Attraverso il buco della serratura

di MaCk_a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Impegni ***
Capitolo 2: *** Non ho l'età ***
Capitolo 3: *** Primi amori ***
Capitolo 4: *** Bevete più latte ***
Capitolo 5: *** Preferenze ***
Capitolo 6: *** Dubbi esistenziali ***
Capitolo 7: *** Io sono piccola ***
Capitolo 8: *** Braccio di ferro ***
Capitolo 9: *** Peccati di gioventù ***
Capitolo 10: *** Protettori ***
Capitolo 11: *** Vizi di famiglia ***
Capitolo 12: *** Compromessi ***
Capitolo 13: *** Mamma ***
Capitolo 14: *** Questo è Halloween ***
Capitolo 15: *** Cambiamenti ***
Capitolo 16: *** Cine-forum ***
Capitolo 17: *** Troppo forte ***
Capitolo 18: *** I bravi papà ***
Capitolo 19: *** Sensazioni ***
Capitolo 20: *** Io sono grande ***
Capitolo 21: *** Le femmine ***
Capitolo 22: *** Doppi sensi ***
Capitolo 23: *** Se fai il cattivo... ***
Capitolo 24: *** Chi può e chi non può ***
Capitolo 25: *** Avrei dovuto perderti e invece ti ho cercato ***
Capitolo 26: *** Gelosia ***
Capitolo 27: *** Priorità ***
Capitolo 28: *** Patologie ***
Capitolo 29: *** A game of chess ***
Capitolo 30: *** Sfide ***
Capitolo 31: *** Donne ***
Capitolo 32: *** La prima cosa bella ***
Capitolo 33: *** Diete ***
Capitolo 34: *** In vino veritas ***
Capitolo 35: *** Intromissioni ***
Capitolo 36: *** Make a wish ***
Capitolo 37: *** Chi disprezza compra ***
Capitolo 38: *** Ingenuità ***
Capitolo 39: *** Se il sangue è blu ***
Capitolo 40: *** Rimembranze ***
Capitolo 41: *** Eccellenze e privilegi ***
Capitolo 42: *** Adolescenza ***
Capitolo 43: *** Gli occhi negli occhi ***
Capitolo 44: *** Chi cerca trova ***
Capitolo 45: *** Paese che vai, usanza che trovi ***
Capitolo 46: *** Tale madre, tale figlia ***
Capitolo 47: *** Paura ***
Capitolo 48: *** Il principe ***
Capitolo 49: *** Selvaggi ***
Capitolo 50: *** Matrimoni e pregiudizi ***
Capitolo 51: *** Incontri inaspettati ***
Capitolo 52: *** Cose relative ***
Capitolo 53: *** Pace ***
Capitolo 54: *** Autorità ***
Capitolo 55: *** Ci vuole pazienza ***
Capitolo 56: *** Paura del buio? ***



Capitolo 1
*** Impegni ***


Mentre aspetto che tutto finisca
E ti guardo perché sei perfetta
Sei la cosa che più mi spaventa
Pioveva. Pioveva a dirotto. Bulma era davanti all’armadio, aveva gettato sul letto decine di abiti; per quella sera aveva organizzato un’altra delle sue feste-rimpatriate e cercava qualcosa che la ringiovanisse. In passato si era chiesto e richiesto come avesse fatto quella donna a cambiarlo così tanto. Ma la risposta non l’aveva mai trovata e, alla fine, si era risolto a non pensarci più. La osservava soltanto. ‘Non ho più le gambe di una volta! Addio vestiti corti!’ aveva esclamato con malinconia. ‘Finalmente’, era stata la sua risposta. In realtà a lui non sembrava molto cambiata, ma che lasciasse perdere roba corta e/o attillata era sempre stato suo desiderio. L’aveva ignorato.

Mentre togli il vestito di fretta
Non rimane che la meraviglia
Che la tua pelle nuda risveglia
Guardarla cambiarsi a quella velocità gli stava dando il mal di testa. Se si era messo lì a fare da spettatore era solo per aspettare il momento in cui si sarebbe spogliata definitivamente. Tutte le volte che toglieva un abito ci sperava, ma poi ne indossava subito un altro. ‘Uno vale l’altro’, le aveva detto, ‘Con chi devi competere?’. Bulma l’aveva guardato. ‘Tesoro, io non ho mai dovuto competere con nessuna. Non è questo il punto’ , si voltò. Ma continuò a pensarci. ‘Perché, scusa, credi forse che Chichi potrebbe competere con me?’, era nervosa. ‘No’ rispose subito.  Lo disse in maniera così decisa che la compagna ne fu lusingata ‘Non Chichi’, sottolineò poi, mentre Bulma si sfilava una gonna. Rimase così, in canotta e mutande, a osservarlo. ‘Idiota!’, gli aveva lanciato contro il pantalone che stava per provare. Anche dopo la sconfitta di Cell Bulma aveva dato una festa, durante la quale Yamcha le aveva dato ‘troppa confidenza’, secondo Vegeta. E lui, quella stessa sera, aveva fatto molti apprezzamenti su 18, ovviamente per ripicca. Da allora, quando voleva fare ingelosire la donna, ritirava fuori sempre la stessa questione e, sebbene lei sapesse che era solo per stuzzicarla, si sentiva infastidita. Ora aveva colto la frecciatina. ‘Tra poco potrai guardarla quanto ti pare e piace!’, sbottò. ‘E io metterò questo!’, mostrò un abitino.

Sto precipitando, amore mio…
‘Non metterai proprio niente’, la tirò a sé. ‘Oh, tesoro, è tardi…’ un bacio, ‘qualcuno sarà anche già arrivato…’, ‘c’è tua madre ad accoglierli’. Si sedette sul letto, la fece sedere su di lui. Diventava davvero bellissima quando quegli occhi azzurri lo guardavano con tanta dolcezza. Ricordavano allora l’azzurro del cielo a primavera, delle acque più incontaminate. Lo stava incantando. Protese le labbra verso di lei… ‘PAPIIIIIIIIIII!’, la porta fu improvvisamente aperta dalla loro bimba. Sobbalzarono. ‘Bra, che diavolo vuoi?’ ‘Papi ti cercano!’ ‘Ora non posso!’. Bra uscì dalla stanza senza chiudere la porta. La sentirono urlare: ‘Non può venire, Goku! Sta coccolando la mamma!’ Una risata: era Trunks. ‘Capisco!’, fu la risposta di Goku.  
‘BRA!!!’ sentì chiamarsi. ‘Continua pure, papi!’ gridò lei, tornando in salotto.

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Capitolo 2
*** Non ho l'età ***


‘Papino!’
La guardò. Quella bimba era già buffa di suo ma ora, con quel muso sporcato dal latte che le aveva donato un bel paio di baffi e un’espressione incredibilmente seria sul volto, lo era troppo. Si voltò o sarebbe scoppiato a riderle in faccia.  ‘Cosa c’è?’, ormai si era abituato anche a quell’appellativo.
‘Papino, quando mi faccio grande tu mi PPOSI?’
Erano tutti seduti a tavola per la colazione. Trunks aveva quasi sputato il succo di frutta. Bulma aveva spalancato gli occhi. ‘Io cosa?’
‘Papi, quando mi faccio grande, tu mi devi PPOSARE!’. Insisteva. Bulma tentava di contenersi. La determinazione che brillava in quegli occhietti azzurri era qualcosa di fenomenale.  Trunks era piegato in due dalle risate ma la sorellina lo ignorava, ignorava tutti, era troppo concentrata sul padre. 
‘Non dire sciocchezze, Bra’, aveva infine risposto, concentrandosi per mantenere la serietà. 
Lo sguardo che ricevette in cambio non gli permise di continuare a guardarla.
Offesa, la bambina era saltata giù dalla sedia e si era allontanata con le mani sui fianchi, il mento in alto, raccogliendo tutta la sua dignità.
Bulma avrebbe voluto rimproverarlo ma, sinceramente, proprio non sapeva cosa dire. Trunks aveva ripreso a mangiare, non volendo infierire, ma non appena il padre lasciò la stanza lui ricominciò a ridere  come un pazzo, sotto lo sguardo perplesso della madre.
‘Bra!’, l’aveva trovata seduta sul letto, con le braccia incrociate e l’espressione arrabbiata. Si sedette affianco a lei. ‘Bra, tua madre mi chiede la stessa cosa da anni e le ho sempre detto di no, perché a me queste cose non piacciono. Se dicessi si a te mi perseguiterebbe a vita’. Lo guardò, non troppo convinta. ‘e PECCHE’ non ti piacciono?’. Quanto diamine era curiosa. ‘Sono cose inutili, non servono a niente’ aveva tagliato corto. La bimba sembrò pensarci un po’ su.
‘Mi hai fatto piangere, però’, cominciò a lamentarsi. ‘Devi darmi un bacino, papà!’ MALEDIZIONE. Bra era subdola come la madre. Lei e quel suo dannato ‘bacino’ erano un’ossessione. Ma già non gli perdonava il fatto di esentarsi da quello della buonanotte…dunque, da questo non poteva proprio scappare. Si avvicinò alla fronte. ‘Papi…’, era di nuovo arrabbiata, ‘sulla guancia’. Davvero subdola come la madre. La poggiò sulla sua gamba. ‘Papi!’ ‘BRA, CHE DIAVOLO VUOI?!’ ‘sei rosso rosso!’ e gli porse la guancia. Le diede un ‘bacino’ veloce e leggero, ma bastò. In un attimo si mise in piedi e uscì dalla stanza correndo. ‘MAMMAAAAAAAA’, urlava, correndo verso la cucina, ‘MAMMA, PAPA’ MI HA DATO UN BACINO!!!!!!’. Una risata. Quell’idiota. ‘Trunks, sto venendo a spaccarti la faccia!’ gridò. 

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Capitolo 3
*** Primi amori ***


‘Trunks, tu hai una fidanzata?’, il fratello la guardò, arrossendo. Continuò a guardare la TV. I genitori erano seduti al tavolo, avrebbero sentito benissimo la risposta. ‘Oggi un bambino mi ha chiesto se volevo essere la sua fidanzata’, Vegeta attizzò le orecchie. ‘E tu cosa gli hai risposto?’ chiese, a bassa voce, sperando che la sorellina imitasse quel tono pacato, ‘che non posso, perché sono già fidanzata!’ urlò invece lei, seria.
Vegeta guardò Bulma, ‘è tutta colpa tua’, sibilò, ‘le riempi la testa di idiozie!’. ‘Non essere patetico, caro’, aveva risposto lei tranquilla, ‘sai benissimo che…’ ‘Io sono fidanzata con papà!’ stava spiegando la piccola. Trunks emise un sospiro di sollievo, mentre lei si metteva in piedi sul divano e guardava verso la coppia. ‘E’ vero, papi?’. La guardò, ci pensò qualche secondo. ‘Certo, Bra. E guai a te se osi tradirmi, capito? Non dovrei lasciarmi MAI, chiaro?’ ‘neanche tra trecentomilacinquecentomiliardi di anni, papi? Staremo insieme sempre sempre?’, ‘Sempre’. ‘Ok!’ sorrise felice, rimettendosi a sedere. ‘Hai sentito, Trunks?’, chiese, soddisfatta.
‘Hai sentito, Bulma?’, aveva un’espressione trionfante. ‘Piantala, tesoro’.

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Capitolo 4
*** Bevete più latte ***


Bulma si mise nel letto, seduta. ‘Finalmente!’ le disse, avvicinandosi. La baciò. Scese più giù fino a incontrare l’ostacolo della canotta. La tolse, si avvicinò ai seni già liberati dalla biancheria, ne afferrò uno e iniziò a succhiare. Aveva appena cominciato, si sentì una risata cristallina, divertita, inconfondibile. Lasciò la presa, si voltò di scatto. Bulma rimase immobile, impietrita. La porta era leggermente socchiusa.
 
Pioveva forte, quella notte. La piccola Bra osservò l’orologio. Era quasi mezzanotte. ‘L’ora dei mostri!’ pensò, mentre delle lacrime le riempivano gli occhietti azzurri. Prese il suo peluche preferito, grande quasi quanto lei, si alzò e uscì dalla stanza stringendo forte l’amico. Nel corridoio la luce era accesa, forse Trunks era ancora sveglio. Sarebbe andata da lui. Stava passando davanti la camera dei genitori quando notò che la porta non era perfettamente chiusa. Sbirciò. Per fortuna non si vedeva affatto bene e lei non poteva neanche esporsi troppo o l’avrebbero scoperta; comunque, quel poco che vide, alla sua ingenua mente di bambina fece tanto ridere: il padre aveva le labbra poggiate al seno della mamma e…lei sapeva bene cosa stava facendo, ah, si! Dunque non riuscì a trattenere una risata.
 
Apparve Trunks, stava andando a dormire. Bra gli corse incontro ancora ridendo: ‘Trunks! Haha, Trunks, non sai cosa ho visto!’ e rideva, rideva di gusto. Il fratello la prese in braccio. ‘Cosa?’, la bimba avvicinò la boccuccia al suo orecchio: ‘Papà…è grande e grosso…ma prende ancora il latte dalla mamma!’. Bulma fece capolino proprio in quel momento, ma non riuscì a sentire. Il ragazzo la guardò, rosso come un peperone. ‘Mamma…siete pessimi’ farfugliò, poi entrò in camera con la sorellina. Dunque, Bra li aveva visti. Ma perché rideva? Quella bambina era davvero strana, credeva di averle causato una sorta di trauma e invece…mah. Rientrò. ‘e chiudi quella dannata porta a chiave, una buona volta!’ le urlò il compagno.
 
Il mattino seguente Trunks ringraziò il cielo constatando che Chichi e Gohan erano in cucina; avrebbero pranzato tutti insieme e l’uomo aveva accompagnato la madre, decisa a mostrare a tutti la sua arte culinaria. Si sedette, salutando ed evitando di guardare in faccia i genitori. Per carità, erano affiatati e buon per loro, ma l’ingenua frase di Bra gli ronzava ancora per la testa e sarebbe scoppiato a ridergli in faccia, come troppo spesso accadeva. La sorellina arrivò dopo qualche minuto, ancora in pigiama, troppo assonnata per ricordare cosa aveva visto qualche ora prima;  si sedette accanto al padre. Bulma parlava animatamente con Gohan e Chichi pensò di versare un po’ di latte alla bambina, ‘Ne vuoi anche tu, Trunks?’, la risposta fu affermativa. ‘E tu, Vegeta?’ , ‘Per carità, odio quel sapore nauseante’ . Bra lo guardò contrariata, ‘papà, non si dicono le bugie!’. L’uomo non capì; mentre Bulma si sedeva, Trunks si alzò e uscì alla stanza. Stava per succedere. ‘Guarda che ti ho visto che prendevi il latte da mamma, come un bambino piccolo, non come me, che sono grande e lo bevo dalla tazza’. Calò il silenzio.
 
 
 
Nota: Il titolo riprende la canzone scritta da Nino Rota per Boccaccio ’70 di Fellini  
PS. Bra è il mio mito. XD  
 
Brother and sister

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Capitolo 5
*** Preferenze ***


‘Avanti, Trunks, ripeti!’, aveva quasi due anni, ‘Voglio più bene a mamma!’. Il bimbo era esitante: ‘Vogghio…vogghio pù bene..’ si distrasse per un grillo che saltava tra l’erba, Bulma lo prese in braccio ‘…a mamma! A mamma!’ ‘mamma!’ disse lui, guardandosi intorno alla ricerca dell’insetto. ‘Bravo! Ora, dimmi: a chi vuoi più bene?’ ‘vogghio pù bene a mamma’ aveva ripetuto in maniera meccanica. ‘E fai bene, Trunks! Perché IO sono la persona che più ti ama al mondo!’ , stavano rientrando, ‘altro che quel cattivone del tuo papà!’ . ‘Papà!’, si era guardato intorno eccitato, credendo fosse lì. La donna lo notò, ‘ricorda Trunks: a chi vuoi più bene?’, ‘vogghio pù bene a mamma’.
Bulma era in camera da letto. ‘Arriverà, Trunks, arriverà’, il bimbo continuava a rotolarsi sul letto, divertito e noncurante dei progetti materni. A un tratto, la porta si era aperta, Vegeta era entrato. ‘Finalmente!’ esclamò lei ricevendo in cambio uno sguardo stupito. ‘Ti sono forse mancato?’ era stato il commento ironico e si era avvicinato a lei ma, vedendo il figlio ancora sveglio, si era fermato. ‘Fallo addormentare’ aveva detto, sdraiandosi; Trunks, nel suo imperterrito girotondo a gattoni, gli finì contro. ‘Qualcuno ha qualcosa da dire’ esclamò la donna, trionfante. ‘Amore, dillo: a chi vuoi più bene?’, il bimbo si mise a sedere, massaggiandosi la testa con le manine. Guardò la madre, poi il padre. ‘Vogghio pù bene a papà’. ‘Come darti torto’, commentò l’uomo. Bulma stava per scoppiare in lacrime, per il disappunto in realtà, ma il bimbo lo notò. ‘Mamma! No tiste mamma!’, le si avvicinò, ‘Io bagliato! Io vogghio pù bene a tutti due…’, sembrò pensarci un po’, ‘uguale’ e accompagnò quest’ultima parola con una scrollata di spalle che alla madre risultò dolcissima. Lo abbracciò, si stese anche lei e spense la luce. ‘Mamma, culla io!’ le aveva ricordato il bambino, ‘No, stanotte dormiamo tutti insieme. Buonanotte, tesoro mio. Buonanotte Vegeta!’, uno sbuffo fu la risposta, prima di aggiungere un: ‘Guai a te se stanotte non dormo bene’, rivolto ovviamente al figlio. Trunks allungò il braccino e gli accarezzò la guancia, ‘notte papà’, uno sbadiglio e si addormentò.


Say hello

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Capitolo 6
*** Dubbi esistenziali ***


Trunks era seduto sul divano a braccia conserte. Era seduto sul divano a braccia conserte da un paio d’ore circa e la cosa aveva lasciato perplessi tutti, di solito tenerlo fermo era impossibile. ‘Tesoro mio, stai bene?’, la madre gli si avvicinò.
‘Sto pensando a una cosa, mamma’, spiegò, ‘non riesco a capire come…’, si fermò, la guardò. ‘Mamma. Io sono venuto fuori dalla tua pancia, giusto?’
La donna arrossì. ‘Eh, si, caro. Come tutti i bambini!’
‘Capisco…e come ci sono finito lì dentro?’
‘Oh, caro…’, si guardò intorno come se qualcosa potesse suggerirle un’idea, ‘è un argomento che…un argomento che…’ , trovata geniale, ‘…devi affrontare con tuo padre’.
Trunks rimase colpito; era convinto che, in fatto di nascite, le donne ne sapessero di più.
‘Perché devo chiederlo a papà? Mica sono uscito dalla pancia sua!’, era piuttosto perplesso.
La donna gli fece una carezza; ‘No, ma vedi, sono i padri a mettere i bambini nelle pance delle mamme’
Sperò di esser stata convincente, anche se lo sguardo smarrito del figlio suggeriva l’esatto contrario.
 
Durante la cena nessuno aveva fiatato. Nel caso di Vegeta era normale, ma solitamente gli altri due parlavano, oh, altroché.
Bulma era divorata dal rimorso. Quell’uomo non era certo adatto a dialogare con i bambini…e se gli avesse detto la verità? No, no. Era impossibile. Non l’avrebbe mai fatto. Non poteva farlo.
Trunks era talmente preso dai suoi pensieri da non riuscire a mangiare. I genitori avevano ormai finito di cenare quando si era finalmente deciso ad affrontare la situazione. ‘Papà!’, aveva esclamato. ‘Papà, devo farti una domanda. Ho sei anni e certe cose devo saperle’
Se non fosse stata preoccupata per l’esito della discussione, la madre avrebbe riso.
‘Papà, come hai fatto a mettermi nella pancia della mamma?’
Vegeta impallidì. ‘A metterti dove?’, gli occhi stavano per uscirgli dalle orbite.
‘Io sono uscito dalla pancia della mamma, questo lo so per certo. Ma non riesco a capire come ci sia entrato’
L’idea era di alzarsi e uscire dalla stanza, ma avrebbe peggiorato le cose; cercò gli occhi della compagna. Aveva imparato, col tempo, a indovinare i suoi pensieri tramite lo sguardo. Quello di ora diceva sgarra e ti uccido. Tornò a voltarsi verso il bambino. Non sapeva cosa fare.
‘Allora?’. Insisteva, anche!
‘Perché lo chiedi a me? Parla con tua madre!’, sbottò.
‘Ma lei mi ha detto di chiederlo a te!’. Questa volta fu Bulma a impallidire: l’occhiata che Vegeta le aveva appena rivolto era abbastanza eloquente.
‘Senti, Trunks. E’ una cosa che può succedere quando un uomo e una donna…’, si vogliono bene? No. Questo non l’avrebbe detto mai e poi mai. Fanno sesso? Questo, sinceramente, l’avrebbe detto. Ma poi avrebbe dovuto subirne le conseguenze. Urgeva scendere a compromessi.  ‘…si danno molti baci’, concluse velocemente, vergognandosi di se stesso.
Il bambino spalancò gli occhi. ‘E TU HAI DATO TANTI BACI ALLA MAMMA???’, gridò, seriamente annichilito; si, era questo a sconvolgerlo, non la cosa in sé, ma il fatto che l’avesse fatto suo padre. Non riusciva a crederci, però era contento; allora avevano un qualche tipo di rapporto quei due!
‘è stata lei a darli a me’, precisò. Bulma inarcò un sopracciglio.
‘e funziona lo stesso?’ chiese, preoccupato. Caspita. Bisognava stare attenti alle donne!
‘A quanto pare’ disse, alzandosi e avviandosi verso la porta, ma fu richiamato. ‘Papà!’
Si voltò. ‘Cosa c’è ancora, Trunks?’.
‘Papà, io so che non ti piace e hai ragione, ti capisco, però…ogni tanto, permetti a mamma di darti tanti baci. Così magari mi nasce un fratellino’. La donna si premeva una mano contro la bocca. Non doveva ridere.
‘Scordatelo, Trunks. Mi sono sacrificato una volta e non lo farò più’, uscì dalla stanza.
Il bambino guardò la madre. ‘Mi raccomando, tu provaci!’ 

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Capitolo 7
*** Io sono piccola ***


Il divano di quella sala ospitava da sempre le serate della famiglia Brief; Vegeta vi sedeva a braccia incrociate e senza scopo apparente, Bulma leggeva riviste, Trunks guardava la tv. Questo, di solito. Bra invece aveva sempre preferito il tappeto, lì aveva più spazio a disposizione per ricostruire il mini-mondo delle sue bambole, che erano davvero tante e tutte dai capelli rigorosamente azzurri, perché le voleva a sua immagine e somiglianza. Quel giorno la madre le aveva regalato anche un ‘fidanzato’ per una delle sue barbie e la bambina ne era stata davvero contenta, in un batter d’occhio i due si erano sposati (‘hai capito, papà? Lui non fa tante storie come te!’, aveva precisato) e ora, dopo una giornata passata nella loro nuova e lussuosissima casa, si apprestavano ad andare a letto. Guardò la madre. ‘Perché tu e papà dormite nella stessa stanza e io che sono piccola devo dormire sola?’.
C’è da dire che, per Bra, l’essere grande o piccola cambiava a seconda della situazione; era una semplice questione di convenienza. ‘Quando due persone adulte stanno insieme e mettono su una famiglia, dormono anche insieme’, era stata la risposta. La bimba guardò il padre. ‘Secondo me sono tutte scuse perché mamma ha paura di dormire sola’, disse a bassa voce. ‘Lo credo anch’io’.
Però la cosa non le andava giù.
 
Aveva faticato per tenersi sveglia fino a quell’ora, ma finalmente era arrivata la mezzanotte; si alzò dal letto in direzione della camera dei genitori. Sentiva qualche rumore, bussò; evidentemente non stavano ancora dormendo, però non rispondevano. Il rumore, comunque, era cessato quando lei aveva bussato la seconda volta, aggiungendo un sonoro ‘Mammina, aprimi!’.
‘Un attimo, tesoro!’ si era poi sentita urlare, dopo un po’.
Si aprì la porta. ‘Sei stata lenta, mamma’, la guardò. ‘Come sei sudata!’
La donna accennò una risatina ‘ehm si, fa caldo tesoro, no? Come mai sei venuta qui?’
Bra sgattaiolò dentro prima di rispondere. ‘C’è un mostro in camera mia!’ disse buttandosi sul letto. Il padre le dava le spalle, si avvicinò per fargli una carezza. ‘Ma sei sudato anche tu!’ esclamò. ‘In camera mia invece non avevo caldo. Se vuoi puoi andare a dormire lì’
L’uomo si voltò. ‘Che diavolo vuoi, Bra? Non ti basta venire qui a scocciarmi? Vorresti anche cacciarmi fuori dal mio letto?’.
La bimba non si aspettava quella reazione. Assunse un’aria torva. ‘Non è che per caso voi due stavate facendo un fratellino?’
I due si guardarono.
‘Ho indovinato, eh?  Vi stavate baciando?’
Un sospiro di sollievo.
‘Va be’, io dormo con voi stanotte’, si era sistemata sotto le lenzuola e rivolta verso il padre. ‘Raccontami una storia, papi’, cominciò a toccargli le guance col ditino.
‘Smettila, Bra. Non c’è nessun mostro e devi tornare nel tuo letto’.
‘Dai, papino’, gli faceva tante carezze, quello funzionava sempre. Ma in quel momento si trovavano a lottare il padre e l’uomo, che bramava con impazienza di riprendere ciò che la figlia aveva interrotto. ‘Perché devo dormire sola? Io sono piccola!’
‘Eri piccola anche ieri eppure hai dormito nella tua stanza’; dicendo ciò la prese in braccio, si alzò e la riportò dove era giusto che stesse.
A Bulma si strinse il cuore, ma quella bambina rischiava di venir su troppo viziata.
 
Si mise a letto, per la terza volta. ‘Bra, non devi essere gelosa di tua madre’. Aveva capito il problema.
‘Tu vuoi più bene a lei che a me!’ aveva sbottato, arrabbiata. Non le piaceva essere presa e trasportata come un oggetto.  ‘Tu non vuoi mai stare solo con me!’
Ora era lui ad carezzarle il viso paffutello col dito. ‘Non dire sciocchezze’, il tono della voce più pacato del normale. ‘vi voglio bene esattamente nella stessa misura’.
‘Anche a Trunks?’, il padre annuì.
Uno sbadiglio. Tese le braccine cercando il viso paterno. ‘Fatti dare il bacino, papi!’
Quella sera il gesto fu anche ricambiato.
 
Tornò dalla compagna. ‘Perché sei ancora vestita?’ 

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Capitolo 8
*** Braccio di ferro ***


‘Avanti, Trunks! Non fare tante storie!’
‘No mamma! I PINACI no!’
‘Gli spinaci si, invece! Ti fanno tanto bene!’
Vegeta entrò in cucina. ‘è colpa tua’, sentenziò, ‘se è così viziato’.
In realtà, più che viziato, il bambino era cocciuto e testardo…e non c’era da stupirsene, visti i genitori.
Comunque, il poco simpatico commento, o meglio, la comparsa dell’enunciatore di quel poco simpatico commento, aveva dato alla donna un’idea.
‘Lo sai, Trunks, che gli spinaci fanno diventare forti?’
Il piccolo la guardava, sospettoso.
‘il tuo papà li mangia sempre, infatti’
Guardò il padre; aveva un’espressione strana ma non diceva nulla…dunque, la madre non mentiva.
‘Scommetto che se li mangi diventerai forte come lui!’
Quegli occhietti si illuminarono; ‘mamma, dammi I PINACI!’
 
 
Vegeta era sdraiato sul divano quando avvertì la presenza di Bulma; aprì gli occhi e la vide chinata su di lui. ‘Trunks sta venendo qui’, sussurrò, ‘fagli credere che la sua forza è aumentata o non mangerà più spinaci!’
La osservò qualche secondo. ‘Non coinvolgermi nelle tue stupidaggini’ .
La donna si chinò di più; ora riusciva a intuire, spiando attraverso la lieve scollatura, l’assenza del reggiseno. ‘Avanti, tesoro, sai che quando è felice si addormenta in un batter d’occhio! Così potr…’
Sentì dei passi. Era lui. In un attimo si rialzò e uscì dalla stanza, fingendo di dover correre in laboratorio.
 
Trunks balzò sul divano, o meglio…sul padre. Si sedette sul suo torace. ‘AZATI E COBBATTI!’
Lo guardò. ‘Che diavolo stai dicendo?’
‘adesso sono FOTTE! COBBATTI!’
Non sapeva cosa fare, ma la fortuna gli venne incontro: il bambino premeva con forza le manine contro il suo petto, come per impedirgli di scappar via.
‘Non ho tempo ora’, gli disse. ‘Quindi fammi il piacere di lasciarmi, voglio andare a letto’
Incontrò lo sguardo sconvolto del figlio.
‘Allora? Togliti di mezzo, non riesco ad alzarmi se non levi quelle mani!’
Il bimbo, incredulo, mollò la presa e si spostò. Vide il padre alzarsi e sparire oltre la porta.
Doveva essere un po’ arrabbiato, perché lui, che era così piccolo, l’aveva messo in difficoltà!
 
‘Mamma, mamma!’, lo vide correrle incontro, ‘mamma, domani voglio mangiare tanti PINACI! Con la PATTA, col pane, col latte…’
Rise di gusto. ‘Tesoro, ma col latte prenderanno un sapore disgustoso!’
‘No fa niente, mamma! E dalli pure a papà…sennò ci rimane male di nuovo’
 
 

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Capitolo 9
*** Peccati di gioventù ***


Si stava avvicinando a piccoli passi, un’espressione accigliata in viso e un vecchio album di foto tra le mani. Quel broncio che aveva messo su non prometteva nulla di buono.
‘Dov’è la mamma?’, era furiosa.
‘Non ne ho idea’. La vide sederglisi accanto.
‘Mi devi spiegare una cosa!’, parlava come un dittatore al più infimo dei suoi sudditi. Gli indicò una serie di foto. ‘Che vuol dire?’
Quel tono di voce stava diventando troppo autoritario; ‘sii chiara, Bra! Cos’è che vuoi sapere?’ chiese, spazientito. Vedere immagini di Bulma da giovane lo irritava sempre, aveva un qualcosa di eccessivamente frivolo. Una volta gli era stato mostrato anche un video in cui compariva la compagna ancora sedicenne e l’aveva trovata…incommentabile.
‘Papi, mi spieghi perché la mia mamma sta sempre con Yamcha?’
La guardò. ‘era il suo fidanzato’, fu la secca risposta.
L’espressione comparsa sul viso della figlia era un misto di stupore, sdegno e incredulità. ‘Lui???’
Ora stava godendo. Non che si fosse mai sentito minacciato da quell’uomo, ma essere giustamente esaltato in un confronto lo riempiva di orgoglio; Bra non aveva detto niente, ma quel suo storcere il naso aveva parlato chiaro.
‘Ma papi, come faceva a piacerle lui?’, davvero non se ne capacitava.
‘che ci vuoi fare, è sempre stata sciocca’
‘ma non ti conosceva ancora però, è vero?’, lo interruppe.
‘Ovviamente no’ esclamò, quasi indignato. Parlare con quella bimba era appagante: prendeva le sue parole per oro colato.
La piccola sembrò rassicurarsi e gli si mise in braccio; ‘papi, menomale che poi sei arrivato tu! Sennò povera mamma!’, rideva divertita. ‘altrimenti avresti avuto un altro papà’, la provocò. Gli occhietti si aprirono di più, per guardalo meglio, sconvolti…e si riempirono di lacrime.
‘Papi!’, lo strinse forte e lui si pentì di ciò che aveva detto; non immaginava una reazione del genere.
‘Papi, non lo dire! E come facevo io?’.
Non era un pianto vero e proprio, ma i lacrimoni continuavano a rigarle le guancine. Sentì la mano del padre accarezzarle la schiena. ‘Non piangere per cose assurde, ora!’, cercò di mantenere l’abituale freddezza, ‘io sono qui e sono tuo padre’.
Vide la figlia asciugarsi sulla sua maglietta. Be’, se l’era cercata.
Sorrise: ‘e io sono pure una principessa!’. Questo la rallegrava sempre.
 
Quando Bulma entrò nella stanza, li trovò intenti a sfogliare l’album e sentiva Bra ridere ai poco gentili commenti di Vegeta. Si avvicinò incuriosita e fu stupita nel vedere i soggetti di quelle foto. Bra la guardò: ‘mamma, da ragazza non capivi proprio niente!’ disse risoluta ed estrasse un pennarello dalla tasca. Si, perché da quando Trunks le aveva spiegato come scrivere alcune parole, quel pennarello era diventato il suo migliore amico e non lo lasciava mai; nonostante la rimproverassero continuamente, non perdeva occasione di imbrattare le mura di casa con l’unico messaggio che le interessava comunicare: ‘ti voglio bene papi’. L’aveva scritto anche sulla porta della gravity room, ma quella volta non era stata sgridata.
Sfoderò un sorriso a trentadue denti: ‘papi ha detto che posso!’ e disegnò un grande baio di baffi su uno dei tanti Yamcha.
La madre si sedette, impotente. ‘Fai pure, ma non azzardarti a scarabocchiare sul mio bellissimo e giovanissimo viso!’

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Capitolo 10
*** Protettori ***


Gli piaceva quando, nel bel mezzo della notte, scoppiava un temporale. Perché, tutte le volte…ecco, appunto, si era svegliata. Com’era prevedibile quella donna.
‘Abbracciami, ho paura!’
Sbuffò. ‘Di cosa diavolo hai paura? Dell’acqua? Dovresti avere paura di me, piuttosto…’ mentì come sempre e, come sempre, Bulma lo ignorò.
‘Abbracciami amore mio, ho paura e freddo’, si avvicinò.
Poiché mostrarsi troppo accondiscendente non gli piaceva, doveva continuare a obiettare ancora un po’. ‘Non chiamarmi in quel modo’, aveva sussurrato avvicinando le labbra alle sue. Un lampo: la vide sussultare.
‘Sciocca, debole terrestre’, si decise finalmente a stringerla e poteva sentirla tremare a ogni tuono. ‘Non mi lasciare mai, Vegeta’
Era il suo tormentone. Lo ripeteva sempre, sempre, sempre.                           
Gli morse il labbro. ‘ora dovresti dire qualcosa come: certo, luce dei miei occhi, sarò qui a proteggerti e amarti per tutta la vita…’, esclamò cercando di imitare la voce dell’uomo.
‘non essere ridicola’ bisbigliò sfilandole la camicia da notte.
‘non sono forse la luce dei tuoi occhi?’, si posizionò sotto di lui, già nuda.
‘e non hai forse intenzione di proteggermi per tutta la vita?’, sentì la mano sfiorarle un seno.
‘e amarmi per…’ la bocca fu occupata da altro.
 
