Non è tempo per noi, e non lo sarà mai.

di itsniall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo. ***
Capitolo 2: *** Secondo. ***
Capitolo 3: *** Terzo ***
Capitolo 4: *** Quarto. ***
Capitolo 5: *** Quinto. ***
Capitolo 6: *** Sesto. ***
Capitolo 7: *** Settimo ***
Capitolo 8: *** Ottavo. ***
Capitolo 9: *** Nono. ***
Capitolo 10: *** Decimo. ***
Capitolo 11: *** Undicesimo. ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo. ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo. ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo. ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo. ***
Capitolo 16: *** Sedicesimo. ***
Capitolo 17: *** Diciassettesimo. ***
Capitolo 18: *** Diciottesimo. ***
Capitolo 19: *** Diciannovesimo. ***
Capitolo 20: *** Ventesimo. ***
Capitolo 21: *** Ventunesimo (ultimo). ***



Capitolo 1
*** Primo. ***


PRIMO.


E se avessero deciso di andare a Berlino, invece che a Londra?
E se la mia migliore amica non mi avesse convinto ad andare insieme a lei?
E se i miei non mi ci avessero mandato?
E se io non l'avessi mai incontrato?
E se tutto, dalla prima all'ultima virgola, fosse andato diversamente? Cosa sarebbe successo? Cosa avrei fatto? Cosa lui avrebbe fatto?
Non so rispondere a queste domande. Adesso mi sembra solo di aver fatto un'enorme stronzata, e avrei preferito che tutto fosse andato diversamente.
Avrei preferito andare a Berlino al freddo.
Avrei preferito starmene a casa da sola che a Londra con Eleonora.
Avrei preferito che i miei, se avessi scelto Londra, non mi ci avessero mandata.
Avrei preferito che tutto andasse in maniera completamente diversa. Perché io adesso non sarei qui, sul letto, sola, a piangere e a urlare, mentre lui è con i suoi amichetti a divertirsi e a ridere come dei coglioni. 
«Ma tanto, se doveva succedere, sarebbe successo comunque. Che tu fossi o non fossi andata a Londra.»
E' questo che mi ripete ogni santa volta Eleonora.
Ma io non ci credo, no. 
Comunque, partiamo dall'inizio.
Io sono Debora, una ragazza di 23 che sta a Roma per l'università, ma originaria di una città Toscana, Arezzo. Andavo al liceo linguistico. In seconda la scuola organizzò uno scambio culturale, sia a Berlino, sia a Londra. Gli alunni dovevano decidere quale città sarebbe stata meglio, così poi ci saremmo andati. Ovviamente quelli che potevano e volevano.
Io avrei preferito andare a Berlino, mi è sempre piaciuta come città. A me è sempre piaciuto il freddo e Berlino era la mia città ideale.
Ma ovviamente scuola mia era un branco di pecore, per cui scelsero tutti Londra a parte altri 10 ragazzi, neanche.
Comunque, il giorno che ci dettero la notizia (benché provvisoria) non dissi niente ai miei.
Fu una settimana dopo, quando ci consegnarono i fogli per le adesioni.
«Mamma, io non ci voglio andare a Londra. Mi sta sul culo quella città. Qest'anno poi ci vanno tutte quelle bimbeminchia del cazzo. Preferisco starmene a casa.»
«Oh, suvvia Debora cara, non essere rompicoglioni e alternativa come sempre.»
«Ma mamma, se non voglio. Tanto vado bene ad inglese.»
«Si, col 5 vai bene. Comunque ancora c'è da sentire papà, che non so se ti ci manderà. Va beh, dai, vai in camera a posare la roba che fra un po' si pranza.»
Lasciai mia mamma da sola a riguardare il foglio dell'adesione e io invece me ne andai in camera ed entrai su facebook.
"Deb, Deb, Deeb!" mi salutò al solito la mia Ele.
"Oh, dimmela!"
"Ti devo raccontare una cosa. Stasera ti posso chiamare? Ora devo andare agli allenamenti!"
"Okay, chiamami stasera. Però verso le 22, che prima mi sa che ceno."
Ci salutammo. Io staccai il computer e mi distesi sul letto.
Dopo dieci minuti mi chiamò mia madre per andare a pranzo.
Mentre mi stavo dirigendo verso la cucina, mi arrivò un messaggio. Era il mio ex, Giulio. Aveva 4 anni in più di me, ma lo amavo uguale.
"Ehi Deb, ti devo parlare. Alle 7 vieni al parco. 7 in punto. Ciao, a dopo. :)"
«Figlio di troia.» sussurrai tra me e me.
«Debora! Sbrigati che si sciupa!» mi richiamò mia mamma.
Mi precipitai in cucina e mangiai alla svelta. Poi andai a preparare il borsone e corsi in palestra. 
Faccio ginnastica artistica, si. Da 5 anni.
Dalle 3 finii alle 7 e 40. Quando entrai negli spogliatoi, guardai il cellulare e mi trovia 5 chiamate perse, 12 messaggi e 3 messaggi vocali.
"Mi dispiace, ma avevo palestra." mi scusai. Ero educata, anche se non avrei dovuto.
"Non importa. Sono da Gianni, ti aspetto qua. Sbrigati."
Gianni ero il bar del parco, dove andavo (e vado tutt'ora) a fare due chiacchere coi miei amici. Mi diressi là, con tutta la calma possibile. Arrivai verso le 8 e lo trovai lì fuori, a fumarsi la sua bella sigaretta e a cazzeggiare col suo Iphone. 
Quanto mi stava sul culo.
Arrivai lì, posai la roba e lo salutai. Lui mi salutò e restammo per 10 minuti circa in silenzio.
«Senti, io ho fame e devo andare a studiare. Vedi di muoverti.» ruppi il ghiaccio. 
Lui senza dire niente, si alzò, mi si posò davanti e per 20 secondi buoni, mi guardò fissa negli occhi. Io feci uguale.
Poi, dal nulla, si mise in ginocchio e mi prese il viso tra le mani. 
Fu lì che mi resi conto che tutte le minchiate che avevo detto ad Eleonora erano solo puttanate.
Qual bacio fu il più lungo, il più bello e il più emozionante della mia vita. Mai nessun altro bacio potrà eguagliare quello che mi dette Giulio quel giorno.
Provai un miscuglio di emozioni insieme. Rabbia, tristezza, malinconia, felicità, agitazione, imbarazzo.. tutte riassunte in delle fitte alla pancia e le gambe che mi tremavano ed erano deboli.
Mi aveva baciata. Non ci potevo credere.


Ciaau(?)
Ho creato l'ennesima storia, perché l'altra mi faceva schifo.
Comunque, in questa credo ci sarà il Larry. Ma non perché io ci credo, eh. Sia chiaro. Anzi, tutto il contrario. E' solo per farci due risate! :)
Adesso vi saluto.
Baci, Gio'.

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Capitolo 2
*** Secondo. ***


Secondo.


Dopo un po' si staccò. Aprì lentamente gli occhi e mi guardò di nuovo. Ancora mi tremavano le gambe e mi sembrava di prendere fuoco. Ero sbalordita, non era potuto succedere davvero.
«Debora..»
«Di-dimmi.» balbettai.
Mentra parlava, non ce la facevo ad ascoltarlo. Le immagini di quel bacio mi passavano davanti agli occhi come flashback ed erano incredibili le emozioni che mi facevano provare.
Ancora non lo avevo dimenticato, ma non avrei mai avuto la forza di perdonarlo.
I miei pensieri furono bruscamente fermati da delle parole che non avrei mai voluto sentire.
«Debora, mi dispiace. Sono un coglione, perdonami. Ti scongiuro, torniamo insieme. Mi manchi.»
No, aspe', cosa?
«Ho capito bene? 'Ti scongiuro'? 'Mi machi'? 'Sono un coglione, scusa'?»
«Si..»

«Non posso Giulio. Tu non hai la mininma idea di come mi hai fatta stare in questo anno. Tu non hai idea di quanto ho pianto, quanto mi sono sentita sola, abbandonata. Tu non hai idea di quanto mi siano mancati i tuoi abbracci e i tuoi baci. E ora che finalmente l'ho superato, non mi puoi chiedere di fare finta che non sia successo nulla.»

«Quindi, io non ho più possibilità con te?»
«Dopo tutto quello che mi hai fatto? No, mi dispiace.»

I suoi occhi, da speranzosi, divennero improvvisamente malinconici, lucidi e rossi.
Abbassò di scatto la testa, appena si rese conto che stava per finire in lacrime.

«Giu..»
«Debora, lasciami stare. Non posso che dirti che mi dispiace. Mi mancherai, parecchio.»
Strinse la mascella e cominciò a piangere. In silenzio.
Io allungai una mano per provare a consolare, ma la figura di Giulio mi si dileguò davanti, come fosse fatto di fumo. 
Io rimasi lì, come un'idiota, con il braccio teso e gli occhi spalancati.


«Tesoro, dai che è pronto. Sennò si fredda.» mi sussurrò mia mamma, poi se ne andò giù in cucina.
Ritornai alla realtà e compresi che tutto ciò che era successo era solo un sogno. Purtroppo.
Cazzo, lo avevo visto piangere e supplicare perdono. Quanto avrei voluto che fosse vero. Avrei goduto come pochi. 
Però era tutto finto e non ci potevo fare niente.
Mi misi a pancia in sù per due minuti e ripensai a quel sogno. Però mi sarebbe piaciuto baciarlo per l'ultima volta..

«Debora! Se non ti muovi m'incazzo.» mi urlò mio padre.
Io mi fiondai in cucina e mi misi subito a mangiare.
«Tesoro, oggi non c'è palestra. Ha chiamato poco fa il Pasquini (il proprietario della palestra, che oltretutto i miei conoscevano bene per via di mio fratello che frequentò la stessa palestra) e ha detto che  per oggi gli allenamenti sono sospesi. Però ha detto anche che recupererete durante le vacanze di Natale.»
«Eh sì, certo. Che palle oh.»

Era novembre e faceva un freddo cane. Avevo 20 pagine da studiare (ssseee, forse anche di più. che merda.) però io uscii uguale e andai a fare una passeggiata al parco.
Pensai a quel sogno, pensai a quel finto bacio a quelle finte scuse. Tutto ciò che riguardava lui era sempre finto.
Verso le 17:30 mia mamma mi chiamò tutta incazzata perché dovevo studiare. Tornai di corsa a casa e stetti sui libri fino alle 21:30, poi cenai e alle 22, come da programma, mi chiamò El.

«Deeeb! Mia madre mi ci manda!»
«'Ndo?» sia benedetta la mia finezza.
«A Londra, cogliona.»
«Va sta zoccola. Comunque, a me, che me ne dovrebbe importare?»
«I tuoi non ti ci mandano?»
«Ehm..non lo so. Ma il punto è che non ci voglio venire io.»
«Sei una bastarda! Te ci vieni. Alò*! Ci sono io, ci si diverte!»
«Va beh, El, ci penserò. Ora devo andare a letto che sono stanchissima. Ci vediamo domani. Ciao, notte stronza.»
«Notte cogliona.»
Era, ed è, normale. Ci offendiamo anche adesso ogni due parole che pronunciamo. E' il nostro modo per dirci che ci vogliamo bene.
Comunque sia, andai a letto verso le 22:40.
La mattina dopo mi trovai con 4 messaggi.
Da Mattia.
E da Giulio.
Sì, quel Giulio.


*E' un'espressione aretina. E' come dire: 'dai', 'forza', roba simile.


Ehilà gente! Come state? :)
Spero vi sia piaciuto il capitolo!
Stasera proverò a mettere anche il prossimo, promesso!
Alla prossima bellezze. :)

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Capitolo 3
*** Terzo ***


Terzo.


“Domattina ti vengo a prendere verso le 7.40 e si va a scuola.
Ti devo parlare.  Notte Deb.”
«Oh mio Dio, oh mio Dio, oh mio Dio. Che cazzo gli dico?»
“No, Giulio, davvero, non ti preoccupare. Scusa, è sabato, riposati..un giorno che non hai lezione all’università..”
Ero agitatissima. Mi stavano per cedere le gambe. Me ne andai a dormire.
La mattina dopo mi accorsi che mi era arrivato un altro messaggio. “No, non mi interessa. Dormirò oggi, o domani, tranquilla. Devo parlarti urgentemente.  A fra poco Debora. (:”
Mi alzai di corsa e mi andai subito a lavare la faccia. Acqua fredda, ghiacciata. Dovevo riassestarmi un po’ le idee.
Ma che cazzo voleva?
Va beh, io mi vestii tranquillamente, feci colazione e mi lavai i denti.
Alle 7.40 in punto mi arrivò il messaggio di Giulio che mi diceva che era sotto casa mia.
«Mamma allora io vado, ciao.»
«Che ci fa Giulio giù?»
Io rimasi bloccata alla porta.
«Ehm..Giulio? E’ giù?» feci finta di non saperlo e di essere sbalordita.
«Pensi sia stupida?» disse lei affacciandosi dalla cucina.
«No, perché dovrei?»
«Secondo te non ho capito che è lì per te?»
«Ma che dici ma’? Ti ricordi quella sera che litigammo?» ero sempre più agitata. Mia madre odiava (e odia, sia chiaro) Giulio. Non lo poteva nemmeno vedere e se avesse scoperto che gli avevo di nuovo rivolto la parola mi avrebbe chiusa in casa finché non sarei morta. «Ci offendemmo in tutti i modi possibili ed immaginabili. Ci odiamo a vicenda, riparlarci sarebbe una cosa del tutto fuori dai nostri pensieri!»
«See, certo.»
«Dai mamma su, non sono così cogliona. Ora è tardi, devo andare. Ciao.» dissi in fretta a furia (e anche un po’ fredda, ma ci voleva!) uscendo di corsa di casa.
«Giuro che se scopro che ci riparli te nemmeno vai più a scuola, capito?! Ciao, buona giornata!»
Io mentre scendevo le scale mandai un messaggio a Giulio dicendogli di non salutarmi, né venirmi dietro finché non avrei svoltato l’angolo. Così successe.
Appena girai, lui corse da me.
«Che vuoi.»
«Niente, volevo solo accompagnarti. E parlarti. Tutto qui.» mi disse con un mezzo sorriso.
Io lo squadrai, poi mi girai e me ne andai.
«Aspetta Debbie, per favore!» mi inseguì lui.
Io continuavo ad andarmene per la mia strada.
«Debbie, ti prego.»
Mi ghiacciai. Frenai di scatto e fissai davanti a me.
«Ti prego?!»
«Si. Voglio solo parlarti. Tutto qui. Non mi piace come abbiamo chiuso il nostro rapporto. Vorrei almeno restare amici. Per favore. Dammi almeno la possibilità di parlarti.»
Quanto era dolce. Quegli occhioni azzurri erano meravigliosi.
«Okay. Ma poi basta. Chiaro?»
«Okay, va bene. Grazie.» disse abbracciandomi.
Mi abbracciò.
Oh. Mio. Dio.
Il cuore iniziò a battermi fortissimo e le gambe mi tremavano.
«Bene, ora devo andare che è già un sacco tardi.» dissi staccandomi alla svelta e accelerando il passo. Lui mi seguì e cominciammo a parlare. In quel quarto d’ora mi disse che gli mancavo, gli mancava la mia voce, gli mancavano gli abbracci. Gli mancava tutto. Io non sapevo cosa dire, quello non era un sogno. Era la realtà. E per la prima volta non mi sembrò una presa di culo.
 
Entrai in classe e dissi tutto ad Eleonora e Mattia. Lei si arrabbiò un sacco, mentre Mattia provò a capirmi. Poi arrivò quella di latino.
Per tutta la giornata Eleonora non mi parlò.
«Dai Deb, capiscila, ha paura che tu soffra ancora per lui.» mi abbracciò Mattia.
«Lo so, ma mi girano lo stesso le palle che si comporti così. Io non ho fatto nulla.»
Mi dette un bacio sulla fronte e se ne andò.
 
Per più di un mese io e Giulio ci parlammo su face book e uscimmo una o due volte. Da amici.
Io naturalmente non dissi niente a nessuno. Nemmeno a Mattia.
Un giorno, la terza volta che uscimmo, mi riaccompagnò a casa. Restammo una mezz’oretta a parlare sugli scalini di casa mia.
Poi, quando ci alzammo per salutarci, mi baciò.
Fu un bacio lento, dolce, affettuoso. Ma mi fece provare delle emozioni che non saprei descrivere nemmeno adesso.
«Beh, allora..»
«Ciao..forse è meglio che tu vada.» stavo per scoppiare a piangere. Lo ammetto, mi mancava un sacco e se me lo avesse richiesto gli avrei detto subito di sì.
Lui abbassò la testa e fece per andarsene, io per entrare in casa.
«Debbie, mi daresti un’ultima possibilità? Mi manchi..» ammise. Lo ammise. Gli mancavo. Cazzo sì!
«Ci devo pensare Giulio..» che cogliona che fui.
«Okay. Ci risentiamo. Ciao Debbie, ti..ti voglio bene.» mi sorrise. Quel sorriso. Era bellissimo.
Lo ricambiai e me ne corsi in casa.
Passarono due giorni senza che ci sentissimo e io ci pensai abbastanza a lungo. Poi gli risposi.
«Sì, Giulio, sì. Ma è l’ultima, sia chiaro. Appena sgarri, tu sei un uomo morto.»
Lui era contentissimo e non finiva più di baciarmi e accarezzarmi. Lo sentivo il suo cuore, lo sentivo battere fortissimo. Tremava. Era dolcissimo.
 
Peccato che neanche due mesi dopo sarei dovuta partire per Londra.
 
Shiao biele c:
Come state?
Scusate se sono stata moolto assente nell’ultimo periodo ma..ho avuto seri problemi..
Comunque, adesso sono qui! Spero che vi sia piaciuto questo e che vogliate anche il prossimo! 
Cercherò di postarvelo il più presto possibile, promesso!
Adesso vado, ciiao :3 <3

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Capitolo 4
*** Quarto. ***


Quarto.


