Let's blame it on September

di Francy_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Prima di partire per un lungo viaggio...* ***
Capitolo 2: *** 1. *Aria nuova, vita nuova... Gaia nuova?* ***
Capitolo 3: *** 2. *Perchè piangere significa anche sentirsi soli!* ***
Capitolo 4: *** 3. *Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare* ***
Capitolo 5: *** 4. *Per caso qualcuno qua è geloso?* ***
Capitolo 6: *** 5. *Posso baciarti?* ***
Capitolo 7: *** 6. *Tu sei come il fuoco. Emani calore, ma ho paura di bruciarmi...* ***
Capitolo 8: *** 7. *E una vecchia ferita si riapre* ***
Capitolo 9: *** 8. *Se fosse successo prima...* ***
Capitolo 10: *** 9. *Vivimi senza pensare alle voci intorno a noi* ***
Capitolo 11: *** 10. *Io e te, per sempre* ***
Capitolo 12: *** 11. *Una giornata quasi da dimenticare* ***
Capitolo 13: *** 12. *Fammi sentire viva come non lo sono mai stata* ***
Capitolo 14: *** 13. *L'ultima notte, e poi?* ***
Capitolo 15: *** 14. *Mi attiri come una calamita; vorrei allontanarmi ma non posso* ***
Capitolo 16: *** 15. *Nuova routine di coppia* ***
Capitolo 17: *** 16. *Insieme contro tutti...?* ***
Capitolo 18: *** 17. *Se una persona non ti vuole stare accanto, devi solo andare avanti senza di lei, no?* ***
Capitolo 19: *** 18. *Voglio stare con te, ma...* ***
Capitolo 20: *** 19. *Max vs Andrea* ***
Capitolo 21: *** 20. *Perchè non posso essere felice?* ***
Capitolo 22: *** 21. *Destino* ***
Capitolo 23: *** *Casa* ***



Capitolo 1
*** *Prima di partire per un lungo viaggio...* ***


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Eh buonasera!!! xD Eccomi con un'altra storia. E' un pò diversa dalle altre, perchè i protagonisti sono degli adolescenti e vanno ancora a scuola, ma spero che vi piaccia *_*
Non mi dilungo troppo, perchè non so nemmeno che scrivere, quindi vi lascio alla lettura.
Un'ultima cosa: pubblicherò, come sempre, una volta a settimana: il martedì ;) quindi, a martedì prossimo :D


Let's blame it on September

-Prologo-
"Prima di partire per un lungo viaggio"

 
Molte volte le occasioni vengono paragonate ai treni.
Si dice che il treno – come le occasioni importanti – passa una volta sola.
Io, la mia occasione importante, l’ho colta, in versione Alitalia con destinazione Londra.
Ora, non è che tutti i giorni capiti un’opportunità del genere, ma devo ringraziare la cara Unione Europea per tale opportunità, appunto.
Tutto è cominciato due mesi fa, dopo la chiusura dell’anno scolastico.
Il preside della mia scuola ha reso pubblico il bando per questo fantastico progetto che prevede un soggiorno di tre settimane in Inghilterra per conseguire una delle diverse certificazioni di lingua inglese.
Io, appassionata della lingua, della cultura inglese e quant’altro, ho preso subito in considerazione l’idea di partecipare.
Frequentando il liceo linguistico sono automaticamente dentro; quindi, conclusione: passerò tre settimane in Inghilterra, con tanto di compleanno incluso.
Non esiste persona più felice al momento.
Nonostante tutto, due sono le cose negative in tutto questo.
Numero uno: sarò la sola della mia classe a voler partecipare. Le altre della mia classe temono di avere, al ritorno, delle difficoltà con il programma da svolgere, poiché la permanenza in Inghilterra coincide con l’inizio del nuovo anno, che per me sarà il quinto e ultimo. Molte delle mie compagne mi consigliano di non partire, ma non rinuncerò, anche se perderò due settimane di scuola.
Altra cosa negativa è che partirà anche il pallone gonfiato più gonfiato e più stronzo dell’universo: Andrea Ferrari.
Io sono Gaia, la sua vittima numero uno!



Gaia
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Andrea
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Capitolo 2
*** 1. *Aria nuova, vita nuova... Gaia nuova?* ***


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Salve gente!! Avrei dovuto pubblicare questo capitolo giorno nove, martedì prossimo, ma oggi è San Francesco e faccio un regalo a chi segue la mia storia e si chiama così! xD Quindi, chi di voi ha questo nome... AUGURI!!! :D :D
Adesso, vi lascio alla lettura, sperando che il mio capitolo vi piaccia e che continuerete a seguire la mia storia. Intanto, ci vediamo martedì, con il secondo capitolo :D
:* :*


Let's blame it on September

-Capitolo 1-
*Aria nuova, vita nuova... Gaia nuova?*

 
«Tesoro stai attenta, ok?»
«Si certo, mamma» dico sorridendole.
Non dice altro da almeno una settimana e adesso la serie di raccomandazioni sta per finire davanti alla mia valigia e al borsone, mentre tutti gli altri cominciano ad occupare i loro posti sul pullman.
«Bianchi, andiamo!» vengo chiamata dalla professoressa e mi volto ad annuire.
«Chiamo appena arrivo» dico a mia madre abbracciandola.
Mi mancherà tanto, ma ce la farò anche senza di lei. Devo farcela senza di lei!
«Ciao mamma» dico prima di salire in autobus: l’autista ha già sistemato il mio bagaglio al suo posto.
«Ti voglio bene» mi dice e le sorrido.
Da quando mio padre ci ha lasciate, lei è rimasta l’unica su cui io possa veramente contare. E io sono lo stesso per lei. 
Per questo motivo non avrei dovuto lasciarla da sola.
Spero che stia bene senza di me, come lo spero per me.
I posti sull’autobus sono quasi tutti occupati.
«Ehi Bianchina! Perché non ti siedi qui?!» esclama il re degli idioti.
Lo ignoro e prendo posto dietro la mia insegnante.
«Sempre secchiona, eh?!» grida dal retro dell’autobus.
Lo ignoro ancora, mentre prendo le cuffie del cellulare. La mia compagna di viaggio sta parlando con un’altra ragazza, quindi, non le dispiacerà se mi isolo ascoltando un po’ di musica. Mi appoggio al finestrino e premo  “play”.
Sento subito le note della mia canzone preferita: Hall of fame dei The Script
Le sensazioni che mi fa provare questa canzone sono indescrivibili. Metto l’opzione “ripeti” e l’ascolto senza sosta.
Immagino me stessa a Londra: indipendente, libera, sicura di me; capace di vivere in un città come quella.
Mi piace immaginarmi così, ma magari sceglierò un’altra città inglese e non proprio quella.
«Bianchina!! Tutta sola soletta?!» esclama quell’idiota di Andrea strappandomi l’auricolare dall’orecchio.
«Mi lasci in pace?!» chiedo esasperata.
«Ma come siamo simpatiche» risponde lui ironico.
«Tu lasciami in pace e io sarò simpatica con te» rispondo a mia volta rimettendomi l’auricolare.
Lo guardo storto e, dopo qualche secondo, ritorna al suo posto.
“Hall of fame” continua ancora e noi, nel frattempo, siamo quasi arrivati in aeroporto.
«Ragazzi» annuncia la professoressa alzandosi dal suo posto per essere visibile a tutti «Quando scendiamo dovrete aspettare tutti davanti all’entrata dell’aeroporto, intesi? Non dovete allontanarvi» dice calcando il verbo “dovere”.
Dopo vari “si” e imprecazioni di ogni genere, scendiamo tutti dal pullman.
Quando ho deciso di partire speravo di fare nuove amicizie, ma non so se questo avverrà. L’unica cosa che otterrò da questo viaggio sarà ancora più odio da parte di Andrea. Ma a questo c’è rimedio: lui mi odia, io odio lui e siamo pari!
 
Per la serie “la sfiga non arriva mai da sola” dovrò sorbirmi un’ora e trenta di viaggio in aereo con Mister Simpatia. Ho fatto il check-in dopo di lui e, ovviamente, il mio posto è vicino al suo.
Che stupida a non averci pensato prima. Inoltre la cosa più bella è che saremo io, lui e la professoressa; quindi, quasi sicuramente, non perderà occasione di prendermi in giro, perché sa che io non gli risponderò davanti a lei.
«Nervosa?!» mi chiede lui venendomi incontro. Siamo davanti al gate e aspettiamo l’imbarco.
«Per quale motivo dovrei esserlo?!» chiedo alzando le sopracciglia.
«Passerai un’ora e mezza con me» spiega sorridendo «So che ti piaccio, quindi, ho immaginato tu fossi nervosa»
Lo guardo con la bocca spalancata. Non posso credere che lo abbia detto sul serio.
«Quindi è vero» chiede ancora sedendosi accanto a me.
«Assolutamente no. Come può piacermi un idiota come te?!»
«Perché sono bellissimo ed irresistibile?»
Trattengo a stento le risate. Credo sia meglio non ridergli in faccia.
«Bellissimo ed irresistibile. Certo, come no!» lo prendo in giro alzandomi per raggiungere delle panchine più lontane.
Non ho mai pensato ad Andrea come ad un ragazzo bellissimo ed irresistibile, ma senza dubbio lo è. Bellissimo almeno…
Irresistibile… beh, se fossi una delle ragazze che lui frequenta, magari lo troverei irresistibile; per fortuna il mio cervello funziona benissimo, quindi, non mi lascio abbindolare da lui, che sa soltanto farmi saltare i nervi!!
Da quando l’aereo è arrivato e noi abbiamo cominciato ad entrare, Andrea non ha smesso di importunarmi. Forse vuole vendicarsi per quella cosa che gli ho detto poco fa. Sono sicura che scenderò da questo aereo con i nervi a pezzi.
«Mi dai fastidio» dico spingendolo con una spalla, ma ovviamente non lo sposto di molto.
«Te l’ho detto che non mi ricordo mai come ti chiami?! Ormai Bianchina non me lo tolgo più di mente»
Non rispondo. Guardo l’hostess che controlla i documenti dei miei compagni prima che prendano posto.
«Aspetta… ti chiami Greta. No, non è Greta. Chiara?!»
Lo guardo storto e lui fa segno di no con la testa «Non è nemmeno questo» dice sorridendo. «E’ Ghiaia. Ecco!! Mi sono ricordato il tuo nome»
«Fottiti» mormoro e porgo il mio documento all’hostess, insieme al biglietto. Lo sento ridere, mentre entro in aereo; cerco di respirare profondamente e mantenere la calma.
Ora lo avrò vicino per i prossimi novanta minuti e dovrò sopportarlo perché sicuramente non chiuderà bocca un attimo.
Prendo posto e, velocemente, prima che lui arrivi, metto le cuffie e guardo fuori.
Non vedo l’ora di arrivare. So che dovrò comunque sopportarlo per le prossime tre settimane ma, in confronto ai quattro anni di liceo trascorsi, non saranno niente.
In questi quattro anni non ha perso occasione per prendermi in giro. Lo ha fatto continuamente. 
Diciamo che Andrea è stato il mio incubo delle superiori.
Spero di non dover frequentare anche l’università con lui, ma per fortuna, con il corso che ho in mente di fare io, lui non c’entra proprio niente.
Lui farà sicuramente Architettura, poiché i genitori sono già nel settore.
Meglio!!
«Mi piace di più Bianchina, lo sai?» dice lui sedendosi vicino a me.
Mi volto di nuovo e lo ignoro.
«Non potrai ignorarmi a lungo, Bianchina» dice ancora.
«Piantala, idiota!! Lasciami in pace. Non ho chiesto io di sedermi accanto a te, quindi lasciami in pace» dico trattenendomi dall’urlare.
«Adesso basta!!» ci rimprovera la Vietti, insegnante di inglese. «Fate silenzio e smettetela di litigare, almeno per il tempo che trascorreremo in aereo» dice sospirando e sedendosi.
Fulmino con lo sguardo colui che mi ha fatto rimproverare dalla professoressa e mi immergo nuovamente nella mia playlist; interrompo l’ascolto quando sento la voce metallica dell’hostess annunciare l’imminente decollo dell’aereo e l’obbligo per tutti i passeggerei di allacciarsi le cinture.
Mentre allaccio la mia, distrattamente, mi guardo intorno e vedo tutti i miei compagni di viaggio parlare tra di loro. Io, invece, decido di leggere un po’.
«Sei una sfigata» mormora qualcuno al mio orecchio ma, purtroppo per me, so chi è questo qualcuno.
«Lasciami in pace» rispondo io sottovoce cercando di non farmi sentire dalla professoressa.
«Perché sei venuta?! Tanto rimarrai da sola tutto il tempo»
«Sparisci» mormoro di nuovo voltandomi verso il finestrino.
Molte volte ho pensato di rimanere a casa e rinunciare a quest’opportunità; so che Andrea ha ragione, ma non voglio dargli questa soddisfazione; e poi, prima di tutto, devo soddisfare me stessa. Chi cavolo è lui per condizionarmi così?!
Se penso a quanto lo odio… DIO!!
Non vedo l’ora di scendere dall’aereo e arrivare a casa della famiglia dove abiterò nelle prossime settimane
Voglio dormire perché, oltre alla stanchezza fisica, Andrea è capace di prosciugarmi l’energia mentale con una sola parola.
È troppo spossante.
Per tutto il viaggio non ha fatto altro che stuzzicarmi. Mi ha preso in giro mentre cercavo di leggere; mi ha anche preso il libro dalle mani e cominciato a passarlo ai suoi amici, mentre io cercavo di riprendermelo, scatenando l’ira della mia professoressa e degli altri passeggeri.
«ANDREA!!» urlo zittendo tutti all’interno dell’aereo.
Soddisfatta del risultato ottenuto dal mio tono di voce, mi ricompongo riprendendo il libro dalle mani di uno dei suoi amici: Luigi, mi pare si chiami.
«Piantala di prendermi in giro»
«Questo viaggio non sarebbe divertente altrimenti»
Veniamo rimproverati di nuovo dalla professoressa e, da quel momento in poi, non parliamo più.
Ho capito dal suo ghigno che, per le prossime tre settimane, continuerò ad essere la sua vittima. Sono veramente stanca di tutto questo, ma cosa posso fare?!
Se gli rispondo per le rime, lui mi prende in giro; se non gli rispondo, lui lo fa ugualmente… che mi resta da fare?!
Vorrei tanto picchiarlo, ma non sono mai stata una persona violenta; al contrario, sono sempre stata tranquilla, pacata, la classica ragazza che pensa dieci volte prima di agire. Ma lui, Andrea Ferrari, è capace di tirare fuori il mio lato oscuro; quello che vorrebbe ucciderlo.
Poi mi rendo conto che non ne vale la pena, così faccio un bel respiro profondo  e mi calmo, cercando di non pensare a tutte le cose brutte che mi dice.
So che ricorda perfettamente il mio nome, ma vuole esasperarmi, quindi continuerà a chiamarmi “Ghiaia”. Lo odio con tutta me stessa.
Si dice che non è bene odiare una persona; soprattutto quando non la si conosce, ma come faccio a non odiare Andrea anche non conoscendolo?!
È la classica persona che ti squadra al primo sguardo. Non hai possibilità.
È il tipo di persona che non ti da la possibilità di farti conoscere ma che si basa soltanto sull’aspetto esteriore, che ti considera una sfigata se non hai più di due amici.
I miei pensieri vengono interrotti dalla voce dell’hostess che annuncia ai passeggeri che l’aereo si sta preparando per l’atterraggio.
«Finalmente» mormoro allacciando la cintura.
«Stanca di stare con me, dolce Ghiaia?!»
«Non ti stanchi mai di essere così stronzo?!» sbotto io guardandolo storto.
Andrea scoppia a ridere e ritorna a guardare il suo I-phone.
Penso proprio che lo faccia apposta. Prima mi stuzzica, io gli rispondo e poi mi lascia senza una risposta; a bocca aperta, come mi lasciano certe sue battute del cavolo.
Forse sono troppo ingenua per rispondere alle sue provocazioni. Probabilmente la mia amica mi direbbe come comportarmi, ma posso sempre contare su di lei?!
Per fortuna non impieghiamo molto a scendere dall’aereo e a prendere le nostre valigie.
Sono in Inghilterra; sono a Londra e ci passerò tre settimane.
Dopo aver recuperato il mio bagaglio mi allontano e attendo che gli altri escano.
«Ciao» mi volto e una ragazza minuta, con i capelli biondi e gli occhi verdi – la classica bellissima ragazza – mi sorride.
«Ciao» rispondo sorridendo a mia volta.
«Tu sei Gaia, vero?!»
Wow, qualcuno che pronuncia il mio nome correttamente.
Sorrido e annuisco «Si, sono io»
«Tu sei l’unica che frequenta il linguistico nella nostra scuola»
«Si, è vero. Le mie compagne non sono volute partire perché avevano paura di avere difficoltà tornando a scuola già iniziata» spiego.
«Ma così sarai tu ad avere dei problemi»
«Pazienza. Me la caverò» rispondo con un’alzata di spalla.
«Io sono Alessia, comunque» dice prendendo la mia mano.
«Piacere» rispondo stringendo la sua.
«Perché perdi tempo con lei, Alessia?!»
«Perché non ti fai gli affari tuoi, eh Andrea?!»
«Sprechi il tuo tempo parlandole»
«Anche tu lo stai sprecando parlando adesso, quindi sparisci»
Ghignando, Andrea se ne va.
«Devi scusarlo, ma non è mai stato gentile con le ragazze, soprattutto quelle… si insomma, quelle…» è in imbarazzo, ma so cosa vuole dire.
«Quelle sfigate come me»
«Eh» dice lei annuendo.
Sorrido amaramente e abbasso la testa.
«Scusa Gaia, ma tutti lo pensano»
«Non preoccuparti, sul serio» rispondo io cercando di rassicurarla.
«Dovresti far cambiare l’opinione che hanno di te»
«Non m’ importa…Dopo il liceo non li rivedrò più, quindi a che serve?!»
«Sei molto coraggiosa Gaia, lo sai?»
«Dici?! Io ho sempre l’impressione di evitare i problemi e  nascondermi… che ne so, nello studio, nella lettura o nella musica»
«No. Affronti a testa alta ogni giornata. Non ti preoccupi di quello che dicono gli altri di te e, nonostante tu qui non conosca nessuno, sei venuta ugualmente»
«Non è per la compagnia che sono venuta. Spero, ovviamente, di farmi degli amici, ma sono qui soprattutto per la lingua e per le lezioni»
«Fai bene» dice; veniamo interrotte dall’insegnante che ci comunica che l’autobus è arrivato.
Scambiamo ancora qualche battuta, ma quasi subito veniamo divise per salire sull’autobus.
 
«Bianchi, tu sarai con Marotti» annuncia la professoressa.
Siamo arrivati, dopo un’ora e mezzo di autobus, a scuola. A dire il vero è un college; frequenteremo qui le lezioni per le prossime tre settimane.
«Greco e Scala, voi due insieme» dice ancora riferendosi a due ragazzi.
«Ferrari e Marotti Luigi, voi due siete insieme» annuncia ancora guardandoli male.
«Evvai!» esclama sottovoce Luigi dando una pacca amichevole ad Andrea.
La professoressa li guarda malamente un’altra volta e un altro professore lì vicino schiaffeggia entrambi sulla nuca.
Ridacchio e mi volto a guardare la mia compagna di stanza.
Sembra triste. Oddio, che ha?!
«Ciao» dico avvicinandomi a lei.
«Ciao» risponde sorridendomi appena. Lei si chiama Elena, ed è la cugina di Luigi, il migliore amico di Andrea. Elena è mora, quasi nera, anche se sarebbe una finta nera, e anche lei ha gli occhi verdi. A scuola la conoscono tutti per i suoi occhi stupendi.
«Ragazze, è arrivata la signora che vi ospiterà» dice la Vietti sorridendo a sessantadue denti.
È molto più entusiasta lei di tutti noi.
In silenzio e, salutando Elena che mi sorride, prendo la mia valigia e il borsone.
All’esterno una signora sui quaranta anni con le mani giunte mi sorride.
«Ciao!» esclama in un marcato accento inglese.
«Salve» rispondo un po’ intimidita.
Sono sempre stata discreta in inglese ma, ovviamente, vivere per tre settimane in una famiglia inglese sarà leggermente diverso. Un minimo errore e loro lo noteranno subito.
Impallidisco davanti a questa consapevolezza.
«Sono felice di conoscerti. Sono Michelle» continua.
«Sono felice anch’ io. Mi chiamo Gaia»
Sorride e prova un paio di volte a pronunciare il mio nome. Non se la cava benissimo e un po’ mi fa ridere, ma alla fine ci riesce. Mi congratulo con lei, ci voltiamo perché è appena arrivata anche Elena.
Dopo le presentazioni lei sembra essere più tranquilla.
«Stai bene?» le chiedo una volta in macchina. Avrei voluto farmi gli affari miei, ma passeremo i prossimi ventuno giorni insieme, quindi, meglio creare un minimo di rapporto sin da subito.
«Si» risponde velocemente lei.
«Ok» dico a mia volta sorridendo a malapena. Sono un po’ delusa della sua risposta.
Insomma, sto cercando di fare amicizia e lei mi liquida così.
Ok, non sono “popolare”, però uno sforzo per conoscermi potrebbe farlo anche lei, no?!
«Scusa se non sono così amichevole, ma è la prima volta per me. Se penso che starò tre settimane da sola e lontana da casa, mi viene un po’ d’ansia e, soprattutto, sento la malinconia»
«Ma non sarai sola. Non ci siamo mai presentate prima, e non ci conosciamo, ma ti prometto che starai bene con me»
«Ne sono sicura, ma è sempre difficile i primi giorni»
«Posso capirti» rispondo ricordando la prima volta lontana da casa: ero in Grecia. Posto fantastico, ma tanta nostalgia di casa.
La conversazione con Elena finisce lì, almeno fin quando Michelle comincia a parlare di suo marito e dei suoi tre figli.
Lui si chiama Paul e fa il postino; i bambini sono Finlay di otto anni e ama giocare a calcio; Talia di sei che ama dipingere e Anise di quattro che sta cominciando la sua carriera nel mondo della danza.
Abbiamo parlato un po’ durante il tragitto e per tutto il tempo Elena è rimasta in silenzio.
L’ho guardata un paio di volte e credo di averla anche vista piangere.
«Eccoci qua, ragazze» annuncia Michelle entrando in un vialetto. Esco dall’auto e mi guardo intorno. Non c’è praticamente nessuno per strada e ho l’impressione che sarà sempre così. Deserto, dalle sette di sera in poi, e magari anche prima.
Sento Michelle fare qualche domanda ad Elena, ma lei fa un sorrise forzato e la ringrazia. Non so cosa le abbia chiesto la nostra “mamma inglese”.
All’improvviso Michelle urla qualcosa e, dopo aver messo giù le nostre valigie, esce quello che deve essere suo marito Paul.
«Buonasera Paul» lo saluto subito sorridendo.
«Buonasera» risponde lui porgendomi la mano. «Com’è andato il viaggio?!» chiede mentre prende la mia valigia e la porta in casa. «Abbastanza bene» rispondo cercando di non pensare al fastidioso Mr Bellissimo ed Irresistibile.
«Avete fame?!» chiede Michelle portando dentro l’altra valigia.
«Io vorrei andare a dormire» dice velocemente Elena.
Tutti la guardiamo un po’ straniti, ma Paul, dopo un colpo di tosse, dice che ci farà vedere la loro casa, così lei potrà andare a dormire.
Poco gentile da parte di Elena, devo dire.
La nostra camera è la prima stanza a sinistra partendo dall’ingresso. Di fronte alla porta di ciliegio, credo, chiaro c’è un armadio, accanto un finto camino in ceramica su cui è posato un grande specchio; accanto al comodino una cassettiera e una televisione. Di fronte a tutto il mobilio due letti. Uno ad una piazza e mezza, vicino alla grande vetrata coperta da pesanti tende, e uno ad una piazza.
Accanto la porta della nostra camera, c’è quella che porta al piccolo salone.
Varcando un’altra porta, di fronte a quella d’entrata, si accede alla cucina, all’interno della quale, sulla sinistra, è installata un’altra porta, che conduce alla lavanderia e al piccolo bagno di servizio.
Il pavimento della cucina è ricoperto di finto parquet. Penisola con grande frigorifero; distributore di ghiaccio all’esterno. Proprio come piace a me.
«E’ bellissima» dico sorridendo.
«Grazie cara» risponde Michelle.
Credo di esserle simpatica.
Proprio accanto al bancone della cucina si apre una grande vetrata. Il giardino che intravedo è stupendo. Pieno di giocattoli buttati qua e là, ma stupendo.
Di fronte alla vetrata, c’è il tavolo e il piccolo salone di poco prima. Due divani e una tv a schermo piatto.
Dopo aver finito il tour del piano terra Paul ci fa vedere quello di sopra, al quale si arriva grazie ad una scala di fronte alla porta d’entrata.
La prima porta bianca conduce al bagno con doccia, vasca e sanitari, ovviamente; la seconda camera è quella delle bambine che Paul ci mostrerà il giorno dopo.
La terza è la loro camera da letto e l’ultima, di fronte al bagno, è la camera di Finlay.
«Non vedo l’ora di conoscerli» dico scendendo al piano di sotto.
«Domani mattina li conoscerai sicuramente. Volevano rimanere alzati per conoscervi, ma il sonno ha avuto la meglio» mi informa Michelle mentre entra in cucina.
«Io vado a dormire» dice di nuovo Elena.
«Ok» mormoriamo io e Michelle.
«Resto ancora un po’» aggiungo io.
«Ok» risponde Elena voltandosi senza ringraziare o salutare.
«Tu hai fame, vero Gaia?!» chiede Paul con la testa dentro il frigorifero.
«Certo» rispondo accomodandomi su una delle sedie del bancone.
«Cosa vuoi mangiare?!» chiede «Abbiamo pizza surgelata, pesce surgelato, patatine fritte, lasagne o…»
«Andrà bene la pizza, grazie» rispondo sorridendo.
Paul annuisce e ne tira fuori una scatola.
«Domani mattina vi accompagnerò alla fermata dell’autobus, così poi non avrete problemi»
«Certo, grazie» rispondo. «Vi dispiace se chiamo mia madre? Ci metto un secondo»
«Fai pure. Immagino attenderà tue notizie»
«Si» rispondo sorridendo.
«Vai pure. Ti chiamiamo quando è pronto»
«Grazie» rispondo sorridendo e scendendo dalla sedia.
Velocemente estraggo il cellulare dalla tasca e faccio il numero di casa.
«Gaia?!» chiede mia madre rispondendo praticamente subito. È inutile dire che aspettava con ansia la mia chiamata.
«Ciao mamma»
«Oh tesoro! Com’è andata il viaggio?! Sei arrivata?! Sei a casa?!» Sorrido per la raffica di domande che mi ha appena fatto.
«Si mamma, sono a casa e le persone che mi ospitano sono gentilissime. Hanno tre bambini che conoscerò domani»
«Grande! Sono contenta. Spero che ti troverai bene»
«Si, mi troverò sicuramente bene»
Resto ancora qualche minuto a parlare con mia madre sulle scale. Le racconto del viaggio super stressante, del fatto che ho fatto la mia prima amicizia e che spero duri; le ho raccontato anche della mia compagna di famiglia che non è per niente cordiale e che il suo comportamento è causato dalla mancanza dei suoi familiari.
Mia madre mi manda i saluti della mia migliore amica, ma non accenna ad altro. Speravo che mio padre la chiamasse per chiederle qualcosa di me ma, a quanto pare, la sua nuova famiglia è più importante di sua figlia che va in Inghilterra per la prima volta.
«Gaia, la cena è pronta» annuncia Michelle.
«Mamma devo andare»
«Va bene tesoro. Buona cena e stai sempre attenta»
«Certo. Ciao mamma. Ti voglio bene»
«Te ne voglio anch’ io»
Quando ritorno in cucina, Michelle e Paul sono seduti a tavola davanti a un bella pizza fumante.
Chissà se il sapore è buono come il suo bell’aspetto?!
Gli inglese non sono proprio famosi per la loro cucina. Chi lo sa…
Dopo aver assaggiato il primo pezzettino di pizza e decretato che non è affatto male, a parte il condimento troppo piccante, parliamo del più e del meno, soprattutto del perché ho deciso di fare quest’esperienza.
Mi hanno chiesto del viaggio e, dopo una veloce spiegazione del perché Elena si sia comportata in quel modo, mi dicono loro stessi di andare a dormire perché, a detta loro, si vede lontano un miglio che sono stanca.
«Grazie» dico e loro annuiscono.
Si dice che gli inglesi non siano grandi manifestatori d’affetto; beh, hanno ragione, ma sono sicura che andremo d’accordo. Non lo sono nemmeno io, quindi…
Quando torno in camera, vedo che Elena ha preso il letto ad una piazza.
Strano, credevo di aver detto addio a quello ad una piazza e mezzo.
La sento singhiozzare e vorrei poter fare qualcosa se solo lei me lo permettesse. Mi dico che sarebbe comunque inutile, perché quello che avrei da dirle non servirebbe a nulla, perché è stato così anche per me, quando sono stata all’estero per la prima volta.
Sospiro e mi avvicino alla cassettiera per accendere la lampada; porto la mia valigia davanti al letto e la apro, cercando di fare il meno rumore possibile.
Dopo aver fatto un salto in bagno ed aver indossato il pigiama, punto la sveglia del cellulare e mi metto a letto.
La mia prima sera in Inghilterra non è andata male e mi sono trovata magnificamente.
Chissà se domani Elena starà meglio…


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Eccoci giunti alla fine. Che ne pensate?! Premetto che i primi capitoli non mi piacciono molto, quindi, potete anche dire che fanno schifo! Posso capirlo! Anyway... sperando che continuiate a leggere anche il prossimo, io vi do la buonanotte e vi dico... vi lascio uno spoiler xD
"
Esco dal negozio e, dando un’occhiata in giro, scorgo delle panchine di legno vuote. Mi siedo e tiro fuori le cuffie e il mio libro del momento.
“When everything falls back down” degli Action Item riempie il rumore della vita attorno a me.
Non voglio sentire nulla, tranne le note della canzone.
Continuo a guardarmi intorno e mi rendo conto che qui io potrei viverci benissimo.
Mi piace tutto e forse un giorno succederà.
Senza neanche accorgermene vedo Andrea avvicinarsi e sedersi accanto a me.
Restiamo in silenzio per un po’. Io metto in pausa la canzone e aspetto che sia lui a parlare. Per essersi seduto qui un motivo ci sarà, no?!
“Magari era solo stanco” suggerisce la mia vocina interiore.
Passano dei minuti di totale silenzio, così decido di fare il primo passo.
«Perché sei qui?» chiedo.
«Perché non c’erano più posti liberi nella panchina dei miei amici» risponde lui trattenendo un mezzo sorriso.
«Perché ti comporti così?» chiedo togliendomi gli occhiali da sole per guardarlo meglio. Stranamente oggi la giornata è soleggiata.
«Così come?!» chiede a sua volta.
«Da stronzo» rispondo guardandolo storto.
«Perché tu ti sei vista? O sentita?!»
"

Piaciuto?! xD Ok, non uccidetemi :D Spero vi abbia incuriosito almeno un pò :*
Adesso non mi resta altro da dirvi, tranne... a martedì xD


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Capitolo 3
*** 2. *Perchè piangere significa anche sentirsi soli!* ***


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Buongiorno ragazzi. Scusate il ritardo. Avrei dovuto aggiornare stamattina, ma sono stata impegnata all'AVIS, quindi sono tornata ora e adesso vi beccate il capitolo. Vabbè probabilmente nemmeno vi interessa, però spero che ai pochi piaccia e continueranno a seguirmi. ;)
A martedì prossimo :*
Francy

Let's blame it on September

-Capitolo 2-
*Perchè piangere significa anche sentirsi soli*

La prima notte in una casa diversa e in un letto che non è il mio non è stata così male come credevo fino a ieri.
Avevo paura di avere troppa nostalgia di casa. Ce l’ho, ma non esagero come ha fatto Elena, almeno questa mattina ha sorriso di più.
A colazione ha scambiato un paio di parole con Michelle e poi è tornata in camera per dirmi che saremmo uscite in cinque minuti.
Come ci aveva detto ieri, Michelle ci accompagnerà alla fermata dell’autobus.
Mi ha fatto una specie di mappa con le fermate che ci occorreranno.
«Stai meglio?» chiedo ad Elena allacciandomi le scarpe.
«Un po’, grazie. Oggi vedrò mio cugino, quindi si»
«L’amico di Andrea, vero?!» chiedo guardandola dal basso.
«Si lui» risponde Elena sorridendo.
Sta sorridendo, oddio. Meglio cambiare argomento, prima che si faccia un’idea sbagliata.
Per fortuna Michelle mi salva da quell’impiccio. «Ragazze, siete pronte?!» chiede.
Adoro il suo accento.
Vorrei sentirla parlare sempre.
«Si. Arriviamo» esclamo alzandomi per rifare il letto.
Quando esco dalla stanza, con la mia tracolla e la giacca in mano, sento tre piccole furie scendere alla velocità della luce dal piano di sopra.
«Ragazzi, state attenti» esclama la madre dalla cucina.
«Ciao» li saluto agitando la mano.
«Ciao» mi rispondono in coro; mi fanno una tenerezza impressionante.
Sono tutti e tre biondi e i più grandi, sorridendomi, mostrano le gengive da dove mancano qualche dente. La più piccola è timida e mi guarda da sotto le ciglia.
Stranamente anche Elena esce dalla stanza e li saluta.
Sembra più a suo agio. Sorrido e mi abbasso all’altezza della piccolina, Anise.
«Ciao. Io mi chiamo Gaia» dico porgendole la mano.
Lei prova a ripetere il mio nome in un inglese stentato, ma alla fine ci riesce, così come Finlay e Talia. Tutti e tre, poi, su ordine della madre, mi baciano sulle guance. Lo stesso fanno con Elena, e scappano in cucina per mangiare la colazione che la madre aveva preparato per loro.
Dopo essersi assicurata che i bambini avessero finito la colazione, Michelle li prepara per uscire e, dopo averli sistemati ai loro posti in macchina con le cinture allacciate, fa cenno ad Elena e a me di salire. E’ arrivato il momento di partire
«Allora, ragazze» dice Michelle dopo aver percorso una salita di parecchi metri «Questa è la fermata dove dovrete sempre prendere l’autobus una volta uscite da casa. Da questo lato prendete l’autobus; dall’altro scendete. Scenderete alla fermata davanti alla pizzeria con l’insegna rossa. Quella è Wimborne Road, ma per qualsiasi dubbio potete chiedere all’autista di farvi scendere a Malvern Road e lui vi porterà qui. Non preoccupatevi. Gli autobus che dovete prendere per andare a scuola sono il 4a, il 4b e il 4c. Noi abitiamo in Priory View Road, ricordatelo. Se ricorderete questi indirizzi non vi perderete. Sono sicura che, con il passare dei giorni, ricorderete anche le altre strade ma, in ogni caso, Gaia hai la mappa che ti ho fatto e non dovreste avere problemi con quella»
«Grazie mille, Michelle» dico sganciando la cintura e aprendo lo sportello dell’auto.
Quant’è strano stare dalla parte del guidatore, e non guidare!
«Figurati. Buona giornata» esclama quando anche Elena scende dall’auto.
Saluto i bambini che ricambiano e mi avvicino ad Elena che, nel frattempo si è seduta sulla panchina in attesa del bus.
«A che ora passa?» chiedo.
Elena guarda l’orologio e poi il tabellone accanto a lei. «Sono le otto e mezzo, quindi tra otto minuti ne passerà uno, oppure possiamo prendere quello delle otto e quarantotto, ma credo sia meglio arrivare prima, no?!»
«Certo» rispondo. Ho capito che non vuole stare insieme a me. Ha fretta di andare da suo cugino e io vorrei proprio sapere se anche lui è così ansioso di vederla. Probabilmente fa così solo perché lui è l’unico legame che lei ha qui con la sua famiglia, però cavolo… potrebbe fare anche lo sforzo di provare a conoscermi.
L’autobus arriva alle otto e trentotto minuti spaccati. La puntualità degli inglesi mi fa quasi paura.
Saliamo, passiamo il ticket elettronico sullo scanner, prendiamo posto e l’autobus parte.
Il viaggio fino a scuola è lento, a causa di altre cinque fermate. Proprio durante l’ultima sale il mio peggior incubo.
«Buongiorno Bianchina» esclama vedendomi, mentre Elena si alza velocemente e abbraccia il cugino, Luigi.
Ovviamente Andrea non perde tempo e occupa il posto accanto a me.
«Dormito bene stanotte?!» chiede circondandomi le spalle con un braccio. Provo ad allontanarlo, ma il suo braccio è di nuovo lì.
«Togliti di mezzo» dico voltandomi verso il corridoio dell’autobus. Noto che gli altri passeggeri ci stanno guardando; Elena se ne sta con la testa appoggiata alla spalla del cugino mentre lui, forse per rassicurarla, le stringe le spalle. 
«Mi hai sognato?!» mi chiede Andrea e stavolta ha un sorriso beffardo sulle labbra.
Lo odio sempre di più.
«Si, era un sogno bellissimo» rispondo voltandomi verso di lui.
«Oh, davvero?!» chiede lui sorpreso. Non se lo aspettava.
«Si»
«Racconta» dice curioso. È la prima volta che non mi prende in giro. Mi aspettavo una grande e grossa risata, ma niente.
«Ti metteva sotto un autobus giallo… o era rosso» dico riflettendo. «No, no. Era rosso. Assolutamente rosso. È stato un sogno bellissimo» aggiungo.
Lo guardo e i suoi occhi lanciano saette.
Oh cavolo. Che ho detto?!
Che hai sognato di un autobus che lo metteva sotto” penso e mi do’ dell’idiota. Magari l’ho ferito.
«Sei una grande stronza» dice e si alza. Va a sedersi dietro Luigi e cominciano a parlare di me, perché entrambi si voltano e mi lanciano un’occhiata malefica.
Non mi pento di avergli detto quella cosa, ma lui deve smettere di fare lo stronzo con me e fin quando lui lo farà con me io farò lo stesso con lui.
Come si dice… ad ogni azione corrisponde una reazione o una cosa simile.
Andrea dovrà aspettarsi altre battutine del genere se non cambia atteggiamento, ma sono sicura che questo non accadrà perché lui, fin nel midollo, prova odio nei miei confronti e le cose non cambieranno mai.
Una volta la mia amica, Serena, mi ha detto che probabilmente lui si comporta così perché gli piaccio, perché prova qualcosa nei miei confronti;  mi ero messa a ridere mentre mi diceva queste cose.
Andrea non nutre nessun sentimento per me, a parte l’odio.
E poi la grande quantità di ragazze che ha avuto lo dimostra. Lo conosco da quasi cinque anni e, durante questo periodo, ha sempre avuto una schiera quasi infinita di ragazze ai suoi piedi; oltretutto ha anche perso un anno, quindi è da ben sei anni che fa stragi di cuori a scuola. Io mi chiedo a cosa pensino quelle ragazze. Ci tengono così tanto ad essere trattate come pezze per piedi da uno come Andrea? Anzi, da Andrea?!
Non hanno qualcosa di più importante da fare?!
I miei pensieri vengono interrotti dalla voce di Andrea «Principessa, premi il pulsante» dice e, nonostante mi abbia chiamato “principessa” non c’è nessuna traccia di affetto nella sua voce.
È una provocazione per caso?!
«Gaia, premi il pulsante!!» grida sporgendosi verso di me.
Mi volto di scatto e trovo il pulsante, l’autobus si ferma quasi di colpo e tutti veniamo spinti in avanti. Andrea si alza e mi guarda malissimo. «Allora ci senti» dice e scende.
Sbuffo e scendo anche io dall’autobus, prima che le porte si chiudano e l’autista riparta.
Nel cortile della scuola ci sono alcuni ragazzi che giocano con una palla da rugby. Da come parlano direi che sono spagnoli o portoghesi. Una cosa del genere comunque.
Andrea, Elena e Luigi varcano una porta di legno e scompaiono oltre di essa. Da lì provengono alcuni gridolini; probabilmente sono tutti felici di vedersi.
A malincuore, mi rendo conto che nessuno si è ricordato di me.
Mi avvicino alla porta d’entrata e mi siedo su una panchina.
«Bianchi, che ci fai qui da sola?!» chiede la mia professoressa di inglese.
«Aspetto l’inizio delle lezioni. A proposito» dico ricordandomi, però, di non avere un informazione essenziale «A che ora iniziano?»
«Alle nove. Anzi, dovresti essere già in classe»
Annuisco e lei mi porge un bigliettino con su scritto il nome dell’aula.
Mi alzo, sospirando, e raggiungo il luogo indicatomi dall’insegnante.
La mattinata passa abbastanza velocemente; le lezioni durano un’ora e mezzo e si sono già presentati due professori diversi.
In classe non sono con Andrea e, almeno durante le lezioni, posso tirare un sospiro di sollievo. Sono, però, con il suo amico.
Dopo ogni lezione abbiamo trenta minuti di pausa; pranzo alle dodici e trenta e ritorno in aula alle tredici e trenta. Fine delle lezioni: ore diciassette.
Insomma… mi aspettavo qualcosa di leggero come primo giorno, mi sono resa conto però che noi, in Italia, siamo abituati in modo diverso ed è una cattiva cosa.
Qui, cominciano a spiegare già dal primo giorno di scuola; da noi, invece, si comincia dopo due settimane, se va bene.
La pausa pranzo è stata l’ora e mezza più terribile di tutte le altre.
Prendo il mio vassoio e noto che tutti i tavoli sono occupati. Scorgo Andrea guardarmi; il posto accanto a lui è vuoto visto che occupa la sedia tenendoci comodamente il piede sopra. Lo fa di proposito, perché mi sorride maligno e si sistema meglio sulla sedia. Poiché il cibo non mi attira così tanto, cedo il vassoio ad un altro e scappo fuori.
Per la prima volta dopo ventiquattro ore, mi rendo conto di aver fatto uno sbaglio a venire qui. Nessuno dei cinquantanove ragazzi presenti è intenzionato a fare amicizia con me e io potrei anche fregarmene, solo che tutta questa situazione potrebbe influenzare il mio rendimento scolastico. Mi potrei deconcentrare.
Dopo un respiro profondo entro e mi dirigo verso la mia aula ma, a metà strada, incontro la professoressa che mi da il programma per i prossimi venti giorni: quello che prevede la giornata non mi entusiasma molto.
Oggi pomeriggio niente lezioni.
«Visiteremo la città?!» chiedo per esserne sicura.
«Si Gaia. Vai fuori; aspetta i tuoi compagni lì»
Peccato. Avrei preferito tante ore di lezioni, piuttosto di passare il pomeriggio in giro con loro.
 
Le vie del centro di Bournemouth non sono niente male. La nostra guida turistica, James, ci ha mostrato come poter arrivare in centro a piedi, fornendoci, ovviamente, la mappa.
Abbiamo il resto del pomeriggio libero e possiamo fare shopping.
Noto con molta “gioia” che Elena rimane il più possibile lontana da me ed Alessia le fa compagnia.
Sbuffo e decido di fare da sola. Non sono costretta a fare shopping con loro.
Entro da H&M e cammino per i vari reparti. Noto qualcosa di carino, ma non sono dell’umore adatto.
Esco dal negozio e, dando un’occhiata in giro, scorgo delle panchine di legno libere. Mi siedo, tiro fuori le cuffie e il mio libro che sto leggendo in questo periodo.
“When everything falls back down” degli Action Item riempie il rumore della vita attorno a me.
Non voglio sentire nulla, tranne le note della canzone.
Continuo a guardarmi intorno e mi rendo conto che potrei vivere benissimo qui.
Mi piace tutto e forse un giorno succederà.
Senza neanche accorgermene vedo Andrea avvicinarsi e sedersi accanto a me.
Restiamo in silenzio per un po’. Io metto in pausa la canzone e aspetto che sia lui a parlare. Per essersi seduto qui un motivo ci sarà, no?!
Magari era solo stanco” suggerisce la mia vocina interiore.
Passano dei minuti di totale silenzio, così decido di fare il primo passo.
«Perché sei qui?» chiedo.
«Perché non c’erano altri posti liberi sulla panchina dei miei amici» risponde lui trattenendo un mezzo sorriso.
«Perché ti comporti così?» chiedo togliendomi gli occhiali da sole per guardarlo meglio. Stranamente oggi la giornata è soleggiata.
«Così come?!» chiede a sua volta.
«Da stronzo» rispondo guardandolo storto.
«Perché tu ti sei vista? O sentita?!»
Ha ragione «Io faccio così solo per difendermi da te. Tu la stronzaggine ce l’hai nel DNA»
«Non mi sei mai piaciuta»
«Questo lo so. Non occorre che tu me lo dica»
«Ti dispiace?» chiede ridendo.
«No. Non mi piaci neanche tu. Direi che siamo pari»
«Meglio» risponde ridendo.
Seccata da questa conversazione alquanto strana, mi rimetto le cuffie e mi alzo, allontanandomi da lui che ritorna dai suoi amici.
Mi avvicino, invece, ad Elena.
«Elena?!» la chiamo e questo fa voltare tutti gli altri.
«Ciao Gaia» mi saluta Alessia.
«Ciao» rispondo sorridendo a malapena e lei lo nota.
«Dimmi» dice la mia compagna di casa.
«Io ritorno a casa. Credo che tu non voglia tornare adesso, quindi ci vediamo dopo»
«Ok» risponde lei e continua a parlare con gli altri, ma il suo comportamento menefreghista comincia a starmi sulle scatole.
«Senti» dico toccandole la spalla. Lei si volta scocciata e mi guarda.
«Che vuoi?!»
«Io non piaccio a te e tu adesso non piaci a me, però sto cercando di fare uno sforzo per creare un minimo di rapporto; dobbiamo vivere e dormire insieme per altri venti giorni, quindi dovrai sforzarti»
«Ci sto provando» ribatte, come se la cosa la infastidisse.
Ah, a te infastidisce?! E io che devo dire?!
«Provaci di più» rispondo e mi volto velocemente. Mi dirigo verso la fermata degli autobus e metto a tutto volume la canzone che ascoltavo prima.
Questo primo giorno doveva essere non fantastico, ma bello, nomale… invece me lo stanno rovinando.
Torno a casa e almeno passerò un po’ di tempo con chi è veramente interessato alla mia compagnia.
L’autobus delle diciotto e diciassette è già lì. Salgo, passo la tessera e prendo posto.
Durante la giornata non ho sentito la nostalgia di casa, non ho pianto perché mi manca qualcuno con cui parlare; ho voluto essere forte e matura.
Credo di esserci riuscita, ma adesso che sono tornata a casa e sono da sola in camera, nel mio letto inglese ad una piazza e mezzo, posso lasciarmi andare.
Piango perché mi manca mia madre;
piango perché ho fatto uno sbaglio a venire qui;
piango perché nessuno mi rivolgerà la parola durante questi venti giorni;
piango perché mi sono illusa di potermela cavare e invece sto combinando solo un gran casino;
piango perché non posso tornare indietro.
Nella vita non ho mai avuto molti amici; sono sempre stata sola; ma mai come oggi ho sentito questa mancanza, mi sento abbandonata a me stessa; almeno le altre volte c’era mia madre vicino a me. Lei sapeva cosa fare, cosa dirmi; mi accarezzava e mi faceva calmare, i singhiozzi svanivano e, alla fine, stavo un po’ meglio. Adesso va tutto tranne che meglio; anzi, va tutto uno schifo.
Decido di mettere la testa fuori dal piumone e mi rendo conto che la luce che entrava dalle finestre è diventata penombra. Sento Elena rientrare a casa e, subito dopo, in camera.
Provo a fingere di dormire, ma non sono mai stata una brava bugiarda, quindi comincia a parlarmi. «Mi dispiace per quello che ti ho detto prima»
«Non farlo. Avete una specie di repulsione nei miei confronti, quindi non scusarti. Ci sono abituata»
«Senti, io ci sto provando davvero. E’ la prima volta che devo fare i conti con la lontananza, con il fatto di dover stringere amicizia con te, con le lezioni, con il dovermi sforzare di parlare inglese. Io non sono preparata come te e non ho neanche la tua stessa esperienza con i viaggi all’estero, quindi ho bisogno di un po’ di tempo»
A quelle parole mi volto e la guardo. Non mi importa se vede i miei occhi rossi.
«No Elena, non ci stai provando, non lo fai abbastanza. Se quello che dici fosse vero ieri sera saresti stata più gentile con Paul e Michelle e oggi non mi avresti ignorata per tutto il giorno. So di non essere simpatica a nessuno, ma almeno tu potresti fare uno sforzo visto che dobbiamo vivere insieme!»
«Lo farò» dice, ma non mi sembra molto convinta.
Decido di far finta di crederle. Sorrido e mi alzo.
Se lei si comporterà così, io farò lo stesso.
 
La vita nella famiglia Owens – è questo il loro nome – procede piuttosto bene. Con loro non ho nessun tipo di problema. Dialogo con i genitori inglesi, gioco con i bambini. Tutto va a meraviglia sotto questo punto di vista; con Elena, invece, le cose sembrano essere peggiorate. Non ci troviamo. Non andiamo d’accordo.
Questa mattina prima che scendesse dal letto è passata quasi mezz’ora. Alle sette dovevamo essere a scuola.
Oggi in programma c’è una visita guidata a Bath: la città di Jane Austen.
Io, eccitatissima all’idea di visitare un posto interessante, mi sono alzata all’alba. Ho sistemato le mie cose e mi sono assicurata di avere tutto per il viaggio. Elena, invece, è riuscita ad alzarsi dal letto solo qualche minuto prima delle sette.
I professori erano furiosi con noi; io ero furiosa con Elena e lei se n’è fregata alla grande. Ha solo alzato le spalle e si è diretta da suo cugino.
Io, come mio solito, mi sono seduta sulla panchina e ho letto qualche riga del mio libro, almeno fin quando non è arrivato l’autobus.
Nonostante le difficoltà iniziali la giornata si è rivelata molto piacevole. 
Non ho parlato praticamente con nessuno, tranne che con i professori, ma mi sono sentita bene. Lo sfogo della sera prima mi ha aiutata a capire che non m’ importa, ora più che mai, di quello che pensano gli altri. Oggi non ho praticamente parlato con nessuno dei ragazzi, ma non mi è importato e continua a non importarmene.
«Che hai fatto ad Elena?» chiede una voce femminile.
Mi volto e vedo Alessia che mi guarda.
«Che vuoi dire?»
«Dice che non vuole più stare in casa con te»
Sono sconvolta. Non ho fatto niente di male, poi penso a quello che le ho detto e capisco che non ho nulla di cui preoccuparmi, perché so di avere ragione « Le Ho solo detto quello che penso e come so che dovrebbero stare le cose»
«Ne parlerà con i professori»
«Che ne parli con chi vuole. Se vuole andare via a me non importa. Le ho chiesto di fare uno sforzo, di mettere da parte l’odio che prova nei miei confronti per queste tre settimane, di tentare di vivere , almeno quando siamo da sole in casa, pacificamente. Per lei è impossibile e, a quanto pare, le da anche fastidio che le si dica la verità, quindi, che se ne vada pure»
«Gaia, tu hai perfettamente ragione, ma per lei è la prima volta. È molto legata alla sua famiglia ed è qui soltanto perché c’è Luigi, altrimenti non sarebbe venuta; è difficile per lei stare in casa con degli sconosciuti. Mettiti nei suoi panni»
Mi alzo dalla panchina e prendo la tessera dell’autobus «L’ho fatto Alessia, ma non sono mica scema. Lei non vuole stare in quella casa principalmente perché ci sono io» dico e, prima di salire sull’autobus, aggiungo «Buona serata»
«Non ci raggiungi in centro stasera?!» chiede.
«No, non credo proprio. Non sono desiderata, quindi, che vengo a fare?»
Alessia non è come Elena. Si capisce, no?
Se avessi avuto Alessia come compagna di casa, forse le cose sarebbero state diverse. Magari con lei avrei potuto creare un rapporto d’amicizia.
Elena adesso mi è di un’antipatia assurda e, se decidesse di andarsene, mi farebbe un grandissimo favore.
È la versione di Andrea al femminile e non ho intenzione di stare a contatto con gente come loro.
Da quando sono qui mi chiedo come trascorrerò il sabato sera o, ancora peggio, la domenica.
Paul e Michelle, al mio rientro, mi hanno avvisato che domani mattina sarò da sola a casa, perché hanno la partita di calcetto di Finlay. Avevano pensato di invitare anche me ma, a quanto pare, Elena deve aver parlato con i professori, così tutti quanti si sono attivati per fare questo “trasferimento”; così, io sono costretta a restare a casa perché qualcuno deve aprirle.
Questa mattina è uscita molto presto, non ho ben capito per fare cosa.
Ieri sera, quando è tornata, ha blaterato qualcosa in proposito, ma avevo le cuffie e facevo cose inutili al pc, quindi non le ho prestato molta attenzione; così, adesso sono seduta sul divano e scrivo un po’.
Credevo che la partita finisse per l’ora di pranzo e che la famiglia sarebbe rientrata a casa  ma, a quanto pare, hanno dimenticato di dirmi che non rientravano proprio. Adesso mi sto annoiando, in una bellissima casa ad aspettare che un’ochetta si decida a tornare per portare le sue cose nella “nuova famiglia”. Non mi ha nemmeno detto se fa cambio con qualcun’altra o se resterò da sola.
Sospiro e mi guardo intorno. È bella questa casa. Mi piacerebbe viverci.
Poiché sono di buon umore, tolgo le cuffiette dal portatile e metto le mie canzoni preferite di Michael Bublé. Mi alzo dal divano e appoggio il computer sul bancone di marmo.
Comincio a ballare e a guardarmi intorno. Le note di “Come fly with me” riempiono la casa. Salgo di sopra e faccio delle foto a tutte le stanze. Voglio un ricordo di questa casa.
Proprio mentre scendo le scale, vedo tre sagome avvicinarsi alla porta d’entrata.
Corro in cucina a spegnere la musica e ritorno verso la porta.
«Gaia?! Apri, sono Elena»
Sbuffo e apro la prima porta, quella con il vetro smerigliato e tutto colorato. Quando esco nel piccolo ingresso resto a bocca aperta.
Voglio tornare a casa, perché questo è davvero uno scherzo di cattivo gusto.


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Ok, com'è?!
Fa schifo?!
Oddio, spero tanto di no *___* Sono fiduciosa!
Vi lascio un piccolo spoiler del capitolo 3 =)
A martedì prossimo :*

"Che cosa credevo?! Che si sarebbe risolto tutto e che magari saremmo diventati amici?!
Si, credevo questo, perché le parole di Serena me lo hanno fatto sperare davvero. Mi hanno sperare che potesse davvero essere possibile, ma invece, sono soltanto una scema.
La pioggia si fa sempre più fitta e non mi va di tornare a casa in questo stato. L’unico posto che mi può risollevare il morale è il supermercato e, grazie alla mappa fatta da Michelle, so quale autobus devo prendere.
Questa non è la grande esperienza che avevo immaginato di fare. Pensavo di conoscere gente nuova, ma invece mi sto incattivendo quelle che a malapena conoscevo già.
Quando l’autobus si ferma dove dovrei scendere prendo la giacca, zuppa d’acqua e la metto sotto la testa, per evitare di bagnarmi ancora mentre percorro la poca distanza che c’è tra la fermata e l’entrata del supermercato.
Purtroppo per me è chiuso, maledizione!! Proprio oggi?!
Controllo l’orologio e mi rendo conto soltanto adesso di quanto sia tardi.
«Accidenti» mormoro.
Rinuncio a ripararmi dalla pioggia. Indosso la giacca e, nonostante piova a dirotto mi dirigo verso la fermata. Aspetto di nuovo l’autobus; ma stavolta vado a casa.
Sono stanca fisicamente ed emotivamente. Andrea mi odia con tutto se stesso. Non che non lo sapessi, però sono così tanto detestabile?!"
Spero di avervi incuriosito un pò *_*

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Capitolo 4
*** 3. *Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare* ***


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Oggi non avrei dovuto pubblicare questo capitolo, però ho risolto a metà quel problema, quindi posso pubblicare.
Devo dire che ogni volta che leggo questo capitolo mi viene da ridere, perchè ci sono delle parti che mi piacciono davvero tanto. E se lo dico io stessa che mi piacciono, vuol dire che qualcosa di positivo deve esserci sicuro! xD
Sono sicura che qualcosa nel capitolo precedente l'abbiate intuita, però adesso scoprirete tutto, non preoccupatevi :D
Adesso vi lascio alla lettura. Ditemi che ve ne pare :D
Baci, alla prossima! :*


Let's blame it on September

-Capitolo 3-
  *Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare*

 
Fa che sia uno scherzo
Fa che sia uno scherzo
Fa che sia uno scherzo
«Andrea starà qui e io starò con mio cugino»
Cazzo, non è uno scherzo.
C’è sempre un’ultima speranza. Chiedo.
«E’ uno scherzo, vero?!»
«No» risponde Elena.
«Non se ne parla» esclamo chiudendo a tutti la porta in faccia, ma Andrea la ferma con il braccio.
«Senti, principessa, questa cosa non va bene a te, come non sta bene a me, però voglio bene ad Elena e lo faccio per lei, quindi sposta il tuo culo e fammi entrare»
Si fa spazio e mi spinge, entrando in casa.
Io sono talmente sconvolta che non so più che dire. Elena gli mostra la camera e, dopo aver preso la sua valigia e il piccolo borsone, l’amico la aiuta a portare tutto fuori.
«Salutami gli altri» dice Elena ed esce di casa.
Non posso crederci.
Vivrò con Andrea
Andrea vivrà con me.
Dividerò la stanza con Andrea.
Oh. Mio. Dio.
«Bianchina, sei ancora sconvolta?!» chiede uscendo dalla camera.
Mi riprendo e lo guardo furiosa. «Beh, direi! I professori hanno permesso una cosa del genere?!»
«Dopo avermi fatto promettere che non sarebbe successo niente tra di noi»
«Puoi starne certo» esclamo.
«Bene, adesso… dove sono gli altri?»
«Sono usciti stamattina per la partita di calcio del bambino; non so quando torneranno. Spero il prima possibile, così non sono costretta a sopportarti»
«Senti, nemmeno io ti sopporto, però adesso cerca di fare meno la schizzinosa»
Lo guardo male e mi volto per andare in cucina. Mi siedo al bancone e cerco di concentrarmi sul computer.
Andrea mi raggiunge e comincia ad aprire il frigorifero e gli sportelli del mobile.
«Che cosa stai facendo?!» chiedo.
«Cerco qualcosa da mangiare»
«Dovrai aspettare il ritorno della famiglia» rispondo.
«No, ho fame adesso»
Sbuffo e, prendendo il computer, vado in camera.
Mi sdraio sul letto con il pc sulla pancia.
«E’ carina questa stanza, avrei voluto il tuo letto però»
«Troppo tardi»
«Peccato» risponde sorridendo.
«Non stavi cercando qualcosa da mangiare?» chiedo.
«Oddio mio. Non vedo l’ora che arrivi domani, così non dovrò sopportarti così tanto»
«La stessa cosa vale per me» esclamo mentre esce dalla camera.
Passiamo il resto del pomeriggio così, almeno fin quando non tornano Michelle e Paul con i bambini.
Credevo che Andrea parlasse decentemente l’inglese, invece non capisce un bel niente.
Ho pensato di prenderlo in giro, ma probabilmente poi ce l’avrà a morte con me e non mi sembra il caso di gettare benzina su un fuoco già abbastanza vivo.
«Che ha detto?» mi chiede Andrea dopo che Michelle gli ha domandato quali fossero i suoi piatti preferiti.
«Se non capisci una domanda così banale, ti prego, ritornatene in Italia» lo prendo in giro.
Si, è vero. Avevo detto che non lo avrei preso in giro, ma la tentazione è troppa. Lui mi guarda storto e io scoppio a ridere.
Paul mi chiede il motivo della mia risata e dell’aria seria di Andrea, quando gli spiego il motivo ride anche lui, anche se non mi piace quello che dice dopo.
Smetto di ridere di colpo. «Che ti prende?» chiede Andrea vedendo il mio repentino cambio di espressione.
«Niente» rispondo schiarendo la voce e allontanandomi da lui.
«Chi ti capisce è bravo»
«Infatti tu sei un’idiota»
«E mi va benissimo così. Preferisco essere un’idiota piuttosto che capire te»
Gli faccio una brutta smorfia e mi avvicino alla cucina per aiutare Michelle a preparare la cena.
«Non preoccuparti Gaia»
«Ma no. Voglio darti una mano» dico sorridendo.
Io e Michelle parliamo del più e del meno mentre prepariamo pollo fritto e verdure di ogni tipo. Dice che è un piatto indiano.
Mi chiede di mia madre e sorride a tutto quello che le dico su di lei, fin quando se ne esce con un «Mi piacerebbe tanto incontrarla»
«Magari un giorno succederà»
«Hai intenzione di trasferirti qui?» chiede ancora.
«Forse in futuro, dopo aver finito l’università»
«Cosa ti piacerebbe studiare?!»
«Vorrei laurearmi in lingue e letterature straniere e specializzarmi in quella inglese»
«Lo spero tanto per te» dice allontanandosi dalla cucina per portare le verdure a tavola.
Sorrido e lo spero anche io per me.
 
Sono le nove di sera e sono in camera. Guardo ansiosa i letti e penso a quando io occuperò il mio e Andrea il suo.
Perché mi hanno fatto questo?!
Chissà se posso dormire sul divano… magari potrei chiederlo spiegando a grandi linee la situazione. Capiranno, no?!
«Che fai!?»
Mi volto di scatto e Andrea è sulla porta che mi fissa.
«Niente» rispondo avvicinandomi alla mia valigia. Silenziosamente prendo il mio pigiama, che adesso mi pento di aver portato, ed esco dalla stanza.
Che vergogna… quale stupida di diciassette anni si porta il pigiama rosa con i coniglietti?!
Mi schiaffeggio la fronte e mi do’, ancora, della stupida.
«Bel pigiama» dice lui quando entro in camera.
Lo guardo storto e mi metto a letto, accendendo il computer. Devo semplicemente ignorarlo.
In fondo dovrò semplicemente dormire nella stessa stanza con lui, non nello stesso letto.
Mentre mi faccio i cavoli miei mi accorgo che lui si sta spogliando.
«Potresti farlo in bagno, però eh!!» esclamo.
«Perché ti da fastidio?!»
«Mi sono spogliata davanti a te, io?! No, perché sono educata. Del resto cosa te lo dico a fare, tanto l’educazione non sai nemmeno dove sta di casa»
«Sei molto divertente, sai?!» dice lui guardandomi storto. «Meno male che non ti sei spogliata davanti a me. Se mi spoglio io qualcosa di bello da vedere ce l’hai; tu…» mi indica con le mani e ride «Non voglio restare traumatizzato» aggiunge scrollando le spalle e mettendosi a letto con addosso soltanto i boxer.
Mio dio… è proprio irresis… insopportabile.
Sgrano gli occhi per quello che stavo pensando e mi maledico. Anzi, maledico i professori che mi hanno fatto una cosa del genere.
«A che stai pensando Bianchina?» chiede incrociando le braccia dietro la nuca.
«Io ce l’ho un nome, comunque» rispondo spegnendo il portatile. Mi alzo per appoggiarlo sulla valigia e mi rimetto a letto.
«Ti prego non alzarti più»
«Perché?!» chiedo.
«Perché ti ho vista già troppe volte con quel coso orrendo addosso: una volta la sera e una la mattina mi basta e avanza»
«Cazzone» mormoro e mi rimetto a letto voltandogli le spalle.
«Non mi hai detto a cosa stavi pensando» mi fa notare.
«Dormi»
«Sei proprio uno spasso Bianchina. Sarà troppo divertente prenderti in giro» dice ridendo. Spegne la luce, ma continua a ridere.
Quindi io sono questo?! Il pagliaccio del gruppo?!
Ho sempre saputo che Andrea mi odia, del resto la cosa è reciproca: anche io lo odio, ora più che mai, ma pensavo che, magari, con quest’occasione le cose sarebbero cambiate un po’.
Speravo che l’odio che proviamo entrambi si sarebbe affievolito. Invece no. Ho l’impressione che, dopo queste settimane, ci odieremo ancora di più.
Paradossalmente, mi accorgo anche di star piangendo. Mi impongo, con tutta la forza di volontà che ho, di smettere. Non devo farlo.
Per fortuna, riesco a prendere subito sonno, almeno dimentico per un paio d’ore chi dorme nel letto accanto a me.
 
«SVEGLIA BIANCHINA!!»
Mi muovo tra le lenzuola ma non voglio ancora aprire gli occhi. Ho sonno, voglio dormire.
«Svegliati» mormora qualcuno vicino a me.
Apro un occhio e vedo Andrea. «Raggio di sole, alzati»
«Smettila di prendermi in giro» mormoro alzandomi dal letto. «Perché stai urlando?! Che ore sono?!»
«Quasi le otto e mezzo. Mi è preso un colpo quando ho controllato l’ora sul cellulare»
«Cazzo!!! L’autobus è tra dieci minuti» esclamo prendendo velocemente l’intimo e i vestiti.
«Ecco» dice lui mentre si versa una dose esagerata di gel sulle mani.
La vita in casa è in pieno fermento.
«Svegliata tardi?!» mi chiede Michelle dalla camera da letto.
«Purtroppo si»
«Noi usciamo tra qualche minuto. Ci vediamo stasera»
«Ok. Buona giornata» dico sorridendole.
«Grazie, anche a voi» risponde lei facendomi l’occhiolino.
Perché mi ha fatto l’occhiolino?! Decido che non è il momento migliore per farsi queste domande ed entro velocemente in bagno.
A tempo di record mi lavo e mi vesto; scendo nuovamente in camera, butto il pigiama in valigia e faccio velocemente il letto.
«Hai finito di consumare lo specchio?!» chiedo vedendo che Andrea è ancora lì, dove l’ho lasciato prima di andare in bagno.
«Non ancora»
«Sbrigati, serve a me»
«Guarda che è grande abbastanza, puoi usarlo anche tu, eh!» dice stizzito.
Sbuffo e spazzolo velocemente i capelli strappandomene un buon numero. Ahi, che male. Questo è quello che succede quando, la sera prima, si dimentica di mettere la sveglia.
Colpa delle battutine di Andrea.
«Nemmeno con il trucco riuscirai a migliorare la situazione» dice mentre passo la matita nera sulla palpebra.
«Mi lasci in pace?! Perché continui ad importunarmi?! Io ignoro te, tu ignori me e viviamo felici» esclamo guardandolo.
«Hai ragione» risponde lui buttando il flacone del gel in valigia e, prendendo la tracolla, esce dalla stanza.
Sbuffo, ormai non faccio altro, ed esco anch’ io.
Andrea sta già camminando verso la fermata dell’autobus. Provo a raggiungerlo, ma le mie gambe non sono lunghe quanto le sue e non riesco a stargli dietro.
Quando arrivo alla fermata ho il fiatone ma, almeno, camminando a passo spedito, non abbiamo perso l’autobus.
Mi siedo accanto ad Andrea restando in silenzio. Questa mattina ci sono altre persone che aspettano con noi.
Non diciamo nemmeno una parola. Né quando arriva l’autobus né quando dovrei premere il pulsante per far fermare il veicolo. Ci siamo scontrati, perché entrambi avevamo pensato di premerlo. Lui si è seduto subito senza dire una parola e io ho ripreso il mio posto.
Direi che Andrea mi ha ignorata alla grande.
E’ questo quello che volevi, no?!” dice la mia coscienza.
Si, era questo. E adesso perché mi lamento?!
Basta!!
Entro in aula e attendo che arrivino anche gli altri.
Le lezioni passano lente e, stranamente, non vedo l’ora che finiscano. Durante la pausa pranzo vado fuori e chiamo la mia amica.
Non ci sentiamo da qualche giorno e, per quanto ne possa sapere, lei sarà arrabbiatissima perché non mi sono fatta viva. Non ha poi tutti i torti.
«Pronto?!»
«Ehi, ciao…sono Gaia» rispondo sedendomi su un muretto.
«Ciao Gaia! Come stai?!» esclama lei tutta contenta.
«Sto bene, credo. Tu?!»
«Non chiedere di me. Come te la passi lì?!»
«Non mi va di parlarne» rispondo abbassando lo sguardo verso le mie scarpe: le avevo comprate con Serena.
«Che cos’è successo?»
«Un casino»
«Racconta. Hai tempo?!»
Guardo l’orologio e dico di si.
Le racconto del viaggio in aereo, della compagnia poco gradita; le racconto che soltanto Alessia si è dimostrata cordiale e gentile nei miei confronti e di come io l’abbia apprezzato molto. Le dico anche di Elena, del suo comportamento e poi, ciliegina sulla torta, di chi  mi è capitato come nuova compagna di casa, o meglio, compagno di casa.
«Non ci posso credere!! Andrea Ferrari!» esclama. Già me la immagino con gli occhi fuori dalle orbite.
«Si, proprio lui. Non posso credere che i professori lo abbiano permesso»
«Non hai detto niente tu?!»
«E cosa avrei potuto dire?! La mia opinione non conta molto qui e poi Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare ha chiarito loro che non ci sarà niente tra me e lui»
«Aspetta… che significa Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare?!»
Alzo gli occhi al cielo «Hai capito solo questo di quello che ti ho detto?!»
«Ovvio» risponde lei ridendo. La sua risata contagia anche me e, rilassandomi, le racconto di quello che è successo la sera precedente prima di metterci a dormire, concludendo con la mia battuta sull’ignorarsi a vicenda e con lui che mi ignora sul serio e in maniera pesante.
«Succederà qualcosa Gaia» dice Serena.
«Ma sei impazzita?!»
«No, perché dovrei?!»
«Cosa non ti è chiaro del fatto che non mi parla, non mi guarda, e, se per puro caso è vicino a me, appena se ne accorge si allontana immediatamente? Direi che l’unica cosa che può succedere tra di noi è che ci prendiamo a schiaffi e, secondo me, questo viaggio finirà sicuramente così»
«Ma tu potresti essere un po’ più simpatica?!»
«Serena, non è questione di simpatia. Ti sei dimenticata dei quattro anni e mezzo appena trascorsi?! Non abbiamo fatto altro che odiarci noi due. E poi perché devo essere simpatica con lui se, con me, si comporta sempre da stronzo?!»
«Magari lui si comporta da stronzo perché lo fai anche tu»
«No, semmai è il contrario. Lui si è sempre comportato così con me. Prima non me ne fregava niente. A casa ho la mia vita; ma qui che, volente o nolente, devo starci a contatto, mi importa se lui ha intenzione di odiarmi per il resto della permanenza in quella casa. Io ci proverei davvero ad essere simpatica con lui, ma so che mi prenderebbe in giro perché penserebbe che mi sono presa una cotta»
«E tu, ti prenderai una cotta per lui?!»
«Ma nemmeno morta»
«Eh dai. Ti ho sempre detto che anche tu prima o poi lo troverai carino e te ne innamorerai»
Ok, ora sono sicura che ha gli occhi a cuoricino.
«Non ho detto che non mi piace, però non credo che riuscirei ad innamorarmi di uno come lui»
«Magari poi le cose cambieranno»
«Chi lo sa…» guardo svogliatamente l’orologio e mi accorgo che la pausa pranzo sta finendo. «Sere, devo andare. Ci sentiamo presto»
«Ti chiamo io la prossima volta. Ti voglio bene»
«Te ne voglio anch’ io. Alla prossima»
Riattacco e sorrido.
Dopo questa felice conversazione mi alzo e rientro.
Durante il resto delle lezioni penso ad un modo per scusarmi con Andrea. Non vorrei ma, se voglio vivere pacificamente in quella casa, devo essere io a fare il primo passo.
Ho pensato a cosa dirgli per tutta la terza lezione; durante la pausa non l’ho visto in giro, stessa cosa per la seconda lezione, solo che adesso sono fuori dalla scuola ad aspettarlo. Gli altri sono già andati via e lui ancora non si è fatto vedere.
Passeggio avanti e indietro e, quando lui, finalmente, varca la porta di legno, cammina spedito verso l’uscita.
«Andrea, posso parlarti un attimo?» chiedo ma lui non risponde; continua, semplicemente a camminare.
«Per favore…» dico ancora e, proprio in quel momento, comincia a piovere.
Si volta di scatto e mi spaventa. «Non torno adesso, Ghiaia. Dillo alla famigliola felice» dice e riprende a camminare. Io rimango lì, sotto la pioggia, ferita e delusa da me stessa.
Che cosa credevo?! Che si sarebbe risolto tutto e che, magari, saremmo diventati amici?!
Si, credevo questo, perché le parole di Serena me lo hanno fatto sperare davvero. Mi hanno fatto sperare che potesse davvero essere possibile, ma invece, sono soltanto una scema.
La pioggia si fa sempre più fitta e non mi va di tornare a casa in questo stato. L’unico posto che mi può risollevare il morale è il supermercato e, grazie alla mappa fatta da Michelle, so quale autobus devo prendere.
Questa non è la grande esperienza che avevo immaginato di fare. Pensavo di conoscere gente nuova, ma invece mi sto incattivendo quelle che a malapena conoscevo già.
Quando l’autobus si ferma dove devo scendere, prendo la giacca, zuppa d’acqua e la metto sopra la testa, per evitare di bagnarmi ancora mentre percorro la poca distanza che c’è tra la fermata e l’entrata del supermercato.
Purtroppo per me è chiuso, maledizione!! Proprio oggi?!
Controllo l’orologio e mi rendo conto soltanto adesso di quanto sia tardi.
«Accidenti» mormoro.
Rinuncio a ripararmi dalla pioggia. Indosso la giacca e, nonostante piova a dirotto, mi dirigo verso la fermata. Aspetto di nuovo l’autobus; ma stavolta vado a casa.
Sono stanca fisicamente ed emotivamente. Andrea mi odia con tutto se stesso. Non che non lo sapessi, però sono così tanto detestabile?!
Fra due giorni sarà il mio compleanno e io lo passerò in assoluta solitudine.
Vorrei poter tornare indietro e non prendere la decisione di partire. Adesso sarei a casa mia, magari starei ridendo e non piangendo. Avrei accanto mia madre e non sarei sola.
Nemmeno la musica o la lettura riescono a distrarmi. Per fortuna l’autobus arriva velocemente a destinazione. Saluto l’autista, che mi risponde cordialmente, e scendo.
Piove ancora, ma non m’ importa.
Voglio solo arrivare a casa.
Voglio dimenticare questa giornata.
Mentre percorro la discesa che mi porta a casa, la pioggia cessa un attimo per poi riprendere a cadere incessantemente.
Apro la porta; sono fradicia, ma almeno la pioggia nasconde le mie lacrime.
Sento un peso sul cuore. Sono le mie lacrime che chiedono di essere liberate. Aspetterò di fare la doccia per lasciarmi andare.
«Gaia, ma che ti è successo?!» chiede preoccupato Paul uscendo dalla cucina.
In quel momento anche Andrea esce in corridoio guardandomi preoccupato. Magari si sente in colpa per il suo comportamento.
Ma che dico?! Andrea non si sente in colpa. È un fottuto bastardo senza cuore.
«Non avevo l’ombrello» mormoro abbassando lo sguardo, sperando che non abbiano già notato gli occhi rossi.
«Vai a fare una doccia calda prima di prendere un brutto raffreddore» dice Paul.
Annuisco e mi volto per entrare in camera.
«Vuoi che ti porti qualcosa di caldo?» chiede premuroso Andrea.
«No» rispondo io e lo supero per entrare in camera.
Adesso mi parla?! Adesso mi guarda?!
Bastardo!! Sei un fottuto bastardo.
Trattengo altre lacrime e mi abbasso sulla valigia per prendere la biancheria pulita, il pigiama, bagnoschiuma e shampoo. Con l’accappatoio in spalla, salgo in bagno.
Andrea è ancora fuori dalla camera che mi guarda. Io lo ignoro perché non ho proprio la forza di affrontarlo adesso. Sono troppo stanca.
Non riesco nemmeno a capire quello che mi sta succedendo.
Mi chiudo in bagno e mi spoglio lentamente. Solo adesso mi rendo conto di quanto freddo sento. Non mi ero nemmeno accorta di star tremando.
La pioggia qui può essere terribilmente fredda da congelarti le ossa.
Sotto il getto d’acqua calda riesco ad eliminare un po’ del gelo che ho dentro; ma quello che ho dentro il mio cuore non è facile da togliere. Quello non ha a che fare con la pioggia.
È legato ai sentimenti che sto provando in questi giorni.
Prima la gioia di partire e di fare nuove conoscenze; poi l’ottimismo di essere in una famiglia che mi piace; la delusione nel vedere che la mia compagna di stanza non fa nessuno sforzo per diventare mia amica almeno per questo breve periodo di tempo e, infine, l’odio continuo e accentuato di Andrea.
Per carità, lo odio anch’ io, ora più che mai, ma non credevo che potesse ferirmi così tanto la sua indifferenza.
Alzo il volto e chiudo gli occhi. L’acqua calda mi fa piangere ancora, ma allo stesso tempo mi rilassa. È una sensazione strana che non avevo mai provato.
Passo il bagnoschiuma e lo shampoo in maniera quasi meccanica, come sono meccanici i gesti che compio per asciugarmi e per indossare la biancheria e il pigiama.
Quando torno in camera, Andrea è al suo pc. Metto i vestiti bagnati sul termosifone e disfo il letto.
Sento lo sguardo di quel cretino addosso; ma stasera non sono dell’umore adatto per fare delle battutine o, in generale, per litigare; quindi, prendo l’asciugacapelli e, velocemente, cerco di asciugarli. Voglio mettermi a letto per non doverlo vedere, almeno fino a domani mattina.
Quando i miei capelli sono abbastanza asciutti e spazzolati ripongo tutto sul cassettone.
«Ti ho fatto la cioccolata calda» dice all’improvviso Andrea.
Mi volto a guardarlo e ha una tazza fumante tra le mani. Deve averla preparata mentre facevo la doccia.
Schiarisco la voce, perché so quanto può essere roca dopo aver pianto, e rispondo «Grazie»
La prendo dalle sue mani e ne bevo un sorso. In effetti, nonostante sia bollente, mi aiuta a riscaldarmi almeno un po’. La finisco quasi subito, anche perché non mangio da ieri a cena, così mi metto sotto le coperte. Sento ancora troppo freddo per non godere del loro calore.
Mi raggomitolo, cercando di riscaldarmi e di non perdere il calore che la cioccolata mi ha dato, ma non funziona. Cerco di non pensarci e di prendere velocemente sonno.
Sono ancora nel dormiveglia quando riesco a riscaldarmi del tutto. Adesso sto bene.


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Chissà come vi è sembrato.  Vi ha fatto sorridere?! :D
L'ultima parte non tanto, scommetto :/ Lo so, nemmeno a me.
Comunque, stavolta niente spoiler =P Lo metterò lunedì nel mio gruppo --->
QUI
A martedì prossimo :*

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Capitolo 5
*** 4. *Per caso qualcuno qua è geloso?* ***


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Ciao ^^''
Ehm... mi sento sempre in imbarazzo quando posto e non so perchè °_°
Anyway.... vi lascio al capitolo visto che non aspettate altro da una settimana LOL
Ok, addio!!