Quando quell’assillante ‘MAMMA, API!’ lo risvegliò erano le otto e i tuoni continuavano a farsi sentire. Infilò la testa sotto il cuscino, mentre la donna cercava il telecomando per aprire la porta. Gli diede un bacio sulla spalla; ‘ha solo tre anni’
Il moccioso si posizionò in mezzo ai genitori. ‘Avevi paura, Trunks?’, chiese la madre, ricevendo in cambio un’occhiata piuttosto offesa.
‘no io! Tu paura! Io ti POTEGGO!’, abbracciò la mamma, come se volesse rassicurarla. Lui, alto a stento un metro.
‘Ci sono io qui, non servivi certo tu!’, la testa del padre riemerse. ‘Quindi, vedi di sloggiare!’
Il piccolo lo guardò. ‘ma io sono più FOTTE!’
Bulma scoppiò a ridere. ‘eh si, amore mio! Perché ieri sera hai mangiato tanti spinaci!’

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Capitolo 11
*** Vizi di famiglia ***


Sebbene nel complesso Trunks fosse un bambino adorabile, bisognava dire che di difetti ne aveva e li aveva ereditati dal padre; o almeno, questo era ciò che aveva dedotto. Se combinava qualcosa era la madre a doverlo sgridare, ma lo adorava a tal punto che… ‘è tutta colpa tua!’, sbottava infine, rivolta al compagno che sembrava ignorarla volutamente, ‘ha preso da te!’
I pregi invece (intelligenza, bellezza, amabilità, scaltrezza) erano merito di lei, Bulma Brief, ‘la donna più affascinante e geniale del pianeta’, come soleva descriversi.
La madre però non aveva calcolato una cosa: suo figlio voleva somigliare a Vegeta, nel bene e nel male…dunque, persisteva in atteggiamenti negativi per puro spirito di emulazione.
 
In fondo, comunque, si trattava solo di un bambino, curioso e vivace come tanti…viziato come pochi. ‘…e di questo non puoi certo accusare me’, era la battuta finale con la quale il padre usciva sempre di scena.
 
Finché si trattava di giocattoli non era un problema accontentarlo, ma Trunks adorava il parco giochi e nessuno aveva mai il tempo di accompagnarlo. Una volta si era sacrificato il padre, ma le cose non erano andate come dovevano; Bulma li aveva raggiunti dopo un paio d’ore, a sorpresa, trovandosi davanti a una scena che non le era piaciuta affatto. Il bambino era su una giostra, mentre Vegeta, sguardo esasperato e braccia conserte, fissava un punto indefinito del cielo in attesa che il piccolo tornasse. Fin qui nulla di strano. Accanto all’uomo, però, c’era una donna. Una donna. Una donna che lo guardava con sguardo adorante e parlava, parlava, parlava. Senza ricevere in cambio né sguardi né parole, ovviamente. Ma agli occhi di una persona gelosa, quello appariva comunque il preludio di un tradimento
 
Si era avvicinata con la delicatezza di un elefante e aveva dato inizio a una vera e propria rissa durante la quale aveva avuto la meglio contro la malcapitata, sotto lo sguardo attento del compagno. La gente si era accalcata attorno a loro per guardare, era intervenuta la sicurezza, li avevano cacciati fuori, tra i brontolii di Trunks e l’aria soddisfatta di Vegeta.
 
‘Sei stata epica!’, le aveva detto una volta rientrati, cercando di trattenere una risata e lasciandosi spingere sul divano. Scene del genere ne aveva viste tra gli scagnozzi di Freezer e anche allora si era divertito.
‘Ascoltami bene!’, urlava come una pazza, in piedi davanti a lui, con le mani sui fianchi. ‘forse tu non hai capito come funzionano le cose qui!’
I litigi tra lui e Bulma erano sempre stati assurdi, ma sentiva che questa volta si sarebbero superati: perché se normalmente il motivo scatenante era futile, ora era inesistente.
‘Cosa facevi vicino a quella poco di buono?’
Tutte le donne che si trovavano per caso a passargli affianco erano delle poco di buono, se lo guardavano dovevano essere torturate a vita e se osavano addirittura provare a rivolgergli la parola meritavano la morte. Questo era, in sintesi, il pensiero della sua compagna.
Lui si mordeva le labbra, doveva mantenersi serio perché se c’era una cosa che gli piaceva davvero da impazzire era vederla esasperata. Dunque continuava a guardarla in silenzio, in attesa di una buona idea che non tardò ad arrivare.
‘Tu mi hai detto di non essere scortese con i terrestri’
Ci fu un momento di silenzio. Era raro che Bulma esitasse. ‘Cosa ti stava dicendo?’, urlò poi, ignorando l’ultima affermazione.
‘Cosa vuoi che ne sappia, figurati se la stavo ascoltando’, era la verità. Se non l’aveva allontanata in malo modo era solo per non rovinare la giornata al figlio.
‘io ti ho detto di non essere scortese con I terrestri…LE terrestri non meritano il tuo rispetto. Oltre me, ovviamente’. Ci aveva pensato su, evidentemente.
‘allora dovresti essere più chiara’ sentenziò lui, provando una specie di piacere sadico nel vederla in difficoltà.
‘SEI TU CHE NON CAPISCI NIENTE!’ , gridò infine. Doveva essere uno di quei giorni particolari, perché si, nervosetta lo era sempre, ma a picchiare qualcuno non era mai arrivata.
Vegeta si alzò, la sig.ra Brief aveva annunciato che la cena era pronta. ‘Dovresti comunque imparare a controllare la tua violenza’ affermò serio, riprendendo le parole che si era sentito dire miliardi di volte.
 
A tavola, Trunks si sedette accanto a lui. Osservava la donna con curiosità. Poi gli parlò, a bassa voce: ‘però picchia forte la mamma, eh? È stata proprio brava’. Lui non rispose, il che era come annuire. ‘quasi quasi era più divertente vedere lei combattere, che stare sulle giostre’.
‘questo è certo’, aveva commentato.
 
‘Mamma!’, Bulma lo guardò. Si sentiva in colpa per aver rovinato quella giornata di svago al piccolo. ‘Mamma, la prossima volta andiamo tutti e tre insieme, va bene?’
Che figlio adorabile aveva!  ‘ma certo, tesoro mio!’ disse, piena di gioia.
 
Il bambino fece l’occhiolino al padre. ‘Ci sarà da divertirsi’, sussurrò.

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Capitolo 12
*** Compromessi ***


Non che fosse esperto di tradizioni terrestri, ma tutto ciò gli sembrava assurdo. Seduto sul divano accanto agli altri due, li ascoltava attentamente.
‘Ma davvero mamma???’, anche a Trunks appariva piuttosto incredibile.
‘Certo, caro! Io gli ho già detto tutto’, annuiva soddisfatta.
La donna era osservata con sguardo indagatore dai suoi due uomini.
‘Papà, ma secondo te è un saiyan???’, il piccolo sostituì l’oggetto della sua attenzione.
‘Che sciocchezza!’, sbuffò lui…non troppo convinto.
‘Ma se riesce a fare il giro di TUTTO il mondo in una sola notte, sostando in tutte le case…’, pensò ancora qualche secondo prima di dirlo ad alta voce, ‘Babbo Natale dev’essere per forza un saiyan!’
Guardava la madre, poi il padre, poi di nuovo la madre, che rise.
‘Vedi, lui è…magico! Per questo ci riesce!’ disse, cercando di sembrare seria e affrontando lo sguardo tremendamente confuso del compagno. Non doveva tradirsi, non davanti al figlio!
Quel bimbetto, però, era difficile da convincere, perché di natura tremendamente sospettoso.
‘Mah, vedremo domani mattina, se è davvero come dici tu!’. Si allontanò pensieroso verso la cucina, dove fu facilmente distratto da deliziosi profumi: sebbene fosse ancora mattino, i preparativi per la cena di quella sera erano iniziati.
 
Vegeta, che da qualche anno aveva cominciato a conoscere le usanze di quel pianeta, ricordava di aver presenziato a questa grande festa invernale il cui significato non gli era chiaro né gli interessava, ma di questo Babbo Natale…no, non aveva mai sentito parlare.
‘Che diavoleria è questa?’
Bulma si guardò attorno: ok, il figlio non era nei paraggi. ‘ah, insomma!’, sussurrò poggiando le mani sui fianchi, ‘a volte sei proprio ottuso! Ma ti pare che esista davvero Babbo Natale?’, sibilò, ottenendo in cambio un’espressione sconvolta. ‘è una cosa che si racconta ai bambini per renderli felici, per aiutarli a credere nella magia e…’
‘gli hai mentito!’ esclamò, incredulo. Lui di azioni discutibili ne aveva fatte e parecchie, ma mentire non gli era mai piaciuto e mai aveva mentito a Trunks o a Bulma.
Gli piantò una mano sulla bocca: ‘SSHHHHH!!!!!!!’
‘Odio le menzogne. A me hanno sempre mentito’, scandì bene ogni parola, ‘e tu stai facendo lo stesso con lui’.
Si alzò. ‘Se gli dici qualcosa ti ammazzo!’ era la solita, assurda minaccia.
Incontrò il figlio nel corridoio. ‘Papà!’, gli afferrò il polso, ‘secondo te sono stato abbastanza bravo quest’anno?’
Questa, poi. Si liberò dalla presa. ‘Avresti potuto fare di meglio’
Il piccolo lo guardò allontanarsi. ‘accidenti’, sbuffò. Non era stato mica giusto avvisarlo così tardi…se avesse saputo dell’esistenza di quell’essere qualche mese prima, avrebbe cercato di comportarsi meglio.
 
Era l’una di notte. Doveva addormentarsi. Doveva. Altrimenti il tizio non sarebbe venuto a portargli i regali. Ma era troppo eccitato, non riusciva a chiudere occhio! Poi ricordò che, durante la cena, il padre era stato più silenzioso del solito; forse anche lui stava pensando al magico evento di quella notte e non riusciva a prendere sonno! Ottimo. Gli avrebbe fatto compagnia.
Entrò di soppiatto nella camera dei genitori e si infilò nel letto; tra i due vi era uno spazio piuttosto ampio, dunque riuscì a mettersi comodo.
‘papà!’, gli tirò i capelli, ‘papà, lo so che sei sveglio!’
L’uomo aprì gli occhi, dopo aver ricevuto qualche sberla da quella manina.
‘Sei emozionato anche tu, eh? cosa gli hai chiesto?’
Cercò di fare il punto della situazione, ma il sonno lo impediva. ‘Di che diavolo parli?’, sbottò.
‘Che regalo hai chiesto a Babbo Natale?’
Ancora.
‘Un bel niente’
Non lo guardava neanche negli occhi. Non voleva avere a che fare con quella frode.
Trunks si sentì uno sciocco; solo i bambini ricevevano doni, non i grandi!
‘Ma secondo te viene anche se stanotte resto sveglio?’
Nessuna risposta.
‘L’anno prossimo dovrò stare attento a non fare arrabbiare la mamma’
 Quella mamma che, come lui, era abituata ai monologhi.
‘Ma tu dici che esiste davvero questo Babbo Natale?’, insisteva.
Continuava a non guardarlo. ‘Cosa vuoi che ne sappia, Trunks’, scese a un compromesso con se stesso, ‘non sono un terrestre, io!’
‘ah già…’, uno sbadiglio. ‘forse dovrei tornare a dormire’. Il piccolo amava atteggiarsi da uomo maturo, quindi non poteva permettersi una notte nel lettone dei genitori
‘sarebbe anche ora’. In realtà, dato che Bulma sembrava arrabbiata con lui, la permanenza del figlio non avrebbe recato fastidio…ma era meglio non viziarlo ulteriormente.
Il piccolo uscì dalla stanza.
Vegeta guardò verso la compagna. ‘so benissimo che sei sveglia da un pezzo’
La donna si voltò, sorridendo. ‘che bravo papà!’
Sbuffò. ‘Come se non avesse abbastanza cianfrusaglie’ fu la sentenza finale, poi venne piacevolmente distratto da altro.

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Capitolo 13
*** Mamma ***


‘Mi devi chiamare mamma!’, lo scuoteva. ‘Mi devi chiamare mamma! Sorriso, dai, devi parlare! Sei grande adesso!’
La piccola Bra continuava a tormentare il povero panda – peluche. Poggiò il biberon dell’orsetto sul pavimento.
‘uff, com’è capriccioso!’ si lamentò, andando a sedersi vicino ai genitori. Pioveva a dirotto, aveva molto freddo, l’avrebbero riscaldata loro.
Continuava a guardare l’amico muto, insoddisfatta. ‘Forse non vuole me come mamma’, pronunciò tristemente. Bulma la strinse; ‘oh, tesoro! Figurati! Tutti vorrebbero una mamma come te’, le diede un bacio sulla morbida guancia.
Gli occhietti rimasero cupi. ‘Ma non sono quella vera, però…dov’ è la vera mamma del mio panda?’
La donna sorrise dolcemente; ‘un peluche non ha la mamma’
La bimba rimase piuttosto sconcertata; non riusciva a immaginare una vita senza una madre…
‘papi!’, esclamò, ‘ma la mamma tua dov’è?’
L’uomo la guardò distrattamente. ‘non c’è’
Bra si sentì un po’ mortificata, solo ora aveva ricordato: una volta le era stato detto che lei aveva solo due nonni, perché gli altri erano morti…ora, con quella domanda aveva forse fatto soffrire l’adorato papà. Gli afferrò il braccio.
‘papi’, lo stringeva forte, ‘tu mi vorresti come mamma?’
Gli occhi di Bulma s’inumidirono sentendo quelle parole. Ah, accidenti! Com’era diventata sensibile!
Vegeta la guardava piuttosto sconvolto, piacevolmente sconvolto, non sapendo però cosa dire.
‘va bene anche se continui a chiamarmi col mio nome’, aggiunse, per convincerlo. ‘io ti farò le coccole quando farai il bravo e ti sgriderò se sarai cattivo’
Continuava a non ricevere risposta e il suo cuoricino batteva forte. Temeva un rifiuto.
Lo guardò speranzosa. ‘allora posso essere la tua mamma?’
Vide il padre alzarsi e prenderla in braccio. Si avviarono verso la camera da letto, lei non gli toglieva gli occhi di dosso, era in attesa di una risposta. Che finalmente arrivò.
‘Bada bene, però: io rimarrò comunque tuo padre’
 
La piccola si addormentò felice, chiedendosi se sarebbe stato difficile essere la mamma del proprio papà.
 
 
Nota: Sorriso era il nome del pupazzo della protagonista di Desideria e l’anello del drago. Lo ritenevo dolcissimo e avevo chiamato così anche un mio panda anomalo (non era nero e bianco…ma bianco e blu! XD quanto gli volevo bene *-* )

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Capitolo 14
*** Questo è Halloween ***


‘ma le streghe esistono davvero!’, affermava convinta.
‘no, ti ho detto di no! Perciò, vattene!’.
Bulma, dal canto suo, non sapeva cosa dire; è vero che la bimba ea un po’ capricciosa, ma quando il campo  di battaglia era quello non l’aveva mai vinta.
‘Esistono, perché nelle favole che mi racconta la mamma ci sono!’
Ecco. Ricevette dal compagno un’occhiata fulminante.
‘Tua madre ti dice solo idiozie!’, alzò ulteriormente il tono della voce, pensando che ciò avrebbe spaventato la figlia. Si sbagliava.
‘ma anche tu mi racconti sempre di quando combattevi contro i mostri! Mostri veri!’
La donna continuava a osservarli; chissà chi avrebbe ceduto prima.
‘e allora perché i mostri delle tue storie sono veri e le streghe no?’
L’uomo restò muto.
‘e poi questa è la notte delle streghe e dei mostri e io non so combattere e chi mi protegge se loro vengono a prendermi?’, qui mise da parte il dispotismo per far spazio alla civetteria.
‘devo dormire per forza con te, papi! Sennò mi rapiscono!’ ; detto ciò, si mise comoda sotto le coperte.
‘e se mi rapiscono, mamma poi si sente sola e vuole fare un'altra bambina’ continuò, avvicinandoglisi.
‘e sicuramente non sarà bella e simpatica come me’, sbadigliò, dopo avergli dato il bacino della buonanotte.
Vegeta guardò lei, poi Bulma. ‘Tutta colpa delle vostre stupide tradizioni!’

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Capitolo 15
*** Cambiamenti ***


Di notte, si sentiva afferrare da mille mani e udiva la voce di migliaia di persone. Voci di madri disperate, di neonati in lacrime, di uomini troppo coraggiosi. Voci che imploravano pietà, una pietà che non avrebbero ottenuto. Di notte, era perseguitato dal rosso, il rosso del sangue, il sangue degli innocenti, gli innocenti che aveva ucciso col sorriso sulle labbra…innocenti…bambini innocenti che, nel migliore dei casi, aveva reso orfani…bambini innocenti come il SUO…innocenti…donne innocenti, che aveva violato ignorando suppliche e proteste…donne innocenti come…
LEI. Quando finalmente riapriva gli occhi, col respiro ancora affannato, vedeva LEI. Allora il rosso spariva, sconfitto dall’azzurro. L’acqua di quel mare lavava via le macchie di sangue e, quando la dolce voce della ninfa pronunciava l’abituale ‘buongiorno, amore mio’, le voci cessavano.
Ancora nel dormiveglia, le stringeva la vita e affondava il viso tra i suoi seni per riposare ancora un po’, questa volta con tranquillità. Se un tempo aveva amato la guerra era, probabilmente, perché non aveva mai conosciuto la pace. La pace era lei. Anche quando sbraitava contro di lui.
 
Si era portata in casa una pantera…e aveva cominciato a trattarla come un gatto.
Trunks aveva ormai due anni e mezzo, non si svegliava più nel cuore della notte e lei poteva dormire sonni tranquilli. Si, ora poteva, finalmente. Perché le cose andavano bene. Quell’uomo aveva cominciato a provare qualcosa per lei, lo sentiva. Solo da lei si lasciava avvicinare, toccare…penetrare. Penetrare, si, perché lei in quegli occhi riusciva davvero a entrare…quando le era permesso, ovviamente. La donna era molto lusingata da tutto ciò e ogni mattina, aprendo gli occhi e constatando la sua presenza al suo fianco, provava una gioia immensa.
LUI. Dormiva ancora quando lei si svegliava, sempre. Rimaneva incantata a guardarlo, era così…innocuo. Non tranquillo, però: il suo riposo sembrava sempre agitato, turbato, chissà da cosa…allora gli si avvicinava, gli passava una mano tra i capelli e lui apriva gli occhi. ‘Buongiorno, amore mio’
Subito si sentiva stringere e vedeva l’amato viso affondare tra i suoi seni. Quanto era cambiato. In quei momenti sembrava un animale selvatico che, dopo una lotta, tornava nella tana a leccarsi le ferite. Ecco, lei era la tana…e la sua pantera aveva dei nemici ‘astratti’; l’orgoglio, il passato. Solo dopo una decina di minuti quel volto riemergeva e tornava a posarsi sul cuscino.
 
Quella mattina, però, dopo aver ‘sostato’ più a lungo del solito sul suo petto l’uomo l’aveva osservata in maniera…strana. Imperscrutabile. Ma lei non ci badava più di tanto, ormai. Erano sdraiati su un fianco, uno di fronte l’altra. Gli fece una carezza sul naso, ‘ti amo tanto’.
Continuava a osservarla, questa volta con un’espressione scettica; ‘non lo diresti se sapessi tutte le cose che ho f…’
Le candide dita erano sulle sue labbra. ‘Non dire sciocchezze’
Spostò quella mano deciso ad accogliere ben altro quando un brivido gli percorse la schiena, ora completamente bagnata. Si voltò di scatto.
 
Trunks lo guardava soddisfatto, stringendo tra le mani una pistola ad acqua. Come diamine aveva fatto a entrare senza farsi sentire? Di solito era rumoroso quanto una mandria di elefanti!
‘Tesoro! Ti ho detto mille volte che non devi usarla in casa!’, la madre era davvero arrabbiata. Ma non se ne curava, era troppo occupato a gongolarsi: c’era riuscito, finalmente! Era da giorni che ci provava, ma la sua vittima riusciva sempre a schivare gli schizzi. Oggi, finalmente, aveva vinto quella piccola guerra.
‘piccolo teppista’, parlava a denti stretti, ‘hai cinque secondi per sparire, tu e quel tuo sorrisetto insolente!’
Il bimbo si avviò verso la porta. ‘Andiamo, Vegeta, non ha neanche tre anni…’
‘ non hai capito! Era in atto una battaglia tra noi due! Quel disonesto ha aspettato che io abbassassi la guardia per attaccarmi alle spalle!’
Bulma non credeva alle sue orecchie. Le sembrava di avere a che fare con due bambini.
‘Papà, ho vinto io!’ squittì la vocina, trionfante. ‘Sparisci, Trunks! Se ti prendo io ti…’
‘tanto non mi prendi!’, gli aveva cacciato la lingua ed era corso fuori.
‘COME OSI?’, si alzò di scatto.
 
La sig.ra Brief stava facendo colazione quando vide il nipotino correre divertito, inseguito da Vegeta. In boxer. La giornata cominciava nel migliore dei modi.
 
Nota: questa one - shot presenta punti di continuità con un’altra mia flash-fic, ‘Lividi’.  Inizialmente erano state pubblicate, infatti, come due capitoli di un’unica storia, ‘Brivido felino’. Mi scuso con chi l’aveva già commentata ma, dato l’episodio finale con Trunks, ho pensato che sarebbe stata meglio in questa raccolta J

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Capitolo 16
*** Cine-forum ***


A Bulma piaceva guardare film, di tutti i tipi. Un po’, cominciava a piacere anche a lui. Non tanto per le trame, gli attori in sé, no: per l’effetto che avevano su di lei.
Per esempio, nel caso degli horror: la donna tremava, si copriva gli occhi, lo abbracciava dicendo che, con lui accanto, si sentiva sicura. ‘Bah’, le aveva risposto una volta, non molto convinto. Ma aveva ricambiato il gesto, come sempre, perché sapeva che passare dall’abbracciarsi all’avvinghiarsi era cosa da niente. L’abbraccio, con Bulma, era la chiave di tutto.  Quella sera, però, si era lasciato scappare un commento di troppo. Durante la scena di un omicidio che aveva spaventato particolarmente la donna, cercando di tranquillizzarla, ‘Che cosa ridicola’, aveva affermato sicuro, ‘e totalmente irreale. Le teste non si staccano certo in quel modo’ . Era impallidita. ‘Io stanotte dormo con Trunks!’, si era alzata e l’aveva lasciato solo. Da allora, aveva evitato i commenti.
Poi c’erano le commedie, che a lui facevano più piangere che ridere, ma rendevano allegra lei.
I film d’azione erano i meno peggio, ma la sua partner non li amava molto.
I film d’amore…lo schifavano. Ma potevano essergli utili perché lei s’immedesimava, commuoveva…piangeva per due ore buone e, dopo, cercava consolazione. Finalmente.
Comunque, si riteneva ormai esperto in materia, volente o nolente.
 
Muten, Yamcha e quella sottospecie di maiale parlante stavano parlando animatamente. Anche il terrestre senza naso era lì, ma non parlava, anzi, sembrava un po’ imbarazzato. Lui, comunque,  era lì solo per controllare la situazione, non per altro. La sua presenza serviva a intimidirli e, soprattutto, a non farli avvicinare a lei che, momentaneamente, era altrove, assieme alle altre donne.
Casualmente, il suo sguardo incontrò per un attimo quello di Muten; spaventato, il vecchio pensò di rivolgergli parola. ‘E tu, Vegeta?’, balbettò, ‘a te piacciono?’
Lo squadrò accigliato, non stava ascoltando il loro discorso e, comunque, non gradiva chiacchierare con lui.
‘a te piacciono i film porno?’
Rimase in silenzio. Di cosa diavolo parlava? Non aveva mai sentito quella parola prima. Nel dubbio, rispose acidamente che sciocchezze del genere non gli interessavano, pensando che se piacevano a quegli idioti dovevano fare più schifo dei normali film. Si allontanò.
‘Immagino che con Bulma in carne e ossa, non serva altro’ commentò il maestro, poi guardò Yamcha e ricordò che, malgrado i molti anni di fidanzamento con la donna, era sempre stato un suo compagno di… ‘cine-forum’
 
Bulma si sdraiò sul divano, sfinita. Erano le otto di sera e, per quanto piacevole, era stata una giornata stancante. Vide il compagno avvicinarsi
‘Perché non guardiamo mai film porno?’
Uno sguardo perplesso lo accolse.
‘perché dovremmo?’ chiese, piuttosto confusa, mettendosi a sedere per fargli spazio.
Accomodatosi accanto a lei, la guardò, un po’ turbato.
‘non mi piace che mi si parli di cose che non conosco!’, sbottò. Ma lei continuava a non capire e solo dopo che egli le ebbe spiegato chiaramente cosa gli era stato detto scoppiò in una fragorosa risata.
‘tesoro’, disse asciugandosi una lacrima nata dal troppo ridere, ‘se ti conosco bene, non è un genere che può interessarti’
Le afferrò i polsi, seriamente infastidito. ‘Dimmi di che si tratta’
Cercò di mantenersi seria. ‘sono dei film dalla trama quasi inconsistente, che però…attirano spettatori per altri motivi…’
‘e sarebbero?’, vedeva quegli occhi neri fissarli con curiosità assurda.
‘in questi film si vede gente che fa sesso. Solo gente che fa sesso. Molto, molto…’, arrossì, ‘mmm…in maniera molto approfondita, ecco…come se…ah, insomma, immagina che qualcuno ci riprenda nel nostro letto e faccia di quel filmato un lungometraggio’
Lasciò la presa. Era sconvolto.
‘e dove trovano gente disposta a farsi riprendere?’, gli sembrava assurdo.
Sorrise; era tenero quando si mostrava ingenuo, sembrava un bambino.
‘e perché si dovrebbe vedere roba del genere quando si ha una donna in carne e ossa?’ esclamò, sbigottito.
Le braccia della donna gli cinsero il collo. ‘Non tutti hanno una donna in carne e ossa…’, lo baciò. Stava lasciandosi distrarre, infondo che gli importava dei terrestri e delle loro strane abitudini, tra l’altro aveva sempre saputo che Muten era un pervertito, ma…ricordò: anche Yamcha ne stava parlando! Allontanò Bulma di scatto.
‘allora Yamcha non li vedeva quando stava con te?’. Era pura curiosità.
La donna si sdraiò e gli tese le braccia. ‘credo li vedesse comunque’, disse distrattamente mentre lui si posizionava sopra di lei, ‘forse per cercare ispirazione, chissà’ aggiunse, credendo di destare un qualche sentimento di gelosia nel saiyan.
‘Cercare ispirazione?!’, eccolo nuovamente sconvolto. Sentì uno sbuffo; evidentemente la compagna non aveva voglia di perder tempo in chiacchiere…e, infatti, gli tolse la maglietta e cominciò ad accarezzargli il torace.
‘vuoi vederne uno insieme a me, per capire meglio?’ sussurrò maliziosa.
La fulminò con lo sguardo. ‘sciocca’, avvicinò le labbra alle sue.
‘io non ho bisogno di prendere lezioni da un televisore, so già cosa fare’, la bocca scese più giù.
‘Povera Bulma’, esclamò sarcastico, togliendole la canotta,  ‘come devi esserti annoiata prima di incontrarmi’

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Capitolo 17
*** Troppo forte ***


Piangeva, disperatamente. Lui non l’aveva mai vista in quelle condizioni. Pensò che sarebbe stato…gentile? Si, gentile…rivolgerle parola, almeno.
‘su, non è il caso di fare tante scene!’ esclamò, cercando di controllare il tono della voce.
Forse avrebbe dovuto scegliere meglio le parole. Ricevette in cambio uno sguardo assatanato e pieno di rancore.
‘tu dici così’, a stento riusciva a parlare, ‘perché non t’importa niente, di lui, di me, di nessuno!’, tornò a piangere.
‘io dico così’ ribatté, indispettito, ‘perché so bene che non corre alcun pericolo e che se non sento la sua aura è perché starà dormendo, non è certo in grado di azzerarla!’
‘Smettila di piangere, mi fai venire la nausea! Si sarà addormentato da qualche parte in questa casa immensa, che vuoi che sia!’
Era di certo così. Non poteva essere altrimenti. Ma lei non si calmava.
‘Non dorme mai il pomeriggio, lui’, si asciugò una lacrima, ‘sono passate quattro ore e nessuno l’ha visto’, strinse forte il peluche a forma di dinosauro che tanto piaceva al suo piccolo.
‘TUTTI i bambini di tre anni sono indifesi…ANCHE TUO FIGLIO!’, sottolineò.
L’aveva cercato in lungo e in largo, lei. Lui non aveva mosso un muscolo. Be’, a dir la verità, lui l’aveva appena scoperto; nessuno aveva pensato ad avvisarlo e, uscito dalla gravity room, si era trovato davanti uno scenario apocalittico. Aveva provato a captare l’aura ma niente, non ci era riuscito.
In tutta la città si cercava il figlio di Bulma Brief e, chi l’avrebbe riportato a casa sano e salvo, avrebbe ricevuto una lauta ricompensa.
 
Sebbene fossero solo le sette di sera la donna, debole e affranta, andò a stendersi sul suo letto matrimoniale, distrutta, lasciando che gli occhi riprendessero a lacrimare. Quel bambino era tutta la sua vita.
La seguì e si stese accanto a lei. Le si fece sempre più vicino e, dopo una breve lotta con se stesso, la abbracciò, da dietro. Avrebbe dovuto dire qualcosa, qualcosa di davvero gentile stavolta, qualcosa di dolce, magari. Era così assorto nei suoi pensieri…per un attimo aveva dimenticato tutto, persino il figlio, forse, quando…un lievissimo, impercettibile rumore, lo riportò alla realtà. Aprì gli occhi: Bulma era lì, che gli dava le spalle. Ma allora cosa diamine…
 
‘BUUUUUHHHHHH!!!!!’
Si misero a sedere, di scatto.
Eccolo, quel bastardo! Sbucato fuori dall’armadio del padre, che men che raramente veniva aperto.
La donna gattonò fino a lui, non riuscendo a stare in piedi, piangendo, felice. Lo abbracciò e baciò a lungo, stava per soffocarlo.
‘Ti sei PAVENTATA eh, mamma?’
Rideva, lui.
‘ti ho fatto tanta paura?’, continuava. ‘come i mostri delle favole! Buuuhhhh!!!’
E agitava le braccine in maniera secondo lui spaventosa. Poi, un rumore inequivocabile provenne dal pancino.
‘Hai fame, amore mio?’, continuava ad accarezzarlo.
‘si mamma, ho APPETTATO tanto per fare lo scherzetto!’
‘TRUNKS!’, tuonò. Quel moccioso era riuscito ad abbassare la sua aura sul serio e a prendere tutti per i fondelli, compreso lui.
‘ti rendi conto di quello che hai fatto, Trunks?!’, urlava.
Il bimbo lo guardava incuriosito.
‘Piantala, Vegeta!’, intervenne la madre, ‘ha solo tre anni, cosa vuoi che capisca!’
Questa fu l’ultima frase pronunciata in maniera semi-pacata, dopodiché scoppiò una vera e propria lite in cui lui accusava lei di essere troppo permissiva, mentre la donna ‘un alieno rozzo e animalesco come te non può venirmi a parlare di educazione!’, sentenziò.
Il bimbo li interruppe. ‘papà!’
Lo guardò, severo.
‘No fa niente che hai PESSO, poi mi fai uno scherzetto pure tu!’ , gli prese la mano e lui non ebbe il coraggio di ritrarla.
‘Andiamo a mangiare!’, continuò, trascinandolo per il corridoio; la mamma li seguiva.
‘non ti devi BARBABIARE tu’, imitava il tono della madre quando gli faceva dei rimproveri.
‘arrabbiare’ lo corresse a bassa voce, per non farsi sentire dalla compagna.
‘non ti devi a..arb…non ti devi BARBABIARE! Perché io sono troppo forte con gli scherzi’
Alzò gli occhi al cielo. D’altro canto, con due genitori megalomani, era impossibile che venisse fuori modesto. 

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Capitolo 18
*** I bravi papà ***


Gettò lo zainetto sul divano e andò dritto a sedersi, con fare da uomo vissuto come suo solito, nonostante i soli cinque anni. Era stato solo una notte fuori casa ma alla madre era sembrata un’eternità e, per festeggiare il ritorno del piccolo, avevo fatto preparare i suoi piatti preferiti per pranzo.
‘ti sei divertito a casa di Goten, caro?’
Anche Vegeta era felice che il bambino fosse tornato; non ne poteva più di sentire le paranoie della donna.
Il piccolo annuì e raccontò della ‘gita in montangna’ che avevano fatto con Gohan, dell’abbondantissima cena cucinata da Chichi e della notte passata a raccontarsi storie di paura.
‘ma quella casa non mi piace’ affermò sicuro.
‘eh, beh, non è grande come la nostra…e Goten ha pochi giocattoli, però…’
‘no, non è questo’, Trunks la interruppe, ‘è che non mi piace una famiglia senza un papà’
I genitori rimasero spiazzati.
‘doveva stare più attento il papà di Goten’, buttò giù un boccone, ‘e non farsi uccidere’
Seguì un po’ di silenzio. Bulma non sapeva cosa dire e Vegeta stava pensando alla difficoltà che aveva trovato nell’accettare quel figlio, che aveva seriamente rischiato di rimanere orfano di un genitore…e non a causa della morte.
‘tu sei stato bravo, papà!’, gli fece l’occhiolino, ‘che sei tornato da noi…’, guardò la madre. ‘Sai come ci annoiavamo, eh, mamma, se non c’era papà? Poi tu con chi litigavi?’
La donna scoppiò a ridere e anche il bimbo sorrise, guardando entrambi.
 
Si erano spostati nel giardino. Bulma era stesa su una sdraio, armata di occhiali da sole, rivista ‘per donne insoddisfatte e inappagate dagli uomini e dalla vita, ma soprattutto dagli uomini’ come soleva ripeterle il compagno, in costume da bagno. Non sembrava badare agli altri due, seduti sull’erba, piuttosto distanti da lei che credevano dunque di non essere ascoltati. Illusi.
Il piccolo stava disegnando la sua famiglia. C’era la mamma a sinistra, poi lui in mezzo e Vegeta al suo fianco, che li proteggeva da un mostro. ‘in realtà, diciamo che tu proteggi me e io proteggo la mamma’, spiegò, ‘perché il più forte protegge chi è più debole e io sono più forte di mamma…o vuoi proteggerla tu?’
Lo guardò. ‘se ti serve aiuto, intervengo io’, rispose serio.
Prese i colori. ‘tuo papà com’era?’
Esitò un po’. ‘non lo ricordo’, mentì.
‘allora non doveva essere bravo come te’, cominciò a colorare i capelli del padre disegnato, ‘io mi ricorderò sempre di come sei tu, anche da grande’
Parlava con tranquillità, non era sua intenzione lodarlo, diceva semplicemente ciò che pensava.
‘come puoi esserne certo’, sbottò, ‘mica sai come sono gli altri padri’
Continuò a dedicarsi al disegno. ‘boh’, alzò le spalle, ‘secondo me sei bravo’, passò ora al vestito della mamma, ‘si sente’.
Si sente? Ma come parlava quel moccioso?
Gli passò una mano tra i capelli e si alzò. ‘cerca di essere preciso’, commentò guardando il foglio dall’alto, ‘non voglio ascoltare le demenzialità di tua madre ’
Già, perché la donna si ostinava a sostenere, con molta serietà, che la sua bellezza fosse irriproducibile; neanche le foto potevano renderle completamente giustizia….figuriamoci un disegno.
‘hai ragione’ commentò il piccolo, sentendo un brivido lungo la schiena al pensiero dei lunghi monologhi materni.
‘Hei, voi due!’, la sentirono urlare. Si era messa a sedere e aveva momentaneamente tolto gli occhiali da sole.
‘un altro commento negativo su di me e vi caccio fuori di casa!’

