Sidney's Sunset

di _LostinLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Manly Beach ***
Capitolo 2: *** Do You Wanna Be Crazy Tonight? ***
Capitolo 3: *** You Make Me Feel Alive ***
Capitolo 4: *** A Piece Of Heaven, In The Heaven ***
Capitolo 5: *** Blond Hair, Blue Eyes .. ***
Capitolo 6: *** I Fell In Love ***
Capitolo 7: *** He Should Stop Himself ***
Capitolo 8: *** Not Longer So Fast ***
Capitolo 9: *** These Were My Faults ***
Capitolo 10: *** Mistletoe ***
Capitolo 11: *** He teached Me How To Love ***
Capitolo 12: *** And I Was In His Dream ***
Capitolo 13: *** I'll teach you to fuck ***
Capitolo 14: *** Better Than Porn ***



Capitolo 1
*** Manly Beach ***


Mi ero svegliata alle prime luci del giorno sapendo di dover preparare ancora la valigia. Mi gettai giù dal letto con tutta la convinzione che avevo in corpo, e mi inginocchiai davanti ai vestiti ben impilati. Li sistemai per bene in fila con cura. Andai in bagno e presi la trousse, la riempii di tutto ciò che trovavo sotto mano e credevo mi potesse servire. La incastrai tra i vestiti e un paio di scarpe. Poi mi sedetti sulla valigia piena e cercai di chiuderla. A metà cerniera cominciai a ridere: era una cosa così buffa.
 
Mio fratello si svegliò quando la sveglia trillò nella camera dei miei genitori. E mi sorpresi ad essermi addormentata. Erano le nove e il sole cuoceva già il letto dove mi ero appisolata di nuovo. Mi precipitai fuori dalla camera infilandomi dei pantaloncini a caso e sistemandomi la camicia da notte. Non avevo tempo per sistemarmi per bene. Mia madre era già in cucina, e stava preparando la colazione. La stanza era già invasa dal profumo di uova e pancetta. Sorrisi e legai i capelli in una coda di cavallo improvvisa.
“Quand’è che arriva Hanna?”, mi chiese lei sistemando il cibo nei piatti.
 
“fra poco, passa prima di andare a scuola. Oggi cominciano alle dieci.”, dissi prendendo il succo di frutta dal frigo. Mio padre arrivò in salotto e baciò sulla guancia mia madre. Mio fratello, invece, saltellò scendendo le scale. Aveva un sorriso stampato in faccia che urtava la mia serenità. Ma sapevo che nonostante tutto quel bel faccino sarebbe restato con quell’espressione beata fino al termine della giornata. E non potevo biasimarlo. Il posto dove saremmo andati, avrebbe dato una svolta alle nostre vacanze. Anche io ero eccitata all’idea di cambiare aria, ma forse avrei preferito un’altra città dove andare. Ormai, però, non potevo ritirarmi. E anche se con un po’ di sdegno, guardai le valigie sistemate vicino al divano. Pronte per essere caricate.
“E’ permesso?”, chiese una voce dolce alla porta. Feci un salto dallo spavento.
“Certo.”, rispose prontamente mio padre bevendo un sorso di caffè. Hanna entrò in casa con i suoi capelli perfettamente ricci. I suoi occhi azzurri si soffermarono sui miei vestiti, mentre i miei, verdi, osservavano la sua gonna di jeans e la sua camicetta rossa. Era dannatamente bellissima. Fece scivolare la sacca vicino al tavolo della cucina e si sedette al solito posto. Ormai era nostra abitudine invitarla a fare colazione da noi. Sua madre non aveva mai abbastanza tempo siccome lavorava a tempo pieno. Per i miei non era un problema, anzi erano molto contenti.
Finimmo di mangiare e poi andai a cambiarmi. Indossai dei pantaloncini color crema e una maglietta attillata color cielo. Mi truccai e pettinai i capelli biondi con cura, lasciandoli scivolare sulle spalle. “A che ora partite?”, chiese Hanna fissandomi dallo specchio che avevo in camera.
“Verso mezzogiorno. In cinque ore dovremmo arrivare.”
“Così tanto?”, chiese lei, facendo il broncio. La abbracciai.
“E’ solo per le vacanze. Mi mancherai.”
“Anche tu. Ti spedirò tantissime email, e anche i compiti.”, ridacchiò e io arricciai il naso.
“I compiti puoi tenerteli.”, dissi e scoppiammo a ridere.

Sbuffai trascinando la mia valigia sulla macchina. Non potevo crederci che faceva così caldo, e che me ne stavo sotto il sole a sistemare le ultime cose. Ormai mancava poco a mezzogiorno e dovevamo ancora partire. Mio fratello Thomas si gettò sul sedile posteriore sgranocchiando delle patatine mentre mio padre si assicurava di aver chiuso casa. Mia madre era già piazzata a controllare se il navigatore funzionasse.
"Natalie? Salta in macchina.", borbottò appoggiando una mano sulla mia spalla. "Ci aspetta una bellissima vacanza."
"Se lo dici tu.", mugugnai sedendomi affianco a Thomas. Mio padre partì uscendo dal vialetto sabbioso. Guardai i tre cespugli a forma di fiamma che si erano impadroniti del giardino, assieme al piccolo albero di noci. Poi osservai il portico e i muri rossastri, il tetto bianco e le finestre ampie. Ci stavamo allontanando lentamente, e potevo vedere benissimo il numero civico di casa mia impresso sulla cassetta della posta. Superammo la chiesa con i soliti mattoni scuri, un ospedale, un paio di negozi, la stazione ed infine il cartello con la scritta blu acceso in stampatello maiuscolo, su sfondo bianco, "Henty".
Henty era il mio paese dove ero nata, un piccolo paesino nel Nuovo Galles del Sud. Non aveva neppure 900 abitanti, ed era terribilmente afoso. Sopratutto nel periodo delle vacanze di natale, perciò ogni anno eravamo abituati a fare delle brevi vacanze nella capitale di questa regione Australiana. Erano anni che non tornavamo, poichè mio padre durante gli anni precedenti aveva preferito lavorare. E ora, sotto il sole cocente del 18 Dicembre, ce ne stavamo andando da casa, per trascorrere le vacanze nella solita casetta sul mare, come facevamo sempre. E mi sembrava strano perdere dei giorni di scuola per andarmene, mentre a Thomas l'idea non infastidiva affatto.
"Cinque ore di macchina, dice..", annunciò mia madre fissando lo schermo del navigatore, mentre schiacciava tasti a caso sperando di farlo funzionare. Thomas ridacchiò e i suoi occhi scuri si illuminarono. Mi appoggiai allo schienale sapendo che mi sarei annoiata da morire. I capelli neri, ricci, e folti di mia madre spuntavano da sopra l'appoggia testa e, da dietro, sembrava una donna di media altezza mentre in realtà era un po' bassa. Io già la superavo. Aveva un viso a forma di cuore, simile al mio, con degli occhi grandi e grigi. Le labbra erano sottili e piccole, di un color rosa chiaro, spesso però rimpiazzato da un rosso acceso grazie a uno dei suoi soliti rossetti che portava nella borsa. La cosa che adoravo di più di lei erano le sue mani. Piccole, ma con le dita lunghe e sottili. Sull'anulare sinistro portava fieramente la fede del matrimonio.
Aveva incontrato mio padre proprio a Sidney, durante una gita scolastica al College. E da tutti i racconti che mi avevano accompagnato prima di andare a dormire lui non era cambiato molto. Era sempre stato un uomo con delle spalle larghe, e a quanto pare i suoi capelli biondi erano solo diventati un po' più scuri rispetto alla gioventù. Gli zigomi alti e un naso alla francese, con degli occhi marroni che spiazzavano il mondo, tale era la dolcezza che celavano.
Terminato il College i miei si sono subito sposati e sono nata io, Natalie. E dopo sette anni d'attesa, e con qualche insistente pretesa da parte mia, i miei hanno deciso di portarmi un fratello. Ammetto la delusione quando ho scoperto che era maschio, ma ormai non ci potevo fare nulla.
E ora non potevo fare a meno che guardare il mio dolce fratellino di otto anni. Aveva la pelle già abbronzata, che veniva risaltata dalla camicia bianca. I ricci neri erano corti e solo un ciuffo sfiorava la fronte libera. I suoi occhi erano identici a quelli di mio padre, ma aveva un viso delicato con gli zigomi più dolci.
 
“Mamma ho fame.”, si lamentò di colpo Thomas scuotendosi nel suo sedile. Mi arrivò una gomitata allo stomaco siccome cercava in tutti i modi di attirare l’attenzione dei nostri genitori. Lo zittii tirandogli uno schiaffo sulla nuca. Mi guardò e fece il broncio.
“Taci, ti prendo un panino.”, borbottai infastidita dal suo comportamento. Nel suo sbraitare mi aveva fatto cadere l’ipod dalle mani e mi erano scivolati pure gli auricolari. Presi dentro la piccola borsa frigo un pacchetto di carta stagnola e glielo lanciai. Per un secondo credetti volasse fuori dal finestrino aperto ma poi mio fratello lo prese al volo. Lo scartò con cura, poi appallottolò la stagnola e si infilò un boccone enorme del panino. Masticò rumorosamente.
“E’ un obbligo?”, chiese mio padre fissandolo dallo specchietto.
“Cosa?”, mugugnò Thomas col cibo in bocca.
“Fare tutto quel rumore.”, scandì bene le parole. Allora mio fratello smise e cominciò a mangiare più ordinatamente, creando comunque moltissime briciole.
“Natalie, mangia.”, disse mia madre voltandosi a guardarmi. “A pranzo hai mangiato solo una mela, sarai affamata.”
“No mamma, sto bene così.”, ma in realtà il mio stomaco stava morendo di fame. Ma non volevo ingrassare. Ogni volta che vedevo del cibo, il mio cervello calcolava automaticamente i grassi che poteva contenere. E mi faceva passare la fama, almeno mentalmente. Il mio corpo, invece, richiamava cibo. Strinsi le braccia attorno allo stomaco, come per farlo tacere. Puntualmente questo ululò così forte che mia madre lo sentì.
“Mangia, o ti sentirai male. E se non lo fai ci fermiamo e attenderò finchè non mangerai.”
“Mamma ..”, borbottai, e assieme alla mia voce si aggiunse di nuovo lo stomaco. Strinsi più forte ma non serviva a nulla.
“Natalie.”, sbottò mio padre feroce.
“Okay okay.”, sussurrai. Sapevo che portare ira a mio padre non era buon senso. Mia madre si rilassò e io afferrai un pacchetto simile a quello che avevo dato a Thomas. Lo scartai e gli lancia la carta stagnola. Lui la prese e la arrotolò sopra l’altra, creando una sfera più o meno perfetta. Lo guardai mentre cercava di modellarla e affondai i denti nel panino. Chiusi gli occhi e sperai solo che potesse saziarmi abbastanza fino a cena.
 
“Amori, siamo quasi arrivati”, sussurrò mia madre scuotendomi la gamba. Mio fratello era già sveglio. Ero intorpidita, e mi faceva male il sedere a forza di stare seduta. Vedevo in lontananza la città, e sulla strada dei paesini. Li potevo contare sulle dita delle mani, tanto erano pochi, ma questo mi rincuorava. Per quasi metà viaggio eravamo dispersi nel deserto, o sotto alberi verdissimi che ci coprivano all’ombra. Era stupefacente la quantità di verde che ci circondava mentre eravamo sull’autostrada.
Capii che eravamo arrivati a Sidney quando gli alberi furono sostituiti in gran parte da case e villette. Attraversammo il paese sulla costa, e potemmo vedere il mare che prima si infrangeva sui scogli e poi risaliva lentamente la sabbia. Era la cosa migliore, forse. Il fatto che vi erano sia spiaggie sabbiose che scogliere. Sorrisi e respirai un po’ della brezza marina. L’aria carica di sale mi punzecchiò il naso, ma non mi dava fastidio. L’odio che provavo per questo viaggio sembrava svanire. Il mare mi stava calmando, e le onde mi cullavano. Non facevo altro che osservare il loro movimento che non mi accorsi di raggiungere la nostra villetta. Scesi dalla macchina per sgranchirmi le gambe. Mi voltai dando le spalle al mare, e notai quando era stranamente enorme la nostra villa.
“Mamma, è sempre stata così grande?”, chiesi stupita. Lei scoppiò a ridere.
“Ogni anno che tornavamo me lo chiedevi. Credevo te lo fossi ricordata.”, rispose lei tranquilla. Rimasi ferma a squadrare la casa in mezzo alla strada. Tanto era l’ultima di una lunga fila. Osservai i suoi due piani, gli scalini per portare all’entrata, le piante cresciute e tagliate perfettamente. E poi l’erba verde e corta sul prato, le grandi vetrate e ancora la vista su Manly beach. Sorrisi e afferrai la mia borsa. Non vedevo l’ora di dirlo ad Hanna. Forse mi avrebbe invidiata.

*** AUTRICE ***
sono tornata in pista, e all'attacco! sono pronta a scrivere nuove storie, e sopratutto a scrivere questa. è diversa dalle ff, non ci sono i miei idoli. é da tanto che non scrivevo un libro serio, mi mancava questa sensazione. spero vi piaccia perchè io ci metterò il cuore. seriamente.
potete rilasciare recensioni, io non mordo. scrivete pure i vostri pensieri, cosa odiate o amate di come scrivo, della storia o dei personaggi. ma ricordate che questo è appne l'inizio. non prendete considerazioni troppo affrettate. ;)
xx

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Capitolo 2
*** Do You Wanna Be Crazy Tonight? ***


"Natalie, dove vai?", chiese di colpo mio fratello saltando giù dalla poltrona dove si era immobolizzato a guardare la tv.
"Esco.", dissi piano.
"Dove?"
"Alla spiaggia, ho visto un cartello che diceva che ci sono sei tornei di calcio e pallavolo. E poi ci sono le giostre stasera.", mormorai.
"Vengo anche io.", urlò felice Thomas correndo verso le scale.
"No, non venire!", urlai cercando di afferrarlo per la manica ma mi scivolò e lui finì con scontrarsi con nostro padre.
"Dove andate di corsa?", chiese alzando un sopracciglio e fermando Thomas con un braccio. "O meglio, dove vorreste andare?"
"Alla spiaggia, ci sarà da divertirsi. I tornei di sport e le giostre.. sarà fico.", disse mio fratello tutto di corsa e spinse mio padre di lato, ma lui era abbastanza forte da riuscire a restare fermo sullo scalino senza spostarsi.
"No, Thomas .. tu non ci vai.", mormorò lui e lui s'accasciò sullo scalino.
"caro?", chiamò mia madre. "ho visto un bel ristorante vicino alla spiaggia. potremmo fermarci lì a cena, siccome la dispensa è vuota. così potremmo andare alle giostre.", propose con quei suoi occhi che colpivano tutti. Le ciglia lunghe e nere che cerchiavano quelle pupille grigie e stupende. mio padre cedette.
"Bene, ci andiamo.", poi guardò me. "Ma vatti a cambiare, sei vestita ancora con la roba di prima. Avete mezz'ora.", borbottò e si diresse in cucina con mia madre sotto braccio. Thomas sfrecciò in camera sua mentre io mi sfilavo la borsa e salivo pesantemente le scale. Mi infilai in camera e la osservai ancora. Era piccolina, ma mi piaceva così. Era semplice, con quel color verde smeraldo delle pareti. Il letto con una piazza a mezza in fondo, vicino al balcone. Un grande specchio affianco all'armadio di legno. Una piccola scrivania nell'angolo con le sedia già occupata. I miei vestiti già sistemati per bene e alcuni già in confusione.La valigia inifalta dietro la porta e le altre robe sotto il letto. Slegai i capelli e mi spogliai chiudendo la finestra del balcone. Indossai una gonna beige che non raggiungeva le ginocchia e un top color confetto, un po' attilatto. Pettinai i capelli lisciandoli e li lasciai scivolare sulle spalle come piacevano a me. Mi infilai degli infradito neri e corsi in bagno. Mi guardai allo specchio mentre mi lavvavo di nuovo i denti, poi mi ripulivo la faccia e cercavo dei trucchi nella trousse. Cerchiai i miei occhi grigi con una matita e del mascara. Poi rigettai tutto in confusione nell'armadietto sotto il lavandino e uscii.
"Siamo pronti?", chiese mio padre. "Andiamo in bici.", disse uscendo e andando in garage. Lo seguimmo tutti mentre mia madre chiudeva la porta.

"Ora puoi muoverti come preferisci.", dissero in coro i miei, dopo aver pagato il conto del ristorante.
"seri?", chiesi.
"c erto, ci sono ancora due tornei e scommetto un mucchio di ragazzi senza maglietta. ", disse mia madre soffocando una risatina. Mio fratello s'imbronciò di colpo. "Noi andremo alle giostre, vero Thomas?", disse punzecchiandogli la guancia. ridacchiai. 
"Grazie, torno prima di mezzanotte.", promisi e inforcai la bicicletta dirigendomi verso la spiaggia dove vi erano musica, luci e le giostre. Subito dopo vi erano i campi per giocare, e volevo assolutamente vedere almeno una partita di calcio. Superavo tantissima gente che si dirigeva dove andavo io, e moltissimi gruppi di ragazzi ridacchiavano fra loro reggendo delle birre in mano facevano battute su tutti. probabilmente erano già ubriachi. Mi fermai e appoggiai la bici assieme a tante altre. Seguii la folla stringendomi la borsa al ventre mentre cercavo di scivolare tra la gente per arrivare ai campi dove stavano giocando. Superai moltissime casse posizionate strategicamente che pompavano musica al massimo volume e raggiunsi finalmente degli splati fatti con sedie rosse che erano già pieni. Scrutai con lo sguardo ogni singolo posto e ne trovai uno vuoto. Respirai profondamente e salii le scale, spintonando anche qualcuno, ma subito m'impossessai di quella sedia. Mi sedetti e mi accorsi che la partita era già quasi a metà.il punteggio era a 10 a 7 per la squadra dei 'bianchi' mentre i 'rossi' non riuscivano a rimontare.
"la peggiore partita di calcetto del mondo.", commentò una affianco a me. Aveva dei capelli rossi e ricci che scuoteva di continuo. Il naso alla francese, e le labbra sottili. parlucchiava con la sua amica, che stringeva uan lunga treccia tra le mani mentre i suoi occhi si posavano velocemente da un ragazzo all'altro, senza seguire il pallone. "anche se il mio ragazzo sta vincendo, ha fatto solo cinque goal.", si lamentò ancora. Tornai a guardare la partita evitando di ascoltare cosa diceva, ma la sua vocina stridula interrompeva i miei pensieri e la mia concentrazione. Poi, quando un ragazzo che portava il numero 10 nella maglia cominciò a correre alla porta avversaria col pallone tra le gambe, la ragazza si alzò di colpo uralndo il suo nome e incitandolo 'Vai Stefan, vai!'
Osservai il ragazzo, mentre faceva il suo goal. Aveva il viso allungato, con le labbra proporzionate, gli occhi verdi e la fronte sudata. portava i capelli corti di lato, con una bassa cresta e delle lunghe basette. Non riuscivo bene a identificare il loro colore, se erano marroni scuro e neri. Appena si allontanò dalla porta cominciò a correre e a urlare, i suoi amici gli saltarono addosso ridendo, mentre lui un po' li scrollava e un po' li abbracciava. Poi guardo verso gli spalti e vidi che i due giovani, lui e la ragazza affianco a me, si guardaorno negli occhi. Lei le lanciò un bacio e lui sorrise. "E' bellissimo, vero?", chiese conferma lei appoggiandosi sulla spalla dell'amica. Poi il ragazzo spostò il suo sguardo e casualmente incontrò il mio. Rimasi incantata dai suoi occhi così verdi, e accennai un sorriso. Lui, non so per quale motivo, allargò il suo e alzò piano la mano, quasi come per salutarmi. Ma io non avevo capito nulla, e ormai era stato spintonato al suo posto. pronto a tornare a giocare.

La folla si era diradata dagli spalti e c'erano solo delle coppiette negli angolini. Rimasi ferma al mio posto, aspettando che diventasse tutto calmo, nonostante il rumore delle risate, grida e musica che rimbombava alcune decine di mentri più in là. La ragazza dai capelli rossi era scesa giusto alcuni minuti prima ma la sua amica con la treccia se ne era andata a casa con una scusa qualsiasi. La rossa non ne aveva dato troppa importanza, e si era gettata verso un gruppetto di ragazzi. Guardai il cellulare sperando di non trovare chiamate perse. Trovai solo un messaggio, era Hanna. Mi chiedeva come stavo, scrissi mentendo che mi stavo divertendo già. In realtà l'unica cosa entusiasmante era stata la partita.
"Ehy, scusami, posso disturbarti?", feci un piccolo salto dalla sedia per lo spavento. una voce terribilmente sexy ruppe i miei pensieri. alzai lo sguardo e vidi il giocatore, col numero 10 sulla maglietta, fissarmi.
"ehm .. dimmi.", balbettai. non sapevo che dire. cosa voleva? voleva parlarmi? comicniai a tremare e a sentire terribilmente il caldo che mi circondava. più lo guardavo negli occhi più la mia mente si offuscava ma non potevo distogliere lo sguardo, o sarei sembrata poco gentile.
"hai visto la ragazza rossa e quella con la treccia?", chiese e io evidentemente strabuzzai gli occhi. rimasi delusa dalla sua domanda. "quelle affianco a te.", continuò lui.
"no.. sono andate via. la rossa è andata nelle vicinanze, l'altra a casa. credo..", dissi infine. non sapevo se restare sconcertata per la richiesta in cui non centravo nulla, o esserne sollevata. mi chiesi cosa sarebbe potuto succedere se avesse chiesto di me. ME. stavo pensando troppo velocemente, le idee si ammucchiavano sulla mente e non riuscivo a compredere ciò che mi stava dicendo. Mi sembrava che le orecchie mi stessero per fischiare. Non sentivo l'aria, come se l'afa mi stesse soffocando.
"Stai bene?", chiese. questo riuscii a capirlo. i suoi occhi si aprirono lasciandomi ammirare il verde dove mi specchiavo. e il sorriso scomparve quando scossi la testa. no, non mi sentivo bene. "ti gira la testa?", chiese ancora. non sapevo cosa dire.
"scusa, devo andare.", disis e afferrai le mie cose. lo scansai e corsi giù dagli spalti. mi voltai solo per vedere il suo sguardo posato su di me. Mi allontanai veloce, più lontana che potevo dalle giostre e tutto qul rumore, più lontano da lui. Maggiore distanza lasciavo tra noi più riuscivo a ragionare, prendevo aria e capivo. Mi fermai davanti al mare, a forse un kolimetro dal frastuono. Mi gettai sulla sabbia ancora bagnata dall'ultima marea. Mi sfilai gli infradito e li appoggiai vicino alla borsa.
Driin. Driin.
Mi premetti le mani sulle tempie, volevo morire. Mi sentivo malissimo. Come se quel ragazzo mi avesse rapita dal primo secondo. ma non capivo nulla. ero così confusa che tutti i rumori si attutirono. volevo solo morire. per non pensare, per non dover capire. non capivo nulla. sentivo il sangue pomparmi nelle vene. premetti più forte.
Driin. Driin.
Emisi un gridolino stridulo, forse per calmarmi. APrii la borsa e cercai il cellulare di nuovo. sembrava disperso tra la roba e non lo trovavo. intanto la testa mi scoppiava.
Driin. Driin.
"Smettila cazzo.", borbottai agrottando la fronte. afferrai il cellulare, era Hanna. "Pronto?"
"Natalie, stai bene?", chiese lei.
"Sì, tutto okay."
"non sembra, la tua voce è strana."
"scusa, è un po' di mal di testa. mi sono allontanata dalla festa apposta."
"capisco. hai già mangiato?"
"sì, tu?"
"anche io.", non capivo perchè aveva deviato il discorso sul cibo.
"e ragazzi carini?", le tempie s'infuocarono di nuovo quando ripensai a Stefan.
"no. nessuno.", dissi secca. lei non notò il tono di voce in cui lo dissi, quasi sputando le parole tra i denti. "ci sentiamo domani?", tagliai corto.
"sì, a domani.", disse confusa.
"ti voglio bene, buona notte.", sussurrai per accontentare la sua curiosità.
"anche io, notte.", chiusi velocemente e fissai di nuovo il mare.le onde erano così terribilmente calme.
"ti ho spaventato?", sobbalzai di nuovo. maledettamente.
"no.", risposi e lui rise.
"e perchè tocchi il cielo quando ti parlo."
"appari di colpo, senza far rumore.", dissi voltandomi. lui si stava sedendo vicino a me, ad una distanza degna.
"scusami.", sussurò. "sei nuova?"
"vacanza, come ogni anno quasi.", risposi fissando di nuovo il mare.
"per le vacanze di natale?"
"sì, come sempre."
"non ti ho mai vista."
"la città è grande.", perchè ci stavo parlando? non era sano. non era normale.
"ti piace il calcio?"
"sì, mi piace.", risposi netta.
"oh .. sai giocare."
"no guarda, mi piace perchè è di moda quest'anno.", lo fulminai e lui rise.
"sei divertente.", disse lui sorridendomi. "sei con i tuoi alla festa?"
"non sono una bambina, mi hanno lasciato libera.", dissi ma in realtà era una delle poche volte in cui non pasasvo tempo con loro. forse ero semplicemente abituata ad averli sempre attorno che non ci facevo caso. non mi importava uscire con gli amici, forse perchè in generale Hanna era l'unica che avevo. e lei veniva sempre a casa mia. non mancava mai.
"e allora perchè sei qui e non vai a divertirti?"
"ti piacciono le giostre?", chiesi.
"ho fatto uan domanda prima io."
"beh, non mi piace quando sono sola tra la folla con troppo rumore."
"non sei sola, e non c'è neppure troppo rumore.", disse aprendo le braccia e sorridendo. io risi rilassandomi.
"ti piacciono le giostre?", ripetei.
"sì, e ti propongo di venire con me."
"e la tua ragazza?", chiesi.
touchè.
" è andata via. ci ho parlato prima." , rispose subito. "ma non credo staremo assieme per molto. comunque non dovrebbe interessarti." 
"e io non dovrei uscire con gente che non conosco."
"sei diffidente?"
"sono matura.", risposi.
"uhm ... vuoi fare la pazza almeno per stasera?", chiesi con un tono così convincente che mi fece alzare lo sguardo al cielo.
"perchè dovrei?"
"così facciamo amicizia."
"perchè me?", chiesi ancora.
"mi stia simpatica: ti piace il calcio."
"è una tattica?", chiesi e rise. dovevo smetterla, perchè come rideva mi faceva sentire dipendente. dipendente da lui, e dalla sua risata.
"no, dai. se ti annoi poi puoi andartene quando vuoi.", si alzò e si pulì i jeans dalla sabbia. prese la mia borsa e mi tese la mano. "Sono Stefan.", lo guardai. afferrai la mano per alzarmi ma non gli dissi come mi chiamavo. indossai gli infradito, mi ripresi la borsa e ci guardammo per un istante.
"Stefan cosa?"
" Stefan Wayne. tu?" 
" mi fido di te. ", sussurrai e lui sorrise compiaciuto.
 "non te ne pentirai. sono una persona responsabile. ", e come lo disse ci credetti. perchè sembrava l'esatta persona che sapeva cosa dire sempre. quella intelligente ma bella, furba ma ingenua, matura ma divertente. esattamente equilibrata per ogni singolo dettaglio. sorrisi.
" Natalie McCarthy. ", sussurrai.
" E' un piacere, lady." , mi fece ridere. "Ora la scorterò con la carrozza reale fino al palazzo dove si svolge il galà." 
" la carrozza? "
" il monopattino." , sco ppiai a ridere. "no, scherzo. andiamo a piedi.", lo guardia men tre camminava ma non lo seguivo. "senti, Natalie, sono una persona per bene. è solo che boh, qualcosa mi dice di parlarti. hai presente quando hai una sensazione dentro di te? beh, io mi sento come se ti conoscessi. mi sento come se ti dovessi qualcosa. quando prima ci siamo incontrati con gli occhi, mi hai stupito. non so, è diverso da stregato. sono solo rimasto colpito. da qualcosa in te." 
"in che senso?"
"non lo so, ho solo la sensazione che devo come proteggerti."
"questa è uan tattica?", chiesi.
"sì. non credevo fossi così intelligente da arrivarci subito.", disse e scoppiammo a ridere. gli diedi un pugno sulla spalla. non so perchè lo stavo facendo. non so se quello che mi aveva detto era vero. ma la sensazione che lui aveva descritto.. beh, io l'avevo provata.

