Tomboy

di Ruth Spencer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Heart problems ***
Capitolo 2: *** 1. Football Team ***
Capitolo 3: *** 2. That's special boy ***
Capitolo 4: *** 3. Womanizer ***
Capitolo 5: *** 4. The Pact ***
Capitolo 6: *** 5. Ars amatoria ***
Capitolo 7: *** 6. Kick and rush ***
Capitolo 8: *** 7. Trouble Incoming ***
Capitolo 9: *** 8. Impossible to choose ***
Capitolo 10: *** 9. Bad joke ***
Capitolo 11: *** 10. Another Fred ***
Capitolo 12: *** 11. Misunderstanding ***
Capitolo 13: *** 12. The worst is over...maybe. ***



Capitolo 1
*** Prologo. Heart problems ***



                  

                          Prologo. Heart  problems

 

 
 
Avevo chiuso con i ragazzi.
Avevo chiuso con i ragazzi. Punto.
Anche se, a pensarci bene, Nancy sosteneva con certezza scientifica che “Quel capitolo, gira e rigira, si riapre sempre e comunque”.
E in fondo, non aveva tutti i torti.
Dopo che la storia con Sam era stata archiviata e sepolta, volevo tenermi il più lontana possibile dal sesso opposto.
Già  immaginavo le zampe di gallina attorno agli occhi e l’appartamento di tappezzeria rosa (colore che io detesto con tutta me stessa) in cui vivere per il resto dell’eternità, zitella e circondata da gatti e piante di plastica.
Le idee malsane di mio fratello però avevano mandato a farsi benedire i miei progetti per una tranquilla vita monastica ed io, invece di rifiutare, mi ero gettata a capofitto in una situazione impossibile da gestire.
Non credo fosse stato solo per cameratismo nei confronti di Fred.
Forse la verità era che volevo riprendermi la rivincita su Sam. Volevo dimostrare a lui e a me stessa quanto fossi capace.
E poi, nel modo e nel momento più inopportuni, quando meno me lo aspettavo, avevo incontrato Harry.
Probabilmente starete fantasticando su un incontro romantico vicino al Tamigi, uno scambio di sguardi e qualche complimento da capogiro partorito da una fervida immaginazione femminile.
Nulla di più lontano dalla realtà.
Probabilmente non vedrete l’ora di leggere del nostro primo bacio. Proverete a chiudere gli occhi e ci vedrete abbracciati sotto la pioggia dopo aver chiarito un orribile malinteso.
Beh, non è andata precisamente così.
Ma, forse dovrei fare un passo indietro. Forse dovrei raccontarvi tutto dall’inizio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
31 Agosto.
Fine dell’estate. Fine della libertà.
Ultimo pomeriggio di delirio nel Mc’Donald  più scrauso di Londra.
 
 
-Gli uomini sono portatori sani di problemi per noi donne- sospirò melodrammatica Nancy, masticando una patatina fritta.
Mi ficcai la cannuccia della coca cola in bocca. Ridevo ancora. –Non esagerare-.
-Dico sul serio- protestò lei. –Sembrano tutti dolci e sensibili quando li conosci, ma in realtà creano solo un sacco di casini-.
Lei e Tyler avevano rotto da poco e non nel migliore dei modi.
-Non è un argomento su cui generalizzare. Io e Sam andiamo d’accordo per esempio- obbiettai.
-Maud, non ti illudere- mi ammonì seria.
La patatina fritta che stavo ingoiando mi andò di traverso, rischiando di strozzarmi.
Evelyn allungò un braccio e mi diede qualche pacca sulla spalla.
-Bevi- disse, senza staccare gli occhi dal suo fumetto.
Agguantai il bicchiere colmo di coca cola, ancora in preda alle convulsioni e buttai giù un sorso.
A Nancy non era mai piaciuto il mio fidanzato. Fin da subito mi aveva messo in guardia nei suoi confronti. Io ovviamente non le avevo dato retta e avevo tirato dritto. Come sempre.
-Quando è il prossimo allenamento?- domandai tanto per cambiare discorso.
-Oggi, alle quattro- sillabò Nancy.
-Faremo la squadra-.
-Sam è il capitano. Lui deciderà chi inserire e chi no- sottolineò lei.
-Pensi che non ci sceglierà?- chiesi sorpresa.
-Tu cosa credi?-.
Mi strinsi nelle spalle. –Siamo tra le migliori in campo. Perché non dovrebbe?-.
E poi me lo aveva promesso.
Nancy mi lanciò un’occhiata eloquente. Sapevamo tutte e due che l’unico motivo per cui avrebbe potuto decidere di escluderci era il fatto che fossimo ragazze, ma lasciammo cadere ugualmente il discorso.
Lei ed io avevamo iniziato ad allenarci all’inizio dell’estate con l’obbiettivo ben preciso di entrare nella squadra di calcio del College. Era sempre stato il nostro sogno farne parte.
Così avevo conosciuto Sam. Eravamo usciti diverse volte, mi aveva baciata e stavamo insieme da diversi mesi ormai.
Evelyn invece era diversa. Lo sport non faceva per lei, diceva sempre.
Nancy, Evelyn ed io. Mai Dio creò assortimento più vario.
Nancy. Nancy, bella e impossibile. Forse troppo a dir la verità.
I capelli biondi e lisci circondavano un viso dai tratti delicati e attraenti; gli occhi grandi e limpidi come uno specchio d’acqua. Fisico alto e flessuoso, seno abbondante.
Il sogno erotico di ogni uomo in poche parole.
A scuola le morivano tutti dietro, ma lei sembrava non accorgersene, troppo presa da quello stronzo di Tyler, dagli allenamenti di calcio, dalla scuola, dalle amiche, dai continui viaggi di lavoro dei genitori, dalle feste grandiose che dava nel suo lussuosissimo attico nella zona Kensington di Londra. Da una routine frenetica che io potevo solo sognarmi.
Era impulsiva, scorbutica e schietta ad un livello tale che nessuno poteva sopportarla per più di cinque minuti. Nessuno, tranne me ed Evelyn.
Evelyne i suoi boccoli scuri. Evelyn e i suoi occhiali da vista. Evelyn e i suoi libri.
Evelyn era la rappresentazione vivente della tranquillità e della ragionevolezza.
Rifletteva sempre prima di crocettare la risposta esatta ad un quiz di fisica, quando io invece bene che andava, facevo a sorteggio.
Rifletteva sempre prima di prendere qualsiasi decisione, che fosse la panna sulle fragole o gli studi da intraprendere per il proprio futuro.
Era riservata fino all’esasperazione e incredibilmente silenziosa. Ma, mi sbalordiva quanto i suoi pochi interventi nelle nostre conversazioni fossero pertinenti e assolutamente indispensabili.
Ed io? Io, Maud Bayler, ero completamente diversa da entrambe.
Non ero né alta, né bassa. I miei capelli non erano né lisci, né ricci. Non ero né bella, né brutta. Né carne, né pesce.
Preferivo una tuta e un buon pallone da calcio, a scarpiere zeppe di stiletti che mai in vita mia avrei indossato e sedute pomeridiane di shopping che in teoria avrebbero dovuto rilassarmi, ma che in pratica non facevano che deprimermi.
Da bambina buttavo le barbie nel cesso e giocavo con mio fratello Fred alla guerra.
A diciassette anni compiuti ancora non sapevo cucinare delle uova strapazzate commestibili senza bruciarmi le mani con la padella.
Non ero femminile come Nancy e non ero studiosa come Eve.
Dovevo farmene una ragione.
Che poi me la cavassi con poco e in pagella mi ritrovassi sempre buoni voti…Beh, quella è un’altra storia.
Mi sentivo come uno stupido rospo, indeciso tra lo stagno e i canneti. Una vecchia lavatrice che perdeva acqua da tutte le parti. Io però avevo solo diciassette anni… e già mi sentivo da buttar via.
Ero vivace, fumantina e disordinata all’ennesima potenza e l’unica cosa che mi importava veramente era giocare a calcio; sentire l’erba fresca sotto gli scarpini, l’esultanza dei compagni, i goal.
Avevo visto “Sognando Beckham” un milione di volte. Avevo sognato insieme alla protagonista Jess un milione di volte. Avevo immaginato di essere lei per ognuna di quel milione di volte.
Lo so, ero un caso perso, un maschiaccio della peggior specie.
 
 
 

My space:
Ciao a tutti :)
Allora, da dove iniziare?
Ho avuto questa balorda idea (nei prossimi capitoli scoprirete il perché di “balorda”)….non so bene quando in effetti.
Diciamo che mi frullava in testa da un po’ e solo ora l’ho messa per iscritto.
E ho delle giuste motivazione:
1- A scuola, io e  alcune mie amiche stiamo formando una squadra di calcetto femminile per un torneo tutto a cromosomi XX. Yeaaaah!!
2-In un’intervista in inglese che stavo vedendo su You tube (quante ore sprecate  invece di fare cose utili alla vita comune!!) ho sentito che dicevano “Tomboy”.
Per la cronaca, “Tomboy” vuol dire “Maschiaccio”. Ecco svelato il mistero!!
Io ho scoperto questa parola da poco. Spero vivamente di non essere l’unica ignorante che non la conosceva u.u  Ho paura di si…:S
3- Qualche giorno fa una mia amica si è messa parlare del film “Sognando Beckham”.
4- Il povero Shakespeare si rivolterà nella tomba a saperlo, ma ho preso ispirazione proprio da una sua commedia per questa long, ovvero "La Dodicesima notte".

Quindi, ho avuto la geniale, fantasmagorica, strabiliante idea di scrivere questa nuova FF che non c’entra assolutamente nulla con i miei deliri di onnipotenza, ma che mi frullava in testa da diverso tempo.
Anche se nel prologo non lo faccio presente, Fred e Maud sono fratelli-gemelli ed è un nodo cruciale da cui partirà tutta la storia. A breve si capirà il perché.
Vi assicuro però che non è la classica “avventura da College”. E’ diversa e anche un po’ pazza… spero lo sia in positivo per voi xx
Quindi, eccovi servita una nuova long, romantica, possibilmente divertente, e dove non mancheranno i soliti, imbarazzanti equivoci  :D
Mi farebbe davvero piacere leggere le vostre recensioni. Che siano positive o negative, le critiche fanno sempre bene.
Tanti cuori, Caty <3

  
So già che appena sarà pubblicata mi pentirò di non averci pensato su :S
Ps. Il presta volto di Maud è proprio Lucy Hale!! Vi posto una sua foto: spero vi piaccia :)

 
http://tinypic.com/r/35aw56r/6 


  

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Capitolo 2
*** 1. Football Team ***


                                                        


                                            Ti prego, nascondi ciò che sono
                                                                                                   e aiutami a trovare la maschera 
                                                                                          più adatta alle mie intenzioni”. 
                                                                                                         Viola, (La dodicesima notte, Shakespeare)
 
 
 
1. Football Team
Campo di calcio della Higthon School. Fine allenamento.
Maglia sudata e capelli per aria all’insegna del fascino femminile.
 
 
-Nick Parker-.
Il moretto esultò leggermente, raggiungendo i suoi nuovi compagni di squadra e battendo il cinque  al capitano.
Nick Parker: l’undicesimo nome della lista del  nostro allenatore.
Undicinomi, undici ragazzi e neanche l’ombra di Maud Bayler e Nancy Halliwell.
Incassai il colpo. Provai un vago senso di nausea e poi le vertigini.
Guardai il Mister che si congratulava con i suoi giocatori; Sam, lì vicino, mi evitava spudoratamente.
Lui era il capitano. Il Mister teneva in conto la sua opinione e lui mi aveva confidato di ritenerci le migliori in campo.
Con due falcate lo raggiunsi.
-Sam, perché non siamo nella squadra? Io e Nancy ce lo meritiamo più di tutti loro-.
Avevo parlato ad alta voce e tutto ad un tratto avvertii tredici paia d’occhi puntati su di me.
Sam boccheggiò senza parole, come in apnea.
-Ti sei mangiato la lingua per caso?- lo incalzai. Cominciavo a sospettare che nascondesse qualcosa.
Il Mister intervenne al posto suo. –Maud, qui stiamo parlando del Campionato extrascolastico. Ci scontreremo con squadre tutte al maschile. Non credo sia una buona idea inserirvi tra i titolari. Potreste farvi male-.
Lo fissai senza parole.
Avevano per caso i paraocchi?
Io ero il centrocampista avanzato che faceva breccia nella difesa avversaria.
Nancy era un osso duro in difesa.
La squadra aveva bisogno di noi.
-Vi terrò come riserve-.
-No, grazie. Non ci resto in panchina-sputai con rabbia.
Non mi sarei subita quell’umiliazione.
Girai i tacchi e tornai in spogliatoio decisa.
 
