(abbiamo trovato l'amore) Ed è un posto senza speranza

di Meggie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: [info]lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.


PROLOGO

Non è che non si siano più visti.
È che non è mai stato il momento giusto. Il momento giusto per quello.
E quello… quello accade quando nessuno dei due si aspetta più niente. Forse accade proprio per quello, per dimostrare che a volte le cose capitano, a volte le cose succedono e uno può lasciarle scorrere o sbatterci conto o aggirarle. A volte le cose cambiano.
È successo che le cose sono cambiate, che loro sono cambiati, che la loro vita è cambiata.
Altre cose sono rimaste le stesse. Altre cose forse non cambieranno mai. O forse cambieranno domani, chi potrebbe dirlo?
Sono cambiate tante cose, ma non abbastanza. Sono cambiati loro, ma non abbastanza. Non è che non si sono più visti, in quegli anni. Non è come rivedersi dopo mesi di lontananza e avvertire quella sensazione di eccitazione e paura e straniamento che ti fa girare la testa e non ti permette di pensare razionalmente. Non c’è nulla di irrazionale nel loro incontro. Perché, appunto, non è che non si sono più visti. È che la vita è andata avanti per entrambi – ed è andata avanti alla grande – e loro non hanno mai pensato di fermarsi e guardarla.
Non hanno mai pensato di fermarsi e guardare la vita dell’altro, soprattutto.
Ed è quando lo fanno che quel momento, quel momento come tanti altri, quel momento senza nome senza data senza un perché, diventa il momento giusto.
“Stai ancora insieme a Jonah?”
“Più o meno”
E avrebbe dovuto dire di sì. Ma dice più o meno. E lo dice guardandolo negli occhi – perché sia lui che Jonah sanno che le cose non stanno più andando bene, che ormai è un conto alla rovescia, che ormai non può esserci nient’altro, per loro, nel futuro – e stringendo una lattina di Diet Coke.
Più o meno.
Quello è stato il momento giusto.

NOTE
Questo è il brevissimo prologo della nuova CrissColfer che sto scrivendo ormai da parecchio tempo. Il primo capitolo, e l’effettiva storia, verrà postato martedì :) e così via, un capitolo a settimana, a meno che di non finire prima e di quindi accorciare i tempi tra un capitolo e l’altro. Ma insomma, quello si vedrà, ecco :)
Niente, spero che vi possa piacere, perché mi sto divertendo un mondo a scrivere questa storia. Mi era mancato scrivere longfic… e longfic così complicate in termini di dettagli, soprattutto :D
Grazie mille a Liz che mi farà da beta per questa storia, nonostante non le interessino i personaggi XD <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: [info]lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.



CAPITOLO 1

Chris ha ventisette anni e cinque mesi quando incontra Jonah. E si ricorda tutto di quel momento, con una precisione che un po’ lo spaventa. Perché non dovrebbe, si dice, non dovrebbe ricordarsi della luce nei suoi occhi o della stretta della sua mano o del suo sorriso, eppure se chiude gli occhi, Chris riesce a rivedere tutto perfettamente.
Jonah ha ventitré anni e nove mesi quando incontra Chris Colfer.
Quando se lo ritrova davanti, Jonah sa perfettamente chi è Chris. Non ha mai pensato, però, che Chris sapesse chi fosse lui.
Invece Chris lo sa e l’ha visto e dopo averlo guardato esibirsi sul palco della nuova edizione di RENT a Broadway, dopo averlo visto cantare One Song Glory con una rabbia che nessun Roger ha mai mostrato così in bella vista - sempre troppo occupato a reprimerla, a nascondere tutto - l’ha incontrato.
A Chris un tempo sarebbe piaciuto poter dire di averlo cercato nel backstage, ma la realtà è che è lì per Johanne, per la Johanne di Naya, e quindi per forza si è ritrovato nel backstage. E per forza ha incontrato Jonah.
Jonah che è il più giovane della compagnia, una nuova piccola stella di Broadway, alla sua prima esperienza sul palcoscenico più importante del mondo. Jonah che ha stretto la mano a Chris e gli ha sorriso prima di passarsi la mano tra i capelli biondi, così tipici per il ruolo di Roger.
Chris si ricorda di come ne sia rimasto intrigato. Di come, stretto a Naya – favolosa favolosa favolosa nel ruolo di Johanne. Sfacciata e sensuale e molto meno aspra di quanto il pubblico era abituato, forse, ma perfetta e sua, di Naya, proprio per quel motivo. Una Johanne che faceva a gara con Maureen, avevano scritto, e quanto era vero -, abbia continuato a lanciargli occhiate. E Dio, anche alla sua età è comunque pessimo nel gioco della seduzione e non è felice che glielo ricordino.
Ancora adesso, a ventotto anni e quattro mesi, Chris si rende conto di non saperlo fare. Di essere troppo strano, troppo in imbarazzo per poter essere veramente sfrontato in ciò che desidera.
(I mesi passati con Jonah, poi, non hanno di certo aiutato.)
Per questo Chris non si è mai stupito del fatto che sia stato Jonah ad iniziare il tutto. Vedendo poi com’è andata, Chris sarebbe anche uno stupido a pensare che sarebbe potuta andare in modo diverso.
È stato Jonah, con il suo sorriso e i suoi occhi chiari e i capelli scompigliati, a chiedergli il numero di telefono, in un modo tanto sfrontato che Chris si è sempre un po’ vergognato nel sapere che è lui il più grande dei due. Che avrebbe dovuto essere lui quello più sicuro di sé.
E invece si è ritrovato con il telefono dell’altro tra le mani poco prima di uscire a cenare con Naya e un paio di suoi amici, in onore dei vecchi tempi.
Ha digitato velocemente quel pugno di cifre, prima di sorridere e lasciare Jonah dietro di sé.
Chris ha ventisette anni e cinque mesi quando incontra Jonah. E ha ventotto anni e quattro mesi quando lo tradisce.
Più o meno.

*

Essere a New York è sempre come tornare a casa. Il che è strano, perché Darren non ha mai pensato di averne una sola, di casa. È un po’ San Francisco. Un po’ Los Angeles. Un po’ Chicago. Un po’ New York. Un po’ in giro nel resto del mondo, ma mai solo una. È un po’ ovunque e gli è sempre andato bene così.
Dopo l’anno appena trascorso, però, ha capito che ci sono alcuni luoghi che sono come dei punti fermi. New York è uno di quelli.
È come tornare a casa, ma è anche come non essersene mai andato. E un po’ è così, perché i suoi amici sono lì e suo fratello è lì e parte del suo lavoro è lì. Ma quando viaggi viaggi viaggi per così tanto tempo, tornare in un posto che conosci come le tue tasche, un posto in cui puoi andare in giro a piedi senza perderti, è rassicurante.
Gli è mancata New York. E non importa se può rimanere lì solo per qualche giorno, prima di andare a Los Angeles per iniziare a girare con Michael Cera – e non vede l’ora. Gli è mancato recitare, gli è mancato da morire.
Ma non può lamentarsi e non vuole farlo. Non l’ha fatto in passato, anni prima, quando le cose stavano andando tutte storte e la frustrazione lo mangiava vivo nei giorni migliori e in quelli peggiori… quelli peggiori tende a non ricordarli. Preferisce così.
Quindi si gode quel pugno di giorni a New York e cerca di assorbirne tutte le energie, come sempre.
E non gli dispiace essere lì, infilato in un abito di Armani e pronto a stringere mani e a rilasciare interviste e, in generale ad incontrare persone. Gli è mancato quel mondo, il mondo del teatro, così come gli sono mancate un sacco di altre cose nell’ultimo anno, ed è felice di tornare a farne parte, anche solo per una serata. È felice di rivedere amici e di godersi Broadway e una festa in uno dei migliori ristoranti. Gli ricorda il suo, di debutto, ed è sempre qualcosa che gli fa accelerare il battito cardiaco dall’emozione.
Dopo anni, ancora non si è del tutto abituato. Ed è felice che sia così.
Vedere Aladdin portato in scena è qualcosa che lo entusiasma. Gli fa ricordare di quand’era bambino. Gli fa ricordare del se stesso affascinato dal Genio. Gli fa ricordare del perché è se stesso. Ritorna bambino e si diverte a sussurrare sottovoce le parole delle canzoni, rapito come sempre dalla musica di Alan Menken.
Darren sa che c’è anche Chris. L’ha visto e salutato prima, da lontano, ma riesce a parlare con lui solo alla festa che segue l’anteprima, dopo essersi districato dalla morsa di giornalisti e fotografi.
È strano, rivederlo. E allo stesso tempo non lo è per niente. Sono mesi che non si vedono, ma da quando tutto è finito, da quando si sono lasciati Glee alle spalle, difficilmente riescono a frequentarsi. Ma va bene così. Ogni volta che si rincontrano, almeno, hanno qualcosa di cui parlare.
Ogni volta, è un po’ come non essersi mai separati. È una bella sensazione dopotutto.
(A volte fa anche paura.)
“Mr. Emmy,” lo saluta Darren, avvicinandosi a lui sorridendo, e Chris scuote la testa, allargando leggermente le braccia per stringerlo velocemente a sé.
“Non chiamarmi così!” sbuffa in una mezza risata, “che poi la gente mi ritiene altezzoso.”
Darren ride, guardandosi intorno. “Allora?”
Chris alza un sopracciglio, continuando a sorridere. “Allora?” gli fa eco.
Darren scuote la testa e come ogni volta che lo incontra, gli tornano in mente i mesi – gli anni – passati a lavorare accanto a Chris. Si chiede come sarebbe lavorarci adesso.
(E vorrebbe saperlo. Vorrebbe sapere se in quel periodo è cambiato qualcosa. Se è diventato ancora più bravo – e sa già la risposta.)
Gli manca, e non è neppure una sorpresa. Gli mancano un sacco di cose che ha avuto nel passato. Ma visto cosa sta avendo nel presente, non può lamentarsi. Non ne ha diritto.
“A che punto sei con la conquista del mondo?” dice alla fine, facendo ridere Chris. Ed è bello sapere che certe cose non sono cambiate, che riesce ancora a farlo ridere in quel modo, quel modo che gli fa formare le fossette ai lati della bocca e inclinare la testa all’indietro.
“A buon punto, sai?” ridacchia Chris, guardandolo di traverso, “Ma ho ancora alcuni dettagli da sistemare. Devo ancora decidere chi eliminare per sempre dal mio regno, e chi potrà restare. È un’ardua scelta.”
“Spero di essere tra i fortunati eletti, allora.”
Chris lo guarda e sta per rispondergli, quando una donna si avvicina a loro. Darren non sa chi sia, ma Chris evidentemente sì. Le lancia un’occhiata, prima di sorridere a Darren per scusarsi e lui lo lascia andare, conscio di non poter trattenerlo troppo a sé.
È una cosa che non ha mai potuto fare. Non ne aveva il potere un tempo e non ne ha il potere adesso.
Certe cose non sono cambiate.

*

È Chris ad andare da lui, dopo un po’. Darren sta parlando con suo fratello, dopo aver appena lasciato andare Alan Menken in persona – ed ogni volta che quell’uomo si complimenta con lui, Darren non può fare a meno di avere un nodo in gola dall’emozione. Si sente sempre un bambino e uno stupido davanti a lui. Si sente sempre desideroso di stringergli la mano con la volontà di non lasciarlo andare, perché, Dio, come fa ad esistere qualcuno del genere?
“Ti ho visto sai, che cercavi di scappare con Menken sottobraccio,” ridacchia Chris, facendolo sorridere, prima di abbracciare Chuck per salutarlo.
Darren alza le mani, scuotendo la testa, “Beccato”. Osserva come sia ancora tutto facile, tra di loro. Come sia facile per Chris avvicinarsi e abbracciare suo fratello come se non fossero passati anni, probabilmente, che non si vedevano. Come sia facile ridere.
Darren si ricorda del periodo passato sul set, ovviamente. Si ricorda dei momenti trascorsi a parlare con Chris. Si ricorda un sacco di cose di quel periodo.
Si ricorda di certe discussioni. Se ne ricorda una, in particolare, come se fosse ieri.
Ma non è stata ieri e sì, certe cose non sono cambiate, ma il resto forse sì, forse nulla è veramente come prima, forse le cose hanno solo la stessa apparenza, ma in realtà…
Darren osserva Chris parlare con Chuck, il profilo che è sempre lo stesso, nonostante gli anni, i capelli perfettamente scompigliati, il completo scuro che come sempre lo fa sembrare ancora più alto. È il Chris di sempre, con qualche anno in più.
Poi, però, pensa che allora la regola dovrebbe applicarsi anche a lui. Anche lui dovrebbe essere lo stesso, solo un po’ più grande, di sicuro non più maturo, ma con decisamente più soldi in banca e, in generale, con parecchie soddisfazioni raccolte lungo il cammino.
Darren, però, non si sente affatto come allora.
E non sa se sia un bene o un male.

*

È solo al terzo tentativo che riescono finalmente a parlare.
A Darren è mancato anche quello.
(Soprattutto quello. A volte ci ha pensato, a volte si è ritrovato a voler comporre un numero di telefono solo per parlargli, e si è sempre fermato all’ultimo perché… perché le cose sono cambiate, nel tempo, e lui e Chris non sono più così legati e…)
Si dispiace ogni giorno di non aver mai il coraggio di chiamarlo più spesso, di chiamarlo semplicemente perché ne ha voglia.
“Allora, come stai?”
Chris si stringe nelle spalle e sorride. “Bene? Insomma, non posso lamentarmi, no? Quindi… sì, bene.”
Darren distoglie lo sguardo. Osserva tutte quelle persone attorno, che parlano e si stanno divertendo, persone che in parte conosce, e pensa che comunque è felice di essere lì proprio con Chris.
“Puoi comunque lamentarti. Anche con un Emmy sul comodino di casa.”
Chris lo guarda storto, prima di scuotere la testa. “Dici che non preclude la possibilità?”
“Penso che si possano vincere tutti i premi del mondo e avere comunque una vita di merda.”
Chris solleva un sopracciglio e Darren si rende conto di ciò che ha appena detto e… cazzo. “Cioè, non parlavo di te. Ti credo se dici che va tutto bene, non… Voglio dire, ovvio. Certo che va tutto bene, scusami, non so-“
“Darren, è ok. Non ho una vita di merda, tranquillizzati. Solo che non ho neppure una vita perfetta. Ma non credo che qualcuno ce l’abbia, quindi…”
Darren annuisce e abbassa lo sguardo sul suo bicchiere.
Puoi vincere tutti i premi del mondo e comunque possono non significare un cazzo. Però ti tolgono comunque il diritto di lamentarti.
Puoi anche non averli, i premi. Puoi avere dell’altro, però, dell’altro abbastanza grande che dovrebbe bastarti e invece non è così. Ma saresti solo uno stronzo ad aprire la bocca per chiedere di più, chiedere dell’altro, chiedere qualcosa che neppure sai definire.
Darren capisce perfettamente Chris.
Lo capisce fin troppo.
“Beh,” riprende Chris, e Darren non sa per quanto tempo è rimasto in silenzio, “credo che abbandonerò questa festa…”
Non sa che ore siano, ma Darren è comunque sorpreso, perché…
Scuote la testa. Non è importante.
(Stavano parlando. Era bello. Perché se ne vuole andare? Darren non vuole chiederselo. Così non ci pensa. Non è importante.)
“Oh, ok,” e forse il tono deluso traspare dalla sua voce perché Chris sembra titubante. Un tempo, Darren l’avrebbe afferrato per il polso, avrebbe probabilmente flirtato un po’ con lui, e l’avrebbe convinto a restare. Un tempo avrebbe giocato sporco, navigando su quella linea sottile che nessuno si era mai preoccupato di oltrepassare.
(Tranne quella volta.)
Ma non è più quel tempo e certe cose sono effettivamente cambiate, quindi no, Darren non lo fermerà in questo modo.
È Chris, però, a ripensarci, almeno in parte. “È che non sono un tipo da feste. Ed è piuttosto tardi, quindi… vorrei solo andare a casa”
“Certo,” annuisce Darren, perché non c’è nulla di male nella richiesta di Chris ed è comprensibile e va bene, solo che…
… che a volte è ancora un po’ bambino e si vuole solo aggrappare alle persone e pregarle di rimanere con lui. L’ha fatto di continuo, l’ha fatto per scherzare, l’ha fatto per divertirsi. L’ha fatto perché ci credeva.
Chris si guarda intorno, come per controllare che nessuno li stia ascoltando e Darren avrebbe voglia di scuotere la testa e chiedergli di che cosa si sta preoccupando perché non c’è nulla che-
“Vuoi venire da me? Cioè, so che sei qui con tuo fratello, ma…”
Oh.
A questo punto è Darren a far passare velocemente le persone attorno, per sapere se qualcuno ha sentito. Ed è una cosa stupida, ma sa come funziona in quel mondo, sa che basta mezzo microfono, mezza fotocamera, per creare un casino e non ha voglia di avere quel tipo di notizia in giro.
Ed è una frase così equivocabile, una frase che può significare un mucchio di cose. Darren sa, però, che non significa nulla, che non è ciò a cui sta pensando Chris, perché certe cose non sono cambiate, nonostante tutto.
(Certe cose non sono cambiate. Ma Darren preferisci ricordarsi solo di una parte del passato.)
“Uh… non eri stanco?” chiede alla fine, sorridendo.
Chris si stringe nelle spalle, “è da tanto che non ci vediamo, possiamo continuare a parlare lì.”
“Ok,” annuisce, “d’accordo. Andiamo. Chuck deve tornare da Shannon, tanto e… Forza, vediamo la casa di Mr. Emmy.”
Chris ride, e Darren si trova a sorridere di rimando, perché non è mai riuscito a trattenersi di fronte a lui, di fronte alla sua risata e al modo in cui arriccia il naso e stringe gli occhi. Ancora adesso Darren pensa che sia adorabile.
“Mi spiace deluderti, ma l’Emmy è a Los Angeles.”
Darren rotea gli occhi, sbuffando. “Allora dovrai trovare un altro motivo per trattenermi, Colfer, te lo dico.”
Quando Chris scoppia di nuovo a ridere, Darren non può fare a meno di sentirsi soddisfatto.

*

Da Sardi’s non ci mettono molto ad arrivare all’appartamento di Chris, poco distante da Central Park.
“Sai che anch’io abito in questa zona? Beh, non esattamente in questa zona, è dall’altra parte del parco, verso Broadway, è abbastanza comodo perché-“
“Lo so,” lo interrompe Chris con un sorriso, facendogli cenno di sedersi sul divano, “ci sono stato.”
Oh. Già. Vero.
Darren si guarda attorno, cercando di cogliere più dettagli possibili. È un bell’appartamento, più grande di quello che ha lui a New York, con pochi mobili, ma eleganti ed essenziali, esattamente come Chris. E in qualche angolo, o appese alle pareti, sono le foto che catturano il suo sguardo. Foto di Chris con persone che Darren non conosce. Foto di Chris con persone che Darren conosce. Foto di Chris con lui. Beh, con anche lui, almeno, ma la cosa lo fa comunque sorridere.
(E non è nostalgia, quella che sente.)
Darren si chiede se in quell’appartamento così grande Chris ci viva da solo. O se è stato attraversato da qualche ragazzo. Adesso o in passato.
Sa della storia con Sebastian – sì, Sebastian. Quando l’aveva saputo non aveva potuto non ridere in faccia a Chris, perché, insomma, dovevano ammetterlo, era stata una coincidenza piuttosto divertente all’epoca, qualcosa per cui riderci sopra -. Tutti sanno della storia di Chris con Sebastian. Tutti sanno anche della sua fine, per il malcontento di Chris.
Darren sa anche di Jonah. Chris gliene ha parlato poco tempo dopo che hanno iniziato ad uscire insieme, ma Darren non ha idea di come si siano evolute le cose tra di loro e…
Potrebbe chiederglielo. Solo che non sa che dire.
“Vuoi qualcosa da bere?” chiede Chris, dirigendosi in cucina mentre tenta di allentarsi la cravatta.
“No, sono a posto, grazie.”
Darren sospira, e si rilassa contro lo schienale del divano. Torna a guardare quelle foto. Torna a guardarsi mentre sorride alla fotocamera, circondato da Lea e Dianna e Chris e Cory e…
Non è che le cose fossero migliori, all’epoca. È sempre stato un gran casino, allora come adesso.
(Forse allora più di adesso.)
(Forse è quello il problema.)
(Forse il problema è che non c’è più un problema. E quando non c’è un problema, come si fa a risolverlo?)
Chris torna da lui con in mano una Diet Coke – certe cose non cambiano – e senza la giacca, probabilmente abbandonata in cucina.
“Stai ancora insieme a Jonah?”
Alla fine glielo chiede. E vede Chris alzare un sopracciglio e rimanere in silenzio per un istante, come se stesse pensando ad una risposta e a cosa dovrebbe mai pensare? O ci stai o non ci stai insieme ad una persona, no?
No?
“Più o meno,” risponde alla fine. Piano, poco più di un sussurro, ma non sposta lo sguardo dai suoi occhi e Darren non riesce ad abbassare il proprio.
(Quando non c’è un problema, cosa puoi risolvere?)
Darren vorrebbe che le cose fossero come un tempo. Il punto è che non lo sono affatto.
(Ma alcune sì.)