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Capitolo 19
*** Sensazioni ***


‘Perché vuoi farlo?’
La situazione non le dispiaceva affatto ma, forse, Chichi aveva ragione.
 
‘ Non potete andare avanti così per sempre’, le aveva detto quella mattina, quando era andata a farle visita per la nascita del piccolo Goten.
‘ Tu non sei un oggetto, Bulma, devi farglielo capire’
In realtà la donna era stata drastica come al solito, non si poteva parlare di sfruttamento o, meglio: se bisognava proprio parlarne in quei termini, urgeva sottolineare che questo sfruttamento fosse reciproco.
‘ Non può venire da te solo per…insomma, hai capito!’
Be’, ma lui non andava da lei ‘solo per…’. Lui stava con lei sempre, ormai. Litigavano spesso e parlavano poco, è vero, però Bulma era fiduciosa…sarebbe andato tutto per il meglio, era già cambiato un pochino. Ora sembravano addirittura una coppia vera…lui non le aveva mai riservato frasi troppo affettuose, ok, ma…nel modo di approcciarsi c’era qualcosa di nuovo: se nessuno era in giro – e doveva accertarsene bene – le si avvicinava per baciarla, senza pretendere di andare oltre, solo per baciarla…e nei suoi abbracci notava un certo…sentimento, forse affetto, non più una semplice smania di possesso…
Fatto sta che la neomamma le aveva in messo tanti dubbi e ora voleva delle risposte.
 
La guardò, seriamente sconvolto.
‘Che significa?’, era la prima volta che lo vedeva in difficoltà. Era come se, a mezzogiorno o giù di lì, gli avesse fatto una domanda del tipo ‘perché hai fame?’
Lei si ritrasse un po’, incrociò le braccia.
‘Perché vuoi fare l’amore con me?’
Esitò qualche istante, gli occhi sbarrati. ‘Perché non dovrei?’
Espressione triste, insolita. ‘Di solito, si fa l’amore perché ci si ama’
Ecco cos’era.
Tornò dalla sua parte del letto, scontento. ‘Io dico che, di solito, si scopa perché se ne ha voglia e bisogno’
 
Diamine, quella donna non si accontentava mai. Proprio quella sera, poi, doveva mettersi a fare la ritrosa? Non aveva affatto voglia di dormire…la sentì avvicinarsi.
‘Allora cambio domanda’
Bene. Evidentemente, neanche lei aveva sonno e, se si era riavvicinata, c’erano buone probabilità di giungere a un piacevole compromesso.
Si mise supino e prese a osservare il soffitto.
‘Cosa provi quando fai l’amore con me?’
 
Forse la domanda di prima non era stata poi così pessima.
‘Smettila di scocciarmi, Bulma!’, sbottò guardandola negli occhi che, però, rivelavano l’intenzione di non demordere. Infatti…
‘si può sapere che problemi hai?’, si stese al suo fianco, ‘ tanto so che non mi dirai frasi galanti, anzi, ma fammi il piacere di esprimerti a parole una volta tanto ‘
Sbuffò, tornando a contemplare il vuoto. ‘tu’, mugugnò, ‘ti diverti a fare tante domande, ma neanche sapresti come rispondere’, le rivolese un occhiata veloce, ‘pretendi che gli altri arrivino dove tu non riesci’
 
‘Se me l’avesse chiesto Yamcha, a suo tempo, avrei reagito come te ora’ , parlò amaramente, ‘non avrei saputo cosa dire…perché non avrei avuto niente da dire. Non si può parlare di qualcosa che non c’è, a meno che non si voglia squallidamente ammettere che l’unica sensazione provata è l’appagamento fisico’
‘…e tu non avevi neanche quello, suppongo’ aggiunse, beffardo.
Non gli rivolse uno sguardo allegro. ‘ma se si parla di te, allora saprei bene cosa rispondere, perché ti amo’
 
‘Ah, si?’, la vide avvicinare il viso al suo.
‘Mentre faccio l’amore con te, sento prima di tutto piacere, piacere puro…e questo, ok, è scontato. Ma i tuoi baci…mi sembra così strano che ora abbia cominciato a baciarmi…finalmente…i tuoi baci mi emozionano così tanto…eppure quel tanto è niente rispetto al resto…e, sentendo le tue dita affondare nei miei seni, mi pare che vadano oltre la pelle e tocchino il cuore, stringendolo…e capisco di essere legata…a te, che mi domini, solo tu puoi e riesci a farlo, io non capisco…com’è che non mi dispiace…io non sopporto essere sopraffatta…a meno che non sia tu a farlo…e c’è questa catena che non so come controlli, che non mi lascia mai allontanare da te, né fisicamente, né col pensiero’
Esitò un po’, per fermarsi a osservare l’espressione rapita di lui.
‘più tu vai avanti, meno io capisco…e non ricordo più di essere sul nostro letto, non vedo più le mura della nostra camera…tu entri in me e io perdo la percezione del tempo e dello spazio, so che ci sono io, anzi no: so che ci sei tu, in me…e per questo, grazie a questo, ci sono io. Ci siamo noi due, insieme, ci rotoliamo nell’aria, sull’erba e nell’acqua…contemporaneamente…e mi pare di sentire il sole battere sulla pelle, poi pioggia primaverile e confondo il tuo respiro col soffio del vento, poi di nuovo il sole…e la neve…fiocchi di neve…che lecchi via…e poi entro nel fuoco, mi brucio, forse tu mi bruci, in realtà, ma mi piace…e tu continui a spingere…e io provo ad afferrarti, finalmente sei mio! ti stringo, perché vorrei avere tutto di te…non solo il corpo…vorrei riuscire a prenderti l’anima…’
Si fermò.
Lo sentì respirare profondamente.
‘ti piace il fuoco?
Eccolo…deviava, come suo solito. ‘si, mi piace’, rispose tristemente.
Silenzio.
‘Anche a me’.
Non la guardava negli occhi.
‘penso a un animale che ha lottato l’intera giornata e, stanco, torna nella sua tana. Fuori diluvia e lui si è anche bagnato e non poco ma, nel suo rifugio, trova calore e sicurezza, perché sa che la tempesta non lo disturberà. Un animale purtroppo non può trovare il fuoco acceso, ma tu immagina che ci sia’
Non sapeva bene che senso avesse quel discorso, ma lo ascoltava attentamente.
‘Come l’animale distrutto e fradicio che, compiaciuto del calore inaspettato trovato nell’unico posto in cui è davvero al sicuro, se ne infischia del mondo e dei suoi pericoli, perché ha inaspettatamente scovato la salvezza’
La baciò.
‘Così mi sento, quando faccio l’amore con te’

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Capitolo 20
*** Io sono grande ***


‘ecco la forchettina’, gli mise in mano la posata personale, ‘e qui il bicchierino’, gli fece vedere.
‘Grazie’, disse lui, meccanicamente. Per avere quasi quattro anni, Trunks era un fenomeno: sapeva già contare, parlava discretamente bene, era educato, sedeva composto a tavola.
‘lo fai parlare come un idiota’.
Il padre non era contento di quei modi di fare e assisteva inorridito alla scena, ma non poteva pronunciarsi più di tanto, un po’ per non compromettersi la reputazione, un po’ perché…
‘Vegeta’, sbottò offesa, ‘sei un educatore? Eh? Hai mai educato qualcuno?’.
Agitava un cucchiaio e lo guardava minacciosa; decise di ignorarla, tornando a mangiare. In fondo, che gli importava.
‘Amore di mamma, vuoi un pochino di acqua?’, era tornate a rivolgersi a lui, sorridente; ‘no, mamma, succhino!’
La donna scosse la testa. ‘No, non a pranzo, tesoro.’
Il piccolo sbuffò.
 
Vegeta era seduto sul divano, la testa all’indietro, gli occhi chiusi.
‘Papà’, si sentì chiamare, ormai era abituato a quell’appellativo, ‘papà, vuoi un biscottino?’
Riaprì gli occhi, ritrovandosi un dolce al cioccolato a un centimetro dal suo naso.
‘No, Trunks’, lo scostò, ‘e piantala di parlare in quel modo’
Il piccolo si sedette accanto a lui, addentando il pasticcino.
‘Biscotto, non biscottino’, grugnì, nauseato, ‘bicchiere, non bicchierino’, continuò per un po’ con gli esempi, ‘hai capito?’
Gli occhioni azzurri s’incontrarono con i suoi; ‘ma mamma mi dice così’
Il padre non demorse; ‘ti dice così, perché pensa che tu sia piccolo’. Colpì nel segno.
Rimase a bocca aperta. ‘MA IO SONO GRANDE!’, esclamò.
L’uomo era soddisfatto. ‘Allora parla come un grande’, si alzò.
‘Come te, papà?’
‘Esattamente’, lo vide allontanarsi.
 
Si sedette accanto al compagno; dopotutto, sembrava non dargli fastidio la sua vicinanza, anzi…
‘Trunks!’, urlò. Nessuna risposta. Tornò a urlare quel nome più volte, niente. ‘ma dove si sarà cacciato?’, bisbigliò, ‘che non mi diventi maleducato come te! A tavola bisogna essere puntuali!’.
E quando Vegeta aveva tardato a tavola? Mai. Ma replicare era inutile, perché era ormai assodato che i difetti del bambino dipendessero tutti da lui.
Finalmente il piccolo arrivò e si sistemò accanto alla nonna, difronte ai genitori.
‘Ti ho preparato una bella insalata di pomodorini, amore’, gli porse il piatto.
‘Insalata di che?’, chiese il bimbo, curioso.
‘i pomodori, Trunks!’
‘e perché non li chiami col loro nome?’
Il padre sogghignò. La madre era stupita.
‘io sono grande, mamma, devo parlare come i grandi, come papà!’, spiegò, versandosi da solo l’acqua nel bicchiere.
 
Era l’ora della nanna. La più difficile della giornata, perché portare a letto l’uragano della casa era un’impresa a dir poco ardua.
‘Avanti, Trunks, non fare tante storie! Ti metto io il pigiamino!’, lo inseguiva per la stanza.
‘il pigiama!’, la rimbeccò, fermandosi, ‘e non mi serve l’aiuto di una donna, posso metterlo solo!’
‘TRUNKS!’, ora si stava innervosendo davvero, ‘non osare mai più rivolgerti a me in quel modo!’
Si avvicinò a lui, gli afferrò il polso e lo portò vicino all’armadio, per cambiarlo.
Già il padre era indomabile, ora ci si metteva anche il figlio?
‘ma mamma’, lui, poverino, non capiva il perché di quel rimprovero, ‘perché urli?’, aveva uno sguardo dolcissimo, ‘io sono grande, devo parlare come i grandi, come papà’, si lasciò infilare con riluttanza il pantaloncino, ‘e papà parla così!’

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Capitolo 21
*** Le femmine ***


Cercava il padre, inutilmente. Attraversò un corridoio correndo, poi un altro e un altro ancora.
Quel giorno era rimasto all’asilo fino alle quattro del pomeriggio e, una volta tornato, aveva trovato ad accoglierlo i nonni. Strano, perché di solito c’era anche la madre. Dunque, se la mamma non l’aveva abbracciato come al solito e la Gravity Room era vuota, dove potevano stare i genitori?
Arrivò davanti la loro camera da letto, sentì delle urla.
‘Io non capisco’, era la voce della madre, ‘perché quando ci sono tutti gli altri fai finta che io non esista’.
Altre parole gridate, ma non era riuscito a capirle.
‘ma io non sono degna neanche di ricevere risposte, giusto?’
Dopo un minuto, ma neanche, il padre uscì fuori sbattendo la porta.
‘papà, papà!’, cominciò a saltellargli intorno, ‘devo chiederti una cosa!’
Neanche a lui fu rivolta parola, ma lo seguì comunque, fino al giardino, dove si stese sull’erba. Che sguardo strano aveva.
Per un attimo il piccolo pensò che, forse, anche un uomo così forte poteva avere delle giornate storte.
‘La mamma ti ha fatto arrabbiare?’, osò chiedergli. Gli punzecchiò una guancia con la manina: ‘non vuoi dirmelo?’
‘No’, fu la risposta secca.
Bene, tanto meglio, così avrebbe potuto esporre il suo, di problema; d’altro canto, era per chiedere aiuto che l’aveva cercato.
‘Papà, senti, io non ce la faccio più con le femmine’, si sfogò, ‘ma che vogliono da me, io non l’ho capito’
Ottenne finalmente uno sguardo.  Uno sguardo curioso, che lo spronò a continuare.
‘Le bambine all’asilo’, si sdraiò accanto a lui, ‘vogliono sempre darmi la mano e i baci, a me fanno schifo’
Pensò, per un attimo, che la mamma gli aveva sempre detto che l’erba sporcava i vestiti e immaginò come li avrebbe sgridati, scoprendoli lì spaparanzati. Ma poi riprese il discorso.
‘A che servono i baci, papà? Noi maschi non ci baciamo mai e stiamo bene lo stesso! Le femmine non capiscono’
Vegeta osservava le nuvole. ‘che ci vuoi fare’, sbottò, ‘le donne sono così, appiccicose.’
‘io i baci li voglio solo da mamma’, disse convinto, ‘non tanti, però’
Lo guardò, stupito. ‘e perché da lei si?’
‘perché ci vogliamo tanto bene e posso fare qualche sacrificio, visto che a lei piace tanto coccolarmi’
Si mise a sedere. ‘invece quelle dell’asilo sono tutte insopportabili e cretine’
Anche il padre si alzò. ‘Allora fregatene’
Ecco di cosa aveva bisogno: che qualcuno lo incoraggiasse a comportarsi poco educatamente, così poi non si sarebbe sentito in colpa.
 
Bulma era ancora in camera. Seduta, sul letto, a mangiare merendine.
‘Diventerai una balena’
Lo guardò, con uno sguardo da assassino; ‘e allora non sarò più utile neanche per scopare, giusto?’
Quanta acidità.
Si gettò su quel letto. ‘Non sei tu il problema, Bulma’, le bloccò quel braccio; se avesse mangiato ancora, avrebbe cominciato a vomitargli davanti.
‘il problema sono gli altri’
Posò sul comodino la barretta di cioccolata fondente (‘perché fa ingrassare di meno’, soleva giustificarsi’) e si voltò verso di lui.
‘non voglio avere niente a che fare con loro’, continuò, ‘se non ti parlo durante le tue feste non è perché voglio denigrarti ; è perché nessuno merita di sentire ciò che ho da dirti, se non tu’
Gli si avvicinò; non ci voleva molto a intenerirla.
‘ma pensa’, era abbastanza dolce, ‘cosa penserà Chichi, vedendo che tu mi ignori in quella maniera? E tutti gli altri?’, aveva cominciato a passargli la mano tra i capelli.
‘Penserà che almeno tu non sei sola, ecco cosa’, la guardò, ‘ e non è vero che ti ignoro’
Accennò un’espressione sarcastica; ‘certo, tesoro, perché sedersi accanto a me e non aprir bocca UNA VOLTA è proprio un segno d’affetto…’
Lo vide sbuffare, scontento.
Gli tirò una cuscinata, 'ti perdono', dichiarò, ‘ma sappi che è l’ultima volta!’
‘Alla prossima festa che organizzo ti voglio passionale come quando siamo soli…’, gli leccò il lobo dell’orecchio.
Le saltò letteralmente addosso. ‘Non ti conviene’

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Capitolo 22
*** Doppi sensi ***


Yamcha non faceva niente di male in realtà, era lì come tutti gli altri, ma la sua presenza lo infastidiva particolarmente. Da quando Cell era stato sconfitto, tra l’altro, sembrava incline a fare l’amicone con lui. Babbeo. ‘Forse voleva liberarsi di te e mi è grato perché gli ho facilitato il lavoro’, aveva detto una volta a Bulma che, con la solita delicatezza, aveva risposto lanciandogli dietro un oggetto.
Ed eccolo lì, sul divano, seduto accanto a lui. Maledizione. Maledette leggi terrestri che proibivano l’omicidio. Per fortuna Trunks era lì vicino a giocare e, almeno, poteva osservare lui durante quella tortura, già, perché l’odiato uomo non solo gli era vicino ma osava addirittura parlargli. Ovviamente lui non aveva udito una parola, in realtà, ma una frase poi richiamò la sua attenzione.
‘Allora, come vanno le cose tra te e Bulma?’
Dannato. Ma che c***o t’importa? Ti piacerebbe tornare nel suo letto, eh? Be’, puoi scordartelo.
‘ormai sono passati due anni da quando ti sei ristabilito qui con lei, no? ‘
‘vedo che porti il conto’, finalmente emise un suono.
Sorrise imbarazzato, ‘ah, ma no, che c’entra…’
‘comunque’, lo interruppe, ‘se è la nostra vita sessuale che ti interessa, non ci sono problemi. Anzi’, vide il figlio avvicinarsi a lui e arrampicarsi per prender posto, ‘in realtà, se tempo fa ho deciso di rimanere qui, è stato proprio per scopare’, si alzò incontrando uno sguardo accigliato.
‘ma come ti permetti di…’
‘non cadere dalle nubi, terrestre’, gli volse le spalle, ‘è sempre stato bene a lei, come a me. E’ l’unico hobby che abbiamo in comune’, sghignazzò, allontanandosi. Ben ti sta.
Il piccolo Trunks appariva perplesso e guardò Yamcha. ‘Cos’è il bobby?’
Incontrò un’espressione perplessa. ‘è una cosa che ti piace fare quando hai tempo libero…’
‘ah’, rispose candido, ‘il mio bobby è giocare’
 
Erano le tre del pomeriggio. ‘Come i anni miei!’, aveva esclamato il bimbo dopo aver saputo che ora fosse. ‘Gli anni, Trunks, gli’
Fuori pioveva e a lui non piaceva; quella casa non era abbastanza grande per contenere tutte le sue energie. Avrebbe voluto giocare col padre ma sapeva quanto le sue richieste lo urtassero e, tra l’altro, era chiuso come al solito in quella stanza speciale…dunque, meglio lasciar perdere.
‘Mamma, mi dai i colori?’, li ottenne con facilità, ‘disegnare è il mio bobby’, affermò serio. La madre scoppiò a ridere; ‘hobby, Trunks! Hobby!’
In quel momento entrò la nonna, assieme a un robot che si preoccupava di spazzare il pavimento.
‘Mamma!’, s’illuminò, ‘mamma, chiama papà!’
La donna lo guardò: ‘perché, tesoro mio?’
‘così pulisce lui! Gli piace, è il suo…hobby’, questa volta lo disse bene.
‘ti sbagli, caro’, rispose tranquilla, ‘non credo proprio sia come dici tu’, sorrideva.
‘ah già’, ricordò, ‘perché piace pure a te e vuoi farlo tu. Povero papà però’, ripresa a colorare.
Non capendo, Bulma tornò a rivolgersi al figlio chiedendo da dove gli venissero queste strane idee sul pulire casa come hobby.
‘Ma l’ha detto ieri papà a quel signore, che lui si trova bene con te, perché a tutti e due piace scopare!’
La sig.ra Brief trattenne a stento una risata.
Trunks vide la madre uscire come una furia dalla stanza.
‘VEGETAAAA!’, urlava, furiosa.
Dai rumori che si sentivano, dedusse che stesse tirando a calci contro la porta della stanza degli allenamenti.
‘Ma perché, nonna’, le si avvicinò. ‘gli hobby sono segreti?’

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Capitolo 23
*** Se fai il cattivo... ***


Erano al supermercato, lui sedeva nel carrello.
‘e questo per chi è?’, la madre gli indicava un pacco di biscotti.
‘Per me!’
Pur di invogliare il piccolo Trunks a parlare, Bulma stessa non chiudeva la bocca neanche per un secondo.
‘e queste?’, mostrava delle barrette dietetiche e il bimbo, non sapendo che roba fosse, ‘per mamma!’, provò a indovinare.
‘Bravo amore mio!’, continuava la passeggiata tra gli scaffali.
‘Il latte per me!’, esclamò, non volendo che venisse dimenticato il suo alimento preferito.
‘Certo, tesoro, ora lo prendiamo. Questa per chi è?’, afferrò una barretta enorme di cioccolata.
‘Per papà?’
Per il padre non avevano ancora preso niente; era tutto per lui o per la mamma!
‘No’, sorrise lei, ‘è per me quando litigo con il tuo papà!’
La cosa andò avanti per un po’, fino a quando il carrello fu pieno al punto che il povero Trunks cominciava a sentirsi minacciato da tutta quella roba.
‘Mamma’, indicò la merce comprata, ‘falli sedere da un’altra parte, qua ci sto io!’
Bulma, come tutte le signore che si erano trovate casualmente a sentire quella frase, scoppiò a ridere.
 
 
Alla cassa, il bimbo aveva insistito perché il pacco di biscotti, la bottiglia di latte, lo yogurt, le merendine e tutte le altre cose che erano state comprate per lui venissero messe in una busta a parte e, arrivato a casa, si allontanò col suo bottino destando il sospetto della madre.
‘Dove vai, Trunks?’
La guardò.
‘da papà!’
Bah. Forse voleva fargli vedere cosa aveva comprato? È vero che aveva solo tre anni e a quell’età si ha ancora una percezione un po’ distorta della realtà, ma era piuttosto evidente che Vegeta non fosse interessato alla gestione della casa.
 
Era appena uscito dal bagno, la doccia l’aveva rilassato e…ed ecco che quel rompiscatole già gli si presentava davanti.
‘papà’, lo osservava con un’espressione grave, ‘non devi fare più il cattivo con la mamma’
Il cattivo con la mamma? Non ricordava di aver litigato con Bulma quel giorno. E’ vero che spesso e volentieri la trovava nervosa senza sapere perché, ma quando l’aveva vista a pranzo le era sembrata normale. Evidentemente il figlio aveva preso da lei e stava semplicemente delirando.
Lo vide tendergli la busta.
‘Adesso facciamo metà’, cacciò fuori biscotti e cibarie varie
‘smettila, Trunks!’, lo rimbeccò, ‘tua madre non vuole che lasci roba in giro per la casa!’
‘papà!’, esclamò quasi arrabbiato, come se il genitore non capisse la gravità della situazione, ‘guarda che tu non hai da mangiare!’
Spalancò gli occhi: che voleva dire? Avrebbe preso con più filosofia uno sciopero del sesso da parte di Bulma, ma che mancasse il cibo proprio non poteva tollerarlo.
Il bambino spiegò che al supermercato erano state comprate solo cose per lui e la madre e per nessun altro, ‘perché tu hai fatto il cattivo’, affermò sicuro, ‘e mamma ha comprato una cosa che mangia solo quando tu fai il cattivo’, aggiunse; ‘ma adesso dividiamo le cose mie, così mangi anche tu’
Bulma comparve dinnanzi a loro, divertita. Li aveva spiati, come suo solito.
‘ah, Trunks, non ti preoccupare’, esclamò, ‘le cose che ho comprato per me sono anche per papà’, si avvicinò a loro, ‘tranne la cioccolata’.
Gli accarezzò i capelli. ‘Ora raccogli tutto, o stasera non si mangia’.
Vegeta stava per allontanarsi: si sentiva più tranquillo.
Trunks gli afferrò la mano: ‘papà, mi devi aiutare. Sennò stasera non si mangia’; spiò il sorriso comparso sul volto della madre e capì di avere il suo appoggio.
‘Fa’ come ti ha detto, tesoro. Io vado a cucinare’, aggiunse, infatti.
‘BULMA!’, la richiamò a gran voce.
‘io raccolgo questa roba…’, sibilò, ‘…a patto che tu mi faccia il piacere di non avvicinarti ai fornelli’
Bastardo. Eppure non era così male come cuoca.

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Capitolo 24
*** Chi può e chi non può ***


‘come mi sta?’, si pavoneggiava davanti allo specchio. La commessa era visibilmente avvilita.
Bra batteva le manine; ‘sei bellissima, mammina!’, era sincera: per lei la mamma era la donna più bella del mondo.
Vegeta rimaneva seduto, immobile, senza commentare. Bulma fece l’occhiolino alla commessa, che sembrava perplessa: ‘a lui interesso di più senza i vestiti’
La ragazza non sembrava trovarla molto simpatica. ‘capisco’ disse, osservando l’uomo e chiedendosi come potesse, un signore tanto distinto, stare con una donna tanto rumorosa, presuntuosa e antipatica.
Continuava a specchiarsi. ‘sa, è per un’occasione speciale e io devo essere unica’
‘signora, per quello che costa questo abito è davvero difficile che a qualcun altro venga in mente di comprarlo’ affermò, sperando che udendo ciò la donna si decidesse e lasciasse finalmente il negozio, cosa che, per fortuna, accadde.
Quando uscirono, Bra si avvicinò all’orecchio della madre: ‘sta’ attenta’, sussurrò, ‘le altre donne guardano troppo papà! Non devono, lui è solo nostro!’
 
La piccola Bra era nel giardino della Capsule Corporation; nessuno degli importanti ospiti era ancora arrivato, ma sapeva che i giornalisti non si sarebbero fatti attendere e lei amava essere ripresa. Dunque, attendeva con impazienza un qualche cameraman quando…con un microfono in mano e seguita da una troupe televisiva, vide arrivare una donna…vestita proprio con l’abito che la madre intendeva indossare quella sera! Inutile dire che Bulma, vedendo ciò, corse a chiudersi in camera, delirante: doveva assolutamente trovare una soluzione a quella spiacevole situazione, prima che gli ospiti arrivassero.
Bra si avvicinò al padre: ‘dille di non preoccuparsi, papà, ci penso io! Tu è meglio se non ti avvicini alle altre donne, loro sono cattive!’, sussurrò, prima di tornare da colei che costituiva il problema.
La piccola le corse incontro e, fingendo una caduta proprio nel momento in cui le era più vicina, si aggrappò al vestito, strappandolo; non era una guerriera, è vero, ma sicuramente la sua forza risultava notevole per una bimba di cinque anni. La donna sbarrò gli occhi: era rovinata! Le gambe tra l’altro erano completamente scoperte e urgeva cambiarsi…chiamò un taxi, imbestialita, cercando di trattenersi perché, se avesse insultato la piccola, certamente Bulma Brief non le avrebbe permesso di presenziare all’importante festa.
Bra però, che era educata, le porse comunque le sue scuse: ‘mi dispiace tanto signora, non volevo’, apparì mortificata, ‘però se ci penso bene ti ho fatto un favore: quel vestito può star bene solo addosso a persone belle come la mia mamma…e tu non lo sei’, concluse, prima di allontanarsi.
I genitori sarebbero stati fieri di lei. Doveva correre a raccontargli tutto!

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Capitolo 25
*** Avrei dovuto perderti e invece ti ho cercato ***


Perdutamente mia
Così impaziente e viva
Un raggio della Luna
Caduto su di me
 

Molte erano le riviste che pubblicavano in prima pagina foto di Bulma Brief con un bimbo di circa tre anni e un uomo dallo sguardo imbronciato. Il mondo intero pensava che la scienziata più geniale della Terra si fossa fatta 'incastrare' da un misterioso e affascinante seduttore, divenuto ormai suo stabile compagno.
I suoi amici credevano invece che la donna avesse preso una sbandata – e che sbandata! – andata a finire male e che ora, poiché di mezzo c’era un bambino, Vegeta si fosse deciso a restare chiedendo, in cambio, favori sessuali.
I genitori erano stati forse i primi a capire che in quel saiyan qualcosa di buono doveva esserci e, come lei, l’avevano accolto a braccia aperte, sempre.
Trunks voleva tanto bene al papà e alla mamma e sapeva come comportarsi anche con un genitore tanto scorbutico: quell’uomo non era cattivo come dicevano gli altri, solo molto silenzioso.
Lei, Bulma, vedeva quanto lui si sforzasse per non ridere delle marachelle del figlio e sentiva che quel cuore di pietra, piano piano, stava cominciando a…rompersi. Si, le piccole fratture che già lo minacciavano si sarebbero moltiplicate e quella corazza sarebbe crollata, prima o poi, definitivamente. Quando lo vedeva lì, seduto accanto a lei a tavola, si rallegrava di trovarlo così…’normale’ e cominciava a parlargli del più e del meno, a chiedergli cortesemente di passarle l’acqua o il pane o qualsiasi altra cosa, sentendosi ripetere, sempre, un ‘sappi che ho ucciso per molto meno’, mentre le porgeva ciò che gli era stato chiesto. Sorrideva quando lo sorprendeva a essere geloso, lui, che mai si era interessato a persona alcuna.
 
Pioveva, forte.
La cosa più rassicurante per lei, indipendentemente da pioggia, sole o neve, era  tenerlo stretto tra le sue braccia e…le sue gambe. Vegeta era silenzioso sempre, ma in determinati momenti era certa che non lo avrebbe mai sentito emettere suono alcuno…gemiti a parte, ovviamente. Quella notte, però, l’aveva stupita; già prima, quando lei gli si era avvicinata e aveva insinuato la mano nei suoi boxer, l’aveva visto un po’…strano. Strano, si, l’aveva osservata troppo a lungo prima di farla ritrovare stesa, supina, come sempre, con lui addosso. L’aveva baciata, bloccandole un polso con un mano e raggiungendo un seno con l’altra, ‘se continui così’, suonava come una minaccia vera e propria, ‘se mi provochi così’, le mordicchiò il lobo di un orecchio, ‘io non riuscirò più a controllare la mia eccitazione’, la mano scese molto più in basso, ad accarezzare l’inguine, ‘e tu ti farai male’. Aveva stretto le braccia intorno al suo capo per attirarlo ancor di più a sé. In un certo senso, anche lei si sentiva una guerriera, ora: perché Vegeta non rinunciava mai all’atteggiamento da combattente e, anche se il campo di battaglia era un letto, una lotta emergeva tra quei due corpi, intenti a inseguirsi, ad afferrarsi, mordersi, graffiarsi…il saiyan aveva bisogno di uno scontro del genere prima di riuscire a cedere, ad abbandonarsi in lei…ed era già penetrato dentro quando le aveva parlato. Con gli occhi chiusi, in quel momento Bulma si sentiva un tutt’uno con la pioggia, era una goccia che, ad ogni spinta che riceveva, si schiantava contro il terreno; subito rinasceva ma, con un’altra spinta, moriva ancora e così, all’infinito…poi, il tuono l’aveva riportata alla realtà: il tuono, che davvero s’era fatto sentire, unito alla voce di Vegeta che, premendo il polso contro il suo, schiacciava le dita contro il palmo della sua mano. ‘Tu sei mia’, aveva detto, ‘solo mia’.  Aveva provato a rispondergli ma…non era riuscita a emettere suoni articolati.
Quando si erano separati e l’aveva visto stendersi accanto a lei, gli aveva accarezzato il viso. ‘Si, sono tua’, con l’indice gli aveva sfiorato le labbra, ‘sono solo tua’
La candida mano era poggiata sulla sua guancia. Voltò il capo in modo da riuscire a incontrarla con le labbra e la baciò, stringendola.
‘guai a te se lo dimentichi’, in qualche modo doveva pur bilanciare la dolcezza delle ultime azioni, ‘in tal caso, ti ucciderò con le mie stesse mani’
A questo punto, fu lei ad avvicinare le labbra: ‘io non potrei dimenticarlo’, un veloce bacio, ‘ma ricorda che anche tu appartieni a me’
Le afferrò il mento, indignato: ‘io non appartengo a nessuno’
Ma quella donna era impossibile da sottomettere. ‘a nessuno oltre me’, specificò, trascinando l’amato viso sul proprio seno.  

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Capitolo 26
*** Gelosia ***


Bulma stringeva il piccolo Goten tra le braccia. Piccolo, poi. Doveva avere già un anno, più o meno...nessuno aveva capito perché la madre avesse aspettato tanto per permettere agli altri di vederlo.
‘ma è proprio identico a Goku!’
Yamcha le si avvicinò e guardò li bimbo, divertito.
Trunks raggiunse invece il padre, che assisteva da lontano all’orrenda sceneggiata.
 ‘papà’, richiamò la sua attenzione, ‘dici a mamma di buttare quello! NO mi piace! NO deve tenere così gli ATTRI bimbi! Solo io posso TARE vicino a mamma’, era furioso, ‘solo io e te’, si corresse, poi.
‘non temere, Trunks’, lo rassicurò, ‘stasera parlerò io con tua madre’
Yamcha le poggiò una mano sulla spalla.
Maledetto.
‘io ho sempre amato i bambini’, lo sentì dire, afferrando il figlio di Kakaroth.
Ah, si? E fallo, un marmocchio, ammesso che tu conosca la procedura.
Da quando vi si era stabilito definitivamente, era la prima volta che veniva data una ‘festa’ alla Capsule Corporation, esclusi i compleanni di Trunks ai quali, per fortuna, non erano mai stati invitati estranei.
 
‘Vegeta, stai delirando’, si sedette sul letto, ‘siamo rimasti amici e se si sta intrattenendo un po’ di più è solo perché…’
‘ti si vuole scopare’, completò la frase.
Uno sguardo accigliato.
‘piantala’, sbottò, ‘Yamcha e Pual sono soli in giardino e non è cortese trattare così gli ospiti’
Stava per avvicinarsi alla porta ma…
‘NON HO FINITO!’, si sentì afferrare il polso.
‘tuo figlio oggi si è lamentato perché lo ignoravi’, sapeva che era il modo più efficace per trattenerla, ‘e io non ho intenzione di vederti ancora fare l’oca con quell’idiota’
Si sentì colpire da uno schiaffo, ma ebbe lo stesso effetto di un soffio d’aria.
‘io sono un’ottima madre’, aveva le lacrime agli occhi, ‘e con te faccio tutto il possibile’, sussurrò, offesa.
‘non è abbastanza’, mollò il polso per andare ad afferrare i fianchi, ‘io voglio che tu preferisca me a lui’, la trasse a sé.
Lo abbracciò, ‘quanto sei idiota!’, esclamò, ‘mi pare di averlo già fatto!’
Si sentì sollevare, ‘devi farlo sempre’, eccoli stesi sul letto. Maledetto, era riuscito nel suo intento. Ora non si sarebbe alzata più.
 