Sì, i miei mi ci mandavano.
Io non volevo, soprattutto dopo che mi ero rimessa con Giulio. Non sarei riuscita a lasciarlo. Non ce l’avrei fatta.
«Non rompere i coglioni Debora. Te ci vai e zitta. Ti devo per caso ricordare cosa mi disse la tua professoressa di inglese?»
«Pa’, ma perché non capisci che a me, di inglese, non me ne frega un cazzo? Niente proprio, zero! Lo faccio perché lo devo fare, così come francese! Ma io sono andata al linguistico per tedesco. Non per inglese! Né tantomeno per andare in gita a Londra con delle bimbe minchia insopportabili.»
«Tu ci vai lo stesso, o preferisci uscire di casa solo per andare a scuola?»
«Vaffanculo.» presi e mi alzai. Andai in camera e mi distesi sul letto.
“Allora ci vai?” mi mandò poco dopo per messaggio Giulio.
“Si. Ci devo andare, è diverso.”
Dopo un’oretta mi telefonò e chiacchierammo per altre due ore.
«Giulio, è mezzanotte..dovrei andare a letto, sennò domani non mi sveglio!» dissi io a bassa voce.
Lui si mise a ridere. «Okay piccola, ci si sente domani. Ti a..ecco, sì, ti voglio bene.» mi disse.
«Sì..anche io ti voglio bene! Buonanotte.» lo salutai e staccai, poi andai a letto.
La mattina dopo arrivò tutto il programma per quelle due settimane. Così, essendo l’ultimo giorno disponibile, portai l’adesione in segreteria.
«Sempre all’ultimo tu,eh!» mi sorrise la bidella, ricambiai e tornai in classe.
 
Non fu una mattinata molto pesante, ma neanche granché leggera.
Tornai a casa e mi distesi sul letto. Non c’era nessuno: mio padre era al lavoro e non sarebbe tornato, mia mamma era in campagna da mio nonno e mio fratello all’università.
Dopo un po’ che stavo pensando in quel silenzio , decisi di accendere la musica.
Mi alzai dal letto e mi diressi alla scrivania dove avevo lo stereo, ma suonarono alla porta.
«Chi è?» risposi.
«Giulio, mi apri?»
Giulio? Che ci faceva Giulio a casa mia?
Gli aprii la porta e lo feci salire.
Appena arrivò mi stampò un bacio. Sulla guancia.
«Che..che ci fai qui?» gli chiesi confusa chiudendo la porta.
«Non c’è nessuno vero?»
«No..ma, mi spie..» non mi fece finire la frase che mi prese in collo e mi portò in camera. Mi adagiò sul letto.
«Mi spieghi che vuoi fare?» gli chiesi innervosita.
Mi poggiò un dito sulla bocca e mi fece segno di fare silenzio. Poi si tolse le scarpe, spense la luce e si distese sul letto con me.
Fuori pioveva, veniva giù il diluvio. A me faceva freddo, ma con lui che mi stringeva e mi coccolava, mi ero del tutto dimenticata di ciò che avevo intorno.
La serranda era chiusa ed era completamente buio.
Lui cominciò a baciarmi. Dappertutto, sulle guance, sul collo, sulla bocca.
A me piaceva, mi rilassava. Ma poi cominciò ad abbassarsi. Io non riuscivo a muovermi. Ero bloccata, non sapevo che fare.
Gli avevo detto, per vendetta, che l’avevo fatto nell’estate che ci lasciammo. Ma non era vero.
“E adesso che faccio?” pensai tra me e me.
Lui continuava.
Fu quando cominciò a slacciarmi la felpa e a togliermi la maglietta che cominciai ad agitarmi veramente. Mi mancava il fiato e mi prendevano delle fitte alla pancia dolorosissime.
«Giulio, aspetta.»
Lui si stacco e accese la luce dell’abatjour.
«Che succede?» mi chiese preoccupato.
Mi misi a sedere e mi rimisi la felpa.
«Ecco, io..ti ho mentito.» ammisi. Lui mi guardò interrogativo. «Ti ricordi quando ti dissi che ero andata a letto con Riccardo? Ecco..»
«Non era vero.»  sospirò lui.
«No..l’ho fatto perché te eri andato con Cristina e volevo vendicarmi. Allora ti dissi che ero andata con Riccardo.»
«Sei stata stupida, lo sai?»
«Si..scusa.» abbassai la testa.
Lui si mise accanto a me e mi dette un bacio. «Non importa, tranquilla. Quando te la sentirai e ne avrai voglia..hai capito insomma.» mi sorrise. Io risi e lo strinsi.
«Grazie, ti voglio bene.» gli sussurrai all’orecchio. Lui sobbalzò. «Che è successo?»
«Ehm..hm..niente Debbie, non ti preoccupare..Ti voglio bene anche io.» sorrise. Era agitato ed era diventato tutto rosso. Io non insistei, però mi preoccupava.
 
Restammo tutto il pomeriggio accoccolati sul letto.
Non me l’aspettavo quella risposta, sinceramente. Però ero felice di essere lì con lui. Vestiti.
 
Passarono più di due ore e mezzo e io avrei dovuto fare i compiti.
«Giulio, io dovrei studiare.» mi alzai dal letto.
«Va beh, allora vado. Se ce la faccio ci si sente stasera, sennò ti chiamo domani, okay?» rispose alzandosi e mettendosi le scarpe.
«Okay, perfetto. Ciao.» gli detti un bacio sulla guancia e lo accompagnai alla porta.
«Ciao.» mi baciò e se ne andò.
Quando andò via mi sembrava di essermi tolta un peso. Ma non per lui, per il fatto di aver rischiato di andarci a letto.
Mi misi subito a studiare e finii verso le otto. Allora entrai su face book.
Parlai con un po’ di gente, fino alle nove, quando cenai.
Nel frattempo erano tornati i miei.
Dopo cena mi feci una doccia e andai a letto alle undici e un quarto.
Il giorno dopo a scuola Eleonora cominciò a fare il conto alla rovescia.
Mancava un mese e mezzo alla partenza.
E io non avevo ancora la forza di pensare che avrei lasciato Giulio.
 
 
Shiiao c:
come state?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! :3
Cercherò di postare il quinto il più presto possibile, promesso!
Baci<3

 

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Capitolo 5
*** Quinto. ***


Quinto.


Ogni giorno era in quel modo.
Eleonora che era tutta eccitata per la partenza. Non faceva altro che parlare di Londra.
Mattia che non vedeva l’ora di partire perché non sopportava più la sua famiglia, né tantomeno la scuola.
Io che non avevo voglia di fare una cazzo. Né di stare in classe, né di andare a Londra.
Mancava sempre meno.
Un mese. Quindici giorni. Dieci.
Ero sempre più in agitazione. Per fortuna nessuno, ancora, era venuto a sapere di me e Giulio.
Erano quasi due mesi che ci stavo.
«Deb, ci vieni a cena fuori con noi stasera?» mi chiese Eleonora, preciso il giorno che sarei dovuta uscire con Giulio.
Io ero abbastanza brava a mentire. Lo avevo sempre fatto. Soprattutto quando stavo male.
«No, Ele, non posso. Stasera devo stare con mio fratello.»
«Ma, scusa, tuo fratello non ha 20 anni? Penso che..»
«El, ti ho detto che non posso su.»
Mi giravano e Eleonora insisteva sempre e io non l’ho mai sopportata la gente che insiste.
«Okay, scusa, però stai calma cazzo. Non ti ho mica offesa!» si lamentò lei. Io alzai gli occhi al cielo e me ne andai in cortile.
Parlai un po’ con un’altra mia cara amica.
«Ti ho vista con Giulio l’altro giorno, Deb. Che sta succedendo?»mi chiese lei un po’ alterata.
Mi prese un groppo in gola e cominciai ad agitarmi. Ma non lo feci notare più di tanto.
«Niente Jane. Mi doveva dire una cosa, ma le sue solite cazzate. Tranquilla che non ci ricasco.» mentii. Lei mi guardò storta, ma poi le sorrisi e le feci l’occhiolino e lei si rilassò.
«Okay, ti credo. Ma se scopro che c’è sotto qualcosa m’incazzo!» mi sorrise lei. Io risi e l’abbracciai.
Suonò la prima campanella e dopo due minuti tornai in classe. Le due ore dopo passarono velocemente.
Quel pomeriggio sarei uscita con Giulio.
Tornai a casa, pranzai con i miei e poi mi misi subito a studiare.
Verso le cinque uscii. Stetti bene quel pomeriggio.
 
Mancava una settimana alla partenza. Io ero sempre più triste e non riuscivo a pensare ad altro che al fatto che l’avrei dovuto lasciare.
Perché? Perché tutte a me devono succedere? Perché vengo sempre presa di mira?
Dopo tre giorni passati a deprimermi sul letto e a guardare le foto, decisi che mi dovevo godere quegli ultimi giorni con Giulio. Anche a costo che qualcuno ci scoprisse.
Uscii tutti i giorni, lo chiamavo tutte le sere, ci mandavamo messaggi tutto il giorno, non facevamo altro che sentirci e stare insieme.
«Come mai sei così dolce in questi giorni?» mi chiese con un tono preoccupato. Io risi.
«Amore, tranquillo. Non ti ho fatto i corni!» continuavo a ridere. «E’ solo che fra due giorni parto e voglio stare con te tutto il tempo possibile.»
«Devo confessarti una cosa Debbie.» mi disse ad un tratto. Sembrava preoccupato, era agitato e lo sentivo, come dire, moscio, giù di morale.
«Dimmi..» mi stavo preoccupando anche io a quel punto.
«Debora, ecco io..» balbettava, gli tremava la voce. «Era da un anno che nemmeno ci si guardava. Tu hai 15 anni adesso e sei più matura dell’anno scorso. Ti ricordi che mi dicesti un anno fa, quando ci lasciammo?»
«Sì, me lo ricordo fin troppo bene. Ma che c’entra?»
«C’entra, perché quando tu mi dicesti che non avresti mai amato nessun altro come hai amato me, lì per lì non mi importò più di tanto. Ma fu quando capii che non avresti più amato veramente nessuno, nemmeno me, mi sono reso conto di quanto per me eri davvero importante.
Solo che ti vedevo per strada, sembravi felice, sembrava che quello che noi avevamo passato ti fosse scivolato addosso, come acqua. Forse qualche ricordo ti era rimasto, ma pensavo che tu di me ti fossi del tutto scordata. Magari non mi crederai, ma io ci stavo davvero male. Soffrivo, mi mancavi, non sapevo che fare. Vivere un anno senza di te è stato quasi impossibile. È per questo che sono tornato. Perché non ce la facevo, tutto era diventato insostenibile e pesante.
Debbie ecco, con questo ti volevo solo dire che ti amo. E stavolta è vero. Ti amo da impazzire. Come i pesci amano l’acqua, come i bambini amano la propria mamma, come tu hai amato me
Ero scioccata. Seriamente, non ci potevo credere.
Giulio, lui che amava me. E che aveva avuto anche il coraggio di confessarmelo. Io ero rimasta perplessa e non sapevo che dire.
Ci furono diversi minuti di silenzio.
«Debora, scusa. Forse non era il momento adatto né il metodo. Comunque adesso devo andare a letto. Ci si sente domani..ciao.» era rassegnato.
«Ciao Giulio, notte. Ah, un’ultima cosa.»
«Dimmi.»
«Ti amo anche io.» lo salutai. Sentii dalla voce che sorrise. Mi ridette la buonanotte e staccammo.
 
Passarono quei due giorni, dove stare con lui era l’unica cosa che mi importava.
Però il momento era arrivato.
Due marzo. Me lo ricordo ancora.
Valige pronte, auto pronta, classi pronte, alunni pronti. Tutto pronto. Tranne io.
Io non ero pronta, io non ero pronta a lasciare Giulio. Non lo ero mai stata.
Venne a salutarmi all’aeroporto. Da lontano ovviamente.
Poi venne il momento di salire sull’aereo.
Due settimane sembrerebbero poco, ma quando non hai accanto la persona che ami è come se tu fossi sola e anche solo un minuto sembra un’eternità.
Mi misi al mio posto e cominciai ad ascoltare la musica. Guardavo fuori dal finestrino. Lo vedevo che mi salutava con la mano. Era lontano, ma lo vedevo piangere. Lui sorrideva, ma in realtà piangeva. Io gli sorrisi e ricambia il saluto. Gli tirai un bacio. Poi arrivò l’avviso, si partiva.
 
Mi addormentai e si arrivò all’aeroporto di Londra circa due ore dopo.
Scendemmo, ci raccogliemmo e poi ci mandarono nelle nostre rispettive famiglie.
Già mi mancava tanto Giulio.
 
Buuh c:
Come state?
Ecco il quinto! Spero vi sia piaciuto!
Adesso vado..baci. :)

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Capitolo 6
*** Sesto. ***


Sesto.


Entrammo in casa e i proprietari ci accolsero molto gentilmente.
«Prego, accomodatevi.» ci sorrise la moglie. Noi ricambiammo.
Quando varcammo la porta, ci ritrovammo in un enorme atrio che, con tre porte, portava al salotto, alla sala da pranzo (che faceva un tutt’uno con la sala) e al corridoio.
Nell’atrio c’era un pianoforte a muro del ‘500 con uno specchio enorme sopra. Appena entrati la donna chiuse un cancello che bloccava il portone.
Era tutto così surreale.
«Venite, vi porto nella vostra camera.» ci disse il marito, invece.
Noi alzammo le nostre valige e seguimmo l’uomo.
«Piacere, io mi chiamo Bobby e mia moglie Jannet. Nostro figlio è in camera che sta studiando. Lui si chiama Greg.»
Lungo il corridoio c’erano due o tre tavolini con sopra le foto di famiglia.
Alla fine salimmo per una scala a chiocciola e ci trovammo in una mansarda enorme.
C’era un piccolo salottino con un cucinotto, un bagno e una camera arredata con un letto a castello e un altro piccolo lettino. E un armadio.
«Ecco, qui è dove starete voi. Spero che vi ci troverete bene, so che non è molto grande..»
Io ed Eleonora ci guardammo subito e scoppiamo a ridere.
«Non si preoccupi, davvero. Per noi è anche troppo!» lo rassicurammo. Lui ci sorrise e ci disse che dopo poco la cena sarebbe stata pronta.
Io mi tuffai sul letto.
«Io dormo in quello di sopraa!»
«No stronza, ci dormo io!»
Lei cominciò a ridere. «Puoi pure scordartelo!»
«Troia, scendii!» le gridai.
Eleonora mi fece segno di stare zitta. «Shh, sennò mamma e papà si preoccupano!»
Cominciammo a ridere. Dopo un po’ ci calmammo e decisi di cedere il letto all’Ele.
Io cominciai a mettere a posto la mia roba nell’armadio mentre Eleonora si faceva seghe mentali su quello che sarebbe successo in quelle due settimane.
«Te lo immagini si incontra un figo da paura in discoteca, con un amico, ci provano quando siamo ubriache e ci si va a letto? Oh mio dio!» ricominciò a ridere, mentre io divenni subito fredda. «Deb? Che hai?»
«Niente, niente. Non ti preoccupare!» dissi continuando a mettere in ordine i vestiti.
Giulio. Non facevo altro che pensare a lui e non potevo nemmeno dire niente ad El.
Dopo un po’ venne il padre a chiamarci per cenare. Come prima, gli andammo dietro e lo seguimmo fino alla cucina.
Durante il percorso mi colpì una foto. Era di un ragazzo altino, capelli biondi tinti e occhi azzurri, come il mare, che quando li guardavi riuscivi a sentire l’odore del sale.
Nella foto era nel giardino di casa che stava giocando con il cane. Sorrideva, era felice. Aveva gli incisivi un po’ storti però era dolcissimo. Le guance ce le aveva tutte arrossate, sembrava che fosse truccato. Era una foto bellissima, perché non era in posa, era naturale.
«Lui è Niall.» mi sussurrò una voce da dietro. Sussultai, era Bobby.
«Ohu,» mi rigirai verso la foto «è davvero un bel ragazzo. Ma..come mai oggi non c’è?»
Suo padre guardò malinconico la foto. «E’ in Australia. Con la sua band.»
«Oh, canta? Suona? Che fa?»
«Ecco..lui canta principalmente. Però suona anche la chitarra, spesso.»
Era triste, lo vedevo nei suoi occhi.
«Scusa, non volevo..»
«Tranquilla, non è successo niente. Ora però andiamo sennò mia moglie si preoccupa.» disse in tono ironico, sorridendomi.
Andammo in cucina e cenammo tutti insieme. Ridemmo e scherzammo. Nessuno, in quella casa, si azzardò però a parlare di Niall.
Dopo aver cenato, aiutammo Jannet a sparecchiare e poi tornammo nelle nostre camere.
Mi misi subito sotto le coperte. Ripensavo a quel ragazzo e a come suo padre sembrasse ferito.
«Deb, cos’hai?» mi chiese curiosa Eleonora.
«Niente.» dissi girandomi verso il muro.
«Ok, quando hai voglia di parlarmene ci sono, lo sai.» disse mettendosi a letto.
Spensi la luce e provai ad addormentarmi, ma non mi riuscivo. Pensavo a Giulio, ad Arezzo, ai miei amici, a Mattia e a quella foto, a quel biondino.
Mi misi ad ascoltare la musica. Mi addormentai con ‘One’ di Johnny Cash.
 
«Debora? Debora,  sono le 8. Dai alzati!» mi sussurrò Bobby nell’orecchio. Io sobbalzai nel letto dalla paura. Lui si mise a ridere e così feci io.
«Scusa, non volevo farti paura.»
Mi tolsi le cuffie dalle orecchie e gli sorrisi. «Non ti preoccupare Bobby, è tutto ok. Grazie per essere venuto a svegliarmi. Eleonora è già alzata?» dissi mettendomi a sedere, per quanto ci riuscissi.
«No, ancora dorme. La puoi svegliare te per favore? Così io intanto vado a preparare la colazione.»
Io gli feci l’occhiolino. Lui sorrise e andò in cucina. Io mi rituffai sul cuscino e cominciai a fissare il letto sopra.
Chissà cosa stava facendo Giulio. Gli mandai un messaggio.
“Buongiorno tesoro. Come stai?”
Aspettai una risposta, ma dopo 10 minuti ci rinunciai.
«Eeel, svegliatiii!» le urali.
«Hmm lasciami staree.»
«Sono le 8.15 muoviti.»
«No!»
«Ci s’ha il test, idiota!»
Mugolò per altri dieci minuti buoni, poi decise di alzarsi. Io intanto mi ero già lavata e vestita. Mi mancava solo di truccarmi ed ero pronta.
«El, io scendo a fare colazione.»
«No no, ma che, oh. Te ora m’aspetti.»
«See, col cazzo vai. Io ho fame. Ci si vede giù. Muoviti.» Dissi scendendo le scale.
Ogni volta che passavo per quel corridoio mi fermavo a guardare quella foto. Era bellissima.
«È l’unica che mia madre ha lasciato.» mi disse Greg da dietro.
«E come mai?»
«Lei non vuole mai che si parli di lui quando non c’è. Quindi praticamente mai. È perché le manca e parlarne le farebbe ancora peggio.» guardammo la foto insieme in quell’istante di silenzio. «Forse è meglio che andiamo a fare colazione.» mi sorrise. Io ricambiai e ci dirigemmo in cucina.
Da mangiare c’erano pancakes con sciroppo d’acero, uova in padella e cereali.
«Tutto quello che vuoi c’è, per cui non esitare.»
«Ehm..prenderò un pancake, grazie.»
Appena mi misi a sedere arrivò Eleonora. Si scusò e si mise a tavola pure lei.
Mangiammo tranquillamente, tanto la prima volta ci avrebbe accompagnato Bobby.
 