Let's blame it on September

-Capitolo 4-
  *Per caso qualcuno qua è geloso?*

 
Ieri sera ho faticato tanto per riuscire a riscaldarmi, ma adesso, nel dormiveglia, sento troppo caldo.
Apro gli occhi e vedo che c’è luce, ma non è l’unica cosa di cui mi accorgo.
C’è una mano sulla mia pancia.
Oh mio dio.
Non è possibile. Non può essere possibile!
Piano cerco di allontanarmi da lui, ma purtroppo si sveglia e, in un secondo, ci ritroviamo a guardarci negli occhi.
«Oh…. Ehm, scu…scusa» balbetta imbarazzato.
Scende dal letto e si strofina le braccia nude.
Per fortuna ha indossato un paio di pantaloni e una maglietta, altrimenti sarebbe stato ancora più imbarazzante.
Oh mamma… non voglio nemmeno pensarci.
«Non preoccuparti» dico io alzandomi dal letto e avvicinandomi a lui.
Andrea mi guarda un po’ confuso «Che… che stai facendo?!» chiede.
«Questo» rispondo io e mi alzo sulle punte dei piedi per baciarlo. Muovo le mie labbra su di lui e, quando penso che non voglia ricambiare il bacio, lui lo fa.
«Gaia! Stai bene?!»
Eh?! Sgrano gli occhi e mi rendo conto che stavo sognando ad occhi aperti.
Oddio.
«Che hai detto?!» chiedo.
«Stai bene?»
«Certo» rispondo voltandomi di scatto. Sto arrossendo come un pomodoro. Mio Dio che vergogna. Ho appena immaginato di baciare Andrea. Scuoto la testa e rifaccio il letto.
Non posso credere che lui abbia dormito con me. Perché poi?
Sono ancora troppo imbarazzata per chiederglielo. 
«Vado prima io in bagno»
«Si, certo» rispondo continuando a non guardarlo.
Sono soltanto le sei e mezzo del mattino e ho ancora tanto tempo prima di uscire di casa.
Sistemo il casino che ho lasciato la sera prima e, proprio mentre prendo i vestiti, entra Andrea in accappatoio.
«Il bagno è libero e i bambini stanno guardando la tv» dice lui sorridendo.
«Ok» rispondo semplicemente.
Prendo tutto e salgo in bagno.
Mentre mi lavo penso a cosa gli sia passato in mente stanotte. Perché me lo sono ritrovato nel letto stamattina?!
Cerco una spiegazione plausibile ma, l’unica cosa che mi viene in mente, è che, probabilmente, lo ha fatto solo perché ha visto che avevo freddo.
Quando scendo al piano di sotto trovo Michelle che cerca di parlare con Andrea, vestito già di tutto punto.
«Oh, meno male. Non riesco a capirla» dice lui.
Michelle si volta verso di me e mi da il buongiorno, poi mi informa che devo categoricamente fare colazione perché è da quasi due giorni che non mangio.
Quindi, adesso siamo insieme a tavola. Stiamo facendo insieme colazione, ma tra di noi regna il silenzio e l’imbarazzo.
Non mangio praticamente nulla, a differenza di Andrea che sta facendo scorta di biscotti.
«Che stai facendo?» chiedo guardandolo mentre prende biscotti di tutti i tipi.
«Prendo delle cose per dopo»
«Ma non hai già mangiato abbastanza?!»
«Non sono per me» risponde incrociando i miei occhi. «Non hai mangiato nulla e non so a cosa sia dovuto, quindi metti questi nella borsa e mangiali quando vuoi» spiega e sorride di nuovo.
Perché è così gentile stamattina?!
Ecco questo sarà il secondo quesito che dovrò porgli.
«Facciamo tardi» dico distogliendo lo sguardo da lui e alzandomi da tavola.
Metto le tazze e le posate sporche nella lavastoviglie e vado in camera per prendere la giacca e la borsa.
«Tieni» dice ancora Andrea comparendo all’improvviso con in mano un sacchettino pieno di biscotti.
Li prendo e li metto in borsa. Salutiamo tutti e usciamo. Oggi non piove, per fortuna, anche perché ho dimenticato di nuovo l’ombrello.
Per un po’ camminiamo in silenzio, almeno fino a quando non arriviamo alla fermata dell’autobus.
«Uhm… per quanto, per quanto riguarda stamattina…» dice imbarazzato.
«Non preoccuparti» rispondo io seria.
Mi sento come se i ruoli si fossero invertiti. Ieri era lui che mi teneva il broncio e che mi ignorava mentre adesso il suo atteggiamento è diventato il mio ma, a differenza sua, io non riesco ad ignorarlo, e mi odio per questo.
Anche quando saliamo sull’autobus non diciamo nulla, anche se io vorrei fargli quelle domande. Sto per voltarmi per parlargli, quando salgono Luigi ed Elena.
«Ciao ragazzi» esclama lei. Sembra un’altro.
«Ehi» rispondo io sorridendo.
«Ciao Gi» lo saluta Andrea, baciando poi Elena sulle guance.
Quel gesto mi fa ricordare quello che ho immaginato questa mattina in camera. Mi volto verso il finestrino e scuoto la testa. Non voglio più pensarci.
«Stasera c’è una festa in centro» dice Luigi ad Andrea.
«Ah si?!»
«Si, un locale che ha aperto da poco. Me ne parlava il figlio della mamma inglese. Ha vent’anni e stasera ci va. Tu che fai?!» chiede ad Andrea.
«Ti va di andarci?»
Mi volto verso di lui e lo guardo «Dici a me?» chiedo scettica. Andrea si guarda in giro e annuisce sorridendo.
«Non credo, ma tu vai. Ti do la chiave così non dovrò aspettarti»
«Dai, ci divertiremo»
«Non ne dubito»
«Dai Gaia. Potremmo fare amicizia» dice stavolta Elena.
«E ti serve una discoteca per fare amicizia?»
«No, e ti chiedo scusa per quelle cose che ho fatto e detto, ma stasera potremmo divertirci sul serio» tutti e tre mi guardano con le sopracciglia alzate e speranzosi di una risposta affermativa.
Mi volto verso il finestrino, sospiro e annuisco «Va bene»
«SI!!» esclama Andrea circondandomi le spalle con un braccio e stringendomi a lui.
Eh no! Per oggi ne ho già avuto abbastanza delle sue mani.
Mi allontano in fretta, infastidita; lui se ne accorge perché non mi tormenta più fin quando non arriviamo a scuola.
È lì che trovo il coraggio di parlargli. «Andrea?» lo chiamo mentre si allontana con Elena e Luigi.
Si volta e mi aspetta. «Dimmi» dice.
«Posso parlarti un attimo?»
«Se è per quello che è successo stamattina, mi dispiace. Non mi sarei dovuto intrufolare nel tuo letto, ma non smettevi di tremare e ho pensato di riscaldarti. Non è stata una buona idea, lo so»
Ah, ecco… le mie supposizioni erano corrette. Ma adesso pensa che non sia stata una buona idea «Non ho più avuto freddo, quindi…» mi guardo intorno imbarazzata «Beh, grazie»
«Di nulla» risponde lui sorridendo.
«Perché tutta questa premura?»
«Te l’ho già spiegato»
«No invece»
Adesso è lui che si guarda intorno e sbuffa «Mi è stato detto di sorvegliarti»
Sgrano gli occhi «E da chi?»
«Non posso dirtelo, però è per questo motivo che hai quei biscotti nella borsa. Non puoi continuare a non mangiare»
«Tutto questo è molto strano» mormoro riprendendo a camminare.
Sento Andrea ridere e dopo qualche secondo mi raggiunge aprendomi la porta che introduce nel giardino della scuola. «Grazie» mormoro imbarazzata.
Le cose stanno decisamente prendendo una piega diversa.
Andrea che dice di dovermi sorvegliare, Luigi ed Elena che chiedono anche a me di andare a quella festa; l’astio che nutrivano tutti nei miei confronti dov’è finito?!
Una giornata di pioggia ha cancellato tutto?!
Bello si, ma perché?! Che cos’è cambiato?
Forse sono sempre stata io a vedere l’astio nei loro comportamenti. Alla fine mi sarebbe bastato dire più volte di si e fare meno l’antipatica e forse tutti mi avrebbero apprezzata prima.
«Come mai tutta sola?» chiede qualcuno. È una voce maschile, ma non è Andrea.
Mi volto, un ragazzo alto, biondo e con gli occhi azzurri mi sta guardando.
«Sto aspettando l’inizio delle lezioni» rispondo.
«Posso sedermi?» chiede.
Annuisco e lui si siede accanto a me. «Sono Max, piacere»
«Uhm… Gaia. Piacere mio»
«Sei con il gruppo italiano, vero?»
«Si, ma anche tu mi sembri italiano»
«Si, è vero» risponde lui ridendo «Questo è il mio primo giorno qui»
«Capisco»
«Da quanto tempo siete qui?»
«Cinque giorni»
«E’ bella la città?»
«Devo essere sincera: non ho ancora avuto il tempo di vederla. Sono stata in centro il primo giorno, ma non ci sono più ritornata»
«Magari qualche pomeriggio, dopo scuola, possiamo fare un giro insieme»
Sorrido imbarazzata e annuisco «Volentieri» rispondo alla fine.
«Bene»
«Gaia!!» 
Qualcuno mi chiama e mi volto a vedere chi è.
Luigi?!
«Ehm…scusa Max, ma devo andare»
«Certo. Ci vediamo a pranzo»
Annuisco di nuovo e vado verso Luigi. Come mai mi ha chiamata?!
«Che c’è?!» chiedo.
«Le lezioni stanno per cominciare. Andiamo»
Aggrotto la fronte e mi chiedo perché me lo abbia ricordato.
 
La prima lezione passa abbastanza tranquillamente. L’insegnante ci fa parlare in inglese, ovviamente, ci lascia degli esercizi da fare sia in classe che a casa.
Durante la prima pausa scendo in aula computer ma è completamente piena; quindi esco e decido di mangiare qualcosa.
Di solito qui fuori, non c’è quasi nessuno, così posso starmene da sola in santa pace. Mi siedo sul muretto e tiro fuori i biscotti di Andrea.
Sorrido al ricordo di lui che, stamattina, li prendeva e li nascondeva nel sacchettino.
«Non capisco ancora perché ti ostini a stare da sola»
Di nuovo lui. Mi volto e sorrido.
«Ciao Max» lo saluto.
«Ciao Gaia» risponde lui saltando sul muretto. «Com’è andata la tua prima lezione?»
«Dovrei essere io a farti questa domanda»
«E’ vero» dice lui ridendo «Comunque, è andata bene. La tua?»
«Anche… abbiamo già i compiti per casa» dico scherzando.
«Per noi è ancora un po’ presto»
Ridiamo e restiamo per qualche secondo in silenzio.
«Hai già conosciuto i ragazzi del mio gruppo?» chiedo.
«Si, alcuni. Tipi simpatici»
«Già» rispondo lasciandomi sfuggire una risata.
«Ti ho vista entrare con quell’Andrea»
«Vi siete già presentati?» chiedo curiosa.
Max scoppia a ridere e annuisce «Si, in un certo senso»
Credo di avere un punto interrogativo sopra la testa.
«E’ il tuo ragazzo?» chiede serio e io scoppio a ridere.
«No» dico ridendo ancora. «Non è il mio ragazzo»
«Bene» risponde lui guardandomi troppo negli occhi.
Anche distogliendo lo sguardo da lui mi mette a disagio, quindi decido di andarmene.
«Le lezioni stanno per cominciare» dico scendendo dal muretto.
«Ti accompagno»
«Devo parlare con una mia compagna. Divertiti questo pomeriggio»
«Grazie» risponde e, dopo aver annuito, mi volto e quasi correndo entro a scuola.
«Ehi, ma dov’eri?» mi chiede Elena afferrandomi per un braccio.
«Ero fuori, perché?»
«Ti cercava Andrea»
«Ah, beh che voleva?»
«Non lo so, ma era turbato»
«Mi dispiace. Ci vediamo dopo»
Elena mi saluta e io salgo in classe.
Che diavolo ha Andrea per essere turbato?!
Smetto di pensarci durante la lezione successiva, quella più noiosa e difficile di tutte, ma quando esco dall’aula per pranzare, vengo rapita.
Si, proprio rapita.
«Ma che fai?» chiedo capendo che si tratta di Andrea.
«Hai fatto nuove amicizie oggi?»
«E se anche fosse?»
«Nemmeno lo conosci»
«Appunto. Faccio amicizia»
Andrea mi guarda furioso e stinge le mani sulle mie braccia. «Ahi, mi fai male» dico cercando di liberarmi.
«Non parlare con quel tipo»
«Ma chi sei tu per dirmi quello che devo o non devo fare?»
Non risponde, ma stringe ancora e poi mi lascia andare.
E questo?!
Che cos’è successo?!
Sono talmente stordita che salgo in aula e aspetto che la pausa pranzo finisca.
Perché mi ha detto quelle cose?!
Una parte di me direbbe che lui è geloso, e l’altra che, probabilmente, si tratta ancora di quella storia della sorveglianza. Ma chi glielo ha chiesto?! Mia madre?! Impossibile. Serena?! Ma anche no! Nemmeno si conoscono. Gli altri miei amici lo hanno sempre odiato. E l’ultima persona che si preoccuperebbe per me… beh, lei non conta!
In conclusione, ho l’impressione che entrambe le parti abbiano ragione, però poi mi chiedo perché dovrebbe essere geloso di me.
Non gliene è mai importato nulla di me e adesso arriva e fa il principe azzurro.
Fottiti, Andrea!!
 
«Gaia, ti va di venire a fare un giro?» chiede Alessia mentre raccolgo le mie cose.
«Io?»
Alessia ride «Vedi qualcun’altra che si chiama Gaia?» dice gentilmente.
Sorrido imbarazzata e annuisco «Grazie» rispondo e la seguo, poi ricordo che devo avvisare Andrea.
Odio dovergli dire sempre tutto, ma purtroppo devo, perché… viviamo insieme.
Pff…
«Aspetta…» dico fermando Alessia.
«Che c’è?»
«Devo avvisare Andrea»
«Lui è già uscito e insieme a Luigi e Giorgio, sta andando anche lui in centro. Ha detto che ci vediamo là»
«Ah, o-ok» rispondo. Non me lo aspettavo.
Torniamo al punto di partenza?! Di nuovo?!
«Gaia, andiamo!» urla Alessia.
Correndo la raggiungo. Per un pelo non perdiamo l’autobus e, quando arriviamo in centro, ci dirigiamo verso i negozi.
«Vi va di fare un po’ di shopping?» chiede Elena.
«Io dovrei comprare qualcosa per stasera in effetti»
«Non ti sei portata niente di elegante?» chiede scioccata Alessia.
«Beh, non che avessi in mente di fare chissà che quando ho preparato la valigia» mi difendo.
«Vieni Gaia. Andiamo a comprare qualcosa»
Il loro tono di voce e il conseguente ghigno mi preoccupa un po’, ma decido di lasciarmi andare, magari servirà per stringere amicizia con Elena ed Alessia.
Entriamo in un paio di negozi, ma non c’è nulla che attira me e le ragazze, quindi direi che questi giretti sono piuttosto veloci. .
«Ehi, venite qui» esclama Elena. Siamo dentro l’ennesimo negozio di abbigliamento.
Io e Alessia ci guardiamo e, alzando le spalle, raggiungiamo Elena.
«Vi piace questo?» chiede quest’ultima.
«Carino» risponde Alessia.
«No. Non metterei mai una cosa del genere»
«Eh dai. Devi scoprirle un po’ quelle gambe, no?»
«No»
«Gaia!»
«No» ripeto.
«Ok, intanto provatelo» Elena mi lancia il vestito e io, a malincuore, vado a provarlo.
«Sto per uscire» annuncio sperando che non mi abbiano abbandonata lì.
«Dai, siamo curiose» esclama Alessia e un po’ mi rilasso. Non mi hanno lasciata da sola.
Quando apro la tenda del camerino mi fissano per qualche secondo e poi sorridono, dopodiché Alessia si congratula con Elena per la scelta fatta.
«Tieni, prova queste adesso» dice Alessia passandomi un paio di decolleté rosa antico.
Tolgo le calze e indosso le scarpe che mi regalano qualche centimetro. Beh, forse più di qualche centimetro. Queste scarpe saranno alte almeno quindici centimetri, però mi piacciono.
«Stai bene» dicono.
«Grazie»
«Allora, li prendi?»
Mi guardo allo specchio e inclino la testa a destra e a sinistra. Sto bene, quindi si, li prendo.
«Si» rispondo sorridendo.
Mi guardo un’ultima volta e rientro nel camerino per cambiarmi.
Quando esco, trovo Elena e Alessia insieme a Luigi e… Andrea.
Elena sta troppo vicina ad Andrea, mentre Alessia parla tranquillamente con Luigi. Senza dire una parola mi avvicino alla cassa e pago ma, quando mi volto per raggiungerli, Andrea sta baciando Elena; provo qualcosa che non ho mai provato prima.
Gelosia.
Perché sono gelosa?!
Perché di lui poi?!
Mi volto per uscire, perché non voglio continuare a vedere quella scena.
Io non c’entro niente con loro! Perché, allora, ho creduto che io, Elena ed Alessia potessimo diventare amiche?!
Forse perché stamattina Andrea è stato gentile con me? perché mi ha dato quei biscotti e perché ha voluto che andassi con loro alla festa?.
La festa… che idiota sono stata ad accettare.
Tutto è stato pianificato per continuare a prendermi in giro. Loro si divertono a farlo e io ci sono cascata in pieno.
«Ehi, Gaia!!» mi volto, Alessia corre verso di me; gli altri sono ancora ancora dentro il negozio «Vai via?» chiede sorridendo.
«Si, grazie per la compagnia» rispondo sorridendo a mia volta.
«Aspetta! Andrea deve venire con te!»
«No, si sta divertendo. Digli che ci vediamo direttamente a casa. Ciao Alessia»
«Stasera non vieni?»
«Non lo so»
Lei mi sorride e mi fa ciao con la mano.
Mi sento una scema.
Torno alla fermata degli autobus, mi rendo conto di non voler ritornare a casa.
Scorgo il parco della città e attraverso la strada. Sorrido quando vedo quanto verde c’è. E quanti fiori.
Sorrido ancora e scendole scale.
Stranamente c’è il sole, anche se la temperatura non supera i venticinque gradi.
Scelgo un posticino sull’erba, appoggio le buste e mi tolgo la giacca. Lego i capelli con un elastico e mi sdraio. Il calore del sole riesce a penetrare attraverso la mia maglietta, riscaldandomi dentro.
Che sensazione stupenda.
La tranquillità finisce perché sento il cellulare squillare. Mi alzo sui gomiti e lo cerco nella borsa.
«Pronto?» rispondo ritornando nella posizione precedente.
«Ehi, straniera!»
«Ciao Sere»
«Ciao» risponde lei allegra. 
«Come stai?»
«Incasinata con il lavoro, ma non mi lamento. Ho il mio amore che mi coccola a fine giornata»
Mi fa sorridere il tono che usa «Hai ragione»
«Come te la passi?» chiede.
«Mah, ho visto giorni migliori» rispondo alzando le spalle.
«Ancora per Ferrari?» chiede e sono quasi sicura che ha aggrottato la fronte.
«Si» rispondo controvoglia.
«Che ha fatto stavolta?»
Ora che qualcuno me lo chiede non saprei cosa rispondere esattamente. Insomma, in fin dei conti non ha fatto davvero niente, a parte stringermi le braccia fino a farmi male e dirmi di non vedere più un ragazzo che avevo appena conosciuto «Niente»
«Come niente?!» chiede confusa la mia amica e anche un po’ scocciata.
Si aspettava lo scoop.
Sorrido e porto un braccio dietro la testa. «E’ stato carino ieri sera quando sono tornata a casa fradicia come un pulcino»
«Cosa hai combinato?!»
Serena non sa niente, quindi, dopo un lungo respiro per raccogliere le idee, comincio a raccontare tutto alla mia amica «Ieri dopo la scuola gli ho chiesto se potevamo parlare, volevo chiedergli scusa per come mi ero comportata quella mattina, ma lui mi ha aggredita e lasciata sotto la pioggia. Poi è andato con i suoi amici e io sono rimasta lì come una scema a metabolizzare tutto. Mi ha scioccata. Sapevo che mi odiava, anzi che mi odia, ma non pensavo così tanto. Volevo rilassarmi e non pensare a nulla andando in un supermercato, ma quello più vicino a dove ero io era chiuso, così sono andata a casa. Quando sono arrivata ero bagnata fradicia e, dopo aver fatto una doccia bollente, Andrea mi ha preparato una cioccolata calda e questa mattina me lo sono ritrovato a letto con me»
«Un momento, cosa?!?!?!» urla la mia amica. Sono costretta ad allontanare il telefono dall’orecchio. Stava per privarmi dell’udito, accidenti.
«Non urlare e comunque hai capito benissimo»
«Accidenti Bianchi! Sei lì da meno di una settimana e già ti porti a letto un ragazzo, anzi, IL ragazzo»
«Non mi sono portata a letto proprio nessuno» mi difendo mettendomi a sedere. «E’ stato lui a mettersi a letto con me»
«E perché mai?!» chiede ridendo. Adesso mi sta prendendo in giro.
«Beh, mi ha detto che lo ha fatto perché avevo freddo e voleva riscaldarmi»
«Ma è proprio un tenerone»
«Si, proprio tanto» ripeto alzando gli occhi al cielo. «Mr Tenerone ha anche rubato dei biscotti da casa per farmeli mangiare quando non mi sarei sentita più a disagio con lui»
«Ripeto la storia del tenerone» dice ridendo «Perché eri a disagio con lui?» chiede.
Ops, questa parte non gliel’ho raccontata. «Ehm… Sere, lo sai il perché» rispondo imbarazzata. Per fortuna lei non è qui.
«No, non lo so. Che hai combinato, Gaia?!»
Resto qualche secondo in silenzio, nella remota speranza che lei se ne dimentichi «Sto ancora aspettando» dice.
Sbuffo e confesso «Ho immaginato di baciarlo. IO!! Dopo che si è alzato dal letto mi ha chiesto scusa e io gli ho detto di non preoccuparsi; prima di rispondergli però ho immaginato di baciarlo. Per fortuna mi sono ripresa subito»
Sento la mia amica scoppiare a ridere e dall’intensità delle sue risate ne deduco che si sta tenendo la pancia. «Divertente» mormoro stendendomi di nuovo sulla schiena.
«Ok, scusa…» dice ridendo ancora, ma smette subito dopo.
«Grazie. Comunque, dicevo… è stato molto carino con me. Ha voluto che andassi ad una festa insieme a lui e ai suoi amici»
«Ma è fantastico»
«Già…»
«Gaia, tu sei cotta di quello lì. Sei cotta di Andrea Ferrari e non negarlo»
«Non azzardarti a dire più una cosa del genere. Io non sono cotta di lui»
«Si invece e credo che anche lui qualcosa per te la provi»
«Si Serena, odio. Lui mi odia. È l’unico sentimento che ci lega»
«Tu sai che la differenza tra amore e odio è poca»
«E tu sai che la differenza tra un asino con le ali e la mia cotta per lui è pochissima, davvero minima?!»
«Quindi ammetti di essere cotta di lui»
«Non ammetto proprio niente, ho soltanto detto che non esiste nessun tipo di cotta»
«Ne riparleremo tra qualche giorno…»
Alzo di nuovo gli occhi al cielo e proseguo con il mio racconto «Vuoi sapere cos’è successo o no?»
«E’ successo qualcos’altro?»
«Ho conosciuto un ragazzo»
«Gaia, wow!! Fai stragi di cuori»
«No, niente stragi. Abbiamo parlato qualche minuto prima dell’inizio delle lezioni e durante la pausa. Niente di che»
«Mi dici com’è?!»
«Biondo, occhi azzurri, carino, ma non mi attira»
«Certo… tu sei attratta dai biondi, occhi verdi…»
«Smettila, non sono attratta proprio da nessuno»
«Dai ammettilo che ti piace»
«Non ho mai detto il contrario, ma non sono attratta da lui se è questo che intendi»
«Si, va bene. Che cos’è successo con questo tipo?»
«Si chiama Max e non è successo niente. Dopo averci parlato l’ultima volta Andrea mi ha detto che non avrei dovuto parlare più con lui. Chissà cosa gli sarà preso»
«Ma tu sei proprio scema, tesoro mio»
«Scusa?!»
«Rifletti… lui fa il carino con te la sera prima, dorme con te, ti riscalda e ruba i biscotti, poi quando vede che tu sei interessata ad un altro, lui ti dice di non parlargli più. È cotto anche lui»
«Ma non dire stupidaggini. Se fosse stato cotto di me, la sua lingua non sarebbe finita in fondo alla gola di Elena»
«Elena?!»
«Si, li ho visti qualche minuto fa»
«Cavolo… magari vuole provocarti»
«E’ da quando ci conosciamo che non fa altro che provocarmi»
«Questo è vero. Beh, l’unica cosa che ti resta da fare è andare a quella festa e vedere come si comporta, magari invita anche il tuo Max»
«Non è il mio Max»
«Deve esserlo, almeno per stasera, e vestiti strafiga. Spero tu abbia messo in valigia quelle cose che ti avevo detto di metterci»
«Ehm… certo» esclamo trattenendo le risate e guardando le buste accanto a me.
«Mi stai mentendo»
«Non è vero» rispondo scoppiando a ridere.
«Si, invece» dice ridendo anche lei.
Ridiamo come due idiote e, quando riusciamo a riprenderci, la informo dei miei nuovi acquisti.
«Adesso vado. Vuoi che ti saluti tua madre?  Vado da lei stasera»
«Certo, grazie»
«Ci sentiamo domani per il tuo compleanno»
Sorrido e annuisco «Va bene. A domani»
Riattacchiamo e mi sdraio di nuovo sull’erba.
Ripenso a quello che mi ha detto Serena. Andrea non può avere una cotta per me. È matematicamente impossibile.
E io, non ho assolutamente nessuna cotta per lui.
Però, seripenso ai suoi comportamenti di ieri sera e di questa mattina magari una piccola speranza c’è. Abbiamo passato la notte scorsa insieme. 
Non ne sapevo assolutamente niente ed ero anche troppo stanca per svegliarmi e rendermene conto, ma è stato dolce lo stesso.
Non si è approfittato di me.
Un momento… se dico di non avere una cotta per lui, perché continuo a pensare a tutto questo con il sorriso sulle labbra e con gli occhi a forma di cuoricino?!
“Perché sei un’idiota!” mi rimprovera la coscienza.
Sono un’idiota con la I enorme.
Mi alzo di scatto e recupero le mie cose. Non voglio pensare che esiste la possibilità che io mi sia invaghita di lui. No, assolutamente no!
Io lo odio. IO. LO. ODIO.
Mi dirigo nuovamente alla fermata degli autobus e attendo il mio che, per fortuna, arriva subito.
Il tragitto fino a casa dura, come sempre, quasi un quarto d’ora e mi ritrovo a farlo di nuovo da sola.
Se le cose fossero andate diversamente, forse,  poteva esserci Andrea qui accanto a me.
Penso di nuovo a lui?!
Oh mio dio, basta!!
Schiaccio il pulsante per la fermata e, quando l'autobus si ferma, saluto l’autista e scendo.
Qui ci sono parecchi supermercati e, visto che sono aperti, decido di fare un po’ di carica di buon umore.
Entro nel primo e comincio ad ispezionare il reparto caramelle. Le guardo bene e attentamente, leggendo il prezzo di ogni prodotto.
Mi piace fare la spesa, perché mi rilassa e mi sa di famiglia. Sa di organizzazione e mi piace.
Compro un paio di pacchi di caramelle, biscotti, una confezione di pancake, wafer e un barattolo di nutella. Pago ed esco con le mie buste.
Guardo gli autobus accostarsi alle fermate e mi rendo conto di non aver voglia di prenderne un altro per tornare a casa. Non è nemmeno tanto lontano, quindi proseguo a piedi fino a casa, almeno non penso ad Andrea e ho l'opportunità di guardarmi intorno.
«Gaia?!»
Chiudo gli occhi e respiro profondamente. Scappo da lui, ma me lo ritrovo a pochi metri di distanza.
«Ciao» rispondo sorridendo.
«Ciao. Come mai sei da sola?»
Alzo un sopracciglio per la cosa stupida che ha detto «Scusa» aggiunge. Alzo gli occhi al cielo e riprendo a camminare. Guardo la strada e attraverso.
«Come mai sei a piedi?! Non ti ho vista sull’autobus»
«Non c’ero infatti»
«Sei tornata a piedi?!» chiede sorpreso.
«Si, mi piace camminare» E poi dovevo cercare di toglierti dalla mia mente, penso.
«Vuoi una mano?!» chiede.
«No, grazie. Faccio da sola»
«Ok»
Mentre percorriamo la discesa che ci porta a casa restiamo in silenzio. Credo che ci sia anche dell’imbarazzo. Anzi, c’è dell’imbarazzo.
«Senti… dobbiamo chiarire una cosa» dice all’ improvviso.
«Si? Cosa?!» chiedo facendo finta di non capire a cosa si stia riferendo.
«A quello che è successo oggi a scuola. Scusa, non avrei dovuto trattarti in quel modo. Mi dispiace»
«Non preoccuparti» rispondo appoggiando le buste per terra, in cerca della chiave.
«Siamo a posto, quindi?»
Lo guardo per qualche secondo negli occhi. Verde contro verde. E se quello che ha detto Serena fosse vero?!
Interrompo il contatto visivo e apro la porta «Si, siamo a posto» rispondo annuendo.
Lui sorride e mi aiuta a portare i sacchetti in camera.
«Cosa hai comprato?» chiede, come se non lo sapesse già.
«Qualcosa per stasera, ma non credo che verrò»
«Come no?!»
«Non lo so ancora» rispondo svuotando i sacchetti.
«E come mai?»
Come mai?!
Non lo so come mai, o forse lo so, ma non posso dirglielo.
«Ti farò sapere dopo»
«Va bene» risponde lui sorridendo. Guarda la busta con la spesa e mi fissa ridendo. «Che hai comprato?»
«Avevo fame di cose dolci» rispondo alzando le spalle.
«Vedi che così ingrassi, eh» dice scherzosamente.
«Mi va bene» rispondo voltandomi e sistemando le caramelle e i biscotti dentro un cassetto. Lui resta in silenzio.
In teoria vorrei anche andare con lui. È la consapevolezza che lo vedrò ficcare la lingua in gola ad Elena che non mi va giù.
Sono le sei del pomeriggio e dovrei essere pronta per le otto, ma non so decidere.
Andare o non andare?!


------
 

Soooo.... che ne dite del capitolo?!
Ogni volta che arrivo a questo punto ho sempre paura di chiedere cosa ne pensate.
Spero che vi sia piaciuto ^_^
E Max? Che ne pensate?! xD
Vi lascio. A martedì prossimo :* :*
Francy

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Capitolo 6
*** 5. *Posso baciarti?* ***


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Buongiorno/ buon pomeriggio.
Eccomi con un altro capitolo di Andrea e Gaia. Avrei dovuto pubblicarlo stamattina, ma TinyPic mi ha fatto impazzire, bloccandomi tutto il computer -_-
Comunque, sono qui! Purtroppo devo uscire, quindi non ho più il tempo di continuare a rileggere; per questo motivo, se ci sono degli errori, per favore, ditemelo! ;)
Adesso vi lascio leggere.

Let's blame it on September

-Capitolo 5-
  *Posso baciarti?*


Sono seduta sul letto da circa mezz’ora.
I miei vestiti sono sul letto e non so ancora se andare con Andrea o no.
Lui è in cucina a giocare con il cane, ma credo abbia voluto lasciarmi un po’ da sola.
«Toc toc» sento in un perfetto accento inglese.
«Avanti» dico alzandomi dal letto.
«Come stai?» chiede Michelle.
«Potrebbe andare meglio»
«Si tratta del tuo amico?»
«Si e no»
«Ti va di parlarne?! Mi sono accorta che non hai molti amici qui»
«Purtroppo si»
«Eppure è strano perché sei una bellissima donna, sei gentile e spiritosa»
Arrossisco e abbasso lo sguardo. Non sono abituata a ricevere complimenti.
«Grazie» mormoro semplicemente.
«E' la verità»
Le sorrido e guardo il vestito appoggiato sul letto.
«Dovete uscire stasera?!» chiede sedendosi sul letto di Andrea.
«In teoria si, ma non credo di sentirmi pronta»
«Perché?»
«Perché dovrei andarci con Andrea e lui… lui ha baciato un’altra»
Michelle resta in silenzio; mi prende la mano e la stringe forte.
«Ho detto alla mia amica che non ho una cotta per lui, ma ho paura che sia così; cioè, io lo odio, o meglio lo odiavo… oddio non lo so» mi metto le mani nei capelli stendendomi sul letto.
«Secondo me dovresti andare alla festa e divertirti. Non puoi permettere ad un ragazzo di condizionarti la vita»
«Già» mormoro alzandomi. «Hai ragione» dico più decisa.
«Bene. Quindi uscirai?»
«Si» rispondo sorridendo.
«Grande» esclama Michelle alzandosi dal letto «Metterai quello?»
«Si, ti piace?»
«E’ bellissimo. Ottima scelta»
Sorrido e lei fa lo stesso prima di uscire dalla camera. Qualche secondo dopo entra Andrea.
«Ehi» mormora.
«Ciao» rispondo io meno in imbarazzo.
Ho appena ammesso di avere una cotta per lui, un po’ mi sento scema, ma almeno non mi sento in imbarazzo. Forse è il discorso appena fatto con Michelle, perché sono sicura che tra poco mi sentirò in super iper stra imbarazzo.
«Io vado a prepararmi» dice prendendo i suoi vestiti dalla valigia e uscendo dalla camera. Probabilmente si cambierà in bagno.
Non ha detto nulla. Non mi ha chiesto se voglio andare con lui o se preferisco, alla fine, stare a casa.
Decido di cominciare a prepararmi. Approfittando della momentanea uscita dal bagno di Andrea mi lavo i denti e il viso.
Quando ritorno lego i capelli e comincio a truccarmi. Non sono mai stata brava a farlo, ma stranamente stavolta ci riesco.
Quando ho finito, indosso il vestito: un tubino blu ricoperto di pizzo e con un cinturino in vita marrone, e metto le scarpe, un paio di decolleté beige. 
Andrea entra all’improvviso. «Oh scusa…» esclama guardandomi.
«Non preoccuparti» rispondo io voltandomi.
«Quindi vieni?»
«Si» rispondo soltanto.
Sono sicura che a metà serata vorrò andarmene.
«Sei pronta?!» chiede dopo aver allacciato le scarpe.
«Si» rispondo spruzzandomi un po’ di profumo.
Mentre indosso il cappotto gli sento dire, anzi balbettare… «Stai…stai davvero bene»
«Grazie» mormoro e prendo la borsetta. «Andiamo» aggiungo.
«Michelle, noi stiamo andando» dico entrando in cucina. Il rumore dei tacchi mi piace.
«Divertitevi e state attenti» dice. 
«Certo. Grazie»
Quando ritorno da Andrea, lui ha già aperto la porta e mi sta aspettando fuori.
Come al solito non parliamo mentre percorriamo la salita. Adesso mi sento così in imbarazzo che preferirei non essere con lui.
Sento le mani dentro le tasche prudermi e non so perché. Vedo una parte della sua mano che fuoriesce dalla tasca dei jeans e vorrei stringerla.
No, no, no,  no, no… ma che assurdità sto pensando?! Il profumo mi ha fatto male.
Andrea ritorna a fare lo stronzo, ti prego… ritorna a farti odiare!!
Non vedo l’ora di arrivare in centro ma, quando mi rendo conto che non sono maggiorenne, mi fermo di colpo: non mi faranno entrare nel locale!
«Che fai?!» chiede Andrea voltandosi.
«Non sono maggiorenne»
«E quindi?»
«Non posso entrare nei locali»
«Non preoccuparti. Non li dimostri diciassette anni»
«La mia carta d’identità si, però»
«Allora ti faremo entrare in qualche altro modo, non preoccuparti»
Annuisco poco convinta e riprendiamo a camminare.
«Perché stai facendo tutto questo?!»
«Cosa vuoi dire?»
«Fino a qualche giorno fa te ne saresti fregato di me, invece oggi è come se tutto quello che c’è stato tra di noi non sia mai esistito»
«E cosa c’è stato tra di noi?!» chiede guardandomi malizioso.
«Odio» rispondo velocemente. «Soltanto quello»
Lui sospira e sorride, poi parla «Diciamo che ti abbiamo tutti sottovalutata. Non sei una sfigata. Non hai molti amici, ma sei simpatica, quando vuoi»
«Quando voglio?!»
«Si. Penso ancora che tu sia una stronza, ma sei anche simpatica»
«Ah grazie»
«Beh, prego. In fondo tu pensi la stessa cosa di me, no?!»
«Che sei uno stronzo?! Assolutamente si»
«Ecco» risponde ridendo.
«So che ti saresti divertito di più con i tuoi amici; mi dispiace che ti abbiano messo con me; ammetto di non essere una gran coinquilina»
«Secondo te perché passo poco tempo a casa?»
Ah ecco… annuisco e mi siedo sulla panchina della fermata dell’autobus.
«Sta arrivando» mi dice Andrea alzandosi per prendere la tessera dalla tasta posteriore dei pantaloni.
Sospirando, mi alzo anch'io e, dopo essere saliti sull'autobus, non diciamo praticamente nulla.
Quando salgono anche Luigi ed Elena mi ricordo del motivo per cui mi sento così. Luigi si siede accanto a me mentre gli altri due se la spassano dietro di noi.
Sto per mettermi a piangere.
«Stai proprio bene» mi dice Luigi avvicinandosi un po’ a me.
«Grazie»
«Ti presenterei il mio fratellone inglese ma a lui non interessano le bambine» dice ghignando.
«Divertente…» mormoro.
Il caro Luigi dimentica che anche sua cugina ha la mia età ma, nonostante questo, il suo amico ci sta con lei.
«Siamo arrivati. C’è mio fratello là fuori» dice Luigi premendo il pulsante.
Una volta scesi Andrea si comporta da perfetto stronzo. È ritornato in lui. Mi lasciano indietro e, tra risate e battutine, si dirigono verso il locale.
Io mi fermo a guardarli e, quando decido che per me è veramente troppo essere ignorata in questo modo, decido di andarmene al McDonald lì vicino.
Sono un po’ troppo elegante per un posto del genere, ma almeno mangio e nessuno mi prende in giro.
Sento il cellulare squillare dentro la borsa e, quando lo recupero, vedo da chi proviene la chiamata: la ignoro. Finisco il mio panino e mi butto a capofitto sull'enorme sacchetto di patatine. Dopo, voglio anche il gelato.
Il cellulare continua a vibrare, ma io lo ignoro alla grande.
Voglio che si preoccupi.
Quando esco da McDonald sono le dieci e tra un’ora, fortunatamente, devo riprendere l’autobus.
«Gaia!» mi volto di scatto e ritrovo, davanti a me, Max.
Ammetto che sono sollevata di vederlo.
«Ciao»
«Ma stai sempre da sola?!»
Grazie per avermelo fatto notare, eh!
«No, stavo ritornando dai miei amici»
«Ti va di fare una passeggiata?» chiede.
«Certo. Devo essere qui tra un’ora però»
«Ti accompagnerò, non preoccuparti»
«Grazie»
Cominciamo a camminare in silenzio. Si sente soltanto il rumore dei miei tacchi e della musica che proviene da un paio di discoteche. Pensare che Andrea è in una di quelle, con la lingua nella bocca di Elena, mi fa rabbia e mi rende estremamente triste.
Sto per ammettere, di nuovo, di avere una cotta per lui.
Vorrei tanto che non fosse così, perché è così sbagliato che non posso avere una cotta per Andrea Ferrari.
Mi chiedo perché io ce l’abbia!
Ha fatto il carino con me, ok… ma per un giorno. Non posso prendermi una cotta in un giorno! E i quattro anni di odio dove li mettiamo?!
No, deve assolutamente esserci un'altra spiegazione per cui mi senta così.
«Sei silenziosa stasera»
Oh cavolo! Max. Mi ero dimenticata di lui. Alzo gli occhi al cielo. Andrea è capace di non farmi pensare ad altro. È totale!
«Scusa, è che… è stata una giornata pesante»
«Tanto da fare per la scuola?!»
Rido amaramente «A dire il vero non ho fatto proprio nulla. Me ne sono completamente dimenticata» confesso.
«Strano, ti credevo una ragazza studiosa»
«Lo sono, ma certi avvenimenti mi stanno travolgendo»
«Per avvenimenti ti riferisci a quell’Andrea Ferrari?» chiede guardando dietro di me.
«Eh?» Mi volto anch' io e mi accorgo di Andrea che corre verso di noi. Oddio!
Quando arriva non dice nulla, si limita soltanto a scagliarsi contro Max con un cazzotto sul suo zigomo che scaraventa il poverino per terra.
«Andrea!!» esclamo cercando di fermarlo.
«Stai lontana da lei!!!!!» ringhia lui prendendomi per mano e portandomi verso la fermata degli autobus.
«Lasciami» gli dico, ma lui mi tiene ancora più stretta. «Andrea!!!» urlo, facendo voltare alcuni passanti.
«Andiamo a casa»
«No! Ero con un amico. Cosa vuoi da me?» continuo ad urlare.
«Stai zitta! Altrimenti tra poco ci ritroveremo dentro ad una macchina della polizia. Vieni qui» dice e, prendendomi di nuovo per il polso, mi porta verso il parco.
«Non ci vengo lì con te. Lasciami andare Andrea»
«Vieni!» esclama.
«Si può sapere che vuoi da me?! Mi hai sempre ignorata e odiata e le cose andavano una meraviglia; perché adesso ti stai comportando così?!»
«Perché non ti odio» mormora lui mentre continuiamo a camminare.
«Beh, io si. Lasciami andare. Tu tornatene da Elena»
Cazzo!
«Che hai detto?!»
«Niente»
Andrea si ferma e mi mette davanti a me «Che cosa hai detto?» chiede ancora.
Non rispondo e comincio a guardare da un’altra parte. «Gaia!!»
«Ah, allora te lo ricordi il mio nome!»
«Che cosa hai detto?!»
«Perché sei qui con me?! Elena ti starà aspettando»
«Elena?! Che c’entra lei?»
«Non state insieme?»
«Siamo stati insieme»
Cosa?!
«Gaia, non sto con nessuna»
«E allora perché te ne stavi avvinghiato a lei oggi?»
Ci guardiamo per qualche secondo, ma io abbasso subito lo sguardo «Scusa, non sono affari miei»
«Perché, ti ha dato fastidio?»
«Non mi ha dato fastidio»
«E allora perché me lo stai dicendo?»
«Andrea…» lo chiamo. Lui si sta avvicinando troppo a me.
Provo a fare un passo indietro, ma le sue mani  finiscono sul mio fondoschiena avvicinandomi di più a lui.
Che sta succedendo?!
Il mio cuore sta andando al galoppo. Le mani mi sudano e ho gli occhi spalancati sul ragazzo davanti a me che sta per baciarmi.
«Stai calma» dice all’improvviso.
«Sono calma» rispondo cercando di non far tremare la mia voce.
«Certo, come no. La vena del tuo collo sta per scoppiare» dice e si abbassa per baciarla.
Il contatto delle sue labbra con la mia pelle mi fa male, come se bruciasse, ma è fantastico; terribilmente piacevole.
«Andrea?»
«Hm?» mormora. Le sue labbra sono ancora sul mio collo.
«Perché lo stai facendo?» chiedo. Posso sembrare lucida al momento, ma non lo sono. Questa domanda lo dimostra.
«Non posso baciarti?»
Si «No»
Andrea si allontana di scatto e piega la testa di lato «Che ti prende?»
«Mi prende che non sono una delle puttanelle che ti fai di solito. Non sono come le ragazze che frequenti di  solito»
«E questo mi piace»
«Il fatto che la tua lingua, magari fino a dieci minuti fa, fosse dentro la bocca di Elena non lo dimostra»
«Ma si può sapere perché ti poni questo problema?! Che ti frega se bacio Elena»
«Mi frega e basta. Adesso voglio tornare a casa» dico e mi libero delle sue mani. Ritorno velocemente indietro e attraverso la strada. 
Per fortuna l’autobus arriva quasi subito, così sia io che Andrea riusciamo a prenderlo.
«Sei gelosa» mi dice all’orecchio.
«Io! Gelosa?! Di uno come te, poi?. Non credo proprio»
«E allora perché ti ha dato così fastidio che io abbia baciato Elena?»
Trova una scusa Gaia; trova una scusa!!
«Non lo so perché mi ha dato fastidio. Ti ho già detto che non sono affari miei e ti ho chiesto scusa»
«Ammettilo che ti piaccio» dice.
Cerco di ignorarlo, ma è difficile quando si ha una bottiglietta di profumo vivente seduta accanto. È così bello. Sa di Andrea.
«Non mi piaci Andrea. Perché dovresti piacermi?» chiedo.
Mento spudoratamente, ma devo farlo. Se dovessi rivelargli che mi piace e che ho una probabile e madornale cotta per lui, mi prenderebbe in giro per il resto della mia vita.
«Perché sono stato gentile con te, perché sono bello e ricco, perché mi hai visto in boxer e solo questo dovrebbe già farti cadere ai miei piedi»
Mi volto e lo guardo sorridendo. «Modesto, davvero»
«Dico solo la verità»  risponde lui guardando davanti a se.
«Te la dico io un’altra verità» dico vicino al suo orecchio. Lo sento irrigidirsi e trattenere il fiato. «Mi piaci solo perché sei stato gentile e carino con me un giorno, anzi, mezza giornata! Puoi fare di meglio Ferrari» 
Quando mi rimetto composta al mio posto mi guarda. «Posso fare di meglio?» chiede.
«Si» rispondo sorridendo e guardando fuori.
«Vuoi dire che se fossi più carino con te, potrei piacerti?»
«Premi il pulsante Andrea» dico guardandolo. Lui ricambia lo sguardo «Il pulsante» dico di nuovo e, finalmente, dopo qualche secondo, lo preme.
L’autobus si ferma e per fortuna posso respirare nuovamente aria pulita e che non sa di Andrea.
«Non mi hai risposto» dice mentre percorriamo la strada di casa.
«Non meriti una risposta, semplice»
Andrea guarda davanti a se e annuisce «Facciamo una gara» dice fermandosi in mezzo alla strada.
«Che gara?»
«Prima di arrivare a casa ci sono altri due incroci e qualche metro. Se arrivo prima io mi rispondi e dormo con te; quel letto piccolo mi sta uccidendo»
«E se arrivo prima io?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Si presume che tu abbia accettato»
«Può darsi»
«Beh, nel caso in cui tu riuscissi a battermi puoi evitare di rispondermi tenendo tutto per te e dormirai da sola»
«Non sei il tipo a cui piace perdere, vero?» chiedo togliendomi le scarpe.
«Ragazza intelligente» risponde indicandomi con il dito.
Rido e mi lego i capelli. Riprendo le scarpe e cerco di farmi forza mentalmente. So che non vincerò,  ma devo provarci, perché non voglio passare un’altra notte con Mr Simpatia.
«Sei pronta?!»
«Ho altra scelta?!»
«Potresti rispondermi e lasciarmi dormire con te; così ci risparmieremo una doccia alle undici di sera»
Lo guardo e scoppio a ridere. «Cos'hai da ridere?!» chiede ridendo a sua volta.
«Mi piaci già» confesso e comincio a correre. Per fortuna siamo in discesa. Riesco a superare quasi subito il primo incrocio e, quando mi volto, vedo che lui si è appena messo a correre. Probabilmente ha dovuto metabolizzare quello che gli ho detto.
Corro fin quando Andrea non mi blocca e praticamente arriviamo davanti casa nello stesso momento; però se Andrea non mi avesse afferrata per il braccio, sarei arrivata prima di lui.
«Non posso permettere ad una ragazza di battermi» dice con il fiatone.
«Non sei corretto» rispondo ridendo.
«Fino a mezz’ora fa avresti voluto schiaffeggiarmi mentre adesso stai tra le mie braccia»
Mi allontano di scatto e, dopo aver recuperato la chiave, entro in casa.  Mi tolgo le scarpe che lascio davanti al letto e salgo in bagno.
Non so perché la sua ultima affermazione mi ha turbata così tanto. Comunque avrei volentieri continuato  a stare tra le sue braccia.
Mentre sono seduta dentro la vasca, intenta a sciacquare i piedi, bussa qualcuno.
«Gaia? Mi fai entrare, per favore?» chiede sottovoce.
«Ho quasi finito» rispondo asciugandomi i piedi e mettendo a posto velocemente.
Apro la porta e me lo ritrovo davanti, in tutta la sua fottuta bellezza.
«Ho detto qualcosa che ti ha turbata?» chiede.
Faccio segno di scendere giù e lui, silenziosamente, mi segue.
«Allora?» chiede ancora dopo aver chiuso la porta della nostra camera.
Mi siedo sul letto e lo guardo. «Non voglio pensare che mi è piaciuto stare tra le tue braccia»
«Non c’è niente di male»
«Non ci sarebbe nulla di male se poi tu non cominciassi a prendermi in giro»
«Non ti sto prendendo in giro»
«Adesso magari no, ma domani mattina appena sarai di nuovo con quelli della tua specie, dirai che la sfigata di tutta la scuola si è presa una cotta per te e comincerete a scherzare su questo»
«Ti sei presa una cotta per me?» chiede ridendo.
Oh merda!
Oh mio dio, cosa ho combinato!
«Era per dire!» esclamo cercando di riparare.
«Bianchina, ti sei presa una cotta per me?!»
«No, idiota!!» urlo tirandogli un cuscino in faccia.
Mi guarda un po’, poi prende un lungo respiro e parla «Non ti prenderei in giro, anche se fosse»
«Non è così, quindi possiamo anche smettere di pensarci»
«Ok»
Mi abbasso a prendere il pigiama ed esco cercando di non guardarlo.
Una volta chiusa in bagno mi do dell’idiota da sola e, dopo aver sbattuto più volte la testa al muro, mi cambio, lavo i denti e scendo piano in camera.
«Odio quel pigiama lo sai?» dice Andrea mentre spegne il computer.
«Non preoccuparti tra due settimane non lo rivedrai più»
«Beh, comunque» dice mentre si toglie i jeans sostituendoli con i pantaloni di una tuta. «Buon compleanno» aggiunge togliendosi anche la camicia.
«Grazie» mormoro imbarazzata.
Velocemente mi metto a letto e gli do le spalle.
«Fammi spazio» dice mentre solleva le coperte.
«Che stai facendo?» chiedo.
«Mi sto mettendo a letto»
«Non nel mio!»
«Sono arrivato prima di te»
«In teoria sarei arrivata per prima, tu mi hai bloccata!»
«Appunto, quindi sono arrivato prima io»
«No. Andrea, non possiamo dormire nello stesso letto»
«Eh dai… E’ davvero scomodo quel letto» dice serio.
Accidenti. Guardo il letto e guardo di nuovo lui che mi fa gli occhi dolci.
«Va bene» dico.
Alla fine sono costretta ad arrendermi!
«Grazie» risponde contento stendendosi con le braccia dietro la testa.
Sbuffo e gli do le spalle.
«Quanti anni compi?» chiede dopo qualche minuto di silenzio.
Non rispondo subito, anche perché voglio capire se è serio o se sta cercando un pretesto per prendermi in giro.
«Bianchina?»
Per la prima volta dopo quattro anni questo nomignolo mi fa sorridere. «Diciotto» rispondo.
«Sarai contenta di festeggiarlo qui» dice ancora.
«Non proprio»
«Come mai?»
«Con chi dovrei festeggiare?! A casa avrei avuto la mia amica e mia madre»
«Hai me»
Mi volto e lo guardo «Te?» Alzo un sopracciglio e lui annuisce.
«Non credo proprio»
«Perché no?! Vedi! È questo che non capisco di te. Perché quando qualcuno mostra interesse nei tuoi confronti tu devi rispondere con questo scetticismo super tagliente»
«Tu non sei interessato a me. È solo una cosa momentanea. Stai cercando qualsiasi cosa ti piaccia in me per rendere più sopportabile la tua permanenza qui»
Sta per rispondere, ma…
Le sue labbra sono sulle mie e si muovono delicatamente. Ho gli occhi spalancati e le guance rosse come un semaforo. Lui mi guarda e richiude gli occhi cercando di approfondire il bacio. Le sue mani si posano sulle mie guance, accarezzandole. Dopo questo suo gesto mi lascio andare.
Dischiudo le labbra e ricambio il bacio.
Il mio primo vero bacio.
Oh Dio, non posso credere che lo stia dando a lui. Andrea!!
«Che sto facendo?» mormoro.
«Shh»
Senza staccarsi dalla mia bocca si alza per distendersi su di me.
Continuiamo a baciarci… io sotto, lui sopra.
Ammetto di sentirmi un po’ a disagio durante il bacio, ma questa sensazione aumenta ancor di più quando lui comincia a baciarmi il collo, scendendo fino al mio seno, per fortuna coperto dal pigiama.
«Andrea…» mormoro.
«Tranquilla»
«Andrea, ti prego; fermati»
«Che succede?»
«Fermati»
Lui mi guarda e mi lascia un ultimo bacio sulle labbra. Si stende al mio fianco e io, imbarazzata, faccio lo stesso, cercando di regolarizzare il respiro.
«Buonanotte» dico velocemente voltandomi di nuovo.
Che vergogna.
Come farò nei prossimi giorni?
E domani mattina?!
Oh mio dio.
Cerco di non muovermi e di non avvicinarmi troppo a lui e, quando riesco ad addormentarmi, lo sento vicino a me.

 

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Capitolo finito...
Che ve ne pare?
Per eventuali spoiler, potete fare un saltino sul mio gruppo facebook "FrancyEFP"
Adesso vado!! :*
Al prossimo martedì.
Un bacio,
Francy.

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Capitolo 7
*** 6. *Tu sei come il fuoco. Emani calore, ma ho paura di bruciarmi...* ***


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Eccoci con un altro capitolo della vostra storia preferita (LOL)
No, comunque, a parte gli scherzi, sper che fin qui la storia vi sia piaciuta e che non vogliate prendermi a pomodori in faccia per i prossimi, nel caso in cui non vi piacciano! Spero di no! ^^
Bene, è ora di lasciarvi alla lettura.

 


Let's blame it on September

Capitolo 6

"Tu sei come il fuoco. Emani calore, ma ho paura di bruciarmi..."

 
Sento caldo, tanto caldo, ma sto bene. Sento due braccia circondarmi e stringermi forte. Apro gli occhi e mi ritrovo davanti il volto rilassato di Andrea.
Oh mio dio, ho dormito con Andrea. Sono stretta ad Andrea.
Mentre lo guardo lui apre gli occhi e abbassa la testa per guardarmi. «Buongiorno» mormora con voce roca.
«Ciao» rispondo sorridendo.
Cerco di alzarmi ma lui mi blocca per il braccio. «Aspetta…»
«Che c’è?» chiedo.
«Vieni qui» dice e mi circonda il viso con le sue mani. Mi bacia dolcemente, fin quando anch'io ricambio il bacio.
Da dolce il bacio diventa passionale, ma io non sono la sua amica abituale; non voglio che faccia con me quello che fa con le altre.
Non so nemmeno perché mi stia baciando di nuovo. Non so perché l’ha fatto ieri sera.
«Vado a vestirmi» dico fermandolo.
Lui sembra restarci male, quindi, approfitto di questo momento di pausa, per scendere dal letto, recuperare le mie cose dalla valigia e salire in bagno. Solo quando sono da sola mi fermo a pensare a quello che è appena successo.
Andrea mi ha baciata di nuovo. Il perché lo ignoro ma mi ha baciata.
Tocco le labbra e sorrido. Sento ancora le sue labbra sulle mie.
Bacia bene, accidenti.
«Gaia! Sbrigati. Devo andare in bagno» esclama Andrea bussando alla porta.
Quasi mi viene un infarto «Arrivo» esclamo e velocemente mi lavo e mi vesto.
Quando esco me lo ritrovo di nuovo troppo vicino «Dove credi di andare vestita così?»
«Scusa?» chiedo guardandolo di traverso.
«Ti si vede il reggiseno»
«Bello, vero?» gli rispondo ridendo.
Scendo velocemente le scale, vado in cucina per salutare la famiglia e fare colazione. «Buon compleanno!! » esclamano in coro, mentre i bambini urlano e strillano.
«Buongiorno» rispondo ridendo. «Grazie»
«Dov’è Andrea?» chiede Paul.
«In bagno. Scende tra poco»
«Bene. Nel frattempo…Vuoi del caffè?»
“Non bere il caffè inglese” mi aveva raccomandato Serena. «Si certo, grazie»
«Come è andata ieri sera?» chiede Paul mentre porge un piatto a Finlay.
«Ehm… è andata» rispondo sorridendo.
«E’ successo qualcosa?» chiede, questa volta, Michelle.
Improvvisamente mi ricordo di Max. «No» mormoro velocemente. Spero che oggi a scuola si ignorano.
«Buongiorno» 
È Andrea che è appena entrato in cucina.
«Buongiorno» lo salutano gli altri.
«Bene, adesso che siamo tutti qui, direi che è d’obbligo per la festeggiata spegnere le candeline»
«Cosa?!» esclamo sorpresa.
«Che ha detto?!» chiede Andrea guardandomi.
«Devo spegnere le candeline» gli spiego mentre Michelle e i bambini cominciano a cantare “Tanti auguri”.
«Oh mio dio» esclamo ridendo.
La canzoncina finisce e adesso davanti a me c'è una torta. Sembra buona…
«Su, spegnile» mi dice Andrea sorridente.
Il suo sorriso contagia anche me e, dopo aver ringraziato con lo sguardo la mia famiglia inglese, soffio sull’uno e sull’otto.
Partono gli applausi e, nello stesso momento, Anise e Talia mi stringono forte le gambe, a mo’ di abbraccio.
«Grazie piccole» dico abbassandomi per abbracciarle.
Michelle, Finlay e Paul continuano a farmi gli auguri e quando è il turno di Andrea, siamo un po’ in imbarazzo.
«Me li hai già fatti» gli dico evitando di entrare di nuovo in contatto con lui.
Lui annuisce e si siede in attesa della sua fetta di torta.
«Non occorreva fare questo, Michelle»
«Ma si invece. Non preoccuparti»
«Ecco, questo è per te» dice Paul porgendomi una busta contenente un pacchettino.
«Cos’è?»
«Aprilo e lo vedrai»
Guardo Andrea e lui guarda me, curioso. Mi incita ad aprirlo alzando le sopracciglia.
Dopo averlo scartato, tolgo il coperchio ad una scatola; tra le mie mani cade una fantastica collanina con un ciondolo.
«Aprila» dice Michelle emozionata.
Lo faccio e sento le lacrime riempirmi gli occhi. Li guardo e sorrido «Ti piace?»
«La adoro. Grazie mille» esclamo scendendo dallo sgabello per abbracciarli. «Grazie»
«Potrai averci sempre con te»
«Sarete sempre nel mio cuore» dico emozionata ed è la verità. Da quando faccio questo tipo di esperienze questa è la prima famiglia che mi è entrata così nel cuore.
Abbraccio anche i bambini, mentre apro la busta e leggo la loro lettera.
«Dovremmo andare adesso» dice all’improvviso Andrea.
Annuisco e mando giù l’ultimo pezzo di torta «La torta era squisita. Grazie»
«Figurati. Ci vediamo stasera»
«Certo. A stasera»
Corro velocemente in camera, prendendo giacca e borsa; indosso le scarpe ed esco.
Andrea è già fuori.
«Siamo in ritardo?» chiedo, rendendomi conto di non aver nemmeno controllato l’orologio.
«No, non siamo in ritardo, ma volevo restare un po’ da solo con te»
«Ah. E…e perché mai?»
«Per quello che è successo la notte scorsa e…questa mattina»
«Ti sei pentito?! Perché se è così lo capisco. Insomma… nemmeno io vorrei baciare una sfigata o passare la notte con lei…»
«Ehi… rallenta! Non mi sono pentito di nulla»
«No?»
«No» dice sorridendo.
«E allora di cosa dobbiamo parlare?! È stata una cosa senza importanza, no?»
«Beh, non so che importanza vuoi darle tu, però, a me è piaciuta. Tutto»
«E’ stato solo un bacio. Non significa niente»
«Quindi posso baciarti quando voglio?» chiede lui voltandosi verso di me e avvicinandosi pericolosamente al mio volto.
«Vuoi… vuoi baciarmi ancora?»
«Si»
«Ed Elena?!» gli chiedo ricordando quello per cui stavamo discutendo la sera prima.
«Elena non mi interessa»
«E allora perché la stavi baciando?»
Lui alza le spalle e riprende a camminare.
Sospiro e decido che, per il momento, è meglio accantonare l’argomento.
«Che ore sono?!» chiedo mentre arriviamo alla fermata.
«Appena le otto»
«Che cosa?! Mi hai fatto venire qui quaranta minuti prima?»
«Si, te l’ho detto. Così possiamo parlare»
«E allora avanti. Parla»
«Sei carina vestita così. C'è troppo nero, ma sei carina»
Alzo gli occhi al cielo e mi siedo accanto a lui.
Lo sento ridere; si avvicina un altro po’ a me e guarda la strada. «Non credevo potesse essere così piacevole passare il tempo con te, soprattutto la notte»
«Stanotte dormi nel tuo letto»
«Non ci penso proprio» risponde ridendo.
«Allora ci dormo io. Puoi tenerti il mio letto»
«Dai Bianchina, stavo scherzando…»
Lo guardo e, dopo averlo fulminato con lo sguardo, ritorno a guardare la strada. «Cosa ehm… cosa ti piacerebbe fare oggi?» chiede.
«Niente di particolare. Abbiamo la visita nel pomeriggio»
«Si, è vero» risponde lui. «Stasera posso portarti a cena fuori?» chiede, mi volto di scatto a guardarlo.
«Cosa?!»
«Vorrei invitarti a cena… per il tuo compleanno»
«Non occorre, davvero»
«Insisto»
«Anch' io. Sul serio, non è necessario che tu lo faccia, ma grazie per il pensiero. È stato… carino da parte tua» dico sorridendo.
Lui annuisce e distoglie lo sguardo da me.
I minuti passano e noi restiamo in silenzio, ma c’è una cosa che devo sapere e che devo chiedere.
«Perché mi hai baciata?»
A quanto pare non si aspettava questa domanda, perché mi guarda e si gratta la testa, confuso.
«Non lo so… voglio dire… tu eri lì, io ero lì e ho voluto farlo»
«Buono a sapersi» dico sorridendo.
«Tu hai detto che ti piaccio già»
«Non è vero, quando?!»
«Ieri sera, prima di arrivare a casa»
Scoppio a ridere nervosamente. «L’ho detto solo per distrarti e avere qualche secondo di vantaggio»
«Sei perfida»
Rido e lo guardo. «E’ acqua passata» rispondo alzandomi e sistemando la giacca.
«Comunque ehm…» si schiarisce la voce e si alza anche lui.
«Che c’è?»
«Dovresti vestirti più sportiva» dice sorridendo.
«Cos’ha che non va il mio modo di vestire?» chiedo guardandomi.
«No, sei perfetta. Sei stupenda, è questo il problema»
«Ah»
Momento imbarazzante.
Oddio e adesso cosa gli dico?!
«C’è l’autobus» esclamo.
«Vuoi prenderlo adesso?»
«Possiamo continuare a parlare una volta arrivati se vuoi»
«Certo»
Annuisco ed estraggo la tessera dalla borsa. Quando salgo vedo Luigi ed Elena.
Il mio buonumore, al ricordo del bacio tra Elena e Andrea, svanisce all'istante. Mi sorridono ma mi siedo lontana da loro. Noto che hanno ancora i vestiti di ieri sera «Che ci fate qui?» chiede Andrea oltrepassandomi e sedendosi vicino a loro.
«Siamo rimasti a dormire da un’amica di Jonas, il fratello inglese»
«Ah ecco» sento dire al mio compagno di casa.
«A te com’è andata? Perché sei andato via presto?» chiede Elena.
«Ero stanco»
«Stanco?! Quando mai hai rinunciato ad una serata in discoteca per la stanchezza?!»
«C’è sempre una prima volta» risponde Andrea e, probabilmente dopo avermi vista in disparte, mi chiama. «Bianchina, vieni» dice. «Oggi Gaia compie diciotto anni»
«Davvero?» chiedono entrambi.
«Già» rispondo io restando al mio posto.
Per fortuna arriviamo quasi subito, quindi premo il pulsante e mi alzo. «Ma che ha?» sento dire ad Elena.
«Non lo so» risponde Andrea.
Quando scendiamo vengo raggiunta da Andrea. «Cosa succede?»
Lo guardo «Niente, perché?»
«Perché sei fredda»
«Andrea, non sono fredda. Ritorna dai tuoi amici»
«Vieni con me»
«No, devo dare delle spiegazioni a qualcuno» dico guardandolo storto.
Lui sorride e si guarda intorno.
«Ci vediamo dopo?»
«Si» rispondo sorridendo.
«Ah, Gaia, non… non dire niente del bacio e… si insomma di quello che è successo la notte scorsa»
Gran figlio di….
Ok Gaia… respira e calmati.
«Certo, non preoccuparti» rispondo e mi volto per entrare velocemente a scuola.
Voglio piangere, voglio piangere….
Salgo velocemente le scale e mi nascondo in un angolino che avevo intravisto qualche giorno prima. Scoppio a piangere silenziosamente perché mi sento una stupida. Una stupida che ha baciato un altro stupido. Pensavo che Andrea avesse cominciato a cambiare opinione su di me e che, dopo la notte scorsa, le cose potessero essere cambiate. Pensavo che…
Pensavi che anche lui potesse avere una cotta per te. Pensavi di essere ricambiata, perché lui a te piace. Non provi più odio nei suoi confronti. Hai cambiato opinione su di lui
Oh dio no… la mia coscienza ha terribilmente ragione. Non voglio… non voglio avere una cotta per lui. Non voglio no…
Proprio in quel momento sento squillare il mio cellulare. Lo estraggo dalla tasca e tiro su col naso. «Pronto?»
«Tesoro, buongiorno»
«Ciao mamma»
Proprio lei ci mancava.
«Stai bene? Hai una voce stranissima»
«No, sto bene. Non preoccuparti»
«Sei sicura? È successo qualcosa?»
«No, davvero»
«Ok… beh, allora buon compleanno tesoro»
Sorrido e asciugo un’altra lacrima «Grazie mamma. Mi sarebbe piaciuto festeggiarlo con te»
«Tesoro, festeggerai il prossimo con me. Divertiti oggi, ok?»
«Va bene. Proverò a farlo»
«Bene. Adesso vado a lavoro. Ci sentiamo stasera?»
«Certo. Buon lavoro mamma. Ti voglio bene»
«Ti voglio bene anch' io» dice e una nuova ondata di lacrime mi fa mancare il respiro.
Non avevo mai pensato a quanto potesse mancarmi mia madre. L’ho lasciata da sola e lei non lo merita.
Mio padre l’ha fatto, ma io non sono come lui, nonostante tutti dicano che gli somiglio molto; anche nei comportamenti… No, io non abbandonerò mai le persone che amo.
Continuo a piangere, fin quando mi accorgo di alcuni ragazzi che passano lì vicino. Mi alzo cercando asciugare le lacrime e il mascara che cola.
Esco dal mio rifugio e scendo. In bagno incontro Alessia, quindi la saluto velocemente ed entro in una cabina.
«Tutto ok?» chiede.
«Si, certo»
Prendo lo specchietto dalla borsa e mi do una sistemata. Per fortuna la pochette con i trucchi è sempre con me, quindi riesco a nascondere gli occhi e il naso rosso.
Quando esco Alessia è ancora lì che mi guarda.
«Ehi, ma tu hai pianto?»
«No, non ho pianto» preciso subito «Vado in aula»
Esco velocemente e salgo nuovamente di sopra.
Ovviamente non c'è mai un limite al peggio e così Luigi informa l’insegnante del mio compleanno; tutti cominciano a cantarmi “Happy birthday”. Sprofondando dalla vergogna, ringrazio e finalmente iniziamo la lezione che però passa lentamente
«Buon compleanno» mi dicono alcuni ragazzi baciandomi sulle guance, dopo la fine della prima lezione.
«Grazie» rispondo; sono stanca di dirlo.
«Ehi, tutto ok?»
Mi volto e Andrea mi sta fissando, sorridendo.
«Si, tutto ok» rispondo sorridendo appena.
«Hai visto il tuo amico?» mi chiede.
«No, non ancora» rispondo cercando una via di fuga.
«Se vuole picchiarmi avvisami»
Lo guardo storto e continuo ad osservarmi intorno «Che c’è?! Devo proteggere la mia bella faccia e se lui vuole picchiarmi mi chiudo in aula»
«Piantala di fare lo stronzo» esclamo e colpendolo ad una spalla, mi allontano.
Esco nuovamente fuori e vado a sedermi sul solito muretto.
Per fortuna stavolta non viene a disturbarmi nessuno. Non sono dell’umore adatto per affrontare Max. Oggi sarebbe dovuta essere una bella giornata: è il mio compleanno. Ma sta succedendo un casino. Spero che  migliori nel pomeriggio.
 
Avevo sperato che il pomeriggio fosse migliore? Ovviamente no! Perché avere tutta questa fortuna nella vita? Perché desiderare di passare un compleanno in tranquillità?
Sono seduta sull’autobus, Andrea è davanti a me e ogni tanto i nostri occhi si incrociano.
Mi strapperei i capelli se non volessi restare calva. Ma come ho fatto a prendermi una cotta per uno come lui?!
Perché io?!
Perché lui?!
“E’ capitato e basta. Adesso smettila”
Grazie coscienza, eh! Sempre molto carina con me.
Bene, mi sono messa a parlare da sola. Questo si che è un buon segno. Sbuffo e abbandono la testa sul finestrino. Sono stanca e voglio dormire.
«Che ti succede oggi?»
Cosa ci fa Andrea al posto della mia compagna?! Quando hanno cambiato di posto?
«Niente» rispondo cercando di risultare il più convincente possibile.
«Niente?! Gaia, è tutto il giorno che tieni il broncio; a pranzo sei scomparsa e, da quando siamo sull'autobus, non hai parlato con nessuno e hai sospirato per la maggior parte del tempo»
«Mi hai osservata parecchio» mormoro guardandolo.
«Quando la mia compagna di casa ha qualcosa che non va devo preoccuparmi»
«E quando mai ti sei preoccupato per me?» chiedo antipatica.
«Da quando sei tornata a casa bagnata come un pulcino e poi… beh la cosa è andata avanti quando ti ho baciata»
«Andrea, posso farti una domanda?»
«Dimmi»
«Perché hai cambiato atteggiamento con me? Ti ricordi come ti comportavi prima? Eri uno stronzo con me; certo, lo sei ancora adesso, ma molto meno. Sei più gentile e… e mi hai baciata»
«Shhh…» Mi tappa la bocca e io lo guardo sconvolta.
No, non è cambiato. È sempre lo stronzo di prima.
Allontano le sue mani da me e mi appoggio allo schienale del mio sedile. Fottiti, Andrea!!
«Non deve saperlo nessuno. Non ora»
Non ora?! Crede di farsi l’avventura inglese. Beh, ha sbagliato ragazza!
«Hai ragione. Non deve saperlo nessuno»
«Ragazzi, prendete la vostra roba e scendete tutti dall’autobus» annuncia l’autista.
«Che ha detto?» mi chiede Andrea.
«Che devi scendere!» esclamo spingendolo per farlo alzare.
«Ti vuoi dare una calmata? Cosa c’è? I diciotto anni ti stanno danneggiando i neuroni?!»
Sei arrabbiato con me? Oh, caro Andrea, non immagini quanto io sia profondamente incazzata con te!!
«Si!! Adesso lasciami in pace»
«Tranquilla. Non ti disturbo. Non ne vale la pena» dice lui attirando l’attenzione di tutti i ragazzi sull’autobus.
«Ma che succede?» gli chiede Luigi.
«Niente. È solo una stronza viziata» risponde Andrea, mentre io scendo dall’autobus; la sua affermazione mi ferisce, perché io sarò anche stronza quando qualcuno mi provoca, ma non sono viziata!
Mi volto di scatto e mi avvicino di nuovo a lui «Cosa sarei io?»
«Non dovresti origliare le conversazioni degli altri»
«Avrei voluto non sentirlo, ma la tua voce fastidiosa si sente lontano un miglio»
«Se la metti così, te lo dico volentieri cosa sei. Sei un grande stronza e una puttanella viziata. Tuo padre dovrebbe tenerti di più a casa e dovrebbe insegnarti un po’ di educazione»
Non avrei mai voluto, ma la mia mano vola sulla sua guancia, lasciando impresse cinque dita.
«Non sai niente di me» ringhio a cinque centimetri dalla sua faccia. «Chiedi al tuo di insegnarti l’educazione, prima di parlare del mio»
Pensando a quello che mio padre mi ha insegnato, anzi, a quello che non mi ha insegnato, i miei occhi si inumidiscono, ma non gli darò mai la soddisfazione di piangere davanti a lui o agli altri; purtroppo, però, una lacrima sfugge al mio controllo.
Andrea se ne accorge e il suo sguardo si addolcisce, ma non voglio vederlo; almeno fino a quando non saremo costretti a tornare a casa.
«Avete smesso di litigare voi due? Se entrambi non la smettete di stuzzicarvi vi rispedisco a casa con il primo volo disponibile e non m'importa chi ha iniziato» ci rimprovera la professoressa. Io guardo per l’ultima volta Andrea; mi volto, mettendomi gli occhiali, e allontanandomi dal gruppo.
Perché mi sono messa in questo casino?!
Non potevo starmene semplicemente a casa?
Perché poi ha dovuto tirare in ballo mio padre?! E perché diavolo io sto piangendo come una cretina?! Mi ero ripromessa, dopo l’ultima volta, di non piangere più per lui, invece  sono qui a piangermi addosso perché mi manca e perché l’amore per l’Inghilterra me l’ha trasmesso lui.
Ero ancora piccola ma lui mi parlava dei suoi viaggi in tutta l’Inghilterra, delle sue esperienze, dei suoi studi a Cambridge e della sua intenzione di portarmi a Londra un giorno. Poi, era arrivata la notizia e tutto era svanito nel nulla.
Un’altra ondata di lacrime mi fa piegare sulle ginocchia. Cerco di calmarmi ma non ci riesco. I ricordi fanno troppo male e non voglio pensare all'immagine di mio padre che varca la porta di casa per non tornare mai più.
«Gaia!!» mi sento chiamare e mi alzo di scatto.
È Alessia.
«Scusami Alessia. Ho bisogno di qualche minuto»
«La Vietti ha detto che dobbiamo metterci in fila per entrare»
«Si, arrivo» mormoro cercando i fazzoletti nella borsa.
Quando li trovo, soffio il naso e sistemo il trucco. Le guance mi sono diventate nere.
«Ci sono» rispondo alzandomi e indossando gli occhiali. «Ti prego non dire nulla»
«Non preoccuparti» risponde lei sorridendomi.
«Grazie»
Quando torniamo sono già tutti in fila e Andrea sta ridendo con i suoi amici.
Cerco di fermare la nuova ondata di lacrime, anche se, sono sicura di non resistere a lungo.
«Bianchi, vai con il tuo compagno di casa»
«Ma…» provo a controbattere.
«Niente ma. Vai con Ferrari e non discutere»
Sbuffo ancora e mi avvicino a lui. «Quanto sole!» mi prende in giro.
Io non rispondo; mi limito soltanto a prendere la mio audio guida e ad avviarmi verso il sito.
Siamo a Stonehenge e, se non fosse per lo stupido che ho accanto, sarei felice di essere qui.
Quando intravedo in lontananza la struttura tornano le lacrime. È stato mio padre a parlarmi per la prima volta di questo sito.
Purtroppo non possiamo avvicinarci molto, ma già così, mi fa un certo effetto.
Tolgo gli occhiali per guardare meglio e resto meravigliata. Perché dovrebbe importarmi di Andrea e di quello che mi sta facendo passare, quando ho davanti questa meraviglia?!
Lasciatemi qui, per favore!
«Cosa vuoi che siano! Solo quattro pietre messe alla rinfusa» mormora Andrea al mio fianco.
Lo prenderei volentieri a pugni. Mi sta rovinando un momento perfetto; un momento che, nonostante l’odio che nutro nei suoi confronti, mi lega sempre di più a mio padre
«Perché stai piangendo?» mi chiede. Lo guardo e mi porto le mani alle guance.
Cavolo, è vero!! Lo sto facendo «Non è affar tuo» rispondo e mi allontano. Per fortuna non mi segue. Continuo a guardare meravigliata e assurdamente affascinata questo posto. Trasuda magia da tutti i punti e, anche se guardo l’erba, mi viene in mente mio padre. Mi siedo per terra e faccio una foto.
«Sembri molto legata a questo posto» dice una voce femminile. Mi volto e…
«Elena?» chiedo sorpresa di vederla.
«Già. Strano vero?»
Annuisco, lei si siede vicino a me.
«Ci sei mai stata prima?» chiede guardando verso le pietre.
«No, è la prima volta» rispondo guardandole a mia volta.
«Ho saputo che oggi è il tuo compleanno»
«Si, infatti» rispondo sorridendo e, automaticamente, prendo il ciondolo di Michelle tra le mani.
«E come sta andando?»
«Non tanto bene, a dire il vero»
«Per colpa di Andrea, suppongo»
«Non solo per lui»
«E’ interessato a te» dice spingendomi leggermente con il braccio.
«Io non direi» rispondo guardando il ciondolo. L’ultima cosa che Andrea farebbe è interessarsi a me. «Ma voi due non state insieme, o qualcosa del genere?»
«Siamo stati insieme, ma adesso siamo solo amici»
Io non direi, penso.
Quei baci appassionati da dove venivano?! Probabilmente dalle parti basse di Andrea, ma lei ci stava alla grande. Direi che le loro parti basse se l’intendono alla grande.
«Comunque, sul serio, tiene molto a te»
«Elena, con tutto il rispetto, non credo che, dopo una settimana, Andrea possa tenere così tanto a me» dico riscaldandomi più del dovuto; per fortuna vengo salvata dalla suoneria del mio cellulare «Scusami» mormoro alzandomi ed estraendo il cellulare per rispondere.
«Ciao Sere»
«BUON COMPLEANNO!!!» sento urlare.
I miei pochi amici e mia madre mi strappano il primo vero sorriso della giornata. «Grazie ragazzi. Ma chi c’è?»
«Ci sono Massimo, tua madre, Lucrezia, Luca e Jessica. Ti fanno tutti gli auguri»
«Ringrazia tutti»
La sento ringraziare al posto mio e poi sento il brusio attutirsi. Serena si sarà allontanata. «Allora, come stai? Dove sei?»
«Sto male e sono a Stonehenge»
«Ah… che cos’è successo?»
«Andrea ha menzionato inutilmente mio padre e poi qui… ho scoperto di amare questo posto grazie a lui e lui…» ritorna il magone che potrebbe farmi piangere a dirotto.
«No, no… tesoro. Non piangere»
«Stamattina Andrea mi ha baciata di nuovo e poi mi ha detto di tacere su tutto; sull'aver dormito con me, sull'avermi baciata ben due volte. Avevi ragione Sere»
«A proposito di cosa?»
«Mi sono presa una cotta per lui; una brutta ed enorme cotta» rispondo piangendo.
«Dai, vedrai che ne parlerete e tutto si risolverà; magari vi mettete insieme»
«No, non voglio aver niente a che fare con lui. Soprattutto dopo oggi»
«Mi dispiace tanto»
Un singhiozzo sfugge al mio controllo e Serena, ovviamente, lo sente «No Gaia, non piangere. Vuoi rovinarti il compleanno?»
«Non c’è più niente da rovinare Serena. Sono in questo posto e tutto mi ricorda mio padre. Quanti anni sono passati? Dieci? Undici?! Nonostante il tempo è come se lo sentissi qui e non voglio perché non è giusto nei confronti di mia madre»
«Ma tua madre non ce l’avrà con te se penserai a lui»
«Ma ce l’avrò con me stessa, perché mi ha trasmesso tutto il suo amore per l’Inghilterra e poi… e poi è andato via… non doveva trattarci in quel modo»
«Lo so tesoro… lo so. Ma ti prego non piangere»
Non me ne frega niente a dire il vero. Tiro su col naso e rimetto gli occhiali «Va bene. Ci sentiamo domani. Adesso devo andare»
«Ok. Ti salutano tutti. Ti vogliamo bene»
«Anch'io ve ne voglio» rispondo velocemente e riattacco.
Mi stringo nella mia giacca e ripercorro la passerella al contrario per tornare all'autobus. Mi guardo intorno per assicurarmi che nessuno della combriccola possa essere nei paraggi del bus. Voglio starmene da sola e piangere in santa pace.
Questa è una giornata orrenda!!
«Bianchi, dove stai andando?»
Mi volto e la Vietti mi guarda. «Ho dimenticato una cosa sull'autobus. Torno subito» rispondo sorridendo.
«Ok, fai in fretta»
«Certo»
Mi metto a correre e, quando salgo, vedo che non c’è nessuno. Perfetto!!
Mi siedo al mio posto e mi sfogo. Porto le gambe al petto e dondolo su me stessa.
La delusione, il rifiuto… fa troppo male. Fa troppo male trovarmi qui.
Mi appoggio sulle ginocchia e piango tutte le lacrime che ho trattenuto in queste ore.
Maledetto Andrea che non tiene la bocca chiusa. Maledetto Andrea che mi ha fatto prendere una cotta per lui; doveva continuare a fare lo stronzo con me e non fare la pausa dolcezza e poi ritornare a fare lo stronzo.
«Gaia!!»
Oh dio, è lui!
«Stai lontano da me» dico guardandolo.
«Ma che ti succede?» mi guarda scioccato e preoccupato.
Per un momento mi vengono in mente le parole di Elena, ma le scaccio velocemente perché mi dico che non è assolutamente possibile che Andrea tenga a me.
«Voglio stare da sola»
«No. Avevo promesso di controllarti»
«Ma non sono una bambina!!» urlo.
«No, non lo sei, ma al momento sembra che tu abbia bisogno di conforto»
«Non ho bisogno di nulla. Ho solo bisogno che tu mi lasci in pace. Hai già fatto abbastanza» dico piangendo ancora.
Lui si avvicina, togliendosi gli occhiali.
«Senti…per quello che è successo prima…mi dispiace, sul serio»
«Vaffanculo Andrea! Non me ne faccio niente delle tue scuse»
«Ti prego, calmati, altrimenti la professoressa ci rimanderà sul serio a casa»
«Meglio, io voglio andarmene da qui»
«Perché? È colpa mia?»
«Tutto è per causa tua, Andrea? Tu non te ne accorgi, ma…» respiro «…Tutto quello che dici mi ferisce. Tu sei come il fuoco. Emani calore e ci sto bene; ma quando cominci ad avvicinarti troppo rischio di bruciarmi, e ho paura di essermi già bruciata! Tutto quello che mi hai detto prima…» scuoto la testa, mentre le mie lacrime continuano a scendere incontrollate.
Lo intravedo sedersi vicino a me e abbracciarmi «Scusami» mormora contro la mia testa.
«Vattene. Non voglio che tu stia qui. Vai via»
«Shh…»
Passano dei minuti di totale silenzio, fin quando lui non ricomincia a parlare «Ho detto qualcosa di sbagliato prima; mi dispiace. Non penso che tu sia una puttanella viziata»
A quelle parole ricomincio a piangere. «No, no, no… ti prego non…» mi fa alzare lo sguardo verso di lui e mi toglie gli occhiali. «Perché stai piangendo così tanto? Se la causa sono io Gaia…sul serio, mi dispiace tantissimo»
Scuoto la testa e chiudo gli occhi, cercando di fermare le lacrime.
«Non… non nominare più mio… mio padre, per favore» dico tra le lacrime.
«Perché?»
Scuoto di nuovo la testa e lui mi abbraccia. Mi lascio andare al suo abbraccio e alle sue carezze sulla schiena. «Scusa» dice.
Velocemente gli bacio il collo e lo abbraccio. Ho bisogno di questo abbraccio.
«Cosa ci fate voi due qui?» chiede qualcuno. Una voce maschile.
Velocemente mi rimetto gli occhiali e cerco di cancellare le lacrime.
«Gaia non sta tanto bene, professore» spiega Andrea tenendomi stretta.
«Non dobbiamo cambiarvi di casa, vero?» chiede ancora.
«No, non si preoccupi. Siamo solo amici»
«Bene. Gaia, come stai?»
Schiarisco la voce e rispondo che sto bene. «Tra cinque minuti ripartiamo, quindi se volete fare un ultimo giro, questo è il vostro momento» dice e scende dall’autobus.
«Te la senti?» chiede Andrea guardandomi e alzandomi di nuovo gli occhiali.
«Se tu vuoi andare, vai. A me non va di ritornare là fuori»
«Devo dire una cosa al professore. Torno subito, ok?»
Annuisco e lui si alza. «Non piangere più» mormora avvicinandosi a me. Le sue labbra si posano sulla mia fronte, baciandola delicatamente «Torno subito»
Lo guardo scendere dall’autobus e allontanarsi.
Per essere una giornata strana, lo è stata, e parecchio anche. Nel giro di qualche ora io e Andrea abbiamo litigato e fatto pace. Assurdo…
 
«Stai bene?» chiede Andrea.
Siamo seduti su una panchina vicino alla chiesa di Salisbury. Siamo appena usciti da lì, dopo aver visto la Magna Charta. Altro duro colpo ai sentimenti che riguardano mio padre.
Andrea è stato molto gentile e carino, a differenza di quanto ha fatto durante la mattinata. È rimasto con me durante il viaggio e, quando Luigi e gli altri gli hanno proposto di andare a fare shopping, lui ha rifiutato ed è rimasto con me. Gli ho detto che poteva andare con loro e lui ha risposto che non voleva lasciarmi da sola e comunque preferiva rimanere con me.
Ho evitato di sorridere, tanto so che fa così solo perché sa che non sono di ottimo umore.
«Non tanto, ma tra poco andiamo via, quindi starò meglio»
«Ti va di parlarmi di tuo padre?»
Lo guardo e lui fa lo stesso con me. È serio; forse non l’ho mai visto così serio in quattro anni.
Alzo le spalle e guardo altrove «Non c’è molto da dire. Ha fatto tutto tranne che il padre»
«Mi dispiace di aver detto quelle cose»
«Non preoccuparti» rispondo togliendomi la giacca. Qui fa caldo.
«Che fai? Copriti!!» esclama prendendo la sua giacca e coprendomi.
Sorrido e allontano le sue mani. «Non sei mio fratello, il mio ragazzo o mio padre, quindi posso stare benissimo così»
«Così come?! Con il reggiseno al vento?»
Sorrido e rimetto la giacca. «Grazie» dice sorridendo a sua volta.
«E’ stato mio padre a parlarmi dell’Inghilterra per la prima volta. Avevo sette anni quando ha cominciato a parlarmene. Si è laureato a Cambridge e avrebbe voluto trasferirsi qui, poi ha incontrato mia madre durante un viaggio in Italia»
«E sei nata tu, scommetto»
Annuisco.
«Qual è il problema?»
«Ragazzi?! Torniamo sull’autobus. Veloci» urla la Vietti.
«Che rottura» sbuffa Andrea alzandosi.
Mi alzo anch'io e, silenziosamente, torniamo sull’autobus.
«Andrea!!» urla Luigi dal fondo dell’autobus.
Ci voltiamo entrambi e l’amico gli indica un posto libero accanto a lui.
«Vai» dico spingendolo verso di loro.
«No, non ti lascio sola»
«Non ho bisogno del baby-sitter»
Lui mi guarda storto. «Dai amico, vieni» insiste Luigi
«Ci vediamo dopo»
Annuisco e mi siedo al mio posto.
Il viaggio sembra non passare mai. Il precedente invece è stato piacevole. Andrea mi ha tenuta per mano e mi ha baciato, di tanto in tanto, la testa.
Questo viaggio, invece, sembra non finire mai.
Stavo dicendo davvero ad Andrea quello che è successo con mio padre?! Meno male che la prof ci ha interrotti, altrimenti, probabilmente me ne sarei pentita.
«Ti va di fare un giro in centro?» chiede qualcuno. Mi sveglio di scatto e mi guardo intorno. «Stavi dormendo?» E’ Andrea.
«Credo di si» mormoro stropicciandomi gli occhi.
«Scusa»
«Tranquillo. Siamo arrivati?»
«Si, proprio adesso»
Annuisco e mi rimetto la giacca.
Quando siamo scesi tutti dall’autobus Andrea mi chiede nuovamente se voglio andare a fare un giro in centro.
«Certo» rispondo sorridendo.
In fin dei conti, che male potrà fare?!