***AUTRICE***
io mi fumo le canne. non avevo idea di cosa dovevo scrivere. scusatemi, spero vi sia piaciuto lo stesso lol
io non mangio, quindi potete recensire. e sopratutto non mangio le vostre recensioni, anche se momentaneamente ho fame :)
cosa importante: c'è un mio amico, su twitter MaDeGomez_ a cui devo 'un credito': per creare questa storia non sapevo ancora il titolo. quindi lui m'è la gentilmente 'donato'. lo dice sempre, a volte mi ricatta. lo scrivo qui in modo che voi possiate capire che in realtà la storia è SEMPRE STATA, e SARA' MIA, perchè l'ho scritta io. di suo, c'è solo il titolo.
#peace&love xx

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Capitolo 3
*** You Make Me Feel Alive ***


Mi svegliai piano, lasciando che il sole entrasse a riscaldare il letto. Mi stiracchiai godendomi tutta quella felicità e non smisi di sorridere. Mi alzai e mi sentii pronta a fare di tutto. In mente avevo ancora il pensiero del sorriso di Stefan e di come mi indondava, e di come potesse illuminare l'intera città. Aprii al finestra e fissai il mare che sotto la casa si frastagliava contro gli scogli. Mi spogliai togliendomi il pigiama e infilai dei pantaloncini da tuta e una maglietta. Accesi il cellulare e lo infilai in tasca. Scesi le scale legandomi i capelli in una coda e mi gettai in cucina. Non c'era ancora nessuno. Forse erano ancora a dormire. Avevamo fatto tardi, tutti quanti. Aprii il frigo e presi il il barattolo del latte, me lo portai alla bocca e bevetti un sorso. Solo per raffreddare la gola calda. Aprii la dispensa e mangiai velocemente due biscotti presi a caso dal sacchetto, poi lasciai tutto sul tavolo e guardai la schermata del cellulare. Come sfondo c'era una luminosa foto di me e Stefan. L'avevamo scattata la sera prima, quando mi aveva chiesto se mi stavo divertendo. Gli avevo detto di sì, e allora lui ha voluto fermare il tempo con una foto. Poi l'avevo lasciata lì come lui l'aveva impostata. Mi piaceva troppo vedere i nostri occhi illuminati dalla luna. Ridacchiai tra me.
Uscii di casa chiudendo piano la porta. guardia l'ora: erano le otto di mattina. Indossai le cuffie e cominciai a correre giù sulla via, dirigendomi verso la città. Correvo con il mio solito andamento, questa volta senza ascotlare con troppa attenzione la musica: ero troppo impegnata a ricordare ogni singola cosa che avevamo fatto la sera prima, io e Stefan. Ci eravamo divertiti così tanto.

"Allora, questa è la mia ragazza. Questa è una mia amica. Alexia Rose, Natalie McCarthy. Natalie McCarthy, Alexia Rose.", disse Stefan con quel tono così serio che mi faceva rabbrividire. La sua ragazza scosse i capelli rossi e mi sorrise. Ci stringemmo al mano sotto gli occhi del suo ragazzo che sembrava compiaciuto.
"Quando l'hai conosciuta?", chiese Alexia fissandomi. sembrava mis tesse squadrando, osservando tutto di me. mi pentii di non aver indossato qualcosa di migliore.
"Anni fa', è tornata per le vacanze.", sorrise e io abbassai lo sguardo. Stava mentendo, io non lo facevo quasi mai. Sperai che non vedesse come stavo diventando rossa, un po' per l'imbarazzo un po' per la menzogna, così finsi di giocherellare con un pezzo della gonna beige. Loro continuarono a parlare di me, finchè Alexia mi chiese dovevo comprato la borsa.
"Ai grandi magazzini qua vicino.", dissi ricordando dove mia madre aveva detto di averla comprata. "non ricordo bene dove, è passato molto tempo."
"Comunque è carina.", disse sfiorandola e mi sorrise. io feci lo stesso. "facciamo un giro? intanto mi dici qualcosa di te?"
"Oh, non saprei.. forse volete stare da soli.", sussurrai. Lei guardò Stefan e scosse la testa.
"Non importa. vieni.", disse e prese per mano il ragazzo.

"Stai attenta ragazzina!", urlò un signore che frenò di colpo. Il suo clacson mi riportò alal realtà. Stavo attraversando la strada, non sulle striscie pedonali.
"Mi-mi scusi..", borbottai mai lui, arrabbiato, sgommò via appena mi scansai per lasciarlo passare. un paio di ragazzi si fermarono a ridere ma non c'era nessun'altro in giro. corsi verso il mare sperando i poter godere dell'aria e di tranquillità. Evidentemente era una richiesta difficile, poichè le spiaggie erano già piene e molte persone avevano deciso di alzarsi presto per correre. Sbuffai mentre superavo una ragazza che cercava di correre ma si feramva sempre più spesso. Realizzai poi che gran aprte della gente la mattina non era in città perchè avevano già scelto un posto sulla sabbia. Guardai due ragazzini lanciarsi un pallone da calcio,e questo mi riportò alla sera prima. di nuovo mi ritrovai a ripensare a come avevamo riso.

"Hai fame?", mi chiese quando era quasi mezzanotte. tastai la mia pancia con la punta delle dita, quasi per chiedere conferma. lui rise. "Alexia è andata via, possiamo mangiare ora."
"Non ti lascia mangiare?"
"Ha paura che ingrassi.", scoppiai a ridere guardando il suo fisco che sembrava scolpito nel marmo. la pancia piatta e i bicipiti in bella vista. "Lo so, ma sai com'è.. una fissata.", gli diedi un pugnetto sulla spalla.
"Hot Dog?", chiesi guardando uan bancarella invitante.
"Salse?", domandò e risi.
"Sì, tutte. le metto ovunque."
"Mi piaci sempre di più.", disse facendo volare via il mio cuore. "Anche io ne mangio tantissime.", tornò subito indietro con due hot dog ricoperti da tantissima salsa che sbrodolava da quasi tutti i lati. scoppiai a ridere e afferrai il mio.
"quanto ti devo?", gli chiesi quando io ero arrivata a metà, e lui aveva già terminato il suo.
"nulla.", borbottò. "ho pagato io.", risi.
"Sì, c'ero arrivata. ma quanto ti è costato? dopo ti ritorno i soldi."
"no, ho offerto io.", rispose.
"dopo ti pago una giostra.", dissi e affondai i denti nel panino. "comunque la tua ragazza.. credevo fosse antipatica, invece è molto carina."
"sì, è bella.", rispose lui guardando il cielo.
"nel senso del comportamento. è forte.", spiegai.
"lo so.", mi guardò negli occhi e mi sembrava che stesse mentendo. o che stesse comunque dicendo quelle parole con poca convinzione.
"hai dei problemi?", chiesi di botto appena superammo un gruppo di ragazze che ridevano come galline.
"io? no."
"e perchè quello sguardo vacueo?"
"che sguardo?", chiese lui.
"nessuno.", risposti pentendomi della domanda. mangiai ancora e appena potemmo gli ripagai l'hot dog con una giostra. sparò contro delle lattine di plastica e vinse un cuoricino verde di pezza, da usare come portachiavi. la mia mente si fermò di colpo, per ricordare dove l'avevo appoggiato. poi il cuore tornò a battere immaginandolo sulla scrivania, vicino alla borsa. Ieri sera avevo lasciato tutto lì, troppo stanca che sistemare le cose.

La spiaggia vicino alla quale stavo correndo era praticamente deserta, e la città era lontana. Fissai il cellulare per guardare l'ora: erano le nove e mezza. Possibile che avessi fantasticato tutto quel tempo? Mi feci scappare una risata pensando che nonostante tutto non avevo mai corso così tanto tempo. Mi porsi una mano sulla fronte e la sentii sudaticcia. Mi fermai, tolsi le scarpe e i calzetti, camminai sulla sabbia e cominciai a fare streccing (?) stirandomi un po' i muscoli. Mi sentivo terribilmente calda e cercai di rilassarmi tendendo le braccia dietro la schiena. Poi mi lasciai scivolare sulla spiaggia e tesi le gambe e cercai di raggiungere i piedi con le dita. Risi.
Non ridevo, e non ero così felice da tanto tempo. Mi sembravano secoli, anche se sapevo che ridevo praticamnte ogni giorno con Hanna. Ma Stefan mi faceva ridere in un modo così geniuino, vero, bello. Mi faceva sentire viva. Spensi la musica, gettai il cellulare vicino alle scarpe e corsi fino all'acqua. mi bagnai i piedi e poi un po' i polpacci.
"Ehy, ti becco sempre in giro?", chiese una voce dietro di me. Mi voltai automaticamente, e il sorriso mi accecò come il sole.
"Stefan?", chiesi e lui annuì. "Come mai qui?"
"Ero in giro in moto. tu?", si sedette con le gambe incrociate affianco a me. Portava dei jeans neri strettissimi e una canottiera bianca. Nella mano destra reggeva il casco, mentre con la sinistra imitava il modo in cui mi spostavo i capelli da davanti agli occhi. Scoppiai a ridere.
"Correvo."
"Ah, è vero .. mi avevi accennato. come mai?"
"Per noia
."
"Vorrei avere anche io del tempo per annoiarmi.", sorrisi.  "A che ora devi essere a casa?"
"prima delle dieci."
"Vuoi un passaggio?"
"Credi che riuscirò a tornare a casa correndo?"
"uhmm.. sì."
"Bene, allora non serve.", dissi e mi infilai i calzetti. indossai le scarpe e afferrai il cellulare.
"Dai, ti porto io. tanto devo andare a prendere la mia ragazza. facco una deviazione."
"veramente?", domandai.
"Sì, e siccome ho il pomeriggio libero, dopo ti vengo a prendere?", chiese ancora.
"per fare cosa?"
"eddai, so pochissimo di te. e tu poco di me.", mi aiutò ad alzarmi e mi trascinò alla sua moto. Salì di corsa e io mi aggrappai a lui. mi lasciò il casco per sicurezza. Partì quais subito, e fui costretta ad allacciarmi al suo ventre con le mani. Poi prendemmo una scorciatoia che saliva dalla scogliera, verso casa mia, senza entrare nella città. E qui rallentò abbastanza da riuscire a sentire la sua voce: "Lascia le mani, ti sentirai volare.", inizialmente non lo feci, impaurita ma poi continuò a spronarmi. allora lasciai le mani e allungai le braccia quasi ad abbracciare il cielo. e chiusi gli occhi, Stefan accellerò solo quel poco per sentire l'aria che mi colpiva. Era fantastico.

"Bene Natalie, a dopo?", mi chiese appena gli restituii il casco.
"Quando?"
"Non so, verso le due? o le tre?", domandò e non potei fare a meno di non sorridere guardando il suo volto così felice.
"Due e mezza?", dissi tra l'indecisione. lui rise.
"Bene, ci vediamo dopo, allora."
"Sì, ciao."
"Ciao Natalie.", mi salutò e io entrai in casa. Prima di richiudere la porta lo vidi mentre sfrecciava nella via, e poi si voltò verso la casa, per poi tornare a guidare. Corsi sulle scale e mi tolsi la maglietta ancora prima di entrare in bagno. Mi spogliai del tutto e mi infilai sotto la doccia. Ancora una volta i miei pensieri erano troppo affolatti nella mente. Mi confondevano. Non sapevo cosa pensare e non sapevo cosa dire. Lasciai che l'acqua mi coprisse mentre dalle labbra uscivano piano le parole di alcune canzoni che mi passavano nella testa. Ripensai a come mi era sembrato bellissimo abbracciarlo, e di come mi ero sentita ancora più viva quando mi ero lasciata andare. E di come mi sentissi me stessa mentre parlavamo. Sembrava riuscisse solo a  tirare fuori le parti migliori me. Forse era colpa del suo sorriso così perfetto che mi lasciava senza fiato. O dei suoi occhi  che correvano veloci, ed erano così sinceri e curiosi.
Uscii dalla doccia e mi avvolsi dall'accapatoio. DI sotto sentivo i passi di alcune persone, e pensia che si erano ormai già alzati tutti. Mi asciugai di corsa mentre ripensavo al suo viso e a come mi sembrava ad ogni sguardo sempre più perfetto. Scossi la testa, ricordandomi che aveva una ragazza.  i capelli ancora baganti lasciarono delle piccole goccioline d'acqua sul vetro.
"Stefan ama Alexia.", mi dissi. "e Alexia ama Stefan. Facile da comprendere.", ma non altrettando facile da digerive.

***AUTRICE***
Bonjour. Eccomi, un altro capitolo alla scazzo. Devo bene prima delineare i contorni della storia, e non so ancora come fare. non importa, sistemerò presto. promesso.
Chiedo perdono per gli errori che mi scappano. ma non riesco sempre a fare correzzioni perfette.
Ci sentiamo al prossimo capitolo. :) xx

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Capitolo 4
*** A Piece Of Heaven, In The Heaven ***


Stefan mi aveva mandato un messaggio una decina di minuti prima, avvisandomi che sarebbe arrivato a momenti. Mi ero subito gettata giù dal divano, lanciando per aria il mio libro di inglese ed ero scivolate sulle pantofole di mio fratello thomas. "Maledizione!", borbottai prima che tutti gli altri componenti della famiglia potessero scoppiare a ridere o,peggio, fermarsi a chiedere se stavo bene. non avevo abbastanza tempo. Corsi di sopra e spalancai la porta di camera mia con un calcio, e mi fiondai davanti all'armadio. i capelli spettinati che scendevano sul viso mi rallentavano la decisione. non sapevo cosa mettermi. non sapevo neppure cosa avremmo fatto. Presi la spazzola dal comodino e mi pettinai i capelli sperando di calmarmi, e almeno di non perdere tempo. Alla fine scelsi una gonna azzurrina e una camicia bianca. Indossai tutto di fretta mentre mi truccavo un po', almeno per nascondere il rossore dell'abbronzatura presa male. Misi ai piedi delle ballerine bianche e catturai la mia borsetta preferita da sotto il letto, domandandomi come ci era finita. E poi, mentre mi voltavo verso al finestra, per guardarmi meglio e controllare che fossi almeno accettabile, suonò il campanello. Il suono breve e forte trillò per tutta casa.
"Chi sarà?", chiese mio padre di sotto.
"E' per me!", urlai e scesi le scale, due scalini alla volta, pregando di non inciampare. Raggiunsi la porta prima di tutti gli altri, che si erano stranamente paralizzati in salotto. "Torno prima di cena, prometto.", dissi e uscii chiudendo la porta, senza guardare fuori, fissando dentro casa sperando che non stessero spiando dalla finestra. Indietreggiai e andai a sbattere contro qualcuno.
"Ciao Natalie.", mi salutò Stefan.
"Ciao.", dissi sorridente.
"Andiamo?", chiese.
"Dove?", domandai.
"In un parco, uno tra i miei preferiti.", mi accomapgnò alla moto, come nella mattina, e partì appena mi fui sistemata il casco. e come avevo pensato, il naso di mia madre era incollato al vetro. potevo benissimo vedere la nuvoletta bianca di vapore che era rimasto alla finestra. mio padre dietro di lei, mentre Thomas era corso di sopra, sul davanzale del corridoio, da dove ci spiava, dietro una pianta rosea, sperando di non farsi vedere.
Superammo molte macchine, troppe case, un infinità di alberi che coprivano spesso, con una volta, la strada rendendo tutto più meraviglioso di quanto già non era. Ormai non mi aggrappavo più a Stefan con troppa insicurezza, poichè ormai avevo capito che non serviva. Ma invece osservavo la città che mi circondava, mentre tantissime ragazze lasciano dolci occhiate a noi due, forse credendo che fossimo una coppia. ma non mi sentivo affatto così. forse eprchè sapevo la storia, forse perchè con quel casco addosso, Stefan poteva essere qualsiasi ragazzo avrei voluto. Poi lui rallentò entrando in una specie di piazzola, lasciò la moto vicino a tante altre e io gli restituii il casco. Lui mi sorrise.
"Allora dove siamo?"
"il parco migliore dell'Australia. è piccolo, è solo un parco dove ammirare la natura."
"E come si chiama?", chiese tutta eccitata.
"Chinese Garden of Friendship.", già dal nome la mia mente volò oltre a tutto e cominciò a pensare e immaginare. "E' stupendo, merita.", mi sorrise e poi mi prese il polso, trascinandomi ridendo verso l'entrata. Era una tipica piccola costruzione in stile cinese, col il tetto che aveva le parti finali rivolte verso l'alto. Era di un colore arancione acceso, con delle piccole grate ai lati. Un signore ci fece un inchino e Stefan seguì lo stesos movimento. Io mi piegai un poco e sorrisi, ma non capivo lo stesso. Seguimmo il corridoio accerchiato da tantissimi bonsai (?) su dei piedistalli. Era tutto così pieno di verde, e potevo benissimo vedere l'acqua dei laghetti. Camminavamo sulle delle piastrelle sistemate perfettamente una affianco all'altra, e potevo sentirlo benisismo grazie alla suola fine delle scarpe. davanti a noi emergeva una specie di fontanella dove due dragoni, uno arancione e uno blu, uno di fronte all'altro, si guardavano. Sembrava stessero sorridendo. Avevano dei lunghi fili che partifano da sotto le narici, come lunghi baffi, e questo li rendeva un po' buffi. sorrisi. Camminammo sopra un piccolo ponticello, accerchiati dall'acqua calma e lucente. Da essa si innalzavano delle pietre particolari, ma subito la mai vista fu confusa da un enorme salice piangente, le cui fogli mi sfiorarono il viso. Stefan ne scostò un paio, quasi infastidito. Eppure sorrideva. Salimmo su un percorso di sassi grossi, dove fui costretta e seguirlo, talmente era stretto e raggiungemmo un altro edificio rossastro, con lo stesso tetto.
"Questo è un tempio.", mi sussurrò e poi indicò delle persone che sfioravano con la punta delle dita le pareti. Alzia lo sguardo, notanto che era molto alto, e poi fissai Stefan che mi guardava. "Giu' c'è una cascata, seguimi..", disse sempre sussurrando e mi portò , dopo una scalinata di marmo bianco, di nuovo sulle rive del lago. E più in là una cascata. Era abbastanza alta, forse due o tre metri. "bella?"
"Sì .. ma ancora non capisco perchè mi hai portato qui.", dissi e lui mi sorrise.
"Te lo spiegherò ora.", mi prese di nuovo il polso e prendemmo un altro sentiero come quello di prima, portandoci ancor aun po' più in alto. Poi ci fermammo quando raggiungemmo una piccola capanna, sempre acon lo stesso stile, che non era circodanta da visitatori. CI eravamo solo noi due. E potevamo vedere tutto il parco sotto, e la cascata, e il salice e tutta la gente.
"Bello...", dissi forse con troppa felicità, rimanendo a bocca aperta. Da quel punto notai un'altra decina di piccole cascate, altre edifici e tante altre statue nel lago. SI vedeva veramente tutto. E dietro gli alberi e ilv erde, i palazzi e el case della città. Un angolo di paradiso nel paradiso.
"Avrei dovuto dirti che saremmo venuti qui.", disse lui lasciandomi sedere su uno scalino.
"Forse no, hai resto tutto migliore. Non mi sarei mai aspettata un posto simile, qui."
"Io ci vengo tantissime volte, ormai il direttore mi conosce. Da piccolo ci venivo sempre quan i miei lit-", si fermò di colpo e poi mi guardò.
"Non importa, tutti i genitori litigano.", sorrisi e gli diedi una pacca. lui accennò un sorriso.
"Beh, è stupendo, no? qua è forse l'unico posto dove posso pensare, oltre che sopra la mia tavola."
"fai surf?", chiesi sgranando gli occhi.
"Sì, ma non sono qui per questo. ti avrei portato alla spiaggia.", ridacchiai. "stavo dicendo.. qua mi piace pensare, è un posto dove riesco a rilassarmi. ed è qui che porto le persone a cui tengo, a nuovi amici di cui voglio essere sicuro che siano amici."
"è un test?", chiesi confusa.
" nono, volevo chiederti aiuto. ", aggrottai l a fronte e lui alzò le mani. "ascoltami prima." 
" okay, ci sono. ", dissi sorridendo.
" lo so che è azzardato, ma momentaneamente sei l'unica ragazza che conosco che beh.. a cui piace alexia. "
"l a odiano così in tanti? "
" Sa esserea antipatica, per quello. ", disse e poi mi sorrise. "ma in realtà non lo è." 
"a me piace. è una ragazza carina."
"ho dei problemi nella nostra relazione. è stupido chiederlo a te, isnomma non ti può interessare molto ma.."
"Stefan, posso aiutarti. veramente, mi sembri un ragazzo così intelligente. ci sarà di sicuro un giorno in cui ricambierai il favore."
"Grazie mille Natalie.", sorrise e io mi voltai per guardarlo meglio. Appoggiai la schiena sul muro rosso e lo fissai attendendo che cominciasse a parlare. "bene, lei non è proprio un tipo come te: non è una ragazza che pensa, studia e legge. che ha un anima pura come la tua. non è perfettamente sincera e gentile come te. ma ha i suoi lati positivi, solo che li lascia sempre per me. siccome crede che la tradisca beh, vorrei fargli capire che non è così. o per lo meno farmi perdonare del tempo che non trascorro con lei. E' possibile che già ora sia alla mia ricerca affannosa, perchè non le ho scritto dopo pranzo. mi capisci?"
"iper protettiva.", riassunti brevemente.
"ecco, ma la amo.", queste parole mi colpirono forte al petto. sia perchè non avevo mai sentito un ragazzo dirlo, ed era una parola grande, amare. ma fors emi turbò di più perchè lo aveva detto col cuore, e lo aveva detto ad un altra. scacciai i pensieri che mi vedevano assieme a lui e mi concentrai.
"falle una sorpresa e organizzati in modo da poter stare con lei ancora più tempo."
"ma con il surf, gli amici .. e poi volevo conoscere meglio te... non ho molte possibilità."
"okay, allora scegli.", si guardò le mani per un po'.
"toglierò del tempo a tutti, così non dovrò sentirmi in colpa."
"e per la sorpresa?"
"avevo comprato da te una collana con ciondolo le nostre iniziali assieme. ma non saprei quando dargliele.", aggrottia la fronte ancora una volta.
" l'altro giorno mi avete detto che faceva corsi di matematica il giovedì pomeriggio, no? ", domandai e lui annuì. "presentati a fine lezione con il regalo e delle rose." 
"rose? non sono il tipo .. cioè, sai, devo mantenere la reputazione da macho.", risi.
"questo la stupirà ancora di più.", mi sorrise.
"rose rosse?"
"anche se non sono le mie preferite sì. rose rosse. passione. amore.", mi voltai e fissai il cielo che veniva rispecchiato dall'acqua limpida.
"sei sicura che funzioni?"
"sempre melgio di non fare nulla.", gli sorrisi. non avevamo parlato se non più di qualche ora assieme, e mi sembrava di conoscerlo da sempre. mis embrava di essere costretta a stare al suo fianco. e coem amica mi sembrava abbastanza. e non riuscivo a credere che ci dessimo così tanta importanza, a vicenda. come se fossimo perfettamente sicuri di potersi fidare l'uno dell'altra.
"sei speciale Natalie. non so come fai, ma mi comprendi come nessun'altra.", mi alzai e feci un piccolo inchino.
"al suo servizio.", rise e mi sentii invadere di felicità. aveva riso per una mia battuta. "mi piace quando parliamo.", dissi poi mentre scendevamo di nuovo vicno al lago. Superammo un altro ponticello, i bonsai dell'entrata e fummo di nuovo fuori, con il cielo che diventata un po' più scuro. e poi fissai il mare, in lontananza, che era blu, un po' aranciato dal sole che scendeva piano. "è facile, come se non .."
"non dovessimo preoccuparci di cosa dire? come se qualsiasi cosa ti dica sia ben costudita e protetta? come se non avesis problemi a dirti nulla?",annuii. "lo sento anche io."
"non so, è una sensazione bellissima. è come se pensassimo sullo stesso livello. sulla stesse lunghezza d'onda.", sussurrai, ma per farmi sentire solo da lui. mi passò il casco.
"  approposito di onde.. sai fare surf  ?", scossi la testa.  "ti andre bbe di imparare? domani?" 
" la mattina devo andare a fare spese con mai madre ", dissi. "e poi è giovedì. alexia attende il suo cavaliere.", mi sorrise. 
"hai ragione. allora a venerdì?", domandò.
"Sì, venerdì può andare bene.", sorrisi e saltai dietro di lui in moto. si infilò velocemente il casco e sgommò via. Mi voltai solo per vedere gli alberi torreggiare ancora sul parco. E ricordai con piacere tutte le cose che avevo appena visto, con tutti quei fiori colorati che mi riempivano la mente. Quel pezzo di paradiso nel paradiso.