NOTE:
Ed ecco il primo effettivo capitolo :) E il secondo, come previsto, arriverà tra una settimana, martedì prossimo!
Dato che questa storia è composta da un mondo enorme e da tantissimi dettagli, se ci fosse qualcosa di poco chiaro, basta chiedere. Se posso rispondere (se, cioè, non viene spiegato più avanti), sarò felice di rispondere :)

E alcune note tecniche:
Alan Menken è un compositore statunitense vincitore di otto premi Oscar per le sue colonne sonore Disney. È anche l’idolo (uno dei tanti) di Darren e per adesso si sono incontrati due volte. Comunque, è anche l’autore della colonna sonora di Aladdin, ecco perché è nominato qui. (No, a Broadway non c’è il musical di Aladdin. Non so neppure se ci sia. Ma esiste quello de La Bella e La Bestia, le cui musiche sono appunto quelle di Alan Menken. Essendo il tutto ambientato in là negli anni, ho pensato che poteva essere plausibile un musical anche su Aladdin).
Michael Cera è un attore – ed esiste, ovvio. Tra le altre cose, ha recitato in Juno.
Chuck è chiaramente il fratello di Darren. Shannon, invece, è un nome inventato.
Sardi’s è un ristorante molto famoso di New York. È dove Darren ha celebrato l’apertura a Broadway di How To Succeed, ed è anche dove Rachel e Finn vanno a mangiare nell’episodio di New York.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: [info]lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.


Nota iniziale: piccolissimo appunto, che poi verrà spiegato alla fine. Il Max qui nominato, esiste veramente, e si tratta di Max Ehrich. Lo specifico perché, trattandosi di una Glee RPF, il primo Max a cui uno pensa è Max Adler. Per non generare confusione, ho pensato di specificarlo all’inizio :)

CAPITOLO 2

Jonah è uno stronzo.
Chris, però, non se ne accorge fino a quando non è troppo tardi. Fino a quando, cioè, non c’è talmente tanto invischiato da non poter più tirarsi indietro. È uno stronzo per tanti motivi diversi, che Chris non ha mai voglia di ricordare, ma che potrebbe comunque elencare uno dopo l’altro, perché Chris non si dimentica di nulla.
Sa di non essere facile, sa di non essere un compagno ideale, ma almeno ci prova. Jonah no. O, almeno, non c’ha mai provato con lui.
(Chris sa di essere ingiusto. Sa che, più probabilmente, la colpa non è veramente solo di Jonah. La colpa è di entrambi e di nessuno. La colpa è che sono due rette parallele, e così distanti che Chris continua a chiedersi come ha fatto ad incrociarlo così spesso sul suo cammino.)
E Max… Max è un bel ricordo.
(Max è stato un nome mormorato a bassa voce, perché nessuno sapeva e nessuno doveva sapere. Max che abitava a New York e che ha conosciuto Chris grazie a degli amici in comune e poi… e poi, beh. Poi è successo.)
Max era giovane ed era giovane anche Chris e le cose erano…
… le cose con Max sono iniziate per il motivo sbagliato, ma si sono trovati. Chris sorride ancora, quando pensa a lui. Sorride e si ricorda di quanto era giovane, di quanto lo erano entrambi, e di come siano comunque riusciti a costruire qualcosa. È un bel ricordo – anche se è iniziata per il motivo sbagliato.
Con Sebastian è finita perché… è finita. Ad un certo punto si è reso conto di non amarlo più. Di non voler provare a recuperare il rapporto. Sebastian si è ritrovato nella stessa situazione. È finita con un abbraccio e nonostante tutto, le cose sono andate bene.
Con Jonah, ogni tanto Chris si chiede se le cose siano mai veramente iniziate.

*

Quando Darren gli chiede come stanno le cose tra lui e Jonah, Chris all’inizio non sa cosa rispondere.
È uno stronzo. Non lo so se siamo ancora insieme. Cioè sì, siamo insieme, ma in realtà è finita. È finita da un pezzo.
Sa che “Più o meno” non è una risposta. Ma è l’unica che sembra essere abbastanza vera e nonostante lo sguardo di Darren, l’altro appare soddisfatto da quelle parole.
Chris scuote le spalle, prima di sedersi accanto a Darren sul divano, sospirando. Vorrebbe dire qualcosa. O che Darren spezzasse il silenzio, ma riesce a sentire la domanda nell’aria, riesce a capire cosa vorrebbe chiedergli.
Ed è immensamente grato che Darren decida di tacere.
Si siede accanto a lui e cerca freneticamente qualcosa da dire, ma tutto sembra ricondurlo a quel momento, ad anni prima e all’adesso, e sembrano due cose così simili e così diverse. Cerca e cerca e cerca e non trova nulla da dire. Le parole le ha lì, cucite addosso, e vorrebbe solo che Darren le leggesse senza doverle per forza pronunciare e invece l’altro non fa che guardarlo con quegli stupidi occhi e il suo stupido viso e Chris si rende conto di essersi seduto troppo vicino a lui.
Non dovrebbe farlo, non dovrebbe neppure volerlo, e Chris non sa perché (invece sì, lo sa benissimo, lo sa talmente bene che ne ha paura), ma vuole.
Vuole e vuole e vuole e alla fine se lo prende.
Non se se è il momento giusto – visto da fuori, in effetti, sembra tutto sbagliato – ma è l’unico momento che può avere. E quindi, decide di afferrarlo.

*

Chris non ha ancora ventun anni quando accade. Quando accade che le cose iniziano a cambiare e lui neppure se ne accorge. Quando inizia a sorridere per chi non dovrebbe, cercare con lo sguardo qualcuno di sbagliato, pensare a qualcosa che non gli appartiene.
Chris non se ne accorge perché non vuole pensare di essere così stupido. Poi, scoprirà esattamente di esserlo.
Neppure un mese dopo il fatidico compleanno, Chris cambia le carte in tavola e manda tutto a puttane. In grande stile e con effetti speciali.
(In realtà, non manda a puttane niente, se non la sua dignità. E Darren non gliel’ha mai fatta pesare. Darren…)
Chris ha ventotto anni e quattro mesi quando si rende conto che la stupidità non è sparita con il tempo.
Che certe cose possono cambiare e poi ti basta rivederlo, ti basta incontrarlo quando la tua vita sentimentale fa talmente schifo che ti verrebbe da affogarti in birra e gelato - perché uno dei due deve funzionare - , ti basta vederlo sorridere per farti tornare a galla cose che speravi fossero state cancellate.
E ti ritrovi attratto da lui come quando eri un ragazzino.
Chris sa di star per fare una cazzata, così come lo sapeva allora, sette anni prima, quando l’ha baciato nel backstage del tour, preso dall’euforia e dall’emozione e dagli ormoni. Chris non è più euforico, non è emozionato e gli ormoni li ha messi a tacere da tempo, eppure si sporge verso di lui e lo bacia.
Darren, esattamente come sette anni prima, non si tira indietro. E Chris si chiede ancora cosa cazzo stiano facendo, perché ancora non è riuscito a capirlo.
Quando chiude gli occhi, Chris si ritrova ad avvicinarsi ancora di più a Darren, a respirargli addosso e a infilargli le mani tra i capelli e a sentire il suo profumo misto a quell’odore che è solo tipicamente suo.
Pensava di esserselo dimenticato, e invece…
… invece rimane lo stesso stupido idiota di quando aveva ventun anni. Chris non sa se esserne felice, non sa se è veramente ciò che vuole, non sa se ciò che sta facendo ha veramente un senso.
Sa che però non riesce ad allontanarsi da lui, che la voglia che ha di farsi baciare da Darren gli ricorda quella dei primi tempi con Jonah. O con Sebastian. O con Max. O con…
… alla fine, all’inizio, al vero inizio, c’è ancora Darren. Prima di tutti. Prima di ciò che ha potuto avere, c’è stato il periodo dell’abbandono ad un qualcosa di più grande, qualcosa che non ha mai potuto essere suo.
A ventotto anni e quattro mesi, Chris se lo ritrova tra le mani, e pensa che forse sì, sta sbagliando, ma che non lo lascerà comunque andare.

*

“Chris, aspetta…”
Quando Darren riapre gli occhi, ha tra le mani il viso di Chris e, Cristo, riesce a sentire il suo respiro sulle labbra.
“Cosa…” continua, distogliendo lo sguardo perché gli occhi di Chris sono troppo – troppo grandi, troppo azzurri, troppo e basta -, “…cosa stiamo facendo?”
È a questo punto che Chris si separa da lui e Darren abbassa le mani, appoggiandole con un tonfo sulle sue gambe. “Secondo te?”
E c’è quella vena sarcastica, nella sua voce, ma Darren lo conosce. Darren sa un mucchio di cose che non dovrebbe sapere, ma che non può fare a meno di ricordare e di ritrovare nell’uomo che ha davanti. Darren sa che è spaventato, lo sente nell’inflessione delle sue parole e lo legge nei suoi occhi, sempre troppo sinceri. Chris è un eccellente attore, ma non nella vita.
Scuote la testa, guardandosi attorno per cercare una via di fuga perché non sa che fare. E poi torna a fissarlo negli occhi e forse la verità è che la fuga non gli serve. Gli serve solo allungarsi un po’ di più, riafferrarlo per la nuca e perdersi di nuovo in lui, perché nel momento in cui lo guarda non riesce a ricordarsi bene del perché si stia facendo tanti problemi.
“No, lo so, cioè, lo so cosa stiamo facendo. Ma… cosa stiamo facendo, Chris?”
Chris abbassa lo sguardo per un momento, prima di tornare a guardarlo negli occhi. si sporge di nuovo verso di lui e Darren non si muove. Non ci riesce e non vuole, non quando guarda Chris e si ricorda delle sue labbra e di come non sia mai riuscito a dirgli di no, neppure troppi anni prima, spaventato dall’ondata con cui Chris l’aveva travolto, investendolo appieno.
Non si muove neppure ora che Chris sta di nuovo sfiorando la sua bocca, stuzzicandolo senza baciarlo veramente. “Non lo so, ma-“ Chris non finisce la frase, perché Darren si preoccupa di zittirlo e forse avrebbe dovuto farlo parlare, farlo spiegare, ma poi lo sente gemere contro le sue labbra ed è un suono che non ha mai sentito, e Darren non riesce veramente a ricordarsi del perché avrebbe dovuto stare lì ad ascoltare delle parole quando può fare questo, invece.
Non è così che Darren ha progettato la serata.
(Ma in realtà non ha mai progettato un mucchio di cose che poi sono successe.)
Non è così che ha immaginato di sfilarsi la cravatta, quando poche ore prima ha sistemato il nodo davanti allo specchio. E non è così che ha immaginato di togliersi la giacca e la camicia e-
“Chris,” mormora contro il collo dell’altro, mentre fa scorrere le mani sulla sua schiena. Ed è così strano, è così maschile, Chris, che Darren ne ha paura. È un corpo a cui non è abituato, non importa quante volte si guarda allo specchio, perché quello che ha tra le mani, adesso, non è se stesso e Darren non riesce a capire se la cosa sia più spaventosa o eccitante.
Chris solleva lo sguardo dall’ultimo bottone della sua camicia e Darren si rende conto di non averlo mai visto così, di non avergli mai visto addosso quello sguardo e di sicuro non rivolto verso di lui. …
(O forse è sempre stato troppo cieco e stupido. Un ragazzino scalmanato che non capiva cosa provocava nelle persone, cosa provocava in Chris).
Chris sbatte le ciglia un paio di volte e solo in quel momento Darren ritrova la persona che conosce. “Chris,” ripete a bassa voce, quasi avesse paura di farlo scappare.
(E ce l’ha. Per questo le sue mani sono ancorate ai suoi fianchi. Perché non lo lascerà allontanarsi. Perché lo vuole lo vuole lo vuole e non gliene frega un cazzo se ha paura se riesce a sentire quello, nel cervello e nel petto e tra le gambe. Soprattutto tra le gambe.)
(E dovrebbe essere spaventato a morte. Invece vuole solo di più. Di più addosso, di più tra di loro, di più e basta.)
“Credo che questo sia il momento in cui puoi alzarti e uscire da questa situazione. Letteralmente,” sussurra infine Chris, “Se vuoi,” aggiunge mordendosi il labbro inferiore e guardandolo negli occhi.
Darren deglutisce. Ma non sposta lo sguardo. E non sposta le mani. E continua a volerlo e ad averne paura. Ma soprattutto a volerlo.
“E se non volessi?” E la sua voce quasi trema, ma Chris sembra non accorgersene. O forse fa solo finta.
“Allora credo che sia il momento in cui ci alziamo entrambi e andiamo nella mia camera. Se vuoi,” e anche la voce di Chris sembra tremare e Darren non capisce più niente, perché il sangue non arriva più al cervello da troppo tempo. E non sa come abbia fatto a passare dal vedere Aladdin – Aladdin, Cristo, il ricordo della sua infanzia – solo qualche ora prima, all’avere Chris premuto addosso.
Darren non gli risponde. Ma lo fa alzare, prima di sorridergli. “Credo che questo sia il momento in cui tu mi fai strada.”
Chris stira leggermente le labbra in un sorriso. “Per la camera?”
“Per la camera,” sussurra Darren prima di tornare a baciarlo.

*

Darren non sa cosa aspettarsi da quello. Non è così stupido da non sapere cosa sta per accadere – è steso sul letto di Chris, con lui addosso, e le sue mani sono… le sue mani sono da qualche parte. E scorrono e premono e vagano in ogni direzione e il suo cervello non riesce a registrarle tutte, perché il suo cervello ha smesso di funzionare ormai da tempo. Sa cosa stanno facendo e cosa accadrà da lì a poco, ma dopo? Cosa c’è dopo?
Dopo la frenesia di un orgasmo, delle mani di Chris che gli slacciano i pantaloni, ma che non glieli sfilano perché c’è poco tempo (non è vero) e troppa voglia (questo sì, è vero) e troppo in generale. Dopo tutto questo, cosa rimane? Dopo che Chris lo preme sul letto e si sfrega contro di lui, entrambi con ancora i pantaloni addosso, e lo bacia lo bacia lo bacia, per poi mordergli la base del collo, per poi inarcare il bacino e fargli sentire quanto maschile sia il suo corpo, quanto inconfondibilmente da uomo siano le sue linee, dopo cosa succede?
Quando infila le mani al di sotto della camicia di Chris, sulla sua schiena, e poi le fa scivolare nei pantaloni e sotto i boxer e lo preme ancora di più addosso e sì, è quello che vuole, è quello che il suo cervello e il suo uccello gli stanno gridando di prendersi, quando fa restare le sua mani lì, sul culo di Chris, pensa, E poi?
E poi che accade?
E Chris solleva il viso dal suo collo e lo guarda negli occhi e Darren vede solo blu blu blu nella luce bassa della camera. Sono scuri e profondi e sembrano l’oceano, i suoi occhi, e, proprio come l’oceano, gli fanno paura. Darren sa nuotare, lo sa fare, ma potrebbe facilmente affogare. E se affoga? E se quando Chris inizia a sfregarsi contro di lui, e se quando Darren sente l’erezione di Chris contro la propria, lì, tra le gambe, stretta dai pantaloni che sono slacciati, ma non è abbastanza e vorrebbe solo che tutto finisse perché sta quasi diventando doloroso, e se quando alla fine Chris si inarca un po’ di più e gli geme nell’orecchio, Darren pensasse che ok, potrebbe affogare sul serio?
E se gli stesse bene?
Pensa, Va bene, va bene, posso affogare e non mi importa e non ne ho paura e posso non risalirci mai più, in superficie, ma non mi importa, ok?
E poi pensa anche, E posso non risalire, posso lasciarmi andare per sempre e posso rimanere così, mi sta bene, l’ho voluto io, mi sono lasciato affogare, l’ho fatto.
Le sue mani stringono Chris addosso a lui, Chris che è sudato e ansimante e completamente sfatto, e Darren viene. Silenzioso e con la bocca aperta e gli occhi completamente spalancati.
Ed è come se fosse affogato in Chris.
E adesso? Adesso che è il dopo, che succede?

*

Darren è ancora disteso sul letto, con gli occhi fissi sul soffitto e il cuore che gli rimbomba nelle orecchie, impedendogli di sentire qualsiasi cosa, quando Chris si alza ed esce dalla stanza.
Darren fa solo in tempo a voltare leggermente il viso verso di lui, verso la sua schiena, prima di vederlo sparire oltre la porta. E vorrebbe allungare una mano, dirgli “Non è quello che doveva succedere, ma torna qui, cosa stai facendo?”, ma riesce solo a fissarlo.
Adesso, che è il dopo, succede che ha mandato tutto a puttane. E non sa neppure perché.

*

Jonah è uno stronzo. E Chris l’ha appena tradito. Più o meno.
Più o meno perché in realtà tra di loro cosa c’è? Cosa c’è, in quel momento?
C’è una casa vuota, Jonah dall’altra parte della città, e la vita di Chris che non dipende più da quella dell’altro. Tra di loro, in quel momento, non c’è più nulla. Una formalità sulla carta, un bel viso ad un pessimo pessimo gioco, una giocata a carte con un mazzo truccato fin dalla partenza. L’ha truccato Jonah, il mazzo, non scoprendo subito gli assi che aveva nella manica. Non dicendo subito cosa desiderava.
Chris l’ha dovuto scoprire da solo.
E vorrebbe dire che se lo merita, che Jonah si merita di essere stato tradito – più o meno – perché l’ha fatto anche lui e Chris lo sa, lo sa, cazzo, l’ha sempre saputo. Jonah se lo merita, ma Chris non si sente meglio.
E poi ripensa al viso di Darren, ripensa a quando gli ha leccato il collo, ripensa al fatto di non averlo mai visto così, prima di allora. Ripensa al se stesso di anni prima, al ragazzino con il cuore spezzato da qualcosa che né lui né Darren avrebbero mai potuto controllare, perché se Chris non ha mai scelto di nascere gay allora anche Darren non ha mai scelto di nascere etero. E quindi, come potevano torturarsi con quella cosa?
(Solo che non è mai stato quello, il problema. Il problema era una ragazza di troppo e un amore in cui Chris non voleva mettersi in mezzo perché non era quella persona. Non la è ancora adesso. Ma quello, quello era il problema. Non il sesso, ma il cuore.)
Sarebbe felice il se stesso di un tempo. Sarebbe felice di aver avuto anche solo un assaggio, perché il se stesso di un tempo, nonostante gli sforzi, era quello, solo un ragazzino.
Il se stesso di adesso non dovrebbe essere felice. E non lo è. È tante cose. Tante e tutte insieme, ma non è felice.
Seduto sul divano Chris si guarda le mani e pensa che per essere appena stato a letto con un suo amico ed ex collega e Dio, sì, quello su cui ha fantasticato troppo spesso preso da un qualcosa che gli faceva paura (e che non erano ormoni, perché quelli li poteva mettere sotto controllo, li poteva far tacere, ma quello era altro), non è troppo felice.
È spaventato. Perché Darren è nell’altra camera e prima o poi entrerà in salotto e lo guarderà e…
“Chris?”
Chris solleva lo sguardo e Darren è lì, in piedi davanti a lui, che cammina verso il divano. E Chris vorrebbe dirgli di allontanarsi, di non stare così vicino a lui, perché non riesce a pensare e se non riesce a pensare può mandare tutto a puttane, come ha appena fatto.
Ha più o meno tradito il suo ragazzo. Chissà cosa può fare d’altro.
“Dovremmo parlare…” continua Darren, sedendosi accanto a lui. Chris vorrebbe alzarsi. Non ha il controllo. Non sa cosa fare o cosa dire e non ha il controllo, ed è una cosa che non sa gestire.
“No,” dice. E la sua voce è più risoluta dei suoi pensieri, questo è certo. “Credo che tu debba andartene,” prosegue cercando di guardarlo negli occhi.
Darren aggrotta le sopracciglia e sembra voler allungare una mano per toccarlo e Chris riesce solo a pensare No, non farlo. Se mi tocchi non penso e se non penso non riuscirò a controllarmi e tu devi andartene da qui.
Darren non lo sfiora, ma continua a fissarlo. “Tra… tra un paio di giorni devo partire. Devo… devo tornare a Los Angeles, devo iniziare a girare e…”
Chris annuisce. Sa che Darren deve iniziare a girare un film. Sa che tra un paio di giorni ci saranno chilometri tra loro.
(Non hanno tempo. Chris non gli ha neppure sfilato i pantaloni perché aveva fretta di allungare una mano e toccarlo, toccare ciò che ha sempre desiderato. E poi scopre che non hanno veramente tempo.)
“Se tra un paio di giorni vorrai ancora parlare… fammi sapere. Io… io sono qui.”
Darren sospira e abbassa lo sguardo. “Non possiamo parlare adesso?”
Chris scuote la testa. “No. No, adesso… adesso devo pensare. E se sei qui non ci riesco. E anche tu dovresti pensare. E poi parliamo, dopo. Adesso… adesso dovresti andartene, Darren.”
Darren annuisce, prima di alzarsi in piedi ed infilarsi la giacca. Chris si ricorda di quando gliel’ha sfilata.
“Allora io… io vado,” mormora Darren e Chris annuisce, guardandolo fisso e afferrando ogni piccolo particolare. Le sue spalle, le sue mani, il suo profilo, i suoi capelli. È ancora Darren, ma non lo è. E deve mandarlo via se vuole pensare, ma dentro ha ancora quel ragazzino stupido che cerca di allungare le mani su tutto ciò che non può avere (Non guardare, tieni gli occhi bassi e non se ne accorgono e sono soltanto degli idioti, non è che puoi essere attratto da loro, non guardarli. Chris si ricorda del se stesso diciassettenne. A volte si sente ancora tale).
Darren esce dalla sua casa e Chris pensa che hanno un paio di giorni. E che forse può trovare una spiegazione, in tutto quello. Forse.

