi, aprì i rubinetti della doccia, mettendomi sotto. Rabbrividii per il freddo e quasi soffocai per l'acqua ingoiata.
– STEF!
Lui intanto non smetteva di ridere.
– Chiudi la bocca o affoghi.
Stropicciai gli occhi con le mani, per togliere l'acqua e lo guardai in cagnesco: se ne stava in piedi, appoggiato al muro, con un sorrisino impertinente a guardarmi soffocare; decisi di vendicarmi a modo mio.
Mi spogliai lentamente, godendomi la sua reazione: strabuzzò gli occhi, divorandomi con lo sguardo mentre sfilavo il reggiseno lanciandolo ai suoi piedi. Sorrisi.
– Beh, sembra che tu abbia visto un fantasma.
In un lampo si tolse i pantaloncini e la maglietta, raggiungendomi dentro la doccia – Sei tremenda.
La sua mano strinse i miei capelli, ormai bagnati, attirandomi a sé; mi baciò con passione e ricambiai aggrappandomi a lui con foga: l'acqua ci aveva fatti impazzire.
Legai le gambe intorno al suo bacino; un brivido mi percosse quando sentii il freddo delle mattonelle sulla schiena, ma non ci badai e continuai a baciarlo, a scompigliargli i capelli.
Gli morsi una spalla per non urlare quando fui totalmente soddisfatta; uscì da me prima che potesse venire anche lui: normalmente usavamo il preservativo ma quella volta era successo tutto così in fretta da dimenticarlo.
Prima che potesse finire l'acqua calda finii di lavarmi, avevo davvero bisogno di togliere tutta quella cioccolata dal mio corpo. Stefan era ancora dentro la doccia con me che mi insaponava la schiena.
– Non usciremo più da qui, vero?
Rise – Mi hai provocato tu.
– Ma sentitelo.– Mi voltai per guardarlo negli occhi. – Mi hai infilato tu qua sotto.
Aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito: si era arreso. Mi alzai sulle punte dei piedi per lasciargli un bacio sul naso e finimmo di sciacquarci.

Stefan caricò l'ultima valigia nel bagagliaio mentre io controllavo che non avessimo dimenticato nulla; mi dispiaceva partire e tornare in città ma quei sei giorni erano bastati per ristabilire la pace tra e me lui e per permettere a Jeremy di distruggere casa.
– A che pensi?
Mi voltai verso Stefan che aveva intrecciato le nostre mani mentre guidava – Ai mille guai che ha potuto combinare mio fratello.
Si fece pensieroso. – Tranquilla gli ho lasciato i numeri delle emergenze attaccati al frigo.
– Idiota. – Lo colpii al braccio facendolo ridere.
Dormii per il resto del viaggio, svegliandomi davanti casa, con il cretino di mio fratello che mi urlava nell'orecchio: avrei voluto prenderlo a pugni se solo avessi potuto. Gli feci i complimenti per come aveva mantenuto casa: pulita e intatta, senza nessun segno di incendio o atto vandalico; salii in camera mia per posare la valigia quando notai un particolare.
– Tutto bene?
Annuii – Stavo controllando anche qui dentro.
– Davvero non ti fidi di tuo fratello?
– Certo che mi fido, solo che non voglio che lui lo creda.
Accompagnai Stefan alla porta, doveva passare a salutare la sua famiglia e poi sarebbe andato direttamente a casa: era stanco e aveva bisogno di riposo; aveva un rapporto strano con il suo cuscino e il suo letto, al rientro da ogni vacanza passava le successive ore, sdraiato su di esso, a ripetergli quanto gli fosse mancato.
Chiusi la porta e mi lasciai cadere sul divano: stanca ma felice.
– Allora? Come è andata questa settimana?
– Sei una donna pettegola Jer.
– Mi preoccupo solo per mia sorella e per la sua vita di coppia.
Alzai un sopracciglio. – Bene.
– Non avete parlato? Litigato?
– All'inizio no, poi però... Oh andiamo Jer, mi fa strano parlarti di queste cose.
– Perché non ho gli occhi azzurri e i muscoli al posto giusto? Mh, forse dovrei guardarti come ti guarda lui...
– Perché sei mio fratello, idiota. Se vuoi ti dico quello che abbiamo fatto sotto la doccia.
La sua espressione sbigottita mi fece scoppiare a ridere. – No no, per carità.
– Ecco. Dov'è Damon? So che ha dormito in camera mia, ho visto la mia maglia dei Coldplay sul letto.
Scrollò le spalle e prima che potessi chiedergli altro sparì in camera sua.
In realtà quella era la maglietta di Damon, l'aveva comprata ad un loro concerto ma me l'aveva regalata perché non avevo potuto andare con lui e sapendo quanto io li amassi: era la mia maglietta preferita ma la usavo per dormire quando andavo da lui, era enorme e sul grigio, con i visi dei quattro componenti della band sul davanti, e le tappe dei concerti sul dietro; mi vestiva enorme, perché era della sua taglia: una L maschile, ed ero sicura si fosse messo quella per dormire in quella settimana a casa mia.
Gli mandai un messaggio per dirgli di venire, avevo voglia di vederlo, salutarlo e parlare con lui.
Quando salii in camera per disfare la valigia, presi anche la maglia per metterla al posto: odorava di lui. Sorrisi e la nascosi tra i miei vestiti, non volevo che nessuno la toccasse.
Esausta mi addormentai sul mio letto, dopo aver diviso i vestiti tra sporchi e puliti.


– Lena. Svegliati... Lena-bella-Elena.
Mugugnai infastidita e aprii un occhio, trovando quelli azzurri di Damon. – Mhhhh.
– Sono d'accordo con te.
Sorrisi e mi accoccolai a lui, affondando la testa tra la spalla e il suo collo. – Shhh.
– Mi hai fatto venire per dormire? Perché potevo venire in qualche altro modo insieme a qualcun'altra...
Gli diedi un pizzicotto sul fianco, ma mi prese la mano, intrecciandola alla sua; restammo abbracciati in quel modo e in silenzio, non so per quanto tempo, fin quando non ebbi di nuovo la facoltà di parola.
– Mi sei mancato in questi giorni.
– Anche tu.
– Lo so bene. Ho visto che hai usato la mia maglia.
– Fino a prova contraria è la mia.
– Ma me l'hai regalata e quindi è mia.
– E' andato tutto bene?
Annuii stringendomi ancora di più a lui, portai la gamba destra su di lui, volevo abbracciarlo e sentirlo più vicino possibile; con il ginocchio però, sfiorai qualcosa di inopportuno. Mi mossi allarmata e irrequieta non appena me ne resi conto e quei miei movimenti peggiorarono la situazione.
– Ok. Stai ferma.– Mi morsi il labbro per trattenere una risata. Damon sollevò la mia gamba rimettendola a posto. – Adesso va meglio, non lo fare mai più.
– Scusa.
– Sono sempre un maschio Elena, se ti strusci in questo modo...
– Non mi stavo strusciando– Scattai colpita nell'orgoglio. – Volevo abbracciarti
– Lo so, non intendevo quello.
– Sì ho capito. Scendiamo giù. Ho sete.
Non gli rivolsi parola per tutto il resto del pomeriggio, lui però rimase a casa, a scherzare con mio fratello e a giocare con la Play; volevo che fosse lui a scusarsi perché mi aveva ferita con quelle parole: io non mi ero strusciata.

All'ennesima battuta entusiasta di quei due idioti per un passaggio “fenomenale”, mi alzai dalla poltrona con il mio libro da leggere e mi chiusi in camera.
– Posso?
Lo fulminai con lo sguardo. – Che ti rispondo a fare, tanto fai come ti pare.
– Hai le tue cose?
– Damon, stai peggiorando la tua situazione.
– D'accordo scusa. Non so che altro dirti: mi dispiace averti detto quelle cose oggi, non ti sei strusciata.
– Lo dici solo per accontentarmi ma in realtà lo pensi.
Si alzò dal letto, iniziando a camminare su e giù per la stanza: faceva così quando era nervoso e lo capì quando iniziò a toccarsi i capelli, si stava trattenendo.
– Accidenti Elena, si può sapere che hai? Vuoi davvero litigare? Ti ho chiesto scusa, cos'altro devo fare? Mettermi in ginocchio? Se vuoi lo faccio.
– No. Voglio che tu capisca come mi sono sentita. Non mi sono strusciata per provocarti.
– Lo so, ho solo sbagliato termine, non volevo offenderti.
Per fortuna il nostro stupido battibecco si chiuse lì.
Dopo cena mi raccontò dei progressi che aveva fatto con Caroline: in quella settimana si erano visti al Grill molte volte, o per caso o come appuntamento, oppure erano usciti per andare a fare un giro in macchina come semplici amici anche se Damon sotto sotto aveva avuto molte volte la tentazione di saltarle addosso.
– Non è ancora il momento.
– E quando sarà “il momento” ? – Rispose esasperato accasciandosi sulla sedia.
Sorrisi nel vederlo in quella situazione, non era da lui limitarsi con una ragazza, Caroline doveva piacergli davvero tanto, e fui fiera di lui, oltre che di me.
– Deve essere lei a baciare te; non perché è spinta dai suoi ormoni ma perché le piaci davvero, perché le hai conquistato il cuore.
Mi guardò scettico alzando un sopracciglio. – Sei una femminuccia.
– Fino a qualche tempo fa ero un maschiaccio. Per fortuna hai cambiato idea. – Risposi cominciando a sparecchiare e facendogli la linguaccia.
Scherzare con Damon, rispondere alle sue battutine idiote, mi veniva naturale; sapevo che anche se ci fossi andata giù pesante, lui non se la sarebbe presa, e in fondo neanche io, ci conoscevamo fin troppo bene per sapere dove arriva la pazienza e il limite di sopportazione di entrambi.
– E' ora di andare. Mi racconterai della vostra luna di miele un'altra volta.
– Ma veramente...
– Lo so, non vedevi l'ora di dirmi quanto i miei consigli sono stati utili.
Incrociai le braccia al petto, guardandolo seria. – Non ho la minima intenzione di dirti quante volte io e Stefan abbiamo fatto l'amore e soprattutto dove.
– Signore, fulminami e fammi perdere la memoria.
Scoppiai a ridere e gli lanciai lo strofinaccio che stavo usando per asciugare le stoviglie; ovviamente lui, non fu così magnanimo da perdonarmi e far finta di nulla, mi si scagliò contro prendendomi in braccio e trascinandomi al piano di sopra.
– Da-Mo-Damon cosa stai. Fa-cendo?
– Non ti capisco.
Gli diedi un morso nel sedere e lui contraccambiò.
– Accidenti Elena, quando si dice “culo da prendere a morsi”.
Rise come un'idiota e mi dimenai per convincerlo a lasciarmi andare, soprattutto quando mi accorsi che eravamo in bagno; mi prese il panico.
Lo sentì trafficare con il soffione e poi mi infilò dentro la vasca da bagno: un getto d'acqua mi colpì in faccia, per fortuna era tiepida.
Urlai, ma rischiai di soffocare, come nella doccia con Stefan; possibile che tutti avessero voglia di annegarmi?

Intanto quell'idiota rideva che era un piacere, e io non sapevo come liberarmi e come vendicarmi, perché sapevo che qualsiasi cosa avessi fatto, la sua vendetta sarebbe stata tre volte peggio.
Ad un certo punto si fermò ed uscì dal bagno.
Tirai un sospiro di sollievo e chiusi i rubinetti; stavo asciugando l'acqua dal pavimento quando entrò Jeremy, tutto trafelato.
– Devo andare in bagno, puoi fare vel... WO! Concorri per Miss maglietta bagnata?
Con un gesto istintivo mi coprii, guardandomi poi allo specchio inorridii: stupida canotta rossa che lasciava vedere tutto e stupida me che aveva il vizio di dormire senza reggiseno. Avevo dimenticato a metterlo dopo essermi svegliata.
– Quindi Damon è andato via... – Dissi tra me e me, cambiandomi.
Scoppiai a ridere sola come una scema ma gli mandai un messaggio per scusarmi, dopo quello che era successo nel pomeriggio non volevo che pensasse fosse tutto un modo per provocarlo; io non avrei mai potuto fare una cosa del genere, soprattutto con lui: sarebbe stato troppo strano.
Non sono andato via per le tue tette al vento, anzi, all'acqua. Avevo da fare. Ci vediamo domani, mi devi dire della quarta regola”
Esatto, sarebbe stato troppo strano: io Damon, potevo solo ucciderlo.


Mi svegliai accaldata e stanca, non sapevo il motivo, ma ero incredibilmente sudata e tanto accaldata.
Guardai la sveglia ed erano ancora le 9 del mattino: odiavo alzarmi presto d'estate, non avevo nulla da fare la mattina, preferivo dormire un po' di più per essere in forze nel resto della giornata.
Feci una doccia e scesi a fare colazione; in tutta la casa regnava il silenzio più assoluto: Jeremy dormiva beatamente.
Mi mancavano i miei genitori, svegliarmi e trovare mia madre intenta a preparare i pancake, sedermi a fare colazione con lei e litigare perché bevevo troppi caffè a soli sedici anni.

Mi mancava mio padre, il suo essere protettivo ma il suo continuo volermi accasare con Damon.
Asciugai quella maledetta lacrima traditrice e salii di corsa in camera di mio fratello.
– Jer. Jeremy svegliati.
– Mhhh che vuoi?
– Posso stare qui con te?
Scattò sul letto, improvvisamente sveglio, fissandomi negli occhi. – Hai avuto di nuovo gli incubi?
Negai e la mia risposta lo convinse. – Ho solo un po' di nostalgia e volevo stare qui. Con te.
Mi fece spazio nel letto e mi accoccolai a lui, che mi strinse forte: odorava di famiglia, dei miei genitori, di casa. Di amore.

– Sta dormendo. Mh, sì, glielo dirò... No, sta bene. Muori.
– Jer?
– Era Stefan.
Aprii un occhio per guardare mio fratello che se ne stava in piedi, accanto al letto, con un sorriso ebete sul viso. Cercai di fare mente locale: mi ero svegliata alle nove, e dopo aver fatto colazione mi ero rifugiata nella sua camera... Aveva detto a Stefan...
– MUORI?
– Quando la chiamata era chiusa.
– Non si scherza con queste cose, rincretinito.
– Possiamo tornare a letto, in silenzio, dimenticando quel baccalà?

Feci finta di nulla e mi alzai, prendendo il mio telefono dalle sue mani: odiavo quando si comportava come uno stupido quindicenne brufoloso in crisi per non so cosa.

Guardai l'orologio per capire quanto avessi dormito, di lì a poco sarebbe arrivato Damon, non avevo proprio voglia di affrontare anche lui quel giorno, ma dovevo farlo: una promessa era una promessa.
Poco dopo suonò il campanello e andai ad aprire salutando Damon con un cenno.
– Ti sei alzata con il piede sbagliato?
– Sì. Per ben due volte, quindi niente battute, niente commenti. Facciamo quello che dobbiamo fare e poi sparisci.
– Mi piaci quando fai la dura; dove lo facciamo?
Mi scappò una risata e lo abbracciai istintivamente, il bacio tra i capelli poi, mi fece sciogliere ancora di più.
Si sdraiò sul divano, come se fosse da un'analista, e io mi accomodai sulla poltrona più vicina; prima di passare alla tanto agognata regola, gli dovetti raccontare quello che era successo durante la mattina, inutile dire che si mise a ridere quando gli dissi della chiamata di Jeremy e Stefan.

Un lampo improvviso mi colse: non avevo richiamato Stefan.
Gli mandai un messaggio, scusandomi e dicendo che mi ero svegliata da poco e avrei pranzato a casa sua. Come sempre avevo omesso la presenza di Damon, il mio corpo e il mio cervello, quel giorno, non erano proprio in vena di litigi e urla.
– “Alle donne piace sentirsi rivolgere domande personali. Ma se risponde con monosillabi, o devia subito argomento, tornare alla seconda regola. Falla ridere perché magari ha ricordato un'esperienza personale negativa, o peggio si sente a disagio.” – Dovetti ripetergliela più volte e addirittura spiegargliela, non riusciva proprio a capire.
– Quindi, per esempio: Come stai Elena?
Corrucciai la fronte, non era un esempio, ma stetti al suo gioco. – Mh, bene, oggi sono un po' stanca ma tutto sommato bene. Grazie
– Stanca, a quest'ora? Hai fatto qualche brutto sogno?
– Non che io ricordi però...– Mi rabbuiai un attimo. Avevo accennato a Damon dei miei genitori: voleva chiedermi dell'incidente. – No.– Scattai in piedi.
– No cosa?
– Non voglio parlarne e no, io non sono una cavia.
– Io volevo solo sapere se magari avessi fatto qualche sogno erotico... – Incrociai le braccia sotto il seno alzando un sopracciglio, non sapevo dove volesse arrivare. – Che so, magari mi hai sognato in tutto il mio splendore, sotto la doccia...
Risi – Sei un'idiota. E poi sei tu che avresti dovuto sognare me. Lo hai fatto?– Chiesi puntandogli il dito contro.
– Oh sì. Ho sognato di morderti il sedere e le tue tett...
– DAMON!
Lo colpii sul braccio per farlo stare zitto, ma scoppiò a ridere dopo qualche secondo; mi tranquillizzai all'istante: sapere che il mio migliore amico avesse fatto dei sogni del genere su di me, mi aveva leggermente, terrorizzata.
Dopo alcuni momenti di ilarità, andò via, lasciandomi preparare per raggiungere Stefan nel suo appartamento; non appena aprì la porta mi baciò con irruenza, non lasciandomi neanche il tempo di salutarlo o di respirare.
Chiuse la porta con il piede, mi spogliò tra la pausa di un bacio e l'altro.
– Non. Sai. da. Quanto. ti. Desidero.
Sorrisi sulle sue labbra.
– Vuoi saperlo?– Mi chiese guardandomi negli occhi. Quel verde così intenso da farmi rabbrividire; annuii semplicemente, incapace di emettere alcun suono. – Dalla nostra doccia insieme. Non faccio altro che sognarti, sotto la doccia, in ogni momento.
Mi sollevò da terra portandomi sul letto, mentre continuava a spogliarmi e baciarmi: quella passione mi stava risucchiando le forze e divorando l'anima, era qualcosa di nuovo e inaspettatamente incredibile. Non avevo mai visto uno Stefan così preso e caloroso.
Fu un attimo però, il mio cervello staccò la spina, o meglio, la mise al posto giusto.
– E se...
Ma non ebbi il tempo di finire il pensiero, perché lui fu dentro me, e tutto il resto scomparve.







***

Cosa posso dire per scusarmi dell'immenso ritardo? Colpa dello studio, dello stress e di altri mille impegni. Arrivo al dunque perché ho mal di testa e ho bisogno di stendermi e riposare:
Il capitolo mi fa un po' schifo, e con questo non voglio complimenti, voglio solo dire che l'ho scritto con fatica, in non so quanti giorni e forse è per questo che non mi convince. Abbiate pietà!
Elena e Stefan hanno fatto pace, personalmente li ho odiati/amati in questo capitolo, avrei voluto che Elena fosse più sincera con lui, che gli dicesse qualcosa in più ma evidentemente non è ancora pronta o forse è sincera quando dice che non sa quello che sta accadendo.
Non so se avete notato alcune incongruenze: Damon che non vuole parlare a telefono con Elena; Damon che va via quando le fa lo scherzo della vasca e infine, la battuta sul sogno. Cosa ne pensate? Perché si è comportato così? Non pensate subito a: è innamorato di lei. Andateci piano con i pensieri, è molto semplice come concetto.
Infine... di nuovo Stefan ed Elena e il loro momento di passione.
Non odiatemi ma, avevano bisogno del loro spazio, del loro chiarimento: stanno insieme, si amano (perché è vero che si amano) glielo dovevo!
E basta.
Grazie per aver aspettato.
Grazie per aver letto, e a chi ha avuto la pazienza di commentare.
Grazie a Mary per aver corretto il capitolo e per aver fatto quella meravigliosa immagine che trovate all'inizio.
Alla prossima.

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Capitolo 6
*** Regola numero cinque. ***


Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce




VIDEO TRAILER DELLA STORIA





Regola numero cinque.