***AUTRICE***
Oddio io amo scrivere questa storia. Lo so che ogni scrittrice dovrebbe amare la propria storia, ma mis ento più eccitata io di voi (?)
Prima di tutto vorrei chiedervi cosa ne pensate? è brutta? cambiereste qualcosa? beh, io no ùù
vorrei rignraziare particolarmente GoogleMaps senza il quale non avrei potuto scrivere questo capitolo, con tutte queste descrizioni accurate. Se avete tempo fate un salto e cercate il parco, perchè esiste veramente ed è stata proprio una fortuna trovarlo. è veramente bellissimo. :)
grazie mille, se lasciate una recensione non vi mordo.
ROAR xx

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Capitolo 5
*** Blond Hair, Blue Eyes .. ***


Mi gettai sulla prima fetta di torta che mi ritrovai davanti. " Fame? ", chiese mio fratello ridendo.
" E' mattina, ho bisogno di energie .", cercia di scusarmi e bevetti un sorso di latte dal bicchiere. Mi sedetti sul bordo del ta volo, spostando un po' le posate. "Dove sono mamma e papà?" 
" Sono dalla nonna. Hanno chiesto se stasera andiamo a cena da lei. "
" Se vogliono.. ", sussurrai e mi infilai gli stivali.
" Dove vai? "
" A fare shopping con una amica." , dissi sorridendo. Non avrei mai pensato che Alexia mi avrebbe invitato a fare giri per negozi. Non dopo quello che aveva detto sul poco tempo che trascorreva con Stefan. Ma ripensai che era Venerdì, e la mattina Stefan andava a fare surf. E poi Alexia mi aveva accennato di dovermi dire le nuove notizie, ovvero la sorpresa di Stefan, a cui dovevo fingere ammirazione e stupore, poichè doveva essere una sua idea personale. Presi la borsa, ci infilai il taccuino e controllai di  avere la mia carta di credito. "Bene, io torno per le due, rimarrò fuori a pranzo. Papà e mamma tornano prima?", lui scosse la testa. "Ti lasci o la casa allora. Non bruciare nulla." 
"lo so."
"non fare festini."
"okay."
"non uscire di casa se non hai chiuso bene tutto."
"va bene."
" anzi non uscire proprio, resta a giocare con la wii. "
" okay Natalie." 
" Ciao thomas. ", dissi e gli baciai la fronte. lui mi scompigliò i capelli e risi. Uscii di casa quasi correndo, notando che avevo solo dieci minuti per arrivare in centro. Informai la biciletta e mi gettai giù per il viattolo, e poi sulla strada. Mentre pedalavo cercai di mettermi le cuffie e di accendere la musica. Appena ci riuscii pedalai più velocemente a ritmo della canzone che mi attraversava il corpo e mi dava carica. Raggiungi il centro commerciale giusto in tempo. Legai la bici con la catena apposita quando Alexia mi salutò dall'altra parte della strada, con dei leggins leopardati e una camicietta attillata. Era terrificantemente bella, su quei tacchi.
" Ehy Natalie. ", disse e m i abbracciò. "Sono così felice tu sia venuta.", ma subito m i lasciò.
" Ciao Alexia, in realtà avevo proprio bisogno di fare un po' di shopping. ", lei rise con la sua voce cristallina e molti ragazzi si voltarono a guardarla, rapiti dalla sua bellezza. Mi sentii eclissare, come mi succedeva sempre. Spostai la treccia bionda dietro la spal la e sistemai il cellualre e gli auricolari dentro la borsa, a casaccio. "Entriamo?", lei mi sorrise e mi prese a braccietto. Molte ragazze ci fissavano, pro babilmente desideravano essere al mio posto, affianco a Alexia Rose. Forse solo in quel momento realizzai quanto fosse popolare. Scrollai la testa e cercai di pensare che fosse Hannah, e che in realtà ero a Henty, tra le vie del piccolo paesino a comprare il cibo per il giorno dopo, come facevamo spesso la sera. Poi la sua voce interruppe tutto. "Indovina cos'è successo ieri pomerggio?", chiese con quel sorriso sul volto che mi stava facendo nauseare. 
"Sei andata a corso di matematica, come ogni giovedì..", dissi secondo copione. Lei si sentì realizzata alla mia risposta.
" E sai cos'è successo dopo? ", il suo sorriso si allargò e i suoi occhi si illuminarono. Mi fermò in mezzo alla gente e si portò la mano destra al collo.
" Che bella. .", dissi sfiorando il ciondolo con la punta d elle dita. "E' stato Stefan?" 
" Sì, è venuto dopo il corso con delle rose. Erano bellissime, e questo ciondolo. Non è bellissimo? ", chiese ancora. Io annuii fingendo di essere ancora sorpresa. "Che ragazzo d'oro. Non me lo sarei mai aspettato da lui, sai .. non è il tipo da rose rosse. Cioè, lo è ma .. non credevo lo potesse fare. Insomma, fa sempre un po' il duro...", e cominciò a parlare di quanto fosse bello, di quanto fosse simaptico e di come lo aveva colpito  il primo giorno che si erano visti. Finii con sapere la storia del loro incontro quasi a memoria. Poi, dopo circa un ora buona di parlantina su di lui, si decise ad entrare in un negozio. Era uno tra i più costosi che avevo visto, e vi erano esposti capi da far girare la testa.
"Ti piace?", chiese guardando una camicietta rosa.
"no, non è troppo il mio stile.", risposi e allargai le mani, quasi a mostrarle com'ero vestita. Dei stivali alti, jeans attilati e una canottiera grigia. Lei mi sorrise comprensive e passò oltre. Uscimmo dopo pochi minuti, a mani vuote. A nessuna delle due era veramente piaciuto neanche uno degli abiti. Ci dirigemmo ero un altro negozietto, nell'angolo, in po' meno caro. E dentro mi paralizzai. C'erano solo vestiti da cocktail. Alexia vi entrò trotterellando e salutò con un abbraccio una commessa. Aveva dei corti capelli neri, con delle labbra grosse e passate con un lucidissimo rossetto rosso fiamme. Portava una gonna corta e una maglietta dove vi era stampato il nome del negozio. Le sorrisi e lei mi squadrò da capo a piedi. Mi irrigidii.
"Ariana, lei è una mia amica.", disse Alexia e ci avvicinò.
"Un piacere.", mormorò lei tra i denti. La sua 'r' moscia mi sconvolse. Io sorrisi solamente. Se doveva fare l'antipatica e la fredda, doveva sapere che a questo gioco si può giocare in due. "Allora cara, cosa vuoi comprare? In fondo ci sono i nuovi abiti. Sono sicura che ti staranno tutti un incanto.", le sorrise e la spinse leggermente verso gli specchi. Poi si voltò e mi fulminò. Io cercai di trattenere le risate, al solo pensiero della sua 'r' mi tremavano le labbra.
"Che bel vestitino.", commentò Alexia reggendo tubino rosso e lungo.
"  Sì, stupendo.  ", com mentò Ariana. " Ed è anche economico, provalo." , disse facendo lo ondeggiare. Ad Alexia si illuminò il volto e si gettò subito nel primo camerino. Io restai, fuori, ad osservar e altri abiti sotto lo sguardo rimproverante di Ariana. Poi lei commentò, acida: " Quel vestito che stai toccando con le tue mani sudicie, vale quando tre stipendi dei tuoi genitori. ", le sorrisi. Mi veniva da ridere per due semplici motivi: il suo accento, e il f atto che i miei guadagnavano abbastanza da poter comprare tutti i vestiti dentro quel negozio. Non avevo alcuna intenzione di ribattere, e per fortuna Alexia spuntò fuori come il sole.
"  COme sto?  ", chiese trabballando per camminare. Le gambe erano strette nel vestito, e non riusciva a muoversi. La vedevo in difficoltà ma lei sorrideva, forse convinta che il vestito le donava. Certo, le risaltava le curve del corpo, ma mi sembrava avvolta da un materasso e da carta stagnola, tanti i brillantini che la illuminavano.
"  U   no splendore. ",  disse Arianna raggiante.
" S ei stupenda ma..",  le due si voltarono. Una furente, l'altra curiosa. "Non ti dona come potrebbe fare un altro di questi vestiti. Io proverei qualcos'altro prima di comprarlo.", Ariana aprì la bocca per ribattere ma Alexia la bloccò con un gesto della mano.
"Grazie, hai proprio ragione... cosa mi consigli?", mi voltai un attimo e osservai i vestiti più vicini che mi circondavano. E mi gettai subito su uno. Era color salmone, con molte piege, lungo fino al ginocchio, e il corpetto pieno di perline. Bellissimo. (immagine del vestito per coloro che hanno poca fantasia nell'immaginarlo-> http://i1.ztat.net/large/ON/32/1C/01/Q3/05/ON321C01Q-305@1.1.jpg ) Glielo passai.
"Io ti consiglio questo invece.", disse Ariana dandole un minuscolo vestito attilato nero.
"Per mentirmi che sto bene?", chiese Alexia.
"Ma tu sei sempre fantastica.", mormorò la commessa. Alexia fece roteare gli occhi, come per dire che non era una novità. " E poi il color salmone è passato di moda.. ", disse indicando il vestito che reggevo con disprezzo.
" Beh, allora perchè lo vendete? ", chiesi sorridendo e Alexia scoppiò in uan risa ta che fece sussultare Ariana. "Provalo, non ci perdi niente.", l'amica prese il vestito e si  rifugiò nel camerino.
"E ' una cara cliente, si fida più di me. ", disse Ariana passandomi davanti e spingendomi.
" Il cliente ha sempre ragione. E se non sbaglio ha appena detto che stavi mentendo.. ", dissi e lei si allontanò velocemente. Ridacchiai tra me mentre passavo tra le dita i diversi tessuti.
" Natalie?" , mi chiamò Alexia. La raggiunsi in un attimo e fui colpita dalla sua bellezza. Stava veramente benissimo con quell'abito, che le risaltava la pelel scura e i capelli rossicci.
" S ei una favola. e non mento.", d issi sfiorandole una spalla. lei sembrò gradire il commento.
"lo pensavo anche io.", mi scossò un bacio sulla guancia e tornò a cambiare. Quando usci teneva l'abito con cura sul braccio. Guardammo ancora dei vestiti e poi si fermò su di uno, che avevo già notato. "Che bello..", poi mi fissò.
"Che c'è?"
"Non lo provi?"
"No.."
"Ti starebbe benissimo.", guardia ancora il vestito ma non volevo indossarlo. Perchè avrei avuto una piccola possibilità che mi sarebbe piaciuto. e se fosse successo non lo avrei comprato, perchè costava troppo.
"forse ..", mormorai.
"provalo, per me. ti prego.", disse lei con un sorriso enorme. poi pensai che forse Stefan si sarebbe arrabbiato se avesse saputo che avevo litigato con la sua ragazza. Sbuffai silenziosamente e presi la mia taglia. Tornai ai camerini con ALexia che mi seguiva sorridendo. Chiusi la tenda e mi specchiai. Feci una smorfia alla ragazza allo specchio, e poi mi spogliai. Infilai il vestito sperando di non rovinarlo. E quando lo indossai lo osservai meglio. Mi arrivava sopra le ginocchia. Aveva una gonna verde, completamente coperta da un altra gonna con un tessuto più legegro e nero, quasi semitrasparente. AVeva poi una fascia verde, dello stesso colore e poi un corpetto verde. Senza spalline. Mi rigirai su me stessa e rimasi quasi senza fiato. (vestito -> http://i1.ztat.net/large/EV/42/1C/00/C6/05/EV421C00C-605@1.1.jpg )
"Ti muovi?!", chiese Alexia impaziente e infilò la testa nella tenda. Mi fissò dallo specchio e incrociammo subito i nostri sguardi. "Tu lo devi comprare."
"Non posso.", dissi cercando di convincermi. Ma più sfioravo il vestito più mi rendevo conto che mi stava benissimo.
"Fallo. Chissene frega se non puoi. Potresti indossarlo per natale o capodanno. Sono alle porte.", mi sorrise e mi resi conto che era già il venti di dicembre. Mancava veramente pochissimo.
"Hai ragione.. ma non oggi.", dissi poi.
"E perchè?"
"non ho abbastanza soldi.", mentii.
"posso prestarteli.", propose lei mentre sentivo Ariana borbottare dietro di lei, cercando di spiare dentro il camerino.
"No grazie. passo domani e lo compro.", sorrisi e uscii dal camerino per farmi ammirare meglio. Feci una piroetta che Alexia battè le mani divertita. Una ragazza mi fissò rapita mentre un giovane dalla vetrinò mi osservò. Alexia lo notà subito.
"Un primo ammiratore.", sussurrò e scoppiai a ridere innervosita. Mi voltai e il ragazzo si allontanò di colpo dal vetro a cui si era praticamente appoggiato e finse di leggere i prezzi. "Allora passi domani?", chiese ancora così ad alta voce da farmi credere che volesse che tutto il mondo lo sapesse.
"Sìsì, domani ..", risposi quasi sussurando.

Mi guardai attorno, sorseggiando il mio milkshake aspettando che Alexia tornasse dai bagni. MI guardai i piedi, e vicino alla sedia c'erano tre borse. In una vi era una gaicca di pelle nera, attillata e sexy. In un altra vi era un paio di scarpe con il tacco. Nere, semplici, come piacevano a me. Nell'altra borsa c'era un paio di pantaloncini grigi corti e una maglietta con dei disegni carini sopra. Diedi un morso al trancio di pizza mentre mi sembrava passassero secoli da quando la ragazza di Stefan si fosse alzata dal posto per squagliarsela. Borbottai qualcosa contro i miei stivali quando un ragazzo mi urtò la visuale e mi sorrise. Lo riconobbi quasi subito, ricordando il viso dolce circondato da capelli spettinati e biondi appiattiti da un capello. Aveva due occhi azzurrissimi e profondi. Portava una felpa grigia, e giocherellava con una cordicella. Aveva dei jeans stretti e delle scarpe pesanti. Mi fissò ancora.
"Ciao.", disse poi. Sorrisi. "Scusa, è scortese forse.. ma ti ho vista in quel negozio..", disse indicandosi le spalle e voltò il viso. Con quel gesto sentii il profumo intenso da uomo che portava. Delizioso.
"Sì, ti ho visto.", conclusi subito. e mi portai la cannuccia alle labbra.
"Ah sì?", chiese quasi spaventato.
"Siediti pure, la mia amica ci metterà secoli.", dissi velocemente e poi bevetti ancora un sorso. Sperai che capisse che non avevo molta intenzione di parlargli, ma quel sorriso così sicuro mi lasciava uno strano effetto. Era come quello di Stefan. Mi lasciavo entrambi senza fiato, ma la carnagione di questo ragazzo era molto più chiara. Mi convinsi di dover smettere di confrontare i ragazzi con Stefan. Non c'era solo lui.
"Grazie..", borbottò lui. "Ti stava benissimo quel vestito.", mi sorrise.
"Grazie mille, ma non l'ho comprato.", dissi e lui si appoggiò le mani sulle ginocchia.
"Perchè?", aggrottò la fronte.
"Non mi serviva..", mentii.
"Beh, eri stupenda.", poi arrosì di colpo. "Non significa che non lo fossi prima.. cioè.. sei..", io scoppiai a ridere. Lui si rilassò sulla sedia.
"Ho capito. lo prendo per un complimento.."
"Sei nuova di qua?", chiese di botto e annuii. "Mi chiamo Ryan Simpson. tu?"
"Natalie McCarthy .. sono qua per le vacanze di natale, tu vici a sidney?"
"No, sono qua da mio zio .. vivo 400 km più a nord. Vengo qui ogni volta che posso.", e mi sorrise. il mio cuore si bloccò di colpo. Mi sentii annegare in quegli occhi azzurri che mi guardavano così rapiti. e non sembrava affatto turbato dal fatto che forse erano già passati dei minuti solo a fissarci. "Posso?", chiese e prese il mio cellulare. io ero ancora troppo stordita per capire mentre le sue dita volavano sulla tastiera e mi riportò il cellulare. lo lasciò scivolare tra le mani, delicatamente. sentii le sue, morbide e calde. osservai lo schermo e lessi il suo numero di cellulare appena salvato. sorrisi.
"grazie.", fissai lo schermo e impostai il suo nome. poi bevetti ancora un sorso di milkshake. Ryan si alzò e io rimasi quasi sconvolta. dove andava? perchè? ormai mi ero abitauta al suo volto gentile. non doveva andare. no.no.
"devo scappare, ora.", sorrise abbassando lo sguardo.
"sì, capisco.", sussurrai e lui si bloccò. quasi senza sapere che fare. mi prese la mano e mi baciò la punta delle dita.
"è stato un piacere.", arrosii di colpo e lui rise. si volto e se ne andò. si girava a guardarmi ogni tanto e io continuavo a fissare la sua figura che si allontanava. senza accorgermi di cosa succedeva vicino a me.
"carino eh? vi ho visti assieme. ho deciso di aspttare finchè se ne andasse..", mi voltai di colpo spventata. I capelli riccioluti e rossi avevano preso posto a quell biondi e spettinati.
"sì..", sussurai tra me sperando di non farle capire che non avevo ascoltato nessuna sua parola.
"quando uscite?", chiese e rise.
"non lo so.", dissi e sorrisi. mi sentivo viva. le dit ami formicolavano e il cuore sobbalzava a ogni ciuffo biondo nel grande magazzino. poi, mentre ingoiavo l'ultimo pezzo di pizza il cellulare si illuminò.
"   ehy, ti va di uscire questo pomeriggio?"   , diceva il messaggio. era Ryan. fissai lo schermo, metà ipnotizzata. feci un mezzo sorriso e spostia una ciocca di capelli dietro l'orecchio. mi sento timidissima come non mai.
"   allora? chi è?   ", chiese alexia spiando.
"   è Ryan.   ", dissi subito.
"a   h, è così che si chiama   ?", disse e rise. "  bel nome.  " 
"  questo pomeriggio mi avevi chiesto se potevo accompagnarti dal parucchiere, ricordi  ?", lei annuì. " ma mi sono appena accorta di avere un impegno. ", sorrisi leggermente e scrissi un "" sulla tastiera. poi inviai e il mio cuore f  ece un sobbalzo.

 

***AUTRICE***
Eccomi :)
allora, vi piace il capitolo? quanto odiate da uno a dieci Arianna? e Ryan vi piace o no? che ne penste ora di Alexia?
tante piccole domandine per farvi partecipe della storia, spesso prendo in considerazioni i vostri consigli :)
chiedo ancora scusa per gli errori. (spero vadano i link dei vestiti)
tanta pace, amore e arcobaleni
Roar xx

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Capitolo 6
*** I Fell In Love ***


Mi trascinai nel bar all'angolo, nella strada che mi aveva consigliatO Ryan. Aveva detto che si trovava lì già da una decina di minuti ma quando aprii la porta vidi il barista alzare lo sguardo quasi confuso. mi sorrise e poi si voltò ripulendo un bicchiere. Vi erano pochi clienti e nessuno sembrava sfoggiare la folta chioma bionda che mi ricordava Ryan. Guardai il cellulare e vidi un messaggio.
" Sei bellissima, ancora più di stamane." , e arrosii. mi voltai cercando il suo sorriso e poi un ragazzo con un cappello rosso fuoco alzò il braccio e lo scosse un po'. Era lui. Rabbrividii ma mi diressi da lui con scioltezza, che lo rese sicuro. aveva forse paura che vedendolo me ne andassi correndo?
" Ciao Natalie. ", sussurrò quando si alzò, mi baciò la guancia con le sue labbra soffici e poi mi lasciò il suo posto. Si sedette di fronte a me, mentre io avvampavo dalla timidezza. mi guardai attorno e vidi che quasi tutti ci fissavano, allora Ryan parlò, quasi sentendo che mi stavo imbaraz zando troppo: "Come stai?" 
" Bene grazie,  tu?", chiesi ma non  potè rispondere perchè arrivò il cameriere.
"Ordinate?", chiese con voce quasi altezzosa. reggeva la penna nella mano sinistra e un sudicio foglietto per gli appunti.
"Una birra, grazie.", disse subito Ryan. Cercai di sembrare impassibile.
"Una coca..", gli sorrisi mentre il l'uomo si dilguava dietro il bancone. "Hai l'età?", chiesi quasi in un sussurro. lui rise.
"in realtà no, ma è un amico.", disse sottolineando l'ultima parola facendo delle virgolette nell'aria con le dite.
"capisco.", dissi accenando un sorriso poi cominciammo a parlare. e mi sembrava di non capire niente, troppo confusa dalla birra che reggeva in mano. ne ero abitauta, tutti bevevano prima o poi. ma io no. mai. non avevo mai provato la sensazione di restare ubriaca, o anche solo il sapore di un qualsiasi alcol grattarmi al gola e riscaldarmi. mentre lui sembrava digerire con tanta facilità, e sorridevo ogni volta che si leccava le labbra. ma lo facevo incondizioantamente. perchè mi sembrava sexy.
  "tu non bevi?  ", chiese quando finì la seconda birra piccola, mentre io ancora giocherellavo con la cocacola.
  "ehm, no  .", mi guardò quasi stupito. "non sempre, sai.. non posso ancora.", balbettai di corsa.
"  non puoi per l'età?  ", annuii di fretta e subito sperai di sprofondare nella sedia. non mi piaceva mentire. mi scrollai i capelli da una spalla e co minciai a giocarci. " Ti va di venire sulla spiaggia ?", chiese e alzai gl i occhi di colpo. " mi sembri imbarazzata ." 
" un po'.." , dissi e lui mi sorrise. si alzò, andò al balcone, lasciò una banconota per pagare poi tornò da me e mi prese per mano.
" vieni .." , intrecciò le sue dita fra le mie e mi sentii fremere. forse era una delle pochissime volte che mi succedeva di stringere in quel modo la mano di un ragazzo. mi sorrise mentre ci incamminavamo verso la spiaggia. eravamo abbatsanza lontani dal paese, e io ci ero arrivata con il bus. mi ricordai l'orario con cui dovevo tornare a casa ma Ryan mi cinse la vita con un braccio e ormai non capivo più nulla.
"N atalie.. io, lo so che è strano dirtelo qua, adesso... anche perchè ci conosciamo da poco .", nella mia mente ripensavo all'idea che ci conoscevamo solo da poche ore. ma orma il suo viso mi penetrava nella mente.
"d immi Ryan" ,dissi con voce stranamente dolce. lui se ne accorse e si voltò verso di me.
" credo di amarti. sei fantastica .", io arrosii e lui sorrise. "mi piace coem anche per poco mi fai ridere, e come sei timida e dolce. e sei stupenda.", non potei controbattere, e l ui non potè aggiugnere nulla perchè le nostre labbra si ritrovarono stranamente impegnate. questa volta non a formulare frasi per scoprire noi stessi, ma sfiorandosi dolcemente le une contro le altre. mi cinse i fianchi con le mani, mentre io appoggiavo le mani attorno alle sue spalle. era un po' alto per me, così finii col alzarmi sulle punta dei piedi. nel farlo scoppiammo entrambi a ridere. ma poi restammo in silensio a contemplarci negli occhi. erano innamorata.