------
 

Here we go...
Com'è? Piaciuto il capitolo?
Fatto schifo?
Lo avete adorato?! xD
No, comunque questo, se non si è capito abbastanza, è il giorno del compleanno di Gaia, 14 settembre! ;)
Bene, adesso sparisco!
Au revoir...
A martedì prossimo.
Francy ^^

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Capitolo 8
*** 7. *E una vecchia ferita si riapre* ***


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Per i miei fan super accaniti - no, non mi sto vantando u_u - pubblico questo capitolo con almeno 12 ore di anticipo, ma non voglio più farvi soffrire, quindi... BUONA LETTURA :* :*


Let's blame it on September

-Capitolo 7-
  *E una vecchia ferita si riapre"


Sono trascorsi tre giorni dal mio compleanno e ogni giorno che passa è come se io e Andrea andassimo sempre un po’ più d’accordo.  Litighiamo ancora, ma rispetto a prima, direi che siamo sulla strada della pace.
Non abbiamo più parlato di quello che è successo quel giorno e Andrea non ha più chiesto di mio padre; forse perché siamo stati anche molto impegnati con le lezioni e poi a casa abbiamo anche dovuto studiare.
Gli esami li faremo qualche giorno prima di ritornare e sinceramente ci terrei a passarli.
Oggi dovremmo andare ad Oxford, ma se Andrea non si alza non andremo da nessuna parte.
«Andrea, non hai dormito abbastanza?!» chiedo mentre sistemo i capelli.
«Hmm» brontola girandosi  di nuovo tra le coperte. Non ha più dormito con me, per fortuna.
«Muoviti. Io sono già pronta» dico mettendo la giacca nera.
«Che ore sono?» mormora lui con voce roca.
«Le sei e mezzo. Tra mezz’ora dobbiamo essere alla fermata»
«Ma è sabato»
«Appunto. Dobbiamo andare a Oxford oggi. Non vedo l’ora» dico tutta eccitata e con il sorriso sulle labbra.
«Per questo ti sei svegliata all’alba?» chiede antipatico alzandosi, finalmente, dal letto. «Da quanto sei sveglia?»
«Dalle cinque e qualcosa»
«Dall’alba, appunto»
Rido e mi volto verso di lui «Sbrigati. Vado a vedere cosa ci ha lasciato Michelle»
Esco dalla stanza e sorrido. Sembriamo una cop… NO!!
Sgrano gli occhi e fermo all’istante i miei pensieri.
Ok, ricapitoliamo. Io e Andrea non siamo una… coppia! Siamo solo compagni di casa e semplici amici.
Oh, Michelle ha lasciato le patatine, le bottigliette d’acqua, un cioccolatino e due panini. Li prendo sorridendo e torno in camera, felice di aver dirottato i miei pensieri su qualcos’altro.
Quando apro, mi ritrovo Andrea in boxer «Oh dio, scusami» esclamo richiudendo la porta.
Lo sento ridere e qualche secondo dopo lui la apre e mi tira dentro. Prende il cibo che ho in mano e lo butta sul suo letto, mentre, subito dopo, mi spiaccica contro il muro, cominciando a baciarmi il collo.
«Andrea! Che stai facendo?!» chiedo provando ad allontanarlo.
«Non si capisce?» risponde lui ancorando le sue mani sui miei fianchi.
«Piuttosto bene, direi, ma perché?»
«Perché mi va e poi sei… sei… accidenti!!» ringhia e si allontana.
«Che hai?» chiedo preoccupata.
«Sei bellissima, ecco!! L’ho detto»
Alzo un sopracciglio «Perché, non volevi dirlo?»
«Non volevo ammetterlo, ma è evidente, cazzo! Guardati»
«Indosso solo un paio di jeans e una maglia»
«Si, ma su di te… non lo so, mi fai uno strano effetto»
Oh Madonna! Ci mancava solo questo.
«Ti la…lascio prep…prepararti» balbetto prima di voltarmi.
«Bianchina…» mormora lui avvicinandosi, da dietro, al mio corpo. «Tu non te ne rendi conto…»
No Andrea… ti sbagli. Me ne rendo perfettamente conto. Soprattutto in questo momento. No, no… non può succedere!! Che situazione imbarazzante, signore!!
«Dovresti vestirti» dico allontanandomi. Stavolta riesco a lasciarlo in camera.
 
«Senti… uhm, per prima. Mi dispiace, però… è solo che…» è imbarazzato e io non sono da meno, perché credo che il rossore non mi sia ancora passato.
«Non preoccuparti»
«Aspetta… no. Non voglio che pensi che io stia scherzando»
«Non lo penso. Poco fa sei stato… ehm…abbastanza chiaro»
«Ah si?»
«Si, abbastanza» ripeto diventando ancora più rossa.
Ma quando arriva questo maledetto autobus?
«Vieni qui» dice.
«Dove?» chiedo io continuando a guardare la strada.
«Intanto guardami, e poi avvicinati a me»
Faccio un respiro profondo e mi volto «Bene» dice sorridendomi.
«Andrea…»
«Sh. Non dire niente. Credo sia stato abbastanza evidente che mi piaci, no?»
«Si, però…»
«Però cosa?!»
«Io non sono il tuo tipo e tu… tu mi hai sempre odiato»
«Smettila con questa scusa. Ti ho già detto che è piacevole stare con te»
È vero, lo aveva detto!
Davanti al mio silenzio, Andrea ne approfitta per avvicinarsi di più e poggiare le sue labbra sulle mie. Quando anche io ricambio il bacio lui mi fa alzare e mi appiattisce alla parete di plastica della fermata.
Baciare Andrea è qualcosa che non mi sarei mai aspettata. E poi bacia così bene…
«Sai di frutta» mormora lasciandomi piccoli baci sulle labbra, sul naso e sul collo.
«Bagnoschiuma ai frutti tropicali o una cosa del genere» rispondo imbarazzata e accaldata.
«Scotti» dice infilando la sua mano sotto la mia maglietta.
Bravo, Capitan Ovvio.
«Basta!» esclamo spingendolo lontano.
«Che fai?»
«Ti allontano»
«Lo vedo. Perché?»
«Perché siamo in mezzo alla strada e se non stiamo attenti perdiamo l’autobus»
«Quindi, mi stai dicendo che nella nostra camera inglese, di sera, magari notte, potrei continuare a baciarti?»
Ma certo che puoi, Andrea! Che domande fai?!
Se potessi, scuoterei la testa per quanto mi sto rincretinendo «Se vuoi» dico allontanandomi da lui. «Quindi, questo significa che non devo continuare a fingere con i tuoi amici?»
«Se vuoi» dice imitandomi.
Rido e lo allontano.
 
Arrivare a scuola non è mai stato così imbarazzante come oggi. Prima di arrivare, anche con Luigi ed Elena lo è stato. Ci hanno guardato così a lungo ed intensamente che stavo per dirgliene quattro se Andrea non mi avesse fermata.
Potrei anche fregarmene, soprattutto di tutti gli altri che ci conoscono, o meglio, conoscono Andrea, se lui non mi avesse preso per mano. Ovviamente io ho provato a liberarmi, ma lui  ha avuto la meglio.
Il momento più imbarazzante è stato quando, davanti a tutti gli altri, mi ha fatto sedere sulle sue gambe.
Momento imbarazzante modalità infinità.
Adesso sono ancora qui. Sulle sue gambe e sulla… sua…
Sbuffo e mi alzo, sperando che lui non mi prenda.
«Dove vai?» chiede.
«A vedere se è arrivato l’autobus»
«Gaia!!» Andrea mi segue e quando siamo sul retro della scuola mi fa voltare e mi guarda «Che hai?»
«Scusa, ma mi sento a disagio»
«Perché ti ho fatto sedere su di me?»
«Anche. Tutti ci guardano»
Lui ride e si avvicina a me, guardandomi malizioso.
«No» dico io.
«Uno solo»
«No, scordatelo. Se ci vedesse qualcuno?»
«Ti sorprenderà sapere che non mi interessa» dice e mi bacia.
Stavolta il bacio non è dolce e casto; è passionale e la sua lingua riempie avidamente la mia bocca.
Ricambio anche io e, velocemente, mi ritrovo appoggiata alla parete, le braccia alzate, le sue mani che tengono fermi i miei polsi e il suo bacino attaccato al mio.
«Se fossimo rimasti a casa ancora un po’…» mormora mordendomi il lobo dell’orecchio.
«Non avresti fatto nulla ugualmente» dico guardandolo.
Lui mi fa il broncio e io ne approfitto per baciarlo di nuovo. «Vorresti tu, vero?»
«No. Non vado con il primo che capita»
«Io non sono il primo che capita»
«Ah no? E chi saresti?»
«Quello che si è preso una gigantesca e bruciante cotta per te»
Mi sposto per guardarlo… anzi, lo fisso. «Stai scherzando» dico.
«No, perché dovrei?»
«Perché nessuno si prende una cotta per me. Non uno come te, poi»
«Beh, me la sono presa…» dice e mi circonda il viso con le mani, riprendendo a baciarmi.
«Ehm… ragazzi?»
Veniamo interrotti dal suo amico Luigi che ci guarda. Io sono rossa dalla vergogna.
«Che vuoi?» gli chiede Andrea.
«L’autobus è qui e la Vietti ha chiesto di voi. Meglio… andare prima che vi becchi»
«Si, veniamo subito» dice Andrea e Luigi se ne va.
«Oh Dio» mormoro nascondendo il viso tra le mani.
Andrea scoppia a ridere e mi abbraccia «Andiamo Bianchina. Luigi non dirà nulla»
«Che vergogna»
«Non vergognarti. È tutto nella norma» risponde circondando le mie spalle con un braccio.  
«Aspetta» dico prima di raggiungere gli altri.
«Che c’è?»
«Il tuo braccio»
Lui lo guarda e mi chiede «Cos’ha che non va?»
«Non voglio che ci scoprano i professori; potrebbero separarci o spedirci in Italia e io non voglio»
«Bianchina, potevi dirlo che hai paura di separarti da me» scherza lui togliendo, però, il braccio dalla mia spalla.
«Hai capito che intendo, idiota» dico e gli pizzico un fianco. Lui si contorce e proprio mentre lui cerca di farlo a me e io mi allontano dandogli uno schiaffo sulla spalla, la Vietti ci vede.
«Sempre a litigare voi due, eh?! Su, salite sull’autobus»
Andrea scoppia a ridere e sale.
Purtroppo, sono tutti seduti, quindi, quando attraverso il corridoio dell’autobus, mi guardano e ridacchiano.
Cominciamo bene…
«Vieni, siediti qui» Mi dice Andrea sedendosi in uno degli ultimi posti.
«Ti stai sedendo vicino a me?»
«Smettila e porta il tuo culo qui»
Ridacchio e mi siedo accanto a lui, dal lato del finestrino.
«E comunque è un gran bel culo» mi sussurra all’orecchio.
Mi volto verso di lui, spalancando la bocca.
«Smettila di tenere la bocca in questo modo. Mi fai pensare a cose veramente poco carine»
Sono ancora più scioccata e la giornata è cominciata da poco. Non ho assolutamente idea di cosa succederà più tardi. Per fortuna l’autobus è già partito; prima inizia questo viaggio, prima finirà.
«Niente libro o musica oggi?» chiede Andrea dopo dieci minuti di viaggio in silenzio.
Mi sembrava troppo strano per lui non dire neanche una parola.
«Ho una compagnia molto più interessante dei libri, ma in ogni caso, ho sempre l’auricolare in borsa»
«Certo, per la serie “non si può mai sapere” e comunque…» sussurra e si avvicina a me «Passerei tutto il viaggio a baciarti se questo non ci rispedisse per direttissima in Italia, quindi… dovrai aspettare l’arrivo»
«Sei tu che dovrai aspettare l’arrivo. Io non muoio dalla voglia di baciarti»
Bugiarda, bugiarda…
Oggi è iniziata con una lunga serie di rivelazioni imbarazzanti, almeno per me, non vorrei aggiungere altri episodi del genere. Per quanto mi riguarda è già troppo.
«Lo so che vuoi baciarmi anche tu, non te ne vergognare»
Lo guardo e provo a dire qualcosa ma non ci riesco «Non…» lui mi guarda confuso, così ci riprovo. «Non è che mi vergogno» dico sottovoce «Ma è l’idea che mi rende nervosa e mi fa sentire strana»
«Perché?»
«Perché noi non siamo mai andati d’accordo, eccetto per questi ultimi giorni e…» mi fermo perché non posso rivelargli quello che mi tormenta da un po’ di tempo; esattamente da quando ho scoperto di essermi presa una cotta per lui.
«E?»
«Niente, lascia perdere»
«No dai. Dimmelo»
«Lascia perdere Andrea, tanto è solo fiato sprecato; il mio, il tuo… e via dicendo»
«Perché Gaia? Perché fai così?»
«Perché è molto più semplice avercela con te, piuttosto che provare qualcosa che non sia odio»
«Hai ancora paura che io possa ridere di te perché ti sei presa una cotta per me?»
Lo guardo e piego la testa di lato «In teoria si»
«E in pratica non succederà. Sono serio Gaia. E poi ti ho detto che la stessa cosa vale per me e non mi è mai successo» dice lui e sembra quasi imbarazzato.
Sgrano gli occhi. Davvero mi sta dicendo che non si è mai invaghito di una ragazza?
«Mai?»
«No, mai» risponde sorridendo.
«E tutte quelle ragazze che hai avuto?»
Lui alza un sopracciglio e sorride ancora. «Te lo devo dire per cosa stavo con loro?»
Mi volto di scatto, in imbarazzo, per non averci pensato prima. È così ovvio…
«Ho capito» rispondo guardando fuori.
Nonostante sapessi di questo suo tipo di notorietà sono un po’…. Delusa?! Non dovrei, eppure mi sento proprio così. E se volesse soltanto portarmi a letto e sta soltanto fingendo? Probabilmente non glielo perdonerei.
Lui è Andrea Ferrari… non si può mai sapere cosa passa per quella sua testolina.
«Ti sei offesa?»
«No, perché dovrei?» rispondo voltandomi verso di lui, sorridendogli.
«Sei sicura? Hai perso il sorriso dopo che ti ho detto l’ultima cosa»
«Sono sicura…»
Non dico altro; non posso assolutamente dirgli che ho paura che lui voglia soltanto portarmi a letto.
«Devi dirmi qualcos’altro?» chiede lui; probabilmente perché ho lasciato il discorso a metà.
«No» rispondo e sorrido; appoggiando la testa sulla sua spalla. «Ma non prendermi in giro» mormoro chiudendo gli occhi.
Lui non risponde e sinceramente non so come prenderla. Decido, però, di non continuare sull’argomento.
Stiamo per avvicinarci sempre di più ad Oxford e sinceramente non vorrei rovinarmi la giornata.
«Bianchina…»
No… voglio dormire. Lasciatemi dormire. Dove sono?!
«Bianchina, svegliati, siamo arrivati» 
Apro gli occhi e Andrea è a pochi centimetri da me «Ehi…» mormoro muovendomi per stirare le gambe.
«Buongiorno… Alzarsi alle cinque ha le sue conseguenze, vero?»
Annuisco e sorrido.
«Dobbiamo scendere»
«Ma sono ancora tutti qui» dico.
«Si, l’autista si è fermato solo adesso»
«Ok» dico e prendo la borsa.
Quando scendiamo Luigi, Elena e Alessia ci guardano. Guardano soprattutto in basso.
Andrea mi ha preso nuovamente per mano.
«Si può sapere perché mi prendi per mano?» chiedo, contenta, però, che lo faccia.
«Perché mi va. Non fare caso ai loro sguardi»
«Fissano»
«Sono solo curiosi di sapere»
«Sapere?! Sapere cosa?» chiedo bevendo un sorso d’acqua.
«Se stiamo insieme» dice e io per poco non soffoco con l’acqua.
Tossisco e mi siedo su una panchina.
«Stai bene?» mi chiede Andrea sedendosi accanto a me.
«Si» mormoro con voce strozzata.
«Non ti piacerebbe l’idea?» chiede serio.
Lo guardo e i nostri occhi si incrociano. «No?» chiede ancora.
«Non lo so» mento.
Non posso dirgli che mi piacerebbe, anche perché devo essere in grado di dirlo senza vergognarmi.
«E’ ancora presto» dice lui sorridendo.
Annuisco e Andrea si avvicina ad abbracciarmi e baciarmi la fronte. «Sto bene con te»
«Dici sul serio?» chiedo guardandolo.
«Si»
«Su, muovetevi piccioncini» esclama Alessia prendendomi per mano e tirandomi verso il nostro gruppo, mentre Andrea sta con Luigi ed Elena nel loro.
Sono ansiosa e mi preoccupano loro due insieme.
Quando lo guardo, mentre Alessia continua a tirarmi, lui le sta sorridendo. Sbuffo e cerco di non pensare al peggio.
In fondo, sono stati insieme, quindi è normale che si sorridono e scherzano. Sono quei baci dati recentemente che mi preoccupano. Andrea non ha mai rivelato il motivo per cui la stava baciando quel giorno.
Sospiro e seguo il mio gruppo.
La guida turistica ci parla della storia dell’Università, ci racconta aneddoti un po’ terrificanti e ci svela curiosità già ben note a chi segue una certa saga.
«Davvero Harry Potter è stato girato qui?» chiede Alessia mentre guarda le scale.
«Si» rispondo sorridendo, guardando anche io.
«Hai per caso seguito qualche saga ultimamente?» chiede Andrea, avvicinandosi da dietro.
«Divertente…» mormoro guardandolo.
«Sei una fan di Harry Potter, vero?» chiede.
«Mi piace e basta»
«Bene, allora ti piacerà vedere una cosa»
«Cosa?»
«Vieni con me»
Andrea mi prende per mano e mi fa salire su per le scale. «C’è la sala grande; cioè… quella che nel film è la sala grande» dico correggendomi sull’ultima parte. Lui se ne accorge e scoppia a ridere.
«Dobbiamo fare la fila, ma devi vederla se ti piace»
«Stai facendo la fila per la seconda volta?»
«Si»
«Puoi andare se vuoi. Vai a vedere qualcosa di più interessante»
«Sto già guardando qualcosa di più interessante» mormora lui vicino al mio orecchio. Mi bacia sul collo e io arrossisco di botto. Non avrebbe dovuto farlo. I professori saranno sicuramente qui in giro.
«Certo…»
«Certo che? Dico sul serio»
«A-ah»
«Vedi che ti porto in un angolo sperduto e non ti lascio andare»
«Potrei portarti io in un angolo sperduto»
Andrea scoppia a ridere e mi guarda «Avevi promesso di non prendermi in giro» dico ridendo.
«Lo so, scusa» dice sorridendo ancora. «Comunque prego, Bianchina… passi pure» dice indicando l’ingresso.
«Grazie» rispondo passando davanti a lui, che si avvicina troppo a me.
Cerco di ignorarlo, ma non mi riesce tanto. Sento il mio cuore cominciare a battere velocemente e il sangue defluire velocemente alla faccia. So di essere rossa come un peperone, perché il corpo di Andrea è appena entrato in contatto con il mio.
Non parliamo, ma lui non perde occasione di toccarmi o avvicinarmi a lui. Ma, per fortuna, riesco ad entrare subito nella sala e resto affascinata. Certo, è molto più piccola di quello che mostrano al cinema, ma è bella ugualmente.
«Carina, eh?» chiede Andrea abbassandosi alla mia altezza.
«Si, abbastanza; ma…» mi volto per uscire e lo prendo per mano.
«Ma?»
Scendiamo le scale e ci dirigiamo all’esterno. «Che stavi dicendo?» chiede mentre ci allontaniamo dagli altri.
«Piace anche a te, vero?» chiedo sedendomi su un gradino.
«Beh, non ci vado matto, ma mi piace guardarlo»
«Lo sapevo… Sei un potteriano»
«No!!» esclama ridendo.
«Si, invece, altrimenti non rideresti»
«Ok, mi piace e ho visto tutti i film»
«Strano, ma ti facevo più da “Fast and Furious” o non lo so… generi dove c’è tanta azione e adrenalina»
«Si, mi piacciono quei generi, ma mia sorella mi ha fatto guardare i primi film, quindi, mi è piaciuto e l’ho seguito volentieri»
Rido e mi appoggio al muro. «Sono stanca» mormoro chiudendo gli occhi.
«Stasera ti faccio un massaggio»
«Ti stai prendendo troppo libertà con il mio corpo»
«Non posso?»
«Non direi»
«Posso dormire con te stanotte?»
«No» rispondo ridendo.
«Eh dai, prometto che non ti tocco. Tre notti non sono già tante lontano da te?»
Alzo un sopracciglio e lo guardo male. «Piantala di dire stronzate»
«Ok, la smetto, ma tu fammi dormire con te» dice ancora avvicinando il suo viso al mio e cominciando a baciarmi la guancia scendendo giù verso il collo.
«Ok, ma adesso smettila» rispondo allontanandolo.
«E’ divertente farti esasperare»
«Proprio per questo sareste una coppia perfetta»
Mi volto di scatto e vorrei sprofondare dall’imbarazzo. «Che ci fai qui? Non dovresti andare a vedere la scuola di Potter?» chiede lui in modo brusco.
«Abbiamo finito il tour, stiamo uscendo per lo shopping»
«Ti va di andare a fare un giro?» mi chiede Andrea.
«Ho fame» rivelo e il suo viso si illumina.
«Andiamo a mangiare prima che ti passi» esclama alzandosi e porgendomi la mano.
«Suppongo vogliate restare da soli» dice Elena allontanandosi.
«Si. Ci vediamo più tardi»
La saluto con la mano e mi volto per seguire Andrea. C’è qualcosa tra loro due, ma cosa? Sicuramente deve essere successo qualcosa prima che ci riunissimo di nuovo. «Perché sei stato così sgarbato con lei?»
«Non mi va di parlarne!»
«Ok» mormoro.
Silenziosamente usciamo dall’edificio, dove, per fortuna, troviamo i professori che ci informano dell’orario di partenza da Oxford.
«Allora…» dice Andrea stringendosi nella sua felpa «Dove vuoi andare?» chiede, ma in quel momento squilla il mio cellulare.
«Scusa» dico e guardo lo schermo.
Vedendo che non rispondo Andrea mi chiede se va tutto ok.
«Non lo so. È un numero che non conosco e non è italiano»
«Chi pensi che sia»
Lo guardo e sento il naso pizzicare. «Mio padre» mormoro e chiudo la chiamata, cominciando a camminare.
«Gaia! Aspetta!!»
Non ascolto quello che mi dice Andrea, perché sta continuando a parlare.
Perché mi chiama?!
Che vuole adesso?!
La sua vita in Inghilterra non gli piace più?!
Perché diavolo mi ha chiamata?!?!  Se potessi urlare nella mia mente, lo farei!
«Ehi, fermati!!» Andrea mi blocca per un braccio e mi guarda furioso. «Si può sapere che ti è preso?! Non puoi andartene in giro da sola!! Non siamo a casa; qui se sparisci son cazzi» dice severo.
«Lasciami in pace» dico voltandomi di nuovo, ma per mia sfortuna, lui mi riprende.
«Ti odio quando fai così! Perché?! Che cos’è successo? Perché hai staccato la chiamata a tuo padre?!»
«Io non ho un padre» mormoro e lo guardo negli occhi.
Spuntano dal nulla, come la pioggia in una giornata calda e con il sole alto nel cielo; le lacrime cominciano a scendere lungo le mie guance e Andrea mi accoglie subito tra le sue braccia.
«Non piangere, ti prego»
«Scusa» mormoro allontanandomi.
«Non devi scusarti, ma mi… da un certo fastidio vederti piangere, soprattutto se l’artefice del tuo dolore è tuo padre. Ti va di parlarne?»
Scuoto la testa e mi alzo di nuovo sulle punte per abbracciarlo. Lui ricambia l’abbraccio e mi bacia il collo. «Non riesco a parlarne e non voglio avere a che fare con lui»
«Ok, allora non pensiamoci e andiamo a  mangiare. Ho voglia di McDonald. Ti va?» mi guarda e mi asciuga le lacrime con i pollici.
Annuisco e sorrido. «Voglio fare shopping anche»
Alla mia affermazione Andrea si lascia scappare una risata e mi circonda le spalle con un braccio, cominciando a camminare. «Le donne…» dice e cammina tra la folla.
Sorrido e provo a lasciarmi indietro il fatto che mio padre mi abbia cercato dopo undici anni.
 

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Eccoci arrivati alla fine!
Pomodori? Cetrioli? Lattuga? Che mi tirate?!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto davvero *_*
Tengo le dita incrociate per qualche vostro parere. Un bacio e a martedì prossimo :* :*
Francy

 

 

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Capitolo 9
*** 8. *Se fosse successo prima...* ***


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Salve a tutti ^_^
Sorpresaaaa!! xD Ho pubblicato un giorno prima :D
Questo è un capitolo un pò uhm... divertente! Si, decisamente divertente :P
Vi lascio alla lettura!


Let's blame it on September
 

Capitolo 8

"Se fosse successo prima..."

 
«Hai detto che posso dormire con te, giusto?»
«Quando avrei detto una cosa del genere?»
«Oggi quando mi sono avvicinato così…» dice e si avvicina velocemente a me «… e ho fatto così» aggiunge baciandomi il collo. «E poi così» aggiunge ancora arrivando alle mie labbra. Comincia a baciarmi delicatamente, ma quando gli circondo il viso con le mani cambia atteggiamento. Mi prende in braccio e mi fa stendere sul letto.
“Lui” è sopra di me e non so che cosa succederà tra qualche minuto. Qualcuno lo fermi!!
No, no… non fermarti” mormora la mia vocina interiore.
«E tu vorresti dormire con me?» chiedo a corto di ossigeno quando si ferma per guardarmi.
«Si» mormora lui con voce rauca.
«Hai intenzione di fare così per tutta la notte?»
«Ovvio che si» risponde riprendendo a baciarmi. Le mie mani sono ancora sul suo volto, ma adesso vorrei spostarle, ma non so dove metterle. Per mia sfortuna è anche a petto nudo. Non posso metterle sulla sua schiena.
Oh si che puoi!” esclama ancora quella bastarda.
Ok, proviamo, tanto che può succedere?!
Delicatamente le mie mani si spostano dal suo volto alle sue spalle e adesso va un po’ meglio. Il mio corpo sembra ancora più esposto a lui, adesso. Per fortuna indosso ancora la maglia.
Il bacio continua e cerco di ignorare lo strano calore che ho al basso ventre. Che cos’è?! Mi sembra di prendere fuoco.
Credo che anche Andrea abbia qualche problemino di autocontrollo, perché tra noi c’è qualcosa che… che… oh dio, che imbarazzo!
«Fermati» dico spingendolo via.
«Che c’è?» chiede leccandosi le labbra.
«Niente, ma non mi sento a mio agio»
Proprio mentre pronuncio queste parole, Andrea prima guarda le sue parti basse e poi ritorna a guardare me. Ha capito perché mi sento a disagio. «Perdonami, ma… beh, mi sembra inevitabile»
Mi porto le mani davanti il volto cercando di non morire dall’imbarazzo.
Non diciamo niente per un po’ di tempo, finché lui non se ne esce con «Vado a fare la doccia»
Lo guardo mettersi la maglia, prendere le sue cose ed uscire dalla camera.
Forse si è offeso, forse è imbarazzato anche lui, anche se, dopo l’ultima sua affermazione, mi sembra alquanto improbabile.
Mi siedo sul bovindo della finestra e guardo fuori. Sta cadendo una leggera pioggerellina e quest’atmosfera mi ricorda la chiamata che ho rifiutato qualche ora fa.
Andrea è stato carino a distrarmi, non facendomi pensare a mio padre, ma adesso è inevitabile e mi sento così a disagio in questa situazione. Ho rifiutato la chiamata e un po’ sono rimasta delusa dal fatto che lui non abbia più richiamato. Un po’ ci speravo, tanto che, per quasi tutto il pomeriggio, ho creato nella mia mente una specie di copione su come rispondere alla telefonata inaspettata del padre “scomparso” da undici anni.
Ho pensato a mille discorsi da fargli, ma tutti iniziavano sempre con due parole: ti odio.
Sembrerà esagerato odiare il proprio padre, ma per me è così e non è per niente esagerato.
«Ehi…»
Mi volto di scatto; Andrea è seduto sul suo letto, indossa una la t-shirt grigia e un paio di pantaloni, ed è intento a fissarmi.
«Ehi» rispondo sorridendo appena.
«Stai bene?» chiede.
«Si, grazie» rispondo alzandomi e prendendo l'occorrente per la doccia.
Oltre ad aver passato tutta la mattinata a visitare le università e a fare shopping a Oxford, abbiamo anche trascorso il tardo pomeriggio in centro, qui in città. Andrea non ha smesso di scherzare un attimo e mi ha fatto ridere molto. Non credevo fosse un ragazzo spiritoso, ma invece lo è e, su questo, sono contenta di essermi ricreduta. Abbiamo avvisato Paul e Michelle che avremmo cenato fuori, perché lui mi ha portato in un piccolo ristorante per festeggiare il mio compleanno.
«Anche se in ritardo» ha detto «Voglio fare questo per te»
Ho cercato di dissuaderlo, ma non c’è stato verso.
Abbiamo passato una serata molto piacevole e questo mi fa pensare che ci potrebbero essere dei buoni presupposti una volta tornatati a casa. È molto probabile che, una volta tornati, le cose saranno migliori e diverse. Magari nascerà davvero qualcosa tra noi due.
Forse…
«Ehm… senti, io avrei una cosa per te»
Mi volto a guardarlo e alzo un sopracciglio «E' un regalo per il tuo compleanno»
«Ah»  
Mi guarda ancora e poi si volta verso la sua valigia dalla quale estrae una piccola scatola rossa. «Perché lo hai fatto?»
«Perché mi andava; e poi così quel posto non ti ricorderà solo dolore»
Lo guardo incuriosita. «Dai aprila» dice lui sorridendo.
La apro e resto piacevolmente sorpresa La scatola contiene una piccolo ciondolo in argento. Davanti c’è l’incisione di Stonehenge mentre sul retro un orologio. Quando lo apro vedo, da un lato, una bussola con l’ago puntato verso Nord e dall’altro una piccola miniatura di Stonehenge.
Lo adoro. È bellissimo.
«Grazie» dico avvicinandomi per abbracciarlo.
«Spero che adesso quel posto ti ricorderà anche di me»
«Soprattutto te» dico guardandolo negli occhi. Lui mi bacia e io ricambio dolcemente. «Mi piace molto, grazie»
«E’ stato un piacere» risponde lui baciandomi un’ultima volta.
Lo stringo forte e dopo averlo lasciato andare, rimetto il  ciondolo nella sua scatola, appoggiandolo sul comodino. Adesso mi ci vuole una bella doccia calda.
Avrei voluto chiedergli il motivo di quel regalo. Lui ha detto che spera che Stonehenge mi ricorderà anche di lui e non più solo di mio padre e in parte sarà così. Ricorderò quel giorno per sempre per tutto quello che è successo in quel posto ma avrei anche voluto che quel luogo fosse soltanto mio e di mio padre; nonostante tutto però sono contenta che di Stonehenge faccia parte anche Andrea. Spero solo di non pentirmene.
Adesso che sono dentro la doccia, sotto l’acqua calda, vorrei solo rilassarmi, ma mi sembra di sentire ancora il corpo di Andrea sopra il mio e il mio basso ventre prendere fuoco in una miriade di piccole piacevoli scintille. Non posso voler fare l’amore con lui. Non mi è mai successa una cosa del genere e non voglio che succeda con lui.
Alzo un sopracciglio, meno male che non può vedermi nessuno perché si, forse un po’ voglio che succeda con lui. Ma la domanda è: mi sento pronta a perdere la verginità? Con lui, poi?
 
«Scusa per prima» mormoro.
«Non preoccuparti» risponde lui sorridendomi dal suo letto.
Mi volto verso il soffitto e lo fisso come se potessi guardare solo lì. Credo sia venuto il momento di togliersi questo macigno dalle spalle. Le uniche persone che sono a conoscenza di questa cosa, oltre ai genitori di mio padre, sono mia madre e Serena. Ricordo il sollievo che ho provato nel raccontarlo a lei; so che anche stavolta sarà così, perché mi sembra di avere un peso costante sulle spalle. So che è davvero così, ed è per questo che ho bisogno di parlarne con gente che tiene davvero a me e che non andrà a sputtanarmi in giro.
Avevo sempre pensato che Andrea non avrebbe mai dovuto sapere di questo fattaccio della mia vita, ma adesso sembra che il nostro rapporto stia andando meglio di quanto potessi mai aspettarmi. Decido di buttarmi, perché voglio fidarmi di lui.
«Avevo sette anni» dico e faccio un profondo respiro. Ricordare quell’episodio, anzi, quegli episodi, non mi piace per niente.
«Tuo padre?» chiede lui. Io annuisco e asciugo una lacrima; lui se ne accorge, scende dal suo letto e si mette sotto le mie coperte. Mi volto verso di lui e lo abbraccio, scoppiando a piangere.
«Shh…» mormora lui accarezzandomi la schiena. «Ci sono io, non preoccuparti»
Un altro singhiozzo esce dalla mia gola e le lacrime non accennano a fermarsi. «Shh… non sei costretta a raccontarmi quello che è successo»
Lo stringo più forte e affondo il viso nell’incavo del suo collo. Sento le sue mani sulla mia guancia e sui miei capelli, comincia ad accarezzarli; le sue carezze mi fanno rilassare. «Sei una ragazza stupenda, Bianchina; scusa se ti ho reso la vita impossibile durante questi anni; ma… ho… ho cercato di ignorarti perché era più semplice che venire da te e dichiararmi. Sapevo come la pensavi su di me, e non c’ho mai provato, ma ho sempre avuto un debole per te…»
Mi addormento con il suono delle sue parole nelle orecchie.
Ha un debole per me. Chi ha un debole per me?!
«Bianchina?»
«Hmm…» Cos’è questo odore? È forte e mi fa spalancare gli occhi. «Caffè?»
«Ma buongiorno anche a te» esclama tutto contento.
«Ciao» rispondo sorridendo. Mi volto per guardare l’ora sul cellulare e mi rendo conto che non sono nemmeno le nove. «Come mai sei sveglio a quest’ora? Tu non sei quello che dorme sempre?» rido e mi nascondo di nuovo sotto le coperte, ma lui è così gentile da prendermi di peso e portarmi fuori dalla camera. «Andrea! Che stai facendo?! Ci saranno gli altri di là? Mettimi giù. Subito!!»
«Non c’è nessuno! Sono usciti per la partita di calcio del bambino, Michelle ha lasciato un biglietto con scritto che torneranno stasera. Abbiamo la casa libera» dice mentre sono ancora fra le sue braccia.
«Fantastico» borbotto mentre, molto poco delicatamente, Andrea mi mette giù.
«Non sei contenta?»
«Ma certo… un’intera giornata con Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare» dico prendendolo in giro, mentre mi volto verso il ripiano dei biscotti. Che bello, posso mangiare quanto voglio. Sorrido e apro l’anta
«Scusa, come mi hai chiamato?»
«Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare» ripeto piegando la testa a destra e a sinistra.
«E perché mi avresti chiamato così?»
«Perché la prima sera che hai dormito qui ti sei spogliato davanti a me senza avvisare»
«Te lo ricordi ancora?»
«Beh certo!»
«Deve esserti piaciuto lo spettacolo, allora» dice sorridendomi malizioso, mentre si avvicina a me.
«Mi ha disgustata a dire il vero» rispondo mordendo il mio biscotto al cioccolato.
«Se vuoi lo ripeto, così vediamo se ti disgusta ancora» dice schiacciandomi contro il bancone della cucina. Provo ad allontanarlo, ma lui mi ha praticamente intrappolata. Si toglie la maglietta e comincia a baciarmi il collo. «Ti disgusta questo?» Oh, ha un tatuaggio. Una croce sul lato destro del petto e una frase sul braccio destro. Può sembrare così sexy soltanto guardando un tatuaggio?! Oh mio dio!
Cerco di riprendermi, forse è meglio.
Schiarisco la voce e nego con la testa.
«Bene… e questo qui?» chiede mordicchiandomi la mascella.
«No» ansimo.
«Perfetto» mormora al mio orecchio. Dopo avermi fatto posare il biscotto prende la mia mana e la posa sul suo petto.
«E questo?»
Ecco, adesso comincio ad imbarazzarmi. «No» mormoro sottovoce. Sento il mio cuore accelerare i battiti.
«E se facessi così?» chiede afferrando i lembi del mio pigiama e cominciando a sfilarmelo. «Odio questo pigiama»
Mi lascio sfuggire una risata e lo guardo, mentre il mio cuore va al galoppo. Ok, tra poco collasso.
Sono praticamente mezza nuda davanti a lui. Riprende a baciarmi il collo ma, questa volta, comincia a scendere verso il reggiseno; è un bene che non lo tolga la notte per dormire. Il problema di prendersi una cotta bestiale per il nemico giurato del liceo, è che se mai si dovesse arrivare ad essere  mezzi nudi e soli, senza qualcuno che interrompa quel momento eccitante, è la vergogna di ansimare appena lui ti tocchi.
È una cosa vergognosa ma anche terribilmente eccitante.
Le mie mani arpionano i suoi capelli e li tirano. Preso da una passione improvvisa, Andrea mi afferra per il sedere e mi fa stendere sul bancone. Comincia a baciarmi la pancia e, lentamente, sale su di me. «Non credevo che mi saresti interessato così tanto» dice accarezzandomi la coscia.
Sorrido e catturo le sue labbra con le mie.
«E io non credevo di poter smettere di odiarti» mormoro tirandogli i capelli.
«Sempre molto simpatica»
Riprendo a baciarlo e a toccargli la schiena, mentre il suo corpo sale e scende dal mio, aumentando la nostra eccitazione. Oh dio mio!
«Ti voglio» mormora contro le mie labbra.
Anch'io, per la miseria, ANCH'IO!!
Cerco di alzarmi, senza lasciarlo. Credo che abbia capito che non voglio fare l’amore sul marmo della cucina. Mi prende di nuovo in braccio e, continuando a baciarci, ritorniamo in camera. Mi fa cadere sul letto, mentre si toglie i pantaloni il mio cuore sta per fermarsi del tutto. Può andare davvero così veloce un cuore?! Accidenti, fa quasi male.
«Sei sicura?»
«Perché me lo chiedi?»
Non gli ho mai detto di non avere esperienza. «Perché ti vedo parecchio agitata»
«No,  sto bene» rispondo sorridendo; «Ma vedi… per me, uhm…»
«Tranquilla» dice lui capendo, spero, quello che vorrei dirgli. 
Sorrido e mi alzo, ma lui ritorna su di me, quindi, sono costretta a stendermi di nuovo sul letto. «Togliamo questi pantaloni orrendi?»
Annuisco e lui ride, mentre mi sfila il pigiama. Mentre lo fa, mi bacia la coscia e devo fare appello a tutta la mia forza di volontà per non contorcermi dal piacere, perché è quasi ridicolo che io provi questa sensazione soltanto grazie alle sue labbra.
«Mi sento come un ragazzino alle prime armi» mormora guardandomi dal basso.
Tu ti senti così? E io che dovrei dire?
Gli sorrido e lui ritorna su di me, cominciando a baciarmi. «Mi confondi; tutto quello che avevo prima mi sembra talmente insignificante. Voglio stare con te…»
Lo guardo negli occhi e faccio un respiro profondo «Perché vuoi stare con me?» chiedo sorprendendomi che la mia voce non sia tanto roca.
«Perché sei speciale e sai di casa»
Alzo un sopracciglio e sorrido. Anche lui lo fa. «I miei genitori non… non mi hanno insegnato a dare valore alle cose veramente importanti come la casa o l’amore delle persone che tengono veramente a noi; per loro esistono soltanto il lavoro e i viaggi in giro per il mondo. Tu… tu mi fai sentire a casa. Quando torniamo qui, mi piace, perché ci sei tu, perché so che ci sarai sempre e che non te ne andrai lasciando soltanto un biglietto»
Questo ragazzo che credevo tutto muscoli e niente cervello, stava dimostrando, non solo di avere un cervello, ma di avere anche un cuore. Accidenti…
«Potrei esserci sempre se tu me lo permettessi» dico guardandolo negli occhi e accarezzandogli la guancia.
«Te lo permetto» mormora riprendendo a baciarmi.
Che situazione strana: stavamo per rotolarci sotto le coperte, tutti nudi, e alla fine lui ha fatto la confessione del secolo. Sapevo che i suoi genitori erano architetti, ma non che  viaggiassero così tanto e che lasciassero Andrea da solo.
Mentre continua a baciarmi, sentiamo bussare qualcuno alla porta. Andrea alza la testa e mi guarda «Chi è?»
«Come faccio a saperlo?» rispondo ridendo.
«Potrebbero essere loro?»
«E secondo te bussano?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Giusto. Beh, riprendiamo» Si butta di nuovo sulle mie labbra ma, chi ha bussato prima alla porta adesso lo sta facendo alla finestra della nostra camera.
«Ehi! Amico, siamo noi» dicono Luigi ed Elena.
«Oh merda!!» esclama Andrea alzandosi velocemente dal letto e indossando i pantaloni. «La maglietta… la maglietta. Dov’è la maglietta?!»
«In cucina» rispondo io coprendomi con il piumone. Dopo il discorso romantico che ha fatto poco prima adesso, con il suo comportamento, sta precipitando molto in basso.
«Non ti vesti?» mi chiede posando la maglietta del mio pigiama sulla mia valigia.
«No. Se dovessero chiedere di me dì che sto male»
«Cos’hai?» chiede ancora.
«Niente. Vai ad aprire, altrimenti penseranno chissà cosa»
«Mi dispiace» mormora avvicinandosi a me.
Vorrebbe baciarmi, ma nascondo il volto nel cuscino, impedendogli di farlo.
«Vai» dico e mi volto, dandogli le spalle.
Questa giornata era iniziata magnificamente e adesso chissà come andrà a finire.
Oltre alla voce di Luigi ne sento anche due femminili. Devono essere Alessia ed Elena.
Forse è meglio se mi alzo e mi vesto. Indosso un paio di pantaloncini e una maglia grigia e lego i capelli.
Quando esco dalla stanza, provo a non arrossire visto che, fino a qualche minuto prima, io e Andrea eravamo in atteggiamenti molto intimi proprio dove sono sedute adesso Alessia ed Elena.
«Ciao Gaia»
«Ciao» rispondo sorridendo appena.
«Come stai?» mi chiede Andrea dal divano.
«Bene» rispondo e mi volto per rimettere i biscotti al loro posto.
«Allora ragazzi. Che ne dite se andiamo a mangiare fuori?»
«Sono soltanto le dieci. Pensi sempre al cibo?» gli chiede Andrea.
«Io mi riferivo a più tardi. Adesso possiamo andare a fare shopping o non lo so… camminare nel parco. Qualsiasi cosa. Che ne dite?»
«Io ci sto!» esclama Alessia.
«Ma la tua compagna?» le chiedo.
«E’ a casa con la febbre»
«Ah, ecco»
«Tu vuoi venire Gaia?» mi chiede Elena.
Non ho ancora inquadrato per bene questa ragazza. A volte mi da l’impressione di essere innocua ma in altre situazione come adesso, mi sembra un serpente a sonagli. Calma e nascosta prima e letale il momento dopo. È capace di buttarti giù in un secondo. Non credo sia una persona molto leale.
«Certo che viene» interviene Andrea avvicinandosi a me.
«Ehm.. a dire il vero non mi sento tanto bene; quindi se vuoi, vai pure» dico guardando Andrea.
«No, non ti lascio qui da sola»
«Non preoccuparti. Non sono una bambina. So cavarmela anche senza di te»
«Se la metti così, allora…»
Annuisco e mi volto verso le ragazze. Alessia è un po’ dispiaciuta. Ha capito che è successo qualcosa tra di noi e che stiamo litigando; Elena ha un enorme ghigno sulle labbra e se qualcuno non me la toglie di mezzo, probabilmente la picchio.
«Allora, andiamo!» esclama Luigi, forse avvertendo l’elettricità nell’aria.
«Mi cambio subito» dice Andrea e si allontana.
«Mi dispiace» mormora Alessia accarezzandomi il braccio.
«Non preoccuparti. Divertitevi» dico e le vedo allontanarsi verso la porta.
Quando Andrea esce dalla camera non mi guarda, non mi saluta; prende le chiavi e va via.
È ritornato a fare lo stronzo!
Sbuffo e vado a recuperare il pc in camera mia. Metto “Hall of fame” e cerco gli ingredienti per fare una torta. Spero che gli inglesi abbiano farina, amido e roba simile. La canzone mi ricorda i momenti che ho passato con Andrea; proprio in quel momento però qualcuno apre la porta e la richiude alle sue spalle.
«Gaia?»
Mi sporgo per guardare e vedo Andrea dentro la stanza. «Cosa ci fai qui?» chiedo.
«Mi sono reso conto di non voler andare con loro» dice e si avvicina a me, circondando il mio viso con le mani. Mi bacia e mi fa appoggiare di nuovo al bancone. «Scusami…»
«Non hai nulla di cui scusarti» dico allontanandomi da lui.
«Gaia, ti prego. Ho bisogno di…» si ferma e mi guarda.
«Di cosa? Di qualcuno che cada tra le tue braccia e che venga a letto con te?»
«Come puoi pensare che voglia solo portarti a letto?»
«Lo penso perché un minuto prima mi stavi spogliando con tanta dolcezza e il minuto dopo sei praticamente scappato via. Ti sei vergognato. Non vuoi che i tuoi amici lo sappiano»
«No, non è vero!»
«Invece si, maledizione! Altrimenti saresti rimasto con me»
«Sono qui adesso; e poi volevo restare con te. Sei stata tu a dirmi che te la saresti cavata ugualmente. Cosa vuoi adesso?»
«Certo che te l’ho detto. Andrea, se tu vuoi stare veramente con me, ho bisogno di sapere che lo fai solo perché tieni a me sul serio e non perché hai solo voglia di farti una bella scopata. Non sarei dovuta arrivare a questo punto. Non mi sarei dovuta esporre così tanto» dico ritornando alla mia torta.
«Voglio sul serio stare con te. Te l’ho detto!»
«Dimostramelo allora» rispondo guardandolo.
«Domani lo dirò ai miei amici»
Alzo un sopracciglio per la facilità con cui l’ha detto  e mi volto di nuovo verso il bancone.
«Dico sul serio. Fidati»
Fidarmi… bella parola! Tutti facciamo presto a dire “fidati di me” e poi è ancora più facile tradire e andarsene, lasciandosi dietro una voragine.
«Non posso ancora fidarmi di te. Vedrò domani»
Mi guarda accigliato, ma è più rilassato rispetto a prima. «Ok» dice, infine, e mi accarezza la guancia.
«Che cosa… ehm… che cosa stavi facendo?»
«Stavo cercando di fare una torta, ma mancano degli ingredienti»
«Ti va se usciamo a comprarli?»
Lo guardo e annuisco. «Certo. Vado a cambiarmi»
Ritorno velocemente in camera e indosso un paio di jeans e una maglietta qualsiasi. Prendo la giacca, la borsa ed esco. «Pronta»
«Sei carina vestita così»
«Grazie» dico e metto la giacca.
Usciamo di casa, chiudendo a chiave, e ci dirigiamo verso la fermata dell’autobus. Restiamo in silenzio per quasi tutto il tragitto e anche quando saliamo sul bus non parliamo.
Il supermercato vicino a casa per fortuna è aperto e, quando entriamo, Andrea dice «Perché non riusciamo a superare quello che è successo?»
«Che vuoi dire?» chiedo guardando tra gli scaffali.
«Quando litighiamo dopo non riusciamo più a comunicare. Non parliamo più»
«Scusa, non pensavo ci tenessi così tanto. Pensavo non te ne importasse più nulla»
«Mi importa invece. Mi dispiace per quello che è successo prima, non mi vergogno di stare con te»
«E allora perché sei scappato?»
«Perché voglio che questo rimanga ancora per un po’ tra di noi»
Lo guardo e forse potrebbe anche avere ragione. Chissà cosa gli direbbero i suoi amici dopo averglielo detto.
«Hai ragione» mormoro e mi volto a guardarlo.
«Quindi adesso stiamo insieme»
«E’ così?» chiedo avvicinandomi.
«Si» risponde sorridendomi. Si avvicina a me e mi circonda le spalle con un braccio. «E allora, cosa prendiamo per questa torta?»
«Pesche, sciroppo, farina e non lo so… facciamo un giro»
«Bene, allora andiamo» dice prendendomi per mano e cominciando a camminare per il supermercato. Passiamo mezz’ora a comprare solo alcune cose; per tutto il tempo non facciamo altro che scherzare e prenderci in giro nel reparto della frutta. Ovviamente, ha fatto apprezzamenti poco carini su un particolare frutto, apprezzamenti che hanno incuriosito la sicurezza del supermercato, tanto da invitarlo ad allontanarsi dal reparto perché infastidiva le altre signore.
Mi allontano scoppiando a ridere, mentre lui cerca di non fare lo stesso davanti alle autorità.
Davvero un bello spettacolo.
«Vuoi davvero farlo?» chiede all’improvviso, mentre usciamo dal supermercato.
Io mi fermo in mezzo alla strada e lo guardo stranita. «Scusami?»
«Gaia, stavi per fare sesso con me e so che potrebbe essere la tua prima volta» 
«Sarebbe stato solo quello per te?» chiedo un po’ delusa.
«Certo che no; è stata la prima parola che mi è venuta in mente»
«Andrea…» lo rimprovero.
Lui ride e mi stringe ancora «Scusami, davvero. Non intendevo dire quello»
«Va bene, ti credo» rispondo stringendomi a lui.
«Grazie»
«E comunque si, saresti il primo»
«Ne sei sicura?»
«Si, ne sono sicura» rispondo sorridendo.
Se ci penso mi sento strana perché fino alla scorsa settimana non avrei mai immaginato che io e lui potessimo arrivare a parlare di questo. Certo, le cose cambiano, le persone anche; sono contenta di aver scoperto questo lato di Andrea. Non è soltanto il cretino e superficiale ragazzo che ho conosciuto in questi anni: è molto di più. È dolce, premuroso e molto altruista. Sono qualità della sua personalità che, per un motivo o per l’altro, non vuole che si notino. È un vero peccato.
«Non hai parlato con quel tipo in questi giorni, vero?» chiede mentre mi siedo sul sedile dell’autobus.
«Chi? Max? Perché avrei dovuto parlare con lui?»
«Non lo so, magari vi siete scambiati i numeri di cellulare»
«No, niente del genere. Non lo sento e non lo vedo da quella sera»
«Bene» risponde prendendo la mia mano.
«Posso farti una domanda?» chiedo guardando le nostre dita intrecciate.
«Certo, chiedi pure» risponde lui sicuro.
«Suona veramente assurdo, ma sei geloso, per caso?»
«Ti sembro il tipo che si ingelosisce?»
«Dovresti sapere che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda»
«Grande saputella» dice e si avvicina per baciarmi.
«Dovremmo smettere di dare spettacolo» mormoro guardando davanti a me. Dei ragazzi ci stanno guardando troppo entusiasti di vedere quello che facciamo.
«Perché?» chiede Andrea.
«Ci stanno guardando»
Lui si volta e gli lancia una brutta occhiata, poi ritorna a guardare me e mi mette un braccio sulle spalle. Oh mio dio, Andrea Ferrari che marca il territorio. Roba da non crederci!!
«Ora non più» mormora e mi guarda sorridente.
Sorrido anch' io e provo a non pensare che, questo ragazzo, sarà la mia meravigliosa rovina.
 
Riuscire a cucinare qualcosa di non tanto complicato si è rivelata un’impresa immane quando si ha come “aiutante cuoco” un bambino di diciannove anni. Invece di aiutarmi Andrea non ha fatto altro che baciarmi il collo distraendomi dalla torta; me l’ha fatta quasi bruciare perché mi ha distratta troppo. Diciamo che siamo quasi finiti, di nuovo, sul bancone della cucina.
Dopo un’ora e mezzo riesco a preparare l’impasto, a metterla nella teglia e a infornarla. Direi che, nonostante sia un po’ bruciata sui bordi, e non per colpa mia, è venuta fuori una bella torta. Per riuscire a preparare il pranzo, gli ho detto di starsene sul divano: in silenzio e soprattutto con le mani a posto. Per fortuna ha messo solo un di musica dal mio pc e si è perso nel suo gioco preferito su internet, così io, adesso, sto finendo di cucinare in tutta tranquillità mentre “Save the last dance” di Michael Bublé riempie la cucina.
Mi è sempre piaciuto ascoltare musica mentre cucino. Mi concentra e, soprattutto adesso, la concentrazione mi serve per non notare la presenza di Andrea nella stessa stanza.
La canticchio e, senza neanche rendermene conto, mi metto a fare quei quattro passi che ho imparato dal video della canzone.
«Ti muovi parecchio bene» mormora Andrea al mio orecchio, mentre le sue mani sono sui miei fianchi. Oddio, mi sono messa a ballare davanti a lui.
«Ehm… non è niente di che»
«Mi piace come ti muovi» mormora e io mi maledico di nuovo.
«Ok, cambiamo canzone»
«No, mi piace questa. Ti va di ballare con me»
«Smettila» dico ridendo.
«Dai…»
«Lasciami» Cerco di trattenere le risate, ma non mi riesce molto, quindi rido, lo bacio e lo spingo lontano, mentre riprendo a cucinare.
«Sei cattiva»
«Tu mi provochi»
«E dove sarebbe il problema?» chiede ingenuamente.
«Riprendo a cucinare, che è meglio» rispondo voltandomi.
Lo sento ridere, ma lascio correre. Non mi sembra il caso di metterci a discutere sulle nostre esperienze.
«Ho finito» dico prendendo i piatti dalla credenza e riempiendoli. Li porto a tavola ma lui è ancora lì che gioca. «Andrea?» lo chiamo.
«Si, arrivo. Sto per finire il livello»
Alzo le sopracciglia e prendo forchette, coltelli, bicchieri e acqua.
«Buon pranzo Andrea! Buon pranzo Gaia» mormoro imitando la sua voce.
Lui mi guarda e scoppia a ridere. «Hai appena imitato la mia voce?»
«L’ho fatto?» chiedo ridendo.
«Sei brava ad imitare» dice.
«Immagino…» mormoro ridendo.
Riusciamo a mangiare senza prenderci in giro o tirarci addosso nulla, fin quando non arriviamo alla mia torta «Sei proprio una pessima cuoca» dice Andrea masticando.
«Certo, infatti quei due piatti di pasta erano disgustosi»
«Tanto» risponde ridendo.
«Beh, e comunque sei stato tu a farmi bruciare i bordi della torta. Mi hai distratta»
«Allora se è per questo che si sono bruciati ti perdono e ti do un’altra possibilità. Mi farai un’altra torta?»
«Ci penserò» dico e mi alzo per sparecchiare e lavare i piatti.
«Posso proporti una cosa?» chiede porgendomi i piatti.
«Cosa?»
«Ti va di riposarci insieme a letto?»
Lo guardo e sorrido «Volentieri» rispondo e lo schizzo con l’acqua. «Aiutami a lavare i piatti, và»
Mi spinge e si mette ad asciugare i piatti che gli porgo. «Dimmi una cosa» dice.
«Cosa?»
«Per caso conosco qualche tuo ex?»
Mi scappa una risata «Scusami?»
«I tuoi ex» dice guardandomi.
«Non ho degli ex» dico ridendo.
«Significa che non hai mai avuto un ragazzo?» chiede.
«E’ inutile che lo nego, tanto lo capiresti, quindi no, non ho mai avuto un ragazzo»
«Hm… bene»
Annuisco e rimetto l’acqua nel frigo. «Ok, finito» dico e metto le mani sui fianchi.
«Bene, vieni qui!» esclama e mi carica sulla spalla. Lancio un grido e mi aggrappo ai suoi fianchi.
«Mettimi giù» grido.
«Come desideri» dice e mi lascia cadere sul letto, mentre lui si sistema accanto a me.
«E dimmi… io conosco qualche tua ex?» chiedo cercando di non guardarlo.
«Una si, la conosci»
«Elena, vero?»
«Si, lei»
«Vuoi spiegarmi perché l’hai trattata male ieri?»
«Si è comportata male» dice e mi prende la mano.
«Quando? Sei stato tutto il tempo con me e non mi sembra che si sia comportata male; se è per quella cosa della coppia perfetta… stava scherzando, credo»
«No, non è per questo. Non scherzava. Però ha parlato al vento»
«E cosa avrebbe detto?»
«Vuole ritornare con me»
«Ah…» Bella questa. Tre giorni prima mi dice che Andrea tiene a me e poi ci riprova con lui.
«Ma a me non interessa. Non più» dice alzandomi il volto affinché io lo guardi. Sorrido e lo bacio.
Non voglio perderlo.
Gli butto le braccia al collo e lo stringo forte. «Vedo che ne sei contenta» dice accarezzandomi la schiena.
«Si» ammetto un po’ in imbarazzo.
«Non devi preoccuparti. Ho chiuso con Elena»
Annuisco e mi stendo, di nuovo, accanto a lui.
«Perché ci siamo odiati così tanto in questi anni?» chiedo guardando le nostre dita intrecciate.
«Ehm… non ti viene in mente proprio niente?» chiede guardandomi.
«No»
«Te l’ho detto stanotte»
«Quando?» chiedo alzandomi sul gomito.
«Prima che ti addormentassi»
«Ah, e che cosa avresti detto?»
«Eh.. che avrei detto… niente che non ci siamo mai… mai capiti, ecco!»
«Hm, si forse è vero»
«Già» mormora e appoggia la testa sulla mia. «Se fosse successo prima…»
«Probabilmente questi quattro anni di odio ci servivano per… per arrivare a questo»
«Si, hai ragione»
Quattro anni ad odiarlo e in una settimana mi sono invaghita di lui. Cose strane e pazze della vita!

 

 

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Bien, bien!
Che ve ne pare del capitolo che avete appena finito di leggere?
E' stato divertente?! xD O frustrante perchè non è successo quello che tutti si aspettavano che succedesse?! xD
Ahahah, sono perfida, lo so. xD
Detto questo, mi vado a nascondere :P
Alla prossima settimana :*
Vi adoro!!
Francy

PS: Vi lascio una bella fotina dei nostri piccioncini *_*

 

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Capitolo 10
*** 9. *Vivimi senza pensare alle voci intorno a noi* ***


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Buongiorno a tutti.
Eccomi, puntuale, con in nuovo capitolo di LBIOS *_*
Questo capitolo ha un titolo!! Ebbene sì, sto cercando dei titoli anche per gli altri capitoli già pubblicati. Non l'ho fatto prima perchè sono negata nel trovarli, ma grazie alla collaborazione di una mia cara amica, ci sto riuscendo.
Uhm... che dire... Spero che il capitolo vi piaccia e che non ne restiate delusi.
Un bacio e buona lettura!

Let's blame it on September
 

Capitolo 9
"Vivimi senza pensare alle voci intorno a noi"

 

«Sei pronta per ritornare a scuola?» chiede Andrea salendo sul bus.
«Perché non dovrei?»
«Beh, per quello che è successo ieri»
«E che cos’è successo ieri?» chiedo guardandolo.
«Ci siamo messi insieme, no? Non è così per te?»
«Non vorrei illudermi e poi rimanerci male, ecco…» confesso.
«Non succederà. Non ci rimarrai male, non preoccuparti»
«Quindi anche quando torneremo in Italia sarà come adesso?»
«Si, se tu vorrai»
Annuisco e lo guardo «Sarà strano»
«Lo so» dice lui e sospira. Ho l’impressione che cominci a pentirsene.
Sull'autobus rimaniamo nuovamente in silenzio; praticamente, come da una settimana ormai. Mi prende semplicemente per mano e comincia ad accarezzarmi il palmo.
«Smettila» mormoro sorridendo.
«Perché?»
«Finiscila! Credi che non sappia cosa significa?»
«Sai troppe cose» dice ridendo.
«Meglio, no?»
«Si» dice e mi bacia, ma proprio in quel momento salgono Elena e Luigi.
«C’è qualcosa che dovete dirci?» chiede Luigi, mentre Elena mi guarda storto. Ma insomma, che vuole?! Prima mi dice tutte quelle cose e, ora che potrebbe nascere qualcosa, lei fa così?!
«No» risponde Andrea, guardo Luigi che non è per niente contento.
Cerco di allontanarmi il più possibile da Andrea e di nascondere la mano che poco fa lui accarezzava.
Ci guardiamo per un momento, poi lui comincia a parlare con i suoi amici e io inforco gli occhiali e provo a non darmi della stupida. Stupida, per essermi cacciata in questa situazione.
Quando arriviamo a scuola Andrea vorrebbe prendermi per mano, ma mi scanso e prendo il telefono dalla borsa per chiamare Serena.
«Ci vediamo dopo» mormoro sorridendogli.
«Si» risponde lui e, dopo avermi guardata a lungo, si volta e raggiunge gli altri.
Faccio velocemente il numero di Serena e spero che non sia impegnata.
«Gaia. Perché stai chiamando?!»
«Ho bisogno di parlarti. Urgentemente»
«Cos’è successo?»
«Io e Andrea stiamo insieme, cioè credo… ma ci sono i suoi amici che non sono tanto d’accordo»
«Oh merda! Senti, sono a scuola. Ti chiamo tra cinque minuti»
Cavolo!! Oggi iniziava la scuola.
«Va bene, a dopo»
Riattacco e sospiro, prima di voltarmi e dirigermi verso gli altri. Ci sarà anche Andrea lì e, molto probabilmente, anche Max; direi che la mia giornata non poteva iniziare in modo migliore.
A dire il vero, è cominciata benissimo, con Andrea accanto, ma adesso sta andando tutto male.
«Ciao Gaia»
Mi volto e, proprio come se la mia mente lo avesse chiamato, Max si materializza davanti a me.
«Ehi, ciao» rispondo guardandomi intorno.
«Non ci siamo più visti da quella sera»
«Già. Mi dispiace per quello che è successo»
«Non preoccuparti. Mi sono rassegnato ormai»
Gli sorrido e restiamo lì a fissarci come due idioti.
«Sei qui» Andrea spunta come un fungo, salvandomi anche dalla situazione imbarazzante che si è venuta a creare con Max.
«Si»
«Vieni, andiamo a prendere un caffè» dice e guarda storto Max, mentre mi prende per mano.
«Grazie per avermi salvata»
«Non c’è di che. Cosa ti ha detto?»
«Che non ci siamo più visti da quella sera e che si è rassegnato»
«Bene. Meglio così»
Sorrido per la sua gelosia e stringo di più la sua mano nella mia; al mio gesto lui sorride, ma quando incrociamo Giorgio, l’altro suo amico, lascia la mia mano; capisco che ancora non è pronto a lasciarsi andare del tutto.
Si ok… lui ha detto che vorrebbe non dire ancora nulla per evitare che gli altri facciano domande, ma sono sempre più convinta che lo abbia detto per non rovinare la sua “reputazione”. Non è una buona cosa stare con una sfigata. «Come va?» chiede Giorgio guardando in basso, verso le nostre mani.
«Bene, tu?» risponde Andrea dandogli una pacca sulla spalla.
«Meglio, se tu non mi mentissi. State insieme, vero? Ci sei riuscito»
Riuscito a fare cosa? «No, non stiamo insieme» dice e i miei occhi saettano su di lui.
Aveva detto che sarebbe stato disposto a dirlo a tutti oggi, invece mi ha presa in giro. Un’altra volta.
Giorgio sembra intuire i miei pensieri e il mio umore, per questo adesso mi guarda; anzi, mi sta scrutando, come se volesse capire cosa sto provando.
«Scusate. Devo chiamare una mia amica prima che inizino le lezioni» dico velocemente e Andrea mi guarda dispiaciuto. Mi volto ed esco dalla caffetteria nella quale eravamo entrati poco prima. Spero tanto che Serena mi chiami. Ho bisogno di parlare con qualcuno, altrimenti giuro che scoppio. Sono una bomba ad orologeria di lacrime, e purtroppo, questo non è il momento né il luogo adatto per lasciarsi andare.
Per fortuna il cellulare suona momento più opportuno così mi allontano e rispondo «Serena»
«Gaia… dimmi tutto»
«Scusa se ti ho disturbato. Non ricordavo che iniziasse oggi la scuola»
«Purtroppo si. Mi sono un po’ pentita di non essere venuta con te. Qua hanno detto di volerti aspettare»
«Davvero?»
«Si, ma non pensare a questo. Dimmi cos’è successo? Hai detto che vi siete messi insieme»
«Si, credo… ma si comporta come lo stronzo che è sempre stato. Quando siamo saliti sull’autobus non abbiamo detto nulla, come al solito, poi mentre stavamo per baciarci sono saliti i suoi amici e hanno visto tutto. Luigi ed Elena sono parecchio incazzati con lui e lei probabilmente mi odia a morte; adesso Andrea dice che non stiamo insieme»
«Magari vuole aspettare»
«Si, è quello che ha detto lui, ma mi ferisce… nonostante io sappia come la pensa, ho avuto la sensazione che lui dica così solo per non rovinarsi la reputazione. Sono e sarò sempre una povera sfigata Serena e lui, per questo, non può stare con me»
«Non starebbe con te se la pensasse in questo modo»
«E allora perché non dice semplicemente la verità?! Oppure smettiamo di fare quello che facciamo»
«Perché cosa fate?» chiede maliziosa.
«Sere…»
«Dai, raccontami»
«Ieri… uhm, siamo… si insomma, siamo quasi finiti a letto insieme» dico tutto d’un fiato.
«Che cosa?! No, un momento: tu e Andrea Ferrari?! Proprio lui?»
«Si, proprio lui. Non è successo niente comunque. Luigi, Alessia ed Elena sono arrivati giusto in tempo per interromperci»
«Che sfiga»
«Smettila!»
«Perché?! Hai quasi fatto l’amore con Andrea. È una sfiga, questa. Stanotte devi darci dentro»
«Ma la pianti?! Non farò un bel niente. Abbiamo litigato e credo che non vorrò parlargli per il resto della giornata»
«Piantala tu, Gaia! Si, Andrea è sempre stato uno stronzo con la s maiuscola, ma adesso hai la possibilità di cambiare le cose; ma devi avere pazienza, perché non è facile iniziare una relazione, soprattutto quando alcuni amici non sono d’accordo; ma proprio perché sono gli amici, non possono fare molto. Quello che devi valutare è solo il comportamento di Andrea e se lui fa qualcosa di carino prendilo in considerazione come quando prendi in considerazione le stronzate che fa. Io non lo conosco molto bene, ma da quello che mi hai detto da quando siete in casa assieme, devo dedurre che ha un lato buono e romantico»
«Ce l’ha, sul serio. È davvero gentile quando vuole, ma mi ferisce quando siamo con gli altri e cambia atteggiamento»
«E’ piuttosto normale nei ragazzi, non preoccuparti»
Sospiro e scuoto la testa «Come farò?»
«A fare cosa?»
«A non innamorarmi di lui»
«Sei innamorata?» chiede sorpresa.
«No, non credo. Spero di no, però io sono talmente scema da farlo se lui continua a mostrarmi questo lato gentile, romantico, premuroso e tanto, tanto altro»
«Allora, sii indifferente se non vuoi innamorarti, ma ricorda che l’amore è una cosa bellissima. Essere innamorati è davvero bello»
«Si, quando si è ricambiati»
«E cosa ti fa pensare che Andrea non ricambi? Non ti mostrerebbe quel lato gentile, romantico, premuroso e tanto, tanto altro» dice prendendomi in giro.
Scoppiamo a ridere e rispondo con un frettoloso “non lo so”, prima di rendermi conto che le lezioni sono quasi iniziate.
Saluto Serena e riaggancio ma, mentre corro per salire in classe, mi scontro con lui…
«Dove vai così di fretta?» chiede.
«Oh scusa… sto andando in classe»
«Puoi saltare la prima ora e mezza? Devo parlarti»
«Non possiamo fare durante la pausa? Così mi eviti anche di incontrare il tuo amico»
«E’ proprio di lui che voglio parlarti e mezz’ora non basta»
«Avrai quella dopo. Ti prego, non posso saltare questa lezione»
«Ok. Ti aspetto qui più tardi. Non scappare»
«Grazie. A dopo»
Lo saluto ed entro in classe.
Come se anche il tempo fosse curioso di sapere cos’ha Giorgio da dirmi, quell’ora e mezza di lezione passa come se fossero trascorsi pochi minuti e non novanta. Mannaggia a me e a quando ho lasciato che Andrea mi si avvicinasse così tanto.
Della lezione non ho capito molto; avrei potuto saltarla, così avrei potuto parlare con Giorgio e liberarmi prima di lui.
Raccolgo lentamente le mie cose e aspetto che tutti gli altri siano usciti prima di fare anch' io lo stesso. Chissà se è fuori ad aspettarmi.
Non faccio nemmeno in tempo ad alzarmi che Giorgio entra e mi saluta con la mano. «Pensavo fossi già uscita»
«No» rispondo.
«Possiamo parlare qui o preferisci andare fuori?»
«No, va bene qui» dico e mi siedo sul tavolo. Vorrei evitare Andrea.
«Ok» dice e si siede su una sedia non molto lontano da me. «Ti chiederai perché io voglia parlarti»
«Probabilmente sarà per dirmi che devo rinunciare ad Andrea, perché lui non può rovinarsi la reputazione stando con una come me. Puoi risparmiare il fiato; ci sono già arrivata»
«No, fermati» dice «Io non la penso come Luigi. Sono contento che Andrea si sia avvicinato a te, sul serio»
«Quindi cosa vuoi dirmi?»
«Voglio dirti che Andrea tiene sul serio a te e se non vuole ancora dire che state insieme non occorre prendersela»
«Quindi sbaglio» affermo.
«Si. Sbagli perché non ti stai fidando di lui»
«Deve guadagnarsi la mia fiducia e non sta andando proprio alla grande»
«Dagli un po’ di tempo; in fondo da quanto va avanti questa cosa? Da qualche giorno?»
«Si»
«Quindi è ancora presto. Dagli un po’ di tempo»
«Tempo… ok»
«E comunque tu non sei una sfigata Gaia! Non lo pensare»
«Come faccio a non pensarlo dopo che voi mi avete considerata così per quattro anni di fila? Non mi è mai importato di quello che dite di me, ma adesso che c’è questa cosa in ballo, sinceramente mi fa un po’ incazzare!»
«Senti… se tieni davvero ad Andrea non ti deve importare di quello che gli altri pensano di te o della vostra relazione»
«Ma se importa ad Andrea io non posso impedirglielo e purtroppo lui non potrà mai ignorare il giudizio dei suoi amici. Probabilmente Luigi vorrà uccidermi per quello che  ha visto sull’autobus ed Elena non sarà da meno»
«E che ti importa?»
«A me niente, ma non voglio che Andrea litighi con i suoi amici»
«Non litigherà con loro, non preoccuparti. Dagli solo un po’ di tempo per capire quello che prova»
«E cosa dovrebbe provare?»
«Dei sentimenti, Gaia»
«Perché, credi che Andrea sia in grado di provare dei sentimenti per me?»
«Si, è in grado di provarli»
Cerco di trattenere un sorriso per un eventuale “Andrea innamorato di me”. Mi sembra una frase quasi ridicola, e di certo non mi fa bene pensarci.
Restiamo qualche attimo in silenzio, fin quando lui non parla di nuovo «Mi è sembrato diverso oggi»
«In che senso?»
«E’ più sorridente»
Alzo un sopracciglio «Non mi pare che prima non lo fosse»
«No, ma adesso… non lo so, è difficile da spiegare. Comunque tutto questo è dovuto a te, quindi grazie. Gli fa indubbiamente bene questa relazione»
«Non c’è nessuna relazione»
«State insieme, no? Quindi c’è»
«Non lo so se stiamo insieme. Cioè, io vorrei, ma non so se lui, a questo punto, la pensa come me»
«Sono sicuro che è così»
«Chi  lo sa…» mormoro e lui mi guarda sorridente, ma esasperato.
«Sei proprio testarda»
«Così dicono…»
«Hai dato del filo da torcere ad Andrea in questi anni»
«Ah si? Ero convinta del contrario, guarda un po’»
«In che senso?»
«E’ stato lui a rendermi la vita impossibile in questi anni»
«Avete fatto del vostro meglio entrambi, credimi»
Annuisco e guardo l’orologio, rendendomi conto che stanno per finire i trenta minuti di pausa. «E’ già finita» mormoro.
«Già. Probabilmente Andrea mi starà cercando»
Si alza dalla sedia e si avvicina alla porta. «Ah, Giorgio?!» lo chiamo e lui si volta.
«Dimmi»
«Non… non dirgli che credo che tra di noi ci sia una relazione» dico imbarazzata.
Lui sorride «Non lo farò, però lui lo pensa già, quindi… beh, buona lezione»
«Grazie» rispondo sorridendo.
Mi siedo al mio posto e sorrido. Giorgio non ce l’ha con me e non pensa che io sia una sfigata! Facciamo progressi…
Quando prendo il cellulare mi accorgo delle chiamate di Andrea; entro nel menu dei messaggi e gliene scrivo uno.
Sono rimasta in classe per la pausa. Ci vediamo dopo” scrivo e invio.
Credevo non volessi parlarmi
No. Ti avrei risposto prima, ma non ho sentito le chiamate
Non preoccuparti. A dopo. Adesso devo fare il terzo grado a Giorgio
Oh cazzo!!
Trattalo bene” scrivo e sorrido, mentre cominciano ad entrare i primi ragazzi.
«Qualcuno ti manda messaggi divertenti?» chiede… Luigi.
«Notizia dell’ultima ora: non sono affari tuoi» dico guardandolo di traverso.
«Dovresti stare alla larga dal mio amico» risponde lui sedendosi di fronte a me
«E tu dovresti farti gli affaracci tuoi. Credo che Andrea sia abbastanza grande da decidere per se'»
«Credo che, nell’ultima settimana, sia diventato stupido»
«Forse è da quando sta con me che è guarito dalla stupidaggine che gli ha contagiato tu. Fatti da parte»
«Fatti da parte tu»
«Lo farò solo quando Andrea si sarà stancato di me, ma sicuramente non sarà il tuo giudizio a fermarmi, come non sarà la cotta che ha tua cugina per lui che mi impedirà di stare con Andrea. Mettetevelo. Bene. In. Testa»
«Beh, forse dovresti metterti bene in testa che Andrea non perde tempo con le ragazzine stupide e sfigate come te»
«Dovrebbe cominciare a smettere di perdere tempo con ragazzi stupidi come te»
«Sei solo una puttanella. Aveva ragione!»
Mi toglie il fiato e, decisamente, non in senso positivo. Non so cosa rispondere e forse è meglio se rimango zitta. Per fortuna arrivano gli altri, insieme al professore di quell’ora; così, finalmente, comincia la lezione e io posso evitare quel coglione che è seduto davanti a me.
 