 
 
 
 
 
 
La cosa che più desideravo in quel momento era fare a pezzi Sam.
Ero arrabbiata. Anzi, no. Proprio incazzata.
-Non dovrei dirlo, per non sembrare la solita stronza, ma io lo dico ugualmente:te. l’avevo. detto-.
Le rifilai un’occhiataccia. –Grazie per l’aiuto- commentai, furiosa più con me stessa che con lei.
In fondo ero io, la stupida ragazzina che si era lasciata abbindolare da un deficiente.
Ed ora ne pagavo le conseguenze.
Imbecille. Imbecille. Imbecille.
Mi sentivo a disagio ad essere lì, appostata all’uscita degli spogliatoi maschili.
Ma, dovevo parlargli. Volevo parlargli e cercare di capire perché si fosse comportato così.
Me lo ritrovai di fronte senza neanche accorgermene.
Aveva mormorato un timido “Ciao Maud” e ora se la stava filando con la coda tra le gambe.
Io però, non glielo avrei permesso. Ingenua si, ma fessa no.
Lo trattenni per un braccio.
-Prima dici che siamo le migliori in campo e poi ci escludi dai titolari. Dovresti fare pace con il cervello prima di agire!- lo aggredii irosa.
Ero fatta così. Non la facevo passare liscia a nessuno.
Il chiacchiericcio e le risate degli altri ragazzi cessarono in un lampo. Per la seconda volta in un pomeriggio mi ritrovai al centro dell’attenzione. Era troppo perfino per me che con le mie figuracce quotidiane catturavo le occhiate di tutti.
-Se non rispondi, significa che hai la coscienza sporca- sibilai maligna davanti ai presenti.
Se c’era una cosa che Sam odiava, era sfigurare davanti ai suoi amici.
Guardò di sfuggita i ragazzi, poi tornò a me, vagamente spaventato.
-E ci hai anche creduto? L’ho detto per incoraggiarti. In fondo sei la mia ragazza. -riuscì ad articolare a fatica. Emise una risatina nervosa e quel branco di ebeti lo seguì a ruota.
Fu come ricevere uno schiaffo in piena faccia, uno schiaffo doloroso e inaspettato.
No, che dico, uno schiaffo avrebbe fatto meno male.
-Maud, il calcio non è una cosa per ragazze. Lo sanno tutti. Solo tu sembri non capirlo-. Aveva ripreso la sua aria da uomo vissuto ed esperto. Era tornato lo sbruffone di sempre e tanti saluti al topolino impaurito alle prese con la trappola.
-C’è sempre la squadra di pallavolo del College. Puoi provare a…-.
Non lo lasciai finire. Reagii quasi in automatico.
Osservai la mia mano muoversi prima indietro, caricando e poi in avanti e l’intera scena mi parve che avvenisse a rallentatore, come nei i film d’azione di 007.
Lo colpii con un pugno, stendendolo a terra.
I miei poveri neuroni impiegarono un attimo a registrare le varie azioni.
Merda.
Fissai sconvolta il mio fidanzato, o almeno il tizio che lo era stato fino a qualche istante prima, con il culo per aria e un’espressione impagabile dipinta sul volto.
Si tastò la mascella arrossata, come per assicurarsi di avercela ancora ben attaccata al resto.
-Tu sei matta!- esclamò scioccato, mentre gli altri si facevano avanti per aiutarlo, sbalorditi quanto noi.
Aveva terribilmente ragione.
-Bayler, calmati…- tentò di rimediare Nick Parker.
Cosa mi prendeva?
Forseavevo un tumore lancinante al cervello che mi portava ad atti insensati e violenti.
Forsesarebbe stato meglio rinchiudermi in qualche clinica psichiatra e aspettare che mi facessi a pezzi da sola in una camera di sicurezza.
O forse ce l’avevo solo a morte con il mio fidanzato, o meglio, ex fidanzato.
Nancy mi premette una mano sulla spalla, facendomi voltare.
-Maud, forza. Andiamo-.
Come un automa, afferrai il borsone blu degli allenamenti e la seguii senza fiatare.
 
 
 
 
-Dovevi parlarci, Maud. Non farci a botte. Ricordi?- mi rimbrottò severa la mia amica.
Da quando in qua, lei, Nancy Halliwell mi dava dritte su quale condotta tenere?!
Era sempre stata Nancy l’attaccabrighe di turno.
Feci una bolla con la big bubble che stavo masticando. -Vagamente- ironizzai.
-Che ti sei messa in testa? Si può sapere?-.
-Non lo so. Okay?!-.
-Okay un bel niente! Poteva finire anche peggio!-.
-Sembri mia madre- bofonchiai seccata.
-Non è questo il modo di reagire-.
-Hai finito?-.
-Si, penso di si-.
-Bene allora-.
Avevo i nervi a fior di pelle ed era un miracolo che non mi mettessi a gridare in mezzo alla strada per sfogarmi.
Ero confusa. L’unica cosa che sapevo per certo era che l’avrei fatta pagare a quel verme schifoso.
In un modo o nell’altro.
Il borsone pesava un accidente. Così lo lasciai cadere a terra, massaggiandomi la spalla indolenzita.
Poi presi il manico e iniziai a trascinarla sull’asfalto.
Nancy borbottò qualcosa riguardo alle mie brutte abitudini, ma io non le diedi peso, troppo immersa nei miei pensieri.
Avevo perso il controllo. Completamente. E tutto questo mi spaventava.
La strada era deserta. Passai accanto ai murales vicino alla mia vecchia scuola e di fronte a me vidi un’interminabile fila di villette a schiera. Tutte belle, dalle pareti chiare e dal tetto grigio antracite, tutte dal giardino curato e la siepe ben potata. Io abitavo lì, in una di quelle case tipicamente londinesi.
Imboccai il vialetto del numero 10, strascicando stancamente i piedi.
Dovevo essere una visione oscena per i passanti: i capelli raccolti in una crocchia sfatta, una tuta di qualche taglia più grande del dovuto, le scarpe da ginnastica logore, il trucco colato e un espressione da condannata a morte.
Perfetto. L’immagine angelica della ragazza modello.
-Se hai bisogno, chiamami. Intesi?-.
Annuii di malumore.
Solo allora Nancy mi dedicò un sorriso che poteva quasi definirsi dolce. Quasi.
-Sta’ tranquilla. Vedrai che risolveremo tutto-.
-Io non ci giurerei- mugugnai lugubre.
-Smettila. Non pensarci: è soltanto unidiota-.
Feci un lieve cenno con la testa e le voltai le spalle alla ricerca delle chiavi nelle tasche larghe e profonde della felpa.
Stranamente non impiegai molto a trovarle.
-Io vado. Ci sentiamo dopo-. Quel nostro abbraccio durò più a lungo dei soliti e frettolosi saluti che ci lasciavamo.
Nessuna delle due era particolarmente affettuosa e così normalmente evitavamo volentieri la prassi.
Trascorse qualche attimo, sciogliemmo l’abbraccio e lei mi sorrise, ancora una volta.
Ripercorse il tragitto all’indietro e, uscita dal vialetto, sventolò la mano in segno di saluto.
Io le risposi mesta per poi tornare a giocherellare con l’anello di metallo delle chiavi.
Dio, che giornata!, pensai entrando in casa.
Con un calcio mi chiusi la porta alle spalle.
Sfilai le scarpe abbandonandole in un angolo e mi fiondai in camera mia.
Sentivo il disperato bisogno di infierire contro qualcosa.
Forse avrei potuto affettare il salame che i vicini ci avevano regalato qualche giorno prima, scaricando un po’ della collera su un affumicato.
La cucina però mi parve una meta troppo distante da raggiungere.
Pensandoci bene, avrei potuto strappare i capelli alla povera ed unica barbie che ancora conservavo in soffitta come ricordo. No, no. In effetti ci ero troppo affezionata per farle del male.
Invece avrei volentieri strappato i capelli a Sam se ne avessi avuto l’opportunità.
Così, sferrai un calcio liberatorio al borsone degli allenamenti.
Saltellai su un piede solo, tastandomi l’alluce dolorante.
Non è affatto la mia giornata!, pensai frustrata imprecando sottovoce.
Presi il cuscino dal letto, me lo premetti sulla faccia. E urlai.
 
 
Dopo aver strillato la mia rabbia contro Sam e contro il mondo intero per due minuti di fila, arrivai alla sofferta conclusione che la cosa migliore da fare era mettere in atto un piano di vendetta.
Ma, prima: avrei dovuto fare un bagno.
Avete presente? Vasca, schiuma, bolle di sapone. Si, più ci pensavo, più l’idea mi sembrava fare al caso mio.
Feci scorrere l’acqua calda del bagno e mi spogliai dei vestiti sudati che indossavo, lasciandoli alla rinfusa sul pavimento.
La vasca da bagno era lunga, profonda, con i piedini a zampe di animale. Un vero e proprio sarcofago. Mi immersi fino al mento.
-Salve piedi- mormorai, quando vidi le mie dita galleggiare all’altra estremità della vasca.
Avevo le braccia doloranti e arrossate dalla fatica di trascinarmi dietro il borsone degli allenamenti.
L’acqua era così calda che per un momento, temetti di svenire.
“Annega nella vasca da bagno, dopo aver mollato il fidanzato traditore”scrissi solennemente dentro di me per conto del National Enquirer.
Non avevo la più pallida idea di quello che sarebbe successo e per il momento non me ne importava nulla.
Galleggiai leggermente nella vasca profonda, persa nei miei pensieri.
Mi chiedevo come avesse potuto farmi una cosa del genere quel decerebrato del mio ex ragazzo.
Che razza di persona poteva essere così superficiale, falsa ed ipocrita?
Mentre mi insaponavo di nuovo, la porta si spalancò e fece irruzione mio fratello Fred.
Ora, vi chiederete cosa c’entri in tutto questo gran casino mio fratello Fred.
E avete perfettamente ragione. Perché non avevo messo in conto né lui, né i suoi deliri di onnipotenza.
A dirla tutta, avevo sempre vissuto nella convinzione che il quoziente intellettivo di mio fratello corrispondesse a quello di un cetriolo sott’aceto e scoprire delle sue malefiche, e per inciso ingegnose, intenzioni di certo fu un duro colpo da subire.
Ma, andiamo per gradi.
Appena la faccia di mio fratello Fred fece capolino dalla porta, cacciai un urlo di spavento.
Cacchio, la privacy in quella casa era un optional?!
-Maud, ti ho vista nuda a due anni. Se non sono rimasto sconvolto quella volta, non lo sarò neanche adesso- disse con disinvoltura, appoggiandosi al bordo della vasca.
Per tutta risposta, lo guardai truce.
-Che vuoi?- abbaiai.
Non me la contava giusta. Sicuramente voleva qualcosa.
Misi in moto gli ingranaggi, ma niente.  Non riuscivo proprio ad immaginare il motivo per cui degnava una comune mortale come me, dell’onore della sua presenza.
-Hai per caso ingoiato un nido di api! Dio, quanto sei acida! Perché dovrei per forza volere qualcosa?-.
Sollevai le sopracciglia, mostrandogli tutto il mio scetticismo e lui parve capire.
Cambiò immediatamente tattica. Se voleva ottenere qualcosa da me, doveva andare dritto al punto senza inutili giri di parole.
-Ho bisogno di un favore-.
-Questa si, che è unanovità!- feci annoiata, soffiando sulla poca schiuma rimasta.
-E’ una cosa importante. Altrimenti non ti coinvolgerei-.
-Spara-.
-A Dublino, tra pochi giorni si terranno dei provini riservati a dei gruppi rock e noi volevamo partecipare a tutti i costi-.
-E io che dovrei fare?- chiesi sospettosa.
Fred faceva parte di una band musicale, I Noicy Silence. L’aveva formata qualche anno prima, coronando il suo sogno da artista di strada. Roba per nullafacenti, pensavo io. Ma, a lui piaceva.
Anzi, in realtà, era l’unica cosa che amasse davvero.
-Reggermi il gioco. Solo questo-.
-Ovvero?-.
-Io andrò per dieci giorni a Dublino per partecipare al provino, dicendo a mamma che starò da papà per tutto quel tempo. Tu mi coprirai inventandoti qualche balla quando chiameranno al telefono-.
I nostri genitori erano separati da diversi anni. La sfiga mi tormentava. Altrimenti non si sarebbe spiegato tutto questo.
-E con il College?-.
L’espressione soddisfatta sul volto di mio fratello, scomparve per lasciare spazio ad una molto più affranta.
Mi lanciò uno sguardo eloquente ed io afferrai al volo la situazione.
Inorridii senza volerlo. -Non se ne parla. Assolutamente no. Ma ti sei bevuto il cervello, per caso?-.
-Ti prego, Maud! In fondo, siamo gemelli. Nessuno noterà la differenza se architettiamo tutto per bene-.
-E’ una follia!-.
-Ti prego!-.
-No-.
-Maud…-.
-Sparisci!-.
-D’accordo…- capitolò, mettendo su la sua solita espressione da “cane bastonato”.
Era l’artiglieria pesante: l’arma vincente per farmi cedere.
Ma, stavolta non ci sarei cascata. Non di nuovo.
-Sappi però che così, stai distruggendo i miei sogni!- mi rinfacciò in tono melodrammatico.
Che attore nato!
-Ma fammi il piacere!- gli gridai dietro, lanciandogli la spugna contro.
La porta però si era già richiusa alle sue spalle.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Trallallero trallalà!!!
Finalmente ho aggiornato questo PRIMO, VERO capitolo.
Mi scuso per l’attesa, davvero.
Il problema è che sto portando avanti due FF insieme: sono alle prime armi e quindi mi ci dovrò abituare.
Abbiate pazienza (*labbruccio da cane bastonato molto poco convincente*)
 
 
Riguardo alla protagonista, Maud è la classica adolescente imbranata, impulsiva, piena di sogni nel cassetto, di battute di spirito e problemi di cuore. Insomma: un gran bel tipetto. Darà del filo da torcere a parecchie persone!! E  NON AGGIUNGO ALTRO…..
 
 
AVVISI.Volevo farvi presenti un paio di cose di cui mi ero dimenticata l’altra volta.
La storia sarà completamente POV. Maud: non come “Penfriends” (per chi stesse seguendo anche quella :D); si svolgerà nell’arco di soli dieci giorni, non di più. Perché altrimenti, come potrete ben capire, sembrerebbe inverosimile.
Di conseguenza non sarà particolarmente lunga, ma neanche troppo breve. Diciamo una lunghezza media. Quando mi renderò conto di precisione, vi farò sapere.
Nel prossimo capitolo, ovvero il terzo, compariranno i ragazzi!! :D
E, in ultima analisi, ma non meno importante, vi annuncio che ad ogni inizio capitolo ci sarà una citazione presa da “La dodicesima notte” del nostro caro Shakespire.
 
 
RINGRAZIAMENTI.
Dunque, ringrazio chi ha recensito/ inserito tra le preferite/ seguite/ o ricordate.
Grazie ai lettori silenziosi o a chi è semplicemente passato a dare un’occhiata.
Se siete ancora qui a sorbirvi questo “my space” demenziale, significa che non è ancora tutto perduto!!
Grazie ad Anns, che ha creato questo fantastico banner *.*
 
 
Non aspettatevi dei Caty’s Space sempre così tranquilli e coerenti, perché non sarà così!! Yeeeeep.
  