"Ci sentiamo sta sera quindi?", chiese Ryan spostandomi una ciocca di capelli. Mi appoggiai a lui e chiusi gli occhi.
"Sì,", sussurrai e mi baciò la fronte. eravamo su un bus, che ci portava fuori paese, nella fermata più vicina a casa mia. La gente attorno a noi era poca e solo un piccolo brusia faceva sfondo alla scena per me dolcissima. Ryan mi cingeva la vita con un braccio e la mia mano scivolava sulla sua felpa scura e ogni tanto si fermava a stringere un lembo di essa. e Ryan mi diceva cose dolci che mi facevano girare la testa. "Me l'hai già chiesto venticinque volte.", dissi e ridemmo.
"lo so, ma voglio esserne sicuro.", mi sorrise e sfiorò le mie labbra con leggerezza. sarei potuta svenire di nuovo. mi sentivo sorridere senza ragione. forse perchè ero innamorata."dobbiamo scendere.", disse Ryan alzandosi. mi scombussolò un po' ma lo seguii fuori da bus. mi prese per mano e senza dire nulla ci incamminammo. lo portavo verso casa mia, mentre sentivo il suo respiro mischiarsi con il mio e l'aria umida proveniente dal mare.
"manca poco.", dissi girando l'angolo e oltreppassando la strada sulle striscie. Ryan mi seguì sorridendo. poi mi fermai davanti alla casa.
"bella.", disse fissandola.
"sì, è carina.", dissi e lo baciai. sperai che non si accorgesse della casa, a me non interessavano i suoi soldi. sentii la sua stretta sui miei fianchi farsi sicura e mi sollevò. mi ritrovai a baciarlo stringendo le gambe attorno alla sua vita per restare stabile. mi sentivo legata a lui completamente. non potevo staccarmi, forse perchè ero veramente aggrappata a lui. e poi un cellulare suonò. pensai fosse il suo, ma poi la suoneria mi sembrava troppo familiare. scattai subito all'indietro liberandomi dalla stretta. lui rise mentre cercavo il cellulare nelle tasche dei jeans.
"pronto?"
"ciao natalie, sono Stefan."
"oh, ciao.", dissi e sorrisi al ragazzo che si stava insospettendo per la voce maschile.
"  stasera sei occupata?    alexia voleva andare al centro tra i negozi ." 
 "sì, devo uscire Ryan. "
" chi è? "
"i l mio ragazzo.  ", ryan mi baciò la fronte quando lo dissi.
"aspetta, cosa vuole questo tuo amico?", chiese poi ryan e allontanai il cellulare.
"vuole che usciamo con la sua ragazza e lui, in giro al centro."
"e perchè no? il cinema può aspettare."
"sicuro?", chiesi.
"ma sì, dai.", mi baciò e poi parlai a Stefan.
"ho sistemato. passate a prendermi a che ora?"
"alle nove, ti va bene?"
"sì, ci sarà che ryan."
"oh..", sussurrò. non ci feci caso e lo salutai. "a dopo natalie."

" Natalie sei bellissima." , mi sussurrò piano Ryan quando comparvi nella camera. I miei genitori avevano accettao felicemente che avevo un ragazzo. forse insospettiti dalla velocità in cui l'avevo trovato, ma mentimmo entrambi dicendo che ci eravamo conosciuti tempo prima. gli sorrisi. Portavo dei leggins neri, una camicia rossa e delle scarpe da ginnastica. mi sedetti vicino a lui e finimmo a baciarci distesi. lui sopra di me, accarezzandomi i capelli con dolcezza. appoggiai le mani sui suoi fianchi e mi avvicinai, premendo le mie labbra sulle sue. volevo ancora lui. ancora un po' della sua dolcezza. ancora un po' del suo profumo che ormai impregnava i miei vestiti. intrecciammo le nsotre gambe e poi, mentre la mia mano scivolava sotto la s ua maglietta si fermò. "Scusa.", le mie guancie avvamparono  di colpo mentre lui saltava giù dal letto. "Credo dobbiamo andare.", borbottò infilandosi le scarpe. io scivolai verso di lui e gli baciai la punta del naso. scappai in bagno a pettinarmi di nuovo e a controllare il trucco. dopo dieci minuti Stefan e Alexia erano davanti casa nostra. sorridenti, abbracciati, e innamorati. 
"eccovi.", disse alexia vedendoci spuntare dalla porta. appoggiai la mano sinistra sul ventre di Ryan mentre mi cingeva dolcemente il fianco. alexia sorrise e poi guardò Stefan che, dopo avermi vista si era allontano dalla sua ragazza. Presentai ryan e poi ci dirigemmo alla fermata del bus, anche perchè era l'unico modo per andare velocemente in centro città. quando arrivammo vi erano tantissime luci che illuminavano il cielo già buio. non riuscivo a vedere le stelle, e mi sembrava un grande peccato. camminammo in fila cercando di superare molta gente e poi finimmo col rifugiarci davanti ad una bancarella di dolcetti. Alexia pretese delle caramelle gommose e le comprò, mentre Stefan si prendeva una cocacola. Ryan, gentilmente, acquistò per me delle noci caramellate e per sè una bottiglia di birra. I due miei amici aricciarono il naso quando scolò un po' di birra. Ryan si sentì un po' in imbarazzo perciò lo baciai sulle labbra. sentii il sapore dell'alcol invadermi.
"allora, come vi siete conosciuti?", chiese Stefan di botto. era rosso in volto, forse per il caldo.
"in negozio.", risposi. "stavo provando un abito e lui mi ha visto.", sgranò subito gli occhi.
"non sono un guardone.", disse ridendo Ryan. "stavo guardando i vestiti quando dalla vetrina l'ho vista. poi ho preso coraggio e ci ho parlato."
"e da cosa nasce cosa.. romantico, no?", chiese alexia con quella sua voce sdolcinata.
"sì, romantici.", disse Stefan sforzando un sorriso.
"e voi come vi siete conosciuti?", chiese Ryan. gli strinsi la mano forte conficcando le dita sulla sua pelle. lui fece un smorgia e poi mi fece l'occhiolino.
"  che carino che sei a chiedercelo!"  , disse alexia saltellando. " allora tutto è cominciato ..",  e partì con la solita tiritera. us ando le stesse parole. sembrava un disco. doveva aver preparato il discorso perchè non sbagliava mai. si fermava negli stesis punti, respirando dopo le stesse parole, con le stesse intonazioni. e io sorridevo e annuivo, e ai momenti giusto ridacchiavo. e mi facevo trascinare da Ryan che la fissava con sguardo vacueo, subito pentito dalla domanda. e passamo un ora a camminare e a fermarci ogni tanto davanti alle vetrine. nessuno di noi comprò altro, oltre al cibo, mentre alexia davanti ad ogni gioielleria si fermava con certa decisione, facendo passare lo sguardo su utti i gioielli più costosi. Stefan la seguiva per accontentarla mentre io mi rifugiavo tra le braccia di Ryan.
 "ragazzi, sono le undici, noi dobbiamo andare. ", disse poi alexia. "andiamo con la moto. tornate in bus?" 
"sìsì, la accompagno io.", disse brevemente Ryan. la ragazza di stefan mi baciò sulla guancia mentre lui stringeva freddemente la mano di ryan. e poi scomparvero nella notte. "andiamo?", mi chiese prendendomi per mano. salimmo sul bus e dopo una ventina di minuti ci trovammo davanti casa mia. ripercorso con la mente la giornata appena passata. e mi ritrovai ad arrossire. pe ril buio Ryan non se ne accorse e mi accarezzò la guancia con il dorso della mano.
" che c'è? ", chiesi mentre prendevo la sua mano e la stringevo.
"  sei bellissima." , scoppiai a ridere. ma era solo timidezza. lui mi abbracciò forte, e mentre appoggiavo la testa sulla sua spalla guardai il cielo. lì, potevo vedere le stelle. ed erano luminose, e sembrava potessero sorridermi. ne fui quasi entusiasta. brillavano nel cielo come diamanti, e forse anche lui se ne accorse perchè le commento: "s ono stupende sta notte, le stelle."
 "sì, hai ragione. "
 "scintillano come i tuoi occhi.",  lo stri nsi più forte e lui rise un po'. "sai, quasi ti assomigliano. quando ti ho visto credevo non potessi mai raggiungerti. credevo fossi lontana, impossibile. proprio come lo ro.", rabbrividii. nessuno me lo aveva mai detto. anzi, nessuno si era mai veramente innamorato di me. e un po' questi erano i pensieri che provavo io per ogni ragazzo. "ma poi mi sono reso conto che bastava allungasis un po' le mani verso il cielo, e tu mi avresti teso le tue dita." 
"perchè ti amo.", dissi.
"sì, ti amo anche io.", e mi sentii volare. e mi sentii veramente una stella, lontana ma vicina. e mi sentii benissimo. non avevo pensieri, solo lui nella mia mente. forse perchè ero innamorata.

***AUTRICE***

Madonna sono morta per scrivere questo capitolo. ci ho messo una settimana O:
e per di pià c'erano mie amiche che stressavano perchè lo pubblicassi. scusatemi per il ritardo. spero di aggiornare più frequentemente :)
roar xx

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Capitolo 7
*** He Should Stop Himself ***


Lasciai che il sole mi accarezzasse con il suo guanto caldo. E permisi al vento di rinfrescarmi il corpo mezzo nudo. e sorrisi quando Ryan mi baciò dolcemente la spalla, scostandomi i capelli. "vieni in acqua?", chiese poi.
"si sta bene qua.", risposi sussurrando e mi voltai. la luce era acceccante perfino con gli occhiali da sole, ma il suo viso sembrava starci d'incanto. perchè era bellissimo. e i capelli biondi sembravano ancora più chiari sotto i raggi.
"dai, solo una volta."
"voglio abbronzarmi.", borbottai ma in realtà morivo dalla voglia di andare con lui.
"sei già bellissima così. la tua pelle è già abbastanza scura. andiamo!",disse e mi prese il polso. mi alzò e mi sollevò. finii con aggrapparmi sulle sue spalle mentre lui mi reggeva. corse verso il mare, vicino, e sembrava non accorgersi del mio peso. e quando l'acqua raggiunse i polpacci rise. mi gettò in acqua come un sacco di patate e feci una miriade di schizzi.
"coglione!", urlai ridendo. bevetti dell'acqua e quando mi alzai sputacchiai in giro. lui rise più forte. lo schizzai con calci e lui mi prese i fianchi. mi strinse a sè e cominciò a camminare verso l'acqua più profonda. prima mi dimenai ma poi finii col baciarlo. non potevo credere che in un solo giorno si potesse amare già qualcuno. non credevo che potesse essere tutto così veloce. ma non volevo fuggire dalla paura per una falsa cotta. volevo provare tutto. fino all'ultimo respiro. e restare anche delusa, magari, alla fine. ma volevo poter dire di aver provato l'amore. aver avuto la sensazione di essere amata. di essere il primo pensiero la mattina, e l'ultimo tra i sogni. e mi sentivo così.
E mentre pensavo così intensamente non mi accorsi che Ryan si era fermato nell'acqua e ci baciavamo con dolcezza, e passione. mi stringevo i fianchi, sott'acqua mentre io sfioravo il suo petto bagnato dal mare.

"Che caso che siete qui!", disse Stefan sorridendomi. "oggi volevo proprio andare a fare surf."
"che bello vederti, non ti vedo da uhm ...", dissi e chiusi gli occhi pensando.
"due giorni.", borbottò Ryan. Così facendo mi strinse a sè e io sorrisi guardandolo.
"ricordami che ti devo una lezione, Natalie.", sussurrò Stefan e subito Ryan si irrigidì. il mio amico sembrò sciogliersi, invece, e sorrise solare. "dimmi quando sei libera."
"certo", sorrisi.
"non so, abbiamo molti impegni.", tagliò corto Ryan e si voltò. mi trascinò con sè verso le onde. "forza, passeggiamo.", mi voltai per salutare velocemente Stefan che stava già mettendosi la tuta.
"che hai ryan?", dissi poi. mi allontanai da lui mentre si fermava di colpo.
"non mi piace."
"ma credevo ti stesse simpatico."
"è come una mosca. ti gira attorno."
"è solo un mio amico.", e dicendolo la mia mente partì verso i pensieri che avevo elaborato prima di conoscere il mio ragazzo. alle speranze delle nostre risate assieme. per sentire poi le nostre labbra sfiorarsi. "no, amo te io.", non sapevo neppure se mentivo. sentivo di amare ryan. ne ero sicura. sicura come che il buoio, prima o poi, sarebbe fuggito per dare posto alla luce. e sentivo che lui era la mia luce. come se per tutto questo tempo ci fosse stato buio. da quando ero a Sidney, vedevo solo il sole e le stelle. le vedevo brillare sulla mia strada, e rendere tutto così felice. sorrisi.
"anche io, ma garantiscimi che non c'è nulla."
"amo solo te.", dissi e lo abbracciai forte. non potevo vedere la mia vita senza di lui. quando ci staccamo vidi una tavola rossa muoversi tra le onde. ryan seguì il mio sguardo. e sopra quel rosso fuoco c'era la figura snella di Stefan. che si muoveva con leggerezza tra le onde. e sembrava completamente a suo agio.
"ooh, maledizione!", gridò stanco ryan. mi guardò e corse verso una tavola da surf, infilata sulla sabbia. la prese e corse in acqua. lo seguii urlando. doveva fermarsi. non poteva. non sapeva come fare. non era allenato. non poteva. " per dimostrarti che ti amo! ". gridò salendo sulla tavola verde. arrivò subito un onda enorme. la cavalcò per un paio di secondi e poi arrivò anche stefan. si contesero l'onda poi il mio ragazzo cadde. strillai. Stefan passò oltre ma appena potè si gettò in acqua. vidi la tavola verde risalire, ma non Ryan. strillai più forte il suo nome. corsi verso di loro. molto ormai si erano voltati. ma avevo fatto pochi passi piangendo quando il mio fidanzato saltò fuori bagnato. rideva.
 "Sto bene natalie!" , urlò mentre rideva. Stefan lo reggeva. dopo una manciata di secondi ci incontrammo a metà strada. mi gettai su di lui mentre il suo petto sobbalzava dal riso, mentre il mio per il pianto.
 "volevi ucciderti, coglione. ", dissi. "dovevi fare attenzione.", lui mi abbracciò. 
"per te questo ed altro.", sorrisi e gli baciai la fronte.

"Amore..", sussurrai nella fila. mi strinsi nel mio cardigan. minacciava di piovere, e sentivo l'aria fredda colpirmi le braccia nude. Ryan mi baciò sul collo, mentre delle ragazzine dietro di noi bisticciavano.
"dimmi piccola.", sorrise.
"ho un po' di freddo. quando entriamo?", chiesi e mi strinsi al suo petto. mi avvolse tra le sue braccia.
"subito..", sussurrò per calmarmi. inspirai il suo profumo dolce fino a farmi quasi venire la nausea. si voltò, poi, per pagare i biglietti ed entrammo nell'edificio. ci dirigemmo subito verso la nostra sala, consapevoli di essere un po' in ritardo. dentro c'era un caldo piacevole che mi fece però rabbrividire. ryan mi sorrise. "dai natalie, ci siamo.", mi aprì la porta e lo seguii poi verso i nostri posti. non ero mai stata in quel cinema, mi sentivo quasi disorientata. mi strinse la mano e si sedette affianco a me. si tolse la felpa, e poi mi fissò. "devo andare a prendere da mangiare?"
"oh, vado a prendere una coca.", sorrisi alzandomi.
"no, vado io."
"no, lascia fare a me ryan. torno subito. tu vuoi qualcosa?"
"poc corn", mi sorrise e mi lasciò una banconota. "pagati la coca."
"non serve", dissi lasciandola indietro, ma lui la infilò nella tasca dei jeans.
"dai, che altrimenti non arrivi.", e così facendo mi spinse. risi guadagnandomi occhiate torve dagli altri spettatori. corsi con i tacchi scendendo le scale e tornando al bar. presi quello che dovevo e poi tornai indietro, sperando di arrivare in tempo. aprii la porta e sentii la colonna sonora. cercai con lo sguardo ryan e poi lo vidi sorridermi. "eccoti.", disse quando gli lasciai il cibo.
"siamo appena all'inizio, non mi sono persa nulla, vero?", chiesi conferma sedendomi. lui mi strinse la mano.
"no, non è successo ancora nulla. e grazie per essere andata.", gli sorrisi.
"non c'è di che. alla fine hai pagato tu."
"ma perchè dobbiamo pagare sempre noi, amore.", mi faceva rabbrividire quando mi chiamava così. ma in senso buono. lui era tutto un senso buono. da come mi parlava, a come taceva. a come si sorrideva, a come quel pomeriggio aveva dimostrato di amarmi. strinsi la sua mano e mi lasciai coccolare dalla musica dolce della prima scena del film.

"sta piovendo a dirotto natalie!", lo sentii ridere mentre mi gettai fuori dal cinema. dovevo essere a casa entro mezz'ora, e non avevo tempo di guardare se mi bagnavo o no. dovevo muovermi. "potrai prenderti un malanno!"
"ryan, ti stavi per uccidere questo pomeriggio, e ti preoccupi per un mio malanno?", chiesi e lui mi sorrise.
"okay, ma cerchiamo riparo.", disse e mi trascinò sotto il portico di un palazzo.
"e ora?"
"aspettiamo che smetta.", mi cinse i fianchi e mi baciò. mi lasciai coccolare dalle sue braccia e dalle sue carezze.
"amore, devo andare però.", dissi quasi subito. mi allontanai, appoggiando però le mani sul suo stomaco. lui mi sorrise.
"corriamo fino alla stazione?", annuii e corremo. ma avevo i tacchi. e lui ero molto più veloce di me. a metà strada, con ancori venti minuti di tempo mi fermai stanca. "dai, ti credevo più resistente!"
"non è divertente ryan.", dissi ma risi. e mi venne una fitta allo stomaco. mi tolsi le scarpe e sentii l'asfalto bagnato. mi sorrise e mi prese di nuovo per mano. lo seguii sotto le stelle, tra le luci della strada. lo seguii con il rumore del mare e il ticchettio della pioggia. lo seguii zigzagando tra le macchine, e fermandoci quando non sentivo il respiro. e poi, raggiunga la fermata, saltammo sul bus che stava per partire. l'autista ci guardò male, quando bagnammo le sedie. ma non c'era nessuno e non potè lamentarsi.
"natalie, domani sera vieni a cena da me? con mio zio, intendo .."
"perchè?", chiesi quasi confusa.
"per conoscerti. magari a pranzo vengo dai tuoi.", sorrisi. era così premuroso sul fatto di conoscere le rispettive famiglie.
"okay, domattina lo chiederò a mia madre."
"ma ricordati che dopodomani sera c'è la festa per la vigilia di natale.", lo abbracciai.
"sì, me lo ricordo. per ora gustiamoci queste cinque minuti in cui possiamo asciugarci. poi ci toccherà pivoere di nuovo.", sussurrai infilandomi le scarpe. lui rise e mi stampò un bacio sulla fronte.

 

***AUTRICE***

Eccolo, il capitolo. ormai ho capito che aggiorno una volta alla settimana. e mi spiace non farlo più spesso :(
comunque, spero vi piaccia. e che lasciate una recensione. mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate. e mi fa sentire 'importante' avere un numero in più di recensioni. magari anche solo perchè c'è scritto 'è carina, aggiorna'. veramente, mi fa sentire per un po' non una sfigata che scrive per quelle quattro persone. non voglio sprecare tempo per poi mollare tutto perchè non ho gente che legge. amo scrivere, e amo vedere la gente che si interessa alle mie storie.
roar x

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Capitolo 8
*** Not Longer So Fast ***