È passata un’altra ora e mezza e, per grazia divina, adesso sto uscendo dalla classe. Dovrei andare a pranzo, ma non mi va. Sono di pessimo umore e, anche se avevo detto ad Andrea che ci saremmo visti, non mi va di ricevere ancora occhiatacce da quel cretino di Luigi.
Esco fuori e, fortunatamente, non incontro Andrea per le scale.
Spengo il telefono e mi siedo sul muretto, che sembra essere diventato il mio posto, ormai.
«Non capisco perché continui ad evitarmi» dice una voce maschile. Mi volto e Andrea è a qualche centimetro di distanza da me. Il suo profumo mi arrivo dritto al naso ed è come una pugnalata.
«Non ti sto evitando» rispondo io, mentre lui sale sul muretto e si siede vicino a me.
«Ma non sei troppo scoperta?» chiede indicando le mie gambe.
«Fa caldo» rispondo io e lui appoggia la sua giacca sulle mie gambe. Lo guardo di traverso e lui mi sorride. Mi piace quando mi sorride.
«Mi dispiace per stamattina»
«Non preoccuparti. Ho capito che Luigi mi odia. Abbiamo litigato prima che cominciasse una lezione»
«Davvero? Che vi siete detti?»
«Non mi va di parlarne, tanto sicuramente te lo dirà lui» mormoro indossando gli occhiali per riparare gli occhi dal sole.
«Ho avuto voglia di stare con te per tutta la mattinata, se questo può farti sentire meglio»
«Non aiuta» dico, ma mento. Aiuta tanto, anche se mi sento in colpa.
«No?»
Sospiro e mi tolgo gli occhiali per guardarlo «Mi aiuta tanto, ma sento come se non fosse giusto. Insomma, non voglio che litighi con il tuo migliore amico solo perché vuoi stare con me»
«Dovrà farsene una ragione. Voglio stare con te» dice e mi accarezza una guancia.
Mi avvicino a lui e lo abbraccio. «E’ carino da parte tua dirlo, ma ho l’impressione che tu, alla fine di tutto, darai ascolto ai tuoi amici»
«Fidati di me, ti prego. Giorgio mi ha detto quello che vi siete detti e… come puoi pensare che non ci sia niente tra di noi?»
«Andrea, gli hai detto che non stiamo insieme. Davanti a me, gli hai detto che non c’è niente fra di noi. È normale che io pensi una cosa del genere»
Adesso è a disagio. Si passa una mano fra i capelli e guarda altrove «Mi ha preso alla sprovvista quella domanda e anche quello che hanno visto Luigi ed Elena… non lo so, ma non ero ancora pronto per dirglielo»
«Forse dobbiamo continuare ad essere quello che siamo sempre stati»
«Che cosa?! No, non voglio che ti allontani da me»
Vorrei sorridere, ma invece mi avvicino di nuovo a lui e, questa volta, sono io a baciarlo. Lui ricambia, avidamente. «Stai con me e lascia correre quello che dicono di te, di noi e poi non tutti sono contrari; e anche se lo fossero a noi cosa importa?»
«A me importa»
«Perché?» chiede disperato.
«Perché non voglio che litighi con i tuoi amici per colpa mia e poi perché, in un modo o nell’altro, ti lasci condizionare da loro; quindi se ti dicono qualcosa di negativo tu stai lì a pensarci e ripensarci, fin quando non decidi che probabilmente hanno ragione»
«Non succederà, te lo prometto»
«Non fare promesse Andrea. Non farle se non sei sicuro di mantenerle»
«Le manterrò. Bianchina, per favore, fidati» dice e mi bacia, guardandomi con lo sguardo di un cucciolo bastonato.
«Devi guadagnarti la mia fiducia»
«Lo farò» dice sorridendomi.
«Ok» rispondo ricambiano il sorriso.
«Bene, adesso puoi coprirti le gambe, per favore?» chiede continuando a baciarmi.
«No, sento caldo»
«Tu mi sfidi»
«No, mantengo la mia libertà» dico smettendo di baciarlo.
«Stai zitta e baciami» dice afferrandomi i capelli e avvicinandomi al suo viso.
Sorrido e continuo a baciarlo, mentre nel mio basso ventre esplode la passione. Oddio, vorrei che fossimo soli, al momento.
«Posso dormire con te stanotte?»
«No»
«Eh dai. Sono il tuo ragazzo e in quanto tale devo dormire con te»
«Ah, adesso saresti il mio ragazzo?»
«Si» risponde sorridendo.
«Bene, allora ci penserò» dico scendendo dal muretto.
«Dove vai?» chiede.
«A mangiare. Ho fame»
Lo sento seguirmi e qualche secondo dopo, la sua mano si intreccia alla mia, mentre entriamo in mensa.
«Tuo padre ha più chiamato?» chiede mentre apro il mio sandwich al tonno e cetrioli.
«No» rispondo subito.
«Non ti va ancora di parlarne?» chiede guardandomi serio.
«Ho paura di mancare di rispetto a mia madre, parlandone»
«Sono sicuro che non è così, ma se non vuoi parlarne non te lo chiedo più»
«Grazie» rispondo sorridendo; Andrea mi sorride e si avvicina per baciarmi la fronte. «Adesso è meglio se andiamo» dico finendo di mangiare.
«Non voglio affrontare altre tre ore di lezione» si lamenta, mentre mi alzo per buttare la confezione vuota del sandwich nella spazzatura.
«Avanti, dai» cerco di incoraggiarlo prendendolo per mano e tirandolo.
«Portami con te; le lezioni sarebbero meno brutte»
«Scordatelo. Su andiamo o mi fai fare tardi»
«Uffa» mormora, ma alla fine si alza e mi abbraccia mentre saliamo le scale. Davanti la porta della sua aula si avvicina e mi bacia «Non scappare dopo» dice e io cerco di non sorridere. Scende lungo il mio collo e lo bacia attraverso la stoffa della mia camicia.
«Smettila»
«Perché? Mi piace baciare il tuo collo»
«Devo andare» dico e lo allontano.
«Uffa. Mi lasci sempre insoddisfatto»
Lo guardo di traverso ed entro in aula.
 
Sono seduta ad un tavolo della caffetteria e, dopo l’ultima lezione, sto aspettando che Andrea scenda per tornare a casa. 
Durante l’ultima pausa abbiamo giocato a carte e, dopo avermi giudicata una schiappa, mi ha portato dentro il bagno delle donne e non mi ha lasciata più andare. Il posto non è era sicuramente il massimo, ma è stato molto bello passare il tempo con lui, in quel modo. Ho di nuovo le carte in mano e le sto ordinando, ma uno stupido di nome Andrea me le ha appena buttate per terra, mischiandole di nuovo.
«Sei un’idiota, lo sai?»
«E’ per questo che ti piaccio, no?»
«Devo ancora decidere se mi piaci o no»
«I quindici minuti nel bagno delle ragazze ti sono piaciuti però»
«Chiedimelo più tardi»
Lui alza un sopracciglio e mi guarda malizioso. «Ok, andiamo a casa»
«Ti va di fare una partita? Magari puoi vincere»
«No, grazie»
«Eh dai»
Sbuffo e mi siedo «Sei proprio un bambino a volte»
«Lo so. Me lo dice spesso mia madre, ma lei non me lo dice scherzosamente»
Mi rabbuio quasi subito. Mi è appena venuto in mente mio padre e le sue spalle mentre si richiude la porta alle spalle.
Mi guardo intorno per verificare che non ci sia nessuno vicino a noi e prendo un profondo respiro «Non… è stato un padre esemplare» dico e lo guardo. Lo sta facendo anche lui, quindi ha capito quello che sto per parlargli di mio padre. Abbassa lo sguardo e mescola le carte, mentre provo a non piangere «Ha mentito a tutti, non ha mai parlato di matrimonio con mia madre, nonostante avessero avuto me e io fossi già abbastanza grande»
«Avevi sette anni» dice Andrea passandomi tre carte.
«Si» rispondo sorridendo a malapena. «Mia madre aveva appena concluso la sua ultima tela per la mostra e non vedeva l’ora di mostrare tutto a mio padre; era così contenta, mi piaceva vederla con il sorriso sulle labbra. Io camminavo per il suo laboratorio, cercando di non fare guai e guardavo incantata i suoi dipinti: erano davvero belli. La mostra riguardava l’amore e la felicità nel sentirsi completa perché si ha accanto qualcuno che ti ama senza riserva. Quella sera mio padre è tornato dal lavoro e ha dato la sua bella notizia» dico e mi lascio sfuggire una risata amara, solo per non mettermi a piangere qui, anche se qualche lacrima scende lo stesso.
«Ehi…» Andrea cerca di avvicinarsi, ma alzo le mani e lo fermo.
«No, sto bene. Ho solo bisogno di qualche minuto. Non è… non è facile raccontare»
«Non sei costretta»
«Lo so, però ho bisogno di dirlo a qualcuno visto che la permanenza qui mi fa riaffiorare tanti ricordi che mi stanno facendo soffrire come mai primad'ora»
«Ti va se ne parliamo davanti ad una bella cioccolata calda da Costa?»
Rido e annuisco, tirando su col naso e alzandomi dal tavolo. Ci vorrebbe proprio una bella cioccolata calda.
Dopo aver messo al loro posto le carte, salutiamo i professori e usciamo fuori mano nella mano, ma lui vuole più contatto, quindi mi mette un braccio sulle spalle e mi bacia la testa.
«Non voglio vederti piangere» dice e mi stringe la mano.
«Metto gli occhiali allora»
«No, non devi piangere e basta»
«Ci provo, ma non è facile»
«Lo so, ma provaci, ok?»
Annuisco e mi fermo davanti a lui, in attesa del prossimo autobus. «Perché sei così carino con me adesso?» chiedo guardandolo.
Lui si toglie gli occhiali e fa lo stesso con me «Diciamo che… beh mi sono sbagliato in questi anni ad avercela con te. Voglio rimediare»
Sorrido e mi alzo sulle punte dei piedi per baciarlo. Lui ricambia e mi sento come se fossi la ragazza più felice del pianeta. Non c’è ancora niente di sicuro tra di noi, ma mi sento bene come mai avrei immaginato. Stare con lui non mi fa pensare a nulla; mi fa stare bene, insomma.
Quando siamo sull’autobus, non parliamo ma, questa volta, il silenzio non è carico di tensione o di imbarazzo. Stiamo bene. Mi accarezza la mano e mi bacia, di tanto in tanto, la tempia. Mi fa sentire desiderata e almeno un po’ importante.
L’ultimo che lo ha fatto è stato mio padre, undici anni fa; quindi, direi che di tempo ne è passato.
«Cioccolata al latte bianco per lei e cioccolato fondente pour moi» dice Andrea sedendosi accanto a me. Siamo arrivati da Costa, una catena di bar inglese, da circa dieci minuti e le ordinazioni sono appena arrivate. Adoro la cioccolata calda. Sa di casa, di inverno e di persona che ti ama accanto. Non c’è la persona che mi ama accanto a me, però c'è ne una che dice di tenere a me e io provo a fidarmi. Non del tutto ma ci provo.
«Tutto ok?» chiede avvolgendomi i fianchi con il suo braccio.
Appoggio la testa sulla sua spalla e annuisco «Grazie per la cioccolata» dico guardandolo.
«Figurati» risponde lui sorridendo e avvicinandomi per baciarmi. Si allontana e mi guarda «Avevi il labbro superiore sporco di cioccolata» dice bevendo dalla sua tazza.
Sorrido, un po’ imbarazzata e stavolta sono io ad avvicinarmi per baciarlo. Mi piace il sapore della sua lingua. Sa di cioccolata e di menta.
Scorgo la sua mano avvicinarsi alla mia guancia e cominciarla ad accarezzarla, mentre le nostre lingue continuano la loro danza. Per fortuna siamo ad un tavolo appartato, quindi non possono vederci.
«Vorrei portarti a casa e fare l’amore con te» sussurra e io sento il mio sangue gelarsi.
Interrompo il bacio e lo guardo. «Vuoi solo questo da me? È per questo che sei così carino con me?»
«No, lo sai. Te l’ho già detto ieri»
«Perché hai detto quella cosa?»
«Perché ti desidero, ma non come pensi. Non so come spiegartelo, ma non sarebbe soltanto una questione fisica, ecco…»
Oh… Andrea che fa una mezza dichiarazione.
«Dici sul serio?» chiedo.
«Si» risponde sicuro. Lo guardo negli occhi e riprendo a baciarlo. Lo desidero anch' io. 
«Voglio farlo» dico.
Lui sorride e mi guarda «Ne sono felice, ma non lo faremo»
Lo guardo confusa. Per un momento penso che mi abbia presa in giro e che questo è il momento in cui vengo a sapere che tutto è stata una bugia. No, non voglio che sia così. Ecco, sta già cominciando a prendermi il panico.
Mi allontano da lui e bevo un sorso della mia cioccolata, ma è ancora calda, quindi mi scotto la lingua e il palato. E dire che cinque secondi fa, la lingua mi bruciava per ben altri motivi.
«Non trarre conclusioni affrettate e, oltretutto, sbagliate»
«Allora spiegami»
«Voglio che succeda a Londra»
«A Londra?» chiedo confusa. Ho capito bene?!
«Si, a Londra. Passeremo la notte in un hotel e, secondo le informazioni che ho strappato alla professoressa, ha tre stelle. Non sarà male; sempre meglio che farlo in una camera da letto, che da sulla strada»
Sorrido e lo abbraccio.
«Ti daresti così tanta pena per me?»
«Si» risponde di nuovo sicuro. Il mio cuore, lo sento, si gonfia di gioia e… oh no. No, no, no, no. Non può essere. Non può succedere. Non adesso.
Lo abbraccio e il mio cuore ritorna a battere furiosamente.
Oh cavolo. Non posso essermi innamorata di Andrea.
Stai calma Gaia. Il battito accelerato del tuo cuore può essere dovuto all’emozione per quello che ha detto riguardo la vostra prima volta insieme
Come esco da questa situazione?!
«A cosa stai pensando?» chiede Andrea accarezzandomi la guancia.
«Uhm… a, a mio padre» mento.
«Ah già… non sei costretta a raccontarmi tutto»
«No, tranquillo» mormoro e mi rendo conto di essermi allontanata da un sentiero pieno di insidie, ma di essermi addentrata nella foresta oscura, dove non è certa la mia sopravvivenza.
Mi sistemo meglio, facendo scendere la gonna, causando anche il sorriso di Andrea, e riprendo a parlare. Purtroppo devo cominciare dalla parte meno piacevole, però devo farlo.
Veloce e indolore, si spera.
«Quella sera mio padre ha rivelato a mia madre che aveva già una famiglia, qui in Inghilterra» Sento una mano di Andrea stringermi un fianco e l’altra accarezzarmi la coscia. «Si è sposato dopo l’ultimo anno a Cambridge e ha avuto subito un bambino. Dopo aver finito la specialista ha fatto un viaggio in Italia per venire a trovare i suoi genitori; proprio durante quel viaggio ha incontrato mia madre e, per colpa di una sola volta, mia madre è rimasta incinta di me. Quando lui è ritornato in Inghilterra non sapeva nulla, ma quando sono nata, mia madre lo ha cercato e gli ha detto tutto; così lui si è inventato una scusa con sua moglie ed è tornato. È rimasto con noi sette anni, fin quando la moglie non si è stufata della situazione e gli ha chiesto di ritornare. Nessuna delle due era a conoscenza dell’altra e, quando mia madre parlava di matrimonio, lui cambiava sempre argomento. Credevo mi volesse bene; mi ha insegnato tutte quelle cose sull’Inghilterra, mi parlava più in inglese che in italiano e prometteva di portarmi a visitare Londra, un giorno. Invece, se n’è andato, lasciando mia madre da sola, senza un marito o comunque un compagno e me senza un padre. Non ho nemmeno il suo cognome»
«Porti quello di tua madre?»
«Si. Quando lei mi ha raccontato perché mio padre era andato via, perché ricordo quel giorno, avevo dieci anni circa e ho convinto mia madre a farmi cambiare cognome. Non lo volevo. Lui mi avrà anche riconosciuta come sua figlia, ma io, da quella sera in poi, non lo considero più mio padre. Lo chiamo ancora così perché è più semplice definirlo, ma non lo meriterebbe. Mia madre non meritava questo. Si meritava la verità sin da subito. Mi chiedo perché l’abbia presa in giro: non per un paio di mesi, nemmeno per uno o due anni, ma per ben sette. È stato sette anni con lei e con me, sua figlia. La sua unica figlia femmina e non gli è mai venuto il senso di colpa?! Evidentemente non ce l’ha avuto quando ha varcato la soglia di casa con la sua ventiquattro ore, la valigia e una valanga di ricordi e dolore. Mia madre da quel giorno non ha più avuto un compagno e io non sono più riuscita a fidarmi di un uomo o di un ragazzo» Lo guardo e lui fa lo stesso accarezzandomi la guancia.
«Quello che ti ha fatto tuo padre è terribile, soprattutto per tua madre, ma anche per te che eri così piccolina e…oddio mi dispiace tantissimo per quello che ti ho detto il giorno del tuo compleanno. Mi dispiace davvero tanto»
«Non scusarti. Non potevi saperlo» dico percorrendo il bordo della tazza con l’indice.
«Da quella volta non hai più avuto sue notizie?»
«No» rispondo velocemente.
Restiamo in silenzio, fin quando il cellulare di Andrea non si mette a squillare. «Scusa» borbotta e risponde, mentre io finisco la mia cioccolata.
«Ciao Luigi» dice e mi guarda, mentre spalanco gli occhi. Lui lo vede e sorride. «No, sono con Gaia»
Stavolta è lui ad alzare gli occhi al cielo. «No non vogliamo venire» dice e ascolta quello che gli dice l'amico «Perché non voglio parlarti, anzi, adesso chiudo la conversazione» dice e chiude.
«Che fai?» gli chiedo.
«E’ diventato insopportabile. Ti odia»
«Lo so»
«Proverò a fargli cambiare opinione»
«Non mi importa della sua opinione; mi importa che… che lui non la faccia cambiare a te»
«Non succederà, non preoccuparti»
Sorrido e mi avvicino al suo collo per baciarlo. «Ti stava invitando da qualche parte, vero?»
Non risponde subito, ma comincia ad accarezzarmi la schiena e il fianco sinistro. «Si» dice infine, dopo un sospiro.
«Perché gli hai detto che non vogliamo andarci. Tu ci vuoi andare?»
«Solo se vuoi tu» dice.
«Dove ti avrebbe invitato?»
«Il figlio più grande della famiglia che lo ospita da una festa e ha invitato gli amici di Luigi»
«Sembra divertente» dico.
«Sembra proprio di si. È una festa in piscina»
«Con questo freddo?!» esclamo.
Lui mi guarda e alza un sopracciglio «Questo freddo non ti ha impedito di metterti solo questo pezzo di stoffa»
«A-ah divertente. Oggi c’era caldo. Adesso che è quasi buio la temperatura si è abbassata»
«Certo, come no…» mi prende in giro lui.
«Va bene. Senti, andiamo a casa, ceniamo con Michelle, Paul e i bambini e poi chiami Luigi e gli dici che andrai alla festa»
«Andrò?! Guarda che vieni pure tu. Lo hai portato il costume, no?»
«Si, dovrei avere qualcosa in valigia»
«Bene, allora andiamo» esclama alzandosi e trascinandomi fuori dal locale.

 

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Eccoci giunti alla fine :)
Allora, che ve ne pare?!
Avete letto cosa è successo a Gaia con suo padre?! So che non eravate curiosi di saperlo, perchè me ne sono accorta dalle scorse recensioni, però è qualcosa che turba molto Gaia e riuscirne a parlarne con Andrea dopo quello che è successo è un passo veramente importante per lei. Spero di aver soddisfatto la curiosità di qualcuno che, silenziosamente, legge il capitolo.
Per quanto riguarda la festa siete curiosi? Sarà una scena forte! ;)
Detto questo, voglio ringraziare tutte/tutti voi che mi seguite.
So che non sono bravissima come altre scrittrici qui su EFP, ma grazie al vostro supporto e anche ai vostri consigli sto cercando di migliorare. :)
Vi auguro una buona giornata :*
A martedì prossimo <3
Francy

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Capitolo 11
*** 10. *Io e te, per sempre* ***


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Avrei dovuto pubblicare domani, ma qualcuno nel mio gruppo su facebook mi ha fatto troppi occhi dolci, quindi eccomi qui, ad accontentare le mie carissime fan!!!
Spero che questo capitolo sia all'altezza degli occhi dolci che voi avete fatto a me e che non ne rimarrete deluse :/
Ci tengo a precisare che questo capitolo è quello che ho misteriosamente perso e che ho dovuto riscrivere :( Anche se non sapete com'era quello, spero vi piaccia ugualmente :*
Aprite il link della canzone verso la fine del capitolo... E' molto più bello leggere il pezzo dopo ascoltandola :)
Vi lascio alla lettura...
Vi adoro tutti!! :* :* :* <3


Let's blame it on September

Capitolo 10

“Io e te, per sempre”

 
«Ah sei qui!» esclama Luigi dando una pacca amichevole ad Andrea.
«Già! C’è anche lei» dice quest’ultimo sorridendo.
«Pure?! Te la porti dappertutto adesso?!»
«Ciao Luigi. Volevo ringraziarti per l’invito» intervengo sorridendo sfacciatamente. Lo guardo con aria di sfida ed entro, facendo scontrare le nostre spalle.
Sento Andrea ridere e Luigi dirgli qualcosa, ma non ne sono sicura.
Quando riesco a rendermi conto della portata della festa, resto di stucco. Andrea non mi aveva detto che ci sarebbero state tutte queste persone; chi nude, chi no.
«Gaia, vieni con me» dice proprio in quel momento Andrea prendendomi per mano e guidandomi verso le camere.
«C’è una marea di gente là fuori» mormoro.
«Lo so. Non preoccuparti. Ci divertiremo» dice togliendosi la maglia.
Mi lascio sfuggire una risata. Eccolo, Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare è tornato tra di noi!
Purtroppo, mentre lo guardo, sperando di non avere la bava alla bocca, i nostri sguardi si incrociano.
«Ti piace quello che vedi?» chiede malizioso.
«Non lo so, devo ancora pensarci» rispondo avvicinandomi a mia volta e guardandolo negli occhi.
Lui si morde il labbro e annuisce. Cerco di trattenere le risate e mi allontano nonostante lui volesse baciarmi.
Facendo appello a tutta la mia sicurezza e cercando di non imbarazzarmi davanti a lui, sfilo la felpa.
«Non hai nulla!!» esclama Andrea.
Maledizione, mi guardava!!
«Avevo la felpa»
«Sotto! Non hai nulla»
«E quindi?»
«Possiamo anche ritornare a casa» mormora avvicinandosi, ma io lo fermo e mi allontano ancora. «Si, ok» dice lui schiarendosi la voce.
Mi tolgo le scarpe e i pantaloncini e guardo oltre la porta.
«Possiamo andare»
Entrambi usciamo dalla stanza e non mi sento imbarazzata, ma molto di più.
«Dai stai tranquilla. Vedrai che nessuno farà caso a te, noi… insomma, si faranno gli affari propri» Andrea cerca di rassicurarmi, ma mi sento ancora molto agitata.
Quando entriamo in cucina, mi rendo conto che la piscina è dentro un’enorme dependance.
«Wow!!» esclamo guardando davanti a me.
«Bella, vero?»
«Già…»
«Dai, andiamo. Ho già visto Alessia. Ci sta aspettando»
Annuisco, ma non  sembro tanto convinta.
«Gaia, non preoccuparti, ok?» Andrea mi guarda e io annuisco ancora, un po’ più sicura. «Adesso sto per aprire la porta; appena lo faccio, tu devi correre»
«Ehm… scusa, hai detto correre?»
«Si. Ti ricordi che fuori fa freddo?! Tanto freddo…»
«Si?!» rispondo.
«Bene. Quindi, al mio tre, dobbiamo correre» Sorride e comincia a contare «Uno…» dice e mi guarda «Due…» continua «Tre!!» esclama e mi prende in braccio, caricandomi sulla spalla e correndo verso la dependance.
«Andrea!! Mettimi giù!!» urlo colpendolo al sedere.
«Fai la brava» esclama ridendo.
«Andrea, sul serio, mettimi giù!»
«Accontentata!» esclama e…
SPLASH!!
Accidenti!!
È tutto buio e sono immersa nell'acqua.
Vengo risucchiata  giù, verso il fondo della piscina. I miei capelli vengono schizzati in alto e, credo proprio di essere rimasta calva!
Idiota!!
Mi ha buttata in acqua.
Cerco di salire in superficie e quando ci riesco cerco di togliere più acqua possibile dal viso. Mi guardo intorno e vedo che, effettivamente, nessuno sta facendo caso a noi.
Vedo Andrea risalire in superficie e raggiungermi a nuoto.
«Ti odio» mormoro schizzandolo con l’acqua. Lui ride ed è… wow! È bellissimo quando ride.
«Questa me la pagherai» dico.
Andrea annuisce e si avvicina sempre di più per baciarmi; allontano il mio viso, ma, velocemente, lo spingo sott’acqua; lui non si lascia sfuggire l’occasione e mi tira giù con lui. Mi sorride e i suoi occhi sono così chiari.
Mi stordiscono.
Si avvicina e mi bacia. Sento la sua lingua intrecciarsi alla mia; le sue mani si fermano sul mio fondoschiena e mi avvicinano ancora di più al suo corpo mentre le nostre gambe si intrecciano, facendo scontrare i nostri bacini.
Continuiamo a baciarci fin quando non esauriamo l’ossigeno e siamo costretti a risalire. Tossisco e lo guardo «Ciao» dice e si avvicina; lo faccio anch' io e le nostre bocche si incontrano di nuovo. Sento che Andrea si muove e quando apro gli occhi e interrompo il bacio, lui mi appoggia contro la parete della piscina. Gli sorrido e lo abbraccio.
«Sei carina con i capelli tutti appiccicati alla testa» dice accarezzandomeli.
«Anche tu lo sei con i capelli disordinati»
Lui sorride e mi bacia con passione, appiattendomi alla parete.
«Quanto manca a Londra?» ansima contro la mia bocca.
Interrompo il bacio e lo guardo leccandomi le labbra. «Cinque giorni» rispondo infine.
«Non so se ce la faccio a resistere» mormora ancora e mi bacia.
Ricambio anch' io, rapita dalla passione e dalla voglia di averlo.
«E prendetevi una camera!!» esclama qualcuno.
Entrambi alziamo lo sguardo e vediamo Luigi che ci guarda in cagnesco.
«Oh ma che vuoi?! Piantala!» esclama Andrea.
«Piantala tu, e vedi di scopartela quella lì, una volta per tutte. Non è per questo che sei venuto qui?» 
Un momento…
Cosa?!
Guardo Andrea con gli occhi spalancati. Anche lui mi guarda e, quando capisco che Luigi potrebbe avere ragione, spingo Andrea lontano da me ed esco dalla piscina.
«Gaia!!» urla, ma può farlo quanto vuole.
«Lasciami in pace!» urlo a mia volta.
«Giorgio, fermala!!» grida ancora lui e mi sento bloccare per un braccio.
È il suo amico.
«Lasciami! Lasciatemi tutti!» grido e riesco a liberare il mio braccio. Corro verso l’interno della casa, dirigendomi velocemente verso le camere.
Quando la raggiungo, cerco i miei vestiti, ma le lacrime mi appannano la vista, non facendomi vedere nulla.
MALEDIZIONE!! Urlo nella mia mente.
Cerco ancora tra la montagna di vestiti e, quando trovo i miei, infilo velocemente, i pantaloncini e la felpa. Cerco le scarpe, proprio in quel momento, Andrea entranella camera.
«Gaia, ti prego, lasciami spiegare. Non te ne andare»
Mi volto di scatto «E perché no?!» urlo «Perché devo rimanere qui?! Per rendermi ancora più ridicola? No, grazie»
«Ma non è assolutamente vero quello che ha detto Luigi. Non credergli, ti prego»
«E perché non dovrei?! In fondo ne avrei tutti i motivi»
«No, no… aspetta. Io non ho mai voluto portarti solo a letto. Sono sincero»
Scuoto la testa e metto le scarpe. Cerco le chiavi, ma non le trovo. Mi fermo, facendo mente locale, e mi rendo conto che le chiavi ce le ha Andrea. Scaccio le lacrime e le cerco nei suoi vestiti.
«Gaia, per favore. Devi credermi»
«Lasciami in pace» mormoro e, finalmente, trovo queste maledette chiavi.
«Te le lascio sotto lo zerbino» dico e mi volto per uscire dalla stanza.
Purtroppo la serata non può non finire qui; continua lo strazio.
Luigi ride e mi guarda divertito. «Oh Biachina!! Piangi?! Il nostro caro Andrea ti ha lasciato?!»
Alzo lo sguardo di scatto, fulminandolo, ma lui continua a ridere «Non gliela davi, eh?!»
A quelle parole, la mia mano si alza per colpire il suo viso, ma Luigi si scansa appena in tempo. All'improvviso mi ritrovo con la sua mano intorno al collo, Luigi stringe sempre più forte facendomi sbattere contro il muro.
Sento la mia nuca pulsare. Mi fa male tutta la testa.
«Devi stare lontana da lui, mi hai capito?! Devi lasciarlo in pace, sgualdrina!!» esclama guardandomi in cagnesco e sbattendomi ancora la testa contro al muro.
Le lacrime scendono incontrollabili.
Mio dio, questo ragazzo ha seriamente qualche problema!!
«Che cazzo stai facendo?!» urla qualcuno.
So che è Andrea; riconosco la sua voce. Spinge via Luigi, offrendomi il suo braccio per non farmi cadere.
«Non avvicinarti più a lei!! Sei uno squilibrato figlio di puttana!!» urla Andrea tenendomi stretta a lui «Stai bene?» mi chiede facendomi entrare di nuovo in camera.
Non rispondo perché non riesco a muovere un muscolo, figuriamoci parlare.
Sono scioccata. Come può un ragazzo come Luigi, arrivare a fare una cosa del genere?
Tutta la paura provata mi sta facendo tremare come una foglia. Andrea mi circonda il viso con le mani e mi guarda negli occhi «Ti porto a casa. Sei al sicuro, adesso» dice e mi bacia sulla fronte.
Vedo che si muove per la stanza, cercando i suoi vestiti e quando ritorna da me mi guarda dispiaciuto «Scusa» dice e si guarda intorno. «Alessia?» chiama Andrea fuori dalla porta.
Qualche secondo dopo la vedo entrare. Anche lei sembra dispiaciuta. «Dimmi» dice guardando Andrea.
«Hai un elastico? Voglio legarle i capelli così non le si asciugano sulle spalle»
«Si, tieni» Con tanta premura Alessia gli porge l’elastico e Andrea mi lega i capelli in una coda alta; dopodiché mi alza il cappuccio della felpa.
«Stai tremando come una foglia» dice e lo guardo, per un momento le mie lacrime si fermano.
Andrea strofina le sue mani sulle mie braccia per riscaldarmi e, solo adesso, mi rendo conto di quanto freddo senta dentro. «Ti darei la mia felpa se non rischiassi di venire arrestato» dice sorridendo.
«Tieni. Prendi la mia» sposto lo sguardo e vedo Giorgio porgere la sua felpa ad Andrea.
«Grazie amico» gli dice lui e si sfila la sua per farmela indossare.
Mi alza anche questo cappuccio e mi prende per mano «Andiamo a casa» dice e mi stringe al suo corpo.
Non vorrei stare così vicina a lui o lasciare che si prenda cura di me, ma ne ho bisogno, perché se non lo facesse, probabilmente rimarrei immobile sul pavimento.
Mentre percorriamo il corridoio, vedo alcuni ragazzi guardarci e Luigi che parla con Elena. Al nostro passaggio entrambi si zittiscono e ci guardano. «Vieni» mormora Andrea e mi bacia la testa.
Uscendo mi chiede «Ti va se prendiamo un taxi? Non mi va di farti prendere l’autobus. Ci metteremmo più tempo»
«S… si, va bene» mormoro con la voce arrochita.
Per fortuna un taxi ha appena parcheggiato vicino ad una casa lì vicino. Andrea si dirige lì e mi fa salire.
Seduta sul sedile di pelle, accanto al ragazzo di cui mi sono presa una cotta e che, probabilmente, vuole solo approfittarsi di me, scoppio a piangere silenziosamente per tutto quello che è successo nelle ultime ore.
Lui mi stringe forte e mi bacia di nuovo la testa e lì mi lascio andare sulla sua spalla. Lo abbraccio, perché ho bisogno di sentire che lui c’è, e lui fa lo stesso.
«Mi dispiace tanto per quello che è successo» mormora.
Annuisco e sciolgo l’abbraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla. Lui mi prende la mano e la stringe forte, fin quando non arriviamo davanti casa.
Andrea paga il tassista e mi fa scendere. Velocemente prende  le chiavi e apre la porta facendomi entrare. Appena siamo in camera, chiude a chiave, mentre mi siedo sul letto.
Voglio dormire.
«Dov’è il tuo asciugacapelli?» chiede guardandomi.
Alzo lo sguardo verso di lui e gli indico la valigia. Lui lo prende e lo collega alla presa elettrica.
Delicatamente mi asciuga i capelli e quando vede che sono abbastanza asciutti lo spegne e lo ripone al suo posto.
«Vuoi toglierti i vestiti bagnati?!» chiede, faccio segno di no con la testa. Non ce la faccio proprio a spogliarmi ea continuare a sentire freddo.
«Ok, allora, mettiti sotto le coperte» dice e alza il piumone, mentre mi metto sotto.
Avrei voluto che dormisse con me, ma dopo essermi resa conto che probabilmente c’è solo un doppio sporco fine dietro tutto questo, mi metto l’anima in pace e provo a riscaldarmi. Affondo il volto dentro la sua felpa e inspiro il suo profumo.
Una lacrima sfugge al mio controllo, perché il suo profumo mi piace, mi piace che lo usi lui, mi piace lui e basta, ma non posso provare ancora tutto questo se quello che vuole lui è soltanto sesso.
Tiro su col naso e mi volto, cercando di mantenere il calore che le coperte mi regalano.
Alzo lo sguardo e scopro Andrea guardarmi. Ci fissiamo per qualche minuto «Oh dio, sei troppo piccola per quel letto così enorme» dice; si alza dal suo per stendersi vicino a me «Vieni qui» dice abbracciandomi.
Riprendo a piangere, perché vorrei tanto allontanarmi da lui, ma allo stesso tempo voglio che resti lì a riscaldarmi e ad abbracciarmi. «Mi dispiace tanto Gaia. Ti prometto che non ti toccherà più. Te lo prometto»
Cerco di placare le lacrime e alzo lo sguardo «Grazie» dico soltanto e lo bacio sulla guancia.
Lui sorride e riprende ad accarezzarmi i capelli.
Tra le sue braccia e, confortata dal calore del suo corpo, riesco, finalmente, ad addormentarmi.
Il mattino successivo mi sveglio con un mal di testa allucinante. Apro un occhio e vedo le prime luci dell’alba. Saranno al massimo le sei. Mi concentro meglio sul mio corpo e sento le braccia di Andrea circondarmi la vita. Cerco di spostare il suo braccio per alzarmi, ma purtroppo, si sveglia.
«Ehi» mormora sedendosi.
«Ciao» rispondo sorridendo a malapena.
Ripensando a tutto quello che è successo tra noi due un po’ mi pento di essere stata così debole. Non riesco ancora a togliermi di mente ciò che ha detto Luigi mentre noi eravamo in piscina.
«Questa è tua» dico togliendomi la felpa e appoggiandola sul suo letto.
«Gaia, senti… per quello che è successo in piscina» dice schiarendosi la voce.
«Non dire niente Andrea. È ancora presto per litigare e sinceramente non voglio nemmeno farlo. Non voglio sapere niente» dico, voltandomi verso la valigia e prendendo dei vestiti puliti.
Esco velocemente dalla stanza, chiudendo violentemente la porta alle mie spalle.
Salgo in bagno e mi chiudo a chiave.
Come affronterò questa giornata?! Il solo pensiero di dover uscire di casa mi fa venire la nausea, figuriamoci quando dovrò sopportare per tutta la giornata quel disturbato di Luigi.
Scuoto la testa e cerco di non pensare a quello che potrebbe succedere oggi; mi spoglio velocemente e apro l’acqua calda della doccia. 
Il getto d'acqua scioglie il gelo che, durante la notte, mi è rimasto nelle ossa ma il freddo ritorna quando esco dalla doccia.
Mi asciugo in fretta e indosso i pantacollant e la t-shirt grigia.
Scendo e, quando entro in camera, Andrea sta guardando fuori dalla finestra.
Piove…
«Il bagno è libero» dico e sistemo le mie cose nella valigia. Prendo il phon e asciugo i capelli.
Silenziosamente Andrea prende le sue cose ed esce.
Cerco di asciugarli in fretta ma, quando capisco che non farò mai in tempo, spengo il phon, indosso la felpa ed esco.
Trovo Michelle intenta a vestire Anise e Paul che prepara la colazione.
«Buongiorno» mi saluta Michelle guardandomi esasperata.
«Buongiorno» rispondo baciando la piccola sulla testa. Lei mi abbraccia e io, sorridendole, vado in cucina a salutare Paul.
«Buongiorno Gaia»
«Buongiorno» rispondo sedendomi al bancone.
«Come è andata ieri sera la festa?» chiede passandomi una tazza di tè.
«Uhm… è andata» rispondo bevendone un sorso.
«Vi siete divertiti?»
«Si, molto» rispondo cercando di sorridere sinceramente. Alla fine non ho mentito. Mi sono davvero divertita, durante la prima parte della serata, è stata la conclusione che non mi ha divertita per niente.
«Andrea? Scende per la colazione?»
Alzo le spalle e dico che non lo so. Finisco il mio tè e saluto, rientrando di nuovo in camera.
«Ah, sei qui» dico vedendo che Andrea è in camera, intento ad allacciarsi le scarpe.
«Si, ho fatto subito»
«Mi hanno chiesto se fai colazione» dico avvicinandomi allo specchio per sistemare i capelli.
«Ti ha lasciato il segno» mormora. Quando alzo lo sguardo su di lui vedo che mi sta guardando il collo.
Automaticamente le mie mani coprono il livido. «Passerà presto» dico concentrandomi sui capelli. Li raccolgo in uno chignon e indosso una piccola fascia.
«Mi dispiace Gaia. Mi dispiace davvero»
Mi volto e lo guardo negli occhi «Smettila di dire che ti dispiace. Tu non c’entri niente. Ha fatto tutto lui. Anzi, devo ringraziarti per quello che hai fatto; per averlo allontanato, quindi, adesso smettila di scusarti»
Andrea mi guarda e annuisce «Ok»
«Vai a fare colazione, altrimenti poi usciamo tardi»
Annuisce ed esce, mentre finisco di prepararmi.

«Lo dirai ai professori?» chiede mentre percorriamo gli ultimi metri della salita che facciamo ogni giorno per raggiungere la fermata dell’autobus.
«No, non credo»
«Perché no?!»
«Perché, tu vuoi che lo dica?! Gli Faresti questo?»
«Beh, lui si è comportato in quel modo con te, quindi è il minimo che tu voglia fare»
«No, non lo dirò. Non voglio che lo sappia nessuno dei professori, perché tanto i ragazzi ormai lo sapranno»
«Va bene»
Queste sono state le ultime parole che ci siamo scambiati in tutta la giornata.
Sull’autobus abbiamo mantenuto tutti le distanze. Andrea è rimasto con me, stringendomi la mano, anche se non avrei voluto; Elena e Luigi si sono seduti in fondo, non degnandoci di uno sguardo nemmeno quando hanno attraversato il corridoio del veicolo.
Quando siamo arrivati a scuola mi sono allontanata da Andrea con una scusa
Voglio restare da sola oggi. Per quello che è successo con Luigi e anche per quello che mi ha detto su Andrea.
Ho alzato il cappuccio e mi sono fatta gli affari miei, giocando con il mio cellulare, cercando di rendermi il più invisibile possibile.
Credevo di poter sopportare la giornata ma, mi sono resa conto tardi, che la parte più difficile sarà durante le lezioni. Io e Luigi siamo in classe insieme ed è stato uno sforzo immane cercare di ignorarlo, perché mi sono sentita il suo sguardo addosso per tutto il tempo; precisamente sul mio collo. Per fortuna le lezioni mi hanno tenuta impegnata ma, ad ogni pausa, ho tirato un sospiro di sollievo e sono uscita nascondendomi tra gli altri ragazzi.
A pranzo non mi sono seduta in mensa con gli altri; non volevo neanche vedere Andrea. Ho preso posto fuori, cercando un tavolo un po’ più lontano dagli altri.
Non si capisce che sto cercando di fare l’asociale, eh?!
Purtroppo non sono riuscita nell’impresa, perché Andrea mi ha intercettata e si è seduto al mio tavolo.
Ci siamo guardati per qualche secondo, ma non ha detto assolutamente nulla.
Un po’ ho apprezzato il suo gesto. Inconsciamente volevo la sua compagnia, ma me ne ero ancora resa conto solo trovandomi da sola tutto il giorno e apprezzando la sua presenza durante il pranzo.
Sono ancora arrabbiata con lui e non so se le parole del suo amico siano vere, ma resta il fatto che voglio che lui mi stia accanto.
In fin dei conti è questo che succede quando si prende una cotta per qualcuno, no?! Mi sono presa una cotta per lui, quindi, anche se voglio tenerlo lontano, voglio anche che stia sempre accanto a me.
È un pensiero contorto, ma è la mia verità.
Dopo la fine della pausa pranzo, sono salita in aula per le ultime lezioni; ho guardato Andrea da lontano, lui ha sospirato, si è passato una mano fra i capelli e si è alzato buttando i resti del suo pranzo nel cestino.
Dopo la fine delle lezioni, ho informato Andrea che sarei andata in centro a fare un po’ di shopping.
«Vuoi un po’ di compagnia?!» chiede lui.
Vorrei, ma vorrei anche stare da sola. «No, grazie. Devo chiamare Serena, quindi ne avrò per un po’»
«Ok» risponde lui sorridendo.
Mi volto e faccio qualche metro per raggiungere la fermata dell’autobus. Sinceramente, non so cosa farà o dove andrà Andrea.
Una giornata più strana di questa sicuramente non l’avevo mai vissuta.
Soltanto lo shopping mi ha tirato un po’ su di morale.
Camminare  fino a casa da sola non mi è mai sembrato così triste senza Andrea.
Scuoto la testa e penso a come questo ragazzo mi sia diventato tanto caro in così poco tempo.
Quando arrivo davanti alla porta di casa, lo sguardo cade sulla finestra della nostra camera.
Chissà come saranno le cose quando torneremo in Italia. Sicuramente la situazione non sarà molto diversa dalla giornata di oggi.
Faccio un respiro profondo ed entro.
In casa non sembra esserci nessuno. Soltanto il cane viene a salutarmi, facendomi le feste. «Ciao piccolo» dico accarezzandolo. Lui se ne va ed entro in camera. Le note di una canzone che conosco fin troppo bene riempiono la stanza. Entro e Andrea abbassa il volume. «Ehi…» lo saluto.
«Ciao» mormora lui posando il computer sul letto.
«Come mai questa canzone?» chiedo riconoscendo Home di Michael Bublé. Poso le buste vicino alla mia valigia e mi volto a guardarlo.
«Mi ricorda te» confessa guardandomi negli occhi.
«Ah» rispondo sedendomi vicino a lui. «Perché?» chiedo.
«Perché sai di casa» Si avvicina.
Lo guardo confusa. «Luigi non ha detto proprio una bugia ieri sera» dice e mi guarda prendendomi la mano. «Sono venuto in Inghilterra per te ma non per quello che pensi tu o che credono gli altri. Volevo conoscerti, perché sapevo che qui, in qualche modo, ci sarei riuscito; quando ho saputo che eri in casa con Elena ne sono stato felice perché significava indubbiamente passare del tempo con te. Poi, quando Elena ha voluto cambiare perché non si trovava bene, ho pensato che il mio scopo si stava rivelando più facile del previsto»
«Ma…» scuoto la testa perché non so cosa dire «Tutto il tempo che hai passato ad odiarmi…» mormoro confusa.
«Ad odiarti…» mormora ridacchiando. Scuote la testa e mi guarda di nuovo «Non ti odiavo, però…cazzo, Gaia! E’ da quattro anni che ho una cotta per te. Secondo te cosa dovevo fare?! Mi hai sempre ignorato ed è per questo che non ho mai provato ad avvicinarmi a te»
«Quindi hai pensato di rendermi la vita impossibile»
«Mi dispiace… e comunque, mi sono sempre comportato in quel modo perché…»
«Ti ignoravo» lo interrompo
«Inoltre, non volevo che gli altri lo sapessero…»
«E perché no?»
«Non sapevo se ti piacevo o no. Sinceramente non avrei voluto fare la figura dell’idiota venendo rifiutato»
«Sei assurdo» mormoro lasciandomi sfuggire una risata.
«Assurdo?!»
«Si, assurdo. La tua reputazione sarebbe rimasta immutata»
Lui ride e abbassa la testa scuotendola. Sorrido anch’ io per quello che mi ha detto.
«Quindi siamo a posto adesso?» chiede avvicinandomi a lui.
«Che intendi?» chiedo.
«Beh ti ho chiarito quello che ha detto ieri Luigi. Adesso sai che il mio scopo non è quello di portarti a letto»
«Ah certo… e secondo te questo dovrebbe bastare?!»
«Si» dice ridendo, avvicinandomi ancora di più. Cerca di baciarmi, ma io mi allontano «E dai…» mormora provandoci di nuovo.
Faccio di no con la testa e lui prova a baciarmi di nuovo, ma io mi allontano. «Cattiva» dice mettendo il broncio. «Dai, se non mi baci potrei ammalarmi»
«Oh, certo. Povero caro Andrea che si sente male se non riceve un bacio»
«Mi pare ovvio» mormora provando a baciarmi di nuovo. Mi allontano e lui rimette il broncio.
«Smettila di provarci e fallo» dico guardandolo serio.
Lui fa lo stesso e, finalmente, ci baciamo.
Il suo corpo è sul mio e la sua bocca si muove dolcemente sulla mia. Mi accarezza le guance e continua a baciarmi.
Mi lascio andare completamente. Con gli occhi chiusi, la mente spenta e il cuore gonfio di gioia. Socchiudo gli occhi per guardarlo e scopro che lui sta facendo lo stesso. Mi sorride e mi bacia di nuovo, ma, invece di concentrarmi sul bacio, la mia attenzione viene catturata da qualcos’altro.
«Andrea!! Il computer!!» esclamo spingendolo e afferrando lo schermo del suo pc che stava per cadere.
Lui scoppia a ridere e lo fulmino con lo sguardo. «Tieni!!» mormoro chiudendo il pc e restituendoglielo. Andrea lo prende e lo appoggia sulla sua valigia, mentre io stendo nuovamente sul mio letto.
«No!!» esclama lamentandosi «Stavamo andando così bene» dice mentre si distende accanto a me.
«Mi dispiace, sono stanca» mormoro coprendomi gli occhi con il braccio.
«Mi piacciono i tuoi pantaloni» dice all’improvviso.
«Non sono pantaloni» preciso alzando lo sguardo per guardarlo.
«Ah no?! E cosa sono?» chiede toccando il tessuto.
«Pantacollant»
«Hm, allora, mi piacciono i tuoi pantacollant» dice e sorride.
Ci guardiamo.
«Posso farti una domanda?» gli chiedo voltandomi verso di lui.
«Certo»
«Adesso mi dici chi ti ha chiesto di sorvegliarmi?»
«Ah, quello….  Ehm» ride e si passa una mano fra i capelli, imbarazzato.
«Sei tu, vero?»
«Mi dispiace. Volevo continuare a far finta che di te non mi importasse, ma è stato più forte di me, e ho cominciato a preoccuparmi»
«Lo sai che questo è molto scemo da parte tua?»
«Beh scusa se ho voluto prendermi cura di te»
«Non mi riferisco a questo. È l’intera situazione che è da scemi. Insomma, mi spieghi cosa ti costava venire da me e dirmi tutta la verità molto tempo prima?! Dovevi continuare ad insultarmi ancora per molto?! Se non ci fosse mai stata la possibilità di fare questo viaggio cosa avresti fatto? Avresti continuato a comportarti come hai fatto in questi quattro anni?»
«Forse si»
«Perché? Che cosa ti preoccupa? Che davvero qualcuno lo venga a sapere? Se, in un futuro ipotetico, noi due dovessimo stare insieme, sarà piuttosto ovvio agli altri quello che proviamo entrambi, no?»
«Non è quello che pensano gli altri che mi preoccupa…» dice mentre alzo un sopracciglio contrariata.
«Ah no?!»
Lui fa per dire qualcosa ma lo fermo «Ti ricordo che sei stato tu a mettere queste voci in giro. Tutti mi prendono in giro perché tu lo hai fatto per tutto questo tempo. Tutti credono che io sia una sfigata perché tu lo hai detto» dico seria.
«E’ vero»
«Si»
«Mi dispiace»
Nego con la testa «Non m’ importa di quello che pensano i nostri compagni di scuola. Non mi è mai importato prima che tu cominciassi a rendermi la vita impossibile e ti posso garantire che non mi è importato nemmeno dopo»
«E’ una cosa che ammiro di te, sul serio. Cammini sempre a testa alta senza curarti di quello che pensano gli altri»
«Modestamente» dico dandomi delle arie.
Lui mi spinge e io ricado sul letto, scoppiando a ridere.
Direi che le acque si sono calmate.
Devo continuare a preoccuparmi?!

«Ci stai capendo qualcosa?»
«Sh, stai zitto»
«Eh dai, mi sento ignorato»
«Ti sto ignorando infatti»
«Ah, grazie»
Siamo distesi sul divano; lui appoggiato allo schienale del divano e io davanti, appoggiata a lui. Stiamo guardando la tv, ma è un’impresa difficile.
Michelle e Paul hanno lasciato un biglietto dicendo che avrebbero cenato fuori con degli amici mentre i bambini sarebbero rimasti a dormire dai nonni.
Risultato: casa libera per me e Andrea.
Oddio…
Scaccio le paure e mi concentro su altro.
Guardo la sua mano che accarezza il mio braccio, la mia mano appoggiata alla sua coscia e sorrido. Sembriamo una coppia, accidenti!  
«Non ci sto capendo molto, a dire il vero» confesso.
«Meno male che tu sei brava in inglese»
«Lo sono!» esclamo voltandomi a guardarlo.
«Modesta…» dice mordendomi l’orecchio.
«Sono distratta al momento, quindi non è facile concentrarsi su quello che dicono»
«E da cosa sei distratta?» chiede stringendomi ancora di più.
«Te lo devo dire?» mormoro voltandomi a guardarlo.
«Tu prova, magari non è quello a cui penso io»
«Direi che tu sei una fonte perenne di distrazione» confesso guardandolo.
«Mi piace distrarti» dice cominciando a baciarmi il collo, fin quando non mi ci distendiamo entrambi: io sul divano e lui su di me.
Cominciamo a baciarci e io lo abbraccio forte, interrompendo il contatto delle nostre bocche e guardandolo negli occhi.
«Rimaniamo qui» mormoro.
«Io e te?!» chiede.
«Si, io e te. Per sempre» dico azzardando con il termine  “per sempre”.
«Mi piacerebbe, ma mi conviene diplomarmi se voglio vivere. Ho già perso un anno…»
«Cosa vorresti fare dopo il diploma?» chiedo seguendo con il dito il profilo del suo viso.
«Non lo so ancora, tu?»
«Nemmeno io, se devo essere sincera, ma voglio frequentare qui il college. Voglio prendere la specializzazione in letteratura inglese a Oxford, o a Cambridge, ovunque sia possibile insomma»
«Vuoi seguire le orme di tuo padre…»
«Beh… non ho il gene artistico di mia madre, quindi, da qualcuno questa passione devo pur averla presa, no?»
Lui sorride e annuisce «Beata te…»
«Perché?»
«La passione di tuo padre è anche la tua»
«Qualcosa mi dice che non vuoi fare l’architetto»
«Cosa te lo fa pensare?» chiede sarcastico. Si alza da me e si siede al mio fianco. «Mio padre mi ha già iscritto a un paio di scuole di architettura… ma non sono sicuro che quella sia la mia strada»
«E qual è la tua strada?»
«Te l’ho detto, non lo so ancora… però mi piacerebbe fare qualcosa come Archeologia o qualcosa di simile»
Sorrido e mi alzo anch’ io. Ce lo vedo proprio Andrea che fa l’archeologo.
«I tuoi non vogliono?»
«No. Entrambi sono dei fottuti architetti e mi sento in una cazzo di gabbia che loro hanno costruito intorno a me, perché devo seguire le orme di famiglia. Mia madre è quella che potrebbe anche cambiare idea, ma mio padre non ne vuole proprio sapere»
«Hai provato a parlare con lui?»
«Non servirebbe a nulla»
«Ma tu provaci. Magari gli spieghi il tuo punto di vista e lo aiuti anche a comprenderlo. Potrebbe capire»
«Non conosci mio padre» dice guardandomi serio.
«Ok» mormoro ritornando ad appoggiarmi allo schienale del divano. Porto le gambe al petto e provo a capire qualcosa di quello che viene detto in tv.
«Scusa, non volevo prendermela con te» dice voltandosi verso di me.
Sorrido appena e scuoto la testa. «Non preoccuparti. Posso capire che parlare di tuo padre possa farti perdere le staffe»
«Già…» mormora cercando la mia mano. Quando la trova, la intreccia alla sua e la stringe. «Ti va di uscire?» chiede all’improvviso.
«Adesso?!» chiedo io.
«Si, adesso. Non è tardi»
«Uhm… si, ok» dico.
«Bene, allora andiamo»
«Mi devo cambiare»
«No, stai bene così»
Alzo un sopracciglio e lo guardo storto «Non ci penso nemmeno ad uscire in questo stato»
«Che stato sarebbe?!»
«Ti prego, faccio veloce»
«Devi essere proprio flash»
Scoppio a ridere e annuisco «Sarò flash» dico alzandomi dal divano e correndo in camera.
Oh mio Dio. E adesso cosa mi metto?!
È un appuntamento per caso?!
Mi inginocchio davanti alla valigia e cerco tra le cose meno sportive che mi sono portata da casa. Quando trovo qualcosa che potrebbe andare, mi alzo e mi tolgo la felpa.
«Ehi! Esci!» urlo vedendo che Andrea è appena entrato in camera.
«Devo cambiarmi anch’ io»
«Ah, devi farlo proprio adesso?!»
«Si e comunque ti ho già visto soltanto con la biancheria addosso, quindi non coprirti»
Gli tiro addosso la felpa e lui l’afferra al volo, scoppiando a ridere. Lo fulmino con lo sguardo e lui alza le mani, in segno di resa «Ok, senti… entrambi dobbiamo cambiarci, quindi che ne dici se lo facciamo dandoci le spalle. Io non guardo te, tu non guardi me» dice spalancando le braccia.
«Prometti»
Incrocia l’indice e il medio e li bacia su entrambi i lati «Promesso»
«Bene. Adesso voltati. Devo togliermi i pantacollant»
«Cosa metti?» chiede voltandosi.
«La gonna»
«Gonna?! Credevo fosse chiaro che le gonne non mi piacciono»
«A me si»
Lui si volta e mi guarda implorante «No Andrea. Sono libera di indossare quello che voglio»
«Ma non quella gonna!!» esclama capendo di quale indumento si tratta.
«Si, invece»
«No»
Incrocio le braccia al petto, dimenticandomi di essere in intimo davanti a lui «Non sei né mio padre, né mio fratello, né il mio ragazzo, quindi non hai nessuna voce in capitolo»
«Per favore, metti delle calze almeno»
Sbuffo e annuisco «Va bene, adesso piantala»
Lui annuisce e si volta, mentre indosso la gonna e la maglia. Cerco nella valigia la giacca da abbinare e la metto sul letto. Adesso mancano le calze.
«Ok, ci sono» dico alzandomi, dopo aver trovato le calze.
Lui si volta, mentre si annoda la cravatta. Accidenti! Meno male che non doveva essere un appuntamento.
«E le calze?!»
«Adesso le metto» dico sedendomi sul letto e cominciando ad indossarle. Lui sorride felice e si piazza davanti lo specchio. «Comunque, ci terrei a precisare che questo non è un appuntamento» dico.
«Ah no?!» chiede guardandomi dallo specchio.
«No. Stiamo soltanto uscendo a prendere una cosa da bere. Niente di che»
«Certo. Non è un appuntamento» ripete lui sistemando la sua chioma ribelle.
«No» ripeto.
Lui mi guarda dallo specchio e mi sorride maliziosamente, mormorando «Non ancora almeno»


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Che ne pensate?!?!
Cosa avete provato quando Luigi ha fatto quello che ha fatto?! Spero non mi odiate per questo x''D
Comunque il nostro Andrea si è comportato bene, no? 
Ma secondo voi lo ha fatto per farsi perdonare qualcosa o semplicemente per gentilezza?! 
Fatemi sapere :/
Per gli spoiler prima del prossimo chapter, siete i benvenuti mio gruppo  facebook FrancyEFP
Alla prossima settimana :* :*
Francy <3

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Capitolo 12
*** 11. *Una giornata quasi da dimenticare* ***


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Buongiorno a tutti *_*
Non vedo l'ora di farvi leggere questo capitolo. Non so perchè, però non vedo semplicemente l'ora. Per fortuna questo martedì tanto agognato (almeno da alcuni di voi) è finalmente arrivato.
Volevo solo dirvi che questo capitolo lo dedico a AnneMarieClaire, Goonandsmile, StellaChiara, Gra90, kriserob4ever, Anymore1607, Briella e Care_
Ragazze e ragazzo, vi voglio voglio davvero bene :*
Bene... Buona lettura.
Francy


Let’s blame it on September
 
-Capitolo 11-
*Una giornata quasi da dimenticare*

 
Sveglia dall’alba;
poche ore di sonno durante la notte;
una lagna di nome Andrea al fianco da quando siamo usciti di casa e un autobus scomodo e dove l’aria condizionata sembra essersi bloccata  nella modalità “cella frigorifera”.
Che poi… sei in Inghilterra, autista! Qui il freddo lo avete già fuori, è inutile che accendi l’aria condizionata.
Sbuffo e provo a cambiare posizione senza svegliare Andrea. Dorme appoggiato alla mia spalla da circa un’ora e mezza e adesso ho tutto il collo indolenzito.
Allungo le gambe anchilosate cercando di sciogliere un po’ i muscoli.
Provo anche a recuperare la mia felpa, visto che il gelo sembra essersi abbattuto su di noi. Credo che anche Andrea senta freddo, però non vuole scomodarsi ad aprire gli occhi per indossare la sua felpa. Nel sonno si limita soltanto a sistemarsela meglio sulle spalle.
Sorrido e sono quasi pronta a baciargli la testa ma, invece, qualcuno mi chiama.
Oltre al gelo, nell’autobus è calato anche un silenzio che non c’è mai stato durante questi viaggi; l’unico ad aver parlato deve essere proprio lui.
«Luigi» mormoro cercando di non far sembrare la mia voce come un grido nel silenzio.
«Ciao» mormora lui per non farsi sentire, ma credo che non voglia farsi sentire soprattutto da Andrea.
«Ciao. Che vuoi?» chiedo arrivando subito al punto.
«Volevo chiederti scusa»
Alzo un sopracciglio e lo guardo. «Si lo so che sembra strano dopo quello che è successo… però insomma, voglio che tu sappia che mi dispiace per quello che ti ho fatto» dice guardando il mio collo. Di scatto lo copro con la mano e lui, schiarendo la voce, continua «E per quello che ti ho detto. Non so cosa mi sia passato per la mente, è solo che… non lo so, voglio proteggere il mio amico»
«Non c’è niente da cui devi proteggerlo. Non gli farei mai del male» Lui probabilmente ne farà a me quando questo viaggio sarà finito, penso.
«Lo so, però, insomma…»
«Stai lontano da lei» dice qualcuno con voce grave.
Mi volto di scatto; Andrea è molto sveglio,  direi che i suoi occhi brillano di rabbia…
«Volevo solo…» cerca di spiegare Luigi.
«Allontanati» dice di nuovo il mio Mr Ti Proteggo Dal Mio Amico Cattivo.
Luigi annuisce e si allontana, ritornando a sedere al suo posto, vicino ad Alessia.
«Stai bene? Ti ha toccata?»
«No, sto bene. Non preoccuparti. Tu però dovresti smetterla di comportarti così con il tuo amico»
«Non è mio amico»
«Qualunque cosa sia. Sto bene, non occorre che tu ce l’abbia ancora con lui»
«Gaia, ti ha fatto del male»
«Lo so, me lo ricordo, ma è pur sempre tuo amico»
«Lo so» risponde soltanto e si volta verso il finestrino per guardare le prime case di Londra.
Ebbene si, finalmente siamo qui e siamo appena arrivati.
«Non voglio rovinare questa giornata» dice e mi guarda.
Il mio sguardo è perplesso perché non so fino a che punto questa giornata non verrà rovinata.
Comunque siamo a Londra e, per quanto grande possa essere, i luoghi che visitano i turisti sono sempre gli stessi.
Potrebbe trovarmi facilmente, e l’idea mi mette una certa ansia.
«Stanno scendendo» dice Andrea guardandomi. Mi guardo intorno e noto che l’autobus si sta svuotando.
Prendo lo zaino e scendo.
«Lo vuoi dare a me?» mi chiede Andrea indicandolo.
«No, non preoccuparti. Ce la faccio» rispondo sorridendo.
Lui fa lo stesso, mi prende per mano infilando entrambe nella tasca della sua felpa.
Io le guardo e poi guardo lui che sorride cercando di far finta di niente.
Mi guardo intorno per ammirare la bella Londra ma, invece,  mi accorgo di tutt’altro.
Elena e Alessia fissano me ed Andrea e, soprattutto, fissano le nostre mani dentro la tasca.
«Ci fissano» dico ad Andrea.
«Lasciale stare. Non pensarci» dice e si avvicina per baciarmi.
«No» dico fermandolo.
«Perché no?»
«Perché non voglio che i professori ci vedano. Non voglio essere spedita in Italia»
«Ammetti che non vuoi baciarmi perché hai paura che i professori ci separino!»
«No» mormoro riprendendo la sua mano e rimettendola dentro la tasca.
«Certo» dice lui ridendo maliziosamente e continuando a camminare.
Elena e Alessia continuano a guardarci. Cerco di ritrarmi, ma lui mi tiene ferma, così non mi resta altro da fare che rassegnarmi alle nostre mani intrecciate insieme.
Sorrido e, alla fine, mi rilasso. In fondo, se a lui fa piacere, perché non dovrebbe essere lo stesso anche per me?
La suoneria del mio cellulare mi distrae. Ho un po’ di paura a guardare il numero sullo schermo ma, per fortuna, si tratta di mia madre. Stringo la mano ad Andrea e rispondo «Ciao mamma»
«Ciao tesoro. Stai bene? Tutto ok?»
È partita a raffica con le domande, ma non ha fatto quella che farebbe chiunque. «Sto bene
mamma»
«Come va con quel tuo amico?»
«Ehm… credo bene» mormoro continuando a guardare le nostre mani dentro la sua tasca.
«Vi siete messi insieme, vero?» chiede maliziosa.
«Mamma, poi ne parliamo» dico arrossendo, perché Andrea deve aver sicuramente capito qualcosa; mi sta sorridendo.
«Sei con lui?»
«Già»
«Va bene, allora poi mi racconti»
Restiamo per qualche secondo in silenzio e capisco che sta per arrivare la parte meno piacevole per entrambe.
«Com’è Londra?» chiede cambiando decisamente tono.
«E’ bella» rispondo liberando la mia mano da quella di Andrea. Mi guarda un po’ preoccupato, ma gli sorrido rassicurandolo. Mi allontano dal gruppo che, nel frattempo si è fermato vicino a Westminster Abbey.
«Hai…hai incontrato qualcuno?» chiede. Sembra preoccupata.
«No mamma, non ho incontrato nessuno e non ho intenzione di farlo» dico un po’ alterata.
«E’ pur sempre tuo padre»
«Non ho un padre»
«Gaia…»
«Non ne voglio parlare…» dico sedendomi su una panchina e respirando profondamente. Cerco anche di non scoppiare a piangere, anche se qualche lacrima scende lo stesso.
«Ho paura che, nel caso vi incontriate, tu possa preferire lui a me»
«Non succederà. Non potrei mai farlo»
«E perché no? In fondo avete molto in comune. Siete nella città che entrambi amate e dove lui vive» Sento la paura nella sua voce.
«Io non abbandonerei mai la mia famiglia. Non sono come lui»
«Lo so tesoro»
«Non preoccuparti mamma. Non ho intenzione d’ incontrarlo o di parlare con lui»
«Anche se penso che dovresti farlo, va bene, fai come vuoi»
«Lo odio mamma…»
«Non devi. È tuo padre»
«Era mio padre…»
«Gaia, so che nutri del rancore nei suoi confronti ma, prima o poi, sentirai il bisogno di un confronto con lui»
«Non credo proprio»
«Sei proprio testarda» dice e sorride, ne sono sicura.
«Purtroppo so da chi ho preso» mormoro.
«Non esagerare, ok?!»
«Va bene»
«Tesoro, adesso vado a lavoro. Ti chiamo domani, ok?»
«Buon lavoro, mamma. Ti voglio bene»
«Te ne voglio anch’ io» dice e riattacca.
Metto il cellulare in tasca e nascondo il volto tra le mani.
Non voglio incontrare mio padre ma, allo stesso tempo, vorrei che capisse l’ enorme sbaglio che ha fatto.
«Ehi…» alzo il volto di scatto e asciugo subito le lacrime. È Alessia.
«Ehi» rispondo.
«Andrea ti sta cercando. È piuttosto preoccupato»
Sorrido e il malumore sparisce. «Esagerato!» mormoro ridacchiando.
«Tiene molto a te»
«Non ne sono molto sicura»
«Fidati, tiene molto a te»
La guardo ed entrambe ci fissiamo per qualche istante. «E’ cotto. Veramente tanto cotto»
Vorrei sorridere perché mi fa piacere quello che mi sta dicendo Alessia, ma non voglio sembrare la classica ragazzina di diciotto anni che esulta come una scolaretta quando scopre che il ragazzo che le piace ha una cotta per lei.
«Non per farmi gli affari vostri, ma vorrei sapere se state davvero insieme. Non fraintendere però, sarei veramente contenta se fosse così»
«Uhm… ad essere sincera non lo so se stiamo insieme. Direi che è ancora presto per dirlo»
«Beh, spero che presto possa essere così» dice mentre ritorniamo verso il gruppo.
«Grazie» rispondo sorridendole veramente grata.
«Oddio sei qui! Grazie a Dio stai bene!» esclama Andrea portandosi la mano sul cuore.
«Sto bene. Che ti prende?» gli chiedo. Alessia mi sorride e si allontana.
«Mi sono preoccupato quando mi sono voltato e non ti ho più vista. Dov’eri?»
«Stavo parlando al telefono con mia madre. Tutto ok, sto bene»
«Ah, ok. Scusa» dice facendo un respiro profondo, probabilmente per regolarizzare il battito del cuore
«Non scusarti. Grazie» rispondo e mi avvicino per abbracciarlo.
Lui mi stringe forte e annusa i miei capelli «Ti voglio bene» mormora contro il mio collo mentre siamo ancora abbracciati.
Sgrano gli occhi e sorrido. Sono contenta che lo abbia detto. Davvero, molto, molto contenta. Purtroppo non posso confessargli quanto io gli voglia bene, altrimenti scapperebbe a gambe levate.
«Dai, ritorniamo dagli altri» dice sorridendo e sciogliendo l’abbraccio.
Annuisco e sorrido anch’ io.
Questa volta sono io a prenderlo per mano e a infilarle nella sua tasca. Mi avvicino di più a lui e gli bacio il braccio di sfuggita.
Entrambi sorridiamo, io più imbarazzata di lui. Sono sicura che anche a lui è piaciuto questo gesto, però facciamo finta di niente e raggiungiamo gli altri senza parlare.
 
Non credevo che Londra potesse piacermi così tanto. L’ho sempre amata, fin da quando ero molto piccola, ma non pensavo che questo sentimento si sarebbe quadruplicato dopo averla vista.
Subito dopo essere scesa dall’autobus, sono rimasta a bocca aperta davanti al Big Ben, anche se me lo aspettavo più alto, più imponente; Westminster invece non mi ha delusa ….anzi tutto quello che mi aspettavo nel vedere il Big Ben l’ho provato visitandola l’abbazia. E ovviamente, in perfetto stile “secchioni al museo”, non ho potuto evitare il giro completo della National Gallery.
Mio Dio…
Lì dentro ho trovato il mio essere, la mia passione che si sposa perfettamente con il mio amore per la letteratura inglese.
Andrea mi ha lasciata all’ingresso del museo facendomi ben intendere che non mi avrebbe accompagnata durante la mia visita; quando ci siamo incontrati, finito il tour, mi ha sorriso, ha lasciato Giorgio ed è venuto da me.
Ci siamo seduti sui gradini della National Gallery e abbiamo giocato con un’applicazione del mio cellulare. Londra non è come me l’aspettavo. È molto, molto meglio.
Mio padre, o meglio, quello che una volta consideravo come tale, ha provato a chiamarmi una volta, ma ho lasciato che il cellulare squillasse, nascondendolo nello zaino.
Non ho nessuna intenzione di ascoltarlo, tanto meno di incontrarlo.
All’inizio della giornata ero in ansia perché avevo paura che potesse succedesse; più tardi però sono stata impegnata e quindi non ci ho pensato molto. Adesso abbiamo un paio di ore libere per girare per Piccadilly e per pranzare e un po’ di paura sta tornando.
Andrea sta comprando qualcosa da mangiare e mi ha categoricamente ordinato di non muovermi da dove mi trovo adesso. Gli ho riso in faccia quando me lo ha detto, ma di fronte alla sua faccia seria, il mio sorriso è scomparso e ho annuito.
Accidenti, si preoccupa davvero tanto e troppo.
«Gaia!!»
Il mio cuore comincia a battere velocemente, ma è una voce femminile, quindi non ho niente di cui preoccuparmi.
Mi volto e vedo la Vietti che si sbraccia per farsi vedere. Oh dio, meno male!
«Salve professoressa»
«Ciao Gaia. Tutto ok?!»
«Sono stanca, ma tutto bene»
«Perfetto. Mi ha chiamato tuo padre e ho saputo che è qui a Londra»
Oh cazzo!
«Si, infatti» mormoro e annuisco. «Ma come ha fatto a chiamarla?»
«Mi ha spiegato che ha ottenuto delle informazioni dal nostro college e da loro ha avuto il numero. Comunque non riesce a rintracciarti, mi ha chiesto di dirti che lui aspetta una tua chiamata per incontrarvi, quindi mi raccomando, chiamalo»
Come diavolo fa mio padre a sapere tutto?!
Molto probabilmente è stata mia madre a parlargli di questo viaggio in una delle loro sporadiche e-mail.
«Certo» rispondo e mi volto per raggiungere Andrea; mentre lui si dirige verso di me lo guardo terrorizzata e accorcio sempre di più le distanze fra di noi.
«Nascondimi ti prego, nascondimi, nascondimi» dico mettendomi dietro di lui.
«Che succede?» chiede preoccupato «Qualcuno ti ha dato fastidio?!»
«No, niente del genere. Mio padre ha telefonato alla mia professoressa. Non ho idea di come abbia fatto. Adesso vuole che lo incontri»
«E tu non vuoi?!»
«No, certo che no. Ti prego nascondimi»
«Va bene. Vieni con me» dice e mi prende per mano. Dopo qualche metro e un paio di curve mi fa sedere su un gradino all’interno di un vicolo.
Andrea si siede vicino a me e resta in silenzio. Lo guardo e devo ammettere che qualcosa non va. O almeno questa è l’impressione che ho.
«Tutto bene?» mi azzardo a chiedere.
«Si, certo. Tu, piuttosto, stai bene?»
«Finché sono qui si, sto bene»
«Bene» risponde lui e ho la conferma che qualcosa non va per davvero.
«Andrea, che succede?» chiedo allontanandomi un po’ da lui per guardarlo meglio.
Stavolta mi guarda e alza un sopracciglio «Che intendi?»
«Secondo te  cosa posso voler dire?»
Smette di guardarmi e sospira profondamente «Sto bene»
«Non direi»
«Sto bene» dice deciso e il suo tono di voce mi sorprende un po’. In fondo cosa ho chiesto di male? Gli ho solo chiesto se sta bene.
Annuisco delusa e mi appoggio al muro dietro di me.
Credevo dicesse qualcosa ma, invece,  non abbiamo detto una parola per almeno quarantacinque minuti.
Stanca di questo silenzio, sbuffo, mi alzo e ripercorro la strada che abbiamo fatto io e Andrea poco prima.
«Dove stai andando?!» chiede lui alzandosi velocemente e fermandomi per un braccio.
«A fare una passeggiata visto che tu non spiccichi parola»
«Ok, andiamo» mormora, prendendo il sacchetto con i resti del panino che aveva comprato e incamminandosi per ritornare in mezzo alla gente.
Sono assolutamente scioccata.
Continuiamo a non dire assolutamente nulla anche mentre passeggiamo e, dopo un’altra mezz’ora, lo fermo per un braccio e lui, per poco, non mi finisce addosso per quanto l’ho tirato.
«Che cazzo fai?» mi chiede sgarbato.
Eh no! Adesso mi altero anch’ io «Che cazzo fai tu! È da un’ora e passa che mi ignori. Si può sapere che ti prende? Ho fatto qualcosa ti sbagliato?» chiedo addolcendo il tono sull’ultima domanda.
Lui sospira di nuovo – ormai non fa altro – e si passa una mano tra i capelli. «Tu non hai fatto niente. Sono io che non so che fare»
«Che intendi?»
«Non è piacevole sapere che la mia ragazza e il mio migliore amico si odiano a morte. Non so cosa fare»
Oh, mi ha definita la sua ragazza. Che faccio?! Come reagisco?!
Ok, calma e non ti agitare! Evita di sorridere e continua ad essere seria.
«Parla con lui. Chiarisci e fai pace»
«No, non posso»
«Perché no?!»
«Perché ho paura di mancare di rispetto a te»
Mi avvicino e gli accarezzo una guancia. «Non succederà Andrea. Capisco che Luigi ha un ruolo fondamentale nella tua vita e sono sicura che, con me, non si comporterà più come ha fatto l’altra sera»
«Gaia…» mormora circondando il mio volto con le sue mani e appoggiando la sua fronte alla mia. Chiude gli occhi e mi bacia il naso.
«Vai da Luigi» gli dico.
«Andrò da lui, ma non adesso. Non posso lasciarti da sola»
«Non preoccuparti per me. Ho visto Alessia nel negozio di souvenir qui vicino. Vado da lei»
«Sicura?»
«Più che sicura, e adesso vai a parlare con il tuo amico» dico di nuovo e allontano il mio volto dal suo. Gli sorrido e lo bacio dolcemente. «A dopo» dico.
Lui annuisce e si incammina. Ogni tanto si volta per guardarmi e per sorridermi, ma appena scompare tra la folla, mi volto anch’ io per entrare nel negozio di souvenir dove, ovviamente, non c’è Alessia.
Visto che mancano almeno due ore prima di raggiungere gli altri a Piccadilly, e  mentre do un’occhiata agli articoli esposti sugli scaffali, decido di chiamare Serena.
Compongo il suo numero e comincio a dare un’occhiata in giro.
Mentre aspetto che Serena risponda sento una mano che si posa sulla mia spalla.
Il sangue mi si gela nelle vene.
«Gaia» mi chiama e io, respirando a fatica, mi volto.
Me al maschile. Siamo identici. Non voglio somigliare così tanto a mio padre. Non voglio, non voglio…
«Papà…»
«Ciao»
Mi allontano di scatto e provo a fermare le lacrime. Lui non deve vedermi piangere. Mai!
«Cosa ci fai qui?»
«Ho saputo che eri qui a Londra. Ho chiamato la tua professoressa per sapere dov’eri. Non rispondevi al telefono»
«E questo non ti ha suggerito niente?! Tipo che non volevo vederti o parlarti?!»
«Gaia, non so cosa dirti»
«Ecco, non dire niente» dico e mi volto per andarmene.
«No, aspetta»
«Che vuoi ancora?»
Mi guarda, anzi, mi squadra dalla testa ai piedi «Come sei cresciuta…» mormora facendomi alzare gli occhi al cielo «Quanto è passato. Dieci anni?»
«Undici! Ne sono passati undici e tu non sei nessuno per dirmi che sono cresciuta»
«Sono tuo padre»
«No, io non ho un padre. Mio padre non avrebbe mai abbandonato me e mia madre»
«Non mi pento di quello che ho fatto, Gaia. Se è questo che vuoi farmi dire, mi dispiace. Rifarei altre cento volte quello che ho fatto»
«Allora non abbiamo niente da dirci. Non cercarci più. Esci dalla nostra vita e non provare mai più a chiamarmi» urlo e, prima di scoppiare a piangere, scappo via dal negozio.
Indosso gli occhiali per nascondere le lacrime e, per sicurezza, mi tiro su anche il cappuccio; provo a non pensare a quello che mi è successo negli ultimi minuti.
Vorrei chiamare Andrea, ma non voglio sembrare incapace di risolvere le situazioni difficili da sola.
Ce la posso fare!
Vedo lo Starbucks e mi precipito lì. Non resisto a lungo, ho bisogno di un posto dove sedermi e piangere.
Quando entro c’è già parecchia gente; ordino e aspetto che mi servano.  Quando ho la mia cioccolata calda mi siedo ad un tavolo vicino alla vetrata. Recupero il cellulare dalla borsa e le cuffiette. Premo play e mi lascio andare alle lacrime.
Le note di “Dark side” di Kelly Clarkson mi fanno piangere ancora di più. Non c’è un collegamento tra la mia situazione e la canzone, ma mi fa lo stesso uno strano effetto.
Tra un singhiozzo e l’altro butto giù un sorso di cioccolata che dovrebbe aiutarmi a stare meglio, ma non c’è verso.
Dopo l’ennesimo singhiozzo sento la vibrazione del cellulare. È Andrea.
In questo momento non voglio vedere e parlare con nessuno, tanto meno lui. Voglio stare il più possibile da sola.
Kelly Clarkson continua a cantare in continuazione, fin quando non finisco la mia cioccolata e non mi alzo per uscire. Purtroppo, proprio mente mi alzo dal tavolo, entrano Luigi, Alessia, Elena, Giorgio e Andrea che sorride, probabilmente per qualche battuta che si sono scambiati un attimo prima, perché si capisce a prima vista che Luigi e Andrea sono amici come prima. Vedo che ha ancora il cellulare in mano. Mi avrà chiamato una ventina di volte durante le due ore che ho passato qui dentro. Si sarà sicuramente preoccupato, me ne rendo conto, ma avevo voglia di stare da sola.
Quando mi vede sembra rilassarsi, ma il suo sguardo dice tutto. “Mi hai fatto morire d’ansia, perché non hai risposto alle mie chiamate”.
Mi avvicino a lui e tolgo gli occhiali, sperando che non noti gli occhi rossi. «Ciao» dico.
«Ciao» risponde lui severo. «Che cos’è successo al tuo cellulare?! Ti ho chiamato»
«Lo so, ho visto. Mi sono accorta soltanto adesso delle chiamate. Mi dispiace»
«Mi hai fatto morire di paura Gaia. Quando non mi hai risposto alla seconda e a tutte le chiamate successive ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa. Ti rendi conto di come mi sono sentito?! Non sapevo dov’eri, con chi eri. Alessia non è mai stata in quel negozio, vero?»
«No, non c’è mai stata, ma se non te lo avessi detto tu probabilmente non saresti andato da Luigi. A quanto pare ho fatto bene perché ho visto che siete ritornati come prima»
«Si, abbiamo risolto, ma tu non saresti dovuta rimanere da sola!! Lo capisci?»
«Ok, ho capito. Adesso smettila»
Adesso ci si mette anche lui a rovinare questa giornata. C’è altro?!
Lui fa un respiro profondo e si calma «Va bene. L’importante è che stai bene»
«Benissimo» rispondo fingendo un sorriso. Lui mi guarda un po’ e annuisce.
«Aspetta qui, prendiamo qualcosa da bere e torniamo»
«Certo» rispondo annuendo.
Appena Andrea si allontana, ritornano le lacrime. Non mi ha nemmeno chiesto cos’ ho fatto per tutto questo tempo. Si è preoccupato soltanto di farmi sapere quanto si è spaventato non potendo rintracciarmi al telefono.
Meno male che, appena un paio di ore fa, mi aveva definita la sua ragazza.
Vabbè, adesso è meglio che mi tolga dalla mente queste ore terribili.
Rimango sempre con il cappuccio sulla testa e rimetto gli occhiali.
Qualche minuto dopo ritornano i ragazzi.  
«Ciao Gaia» mi saluta Alessia: è abbracciata a Luigi.
Lui mi guarda e mi sorride leggermente.
«Andiamo a fare un giro prima di ritornare dal gruppo?» chiede Andrea.
«Si, andiamo» risponde Alessia e gli altri annuiscono.
Andrea mi guarda e io annuisco. «Vieni, andiamo» dice e mi prende per mano. Stringo la sua e lui sorride. Mi avvicino di più al suo corpo e mi alzo un po’ sulle punte dei piedi per baciargli la guancia «Grazie» dico appoggiando la testa al suo braccio.
Passeggiamo un po’ per Piccadilly, mentre Andrea scherza con i suoi amici.
Dopo aver raggiunto gli altri per riprendere il tour, la professoressa si avvicina a me.
La sto odiando, devo essere sincera.
«Allora, hai parlato con tuo padre?!» chiede e il mio sguardo si sposta su Andrea che mi sta guardando.
Riporto l’attenzione sulla Vietti «Uhm… si, ho parlato con lui» rispondo cercando di sorridere.
Anche la professoressa sorride e, raggiante, ritorna dagli altri. Io, invece, cerco di non mettermi a piangere.
«E’ vero?» chiede Andrea avvicinandosi.
«Si» rispondo soltanto.
«E perché non me lo hai detto?!»
«Non c’è nulla da dire» rispondo e, scacciando una lacrima traditrice, inforco gli occhiali e chiudo l’argomento.
Andrea si siede accanto a me e riprende la mia mano stringendola forte. Piango silenziosamente mentre i professori spiegano dove andremo; cerco di calmarmi perché le lacrime stanno scendendo copiose.
A tutto quello che ho passato nelle ultime ore, devo aggiungere anche Andrea:  ha cambiato totalmente atteggiamento.
Ha ricominciato a scherzare con Luigi e questo, inizialmente,  mi ha fatto molto piacere, ma adesso si è completamente dimenticato di me. Ogni tanto mi ha presa per mano, forse per non sentirsi troppo in colpa.
Non volevo che facesse chissà cosa, però avrebbe anche potuto evitare di ignorarmi. Si sta comportando come se il nostro rapporto non fosse migliorato nemmeno un po’.
Ho fatto finta di niente perché, sinceramente,  sono stanca di discutere con lui per queste sciocchezze e, dopo quello che è successo oggi con mio padre, vorrei solo ignorare tutti.
Prima di raggiungere l’albergo, andiamo all’Hard Rock Café e, miracolosamente, Andrea ricomincia a considerarmi.
Si comporta da Andrea, mettendo la testa nel camerino[1], con la pretesa di guardarmi mentre mi cambio.
«Esci» dico guardandolo seria.
«No» risponde lui sorridendo.
«Andrea, dico sul serio. Esci da questo camerino. Devo cambiarmi. Faccio subito»
«Farai subito mentre sono qui»
«Eh dai, ti prego… Che penseranno gli altri? C’è la mia professoressa che potrebbe vedere tutto»
«Allora entro» dice raggiungendomi.
Grandioso. Ho sicuramente risolto la situazione.
Nonostante il fastidio di dovermi cambiare davanti a lui, ho riso e, a quel punto, mi ha appiattita alla parete e ha cominciato a baciarmi.
«Non fare mai più quello che hai fatto questo pomeriggio» dice e mi morde il collo.
«Ok, scusa. Ahi!»
«Te lo meriti. Mi hai fatto preoccupare tanto» Mi abbraccia talmente stretta che non riesco quasi a respirare.
«Scusa» ripeto e ricambio l’abbraccio «Adesso è meglio se usciamo. Si chiederanno cosa stiamo combinando qui dentro» dico guardandolo negli occhi e, non so come ne perché, oggi mi fanno uno strano effetto. Il mio cuore comincia a battere velocemente: sicuramente sono rossa da qualche parte e in subbuglio da un’altra.
«Io esco» dice sorridendo.
Annuisco e ricambio il sorriso. Accidenti… che mi è preso poco fa?!
Appena mi volto e mi guardo allo specchio mi viene una mezza idea su cosa mi sia successo.
I miei occhi brillano, ho le guance arrossate e sorrido. Credo anche che, i benefici di questa pseudo-relazione abbiano giovato al mio seno. Sembra che sia diventato più grande. Possibile?! Guardo dentro lo scollo della maglietta e scuoto la testa ridendo.
Meglio per me.
Mi cambio velocemente ed esco, dirigendomi alla cassa con due maglie e una felpa.
«Fatto?» chiede Andrea munito di sacchetto.
«Si, tutto fatto»
«Andiamo fuori» dice sorridendo.
«Perché?»
«Perché non c’è nessuno e voglio stare un po’ con te» spiega guardandomi.
Ah, bella questa. Beh, se vuole stare con me chi sarò mai per contraddirlo?! Quindi, annuisco e lo seguo.
Fuori, ci sediamo sul gradino del marciapiede e lui, con un braccio, si preoccupa di farmi avvicinare il più possibile a lui. «Non vedo l’ora di restare veramente solo con te» dice guardandomi negli occhi.
Oh dio, so a cosa si riferisce. Non so che dire, così, decido di sorridergli e  di avvicinarmi al suo viso per baciarlo.
«Ragazzi!!!» ci rimprovera qualcuno dietro di noi e, per un momento, ho paura che sia la nostra professoressa.
Ci voltiamo entrambi, io con gli occhi spalancati, e notiamo, con immenso piacere, che si tratta solo di Giorgio.
«Proprio qui? Se vi beccano i professori non so cosa potrebbe succede»
«Mi sa che abbiamo rischiato grosso» dico mettendomi una mano sul cuore.
«Si» risponde Andrea ridendo, anche lui si è spaventato.
«Stanno uscendo»
Entrambi ci alziamo e lui mi riprende di nuovo per mano.
L’ennesima camminata a piedi. Sono stanca ed è anche tardi. Dobbiamo ancora prendere la metropolitana e trovare l’albergo.
«Sei stanco?» chiedo ad Andrea mentre siamo seduti sui sedili della metro. Ha abbandonato la testa sul vetro e ha chiuso gli occhi. Per qualche minuto ho pensato fosse morto in quella posizione.
«Cosa te lo fa pensare?!» chiede lui ridendo.
«Manca poco, credo»
«Lo spero, altrimenti mi addormento qui» dice, lasciando cadere la testa sulla mia spalla.
Sorrido e gli prendo la mano, accarezzandogliela.
Per fortuna dopo altri venti minuti riusciamo a scendere alla fermata giusta.
 