Quando la mattina dopo aveva riaperto gli occhi, l’aveva trovato già sveglio.
‘il mio amore gelosone!’, gli si gettò addosso.
Cercò di staccarsela di dosso, ‘dacci un taglio’, si fingeva infastidito, ‘io non sono geloso proprio di niente’
Gli pizzicò una guancia: ‘oh, certo, certo!’, stava per sfilarsi di dosso la camicia da notte ma…
Come un mini uragano, Trunks irruppe nella stanza.
‘mamma!’, si andò a sistemare tra loro, ‘GUADDA che tu NO puoi TARE vicino ai maschi’, era serissimo, ‘neanche quelli piccoli’.
Allora davvero il suo bambino era stato geloso di Goten?
‘puoi TARE solo CO me, papà e nonno.  L’ho detto pure a quel signore che TAVA CO te ieri’
‘così gli hai detto, davvero?’ , era perplessa.
‘si, e gli ho detto pure che se NO mi obbedisce io e papà lo uccidiamo’

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Capitolo 27
*** Priorità ***


La madre di Bulma non era certo la donna più…’piacevole’ del mondo, con quella bocca sempre aperta, lo seguiva ovunque, parlava più della figlia, una rompipalle assurda…però, in fondo, aveva delle qualità: sapeva cucinare bene, comprava molti dolci saporiti, sapeva zittire Bulma e intrattenere Trunks. Dunque, non trovarla in cucina l’aveva contrariato molto. Vide il figlio seduto al tavolo, intento a disegnare.
‘Trunks!’. Gli si avvicinò, ‘dov’è tua nonna? Perché non è pronto il pranzo?’

Il piccolo non alzò lo sguardo, ‘boh’, disse, ‘io NO ho VITTA’, continuava a colorare mentre il padre si guardava intorno, sospettoso.

‘papà!’, gli porse un foglio, ‘disegna! È più bello disegnare adesso! Dopo pappa!’
Niente. Lo ignorava.
‘dai, papà!’, insisteva, ‘dopo cucina mamma!’
Lo vide storcere il naso. Forse non era buona idea lasciar cucinare la mamma e…forse non era una buona idea lasciar digiuno il padre, che appariva sempre più nervoso.
‘papà’, scese dalla sedia e gli si avvicinò, ‘FOSSE lo so dov’è nonna!’, esitò qualche secondo prima di afferrargli la mano e trascinarlo vicino al balcone del salotto: lì vide la sig.ra Brief battere allegramente i pugni contro i vetri, per nulla turbata.
‘Trunks!’
Il bambino lasciò tempestivamente la mano del genitore. ‘NO sono TATO io!’ si affrettò a dire, ‘io piccolo!’
Il padre lo osservò, perplesso. ‘non mentire, Trunks’, cercò di apparire rassicurante, ‘io non voglio punirti. Devi solo dirmi perché hai chiuso tua nonna fuori’
‘papà’, abbassò lo sguardo, ‘lei mi diceva che NO potevo disegnare PECCHE’ c’era la pappa…ma io dovevo finire il disegno…’
Si guadagnò una pacca sulla spalla e un ‘hai fatto bene’, poi lo vide andare a ‘liberare’ la povera donna che, buona com’era, non provava alcun tipo di rancore per il nipotino. Ringraziò animatamente Vegeta e si diresse in cucina, allegra. Il saiyan si avviò dietro di lei.
‘papà’, lo seguì, ‘papà, NO lo dire a mamma!’

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Capitolo 28
*** Patologie ***


Vegeta non amava le uscite pubbliche ma, pur di sorvegliare quella donna, a volte era disposto a sacrificarsi. A volte. Non sempre. Non se la marmaglia da incontrare era troppa e il tempo da passar fuori esagerato. Ma quell’essere era subdolo…
 ‘lo sai, vero’, aveva insinuato, ‘che una donna bella come me viene continuamente avvicinata da uomini di ogni sorta? Non dici sempre che ciò che è tuo non dev’essere toccato da altri? Be’, fossi in te io…’
Non l’aveva neanche lasciata finire la frase. Odiava anche solo dover immaginare lei vicina ad altri. Si era alzato, deciso a seguirla.
 
Erano in quel negozio da ore. Un negozio pieno di gente. Non aveva mai provato tanto odio in vita sua. Ci fosse stato Trunks lì, almeno avrebbe potuto osservare lui al posto di quei maledetti terrestri…
‘signore’, una commessa gli si era avvicinata, ‘la prego, convinca lei sua moglie che quell’abito le sta bene…ci sono altre persone che devono provare la merce e la sig.ra Brief è qui già da tanto ormai…’
‘non è mia moglie’, sibilò, acido, ‘e quand’è vestita non m’interessa’
Una frase del genere avrebbe urtato Bulma, colei che lo stava costringendo a quella tortura infernale, se solo lo avesse sentito.
La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata, ma non demorse.
‘ecco, signore’, le mancava il coraggio di guardarlo in faccia, ‘io ho notato che lei è un po’…stanco…ed ecco, se trovasse un modo per convincere la signora a uscire…sarebbe meglio anche per lei, in fondo…non so, usi una scusa qualsiasi…ma la prego…’
 ‘Dove sono i camerini?’
Ricevuta l’indicazione, si avviò, inferocito, in quella direzione.
‘signore!’, la ragazza lo seguiva, cercando invano di tenere il passo, ‘aspetti, signore, ci sono anche altre donne che si stanno cambiando, non può…’
Lo vide aprire, tranquillo, ogni porta, ignorando le varie urla, finché non trovò lei.
‘BULMA!’
La donna indossava ancora quell’abito rosso che aveva chiesto di provare più di un’ora prima.
‘tesoro’, guardò prima lui e poi la commessa, col fiatone, dietro di lui, ‘qualcosa non va?’
Le afferrò il polso, ‘ora andiamo via’ e, prevedendo il solito MaNoAspettaUn’UltimaOcchiataEBasta, ‘prima che io sia costretto a saltare addosso a una di queste cagne’
Gli occhi azzurri rimasero sbigottiti.
‘hai capito bene’, cercò di far passare quella rabbia per desiderio, ‘ora tu vieni via con me’, strinse più forte la presa, ‘perché io voglio scopare’
Detto ciò, la trascinò fuori dal negozio senza neanche permetterle di pagare.
Nessuno osò fermarli perché temevano che altrimenti quella donna sarebbe rimasta altre due ore. Tuttavia, non tardò ad arrivare, la sera stessa, una telefonata di Bulma Brief:
‘vi prego di scusarmi per oggi, domani manderò qualcuno a saldare il conto. Sa, purtroppo il mio compagno soffre di una rara patologia…e…non bisogna contraddirlo…’

La commessa abbassò la cornetta. Avevano ragione i giornali scandalistici. Quella era davvero la coppia più strana del mondo.

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Capitolo 29
*** A game of chess ***


‘Scacco matto!’
No. Non poteva essere vero. No. Alzò gli occhi dalla scacchiera, per rivolgerli a lei.
‘Mi hai imbrogliato. Hai approfittato di me perché non conosco il gioco’
Bulma incrociò le braccia. ‘Vegeta’, un ghigno comparve sul suo volto, ‘accetta la sconfitta dignitosamente’
La guardò come un tempo avrebbe guardato Nappa, qualora l’avesse contraddetto.
‘Mi hai imbrogliato’, sibilò, ‘giochiamo ancora’
La donna spostò con una spinta pedine e cianfrusaglie affini. Erano seduti sul parquet.
‘hai intenzione di giocare fino alla tua vittoria?’, gli poggiò le mani sulle ginocchia e avvicinò le labbra alle sue, ‘perché se così fosse dovremmo continuare all’infinito’, lo morse.
Come prevedibile, le bloccò i polsi: ‘chiedi scusa e potrò anche essere clemente’, un’espressione strafottente, ‘o ti farò ingoiare torri, cavalli e alfieri…’
La vide imbronciarsi. ‘Sc…o-r-d-a-t-e-l-o’, tornò a sorridere.
In un attimo si ritrovò stesa con lui addosso che, con una mano, le bloccava entrambi i polsi sopra la testa.
‘femmina insopportabile’, erano così vicini che le lunga ciglia di lei riuscivano ad accarezzargli le guance.
‘scimmione maschilista’, tese le labbra ma invano, tentando di liberarsi, ‘se solo riuscissi a usare le braccia ti prenderei a schiaffi…’
Lo vide sogghignare, mentre la lasciava, sfidandola a fare come aveva detto. Cosa che non fece, anzi. Le lunghe dita andarono subito ad accarezzare i capelli e poi tutto il capo, in maniera frenetica, spasmodica.
Lo baciò e si affrettò a togliergli la maglietta.
‘sembri in crisi d’astinenza’, la canzonò, ‘sei animalesca…’, le strappò l’abito di cotone.
La vide armeggiare con la cerniera dei suoi pantaloni,
 ‘no, tu sei l’animale, Vegeta’, riuscì nel suo intento, finalmente,
‘pazzo e animale…’, lasciò che la mano osasse avventurarsi fin dentro i boxer,

‘ma io voglio tenerti testa’

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Capitolo 30
*** Sfide ***


Forse – anzi, sicuramente – il fatto che loro fossero tanto affiatati tra le lenzuola serviva a bilanciare il loro rapporto. Si. Perché, loro due, andavano d’accordo solo quando nessuno parlava.
‘ti sbagli’, sosteneva quello sguardo con sicurezza, ‘le informazioni in tuo possesso sono errate’
Bulma lo fulminò con lo sguardo. Odiava essere contraddetta. Soprattutto in pubblico. Soprattutto da Vegeta.
‘e tu cosa sei, un astrologo?’, lo apostrofò, beffarda, prendendo in mano un grosso tomo, ‘leggi un po’ qua e poi fammi sapere’
Lui rimase con le braccia incrociate, senza smuoversi. ‘non ho bisogno di questa roba, io’, era tranquillo, ‘conosco le stelle e le loro posizioni come le mie tasche’
I dipendenti della Capsule Corporation ascoltavano, annichiliti, in silenzio. Temevano che da un momento all’altro qualcosa di drastico sarebbe accaduto. L’uomo che sarebbe dovuto partire a breve per un viaggio di prova con una delle nuove navicelle si avvicinò, cauto: ‘sig.ra Brief’, accennò, esitante, ‘scusi se mi permetto ma noi oggi dobbiamo partire e se lei non viene a controllare lo stato de…’
‘PERFETTO!’, la donna fu come illuminata. ‘perfetto! Tu controllerai!’
L’uomo spalancò gli occhi.
‘tu, dovrai dirmi ESATTAMENTE dove si trova questa stella! Mi hai capito?’
‘ma signora, cosa c’entra questo con la nostra…’
‘TU!’, gli puntò il dito contro, ‘devi tenere alto il nome della nostra azienda! Devi dimostrare a questo ottuso scimmione che sono IO ad aver ragione!’
‘e TU!’, guardò ora Vegeta, ‘tu dovrai pentirti amaramente di aver osato sfidarmi’
Accennò un ghigno, ‘anzi, lo sai che ti dico? Facciamo un patto’
Il povero dipendente, intanto, cercò aiuto dal Dr. Brief che, tuttavia, non sapeva che dire: era meglio non intromettersi in quella situazione.
‘se vinco io – e io vincerò – mi porterai a fare un giro tra le nuvole. Hai capito bene? Voglio che tu mi porti a spasso volando! Sulla tua schiena!’
Si alzò un brusio: quella donna stava forse delirando? Voleva volare?
Vegeta ‘sorrise’, se così si poteva definire quell’espressione maniacale; ‘se vinco io, tu mi farai da serva per un mese’
Si avvicinò di qualche centimetro, ‘e se non lo farai’,  non si curò di abbassare la voce, ‘ti porterò comunque in volo da qualche parte solo per il piacere di lasciarti cadere giù. Così sembrerà un suicidio’, si allontanò, estasiato.
Bulma, era come se non l’avesse sentito. Il dr. Brief, figuriamoci, era abituato a sentir minacce anche peggiori. Il resto dei presenti non sapeva se quella fosse una strana dimostrazione d’affetto o il vero e proprio preludio di una morte annunciata.
 
Successivamente, la donna aveva provato a indagare su cosa intendesse il saiyan per ‘serva’: dopotutto, già era trattato…come un principe. Forse intendeva favori sessuali? Ma non gli serviva un ricatto per qualcosa del genere. Così, nel dubbio, anche se lei comunque avrebbe vinto, gli aveva chiesto chiarimenti sulla posta in gioco. ‘ciò che intendo’, spiegò divertito, ‘è che qualsiasi cosa ti ordinerò, tu dovrai obbedire senza far storie’
 
Il giorno tanto atteso era arrivato. Avrebbero conosciuto la verità.
Quando Bulma tornò a casa e, con un’onestà che nessuno si sarebbe mai aspettato, ammise la sconfitta, si stupì della reazione di Vegeta: non disse una parola e al ‘dunque, cosa devo fare?’ l’aveva guardata, pensieroso. ‘non preoccuparti ora, c’è tempo’. Quel ghigno non prometteva nulla di buono.
 
Era stata una nottata lunga e piacevole. Bulma si era risvegliata col sorriso. Guardò la sveglia: era tardissimo. Non le piaceva svegliarsi tardi, non voleva che Trunks andasse l’asilo senza aver ricevuto il suo bacio della buona giornata. Corse in bagno e stava già vestendosi quando entrò in camera Vegeta.
‘il tuo amico terrestre ti sta aspettando. È in cucina con tua madre’
E da quando in qua il saiyan si prendeva la briga di avvisarla quando Yamcha andava a farle visita perché doveva farsi riparare qualcosa? Ma soprattutto, come mai il tono di voce era tanto pacato?
Lo vide sedersi sul letto. Ancora quel ghigno.
‘vieni qui, Bulma’, le fece cenno di sedersi accanto a lui.
Inquietante. Troppo inquietante, ma fece come richiesto.
‘ricordi cosa mi hai detto stanotte?’
Arrossì, mentre lo accarezzava.
‘ti ho detto che è stata la più bella della mia vita…’
Si alzò. ‘voglio che tu scenda giù a raccontare tutto a Yamcha. Nei minimi dettagli e con lo stesso commento finale’, sembrava il capo di un esercito.
Lei lo guardò, sconvolta. Provò a dire qualcosa ma…
‘non ci provare, Bulma’, era la soddisfazione fatta uomo in quel momento, ‘rispetta i patti’
Finì di vestirsi, in silenzio. Stava per uscire dalla porta…
‘ma c’è anche mia madre!’
‘questo non è un problema’
Sistemato dietro una parete, dove nessuno poteva vederlo, si divertì parecchio quando, in un momento di assenza della sig.ra Brief, Bulma cominciò distrattamente a parlare di come avesse passato la notte precedente, senza mai guardare negli occhi lo spaesato amico che non sembrò gradire molto né il racconto né la sentenza conclusiva che, anzi, gli sembrava tanto una frecciatina.
 
Quello fu solo il primo dei trenta giorni meravigliosi per uno, sfiancanti per l’altra. Seguirono richieste di ogni tipo, dal ‘voglio che oggi sia tu a lavarmi’ al ‘voglio decidere io cosa farti indossare’ facendola girare come una settantenne, passando per i ‘voglio che ti tagli i capelli’, ‘voglio che non indossi biancheria intima’, ‘voglio essere imboccato’, ‘voglio che rifiuti ogni invito a feste o convegni, causa doveri coniugali’.
 
‘ripeti: Io ho sempre torto, Vegeta sempre ragione’
Si morse le labbra. Ripetette, a braccia conserte e meccanicamente.

‘brava’, le afferrò il mento, ‘e comunque i tuoi giorni da serva sono terminati ieri’

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Capitolo 31
*** Donne ***


 
Trunks, da bambino, non era mai stato così fastidioso.
‘Perché non puoi venire con noi?’, stava usando tutte le sue forze per dar vita a qualche lacrimuccia, ‘perché non puoi mai stare con me e mamma?’
Rimase impassibile. Non doveva averla vinta. ‘Smettila, Bra, non dire stupidaggini’
La vide incrociare le braccia, imitandolo. ‘io sono arrabbiata, papà’
Bulma non osava intervenire: troppo spesso era stata accusata di patteggiare per quella bimba tanto simile a lei.
‘io lo so che quando era piccolo Trunks andava sempre al parco giochi con te’
Non la guardava neanche in faccia.
‘posso portarci anche te, ma non…’
‘ma non voglio andare lì, io!’, ora piantò le manine sui fianchi, come aveva visto fare milioni di volte alla madre.
‘perché sulle giostre si e nei negozi no?’
Gli occhietti azzurri e quelli neri del saiyan finalmente s’incontrarono.
‘non ho più intenzione di ascoltarti, Bra. Non sopporto più i tuoi capricci’
La piccola indietreggiò fino alle gambe della mamma, stupita. Lo guardava, spaesata e sconvolta. Aprì la bocca, ma non riusciva a emetter suono. Si fece rossa in viso e grandi lacrime –vere, stavolta – le bagnarono tutto il musetto.
‘sei cattivo, papà’, lo sussurrò, per poi scoppiare in un ‘io non ti voglio più bene!’, correndo via.
L’essere una persona tutt’altro che buona non era mai stato un problema per lui, anzi. Ma detto da lei…era…era…
‘tesoro’, Bulma gli si avvicinò, ‘è così piccola…falla contenta…che ti costa…’
Il compagno sembrava divenuto di pietra. Gli diede un bacio sulla guancia.
‘guarda che non si smette mai di voler bene al proprio papà…’
Si alzò, senza dir parola. Quelle parole non l’avevano affatto tranquillizzato. Lui, a dimenticare suo padre non ci aveva messo molto.
 
‘papà, con quale sono più bella?’, fece una giravolta, felice. Lui arrossì.
Bulma le si avvicinò. ‘Tesoro’, sussurrò, ‘lo sai che papà è timido…’
Una risata cristallina. ‘signora!, signora!’, chiamò una commessa, ‘voglio provare tuuuuutti i vestiti! Tutti tutti!’
Vegeta sospirò. Era proprio uguale alla madre.
Quando, dopo due ore buone, uscirono dal negozio, era ovviamente lui a trasportare i molti acquisti.
‘siete frivole e sprecone’, sbuffò, ‘queste cianfrusaglie non servono a nulla e…’
‘papà, lasciaci stare!’, la bimba lo rimbeccò, ‘tu non sai cosa vuole dire essere donna!’
Questo era poco ma sicuro.
‘e porta le buste con una sola mano, così l’altra la dai a me’

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Capitolo 32
*** La prima cosa bella ***


La prima cosa bella
Che ho avuto dalla vita
È il tuo sorriso giovane, sei tu
 
‘ma non c’entra niente, Trunks!’, il piccolo Goten aveva, come sempre, l’impressione di non riuscire a spiegarsi, ‘la mamma è diversa!’
Che il bimbo rimanesse a dormire alla Capsule Corporation non era poi cosa rara ma, di solito, i due amichetti cenavano soli, un po’ prima degli ‘adulti’ di casa, per evitare a Vegeta il fastidio, come lui lo definiva, di vedere il figlio dell’eterno rivale. Quella sera, però, il saiyan era uscito prima dalla gravity room e, affamato, aveva detto che pur di mangiare avrebbe sopportato la compagnia del moccioso. Peccato che chiacchierassero tutti così tanto.
‘secondo me è uguale’, Trunks era molto sicuro, ‘si vuole bene uguale alla mamma e al papà’, mangiò anche le briciole che erano rimaste della sua torta al cioccolato, ‘tu dici che vuoi più bene a tua mamma solo perché non conosci tuo padre’
Bulma lo guardò, un po’ spazientita: proprio come suo padre, il piccolo non aveva molto tatto. Tuttavia, Goten non parve turbato.
‘no, non è vero!’, rispose con prontezza, ‘lo dice sempre anche Gohan, che con la mamma è diverso, perché lei ti fa da mangiare e sta con te quando hai la febbre e lei è la prima persona che ti vuole bene!’
Trunks aveva già aperto la bocca per contestarlo, ma la madre intervenne; ‘Goten ha ragione, tesoro’, si alzò, mentre un robot si avvicinava al tavolo per sparecchiare, ‘è la madre la prima persona a volerci bene, prima ancora che noi nasciamo…prima ancora di conoscerci e sapere se meritiamo o no tanto amore’
Gli occhietti azzurri la guardarono con un po’ di diffidenza, poi si posarono su Vegeta che, ovviamente, non appariva interessato alla discussione. ‘va be’, ma non mi sembra giusto per i papà, comunque’, concluse. Come entrambi i genitori, voleva sempre avere l’ultima parola.
 
Erano andati a letto presto ma, Bulma lo sapeva bene, avrebbero passato la notte a raccontarsi storie paurose e non avrebbero dormito.
Si diresse verso il salotto; la luce era spenta, strano, era sicura che Vegeta fosse lì…ed eccolo, infatti, seduto sul divano, la testa all’indietro, al buio. Che stesse cominciando a odiare anche la luce? Gli si sedette addosso. ‘Non vieni in camera con me?’
Lo vide aprire gli occhi. ‘Hai mentito, prima, sulla questione della madre’
S’imbronciò. ‘ah, perché vorresti dire che il mio amore per Trunks non è forse…’, la possente mano le si posò sulle labbra, impedendole di parlare.
‘prima ancora di conoscermi’, spiegò con freddezza, ‘e di sapere se meritassi o no una cosa del genere, tu hai detto di amarmi’
Bulma sbatté la palpebre. L’oscurità le impediva di veder bene la sua espressione, ma il tono di voce era lo stesso del ‘passami l’acqua’.
‘tu per prima…e non sei certo mia madre’.
Lo abbracciò. ‘Quanto sei idiota!’, gli accarezzò i capelli, ‘io sono così…’.
Un rumore.
Si voltarono.
Una piccola sagoma si rialzò lentamente dal pavimento e accese la luce.
Il piccolo Goten sgranò gli occhi nel vedere i genitori di Trunks così vicini.
‘oh…ehm…scusate! Scusate, signor Vegeta!’, guardò per terra, come a dire ‘non vi sto mica guardando!’, ‘io stavo solo cercando il bagno…’

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Capitolo 33
*** Diete ***


I terrestri erano dei buoni a nulla. Bulma no, ma era strana. Mangiare era non solo un piacere ma una necessità e Vegeta non capiva perché bisognasse limitarsi, contenersi. Già su quel pianeta la gente non si nutriva a sufficienza, almeno secondo i suoi parametri, ma quella donna, poi…da una settimana circa andava avanti a insalate.
‘sei un vero sfrontato’, lo guardava con invidia, ‘a ingozzarti in questo modo davanti a me che sono a dieta’.
Stava morendo di fame. Quell’idiota metteva nello stomaco quantità industriali di cibo e non ingrassava. Maledetto.
Il saiyan accennò un sorriso e rallentò i movimenti: se doveva farla soffrire, bisognava farlo bene. Che continuasse pure a sbavare davanti agli appetitosi piatti, lui non poteva certo privarsi di tante prelibatezze per fare un favore a lei.
Tornò a posare gli occhi sulla sua insalata scondita, che divorò in pochi minuti. ‘Bastardo. Sei proprio un bastardo!’, si alzò di scatto, piantando le mani sul tavolo.
La carenza di calorie le dava alla testa, evidentemente.
‘se hai fame, mangia’, il saiyan posò forchetta e coltello per incrociare le braccia, ‘e smettila di rompere le palle a chi non è paranoico come te’
Bulma era scocciante, irascibile e attaccabrighe praticamente sempre, ma da quando aveva cominciato questa dieta era decisamente peggiorata. Vide accendersi una fiamma in quegli occhi azzurri.
‘stronzo che non sei altro!’, urlò con tutta la voce che aveva in corpo, ‘se sto facendo una cosa del genere è anche per te!’, si alzò la maglietta per scoprire la pancia, ‘guarda qui! Sto per diventare una balena! È questo che vuoi? Stare con una balena?’
L’uomo la guardò, stupefatto. ‘Tu devi avere qualche serio problema’, riprese in mano le posate, ‘sei già troppo gracile’, ingoiò un boccone, ‘se continui così non avrai più forze’, avvicinò a sé il piatto del dessert, ‘neanche per scopare’
La vide avanzare minacciosamente verso di lui, le mani sui fianchi. ‘Idiota che non sei altro!’, dolce e femminile come sempre, ‘nessuna dieta può ridurre una persona a…’
S’interruppe, alla vista della fetta di torta al cioccolato. Provò a controllarsi, ma…il cioccolato…era stato il suo primo amore…
Vegeta la osservò sudare freddo, mangiarsi le unghie e, infine, sederglisi sulle gambe, per afferrare il dolce con la mano e portarselo dritto in bocca.
Si leccò le dita con avidità, prima di gettare le braccia al collo del compagno, ora totalmente rilassata. L’espressione che incontrò, però, non era delle più rassicuranti.
‘Quella torta era mia’, sibilò, fingendosi serio.
‘oh, tesoro, è stata sacrificata per una giusta causa’, niente poteva turbarla dopo aver assunto tanti zuccheri, ‘ora mi sento forte’, lo canzonò, ‘posso farmi perdonare’
Afferrò uno di quegli aggeggi elettronici di sua invenzione e, premuto un pulsante, fece chiudere tutte le porte della stanza. Si alzò, per tornare a sedersi sul tavolo, spostando piatti, bicchieri, posate.
‘non sono molto più appetitosa di un dolce al cioccolato?’, lo trascinò a sé, tirandogli la felpa.
‘non provocarmi, Bulma’, la fece stendere, ‘è la volta buona che ti stacco la pelle a morsi’

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Capitolo 34
*** In vino veritas ***


La loro ‘relazione’ era cominciata da poco, molto poco. La sig.ra Brief era molto insospettita da alcuni spostamenti notturni che aveva captato e da furtivi sguardi che la figlia spesso rivolgeva al gelido saiyan ma, dato che quei due continuavano a litigare come (o forse peggio di) prima, aveva abbandonato ipotesi e speranze su una qualche liaison.
Bulma non era mai stata una persona riservata e se questa volta non aveva parlato era stato per un solo, semplice motivo: temeva (anzi, n’era quasi certa) che da quella storia non sarebbe uscita a testa alta. Avevano stabilito che sarebbe stato solo sesso, ma lei non ricordava di aver preso parte a questa decisione che, tuttavia, aveva accettato: in tutta sincerità, non credeva potesse esistere con quell’uomo una relazione di altro tipo.
Il problema era che, comunque, Bulma Brief era abituata a essere adorata, servita e riverita e non sopportava l’indifferenza che le veniva riservata da Vegeta. Aveva provato a trasformarlo nel fidanzato ideale, ma gli esiti erano stati nulli: dall’aurora al tramonto la ignorava, ricordando la sua esistenza solo alla luce della luna, cercandola o facendosi trovare solo quando nessuno poteva vederli. Quel sabato, gli aveva chiesto di uscire con lei e, prevedendo una spiegazione, aveva precisato che non sarebbe stato nulla di eclatante, avrebbero solo mangiato fuori casa, passeggiato, parlato…ma i voli pindarici erano stati interrotti da un brusco ‘perché dovrei fare questo genere di cose?’, subito seguito dall’ancor peggio ‘perché con te?’. Dopo qualche ora l’aveva vista lasciare la Capsule Corporation sola, ben vestita, truccata.
Non che la stesse aspettando, assolutamente. Non aveva sonno, ecco tutto. Non aveva sonno e scrutava il buio soffitto. Sentì dei rumori. Vide la porta della sua camera aprirsi e Bulma, scalza e barcollante, entrare. Rideva, rideva di gusto e, stendendosi sul letto accanto a lui, ‘dovrei ubriacarmi più spesso’, rivelò.
‘Se hai bevuto troppo’, finalmente aprì bocca, ‘e quello che vuoi fare è dormire, puoi andare nella tua camera’
La ragazza sbuffò, ma aveva bevuto davvero tanto e il sorriso le rimase sulle labbra. ‘Lo sai’, cercò il suo braccio con la mano, ‘mi ha accompagnato lui a casa’, cercò di mettersi a sedere ma era impossibile, si sentiva troppo pesante, ‘il tizio che mi ha offerto da bere’.
Con uno sforzo immenso alzò la testa per andare a poggiarla sul petto del saiyan. ‘ma io sono una brava ragazza sempre, nonostante l’alcool’, continuò, ‘e non ha avuto niente da me, niente di niente, neanche un bacino’, lo guardò negli occhi, ‘lui voleva solo scoparmi’
Uno strano ghigno comparve sul volto di Vegeta. ‘Come me’
‘Già’, gli sfiorò le labbra con le dita, prima di gettargli le braccia al collo. ‘Dimmi cosa devo fare, Vegeta’, lo stringeva, ‘dimmi cosa devo fare per farmi amare da te’
‘niente’, aveva risposto dopo esser stato baciato, ‘non puoi fare proprio niente’
Da allora, Bulma aveva smesso di toccare alcolici: non potevano aiutarla in nessuna maniera.
 
Trunks sbadigliava, tra le braccia della nonna. ‘Ma Vegeta, caro, perché non sei andato a quella conferenza con Bulma?’, la sig.ra Brief, in tanti mesi passati sotto il suo stesso tetto, non aveva ancora imparato a rispettare il silenzio dell’affascinante coinquilino, ‘era un evento molto importante, pensa al buffet’, spostò lo sguardo verso il nipotino, ‘la tua mamma ora starà mangiando tantissimo!’
Il piccolo poggiò il capo sul seno della nonna, era davvero stanco. ‘nanna’, continuava a ripetere, dandosi pace solo quando la bionda signora si decise a portarlo nella sua culla.
Vegeta, invece, non aveva intenzione di muoversi. Non l’avrebbe mai ammesso, ma non gli piaceva stare senza Bulma e, tra l’altro, non si erano neanche salutati nel migliore dei modi. I battibecchi erano all’ordine del giorno, ma le liti vere e proprie no: i battibecchi nascevano un’ora si e l’altra pure, ma per motivi sciocchi; quando litigavano davvero, invece, i problemi erano seri. Quella sera, gli era stato chiesto di andare a quello stupido evento mondano, con lei, ma aveva rifiutato. Con decisione. Col solito ‘perché dovrei?’.
 
Un tonfo lo fece risvegliare. Bulma si era gettata sul divano. Da come rideva e dal rossore delle gote, era facile indovinare che, più che mangiare, doveva aver bevuto.
‘hai fatto tardi’, sibilò, ‘Trunks ti cercava’.
Menzogna.
Una risata. ‘Amore mio’, l’alcool evidentemente le aveva fatto dimenticare il litigio, ‘tanti uomini vorrebbero prendere il tuo posto, lo sai?’, lo accarezzò.
‘per i soldi, suppongo’, rispose freddamente.
Bulma continuava a fissarlo, sorridente. ‘già’, sospirò, ‘ma sai una cosa, tesoro?’, gli si avvicinò, per poggiargli la testa sulle spalle, ‘qualsiasi uomo terrestre, al fianco di una donna bella, ricca e oltretutto innamorata…si riterrebbe fortunato’, gli diede un leggero bacio sul collo.
‘stai così male con me, Vegeta?’, non osava guardarlo negli occhi, ‘cosa devo fare per farti star bene?’
‘dovresti dire meno stronzate’, le afferrò un polso, ancora troppo orgoglioso per tentare un gesto più dolce. Lei, invece, soprattutto se aiutata dall’alcool non si lasciava intimidire. Neanche dal principe dei saiyan. Dunque, colse la palla al balzo e gli strinse la mano. Rimasero così, in silenzio, per un po’, fino a quando Bulma tentò di rialzarsi ma…invano.
Era la prima volta che si faceva prendere in braccio da lui. ‘guarda come ti sei ridotta’, commentò, fingendosi contrariato. Varcarono la porta della camera da letto. Sembravano due novelli sposi. La fece stendere.
‘forse è meglio che tu non sia venuto’, disse, attirandolo a sé, ‘c’erano troppe donne. Non voglio che ti vedano’
‘la prossima volta verrò’, le morse il lobo, ‘per controllare che tu faccia la brava’

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Capitolo 35
*** Intromissioni ***


I compleanni di Trunks erano stati sempre molto piacevoli da festeggiare, per un semplice motivo: l’unico invitato era Goten, che passava la giornata alla Capsule Corporation, pranzava con la famiglia Brief al completo e andava via nel tardo pomeriggio, quando Gohan andava a prenderlo. La sera, poi, il piccolo rampollo della casa spegneva nuovamente le candeline, ovviamente veniva preparata una nuova torta per l’occasione e prima di andare a dormire Bulma obbligava tutti a sfogliare vecchi album di fotografie e guardare filmati dei compleanni passati. Niente di mondano, insomma, l’atmosfera rimaneva assolutamente intima e a Vegeta, in realtà, non dispiaceva.
‘Sai, Trunks, dato che ora vai a scuola potremmo invitare tutti i tuoi compagni quest’anno, no?’
Questa frase aveva rovinato tutto. Il piccolo aveva guardato la madre con aria vaga. ‘boh, per me è uguale’, aveva detto. In fondo, l’essenziale per lui era che il padre fosse presente e, sebbene non avesse mai ricevuto gli auguri dall’uomo, aveva notato che in quel giorno particolare persino lui si asteneva dal rimproverarlo ed era meno burbero del solito. Vegeta, dal canto suo, rabbrividiva solo all’idea di vedere una massa di marmocchi –terrestri, per giunta – invadergli la casa, saltare sui divani, correre per i giardini. Contraddire Bulma però era controproducente e, spesso, inutile.
 
Erano le sette e il sole era da poco tramontato. Vegeta fece capolino nel grande soggiorno al primo piano: via libera. Quella banda di mocciosi ululanti era sparita. Si guardò intorno, avanzando: sembrava fosse passato un tornado, il disordine regnava sovrano, dolcetti mangiati a metà giacevano inermi sul pavimento. Quanto spreco. Carte da regalo occupavano il divano e…sentì un rumore. No, no, no. Non voleva incontrare uno di quei maremoti in miniatura. Si avvicinò, cauto. Forse era solo uno dei gatti del dott. Brief e… ‘Goten!’
Il piccolo, chiuso a riccio su se stesso, tirò su col naso e si affrettò ad asciugare una lacrimuccia, prima di voltarsi. ‘Buonasera!’, esclamò, turbato. Il padre dell’amico lo metteva in soggezione quasi quanto Chichi e, con lui, stava sempre ben attento a rispettare le formalità: dunque, anche se fosse stato appeso a un lampadario a testa in giù e in pericolo di vita, avrebbe comunque salutato educatamente quell’uomo.
‘Che ci fai qui? Alzati!’, in realtà voleva essere una sorta di… ‘incitazione’ , ma fu preso come un ordine.
‘Dov’è Trunks?’, quel tono di voce così freddo e autoritario, unito all’oggetto della domanda, fece inumidire nuovamente gli occhietti neri.
‘Non lo so’, aveva lo sguardo fissò a terra, ‘è cattivo e io non voglio vederlo più, sto solo aspettando Gohan per andare via’
Aveva appena finito di pronunciare la frase quando, istintivamente, si portò le mani alla bocca: forse non era stato prudente parlare in quella maniera davanti a Vegeta. Tuttavia, l’uomo si limitò a inarcare un sopracciglio. ‘Presto arriveranno dei robot a pulire la stanza’, disse serio, ‘e se non ti sposti da qui, finirai anche tu incenerito assieme ai rifiuti’.
 