Questa è l'altra long che sto portando avanti, vi lascio il banner:
 

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Capitolo 3
*** 2. That's special boy ***


                                                                                                                                        

                                                                                                 "Vieni Cesario:
                                                                                                 Così infatti sarai chiamato
                                                                                                 Finchè sarai un uomo."
                                                                                                Orsino, (La dodicesima notte, Shakespeare)
 
2.That’s special boy
Tratto Londra centro-Stevenage, seconda classe.
Come mettere in atto un piano suicida.
 
 
 
Mi chiedevo quanto ancora avrei dovuto sopportare quell’orribile e fastidiosissima parrucca scura, dal taglio corto, che mi faceva sembrare un perfetto ragazzo.
Mi grattai il punto all’altezza della nuca che mi prudeva terribilmente e sospirai.
Immaginatevi la mia espressione quando, a casa di Nancy, mi ero guardata allo specchio conciata così.
-Avanti! Non fare quella faccia da condannata a morte!- mi aveva ripreso solenne Nancy, sistemandomi per l’ultima volta il colletto della camicia a quadri.
-Stai scherzando vero?!-  l’avevo aggredita particolarmente nervosa. –Potrei essere scambiata per mio fratello! Mio fratello, capisci?! E la cosa non è affatto gratificante-.
-Smettila di lagnarti. Dici sempre che la monotonia di nausea. Ora hai la tua occasione!-.
Ricordo di averla fulminata con lo sguardo. Ricordo di aver pensato bene di ucciderla una volta sistemata la faccenda con Fred.
A scuola Evelyn avrebbe detto che mi ero rotta una gamba e che sarei tornata entro una decina di giorni.
A mia madre avevo detto che sarei andata a dormire da papà assieme a Fred.
A mio padre avevo detto di stare dalla mamma.
E in tutto questo gran “dire” nessuno, a parte mio fratello, due amiche non molto coscienziose e un parrucchiere pazzo che ci aveva aiutati, sapeva la verità.
In effetti,  avrei dovuto vantare un’indole particolarmente autolesionista per cacciarmi in situazioni del genere.
Mi avevano sottoposto a sedute intensive di psicanalisi, travestimenti vari e parrucche di ogni forma e colore. Poi una volta messi insieme tutti i nostri risparmi, mi avevano caricata sul primo treno che si dirigeva nell’Hertfordshire, da sola, con la mia valigia e una cartina non troppo affidabile.
Ed ora mi ritrovavo a fissare il paesaggio scorrere dal finestrino del treno, con la musica sparata a volume altissimo nelle cuffiette dell’Ipod  e mio malgrado, mi chiedevo quale calamità naturale o ira divina si fosse abbattuta su di me.
Lanciai un’occhiata furtiva al nonnetto seduto di fronte a me.
In quel momento avrei voluto tanto essere al suo posto: una pensione dignitosa, ma modesta, una moglie a cui fare compagnia, forse dei nipoti da viziare.
Zerofratelli rompiscatole di mezzo, zero amiche impiccione, zero problemi.
Proprio allora incrociai lo sguardo ammiccante di una ragazza appiccicata al vetro dello scompartimento.
Mosse le labbra per dirmi qualcosa che io però non afferrai. Mi resi conto quindi di tenere ancora la musica ad un volume improponibile.
Così mi sfilai le cuffiette e le sorrisi incerta.
-Scusa…- tossicchiai tentando di rendere la voce più roca e profonda. –Scusa. Non sentivo-.
Lei arrossì leggermente e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Volevo…questo posto è occupato?-. chiese impacciata, indicando il sedile accanto al mio.
-No, tranquilla- replicai cercando di assumere un tono di voce più basso del solito.
La osservai mentre armeggiava con la borsa e sedeva lì vicino.
Mi voltai leggermente e schiacciai il naso sul finestrino del treno dando fine al nostro scambio di sguardi.
Indifferenza. Indifferenza. Indifferenza.
Così forse la smetterà di…
L’unica cosa che ci mancava era dare nell’occhio ancor prima di arrivare al College.
-Che canzone stavi ascoltando?-.
Inorridii. Perchè proprio a me?!
-Help dei Beatles – risposi controvoglia. In effetti era il brano adatto a tutta quella situazione.
-Spendida canzone-.
-Infatti-.
Tornai a fissare le gocce di pioggia che scivolavano lungo il vetro del finestrino, mentre il rumore dello sferragliare del treno mi entrava sin nelle ossa.
-Comunque…piacere, Susan Morrison-.
Io le guardai la mano tesa verso di me, come si guarderebbe un pitone parcheggiato di fronte al pianerottolo di casa.
-Mau…Fred Bayler- farfugliai dopo un attimo di sbigottimento stringendole la mano.
Mi diedi della stupida.
Altri secondi di silenzio. Altri secondi pieni di imbarazzo.
Susan si mosse sul sedile imbottito, a disagio. -Vai alla Bellborough Court?-.
 Sono una femmina, ma non lo vedi? Sparisci prima che mi cacci nei guai!, pensai disperata.
-Si, sono…sono nuovo. Mi hanno ammesso a Giugno- boccheggiai. -Come fai a saperlo?-.
-Oh, ci vado anch’io. Il tratto Londra-Stevenage è poco frequentato, tanto meno dai ragazzi. Perciò ho fatto due più due-.
Annuii tentando di darmi un contegno.
-Sei teso?-.
-Un po’-. Ci pensai su un istante. - Si vede?-.
Emise una risatina frivola.
Povera illusa, pensai io. –Si, ma non ti preoccupare. Ti troverai benone-.
Mi sforzai di sorridere anch’io, ma i muscoli facciali sembravano essersi paralizzati.
 
 
 
Al momento di scendere, persi completamente di vista Susan.
Raccattai la mia valigia malridotta e a forza di gomitate e spintoni riuscii ad uscire dallo scomparto.
Mi fermai un attimo sulla banchina lasciando vagare lo sguardo alla ricerca della ragazza.
Mi sembrò di scorgerla. Così provai a correrle dietro per raggiungerla, ma la moltitudine di gente che ci separava mi impedì di avvicinarmi.
Perfetto, sbuffai.
L’unica persona che avrebbe potuto aiutarmi a trovare la scuola era sparita.
Tirai fuori dalla tasca dei jeans il cellulare ed inviai un messaggio a Nancy per avvertirla di essere arrivata.
Il mio senso di orientamento poteva essere facilmente paragonato a quello di una triglia sottosale.
Sarei stata in grado di perdermi nel cortile di casa, a Londra.
Figuriamoci in una stazione sconosciuta.
Avanzai incerta tra il vociare dei pendolari, trascinandomi dietro la valigia.
Seguii le indicazioni e con mia grande sorpresa trovai rapidamente l’uscita.
In poco tempo era spiovuto. Osservai i pochi sbuffi di nuvole nel cielo ormai sereno. In situazioni normali, avrei ritrovato il sorriso.
In quel momento invece riuscivo solo a pensare a quanto il tempo potesse contrastare con il mio umore nero.
Mi costrinsi ad ignorare il caldo che provavo con l’impermeabile ancora addosso sotto il sole settembrino e mi guardai intorno.
Poco distante si intravedeva l’insegna della fermata dell’autobus.
Attraversai la strada e rimasi in attesa, controllando ogni due minuti l’ora sul display del telefono.
L’autobus doveva essere ripartito da poco quando mi ero avvicinata perché dovetti aspettare una mezz’ora buona prima che tornasse.
Salii in modo sgraziato portandomi dietro maldestramente la pesante valigia e presi posto su uno dei tanti sedili liberi.
Lungo il tragitto pensai ai miei che erano all’insaputa di tutto, al provino di Fred, alle mie amiche, a Sam, a quello stronzo di Sam e soprattutto ai dieci giorni d’inferno che sicuramente avrei trascorso al College. E più ci pensavo più l’ansia mi assaliva.
Sarei voluta scappare, ma sapevo di non potere. Avevo promesso a Fred di aiutarlo, forse sotto tortura o in preda ad uno sprazzo di follia, ma comunque lo avevo fatto, e benchè lo ritenessi un animale da circo male addestrato più che una persona normale, era pur sempre mio fratello.
Mi parve che la mia fermata giungesse troppo presto. Sarei voluta rimanere ancora un po’ lì, immersa nella fitta nebbia di pensieri che mi attutiva i sensi e teneva lontano la preoccupazione.
Invece, in men che non si dica, mi scaricarono su un marciapiede lercio e grigio, con tutti i miei effetti personali e qualche indicazione imprecisa del conducente dell’autobus.
 
 
 
 
Ero già abbastanza lontana quando crollai su un muretto qualsiasi in una stradina di campagna, ansimando per lo sforzo.
Sedetti immobile, ancora sopraffatta dal panico, ad ascoltare i tonfi affannosi del mio cuore.
Cominciavo a temere di essermi persa e non era tutto: il cellulare, come da copione, non prendeva.
Quando però adocchiai un gruppetto di ragazzi con bagagli annessi che passava per quel vialetto dimenticato da Dio, pensai bene di spolverarmi i pantaloni e seguirli.
Perciò, dopo pochi minuti, non so bene come né perché, avvistai Bellborough Court.
 