«Oh mio, che stanchezza! Quanto avremo camminato? Dodici ore?»
«Quattordici» preciso buttando lo zaino per terra.
A differenza di Andrea che si è già impossessato del letto, mi guardo intorno e noto che la stanza non è proprio il massimo ma, a modo suo, è carina.
«Vado a fare la doccia» dico inginocchiandomi per prendere le mie cose dallo zaino.
«Posso farla con te?» chiede Andrea prendendomi per un braccio e trascinandomi sul letto.
Vorrei capire come sono finita sotto sotto di lui.
«Uhm… no! Non credo proprio»
«Eh dai…»
«NO!» esclamo indignata.
«Ti ricordi cosa avremmo dovuto fare  stasera?!»
«Si» rispondo deglutendo.
«Te la senti?»
Distolgo lo sguardo dal suo e deglutisco di nuovo. Saliva?! Dove sei?!
«Non lo so» mormoro, infine, guardandolo.
«Ok. Non preoccuparti» risponde lui baciandomi e accarezzandomi i fianchi. Si alza da me e mi aiuta a fare lo stesso.
Cavolo! Che faccio adesso?!
Intanto la doccia” mi ricorda la mia vocina interiore.
Giusto.
Riprendo le cose che avevo lasciato sul letto e mi chiudo in bagno.
Mi spoglio velocemente ed entro nella doccia.
L’acqua calda lava via tutto e mi rilassa. Comincio anch’io a sentire la stanchezza soprattutto la sonnolenza.
Mi insapono con cura e faccio lo stesso con i capelli.
«Gaia!! A che punto sei?!» urla Andrea dalla camera, qualche minuto dopo.
«Sto finendo, non preoccuparti» esclamo roteando gli occhi.
«Se non esci entro cinque minuti entro e faccio la doccia con te»
«Ok, ok… ho finito» dico sentendo Andrea ridere in camera. Chiudo l’acqua e mi avvolgo nell’asciugamano dell’albergo.
Mi asciugo velocemente il corpo, indosso la biancheria pulita e il pigiama, per fortuna non quello orrendo che Andrea odia.
Almeno in questo, ho seguito il consiglio di Serena di portare qualcosa di più “adulto” per la notte.
Tampono i capelli e li lascio asciugare “au naturel”. Prendo le mie cose ed esco.
«Andrea, adesso puoi usare il ba…» Oh dio «…gno»
E questo?!
 

------

 

Eccoci alla fine.
Credo di dover fare un discorso un pò più lungo del solito adesso ^^'' e la cosa mi inquieta un tantino perchè non sono mai stata brava a fare i discorsi.

Comunque.. Non l'ho fatto negli altri capitoli, ma voglio ringraziare tutti voi che mi seguite come se fossi una scrittrice eccezionale e le mie storie fossero dei capolavori.
Grazie a Goonandsmile che ha pensato a quel regalo e a tutti gli altri che si sono uniti. A distanza di qualche giorno non riesco a trovare ancora le parole. Non so se la mia storia merita, se è veramente quella che voi dite che sia, ma io vi adoro perchè continuate a seguirmi.
Spero che non resterete delusi da come andranno le cose; delle scelte dei protagonisti e da come ho deciso di impostare la storia. Ci tengo molto e sapere che voi l'amate, nella sua imperfezione, perchè lo è, e pure tanto, mi riempie di gioia *_*
Grazie davvero <3 <3
Spero che questo capitolo non vi abbia delusi e che non verrete sotto casa mia pronti a linciarmi, quindi... con la speranza di essere ancora viva martedì prossimo, ci "vediamo" quel giorno.
Vi adoro. Tutti!
Un bacio,
Francy

 



[1] Nell’Hard Rock Café non ci sono camerini. Questa è una necessità per la scena.

 

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Capitolo 13
*** 12. *Fammi sentire viva come non lo sono mai stata* ***


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Eccomi con un giorno di anticipo. Non chiedete perchè sto pubblicando ora, perchè non lo so nemmeno io! Forse perchè ho bisogno di un pò di positività oggi.
Spero che questa sorpresa sia ben gradita e che leggerete in tanti il mio capitolo, anche perchè qui scoprirete cosa ha visto Gaia alla fine dell'undicesimo capitolo :P
Vi lascio alla lettura.
Un bacio,
Francy


Let's blame it on September

-Capitolo 12-

*Fammi sentire viva, come non lo sono mai stata*

 
Sgrano gli occhi all’improvviso.
Ahi, che male!
In questo maledetto autobus non ci si può muovere.
Andrea dorme accanto a me ma io non riesco più. Voglio tornare a casa e dormire dodici ore di fila. Erano le sette di sera quando siamo partiti da Londra; probabilmente arriveremo a destinazione verso le nove. Non vedo l’ora.
Provo a dormire ancora un po’ ma, in automatico, mi si ripresentano le immagini della sera prima. La sorpresa uscendo dal bagno.
«Cos’è tutto questo?» chiedo.
«So che hai detto che non sei sicura, ma ho voluto farlo ugualmente. È l’unica notte che possiamo passare completamente da soli»
«Ah» rispondo avvicinandomi ad una candela.
Anche lui si avvicina a me e si abbassa per baciarmi. Ricambio il bacio e lo abbraccio, gettando i vestiti per terra. È stato carino a fare tutto questo; ha riempito la stanza di candele. Ecco perché lo zaino pesava così tanto.
«Voglio farlo» mormoro all’improvviso, stupendomi di me stessa.
«Cosa?» chiede lui guardandomi.
«Voglio fare l’amore con te» dico arrossendo.
«Ne sei sicura?»
Annuisco e riprendo a baciarlo. Piano, Andrea mi fa voltare, togliendomi la maglia del pigiama. «Questo mi piace di più, ma togliamolo ugualmente» dice baciandomi il collo.
Rido e lo guardo negli occhi. Lo fa anche lui, fin quando non alza le braccia e mi sorride malizioso. Vuole che gli tolga la maglia? Ok!
Afferro i lembi e gliela sfilo. La getto per terra e lui comincia ad accarezzarmi il collo, fino a farmi distendere sul letto. Mi raggiunge anche lui, sistemandosi tra le mie gambe.
«Sei ancora sicura?» chiede guardando in basso.
«Si» mormoro riprendendo a baciarlo.
Sorride e le sue mani si posano sui miei fianchi, afferra i pantaloni del pigiama e li tira giù. La stessa cosa fa con i suoi jeans, mettendo in mostra i boxer troppo stretti.
Sorrido, continuando a baciarlo, mi alzo capovolgendo le posizioni. Lui mi guarda confuso e gli dico «Dicevi che ti piace stare sotto» 
«Si» risponde ridendo e riprendendo a baciarlo. Mi afferra la nuca e mi riporta sotto. «Mi piace anche vederti qui» dice ridendo.
Sorrido e lentamente slaccio il reggiseno.
Oh mio dio. Sono nuda davanti ad Andrea Ferrari. Non posso crederci.
Insieme al mio reggiseno, subito dopo, volano per terra anche i suoi boxer e le mie mutandine. Siamo sotto le coperte, ma io mi sento molto in imbarazzo. Chi si sarebbe immaginato che io e Andrea ci saremmo visti come mamma ci ha fatti?!
«Allarga le gambe» mi dice baciandomi.
Lo faccio e, lentamente, lo sento entrare dentro di me. Sento quel fastidio iniziale di cui tutte parlano, ma chiudo gli occhi e stringo la sua mano, intrecciata alla mia. «Scusa» mormora baciandomi la fronte «Finirà presto» dice uscendo da me. Prendo un lungo respiro, anche se non mi ero nemmeno accorta di averlo trattenuto. «Posso?» chiede lui accarezzandomi i capelli. Annuisco, lui ci riprova e stavolta lo sento completamente dentro di me. Rilascio il fiato trattenuto e spero di non piangere.
Si ferma e dice «Dimmi quando posso muovermi»
Lo guardo e lo bacio, circondandogli il collo con le braccia. Lui comincia a muoversi e mi tiene stretta a se. «Oh Bianchina…» mormora affondando il viso nell’incavo del mio collo.
Oh Andrea, vorrei urlare, ma decido di stare zitta e godermi il momento, perché è decisamente molto, molto… oh dio!!
Il dolore è stato sostituito da un piacere mai provato prima. Andrea mi guarda e, in quel momento, i nostri sguardi si incrociano. Lui mi bacia e io ricambio con più passione del solito. Sento il sangue affluire velocemente al mio basso ventre.
La mia temperatura corporea si deve essere alzata di parecchi gradi; comincio a sentire caldo. Alzo il bacino e lui si lascia sfuggire un gemito.
«Gaia…» ansima e mi morde il labbro.
«Ahi» mi lamento. Lui ride e mi bacia dolcemente.
«Non ce la faccio più» ansima baciandomi il collo.
«Si» rispondo io stringendogli la schiena.
Lo sento venire dentro di me e, dopo qualche secondo, lo raggiungo anch' io. «Ti amo» mormoro e lui si immobilizza un attimo. Subito dopo mi bacia, si sposta al mio fianco e mi accarezza una guancia.
Sono sicura che ha sentito quello che gli ho detto, ma non ha risposto nulla. Schiarisco la voce e mi volto verso di lui, nascondendo il volto nel suo collo.
«Com’è stato?» chiede accarezzandomi la schiena.
«Bello» rispondo sorridendo.
«Non mi sembri tanto sicura»
«No, è stato bello, davvero» dico di nuovo e questa volta lo guardo negli occhi, anche se mi imbarazza.
Lui mi sorride e chiede «Posso baciarti?»
Lo guardo storto come per dirgli “Che domande fai?!” e lui, sorridendo, si avvicina. Iniziamo a baciarci e, ben presto, facciamo di nuovo l’amore. 
«Gaia?!»
«Hm» mormoro svegliandomi.
Oh dio, non mi sono nemmeno resa conto di essermi addormentata.
«Siamo arrivati»
Annuisco e lui comincia a baciarmi il collo. «Sei bellissima» mormora.
«Non credo proprio»
Lo sento ridere e avvicinarsi ancora a me «Come stai?» chiede guardandomi serio.
«Bene» rispondo sorridendo e accarezzandogli una guancia.
«Ti fa male qualcosa?»
«No, sul serio. Sto bene»
«Ok»
La notte scorsa è stato delicatissimo, sia la prima che la seconda volta; credo sia normale stare un po’ male il giorno dopo, no?! O sono soltanto io?! Devo parlare con Serena. Impazzirà appena glielo racconto. «Sono solo stanca» mormoro.
«Tra poco saremo a casa, ma dobbiamo scendere» dice guardandosi intorno.
Annuisco e mi alzo.
Questa mattina è stato un trauma lasciare il letto. Andrea era già andato via e, un po’, mi sono sentita sedotta e abbandonata; questa sensazione però è scomparsa quando Andrea è ritornato in camera con la colazione.
Purtroppo, questa sensazione è ritornata quando siamo scesi nella hall dell'albergo per aspettare i professori; Andrea ha passato tutto il tempo a scherzare con i suoi amici ignorandomi. Durante la seconda parte del tour di Londra, mi ha chiesto più volte come stessi, mi ha tenuto per mano per cinque secondi ogni mezz’ora e mi ha chiesto vagamente cosa fosse successo con mio padre. Non so come e perché si sia comportato così. Magari ha capito che ha rifatto lo stronzo oggi. Insomma… non dico che doveva stare tutto il tempo con me, però non doveva nemmeno ignorarmi come, in realtà, ha fatto.
Come se non bastasse quello che è successo con Andrea, anche mio padre ha fatto la sua parte. Ha continuato a chiamarmi al cellulare per tutta la mattinata; ha smesso durante l’ora di pranzo, e ha ricominciato per continuare tutto il pomeriggio. Ho tenuto il cellulare nello zaino, il cappuccio in testa e gli occhiali per tutto il tempo.
«Dammi lo zaino, lo porto io» dice mentre ci dirigiamo alla fermata dell’autobus.
«Tranquillo, non è pesante»
«Gaia, sono due giorni che lo porti. Dammi lo zaino»
Alzo gli occhi al cielo, sbuffo e glielo cedo. «Stai bene?»
«Si, Andrea, sto bene. Non chiedermelo più per favore» rispondo e salgo sull’autobus.
In realtà non sto bene. Mi fa male tutto dalla vita in giù e mi sento anche usata! Gli ho dato il mio ultimo briciolo di orgoglio e adesso si, un po’ me ne sto pentendo. Per non parlare di quello che mi è scappato di bocca. Oltretutto lui ha anche fatto finta di niente.
Fortunatamente arriviamo in pochissimo tempo e, quando scendo, cammino velocemente cercando di arrivare a casa il prima possibile.
«Hai fretta?» chiede raggiungendomi.
«Un po’. Sono stanca e mi fanno male i piedi; la notte scorsa non ho dormito molto, quindi ho anche sonno. Voglio farmi una doccia che lavi via tutto e non voglio più pensare a qualcosa o a qualcuno»
«Ti sei pentita di essere stata con me?»
«Non me ne sono pentita, ma credo che sarebbe dovuto succedere in un altro momento. Ma ormai è andata, nel vero senso della parola» dico e mi volto per continuare il mio cammino.
«Ti ho chiesto se ne eri sicura; non ti ho costretta»
«Non sto dicendo questo»
«Forse è meglio se stasera esco un po’, così non ti disturbo» dice. È un po’ seccato, si è capito dal suo tono di voce, ma quella seccata
 non dovrei essere io?! Quella che ha perso la verginità in un albergo di Londra e con un ragazzo che fino a dieci giorni prima odiava, sono io, per la miseria!! Quella che è stata ignorata per tutto il giorno sono sempre io!
Quando arriviamo a casa, Michelle e Paul ci chiedono com’è andata. Rispondo velocemente e senza interesse, dopo di che salgo velocemente in bagno per una doccia rilassante.
Purtroppo la doccia rilassante non dà i risultati sperati. Quando ritorno in camera noto che Andrea è già andato via. Mi sono imposta di non pensarci; ho indossato gli indumenti più comodi, ho asciugato i capelli raccogliendoli in una treccia e mi sono messa a letto, dove ho dato libero sfogo alle lacrime che, nei giorni scorsi, hanno rischiato di farmi scoppiare più di una volta davanti a sessantaquattro persone.
Purtroppo il mio cellulare riprende a squillare. Mi alzo e rispondo senza nemmeno guardare chi sia. «Pronto?» rispondo cercando di camuffare il tono di voce da “hai pianto per tutta la sera”. Guardo l’orologio: sono le undici.
«Gaia, sono papà»
«No! Tu non sei mio padre. Sei solo un fottuto bastardo che ha abbandonato sua figlia quando aveva sette anni e che la cerca quando gli fa più comodo. Tu non sei mio padre, non sei nessuno! Lasciami in pace!! Non chiamarmi, non farti vedere qui, esci dalla mia vita. Non ci sei mai voluto entrare, adesso stanne fuori!!!» urlo e mi siedo sul letto, nuovamente in lacrime. Scaravento il telefono contro il muro e, per fortuna, non si rompe. Oddio chi la sente mia madre, altrimenti.
«Gaia!!»
No, anche lui no!
«Lasciami in pace!» grido ancora voltandomi a guardarlo. «Non eri con i tuoi amici?! Perché sei qui?! Compari sempre nei momenti meno opportuni. Compari sempre quando ho bisogno di qualcuno e non voglio. Non voglio che stai qui! Vai via» urlo piangendo ancora.
Lui si avvicina e mi abbraccia. Cerco di allontanarlo, ma continua a tenermi stretta al suo corpo. «Sfogati» dice e mi lascio andare, ricominciando a piangere di nuovo. Andrea mi fa distendere di nuovo sul letto coprendomi, mentre continuo a piangere contro il cuscino.
I miei nervi sono a pezzi. Non ce la faccio più. Voglio tornare in Italia il prima possibile e riprendere la mia vita. Non m'importa nemmeno se Andrea vorrà continuare a vedermi. Voglio la mia vita. Punto!
«Vuoi parlare?» chiede.
«No» rispondo.
«Gaia, non tenerti tutto dentro. Se non vuoi parlare con me, parlane con Serena o con qualcun'altro, ma non voglio vederti in questo stato. Cos’è successo?»
«E’ successo tutto. È successo un casino in questi due giorni»
«Io non direi»
«Beh, non l’hai persa tu la verginità con un tizio che, fino alla settimana scorsa, odiavi»
«Non sono un tizio qualunque. Sono il tuo ragazzo e, adesso, noi non ci odiamo»
Nemmeno mi ami, mentre io, stupida, si!
«Il mio ragazzo che non mi ha calcolata praticamente per tutto il giorno»
«Mi dispiace, ma non ho passato molto tempo con Luigi ultimamente»
«Certo, hai dovuto aggiornarlo sulla tua vita sessuale, vero? Gli hai raccontato che sono diventata un’altra conquista?! Ne sarà contento. Un altro nome da spuntare dall’elenco “ragazze da scopare”»
«Ti stai comportando come un’idiota»
«Si, è vero» dico alzandomi dal letto «Sono stata un’idiota a fidarmi di te»
«Perché dici questo?! Se sei incazzata nera con tuo padre, non prendertela con me o con quello che c'è tra di noi»
«Noi? Non c’è nessun noi, Andrea! C’è soltanto Andrea e la sua nuova conquista. La verginità di Gaia, la sfigata della scuola; quella che, per tre settimane, si è illusa come una scema,quella che si è lasciata troppo andare e che, alla fine di tutto, rimarrà da sola»
«Non resterai da sola…»
«Questo lo dici tu» rispondo guardandolo male.
«Gaia… non voglio litigare con te. Mi dispiace se oggi ti ho trascurata. Pensavo potessi capire»
«Lascia stare. Ormai la giornata è finita» dico voltandomi e rimettendomi a letto.
«Dormo nel mio letto» dice alzandosi.
«No» mormoro. «Dormi con me»
Mi darei uno schiaffo. Dovrei odiarlo e avercela con lui, invece gli chiedo di dormire con me.
Sono proprio un caso disperato. Per fortuna tra qualche giorno ritorno a casa.
«Ok. Dammi cinque minuti e sono da te»
«Va bene» mormoro e sento le sue labbra sulla mia tempia.
Lo sento prendere qualcosa dalla valigia, uscire dalla camera e salire al piano di sopra.
Non so quanto tempo sia passato perché, nel frattempo, mi sono addormentata, esausta dalla giornata e dalle lacrime, ma ho sentito Andrea mettersi a letto. «Sei qui» mormoro.
«Si, scusa se c’ho messo tanto, ma ha chiamato mia madre. Non l’ha mai fatto in queste due settimane e mi ha sorpreso»
«Non ti ho sentito»
«Lo so. Ero in giardino. Non volevo svegliarti»
Mi volto e lo abbraccio, spalmandomi sul suo corpo. «Scusa» dice e mi bacia la testa.
Inspiro il suo profumo e gli bacio il collo. «Mi sono sentita usata» confesso.
«Non dirlo nemmeno per scherzo. Anzi, avevo voglia di ripetere l’esperienza se non stai troppo male»
Lo guardo e lui mi sorride malizioso. Rido e mi avvicino al suo orecchio mordendogli il lobo. «Ahi!» si lamenta e mi afferra per i fianchi. «Sopra o sotto?» chiede.
«E’ uguale. Vorrei esplorare meglio il sotto»
«Piccola esploratrice» mormora e mi porta giù, sovrastandomi con il suo bellissimo corpo. Nonostante la poca confidenza, devo dire che ha un bellissimo corpo e non solo quello.
Comincia a baciarmi le guance, la fronte, il collo e sulle labbra si ferma, insinuando la lingua nella mia bocca e cominciando a solleticarla. Ricambio il bacio e alzo la sua maglietta; gliela sfilo e resto stordita dal profumo della sua pelle. È inebriante e afrodisiaco.
Oh mio dio Andrea, cosa mi stai facendo?!
Velocemente si toglie i pantaloni e io penso a disfarmi della maglia e del reggiseno. «Sei stupenda» mormora baciandomi il seno.
La mia schiena si inarca e il bacino strofina contro il suo. «Stai ferma, ti prego» mormora sofferente. «Mi fai morire, così»
Sorrido e mi tiro giù i pantaloni. In realtà non ho idea di cosa fare. Sto solo improvvisando, ricordando la notte scorsa.
Dopo, volano via velocemente gli slip di entrambi.
«Aspetta» dice e si alza.
«Ma che fai?» chiedo coprendomi con il lenzuolo, mentre lui è meravigliosamente nudo davanti a me.
«Ho comprato questi» Mi mostra un pacco di preservativi e ne tira fuori uno. «La notte scorsa abbiamo fatto senza, ma vorrei…»
«Si. Pure io» dico velocemente e lo guardo mentre strappa la bustina e mette la protezione.
Ritorna su di me, sistemandosi tra le mie gambe. Stavolta, non sento nessun tipo di dolore; solo un po’ di fastidio, ma Andrea fa passare tutto, cominciando a muoversi dolcemente dentro di me. Cerchiamo di non fare troppo rumore, perché ci butterebbero fuori ma urlerei dal piacere che mi sta donando Andrea.
«Grazie» mormoro abbracciandolo.
«Potrei ringraziarti anch' io, dipende da quello che intendi» dice con la voce roca.
Il suo corpo si muove insieme al mio; le sue mani mi accarezzano il viso mentre le mie gli stringono i fianchi.
Raggiungere il piacere più assoluto con Andrea Ferrari. Chi l’avrebbe mai detto?!
 
Sono passati due giorni dal tour di Londra e oggi devo fare la valigia. Con tutte le cose che ho comprato non credo riuscirà a chiudersi. In questi due giorni l’ambiente a scuola è stato più vivibile. Luigi non sembra odiarmi più. Elena scherza anche quando ci sono io, invitandomi addirittura ad una maratona di shopping durante l’ultimo pomeriggio in città. Ne sono rimasta sorpresa, ma ho accettato.
Mi hanno fatta entrare nel loro gruppo, in pratica. Durante le pause e a pranzo stiamo sempre al solito tavolo. Andrea mi avvicina e il suo braccio è sempre sulle mie spalle. Quando ho capito il motivo del suo gesto, mi stavo quasi per mettere a ridere come un’isterica.
Purtroppo, credo che Max non abbia superato l’episodio della serata in discoteca. Lui e Andrea continuano a lanciarsi brutte occhiate e, ogni volta, devo colpire al fianco Andrea affinché smetta.
«Facci l’abitudine, perché dovrai sopportare la mia gelosia»
«Perché hai intenzione di esserlo anche dopo?»
«Si anche se di meno. Ovviamente lo sarei molto di più se qualcuno ti mettesse gli occhi o le mani addosso»
Peggio dei bambini gelosi del loro giocattolo preferito.
Sorrido al ricordo di quella conversazione.
Dovrei sistemare la valigia, ma non so da dove cominciare. Siamo soli a casa. Le lezioni sono finite, i bambini sono a scuola, Paul è a lavoro e Michelle è fuori. È da qualche ora che abbiamo la musica a tutto volume mentre sistemiamo le nostre cose; Andrea non ha mai perso l’occasione di baciarmi o di farmi ballare molto vicina a lui.
Michael Bublé canta “Feeling good” e, tra un indumento e l’altro da mettere via, canticchio e ballo.
«Oh. Mio. Dio» sento dire. Mi volto di scatto e sgrano gli occhi.
«Non eri sotto la doccia?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Ho fatto bene ad uscire prima. Sei…» mi indica e si ammutolisce. Cosa sono?!
Mi guardo e… oh cazzo!! Sono in biancheria. «Dovevo vestirmi» confesso.
«Non farlo. Ti puoi muovere come prima?»
«Come prima?!» chiedo confusa.
«Si. Ancheggia un po’ per me. La canzone è perfetta»
«Io non ancheggio» dico avvicinandomi a lui e spingendolo con un colpo d’anca.
«Ah no?!» Mi prende in braccio e mi butta sul letto, facendomi urlare. «Ti faccio esplorare una cosa, adesso» mormora baciandomi la spalla.
Scoppio a ridere e lo allontano, riuscendo a mettermi sopra di lui. «Vorrei esplorare sopra, se non ti dispiace»
«Fai pure» dice lui alzando le spalle e sorridendo.
Sorrido e gli tolgo l’asciugamano che aveva in vita.
È nudo. Hm, bene!
Lui si alza e comincia a baciarmi, sfilandomi il reggiseno, mentre io, con un po’ di impaccio, mi tolgo le mutandine. Si allunga verso il comodino e afferra una bustina argentata. Ne estrae il contenuto e lo posiziona al suo posto.
«Stai qui» mormora e, tenendomi con un braccio, mi fa sedere su di lui, riempiendomi completamente. Questo si che è…
Gaia!! Riprenditi!!” urla la mia coscienza, ma la libidine le da un calcio e la zittisce. “Continua così” urla a sua volta e, mentre loro si azzuffano, seguo me stessa e mi lascio andare al corpo di Andrea.
Che sensazioni stupende…
 
«Mi devi dare le canzoni che abbiamo ascoltato insieme» dice Andrea accarezzandomi il braccio.
Appagati, siamo sul mio letto, nonostante i vestiti da sistemare sparsi per tutta la stanza.
«Ok» rispondo sorridendo.
«L’ultima mi piace molto» 
«A me invece è piaciuta molto l’ultima esplorazione»
«Anche a me. I tre preservativi possono confermarlo»
Scoppio a ridere e, per l’imbarazzo, nascondo il viso nell’incavo del suo collo.
Tre volte.
«Spero che le lenzuola non si siano sporcate» dico.
«Lo spero anch' io. Sarebbe un po’ imbarazzante da spiegare»
«Già»
«Ok, credo che andrò a fare un’altra doccia» dice alzandosi.
«Posso farla con te?» chiedo abbracciandolo.
«Mi piace!!» esclama e mi prende in braccio..
«Aspetta dobbiamo prendere i vestiti»
«Lasciali perdere. Ci vestiremo qui»
«E se tornano mentre siamo sotto la docciainsieme?»
«Tesoro, sono le undici. Non credo che i bambini tornino a quest’ora e non credo lo faccia… com’è che si chiama lui?!»
«Paul»
«Ecco…»
«Michelle non è al lavoro»
«Vorrà dire che usciremo quando lei non potrà vederci. Dai andiamo» dice facendomi gli occhi dolci.
«Ok, andiamo, però prendo almeno gli accappatoi»
«Uffa. Si, prendi almeno quelli» mormora guardandomi storto.
«Cosa c’è? Non guardarmi così. Poi mi ringrazierai»
«Ti meriteresti una bella punizione» dice salendo le scale con me in braccio.
«Non pensi che tre settimane con te sia stata una punizione più che sufficiente?»
«Ohh… vuoi dirmi che ti ha dato fastidio stare con me per tutto questo tempo, eh?!» mi prende in giro.
«No» rispondo sorridendo.
«Ecco, appunto» dice lui facendomi scendere. «Oh guarda!» esclama «C’è la vasca»
«No, preferisco la doccia»
«Ma la vasca è più comoda»
«Non mi fido molto. Potrai farlo a casa tua il bagno. Dai, ti prego, sto congelando»
«E doccia sia. Dopo sarai molto stanca, eh!» dice e si avvicina guardandomi malizioso.
Sorrido e apro il vetro del box. Quando siamo entrambi dentro, lui apre l’acqua calda e, nel frattempo, ne approfitto per baciarlo. «Hm, mi piaci così» sorrido ancora e lo tiro verso di me. Quando lui finisce di miscelare l’acqua, mi guarda e mi spiaccica al muro, sollevandomi le gambe ed entrando in me. Mi toglie il respiro…
Ci guardiamo negli occhi e lui mi bacia. «Voglio fare più spesso la doccia con te» dice e mi morde il labbro.
Sorrido e gli mordo il labbro inferiore anch' io, baciandolo. «Tu non dici mai nulla?»
«Ti sembra il momento?» chiedo ansimando.
«No, però mi eccita sentirti parlare mentre ansimi»
«Certo, come no» mormoro ed evito di rispondergli, baciandolo di nuovo. 
 
«Allora, ragazzi. Siete pronti per partire?» chiede Paul a tavola.
«Cos’ha detto?» mi chiede Andrea.
«Se siamo pronti ad andarcene»
«Ah… Si, ma un po’ questo posto ci mancherà» risponde lui in un inglese stentato.
Sorrido e lo guardo «Vorrei non andarmene» mormoro. So che le cose saranno molto diverse da come sono ora una volta tornati a casa.
«Perché?» chiedono Michelle e Andrea.
«Perché… sarà diverso a casa» spiego e guardo Andrea. Lui evita il mio sguardo e riprende a mangiare.
Già… proprio quello di cui ho paura una volta tornati a casa. Se dovesse conoscere qualcuna migliore di me?!
Se dovesse credere di aver fatto un enorme sbaglio avvicinandosi a me? Che era molto meglio continuare a prendermi in giro?
Scuoto la testa e allontano il più possibile questi pensieri da me.
«Potrete tornare qui quando volete. Sarete sempre i benvenuti» dice Paul e Michelle annuisce alle parole del marito.
«Grazie» rispondo e dopo qualche altro minuto di silenzio, mi scuso e mi alzo da tavola, portando via il mio piatto e il mio bicchiere.
Magari è soltanto una mia impressione, la mia paranoia; magari io e Andrea resteremo insieme e magari il nostro rapporto crescerà sempre di più.
«A cosa stai pensando?» chiede Andrea, spaventandomi. Non credevo mi avesse seguito.
«A nulla, non preoccuparti» meglio distrarlo con qualcos’altro. «Ti va di uscire?» chiedo alzandomi dal letto e avvicinandomi a lui.
La preoccupazione scompare dal suo volto e mi sorride «Si»
«Puoi chiamare i tuoi amici, se ti va»
«Non ti darebbe fastidio?» chiede accarezzandomi i capelli.
«No» rispondo sorridendo.
In realtà, mi sarebbe piaciuto passare questi ultimi giorni da sola con lui prima di ritornare alla vita di tutti i giorni, ma non voglio causare altri screzi tra Andrea e Luigi.
Per tutto il tragitto da casa alla fermata dell’autobus non ha fatto altro che tenermi per mano e baciarmi di tanto in tanto. Abbiamo incontrato Elena, Alessia, Giorgio e Luigi direttamente in centro e, inizialmente, nessuno ha sembrato fare caso a me, fin quando Giorgio non si è seduto accanto a me circondandomi le spalle con il braccio. «Bianchina, come stiamo?!» chiede e lo guardo scioccata.
È ubriaco?!
Guardo Andrea che lo sta fissando in modo truce. «Che c’è?» chiede Giorgio alzando le spalle.
«Si da il caso che hai messo il tuo lurido braccio sulle spalle della mia ragazza» gli fa notare Andrea; lo guardo un po’ sorpresa dalle sue parole. Wow!
«Sei geloso, mi piace!! Bianchina, tienitelo stretto» esclama Giorgio e mentre si alza, prende per mano Elena e la bacia.
«Scusalo» mormora Luigi.
«Non preoccuparti» rispondo sorridendo. Dire che mi trovo altamente a disagio è poco.
«Vieni, Gaia. Andiamo a fare un giro» Alessia mi salva e mi alzo velocemente per raggiungerla.
«Grazie» le dico sorridendo.
«Sta cercando di lasciarsi alle spalle quello che ti ha fatto»
«Lo so, ma mi sento ancora un po’ a disagio quando lui mi parla»
«Non preoccuparti. Probabilmente quando torneremo sarà tutto diverso»
Ah.
«Si, hai ragione» mormoro cadendo nella depressione più totale.
«Allora…» dice entrando in un negozio di abbigliamento «Come va con Andrea?»
«Uhm…abbastanza bene. Non mi prende più in giro, quindi direi che siamo a posto»
«Ti ha definita la sua ragazza, quindi siete più che a posto»
«Non voglio illudermi»
«Credo che lui non lo faccia con te. Illuderti, intendo. Tiene molto a te, non so se lo hai notato»
Si, l’ho notato, ma quando è con gli altri, il mio Andrea dov’è?! «Si, me ne sono accorta» rispondo soltanto, mentre continuo a guardare magliette ammucchiate una sopra l’altra.
«Siete qui»
Mi volto e vedo Andrea accompagnato dagli altri. «Si» rispondo sorridendo.
«Andiamo?» chiede indicando l’uscita.
«Di già?!» esclamo.
«Si. Domani ci sono gli esami»
Cazzo, vero! Li avevo completamente dimenticati. «Non è che lo contagi, adesso?» chiede Luigi ridendo.
«No, non preoccupatevi» rispondo cogliendo la battuta e ridendo a mia volta.
Andrea si avvicina e mi bacia. «Secchione» mormoro ridendo contro le sue labbra.
«Ghiaia»
«Smettila di chiamarmi così» dico mordendogli il labbro.
«E tu smettila di chiamarmi secchione, perché non lo sono»
Lo guardo e cerco di trattenere le risate, mentre gli altri escono dal negozio.
«Si è comportato bene Luigi?»
«Si, benissimo»
«Perfetto»
«Davvero vuoi ritornare?»
«Si, perché vorrei studiare un po’. Te ne eri dimenticata?!»
«A dire il vero si»
«Meno male che ci sono io»
«Si certo…»
Ridiamo e per un po’ continuiamo a prenderci in giro, fin quando, sull’autobus, non mi chiede «Cos’è successo con tuo padre a Londra?»
Lo guardo e lo vedo molto serio. Ha lo stesso sguardo che aveva quando gliene ho parlato la prima volta.
Distolgo lo sguardo da lui e comincio a guardarmi le mani. «Uhm… quando sei andato da Luigi, sono entrata in quel negozio di souvenir a Piccadilly e lui mi ha trovata lì»
«Perché mi hai detto che saresti andata da Alessia?. Lei non c’era, vero?»
«No, non c’era. Se te lo avessi detto, probabilmente non saresti andato a parlare con Luigi»
«Ma sei rimasta da sola, a Londra!! Sono morto un centinaio di volte mentre ti chiamavo e tu non rispondevi»
«Lo so, scusa, ma non mi andava di vedere o sentire nessuno»
«Cosa ti ha detto tuo padre?»
«Non chiamarlo così, per favore. Lui non è mio padre» dico guardandolo.
«Ok» mormora e mi accarezza la spalla.
«Te lo dico più tardi. Non mi va di parlarne qui»
«Va bene» dice e mi bacia la fronte.
Come faccio a non credere che, tra noi, filerà tutto liscio come l’olio anche dopo essere tornati, se lui si comporta da perfetto fidanzato?
Magari ti stai solo creando mille problemi inutili” mi rimprovera la mia coscienza.
È inutile che mi rimproveri, cara… tanto continuerò a farmeli finché non avrò visto con i miei occhi quello che succederà.
Magari se gliene parli eviti di friggerti il cervello
Alzo gli occhi al cielo e prendo la mano di Andrea, intrecciandola con la mia.
Lui mi guarda, sorride e stringe la presa.
Si, sono decisamente innamorata di lui!
Passiamo il resto del viaggio in silenzio, fin quando non scendiamo e ci dirigiamo, mano nella mano, a casa.
Troviamo Michelle e Paul in cucina con i bambini e, quando ci vedono, Anise corre verso di me.
«Ciao, piccola. Come stai?» le chiedo prendendola in braccio.
«Bene, grazie» risponde lei con la sua dolce vocina. «Tu?»
«Anch' io sto bene»
«E’ il tuo fidanzato?!» chiede indicando Andrea e nascondendo il visino tra i miei capelli.
«Ho capito solo “boyfriend”. Cosa ti ha chiesto?»
«Se sei il mio fidanzato» dico accarezzando i capelli biondi della piccola.
«Dai, adesso rispondi» mi prende in giro Andrea ridendo e appoggiandosi al muro.
Mi avvicino all’orecchio di Anise guardandolo e le dico.
«E’ il mio fidanzato, ma se lo vuoi tu, te lo cedo» dico e lei sorride imbarazzata. Vorrei che lui lo fosse veramente, ma so che non lo è e, probabilmente, non lo sarà mai.
«Cosa le hai detto?!» chiede lui ridendo.  
«Niente»
«Ma è arrossita»
Scoppio a ridere e gliela passo. «Tieni, parlale» dico ed entro in camera. Avrei voluto dirgli “fai pratica”, ma mi è sembrato un po’ esagerato.
Mi libero della giacca, della tracolla e mi siedo sul letto.
«Accidenti, si è innamorata di me» dice Andrea entrando in camera e stendendosi accanto a me.
E chi non si innamorerebbe di te, Andrea?!
«Cosa ha fatto?»
«Mi ha abbracciato e ha cominciato a baciarmi. Glielo hai detto tu?» chiede guardandomi.
«No» mormoro alzando la testa per ricambiare.
«Che cosa le hai detto?»
Mi volto, appoggiandomi su un gomito, e lo guardo. «Che se ti vuole, puoi essere suo»
«Io sono soltanto di una ragazza» dice guardandomi negli occhi. Tenta anche di trattenere le risate… Hm!
«E chi sarebbe?» chiedo.
Lui si avvicina e si abbassa per baciarmi. Un bacio dolce e carico di emozioni, tanto da lasciarmi stordita. «Tu» sussurra e riprende a baciarmi di nuovo, fino a stendersi completamente su di me.
Oh dio, Andrea… mi stai facendo impazzire!! Perché dici queste cose così dolci e poi mi lasci intendere che non te ne frega nulla di me?! Sii chiaro.
Sii anche tu chiara con lui
«Non dovevi studiare?» gli chiedo, per cambiare argomento anche con la mia coscienza.  
«Si, dovevo. Adesso voglio baciarti»
Non sai quanto lo vorrei anch'io, ma… «No. Non puoi. Non possiamo. Dobbiamo studiare»
«Secchiona»
«Certo. Mi ringrazierai quando avrai i risultati dell’esame»
«Fammelo passare e ti ringrazierò come si deve»
Sorrido e scuoto la testa, alzandomi dal letto e prendendo dalla borsa il materiale per studiare.
«Sei psicologicamente pronto?»
«No, ma ho altra scelta?»
«Ehm.. no!»
«Appunto, quindi prima iniziamo, prima finiamo»
Annuisco e mi siedo davanti a lui, sul letto, a gambe incrociate.
Inizialmente, credevo che sarebbe stato fantastico studiare con Andrea, ma non immaginavo che fosse così scarso! Senza offesa per lui, ma, per la miseria!! Mi sorprende che riesca a dire qualche parola.
«Secondo te riuscirò a passarlo?!» chiede speranzoso.
Sono le quattro del mattino e, in teoria, fra tre ore dovremmo alzarci. Ha fatto delle composizioni in inglese; l’ho interrogato come potrebbero interrogarlo gli esaminatori e gli ho fatto tutte le domande possibili ed immaginabili che riguardano il suo livello. Abbiamo impiegato un bel po’ di tempo, ma alla fine, ce l’ha fatta. Durante l’ultimo round non ha sbagliato molto e mi ha anche corretta.
«Si, non preoccuparti. Sei stato difficile, ma soddisfacente in queste ore»
Lui drizza la schiena e mi guarda malizioso. «In inglese» specifico.
«E in altro?»
«Piantala di pensare sempre a quello» dico alzandomi e togliendomi la maglia. Mi abbasso e recupero il pigiama dalla montagna di vestiti già usati.
«Come faccio a non pensarci se tu sei così… così…»
«Così?» chiedo slacciando i bottoni dei jeans.
«Così stronza da provocarmi»
«Ah, grazie» dico tirando giù i jeans e sostituendoli velocemente con i pantaloni del pigiama.
«Scherzo, non sei stronza, però mi provochi e lo fai senza nemmeno rendertene conto»
«Oh davvero?» chiedo avvicinandomi per togliere i mille fogli sparsi sul mio letto.
«Si. Tipo quando ti abbassi o quando ti concentri su qualcosa che non capisci. Ti adoro quando il tuo viso si illumina dopo aver trovato la soluzione a qualcosa»
Mi adora… e io mi sciolgo.
Butto per terra tutto quello che avevo in mano e mi lancio su di lui. Comincio a baciarlo, ad accarezzargli i capelli e le guance «Mi sono innamorata di te, Andrea» confesso contro le sue labbra.
Lui mi guarda e mi sorride, ma non dice nulla. Mi sento molto in imbarazzo adesso. Perché diavolo gliel’ho detto?!
Continuiamo a baciarci, ritrovandoci, alla fine, sotto le coperte, nudi, a fare l’amore.


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Aaaaaallllooooooraaaaa.........
Ve lo aspettavate tutto quello che è successo??
La loro prima volta come vi è sembrata? *_*
E tutto ciò che viene dopo?
Insomma, spero di avervi sorpresi :*
Un bacio e a martedì 18 <3 <3
Francy

 

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Capitolo 14
*** 13. *L'ultima notte, e poi?* ***


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Buongiorno, buonanotte... xD non so che scrivervi, comunque è sempre LBIOS day.
Vi sto postando questo capitolo alle ore 01.59, le due praticamente e non vedo l'ora che domani mattina lo leggiate. Sono troppo curiosa di sapere cosa ne pensate *_*
Sono sicura che domani mattina, voi del gruppo, affronterete la giornata con un sorriso xD Sto scherzando ovviamente!
Comunque... come potete capire già dal titolo, si tratta della loro ultima giornata/notte in Inghilterra, quindi dal prossimo in poi, diciamo che inizia la seconda parte della storia, quella che vede entrambi i protagonisti a casa loro, alle prese con la vita di tutti i giorni, quella a cui non sono abituati a condividere...
Detto questo, che è praticamente nulla ._. vi lascio alla lettura.
Un'ultima cosa: per chi volesse entra
re a far parte del mio gruppo su Facebook, questo è il link ---> FrancyEFP. Siete tutti i benvenuti ^_^
Inserisco spoiler (ogni giovedì e domenica), propongo giochi per ottenere spoiler extra; insomma... siamo una piccola famiglia *_*
Adesso vi lascio davvero. ^_^
Buona lettura :*
Francy


Let’s blame it on September

Capitolo 13
*L’ultima notte, e poi?*

 
Stanotte è stata terribile e fantastica.
Terribile perché ho studiato fino alle quattro del mattino e fantastica per quello che è successo con Andrea; anche se, quello che non è successo, rientra nella categoria “cantonata del secolo”. Dopo avergli confessato di essere innamorata di lui, abbiamo fatto l’amore, ma lui non ha detto nulla. Letteralmente!!
In quel momento mi sono davvero sentita un oggetto. Non mi sono mai sentita così umiliata in vita mia. La colpa è mia, lo so. Ho lasciato che Andrea si avvicinasse a me; gli ho raccontato di mio padre, gli ho dato la mia verginità, gli ho confessato di amarlo e, dopo la sua scena muta e il suo semplice sorriso, e detto non in senso positivo, mi sono concessa di nuovo a lui. Questa è stata la più grande stronzata della mia vita, dopo quella che ho fatto a Londra.
Questa mattina, sono uscita di casa piuttosto stordita e non credo che l'esame sia andato meravigliosamente. Il colloquio è andato meglio di quanto mi aspettassi e, per fortuna, non sono finita in coppia con Luigi; ma per quanto riguarda lo scritto, credo di aver fatto un casino. Ma certo, ho costantemente in testa Andrea!!
«Ehi, com’è andata?!» mi chiede qualcuno mentre mi siedo ad un tavolo.
Mi volto e Alessia mi raggiunge con una faccia bruttissima. È preoccupata.
«Ehi. Piuttosto bene. È lo scritto che credo di aver fatto da schifo. Tu devi ancora fare l’orale?» chiedo.
«Si, e sono super agitata»
«Stai tranquilla. Non mostrarti in ansia e tutto andrà bene» dico sorridendo.
«Grazie, davvero»
«Figurati» rispondo e ritorno a guardare il mio cellulare. Trovo un messaggio e non è di chi spero che sia.
Signorina, non mi hai più aggiornata! Scusa, non ti ho chiamata nemmeno io. A scuola è un casino! Non credo di poterti chiamare in questi giorni, ma tanto tra poco torni. Non vedo l’ora di riabbracciarti. Ti voglio bene. Sere
Oh Sere, non sai quanta voglia abbia io di abbracciarti. Credo che quando le racconterò di quello che è successo a Londra farà i salti di gioia. Già me l’immagino.
«Gaia?!»
Alzo la testa, la Vietti mi guarda e si siede davanti a me «Salve» dico sorridendole.
«Com’è andato l’esame?»
«Spero bene. Non ero al massimo oggi» mormoro.
«Sono sicura che avrai un buon risultato»
«Lo spero»
«Questa sera la direttrice del college ci ha invitati a casa sua; sto informando anche i tuoi compagni. Mi raccomando. Alle otto puntuali, qui!» dice passandomi un bigliettino con un indirizzo.
«Posso chiedere per quale occasione?»
«E’ una cena in nostro onore. Sul bigliettino ci sono anche i nomi degli studenti con cui dividerete il tavolo»
«Una cena per sessanta e passa persone?!» esclamo.
«Si. Non chiedermi come farà, ma ci vediamo lì. Mi raccomando. È una cena formale, quindi vestitevi bene. Cerca di mettere in riga Ferrari»
Sorrido e annuisco. La guardo allontanarsi e porgere lo stesso bigliettino ad altri ragazzi del mio gruppo. «Che voleva?»
Mi volto e vedo Andrea sedersi accanto a me. È troppo vicino, maledizione.
«Ehm… mi ha dato questo» dico passandogli il biglietto e allontanandomi un po’ da lui.
«Bianchi, Ferrari, Segreto, Marotti Elena e Luigi e Scala. Hm… perché ci sono i nostri cognomi?!»
«Siamo invitati a cena stasera» dico guardando il mio cellulare.
«Noi?»
«Tutti noi»
«E scusa, sessanta ragazzi dove li mettono?!»
«Non lo sapeva nemmeno la Vietti. Comunque, quello è l’indirizzo, non lo perdere. Dobbiamo vestirci eleganti, quindi fai mente locale e fammi sapere se devi andare a comprare qualcosa perché io devo fare un salto in centro dopo. Vado a mangiare qualcosa» mi alzo e cerco di allontanarmi il più possibile da lui.
«Ehi… che succede?» chiede fermandomi.
«Niente, perché?»
«Non mi hai nemmeno chiesto com’è andato l’esame e il tuo tono di voce… è successo qualcosa?»
No, Andrea. Il problema è proprio questo.
«Scusa, ma sono preoccupata per il mio di esame»
«Ma non lo hai appena finito?»
«Appunto. Lo scritto è stato terribile»
«Era difficile?» chiede.
«No, ma credo di aver fatto un casino. Vabbè, lascia perdere…» mi volto per andarmene, ma lui mi ferma di nuovo.
«Ehi, aspetta»
«Che c’è?»
«Mi dispiace. È stata colpa mia. Avresti dovuto studiare per il tuo esame e non aiutarmi per il mio»
Sorrido perché vedo che è veramente dispiaciuto.
«No, non è colpa tua» In parte «Ero poco concentrata. Non preoccuparti» sorrido e mi volto per entrare in mensa.
Per fortuna lui non mi segue e io posso starmene da sola.
Compro un tramezzino al tonno e cetrioli e mi siedo ad un tavolo.
 
«Ehi, Gaia!» mi sento chiamare mentre sto andando alla fermata dell’autobus.
«Ehi» dico voltandomi e vedendo che si tratta di Andrea.
«Stai andando in centro?»
«Si, hai bisogno di qualcosa?»
«Volevo venire con te»
«Ah. Ok» mormoro sorpresa. Credevo volesse rimanere ancora con i suoi amici. È passata un’ora da quando ci siamo parlati l’ultima volta e lui, in quel periodo, non si è fatto né vedere né sentire.
«Devi comprare qualcosa per stasera?»
«Si, devo comprare una maglietta carina da abbinare ad una gonna»
«Gonna?!» chiede alzando un sopracciglio.
«Si, per stasera»
«Ah»
Mi volto e, in silenzio, raggiungiamo la fermata. Quando siamo sull’autobus, cinque minuti dopo, gli chiedo. «Com’è andato l’esame?»
«Bene, grazie a te»
«Aspetta a ringraziarmi. Magari ti ho fatto dire solo un mucchio di sciocchezze»
«Non direi. Mi hanno fatto i complimenti»
Mi volto a guardarlo e gli sorrido «Bene. Ne sono felice»
«Quindi, grazie»
«Non ringraziarmi. Hai fatto tutto tu. Avevi solo bisogno di una spinta»
«Allora, grazie per avermela data»
Lo guardo e sorrido «Di nulla» dico infine.
«Ho avuto voglia di baciarti per tutto il giorno» dice.
Lo guardo per qualche secondo e mi avvicino. Anch' io ho avuto voglia di baciarlo per tutto il giorno, ma so che è sbagliato, perché continuo ad illudermi.
Lui accorcia ancora le distanze e mi bacia. Sento subito la sua lingua a contatto con la mia e vorrei potermi spingere ben oltre, ma non posso. Come può continuare a comportarsi così come me se non prova un briciolo di quello che provo io?! Lo avrà dimenticato?! Non oso chiedere. Non voglio sapere. Voglio vivere le ultime ore qui in santa pace.
All’improvviso sentiamo l’autobus fermarsi. Andrea interrompe il bacio e mi guarda. «Sei bellissima così» dice.
Lo guardo confusa e lui spiega «Le guance arrossate, le labbra gonfie e rosse, gli occhi brillanti»
«E’ meglio se scendiamo. Non abbiamo molto tempo» dico e mi alzo. Esco dall’autobus e, per poco, non mi metto a piangere. Indosso gli occhiali e lo aspetto.
«Gaia, non so che ti prende, ma vorrei che ne parlassimo»
«Non c’è niente di cui parlare. Andiamo, per favore»
«Invece no. Accidenti, è tutto il giorno che ti comporti così. Fai finta che vada tutto bene, ma so che non è così. Per favore. Dimmi cosa succede. Se la causa sono io, parlami; se invece è qualcos’altro non ti disturberò più. Per favore»
Non riesco a dire niente, perché ho già cominciato a piangere. Una lacrima mi riga la guancia e lui se ne accorge. «Oh dio Gaia! Mi fai impazzire. Non piangere, ti prego» si guarda intorno e mi prende per mano «Vieni» dice e mi trascina verso una panchina, lontano dal traffico e dalla gente. «Perché stai piangendo?»
Faccio un profondo respiro pronta a parlare, ma non ci riesco. Non posso dirgli che mi sento una stupida perché mi sono innamorata di lui. Mi avvicino e lo abbraccio, scoppiando in lacrime.
«Non posso vederti così, Gaia»
«Per… perché mi… hai fatto innamorare di te?» chiedo contro la sua spalla.
«Non era mia intenzione, ma neanche tu ti sei comportata meglio»
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che, in tre settimane, mi hai fatto provare qualcosa che non avevo mai provato con le altre. Non credo sia amore, non ancora almeno, ma tengo molto a te»
Tolgo gli occhiali e lo guardo. «Non guardarmi così, Gaia. Mi fai sentire in colpa»
«Non farlo. È già qualcosa sapere che tieni almeno un po’ a me»
«Un po’?! Gaia, non tengo solo un po’ a te» dice e mi bacia. «Dammi un po’ di tempo» mormora e mi bacia di nuovo.
«Ok» dico annuendo e baciandolo a stampo. Passerei la vita a farlo.
Lui mi sorride e mi abbraccia. «Non piangere più ti prego… Non voglio che tu stia male per me»
È inevitabile, però ok.
Annuisco e mi volto per dirigermi verso i negozi mentre, con un fazzolettino, cerco di asciugare le lacrime.
«E’ proprio necessario mettere la gonna stasera?» chiede mentre entriamo nel primo negozio di abbigliamento femminile.
«Si e poi non ho altro da mettermi»
«Metti questo» dice indicando un vestito lungo con tanto di maniche a tre quarti.
«No» dico guardandolo storto.
Restiamo in silenzio, guardando tra gli scaffali, fin quando non vengo distratta da una signora che appoggia su un bancone un vestito nero e corto, molto corto, del genere che non piace ad Andrea.
«Ti piace questo?» chiedo prendendolo e mostrandoglielo.
«Troppo corto»
«Perfetto. Vado a provarlo»
«Ehi, no! È troppo corto quello»
«Senti… mi fa piacere sapere che sei geloso, ma non puoi esagerare così tanto. Sono libera di indossare quello che voglio e poi non esagero!»
Mi guarda storto e io ricambio lo sguardo. «Eh va bene! Vai, prova il vestito»
«Bene» rido ed entro nel primo camerino libero che trovo.
«Intanto vado a dare un’occhiata al reparto maschile» dice, ma sono troppo presa dal vestito per dargli retta.
Una volta indossato, esco e mi guardo allo specchio.
Mi piace e mi sta bene.
Dopo essere rientrata nel camerino e aver rimesso i miei vestiti, mi avvio verso la cassa per pagare e aspettare Andrea; la commessa però mi informa che il vestito è stato già pagato.
«Si sarà confusa con qualcun’altra» le dico.
«No, signorina. È stato lui» dice indicando Andrea, non  molto lontano da me.
«La ringrazio» dico e, con il sacchetto in mano, mi avvicino a lui e…
«Ahi!! Questo è il ringraziamento?! Un colpo di sacchetto?!»
«Perché lo hai fatto?!» chiedo con un diavolo per capello.
«Perché mi andava»
«E no invece. Non voglio che mi compri nulla»
«Abituati»
«Ti odio quando fai così» grido ed esco dal negozio «E grazie, comunque» aggiungo continuando ad urlare.
«Non c’è di che» risponde lui ridendo.
Mi siedo su una panchina e metto gli occhiali. «Mi terrai il broncio a lungo?» chiede sedendosi accanto a me.
«Fin quando sarà necessario»
«E se io ti baciassi ora?»
«Non credo servirebbe a molto» mormoro e, senza neanche accorgermene, le sue labbra sono sulle mie. Mi bacia e poi si allontana, lasciandomi ansante.
«Sono stato perdonato?»
«Si» rispondo e lo bacio. Ci guardiamo negli occhi e gli sorrido «Grazie»
«E’ stato un piacere» risponde, sorridendo a sua volta.
«Adesso è meglio se andiamo»
Annuisce e si alza, prendendomi per mano.
«Non ti ho più raccontato quello che è successo a Londra» dico all’improvviso, mentre torniamo a casa.
«E’ vero. Ti va di parlarmene adesso?! Non sei obbligata a farlo, se non ti va»
«No, mi sento meglio quando ne parlo con te»
«Allora ti ascolto»
«Me lo sono ritrovato davanti dopo undici anni. Mi ha detto che non si è pentito di essersene andato via e di averci lasciate sole. Ricordi quando poi mi sono arrabbiata con te?»
«Si»
«E’ stata colpa sua: mi aveva fatto andare fuori di testa e, sempre per colpa sua, ho quasi distrutto il cellulare»
«Cosa ti ha detto?» chiede stringendomi la mano.
«Si è definito mio “papà”. Mi ha detto “Sono papà”. Con quale coraggio?! A quel punto gli ho urlato di uscire definitivamente dalla mia vita e di non farsi più vedere, né sentire»
«E lui lo ha fatto? Ha continuato a chiamarti?»
«No per fortuna. Direi che non ho un padre»
«Tua madre non ha mai pensato di sposarsi con qualcun'altro?»
«Ha avuto due storie serie, ma nessuna è andata bene. Teme sempre che io possa soffrirne, ma ancora non ha capito che, invece, sarei felice per lei»
«Forse dovresti dirglielo più spesso quando frequenta qualcuno»
«Dovrò farlo» dico sorridendo. Mi fermo davanti a lui e mi tolgo gli occhiali per guardarlo.
«Che fai?» chiede sorridendo.
«Sono contenta di aver passato queste settimane con te. Non credevo che pensassi quelle cose di me ed è stata una vera scoperta sapere che hai questa specie di cotta; non ne capisco il motivo, però…»
«Perché ti sei sempre fatta gli affari tuoi e, nonostante la mia popolarità a scuola, sono un tipo piuttosto riservato. Mi piaci sia fuori che dentro.  Non ti ho mai vista fuori dalle mura scolastiche e, di conseguenza, non sapevo nulla di te. Non volevo chiedere informazioni perché altrimenti avrebbero pensato che, in qualche modo, fossi interessato a te; così ho scelto la via più facile: stare con le altre e prenderti in giro. Volevo qualche reazione da parte tua… ma tu hai continuato ad ignorarmi»
«Che reazione volevi?»
«Non lo so… magari che mi schiaffeggiassi. In quel caso ti avrei portata in un posto appartato dietro la scuola e ti avrei baciata confessandoti tutto; però non mi avresti creduto, vero?»
«Probabile» rispondo sorridendo e avvicinandomi al suo corpo. «Sono felice, però, che ne abbiamo parlato e che tutto è venuto a galla»
«Già. Non ci sono più segreti che riguardano il passato» dice e si abbassa a baciarmi. «E poi, non avrei mai pensato che fosse così eccitante baciarti»
«Eccitante…» mormoro baciandolo ancora.
«Ok, basta, altrimenti non so cosa potrebbe succedere» dice allontanandosi e riprendendomi per mano.
Sorrido e provo a non pensare a nulla.
È l’ultima sera che trascorriamo qui, quindi voglio divertirmi e non pensare alle cose negative.
«Perché ci sono Elena, Alessia e Luigi davanti a casa?» chiede.
«Non ne ho idea»
«Ciao ragazzi» ci saluta Elena.
«Ciao. Che ci fate qui?» chiede Andrea.
«Dobbiamo rapire Gaia»
Sgrano gli occhi e guardo preoccupata Andrea. «Scusa?»
«Prendi le tue cose oppure Andrea vai con Luigi, ma voi due non dovete vedervi prima di stasera»
Alzo un sopracciglio «E per quale motivo?»
«Così…»
Continuo a non capire, non mi fido molto di loro due, soprattutto di Elena, che sembra fin troppo entusiasta.
«Vado io da Luigi» dice all’ improvviso Andrea allontanandomi dagli altri.
«Non voglio restare qui da sola con Elena»
«Ci sarà anche Alessia, non preoccuparti. Se dovesse succedere qualcosa, chiamami»
«Va bene» dico sorridendo e alzandomi sulle punte dei piedi per abbracciarlo.
Lui mi stringe forte al suo corpo e mi bacia il collo. «Ci vediamo dopo» dice guardandomi.
«Non devi prendere le tue cose?»
«Si, faccio un salto dentro. Prendo il tuo zaino, va bene?»
«Certo» sorrido e lo lascio andare.
«A dopo»
Sorrido e mi avvicino alle ragazze. «Perché state facendo tutto questo?»
«Questa sarà l'ultima sera che passeremo qui, quindi noi ragazze dobbiamo essere favolose»
Alzo un sopracciglio; sono fiera di non essere la tipica diciottenne che pensa solo all’aspetto esteriore.
«Certo» mormoro ed entro in casa.
Andrea è insieme a Luigi e, prima di uscire di casa, si guarda intorno e mi stringe forte, baciandomi con urgenza, passione e… no! Amore, no! «Mi mancherai» mormora facendomi l’occhiolino e uscendo.
Nemmeno se dovessimo sposarci!
«E’ proprio cotto quello lì» sento dire ad Elena. Non credo che la cosa le faccia molto piacere.
«Ci voleva» risponde, invece, Alessia.
Mi volto e loro mi guardano. «Vado a fare la doccia» annuncio e rientro in camera per prendere accappatoio, intimo, bagnoschiuma e shampoo; senza Andrea questa stanza mi sembra terribilmente vuota.
«Sbrigati, noi nel frattempo ci vestiamo» dice Elena tutta sorridente.
Salgo velocemente in bagno ed entro nella doccia. L’acqua calda mi rilassa e mi fa pensare al corpo di Andrea sul mio, il che non è esattamente una buona cosa. Cerco di pensare ad altro e finisco di sciacquare dalla schiuma il corpo e i capelli. Esco e mi asciugo con lentezza, tenendo gli occhi chiusi per restare concentrata e fuori dalla zona “sexy Andrea”. Indosso la biancheria e rimetto l’accappatoio per scendere.
quando entro in camera Elena è già vestita: indossa un tubino nero e delle decolleté dello stesso colore.
«Ah, sei qui! Pensavamo fossi scappata»
«No» rispondo ridendo.
«Sai già cosa metterti?» chiede Alessia.
«Si, più o meno»
«Dai, fai vedere» dice tutta contenta Elena.
Le guardo con un po’ di sospetto, mi tolgo l’accappatoio, prendendo il mio vestito nuovo dal sacchetto.
«Dai indossalo. Siamo curiose»
Lo indosso e mi volto. «Accidenti, stai molto bene. È davvero bello»
«Grazie»
«Bene, come hai intenzione di pettinare i capelli?» mi chiede Alessia, con l’arricciacapelli in mano.
«Non lo so. Devo prima asciugarli»
«Ok, allora, Alessia pensa al trucco, mentre io mi occupo dei capelli» esclama Elena. Continua a non raccontarmela giusta ma, per il momento, non ha fatto nulla di male.
«Ok» mormoro un po’ a disagio.
Mi fanno sedere sul letto e cominciano ad occuparsi dei capelli e del trucco.
Alessia impiega poco tempo per truccarmi mentre Elena, invece, perde tempo per parlare.
«Elena, muoviti! Altrimenti non faremo mai in tempo. Manca mezz’ora» esclama Alessia.
«Non preoccuparti, ce la faremo. Tu intanto vestiti» le dice Elena.
«Gaia, il tuo cellulare vibra» mi informa Alessia, passandomelo.
«Grazie»
Sblocco lo schermo e sorrido vedendo che il messaggio proviene da Andrea “Mi manchi
Premo su rispondi e scrivo velocemente “Non esagerare
Non esagero. Mi manchi sul serio
Scuoto la testa, dimenticandomi di Elena e rispondo “Come farai dopo?” Magari mi svelerà come ha intenzione di comportarsi dopo il nostro ritorno.
Farò come Edward Cullen che entra dalla finestra e ti guarda dormire
La mia finestra sarà aperta
Speriamo che tua madre ti faccia chiudere la porta, preferibilmente a chiave
Divertente!
Bianchina, sono serio!! Voglio continuare a dormire con te. Mi piace anche svegliarmi accanto a te, tranne quando ti alzi ancora prima dell’alba
“-_- E’ successo soltanto una volta
Mi ha segnato. Ahahah
Ti odio
Mi ami
Oh dio. Questa me la sono andata a cercare, però!
«Ecco fatto. Abbiamo finito» esclama Elena. «Puoi guardarti allo specchio»
«Grazie» dico e mi alzo per guardarmi.
Wow. Non sono poi così male. I capelli non sono troppo ondulati e gli occhi non sono troppo circondati di nero. Direi che hanno fatto un bel lavoro.
«Ti piace?» chiede Alessia mentre si lega i capelli in una coda bassa.
«Si, molto. Grazie ragazze»
«Figurati. Sono quasi le otto, quindi direi che dobbiamo uscire»
«Si, metto le scarpe e cerco la borsa in valigia»
E adesso come affronterò Andrea?!
Il cellulare vibra di nuovo “Scusa, non avrei dovuto scrivere quella cosa. A dopo
Ho sbagliato io ad innamorarmi
Piantala. Non è vero, comunque ne parliamo dopo
Possiamo non parlarne mai, è meglio
Come vuoi
«Siamo pronte?!» chiede Elena.
«Si» mormoro. Ecco, la serata è rovinata.
 
Dopo mezz’ora di taxi, siamo finalmente arrivate a destinazione. Quando siamo uscite dalla macchina, Elena e Alessia hanno individuato subito i ragazzi, io ho finto di dover rispondere ad una chiamata.
Ho visto Andrea ed era assolutamente fantastico. Con quel completo e quella cravatta… bellissimo ma, in cinque minuti, mi sono data più volte della scema; si sta guardando in giro, cercandomi e, invece di andare da lui, rimango qui, nascosta.
Mi siedo sulla panchina di questa specie di giardino e mi abbraccio, cercando di non morire di freddo.
«Dovresti entrare per non gelare»
Alzo lo sguardo e lui è lì, in tutta la sua bellezza, con le mani nelle tasche. «Ero al telefono» dico cercando di non fargli capire che, invece, lo stavo evitando.
«Non raccontarmi balle» dice togliendosi la giacca. Si avvicina e la appoggia sulle mie spalle.
«Grazie» mormoro e gli sorrido.
«Che ci fai qui da sola? Credevo venissi con Elena e Alessia»
«Si, ma non mi andava di affrontarti. In realtà non sapevo e non so che dirti»
«Non devi dirmi niente Gaia. Ti sei innamorata di me, non c’è niente di male»
Lo guardo negli occhi e lui mi accarezza la guancia «Non voglio sentirmi così» dico.
«Così come?»
«Se tu non ci sei, mi sento persa. Ci conosciamo davvero da solo due settimane. Dovrei sentirmi così dopo mesi di relazione»
«Gaia, non so davvero cosa dirti»
«Non preoccuparti, sul serio. Probabilmente si tratta solo di un’infatuazione. Mi passerà»
Lui mi guarda e annuisce «Probabilmente mi innamorerò anch'io di te. Dammi un po’ di tempo» dice.
«Si, probabilmente si» rispondo sorridendo.
Mi fa appoggiare alla sua spalla e restiamo lì in silenzio per qualche minuto, poi Andrea decide dientrare.
Appena varco l'ingresso, mi rendo conto che tutti sono sul retro della casa. Mi avvio e intravedo Elena e Alessia sedute a quello che dovrebbe essere il nostro tavolo. Siamo dentro una dependance.
«Ehi, sei qui! Pensavamo fossi scappata con Andrea!»
«No, ero al telefono»
«Oh, amico! Eccoti»
«Si, ero fuori»
Entrambi ci guardiamo, ma nessuno dei due sorride o fa un gesto verso l'altro.
Probabilmente entrambi non ci aspettavamo questo dalla serata, ma non sono dell’umore per essere carina e solare con tutti, specie con Andrea.
La serata passa praticamente così. Dopo averci consegnato gli attestati di partecipazione al corso, con relativa passerella tra i tavoli, foto ricordo e ritorno, è iniziata la cena.
Tutto sembrava squisito, ma non ho toccato praticamente nulla.
«Gaia, tutto ok?» chiede Alessia.
«Si, sto bene. Non ho molta fame»
«Ma in tre settimane hai mangiato? Non ti ho mai vista farlo»
«Si» dico ridendo «Ho mangiato, non preoccuparti. Sarà l’ansia di lasciare questo posto che mi ha fatto passare l’appetito»
«Non vuoi tornare a casa?»
«Sono felice di ritornare, ma so che passerà del tempo prima che io ritorni in Inghilterra e, nonostante non voglia, sono legata indissolubilmente a questo posto»
Oltre a mio padre, anche il ricordo di Andrea mi legherà a questo posto.
«Sono state tre settimane fantastiche. Voi che ne dite?» chiede Elena.
«Dico che sono state le migliori della mia vita» risponde Andrea guardandomi e bevendo un sorso d'acqua.
«Beh, ci credo. Hai trovato l’amore» esclama Giorgio guardandomi sorridente. Oh Giorgio, che stai dicendo?!
«Ragazzi, non vorrei interrompere le vostre chiacchiere ma, quando abbiamo parlato con la band, nessuno pensava che ci sarebbe stato un gruppo di voi che sarebbe dovuto partire da qui alle quattro del mattino; quindi chi vuole può restare per le danze, chi deve ancora finire di preparare la valigia o vuole riposare prima del viaggio può tornare a casa» annuncia il nostro professore.
«Voi che volete fare?» chiede Elena alzandosi e andando a prendere per mano Giorgio.
«Andiamo a scatenarci!» esclama Alessia.
«Ci vediamo domani» mormoro prendendo la mia borsetta.
Esco e cerco un taxi che mi porti a casa. Per fortuna i professori hanno avuto la buona idea di mettersi d'accordo con una delle compagnie di taxi in modo tale che, un certo numero di macchine, aspettino i ragazzi all'uscita della festa.
«Ehi, aspetta!!!»
«Andrea, voglio andare a casa. Devo ancora sistemare la valigia»
«Lo so, volevo… volevo dirti che resto ancora un po’»
«Si, fai come vuoi. Ci vediamo dopo»
Lui annuisce e io, finalmente, entro in un taxi. Do l’indirizzo di casa all'autista e scoppio a piangere.
Andrea mi ha detto che vuole del tempo per capire quello che prova per me, se mai proverà davvero qualcosa che andrà oltre la simpatia o il volersi semplicemente bene, ma succederà davvero?
Quello che so io è non dovevo innamorarmi di Andrea. Perché poi?!
Perché mi ha portato la cioccolata calda quella sera quando non riuscivo a riscaldarmi?!
Perché, quella notte, ha dormito con me pur di non farmi sentire freddo?
Perché ha rubato dei biscotti per farmi mangiare?
Perché mi ha difesa quella sera con Luigi?
Perché mi ha ascoltata e consolata quando gli ho parlato di mio padre?!
Perché non mi ha più presa in giro?!
Perché sono una scema di prima categoria! Perché le sue intenzioni erano chiare fin dall’inizio e ci sono cascata come una scema.
Mi sono innamorata perché mi ha mostrato un altro lato del suo carattere; ho conosciuto Andrea altruista, Andrea dolce e comprensivo, Andrea passionale, Andrea romantico e mi sono dimenticata di Andrea stronzo, Andrea opportunista, del ragazzo che con me si comporta in un modo e con i suoi amici è l’opposto.
Mi sono soltanto resa ridicola in questi giorni e lui, probabilmente, adesso starà ridendo di me con i suoi amici! Che stupida sono stata!! 
«Signorina siamo arrivati» mi informa il tassista.
«Si, grazie» Gli porgo i soldi e scendo. Prendo le chiavi ed entro in casa.
Prima di entrare in camera, Michelle mi vede «Gaia, tutto ok?! Dov’è Andrea?!»
«E’ con i suoi amici»
«Non torna?»
«E’ quasi mezzanotte, non credo. Saprà bene come riempire queste quattro ore» rispondo tirando su' col naso.
«Oh, vieni qui. Non preoccuparti» dice abbracciandomi e io scoppio di nuovo a piangere. «Ti sei innamorata di lui, vero?» chiede e annuisco.
«Lui però non prova nulla»
«Io non direi»
«Si invece»
«No. Ho visto come ti guarda quando parli con me o con Paul. Ho visto come ti ha guardata quando avevi in braccio Anise e stavi scherzando con lei. Anche lui è innamorato ma non te lo dirà, non ora almeno. I ragazzi sono così complicati, almeno quasi quanto le donne. Ci mettono molto tempo a rendersi conto dei sentimenti che provano per una donna. Non preoccuparti dei suoi. Prima o poi ti confesserà che ti ama»
«Non credo che succederà mai, ma grazie. Adesso vado a sistemare le mie cose e provo a dormire un po’»
«Posso abbracciarti l’ultima volta prima che tu parta?!»
«Ma certo!» rispondo stringendola forte a me. «Mi mancherete tantissimo»
«Oh tesoro, anche tu ci mancherai tanto. Ti scriverò»
«Si, lo farò anch' io» rispondo guardandola con le lacrime agli occhi.
«Paul ti saluterà dopo, sta dormendo» 
«Certo. Saluti tu i bambini per me?»
«Sicuramente. Ti hanno fatto questo» dice passandomi una scatolina.
«Cos’è?» chiedo emozionata.
«Apri»
Lo faccio e vedo una cornice con la foto che ho fatto giorni fa con loro tre. Anise mi stringe forte e, ai miei lati, Finlay e Talia sorridono «La conserverò con cura»
«Ti vogliono tanto bene»
«E io ne voglio tanto a loro»
Dopo gli ultimi abbracci, lei sale nella sua camera mentre io entro nella mia. Mi spoglio velocemente e indosso i vestiti per il viaggio. Metto le cuffiette e premo play. Le note di Home di Michael Bublè mi fanno ripensare ad Andrea, così ricomincio a piangere.
Piangendo sistemo la valigia, la chiudo, preparo la borsa e mi sdraio sul letto. 
Mi addormento con quella canzone nelle orecchie. Andrea mi è entrato talmente dentro e in così poco tempo che mi chiedo come farò se le mie nere previsioni dovessero realizzarsi.
«Gaia?!»
Qualcuno mi sta chiamando. Chi diavolo è?! Voglio dormire.
Apro gli occhi e scorgo la piccola luce dell’abat-jour accesa. Mi volto, Andrea mi guarda preoccupato.
«Ehi» mormoro alzandomi e stropicciandomi gli occhi.
«Ehi»
«Che ore sono?»
«Manca un quarto d’ora alle quattro»
«Ok» mi alzo, tolgo le cuffie e spengo la musica.
«Hai ascoltato per tutto questo tempo quella canzone?»
«No»
«Sono qui da qualche minuto e l’ho sentita due volte»
«Andrea, che vuoi?! Se devi dirmi qualcosa fallo»
«No, niente. Non preoccuparti»
«Bene» mi alzo dal letto ed esco per andare a sciacquarmi la faccia.
Mi guardo allo specchio e mi impongo di non piangere. Quando credo di esserci riuscita, esco dal bagno e ritorno in camera. Prendo la mia valigia e la porto in corridoio.
«Gaia» Paul mi chiama. Non mi ero accorta che fosse fuori. «E’ arrivato il taxi» dice e annuisco. Entro in camera e informo Andrea.
«C’è il taxi»
«Si» dice lui ed esce.
Guardo per l’ultima volta la camera dove mi sono innamorata di Andrea e spengo la luce.
«E’ stato un piacere averti qui, Gaia» mi dice Paul abbracciandomi.
«E’ stato un piacere conoscere la tua famiglia. Dai un bacio grande a Michelle e ai bambini»
Gli sorrido e mi volto. Andrea ha già caricato la mia valigia sull’auto.
Anche lui saluta e ringrazia Paul poi sale in auto con me. «Pronta?» mi chiede.
«No» mormoro, guardando fuori.
«Sta finendo qui?»
Mi volto e lo guardo. C’è buio, molto ma, grazie alle luci della strada, riesco comunque a scorgere i suoi lineamenti «Finendo cosa?»
«Noi»
«Non c’è mai stato nessun noi»
«Invece si. C’è stato e lo sai anche tu»
«So soltanto che mi sono comportata da idiota»
«Perché pensi questo?! Non è vero»
«Invece si, perché mi sono lasciata coinvolgere troppo»
«Gaia, per la miseria!! Non sarò innamorato di te, ma non mi sei indifferente!! Non ti parlo soltanto di qualcosa di fisico. Tu mi piaci tutta, dentro e fuori. Voglio conoscerti, voglio viverti ancora. Te l’ho già detto: voglio continuare a svegliarmi accanto a te, voglio stare con te. Ti ho chiesto di darmi del tempo ma tu hai pensato subito che io non sia capace di innamorarmi»
«E lo sei? Se hai soltanto intenzione di fare sesso allora abbiamo chiuso»
«Ripeto: dammi un po’ di tempo»
Prenditi tutto il tempo che vuoi. «Ok» dico soltanto e guardo avanti.
Quando arriviamo?! 
 