*

Darren si chiude la porta alle spalle e sospira. Vorrebbe tornare dentro, vorrebbe dire a Chris che ne possono parlare anche in quel momento, che non c’è bisogno di pensare, che sa cosa vuole. Ma la realtà è che non ne ha idea. La realtà è che adesso è nel dopo – nel dopo adrenalina, nel dopo sesso, nel dopo orgasmo – e non sa come andare avanti.
Ma non vuole neppure tornare indietro.

*

Quando ormai sono quattro giorni che Darren è uscito da casa sua, Chris si decide a smettere di controllare il cellulare ogni volta che se ne deve allontanare per forza.
A quanto pare, Darren ha deciso.

NOTE:
In ritardo di un giorno, ma eccoci qui XD
Non ho molto da dire, e c’è già la breve nota iniziale. (Nel caso ve lo steste chiedendo, no, Chris e Max non sono mai stati insieme, ma i rumor c’erano ;) ed è ciò che serviva a me XD)
E niente, spero che vi sia piaciuto questo capitolo <3 A settimana prossima per il numero tre \o/

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: [info]lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.


CAPITOLO 3
Darren sa di aver sbagliato. Solo che nel momento in cui atterra a Los Angeles tutto diventa frenetico e anche se non è una giustificazione – perché doveva farlo prima. Prima di partire per andare dall’altra parte del paese, pezzo di idiota – è l’unica cosa che continua a ripetersi.
Potrebbe chiamarlo, ma non lo fa. Cerca di non pensarci e di non pensare a lui o al suo nome, ma non funziona molto bene come tecnica.
Chiama Joe, invece. Gli dice “Ho fatto una cazzata, Joe. Non so che fare. Che cazzo faccio?”
E l’altro gli risponde qualcosa del tipo, “Dovresti dirmi cos’hai fatto, Dare, perché non so cosa dirti altrimenti.”
Darren rimane in silenzio, prima di mormorare “Ti richiamo io, ok? Adesso… adesso non posso. E non voglio parlarne al telefono. Ti richiamo io.”
Sono passati due giorni e non ha più richiamato neppure lui.
Ne sono passati cinque, invece, da quando ha lasciato New York. È più facile pensare a New York che non a lui. Perché New York è così tante cose insieme, è suo fratello e il teatro e parte del suo mondo. È molto più di una sola persona. Anche se quella persona ha gli occhi più strani che abbia mai visto e lui ci è affogato dentro e ancora adesso se ci pensa non sa bene a cosa aggrapparsi per risalire.
Il lavoro comunque aiuta. È bello essere di nuovo sul set e fare finta che tutta la tua vita ruoti attorno ad esso. Non è così, ma gli serve. Gli serve svegliarsi presto al mattino dopo aver dormito sempre troppe poche ore, gli serve andare sul set ed essere qualcun altro senza dover pensare a se stesso, gli serve incontrare gente e lavorare e fare ciò per cui è pagato.
Il lavoro aiuta, ma Darren si sente comunque uno stronzo. E più passano le ore, più la cosa peggiora. E ad un certo punto non dovrebbe fermarsi? Ad un certo punto non dovrebbe essere più facile?

*

È felice di lavorare con Michael.
(Ne è estasiato, ma cerca di contenersi, almeno all’inizio. Poi scopre che in realtà hanno un mucchio di cose in comune e si ritrova a parlare con lui di continuo. È bello. E aiuta.)
È anche facile, lavorare con lui. Far finta di essere un suo amico del liceo. Far finta di ritrovarlo dopo anni e di iniziare a parlare e parlare e parlare.
Darren è anche felice del film. Shortstop, è il titolo. Non può dire che sia una bella storia. È agrodolce, in realtà, e il sapore che gli lascia in bocca dopo aver letto quelle pagine, dopo aver pronunciato quelle parole, non è sempre piacevole.
Lo fa pensare e non è il momento più adatto per farlo.
(O forse sì. Forse è esattamente ciò di cui ha bisogno. Che qualcuno lo prenda per le spalle e lo scuota violentemente fuori dal suo perimetro mentale. E, se necessario, che lo prenda a calci fino a farlo rinsavire.)
*


“Non ti chiedi mai cosa sarebbe successo se avessi fatto qualcosa di diverso, in passato? Cioè, guardaci, cazzo. Siamo esattamente al punto di partenza. Con un lavoro di merda, in una città di merda. Non è cambiato un cazzo, Josh. Siamo ancora qui, più vecchi e con un cassetto di sogni irrealizzati. Non ti chiedi mai, che ne so, se ti fossi rimesso con Alisha cosa sarebbe successo?”
“Cazzo no, quella mi aveva tradito. Vaffanculo, non rimpiango di essermela tolta dalle palle, grazie tante.”
“È per dire!”
“Beh, allora di’ qualcos’altro, perché quella stronza non la voglio sentir nominare. Vai a pescare uno dei tuoi esempi filosofeggianti da un’altra parte.”
“Ok, lasciamo perdere Alisha. Il punto è… che siamo in un momento di merda. Abbiamo trent’anni e non è cambiato un cazzo da quando eravamo bambini, ti rendi conto? Uno studia, va al college, pensa di farcela. E poi torna in ‘sto cazzo di posto a lavorare nel supermercato dietro l’angolo. E magari… magari se non avessi lasciato l’università all’ultimo anno le cose sarebbero diverse, ecco tutto. Dico solo che è una gran puttanata il fatto che ciò che fai oggi poi ti frega per il resto della tua vita, no?”
“Beh, uno dovrebbe pensarci prima di fare cazzate.”
“…non credo tu l’abbia mai fatto, quindi non spararmi il consiglio del secolo.”
“Cristo, sei sempre una piaga nel culo ancora adesso, eh? Non ho detto che l’ho fatto, ho detto che uno dovrebbe farlo.”
“…dovrebbe, sì. Ma se uno ci pensa, poi non hai niente a cui rimediare, niente sbagli, niente rimpianti. Sei felice, ma che cazzo di vita è?”


*

Darren fa un cenno con la testa a Michael, prima di salire sulla sua macchina, pronto per tornare a casa.
Ha appena messo in moto quando squilla il telefono e potrebbe lasciarlo suonare, ma in realtà sta aspettando una telefonata di Ricky, quindi forse è meglio se risponde. Quando sfila il cellulare dalla tasca dei pantaloni, però, è la scritta Chris che compare sullo schermo.
E Darren ha un attacco di panico, giusto per un momento, prima di far scorrere il polpastrello sullo schermo e rispondere.
“Hey, Chris…”
“Ciao, Darren.”
“Uh, senti, io-“
“Sì, lo so. Ti dispiace, volevi chiamare, non hai avuto tempo, è arrivato un uragano. Scegli quella che preferisci, e nel frattempo ascoltami, ok? Ok, quindi… va bene se ci vediamo, uno di questi giorni? Per parlare, intendo. Dato che dovremmo farlo, Darren. Dovremmo proprio farlo. Anche se casa tua è stata distrutta da un uragano ed è una tragedia e non hai avuto tempo di chiamarmi.”
“Uh… io… sì. Cioè, sì, va bene, certo. Certo. Ma… tu sei a New York e io-“
“No.”
“No?”
“No, non sono a New York. Sono a Los Angeles adesso.”
“Oh.”
“Già. Quindi?”
“… va bene tra due giorni? Possiamo… possiamo andare a mangiare cinese e-“
“Sì, perfetto. Posso sperare che ti presenterai e non ti farai volutamente investire da un’auto per avere una scusa plausibile?”
“Uh… prometto di mettercela tutta a non farmi investire, sì.”
“Ok. A presto, Darren.”
“A presto… Chris, aspetta, io-“
“Lo so. Lo so, Darren. Buonanotte.”
Darren fissa il telefono per un’infinità di tempo, cercando di capire cosa sia successo. Non c’è stato nessun uragano in California, in quei giorni, ovviamente. Ma sembra che ne sia appena arrivato uno da New York.

*

Quando lo vede, è come se non si fossero mai salutati.
(Ma l’hanno fatto.)
È sempre così, tra di loro. Passano dei giorni, passano dei mesi, e non cambia mai nulla.
(Questa volta sì, questa volta è cambiato tutto.)
Darren non sa come venirne fuori. O forse sì. E magari il forse non è neppure necessario, perché Darren sa cosa dovrebbe fare, cosa gli dice il cervello, cosa gli ha sempre detto, ogni giorno, da quando è uscito dall’appartamento di Chris. Glielo urla in testa ed è una voce fastidiosa e continua e Darren ci ha provato a buttarsi sul lavoro per metterla a tacere, ma poi Chris ha deciso di venire a Los Angeles, e con Chris a portata di mano Darren non capisce più nulla.
È dall’altra parte del tavolo, Chris, e fino a quel momento hanno parlato di tutto, tranne di ciò che avrebbero dovuto. È che forse non è un argomento da affrontare davanti ad un involtino primavera. Forse non è un argomento da affrontare in mezzo alla gente. Forse non è neppure-
“Hai voglia di uscire da qui?”
Darren finisce di deglutire, prima di annuire e sorridere a Chris. “Certo. Sì… sì, mi sembra una buona idea.”
Chris fa vagare gli occhi per la stanza e Darren osserva il suo profilo e vorrebbe prendersi a calci per come l’ha trattato, per essersene andato, per non averlo mai richiamato.
Per essere un idiota.
Stupido stupido stupido.
Non scappi via da Chris Colfer, al massimo gli corri incontro, razza di idiota.
“Possiamo andare da me, se vuoi?” chiede Chris, e per la prima volta, in quella sera, sembra titubante. Darren vorrebbe dirgli di non esserlo, che gli dispiace gli dispiace gli dispiace di aver mandato a puttane tutto quanto con il suo comportamento di merda, ma che non deve dubitare del fatto che ci tiene a lui, che ci tiene sul serio, anche se è un idiota e non si meriterebbe una seconda – una terza? Una quarta? Quante sono veramente? – possibilità.
“Sì, casa mia non è... cioè, a casa mia non saremmo-“ soli. Ce l’ha sulla punta della lingua, ma non fa in tempo a dirlo, perché Chris lo interrompe con un “Ok,” appena accennato, prima di alzarsi in piedi.
Darren lo segue dopo un paio di secondi, e spera veramente di star facendo la cosa giusta, questa volta.

*

Appena prima di mettere in moto la macchina, Darren tira fuori il cellulare dalla tasca e manda un messaggio a Joe.

A: Joe
Forse sto risolvendo la cazzata.

Da: Joe
Era ora. Vedi di non mandare tutto a puttane di nuovo. Non so se ti perdona ancora.

A: Joe
… come fai a saperlo?

Da: Joe
Di Chris?

Darren fissa il telefono e spera di non star perdendo troppo tempo. Scusami, ho sbagliato strada perché non ricordavo più in quale punto dovevo girare. Sì, come scusa può andare.

A: Joe
Sì.

Da: Joe
Ho le mie fonti. Adesso muoviti, coglione, non avevi una cazzata da riparare?

Darren sorride, prima di mettere via il telefono e girare la chiave nel cruscotto. E spera veramente che le cose vadano per il verso giusto, questa volta.

*
Chris non agisce mai d’impulso. Mai.
L’ha imparato anni e anni prima, quando era troppo piccolo e troppo solo per potersi salvare da un mondo che lo voleva solo schiacciare ferocemente sotto la suola delle proprie scarpe. Ha imparato a ribattere con le parole e a pensare dieci cento mille volte, prima di muovere un muscolo.
Ci ha messo cinque giorni, in questo caso, per decidere cosa fare. Per decidere di anticipare di quasi due settimane il viaggio a Los Angeles. Per decidere di andarsi a prendere risposte che quell’idiota ha deciso di tenersi per sé. Chris le vuole, quelle risposte.
Vuole sapere perché, dopo anni, sono ancora allo stesso punto, sempre lì, sempre fermi immobili in quel preciso momento.
(E in realtà non è vero, non sono nello stesso punto. Sono cambiate un sacco di cose, un sacco. Darren è single, ad esempio. Darren non sta più con Mia. Non sta più con lei. E se lei non c’è…)
Chris ci ha messo cinque giorni per decidere che potrebbe valerne la pena.
Chris ci ha messo molto meno a lasciare Jonah. A lasciarlo sul serio. A darci un taglio, sentendosi solo minimamente in colpa perché in realtà tra di loro non c’è più niente, è tutto sfumato via, svanito chissà dove.
Svanito da chissà quanto.
Chris non sa se ha fatto bene. Non ha agito d’impulso, ma è veramente la cosa giusta? Ed è veramente la cosa giusta ritrovarsi di nuovo lì, con Darren, come pochi giorni prima? Di nuovo in casa sua – una casa diversa, più grande, con il parquet e le finestre enormi e così californiana rispetto al suo appartamento newyorkese –, di nuovo da soli, di nuovo lì, con Darren seduto sul divano e lui in piedi, quando l’unica cosa che vorrebbe fare è replicare la scorsa volta. Spingerlo sul divano e infilare le dita tra i suoi capelli e baciarlo e sentirlo eccitarsi tra le sue gambe e sapere di esserne la causa.
Chris si costringe a deglutire e a distogliere lo sguardo, perché è lì per delle risposte. E le vuole. Le vuole in quel momento e le pretende e gli sono anche dovute, in effetti.
Perché con Darren non può essere solo l’ondata di eccitazione di una sera, perché poi, finita quella, che cazzo sono? Perché Darren è Darren da così tanti anni, nella sua testa, che il sesso può distruggere tutto (il sesso ha distrutto tutto con Jonah), e non vuole. Perché il pensiero di non averlo più nella sua vita gli blocca il respiro nella gola e Chris si sente male solo all’idea che possa succedere.
Chris non agisce mai d’istinto. Ma la paura che Darren fosse scappato, fosse scappato da lui, l’ha spinto a muoversi.
E così sono ancora lì. Non sa se sia il momento perfetto. Forse, tra di loro, il momento perfetto non esisterà mai. Ma è quello giusto. È stato giusto un pugno di giorni prima, quella sera e vederlo dopo troppo tempo (e saperlo solo e volerlo volerlo volerlo ancora dopo tutti quegli anni). È giusto in quel momento.
Chris rimpiange alcune cose, nella sua vita. Ma mai gli sbagli che ha fatto con Darren. Quelli mai.

*

Shortstop è l’interbase. Shortstop sta in mezzo. Sospesa lì, a metà tra la seconda e la terza base, ad aspettare. Aspetta che arrivi qualcosa, aspetta che la palla venga colpita e finisca in quella zona. Aspetta e aspetta e aspetta. Shortstop è anche di fretta. È veloce, perché una volta che arriva, colpisce come un treno e non c’è tempo per pensare, bisogna solo prendere la palla e rilanciarla il più in fretta possibile.
Non c’è tempo per pensare, lì, a metà strada tra la seconda e la terza base. Devi aspettare che arrivi qualcosa, e quando arriva, devi solo fare. Fare fare fare.
Non hai il tempo di pensare, ma ti puoi muovere e lo devi fare, perché la palla non arriverà mai nel punto preciso in cui ti trovi. Te la devi andare a prendere. E devi fare in fretta, devi correre e devi essere veloce. A volte puoi mancarla e allora è un casino. È un casino e mandi nella merda non solo te, ma tutto quanto.
Quando ce l’hai, però, quando la stringi nella mano, sai che ce la puoi fare, perché è lì, proprio sotto le dita. Quando arriva, non puoi più aspettare.
Shortstop è l’interbase. Ma non solo.

*
“Dobbiamo parlare,” e detto così, sembra un eufemismo.
Chris distoglie lo sguardo, prima di annuire e Darren vorrebbe solo allungare una mano e intrecciare le dita con le sue e rassicurarlo e prendersi a schiaffi, perché è colpa sua se sono così, è colpa sua se niente sembra più certo.
“Ho lasciato Jonah,” mormora Chris e Darren sbatte le palpebre un paio di volte e non sa perché ma vorrebbe sospirare di sollievo.
(In realtà, il perché, lo sa benissimo.)
“L’hai-“
“Lasciato, sì,” Chris si gira verso di lui e Darren si blocca a fissarlo, perché non sa cosa dire. O cosa Chris si aspetta che dica. Quindi, nel dubbio, non parla proprio. “E non so se ho fatto una cazzata. Cioè, lo so di… lo so che è stata la cosa giusta. Non l’ho lasciato per te, non-non solo. Non solo per te. Dovevo farlo da tempo e se penso a ciò che mi ha fatto, io… Ok. Comunque, l’ho lasciato. Quindi adesso dovresti rifarmi la domanda.”
Darren apre la bocca, ma non sa cosa dovrebbe chiedergli. Quindi la richiude con un gesto secco, prima di sospirare e riprendere a parlare. “…quale domanda?”
“Se sto ancora insieme a Jonah.” Risponde secco Chris.
“Ma mi hai appena-“
“Sì. Lo so. E tu dovresti richiedermelo.”
Darren lo guarda negli occhi, lo guarda veramente. In quegli occhi in cui è completamente affogato e forse non ne è ancora uscito, perché si perde di nuovo, ed è ancora spaventoso e rassicurante come la prima volta. Vorrebbe allungare una mano fino a sfiorare con i polpastrelli la guancia di Chris, vorrebbe stringerlo dietro la nuca e avvicinare il viso al suo e vorrebbe-
“Stai ancora insieme a Jonah?” e la sua voce quasi si spezza nel nominare il nome del non-ragazzo di Chris. Perché lo sa cosa significa, adesso.
“No.”
Lo sa cosa vuol dire.
Darren non è più l’altro, non è più qualcuno da tenere segreto, non è più qualcuno di cui vergognarsi. E ancora una volta Chris gli sta dando la possibilità di andarsene e uscire da quella casa – o dalla sua vita – e Darren si sente quasi male, perché non se lo merita, non si merita un cazzo.
E vorrebbe soltanto avvicinarsi a lui, avvicinarsi così tanto da essergli addosso, perché Chris non ha lasciato Jonah per lui, per qualcosa che neppure c’è – per qualcosa che, invece, c’è sempre stato -, per qualcosa che non ha nome, perché non ne hanno ancora parlato e sì, giusto, dovrebbero proprio parlarne e Darren non è il tipo da fare tutto quello, non è il tipo da andare a letto con una persona al primo appuntamento e loro neppure l’hanno avuto un primo appuntamento.
Cristo.
E Chris, ancora una volta, gli si avvicina e decide di prendersi le risposte direttamente dalle sue labbra. Risposte a domande che non ha posto, ma che sono lì, ben visibili. E Darren, questa volta, gliele concede, perché non può e non vuole tirarsi indietro ancora una volta. Non può, non con Chris sotto le labbra e sotto la lingua e Dio, gli è mancato e non ha pensato ad altro.
Sospira contro le sue labbra e sente Chris sorridere e sembra che si siano scambiati le parole senza neppure pronunciarle, passandosele da bocca a bocca, in punta di lingua e con un filo di fiato.
Sì. Sì sì sì sì.
Darren chiude gli occhi, prima di stringerselo addosso e abbracciarlo. E quando ha gli occhi chiusi, non può vederlo, ma non può neppure affogare. Può solo rimanere lì e sentirlo sotto di sé e pensare che, anche se non se lo merita, lo può avere. Dopo tutto quel tempo, lo può avere.
Sono anni che non prova una sensazione del genere.
Ed è spaventosa e rassicurante.