Una limousine si fermò all’entrata della Capsule Corporation. Normale. Ma veder scendere da un’auto del genere Chichi e Gohan era piuttosto insolito.
‘sei stata gentilissima, Bulma’, la donna si guardava intorno, eccitata, ‘spero non abbia arrecato disturbo e…’
Goten si precipitò ad abbracciarla, implorandola di riportarlo a casa, dicendo anche a lei che Trunks era cattivo e non aveva più intenzione di vederlo. L’accusato, in tutta risposta, rimaneva impassibile, con braccia incrociate e sguardo torvo.
Entrambe le madri provarono a chiedere il perché di tale litigio, ma invano: Gohan, con l’abituale diplomazia, provò a fare da intermediario ma…niente. Erano ostinati, cocciuti, testardi.
‘Ah, bene’, Bulma mise le mani sui fianchi, cosa che –e chi la conosceva bene lo sapeva – anticipava tempesta, ‘finché non parlate, non si mangia’
Il rumore di un pugno sbattuto contro il muro richiamò l’attenzione dei bambini più della minaccia. Vegeta avanzava, deciso: le feste erano tollerabili, le liti tra poppanti comprensibili, ma che gli si impedisse di mangiare era fuori discussione.
‘Non voglio piantagrane in casa mia’, sibilò, ‘se non parlate di vostra spontanea volontà, penserò io a farvi cambiare idea’
Il piccolo Son si sentì mancare la terra sotto i piedi udendo ciò e, senza perder tempo, puntò un dito contro l’altro: ‘Lui non è più un mio amico, oggi pensava solo agli altri, non è stato con me neanche un po’!’
‘Bugiardo!’, Trunks s’infiammò, ‘io ti dicevo sempre di venire a giocare e tu non venivi!’
Il battibecco durò a lungo, le accuse furono molteplici e solo dopo vari incoraggiamenti da parte delle madri e un solo, severo sguardo di Vegeta, i due arrivarono a stringersi la mano, pronunciando un timido ‘scusa’ ed evitando di guardarsi negli occhi.
 
‘forse hai ragione, Goten’, mandò giù una forchettata di pasta, ‘dovevo stare di più con te, oggi’
‘no, Trunks’, l’amico imitò il suo gesto, ‘sono io che sono stato troppo antipatico’
Gohan li osservava, sorridente: non riuscivano proprio a stare separati.
‘allora dopo spegni le candeline con me’, esclamò il festeggiato contento, ‘poi chiedo a tua mamma se ti fa dormire qui’
Sentendo quest’ultima frase, Vegeta pensò che, forse, sarebbe stato meglio non intromettersi in quella questione.

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Capitolo 36
*** Make a wish ***


When you wish upon a star
Makes no difference who you are
Anything your heart desires
Will come to you

 
‘ma che sono?’, gli occhietti azzurri scrutavano il cielo, incuriositi.
‘Sai bene che sono stelle, Trunks’
‘eh, ma come sono fatte?’
Erano sdraiati sull’erba, il piccolo e i suoi genitori. Nonostante l’aria condizionata, in quel mese di Agosto l’interno della Capsule Corporation sembrava insopportabilmente caldo e soprattutto dopo il tramonto, quando Vegeta si sentiva libero di rilassarsi, preferivano starsene in giardino a godere il fresco, il buio e la pace della sera.
Bulma rise. ‘Credo sia un discorso troppo complicato’, gli afferrò una manina, ‘ma se ne vedi una che si muove, esprimi un desiderio: è una stella cadente e le stelle cadenti fanno realizzare tutti i desideri’
Sentì uno sbuffo: sapeva che a Vegeta non piacevano ‘certe sciocchezze’ , ma lo ignorava deliberatamente.
‘lo sai, tesoro’, avvicinò il viso alla simpatica testolina, ‘che il tuo papà ha visto da vicino quelle palline luminose?’
‘davvero?’, si mise a sedere, tanto era emozionato. ‘E come sono, papà?’, gli poggiò le manine sul petto.
Il saiyan, come suo solito, cercava di non dare troppe soddisfazioni a quei due ed evitava di parlare, ma quel bimbetto era peggio della madre e, quando formulava una domanda, continuava a ripeterla finché non riceveva risposta.
‘cosa ne puoi capire tu’, tagliò corto, ‘che non sai neanche vestirti da solo’
Bulma scosse la testa: era inutile spiegare a quell’uomo che a quattro anni si è ancora piccoli, non sarebbe servito a niente: secondo lui, il figlio doveva essere già completamente autonomo.
‘si che mi so vestire’, replicò l’altro, offeso, ‘mi veste mamma perché non so dove stanno i vestiti!’
Tornò a stendersi e a guardare il cielo, torvo. Presto, però, qualcosa lo entusiasmò di nuovo.
‘guarda! Mamma, guarda!’, indicò col ditino, ‘quella cosa si muove, è una stella cadente!’
La donna sorrise; ‘presto, Trunks, il desiderio!’
‘papà, papà!’, gli afferrò il braccio, ‘Spremi anche tu un desiderio!’
Bulma scoppiò a ridere. ‘Esprimere, Trunks! Non spremere!’ e continuava a ridere di gusto.
Comunque, quell’astro ricevette davvero tre richieste quella sera:  il bimbo chiese di diventare forte come il proprio papà; la donna più ricca del pianeta pregò che quell’armonia –conquistata lottando disperatamente -  non finisse mai e che l’uomo venuto dallo spazio, l’uomo che lei amava, non lasciasse più lei e il suo bambino;  Vegeta, poi, non l’avrebbe mai ammesso neanche a se stesso ma sperò che il calore che ormai aveva preso a riempirgli l’anima continuasse la sua opera di invasore spietato: perché avere una famiglia – anzi no, avere quella pazzoide dagli occhi color del mare e un moccioso troppo curioso come membri di una strana famiglia – gli piaceva davvero tanto.

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Capitolo 37
*** Chi disprezza compra ***


Prima di partire per Namek, Crilin aveva avuto un’idea piuttosto positiva di Bulma: aveva un bel caratterino, si, a volte era un po’ prepotente ma, in compenso, era davvero un geniaccio e, dopotutto, una brava ragazza. Durante il viaggio nello spazio, però, si era dovuto un po’ ricredere: la bella scienziata si era mostrata despotica, pretenziosa, assurdamente disordinata, priva di qualsiasi senso del pudore. ‘Potresti almeno evitare di girare in mutande’, le aveva fatto presente una volta, ‘non credo che Yamcha apprezzerebbe…’
Un’occhiata gelida l’aveva fermato; ‘sai quante volte sono stata tradita da Yamcha?’, avanzò minacciosamente verso di lui, ‘io mi faccio in quattro per voi e non posso neanche starmene comoda?’
‘Ma c’è anche un bambino…’
‘sciocchezze!’, era tornata a sedersi, ‘proprio perché è un bambino, non è malpensante come te’
Il giovane terrestre, dunque, aveva deciso di lasciar perdere, immaginando che per l’amico ora scomparso non doveva esser stato facile sopportarla.
 
Dopo la sconfitta di Freezer, poi, gli era capitato più volte di recarsi alla Capsule Corporation; era proprio curioso di scoprire come fosse quel Vegeta, quel saiyan, quella bestia, quando costretto a stare in gabbia.
Delle urla l’avevano accolto.
‘Potevo rompermi la faccia!’, ancora non era entrato e già aveva riconosciuto la voce di Bulma.
Vide Yamcha, le mani in tasca, assistere mortificato alla scena; ‘c’era una lattina sul pavimento  e lei stava per scivolare’, spiegò, ‘ora si sta arrabbiando con Vegeta dicendo che è colpa sua ma…’
‘insopportabile terrestre’, il saiyan stringeva i pugni, doveva frenarsi o l’avrebbe ammazzata, ‘per quanto io desideri ardentemente spaccarti la faccia…’
‘Sentito???’, si voltò verso gli amici, ‘l’ha ammesso!’
Yamcha sapeva bene che Vegeta aveva la pessima abitudine di lasciare in giro di tutto, ma non l’aveva mai visto gettare qualcosa per terra: lasciava piatti, bottiglie vuote, anche vestiti, su tavoli, sedie, divani, ovunque; ma si limitava a questo. ‘Senti, Bulma’, provò a intervenire, ‘forse ti stai sbagliando…’, cercò di sembrare molto comprensivo, ‘vedi, quella lattina conteneva una bevanda dietetica’, la raccolse, ‘è quella che bevi tu…’
La ragazza lo guardò:aveva ragione. Tuttavia, non poteva certo mostrarsi sconfitta e tornò a puntare gli occhi verso il nuovo ospite; ‘questo non c’entra niente!’, esclamò, ‘rimani comunque un gran maleducato e devi smetterla di poggiare gli oggetti così, dove ti capita! Tutto ha un posto, cosa credi?’
Vegeta le si avvicinò. ‘davvero? Non lo sapevo’, sembrava pacato, ‘io non conosco le vostre abitudini’, accennò una specie di ghigno, ‘per questo imitavo i tuoi comportamenti, li davo per giusti’
Un grido esasperato seguì, prima che Bulma voltasse i tacchi e uscisse dalla stanza, furiosa.
 Quella volta Crilin aveva pensato che, dopotutto, quell’uomo sapesse come comportarsi: aveva sopportato abbastanza bene la situazione e le accuse della donna ma…era stato un caso, forse.
Era fine Luglio, o forse inizio Agosto, quando era tornato in città per far riparare il televisore di Muten.  Bulma era sdraiata, in costume, a prendere il sole in giardino e, se il saiyan era lì con lei. la causa era dovuta solo alla momentanea impossibilità di recarsi nella gravity room.
‘E Yamcha?’, si avvicinò alla donna che, però, sembrava appisolata.
‘L’ha cacciato fuori con l’immensa grazia che le è propria’
Sentendo la voce di Vegeta pronunciare queste parole Crilin lo guardò, sconvolto dalla nuova rottura tra i due secolari fidanzati, mentre Bulma balzò in piedi e si levò gli occhiali da sole.
‘Sentimi bene, scimmione, farai la stessa fine anche tu’, gli puntò il dito contro, ‘non ti sopporto più’
I ruoli, evidentemente, si erano ribaltati: l’attaccabrighe non era più la ragazza.
‘e cerca di tenere a freno i bollenti spiriti, mio caro’, poggiò le mani sui fianchi, ‘capisco che la carne è debole, ma mi stai letteralmente divorando con gli occhi’
Crilin arrossì, come se avesse parlato a lui: tra l’altro, è vero che Vegeta la stava guardando, ma il suo sguardo era tutt’altro che voluttuoso, anzi: piuttosto, sarebbe stato giusto definirlo annoiato, deluso, scocciato.
‘stavo pensando’, rispose, calmo, ‘a quanto tu sia volgare, impudica e ingiusta, imponendomi questo spettacolo che preferirei non vedere’
Una risata seguì quell’affermazione. ‘hai capito, Crilin?’, Bulma si rivolse finalmente a lui, ‘il nostro principe, qui, pare essere un esempio vivente di pudicizia!’ e, dicendo ciò, si avvicinò al saiyan, decisa a imporgli davvero la vista del proprio corpo seminudo – cosa che, in realtà, bramava fare da tempo – e con un’aria di sfida negli occhi.
‘Io sto in costume perché ho caldo’, spiegò, ‘noi terrestri non siamo bigotti come te, puoi anche girare nudo, per quello che mi riguarda.’
Uno strappo. Vegeta si era strappato i pantaloni e cominciava a sbottonare la camicia. Si alzò in piedi e si guardarono dritti negli occhi: la terrestre era più bassa di due o tre centimetri al massimo.
Si era già messo una mano sui boxer, come a volerli abbassare, quando Bulma si era spostata per rientrare, facendo risuonare un sonoro ‘sei un cafone!’ in tutto il quartiere.
 
Memore di ciò, Crilin non aveva preso male, anni dopo, la notizia di un certo tipo di relazione tra i due: lui ne sarebbe stato forse addolcito, lei poteva diventare un esempio vivente di bisbetica domata e…Yamcha si era salvato. Fatto sta che, ora, gli servivano i consigli di Bulma: si, perché se lei era riuscita a conquistare Vegeta, lui doveva riuscire a far innamorare la bionda cyborg dagli occhi di ghiaccio.
‘Ti dirò la verità’, la donna teneva stretto tra le braccia il piccolo Trunks, ‘io non credo proprio di averlo conquistato, Crilin’
L’amico sorseggiava una tazza di tè.
‘Essere innamorati e fare sesso sono cose diverse’ spiegò, ripetendo una frase che si era sentita dire miliardi di volte, ‘e se ha deciso di rimanere, credo sia solo perché, che gli piaccia o no, ora ha un figlio…’
‘Bulma, io non so niente di voi due’, arrossì lievemente: era un ragazzo piuttosto timido e le parlate senza fronzoli di quella ragazza lo mettevano sempre in imbarazzo, ‘però non credo proprio che una persona come Vegeta si farebbe tanti scrupoli…voglio dire, ti aveva già…ehm, lasciata una volta…se è rimasto è perché lo vuole, io credo…’
‘scusami, Crilin’, si alzò, ‘devo far mangiare Trunks, torno subito’
Dunque, anche lei aveva vergogna di qualcosa. Comunque, neanche aveva fatto in tempo lei a uscire, che il padre era entrato nel soggiorno. Si sedette accanto al ragazzo, tranquillo.
‘Il coraggio’.
Lo guardò.
‘Ho sentito il vostro discorso, Crilin. Il coraggio, il carattere forte ma, soprattutto, la determinazione. Ecco cosa ama in Bulma. Lui l’ha lasciata, è tornato dopo più di un anno e l’ha trovata ancora piò decisa a tenerselo stretto. Se non avesse visto in lei tanta costanza, tanto desiderio…sarebbe partito per lo spazio, ancora’
Il giovane pensò che il vecchio scienziato non era poi pazzo come aveva sempre creduto.
‘avrebbe potuto trovare ovunque una donna bella e intelligente’, proseguì, ‘ma una donna innamorata di lui…innamorata come la mia Bulma…non credo proprio’

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Capitolo 38
*** Ingenuità ***


Una volta al mese, così voleva il rituale, le donne più ricche della Città dell’Ovest si riunivano a casa di Bulma Brief per un tè pomeridiano. Guardando la cosa dall’esterno si sarebbe pensato a un pomeriggio tra amiche ma Vegeta, che a debita distanza aveva a volte osservato l’evento, sapeva che di amichevole c’era poco o niente: quelle estranee andavano lì solo per curiosare e Bulma, d’altro conto, le invitava solo per vantarsi della sua vita perfetta. Se però lui e Trunks avevano sempre trovato quest’abitudine a dir poco odiosa, lo stesso non si poteva dire di Bra: la piccola attendeva questi incontri come si aspetta di solito il Natale e passava giorni interi a pensare quale vestitino mettere, quali bambole portare con sé, come pettinarsi. Insomma, era la felicità di sua madre.
‘Ma sei diventata proprio una signorina!’, la donna dall’abito giallo le fece una carezza, ‘diventi sempre più bella!’
‘Lo so!’, rispose lei sfoderando un gran sorriso, prima che lo sguardo materno le suggerì di aggiungere un meno sentito ‘grazie!’
‘Ma io dovevo essere per forza bella’, proseguì afferrando un biscottino, ‘perché sono tutti belli nella mia famiglia, soprattutto papà’
Scese dalla sedia e si mise in piedi: ‘vi piace il mio vestitino?’
Bulma stava scuotendo la testa, sorridendo, quando una telefonata le impose di allontanarsi; ‘Torno subito’, promise.
‘Dimmi un po’, cara’, una grassa signora vestita di verde la invitò ad avvicinarsi, ‘com’è il tuo papà? Noi non lo vediamo mai qui…’
La bimba storse il naso: non le piaceva che la gente s’interessasse al padre. Tuttavia la voglia di pavoneggiarsi era troppa e non riuscì a trattenersi.
‘è il migliore del mondo, lui!’, spiegò, ‘ma non può farsi vedere troppo in giro, perché sennò le altre lo rubano alla mamma!’
Vide la combriccola sorridere della sua presunta ingenuità e incrociò le braccia: ‘io qualche volta sono triste’, affermò, ‘perché lui è già di mamma…però non fa niente…perché se ero figlia a un altro, non potevo mica essere così bella e intelligente!’
Vedendo la madre rientrare, la bambina tornò a sedersi e, poiché sembrava essersi completamente distratta, così presa dalla sua bambola che doveva dormire, le donne pensarono di poter parlare un po’ più liberamente.
‘Be’, ormai’, disse una di loro, ‘a quest’età non si può pretendere poi molto…ma li capisco: ormai non abbiamo più il fisico di una volta. Anche tu sei arrivata ai cinquant’anni ormai, eh, Bulma?’
La scienziata sfoderò un falso sorriso. ‘Eh già!’
‘Dobbiamo rassegnarci’, esclamò un’altra, ‘dopo tanti anni di matrimonio, se si vuole star insieme bisogna trovare un hobby in comune’, mise del dolcificante nella sua tazzina, ‘tra rughe e cellulite, è un bene che mio marito non abbia più certe pretese’
La signora dal vestito verde scoppiò a ridere: ‘sono finiti i tempi in cui i nostri uomini non ci lasciavano uscire dalla camera da letto!’
Bulma guardò la figlia, preoccupata: no, sembrava non aver neanche sentito quella frase.
L’argomento andò avanti per un po’, tra lamentele e battute che, causa doppi sensi, la bimba non avrebbe mai potuto capire.
‘ma, signore’, proruppe poi improvvisamente, pensando alle tante volte in cui aveva trovato chiusa a chiave la porta della camera dei genitori, ‘quindi se un papà e una mamma stanno tanto tempo da soli non va bene?’
Le donne si guardarono, imbarazzate. ‘Ma no, cara’, sussurrò poi una, ‘è solo che, ecco…quando si ha la nostra età…non c’è bisogno di passar tanto tempo, ehm…da soli…’
‘ecco, lo sapevo!’, fu bruscamente interrotta.
‘Lo vedi, mamma?’, le puntò il dito contro, ‘pure le tue amiche lo dicono che non serve!’
Bulma non sapeva cosa le avrebbe causato meno disagi: portarla via bruscamente o lasciarla finire.
‘Questa qui, invece, signore’, continuò a indicare la madre, rivolgendosi però verso il suo ‘pubblico’, ‘si chiude sempre in stanza con papà e non mi fanno entrare!’, incrociò le braccia.
‘Non potete fare anche voi due come le altre persone, che trovano un hobby?’

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Capitolo 39
*** Se il sangue è blu ***


Quando un uomo diventa padre di una bambina perde completamente la testa, è testato. Tuttavia, quando era rimasta incinta, Bulma aveva pensato che il suo compagno non avrebbe fatto quella fine, no, figuriamoci: sarebbe stato come era stato con Trunks, inizialmente diffidente, poi sempre più tollerante, conquistandosi ammirazione, rispetto e, soprattutto, amore. Perché Trunks adorava suo padre più di qualsiasi altro essere vivente e così sarebbe stato anche per Bra.
‘Sei arrabbiata?’
‘No’, rispose la piccola, continuando a fissare il pavimento e stringendo l’orsacchiotto tra le braccia.
La madre le fece una carezza, ‘Tu e Pan avete litigato?’
Scosse la testa, che rialzò solo quando anche il padre e il fratello si sedettero a tavola.
Quando Trunks sorrideva in quel modo, un po’ stanco ma soddisfatto, era perché si era allenato: succedeva di rado, ma quando succedeva era facile capirlo. Guardava Vegeta con più complicità, mangiava con più appetito, era come se avesse risposto a una naturale vocazione.
I piatti furono serviti ma Bra continuava a stringere l’amichetto senza vita, decisa a non assaggiare niente.
‘Tesoro, perché non mangi?’
Bulma non era mai stata famosa per la sua pazienza, ma quando la figlia taceva qualcosa non andava: o aveva rotto qualcosa, o era stata sgridata da qualcuno, o il suo già smisurato ego era stato in qualche modo offeso.
Nessuna risposta.
Vegeta, dal canto suo, neanche la stava guardando, concentrato com’era sul cibo e distratto dalle chiacchiere del ragazzo che gli sedeva accanto, che commentava con enfasi quel pomeriggio di allenamenti.
‘Siete proprio fissati voi!’
La guardarono. Era inviperita.
‘Non parlate mai con me solo perché io non mi picchio con nessuno!’
A frenare lo scoppio di una risata fu l’orgoglio per Vegeta, il senso del tatto per gli altri due.
‘Tesoro’, Bulma si mostrò solidale, ‘non dire così, neanche io so combattere…mica vengo emarginata per questo’
No, infatti. In quella famiglia era stata sempre emarginata in quanto donna, più che altro.
La bimba le riservò un’occhiata torva; ‘ma tu sei una terrestre!’
Vegeta rimase colpito. Non credeva che a quella piccoletta fosse mai interessato qualcosa delle sue origini aliene.
‘Neanche con Pan posso giocare’, continuò, ‘perché anche lei pensa solo a combattere!’
Scese dalla sedia e andò via.
Bulma sospirò. ‘Non oso immaginare che scenate farà da adolescente’, commentò.
 
Solitamente, quando Bra si sentiva in qualche modo offesa, andava a chiudersi nella sua stanzetta rosa e lì, tra castelli per le bambole e matite colorate, ritrovava il buonumore.
Quella volta, però, la piccola aveva sentito il bisogno di evitare proprio l’ovattato mini-mondo che ricreava la sua camera da letto perché, a quanto sembrava, era proprio quel rosa a sancire la sua emarginazione.
‘Dunque, io sarei una persona ingiusta’
Vegeta l’aveva raggiunta in giardino, dove sedeva pensierosa.
Continuava a guardare il cielo, triste. ‘No’.
Lo vide stendersi poco lontano da lei. Capì di doversi avvicinare.
‘Però se io ero come Pan’, si decise poi ad ammettere, ‘tu mi volevi più bene’
‘Che idiozie!’, si sentì rispondere.
‘Credi che mi piacciano le donne che combattono?’
Ci pensò un po’.
‘Si’, proclamò. ‘Perché mamma non combatte e infatti ci litighi sempre’
Questa risposta lo spiazzò.
‘Io litigo con tua madre perché è una donna insopportabile’, tagliò corto, ‘non perché non combatte’
Bra guardava i fiorellini disegnati sul suo vestito e pensava. ‘Secondo te mamma era bella se aveva i muscoli?’, osò poi chiedere.
Quell’immagine faceva davvero rabbrividire. ‘Figuriamoci’, sentenziò, ‘sarebbe stata orrenda’
La piccola sorrise. ‘Lo sai, papà’, lo spirito da pavone stava tornando a galla, ‘che mamma mi ha detto il tuo segreto?’
Si guardarono, uno preoccupato, l’altra con l’aria di chi stava per rivelare al mondo una scoperta sensazionale.
‘Che sei un principe!’, gli occhietti sprizzavano gioia, ‘e io una principessa!’
Il saiyan trasse un sospiro di sollievo e, alzandosi, ‘non mi pare proprio che le principesse vadano in giro a picchiare gente o a uccidere mostri’, proferì.
 
Quando Bulma li vide rientrare, la piccola stringeva forte la mano del suo papà e parlava, parlava, parlava. Del fatto che se era lui a doverla proteggere dai mostri, vuol dire che doveva essere il suo principe azzurro. E chiedeva consigli, su cosa una principessa fa o non fa, su come si veste, come parla, come cammina.
‘Ma adesso mi leggi una storia sulle principesse?’
‘No’, fu la risposta secca.
La donna scosse la testa. Erano piuttosto lontani quando udì la voce decisa della figlia.
‘Papi, non farmi piangere! Devi leggermela!’
 
‘No, Pan, io non posso!’, sedeva eretta su una poltrona con una specie di scettro in mano, ‘le principesse non fanno queste cose! Me l’ha detto mio papà’
La bimba mora sbuffò. ‘Ma che faccio da sola?’
‘Mi proteggi’, esclamò fiera.
Gli occhietti neri non parvero troppo contenti.
‘E tu che fai?’
‘Io vado in giro a controllare che ognuno fa il suo lavoro. Una principessa deve sempre ricordare a tutti che lei è perfetta e quindi tutti devono fare come lei. Perché gli altri non sono mica perfetti’
Pan aggrottò le sopracciglia. ‘Va be’, basta che posso combattere. Però è strano’
‘Macché! Non è strano, è così! Me l’ha detto mio papà!’

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Capitolo 40
*** Rimembranze ***


‘Vegeta, caro, Bulma ti ha già raccontato di come lei e Goku si sono conosciuti?’
La sig.ra Brief gli gironzolava intorno da quando aveva messo piede in quella casa. Non sapeva come fare per evitarla.
La ragazza l’aveva guardato: ‘Oh, è vero. Non te l’ho ancora detto!’
Vegeta si era allora chiesto il perché di quello stupore, era lì da…quanto,  una settimana forse? Neanche. Non si conoscevano affatto, l’unica cosa che sapevano di lui era che fosse un pluriomicida e…la sig.ra bionda si sedette, entusiasta:
‘E’ una storia che mi piace molto!’
Così, Bulma aveva cominciato a parlare di come fosse partita alla ricerca delle sfere del drago, dell’incontro con il saiyan, delle tante peripezie, sottolineando ogni dettaglio, senza alcuna omissione. Poi, presa dalla foga, aveva in pratica continuato a chiacchierare per ore e, prima di cena, Vegeta aveva conosciuto ogni particolare delle vita di Kakaroth e della stramba terrestre. Soddisfazioni, però, non voleva darne: si era finto annoiato per tutto il tempo, non aveva aperto bocca, Bulma credeva in realtà di non esser stata ascoltata. Si sbagliava.
Nel passato del rivale il saiyan aveva trovato poco di interessante: troppa bontà, troppi sentimentalismi, troppo altruismo. Il personaggio ad averlo interessato, suo malgrado, era stato un altro.
Delle donne aveva sempre avuto una bassa opinione. Come di tutti gli esseri viventi, tra l’altro. Come esponenti del gentil sesso aveva conosciuto schiave e prostitute e…be’, no, non si può usare il verbo ‘conoscere’. Di una conoscenza non c’era stato proprio niente. In quanto buon soldato, era sempre stato ben ricompensato: trovava il bottino umano già nelle sue stanze, facevano quello che dovevano fare, le invitava poco gentilmente a lasciarlo solo.
Di questo strano esemplare, ora, non sapeva cosa pensare. Un essere così gracile, che parte da solo all’avventura…una ragazzina tanto docile, che si rivela poi approfittatrice, astuta, arrivista, senza scrupoli, pronta a tutto pur di raggiungere un obiettivo. Si, perché a lui non era sfuggito il fatto che all’inizio di questa grande ‘amicizia’ Bulma avesse cercato di imbrogliare Goku in ogni maniera. Non gli era sfuggito e, anzi, gli era piaciuto. Quando si pensa che una canaglia possa essere addolcita da un angelo, si sbaglia sempre. Una canaglia, soprattutto se vanesia, cercherà solo persone alla sua altezza.
Comunque, non aveva proferito parola. Solo quando la storia era finita – la sig.ra Brief li aveva subito lasciati soli e non era stata una scelta casuale – l’aveva guardata con aria incuriosita. ‘Sei davvero senza pudore’, le aveva detto.
Lei aveva alzato le spalle. Forse avrebbe potuto omettere del costume da coniglietta, dell’imbarazzante episodio di Muten e la mutandina a sua insaputa assente, di tante altre cose anche, ma…perché avrebbe dovuto?
‘Ero una ragazzina’
‘Sei davvero senza pudore a parlarmi di queste cose’, aveva allora precisato.
 ‘Oh, Vegeta’, aveva sorriso maliziosamente, ‘se ti stupisci per così poco…’
In quel momento i genitori di lei erano rientrati e lui aveva preferito non rispondere. Quella sarebbe stata solo la prima di molte provocazioni e, durante la cena, Vegeta pensò che se fosse stato lui a incontrare Bulma da adolescente, avrebbe dato varie soddisfazioni alla perversa sedicenne. Kakaroth era nato idiota e sarebbe morto idiota.
 
‘Ma io NO ho sonno!’, sbadigliò.
‘Si che hai sonno, Trunks!’, chiuse l’album di foto e lo portò a dormire.
Quando tornò, Bulma trovò Vegeta ancora sul divano. Gli si sedette accanto.
‘Chissà come sarebbe stato se ci fossimo incontrati prima, io e te’
La guardò. ’Almeno sarei stato io il primo a vederti nuda, non un vecchiaccio’
Bulma impallidì. Ricordava di avergliene parlato, ma non credeva lui ricordasse.
Scoppiò in una risata nervosa. ‘Illuso!’, lo canzonò, ‘avresti dovuto prendermi con la forza! Una ragazza ingenua e pura come me…’
‘Mi saresti saltata addosso’, continuò tranquillamente, ‘e ti avrei resa contenta, perché mi avresti fatto pena’
Si alzò in piedi, posizionandoglisi davanti, con le mani sui fianchi, come era solita fare. Perché diavolo, in passato, aveva deciso di raccontargli quelle cose? La situazione andava ribaltata e subito. ‘Ci ha pensato qualcun altro a farmi contenta’, lo provocò.
‘Come solo chi ha paura delle donne potrebbe fare’, la schernì.
La donna spalancò gli occhi: Vegeta ricordava decisamente troppo.
Gli diede le spalle, incrociando le braccia. ‘Almeno la mia prima volta è stata con Yamcha. Tu avrai avuto un’aliena di chissà quali assurde sembianze’.
Si sentì tirare indietro, per poi ritrovarglisi sulle ginocchia.
‘Io ti ho raccontato tutta la mia vita e a quanto pare ti è rimasto tutto bene impresso’, sibilò, ‘voglio sapere con chi hai fatto sesso per la prima volta’
Una statua. La stessa espressività.
‘Non mi ricordo’
‘Bugiardo!’, urlò. ‘Nessuno dimentica una cosa del genere. Neanche uno come te!’
Tornò a guardarla, con la stessa serietà. ‘Non mi ricordo, ho detto’
Si imbronciò. ‘So bene che era una prostituta o qualcosa del genere, che diavolo ti prende? Perché non puoi dirmelo?’
Si massaggiò il mento con una mano, pensieroso, per qualche minuto. Niente. ‘Non credo di averle guardate in faccia più di tanto’, proferì infine.
Ma Bulma aveva notato un qualcosa che non andava in quella frase.
‘Averle guardate? Averla guardata, vorrai dire’
Le rivolse un’occhiata confusa. ‘Dalle mie parti, le orge si facevano con più persone’
Per la prima volta, la vide arrossire. Si alzò di scatto. Proprio non aveva voglia di stare seduta, quella sera.
‘Sei un maiale!’, urlò con tutta la voce che aveva in corpo. ‘E scommetto che tu eri l’unico uomo lì in mezzo, perché devi essere sempre il maschio alfa tu, non è così?’
Accennò una sottospecie di ghigno. ‘Infatti’.
Fece il giro della stanza, avanti e indietro, più e più volte, ripetendo le identiche cose: che le faceva schifo, che non gli avrebbe più permesso di toccarla, che il suo bellissimo e purissimo bambino non poteva avere un padre del genere, che, infine, sicuramente ‘quel bellissimo soldato dai capelli verdi che stava a Namek, invece, non faceva cose del genere’
Vegeta la raggiunse, evidentemente stanco. ‘Non le faceva con le donne’, specificò, lasciandola di stucco.
‘Ehi, fermati!’, lo rincorse nel corridoio, ‘tu dormirai sul divano da ora in poi!’
Lo sentì scoppiare in una fragorosa risata.
‘E se la faccio cosa mi dai, una tua mutanda?’
Provò a impedirgli di entrare nella camera da letto ma fu inutile e, alla fine, entrò anche lei.
‘Comunque sei di una banalità unica’, commentò, perché doveva averla sempre vinta in un modo o nell’altro, ‘il principe con l’harem a sua disposizione…scontatissimo’
‘E tu sei patetica’, replicò, spogliandosi, ‘passare quindici anni con il primo che ti si è parato davanti, solo perché non avevi potuto chiedere di meglio’
Aprì le ante dell’armadio. ‘Facciamo un gioco, Vegeta’. Quando non sapeva più cosa ribattere, cambiava discorso.
‘Stanotte, abbiamo sedici anni’, sembrava intenta a cercare qualcosa che finalmente trovò e corse a chiudersi in bagno.
Quando tornò, aveva addosso un costume che doveva - secondo lui molto alla lontana – ricordare un coniglio.
‘oh’, si portò una mano alla bocca, ‘povera me! Io, così pura e casta – e Vegeta inarcò un sopracciglio – sola con questo perfido alieno’, indietreggiò verso il letto, mentre lui avanzava.
‘Sai per cosa è famoso l’animale del tuo travestimento?’, la fece stendere.
 ‘Alieno perfido e perverso’, lo guardò negli occhi, ‘ora mi spoglierai lentamente per farmi chissà cosa?’
‘No’, le morse il collo, ‘non lo farò lentamente’
La sentì ridere.
‘C’è solo un problema, tesoro’, gli accarezzò i capelli, ‘se devo fingere di avere sedici anni, devo essere vergine e inesperta’
‘Sta’ tranquilla, Bulma’, cominciò ad abbassarle il costume, ‘se ti avessi incontrata davvero a sedici anni, avrei rimediato a tutto in meno di quanto credi’
 
 
 

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Capitolo 41
*** Eccellenze e privilegi ***


Non si era neanche voluto sedere. Era rimasto in piedi, dietro di lei, braccia incrociate, come un cane da guardia. Senza neanche mangiare, scandalo!
Se era andato lì, a ‘porgere gli auguri a Crilin’ per la nascita della figlia, era solo perché Bulma l’aveva in pratica minacciato. ‘Poi non ti arrabbiare se qualcuno prova a toccare ciò che è tuo’ aveva affermato, maliziosa…e lui era andato. Aveva sentito parlare di quel Muten e…sarebbe stato meglio controllare di persona che nessuno facesse danni.
Infatti, il vecchio a stento aveva parlato. Di tanto in tanto gli rivolgeva un’occhiata furtiva, era la prima volta che lo vedeva.
A un tratto, Bulma si era alzata. ‘Vado un attimo al piano di sopra’, aveva detto, ‘Trunks deve mangiare’. Il piccolo saiyan non aveva ancora due anni e ancora veniva allattato. ‘Ma certo!’, Muten aveva sorriso, ‘se vuoi ti accompagno…’
‘Nessuno si muoverà da qui fino al suo ritorno’
La voce di Vegeta aveva richiamato l’attenzione di tutti. ‘Ooh’, abbozzò una risata, ‘ooh, ma certo! Come preferisci!’ , aveva concluso il vecchio e, quando la ragazza si era ormai allontanata, aveva ben pensato di rivolgergli la parola, così, giusto per sdrammatizzare.
‘Sai, ragazzo, mi fa proprio piacere che tu abbia deciso di stabilirti sulla Terra’, mentì, ‘ e trovo che tu e Bulma formiate una coppia perfetta! Lei, poi, è così…’
‘So bene com’è fatta Bulma’, si affrettò a interromperlo, non volendo ritrovarsi a udire cose spiacevoli.
Rise nervosamente, di nuovo. ‘No, intendevo dire…è così dolce con te…prima era impossibile parlarle, anche con Yamcha si rivolgeva sempre male…’
Il saiyan si ritrovò a chiedersi come diamine fosse quella donna da giovane, perché se ora gli altri riuscivano a definirla ‘dolce’, voleva dire che in passato aveva toccato l’apice dell’insopportabilità…
‘…ma non aveva tutti i torti tra l’altro, eh…lui la tradiva in continuazione…’
Yamcha si voltò, indispettito: era presente la sua nuova fidanzata e avrebbe preferito non farle sentire determinate cose.
‘La tradiva?’, Vegeta non era riuscito a celare lo stupore: questo non l’aveva mai saputo.
Proprio in quel momento, però, Bulma era tornata dicendo che, causa pannolini mancanti e urla stratosferiche di Trunks, urgeva tornare alla Capsule Corporation.
 