Mi precipitai giù dalle scale sistemandomi i capelli in una coda. Ryan era alla porta. vedevo la sua figura dalla porta vetrata. mia madre era in cucina, a preparare il solito piatto migliore che sapeva fare. mio padre era accoccolato sul divano, leggendo il giornale, con finta attenzione su quelle righe nere. e mio fratello vicino a lui, a guardare la tv. l'ennesimo programma violento per cui rideva come un matto. era mezzogiorno in punto, lo sentii dal ticchettio dell'orologio. era mezzogiorno in punto quando mi bloccai davanti alla porta. vedevo il suo sorriso splendere. aprii la porta e mi feci inondare da quella felicità che emanava.
"Ciao natalie.", disse porgendomi una rosa rossa. arrosii e presi lo stesso colore del fiore. lui rise.
"grazie ryan.", dissi e mi prese per mano. lo trascinai dentro mentre mia madre ci raggiungeva. rubito lui le porse l'altra rosa e lei sorrise cordialmente.
"grazie mille, simpson.", disse lei e io mi sentii travolgere dalla sua voce. era così strano chiamarlo per cognome. troppo abituata a soprannomi.
"mi chiami pure ryan, signora.", rispose lui dopo una breve risata. forse mia madre si accorse quando era cordiale che lo invitò a sedersi. mio fratello spense la televisione rimase a fissarlo, mentre mio padre con fare altezzoso riponeva il giornale sul tavolino. mi lasciai sfuggire un sorriso perchè veramente non sapeva fare il serio. nonostante fosse un preside non era severo. neppure con me.
E finimmo col parlare di come ryan andava bene a scuola, di come era intelligente nonostante sapevo che un po' mentiva: non mi ricordavo che avesse detto di aver voti così alti. e capii che stava alzando la media per fare colpo quando, dopo aver detto quando fosse bravo ad economia culinaria, trasalì alla proprosta di mia madre di fare una torta, un giorno. e risi. Parlammo di me, e mi lasciai adulare dalle parole dolci di ryan dopo che i miei mi avevano quasi insultato lamentandosi di quanto poco fossi brava. e passarono due ore nel conversare del più e del meno. e capii che ai miei ryan piaceva. piaceva perchè sempre sorridente. ma sotto il tavolo quando mi stringeva la mano mi sentivo stringere anche lo stomaco. perchè stava mentendo?
Non solo sui voti, ma sulla sua famiglia, sulle sue abitudini. Aveva forse paura di dire che era già stato bocciato, o che preferiva fumare una sigaretta invece che aiutare qualcuno?
"Ci sentiamo sta sera allora?", chiese mia madre sulla soglia di casa. erano quasi le sei di pomeriggio. e io mi ero cambiata, indossando dei jeans grigi e una maglietta rosso pallido.
"sì, prima di mezzanotte.", dissi e lei sorrise richiudendo la porta. ryan automaticamente mi cinse la vita e sussurò: "la mia cenerentola.", risi. scendemmo fino alla strada, superammo l'angolo fissandoci negli occhi e poi mi bloccò su un muretto. mi sollevò piano e mi stampò un bacio sulle labbra che mi lasciò senza fiato. mi aggrappai alle sue spalle mi avvinghiai con forza. lui sorrise e mi baciò con ancora più forza. sentii la sua mano scivolare lungo i miei fianchi, fino al fondoschiena. mi si paralizzò il respiro, perchè il mio cuore batteva troppo forte. troppo veloce. stavo provando cose che mi lasciavano senza fiato. e mi sentivo ancora più innamorata.
"Eccoci.", disse ryan fermandosi davanti ad un hotel. aveva una grande scalinata davanti ed era altissimo. fatto di vetro, con colori che colpivano all'occhio:nero associato coll'oro. sembrava uno di quegli hotel eleganti e sfarzosi. e mi sentii assolutamente fuori luogo.
"Avevi detto che aveva un hotel piccolo.", dissi.
"beh, questo è il più piccolo del paese.", disse sorridendo.
"ne ha altri a sidney?", chiesi sgranando gli occhi.
"no, ne ha altri nella costa dello stato. dove c'è turismo, ovvio.",e per la seconda volta rimasi paralizzata. non pretendeva vero che mi presentassi a suo zio conciata in quel modo? automaticamente mi toccai i capelli e li sistemai dietro l'orecchio. rignraziai di aver indossato qualcosa di non troppo sciatto ma mi maledii fissando nella mente gli stivali nel sottoscala, mentre avevo scelto le mie converse rosse alte. "cos'hai?"
"non sono presentabile."
"mio zio non è un tipo complicato. te lo assicuro.", mi trascinò dentro l'hotel e subito mi accorsi che non era una persona complicata, solo decisamente tanto ricco. il soffito alto dell'entrata mi abbagliò da subito. era tutto così luminoso. ci dirigemmo verso il bancone dove un ragazzo ve stito di tutto punto sorrideva incessantemente.  "ehy george!", disse ryan battendo un pugno sul campanello dor ato. il ragazzo sorrise e gli diede una chiave. poi mi guardò e mi fece l'occhiolino.
"espansivo il tipo.", commentai entrando nell'ascensore. guardai l'ora e vidi che erano le sette. appena le porte si chiusero ryan schiacciò il pulsante che indicava l'ultimo piano. strabuzzai gli occhi per rileggere meglio il numero del piano. poi decisi che era meglio voltarsi, perchè era troppo alto come numero. mi ritrovai faccia a faccia col mio volto riflesso in uno specchio. ryan rise e mi cinse i fianchi. mi lasciai appoggiare al vetro mentre mi accarezzava i capelli. mi baciò la punta del naso, e poi la fronte. lasciai che le nostre labbra prendessero forma assieme. poi la porta si aprì e lui mi trascinò fuori. il corridoio non era molto largo, ma le pareti erano dorate e dei vasi appoggiati al muro rendev al'atmosfera un po' romantica. camminammo fino al termine del corridoio e poi ryan aprì la suite. immaginai fosse sua da sempre, siccome era ben diversa da una tipica camera d'albergo. ai muri c'erano quadri di famiglia, negli angoli libri di scuola in disuso e vecchi giocattoli.
"vado a farmi una brevissima doccia, serve anche a te?"
"no grazie.", sorrisi ma ero tesissima.
"se vuoi posso chiamare una cameriera che ti porti degli abiti, se non vuoi venire così."
"forse è meglio.", dissi e si tolse la maglietta. non me ne accorsi neanche poi però si mise in posa e scoppiai a ridere.
" ti assicuro che non è un tipo complicato. ma se proprio insisti.." , prese penna e foglio, scrisse un numero e poi mi lanciò la pallina appallottolata. "chiama, chiedi e fra dieci minuti arriverà la ragazza.", sorrisi e lui entrò in bagno. chiamai subito il numero e una voce femminile e dolce mi rispose.
" pronto?" , chiesi.
" Sì? " 
"mi scusi, vorrei chiedere se avete dei vestiti da donna."
"ma questa non è la suite del piccolo simpson?"
"sì, ma sono la sua ragazza.", mi sentii strana a dirlo. "vorrei incontrare suo zio stasera ma non credo di aver abiti adeguati."
"la sua taglia?", mi vergognai un mondo a dirla ma lei rispose cordialmente che sarebbe passata subito. così mi accasciai sul divano e chiusi gli occhi. mi lasciai coccolare dal rumore dell'acqua che scorreva.
"Grazie mille, va benissimo.", dissi fissando gli abiti che mi aveva portato. "ma non saranno ancora un po' troppo casual?"
"vanno benissimo, glielo assicuro.", disse la giovane che portava i capelli tinti di rosa. mi sorrise e si dileguò subito. mi spogliai gettando i vestiti per terra e indossai la gonna rossa e la maglietta con un disegno manga sopra. infilai di nuovo le converse e mi accorsi che non sembravo molto più formale di prima. però mi sentivo a mio agio, finalmente. presi le mei cose e la infilai dentro una borsa di plastica e la lasciai vicino alla porta d'entrata.
"allora è arrivata?", chiese ryan uscendo dal bagno indossando altri jeans. si infilò una maglietta viola e mi fissò. "sei stupenda.", sorrisi.
"e tu sei scalzo.", rise e mi corse incontro per baciarmi.
Dopo dieci mintui eravamo nella sala ristorante dell'hotel. a quanto pare gli unici ad essersi vestiti in modo informale eravamo io e ryan. e un po' tutti ci fissavano. ci sedemmo in un grande tavolo, il più lontano dalla porta e più lontano dalla gente. in mezzo c'era un grosso candelabro con inciso sopra il cognome di famiglia. mi immaginai fosse sempre stato il tavolo dove era abituale che il padrone mangiasse. e subito dopo esserci accomodati di fronte a me si presentò un uomo alto, con un viso sorridente e capelli spettinati. indossava dei pantaloni da tuta e una camicia. non era troppo azzeccato come abbigliamento. ma ryan si alzò di colpo e andò ad abbracciarlo.
"ah, quindi è lei la ragazza di cui mi parli tanto.", disse lui. arrosii.
"sì zio, è lui."
"beh, è più bella di quanto me la descrivevi. da quanto tempo la conosci? due settimane?", se prima sembrava volesis adularmi subito dopo mi sentii quasi ferita. voleva forse far pesare quanto poco ci conoscessimo? non dava importanza all'amore a prima vista?
"no zio.", stava per dire che forse era una settimana ma si zittì di colpo. l'uomo sorrise e alzò il bicchiedere di birra. ryan fece lo stesso e brindarono. io sorrisi intimidita. e forse non era poi così male, come zio, nonostante quella specie di attacco all'inizio. subito fece battute e riempì l'aria di risate. almeno nel nostro tavolo. poi, a fine cena, si alzò e fece un brindisi con tutta la sala. quando si risedette continuammo i nostri discorsi su di me. ero l'argomento principale quella sera e l'unica cosa che mi aiutava era la mano di ryan, appoggiata sulla mia gamba, che stringeva le mie dita. già, perchè tutto il resto sembrava sfuggirmi di mano. sembrava già ubriaco.
"ragazzi,devo lasciarvi ora. gli affari mi aspettano.", disse lo zio e così facendo si allontanò dal tavolo per incontrare un vecchio con barba bianca. guardai ryan mentre si scolava il bicchiere di birra.
"è tutto okay?", chiesi.
"Sì, va che è una meraviglia.andiamo in camera?", disse e mi baciò sulle labbra. forse era l'odore dell'alcol a fermarmi, ma l'idea di poter star abbracciata con lui mi attirava troppo.
"okay, andiamo."; sorrisi e ci incamminammo verso l'ascensore. molti erano in fila per prenderlo. ryan superò la coda, ma nessuno sembrava esserne accorto. salì appena le porte si aprirono. lo seguii e mi aspettai che la coppia di due vecchietti ci seguisse ma abbassarono il capo e attesero che le porte si chiudessero. "perchè?", chiesi.
"beh, diciamo che ho più diritto di loro."
"ma pagato come te per stare qua. e poi-", non mi lasciò finire che mi baciò. il sapore amaro di quello che era appena successo si mischiò alla birra. ma non mi staccai. troppo abituata a non baciarlo da sobrio me ne ero fatta l'abitudine. continuò a bacirami anche quando uscimmo,e mi sollevò fino in camera. aprì la porta e finii contro la parete.
"dammi cinque minuti. vado a fumarmi una sigaretta.", disse baciandomi il dorso della mano. si guardò intorno e poi andò verso lo zaino mentre io mi dirigevo alla finestra della camera. era aperta e tutta la città illuminata sembrava guardarmi. era tutto splendido. il rumore delle macchine si sentiva nonostante i piani a dividerci. e il riflesso della luna sulle onde del mare era così chiaro da sembrare fosse il cielo. e poi l'odore della sigaretta accesa impegnava l'aria. mi volta e vidi ryan che si era tolto la maglietta, stringendo la sigaretta tra le labbra. aveva un lieve sorriso beffardo.
"che c'è?", chiesi in una piccola risata.
"nulla, sei bella.", abbassai lo sguardo e vidi solo i suoi piedi avvicinarsi. alzò il mio volto con le putna delle dita e mi baciò. la mano destra stringeva ancora la cicca mentre l'altra mi spingeva verso il suo bacino. mi cinse il fianco e mi ritrovai completamente accolata a lui. non mi dispiaceva, ma non sentivo più nulla. l'alcol lo inondava e l'odore forte delle malboro mi stava pizzicando il naso. mi allontanò con forza e tirò un altro fiato. mi sfilai le scarpe. stavo soffocando. non importava quanta aria fredda stava entrando dalla finestra, mi sentivo soffocare. e il mio cuore batteva troppo forte. troppo veloce. gettò la sigaretta nel portacenere e ryan fu di nuovo al mio fianco.
"amore, sei completamente ubriaco, credo"
"e importa? sono ubriaco di te. pazzamente.", così facendo mi strinse i fianchi e mi trovai ben presto distesa sul letto. si sfilò velcoemente i pantaloni e mi fissò.
"devo .. ?", rise e mi tolse la maglietta e la gonna.  lo fece con forza, quai senza accorgersi che ero io. lo fece con brutalità, sembrava volesse strapaprmi i vestiti di dosso, se avesse dovuto. poi li gettò a terra, mi afferò le gambe e mi baciò all'altezza dell'ombelico. poi mi sorrise e mi fece scivolare tra le sue braccia. mi strinse forte mentre premeva le sue labbra sulle mie con troppa veemenza. mi sentivo eccitata, felice, e altri miliardi di emozioni assieme. e mi sentivo anche spaventata. stavo provando troppe cose insieme. sentivo il mio cuore accelerare nel petto. lo sentivo scoppiare. non potevo reggere tutto ciò. sopratutto non potevo reggere la paura, che mi stava divorando. sentii le sue mani calde mentre mi slacciavano il reggiseno e subito sentii come una grande botta in testa.
se prima mi sentivo innamorata ora ero spaventata. se prima respiravo a fatica, ora soffocavo sempre più. se mi sentivo protetta ora ero in gabbia. se volevo provare nuove emozioni, ora volevo tornare indietro. se prima potevo scegliere, ora mi trovavo in un vicolo ceco. se prima volevo provarci, ora volevo fuggire.
se prima volevo ryan, adesso volevo stefan.
sì, volevo lui.
perchè mentre sentivo i corpo di ryan strusciarsi sul mio e le mie labbra bloccate sulle sue, capii che erano quelle sbagliate.
se dal primo istante che ero arrivata a sidney mi ero sentita bene era grazie a stefan. perchè lui mi aveva guidata, mi aveva aiutata, mi aveva accolto come una sorella, ed eravamo diventati subito amici. e se mi aveva fatta innamorare della città, mi ero accorta forse troppo tardi che mi ero innamorata anche di lui. e non potevo farci nulla.
vidi ryan alzarsi un attimo per sfilarsi i boxer mentre io ero nuda, inutile, fragile sul letto.
sperai di poter urlare ma le labbra erano screpolate, e la bocca impastata. cercai di sedermi ma ryan rise e si gettò subito vicino a me.
"non ti preoccupare, faccio tutto io.", disse. voleva forse consolarmi? voleva forse aiutarmi? mi sentii ancora più terrorizzata. era il ragazzo sbagliato. tutte i 'ti amo', tutte le parole dolci ora sembravano bugie. e mi ferivano. ma la cosa che mi feriva di più erano le sue dita che sfioravano il mio corpo immobilizzato. e mi chiesi come potevo essermi innamorata di lui dopo solo poche ore, dopo pochi messaggi, quando il vero principe azzuro era sempre stato lì. anche lui non da molto, ma vi era sempre stato. perchè ci eravamo aiutati, avevamo riso, e condiviso molte cose.
le labbra di ryan scesero dalla mia bocca e sfiorarono il collo, poi il seno. cominciò a baciarmi l'ombelico, per poi scendere più in basso. e cominciò a leccare, mordere, stuzzicare. emisi un suono che poteva sembrare una conseguenza dell'eccitazione, ma invece ero disperata. lui rise e ne approfittò per stringere i fianchi e affondarre le dita. mi accarezzò i capelli e poi mi penetrò. e le guancie si inondarono di lacrime. lui rise e mi baciò il collo mentre io cercavo di fermarlo. gli graffiavo il petto e la schiena. ma lui continuò, e sembrava fraintedere tutto. non sentivo più la forza. mentre il mio cuore rallentava, e il suo battito non era poi così forte. vidi il suo viso trionfante mentre io cercavo di liberarmi del suo corpo. il mio cuore non batteva più così veloce.

***AUTRICE***

quanti applausi per questo capitolo hard?
ahhah okay, chiedo scusa per l'immensità di tempo che mi ci è voluto per scrivere. non ho avuto molto tempo nè voglia.
spero vi sia piaciuto. sommergetemi di domande (tanto non lo fate mai) o di pareri.
cosa ne pensate dello zio? e del comportamento di ryan con i genitori di natalie? e poi l'ultima scesa poco ma poco hot? :3
buona notte c:
roar x

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Capitolo 9
*** These Were My Faults ***


Mi sveglia scompassata. Mi girava la testa, avevo la nausea. Riuscii a malapena a sedermi, ma subito fui costretta a distendermi di nuovo. MI bruciava la gola, e avevo gli occhi lucidi. La bocca impastata, le dita intorpidite. Mi massaggiai le tempie quasi a distrarmi ma sentivo l'odore di fumo impregnare le coperte. Le scostai di dosso e mi ritrovai il corpo di ryan vicino. Nudo, inerte ma terribilmente spaventoso. Aveva della bava che sceneva dalla bocca e l'espressione torva. Forse avrei riso, qualche giorno prima. Invece rabbrividii e cercai le mutande sotto il letto. MI vestii cercando di fermare i conati di vomito e appenai mi impossessai del cellulare mandai un messaggio a Stefan, chiedendogli se poteva parlare. Dovevo dirgli cosa provavo, ma sopratutto cos'era successo.Mi avrebbe capito.
Guardai l'ora, e mi accorsi che erano appena le sei di mattina. Era fin troppo presto. Non avrebbe risposto. Lo sapevo. Cercai le mie scarpe mentre ryan si voltò dal suo sonno e pronunciò il mio nome. La sua voce era roca e grattata, forse per il fumo. Premetti le dita sulle tempi cercando di far rallentare il battito che mi spaccava la testa. Mi rigettai sul letto cercando le chiavi di casa, sapendo che la sera prima le avevo lasciate lì. Quando le trovai uscii dalla stanza, senza guardarmi indietro. Senza fissare il corpo perfetto di ryan addormentato. Senza guardare il suo viso non più angelico. Lasciandomi alle spalle un errore.
Uscii da quel corridoio, maledicendo l'ascensore troppo lento. Corsi nella sala grande, mezza vuota. E mi gettai fuori dall'hotel, respirando solo aria calda della mattina. Nelle strade si aggiravano i primi mattutini, mentre io li schivavo con fretta. Non avevo tempo di guardarli, o di pensare. Dovevo solo allontanarmi. Fuggire via da tutto questo, e rifugiarmi in qualche luogo. Presi il cellulare e vidi che il mio messaggio era ancora senza risposta. Ne inviai un altro.
"Faccia attenzione a dove cammina.", disse un vecchio con un grosso berretto in testa. Mi bloccai di colpo, capendo di averlo urtato.
"mi - mi scusi.", dissi borbottando.
"ah, voi giovani!", disse alzando el braccia in aria. DIo quanto avrei voluto riderci sopra. Ma invece mi copri il viso con le mani e cominciai a correre singhiozzando. Non sapevo dove andavo, ma correvo verso la spiaggia. Verso il mare.E mentre spingevo per farmi largo piangevo.Non capivo perchè mi ero trattenuta prima. era la cosa più giusta da fare. Chiamai Stefan, ma il suo cellulare sembrava morto. risuonò la segreteria telefonica, e l'unica cosa che riuscii a dire, fu tra i singhiozzi: "Ti prego chiamami, ho bisogno di te."
Mi fermai di colpo, riconoscendo il posto. Ero al campo da calcio dove avevo conosciuto per la prima volta Stefan e Alexia. Mi sembrava così strano essere lì. Forse era il caso, o la fortuna, ma gli spalti erano vuoti. E nessuno nei paraggi. M'incamminai verso le ultime sedie di plastica e mi sedetti gettandomi con tutto il peso. Ero stanca. Stanca di correre, di piangere, di soffrire, di stare male. Ero stanca di me, e di questa vita che andava a rotoli.
Era passata appena mezz'ora, e non sapevo com tornare a casa. Sapevo che anche se non era distante, ero distrutta. Non sarei riuscita ad arrivarci. Sopratutto non con gli occhi cerchiati di nero, le braccia piene di lividi e i capelli arruffati. E chi avrebbe sopportato le urla de mia madre? Anche se mi fossi presentata bene, restava il fatto che ero in ritardo col coprifuoco di quasi sette ore. E mio padre avrebbe dato di pazzo. Mio fratello si sarebbe messo in un angolo a godersi la scena e a ridere. E mentre mi asciugavo le lacrime, pensando a come fare suonò il cellulare. Era Stefan. Il mio cuore sobbalzò nel petto, e risposi.
"Natalie che succede? sembravi disperata."
"lo sono
.", mormorai. la voce ancora bassa.
"posso aiutarti? cos'è successo?"
"un casino con ryan."
"dove sei?"
"al campo da calcio dove ci siamo incontrati."
"aspettami, arrivo fra poco."
"sì, aspetto. dico al dolore di passare fra dieci minuti
.", dissi e mi strappai un breve sorriso da sola.
"natalie, arrivo adesso. sono in pigiama. mi cambio, salto sulla moto e corro più che posso."
"grazie stefan."
"no, credo dovrei ringraziati io. perchè non penso che qualcuno si fiderebbe così tanto di me per dirmi ciò che è successo. ti sento che sei distrutta."
"Natalie vieni qua.", Stefan mi coprì con un abbraccio enorme, mentre io ero ancora confusa. mi legai a lui stringendolo. Appena sentii il suo corpo contro il mio, mi vennero in mente le immagini della notte prima. e mi sentii di nuovo debole. scoppiai a piangere. quanto mi facevo schifo stare così. "shh, ci sono qua io.", sussurrò all'orecchio.
"grazie ..", dissi tra le lacrime. non riuscivo a dire altro. Quando le mie lacrime non scesero più, le labbra smisero di tremare e io di sobbalzare dagli spaventi gli spiegai cos'era successo. Partendo dal pranzo, soffermandomi sulle sue bugie. e stefan era vicino a me, stringendomi la mano. e passai alla cena, dicendo che ryan aveva bevuto molto. e che aveva fumato. e stefan rimase lì, ad ascoltarmi. poi gli parlai del rapporto sessuale avuto con ryan, e mi stupii di come non scoppiai a piangere troppe volte descrivendo tutto. perchè sapevo che il mio amico non avrebbe chiesto i dettagli, ma forse ci avrebbe pensato. e mentre gli dicevo tutto mi scordai che mi ero innamorata di lui, e sapevo che era lì perchè era mio amico. e mi voleva bene.
"okay, ho capito e ora cosa pensi di fare?"
"non lo so. pensavo potessi dirmelo tu
.", dissi e strinsi la sua mano. la fissavo, non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi. cose simili le riuscivo a dire solo ad Hanna, e mi sentivo nuda veramente ora. Nuda perchè non avevo segreti. E mi pentii di non aver avvertito prima Hanna di lui.
"pensi che dovresti evitarlo per un po'. non mi è mai stato troppo simpatico, ma ciò che ti ha appena fatto mi spezza il cuore. non si trattano così le ragazze.", disse e accennai un sorriso."non so se lo ami e forse queste parole ti fanno male. ma secondo me a farti più male è stato lui."
"non penso di amarlo. ieri notte mi sono accorta che lui quello sbagliato.", e ancora fissandogli le mani sperai che capisse che fosse lui. ma poi ripensia che era meglio di no. come mi sarei comportata? mi ero appena quasi lasciata, e non sentivo il bisogno di un altro che mi trattasse allo stesso modo. ma sentivo che lui era diverso. era vero. ma poi erano gli stessi pensieri che avevo provato per ryan. e mi sentii in colpa i non aver approffondito la cosa.
"spero che capisca che forse ti serve del tempo per risolvere tutto."
"forse ho bisogno di qualcuno che mi ami per davvero, che mi renda felice, che mi faccia sentire bella."
"se non vuoi un ragazzo ancora, ma se vuoi qualcuno che faccia tutto ciò ci sono io. sarò il migliore tra i migliori amici che tu possa mai avere
.", e risi. perchè la cosa migliore che sapeva fare era rendermi felice. con lui non riuscivo a stare seria. e dopo tutto questo poco tempo passato assieme, avevo capito che lui era veramente il migliore. uno di quelli che se anche se ne va', resta nel cuore. "Vuoi un abbraccio?", lo chiese in modo dolce e sembrava quasi ne avesse bisogno lui. MI gettai su di lui, questa votla sorridendo e pensando al meglio.

"Stai meglio?! Hai idea di come sei conciata?", urlò mia madre. erano le nove di mattina. lei aveva i capelli arruffati, la vestaglia rosa avvolta sbadatamente attorno al corpo. e mio padre dietro di lei, mi guardava con aria severa.
"Mamma è tutto okay.", sussurrai e mi spostai una ciocca da davantia gli occhi. affianco a me c'era Stefan, che non sembrava affatto turabto dalle grida di mia madre.
"No che non lo è. Ryan ha chiamato un'ora fa perchè non sapeva dov'eri. Ha detto che ieri sera te ne sei andata al solito orario e sei scomparsa. E ora ti ritrovo così.", Stefan digrignò i denti e io cercai di non urlare dalla rabbia. ryan si era di nuovo preso la briga di dire bugie per mettermi nei guai e farmi sfigurare. ma dopo la sera prima, non avevo più intenzione di farmi mettere i piedi in testa. vero, avevo ancora il terrore che mi congelava le ossa ma era successo. e non potevo tornare indietro. avevo ancora paura che potesse succedere. ma dovea finrie tutto ciò. non ce la facevo più a reggere le sue scuse, e le sue menzogne.
"l'ho trovata stamane in spiaggia.", disse Stefan. voleva forse peggiorare la situazione? "era per strada, forse ha deciso di tornare a piedi ed è crollata."
" e  non potevi chiamare? o prendere il bus?",  abbassai lo sguardo mentre Stefan mi cingeva il fianco.
"Ho lasciato ryan, mamma. non mi sentivo bene.", e così mia madre si addolcì di colpo. mi strappò dalle braccia di stefan e mi accolse tra le sue sussurrandomi cose dolci. mio padre convinse stefan ad entrare mentre io affondavo il viso sul petto di mia madre. "mamma, veramente. sto uno schifo. ho rovinato tutto.", era così. anche se l'errore finale l'aveva commesso lui io mi ero illusa. illusa che potesse essere vero amore e che avesse aspettato il mio tempo. ingenua, stupida, illusa, sognatrice, patetica, innamorata. queste erano le mie colpe.

"Stefan, perchè mi chiami?", chiesi sedendomi sul divano con una tazza di cioccolata calda.
"E' per la festa di stasera, alla fine vieni?", me ne ero completamente scordata. Guardai l'orologio,che segnava le cinque di pomeriggio.
"Non so, a che ora inizia?"
"alle nove.", poi fece una pausa in qui ci pensai su. dovevo veramente andarci? non c'erano obbighi. ci sarebbe stata musica, gente e alcol in una piccola casa affollata. ma dovevo pu distrarmi. e tutto sembrava ricordarmi le mani di ryan sul mio corpo. rabbrividii. "se non vuoi .."
"nono, vengo.", dissi di botto.
"ti passo a prendere?"
"sì, grazie.", sorrisi.
"vengo alle 8.30"
"benissimo, a dopo allora."
"a dopo.
", e sorrisi chiudendo la telefonata. non mi interessavano più le mie colpe. strinsi la cioccolata tra le mani e pensai che forse avrei veramente dimentiato ryan. e decisi di inviargli un messaggio. lui non mi aveva cercata per tutto il giorno. e forse er ail momento di smetterla. gli dissi che era finita. che non lo amavo più. che era stato tutto un errore. e poi mi appoggiai sul divano, lasciandomi coccolare dal sapore dolce e caldo della cioccolata in bocca. non mi interessavano più le mie colpe. sapevo di averne avute, ma volevo solo tirare avanti dimenticandomi del passato. dovevo godermi le vacanze. godermi il natale, il capodanno e tutto il resto.
dovevo andare avanti sorridendo. ed era la cosa che mi veniva meglio.