*

Quando Darren ha lasciato Mia, ha lasciato anche una parte di se stesso con lei. E se ci ripensa, ancora adesso, dopo anni, si sente perso e vuoto e spaventato.
Esattamente come allora.
Mia è stata tutto tutto tutto per un sacco di tempo, per un sacco di anni. E si sono lasciati e ripresi così tante volte che alla fine entrambi ne hanno perso il conto. Il punto, però, è che si sono sempre ripresi. Perché non è stata la mancanza di un sentimento a farli dubitare, è stato tutto il resto. È stato il non vedersi abbastanza, è stato il dover viaggiare da una parte all’altra per poter passare qualche giorno insieme, è stato il pensiero costante che forse, lasciarsi andare, poteva essere una soluzione.
Non è mai stata la soluzione. Ogni volta che si sono lasciati, è stato come smettere di respirare. È stato come vagare senza meta e buttarsi sul lavoro e solo quello, solo quello per non pensare al fatto che lei non ci fosse, non fosse più a portata di telefono.
Quando è finita sul serio, quando si sono promessi che non si sarebbero più rimessi insieme, perché non potevano andare avanti così, ed era meglio per entrambi, Darren ha pianto. Ha pianto anche Mia. Darren ha pianto sul divano di casa sua, guardando il pianoforte davanti a lui e desiderando solo addormentarsi perché almeno avrebbe smesso di pensare.
Il giorno in cui si sono lasciati, Joe è rimasto seduto sul divano e abbracciato a lui per tutta la notte. L’ha visto piangere. L’ha sentito blaterare di cose senza senso. L’ha sentito anche insultare Mia, perché nel momento acuto della presa di coscienza, è sembrata una buona idea. L’ha sentito, poi, scusarsi per tutte le cose che ha detto su di lei. L’ha guardato addormentarsi sfinito, e non l’ha mai lasciato.
Darren ha paura. Paura di tornare ad essere così. Paura di amare troppo. Per questo, dopo Mia, non ha più amato nessuna. Perché non sa calibrare i sentimenti e quando è con una persona, deve dare tutto. Tutto, anche di più di ciò che dovrebbe.
E Darren è terrorizzato all’idea di tornare ad essere così. All’idea di amare e poi finire di nuovo sul divano di casa, con Joe abbracciato a lui, mentre inveisce contro una persona che gli ha spezzato il cuore e a cui l’ha spezzato lui stesso.
Poi è arrivato Chris, e Darren ha sempre pensato di aver chiuso ormai da anni quel capitolo. Un capitolo durato poco più di un’estate, un capitolo fatto solo di un bacio e di lunghi silenzi e di una confessione spiazzante e amara e così dolce, che ancora adesso la ricorda.
In realtà, Darren non ha mai chiuso nulla, l’ha solo messo da parte.

NOTE:
Prima di tutto devo ringraziare Liz, perché la sua betatura è meravigliosa e io rido sempre tanto XD
Seconda cosa, qui avete un altro assaggio di una parte di questo verse, ovvero il film di Darren… che non esiste, ma esiste nella mia testa (e la parte in corsivo sono le battute del film, spero che si sia capito XD). Comunque, dicevo, questo film è completamente dettagliato nella mia testa (sì, la follia, e non è l’unica cosa XD)… a tanto si spinge la mia ossessione per i dettagli, abbiate pietà della mente della sottoscritta ;_;
E niente, spero che vi sia piaciuto <3 a settimana prossima :)

Il mio account Facebook – aggiungetemi pure se vi va :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: [info]lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.


CAPITOLO 4
Darren ha gli occhi chiusi, ma neppure per un momento potrebbe dimenticarsi di dove si trova. Sente il respiro di Chris sul collo, e il suo corpo premuto contro il fianco, e la sua mano appoggiata sul petto, appena sotto il colletto della camicia. È così forte la sua presenza, che non importa se non lo sta guardando. È lì e lo sente ed è rassicurante.
Quando apre gli occhi e volta leggermente il viso, il mento sfiora contro i capelli di Chris e Darren non può non sorridere e appoggiarvi leggermente le labbra, solo per un momento.
“Che cosa vuoi?” gli chiede Chris con un filo di voce, mentre Darren fa scorrere la sua mano sulla sua schiena, giù, fino alla vita e al bordo dei pantaloni, prima di risalire fino alle scapole.
“Uh… adesso? Sono a posto, in realtà…” e lo dice ridendo, perché, sul serio, non c’è modo che si stacchi da lui o da quel divano o da quella casa, anche se sa che dovrà farlo, perché il giorno dopo si deve svegliare prestissimo e dovrà lavorare e-
Non ha intenzione di pensarci in quel momento.
“Intendo per noi due.” Risponde Chris, e Darren lo sente sorridere contro la propria spalla, anche se non riesce a vederlo.
“Oh. Beh.” E non sa se è pronto per una vera e totale ammissione. Non sa se può farlo in quel momento, perché è passato troppo poco da quando ha iniziato ad incastrare i tasselli, che gli fa paura l’idea di dare un nome al tutto. È troppo presto e non importa che sappia benissimo cosa vuole e il perché, ammetterlo ad alta voce… ha solo bisogno di un altro po’ di tempo. “Voglio portarti fuori. Per un appuntamento. Uno vero, intendo.” Dice alla fine. Ed è vero, se ci pensa. Perché le cose tra loro due sono iniziate in un modo così strano e diverso dal solito e…
E non è neppure il fatto che Chris sia un ragazzo. Non è quello, perché lo sanno entrambi cosa pensa, perché cosa pensa è esattamente il motivo per cui sono lì, probabilmente.
Perché sette anni prima non gli ha mai detto che no, non c’è speranza, Chris, mi dispiace.
Gli ha detto, se solo. Se solo non fossi innamorato. Se solo non fossi con lei. Se solo le cose fossero diverse.
(Adesso lo sono.)
“Quello di stasera non era vero?”
Darren sorride, e la sua mano si stringe di più a Chris. “No. Stasera siamo usciti a cena. Ma non era un appuntamento. Voglio un appuntamento che sia un appuntamento fin da subito.”
Chris solleva il viso dal suo petto per guardarlo negli occhi, e Darren non può fare a meno di ridere quando vede il suo sopracciglio alzato. “… giusto,” dice Chris, sorridendo “e cosa distinguerebbe questo appuntamento dalla serata di stasera che non era assolutamente un appuntamento?”
“Dopo il primo appuntamento, è probabile che ti bacerò.” Darren annuisce, conscio che i suoi ragionamenti siano assolutamente ridicoli, ma se porteranno a far ridere Chris come in quel momento, beh…
“Che è esattamente ciò che abbiamo fatto. Abbiamo fatto anche di più che baciarci, in effetti, qualche giorno fa.”
Darren se lo ricorda, ovviamente. Qualche giorno prima si è perso. Si è perso negli occhi di Chris, vi è affogato dentro e poi… poi si è ritrovato a Los Angeles lasciando dietro di sé solo una montagna di cazzate. Darren se lo ricorda perfettamente.
“Sì, ma non conta. Cioè, conta, ma voglio un appuntamento come si deve. Voglio fare le cose per bene. Non… solitamente non-” non finisco a letto con la prima persona che incontro. E lo so che non sei la prima, lo so che è diverso, tra di noi, ma-
“Ok. Ok, usciamo per un appuntamento. Sei assurdo, ma va bene.” Chris lo interrompe e a Darren va bene così.
“Grazie,” e non ha ancora finito di parlare che già si sta sporgendo verso di lui per baciarlo. E baciarlo di nuovo, con il pensiero che tra poco dovrà uscire da quella casa, se vuole fare qualcosa il giorno successivo.
(Se, soprattutto, vuole mantenere fede alla sua idea di non finirci a letto, di nuovo, prima di un appuntamento.)
Chris sorride contro le sue labbra e intreccia le dita con le sue, prima di stringerle.
Non dice niente, ma Darren non ha bisogno di sentirlo.
Grazie a te.

*

Darren non si è ancora riabituato a Los Angeles. Il periodo passato in viaggio, il periodo passato lontano dalla sua casa, gli ha fatto dimenticare cosa vuol dire avere sempre qualcuno vicino.
Così, quando solleva lo sguardo e si trova davanti Joey appoggiato allo stipite della porta, fa una smorfia e mormora uno “Scusa” appena udibile, dandosi dello stupido per essersi messo a suonare.
“Che stai facendo?” gli chiede Joey scuotendo la testa, ma senza un briciolo di sorpresa nella sua voce. E Darren sa cosa sta pensando l’altro. È Darren, non è che puoi chiedere delle spiegazioni, è strano di natura.
“Ho voglia di scrivere una canzone,” risponde lui, appoggiando la chitarra per terra.
“E sono quasi le due di notte…” gli fa presente Joey e oh, ok, in realtà non se n’era neppure accorto. È un’idiota e l’ha svegliato. Ottimo.
Però, non riesce a non sorridere. E Joey ci mette solo un istante prima di collegare i tasselli. E d’altra parte è lui che ha informato Joe del tutto, quindi magari l’altro gli ha detto che stasera non sarebbe tornato a casa e-
“… è andata bene,” e non è una domanda, Darren lo sa. Sa che a Joey è bastato guardarlo per capire anche tutto quello che non ha mai detto neppure a se stesso. Il bello di conoscersi da troppi troppi anni.
“È andata bene,” annuisce.
E l’attimo dopo Darren si ritrova premuto contro il divano stretto nella morsa delle braccia dell’altro, mentre Joey strilla un “AH!” talmente forte che Darren ringrazia di non abitare in un appartamento come a New York o altrimenti qualcuno sarebbe arrivato a bussare alla loro porta.
E non può fare a meno di ridere, mentre Joey gli scompiglia i capelli come se fosse un bambino piccolo e lui fosse il padre, orgoglioso dei suoi risultati. “Com’è che nessuno è sconvolto dal fatto che sia un ragazzo?” chiede, cercando invano di liberarsi dalle braccia di Joey.
“… com’è che tu non sei sconvolto?” ride l’altro. E Darren sa che è perché non c’è nulla di improvviso, in realtà. Che se avesse dovuto sconvolgersi o avere una crisi, avrebbe dovuto farlo anni e anni prima e-
Sì, beh, anni e anni prima non è che sia andata esattamente alla perfezione, quindi…
Darren è stranito e spaventato e felice e preoccupato ed eccitato. È un casino e lui è il primo a riconoscerlo, ma è un casino che ne vale la pena, pensa.
Joey lo lascia finalmente libero, prima di dargli un’altra pacca sulla spalla e sorridere. “E allora? Questa canzone?” chiede, indicando con un cenno del capo il quaderno appoggiato sul tavolino.
“Uh, è solo… è solo un abbozzo. Solo un paio di idee,” e Darren è grato quando Joey annuisce e si alza, invece di chiedere di poter leggere. Non è ancora pronto per quello.
“Ok, io torno a letto… tu, se vuoi puoi… no, ok, puoi andare a letto anche tu? Te lo dico da amico: devi dormire. E te lo dico come coinquilino: devo dormire.”
Darren ride e annuisce. “Metto via la chitarra e vado a letto. Promesso.” E Joey sembra soddisfatto dalla sua risposta, perché si avvia verso il corridoio. Prima che possa sparire al di là della porta, però, si ferma e si gira verso di lui, le sopracciglia corrucciate e l’aria seria.
“Ah, per la cronaca, sappi che non te la caverai con le due frasi che mi hai rifilato in questo momento. Domani pretendo di sapere tutto. E con tutto intendo anche il colore delle mutande di Colfer perché sì, ti voglio così tanto bene che sopporterò anche quello.”
E Darren può solo rispondere lanciandogli addosso uno dei cuscini del divano.
Quando sente la porta della camera di Joey aprirsi e richiudersi poco dopo, Darren si lascia andare contro lo schienale del divano e sospira, chiudendo gli occhi. Mormora sotto voce il pugno di parole che ha appuntato sul suo quaderno e decide che sì, forse è effettivamente il caso di andare a letto.
E non vede l’ora che sia domani. Per lavorare, per continuare a scrivere quella canzone – perché gli è mancato da morire avere un’idea in testa e non trovare pace fino a quando non l’ha buttata fuori, gli è mancato durate il tour, durante il quale il massimo che è riuscito a buttare giù sono stati alcuni abbozzi sul cellulare o su pezzetti di carta, perché sembrava che dopo aver scritto quello, dopo aver scritto Hidden Tales non ci fosse più altro da raccontare dentro di lui -, per sentire Chris.
Darren apre gli occhi, afferra il quaderno e legge quelle righe. E sorride e pensa che, spaventato e confuso che sia, ci sono cose peggiori.
It is almost as if in the first page of a book,
you found out how it would be in the end.


*

“Un tempo pensavo che bastava volere qualcosa per ottenerla.”
“Sì, beh, benvenuto nel mondo reale. Sarebbe un po’ troppo semplice, no? Pensi qualcosa, la vuoi intensamente e puff, ti capita tra le mani-“
“Non intendevo così, coglione. Volevo dire che… bastava volerla e mettercela tutta e prima o poi il karma, Dio o chiunque ci sia là fuori che ci prende per il culo ci avrebbe ascoltato e… ma non funziona così.”
“Direi di no.”
“Il più delle volte non ti ascolta proprio nessuno. E allora ti chiedi che cazzo serve sperarci, se tanto non cambia mai nulla.”

Quando il regista interrompe la scena, Darren chiude gli occhi e sospira. Si appoggia contro lo schienale della sedia e sorride a Michael, mentre attorno a loro tecnici delle luci e truccatrici iniziano a muoversi per rigirare nuovamente la scena.
Quando Michael distoglie lo sguardo per parlare col regista, Darren si volta per guardare fuori dalla vetrata.
Odia ammetterlo, ma non sta affatto pensando al lavoro. Ed è strano, perché è da tempo che non si sente concentrato su qualcosa.
(È concentrato, in realtà, ma su qualcuno.)
C’è stato il periodo in cui ha pensato solo a scrivere scrivere scrivere per buttare fuori tutte le parole che non riusciva a dire ad alta voce e allora, forse, a cantarle, sarebbe stato più facile, avrebbe fatto meno male.
(Il male è stato uguale, ma almeno ci ha tirato fuori qualcosa di buono).
E poi c’è stato il periodo in cui è passato da un palco all’altro, in giro per il mondo, e la stanchezza è stata troppa per poter pensare ad altro, per poter pensare a qualcuno che non lo aspettava più a casa, che non avrebbe più risposto alle sue telefonate, perché era ancora troppo presto.
E poi c’è stato il periodo in cui tutto si è calmato. Ed è tornato in America, è tornato a New York, pronto per ributtarsi nel lavoro, per girare un film e-
Poi è arrivato Chris. Chris che ha preso il suo mondo e l’ha capovolto e poi gliel’ha rimesso tra le mani, lasciando a lui il compito di capire come farlo funzionare, senza dargli alcuna istruzione al riguardo.
Stronzo.
E allora ha colto l’occasione al volo e ha pensato solo al film e a recitare e a essere qualcun altro perché è molto molto più facile che non dover pensare alla propria vita.
Chris è tornato, però. Di nuovo. E di nuovo gli ha preso il viso tra le mani e l’ha girato fino a fargli guardare in faccia ciò che stava evitando e adesso-
Adesso, sul set, Darren pensa a Chris e non ad essere Mark e odia tutto questo, odia non essere in grado di tagliarlo fuori dalla sua testa completamente, ma è umano e non sa cosa farci. Non è mai riuscito a tagliare fuori Mia, perché con Chris dovrebbe essere diverso?
E, Dio, anche un pensiero del genere gli fa paura, lo terrorizza e non è quello il luogo adatto.
Darren respira, annuisce al regista e cerca di ripetere le battute.
(Battute che sa, le sa a memoria, ma sembrano così difficili che Darren le odia da morire. Le odia le odia le odia. Odia non essere in grado di fare il suo lavoro perché la sua testa è un casino, odia tutto quello, perché il suo senso del dovere viene comunque prima di ogni altra cosa. O almeno dovrebbe.)
Cerca di concentrarsi nuovamente su Micha- Josh, adesso è Josh, prima di deglutire.
Appena dopo il ciak, fa un gesto con la mano e scuote la testa, osservando il piatto e le uova fredde e finte appoggiate sopra.
“Un tempo pensavo che bastava volere qualcosa per ottenerla.”

*

Chris non ha mai pensato che le cose debbano per forza essere facili. Nella sua vita, del resto, nulla lo è stato, quindi perché crogiolarsi in un pensiero così fasullo che pure il se stesso di sette anni avrebbe potuto rifiutarlo?
Quindi no, Chris non ha mai pensato che vi siano cose facili, nel mondo.
In realtà, ne ha avuto un assaggio con Sebastian. Un assaggio che è durato due anni e mezzo e quindi forse è stata una gran parte di vita, più che una timida parentesi. Con Sebastian è stato facile. È stato facile innamorarsi di lui, innamorarsi totalmente e imparare a stare insieme ad una persona, imparare sul serio, non come con Max o con quelle uscite occasionali che qualche volta si è concesso.
Con Sebastian è stato dolce. Ed è stato facile, soprattutto. Fino a quel momento non ha mai pensato che anche lui potesse provare l’ebbrezza della vita in discesa, e invece.
Poi è finita. Il sorriso di Sebastian non è stato più abbastanza per tenerlo stretto a lui. Non è finita per un motivo specifico, è finita e basta. Ad un certo punto si è accorto che Sebastian e la parola migliore amico avevano troppe affinità. Si è accorto che sì, era bello stare con lui, ma non era più come prima.
È stato Sebastian a parlargli, a mettere fine a tutto.
Chris è felice che si sia salvato qualcosa, però. Ogni tanto, ancora adesso, si sentono, ed è bello non provare alcun rancore per la persona con cui hai passato due anni e mezzo della tua vita. Chris ha sempre pensato di dedicare le proprie energie per le cose per cui ne vale la pena.
Sebastian conferma solo al regola.
Jonah, invece…
Chris ci pensa. Non è così freddo come gli piacerebbe. Ha amato Jonah, l’ha amato. Ma…
Non si sentiranno mai più, probabilmente.
(E Chris, in realtà, lo spera. La parte ferita e umiliata di Chris lo spera sul serio, perché non vuole vederlo, non vuole sentirsi di nuovo nelle orecchie le parole che Jonah gli ha rivolto quando l’ha lasciato, non vuole rivedersi immobile nel proprio appartamento, dopo che Jonah ha appena sbattuto la porta, privo di qualsiasi emozione, come se non fosse successo nulla. Chris odia il se stesso di quel momento. Chris lo capisce fin troppo bene, però.)
Chris distoglie lo sguardo dallo schermo del pc e si sfila gli occhiali per strofinarsi gli occhi. Non sa cosa sta facendo. La verità è che non dovrebbe pensare a Sebastian o a Jonah o a Darren, Dio, non dovrebbe proprio pensare a lui.
Hai appena lasciato il tuo ragazzo e già ti butti su un altro, che cazzo fai?
(Chris si è buttato su un altro ancora prima di lasciarsi con il suo ragazzo. Chris si è buttato su Darren quando non c’era nessun altro. Ha sempre pensato di averlo lasciato andare, con Max, e poi Sebastian – Sebastian che ha amato e l’ha fatto sul serio – e con Jonah. E invece, cosa? L’ha sempre trattenuto nella sua mano aspettando il momento giusto?)
Sbuffando, si alza dalla scrivania e va a recuperare il telefono nell’altra stanza. È un’abitudine che ha da anni, dato che a volte l’unico modo per fare qualcosa di produttivo è chiudersi letteralmente in una stanza senza possibilità di essere distratti.
Non si mette a pensare, non fa nulla del genere, perché poi inizierebbe a dubitare di tutto e-
Afferra il cellulare, digita velocemente un messaggio e si lascia andare sul divano.
Se chiude gli occhi, riesce ancora a vedere Darren seduto accanto a lui, stretto a lui, contro di lui.
Cristo, piantala.
Neppure le minacce mentali che si rivolge da solo funzionano.

*

Da: Chris
Allora, questo appuntamento?

Darren si mette a ridere, e quando uno dei tecnici solleva lo sguardo dal tavolo del catering per rivolgergli un’occhiata curiosa, Darren scrolla semplicemente le spalle.

A: Chris
… non dovevo essere io a chiederti di uscire?

Da: Chris
Sì, ma dato che non ti muovi, ho pensato di prendere DI NUOVO l’iniziativa.

Darren afferra il piatto, prima di andare a sedersi accanto a Megan, una ragazza adorabile che interpreta la cameriera senza nome.

A: Chris
Ok. Allora… sei libero tra due giorni?

Da: Chris
Vedrò cosa posso fare.

A: Chris
Perfetto. Ti faccio sapere poi ora e luogo.

Da: Chris
Visto? Non era così difficile, sono orgoglioso di te. E adesso torna al lavoro. Perché mi stai rispondendo? Perché non stai lavorando, non dovresti lavorare?