Sai, non mi convince molto questa cosa.
Lo guardai assottigliando lo sguardo: odiavo il suo scetticismo. – Mi ami?
– Direi di sì.
– Allora fidati di me.
Era il 23 luglio, il mio ventiquattresimo compleanno, e per l'occasione avevo deciso di organizzare una cena intima invitando Stefan, Damon, Caroline e Anna. Mio fratello, insieme al mio caro fidanzato, mi aveva aiutato tutto il pomeriggio ad abbellire casa con festoni e a preparare degli aperitivi; la cena l'avevo ordinata ad un ristorante, qualcosa di semplice, mentre la torta l'avrebbe portata il mio migliore amico.
Stefan non era convinto della cena, aveva capito che, in fondo, era solo un pretesto per far stare insieme Caroline e Damon; il suo pessimismo però mi stava irritando sul serio, avevo paura che di quel passo avrebbe portato, solo tanta sfiga.
Quando fu tutto pronto, cominciai a prepararmi; nonostante la cena fosse destinata a far avvicinare la nuova coppia del momento, era pur sempre il mio compleanno, quindi indossai l'abitino che avevo comprato giusto per l'occasione, raccolsi i miei lunghi capelli castani in una coda alta, passai un filo di ombretto e matita viola sugli occhi, insieme al mascara; prima di scendere in cucina misi al polso un bracciale che si intonava perfettamente al vestito e anche un paio di orecchini. Mancavano solo le scarpe che avrei indossato prima dell'arrivo degli ospiti, tanto per non morire dal dolore ai piedi ancor prima del tempo.
– Sei... bellissima.
– Grazie.
Era raro che Jeremy mi facesse dei complimenti, il nostro rapporto era basato più sul “ti vorrei uccidere perché ti voglio troppo bene” non sul “ti voglio troppo bene e basta”, perciò mi sentivo in imbarazzo ogni volta perché sapevo che era sincero.
Stavo finendo di apparecchiare, quando suonarono il campanello; corsi immediatamente in camera per indossare le scarpe, ero così indaffarata da non sentire chi fosse arrivato: quando scesi trovai Jeremy, Damon e Caroline seduti sui divani a scherzare tranquillamente.
– Eccola. – Damon si alzò per venirmi incontro e stringendomi forte mi sussurrò. – Tanti auguri, di nuovo.
Gli sorrisi mentre mi staccavo. – Grazie – Poi mi rivolsi a Caroline che aveva visto tutta la scena – Ciao Caro, benvenuta a casa mia.
– Era esattamente come la ricordavo.
Avevo dimenticato che i nostri genitori si frequentavano quando noi eravamo piccole, lei era venuta più volte a casa mia, ma non credevo se lo ricordasse. Mi fece gli auguri e mi porse un piccolo pacchettino, che riposi accanto a quello di Jeremy.
– Mangeremo qui dentro?
– Noi sì Damon, tu però mangerai in bagno.
– Ehi, piccolo Gilbert non sfidarmi.
– Solo perché perderesti.
– Smettetela di fare i bambini. – Mi intromisi ancor prima di vederli scattare sul divano e sfidarsi alla Play per decidere chi fosse il più forte e chi, di conseguenza, avrebbe fatto da schiavo all'altro; la verità era che erano due cretini e a me toccava subirmeli entrambi, non che mi dispiacesse, però avrei preferito se ogni tanto avessero mostrato anche un po' di maturità.
– Mi piace il tuo vestito Caroline.
– Oh, grazie. Io adoro le tue scarpe, cioè, mi piace anche il tuo vestito, ma ho un debole per le scarpe quindi...
Risi nel vederla giustificarsi in quel modo – Tranquilla ho capito e poi poteva anche non piacerti il mio vestito, non ci sarebbe stato nessun problema.
Restammo a parlare fino a quando non arrivarono prima Anna e poi Stefan, dal viso capii subito che era successo qualcosa, anche perché lui non arrivava mai in ritardo, soprattutto in occasioni come quelle.
Un momento piuttosto imbarazzante fu la scelta dei posti a sedere, avrei dovuto pensarci prima ma sarebbe stata la stessa cosa dato che Stefan mi aveva aiutato a preparare tutto durante il pomeriggio.
Ad un capotavola si sedette Jeremy alla sua destra si posizionò Anna e alla sua sinistra Caroline; a me non piaceva molto essere al centro dell'attenzione, ma era il mio compleanno e Damon mi cedette il suo posto, facendomi sedere di fronte mio fratello, all'altro capotavola, tra lui e Stefan.
– Anna, come sta tua mamma?
Damon conosceva la fidanzata di Jeremy; in realtà Damon conosceva ogni cosa riguardasse me e la mia famiglia, si preoccupava di informarsi su tutto e non perché fosse una persona pettegola ma perché teneva a noi e poi sapevo che con quella domanda voleva spezzare quello strano imbarazzo che si era creato.
– Ma con la casa enorme che ti ritrovi non hai mai pensato di trasferirti in una più piccola?
E come al solito poi la situazione si ribaltava: tutti cominciavano a fare domande a lui, sulla sua vita, sul perché non lavorava, su come si manteneva, sull'enorme casa.
– In realtà ci ha pensato – Jeremy spiazzò tutti con la sua risposta alla domanda di Caroline – Aveva pensato di trasferirsi qui, un paio di anni fa e io ero d'accordo, poi qualcosa è andato storto e...
– Jeremy, mi aiuteresti in cucina per favore?– Mi alzai obbligandolo a raggiungermi nella stanza accanto – Cos'è questa storia? – quasi sussurrai per non farmi sentire dagli altri.
– E' la verità: avevo proposto a Damon di abitare con noi ma poi tu e Mr. Gelosone avete iniziato a fare coppia fissa e lui ha preferito lasciar perdere.
– Ti sembrava il caso di dirlo in quel momento?
Non mi rispose, scrollò le spalle e portò i piatti a tavola, lasciandomi in cucina con il fumo che mi usciva dalle orecchie. Il resto della cena, per fortuna, trascorse tranquillamente, senza momenti imbarazzanti; Stefan e Damon non si rivolsero né una parola né tanto meno uno sguardo e questa cosa mi faceva stare piuttosto male: le due persone più importanti della mia vita si odiavano e io non potevo fare nulla per rimediare perché ne ero la causa.

– Ti aiuto.
– Tranquilla Caroline, raggiungi gli altri sul portico.
– Davvero Elena, voglio aiutarti.
Mise le stoviglie nel lavello mentre io sistemavo il resto della roba; avevo già male ai piedi perciò ero contenta che almeno lei si fosse fermata per darmi un mano.
– Come fai? – La guardai confusa – A sopportare gli sguardi omicidi che si mandano.
– Non so di cosa tu stia parlando.
– Damon e Stefan: sono entrambi gelosi e lo capisco. Damon è geloso come lo è tuo fratello, solo che Jeremy cerca di nasconderlo, lui invece no, farebbe qualsiasi cosa pur di vederti lontana da Stefan.
– Penso che Damon voglia la mia felicità e io con Stefan sono felice.
– Forse non lo sei, lui lo ha capito ma non sa come dirtelo.
– Ti ha per caso detto qualcosa che non so?
– Non parliamo di te: sei un argomento taboo. Credo che preferirebbe elencarmi tutte le sue ex piuttosto che dirmi qualcosa di te, di voi.
Le sorrisi timida perché quella situazione mi metteva davvero in imbarazzo: non volevo che lei iniziasse a pensarla come Stefan o si facesse strane idee sulla nostra amicizia, non avevo la minima intenzione di giustificarmi anche con lei.
– Ehi, che fate ancora qui?– Per fortuna era arrivato Damon, salvandomi da quella situazione imbarazzante; il modo in cui lo guardò Caroline fu davvero eloquente, stava per mangiarselo con gli occhi: mi tratteni dal ridere e gli risposi.

Stavamo mettendo in ordine.
– E' il tuo compleanno, non dovresti.– Alzai un sopracciglio; il suo lato da scansafatiche era sempre pronto ad emergere – Ok, ti aiuto. Non guardarmi così però.
Scossi la testa sorridendo e mi lasciai aiutare anche da lui, in tre avremmo finito prima e avrei potuto raggiungere Stefan e gli altri sul portico.
– Caroline, puoi andare: devo solo sistemare queste ultime cose, mi aiuterà Damon.
– Sicura?
– Sì e grazie, sei stata davvero gentile.
Aspettai che uscisse e quando fui certa che non potesse sentirmi, iniziai a bombardare Damon con domande sulla loro “relazione” e su quello che diceva di me.
– Non voglio parlare di te alle altre.
– Ti sto chiedendo il motivo.
– Perché non so, magari poi potrebbero essere gelose o andare fuori di testa per cercare di piacerti o peggio somigliarti per piacere a me. E' una sorta di protezione.
– Protezione?– Annuì e gli sorrisi. – Non dovrebbero essere gelose e tu puoi parlare di me con chi vuoi.
– E poi tu sei importante, sei l'ultimo gradino della conoscenza – Lo guardai scettica perché non riuscivo a comprendere il suo ragionamento. – Prima di presentarti una mia ipotetica fidanzata, devo esserne sicuro: è come quando si presenta quella che pensi sia la donna della tua vita, alla propria madre.
– Stai dicendo che mi vedi come tua madre?
Alzò gli occhi in cielo disperato e poi mi guardò: uno sguardo sicuro e dolce nello stesso tempo che mi fece venire i brividi. – Sei importante quanto lei.
Lo abbracciai di slancio, sapevo quanto fosse difficile per lui parlare di quella donna magnifica che era stata sua madre; e mi sentii onorata, oltre che contenta, nel sentirmi dire di essere importante allo stesso modo, anche se sapevo che non era vero, era impossibile eguagliare l'affetto e l'importanza della figura materna.
Avevamo finito di mettere al posto l'ultimo piatto, così Damon stava per andare dagli altri, quando mi ricordai del discorso di Caroline e della quinta regola.
– Hai intenzione di uscire con lei questa sera o domani?
– Non lo so, dipende da come procedono le cose, perché?
– Dovrei dirti la quinta regola ma non so se sia il caso...
– Me la dirai domani, adesso andiamo di là: è la tua giornata, rilassati e divertiti.


Trascorsi la serata con i miei amici e il mio fidanzato, a scherzare e ridere e a raccontare aneddoti imbarazzanti sulla nostra infanzia e adolescenza.
Jeremy si era messo a parlare di quando, da piccolina, avevo scambiato uno spaventapasseri per un alieno e avevo convinto tutto il vicinato a catturarlo e chiedergli se volesse farci del male.
Anche Damon sapeva quella storia, perché era presente quel pomeriggio estivo di molti anni prima, ma nonostante ciò ogni volta rideva come uno scemo, soprattutto durante la parte più tragica, secondo me, e più spassosa, secondo lui: quella in cui mi rivelavano che si trattava solo di uno spaventapasseri, mi portavano al campo di grano per vederlo da vicino e...
– Iniziò ad urlare come una pazza nel vedere quel coso muoversi. Credeva fosse vivo.
– Avevo avuto paura, idiota. Mi era stato detto fosse un pupazzo e poi quel coso si mosse.
– Mi ricordo la tua faccia.
– Stai zitto o potrei odiarti e smettere di parlarti di nuovo.
Risero tutti a quel racconto, anche Stefan accennò un sorriso e mi abbracciò più forte dandomi un bacio sulla fronte. Quando Damon e mio fratello smisero di mettermi in imbarazzo, rientrammo in casa; sia perché si era fatto tardi ma anche perché era arrivato il momento di aprire i regali e mangiare la torta.
Ringraziai tutti, uno per uno per quello che mi avevano regalato; mi sentivo sempre un po' in imbarazzo quando li spacchettavo, ma poi tutto era superato dallo stupore e dalla gioia.
Rimasi a bocca aperta quando aprii il pacchettino da parte di Stefan: trovai dentro un meraviglioso bracciale Tiffany; sapeva che mi piaceva e che desideravo averlo, ma non credevo fosse così pazzo da comprarmelo.
– Aspetta a ringraziarmi. Lo farai questa sera, in camera mia.
Risi per la sua espressione – Sei il solito idiota ma... ho il ciclo quindi niente grandi festeggiamenti.
– Neanche un piccolo happy hour?

Scossi la testa e quando assunse un'espressione buffa e triste lo baciai, cercando di contenermi e non farmi trasportare dalla passione. – Andiamo a mangiare la torta, sarà meglio.


Quando mi lanciai sul divano ero esausta: avevo i piedi gonfi ed ero stanchissima; era stata una bellissima giornata ma stancante allo stesso tempo.
Avevo bisogno del mio pigiama e del mio letto, ma non avevo la forza di salire le scale, così mi addormentai su quel comodissimo divano; ero convinta che non appena Jeremy mi avesse vista mi avrebbe portata in camera, o almeno lo speravo.
– Secondo te, bacio addormentata? O neve, morta?
Non capivo se stavo ancora sognando o se quelle voci erano uno spiraglio di realtà; aprii un occhio e non riuscii a distinguere quello che avevo di fronte, solo dopo qualche secondo capii si trattasse di una gamba. Impiegai qualche minuto per prendere coscienza; i miei risvegli erano sempre piuttosto lenti.
– Vuoi... vorresti violentarmi per caso?
La risata di Damon mi fece innervosire: mi aveva svegliata e si stava prendendo gioco di me. Mi voltai dandogli le spalle e cercando di riaddormentarmi.
– Da quando in qua dormi sul divano?
– E da quando in qua tu ti alzi presto al mattino?
– Da mai, dato che sono le due del pomeriggio.– Aprii gli occhi voltandomi di scatto: aveva un sorriso impertinente da farmi venire voglia di prenderlo a pugni. Sì la mattina ero violenta.
Mi misi a sedere, rendendomi conto di essere vestita come il giorno prima; mi alzai svogliatamente ed andai in cucina, per dissetarmi, con Damon alle calcagne.
– Che cosa ti serve?
– Prima svegliati e poi ne parliamo; accendo la tv, c'era un film interessante.
– Fai cosa vuoi io vado a farmi la doccia.
Gli cadde il telecomando dalle mani. – Ok.
– Nessuna battuta?– Il suo comportamento mi aveva stranita. – Di solito ti metti a dire cose del tipo “Vuoi che ti faccia compagnia?”– Dissi imitando la sua voce – Oppure “Vuoi una mano per insaponarti la schiena?”
– No. – Alzò il volume della tv. – Vai pure, io guardo il film.
– Tu mi hai sognata.– Mi posizionai di fronte a lui, con le braccia incrociate. – Tu hai fatto un sogno erotico su di me.
– Non so di cosa tu stia parlando; ti sposti? Non riesco a vedere.
Mi abbassai per guardarlo dritto negli occhi e gli puntai il dito contro – Ti conosco da quando sono nata, so quando menti e quando c'è qualcosa che ti turba; il fatto che io stia per andare di sopra, che mi spogli completamente e che mi faccia una doccia: ti turba!
Lo vidi deglutire e mi bastò quello per una mia soddisfazione personale; certo mi faceva un po' strano che il mio migliore amico facesse dei sogni erotici su di me ma... anche a me era capitato una volta.
Iniziai a salire le scale solo che mi bloccai a metà, perché Damon mi aveva presa per il braccio; mi voltai per capire cosa volesse e mi ritrovai con le spalle al muro, lui addosso a me e i suoi grandi occhi azzurri puntati nei miei. Era così serio da farmi rabbrividire, ed era già la seconda volta.
– Non farlo mai più, Elena. Non scherzare con il fuoco quando non sai cosa e quanto potresti bruciarti.
– Io...– Non riuscivo a parlare; averlo così vicino e con quello sguardo, non riuscivo a trovare le parole adatte.
Si allontanò ma rimasi per qualche istante in quella posizione, immobile; mi risvegliai solo quando Jeremy mi passò davanti.
– Tutto bene?– Annuii ancora scossa e corsi verso il bagno.

Forse avevo dormito male su quel divano, forse avevo sognato qualcosa di brutto che non riuscivo a ricordare o forse c'era qualche altro motivo che non sapevo perché quello sguardo e quelle parole mi avevano davvero turbata; non capivo cosa avessi detto di così sbagliato da far reagire Damon in quel modo.
Finii di asciugarmi i capelli e, respirando a fondo, scesi in cucina dove ero convinta ci fossero sia mio fratello che...
– Dov'è Damon?

E' andato via, mi ha detto che si sentiva poco bene.
– Ha detto altro?
– Sì, ti chiamerà lui il prima possibile.
Ero sul punto di impazzire: non solo quel cretino era andato via senza dirmi nulla e dopo quello che era successo ma, cosa ancora più fastidiosa, non rispondeva alle mie chiamate.
Gli lasciai tre messaggi in segreteria, sperando che li ascoltasse e mi chiamasse subito dopo; ma neanche nelle ore successive ricevetti una sua chiamata.
Spero che tu abbia perso il telefono perché non trovo altri motivi per cui non dovresti rispondermi
Decisi di passare ai messaggi, almeno li avrebbe prima letti e poi cancellati; dovevo calmarmi o avrei rovinato anche la mia uscita con Stefan, non mi andava di litigare con lui.
19.30 “Damon, per favore. Chiamami
19.45 “Maledizione, posso sapere che ti ho fatto?
20.00 “Spero che tu sia morto o ti ucciderò con le mie stesse mani
20.05 “Cioè, non spero che tu sia morto, ma ti ucciderò comunque!

Urlai quando il mio cellulare squillò, perché ero davvero convinta fosse lui; invece era solo Stefan che mi avvertiva del suo ritardo di un'ora. Feci dei calcoli rapidi e senza neanche pensarci due volte, salii in macchina per andare a casa di quello screanzato.
– Chi è?– Sapevo che la telecamera del campanello gli si era rotta qualche giorno prima, quindi non poteva vedermi.
– Salve... credo mi si sia rotta la macchina qui fuori e il mio cellulare è, praticamente, morto. Non è che potrebbe farmi fare una chiamata?– Il suo silenzio era preoccupante, eppure credevo di aver finto un ottimo accento Canadese – Non sono del posto e avrei davvero bisogno di aiuto.
Qualche secondo dopo il cancelletto automatico iniziò ad aprirsi – La raggiungo subito, mi aspetti fuori.
Mi nascosi dietro un albero, sperando che non mi vedesse, e attesi che uscisse. – Damon.
– Maledizione. Lo sapevo che non dovevo fidarmi.
– Oh andiamo, aspetta.– Gli bloccai l'entrata, mettendomi davanti il cancello. – Ti rendi conto che ho dovuto mentirti per vederti?
– Hai pensato che non volevo farlo dopo il tuo secondo messaggio in segreteria?
– Possiamo parlare?
– No.
– Perché? Che ti ho fatto? Cosa ho detto? Sei ancora arrabbiato per la storia del sogno e delle doccia? Mi dispiace, non volevo che te la prendessi. Ho esagerato ma noi scherziamo sempre e...
– No. Io scherzo e tu ti arrabbi. Quello era provocare e non puoi farlo.
– Co... cosa? Io non volevo provocarti, stavo solo scherzando. Io volevo vedere se mi avresti detto la verità.
– Elena, ho da fare, va via.
– No. Io voglio parlare.
– NO, vattene. – Quell'urlo mi mise paura; non l'avevo mai visto così arrabbiato, neanche quando a scuola picchiava i ragazzini che mi trattavano male.
– Ero venuta a...– Sospirai per non piangere –...darti questo.
Prese dalle mie mani il foglio e lesse il contenuto – “Il passato. Di solito è un argomento molto gettonato, quindi se chiede delle ex, non mentire spudoratamente, perché una donna viene sempre a sapere la verità, prima o poi. Quindi raggira la verità.
Se non ne hai avute, bene. Se le avete avute,invece, dì che non sono state molto importanti e, se lo sono proprio state, dì che non ne vuoi parlare per qualche motivo.
Quando chiedi a lei del suo ex, e risponde allo stesso modo, sai il perché. Se invece sorride, beh: sono in buoni rapporti. Non c'è da preoccuparsi. Se una donna è in buoni rapporti con il suo ex, vuol dire che non vuole tornarci insieme... il problema è quando dice di odiarlo.”

E' la quinta regola. Avevo pensato che non mi avresti aperto e volevo lasciartela nella cassetta delle lettere ma dato che sei qui.
– Elena.
– No ho capito. Ora devo andare.

Non ero arrabbiata, avevo solo una paura incredibile di perderlo e tutto solo per una stupida battuta.
Durante il tragitto verso casa, chiamai Stefan, gli dissi che non avevo più voglia di uscire, che avevo litigato con mio fratello e avrei rovinato la serata a tutti con l'umore che mi ritrovavo.
Sperai che mi credesse e che non fosse già a casa mia, non avrei saputo spiegargli il motivo per cui ero in giro in auto; tutto andò liscio come previsto.

Mi arrotolai nel mio piumone, sperando che Damon venisse a srotolarmi e consolarmi come sempre.