Arrivammo a scuola alle 8:55. Appena entrate in classe cominciammo a fare il test. Non era difficile, ma neanche tanto facile.
Per il resto la giornata andò abbastanza liscia. Mangiammo in mensa io, El, Mattia, Federica e il resto della classe. La gente ogni tanto ci guardava male perché non ci aveva mai visti, ms di lì a poco ci avrebbero conosciuti bene.
 
Il messaggio di Giulio, quel giorno, non arrivò. Nemmeno la sera, prima di andare a letto. Niente.
Per il resto fu una bella giornata.
Non ci sentimmo per cinque giorni. Poi mi arrivò un messaggio con scritto “Amore, ti prego, scusami. Appena posso ti spiegherò ma sono successi un sacco di casini. Ti scongiuro, perdonami. Ti amo, a presto!”
Quel giorno, quando io ed El tornammo da scuola, ci fu una gran bella sorpresa ad aspettarci.

 
Ohh chi si risente(?)!
Scusate se ci ho messo tanto a scrivere ma non avevo ispirazione çç
Come state? Spero tutto bene c:
comunque adesso devo andare. Ciao belle, ci sentiamo presto!
Ps. Recensite se vi va e datemi dei consigli, che non fanno mai male! :3 sciao <3

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Capitolo 7
*** Settimo ***


Settimo.


Quando entrammo in casa, verso le 17.30, sentimmo delle voci che ridevano e scherzavano provenire dalla cucina. Io ed Eleonora ci guardammo interrogative. Così, prese dalla curiosità, ci dirigemmo velocemente nella stanza.
E indovinate?
Trovammo Bobby, Jannet, Greg, Niall e altre quattro persone che si stavano raccontando degli episodi intorno al tavolo.
Rimanemmo sbalordite.
Quando entrammo in cucina, un ragazzo alto, capelli castani e occhi azzurri ci indicò.
«Ehi Jannet, chi sono quelle due?» gridò in mezzo agli schiamazzi.
Tutti si girarono immediatamente verso di noi e io ed El arrossimmo come due peperoni.
Bobby, Greg e Jannet ci sorrisero e spiegarono al castano che eravamo lì perché la scuola aveva organizzato delle corrispondenze.
C’era Niall che continuava a squadrarmi come se fossi un alieno venuto da un pianeta ancora sconosciuto da tutti.
Io alzai leggermente la testa ed incrociai il suo sguardo.
Quegli occhi azzurri, quelle gote arrossate, quei capelli biondi, quel viso paffutello. Era il ragazzo più dolce che avessi mai visto.
Lui mi sorrise. Portava l’apparecchio, quello trasparente, ma era stupendo ugualmente.
Ricambiai il sorriso e subito riabbassai il capo imbarazzata. Lui accennò una risata.
«Io sono Harry, piacere! Quel coglione laggiù è Louis, il ciuffo biondo è Zayn e la rapa e Liam. E, va beh, il piccolo padrone di casa è Niall! Però penso che tu sappia già quale sia.» presentò quello ricciolo. Lui aveva gli occhi verdi, era magro e altezza nella media (più o meno). Aveva dei riccioli stupendi, che a vederli ti veniva voglia di tuffatrici dentro.
Louis, se non sbaglio, era magro con i capelli castani e gli occhi azzurri. Era lui che ci aveva indicate.
Poi c’era Zayn, quello col ciuffo biondo. Aveva la carnagione scura, gli occhi marroni, tendenti al verde, e i capelli castani. Solo che il ciuffo all’insù ce l’aveva biondo.
E infine c’era Liam, quello che mi sembrava più calmo. Aveva anche lui un faccino dolce. Lui, però, i capelli non li aveva più. Aveva gli occhi castani ed era nella media, circa, riguardo all’altezza. E anche al peso.
Louis era allegro e simpatico, faceva il coglione e faceva ridere sempre tutti. Raccontava delle battute abbastanza brutte, però erano noi ci si rideva lo stesso (non so perché).
«Venite, sedetevi.» disse Niall alzandosi dalla sedia e indicandoci il suo posto.
«Si, ha ragione Niall. Prego.» disse Zayn. Guardandomi.
Quelli erano occhi che ti fulminavano, bisognava starci attenti.
Li ringraziammo e ci sedemmo.
Zayn non faceva altro che fissarmi e sorridermi. Mi metteva in soggezione.
«Deb. Ehi Deb!» mi sussurrò Eleonora colpendomi con il gomito.
«Che vuoi.»
«C’è il ciuffo biondo che continua a fissarti!»
«E allora?»
«È figo, cazzo!»
«Sì, okay, ma a me non interessa. Non lo conosco nemmeno.»
«Conoscilo allora!»
«Ma non mi frega! Ho al..tre cose per la testa!» urlai.
Tutti si girarono verso di noi e ci guardarono interrogativi.
«No, niente, lasciate stare, scusate!» arrossii. Zayn mi sorrise. Di nuovo.
Ci furono cinque minuti di silenzio.
«Cazzo quant’è gnoccooo!»
«A me sa di frocio, veramente.»
«Ma va a cagare! Se non te lo fai te, me lo faccio io.»
«Vai, è tutto tuo.»

Dopo un po’ che stavo lì mi annoiai, perciò mi scusai e andai in camera. Da sola. Eleonora era rimasta lì a contemplare Zayn, Zayan..qualcosa del genere insomma.
Io mi distesi sul letto e cominciai ad ascoltare la musica.
Chiusi gli occhi e cominciai ad immaginare. Cominciai ad immaginare a come sarebbe stato essere con Giulio in quel momento, in quel letto, abbracciati a scaldarci.
«Posso?» bussarono alla porta.
Mi tolsi le cuffie e detti il permesso di entrare.
«Ehy.» mi sorrise.
«Ehy Niall.» ricambiai.
«Come mai sei andata via?»
«Mi annoiavo..»
Lui cominciò a ridere. Ammise che spesso anche per lui era in quel modo.
«Che ti va di fare?»
«Boh. Niente. Ho solo voglia di stare qui a deprimermi.»
Mi chiese perché ero triste, ma io gli dissi soltanto che mi mancava una persona.
«Oh..spesso succede anche a me. Che ascoltavi?»
«Coldplay.» gli feci l’occhiolino. Lui ricambiò con un sorriso.
«Posso sdraiarmi con te?»
Gli feci cenno di sì e mi spostai. Restammo lì, da soli, mentre gli altri ridevano e scherzavano giù in cucina, distesi sul letto con le mani incrociate sul petto.
Dopo un po’ mi girai e cominciai a fissarlo. Era così tenero.
Dopo poco si girò anche lui e mi sorrise.
Restammo a fissarci, negli occhi. Avrei voluto sapere che cosa stesse pensando e immagino che lui avrebbe voluto la stessa cosa.
Restammo lì, in silenzio, come se il silenzio fosse stato tutto ciò che c’era da dire.

 

 
Uhh bielle, vi ho messo anche il sesto perché non sapevo che cazzo fare lol
Spero vi piaccia!
Ora vado a ninna.
Notte dolcezze
(recensite, mi servono consigli se ne avete! :3)

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Capitolo 8
*** Ottavo. ***


Ottavo.


«Perché mi guardi?» mi chiese Niall dopo dieci minuti che eravamo a fissarci.
«E come mai me lo hai chiesto adesso perché ti sto guardando?»
«Non rispondere con una domanda!» sorrise. «Dai, dimmelo. Perché continui a guardarmi?»
«Perché..» non sapevo che rispondergli e ero imbarazzata. Ero diventata di fuoco, avevo le guance che bruciavano da morire. «Perché guardarti è sempre meglio che deprimermi.»
Niall scoppiò in una risata.
«Che c’è? Ti aspettavi una risposta tipo ‘ehi, mi piaci, ti va di venire a letto con me e poi convivere nella stessa casa senza nemmeno degnarci di uno sguardo? Dai!’ . Beh, no.»
«Peccato.» disse mettendosi su di un fianco e sorridendomi. Io alzai un sopracciglio e lui si rimise subito a ridere.
«No. Poi, a dirla tutta, io st..ecco, a me interessa un’altra persona.» dissi con tono superiore.
«Ah sì? E chi è, Zayn? Ho visto che sguardi vi scambiavate prima in cucina.» disse ridendo.
«Beh no. È uno italiano. E poi non sono affari tuoi chi mi interessa! Non ti conosco nemmeno. Che c’è, sei geloso per caso?» dissi ironicamente.
Lui stette zitto e continuava a guardarmi. Quegli occhi erano il paradiso. Ci nuotavi dentro con lo sguardo.
Restammo zitti per cinque minuti buoni, a guardarci.
«Hai degli occhi meravigliosi..» mi scappò dalla bocca.
«Dici sul serio?»
Oh cazzo. Perché lo avevo detto?
«Eh..cioè, io intendevo che..ecco io..»
«Sì, okay, ho capito. Devi restare fedele al tuo amore.» disse lui ritornando di schiena.
Ci rimasi malissimo. Perché aveva detto quella cosa? Come se ci si conoscesse, poi. Lui non sapeva niente di me e del ‘mio amore’.
«Non sei simpatico.» dissi girandomi verso il muro.
Lui rimase zitto a fissare in alto.
In quel momento serviva Eleonora con le sue entrate tempestive, che mi dicesse “Ehi Deb, tra poco dobbiamo andare a cena! Che ne dici di andarci a fare un giro?”.
Invece non arrivò e io rimasi con Niall, in silenzio, per un altro bel po’ di tempo.
Non avevo niente da dirgli,  se l’era presa per una cosa assolutamente stupida, soprattutto perché nemmeno ci si conosceva. Io non avevo intenzione di chiedergli scusa, anche perché non avevo fatto assolutamente niente.
In quella stanza risuonavano soltanto i nostri respiri. Non si sentivano nemmeno le voci provenire dalla cucina.
 
Dovevo alzarmi dal letto e andarmi a fare un giro. Dovevo prendere aria. Avevo bisogno di Giulio, avevo bisogno di sentirlo.
Mi arrivò un messaggio.
“Mi manchi, non vedo l’ora che tu torni. Fai veloce! <3”
Sorrisi come un’ebete alla lettura di quel messaggio. Amavo quando mi mandava un messaggio preciso nel momento in cui lo pensavo. Sembrava che mi leggesse nella mente. Potrebbe far paura, ma a me piaceva un botto.
Sentii Niall alzarsi e andarsene.
Guardai la porta stupita finché non mi resi conto che se n’era andato. Ci rimasi proprio di merda. Non si potrebbe esprimere in altri modi per far capire il mio dispiacere.
Lì, non so perché, mi incazzai e cominciai a piangere.
Non avevo mai pianto. Era tre anni che non piangevo veramente come feci quella sera.
Non riuscivo a smettere.
Mi sentivo sola. Non avevo Giulio, Eleonora era rimasta a contemplare Zayn. Mattia era in un’altra casa, lontano da me. La mia famiglia era a chilometri e chilometri da me.
Non mi ero mai sentita abbandonata in quel modo.
«Vaffanculo.» sussurrai lanciando il cellulare nella parete di fronte. «Vaffanculo!» lo urlai, stavolta.
Ma non mi sentì nessuno. Nessuno venne a chiedermi cosa fosse successo. Nessuno venne a chiedermi perché avevo urlato, perché stavo male.
Nessuno.
Rimasi un’ora, forse più, a piangere.
Verso le sette e mezza bussarono alla porta. «Che volete? Voglio stare sola, andate via.»
Era Bobby.
«Debora, sei sicura che non vuoi mangiare?» mi chiese sedendosi sul letto accanto a me.
«No.» dissi asciugandomi le lacrime.
«Che è successo?» mi chiese accarezzandomi capelli.
«Niente.»
«Deb..» mi guardò storto «Se non fosse successo niente non staresti piangendo.»
«È che..mi va tutto male. Mi mancano tutti i miei amici, la mia famiglia, il mio ragazzo. Mi mancano tutti e non posso parlare con nessuno di loro.» scoppiai a piangere di nuovo. Lui mi abbracciò e cominciò ad accarezzarmi la testa. Mi diceva di stare tranquilla che sarebbe tutto passato. E mi chiese se fosse successo qualcosa con Niall. Io non gli risposi, non mi andava di parlarne.
Dopo un po’ decisi di smettere di piangere.
«Eleonora dov’è?» gli chiesi asciugandomi gli occhi con il dorso della mano.
«È uscita con Zayn.» mi disse asciugandomi con il pollice una lacrima che mi stava cadendo sulla guancia. «Smettila di piangere che sei bella quando sorridi!» mi fece l’occhiolino. Io accennai una risata.
Quando vide che mi ero calmata se ne andò e mi disse di dormire bene, che tanto il giorno dopo non sarei andata a scuola essendo sabato.
Io mi alzai dal letto e mi misi il pigiama. Stetti un po’ al computer, poi mi accoccolai sotto le coperte.
Mi faceva freddo. Era ghiaccio.
Forse non era fuori a fare freddo. Forse ero io che ero fredda dentro.
 
Bussarono alla porta. Feci finta di niente, non avevo voglia né di vedere, né di parlare con nessuno.
Bussarono di nuovo.
Di nuovo non risposi.
«Debora, posso entrare? Per favore.»
Non so che mi prese, ma scoppiai a piangere di nuovo quando sentii la sua voce.
 

Ciaaau! :)
Eccovi l’ottavo! Spero che vi piaccia.
Ora devo andare bellezze, alla prossima.
Shiiao <3
Gio’.

 

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Capitolo 9
*** Nono. ***


Nono.


«Deb-Debora stai piangendo?» mi chiese.
«Vattene!» gli urlai lanciandogli il cuscino contro la porta.
Sentii sospirare, poi sentii dei passi allontanarsi.
Continuai a piangere.
«No, Deb, io non me ne vado finché non mi fai entrare!» mi urlò deciso.
Perché? Perché lo stava facendo?
In fondo e in fine non mi aveva mai vista, non mi conosceva, non sapeva nulla di me né della mia vita, non sapeva come ero fatta. Non sapeva niente di me. Perché allora insisteva? Perché si comportava in quel modo?
«Non chiamarmi Deb! Solo gli amici possono chiamarmi Deb! Ti ho detto di andartene, vai via!» continuavo ad urlargli piangendo.
«No, scordatelo! Fami entrare, fammi parlare, poi andrò via!» continuò ad urlarmi. «Te lo prometto.» disse abbassando la voce, come se tutto il coraggio che aveva avuto fino a quel momento fosse sparito.
Io rimasi zitta a piangere in silenzio.
Lui entrò piano e chiuse la porta in silenzio, senza far quasi rumore.
Si mise a sedere sull’altro letto singolo e si mise a guardarmi.
«Che vuoi? Non hai mai visto nessuno piangere?» gli chiesi fredda.
Lui si limitò ad alzarsi e venirmi accanto, sotto le coperte. Provai a mandarlo via, ma lui si era impuntato e continuava a stare lì. Si distese e cominciò ad accarezzarmi i capelli.
Io non riuscivo a fermarlo, non so perché. Ero rimasta bloccata, come se volessi che tutto ciò accadesse (non era così, sia chiaro. Almeno penso..).
«Scusami Debora. Mi dispiace. Ho esagerato prima..perdonami, ti prego.» non gli risposi «Debora..ti prego rispondi.» mi supplicò.
Io mi girai e me lo ritrovai a dieci centimetri dal viso.
Il cuore perse alcuni battiti, le gambe mi stavano tremando e mi venivano i brividi. Ma non era freddo. Era solo imbarazzo e agitazione.
Lui diventò subito rosso. Anche il suo cuore perse alcuni battiti.
«Hai freddo?» mi sussurrò dolcemente«Stai tremando.»
«Ecco io.. sì, un pochino.» dissi rannicchiandomi. Mentii.
Lui mi strinse forte a sé e la distanza tra di noi diminuì sempre di più.
«Forse non dovre..»
«Shh.»
Appoggiò il mio viso al suo petto e mi strinse a sé.
Stavamo stretti in quel letto, ero agitatissima. Non dovevo essere lì con lui. E allora perché non riuscivo ad alzarmi e ad andarmene?
Era come se corpo e mente fossero due cose distinte. Io volevo andarmene, ma non ci riuscivo.
Niall continuava ad accarezzarmi i capelli e a baciarmi la fronte. Mi teneva stretta, come un bambino tiene il suo peluche preferito.
Io ero rannicchiata, volevo provare a farmi passare quei brividi continui, ma non ci riuscivo. Non capivo da che cosa derivassero, ma Niall c’entrava qualcosa sicuro.
«Comunque dicevo sul serio quando prima ti avevo detto che hai dei begl’occhi.» ammisi.
Non ci stavo capendo più niente, le parole mi uscivano dalla bocca come se non fosse collegata al cervello.
Io non mi potevo permettere né di dire quelle cose, né tantomeno di essere abbracciata con un altro nel letto.
Cazzo, stavo con Giulio!
Ma in quel momento non ci pensavo. pensavo a quanto fosse imbarazzante quella situazione e che io la stavo facendo ancora più imbarazzante.
«Grazie.» mi alzò il viso con l’indice «Ma anche tu non scherzi. Hai due smeraldi al posto degli occhi.» mi sorrise.
Beh, si, devo ammetterlo. I miei occhi erano proprio belli.
Erano verdi e intorno alla pupilla diventavano color caramello. Erano l’unica cosa che mi piaceva davvero del mio corpo, oltre ai miei capelli rossastri.
Ad un certo punto si alzò.
«Dove vai?» chiesi prontamente agitata.
Lui si mise a ridere. «Tranquilla, accendo lo stereo!»
Accese quell’apparecchio e mise il CD di Ed Sheeran. Era bellissimo. Poi tornò sotto le coperte con me e continuò a coccolarmi.
Mi addormentai con ‘Kiss me’ nelle casse.
L’avevo sentita una o due volte. Ma da quella sera, l’avrei sentita per sempre.
“I was made to keep your body warm
But I’m cold as, the wind blows
So hold me in your arms.”