Darren si mette a ridere e Megan si gira a guardarlo mentre addenta una patatina.
Quando mette via il telefono e decide di fare conversazione perché non può dimenticare le buone maniere solo perché oh, già, ha un appuntamento con Chris Colfer, si rende conto che non c’è modo che la sua mente non riprenda ad essere incredibilmente distratta nel pomeriggio.
“È la tua ragazza?” chiede Megan inclinando la testa, col risultato che una ciocca di capelli le ricade davanti ad un occhio.
Darren ci mette un momento a capire che si riferisce al telefono. “Uh, no. No, è un… amico.” Risponde, sforzandosi di far trapelare una risata dalle sue parole.
“Oh,” Megan sembra sorpresa. Abbassa un attimo lo sguardo, si sistema i capelli con le dita, prima di infilzare un’altra patatina e tornare a guardarlo, “niente ragazza, allora?”
E Darren scuote impercettibilmente la testa, perché sa cosa sta facendo questa ragazza e vorrebbe stare al gioco, ma allo stesso tempo dirle chiaro e tondo che no, tesoro, no, non farlo, ok?
La verità è che, a volte, è più facile. È più facile non rispondere, fare intuire e lasciar andare le cose.
La gente, tanto, piega sempre le parole a proprio piacimento.
“Tu cosa pensi?” risponde casualmente, mettendosi a mangiare e lanciando un’occhiata al telefono.
E flirtare con una ragazza non è male. È divertente e non nuoce a nessuno. Non si stanno promettendo amore eterno e probabilmente durerà giusto il tempo del pranzo – e Darren è comunque pronto a fermarla nel caso… beh, nel caso non si fermasse da sola -. Ma Darren si chiede cosa penserebbe Megan, se sapesse che mentre parla con lei sta pensando ad un’altra persona.
Si chiede cosa penserebbe se sapesse che l’altra persona è Chris e gli viene quasi da ridere.
Poi si chiede cosa penserebbero tutti, e la realtà è che sa che sarebbero subito pronti ad appiccicargli un’etichetta sulla fronte, a metterlo nella sua bella scatola colorata e a farlo passare come un bugiardo, quando la verità è che non sanno niente, niente di quello che c’è nella sua testa.
La verità è che le cose non sono solo bianche o nere e vaffanculo.
Darren deglutisce e guarda Megan e si chiede cosa sta facendo. Poi, scuote la testa, afferra il cellulare e mormora una scusa alla ragazza, prima di alzarsi dal tavolo ed uscire da lì.
Non si rende neppure conto di far partire la chiamata, fino a quando non sente la voce di Joey dall’altra parte del telefono.
“Hey, che c’è? Non dovresti lavorare?”
Darren sospira, si guarda attorno per accertarsi di essere da solo e appoggia la schiena alla parete.
“Hai cinque minuti? Devo solo… devo solo- ”
E sente Joey inspirare e sa che l’altro ha capito che non l’ha chiamato per chiedergli di ricordarsi di prendere il latte – anche se sì, in effetti deve ricordarsi di prenderlo.
“Che è successo?”
Darren chiude gli occhi e butta fuori tutte le parole che ha in testa e che non hanno senso e che lo stanno facendo arrabbiare e per cui non può farci nulla.
Darren ha sempre amato giocare sulla scala del grigio, cosa che, ha scoperto, non sempre le persone capiscono. Perché sei una cosa o l’altra e Darren vorrebbe dire che no, si possono essere così tante cose insieme che è stupido pensare che tutti debbano sottostare ad una qualche regola solo per il volere degli altri.
La cosa che ha sempre sempre odiato, è che qualcuno si sentisse in diritto di iscriverlo in una qualche categoria, senza lasciargli la possibilità di parlare.
E sa che accadrà di nuovo se mai… beh.
Darren appoggia la testa al muro dietro di sé e sente un tump riecheggiare nel corridoio.
“Darren, è ciò che le persone fanno, lo sai. E se questa cosa con Chris dovesse… dovesse funzionare… hey, ne vale la pena, no? Devi pensare a quello. Ne vale la pena?”
Quando riapre gli occhi, sospira e si rende conto di aver paura della risposta.
A volte è più facile vedere tutto in bianco e nero. È quella la verità.

NOTE:
In ritardassimo, ma finalmente il quarto capitolo è qui. Scusate, ma tra ritardi miei dovuti alla laurea (ho finitoooo, yeeeee XD) e al lavoro, e agli impegni della mia fidata beta, non ce l’ho fatta a fare prima /o\
Spero che l’attesa non sia stata inutile <3 E il prossimo capitolo, invece, è già scritto e finito, quindi non dovrete attendere così tanto :)
Inoltre! Non ho mai scritto, anche se Lusio mi ha beccato ;), che questa storia può essere intesa come un sequel di un’altra, Love is not a victory march. Non è necessario averla letta, e le cose che servono in questa storia le ritroverete scritte e spiegate, ma ecco, è tutto nello stesso verse, diciamo (che io chiamo il Love!verse XD). Mi ero dimenticata di dirlo all’inizio, ma Lusio mi ha prontamente ricordato <3
E per finire ringrazio tutti quelli che hanno commentato, messo tra le storie preferite/seguite/ricordate e che hanno letto e basta <3 Grazie a tutti :*
Se volete aggiungermi su FaceBook – dove potete sapere anche quando aggiorno/finisco di scrivere, oltre che a parlare con me, se vi va :) – questo è il mio account :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.



CAPITOLO 5
Darren si guarda allo specchio per un’ultima volta, prima di lisciarsi la cravatta e osservare il proprio riflesso restituirgli l’immagine di qualcuno che non ha idea di cosa stia facendo. È una sensazione che non gli è mai piaciuta, perché è sempre stato sicuro dei suoi obiettivi. Di cosa vuole.
Il punto è che Darren sa perfettamente cosa vuole. Lo sa lo sa lo sa. È un nome, una parola che gli scivola sulla lingua anche quando non dovrebbe, è una presa in giro da parte di Joey che non fa che ridacchiare come se fosse un adolescente, è il rumore del cellulare che squilla sapendo perfettamente chi c’è dall’altra parte. Darren sa di volere questo. Sa di volere Chris.
È quello il problema.

*

Chris sta sorseggiando una Coca, quando vede Darren avvicinarsi al tavolo, preceduto da una cameriera. Se fosse stata un’altra persona, avrebbe probabilmente optato per bere qualcosa di raffinato, qualcosa che non lo facesse assomigliare ad un ragazzino, ma quello è Darren. Darren che è stato appiccicato a lui per mesi, per anni, Darren che l’ha visto alle cinque del mattino, Darren che l’ha baciato troppe volte per ricordarle tutte, Darren che in realtà l’ha baciato una volta sola prima di rivederlo a New York, Darren con cui è già stato a letto insieme e-
Già.
(E quando hai già visto l’espressione che ha quando ha un orgasmo, ed è sotto di te che ansima mentre le sue mani sono strette alla tua vita, quando lui ha già visto te avere un orgasmo, pensi davvero che il fatto che tu stia bevendo una banale Coca Cola possa sorprenderlo?)
Chris non vuole impressionare Darren, perché non saprebbe neppure da dove iniziare. Chris vuole solo… vuole lui. Vuole lui come l’ha voluto troppi anni prima e non gli è mai stato possibile sfiorarlo veramente, solo un bacio e un nodo in gola nel sapere – nel sentire, nel vedere, nel percepire – che Darren l’ha ricambiato.
Chris non ha mai pensato che potesse succedere. Non ci ha mai mai mai creduto, non è tanto stupido. Innamorarsi di un ragazzo etero, di un ragazzo impegnato, è sempre stato fuori discussione, oltre che ad essere una grande, enorme, cazzata.
(Poi è accaduto, ma Chris non l’ha mai voluto. E ha passato un’estate di merda per quello.)
Chris abbassa lo sguardo e quando lo rialza, Darren è in piedi davanti a lui, un sorriso sulle labbra e pronto a sedersi e lui si chiede come hanno fatto a finire così, in un ristorante di Los Angeles, quando solo due settimane prima si sarebbe messo a ridere, se qualcuno avesse ipotizzato qualcosa del genere.
“Hey, scusami il ritardo, Joey non voleva saperne di uscire dal bagno. Considerando da quanto tempo esce con la sua ragazza, mi sarei aspettato che a quest’ora avesse raggiunto il livello di usciamo-con-dei-jeans, non pensi?” Darren si è seduto davanti a lui e Chris gli sorride.
“Beh, considerando da quanto tempo ci conosciamo noi due, mi sarei aspettato che a quest’ora avessi raggiunto il livello da non-usciamo-in-posti-lussuosi, e invece…” dice, muovendo una mano nella vaga direzione dell’ambiente attorno a loro.
“Ah ah, divertente, Colfer. Io penso ad un posto carino, e tu mi ripaghi così. La prossima volta ti offro la cena dal McDonald.”
Chris arriccia le labbra, afferrando il menù e sbirciando l’elenco dei primi. “… gli Happy Meal sono fuori dalla tua età, Darren. Dovresti saperlo.”
“Stronzo.”
Quando Chris solleva gli occhi dal menù, Darren lo sta guardando. I gomiti appoggiati sul tavolo e il mento sostenuto dalle mani intrecciate, il menù abbandonato vicino al tovagliolo, e Chris non ricorda più cosa stesse pensando prima di incrociare gli occhi di Darren.
Ah, già. Stronzo sarai tu. Sei un imbecille un idiota e uno stronzo.
Abbassa lo sguardo e torna a leggere, stirando le labbra in un sorriso. “Sai già cosa prendere?”
“Sono già venuto qui qualche volta, so già cosa voglio, sì.”
“Cos’è, porti qui tutte le tue conquiste?” chiede Chris in una risata, e nel momento in cui pronuncia quelle parole si rende conto che non avrebbe dovuto dirle.
Quando solleva lo sguardo dal menù, Darren lo sta ancora guardando, ma Chris non trova niente di quello che c’era prima.
“No, io… no, lo sai che-“ Darren scuote la testa e Chris si morsica il labbro, perché è un idiota, ecco cosa.
Certo che lo sa. Sa di Mia, ovvio che sa di Mia e sa che…
Cristo, che coglione.
Allunga una mano fino ad arrivare a sfiorare quella di Darren e gli sorride. Fanculo al giocare d’attacco. Per quanto Darren si sia comportato da stronzo nei suoi confronti, Chris lo capisce. Sa che cosa passa nella testa di Darren, perché sa cosa gli è successo.
L’ha visto.
E la verità è che probabilmente Chris non ha mai amato nessuno come Darren ha amato Mia. Non Jonah o Max. E quasi di sicuro, neppure Sebastian.
“Scusami,” mormora sfiorandogli il dorso della mano e quando Darren gira la propria per far combaciare il palmo con il suo, Chris gli sorride. “Non avrei… è stata una domanda stupida. È il primo appuntamento, parliamo di cose stupide, ok?”
Darren ricambia il sorriso, prima di sospirare. “Quindi dovrei chiederti qual è il tuo colore preferito?”
“Ok, non così tanto stupide, magari?”
E quando Chris lo sente ridere, si rende conto di quanto ci sia dentro, in quella storia. Di quanto non importi se Darren farà altre stronzate – o se le farà lui -, perché ogni volta che lo sente ridere… Ogni volta che lo sente ridere, ha voglia di ridere anche lui, e di non pensare a nulla.
(E di sporgersi e baciarlo e trascinarlo con la cravatta nella sua camera da letto. E non farlo uscire, Dio, non farlo uscire più, ok?)
Ogni volta che lo sente ridere ha voglia di intrecciare le dita con le sue e far restare lì la sua mano.
Darren inclina la testa, facendo finta di pensare, prima di schioccare le dita e puntargli l’indice addosso. “Trovato! Parlami di cosa stai facendo adesso, Colfer. Voglio sapere tutto!”
Chris mette da parte il menù, prima di sorridere e iniziare a raccontargli di quello che ha scritto quel pomeriggio.
La tentazione di allungare la mano verso di lui è talmente forte che per la maggior parte della serata si deve costringere a giocherellare con le posate, come un bambino. E Chris è grato a Darren per aver fatto finta di nulla, nel caso se ne sia accorto.

*

Chris analizza sempre tutto, in continuazione. Il non sapere lo spaventa, perché lo fa sentire in un angolo, come se fosse stato lasciato indietro. È ciò che gli è successo crescendo. È ciò che gli ha permesso di diventare ciò che è ora. Essere spinto costantemente al di fuori dal cerchio, al di fuori dal gruppo, non appartenere a nulla e tentarci in continuazione, sapendo di fallire. Alla fine, ha smesso di provarci. Alla fine ha fatto del suo essere fuori dal gruppo il suo punto di forza, solo così è sopravvissuto.
Il non essere come gli altri vorrebbero non lo spaventa più. Lo spaventa sentirsi impotente, però. Il non sapere cosa fare, come comportarsi, cosa pensare. Lo spaventa vedere gli altri muoversi e lui rimanere fermo.
Per questo deve sempre controllare ogni cosa, prima di prendere una decisione. Perché deve essere sicuro della direzione che sta prendendo. A volte il tempo che perde a riflettere gli sembra infinito. A volte, gli basta un attimo.
È ciò che è successo con Darren.
È ciò che è successo quando ha lasciato Jonah.
È ciò che è successo, di nuovo, con Darren.
Ed è ciò che sta succedendo in quel momento.
Chris sa cosa vuole. Sa anche che la lista dei contro è infinita, non è un ingenuo e non è un idiota. E forse la lista dei pro è breve, forse è troppo breve, forse non ne vale la pena, ma…
Chris sa cosa vuole.
E non ha dovuto neppure pensarci, per una volta. Non sul serio.
(Perché ci ha pensato sette anni prima e la sua attenta analisi non è cambiata neppure col tempo. Era fottuto all’epoca ed è fottuto adesso. Ne ha preso atto e ha agito di conseguenza. Adesso può agire, almeno. Adesso può almeno sbagliare, può avere una possibilità di ritrovarsi schiacciato. Un tempo non aveva neppure quello.)
Chris sorride e Darren, come sempre, risponde al suo sorriso, come se fosse automatico, come se non aspettasse altro.
“Ah, il fatidico momento della fine del primo appuntamento.”
A Chris sfugge una risata, mentre scuote la testa. “Non è il primo appuntamento.”
Darren lo guarda con aria seria, alzando un dito verso di lui. “Hey! Lo è! Non provare a sminuirlo!”
“Siamo già usciti milioni di volte, questa tua fissazione è ridicola, sul serio.”
Darren non diminuisce la serietà nel suo sguardo, anzi, aggrotta maggiormente le sopracciglia e Chris non può fare a meno di distogliere lo sguardo e mettersi a ridere. Darren è ridicolo.
(Ed è l’unica persona che è sempre riuscita a farlo ridere in quel modo. Chris non sa che potere abbia, non sa cosa gli succede quando è attorno a lui, forse impazzisce e basta. Forse è tutto lì il problema. È come una malattia.)
(Chris non vuole essere curato, però.)
“Ne abbiamo già parlato,” borbotta Darren, abbassando il dito, “ed è stato deciso che oggi era l’appuntamento ufficiale, quindi… non lo so, stai al gioco, ok? Ne ho bisogno.”
Chris smette di ridere e stira solo le labbra fino a formare un sorriso appena accennato. “Ok. Ok, quindi… cosa prevede il tuo manuale del perfetto gentiluomo? Dopo il primo appuntamento che succede?”
“L’ho detto. Forse… forse! Un bacio. Se l’appuntamento è andato bene. E poi ognuno a casa propria, in attesa della fatidica chiamata al telefono per vedere se ci sarà mai un secondo appuntamento. Una delle cose più snervanti, cazzo. Dovrebbero inventare un modo meno doloroso di torturare le persone, non pensi?”
Chris si avvicina a lui, inclinando la testa e studiando il viso di Darren sotto le luci dei lampioni. Sa che, in qualsiasi caso, non hanno molto tempo per potersene stare così, in strada, a parlare. Non è mai una cosa saggia. Solo che non riesce a staccarsi da quel momento, e vorrebbe solo-
“Vieni a casa mia.” Gli sfugge dalle labbra e si sarebbe morsicato la lingua, se non fosse per l’espressione che gli restituisce Darren, per cui ne è valsa la pena.
“Colfer! Quale parte di ‘al massimo un bacio e poi ognuno nel suo letto’ non ti è chiara?” sbuffa in una risata, e Chris decide di averne abbastanza. Quando sente le labbra di Darren socchiudersi contro le proprie, Chris chiude gli occhi e gli si stringe addosso, appoggiando le braccia sulle sue spalle e intrecciando le mani dietro al suo collo, inarcandosi contro di lui quando Darren inizia a fargli scorrere le mani sulla schiena, fino ad appoggiarsi sui suoi fianchi. E Chris mentirebbe se negasse di volere quelle mani più in basso, sul suo culo, sotto i pantaloni, sotto anche la camicia, sulla sua pelle, solo sulla sua pelle, ma rispetta Darren. E rispetta se stesso. E sa che Darren ha ragione, che per quanto frustrante e stupido hanno effettivamente bisogno di un po’ di calma. Solo un po’.
Quando Darren si separa da lui, e le loro labbra producono un rumore osceno che riempie il silenzio della strada, Chris non lo lascia andare. Rimane abbracciato a lui, appoggiando la fronte contro quella di Darren, e respirando contro la sua bocca.
“Ci sarà un secondo appuntamento, vero?” chiede in un sussurro e vede gli occhi di Darren stringersi fino a diventare due fessure, a causa del sorriso enorme che si è dipinto sul suo viso.
“Spero che ce ne siano anche di più,” ridacchia, facendogli un occhiolino.
E Chris vorrebbe chiedergli cosa succede dopo il secondo, e dopo il terzo e il quarto e il quinto appuntamento e quando potrà averlo nel suo letto, ok, ma non dice nulla. Lo bacia sulla guancia, per poi far scivolare le labbra contro l’angolo della sua bocca e rimanere lì per un istante, prima di separarsi da lui.
Darren sta di nuovo sorridendo. Ed è come una malattia e Chris ne è stato infettato e non può curarsi, non può e non vuole e Dio, ogni tanto è dura dar ascolto al cervello quando l’uccello gli grida un’altra cosa e il cuore va da un’altra parte.
“Allora, buonanotte?” chiede in una mezza domanda, separandosi da lui, mettendo un venti, trenta e poi quaranta centimetri tra di loro, per impedirsi di riafferrarlo. Ha ventotto anni, dovrebbe aver imparato a controllarsi.
(Ha ventotto anni fisicamente e più di settanta nella testa. E, a quanto pare, una quindicina tra le gambe.)
Darren annuisce. “Buonanotte, Chris. Grazie per… tutto. Grazie per tutto quanto.”
Darren non aspetta una risposta da parte sua, attraversa la strada per andare dalla sua macchina e Chris ne è quasi grato, perché se fosse rimasto lì avrebbe potuto…
Lo guarda salire in macchina e andare via, prima di aprire la portiera della propria e mettere in moto.
Chris passa i successivi sei minuti a tamburellare con le dita sul volante dell’auto, incapace di smettere di sorridere. Si sente un idiota, ma un idiota felice, almeno.

*

Chris non sa quanto sia sano ciò che si sta facendo. In realtà pensa che, vista da fuori, tutta la faccenda sia solo un gran casino. Una sorta di soap opera con finale a sorpresa, perché non ha idea di come andrà a finire. Potrebbe andare – in qualsiasi modo. Potrebbero avanzare da quello stato di stallo da cui sono da sette anni. Sette anni e si ritrovano ancora lì, solo con un passo in più, e non si sa neppure in quale direzione sia stato fatto – oppure potrebbe andare tutto a puttane, come è successo con Jonah e Chris non vuole non vuole non vuole, non può permettersi di perdere Darren, non può farlo.
Jonah.
Chris non si sente veramente in colpa.
(Si rifiuta di sentirsi in colpa. Sa di aver sbagliato, sa che non dovrebbe ragionare in questo modo, sa che la ragione non è sempre e solo da una parte, ma vaffanculo, ok? È lui che ha avuto il cuore a pezzi. Jonah ha avuto solo qualcun altro da scopare. Vaffanculo se ha sbagliato ad andare a letto con Darren. Vaffanculo.)
Chris non si sente in colpa, ma l’idea che solo qualche giorno prima era con lui e adesso non lo è più, ma sta già tentando di stare con un altro… lo confonde.
Quando chiude la porta di casa dietro alle spalle e lancia le chiavi sul mobiletto, Littlefeet è lì per terra, a guardarlo, pronta per seguirlo in camera da letto.
Chris si china ad accarezzarla dietro le orecchie, sorridendo nel sentirla fare le fusa, prima di iniziare a sfilare i bottoni della camicia e ad andare verso le scale.
Quando passa davanti alla piccola nicchia nel muro che contiene tutti i premi che ha ricevuto negli anni, sorride. Osserva quella statuetta enorme e si immagina Darren premuto dietro di lui, con le braccia attorno alla sua vita e la bocca contro il suo collo, e le parole “Mr. Emmy” che vengono marchiate sulla sua pelle dalle labbra di Darren.
È solo quando Littlefeet si struscia contro la sua gamba che riprende a camminare e a salire le scale. Sul collo sente ancora il respiro dell’altro vorrebbe che non fosse solo una fantasia.