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Eccoci alla fine.
Allora? Vi è piaciuto? Io spero tanto di si e che non vogliate linciarmi per questa fine.
Si, Andrea e Gaia stanno di nuovo al punto di partenza. Non sono nè una coppia, nè pensano di poter stare insieme, ma tutto quello che succederà è in mano al destino, che sarei io :P
Che ve ne pare della festicciola e di quello che è successo tra i due piccioncini? E' vero, un momento prima sono felici e contenti e quello dopo litigano e non si parlano, ma non possono farne a meno. "L'amore non è bello se non è litigarello", no? xD
Beh... non so che altro dirvi, quindi se avete delle perplessità potete sempre chiedere ;)
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite, ricordate e seguite;
grazie a chi recensisce;
grazie a chi legge e basta;
grazie di cuore a tutti :*
Un bacio grande grande a tutti i miei lettori <3
Ci vediamo martedì prossimo :D
Francy <3

 

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Capitolo 15
*** 14. *Mi attiri come una calamita; vorrei allontanarmi ma non posso* ***


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Buongiorno a tutti, miei adorati fan! *-*
Oggi pubblico con un giorno di anticipo, perchè sicuramente domani non sarete qui a leggere e a sopportarmi, vero?! Come potete vedere c'è un'altra immagine di copertina *-* Vi piace?!
Vi lascio, comunque, alla lettura. Ci leggiamo alla fine :*
Francy


Let’s blame it on September

Capitolo 14

*Mi attiri come una calamita; vorrei allontanarmi ma non posso*

 
Mi rigiro tra le lenzuola cercando di dormire; sono le tre del mattino e ho ancora gli occhi spalancati. Mi volto e prendo il cellulare: un messaggio.
Riesci a dormire?!”  lo ha mandato qualche minuto fa Andrea. 
Andrea…
Sorrido e ripenso al viaggio di ritorno che è stato molto più tranquillo rispetto a quello di andata. Mi ha tenuto la mano, me l’ha accarezzata, abbiamo chiarito un po’ quello che ci eravamo detti in taxi e poi abbiamo dormito: io appoggiata al finestrino e lui appoggiato a me.
Purtroppo no” rispondo al messaggio.
La sua risposta mi arriva cinque minuti dopo “Non sono più abituato a dormire da solo
“Comprati un peluche!” rispondo, mi pento subito di essere stata antipatica, quindi rimedio “Oppure posso fare un saltino da te
Come mai questo cambiamento?! Il “saltino” non sarebbe una cattiva idea
Voglio dormire, come e con chi non m' interessa
Certo, vuoi solo dormire
Solo dormire
I miei non ci sono, come al solito. Ti vengo a prendere?
Non occorre
Non mi va che tu esca da sola alle tre di notte
Chiederò un passaggio a Edward Cullen; lui è sempre qui di notte, aspetta che gli altri vadano a dormire per entrare dalla finestra
Edward Cullen dovrebbe cominciare a stare lontano dalla tua finestra
Sorrido e mi alzo dal letto, scendendo come una ladra al piano di sotto, dimenticandomi di essere in pigiama. Salgo nuovamente in camera e cerco nell’armadio qualcosa da mettere. Indosso un paio di leggins blu, una t-shirt nera e delle ballerine nere. Vado in bagno, lavo i denti e mi affaccio alla finestra. È già qui.
Scendo velocemente, scrivo un biglietto a mia madre, prendo le chiavi ed esco. 
Mi avvicino all’auto e vedo Andrea che si guarda intorno. Apro lo sportello e lui si volta. «Finalmente…» mormora e si avvicina per baciarmi. Ricambio il bacio stringendolo di più al mio corpo, ma non mi basta. Voglio di più. Mi è mancato troppo.
«Vieni qui» sussurra prendendomi in braccio e facendomi sedere su di lui, sposta il sedile indietro continuando a baciarmi. «Mi sei mancata così tanto» ansima.
«Anche tu e non avrei voluto»
«Lasciati andare Gaia. Stai con me…»
«Anche se non provi niente?»
«Ne abbiamo già parlato»
«Lo so, però ho questa sensazione che mi blocca»
«Quale sensazione?!» chiede guardandomi e accarezzandomi i capelli.
«La sensazione che non succederà mai; che, alla fine di tutto, mi lascerai»
«Non ti lascio Gaia. Ho bisogno solo di un po’ di tempo. Frequentiamoci. Usciamo insieme»
«Vorresti davvero farti vedere con me dagli altri?»
«Perché non dovrei?»
«Perché non sono quello che gli altri si aspettano. Ricordi quello che dicono di me?»
«Non m'importa»
«Neanche a me, ma tu ti lasci condizionare facilmente, soprattutto dai tuoi amici»
«Ehi! Non è vero»
Alzo un sopracciglio e sorrido «Ok, questa notte voglio stare con te e comportarmi da stupida e incosciente, quindi dimentica tutto quello che ti ho detto e portami a casa tua»
«Non credo di riuscire a resistere tanto a lungo. Ritorna al tuo posto» dice e lo guardo un po’ stranita. «Fidati»
Alzo un sopracciglio mentre torno al mio posto «Dove andiamo?» chiedo allacciando la cintura.
«In un posto dove è sicuro che non ci sia nessuno» spiega mettendo in moto.
«E sarebbe?»
«Ora lo vedi. Siamo quasi arrivati»
Mi guardo intorno e, quando mi accorgo dove siamo, lo guardo storto «Il cimitero, Andrea?! Sul serio?!»
«Eh dai! Non siamo dentro al cimitero. Ho parcheggiato nel punto più lontano dall’entrata»
«Tu ti sei bevuto il cervello»
«Non pensarci» mormora sganciando la sua cintura e avvicinandosi a me per baciarmi il collo.
«Tutte le anime in pena ci guarderanno»
«Non lo faranno. Sono anime in pena, non impiccione»
Scoppio a ridere e mi lascio andare; anch'io sgancio la cintura e lo tiro verso di me. In pochi secondi è sopra di me intento a baciarmi il collo e la scollatura.
Mi guardo intorno e mi rendo conto che i vetri sono oscurati, quindi posso stare tranquilla.
«Gaia?»
«Che c’è?»
«Sei qui?»
«Certo»
Mi guarda e afferra i lembi della mia maglia «Alza le braccia, attenta al tettuccio»
«Devi proprio togliermela?»
«Vuoi farlo vestita?»
«No, ma mi sento troppo esposta qui»
«Allora andiamo dietro» dice ed esce dalla macchina.
«Ma che fai?!» esclamo.
«Mi metto dietro. Dai, sbrigati»
Alzo gli occhi al cielo, abbasso la t-shirt e lo seguo. «Sali prima tu» dice tenendomi aperta la portiera.
«Accidenti a te e alla tua macchina»
«Cos'hai adesso contro la mia macchina?»
«E’ troppo alta»
«Potevo darti una spinta» dice lui sorridendo malizioso;  sale in macchina e si stende su di me. «Come va ora?»
«Un po’ meglio» dico e riprendo a baciarlo.
I nostri bacini si sfiorano, facendomi ansimare, mentre Andrea mi accarezza la coscia. «Voglio spogliarti» mormora con la voce roca.
Annuisco e presto le nostre t-shirt volano sui sedili anteriori. 
«Oh Gaia, non sai quanto ti desidero»
«Allora smetti di parlare e dimostralo» dico abbassandogli i pantaloni della tuta.
«Anche i tuoi, Bianchina»
Sorrido e alzo il bacino per permettergli di sfilarmeli, ma non credo sia stata una mossa intelligente; mi guarda spalancando gli occhi e, velocemente, volano via anche i miei slip e i suoi boxer.
Dopo aver messo la protezione, entra in me mentre le sue mani stringono forte i miei fianchi. Chiudo gli occhi e gli accarezzo la schiena.
Le sue spinte mi portano sempre più vicina al piacere, facendomi ansimare vergognosamente.
Afferro la sua nuca e lo bacio. I nostri corpi sono uniti e le nostre lingue si solleticano: sto per morire.
Andrea spinge ancora di più, riempiendomi completamente; raggiungo il piacere stringendogli le spalle. «Andrea…» ansimo mentre anche lui raggiunge l’apice.
Abbiamo entrambi il fiatone, ci guardiamo negli occhi e ricominciamo a baciarci. «Scusa» dice all’improvviso.
«Per cosa?»
«Per farti attendere così»
Sorrido e scuoto la testa. «Non scusarti. Sono io che mi sono lasciata andare troppo. Non avrei dovuto essere qui con te stanotte perché, alla fine, tutto va contro di me, ma non posso farne a meno»
Sorride anche lui e mi bacia. Subito dopo esce da me e si sbarazza del preservativo. Recupero le mie mutandine e mi rivesto.
«Vuoi che ti riporti a casa?» chiede rivestendosi.
«Vuoi riportarmi a casa?»
«Voglio stare con te» dice e mi bacia di nuovo. «E’ questa la cosa assurda. Non vorrei separarmi mai da te eppure…»
«Non provi niente»
«Sono molto preso da te, devo essere sincero, ma credo che sia troppo presto per me»
«Tranquillo. Possiamo restare amici»
«Non voglio essere tuo amico» dice corrugando la fronte.
«Beh, non vedo altre soluzioni»
«Possiamo provare a stare insieme e, tra un po’, vedere come va»
«Andrea…»
«Che c’è?»
«Sembrerà strano, soprattutto detto da me, ma sono fiduciosa» dico sorridendo.
«Davvero?»
«Si. Non ti conosco alla perfezione, ma so che prenderai una decisione e io sarò pronta a qualsiasi tua scelta» rispondo sorridendo.
«Ne sono felice, perché voglio davvero stare con te»
«Anch'io» mormoro abbracciandolo.
Sono a cavalcioni su di lui e mi sta abbracciando. Ci culliamo entrambi per un po’. «Dormiremo qui in macchina?» chiede ridendo.
«Mi sa proprio di si, perché sto per addormentarmi» biascico contro il suo collo.
«Vieni, allora» dice e mi fa distendere sui sedili posteriori, tenendomi stretta al suo corpo.
«Secondo te, saremo ancora vivi domani mattina?»
«Per essere una ragazza intelligente, a volte, fai domande veramente stupide» dice prendendomi in giro.
Gli pizzico un fianco e, per poco, non mi fa cadere dai sedili.
«Fermati, mi fai cadere!!» esclamo scoppiando a ridere.
«Non ti lascio cadere, non preoccuparti»
«Grazie» mormoro e alzo il volto per cercare le sue labbra.
«Ti voglio tanto tanto tanto bene» mormora contro di esse baciandomi subito dopo.
Ci guardiamo negli occhi e ci baciamo ancora e, quando mi appoggio al suo petto e lui comincia ad accarezzarmi, crollo.
 
C’è qualcuno che canta… è una cover. Chi diavolo è?
Mi muovo e sento qualcosa di morbido e caldo: Andrea…
Apro un occhio e vedo che è giorno. Abbiamo davvero dormito in macchina?!
Accidenti si! Mi fa male la schiena.
«Hm…»
«Andrea?!»
«Hm»
«Svegliati» dico schiarendo la voce.
«No, voglio dormire ancora un po’»
Annuisco e mi stendo di nuovo accanto a lui, ma il cellulare ricomincia a squillare.
«Ti prego rispondi» mormora lui.
Sbuffo cominciando a cercare il mio cellulare, finalmente lo trovo sotto il sedile.
Cavolo! È mia madre.
«Ciao mamma» rispondo cercando di sembrare lucida.
«Gaia! Ma dove diavolo sei?!»
«Ehm… sono con…» accidenti. E adesso che le dico?! «Con Andrea» meglio optare per la verità.
«E si può sapere perché sei con lui?»
«Ti spiego tutto più tardi, ok?»
«Va bene, ma non fare tardi»
«Ciao» riattacco e guardo l’ora. Le dieci!! «Andrea!» esclamo e mi butto su di lui.
«Ahi!!» si lamenta lui «Ma sei scema?»
«Ma buongiorno anche a te» rispondo ridendo.
«Buongiorno» risponde lui, tornando magicamente sereno. Si alza sui gomiti e si avvicina per baciarmi. Faccio scontrare le nostre bocche e lo bacio dolcemente.
«E’ bello svegliarsi con te» mormora e mi abbraccia.
«Mi devi portare a casa»
«Devo proprio?» chiede mettendo il broncio.
«Si. Mia madre mi cerca. Vorrei stare un po’ con lei»
«Mi sembra giusto» dice accarezzandomi i capelli. «Possiamo fare colazione prima? Ho fame»
«Certo. Andiamo» dico e, velocemente, passo sul sedile anteriore.
È strano essere nella sua macchina alla luce del sole.
Quando scendiamo dall’auto mi prende per mano e mi guarda «Si vede che abbiamo dormito in macchina?» dice
Lui ride e nega «No, non si nota, ma non preoccuparti»
«Certo…» mormoro stringendo la sua mano.
Il bar non è molto pieno; Andrea, dopo aver ordinato, prende le nostre colazioni e mi raggiunge al tavolo. «Cos'hai preso?»  gli chiedo guardando il piccolo vassoio che tiene in mani.
«Croissants!» esclama imitando l’accento francese.
«Dammi retta, non provare mai più a parlare in francese»
«Pourquoi, ma chérie?» dice mentre lo guardo sorpresa. Non credevo “parlasse” francese.
«Complimenti»
«Grazie» risponde tutto compiaciuto. «Ma non so molto. Tutta la mia conoscenza risale alle medie. Tu, invece… alunna del linguistico»
«Io cosa?» chiedo bevendo un po’ di succo di frutta.
«Non dovresti parlare alla perfezione quelle tre famose lingue?»
«Dovrei, appunto»
«L’inglese lo parli abbastanza bene» considera lui.
«Già…» mormoro ricordando chi me lo ha insegnato. Guardo Andrea e lui sembra capire al volo.
«Oh. Mi dispiace, non volevo che pensassi a tuo padre»
Sorrido «Non preoccuparti. Devo imparare a lasciarmelo alle spalle»
Andrea ricambia il sorriso; dopodiché, credo per togliermi il muso, addenta malamente il suo croissant sporcandosi di zucchero a velo.
Scoppiamo entrambi a ridere e, da quel momento in poi, non ci sono più musi che rovinano la mattinata.
«Dovresti davvero accompagnarmi a casa adesso» dico appoggiandomi allo schienale della sedia.
«Devo proprio?»
«Si» rispondo storcendo la bocca.
In realtà, sono così abituata ad averlo vicino tutto il giorno che tornare a casa da sola mi deprime.
«Puoi venire da me, se vuoi» propongo alzandomi.
«A casa tua?»
Alzo le sopracciglia per annuire ma lui impiega qualche secondo per rispondere. Mi sembra anche un po’ a disagio.
Beh, è normale. Tu come ti sentiresti se fossi al suo posto?
«No, non credo sia il caso» risponde lui alzandosi a sua volta
«Ma grazie» aggiunge baciandomi.
«Ok…» dico annuendo e, insieme, usciamo dal bar.
Durante il tragitto non diciamo praticamente nulla, ho l’impressione di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Non ho il coraggio di chiedere ma, adesso che si è fermato davanti casa mia, devo buttarmi. Per la serie “o la va, o la spacca”.
«Andrea, è successo qualcosa? Ho detto qualcosa di male?» chiedo sganciando la cintura.
«Cosa? No! Perché lo pensi?»
«Non mi hai più rivolto la parola da quando siamo usciti dal bar» E non mi hai più presa per mano o scherzato con me come hai fatto prima di entrare, aggiungo mentalmente.
«Nemmeno tu lo hai fatto, se non sbaglio»
«Credevo di aver fatto qualcosa di sbagliato e ho preferito stare zitta»
«No, non preoccuparti. È tutto ok»
«Sicuro?»
«Sicuro» mi sorride e sgancia anche la sua cintura per avvicinarsi e baciarmi. Ricambio il bacio e gli accarezzo le guance. «Ti chiamo più tardi» dice interrompendo il bacio.
Annuisco soltanto. Non voglio rovinare questo momento bellissimo, anche se imperfetto.
Mi volto e scendo dall’auto.
Prima di chiudermi la porta di casa alle spalle mi volto, ma lui è già andato via.
Ok, c’è qualcosa che non va, ma non riesco a capire cosa.
Sospiro ed entro in casa.
«Mamma?»
«Ma dov’eri finita?!» mi urla dalla cucina.
«Te l’ho già detto!» le dico raggiungendola.
«Ma a me non hai raccontato nulla» dice qualcun altro. Riconoscerei tra mille la voce di Serena.
Sorrido e corro ad abbracciarla. «Ciao amica traditrice che non mi aggiorna su nulla» mormora vicino al mio orecchio.
«Ti racconterò tutto dopo» le prometto sciogliendo l’abbraccio e sorridendo.
«Allora, si può sapere dove sei stata la notte scorsa?» chiede mia madre sedendosi a tavola.
«Te l’ho già detto: da Andrea»
«Non mi hai detto perché»
«Ehm…» sorrido, mi gratto la testa imbarazzata e mi siedo sul divano. «Non riuscivamo a dormire» dico e Serena mi guarda maliziosa; la fulmino con lo sguardo e preciso «Eravamo abituati a dormire insieme e quella era la prima notte che avremmo passato separati»
«Oh, che teneri!!» esclama mia madre.
Fulmino anche lei con lo sguardo e scuoto la testa.
«Non avete fatto niente, vero?» chiede diventando subito seria. 
«Non preoccuparti mamma. Abbiamo soltanto parlato, litigato e poi ci siamo addormentati sul sedile posteriore della macchina»
«Bene. Ma dimmi un po’. Vi amate?!»
Tasto dolente! «Mamma, vuoi sapere cosa è successo in Inghilterra o vuoi parlare solo della mia vita privata, che specifico, è PRIVATA??»
«Una madre non può neanche chiedere, adesso?» dice alzando le braccia e ritornando in cucina. Sorrido e guardo Serena.
«Camera tua! ORA!» esclama e lì capisco che sta morendo dalla curiosità.
«Ok. Ok. Ma non agitarti»
«Mi agito se mi tieni ancora sulle spine. Dai, dimmi com’è nata questa cosa fra voi due»
«Sai già com’è andata»
«Eh dai, dimmi di più» implora Serena sedendosi a gambe incrociate sul mio letto.
«Beh, abbiamo cominciato a stare insieme, lo sai. Ogni tanto abbiamo litigato ma abbiamo risolto quasi subito. Gli ho raccontato di mio padre» dico e lei mi guarda con gli occhi spalancati.
«Si è preso cura di me quando sono tornata a casa bagnata come un pulcino, quando Luigi mi ha…» Cavolo, è meglio non parlarne con nessuno.
«Ti ha?»
«No, niente» dico deglutendo.
«Gaia?!!? Cos’è successo con Luigi?»
«Niente… è stato un incidente. Niente di che»
«Spiega»
Sbuffo e la guardo in cagnesco «Racconta!!»
«Eravamo ad una festa in piscina e stava andando tutto bene tra me e Andrea… abbiamo fatto il bagno, ci siamo baciati, insomma, lo sai… tutto andava bene fin quando Luigi ha affermato che avremmo fatto meglio a cercarci una camera e ha rivelato che, le intenzioni iniziali di Andrea, erano quelle di portarmi a letto. Mi sono arrabbiata con lui e sono uscita dalla piscina. Andrea ha cercato di spiegare l'affermazione dell'amico e, quando sono uscita dalla stanza, Luigi mi ha provocata e...» chiudo gli occhi e respiro profondamente. Non credevo che mi avrebbe impressionato di nuovo ricordare quella sera.
«Gaia…»
«Si, scusa…» tossisco e riprendo a raccontare «Uhm… ho cercato di schiaffeggiarlo ma lui ha schivato la mia mano e mi ha sbattuta contro il muro e… e… l’altra mano si è chiusa intorno al mio collo»
«Oh mio dio, Gaia!! Lo hai detto a qualcuno?!»
«Lo hanno visto alcuni ragazzi, Andrea mi ha difesa»
«E i professori?»
«Non ho detto nulla e non lo hanno fatto neanche i ragazzi presenti, quindi ti prego, non farlo nemmeno tu; Luigi dopo si è scusato, quindi non c’è nessun motivo di smuovere di nuovo le acque»
«Ok, ma spero per te e soprattutto per lui che non succeda più»
Sorrido e nego con la testa. «Ok, adesso continua a raccontarmi di te e Andrea»
«Beh… si è dimostrato geloso una sera mentre passeggiavo con Max. Ti ricordi di lui?»
«Si» dice e annuisce vigorosamente.
«Quella sera mi ha baciata. Poi non voleva che indossassi minigonne»
«Geloso, il tipo»
«Già… comunque quella sera si è preso veramente cura di me… ha dormito con me ma la mattina successiva non sono stata molto carina con lui; ero ancora arrabbiata per quello che avevo sentito la sera precedente e poi non mi andava di discutere. Per tutto il giorno sono rimasta da sola. A lezione ho cercato di evitare Luigi e, a pranzo, Andrea si è seduto vicino a me, ma non ha detto una parola. Ho apprezzato molto il suo gesto»
Ricordare tutti i momenti belli e brutti della nostra pseudo relazione mi piace però, allo stesso tempo, un po’ mi rattrista. Per la prima volta nella vita vorrei conoscere il mio destino.
«Come si è comportato gli altri giorni?»
«Ci sono stati degli alti e bassi, ma direi che non siamo più quelli di prima. Sicuramente non ci odieremo più»
«Tu ti sei innamorata di lui, vero?!»
La guardo e mi sforzo di non piangere, ma i miei occhi dicono tutto «Ti si legge in faccia che lo ami» dice la mia amica guardandomi preoccupata.
«Purtroppo non è lo stesso per lui» mormoro tirando su' col naso.
«Perché sei andata con lui stanotte se, sapere che lui non ti ricambia, ti fa soffrire?»
«Perché mi ha chiesto del tempo per capire cosa prova per me. Mi ha fatto intendere che potrebbe ricambiare i miei sentimenti»
«E tu ti fidi?»
«Si, mi fido. In due settimane e mezzo ho conosciuto un lato sconosciuto di Andrea. È romantico, è dolce e sensibile, è altruista, ma ha un unico difetto»
«Ce l’ha piccolo?!» chiede curiosa Serena.
Sgrano gli occhi e la rimprovero «Ma che diavolo di idee ti vengono in mente?! Sei impazzita?. No, non ce l’ha piccolo»
Adesso è la mia amica a sgranare gli occhi. Il suo volto sembra essersi paralizzato in un sorriso a sessantadue denti e mi strattona il braccio «Lo avete fatto. Lo avete fatto! Hai perso la verginità con Andrea! Dimmelo, dimmelo, per favore»
Esausta, sospiro e annuisco «Si, siamo stati insieme»
«Hai scopato con Andrea Ferrari. WOW!!!» esclama Serena alzando il braccio in segno di vittoria.
«Non abbiamo… ehm, scopato!!»
«Ah no?!» chiede maliziosa «Avete giocato a carte nudi?! Per questo sai che non ce l’ha piccolo?»
«Ma la pianti?!» dico ridendo.
«Dai Gaia!! Devo tirarti fuori tutto con le tenaglie?! Quando è successo? Dove? Perché? È stato gentile, delicato… come ti sei sentita?! Parla!!»
«Ok, fermati! Ti dirò tutto»
«Brava» dice Serena sistemandosi meglio sul letto, davanti a me.
«E’ successo a Londra, in albergo. Ha riempito la stanza di candele profumate mentre facevo la doccia; è successo perché avevo già scoperto di essere innamorata di lui e mi sono lasciata andare» la guardo: ha gli occhi a cuoricini. Decido di continuare. «Dopo… gli ho confessato di amarlo» dico abbassando gli occhi.
«Che cosa?!?!»
«Non l’ho fatto di proposito. Mi è venuto da dirlo e l’ho detto»
«E’ stato l’effetto dell’orgasmo, secondo me, perché ti ha fatto venire, vero?!» chiede senza peli sulla lingua, mentre divento di un colore molto vicino al rosso porpora.
«Serena, per favore!!» esclamo nascondendo il viso dietro a un cuscino.
«Che c’è?! Sono cose normali»
Scuoto la testa e mi rassegno. Devo rispondere. «Si, è successo quello che hai detto» mormoro ancora più imbarazzata. «E comunque, forse hai ragione. E’ stato per quel… ehm… per quel motivo che gliel’ho detto. Ma la parte peggiore non è questa»
«E quale sarebbe, allora?» chiede curiosa. La guardo e lei fa lo stesso, sempre più curiosa.
Ha scambiato la mia storia con Andrea per una telenovela. Roba da matti.
«Lui non ha detto nulla»
«Ah»
«Già… non ha detto nulla e non abbiamo più toccato l’argomento; non mi sono mai sentita così in imbarazzo in vita mia. Ne abbiamo parlato solo ieri. Mi ha detto che non gli sono indifferente, che gli piaccio sia dentro che fuori, mi ha detto tante di quelle cose che non posso fare a meno di credergli. L’ho guardato negli occhi e so che mi ha detto la verità»
«Lo spero per te, tesoro. Davvero. Dopo aver passato quattro anni ad odiarvi, credo che entrambi vi meritiate questa relazione»
«Lo spero. Mi ha detto che ha sempre avuto una cotta per me»
«Davvero?» chiede Serena sorpresa dalla notizia.
«Si, davvero. Ma non me l' ha mai confessato perché lo ignoravo e, quindi, ha preferito rendermi la vita impossibile»
«Che scoperta!»
«Immagina la mia reazione quando me l' 
ha detto»
La mia amica scoppia a ridere e annuisce. Ok, si è immaginata la scena.
«A Londra non ha fatto altro che preoccuparsi per me»
«Che carino»
«Lo è, davvero. È diverso da quello che è a scuola o fuori. È un’altra persona»
«Non vedo l’ora di vedervi insieme»
«Siamo normali, anzi, litighiamo ancora»
«Questo è l’amore, non preoccuparti»
«Si certo…» rispondo alzandomi dal letto.
«Fidati. Poi mi farai sapere quando ti dirà che ti ama»
«A-ah! Tieni, va! Pazza…» mormoro lanciandole un sacchetto e un paio di pacchetti.
«Cosa sono?»
«Apri e vedrai»
Quando lo fa e vede il contenuto del sacchetto per poco non cadiamo entrambe dal letto «Oh mio dio! Non ci credo. Me l’hai portata!»
«Si» dico ridendo.
«Mi hai portato davvero la maglia dell’Hard Rock»
«Già»
«E questi sono dei piccoli monumenti di Londra. Grazie Gaia»
«Figurati. Ah, ho dimenticato di dirti una cosa»
«Che cosa?» chiede mentre si toglie la maglia e indossa quella che le ho regalato.
Recupero la borsa che avevo durante il viaggio e prendo il regalo di Andrea.
«Cos’è?» chiede.
«Il suo regalo per il mio compleanno»
«E’ bellissimo, cos’è?»
«E’ un orologio con tanto di incisione di Stonehenge e bussola all’interno»
«E’ stato veramente carino»
«Si. Quel giorno avevamo anche litigato e in modo pesante anche»
«Cos’era successo?»
«Mi ha dato della viziata, stronza e qualcos’altro e poi ha nominato mio padre. Per metà giornata E’ stato un compleanno terribile, poi abbiamo risolto e mi ha chiesto scusa»
«Te ne ha fatte passare proprio tante, eh?»
«Si, tante» mormoro guardando il cellulare.
«Ti ha scritto?»
«Uhm…no» rispondo un po’ delusa. Credevo di trovare qualche suo messaggio.
«Vedrai che più tardi ti scriverà» mi rassicura Serena stringendomi la mano.
«Si» rispondo sorridendole.
«Adesso devo scappare. Massimo mi aspetta a casa per pranzo»
Massimo è il suo fidanzato. Stanno insieme da due anni e convivono da uno e mezzo.
«Va bene. Salutalo da parte mia, ok?»
«Certo. Comunque lunedì ti passo a prendere per andare a scuola»
Oh dio, la scuola. È vero «A meno che tu non vada con Andrea»
«Non credo, però ti farò sapere»
«Perfetto, adesso vado»
«E’ stato bello rivederti dopo tre settimane» dico abbracciandola.
«Si, è stato bello davvero»
Sciogliamo l’abbraccio e lei esce dalla mia stanza. La sento salutare mia madre e uscire di casa.
Mentre guardo il regalo di Andrea, qualche minuto dopo, entra mia madre in camera.
«Tesoro, stai bene?»
«Si, tutto ok» rispondo sorridendo.
«E’ bello averti di nuovo qui»
«Lo so. È bello anche per me» dico abbracciandola.
Entrambe ci stendiamo sul mio letto, anche se dovrei andare a farmi una lunga doccia.
«Alla fine hai incontrato tuo padre?» chiede.
«Purtroppo si»
«Davvero?»
Credeva le rispondessi di no. «Si, davvero. Ma abbiamo litigato. Non mi va di parlarne»
«Tesoro, sai come sono andate le cose. Sai anche che anch' io ho le mie colpe»
«Mamma, che colpe avresti?! Lui ha sempre preferito la sua famiglia alla nostra; anche se tu avessi combattuto per tenerlo con noi, lui avrebbe sempre preferito loro. Mi ha detto che non si è pentito di quello che ha fatto»
«Non preoccuparti. Tu avrai sempre me»
«E tu, mamma? Tu chi avrai quando non sarò più qui con te?»
«Non preoccuparti per me»
«E invece lo faccio. Perché non hai mai pensato di sposarti?»
«Perché non è necessario»
«Invece si! Devi sposarti. Chiama uno dei tuoi ex. L’ultimo aveva davvero intenzioni serie e mi piaceva»
«Non è così semplice. Tu…»
«Io cosa? Mamma, se hai paura che io possa soffrirne… ti sbagli. Voglio che tu sia felice. Prendi il telefono e chiamalo»
Ci guardiamo per qualche secondo, poi mi abbraccia e mi ringrazia. Credo di averla appena resa felice e l’idea mi piace da morire.
«Adesso perché non chiami anche tu un certo ragazzo che, probabilmente, sta aspettando la tua telefonata da due ore?»
«Perché non l’ha fatto nemmeno lui e, prima che mi accompagnasse a casa, c’era qualcosa che non andava. Sicuramente non vorrà sentirmi per un po’»
«Tu chiamalo e parlane con lui»
Annuisco e lei scende dal letto raccogliendo dei vestiti dalla mia valigia. «Vado a fare la lavatrice» dice ed esce, facendomi l’occhiolino.
«Fai quella chiamata!!» urlo.
«Falla anche tu!»
Rido e guardo il cellulare. Lo chiamo?
Si, lo chiamo!
Cerco il numero nella rubrica e inizio la chiamata.
Uno squillo, due squilli, tre, quattro…
«Pronto?» risponde ridendo.
«Ehi, sono io»
«Oh, ciao» dice subito serio.
«Ciao»
«Che succede? Come mai hai chiamato?»
Cosa? Cioè, io ti chiamo e tu chiedi come mai? Magari ho voglia di sentirti?! Idiota Gaia!! «No niente. Se sei impegnato ci sentiamo un’altra volta»
«No! Ero solo con i ragazzi. Stavamo parlando dell’Inghilterra»
Certo…
«Va bene, ci sentiamo un’altra volta» rispondo. Chissà che cosa sta raccontando dell’Inghilterra.
«Gaia…»
«Che c’è?»
«Tutto bene?»
«Perfettamente» rispondo e riaggancio.
Mi sforzo di non piangere e nascondo il cellulare sotto il cuscino.
Qualche secondo dopo lo sento squillare, ma non ho intenzione di rispondere.
Non posso credere di essermi innamorata di Andrea; sicuramente avrà già raccontato ai suoi amici tutto quello che è successo tra di noi.
Vorrei non doverlo incontrare ogni giorno; se non lo avessi così vicino probabilmente potrei anche dimenticarlo.
Il telefono continua a squillare, fino a quando qualcuno irrompe in camera mia.
«Che diavolo ci fai qui?» chiedo alzandomi.
«Perché non rispondi?»
«Perché voglio stare da sola»
«Perché?»
«Non c’è un motivo particolare»
«Gaia, che sta succedendo?» Lui alza le spalle e continua a guardarmi.
«Non voglio che racconti ai tuoi amici dettagli di quello che è successo tra di noi»
«Non ho… non ho raccontato nulla»
«Ah no?!» chiedo scettica.
«No. Abbiamo parlato di quello che abbiamo fatto e di quello che ho trovato»
«E cos'hai trovato? Un'altra stupida che ha abboccato all'amo del tuo fascino?»
«Ho trovato te! Una ragazza a cui mi sono affezionato più di quanto mi sarei mai aspettato»
«Non dire così, per favore» dico scuotendo la testa.
«Perché no?! Voglio che tu lo sappia»
«No. Preferisco non sapere nulla al momento»
«Non fare la stupida. Vieni qui» mi prende per le braccia e mi abbraccia. Scoppio a piangere contro il suo petto mentre lo stringo forte.
«Hai… hai raccontato che sono stata a letto con te?»
«No, non l’ho raccontato a nessuno»
«Davvero?» chiedo guardandolo.
«Si» risponde lui sorridendo. Si abbassa e mi bacia.
«Ricorda che ti voglio bene» dice contro le mie labbra.
Annuisco e lo stringo di nuovo. «Scusa»
«Non preoccuparti. Non farti prendere dalla paranoia, ok?»
Rido e alzo lo sguardo per riprendere a baciarlo. «Vuoi uscire stasera?» chiede.
«Sei sicuro?»
«Si!»
«Allora va bene»
«Fantastico» dice e mi bacia di nuovo.
«Andrea, posso chiederti una cosa?»
«Si, certo»
«Cosa ti è preso quando mi hai riaccompagnata a casa?»
«Niente di che.. mi sono reso conto che, a casa, non avrei trovato i miei genitori»
«Mi dispiace»
«Non preoccuparti. Sto meglio quando loro non ci sono»
«Non si direbbe»
«Questo perché non li vedo da tre settimane e, se devo essere sincero, un po’ mi mancano. Ma c’è comunque mia sorella»
«Lo so» rispondo stringendolo forte a me.
«Tua madre ti lascerebbe dormire da me una sera di queste?» chiede accarezzandomi la schiena.
«Probabilmente no, ma posso provare a parlarle»
«Bene. Voglio passare la notte con te»
«Mi sei mancato»
«Siamo rimasti lontano solo per due ore»
«Lo so, accidenti. Non sono più abituata a stare da sola»
«Appunto per questo devi dormire da me stanotte»
«Farò il possibile» dico e, mentre sto per baciarlo, mia madre bussa alla porta della mia camera.
«Che tempismo» dice lui sorridendo.
«Che c’è?» chiedo a mia madre mentre apre piano la porta.
«Scusate…»
«Non preoccuparti mamma. Che succede?»
«C’è una tua compagna al telefono. Dice che non rispondi al cellulare»
Chissà perché. «Ok, fatti dire chi è e poi dille che la richiamo tra qualche minuto»
«Va bene. Ciao Andrea»
«Buongiorno signora»
«Chiamami pure Giulia»
«Va bene» risponde lui un po’ imbarazzato.
Gli sorrido e lo guardo «Le piaci» dico e lo abbraccio di nuovo.
«Sono contento. Vorrei che tu piacessi anche a mia madre»
«Perché dici questo?»
«Non si è mai interessata alla mia vita privata. Vorrei che ogni tanto lo facesse senza però impicciarsene troppo»
«Vorresti che mantenesse un certo equilibrio»
«Si, esatto»
«L’unica soluzione è il dialogo»
«Forse hai ragione» dice accarezzandomi una guancia.
Gli sorrido e lui mi bacia. «Adesso vado. Ci sentiamo più tardi»
«Va bene, allora a dopo» dico e lo lascio andare. Non voglio!!
Lo accompagno alla porta e, prima di chiuderla e lasciarlo andare, ci baciamo di nuovo. «Vattene, ti prego» mormoro; lui, ridendo, mi fa l’occhiolino e se ne va.
Dio mio… questo ragazzo è una calamita.
 

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Eccoci giunti qui... alla fine di questo capitolo. L'ultimo del 2012 *-* (Finalmente quest'anno sta finendo)
Che ne pensate?! La scena di Gaia e Andrea al cimitero vi è piaciuta?! xD Devo dire che mi ha fatto molto ridere mentre la scrivevo.
Ditelo che vi siete spaventati quando lei lo ha chiamato e lui ha risposto in quel modo... xD Niente pericolo, la tempesta è passata.. per ora :P
Sperando che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, passo agli auguri.

Questo è l'ultimo capitolo che pubblico di LBIOS prima di Natale e di Capodanno, quindi vorrei farvi i miei più sinceri auguri. Spero possiate passare un Natale sereno e felice con la vostra famiglia o con i vostri amici.
Se devo spendere due parole per questo 2012, devo dire che è stato uno degli anni più strani che io abbia mai vissuto. E' stato bello e triste...
Non vi annoio dicendovi per cosa è stato triste, ma vi dico che siete VOI ad averlo reso bello. Voi con i vostri commenti; voi con le vostre critiche; voi con il vostro supporto; voi che ci siete sempre per me, ogni volta che io pubblico una storia o un capitolo voi siete sempre qui a leggere e a sostenermi e io vi ringrazio per questo.
Grazie perchè avete reso il mio 2012 splendido da questo punto di vista, quindi, spero che per voi questo 2012 si concluda bene e che il 2013 porti tanta fortuna (quella ci vuole, eccome), amore e soprattutto tanta tanta felicità!!
Quindi... mi sembra d'obbligo concludere con... Buon Natale e felice Anno Nuovo :D :D
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Al prossimo aggiornamento il 2 gennaio! *-*

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Capitolo 16
*** 15. *Nuova routine di coppia* ***


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Potevo fare attendere voi poveri fans di questa storia che sta per fare il botto?! Assolutamente no, quiiiiindi... eccomi qui a pubblicare con due giorni di anticipo - perchè nei giorni di festa non si pubblica - un capitolo che farà scintille. No, sul serio.. non le farà. Sarà il prossimo a farle, ma per quello i botti di Capodanno saranno già terminati u.u
Anyway... Vi lascio alla lettura.
Ci leggiamo alla fine!
Spero che vi piaccia ^^''
Francy


Let’s blame it on September
 
Capitolo 15
*Nuova routine di coppia*

 
Ritornare a scuola dopo l’estate è sempre stato strano, ma ritornare dopo l’esperienza in Inghilterra è ancora peggio.
Due sere fa, ho passato la serata con Andrea a casa sua. Abbiamo guardato dei film, mangiato schifezze e ci siamo coccolati tanto. Purtroppo sabato sono stata tutto il giorno con Serena e, domenica, Andrea ha passato la giornata con i suoi amici.
In questi giorni, ci siamo sentiti ma non ci siamo ancora visti.
Oggi è lunedì e dovremmo tornare a scuola. Sarà sicuramente strano rivederci tutti in quell’edificio.
«Sei pronta?» chiede mia mamma mentre mi porge una tazza di latte.
«Non te lo so dire con certezza. È strano ritornare a scuola dopo quello che è successo»
«Cosa ti preoccupa?» mi chiede sedendosi davanti a me.
«Andrea potrebbe cambiare atteggiamento. Potrebbe cambiare tutto»
«Tesoro, tutto cambierà che tu lo voglia o no. Devi solo accettare le conseguenze di tutto ciò che verrà»
Il che significa che se Andrea non vorrà più vedermi, dovrò accettarlo e basta. Grande… Fantastico!!
«Posso restare a casa?» chiedo disperata.
«Neanche per scherzo. Finisci la tua colazione e preparati. Tra qualche minuto passa a prenderti Serena»
Già… ieri sera ci siamo semplicemente dati la buonanotte con un messaggio e tutto è finito lì. Quando mi sono svegliata non ho trovato nessun messaggio e non è arrivato nulla nemmeno più tardi. Adesso sono quasi le otto e non si è fatto ancora sentire.
Nella mia testa c’è sempre quella vocina fastidiosa che continua a dirmi che i suoi amici gli hanno fatto cambiare idea; poi interviene l’altra vocina, quella buona, che l'ammonisce, dicendole che Andrea non ha rivelato nulla sulla nostra relazione.
Mi stanno facendo venire mal di testa.
L’unica cosa certa è che, per scoprire la verità, devo andare a scuola, quindi… adesso finisco di mangiare e continuo a sistemarmi.
Così, venti minuti dopo, sono in macchina con Serena, tesa come una corda di violino e con lo stomaco in subbuglio.
«Dio! Smettila di far tremare quella gamba. Mi dai sui nervi»
«Scusa» mormoro cercando di calmarmi.
«Si può sapere perché sei così nervosa?»
«Secondo te Andrea mi lascerà?» chiedo di getto.
«Scusa ma perché dovrebbe farlo?»
«Perché si lascia influenzare dagli altri, soprattutto dai suoi amici e, a volte, non capisce quello che è più giusto per lui»
«Tu sei scema, amica mia» dice guardando un po’ me e un po’ la strada. «Non credo che stavolta lo faccia. Avete passato insieme tre settimane e, da quello che mi hai detto, lui non sarà innamorato ma la sbandata l’ha presa proprio forte, soprattutto se l'ha presa un bel po’ di tempo fa»
«Oh dio, non so che cosa pensare»
«Non pensare a nulla allora. Non pensarci»
«Questa mattina non si è fatto sentire. Ho paura che siamo arrivati alla fine»
«Non siete alla fine di un bel niente. Rilassati e non pensarci. Dormirà ancora»
Sorrido e annuisco; probabilmente ha ragione.
Probabilmente un corno!
Quando arrivo Andrea è fuori dalla scuola insieme a Giorgio, Luigi, Alessia, Elena e ad altri ragazzi che non erano con noi in Inghilterra.
«Smettila di guardare da quella parte» mi ammonisce Serena mentre mi prende sottobraccio e mi porta in classe.
«Probabilmente sono di nuovo single» mormoro togliendo gli occhiali da sole e mettendoli nella borsa.
«Non pensarci. Vieni, le ragazze sono tutte ansiose di vederti» dice sorridendo.
Questo mi aiuta a non pensare per un po’ ad Andrea. Tutte le mie compagne mi hanno accolto a braccia aperte. Hanno urlato quando mi hanno vista, mi sono saltate letteralmente addosso e mi hanno stritolata e riempita di baci.
Non credevo di essere mancata così tanto.
«E’ così bello averti di nuovo in classe tesoro!» grida una ragazza.
L’abbraccio e sorrido, grata di essere in una classe come questa. Purtroppo il quadretto felice viene interrotto da qualcuno che bussa alla porta.
Cazzo, i professori.
«Uhm… scusate. Posso parlare un attimo con Gaia?»
Cazzo, Andrea!!
Sgrano gli occhi perché mi sorprende che sia venuto qui. Porto i capelli dietro le orecchie e mi guardo intorno. Le mie compagne stanno per svenire. Alcune hanno gli occhi fuori dalle orbite, altre hanno addirittura la mascella spalancata.
«Gaia?» mi chiama lui indicando con la testa il corridoio.
«Ah si. Certo, arrivo» dico uscendo dal groviglio di braccia che si era creato per abbracciarmi.
Lui esce; una delle mie compagne ha la brillante idea di schiaffeggiarmi il sedere e di farmi l’occhiolino. Alzo gli occhi al cielo un po’ divertita. Non sa che, probabilmente, tutto questo finirà nel giro di poche ore o di pochi minuti.
Faccio loro segno di fare silenzio ed esco dalla classe. Andrea guarda fuori dalla finestra in tutta la sua bellezza.
«Ehi» mormoro avvicinandomi a lui.
«Ciao» dice abbastanza serio.
Cos'ha adesso?
«Com’è stato il ritorno?» chiedo.
«Come me lo aspettavo. Il tuo?»
«Strano e piacevole»
Per la prima volta dopo l’ultima volta che siamo stati insieme, lui mi guarda negli occhi e mi chiede perché, il ritorno a scuola, sia stato strano.
«Perché non sei stato tu la prima persona che ho visto stamattina» confesso in imbarazzo. «E perché non mi hai degnata di uno sguardo, prima»
«Non ti avevo visto»
«Appunto. Non ti sei preoccupato minimamente non vedendomi arrivare a scuola»
«Sapevo che saresti venuta»
«Quindi per te è tutto scontato»
«Non è tutto scontato per me, però sapevo che per te era importante ricominciare oggi»
«E invece no!» esclamo cercando di non urlare «Per me non è importante ricominciare perché so che farlo significherebbe porre fine a qualcosa, non è così?»
«Di cosa stai parlando?» chiede scuotendo la testa.
«Di noi due»
«E quindi?»
Faccio un respiro profondo e scuoto la testa. «Niente, lascia stare. Oggi non è giornata. Scusa» dico e mi allontano.
«No, ehi! Un momento» dice prendendomi per un braccio.
«Ferrari! È meglio che tu vada in classe» dice qualcuno. Io e Andrea ci voltiamo mentre il mio professore di matematica lo guarda in cagnesco.
«Va bene» mormora lui seccato. Mi lascia il braccio e si volta per andarsene.
«Tutto ok, Bianchi?»
«Si, professore»
«Bene. Bentornata»
Lo ringrazio sorridendo timidamente. Insieme, entriamo in classe.
Per le tre ore successive non ho nessuna notizia di Andrea. Durante la pausa scendo con Serena; Andrea è all’entrata che mi aspetta. Mi sta guardando.
«Hai un momento?»
Guardo Serena e lei annuisce «Si, andiamo»
Lui mi prende per mano e mi porta sul retro della scuola. Lì non c’è mai nessuno.
«Si può sapere cosa ti è preso questa mattina?» chiede.
«Ho paura»
«Di cosa?»
Lo guardo negli occhi cercando di farglielo capire senza usare le parole, ma lui mi guarda e basta, aspettando che gli spieghi il significato delle mie parole.
Purtroppo, le lacrime ritornano prepotenti e sono costretta ad abbassare lo sguardo per non farmi vedere così.
«Ehi…» dice dolcemente «Perché stai piangendo?»
«Perché tutto quello che è successo in Inghilterra finirà qui, non è così?» dico piangendo.
«No, non finirà Gaia. Perché lo pensi sempre?»
«Perché tu me lo fai pensare. Perché sono insicura e tu ti comporti così… e…»
Andrea mi tira per le braccia e mi stringe forte. «Non finirà. Te lo prometto. Non sai quanto ho aspettato il momento in cui poter camminare tra la folla insieme a te. Non rinuncerò così facilmente. Non ti lascio Bianchina»
Sorrido e piango ancora.
«Dimmelo» dice all’improvviso.
«Cosa devo dirti?» chiedo guardandolo e asciugando le lacrime.
«Dimmi quello che provi per me»
«Non mi sembra il caso» mormoro cercando di sfuggire alle sue braccia.
«A me si. Dimmelo» dice ancora avvicinandosi e baciandomi il collo.
«Non posso Andrea. Non posso dirtelo»
«Perché?»
«Perché non riesco a dirtelo e poi non… voglio illudermi»
«In che modo lo faresti?»
«Se cominciassi a dirtelo adesso finirei per dirtelo sempre, non voglio rimanere con il cuore in frantumi se tu dovessi stancarti di me»
«Hai proprio poca fiducia in me, eh?» dice sorridendo. Si avvicina a me e mi abbraccia di nuovo.
«Mi fido di te, ma ho paura di farlo al cento per cento»
«Voglio conquistare la tua fiducia al cento per cento»
«E allora fallo. Voglio che tu lo faccia»
«Lo farò» mormora e, finalmente, mi bacia.
La passione del bacio travolge entrambi, tanto che mi ritrovo spiaccicata al muro, con le gambe che gli circondano i fianchi. Non voglio pensare a quello che percepisco a contatto con il mio corpo e a quello che sento dentro di me.
«Dovremmo rientrare» ansimo sulle sue labbra.
Lui mormora qualcosa, ma mi lascia andare tenendomi ancora molto stretta al suo corpo. «Mi farai morire così, lo sai?» dice baciandomi le guance e la fronte.
«Come no…» mormoro sistemandomi i capelli.
«Gaia…»
«Che c’è?»
«Sei troppo magra, lo sai?»
«Smettila di dirlo pure tu»
«Ti costringerò a mangiare»
«Peccato che a me non vada»
«Eh dai, fallo per me»
«No»
«Per favore» dice con la voce da bambino.
«Andiamo va!» esclamo prendendolo per mano.
«Ok, però tu mangia»
«Va bene» rispondo ridendo.
Lui si abbassa e mi prende le guance con la mano per baciarmi.
«Ehi… ehi. Guarda chi c’è qui. La coppietta dell’anno» esclama qualcuno.
«Ciao Sam» lo saluta Andrea. Deve essere uno dei suoi amici.
«Ciao amico. Lei deve essere la tua ragazza»
«Già»
«E’ un piacere conoscerti, anche se sei già abbastanza conosciuta. Sono Samuele, ma puoi chiamarmi Sam»
«Certo. Sono Gaia» dico stringendomi di più ad Andrea.
«Noi andiamo» interviene quest’ultimo prendendomi di nuovo per mano e accompagnandomi in classe.
Mentre ci allontaniamo Andrea e Sam si guardano troppo a lungo. Che significa?!
GAIA!! Adesso basta con i film mentali. Piantala!! Lui vuole stare con te, quindi smettila. Dacci un taglio con la paranoia!
Alzo gli occhi al cielo, perché so che dovrei smettere di fissarmi sulle cose negative, ma è più forte di me. Non riesco a smettere di pensarci. Da quando siamo scesi dall’aereo ho continuato ad avere l’impressione che, prima o poi, lui si stancherà di me e mi lascerà.
«Cos’hai adesso?» chiede davanti la porta della mia classe.
«Credo filosofia, storia e tedesco»
«Esci alle 14?»
«Già» mormoro.
La mia è l'unica classe ad uscire da scuola così tardi. Vi sembra giusto?!
«Ti vengo a prendere più tardi»
«Non è necessario che ritorni per me»
«Invece si. Voglio passare un po’ di tempo con te. A tua madre va bene?»
«Si» rispondo sorridendo.
«Bene. Allora a dopo» dice e si abbassa per baciarmi.
«Si, a dopo» mormoro ricambiando il bacio. 
Mentre rientro, lui è ancora lì. Accidenti, vorrei non dovermi separare da lui.
Posso essere già così innamorata?! Scuoto la testa e mi do dell’idiota.
Ho un cuore idiota. Si può?!
«Eh brava la nostra Gaia che ha conquistato il bello e scorbutico Andrea» esclama una delle mie compagne quando entro in classe.
«Gelosa, per caso?» le chiedo scherzosamente.
«Beh, certo» risponde lei ridendo. «Probabilmente più di metà delle ragazze di questa scuola vorrebbe essere al tuo posto. Quelle che restano sono già fidanzate»
Sorrido e alzo le spalle «Non so come andrà a finire. Probabilmente la settimana prossima sarà un’altra ragazza ad essere invidiata» rispondo sedendomi al mio posto.
«Non credo proprio. Abbiamo visto tutti come ti guarda» dice indicando le altre ragazze.
«Si, è vero. È proprio innamorato» dice un’altra.
«No, questo lo so per certo. Non è innamorato di me»
«Secondo me si» risponde Serena sedendosi accanto a me.
«Vi sbagliate» mormoro e, per fortuna, entra la professoressa di filosofia. Grazie a lei il discorso è chiuso.
Il problema di avere un ragazzo come Andrea è che, quando si è nella situazione in cui mi trovo io, la testa fluttua intorno a lui e non alla professoressa che sta parlando di un filosofo di cui ignoro completamente il nome.
Cerco di concentrarmi, ma il volto e le parole di Andrea sono sempre nella mia testa. Prepotenti come il motivetto di una canzone che non riesci a toglierti dalla mente. È veramente fastidioso.
È successa esattamente la stessa cosa quando ho dovuto fare l’esame d’inglese qualche giorno fa.
Qualche giorno fa…
È così strano pensare che, fino ad un paio di giorni fa, ero in un altro paese e adesso sono qui, in una classe di ventisette persone, lontana dall’unica persona che vorrei accanto.
Non voglio che Andrea diventi così necessario per me, ma paradossalmente, lo è diventato e mi sento una stupida per questo; so che, assolutamente, lui non prova lo stesso che provo io per lui. Sono sicura che, al mattino, non si volta verso sinistra dopo essersi svegliato. Io, invece, lo faccio e mi do della scema ogni minuto di ogni giorno. Probabilmente esagero, ma mi sento come se i miei sentimenti fossero inappropriati. E forse lo sono davvero, non lo so…
«Sei con noi?» chiede qualcuno. Spero solo non sia la professoressa.
Mi riprendo dallo stato di trance nel quale sono caduta e mi guardo intorno. No, la professoressa è andata via.
«Eh?»
«Sei stata per due ore con la testa tra le nuvole. Eri ancora in Inghilterra, per caso?»
«Mi sa di si» mormoro appoggiando le braccia sul banco e nascondendo il viso contro di loro.
«Abbiamo un caso grave di innamoramento» dice.
«Smettila ti prego. Non voglio pensarci»
«Perché no? È una cosa bella»
«Sarà anche bello innamorarsi e sentirsi con le farfalle nello stomaco, ma non sta succedendo a me, perché so di non essere ricambiata»
«Piantala di dire così. Andrea tiene davvero tanto a te»
«Lo dite tutti, ma continuo a non crederci»
«Perché sei scema, ecco il motivo per cui non ci credi»
«Lo vedremo tra qualche giorno»
«Gaia!!» esclama strattonandomi per le braccia.
«Lasciami! Che c’è?»
«Guarda!» dice indicando la porta della classe. «Sarebbe qui se non tenesse a te?! Si sarebbe preso il disturbo di fare due piani di scale per vederti?»
Gli Sorrido e lui fa lo stesso. «Vai, idiota!!» mi dice Serena spingendomi.
Mi alzo e raggiungo Andrea. Lo abbraccio stringendolo forte. Dio, quanto mi è mancato. «Ciao» dico.
«Ciao principessa»
«Come mai sei qui?»
«Volevo vederti»
«Mi sei mancato» dico accarezzandogli le guance.
«Anche tu» risponde e alzo un sopracciglio. Sta mentendo?  «Dico sul serio» aggiunge abbassandosi per baciarmi.
«Va bene»
«Sei stanca?» chiede contro la mia guancia.
«Abbastanza, si. Come primo giorno sei ore non sono il massimo»
«Più tardipuoi riposarti per tutto il tempo che vuoi»
«Devo studiare. Mi hanno dato due settimane di tempo per recuperare tutto quello che hanno fatto in queste settimane»
«Ce la farai, ne sono sicuro»
«Grazie» rispondo alzandomi sulle punte dei piedi per baciarlo.
«Adesso vado a casa. Tu chiama tua madre e dille che ti riaccompagno a casa stasera»
«Perché?»
«Andremo a casa mia, così potrai studiare. Appena finisci ti riaccompagno a casa»
«Ok. Ma non staremo nemmeno un po’ insieme?»
«Certo. Prima di cominciare a studiare e mentre studi»
«Tu non lo fai?»
«Non ne ho bisogno» risponde.
«Certo…»
«Scherzo, ho solo matematica da fare»
«Beato te»
Sorride e appoggia la sua fronte sulla mia «Ci vediamo dopo»
«A dopo» mormoro scoraggiata.
«Dai, è solo un’ora»
«Sono sicura che sarà l’ora più lunga della mia vita»
«Molto probabile. Cerca di concentrarti principessa»
«Non chiamarmi così»
«Perché no?»
«Non mi piace»
«Ok, principessa» dice ancora.
Lo guardo storto, ma lui sorride «Ti voglio bene» mormora sulle mie labbra e, un secondo dopo, mi bacia.
Ti amo…
Vorrei tanto dirglielo ma, per il momento, rimane un eco della mia mente, e credo che resterà tale molto, molto a lungo.
«Ok, adesso vattene» dico sciogliendo l’abbraccio.
Lui scoppia a ridere e mi bacia un’ultima volta.
I suoi baci mi stordiscono.
Si allontana e resto lì a fissarlo come un’idiota. Resto a fissarlo come una ragazza innamorata, o almeno credo.
«Ho la faccia da una che si è innamorata?» chiedo a Serena che è appena uscita dalla classe.
Lei mi guarda e scoppia a ridere «Hai la stessa faccia che avevo io quando è successo a me»
«Hm, si. Ricordo la tua faccia»
«Ecco, allora puoi immaginare com’è la tua al momento»
«Accidenti! Sere!»
«Ma cos'hai?! Hai trovato l’amore e ti lamenti?»
«Non ho trovato un bel niente. Lui non prova niente per me»
«Smettila di dirlo, perché sai che non è così»
«Invece è proprio così»
«Hai proprio la testa dura»
«Sarà…»
«Dai, muoviti, smidollata!» dice spingendomi in la classe. Scoppio a ridere ed entro, sperando che l’ultima ora passi il più velocemente possibile.
Non è stato esattamente così; soprattutto perché ho controllato l’ora ogni cinque minuti. Per ingannare l’attesa ho provato a stare attenta, ma di tedesco, oggi, non ne voglio sapere. Non mi interessa proprio.
Mando un messaggio a mia madre dicendole che passerò il pomeriggio con Andrea e lei, per mia fortuna, risponde con il seguente messaggio “Tesoro, mi hanno chiamata per una mostra a Roma. Devo partire stasera. Resterò fuori per un paio di giorni. Mi raccomando, stai attenta. Mi fido di te. Ti voglio bene
Che bello, che bello! Sono felice.
Sia perché mia madre avrà questa grande opportunità per far conoscere le sue opere, sia perché potrò stare con Andrea quanto voglio. Anche la notte.
Hm… interessante.
«Hai la bava alla bocca» sussurra Serena al mio orecchio, mentre la professoressa parla, credo, di uno strano e inutile costrutto tedesco.
«Cosa?» chiedo portandomi la mano sulle labbra.
La mia amica si trattiene dal ridere, ritornando a prestare attenzione alla professoressa.
La guardo storto e provo a farlo anch'io. Ma l’idea di passare i prossimi giorni con Andrea mi piace troppo che non riesco a pensare ad altro.
Per fortuna l’ultima mezz’ora di questa giornata scolastica passa in fretta, così, al suono della campanella, raccolgo velocemente le mie cose ed esco, salutando le mie compagne e Serena con un bacio volante.
Scendo velocemente le scale e quando esco Andrea è lì che mi aspetta.
Oh…
Voglio morire. Lui è qui per me.
«Ciao» mi saluta avvicinandosi.
Da brava idiota mi sono fermata in mezzo al cortile e ho cominciato a fissarlo.
«Ehm, ciao»
«Finalmente sei qui»
«Già… è stato snervante»
«Non importa. Ora sei con me»
Annuisco e mi alzo sulle punte dei piedi per abbracciarlo. «Niente baci?» chiede.
Lo guardo negli occhi e sorrido spostando lo sguardo sulle sue labbra. Mi avvicino e lui fa lo stesso.
«Mi baci o no?» mormora.
«Hmm…»
«Lo faccio io» dice. Le sue labbra sono sulle mie, la sua lingua le accarezza e io mi sciolgo. Mi lascio andare a lui e lo abbraccio ricambiando il suo bacio.
Sa di sigaretta e mentine. Da quando Andrea fuma?
«Hai fumato?» gli chiedo interrompendo il bacio.
«Uhm, si»
«Ah, non sapevo fumassi»
«Non lo faccio spesso»
Annuisco e gli lascio un ultimo bacio, prima di allontanarci. «Com’è andata?» chiede.
«E’ andata. Non voglio pensare alla scuola adesso»
«Oh, oh… dov’è andata a finire Bianchina la secchiona?»
«E’ ancora qua, posso garantirtelo»
«Bene, andiamo?»
Annuisco e lo prendo per mano, appoggiando la testa sul suo braccio.
Sembra che non riusciamo proprio a dire nulla tra un edificio e un mezzo di trasporto perché, come abbiamo fatto per tre settimane, anche questa volta non abbiamo detto una parola.
Che significa?!
In poco più di qualche minuto saliamo in macchina e lui mette in moto.
«Tua sorella non c’è?» chiedo allacciandomi la cintura.
La scorsa volta, peraltro, la prima e unica volta che sono stata a casa di Andrea, era rimasta a dormire dal suo ragazzo.
Non credo che sia il caso che lei sappia di me.
«Torna più tardi» risponde Andrea sorridendo.
«Tipo quando sarò già andata via?»
«No, tipo fra…» guarda prima l’orologio e poi me «due ore»
«Ma io sarò a casa tua»
«E quindi? Non ti mangia mica»
«Lo so, però è sempre una sorella maggiore. Quanti anni hai detto che ha?»
«Ventidue. Cos’è questo discorso della sorella maggiore?» chiede sorridendomi.
«Le sorelle maggiori, il novanta percento dei casi, odiano a morte le ragazze dei fratelli più piccoli»
«Tu sei pazza. Nessuno ti odierebbe» dice e lo guardo alzando un sopracciglio. «Ok, beh. Forse qualcuno, ma a te non deve importare, intesi?»
Alzo le spalle e mi abbandono sul sedile di pelle. Se solo penso a cosa è successo su questo sedile arrossisco.
Restiamo in silenzio per gran parte del tragitto tra la  scuola e casa sua. Mi ha presa per mano, l’ha stretta e l’ha tenuta intrecciata alla sua per tutto il tempo.
«C’è mia sorella» dice all’improvviso mentre ci avviciniamo a casa sua.
«Cosa?!» esclamo.
Guardo attentamente; in effetti, la sorella, insieme ad un ragazzo, è davanti all’entrata della casa.
«Stai tranquilla…»
«Facile per te»
Accosta vicino al marciapiede e si volta a guardarmi. «Stai tranquilla, ok? Comunque non ascolto i consigli di mia sorella riguardo le ragazze»
«Dovresti farlo, sai?»
«E perché?» chiede ridendo «Mi è andata magnificamente e non ho intenzione di rinunciarci» mormora avvicinandosi a me.
Sorrido e mi avvicino per baciarlo, dimenticandomi della sorella.
Le nostre labbra si muovono in sincrono, provocandomi mille brividi lungo la spina dorsale.
Accidenti, mi piace baciarlo” penso approfondendo ancora di più il bacio e tirandogli i capelli.
No, mi devo fermare.
Lo allontano e lui mi guarda con gli occhi lucidi. «Non fermarti, ti prego» mormora leccandosi le labbra.
«E’ meglio se entriamo» dico accarezzandogli i capelli.
Si avvicina per baciarmi di nuovo; lo lascio fare, sorridendo e baciandolo anch' io.
Stavolta, il bacio non dura molto. Mi sorride e indica la mia portiera per dirmi di scendere.
Oh mamma, adesso devo affrontare la sorella.
«Ciao Martina» la saluta lui mentre mi prende per mano.
«Ciao fratellino» ricambia e mi guarda. «Tu devi essere Gaia»
«Uhm… si. Sono io»
«Finalmente ti conosco. Per quattro anni, Andrea non ha fatto altro che parlarmi di te»
Oh dio «Ah» guardo Andrea, ma lui sta trucidando la sorella con lo sguardo. «E’ comunque un piacere conoscerti» aggiunge.
Annuisco profondamente intimidita; Martina mi presenta anche il suo ragazzo, Marco.  
«Si, bene. Adesso possiamo entrare. Ciao Marco» dice velocemente Andrea prendendomi per mano e trascinandomi verso l’interno della casa.
Saluto con la mano e mi lascio portare via.
«Andrea?» lo chiamo. Voglio delle spiegazioni.
«Non dire niente» dice lui. Sembra serio, ma sorride.
«Perché stai sorridendo?» chiedo fermandolo e facendolo voltare verso di me.
«Non lo sto facendo» dice, ma continua a sorridere e, questa volta, cerca anche di trattenersi dal ridere.
«Dai, dimmi cosa intendeva tua sorella»
Lui si lamenta scuotendo velocemente la testa, nascondendo poi, il viso nell’incavo del mio collo. «Credo sia piuttosto chiaro quello che voleva dire, no?!»
«Era seria la cotta, eh?» chiedo sorridendo e cercando di allontanarlo da me per poterlo guardare.
«Tu che dici?» chiede a sua volta guardandomi triste.
«Sei uno scemo» rispondo.
«Perché?»
«Non me l' hai mai detto. Le cose sarebbero andate sicuramente in maniera diversa se lo avessi fatto»
«Sai perché non te ne ho mai parlato!»
«Si, e credo sia stato un motivo veramente molto stupido. Tu hai paura di rovinarti la reputazione stando con me»
«La reputazione di sciupafemmine vuoi dire?»
«Si, proprio quella. Perché ti sei comportato in quel modo? Potevi semplificare tutto venendo a parlare con me»
«Lo so, hai ragione, però…» mi prende per mano e gioca con le mie dita, restando qualche secondo in silenzio «Non lo so… non avevo tanto la testa apposto. Avevo una cotta per te, ti volevo, ma all’inizio era soltanto per una cosa…»  
«Che hai ottenuto» preciso.
Sorride e fa un respiro profondo. «E’ stato Giorgio a farmi capire una cosa importante; lui è la voce della mia coscienza. Ha sempre cercato di farmi ragionare; anche per questo motivo inizialmente non mi sono fatto avanti, e poi non volevo che oltre a lui lo venisse a sapere qualcun altro»
«Sei sempre stato un’idiota allora»
«E’ quello che dice sempre lui»
«Ha ragione» rispondo sorridendo.
«Ok, adesso basta. Andiamo in camera»
«In pratica tu non mi hai mai detto niente perché non volevi che i tuoi amici sapessero che ti eri preso una cotta per me?! Cosa ti ha fatto capire il buon caro Giorgio?» dico buttando lo zaino in un angolo della stanza e sedendomi sul suo letto.
«Che tu ci saresti rimasta male se il mio intento era solo quello di portarti a letto»
«Ah» rispondo soltanto. «Ha ragione»
«Gaia, avevo una cotta per te, si… però non ero il tipo da relazione seria»
«Perché adesso lo sei?» chiedo.
«Non lo so. Non ne ho mai avuta una»
«Quella con Elena cos’era?» chiedo alzandomi. Devo camminare. Mi sto innervosendo.
«Siamo stati insieme un anno, non facevamo altro che litigare e ci siamo traditi a più non posso»
Oh dio… ecco cosa dovrei sopportare.
Mi volto e lo guardo con gli occhi spalancati.
«Non… non lo farei mai a te» dice; mi accorgo solo ora che mi guarda mentre faccio avanti e indietro per la stanza con gli occhi spalancati.
«Non importa. Non stiamo insieme, no?»
«Si»
Lascio andare l’aria che a malapena mi ero accorta di aver trattenuto.  «Ok, cambiamo argomento» dico sedendomi sulla sedia della sua scrivania.
Restiamo qualche minuto in silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri.
Accidenti…
Quando ne avevamo parlato, non mi aveva detto che era stato Giorgio a consigliargli di non farsi avanti. E poi, beh… forse, se me lo avesse rivelato quattro anni fa, non gli avrei nemmeno creduto.
Sono contenta che non lo abbia fatto. Come poi è successo, mi sarei innamorata praticamente subito di lui, sarebbe accaduto tutto quello che è successo in Inghilterra e, probabilmente, lui si sarebbe sbarazzato di me il giorno successivo alla nostra prima volta insieme.
Dopotutto credo che, non aver approfondito la nostra conoscenza tempo fa, sia stata la cosa migliore.
Adesso, però, ho paura che le cose vadano più o meno allo stesso modo.
In questi giorni ho vissuto con la costante paura che lui potesse stancarsi di me; che i suoi amici possano convincerlo a lasciarmi perdere.
Oh dio, non voglio nemmeno pensare a cosa mi accadrebbe. Lui si troverebbe una nuova ragazza a tempo di record.
«A cosa stai pensando?» chiede spingendo la sedia, dove sono seduta, verso il letto, avvicinandomi a lui.
Lo guardo e mi chiedo se sia conveniente parlarne con lui.
Non so darmi una risposta, quindi decido di omettere la verità.
«A quanto sia eccitata mia madre per la sua mostra» dico.
«Mostra?»
Accidenti, è vero. Non gliene ho parlato.
«Uhm… si. Rimarrà a Roma per qualche giorno»
Mi sorride e i suoi occhi si illuminano.
«Che hai?» chiedo.
«Puoi stare qui con me»
«Non credo sia il caso» rispondo allontanandomi.
«Allora vengo io da te»
Lo guardo male «Dai, non puoi stare tutto il tempo da sola. Di notte…» dice pronunciando le ultime parole in modo quasi sensuale.
«Sto bene da sola. Di notte…» rispondo.
«Sei una bugiarda» dice ridendo, mentre afferra le mie braccia e mi tira verso di lui.
«Non è vero» rispondo ridendo, cercando di non cadere proprio su di lui. Provo a spostarmi, ci riesco, ma lui è subito su di me.
«Quanto rimane a Roma?» mi chiede guardandomi negli occhi.
«Un paio di giorni. Non ha specificato quanto»
«Voglio farti compagnia» dice serio.
«Va bene. Se proprio vuoi»
«Si, grazie»
Gli sorrido e lui mi bacia la punta del naso.
«Tengo davvero molto a te» mormora e mi bacia il collo.
Sorrido e chiudo gli occhi.
«Ehi fratellino!!»
In pochissime frazioni di secondo Martina entra in camera, Andrea cade dal letto cercando di scendere da me e io mi alzo cercando di sistemare la maglia. Oh mio dio che figuraccia. Voglio sparire!
«Ops, scusate» mormora lei sorridendo.
Andrea si alza e la raggiunge. «Non si bussa? Che vuoi?»
«Pensavo steste parlando» dice guardando me; abbasso automaticamente lo sguardo.
«Certo…» risponde lui.
«Ok, scusate. Comunque mi chiedevo se vi andava di pranzare» dice guardando me.
Mi si è chiuso lo stomaco.
«Hai fame?» chiede Andrea.
«Uhm… non molta» rispondo.
«Mangeremo più tardi» risponde Andrea alla sorella. Lei annuisce e ci saluta, mentre prendo un cuscino e me lo spalmo in faccia.
«Non azzardarti ad avvicinarti a me» mormoro.
«Perché?» chiede lui scoppiano a ridere.
«Per quello che è appena successo!!» esclamo lanciandogli il cuscino addosso.
«Non è successo niente, non preoccuparti»
«Certo, questo lo dici tu»
«Mi spieghi cosa sarebbe successo?»
«Magari non le sono simpatica»
«Non è così, fidati» dice prendendomi in braccio.
«Che stai facendo?» chiedo preoccupata.
«Ti porto a letto» dice baciandomi la guancia.
«Non vorrai farlo qui? Con tua sorella nell’altra stanza?!»
«No, non mi riferivo a quello» dice e mi fa distendere sul letto.
«Ah»
«Ah» ripete lui prendendomi in giro e cominciando a baciarmi il collo. «Dovresti imparare a lasciarti andare anche quando siamo qui»
«Non ci riesco, mi dispiace»
«Dovrai imparare»
«Andiamo a casa mia domani» dico.
«Possiamo andarci ora e passare tutto il pomeriggio insieme»
Lo guardo e rifletto se, andare a casa mia, sia la cosa migliore. Lui ci È già stato in precedenza.
«Va bene, andiamo»
Lui sorride e mi fa alzare, mentre, svogliatamente, faccio lo stesso.
Non so se sia per la voglia di stare in intimità senza nessuna interruzione o se per qualcos’altro, ma sembra che Andrea sia super felice di andare a casa mia.
Afferro lo zaino e lo seguo.
«Andate via?» chiede la sorella mentre attraversiamo il corridoio.
«Si» risponde secco Andrea.
«Ciao Martina» la saluto io.
Lei ricambia semplicemente con un gesto della mano e con un sorriso.
Il pomeriggio a casa mia è passato più o meno come me lo aspettavo. Andrea ha cercato di sedurmi la maggior parte del tempo, ho provato a resistergli e a concentrarmi sui libri, ma con scarsi risultati.
Alla fine, lui ha avuto la meglio e siamo finiti a letto.
Io non mi lamento, Andrea nemmeno e siamo tutti felici!!

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Oh, oh... guarda un pò ^^'' siamo alla fine e io mi ritrovo, come sempre, a non saper che dire.
Beh... cominciamo con un "Spero che quest'anno sia migliore di quello passato"? No, sono soltanto cazzate! Non vi faccio gli auguri, non spero che il 2013 sia diverso e migliore, perchè è tutto in mano al destino e noi siamo nessuno davanti a lui, quindi... NIENTE AUGURI DI FELICE ANNO NUOVO!
Il destino ha un modo tutto suo per trovarci e sono sicura che la felicità a cui tutti siamo destinati arriverà presto o tardi. Basta soltanto crederci.
Credeteci, perchè funziona davvero!
Io credo che questo 2013 su EFP continuerà a farmi emozionare; a farmi sorridere ed esaltare per le recensioni ricevute; ma sono sicura che mi farà incontrare ancora persone nuove e fantastiche, perchè chi non ama leggere o scrivere non lo è?!
Quindi, ragazzi, credete in questo 2013 ricco di tutto! Amore, felicità, soldi, speranza, libertà...

Come ultima cosa, vorrei ringraziare tutti voi che avete messo la storia nei tre gruppi. Spero tanto, tantissimo, di non deludervi (al di là della trama, ovviamente). Grazie mille anche a tutti voi che recensite: le vostre recensioni mi fanno capire che davvero la storia vale almeno un pò, quindi grazie perchè mi state facendo ricredere in me stessa! Vi adoro!
Adesso me ne vado... x'D
Alla prossima settimana... 8 gennaio! u.u

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Capitolo 17
*** 16. *Insieme contro tutti...?* ***


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Buona sera e buona festa della Befana anche se siamo agli sgoccioli.
Voglio dire alle ragazze che hanno "insistito" ad avere il capitolo stasera che, se vi angosciate, non è colpa mia xD Se domani il ritorno a scuola farà ancora più schifo, non prendetevela con me :P Il capitolo in anteprima lo avete voluto voi!
Detto questo, vi auguro buona lettura :* :*


Let’s blame it on September
 
Capitolo 16
*Insieme contro tutti…?*

 
Sono passati venti giorni dal ritorno a scuola e, finalmente, ho recuperato tutto quello che le mie compagne hanno fatto durante la mia assenza.
Credevo di non riuscirci, soprattutto perché la presenza di Andrea a casa mia mi ha distratta molto; mia madre è tornata dopo tre giorni, quindi non abbiamo più passato molto tempo insieme. Mi sono concentrata sullo studio e adesso, finalmente, sono in pari con il programma.
Le cose tra me e Andrea sembrano andare abbastanza bene.
La mia paura più grande era quella che lui cambiasse idea una volta che i suoi amici vedessero chi ero, ma non è successo niente del genere.
Oggi è sabato e non ho mai odiato questo giorno come oggi.
Doveva essere un sabato normale. Uno di quei sabato sera che passi con gli amici in centro o in un pub, bevendo qualcosa e scherzando su qualcos’altro.
Invece no. Il suo amico Samuele – Sam – ha proposto di andare in una discoteca fuori città.
«Ti va di andarci?» chiede Andrea guardandomi mentre gioca con le mie mani.
Guardo prima lui e poi isuoi amici. Mi stanno fissando tutti!
Ah, ho capito. Aspettano la mia decisione. Oh dio…
Guardo di nuovo Andrea, lui è tranquillo «Se non vuoi non sei obbligata. Possiamo passare la serata in maniera diversa» dice, ma dal suo sguardo capisco che vorrebbe andare.
«Uhm, no, possiamo andare» dico sorridendo.
«Ti va? Sicura?»
«Si, sono sicura» rispondo sorridendo.
Ovviamente non mi va, ma a lui si, quindi ho accettato. E poi una serata diversa non fa male a nessuno.
Mi divertirò!
Pensavo mi sarei divertita e lo penso ancora adesso, ma più si avvicina l’ora X, più mi sento in ansia. Alla fine, non è la prima volta che usciamo con i suoi amici. Tutti si sono abituati a vederci insieme.
Ok, proprio tutti no, Elena e suo cugino ogni tanto mi lanciano certe occhiate malefiche, però non hanno creato problemi; soprattutto Luigi.
Automaticamente la mia mano si sposta sul collo, proprio dove le sue dita hanno stretto.
È passato solo un mese, ma a me sembra un'eternità.
Forse sono gli eventi che alterano la mia  realtà, perché mi sembra ancora così strano che, da un mese, io e Andrea stiamo insieme.
Purtroppo, nonostante questo, lui non ha ancora cambiato idea o forse non ci pensa nemmeno più.
A volte lo guardo, come adesso, chiedendomi se non stia facendo uno sbaglio madornale. Se non abbia sbagliato, tempo fa, a fidarmi di lui; se abbia mal riposto in lui la fiducia che forse, oggi come oggi, non meriterebbe.
Non voglio affrettare le cose; un mese è poco per innamorarsi di una persona, ma tutto ciò non coinciderebbe con la cotta che dice di avere da quattro anni.
Pensavo che, proprio grazie a questa, si sarebbe sbilanciato; che sarebbe andato un po’ oltre il “ti voglio bene”, invece niente. Siamo ancora al punto di partenza.
I nostri sentimenti sembrano sempre gli stessi. O meglio, i suoi sentimenti lo sono.
Io ho paura di continuare ad innamorarmi di lui. E so che succede ogni giorno di più.
Succede ogni mattina quando salgo sulla sua auto; ogni volta che mi prende per mano, ogni volta che sfiora le mie labbra con le sue; ogni volta che facciamo l’amore…
È sempre così carino con me che penso davvero che presto arriverà la svolta; ma sto perdendo le speranze, perché per lui sta diventando davvero tutto… monotono. È come se stessimo insieme da anni e lui non trovasse più uno stimolo valido per dirmi cosa prova per me.
È come se stesse con Elena, ma io non sono lei e ci tengo davvero a questa relazione.
A volte, la notte, mi manca l’aria al pensiero che lui mi lasci. Accidenti…
Mi capita spesso anche di giorno, come adesso.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo. Non voglio lasciarlo.
«Ehi, tutto ok?»
Mi volto, Andrea mi guarda preoccupato.
E poi, ci sono questi momenti, quando lui mi guarda in questo modo, che mi fanno credere che le mie siano soltanto le paranoie di una ragazza insicura, perché so che lui ci tiene a me.
Lo so, ne sono più che sicura.
«Si, scusa» rispondo sorridendo.
«Sei strana oggi» dice concentrandosi di nuovo sulla guida.
L’argomento della conversazione non mi piacerà, ma almeno mi terrà lontana da questi pensieri.
«In che senso? Non sono strana»
«Si, invece. Lo sei da quando sei uscita da scuola. Nel pomeriggio non ti sei fatta sentire e adesso lo sei ancora più di prima»
«Andrea, non sono strana»
«Allora che ti passa per la testa?»
«Niente. Sono… sono solo preoccupata per il compito di oggi. Non credo di aver scritto abbastanza»
«Ah»
Sorrido e mi avvicino alla sua guancia. «Scusa» mormoro e lo bacio.
«Per cosa?» chiede girando il volto e rubandomi un bacio. Mi sorride e guarda di nuovo la strada.
«Per averti ehm… ignorato oggi. Non era mia intenzione»
«Va bene. Senti, se hai cambiato idea per stasera, non importa»
«No, non ho cambiato idea» dico cercando di sembrare convincente.
«Ok» risponde lui guardandomi.
«Chi… chi verrà?» chiedo.
«Luigi, Elena, Alessia, Giorgio, Samuele e tutti gli altri. Li conosci, no?»
«Si, infatti» rispondo. Beh, almeno ci saranno Alessia e Giorgio.
«Stai tranquilla. Ci divertiremo»
Annuisco e appoggio la testa sulla sua spalla.
 
«Hai deciso cosa metterti stasera?» mi chiede Serena.
Dopo essermi fatta riaccompagnare da Andrea, a casa ho trovato la mia amica.
«Si, più o meno» rispondo aprendo l’armadio.
«A che ora ti viene a prendere Andrea?»
«Alle dieci. Morirò d’ansia nel frattempo»
«Ma perché sei così ansiosa? Sarà una semplice serata in discoteca»
«Non lo so, mi mette ansia»
«Tu sei tutta scema» dice la mia amica ridendo.
Mi lascio contagiare anch'io e mi stendo sul letto accanto a lei.
«Stai tranquilla Gaia e pensa a divertirti»
La guardo e annuisco.
«Bene, adesso bando alle ciance. Ti aiuto a prepararti»
«Non uscite stasera?»
«No. Massimo vuole restare a casa»
«Ah, ok» rispondo ridendo. Immagino perché vuole rimanere a casa.
«Dai andiamo»
Serena si alza e trascina anche me.
Impiego mezz’ora per fare la doccia. Quando esco Serena ha allestito la mia scrivania con trucchi e accessori per la serata.
«Che hai fatto?»
«Fai silenzio» risponde secca e mi strappa l’asciugamano dal corpo. Meno male che avevo indossato almeno le mutandine.
«Serena!!» esclamo coprendomi il seno.
La mia amica scoppia a ridere e mi tira il reggiseno.
«Sbrigati che sono già le otto»
«Facciamo tutto con calma ti prego, altrimenti nell'attesa mi agito»
«Va bene, ok. Basta che ti calmi»
Forse sto esagerando un po’. Non è la prima volta che esco con Andrea insieme agli altri; quindi la mia ansia è veramente immotivata!
Serena impiega circa un’ora per asciugarmi e sistemarmi i capelli, e pochi minuti per truccarmi.
Mi guardo allo specchio e, devo dire, che ha fatto un lavoro perfetto. Quasi quanto quello che avevano fatto Elena ed Alessia l’ultima sera in Inghilterra prima di quella festa.
«Perfetto. Ho finito. Mancano dieci minuti alle dieci e devi solo vestirti. Sei più rilassata adesso?»
«Te lo dirò domani»
Scoppia a ridere per la mia incapacità di rilassarmi per un’uscita del tutto innocua e mi bacia sulle guance, prima di uscire dalla mia camera e ritornare a casa sua.
Mi guardo allo specchio e provo a calmarmi. Se Andrea vede che sono così agitata deciderà sicuramente di restare qui.
Mi alzo e mi avvicino al letto, afferrando il vestito bianco e nero che indosso per stasera. Allaccio la cintura in vita e controllo che nella borsetta ci sia tutto. Prendo le scarpe dall’armadio e le indosso.
Drizzo le spalle e mi avvicino allo specchio. Ok, sono pronta.
La suoneria del cellulare mi distrae dall’immagine che vedo nello specchio.
«Si?»
«Signorina è pronta?»
Sorrido e mi rilasso all’istante. Sentire la sua voce mi calma.
«Si, sono pronta» rispondo.
«Bene, allora mi apri? Tua madre è a casa?»
«La vuoi incontrare?»
«Apri, scimmietta»
Ridacchio e scendo ad aprire la porta.
«Gaia…» mi chiama mia madre dal suo studio.
«Mamma, aspetta un attimo» dico aprendo la porta.
«Ciao» lo saluto abbracciandolo.
«Sei bellissima» dice baciandomi il collo.
«Grazie. Anche tu stai bene» dico a mia volta. «Il tuo profumo mi piace» aggiungo.
«Ti eccita?» chiede.
«Non ho detto questo» rispondo facendogli la linguaccia.
«Gaia! Puoi venirmi a dare una mano!?!?!»
«Entra. Vado a vedere cosa vuole mia madre» dico baciandolo a stampo.
Mi allontano, lasciandolo nel soggiorno e raggiungendo mia madre nel suo laboratorio.
«Mamma! Che c’è? C’è Andrea» dico entrando.
«E’ qui?! Passami quel barattolo viola»
«Ma dove sei?»
«Qua sopra» dice e alzando lo sguardo, la vedo arrampicata su una scala: dipinge una tela enorme.
«Ma che stai facendo?» le chiedo passandole il barattolo e cercando di non sporcarmi.
«Mi hanno chiesto di dipingere qualcosa di astratto e di enorme»
«Che è enorme si vede»
«Già. Comunque adesso esci! Non puoi guardare»
«Ok. Ehm… mamma, stasera vado in discoteca con Andrea»
«In discoteca?» chiede guardandomi.
«Si. È un problema?»
«No, ma stai attenta, per favore, ok?»
«Certo» rispondo. Le soffio un bacio ed esco.
«Tutto ok?» chiede Andrea alzandosi dal divano.
«Si, scusa. Voleva che le passassi un barattolo di vernice»
«Sta dipingendo?»
«Si, si è arrampicata fin quasi al tetto»
Lui mi guarda confuso e io scoppio a ridere «Lascia stare. Vado a prendere la borsa e sono da te»
Annuisce e si siede di nuovo.
Velocemente spruzzo un po’ di profumo e scendo nuovamente al piano di sotto. Saluto mia madre e ritorno da Andrea.
«Eccomi» dico.
Lui spegne la tv e si alza. «Andiamo. Siamo un po’ in ritardo»
«Se mia mamma non avesse avuto bisogno, sarei uscita subito quando mi hai chiamata»
«Tranquilla. Andiamo» dice prendendomi per mano.
Usciamo di casa e, per un po’, restiamo in silenzio.
Se questo pomeriggio ero io ad essere silenziosa, adesso lo è lui.
Dalla breve telefonata di poco prima, credevo che fosse tutto ok, invece, credo sia successo qualcosa.
«Andrea posso farti una domanda?» chiedo mentre siamo fermi ad un semaforo.
«Dimmi» risponde lui scrivendo un messaggio sul suo cellulare.
«Guardami» dico mettendo la mano sul telefono.
«Dai, Gaia! Ma che fai? Devo mandare un messaggio a Luigi!!» si lamenta.
«Andrea che ti prende?»
«Che mi prende?! Niente! Perché credi che abbia qualcosa?»
«Non parli ed è strano visto che, quando ci siamo sentiti prima, non c'erano problemi»
«Ah allora se sei tu a non spiccicare una parola non è strano, non ti prende niente; mentre adesso che lo faccio io invece è strano e deve esserci per forza qualcosa sotto» dice quasi urlando.
«Non stavo parlando di questo»
«Ne sto parlando io, però»
«Stai cambiando argomento» gli faccio notare.
«Non. Sto. Cambiando. Argomento. Ti sto soltanto dicendo che, anch'io come te, ho i miei momenti di silenzio» dice alzando il tono della voce.
Lo guardo scioccata con gli occhi spalancati.
Dov’è il mio Andrea?
«Scusa» mormora infine, riprendendo a guidare.
«Volevo sapere se andava tutto bene e se, in caso contrario, ne volevi parlare, ma ho afferrato il concetto: mi faccio gli affari miei» spiego sprofondando nel sedile.
«Gaia…»
«Non ne voglio più parlare» dico alzando il volume dello stereo.
Andrea non insiste, così non diciamo praticamente nulla fin quando non arriviamo sotto casa di Luigi, dove troviamo lui ed Elena.
Perfetto! Questa serata va di bene in meglio.
«Ciao ragazzi» saluta Elena, mentre Luigi sale silenziosamente in auto.
«Gi, puoi salire davanti?» gli chiede Andrea.
Mi volto a guardarlo di scatto, ma lui tiene lo sguardo fisso sul parabrezza.
Annuisco e sgancio la cintura, scendendo dall’auto. «Possiamo anche non trascorrere la serata insieme» dico allontanandomi dalla macchina.
«Gaia!!» grida Andrea scendendo dall’auto e raggiungendomi.
«No, lasciami in pace. Ritorno a casa»
«Non fare la stupida»
«Non mi dare della stupida» urlo spingendolo.
«Sali in macchina» dice.
«No, ritorno a casa. Non voglio vederti più»
«Bene, allora!» urla irritato «Ritornatene a casa. Riprendi a fare la sfigata» aggiunge e se ne va.
Lo guardo scioccata salire in macchina e sbattere forte la portiera. Subito dopo, mette in moto e se ne va.
Scoppio a piangere in mezzo alla strada e, tirando su con il naso, corro verso casa.
Quando arrivo, mia madre sta ascoltando la musica a tutto volume nel suo studio. Meglio, così non mi sente.
Salgo velocemente in camera e mi infilo a letto, scoppiando di nuovo a piangere.
Sento il cellulare squillare, ma quando vedo il nome sul display, rifiuto la chiamata e lo spengo.
Non ho intenzione né di sentirlo né di vederlo. Non so cosa gli sia preso stasera, ma non è lo stesso Andrea di qualche giorno fa.
È come se fossimo ritornati ad odiarci come prima e, sono sicura, questo mi ucciderà, perché io profondamente innamorata di lui.
Stupida Gaia! Stupida ragazza che si innamora del primo che capita
Continuo a piangere, fin quando la stanchezza non mi mette KO, facendomi addormentare.
 