****


SET ABITI ELENA: http://www.polyvore.com/day_elena/set?id=47978534
SET ABITI CAROLINE: http://www.polyvore.com/day_caroline/set?id=47979100&.locale=it
SET ABITI ANNA: http://www.polyvore.com/day_anna/set?id=47980259&.locale=it



Scusate il ritardo. Ultimamente lo dico spesso, ma come ho anche detto sul gruppo: il mio cervellino fa i capricci e non vuole farmi scrivere questa storia, ANZI, sforna nuove trame che non ho il tempo di elaborare e scrivere. Sì, potete picchiarlo se volete! XD
Cosa dire del capitolo?
E' il compleanno di Elena e lei invita anche Caroline per farla avvicinare a Damon; parla con lei e si avvicinano ancora di più. Adoro questo personaggio, quello di Caroline dico: non è principale e non ha chissà quale parte nella storia (se non quella di essere corteggiata) Ma quando compare, ha sempre la cosa giusta da dire, un po' come la coscienza.
Sì lo vedo l'enorme elefante nella stanza: la lite con Damon.
Che sembra stupida soprattutto perché è successa per un motivo totalmente idiota ma, c'è sempre un ma in questi casi, non è come sembra.
Qui si legge solo il punto di vista di Elena, non sappiamo cosa sia davvero successo a Damon mentre lei parlava, e durante tutte le chiamate: non sappiamo la sua reazione reale e i suoi pensieri, insomma.
Questo è il quinto capitolo, dal prossimo fino al decimo, (perché vorrei ricordarvi che i capitoli in tutto sono DODICI, prologo ed epilogo compresi) saranno tutti in salita, o in discesa: dipende dai punti di vista.
Ne succederanno delle belle, quello che avete letto fino ad adesso era solo sciocchezze!
Grazie per aver letto, commentato e per chi aggiunge la storia tra preferiti, seguiti e ricordati.
Siete meravigliose, alla prossima.

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Capitolo 7
*** Regola numero sei. ***


Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce




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Regola numero sei.


Mi svegliai sudata e con le lacrime agli occhi: quell'incubo mi aveva davvero uccisa. Sognare che Damon morisse per un'incidente d'auto mi avrebbe turbata per tutto il giorno ne ero certa.

Questo perché non avevo chiarito con lui, nonostante fossero trascorsi un paio di giorni dalla discussione avuta a casa sua.

In realtà aveva discusso solo lui, io non sapevo che dire.

Stefan aveva intuito qualcosa ma non sapeva tutta la verità e si dispiaceva nel vedermi così triste. Mi aveva addirittura chiesto se poteva parlare lui con Damon, sperava di farlo ragionare.

Era strano vederlo così disponibile ad un dialogo con lui, credevo che fosse stato felice nel vedere me e Damon in quella situazione, data la sua gelosia; eppure mi aveva espressamente detto che se stare lontana da lui significava essere così triste e depressa allora lo avrebbe accolto nella sua vita a braccia aperte: era disposto anche a diventare un suo amico, se quello mi avesse fatta tornare la Elena di prima.

Il problema però, non era il rapporto tra loro due, ma quello tra me e Damon: avevo una paura assurda di perderlo; avevo perso tanto nella mia vita, non avrei retto anche a quello.


– Ancora nulla?

Anche Jeremy si preoccupava, soprattutto perché Damon non parlava neanche con lui, era come se si volesse estraniare dalla nostra vita.

No. Non ho provato neanche a chiamarlo, aspetto che sia lui a convincersi.

Secondo me...

Sarebbe tutto inutile: aspetterò, anche se ci volesse una vita intera, io lo aspetterò.

Quella sera ero stata invitata ad una festa al Grill; non volevo andare ma Jeremy mi aveva chiesto di accompagnarlo e non potevo disdire all'ultimo momento.

Stefan era partito con Klaus e altri suoi amici, per l'addio al celibato del fratello di Klaus, sarebbero tornati dopo tre giorni, appena in tempo per il matrimonio a cui, per fortuna, non ero stata invitata.
Mi preparai con la musica a palla, sperando che quella sovrastasse i miei pensieri: ma fu tutto inutile.

Arricciai i capelli, sempre per impegnarmi su altro e non pensare; indossai degli shorts rossi e una maglietta larga bianca, semi trasparente. Misi le scarpe solo quando anche Jeremy fu pronto per andare.
Il Grill era addobbato con festoni, metteva allegria vederlo così colorato; intravidi Caroline al bancone, mi avvicinai per salutarla ma feci un grande errore: non calcolare la presenza di Damon.

Elena, che piacere. Credevo che non venissi data l'assenza di Stefan.

Damon mi guardò confuso, non parlando non avevo potuto aggiornarlo.

Avevo promesso a Jeremy di accompagnarlo.

Vuoi qualcosa da bere? Posso ordinare anche per te, se vuoi.

Stavo per rifiutare, ma forse l'alcol era l'unica soluzione a farmi smettere di arrovellarmi il cervello. – Sì grazie. Un mojito.

Restai a parlare con lei fino a quando Ben, il barista, mi diede il mio drink; Damon non aveva aperto bocca e sperai che quel Mojito fosse molto alcolico: dovevo togliermelo dalla testa.


In realtà non so quanto bevvi ma mi piaceva quella sensazione di libertà e spensieratezza; mi piaceva anche ballare a piedi nudi, sul bancone: mi stavo divertendo come non mai.

Jeremy mi guardava da lontano e rideva, anche lui aveva bevuto ma non era ai miei livelli: io potevo bere qualsiasi cosa, non mi sarei mai ubriacata: ero forte.

Ehi, bellezza, perché non scendi e balli con me?

No grazie.

Quel ragazzo mi stava importunando da qualche minuto e il suo allisciare la mia gamba mi innervosiva, ma ero felice, non mi importava più di tanto.

Dai, vieni giù.

Quando mi prese in braccio, dalle gambe, urlai. Volevo che mi lasciasse in pace, volevo ballare.
– Lasciami! Mettimi giù.

EHI! Hai sentito cosa ha detto? Lasciala stare.

Tu chi sei, suo padre?

Quello che ti spaccherà la faccia se non la lasci immediatamente.

Non so cosa gli fece cambiare idea, ma quel verme mi mise giù e mi voltai per ringraziare il gentile ragazzo che mi aveva salvata; cambiai idea quando incontrai i suoi occhi.

Damon mi stava fulminando. – Andiamo.

Mi trascinò lontano dal bancone e dalla folla, prese le scarpe e mi mise in braccio.

L'aria fresca mi fece rinsavire.

Cosa diamine ti è preso questa sera? Ti sembra il caso di ballare in quel modo?

Non urlare, mi dai fastidio.

Andiamo a casa.

No, lasciami Damon! Non mi hai rivolto parola per tutta la sera, per non parlare degli altri giorni, e adesso cosa pretendi?

Sei ubriaca, ti porto a casa.

Mi riprese in braccio, come fossi una bambina e mi caricò nella sua auto. Gli urlai di fermarsi non appena svoltò l'angolo perché ebbi un conato di vomito; aprii lo sportello giusto in tempo per non sporcargli la tappezzeria.

Come ti sei ridotta?

Non mi sembra...– Il mio stomaco e la mia gola chiedevano pietà. – ...il momento giusto di accusarmi.
Mi tenne i capelli e la fronte fino a quando non rigettai anche i succhi gastrici: mi sentivo uno schifo.
– Hai bisogno di mangiare qualcosa o domani mattina sarà peggio.

Non appena arrivammo a casa mi lasciai cadere sul divano mentre sentivo Damon chiudere più volte gli sportelli in cucina; lo vidi arrivare, poi, con un sandwich in mano: non aveva un bell'aspetto ma dovetti mangiarlo per forza.

Posso andare a dormire adesso?

Mi trascinai a malapena fino alle scale: non avrei mai avuto la forza di salirle fino in camera; Damon mi sollevò e in pochi minuti fui sul mio letto, stretta al cuscino.

Mi tolse le scarpe e lo sentii dire qualcosa ma non ne ebbi la certezza perché mi addormentai subito.

Quando aprii gli occhi avevo un mal di testa incredibile e mi sembrava di essere ancora ubriaca, l'orologio segnava le tre del mattino e mi maledii per essermi svegliata a quell'ora, ma avevo sete e rischiavo di morire disidratata.

Mi spogliai perché stavo anche morendo di caldo e scesi in cucina, facendo attenzione a non cadere dalle scale; per poco non urlai dallo spavento quando accesi la luce: Damon dormiva sul divano, non ricordavo neanche il perché fosse a casa mia.

Una volta in cucina mi attaccai alla bottiglia come se fosse la mia ancora di salvezza, stavo davvero morendo di sete.

Stai bene?

Damon si era svegliato e la sua testa faceva capolino dal divano.

Sì, credo. Avevo bisogno di bere.– L'imbarazzo si tagliava a fette. – Come mai sei qui?

Ti ho accompagnata a casa ieri sera.

Perché sei rimasto?

Non volevo lasciarti sola.

Avrei voluto chiedergli altro, avrei anche voluto abbracciarlo e sentirmi dire che era tutto tornato come prima ma, gli augurai la buonanotte e me ne tornai in camera.

Mi girai e rigirai più volte nel letto perché non riuscivo a prendere sonno, era una situazione insostenibile; eppure stavo male e il mio corpo aveva bisogno di dormire ma il mio cervello me lo impediva con tutti quei ragionamenti. Solo quando sentii dei passi chiusi gli occhi di scatto.

Dormi? – Non risposi. – Lena, stai dormendo?

Il materasso si abbassò da un lato, Damon si era disteso dall'altro capo del letto; mi voltai guardandolo negli occhi.

Mi dispiace.

Riuscii a dire solo quello, prima che mi stringesse forte e mi accarezzasse i capelli dolcemente.

Non pensiamoci più, ormai è tutto finito.

Ho avuto paura di perderti.

Avevo solo bisogno di starti lontano per un po'.

Per sbollire la rabbia?

Ci pensò su. – Anche. Te l'ho detto Elena, sono pur sempre un maschio e anche se sei la mia migliore amica, vederti mezza nuda mi destabilizza.

Risi abbracciandolo ancora di più, mi era mancato. – Ti attraggo sul serio?

Sei una bellissima ragazza ma sei la mia migliore amica, non potrei mai voler far sesso con te. Sarebbe strano.

Rabbrividii al pensiero. – Molto strano.

Chiusi gli occhi perché finalmente stavo riuscendo ad addormentarmi.

Scusa se ti ho fatto stare male.

Mugugnai e gli strinsi la mano per fargli capire che accettavo le scuse ma che in fondo non avevo più le forze di continuare a parlare.

Mi addormentai in quel modo, stretta a lui e sicura di fare dei bei sogni.


Io e Damon non litigammo più, eravamo troppo impegnati a cucinare dolci, guardare film, mangiare come i maiali e cercare di passare il più tempo possibile insieme prima che tornasse Stefan e poi dovevamo recuperare tutti quei giorni perduti.

Che vuoi guardare oggi? “Remember Me” oppure “The Notebook”?

Lo sentii imprecare contro il pacco di patatine e poi mi rispose: – Nessuno dei due, non fanno nient'altro?
– No. In DVD però, ho tutti i cartoni Disney, ho una voglia incredibile di rivedere Rapunzel. Posso metterlo?

Sempre meglio di quei due attori che si spogliano per avere fan.

Avrebbero fans anche con due sacchi neri in testa.

Mi guardò alzando un sopracciglio e gli feci un sorriso di 54 denti – Metti il cartone e sta' zitta.
Mi rimproverò più volte perché anticipavo le battute dei personaggi, anche le loro mosse; ad un certo punto mi alzai dal divano e iniziai a cantare insieme a Rapunzel: Damon mi guardava sconvolto.

Mi aveva legato le mani con degli strofinacci e mi aveva tappato la bocca con le sue di mani, per evitare che mi muovessi ancora, alla fine del cartone animato mi liberò.

Potevi uccidermi sai?

Ucciderti? Guardare un film con te è estenuante, non ho capito nulla.

Se vuoi te lo riassumo.

Gli proposi e il suo sguardo impaurito mi fece ridere, quei giorni a stretto contatto con Damon mi avevano rinvigorita; mi sentivo nuova, diversa, viva, mi sentivo me stessa.

No grazie sto bene così.

Risi e restammo ancora sul divano a guardare la tv, fin quando non decidemmo di uscire: faceva troppo caldo per stare in casa.

Damon mi aspettava davanti la porta d'ingresso, mi urlava di sbrigarmi ma io non sapevo cosa indossare per non squagliarmi lentamente sotto il sole cocente di luglio; alla fine optai per un abitino leggero giallo e delle infradito bianche abbinate al cappellino e agli occhiali da sole.

Allora? Come sto?

Sembri una turista a Parigi.

Quindi dovrei cambiarmi?

Per carità, usciamo di qui prima che diventi poltiglia.

Mi trascinò fuori di casa e finalmente respirammo un po' d'aria; sì, c'erano su per giù quasi quaranta gradi ma per fortuna quel poco di vento rinfrescava i nostri animi. Arrivammo fino al Grill e ordinammo due gelati.

Devo dirtelo: non sei per niente un gentiluomo.

Tocca a te pagare, quindi non fare storie.

Roteai gli occhi. – Mi riferivo al discorso di prima.– Mi guardò scettico quindi decisi di spiegargli cosa intendevo e dirgli quindi la nuova regola, la sesta. – Negare fino alla morte. Può essere contraddittorio, dato che ho detto che non bisogna mentire, ma negare è importante.

Appunto, molto contraddittorio.

Ok, facciamo un esempio. Damon, mi sta male questo vestito?

Lo guardai ricordandogli quello che avevo detto poco prima e lui sembrò capire – No.– Fissò i suoi occhi nei miei e continuò: – Per niente, credo che il giallo sia il colore che ti dona di più d'estate perché risalta il colore dei tuoi occhi. Se sei abbronzata poi, sei ancora più bella; dovresti indossare spesso questo vestito.

Sbattei le palpebre incredula più volte: mi aveva sconvolta. O aveva perfettamente capito e centrato il punto del mio discorso e quindi aveva recitato la sua parte, oppure, quello era un vero e proprio complimento.

Per... perfetto. Perché le donne sono molto sensibili, a volte anche un po' stupide: sanno che mentite ma hanno bisogno di quella piccola bugia per sorridere.

Tu non fai parte di questa categoria?

No. Assolutamente.

Non distoglieva i suoi occhi dai miei e di solito non era un problema, ma quella volta mi sentivo in soggezione, come se fossi sotto esame.

Queste regole valgono solo se si deve conquistare una donna o viceversa?

Non lo so, non credo che si debba sempre assecondare un uomo.

Per fortuna il nostro gioco di sguardi fu interrotto dall'arrivo nel locale di Caroline; era così ogni volta che entrava, tutti si voltavano a guardarla, come se fosse chissà quale essere immortale.
Ci vide e si avvicinò sorridendo al nostro tavolo.

Vi disturbo?

Certo che no Caroline.

Le risposi per tranquillizzarla e poi Damon continuo al posto mio – Oggi sei ancora più bella del solito, hai qualcosa di diverso... hai tagliato i capelli?

Trattenni una risata, Damon che faceva dei complimenti così smielati ad una ragazza e Caroline che arrossiva senza ritegno era una scena davvero comica; finii il mio gelato e li salutai inventando una scusa su due piedi: non potevo restare ancora con loro due dovevo per forza ridere.

Nel tragitto verso casa chiamai Stefan per farmi raccontare come aveva trascorso la sua giornata, risi un po' con lui e, ovviamente, evitai di dirgli che in quei giorni stavo passando tutto il mio tempo a disposizione con Damon, volevo evitare che al suo ritorno staccasse la testa ad entrambi. Chiusi la chiamata non appena entrai in casa; ero esausta e avevo bisogno di una doccia fresca per sentirmi meglio.

Mi beai del getto d'acqua fredda per un bel paio di minuti, avrei voluto restare lì sotto per sempre, ma non si poteva ottenere tutto dalla vita, perciò uscii e mi asciugai alla bene e meglio, indossando poi un paio di shorts e una canotta leggerissimi: non volevo sudare e morire di caldo di nuovo e ancora.

Asciugai i capelli lasciandoli umidi e li legai in una coda alta poi, finalmente, scesi in cucina per cenare.
Era strano mangiare e guardare la tv senza Damon, ormai mi ero abituata alla sua presenza costante, a vederlo girovagare per casa, sbuffai quando realizzai che avevo bisogno di lui quanto avevo bisogno di Jeremy; decisi di mandargli un messaggio e quando, neanche dopo tre ore, ricevetti una sua risposta, me ne andai a letto.


– Lena–bella–Elena?– Sentivo voci chiamarmi, ero convinta di stare sognando: ero a Londra, precisamente in vacanza in Europa. – Elena?– Ero sola all'inizio quindi mi stranii quando comparve Damon al mio fianco; mi sorrideva e mi stringeva la mano. – Devi svegliarti– Lo guardavo scettica, non riuscivo a capire perché mi dovessi svegliare: eravamo a Londra, da cosa dovevo svegliarmi? Un urlo però mi fece impaurire. – SVEGLIATI!

Aprii gli occhi di scatto e mi trovai gli occhi blu ghiaccio di Damon davanti: lo spinsi allontanandolo perché avevo bisogno di respirare e riprendermi dallo spavento.

Che ci fai qui?

Ho ricevuto il tuo messaggio.

Lo fulminai con lo sguardo – E perché mi hai svegliata?

Volevo farti vedere che sono qui, sono tornato.

Le parole mi morirono in gola, gli sorrisi e mi distesi di nuovo, lui fece lo stesso e mi addormentai subito dopo, accanto a lui con la consapevolezza che era tornato e lo aveva fatto per me.






******

Ok, sono di nuovo in ritardo, perdonatemi davvero.
E' colpa dei miei esami universitari – che odio tantissimo- In realtà non ho ancora finito, ho approfittato di una piccolissima pausa per finire il capitolo, dato che me ne mancava una parte.
Non c'è molto da dire, anche perché sono di fretta e non posso stare qui a chiacchierare con voi, dunque:
Stefan è partito ma tornerà quindi non fate i salti di gioia.
Damon ed Elena fanno pace <3 sono carinerrimi vero?
Avevo detto che dalla regola numero 6 in poi le cose sarebbero cambiate, in realtà non succede nulla di che ma ho inserito alcune frasi che spero voi possiate cogliere. Detto questo, ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate.
Grazie a chi ha recensito, siete state davvero molto carine.
Per chi volesse ho un gruppo, non succede nulla di che ma almeno lì avete notizie su quando aggiorno e su quando scrivo ecc ecc LE MIE STORIE E ALTRO.

E poi basta, grazie ancora, alla prossima.

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Capitolo 8
*** Regola numero sette. ***





Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce




VIDEO TRAILER DELLA STORIA






Regola numero sette.