*

“Cosa stai facendo?”
Darren solleva lo sguardo e guarda Joey appena rientrato dal suo appuntamento. La porta è ancora aperta dietro di lui e la sua voce ha una strana nota di panico al suo interno che, se Darren non fosse più che conscio del perché, troverebbe divertente.
“Nulla.”
Joey scuote la testa, senza smettere di guardarlo. Chiude la porta con il tallone e si avvicina a lui, fissandolo con gli occhi spalancati e camminando piano, quasi di soppiatto, come se si stesse avvicinando ad una tigre in gabbia.
“Joey, sto bene. Vuoi smetterla di guardarmi come se fossi diventato verde? … non sono diventato verde, vero? Perché questo sarebbe interessante e capirei completamente la tua espressione, ma in caso contrario non-“
“Non sei verde. Tranquillo.”
Darren annuisce, prima di sorridergli. E forse quello è abbastanza per convincere Joey, perché Darren lo vede rilassarsi e avvicinarsi a lui, prima di sedersi sul divano.
“Ok, scusa se sono andato nel panico, ma capisci che… che non è normale, no? Ti lascio che esci con Colfer e ti ritrovo a casa prima di me, il che vuol dire che non hai scopato, o almeno voglio sperarci perché altrimenti sarebbe stata, tipo, la scopata più veloce del mondo e so che puoi fare di meglio, ho sentito con le mie orecchie di coinquilino. Comunque! Ti lascio che esci con Colfer e ti ritrovo seduto sul divano… con la scatola e…”
Darren abbassa lo sguardo.
La scatola.
Ha sempre pensato sia un nome un po’ troppo semplice per qualcosa che contiene parte della sua vita. Anni della sua vita. Le cose di Mia. Foto, principalmente. E bracciali e anelli e collane e tutto quello che ha creato con le sue mani e gli ha regalato. Tutto quello che lui ha indossato. Biglietti.
Non l’ha mai buttata. “Non posso buttare via le sue cose, non capisci? Non posso buttare via Mia!” aveva detto.
“Darren, non butti via Mia, butti via tutta la sua roba. Ti fa male.”
Non ha mai ascoltato nessuno e la scatola è rimasta chiusa per mesi e mesi in uno degli armadi che non usa mai.
Fino ad ora.
“ Non fa male.” Dice, guardando Joey e sorridendo. “Rivedere tutto, intendo. Non fa più male. O così male. Un po’ forse sì. Comunque sto bene. È strano. Ho evitato questa scatola come la peste, come se potesse esplodermi tra le mani se solo l’avessi sfiorata e… adesso sono tornato, l’ho presa e non è successo niente. Sono ancora qui.”
“Sei ancora qui.” Annuisce Joey e Darren sa cosa intende. Sa che il motivo per cui Joey è andato nel panico quando ha visto quella scatola aperta è perché si è ricordato dello stato in cui ha trascorso troppo troppo tempo prima di riprendersi.
La terra di Mia. Un posto in cui tutto andava ancora bene tra di loro. Un posto nella sua testa.
Darren ha paura di tornarci, in quel posto. Non è mai stata depressione. Non era depresso, era illuso. Ha vissuto per settimane lavorando e uscendo e vivendo, con l’idea che un giorno le cose si sarebbero sistemate di nuovo tra di loro.
Ne è uscito quando ha iniziato a buttare fuori tutto, quando ha iniziato a scrivere.
Darren non vuole più rivedere quel posto. Gli fa paura.
Ma a quanto pare è ancora lì.
“Non è solo per Chris, sai? Non è che è arrivato lui e bam, adesso va tutto bene e posso guardare queste foto come se nulla fosse. Penso che avrei potuto guardarle da tempo, ma non ci ho mai provato…”
Joey annuisce. “Non volevi andartene di nuovo.”
Darren non risponde, ma torna a far passare le foto che ha in mano. Una dopo l’altra le guarda, pezzi di una storia che ha segnato i momenti più belli e più brutti della sua vita. In ogni caso, è ancora lì. Non si è più perso e ha creato Hidden Tales e va bene così. Ha fatto male. Ha fatto male quando si sono lasciati e ha fatto male quando si è reso veramente conto della cosa.
Cinque anni e mezzo di vita racchiusi in tredici brani, prima di girare pagina.
Darren rimette tutto nella scatola, prima di chiuderla definitivamente.
“Penso che un giorno la butterò.”
“Non adesso, però.”
“No. Non adesso.”
Sfiora il coperchio con la punta delle dita e sorride. Sono due anni che non tocca quella scatola e adesso l’ha riaperta e non è successo nulla.
Soprattutto, l’ha richiusa.


NOTE: Ed ecco qui il quinto capitolo <3
Come sempre devo ringraziare Liz che l’ha betata (:P anche se mi sfotte *le tira delle ciabatte*) <3 E ringrazio tutti quelli che la stanno leggendo, commentando, mettendo tra le preferite/ricordate/seguite/eccetera. Grazie a tutti, sul serio <3
E in questo capitolo abbiamo finalmente avuto il “primo” appuntamento, come piace chiamarlo a Darren X’D Nonché qualcosa in più sul suo passato. Prossimamente sarà di nuovo la volta di Chris… anche perché ci stiamo avvicinando all’effettivo motivo per cui ho iniziato a scrivere questa storia, quindi… vediamo come andrà :)
Al prossimo capitolo :*

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Betalisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.

CAPITOLO 6

Da: Chris
Sei libero sabato notte?

A: Chris
Ciao anche a te Chris, è un piacere sentirti, come stai? Io tutto bene, grazie per avermelo chiesto :D

Da: Chris
… la prossima volta farò in modo di porgerti i miei più sentiti e sinceri saluti prima di iniziare a parlarti andando al sodo e chiedendoti: sei libero questo sabato?

A: Chris
Certo che a volte sei proprio stronzo, lo sai? (No, comunque. Riprese extra, non so quando finiremo)

Da: Chris
Domenica?

Da: Chris
… eri ironico quando mi hai dato dello stronzo, vero? Non pensi che lo sia sul serio con te, giusto? Perché non voglio esserlo, ero solo… Dio, lo sai che ti odio, ogni tanto?

A: Chris
Ero ironico, Chris, respira. Domenica è ok. E perché adesso mi odieresti?

Da: Chris
Perché mi innervosisci. E tieniti libero per domenica notte!

A: Chris
Anche tu. Se non si fosse notato. (Secondo appuntamento? :D DI NOTTE? Devo preoccuparmi?)

Da: Chris
Dovremmo parlarne. Del perché siamo così nervosi. Non lo so neppure io, magari in due ci capiamo. (Secondo appuntamento :P Di notte. E non ho intenzione di saltarti addosso.)

Da: Chris
Forse.

A: Chris
Dovremmo, sì :) (:DDDDDDD)

Da: Chris
Hai cinque anni. Cinque.

A: Chris
Bugie. I pensieri che fai su di me non li faresti con uno di cinque anni ;)

Da: Chris
Chi è lo stronzo, adesso?

*

È difficile staccare la mente quel tanto che basta, staccare le dita dal telefono, staccare ogni singolo pensiero che torna a lui, come se Chris avesse quindici anni (e non li ha. Solo tra le gambe, ma non nella testa. Il punto è che non li ha mai avuti. Forse è quello il problema, si sta rifacendo del tempo passato) e non dovesse preoccuparsi di lavorare.
(Perché è a Los Angeles anche per quello. Ufficialmente solo per quello. Ufficiosamente… doveva riprendersi qualcosa che non gli è mai stato dato. E adesso se lo sta prendendo e vaffanculo, non permetterà a nessuno di strapparglielo di nuovo quando ormai è nelle sue mani.)
Chris allontana il telefono e riprende il portatile, guadagnandosi un’occhiata indignata da Littlefeet. Quando allunga una mano per accarezzare il pelo nero appena sotto le orecchie, viene ricompensato dalle fusa e da uno sguardo non così pieno di disapprovazione.
“Ok, mi metto a scrivere e la pianto di flirtare, va bene? Sei peggio di Ashley, lo sai?”
Littlefeet si limita a lanciargli un’ultima occhiata, prima di rimettersi a dormire accucciata accanto a lui.

*

Chris sa che dovrebbe lavorare. Lo sta facendo, in realtà. Solo non abbastanza velocemente. Lui. Lui che è sempre riuscito a staccare dal mondo e ad entrare in uno solo di sua proprietà, di cui nessuno conosceva la parola d’ordine per entrarvi realmente.
(Darren , però, è sempre stato un caso a parte. Una parentesi, prima. Una linea retta, poi. Infinita continua perenne.)
Chris scuote la testa e rilegge le ultime battute presenti sullo schermo e le cancella con fare stizzito. Non sono interessanti, non sono utili, e lui deve piantarla di pensare ad altro che non sia quella maledetta sceneggiatura. Deve lavorare. È lì per quello.
Solo che non fa che ricordarsi che è sabato e il giorno dopo vedrà, finalmente, Darren.
Finalmente. Dio, ci manca un sospiro, una mano sul cuore e poi la commedia adolescenziale è a posto. Che pena.
(Ma non riesce veramente a dispiacersi di sentirsi in quel modo. Non quando si è sentito così in basso solo qualche settimana prima, non quando si sente felice. E forse sì, forse si sente un po’ troppo idiota per i suoi gusti – lui che, idiota, non è riuscito ad esserlo neppure quando adolescente lo era sul serio. Lui che cercava sempre di essere un po’ più grande, solo per poter essere ascoltato -, ma si sente bene. Deve pur contare qualcosa, no?)
Chris sospira, chiude gli occhi, e si ripete che domani potrà distrarsi – e flash di Darren addosso a lui, immagini delle sue mani al di sotto della sua camiciamagliettafelpaqualsiasicosa, della sua bocca tra le gambe dell’altro, gli compaiono nella mente -.
Stronzo.
Quando riapre gli occhi, Catharina è ancora in attesa della sua battuta. E se Chris non si dà una mossa, lo rimarrà per tanto.
Si morde il labbro inferiore, mentre inizia a digitare velocemente sulla tastiera. Catharina, guardandosi in giro alla ricerca di movimenti sospetti: “è il tempo, di cui stiamo parlando. Pensi veramente che qualcuno ci lascerà andare senza tentare di fare qualcosa? Senza tentare di impossessarsene? È sempre stato così. Anche da prima del Giorno dell’Impressione. Usavano solo altri mezzi…”

*

“Dimmi che non sto facendo una stronzata.” Chris sprofonda ancora di più tra i cuscini del divano, mentre osserva Littlefeet aggirarsi tra le sue gambe alla ricerca di attenzioni.
“… non avresti dovuto chiedermelo prima? Mi pare un po’ tardi, no?”
“… quindi sto facendo una stronzata. Bene. Ottimo.”
Ashley, dall’altra parte della cornetta del telefono, sbuffa. “Dio, a volte vorrei vivere con te solo per tirarti una sberla quando te la meriti. No, Chris, non stai facendo una stronzata. Tra l’altro, chiunque avesse la possibilità di mettere le mani su quel culo e se la lasciasse sfuggire… beh, quella sarebbe una stronzata.”
Chris si sdraia, scoppiando a ridere e permettendo alla sua permalosissima gatta di saltargli addosso e accucciarsi addosso al suo petto. “Ok, me lo ricorderò stasera…”
“Ma sentilo! Quindi hai in mente anche un dopo appuntamento, eh…”
Perché, esiste un modo per non pensarci? Se esiste, Chris non l’ha ancora trovato. Si è ormai rassegnato a convivere con quella sensazione che gli parte dallo stomaco fino ad arrivare al basso ventre. E si ritiene fortunato dall’avere effettivamente ventotto anni e la capacità di controllarsi abbastanza da non far proseguire quella sensazione fino al suo uccello. Piccole soddisfazioni.
“… considerando che sembra la vergine di ferro…” borbotta, accarezzando Littlefeet dietro le orecchie.
Ashley emette un sospiro un po’ troppo teatrale per essere veritiero. “E dire che un tempo eri così carino ed ingenuo…”
“Hey, da quando non sono più carino?”
“Da quando pensi a come entrare nei pantaloni dei ragazzi, suppongo. Quindi da molto molto tempo, tesoro.” Risponde lei, dolcemente, come se stesse parlando con un bambino.
“Come se la mia preoccupazione principale con Darren fosse come entrare nei suoi pantaloni…”
A discapito di tutto, non la è.
Ci sono altre domande nella sua testa. Cosa stanno facendo. Perché – e questa la scaccia sempre via velocemente, impaurito da ciò che potrebbe trovare. Da ciò che già sa e non ammette perché… perché lo terrorizza. Cosa sono. Cosa potrebbero essere. Cosa vuole da tutto questo.
Cosa vuole Darren.
“Chris, te l’ho già detto. Respira, non è una stronzata, divertiti, saltagli addosso, cerca di portartelo a letto e se non funziona, domani è un altro giorno e ci riuscirai.”
“Ash, ho appena detto che non-“
“-che non è la tua preoccupazione principale, lo so, chi se ne frega. Chi siamo noi per lamentarcene, nel caso?” lo interrompe lei, concludendo con una risata.
Chris scuote la testa, sorridendo.
Chiude gli occhi, mentre Littlefeet rompe il silenzio con le sue fusa.
Il punto non è portarselo a letto, il punto è il dopo. Stanno facendo tutto quello, e nessuno dei due ha mai osato addentrarsi in quella conversazione e-
Che razza di conversazione potrebbe servire? Lo sai perché lo stai facendo. Sei stupido, ma non così tanto. E Darren… è Darren, Dio santo, perché credi lo stia facendo? Perché vuole provare nuove esperienze e aveva finito gli amici gay?
Riapre gli occhi e li fissa in quelli penetranti di Littlefeet. Il punto è esattamente quello. Che è troppo e forse non abbastanza, ma non potrebbe essere in nessun altro modo e a Chris va bene così, confusione e ansia incluse.
“Allora, spiegami un po’ quel messaggio riguardante un certo tipo di San Diego?” dice alla fine, appoggiando la testa sul bracciolo del divano e osservando il bianco del soffitto come se racchiudesse tutte le risposte.
E, beh, quella è una stronzata. È un muro bianco, che risposte potrebbe mai avere?

*

“Non ho mai avuto un appuntamento alle” Darren si ferma per un momento, controllando l’orario nel display dell’auto di Chris, “tre e mezza di notte. Decisamente avventuroso, Colfer.”
Chris scuote la testa, mentre guida per le strade quasi deserte di Malibu. “Qualcuno deve pur esserlo.”
Darren scoppia a ridere, guardando fuori dal finestrino la strada e le luci e i negozi chiusi e il buio sopra di loro. “È una frecciatina?”
“Oh, scusami, non voleva essere una frecciatina! Voleva proprio essere una dichiarazione diretta nei tuoi confronti, devo essermi espresso male.”
Darren non gli risponde, ma continua a sorridere. Non ha idea di cosa aspettarsi da quella sera. Del resto, non ha neppure idea di cosa aspettarsi da Chris.
Qualche ora prima, la risposta di suo fratello era stata Sposatelo. Darren l’aveva mandato a quel paese, prima di ricevere un altrettanto laconico O scopatelo. A quel punto Darren aveva deciso di chiudere la conversazione perché evidentemente era imparentato con un idiota, ma Chuck gli aveva mandato un ultimo messaggio.
Che ne dici di non aspettarti nulla e di fare quello che entrambi volete? Calmati, divertiti e fammi sapere se devo prepararmi per una delle due opzioni precedenti.
“Ci siamo quasi,” dice Chris, riportando l’attenzione su di sé. Come se Darren potesse dimenticarsi di essere lì con lui.
Darren guarda fuori dal finestrino, alla ricerca… beh, di qualcosa, probabilmente. “Dovrebbe esserci qualche posto interessante, da queste parti? Sono sicuro di esserci passato abbastanza volte da-“
“Il posto interessante c’è,” lo interrompe Chris. “Solo che non lo sai.”
“Ah beh, ha tutto senso, allora.” Ridacchia Darren, osservando Chris alzare gli occhi al cielo.
“Stai pensando a come uccidermi, vero? Te lo si legge in faccia.” Prosegue Darren, sbuffando l’ennesima risata e rilassandosi contro lo schienale del sedile.
“No, sto pensando a come farti stare zitto.”
Hey, io avrei un’idea pensa Darren, ma è così banale e stupida e Dio, dove sono, in un film per adolescenti?, che resta zitto, mordendosi il labbro inferiore e continuando ad osservare Chris.
“So a cosa stai pensando. Ti ringrazio per aver deciso di tacere, invece che di deliziarci con la tua ennesima pessima battuta.” Mormora Chris, prima di svoltare a sinistra e proseguire in direzione dell’oceano.
“Non c’è di che.” Risponde Darren in un sorriso, guardando alla propria sinistra l’oscurità del mare al di là del profilo di Chris.
È solo dopo qualche minuto che Chris svolta nuovamente a sinistra, appena dopo il grosso parcheggio illuminato dai lampioni che porta a Zuma Beach, e Darren capisce che sono arrivati. In qualsiasi posto Chris l’abbia portato.
“Ok, ci siamo. Scendi!” esclama Chris, sganciando la cintura di sicurezza e aprendo la portiera dell’auto.
Quando Darren esce dalla macchina si trova davanti esattamente ciò che si aspettava. L’oceano davanti a sé e il nulla attorno. I lampioni della strada e del parcheggio sono abbastanza lontani per non poter illuminare perfettamente la loro zona, ma abbastanza vicini da non lasciarli completamente nell’oscurità. L’odore dell’oceano e il rumore delle onde è ciò che lo colpisce di più. L’ha sempre amato, ma ultimamente non ha avuto veramente tempo per goderselo.
(Non ha avuto tempo per godersi un mucchio di cose. Forse è questo che fa Chris. Ricordargli che non è tutto lavoro, che può prendere una pausa, che può lasciarsi andare e il mondo non finirà. Che può non pensare a nulla e solo allungare una mano e prendersi ciò che vuole.)
(Vuole Chris.)
Prenditelo, allora.
Quando si volta verso Chris, lo trova seduto sul cofano della macchina, la schiena appoggiata al parabrezza e gli occhi puntati verso il cielo. Chissà se si vedono le stelle.
Darren si avvicina e Chris gli allunga una mano per aiutarlo a salire e forse è tutto lì, forse deve solo prendere quella mano e tenerla stretta. E Darren fa esattamente quello.
Non lascia andare le dita di Chris neppure quando è sdraiato accanto a lui, gli occhi alla ricerca di impossibili costellazioni.
“Facevo schifo in astronomia,” mormora, guardandosi attorno alla ricerca di qualche stella conosciuta.
Non ne trova.
“Anch’io,” ammette Chris scuotendo le spalle.
Darren sospira, osservando i puntini luminosi che per lui significano poco o niente creare strane figure nel cielo. “Guarda,” dice, alzando l’indice sinistro verso l’alto, “quella è chiaramente la costellazione della pecora che mangia la banana!”
Per un attimo Chris non dice nulla, ma quando Darren gira la testa per guardarlo in viso, si accorge che ha gli occhi chiusi, le labbra stirate in un sorriso e sta tremando leggermente per cercare di contenere le risate. “Sto uscendo con un cretino. Giusto io potevo prenderlo. Giusto io,” sbotta alla fine, tra una risata e l’altra. E Darren non può non sorridergli e dargli un colpetto alla spalla. Non può non avvicinarsi a lui, fino ad essergli quasi addosso. E Chris non si scosta, ma rimane lì, e lo guarda in un modo che gli mette i brividi perché Darren sa, lo sa cosa vuol dire quello.
Prenditelo, allora.
Pensa di essersi sporto prima lui, ma la realtà è che potrebbe essere stato anche Chris. Chris che sembra sempre non aver paura di nulla e si butta e si fa male e si rialza e sembra indistruttibile. Darren vorrebbe imparare un sacco di cose da lui, l’ha sempre voluto, anche anni prima. Si è sempre sentito così piccolo, in confronto, illuminato solo dalla luce riflessa da Chris, illuminato solo per quello.
Darren lascia andare la sua mano solo per poterlo tirare verso di sé e lo sente sospirare contro le sue labbra. Anche ad occhi chiusi potrebbe riconoscerlo tra mille. Il suo profumo e il modo in cui Chris inclina la testa e si prende ciò che vuole, si prende tutto senza chiedere, perché sa che basta che Darren dica di no per fermarsi.
Ma Darren non lo farà.
È Chris ad allontanarsi da lui, quel tanto che basta per poter parlare. E quando Darren riapre gli occhi se lo ritrova lì, il suo respiro contro le labbra e lo sguardo puntato nel suo. “Vieni a casa mia,” mormora piano, quasi avesse paura di spaventarlo o di farlo fuggire.
Darren sorride, “siamo appena arrivati.”
Ma non sembra abbastanza per convincere Chris. Gli accarezza una tempia, intrecciando le dita con i suoi capelli, tirando piano uno dei ricci appena sopra l’orecchio. “Non è una risposta valida. O sì o no.”
Darren chiude gli occhi per un attimo, mentre si gode il rumore dell’oceano e la mano di Chris tra i capelli e il profumo del mare e il corpo di Chris ancora premuto addosso.
Prenditelo, allora.
Riapre gli occhi. “Andiamo.”
Il modo in cui gli sorride Chris prima di scivolare giù dal cofano dell’auto gli provoca qualcosa nello stomaco che da troppo tempo non provava.
Però, per la prima volta, non ne ha veramente paura.