***AUTRICE***
Il capitolo è corto, lo so. chiedo scusa. e chiedo scusa anche per gli errori ortografici.
spero vi sia piaciuto, e per coinvolgervi vi faccio delle domande:
secondo voi ha fatto bene a lasciare ryan? avrebbe dovuto perdonarlo? secondo voi natalie rischia di essersi innamorata allo stesso modo con stefan?
buona notte principi e principesse del reame.
roar x

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Capitolo 10
*** Mistletoe ***


"Hanna, mi vedi?", chiesi cercando di capire come funzionasse Skype. Era una cosa impossibile, sopratutto per una come me, che di tecnologie si intendeva poco. Lei annuì e mi chiese come stavo. "Bene, e tu?"
"Benissimo Natalie, sopratutto ora che è finita scuola. dimmi, come va con il biondino? come si chiamava?Jordan?Joshua?", chiese spostandosi i suoi lunghi capelli.
"Ryan.", sputai tra i denti.
"sì, ecco. come va?", sorrideva e sembrava eccitata all'idea di dovermi aiutare per preparami a vestirmi per la festa. ma voleva sapere altro, tale curiosa che era.
"ci siamo lasciati oggi.", mormorai. sgranò gli occhi, aprì la bocca e subito se la tappò con le mano. mormorò un "ah" e mi guardò preoccupata.
"è tutto okay? stai bene? hai bisogno di piangere?"
"no, ho già sistemato tutto. è stato un errore. avevi ragione a non fidarti di uno che dice troppo facilmente 'ti amo', e ho capito che lui era quello sbagliato.", sorrisi e respirai piano.
"uhmmm, dalle tue parole sembra che tu abbia trovato quello giusto.", e scoppiammo a ridere.
"forse.. è stupido voler un ragazzo ora. beh, oltre quel ragazzo. dopo che mi sono lasciata, dopo aver sofferto, ma credo che lui sia tutto. e questa volta lo dico veramente. ci credo con tutto il cuore, sono sicura non ci possano essere di migliori. mi piacerebbe esserci arrivata una settimana fa'.", sorrisi e lei mi guardò.
"allora, cosa hai intenzione di mettere?", cambiò argomento e io la ringrazia mentalmente. sapeva sempre quando evitare argomenti imbarazzanti. scossi al testa e aprii l'armadio. era pieno di vestiti ma non avevo provato neppure mezzo. "Che tipo di festa è?"
"Una di quelle a cui non ho mai partecipato."
 "uhm, quindi una serata formale o di quelle da sballo ?"
" Stefan l'ha definita da sballo. ", dissi sperando si alludesse al fatto che ci si diverte, e non all'alcol a fiumi.
"A h, è così che si chiama. "
" chi? ", chiesi interrompendo i miei pensieri, che lanciavano foto di lui nella mente.
" il tuo amato, ti si sono illuminati gli occhi." , e poi rise. e mentre arrossivo di colpo la porta si aprì ed entrò mio fratello Thomas.
" Ciao Hanna. ", sorrise. "Questo è per te,l'ha lasciato il tuo amico surfista. E' forte.", disse e m i porse una scatola impacchettata. lo salutai e lasciai il pacco sul letto, davanti al pc, in modo che Hanna potesse vederlo.
"Secondo te cos'è?", chiese lei curiosa. Se fosse stata al mio fianco avrebbe già strappato la carta da regalo. "Aprilo!", non aspettò la risposta e saltellò nella sua camera.
"E se è una bomba?", appoggiai l'orecchio al pacco ma subito scoppiammo a ridere. Guardai il cellulare sperando ci fosse un suo messaggio, ma nulla. Sbuffai e mi sedetti ad aprire il regalo. C'era un lungo nastro violetto sotto il quale c'era un biglietto incastrato, che diceva a grandi lettere: BUON NATALE BELLISSIMA. E' UN REGALO IN ANTICIPO, SPERO TI PIACCIA.
"Dio è dolcissimo! a quando il matrimonio?", ero pronta a tirare uno schiaffo sulla spalla alla mia amica, ma poi mi resi conto che era kilomentri più lontano. mi limitai a guardarla torva. strappai la carta e mi ritrovai una scatola bianca decorata d'argento, mentre Hanna gridava eccitata io non sapevo che fare. Non capivo il motivo del regalo, e non capivo perchè avevo già visto da qualche parte il nome di quel negozio d'abbigliamento. Ma prima di alzare la scatola mi venne il rimorso di non aver comprato nulla per lui. Non ci avevo neppure pensato, troppo presa da Ryan. E con questo lanciai un'altra frecciatina immaginaria al suo volto. Non potevo credere di essere stata così monopolizzata da lui. Alzai il coperchio e mi ritrovai della carta biancognola trasparente, la spostai mentre questa faceva un leggero rumore e scoprii un tessuto nero e verde al di sotto. non ci volle molto che saltai giù dal letto trascinando con me l'abito da cocktail. lo guardavo e sorridevo. lo desideravo così tanto, e mi ero pentita di non averlo comprato. ma ora era tra le mie mani. Hanna esultò felice mentre io dentro mi sentivo scoppiare. L'unico pensiero triste era che sapevo il prezzo, ed era veramente eccessivo. Avrei dovuto farmi perdonare per questo.
"Ora sai cosa devi mettere.", disse la mia amica, mentre la guardavo sorridendo estasiata.
Scesi le scale maledicendo le scarpe col tacco alto. Non ero molto abituata, e all'idea di doverci camminare un'intera serata,beh,mi sentivo già mancare la terra sotto i piedi. Il campanello suonò di nuovo e mio padre si alzò dal tavolo, spazientito. "Non è possibile che sei sempre in ritardo.", andò alla porta mentre con una piroetta mi infilavo la giacca. "Divertiti,e non fare tardi.", mi baciò la fronte e poi scivolai dal suo abbraccio.uscii e l'aria fredda della sera mi colpi, ma sembrava più una carezza. una carezza perchè poi la mano di Stefan strinse la mia sorridendo.
"Sei bellissima.",arrossii notando i suoi jeans e la camicia.
"Sei vestito anche tu in modo elegante.", scoppiò a ridere.
"non quanto te.spero di non rovinare il vestito se andiamo in moto."
"no,tranquillo
.",sorrisi e mi trascinò alla moto. mi passò il casco e lo indossai subito. sapevo che eravamo già in ritardo,per colpa mia. Sfrecciò lungo la strada, correndo il necessario per non fare una figura da scemi.non avevamo nessuna intenzione di presentarci a metà festa, anche perchè sarebbe sembrato strano. Mi sentivo strana ad essere single, ma lui aveva ancora una ragazza. e mi chiesi subito dov'era,siccome mi aveva invitato lei. Stefan,dopo che ebbi perso il numero delle svolte,si fermò in una via completamente piena di auto apparcheggiate.
"diciamo che ci siamo.", si tolse il casco, mi aiutò con il mio e li appoggiò sulla moto. mi guardò e attese che mi sistemassi il vestito e i capelli.
"devo ancora ringraziarti per l'abito.", lo guardai sorridendo.
"non c'è di che. avevo visto che ti piaceva, alexia me ne aveva parlato, che questa mattina non sapevo proprio come aiutarti. e sapevo che,beh,forse qualcosa di nuovo nell'armadio avrebbe dato maggiore vita al tuo sorriso.", mi avvicinai a lui un po' barcollando e lo abbracciai.
"grazie stefan, tu sei proprio il migliore amico di sempre.",nel dirlo allentò la presa ma poi lo sentii ridere e mi strinse più forte.
"e mi piace essere il migliore amico della mia migliore amica,ora però ci conviene entrare.", mi lasciò e mi sorrise. cominciò a camminare verso la casa illuminata da cui uscivano una miriade di suoni assieme. quasi non si sentiva la canzone che le casse pompavano. gli corsi dietro ma subito lui rallentò per tenere il mio passo, e gliene fui grato, con un piccolo sorriso. sembrò capire.
Quando entrammo un ondata di calore di avvolse, e sembrava stessimo entrando in un forno a microonde. solo dopo mi accorsi che era solo colpa dei corpi ammucchiati a ballare, e il respiro pesante di quelli ormai ubriachi. l'odore del tabacco di colpì e sembrò ricordarmi di ryan, e mi sentii svenire. stefan mi cinse un fianco e mi sorrise. feci un passo avanti e mi sentii per un secondo forte, e sicura. poi alexia mi atterrò addosso con un abbraccio traballammo entrambe, sui nostri tacchi alti. scoppiammo a ridere.
"eccovi, credevo vi fosti persi!", rise ancora guardandoci. "la festa è iniziata da un po',e siccome tu sei single,cara, devo presentarti un paio di ragazzi.", mi prese per mano e mi trascinò via, non baciò neppure il suo ragazzo e non lo degnò di uno sguardo. mi voltai per guardarlo ma lui se ne era già andato verso la cucina, con un altro amico. "allora, lui è Michael e lui è Justin.", mi voltai per guardare due ragazzi con i capelli neri fissarmi. beh, diciamo che non fissavano proprio il mio viso. qualcosa di più in basso. Alexia tossì e i due si ricomposero, e tesero le mani. strinsi prima quella di Justin, e poi quella di Michael.o forse viceversa. erano gemelli, e sembrava che comporsarsi da tale non dava loro fastidio. ma erano identici, e la cosa mi turbava.
"Io sono Michael, per informazione.", disse quello a destra sorridendomi. gli si formò una dolce fossetta sulla guancia che mi fece intenerire. mi guardò con quegli occhi azzurri e profondi.
"e io Justin, per informazione.", disse l'altro, spazzolandosi con una mano i capelli neri. mi fissò le labbra con troppa ansia, e allora sorrisi cercando di sembrare gentile.
"Natalie, io vado a parlare con il mio ragazzo, tu divertiti con loro intanto.", e dicendo mi fece l'occhiolino. le sue ciglia lunghe mi spiazzarono e se ne andò.
"vuoi un drink?",chiese Justin.
"tequila?", chiese il gemello.
"whisky?"
"qualcosa di più leggero?", domandò michael. stavo per rispondere che non bevevo ma mi sarei resa ridicola.
"quello che preferite.", dissi e me ne pentii subito. mi cinsero i fianchi e cominciarono a camminare verso il bar, con me in mezzo. sembravano più due guardie del corpo e per un secondo la cosa mi divertì, pensando che alexia aveva programmato di proteggermi. poi ricevetti il primo bicchiere d'alcol, e capii che non era così. alzai le spalle e sorrisi. un'ubriacata non mi avrebbe fatto del male. presi il bicchiere e lo scolai velocemente.
"diretta la ragazza.", disse uno dei gemelli, ma ormai avevo perso la facoltà di distinguerli, da quando mi avevano trascinato via. mi passò un altro bicchiere e lo bevetti di fretta.

"Dov'è michael?", chiesi mentre justin mi prendeva per mano e mi portava fuori dalla casa, nel giardino dove sembrava ci fossero meno persone. mi spinse lungo un muro di pietre e poi mi baciò.
"non è qui.", rispose quando allontanò le sue labrba per avvicinarle al collo. avevo l'alcol ormai in corpo, e non capivo letteralmente nulla. la festa era cominciata già da due ore, e mie ro scolata con so quanti drink. ovviamente justin non si era limitato a passarmeli, e desiderava di più. mi voltai mentre le sue mani si infilavano sotto il vestito e notai che nessuno mi guardava con troppa attenzione. erano tutti ubriachi, e io anche. avevo già dei buchi di memoria.quando michale se ne era andato? quando avevo perso di visa alexia? quanto tempo era passato? justin tornò a baciarmi sulle labbra e ebbi al forza di allontanarlo. ma subito mi aggrappai a lui, e come al solito il ragazzo che avevo di fronte riuscì di nuovo a fraintendere. prima ryan, ora lui. rise, mi prese per mano e corse lungo la scala esterna che portava al secondo piano. inciampai quasi ad ogni scalino e alla fine justin fu costretto a sollevarmi di peso, perchè non mi reggevo più. cominciò ad aprire ogni singola porta, ma quasi tutte erano già occupate. ero troppo stordita per andarmene, e mi facevo strascinare da lui. finchè non si fermò di colpo, mi spiaccicò al muro e mi baciò con più forza.
"dio, non posso resistere a lungo.", sussurrò mentre mi mordicchiava l'orecchio. e di nuovo una sua mano passò lungo il mio corpo.e in quegli istanti di silenzio in cui l'unico rumore era il suo respiro pensante mentre mi baciava sentii due persone litigare. non capivo bene su cosa, ma sembrava una cosa seria.poi mi resi conto che i due urlavano proprio dietro al muro a cui ero appoggiata.justin cominciò a baciarmi con più forza e io contraccambiavo, ma con indifferenza, e impassibilità. tenevo gli occhi aperti e le braccia su di lui solo per non cadere.
"tu la ami!", urlò la ragazza, diq ualche ottava più in alto.
"e se fosse? sei antipatica, e non avrei mai dovuto dirlo, ma lo sei!", urlò l'altro. forse era l'alcol,ma le voci mi rimbombavano in testa e mi sembravano familiari.
"e quindi è così? e da quando va avanti? una settimana? o di più? e quindi quell'altro era tutta una copertura?", justin scoppiò a ridere e appiattì il viso vicino al mio, appoggiando l'orecchio sul muro. così facendo mi strinse più forte a sè, ma almeno origliavo meglio.
"lei è la mia migliore amica!"
"spero diventi anche la tua ragazza, perchè non me hai chiuso!", urlò questa e sentii i tacchi sul pavimento. vicino a lui la portà si aprì, e mi ritovai faccia a faccia con il viso pieno di lacrime di alexia. "si parla del diavolo..", borbottò e sebrò volesse sputarmi in faccia, ma justin si mise tra noi due. e per una volta ringraziai che facesse canoa, perchè lei gli saltò addosso per aggredirmi. la prima cosa che pensai fu come faceva a sapere che faceva canoa, ma poi barcollando mi allontanai. justin mi disse che l'avrebbe portata via e che poi sarebbe tornato. ma poi ero troppo ubriaca per capire. annuii e li guardai mentre lei strillava tra la gente e si allontanavano. e mi sentii leggera per un secondo. barcollai fino alla porta e mi scontrai contro stefan.
"è tutto okay?", chiesi ma forse era meglio se la domanda la ponevo a me stessa. ero mal ridotta, ubriaca fradicia, e non riuscivo a stare in piedi. non riuscii neppure a finire il pensiero che caddi a terra. stefan mi raccolse prima che mi facessi del male e mi adagiò con cura. poi chiuse la porta a chiave, mi sfilò le scarpe e mi fece distendere sul letto.
"ti turba se mi distendo vicino a te? ho bisogno di riflettere."
"e io di dormire.",dissi e mi strofinai gli occhi con le mani.lui rise.
"sei una stupenda migliore amica."
"e tu il più gentile dei migliori amici.", sorridemmo entrambi e poi mi addormentai.

Mi svegliai con un baccano tremendo. non capivo nulla, la testa mi girava e affianco a me stefan fissava il soffitto. attesi un paio di minuti prima di parlare, perchè dovevo riprendere lucidità. e stavo cercando anche di capire che ore fossero, ma l'orologio o era pazzo, o i numeri si divertivano a scambiarsi di posto appena ne capivo uno. "che ora è?", chiesi allungando una mano verso il suo viso. lui si voltò di scatto e fece un sussulto. poi mi sorrise.
"mezzanotte da poco."
"okay.. che succede?", dissi e indicai la porta. fuori c'era gente che urlava ancora più di prima.
"è natale, festeggiano.", e scoppiai a ridere.
" chissà a capodanno.",  fece un sorriso e poi si sedette. lo imitai e subito mi venne un giramento di testa.le prese per le spalle e mi guardò negli occhi.
" ho fatto un errore a chiederti di venire. ", mi strinse le mani fredde. "sei ubriaca, ho litigato con la mia ragazza e ora pensa che io mi sia innamorato di te.", e dicendolo si morse un labbro. "ti acco mpagno a casa?", annuii e sorrisi. mi alzai e presi le scarpe da terra. uscimmo dalla stanza mentre nel corridoio non c'era più nessuno, erano tutti di sotto a uralre e bere. ringraziai la musica alta che non mi permetteva di sentire ciò che dicevano, perchè alcuni erano già in mezzo a delle piccole lotte. scendemmo le scale e ci infilammo in cucina,ma mi ritrovai addosso ad alexia. mi guardò un secondo e poi si voltò per vomitare sul lavabo.
"è un buon segno?", chiesi e stefan rise. ritornammo sui nostri passi ma io non ricordavo più dov'era l'uscita. finimmo in mezzo alla stanza, tra i ragazzi che ballavano e fumavano,
"ehi, questi due sono sotto il vischio!", urlò uno spingendoci. alzai lo sguardo e riuscii a mettere a fuoco delle foglioline verdi sopra le nostre teste. alcuni risero, altri non ci badarono e continuarono a scuotere i loro corpi."forza, baciatevi!", urlò questo con un occhio mezzo chiuso e un certo ghigno sul volto. ci indicò con con la mano dove teneva un bicchiere rosso e versò metà del drink sul tappeto. rise.
"non è divertente.", sussurrai.
"non stiamo assieme.", cercò di chiarire stefan ma il ragazzo rise più forte e bevette. alcuni vicino a lui cominciarono a battere le mani e a spronarci.
"dobbiamo?", chiesi.
"no, per nulla. non dobbiamo. è solo una stupidaggine.non è con un bacio sotto il vischio che si dimsotra l'amore."
"ma lo si può fare con un bacio, e allora non importa se è sotto il vischio:", sussurrai guardandomi i pieid nudi. mi sentii avvampare.
"è vero ma devi amare questa persona.", e subito ricordai come justin mi aveva baciata. non sembrava veramente interessato ai miei sentimenti, e ringraziai che il mio cuore aveva appena sofferto perchè ci sarei potuta ricascare.Ma forse non mi ero resa conto che ci ero già ricascata. ed ero proprio caduta tra le braccia del ragazzo di fronte a me.alzai lo sguardo e trovai i suoi occhi a fissarmi. "sai, avevo detto che ogni ragazzo sarebbe potuto innamorarsi di une come te, perchè sei fantastica.", sorrisi ingenuamente. mi aspettavo il solito schiaffo: sei carina, ma non sei il mio tipo. funzionava sempre così.
"lo so..", sussurrai piano.
"e se ti dico che sei stupenda, credimi, lo sei. e se ti dico che sei la mia migliore amica, credimi, non ne ho mai avuto come te. se ho lasciato la mia ex un po' è colpa mia, lo ammetto. non avrei mai creduto che mentre la frequentavo mi sarei potuto innamorare di un altra. e un po' è colpa sua, con la sua continua arroganza. quando ti dicevo che era una bella persona era solo perchè volevo farla sembrare tale. perciò se ti dico che ti amo, non scacciarmi.", aprii piano la bocca, stavo per ribattere ma mi cinse in un abbraccio dolce e poi appoggiò le sue labbra sulle mie. e le sentii mie,giuste,perfette. per una volta mi sentivo al posto giusto, tra le braccia giuste. non desideravo altro, lui. mi rilassai e lasciai che il suo profumo mi innondasse come una carezza. strinsi la sua mano e intrecciai le dita. per qualche strana ragione non volevo se ne andasse, non volevo mi lasciasse mai. er ail mio migliore amico, ma volevo qualcosa di più, sperando che non finisse con un addio. e il bacio non sembrò durare abbastanza. si allontanò lentamente, lasciandomi poi un altro breve bacio sulle labbra. ancora più dolce dell'altro. e quando aprii gli occhi mi ritrovai a guardare i suoi che mi fissavano, e il suo sorriso illuminargli il volto.
"ti amo anche io, e ti chiedo scusa dei casini, e di averci messo tanto tempo a capirlo. se ieri sera sono fuggita da ryan, era perchè sentivo che amavo te.", sussurrai.
"e così lo ami?", sbottò una voce arrogante. ryan. mi voltai di colpo e cercai il suo volto. era a pochi metri da me, con vicino alexia. Entrambi erano ubriachi, ma forse abbastanza lucidi da capire cosa fosse successo, e da sentire cosa avessimo detto.
"e così la ami?", chiese alexia, e i suoi occhi divennero lucidi. "credevo fosse solo una tua amica, insomma! la conosci da forse una settimana.", e mi sentivo una stupida. non mi era mai successo di avere un ragazzo, e di essere innamorata. e mi sentii un po' una puttana di turno, ad aver baciato due ragazzi diversi in una sola serata, e aver cambiato già amore della mia vita in solo due giorni. ma forse facevo troppi errori.
"beh, non c'è voluto molto. ho passato così tanto tempo con lei, e ti assicuro che preferivo un minuto in sua compagnia che ore abbracciato a te.", disse stefan, quasi sputandoglielo in faccia.
Mi aggrappai al braccio di stefan, ma sembrava più un disperato bisogno di scappare. Con lui o senza, volevo andarmene. Avevo lo sguardo pesante di ryan che mi fissava, e non reggevo più la sua puzza di fumo. E poi c’era alexia, che sembrava stesse tremando, ma forse cercava solo di fermare la voglia di saltarmi addosso e picchiarmi.
“forse è un bene, non mi piacevi più, ti mollo.”, disse lei e si voltò scuotendo la massa di capelli. Ma poi finì col barcollare e inciampò. Trattenni le risate assieme a stefan, e mi scortò verso l’uscita.
“dove andate?”, chiese ancora ryan mentre eravamo ormai in strada. Non mi voltai neppure a guardarlo, sapevo che sarebbe stato sbagliato. Ma lui mi prese per il braccio e mi diede uno strattone. Scivolai a terra mentre stefan cercava di afferrarmi. “lei è mia.”, disse superandomi e spingendolo.
non penso proprio, lei non è di nessuno.”, ribbattè stefan e mi sentii confusa. Non aveva appena detto di amarmi? Mi alzai piano, cercando di evitare le fitte alla testa e i conati di vomito.
ryan, ne parliamo domani, quando saremo tutti più sobri.”, dissi e cominciai a camminare lungo il marciapiede. Non sapevo dov’era casa, e non avevo alcuna intenzione di farmi portare da stefan, poiché aveva bevuto quanto me. Pensai alla possibilità di trovare un bus, ma non avevo idea di che ore fossero veramente. Mi voltai giusto in tempo per vedere stefan che abbatteva ryan al suolo con un destro, e lui si accasò vicino ad un cespuglio.
"scusa, mi è sempre stato antipatico.", sussurrò e mi fece ridere. mi strinse la mano. "capisco se non vuoi correre, se preferisci fare tutto lentamente, se non mi vuoi ancora, se sei troppo sconvolta da cosa è successo, se vuoi prenderti uan pausa per te stessa, se non mi ami come ti amo io, e se preferisci conoscerci meglio. ma sappi che per me sei una ngelo sceso a salvarmi, che io ti amo, e forse ci conosciamo da poco ma è sempre stato così semplice stare al tuo fianco, e dirti tutto. e non capita con tutte."
"stefan..", sussurrai ma forse non ero abbastanza lucida per parlare ancora. "anche epr me è sempre stato semplice con te, ma forse hai ragione, forse ho bisogno di un attimo di pausa per riflettere.", mi immaginai che lui mi avesse lasciato lì sul bordo della strada.
"non ti preoccupare, lo capisco.", disse con un sorriso sincero sulle labbra.
"magari una pausa dopo di questo bacio.", proposi e lo baciai dolcemente. mi strinsi a lui e cercia di non lasciarlo andare, ma quando ci staccammo scoppiammo a ridere, e non importava quanto il mal di testa mi scoppiasse nelle tempie, perchè con lui era veramente tutto più semplice.
"mi è piaciuta come proposta.", disse e sorrise. e capii che il suo sorriso era quello di un angelo,che non ero io quella scesa a salvarlo, ma lui venuto a salvare me.