Posteggiai di fronte casa di Stefan e aspettai che finisse la canzone che stavano trasmettendo il quel momento alla radio prima di spegnere l'aria condizionata, scendere e suonare il campanello. Non lo vedevo da un paio di giorni, era rientrato la sera prima dall'addio al celibato del fratello di Klaus e avevo deciso di andarlo a trovare il giorno dopo per lasciarlo riposare.
Mi aprì dopo la seconda volta che pigiai il campanello, assonnato e in mutande; sorrisi nel vederlo in quello stato, mentre si stropicciava gli occhi con la mano: era così tenero.
– Ben tornato.
Lo abbracciai e lo baciai dolcemente, mi era mancato anche se non così tanto come mi sarei immaginata.
– Sembri diversa – Mi diede un bacio sulla fronte e ci sdraiammo sul divano – Allora che hai fatto in questi giorni?
– Niente di che, te l'ho detto. Tu, piuttosto, ti sei divertito?
– Uhm sì, ma mi sei mancata, avrei voluto averti accanto.
Riprese a baciarmi mentre la sua mano si intrufolava sotto la mia canotta rosa pallido carezzandomi la pancia e arrivando fino al reggiseno: mugugnai e mi mossi per cercare di fermarlo, non volevo fare l'amore con lui in quel momento, preferivo parlare e farmi raccontare quello che aveva fatto in quei tre giorni.
– Tutto ok?
– Sì, ma perché non mi racconti meglio come è andata?
– È andata bene. – Riprese a baciarmi il collo infastidendomi; lo allontanai con una spinta più forte.
– Che ti prende?
– Mi prende che voglio parlare e tu mi stai saltando addosso.
Strabuzzò lo sguardo e, finalmente, si spostò del tutto, sedendosi accanto a me. Ero nervosa e non volevo stare più di un secondo su quel divano, così mi alzai e iniziai a camminare come una pazza su e giù per la stanza, sotto lo sguardo esterrefatto di Stefan.
– Sicura di stare bene?
– Sì. Veramente non lo so.– Sospirai e finalmente trovai il coraggio di parlare. – Questi giorni li ho trascorsi insieme a Damon e mi sono divertita tantissimo, come non lo facevo da tempo. E ho dovuto nascondertelo, non posso dirti la verità perché ho paura della tua reazione, perché non voglio litigare con te e sono stanca di farlo.
– Mi stai incolpando delle tue bugie?
Quella sua domanda mi fece capire che non aveva compreso nulla del mio discorso, che era inutile parlare con lui perché non avrebbe mai ascoltato attentamente le mie parole. Avevo paura di continuare o di ripetere quello che avevo detto perché sapevo che di lì a poco si sarebbe scatenato l'inferno e non ero psicologicamente pronta ad affrontarlo.
– Vieni qui dopo tre giorni che non ci vediamo, mi rifiuti, mi dici anche che mi hai mentito in questi giorni al telefono e, come ciliegina sulla torta, mi accusi di farti comportare in questo modo. Dimmi tu adesso cosa dovrei dirti.
– Ma sei stupido di natura o lo fai apposta con me?– Stavo iniziando a perdere la pazienza – Tu non ascolti quando parlo quindi concentrati perché lo dirò una volta sola.– Mi sedetti su una sedia di fronte a lui, forse in quel modo mi sarei calmata – Io odio mentirti ma sono costretta a farlo perché ho paura di come reagiresti nel sapere che ho passato del tempo con il mio migliore amico. Non sopporto la tua gelosia nei suoi confronti e odio da morire non poter sentirmi libera di vederlo, chiamarlo, abbracciarlo quando voglio.
– Sono fatto così, mi dispiace.
– E io sono fatta così. Ho bisogno di lui per essere felice, per essere me stessa.
Vidi una luce strana nei suoi occhi, come se in quel momento avesse finalmente capito una qualche verità; si alzò dal divano e questa volta fu lui a camminare avanti e indietro come un forsennato.
– Significa che con me non sei felice e non sei te stessa? Che con me hai sempre finto?

No. Non ho detto questo.
– Elena, so le vostre stupide regole: “Sì significa no e no significa sì”
– Ti basi su delle regole per stare con me?
Il nostro dialogo era ormai diventato un botta e risposta fatto solo da domande al quale nessuno dei due voleva rispondere, forse per paura o forse perché ci volevamo troppo bene per farci così tanto male.
Quel silenzio assordante poi mi faceva stare ancora più male, non riuscivo a guardarlo negli occhi senza sentire una strana sensazione al petto, esattamente all'altezza del cuore, era la fine, sapevo che prima o poi sarebbe successo ma non credevo fosse così difficile e nello stesso tempo facile.
Facile per me e difficile per lui, ecco perché mi odiavo; perché l'unico a stare davvero male, in quel momento, era lui e io mi sentivo tremendamente in colpa perché, forse in fondo, non l'avevo mai amato così tanto come credevo ma quello che avevo provato per lui era sempre stato affetto e gratitudine per essermi stato accanto e per avermi supportata nei momenti difficili.
Mi sentivo in colpa perché dopo tutto quello che lui aveva fatto per me io lo stavo ripagando in quel modo, sbattendogli la porta in faccia e lasciandolo.
– Io ti amo– Fu un sussurro che mi gelò il sangue nelle vene. – Non dico che ti amerò per sempre perché siamo giovani e abbiamo una vita davanti ma ti amo e credo di averti amata dal primo momento in cui ti ho vista passeggiare nel parco quel giorno.
Riuscii finalmente ad alzare la testa e guardarlo negli occhi, non potevo continuare ad essere codarda ed evitarlo. – Stef, mi dispiace io...
– Ma hai ragione, continuare così non ha senso. Tu che stai con me quando in realtà sei innamorata di un altro.
Immediatamente cambiai espressione: dal triste allo stupita. Io innamorata di chi?
– Come scusa?
– Tutto il tuo difenderlo sempre, il voler stare con lui almeno un'ora al giorno. Il tuo sentirti dipendente da lui e sentirti te stessa solo con lui. C'ho messo un po' a capirlo ma finalmente ce l'ho fatta: tu sei innamorata da lui, probabilmente da sempre, solo che non lo hai mai capito. Non te ne faccio una colpa.
– Puoi smetterla? Non sono innamorata di Damon, non lo sono mai stata. La questione siamo io e te, perché finiamo sempre con il parlare di lui?
Sbottai esasperata perché non ne potevo più: ogni cosa riguardasse me e Stefan portava sempre, alla fine, a discutere sul mio migliore amico; e, per quanto gli volessi bene, cominciavo ad odiarlo sotto quel punto di vista, lui non era il centro del mio mondo e quello Stefan non riusciva a capirlo.
La sua reazione mi fece spaventare; si avvicinò a me con gli occhi rossi dalla rabbia e la mascella contratta.
Indietreggiai fino alla porta come a volergli scappare, mi intrappolò fra la porta e le sue braccia
– Lui è sempre presente e io sono stanco di sentire anche solo il suo nome.
Sibilò ad un centimetro dal mio viso; il suo sguardo mi metteva paura perché non l'avevo mai visto così arrabbiato; una lacrima scappò dai miei occhi e l'asciugai velocemente, non sapevo come avrebbe reagito e cercavo di farlo innervosire il meno possibile.
– Perché stai piangendo? Accidenti Elena, ti rendi conto di come quello ti condiziona la vita?
Si allontanò da me quanto bastava per lasciarmi respirare ma le sue braccia erano sempre vicino al mio viso e le mani ben salde alla porta, come se non mi volesse far uscire.
– Stefan, calmati per favore.
– Hai paura?– Il suo naso sfiorò il mio, anche se il suo tono non fu minaccioso quell'avvicinamento improvviso mi fece sussultare – Cosa ti ha detto quello stronzo per farti cambiare idea su di me? Ti avrà sicuramente fatto il lavaggio al cervello. Perché tu prima mi amavi e adesso hai paura di me.
– Stef per fav...
– CHE TI HA DETTO?– Urlò e diede un pugno alla porta: urlai spaventata e le lacrime scesero sole.
Non so come trovai il coraggio ma lo guardai negli occhi, quel verde così accesso e scuro da far paura, e gli dissi di allontanarsi. Non nominai Damon o nient'altro ma dissi solo di spostarsi perché volevo andare via e che ne avremmo parlato solo quando si sarebbe calmato; per fortuna lo capì e mi lasciò andare, aprii la porta e prima di uscire lo guardai: non era più arrabbiato ma dispiaciuto ed afflitto, ebbi una fitta al cuore, tirai su il naso per cercare di smettere di piangere e mi chiusi la porta alle spalle, correndo verso la macchina e verso casa mia.

Mi tremavano ancora le mani quando arrivai tant'è che mi caddero più volte le chiavi a terra, frustrata scoppiai in lacrime accasciandomi accanto il dondolo, ripensando a tutto quello che era successo.
Non avevo mai visto Stefan reagire in quel modo, era sempre stato tranquillo, gentile, il tipico ragazzo da sposare che tutte le mamme vorrebbero come genero o come figlio e io lo avevo fatto impazzire con i miei stupidi comportamenti.
– Elena?
Quando sentii la voce di Jeremy mi asciugai le lacrime in fretta e raccolsi le chiavi.
– Ehi Jer, come mai sei già a casa?
– Che ci facevi a terra?
– Mi erano cadute le chiavi.– Feci un sorriso forzato, ma ovviamente, non mi credette; nonostante ciò fece finta di nulla ed entrammo in casa. – Non lavoravi oggi?– Cercavo di essere il più naturale possibile, anche perché non volevo pensare alla situazione 'Stefan'.
– Sì, ma avevo solo il turno di mattina, quindi ho appena finito.– Gli sorrisi e iniziai a trafficare in cucina per preparare il pranzo – Hai visto Damon?
– No.
Risposi secca, sapevo che adesso sarebbero iniziate le sue domande per capire quale fosse il mio problema; era la tattica del 'Jeremy il detective'. Lui, quindi, mi raggiunse in cucina e mi aiutò a tagliare le verdure per l'insalata.
– Credevo dovessi vederti con lui oggi, anche perché non è neanche venuto al Grill e di solito tutte le mattine è là.
– Forse è uscito con Caroline.
– Naaah.– La sua smorfia mi fece sorridere. – Caroline è a New York per un non so che, con suo padre, deve imparare il mestiere di politico.
– Suo padre?– Chiesi sconcertata.
– Ovviamente Caroline, anche se qualche lezione servirebbe anche a lui.–

Risi e fui d'accordo con mio fratello, quell'uomo a volte era un troglodita – Penso che sia uno stage. Non sapevo comunque che fosse partita, Damon non me l'ha detto.
– Perché avrebbe dovuto, mica stanno insieme. Cioè non credo che Caroline gli dica tutto quello che fa durante l'arco della giornata, non lo faccio io con Anna.
Apprezzai il gesto di Jeremy, stava facendo di tutto per farmi distrarre dai miei problemi, per farmi pensare a tutt'altro e farmi ridere, cosa che non facevo da tempo. Amavo mio fratello, da quando i nostri genitori erano morti avevamo trascorso un periodo difficile, c'eravamo allontanati prima ma poi ci eravamo riavvicinati senza più separarci. Certo, avevamo i nostri momenti di puro litigio come era giusto che fosse, ma il bene che ci volevamo era ineguagliabile.
– Credo che tu ed Anna siate un caso a parte.
Finii di condire l'insalata e la portai a tavola, ci sedemmo per pranzare, non avevo molta fame ma dovevo mantenere le apparenze e se Jeremy avesse visto che avevo anche perso l'appetito sarebbe stata la fine per me e per i miei poveri timpani.
– Ho ancora fame– Sorrisi nel vedere mio fratello alzarsi e preparare qualcosa con il cibo in scatola, le sue solite schifezze impossibili da digerire che l'avrebbero costretto al bagno per due giorni di seguito – Ne vuoi un po'?
– No grazie, ci tengo alla mia vita.
Mi fece una smorfia e iniziò ad ingurgitare come una maiale, mentre io lavavo i piatti e rassettavo la cucina.
– Quindi dove sei stata questa mattina?
Sospirai afflitta, ormai non avevo più nessuna via d'uscita – Da Stefan.– Sentivo il suo sguardo puntato sulla mia schiena, sapevo che voleva chiedermi altro così gli risparmiai la fatica – Abbiamo litigato ed è stato diverso dalle altre volte, perché credo di non voler più stare con lui.
Iniziò a tossire e rischiò di soffocare. – Vuoi uccidermi per caso? Non dire mai più una cosa del genere mentre sto mangiando!
– Sei un cretino.– Gli risposi dandogli uno scappellotto in testa e sedendomi accanto a lui. Portai la testa tra le mai, in un gesto disperato. – Sono seria Jer: abbiamo litigato di brutto, abbiamo urlato, mi ha accusata di essere innamorata di Damon e ha capito che...
– Che?– Mi guardò curioso di sapere di più ma non sapevo se era una buona idea continuare. Era la prima volta che mi confidavo così tanto con Jeremy, sapevo il suo punto di vista: era “team Damon”, quindi confessargli quella cosa avrebbe significato vederlo esultare o non so che altro. – Sei mia sorella, puoi dirmi tutto quello che ti passa per la testa e puoi fidarti di me.– Sospirai affranta – Elena– mi strinse la mano e lo guardai negli occhi – credo che in questo momento ti serva il mio parare, quello più neutro possibile. Hai bisogno del mio consiglio perché non credo che Damon possa aiutarti.
Asciugai una lacrima e ingoiai quel groppo amaro che si era formato in gola – Non credo di amarlo o forse non l'ho mai amato, e con questo non dico di essere innamorata di Damon, solo che non amo Stefan. Lui è arrivato nel momento più difficile della mia vita e, insieme a voi, mi ha aiutata ad uscirne, ma in modo diverso, ecco perché mi sono affezionata a lui così, ma questo non è amore.
– Cos'è l'amore?
– L'amore è: quando ti alzi al mattino e pensi subito a quella persona e allora la chiami anche solo per sentire la sua voce. Quando sorridi pensandola e quando il cuore ti batte all'impazzata nel vederla. L'amore è quando non cambieresti niente di te stessa perché sai che sei amata così come sei o quando non cambieresti nulla della persona che ami.
Jeremy fece una smorfia così mi bloccai – Sono frasi già dette, cosa è per te, l'amore.
Ci pensai su e l'unica cosa che mi venne in mente fu: – Essere me stessa.
Mi sorrise e poi annuì – Con Stefan sei te stessa?– Ovviamente negai con il capo – E allora devi lasciarlo, ci starà male ma devi pensare a te non a quello che proverà lui, è più importante la tua felicità.
Sospirai e mi sporsi ad abbracciarlo, a volte, quando non si comportava come un bambino e quando non era insieme a Damon, sapeva dare degli ottimi consigli e sembrava addirittura maturo.


Avvolsi intorno al corpo un asciugamano abbastanza grande da coprire fino metà coscia, con un altra raccolsi i capelli in una strana acconciatura e uscii dal bagno per andare in camera a vestirmi.
– Potrei abituarmi a questa visione.
Per fortuna Damon era entrato nel momento in cui avevo già indossato le mutandine e, dando le spalle alla porta, dovevo mettere il reggiseno, perciò non vide quasi nulla, anche perché mi coprii in tempo e lo cacciai dalla stanza. Finii di vestirmi e asciugarmi i capelli e scesi in cucina dove ero sicura ci fosse lui, spaparanzato sul divano, ad aspettarmi.
– Di solito si bussa, sai?
– Da quando ti serve tutta questa privacy? E poi ti ho già visto nuda, solo che non lo ricordi.
Roteai gli occhi nervosa – Smettila di dire così o la gente potrebbe crederci davvero.
– Intendi il tuo fidanzatino perfetto? A proposito, come mai non siete insieme?
– Aveva da fare.
Damon capiva quando mentivo, diceva che mi tremava il labbro superiore per qualche secondo, portavo i capelli dietro l'orecchio e poi mordevo senza pietà il labbro inferiore; perciò questa volta gli risposi dandogli le spalle in modo che non mi vedesse.
Mi dedicai alla pulizia del piano cottura, cercai di tenermi occupata in qualche modo per evitare il discorso e anche il suo sguardo indagatore.
– Ti conosco da quando avevi quattro peli in testa, so quando menti e c'è qualcosa che ti turba, perché devi farmelo dire ogni volta?
Sbuffò sedendosi sul ripiano di marmo ad angolo vicino il microonde e sulla lavastoviglie, di tutta risposta lo guardai e fu più forte di me: gli occhi mi si riempirono di lacrime, lasciai lo straccio umido sul ripiano e lo abbracciai forte, sperando di trovare pace e rimedio tra le sue braccia, sperando che in quel modo, in quel momento, tutto il mio dolore e le mie preoccupazioni sparissero.

Forse piansi quasi tutti i liquidi che avevo nel corpo, sentivo di avere gli occhi arrossati e il naso screpolato per colpa dei fazzoletti; non dovevo essere un bello spettacolo. Damon mi aveva stretta a sé e in silenzio aveva ascoltato i miei singhiozzi, aveva aspettato che finissi di piangere per poi chiedermi se il motivo di tutto quello fosse Stefan e io mi limitai ad annuire.
– Ho capito che avete litigato, ti andrebbe di dirmi cosa è successo? Magari ti sfoghi e ti senti meglio.
Negai con il capo e asciugai per l'ennesima volta quelle maledette lacrime – No, non voglio più parlarne; l'ho già fatto con Jeremy e mi ha detto quello che avevo bisogno di sapere.
– Con Jeremy?– Il suo tono era tra il sorpreso e il deluso perché non volevo parlarne con lui.
– Sì, avevo bisogno di un parere neutro.
– Avete litigato per causa mia?
Mi allontanai da lui scuotendo la testa, non volevo parlarne, non volevo rivivere i discorsi di quella mattina con l'altro soggetto della discussione; volevo stare sul divano e guardare un film demente in modo da distrarmi: era così difficile da capire?
– Damon, ti prego.– Lo supplicai e altre lacrime scesero prepotenti, ero stanca di piangere.
Mi abbracciò di nuovo – Scusa, non avrei dovuto insistere – Mi diede un bacio sulla fronte e poi mi salutò, non era arrabbiato, ma era meglio per entrambi se fossi rimasta da sola quella sera e poi, a mente lucida, ne avrei potuto parlare anche con lui.


Tamburellavo nervosa le dita sul tavolo di legno del Grill in attesa che Damon si facesse vivo ma, come al solito, era in ritardo; in fondo la colpa era un po' la mia, dovevo sapere che se lui diceva “ci vediamo alle undici” in realtà significava “alle undici mi sveglierò, poi dovrò fare la doccia, prepararmi ecc ecc ecc”.
Era peggio di una donna.
Sbuffai e ordinai un altro bicchiere di thè freddo al limone con ghiaccio, lo stavo sorseggiando tranquillamente quando vidi entrare Klaus, il grande amicone di Stefan; mi maledii mentalmente, perché se anche io fossi stata una ritardataria cronica come quell'idiota del mio migliore amico di certo non avrei visto l'imbecille di Klaus e lui non avrebbe visto me.
– Elena? Ciao, che sorpresa.
Falso, come una banconota di un dollaro con la faccia della regina Elisabetta stampata sopra!
– Ciao Klaus, come va?– Chissà se avrebbe capito dal mio tono piatto e freddo che non avevo intenzione di parlare con lui.
– Potrebbe andare meglio, l'estate sta finendo e invece di spassarmela in spiaggia sono costretto a stare a casa con Ste– Si bloccò all'istante notando la mia occhiata gelida; non era solo falso, ma anche perfido: come una donna in sindrome pre-mestruale. – Tu come stai?
Odiavo quella domanda posta dalle persone sbagliate, se avessi detto che stavo bene, avrebbe pensato che di Stefan non me ne fregava nulla, quando non era così; e se avessi detto che stavo male, avrebbe provato piacere del mio dolore. – Né bene né male, si va avanti. Ora scusami, devo andare.
Mi alzai lasciando il thé a metà, non potevo stare ancora a sentirlo e soprattutto, non volevo che mi vedesse insieme a Damon, io e Stefan eravamo in una situazione abbastanza complicata, ci mancavano solo le maldicenze di quel cretino del suo amico.
Lo so di essere in ritardo, ma sono già per strada, sto arrivando.
Sorrisi – Guarda che sento il sottofondo dell'acqua che scorre. Passo da casa tua e andiamo al parco insieme.
– Perché non andiamo al Grill? Io volevo il panino e la birra!
– Cavoli tuoi. Muoviti sono qua davanti.
Chiusi la chiamata e mi incamminai verso l'enorme villa di Damon, non avevo fretta, perché sapevo che lui si stesse ancora facendo la doccia, perciò, con le cuffie nelle orecchie, mi misi a guardare le case dei quartieri e i giardini che incontravo man mano che camminavo.
Da piccola avevo sempre sognato vivere nella stessa zona del mio migliore amico, lì avevano le case più belle e più grandi, con le piscine e poi c'erano i parco giochi e io li adoravo; con Jeremy, quando andavamo a trovare i genitori di Damon, passavamo pomeriggi interi sugli scivoli e le altalene, tant'è che il padre di Damon ne aveva comprata una enorme, di legno pregiato e l'aveva fatta montare nel suo giardino per me, per la sua piccola “Lena–Bella–Elena”, la figlia femmina che non aveva mai avuto.
Sorrisi al pensiero del padre di Damon, di zio Johnny, mi mancava quell'uomo, Damon aveva molti tratti in comune con suo padre: la dolcezza, la gentilezza e la caparbia; ma quell'uomo aveva una marcia in più, un qualcosa di misterioso che faceva cadere tutte le donne ai propri piedi.
Ci pensai bene, in effetti anche Damon aveva tutte a sua disposizione, quindi forse non era così diverso dal padre.
Suonai il campanello più volte e quando si aprì il cancelletto mi fiondai in giardino, direttamente sull'altalena: era ancora lì, apposta e solo per me.
– Credevo ti avessero rapita.
Damon comparve dopo qualche minuto con addosso solo dei pantaloncini di jeans, mi guardava con uno strano sorriso in viso, mentre se ne stava appoggiato ad una colonna.
– Mi avevano rapita i ricordi.– Gli sorrisi anche io e continuai a dondolarmi – Mi spingi?
Senza dire nulla scese i tre gradini che ci separavano e fece come gli avevo chiesto; come quando eravamo bambini mi faceva volare in alto; ridevamo insieme, senza motivo o forse per l'assurdità della situazione, ma ero felice e spensierata, come se in quel momento avessi avuto di nuovo cinque anni e non cadere dall'altalena per non sbucciarmi il ginocchio o macchiarmi il vestitino fosse il mio unico problema.
Dopo un po' Damon rallentò le spinte e iniziò ad avvolgere le corde dell'altalena, sembrava di essere sulle montagne russe, rischiavo di vomitare il thé quando Damon, finalmente, si fermò. Mi facevano male le guance per le troppe risate e i suoi occhi erano blu cielo di notte, un blu così limpido e nello stesso tempo profondo da perforarti l'anima.
Smisi di ridere e restammo fermi in quel modo, vicini a fissarci negli occhi, con il mio cuore che batteva a mille per la felicità e le emozioni provate poco prima.
– Stefan pensa che io sia innamorata di te.
Non so perché lo dissi, ma in quel momento mi sembrava la cosa più adatta da dire. E non riuscivo neanche a smettere di guardarlo negli occhi, mi sentivo come sotto incantesimo; perciò vidi quello strano lampo che gli attraversò lo sguardo quando sentì le mie parole.
– Ed è vero?
– Non lo so.– Solo in quel momento sentii l'incantesimo spezzarsi e riuscii a distogliere lo sguardo; scesi anche dall'altalena.
– Non sai se sei innamorata di me?– Il suo tono sembrava... arrabbiato, o forse era solo una mia impressione. O forse era davvero arrabbiato perché io ero così stupida da innamorarmi del mio migliore amico e dirglielo.
– No. Cioè sì lo so e no non sono innamorata di te.– Cercai di non mordere il labbro, di non toccarmi i capelli: dovevo stare calma. – Mi ha confusa la situazione e sono confusa io. E poi quell'incontro con Klaus prima... mi dispiace non dovevo dirtelo.
– Che c'entra Klaus? EHI, Elena aspetta non te ne andare.
Sapevo che sviando il discorso sull'idiota non avrebbe più pensato alla mia uscita infelice di poco prima, sorrisi dentro di me e mi fermai.
– L'ho incontrato al Grill.
Entrammo in casa mentre gli raccontavo cosa era successo mentre lui era ancora a letto e prima che lo chiamassi annunciandogli il cambio di programma, quando conclusi il discorso, finii di vestirsi ed uscimmo per andare al parco, non che ci fosse la giusta temperatura per passeggiare, ma molto meglio che stare a casa a guardare la tv.
Sotto l'ombra di un albero gli dissi la settima regola, finalmente stavamo finendo:
“A volte “sì” vuol dire “no”. Ma “no” vuol dire sempre “NO”. Chiamasi vocabolario femminile, ed è molto importante impararlo. Altro esempio: se litigate e le chiedi se sta bene e lei risponde con un sì, senza girarsi verso di te, allora è un bel NO. Capirai la regola con il tempo.”
Mi aveva ascoltato rapito ed interessato, come se quella fosse la formula segreta per tornare indietro nel tempo, o per vincere alla lotteria.
– Quindi, se io chiedo a Caroline di fare sesso con me questa sera e lei mi dice di no...
Gli diedi una botta sul braccio – Ti ho detto che capirai la regola con il tempo.
– Possiamo esercitarci intanto?
Annuii e iniziammo a fare degli esempi, Damon su questo era un po' indietro, come per gli esercizi di matematica, e infondo noi donne con la matematica abbiamo molto in comune.