Bellborough Court  era un insieme di complessi ed edifici vari, in mattoni rossi, tutti uguali tra loro, circondati da un grande cortile alberato.
Da dietro il cancello in ferro battuto, potevo distinguere solo le cucine e la mensa da cui usciva, snodandosi ininterrottamente, senza mai svoltarsi del tutto, un serpente di fumo; e i dormitori, dove proprio ora erano in corso continue scorribande di studenti con pacchi e valigie. Si fermavano a vicenda, si salutavano, chi di nuovo, chi per la prima volta, facendo lo stesso scalpiccio sul selciato.
Restai impalata ad osservarli, finché l’aroma invitante che proveniva dalle cucine mi fece brontolare lo stomaco.
Affrettai il passo, ansiosa di arrivare e di liberarmi dei pesi.
Solo dieci giorni, solo dieci giorni, mi rincuorai ascoltando il rumore ovattato dei miei piedi sull’erba umida.
Trovai la segreteria dell’Istituto e mi ci fiondai dentro.
La signora sulla cinquantina, seduta alla scrivania sollevò il viso per lanciarmi un’occhiata da dietro gli occhiali a mezzaluna.
Stava parlando con un ragazzo dalla bella voce, dal timbro morbido e sicuro di sé che in quel momento mi dava le spalle.
-Ecco gli orari delle tue lezioni-. La segretaria gli consegnò un foglio stampato. –E vedi di non combinare guai quest’anno, Tomlinson-.
Le spalle del ragazzo furono scosse da una sonora risata. – Stia tranquilla, Signora Gradgrind. Sono una persona con la testa ben attaccata al collo-.
-Speriamo solo che la testa non sia piena di segatura- replicò la donna in tono ironico. Poi mi fece cenno di avvicinarmi.
Affiancai Tomlinson che intanto compilava alcuni moduli, davanti alla scrivania della Signora Gradgrind e accennai ad un sorriso.
-Buongiorno. Qual è il tuo nome?-.
Presi un respiro profondo. -Salve. Sono…Fred Bayler-.
Avvertii lo sguardo del ragazzo fisso su di me e temetti quasi che avesse capito che mentivo.
D’altronde non ero mai stata molto brava in fatto di bugie.
-Oh, sei nuovo-.
Era suonato quasi come : “Un pivellino fresco da torturare”.
Annuii timorosa.
Lei mi mostrò alcuni fogli. -Bene, questa è la piantina di tutto l’istituto nel caso dovessi avere problemi e questo è il tuo orario di lezioni. Stai attento a non confonderti: i caratteri sono molto piccoli-.
Mi piazzò sotto il naso alcuni moduli da compilare e una biro nero.
Aspettò che sia io che Tomlinson consegnassimo le scartoffie, poi le inserì in una cartella gialla.
-Ah, sei in stanza proprio con loro!- esclamò d’un tratto dopo aver consultato lo schermo del computer. Indicò leggermente il ragazzo che mi stava affianco. –Allora, mostragli tu i dormitori, per piacere. Io ho ancora un sacco di lavoro da sbrigare-.
-Va bene- rispose lui in tono allegro.
Ricambiai il sorriso gentile che mi aveva rivolto. O almeno ci provai.
Era indubbiamente un bel ragazzo; mi superava di diversi centimetri, aveva i capelli castani con la frangia spostata di lato, naso piccolo e diritto, mascella quadrata. Eh, dimenticavo: due profondi e imperdibili occhi azzurro cielo. Tipico, insomma.
Pensa da ragazzo, Maud.
-Benvenuto a Bellborough Court- mi salutò la Signora Gradgrind, mentre uscivo dalla segreteria.
Trotterellai dietro a Tomlinson per tutto il viale, calciando la ghiaia.
Il ragazzo si fermò proprio davanti ai dormitori. Fece passare un grassone con la sua valigia e mi porse una mano.
-Sono Louis Tomlinson-.
-Fred Bayler- replicai stringendogliela.
Sapevo che di solito i maschi considerano quasi una competizione la stretta di mano, che l’individuo con la presa più forte gode del rispetto della comunità…un po’ come nei documentari sulla natura; in etologia il maschio alpha è il maschio dominante, quello beta ha una posizione subordinata all’interno del branco. E' una gerarchia che si stabilisce nella stagione degli amori quando i maschi di alcune specie di animali si battono per la conquista del territorio e delle femmine.
Ecco, gli uomini in generale sono un po’ come gli animali della savana o della giungla.
Così, grazie a queste brillanti argomentazioni, pensai bene di stritolargli la mano ed evitare epiteti quali “Femminuccia, impotente o finocchio”.
Mollai finalmente la presa con l’aria più innocente del mondo e un sorriso che mi andava da una guancia all’altra.
-Vieni, ti faccio vedere la nostra camera- mi propose lui gentile, massaggiandosi la mano dolorante.
I dormitori maschili si affacciavano su un lunghissimo corridoio intonacato di bianco che contrastava con il legno lucido delle porte.
-La sera il coprifuoco è alle undici, massimo a mezzanotte per i più grandi. Vengono a controllare a quell’ora gli insegnanti. Quindi fatti trovare sempre in stanza-.
Si bloccò di fronte ad una delle tante porte e picchiettò forte.
Quando qualcuno ci aprì, mi ritrovai di fronte un ragazzo non molto alto, con i capelli biondo ossigenato pettinati verso l’alto e l’aspetto simpatico.
Indietreggiò di un passo, permettendoci di entrare.
-Lui è Niall-.
-Niall Horan- precisò il ragazzo con un marcato accento irlandese.
-Piacere-.
La stanza era accogliente e l’aria sapeva di buono, un misto di bucato fresco e lavanda.
I muri erano di un bel pervinca chiaro, e una finestra ampia regalava una vista sul cortile alberato della scuola.
Un grosso armadio bianco di betulla era addossato alla parete di destra e di fronte vi era una scrivania in legno e alcuni scaffali dove campeggiavano mucchi di cd e riviste non proprio puritane.
Immaginai quanti studenti avessero riposto i loro libri e le loro cose su quegli scaffali e di come li avessero dovuti liberare al termine del ciclo.
Al centro della stanza vi erano un letto a castello e due letti singoli: uno di questi era occupato da un altro ragazzo, dai capelli biondo cenere, leggermente mossi e lo sguardo mite.
-Quello è Liam Payne-.
Alzai una mano in segno di saluto.
Mi sorrise di rimando.
Un tipo alto e dalla pelle olivastra era appoggiato al davanzale, fumando una sigaretta.
Si voltò appena, mostrando due occhi nocciola ornati da lunghe ciglia nere e labbra carnose.
-E… Zayn Malik. Lui e Liam sono degli intrusi. In teoria dovrebbero stare nella stanza accanto, ma in pratica vengono sempre a rompere le scatole qui!- scherzò Louis, lanciando un cuscino in faccia a Liam.
Il ragazzo si scostò il cuscino dal viso e si mise a ridere.
Quella scuola era ad alta concentrazione di ragazzi carini, altrimenti non si sarebbe spiegata la presenza di così svariati esemplari in un’unica stanza.
Ed io invece stavo lì per fare la parte del pivello sfigato. Non potevo crederci.
–Bene ragazzi, questo è Fred Bayler- mi presentò Tomlinson.
-Ciao!- esclamò il biondo
-Piacere di conoscerti!- mi salutarono gli altri.
Io mi limitai a sorridere, posando la mia valigia a terra.
-I due singoli li abbiamo già occupati noi. Il letto a castello lo prende sempre Harry. Tu puoi metterti sotto. Va bene?-.
Harry?! Chi era Harry?
Nessuno dei presenti si chiamava Harry ed erano solo due i miei compagni di stanza. Ne dedussi che il quarto doveva ancora arrivare.
-Si, non c’è problema- farfugliai, provocando le risatine sommesse del moro.
Mi mossi imbarazzata tra i bagagli dei miei compagni, pregando Dio di non inciampare e finalmente raggiunsi il mio letto dove poggiai la valigia.
-Da dove vieni, Fred?- chiese Liam incrociando i piedi sul piumino.
-Londra-.
-Cavolo! E come mai sei venuto proprio a Bellborough Court?- si inserì Niall.
-Parli tu che abiti a Mullingar!- osservò Zayn.
-Beh, ma Londra è ben altro. Sai quanti College ci saranno?- ribatté per le rime il biondo.
Louis mi sorrise incoraggiante.
-Me ne hanno parlato bene- risposi evasiva alla domanda iniziale.
Non feci in tempo a sedermi sul mio letto che qualcuno bussò alla porta. Liam andò ad aprire.
In un nanosecondo tutti i ragazzi erano accorsi fuori, chi urlando, chi ridendo.
-Hazza!- sentii esclamare da uno di loro nel trambusto generale. Forse Tomlinson.
Mi sporsi titubante dal mio rifugio.
Di fronte alla porta lasciata aperta, c’era un ragazzo circondato dagli altri quattro.
Era alto, forse un metro e ottanta, dalla pelle chiara. Riccioli color cioccolato dall’aria ribelle gli incorniciavano un paio di liquidi occhi verdi. Un sorriso malandrino gli increspava la bocca rosea e sottile e le pieghe della pelle agli angoli delle labbra formavano due fossette infantili.
Indossava una t-shirt dei Ramones nera a mezze maniche e pantaloni beige sopra un paio di Converse bianche piuttosto consunte.
Quello doveva essere Harry.
-Tre mesi. Che hai combinato in tutto questo tempo?- gli domandò Zayn, battendogli qualche pacca amichevole.
-Niente di che. Ad Holmes Chapel non c’è molto da fare…- fece spallucce il riccio. Aveva una voce roca e profonda, così diversa da quella di Louis.
-Si, si. Come se non ti conoscessimo bene- insinuò maligno Niall.
Tutti e cinque risero ed io continuai a scrutare in disparte il nuovo arrivato, piena di curiosità.
-Qualche avventura passeggera. Nulla di serio-.
-Il nostro sciupa femmine ha mietuto vittime anche quest’estate- celiò Louis, scompigliando i capelli al ragazzo.
-E bravo Harry!- qualcuno commentò in tono allegro.
Proprio allora Harry mi notò.
Si liberò dagli abbracci degli amici e i suoi occhi magnetici si posarono sui miei.
Desiderai di essere invisibile.
Sostenni a malapena il suo sguardo e attesi.
-Harry, questo è Fred Bayler. E’ nuovo- mi presentò Liam.
Il ricciolino si avvicinò e mi porse la mano.
Diamine, quante mani avevo stretto in mezza mattinata.
-Harry Styles-.
-Molto piacere-.
Osservai per un istante la mia mano nella sua molto più grande e calda, prima che lui sciogliesse la stretta e tornasse a guardare gli altri come se nulla fosse.
 
 
 
 
 
La mensa all’ora di pranzo era rumorosa e affollata come mi aspettavo.
Gli studenti chiacchieravano animatamente del più e del meno, e il loro vociare sembrava scandito dal rumore delle posate; ogni tanto si udivano risa sporadiche o urletti sorpresi- che quasi sicuramente provenivano dal tavolo delle cheerleader- nel cicaleccio generale.
Posai il mio vassoio di plastica sul tavolo, imitata dagli altri e mi abbandonai con un tonfo sulla sedia. Harry mi si mise di fronte.
Bisbigliò qualcosa all’orecchio di Zayn ed entrambi ridacchiarono.
Qualcosa mi diceva che l’oggetto del loro divertimento fossi proprio io.
Dovevo sembrare un gay, nella migliore delle ipotesi. E questo non andava certo a mio vantaggio. Non ci sarebbe voluto molto ai ragazzi per capire la mia vera identità.
Assaggiai il pasticcio di patate con l’umore a terra, ascoltando distrattamente il racconto di Liam riguardo una vacanza in Texas.
Un altro giorno così e mi avrebbero smascherato.
Gettai il resto del polpettone nella spazzatura e mi defilai prima che tutto l’istituto uscisse dalla mensa.
L’intero lato sud dell’edificio era una parete curva di doppie finestre a battenti.
Ne aprii una. Entrò una ventata d’aria fresca, ristoratrice, liberatoria.
Sentii alcune voci provenire dal corridoio principale. E subito riconobbi quella di Louis.
-Dov’è finito Fred?-.
-Non lo so- rispose qualcun altro. Forse Liam.
L’eco dei loro passi si faceva sempre più vicino. Non avevano ancora raggiunto la curva del corridoio però. Non potevano vedermi.
-Mi sembra un tipo un po’ strano a dire la verità- si inserì un terzo che non riuscii ad identificare.
-Scommetto che vuole ancora il bacio della buonanotte dalla mamma-. Ne ero sicura: Harry.
Brutto pezzo di…okay, okay. Forse non aveva tutti i torti a prendermi in giro. Dovevo sembrare davvero un caso disperato.
Qualcuno ridacchiò.
-Dai, Harry. Non essere stronzo. Fred è un tipo a posto. Semplicemente è un po’ impacciato-.
Harry rispose qualcosa che non riuscii ad afferrare.
Era già abbastanza quello che avevo sentito.
Attraversai a passo di carica il corridoio deserto, in preda al risentimento.
Corsi per il cortile e raggiunsi i dormitori maschili.
Appena in camera, mi chiusi in bagno e chiamai Nancy al telefono.
Uno, due, tre squilli…
-Pronto?-.
-Non posso farcela- sputai con tutta la sincerità del mondo.
-Maud?! Maud, che succede?- chiese la mia amica allarmata.
-Succede che siamo solamente al pranzo e già non ci resisto più qui dentro!-.
-Maud, calmati-.
 Presi a contare le mattonelle bianche, cercando di mettere in funzione il cervello.
-Stai esagerando-.
-Parliamoci chiaro, Nancy. A chi voglio darla a bere? Giusto un cretino potrebbe credere ciecamente a tutte le balle che vado dicendo-.
-Non puoi tirarti indietro. Fred non te lo perdonerebbe mai-.
-Al diavolo Fred e il suo provino!- imprecai, pestando un piede a terra.
Mi sedetti sulla tazza del gabinetto e incrociai le gambe.
La sentii parlare con qualcun altro vicino a lei.
-Aspetta. Ti passo Evelyn-.
-D’accordo-.
Sperai con tutto il cuore che almeno lei mi appoggiasse.
-Pronto?-. Il suono della sua voce mi calmò all’istante.
-Eve? Che ne pensi?-.
-Ormai ci sei dentro. Devi solo stringere i denti-.
-La fai facile, tu-.
-No, ma avremmo un’idea che potrebbe aiutarti-.
-Quale?- feci curiosa.
-Vedrai. Tu pensa a tenere duro fino a domani-.
Stranamente le sue parole non mi rassicurarono neanche un po’.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ehilà!!!! Come state?
Beh…non so davvero da dove cominciare. E’ un mese che non aggiorno e mi sento veramente in colpa.
In questo periodo non sto facendo altro che scusarmi per i miei ritardi e….ecco, sono davvero dispiaciuta.
Sono indietro anche con le recensioni e perciò colgo l’occasione per assicurare alle autrici che seguo che no, non sono affatto morta e che prima o poi recensirò tutti i capitoli delle vostre storie. Sorry :(
 
Il problema è che non riuscivo proprio a buttarlo giù questo capitolo e ho perfino pensato di sospendere la storia. Ma, ci tengo troppo a questa FF e mi dispiaceva deludervi…così ho deciso che cercherò di sforzarmi di più e di superare questo dannato “blocco dello scrittore”. (Tra l'altro l'ho scritto con la cartina di Londra sottomano xx)
 
By the way, Maud è arrivata finalmente al College e da qui iniziano tutte le sue avventure scapestrate.
Ha conosciuto i ragazzi (!!!!!!) e Susan. Tenetela bene a mente, perché avrà un ruolo molto importante nella trama. (Non ho ancora individuato il suo presta-volto. Provvederò!!)
Non me lo meriterei, ma sono molto curiosa di sapere cosa vi aspettate nei prossimi capitoli, che immaginiate che accada…insomma, prognostici: si accettano anche scommesse!!!!!!!
Ahahah, bene mi sono dilungata anche troppo.
 
Ringrazio tutte le persone che hanno lasciato una recensione ai precedenti capitoli, i 12 splendori che seguono la storia, i 5 che la preferiscono e il fiore solitario che la ricorda ;)
Un grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno inserito tra gli autori preferiti (*.*) e ai lettori silenziosi.
Spero che prima o poi, se la storia vi piacerà abbastanza, lascerete una piccola recensioncina.
 
Come al solito, mi farebbe molto piacere conoscere il vostro parere (siete autorizzati a prendermi a male parole)
Un bacio grande, grande
Caty <3
 
Giuro che posterò più in fretta!!!!
 
 
 
  

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Capitolo 4
*** 3. Womanizer ***


                         
                   







                          


                                                                                                                               “Se uno salta, l’altro tiene;
                                                                                                         o se saltano tutti e due, ti cascano le brache.”
                                                                                                       (Maria, La dodicesima notte, Shakespeare)
 