La mattina dopo mi svegliai aspettando di trovarmelo accanto, ma non fu così.
Appena feci mente locale di quello che era successo la sera prima, mi prese un magone allo stomaco.
«Hmm, perché a me, cazzo?» nascosi la mia faccia nel cuscino «Fanculo.»
Bussarono alla porta.
«Chi è.»
«Io Deb.»
Era lui. Lui? Perché lui?
Mi alzai subito e andai ad aprire la porta. «Ehm, dimmi.»
«Buongiorno!» sorrise.
«Buon..buongiorno.»
«La colazione è pronta, quando vuoi scendi.» mi fece l’occhiolino. Poi mi salutò e se ne andò.
Mi girai subito credendo di trovare Eleonora, ma non c’era.
«Dove cazzo è quell’imbecille? Quando serve non c’è mai.»
La chiamai.
«Che voi?» mi sa l’avevo svegliata.
«Dove sei idiota!»
«Hm..lascia stare. Dimmi, che c’è?!»
«Ieri sera è successo un casino.»

«Dimmi.» 
 
 
Ciaaao c: come state?
Eccovi il nono..non è un granché, lo so lo so.
Spero comunque che vi piaccia.
Ora vado a vestirmi, ci si sente. Shiao <3
Baci, Gio’.

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Capitolo 10
*** Decimo. ***


Decimo.


Le raccontai tutto quello che era successo con Niall la sera prima.
«E allora? Viviti la vita Deeb! Io sono andata a letto con Zayn, per cui stai tranquilla che non hai fatto niente di che.» le scappò detto.
«Ma io sto con Giu..tu cosa?»
«Con chi stai, tu?!»
«Non rispondere con una domanda!»
«Sì, sono andata con Zayn. Ma tu stai di nuovo con Giulio, chi è peggio?!»
«Te, cazzo! Io non ho fatto niente di male, sono affari miei se mi sono rimessa con Giulio!»
«Sei un’idiota!»
«Qui l’idiota sei te, imbecille!»
«Vaffanculo!»
Mi staccò nel viso. Io ci rimasi malissimo.
Niall entrò di corsa in camera preoccupato. «Cos’è successo?!»
«Niente!» gli risposi malissimo. Lui rimase stupito, poi mi chiese scusa e se ne andò
«Ni..all. Cazzo, vaffanculo però.» lanciai il cellulare sul letto.
Nascosi la mia faccia tra le mie mani e me la strofinai, come se potesse magicamente uscire fuori qualcosa di intelligente.
Mi lavai, mi vestii e andai in cucina a fare colazione.
Ogni tanto alzavo lo sguardo verso Niall e vedevo che lui stava sempre piegato con la testa sopra la tazza ancora piena di latte.
Mi sentivo in colpa, lo avevo trattato male e lui non c’entrava niente con quello che era successo tra me ed Eleonora.
Mi scusai, mi alzai ed andai in camera. Mi tuffai sul letto e accesi lo stereo. Mi misi a pensare.
Forse, aveva ragione Eleonora. Forse ero stata stupida a mettermi di nuovo con Giulio. Ma non ce la facevo senza di lui. mi aveva fatto provare talmente tante emozioni e io non ce l’avevo fatta.

Settle down with me,
cover me up,
cuddle me in
Lie down with me
And hold, in your arms.”


Ripartì di nuovo quella canzone. Quella canzone che aveva fatto da sfondo a quella sera, quella canzone che sarebbe inevitabilmente rimasta sempre nella mia testa, che io volessi o no.
“Vieni su in camera, ho bisogno di parlarti.” Gli mandai un messaggio
Lui arrivò dopo poco.
«Dimmi..» mi disse con voce afflitta.
Mi sedetti a gambe incrociate.
«Chiudi la porta e siediti.»
Così lui fece.
«Niall, scusa per come ti ho risposto prima. Non avrei dovuto, non avevi fatto nulla, anzi.»
Lui alzò lo sguardo e mi fissò negli occhi.
Quegli occhi mi mettevano soggezione.  Ogni volta mi ci perdevo. Non facevo altro che fissarli e contemplarli e ogni volta mi ci tuffavo dentro. Non mi era mai successa una cosa simile.
Mi sorrise. Gli sorrisi. Un sorriso nervoso. Un sorriso agitato.
Ogni volta che stavo con lui, da soli, mi sembrava di scoppiare. Mi sembrava che il cuore si fermasse completamente. Che, anche se fuori fosse stato il caldo più afoso, avrei avuto i brividi e mi avrebbe fatto freddo.
Quando ero da sola con lui, non importava quello che sarebbe potuto succedere, cosa avrei potuto dire o cosa avrei potuto pensare. Tutto quello che volevo quando eravamo soli, era rimanere in quel modo per l’eternità.
«Quindi? Mi perdoni?»
Lui accennò una risata, si alzò e venne verso di me.
Cosa voleva fare? Oh mio Dio.
Mi abbracciò fortissimo, quasi mi stritolò.
«Perché me lo chiedi? Penso che tu la sappia la risposta.»
Oh. Mio. Dio.
Feci una risata nervsosa.
Mi sentivo al quanto stupida.
Soprattutto perché pensai che mi volesse baciare.
Cioè, dai, che idiota. Non ci conoscevamo nemmeno. Poi io non potevo di certo piacere al cantante di una boyband con milioni di fan molto meglio di me.
Sarebbe stato..ridicolo, ecco.
Ma il problema era che anche solo a pensare che mi stava abbracciando mi metteva in agitazione.
«Grazie.»
Mi stampò un bacio sulla guancia e si rimise a sedere sul letto.
«Ascoltavi Ed. Allora ti è piaciuto.»
«Già, sì..»
Le nostre “chiacchere” furono interrotte dal cellulare di Niall che squillò.
Era Zayn.
«Sì, okay, arrivo subito.»
Staccò e mi guardò.
«Che mi guardi?»
Si mise a ridere. «Ti va di venire alle prove? Siamo a casa di Zayn.»
C’era anche Eleonora.
«No. Mi dispiace, non vengo.»
«Fregatene di Eleonora. Se secondo te ha sbagliato, non considerarla o passaci sopra. Dai, ti prego, vieni?»
Mi feci gli occhi dolci. Io non seppi resistere.
«Sì, okay, va bene. Ma mi devi un favore!»
Mi fece l’occhiolino e andò a cambiarsi.
Io mi misi un po’ di mascara e fui subito pronta.
Si partì dopo poco e dopo 5 minuti fummo a casa di Zayn.
Entrammo e trovammo tutti in salotto.
Quando Zayn ci vide insieme, ci fulminò. Eleonora nemmeno mi guardò.
Si misero subito al lavoro e io ed Eleonora restammo a guardarli senza spiccarci parola.
Ogni tanto io e Niall ci si scambiava qualche sguardo e qualche sorriso.
Zayn, invece, non faceva altro che guardarci male.



Ehilà!
Come state bellezze? Spero tutto bene!
Penso che tra poco aggiungerò anche l'undicesimo, sìsìsì.
Spero che questo vi sia piaciuto.
Recensite se avete qualche consiglio da darmi oppure qualche suggerimento per il continuo della storia. Mi farebbe molto piacere!
Ora scappo a scrivere l'altro, almeno faccio qualcosa.
A dopo belle, ciao<3.
Baci, Gio'.

 

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Capitolo 11
*** Undicesimo. ***


UNDICESIMO.
 
 
Stettero molto a provare, dalle undici alle 3 del pomeriggio.
«Ma..se si mangiasse?» propose Niall.
Io accettai la proposta, così tutti gli altri. Quindi mi alzai e mi diressi verso la cucina. Appena passai davanti a Niall, mi mise un braccio intorno al collo e mi sorrise. Io ricambiai.
Zayn era dietro di noi con Eleonora. Sembrava furioso, gelosissimo.
Andammo in cucina e Liam si cimentò nella cucina.
Quello che venne fuori fu uno spettacolo raccapricciante, però era buono.
Mangiarono in fretta e verso le quattro meno quindici si rimisero a provare.
«Sono bravi però.» cercai di rompere il ghiaccio.
Eleonora non mi rispose.
«Mi spieghi che cazzo ti ho fatto adesso?» non ce la facevo più. Non sopportavo quando la gente si immischiava nei miei fatti personali come se fossero affari di stato.
«Mi hai mentito, ecco cosa mi hai fatto!» mi urlò.
I ragazzi si fermarono e ci guardarono stupiti e interrogativi perché non capivano quello che dicevamo. Però noi non ce ne accorgemmo.
«Cazzo, vorrei vedere! Mi sono rotta che ogni volta tu debba rompermi le palle e trattarmi come una bambina di tre anni che non sa quello che fa! El, non sei né mia mamma né nessuno che può permettersi di dirmi quello che devo o non devo fare! Mi sono rotta le palle che ogni santa volta la gente si fa i cazzi miei come se potessero incidere sull’intera umanità. Non sono famosa -e non intendo esserlo- e tutte le cose che faccio ricadono su di me, non sugli altri!»
«Bella filosofia del cazzo, sì!»
«Lo so, ma è così. Che piaccia o no alla gente. Se la gente si vorrà fare i fatti miei, prima devo diventare qualcuno, poi si vedrà anche in quella situazione.»
«Perché? Dimmi solo perché. Sono curiosa.»
«Perché lo amo e l’ho sempre amato.»
«Non è vero. Sennò non avresti quello che hai fatto ieri con Niall.» mi fece notare, per poi andarsene al piano di sopra.
Io rimasi sbalordita.
Io..io amavo Giulio. Ne ero certa. Poi, insomma, anche se fosse di certo non avrei fatto qualcosa con Niall: non lo conoscevo nemmeno da un giorno, tra poco. Sarebbe stato ridicolo.
Fatto sta che rimasi lì, ferma, a fissarmi davanti con gli occhi sgranati.
Sentii prendermi i fianchi da dietro, ma non reagii. Rimasi ferma. Non so che mi fosse preso, ma non riuscivo a pensare ad altro che a quello che Eleonora mi aveva detto.
“Non è vero, sennò non avresti fatto quello che hai fatto ieri con Niall.”
Quelle parole continuavano a rimbombarmi nella testa.
«Ehi, Deb. Cos’è successo?» mi chiese preoccupato.
Ma io non riuscivo a sentirlo, era come se infinite persone in quella stanza mi urlassero che io avevo tradito Giulio, che avevo mentito a me e a lui, che gli ho solo mentito e che, soprattutto, mi piace Niall.
Ma erano cose assurde, non potevano essere vere.
Fu quando Niall mi scosse che mi ripresi un po’.
«Eh? Che..Niall.»
«Che è successo, me lo vuoi dire?!»
«Ho..io..non lo so. Io..scusa Niall, me ne devo andare adesso.» dissi scansandolo e andandomene.
Niall rimase stupito e sorpreso. Zayn era quasi felice che lo avessi trattato in quel modo.
Io mi sentivo una merda.
Corsi verso casa, avrei voluto piangere.
«Smetti. Stai diventando debole. Non te lo puoi permettere.» continuavo a ripetermi, ma non ci riuscivo. Quelle lacrime volevano uscire, volevano bagnare il mio viso e rigare le mie guance.
A metà strada non avevo più fiato e mi fermai. Le gambe divennero deboli e caddi con le ginocchia a terra. Fissavo avanti con gli occhi sgranati.
Sentivo le lacrime che scorrevano copiose sul mio viso. Sentivo che non si volevano fermare, sentivo gli occhi bruciare.
Ero diventata debole, tutto insieme. Ero fragile adesso.
Avevo bisogno di qualcuno, ma non c’era nessuno.
Al massimo le persone che passavano mi guardavano e mi indicavano. Ma non mi importava.
«Deb! Deb!» era Niall. Mi corse incontro, ma io continuai a guardarmi davanti. «Debora..»
«Sono un’idiota.»
«Smettila.» mi prese e mi alzò.
«Sono un’imbecille, non capisco un cazzo. Sono una totale cretina.» continuavo.
Lui mi abbracciò e mi strinse. Lì cominciai a piangere a più non posso. Non riuscivo a smettere. Avrei voluto morire in quel momento.
«Non faccio altro che sbagliare, sono un totale errore, non faccio altro che fare casini.»urlavo. Non mi stavo minimamente rendendo conto di ciò che stavo dicendo né di quello che stavo facendo. Le parole mi uscivano dalla bocca come l’acqua di un fiume in piena esce dal canale.
«Smettila! Niente di tutto ciò è vero! Tu non hai mai fatto niente di sbagliato, ne sono certo.» mi urlò prendendomi il viso tra le mani e guardandomi negli occhi. Poi mi portò nella macchina.
Ci mettemmo nel sedile del retro. Lui continuava ad abbracciarmi e io a piangere. Restammo in quel modo per molto tempo, fin quando non squillò il telefono di Niall.
Era Louis.
«Sono davanti a casa di Jessica…Okay Lou, a domani. Ciao.» disse, poi staccò.
Io intanto mi ero asciugata gli occhi.
«Scusami.»
«Di che ti scusi? Non ti preoccupare!» mi sorrise e mi abbracciò di nuovo. Mi abbracciò fortissimo, quasi mi stritolò. Ma non mi fece male, anzi. Credo che mi avrebbe fatto peggio se non l’avesse fatto.
Restammo in quel modo per molto tempo, poi si stacco e cominciò a guardarmi.
In quel momento mi prese una sensazione strana, mi venne voglia di fare cose che non pensavo avrei mai voluto fare con lui.
Cominciai a fissare le sue labbra. Sembravano così morbide e baciabili.
Era come se tutto fosse focalizzato lì, come se intorno non ci fosse nulla. Avrei voluto provare ad appoggiare le mie labbra alle sue, avrei voluto provare cosa significasse baciare una persona praticamente sconosciuta e oltretutto famosa.
Lui continuava a fissarmi e a sorridermi e piano piano si avvicinava sempre di più.
Il mio cuore cominciò a perdere battiti. Cominciai a tremare e ad essere agitata.
«Perché tremi?»
«Ehm..ecco..ho freddo..sì, ho freddo.»
Lui sorrise e mi dette la sua felpa, poi mi strinse a sé di nuovo. Stavolta eravamo molto più vicini di prima. Dopo un po’ si allontanò e cominciò a fissarmi di nuovo. Io ricambiavo il suo sguardo.
Mi cominciò ad accarezzare i capelli, poi le guance.
Fu lì che capii tutto.

 
 
Ciauciauciau(?)
Come state bellezze? Spero tutto ok<3.
Questo è l’undicesimo e spero taanto che vi piaccia.
Spero anche in qualche recensione per sapere cosa ne pensate e cosa pensate succederà dopo lol c:
Adesso scappo a studiare, sciao!
Baci, Gio’.

ps. ho una proposta da farvi! (Se vi va, eh c:)

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Capitolo 12
*** Dodicesimo. ***


DODICESIMO.
 


Io non amavo Giulio.
E, oltretutto, ero incredibilmente attratta da Niall.
Era così sexy. Quegli occhi, quel viso, quelle labbra.
Quelle labbra che si stavano sempre più avvicinando, fino a quando non si appoggiarono alle mie.
Erano morbide e soffici. Ci baciammo per un po’ di tempo, io ero rimasta scioccata, ma poi chiusi gli occhi quando mi resi conto di cosa stava succedendo. Dopo che ebbi abbassato le palpebre, sentii il sapore di menta della sua bocca, sentivo che stava esplorando la mia e sentivo anche che gli piaceva.
E piaceva anche a me.
Ci si avvicinava l’un l’altro e ad un certo punto sentii la sua mano sul mio sedere, ma lì per lì non ci feci caso.
Ad un certo punto smise. Si stacco, andò verso lo sportello e mi disse di andare accanto a lui. Poi mi prese, mi distese sul sedile e continuò a baciarmi. Mi accarezzava tutto il corpo. Pure sotto la maglietta.
Io non riuscivo a fermarlo, ero come bloccata, non riuscivo a dirgli di no.
Mi baciava con foga, sentivo che era eccitato, che gli piaceva. Era così incredibilmente sexy.
Non capivo, a dirla tutta, se dentro lo stomaco avevo migliaia, milioni, di minuscole farfalle oppure enormi pterodattili. Sentivo comunque qualcosa che svolazzava.
Certe volte mi prendevano delle forti e dolorose fitte in fondo alla pancia.
 