*****

Mi sto inginocchiando al vostro cospetto e sto implorando perdono.
Ditemi però, che con questo capitolo mi sono fatta perdonare per l'enorme ritardo? EH EH, mi avete perdonata?
Stefan ed Elena litigano di brutto, Elena lancia il sasso ma poi nasconde la mano sui suoi sentimenti per Damon, il legame fraterno tra i due Gilbert (che personalmente adoro * w *
)
Sì, per voi che shippate DELENA fin dal primo momento sono sicura che questo sia il vostro capitolo preferito, devo dire che, in effetti, è quello che preferisco anche io, perché finalmente Elena dice quello che pensa a Stefan e perché leggiamo il rapporto bellissimo tra lei e Jeremy.
Non mi soffermo ancora sul capitolo, mi piace leggere le vostre recensioni e le vostre ipotesi.
Scusate ancora per il ritardo, grazie a chi ha aggiunto e continua a farlo, la storia tra preferiti, seguiti e ricordati.
Siete tantissime!
Grazie a chi si è fermato a commentare.
Alla prossima, abbiate pazienza, studio, fa caldo e ogni tanto ho bisogno di riposo!


Per chi volesse ho un gruppo, non succede nulla di che ma almeno lì avete notizie su quando aggiorno e su quando scrivo ecc ecc LE MIE STORIE E ALTRO.

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Capitolo 9
*** Regola numero otto. ***


Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce







VIDEO TRAILER DELLA STORIA





Regola numero otto.



D'un tratto, in quel momento, mi pentii d'aver detto di no a Jeremy: avevo bisogno di lui ma era troppo tardi per tornare indietro.

Un giorno prima.

Non pensi che questa situazione con Stefan sia durata abbastanza?
Eravamo a cena, in realtà, io mi stavo ingozzando come un maiale, mentre Jeremy si limitava a guardarmi e parlare della mia vita privata; da quando gli avevo raccontato di quel famoso litigio pretendeva di sapere tutto o di poter darmi consigli su tutto.
– Ma io e lui stiamo bene così, per ora.– Ingoiai l'ultimo boccone di carne e finii il discorso – Ci sentiamo solo lo stretto indispensabile e...
– Quel tanto che ti basta per campar, in fondo basta il minimo sapessi come è facile.– Iniziò a cantare imitando l'orso Balù de “Il libro della giungla” sotto il mio sguardo confuso e soprattutto perplesso. – Sai Elena, ti facevo più intelligente: hai l'opportunità di lasciarlo e invece sei ancora lì, a crogiolarti in questa storia piatta, senza vie d'uscita ma a senso unico.
– Forse non lo voglio lasciare.
– E allora saresti una grande bugiarda, dato quello che è successo quindici giorni fa.
Allontanai il piatto con un sonoro sbuffo, mi era pure passata la fame. – Non ne voglio più parlare, adesso aiutami per favore.
Volevo bene a Jeremy, più di quanto ne volessi a chiunque altro, ma in quel momento avevo bisogno di restare sola con me stessa: io, i miei problemi e i miliardi di pensieri che affollavano la mia testa.
Dopo aver finito di lavare l'ultimo piatto uscii sul portico per rilassarmi sul dondolo e prendere un po' d'aria fresca; eravamo quasi alla fine di Agosto, le ultime due settimane e l'estate, per me, sarebbe finita; sarei dovuta partire e riprendere i libri per ritornare al college.
Forse questa volta sarebbe stato diverso, non avrei avuto Stefan accanto, e questo mi preoccupava; l'ignoto e il futuro mi avevano sempre terrorizzata, forse era per questa ragione che non riuscivo a lasciare andare Stefan perché in quel modo avevo un appiglio a cui aggrapparmi ma se lo avessi lasciato, sarei precipitata.
La vibrazione del mio cellulare, per fortuna, mi distolse dai miei pensieri, era un messaggio di Stefan che mi chiedeva come stessi; era strano sentirlo solo tramite sms e di rado, come se fossimo tornati a molti anni prima quando ci stavamo conoscendo, forse era un bene staccare la spina e allontanarci o forse era un male perché quello che serviva ad entrambi era chiudere definitivamente la storia senza guardarci indietro ma se poi fossi stata male? O peggio ancora, se mi fosse mancato?
Avevo bisogno di quel momento di stallo, per provare cosa significasse stare senza di lui, per vedere come io mi sentissi e poi, nel caso, passare alla fase successiva: il taglio netto.

C'era qualcosa che mi infastidiva; oltre agli uccellini e al sole in faccia, qualcosa mi solleticava il braccio e poi il collo distraendomi dal mio sogno. Aprii gli occhi di scatto per capire cosa fosse e temetti di rimanere cieca per la troppa luce; tolsi la mano con cui mi ero riparata dal sole e in quel momento mi accorsi di essere sul dondolo del portico: ecco spiegati gli uccellini, la luce e il torcicollo.
– Ben svegliata Biancaneve.– La voce di Damon al mattino era insopportabile, eppure dopo ventiquattro anni mi sarei dovuta abituare – Speravo di trovarti già sveglia, ma così non è stato; quindi speravo che ti svegliassi solo con la mia splendida e soave voce ma ho dovuto ricorrere a dei mezzi più divertenti, dato che facevi la difficile.
– Fottiti.
– L'astinenza ti rende acida.
Lo fulminai con un'occhiataccia ed entrai in casa: avevo bisogno di una doccia fredda, non solo stavo morendo di caldo ma mi sembrava di puzzare e in più necessitavo di svegliarmi del tutto.

Salii in fretta le scale e mi chiusi in camera a chiave prima ancora che Damon potesse seguirmi e parlare ancora a vanvera su qualcosa che, in quel momento, non avevo la minima intenzione di ascoltare.
Il getto d'acqua fresca mi colpì sul collo e poi sul viso: solo in quel momento mi sembrò di rinascere.
Finii di prepararmi e, con il sorriso sulle labbra, scesi al piano di sotto, pronta ad affrontare la giornata nel migliore dei modi ma alla vista di Damon e Jeremy in mutande che si sfidavano ad una gara di ballo con la Wii i miei buoni propositi si infransero.
– YEAH! Ti ho battuto.– Jeremy saltava dal divano al tappeto urlando di aver battuto Damon, quest'ultimo invece, continuava a ripetergli che aveva vinto solo perché conosceva il gioco invece lui non ballava quasi mai.
Io, invece, li guardavo allibita e anche un po' divertita, appoggiata allo stipite della porta: ballavano, sculettavano e ogni tanto cantavano; al termine della performance li applaudii felice, forse fischiai anche.
– Avevamo un pubblico e neanche lo sapevo– Damon posò il telecomando sul tavolino e si avvicinò a me sorridente – Buongiorno.– Mi diede un bacio sulla fronte da farmi quasi sciogliere, o forse era colpa del suo corpo mezzo nudo.
– Grazie e scusa per prima ma non è stata una bella nottata.
– Vuoi ballare? Ti rilassa.– Ci pensai su e quando ammiccò non mi restò altro che accettare.
Al secondo ballo, o meglio dire, sfida contro Damon, ero anche io in intimo, perché effettivamente si moriva di caldo in casa e muoversi in quel modo vestiti, non era da persone sane di mente.
Stracciai il mio migliore amico anche quella volta e non mi risparmiai dal farglielo notare: come aveva fatto Jeremy prima, saltavo e ballavo attorno a lui dicendogli che aveva perso; fin quando non mi prese in braccio e mi scaraventò sul divano.
– Oddio NO.– Si mise sopra di me e, se in una mano aveva intrappolato entrambi i miei polsi, con l'altra mi faceva il solletico sulla pancia e sul fianco, più o meno sotto l'ascella: quello era il mio punto più debole.
– Chiedimi scusa.
Non riuscivo a smettere di ridere, sia per la situazione che per il solletico – E perché mai? Io ho vinto e tu hai perso.
Solo quando si accorse che stavo per morire soffocata, smise di solleticarmi ma rimase in quella posizione: sopra di me, con una mano sul mio fianco e l'altra a stringere le mie; mi persi di nuovo nei suoi occhi e in quel momento mi chiesi cosa sarebbe successo tra noi due se io non mi fossi messa insieme a Stefan, se lui mi aveva vista sempre come sua amica o se ogni tanto aveva visto in me qualcos'altro.
– Elena– Sbattei le palpebre e tornai alla realtà, mi mossi un po' e Damon si tolse da sopra di me, sedendosi sul divano. – Devo chiederti una cosa.
Non ebbi il tempo di rispondere perché si alzò in piedi e iniziò a parlare, un discorso strano e complicato che non riuscii a comprendere fino in fondo e poi arrivò la domanda che mi spiazzò:
– Stefan aveva ragione?– Fece una piccola pausa in cui si torturò le mani e poi mi guardò dritta negli occhi – Sui tuoi sentimenti verso di me, intendo.
Non so esattamente come, ma la mia bocca si aprì da sola: – NO.– E questo sorprese entrambi, soprattutto per la velocità con cui risposi e il tono di voce che usai. – Voglio dire, io ti voglio bene, Dio se te ne voglio, ma non sono innamorata di te.– Mi alzai anche io dal divano e continuai il discorso – Lui l'ha detto solo per accusarmi di qualcosa, perché io non sono innamorata di lui e perché non si spiega il nostro rapporto speciale ma io ti assicuro, ti giuro che non sono innamorata di te.
Al termine della mia diatriba si lasciò andare su una sedia, si passò una mano sul viso con fare stanco e mi guardò.
– Per un attimo ho pensato che...
Non lo lasciai neanche finire, non volevo che lo pensasse; quel discorso era senza senso: io non potevo amare il mio migliore amico, non potevo rischiare di rovinare un'amicizia così profonda e importante solo per dei sentimenti che non ero sicura di provare. – Damon, non so come dirtelo. Non ti amo.
Mi regalò un sorriso strano che non seppi interpretare – Ok, ho capito, però non dirlo più, non è un toccasana per la mia autostima.
Risi e gli diedi una pacca sulla spalla, mi ricordai in quel momento dell'ottava regola perché calzava a pennello con il discorso, più o meno.
E' inutile discutere se non hai la certezza di avere ragione o di averla vinta, perché se una donna si batte con tutta se stessa per qualcosa, è sicura di aver ragione. Ma, se dovesse avere torto, devi farle credere di aver ragione, non perché è stupida o per viziarla... ma semplicemente perché apprezzerà quel gesto.
Mi guardò confuso – E questa cosa sarebbe?
– La regola successiva e ti assicuro che è molto importante.– Gli feci l'occhiolino e mi rivestii, stare ancora in intimo davanti a lui non mi sembrava il caso dopo il discorso appena affrontato. – Ma stai attento, non ti conviene dar sempre ragione, non amiamo essere prese per i fondelli.
– Sì, lo so.
Incrociai le braccia al petto insospettendomi, quando se ne usciva con quella frase c'era sotto qualcosa, lo conoscevo bene e non mi fregava – Cosa vorresti dire?
Non mi rispose, ma alzò le mani in segno di resa e rise scuotendo la testa: era un ruffiano, non c'era altro da fare.

Per fortuna per il resto del pomeriggio il discorso fu accantonato, Damon mi aiutò a sistemare e pulire casa, dato che Jeremy aveva accompagnato Anna in ospedale a trovare il nonno; quando ricevette una chiamata di Caroline mi salutò e scappò come un razzo, lasciandomi di nuova sola con i miei problemi e pensieri ma anche con altre due stanze da pulire.
Ero contenta per lui, insomma si vedeva quanto fosse diverso rispetto a prima, quanto stesse cambiando grazie a quelle regole e quanto adesso avesse imparato a rispettare una donna e trattarla come tale e non come un oggetto. Caroline era la ragazza giusta per lui, se davvero gli piaceva e si piacevano, avevano tutta la mia approvazione, ma se solo si fosse azzardata a farlo soffrire le avrei fatto pentire di essere nata: Damon stava facendo tantissimi sacrifici per diventare il ragazzo “perfetto” e ideale, un vero gentiluomo insomma...
Mi cadde il bastone dalle mani quando realizzai i miei pensieri: Damon aveva cambiato il suo modo di essere, se stesso, per piacere ad una ragazza, questo non era assolutamente giusto. Lui era perfetto così com'era.
In un certo senso lo avevo fatto anche io, avevo sacrificato una parte di me per stare con Stefan e avevo sempre pensato che l'amore era felicità, che l'amore era essere se stessi; avevo sbagliato tutto e dovevo rimediare.


– Sei sicura?
Jeremy mi guardava preoccupato mentre facevo colazione, in effetti stavo mangiando più del previsto, sia perché ero nervosa sia per rimandare il fatidico momento.
– Sì, abbastanza, devo farlo per forza. – Mi alzai dalla sedia e infilai l'occorrente in borsa. – Adesso o mai più, è arrivato il momento.
– D'accordo ma vuoi che ti accompagni?
Negai, gli diedi un bacio sulla guancia e corsi in auto, perché se fossi rimasta un altro istante in casa non sarei mai più uscita.
Guidai con estrema lentezza, e quando arrivai non riuscivo neanche a scendere per andare a suonare il campanello, come una perfetta codarda.

D'un tratto, in quel momento, mi pentii d'aver detto di no a Jeremy: avevo bisogno di lui ma era troppo tardi per tornare indietro.
Sospirai e con passo deciso andai verso quella porta e suonai chiudendo gli occhi, in attesa che Stefan mi aprisse la porta.
– Ciao.– Mi salutò sorpreso, ovviamente non si aspettava di vedermi, soprattutto alle dieci del mattino. Gli sorrisi impacciata – Oh, entra pure.– L'imbarazzo si tagliava con la motosega, non sapevo neanche come muovermi. – Vuoi qualcosa? Acqua, birra, succo di frutta?
– Acqua, grazie.– Mi sedetti sulla sedia accanto al tavolo e aspettai che mi desse quello che avevo chiesto, in qualche modo dovevo calmarmi. – Come stai?
– Bene, tu?
Mugugnai mentre bevevo e decisi di arrivare al dunque – Non voglio dilungarmi troppo, non avrebbe senso.
Si sedette accanto a me e fu ancora più difficile – So quello che stai per fare quindi voglio dirti io una cosa: mi dispiace Elena, per quello che è successo l'ultima volta e per non averti dato quello che volevi.
– Stef tu..– Cercai di interromperlo per spiegarmi, ma lui non volle starmi a sentire.
– No, aspetta. Ti ho amata con tutto me stesso e nonostante io ti ami ancora capisco che se con me non sei felice, non sei te stessa, non possiamo continuare.
Mi scese una lacrima e fu lui a raccoglierla, con dolcezza, aprì la mano in una carezza e mi lasciai andare a quel tocco.
– Mi dispiace– I nostri sguardi si incrociarono e sperai davvero che lui mi credesse – Non volevo farti soffrire e tu sei davvero il ragazzo perfetto che tutte desiderano ma io non ti merito. Lo so che sembrerà una scusa banale ma è la verità; sono stata egoista in questi anni perché ti ho voluto accanto solo per farmi forza: tu mi amavi e io rubavo il tuo amore per vivere, senza ricambiarti.
Anche lui provò a dire qualcosa ma glielo impedii; mi asciugai le lacrime e continuai.
Non posso stare con te Stefan, mi dispiace davvero tanto ma non possiamo continuare in questo modo. Non voglio farti soffrire e io ho bisogno di essere felice e tranquilla. Ho bisogno che tu mi creda e capisca."
Mi sorrise dolce, sapevo che quello sarebbe stato uno dei nostri ultimi momenti insieme; si avvicinò al mio viso e mi lasciò un bacio lieve sulle labbra: un tipico bacio di addio. Quando si staccò lo guardai per l'ultima volta in quegli occhi verdi che tanto mi avevano stregata anni prima, sentii un parte del mio cuore rompersi e il dolore che provai fu indescrivibile.
Lo salutai e con le lacrime agli occhi mi chiusi quella porta, quella vita e quella storia alle spalle.


Due giorni dopo la grande rottura, ero ancora chiusa in camera a chiedermi se quella fosse stata la scelta giusta; se lo fosse stata allora mi sarei sentita bene, invece il mio cuore non faceva altro che sanguinare e i miei occhi piangere. Avevo anche rifiutato le chiamate di Damon, dicendo che non volevo vedere né parlare con nessuno perché avevo bisogno di un momento con me stessa per riflettere ancora, mentre Jeremy mi aveva detto che non c'era più nulla su cui riflettere, che dovevo voltare pagina e pensare a divertirmi adesso che finalmente potevo farlo.
Un po' aveva ragione, ma io non volevo essere additata come quella che si dava alla pazza gioia adesso che non stava più insieme a nessuno, anche perché, in fondo, stavo male per aver lasciato Stefan.
– Aprimi o butto giù la porta.
Damon bussava da due minuti e io non avevo dato segni di vita, volevo fargli capire che dormivo, o che fossi sotto la doccia ma lui non se l'era bevuta; così mi alzai controvoglia dal letto e gli aprii la porta.
– Quale parte della frase “voglio stare da sola” non hai capito.
– Quella in cui stai in camera a rimuginare su una scelta già fatta, giusta per giunta, e su cui non puoi tornare indietro. Quello che è fatto è fatto.
– Wow, adesso si che mi sento meglio.
Mi prese per le spalle e mi scosse – Ascoltami bene: con lui non eri felice e ti stavi consumando lentamente, è normale stare male adesso ma non puoi stare chiusa qui a piangere.– I suoi occhi azzurri mi stavano leggendo l'anima – Quindi adesso ti fai una doccia, ti vesti e poi vieni con me.
– Dove andiamo?– domandai ingenuamente.
– A vivere.