3. Womanizer
Bagno occupato, stanza in disordine
e un inizio di giornata che non promette nulla di buono.
 
 
Non era un sogno. Purtroppo, aggiungerei.
Mi ero davvero travestita da maschio. Dividevo davvero la camera con tre perfetti sconosciuti. E in quel momento, ero davvero in ritardo.
Picchiai forte alla porta del bagno.
-Ci sei caduto, per caso, nel gabinetto?-.
-Ecco. Sono pronto-. La porta si aprì e Tomlinson mi sorpassò rapido, lasciando una scia di profumo. Non avrei resistito a lungo di quel passo.
-Harry, mi presteresti il tuo deodorante?-.
-Fai pure- fece l’altro distratto dalla piega che avevano preso i suoi riccioli.
Entrai in bagno e mi guardai allo specchio.
Ce la puoi fare Maud, mi dissi poco convinta.
Feci un respiro profondo e uscii.
-Io vado- stava dicendo l’irlandese. Poi mi notò. –Fred, tu vieni con me?-.
-D’accordo-. Afferrai la tracolla dove avevo gettato con noncuranza i libri per le lezioni del giorno e lo seguii fuori.
Attraversammo il cortile dell’istituto, mentre i pallidi raggi del sole illuminavano il prato ricoperto da un fazzoletto di rugiada.
-Spero che servino il porridge stamattina- disse Niall, ondeggiando lievemente la testa bionda con fare speranzoso.
Le cose però, cominciarono a mettersi male dalla prima colazione. Senza volerlo rovesciai il caffelatte sulla divisa nuova di zecca di una ragazza dell’ultimo anno.
Questa mi rifilò un’occhiataccia e a nulla valsero le scuse, né i tentativi di rimediare.
Mortificata me ne tornai al tavolo, oppressa dagli sguardi di scherno che tutta la mensa sembrava riservarmi.
-Non te la prendere- tentò di rassicurarmi Niall – Jordan è la capo-cheerleader, ma nessuno qui la sopporta. Solo gli scendiletto che si ritrova per amiche-. Dal canto suo, Liam mi sorrise solidale.
Harry e Louis ci raggiunsero qualche minuto più tardi.
-Che materia avete voi alle nove?- chiese il ricciolino addentando un toast.
Consultò prima il suo orario, poi sbirciò quello di Louis.
-Abbiamo entrambi chimica- osservò poi con un sorriso soddisfatto.
Dalla conversazione del giorno prima, avevo accuratamente evitato Styles. Non volevo grame, né suscitare la sua ilarità. Perciò avrei fatto meglio a girare largo da lui.
Dovevo ammettere però che la divisa sembrava calzargli a pennello.
Era una comune divisa da college: blu scuro o grigia, pantaloni, camicia, gilet e cravatta per i ragazzi, e gonna a pieghe poco sopra il ginocchio per le ragazze.
Niente di eccezionale insomma, ma lui sembrava fatto per indossarla.
Io invece dovevo apparire piuttosto ridicola in quel completo di una taglia di troppo.
-Buongiorno-. La voce del moro mi riscosse dai pensieri autolesionisti.
Si sedette di fronte a me e si servì un po’ di uovo e bacon nel piatto.
-Che lezione hai?- mi domandò Niall, trangugiando il porridge.
-Ehm…-. Lessi il mio foglietto degli orari. –Letteratura-.
-Anch’io…con la McCarthy – rispose in tono allegro.
-Buona quella- commentò Malik di pessimo umore.
-Con lei si è beccato una nota di demerito e una settimana di punizione lo scorso anno- spiegò a bassa voce Niall, notando il mio sguardo confuso.
-Immeritata- precisò il moro visibilmente risentito.
-Vendere fuochi d’artificio illegali per la notte di Capodanno non lo definirei un comportamento esemplare- lo rimbeccò Niall trattenendosi dal ridere.
Zayn gli fece il verso. Poi tornò alla sua colazione più rabbuiato di prima.
Quando terminai, mi diressi nell’aula di letteratura inglese assieme a Niall.
Non feci in tempo a varcare la soglia. Udii prima un fruscio, poi intravidi una macchia bianca che sfrecciava sopra la classe e infine qualcosa mi colpì dritto in un occhio.
Indietreggiai di colpo, portandomi una mano al viso.
Un attimo dopo alcuni studenti si erano alzati per venirmi incontro e Niall mi chiedeva se mi fossi fatta tanto male.
-Stavo meglio prima- esalai. L’occhio destro mi bruciava da morire, come il sapone che finisce negli occhi quando si lavano i capelli…Solo che questo era di gran lunga peggiore.
-Hanno lanciato un aeroplano di carta- mi spiegò l’irlandese. Poi urlò qualcosa agli altri che non compresi nel pandemonio generale.
Proprio allora, qualcuno dietro di noi tossicchiò.
Mi voltai con l’occhio ancora arrossato e mi ritrovai davanti una signora dall’aspetto severo e gli occhiali dalla montatura squadrata.
Mi riservò uno sguardo inquisitorio ed io feci dietro front andandomene al posto.
Di colpo l’aula si era fatta estremamente silenziosa.
-Buongiorno ragazzi- esordì infine la donna dopo una lunga occhiata a tutta la classe.
Sistemò la borsa su una sedia, poi si voltò verso la lavagna, prese un gesso, ed iniziò a scrivere.
-Per chi ancora non mi conoscesse, sono la professoressa Agnes McCarthy e insegno Letteratura Inglese- si presentò sottolineando il nome scritto sulla lavagna.
Posò il gesso, si pulì le mani e si accomodò dietro la cattedra. –A chi invece ha avuto modo di conoscermi gli scorsi anni, do il bentornato a Bellborough Court-.
Nessuno fiatò. Sedevano tutti impettiti, quasi sull’attenti.
Aprì il registro ed iniziò l’appello.
Quando chiamò il nome di mio fratello, alzai la mano e balbettai un “presente”, poi tornai a fissare il banco.
-Bene. Nel primo mese analizzeremo alcuni passi di “Beowulf” e per il resto del trimestre tratteremo l’età medievale. In particolare, ci soffermeremo a studiare “Canterbury Tales” di Geoffrey  Chauser. La seconda parte dell’anno la dedicheremo a Shakespeare con le…-.
La professoressa prese ad aggirarsi in mezzo all’aula e quando ci diede le spalle, Niall ne approfittò per darmi di gomito.
-Che c’è?-bisbigliai, nascondendomi dietro la sagoma tozza del grassone davanti a me.
-Il martedì abbiamo la sera libera. Gli insegnanti ci permettono di uscire dall’istituto per fare un giro nei dintorni. Di solito ci riuniamo nell’unico pub della zona. Sarai dei nostri?-.
Esitai per un istante. Non dovevo dare nell’occhio, ma se non fossi unita a loro mi avrebbero etichettato come un asociale e questo non andava bene. –Si…okay-.
-Bene-. Il biondo mi sorrise amichevole e distolse lo sguardo, tornando a seguire la McCarthy.
 
 
 
 
Sbattei il manuale di aritmetica sul tavolo della mensa e mi sedetti di malumore.
-La McCarthy ci ha assegnato una montagna di compiti. Per non parlare degli esercizi di matematica!- sbuffai rivolta a Louis che mi guardava incuriosito.
-Oh, non ti spaventare. Agnes McCarthy potrà sembrare anche terribile, ma non lo è più di tanto- mi rassicurò.
L’occhiata incredula di Malik mi fece ridere.
-Questo arrosto fa schifo- ci interruppe una voce alle mie spalle. La carne mi andò di traverso e tossii rumorosamente.
Harry si accomodò tranquillamente al mio fianco.
-…Io non lo mangio- seguitò con una smorfia nauseata dipinta sul volto.
-Non fare storie. Vito si offenderebbe a morte- lo riprese scherzosamente Louis.
-Vito?- mi intromisi io curiosa.
-E’ il cuoco-.
-Che razza di nome è Vito?-.
-Italiano- spiegò il ricciolino. Masticò di malavoglia l’arrosto e ingoiò. -E’ disgustoso-.
Dopo pranzo uscimmo in cortile. Zayn fumò la sua solita sigaretta e gli altri presero a parlare del campionato di calcio.
Ascoltai interessata le loro chiacchiere e quando passammo accanto alla bacheca, Niall rifilò una gomitata a Louis.
I cinque ragazzi si accostarono alla vetrinetta per leggere l’unico manifesto appeso comprendoni la visuale.
Harry e Niall si batterono il cinque.
-Oggi alle sei-.
-Dopo le lezioni-.
Mi schiarii la voce. –Credo di essermi….perso il filo del discorso-.
-Iniziano gli allenamenti di calcio- spiegò Zayn.
Deglutii. –E fate tutti parte della squadra?
-Oh, Liam no. Lui è un intellettuale, non si abbassa a certe cose- celiò Louis, scompigliando i capelli di Liam.
Il ragazzo si sistemò le ciocche spettinate e si strinse nelle spalle. -Preferisco altri sport-.
-Come no!- lo prese in giro Harry.
Ancora oggi non so bene cosa mi spinse a parlare. Tossicchiai per richiamare di nuovo la loro attenzione. –E…potrei…insomma, giocare anch’io?-.
Da come mi guardarono, pensai di aver raccontato una barzelletta veramente brutta.
Tomlinson socchiuse leggermente la bocca indeciso; Malik sputacchiò il fumo della sigaretta da tutte le parti e Styles mi rivolse un’occhiata scettica.
Liam invece mi guardò interessato e Niall si voltò verso Louis, come per avere un parere da lui.
-Bah…- si arrischiò Tomlinson, mordicchiandosi il labbro inferiore. –Credo che il mister ti accetterebbe per un allenamento di prova. D’altronde Hopkins se ne è andato…-.
In quel momento intercettai lo sguardo eloquente che Styles stava rivolgendo all’amico.
Okay, forse non sembravo particolarmente in gamba, ma almeno gli altri ragazzi cercavano di essere gentili con me.
Lui invece non se ne prendeva neanche la briga. Sinceramente cominciavo ad odiarlo.
-In che ruolo giochi?- mi domandò il riccio squadrandomi dalla testa ai piedi.
-Centrocampo- feci io ingrossando la voce. L’ultima cosa che volevo era fargli credere che il suo atteggiamento indifferente riuscisse ad intimidirmi.
-Allora alle sei meno un quarto ci vediamo in cortile per andare al campo-.
 
 
 
 
Uscii trafelata dall’aula di filosofia, cacciando i libri nella borsa.
Che mi era preso? Dovevo semplicemente coprire mio fratello per quei dieci giorni e invece il primo giorno di lezioni rischiavo di far saltare il piano per poter giocare.
Forse lo stavo facendo per Sam; o molto probabilmente era per me.
Non sopportavo l’idea di darmi per vinta. Almeno avrei tentato.
Quando giunsi nel cortile della scuola, erano già tutti presenti.
Durante le lezioni pomeridiane avevo condiviso solo un’ora con uno dei ragazzi, Zayn.
Si era seduto all’altro lato dell’aula, mentre il professor Barrett ci mostrava entusiasta il teschio di un velociraptor imbalsamato.
Non ci eravamo nemmeno guardati. Mi chiedevo che tipo di ragazzo fosse. Non era simpatico come Louis, né gentile come Niall e Liam; ma, non si comportava neanche come Styles, o almeno non del tutto.
Quando entrammo negli spogliatoi, dovetti chiudermi in bagno per indossare la divisa da calcio della mia scuola, l’unica che avessi.
Aspettai che gli altri si distraessero e mi infilai nel primo gabinetto libero.
Un minuto più tardi ero pronta. Mi allacciai gli scarpini ai piedi e mentre raggiungevo gli armadietti blu dove infilare il borsone degli allenamenti mi scontrai con qualcuno.
-Scusa…- farfugliai istintivamente. Alzando lo sguardo però incrociai un paio di occhi verdi terribilmente familiari. –Scusa- ripetei sentendomi arrossire.
Harry si limitò ad un cenno del capo e mi superò infilandosi la maglia con il numero otto.
L’allenatore si chiamava Paul e ci fece riunire al centro del campo.
-Dunque ragazzi, mercoledì prossimo si gioca la prima partita di campionato. Per allora voglio che tutti, nessuno escluso, siate ben concentrati-.
-Con chi giocheremo?- chiese un ragazzo di colore di nome Conan.
-Deve ancora esserci il sorteggio- fu la risposta.
Paul sembrava un tipo con i piedi ben piantati a terra: non quel genere di persona che si lascia imbambolare dai discorsi, ma uno che pretendeva i fatti.
Eppure, nonostante il taglio dei capelli eccessivamente corti e il tic della mascella squadrata non fossero particolarmente rassicuranti, mi piacque subito.
-Bayler!- mi richiamò, dopo aver dato istruzioni alla squadra.
Tornai indietro di corsa. –Signore?-.
-Vediamo un po’ come te la cavi. Poi deciderò se inserirti o no nel gruppo-.
-Si, signore-.
Mi voltai e corsi verso gli altri.
Sentire l’erba fresca del campo sotto gli scarpini mi restituì un po’ di fiducia in me stessa.
Era proprio così che mi faceva sentire il calcio. Quando entravo in campo per giocare, tutte le mie insicurezze svanivano. Inseguire il pallone, incitare i miei compagni, erano tutte cose che mi facevano sentire libera.
Dopo il riscaldamento, Paul ci fece esercitare con i passaggi a triplette e la staffetta coi coni.
Vinse la mia squadra e quando Paul finì di rimbrottare Louis per aver poltrito durante tutta l’estate, ci fece allenare per un quarto d’ora abbondante sulla rapidità degli appoggi.
-Skip alto tra i cinesini!- ruggiva di tanto in tanto il mister, mulinando forte con le braccia.
Osservai Harry davanti a me che eseguiva i saltelli laterali in velocità.
Era smilzo, con le spalle ampie e le gambe atletiche; nulla da eccepire insomma.
Si muoveva rapido e preciso tra i coni ed io e gli altri lo seguivamo in fila indiana.
Tra un esercizio e l’altro, si scambiava qualche battuta con Zayn, o uno spintone con Niall.
-Chiudi il becco Conan. Non stiamo qui per divertirci!- tuonò di nuovo Paul, che si aggirava tra le coppie di ragazzi che eseguivano i passaggi. Il ragazzo smise subito di prendere in giro Louis per un brutto tiro e corse a recuperare il pallone.
L’ultima mezz’ora dell’allenamento la dedicammo ad una breve partita sette contro sette.
Segnai un paio di goal e smarcai con un dribbling  Harry che stava nella squadra avversaria, per poi passare la palla a Zayn, la prima punta dell’attacco.
Capii che il riccio mi stava osservando di sottecchi ed io, per mio conto, lo ignorai bellamente.
In conclusione fu un allenamento memorabile.
-Che misure porti, Bayler?- mi domandò il mister, mentre seguivo gli altri negli spogliatoi.
Lo fissai interrogativa.
-Per la nuova divisa-.
 