‘Dunque, Yamcha ti tradiva?’
Bulma spalancò gli occhi. Qualcuno dalla bocca troppo larga doveva averlo informato.
‘Già’, rispose vaga, mettendo il figlioletto nella culla.
‘E come mai?’
Alzò le spalle, ‘litigavamo spesso’
Non riusciva a credere che quella donna parlasse tanto tranquillamente di un tradimento.
‘Anche noi litighiamo spesso’, la provocò.
Si voltò, per guardarlo. ‘Sai com’è, Vegeta, io e Yamcha ci volevamo bene. Solo che, già dall’inizio, ci eravamo resi conto di non essere proprio compatibili. Fatto sta che nessuno dei due aveva voglia di star solo. Quindi, io lo trattavo male perché non era il fidanzamento che avevo sognato e lui, stanco di subire in silenzio, cominciò a tradirmi. Io lo scoprivo e lo trattavo ancora peggio. Tutte le volte che ci siamo lasciati, abbiamo poi deciso di tornare insieme. Lui perché così gli conveniva, io perché non volevo star sola. Ma tu stai con me solo per scopare e non mi sembra di farti mancare qualcosa. Quindi, potresti almeno essermi fedele’
Il telefono aveva squillato ed era corsa in un qualche laboratorio. Lasciandolo solo.
Era sceso in cucina. Non avendo pranzato, si sentiva piuttosto…incompleto.
La sig.ra Brief ovviamente l’aveva fatto sedere e anche lui aveva finalmente mangiato.
‘Sai, caro, sono proprio contenta che tu sia rimasto con la mia Bulma…lei è tanto cambiata da quando sei arrivato tu’
La guardò, per un attimo. Ma tornò subito a concentrarsi sul cibo.
‘Era così egoista e irascibile prima…’, notò l’occhiata dubbiosa del saiyan e sorrise, ‘molto più di ora’
Si riempì un bicchiere di aranciata, aveva proprio voglia di chiacchierare, anche se con un interlocutore muto.
‘Ma io avevo capito dall’inizio che tu saresti stato perfetto per lei, oh, si!’, batté le mani, ‘Yamcha era un caro ragazzo, ma lei aveva bisogno di qualcuno che le tenesse testa!’
Vegeta si pulì il muso. Aveva finito.
‘Sai che Bulma aveva sempre detto di non voler figli? Diceva che non poteva rischiare di rovinarsi il fisico con una gravidanza…’, rise di gusto, ‘non aveva mai anteposto niente e nessuno al suo corpo…deve aver desiderato davvero tanto un figlio da te…’
Il saiyan le diede le spalle e andò via.
 
 
Trovare l’ufficio di Bulma era sempre un’impresa. Quelle stanze sembravano tutte uguali.
‘Signore, se non ha un appuntamento non posso lasciarla entrare!’
Le afferrò il polso e, senza alcuna delicatezza, la spinse sul pavimento. Aprì la porta.
‘Vegeta!’, Bulma tolse di scatto gli occhiali.
‘Credi davvero che il mio solo interesse sia scopare? Non credi che mi andrebbe bene chiunque, per una cosa del genere?’
La segretaria entrò, era appena riuscita ad alzarsi; ‘mi dispiace, signora, io non…’
‘Non si preoccupi, può andare’
La donna uscì, sgomenta.
‘Non capisco cosa tu voglia dire, Vegeta’
‘Io scelgo ed esigo sempre il meglio’, sentenziò, ‘e il tuo essere assolutamente insopportabile è bilanciato da altre qualità. Dunque, se ti sono fedele non è perché mi conviene. E’ perché ho già trovato l’eccellenza’
Sbatté le palpebre, più e più volte. Non riusciva a crederci. ‘Vegeta, mi stai facendo dei complimenti?’, gli si avvicinò, ‘è una dichiarazione d’amore?’
Questa volta fu lui a spalancare gli occhi. ‘Non hai capito niente!’, si affrettò a dire.
‘Come posso non capire’, gli gettò le braccia al collo, ‘se IO sono il top?’, gli diede un bacio.
‘Sei il meglio che potessi trovare, ho detto’, la spinse verso la scrivania, ‘cioè, il meno peggio’
Spinse via gli oggetti per farle spazio.
‘Stai cominciando ad amarmi’, proclamò fiera, ‘ma ancora non lo sai’
‘Diciamo che ti stimo’, ribatté, ‘e per ora sei l’unico essere al mondo a godere di tale privilegio’

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Capitolo 42
*** Adolescenza ***


(Nella parte iniziale di questa fic troverete un’idea – in realtà più o meno un’intera descrizione – usata in un’altra storia che mal sopportavo e ho quindi deciso di cancellare. Mi stava facendo impazzire! XD Chiedo umilmente scusa a tutti, soprattutto a PZZ20, venereth92 e Vegeta_Sutcliffe, che hanno pazientemente commentato ogni volta. XD Vi dirò, non sono sicurissima di quest’ultima scelta, anche perché è la prima votla che introduco Bra quindicenne…quindi non assicuro niente. XD Abbiate pazienza!!!)
 
Bulma prese in mano gli acini e fece per imboccarlo: era raro che pranzassero soli, bisognava approfittarne. Vegeta aprì la bocca e la lasciò fare. Sul volto della compagna albergava un’espressione maliziosa; in effetti non era raro che, nella sua perversione, usasse quei frutti per i preliminari, facendo del proprio corpo…una sorta di vassoio, invitandolo a consumare i grappoli che, in qualche modo, le facevano da vestito. La cosa stava andando avanti da un po’, quando uno dei chicchi cadde nella scollatura di Bulma: Il saiyan poggiò la mano su uno dei seni e raccolse con la lingua ciò che era caduto. Invece di tornare a sedersi composto, però, indugiava con le labbra tra il collo e le spalle della donna e lasciava le dita godere della morbidezza di quel petto. Per una volta che si poteva stare tranquilli…
‘Siete qualcosa di incredibile!’
Con uno scattò, Vegeta tornò a sedersi composto.
‘Bra, tesoro!’, Bulma cercava di nascondere il proprio imbarazzo, ‘credevo tu restassi a…ehm…vuoi mangiare, cara?’
La ragazza aveva un’espressione contrariata sul volto. ‘Non ho più fame!’, sibilò, ‘e smettetela di fare certe cose, alla vostra età!’, urlò poi mentre usciva dalla stanza, visibilmente nervosa.
 
Quella sera, Marron era stata invitata a cena. C’erano le ultime cose da organizzare per il matrimonio, mancavano poche settimane ormai e – sembrava assurdo – ma Bra non aveva ancora scelto cosa indossare. Cosa particolarmente grave, dato che doveva accompagnare l’entrata della sposa.
‘Questo qui? Non ti piace?’, la ragazza bionda, giornale di moda alla mano, indicava un abitino molto carino.
‘Mmm…’, storse un po’ il muso, ‘no, è troppo scollato’
Bulma incrociò le braccia; ‘Bra, quante storie, dobbiamo sbrigarci! Quel vestito andrà benissimo per te, il tuo fisico non lo renderà volgare’
Gli occhi azzurri s’infiammarono. ‘Grazie mille, mamma!’, sbatté le mani sul tavolo, spaventando persino il padre e il fratello. Questi ultimi, in realtà, erano sprofondati in uno stato di noia mortale e trovarono piuttosto interessante l’evolversi della situazione.
‘Cara, non capisco il…’
‘Dato che non ho neanche un po’ di seno potrei girare anche nuda, no, tanto chi lo noterebbe? E’ questo che vuoi dire?’
A stupire, ora, non fu tanto quel parlar senza peli sulla lingua, cose che aveva ereditato dalla madre e alla quale si erano tutti abituati o, nel caso di Vegeta, rassegnati; a sconvolgere i presenti era stato l’apprendere che quella ragazzina egocentrica, vanesia e spaccona potesse soffrire di qualche complesso d’inferiorità.
‘Bra, tesoro, non è assolutamente questo che io volevo…’
‘So cosa volevi dire!’, si alzò in piedi stringendo i pugni, ‘tu non puoi capire, mamma!’, ripensava con imbarazzo, tra l’altro, alla scena vista quel pomeriggio, ‘tu non puoi capire cosa voglia dire essere così vicini alla perfezione e non poterla raggiungere solo perché sono piatta coma una tavola da surf!’
‘Ma è perché sei una saiyan, no?’, Trunks pensò di intervenire, ‘insomma, il tuo dovrebbe essere un fisico adatto a una guerriera e quindi…non credi anche tu, papà?’
L’uomo annuì e Bra si morse le labbra con mortificazione: ora che ci pensava, anche Pan era nelle sue stesse condizioni…dunque, non c’era proprio speranza.
Diede loro spalle e si allontanò, lentamente, a testa alta.
Bulma guardò Marron, sconvolta. ‘Non ci posso credere’, balbettò, ‘non ci posso credere. Ha ammesso di non essere perfetta’
 
Bra si stava specchiando da una buona mezz’ora, piuttosto mortificata, quando il padre l’aveva raggiunta.
‘Ti stanno aspettando per scegliere quel maledetto abito’
Lo guardò, infastidita. Si, in quel momento la infastidiva persino lui.
‘Non voglio sentirti mai più dire cose tanto sfacciate in mia presenza…’
Ecco, come al solito. Qualsiasi cosa era ritenuta impudica da quell’uomo.
‘…e non accetto che venga messa in discussione la perfezione dei miei figli’
Se solo non avesse usato quel tono di voce apatico…ah, ma poco importava!
‘Davvero, papà?’, era quasi commossa, ‘davvero credi che io…’
‘non farmi perdere tempo, Bra’, cercò di mostrarsi duro, ‘ho detto che ti stanno aspettando’
Vide i suoi occhi addolcirsi quando sentirono quel ‘se solo somigliassi un po’ di più alla mamma, il vestito che vuole farmi prendere mi starebbe tanto meglio…’
‘Hai idea di cosa intenda la gente per perfezione, Bra?’, la interruppe bruscamente. ‘Si parla di perfezione quando non si può immaginare un qualcosa di migliore. Credevo fossi cosciente delle tue potenzialità, queste insicurezze non sono da te e mi stanno davvero irritando’
‘Oh, papà!’, gli si gettò al collo, ‘scusami, hai ragione! Non so cosa mi è preso!’
 
Quando rientrarono nel soggiorno, lei non sembrava intenzionata a lasciare andare il braccio del padre, che stringeva con tenerezza.
‘Marron, scegli tu il vestito che più si intona ai fiori e tutto il resto’, disse con sufficienza.
‘Sei sicura?’, la ragazza sembrava turbata dall’improvviso cambiamento d’idea, ‘non vuoi vedere quale modello ti piace di più?’
‘No, no’, continuava a fissare il padre con occhi adoranti anche mentre parlava con lei, ‘tanto mi starà bene comunque. Vero, papà?’
Bulma si rivolse al figlio: ‘ora la riconosco’
‘Ah, solo una cosa!’, finalmente si decise a distogliere lo sguardo dal viso paterno, ‘scegline uno molto, molto costoso! E che sia di uno stilista famoso! Non posso certo indossare roba firmata da uno sconosciuto!’, si avvicinò al tavolo e afferrò delle riviste.
‘Ma i parrucchieri? Li avete già scelti? Chi dovrebbe truccarci? Io non mi faccio toccare il viso da incapaci, sia chiaro…’
Marron e Bulma si guardarono: in effetti, avevano dimenticato il make-up artist…
‘Ah, ho capito!’, la ragazzina si sistemò i capelli in modo che non le dessero fastidio e, carta e penna alla mano, cominciò a elencare i nomi delle persone che riteneva più adatte ad assolvere determinate funzioni.
‘Devo pensare a tutto io…come al solito!’
 

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Capitolo 43
*** Gli occhi negli occhi ***


(Per Iaiettina, che me l’aveva chiesto. Speriamo bene, è un tema difficile, personalmente non mi sento molto sicura di quel che ho fatto. XD )
 
‘Ti sei offeso, papà?’
Continuavano a scrutare l’orizzonte, in giardino, braccia conserte.
‘Non dire assurdità’
In realtà dire che si era offeso era ben poco. Bulma era sparita da una settimana, andandosi a rinchiudere in non sapeva quale clinica privata per fare le cose con comodo. D’altronde, quando si hanno soldi, si può tutto…e passare sette giorni accanto ai migliori medici, anche per un semplice parto, non era poi chissà quale privilegio. Non per lei. Comunque, questi erano affari suoi e a lui non interessavano. Il problema era che a lui, come a Trunks, fosse stato severamente vietato di raggiungerla. ‘Dice che il personale si sentirebbe troppo intimorito da voi’, aveva spiegato la sig.ra Brief al telefono…senza convincere nessuno.
Ecco la limousine. Ecco un ragazzo montare una carrozzina. Ecco Bulma scendere e dare ordini a tutti gli altri. Eccola avvicinarsi, sola.
‘Mamma!’, Trunks ruppe il silenzio con un tono pieno di rimprovero.
‘Non voglio sentire storie’, diede un bacio sulla guancia a lui e al padre, ‘non voglio neanche immaginare cosa avreste fatto, se vi avessi permesso di venire.’
‘Già vedo la scena: io in sala parto a urlare come una forsennata’, continuò, entrando in casa, ‘e voi due a irrompere in malo modo, spaventando tutti. Molto meglio star sola. Il parto è una cosa da donne’, si sedette sul divano.
La carrozzina fu posizionata vicino al tavolo da un’infermiera che fu presto congedata dalla cinguettante sig.ra Brief.
Vegeta non aveva ancora aperto bocca e si limitava a guardarsi intorno infastidito: quando avevano intenzione di lasciarli soli?
Bulma, invece, sorrideva amabilmente e parlava con tranquillità, come se quella che agli altri era sembrata una fuga bella e buona fosse stata in realtà una semplice vacanza. Ci aveva riflettuto a lungo. Il suo compagno…non sarebbe mai riuscito a sopportare tanto. Non avrebbe retto vedendola dilaniata dal dolore, sentendola urlare disperatamente…quando era nato Trunks, lui non c’era stato, sperso in chissà quale angolo dell’universo e…non le era dispiaciuto, in quel frangente: non voleva mostrarsi debole, non voleva farsi vedere in certe condizioni. Era troppo orgogliosa.
‘Dunque, cosa avete fatto di bello?’, fece segno al figlio di sedersi, ma invano. Da quando la nonna era uscita dalla stanza, il ragazzino non aveva smesso di fissare, da lontano, la carrozzina.
‘Valla a prendere’
Si voltò, stupito.
‘Valla a prendere, ho detto’, ripeté Vegeta. Che fosse una femmina l’aveva saputo, almeno quello.
‘O hai intenzione di farci aspettare anche per questo?’
Ovviamente, era a Bulma che si riferiva, anche se si ostinava a non guardarla in faccia.
‘Figuriamoci’, commentò, tranquilla, ‘prendila pure’.
Dunque, Trunks si era avvicinato alla sorellina e chinato verso di lei ma, vedendola tanto piccola, aveva esitato; si era ritratto, insicuro, poi chinato di nuovo, poi ritratto ancora.
‘Non vorrei farle male’, aveva infine proferito…a voce troppo alta, evidentemente. La piccina si era mossa e, dopo qualche esitazione, aveva aperto gli occhi. Il fratello l’aveva guardata e, in quegli occhietti tanto simili ai suoi, aveva creduto di vedere un qualcosa. Cosa fosse non l’aveva capito, ma in quel momento promise a se stesso che avrebbe sempre protetto quella bambina e il sentimento che lo invase fu tanto prepotentemente delicato da portarlo a commuoversi. Uscì dal soggiorno, lasciando i genitori basiti e…soli.
Spazientito, Vegeta si diresse verso la figlia con fare piuttosto minaccioso. La compagna sorrise e si alzò, per seguirlo.
In seguito, visto come sarebbe cresciuta, nessuno avrebbe più ricordato che prima di cominciare a parlare e camminare Bra era stata una bambina tranquilla. Quando il padre la raggiunse, si stava guardando intorno incuriosita senza piangere (cosa insolita per un neonato!) ma, incontrando lo sguardo imbronciato dell’uomo, aveva messo fine alla perlustrazione per concentrarsi solo su di lui. Il saiyan si era avvicinato, per guardarla meglio…e si erano guardati negli occhi. Per molto tempo. O forse per poco, ma a lui era sembrato molto. Poi, la bimba sembrava aver sorriso e quel sorriso aveva turbato il cuore dell’ex guerriero; si, perché mai qualcosa di fragile gli era interessato prima. Trunks e Bulma non erano mai stati deboli, no. Loro erano sempre stati forti, non come lui, ma comunque forti. Questa creaturina…era così…indifesa…pensò che qualsiasi cosa avrebbe potuto urtarla e ferirla…ma che lui non l’avrebbe permesso. Oh, no. Quella bambina, quella Bra, si era conquistata in un minuto o poco più una posizione che Trunks aveva invaso in qualche settimana e Bulma…in mesi e mesi.
‘Hai visto come mi somiglia?’, la donna interruppe lo scambio di sguardi.
Vegeta sbatté le palpebre, come per ridestarsi…e si volse, finalmente. Constatò che le somigliava davvero tanto.
‘Non so perché hai deciso di comportati in maniera così idiota’, proruppe, ‘e neanche m'interessa. Ma non ammetto altre assenze. Né tue, né sue’
La vide sorridere. ‘Credo proprio che Bra ti darà del filo da torcere’
Un ghigno apparve sul volto del saiyan. ‘Figuriamoci’, la schernì, ‘un essere così gracile…’
Ancora sorrideva. ‘Appunto’.
‘Vieni da mamma, Bra’, la prese in braccio, felice, ‘scommetto che ci divertiremo tanto, io e te’

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Capitolo 44
*** Chi cerca trova ***


‘Papà!’
Di scatto, si mise a sedere. Per fortuna Trunks era fermo all’uscio della porta e, poiché il divano gli dava le spalle, non riusciva a vedere che la madre era stesa e…poco vestita.
‘Papà, sai dov’è il nonno?’
Accanto a lui c’era Goten.
‘No, non lo so’, tagliò corto, ‘stavo dormendo, andate a  giocare da un’altra parte!’
Bulma tratteneva il fiato…perché, se avesse aperto bocca, avrebbe riso fragorosamente. Raramente aveva visto Vegeta così annichilito.
Quando fu sicura che i bimbi si fossero allontanati, si rialzò, sistemandosi bene la gonna e tornando a indossare la canotta rossa.
‘è tutta colpa tua’, lo sentì sibilare, ‘non hai un po’ di senso del…’
‘Scusami, tesoro, se sono così attraente’, gli fece l’occhiolino, ‘e tu non riesci a resistermi’
Lui continuava a guardarla, torvo. Se in certi campi era sempre stato a dir poco spaccone, in altri era assolutamente timido e riservato. Incrociò le braccia. ‘Se Trunks ha capito cosa…’
Gli poggiò un dito sulle labbra. ‘Non ha visto né intuito niente. E’ ancora un bambino’
 
Fatto sta che, quella sera, lui e Goten erano stati oltremodo silenziosi. Lui e Goten, si, perché il piccolo Son aveva chiesto e ottenuto il permesso di fermarsi alla Capsule Corporation, quella notte.
‘Hai trovato poi quel gioco che dovevo riparare?’, il dr. Brief porse alcune fette di pane al nipotino che, come l’amico, arrossì.
‘No…’, balbettò, ‘ma non fa niente. Abbiamo…’, si morse il labbro, per quell’ultima parola pronunciata che ora lo obbligava a continuare, ‘abbiamo letto dei giornaletti’
Bulma alzò gli occhi. ‘Davvero?’
Era strano. Solitamente passavano il tempo a correre, volare…combattere, anche. Ma leggere, mai.
‘Dei fumetti’, si affrettò a dire Trunks, ‘ho nove anni, mamma…si leggono i fumetti alla mia età’
Vegeta osservava con sospetto il figlio, che non era solito dare tante spiegazioni in merito a ciò che gli piaceva o non piaceva fare, Goten, che sembrava aver visto un fantasma…e Bulma che, figuriamoci, alzava le spalle. Ingenua. Quei due li avevano visti, eccome. Chissà per quanto tempo li avevano spiati nel soggiorno. Li avevano visti ed ora…erano sotto shock. Ecco perché Trunks non aveva più cercato e trovato quel gioco, ecco perché esitava, arrossiva, mentiva palesemente. Evidentemente, avevano passato tutto il tempo a discutere di ciò che avevano visto e, ovviamente, era solo colpa SUA. Di lei, s’intende. Lei, che non aveva contegno, lo provocava in continuazione, non chiudeva mai quelle dannatissime porte.
 
Il marmocchio era finalmente tornato a casa sua, ma la situazione non era migliorata. Durante il pranzo, Trunks aveva squadrato il padre senza sosta, imbarazzato, aprendo ogni tanto la bocca come se volesse chiedere qualcosa ma…il coraggio mancava, o meglio: c’era una persona di troppo e quella persona era sua madre. Solo quando lei si fu allontanata, il piccolo cacciò via la timidezza e si fece forza.
‘papà, ti posso fare una domanda?’
Avrebbe preferito una dichiarazione di guerra, un’offesa, un ‘posso farti fuori ?’
Non rispose.
‘Papà, ma a te le femmine…’
Arrossì. Si guardò intorno, per controllare che nessun altro potesse sentirlo.
‘A te le femmine piacciono di più vestite o nude?’
Sbarrò gli occhi. Davvero li aveva visti, allora.
‘Che domande sono!?’, ruggì, ‘come ti vengono in mente queste cose?’
Avrebbe negato, non c’era altro da fare.
Il bambino abbassò lo sguardo verso il pavimento. ‘Scusa papà…’, sembrava davvero mortificato, ‘è che ieri abbiamo visto una cosa e…’
Ecco. Appunto.
‘…noi non abbiamo capito bene…però io penso che al nonno…forse lui era curioso di sapere come sono fatte le donne sotto i vestiti…perché è uno scienziato ed è curioso…’
Il nonno?
Vegeta lo osservò, QUASI tranquillizzato, ma comunque stranito.
‘Papà, io stavo cercando il mio gioco...nell’ufficio del nonno…ma non lo trovavo…’
Lo guardò furtivamente, prima di concludere un velocissimo ‘e ho trovato solo giornali con donne nude sopra’
L’uomo tirò un sospiro di sollievo. Per fortuna.
Gli occhietti di Trunks tornarono a scrutarlo, però. ‘Allora?’, incalzò, ‘tu non lo sai a che servono?’
Il saiyan assunse il solito sguardo severo.
‘Sai bene che tuo nonno è strano’, tagliò corto, ‘non fa mai azioni sensate. Solo a lui potrebbero interessare certe cretinate. Se gli abiti non fossero importanti, tua madre non passerebbe ore in quei stupidi negozi, non ti pare?’, concluse freddamente.
Il bimbo scrollò le spalle. ‘In effetti…’
La spiegazione sembrava plausibile.
‘Allora ora telefono a Goten e gli spiego tutto. Era rimasto stupito pure lui!’
Vegeta lo vide allontanarsi.
Quella famiglia Brief…erano uno peggio dell’altro. Urgeva andare da Bulma. Voleva proprio vedere che espressione avrebbe fatto sentendo quella storia. Corse nel suo ufficio.
 
‘Ora capisco da chi hai ereditato la tua perversione’, esordì.

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Capitolo 45
*** Paese che vai, usanza che trovi ***


 
 
 
‘Va tutto benissimo’, sorseggiò il suo caffè, ‘e ho la situazione perfettamente sotto controllo’.
Trunks, nel seggiolone, guardava incuriosito una mela.
‘Mi fa piacere’, aveva squittito Yamcha. Mah. Gli sembrava strano a dir la verità, Vegeta si era ristabilito alla Capsule Corporation da quanto, tre mesi, forse? E già lui e Bulma avevano trovato quell’armonia che gli era sempre mancata prima della nascita del bimbo?
La mela, che il piccolo aveva appena afferrato, cadde sul pavimento.
Il padre era entrato nella stanza.
‘PA – PA – PA!’ aveva cominciato ad agitarsi, come sempre in presenza dell’uomo.
Vegeta, dal canto suo, non aveva guardato in faccia nessuno. Né aveva aperto bocca.
‘Buongiorno, tesoro’, Bulma aveva sbattuto le ciglia e usato il tono di voce più dolce che conosceva. Yamcha era sbalordito. Il saiyan non aveva risposto.
‘Hai dormito bene stanotte?’
‘No’, fu la secca anche se non sgarbata risposta che precedette la sua uscita di scena.
Bulma tornò a guardare Yamcha, come nulla fosse accaduto. ‘Sai cos’è’, esordì, ‘lui ha un problema di fondo, poverino’
Raccolse la mela e la porse nuovamente al piccolo.
‘Vedi, lui crede che io sia irraggiungibile’
Yamcha alzò gli occhi al cielo. Era ridicolo.
‘E non fare quella faccia!’, sbottò, notando l’espressione incredula. ‘Lui mi vede come qualcosa di irraggiungibile…ed essendo tanto orgoglioso, non si espone neanche. Teme un fallimento’
‘Perché dovrebbe’, azzardò lui, ‘perché dovrebbe temere una cosa del genere, quando è così chiaro che lo adori?’
Era evidentemente infastidito da quelle sciocchezze, da quella mancanza di umiltà della ragazza che, accidenti, non sapeva proprio ammettere di trovarsi in una situazione poco propizia.
Bulma sbiancò. Non era abituata a esser contraddetta, non da lui. Si guardò nervosamente le mani, con sguardo altero.
‘Non fare certe insinuazioni’, gli occhi in fiamme ora fissi su di lui, ‘solo perché ho preferito lui a te’
Il ragazzo si alzò. ‘ Io non ti porto rancore’, esclamò, ‘che noi due non saremmo finiti insieme era chiaro a tutti, anche a me. Ma non sono insinuazioni, le mie. Vegeta non è mai stato interessato a te. Uno che ti lascia dopo…’
‘E’ tornato!’, sbatte le mani sul tavolo alzandosi a sua volta, ‘è tornato e resterà!’
‘Non è tornato per te e resterà finché gli fa comodo!’
Trunks scoppiò a piangere: era da tempo passata l’ora della pappa. Bulma si diresse verso di lui.
‘Vedrai, se rimarrà’ proferì dandogli le spalle. Quando si voltò, lui era andato via.
Vegeta era tornato. Cos’altro importava? Aveva detto che sarebbe rimasto, l’aveva detto…o era stata lei a dedurlo? Comunque, quando era tornato dallo scontro con Cell, quella sera, l’aveva baciata. Cosa mai successa prima, anzi: tutte le volte che lei ci aveva provato, lui si era scansato. Da quella sera, invece, era cambiato. E’ vero, non aveva specificato il perché o la durata di quella permanenza sulla terra, ma era deducibile, no? No?
 
‘Sappi che sono più raggiungibile di quanto credi’
Vegeta la vide, stranito, sedersi sul letto accanto a lui.
‘Non devi credermi irraggiungibile. Lo sono, è vero, ma non per te’
Gli diede un bacio. ‘Sto diventando troppo dolce’, sussurrò, facendogli una carezza.
Lui non emetteva suono alcuno. La guardava, in silenzio, come sempre.
‘Dimmi perché hai deciso di rimanere’
Spalancò gli occhi. Evitò di incontrare i suoi.
‘Non sei muto, Vegeta. Parla, una volta per tutte’
Esitò, Bulma continuava a squadrarlo.
Ancora silenzio. Il loro rapporto era un silenzio infinito.
Sospirò. ‘Ve bene lo stesso’.
No, non andava affatto bene. Lei non s’era mai accontentata, questo era accontentarsi.
‘Dimmi quanto hai intenzione di restare, allora’
Era visibilmente a disagio. ‘Quanto vuoi’
Questa era una strana risposta. Soprattutto se era lui a parlare, lui, che solitamente dettava solo ordini.
‘Voglio che resti per sempre’, poggiò la testa sulla sua spalla.
‘Lo vuoi davvero?’
In quelle parole non c’era sentimento, né speranza…ma sgomento puro.
‘Si, lo voglio!’, esclamò sicura, ‘ma non ti obbligo di certo. Voglio che tu stia con me per sempre, solo se tu lo vuoi’, gli accarezzò a lungo il petto, prima di tornare a guardarlo negli occhi. ‘Lo vuoi?’
Sostenne lo sguardo con coraggio. Si sentiva quasi sfidato. ‘Si’, pronunciò fieramente, come un Sono pronto a combattere!, ‘lo voglio’
Un gran sorriso comparve sul bel viso. Quella donna era davvero bellissima.
‘Ora siamo sposati’, cinguettò, ‘sei mio marito’
Continuava ad alternare piccoli baci sulle guance a dolci pizzicotti.
‘Funziona così sulla terra?’ domandò, per nulla turbato. Lei annuì.
‘Certo, è una cosa a scadenza in realtà, c’è anche chi si sposa per un giorno o due’, cercava di sembrar seria, ‘ma noi abbiamo detto per sempre…’
‘Capisco’
Stava per scoppiare a ridere, ma non poteva. Assolutamente. Un giorno magari gli avrebbe spiegato la verità, ma non ora. Si alzò.
‘Dove stai andando?’, esclamò, deluso: non voleva finisse così quella serata.
‘Vado a prepararmi, tesoro’, gli fece l’occhiolino, ‘è la nostra prima notte di nozze!’

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Capitolo 46
*** Tale madre, tale figlia ***


‘Dì la verità, su Namecc, quella volta, ci lasciasti in vita perché non potevi uccidere una ragazza bella come me’
Lui l’aveva guardata, sconvolto. Non aveva neanche risposto, come al solito. Aveva vissuto per anni con Nappa e Radish, senza mai parlare troppo. Ora, questa terreste, in due settimane voleva gli aveva fatto più domande di quante ne avesse ricevute in una vita intera.
Bulma non era tanto interessata alla questione in sé, quanto al fatto di comunicare. Dunque, non era un problema cambiare discorso. Qualsiasi idiozia andava bene, purché potesse rivolgergli parola.
‘Lo sai che gli abitanti di quel pianeta, come Piccolo, sono asessuati?’
Pensò di aver capito male. Eppure aveva conosciuto sempre e solo il peggio della melma umana, tra soldati di Freezer e prostitute, insomma, erano quel che erano…ma questa qui, questa donna, per quanto sembrasse innocua aveva una lingua che usava decisamente troppo…e nel modo sbagliato.
‘Si, lo so’. Magari, rispondendo, l’avrebbe fatta contenta e la tortura sarebbe finita.
Lei continuava a tenere il viso poggiato su una mano e aveva un’espressione perplessa.
‘Che cosa!’, esclamò, ‘mi sembra molto triste’
Vegeta si alzò. ‘Se tutte queste chiacchiere servono a esprimere il tuo disappunto nei miei confronti perché ti ho ucciso l’amante e tu non sai con chi sfogare i tuoi istinti, sappi che ho afferrato il concetto e non ho più voglia di ascoltarti’
Bulma aprì la bocca per ribattere, ma…
‘E’ la prima volta che quasi mi pento di aver fatto fuori qualcuno’, continuò, ‘se fosse ancora vivo, forse non passeresti tutto il tempo a infastidire me’
Uscì dalla stanza, ma lei gli camminava dietro, sbraitando. Era una sciagura vivente.
‘Io e Yamcha non stavamo più insieme da un po’, innanzitutto!’
La sig.ra Brief vide passare il saiyan, uno sguardo tra il disperato e il rabbioso, seguito a ruota dalla figlia che urlava, gesticolando, senza ricevere mai neanche un’occhiata di ricambio.
‘…e quando tornerà a stare qui sarà trattato come un semplice ospite, proprio come te! Io sono una ragazza seria!’
Erano arrivati nel giardino e lui avrebbe spiccato il volo, se solo…
‘Io parlavo in generale, secondo me Piccolo sarebbe un po’ più allegro se ogni tanto potesse…’, si era fermata solo perché erano all’aperto e dei giornalisti potevano essere nascosti nei dintorni.
‘Io credo che farebbe bene anche a te, lo sai? Magari non saresti così nervoso…’
Le dava le spalle, per fortuna. O avrebbe colto l’imbarazzo che gli aveva colorito il viso. Si voltò, per guardarla.
‘Tu sei una pazza’, aveva sibilato, cercando di controllarsi, ‘frustrata, nevrotica e insopportabile’, fece qualche passo verso di lei.
Bulma, testa alta e mani sui fianchi, non poté fare almeno di indietreggiare un po’.
‘Non consigliare ad altri ciò che servirebbe a te…’, la vide indignarsi ogni momento di più, ‘e non azzardare mai più certe proposte…preferirei la castità eterna, pur di non scopare con te’
Aveva spalancato gli occhi. Gli aveva afferrato il collo della camicia.
Vegeta non riusciva a credere a quell’ingenuità. Si, era ingenuità. La donna non sapeva che, in passato, lui aveva ucciso per molto meno.
‘Ascoltami bene, scimmione!’, se non fosse stata così debole, l’avrebbe trovata inquietante, ‘c’è gente che farebbe la fila per stare con me…’
La osservava. Non gli sembrava neanche di averla offesa poi tanto…
‘Non denigrarmi solo perché non mi puoi avere’, strinse più forte la presa, sforzandosi per fare un sorrisetto, ‘e non mi sognerei mai di propormi a te…a me la zoofilia fa schifo’
‘Lasciami subito, Bulma’, era forse la prima volta che la chiamava per nome, ‘o spiccherai il volo insieme a me e ti scaraventerò giù’
L’aveva lasciato e lui era andato via. La sera, aveva ripreso a parlargli, imperterrita, come nulla fosse accaduto.
 