Andrea ha continuato a chiamarmi per tutta la domenica, ma non ho risposto e non ho voluto incontrarlo quando si è presentato a casa mia.
Ho spiegato a mia madre quello che è successo e lei ha evitato di aprire quando Andrea si è attaccato al campanello della porta.
«Perché non vuoi parlargli?» chiede mia madre entrando in camera mia con due tazze di cioccolata calda.
«Perché è un idiota» rispondo togliendo gli auricolari.
Michael Bublè mi ricorda troppo lui e, nonostante sia arrabbiata, ho bisogno di sentirlo vicino, perché la distanza che ha messo tra noi mi fa male.
«Dovresti passare oltre. Alla fine non ha fatto nulla di male. Ha soltanto avuto una serata no. Magari aveva dei pensieri per la testa e non ti voleva angosciare»
«Ma lui sa che, quando ha un problema, può parlarne con me. Perché ha dovuto comportarsi così?»
«Forse perché nemmeno tu segui il consiglio che dai a lui»
La guardo e credo di aver capito cosa non sia andato.
«Gli parli dei tuoi problemi? Di quello che senti quando pensi che lui non ti ha ancora detto cosa prova per te?»
«No» mormoro.
«Ecco…»
«Mamma, ma non posso parlargliene. Di questo proprio no»
«Perché no?! E’ qualcosa che riguarda soprattutto lui. Se ti fa soffrire il fatto che non ti ha ancora detto se ti ama o no devi farglielo sapere. Devi dirgli che questo ti fa soffrire»
«So già cosa mi risponderebbe»
«Cosa ti direbbe?» chiede.
«Che devo aspettare! Ho paura però di continuare ad innamorarmi aspettando e, alla fine, lui mi dirà che non prova nulla oltre alla semplice amicizia»
«Hai detto che, per tutto questo tempo, ha avuto una cotta per te; vedrai che, prima o poi, cambierà idea»
«Magari da quando abbiamo cominciato a frequentarci ha cambiato idea»
«No tesoro… non credo proprio. Lui è innamorato, glielo si legge in faccia, però tu non riesci a vederlo e lui non riesce a capirlo, ma succederà! Devi solo avere pazienza e riporre la tua fiducia in lui»
Guardo mia madre che mi sorride. «Sei una bellissima ragazza, Gaia. Andrea lo sa e presto si renderà conto di quello che prova per te»
«Lo spero» rispondo posando la tazza sul comodino e avvicinandomi per abbracciarla.
«Grazie mamma»
«Ma non dirlo nemmeno per scherzo. Adesso vai da lui»
Annuisco e mi alzo per vestirmi.
Tanta è la voglia di vederlo, perché mi è mancato tanto in queste ultime ore, che non impiego più di dieci minuti per vestirmi e raggiungerlo a casa sua.
Suono al campanello e aspetto. È proprio Andrea ad aprire.
«Ciao» dice standosene fermo sulla porta.
«Ehi» rispondo sorridendo appena.
«Che ci fai qui?» chiede.
«Mi fai entrare?»
Si guarda in giro e poi apre di più la porta per lasciarmi entrare.
«Allora, adesso mi dici perché sei qui? Pensavo non volessi vedermi» chiede di nuovo incrociando le braccia sul petto.
«Volevo chiederti scusa» mormoro.
«Per cosa? Per esserti comportata come una ragazzina immatura o per aver continuato a farlo anche dopo ignorandomi? Ti aspetti che tutto ritorni come prima solo perché adesso ti sei presentata alla mia porta?» dice infuriato.
«Senti, mi dispiace aver reagito in quel modo ma, se dobbiamo dirla tutta, non è soltanto colpa mia»
«Ah, adesso sarebbe pure colpa mia?» chiede.
«Andrea…» mormoro avvicinandomi a lui.
«Lascia perdere Gaia» dice allontanandosi. «Probabilmente abbiamo fatto uno sbaglio»
«Mi…mi stai… mi stai lasciando?» chiedo con le lacrime agli occhi.
«Gaia, non siamo mai stati veramente insieme» dice guardandomi serio.
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che ho cercato di non annoiarmi quando, in Inghilterra, ero in casa, niente di più niente di meno»
«Stai dicendo che mi hai presa in giro per tutto questo tempo?»
Annuisce. Scoppio a piangere cercando di fermare i singhiozzi tappandomi la bocca.
«Non è vero…» mormoro avvicinandomi a lui.
«Si invece. Non provo niente per te; so di averti chiesto del tempo per capire se poteva nascere qualcosa, ma no. Non credo di poter riuscire ad innamorarmi di te» dice a denti stretti.
«No, no, no… non è vero! Non mi avresti detto che avevi una cotta per me»
«Ma non capisci? Era solo un modo per avvicinarti»
Lo guardo con gli occhi pieni di rabbia e di lacrime.
«Sono venuta a letto con te, mi sono fidata! Ti ho raccontato di mio padre, ti ho dato il mio cuore. Mi sono innamorata di te e tu, adesso, mi vieni a dire che era tutta una finzione? Ti odio!! Ti odio!» urlo mentre le lacrime continuano a scendere. Lui prova ad avvicinarsi con lo sguardo dispiaciuto, ma sono io, adesso, che mi allontano. «Tutte quelle attenzioni che mi riservavi! Potresti avere un futuro come attore»
«Gaia… tu…»
«Ti odio» mormoro voltandomi e lasciando il prima possibile casa sua.
Non voglio più avere niente a che fare con Andrea!  

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Per favore, non tiratemi nulla addosso. Non ve la prendete con me, ok? Io sono soltanto una povera e insignificante scrittrice. E' tutta colpa della mia mente sadica. Giuro, io non c'entro nulla!
Bene, detto questo... non vi chiedo nemmeno che ne pensate! Ho qualche idea in proposito, ma spero che il capitolo vi sia piaciuto (???) Ho i miei dubbi xD
Ok, addio.
Al prossimo aggiornamento che sarà giorno 15!!

 

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Capitolo 18
*** 17. *Se una persona non ti vuole stare accanto, devi solo andare avanti senza di lei, no?* ***


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Buongiorno a tutti :)
Finalmente questo fatidico giorno è arrivato e posso pubblicarvi il capitolo 17 di Let's blame.
Come potete notare è un pov Andrea, quindi leggerete dei suoi sentimenti, di quello che è successo e altro. Non vi nascondo che è stato difficile scrivere dal suo punto di vista, soprattutto in questo momento, quindi, a discapito del mio piano originale che prevedeva tutto il capitolo scritto dal suo punto di vista, ci sarà anche il pov Gaia. Quindi, non resta altro da dirvi.... buona lettura. ;)
Ah, un'ultima cosa. Mi farebbe piacere se, mentre leggete la storia, ascoltaste questa canzone. Non so se sia soltanto una mia sensazione, ma ogni volta che l'ascolto mi deprime e, ovviamente mi fa pensare ad Andrea.
Don't you worry child - Swedish House Mafia ft. John Martin

 


Let’s blame it on September
 
Capitolo 17
*Se una persona non ti vuole stare accanto, devi solo andare avanti senza di lei, no?*

 
Pov Andrea
 
«Certo però che sei scemo, eh!»
«Pure! cos'ho fatto adesso?»
Giorgio mi guarda storto e mi tira addosso un foglio accartocciato. «Sei un idiota!! Ma così tanto idiota, che gli altri idioti si vergognerebbe di te»
«Ancora? Ma la pianti?» mi lamento. Sono due giorni che Giorgio mi da dell’idiota.
«Che succede?» chiede Luigi arrivando, come al solito, all’ultimo momento.
«Andrea ha lasciato Gaia» lo informa Giorgio.
Luigi mi osserva, mentre mi guardo intorno appoggiandomi ad una sedia. «E’ vero?» chiede.
«Si» borbotto afferrando il libro di inglese dalla tracolla.
«Perché? Sembrava che andaste d’accordo»
«Sentite, non mi va di parlarne. Probabilmente ritornerò con Elena. È la cosa più giusta da fare» dico passandomi una mano fra i capelli.
«Ti avevo detto di non farla soffrire, Andrea. Perché lo hai fatto? Dov'è finito tutto quello che mi hai detto la settimana scorsa?»
«Che ti ha detto?» s’intromette Luigi.
«Che potrebbe essersi innamorato di lei. Mi ha detto che Gaia gli ha fatto perdere la testa sin dal primo momento che l’ha vista a scuola, cinque anni fa. Questo genio della lampada ha pensato bene di ascoltare te e gli altri idioti che, sabato scorso, gli avete detto di mollarla perché, rimanendo con una sfigata come lei, si sarebbe rovinato la reputazione» spiega Giorgio alterandosi.
Non so perché si scaldi così tanto, ma non vorrei che, anche lui, sia innamorato di lei.
Non avrei voluto arrivare a tanto.
Stavo bene con lei. Mi piaceva passare il tempo in sua compagnia. È divertente, simpatica, assolutamente sexy e, come le avevo detto, mi faceva sentire a casa.
Nonostante questo, non voglio più passare un sabato come quello della settimana scorsa.
Era strana da tutto il giorno; non ha pensato di rivolgersi a me per chiedere un parere o per sfogarsi, poi quando ho cominciato a farglielo pesare, ignorandola, mi ha rinfacciato il mio comportamento affermando che il suo mutismo, paragonato al mio, era diverso.
Abbiamo litigato e forse, anzi no, mi sono decisamente comportato da stronzo quando ho chiesto a Luigi di mettersi al posto di Gaia in macchina; l'ho chiesto proprio alla persona che non l’ha mai vista di buon occhio.
Ero nervoso ma volevo che, quella sera, lei rimanesse con me,
Ma più di tutto, sono stato un grandissimo stupido. Ho dato ascolto a Luigi, Samuele, Marco e Francesco:  gli amici più idioti che abbia mai avuto.
Ho ceduto e sono andato con Elena.
Non c’è cosa più squallida che stare con lei nei bagni di una discoteca.
Non ero in me e mi sono lasciato andare.
Quello che Luigi e gli altri mi hanno detto non ha causato solo il mio “lasciarsi andare”: mi ha portato a rompere con Gaia. Comunque se avesse saputo quello che era successo con Elena, avrebbe preso lei quella decisione.
Mi sono lasciato condizionare. Ho dato ascolto ai giudizi di persone che non hanno mai visto Gaia per quello che è; che l'hanno sempre giudicata solo una bella ragazza: sfigata ma bella. Quella che si può facilmente illudere perché è in cerca del ragazzo perfetto o del classico " cattivo ragazzo" che, per una sbandata, cambia. Credo di rientrare nella seconda categoria.
Domenica, quando è venuta a casa mia, le ho fatto credere di non aver mai provato niente per lei in tutto questo tempo; di aver solo giocato con i suoi sentimenti.
Era una scusa inventata per togliermela di torno, perché sono stato così scemo da dare ascolto ai miei amici, affinché la mia reputazione restasse intatta. Perché mi hanno detto, e io ho creduto, che Gaia non è la ragazza giusta per me.
Continuo ad essere Andrea Ferrari che conquista le ragazze popolari della scuola, ci va a letto, e poi passa ad un’altra.
Avevo chiuso con il vecchio Andrea. Credevo di aver trovato la donna giusta per me, perché Gaia è quella giusta; so che lo è. Mi sono reso conto di provare qualcosa per lei praticamente da quando la conosco. Giorgio, come sempre, ha ragione.
Sono un codardo che non ha mai affrontato l’argomento anche a costo di farla soffrire;
sono un pezzo di merda perché lei si è innamorata e io le ho spezzato il cuore.
Ma se adesso volessi ritornare indietro?
«Secondo te ha cambiato idea?» sento chiedere Luigi a Giorgio mentre mi guardano.
«Hai cambiato idea?» mi chiede quest’ultimo.
Annuisco e appoggio la testa sul banco.
«Ho fatto un casino» mormoro.
«Ti sei fatto odiare dall’unica ragazza che ti abbia veramente amato» dice Giorgio dandomi una pacca sulla spalla.
«Ehi, mia cugina lo amava e continua a farlo» dice Luigi infastidito.
«Si, certo… infatti lo ha cornificato per la maggior parte della loro relazione»
«Lo hanno fatto entrambi se dobbiamo proprio dirla tutta!!» esclama Luigi improvvisamente alterato.
«Smettetela vi prego» dico alzandomi.
«Ferrari dove sta andando?» mi chiede la professoressa.
«Non mi sento molto bene» rispondo.
«Esca allora. Sparisca dalla mia vista»
«Vuoi compagnia?» chiede Elena alzandosi dal suo posto.
Mi volto e faccio segno di no con la testa. Esco velocemente dall’aula e respiro profondamente.
Come ho potuto lasciarla?
Mi manca come l’aria.
Da quando siamo tornati non riesco più a dormire da solo, come ho potuto pensare di non averla più vicino?!
Il suo sguardo, mentre le dicevo che l’avevo soltanto presa in giro, mi ha spezzato il cuore; credevo di non avere un cuore che potesse battere per lei e invece mi sbagliavo.
Credevo che non sarei mai stato capace di amare così tanto una persona, invece, è successo e ho sprecato la possibilità di essere felice.
Tra due giorni è il mio compleanno e avrei voluto tanto trascorrerlo con lei, adesso tutto quello che lei mi riserverà quel giorno saranno sguardi pieni di odio.
E pensare che, la settimana scorsa, era ancora tutto così bello e soprattutto così diverso da com’è ora.
Sbuffo e scivolo per terra, portandomi le mani al viso.
Mi odio per quello che ho fatto.
Mi odio ancora di più perché so che lei sta male a causa mia.
«Andrea?»
Qualcuno mi chiama. È una voce femminile, ma purtroppo non è la sua.
Alzo lo sguardo e riconosco Serena, la sua amica.
«Serena»
«Tutto ok?» chiede preoccupata.
«Si, tutto ok» rispondo alzandomi.
Annuisce e prima che si volti, la blocco. È la mia occasione per sapere qualcosa di Gaia. «Come sta?» le chiedo guardandola negli occhi.
«Come vuoi che stia? Manca da scuola da una settimana, non la sento da domenica sera e questo può significare solo una cosa»
«Cosa?»
«E’ scappata da qualche parte e non vuole vedere e sentire nessuno»
«Che significa è scappata?» chiedo preoccupato.
«Quando Gaia sta male, per scappare dai suoi problemi, parte per una settimana, ma nessuno sa dove vada»
«Nemmeno sua madre?»
«No, nemmeno lei. Andrea… ma cosa le hai detto?»
«Non ti ha raccontato nulla?»
«Mi ha mandato un messaggio con scritto “Andrea mi ha lasciata”, poi è stato tutto un susseguirsi di lacrime e grida soffocate dal cuscino»
«Le ho detto che l’ho presa in giro e che non mi innamorerò mai di lei»
«E’ la verità?» mi chiede.
«No, per niente» rispondo con un filo di voce.
«Allora credo che dovresti farglielo sapere» dice guardandomi seria.
Annuisco e ritorno a sedermi per terra.
Lei si volta e se ne va, lasciandomi nella disperazione più totale.
Voglio vederla e chiarire questa situazione. Voglio che ritorni con me perché mi sono reso conto di aver fatto un’enorme cazzata.
Perché ho dato retta ai miei amici?
Perché gli ho permesso di farmi il lavaggio del cervello? Perché, il giorno dopo, non mi sono svegliato dalla trance in cui ero caduto?!
E’ stato come se non ragionassi più. Ero arrabbiato si, arrabbiato per il suo comportamento della sera precedente ma, se era venuta a casa mia, un buon motivo doveva pur averlo, no?
Ho rovinato tutto.
Se penso ai suoi occhi quando le ho detto che l’ho soltanto presa in giro… oppure quando le ho detto che la cotta era solo un pretesto per potermi avvicinare a lei. Niente di quello che le ho detto era vero: neanche la storia della cotta, perché sono innamorato di lei da una vita. 
 
«Ehi, Gaia!!»
È qui. È tornata.
Non c’è cosa migliore che desiderassi per il giorno del mio compleanno.
Purtroppo non si ferma, quindi la seguo fin quando non sono vicino a lei. La blocco per un braccio, ma si libera subito guardandomi negli occhi.
È spenta.
«Ciao» dico sorridendo imbarazzato. 
«Non posso fermarmi a parlare» dice voltandosi per andarsene, ma la blocco di nuovo.
«Aspetta… come stai?»
«Bene. Buon compleanno» dice e si volta, lasciandomi in mezzo l’atrio come un idiota.
Mi porto le mani ai capelli e li tiro.
Mi odio per quello che le ho fatto.
I suoi occhi non mostravano nulla. So che mi ama, ma adesso ho visto solo odio.
«Ehi, Andrea! Vieni qui» urla qualcuno. Mi volto, Elena si sta sbracciando per farsi vedere.
Lei crede che stiamo insieme. 
Forse è così; forse no. Non ne ho la più  pallida idea.
Mi avvicino al gruppo e mi siedo sul muretto. Prima di entrare in classe, ci fermiamo sempre qui a scherzare o a fumare.
«Allora? Le hai parlato?» chiede Giorgio sedendosi accanto a me.
«Pensate ancora a quella sfigata?» esclama Francesco scoppiando a ridere.
«Piantala!» urlo alzandomi.
«Andrea! Devi piantarla tu però, eh! Ma si può sapere cosa ci trovi in quella?»
«Cazzi miei, ok? Lasciatela in pace»
«Amico, ti ricordo che sei stato tu a dire che dovevi lasciarla perché era solo una bambina e non sapeva cosa vuol dire stare con qualcuno. Che è una sfigata proprio per questo motivo!!» si altera Samuele.
«Hai detto veramente una cosa del genere?» chiede Alessia guardandomi con aria schifata.
«Avevo bevuto e mi sono fatto influenzare»
«Proprio come temeva lei» mormora Giorgio.
«L’ho delusa, lo so»
«No, il problema non è solo quello. Magari fosse così, ma non lo è» dice il mio amico «Il fatto è che tu le hai spezzato il cuore. Ma l’hai vista?»
«Ma che te ne frega?! Perché ti devi fissare proprio con quella lì?! Chissà quante ne trovi di ragazze migliori di lei. Elena non ti piace?» chiede Francesco.
«Non sono innamorato di nessuna di loro»
«Ehhh… innamorato! Adesso sei pure innamorato?!»
Li guardo serio, riuscendo a zittirli.
«La cosa è proprio seria allora»
Fulmino i miei amici con lo sguardo. «E’ tutta colpa mia. Non avrei dovuto darvi retta»
«Se lo hai fatto è perché un po’ ci credi anche tu» dice calmo Luigi.
«Tu non devi parlare proprio!!»
Abbassa lo sguardo e resta in silenzio. «Le ho già chiesto scusa»
«Già» mormoro avviandomi verso l’entrata.
Non voglio più ascoltare nessuno, perché ultimamente ho soltanto combinato casini.
«Cosa vuoi fare per il tuo compleanno?» chiede qualcuno. Mi volto, Giorgio mi sta guardando preoccupato.
«Niente» rispondo secco.
«Andrea, sono venti anni»
«Non mi interessa. Festeggerò anche il prossimo anno» dico e mi siedo al mio posto sfogliando il libro di inglese.
Mi viene in mente lei e la notte che abbiamo passato sui libri: mi manca.
So di aver sbagliato. Ho sbagliato a dare ascolto ai miei amici e, adesso, ne sto pagando le conseguenze; vorrei avere la possibilità di poterle spiegare.
Nei giorni a seguire ho provato a parlarle, anche con l’aiuto di Serena, ma niente. Ha sempre cercato di evitarmi, cominciando anche a farlo con l’amica.
Oggi la professoressa d’inglese ci ha convocati in aula magna. L’ho vista entrare e appoggiarsi ad una parete senza salutare nessuno.
Si è guardata intorno, un po’ imbarazzata e, appena i nostri occhi si sono incrociati, ha abbassato lo sguardo ed è andata a sedersi quattro file dietro di me.
Sta ancora male e si vede.
«Ferrari» sento pronunciare il mio nome e mi volto verso la professoressa. «Congratulazioni. Hai superato l’esame con il massimo» mi informa sorridendo.
«Grazie» rispondo. Mi volto di nuovo verso di lei e mi accorgo che mi sta guardando.
Sorride appena, probabilmente per congratularsi con me.
È tutto merito tuo, Gaia.
Mi volto verso la professoressa che, adesso, la sta guardando.
«Brava Gaia» le dice «Ti hanno mandato questo» aggiunge. Mi volto di nuovo mentre lei si alza per raggiungere la professoressa.
«Una lettera?» chiede innocentemente.
«Hanno detto che è per l’alunna più meritevole» spiega la Vietti, fiera della sua alunna.
Si, anche io sono fiero di lei.
«Grazie» risponde in imbarazzo aprendo la busta.
Il suo sorriso accennato svanisce mentre estrae un paio di fogli.
«Posso andare?» chiede.
La professoressa annuisce sorridendole e lei corre fuori.
Che cosa contiene quella busta?!
Mi alzo anch'io, ma vengo bloccato da Elena. «Dove stai andando?»
«Fatti gli affari tuoi, lasciami»
«No, non ti lascio andare da lei»
«LASCIAMI» le dico a due centimetri dal viso. Mi libero della sua presa ed esco anch'io.
«Gaia!!» grido per farmi sentire e per fermarla.
Lei non si ferma; quindi, corro più veloce e la blocco per un braccio quando riesco a raggiungerla.
«Per favore, lasciami andare» mormora senza emozione nella voce.
«Mi dai la possibilità di scusarmi?»
«Per cosa? Non ha più importanza ormai. Mettiti l’anima in pace. È finita»
«No, non dire così»
«E’ la verità. Perché non dovrei dire così?!» si guarda qualche attimo intorno e i nostri occhi si incrociano. Sorride come se fosse infastidita da qualcosa e si passa una mano tra i capelli; poi mormora «Devo tornare in classe»
«Grazie per il tuo aiuto»
Ci guardiamo, di nuovo, per qualche secondo, poi libera il suo braccio dalla mia mano e se ne va.
L’ho persa di nuovo, maledizione!
E di chi è la colpa?” mi rinfaccia la vocina dispettosa nella mia mente.
È mia, ok. Ma adesso basta. Mi sento abbastanza uno schifo per averla fatta soffrire, non occorre infierire.
In questa settimana mi sono chiesto più volte se non è stupido che ammetta di amarla.
Sono il classico tipo di ragazzo che si accorge dell’importanza di qualcuno, solo quando non c’è più nessun rapporto.
Mi sono reso conto che voglio riconquistare questa ragazza. Voglio chiederle scusa e voglio che lei provi a fidarsi di nuovo di me.
 
Pov Gaia
 
«Hai parlato con Andrea?» chiede Serena mentre finisco un esercizio di matematica.
Non rispondo; vorrei davvero concentrarmi su questo esercizio.
«Allora?» insiste.
«Mi vuoi lasciare in pace, per favore? Vorrei finire l’esercizio»
«Come fai a pensare alla scuola in questo momento?»
«Ti ricordo che  devo diplomarmi con il massimo per entrare al college»
«Sappiamo che ci entri lo stesso. Hai mostrato la lettera a tua madre?»
«No» rispondo secca.
«Dovresti. Quanto manca ormai?»
«Sei mesi, Serena! Sei! E non voglio che mi stressiate più su questa cosa! È una decisione che devo prendere io!»
«E tu dirai di si, vero?»
«Probabilmente»
«Non pensi a me? A tua madre? Ad Andrea?»
«Con Andrea è finita. Anzi, voglio restituirgli le cose che mi ha regalato» mormoro appoggiandomi allo schienale della sedia e chiudendo gli occhi.
Ho bisogno di aria pulita; ho bisogno di staccare la spina e una settimana a Firenze non mi ha di certo aiutata. Ho bisogno di cambiare vita e di vivere in modo sereno e non con la preoccupazione di vederlo in ogni angolo della città.
Quella lettera, la settimana scorsa, ha cambiato tutto.
Mio padre mi ha raccomanda in una delle più prestigiose università d’Inghilterra.
Non so come abbia fatto a contattare il college che ho frequentato durante quelle tre settimane, ma resta il fatto che, oltre al diploma dell’esame che ho passato, mi hanno mandato una lettera con la raccomandazione di mio padre e del college. Ovviamente, il tutto allegato a una lettera scritta da mio padre che spiegava il motivo per cui lo aveva fatto.
So quanto tu abbia tenuto a me e so anche di aver perso la tua fiducia e la stima che nutrivi nei miei confronti, ma ricordo che avresti voluto frequentare il college in Inghilterra. Spero apprezzerai il mio gesto. Ho mandato la tua candidatura e la lettera di raccomandazione all’università di Londra. Presto ti contatteranno per un colloquio”.
Sono rimasta a bocca aperta dopo aver letto quelle righe, ma devo ammettere che mi hanno fatto piacere.
Dopo quello che mi ha detto a Londra, dentro quel negozio, pensavo che davvero non tenesse a me. Ha dimostrato, invece, di essere anche mio padre; un padre che tiene all’istruzione della figlia e che fa di tutto per garantirle un futuro migliore.
Credevo non ne fosse in grado, ma sono contenta di sapere che mi sbagliavo.
Il problema è dirlo a mia madre. So che non sarà molto d’accordo.
Dopo gli ultimi eventi che mi hanno letteralmente travolta, mia madre ha deciso che l’Inghilterra non è di certo il posto migliore per la mia salute fisica e mentale…
Tutto è cominciato lì e adesso sto uno schifo.
È stato durante quelle settimane che mi sono innamorata di Andrea.
In effetti, devo dare la colpa proprio a settembre. È successo tutto lì.
«Gaia?» 
Serena mi riporta alla realtà. «Dimmi»
«Ti consiglio di parlare con Andrea»
«A che scopo?» chiedo alzando le spalle e cercando di non piangere.
Da quando ci siamo lasciati non faccio altro.
«Potresti ricrederti» dice seria.
«Io credo soltanto alla sua espressione seria e dura che mi diceva che non ha fatto altro che ingannarmi per tutto il tempo; tutte le cose che mi ha detto e le emozioni e… e…» scuoto la testa e una lacrima scende giù, lungo la mia guancia.
«Gaia…» chiama la mia amica posando una mano sulla mia spalla.
Non riesco a far finta di stare bene; non adesso almeno. Tiro su col naso e le sorrido «Se una persona non ti vuole stare accanto, devi solo andare avanti senza di lei, no? Lasciatemi andare avanti e non ricordatemi più di Andrea. È già abbastanza pesante per me vederlo ogni giorno. Voglio dimenticare» dico e mi alzo.
Della biblioteca ne ho piene le scatole. «Voglio andare avanti senza dovermi guardare sempre intorno con la speranza che lui ritorni da me»
«E se fosse così? Non puoi saperlo se non gli parli»
«E’ ritornato con Elena» dico, mi asciugo una lacrima e me ne vado.
Fino a qualche giorno fa pensavo si fosse pentito, ma quando li ho visti mano nella mano, due giorni fa, mi sono resa conto che è veramente finita.
Devo andare semplicemente avanti e, per farlo, devo restituirgli quello che mi ha regalato.
Adesso, vorrei tanto parlare a mia madre del college. Vorrei che mi dicesse di si e che non soffrisse, perché so che ha paura che mi riavvicini a mio padre e la trascuri, ma per me è impensabile una scelta del genere.
Mia madre è tutto quello che ho e non la deluderò.
«Tesoro, sei già a casa?» chiede vedendomi entrare in casa.
«Si» rispondo salendo direttamente di sopra.
«Gaia, stai bene?» mi chiede ancora.
«Si, tutto ok» rispondo, decidendo che stasera non è il momento adatto per parlare del mio futuro.
«Gaia, sei strana. È successo qualcosa a scuola? Andrea, magari?»
Mi lamento e infilo la testa sotto il cuscino. «Non pronunciare il suo nome, ti prego!!»
«Ok, scusa. Però, tesoro… dovresti fartela passare. Quant’è trascorso ormai?»
«Non infierire, mamma!!»
«Va bene, scusa» dice e comincia ad accarezzarmi i capelli.
Questo sarebbe anche il momento giusto.
Faccio un respiro profondo e lo dico tutto d’un fiato «Voglio studiare a Cambridge. Ho due raccomandazioni»
Mia madre mi guarda per qualche secondo; abbassa la testa e la scuote, segno che non è d’accordo ma che proverà a mandare giù la cosa.
«Di chi sarebbero queste raccomandazioni?» chiede.
«Del college che abbiamo frequentato a settembre e di…» deglutisco perché l’amaro ritorna. Provo a riprendere a parlare, ma non ci riesco.
Ed è proprio in questo momento che capisco di non poter accettare la sua lettera di raccomandazione.
Si, avrei voluto studiare dove lui si è laureato, ma adesso che ci penso, non credo sia una buona idea se non ho un bel rapporto con lui.
«L’altra è di tuo padre, vero?»
«Non è mio padre» borbotto.
«Gaia… non dire così»
«E perché no?» esclamo alzandomi dal letto e trattenendo le lacrime.
«Perché ti vuole bene, nonostante tutto»
«E come fai a saperlo? Tutti dite che lui continua a volermi bene, ma non è così che si dimostra l’affetto verso la propria figlia. Lui non si è comportato da padre e non so nemmeno perché ho preso in considerazione l’idea di poter accettare la sua raccomandazione a Cambridge. Entrerò in un’università inglese con le mie sole forze e non perché lui ha qualche diritto su quella scuola»
«E invece devi, se vuoi realizzare il tuo sogno»
«Lo voglio davvero, mamma, ma non a questo prezzo. Non passerò sopra a tutto quello che ci ha fatto passare in questi anni»
«Lasciati fuori, Gaia. Questa è una cosa che è successa tra me e lui, tu non c’entri nulla»
Come non c’entro nulla? Ha per caso dimenticato che ho passato con lui i primi sette anni della mia vita e poi mi ha lasciato senza nessuna spiegazione?!
«Io c’entro invece!! Ero lì quella sera. L’ho visto andarsene e poi ho visto te piangere per ore, ogni giorno. Mamma, non dirmi che quello che lui ha fatto non ha a che fare con me, perché ti sbagli. Ce l’ha! Quindi, non accetterò il suo aiuto»
Detto questo, anzi, urlato questo, raccolgo la mia borsa ed esco di casa, sbattendo la porta d’ingresso.
Credevo di dover lottare per farmi dire di si, invece, la situazione è completamente mutata.
Adesso sono io che non voglio nulla da mio padre e non voglio nemmeno che mia madre lo accetti. Adesso voglio che mi lasci andare.
Questi mesi si stanno rivelando i peggiori della mia vita: mio padre, la sua lettera, Andrea… soprattutto lui.
Se lo avessi avuto accanto probabilmente non mi sarei sentita così persa. Probabilmente sarei riuscita a trovare qualcosa di positivo in tutta questa faccenda, ma mi rendo conto, pian piano, che di positivo non c’è proprio nulla; e se penso che lui mi ha lasciata…
Andrea mi ha lasciata perché mi ha soltanto presa in giro durante tutto questo tempo.
È stato a letto con me soltanto perché gli andava e non perché realmente provava qualcosa per me. Lo ha fatto soltanto perché era in astinenza da un po’ e tutto questo è confermato da quello che ha fatto ogni volta che facevamo l’amore. Non mi ha mai detto quello che provava realmente e io, stupida, a cascarci ogni volta che si comportava gentilmente.
Non posso credere di essere stata così stupida.
Devo sedermi…
Lo faccio e alzo il cappuccio della felpa. Non voglio che qualcuno mi veda piangere, perché ho proprio bisogno di farlo.
Credevo di non avere più lacrime da versare per lui, e invece mi sbagliavo. Ne ho ancora, e pure tante.
Continuo a darmi della stupida, perché so che lui si è già consolato con Elena. Perché continuo a starci male? Dovrei odiarlo. Dovrei provare disprezzo per lui, eppure…
Eppure continuo ad innamorarmi di lui ogni giorno di più; continuo a sperare che lui torni da me e che mi dica che mi ama… continuo ad illudermi e a piangere.
La suoneria del mio cellulare interrompe il mio sfogo. Sicuramente sarà mia madre che vuole sapere che fine ho fatto.
Prendo il cellulare dalla tasca ma quello che vedo sul display non è il numero di mia madre.
Tiro su col naso e rispondo
«Ehi, ciao» dico cercando di non far notare più del dovuto la voce resa roca dalle lacrime.
«Ciao Gaia. Come stai?» chiede lui.
«Abbastanza bene. Tu?»
«Potrei dire lo stesso. Sono in giro, ti va di bere qualcosa? Magari parliamo un po’. Che ne dici?»
Eh, che dico?!
Accidenti, perché ho risposto?!
Ci mancava proprio lui adesso!
Però, ripensandoci, male non può farmi!
«Dico che va bene»

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Rieccomi...
Allora, come vi è sembrato?
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate del pov Andrea. E' la prima volta e spero vi sia piaciuto *_*
Ma andiamo avanti... E' successo un bel di casino e adesso questa telefonata misteriosa.... Secondo voi chi sarà?
Sarà un pò difficile adesso andare avanti, però ci proveremo lo stesso.
Adesso vado a rimettermi di nuovo a letto perchè ho troppo mal di testa xD
Un bacio e grazie a tutti voi che mi seguite e recensite. So di non ringraziarvi abbastanza spesso, ma sappiate comunque che apprezzo tantissimo il vostro supporto, anche inserendo la storia nei tre gruppi. Mi fa capire che è veramente apprezzata! Quindi, grazie!

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Capitolo 19
*** 18. *Voglio stare con te, ma...* ***


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Eccomi di nuovo qui, a postare un giorno e mezzo in anticipo. Avrei dovuto pubblicare martedì, ma un giorno prima non fa mica male, no?
Comunque, finalmente qui scoprirete chi ha chiamato Gaia nel capitolo scorso e... beh, scendere giù per scoprire! :P
Buonanotte e buona lettura.
Francy

 


Let’s blame it on September

-Capitolo 18-
*Voglio stare con te, ma…*

 
Sono qui, seduta al bar, da almeno venti minuti.
E meno male che era in giro!!
Odio le persone che mi fanno aspettare così tanto nei luoghi pubblici. Mi fanno passare per quella a cui è appena stata data un’enorme buca.
«Ehi, scusami tanto. C’era un traffico che non hai idea» esclama qualcuno sedendosi in fretta e furia.
«Ehi. No, tranquillo. Non preoccuparti» rispondo sorridendo appena.
«Tutto ok?» chiede guardandomi negli occhi.
Evito il suo sguardo, perché so che capirebbe che ho pianto e non ho bisogno che, anche lui, si metta a chiedermi cos’è successo.
«Si, magnificamente» rispondo cercando con lo sguardo il cameriere. «Cosa prendi?» gli chiedo.
«Un tè, grazie»
Dopo aver fatto le ordinazioni al cameriere ci guardiamo.
«E’ strano vederti qui» dico sorridendo.
«Si, è vero. Mi ricorda l’Inghilterra»
«Invece preferirei dimenticare quelle tre settimane» mormoro guardandomi intorno.
«E perché mai?»
«Max…» dico e faccio di no con la testa.
«Scusami, non ne vuoi parlare?»
«Esattamente» rispondo annuendo.
«C’entra quel Ferrari, vero?»
«Parliamo d’altro, ok?» sorrido a trentadue denti e mi avvicino al tavolo.
«Ok» risponde lui ridendo.
Dopo che il suo tè e la mia cioccolata sono arrivati, Max comincia a parlare del suo ritorno dall’Inghilterra e di cosa sta facendo adesso.
«Sto studiando per entrare in accademia»
«Davvero?» chiedo con la faccia parzialmente nascosta dalla tazza.
Lui annuisce e sorride. «Accademia di musica. In un paese qui vicino ce n’è una. Sono andato a prenotare l’audizione per la prossima settimana»
«Mi piacerebbe accompagnarti»
«Farebbe piacere anche a me» risponde guardandomi negli occhi.
«Magari posso saltare la scuola quel giorno»
«Non occorre»
«E’ soltanto un giorno, non fa male a nessuno»
«Non occorre perché l’audizione sarà di pomeriggio» dice ridendo.
«Ah ok. Quindi posso farti compagnia?»
«Certo. Se ti va, passo a prenderti e poi andiamo»
«Mi sembra perfetto» rispondo tutta contenta.
Non ho pensato ad Andrea nemmeno per un momento e mi sento bene, come non mi sono sentita da qualche settimana a questa parte. 
Nemmeno Firenze è riuscita a farmi così bene.
«Ti va di parlarmi di Andrea?» chiede tornando magicamente serio.
Affronto il suo sguardo e nego.
«Non ti voglio costringere, ma parlarne ti farebbe bene»
«Lo so, però se ci penso piango e non voglio più farlo. Ti basti sapere che ci siamo lasciati. Non stiamo più insieme. Non ci parliamo e domani voglio restituirgli  i suoi regali; il solo pensiero di separarmi da quegli oggetti donatomi da lui mi fa contorcere lo stomaco. È come se dovessero togliermi qualcosa e io rimanessi nuda e sola; perché è così che mi sento. Nonostante la mia migliore amica e mia madre, con lui mi sentivo completa. Adesso, mi sento perennemente sola. Anche quando sono a scuola, circondata da migliaia di ragazzi. Oltretutto me lo ritrovo sempre davanti»
«In che senso?»
«E’ stato bocciato, quindi è anche lui al quinto anno; l'incontro sempre nei corridoi»
«Mi dispiace, non deve essere facile»
«No, infatti. Soprattutto quando me lo ritrovo davanti mano nella mano con quella stupida di Elena»
«Ti ha lasciato per mettersi con lei?» chiede disgustato.
«Beh, non proprio, però non ha perso tempo, ecco. Si è subito consolato»
«Si meriterebbe che gli restituisca quel cazzotto che mi ha dato tempo fa e che non sono ancora riuscito a ricambiare»
«Non sarò io a fermarti» dico alzando le mani e scoppiando a ridere.
Lui fa lo stesso, terminando il tè.
Dopo qualche minuto di silenzio in cui ho finito la mia cioccolata usciamo a fare una passeggiata.
Abbiamo trascorso tutta la serata a passeggiare e a chiacchierare; non abbiamo più affrontato il discorso “Andrea”, decisamente off limits per me.
Abbiamo parlato delle sue ambizioni, delle mie. Delle nostre speranze e di quello che vorrei fare una volta preso il diploma.
Parlare con lui è stato così naturale e semplice che mi sono chiesta perché sono stata così cieca da non rendermi conto  prima di quanto fosse speciale Max.
Magari sarei riuscita ad innamorarmi di lui e non di Andrea.
Magari mi sarei risparmiata tutto questo dolore.
«Sono le undici» mi informa all’improvviso Max.
Mi volto a guardarlo e lui sorride «E’ già così tardi?» chiedo.
«Si. Ti riaccompagno a casa» propone.
Annuisco perché, dopo l’intera serata passata in sua compagnia, non voglio rimanere da sola.
«Domani posso venire a trovarti?» chiede.
«Vuoi ritornare?»
«Si. Mi è piaciuto trascorrere la serata con te»
Sorrido e annuisco. «Anche a me è piaciuto» confesso.
Restiamo in silenzio fino a quando non arriviamo alla macchina; dopo mille indicazioni, risate e brusche frenate, riusciamo ad arrivare sani e salvi di fronte a casa mia.
«Grazie per il passaggio, Max»
«Figurati. Adesso che so dove abiti posso venire a trovarti»
«Sarebbe bello, davvero»
«Ok» risponde sorridendo. Mi guarda per qualche secondo, poi si avvicina a me.
Lo faccio anch' io, anche se non so se è la cosa giusta da fare. In pochi secondi le nostre labbra si uniscono, muovendosi lentamente.
«Non sai da quanto desideravo farlo» mormora.
Sorrido e riprendo a baciarlo, abbracciandolo.
«Adesso vado» mormoro interrompendo il bacio.
Lui annuisce e mi lascio un piccolo bacio a stampo sulle labbra.
«Ci sentiamo domani»
Annuisco e scendo dall’auto.
Quando rientro in casa vedo la luce dello studio di mia madre accesa.
Busso ed entro.
«Mamma, sono tornata»
«Era ora! Dove sei stata?» chiede scendendo dall’impalcatura.
«Ero con un amico»
Annuisce e si avvicina «Gaia, mi dispiace per quello che ti ho detto, però… dovresti davvero lasciare tutto alle spalle. Vorrebbe recuperare se tu glielo permettessi»
«E se non volessi? Se non volessi più avere a che fare con lui?»
«Sarebbe un peccato. È pur sempre tuo padre»
«Già… beh, vado a dormire» mormoro senza forze. Salgo in camera mia svogliatamente, mi chiudo a chiave e mi dirigo senza neanche pensarci in bagno.
Mi spoglio velocemente ed entro nella doccia: ne ho proprio bisogno.
Non mi va di pensare a nulla. Né a mio padre, né ad Andrea e ora nemmeno a Max.
Ho fatto bene ad accettare di continuare a vederci?
Ho fatto la cosa giusta baciandolo?!
Forse si, forse no… sta di fatto che in quel momento mi andava e non mi pento di nulla.
Mi sento però un po’ in colpa perché sono, purtroppo, ancora innamorata di Andrea, ma non mi pento di aver baciato Max.
Dopo aver finito tutta l’acqua calda, esco, avvolgendomi velocemente nell’accappatoio.
Mi guardo allo specchio e scoppio a piangere.
Tutto mi ricorda lui; anche l’accappatoio.
Mi vesto e asciugo i capelli. Ritorno in camera e accendo lo stereo.
Mi fermo di scatto perché riconosco la canzone e direi che è perfetta per questo momento.
Mi siedo sul letto continuando a piangere e ascoltando “Life without you”.
Non poteva esserci canzone più perfetta di questa!
Asciugo malamente le lacrime e mi alzo, cercando tutto quello che è di Andrea.
Il suo regalo per il mio compleanno, il vestito che mi ha comprato, il suo bracciale di cuoio, la protezione di gomma dell’I-phone che trovavo divertente, il suo profumo, le nostre foto. Non voglio più avere niente di suo.
Metto tutto in una scatola e spengo lo stereo, completamente distrutta.
Prendo il cellulare e controllo che non ci siano sue foto. Per fortuna no, quindi spengo tutto e mi metto a dormire.
Per almeno nove ore non voglio pensare a nulla.
Ovviamente, come se anche il tempo ce l’avesse con me, la mia sveglia suona praticamente subito.
Non mi sembra di aver dormito tanto.
«Gaia, sei sveglia?» urla mia madre dal piano di sotto.
«Si, sono sveglia» mormoro, alzandomi dal letto come uno zombie.
Doccia, vestiti, letto, zaino, scatola.
Tutti gesti a cui non ho pensato, ma che ho soltanto eseguito. E non voglio nemmeno cominciare a farlo adesso mentre prendo in mano la scatola.
«Gaia, che ci fai con quella?» chiede mia madre mentre sto per uscire di casa.
«Sono le cose di Andrea» mormoro guardandola.
Lei fa lo stesso, ma il suo sguardo è triste e preoccupato.
«Ci vediamo nel pomeriggio» dico ed esco.
Dio mio, in che razza di guaio mi sono cacciata? Non riuscirò mai a lasciarmi alle spalle quel ragazzo. Nemmeno la musica mi aiuta. È come se anche lei mi dicesse che non posso dimenticarlo. Sto ascoltando tutte le canzoni che mi ricordano lui.
È una persecuzione.
Per fortuna arrivo presto a scuola, così posso smettere di torturarmi con la musica.
Serena è la prima a vedermi. Mi viene incontro e mi abbraccia. È felice. Cosa le è successo?
«Tutto ok?» chiedo sorridendo.
«Molto più che ok» risponde con un sorriso a trentadue denti.
«Beh? Che succede?»
«Massimo mi ha chiesto di sposarlo!!» esclama mostrandomi la mano.
Oh dio…
«E’… è fantastico» dico sforzandomi di sorridere. L’abbraccio e chiudo gli occhi.
Li riapro e la prima persona che vedo è Andrea. Faccio un respiro profondo e sciolgo l’abbraccio.
«Sono felice per te, tesoro»
«Davvero? Non credi sia troppo presto?!»
«Lo ami?» chiedo.
«Si» risponde lei con gli occhi a cuoricino.
«Allora, finisci la scuola e sposatelo!» dico ridendo.
«Grazie» mormora guardandomi.
«E di che?»
«So che non è un bel momento per te»
«Non preoccuparti. Sto chiudendo con questo momento» dico guardando verso Andrea.
«Sono le sue cose?»
Annuisco e la guardo «Torno subito»
Faccio un respiro profondo e mi avvicino a lui e ai suoi amici.
Vedo Luigi indicarmi ad Andrea e quest’ultimo voltarsi.
«Ciao» dico avvicinandomi a loro.
«Ciao» risponde lui sorridendo.
Guardo gli altri, salutando Giorgio e Alessia. Elena mi sta fulminando con lo sguardo.
«Ti ho portato questa» dico dandogli la scatola.
«Cos’è?» chiede.
«Le tue cose e il vestito che mi hai comprato»
«Non le voglio»
«Nemmeno io» rispondo e mi volto, ma lui mi ferma per un braccio.
«Devo andare in classe»
«Perché mi dai adesso queste cose?»
«Perché… perché speravo avresti cambiato idea, ma adesso non mi importa più. Ho capito che sei veramente come tutti gli altri. Sapevo che non mi sarei dovuta fidare di te e che non sarei dovuta venire a letto con te. È chiaro che, per te, ero solo un divertimento»
«Non…» inizia a parlare, ma lo interrompo.
«Non dire niente. Non voglio rovinare il tuo rapporto con Elena. Addio Andrea»
Lo lascio da solo e, in silenzio, mi dirigo in classe.
Che giornata di merda!
 
«Gaia, sei ancora con noi?» mi chiede qualcuno.
Mi riprendo dalla trance: la professoressa di italiano mi sta guardando.
«Mi scusi» mormoro asciugando una lacrima sfuggita al mio controllo.
E' da tre ore che sto cercando di trattenermi ma, tra poco, scoppierò a piangere. «Posso uscire, per favore?» chiedo.
I miei occhi sono già lucidi.
Lei sorride e annuisce «Grazie» rispondo alzandomi e uscendo velocemente dalla classe. Le mie compagne conoscono il motivo del mio malessere, ma non voglio che mi vedano piangere.
Vado in bagno e mi ci chiudo dentro.
Scoppio a piangere pensando a quello che ho fatto questa mattina.
Ho detto addio ad Andrea e sto per cadere nella depressione più totale.
Perché mi sento così?
Perché mi sento come se mi mancasse costantemente l’aria?
Perché ho l’impressione di aver fatto un errore?
Voglio stare con lui.
Lo amo con tutto il cuore e voglio che lui stia con me e non con quella stronza di Elena.
Un altro singhiozzo mi fa male al petto. Mi siedo per terra e mi porto le gambe al petto. Voglio stare con lui…
Voglio stare con lui…
Sento qualcuno entrare in bagno e casino dei corridoi. Mi alzo cercando di asciugare le lacrime ma, quando vedo chi è entrato, non mi importa più.
Mi butto su di lui e piango contro il suo collo.
«Perché stai piangendo?» chiede accarezzandomi la schiena.
«Pensavo di riuscire a dirti addio, ma ti amo troppo per farlo» dico piangendo.
«Oh Gaia…» mormora stringendomi ancora. «Non ti meriti questo»
«Appunto. Aiutami a dimenticarti, ti prego»
«Non voglio che mi dimentichi»
«Ma devo!» esclamo piangendo ancora.
«Lo so… lo so»
«La ami?» chiedo sciogliendo l’abbraccio.
«Chi?» dice guardandomi. Anche lui ha gli occhi rossi.
«Elena»
«No»
Annuisco e mi avvicino di nuovo per abbracciarlo. «Non dovrei stare così vicino a te, ma ne ho bisogno»
«Non pensarci. Resto qui, finché sarà necessario»
Annuisco e respiro il suo profumo.
«Devo dirti una cosa» dice all’improvviso e il mio cuore comincia a gonfiarsi di speranza.
«Cosa?» mormoro con voce roca.
Sento il suo corpo irrigidirsi e il suo cuore cominciare a battere velocemente.
Che sia il momento che ho atteso da quel sabato? Anzi, da settembre?
«Uhm…» mormora e mi allontana. Ci guardiamo negli occhi, ma per il mio bene, devo mantenere le distanze. Mi allontano, riappoggiandomi al muro.
«Cosa devi dirmi?» chiedo intuendo che non saranno buone notizie.
«Quella sera, quando abbiamo litigato… sono, sono stato con Elena»
Sgrano gli occhi, ma mi riprendo subito. Sembrano essersi trasformati in fontane. «Hai… hai fatto sesso con lei?»
«Si» mormora abbassando lo sguardo.
Le lacrime scendono silenziose. «Non mi avevi ancora lasciata e ti eri già consolato con lei! MI FAI SCHIFO!» urlo ed esco, correndo, dal bagno.
Ora sto peggio di prima.
Non voglio più sentirlo nominare.
«Gaia, tesoro, tutto ok?» chiede una mia compagna quando entro in classe in lacrime.
Scuoto la testa e ritorno al mio posto, appoggiando la testa sul banco e piangendo a dirotto.
«Chiamo Serena?»
«No» dico tirando su col naso «Non voglio rovinarle questo giorno»
«Lo so, però se ti fa bene parlare con lei, non le importerà»
Nego di nuovo e ricomincio a piangere silenziosamente.
La mia compagna mi accarezza i capelli e riesco a calmarmi un po’, fin quando non sento la voce di Serena che, da felice e spensierata, si trasforma in preoccupata non appena mi vede.
«Cos’è successo?» esclama.
«Non ha voluto dire niente. Si è seduta e piange da venti minuti»
«Gaia, cos’è successo?» mi chiede Serena sostituendo le sue mani a quelle dell’altra ragazza.
Mi alzo e l’abbraccio. «E’ stato con Elena! Quella sera ha fatto sesso con Elena»
«Accidenti… mi dispiace davvero tanto»
I singhiozzi non mi danno tregua «Vieni, usciamo un po’»
«Voglio andare a casa»
«Ti faccio fare una giustificazione e ti accompagno»
Annuisco e, mentre rimango seduta accanto a lei, Serena falsifica la firma di mia madre e scende al piano di sotto.
Nel frattempo continuo a pensare alle parole di Andrea; più ci penso, più lo odio, più mi sento uno schifo.
«Andiamo» mi dice Serena ritornando in classe.
Annuisco e prendo il mio zaino. Abbracciata a Serena e con le lacrime che, silenziosamente rigano il mio viso, usciamo da scuola.
«Vuoi chiamare tua madre?» mi chiede.
«No. Voglio solo stare da sola»
«Gaia!!!» sento urlare qualcuno. Mi volto, Andrea si sta avvicinando a noi, mentre Elena lo segue come un cagnolino; un cagnolino arrabbiato, perché mi sta fulminando con lo sguardo.
Serena si ferma, ma io la trascino verso la macchina. «Non fermarti per favore» le dico.
«Gaia, fermati» dice Andrea avvicinandosi. «Cos’è successo?» chiede.
«Lasciami in pace» dico a denti stretti, voltandomi.
«Andrea, torniamo dagli altri, per favore. Lasciamo perdere questa sfigata» dice Elena con la sua voce fastidiosa.
Mi volto di scatto e mi avvicino a lei «Sei una stronza»
«Dai della stronza a me? Mi hai fregato il ragazzo; direi che la stronza fra noi due sei tu»
Senza pensarci la mia mano colpisce la guancia di Elena, provocando un rumore forte. La mia mano brucia, ma mi sento terribilmente meglio.
Elena mi guarda sconvolta tenendosi la guancia; Andrea è scioccato almeno quanto lei, Serena mi tiene per lo zaino.
«Non provare a darmi della stronza!» dico, con la voce rotta dal pianto, puntandole un dito contro. Nonostante le lacrime riesco a sembrare cattiva e arrabbiata «Sei stata con il mio ragazzo! Hai fatto la puttana con lui… Devi vergognarti per aver fatto una cosa del genere. Devi anche rassegnarti all’idea che lui non sia innamorato di te, perché non lo è e tu continui soltanto a renderti ridicola»
«Beh, non è innamorato neanche di te se dobbiamo dirla tutta» dice mostrandosi coraggiosa.
«Questo è vero, ma almeno me ne sono fatta una ragione» rispondo.
Mi volto guardando di sfuggita Andrea,  ancora un po’ provato; me ne vado, ma la mano di Elena tra i miei capelli mi fa indietreggiare.
«Non provare più a schiaffeggiarmi!» esclama tirandoli.
«Elena! Piantala!» urla Andrea togliendo le sue mani dai miei capelli e spingendola lontano, mentrefinisco tra le sue braccia.
Mi sta accarezzando i capelli.
«Lasciami!!» urlo spingendolo via. «Mi fai schifo. Adesso che sei felicemente single vai a scoparti la tua Elena. Bianchina ha chiuso!!» gli urlo guardandolo con gli occhi pieni di lacrime e rabbia.
«Gaia…» mormora lui.
«Sparisci dalla mia vita e tu» dico puntando un dito contro Elena «Non provare mai più a toccarmi!»
Un ultimo sguardo pieno d’odio ad entrambi e mi volto verso Serena per salire in macchina.
«Gaia…»
«Portami a casa, per favore» dico duramente. Mi appoggio al finestrino e resto in silenzio.
«Nel Pomeriggio passo a trovarti» dice Serena fermandosi davanti casa mia.
«Non occorre. Grazie per quello che hai fatto oggi»
«Mi piacerebbe fare di più»
«Non potresti fare di più. Goditi la giornata e non pensare a me. Quando festeggerete il grande avvenimento me lo dirai» Scendo dall’auto facendole l’occhiolino ma, appena mi volto, le lacrime si ripresentano.
Entro velocemente in casa, salgo in camera e mi chiudo a chiave.
Non voglio sentire e vedere nessuno.
Non voglio sentire e vedere Andrea!

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Allora? Piaciuto il capitolo?! *_*
Siete d'accordo sul fatto che sia stato Andrea a confessare il tradimento con Elena a Gaia? Personalmente avrei preferito scoprirlo da lui piuttosto che da altri! E finalmente l'incontro-scontro con Elena! Piaciuto? xD
Che altro... Ah, si! Il ritorno di Max! Sinceramente mi è venuto il latte alle ginocchia scrivendo di loro due -_- però è stato necessario!
Che ne pensate?!
Un bacio e al prossimo capitolo.. Ormai siamo agli sgoccioli :'(
Grazie per essere arrivati fin qui con me! <3

 

 

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Capitolo 20
*** 19. *Max vs Andrea* ***


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E' passata un'altra settimana? .____.
Bene, non me ne sono accorta! Pensavo di avere ancora qualche giorno prima di pubblicare questo capitolo!
Ne mancano ancora 2 e poi l'epilogo ç_____ç
Come potete vedere dal titolo ci saranno tante belle cose xD
Buona lettura :*

 


Let’s blame it on September
 
Capitolo 19
*Max vs Andrea*

 
«Mamma, oggi pomeriggio non torno a casa»
«Come scusa? Dove vai?»
«Accompagno un amico a fare un audizione»
«Ma dove?»
«Qui vicino mamma, non preoccuparti. Torno per cena»
«Andrea che ne pensa?»
La guardo di traverso. Perché lo ha dovuto nominare? Non le è bastato quello che ha visto la settimana scorsa?
«Andrea non c’entra proprio niente»
«Non vi parlate più?»
«No. Senti mamma, non ne voglio parlare e devo andare perché sono in ritardo»
Lei annuisce, mi alzo da tavola appoggiando la mia tazza nel lavello. Le bacio la guancia e afferro lo zaino.
«Buona giornata» urla.
«Grazie, anche a te» rispondo sorridendo.
Esco di casa e, con una playlist completamente rinnovata, mi dirigo a scuola.
Durante la settimana scorsa è stato un po’ difficile ignorarlo ma, grazie alla notizia del matrimonio di Serena, mi sono distratta molto.
Anche Max ha fatto la sua parte.
Con il tempo, trascorrere sei ore tra le mura scolastiche è diventato molto più facile; anche perché non mi sono fatta vedere molto dagli altri. Ho passato il tempo in classe, in modo di evitarlo più facilmente e così, effettivamente, è stato.
«Ragazza!! Vieni qui!!» esclama qualcuno urlando appena varco i cancelli della scuola.
Mi volto e vedo Serena seduta in macchina.
Sorrido e la raggiungo.
«Che c’è?» chiedo entrando in macchina.
«Mi devi aiutare»
«Se mi dici cos’è successo»
«Dobbiamo organizzare la festa per il matrimonio»
«Lo avete detto ai vostri genitori?»
«Si, e stranamente hanno accettato la cosa»
«Che bello!!» grido buttandomi su di lei abbracciandola.
Scoppiamo a ridere e, dopo aver parlato dell’organizzazione, ci dirigiamo verso l’entrata della scuola. 
«Chi hai invitato?» chiedo.
«Ma nessuno in particolare… siamo in pochi per festeggiare»
Annuisco e mi stringo a lei. «Come ti senti?»
«E’ strano pensare che, tra un anno, sarò sposata»
«Dai che andrà tutto bene»
«Lo spero» mormora abbracciandomi. «Senti, ma… dov’è che devi andare oggi pomeriggio?»
«Uhm… accompagno Max ad un'audizione, ti ricordi di lui?»
«Max… il tipo con gli occhi azzurri e i capelli biondi?»
«Si, proprio lui» rispondo alzando gli occhi al cielo. Ricordo quando le avevo detto che non era il mio tipo e che, secondo lei, il mio tipo invece aveva i capelli biondi e gli occhi verdi:
Mr Ti Mollo Perché Voglio Ascoltare I Miei Amici.
«Non è il tuo tipo» dice guardandomi con un sorriso.
«Si, certo… andiamo va» rispondo ridendo.
Per le successive cinque ore, io e Serena non affrontiamo più l'argomento ma, quando bussano alla porta ed entrano le persone che meno mi sarei aspettata di vedere, tutto crolla.
«Ferrari, Marotti. Cosa fate qua?» chiede la mia professoressa di matematica.
«Uhm, siamo venuti a chiedere se Bianchi può uscire. Dobbiamo andare in aula magna» spiega Andrea guardando la professoressa «La professoressa Vietti ha convocato il gruppo che è stato in Inghilterra lì» aggiunge guardandomi.
Annuisco e mi alzo. «Posso?» chiedo alla professoressa.
«Si, certo. Ti farai dare gli esercizi dalle tue compagne»
Annuisco ed esco dalla classe.
Perché mandare proprio loro?
Alessia non andava bene? O qualsiasi altro ragazzo che era con noi?
No, proprio loro due: uno mi odia e l’altro mi ha soltanto usata per il suo divertimento.
Mentre ci dirigiamo in aula magna restiamo in silenzio, fin quando non decido di parlare.
«Che vuole ancora?» chiedo.
«Non lo so» risponde brusco Luigi, ma Andrea lo schiaffeggia sulla nuca.
«Hanno parlato di una festa» mi spiega quest’ultimo.
«Capisco» mormoro.
Dopo questo piccolo scambio di battute, non diciamo nulla, fin quando non siamo con gli altri.
«Ciao Gaia!» esclama Alessia correndo ad abbracciarmi.
«Ehi, ciao…» mormoro imbarazzata. Elena era vicino a lei. Ha cominciato a guardarmi in cagnesco ma, se prova a toccarmi, è una puttana morta!!
«Come stai?» mi chiede Alessia guardando un po’ Andrea e un po’ me.
«Sto bene» dico e mi rendo conto che non sto mentendo. So che è passata una settimana da quando ho avuto quel crollo ma, grazie a Max, sto ritrovando il sorriso e soprattutto me stessa.
Mi ero un po’ persa durante quei giorni. La mancanza di Andrea mi aveva davvero sconvolta, ma ben presto, ho capito che lui mi aveva soltanto presa in giro e che non potevo davvero essermi innamorata di una persona così. Ovviamente, se qualcuno lo nomina o se mi trovo molto vicina a lui, mi sento un po’ strana; ma credo sia normale dopo quello che mi ha fatto passare, no?
Forse tutto quello che ho provato per lui mi ha soltanto fatto capire che merito sicuramente di meglio.
«E’ Max il tuo meglio?» mi aveva chiesto Serena e non avevo saputo rispondere né positivamente né negativamente.
Ho semplicemente risposto «Voglio scoprirlo e lasciarmi andare» ed è quello che ho intenzione di fare.
«Verrai a questa festa?» chiede saltellando su se stessa.
«Non ho la più pallida idea di cosa sarà» mormoro avvicinandomi alla professoressa.
Mi guardo intorno e Andrea, insieme ad Elena, è un po’ più lontano da dove sono io.
Distolgo lo sguardo e sorrido.
Alla fine, sono contenta per loro. Si sono ritrovati.
«La settima prossima Ci sarà una festa qui a scuola, in aula magna. Vi dovrete organizzare fra di voi per l’organizzazione perché ognuno di voi dovrà portare qualcosa. Quindi, musica, cibo, bevande. Avrete un budget di duecentocinquanta euro. Gaia?»
Dice a me?
Mi avvicino cercando di concentrarmi soltanto su di lei.
«Ti verranno date le chiavi dell'Istituto in modo da poter preparare l'aula magna per la festa. Ti aiuteranno Alessia, Giorgio, Luigi e Andrea»
Oh, merda!
Annuisco e ritorno vicino ad Alessia.
«Te la senti?» chiede.
«Certo» rispondo sorridendo. «Alla fine si tratta soltanto di trascorrere un pomeriggio ad organizzare la serata, no?»
«Bisogna anche andare a fare la spesa»
«Ah… vabbè possiamo dividerci i compiti» mormoro incrociando le braccia sul petto e guardando la professoressa che ci sta dicendo di ritornare in classe altrimenti gli altri professori si sarebbero lamentati troppo.
«Ci vediamo in giro» dico ad Alessia abbracciandola.
«Fammi sapere quando vuoi iniziare ad organizzare la faccenda»
«Certo» rispondo sorridendo e voltandomi per uscire. Sono le tredici e Max dovrebbe essere già fuori dall’istituto ad aspettarmi.
«Gaia, hai un momento?»
«No, non ce l’ho!» rispondo riconoscendo la voce di Andrea.
«Non si tratta di noi due, se è per questo che mi stai evitando. Voglio parlarti della festa»
«Non ho tempo e basta. Mi aspettano e devo andare» dico fermandomi e guardandolo con la coda dell’occhio.
Lo vedo aggrottare le sopracciglia e riprendere a camminare per raggiungermi.
«Chi ti sta aspettando?» chiede mentre usciamo.
«Non sono affari tuoi» esclamo sovrastando le voci degli altri ragazzi.
«Ehi Gaia! Sono qui» esclama qualcuno afferrandomi per un braccio.
Mi volto; Max è davanti a me, Andrea è nei paraggi e questo non promette nulla di buono.
«Tu…» mormora proprio quest'ultimo.
Cazzo!!
«Ciao Andrea» mormora Max infastidito.
«Esci con lui? È per questo che sei così felice e sorridente?» chiede Andrea con fare molto antipatico.
«Volevi che restasse a casa a piangere per te? A disperarsi perché, da brutto coglione quale sei, hai preferito un’altra a lei?» Max si sta scaldando molto e non voglio che arrivino a picchiarsi qui, adesso… «Non si merita uno come te»
«Non merita nemmeno uno come te» dice Andrea a denti stretti.
«Questo lo vedremo» Max fa lo stesso, avvicinandosi a lui.
Lo sta provocando e tra poco Andrea lo picchierà, ne sono sicura.
«Andiamo per favore» dico prendendo Max per mano.
«Vai davvero con lui?!» chiede Andrea schifato.
«Hai qualche problema in proposito? No, perché ho smesso di preoccuparmi di quello che pensi da tempo. E ora lasciami in pace»
«No! Aspetta. Io…» Andrea mi afferra un braccio per bloccarmi; adesso mi trovo in mezzo ai due.
Non faccio nemmeno in tempo a voltarmi che il pugno di Max si scaglia sullo zigomo di Andrea.
«Lasciala in pace!!» urla abbassandosi al livello di Andrea, sdraiato per terra, mentre tutti gli altri lo stanno soccorrendo.
«Max… no» mormoro preoccupata. Guardo Andrea, ma lui mi sta guardando.
Non posso continuare a guardarlo sdraiato per terra e dolorante. Non posso cedere adesso.
«Vieni, andiamo»
Lo guardo per l’ultima volta; lui fa lo stesso facendo segno di no con la testa. Si rialza e, spingendo lontano i ragazzi intorno a lui, ritorna dentro, credo…
Nel frattempo, mi lascio trascinare via da Max.
«Come stai?» mi chiede.
«Sto bene» mormoro leggermente sotto shock.
Sono sconvolta, non da quello che è successo, ma da quello che ho provato quando Max ha colpito Andrea. Avrei voluto chiedergli come stesse, ma so che, se lo avessi fatto, probabilmente sarei ritornata a stare come una settimana fa.
Avremmo passato qualche minuto insieme, forse ci saremmo baciati e poi, magari, lui sarebbe tornato da Elena.
No, ho fatto bene a non preoccuparmi per lui.
Adesso ciò che conta è l’audizione di Max.
«Spero tu non ti sia fatto male» dico guardando la mano di Max.
«No, sta bene»
«Sei sicuro?»
Si ferma e mi guarda sorridendo «Si, sono sicuro. Adesso vai a prendere il tuo zaino. Io ti aspetto qui»
Si abbassa alla mia altezza e mi lascia un bacio sulla fronte.
Sorrido e mi volto per salire nella mia classe.
Quando entro c’è Serena vicino la finestra. «Che cos’è successo là fuori?» chiede.
«Max ha picchiato Andrea» mormoro prendendo lo zaino.
«Cosa?!?!»
«Andrea non voleva lasciarmi andare e Max lo ha colpito. Aspettava questo momento da qualche mese, credo» dico.
«Non portare più Max qui, per favore»
«Sono perfettamente d’accordo. Nonostante provi un certo odio nei confronti di Andrea non mi è piaciuto quello che Max gli ha fatto»
«Perché non sei rimasta con lui?»
«Perché non posso. Se mi lascio andare adesso sarebbe come ritornare alla settimana scorsa»
«Non puoi saperlo»
«Lo so, ma adesso è passata. Ah, comunque dovrò organizzare con lui la festa, quindi… credo che gli chiederò come sta quando saremo insieme»
«Uhh…» Serena sta cercando in tutti i modi di farmi andare verso Andrea. So che lei gli darebbe un’altra possibilità, ma dimentica che lui mi ha lasciata.
Adesso, per esempio, mi guarda maliziosa. Pensa sicuramente che, grazie a quest’occasione, possa riaccendersi la fiamma. Ma la fiamma è stata spenta e sepolta sotto la terra umida!! Peggio di così…
«Togliti dalla mente quell’idea. Organizzeremo soltanto la festa e basta»
«Certo, certo… intanto tu vai» dice sorridendo e spingendomi verso l’uscita.
Scoppio a ridere e la saluto. 
Quando vedo Max vengo catapultata al mio primo giorno di scuola, quando ad aspettarmi fuori c’era Andrea.
Il mio sorriso si spegne, ma faccio finta di niente e raggiungo il ragazzo che mi aspetta.
Durante il viaggio, non diciamo molto.
Non ho smesso di pensare un attimo ad Andrea.
Ho pensato di mandargli un messaggio, ma non so quanto possa essere utile.
Guardo ancora il cellulare, rigirandomelo tra le mani.
Non avrei voluto che ti picchiasse” scrivo prendendo un po’ di coraggio. Adesso l’ultimo passo è premere “Invia”.
Faccio un respiro profondo e, chiudendo gli occhi, lo invio.
La risposta arriva qualche secondo dopo “Io, invece, non avrei voluto che tu uscissi con lui, ma non possiamo avere tutto nella vita
Il suo messaggio mi fa venire i brividi e mi fa battere il cuore velocemente.
Non posso continuare a pensare a te. Voglio stare bene
Non so perché gliel’ho scritto, ma almeno adesso sa qual è  il mio punto di vista.
Ora che ci rifletto bene, sarebbe stata una buona idea rimanere in Inghilterra. Io e te. Per sempre
Oh mio dio. Non può dirmi questo. Glielo avevo chiesto io il giorno dopo la festa in piscina. Avevo scoperto da poco di essere molto più che invaghita di lui e adesso… adesso ci parliamo a malapena.
Sento i miei occhi riempirsi di lacrime, ma le ricaccio indietro e nascondo il telefono nello zaino.
«In cosa consiste l’audizione?» chiedo per distrarmi.
Max mi guarda, ma per fortuna, ho gli occhiali così non può vedere gli occhi lucidi.
«Devo comporre un pezzo al pianoforte»
«Ho sempre desiderato suonarlo, ma non ne sono mai stata in grado» ammetto.
Max sorride e mi prende la mano «Potrei insegnarti io»
«Hm… potresti» rispondo sorridendo.
Il viaggio continua in silenzio; ascoltiamo le canzoni che passano alla radio e, quasi a volermi ricordare chi non voglio ricordare, le note di Home di Michael Bublè riempiono l’abitacolo.
La mia mente è automaticamente catapultata a quella sera; quando Andrea mi ha rivelato di avere una cotta per me da molto tempo. Soltanto adesso mi rendo conto di quanto sono stata stupida a fidarmi. Non potevo sapere…
Mi ha detto di essere la sua casa, che la canzone gli ricordava me e che, qualsiasi cosa sarebbe successa, io sarei stata sempre lì per lui.
Bella deficiente sono stata.
«Puoi cambiare?» chiedo a Max cercando di non scoppiare in lacrime.
Nonostante voglia lasciarmi Andrea alle spalle, è difficile farlo in questi momenti.
«Certo» risponde premuroso lui, ma per fortuna, qualche minuto più tardi arriviamo davanti all’accademia.
«Siamo arrivati» mormora stringendo forte il volante.
Poso la mia mano su di lui e gli sorrido «Andrà bene, vedrai»
«Lo spero»
«Come sta la mano?» chiedo prendendola nella mia e accarezzandola.
«Per il momento sta bene, ma non vorrei che, tra poco, si gonfiasse. Lo picchierò seriamente se mi manda all’aria l’audizione»
«Non sarà necessario. Tutto andrà meravigliosamente bene»
«Si, sicuramente» dice lui sorridendo.
«Dai andiamo…»
Annuisce e scendo dall’auto.
Icorridoi sono pieni di ragazzi e ragazze nervosi ed agitati.
«Dove devi andare?»
«Secondo piano, aula 3»
«Vuoi che ti accompagni, o preferisci che rimanga qui?»
«Puoi venire, se vuoi»
«Grazie»
Lo abbraccio e, in silenzio, saliamo al secondo piano.
 
«Com’è andato il tuo appuntamento con quell’idiota?» chiede Andrea appena entro nella sua auto.
Il suo occhio nero è ancora evidente. Eppure sono passati tre giorni.
Un po’ mi sento comunque in colpa… Nonostante Andrea non mi stia tanto simpatico al momento, non avrei mai voluto che Max lo picchiasse.
Oggi mi sono sentita con Alessia per andare a comprare  le cose necessarie per la festa, ma non mi sarei mai aspettata di trovare anche Andrea ad aspettarmi fuori casa mia.
«Non ti riguarda» rispondo chiudendo la portiera.
Per fortuna Alessia non ha pensato di spostarsi sui sedili posteriori per lasciarmi sedere accanto a lui.
«Ok, sappiamo già dove andare?» chiede Alessia, probabilmente per farci cambiare argomento.
Noto che Andrea mi guarda dallo specchietto retrovisore, quindi provo a non guardare in quella direzione e mi concentro sulle parole di Alessia.
«Si, c’è un Lidl qui vicino. Possiamo fare la spesa lì» dico controllando di avere in borsa la busta con i soldi che mi ha consegnato il preside.
«Perfetto allora» mormora Andrea. «Alessia, manda un messaggio a Luigi per dirgli dove raggiungerci»
Perfetto. Come se Andrea non bastasse, deve essere presente anche Luigi, magari, alla fine, spunterà anche Elena.
Sospiro e mi appoggio allo schienale. Questo pomeriggio sarà devastante, me lo sento.
Mentre ci dirigiamo al supermercato, il mio occhio cade su qualcosa di colorato accanto a me. È il plaid che ha usato Andrea per coprici quando abbiamo passato la notte in macchina. Immediatamente i ricordi si fanno strada nella mia mente. Ogni singolo momento si ripresenta vivido nella mia mente.
Alzo lo sguardo e vedo che Andrea mi osserva. Probabilmente lo ha fatto di proposito. 
Vuole per caso farmi scoppiare a piangere qui?!
Scordatelo!  
Distolgo lo sguardo dallo specchietto e guardo fuori.
Vorrei che questa giornata finisse presto.
«Dobbiamo prendere tante cose alcoliche?» chiede Alessia scendendo dall’auto.
Faccio lo stesso e cerco di restare il più lontana possibile da lui.
«Fate voi. Non mi sono mai dovuta preoccupare di organizzare una festa» ammetto.
«E se non ci fossimo stati noi?» chiede Andrea avvicinandosi.
«Mi sarei fatta aiutare da qualcun altro» rispondo ristabilendo le distanze.
Quando ci avviciniamo a Luigi, sia lui che io, non ci disturbiamo a salutarci.
Mentre loro parlano, prendo il carrello per la spesa e mi avvio dentro il negozio.
«Per prima cosa patatine e schifezze varie» esclama Alessia, mano nella mano con Luigi. Si allontana e questo significa che devo restare da sola con Andrea.
«Potresti non ignorarmi almeno oggi?» chiede affiancandomi.
«Ci provo» mormoro avvicinandomi al primo scaffale. Afferro qualche confezione di tovagliolini di carta e bicchieri che Andrea prende dalle mie mani e mette nel carrello. «Potevo farlo da sola» dico guardandolo storto.
«Non sei gentile»
«Nemmeno tu»
«Gaia… devi…» Prima che cominci a fare qualche piccolo monologo sulla nostra pseudo-relazione, lo fermo.
«Non dire niente perché non voglio sapere nulla. Voglio che questa giornata finisca presto, quindi, per favore, rendimi le cose semplici»
«Ti sei messa con lui?» chiede ignorando quello che gli ho detto.
«Non sono affari tuoi»
«Ti prego…»
«Andrea, mi hai lasciata! E come se non bastasse, ti sei fatto quella cretina di Elena mentre, in teoria, stavamo ancora insieme; non hai il diritto di sapere se sto con un’altra persona» dico guardandolo negli occhi.
«Quindi non ti dispiacerà se ricambierò l’occhio nero» dice arrabbiato.
«Mi dispiace per quello»
«Non farlo… Ho visto come ti è dispiaciuto che quel deficiente mi mettesse KO»
«Te la sei cercata»
«Come no. Vado a cercarmi tutto!. Il fatto che tu ti sia messa con quello lì mi ha fatto incazzare un po’. Perché proprio lui?» chiede esasperato.
«Cosa te ne frega?!?! Non sei per niente coerente, Andrea. Posso mettermi con chi voglio, a te non deve importare e poi, neanche tu hai perso tanto tempo»
«Ah quindi lo hai fatto per ripicca?!»
«Non l’ho fatto per ripicca, non ho fatto niente» mi fermo e lo guardo. Mi fa male fissarlo negli occhi, ma deve capire, una volta per tutte, che deve lasciarmi in pace. «Noi due non stiamo più insieme. Non ti devi più impicciare! Tu continui con la tua vita e io continuo con la mia. Intesi?»
«E se pensassi di aver sbagliato?» chiede guardandomi serio.
«E’ impossibile che tu abbia cambiato idea e, anche se fosse, i tuoi amici saprebbero come farti cambiare idea. Adesso sbrighiamoci. Voglio andarmene a casa il prima possibile»
Da quel momento in poi non diciamo una parola; ci limitiamo soltanto a collaborare per la festa, ma per il resto, non ci siamo più parlati.
«Gaia, credi che venticinque bottiglie alcoliche possono bastare per tutti?»
La guardo perplessa. A me chiede consiglio?
«Non preoccupatevi. Prima della festa faremo in modo che i beveraggi bastino per tutti» la rassicura Andrea.
«Perfetto! Adesso possiamo andare alla cassa» esclamo contenta che il pomeriggio stia per finire.
Dopo il conto, Andrea mi aiuta a spingere il carrello con le bottiglie, mentre Luigi e Alessia portano i sacchetti con gli snack.
«Se vuoi posso tenere le bottiglie fino a venerdì» si offre Andrea.
«Si, va bene» rispondo sorridendo.
«Ok…»
Proprio nel momento in cui mi rendo conto che dovrò stare in macchina da sola con Andrea, perché Alessia andrà con Luigi, il mio cellulare decide di squillare.
Lo estraggo dalla tasca e leggo il nome di Max. «Ehi, ciao» rispondo.
«Ciao. Dove sei?»
«Uhm… sono, sono appena uscita dal supermercato, tu?» chiedo guardando Andrea.
«Sto andando a casa tua. Ti devo dire una cosa»
«Ah, ok… Ci vediamo lì allora»
«Va bene, a dopo allora»
«A dopo» riaggancio sorridendo e aiuto Andrea a mettere l’ultima confezione di bottiglie nel bagagliaio della sua auto.
«Ci vediamo domani a scuola» mi saluta Alessia abbracciandomi. «Fate pace» sussurra e, prima di andarsene, mi fa l’occhiolino.
«Certo…» mormoro un po’ sottosopra.
Quando salgo in macchina, sento il magone in gola e la cosa non promette nulla di buono.
Inforco gli occhiali e metto la cintura, guardando fuori dal finestrino.
«Dobbiamo continuare a non dirci nulla?» chiede mettendo in moto.
«Di cosa vuoi parlare?»
«Come sta andando a scuola?» chiede ma, il suo misero tentativo di tornare all'argomento che vuole affrontare, mi fa alzare un sopracciglio.
«Alla grande, grazie» rispondo sorridendo.
«Uhm…»
«Senti, non siamo costretti a parlare, anche perché non saprei proprio cosa dirti, quindi… stiamo in silenzio, facciamo prima»
«Avrei così tante cose da dirti Gaia…»
«Andrea, ormai è tardi per parlare, recuperare o fare quello che vorresti. Mi hai fatto male e, adesso, ti sto dimenticando, ma se continui a comportarti così non mi rendi per niente le cose facili»
Lui annuisce, continuando a tenere lo sguardo incollato alla strada. «Ricordi quando ti ho detto che non avrei mai voluto sentirmi persa se tu non fossi stato accanto a me?»
Si volta a guardarmi e annuisce «Mi sono sentita così in queste settimane e tu… tu te ne stavi con Elena. Ti ho detto che ti amo e mi sono lasciata andare; pensavo che questo ti facesse cambiare idea, ma mi sono illusa di nuovo. Tu non hai mai provato nulla per me. Perché continui a venirmi dietro?! Ricomincia a comportarti come facevi lo scorso anno. Credo che le cose miglioreranno per tutti. Adesso non mi sento più persa, non mi manca più l’aria quando penso che non sarai più al mio fianco. Adesso è più facile»
«Mi… mi dispiace tanto Gaia» dice fermandosi di fronte a casa mia. Per fortuna sono arrivata e Max non è ancora arrivato. Meglio…
«Non è colpa tua. Non dispiacertene»
«Non ho mai voluto illuderti, sul serio… infatti…» Mentre Andrea parla, la mia attenzione viene catturata da un auto che parcheggia proprio di fronte a noi.
Maledizione è Max!!
Meglio scendere subito, altrimenti succede di nuovo un casino.
«Scusami, devo andare!» dico velocemente interrompendolo.
«Gaia…»
«Riprendiamo ad odiarci come abbiamo sempre fatto, sarà più semplice» dico scendendo. Prendo i sacchetti e lo saluto «Ciao»
Non voglio ammetterlo, ma mi fa un male assurdo vederlo qui e non poterlo abbracciare.
«Ciao» risponde lui guardando la macchina davanti alla sua.
Chiudo la portiera e Max scende dall’auto venendo ad abbracciarmi. «Eri con lui?» chiede mentre Andrea se ne va a tutta velocità.
«Si. Porto queste cose in casa e ti raggiungo subito»
«Ok»
Lo lascio fuori dalla porta e mi dirigo in camera. Metto tutto vicino al comò e mi guardo allo specchio.
Mi sento davvero pronta a lasciarmi Andrea alle spalle?! E Max sarà la scelta giusta per me?
L’unica cosa che so per certo è che, al momento, non voglio stare con nessuno.
Max sarà anche gentile nei miei confronti, ma non voglio complicare le cose.
Mi fisso e annuisco «Ok Gaia… sii forte e goditi il pomeriggio con Max» mi dico e, dopo la giusta dose di incoraggiamento, scendo.
«Eccomi!» esclamo chiudendo la porta di casa alle mie spalle.
«Quand’è questa festa?» chiede calciando, con il piede, un sassolino.
«Uhm… venerdì. Perché?»
«Non mi piace che ti ronzi ancora intorno»
Alzo gli occhi e mi avvicino.
«Max, mi sta aiutando soltanto perché lo ha obbligato la nostra professoressa. E poi… non voglio che ti dia fastidio; sarebbe come dire che stiamo insieme»
«E non è così?» chiede guardandomi.
«Non lo so» mormoro torturandomi le mani.
«Sei ancora innamorata di lui, vero?»
«Max, ti prego. Perché dobbiamo parlarne?! Cosa volevi dirmi?»
Fa un respiro profondo e scuote la testa. «Va bene. Parliamo d' altro… comunque, uhm… mi hanno preso in accademia. Ho superato l’audizione»
«Davvero?!» esclamo sorridendo.
«Si»
Mi butto su di lui, abbracciandolo «Congratulazioni!!»
«Grazie anche a te. Sei stata il mio porta fortuna»
«Ma smettila. Sei stato bravissimo, davvero»
«Grazie»
Sorridiamo entrambi, fino a quando non mi viene l’idea di farmi accompagnare da lui alla festa.
«Ti va di accompagnarmi venerdì?» chiedo guardandolo.
«Sei sicura?»
«Si, così festeggiamo»
«Va bene»
Gli sorrido e lo abbraccio, sperando che i miei gesti non lo illudano.
So cosa significa e quanto male faccia. Voglio che Max non si senta preso in giro.