 
 
 
-Fred?-.
Oh, no.
-Mh…-. Mugugnai e finsi un colpo di tosse.
-Come stai? Non vieni a fare la doccia?-. Dal tono che usava Louis pareva preoccupato sul serio.
-Non mi sento molto bene- dissi con voce soffocata. - Voi andate se siete pronti. Non c’è bisogno che mi aspettiate. Vi raggiungo più tardi-.
Fissai la porta lercia del gabinetto che mi separava da lui e trattenni il respiro in attesa di una risposta.
-Sicuro?-.
-Si…davvero, andate-.
-Come vuoi- accettò. Sembrava quasi che gli dispiacesse lasciarmi da sola. Sentii dei passi allontanarsi, le voci dei ragazzi che provenivano dalle scale e infine silenzio.
Mi sfuggì un sospiro.
Bene.
Controllai nel buco della serratura se fossero usciti tutti. Poi socchiusi la porta e feci capolino.
Non c’era nessuno.
Sgattaiolai fuori e mi infilai sotto la doccia.
Venti minuti più tardi correvo a perdifiato con il borsone in spalla e i capelli ancora umidi sotto la parrucca.
Ero così eccitata all’idea di ricominciare a giocare a calcio, che avevo perso completamente di vista il vero problema: come salvaguardare il mio segreto all’interno della nuova squadra?
Di certo non potevo accusare un malore tutte le volte!
Sistemai i ciuffi spettinati della parrucca e bussai alla camera che condividevo con gli altri.
La porta si aprì.
Riccioli castani, occhi chiari, profumo inconfondibile.
-Stai meglio?- si preoccupò Tomlinson, spuntando dietro Harry.
-Si, grazie- sorrisi.
Styles indietreggiò per lasciarmi passare ed io gettai il borsone sul mio letto.
-Fai parte della squadra adesso, eh?- fece Louis.
La pacca che mi diede mi fece barcollare.
-Già-.
-Certo che sei bravo!- osservò in tono meravigliato Niall,dondolandosi sulla sedia davanti alla scrivania. –Vero, Harry?-.
Mio malgrado, spostai immediatamente lo sguardo per sapere cosa ne pensasse.
Mi resi conto che la sua opinione mi importava più del previsto.
Lui mi lanciò un’occhiata di sfuggita per poi tornare a fissare il biondo.
-Si, è bravo -.
Stavo frugando nella borsa per sistemare gli indumenti sporchi, quando dalla tasca esterna scivolò un sacchetto colorato.
-Cos’hai lì?- mi domandò Niall incuriosito.
Harry e Louis si voltarono a guardarmi.
-Sono…-iniziò il riccio stupefatto.
–Non li avete mai provati?- lo interruppi, la voce più alta di un decibel.
Sgranarono tutti gli occhi e scossero all’un isolo la testa.
-Mh…no- confermò alla fine Styles.
-Ma come?- inscenai sorpresa. –Sono….sono…beh, sono utilissimi quando sanguina il naso- inventai sul momento.
-…il naso?- chiese confuso l’irlandese.
-Si, proprio così-.
Di fronte alle loro facce scioccate, ne presi uno e lo liberai dall’involucro.
-Ecco- dissi con l’aria di chi la sa lunga, infilandomi l’assorbente nel naso. –Vedete?-.
Il cordoncino mi penzolava a destra e a manca, ma non ci feci caso.
Studiai le loro espressioni sempre più incredule. Temetti il peggio.
Alla fine però li vidi scambiarsi una lunga occhiata e scoppiare a ridere.
-Sai, sei divertente!- si complimentò Styles, mentre Niall rideva a crepapelle e Louis lo seguiva a ruota.
Ricambiai il suo sguardo, indecisa se ridere anch’io o meno.
Ma, non era ancora finita.
La cena sembrò particolarmente breve e quando entrai in camera per togliermi la divisa e recuperare il giubbotto, pensai di non aver affatto voglia di uscire.
Peccato però che mostrassi una malsana propensione a promettere cose di cui poi inevitabilmente mi sarei pentita.
Sentii una vibrazione nella tasca dei jeans. Sul display del cellulare lampeggiava il numero di Nancy.
Schizzai in bagno ad una velocità impressionante e chiusi a chiave la porta.
-Pronto?- sussurrai.
Dalla confusione che sentivo sembrava che Nancy si trovasse in un luogo particolarmente affollato.
-Come sta andando?-.
-Tralasciando svariati inconvenienti e una lunga lista di figuracce…direi benone-.
Aspettai che finisse di ridere. Poi disse qualcosa che non afferrai.
-Puoi ripetere?-.
-Dove siete ora?- scandì lei in tono più alto.
-In camera, ma fra poco usciamo per trascorrere la serata in un pub-.
-Quale?-.
-Non so. E’ l’unico delle zona-. Riflettei un attimo. –Perchè me lo chiedi?-.
Proprio allora saltò la linea.
Imprecai sottovoce e raggiunsi gli altri.
 
 
 
 
Il pub era un minuscolo locale illuminato e assomigliava più ad una taverna che ad un pub.
Lessi l’insegna appesa all’entrata e storsi il naso, dubbiosa: White Deer.
-Che fai? Non vieni?- mi chiese Liam sull’uscio.
Annuii ed entrai.
La prima parola che mi fece venire in mente quel posto fu: accogliente.
I colori pastello delle pareti si fondevano con il legno dei tavoli e delle travi del tetto e l’odore di birra e noccioline andava a braccetto con il chiacchiericcio generale.
Sedetti al tavolo con i cinque ragazzi e Canon che aveva deciso di farci compagnia.
Vi erano molti altri studenti di Bellborough Court, venuti per far baldoria la seconda sera del trimestre.
Un minuto dopo, Louis si alzò per rispondere ad una telefonata.
-Brutta faccenda le ragazze- commentò in tono lugubre l’irlandese.
-E’ fidanzato?-  chiesi aggrottando la fronte.
-Si e da parecchio anche- mi rispose sorseggiando la birra dal suo boccale.
-Niall parla così perché ha il cuore spezzato- scherzò Zayn masticando una nocciolina.
-Non è vero!- protestò il biondo. Incrociò le braccia al petto e rimase in offeso silenzio.
Evidentemente gli piaceva una ragazza, ma era troppo timido per dichiararsi.
Il moro si limitò a ridacchiare e a scolarsi l’ultimo sorso di birra.
Difficile a credersi ma il peggio della giornata doveva ancora arrivare.
Ero beatamente occupata a sbirciare Harry che discuteva di musica con Colin Canon, quando Zayn mi fece sobbalzare.
-Ehi, guarda che sventola!-.
Alzai gli occhi annoiata e per poco la mascella non mi cadde per terra dallo stupore.
Che cavolo ci faceva Evelyn nell’Hertfordshire?
Faticai a riconoscerla senza gli occhiali, con un tacco dodici (sicuramente preso in prestito) e una giacca di pelle che non le avevo mai visto indosso.
-Sbaglio o sta puntando noi?- continuò il moro in estasi.
Ebbi la tentazione di rovesciargli addosso il resto della mia birra se non si fosse dato una calmata.
I ragazzi sembravano così stupidi alle volte.
Aveva ragione però: Evelyn si dirigeva a passo di carica verso il nostro tavolo.
Ripensai alla strana telefonata di Nancy quel pomeriggio e alle parole di Eve il giorno prima.
Finalmente, cominciavo a capirci qualcosa.
-Fred?-.
A malincuore, spostai lo sguardo dalle noccioline a lei.
-Eve?-. Notai sconvolta che sembrava sul punto di piangere.
-Ti sei dimenticato di me, non è vero?- mi domandò con voce strozzata.
La fissai sempre più confusa. –No, io…-.
Gli occhi le si erano gonfiati a dismisura, troppo a dir la verità, per delle semplici lacrime.
Louis era appena tornato e stava in piedi, un passo dietro Evelyn, senza osare interrompere; Niall aveva smesso di fare il sostenuto e seguiva rapito la scena e così anche Zayn ed Harry che non parlava più con Colin.
-Perché non sei venuto a trovarmi?- incalzò Eve con due palle da tennis al posto degli occhi.
-Oh…Beh, sai…la scuola, la famiglia, i soliti impegni…- tentai, mentre la sua faccia si faceva viola dal dolore.
-Potremmo parlare da soli un attimo, Fred?- mi implorò la ragazza con una voce più acuta e stridula del normale.
Mi alzai, tirandomi su i pantaloni troppo larghi e la seguii, finchè non si fermò vicino al bancone, ben in vista.
Con i tacchi mi superava di diverse dita: senz’ombra di dubbio formavamo un quadretto piuttosto comico.
-Eve, ma che stai facendo?- sbottai subito.
-Lascia perdere!- gemette lei con aria tragica. –Questa pomata al mentolo mi sta facendo impazzire. Dio, quanto pizzica!-. Con un fazzoletto si asciugò le finte lacrime e tirò sul col naso.
-Probabilmente ti avrà fatto reazione. Vuoi spiegarmi a che gioco stavi giocando prima?-.
–Avevi detto che ti credevano uno sfigato. Così abbiamo deciso di aiutarti!-.
-Venendo qui a piangere come una fontana?- le chiesi retorica.
-Sveglia, Maud!- fece lei brusca. - Se ti vedono circondato da ragazze non ti crederanno più uno scemo!-.
La fissai sconcertata. Non mi raccapezzavo più. –Scommetto che c’è anche Nancy-.
-Indovinato- mi rispose Evelyn tentando di camuffare una risatina con un singhiozzo.
-Ma, come siete venute?-.
-In treno e di nascosto-.
-All’anima-.
-Una volta tornata a Londra, getterò queste maledette scarpe al cesso. E’ una promessa- sentenziò Evelyn con una smorfia di dolore. Aprì la borsetta e lesse un breve messaggio sul cellulare.
-Okay, tempo scaduto. Adesso mi devi baciare-.
-Come, scusa?-.
-Non devi baciarmi sul serio. Basta farlo credere- spiegò ovvia e senza attendere oltre, mi prese il viso tra le mani e lo accostò al suo.
Sentivo gli sguardi di tutti i presenti su di me ed ero sicura che al tavolo Zayn e gli altri fossero rimasti a bocca aperta.
Infine Evelyn si ritrasse. Finse un ultimo singulto e scivolò via.
Io mi voltai con aria baldanzosa e già pregustavo le espressioni ammirate dei ragazzi, quando una voce dura mi inchiodò lì sul posto.
Nancy mi fronteggiava, con le mani sui fianchi e una scollatura vertiginosa.
Se non avessi saputo che stava recitando, avrei seriamente temuto per la mia incolumità.
-Chi era quella?!- strillò con gli occhi fiammeggianti d’ira. I suoi strepiti catturarono con efficacia l’attenzione di buona parte del locale.
Che vergogna, pensai avvampando. -Come mai da queste parti?-.
-Non hai risposto alla mia domanda!- mi aggredì.
-Nancy…io…- balbettai impreparata.
-Nancy?! Io mi chiamo Kate! Chi è questa Nancy? Magari la ragazza che è appena uscita in lacrime da qui, eh?-.
-No, veramente quella è…-.
-Ah, perfetto. Ne abbiamo tre. Il signorino si tratta proprio bene, non c’è che dire!- sbraitò.
-Ma, io…-.
Non vidi la sua mano spostarsi: avvertii solo lo spostamento d’aria e lo schiocco.
Lo schiaffo arrivo violento e inaspettato e mi fece girare la testa.
Un secondo dopo, mi portai lentamente le dita sulla guancia, fissando il pavimento, con la testa voltata da un lato.
-Sei impazzita?!- esclamai, stavolta senza fingere.
Lei si morse un labbro per trattenere un sorriso. –Porco!- sputò con disprezzo e corse via come Evelyn.
Rimasi alcuni secondi impalata con la guancia indolenzita dal colpo.
Poi, come se avessi le rotelle ai piedi mi voltai.
Louis era ancora in piedi, con il cellulare in mano; Zayn e Niall sembravano spiazzati e Liam aveva un’espressione incerta dipinta sul volto.
Non so bene il perché, ma cercai subito gli occhi di Harry. Mi fissava con le labbra socchiuse e uno sguardo tra l’attonito e l’ammirato.
Mi strinsi nelle spalle con aria abbattuta. –Donne!-.
 
 
 
 
 
 
 
 
Buona Natale a tutte, anche se in netto ritardo :)
Sono due giorni ormai che cerco in ogni modo di appropriarmi del computer per terminare questo capitolo e finalmente ce l’ho fatta!!
 
Womanizervuol dire sciupa femminee… beh, suppongo abbiate capito il perché del titolo!!
Maud ha appena trascorso il suo primo giorno di lezione pieno di avventure e imprevisti, ma la vera svolta ci sarà nel prossimo capitolo (siete avvertite!! u.u)
Dunque per esigenze di copione ho dovuto far sì che i ragazzi avessero tutti la stessa età e spero di non essere stata volgare con la scena dell’assorbente…non era il mio intento :S
Poi, l’argomento che vorrei chiarire subito riguarda il personaggio di Harry. Chi segue anche Penfriends, sa che cerco sempre di rendere Harry nel modo più realistico possibile (almeno dal mio punto di vista).

Ovviamente, negli altri casi lo vediamo relazionarsi con una ragazza, magari appena conosciuta, e non con un “maschio”. Perciò è più difficile prevedere i suoi comportamenti soprattutto con un ragazzo particolare come il nostro. Ora le osservazioni le lascio a voi :)
  
E infine, ringrazio tutte le lettrici che hanno recensito gli scorsi capitoli, le 18 che seguono la storia, le 6 che la preferiscono e l’unica che la ricorda. Un grazie enorme ai lettori silenziosi e a chi mi ha già inserito tra gli autori preferiti.
Significa tanto per me :)
Bene, mi farebbe molto piacere leggere le vostre opinioni, in particolare su questo capitolo che non mi convince del tutto…
Al prossimo aggiornamento,
con tanto affetto,
Caty <3 

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Capitolo 5
*** 4. The Pact ***


 
                           





                                                                          “Molte buone impiccagioni evitano cattivi matrimoni”
                                                          Feste, (La dodicesima notte, Shakespeare)
4. The Pact
Cadute, gelosie e patti col diavolo.
 
