Ciò che accade intorno a noi

di Chanelin90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Israele Vs Iran ***
Capitolo 2: *** La Crisi Europea ***
Capitolo 3: *** Cina Vs Giappone - Le isole Senkaku/ Diaoyu ***
Capitolo 4: *** Siria Vs Turchia ***
Capitolo 5: *** La Crisi Europea - Parte Seconda ***
Capitolo 6: *** Indignados ***



Capitolo 1
*** Israele Vs Iran ***


ISRAELE E IRAN
Conferenza O.N.U
( 26/27/28 settembre 2012)

- Insopportabile,fanatico e pericoloso!-
 America era uscito dalla sala insieme a Israele e, attualmente,  fissava accigliato Iran mentre esponeva il suo discorso agli altri.
- E’ un pazzo! Te lo dico io! Ha minacciato di cancellare il mio Paese dalla faccia della terra! Sostiene che l’Olocausto non sia mai esistito!-
America fissava in silenzio l’iraniano che discorreva.
-Lo sai che sta sviluppando una rete internet controllata TUTTA sua?- esclamò scandalizzato Israele.

America aveva pochi amici nel MedioOriente ad esempio: Egitto, con cui spesso si trovava in sintonia sebbene non fosse pienamente una democrazia ; Turchia, che aveva appoggiato le sue decisioni più di una volta;  Arabia Saudita; ultimamente la diffidente Libia  si era approcciata ad Alfred con maggior interesse; altri paesi, come il Kuwait etc.. ma certamente l’alleato più fedele di Alfred era Israele.

Già.. Israele…
Piccolo, ma ben armato.
A volte temeva che la sua amicizia con lui potesse costituire un pericolo anche per se stesso.
Aveva un atteggiamento particolarmente ambiguo, soprattutto con Palestina e più di una volta, aveva reagito a quello che considerava un pericolo per la sua integrità, attraverso l’uso delle armi, attacchi informaticio colpendo obiettivi sensibili.

- Serve imporgli un limite, America! Non si può vivere sotto minaccia perpetua!-
Israele esaminò Alfred che manteneva il silenzio pensieroso, poi sbottò:
- Se non lo farà la comunità internazionale, lo farò io stesso, attaccherò i siti di arricchimento dell’uranio e…-
- Mantieni la calma!- mormorò America indispettito, rivolgendogli un’occhiataccia.
- Per quanto ancora? PER QUANTO ANCORA ?? Dimmelo! Ho aspettato fin troppo! Tra pochi mesi avrà ultimato la bomba!- ululò Israele paranoico.

Israele non aveva mai percepito una Nazione più pericolosa per la sua stessa esistenza come Iran e, certamente, si aspettava la collaborazione di Alfred per fermare quella Nazione dall’ottenere la bomba atomica e diventare l’intoccabile punto di riferimento di quella zona.
Cosa che nemmeno Alfred desiderava.

- Ci sono le elezioni adesso! A meno che non vieni attaccato o si presenta un valido motivo, non posso portare il mio Paese in guerra!-
La guerra sarebbe stata deleteria per la posizione economica, già precaria, del paese americano, nonostante gli interessi in ballo.
Chi si arricchiva erano gli industriali, soprattutto i produttori di armi..ma molti americani sarebbero morti sotto il fuoco.
Inoltre, Iran controllava zone particolarmente importanti per i traffici, soprattutto Hormuz,ove passava la maggior parte del petrolio, inoltre era ben equipaggiata.
Molto più di Afghanistan e Iraq.
E già lì si era trovato in difficoltà.
Non era al suo livello, per carità, ma Alfred era stanco ultimamente.
Molto stanco.
Alfred si morse le labbra.

- I deterrenti che abbiamo attuato non hanno avuto effetto, se non affamare la popolazione! Lo capisci?- proclamò esasperato Israele.
- Ho posizionato delle navi da guerra vicino le coste iraniane! Per ora, accontentati!- replicò infastidito l’americano.

America sapeva che Iran era molto ambizioso.
Nonostante le raccomandazioni e le restrizioni della Comunità Internazionale, che l’opprimevano, non aveva intenzione di chiarificare la sua posizione.
Davvero stava sviluppando il nucleare solo a scopi civili?

Non era prudente affidargli la bomba ma, d’altronde, non sapeva come impedirgli dal fargliela ottenere.
Una cosa erano le minacce, un’altra era la guerra vera e propria.

Iran proseguiva il suo discorso incurante.
- Israele non ha radici storiche! E’, potremmo dire, un errore a cui rimediare!-

Un’altra paura di Alfred, era il possibile intervento di Russia e Cina.
A scapito di quello che ci si poteva aspettare, queste due Nazioni, probabilmente, non erano particolarmente legate a Iran, se non per interessi commerciali.
A dir la verità, non l’amavano nemmeno troppo.
Ciò nonostante, non amavano nemmeno America e quindi, se anche non fossero intervenuti, avrebbero potuto aiutare gli iraniani da dietro le quinte.

- Strano che la Comunità Internazionale non si sia levata in coro contro Israele quando quest’ultimo ha i depositi carichi di bombe atomiche!- sibillò Iran dall’alto del suo scranno.

Se ci fosse stata un’altra guerra mondiale, soprattutto con l’uso delle nuove tecnologie…Bè, nessuno ne avrebbe tratto giovamento.
Ovviamente, si parla degli eventuali sopravvissuti.


Israele osservò l’alleato che scrutava sospettoso Iran.
“Tsk..forse mi toccherà veramente aspettare le elezioni. Non sia mai che cambi la guardia..!” riflettè.
E si girò sui tacchi per uscire dall’edificio.
Prima di andarsene  mormorò minaccioso:
- Fisserò una chiara linea rossa, se questa verrà superata prenderò le dovute precauzioni per la salvaguardia della mia gente. Anche a costo di audaci decisioni!”-

America non disse nulla,  ascoltando la Nazione orientale che, comunque, manteneva dei toni più pacati del solito.
Probabilmente perché politicamente non se la passava bene nemmeno lei.
- La solidarietà e la fratellanza sono dei valori che si stanno perdendo. L’Occidente con superbia si permette di minacciare e spadroneggiare in territori non suoi! Sionisti  incivili e bullismo americano irritano i nostri popoli! -

Alfred entrò d’impeto nella stanza, puntando il dito.
- NON PERMETTERO’ CHE L’IRAN SI DOTI DELL’ARMA NUCLEARE! MAI!-
Iran lo guardò arrogante.
- Perché pensi che i popoli si sollevino se non si sentono sfruttati e oppressi dalle Potenze Occidentali?-
America digrignò i denti.
Iran si sporse.
- Chi ha scatenato guerre infondate, uccidendo migliaia di civili?  Da che pulpito? Siete voi la vera minaccia per il mondo!-

America e Israele non potevano attaccare Iran..ma avevano altri sistemi per manomettere le intenzioni dell’ambigua Nazione orientale.
Sarebbero bastate?

*****************************************************
La tesa situazione tra Iran e Israele.
Chi ha torto? Chi ha ragione?
Siamo di fronte a una specie di guerra fredda o le minacce sono reali?
La guerra sembra improbabile ma, davvero Israele potrebbe arrivare a bombardare i siti nucleari iraniani?
Se ciò dovesse avvenire quale sarebbe la reazione dell’Iran?
Viceversa..Israele costituisce veramente una minaccia per l'Iran o serve solo un nemico d’accusare per mantenere il controllo della popolazione?
Bisogna dire che molti iraniani non hanno una buona opinione dei propri governanti così come la maggioranza degli israeliani NON vuole una guerra con l’Iran.
Vedremo gli sviluppi.
Se ci saranno novità aggiornerò.
Chiunque voglia esprimere la propria opinione o visione si può sempre aprire un confronto o un dibattito interessante.



 

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Capitolo 2
*** La Crisi Europea ***


LA CRISI EUROPEA - 1

 

Grecia portò i documenti sul tavolo di Germania.
Ludwig fissava sprezzante Heracles.
Perché diamine non voleva fare le riforme e i sacrifici che gli erano stati richiesti?
Perché Ludwig, che aveva mantenuto in ordine i suoi conti, doveva pagare i debiti altrui?
Dove stava scritto?
Se i greci non si comportavano bene, la colpa era loro! Punto!
Non che il debito ellenico fosse molto, per carità…
L’economia di Grecia rappresentava il 2% di quello dell’Unione, tuttavia, se c’erano delle regole, queste dovevano essere rispettate a PERFETTAMENTE da tutti.
“ Tsk..dovrebbero uscire dall’euro se non sono capaci di gestirsi!” pensò infastidito.

-Sei sicuro che questi provvedimenti dovrebbero aiutare il mio paese a risollevarsi?- mormorò sospettoso il greco.
Germania poggiò pesantemente la schiena sullo schienale della poltrona di pelle nera.
- Se ti adeguassi alle istruzioni alla lettera, FORSE, i risultati sarebbero migliori..- sospirò insofferente.
- GERMANIA! Sono anni che proseguo su questa linea! Le condizioni, invece di migliorare, peggiorano sempre più!- esclamò esasperato Heracles.
- Non.stai.facendo.abbastanza!- scandì il tedesco irritato.
Grecia ammutolì.
- Adesso adeguati ai parametri europei sugli standard orari del pubblico impiego!- e gli porse contrariato i documenti.
Il greco fece per andarsene ma, sulla porta, sibillò insinuante: - Quando si è trattato di cancellare i tuoi debiti di guerra, però, la solidarietà ti faceva comodo, eh?-
Una cosa che odiava Germania era che gli si rinfacciassero i crimini nazisti.
Doveva subire questo fardello per tutta la vita?
Si alzò nero in volto e minacciò: -Esci fuori. Ora!-
Heracles sbuffò e uscì.
- La verità fa male, eh? Se avessi saputo che finiva così…-
Si allontanò alla volta del suo paese.
- Nazisti!- commentò fra sé.

- Forse dovremmo accettare che abbiamo più tempo..-disse Olanda entrando dall’altra stanza.
- Cosa cambia se poi non fanno il loro dovere? No! Dobbiamo essere severi in questo!-
- Che figura ci facciamo se abbandoniamo Grecia?- commentò l’olandese.
Ludwig rimase in silenzio analizzando con falso disinteresse uno schema della situazione economica del Paese ellenico.
- Penseranno che abbiamo fallito!- sussurrò Olanda.
- Senti..se noi li aiutiamo, poi, si adageranno nuovamente, mandando a monte tutte le riforme strutturali necessarie per diventare un Paese competitivo!-
Olanda si mise a riflettere, poi mormorò:
- Può, Grecia, diventare competitiva in questo modo?-
- Se cambiasse mentalità..-

TAP TAP TAP

A quel punto Irlanda e Portogallo entrarono affaticati.
Avevano un debito inferiore a Germania..ma non riuscivano a compensarlo con le entrate e, quindi,  stavano procedendo con dure misure interne per riprendersi.