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Oh oh oh... che ne pensate del capitolo?
Contente per questo "combattimento" tra i due idioti?! Si, entrambi sono degli idioti. Andrea lo sapete già perchè, Max perchè tiene Gaia lontata da Andrea. Si, lo so che siete d'accordo con me xD
Comunque... nel prossimo capitolo scoprirete cosa succede a questa benedetta festa. Insomma, benedetta non proprio D:
Vabbè.. Alla prossima ^^
Bisous
Francy

Volevo ricordarvi che per chi volesse far parte del mio gruppo su Facebook lo può trovare QUI. Non vorrei esagerare, ma considero le ragazze che ne fanno parte la mia seconda famiglia. Grazie per tutto quello che fate. Vi voglio bene!! <3

PS: prima di lasciarvi, volevo farvi vedere questa immagine. Direi che rispecchia proprio la situazione di Gaia, non siete d'accordo? Image and video hosting by TinyPic

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Capitolo 21
*** 20. *Perchè non posso essere felice?* ***


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Buonasera a tutti voi che mi seguite e leggete :3
Questo capitolo lo pubblico come regalo per una mia amica che ha superato con successo un esame universitario, quindi ancora congrutalzioni!! <3
Non mi dilungo oltre, quindi, buona lettura.
Francy


Let’s blame it on September
 
-Capitolo 20-
*Perché non posso essere felice?*

 
Nei giorni successivi ho passato molto tempo con Max e, più tempo trascorrevamo  insieme, più mi accorgevo della gelosia che provava quando veniva a prendermi a scuola.
Non ha motivo di essere geloso. Io e Andrea non stiamo più insieme, non ci parliamo nemmeno e, anche se lo avessimo fatto, Max non è il mio ragazzo. Anche per questo la sua gelosia è immotivata.
Proprio per queste ragioni non ho nulla da temere nel dirgli che oggi devo lavorare con Andrea.
Stasera c’è la festa e, sinceramente, non vedo l’ora che sia finita.
Nel pomeriggio Andrea mi aiuterà e stasera tutto sarà finito.
«Allora ci vediamo questo pomeriggio, prima di andare alla festa?»
«Uhm, Max…devo studiare e poi devo vedere i ragazzi per sistemare l’aula magna»
«Ah giusto» Anche se non posso vederlo so che annuisce accennando ad un sorriso.
«Ci vediamo stasera, ok?»
«Certo. Buona giornata» mormora lui riattaccando subito.
Non voglio ferirlo ma, al momento, non ho voglia di iniziare una relazione con nessuno.
Forse perché non voglio lasciarmi definitivamente alle spalle Andrea, nonostante ne abbia anche un certo bisogno.
Sospiro e mi volto, trovando Serena che scherza con Alessia e con una loro comune amica.
La mia amica intercetta il mio sguardo e, preoccupata, si avvicina.
«Che succede?» chiede.
«Non so cosa fare con Max»
«In che senso?»
«Lui crede che stiamo insieme, mentre io non voglio nessuna relazione al momento»
«Allora devi dirglielo»
«Non voglio ferirlo…»
«Non credi che gli farai più male illudendolo? Tanto vale dirgli subito la verità»
«Già… Magari gli parlo stasera»
«Lo hai invitato alla festa?»
«Si, perché?»
«Ti rendi conto di cosa succederà se Andrea e Max si troveranno nella stessa stanza? Si ammazzeranno»
«Non si ammazzerà nessuno. Faremo soltanto un salto. Devo parlare con Max»
«Se lo dici tu…» mormora guardandomi con le sopracciglia alzate.
Ok, Serena prevede una lite furiosa durante la serata. Grandioso…
Sbuffo e mi avvio verso la mia classe.
«Gaia, aspetta!!»
Qualcuno mi chiama ma, per fortuna, si tratta di una voce femminile: è Alessia.
«Si, dimmi»
«Come ci organizziamo per il pomeriggio» chiede.
Guardo l'orologio e poi dico. «Ci vediamo qui alle sette, va bene?»
«Mi sembra perfetto»
«Bene. Puoi dirlo anche a… si insomma, hai capito»
Lei mi sorride e annuisce. Faccio lo stesso e mi volto, ma il suo braccio mi blocca «Mi dispiace per quello che pensa Luigi di te»
«A me no. Non ho bisogno di entrare nelle sue grazie»
«Nemmeno quando tu e Andrea ritornerete insieme?»
«Alessia, io e Andrea non ritorneremo insieme. Perché lo pensi?»
«Lui è geloso e questo vuol dire che è innamorato di te»
Rido per l’enorme stupidaggine che ha detto «Andrea non è geloso, tanto meno innamorato di me. È stato soltanto ferito nel suo ego»
«E’ cambiato»
«Alessia, devo andare» dico tagliando corto. Non ho intenzione di ascoltare ancora qualcosa che abbia a che fare con Andrea. «Ci vediamo stasera»
Ma è possibile che, da quando ho deciso di volermelo lasciare alle spalle, ce l’ho sempre in mezzo ai piedi?!
Alessia, Serena, Giorgio e compagnia bella dovrebbero cominciare a farsi un po’ gli affari propri. Questo riguarda soltanto me e Andrea e se abbiamo deciso, anzi, se lui ha deciso di porre fine al noi o a qualsiasi cosa eravamo, sono soltanto affari nostri.
Non voglio continuare a stare male per lui! È successo quello che è successo, ma adesso basta!
Ho voglia di andare avanti con la mia vita. Prima o poi riuscirò a disinnamorarmi di lui, no?
Devo soltanto avere pazienza e tutto si risolverà per il meglio. Magari, tra qualche mese, riderò di tutto questo!
Sono sicura che, una volta finito il liceo, le cose cambieranno radicalmente. La mia vita sarà diversa, a partire dal trasferimento.
In Inghilterra non avrò più l’ansia di incontrarlo per strada. Ricomincerò davvero da capo, senza nessun Andrea che gioca con i miei sentimenti; senza un Luigi che quasi mi strangola contro a un muro; senza un’Elena, il cui unico scopo, in tutto questo tempo, è stato quello di sabotare, a modo suo, la mia relazione con Andrea.
Mi devo congratulare con lei; è riuscita a rimettersi con lui.
Ma tutto questo finirà quando lascerò questo posto. Voglio dimenticare tutto e tutti.
 
«Si può sapere dove sono finiti?!» chiedo esasperata.
È da più di due ore che io e Alessia aspettiamo Luigi e Andrea, ma ancora niente. Avrebbero dovuto aiutarci ad appendere le decorazioni e a fare i cocktail, invece, abbiamo dovuto fare tutto da sole.
«Non preoccuparti Gaia, l’importante è che la sala sia sistemata»
«Già… bell’aiuto che hanno dato»
«Eccoci! Siamo qui» esclama ridendo Andrea, entrando nell'aula magna.
«Peccato che noi abbiamo finito di fare tutto il lavoro!!»  sbotto altamente infastidita.
«Calmati principessa!» dice lui continuando a ridere. Si avvicina e mi accarezza la guancia.
È ubriaco!
«Allontanati!» esclamo spingendolo via.
«Smettila di fare la preziosa. Potresti lasciarti andare come hai fatto qualche mese fa» dice avvicinandosi al mio collo.
Cerco di spingerlo via, ma è troppo pesante.
Stranamente Luigi si avvicina per aiutarmi, allontanando Andrea. «Amico, lasciala stare, andiamo. Ti accompagno a casa»
«No!» urla lui spingendo via l’amico.
Ritorna da me e mi abbraccia «Mi manchi così tanto Bianchina…» sussurra al mio orecchio, mentre rimango immobile e con gli occhi spalancati.
«Andrea, ti prego…» dico chiudendo gli occhi.
Vederlo così, in questo stato… mi fa venire voglia di abbracciarlo. Mi fa sperare che, quello che ha detto quel pomeriggio, non sia mai accaduto. Che l’unica cosa per cui abbiamo litigato sia quella di essere stato con Elena quella notte. Lo avrei perdonato. Se si fosse trattato solo di questo, lo avrei fatto davvero.
Ma tutto è partito da lui. È stato lui a lasciarmi e non ha mai manifestato l’intenzione di voler ritornare con me. In fondo, non avrebbe neanche un motivo per farlo.
Lui è stato con me solo per non annoiarsi in quella casa. Si è inventato tutti i sentimenti che ha detto di provare in quelle settimane e  mi ha presa in giro.
Adesso, qui… con Andrea ubriaco addosso, non posso cedere.
«Ti sei innamorata di lui?»
«Di chi stai parlando?» chiedo cercando di allontanarlo da me.
«Di quel cretino di Max» borbotta.
«Smettila»
«NO!!» grida, mentre Luigi prova nuovamente ad allontanarlo.
«Dai, Andrea, andiamo»
«Lasciami, cazzo!!» urla voltandosi verso l’amico, mentre io ho il tempo di allontanarmi. «No, vieni qui» dice riprendendomi di nuovo per una mano.
«Per favore, lasciami. Devo andare»
«Devi andare da lui?» chiede furioso.
«Lasciami!!» dico seria guardandolo negli occhi.
«Non posso permettere che tu vada da lui. Tu sei mia»
«Io non sono di nessuno!» esclamo allontanandolo. «Sei stato tu a lasciarmi. Tu hai deciso tutto. Tu hai rovinato me, noi, quello che poteva esserci. Sei stato tu ad illudermi fingendo di essere veramente interessato a me!» urlo mentre le lacrime cominciano a riempirmi gli occhi. «Mi sono fidata di te. Mi sono innamorata come una cretina. Ti ho dato tutto e tu mi hai ripagato in questo modo. Non cercarmi più, Andrea. Perché continui a farlo?! LASCIAMI VIVERE LA MIA VITA!! Mi hai lasciata. Non cercarmi mai più!!»
Lo guardo, furiosa, negli occhi: i miei occhi pieni di lacrime e i suoi colpiti dalle parole che gli ho detto.
La rabbia che ho nei suoi confronti mi da' forza alle braccia, così riesco a spingerlo lontano, mentre le lacrime mi scivolano giù dagli occhi.
«Ci vediamo» mormoro avvicinandomi ad Alessia e recuperando la mia borsa.
Corro fuori dall’aula magna e, con tutta me stessa, provo a non scoppiare a piangere ma, una volta fuori, nel buio di novembre, non riesco più a trattenermi.
Mi piego sulle ginocchia e do libero sfogo alle mie lacrime.  Era da una settimana che non piangevo con tale intensità.
La colpa è tutta mia. Non dovevo innamorarmi di Andrea; non dovevo fare l’amore con lui; non dovevo lasciare che mi diventasse tanto caro in così poco tempo.
Dove diavolo è finito tutto l’odio che provavo per lui?!
Perché dall’ odio sono passata all'amore?!
Scuoto la testa e mi alzo, pronta per ritornarmene a casa, sperando che mia madre non sia in casa e che non si accorga di quanto sono distrutta emotivamente; la suoneria del mio cellulare mi distrae da questa tragedia.
«Pronto?» rispondo senza neanche vedere di chi si tratta.
«Gaia! Stai bene? Hai pianto?» chiede Max notando il mio tono di voce roco per le lacrime.
Schiarisco la voce e tiro su col naso «No» mormoro scuotendo ancora la testa. Devo auto-impormi di non pensarci. Adesso Andrea non esiste più.
Devo farcela!!
«Per favore dimmi la verità»
Mi lascio sfuggire un singhiozzo e sento che Max si alza dal letto «Sto arrivando»
Annuisco, come se lui potesse vedermi, e lo ringrazio.
Continuo a piangere, fin quando non arrivo a casa. Proprio in quel momento vedo uscire mia madre con la valigia che usa per i viaggi brevi.
«Gaia, tesoro! Cos’è successo?»
«Non mi va di parlarne. Stai partendo?»
«Si, sto andando dalla mia amica a Milano per la sua mostra, ma non parto se tu stai male»
«No mamma…» dico sforzandomi di sorridere «Ho soltanto litigato con Andrea. Tra poco starò meglio»
«Sei sicura?» mi chiede accarezzandomi la guancia e portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Si» annuisco per cercare di rassicurarla.
«Va bene, ma ti chiamo più tardi per sapere come stai. Ci vediamo tra qualche giorno. Stai attenta stasera, ok?»
«Certo. Buon viaggio mamma»
«Ti voglio bene» dice abbracciandomi.
«Anch' io»
Restiamo abbracciate, fin quando non pongo fine al gesto. «Adesso vai» dico e, cercando di sorridere e di rassicurarla, la lascio salire in auto.
Entro in casa e, il tempo di buttare svogliatamente la borsa sul tavolinetto dell’ingresso, che suonano alla porta.
Mi volto ad aprire e, quando mi ritrovo Max davanti, mi butto tra le sue braccia, scoppiando di nuovo a piangere.
«Cos’è successo?» mi chiede.
Nego con la testa. Non ne voglio parlare. Non con lui.
«Vieni, sediamoci sul divano» dice entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle.
«Perché deve essere sempre così stronzo?! Voglio dimenticarlo Max! Ho bisogno di dimenticarlo» dico, sempre piangendo, una volta seduti sul divano.
«Andrea, vero?»
«Non ha rispetto per nessuno, tranne che per se stesso! Mi ha illusa per tutti questi mesi. Mi ha fatto credere di essere veramente interessato a me. Mi ha detto che era in grado di provare qualcosa che andasse oltre al semplice volersi bene e adesso mi ritrovo a disperarmi perché sono innamorata di lui e lui non lo è di me e, probabilmente, queste erano le sue reali intenzioni fin dall'inizio» continuo a dire piangendo. «Voglio dimenticarlo! Devo dimenticarlo!» mormoro mentre Max mi abbraccia.
«Lo dimenticherai Gaia. Ne sono sicuro. Prima o poi arriverà quello giusto che ti farà stare bene» dice accarezzandomi la guancia.
Per un momento ci guardiamo negli occhi e, nel suo sguardo, vedo la speranza.
Mi guarda come se stesse aspettando qualcosa; forse è lui?
È un secondo, un semplice istante, ed entrambi ci avviciniamo per baciarci.
In poco tempo mi ritrovo distesa sul divano con Max sopra di me.
Decido di spegnere il cervello e di lasciarmi andare. Non m' importa se sto sbagliando; non m' importa se Max non sarà il ragazzo giusto per me; lo è adesso e mi basta sapere questo. Non voglio pensare a quello che succederà dopo. Voglio solo godermi il momento e non pensare a nulla.
 
«Allora? Cos’è successo prima?» chiede Serena mentre sorseggio il mio pesca lemon.
«Cos’è successo?» chiedo a mia volta cercando di evitare l’argomento tabù.
«Mi ha chiamata Alessia raccontandomi che Andrea…»
«Serena!! Non pronunciare più il suo nome. Non voglio più sentirlo nominare»
«Ehi.. rilassati! Ero solo preoccupata per te»
«Non esserlo, ok?»
«No, mi sa che non devo preoccuparmi di nulla» mormora guardando alle mie spalle e sorridendo maliziosa.
«Cosa guardi?» chiedo voltandomi.
Avevo quasi paura di incrociare il suo sguardo, ma invece sono al sicuro. È Max che  si sta avvicinando a noi.
«Rispetto a quello che ti è successo qualche ora fa adesso sei troppo rilassata e a lui non scompare neanche per un attimo quel sorriso dal suo faccino. Cosa avete fatto?»
«Serena, vai da Massimo, va!!» le dico cercando di trattenere le risate.
La mia amica sgrana gli occhi e comincia a saltellare sul suo posto. «No, devi raccontarmi tutto! Lo avete fatto vero?! Sei stata con Max!!»
«Piantala di ripeterlo! Non voglio che nessuno lo venga a sapere»
«Ma ci sei stata?»
Mi volto per controllare che il diretto interessato sia ancora abbastanza lontano e ritorno a guardare la mia amica «Si, ci sono stata. Prima di venire alla festa»
«Accidenti!! Com’è? È bravo?»
«La pianti?!? Vado da lui!»
«Si, vai… ma questo discorso non è finito qui!!» urla ridendo, mentre mi avvicino a Max.
«Ciao bellissima» mormora lui abbassandosi per baciarmi il lobo dell’orecchio.
Sorrido e gli circondo il collo con le braccia. «Balli?» gli chiedo.
«Con piacere» mormora lui stringendomi a sé.
Le note di “Hands in the air” di Timbaland accompagnano la nostra danza e quella delle altre persone intorno a noi.
Non ho ancora incrociato l’allegra compagnia, anche se ho intravisto da qualche parte Alessia ed Elena.
«Lasciati andare» sussurra Max al mio orecchio.
Annuisco e lo bacio, mentre continuiamo a ballare.
Sono talmente attaccata a Max che riesco perfettamente a sentire ogni parte del suo corpo. Le sue mani si posano sul mio sedere, mentre la musica continua.
«E’ stato bello» mormoro sulle sue labbra.
«Cosa?»
Lo guardo maliziosa e sorridente.
«Ah, ecco! Sono contento. È stato bello anche per me»
«Volevo chiederti se ti andava di rimanere a casa mia stanotte»
Lui mi sorride e si abbassa per raggiungere il mio collo «Volentieri» gli sento mormorare.
Continuiamo a ballare e a baciarci fin quando qualcuno non spinge Max lontano da me. «STAI LONTANO DA LEI!!!!» urla e io riconosco la voce, impastata di alcol e forse anche di qualcos'altro, di Andrea.
«Andrea smettila!!» esclamo avvicinandomi a Max.
Improvvisamente la musica cessa; si sente soltanto il brusio generale.
«Che cazzo stai facendo con lei?» chiede Andrea avvicinandosi.
«Che cazzo te ne frega?» gli risponde per le rime Max.
«Lei non potrà mai stare con te»
«E con te si, invece?» chiede il mio accompagnatore con tono di sfida, ma, evidentemente, ha sbagliato domanda perché Andrea si scaglia contro di lui, riempiendolo di pugni; istigando così anche Max ad usare la violenza.
«ANDREA!! SMETTILA!!» urlo cercando di fermarlo.
«Fatti da parte Gaia!» grida Max colpendo il volto di Andrea.
Sussulto ogni volta che entrambi si colpiscono. Se le stanno dando di santa ragione.
Sento anche le lacrime scendere dai miei occhi. Perché si sta comportando così?!
Per fortuna arrivano Giorgio e Luigi a separare i due. «Lasciatemi!! LASCIATEMI!!!» urla Andrea con gli occhi fuori dalle orbite. «ESCI DA QUESTO POSTO!!» sbraita contro Max.
«Non andrò da nessuna parte finché Gaia non lo vorrà. E starò con lei fin quando non sarà lei a dirmi di andare via» gli risponde quest’ultimo, ma Andrea non gradisce e si scaglia nuovamente contro di lui; per fortuna Luigi lo afferra in tempo e Giorgio cerca di farlo ragionare.
«Andrea! Ma che cazzo ti prende?!» gli urla.
«Non impicciarti tu!» rispondo lui.
«Devi lasciarla in pace» interviene Max.
«NO!!» urla Andrea puntandogli un dito contro «Tu devi lasciarla in pace. Devi uscire dalla sua vita!»
«ADESSO BASTA!!!!» urlo piangendo. Tutti si zittiscono e mi guardano sbigottiti. «Sei tu che devi uscire dalla mia vita, Andrea! Perché? Perché devi fare così tanto lo stronzo adesso?! Perché devi Picchiare Max solo perché sta con me? Che motivo hai? Ti sei comportato da schifo con me, come un idiota direi; mi hai lasciata quando le cose stavano diventando più o meno serie. Mi hai illusa; mi hai usata; ti sei preso gioco di me e dei miei sentimenti. Sei soltanto un bastardo»
«Io sarei un bastardo?! Credi che non abbia sentito quello che hai detto a Serena poco fa? Neanche tu ti sei comportata tanto diversamente da me. Ti ho lasciata e tu ti sei fatta subito scopare da lui»
A quelle parole, la mia mano si alza verso la sua guancia colpendola violentemente. Gli punto un dito contro e lo guardo piena di odio «Abbiamo chiuso. Non farti mai più vedere» mormoro schifata e con la rabbia negli occhi.
Ci guardiamo per qualche secondo; solo adesso si accorge di quello che mi ha detto e cerca di avvicinarsi, ma lo spingo via «Mi fai schifo» mormoro e, correndo, esco da quel posto.
Sento Max e Serena chiamarmi, ma non mi fermo. Continuo a correre cercando di riprendere fiato; quello che i singhiozzi mi stanno togliendo.
Non ce la faccio più.
Voglio che questi mesi passino in fretta;
vorrei non aver mai smesso di odiare Andrea;
vorrei che il momento della mia partenza arrivasse domani.
«Gaia, fermati per favore»
Mi volto, Max mi è corso dietro. Quando mi raggiunge lo abbraccio scusandomi per quello che Andrea gli ha fatto.
«Non preoccuparti per me. I lividi passeranno. Sono preoccupato per te»
«Non voglio più vederlo. Ha esagerato! Non credevo potesse arrivare a tanto»
«Mi dispiace tantissimo» mormora abbracciandomi, mentre piango tutto il mio dolore contro il suo petto.
«Portami a casa, per favore» biascico.
«Si, andiamo»
Non ho mai trascorso una serata così negativa. Piena di lacrime… 
Andrea che picchia Max solo perché sta con me… Non credevo potesse arrivare a tanto.
Per tutto il tragitto da scuola a casa ho pianto silenziosamente appoggiata al finestrino dell’auto.
Avrei voluto passare la notte con Max in maniera diversa, invece a causa di tutto quello che è successo, ho pianto tutta la notte abbracciata a lui.
«Avevo altri piani per la notte» mormoro stringendomi di più al suo corpo.
Lui fa lo stesso e mi bacia la testa «Non preoccuparti. Riposati e non pensarci più. Domani sarà diverso»
Alzo lo sguardo e gli bacio il mento «Grazie»
«Non dirlo nemmeno. Vorrei poter fare qualcosa in più, ma so che il dolore che hai nel cuore deve andare via da solo e succederà solo con il tempo»
«Già…» mormoro ritornando ad appoggiare la testa sul cuscino.
«Io sarò qui fin quando tu lo vorrai»
«Allora non andare via» mormoro.
So che sto sbagliando anche stavolta. Non dovrei dare false speranze a Max, ma adesso ho davvero bisogno di lui.
«So di essere egoista» dico tirando su col naso.
«Perché pensi una cosa del genere?»
«Perché, per quanto voglia provarci, non voglio iniziare un’altra relazione»
«Non voglio metterti fretta. Io sarò al tuo fianco»
«Non voglio illuderti Max»
«Gaia, credo che non sia il caso di parlarne stasera» dice accarezzandomi i capelli.
«Invece si. Diciamoci tutto adesso, almeno se non ti sta bene sarai libero di andartene o di rimanere»
«Gaia, so che sei perdutamente innamorata di quel deficiente e so che non ti passerà tanto presto; so di non avere nessuna speranza con te, ma ti resterò accanto perché, nel profondo, spero che tu possa cambiare idea»
E io cambierò mai veramente idea?
No, scema! Nonostante quello che è successo, non è Max che vorresti avere accanto. Ammettilo a te stessa e sarà più facile dirlo a lui.
Accidenti a me e alla mia coscienza!
Tutto sta andando a rotoli e vorrei prendermi una pausa da tutto.
Nemmeno una settimana a Firenze mi servirebbe per prendere le distanze da questi avvenimenti. Come sono arrivata a questo?
Dando troppa fiducia alla persona sbagliata… Già, come al solito, direi!
Vorrei addormentarmi stasera e svegliarmi a giugno… il giorno degli esami. L’evento che segnerà la fine di tutto, seguito da quello che darà inizio alla mia nuova vita lontana da qui.

------
 

Eccoci giunti alla fine.
Beh... uhm, vi aspettavate questo dalla festa?! Sinceramente, scrivere di Andrea ubriaco e ridotto in quello stato per Gaia mi ha fatto tanta tenerezza, a voi no?! *___* Avrei voluto scrivere di una Gaia che mollava Max in mezzo a tutti e scappava via con Andrea, purtroppo non è ancora il loro momento!
Comunque... stasera ci sarà qualcos'altro oltre il capitolo.
Godetevi lo spoiler del prossimo capitolo! :D

 

"«Congratulazioni amica!!» esclama stringendomi forte.
«Grazie» rispondo ridendo.
Adesso le cose vanno decisamente meglio.
Aspetto i risultati e poi posso partire.
A Londra dovrò riportare il mio voto all’università, fare dei colloqui e attenderne con ansia l’esito.
«Sei mia figlia. È ovvio che ti prendano» mi aveva scritto mio padre in un’e-mail.
Ero scoppiata a piangere leggendo quelle parole, mi avevano riempito il cuore di orgoglio e di gioia.
Ho fatto finta, per un momento, che mio padre sia sempre stato al mio fianco.
A sostenermi davanti ad ogni scelta da prendere o ad ogni momento difficile da affrontare.
A consolarmi davanti ai fallimenti.
A difendermi davanti alle delusioni d’amore.
Ritornare alla realtà non è stato bello e mi ha fatto piangere per ben altri motivi, ma le sue parole le ho apprezzate davvero, tanto da stamparle e incorniciarle.
Sembra un gesto stupido, infantile forse, ma sono parole importanti che mai mi sarei aspettata di sentire da… mio padre."

Forse non è lo spoiler che vi aspettavate xD ma è uno dei momenti più belli di questo capitolo. Per altri spoiler, siete i benvenuti nel mio gruppo FrancyEFP e se volete farvi quattro risate, siamo lì anche per questo :D
Oddio, con questo siamo a -2 capitoli e tutto sarà finito! ç_ç
Per chi ancora non lo sa, il primo marzo inizierò a pubblicare il sequel di Let's blame it on September.

Ok, con la speranza che il capitolo e lo spoiler siano stati di vostro gradimento, mi ritiro :D
Un bacione e un grazie a tutti voi che leggete e recensite, ma anche a voi che leggete soltanto. Grazie davvero! :* :*
Alla prossima settimana,
Francy <3 <3 <3

 

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Capitolo 22
*** 21. *Destino* ***


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Surprise!! Ho pubblicato due giorni prima. Non sono un amore?! LOL!!!
Comunque… So che ad alcuni di voi non piacciono i salti temporali, ma questo è stato necessario. Alice, perdonami! :* Ci leggiamo alla fine.
Buona lettura.
Francy

 
 

Let’s blame it on September
 
-Capitolo 21-
*Destino*

 

4 luglio 2012
 
«Cosa vuole fare in futuro?»
Guardo l’uomo davanti a me e sorrido «E’ una bella domanda, sa?» lui ricambia il gesto e io continuo «Ho intenzione di entrare in un college inglese, quello che succederà dopo ancora non l’ho deciso. Voglio fare le cose con calma»
«Davvero?» mi viene chiesto dalla Sig.ra Vietti.
«Si. Voglio specializzarmi in letteratura inglese»
«Sicuramente avrà molte possibilità di realizzare le sue ambizioni, signorina»
«Grazie»
«Adesso può andare. Il suo esame è concluso»
Sento applaudire qualcuno alle mie spalle; mi volto ridendo ma con le lacrimucce di gioia agli occhi.
Serena e mia madre si stanno abbracciando e mi guardano sorridenti.
Oggi mi sono diplomata.
Domani inizierà la mia nuova vita.
«Congratulazioni» mormorano tutti i professori presenti nella commissione.
Li ringrazio e mi alzo, raggiungendo le mie accompagnatrici che, nel frattempo, sono uscite dall’aula.
Corro ad abbracciarle ma, in realtà, mi fiondo letteralmente su di loro.
«E’ finita!!» esclamo.
«Ce l’hai fatta tesoro!» mormora mia madre accarezzandomi la guancia e guardandomi con le lacrime agli occhi «Sono così orgogliosa di te»
«Oh mamma… grazie» rispondo abbracciandola.
Negli ultimi mesi ho trovato in lei un supporto che, forse, non avrei mai immaginato mi potesse dare, nonostante sia mia madre.
Quando ho chiuso definitivamente con Max mi è stata accanto perché ho sofferto almeno quanto ho fatto con Andrea. Non avrei mai voluto ferirlo ma, dopo qualche mese di frequentazione, mi è sembrato giusto confessargli che non provavo nulla nei suoi confronti.
Non mi ha parlato per alcuni giorni e un po’ me lo aspettavo, ma dopo ha accettato la mia scelta e adesso, quando capita, ci sentiamo. 
Avrei voluto davvero approfondire la nostra relazione, ma sapevo che non sarebbe successo nulla. Era inutile continuare ad illuderlo facendo così anche del male a me stessa.
Purtroppo sono consapevole del motivo per cui con Max non ha funzionato.
Oltre ai problemi di cuore, che hanno continuato a seguirmi qualsiasi decisione prendessi, la scuola mi ha impegnato parecchio.
Dopo le vacanze natalizie le cose si sono fatte più serie e gli esami si sono avvicinati ad una velocità assurda.
Oltre allo stress derivante da questi, ho dovuto affrontare anche mio padre.
No, non si è presentato alla nostra porta implorando perdono e forse, io e mia madre, non vorremmo nemmeno che lo facesse; si è limitato a chiamarmi e a chiedermi cosa avevo deciso riguardo al mio futuro e se avevo ricevuto quella famosa lettera…
Gli ho riattaccato più volte il telefono in faccia ma, alla fine, mia madre mi ha costretta a parlarci.
«Devi lasciarti il passato alle spalle, altrimenti rovinerai il tuo futuro; e, se dovesse succedere, sarà colpa anche della tua testardaggine. Accetta l’aiuto di tuo padre e, per una buona volta, metti da parte l’orgoglio» aveva detto mia madre dopo aver discusso di quale college frequentare.
Avevo sbuffato, borbottato qualcosa e, alla fine, erano arrivate le chiamate.
A quanto pare mia madre ha ancora dei contatti con lui quando l’ho fatto presente, lei mi ha semplicemente risposto che li ha mantenuti per me, altrimenti gli avrebbe detto addio molto tempo fa.
Dopo tutto quello che ha fatto per me da quando sono nata, da quando mio padre ci ha lasciate, da quando ho realizzato che seguirò le sue orme e lei lo ha accettato, non posso fare altro che ringraziarla per il suo sostegno.
Dalla famosa sera in cui finalmente ho parlato con mio padre senza inveirgli contro, il mio futuro è un po’ più nitido.
A settembre frequenterò l’University College London. Non una scuola qualunque, di cui mio padre si è preso la responsabilità di pagare la retta.
Non avrei voluto, ma lui ha insistito.
Ora come ora gliene sono grata. È quel gesto che aspettavo da anni; quella premura che non sapevo potesse avere nei confronti della figlia che ha lasciato anni fa.
Si è anche offerto di ospitarmi ma ho categoricamente rifiutato, trovando l’appoggio di mia madre, anche se titubante.
Si tratterebbe di vivere con lui, di conoscere il mio fratellastro e la donna con cui è rimasto sposato nonostante la relazione con mia madre.
Non mi va!
Non voglio spingermi oltre.
Per fortuna mia madre ha capito e non ha insistito.
Accetterò il suo aiuto finanziario per la mia istruzione, ma i nostri incontri non andranno mai oltre un semplice caffè bevuto frettolosamente tra una lezione e l’altra.
Mia madre ha continuato ad appoggiarmi e l’ho apprezzato ma so che, nonostante la paura di perdermi, vorrebbe che ricucissi il rapporto con mio padre.
Le ho fatto capire, una buona volta, che non succederà; che, nonostante sia il sogno di tutte le ragazze, non sarà lui a portarmi all’altare il giorno del mio matrimonio; che non parteciperà alla mia vita, perché ha deciso, di sua spontanea volontà, di uscirne undici anni fa.
La situazione non era facile ma, nella mia ingenuità di bambina e forse anche di giovane donna, so che si potevano valutare delle alternative.
Ad ogni modo, il passato è passato e non si torna indietro.
Stiamo “recuperando” un rapporto distrutto ma il mio un percento di recupero deve essere il suo cento per cento.
Non può pretendere nulla da me se non dei buoni risultati accademici.
Ritornando ai miei risultati a scuola, sono ancora tutta elettrizzata, come è giusto che sia, per essermi appena diplomata.
Mia madre scioglie l’abbraccio e mi lascia tra le braccia di Serena, diplomatasi due giorni prima di me.
«Congratulazioni amica!!» esclama stringendomi forte.
«Grazie» rispondo ridendo.
Adesso le cose vanno decisamente meglio.
Aspetto i risultati e poi posso partire.
A Londra dovrò riportare il mio voto all’università, fare dei colloqui e attenderne con ansia l’esito.
«Sei mia figlia. È ovvio che ti prendano» mi aveva scritto mio padre in un’e-mail.
Ero scoppiata a piangere leggendo quelle parole, mi avevano riempito il cuore di orgoglio e di gioia.
Ho fatto finta, per un momento, che mio padre sia sempre stato al mio fianco.
A sostenermi davanti ad ogni scelta da prendere o ad ogni momento difficile da affrontare.
A consolarmi davanti ai fallimenti.
A difendermi davanti alle delusioni d’amore.
Ritornare alla realtà non è stato bello e mi ha fatto piangere per ben altri motivi, ma le sue parole le ho apprezzate davvero, tanto da stamparle e incorniciarle.
Sembra un gesto stupido, infantile forse, ma sono parole importanti che mai mi sarei aspettata di sentire da… mio padre.
Lo stesso padre che mi sta chiamando adesso.
Sciolgo l’abbraccio con Serena e mi allontano.
«Pronto?» rispondo contenta. Almeno per oggi voglio evitare di fare la distaccata con lui.
«Ciao Gaia»
«Ciao…  papà»
Lo sento sorridere. «Com’è andata?» chiede.
«Come fai a sapere che ho finito?»
«Un uccellino me lo ha detto» risponde lui.
Mi volto verso mia madre e lei mi sta sorridendo. Mi soffia un bacio, prima di scendere al piano terra.
«E’ andata bene. Mi aspettavo chissà quante domande, invece, si sono mantenuti nella norma»
«Sono felice per te. Quando daranno i risultati?»
«La prossima settimana se tutto va bene»
«Perfetto. Mi farai sapere quando arriverai a Londra? Vorrei venirti a prendere» chiede e posso sentire la speranza nella sua voce.
«Si, va bene»
Ok, posso accettare anche che mi venga a prendere all’aeroporto.
«Fantastico. Congratulazioni tes… Gaia»
A quell’accenno di parola i miei occhi si inumidiscono. Quanto vorrei che avesse il diritto di dirmelo.
“Sei tu che glielo neghi”mi ricorda la coscienza.
È vero, ma non è così facile accantonare tutto quello che ha causato a  me e a mia madre.
Preferisco mantenere ancora le distanze.
«Grazie papà» rispondo felice. Oggi lo sono, indipendentemente da tutto.
«Adesso ti lascio. Vorrai festeggiare»
«Certo»
«Bene, allora a presto»
«A presto. Grazie per aver chiamato» dico.
«Non ringraziarmi. A presto» risponde lui e, dopo qualche secondo, riattacchiamo.
Mi guardo intorno, sia Serena che mia madre, insieme a qualche altra mia compagna, sono scese.
I professori saranno ancora dentro a discutere del mio voto?
Spero di no.
Spero che, dopo aver esaminato cinque ragazze, adesso stiano parlando del più e del meno.
«Gaia…»
Mi volto sentendo pronunciare il mio nome.
L’oggetto del mio dolore in questi ultimi mesi si materializza davanti a me.
«Ciao Andrea» lo saluto abbozzando un sorriso.
«Ciao» ricambia lui avvicinandosi.
Schiarisco la voce e mi muovo nervosa.
Nonostante siano passati mesi dall’ultima volta in cui ci siamo detti qualcosa o in cui ci siamo semplicemente scontrati in giro, brucia ancora quello che mi ha detto il giorno in cui mi ha lasciata; a parte, ovviamente, quello che ha fatto dopo.
«Che fai qui?» chiedo ricordandomi che la sua classe viene esaminata in un’aula al piano terra.
«Ho assistito all’esame di una mia amica» risponde agitato. Non voglio soffermarmi sul sostantivo che ha usato. «Tu hai finito? Tutto ok?» chiede.
«Si» rispondo sorridendo «Mi sono diplomata»
Non ci credo che non lo sapessi già, Ferrari. Nonostante tutto, ho guardato quando ti sarebbe toccato l’orale; dubito che tu non abbia fatto lo stesso.
«Congratulazioni allora» dice sorridendomi.
«Grazie» “Anche a te” vorrei aggiungere, ma poi saprebbe che mi sono presa la briga di guardare la data del suo orale e non voglio che sappia che tengo ancora a lui.
Si, dopo quello che mi ha fatto, dopo aver picchiato Max, dopo avermi dato della poco di buono perché sono stata a letto con quest’ultimo, dopo aver reso il mio quinto anno di liceo un vero e proprio inferno continuo a tenere a lui.
Mi ero ripromessa di non farlo; ero sicura di riuscire a disinnamorarmi di lui e invece…
Invece adesso sto qui a fissarlo come una scema; anzi, stiamo qui a fissarci come due scemi.
«Adesso vado» rispondo prendendo la mia tracolla.
Vorrei fargli le congratulazioni per aver ottenuto il diploma; per avercela fatta, ma trattengo gli impulsi e stringo le mani a pugno.
«Buona giornata» dice; con un sorriso lo ringrazio e me ne vado.
Molto probabilmente era così che dovevano finire le cose fra di noi.
Per me è stato scritto, prima ancora che nascessi, che Andrea, in un modo o nell’altro, sarebbe entrato a far parte della mia vita: le nostre strade dovevano incrociarsi, insomma…
Dovevamo odiarci per tutti questi anni; dovevo essere io ad innamorarmi di lui… le nostre strade si sono unite per un breve periodo ma, a quanto pare, non siamo destinati a stare insieme.
Forse è il mio orgoglio che, anche in questo caso, mi impedisce di fare la scelta migliore per me: quella dettata dal cuore.
A causa di ciò ho perso Andrea.
Magari, adesso, avrei potuto iniziare una conversazione; perché non l’ho fatto?
Forse per paura di venire illusa di nuovo?
Forse per proteggermi dal dolore che ho paura mi faccia provare di nuovo?
Forse perché sei semplicemente una vigliacca.
Stavolta devo dar ragione alla mia vocina interiore.
Mi sento una vigliacca: lo sono.
Evito di parlargli per non essere rifiutata, di nuovo!
Ma chi vuoi prendere in giro, Gaia… Sei soltanto una fifona!!
Alzo gli occhi al cielo e mi fermo in mezzo alla scala.
Non può veramente finire così tra di noi… so che l’ultima volta non si è comportato nel migliore dei modi, ma non mi sembra lo stesso ragazzo di qualche mese fa.
Mi volto e salgo le scale per raggiungerlo.
Lo trovo seduto dove, fino a qualche ora fa, ero seduta io ad attendere il mio turno. Mi avvicino e mi siedo accanto a lui; entrambi rimaniamo in silenzio.
«Congratulazioni per il diploma» dico rompendo il ghiaccio.
Lui alza lo sguardo e mi sorrido «Grazie»
Ci guardiamo negli occhi, vorrei tanto avvicinarmi e abbracciarlo.
«Mi dispiace» dice all’improvviso.
«Per cosa?»
«Per quello che ti ho causato. Non era mia intenzione ferirti»
Sorrido e distolgo lo sguardo. «Quello è il passato. Non pensiamoci più»
«Se volessi ancora quello che c’è stato tra noi due?»
«Che vuoi dire?»
«Vuol dire che…» fa un respiro profondo e mi guarda negli occhi «Voglio dire che ho fatto un enorme sbaglio a rompere con te. Mi sono lasciato condizionare dai miei amici e, quella volta, ho creduto veramente che tu non fossi la persona giusta per me»
«Andrea fingevi anche quando eravamo in Inghilterra»
«No Gaia… ho fatto in modo che tu credessi alle mie parole; avevi così tanta paura che ti lasciassi una volta tornati che, quando l'ho fatto, ci hai creduto davvero»
«Sapevo e so tutt'ora di non poter competere con tutte le tue ex»
«Non voglio che competi con nessuno Gaia… voglio soltanto che tu ritorni con me»
«Per quale motivo me lo stai dicendo adesso? Perché vuoi che torni con te, Andrea? Sono riuscita a dimenticarti, a non stare male ogni maledetto minuto in cui non mi eri accanto e, adesso, mi chiedi questo. Perché?»
«Mi manchi. Voglio tornare ad essere quello che ero quando stavo con te. Sono stanco di sentire costantemente la tua mancanza»
Sento i miei occhi umidi, ma non voglio piangere! Non più!
Ha detto che gli manco, ma non ha detto la cosa più importante.
Mi ami Andrea?
No.
Lui sa soltanto volermi bene.
«Partirò Andrea…» dico cercando di simulare un tono di voce normale.
«Lo so» mormora tornando ad appoggiarsi allo schienale della sedia. «E so anche se non lo fai soltanto per gli studi»
«Già…»
«E’ finita definitivamente tra di noi?»
«Credo proprio di si» rispondo mentre una lacrima sfugge al mio controllo.
Mi alzo, pronta a lasciarmi alle spalle Andrea, ma non credo che lui lo voglia perché mi afferra per un polso facendomi voltare e abbracciandomi.
«Perdonami se puoi e, se vorrai, ci sarò per te, sempre» mormora contro la mia testa.
«Ti ho già perdonato» rispondo guardando i suoi occhi chiari, adesso offuscati dalle lacrime.
Mi alzo sulle punte dei piedi e lo abbraccio. «Non è il nostro destino quello di stare insieme» mormoro.
Lui nega con la testa e mi guarda.
«No, il nostro momento arriverà. So che noi staremo insieme, per questo ti chiedo di non innamorarti di qualcun altro»
Lo guardo con gli occhi spalancati.
Innamorarmi di qualcun altro?
Andrea, non credo che qualcun altro prenderà il tuo posto.
Io sarò sempre innamorata di te. 
 

-------

Credevo che non mi sarei sentita così: triste e come se stesse per andare via qualcuno che non rivedrò tanto presto. Non vedevo l’ora di pubblicare questi ultimi capitoli, eppure, adesso che sto pubblicando il ventunesimo provo tristezza. Forse perché sono passati cinque mesi da quando l’avventura di Andrea e Gaia è cominciato e adesso che sta per finire mi viene il magone.
Si, c’è sempre il sequel, ma LBIOS è LBIOS e per quanto sia soltanto una storia, frutto della mia fantasia, io con loro ci ho vissuto davvero. Scrivere dei posti che ho visitato io di persona; ricordare quella stanza al piano terra; ricordare la famiglia che ho citato nella storia, beh ha reso tutta la storia più “vera” in un certo senso, quindi mi ha coinvolta ancora di più, tanto da farmi sognare un certo protagonista maschile!
Per l’ultimo discorso c’è ancora tempo, visto che la prossima settimana, giorno 19, posterò l’epilogo di questa storia, quindi, adesso vi auguro semplicemente buonanotte, visto che sono le 23e28.
Buon inizio di settimana.
Grazie per avermi seguita fin qui e se vorrete seguirmi anche fuori da EFP
FrancyEFP è il mio gruppo su facebook e FrancescaEFP è il mio contatto!
Alla prossima
Francy

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Capitolo 23
*** *Casa* ***


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Non so che mi è preso, ma ho deciso di pubblicare con tre giorni di anticipo!
No, non ho la febbre e non sono sotto qualche tipo di sostanza stupefacente xD Forse è stata una delle canzoni della storia che mi hanno spinta a pubblicare prima; forse perchè sto cominciando ad attaccarmi troppo a questa storia e non va più bene :')
Quiiiindi... godetevi l'epilogo di "Let's blame it on September".
Ci leggiamo alla fine ;)


Let’s blame it on September
 
Epilogo
-Casa-

 
«Davvero devi partire?»
«Si, non posso mancare»
«Incontrerai quel tipo?»
«No, non lo incontrerò. Lui non ci sarà»
Odio dire bugie, soprattutto ad un ragazzo come Jay. Non merita che io gli menta. Ma diciamo che è una bugia a fin di bene, ecco.
«Mi spieghi ancora una volta per quale motivo non posso venire con te?»
«Tesoro, devo andare a metà del semestre e, se non ci sono, chi li prende gli appunti?» chiedo avvicinandomi e baciandogli la guancia.
«Lo sai che sono geloso»
«Si Jay, lo so, ma devi anche ricordarti che noi due non stiamo insieme»
Mi guarda storto «Non per molto» dice e, mentre sistemo il vestito che ho trovato ad Oxford Street qualche giorno fa, sorrido.
Diversamente da come pensavo, Londra non mi ricorda affatto quello che è successo quasi due anni fa.
È incredibile come il tempo sia passato velocemente e odio il fatto che, nonostante questo, non l’abbia ancora dimenticato.
Quando ho incontrato Jay credevo di riuscire a voltare pagina; a non mantenere fede a quello che lui mi ha chiesto l’ultima volta che ci siamo visti.
Non so se tra me e Jay possa esserci l’amore; non credo di riuscire ad amarlo come amo… Andrea.
«Devi provarci» mi aveva detto Serena. «Devi ricordarti quello che ti ha fatto passare anche se, il passato, si dovrebbe lasciare alle spalle» aveva continuato.
Ero riuscita a lasciarmi alle spalle il passato, Andrea, la nostra pseudo-relazione ma adesso avrei dovuto affrontare di nuovo tutto.
Devo ritornare a casa per il matrimonio di Serena e avrei rinunciato se avessi potuto.
«Quando tornerai?» mi chiede.
«La prossima settimana. Rimarrò un po’ con mia madre e poi tornerò»
«Starai anche con lui?»
«Jay, la pianti? Ti ho detto che non succederà niente. Lui studia a Milano e non credo verrà al matrimonio»
«Va bene. Scusami» dice alzandosi dalla sedia sulla quale ha poltrito per tutto il pomeriggio.
«Non scusarti, ma non voglio che ti diano fastidio queste cose perché non c’è niente di cui preoccuparsi. Fidati»
Mi sorride e si abbassa, lasciando un bacio sulle mie labbra «Mi fido»
 
«Tesoro mio, bentornata!!» grida mia madre mentre esco dall'area degli arrivi.
Sorrido e la raggiungo velocemente «Ciao mamma» dico abbracciandola.
E' da sei mesi che non la vedo.
Abbiamo trascorso insieme il Natale a Londra, poi lei è ritornata in Italia mentre io ho ripreso a studiare.
Praticamente non torno da settembre e, ormai, siamo a giugno.
Chissà cosa troverò, o chi…
«Amore, come è andato il viaggio?»
«Abbastanza bene. Un po’ di pioggia prima della partenza, ma qui non credo ci sarà questo problema, vero?»
«No, infatti. Andiamo, Serena ti sta aspettando a casa»
«A casa?» chiedo mentre ci incamminiamo verso l’uscita.
«Si, ti ha organizzato un bentornata a casa a sorpresa, ma non dirle che te ne ho parlato, ok?»
«Tranquilla» mormoro. Sono già in ansia. E se dovesse esserci anche lui?
Tempo fa, senza che chiedessi niente, Serena mi aveva fatto sapere che Andrea aveva cominciato a studiare Archeologia.
Ero contenta per lui perché almeno era riuscito a far valere le sue idee e non a dargliela vinta ai suoi genitori.
Spero davvero di non incontrarlo, non oggi almeno.
Durante il viaggio dall’aeroporto a casa mia madre mi chiede come vanno gli studi, come sta Jay, se ho incontrato mio padre o se mi serve del denaro.
Ho risposto frettolosamente che Jay sta bene, che la saluta, che gli studi vanno alla grande e che, dopo la prima volta, non ho più incontrato mio padre.
Forse è stata la sensazione di inadeguatezza che ho provato rimanendo al suo fianco che non mi ha permesso di chiedergli o di accettare un altro incontro.
Lui non ha insistito e io gliene sono stata grata. Forse ha avvertito anche lui la sensazione di non essere nel posto giusto con la persona giusta; forse la prima occasione di passare veramente del tempo insieme non ci ha aiutati; probabilmente avremo bisogno di altro tempo.
A mia madre non dirò che mi sono sentita a disagio, altrimenti passerebbe i prossimi giorni a preoccuparsi per un nostro incontro futuro, quindi non dico niente e, invece, le chiedo del suo lavoro.
Comincia a parlarmi della mostra che sta organizzando, ma il discorso finisce sempre sul mio ritorno a casa.
«Serena non vede l’ora di abbracciarti»
«Immagino…» mormoro sorridendo e appoggiando la testa al finestrino.
«Voleva venirti a prendere insieme ad An…» si blocca subito stringendo forte lo sterzo. Credo che si sia lasciata sfuggire qualcosa che non avrebbe dovuto dire.
«Cosa?!» chiedo svegliandomi di botto.
«No niente…» mormora mia madre.
«Mamma! Andrea è qui?»
«Non puoi evitarlo Gaia!»
Sbuffo e sprofondo nel sedile. Se voleva venirmi a prendere all’aeroporto, cosa gli impedisce di aspettarmi a casa mia?!
«Non vedo l’ora che passi questo matrimonio» borbotto.
«Gaia, non fare così. Serena mi ha detto che è fidanzato o una cosa del genere»
Ah, ecco…
Sospiro profondamente e chiudo gli occhi.
«Tesoro, sveglia. Siamo arrivate» sento dire.
«Hm?» apro gli occhi e mi guardo intorno.
Vedo Serena irrequieta e so che aspetta solo che esca dall’auto per saltarmi addosso. «Non preoccuparti. Tanto, prima o poi, lo incontrerai ugualmente»
«Andrà al matrimonio, vero?»
«Questo non lo so. Dai, adesso scendi» mi dice sorridendo.
Annuisco e, dopo un profondo sospiro, apro la portiera.
«Ciao Gaia!! Che bello» urla la mia amica, abbracciandomi.
«Ciao Serena…» mormoro ricambiando l’abbraccio.
«Mi sei mancata tantissimo»
«Mi sei mancata tanto anche tu» mormoro.
«Come stai?» chiede squadrandomi tutta «Sei dimagrita ancora»
«Lo stress» rispondo ridendo.
«Non è che fai troppa attività fisica con Jay?»
«Smettila! Sei sempre la solita» dico ridendo.
«Dai, vieni, andiamo dentro»
Mi circonda le spalle con un braccio  e mi stringe, mentre entriamo mia madre ci segue con il mio bagaglio.
Ho un po’ di paura ad entrare. Non so chi potrei aspettarmi…
«BENTORNATA!!!» sento dire in coro appena entro in cucina.
Scoppio a ridere davanti allo striscione che i miei amici hanno preparato. Ci sono tutti, l’unica che non mi aspettavo è Alessia.
Mi guardo intorno e, per fortuna, non vedo chi mi aspettavo di vedere.
«Grazie ragazzi» dico abbracciando tutti.
«Come stai?» mi chiede Alessia.
«Bene. Sono contenta di essere a casa» dico.
Per tutto il tempo parliamo di quello che ho trovato a Londra, di cosa faccio e di cosa hanno fatto loro durante questi mesi, anche se la discussione principalmente è basata soprattutto sulle nozze di Serena e di Massimo. Vedo che entrambi non vedono l’ora di passare la vita insieme.
Sono così innamorati…
«Gaia…»
Mi volto e sorrido alla persona che ho davanti.
«Grazie per essere venuta» dico.
«Ma figurati. Mi ha fatto piacere. Ci vediamo domani al matrimonio allora» risponde Alessia.
Annuisco e l' abbraccio.
Non mi ha parlato di Andrea.
Meglio così, anche se un po’ di curiosità nel vederlo ce l’ho.
«Amica!! Stasera usciamo!» urla Serena raggiungendomi nell’ingresso.
«Cosa?» chiedo dopo aver salutato l’ultimo amico.
«Purtroppo ho già fatto l’addio al nubilato, ma voglio passare l’ultima notte da nubile con la mia migliore amica»
La guardo intenerita e annuisco «Va bene»
«Bene, adesso saluto il mio futuro marito e vengo in camera con te. Tu vai a lavare quel tuo bel corpicino»
Scoppio a ridere e annuisco. Lascio un bacio a mia madre e prendo il mio bagaglio, salendo in camera.
Non so dire con certezza se voglio o meno passare la serata con Serena. Mi sento un po’ a disagio.
Vorrei chiederle qualcosa; vorrei sapere se Andrea sarà presente. Vorrei che mi parlasse di lui ma so che tutto questo è sbagliato.
«Allora…» mormora mentre si siede sul mio letto.
«Cosa c’è?» chiedo aprendo la valigia.
«Hai comprato il vestito per domani?» chiede curiosa guardando in valigia.
«Si, anzi… devo assolutamente toglierlo da qui»
Svuoto la valigia e, finalmente, prendo l’abito che indosserò domani.
«Posso vederlo?»
«La sposa sei tu, quindi si»
Serena, tutta contenta, apre la custodia dell’abito e si porta le mani alla bocca «Ti piace?» chiedo preoccupata.
Non avevo messo in conto che il vestito poteva non piacerle… non avremmo comunque il tempo di andarne a comprare un altro.
Quello che ho comprato è lungo con uno scollo a cuore e con una fascia sotto il seno. E’ di un colore misto tra l’azzurro cielo, il bianco e il marrone chiaro. Mi aveva colpito molto per la sua eleganza e, allo stesso tempo, per la sua semplicità.
«E’ stupendo Gaia… è molto bello»
«Bene, ne sono felice» rispondo sorridendo, mentre mi siedo sulla poltrona davanti al letto.
«Hai un’aria abbattuta» mi dice ritornando ad occupare il suo posto sul letto.
«E’ soltanto per il viaggio. Domani sarò fresca come una rosa, promesso» rispondo sorridendo.
«Non è soltanto questo» dice guardandomi seria.
Potrei anche sapere a cosa si riferisce.
Sorrido e mi alzo, avvicinandomi alla finestra. «Non volevo tornare. L’ho fatto solo per te, perché è il tuo matrimonio, ma avrei voluto restare a Londra»
«Hai paura di incontrarlo?»
«Ho paura di stare male di nuovo. Ho capito che finché non lo vedo e non lo sento sto bene; ma appena ci incontriamo per me è la fine. È stato così il giorno del mio diploma…»
«Ricordo quanto hai pianto quel pomeriggio»
«Già» rispondo amaramente. «Ho impiegato settimane a dimenticare quello che mi aveva detto. Non vorrei incontrarlo e ricominciare tutto da capo»
«Avrei impedito a Massimo di invitarlo se ne avessimo parlato prima. Purtroppo, da quando si sono conosciuti, sono andati subito d’accordo»
«Non preoccuparti. Devo imparare a non starci male e poi lui è fidanzato, no?»
«Si, con una milanese se non sbaglio»
«Buon per lui, almeno non è Elena»
Serena scoppia a ridere e scuote la testa «Lei non ha continuato a studiare»
«Hai invitato anche lei?»
«Ovvio che no. Ci saranno soltanto Andrea ed Alessia»
«Saremo anche allo stesso tavolo suppongo»
«No, tu e tua madre sarete insieme alla mia famiglia. In fondo, siete un po’ la mia famiglia»
Sorrido e mi avvicino alla mia amica. L’abbraccio, anzi, mi butto letteralmente su di lei «Grazie» mormoro.
«Grazie a te» risponde lei ricambiando l’abbraccio. «E’ bello riaverti con noi, anche se per poco tempo»
«Potete sempre passare a trovarmi dopo il viaggio di nozze»
«Lo faremo sicuramente, prima di ritornare all’università»
«Bene…»
Restiamo qualche attimo in silenzio, poi mi ricordo di quello che mia madre mi aveva detto in macchina «Voleva davvero venire a prendermi in aeroporto?»
«Chi?» chiede la mia amica, la guardo di traverso facendole capire che so che Andrea è in città. «E’ qui da due settimane e, da quando è arrivato, non ha fatto altro che chiedermi quando saresti tornata. Esasperata, gliel’ho detto e lui ha proposto quella cosa. All’inizio avevo accettato, ma poi ho capito che sarebbe stata un’imboscata nei tuoi confronti, quindi gli ho chiesto di starti lontano almeno fino a domani; a malincuore ha accettato»
«Wow…» mormoro un po’ sotto shock. Che abbia cambiato idea su di me?
«Dai, raccontami di Jay, adesso! Voglio sapere come si comporta con te» Serena interrompe i miei pensieri chiedendomi del mio quasi fidanzato.
Rido, lasciandomi alle spalle Andrea e, un po’ imbarazzata, le spiego che, io e Jay, non siamo una vera e propria coppia. Trascorriamo del tempo insieme, usciamo con gli amici, studiamo, ma ancora non abbiamo ufficializzato nulla. Ci stiamo ancora conoscendo.
Ha cominciato a farmi le domande più imbarazzanti che possano esistere… quelle che le migliori amiche hanno il dovere di fare.
Mi ha chiesto se ci sono stata a letto, se è bravo, ed è arrivata addirittura a chiedermi le dimensioni.
«Piantala di chiedermi queste cose» le chiedo super imbarazzata.
«Ma perché?! Sono cose normali»
«Beh, mi imbarazza parlarne e poi non mi hai mai fatto domande del genere»
«Vabbè amica… tu sei stata soltanto con Andrea e Max, ed entrambi sono italiani. Più o meno si sa quanto siano poco dotati i ragazzi italiani»
«Ti sbagli» mormoro guardandola maliziosa.
Lei comincia ad urlare e a saltare sul letto, mentre scoppio a ridere «Stai ferma!!» le urlo cercando di farla scendere.
«Vuoi dirmi che uno dei due è super dotato»
«Non super, ma più della norma»
«Dai dimmi chi è»
«Secondo te?»
«Andrea, ovviamente»
Annuisco ridendo. «Ok, e tra Andrea e Jay?»
«Sempre lui, Serena! Cambiamo argomento, va»
«Ma allora con Jay lo hai fatto!»
«Si, adesso basta però»
«Sei troppo timida»
Mentre lei continua a ridere, la spingo e mi stendo sul letto. Sono esausta.
«Hai più sentito Max?»
«Abbiamo perso un po’ i contatti da quando ho conosciuto Jay… credo sia ancora innamorato di me e, sapere che io lo sono di qualcun altro e che sto con un’altra persona, insomma non gli piace. Ha preferito non sentirmi più, piuttosto che continuare a soffrire»
«E tu?»
«Sai come ho reagito. Gli ho dato ragione. Alla fine cosa avrei dovuto fare? Capisco come si sente»
«E’ un peccato. Max mi piaceva»
«Serena, a te piacevano tutti» le dico ridendo.
Comunque, credo proprio di aver fatto la cosa giusta con Max. Tengo tanto a lui, ma non voglio essere egoista e continuare a vederlo soffrire solo perché voglio la sua amicizia.
Così stiamo molto meglio entrambi.
«Possiamo rimanere qui stasera?» le chiedo sospirando. È decisamente il peggior rientro a casa di tutti i tempi.
«Va bene. Dormo qui allora, però domani mattina alle otto dobbiamo essere sveglie e belle pimpanti»
«Si, ci sono ancora dodici ore, non preoccuparti»
Restiamo un attimo in silenzio, poi le chiedo «Non sei spaventata?»
«Da morire» risponde cercando di trattenere le lacrime. «Ho la sensazione di non esserne in grado, che abbiamo affrettato tutto. Chi lo avrebbe detto che mi sarei sposata a diciannove anni?!»
«Non pensare che hai diciannove anni. Se lui è la persona giusta per te, hai fatto bene»
«Lo spero»
«Mi dispiace non averti aiutato con i preparativi del matrimonio»
«Non preoccuparti Gaia… m'importa solo che tu sia qui»
«Ma certo!»
Io e la mia amica passiamo tutta la serata a raccontarci la nostra vita durante questi mesi. Cosa è successo mentre ero via, insomma. Mi ha informata di tutto.
Ha evitato, soprattutto, di non andare nella zona a rischio: Andrea.
 
Non credevo che per riprendermi dal viaggio, dalla stanchezza e da tutto quello che io e la mia amica ci siamo dette ieri sera, ci volessero più di undici ore di sonno.
Alle sette di mattina Serena si è alzata dal letto e ha cominciato a fare avanti e indietro per la stanza, mormorando «Oggi mi sposo e non ce la posso fare. Non ce la posso fare perché oggi mi sposo»
Mi sono alzata, controvoglia, e l'ho strattonata per farla riprendere. «Amica!! Riprenditi!!» le ho urlato.
È scoppiata a piangere e mi ha abbracciata.
Dopo vari e inutili giri di parole le ho dato uno schiaffo e lei, scioccata, si è ripresa. Mi ha ringraziato e poi siamo scoppiate a ridere.
Roba da non crederci.
Ha impiegato tutta la mattinata a calmarsi; mentre l' accompagnavo a casa, mentre faceva la doccia, durante il trucco e il parrucco e, infine, mentre indossava l’abito.
Insomma, è stata un fascio di nervi per tutto il tempo e adesso, un po’, lo sono anch'io.
 
La cerimonia è finita. Serena e Massimo sono marito e moglie e non ho ancora visto Andrea.
«Gaia, ci vediamo per il servizio fotografico!» esclama Serena salutandomi con la mano.
Ha organizzato il ricevimento in una villa fuori città; quindi, prima di tutto toccherà fare le foto.
Annuisco sorridente, mentre lei è ancora ferma lì insieme a Massimo che sta parlando con un suo amico.
Il respiro mi si blocca a metà e il cuore comincia a battere furiosamente quando mi accorgo con chi sta parlando Massimo.
Andrea alza lo sguardo e i nostri occhi si incrociano; saluta il neo sposo e mi raggiunge.
«Merda» mormoro muovendomi nervosa. Siamo anche vestiti dello stesso colore: blu. Si, il mio è celeste, ma sempre dal blu proviene, no?
«Ciao» mi saluta.
Oh dio, la sua voce…
«Ciao» rispondo guardandolo.
«Come va?» chiede.
«Abbastanza bene…» Meglio quando questa giornata sarà finita!
Accidenti!! «Tu, invece?»
«Non mi lamento. Sono riuscito ad iscrivermi all'università che volevo frequentare»
«Ne sono felice» rispondo sorridendo.
«Complimenti per il college prestigioso» dice sorridendo, anche lui.
«Grazie. È una tortura, ma mi piace studiare lì»
«Era quello che desideravi, quindi sei anche riuscita a realizzare il tuo sogno»
«E’ vero» mormoro.
«Gaia!!!» mi sento chiamare da Serena.
«Forse è meglio se li raggiungiamo» dice lui.
Annuisco e mi avvio, con lui al mio fianco.
«E’ bello vederti di nuovo qui»
Oh no, Andrea… non dirlo, non dirlo.
Faccio un respiro profondo e lo fermo. «Mi dispiace, non ci riesco» dico.
«A fare cosa?»
«A fingere che non sia successo nulla»
«Non ti sto chiedendo di farlo»
«Invece si…»
«E in che modo?» chiede avvicinandosi.
«E’ bello vederti di nuovo qui» dico imitando la sua voce. «Non puoi dirmi una cosa del genere. Sai cosa provavo per te, sei stato tu a lasciarmi, perché me lo dici?»
«Perché ho capito di aver sbagliato. Gaia, lo sai»
«Si, me lo hai detto, ma adesso entrambi abbiamo la nostra vita»
«Si… mi hanno informato di un certo Jay»
Sgrano gli occhi. Come fa a saperlo?
Serena, ovvio…
«Sono andata avanti» mormoro mentre mi incammino verso le macchine.
«Anch' io, ma non c’è mai stato un attimo in cui non abbia sperato che tu mi chiamassi»
Lo guardo per qualche secondo, poi dico «E’ meglio se raggiungiamo gli altri»
Lui sorride amaramente e annuisce.
«Finalmente ragazzi! Ma quanto ci avete messo?» esclama Alessia appena ci vede.
«Scusaci, stavamo parlando» dico sorridendo.
«Tutto ok?»
«Certo. Andiamo, altrimenti Serena mi ammazza» mormoro mentre mi dirigo verso la macchina di mia madre.
«Gaia!» mi sento chiamare da Andrea e mi volto.
«Parliamo dopo?» chiede.
Annuisco sorridendo e mi volto nuovamente per raggiungere mia madre.
«Tutto bene?» chiede mentre salgo in auto. Ci dirigiamo in aperta campagna, dove Serena ha deciso di fare il ricevimento.
«Non lo so» rispondo aprendo il finestrino. Ho bisogno di respirare. «Voglio solo che questa giornata finisca presto»
Mia madre mi accarezza un braccio, rimanendo in silenzio. Forse ha capito anche lei che non c’è proprio niente da dire.
Per tutto il tempo del servizio fotografico, e anche dopo, ho pensato alle sue parole.
Perché ho capito di aver sbagliato. Gaia, lo sai.
Ho sbagliato anch' io…
Ho sbagliato ad innamorarmi di te.
Anch' io, ma non c’è stato un attimo in cui non abbia sperato che tu mi chiamassi.
Non sa quanto avrei voluto farlo.
In tutti questi mesi sono stata divisa tra il dargli una seconda opportunità o dimenticarlo. Lasciarmi alle spalle tutto.
So che lui si è pentito.
So che vorrebbe tornare con me.
So tante di quelle cose che vorrei fermarmi un attimo e spegnere il cervello.
Mi sono chiesta molte volte cosa voglio. Continuare a stare con Jay, cominciando magari a fingere di amarlo, o mettere una pietra sopra a tutto quello che Andrea mi ha fatto? Le sue bugie e il suo prendersi gioco di me…
Tu sai qual è la cosa giusta da fare” mi ricorda la mia coscienza appena lo vedo.
No, non lo so.
«Ehi…»
Andrea si avvicina, mentre tutti gli invitati entrano nella sala. Mi sorride e avanza verso di me con il suo maledetto completo blu.
«Ciao» rispondo sedendomi su una panchina.
Lui si avvicina e si siede al mio fianco. Era da tanto che non provavo queste sensazioni: lo stomaco in subbuglio, il cuore batte forte, come se fossi in caduta libera ma so che c’è qualcuno che tiene a me ed è pronto ad afferrarmi.
«Ammettilo, Alessia ti ha detto come mi vestivo» dice ridendo.
«No» rispondo allo stesso modo. «Giuro che non lo sapevo. Ho comprato mesi fa questo vestito»
«Stai bene»
«Grazie» rispondo imbarazzata.
«E sei bionda» nota sfiorando una ciocca di capelli.
«Non più ormai» rispondo alzando gli occhi per guardare il mio ciuffo.
«Ti preferivo mora»
Ci guardiamo negli occhi e, imbarazzata, sorrido e distolgo lo sguardo.
«Scusami per prima»
«Per cosa?»
«Non avrei dovuto dirti che non c’è stato un attimo in cui abbia sperato che tu cambiassi idea»
«Non scusarti. Anch'io l’ho fatto per mesi… quando mi hai lasciata e… si insomma, hai capito» mormoro abbassando lo sguardo.
«Si» mormora a sua volta.
«Uhm… come l’hanno presa i tuoi la notizia che non avresti fatto architettura?» chiedo cercando di cambiare discorso.
«Non mi hanno parlato per un po’, soprattutto mio padre»
«Adesso è tutto risolto?»
«Si, abbastanza. Mi piace studiare archeologia e loro lo vedono, quindi sono felici per me»
«E’ giusto così…»
«Hai incontrato tuo padre?» chiede lui guardandomi serio.
«Si, qualche mese fa ma, al momento, entrambi non riusciamo a volere un altro incontro. Vorrei che non mi pagasse gli studi»
«Magari a lui non importa»
«So che vorrebbe passare più tempo con me, ma proprio non ce la faccio. Sin dall’inizio mi ha detto che l’unica cosa che gli sta a cuore è la mia istruzione quindi, sotto un certo punto di vista, non sono costretta a passare del tempo con lui»
«Forse no…» 
Faccio un profondo sospiro e cambio argomento «Com’è vivere a Milano?» gli chiedo, ma la verità è che voglio sapere qualcosa di questa tipa…
Lui sorride e mi guarda «E’ strano, ma me la passo bene»
Ci credo…
«Perché strano?»
«Prima ero disposto a fare pazzie, a trasferirmi da tutt’altra parte e cominciare una nuova vita con…» mi guarda negli occhi e continua «…qualcuno. Milano è solo Milano»
A cosa ti stai riferendo Andrea?
«Ho saputo che sei… fidanzato» dico rischiando il tutto per tutto.
Andrea mi guarda e, per un momento, vorrei dimenticare dove mi trovo, perché siamo qui e perché cerchiamo di stare lontani ma, nello stesso tempo, ci avviciniamo «Si» mormora e tutto all’improvviso svanisce.
«Hai continuato a sperare che io cambiassi idea anche dopo che vi siete messi insieme?» chiedo.
«Molte volte»
«Perché ci stai insieme allora?»
«E’ brutto da dire, anche squallido… ma ci sto insieme perché ti somiglia. Mi ricorda tantissimo te»
Accidenti.
Porca miseria, non riesco più a stare qui… non posso più stargli accanto e sapere che questa serata finirà nel peggiore dei modi.
Mi alzo, lisciando il vestito e dico «Torno dentro» lo guardo un’ultima volta e mi allontano.
«No, aspetta!» esclama raggiungendomi.
«Andrea, per favore… lasciami andare»
«Non posso» mormora avvicinandosi al mio viso.
No, no, no, no!! Non puoi starmi così vicino.
«Gaia, tu mi ami?» mi chiede, alzo lo sguardo di scatto.
Sento i miei occhi pungere, le lacrime chiedono prepotentemente di essere rilasciate. «Perché mi fai questa domanda?»
«Perché stai con un inglesino del cazzo! Perché gli sorridi, gli parli, lo accarezzi, lo baci, ci vai a letto…Prima che le nostre vite prendessero strade diverse, mi sono sempre detto che sarei stato l’unico uomo a cui tu avresti sorriso, l’unico che sarebbe venuto a letto con te, l’unico che avresti accarezzato e baciato. Ho mentito a me stesso… al mio cuore,  a te»
Le sue parole mi stordiscono, mi mandano il cuore a tremila. Respiro convulsamente; la sua vicinanza mi preoccupa.
«Cosa vuoi dirmi Andrea?» chiedo con la voce tremante.
«Prima che tu partissi ti ho chiesto di ritornare insieme a me, lo ricordi?»
Annuisco e lui si avvicina ancora di più a me, indietreggio e sbatto contro la parete.
Accidenti!
«Ti ho chiesto se mi ami»
«Non hai mai avuto dei dubbi su questo. Non dovresti averne» mormoro guardandolo seria.
«Hai ragione. Sono sempre stato io quello reticente. Quello che, appunto, ha mentito, ma adesso non posso più continuare a farlo…»
Abbasso lo sguardo e provo a regolarizzare il respiro. La sua vicinanza mi fa male.
Sono sicura che, tra poco, sverrò.
«Guardami» dice alzando il mio viso con il suo indice.
I nostri occhi si incontrano di nuovo, mi perdo nell’amore che ho sempre provato per lui; quell’amore che sono sempre stata sicura di provare nonostante la sua stronzaggine; nonostante quello che mi ha fatto e nonostante mi abbia presa in giro, facendomi soffrire di più.
«Perdonami Gaia… Perdonami se non sono il ragazzo perfetto, quello che sicuramente sarà il tuo Jay…»
«Non è il mio Jay» preciso.
«Lasciami finire» mi interrompe sorridendo. «Non sono perfetto, ma ti posso giurare che, nella mia imperfezione, nella mia stupidità, nella mia cecità e tutto quello che vuoi, ti amo più di qualsiasi altra donna abbia mai avuto»
Il mio cuore perde qualche battito, per poi ricominciare a pulsare come un forsennato.
Andrea mi ha appena detto che mi ama?
Lo ha fatto davvero?
Dopo quasi due anni?
Mi ha detto che mi ama. Che non mi vuole semplicemente bene.
Mi ama!!
Gli crederai?” chiede la mia vocina interiore.
«Andrea…» mormoro con gli occhi spalancati.
«Ok, forse  non avrei dovuto dirtelo…» dice piano passandosi una mano fra i capelli.
«No…» mormoro e lo guardo «Voglio dire hai fatto bene. Sono felice che tu me lo abbia detto, ma perché adesso?» chiedo deglutendo più volte.
«Perché mi odiavi dopo quello che è successo con Max e poi… poi mi hai detto che stavi per partire»
«Ed è così anche questa volta Andrea…»
«Ma io ti amo Gaia… credo di averti amata dal momento in cui sei tornata in quella casa, bagnata fradicia. Scusa se non te l’ho detto prima, ma avevo paura di farmi prendere troppo, così facendo però ho perso la donna della mia vita. Ti amo Gaia, perdonami se non te l’ho detto prima»
Sono senza parole… una dichiarazione vera e propria.
«E’ meglio se entriamo» mormoro; vorrei veramente prendermi a pedate perché so che potrei semplicemente dire “Andrea, ti amo anch' io, non sono mai stata così innamorata di te come lo sono adesso”, ma sento che non sarebbe giusto.
Non sarebbe giusto nei confronti di entrambi e nei confronti delle nostre vite.
Lo guardo negli occhi, vedo la sofferenza e le sue aspettative svanire nel nulla. Mi allontano da lui per raggiungere mia madre.
«E’ finita allora? Ti dico che ti amo e tu mi lasci così? Senza una spiegazione? Te ne esci con un fottuto “E’ meglio se entriamo”?» chiede arrabbiato.
«So quello che dovrei dirti!» esclamo voltandomi «Ma non è giusto per nessuno di noi due. Non puoi sbucare dal nulla dopo un anno di lontananza e dirmi che mi ami»
«No? Allora spiegami perché non è giusto! Ti sembra giusto che ritorni a Milano, la prossima settimana, con il cuore spezzato?! Ti sembra giusto continuare a farci del male?»
«Farci del male? Si da il caso che qui, l’unica ad essere stata ferita, sia io! Quella che dovrà rimettere insieme tutti i cocci sono io, perché ogni volta che ti vedo mi si spezza il cuore»
«Ti sto dicendo che possiamo stare insieme!!» urla.
«Non è così semplice»  dico cercando di tenere sotto controllo la voce.
«Perché no?»
«Perché amare significa anche fidarsi e io non mi fido più di te come mi fidavo prima»
«Posso cambiare Gaia. Sono cambiato, ma posso cambiare ancora… per te»
«Tra qualche giorno ognuno riprenderà con la sua vita e tutto finirà, di nuovo. E non dire che saresti disposto a trasferirti»
«Mi manchi…» sussurra.
«Vai avanti con la tua vita Andrea» dico velocemente, prima di voltarmi, scoppiare a piangere e correre verso i bagni del ristorante.
Perché proprio adesso doveva dirmi queste cose?
Perché sono a questo matrimonio? Vorrei andare via da qui, fare le valigie e andare via, ritornare a Londra e dimenticare quello che è successo oggi, ma so che Serena non me lo perdonerebbe mai e non posso farlo.
Devo essere felice per lei e starle accanto nel giorno più importante della sua vita.
Accidenti a me!
Le sue parole mi rimbombano nella mente, producendo un rumore assordante che non mi lascia sentire o percepire altro.
Voglio andare via da qui, ma non posso, quindi provo a calmarmi; asciugo le lacrime, sistemo il trucco ed esco, sperando che nessuno si accorga delle mie lacrime e che Andrea non si avvicini più a me.
Per tutta la serata faccio finta di niente; parlo con gli sposi e con gli invitati, cerco di non guardare verso il tavolo di Andrea, perché so che, se lo facessi, mi sentirei ancora più uno schifo rispetto a quanto non mi ci senta già.
Stasera gli ho detto addio.
Ho detto addio all’uomo che ho amato, che amo e che ho perso per sempre.
 

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Ehm... non so perchè ma adesso ho il magone.
Assurdo, vero?
Cinque mesi fa non credevo che sarei mai arrivata a questo momento. Insomma... avevo in mente di portare avanti questa storia si, ero anche curiosa di sapere cosa ne avreste pensato, ma MAI, e dico MAI mi sarei aspettata che l'avreste apprezzata così tanto. Non mi sarei mai immaginata di arrivare a così tanto e per tutto questo devo ringraziare voi!
Voi siete le persone che avete reso possibile tutto questo e per quanto la fine di una storia può sempre rattristare, questa volta è ancora peggio perchè c'è una grande possibilità che il sequel deluda molti di voi, anche se io spero dal più profondo del cuore che non sia così, perchè ci sto mettendo davvero l'anima e il cuore per scriverlo. Si sta anche portando via un pò di me perchè è... troppo! (Non posso spoilerarvi troppo :P)
Io vorrei davvero ringraziare tutti voi, ad uno ad uno, ma occorrerebbe un capitolo intero di LBIOS per farlo, quindi lo scrivo qui: "Grazie per aver perso quei cinque/dieci minuti nel leggere un capitolo; grazie per aver avuto la pazienza di lasciare una recensione, seppur di poche parole; grazie per aver aggiunto questo pezzo della mia vita fra le seguite, preferite o ricordate; grazie per aver atteso, chi pazientemente chi no :P, ogni martedì; grazie semplicemente perchè anche quando un capitolo non è venuto fuori come avrei voluto che venisse voi avete letto comunque e mi avete fatto comprendere, grazie alle vostre recensioni, che anche nella sua imperfezione la storia va bene così e, per ultimo, ma non meno importante, grazie alla persona che ha corretto pazientemente i miei errori ^^'' e che mi sta sopportando nella stesura del sequel... Grazie di cuore soprattutto alle ragazze e al ragazzo che mi hanno provocato un vero e proprio attacco di cuore con il bellissimo video. Sembrerò monotona ma, grazie ancora ragazzi <3 Vi voglio davvero bene."

La storia di Gaia e Andrea è nata per caso... avevo troppa nostalgia dell'Inghilterra e volevo rivivere quelle giornate dando un tocco di amore e magia in più. Così sono nati tutti i personaggi. Sono nati Andrea e Gaia, insieme ai loro amici...
Ho cercato di essere il più fedele possibile alla realtà, quindi si, direi che questa Gaia sarei io senza un Andrea al mio fianco, però xD
Spero che la mia esperienza abbia portato un pò di vero alla storia...
La trama inizialmente era diversa; o meglio, doveva andare come è andata, quindi il capitolo 16 (dove lui la lascia) doveva esserci, ma nel "progetto" originale Andrea non aveva nessuna cotta per Gaia, ma voleva semplicemente portarsela a letto e ingannarla, proprio come le fa credere, e, soltanto in un secondo momento, lontana da lei, si sarebbe accorto che lui si era innamorato. Beh, le cose sono cambiate man mano che scrivevo. Vedevo che alcuni pezzi tra di loro non andavano bene, quindi ho improvvisato e poi... e poi è venuto fuori tutto questo! :)
Adesso le cose da dire cominciano a scarseggiare sul serio. x'D
Spero di essere riuscita ad emozionarvi, e spero che tutti voi che avete seguito questa prima parte della storia, mi seguiate anche nel sequel.

Molto probabilmente a voi, ragazze del mio gruppo, vi sto facendo venire una serie infinita di infarti, ma sicuramente niente in confronto al vostro video :P e comunque non avrei saputo che darvi come ultimo spoiler xD
Non lo so, forse sono stata spinta a pubblicare dalla voglia di lasciami le vicende di questa Gaia e di questo Andrea indietro, proprio come fa la protagonista con il ragazzo che ama. Ne ho bisogno, credetemi! Non auguro a nessuno di entrare così tanto in sintonia con la propria storia... è sfiancante e ti fa veramente venire il batticuore, ad ogni scena, ad ogni frase!!
Ma comunque sia... Spero che la mia sorpresa sia stata gradita e con ciò vi do appuntamento a Venerdì 01 Marzo per il primo capitolo di "There'll be a place for us".
Un abbraccio forte e un bacio grande grande a tutti voi.
Francy <3

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