Ad un certo punto sentii che cercò di togliermi i pantaloni.
«Ni-Niall.» dissi staccandolo e allontanandolo.
«Dimmi.» disse sorpreso.
«Forse siamo..siamo andati anche troppo avanti.»
Lui si rimise a sedere e io mi ricomposi.
«Non..non vuoi? Non ti è piaciuto? Che è successo, ho fatto qualcosa che..»
«No, no. Non hai fatto nulla e non è che non mie è piaciuto..» cazzo se mi era piaciuto. «è che..non ci conosciamo nemmeno da un giorno tra un po’!»
«Va beh, forse hai ragione. Torniamo a casa?» mi sorrise.
Non se l’era presa? Se avessi fatto una cosa simile a Giulio mi avrebbe odiata.
Fatto sta che ci spostammo nei sedili anteriori e tornammo a casa.
«Dove siete stati?
Oh mio Dio Debora! Cos’hai fatto piccola?» chiese allarmata Jannet.
«Niente Jane, non ti preoccupare.» la tranquillizzai. «Scusate però, adesso ho solo bisogno di riposare un po’.»
Mi diressi in camera mia e mi tuffai sul letto.
Pensai a tutto quello che era successo con Niall.
Mi sentivo in colpa per Giulio, anche se lui un anno e mezzo prima aveva fatto la stessa identica cosa, anche peggio.
Mi serviva Eleonora.
“El, scusa. Hai ragione, ho sbagliato. Solo che ora mi sento una merda e ho bisogno di te. Adesso. Ho fatto una stronzata. Tu ne sarai felice, ma io mi sento in colpa e ho bisogno di te.
Poi fra poco si cena” le mandai per messaggio.
Dopo cinque minuti fu a casa , l’aveva accompagnata Zayn.
«Adesso dov’è?» le chiesi.
«In camera di Niall che stanno parlando.» disse mettendosi a sedere. «Che minchia hai fatto adesso?»
«Sono quasi andata con Niall.»
«Ma baciata o..» chiese agitandosi.
«O.» mi stavo sentendo ancora più merda.
Lei cominciò a saltare sull’altro letto. «Oh. Mio. Diooo! Com’è stato? Quando? Perché? Come? Dove? Oh mio Dio, racconta tutto!»
Come cazzo faceva ad essere così contenta? Io avrei preferito morire.
Le raccontai comunque tutto, nei minimi particolari e lei mi disse di lasciare immediatamente Giulio. Anche perché, insomma, restarci dopo che lo aveva tradito non era granché.
«Se non lo fai te, lo faccio io.» mi minacciò.
Allora lo chiamai e gli parlai.
«Giulio.»
«Dimmi..che succede?»
«Ecco..» Eleonora davanti a me faceva finta di essere dispiaciuta per me, ma dentro stava ballando la conga, ne sono sicura. Fatto sta che faceva un movimento con le mani come dire ‘vai, dai, almeno ti togli il peso!’ «Ecco io..forse è meglio se rimaniamo amici.» confessai.
«Perché?» disse con voce tremante. Io guardavo Eleonora. Non mi veniva da piangere. Mi sentivo solo in colpa.
«Perché..non so perché ma..»
«Ma..? Continua Debora, cazzo.»
«Giulio, voglio stare da me okay? Voglio..voglio starmene sola adesso. E mi atti..ehm, interessa. Interessa un altro.»
«Allora non mi amavi.»
«No..»
«Fanculo. Ah, una cosa. Non importa. Comunque sappi che sono andato con Valentina ieri sera.»
«Ah. Va beh, allora posso essere sincera anche io?» quella cosa mi aveva fatto saltare le palle. Che bastardo che era.
«Sì, sì. Dimmi pure.»
«Vatti a cercare Niall..»
«Horan!» mi suggerì Eleonora a bassa voce
«Horan! Su internet. Prima sono quasi andata con lui. Andata andata. E, mi dispiace per te, stavolta non è una minchiata. Ma hai detto che non ti interessava no? Ci vediamo quando torno, ciao bello!» gli staccai prima che lui potesse rispondere.
Buttai il cellulare sul letto.
Eleonora si mise a ridere appena la guardai. Io feci un sorrisetto. Non volevo, ma mi venne spontaneo.
El mi abbracciò continuando a ridere.
«Oddio, sei una grande Debbie! Non ti ho mai amata così tanto!»
«Scusate, posso entrare?» disse qualcuno entrando dalla porta.
Eleonora si staccò e si girò.
«Sì, sì, sì. Vieni, vieni!» disse El alzandosi prontamente dal letto e andando verso la porta.
Prima di uscire mi fece gli auguri col labiale. Io sorrisi d’imbarazzo.
Niall si sedette accanto a me sul letto.
«Ehi.» mi sorrise.
«Ehi.» ricambiai.

 
 
 
Buuh, come shate? Spero tutto ok! C:
Ecco a voi il dodicesimoo capitoloo! :D
Spero vi piaccia!
Adesso vi devo lasciare. Ciao belle<3
Gio’.

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Capitolo 13
*** Tredicesimo. ***


TREDICESIMO.
 

Eravamo in silenzio. Sentivamo solo i nostri respiri. Nient’altro.
«Riguardo a prima..» ruppe il ghiaccio Niall.
«Sì, penso anche io che sia stata una cosa abbastanza affret..» accennai, ma lui mi fermò subito.
«No, no. A me è piaciuto, e anche tanto.» ammise.
Io mi girai di scatto verso di lui e lo guardai sbalordita. Lui rimase con la testa china.
«No, aspetta.» accennai una risata. «Dici sul serio?»
Non ci potevo credere. Io..sì, mi era piaciuto ma non avrei mai avuto il coraggio di andare in camera sua e dirglielo in faccia.
«Sì. E anche tanto.» sorrise.
Oh mio Dio. Non ci potevo credere.
Mi venne spontaneo sorridere, non avrei saputo cosa altro fare.
«A te no?» si girò verso di me e mi guardò speranzoso. Con quei suoi occhi splendidi.
Io di controparte non sapevo che rispondere.
“Mi è piaciuto? Mi è piaciuto davvero?” continuavo a chiedermi
E non trovai difficilmente la risposta.
Sorrisi. «Sì Niall. Mi è piaciuto un sacco.» ammisi.
Lui sorrise. «Quindi?»
«Quindi niente. È meglio se scendiamo a cenare.» dissi alzandomi e andando in cucina. Lui arrivò poco dopo.
Cenammo tutti e sei insieme e fu una serata fantastica.
A fine cena Niall portò da una parte Eleonora e le parlò. Io non me ne interessai e me ne andai in camera.
Mi distesi sul letto, accesi lo stereo e cominciai ad ascoltare il CD.
Dopo poco sentii bussare.
«Avanti!» dissi guardando chi fosse. Era Niall. «Dimmela!» gli sorrisi alzandomi.
«Posso farti compagnia? »
Gli feci l’occhiolino e gli feci posto nel letto. Ci mettemmo distesi come l’ultima volta: pancia in su e le mani conserte su di essa.
Cominciammo a parlare del più e del meno, lui mi raccontò cosa significasse essere cantante di una famosissima boyband e io gli raccontai cosa significasse essere una semplice ragazza che studia in un liceo linguistico.
La mia vita non era emozionante e non lo era mai stata.
La sua invece, da quando era diventato famoso, si era rivoltata. Disse che alcuni aspetti gli piacevano tanto, ma altri li odiava. E uno di questi era stare lontano dalla propria famiglia.
Ma lui si considera comunque fortunato per questa occasione.
«Posso confessarti una cosa?» mi disse dopo qualche minuto di silenzio.
«Certamente.»
«È difficile da spiegare.»balbettò.
«Provaci.» lo incoraggiai.
«Ecco..hai mai provato una sensazione strana allo stomaco, delle fitte incredibili alla pancia e un’agitazione assurda e tutto quando sei in presenza di una persona?»
«Sì. Mi è capitato spesso. Perché?»
«Perché quando sto con te mi succedono tutte queste cose. È una sensazione stranissima. E la cosa assurda è che ti conosco da un giorno. È dalla prima volta che ti ho vista che ho subito sentito qualcosa per te. Mi hai colpito, non so come e perché, ma è successo. Ed è stato incredibile.»
«Sono le parole più belle che abbia mai sentito dirmi.» ammisi. Lui sorrise soddisfatto.
«Quindi?» chiese dopo un po’.
Mi misi sdraiata su un fianco e lo guardai. «Quindi cosa?»
Lui fece la stessa cosa. «Che vuoi fare adesso?» Io lo guardavo negli occhi e lui faceva lo stesso. «Perché io ho tanta voglia di baciarti.» ammise.
Che cosa stupida. Ci conoscevamo da così poco eppure ci eravamo colpiti l’un l’altro, senza neanche farci male.
«Anche io ho voglia di baciarti.»
«Allora ci baciamo?»
«Perché me lo chiedi? Fallo e basta.» gli consigliai.
Così lui fece. Si avvicinò e mi baciò. Fu un bacio lento e sensuale. Fu stupendo.
«Che ne dici di spengere la luce?» gli sussurrai. Lui si alzò, la spense e tornò da me.
Poi dopo mi stese dolcemente sul letto e continuò a baciarmi.
Era la stessa situazione di quando eravamo in auto.
Lui mi baciava piano, quasi come se avesse paura di sciuparmi, mi accarezzava tutto il corpo e ogni volta che le sue mani fredde toccavano la mia pelle mi prendevano dei brividi.
Ogni tanto si fermava e mi accarezzava, mi baciava il collo, mi baciava sul petto.
Poi, ad un certo punto, sentii che voleva andare oltre. Sentivo che voleva fare altro, che con la mano andava sempre più giù, cercava di toccarmi nelle parti più intime.
Ma era quello che volevo io?
«Niall..Niall.» lo fermai.
«Dimmi, che succede?» chiese preoccupato.
«Ecco io..ti devo dire una cosa..»
«Dimmi.»
«Ecco..è che io in realtà..non l’ho mai fatto con nessuno..» ammisi.
«Beh, se è così allora..te la senti oppure lasciamo stare?»
Già, me la sentivo? Avrei voluto farlo davvero con lui?
Ci pensai su.
«Sì.»
Lui sorrise e continuò piano piano ad accarezzarmi e a baciarmi.
Poi arrivò lì. Muoveva la mano piano, come per farmi rendere conto che lo stava facendo, per abituarmi alla sensazione.
Io non lo fermai. Lo volevo, lo volevo davvero.
Abbassava sempre più la mano fino a quando arrivò fino in fondo.  Fu una sensazione strana, ma in un certo senso mi piacque.
Mi faceva impressione pensare che una mano estranea era nelle mie parti intime, ma non so perché mi ci abituai.
Il resto della nottata fu stupendo.
Provai dolore e Niall se ne accorse anche se facevo finta di no. Stringevo i denti e basta.
Fu fantastico.
A luce spenta, mentre tutti gli altri dormivano, a Londra, con un ragazzo stupendo (e dotato..) e con Ed Sheeran nelle casse.
La notte perfetta.

 
 
 
 
Ehilà! :)
Come va? Spero tutto ok!<3
Ecco il 13. Ci sono delle parti “hard”, molto mlmlml
Non sono andata nei minimissimi particolari perché..non lo so ma non mi andava. C:
Ecco qua, se volete darmi qualche consiglio o recensire e basta per farmi sapere cosa ne pensate della storia ne sarei contentissima!
Adesso vo’, ciao a tutte bellesse<3.
Baci, Gio’.

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Capitolo 14
*** Quattordicesimo. ***


QUATTORDICESIMO


La mattina dopo ci svegliammo l’uno abbracciato all’altra.
Era strano sentire la propria pelle a contatto con quella di un altro. Però era una sensazione stupenda.
Come se fossimo tutt’uno, come se i nostri corpi si fossero uniti.
Era semplicemente fantastico.
«Buongiorno.» mi sussurrò sorridente Niall.
«Buongiorno.» ricambiai il sorriso.
Mi stampò un bacio e mi chiese come stavo.
«Tutto bene. Sto bene. Tu?»
«Benissimo. Ieri sera è stato..bellissimo. Era sul serio la tua prima volta?» mi chiese. Ma non me lo chiese per scherzare. Non ci credeva davvero. Io risi.
«Sì! Te lo giuro, era la prima. È andata..è andata così bene sul serio? Cioè, a me è piaciuto ma io non lo avevo mai fatto prima quindi non sono..come dire… esperta? Perciò non posso giudicare imparzialmente. » ammisi. «Ma per te che non era la prima volta, è stato così speciale davvero?»
«Sì. È stato stupendo. Grandioso!»
Oh mio Dio. Mi veniva da ridere in una maniera inimmaginabile.
Come era possibile? Dio, ero così contenta. Quella giornata non me la poteva rovinare nessuno.
«Che ne dici se ce ne andiamo in cucina a mangiare?» propose. Io fui d’accordo, quindi ci alzammo e ci rivestimmo. Io ero girata verso il letto singolo e ad un certo punto Niall mi ci buttò sopra.
«Niaaall, sei un’idiota!» risi insieme a lui. Poi mi agguantò e mi strinse forte.
«Ti voglio bene, Deb.» mi sussurrò dolcemente nell’orecchio.
«Anche io Niall.» dissi girandomi. Lo guardai negli occhi e poi lo baciai. «Andiamo, dai, sennò dopo il tuo stomaco s’incazza! Chi arriva prima mangia il doppio!» gli dissi cominciando a correre in cucina seguita da lui.
Arrivai prima io e appena mi sedetti e gli feci la linguaccia.
«Ho vinto ioo!»
«Stronza!»
Gli mandai un bacio.
Facemmo colazione e poi lui mi disse che sarebbe dovuto andare alle prove.
«Vieni anche te?» mi sussurrò nell’orecchio.
«No, oggi sto con Eleonora.» gli sorrisi baciandolo.
Ci salutammo e io rientrai in camera. Mi preparai per bene e dopo una mezz’oretta passò Eleonora.
Salutai Jane, Bobby e Greg e andai a farmi una girata per Londra con lei.
Dopo varie girate per negozi eccetera, ci fermammo in un bar.
Lei ordinò un cappuccino, io nulla. Solo un bicchier d’acqua.
«Com’è andata stanotte con Niall, allora?» mi chiese tutta eccitata mentre beveva il suo cappuccino.
«Allora tu lo sapevi stronza!» esclamai. Lei si mise a ridere.
«Vorrei anche vedere! Dai, dai, dimmi com’è andata!»
Io la guardai. Si vedeva che aveva proprio voglia di sapere.
«Fava. Allora, praticamente..»
Le raccontai tutto, nei minimi dettagli e lei era contentissima, le si leggeva negl’occhi.
Ma fu quando arrivai ad un punto che il suo viso, da gioioso, divenne preoccupato.
«Che c’è?» le chiesi preoccupata.
«Debora..noi fra una settimana si parte..non ricordi?»
«Si El, lo ricordo benissimo. Ma non penso sia colpa mia se sento di provare qualcosa per lui. Tanto poi lo dimenticherò facilmente: non lo rivedrò mai più. È solo una cosa di una settimana. Una relazione basata su..sul fatto che tanto poi non ci rivedremo mai più e perciò nessuno dei due soffrirà. Ecco.»
«Se lo dici te.» affermò alzando le sopracciglia.
«Lo so che non mi sto..”avventurando” in una bella situazione, ma non saprei cosa fare. Ele, prova a capirmi..»
«Sì, sì tranquilla. Non ti preoccupare. Preferisco comunque questa cosa al fatto che tu stia con Giulio.» mi fece l’occhiolino. io le sorrisi.
Le chiesi come andava con Zayn.
«Hm, lascia fare.»
«Che è successo?»
«”Eleonora, ti devo confessare una cosa: a me piace un’altra”» lo imitò a presa in giro. Io mi misi a ridere.
«E’ proprio un coglione!»
«Debora..» disse guardandomi negli occhi.
«Che c’è?» gli chiesi un po’ preoccupata.
«Quell’altra sei tu

 


Ehii scusate se l’ho fatto così corto, ma non avevo un cazzo di ispirazione ewe
Comunque adesso vado a ninna.
Notte bellezze.
Baci, Gio’.

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Capitolo 15
*** Quindicesimo. ***


QUINDICESIMO.


«Come sono io?» chiesi stupita.
Come potevo essere io? Okay, ogni tanto vedevo che quando stavo con Niall era geloso, ma non pensavo che lo era davvero.
«Sì, Debbie. Sei te l’altra.» ammise Eleonora con una nota di dispiacere.
«El, io..»
«Debbie, non ti preoccupare! Me lo immaginavo..come ti guarda lui non l’ha mai fatto nessuno.»
Dopo qualche secondo di silenzio, le proposi di andare a fare una girata, lei accetto. Poi, verso le 12.00 tornammo a casa.
«Ehi bellezze, com’è andata?» ci chiese Jannet.
«Bene, grazie. Londra è bellissima!» esclamammo in coro. Lei ci sorrise e ci avvertì che dopo poco il pranzo sarebbe stato pronto.
Intanto io ed Eleonora andammo in camera a riposarci un po’.
«Ti va di andare alle prove oggi?» propose Eleonora.
«Sei sicura El? Poi, tu sai dove sta Liam?»
«Sì, sì. Sicurissima. E so anche dove sta Liam.»
Dopo venti minuti circa andammo a pranzo e alle 15.00 partimmo per andare a casa Payne.
Quando entrammo in casa c’erano Louis ed Harry accoccolati sul divano e Niall era seduto a terra che giocava alla xbox con Liam. Quindi ci venne ad aprire Zayn. Appena mi vide gli si illuminarono gli occhi e mi sorrise.
«Ciao.» disse quasi agitato. Io ricambiai il sorriso e lo salutai. Così fece Eleonora.
«Chi è Zayn?» chiese Niall senza guardare chi potesse essere, troppo occupato a giocare a Fifa.
Fu Louis, che si era girato insieme ad Harry verso di noi, a rispondergli.
«Liam, stoppa!» urlò. Così fece lui. appena Liam ebbe fermato il gioco, Niall si alzò e mi venne a salutare.
«Ciao.» mi sussurrò con un sospiro, prendendomi per i fianchi. Mi venne spontaneo guardare verso Zayn. Aveva lo sguardo a terra e tirò un sospiro. In quel momento mi sentii in colpa, ma non potevo comandare i miei sentimenti.
«Ciao.» sorrisi a Niall. Lui mi stampò un bacio e mi accarezzò. Poi tornò a giocare.
«Woah, Deb, siete dolcissimi!» esclamò Eleonora.
« È vero, siete stupendi insieme.» dissero Louis e Harry.
«Io te lo dico dopo cosa penso, eh!» mi avvertì Liam.
Zayn non si espresse. Rimase solo col capo chino.
Io ero arrossita per l’imbarazzo e sorrisi spontaneamente abbassando la testa. Ad un certo punto feci per alzarla, ma mi bloccai quando incrociai gli occhi di Zayn. Bisogna ammetterlo però: a parte il ciuffo biondo che mi dava l’idea di frocio, i suoi occhi erano fulminanti.
Rimanemmo a guardarci per un po’ di tempo, poi gli sorrisi e staccai i miei occhi dai suoi.
Zayn andò di corsa in camera senza che nessuno se ne accorgesse.
Dopo dieci minuti mi arrivò un messaggio.
Era lui.
“Debora, sono Zayn. Vieni in camera mia, la prima a destra. Ti devo dire una cosa.”
Io dissi che dovevo andare al bagno e andai da Zayn.
Bussai alla porta e lui mi fece entrare.
«Dimmi Zayn..» gli dissi chiudendo la porta alle mie spalle.
Lui saltò a sedere sul letto. «Vieni, siediti.»
Io mi misi sul letto a gambe incrociate. «Quindi?»
«Scordati che io sia andato a letto con Eleonora, okay? Non so perché l’ho fatto..il punto è che..»
«Lo so già.» dissi prima di farlo finire. Lui spalancò gli occhi e mi guardò perplesso.
«Come lo sai già? Che sai?»
«So del “Eleonora, a me interessa un’altra” e so pure chi è l’altra.»
«Debora, lo so ho sbagliato e mi sto sentendo una merda. Sul serio, mi sento un coglione.»
«Non lo devi dire a me.»
«Già, hai ragione..comunque..cioè..che ne pensi?»
«Che ne penso? Beh, penso che tu lo sappia cosa penso.»
«No, non lo so. Sennò non te lo chiedevo.»
«Zayn, io diciamo che sto con Niall e mi interessa lui.» annunciai alzandomi e andando verso la porta. Lui fece più veloce di me e me la bloccò.
«Dimmi perché.»
«Non c’è un perché...con lui ci sto bene, mi fa stare bene e..e ci tengo. Ecco perché. Adesso devo andare, non dovrei nemmeno essere venuta qua.»
Mi girai verso la porta e feci per aprirla, ma Zayn mi prese l’altro braccio e mi girò. Mi bloccò contro la porta con le mani.
Era davanti a me che mi guardava dritta negli occhi.
«Zayn, basta. Ti ho già detto di no, non insistere.»
Sembrava che non mi ascoltasse, come se le mie parole volassero al vento.
Si avvicinava sempre di più, fino a quando eravamo praticamente appiccicati.
«Z-Zayn. Finiscila, smettila di insistere.» balbettai.
«Perché dovrei?» mi sussurrò avvicinandosi ancora un po’.
«Perché sto con il tuo migliore amico.»
«E quindi?»
«Non sarebbe eticamente giusto. Smettila, allontanati, basta.» sussurravo. Era come se non avessi più voce per l’agitazione.
Ma non ero agitata per lui, ero agitata per quello che voleva fare.
Si avvicinò fino a quando i nostri nasi non si toccarono.
«Zayn..»
«Shh, non ti preoccupare.» disse.
Poi mi baciò.
Io provavo ad allontanarlo, ma non ci riusciva. Era quasi trenta chili in più di me, aveva sicuramente più forza di me e io non sarei mai riuscita a scansarlo.
Fu quando si staccò che gli tirai uno schiaffo.
«Sei un idiota!» gli urlai.
Lui si mise a ridere. «Ammettilo, ti è piaciuto!»
«No, mi fai schifo!» continuai ad urlare.
Poi mi girai e aprii la porta. Davanti mi trovai chi non avrei mai voluto trovarmi.
«Che cosa..perché tu eri..»
«Ecco..io ti posso spiegare!»
Provai a convincerlo, ma lui disse che non gli interessava e che adesso ero in casini amari.