Germania esaminò le loro situazioni.
- State migliorando..- lanciò un’occhiata altezzosa a Portogallo –.. più o meno!-.
- Non è facile compensare gli squilibri in un momento di recessione, Ludwig!- asserì ansante il portoghese.
- Voi fate quello che vi diciamo e vedrete che vi riprenderete!- affermò risoluto il tedesco, porgendogli indietro i loro documenti.
Prima che le due Nazioni potessero uscire, Germania prese Irlanda in disparte, prendendolo da una spalla.
- Stai procedendo bene!- si complimentò con un mezzo sorriso.

Ludwig rimase solo nel suo studio.
Una pausa prima dell’arrivo delle due Nazioni più PERICOLOSE.
Tra cui, ahimè, anche Feliciano.
Nonostante fossero amici da parecchio tempo, a scapito delle incomprensioni e il sospetto reciproco che spesso caratterizzavano le loro discussioni, Germania non poteva fare a meno di essere preoccupato.
Ultimamente,  il ragazzo sembrava essere rinsavito dalla sregolatezza degli ultimi anni..ma era davvero così? Quanto poteva durare? Fino primavera sicuro, ma poi?
 La costanza dell’italiano non era affidabile, così come non la era quella dello spagnolo.
Italia e Spagna erano grandi. Troppo grandi.
Se fallivano loro, non solo i creditori, tra cui principalmente Ludwig e Francis, si sarebbero ritrovati con un pugno di carta straccia il mano, ma l’intero sistema sarebbe andato CAPUT.
Bisognava procedere con estrema cautela.
 Era un periodo elettorale particolarmente vicino anche per Ludwig e seppure fossero state necessarie alcune riforme volte a un’Unione più stretta, bè…le avrebbe accettate dopo le nuove elezioni.
Ora non poteva mostrarsi debole agli occhi della sua gente.
Lui non aveva fretta e la loro banca comune aveva fatto guadagnare un po’ di tempo.
Sperando, chiaramente, che le cose non degenerassero..Ludwig non voleva fare passi più lunghi della gamba.
D’altronde, se altri stati avessero chiesto aiuti..Era lui a doversi accollare la maggiorparte dell’economia dell’ Unione sulle spalle?
“ Non ho mai voluto questo ruolo! Perché io? Tsk..probabilmente perché sono l’unico capace di gestirsi seriamente in questo continente!”
E chi si lamentava, probabilmente, era solo invidioso.
Tutto qui.

 
Fu Antonio a entrare deciso per primo, seguito da un titubante italiano.
- GERMANIA! Qui la situazione ci sta sfuggendo di mano!- esclamò nervoso lo spagnolo.
Il tedesco alzò lentamente il naso dai fogli che aveva sulla scrivania e lo fissò
-  Forse, A TE sta sfuggendo di mano la situazione!- dichiarò sprezzante.
- La mia gente non mi da pace!- mormorò inquieto.
- Evidentemente, non le sai controllare! Come i tuoi conti, d’altronde! Hai basato la tua economia sul cemento! Sarebbe ora che il tuo popolo la smettesse di fare la SIESTA e si svegliasse un po’!- continuò insensibile il tedesco.
A quel punto Spagna sbottò:
- Germania, le banche sono i veri responsabili di questa situazione! NON SE NE ESCE FUORI! Non si salva nessuno! Nemmeno tu!-
Germania non battè ciglio e proseguì ad analizzare i fondamentali economici spagnoli.
“ Invidia!” commentò fra sé.
Spagna si morse le labbra e poi si rivolse a Feliciano che osservava la scena preoccupato dietro di lui.

- Diglielo Italia! Dato che a te, ultimamente, dà più retta!-  valutò esasperato lo spagnolo.
Ludwig alzò lo sguardo per trovarsi, faccia a faccia, con l’italiano che si era approcciato timoroso presso la scrivania del tedesco.
Ludwig attese che Feliciano parlasse ma quest’ultimo non parlò subito.
Si concesse alcuni secondi per realizzare la situazione e mirando dolorosamente  il tedesco negli occhi sospirò:
- Dovremmo diventare un' Unione vera..io..sono confuso!-
Ludwig lentamente alzò anche il capo, togliendosi pacatamente gli occhiali da lettua, e rispose:
- Questo è il nostro scopo, Italia! Tuttavia, ogni cosa va fatta a tempo giusto!- confermò Germania.
- Dobbiamo prendere delle decisioni in tal senso ora, Ludwig!- implorò l’italiano, ottenendo un’occhiata critica di Ludwig.
Feliciano era troppo emotivo.
A quel punto, Italiano si tranquillizzò e prendendo fiato commentò sicuro:
- Se noi cadiamo, Ludwig, anche tu cadrai con noi e addio al sogno europeo!- e sosprirò depresso.
- Avete finito di proclamare catastrofismi complottisti inutili?- sogghignò gelido il tedesco.
- LO SAI CHE E’ VERO! VOI SIETE STATI I PRIMI A SPECULARE E A NON RISPETTARE LE REGOLE!- urlò Spagna.
- Che Europa desideriamo diventare?- proseguì l’italiano a bassa voce, guardando il pavimento, e continuò:
-La Banca Comune Europea  deve stampare moneta, come accade negli altri stati con la propria moneta, anche a costo di generare un po’ d’inflazione, bisogna avviarci verso un’unione bancaria e fiscale, bisogna attuare gli eurobond per la condivisione del debito e…-
- ADESSO BASTA!- interruppe Ludwig, sbattendo i palmi delle mani sulla scrivania e alzandosi rabbioso.
Italia arretrò mortificato, ma non Antonio.
- E cosa dovremmo fare secondo te?- ringhiò incrociando le braccia.
- I vostri compiti!- replicò brusco il tedesco.
- Li sto facendo! Ma il tempo è poco, le misure sono dure e generano disoccupazione e malessere,  siamo in recessione e gli interessi sul debito sono troppo alti a causa dello spread! Senza contare che dovrò versare parte dei miei profitti nei fondi per aiutare gli altri stati.. e..- si mise in mezzo Feliciano, attorcigliandosi le dita.
- Continua così!- tagliò corto Ludwig.
- Ma..- tentò di protestare.
- Hai molto da farti perdonare, Italia! Io non so nemmeno se posso fidarmi ancora di te!- commentò cinico il tedesco, distogliendo lo sguardo.
Italia s’immobilizzò scioccato e risentito si allontanò desolato verso la porta.

A quel punto, Spagna si arrabbiò:
- E TU ALLORA??? QUESTA SITUAZIONE E’ ANCHE UNA TUA RESPONSABILITA’! Ti farai odiare se continui così! Pensa alla seconda Guerra Mondiale!-
Una vena pulsò sulla fronte di Ludwig.
- Come scusa? E’ colpa mia se avete scialacquato come cicale mentre io, con duri sacrifici, ho portato avati riforme che adesso mi ripagano ampiamente? Se ho un’economia che funziona ed è migliore rispetto alla vostra NON e’ una mia responsabilità!- valutò cinico.
- Considerato che non soffri della competitività delle monete altrui ed esporti tranquillamente nel nostro mercato..- cominciò lo spagnolo.
- Nessuno vi ha costretto a far parte dell’Eurozona. Nessuno.- sentenziò Germania irritato.- Anzi..- continuò- è stata un'idea di Francia! Nemmeno mia!-
" Per tenermi buono!" meditò ancora arcigno.
- In un’Unione si dovrebbe condividere gioia e dolore. Questa indifferenza  nei confronti dei popoli rischia di essere mortale per l’idea di pace che il progetto si prefigurava. Ma tu pensi che l’ Alabama o il Massachusetts abbiano lo stesso PIL  di Newyork o di Washington? Eppure non mi pare che Alfred sia pentito di essersi accollato il debito di tutti e di essere diventato una grande Nazione! Attualmente, la più potente al mondo- esaltò lo spagnolo.
- Infatti…la loro economia sregolata adesso è in crisi!- terminò secco Ludwig.
Spagna tacque, ma le sue mani fremeva dalla rabbia e dal nervoso.
- Adesso potete andare! Se tu, Spagna, hai intenzione di chiedere gli aiuti..bada bene che ci sono delle condizionalità da rispettare!- concluse distaccato.
- Ti sei arrogato un diritto che non ti è mai stato dato!- sibillò Antonio
- Né io l’ho chiesto!- replicò l’altro asciutto e senza guardarlo.
Antonio s’incamminò  con passi sicuri verso la porta, ancora fumante.
Italia lo vide uscire, sbattendo violentemente la porta.
Feliciano volse un ultimo abbattuto sguardo al tedesco che era nuovamente immerso nel suo lavoro.
“Spero tu sappia quello che stai facendo”si angustiò l’italiano.
“Perché io non ne sono più tanto sicuro!” e abbandonò anch’egli la stanza.

***************************************
La crisi europea.
Una questione che ci tocca da vicino.
Certamente è molto difficile esaminare una situazione così complessa in poche righe.
Ho sottolineato, in questo primo capitolo della saga( che, data la situazione, probabilmente proseguirà con i nuovi sviluppi e con l’evidenza di nuovi o altri elementi) le tensioni crescenti tra i vari Paesi.
I famosi PIIGS/ Colombe e i decantati Paesi Virtuosi/Falchi.
Non è una questione di chi ha torto e chi ha ragione. Ognuno porta avanti le sue verità.
Purtroppo la questione a monte è più complicata di quanto non appaia ed è necessaria una classe politica europea all’altezza della situazione per affrontare questo momento così critico.
Bisogna veramente ponderare i vari interessi in gioco e decidere se, con tutte le riserve del caso, il gioco vale la candela.
La pace europea è veramente un dono da cui possiamo prescindere?
 Si vuole arrivare agli Stati Uniti d’Europa attraverso questo tipo di riforme economiche, magari limitandosi a quelle oppure  puntare ai valori democratici che sono alla base dell’Europa, arrivando ad avere anche una Federazione di Stati e quindi un’Unione anche politica?
I Governi lo vogliono?
E i popoli?

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Capitolo 3
*** Cina Vs Giappone - Le isole Senkaku/ Diaoyu ***


CINA vs GIAPPONE - LE ISOLE SENKAKU/DIAOYU
 (15-09-2012 / 04-10- 2012)

Ho bisogno di risorse!”
Cina passeggiava su e giù per il palazzo.
“ Ho bisogno di più risorse!”
Bramava in questo modo perché la sua gente cresceva in maniera esponenziale ogni anno e sempre di più. Tenendo conto che si trattava di un paese in via di sviluppo, sebbene anche la sua economia stesse rallentando, presto avrebbe avuto bisogno di maggior quantitativi di cibo per sfamare la sua gente.
E aveva bisogno di terre per coltivare e di spazio per il suo popolo.
Pochi anni e non ci sarebbero state più risorse per tutti.