***AUTRICE***

mi spiace tantisismo di non aver aggioranto da più di un mese, giuro che è completamente colpa mia, mi assumo le responsabilità e tutto ciò che ne comporta. spero solo che il capitolo vi sia piaciuto.
oh, devo dire una cosa prima che chiuda, la storia non sarà delle migliori, ma mi piace veramente e vorrei continuarla, e non so se per voi è lo stesso. certo non ricevendo molte recensioni mi sento demoralizzata a continuare ma spero veramente che alla fine ci sia qualcuno a leggerla con lo stesso piacere che ci metto nello scriverla. grazie
roar xx

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Capitolo 11
*** He teached Me How To Love ***


Mi svegliai sul letto, dentro le coperte calde e attesi che mio fratello entrasse di corsa a svegliarmi, come ogni giorno. così mi voltai verso al finestra e socchiusi gli occhi, solo per vedere quanto brillava la luce del sole, e mi ritrovai a scoprire che brillava tanto, forse troppo per essere mattina. mi stiracchiai pigramente, godendomi gli ultimi istanti di calore e poi scivolai fuori dal letto con leggerezza, quasi scordando che ero stata ubriaca tutta la notte. mi strofinai le mani sugli occhi e mi ritrovai struccata, con il pigiama azzurro che ricadeva senza pieghe sul mio corpo. i capelli erano raccolti in una treccia ormai quasi disfatta ma comunque accurata. i stupii di tutto ciò, e mi chiesi che giorno fosse. afferrai il cellulare, che vibrava di continuo perchè scarico e vidi che era quasi mezzogiorno, del 25 dicembre. lo gettai di fretta sul comodino e corsi nella camera di Thomas, e la trovai vuota, e così lo stesso per quella dei miei genitori. mi precipitai di sotto, e nel salotto ritrovai mia madre che sistemava la tavola da pranzo, mio padre e Thomas intenti a capire un gioco da tavolo appena regalato, e poi Stefan seduto sul divano, che ascoltava attentamente ciò che mia madre gli diceva. Subito mi passai una mano tra i capelli, e mi sistemai la maglietta.
" Bu-buongiorno. ",sussurrai ma subito mi pentii. feci un passo indietro,sperando di potermi rifugiare di nuovo a letto. ma mia madre lasciò le posate e mi venne ad abbracciare.
" Stefan mi ha detto di ieri sera, e che è arrivata la polizia e che avevi bevuto un po' troppo. quando sei arrivata qua lui è dovuto correre a casa, sai, era tardissimo. l'ho quasi scacciato via, voleva restare con te per essere sicuro che stessi bene." , lo guardammo entrambe e lui cerco di nascondersi con una mano, quindi scoppiai a ridere. "ti ho cambiata e ti ho portato a letto." 
"Grazie mamma.", poi arrivò Thomas e mi abbracciò forte.
"Buon natale.",disse con dolcezza, e io risposi.
"Buon natale.", dissi poi a mia madre abbracciandola, a mio padre e mi lasciai baciare la fronte, e poi a Stefan, che mi strinse tra le sue braccia, ma mi lasciò velocemente. o forse mi ero già abituata a stare tra le sue braccia che quel tempo mi sembrò troppo poco. mi allontanai piano, sempre guardandolo negli occhi. notai che vicino al divano c'erano ormai già pacchi aperti e carta da regalo in giro. "Avete già finito, vero?", chiesi sorridendo.
"Emm, non ti ho aspettato a lungo.", sussurrò Thomas e poi tornò al suo gioco. sorrisi dolcemente e mi accomodai a guardare la tv. "E i tuoi non li apri?", chiese poi fissandomi.
"Ho dei regali?", chiesi ridendo.
"certo amore.", disse mia madre e mi portò un pacchetto viola.
"non serviva.", dissi mentre me lo appoggiava sulle ginocchia. poi mi aspettò che l'aprissi ma in realtà non ne avevo alcuna voglia. non volevo nulla, quel natale.
" dai, forza, aprilo! ", mi spronò.
" okay oka y.", dissi e  lo scartai lentamente, tanto non ero molto eccitata. "ma mamma, io non volevo nulla."
"e infatti non è nulla, anche perchè non sapevamo cosa regalarti.", mi sorrise. il pacchetto era così piccolo che mi stava in una mano, e subito svuotai il contenuto. c'era un rossetto rosso fuoco, come quelli che piacevano a me ma che non avevo mai comprato, e una chiave dorata.
"e questo?", chiesi. thomas comparve con una scatola in braccio, sembrava gli pesasse. "avete detto che non era nulla!", dissi ma quasi ridevo. Stefan mi sorrise dolcemente ma sul viso vi era la curiosità che rodeva in lui. forse dopo gli avrei chiesto quali regali aveva ricevuto.
"è da parte mia.", disse mio padre e appena ricevetti la scatola infilai la chiave nella serratura e la aprii. aveva all'interno un paio di libri appoggiati uno sull'altro, tutti nuovi e ben rilegati, con i titoli scritti in lettere dorate. e sotto ogni titolo, c'era lo stesso nome,, e il mio cuore sobbalzò. Alfred Tennyson. Erano tutti suoi. presi un libro e lo sfogliai velocemente, e il suo profumo di nuovo m'innondò il viso. piacere che sono lettrici come me potevano capire. erano tutti suoi, e ancora non ci credevo. erano quasi secoli che desideravo avere una sua raccolta. il mio autore preferito. il mio poeta preferito. il primo uomo che mi aveva fatta innamorare di parole d'amore. richiusi tutti i libri nella scatola e finalmente m'accorsi di una frase sul coperchio di legno, anch'essa dorata e perfetta. 'Nature, red in tooth and claw' .Della mia poesia sua preferita, o almeno una tra le sue. 'Natura, rossa di zanne e d'artigli.'
"oh dio grazie.", sussurai uscendo da questi istanti di riflessione.
"di nulla cara.", appoggiai tutto vicino a me e abbracciai mio padre. lo strinsi forte, forse come non avevo mai fatto.
"I miei pendevano dalle tue labbra.", dissi ridendo e salii le scale. mia madre aveva appena terminato di sparecchiare e mio padre era corso a finire delle pratiche di lavoro. thomas si stava preparando per uscire alle giostre, di nuovo.
"non è vero.", però sorrise. "tua madre mi chiedeva un po' troppo sulla scuola, e se lavoravo, e cosa facevo nel tempo libero e se ..", lo zittii aprendo la porta della mia camera.
"E smettila, abbiamo capito che ti ha fatto il terzo grado.", mi venne un morso allo stomaco ripensando al terzo grado che avevano fatto a ryan. e così mi bloccai all'entrata ripensando a lui. era il mio ex? non mi aveva mai chiesto di essere la sua ragazza, o forse sì? avevamo mai dichiarato che tipo di relazione era? ero terrorizzata all'idea che fosse un ex. non ne avevo mai avuti, come mi sarei comportata? a vederlo per strada, a vederlo sorridere, a vederlo andare avanti nella sua vita? scossi la testa. io non lo amavo. non lo avevo mai amato. ero innamorata ,vero, ma del ragazzo che ora si affacciava dalla mia finestra, e guardava la strada. ero innamorata del ragazzo che ora era il mio migliore amico e con cui fingevo indifferenza. e lui era innamorato di me.
eravamo innamorati, e sapevamo quanto fosse sbagliato. era incoscienza, ma le canzoni d'amore non davano aiuto,perchè l'amore non dava lezioni vere. e cosa dovevo fare? mi sembrava sbagliato andare da lui e baciarlo, perchè sarei sembrata una ragazza facile. sarei sembrata una che cambia il ragazzo alla velocità della luce. sarei sembrata una a cui interessano le relazioni d'una notte. ma io stessa ero restata imbrogliata dall'amore, perchè l'amore fa male. eppure mi sembrava sbagliato anche restare sulla soglia a guardarlo, come una stella vicino da poter ammirare, ma lontano da non riuscir a toccare.
Entrai nella stanza ancora persa nei miei pensieri mentre lui mi continuava a parlare del pranzo felice appena finito. e mi diceva che a casa loro non si mangiava spesso, perchè sua madre restava quasi sempre a lavorare e suo padre non era capace di cucinare. in compenso la sorella più grande se ne stava all'università e se non aveva molto da studiare preparava qualcosa per tutti. non prestavo molta attenzione ai particolari che diceva, e annuivo ogni tanto fingendo di seguire il suo discorso. ma invece me ne stavo ancora a pensare di ryan. non al fatto che mi mancasse, ma mi saliva alla mente una rabbia che non avevo mai provato e che non sapevo descrivere.
"Natalie, è tutto okay?", chiese ad un certo punto stefan interrompendomi. forse era la terza volta che mi chiamava.
"emm, sì.", dissi e la sua voce mi rincuorò. così angelica mi aveva fatto scordare il resto.
"ti ho fatto notare il pacco rosa sul letto.", disse lui indicandolo.
"ancora regali?", chiesi sconvolta. mi gettai sul letto e presi il bigliettino appoggiato sopra. era di hanna. sorrisi automaticamente e aprii la scatola rosa evidenziatore. dentro una carta ruvida nascondeva un paio di scarpe col tacco. erano rigorosamente nere, ma con delle borchie che le rendevano stupende. risi e le indossai subito. stefan che nel frattempo s'era seduto mi stringeva la mano, preoccupato che io cadessi. "che belle che sono.", dissi e corsi a prendere il cellulare per chiamarla. e inciampai. finii a sbattere la testa sul tappeto. stefan s'inchinò a cercare di prendermi, ma troppo tardi, mi chiese se era tutto okay. lo guardai un secondo e poi mi portai una mano alla testa. lui scoppiò a ridere, e io scoppiai a vivere.
"Stai bene?", chiese aiutandomi ad alzarmi.
"Certo, non è nulla.", dissi sorridendo. ero sempre stata così goffa? mi tolsi le scarpe, le riposi vicino al letto e mandai un messaggio ad hanna ringraziandola , e avvisandola della figura che avevo appena fatto per colpa sua.
"spero che non ti spiaccia un altro regalo.", disse stefan poi , porgendomi una busta.
"ancora?", dissi e lo abbracciai forte. lui mi sorrise e io estrassi il biglietto.
ma subito pensai al vestito che era riposto nell'armadio, e che era un suo regalo. non mi sentivo di accettare altri. presi il biglietto e senza leggerlo glielo restituii. "non ho comprato nulla per te.", dissi.
"ma mi basta la tua compagnia. sei l'unica ragazza che mi fa ridere per cose stupide, l'unica che mi fa sorridere anche quando è l'ultima cosa che vorrei fare. sei una grandiosa migliore amica.", ma dicendolo si morse il labbro. sorrisi intuendo a cosa pensava. " accettalo, è una cosa stupida. per il tuo regalo, mi basta che tu venga con me .", e così dicendo mi mise il biglietto tra le mani.
" alla signorina Natalie McCarthy, le propongo un corso per imparare a surfare. ", dissi ad alta voce. e subito lo abbracciai. "davvero?" 
"certo.", disse lui e mi venne d’istinto baciarlo sulla guancia. entrambi tremammo al contatto.

Mi guardai attorno ascoltando il silenzio rotto solo dalle onde che si infrangevano sulle rocce. mi sistemai meglio sullo scoglio, lasciando i piedi nell'acqua. chiusi gli occhi e ripensai a ciò che era successo. il volto di ryan continuava a infliggermi e mi rompeva il fiato ogni volta. non ce la facevo a resistere. era un punto nella mia testa, fermo, che tornava, ma volevo scacciare. e poi compariva il viso fresco, solare, dolce di stefan. compariva come il sole nelle ombre. sorrisi. ripensai ad altre 300 motivazioni per amarlo. ma finivo sempre col dire che lo amavo perchè m'aveva rubato il cuore per primo. dal primo sguardo, dal primo sorriso, le sue prime parole. non portavo alcun rancore agli errori fatti.
" sono mortale, tutti commettono qualcosa di sbagliato .", sussurrai per convincermi. "ho tutto il diritto per aver fatto io stessa degli errori.", e così dicendo mi lasciai scappare una risata liberat oria.
"a cosa si deve la tua risata?", mi chiese stefan sedendosi vicino a me. l'attendevo.
"non lo so. mi sento libera.", dissi e guardai il cielo con lo stesso sguardo di una ragazza innamorata.
"sai cosa faccio in genere?", disse lui senza poi attendere risposta."quando sono sicuro di voler cambiare qualcosa nella mia vita, quando sono sicuro di voler decidere, di essere diverso, di essere nuovo, grido.", lo osservai stupida.
"urli?"
"già, sai..", disse alzandosi. "le mani alla bocca.", disse e fece la mossa, e poi urlò al vento con quanto fiato aveva in petto. poi rise. e la sua risata era libera quanto la mia. mi tese la mano e io la afferrai con sicurezza. lasciai le braccia lungo i fianchi, mi alzai sulla punta dei piedi e gridai. gridai fino a che la mia voce si spense in un sussurro. "come ti senti?", chiese poi cingendomi la vita.
"molto meglio.", dissi sorridendo.
"bene, allora surf?", chiese e mi prese la mano. tornammo alla spiaggia facendo attenzione a non scivolare sugli scogli. mi tolsi la maglietta bianca che indossavo e la appoggiai sulla sacca sotto l'ombrellone. ero in costume verde pastello, un colore che adoravo. stefan si levò la canottiera grigia e afferrò la sua tavola da surf rossa, poi mi porse una più piccola, giallastra. "la usavo agli inizi, è un po' rovinata.", disse sorridendo.
"non importa, andrà bene.", e così cominciò a spiegarmi le basi. a come tenere il baricentro, a come cogliere l'onda e cavalcarla. mi insegnò a non arrendermi subito, perchè era uno sport difficile. mi insegnò a capire l'onda, a sentirne il rumore. mi insegnò a vivere sopra quella tavola, a sentire il vento tra i capelli, l'acqua sulle braccia, le risate quando cadi, e a evitare le lacrime quando ci si fa male. passarono due giorni, in cui mi insegnò a surfare. non facevo altro. mi svegliavo la mattina, correvo alla spiaggia dove lui era già in acqua, a cavalcare le onde e lo raggiugnevo col sorriso sul volto. e mi aiutava a vivere quelle vacanze, a vivere quello sport, a vivere quell'amore che stava nascendo. quei due amori, verso il surf e verso di lui.
e sembrava che ogni volta mi cingesse la vita per dirmi come posizionarmi ci avvicinassimo sempre più a dirci i 'ti amo' che sognavo la notte. ci insegnammo a vicenda le basi dell'amore, come tenere un' equilibrio tra amicizia e amore. anche se alla fine i baci solo ce li immaginavamo, perchè ad ogni sfioro io mi sentivo volere. ma come l'onda giusta sapevo che lui era quello giusto, e non dovevo lasciarmelo scappare. mi insegnò a non arrendermi all'amore, che nonostante entrambi volevamo una pausa ci volevamo a vicenda. io la sera m'addormentavo sognandolo, e così anche il giorno quando non potevo vederlo. mi chiedevo cosa facesse, e se mi stesse pensando almeno un poco. mi insegnò che l'amore era difficile, ma anche a capirlo, a sentire tutte le emozioni che ne derivavano. mi insegnò a vivere sopra quell'amore che ci incorava. mi insegnò a capire quanto amavo se la sua mano mi spettinava i capelli, se mi prendeva per mano, le risate alle sue battute. mi insegnò a non cadere, per non farmi piangere. passarono due giorni. in cui mi insegnò a surfare, e ad amare.
e mi insegnò ad amare anche me stessa. sì, perchè m'aveva detto che ero bellissima, perfetta. sì, perchè m'aveva ripromesso che mi avrebbe amato finchè non avrei imparato ad amare me stessa, e il mio corpo, e i miei difetti. e così, la sera del secondo giorno, con la tavola sotto braccio mi attirò a sè e mi bacio.
"scusa, non ce la facevo più. ti voglio mia. sei bella e dannata. dannatamente bella. ti prego restami vicina, mi hai rubato il cuore. non posso pensare che qualcun'altro t'ha stretto prima di me. non voglio scrivere il tuo nome a matita, per cancellarti una volta finita. non voglio finisca, voglio che cominci e resti per sempre. voglio che magari sia un errore essermi innamorato di te, ma saresti comunque il miglior errore della mia vita. ho ascoltato il tuo cuore in questi giorni, e quando mi stai vicina sento che cambia di ritmo, e se anche lo ascolto per poco penso sia la mia canzone preferita. tu sei come un cigno nero, che ha smesso di seguire il branco. perchè tu vuoi essere diversa. ed è la cosa migliore di te. non sei come le altre. commetti errori ma sei molto meglio. quando ti parlo ho paura di dire stupidaggini, e ho la testa pesante, ma il cuore leggero perchè parlare con te è stupendo. tu sei stupenda. e vorrei capissi che ho paura perfino di chiudere gli occhi, perchè penso tu sia un sogno, sei troppo bella per esistere.", disse tutto d'un fiato. forse la migliore rivelazione che m'avessero mai detto. l'insieme delle parole più dolci al mondo. e così lasciavi scivolare la tavola che mi aveva prestato e lo abbracciai con forza. non sapevo cosa dire, nè come comportarmi, ma ora sentivo che non c'erano più limiti. non avevamo più barriere tra i nostri corpi, nè tra le nostre labbra. sentivo d'amarlo con tutto il mio cuore, perchè lui c'era stato. e mi aveva insegnato la fiducia, l'amicizia e ora l'amore.
così presi coraggio e lo guardai negli occhi. lo dissi col cuore in mano, porgendolo con delicatezza, sperando lo accettasse con sicurezza. ero sincera, come non ero mai stata: "ti amo stefan."

***AUTRICE***
scusate il ritardo, scusate il disastro di capitolo, scusate lo schifo di storia. non piace neppure molto a me, continua a sembrarmi una zoccola natalie, e vi assicuro che questo non era mia intenzione. cerco di cambaire un po' le cose, rendendo tutto più romantico, ma mi sembra comunque una castronata. scusate veramente.
al prosismo capitolo, che spero di aggiornare prima.
roar xx

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Capitolo 12
*** And I Was In His Dream ***


Chiusi gli occhi e mi distesi sull'erba soffice del prato. Forse non avrei dovuto, forse papà m'avrebbe urlato perchè aveva l'aveva appena tagliata, ma sorrisi al contatto con la terra. la natura, in qualche modo, mi stupiva sempre. mi stupivo di come il sole poteva scaldare la mia pelle la mattina. Ma sopratutto mi stupii di come quei pochi giorni mi avessero cambiata. Ero arrivata in paese, elettrizzata all'idea di una vacanza diversa, eppure impaurita di perdere un'amicizia. E invece Hanna c'era sempre stata, e non avrei mai dovuto avere dubbi su questo. Mi sistemai i capelli in modo che si aprissero, a formare una specie di sole sull'erba, e il viso al centro. Portavo degli occhiali da sole, a proteggermi dalla cattiveria del cielo. Ma quel giorno non vedevo nessuna malvagità nel cielo, nel mare, nella terra, nel mondo. Andava tutto bene. Sospirai.
In quei pochi giorni mi ero innamorata. Innamorata due volte. Prima dell'idea dell'amore e poi di un ragazzo perfetto. prima perchè non lo avevo mai provato l'amore, poi perchè lo avevo capito. Non a fondo, ma almeno avevo iniziato. In quei giorni avevo perso un fardello nello stomaco, qualcosa che la gente chiama verginità. E solo in quel momento realizzai che forse avrei dovuto andare alla polizia, perchè comuqnue ero stata vittima di stupro. Eppure non mi sentivo in dar la colpa a Ryan, lo avevo provocato, c'ero cascata, lo avevo lasciato fare. Forse ad andare alla polizia sarebbe andato lui. Avrebbe potuto denunciarmi per essere una ragazza facile. Scossi la testa. No. Non lo ero. o almeno mi convincevo. Avevo fatto un errore, uno solo, e non volevo sentirmi in colpa per quella piccolezza. Dio mi avrebbe perdonato. Dio perdona sempre. Dio perdono sempre i peccati, anche per solo un'opera buona. E sapevo già qual'era la mia opera buona da fare. Vincere il dolore, la distanza e donare amore al ragazzo perfetto. Che amavo sul serio.Stefan. Stefan era al centro dei miei pensieri. E rendeva la mia vita vera, dolce, piena. Mi completava. Mi soddisfava con un sorriso, mi faceva innamorare con ogni parola. Ed era appena passato un giorno dal mio 'Ti amo', e lui ogni momenti libera veniva a prendermi con la moto, mi portava in spiaggia, mi mostrava quando fosse bello il mare e ci vivevamo sopra. Sopra delle tavole, a vivere il surf. Ad amarlo. E ad ogni acrobazia io amavo sempre più Stefan. Lui viveva quel sogno con me, su una tavola. Per due. Io lo guardavo sognare, ed ero nel sogno.
Non avevo rimpianti, non sentivo colpe, ma solo il sole ad illuminarmi il viso e la vita.
"Natalie?", mi sentii chiamare. Mi alzai dal prato. Non era più il prato di casa mia, ma quello di un parco di Sidney. Uno in cui mi aveva portato Stefan per la merenda. Mi sedetti sulla tovaglia rigorosamente a quadri bianca e rossa.
"Stefan?", chiesi fissando i suoi occhi puri e verdi.
"Vuoi mangiare?", domandò dolcemente.
"Stavo bene distesa sull'erba."
"E a cosa pensavi?", chiese fissandomi mentre mi appoggiavo di nuovo. Lo guardai negli occhi e attesi un po' per rispondere. Mi piaceva perdermi nei suoi occhi. C'erano due modi di guardare una persona. Una pensano agli occhi come parte del volto, e l'altra vedendo gli occhi come il viso. L'anima, il cuore, di quella persona. E quando guardi così una persona, è come se ne gaurdassi l'interno, in ogni singolo dettaglio della sua anima. E lui mi guardava sempre con lo stesso sguardo, quello che mi bloccava il fiato. Mi guardava, con gli occhi verdi che brillavano, e voleva scoprirmi.
"A te.", sussurrai infine, persa nei miei pensieri. Ed era vero. Come potevo non pensare a lui?
"E io penso a te.", disse e si avvicinò per lasciarmi un bacio sulle labbra, casto. Adoravo i suoi baci. E le sue carezze, i suoi abbracci, le sue parole dolci. Amavo tutto di lui. "Cosa farai domani?"
"Perchè mi chiedi di domani, o non di stasera?", chiesi in un sussurro mentre assaggiavo una fragola.
"Perchè per sta sera ti ho già prenotata.", rido mentre lui si siede affianco a me, e mi imbocca un'altra fragola.
"Ah, sì? E quando avevi intenzione di diremelo?", domandai, fingendomi offesa.
"Ora.", sussurò e mi baciò. Le sue labbra sapevano di more, e le mie di fragole. Un sapore si mischiò nelle nostre bocche, che sembrava afrosidiaco. Le nostre lingue si cercarono desiderose, non violente. mi accarezzò dolcemente i capelli con una mano e poi si allontanò per lasciarmi un altro bacio velcoe sulle labbra. "Mi togli il fiato, ragazza, cosa mi fai?"
Risi e gli baciai la guancia e mi tirai su a sedere. "Mi prendi dell'acqua?", chiesi porgendogli una bottiglietta vuota facendogli la linguaccia. Adoravo la sua espressione un po' sbalordita, non se lo aspettava. Ridacchiai.
" Adoro quando lo fai." , disse.
" Q uando ti chiedo di prendermi da bere?" 
"Quando ridacchi.", e arrosii di colpo. Si alzò e andò verso la fontana lì vicino. MI alzai, togliendomi un paio di foglie verdi dalla camicietta quando sentii dei passi leggeri dietro di me. Mi scansai giusto in tempo per evitare un getto d'acqua. Stefan grugnì, contrariato. Corsi verso la fontana, ma lui aveva la bottiglia ancora mezza vuota e me la svuoto sulla schiena. Acqua fredda mi fece rabbrividire. Sistemai le mani a ciodola e cercai di raccogliere più acqua possibile dalla fontana, e gliela riversai addosso, con l'unico risultato di alcune goccie sulla sua canottiera azzurra. Rise e cercò di rifornirsi. Lo spintonai di lato per prenderne per me, ma lui allo stesso modo mi fece allontanare dalla fontana. riempì la bottiglia mentre io cercavo rifugio in qualche punto del prato. Ma lui correva veloce, e l'unico albero non era molto grosso da proteggermi. Finimmo abbracciati mentre lui mi svuotata in testa la bottiglia. Poi si allontanò, ammirando l'opera. I capelli appiccicati alla fronte e al collo, la camicia verde che aderiva al corpo e i pantaloncini mezzi bagnati. Ringraziai di non aver indossato la maglietta bianca. "Sei bellissima.", disse ridendo.
"Lo so.", sbuffai e lo abbracciai, strofinandomi su di lui per bagnarlo. Cercò di scappare ma ormai lo stringevo forte. Alla fine crollammo alla base dell'albero, abbracciati, ridendo, e coccolandoci.
"Ti sei divertita quindi?", chiese mia madre quando uscii dalla doccia. Mi ero lavata di dosso tutta quell'erba appicicata ai vestiti bagnati. i capelli ora profumavano di cocco, e la pelle di vaniglia.
"Sì, Stefan è fantastico.", dissi scivolando in camera solo coll'intimo addosso. Guardai l'armadio per decidere cosa mettere.
"Vai a cena da lui?"
"Più o meno.", sussurrai prendendo una gonna di jeans e una canottiera bianca, secsi.
"Sarebbe a dire?"
"mangiamo una pizza, guardiamo un film, e poi mangiamo ancora pop corn, e ci spazzoleremo patatine e litri di coca cola."
"Sembra divertente.
", dise riponendo per bene i vestiti piegati male sulla sedia.
"Sì, mamma. Lui è divertente.", dissi tutto d'un fiato infilandomi le ballerine. Mi pettinai ancora i capelli mentre lei mi guardava sul letto.
"Sei cresciuta così bene, sei stupenda.", e dicendolo le scese una lacrima sul volto.
"Mamma, mi sono solo innamorata, non scapperò via, sono sempre qua.", dissi e la abbracciai.
"E' solo l'inizio, piccola. Mi sembra ieri quando scalciavi mentr ti prendevo in braccio, e subito tu andrai a vivere con un uomo che ti amerà."
"Non mi amerà mai quanto tu mi ami, mamma. Sappilo.
", la strinsi forte. "E io non lo potrò mai amare quanto amo te."

"tua madre è dolcissima.", disse Stefan sedendosi sul divano. "Sapevo che era una buona donna ma .."
"Dai, lo penserà pure tua madre prima o poi.", sorrisi  e appoggiai una scatola di pizza appena consegnata dal fattorino sul tavolino basso del soggiorno. SOpra c'era già una ciotola di patatine e due bicchieri colpi di coca cola. "Insomma, anche io un giorno lo penserò.", dissi e per un secondo la mia vita si scosse, pensando al futuro. Vedendo una giovane ragazze simile a me e mi salutava, dal vialetto, con una scatola in mano. E io stretta al fianco di un uomo. Alzai lo sguardo, nel sogno, e vidi il viso di Stefan. Un po' più da anziano, con qualche riga e solcargli la fronte e i lati delle labbra mentre sorrideva.
"Natalie?", mi richiamo stringendomi il polso.
"Scusa, pensavo a una cosa buffa.", dissi ma in realtà non era buffa. Speravo veramente di poter invecchiare al suo fianco. Era stupido, inutile, sciocco pensarlo. Ma mi piaceva perdermi nei pensieri, nei desideri, per farli diventare realtà. promisi a me stessa che c'hai provato con tutto il cuore.
"Tipo?", chiese facendo un mezzo sorriso.
"Tipo che ti amo.", sussurrai e mi accomodai vicino a lui.
"Ti amo anche io, ma non lo trovo buffo.", aggrottò la fronte e accese la tv.
"Una cosa tra me e me.", dissi e lui abbandonò l'impresa di capirmi. MI cinse le spalle con un braccio e io mi sistemai sul suo petto, appoggiando le guancie sull'incavo sollo il collo, dove la maglietta mezza aperta mostrava la sua pelle. Gliela baciai dolcemente e lui rise.
"mi fai il solletico.", disse poi, mi spettinò i capelli e mi baciò la fronte. Il film inizio, ma lo guardai a pezzi, troppo impegnata a guardarlo, a baciarlo, a stringergli la mano. Quanto era importante un film, quando potevo condividere due ore con lui, abbracciati? Volevo restare così per sempre. Sistemati uno vicino all'altro, a proteggerci a vicenda, felici ad annusare il profumo dell'altro. A punzecchiarci, anche, ma sopratutto ad amarci.