 
Buuuuuh(?) come state bellezze? Spero tutto okay<3
Adesso mi preparo per uscire! Ci sentiamo domani.
Buon sabato gentaglia.
Baci, Gio’.

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Capitolo 16
*** Sedicesimo. ***


SEDICESIMO.


«Liam, io..davvero, ti giuro, non ho fatto nulla! È Zayn che è un idiota!» Liam era il migliore amico di Niall e mi aveva sentita e vista con Zayn. Mi stavo sentendo un merda anche se non avevo fatto niente.
«Non lo devi dire a me, devi dirlo a Niall. Questa cosa riguarda voi due.» disse un po’ alterato, per poi andarsene.
Io abbassai la testa e strinsi i pugni, poi mi girai e detti uno schiaffo a Zayn.
«Dopo questa scordati di avere mai una possibilità con me. Sei un totale imbecille, non capisci un cazzo. Ti odio.»
Me ne andai e tornai da quei ragazzi.
Quel giorno non gli avrei detto niente. E non so perché così feci per altri tre giorni, fino a giovedì. Ma non lo feci per volontà mia.
Quando io ed Eleonora tornammo a casa da scuola, era freddo. Non mi salutò, non mi disse niente.
Di solito mi correva in contro, mi prendeva in braccio, mi baciava, mi chiedeva come era andata.
Quel giorno niente, mi passò vicino e nemmeno mi considerò.
«Niall..» gli dissi quando mi passò accanto.
Lui nemmeno si girò e andò in salotto.
Io corsi in camera, posai la cartella e andai subito da lui. chiusi le porte della sala e mi misi a sedere davanti a lui, sul tavolino.
«L’hai scoperto vero? Da Liam?» dissi con un filo di voce e quasi piangente.
«No. Da Zayn.»
«Quando?»
«Stamani.»
«Niall, mi dispiace davvero tanto. Ma Zayn aveva detto che doveva parlarmi, non pensavo facesse quelle cose.» le lacrime cominciavano a scivolarmi nel viso per quanto cercassi di fermarle.
«Ah sì? Zayn me l’ha detta in altra maniera.»
«Cioè?»
«Tu sei andata lì che lui ti doveva parlare, lo hai provocato, ti sei avvicinata sempre di più e quando lo hai salutato lo hai baciato. Lui ti ha detto che sei una troia e che avresti rischiato di mettere nei casini il rapporto tra lui e me.»
«Non è andata in quel modo!» urlai. In quel momento non stavo male, ero solo incredibilmente arrabbiata.
«Sinceramente non saprei a chi credere adesso.» ammise senza neanche guardarmi.
«E’ un bugiardo! Non è andata così, te lo giuro. È stato lui a fermarmi, a chiudermi in camera e a baciarmi. Non ti tradirei mai, io non ho mai tradito nessuno a cui tenevo. Non l’ho mai fatto e non lo farò mai. Giulio..Giulio non lo so. Ma una cosa la so: io voglio te e non ti farei mai del male! Te lo giuro Niall, ti prego credimi.» dissi praticamente in lacrime. Io non potevo perderlo, non me lo potevo permettere: ci tenevo troppo.
«Non lo so, Debora. Ho bisogno di pensarci su.»
Cercai di fermare quelle lacrime che volevano ancora, per l’ennesima volta, cadere e quando sentii pronunciare quelle parole mi bloccai.
«Di certo non ti posso obbligare. Ma ti voglio dire una cosa: Zayn ti ha mentito. Ti ha preso per il culo e lo sta facendo anche adesso. Pensaci bene prima di rovinare il nostro rapporto. Ti ricordo che per me tu sei stato il primo per me, non pensi voglia dire qualcosa?»
Detto quello, corsi in camera. Chiusi la porta e cominciai a piangere.
Urlavo, ma le mie urla erano soffocate dal cuscino.
Dopo dieci minuti mi chiamò mia mamma. Piangeva e io mi preoccupai subito.
«Mamma, mio Dio, cos’è successo?»
«Tesoro, io..ecco, tuo zio..» non riusciva a parlare dai singhiozzi.
«Cosa? Lo zio cosa? Mamma parla, ti prego!»
«E’ morto. Stanotte, alle due.» urlò lei, in lacrime.
Spalancai gli occhi e il cellulare mi scivolò dalle mani, come fossero fatte di burro.
Mio zio era morto e io non avevo avuto il coraggio di salutarlo.
Dopo dieci anni che non lo rivedevo, dopo dieci anni che non avevo potuto nemmeno sorridergli perché la mia famiglia aveva litigato con lui, in quel momento che potevo stargli accanto non ho avuto il coraggio. Non ho avuto il coraggio di fargli vedere come sua nipote fosse cresciuta in dieci anni, di fargli vedere cosa si era perso, quanto tempo aveva perso per dello stupido orgoglio. Ero stata una codarda e non potevo più rimediare a nulla.
Seduta su quel letto, con gli occhi aperti, spalancati, mi passarono davanti dei flashback, delle immagini, dei momenti che avevo vissuto, come se fossi lì presente, come se li stessi rivivendo.
Mi alzai lentamente dal letto e mi diressi in bagno. Accesi il rubinetto dell’acqua calda. Alzai lo sguardo e mi guardai allo specchio. Intorno agli occhi ero tutta macchiata di nero e sulle guance avevo il segno delle lacrime lasciato dal trucco sbaffato.
Intanto che l’acqua si stava scaldando, presi uno dei rasoi che avevo portato da casa e lo ruppi con la scarpa.
Poi lentamente mi piegai e la presi. Subito dopo misi il polso sotto l’acqua: era bollente, ma non riuscivo a sentire niente. Ero vuota, ero insensibile, ero incredibilmente fuori di me. Come se il corpo fosse una cosa e la testa un’altra. Era come se il cervello mi si fosse spento, come se dentro fossi spenta tutta.
Il polso piano piano mi diventò rosso e le vene si dilatarono.
Guardavo le mie vecchie cicatrici, quelle che mi ero procurata fino a cinque mesi prima, ma che sembravano così fresche.
Presi la lametta per bene e mi incisi la pelle. Non provavo niente, solo liberazione. Guardavo il sangue color amaranto che colava dal mio polso mentre continuavo a segnare la mia pelle con altri tagli.
Stavo bene,mi sentivo libera.
 
«Debora! Oh mio Dio, smetti!» sentii urlare. Ma era un urlo soffocato, lontano. Era una voce maschile ma non avrei saputo riconoscerla in quel momento.
«Debora, smettila!» continuava ad urlarmi. Venne lì, mi tolse la lametta e mi strinse. Quando mi levò il rasoio dalla mano, mi arrabbiai e cominciai ad urlare e a piangere. Cercavo di liberarmi, ma lui non mi voleva lasciare. Provavo a scivolargli dalle braccia, ma lui veniva giù con me e continuava a tenermi stretta. Poi mi poggiò a terra e cominciò ad accarezzarmi i capelli e a cercare di tranquillizzarmi, ma era tutto inutile.
«Lasciami stare! Io non merito altro che questo, non merito altro che il dolore, non merito di essere salvata, merito solo di soffrire, lasciami stare! Vattene, lasciami sola, lasciami morire! Sono una codarda, sono una stupida, non merito di essere amata, merito solo di soffrire! Vattene via!» continuavo ad urlare tra le lacrime.
L’unica cosa che mi ricordo era che Eleonora era sulla soglia della porta che piangeva impaurita. Bobby stava abbracciando Jannet che piangeva. Non mi ricordo né di Greg né di Niall. Mi ricordo solo loro tre, nessun altro.
Quel ragazzo mi coccolava, mi teneva stretta anche a costo di macchiarsi i vestiti di sangue. Non gli interessava. Ed era strano, perché io non me lo aspettavo.
«Non merito nulla, voglio morire!» continuavo ad urlare.
Eleonora non smetteva di piangere, così Jannet e Bobby la portarono via.
«Shh, Debora. Ci sono io adesso. Tranquilla.» continuava a sussurrarmi quella voce nell’orecchio. Ma io non ce la facevo a smettere, stavo ancora troppo male.
Ad un certo punto mi girò il viso e mi guardò negli occhi.
Quel ragazzo aveva degli occhi bellissimi. E sapevo di conoscerli quegli occhi, ma non riuscivo a focalizzarli. Vedevo tutto sfocato, tutto confuso. Non stavo capendo niente.
Lui mi cullò il viso con la sua mano sinistra, poi mi baciò. Quel bacio fu lento e riuscì a fermare le mie lacrime, ma non il mio dolore.
In quel momento realizzai chi potesse essere.
«Perché..perché mi hai baciata?» gli chiesi singhiozzando.
«Mi mancava farlo.» mi sussurrò.
Io non facevo altro che singhiozzare e tirare su col naso. Dopo poco mi alzò e mi poggiò sulla seggetta chiusa del water.
Poi prese un fazzoletto, lo bagnò e mi tolse il trucco dal viso. Lo faceva piano e dolcemente, come se avesse paura di rompermi.
Poi ne prese un altro e lo bagnò con un po’ di disinfettante. Poi mi tirò su la manica della divisa e mi pulì il sangue dalle ferite.
«Perché lo hai fatto?» mi chiese con lo sguardo basso sui tagli.
«Perché non merito niente. Merito solo di soffrire. Non merito nemmeno che tu sia qui a disinfettarmi le ferite, non merito niente da nessuno. Sono solo una delusione per tutti e dovrei solo soffrire. Forse sono io che non sono adatta né all’amore né alla felicità.»
Niall tirò violentemente il fazzoletto per terra, mi fulminò e urlando mi disse: «Smettila Debora, cazzo! Finiscila! Non è vero un cazzo di quello che stai dicendo! Non sei adatta all’amore?! Se non eri adatta all’amore secondo te mi sarei innamorato di te in tre giorni? Io non credo! Debora, tu meriti tutto tranne il dolore e la sofferenza! Non sei una delusione per nessuno! Non lo sei, non lo sei mai stata e non lo sarai mai! Adesso basta!»
Io lo guardavo e non credevo a quello che stava dicendo. Lui si era innamorato di me? Ero shoccata.
«Tu..cioè, stai dicendo sul serio?» mi veniva da piangere. Io sapevo che non meritavo quelle cose, ma in quel momento, dopo aver sentito quelle parole, per un attimo ho creduto davvero di non maritarle.
«Sì Deb, dico davvero.» ammise prendendomi il viso tra le mani. «Perciò smettila di dire quelle stronzate e per una volta credi a me. Mi credi?» mi sussurrò.
«Ti amo.» gli sorrisi. Lui mi baciò. Mancava anche a me baciarlo.
Poi mi prese in braccio, come si portano le spose, e mi portò in camera. Mi adagiò sul letto, mi spogliò e mi mise il pigiama. Poi mi coprì con le lenzuola e si sedette accanto a me.
«Adesso dormi, va bene? È stata una giornata pesante, per cui riposati.»
«Niall, mi sta uscendo ancora un po’ di sangue mi sa.»
Lui andò a prendere delle fasce per poi legarmele al polso. Poi le mise sul comodino accanto al letto e cominciò ad accarezzarmi.
In sottofondo c’era sempre Ed. Quella sera feci finta di addormentarmi, con Niall vicino, ma in realtà non feci altro che stare sveglia tutta la notte. Non riuscivo a pensare ad altro che a quello che era successo quella sera.

 
 
 
Ammori mieii <3 come state?
Ecco il seeedici :3 spero vi piaccia,
Ora vado, buuona notte e sogni d’oro.
Bacioni, Gio’.
Ps scusate l’infinita lunghezza. D:

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Capitolo 17
*** Diciassettesimo. ***


DICIASSETTESIMO.


«Già sveglia?» mi chiese Niall stirandosi. Io mi girai di scatto.
«Ohu. Sì, già. Che ore sono?»
«Le otto e un quarto.» mi rispose sorridendomi e guardandomi negli occhi.
Io mi alzai di scatto dal letto e presi i vestiti. «Cazzo, cazzo, cazzo.»
«Che è successo?»
«Devo andare a scuola, c’è la consegna del diploma.» risposi saltando nei pantaloni.
«No, c’è domani!» mi fece notare lui. Io lo guardai interrogativa. «Sì, l’ho chiesto alla tua professoressa ieri sera e mi ha detto che c’è domani. Quindi adesso vieni qui e continua a riposarti.»
«Ma non ho sonno.»
«Sei stata sveglia tutta la notte, non hai davvero sonno?» provai a replicare, ma appena aprii bocca, lui mi disse di rientrare sotto le coperte. Così io feci.
Ci fu un attimo di silenzio, poi dissi a Niall che domenica sarei dovuta tornare a casa.
«Lo so. Ma ora non te ne preoccupare. Ci sono ancora due giorni, ce li godremo.» disse. Poi cominciò ad accarezzarmi i capelli e mi cantò una sua canzone. Faceva tipo:

‘They don’t know how special you are,
they don’t know what you’ve done to my heart
they can say anything they want,
cause they don’t know about us.’


Mi ricordo particolarmente quella parte perché in quel punto si fermò e mi disse: «Questa canzone da oggi è nostra. Ogni volta che l’ascolterò mi ricorderò di te e di quello che mi hai fatto provare in così poco tempo.»
Mi scese una lacrima, ma poi mi ripresi subito. Lo guardai e lo baciai. Mi sarebbe mancato così tanto.
Poi, a ritmo di quella canzone, mi addormentai tra le sue braccia.
Mi svegliai quattro ore dopo, circa.
Niall non c’era, era uscito.
Mi alzai, mi lavai, mi vestii e infine mi misi anche un filo di trucco. Feci per prendere il cellulare che era sulla scrivania, ma mi bloccai alla vista di un bigliettino appoggiato allo stereo.
“Segui le frecce, c’è una sorpresa per te. Niall xx”
Guardai fuori dalla porta e vedevo che portavano al piano di sotto. Le seguii attentamente.
«Debora? Cosa stai facendo?» chiese curiosa Jane dalla cucina. Io mi misi a ridere.
«Niall mi ha detto di seguire le frecce!»
Anche lei si mise a ridere, poi mi fece l’occhiolino.
Io continuai a seguire il percorso. Le frecce continuavano fino al giardino nel retro e poi ancora dentro al garage.
La saracinesca era chiusa e sopra c’era un foglio con scritto ‘Bussare.’ Così feci.
Lui aprì e mi mostrò la sua mini coupé nuova di zecca.
Io rimasi sbalordita e mi scappò un sorriso a trentadue denti.
«Oddio, e questa? Spiegamela!»
«Volevo farti una sorpresa!» mi disse venendomi incontro. Poi si piegò e mi porse la mano. «Vorrebbe concedermi questo giro in auto?»
Io risi. «Ma certo, sir.» risposi poggiando la mia mano sulla sua.
Lui mi portò all’auto e mi aprì la portiera. Mi sorrise, io mi sedetti e poi richiuse lo sportello. Corse dalla sua parte e si posizionò.
«Pronta?» mi chiese facendomi l’occhiolino.
«Sì!»
Luì partì e ci dirigemmo verso la campagna, un po’ fuori da Londra.
I paesaggi che si trovavano fuori dalla città erano incredibilmente meravigliosi.
Andammo nel Cheshire, in un piccolo bungalow del patrigno di Harry.
Niall mi raccontò che lì era nata la loro band. Si erano formati ad X Factor, ma in realtà si erano uniti là.  Era stupendo quel posto.
Mi fece entrare nel bungalow e mi raccontò cosa ci avessero fatto, gli scherzi, le risate. Il modo in cui si sono conosciuti veramente.
«Hai fame?»
«Sì, un po’ sì.»
«Vieni.» disse facendomi segno con la mano di seguirlo. Andammo in giardino e davanti mi trovai preparato un pic-nic a dir poco stupendo. «La maggior parte delle cose le ha preparate mia mamma, ma l’ho aiutata un po’ anche io. Vieni.»
Si sedette sulla coperta e così feci anche io.
Era tutto così meraviglioso e suggestivo.
Niall cominciò subito a mangiare e disse anche a me di fare lo stesso. Anche se non avevo molta fame qualcosa mangiai, non volevo deludere Niall.
«Perché mi hai portata qui?»
«Perché ti volevo far conoscere la mia storia. Volevo farmi conoscere meglio. E poi volevo stare un po’ solo con te, lontano dai fastidiosi rumori della città.»
Continuammo a magiare e a raccontarci le nostre esperienze. Dalle tre, finimmo alle quattro e mezza. Niall radunò tutto e lo portò in auto.  «Aspettami qui.»
Si era alzato un sottile venticello che mi scompigliava i capelli. Mi chiusi il golf che avevo incrociando le braccia.
Guardavo il sole scendere piano sotto l’orizzonte mentre il vento mi muoveva i capelli.
Non avrei mai più rivisto uno spettacolo del genere e mi sarebbe mancato un sacco.
Quando Niall tornò si mise accanto a me.
«E’ uno spettacolo meraviglioso, vero?»
«Già.»
Ci furono alcuni minuti di silenzio. Io fissavo davanti, ero incantata da quel tramonto.
«A che pensi?»
«Non lo so a dire la verità. Forse al fatto che mi mancherai, che mi mancherà tutto questo. Che mi mancherà baciarti, mi mancherà stare con te, mi mancherà litigare con te, offenderci. Mi mancherà il fatto che, ogni volta che cercavo di andarmene, tu mi prendevi per un braccio e mi baciavi. Mi mancherà ridere con te. Ma mi mancheranno anche Greg, Jannet, Bobby, i ragazzi. Mi mancherà anche Zayn, pensa.»
Lui accennò una risata, poi mi mise un braccio intorno al collo.
«Niall, mi prometti una cosa?»
«Tutto ciò che vuoi.»
«Non scordarti di me, ok? Mi prometti che ogni tanto, nel tempo libero, verrai a trovarmi? Mi prometti che mi aspetterai? Perché io ti aspetterò sempre
«Te lo prometto Deb. Ti aspetterò ogni giorno, appena potrò ti verrò a trovare e soprattutto, non ti scorderò mai. Te lo prometto, te lo giuro.»
Io gli misi il braccio intorno alla schiena e lo strinsi forte.
Rimanemmo a guardare il tramonto per molto tempo.
Mi bruciavano gli occhi, ma non piansi. Rimasi compatta, anche se avrei voluto scoppiare.