Alzò gli occhi al cielo.
Non si può dire che Cina fosse un Paese violento o aggressivo.
Conosceva altri modi più subdoli ed efficaci per dominare.
Anche Nazioni molto potenti.
America, ad esempio, poteva bighellonare quanto voleva in giro per il mondo a fare il bulletto con le armi o giocando credendosi invincibile, ma, sostanzialmente, lo teneva in pugno.
L’ economia americana, Yao, la poteva far crollare da un momento all’altro semplicemente ritirando il suo supporto dal mercato bancario.
L’economia statunitense proseguiva perché la Banca (FED) stampava ingenti quantità di dollari che venivano prontamente immessi nel mercato e nell’economia americana.
Yao non poteva fare a meno di constatare di possedere immensi volumi di carta straccia, ma, paradossalmente, non poteva sbarazzarsene facilmente.
Se vendeva il debito americano, il prezzo crollava e lui ci perdeva.
Un gatto che si mordeva la coda.
Era rimasto a suo volta intrappolato, sebbene col cerino in mano.
Oramai erano due economie interdipendenti.
Purtuttavia, non era sicuro che il dollaro sarebbe rimasta la valuta di riserva mondiale.
E a quel punto..la forza di Alfred si sarebbe ridimensionata parecchio.

“Mi servono..maggiori risorse!”
Volse lo sguardo verso il mare.
Uscì fuori e si sedette sulla costa.
Era buio pesto e si vedevano solo le stelle luccicare in cielo.
Una barchetta solitaria, legata alla riva tramite una fune, dondolava leggiadra sulle onde.
“ Credo che andrò a farmi un giro in barca!” valutò fra sé.
“ Se sono Cina, ben potrò approfittare dei beni dei miei sudditi!” e salì sull’imbarcazione.

La barca oscillava piacevolmente accarezzata dalle onde marine.
Cina non poteva fare a meno di trovare distensivo quel moto ondulatorio e, mentre guardava le stelle, si poggiò sul lato dello scafo e si addormentò profondamente.

SPLASH…    SPLASH …    SBAM

- Ma che diamine…!-
Yao aprì gli occhi.
La barca era andata a sbattere nei pressi di uno scoglio vicino all’arcipelago delle Senkaku.
- OH! Le Senkaku!- Yao scese velocemente dalla barchetta e guardò il paesaggio intorno.

Le Senkaku erano cinque isole che componevano un arcipelago, da sempre disabitato.
Queste isole non erano indifferenti a Cina.
Erano una ferita che ancora bruciva e che aveva considerato sempre aperta.
Yao le attribuiva alla sua sovranità per motivi storici e geografici.
Poco prima del 1900, Cina aveva perso il controllo di quelle isole a seguito della sconfitta col Giappone che glie l’aveva sottratte insieme a Taiwan (ora autonomo da Kiku).
Sulla carta appartenevano a Giappone, in quanto Alfred, che le aveva prese a Kiku a causa della seconda guerra mondiale,  gli aveva concesso nuovamente la sovranità su queste, successivamente, con un Trattato.
 Ma Yao non era mai stato d’accordo e non l’aveva MAI riconosciuto.
Insieme a Taiwan, avevano provato a reclamarle, ma le loro richieste non erano state accolte.
Anzi..chi provava ad avvicinarsi a quell’arcipelago veniva cacciato o catturato dalla gente di Kiku.

Cina girò sul lungomare infastidito.
“ Pare che, nei pressi di queste pescose isole, possa essere presente del petrolio o dei giacimenti di gas naturale..”.
Giappone aveva promesso di non sfruttare le risorse dell’isola, ma per Yao era diventata una questione di principio.
Le sue isole le aveva sì perse con la guerra del 1894-1895, ma per Cina, una volta che Giappone aveva perso la guerra, quest’ultimo, aveva perso il diritto di reclamarle.
Doveva restituire le terre, anche perché le Senkaku precedentemente appartenevano a Taiwan, prima che questo venisse conquistato da Kiku.
Se ora Taiwan era libero, anche le Senkaku che erano sotto il suo dominio dovevano tornare indietro.
Le rivoleva sotto il suo controllo.
Rispetto al 1894 erano successe tante cose e adesso era tutto diverso.
Adesso era lui il più forte e nemmeno America avrebbe dovuto mettersi troppo in mezzo, per quanto quest’ultimo ci tenesse a Kiku, dato che rappresentava uno stato cuscinetto tra Cina, i fratelli Corea e Russia.
Era molto legato militarmente a Giappone e certamente l’avrebbe supportato e  protetto se ci fossero stati dei disordini. Senza alcun dubbio.

Tirò fuori dalla tasca una bandiera cinese e la piantò dritta nella sabbia.
“ Tsk…queste terre sono mie!”
In quel momento sentì il metallo di Giappone sulla tempia.
- CHE STAI FACENDO?- urlò il giapponese autoritario.
- Mi riprendo ciò che mi spetta!- sentenziò tagliente il cinese.
Giappone socchiuse gli occhi e lo guardò minaccioso- Queste isole sono MIE! E tu lo sai!-
- Che ne dici di rivolgerci alla Corte Internazionale di Giustizia per constatarlo?- schernì altezzoso Yao.
- NON E’ NECESSARIO! I trattati stabiliscono che queste isole mi appartengono quindi devi accettarlo!-
così dicendo Kiku indicò, invece, la sua bandiera bianca col sole rosso che sventolava alla luce della pallida luna.
- E perché dovrei?- sibillò aggressivo Yao.
- Parlo seriamente, Cina! Ho appena acquistato tre isole dell’arcipelago e non intendo tirarmi indietro!-
- Pensi di potermi sottrarre ciò che legittimamente mi appartiene?- grignò il cinese.
- Vuoi sfidarmi?- rincarò Giappone.
- Lo sai bene che non è nel mio stile! Preferirei risolvere la questione pacificamente!- mormorò Yao inviperito – Siamo Nazioni civili noi!- concluse.
- Benissimo! Allora ti chiedono pacificamente di andartene! Tu e la tua gente non li gradisco nei pressi di queste mie terre! Se continuate con le vostre incursioni sarò costretto a catturarvi tutti!- avvertì il giapponese.
- Devi solo provarci…- provocò l’altro.


Kiku alzò lo sguardo e si stupì nel vedere all’orizzonte un migliaio di pescherecci approssimarsi alla costa.
Erano affiancati da sei pattugliatori della Marina cinese che manifestarono il proprio dominio prima di ritirarsi.
Cina sorrise beffardo.
- I miei sudditi definiscono queste isole: le Diaoyu!- mormorò sottile Yao.
Giappone si accigliò e afferrò la pistola, stringendola fermamente tra le sue dita.
Con l’altra mano afferrò il cellulare e compose il numero della Guardia Costiera giapponese.
L’intervento della Marina giapponese non tardò.
I pescherecci vennero respinti attraverso getti d’ acqua.
Cina ringhiò alla vista della sua gente trattata in quel modo.
- COSA.STAI.FACENDO.AI.MIEI.SUDDITI??- ruggì in direzione del giapponese.
- Li respingo! Sono nel mio territorio!- moderò Kiku.
A quel punto, Cina era pronto a balzare addosso a Giappone ma un’ombra gigantesca adombrò la luce lunare.
Yao girò il capo e vide una grande portaerei americana.
Era la Washington affiancata da un’altra enorme nave: la Stennis.
“ Alfred è qui!” realizzò fra sé.
- Per ora, mi ritiro! Ma sappi che la questione è tutt’altro che risolta, Giappone! Tutt’altro!- e così dicendo abbandonò velocemente l’arcipelago a bordo della sua barchetta.

- Alfred! Sono contento che tu sia venuto!- salutò Giappone chinando il capo formalmente alla potente Nazione che scese dalla Washington.
- In realtà, si tratta solo di una coincidenza..- proclamò sorridendo ambiguo l’americano – preferirei che risolveste pacificamente la faccenda tra voi..- Giappone sospirò fissando stancamente Alfred-..ma certamente interverrei, se doveste subire un attacco ai vostri possedimenti!- assodò senza indugio America.
- Grazie mille, America! Ti sono grato!- chinò nuovamente il capo, Kiku.
- Dovere! Dovere! Il Trattato che stipulasti con me, anni addietro, sancisce la tua autorità su questi territori!- sentenziò risoluto, Alfred.
- Cina non sembra pensarla allo stesso modo!- si accigliò Giappone.
- Lo so! Me l’ha detto , sai? Ha persino utilizzato le pagine di alcuni miei giornali per provare a convincere la mia gente della bontà delle sue pretese!- sbuffò divertito l’americano.
- Mmmm…- bofonchiò il giapponese sospettoso.
-  Cercate di risolvere la faccenda senza esagerare troppo. Va bene?- sorrise America.
-  Tenterò!- concesse Kiku.

- RAZZA DI BASTARDO!- sbandierò Yao mentre camminava presso i quartieri cinesi.
- Ma chi diavolo si crede di essere? Non siamo più come nel 1800! Adesso sono io il più forte e Giappone mi deve portare rispetto!- sbraitò fra sé la Nazione asiatica.
Venne urtato da una folla di gente che si dirigeva correndo verso una fontana.
Notò che si trattava di un grosso gruppo studentesco che si metteva in posa per una foto.
Un giovane teenager afferrò la sua Canon e invogliò i suoi amici a sorridere.
Cina si soffermò su quella scena, poi, un ghigno comparve sulle sue labbra.
- So io come far abbassare la cresta al mio caro vicino!- e senza remore prese il Tonfa( *arma tipica cinese).

Kiku sentì il telefono squillare.
- Pronto? Con chi parlo?-
- Mi perdoni signor. Kiku, sono Muramaki Takumi(*inventato) assistente delle comunicazioni della ditta Sony!
- Salute a voi! A cosa devo la vostra chiamata?- domandò cordialmente Giappone.
- Abbiamo riscontrato un problema coi cinesi . Stanno..-
- Hanno provato nuovamente ad attraccare nei pressi delle Senkaku?- interruppe allarmato Kiku.
- No, Signore! Attualmente stanno protestando  davanti le nostre industrie situate in Cina!-
Senza pensarci due volte Yao aveva cominciato promosso numerose manifestazioni presso  le sedi più importanti delle aziende giapponesi come la Toyota, la Panasonic, la Canon, la Honda etc..  rischiando, certamente, di provocare ingenti danni.
Il popolo cinese era molto nazionalista, in questo senso, e non trovò ostacoli.
“ Ti basta, Giappone?” ridacchiò fra sé il cinese.
Kiku si morse le nocche delle mani e sibillò nervoso:
-  Contatta e fai chiudere le nostre imprese per un po’!-
-  Ma in questo modo dobbiamo bloccare la produzione..- protestò il dipendente della Sony.
- Sospendi comunque le attività! Non possiamo rischiare dei danni ai nostri stabilimenti! Inoltre dobbiamo mandare un chiaro messaggio al popolo cinese e ai suoi governanti!-
- Sissignore!-
  TLACK

Yao osservò le industrie giapponesi chiudere i battenti.
“Umm..è così?”
Mentre passeggiava per le strade, noteva numerosi cartelli che vietavano l’ingresso ai cani e ai giapponesi.
- Giappone dovrebbe fare poco lo spavaldo! Forse è il caso di saltare il summit a Tokyo con l’ Fmi..-

Il telefono squillò e Yao rispose.
- Pronto?-
- Sono Giappone!-
- Ah! A cosa devo l’onore?- beffò il cinese.
- Perché hai saltato il summit con l’Fmi? Dobbiamo occuparci della crisi economica!- chiese perentorio Kiku,  ignorando il tono dell’altro.
- Mah! Forse perché non mi piace condividere il tavolo con dei ladri?- replicò l’altro ironicamente, facendo finta di rifletterci sopra.
- Come ti ho già spiegato: quelle terre le ho ottenute in maniera L-E-G-I-T-T-I-M-A e sono in mio possesso da anni, oramai! E’ inutile incaponirti sulla questione!- invocò Giappone spazientito.
Yao si passò irritato il telefono tra le mani.
- Hai ragione, sai?! Che ne dici se quest’anno evitiamo di celebrare i 40 anni dei nostri AMICHEVOLI rapporti diplomatici?-propose il cinese gelido.
Giappone rimase spiazzato e per alcuni secondi non proferì parola.
- La notizia mi rammaricherebbe!- ammise, infine, il giapponese.
- Me ne farò una ragione!-sottolineò Yao con aria di sufficienza.
Passò altro tempo di quella che pareva una guerra psicologica.
- Forse dovremmo cercare di smorzare le tensioni fra noi..- constatò contrariato Kiku.
- Forse dovremmo..- convenne il cinese.
- Allora..ci sentiamo a breve!- concluse Kiku.
- A presto, Giappone!-
 E interruppero la chiamata.