*

Quindi giochiamo ancora a girarci intorno, vedo. Chris vorrebbe dirlo, ma non ne ha il coraggio. Guarda Darren da sotto le ciglia, Darren seduto accanto a lui che accarezza Littlefeet come se non avesse fatto altro, guarda la gatta fare le fusa e pensa che tutto sommato gli andrebbe bene anche così. Che adesso vorrebbe solo portarselo a letto, ok, non lo può negare, ma quello, Darren sul divano che gioca con Littlefeet, quello è ciò che vuole veramente. Qualcosa di vero e che possa durare oltre l’orgasmo di una notte.
Lo vuole da Darren. Lo spaventa pensarlo, lo spaventa sapere che si è reso ridicolo in passato, che si sta rendendo ridicolo ancora, forse, ma lo vuole.
Ma sei disposto a darmi quello che voglio, Darren?
“La tua gatta mi ama,” dice Darren, ridacchiando quando Littlefeet cerca di acciuffargli un dito.
Non è l’unica. È ciò che pensa Chris, prima di accorgersi di che razza di pensieri sta formulando.
Prima di allungare una mano verso il viso di Darren, girarlo verso di lui e zittirlo e baciarlo e mettendo in chiaro cosa vuole.
Ti prego ti prego ti prego. Sei disposto a volere me? Almeno un po’?
Darren appoggia distrattamente Littlefeet per terra. E l’ultima cosa di cui si accorge Chris prima di chiudere gli occhi, è che il respiro che Darren imprime contro le sue labbra sembra tanto aver il sapore di un sì.

*

È Chris che l’ha trascinato in camera, e Darren ipotizza sia stata una buona idea.
(Si ricorda dell’ultima volta che è successo. Si ricorda di come Chris l’abbia allontanato e di come lui non ci abbia pensato due volte a fuggire via, lasciandolo indietro, ancora una volta. Non può andare di nuovo così. Non può non può non può.)
Della prima volta, Darren ricorda poco, solo la frenesia di volere Chris addosso e di non pensare alle conseguenze, perché il sangue sembrava essere sparito dal suo cervello per concentrarsi tutto nel suo uccello.
Non è tanto diverso da adesso, ma almeno sa cosa sta facendo. Sa che non se ne andrà la mattina dopo. Sa che lo vuole, che vuole Chris – prenditelo, allora -, e lo vuole in quel momento.
Sa che stanno correndo troppo, ma a differenza della prima volta, non se ne pentirà.
Quando Chris gli sfila anche i boxer e rimane a fissarlo dall’alto, seduto sulle sue cosce e con le mani appoggiate contro il suo stomaco, Darren si sente in trappola. E sono gli occhi di Chris che lo imprigionano al letto, sono i suoi occhi che lo fanno rimanere fermo, in attesa della sua prossima mossa.
Darren vorrebbe allungare una mano per finire di spogliare Chris, per strattonargli i pantaloni e poi tirarselo addosso, ma prima che possa fare qualsiasi cosa, l’altro è già scivolato verso il fondo del letto e Darren non è nato ieri, lo sa cosa sta pensando guardando volendo Chris.
Solo che quando Chris si piega verso di lui e fa scivolare il suo uccello tra le labbra, Darren dimentica anche il proprio nome.
“Chris-“ mormora, allungando una mano fino a sfiorargli la spalla. E Chris alza gli occhi verso di lui, e non c’è niente di ciò che Darren si sarebbe aspettato.
(I suoi occhi. i suoi occhi lo incatenano al letto, perché nei suoi occhi c’è tutto. Non c’è il sesso, c’è quello che non si sono mai detti. C’è quello che Chris tiene dentro di sé da anni e che Darren conosce da sempre.)
Darren non distoglie lo sguardo da quello di Chris. Lo guarda, vede il suo viso tra le sue gambe, vede le guance arrossate e i capelli in disordine, si perde nel seguire la linea delle sue labbra che circondano il suo uccello, lasciando dietro di loro il luccichio umido della saliva. E gli occhi di Chris, puntati nei suoi, senza un briciolo di malizia, o di compiacimento. A Chris non interessa la soddisfazione di riuscire a ridurlo così.
Chris vuole altro, vuole di più, vuole averlo nel suo letto, vuole avere il suo uccello tra le sue labbra e vuole avere lui nella sua vita.
Darren guarda Chris negli occhi e l’unica cosa che vi legge è la richiesta di non allontanarlo, non di nuovo.
Chris fa scivolare la lingua sulla punta della sua erezione, prima di leccarne i lati, aiutandosi con una mano per accarezzarlo farlo impazzire portarlo all’orgasmo.
Darren lo osserva mentre chiude gli occhi e si concentra sul suo uccello, prima di far scivolare la lingua fino alla base e rimanere lì, con il viso premuto contro la sua pelle, respirando ed accarezzandolo con la mano.
“Chris,” dice di nuovo, questa volta con un fio di voce in più, quel tanto che basta, per richiamare l’attenzione dell’altro su di sé. “Vieni qui,” mormora strattonandogli il braccio.
Chris lo guarda per un istante, prima di girarsi verso il suo uccello e succhiarne la punta un’ultima volta, prima di strisciare verso di lui e baciarlo e Darren è abbastanza sicuro che Chris vuole ucciderlo, perché il modo in cui lo sta baciando, il modo in cui fa scorrere le sue mani tra i suoi capelli o fa scivolare la lingua tra le sue labbra non possono lasciare alcun dubbio.
Darren lo stringe a sé, facendo scorrere le mani sulla sua schiena e le sue spalle e poi di nuovo sulla sua schiena e più in basso, fino ad arrivare al bordo dei pantaloni e riuscendo comunque ad andare oltre con la punta delle dita, fino a sfiorarlo al di sotto dei boxer. E Chris si inarca contro di lui, e Darren si sorprende di nuovo di come sia maschile Chris, il suo uccello perfettamente riconoscibile contro il proprio, e il suo petto e le sue spalle e tutto il suo corpo.
Se ne frega.
Quando chiude gli occhi, l’unica cosa a cui pensa è che non ha nessuna intenzione di lasciarlo andare. Che è diverso, è una sensazione diversa, e anche le sue labbra sono diverse, non solo quando lo bacia, ma anche quando prende la sua erezione in bocca. Bacia come un uomo, Chris, e fa pompini come un uomo.
Non ha intenzione di lasciarlo andare.
Chris si separa da lui e Darren si ritrova ad affondare il viso nell’incavo del suo collo, cercando di baciarlo lì, sulla sua cicatrice, prima di scivolare contro la linea della mascella e la guancia e la tempia e la fronte e il naso e di nuovo le labbra.
“Darren,” sussurra Chris contro la sua bocca, “vorrei davvero togliermi i pantaloni, ma se non mi lasci andare…”
Darren si mette a ridere e lo guarda negli occhi e Dio, Chris lo ucciderà, Chris lo ucciderà e sarà bastato solo il suo sguardo.
“Penso sia una buona idea,” risponde, mettendosi a sedere e permettendo a Chris di sfilarsi velocemente pantaloni e boxer e-
Già.
È un ragazzo, è un uomo, ormai, e non è che non abbia mai visto un uomo nudo, ma…
(Non ha comunque mai toccato un uomo tra le gambe. È abituato al calore umido di una ragazza, non alla durezza di un ragazzo.)
Chris sembra incerto per un momento e Darren si chiede se ha letto sul suo viso ciò che stava pensando. E spera di no.
Non c’è abituato, ma non è qualcosa di negativo. Chris non potrebbe mai essere qualcosa di negativo. È solo diverso, deve solo… deve solo capire come fare per far star bene Chris, perché sono in due, lì, e non ha intenzione di prendere prendere prendere e basta, perché nel sesso non può mai essere così.
(Quando poi non è neppure sesso, quando guardi negli occhi l’altro e ti ritrovi a pensare che non riuscirai ad allontanarti da lui, che non riuscirai a staccartene, allora non puoi essere egoista. Non puoi.)
Darren si sporge verso di lui e lo tira verso di sé e Chris si rilassa contro le sue labbra, intrecciando le braccia dietro al suo collo ed è qualcosa di così dolce, di così sensuale rispetto alla forza sessuale con cui si sono mossi prima, che Darren non può fare a meno di abbracciarlo, e sentire per la prima volta la pelle nuda della sua erezione contro la propria.
Chris si separa dalla sua bocca, prima di sorridere e accomodarsi meglio addosso a lui, spingendolo sul petto fino a fargli appoggiare la schiena contro lo schienale del letto e facendo scivolare le sue gambe ai suoi fianchi.
E un attimo dopo Chris gli è di nuovo addosso, solo che il modo in cui sta muovendo il suo bacino lo sta facendo impazzire e il modo in cui lo sta toccando, il modo in cui si sporge verso di lui, arrivando quasi a sedersi sul suo stomaco, il modo in cui fa scivolare la sua erezione tra le sue natiche una due tre volte e Darren smette di pensare, perché Chris lo sta uccidendo e va bene così.
E forse sarebbe meglio usare qualcosa, qualsiasi cosa, perché il suo uccello non fa che sfregare contro Chris, ma non abbastanza da essere privo di fastidio, ma non gli importa, non gli importa nulla.
L’ultima cosa a cui riesce a pensare, prima di chiudere definitivamente la sua mente, è di far scivolare una mano tra i loro corpi e toccare l’erezione di Chris.
Ed è strano è diverso è tutto diverso. Ma va bene così.

*

Chris si ricorda la prima volta che ha avuto Darren addosso a sé. Anni prima. In quel periodo posto a metà strada tra il non-posso-starti-lontano e il ti-prego-lasciami-spazio. Dopo l'estate, quell'estate, dopo averlo evitato pensato mandato al diavolo baciato. Soprattutto baciato. Dopo aver sbagliato sbagliato sbagliato ed essersi ritrovato incastrato in un gioco a due in cui nessuno avrebbe potuto vincere. Dopo aver chiarito, dopo essersi sentito dire "Non posso, Chris, non posso. Capisci perché?"
"Perché sei innamorato di Mia."
"E potrei innamorarmi di te."
Dopo aver ripreso a lavorare con lui, sempre vicino, sempre accanto, senza via di scampo. E comunque non avrebbe voluto allontanarlo perché lo voleva vicino - così vicino da volerlo addosso - e lontano - abbastanza lontano da non fare più male -.
In quel periodo aveva iniziato a frequentare Max. Max che era dolce, Max che abitava a New York, Max che era un segreto, e per lui, per Chris, che si ostinava a rivelare troppo di sé al mondo, avere così tante cose nascoste dentro ad un cassetto chiuso attentamente a chiave, non era facile.
E in quel periodo, in quel periodo in cui usciva con Max, ma non letteralmente, perché, in realtà, non uscivano mai, Chris si era ritrovato Darren premuto addosso esattamente quando Kurt si era ritrovato Blaine. E non era quello il problema, non era il problema di girare una scena, perché non era lui, non erano loro, e Blaine guardava Kurt in un modo totalmente diverso da come Darren guardava lui. Non erano loro.
Il problema non è mai stato girare. Il problema arrivava a metà. Prima e dopo e a metà strada. Quando erano loro, quando erano Chris e Darren e ancora su quel letto, circondati da cameraman che vedevano solo la ripresa migliore, ma mai altro.
Chris vedeva l'altro.
Chris vedeva - sentiva - che tra le gambe di Darren il suo uccello non era poi così disinteressato - e si rifiutava di guardare tra le sue, di gambe. E non era colpa di Darren, non è come se avesse voluto che il suo corpo reagisse in quel modo. Succedeva, ok? Succedeva e Darren non gli dava peso, perché non voleva dire nulla, ma Chris non riusciva a non guardare la stoffa leggermente tesa dei suoi pantaloni. Vaffanculo.
Non puoi farmi questo, non puoi farlo. Non è giusto. Di’ al tuo corpo di piantarla e smettila di fare lo stronzo, aveva pensato.
Si ricorda del dopo, Chris. Si ricorda di come abbia mandato un messaggio a Max, maledicendo il fatto che fosse a chilometri di distanza, maledicendo di non avere nessuno nessuno nessuno e davanti allo schermo del Blackberry aveva stretto i denti, ingoiato qualcosa che non voleva nominare - idiota patetico - e aveva sorriso a Darren.
Vattene. Adesso è il momento in cui mi devi lasciare lo spazio, stronzo, aveva pensato.
Darren l'aveva abbracciato. E Chris non aveva detto nulla. Aveva pensato a quanto fosse ingiusto che Darren lo sentisse in quel modo, a quanto fosse sbagliato che non dovesse neppure dire nulla. L'aveva stretto a sé, ma non si era concesso di sperare in qualcosa.
(La speranza l'avrebbe ucciso.)
Chris si ricorda di aver pensato a Max, al fatto che avrebbe dovuto volere lui - e lo voleva. Lo voleva lì. Tanto e troppo e subito, ma solo per motivi sbagliati. Solo per dimenticarsi di voler allungare una mano per appoggiarla tra le gambe di qualcuno che non era il suo ragazzo -.
Chris si ricorda tutto di quel giorno, e adesso, adesso che Darren è addosso a lui e non c'è metà strada, sono esattamente lì, e non è più sbagliato come un tempo, forse solo altrettanto nascosto, pensa che, per quanto si senta un idiota, per quanto sia imbarazzante pensarci razionalmente, forse doveva andare così.
Forse devi perdere qualcosa, prima di arrivare ad avere ciò che vuoi veramente. Forse è solo quello.

*

NOTE: Sono in ritardassimo, lo so, ma come dico spesso, per me l’estate è il contrario di ciò che pensano tutti. Cioè: niente relax e doppio degli impegni.
Ecco però il nuovo capitolo che spero vi possa piacere :) e vi informo anche che il prossimo dovrebbe proprio essere l’ultimo.
Grazie a tutti quelli che hanno letto lo scorso capitolo e a tutti quelli che hanno commentato e messo tra i preferiti questa storia. Grazie di cuore <3
A presto con il prossimo capitolo!
E come sempre, mi trovate QUI SU FACEBOOK

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.