******

Ok, sono in ritardo? Ho perso un po' la cognizione del tempo con questo cavolo di esame che, volete sapere l'ultima? Dovevo avere oggi ma il professore lo ha spostato alla prossima settimana! Che simpatico, non è vero?!
Ma non parliamo di me, parliamo di loro qui su...
CONTENTE?
Vi siete liberate di Stefan, sì, dopo OTTO capitoli finalmente non c'è più perché Elena lo ha scaricato con molta sofferenza e dopo averci pensato un bel po'.
Vorrei che questo passaggio fosse chiaro: Elena non è innamorata di lui tuttavia, gli vuole un bene incredibile e non vuole lasciarlo perché ha paura di cambiare vita, non vuole perdere anche questa persona importante dato che ne ha già perse due.
Stefan, d'altro canto, è ancora innamorato ed appunto per questo la lascia andare perché non vuole vederla stare male, com'è il detto?
Se ami qualcuno lascialo libero o qualcosa del genere.
Passiamo a Damon, lui è un grandissimo punto interrogativo, e non vi dirò niente, aspetto i vostri pareri.
Posso solo dirvi che sono sempre più TEAM JEREMY.
Alla prossima. Baci!

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Capitolo 10
*** Regola numero nove. ***



Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce





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Regola numero nove.




Mi aveva interrotto circa cinque volte da quando eravamo usciti da casa mia, avevo provato a parlare, cercare di rassicurarlo, ma lui ogni volta mi zittiva dicendo che aveva bisogno di silenzio per riflettere.
Se solo mi avesse accennato qualcosa...
– Caroline, ieri sera, mi ha chiesto che cosa siamo noi due.
Storsi le labbra – Intendi me e te?
Roteò gli occhi come se fosse molto disperato – NO. Io e lei.– Realizzai solo in quel momento e mi scappò da ridere ma ovviamente mi trattenni anche perché lui continuò – Non ho saputo cosa dirle.
– Non hai risposto? Dio Damon, hai mandato all'aria tutto il lavoro di questi mesi.–– Sospirai affranta.
– Sì, che ho risposto; le ho detto: “secondo te cosa siamo?” E le ho fatto una carezza.
Mi morsi il labbro e poi scoppiai, quello era davvero troppo; vedere Damon in difficoltà con una ragazza e poi non sapere cosa dirle e deviare il discorso era davvero troppo divertente.
– Invece di ridere, aiutami.
Cercai di rimanere seria, ma mi risultava difficile, soprattutto nel vederlo sbuffare e scuotere la testa disperatamente.
– La regola numero nove dice che
le donne sanno capire se hanno davanti un uomo che le ama; quindi, oltre al fatto che è inutile mentirci, devi parlare con lei e dirle quello che provi.
Si bloccò e mi guardò ancora più confuso e disperato – Ma il punto è che io non so esattamente cosa provo e anche se lo sapessi, non saprei come dirglielo.
Gli diedi due pacche sulla spalla per consolarlo e riprendemmo a camminare – Quando vi rivedrete?
– Non lo so, mi ha detto che aveva da fare con suo padre.
– Allora approfitteremo di questi giorni per farti esercitare.
Annuì più convinto e proseguimmo la nostra passeggiata serale fino al Grill, in silenzio, beandoci del canto dei grilli.

Arrivati notai l'auto di Klaus nel parcheggio del locale, sperai che non ci fosse anche Stefan; non lo vedevo e sentivo da una settimana, sarebbe stata una situazione piuttosto imbarazzante, soprattutto se quel cretino del suo amico si fosse avvicinato per fare le sue solite battute idiote e inopportune.
Lui però, era lì, a giocare a biliardo con Klaus ed altre due ragazze, una delle due era Bonnie; non tolleravo quella ragazza fin dai tempi dell'asilo, credeva di essere chissà chi, forse la regina dell'universo o madre Natura, fatto sta che era insopportabile; quell'altra, invece, non l'avevo mai vista in vita mia; aveva dei capelli biondi che le arrivavano fino a metà schiena, un sorriso finto per compiacere e conquistare Stefan e una scollatura per farlo distrarre.
– … va bene? – Guardai Damon interrogativa e mi sorrise – Dicevo se va ti va bene una birra mentre aspettiamo che si libera un tavolo.
Annuii e mi sedetti accanto a lui sullo sgabello, sfogai la mia rabbia sulle noccioline; non ero gelosa o forse un po'.
– Mi dici cos'hai o stiamo in silenzio per tutta la sera?– Con le testa indicai l'angolo di biliardo con quei quattro e Damon capì – Ah, sei gelosa!
– Non sono gelosa. E' solo che, ci siamo lasciati una settimana fa.
– In teoria anche due...
Sbuffai, odiavo quando doveva precisare ogni cosa – È sempre poco per iniziare ad uscire con altre o fare il cascamorto.
– Magari era uscito con l'idiota e lui lo ha incastrato portato Bonnie e... Barbie.
Bevvi un lungo sorso di birra – Non mi interessa, sta al gioco di quella bionda e se fossi stato io al suo posto...
– Elena, devi togliertelo dalla mente: lo hai lasciato e non hai più nessun diritto su di lui. Può fare tutto quello che vuole e anche tu. – Bevve anche lui – E' il bello d'esser single.
Mi intimò a finire il bicchiere di birra e mi portò verso il centro del locale che era stato adibito a pista da ballo; si muoveva a tempo di musica attorno a me, mentre io stavo ferma; non avevo voglia di ballare! Mise le sue mani sulle spalle e fu lui stesso a muovermi cercando una mia reazione, il suo sorriso mi contagiò e, spinta anche dalla bella canzone, ballai con lui, divertendomi come non facevo da un bel po'.
Stanca e con i piedi doloranti, tornai al bancone per ordinare altre due birre; Damon era rimasto in pista a ballare e ad attirare l'attenzione, lo guardavo mentre aspettavo le ordinazioni e sorridevo nel vedere come le altre ragazze morissero per lui.
– Ciao. – Mi voltai verso la voce sorridente e felice ma quando lo riconobbi cambiai umore; Stefan era accanto a me che aspettava anche lui la sua ordinazione.
– Ehi. – Non seppi dire altro: l'imbarazzo mi aveva tolto le parole di bocca. – Come stai?
– Bene.– Ringraziò il barista che gli aveva passato il drink e poi si rivolse di nuovo a me; sperai che mi desse subito le birre o che Stefan avesse da fare, perché quella situazione mi rendeva nervosa: non sapevo che dirgli. – Tu?
– Anche io. Allora, chi ha vinto?
Mi guardò confuso, così indicai il tavolo di biliardo con la testa e lui capì a cosa mi riferivo – Ovviamente io, questo, infatti, lo offre
Rebekah.
Annuii e sorrisi leggermente, solo in quel momento capii chi fosse quella ragazza–Barbie, era la sorella di Klaus, bella e insopportabile tanto quanto lui, ci provava con Stefan non so da quanto, forse fin dalla nascita, e forse adesso, che era finalmente libero, poteva riuscire nel suo intento di portarselo a letto.
– Elena, ecco le birre, metto sempre in conto?
– Sì, Matt... grazie.
Per fortuna fui salvata dal momento imbarazzante – Devi tornare in pista?
– In realtà spero che Damon abbia preso un tavolo, ho male ai piedi.
Mi sorrise sincero e mi unii a lui – E' stato bello parlare con te, mi mancava.
– Ti prego non...
– Tranquilla, non dirò altro.– Mi sorrise ancora e poi andò via.

Damon mi aspettava seduto al tavolo sorridente e assetato, si scolò mezza birra in un secondo.
– Che voleva l'allocco?
– Soldi, ha detto che gliene devi tantissimi.
– Contanti, assegno o preferisce che gli paghi delle prostit...
– DAMON!!!
Quando era su di giri, non per l'alcool ma perché si divertiva, non riusciva a controllare la lingua e parlava a vanvera.
– Scusa, non volevo offendere il tuo ex. Però adesso che non ci sei più tu ad aprire il garage, dove la mette la macchinina?
Risi e quasi sputai il sorso di birra che avevo appena bevuto, la serietà con cui aveva detto quella frase era stata troppo comica. Il mio sguardo però si spostò proprio verso Stefan e il suo nuovo gruppo di amici: stava parlando con Rebekah, le lisciava i capelli rotolandosi al dito le punte.
– Credo che abbia trovato un altro garage.
Anche Damon si girò a guardare – Mh, scusa se te lo dico, ma lo userei anche io quel posto macchina! Sai chi è?
Ignorai la prima parte della frase, di solito i suoi momenti di pura mascolinità li lasciavo perdere – La sorella di Klaus!
– Ho cambiato idea, lascio Barbie–Klaus tutta per Stefan e mi tengo la versione mora.
– Ma tu stai con quella bionda – Dissi riferendomi a Caroline.
– Parlavo di te, scema!
Gli feci una linguaccia e bevvi un sorso di birra; trascorremmo il resto della serata a parlare e scherzare tranquillamente, cercando di non pensare a Stefan e alla sua nuova conquista anche perché Damon aveva ragione, io e lui non stavamo più insieme quindi quello che faceva non era più affar mio.

Arrivai a casa esausta, mi tolsi le scarpe mentre Damon chiudeva la porta a chiave, avrebbe dormito nella stanza degli ospiti come era succedeva per le ultime settimane; salii le scale e mi lasciai cadere sul letto.
– Stanca?
Annuii mentre si distendeva accanto a me. – Ricordi quando, per il mio compleanno, Jeremy ha accennato al discorso del tuo vivere qui?– Mugugnò e strinse il cuscino – Che ne dici di trasferirti definitivamente?
I suoi occhi si sbarrarono – Sul serio?
Sorrisi – Sì. Mi farebbe davvero piacere e poi sei sempre qui, almeno risparmi sulle tasse di...
Mi abbracciò forte, talmente forte da soffocarmi quasi e risi al suo entusiasmo – Certo che voglio vivere qui, domani metterò in vendita casa e ti aiuterò con le spese, perché non voglio essere un parassita.
– EHI EHI EHI. Calma... Vendere casa?– Al pensiero che non sarei entrata più là dentro, che non sarei più salita sull'altalena, mi si strinse il cuore. – E' la casa dei tuoi genitori, dove siamo cresciuti. Il tuo passato, non puoi venderla.– Mi uscì quasi un urlo.
– Ne riparliamo domani.
Mi diede un bacio in fronte e si alzò dal letto, lo bloccai in tempo. – No, ne parliamo adesso.
Sbuffò e si liberò della mia mano facendomi cadere – Invece no. Per me il discorso si chiude qui, venderò la casa perché guadagnerò un sacco di soldi.
– Si tratta solo di soldi? – Urlai e mi bruciò la gola – Quella casa custodisce i tuoi ricordi, i nostri. Ci ha visti incontrare e crescere. Ha tutte le foto dei tuoi genitori e dei miei... – Un singhiozzo mi bloccò, ricordare mi faceva ancora male.
– Elena.
– No. Tu vuoi dare ad un estraneo un pezzo della nostra vita e questa cosa non posso perdonartela.
Gli diedi le spalle ed entrai in bagno, pochi secondi dopo sentii la porta della mia stanza chiudersi; scivolai lungo quella del bagno e piansi. Odiavo litigare con Damon ma in quel momento quelle erano lacrime di dolore mista a rabbia per la sua decisione; non riuscivo a credere che volesse vendere quella casa, era come vedere un pezzo del suo cuore, o dimenticare gran parte della sua vita o ancora, smettere di parlare con me.

Mi asciugai il viso e feci una doccia per rilassarmi, quando fui asciutta mi misi a letto, ancora più stanca rispetto a quando ero tornata a casa, perché adesso lo ero anche mentalmente.


Tre giorni dopo Damon aveva completato il trasloco a casa mia anche se ci rivolgevamo si e no qualche parola, ero ancora arrabbiata con lui e non volevo sapere notizie sulla vendita di casa sua.
– Ho parlato con il notaio.
Eravamo a cena, non potevo certo alzarmi ed evitare l'argomento, così ascoltai quello che aveva da dire, anche perché Jeremy sembrava piuttosto interessato.
– Hai risolto il problema?

Sì. Devo presentare dei documenti che attestino che la casa è disabitata e il passaggio di dimora così non pagherò le tasse per quella casa.
– Quindi non la venderai?– Mi venne spontaneo chiederlo.
– Se tu mi avessi rivolto parola in questi giorni l'avresti saputo.
– Beh, se a te non fosse venuta in mente un'idea così stupida, ti avrei parlato.
Mi fece una linguaccia e Jeremy intervenne – Sembrate una coppia sposata, ditemi che non dovrò subirmi i vostri battibecchi ogni giorno.
Io e Damon ci scambiammo un'occhiata complice – Mi sa di sì – E scoppiammo a ridere insieme.


– Qua ci sono i popcorn, qua le patatine, ecco la birra e adesso puoi far partire il film.
– Sei sicuro che non sia un horror vero?
Damon assottigliò lo sguardo mentre ingoiava un pugno di popcorn. – Ti.ho.fetto.fhche.– Capì dal mio sguardo confuso che non avevo compreso una sola parola, quindi masticò tutto e parlò quando aveva inghiottito – Ti ho detto che 'Silent Hill' non è per niente horror, dovresti fidarti.
Neanche gli risposi, l'ultima volta mi aveva fatto guardare “Non aprire quella porta” e non avevo dormito per tutta la notte, era normale non fidarsi.
– Secondo me non... OH MIO DI...– Cacciai un urlo che consumò le mie corde vocali e che fece morire dalle risate l'idiota del mio migliore amico.
Arrabbiata mi alzai dal divano, terrorizzata che spuntasse un zombie dal nulla e mi attaccasse, e accesi la luce; spensi la tv perché ero stufa di quei film stupidi che solo lui poteva guardare.
– Ma no! Adesso iniziava il bello.
– Mi avevi assicurato che non fosse un horror.– Rise più di prima e gli lanciai il telecomando addosso – Idiota, io vado a letto.
– Io finisco il film e vado. Buonanotte.
Gli feci un cenno con la mano e cominciai ad andare verso la mia camera, a metà scalinata mi fermai.
– Damn, prova a farmi qualche scherzo idiota e ti caccio.
La sua risata mi terrorizzò, così mi chiusi a chiave quando entrai in camera e mi sotterrai sotto il lenzuolo, convinta di essere al sicuro.


Mi svegliai di soprassalto a causa di un continuo bussare alla porta, guardai l'orologio ed erano appena le due del mattino; mi alzai assonata e svogliata e aprii la porta.
– Perché hai chiuso?
– Avevo paura di un tuo scherzo... che vuoi a quest'ora?
Damon si buttò sul letto e mi fece segno di sedermi – Caroline mi ha chiamato, mi ha detto che ha voglia di vedermi che le manco e che torna domani pomeriggio.
Mugugnai mentre cercavo di riaddormentarmi.
– ELENA! Devi insegnarmi a dichiararmi.
– Sì... domani.
– NO ADESSO.
Aprii un occhio e mi sembrava davvero preoccupato – Ma io ho sonno...
– Ti prego, prometto che poi farò tutto quello che vuoi.
Gli sorrisi. – E' semplice Damn, devi dire tutto quello che hai qui dentro – Toccai il suo petto con l'indice, all'altezza del cuore – ma devi essere molto convincente. Dai, prova con me, dimmi tutto quello che pensi di me.
Assunse una faccia pensierosa e poi mi guardò – Ma non so che dirti. – Scrollai le spalle e mi voltai dall'altro lato per dormire – Ok, ci penso... hai un bel culo ma a volte sei antipatica.
Mi misi a sedere per guardarlo negli occhi, in quel momento doveva essere serio o non avrebbe mai imparato.
– Applicati e non fare l'idiota. Svuota il tuo cuore.
Respirò chiudendo gli occhi e quando li riaprì mi inchiodò con il suo sguardo, tanto che tremai – Ti voglio bene, forse basterebbero queste tre parole o forse no, perché quello che provo per te non è così semplice da spiegare. Ti ho vista nascere e siamo cresciuti insieme, ti ho sempre protetta e sono tremendamente geloso di ogni cretino che ti si avvicina perché tu, per me, sei sempre la piccola Lenuccia che cade dall'altalena e corre da mio padre in lacrime per farsi curare prima che tua mamma se ne accorga. Se chiudo gli occhi, ogni evento, bello o brutto, della mia vita l'ho trascorso insieme a te, tu sei in ogni mio ricordo perché sei il mio passato e sei il mio presente e solo Dio sa quanto vorrei che fossi anche il mio futuro. Sei la mia migliore amica, mia sorella e, se fossi Dawson, direi che sei la mia anima gemella; sei tutto ciò che cerco in una ragazza e forse è per questo che sono ancora solo in cerca della ragazza giusta perché in realtà, la ragazza perfetta sei tu. Mio padre mi diceva sempre “Ricorda Damon, sposa la tua migliore amica perché nessuna ti renderà felice come farà lei” E io ti ho sposata.
Risi al ricordo, eravamo piccoli e a sposarci era stato mio fratello, sotto gli occhi increduli dei nostri genitori.
– Non so cosa ci riserva il futuro, perché ho imparato a mie spese che quello che va bene oggi, domani può andare di merda; ma ti assicuro, sulla mia stessa vita, che continuerò a proteggerti e che niente e nessuno potrà mai separarci, perché tu sei la mia migliore amica.
Asciugai le lacrime di commozione e lo abbracciai di slancio ringraziandolo per quelle bellissime parole.



*****

Ancora una volta mi scuso per il ritardo, ma finalmente essendo in vacanza scrivo a rilento perché voglio godermi l'estate e quei pochi giorni di mare che mi restano prima di rimettermi a studiare. Abbiate pazienza, riuscirò a finire la storia prima di fine agosto.
Riguardo al capitolo, che dire? Questo è il penultimo (escludendo l'epilogo) e se fino ad adesso non ho detto nulla nelle vostre recensioni capirete bene il perché... Non voglio aggiungere nulla, aspetterò i vostri pareri dopo queste belle parole di Damon.
Ringrazio tutte voi che avete aggiunto questa storia tra i preferiti, seguiti e ricordati e un grazie enorme a chi commenta.
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Regola numero dieci. ***



Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce





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Regola numero dieci.



Mi staccai da lui dopo qualche minuto, mi sorrideva imbarazzato perché per la prima volta si era esposto fino al punto di confessarmi tutto quello che pensava e provava verso di me e gliene ero grata; a volte avevo pensato di essere l'unica a provare quel bene immenso da essere scambiato per amore ma in quel momento ebbi la certezza che anche lui provava la mia stessa identica cosa.
– Come sono andato?– Era curioso di sapere il mio responso, strano che non lo avesse capito dal mio abbraccio e dalle mie lacrime che asciugavo con la mano ma che non riuscivo a calmare.
– Direi piuttosto bene.
Si buttò all'indietro sul letto e sospirò, come se avesse un peso sullo stomaco o sul petto – Non volevo farti piangere.
– Mi hai fatta commuovere, erano delle belle parole.
– Spero che Caroline mi salti addosso e non pianga.
Risi e mi distesi accanto a lui a contemplare il soffitto della mia camera – Sai già quello che devi dirle?
– Mh, più o meno.
– Non dovrei preparartelo prima il discorso, ma dovrai guardarla negli occhi e dire quello che pensi, quello che c'è dentro il tuo cuore.
Si mise su un fianco e mi scrutò attentamente – Questa è un'altra regola?
– No. Questo è solo un mio consiglio, con me ha funzionato e spero funzioni anche con lei.
Mi regalò un sorriso sghembo e mi tirò a se, dandomi poi un bacio sulla fronte – Si è fatto tardi, adesso dormiamo.
Non me lo feci ripetere due volte, ero molto stanca anche prima che lui venisse in camera e bussasse come un pazzo, perciò mi addormentai tra le sue braccia, ispirando il suo profumo e abbracciandolo a mia volta.