Yao riposiziò al suo posto la cornetta e si portò le dita nell’incavo degli occhi.
“ Non credere che sia finita qui, Giappone! Non rinuncio facilmente a ciò che mi è stato depredato!”
Volse lo sguardo verso la finestra.

Il sole faceva brillare l’acqua, rendendola lucente e trasparente.

Su questa un centinaio di barche cinesi e taiwanesi scivolavano alla volta delle isole Senkaku, o meglio, Diaoyu.
“Non hai ancora visto niente!” sorrise Tao, ma senza letizia.

********************************
Ammetto che non me l’aspettavo la diatriba sulle isole Senkoku.
Su Taiwan, era già più probabile … sebbene non in questo frangente.
Non ho affrontato volutamente la parentesi del Tibet che meriterebbe un capitolo a parte.
Può sembrare  strano, ma le relazioni tra il Giappone e la Cina si sono parecchio acuite ultimamente, probabilmente perché non si sono mai assopite del tutto, in realtà.
Non credo si arriverà a un conflitto armato in quanto vi sono troppi interessi economici di mezzo.
Purtuttavia, bisogna avvertire un certo rischio di guerra economica che pur non è piacevole.
La Cina, nonostante viva una dittatura, motivo per cui Yao definisce “sudditi” le sue genti nella mia Fanfiction, non si può definire propriamente una Nazione bellicosa.
Almeno, non quanto lo sono stati gli europei, gli americani o gli stessi giapponesi che, invece, l’hanno spesso invasa.
Fino a pochi decenni fa, vivevano nel feudalesimo ed è stato il contatto col mondo occidentale che li ha portati a “svilupparsi”, sebbene la loro tradizione culturale e la loro filosofia di vita ancora impernia molte delle loro scelte.
Questa presa di posizione nei confronti del Giappone si può intendere come una semplice questione di principio o come la voglia d’imporre la propria egemonia in seguito alla consapevolezza che deriva dalla sua ritrovata forza?
La Cina costituisce o costituirà una minaccia per il futuro?
Suppongo che il problema cinese si riproporrà sotto qualche forma, prima o poi.
Come accennavo nel capitolo, la crescita spaventosa di quel paese NON è sostenibile. Non più.
Non si parla di secoli, si parla di pochi anni.
Cosa accadrà a quel punto?

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Capitolo 4
*** Siria Vs Turchia ***


SIRIA VS TURCHIA
( 04-10-12 / 6- 10-12)

Turchia stava bevendo un succo d’arancia seduto sulla base di una finestra del magnifico palazzo Topkapi a guardare il tramonto.
Era una giornata afosa e umida e, certamente, la sua gente avrebbe fatto bene a cercare riparo sotto qualche albero o nelle proprie abitazioni, per evitare di prendersi un’insolazione.
Il sole era arancione e cumuli di sabbia e di polvere si alzavano nell'aria a causa delle alte temperature.

Una giornata tranquilla finchè Sadik non udì un forte botto.
- Cos’ è stato?- esclamò impressionato.
Proveniva dal confine.
Nel piccolo villaggio di Akcakale.
Turchia si mosse velocemente, saltando sui tetti delle basse abitazioni e scavalcando i cestini di frutta caduti.
Di fronte a sé comparve una scena che gli raggelò il sangue.
Due donne erano riverse sulla terra, coperte di sabbia.
I loro occhi non avrebbero rivisto più la luce arancione del sole.
Sadik si avvicinò traballante e notò altri corpi tra le braccia di una delle donne.
Tre bambini senza vita giacevano tra le braccia della madre che aveva tentato inutilmente di proteggerli dal colpo di mortaio proveniente dal confine siriano.
Una folla numerosa si radunò alle spalle di Turchia.
La scena fece loro ribollire il sangue e cominciarono a protestare contro le continue incursioni siriane al confine turco.
Sadik, dal canto suo, era rimasto in silenzio.
E si che era una Nazione paziente, aveva tollerato più di una volta le aggressioni di Siria.
Una volta, potevano definirsi addirittura amici ma Sadik non gli aveva mai perdonato l’abbattimento del suo jet con a bordo due piloti turchi.
Peraltro, si mormorava, che i due piloti fossero sopravvissuti, ma che Siria, sotto il consiglio di Russia, avesse provveduto a tappargli la bocca per sempre.
Ma quella scena..quella scena proprio non la sopportava.
A causa delle continue tensioni siriane nel suo territorio, erano morti tre bambini e l’avevano visto tutti i popoli che abitavano le sue terre.
Sadik cominciò a fremere dalla rabbia e nemmeno si accorse di essersi spaccato il labbro dal nervoso.
La mano tremante afferrò il cellulare che aveva in tasca e cercò nella rubrica il numero di America.
- America, sono Turchia!-
- Hiiiii Turchia!-
Convoca il Consiglio dell’ Alleanza Atlantica(NATO).Invoco l’art 4 dello statuto!-

- Questa volta hanno veramente passato il limite della decenza!- mormorò Francia.
- Quest’atteggiamento è intollerabile!- convenne Bulgaria.
- Siria sta giocando col fuoco!- asserì Estonia.
Le 27 Nazioni si girarono all’unisono quando Sadik entrò nell’ampia sala.

Aveva il volto stanco a causa della distanza che aveva macinato in poco tempo per arrivare a Bruxelles, ma gli alleati notarono, negli occhi della 28esima Nazione dell’ Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord, una determinazione insolita.
Turchia si sistemò al suo posto.
- Ho invocato il Consiglio perché questa situazione non è più concepibile!- affermò con fermezza.
- Cosa domandi?- s’insospettì America.
- Il vostro appoggio, oltre che la ferma condanna dell’accaduto!- proclamò Sadik.
Le varie Nazioni si studiarono tra loro per un momento.
- Quello che è accaduto può ben definirsi un attacco alla tua integrità, Turchia! Io ritengo che integri gli estremi per un’azione da parte della Nato in tuo difesa!- riflettè Italia ad alta voce.
Turchia esaminò la giovane Nazione italica.
- Almeno..da parte mia!- concluse Feliciano.
- Ti ringrazio, Italia! Ma non auspico il vostro intervento militare! Possibilmente vorrei evitare di scatenare una guerra nella mia regione!- moderò il turco.
Passeggiò nella sala con sicurezza, sotto lo sguardo degli alleati.
- Tuttavia, certamente non lascerò correre questa volta!- ghignò ambiguo.

In quel momento , al Consiglio giunse  la notizia che Turchia aveva contrattaccato in rappresaglia verso alcuni obiettivi sensibili in territorio siriano.
Non si avevano informazioni su quali fossero.
Il Parlamento turco aveva approvato eventuali interventi militari  in territorio siriano.
Anche tramite le truppe terrene, se necessario.
Le 27 Nazioni seguirono indagatorie  Sadik che si rivolse nuovamente a loro:
- L’attacco ai miei confini…non rappresenta, forse, una violazione del diritto internazionale?- interrogò saccente.
-  E della nostra autorità!- strinse i pugni l’americano.
E’ un tuo diritto rispondere ed anche interpellare l’ONU!- affermò Romania.
-  E’ quello che farò!- ammise il turco.

La notte stessa uscì un comunicato.
Russia afferrò il biglietto con cui la Nato condannava le azioni in territorio turco, intimandone l’immediata cessazione, in quanto costituivano una palese violazione del diritto internazionale.
- Signore..- entrò titubante un dipendente della segreteria russa.
- Avanti!- Intimò Russia.
- Abbiamo una chiamata da Turchia! Vorrebbe parlarle..- espose il segretario.
- Passatemelo!- accettò Ivan.

- Russia!- la voce di Turchia appareva tutt’altro che ossequiosa.
- Turchia, ti sembra il caso di attaccare Siria?- domandò il russo.
-  Converrai con me che l’azione siriana è andata troppo oltre..?!- si accigliò il turco.
- Convengo!- confermò Russia.
- Dunque, una risoluzione ONU potrebbe apparire più efficace agli occhi del mio vicino!-
- Oh! Addirittura?-  si stupì Ivan.
- Non si può lasciar correre una violazione del diritto internazionale così manifesta!-
- Si è trattato di un semplice incidente!- sorrise il russo conciliante.
- Incidente o meno..la mia gente è irritata! Sono morti degli innocenti!- sbottò Sadik.
- Per così poco..non ce n’è bisogno, andiamo!- commentò Ivan ridacchiando.
- Questo sta a me stabilirlo!- minacciò il turco.
Russia non replicò, ma Turchia sentì chiaramente il suo interlocutore comporre un numero di telefono.
- Siria! Sono io!-
Aveva chiamato Siria.
- Niente di grave! Lo so, lo so! Si dà il caso che sto parlando precisamente con lui! Immagino! Suppongo si sia trattato di un incidente, non è vero?  AHHHH Capisco! Quindi non è opera vostra..-
- COME SAREBBE A DIRE CHE NON E’ OPERA LORO?!- aggredì il turco, dall’altro capo della cornetta.
- Perdonami un attimo, Siria!-  e Russia poggiò l’orecchio sulla cornetta dell’altro telefono.
- Si è trattato chiaramente di un’opera loro dato che i colpi provenivano dal confine siriano..e NON E’ LA PRIMA VOLTA!- contestò Turchia.
- Siria afferma che quella zona non è più sotto il suo controllo, ma in mano a terroristi che con lui non hanno niente a che fare! Si rammarica per l’avvenuto!-
- Scuse!- proruppe Sadik.
- Ti suggerisce di comportarti in maniera più responsabile! Cosa che mi auguro anch’io!  Se possibile, ti aiuterà a identificare i responsabili di questo ORRIBILE e ATROCE atto criminale!- enfatizzò Russia.
- Ma..ciò non toglie che..- balbettò Turchia.
- Adesso che vi siete chiariti..conto che i vostri legami possano proseguire ottimamente! Ora, se non ti dispiace, devo occuparmi di alcuni affari!-
- Ma..Molto bene! A risentirci  a presto!- concluse il turco.
E Turchia e Russia terminarono la loro chiamata.
- Che gran seccatura!- commentò il russo rivolto al siriano che attendeva dall’altra parte del telefono.
- DIMITRI!!!- urlò, poi.
Un ragazzo vestito di nero entrò nella stanza.
- Mi avete chiamato signore?-
- Portami un po’ di vodka! Ho la gola secca!-

Sadik tornò furente al suo Paese.
Durante il ritorno soppresse una manifestazione a favore degli “amici siriani”.
“ Ma quale amici?” s’irritò Sadik.
 Qualcosa, però, l’aveva ottenuta.
Aveva finalmente la “ scusa”.
Poteva finalmente muoversi contro le basi curde poste ai confini siriani che costituivano una minaccia per la sua integrità.