L’indomani, l’entrata in scena fu molto meno trionfale del previsto.
Attraversavo l’atrio per andare a lezione di letteratura inglese, leggendo a tutta velocità il brano di Beowulf che ci aveva assegnato la McCarthy , quando inciampai nel piede di Vichy Jordan- la capo-cheerleader- e caddi rovinosamente a terra proprio davanti a Styles.
Ero quasi sicura che quella stronza mi avesse fatto lo sgambetto apposta, ma tacqui ugualmente.
Avrei potuto archiviare la faccenda sotto la voce “Pessimo Tempismo” se solo non avessi incontrato gli occhi verde mare di Harry, restando pietrificata.
Era una cosa pericolosa, perché stavo cercando con tutti i mezzi di evitare ogni contatto con l’intero genere maschile. Tentai inutilmente di convincermi che prendermi una sbandata per un altro ragazzo carino andava oltre i livelli dell’umana stupidità, soprattutto se il tizio in questione mi credeva un maschio. Che però provassi dell’attrazione per il riccio, era un dato di fatto.
Peccato che capitassi male come sempre.
Insomma, eccomi lì, un mucchietto informe ai piedi di Harry Styles, ancora in lutto per quel vigliacco di Sam.
La Jordan ronzava attorno ad Harry: questo l’avevo capito subito, ma non che lui apprezzasse le sue attenzioni. Questo proprio no e vederli appiccicanti mi provocò il voltastomaco.
Sin dal nostro primo incontro, avevo intuito che tipo di ragazza fosse Vichy Jordan, che, per dirla con le parole che avrebbe usato Evelyn, si poteva definire semplicemente “Il Corpo”.
Niente e nessuno, tranne forse una fiamma ossidrica, avrebbe potuto tenere lontano un maschio da lei.
Sorridendo, cercai di uscire graziosamente di scena, ma riuscii soltanto ad inciampare di nuovo. Harry, dal canto suo, mi guardava come un bambino guarda i clown al circo.
Ecco fatto: la mia nuovissima, luccicante fama di sciupa femmine era stata spazzata via da una figuraccia epocale.
Mi allontanai zoppicando e mentre passavo accanto alla panca intitolata alla Pace del Mondo, dono degli alunni che si erano diplomati l’anno precedente, qualcuno mi prese sottobraccio.
-Fred…che stavi combinando?- sibilò Zayn di sottecchi.
-Niente…io…sono inciampato-.
-Davanti a Vichy Jordan?-.
-In realtà sul piede di Vichy Jordan- puntualizzai.
-Cerca di non infastidirla. Sa essere davvero insopportabile quando ci si mette-.
-Chissà perché la notizia non mi stupisce affatto- bofonchiai. –Ma, lei ed Harry…?-.
Lasciai la frase a metà, sperando che il moro intuisse.
-Non stanno insieme. Ma, lo sanno tutti: lei gli muore dietro dal primo anno-.
-E Harry?-.
-Si compiace-.
-Di cosa?- sbottai io seccata. -Di aver aggiunto l’ennesima oca giuliva alla sua schiera di ammiratrici?-.
Capii subito di aver parlato troppo. Mi morsi la lingua e attesi la reazione di Malik.
Lui mi fissò per un attimo, leggermente stranito. –Si…beh, possiamo metterla su questo piano-.
-Spero di averle fatto molto male allora- dissi cinica.
-Cosa?- fece Zayn con la faccia di chi ha perso il filo del discorso.
-Niente-.
 
 
 
L’armadietto non voleva proprio aprirsi quella mattina.
Provai di nuovo ad inserire la combinazione, ma i miei disperati tentativi non valsero a nulla.
-Stronzo!- mi spazientii alla fine.
Ero in ritardo per la lezione di Trigonometria e non potevo recuperare i libri.
Qualcuno tossicchiò alle mie spalle.
Mi voltai sul chi va là, trovandomi di fronte un viso gentile e…stranamente famigliare.
Ah, si…era la ragazza che avevo incontrato sul treno. Come aveva detto di chiamarsi? Sophy, Stephy…no, Susan. Susan Morrison.
La ragazza mi riconobbe subito: spalancò gli occhi, piacevolmente sorpresa e scosse i lunghi capelli lisci.
-Ciao…Fred- disse piano.
-Ciao- accennai io, cercando di essere cordiale. Purtroppo non riuscivo a far tacere l’impellente bisogno di prendermela con qualcuno.
-Hai qualche problema?- mi chiese inclinando la testa di lato. Probabilmente aveva assistito alle mie imprecazioni.
-In realtà, si: l’armadietto non si apre- spiegai.
-Infatti quello è il mio armadietto- mi rispose senza riuscire a trattenere un sorriso imbarazzato.
Sentii le guance andarmi in fiamme e presi a balbettare:- Oh, scusa. Sono un cretino.
Mi dispiace…-. Che razza di idiota, pensai schiaffeggiandomi mentalmente.
-Non preoccuparti- mi rassicurò lei. Inserì la combinazione giusta e prese il libro di Trigonometria. Anche lei.
-Oh, abbiamo entrambi Trigonometria- notò poi quando mi vide cercare lo stesso libro nel mio armadietto.
Mentre ci recavamo assieme all’aula 21, incrociammo Niall.
Sembrò piuttosto allibito di vederci parlare. Le guance gli si colorarono improvvisamente di rosso e affrettò il passo deciso ad evitarci.
Alzai una mano per salutarlo e lui rispose con un breve cenno del capo imboccando un corridoio laterale.
Rimasi di stucco. –Ma…cos’ha?- chiesi dando voce ai miei pensieri.
-Conosci Horan?-. La domanda di Susan mi riscosse quasi subito.
-Si, siamo compagni di stanza. Di solito è un tipo simpatico. Non so cosa gli sia preso-.
Lei fece spallucce e riprese a camminare.
Qualcosa mi suggeriva che fosse proprio Susan la causa del repentino cambiamento d’umore di Niall.
Dopo Trigonometria, avevo Francese, corso che frequentava anche lui: avrei potuto parlargli con comodo e chiarire la situazione.
Così credevo, ma non appena entrata nell’aula di Francese, mi resi conto che Niall si era seduto accanto ad un tipo occhialuto, il più lontano possibile dal mio banco.
Mi evitò per tutta l’ora e appena la campanella trillò risuonando tra le mura della scuola, gettò gli appunti nella borsa e sfrecciò via dall’aula come un fulmine.
Solo a pranzo, trovai il modo di sedermi di fronte a lui: ma, anche così mi evitò spudoratamente.
Perciò non mi rimase che sorbirmi Styles che occhieggiava il tavolo di Vichy Jordan.
Raggiunse il colmo, quando Jordan si alzò per uscire dalla mensa, passando davanti a noi.
Le lanciò uno sorriso ammiccante per poi rivolgersi a noi con aria disinvolta:-Ormai è cotta-.
-Scommetto che non l’hai ancora baciata!- sghignazzò accanto a me Zayn.
-Rimedierò presto-.
O no. Ancora una volta, la coordinazione cervello-bocca non funzionò nel modo giusto. -Ti piace?-.
Che razza di domanda era? Perché non mi facevo gli affari miei?
Lui spostò il suo sguardo da Zayn a me, interdetto. –Beh, lei è…Wow-.
Louis gli fece il verso e Liam scoppiò a ridere.
-Interessante- commentai io glaciale. Okay, frena un attimo: perché avrei dovuto prendermela così se Harry voleva baciare Jordan? Qualcosa non mi tornava.
-Cos’ è? Vuoi provarci con lei?-chiese lui diretto. Il riccio non aveva centrato il punto, ma quasi.
-No, è tutta tua. Tranquillo-. Mi ficcai una foglia di insalata in bocca e masticai lentamente, tentando di sbollire la collera.
 
 
La pausa pomeridiana la trascorsi nella stanza che condividevo con Niall, Harry e Louis rovistando dappertutto nella disperata ricerca del libro di Storia.
Sul più bello, il telefono prese a squillare impaziente.
Frugai nel cassetto del mio comodino e finalmente lo trovai, sommerso da caramelle mou e riviste porno.
-Pronto?- risposi titubane chiedendomi chi fosse il proprietario delle suddette riviste.
-Tesoro, come sta andando con tuo padre?- mi salutò una voce dolce e conosciuta.
-Ciao, mamma- sorrisi io. –Abbastanza bene-.
Ero da sola, ma decisi comunque di essere prudente chiudendomi in bagno.
-La scuola?-.
-Al solito- tagliai breve. Meno parole, meno complicazioni.
-Fred invece? Non sono ancora riuscita a contattarlo-.
-E’ arrivato al College. Si trova bene-.
-Immagino. Deve essere elettrizzato. – fece una pausa. -Tuo padre è lì?-.
Merda. –No…lui si sta…facendo la doccia- improvvisai.
-Ah, non fa niente. Qualsiasi problema chiamami-.
-Tranquilla mamma. Papà è un tipo affidabile- dissi in tono scherzoso.
Capii che stava sorridendo.
-Mi manchi- sussurrò alla fine.
-Anche tu-.
Mentre chiudevo la telefonata, la porta del bagno si spalancò.
Louis mi guardò divertito. –Perché parli con il cellulare in bagno?-.
-Ehm…io…- farneticai in preda al panico.
-Un’altra ammiratrice segreta?- celiò inarcando un sopracciglio.
Senza riuscire ad evitarlo, divenni paonazza fino alla radice dei capelli.
Rise di cuore. –Ora devo cercare una biro che scriva come si deve. E’ appena il secondo giorno di lezioni ed Harry ha già rubato tutte le mie penne-.
 
 
 
Continuavo a giocherellare nervosamente con il tappo della mia biro nell’inutile tentativo di seguire la spiegazione dell’insegnante.
Accanto a me, Harry sedeva scomposto, scarabocchiando svogliatamente sui bordi del quaderno.
Non riuscivo a concentrarmi sulla lezione, intenta com’ero a sbirciare nella sua direzione.
-Non ti piace Arte?- gli domandai ad un certo punto, mentre il professore ci mostrava alcune diapositive dell’acropoli di Atene.
-Il problema è che sono una frana a disegnare- bofonchiò lui in risposta, stiracchiandosi le gambe sorpreso che gli avessi rivolto la parola.
Mi sfuggì una risatina sommessa che camuffai con un sonoro colpo di tosse e tornai a fissare il proiettore.
L’apparecchio proiettava alcuni fasci di luce sulla parete dietro alla cattedra, nell’oscurità dell’aula.
-Avrei bisogno di una mano- bisbigliò dopo un po’ Harry senza guardarmi.
Fino ad ora, non avevo avuto un gran rapporto con Styles e a quanto pareva non sembravo andargli particolarmente a genio. Cosa poteva volere da me allora?
Lo osservai di sottecchi. –Di che si tratta?-.
-Ragazze-.
Senza volerlo, mi irrigidii sulla sedia. Sperai con tutta me stessa che non si riferisse a Vichy Jordan. -Non mi sembri il tipo a cui servono consigli- mi decisi infine a ribattere.
-Oh, non è per me- si affrettò a chiarire. –Hai…hai presente Susan Morrison?-.
E lei che centra?,pensai.  –Si.- dissi lentamente. –Perché?-.
-Vedi, Niall ha una cotta per lei: ma, non sa come comportarsi-.
-E tu non puoi aiutarlo?- insistetti.
-Ho provato, ma non è così semplice. Sai, ha già avuto diverse delusioni-.
-Capisco-.
-Allora, visto che tu- esitò.-...piaci alle ragazze, ho pensato di chiederti questo favore, ovviamente a sua insaputa-.
Mi morsi il labbro dubbiosa.
-Se vuoi,- rincarò la dose. – in cambio potrei aiutarti a calcio-.
-A cosa mi servirebbe?- obbiettai poco convinta. –Hai detto tu stesso che sono bravo-.
-Sei bravo, è vero. Ma, non abbastanza-.
-Che vuoi dire?- indagai.
-Io sono il capo cannoniere della squadra, tu il centroavanti. Con una tattica vincente, potremmo fare davvero la differenza-.
Se aiutare Niall nelle sue faccende amorose comportava degli allenamenti extra sola con Harry, avrei impiegato molto volentieri tutte le mie energie per la riuscita dell’impresa.
Niall avrebbe conquistato Susan, ed io avrei avuto modo di approfondire la conoscenza con Harry.
-Devo per forza sputarmi sulla mano o roba del genere per sigillare il patto o passiamo direttamente alle clausole?- dissi infine mesta.
Harry rise, scuotendo i riccioli. –No, una stretta di mano dovrebbe bastare-.
 
 
 