Il letto era freddo e piuttosto grande, strano, perché durante la notte mi ero lamentata del caldo e del poco spazio; solo quando aprii gli occhi mi ricordai che Damon aveva dormito con me, ma di lui nessuna traccia. Mi stiracchiai per bene, avevo mal di schiena a causa della nottata scomoda, e poi mi alzai per scendere a fare colazione.
– Che buon odorino, cos'è?
Trovai i due uomini in cucina, ai fornelli, intenti a cucinare non so cosa; Jeremy tagliuzzava qualcosa sul tavolo, Damon invece mescolava con un grande cucchiaio di legno con una mano, e con l'altra spadellava ciò che mi sembravano gamberetti.
– Stiamo preparando il pranzo: pasta ai gamberetti e zucchine.
Mi sedetti sullo sgabello, mentre bevevo l'acqua, e li guardai sconvolta: da dove avevano preso la ricetta? E, soprattutto, perché volevano farmi morire di fame, o peggio, farmi ricoverare all'ospedale per intossicazione alimentare?
– Damon ha visto un programma di cucina questa mattina, ha appuntato la ricetta e ha deciso di prepararla.
Il mio migliore amico era troppo concentrato a non far bruciare i gamberi, era sempre Jeremy a parlare e spiegarmi le cose – Questa mattina? Ma che ore sono?
– Quasi le due, hai dormito un bel po'.
Posai l'acqua e mi avvicinai a Damon, ecco perché non lo trovai a letto, si era alzato presto – Vuoi aiuto?
– Potresti mescolare la pasta in modo che non si appiccichi?
Gli sorrisi e feci quello che mi aveva chiesto, mentre apparecchiavo la tavola per noi tre. Quando il condimento fu cotto e pronto, mi offrii volontaria per assaggiarlo, dato che quei due erano troppo fifoni per assaggiare quello che loro stessi avevano cucinato; mi scottai la lingua perché era troppo caldo ma era buono, era la prima volta che lo mangiavo quindi pensai fosse ottimo anche se lo avrei preferito più piccante.
– Buon appetito.
– Sei sicura che non moriremo?– Jeremy era il più titubante di tutti, perciò ci mise un po' a mangiare il primo boccone di spaghetti.
– Zitto e mangia, ingrato!
Sorrisi godendomi quella scena, finalmente eravamo una famiglia, non più io e mio fratello da soli ma c'era anche Damon che ci completava, il cerchio si era chiuso e speravo con tutto il mio cuore che, dall'alto, i nostri genitori fossero soddisfatti delle nostre scelte e delle nostre vite.
– Dato che Miss Principessina si è alzata tardi e non ha fatto nulla, sistemerà tutto e laverà i piatti.
Quasi mi strozzai con l'ultima forchettata – EHI! – Inghiottii a fatica – Cosa vi siete messi in testa?
Si sedettero subito e mi ascoltarono, anche perché, se non lo avessero fatto, li avrei sbattuti fuori casa in un batter d'occhio – Solo perché avete cucinato questo non vi esclude dall'aiutarmi nel lavare i piatti e sistemare qui. Io non sono la vostra serva solo perché sono donna, intesi? Viviamo insieme e si pulisce tutti insieme, oppure, vi faccio dormire sul portico. Chiaro?
Annuirono entrambi e quando finii di mangiare sparecchiarono mentre io lavavo i piatti; ero fiera di me stessa e di come li avevo messi in riga, anche se sapevo benissimo che sarebbe durata solo fino al pomeriggio, perché con quei due bisognava urlare ogni volta per ricordargli qualcosa.
Mi sdraiai sul divano e poggiai le gambe su quelle di Damon che guardava un film in tv, era così concentrato a non perdere neanche un secondo della trama che non si accorse della mia presenza, e fu un bene, dato che di solito non sopportava quando mi sdraiavo su di lui, un po' per il caldo e un po' perché 'lui non era la mia poltrona' come mi ripeteva ogni volta.
– Che film è? – Gli chiesi dopo un po', quando aveva interessato anche me.
– Domino.
Sapevo della sua venerazione per Keira Knightley, perciò lo presi in giro perché sapevo che in realtà stava guardando quel film solo per lei e non per la trama, ovviamente mi rispose che non era vero, ma ogni qual volta inquadravano il corpo dell'attrice si incantava e smetteva quasi di respirare, facendomi ridere tantissimo.
– Al prossimo film con Ryan Gosling sarò io a prenderti in giro.
Gli feci una linguaccia e continuai a guardare il film; quando finii ci rimasi male, mi aspettavo un lieto fine e volevo che i due protagonisti stessero insieme, ma non era un film romantico quindi c'era da aspettarselo.
Rimasi per tutto il pomeriggio con il broncio e con una strana sensazione nel petto, odiavo i film tristi e non a lieto fine, bastava la mia vita senza senso e con una cosa che non andasse mai nel verso giusto, volevo che almeno la finzione fosse perfetta; ecco perché mi rifugiavo nella fantasia dei libri e film romantici, perché lì potevo sognare che tutto andasse per il verso giusto per sempre.
– Mi sono scordato di dirti che questa sera non ci sarò a cena.
Mugugnai in segno di assenso, con gli occhi fissi alla tv ma con la mente altrove, speravo che Damon non si accorgesse del mio cambiamento di umore, ma soprattutto speravo che da un momento all'altro iniziasse un film demenziale che mi distraesse e mi facesse tornare il sorriso.
– Se è un problema rimango.
Lo guardai stralunata – Perché mai dovresti rimanere?
– Non so, hai fatto una faccia; ho pensato che magari mi volessi qui.
Scossi la testa – No, vai pure. – Tornai a guardare la tv, o almeno ci provai visto che Damon la spense e si piazzò davanti a me – EHI!
– Che è successo, e non provare a dire “nulla” perché ti conosco quindi, sputa il rospo prima che mi arrabbi sul serio.
Mi alzai dal divano sperando di potergli scappare – Non ti arrabbiare ma non è successo nulla, mi sono solo rattristita un po' per colpa del film e no, non mi va di parlarne.
I suoi occhi azzurri mi guardavano attentamente per capire se stessi mentendo poi, mi prese per mano e con un colpo secco mi tirò verso di se abbracciandomi e dandomi un bacio sul naso; non mi disse nulla perché entrambi sapevamo che in momenti come quelli, quando la malinconia prendeva spazio in me, non c'era nessun discorso incoraggiante che potesse tirarmi su di morale, avevo solo bisogno di rimanere sola con me stessa, anche se in quel momento, apprezzai quell'abbraccio e quel bacio più di ogni altra cosa.

– Ci vediamo più tardi e se ti trovo a letto...
– Non svegliarmi e ci vedremo domattina. – Mi sorrise annuendo e gli diedi una pacca sul sedere prima di vederlo uscire dalla porta – Buona serata e in bocca al lupo.
Glielo urlai dalla soglia quando stava per salire in auto, ma ero sicura potesse sentirmi; chiusi la porta e andai a fare una doccia rilassante, avevo casa tutta per me, il che significava musica a tutto volume e poter fare quello che volevo senza essere torturata da quei due scansafatiche: una vera goduria.
Anche se l'estate era, in pratica, finita, un bel bagno caldo con i sali e le candele profumate, era quello che mi ci voleva per rilassarmi e stendere i nervi che avevo accumulato in questi mesi; misi su il cd dei Coldplay e mi immersi in acqua, lasciando che la schiuma coprisse tutto il mio corpo e che le candele inebriassero i miei sensi; chiusi gli occhi e mi parve di dormire e essere su una nuvola: era una sensazione magnifica.
Forse mi addormentai perché risposi al telefono solo quando la suoneria stava per terminare, non mi ero neanche accorta che stesse suonando.
“Caroline mi ha invitato a casa sua!”
Damon non mi diede il tempo di parlare, aveva già urlato al telefono come se fosse una sedicenne alla sua prima cotta; in effetti non c'era tanta differenza, Caroline era la sua prima storia seria ma lui era un uomo e di certo non aveva sedici anni, forse.
“A casa sua con i suoi genitori... che faccio?”
“O accetti o rifiuti”
Mi sembrò di averlo davanti e vederlo roteare gli occhi scocciato “mi sembra ovvio, mica posso dirle che devo vestirmi da Captain America ed andare a salvare il mondo”
“Certo, se tu fossi Chris Evans non ti farei uscire dalla mia camera da letto...”
“Idem se tu fossi Scarlett Johansson” Fece un attimo di pausa “Quindi, accetto?”
“Mi sembra ovvio. Adesso chiudi e va' da lei.”
Sorrisi quando riposai il telefono finendo il mio bagno rilassante; Damon era uno dei ragazzi più belli che avessi visto a Mystic Falls, era il mio migliore amico sempre pronto a tirarmi su di morale e a proteggermi e in ventiquattro anni l'avevo visto sempre circondato da donne, fin dall'asilo; ma, quando si trattava d'amore, era una vera frana.
Indossai un abitino lungo fino al ginocchio e un coprispalle, nonostante fosse fine agosto le sere a Mystic Falls cominciavano a essere un po' freddine, l'estate stava scemando portando con sé la spensieratezza e il caldo afoso dei tre mesi appena trascorsi; mi sedetti sul dondolo con il mio amato libro di lettura in mano, era un bel po' di tempo che tentavo di finire di leggerlo ma per vari motivi non c'ero riuscita. Mi ritrovavo nella protagonista, felice e triste nello stesso tempo, diversa dai coetanei che cercava di salvare il mondo; certo, io non dovevo salvare il mondo da nessuno ma credevo d'essere abbastanza diversa dai miei amici, o da quei pochi che mi rimanevano.

Un bacio mi svegliò, davanti a me c'era Jeremy sorridente; si sedette accanto a me e mi salutò lasciando che distendessi le gambe sulle sue cosce.
– E' tutto il giorno che mi addormento dovunque, questa notte ho dormito pochissimo.
– Sì, mi ha detto Damon che avete parlato; è successo qualcosa?– Scossi la testa e invertii la posizione, preferivo abbracciarlo piuttosto che usarlo come poggia piedi. – Dimmi la verità Elena, cosa provi per lui?
Scrollai le spalle, perché in fondo mi aspettavo quella domanda ed ero già preparata, avevo risposto mille volte, a Stefan, a Jeremy stesso e anche a Damon – Io gli voglio bene, nient'altro.
– A volte sembrate una coppia sposata da anni, lo si intuisce soprattutto da come scherzate, ridete e vi guardate. Io non credo che quello che ci sia tra voi sia solo semplice affetto o amicizia, credo che ci sia dell'altro.
– Io me ne renderei conto se fossi innamorata di Damon, non sono così stupida.
Mi spostai come scottata, odiavo quella conversazione, speravo che dopo aver chiuso con Stefan avrei messo una pietra sopra anche con quella storia – Forse è lui ad essere innamorato di te.
– Nessuno è innamorato di nessuno Jer e anche se fosse non sarebbe un problema tuo, siamo abbastanza grandi da assumerci le nostre responsabilità e da decidere con chi stare e a chi affidare il nostro cuore.
Entrai in casa sbattendo la porta, solo dopo mi accorsi che in quel momento era arrivato Damon, quando lo sentii parlare con mio fratello e chiedergli cosa fosse successo; non so cosa si dissero perché infastidita salii in camera mia. Al diavolo il pomeriggio rilassante con il bagno caldo, i sali minerali e le candele profumate: Jeremy aveva il potere di farmi girare le scatole a volte.
Capii che anche Damon era entrato dal rumore della porta di ingresso che sbatteva e dai i suoi passi per le scale, un attimo dopo la porta della mia stanza di spalancò facendomi sobbalzare.
– Sei impazzito?
Si richiuse la porta alle spalle, per lasciare mio fratello lontano da quel momento; sapevo che stava per succedere qualcosa, quello era solo l'inizio della grande catastrofe.
– Si può sapere perché questa domanda ti da così tanto fastidio?
Rimasi senza parole; credevo che dovesse dirmi che ero una stupida, che dovevo smetterla di litigare con mio fratello, che non dovevo lasciarmi influenzare dalle dicerie e invece no: voleva sapere il motivo della mia reazione.
Ci misi un po' a rispondere, anche perché non riuscivo neanche a trovare le parole adatte per dire cosa provavo – Perché sono stanca di sentirmi fare sempre la stessa domanda e dare sempre la stessa risposta.
– Non c'è nessun motivo di arrabbiarsi se tu sei sicura di quello che provi; se le persone si interessano a te è perché ti vogliono bene. Jeremy è preoccupato che potresti soffrire.
– Per quale motivo dovrei soffrire?
Urlai e mi bruciò la gola, ero davvero stanca di dover ammettere agli altri cosa realmente provavo per Damon perché mai per un secondo mi ero soffermata a pensare, non avevo mai ammesso a me stessa se fossi innamorata di lui o meno: la verità era che non lo sapevo.
– Mi avete sempre chiesto cosa provo io per te. – Abbassai il tono della voce anche se dentro di me fremevo ancora – Ma tu, cosa provi per me?
La sua reazione mi stupì: scrollò le spalle e mi rispose con tranquillità – Mi sembra di avertelo già detto questa notte. Che cosa hai capito da quel discorso, che sono innamorato di te?
Spalancai la bocca e la richiusi subito dopo, le parole mi morirono in gola; non sembrava neanche lui in quel momento – Non ho detto questo. – Un moto di rabbia mi colpì all'improvviso – Ma chi ti credi di essere, eh? Pensi che tutto il mondo giri intorno a te solo perché sei bello e ricco?
Lui aveva fatto lo stronzo, potevo riuscirci benissimo anche io: conoscevo i suoi punti deboli e potevo sfruttarli a mio piacimento.
– Non l'ho mai pensato e lo sai.
Da lì fu un crescendo. Non ricordo esattamente come arrivammo ad urlare a rinfacciarci momenti e liti di quand'eravamo così piccoli da far la pipì nel vasino, o nel pannolino; mancava poco che cominciassimo a picchiarci. Avevo visto Damon sotto ogni prospettiva, anche arrabbiato, e in quel momento non riuscivo a capire cosa e come fosse, io, dal mio canto, ero incavolata nera con me stessa e anche con lui, per tutte quelle accuse che continuava a rivolgermi senza darmi il tempo di difendermi. Parlava e urlava, litigavamo e non ricordavo neanche il motivo di quella discussione; era come se fosse esplosa una bomba ma nessuno sapesse chi l'avesse fatta esplodere e il perché.
– Devo ricordarti della doccia?
La sua domanda aprì un varco nei miei ricordi e ovviamente mi fece innervosire ancora di più: era stato lui ad andare via da casa quel pomeriggio, senza nessun motivo, quando scherzavamo con l'acqua; si era arrabbiato quando avevo giocato sul suo sogno erotico e la mia doccia: aveva sempre delle reazioni strane e non aveva mai spiegato il motivo.
– Me lo ricordo Mr “se vedo la mia migliore amica mezza nuda la sogno ma non lo dico a nessuno”.– I suoi occhi si spalancarono, non si aspettava una mia reazione simile, ma stava esagerando! – Io sono stata sempre sincera e naturale nei tuoi confronti, non ho mai fatto nulla che potesse farti fraintendere un sentimento sbagliato, eppure tutti, non avete fatto altro che chiedermi se fossi innamorata. Perché dovevate proteggermi, come se tu fossi il lupo cattivo e io cappuccetto rosso dispersa nel bosco.
Sospirai e cercai di calmarmi, sentivo il cuore battere veloce e avevo la sensazione che da un momento all'altro potesse uscirmi dal petto. Damon non si decideva a parlare, così continuai.
– Dici sempre di conoscermi da quando sono nata, quindi sai che odio i tradimenti e le bugie; se avessi, davvero, provato qualcosa di diverso dall'amicizia per te, sarei venuta a dirtelo e avrei lasciato subito Stefan.
– Lo so che non provi nulla per me.
– E allora perché me lo hai chiesto?– Il mio urlo disperato risuonò per tutta la casa e ad esso seguì un silenzio così assordante da farmi quasi del male.
– Perché stavo impazzendo, ok? Eravamo ogni giorno insieme, tu eri in crisi con quell'idiota, passavo più tempo nel tuo letto che in quello di qualsiasi altra ragazza e i pensieri di Jeremy e del cretino mi hanno influenzato. Per un attimo ho pensato che...
Si bloccò all'improvviso, ebbi l'impressione che avesse paura a continuare la frase, che tutto ciò che avesse detto in quel momento fosse dettato dalla rabbia e invece adesso, avesse iniziato a pensare. Lo esortai a continuare ma rifiutò e andò via; mi mossi prima che potesse andarsene definitivamente, era ancora sui gradini quando lo fermai chiamandolo. Ero rimasta sul portico, forse per mantenere le distanze.
– Perché scappi sempre? Quando le cose si complicano tu vai via, resta e affrontale.
– Elena...
– So come mi chiamo, maledizione. Ti sto chiedendo di restare e chiarire; sono stufa di litigare e poi venirti a cercare per far pace. Stai qui, adesso.
– Non posso restare, perché ogni volta che ti arrabbi i tuoi occhi lucidi e le tue labbra rosse e carnose sono così sexy da farmi impazzire. Quella volta in bagno ho quasi perso la ragione ma non potevo, capisci, sei la mia migliore amica e non posso fare questo sbaglio.
Le sue parole mi arrivarono dritte allo stomaco come se fossero dei pugni, le orecchie mi fischiavano e non capivo cosa volesse dire: voleva baciarmi ma non poteva? Era quello il problema? Quindi non avremmo mai potuto litigare perché ogni volta lui voleva saltarmi addosso?
Iniziai a ridere quando metabolizzai il concetto, Damon aveva sceso un altro gradino e si fermò nuovamente, voltandosi stupito: non ero pazza, era lui quello fuori di testa.
– Lo trovi divertente? – Era infastidito il che mi fece ridere ancora di più, salì i due gradini in un solo passo e si avvicinò a me; smisi di ridere quando me lo trovai talmente vicino da riuscire a vedere le sfumature nere nei suoi occhi azzurro ghiaccio. – Ti ho detto già una volta di non giocare con il fuoco quando non sai cosa e quanto potresti bruciarti.– Il suo sguardo vagava velocemente dai miei occhi alle mie labbra e mi ritrovai a sperare che mi baciasse, ma si allontanò – Non posso baciarti Elena, non sarebbe giusto.
Il mio cuore rallentò i battiti e cercai di regolare il respiro, non dissi nulla, temevo che qualsiasi cosa dicessi potesse apparire stupida o fuori luogo. Si voltò e fece per andare via di nuovo, avevo paura che se Damon se ne andasse da casa non tornasse più, che quel litigio strano e quelle mezze confessioni fossero l'inizio della fine. Abbassai lo sguardo afflitta e non feci in tempo per girarmi e rientrare in casa perché lui parlò.
– Sai cosa? Sto cercando un qualsiasi motivo per cui questo sia sbagliato, ma non lo trovo.
Mi sembrò di vivere la scena in slow motion: la sua mano destra che si poggiava sul mio capo e che mi tirava a sé per far unire le nostre labbra. La sorpresa del momento scomparve subito e fu sostituita dalla passione di quel bacio meraviglioso; l'altra mano di Damon raggiunse la mia guancia per accarezzarla dolcemente, mentre gettai le mie braccia al suo collo per avere più stabilità. La sua mano destra era ancora tra i miei capelli a torturarli e a spingere la mia testa verso di lui, come se avessi intenzione di staccarmi!
Mi ritrovai con la schiena alla parete del portico e Damon su di me; non capivo cosa mi fosse preso ma non riuscivo a smettere di baciarlo. Il cuore stava per uscirmi dal petto, sentivo i suoi battiti fino alle orecchie, l'adrenalina e l'eccitazione mi avevano fatta impazzire e Dio se sapeva baciare quel ragazzo.
Quando stavo per lasciarmi andare ancora di più, il mio cervello decise di farsi sentire: stavo baciando il mio migliore amico, quali conseguenze avrebbe avuto quel momento? Con quale coraggio avrei guardato Damon negli occhi, se l'avrei più guardato. Sarebbe stato ancora il mio migliore amico?
Sembrò che anche lui fosse tornato in sé e ci staccammo, ancora ansimanti e con il cuore nelle orecchie.
– Damn...
– Shhh – Poggiò la sua fronte sulla mia – Non dire nulla, ti prego. Non roviniamo questo momento.
Mossi la testa quanto bastava per fargli capire che ero d'accordo, dopo qualche minuto mi diede un bacio sulla fronte e andò via, questa volta senza fermarsi sui gradini e voltarsi. Semplicemente andò via e il mio cuore tornò a respirare.