I curdi furono uno dei motivi principali per cui le sue relazioni con Siria si deteriorarono nel tempo.
Queste minoranze curde erano localizzate in città strategiche situate nei pressi della linea di confine.
Alcuni di questi erano presenti nel suo Paese, come nei territori vicini.
Poco tempo addietro, Turchia aveva personalmente condotto i suoi aerei nel cielo iracheno affinchè bombardassero le loro basi.
Il problema derivava dal fatto che alcuni di questi erano affiliati di un movimento politico clandestino armato attivo chiamato PKK, che, oltre che rivendicare l’indipendenza del suo popolo, a lungo discriminato spesso da Turchia e da Siria stesso, mirava a promuovere un Kurdistan più autonomo e su basi d’ispirazione marxista.
A causa dei loro attacchi violenti, America, gli Stati europei e  Iran  bollarono queste organizzazioni curde come terroriste.
Turchia non era di diversa opinione, ovviamente.
Il turco, attualmente, credeva che Siria li stesse favorendo in qualche modo.

Sadik salì sul promotorio e notò Kurdistan che raccoglieva della verdura sotto il sole.
- Ammettilo, Kurdistan! Siria ti sta appoggiando!- accusò il turco e, scivolando sul terreno roccioso, gli mollò un pugno dritto nel costato.
Kurdistan sgranò gli occhi, sputò della saliva, ma non si scompose.
-  E’ stata la tua gente ad aggredire il mio popolo?- domandò rabbioso il turco.
- Ohhhh! Mi fa piacere che la riconosci come MIA gente!Ora, se lo facessi ufficialmente, sarebbe tutto più semplice e meno sanguinoso!- si rallegrò il curdo, ma senza speranza.
-Francamente, le tue provocazioni mi hanno stancato!- ringhiò Sadik.
- Immaginavo che, il dialogo democratico con te, sarebbe stato totalmente inutile!- constatò il curdo disilluso.
-  La TUA gente dovrebbe frenare la lingua e TU dovresti tenerli sotto controllo! Non sarò clemente se li colgo sul fatto!- avvertì Turchia.
- Ma vedi, Turchia, la mia gente è composta da milioni e milioni d’individui sparsi in tutto il Medio Oriente! La maggioranza sono brave persone, sai?- sibillò sorridendo- Ma non posso mica controllarli tutti!- terminò petulante.
- Bè, FALLO! Altrimenti mi sentirò legittimato a respingerli con ogni mezzo! E puoi stai certo che, la cosa, non m’impedirebbe di dormire serenamente la notte!- ordinò Turchia dandogli la schiena.
- Riconosci la mia indipendenza ,Turchia! Potremmo costruire il nostro futuro su solide fondamenta di amicizia!- implorò Kurdistan.
- Con voi?- domandò altezzoso Sadik, scrutandolo dal basso verso l’alto, con aria di sufficienza - Giammai!- si sporse velenoso.
-Andiamo! Lo sai che non sono così male! Persino America ha cercato di stringere i contatti con me, recentemente!- suggerì il curdo.
- Naturalmente! Quello, dove fiuta il petrolio, spero di ottenere voce in capitolo!- affermò sprezzante Turchia.
- Ma ..noi possiamo..- tentò il curdo.
- La risposta è: NO!-
Kurdistan rimase impalato per un istante, amareggiato.
- Molto bene, ma non ti lamentare se scoppiano ulteriori focolai o la mia gente si senta costretta a portare avanti nuovi conflitti per ottenere maggior autonomia-
- E tu non lamentarti se li ammazzo personalmente, con le mie stesse mani!- promise Sadik e, così dicendo, lo colpì nuovamente, mandando l’altra Nazione in mezzo alla terra.
- Abbassa la cresta! Non- Nazione!- e se ne andò, lasciando Kurdistan a sputare sangue sulla sabbia.

******************************************************
Questa situazione non è stata facile da esaminare.
Le informazioni non sono facilmente riscontrabili e reperibili, il che complica non poco lo studio della faccenda.
Speriamo che non sia un’analisi troppo superficiale.
Come ben sapete: La Turchia chiese, a suo tempo, di entrare nell’Unione Europea.
Le Nazioni europee, nonostante la Turchia sia una Nazione abbastanza ricca di risorse, stanno agendo , giustamente, con estrema cautela alla domanda turca.
L’ Europa trova le sue basi su certi valori comuni e la Turchia, per quanto più sviluppata di altre Nazioni Medio orientali,  non credo possa rispecchiare propriamente, perlomeno non ancora, le idee europee.
In ogni caso, nell’ultimo periodo, le tensioni crescenti in Medio Oriente hanno spostato l’attenzione di questa Nazione verso i suoi stessi vicini.
Potrebbero esserci degli sviluppi futuri in questa parte della terra.
Tra  le notizie che pervengono dai mass media riguardo la Turchia e la Siria, si tralascia un particolare di estrema importanza.
I curdi, perlomeno le frange estreme, come ho cercato di far intendere nel testo, sono visti come una minaccia e un problema in quanto numerosi e ben determinati anche attraverso l’uso di armi.
Spesso sono accaduti atti di violenza tra i curdi e la polizia tunisina.
Niente può precludere che la rappresaglia turca sia diretta più verso di loro che verso i siriani stessi, nonostante l'accusa di aiutarli.
I curdi sono un popolo a sé? Può essere!
Presentano una propria identità e cultura e spesso sono stati vittima di discriminazione.
Meritano di ottenerne il riconoscimento e l’indipendenza del loro Stato?

Altro quesito.
Le persone più scettiche degli ultimi eventi hanno parlato di una possibile white-flag, "casus belli" se preferite, per poter attaccare la scomoda Siria da parte delle Potenze Occidentali.
Vi è stato chi sostenesse potesse essere l’inizio di una Terza Guerra Mondiale, causando l'entrata in scena dell'Iran, del Pakistan, d'Israele, della Russia, della Cina etc.
Considerando come stanno procedendo concretamente le vicissitudini, personalmente, non credo che le cose possano degenerare fino a questo punto.
Certamente, si può considerare che la Turchia ha potuto sfruttare l’evento a suo favore, ottenendo l’autorizzazione per sferrare qualche colpo a quelli che considera suoi “nemici”.

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Capitolo 5
*** La Crisi Europea - Parte Seconda ***


LA CRISI EUROPEA– Parte Seconda

Germania ruppe la tazzina di caffè contro il muro, sparpagliando liquido e frammenti ovunque.
Rimase con lo sguardo opaco e l’affanno, a fissare il vuoto.
Austria entrò velocemente e fissò l’amico – Per l’amor di Dio! Germania! Cosa è successo?-
Ludwig afferrò l’austriaco per le spalle e studiandone le pupille espose:
- I dati peggiorano! Ha i soldi fino a novembre! Hai capito?-
- Ah! Parli di Grecia!- comprese Roderich, mettendogli una mano sulla schiena, nella speranza che si calmasse.
- Ma l’hai sentito? “Rischiamo una Repubblica di Weimar così!” Ma cosa vuole insinuare? Che, siccome vogliamo evitare il ritorno del nazismo, IO, colui che è stato dichiarato il maggior colpevole del secolo scorso, dovrei prestare i soldi dei miei contribuenti a fondo perduto, mentre LORO CONTINUANO A SPRECARE o a NON RIFORMARSI???- si sfogò il tedesco.
- La Grecia non se la sta passando troppo bene ultimamente, Germania! Cerca di capire!- tentò conciliante l’austriaco.
- Io.ci.provo! Ma mi stanno stancando sinceramente! Facciano quello che devono fare senza sconti temporali, né tagli di debito, né altri prestiti, né niente!- protestò Ludwig.
- Adesso calmati però!- lo assecondò Roderich.
- Le regole che TUTTI abbiamo accettato prevedono che non sia possibile finanziare direttamente gli Stati! Così dev’ essere!- proclamò risoluto Germania e guardò severo Austria.
- Rischiamo di perdere anche la nostra reputazione finanziaria che, fin’ora, è sempre stata eccellente!- sibillò il tedesco.
Poi si mise una mano sulla fronte, calmandosi,  mentre l’altra la poggiò sulla scrivania di legno per reggersi.
Dopo un po’, Austria lo vide afferrare il telefono.
- Che stai facendo?- chiese sospettoso l’austriaco.
- Chiamo Spagna! Vorrei capire che diavolo vuole fare! Se vuole usufruire degli aiuti di Esm o quant’altro! Comunque devo saperlo! Bisogna valutare le condizioni!-

Roderich abbandonò la stanza, lasciano Ludwig a innervosirsi al telefono.
“ Ultimamente, non lo capisco nemmeno io! Ma cosa spera di ottenere facendo così? Avrà pure le sue ragioni…ed è vero che molti paesi sono stati irresponsabili! Ma perchè sembra sempre che noi, Paesi più piccoli, dobbiamo ADEGUARCI alle sue decisioni?  Perché  lui è più grande ed economicamente forte di tutti noi?”
Passeggiò per il corridoio, non accorgendosi nemmeno del saluto festoso di Feliciano.
“ Si! Lui sarà pure la locomotiva d’Europa, sebbene stia rallentando! Ma io non sono da meno! Tengo i miei conti in ordine e sono in salute! O l’Europa è composta da 27 membri, presto 28, quindi anche di noi più piccoli oppure è composta da 26 membri più Germania che l’indirizza tutti!”
Uscì all’aria aperta, percependo la brezza del vento.
- Tsk..ora capisco la scelta d’ Inghilterra!- commentò fra sé, guardando il cielo e gli stormi librarsi in cielo.