‘Allora, Bra, quanti anni compie la tua mamma?’, Crilin era davvero troppo curioso.
‘Cin…’, la mano di Bulma coprì la bocca della figlia. Vegeta scosse la testa, prendendo posto accanto alla bambina.
‘Bra, non si dice mai l’età di una signora!’, la rimproverò la madre. Lei, dal canto suo, si limitò a cambiare discorso perché, di sicuro, zitta non poteva restare.
‘Lo sapete’, lei si rivolgeva sempre a tutti, perché tutti dovevano ascoltarla, ‘che da grande io mi sposo col mio papà?’
Lui era arrossito. Crilin si era sforzato per non scoppiare a ridere. Gli altri, semplicemente, erano troppo concentrati sul cibo. La piccola si era voltata: alla fine della tavolata c’erano il fratello con i due amici.
‘Secondo me’, aggiunse a voce più bassa, ‘Trunks da grande si sposa con Marron…’
Il padre della ragazza aveva tossito. Stava per affogarsi.
‘Non devi fare così’, la bimba sembrava molto saggia, ‘tutti si devono sposare da grandi’
Mandò giù un boccone, ‘Yamcha sta con Pual, il nonno dell’isola sta con Oolong’
Bulma la guardò, stupita: e queste, come le erano venute in mente?
‘e poi…’, guardò Piccolo. Si fermò, turbata. ‘Papà!!!!!!’, richiamò, voce bassissima, la sua attenzione.
‘Papà, ma lui è solo…!’
Vegeta non aprì bocca. Sapeva che, tanto, non sarebbe servito.
‘Signore!’, Bra si rivolse all’alieno verde, ‘ma tu con chi sei sposato?’
Piccolo non sembrava felice di quella domanda.
‘Tesoro, le persone come Piccolo non hanno bisogno di sposarsi’, spiegò la madre, ‘loro…stanno bene soli’
La bimba guardò l’interessato con aria pensierosa.
‘Quindi tu non dai baci a nessuno?’, indagò, curiosa.
Lui arrossì.
‘Smettila, tesoro! Non essere sfacciata!’
Quando si dice che il bue chiama cornuto l’asino…
Bra tornò a concentrarsi sul suo piatto.
‘Mamma, menomale che tu non sei così…sennò chi lo coccolava papà, prima che nascevo io?’

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Capitolo 47
*** Paura ***


Un robot servì la cena.
‘Ma posso sapere perché…’
Era la millesima volta.
Bulma volse gli occhi al cielo, disperata.
‘Bra’, sospirò, ‘davvero. Basta, ti prego.’
La piccola incrociò le braccia. ‘Ma a me non sembra mica tanto normale, eh!’, esclamò, arrabbiata, ‘che uno se ne vola via all’improvviso senza dire niente! Pan piangeva tanto!’
‘è un saiyan’, commentò calmo Vegeta, ‘vuole allenarsi, nient’altro’
Trunks abbozzò un sorriso, ‘secondo me non vuole stare con Chichi’
La sorellina s’incuriosì. ‘Perché, lei è cattiva?’
Il ragazzo annuì. ‘Si, lei urla e sgrida sempre tutti’, le confidò, ‘quindi non c’è da stupirsi se Goku ha pensato di andarsene’
Bra li osservò uno per uno, attentamente, pensosa.
 
‘Papi’, si sentiva tirarsi i capelli, ‘papi!’
Vegeta aprì gli occhi. ‘Come diavolo hai fatto a…’
‘…sono entrata dalla finestra’, ammise, candida. Lo vide sbuffare.
‘Papi, ti posso svegliare con un bacino?’
Sospirò. Avrebbe potuto dirle che era già sveglio ormai, ma sarebbe stato inutile. Si limitò ad annuire e a lasciarsi baciare.
Da allora, per una buona settimana, Bra si comportò davvero come un angioletto: obbediva sempre senza far storie, dispensava coccole a tutti e soprattutto al suo papà, aiutava la mamma quando le chiedeva qualcosa, parlava poco, assurdo per lei, ma teneva sempre compagnia al resto della famiglia.
Stava attraversando il corridoio con in mano un foglio di carta, quando aveva sentito delle voci: non che fossero delle urla, ma il tono era piuttosto alto ed era facile indovinare che qualcuno stesse litigando. I suoi genitori. Vide il padre uscire sbattendo la porta e avviarsi verso il giardino. Non l’aveva vista. La piccola, furiosa, si diresse in cucina.
‘Mamma!’
Bulma appariva tranquilla. ‘Tesoro!’
‘Mamma, tu non devi farlo arrabbiare!’
La donna la osservò. Di litigate epiche ce n’erano state e Bra non s’era mai scomposta, anzi!, diceva sempre che erano ‘divertenti’ e lei sapeva che si volevano bene lo stesso. Ora, per una discussione tanto lieve e insignificante, si era preoccupata? Sorrise.
‘Cara, lo stavo solo rimproverando perché è un gran disordinato, non devi…’
‘Appunto’, urlò, spazientita, ‘lo sgridi anche quando non fa niente! Sei proprio come Chichi!’
Scappò fuori, senza darle il tempo di rispondere.
 
Sedeva in giardino, piangendo, sola. Ogni tanto guardava il suo disegno e le lacrime sgorgavano ancora più numerose.
Vegeta stava rientrando in quel momento. Aveva passeggiato per un paio d’ore buone, a piedi, perché aveva notato che la cosa lo rilassava parecchio. Vide la figlia e si avvicinò piano. Quella bambina. Era troppo viziata, colpa di Bulma, ovviamente. Piangeva per niente. Chissà cosa le era successo, ora. Probabilmente aveva perso una bambola o qualcosa del genere.
Sentendo la presenza di qualcuno, lei alzò il viso che teneva nascosto tra le manine.
‘Papà!’, esclamò, fuori di sé. ‘Papino mio!’, gli si gettò addosso, singhiozzando.
Vegeta non capiva. Piangere si, ma reazioni del genere…erano strane.
‘Papino, sei tornato!’, disse infine, asciugandosi le lacrime.
‘Certo che sono tornato’, commentò, incredulo, ‘non potevo certo camminare in eterno…’
Gli accarezzò il viso, piano. ‘Tu non volevi andare via’, tirò su col naso, ‘come ha fatto Goku?’
Ora era tutto chiaro. ‘No’, affermò, sicuro.
‘Neanche se litighi con mamma vai via?’, indagò.
Sospirò. ‘Figuriamoci’, le diede la mano per tornare in casa, ‘sono abituato’
‘Aspetta, papi! Il mio disegno!’
Il saiyan si allontanò, per prenderlo. Erano raffigurati lui, al centro e con la bambina in braccio, Bulma, in un vestito molto sfarzoso da un lato, il sorridente Trunks dall’altro.
La bimba lo prese. ‘Devo farlo vedere a mamma’, spiegò, ‘comunque menomale che tu non sei come il nonno di Pan’, tornò ad afferrargli la mano, ‘così resti sempre con noi. E’ vero, papi?’
‘Si’, le rispose, ‘è vero’.

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Capitolo 48
*** Il principe ***


‘Io non lo voglio fare’, incrociò le braccia.
Bulma lo guardò, severa.
‘Non fare storie, Trunks’, gli puntò contro un dito, ‘dovresti essere felice. Tutti vorrebbero essere il principe’, cercò di convincerlo, ‘e poi, non vuoi essere come il tuo papà?’
‘Ma questo delle recita non è un principe come papà!’, sbottò, ‘è un principe stupido! Papà non va in giro a baciare le femmine che dormono!’
Per avere quattro anni, era pure troppo sveglio.
Vegeta mandò giù un boccone. ‘Ha ragione’, sentenziò, ‘queste storie assurde sono devianti…in quell’asilo gli insegnano solo una marea di stron…’
Si spostò lievemente, per schivare il piatto gettatogli contro dalla compagna: non voleva venissero usati termini scurrili davanti al figlio.
Trunks, dal canto suo, era abituato a scene del genere e non lo turbavano.
‘Domani tu farai quella recita!’, era un ordine, ‘e io E TUO PADRE saremo lì a guardarti’
Vegeta sbuffò. Ci mancava solo quello. Avrebbe ribattuto, ma lei andò via, nervosa, prima che potesse farlo. Trunks gli si avvicinò.
‘Papà, ma io non voglio farlo!’, si lamentò, ‘i principi non sono così…’
L’uomo si alzò, in cerca di qualcos’altro da ingoiare. ‘Non voglio che tu partecipi a questa operazione menzognera’, si assicurò che Bulma non fosse nei paraggi, ‘se la tua parte è quella di un principe, sii un principe vero’
Trunks sorrise, mentre il padre tornava a sedersi, con una grossa torta al cioccolato davanti.
‘Quella è di mamma, l’ha presa per stasera’, disse con finta innocenza; già conosceva la risposta.
‘Lo so’
La cena con quegli ospiti venuti da non sapeva dove sarebbe stata più divertente, almeno. Chissà come avrebbe reagito Bulma, scoprendo all’ultimo momento che il dessert era misteriosamente sparito.
 
‘Salve signora Brief’, le maestre chinavano il capo, ‘buongiorno signor…’
Vegeta evitava di guardarsi intorno. Donne e marmocchi ovunque. Non poteva immaginare di peggio.
Bulma gli afferrò il braccio. ‘Devi starmi vicino’, sibilò, ‘non camminarmi avanti! O ti faccio vomitare tutta la torta che mi hai rubato ieri…’
Assunse un’espressione indignata. ‘Smettila di accusarmi’, esclamò, ‘se sei talmente idiota da perdere persino il cibo…’
‘Troverò le prove’, lo guardava dritto negli occhi, ‘e vedremo…’
Sentirono tossire. Una ragazza, che doveva essere l’insegnante di Trunks, ricordò loro che lo spettacolo sarebbe iniziato presto.
Vegeta non volle sedersi, preferendo poggiarsi al muro. Bulma, armata di videocamera, era pronta a filmare tutto.
Il saiyan osservò con profondo schifo l’alternarsi di presunte principesse, nanetti , finti animali e altri discutibili personaggi. Del figlio, neanche l’ombra. Poi, ecco una principessa sbattere a terra non si sa per quale motivo: pochi minuti e Trunks, maestoso nel suo bel mantello rosso, comparve sulla scena.
Si guardò intorno, serio. Rivolse una rapida occhiata alla bimba che avrebbe dovuto baciare. Bulma aveva già le lacrime agli occhi.
Il piccolo estrasse la spada. ‘Genti tutte, ascoltatemi!’, esordì, deciso ma timoroso che qualcuno lo fermasse, ‘la vostra principessa è morta. Io sono un principe di un pianeta molto lontano e so combattere bene’.
Bulma guardò il compagno, un po’ stranita. ‘Finalmente viene detto qualcosa di sensato’, commentò lui.
Trunks si fece coraggio: puntò la spada verso il pubblico. ‘Se mi obbedirete, sarò buono. Questo trono adesso è mio. Se non vi sta bene, vi ucciderò tutti!’
Si alzò un mormorio: sul palco, però, nessuno parlava…che lo spettacolo fosse finito? Qualcuno batté le mani e così fecero, piano piano, tutti. Il piccolo principe sfoderò un gran sorriso e si inchinò più volte.
 
‘Ti sono piaciuto, mamma?’
Bulma era perplessa. ‘Non mi aspettavo una cosa del genere…ma mi sei piaciuto tantissimo, tesoro mio!, gli diede un bacio.
‘Si, infatti la storia non era proprio così’, le prese la mano per trascinarla via, le maestre si stavano avvicinando, ‘io l’ho fatta diventare più bella’, fece un occhiolino al padre.

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Capitolo 49
*** Selvaggi ***


Da quando Vegeta era tornato alla Capsule Corporation e aveva, a quanto pareva, deciso di restare, Bulma sembrava essersi trasformata: non urlava, sempre dolce e serena, mai attaccava brighe, con NESSUNO, ogni volta che qualcosa andava storto lei sorrideva e, con un ‘non fa niente’, perdonava tutto.
I coniugi Brief erano stati contenti: era forse l’effetto della maternità e, tra l’altro, la donna si stava mostrando un' ottima madre col piccolo e un’affettuosa compagna per il saiyan.
Vegeta…più constatava la docilità di Bulma, più ne metteva alla prova la pazienza. Infastidito.
Le aveva provate tutte.
 
‘Tesoro, non credo sia il caso’, aveva detto, vedendolo poggiare incrociare tranquillamente i piedi sul tavolo.
‘Io credo di si’, era stata la risposta. Lei aveva sospirato, rassegnata, lasciando la cucina.
 
‘Vegeta!’
Non per qualcosa, ma…c’era la madre, in giro. Non poteva passeggiare allegramente per casa così, nudo.
‘Ho caldo’
Bulma aveva assunto per un attimo un’espressione collerica. Finalmente. Poi però gli si era avvicinata, gettandogli le braccia al collo, giocando con i suoi capelli.
‘In camera c’è l’aria condizionata’, aveva sorriso…e in camera lui non era stato dolce, ovviamente, né romantico, anzi. A ogni morso di lui, era seguito un bacio di lei. Le aveva bloccato i polsi (perché non poteva certo stringerle la mano) e lei era stata ferma, tranquilla; appena lui la lasciava, però, correva subito ad accarezzarlo. Alla fine si era allontanato, dandole la schiena. Lei l’aveva abbracciato.
 
Il dr. Brief si era allontanato per qualche giorno, seguito dalla moglie.
Vegeta osservava, braccia conserte, Bulma ai fornelli.
‘Piantala’, aveva esclamato, contrariato, ‘lascia cucinare le tue macchine, che sanno farlo meglio di te’
L’aveva vista fermarsi, respirare profondamente, voltarsi.
‘Dici, tesoro?’, appariva tranquilla, ‘se vuoi così…’
‘Voglio così’, si era avvicinato, ‘e chiamami col mio nome’
Silenzio. Lei lo guardava, ferma. Vegeta aveva sperato in una reazione, in un insulto, uno schiaffo, qualcosa. Niente. Deluso, si era avvicinato al tavolo.
‘Stronzo’, era stato un sussurro.
‘Stronzo!’, aveva urlato poi, temendo di non esser sentita, ‘solo così dovrei chiamarti!’.
L’aveva guardata, stupito. Finalmente. Finalmente aveva gettato quella maschera da donna virtuosa che non le donava affatto.
‘Che cazzo vuoi da me, eh?’, avanzava, minacciosa, ‘cos’altro vuoi?’
Lui fece per aprire bocca, ma…
‘Meglio di così non so essere!’, gli urlò contro, ‘è da quando sei tornato che cerco di essere una buona persona e tu…’
‘A me le buone persone hanno sempre fatto schifo’
Gli occhi azzurri lo squadrarono, incuriositi.
‘Smettila di fare la brava donnina’, avvicinò il viso al suo, ‘so che non lo sei’
Assunse un’espressione contrariata; ‘io sono un’ottima persona, se proprio vuoi saperlo’
‘NO!’, sorrise quasi, bloccandole i polsi (che lei tentò invano di liberare) ed eliminando ogni millimetro di distanza tra i loro corpi, ‘tu sei una persona egoista e subdola’, portò le mani di lei contro il proprio petto, ‘e selvaggia’, le leccò una guancia, ‘proprio come me’
 
La sig.ra Brief stava rientrando in casa, piena di pacchetti regalo per il nipotino e…
‘Razza di idiota!’, Bulma seguiva Vegeta, infuriata, ‘strappami un altro vestito e ti spacco quell’emerita faccia di cazzo che ti ritrovi! Hai capito? Mi hai sentito?’
Lui sembrava non ascoltarla, ma appariva sereno…e, in fondo, anche lei.

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Capitolo 50
*** Matrimoni e pregiudizi ***


‘Be’, secondo me non è proprio così’, sorseggiò il suo caffè, ‘se ti amasse tanto, ti sposerebbe’
Quanta delicatezza.
Trunks si aggirava attorno alla culla di Goten, che dormiva.
‘Mamma, ma QUETTO DOMME SEMPE!’, sbottò.
‘Sssshhhhhhh!’, intimò la madre, facendogli segno col dito di abbassare il tono di voce.
‘Dorme sempre perché è piccolo!’
Il bimbo sbuffò, contrariato. Anche lui era piccolo e mica dormiva così tanto!
Bulma afferrò un biscotto: era nervosa. Ogni volta che parlava con Chichi le succedeva ma, d’altro canto, non aveva mai avuto amiche e quella era l’unica donna che potesse capirla: in fondo, Goku era sempre un saiyan.
‘So che tiene a me’, alzò le spalle, ‘ma sai, solo l’idea di un matrimonio…’
Provò a immaginarlo circondato da ospiti, abiti eleganti, regali…
‘…credo lo distruggerebbe’
Goten scoppiò a piangere: Trunks gli aveva dato un bel pizzico.
‘NO sono TATO io!’, si affrettò a dire, raggiungendo le braccia della mamma.
Chichi si avvicinò al figlio. ‘Non saprei, Bulma’, sospirò, ‘io non vedo nulla di sbagliato o abominevole nel matrimonio'.
 
‘Mamma’, prese dalle sue mani la tazza di latte (aveva tre anni, si, ma già voleva essere piuttosto autonomo!), ‘ma cos’è il MATIMONIO?’
Accidenti. Sembrava distratto, eppure quel bambino sentiva sempre tutto.
‘è una cosa che fanno due persone innamorate’, spiegò, ‘per dire a tutti che si vogliono bene’
Trunks, baffetti bianchi causati da ciò che aveva bevuto, non aveva ben capito. ‘E poi che succede?’
Bulma si portò l’indice sul labbro, pensosa. ‘Ecco…’
‘Non succede proprio niente’, Vegeta irruppe nella stanza, ‘e pulisciti quel muso’, si sedette.
Il piccolo stava per pulirsi con la manica del pigiamino ma, incontrato lo sguardo minaccioso della madre, prese un tovagliolo.
‘NO succede niente?’, indagò, curioso.
‘No, in realtà no’, dichiarò Bulma, ‘ma in molti lo fanno. La signora che abbiamo visto oggi per esempio l’ha fatto, si è sposata, ha un marito…’
Si fermò. Aveva un marito, forse.
Trunks si avvicinò al padre. ‘è meglio se NO vi PPOSATE’, suggerì, ‘quella di oggi è POSATA e ha fatto un bimbo che DOMME solamente!’
Vegeta quasi si morse le labbra, per trattenere un sorriso che altrimenti sarebbe emerso.
Il piccolo raggiunse la madre. ‘Se vuoi puoi essere mia marita’, era molto serio, ‘ma solo PE’ finta, sennò papà che fa?’
La donna scoppiò a ridere.
‘Fai bene a voler sposare me, tesoro!’, esclamò, ‘perché la tua mamma è la donna più bella e intelligente dell’intero universo!’
Il bimbo sorrise. ‘si, ma devi TARE con papà’, disse poi, pensandoci su, ‘PECCHE’ lui è il più FOTTE!’
Guadagnatosi un bacino e una carezza, lasciò la cucina: la nonna lo stava chiamando.
Bulma guardò il compagno. ‘Tanto noi siamo già sposati, giusto?’ *
‘Appunto’, sibilò, fintamente infastidito, ‘non so cos’altro tu voglia’.
‘Niente’, allungò la mano verso di lui, ‘niente’ ripeté, più sicura, sentendo le dita intrecciarsi con le sue.
 
 
*Vedi capitolo 45.

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Capitolo 51
*** Incontri inaspettati ***


(Ieri ho riletto la saga di Cell e…sono rimasta sconvolta! Quando viene mostrato il nuovo futuro di Trunks si vede che, dopo tre anni, sta per partire nuovamente, deciso a comunicare agli altri il suo successo. Non lo ricordavo affatto! Da ciò, lo spunto per questo episodio!)
 
Un rumore, forte. Trunks, quattro anni appena compiuti, si avvicinò alla finestra. Non era un tuono, come aveva detto la nonna! Altroché! Gli occhietti s’illuminarono: allora erano vere tutte quelle storie sugli alieni spaziali…
‘Dove vai, Trunks?’, la sig.ra Brief non riuscì a fermarlo, ‘piove, non puoi uscire cos…’
Era già fuori.
Quella che lui credeva una navicella si aprì e vide una sagoma, era un uomo…no, un ragazzo…un ragazzo…che gli somigliava parecchio! Lo scrutò con sguardo perplesso, mentre si avvicinava. No, non era un alieno, o almeno non sembrava cattivo.
‘Sei Trunks, vero?’
Si mise le mani sui fianchi; ‘e tu come lo sai?’, indagò, infastidito.
‘TRUNKS!’
Bulma era comparsa. Si portò una mano sulla bocca.
‘Mamma!’, un’espressione lieta.
Mamma? Ma che cosa stava succedendo?
‘Tesoro mio!’, la donna gli si avvicinò, incredula. Stava per accarezzarlo, ma…
‘MAMMA!’, il bimbo si intromise, ‘smettila! Lui non è papà, non lo puoi toccare!’
Il ragazzo sorrise. ‘Papà è qui?’, chiese, ‘con te?’
Fu felice di apprendere che quei due fossero diventati una coppia vera, di incontrare nuovamente lo sguardo vago del nonno, di sorseggiare il buon tè della nonna, di sedersi nello stesso salotto di casa sua che però qui trovava molto più popolato.
Il piccolo, invece, non sembrava troppo convinto.
‘Allora da grande io divento come te?’, lo squadrò da capo a piedi, ‘mmm…’
Bulma lo prese in braccio, ridendo, ‘devi essere felice, Trunks’, gli diede un bacio, ‘guarda come diventerai bello!’
Arrossirono entrambi, uno per il bacio ricevuto dinnanzi allo ‘straniero’, l’altro per il complimento.
Il bimbo allungò il braccio per afferrare un dolcetto, che gli porse la sua ‘versione adulta’.
‘Sono contento’, disse, afferrandolo, ‘perché somiglia a papà’
Bulma aveva giusto iniziato uno sproloquio sul fatto che fosse molto più conveniente ereditare qualcosa da lei, quando Vegeta era entrato, gli occhi spalancati. Chiuso nella Gravity Room fino a quel momento, non aveva captato nulla.
‘Papà!’, si alzò di scatto, emozionato.
Vegeta continuava a osservarli, sbalordito.
‘Sono tornato per dirvi che ho sistemato tutto’, sorrise, ‘spero di non recare…’
‘Non è pericoloso?’, esordì, ‘che tu abbia fatto tutto ciò?’
Bulma gli rivolse un’occhiataccia: non avevo proprio altro da dire?
‘Non credo’, Trunks tornò a sedersi, imitando ciò che stava facendo il padre, ‘ma è meglio non rifarlo…sono venuto per vedervi l’ultima volta’, proferì, con malinconia.
Una paffuta manina incontrò la sua. ‘Dove l’hai lasciata tua mamma?’
‘Nel futuro, a casa mia’
‘Potevi portarla!’
‘Tsk, come se una non desse già abbastanza problemi’, Vegeta accettò l’ennesimo biscotto dalla sig.ra Brief, tranquillo.
Bulma lo guardò di sfuggita. Si sarebbe vendicata, ma non era quello il momento.
‘Davvero, Trunks, avresti dovuto portarla con te, mi sarebbe piaciuto incontrarla…tesoro, vatti a lavare o non cenerai !’
Trunks, lieto, vide il padre alzarsi sbuffando e allontanarsi, diretto probabilmente alla doccia.
‘Papà, posso venire con te ?’, il piccino lo seguiva.
Si udirono vari ‘no’, puntualmente seguiti da ‘per favore’, ‘ti prego’, ‘ma mamma si arrabbia’, fino a quando Bulma si voltò e, raccolta tutta la voce che aveva in corpo, ‘Vegeta!’, urlò, ‘falla finita o non mangerete!’
Il battibecco finì.
‘Sai, mamma’, abbassò gli occhi, ‘io credo che lei…non reggerebbe…’
La donna sbatté le palpebre, ingenua; ‘ai nostri litigi?’
Una risata trattenuta. ‘No, no’, la tranquillizzò, ‘non reggerebbe…alla sua presenza’
 
La cena era stata allegra, Trunks non era abituato a un ambiente familiare. Il piccolo di casa era davvero divertente e non si allontanava mai dal padre. Doveva adorarlo.
‘Tu sai volare?’, il ragazzo si voltò; ‘oh, si’, rispose, ho imparato quando ero poco più grande di te’
‘Papà!’, il bimbo si voltò verso Vegeta, ‘allora anche io!’
‘Ma non mi ha insegnato lui’, si intromise, ‘è stato Gohan’
Il bambino lo guardò, perplesso. ‘E perché?’, chiese, ‘non era meglio papà?’
Bulma si morse un labbro. ‘Tesoro, nel futuro…’, esitò, ‘lui non poteva, perché…’
‘Sono morto’, tagliò corto Vegeta.
Trunks non smise di guardarlo per qualche minuto, in rigoroso silenzio. ‘Ma…’, balbettò, confuso, senza riuscire a completare la frase. Poi, si rivolse al ragazzo.
‘Stanotte puoi dormire in camera con me’, gli concesse. In quel momento provava tanta tristezza per lui. Essere cresciuto senza il papà…non doveva essere bello.
 
Avevano anche lavato i denti insieme e indossavano persino un pigiama identico; ‘l’avevo fatto fare per Vegeta’, gli aveva detto la madre, ‘ma si è sempre opposto’.
Avrebbero dormito nella stessa stanza, il letto di quel piccoletto era tanto grande da poter ospitare come minimo cinque persone.
‘Trunks’, il bambino non era intenzionato ad addormentarsi presto, ‘hai sonno?’
‘No’, mentì l’altro.
‘Trunks, porta qui la tua mamma’, gli suggerì, ‘e restate sempre qua. Così potete vedere papà’
Il ragazzo fu colpito da tanta dolcezza. ‘Non è necessario’, spiegò, ‘mi basta averlo conosciuto. Va bene così’, sorrise.
‘Ma tua mamma?’, insisté l’altro, ‘non è triste?’
‘A volte’, ammise, ‘ma sai, quando ci si abitua a una cosa non si soffre più tanto…se mia madre rivedesse il nostro papà…’ si fermò, non era un discorso per bambini.
‘Non sarebbe giusto’, deviò il discorso, ‘il tuo papà è già della tua mamma. Non può esserci un’altra persona’
Il bimbo sembrò convincersi. ‘Mi sa che hai ragione’, proferì, ‘poi mamma si arrabbia…’
Il giovane gli accarezzò i capelli. ‘Sei un bravo ometto, Trunks. Dimmi, tu vuoi bene al tuo papà?’
‘Certo!’, rispose l’altro, ‘ma noi siamo maschi e non facciamo tutte quelle schifezze che si devono fare con le femmine’, sbadigliò.
‘Schifezze?’
‘Eh si, baci e quelle cose là’, abbracciò li cuscino, prima di addormentarsi.
Il ragazzo, però, non riusciva a dormire. Si alzò, aveva bisogno di bere.
Era quasi in cucina, ma si fermò, sentendo delle voci. Cauto, avanzò molto lentamente.
‘Hai capito?’, Bulma gettò le braccia al collo di Vegeta, ‘dice che è meglio se non ti vede proprio’
Lui non parlava, ma aveva un’espressione poco contenta.
‘Come avrei fatto’, gli occhi colmi di tristezza, ‘se fossi stata al suo posto?’
Le accarezzò i capelli, ‘come ha fatto lei’.
‘No’, obiettò, stringendolo forte, ‘io non potrei mai stare senza te’
Lui la baciò e Trunks tornò a letto. Non aveva poi tanta sete.
 
Quella settimana passò felicemente; Trunks notò che il padre era cambiato, in meglio. L’ultima volta l’aveva trovato più scorbutico, scontroso…più infelice, anche. Ora, invece, lo vedeva sereno e rilassato, nonostante cercasse di nascondere la felicità che, era comunque evidente, lo animava.
Il piccolo saltava sulla schiena del proprio papà, ridendo di gusto, ‘combattiamo!’, lo provocava.
Bulma li osservava con un certo orgoglio, soddisfatta del figlio come di quell’alieno che aveva saputo domare con tanta maestria.
‘Salutami tua madre’, aveva sbottato Vegeta, prima che il ragazzo partisse.
Trunks aveva sorriso. ‘Grazie, papà’, lo guardò negli occhi, ‘ne sarà contenta’
Il piccolo aveva disegnato un tenero quadretto, che li vedeva ritratti tutti insieme. ‘è per lei’, aveva detto, donandoglielo.
Bulma l’aveva abbracciato, con suo grande imbarazzo.
‘Mammaaaaaa’, il bimbo si era lamentato, ‘lo sai che non puoi!’
Una risata.
La macchina del tempo si alzò in volo. Sua madre avrebbe gioito. Anche perché…era riuscito a scattare molte foto e filmare parecchie scene divertenti.
Bulma guardò la sua creazione allontanarsi. ‘Mi mancherà’, sospirò, avvicinandosi al compagno. ‘Grazie per il pensiero gentile nei miei confronti’, gli diede un bacio sulla guancia.
‘Mamma!’, il piccino sbarrò gli occhi, ‘ma gli hai dato un bacio!’
Non li aveva mai visti in atteggiamenti intimi.
‘Non dire sciocchezze, Trunks!’, Vegeta lo rimproverò, ‘io non…’
‘Ma  papà, io l’ho vista!’, insisté, ‘sono sicuro!’
Il saiyan diede loro le spalle, rosso in viso. Si avviò verso la porta d’ingresso.
‘Dai, papà!’, lo rincorse, ‘per una volta non fa niente, lo so che tu non volevi! Se mi insegni a volare non lo dico a nessuno!’

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Capitolo 52
*** Cose relative ***


Crilin si accomodò. ‘Grazie, Chichi’
La donna lo ignorò, troppo presa a scrutare Goku, appena tornato dallo spazio aperto.
Che marito disgraziato.
‘Sai, amico mio, io sono preoccupato’, confessò, ‘Vegeta alla Capsule Corporation…non riesco proprio a capire perché Bulma l’abbia invitato…’
Goku non era una persona che rifletteva sulle cose: vedeva e traeva rapide conclusioni. Ora, aveva saputo dal ragazzo del futuro che Bulma avrebbe a un certo punto trovato interesse nel saiyan, ma…solo questo sapeva, ecco. In linea con la sua natura sbrigativa, aveva ipotizzato che non ci fosse nulla di strano, alla fine: Bulma aveva sempre avuto una passione per tutto ciò che era pericoloso; Vegeta…sembrava navigare in un mare di vizi, quindi probabilmente era un uomo lussurioso e, trovandosi solo la ragazza e la sig.ra Brief a disposizione, avrebbe scelto la più giovane.
‘Sai com’è fatta, Crilin’, alzò le spalle, ‘avrà pensato che tenerlo a casa sua le avrebbe portato dei vantaggi’
Era vero. Ora che ci pensava, era un miracolo che quel ragazzo fosse venuto fuori così buono. Visti i genitori…non che lui non volesse bene a Bulma, sia chiaro; ma era sempre stata un’approfittatrice, egoista, pronta a mettere in pericolo chiunque, Yamcha compreso, pur di salvarsi il sedere.
Crilin sgranò gli occhi; ‘e mi dici che vantaggio si può mai avere, ospitando quel saiyan in casa?!’
Chichi finalmente comprese cos’era successo. ‘I tuoi amici sono idioti come te!’, urlò contro il marito che le sorrise, ‘tutti!’, precisò, guardando il povero Crilin.
 
‘Ora che Goku è tornato sarà difficile per te distruggere il pianeta’
Non avrebbe potuto accoglierlo in maniera migliore.
Vegeta rientrò, senza guardarla.
‘E pensare che io ti avevo invitato a stare qui proprio perché volevo diventarti amica ed essere risparmiata’, continuò a perseguitarlo.
‘Hai fatto male i tuoi calcoli’, si sentì dire in tutta risposta, ‘sarai la prima che farò fuori’
‘YAMCHA!’, urlò, fuori di sé, ‘hai sentito cos’ha detto?!’
Yamcha sospirò. Da quando era tornato in vita, non aveva avuto un attimo di pace. Bulma gli aveva proibito di avvicinarsi a lei, dicendo che la loro storia era finita già prima che lui passasse a miglior vita e che se lo ospitava era solo in nome della loro secolare amicizia. Però, ecco, quando litigava con Vegeta, cioè…sempre, chiamava lui. Come se avesse potuto fare qualcosa. Come se poi quelle liti fossero causate da Vegeta.
‘Bulma’, sussurrò, ‘l’hai provocato tu…’
 
‘Povero Yamcha’, proseguì Crilin, ‘a dover vivere con quello psicopatico…’
Goku proruppe in una fragorosa risata. ‘Ma figurati, dopo tanti anni con Bulma!’
Gohan fissò il padre, perplesso. Non aveva mai parlato così della donna.
‘Secondo me, dovrebbero lasciarsi’, proferì.
‘L’hanno già fatto’, precisò Crilin, ‘ma torneranno insieme come sempre…’
‘No, non sono fatti per stare insieme’
Chichi, che non aveva alcuna intenzione di lasciarli soli, sbatté una mano sul tavolo:
‘Tu sei un maestro di questioni amorose, eh, Goku?’, lo attaccò, ‘ti ritieni anche il marito ideale, magari, no?!’
Crilin si poggiò una mano sul viso, mentre l’amico provava a difendersi.
 