 

 
Holaa, come estas chicas? :)
Okay, basta. Comunque spero tutto ok.
Questo è il 17esimo. Spero che vi piaccia.
Se avete qualche consiglio o comunque dirmi cosa ne pensate, recensite, grazie!
Baci, Gio’.

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Capitolo 18
*** Diciottesimo. ***


DICIOTTESIMO.


Niall guardò il cellulare.
«Debora, sono le sette. Dovremmo andare.»
«Sì, arrivo.»
Lui mi lasciò ed entrò in auto.
Ormai il sole era quasi del tutto tramontato e non c’era più una gran luce, tra poco meno di cinque minuti sarebbe stato buio. Ma a me non importava, io continuavo a pensare guardando davanti a me.

Ma forse doveva andare così. Forse mi dovevo innamorare di una persona che non avrei mai più visto. Forse era stato giusto così.
Io non ho mai creduto al destino e di certo non ho cominciato a crederci in quel momento.
Ma dentro di me, quella sera, quacosa mi diceva che sarebbe dovuta andare esattamente così.
Che, sin dalla prima volta che l’ho visto, mi avrebbe dovuto colpire. Quegli occhi – dio quanto amavo quegli occhi, erano perfetti –, quel sorriso, quelle guance, quel ciuffo, quelle labbra mi dovevano colpire.
Era la persona più odiosa, strafottente, testarda, noiosa. Era la persona più imperfetta del mondo, ma io lo amavo. E lo amavo per quello. Lo amavo perché era diverso, e lo era sempre stato. E anche se non lo dimostrava, lo sentivo io che era diverso. C’era qualcosa dentro di me che diceva di non fidarmi, ma io non ci ho mai creduto.
Con lui ero libera, con lui ero me stessa.
Con lui ero libera di sorridere e non aver paura di farlo. Con lui ero libera di essere ciò che con Giulio – e con nessun’altro – non potevo.
Lui mi faceva sentire amata, per la prima vera volta in vita mia.
 
Mi scese una lacrima a pensare a tutti i momenti che avevo vissuto con lui. Ma dovevo essere forte, non volevo farmi vedere ancora debole. Perciò mi asciugai le guance e andai in auto.
«Pronta?»
«No.» dissi. Poi tirai un sospiro. «Ma non si può aspettare per l’eternità. Quindi andiamo.»
Lui mi guardò un attimo, poi mise in moto e partimmo.
Mi addormentai durante il viaggio.
Fui svegliata dal sussurro di Niall nel mio orecchio. «Amore, siamo arrivati. Andiamo.»
Io aprii lentamente gli occhi, poi scesi dall’auto e mi diressi con lui in casa. Erano le otto e mezza, ma mi sembravano fossero le due. Perciò andai a letto senza nemmeno mangiare.
La mattina dopo mi svegliai verso le sei. Mi alzai senza svegliare Eleonora e andai a lavarmi. Mi struccai e mi sciacquai il viso. Alzai la testa e mi guardai allo specchio.
Mio zio mi diceva sempre che non bisogna piangere perché qualcosa è finito, ma sorridere perché è successo.
Ma io non ce la facevo, era più forte di me. Sentivo che non l’avrei più sentito, né più rivisto. Lui mi aveva giurato che non sarebbe stato così, ma io sentivo che invece sarebbe stato tutto il contrario. 
Una rabbia sconosciuta prese il sopravvento e io tirai in terra la prima cosa che mi capitò tra le mani: era lo struccante. La bottiglietta mi scoppiò e sporcò il pavimento.
«Eccoci. So combinare solo casini, io.»
Presi il fazzoletto e pulii tutto.
Poi mi rilavai il viso e andai a cambiarmi. Non sapevo che mettermi per la premiazione.
«Toc, toc. Permesso?» sussurrò una voce.
Io mi girai di scatto, impaurita.
«Dio, tesoro, mi hai fatto paura. Certo, vieni.»
«Indecisa per cosa metterti?»
«Non ho nulla.»
Lui ispezionò il mio armadio per un po’, poi si soffermò su un vestito che io odiavo.
Era panna, con le gale e un nastro sotto al seno che sulla schiena finiva con un fiocco.
Lo prese e mi obbligò quasi a mettermelo.
«Scordatelo.»
«Debora!» mi urlò sussurrando, quasi arrabbiato.
«Okay, okay.» dissi prendendolo.
Andai in bagno e me lo provai. Dio quanto non lo sopportavo! Uscii dal quella stanza e Niall era già lì con un paio di tacchi neri con la punta chiusa che mi aspettava.
«Tieni.» mi porse le scarpe.
«Ti odio, stronzo.»
«Anche io, ora provatele.»
Mi misi le scarpe e andai a guardarmi allo specchio. «Faccio pena.»
«Stai zitta che sei bellissima, scema.» mi disse mettendomi un braccio intorno alla schiena. «Sei stupenda, davvero.»
Io continuavo a guardarmi allo specchio e pian piano iniziai a vedermi decente, stranamente.
«Aspetta che chiamo mamma per farti i capelli.»
«No, no, Ni..» non feci in tempo a fermarlo che già stava scendendo.
Eleonora si svegliò in quel momento.
«Che ci fai vestita così?» chiese stropicciandosi gli occhi.
«La premiazione, idiota!»
«Occazzo, è vero.» esclamò lei alzandosi alla svelta dal letto e scendendo. Appena posò i piedi a terra mi squadrò.
«Quanto sei figa, mamma miia.» urlò. Io risi imbarazzata.
«Zitta, Greg e Bobby dormono!»
«Uh.» si mise a ridere pure lei. «Scusa.» mi fece col labiale.
Dopo poco arrivò anche  Niall con Jannet.
Lei mi fece cenno di seguirla, così feci.
Andammo in bagno, chiuse la porta perché voleva fare una sorpresa a Niall, disse. Io sorrisi.
Mi fece sedere su uno sgabello e cominciò a pettinarmi i capelli. Intanto parlavamo di come mi ero trovata quelle due settimane, di cosa avevo fatto, se mi era piaciuto. Io provai a non piangere, ma ci riuscii a stento.
Poi prese la piastra e mi lisciò la frangetta, per poi crearmi dei boccoli stupendi.
Feci per alzarmi, ma lei mi fermò. «Ferma, ti devo ancora truccare.»
Allora mi risedetti e mi lasciai disegnare il viso.
Appena mi guardai allo specchio, quasi non mi riconobbi.
«Oh mio Dio.» dissi sbalordita sorridendo. Non ci potevo credere.
Per una volta nella mia vita mi vedevo bella, mi sentivo come se fossi in cima al mondo ed era stupenda quella sensazione.
«Io..grazie Jane, davvero. Non so come ringraziarti. Non hai idea di quello che hai fatto. Oh Dio.» mi veniva da piangere.
«Vieni che Niall ed Eleonora ti stanno aspettando.» mi disse prendendomi per mano e portandomi alla porta. «Pronta?»
«Dovrei?»
«Eddai.»
«Okay, vai, apri.» dissi decisa dopo qualche attimo di ripensamenti. Lei spalancò la porta e davanti mi trovai Eleonora quasi in lacrime e Niall incredibilmente stupito.
«Debora..» sussurrò lui.
Eleonora mi venne incontro e mi saltò quasi addosso. «Questa parte di te mi mancava..sei stupenda Debbie.»
«Amore, sei unica. Grazie di tutto, davvero.»
Poi lei si staccò e lasciò il posto a Niall che ancora non poteva credere a quello che aveva davanti.
«E’ un sogno.»
«Non so se per fortuna o no, ma non è un sogno.» sorrisi imbarazzata io.
Lui accennò una risata nervosa, poi mi venne incontro e mi baciò. Mi baciò a lungo. Chissà quando lo avrei rivissuto un bacio così.
Poi, quando si staccò, appoggiò la sua fronte alla mia.
«Sei bellissima. Ti amo.» mi sussurrò.
«Ti amo anche io Niall.»

 

Holaa gentess. Come state? Spero bene, dai.
Ecco qua il 18esimo e spero taaanto che vi piaccia.
Se avete consigli o opinioni, mi farebbe un sacco piacere che me le recensiste o me le mandaste per messaggio!
Adesso vo, ciao a tutti. Vi voglio bene.
Baciooni, Gio’. 

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Capitolo 19
*** Diciannovesimo. ***


DICIANNOVESIMO.


La consegna c’era alle nove e noi partimmo di casa alle otto e cinquanta. Arrivammo, perciò, là alle nove e dieci. Di grazia.
E chi era stata la causa? Eleonora. Strano, eh.
Posso dire che non andò male. Io presi il diploma di seconda ed Eleonora di prima. Lei era sempre andata peggio di me ad inglese.
Tornammo subito a casa e festeggiammo.
Il pomeriggio festeggiammo anche con quei ragazzi.
Fu una giornata splendida, incantevole. Mi divertii un sacco, risi un botto. Non mi dimenticherò mai quella serata.
Io, Eleonora e Niall tornammo a casa sul tardi, verso mezzanotte. Entrate in casa, io ed El ci togliemmo i tacchi e li portammo in camera.
Io entrai nella stanza ridendo e tirai i tacchi sul letto singolo.
«E’ stato stupendo, cazzo!» esclamai sussurrando e buttandomi nel letto.
Eleonora rise. «Sì, è stato meraviglioso! Una serata così prima di partire ci voleva!» disse pure lei.
Poi Niall e lei si scambiarono delle occhiate. El capii subito ciò che Niall avrebbe voluto, infatti ci salutò e se ne andò nella veranda di sotto a dormire.
«L’hai mandata via te, vero?»
«Se vuoi la richiamo.» disse distendendosi sul letto con me.
«No, no. A me va benissimo così.» gli sorrisi maliziosamente.
Lui mi venne sopra e cominciò a baciarmi. Il collo, la bocca. Poi cominciò a scendere.
Certe volte mi prendevano degli strizzoni in fondo alla pancia talmente forti da togliermi il fiato.
Quelle farfalle – o pterodattili, ancora devo riuscire a capirlo – volavano ad ogni bacio sempre più veloci.
Ad un certo punto si fermò. «Senti..»
Eccoci, avevo sbagliato qualcosa. Solo che non capivo cosa. Forse ero io che ero sbagliata e lì se n’era reso conto.
Bene.
«Dimmi.»
«Che hai? Va beh..senti, lo vuoi davvero fare?» mi chiese un po’ imbarazzato.
«Senti Niall..io non ti obbligo. Cioè, lo so che non sono grandiosa su questo aspetto e forse non lo sono in nessuno e perciò se..»
«Ohu, ohu, ohu! Ma che stai dicendo?» disse quasi arrabbiato.
«Perché?» chiedi stupita. Che intendeva allora?
«Tu pensi che io non lo voglia fare, sul serio?»
«Cioè, se è così ti capisco..»
«Spero tu stia scherzando, perché se non è così mi arrabbio seriamente. Debora, a dirla tutta, è da una settimana che aspetto di rifarlo con te. Quella sera è stato..stupendo! Tu sei stupenda. Ogni santo giorno, ogni santa volta che ero con te, questa settimana, mi veniva da saltarti addosso. Sei sempre così incredibilmente..sexy. Oddio.»
Io cominciai a ridere. «Scherzi?»
«No! Mai stato più serio di così.» mi fece l’occhiolino. Poi, all’improvviso, tornò serio. «Allora, lo vuoi?»
«Sì. Sì, sì, sì. Sì e ancora sì. Lo voglio.» dissi eccitata. Ero così contenta. Era come se tutte le mie paure fossero completamente passate. Ero così felice in quel momento. E non pensavo affatto al giorno dopo.
 
La sveglia suonò alle otto in punto. Un’ora più tardi sarei dovuta partire.
Mi svegliai col sorriso sulle labbra. Ero stanca, avevo dormito pochissimo, ma ero felice. Quella notte fu a dir poco meravigliosa.
Mi alzai cercando di non svegliare Niall. Presi la valigia, piegai tutti i miei vestiti e li misi dentro lasciando fuori i jeans neri, le francesine, una camicia e il cardigan beige.
Portai tutto in bagno. Mi lavai, mi pettinai, mi vestii e mi truccai. Poi finii la valigia e presi il cellulare.
Vedevo Niall che dormiva beato e non avevo il coraggio di svegliarlo. Avrei voluto, tanto. Avrei voluto salutarlo, avrei voluto dirgli quanto mi sarebbe mancato, avrei voluto baciarlo per l’ultima volta. Ma non avevo il coraggio.
Non ho mai avuto il coraggio di affrontare gli addii.
Andai lì, mi accovacciai e cominciai ad accarezzargli i capelli.
 «Mi mancherai tanto. Ti ricordi quando ti vidi per la prima volta? Mi offristi il posto, ma tu guardavi Eleonora. Invece Zayn guardava me. Però io ti avevo già inquadrato da prima sai? Quella foto su quel comodino. È così bella, così naturale. Ce l’avrò sempre impressa nella mente. Così come avrò impresso il nostro primo bacio, in quella macchina. La nostra prima volta e, soprattutto, la mia prima volta. Mi mancherà il modo in cui litigavamo, il modo in cui ci offendevamo. Il modo in cui io avrei voluto correre via ogni volta che ci urlavamo contro, ma tu avevi paura che scappassi e mi prendevi il braccio, me lo stingevi fortissimo e poi mi giravi verso di te. Mi guardavi negli occhi, poi mi baciavi. Di solito, i miei occhi erano lucidi, ma non ti ho mai voluto dare la soddisfazione di vedermi piangere per te. Tu hai sempre avuto un modo diverso di guardarmi negli occhi. Non lo so, ma mi facevi agitare ogni volta che lo facevi.
Poi c’è stata quella volta che Zayn mi baciò. Quando mi hai detto che ci dovevi pensare mi sono sentita morire. In quel momento ti ho sentito così lontano. Sarei voluta sparire.
Quando poi mi tenevi stretta, quella volta che mi sono tagliata. Senza di te non so cosa sarebbe successo.
Quante ne abbiamo passate in una settimana? Dio, se ci penso mi viene da piangere. Sai, mio zio mi diceva:”Non piangere perché è finita, ma sorridi perché è successo”. E se io facessi una cosa di mezzo?» feci una risata nervosa. Lui ancora dormiva come un angelo. Non mi sentiva. Forse sì, non lo so. So solo che in quel momento avevo bisogno di un suo abbraccio. «Addio Niall, ti amo.» gli sussurrai. Poi gli detti un bacio sulla fronte, presi la valigia e me ne andai. Alla porta c’erano Eleonora e Jane, ci avrebbe accompagnato lei. Bobby era al lavoro e Greg da un suo amico.
«Pronte per andare?»
Mi guardai indietro, verso quelle scale, verso quella mansarda.
«Sì.» sussurrai. Poi mi rigirai e uscii dalla porta dietro Eleonora. Jannet chiuse la porta.
Dopo dieci minuti arrivammo all’aeroporto.
«Eccoci.» disse Jane.
Scendemmo e ci dirigemmo verso i nostri compagni. Alcuni erano contenti di tornare a casa, altri meno. L’unica a cui dispiaceva veramente ero io.
Mi misi seduta, stavo male. Mi veniva da piangere, avevo la nausea, mal di testa.
Avrei voluto Niall che fosse lì ad abbracciarmi, a baciarmi, a rassicurarmi. Ma non c’era e non ci sarebbe stato più.
Dopo una mezz’ora dettero l’annunciò che il nostro volo sarebbe partito a poco. Così tutti andammo verso il nostro aereo.
«Beh, è il momento.» disse Jannet.
«Già.» dissi malinconica io.
«Debora, ho una sorpresa per te.» affermò cercando dentro la sua borsa. «Tieni.» mi sorrise porgendomi un pacchetto rettangolare.
Io mi staccai dal trolley e aprii quel regalo. Era la sorpresa più bella che mi potessero fare.
«Grazie Jane, grazie. È meraviglioso, grazie!» dissi stringendola forte con le lacrime agli occhi.
Era quella foto che mi aveva colpito fin dall’inizio, quella foto che ha dato inizio a tutto. Era una semplice immagine, ma per me contava tantissimo.
La guardai di nuovo, poi sorrisi a Jannet.
Ci dettero l’avviso di entrare nell’aereo che poco dopo sarebbe partito. Al ché presi il mio trolley e mi diressi verso le scale.
«Debora, Debora!» sentii chiamarmi.
Mi girai. Lo vidi, lo vidi correre verso di me.
«Dio, Niall, che ci fai qui?»
«Non..non potevo non dirti addio.» disse affannato.
Io sorrisi e lo abbracciai forte. Lui si mise a piangere.
«Ni-Niall, no. Ti prego, non piangere. Sorridi, okay? Quando sorridi sei stupendo. Mi sono innamorata del tuo sorriso, perciò fammelo ricordare bene.» gli sussurrai quasi a singhiozzi, mentre col pollice gli asciugavo le lacrime. «Ehi, sorridi amore!» esclamai, per poi dargli un bacio. «Ti amo, Niall, ricordatelo. E ti amerò sempre. Addio.»
Mi staccai da lui. Niall provava a tenermi stretta, a non lasciarmi, ma era inutile. Io dovevo andarmene e quello sarebbe stato il nostro primo addio.
«Addio Debora. Addio amore. Mi mancherai. Ti amo!» mi urlò tra le lacrime guardandomi salire sull’aereo.
Mi posizionai al mio posto, accanto a Mattia.
Andai al finestrino e lo guardai. Abbracciava sua madre, come fa un bambino piccolo quando ha visto qualcosa di brutto, pauroso. Piangeva e vederlo piangere era l’ultima cosa che avrei voluto. E la causa ero io.
«Vieni qui Debbie, tranquilla.» mi abbracciò Mattia. Lì scoppiai, non ce la feci, ne avevo troppo bisogno. Mattia mi accarezzava e continuava a dirmi di stare tranquilla, che pian piano sarebbe passato tutto.
Ma non sarebbe stato così, non sarebbe passato tutto.
Più il tempo passava, più mi mancava.
Tornai a casa e mi chiusi subito in camera. Andai subito su twitter. Vedevo i suoi tweet, vedevo come stava, lo sentivo.
Le fans mi davano contro, ma a me non importava. Io sapevo di amarlo e nessuno mai lo avrebbe messo in discussione.
 