***AUTRICE***
quanti mesi sono che non aggiorno? tanti? beh perdonatemi, veramente questa non la meritivate. ma sono tornata, più forte di prima! purtroppo in questi giorni dovrò fare un esame di ecdl, e non riuscirò ad aggiornare tanto presto. ma siccome l'estate arriva, preparatevi a tanti capitoli nuovi! fidatevi di me, per una volta. giuro che vi do un biscottino ewe
buona notte lettori, spero ci siate ancora, nonostante la mia assenza.
roar x

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Capitolo 13
*** I'll teach you to fuck ***


"E la motocicletta?", chiesi guardando Stefan che montava una bicicletta rossa.
"non chiamarla in quel modo.", disse tutto offeso. gli lascia un bacio sulle labbra e mi sorrise. "dal meccanico, ha bisogno di amore esperto."
"e tu ne hai bisogno?", sussurrai.
"ovvio."
"conosci qualcuno di esperto per questo?"
"oh, tu sei molto esperta.", e così dicendo lasciò cadere la bici, mi strinse in un forte abbraccio e premettè le sue labbra sulle mie. con le mani gli spettinai i capelli e risi.
"coccoloso.", sussurrai e mi baciò la punta del naso.
"muovi quel tuo culo adorabile e sali.", gli diedi una pacca sulla spalla e salii sul porta pacchi. in dieci minuti eravamo in spiaggia. non in quella in cui andavamo sempre, ma sulla scogliera.
"sei sicuro che sia sicuro?", chiesi un po' preoccupata. dentro il mio zaino c'erano due asciugamani ma più guardavo l'altezza dello scoglio più ero sicura che non avrei voluto per nessun motivo usare il mio. l'acqua era tranquilla, e sembrava verde più che azzurra. le rocce erano bianchissime, e mi attiravano in uno strano modo. eppure il mio buon senso mir ipeteva di non salire a buttarmi.
"sono sicurissimo. dai, togliti i vestiti.", disse mentre mi fissava guardare il mare. lui ormai era già solo in boxer. arrossii alla frase e mi sfilai pantaloncini e maglietta. ero in costume come lui, mi prese per mano e si incamminò verso la scogliera. dietro un cespuglio saliva una stradina tortuosa, con un po' di sassolini e scalza mi facevo male, ma stavo zitta. avevo il cuore che mi martellava nel petto, pensai che volesse uscire a scappare via. che razza di sciocchezza stavo facendo?
"ho paura Stè.", dissi quasi in un sussurro. lui mi guardò e sorrise. un sorriso di quelli rassicuranti e caldi. come quando entri a casa e tua madre è lì, a dirti buongiorno. quello era un 'traquilla' senza muovere le labbra. ma le mosse per baciarmi la fronte.
"ne avevo anche io la prima volta. ma ti assicuro che non succederà nulla.", e volli credergli. il sentiero finiva sull'orlo del precipizio. ci avvicinammo piano, lui davanti a me. avevo forse paura che mi avrebbe spinto? mi sporsi e vidi l'acqua limpida, che msotrava il fondale bianco, di rocce che sembravano anch'esse muoversi con le onde. "tranquilla, saranno dieci metri di profondità."
"quanti?!", dissi con uno stridulo.
"più è profonda meglio è. non andrai oltre i tre."
"morirò, me lo sento.", dissi e accennai ad un risolino nervoso. Stefan mi guardò e mi strinse in un abbraccio.
"tranquilla, te lo prometto io che non succederà nula.", mi lasciò andare, mentre lui dava le spalle al mare. "ora guardami negli occhi.", tenevo lo sguardo basso. avevo paura. "dai, guardami.", con le dite mi alzò il volto e lo fissai. "bene, ora prendi un bel respiro profondo.", e feci come diceva. il sangue circolava più lentamente, il battito cardialo rallentò e mi sentii più tranquilla. "ora ti prendo per mano e saltiamo insieme, okay?", annuii. non sapevo che dire, che fare, ero persa nei suoi occhi. che erano dello stesso colore di quelle onde, ora. pregai solo di rimanere vivi. mi strinse le dita e ci avvicinammo al bordo.
"ti amo.", dissi.
"lo so."
"se succede qualcosa di brutto, voelvo fossero le ultime parole che sentissi.", lui scoppiò in una risata leggera.
"tranquilla, non succederà nulla. ti amo."
"ti amo anche io.", ripetei.
"pronta?"
"sì, stefan.", dissi e mi strinse la mano. fece il conto alla rovescia e saltammo. la caduta sembrò durare secoli. sentivo le sue dita stringersi alle mie, il vento scompigliarmi i capelli, il rumore delle onde contro la roccia, le mie urla, la sua risata, il suo profumo del dopobarba e la salsedine del mare. quando i piedi toccarono l'acqua, subito le onde mi avvolsero in un abbraccio freddo. Stefan non lasciò mai la mia mano. sott'acqua mi guardò, sorrise e salì in superficie,con io dietro che cercavo di stare al suo passo. Raggiunta la superficie entrambi annaspammo. lui rideva e io ero senza fiato. mi ritrovai a ridere anche io. era meglio del surf, delle urla liberatorie, delle giostre, ma non meglio dell'amore. era semplicemente meglio di tante cose. "lo rifacciamo?", lui rise più forte.
"non oggi.", disse e quasi misi il broncio. nuotammo fino agli scogli, mi arrampicammo e tornammo alla bicicletta. le onde si erano alzate, e avevamo fatto giuto in tempo a schizzarci un po' prima che il tempo si facesse brutto. salivano le nuvole nere, ed eravamo fradici. ci asciugammo e poi mi vestii. "ti riporto a casa?"
"assolutamente no.", avevo ancora l'adrenalina in circolo. avevo bisogno di altro.
"dove andiamo?"
"dove vuoi.", si infilò i pantaloni e la canottiera nera la gettò nello zaino. partimmo per qualche posto che non conoscevo, mentre sentivo l'arrivo di un temporale.

"sta per piovere.", dissi.
"dai, sono stanco. cinque minuti. è tutto il pomeriggio che ti scarrozzo in giro.", risi. la bicicletta era abbandonata nel prato, e noi distesi all'ombra di un albero. tenevo una margherita in bocca mentre fissavo il cielo oscurarsi. lui invece fissava me. "sei bellissima, in ogni punto di vista.", risi. salì sopra di me, con i gomiti appoggiati vicino alla mia testa,per sorreggesi. "anche da questa angolazione.", mi tolse il fiore e mi baciò. poi tracciò una linea con il dito, dalle mie labbra all'ombelico. poi mi baciò la pancia guardandomi negli occhi. "e pure da qua."
"e tu?"
"io cosa?"
"sei bello da quella prosprettiva?"
"decidi tu.", rise e si distese. lo scavalcai, sedendomi sul suo bacino e tenendogli le mani.
"oh, sì, stupendo.", lo guardai dolcemente, mentre mi accorgevo di quanto fosse bello. anche se con gli occhi un po' stanchi, o i capelli fuori taglio. aveva in viso quel sorriso che mi fermava il cuore, e mi azzerava i pensieri. mi appoggiai al suo busto, sfiorandogli gli addominali e gli baciai l'addome, un po' più in basso dell'ombelico. lui strinse i dentii, gemette e lo sentii quasi contorgersi sotto di me. sorrisi, perchè questa sensazione era stupenda. poterlo sentire mio, mentre sentivo il suo desiderio. lo sentivo bene, perfino sotto i jeans. mi avvicinai per baciarlo, mentre lui stringeva i miei fianchi con le mani. chiuse gli occhi e con le dita sfiorai la pelle sopra i boxer, con movimenti lenti.
"smettila Natalie. mi fai impazzire.",disse trattenendosi. risi.
"anche tu.", mi sorrise e mi spostai. ripresi la margherita e lui me la infilò tra i capelli. lui disteso affianco a me, e io seduta incrociando le gambe mentre lo guardavo ammirata. "amore, penso che tu sia quello giusto."
"tu sei la mia persona.", mi sorrise dolcemente.
"sai, stavo pensando.. io ti insegnerò ad amare come si deve, sai. non è che io sia molto brava in amore, ma penso proprio che tu sia quello per cui vorrei fare di tutto. perfino saltare da una scogliera.", ridemmo. "ho fatto tanti errori, ma io mi sono perdonata, in qualche modo. e ti insegnerò come amare la musica, e i libri, sai."
"mi piace. e io ti insegnerò a fare l'amore.", così dicendo mi trascinò a sè e mi baciò con passione. "saremo perfetti.", disse in un sussurro.

***AUTRICE***
quante sberle? solo per informazione, così so se devo chiamare l'ambulanza da ora, o direttamente il carro funebre. capitemi, non sapevo che scrivere, non avevo tempo, nè voglia. e ora sono tornata. much stronger than before. quiiiindi, sono pronta a scrivere sul serio. non ogni giorno, ovvio, ma scriverò lo prometto. è una promessa per me. perchè mi manca, e ho preso a cuore questa storia, anche perchè doveva essere dedicata a qualcuno di importante, con cui ora sto perdendo i contatti. e boh, rileggendola ho ho ripensato di nuovo a quei momenti che mi ricordavano quella persona. e ora devo continuare. per me. perchè so che se finisco questa storia. finirò i legami anche con lui. e forse è meglio così.
p.s. il capitolo è corto perchè non capisco bene come funzionino ora le dimensioni dei testi con l'aggiornamento, prometto che il prossimo sarà più lungo.
Roar x

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Capitolo 14
*** Better Than Porn ***


Che ci fai qui?”, chiesi aprendo la finestra. Stefan teneva dei sassolini in mano ed era già pronto a tirarne uno contro il vetro. “se spacchi qualcosa mio padre ti uccide.”, lui rise e si illuminò il viso.
Vieni a dormire da me?
“Che vuol dire sta cosa?”, chiesi ridendo.
Che devi preparare una sacca, e vieni a dormire da me. Eddai, è il 30 dicembre sera, domani è capodanno, e io voglio dormire con la mia ragazza. Magari finisce il mondo, e io voglio svegliarmi almeno una volta con te affianco.”, aggrottai la fronte. “I tuoi hanno già accordato.”
Allora mi muovo.”, dissi sorridendo. Un quarto d’ora dopo era vestita con i pantaloncini bianchi, una felpa blu scuro con qualche motivo sopra. Scesi le scale trascinandomi dietro una sacca dove avevo infilato pigiama, spazzola, trucchi, ricambio, dentifricio e spazzolino. Indossai le mie converse preferite e uscii salutando tutti con un bacio lanciato all’aria. Stefan era fuori, in strada, con un casco in mano e l’altro tra i piedi, mentre toglieva il cavalletto dalla sua motocicletta. Afferrai il casco per terra e prima di indossarlo, baciai il mio ragazzo. Rise e salii dietro di lui. Partì un secondo dopo ebbi allacciato le mani attorno al suo busto. Mi schiacciai contro la sua figura, proteggendomi dal vento freddo della sera. Le nuvole nere si confondevano con il buio della notte, mentre ci godevamo quei pochi minuti in cui non pioveva. Le macchine ci correvano vicino, e Stefan schivava le pozzanghere. L’asfalto emanava quel tipico odore di umido dopo la pioggia, ma tutti sapevamo che le gocce d’acqua sarebbero presto tornate a sbattere contro le finestre e i parabrezza delle auto. Mi perdevo ad osservare le luci nelle case e quelle delle macchine che si muovevano troppo velocemente. E poi restai ad ascoltare il traffico che ci circondava, mentre correvamo zigzagando tra le vetture. L’umidità impregnava l’aria, e mi lasciavo trasportare dalle emozioni.
Eccoci.”, il viaggio mi sembrava troppo breve. Scesi dalla motocicletta mentre Stefan la lasciava nel garage, e mi spiegava che i suoi genitori erano via quella notte. Un brivido mi percorse la schiena ma lui mi sorrise. Forse guardando quanto fossi spaventata mi abbracciò. “Tranquilla, non voglio niente da te. Se non qualche coccole, e magari se mi cucini qualche frittella.
Mi rilassai e mi prese la sacca. Entrò in casa e prima che varcassi la soglia le mie labbra erano già occupate con le sue. Mi prese in braccio e, sempre reggendo la mia roba, mi portò in soggiorno. Finimmo distesi sul divano, lui sopra di me, mentre ci baciavamo come se non ci fosse un domani. Per la prima volta ringraziai mentalmente i miei di essere venuti a Sidney, per avermi trascinato in questa avventura, per avermi buttato anche nei casini. Per avermi lasciato affogare nel primo amore sbagliato, nella prima volta andata un disastro. E per avermi poi lasciato sopravvivere con questo amore. Con questo ragazzo che mi riscaldava il cuore con i suoi baci. Il primo amore era lui, perché per la prima volta il mio intero essere vibrava al pensiero di lui. E il mio sorriso esisteva solo per lui. Hanna diceva che a parlare di Stefan i miei occhi si illuminano, come non è mai successo prima.
Ti amo.”, mi sussurrò.
Anche io.”
Dillo.”, mi morse il labbro inferiore.
Ti amo anche io.”, aveva ragione a volersi sentir dire quelle due parole. Solo ‘Anche io’ che significa? Anche io mi amo?
Dai, vieni su, andiamo in camera a lasciare la tua roba.”, si sollevò di colpo, allontanandosi paurosamente dalle mie labbra. Mi sentii di colpo vuota. Dov’era la metà del mio corpo? La metà bella della mia anima? Mi prese per mano e mi guardò con quegli occhi che mi facevano morire.
Sì, mi alzo.”, rise e salimmo le scale. La sua camera era l’ultima a sinistra, giusto di fronte allo studio del padre. Mi ricordavo le stanze a memoria, perché avevo paura di poterle scordare, un giorno. Avevo paura che un giorno non le avrei più guardate. Osservai il suo muro azzurro chiaro, i poster appesi alle pareti e i quadri di lui da piccino. Il letto enorme in mezzo alla stanza, accerchiato da mucchi di vestiti gettati alla rinfusa. E poi l’armadio a due ante, la scrivania piena di giornalini da ragazzini invece che di libri. I caschi da moto sopra una mensola, vicino a qualche libro e cd trovato in qualche parte della casa. “Ancora un disastro?”, chiesi.
Ehi, guarda che io ti ho aspettata a lungo.”, risi.
ah, sì?”, chiesi con un sorriso quasi beffardo.
Certo, ti ho aspettata molto. Avevo da anni questa ricetta di una torta al cioccolato, e ho atteso fino ad oggi per prepararla con te. Ho aspettato notti intere, anche se sapevo quanto buona fosse poi la torta. Aspettavo di gustarmela con te.”, e così dicendo tirò fuori dalla tasca dietro dei jeans un foglietto stropicciato.
Beh, io ho aspettato uno come te, perché guarda..”, dissi chinandomi verso la sacca. Dentro c’erano un paio di libri che mi portavo sempre dietro, tra i miei preferiti. “Ho una montagna di libri come questi a casa, pieni di note a margine scritte in matita, e orecchiette e commenti. Tutti libri che aspettavo di farti leggere e prestare.”, gli consegnai uno di Baudelaire.
Mi sono chiesto a lungo dove fossi, e quanto tempo ci mettessi ad arrivare.”, si avvicinò a me, prendendo il libro, e lasciandolo poi sul letto. “Volevo solo mancare a qualcuno di speciale come te.”, sorrise. Mi baciò con dolcezza, e mi sentii volare. Mi diceva sempre che ero un angelo, un angelo sceso a salvarlo. E in quell’istante mi sentii infinito, perché sentivo le ali spuntarmi. Potevo perfino sentire le sue, spiegarsi e circondarci con le grandi piume bianche. E stringendolo più forte a me, riuscivo anche a immaginare il vento che ci scompigliava i capelli, mentre spiccavamo il primo volo.
 
Ma sei sicura che bisogna metterci così tanto zucchero?”, chiese reggendo in mano una ciotola piena fino all’orlo.
La ricetta l’hai scritta tu quando avevi 14 o no? Hai scelto tu le dosi.”, dissi e scoppiai a ridere.
Appunto perché avevo 14 anni, e il mio scopo era riuscire a divorare più Mars possibili in meno di tre minuti.”, gli baciai la punta del naso.
Come mi fino di te, mi fido anche del tuo piccolo te.
Sei tenera, ma mi sembra troppo zucchero.”, commentò ancora.
Fai come ti pare, io sto ancora sciogliendo il cioccolato.”, girai con cucchiaio di legno il liquido marrone che mi riscaldava col suo profumo amaro.
Tengo le dosi, ma secondo me ingrasseremo solo nel cucinarla.”
Possibile.”, risi. Mi chiesi ancora com’era possibile che durante il tempo che passavo con lui ridevo così spesso. Stefan lasciò scivolare lo zucchero dentro un’altra ciotola, assieme a uova e farina.
Dov’è il latte?
In frigo.”, lo prese a passandomi vicino mi pizzicò il sedere. Feci un saltello e gli sorrisi. Lui mi guardò malizioso.
“Pervertito che non sei altro.”, commentai fingendo di essere indignata. Si avvicinò a mi sfiorò le labbra col polpastrello sporco di zucchero. Il sapore dolce si fermò in bocca, mentre lui aveva già capito tutto. Mi strinse a sé, allontanandomi dai fornelli e mi baciò. Le nostre lingue si cercarono, mentre le sue mani mi stringevano a lui.
In quel momento il mio cellulare cominciò a vibrare paurosamente sul tavolo, facendo gran confusione. E Stefan saltò all’indietro dallo spavento. “Cos’è?
Cellulare..”, dissi stringendo la sua maglietta, spingendolo addosso al tavolo e baciandolo. Con una mano raggiunsi il telefono e spensi la chiamata. Lo rigettai sopra i libri da cucina mentre Stefan mi sollevava e mi fece sedere sopra il tavolo. Le mie gambe attorno al suo bacino. Completamente appoggiata a lui, le mie mani scivolarono piano dalle sue guancie fino agli addominali. Si fermarono solo all’altezza dell’ombelico, indugiando se proseguire o meno. Stefan invece stava già cercando di slacciarmi il reggiseno, quando il telefono ricominciò a squillare.
“Natalie, rispondi dai.”, disse allontanandosi. Sbuffai, e risposi al terzo squillo.
Pronto?
Natalie, principessa mia!”, la voce di Hanna mi sconvolse l’umore. Pensavo fosse mia madre, impicciona come sempre.
Hanna, che succede?
Nulla, sto solo venendo da te.”, sgranai gli occhi. Saltai giù dal tavolo mentre guardavo Stefan mescolare la cioccolata evitando che si bruci.
In che senso stai venendo da me?
Che domattina sono da te. Sono in macchina con mia madre, fra un ora ho il treno. E per domani alle dieci sono da te. Vieni a prendermi?
Ma certo!”, incominciai a saltellare per la stanza. “Come mai arrivi?
Non voglio passare capodanno da sola. E poi non sono mai stata a Sidney. Voglio vedere tutto.”, Stefan versò la cioccolata nella ciotola e si sporcò volontariamente un dito. Mi guardò e lo mise in bocca, leccando via la dolcezza.
Vabene Hanna.”, dissi mentre mi si creavano dei crampi al ventre. Sentivo che lo stava facendo apposta. Mescolò l’impasto e poi lo infilò in forno. Con le labbra mimò “un’ora amore”.
Tutto okay?”, chiese.
Sì, è solo che sono a casa di Stefan, e sua madre mi sta chiedendo se voglio aiutarla con dei dolcetti.”, la voce si incrinò mentre parlavo. Stefan aveva preso la ciotola e la stava ripulendo con le dita, per poi succhiare la cioccolata.
Oddio, quindi stavo disturbando?”
Ma no tranquilla.”, in realtà sì stava disturbando. Ma non potevo dirlo. Stefan mi fissò e i suoi occhi si erano fatti più scuri, lo sguardo quasi più serio. Ma era sexy, come non lo era mai stato. Mi fece un mezzo sorriso e i crampi aumentarono. Lo sentivo, sentivo il piacere e la voglia crescermi dentro.
Sicura?”, sapevo a che punto saremmo arrivate. Se dicevo che potevamo parlare, non mi avrebbe più lasciato.
Ecco, in realtà, dovrei proprio andare ora. Mi sembra scortese starmene in cucina mentre gli altri preparano il dessert. Ti spiace?”
Ma no, tranquilla.”, sentii una punta di tristezza nella sua voce.
Domattina mandami un messaggio prima di arrivare, ti vengo a prendere e mi faccio perdonare. Starbucks?”, Stefan stava ripulendo il cucchiaio di legno, sempre senza staccare gli occhi da me.
Fatta. Aspetterò domani con ansia. Ricordati il mio caffè preferito.
Certo, cappuccino decaffeinato poco amaro.”, borbottai quasi in preda agli spasmi.
Sei la migliore.
Buona notte.”, chiusi la telefonata senza neppure aspettare. Mollai il cellulare sul balcone mi fiondai su Stefan, mentre le sue labbra sapevano di cioccolata, fui inondata dal piacere. Mi porse il pollice, ancora sporco di quella dolcezza amara, fantasia di molti miei sogni. Appoggiò il dito sulle mie labbra.
“Succhia.”, sussurrò e avvampai. Fui colta di sorpresa, ma ormai stavo già succhiando il suo pollice. Mi sento un po’ una bambina, invece lui chiuse gli occhi e gemette. Con la lingua creai dei cerchi attorno al suo dito, e sentii il suo corpo irrigidirsi mentre sfioravo la sua maglia con le dita. “Sei meglio di un porno Natalie.”, sussurrò poi.
Si lavò le mani e mi portò in camera sua. “Fermami quando vuoi.”, disse mentre mi sfilava la maglietta. “Non farò nulla che tu non vorrai.”, e mentre ero combattuta con me stessa lui mi stava già baciando la pancia. Mi fece distendere sul letto e mi ritrovai nuda, mentre lui apriva lentamente le mie gambe.
Non voglio che tu..”, sussurrai ma lui aveva già compreso.
Niente sesso.”, disse sorridendomi. “Solo preliminari. E’ per allenarci.”, mi fece l’occhiolino e poi con le dita esperte mi fece gemere. Creò cerchi dentro di me, con movimenti regolari, prima lenti poi veloci. Mi contorcevo sotto la sua bravura, mentre con la lingua faceva schizzare il mio piacere al limite. Le sua barba corta mi stuzzicava, mentre mi leccava per farmi godere. Alcuni minuti dopo mi ritrovai nella stessa posizione, appagata.
Ti è piaciuto?”, chiese. Annuii rilassandomi. “Sei bellissima. In ogni prospettiva, e anche nuda.”
Scemo.”, risi.
Non credi che sia il momento di ricambiare?”, domandò ridendo. Mi alzai, infilandomi la sua felpa bianca con la scritta ‘Metallica’. Mi inchinai,mentre lui si sedeva dove prima c’era la mia figura. Gli baciai l’addome, e poi con i baci raggiunsi le sue labbra. Intanto le mie mani si erano intrufolate nei suoi jeans. Sfiorai il suo sesso, mentre Stefan si irrigidiva. Gli tolsi i jeans e boxer, per poi costringerlo a distendersi. Si lasciò comandare, mentre io mi sistemai sopra di lui. Gli chiesi di chiudere gli occhi, e lui acconsentì. Mi vergognavo un po’, ma lui era riuscito facilmente a scavalcare l’imbarazzo. Afferrai il suo sesso e con movimenti decisi di mano feci gemere il mio ragazzo. Lui stringeva le coperte del letto e si mordeva le labbra. Avrei voluto morderle io, ma mi imposi di continuare. Non l’avevo mai fatto, ma c’era una prima volta per tutto. Baciai il suo sesso, e poi lo presi in bocca. Cominciai a succhiare, come avevo fatto prima con la cioccolata, e la mia lingua seguì dei movimenti rotatori. Non sapevo neppure se funzionava in quel modo, ma Stefan si contorceva e tutto ciò mi rendeva felice. E poi venne, lasciandomi in bocca un sapore amaro.
Mi distesi affianco a lui, leccandomi le labbra. “Mi sento uno schifo.
E perché?”, chiese. “Non hai fatto nulla di brutto.
Mi è sembrata una cosa volgare.
Tu sei volgare. Perché sai mettere le parolacce in ogni contesto, sai discutere come un adulto, gesticoli, finisci i discorsi seri con un imprecazione, usi i ‘cazzo’ come rafforzativi. Sei volgare. E Anche a letto.”
Meglio di un porno?
Tu sei il mio porno, piccola.”

***AUTRICE***
è stata una giornata di merda, un periodo di merda. ho avuto bisogno di staccare. spero di aggiornare più spesso, e spero che questo capito decisamente porno ma in realtà a me sembra molto scialbo non vi dia fastidio. recensite, e fate sapere cosa vi piace o no.
buona vita, lettori x

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