CAPITOLO 7

Sono anni che Chris ha imparato a proprie spese che la vita non gli dà mai nulla per niente. Che se non si fa il culo, nulla gli verrà veramente regalato.
(Perché hai quella voce. Perché sei gay. Perché parli di cose che non interessano – quasi – a nessuno. Perché sei troppo intelligente e il mondo di Hollywood è spesso popolato da idioti. Perché ti porti a letto dei ragazzi e a volte non va bene. A volte, invece, sì. A volte anche questo vende.)
Quando riesce ad avere qualcosa, quando riesce a stringere tra le mani un desiderio, oltre alla soddisfazione, c’è il terrore puro che possa sparire da un momento all’altro. Che possa arrivare qualcosa o qualcuno a portarglielo via.
Stringilo, stringilo forte e non lasciarlo. Tienilo tra le tue dita e non lascialo non lasciarlo non lasciarlo.
Il terrore è ancora più forte quando non ha ancora capito bene cos’ha tra le sue mani. Quando non sa ancora se ciò che cerca di stringere è suo o potrebbe esserlo o invece è solo un’illusione.
Non ha un contratto da firmare, con Darren. Non può marchiarlo imprigionarlo stringerlo e non lasciarlo andare. Si deve fidare.
(Si è già fidato di altre persone, in passato. Si è fidato di Jonah. Si è fidato e Jonah ha cercato altrove ciò che lui non era disposto a dargli. Gli aveva messo tra le mani il suo cuore, ma evidentemente non era stato abbastanza.)
Ne è terrorizzato.
Non dovrebbe essere così. Guardando Darren addormentato accanto a sé, Chris pensa a quanto sia ingiusto che nulla, proprio nulla, nella vita sia come cercano di vendertela con luci patinate e dialoghi appena sussurrati.
Quante stronzate.
La realtà è che la maggior parte delle volte sei terrorizzato anche solo dal respirare, figuriamoci dall’avere accanto a te qualcosa di prezioso.
(E che potresti perdere, esattamente come hai perso Jonah. Ironicamente, potresti perdere Darren anche per lo stesso motivo, magari.)
(Perché le persone sono tutte fiere di essere diverse. Fino a quando non si dimostrano tutte uguali.)
Quando Darren apre gli occhi e li punta nei suoi, Chris non fa neppure finta di distogliere lo sguardo. Pensa, Se proprio devo lasciarlo andare, se proprio devo provare ad aprire la mano e vedere se volerà via, tanto vale che me lo goda fino all’ultimo, che me lo ricordi. Perché se se ne va, non tornerà più indietro. È tornato una volta, forse era tutto qui quello che doveva succedere.
Darren gli sorride, cercando di nascondere uno sbadiglio contro il cuscino e mormorando “Che ore sono?”.
“Presto. Non devi ancora andare a lavoro.”
Chris non distoglie lo sguardo. Continua ad osservare Darren, la linea della spalla che si perde al di sotto delle lenzuola, i capelli completamente in disordine appiccicati alla sua fronte, la sua bocca la sua bocca la sua bocca.
Stringe i denti, sbattendo un paio di volte le ciglia e imponendosi di non essere stupido, che non vale la pena ritrovarsi con gli occhi lucidi per qualcosa che sta solo immaginando.
(Ma forse sono meglio gli occhi lucidi adesso che un cuore spezzato – spezzato veramente – dopo.)
“Hey,” mormora Darren sollevando il viso dal cuscino e aggrottando le sopracciglia. “Perché hai quella faccia?”
Perché non sai neppure cosa potresti farmi. Non lo sai.
Chris scuote la testa, mettendosi a sedere, facendo scivolare le lenzuola sul suo grembo e distogliendo finalmente lo sguardo da Darren.
Sente il materasso muoversi sotto di sé e sa che Darren si sta mettendo seduto accanto a lui, ma non lo guarda. Guardarlo fa male e pensare è ancora peggio.
“Mi stai facendo preoccupare, Chris…”
La voce di Darren è poco più che un mormorio e a Chris ricorda tanto un bambino. I bambini sono tremendi, ti guardano negli occhi, vedono che stai piangendo mentre ridi e ti abbracciano, facendoti sentire un idiota per aver pensato di fregarli. Non li freghi, i bambini.
Chris si rende conto che non può fregare neppure Darren.
“Io non ti ho detto tutto,” dice alla fine, senza girarsi verso di lui. Però lo sente, lì accanto, gli occhi puntati addosso e la mano sulla sua spalla nuda e vorrebbe dirgli di allontanarsi, perché non riesce mai a pensare quando lui è così vicino, quando lui è nudo nel suo letto, è impossibile buttare fuori “Non so se potrebbe funzionare, Dare, non lo so”, che rimane lì, sulla punta della lingua.
Come fai a dire una cosa del genere?
“Riguardo a Jonah… perché è finita, intendo. O uno dei motivi. Negli ultimi tempi ne ho trovati tanti, c’è solo l’imbarazzo della scelta.” Continua, azzardandosi a guardare Darren con la coda dell’occhio. Darren con la mano sempre addosso alla sua spalla. Darren ancora nudo accanto a lui. Ed è una pessima idea, perché più lo guarda, più non vorrebbe aprire la mano, più non vorrebbe dargli la possibilità di andarsene. Ed è un pensiero egoistico e un po’, in effetti, se ne frega anche.
“Non devi dirmelo. Ci sono un mucchio di cose che… ci sono un sacco di cose che non ti ho detto, e magari lo farò in futuro, ma non devi dirmi niente se non-“ interviene Darren.
“Ma voglio. Perché il motivo per cui… il motivo per cui non funzionava…” Chris sospira, abbassando lo sguardo, “ho sempre pensato… ho sempre pensato che in una relazione il sesso non fosse tutto. Lo so che tutti sembrano pensare che se sei gay allora non fai altro che pensarci, ma non è così, no? Ho sempre pensato di voler qualcuno accanto, non qualcuno nel letto. Non che non mi piaccia la seconda parte, ma non è… non è solo quello. Non per me, almeno.”
“Chris… se hai paura che sia una qualche sorta di esperimento, ti assicuro che-“
“No.” Si gira verso Darren e vede quegli occhi che lo fanno impazzire e a cui non riuscirebbe a dire di no, e gli mancano le parole. Lui, che con le parole ha costruito tutto se stesso. Bella fregatura.
Come fai a dirgli “Vorrai delle cose diverse da ciò che posso darti io? Come ha fatto Jonah. Che è uno stronzo, ma forse aveva ragione e forse sono io il problema, non lui”?
“È che tu vorrai-“ altro di più non me “come Jonah. Jonah è stato uno stronzo e non posso credere di essere stato così stupido da rimanere con lui tanto a lungo, è solo che… quando le cose andavano bene, andavano veramente bene e non… pensavo avesse solo bisogno di distrarsi. Da me. Non lo so. Qualcosa di passeggero. Ed è stato umiliante, perché non ero abbastanza e non lo sono mai stato e forse non glien’è mai fregato niente, forse il problema era solo che non saremmo mai andati bene e-“
“Chris”, Darren lo interrompe, accarezzandogli il mento e facendolo voltare verso di lui. E Chris si rende conto di star piangendo e si sente così stupido, così tanto stupido, perché non dovrebbe tirare fuori tutto quello, non dovrebbe dirlo a Darren, non c’entra nulla, dovrebbe solo dargli la possibilità di andarsene senza fare rumore, ma non vuole.
Ne ha avuto un assaggio e ne vuole ancora. E fanculo a Jonah e alle sue battute su quanto fosse noioso a letto, su quanto fosse sprecato un culo del genere-
E vaffanculo.
Chris sospira, chiudendo gli occhi e godendosi le dita di Darren sulla guancia. “Non so se funzionerebbe, Dare.”
“Perché? Continui a parlare di Jonah, ma non ha senso. Perché non dovrebbe funzionare tra di noi se non è andata tra voi due?”
“Perché sono appena uscito da una relazione di merda, ok? E… e tu vorrai altro, Darren. Vorrai qualcosa di semplice. Qualcosa che può darti una ragazza e non io. E-“
“Chris, smettila.”
Chris lo guarda. Vede gli occhi con cui Darren lo sta osservando, le labbra strette in una linea sottile e le sopracciglia aggrottate e l’espressione seria. E Chris vorrebbe solo allungare una mano e cancellare tutto. Ma non può, perché la sta lasciando aperta, quella mano. Perché se Darren vuole… se Darren vuole può andarsene.
(Ma ti prego, non farlo. Ti prego no.)
E se vuole restare, allora forse non se ne andrà neppure in futuro. Forse ha deciso lui di rimanere lì, tra le sue dita.
(Nel suo letto ci è già stato. E dalla sua vita non si è mai tolto.)
“Continui a ripetermi cosa vorrò, ma non puoi saperlo,” dice Darren. E Chris vorrebbe credergli – e un po’ lo fa. Ma ripensa anche alle promesse di Jonah. Anche quelle sembravano vere. E forse le persone sono tutte uguali. Feriscono solo in modi diversi -, ma non sa che fare. Perché vorrebbe anche fare la cosa giusta. E la cosa giusta è non fargli credere di potergli dare tutto, tutto quello che le ragazze gli hanno dato in quegli anni.
Non è una ragazza. E non era abbastanza neppure per Jonah. Quindi forse è lui, ad essere il problema.
“Non voglio qualcosa di semplice, Chris. Voglio qualcosa che mi faccia stare bene e…” scrolla le spalle, come se fosse scontato, “tu mi fai stare bene. Non deve essere difficile.”
Chris abbassa lo sguardo. Ha la vista appannata e qualcosa in gola che non riesce a mandare giù e che ha molto poco a che fare con ciò che ha fatto qualche ora prima e molto più a che fare con ciò che sta succedendo nella sua testa.
È sempre lì, il problema. Pensa troppo.
Jonah una volta gli ha detto che avrebbe dovuto pensare un po’ più con l’uccello, quando era a letto. Gliel’aveva detto ridendo e Chris aveva sorriso.
Ha capito dopo che non era affatto una battuta.
“Lo dici adesso. Ma poi… poi forse finirà come con Jonah e finirà che mi dirai che sono noioso,” e vorrebbe che la risata che esce dalle sue labbra fosse almeno in parte convincente, ma non lo è. È fredda e falsa e assomiglia troppo alla risata isterica di qualcuno che sta per piangere.
E Darren è come i bambini. Ti abbracciano anche quando ridi, perché vedono oltre.
Darren lo stringe e Chris vorrebbe solo chiudere gli occhi e dimenticarsi di tutto. È caldo, Darren, e a Chris basta allungare una mano per sentire la sua pelle sotto le dita e calmarsi. E vuole qualcosa del genere tutti i giorni. Vuole allungare una mano e trovare qualcuno che gliela stringa.
(Vuole la mano di Darren. La vuole disperatamente.)
“Allora era un idiota, oltre che uno stronzo, perché noioso, seriamente? Sei la persona meno-“
“A letto.” Lo interrompe Chris, in un sussurro. “Ero noioso a letto, secondo lui. Forse è vero. Non lo so. Non me n’è mai importato… prima che mi tradisse, almeno.”
Darren sospira e lo stringe di più. “Forse era la differenza d’età,” prosegue, appoggiando la testa sulla spalla di Darren e chiudendo gli occhi, “o probabilmente è solo che le persone sono diverse e noi eravamo evidentemente incompatibili sotto quell’aspetto. Non lo so. È che… certe cose non… non mi piacciono. Ci ho provato. E Jonah era convinto che alla fine… non so, avrei avuto un’illuminazione sulla via di Gaymasco o qualcosa del genere, ma non è successo. Se non mi fa star bene, per me non è sesso e per lui… secondo lui non lo volevo abbastanza.”
Chris sa che Jonah è stato uno stronzo a dire quelle cose. Che sono false.
Chris lo sa.
Solo che se le è sentite dire troppe volte. Fin da quando andava a scuola, fin da allora.
Perché se sei gay ti piace prenderlo nel culo e…
Chris chiude gli occhi e sospira. Sente le labbra di Darren baciargli la fronte e l’unica cosa che può fare è rimanere abbracciato a lui e non muoversi.
(Non andare, ti prego. Ti prego non farlo.)
“Per… per essere sicuro di aver capito bene, non stai… cioè, non stai parlando di cose… diciamo, non so, estreme, tipo-“
Chris scuote la testa.
“Intendi-“ prosegue Darren e Chris vorrebbe quasi ridere per il suo tentativo di non usare le parole sbagliate, quasi avesse paura di lui.
“Sesso anale, Darren, puoi dirlo. Non uscirò da questa stanza urlando.”
Chris sente Darren tremare leggermente nel tentativo di trattenere una risata e non può fare a meno di sorridere. Abbracciato a lui, con gli occhi chiusi, le guance umide dalle lacrime e un sorriso sulle labbra.
È assurdo.
“Mi fa piacere notare che riesci ad essere stronzo anche quando sei uno straccio. È confortante.” Mormora Darren, e Chris gli tira una pacca sulla spalla in risposta, senza neppure aprire gli occhi.
“Lo prendo come un complimento.”
“Lo è. Quindi… quell’idiota ti ha tradito perché…” Darren si ferma un attimo e Chris pensa che stia ancora cercando le parole giuste, ma l’attimo dopo Darren si stacca da lui e Chris è costretto ad aprire gli occhi e a guardarlo e Darren…
“Quell’idiota ti ha fatto sentire come una merda e poi ti ha tradito e adesso cosa, ti sei convinto che è stata colpa tua e che anch’io me ne andrò a trovare qualcuno da scopare perché il mio uccello è la parte più importante in una relazione ? Perché voglio essere sincero, e poi tornerò ad essere diplomatico e a provare a giustificare quel coglione, ma l’unica cosa di cui dovresti preoccuparti è di come mandarlo a fanculo per sempre, Chris. E se non sono ciò che vuoi, va bene. Cioè, no, non va bene per un cazzo, ma non ti costringerò a fare qualcosa che non vuoi e, soprattutto, Chris, non mi stai costringendo a fare qualcosa che non voglio io. Ok?”
Chris vorrebbe annuire. Ma l’unica cosa che fa è allungarsi verso di lui, incorniciare il suo volto con le mani e baciarlo, chiudendo gli occhi e non pensando alle lacrime nascoste dalle palpebre. Fa scivolare la lingua nella sua bocca, gemendo piano contro le sue labbra, ed è tutto lì, nello spazio di un respiro e nella disperazione di una carezza, che Chris riesce a pensare a come le persone, forse, possono anche essere tutte uguali.
Tranne una.

*

“Vorrei tornare al college.”
“…”
“Non dici niente?”
“Cosa dovrei dire?”
“Non lo so. Che è un’idea di merda e che fallirò, esattamente come la prima volta, e che dovrei pensare a-“
“Vuoi farlo veramente?”
“Sì.”
“Allora non è un’idea di merda. E forse fallirai, ma se non ci provi, ti ritroverai qui, nello stesso posto del cazzo in cui siamo adesso, a chiederti ‘cosa sarebbe successo se’. Lo sai come vanno queste cose, si vedono in tutti i film.”
“Potrebbe comunque essere un’idea di merda…”
“Potrebbe. Ma non vale la pena provare, ogni tanto?”

Darren lancia via la sigaretta, ormai finita, un attimo prima di sentire lo stop dato dal regista. Si gira verso Michael e gli sorride. È stata una buona giornata, quella.
(Soprattutto, è una giornata quasi conclusa.)
E per quanto ami stare sul set, vuole tornare a casa e porre fine all’incessante frenesia che sembra aver colto le sue dita. Deve scrivere scrivere scrivere e dar forma e spazio e musica a ciò che ha in testa.
(Chris. Solo Chris.)
È da quando… è da quella notte che ha le parole in testa e la musica sotto i polpastrelli. È lì, Darren riesce praticamente a vederla, la canzone.
(La canzone di Chris. Ancora senza titolo, ma già con una sua storia, fin dalle prime parole che è riuscito a buttare giù. Chris non gli ha cambiato la vita – nella sua vita, in effetti, è cambiato molto poco – e non ha reso il mondo un posto migliore. Chris gli ha solo aperto una porta che Darren aveva dovuto chiudere anni prima. E che Chris aveva sempre lasciato socchiusa, per lui.)
Darren si alza dal gradino su cui il suo Mark era seduto, dà una pacca sulla spalla a Michael mormorando un “Ci vediamo domani,” e nella testa ha già le prime note della canzone.
Non farà altro che canticchiarle sottovoce fino al suo rientro a casa.

*

Shortstop è il trovarsi a metà strada. Bloccati. Senza un’apparente motivazione per andare avanti. Senza speranza.
(Come l’amore. Ci cadi dentro e non sai risalire. E puoi inveire contro tutti gli Dei che conosci, tanto stai pur certo che nessuno ti salverà da quello. Ci sei dentro, e ci rimani.)
Shortstop è il trovarsi con una palla in mano e doverla rilanciare in una frazione di secondo. È il doversi muovere senza pensare. È l’agire.
(È lo sbloccarsi in un attimo.)
Shortstop è un po’ come la vita, che è un po’ come l’amore. Ci sei dentro.
E ci rimani.

*

Gli è mancata quella sensazione. La musica in testa e la voglia di raccontare qualcosa.
(Ha avuto paura – paura seriamente – che tutte le sue note fossero morte con Hidden Tales, morte con Mia. E ha continuato a parlare con le parole degli altri, a usare le canzoni degli altri, ma non è la stessa cosa. Non sono sue. Sono come se fossero sue, ma non lo sono, non completamente. Gli è mancato guardare un foglio e trovare se stesso. Gli è mancato sfiorare un pianoforte e perdersi nella sua testa.)
La canzone – la canzone di Chris – è quasi finita. La legge e la rilegge, la modifica, la canticchia sottovoce quando Joey è in casa, e la canta a squarciagola quando pensa di essere da solo.
Chris non l’ha mai sentita.
(Ha paura di cantargliela e non sa neppure perché.)
(Perché non sono le parole degli altri, sono le sue. Darren non sa ancora a che punto stanno, lui e Chris, e ha pura di forzare troppo, che sia troppo e basta. O non abbastanza.)
Un giorno gliela farà sentire. E mentre muove le dita sulle corde della chitarra, non può fare a meno di chiudere gli occhi, come se stesse accarezzando la pelle di Chris, la vibrazione che si propaga dalla punta delle dita e gli risuona nella testa, una musica che non finisce.
(È appena iniziata.)
Darren apre gli occhi e legge le parole scritte disordinatamente sul quaderno che ha davanti.
It is almost as if in the first page of a book,
you found out how it would be in the end.

Smette di suonare, giusto il tempo di afferrare la penna appoggiata al tavolino e appuntare le frasi che ha in testa, appena sotto quelle.
And when you start reading it,
you’re scared you can’t make it.

Non è ancora finita, la canzone – e qualcos’altro, invece, è appena iniziato -, ma per la prima volta da tanto tempo, Darren si ritrova a pensare di stare andando da qualche parte. E qualunque sia la direzione, sembra essere quella giusta.
È una bella sensazione, tutto sommato.

*

Anche dopo una settimana e mezza – una settimana e mezza da quella notte. Non che Darren abbia fatto il conto. È che se la ricorda. Non è che potrebbe dimenticarla. Secondo appuntamento e tutto quanto. Ecco. Tutto quanto -, Darren non sa bene cosa siano, lui e Chris.
A volte, quando ci pensa, va per negazione. Non sono quello e neppure quell’altro e no, di sicuro non questo. Non può fare altro, perché l’unica cosa certa, è che c’è qualcosa.
(Darren non è così stupido da non saperlo. Ed è anche abbastanza sicuro che pure Chris lo sappia. Ma è come un tacito accordo: è troppo presto, non se ne parla.)
(Questo non lo fa sparire.)
(Poi Darren si ricorda che questa cosa c’è da più di sette anni. E quindi forse sarebbe il caso di parlarne, in qualche modo.)
In ogni caso, Darren è anche certo che non se ne andrà. Che non importa se tra meno di due settimane Chris dovrà tornare a New York per un po’. Non importa se lui potrà andarlo a trovare solo nei weekend. Non è che sono quelle le cose importanti, i chilometri tra due persone.
Non è quanto sei lontano, ma quanto puoi essere vicino quando non siete nella stessa stanza.
(Darren l’ha imparato con Mia. Ha imparato a calibrare le aspettative e a rendere importante ciò che si ha, non quello che manca.)
Darren è certo che quella cosa che entrambi non vogliono nominare non sparirà con il primo cambiamento. Perché sette anni – e due vite parallele – sono un cambiamento abbastanza grosso per poter scommettere almeno sul prossimo mese. Una sorta di certezza di vita, ecco.
Solo che ogni volta che pensa che tra due settimane Chris se ne andrà, perde un po’ la testa. E solitamente capita che perda anche il respiro – addosso a Chris, sulla sua clavicola, contro le sue labbra, tra i suoi capelli.
Perde anche il senso del tempo, ogni tanto.
Quindi non è che può veramente dare la colpa a Joey quando rientra a casa – più tardi del previsto, nota Darren lanciando un’occhiata all’orologio – e lo trova sul divano con la lingua nella bocca di Chris.
(Joey ha visto di peggio. E anche Darren. Ed esiste ormai da anni l’accordo che tutto ciò che interrompono, in realtà, non è mai esistito. Funziona. Ma dovrebbero inventare anche la rimozione della memoria, perché Darren non dimenticherà mai quella volta della cucina.)
(Ha anche dovuto cambiare il tavolo e, Dio, non vuole ripensarci.)
Chris ridacchia contro le sue labbra quando lo saluta sulla porta d’ingresso, ancora imbarazzato per l’interruzione di Joey, ma va bene così. Darren non riesce comunque a smettere di sorridere. Va bene così.
Quando chiude la porta, Joey è appoggiato alla porta della cucina che sgranocchia una manciata di patatine.
“Dio, sei proprio innamorato perso!”
Darren si gira a guardarlo e si limita a sbuffare una risata.
(Quella è una cosa che ancora non si può dire. E Darren non la dirà. No, affatto.)
“… non ancora,” mormora alla fine, non convinto, cercando di rubargli il sacchetto che ha in mano.
“Uhm,” un altro lancio di patatine in bocca, “ma è una cosa seria.”
Darren lo guarda, Joey con le guance gonfie e l’aria da criceto e l’unica cosa a cui può pensare è che solo a lui poteva capitare di avere un coinquilino del genere. “È una cosa seria,” dice alla fine, sorridendo.
Joey riesce a fatica a deglutire, prima di illuminarsi in un sorriso raggiante. “Ah!” grida alzando la mano destra e, sul serio, a volte Darren pensa di essere circondato da pazzi, ma ipotizza che tutto sia coordinato a lui, quindi non può che battere il cinque a Joey e scuotere la testa, ridendo.
“Solitamente i ragazzi si battono il cinque quando scopano.”
Joey sbuffa alzando gli occhi al cielo, “come se per te potesse essere quello il problema. Esci di casa e la gente prenderebbe il numero pur di assicurarsi un giro nel tuo letto.”
“… questo è disgustoso.”
“No, questa è fortuna!” annuisce Joey, infilando di nuovo la mano nel sacchetto delle patatine. “Posso sedermi, vero? Non è contaminato da cose che non voglio neppure nominare?” chiede, indicando il divano.
Darren scuote la testa, prima di sedersi accanto a lui. Sul tavolino c’è ancora il quaderno dove sta scrivendo la canzone di Chris. Non gliel’ha ancora fatta leggere. Non gli ha neppure detto che la sta scrivendo.
After all these things. Alla fine, un titolo, gliel’ha trovato.
“È finita?” chiede Joey, facendo un cenno con la testa verso il tavolino.
“No,” mormora Darren, afferrando il quaderno e rileggendo ciò che ha scritto, mentre nella sua testa tutto si trasforma in musica. “Non ancora,” aggiunge subito dopo.
It is almost as if in the first page of a book,
you found out how it would be in the end.
And when you start reading it,
you’re scared you can’t make it.

Sfiora le parole con le dita, quasi riuscisse a sentirle attraverso l’inchiostro.
Ha paura. Che possa finire come con Mia. Che possa ritrovarsi allo stesso punto. Distrutto, in un mondo senza note, privo della voglia di fare qualsiasi cosa.
(Shortstop è come la vita, che è come l’amore. Ti ci ritrovi dentro, e non puoi sfuggirgli.)
Però.
Però potrebbe andare diversamente, per tutta una serie di motivi, primo tra tutti, beh, Chris non è Mia. E lui è sempre lui, sì, ma è diverso. Diverso da due anni prima. Diverso da un mese prima. Diverso da prima di Chris. Chris che non ha cambiato la sua vita, però, cazzo, ci è quasi andato vicino.
Ha paura, e forse sarebbe stupido che non l’avesse, però. Però ce la potrebbero fare. E non è racchiuso tutto lì? In quella possibilità che gli è stata data, che Chris ha deciso di porgergli nonostante anche lui ne fosse terrorizzato, Chris che lo guarda negli occhi e non riesce a mentirgli, Chris che non gli ha mai mentito, Chris che ha paura come lui, ma non si fa abbattere.
Afferra la penna, abbandonata tra le pagine del quaderno, e scrive le ultime tre parole.
But you can.
Sì. Darren è abbastanza sicuro che ce la potrebbero fare.

FINE

NOTE: E così siamo arrivati alla fine :D E! Ho anche da parlare un po’ :3
Prima di tutto, in questo capitolo c’è il motivo che mi ha spinto a scrivere questa storia. L’argomento trattato nella prima parte è infatti un’idea che mi ronza in testa da moltissimo, e quando ho avuto l’illuminazione per questa storia, ho visto che sarei riuscita finalmente a sfruttarla.
Doveva essere una storia intorno ai tre capitoli, ed è diventata di sette. E va beh XD Penso però che il numero di capitoli sia tutto sommato giusto, alla fine.
Poi poi poi… c’è una notizia :3 in realtà il Love!Verse di cui fa parte questa storia non si chiude qui :3 Questo perché ho intenzione di scrivere prima di tutto una onesto che chiuda il ciclo iniziato con “Love is not a victory march” e proseguito poi con questa “(abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza”. Così come queste due prime parti, anche la terza sa legata a questi Darren e Chris, ma sarà possibile leggerla anche separatamente, senza aver mai letto le prime due :) E il titolo *rullo di tamburi*, in piena tradizione del Love!Verse per cui la storia deve avere la parola “love” (o la sua traduzione) nel titolo, si chiamerà “Hold onto love (and it will lead you home)” :)
Come se non bastasse, ho anche intenzione di creare una raccolta di più o meno brevi missing moments/spin off. Il mondo che ho ricreato per questi Darren e Chris è veramente enorme. Ogni cosa che compare in questa storia, ogni dettaglio che sembra casuale, i sette anni di separazione tra la prima parte e questa, ogni premio menzionato, il film a cui lavora Darren, o le canzoni, o ciò a cui lavora Chris, in realtà è tutto spiegato. Nella mia testa :P Dato che mi è stato mostrato interesse (ovvero: la mia beta me l'ha ordinato XD) verso alcuni argomenti, ho deciso di creare una serie di missing moments. Se avete qualche curiosità che vi piacerebbe venisse maggiormente sviluppata, rispetto a quanto è stato fatto qui, chiedetemi pure e, se sarò ispirata, lo scriverò :) La raccolta si chiamerà “Love is a losing game”.
Per concludere, vi lascio con la canzone che ha dato il titolo a questa storia (o meglio, la sua cover ;)), e vi invito a raggiungermi su Facebook (o Twitter e Livejournal, se li avete) se avete voglia di chiacchierare con me :)
A presto, sia con questi due, che con Kurt e Blaine (eh sì, sto lavorando anche su loro due ;)) e grazie mille a tutti quelli che hanno seguito questa storia. Siete gentilissimi e spero che il finale vi sia piaciuto <3
Meg

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