Bulma aveva uno strano modo di approcciarsi a Vegeta. Inizialmente, aveva dato sfoggio di gentilezza ed educazione. Questa fase era durata…due, tre giorni. L’indifferenza di Vegeta l’aveva urtata. Allora, dopo il primo litigio, che non era stato un litigio perché il saiyan non aveva aperto affatto bocca, ascoltando con poco interesse un monologo gonfio di frustrazione e rabbia, la ragazza aveva cominciato a offenderlo ogni volta che poteva. A volte, lui la ignorava. Spesso e volentieri, no.
Ogni tanto, non si capiva come mai, aveva invece per lui comportamenti ammiccanti e provocatori. Mai troppo espliciti, comunque. Vegeta aveva pensato che la mancanza di quel tizio, Yamcha, le avesse dato alla testa, ma si era sbagliato. Tornato Yamcha, lei aveva continuato per la sua strada e Vegeta, la cui camera era adiacente a quella del ragazzo, ogni sera l’aveva sentito coricarsi rigorosamente solo. Amico fluttuante e peloso a parte.
‘Stavo pensando’, esordì un giorno Bulma, ‘che sono passati…tre anni circa, da quando tu e il tuo amico siete partiti per attaccare la Terra, giusto?’
Vegeta la osservò. ‘Mi ricordo, perché è l’anno in cui io e Yamcha ci siamo lasciati’
Yamcha, che era lì, pensò che non erano mai stati separati tanto tempo, prima.
Il saiyan tornò alla sua cena.
‘Dunque, la mia vita sessuale è ferma da tre anni’
Yamcha sputò la birra che stava bevendo.
Vegeta stava per affogarsi, ma tentò di camuffarlo.
‘e suppongo che lo sia anche la tua’, affermò, sicura. ‘Hai viaggiato per un anno, combattuto qui, raggiunto Freezer…poi tornato qui…non mi pare di averti mai visto con delle donne’
Yamcha temeva, seriamente, che non avrebbe più rivisto Bulma in vita sua. Ma come le era venuto in mente di affrontare un discorso simile? A che pro?
Il saiyan alzò lentamente il viso. ‘Evidentemente’, proferì, ‘non ho trovato femmine decenti’
In realtà, Vegeta non si era mai preoccupato di guardare in faccia le donne con le quali aveva avuto a che fare.
‘Figuriamoci’, sbottò lei, ‘vivi con la donna più bella dell’universo, non puoi proprio lamentarti. Diglielo, Yamcha’, chiamò l’altro in causa, ‘hai mai visto un corpo più bello del mio?’
Tornò a rivolgersi Vegeta, ‘tra l’altro’, assunse un’aria maliziosa, ‘Yamcha e io siamo stati fidanzati molto tempo e, lui può dirlo, sono anche piuttosto brava’
Yamcha diventò paonazzo. Non riusciva a pensare a niente.
‘Se non provi certi istinti davanti a me, Vegeta’, si piegò in modo da mostrare la scollatura, ‘mi viene da pensare che…forse il problema è che le donne non ti piacciono’
Pual svenne. Letteralmente.
‘Forse il problema’, la guardò negli occhi, ‘è che tu non mi piaci affatto’, proclamò trionfante, ‘e non riesco a immaginare qualcuna peggio di te’
Vide il ringhio di lei. Basta, non ne poteva più, era ora di parlare. Da più di un anno quella tizia lanciava frecciatine, faceva un passo avanti e tre indietro, parlava poco chiaro.
‘Non sopporto più il tuo atteggiamento’, non aveva mai parlato così a lungo, né con lei, né con altri probabilmente, ‘da ninfomane inspiegabilmente repressa’, notò che gli occhi azzurri si stavano ombrando, ‘e se solo tu avessi un po’ di dignità e intelligenza’, qui Bulma si infiammò, perché MAI bisognava mettere in discussione la sua intelligenza, ‘parleresti come conviene a chi è nelle tue misere condizioni ed esprimeresti tutto questo tuo travagliato desiderio nei miei confronti con una sola, utile parola’
Stringendosi i pugni, la ragazza tentò di mostrarsi calma. ‘E quale sarebbe questa parola? Sentiamo!’
Lui quasi sorrise. ‘Quando riesci a metterti in pace con te stessa, vieni e invece di perder tempo con le tue solite stronzate, di’  semplicemente: scopami. Potrei essere magnanimo e accontentarti’
Bulma si alzò in piedi e, con uno scatto d’ira degno di lei, gettò i piatti sul pavimento.
‘Ucciditi!’, esclamò, ‘questa è la parola che riassume tutti i miei desideri!’
‘Visto come stai messa’, si alzò anch’egli, ‘ho paura di ciò che proveresti a fare col mio cadavere’
La ragazza spinse il tavolo in modo da travolgerlo, cosa che non le riuscì.
Quando Vegeta andò via, Yamcha le si avvicinò.
‘Io non ti capisco, Bulma’, era sconvolto, ‘cosa volevi che facesse?’
La rabbia era più forte di qualsiasi altro sentimento.
‘Voglio che ceda, dannazione!’, tirò un calcio a una bottiglia caduta, ‘non può resistere a ME!’
Era seguita una specie di lite. Il ragazzo aveva scoraggiato l’ex fidanzata, dicendo che era una pazza, che certi sfizi è meglio lasciarli inappagati, che se non voleva più stare con lui la terra era piena di gente normale…Bulma lo aveva cacciato fuori. Il giorno dopo avrebbe raccontato qualcosa per spiegare l’accaduto alla madre.
Erano passati alcuni mesi e Vegeta, sempre più stuzzicato, mostrava un’invidiabile freddezza. Se l’era trovata ‘casualmente’ in camera più e più volte, perfettamente truccata e abbigliata e pettinata. L’aveva sempre cacciata fuori. Il problema era che Bulma gettasse l’amo senza però far veramente il primo passo verso qualcosa di concreto. Non si azzardava neanche a sfiorarlo. Se avesse provato a toccarlo e lui si fosse ritratto, non l’avrebbe sopportato. Preferiva provocarlo a debita distanza, o usando le parole. Vegeta, dal canto suo, non aveva intenzione di darle certe soddisfazioni. Che soffrisse e si mortificasse, quella terrestre. Lui era abituato a controllare i propri istinti.
Poi, sfiancata, Bulma sembrava aver mollato la presa. Erano tornati alla fase del semplice litigio. Aveva smesso di acconciarsi come se fosse sempre in festa. Tanto, era inutile. A dirla tutta, manco lo vedeva più, se non di sfuggita. Lo scimmione era talmente preso dai suoi allenamenti, da saltare molti pasti.
Era notte. I capelli della ragazza avevano raggiunto una lunghezza forse esagerata, non c’era verso di pettinarli ormai. Aveva sudato, nel sonno. Si alzò, aveva bisogno di bere. Da un paio di giorni, non vedeva il saiyan. Chissà cosa diavolo stava combinando.
Sentì dei passi. Alzò lo sguardo. Vegeta era fermo davanti a lei, a pochi passi da lei. Era buio, ma la luce della luna, che entrava dalle finestre, la aiutava. Sembrava stanco. La osservava, aveva gli occhi fissi su lei.
Malgrado avesse sempre affermato il contrario, Vegeta non l’aveva mai giudicata brutta o poco attraente. Quella sera, quella notte, però, gli sembrava particolarmente bella. Quei capelli così selvaggi sembravano la criniera di una leonessa. Lo sguardo che aveva, era…un misto di sorpresa, velato piacere…e dignità. Lo guardava con fierezza.
Lui, invece, tendeva a non guardarla in faccia. Vestiva solo di una canotta molto larga e si intravedeva…tanto.
‘Ciao, Vegeta’, aveva parlato, sperando di esser guardata in viso. Era stato inutile. Forse non l’aveva neanche sentita.
In una frazione di secondo annullò la distanza tra loro e, gettategli le braccia al collo, lo baciò con un trasporto che fu, inaspettatamente, ricambiato.
 
Nei momenti di foga, si sa, non si capisce mai nulla. Bulma aveva capito molto poco. Si era sentita stringere, sollevare, ricadere su un letto che non era il suo. Sapeva solo che Vegeta era sopra di lei, che la stava mordendo e le sue mani la toccavano e il suo peso la schiacciava. No, no, non era vero. A schiacciarla era l’emozione e lei, che mai aveva avuto ruoli passivi, in niente, ora non osava far nulla. Lo stringeva e accoglieva tra le sue braccia, lieta. Poteva anche crollare il mondo, sarebbe morta contenta. Meglio: sarebbe morta con lui. Vegeta era un animale, l’aveva sempre sospettato e ora ne stava avendo la prova, non c’era un minimo di dolcezza nel suo tocco e cercava di schivare ogni bacio.
Entrò in lei con irruenza. A volte premeva con tanta forza le mani contro il suo corpo, i denti contro la sua carne…il giorno dopo si sarebbe ritrovata parecchi lividi. Lui, con molti graffi.
Non si era allontanato subito da lei. Il respiro era ancora irregolare, Bulma non accennava a volerlo lasciare; anzi, ora che avevano finito, lo stringeva ancora più forte. Alzò lievemente il viso, che aveva nascosto tra il collo e la spalla di lei. La guardò negli occhi solo un attimo, giusto per notare che da vicino erano davvero spettacolari.
Non era abituato a dover parlare con qualcuno dopo aver fatto sesso. In realtà, con le altre donne che aveva incontrato prima, non aveva dovuto parlare proprio mai.
Tornò a guardarla, erano ancora vicini.
‘Come prevedevo’, proclamò, ‘sei fuori allenamento’
La ragazza lo spinse.
‘Una vergine si sarebbe mossa meglio di te’, continuò, voltandosi per cercare con lo sguardo i pantaloni, ‘si vede che non scopavi da tempo’
‘Questo dovrei dirlo io!’, esclamò, indignata, ‘l’astinenza ti ha fatto male, mai visto un essere più arrapato di te!’, proseguì, ‘cos’avrei potuto fare, con una bestia del genere addosso?’
‘Hai perso la mano’, aveva appena afferrato i propri indumenti, quando…si rese conto che quella era la sua stanza. La guardò, facendole capire che non era lui a dover andar via.
Bulma scese dal letto, ancora nuda, in cerca della sua canotta…che non esisteva più.
‘Che porco!’, brontolò, spogliando il materasso delle stropicciate lenzuola in cui si avvolse.
Si avvicinò alla porta borbottando contro Vegeta e il modo in cui aveva rovinato un’atmosfera tanto romantica.
‘La prossima volta’, si voltò, ‘io starò sopra’
La prossima volta?
Un ghigno. ‘Dovresti riuscire a legarmi’
Ci avrebbe provato, Bulma, la volta dopo e quelle ancora successive, senza riuscire. Anzi, a esser legata sarebbe stata proprio lei. Non fisicamente, però.
 
‘Allora, mamma?’, la piccola continuava a scrutarla, curiosa, ‘come vi siete conosciuti tu e papà?’
Bulma guardò altrove, ‘ci ha presentati Goku’, mentì.
‘E come vi siete innamorati?’
Ecco il padre rientrare.
‘Ma tesoro, che domande!’, sghignazzò, ‘tuo padre non poteva certo resistere a me, che sono la donna più bella e intelligente dell’intera galassia!’
Dire certe cose a Bra era pericoloso, perché davvero lei ci credeva.
‘E poi è successo come nelle fiabe?’, le brillavano gli occhi, ‘che tu dormivi e lui ti ha svegliata con un bacio?’
Vegeta inarcò un sopraciglio.
‘Ma certo, Bra!’, Bulma sorrideva, ‘perché era un principe!’
Il saiyan le rivolse un’occhiata diffidente. Che visione distorta della realtà.

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Capitolo 53
*** Pace ***


(Frammenti di questa storia di trovavano nella sua versione precedente, omonima, che ho voluto rivedere perché mi sembrava troppo…lontana, diciamo, dalla realtà del manga)
 
Di solito, nella riappacificazione lui aveva un ruolo passivo. Dopo esser sparito per ore, tornava e la trovava sveglia; gli andava incontro, lo abbracciava, lo baciava, lo spogliava e facevano sesso. Come se nulla fosse accaduto o, anche, come se lei dovesse farsi perdonare qualcosa, quando solitamente a dare inizio alla lite era stato lui. Il perché di quel comportamento non l’aveva mai capito in realtà, ma gli stava bene. A volte, di proposito, aveva dato vita a polemiche che non stavano né in cielo né in terra, solo per provocarla e trovarla, al ritorno, più docile del normale. Tuttavia, questa volta sapeva che le cose sarebbero andate diversamente, forse perché una litigata non c’era stata. Magari fosse stata una litigata il problema.
Si, gli era andata incontro, aveva sorriso ma…neanche una parola. Perché c’era troppa gente, forse? No, figuriamoci. Bulma non era mai stata il tipo da farsi problemi solo per la presenza di altri. Inoltre, nessuno accennava a voler andar via.
Aveva sbirciato quegli occhi azzurri e li aveva visti umidi: non andava bene, stava per infrangere una regola. Si, perché il loro rapporto era tacitamente basato su tre elementari, sottintese regole: 1) Lui non doveva dirle di amarla. Non ce n’era bisogno; 2) Lei non doveva piangere in sua presenza; 3) Nessuno nei due doveva scusarsi con l’altro, per nessun motivo. Queste erano le leggi del quieto vivere e lei stava per infrangere il punto numero due.
‘Dove vai, papà?’, Trunks, poverino, aveva il terrore che scomparisse ancora, da un momento all’altro.
‘Ho bisogno di sciacquarmi le mani’, che cosa idiota. Ma non gli era venuto in mente nient’altro. Entrò nel palazzo del Supremo. La situazione andava affrontata il prima possibile e…in privato. Sperò che Bulma notasse quel movimento.
 
L’omaccione rosa era ancora al centro dell’attenzione, ma per motivi piacevoli: si stava esibendo in simpatici numeri di magia, divertendo Marron e Goten, mentre Trunks ancora lo guardava con diffidenza: era quella la forma del mostro che aveva picchiato a sangue il padre.
‘Tesoro’, Bulma si guardò intorno, agitata, ‘dov’è tuo padre?’
Il bimbo sorrise. ‘Non preoccuparti, mamma, doveva solo lavarsi le mani’
Lavarsi le mani? Entrò nel palazzo. Dove diavolo si era cacciato? Perché allontanarsi ancora?
‘Vegeta!’, urlò, entrando in un corridoio, ‘Vegeta!’
‘Sono qui’
Lo vide, vide la sua ombra; il Sole era alle spalle del saiyan e, dal punto in cui si trovava lei, sembrava accecante.
Si avvicinò. Dannazione, scoppiò a piangere abbracciandolo.
Lo stava abbracciando! Poteva essere il principio della loro riappacificazione standard, non fosse stato per la disperazione che Vegeta aveva sentito in quella stretta…e invece di baciarlo, come al solito, la donna lo stava strattonando e colpendo, continuando a singhiozzare così forte che parlare le riusciva impossibile. ‘Idiota!’ aveva urlato quando le lacrime erano leggermente diminuite.
‘Figlio di p*****a!’, qui il grido era stato più forte.
‘Che c***o ti sei messo in testa? Volevi fare l’eroe?’. Altro che riappacificazione.
‘Non provarci mai più!’ erano state le ultime parole prima che i singhiozzi ricominciassero e lei affondasse il viso tra i muscoli del suo petto.
Provò ad aprir bocca. ‘Bulma, io…’
La guardò. Si stava asciugando le lacrime, sulla sua tuta.
‘Quando ho ucciso quelle persone…’
‘…non m’importa nulla di quelle persone!’, sbottò lei, sicura; Crilin le aveva detto che Vegeta era stato ‘plagiato’ dal nemico ma che, orgoglioso com’era, subito aveva ripreso a ragionare con la propria testa, arrivando al suicidio a lei e Trunks dedicato. Questo sapeva lei.
‘M’importa del fatto che tu abbia deciso di ammazzarti, stronzo!’, tirò su col naso.
Vegeta distolse lo sguardo. ‘Perdonami’
Credette di non aver sentito bene. Per quanto il volto non trasmettesse emozione alcuna, come al solito, il tono della voce non era l’usuale; quel ‘perdonami’ era suonato come un compromesso tra un ordine e una richiesta.
Lo osservò per un po’. Che faccia tosta.
‘Stupido!’, lo strinse forte, lo baciò sul collo.
Bene, le cose stavano avviandosi per il verso giusto. Ma sentiva che questa volta necessitava altro o non avrebbe ottenuto alcun lieto fine. Necessitava, già, ma non per Bulma; lei, poverina, si era abituata ad accontentarsi. No, necessitava…per lui.
‘Non devi lasciarmi mai più’ gli disse, decisa, riportandolo alla realtà. Era un ordine. Si stava riprendendo e tornava ad essere autoritaria.
Pausa.
‘Guarda che io l’ho fatto per…’
‘non devi farlo mai più’, ora lo stava accarezzando, baciandolo di tanto in tanto e…d’improvviso, le bloccò i polsi, spostandola lievemente.
Rimase sbigottita.
‘Aspetta’
E ora, che succedeva? Cos’aveva fatto di sbagliato? Gli occhi neri la guardavano con gravità e un po’ di spavento. Vegeta avvicinò le labbra all’orecchio destro, continuando a tenerla ferma.
‘Credo di amarti, Bulma’.
Lo disse in un soffio, a voce talmente bassa che, se non fossero stati tanto vicini, neanche l’avrebbe sentito.
 Addio, regole del quieto vivere.
In una frazione di secondo lei scoppiò a piangere, liberò i polsi dalla presa e li portò istintivamente davanti al volto. Questo non l’aveva calcolato. Ricominciarono i singhiozzi. Tornarono ad abbracciarsi, lei ancora in lacrime, ma Bulma era poco avvezza a mostrarsi in tali condizioni e subito era tornata a nascondere il viso, a voltarsi altrove.
‘Tsk’, la guardò fingendosi infastidito, ‘Io l’avevo capito da subito che con te servivano le maniere forti’
‘Idiota!’.
Sorrisero e finalmente si baciarono, con un 'bacio vero', come lo definiva lei quando, volendo recitare la parte del duro o del pigro, il compagno si divertiva a infastidirla spacciando per un bacio il semplice poggiare le labbra sulle sue...e lei si arrabbiava ed esigeva di più e, una volta ottenuto il 'bacio vero', giocava a far la regina chiedendo e ottenendo molto altro. Sorrisero anche dopo, quando le bocche si separarono ma lei gli poggiò il capo sulla spalla, sfiorandogli delicatamente il mento con le dita.
 Ora avevano fatto pace. Trunks, accompagnato da un imbarazzatissimo Goten che si copriva gli occhi con le manine, li osservava da lontano.
‘Accidenti’, esclamò, ‘secondo me, papà è ancora sotto shock’

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Capitolo 54
*** Autorità ***


‘BRUM! BRUUUUUUUMMMM!!!!!!!!!!!!!!!’, correva con le braccia spalancate, il vento che spettinava ancor di più i capelli, ‘sono un aereo!!!!!!!!!!!!’ e girava, girava, girava.
‘Ti verrà il mal di testa, tesoro’, Bulma stava rientrando, infastidita dall’aria troppo fresca per i suoi gusti.
‘Ti verrà un accidente, idiota’ le fece eco Vegeta che, invece, stava uscendo in quel momento. Si sentì pizzicare la guancia.
‘Non osare offendere mio figlio’, gli sibilò la compagna.
Trunks, dal canto suo, sembrava non averli uditi. Continuava a fingersi un aereo, ridendo e simulando il rumore dei motori. Solo quando vide il padre dargli le spalle pensò bene di prendere la rincorsa e saltargli sulla schiena.
‘Vola, papà!’, urlò, ‘tu sai fare meglio l’aereo!’
Vegeta continuò a camminare tranquillamente, come se il piccolo non gli stesse addosso, ignorandolo del tutto.
Trunks, per nulla scoraggiato e deciso a usare il padre come un giocattolo, lasciò la presa con le braccia, rimanendo avvinghiato alla sua vita solo tramite le gambe e lasciandosi dondolare a testa in giù.
‘Nonnaaaaaaa!’, gridò, quando passarono accanto all’aiuola, ‘guardami!!!!’
La nonna gli rivolse un dolce sorriso. ‘Siete bellissimi, caro!’
Spazientito, Vegeta gli afferrò una caviglia e, reggendolo per una sola gamba, lo riportò sulla terra ferma in maniera, per lui, fin troppo delicata. In tutta risposta, il figlio iniziò a rotolarsi sull’erba. Inutile, quel giorno sembrava posseduto.
‘Guarda che l’erba è bagnata’, sussurrò, nervoso e timoroso di esser sentito, ‘ti ammalerai!’
Parlare con Trunks era come parlare con Bulma: assolutamente inutile.
 
‘E’ tutta colpa tua!’, la donna ripose il termometro, ‘perché non l’hai sgridato, oggi, quando hai visto che stava prendendo freddo? Perché non l’hai fatto rientrare?’
Vegeta stava per aprir bocca, ma…
‘Devo fare tutto io in questa casa!’, paradossalmente proprio in quel momento le servirono il caffè preparato dalla madre, ‘se non fosse per me quel bambino sarebbe un selvaggio!’
Trunks tossì, forte.
‘Ha quattro anni!’, sbottò il saiyan, ‘dovrebbe essere piuttosto autonomo!’
‘IDIOTA!’,  Bulma poggiò la tazzina sul tavolo, ‘per la sua età sa fare già troppo!’
Il bimbo rideva.  Strano, si potrebbe pensare, a nessuno piace vedere i genitori litigare. Ecco, a Trunks piaceva. Quando litigavano, anzi, riusciva a sentire che si volevano bene. Se litigavano, tutto andava a gonfie vele.
‘Domani verrà il dottore!’, la minaccia arrivò come un fulmine a ciel sereno. Il piccolo spalancò gli occhi.
‘No, mamma!’, esclamò, ‘il dottore no!’
‘Il dottore si!’, confermò lei, lasciando la stanza.
‘Papà!’, Trunks gli si avvicinò, tossendo, ‘papà, non lo voglio il dottore!’, gli tormentava un braccio.
Tra l’altro, ogni due parole starnutiva.
Spazientito, Vegeta afferrò un pezzo di carta col quale avvolse il nasino del piccolo che, non capendo, spalancò gli occhi.
‘Soffia, maledizione!’
Il bimbo obbedì e vide il padre gettare quella specie di fazzoletto sul tavolo, dove l’aveva preso.
‘Papà, io non voglio il dottore!’, ripeté.
‘Ti arrangi!’, fu l’aspra risposta, ‘io non voglio saperne niente!’
‘Ti prego, papà!’, Trunks era giunto a compromessi con se stesso, perché mai implorava gli altri, ‘ti giuro che faccio sempre il bravo se dici a mamma di non far venire il dottore!’
Il saiyan lo squadrò da capo a piedi. Quel moccioso. Tanto piccolo e già così subdolo.
‘Non fare promesse che non puoi mantenere’, gli disse, ‘e smettila di scocciarmi’
Bulma rientrò, guardandosi intorno. ‘Ma dove diavolo…’
Sembrava furiosa. ‘Mamma!’, urlò, ‘hai visto il foglio del contratto?’
Bisogna sapere che, anche a trent’anni e passa, anche se già si hanno dei figli, bisogna affidarsi alla propria madre per ritrovare ciò che si è perduto.
La sig.ra Brief fece capolino, ‘dovrebbe essere sul tavolo’
Bulma guardò e…niente, non c’era. Solo quando, per scrupolo, afferrò un pezzo di carta stropicciato e che poi scoprì anche sporco di muco, urlò come un’ossessa.
‘TRUNKS!’, lo guardò come se fosse stato un mostro, ‘cos’hai fatto?!’
Il bimbo alzò le spalle, ‘scusa mamma, io non lo sapevo che cos’era, papà mi ha fatto soffiare il naso con quello’
Ora, Trunks aveva ancora quattro anni e fino ad allora era stato sempre un bravo bambino, più o meno, vivace ma non bugiardo; Bulma credeva sempre a suo figlio e, tra l’altro, tutti sanno che i bimbi dovrebbero essere la voce dell’innocenza; inoltre, non doveva mai rinunciare a prendersela con Vegeta.
Quella sera ci fu una scenata epica e Trunks, tossendo e ridendo, ricevette dal padre molte minacce.
 
‘Mamma, sto bene!’, uno starnuto, ‘non serve che viene quello!’, altro starnuto.
Bulma era irremovibile. ‘Zitto, Trunks. Pensa solo a fare il bravo, il dottore ormai dovrebbe…’
‘Buongiorno, cara!’
Una donna in camice bianco stava entrando e, dopo aver salutato Bulma, spiegò di aver dovuto sostituire l’occupatissimo pediatra. Trunks sperò che a questo punto la madre mandasse tutto all’aria, ma ovviamente si illudeva. L’unica cosa che gli rimaneva da fare era posizionarsi in salotto, perché li era il padre e il padre odiava gli estranei: forse, vedendo la dottoressa, l’avrebbe cacciata fuori.
‘Apri la boccuccia, caro!’
Il piccolo scosse la testa, deciso.
‘Avanti, tesoro, non essere timido!’
‘NO!’, disse lui, badando a tener i denti ben stretti, ‘ho detto no!’, continuò, braccia incrociate, sbattendo il piedino sul pavimento.
La dottoressa sorrise. ‘Se mi permette, signora, se posso avvicinarmi…’
Bulma accordò qualsiasi cosa. La donna si avvicinò ancor di più al piccolo. Trunks le sputò sul viso. Vegeta non era ben visibile, ma azzardò un sorriso soddisfatto. Bulma si scusò, mortificata.
 
‘No, mamma, lo sciroppo no!’, correva per la stanza, spaventatissimo.
La povera donna, non avendo potuto controllare la situazione in alcuna maniera, si era limitata a somministrare uno sciroppo per il mal di gola. Inutile dire che Trunks non aveva gradito.
Vegeta osservava la scenetta. In silenzio. Bulma diceva che certe cose non erano da uomini, che bisognava lasciar spazio alle madri perché più sensibili, che non era giusto minacciare il piccolo solo perché suo padre era tanto forte. La cosa andò avanti per una buona ora, poi la corsa di Trunks fu interrotta da un poderoso braccio che gli impedì di proseguire.
‘Ora ti siedi e apri quella dannatissima bocca. Non ho intenzione di ripeterlo’
Inutile dire che Bulma riuscì finalmente a curare la tosse del piccolo.

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Capitolo 55
*** Ci vuole pazienza ***


Vegeta era sempre stato abituato a travolgere ciò che lo ostacolava. In tutti i sensi. Persone e cose.
La prima volte in cui, entrando in casa, si era ritrovato davanti una pista per piccole automobili costruita dal figlio, l’aveva distrutta.
La sera stessa, Bulma l’aveva minacciato, dicendo che se fosse capitato ancora lui non avrebbe più usufruito di vitto e alloggio.
“Non mi pare normale che ci debba essere un percorso a ostacoli”, aveva obiettato, “chiudilo nella sua stanza e fallo stare lì”.
Bulma aveva incrociato le braccia. “Chiuderlo nella sua stanza? Tu non capisci niente di educazione, Vegeta. Io non frenerò la vena artistica di mio figlio solo perché vostra signoria si stanca di evitare una macchinina o due”
…e non erano una macchinina o due. Era una muraglia di giocattoli tanto alta e fitta da impedire il passaggio anche a lui, che sapeva volare. Ma niente. Non bisognava frenare la dote artistica. Pazienza.
 
“Trunks!”
Il piccolo corse dal padre, senza tuttavia poterglisi avvicinare troppo, causa peluche gettati sul pavimento che li separavano di qualche metro.
“Ciao papà!”
L’ingenuo saluto non placò Vegeta.
“Come pensi che io possa passare? Togli subito questa roba”
In realtà Vegeta non doveva andare proprio da nessuna parte, ma era diventata una questione di principio: già lui e Bulma erano parecchio disordinati, bisognava che Trunks non seguisse il cattivo esempio. Poi, a dirla tutta, Vegeta godeva particolarmente nel rimproverare altri per difetti che appartenevano a lui.
“Ma la CAMELIELA NO c’è”
“Hai due braccia anche tu, o no? Muoviti! Voglio tutto in ordine in dieci minuti!”
Trunks incrociò le braccia, imitando una posa a lui nota.
“Ma io NO lo so dove si mettono!”
L’espressione di Vegeta si fece più aspra.
“Li ingoierai, se non obbedisci!”
Trunks vide il padre volgergli le spalle e iniziò a raccogliere macchinine e piccole astronavi, sbuffando. L’unica cosa che lasciò per terra fu un pennarello perché, pensò, quello non avrebbe certo dato fastidio. Tra l’altro, gli serviva.
 
 
Vegeta sedeva sul bracciolo del divano. Ecco, essere duri serviva, eccome. Era tutto in perfetto ordine. Altro che Bulma e le sue idee stupide. I bambini andavano minacciati e basta.
Bulma entrò sconcertata: non vedeva il soggiorno in quelle condizioni da secoli.
“Tesoro!”, esclamò, continuando a guardarsi intorno stupefatta, “hai pulito tu?”
Il saiyan assunse un’espressione infastidita: “è stato Trunks”.
Bulma aggrottò le sopracciglia. “Spero tu non abbia…”
“…non ho ostacolato la sua vena artistica”, precisò, alzando la voce. Quella questione era assurda.
“Bene”, sorrise lei, “questo è l’importante. Quasi non ricordavo più il colore del pavimento…”.
Stava per avvicinarsi al compagno ma qualcosa richiamò la sua attenzione: è vero, i giochi avevano coperto il pavimento per secoli, ma era sicura che quelle strisce blu non ci fossero mai state.
“Ma guarda lì!”, esclamò, “guarda cos’ha fatto!”
Vegeta, quegli scarabocchi, li aveva già visti.
“Ci vuole pazienza”, la scimmiottò, mentre lei gli si avvicinava, “non vorrai reprimere…”
“Shh!” Bulma lo baciò, dolce, spingendolo per farlo cadere steso sul divano.
“CAZZO!”
Bulma spalancò gli occhi. Vegeta si alzò di scatto, massaggiandosi la schiena. Alzò il telo che copriva il divano, scoprendo i giocattoli di Trunks.
Bulma rise. Vegeta no, affatto. Anzi, si diresse minaccioso verso la porta, seguito a ruota da lei, che gli ricordava, sghignazzando, l’importanza di essere pazienti con i bambini.   

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Capitolo 56
*** Paura del buio? ***


Buio, improvviso. Delle urla. Il pianto di Trunks.
Vegeta sfondò con un calcio la porta della Gravity Room, correndo verso la sala da pranzo, dalla quale proveniva il trambusto; entrò con impeto, riuscendo a scorgere a malapena la sig.ra Brief che aveva preso in braccio il nipotino, in lacrime. Si guardò attorno, nervoso, cercando di identificare una sagoma. Niente.
“Cos’è successo? Dov’è Bulma?!”
La luce, improvvisamente, riapparve…e la scienziata con lei.
“è vergognoso che un temporale faccia certi danni in casa nostra”, esordì, prima di essere afferrata per un polso da Vegeta. “Stai bene?”
Lui stesso sbarrò gli occhi, un secondo dopo. L’aveva detto. Oh, no. Anni di reputazione andati all’inferno. Davanti alla sciocca signora bionda, tra l'altro.
Bulma scoppiò in una fragorosa risata. “No, Vegeta, mi ha mangiato il tuono!”, si sedette, liberandosi dalla presa. “Nello spazio forse non succedevano, queste cose – siete fortunati - , ma sulla terra accade spesso che un temporale faccia saltare l’elettricità”.
Il saiyan si guardò intorno, confuso e, soprattutto, in cerca di scuse, “ma urlavate come pazze!”.
“Oh, caro”, la sig.ra Brief si avvicinò, lasciando andare il piccolo Trunks, “forse hai sentito me…mi ero un po’ spaventata!”, squittì ridendo,  “ma ti ringrazio per essere accorso”, gli accarezzò il braccio, “sei stato veramente dolcissimo!”
Bulma rise sotto i baffi, vedendo il compagno sgranare gli occhi e ritrarsi, sdegnato. “Siete delle sciocche oche!”, sbraitò, poi notò Trunks che lo guardava, gli occhi ancora lucidi.
“E tu”, gli puntò un dito contro, “perché diavolo piangevi?”
“PECCHE’ era buio!”, sussurrò l’altro, convinto che fossa una buona giustificazione.
“E allora? Credi che io pianga, quando è buio?”
Bulma balzò in piedi. Non sia mai si rimproverava Trunks. “Ha solo tre anni!”.
“Questo moccioso è sciocco come una donna!”, la vena misogina ogni tanto tornava a galla, “passa troppo tempo con te!”
“Ah, sì?”, gli si parò davanti, le mani sui fianchi, “ricordati più spesso di avere un figlio, allora! Lo degni di uno sguardo solo quando vuoi scaricare la colpa su di lui!”
Vegeta incrociò le braccia, guardandola negli occhi, nervoso. Avevano assunto entrambi la posa da battaglia. “Non ho nessuna colpa da rifilare”.
“Se fossi una persona normale sarebbe così, ma dato che per te provare preoccupazione nei nostri confronti è la cosa peggiore che riesci a immaginare…”
“Io non mi preoccupo di nessuno!”, urlò con tutta la voce che aveva in corpo. Trunks si rifugiò dietro le gambe della nonna. “Sono venuto qui perché speravo di trovare qualcuno con cui combattere, e non mi fa affatto piacere che tu stia bene”, sibilò, “anche perché se non sai neanche tenere sotto controllo l’elettricità in casa tua…mi chiedo che razza di scienziata tu sia”, sorrise beffardo, girando i tacchi e avviandosi verso la porta.
“La migliore in circolazione!”, strinse i pugni, guardandolo uscire. Si voltò un istante verso la madre, poi spalancò gli occhi, come sorpresa da un pensiero improvviso.
“Ma…”, parlava più a se stessa che alla sig.ra Brief, “se non c’era elettricità…come ha aperto la porta?”.
Una furia. Sparì in un batter d’occhio, Trunks sentiva i passi pesanti della madre e, ovviamente, la sua voce. “Vegeta! Se hai rotto la porta io ti rompo le ossa!”.
Il piccolo guardò la nonna; “ma si sono PISTICCIATI PECCHE’ io avevo paura?”
“No, no”, la nonna tornò a prenderlo in braccio e gli diede un bacio sulle guanciotte, "loro si divertono così".
 
 
Erano seduti a tavola, i coniugi Brief, Bulma, Vegeta…
“E mangia più piano!”, la donna tirò al guerriero uno schiaffetto sul braccio, che non fu sentito dall’altro. Non soddisfatta, Bulma guardò il posto vuoto di Trunks.
“Tesoro!”, chiamò ad alta voce, “Tesoro, vieni!”, nessuna risposta. Mise il broncio e rivolse un’occhiata nervosa a Vegeta. “è perché l’hai sgridato”.
Il saiyan avrebbe potuto ribattere che l’aveva sgridato da più di 24 ore, e nel frattempo il bimbo si era fatto vedere e soprattutto sentire, anche troppo, senza contare che alle sgridate era sicuramente abituato, ma…a che pro discutere con Bulma, quando si trattava di Trunks? E soprattutto, perché distogliere l’attenzione dal piatto di pasta? Alzò lo sguardo solo per un attimo e giurò di aver visto un movimento nei pressi della porta ma non ebbe il tempo di pensare: un forte rumore e la luce si spense. Ancora.
“La migliore scienziata in circolazione” brontolò, triste di non poter mostrare a  Bulma la posa di scherno delle sue labbra, ricevendo una sonora manata sulla fronte.
“Oh, scusa, tesoro”, la voce era languida, “non ci vedo, altrimenti ti avrei colpito dritto in faccia”.
Usò il cellulare per farsi luce e uscire dalla stanza. Lui, intanto, era sicuro di sentire una presenza in più, in quella stanza…ma le finestre scarseggiavano e la Luna quella notte non brillava in cielo. Neanche lui riusciva a vedere.
Bulma rientrò, ancora il cellulare in mano, che non illuminava chissà quanto. “Non è l’elettricità, credo dipenda dalla lampadina”, annunciò accendendo la luce del corridoio, “ma non sono riuscita a trovare…Trunks?”
Tutti si voltarono verso il piccolo che, in piedi nel punto più buio della sala, ostentava un’espressione fiera e austera.
“Amore mio!”, la mamma si gettò ai suoi piedi, “hai avuto paura?”.
“Macché!”, fece lui, sprezzante, “PECCHE’, papà ha paura?”.
Vegeta rimase sbigottito, ma non per la risposta. Trunks nascondeva qualcosa. Gli si avvicinò. “Fammi vedere le mani”.
Trunks lo guardò con sospetto. “NO posso”.
“Fammi vedere le mani!”, gridò, deciso. Il piccolo non poté opporsi. In mano aveva una pistola. Un gioco, s'intende. Ma munita di qualcosa che fungeva da proiettile.
Il bimbo guardò il padre, poi la madre e, prima che potessero dirgli qualcosa, “NO cattivo io”, esordì, “volevo FA vedere che NO paura io!”.
“Mi stai dicendo che l’hai rotta tu…con questa cosa?!”, Bulma appariva nervosa; si rialzò e guardò Vegeta. “Visto che ti piace tanto, questo è il momento giusto per sgridarlo”.
Vegeta guardò Trunks, poi il lampadario che aveva ospitato la lampadina martire, poi la porta d’ingresso, poi di nuovo il lampadario. “Che mira eccezionale”, sussurrò, serio.
Bulma, sgomenta, lo vide sedersi e invitare il figlio a imitarlo.
“Finalmente ti comporti bene”, gli disse, quando gli fu accanto, “era ora”.
La scienziata scosse la testa, e tornò a spegnere la luce nel corridoio. Avrebbero cenato a lume di candela.

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