Quello che mi aveva promesso, lo mantenne. Continuammo a sentirci, per telefono, per messaggi, per twitter. Era tutto così meravigliosamente irreale.
Ero così felice.
Ma quanto sarebbe durata?

 
 
Ciaao.
Ecco il 19esimo.
Vi lascio con questo, notte.
Bacioni, Gio’.

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Capitolo 20
*** Ventesimo. ***


VENTESIMO.



Passarono diversi anni, mi pare quattro. Non ci riuscimmo a vedere mai, solo tramite skype, ma solo quando lui poteva. Però non mi interessava più di tanto, a me bastava sentirlo e sapere che era felice.
Dopo quei quattro anni che parlavamo e ci vedevamo attraverso uno schermo, ogni giorno la speranza di vederlo cresceva.
Poi, un giorno, mi disse che quell’anno probabilmente sarebbe riuscito a fare un salto da me. Io ero contentissima, lo raccontai subito ad Eleonora.
«Eel, oh Dio, forse viene quest’estate!» urlai appena lei mi rispose.
«Cosa? Oddio Debbiee, sono così felice per te!» e lo era davvero, non lo diceva tanto per dire.
«Mi viene da piangere. Finalmente lo potrò riabbracciare. Ti rendi conto? È da quattro anni che aspetto questo momento.»
Eleonora sarebbe voluta essere lì con me, ma purtroppo lei era a Bologna. Parlammo a lungo al telefono, poi però ci dovemmo lasciare.
Avrei rivisto quegli occhi, avrei potuto riabbracciarlo, avrei potuto sentire di nuovo il suo profumo, avrei potuto rivedere quel sorriso e forse esserne ancora la ragione.
Se non fosse che un mese dopo mi disse che era tutto montato perché dovevano andare in Germania a fare una specie di m&g.
Lì per lì ci rimasi abbastanza male, ma poi capii che non era colpa sua.
Quei tre mesi li passai tranquilla. Noi continuammo a sentirci per quanto potevamo. Di solito era perché era stanco o doveva provare coi ragazzi.
In quell’ultimo anno e mezzo ci sentivamo meno spesso rispetto ai due anni e mezzo precedenti. Ma non potevo certo prendermela con lui. Non era colpa sua.
 
Me lo ricordo come se fosse ieri.
Era il 23 luglio, mi stavo preparando per dare l’ultimo esame del trimestre. Stavo studiando tedesco. A me era sempre piaciuto tedesco.
Ero a sedere sul mio letto in mutande e canottiera, mentre la mia coinquilina, Alessia, era uscita con il suo ragazzo. Erano proprio una bella coppia, loro. Una di quelle che quando le vedi, dici: “Vorrei essere come loro. Vorrei essere così imperfetto ma essere amato ugualmente”. Perché dovete sapere, cari, che Alessia e Claudio erano completamente diversi, litigavano ogni giorno, ma non duravano più di due ore. Ogni santa volta facevano pace. Semplicemente si correvano incontro e si abbracciavano forte. E si promettevano sempre che avrebbero smesso di urlarsi contro, anche se ci cadevano costantemente.
Erano così perfetti insieme e mi ricordavano tanto me e Niall e mi mettevano malinconia. Ma non una malinconia triste, una malinconia felice.
 
Fatto sta che quel 23 luglio era veramente un giorno caldo, afoso. Non si riusciva a respirare, era assurdo. Avevo pure l’aria condizionata accesa, ma nulla. Continuavo a sudare.
Verso le tre mi chiamò Eleonora.
«Amore! Dimmi tutto.» esclamai.
«Debbie..devi vedere una cosa.» dissi lei con tono basso, sembrava quasi dispiaciuta.
«Cosa? El, mi preoccupi.»
«Vai su twitter.»
«Aspetta, accendo il pc.» dissi alzandomi e prendendo il portatile. Lo accesi. Non sapevo perché, ma il cuore mi batteva fortissimo. Acceso, andai su internet. «Vai, ci sono. Dica.»
«Bene. Vai sul profilo di Louis e guarda l’ultimo tweet.»
Così feci. Andai su twitter e vidi il suo ultimo tweet.
Diceva: “Auguri al mio irlandese @niallofficial che oggi fa 2 anni con la sua ragazza, @lassiejohn !! Vi voglio bene, ragazzi.”
«Due anni?» sussurrai.
«Debora..»
«No, no. Due anni. Due anni! E non mi ha detto un cazzo. Aveva giurato che mi avrebbe aspettata. No, non promesso. Giurato! E ora sta da due anni con una che si chiama come un cane, cazzo.»
«Come un cane? Cioè?»
«Eleonora, Lassie cazzo! Il cane di quella serie televisiva!»
«Ahh!» esclamò, poi si mise a ridere. «Oddio, vai a vederle il profilo, ti prego! Sto morendo!»
Così feci. Andai sul profilo di quella ragazza.
Appena lo vidi mi misi a ridere.
«Il nome gliel’hanno dato proprio bene!» esclamai. El si mise a ridere e non finiva più.
Aveva i capelli riccioli, crespi, castani che le arrivavano poco sotto il seno. Gli occhi erano verdi. Quando sorrideva sembrava un cavallo.
Giuro, sembrava un incrocio tra un barboncino e un cavallo. Venuto male.
Ma poi la guardai meglio. Guardavo le sue foto, le foto con i ragazzi, le foto con Niall.
In confronto a lei, ero uno schifo. Lei era così..perfetta. Così bella, così sexy.
E io cosa ero, in confronto ad una modella?
Niente, ecco.
Io ero solo una povera ragazza che non capiva niente. Che si era illusa che delle promesse fatte quattro anni prima, potessero essere mantenute. Che si era illusa che l’amore potesse esistere.
 
In quel momento, quando mi resi conto che non avrei potuto più avere Niall tra le mie braccia, che un’altra ragazza lo faceva felice, che quel sorriso non sarebbe stato più indirizzato a me, sentii un rumore strano. Sentii un rumore assordante.
E non capivo da dove provenisse. Mi guardavo intorno nella stanza, ma niente si era rotto. Poi capii. Si era rotto qualcosa dentro di me, si era spezzato, si era frantumato in centinai, migliaia di pezzi. Quella spaccatura dentro di me, portò un gelo. Da quel giorno fui fredda con tutti, ero distaccata. Non riuscivo a sorridere.
Io per lui avevo rinunciato a tutto e a tutti, per lui mi ero buttata al cesso quattro anni, mi ero buttata al cesso gli anni più belli della mia vita.
Per ottenere cosa? Falsità, totale falsità, bugie, stronzate, prese di culo.
Non capivo che problemi avessi. Perché, perché ci avevo creduto? Perché avevo creduto a quelle parole, a quelle promesse? Perché non avevo capito che erano solo una presa per il culo? Delle cose dette senza nemmeno pensarci, magari. Cose che lui non pensava. Perché io quello che gli avevo promesso, quel pomeriggio, quel venerdì pomeriggio, l’ho mantenuto.
 Non capivo nemmeno quello, non capivo perché ero stata così cieca da non vedere cose che mi erano state sputate davanti.
Girando per Roma, uscendo, viaggiando per la facoltà, mi sentivo così stupida, così bambina. Mi ero comportata come una bambina di sei anni nel tempo di Natale.
Presente, quando è Natale, anche se è freddo, il cuore ti si riscalda, le persone sorridono. I sogni si avverano. Natale era, è e sarà sempre un tempo così magico. Soprattutto quando si è bambini, Babbo Natale. Le letterine, i desideri.
Le speranze.
Ecco, io mi ero comportata come una bambina nel tempo del Natale. E mi sentivo così stupida, così infantile.
Talmente tanto che avrei voluto sotterrarmi e non risalire mia più.
 
Un mese dopo, quasi, Eleonora venne ad abitare con me dato che Alessia andò a convivere con Caludio.
Ci divertimmo un sacco. Lei era l’unica che mi faceva dimenticare di Niall.
A fine settembre cominciarono le lezioni. E da lì la solita routine. Stare sei ore su a sedere ad ascoltare una lezione e poi giù a studiare la sera mi aiutava a togliermi dalla testa Niall. Ma, lo ammetto, ogni tanto ci ripensavo ed era dura.
Lui ogni tanto mi cercava, ma non gli rispondevo. Forse era per quello che smettemmo di sentirci del tutto.

Avrei preferito che tutto andasse in maniera completamente diversa. Perché io adesso non sarei qui, sul letto, sola, a piangere e a urlare, mentre lui è con i suoi amichetti a divertirsi e a ridere come dei coglioni. 
 
 
 
Buonaseera bellesse!<3
Come state? Spero tutto okay.
Da voi oggi ha nevicato? Perché da me ha fatto qualche fiocco ma niente di speciale. Peccato.
Va beh, ecco a voi il 20esimo (nonché penultimo) capitolo! Spero vi piaccia.
Adesso vado che esco con una mia amica.
Bacioni, Gio’.

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Capitolo 21
*** Ventunesimo (ultimo). ***


VENTUNESIMO.
(Ultimo.)


Piansi per molto, troppo tempo.
Poi ebbi come un’illuminazione. Chi cazzo era lui per farmi soffrire in quel modo? Beh, per una sua fan era qualcuno, ma per me no, non era nessuno.
Mi asciugai le lacrime, mi vestii e andai a fare una passeggiata al parco vicino a casa.
Questa storia continuò per un anno intero. Un anno senza sentirlo, senza parlargli, senza vederlo.
Un anno senza il suo sorriso, un anno senza i suoi occhi, un anno senza la sua risata.
Un anno senza di lui. Un anno di malinconia.
 
Era il 22 dicembre. Ero dovuta tornare a casa perché le lezioni a Roma si erano sospese e per le vacanze di Natale preferivo stare coi miei.
Aveva nevicato in quella settimana e da camera mia vedevo i tetti delle case vicino completamente bianchi e gli alberi si erano colorati di bianco. Vedevo i fiocchi scendere piano dal cielo.
Ero stesa sul letto che ammiravo quello spettacolo.
 «Debora, amore, è pronto!»
Mi urlò dalla cucina mia mamma. Io mi alzai e andai a cena.
Quella sera eravamo tutti e cinque e fu una delle sere più belle della mia vita. Ridemmo, scherzammo, ci divertimmo.
Ad un certo punto sentii squillare il telefono.
«Scusate, vado a rispondere.» dissi alzandomi e dirigendomi in camera.
Era Eleonora.
«Dimmi El, che è successo?»
«Sto venendo a casa tua, ti devo parlare. Sta per succedere un casino.»
«Eleono..» non feci in tempo a finire la frase che lei staccò.
Perché ogni volta mi doveva mettere ansia quella ragazza? Era incredibile.
Alzai le spalle, non detti più di tanta importanza al problema.
Avrei dovuto invece.
Tornai in cucina.
«Mamma sta venendo l’Ele.»
«Perché?»
«Boh, non so. Ha detto che sta per succedere un casino e deve parlarmi. Va beh.» risposi sedendomi.
In dieci minuti fu a casa mia. La feci salire e andammo in camera mia.
Si tolse il cappotto e si sedette sul letto. Fece segno anche a me di sedermi. Così feci.
«Dimmi tutto.»
«Quei ragazzi, o meglio, Niall è in Italia.»
«Eh, quindi?» facevo finta che non mi importasse.
«Col barboncino.»
«Insomma?»
«Non venirmi a dire che non ti importa.»
«Ci hai azzeccato, sorella.»
Quanto cazzo ero brava a mentire? Quanto?
«Oh, Debbie, non provarci con me. Ti conosco troppo bene.»
«Come te lo devo fare capire? A me di Niall non mi interessa più niente. È da più di un anno che non ci sentiamo, perché dovrebbe ancora importarmi?»
«Perché non hai il coraggio di uscire con un ragazzo! Non ne hai più il coraggio.»
«E allora? Non c’entra Niall! Il mondo non gira intorno a lui, cazzo!» dissi furiosa alzandomi dal letto. Cominciai a girare per camera con le mani tra i capelli.
«Non venirmi a raccontare cazzate, Debora! Odio quando lo fai! Odio quando pensi che io possa crederti! Smettila, perché non sarà mai così! Ti conosco da quanto? 20 anni? Pensi ancora che possa crederti quando mi menti?»
«E allora dimmela tu la verità! Dimmelo tu come stanno le cose! Avanti, dimmelo! Sono qui, ti sto ascoltando!»
«Smettila, sei solo un bambina! Ti stai comportando in modo infantile!»
«Vattene El! Vai via, tornatene a casa. Lasciami sola, va’ via.»
Le indicai la porta, ma lei non si mosse.
«No, scordatelo.»
Ci stavamo urlando addosso e odiavo litigare con lei, odiavo il modo in cui, quando discutevamo, finivamo per urlarci contro.
«Perché?! Dimmi perché, cazzo!» le urlai quasi in lacrime. Non ce la facevo più.
Lei si alzò e mi abbracciò.
«Perché sei la mia migliore amica.»
Io non piansi, mi sfogai solo abbracciandola sempre più forte.
Per il resto della notte decidemmo quello che avrei dovuto fare. Poi, verso le cinque, ci addormentammo.
Io mi svegliai verso le nove e lasciai 
ancora dormire Eleonora.
Feci colazione e mi preparai.  Poi uscii a prendere una boccata d’aria e a pensare.
“Forse ha ragione Eleonora” non facevo che ripetermi.
E alla fin fine, aveva ragione Eleonora. E quando lo realizzai, corsi a casa. Salii ed entrai. La trovai in cucina che mangiava.
«Che è successo?» mi disse coi cereali in bocca.
«Hai ragione. Va bene, facciamolo!» esclamai affannata.
«No, Deb. Fallo. Tu, da sola. Io non c’entro niente.» mi fece notare.
Lì mi bloccai.
Ora che non c’era lei con me lo avrei voluto fare ancora? Ci pensai un minuto abbondate, che sembrò un’eternità.
«Lo farò!»
Eleonora mi sorrise e mi abbracciò. «Ora prepara il borsone, ti ho già preso il biglietto io  prenotato il B&B.»
Io le sorrisi a trentadue denti. «Grazie!» dissi,  per poi andare a preparare il borsone e partire per Venezia.
Dalle dieci arrivai verso le quindici. Posai le mie cose nel B&B e andai a farmi una girata per la città. Era bellissima.
Verso le sei mi venne voglia di farmi un cappuccino, così andai in un bar.
E lì lo vidi. Era seduto a due tavolini dal mio che sorrideva a Lassie mentre le teneva la mano.
Solo una cosa mi fece sentire meglio: a lei non sorrideva come faceva a me. Quando sorrideva a me gli si illuminavano gli occhi, quando sorrideva a lei no.
Io lo fissavo, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso.
Ad un certo punto si girò e mi vide. Sgranò gli occhi incredulo. Io continuavo a fissarlo.
«Ehi amore, che cosa hai visto?»
Dopo qualche secondo di trance, si riprese e le rispose. Continuando a fissarmi.
Io non ce la feci, stavo per crollare. Perciò mi alzai e uscii di corsa dal bar.
Lui mi venne dietro.
«Debora, aspetta! Debora!» mi urlò.
Io mi girai di scatto. «Perché? Dimmi soltanto perché! Me lo avevi giurato Niall, giurato! Perché hai mandato a puttane tutto, così? Voglio solo sapere il perché!» dissi piangendo.
Lui si era improvvisamente bloccato. Era come ghiacciato, ma non era il freddo.
Abbassò il capo. «Non lo so.» sussurrò.
«Io ti ho aspettato, lo sai? Io te lo avevo promesso e ti ho aspettato per quattro anni! Quattro, cazzo! Per me non era finita Niall, non lo era!» continuai ad urlare tra le lacrime.
Lui rimaneva col capo chino. Ma al suono di quelle parole, si riprese improvvisamente e mi venne incontro a passo svelto.
Poi mi si fermò davanti. Mi guardò dritta negli occhi. Non so quanto restammo in quel modo, ma a me sembrò un’infinità.
«E non lo è nemmeno adesso.» mi sussurrò. Poi mi prse il iso tra le mani e non mi fece spiccicare parola che mi baciò.
Mi baciò davanti a Lassie (l’incrocio tra il barboncino e il cavallo), mi baciò davanti a centinai di persone.
Mi baciò in mezzo a piazza San Marco. Mi baciò a Venezia, sotto la neve.
Non ho idea di quanto fosse durato neanche il bacio, ma per me era fin troppo poco.
Finito poggiò la sua fronte alla mia.
«Perché lo hai fatto?»
«Non lo so. Forse perché ancora ti amo.»
Io sorrisi. Lassie era rimasta scioccata.
 
Non sto a raccontarvi cosa facemmo dopo, sarebbe troppo lunga.
Dico solo che passai il Natale più bello della mia vita. Lo passai con la mia famiglia, con il mio ragazzo e con la mia migliore amica.
Non avrei potuto desiderare di meglio.
 
Ecco, con questo volevo solo dirvi di non smettere di crederci. Volevo solo dirvi che non potrete mai sapere cosa passa in testa ad una persona, che non potrete mai sapere cosa potrebbe provare essa per voi se non avrete mai il coraggio di chiederlo.
E che, soprattutto, anche le persone che ami possono deluderti, ferirti, spezzarti il cuore. Ma ciò non significa che tu debba smettere di amarle.




(La scena del bacio l'ho presa da qui: “Le pagine della nostra vita – Non è ancora finita.”)

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