******

Ho assunto delle guardie del corpo, perciò non potete farmi nulla! TZE'. Cosa posso dire prima che piovino recensioni negative? Ho il finale in mente da ancora prima di iniziare a scrivere la prima parola del prologo, ho sempre amato le vostre parole nei commenti perché mi hanno fatta sorridere, ridere e a volte mi hanno fatto avere nuove idee ma non ho mai e poi mai cambiato idea sul finale (che ovviamente non vi svelo). Vorrei che fosse chiaro fin da adesso che sentire le vostre idee fa sempre piacere ma mi è successo già una volta di farmi condizionare dai pareri dei lettori e poi c'è chi si è lamentato comunque, quindi questa volta ho seguito il mio cuore e l'istinto.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che abbiate unito tutti i puntini e che gli indizi in questi dieci capitoli siano stati abbastanza chiari.
In questo capitolo c'è qualcosa di diverso dagli altri, vediamo chi riesce a notarlo... XD
Grazie per chi ha recensito e chi si è sempre fermato a recensire.
Grazie mille a chi ha inserito la storia tra seguiti, preferiti e ricordati: siete magnifiche.
Alla prossima con l'epilogo.
Un bacio.

P.S. Per chi volesse ancora leggere qualcosa di mio, ma di genere diverso, ecco la mia nuova storia fresca di pubblicazione.

THE HE(ART) OF THE STREAP.
Trama: Lei: ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni. 
Lui: condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne: è uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed è la principale attrazione del locale. 
Entrambi pensano che l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà per soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li lascerà più allontanare.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce





VIDEO TRAILER DELLA STORIA





Epilogo.



Tutto era pronto, finalmente potevo chiudere la valigia e tornare a casa per le vacanze di Natale. Jeremy aveva finito le lezioni qualche giorno prima di me ed era letteralmente scappato dal campus per poter riabbracciare la sua dolce amata Anna, io avevo dovuto aspettare ma, come diceva il detto, “l'attesa aumenta il desiderio” perciò avevo una voglia matta di mettere piede a Mystic falls e riabbracciare i miei amici.


Il comitato d'accoglienza non era dei migliori, lo dovevo ammettere.
Jeremy, come al solito, confuse l'ora del mio arrivo in aeroporto, così dovetti aspettare un'ora sulla panchina degli 'arrivi' a sperare di non morire assiderata.
Il cielo era grigio e in quel periodo significava solo una cosa: neve; tanta neve pronta a bloccare le strade e costringerci a casa. Finalmente riconobbi l'auto di mio fratello a distanza, aspettai che fosse davanti a me per alzarmi dalla panchina e aiutarlo con i bagagli.
- Cosa ci farai poi con due valigie in tre settimane.
Il suo solito modo per dirmi che, nonostante non ci vedessimo da poco, gli ero mancata e poi sapeva che una conteneva i regali che qui non avrei mai trovato.
- Casa dolce casa.- Respirai a fondo e trascinai, insieme a Jeremy, le valigie nella mia camera. Mi buttai sul letto, comodo e spazioso, mi mancava più di qualsiasi cosa al campus, costretta a dormire in quello minuscolo che avevo là in camera; mi coprii con il mio adorato piumone enorme blu e mi addormentai felice di respirare quell'odore famigliare di casa.


- ELENA!
Il mio adorato fratellino mi aveva costretta ad uscire quella sera, voleva godersi ogni giorno e ogni istante delle vacanze natalizie e io, secondo lui, avrei fatto lo stesso; perciò ci trovavamo al Mystic Grill quando Caroline Forbes urlò il mio nome facendo zittire mezzo locale. Mi alzai sorridente e felice di vederla, ovviamente il suo abbraccio fu come i suoi soliti: calorosi e stritolatori.
- Ahi Caroline, mi fai male.
- Oh scusa, è che sono così contenta di vederti.
Le sorrisi ancora; mi era mancata in quei quattro mesi, c'eravamo sentite quasi ogni giorno ma parlare dal vivo era tutt'altra cosa.
- Devi raccontarmi tutto.
Feci una smorfia: non avevo proprio nulla da raccontare, facevo la classica vita universitaria, mica ero stata in vacanza ai Caraibi. - Uhm, tutto nella norma. Tu invece?
Il suo sorriso mi abbagliò, possibile che quella ragazza fosse di giorno in giorno sempre più bella?
- Io... sai... cioè, te l'ho detto no? Beh...
Scoppiai a ridere perché sapevo che quanto quell'argomento la imbarazzasse e io mi divertivo tantissimo a metterla in difficoltà. - Quindi sei innamorata?
- Dai Ele, non l'ho detto neanche a lui.
- E che aspetti?!
Mi finsi inorridita facendo ridere anche lei; mio fratello ci guardava perplesso, ogni tanto scuoteva la testa afflitto e rassegnato ma sapeva che se voleva uscire con me doveva sorbirsi questi tipi di incontri.
- Lo hai già incontrato?
Sapevo di chi stesse parlando perciò negai subito. In realtà ero convinta di trovarlo al Grill quella sera ma evidentemente aveva preferito rimanere a casa a guardare un film, lo sport o giocare alla play; insomma, le cose tipiche da maschio.
Non lo vedevo da prima che ritornassi al campus e per quanto mi costasse fatica ammetterlo, il primo mese mi era davvero mancato, poi ci feci l'abitudine.
Bevvi la mia birra, mangiando patatine fritte, insieme a Caroline e Jeremy, spensierata parlando con loro del più e del meno; facendomi raccontare dalla mia amica cosa aveva fatto in quei mesi e come procedeva lo stage in ufficio dal padre.

Stavo ridendo ad una battuta idiota di Jer quando con la coda dell'occhio vidi entrare il soggetto dei discorsi miei e di Caroline di qualche ora prima.
Era accompagnato da una bionda che all'inizio non riconobbi, in fondo lui aveva sempre avuto una fissazione per quel colore di capelli; le teneva la mano e sorrideva a qualcuno in lontananza per salutarlo.
- Non vi parlate?
La domanda di mio fratello arrivò dritta alle mie orecchie come un pugnale al cuore.
- Non so, il fatto è che non ci vediamo da molto e l'ultima volta...
Sospirai a quel ricordo ma avevo comunque voglia di salutarlo, parlare con lui e chiedergli come stesse; perciò mi alzai e feci qualche passo per raggiungerlo, mi vide ancora prima che gli fossi vicino e il sorriso che mi regalò mi scaldò il cuore: come avevo potuto pensare di non rivolgergli più parola o che lui fosse arrabbiato con me?
- Sei tornata, finalmente.
Annuii – Quest'anno non volevano lasciarmi andare. -
Mi sorrise di nuovo ed ebbi la voglia di abbracciarlo, tuttavia mi trattenni, soprattutto perché la sua nuova fidanzata ci guardava da lontano senza perderci di vista neanche per un secondo. - Come stai?
- Bene, non posso lamentarmi. Tu?
Feci spallucce – Come sempre, tutto nella norma. Vedo che ti sei dato al biondo, Klaus non è geloso?
Rise e mi lasciai trasportare – Del biondo o che io stia con sua sorella.
- Entrambe le cose.
- Nah, a lui piace il suo colore di capelli e poi sa che tratto bene Rebeckah.
Questa volta fui io a sorridergli – Sono davvero contenta per te Stef, vederti così tranquillo e spensierato; per un po' avevo temuto di averti causato tanto dolore.
- E' tutto ok Ele, davvero. Sono felice, la mia vita va a gonfie vele e ti voglio bene, come ho sempre fatto.
Non riuscii a trattenermi e lo abbracciai, fregandomene di come poteva reagire BarbieKlaus; Stefan aveva occupato un ruolo importante nella mia vita, per questo non avevo mai avuto il coraggio di dirgli definitivamente addio.



Il mio letto mi era mancato. Mi era mancato soprattutto svegliarmi senza mal di schiena e fare colazione insieme a mio fratello: home sweet home.
- Che programmi hai per oggi?- Mi chiese Jeremy mentre mi versavo una tazza di caffè.
- Oh pensavo di...- Mi bloccai quando lo vidi. - Oddio.- Mi cadde la tazza dalle mani e corsi ad abbracciarlo.
- Nena, mi stai strozzando.
Damon era apparso dal nulla in cucina con due valigie enormi; era tornato dal suo viaggio in Europa in anticipo senza avvertire nessuno, probabilmente Jer ne era al corrente ma io no. Fu emozionante vederlo lì, sorridente e bello come sempre.
- Te lo meriti. Che ci fai qui?
- Credevo fossi contenta di vedermi. Ciao Jer.
- Certo che lo sono. Tu lo sapevi?
- Ovvio, sono andato a prenderlo io all'aeroporto.
Gli sorrisi e poi abbracciai Damon di nuovo, aiutandolo a portare le valigie in camera sua. - Raccontami un po' del viaggio. Com'è Londra? E Parigi?
- Bellissime ma la mia preferita è Roma, la città dell'amore.
Lo guardai scettica mentre dividevo i capi sporchi da quelli puliti – Ma non era la città eterna? Parigi è la città dell'amore.
- Roma/Amor è un anagramma, la guida lo ha ripetuto per tutta la settimana – Risi nel vedere la sua espressione sconvolta e scocciata – Tu che hai fatto di bello?
- Niente di che, ho studiato, fatto esami e sono tornata qui; sempre la solita vita.
Il sorriso che mi regalò mi sciolse il cuore; parlare con Damon, rivederlo dopo tutti quei mesi, era un toccasana, mi era mancato come l'aria.
Era partito subito dopo l'episodio del bacio, quasi come volesse scappare da me e non parlarne; in realtà mi spiegò che non ero io il problema ma aveva solo bisogno di partire e trovare se stesso. Aveva bisogno di un viaggio perché stare qui a Mystic Falls lo stava facendo impazzire.
Certo, più o meno il significato era quello dato che non ne avevamo mai parlato ma io lo avevo assecondato, rispettando la sua volontà; anche perché mi imbarazzava troppo parlarne.

Ti ho portato un regalo.
Urlai eccitata – Dimmi che hai un mini inglesino dentro la valigia.
Alzò il sopracciglio e mi guardò male – Gli inglesi non baciano per niente bene, sai? Tieni.

E tu come...? No, non dirmelo.– Scartai il pacco in fretta e quando capii cos'era rimasi sconvolta per la gioia: una felpa e una maglietta del college di Oxford. – Sono bellissime.
- Sapevo che ti sarebbero piaciute.
Lo abbracciai, ancora, perché non riuscivo a smettere di farlo quel giorno.


Nel pomeriggio lo lasciai riposare mentre io ne approfittai per ripassare per un esame dopo le vacanze; fu Damon stesso a intimarmi di smettere di studiare quando si svegliò dal sonnellino pomeridiano “non posso dormire tutto il pomeriggio” disse “o questa notte rimarrò sveglio a girare i pollici”.
Dopo cena mi costrinse ad uscire: voleva rivedere i soliti vecchi amici, passare la serata a bere qualcosa al Grill e respirare aria di casa; in fondo lo capivo, era quello che avevo fatto anche io la sera prima.
- Hai già visto Caroline? - Gli urlai dalla mia stanza mentre cercavo di alzare la cerniera del vestito blu appena indossato, Damon arrivò qualche istante dopo.
- No.- Spostò i miei capelli su un lato e mi aiutò, lasciandomi poi un bacio su una spalla; gli sorrisi attraverso lo specchio. - Sei dimagrita troppo, sai?
- Non è vero.
- Dovresti ingrassare, mettere un po' di pancia... così sembri uno scheletro che cammina.
Lo fulminai con lo sguardo, perché lui doveva sempre andare contro corrente? Insomma, era l'unico a dire alla propria migliore amica d'esser dimagrita e non ingrassata. Se glielo avessi fatto notare mi avrebbe risposto con una delle sue solite frasi del tipo “Ma io sono realista e ti dico sempre la verità, Elena”.


Andammo a piedi fino al Mystic Grill, mi mancavano le nostre passeggiate in silenzio, vicini, ad ascoltare i rumori che ci circondavano; certo, il tempo non era dei migliori dato che si moriva di freddo ma trascorrere un po' di tempo da sola con il mio migliore amico era sempre piacevole.
- Sai a cosa stavo pensando?- Negai e lui continuò a parlare – Non mi hai più detto qual è l'ultima regola per conquistare una donna...
Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva; avrei davvero dovuto dirgli che “Fiori, cioccolatini, ecc. per le ricorrenze sono ben accetti e fanno sciogliere le donne ma nulla equivale a un bacio spontaneo, naturale.”? Deglutii e cercai di sorridergli – Te la dirò solo quando avrai conquistato, definitivamente, qualcuno.
Lo vidi alzare gli occhi al cielo e sospirai sollevata: c'era cascato.
Arrivati al Grill, Damon fu accolto da una folla impazzita, tutti che lo salutavano e abbracciavano come se non lo vedessero da anni, gli chiedevano come fosse l'Europa e, soprattutto, le europee. I ragazzi erano tutti uguali.

Caroline gli si avvicinò per ultima, il loro saluto fu un po' imbarazzante; tre mesi prima si erano ripromessi di sentirsi il più possibile e che avrebbero discusso di un eventuale “loro” non appena Damon sarebbe tornato. Lei non sapeva del nostro bacio e, ovviamente, non sapeva del vero motivo per cui lui era partito; un po' mi sentivo in colpa nel nasconderglielo ma, d'altro canto, non volevo complicare le cose tra di loro e, adesso che avevo trovato un'amica, non volevo perderla.
- Pensi che ci sarà mai un futuro per noi?- Caroline me lo chiese mentre guardava Damon giocare a freccette, scrollai le spalle.
- Non lo so ma lo spero. State bene insieme e lui sembra felice con te.
- Quest'estate, per un attimo, ho pensato che voi due steste insieme.- La guardai preoccupata e sconvolta, non poteva averlo pensato anche lei, era un incubo quello – Il modo in cui voi scherzate, vi guardate o sorridete l'un l'altra è incredibile. Sembrate appartenervi, è come se tu fossi la sua anima gemella e viceversa, se voi due foste la metà perfetta della mela di entrambi. Questo è frustrante per chi vi guarda dall'esterno e si innamora di uno di voi due perché sa che non potrà mai prendere il posto tuo o suo nei vostri cuori. Non voglio sostituirti, non potrei mai farlo, ma il fatto è che lui non mi amerà mai neanche la metà di quanto ama te.


Quando avevamo bevuto entrambi abbastanza da poter affrontare il freddo e il gelo per strada, decidemmo di tornare a casa; Damon era ancora stanco per il viaggio e, sebbene si stesse divertendo, mi supplicò di portarlo via. Salutò Caroline promettendole di chiamarla il giorno dopo, avevano tante cose di cui parlare e io mi sentii un piccolo verme perché prima non avevo avuto il coraggio di rispondere a quello che mi aveva detto lei.
Mi strinsi ancora di più nel cappotto per evitare di morire congelata, mentre Damon camminava tranquillo, evidentemente lui era talmente stanco o brillo da non sentire freddo.
- C'è qualcosa che ti turba?
La sua domanda mi spiazzò. - Non tanto, perché?
- Di solito a questo punto parli a vanvera commentando la serata; adesso il tuo silenzio mi sta preoccupando.
Sospirai prima di rispondergli – Non ho niente, solo che Caroline ha detto delle cose che mi hanno fatta riflettere.
Sì bloccò e quindi dovetti fermarmi anch'io – Qualsiasi cosa sia non pensarci ok?- Mi prese per mano, realizzai dopo qualche secondo che la tolsi, portandomele entrambe al petto – D'accordo, cosa ti ha detto?
Ripresi a camminare liquidando la faccenda, o almeno ci provai; Damon però non mollava, voleva sapere cosa fosse successo e perché ero così turbata, dovetti quindi dirgli la verità. - Nessuno mi amerà mai veramente perché tutti penseranno sempre che tu sei l'unico e il solo ad avere un posto speciale nel mio cuore.
Mi guardava senza dire nulla, era incredibile che stessimo di nuovo affrontando quel discorso, mi sembrava di vivere in un film dove alla fine la protagonista perdeva ogni cosa e si ritrovava a vivere da sola con tanti gatti. Io odiavo i gatti.
Non sapevo se a darmi più fastidio fosse il suo silenzio o il freddo pungente di Dicembre.
- Non so che dire. In questi secondi credo di aver pensato dieci risposte diverse e tutte e dieci non erano adeguate: io non so che dirti Elena.
Abbassai lo sguardo colpevole perché ogni litigio era causa mia. - Non fa niente- E ripresi a camminare, sentii i suoi passi solo dopo qualche istante.
- No invece spiegami cosa devo fare, vuoi interrompere la nostra amicizia?
- NO! - Risposi senza fermarmi e senza guadarlo, sentivo la sua presenza accanto a me.
- Vuoi... qualcosa di più?- Mi bloccai: non potevo credere che avesse detto una cosa del genere. Io volere qualcosa di più da lui? Dal nostro rapporto? Più della nostra amicizia? Scossi la testa come a scacciare quel pensiero e ripresi a camminare verso casa – Sono partito perché se fossi rimasto avremmo peggiorato la situazione. Dovevo mettere un po' di distanza tra me e te, dimenticare quel bacio e fare finta che non fosse successo nulla.
- Credi che non parlarne elimini il problema?
- No ma almeno cerco di non pensarci. Elena- Mi superò mettendosi davanti a me e camminando all'indietro come i gamberi, facendomi sorridere per un istante – tra noi due c'è qualcosa di speciale, qualcosa che va ben oltre l'amicizia e so che lo senti anche tu ma, non credo sia amore. Non so definire cosa sia esattamente quel sentimento che ci lega ma mi piace e non voglio rovinarlo per un bacio o per altro...
- Chi ha parlato di altro?
- Oh fidati, quando ti vedo in certe maniere il mio amico là sotto fa certi discorsi... - Lo spinsi. Quando faceva battute del genere era proprio un cretino ma mi aveva fatto tornare il sorriso ed era per quello che gli volevo bene, perché senza di lui non sarei stata la stessa. - Il punto è che non voglio perderti, non voglio perdere tutto questo: preferisco restare scapolo a vita che essere sposato con una donna bellissima ma senza di te, la mia migliore amica, al mio fianco a migliorare le mie giornate.
Damon era così, stronzo e idiota nella maggior parte delle volte ma dolce e spontaneo in alcuni casi e gli volevo un gran bene per quello; perché non era mai la stessa persona ogni giorno, perché sapeva sempre sorprendermi e perché avrebbe rinunciato a tutto per vedermi felice.


Mi accorsi che eravamo arrivati a casa, Damon era accanto a me in silenzio e teneva lo sguardo basso come se fosse in attesa di un verdetto finale. Salimmo i gradini e mi fermai sul portico; doveva essere molto sovrappensiero perché mi venne addosso scusandosi dopo.
- Ho avuto un fidanzato e posso averne tanti, ho già un fratello e so cosa significa; quello di cui ho bisogno è un migliore amico. Vuoi essere il mio migliore amico, per sempre?
Finse di pensarci per qualche instante e poi mi guardò raggiante – Lo voglio.


Lo abbracciai talmente forte da smettere di respirare: ero a casa; tra le sue braccia, invaghita del suo profumo, io ero a casa.



FINE.





************

Devo nascondermi o posso stare qui? Ad ogni modo sventolo milioni di bandiere bianche in segno di pace! Mi scuso, prima di ogni altra cosa, per l'immenso ritardo ma, l'altra storia che ho già iniziato a pubblicare mi ha rapita e non riuscivo più a scrivere questo epilogo, per fortuna tutto si è risolto.
Non posso crederci che sia finita... anche questa storia è giunta al termine e spero davvero di non aver deluso nessuno con questo finale.
Elena e Damon sono rimasti amici perché è così che doveva andare. Lo so che, da buone Delene, li shippavate come non mai (e anche io ogni tanto) ma ho pensato al finale ancora prima di iniziare a scrivere e, onestamente, sono soddisfatta per come sia andata tutta la storia.
So anche che molte di voi avrebbero preferito vedere loro due innamorati e fidanzati ma, come ben sapete, esistono tante forme d'amore e loro sono già innamorati a modo loro; non potevano rinunciare alla bellissima amicizia che hanno e rischiare di rovinare tutto solo per qualche scintilla sessuale che emanavano.
Non voglio stare qui a giustificarmi ancora ma solo a cercare di spiegare prima di essere attaccata o insultata! :P

Prima di salutarvi, ringrazio infinitamente Mary per aver revisionato i capitoli.
A tutte voi per aver inserito questa piccola storia tra le varie categorie, per averla letta e per averla commentata con così tanta passione; per avermi seguita e aspettata fino alla fine.

Per chi volesse tenersi in contatto con me può farlo tramite il mio gruppo facebook e per chi ancora volesse leggere qualcos' altro di mio, ma di genere diverso, ecco la mia nuova storia:

THE HE(ART) OF THE STREAP.


Lei: ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni. 
Lui: condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne: è uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed è la principale attrazione del locale. 
Entrambi pensano che l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà per soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li lascerà più allontanare.


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