Feliciano vide Roderich farfugliare e sbuffare nel corridoio.
Provò a salutarlo, ma l’austriaco era talmente preso dalle sue preoccupazioni che nemmeno lo notò.
“ Potrebbe essere importante! Non voglio disturbarlo!” assodò l’italiano proseguendo.
Entrò nello studio di Germania.
Ludwig lo vide arrivare: “ Ci mancava lui!” constatò il tedesco, squadrando l’italiano da capo a piedi.
- CIAO DOIT..cioè..GERMANIA!- salutò entusiasta Italia.
- Ciao Italia! Hai adempiuto scrupolosamente ai tuoi doveri?- chiese senza scomporsi il tedesco.
- Sto portando avanti l’agenda che abbiamo preparato insieme!- affermò sicuro l’altro.
- Questa è una buona notizia!- ammise Germania.
Italia ridacchiò soddisfatto.
Finalmente il suo lavoro era gradito anche dal tedesco.
- Mi aspetto che l’opera di riforma del tuo Paese vada avanti senza intoppi e prosegua anche oltre la primavera- continuò il tedesco, serrando gli occhi.
Italia deglutì.
Feliciano era ben contento di essere preso nuovamente in considerazione come una Nazione seria, dopo un passato particolarmente leggero e burrascoso.
Agli occhi di tutti gli altri, questa versione d’Italia era migliore, ma quanto poteva essere tollerata dalla sua gente che soffrivano sempre di più i suoi rigidi provvedimenti d’ austerità che sembravano non portare altro che disperazione.
Moralmente erano a pezzi.
Ma poi queste misure erano veramente ideali per gli italiani?
Come poteva garantire a Germania di proseguire su questa strada, se il suo popolo rischiava di chiederne un’altra nell’arco di pochi mesi, oramai?

- Italia! Sto parlando con te!- grugnì Ludwig, esaminandolo severo.
Italia trasalì, risvegliandosi dai suoi tormenti.
Non poteva garantirlo!
 Non democraticamente, s’intende! Oppure..
- La linea da tracciare è stata segnata !- riprese il tedesco, segnando con una penna rossa alcune note su dei fogli – Devi portare avanti i compiti che ti sono stati assegnati!-  disse guardandolo inflessibile e austero negli occhi.
- Germania..come ben sai..la mia è una Repubblica parlamentare..- balbettò l’italiano.
- Quindi?- domandò l’altro, alzando un sopracciglio.
- Come tu hai chiesto alla Corte Costituzionale la legittimità dei nostri accordi..io devo chiedere conferma alla mia gente se..- mormorò Feliciano.
- Abbiamo BISOGNO di un’Italia sobria e seria! Basta giochetti!- minacciò Ludwig.
- Ma come potrei…-
- Accertati che dopo l’espressione popolare, le varie forze appoggino un ‘Italia..sobria!-
- Non so come il mio popolo possa percepire questa scelta!- tentennò l’italiano.
- IL DESTINO EUROPEO RISIEDE NELLE TUE MANI, ITALIA! Non è più tempo di trastullarsi, ma di adempiere ai propri obblighi e doveri!- sbottò il tedesco.
-  Questo lo so, ma che posso..-
- Vuoi mandare tutto all’aria? E’ così?-  s’infuriò Germania.
- NO! Certo che no!- guaì l’italiano.
- Allora vedi di comportarti bene! Non tollererò altre deviazioni di percorso!-
- Se Germania fosse un po’ più flessibile, io…-
- GLI ERRORI SI PAGANO, ITALIA!- urlò il tedesco.

Italia rimase immobilizzato.
Ludwig si rese conto di aver esagerato.
Il tatto non era il suo forte.
Non era certo sua intenzione spaventarlo in quel modo.
“Se solo Italia fosse più responsabile, forse ci capiremmo di più” si addolorò.
- Basta così! Puoi andare!- decretò Germania, rammaricato, senza più guardarlo.
Italia alzò la testa e, costernato, si volse verso la porta.
Con un filo di voce, lo salutò.
Fece per uscire, ma la voce del tedesco lo interruppe: “ Ci vediamo lunedì per la riunione!” mormorò con tono apprensivo e un po’ più addolcito.
Italia si cacciò con l’indice una lacrima e annuì con la testa.
Dopo che fu uscito, si mise a correre con gli occhi pieni di lacrime, verso casa sua.

Lovino stava raccogliendo i frutti del campo di pomodori quando vide suo fratello schizzargli accanto in lacrime.
“ VENEZIANO!” urlò.
Ma il ragazzo si fiondò in casa.
“ Ci risiamo” mormorò fra sé e lo seguì nella loro abitazione, trovandolo in camera da letto a piangere.
Posò il cestino di pomodori sul tavolo e si sedette sul bordo del letto.
-Veneziano..- sussurrò pacato.
- Possibile che qualunque cosa faccia non va mai bene?- si lamentò Feliciano, colpendo il cuscino con un pugno.
- Elementare. Il crucco trae giovamento dai tuoi sensi di colpa!- sogghignò Lovino alzando gli occhi al cielo.
Italia fissò accigliato il fratello maggiore.
- Non mettere in mezzo Ludwig, fratello! Lui non c’entra niente! La colpa è MIA!- sibillò e si riprese a singhiozzare.
Lovino lo guardò con un misto di biasimo e compatimento.
- Italia..non capisci che questa situazione non possiamo risolverla noi?! E’ il sistema che è andato in panne! Qualunque cosa facciamo è destinata a peggiorare!- sentenziò gelido.
- Se noi ci comportiamo bene..- cominciò Feliciano stringendo il cuscino.
- Se noi “obbediamo”- corresse il fratello.
Italia continuò stizzito:
- Questi sacrifici ci permetteranno di portare avanti riforme che poi, in futuro, ci modernizzeranno e  ci renderanno migliori! Faranno bene al nostro popolo!- asserì convinto Italia.
- Questa austerità non farà altro che peggiorare la nostra già precaria situazione!- affermò Lovino e si avvicinò all’orecchio del fratellino:
- Queste misure servono alle banche, soprattutto tedesche e francesi, per succhiarci gli ultimi risparmi e ad appropriarsi di settori  strategici e beni preziosi- sussurrò ambiguo.
Poi prese la testa di Nord Italia tra le mani e lo fissò dritto negli occhi -Servono a renderci schiavi, Veneziano!- bisbigliò.

- SEI UN BUGIARDO! GERMANIA NON LO FAREBBE MAI!- urlò Feliciano, scostandosi dal fratello.
- Italia! A quel figlio di puttana non importa un fico secco di te! Vuole solo comandare e, possibilmente, riprendersi i soldi che ha investito sul nostro debito! Una volta terminata l’operazione, ti abbandonerà!- assicurò sprezzante l’italiano più grande.
- Ma cosa dici? Noi siamo un’ UNIONE! UN’ UNIONE!-  smentì Italia sgomentato.
- A parole! Ma quando si mettono di mezzo gli interessi economici..non ci sono valori che tengano!- sbuffò l’altro.
- La prosperità di Germania, lo sa, dipende dalla solidarietà che gli hanno mostrato gli stati europei dal 1945!- ribadì senza dubbi Feliciano.
- Veneziano! Il dopoguerra è finito! Germania..ha dimenticato!- replicò Lovino poggiandogli una mano sulla spalla.

A quel punto, Italia si alzò bruscamente e fece per andarsene.
- Basta! Non voglio più sentire le tue sciocchezze!-
Il fratello maggiore lo bloccò, afferrandolo prontamente per un braccio.
- Tutti sono indebitati! Anche il tuo prezioso mangia-patate!-
Italia girò il capo, trovandosi di fronte gli occhi inquisitori di Lovino.
- Lo sai perché sono tutti indebitati, Veneziano?- domandò a bassa voce.
Feliciano negò lentamente col capo.
- Siediti!-

- Questo è un pomodoro!-
 Lovino afferrò un pomodoro dal cestino.
- Facciamo finta che tu non possa produrli e che, quindi, tu debba acquistarli dal sottoscritto!- e lo porse in mano al fratellino che se lo rigirò tra le mani.
- Per produrre questo pomodoro io spendo 1, ma, quando te lo presto, ti dico che questo frutto ha il valore di 10-
- Romano! Stai dicendo cose senza senso!- stabilì con pena l’altro.
- Italia! CONCENTRATI su questo fottutissimo pomodoro!-
Feliciano si concentrò per seguire il discorso del fratello.
- Non solo! Ti dico che me lo devi restituire con un interesse di 5 pomodori !- continuò riprendendo in mano il frutto.
- Morale della favola: Tu sei costretto a chiedere in prestito un bene, di cui io stabilisco il valore e che tu non puoi produrre, e che mi devi restituire con un gli interessi! Ci sei?-
Feliciano annuì incerto.
- Quindi io ricavo ciò che ti ho prestato più una ricchezza maggiore mentre, a te, non rimane niente! Se non ce la fai, io mi prendo le tue pere e le tue mele! Ci sei?-
Italia si mise le mani sulle tempie.
- Credo..credo di si! Ma, voglio dire, nessuno mi costringe a chiedere i pomodori in prestito!-
Lovino continuò.
- Una volta, erano le Nazioni ad avere la possibilità di produrre pomodori quindi, comunque andasse, i pomodori rientravano nelle casse del Paese e questo si arricchiva. Se invece io, Romano, inteso come persona fisica umana privata, mi arrogo un diritto che appartiene a una Nazione..-
- Tu..tu ti arricchisci e la Nazione…s’impoverisce!- completò Feliciano.
- Ci siamo!- dichiarò Lovino, rimettendo il pomodoro al suo posto.
- Questo è quello che accade con la moneta da quando le banche stampano denaro per conto di privati e non come banche statali!- terminò Lovino con un sorriso.

- Non mi hai ancora spiegato perché dovrei chiedere i soldi in prestito!- dichiarò Feliciano scettico.
- VENEZIANO, ASCOLTAMI! Una volta il denaro cartaceo era legato a un bene riconosciuto di valore da tutti: l’oro!- disse Sud. Italia afferrando un candelabro placcato in oro.
- Adesso sono veramente confuso!- si depresse l’italiano.
- Oramai, stampano carta senza che vi sia un’eventuale riserva aurea! Lo sai questo che significa?-
- Noooo!- urlò Feliciano esasperato.
- Che possono produrre denaro, in realtà senza valore perché non coperto da un bene di valore, in quantità industriali! Loro si arricchiscono con il ritorno e gli interessi! Se non pagano ipotecano i beni materiali del debitore- profetizzò Lovino.

- Romano…io..-
- C’è di più, Veneziano! Le banche hanno deciso di comprarsi il debito, senza valore, tra di loro, accollando le perdite allo Stato! Mentre il profitto è privato!- affermò il fratello.
Feliciano si afferrò la testa tra le mani.
- E lo sai perché?-
Si sentiva la testa esplodere.
- Perché gli Stati non possono far fallire le banche, perché se fallisce una banca…se va in default..-
- Anche le altre ..- comprese Italia.
- Per questo la Bce presta denaro alle banche e questelo usano per ripianare i loro debiti, invece di darli alla società- Lovino si poggiò al tavolo- ..Oppure investono in altri cazzo di titoli di Stato per trarne maggior profitto!-
- BASTA ROMANO!- gridò Feliciano-
- Se la Bce smette d’immettere liquidità nelle banche…- sogghignò il fratello maggiore.
- ROMANO!- urlò Italia.
-.. Vi sarà una BANCAROTTA a catena!- proclamò Lovino, mozzicando un pomodoro.
- Queste sono cose assurde e inaudite!- s’inalberò il fratellino.
- E questo genererebbe il Caos perché più nessuno elargirebbe crediti e nemmeno pensioni o stipendi! Scoppierebbe un’enorme guerra civile! Salterebbero molte teste! E per impedirlo…-
- E’ UNA FOLLIA!- serrò i pugni irritato Italia.
- ..per impedirlo accollano i loro debiti alle popolazioni europee e vengono finanziati dalla Bce!-
- ADESSO BASTA!- e gli tirò il cuscino in faccia.

Feliciano ansimava pesantemente- Stai..stai delirando!-
- E’ una fottutissima truffa, Italia! E noi, col fiscal compact di quello stronzo di crucco, la recessione e senza poter effettuare investimenti, a causa delle regole sempre del crucco che non vuole che la BCE finanzi direttamente gli Stati,.. Noi..abbiamo un cappio al collo. Non ci sarà alcuna dannatissima ripresa! Nessuna cazzo di luce in fondo al tunnel!-
Lovino abbassò lo sguardo e guardò vagamente il vuoto.
- Se falliamo noi..ci portiamo il mondo al seguito. Primo fra tutti Germania!-

Italia afferrò il fratello maggiore .
- Romano! Queste tue affermazioni sono solo il frutto di paure e complottismi. Ti sei fatto condizionare! Facile cercare un colpevole al di fuori di noi stessi!- lo consolò dolcemente.
- Il nostro popolo dovrà pagare un debito non suo e soffrirà enormente a causa di ciò!- profetizzò Lovino cinicamente.
- Ne usciremo!- dichiarò speranzoso l’altro.
- Certamente! Solitamente si risolve con una bella guerra!-
 Italia mollò la presa scioccato.
- Cosa?-
- Ma non una piccolina..una di quelle che fanno milioni e milioni di morti!- mormorò beffardo Lovino.
-  CI DEVE ESSERE UN’ ALTRA SOLUZIONE! NON PUÒ VERAMENTE ANDARE COSì!- urlò Feliciano sconvolto.
- Bisogna vedere se le Nazioni decidono di mettersi d’accordo o preferiscono mandare i loro popoli alla morte!- schernì aspramente l’altro, incrociando le braccia.
- NON E’ VERO! Questo meccanismo non può proseguire all’infinito!- constatò Italia impallidendo.
- Finirà quando gli interessi raggiungeranno il livello dei debito dello stato. Poi crollerà!- terminò distaccato Lovino.

Feliciano rabbrividì e corse via.
Suo fratello non voleva fare sacrifici e cercava solo di dare una spiegazione inverosimile agli eventi, però, la sua rassegnata convinzione, l’aveva impensierito non poco.
“ Non ho tempo per queste cose! Domani ho una riunione importante! Devo pensare a una soluzione per Grecia e Spagna!”

Lovino era rimasto appoggiato sulla scrivania, a fissare cinicamente il vuoto.
Spagna comparve al suo fianco.
- Mi accompagni?- bisbigliò all’orecchio dell’italiano.
- Ci picchieranno anche questa volta?- domandò Lovino senza scomporsi.
- Probabilmente!- sorrise lo spagnolò, realista.
- Non vedo l’ora!- ricambiò compiaciuto l’italiano.
E presero l’occorrente per accamparsi.

********************************************************************
I temi affrontati in questo capitolo sono tutt’altro che semplici ma necessari per capire perché vi sono tutte queste rimostranze nei confronti delle banche e perché molte forze politiche europee basano la loro campagna elettorale sul contrasto a questi istituti, adesso.
Mi odierete ma ho dovuto semplificare parecchio il discorso, nella speranza di favorire un intendimento più facile .
Capisco ci siano imperfezioni.

Premetto col dire che, inizialmente, ho accennato ad Austria, in quanto, in questo Paese, stanno nascendo forze politiche contrarie alle soluzioni caldeggiate dalla Germania.
La cosa che appare interessante è che è sempre stato un Paese sostenitore e  molto vicino alle idee politiche ed economiche dei tedeschi, mentre ora, a causa delle tensioni che stanno nascendo in Europa, oltre a essersi ammorbidito, vede una situazione di potenziale ingovernabilità per un futuro governo e i dibattiti sulla soluzione della crisi europea non si sprecano, spesso in contrasto con quelle della Germania.

Ho sottolineato la spaccatura che si sta vivendo all’interno del nostro Paese.
Un’Italia che si sente colpevole, pronta a sopporsi ad altre misure di austerità pur di non vedere più certi soggetti e un’Italia che, invece, ritiene ingiuste o dannose le soluzioni e  che afferma che non si può ridurre la politica a un mero calcolo economico.
La Germania, credo sia scontato, gradirebbe un Monti-bis.
Sarebbero garantiti sulla stabilità e sulla serietà del Paese, oltre che sui debiti.
Credo siano seriamente terrorizzati dal ritorno del Cav.
Probabilmente, questa primavera, rischiamo una situazione d’ingovernabilità, però, ancora, c’è troppa nebbia e incertezza per fare delle previsioni credibili.
Certo, la politica, almeno buona parte, vorrebbe ancora nascondersi dietro il governo tecnico per pararsi dai tempi duri, le difficili riforme e, poi, affibbiare la colpa ai professori, così sancendo la loro totale inutilità sempre di più.
Ne vedremo delle belle..

La terza parte riguarda l’argomento, così definito, del Signoraggio Bancario.
Chiaramente, preso molto alla lontana.
 E’ un tema molto avvincente, oltre che di difficile comprensione perché molto tecnico.
L’argomento, purtroppo, non è chiaro e molti elementi ci sfuggono.
Si rischia facilmente di cadere in luoghi comuni.
Ritenete che le preoccupazioni di Romano siano infondate o deliranti, oppure, effettivamente, il sistema presenta qualche cosa che non va?

L’ultima parte fa un accenno agli indignatos.
Successivamente, magari, gli dedicherò un capitolo, anche per spiegare il perché i vari Paesi mediterranei stiano reagendo in maniera differente, gli uni dagli altri,alle misure imposte.

Restate sintonizzati!
 





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Capitolo 6
*** Indignados ***


INDIGNADOS
( 09 – 11 – 2012)


Spagna si era appollaiato vicino una finestra del Parlamento spagnolo.
Seguiva con attenzione il dibattito sulla produzione industriale di questo mese: - 7%.
I parlamentari si stavano scannando riguardo il PIL che era caduto più del previsto: superava 1,5%.
“ Tutto questo non ha senso!” constatò Antonio, visualizzando le banche iberiche che richiedevano gli aiuti statali a scapito dei cittadini che si ritrovavano nell’impossibilità di chiedere persino il mutuo.
Spagna osservò quelli che, oramai, considerava le marionette dei finanzieri: i politici.
Adesso stavano discutendo riguardo eventuali aiuti internazionali per salvaguardare la stabilità finanziaria del paese.
Qualcuno ipotizzava di privatizzare  alcuni ospedali o altri servizi pubblici.
“ Appoggiare l’uno o l’altro..che differenza fa? Sono legati a questo sistema di merda e mangiano come suini!”
Scese dall’edificio, stufo di doversi interessare di quei discorsi rabbiosi e interessati.
“ E al mio popolo? Chi ci pensa?”

Passeggiò a lungo per le vie di Barcellona. La notte rendeva la città più romantica di quanto lo fosse di giorno. Osservò la fontana di Montjuïc a Plaça Espanya. I suoi colori e le sue musiche lo intrattennero per un quarto d’ora buono.
Poi vide degli studenti che, a loro volta, sedevano rapiti da quello spettacolo.
Improvvisamente, un loro amico fece ritorno nella compagnia, trasportando una pila di volantini gialli con sé. Era andato a chiedere un posto di lavoro al ristorante “Cal Pep” della piazza.
 L’avevano rifiutato nonostante la laurea in scienze politiche. “ Un viso poco accogliente”..l’avevano liquidato così. La realtà è che non accettava di lavorare in nero.
A quasi 5 milioni ammontava il numero dei disoccupati…25% giovani sotto i 25 anni.
La compagnia di giovani sospirò e, raccolti gli ultimi volantini, si spostarono alla ricerca di altre opportunità.
“ A cosa era dovuta questa mortificazione? A cosa servivano questi sacrifici? Come si poteva tollerare quest’umiliazione? A chi giovava soprattutto?”
La frustrazione e la collera portarono il ragazzo a fremere: “Que se vayan todos!”
“Che se ne vadano tutti!” approvò Spagna, anch’egli insofferente a quella situazione.

S’intrufolò nuovamente nella folla. Quante volte l’aveva fatto in quei mesi? Quattro, cinque, sei, dieci , venti volte? Non importava, avrebbe continuato.
Non che servisse praticamente, ma, perlomeno, si manteneva l’orgoglio e la dignità di dire: “ IO SONO VIVO! IO QUESTA SITUAZIONE NON L’ACCETTO!”
Il popolo, sfruttando la rete e il passaparola, si univa in lunghi cortei, sfilando per le strade come un corpo unico.
Poi si riuniva in una piazza e si sedeva a cantare e a protestare.
La polizia, che minacciava di picchiare la gente, si ritrovava contro mani alzate indifese e aperte al dialogo.
- NO ALLA VIOLENZA! NO ALLA VIOLENZA!- scandivano gli Indignati di Puerta del Sol mentre un loro compagno veniva trascinato via con tutto il cartellone: “ Non c’è abbastanza pane per tanta ingordigia!”

“ Ciao Rom!”
“ SPAGNA! MA CHE CAZZO TI E’ SUCCESSO???”  si scandalizzò Romano, aprendo la porta di casa sua allo spagnolo.
“ Solo qualche acciacco! Niente di cui preoccuparsi!”
Romano non parve particolarmente convinto e scrutò il suo interlocutore con cipiglio infastidito.
“ Hai nuovamente bazzicato in giro con Grecia e Portogallo?”
Antonio si tolse la polvere dal vestito graffiato.
Aveva numerose lacerazioni su tutto il corpo e il suo volto era tumefatto e segnato dai lividi.
“ Veramente,questa volta c’erano anche Malta e Cipro!” ridacchiò rivolto all’italiano.
“ AHHHH! Spagna, per piacere, finirai per provocare una sanguinosa rivolta civile, danneggiandoti ulteriormente!!”
“ Sei preoccupato per me, eh Roma?” sorrise compiaciuto lo spagnolo, cercando di abbracciarlo.
“ Non ci penso proprio!!” e allontanò Antonio con la mano “ Sono solo preoccupato per la recessione che ci sta investendo tutti! Ieri, ho sentito che la disoccupazione anche tra la mia gente è aumentata! Molte aziende non ce la fanno più! In tutto questo quelle teste di cazzo dei rappresentanti fanno baldoria o battibeccano su questioni irrilevanti! Detesto questa fottutissima situazione!”  

Antonio si fece la doccia e uscì con un accappatoio beige avvolto alla vita e un asciugamano per strofinarsi i capelli bagnati.
Romano sedeva sul divano, facendo zapping col telecomando, passando indifferentemente da un talk show all’altro.
Antonio si avvicinò sorridendo e, preso il polso dell’italiano, lo costrinse a guardarlo negli occhi, poggiando la sua fronte su quella dell’altro:  “ Quando avremo l’onore di vederti in prima fila con noi?”
“ CC.C..Che..e?”
“ Ma siiii, lo sai daii! Dobbiamo formare il “ PIIGS TEAM!” schernì Antonio, ma senza gioia nella sua voce.
“ Non ci penso proprio, Spagna! Levatelo dalla testa! Cosa pensi di ottenere facendo così, a parte le manganellate s’intende?” rispose acido l’altro.
“ Meglio che annichilire mentre quei porci si arricchiscono sul sudore e i sacrifici dei nostri popoli!” si accigliò inacidito lo spagnolo.
 “ Tanto..non cambierà niente! UN CAZZO DI NIENTE! Ci vorrebbe una bella rivoluzione!” commentò adirato l’italiano.
“ Non la farai standotene in casa a fare zapping col telecomando, mi querido!” constatò lo spagnolo.
“ Come se le rivoluzioni fossero eventi piacevoli!” s’interpose Feliciano entrando dalla cucina con due piatti di pasta, ricolmi di sugo.

“ Ciao Spagna!”
“ Ciao Italia!”
“ Non sapevo ti trovassi da queste parti! Vado subito a prepararti un piatto anche per te!” così dicendo Feliciano si fiondò nuovamente in cucina.
“ Però è quello che ci vorrebbe!” sibillò Romano.
“ Cosa, Roma?”
“ Una rivoluzione! Devono ..pagarla..per tutto ciò che ..c’hanno fatto passare!”  mormorò ancora.
“ Ho paura dei colpi di Stato!” guaì Feliciano, rientrando nel salotto,  porgendo un piatto anche ad Antonio“ L’ultima volta, ha portato il fascismo! Una dittatura!” sussurrò.
“ E STI CAZZI! QUESTA COS’E’ SECONDO TE, FRATELLINO? UNA DEMOCRAZIA???” s’adirò ulteriormente il maggiore.

Antonio salutò allegramente, con la mano, i fratelli Vargas.
“ Fratellone…perché noi scendiamo in piazza con loro questo week-end?”
“ Perché siamo egoisti, codardi e stronzi, ecco perché!” commentò tra i denti il maggiore.
“ MA COSA DICI ROMANO!!!”si scandalizzò Feliciano.
“ Siamo bravi solo a lamentarci ma poi andiamo a fare la fila per comprarci un cazzo d’Iphone!” dichiarò sbattendo la porta.
Feliciano gli corse appresso.
“ MA QUESTO E’ SUCCESSO OVUNQUE! PURE DA SPAGNA! Smettila di fare sempre la vittima!”
“ Ci mancano le palle!” asserì Romano, fissando un punto imprecisato del pavimento.
“ Non è vero! Ricordi cosa accadde nel 2008 al G8? E la manifestazione a Roma? Quelle contro il Primo Ministro e..Roma? ROMA DOVE VAI?”
“ A guardarmi la Tv! Stasera c’è la partita!” replicò l’altro ed entrò in salotto, si distese sul divano, afferrò un altro piatto di spaghetti e si mise a seguire il calcio.

Feliciano sospirò e guardò il piatto che veniva passivamente divorato dal maggiore che seguiva la formazione della squadra di calcio per cui tifava.
- Se fosse vuoto, fratellone! Anche tu t’indigneresti!- considerò – Perché la fame è più forte della rassegnazione e dell’inerzia! Prima o poi.. Roma..prima o poi..-
Volse lo sguardo al cielo. Le stelle illuminavano il prato che circondava la loro dimora.
Eppure, ultimamente, c’era un’aria strana.
Lui stesso sentiva brividi lungo la schiena e si riscopriva ad aprire gli occhi sempre più spesso.
La disoccupazione non era ai livelli di Spagna e Grecia: ma stava incrementando.
Le tasse erano troppo alte: le stavano ancora alzando.
Non c’era lavoro: avevano alzato notevolmente la soglia per la pensione.
I servizi pubblici stavano andando in rovina: li stavano privatizzando.
La sua gente era tra i popoli europei più ricchi: li stavano dissanguando e impoverendo sempre di più.
Il debito era alto: e stava incrementando.
La colonna portante del paese erano le piccole e medie imprese: stavano chiudendo.
I rappresentanti politici erano beceri e corrotti: erano stati sostituiti con un tecnico di ambigua provenienza.
In una parola: FAME. Presto si sarebbe fatta tangibile e opprimente per le vie cittadine.
Anche volendo, non sarebbero stati in grado di nasconderla dietro il solito sorriso rassegnato o indulgente.

L’evasione e il nero consentiva alla gente di tirare a campare con poco ancora.
 L’aiuto della famiglia e del patrimonio delle precedenti generazioni permetteva di procurarsi quotidianamente un pasto caldo, tuttavia, la situazione che doveva affrontare Grecia e Spagna non era così distante dalla sua.
Attualmente, il torpore si stava lentamente dileguando, lasciando spazio al malcontento che veniva assorbito da un nuovo movimento politico che affascinava e, allo stesso tempo, intimoriva Feliciano. Ma se non si correva ai ripari, mobilitando gli altri Stati europei, Feliciano non se la sentiva di garantire la tranquillità della sua gente..
Prese posto accanto al fratello.
Quest’ultimo bofonchiava qualcosa a proposito dell’arbitraggio sleale.
- Finirà!- meditò tra sé il minore dei Vargas – E allora verranno spazzati via!-

Nel frattempo, Heracles era davanti al Parlamento greco. Era talmente arrabbiato che si era esposto arditamente di fronte ai poliziotti a guardia dell’istituzione.
Altri tagli. Miliardi di tagli che avrebbero sbloccato miliardi di aiuti a tassi usurai.
O questo o il fallimento. Cos’era? Una minaccia?
“ Se, almeno, servisse a qualcosa…Mi sento tra l’incudine e il martello! ”
Presto venne circondato dal frastuono e dalle urla furenti e disperate di migliaia di persone che si erano date appuntamento davanti al Parlamento.
Tanta era la collera che i parlamentari furono costretti a interrompere la seduta più volte.
Grecia temeva che bastasse una semplice scintilla a far scattare una sommossa popolare e, il vero problema, è che non era sicuro di quale fosse la decisione giusta. O forse non ve n’era una. Non vi era una strada meno dolorosa dell’altra..niente sarebbe stato più come prima. Niente poteva esserlo. Si trattava solo di capire chi erano i colpevoli di quella situazione. Andavano puniti.
Nonostante le forti proteste, la volontà popolare venne nuovamente calpestata dall’approvazione notturna di quei tagli.
“Li detesto!” ruggì Heracles dal Partenone “ Ma non so che fare!”


Intanto, in Spagna, una nuova onda d’indignati si raggruppava al centro del piazzale.
Anche Antonio era lì, seduto in prima fila. Venne manganellato più volte ma mantenne ferma la sua posizione.
Avrebbe potuto stendere quei servi dello Stato in un battito di ciglia, ma non lo fece.
Non era quello che voleva dimostrare. Voleva, invece, che il mondo sapesse che: un cittadino spagnolo rimaneva lì decorosamente, con le mani alzate e il viso sporco di sangue, a levare inerme la sua voce, come una spada, denunciando un sistema artefatto e corrotto che non funzionava più.



*******************
Scusatemi se non aggiorno spesso, ma sto scrivendo un’altra fan fiction e quindi devo saltare da un capitolo all’altro, quando ci riesco. Se vi sono eventi di particolare importanza, cercherò comunque di trattarli nel più breve tempo possibile.

Panem et circenses si diceva in passato. Ma se ti manca il piatto in tavola, forse, un dubbio sul tuo futuro e su quello dei tuoi figli ti balza alla mente.

Perché ho scritto questo capitolo?  
Prima di tutto a sottolineare come vi sia un problema di rappresentatività all’interno dei nostri sistemi.
Poi a evidenziare le tensioni sociali che potrebbero sfuggire di mano.
E, infine, a prendere in considerazione le differenze tra le varie situazioni.

Ora.. Romano qui rappresenta un pò lo stereotipo di colui che si lamenta, ma rimane alla finestra a giudicare.
Allora, personalmente, trovo irritanti gli atteggiamenti vittimistici. Se non altro perché sono fini a se stessi e generano polemiche sterili su luoghi comuni.
Perché noi siamo dei pappamolla…perché noi facciamo la fila per l’I-phone…perché il popolo italiano pensa solo al calcio…etc.. Ma basta, su! La rassegnazione fine a se stessa proprio no.
Pare che noi non protestiamo mai…invece, antecedentemente anche agli Indignados, si sono riunite in piazza non migliaia, ma milioni di persone.
I  greci o gli spagnoli NON sono migliori di noi, per quanto possa apparire il contrario,…ma presentano una situazione differente dalla nostra e noi, per una serie di motivi, non siamo ancora a quel punto.
Come dicevo: non si possono ancora paragonare le nostre percentuali con le loro, in termini sociali.
Potremmo arrivarci, a questo punto non lo metto in dubbio… se continua così sicuro. Ma, per ora, siamo più contenuti, sebbene la frustrazione. Per ora.

Per quanto riguarda gli indignados, io non posso che comprendere il loro atteggiamento, perché, appunto, se non altro, manifesta pacificamente un dissenso. Che poi sia utile..posso riservarmi il beneficio del dubbio. A volte ci si può sentire impotenti e soffocati.
 Ecco, in questo, forse, perché è ancora tutto da vedere, il movimento 5 stelle POTREBBE essere una cosa più costruttiva e positiva, se riesce a incanalare la protesta portando in politica nuove proposte e nuove idee più vicine alla necessità della gente. Questo indipendentemente dal proprio credo politico, s'intende. Il fatto che si formino nuove correnti politiche non è assolutamente un fattore da ignorare perché, a seconda del loro carisma, hanno la capacità di “ calmare” o “esasperare” certi contesti. In questo FORSE siamo più avanti perché evitiamo gli Alba Dorata ( una specie di nuovo fascismo greco) di turno. Però bisogna vedere come si evolverà la situazione perché ogni cosa, in principio, pare logica ed eccellente. Vedremo..

Mi sono ritrovata spesso a domandarmi  se vi è un livello massimo di tolleranza per cui la violenza possa dichiararsi legittima.
Per dire: sono decisamente contro l’uso della forza, in quanto sono per i cambiamenti democratici che avvengono in cabina elettorale... Ma se voi vi accorgeste di essere in DITTATURA, cosa fareste?
Cioè: se ti stanno ingannando, se ti stanno depredando, se rendono le elezioni anti-democratiche..tu, cittadino, come ti dovresti comportare? Bisogna subire in silenzio? Combattere? Emigrare? I poliziotti sono padri di famiglia come noi, ma se fossero dalla parte sbagliata?
Mah! A volte me lo chiedo. Così come mi chiedo cosa stia aspettando l’Unione Europea per attivarsi con degli strumenti volti a riparare ai danni passati, attuali e futuri e per portare avanti progetti più grandi, ambiziosi e democratici rispetto al proprio orticello.

Ci vediamo al prossimo argomento!

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