Alle cinque avevo un’ora libera. Così ne approfittai per andare in biblioteca e portarmi avanti con la ricerca di Storia assieme a Liam.
Un’ora dopo salivo le scale a due a due per raggiungere i dormitori.
Ho sempre sognato di avere una scrivania che desse su una finestra. Così durante le ore di studio avrei potuto sbirciare i passanti, immaginare la loro vita, godermi il sole.
Non un gran sogno, a dir la verità, ma a me piaceva l’idea.
Perciò usufruire della scrivania della stanza che condividevo con gli altri mi parve una buona motivazione per continuare a studiare.
Ero impegnata in un esercizio di algebra particolarmente complicato, quando entrò Niall.
Persi il conto del riporto della divisione e sbuffai sonoramente.
Evidentemente Niall travisò il mio malumore. Mi guardò male.
-Ehi, Niall. Si può sapere che ti è preso questa mattina?- chiesi di punto in bianco ignorando il suo atteggiamento ostile.
-Nulla- tagliò corto lui, tornando a frugare nel suo armadio.
-Avanti, sputa il rospo!- insistetti. -Non ti conosco da molto, è vero. Ma, non sono mica uno stupido-. Mi alzai per fronteggiarlo.
-Non ho niente- ribadì tuttavia l’irlandese.
Tirai un sospiro di rassegnazione. Dovevo passare alle maniere forti. Se lui non parlava, lo avrei fatto io.
-Ti piace?- lo spiazzai allora.
-C-chi?- balbettò mal celando il suo interesse.
-Susan Morrison- dichiarai con naturalezza appoggiandomi allo stipite del letto.
Non aveva scampo.
Il ragazzo mi fissò come un topolino farebbe con un gatto di guardia alla sua tana.
-No…io…- balbettò distogliendo lo sguardo.
-Altrimenti non avresti reagito così stamattina prima delle lezioni- gli feci notare maligna.
-Non….- esitò. –Come l’hai capito?-.
-Intuito- risposi semplicemente con l’aria di chi la sa lunga.
-Non lo spiffererai in giro, vero?-.
-Tranquillo. Il tuo segreto con me è al sicuro!- lo rassicurai con qualche pacca amichevole.
Mugugnò con aria mesta.
-Beh, che aspetti? Chiedile un appuntamento!- gesticolai.
Scosse il capo con veemenza. –Meglio di no-.
-Qual è il problema?-.
-Nessuno. Solo preferirei non complicarmi l’esistenza-.
-Okay, come vuoi tu- desistetti. –Io credevo che ti piacesse sul serio…- mormorai voltandomi per uscire.
-Che intendi?-.
-Oggi mi sono fermato a parlare con Morrison per conoscerla meglio. Pensavo di poterti dare dei buoni consigli per conquistarla. Ma, non importa se tu non te la senti- assunsi un' espressione contrita. - Ci vediamo!- conclusi, chiudendo la porta della camera alle mie spalle.
Ero stata convincente.
Come minimo, il giorno dopo sarebbe tornato implorando il mio aiuto ed io, da brava ruffiana quale sono, avrei colto l’occasione al volo.
Prima di cantare vittoria però, dovevo correre in biblioteca per riconsegnare un libro preso in prestito: entrai spedita con l’intenzione di restare lì il tempo necessario per trovare la bibliotecaria (la signora Finch) e affidarle il manuale, ma alcuni risolini civettuoli provenienti da qualche scaffale più avanti, mi spinsero ad avvicinarmi.
Feci capolino da una pila di libri e strambuzzai gli occhi.
La prima cosa che vidi fu una chioma bionda che ondeggiava al ritmo delle risatine della proprietaria, la gonna a quadri della divisa scolastica e infine una massa di riccioli scuri.
Provai un fitta allo stomaco.
Vichy Jordan stava palesemente flirtando con Styles. In biblioteca per giunta.
Non era il luogo adatto.
Dal punto di vista morale, non era giusto scambiarsi effusioni nel…ma, chi volevo incantare?
Roteai gli occhi al suono delle loro risate sommesse. Li odiavo: tutti e due.
Intanto, Jordan si era accostata di più al ragazzo, aveva allacciato le mani dietro il suo collo e ora si mordicchiava il labbro inferiore con aria invitante.
Sta sbattendo le palpebre. Brutto segno!, berciò una vocina fastidiosa nella mia testa.
Dovevo fermarli, prima che Harry la…prima che accadesse un fatto simile in una biblioteca. No, in nome della signora Finch, dovevo impedirlo.
Mi guardai intorno disperata, pregando che mi venisse in mente una buona scusa per interromperli.
Così, senza rifletterci su, diedi una spallata ad una catasta di libri in bilico, facendola crollare con un sonoro tonfo.
La coppia sobbalzò, ed Harry si staccò all’istante.
Ben fatto, pensai compiaciuta con me stessa.
Ma, cambiai idea non appena intercettai lo sguardo di fuoco che mi lanciò Vichy.
-Fred!- esclamò Harry sorpreso.
-Scusate, non volevo disturbare- mentii con disinvoltura. –Dovevo riconsegnare un libro…-.
-Sempre nel posto sbagliato e al momento sbagliato, eh, Bayler?- commentò la bionda fuori di sé mentre raggiungevo l’altro lato della sala.
Non le risposi.
Quando mi rivolsi alla Signora Finch avevo ancora un sorrisetto soddisfatto dipinto sul volto.
Jordan si sarebbe di certo vendicata, ma non mi preoccupavo: avevo vinto comunque.
 
 
 
 
                                                                     1 a 0 per Bayler
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Prima di tutto: tanti auguri di buon anno :)
Come avete passato il Capodanno?
Per quanto mi riguarda è stato tra i migliori in assoluto: io e una mia amica siamo andate a teatro a vedere “Lo Schiaccianoci”di  Čajkovskij. E’ stata un’esperienza magnifica. Sono ancora tutta elettrizzata!!xx
Ma, smetto di scrivere a vanvera, perché vi annoierei soltanto con le mie chiacchiere, ahahah.
 
Credo che sia l’aggiornamento più rapido di questa FF finora!! 
Per una volta, non mi sono fatta pregare. Avrei dovuto postare prima il dodicesimo capitolo di Penfriends, ma ho ancora qualche dubbio su come continuare la storia. O meglio, su come scriverla.
Quindi per non perdere tempo mi sono gettata a capofitto su Tomboy e devo dire che stavolta mi sentivo stranamente ispirata.
Con questo, spero che non sia venuto un totale disastro :)
Si, vi sarete accorte che non ho ancora risposto alle recensioni, ma non ne ho avuto proprio il tempo. Appena postato il capitolo, corro a leggerle. Promesso xx

A proposito, vorrei ringraziare di cuore le autrici che hanno recensito, i 10 che preferiscono la storia, i 2 che la ricordano e i 21 che la seguono :)
Grazie anche a chi mi ha inserito tra gli autori preferiti (che onore!!! :D) e ai lettori silenziosi.
Spero che prima o poi, usciate allo scoperto, per così dire ;)
Come al solito, mi farebbe molto piacere leggere un vostro parere riguardo al capitolo u.u
 
Bene, per chiudere, vi posto il banner di Penfriends, nel caso qualcuno volesse darci un’occhiata xx
 

  
 
 
 P.s. Buona Befana già che ci siamo!!
 
 
 
Tanti cuori,
Caty <3
 
 
 
 
  

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Capitolo 6
*** 5. Ars amatoria ***




            



                                                                                                          Non si desidera ciò che è facile ottenere
                                                                                                 Ovidio, (Ars Amatoria)
 

5. Ars amatoria
Perle di saggezza all’alba.
 
 
-Dunque, ricapitoliamo- dissi solenne, misurando a grandi passi il perimetro della stanza. –Alle undici avete entrambi Geografia. Al termine della lezione, Susan si attarda sempre. Ti avvicini e con la scusa di non aver scritto per bene i compiti, attacchi bottone. E il gioco è fatto-.
-Sarà un suicidio- brontolò l’irlandese insonnolito.
Non gli prestai ascolto. –Le donne amano sentirsi importanti e tu chiedendole i compiti assegnati dall’insegnante le farai credere che la consideri una persona affidabile-.
-E questo alle ragazze piace?- chiese scettico.
-Certo!- esclamai con ovvietà. –Perché tu non lo domanderai alle altre, ma solo a lei-.
-Se lo dici tu-. Sbadigliò. –Possiamo tornare a letto adesso?-.
Liquidai sbrigativa la sua proposta. -Neanche per sogno-.
Era l’alba e mentre Louis ed Harry ronfavano rumorosamente, io impartivo lezioni d’amore a Niall.
Nessuna persona intelligente avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma io continuavo a sopravvalutarmi.
-Ovviamente non soffermarti troppo sull’argomento "scuola"- continuai imperterrita mimando le virgolette a mezz’aria. –Altrimenti ti crederà uno sfigato-.
-Di cosa dovrei parlare, allora?-.
-Che so? Del fatto che fai parte della squadra di calcio del college. Ai suoi occhi ti renderà affascinante-.
-Altro?-.
-Non mostrarti troppo a disagio, altrimenti si sentirà così anche lei.  Ma, al contempo, non apparire sfacciato. Penserà che sei un ragazzo superficiale. Se fa una battuta, ridi, anche se in altre circostanze andresti in bagno a vomitare. Falle credere che la consideri divertente.
E una massima per la vita: non guardarle le tette mentre le parli. Puoi farlo in qualunque altro momento, ma non quando chiacchierate assieme-.
Lo scricchiolio delle assi del letto ci interruppe. Harry cambiò posizione, continuando a dormire.
-Dunque…- bisbigliai. –L’eccellenza si raggiunge con la pratica. Perciò, proviamo. Io sono Susan e tu sei…tu-.
Aggrottò la fronte, confuso.
-Avanti. Siamo soli nell’aula di Geografia. Tu cosa fai?-.
-Ehm…-.
Scossi la testa con aria tragica. -Ti avvicini e…-.
-Le chiedo i compiti-.
-E…-.
-Attacco bottone-.
-Perfetto. Ora prova in senso pratico-.
Finsi di sfogliare tutta interessata un manuale invisibile di Geografia.
-Ciao Susan- recitò il biondo atono.
-Più verve, ragazzo!- esclamai.
-Ciao Susan!-.
Sbattei le ciglia con fare civettuolo. –Ciao, Niall-.
-Ero…ero distratto e non ho scritto bene i compiti per la prossima lezione. Potresti dirmeli tu?-.
-Certo!- risposi. –Bene, saltiamo la parte in cui lei ti riferirà le pagine da studiare. Vai al sodo-.
Niall si schiarì la voce. –Hai davvero dei bei capelli e…-.
-No. No. No. Time out. – lo ripresi subito. Gli circondai le spalle con un braccio e sorrisi serafica.
– Non puoi andare da una ragazza che a malapena conosci e riempirla di complimenti. Non devi mostrarti troppo interessato. Altrimenti perderai subito attrattiva per lei. Lasciala nel dubbio. Intesi?-.
Annuì, lasciandosi sfuggire un nuovo sbadiglio.
-Ricominciamo-.
Si allontanò di qualche passo. –Non so cosa dire. Senti Fred, potremmo smetterla con questa sceneggiata? Mi sento un completo idiota-.
-Niall, sto solo cercando di aiutarti. Vuoi che Susan si prendi una cotta per te?-.
-Beh…si-.
-Ne sei sicuro?- insistetti.
Annuì.
-Allora non ti resta che riprovare-.
Sospirò stanco. –D’accordo-.
-Potresti chiederle che lezione ha dopo o semplicemente notare quanto sia evidente lo strabismo della professoressa di Geografia. O forse no, dovresti fare una battuta. Magari farla ridere scioglierebbe la tensione…-.
-Avete finito voi due di fare baccano?-. La voce squillante di Louis ci colse di sorpresa.
-Ti abbiamo svegliato?-.
-No, mi sono alzato alle cinque di mattina per prendere il sole- ironizzò lui. Sparì sotto il letto alla ricerca delle pantofole blu.
-Scusaci-tagliai corto.
Proprio allora, Harry si sollevò a sedere. Si passò una mano tra i riccioli scarmigliati e sbadigliò.
-Che ore sono?- biascicò, la voce impastata dal sonno.
-Le cinque- rispose prontamente Louis, riemergendo da sotto in letto con le pantofole ai piedi.
Il riccio sgranò gli occhi. -Cosa?!-.
-Non fate tante storie. In fondo siamo solo qualche ora in anticipo- sdrammatizzai, mentre Louis mi passava accanto per trovare la sua t-shirt a righe preferita e Niall tornava a letto con aria abbattuta.
I miei deboli tentativi di fare dello spirito non sortirono gli effetti desiderati.
Harry borbottò qualcosa che non afferrai e mi superò mezzo nudo in direzione del bagno.
-Non ti conviene fare la doccia. L’acqua è gelata di mattina.- lo avvertii una volta che entrò in bagno.
Non mi rispose.
 
 
 
 
I corridoi di Bellborough Court erano gremiti di studenti durante l’intervallo.
Zayn mi stava parlando di una biondina mozzafiato con cui sarebbe uscito l’indomani ed io lo stavo ad ascoltare dato che ormai sembravo diventata una sorta di confidente amoroso.
Ma arrivati nell’atrio principale, trovammo una folla di ragazzi assiepati attorno alla bacheca della scuola, che parlottavano in tono eccitato.
Saltellai in punta di piedi per scoprire di cosa si trattasse e adocchiai un nuovo manifesto.
-Il ballo di inizio anno- mi spiegò tranquillamente Zayn.
Terribile.
Perché “terribile”, dite voi? Semplice.
Punto uno: non so ballare. E non è falsa modestia: io sono letteralmente imbranata. Certo, la figuraccia l’avrei fatta fare a mio fratello, in ogni caso, ma in quel momento mi sentivo responsabile per lui.
Punto due: il ballo era sabato sera ed io non sapevo chi invitare.
Punto tre: volevo evitare di sorprendere Harry e Vichy a fare…avete capito cosa.
Dal canto suo, il moro non sembrava granché entusiasta.
La campanella che segnava il termine dell’intervallo, interruppe il filo dei miei pensieri.
Salutai Zayn e strascicando i piedi, giunsi al mio armadietto per prendere i libri  delle lezioni seguenti.
E proprio mentre inserivo la combinazione e scrutavo dubbiosa il disordine che regnava sovrano nel mio armadietto, una voce roca e profonda mi distrasse.
Per mia sfortuna, non si stava rivolgendo a me, ma a quella gallina di Vichy qualche armadietto più in là. Non mi avevano notata.
Ficcai il naso nel manuale di Filosofia e senza troppi scrupoli, presi ad origliare la conversazione.
-…allora, ci vieni al ballo con me?- le stava chiedendo lui con un tono suadente che avrebbe persuaso la ragazza più reticente.
Ma, Vichy era tutt’altro che reticente. Anzi, sembrava piuttosto ansiosa di gettarsi tra le braccia di Harry. Ed io dovevo impedirlo.
Lanciai un’occhiata furtiva verso il ricciolino che giocherellava con le ciocche bionde di lei, e provai una fitta allo stomaco.
Perché sempre a me?!, avrei voluto gridare a squarciagola. Ma, non potevo.
Fu qualcun altro però ad urlare al posto mio, guadagnandosi l’attenzione di buona parte della scolaresca.
-Fred! Fred!-.
L’irlandese mi affiancò, ansimante.
Io feci appena in tempo a distogliere lo sguardo da Harry, prima che lui se ne accorgesse.
-Che accipicchia ti strilli?- lo ripresi nervosa, puntellandomi le mani sui fianchi.
Sembrò sorpreso del mio malumore. –Scusa…- farfugliò.
-Non ti preoccupare. Che volevi dirmi?-.
-Oh….niente, ho…ho parlato con Sue-.
Sorrisi, cercando di mostrare entusiasmo. –Bravo! E come è andata?-.
-Temevo il peggio. Invece è andata alla grande. Abbiamo parlato per qualche minuto, poi si è unita alle sue amiche-.
-Perfetto. Allora adesso possiamo passare alla fase numero due.- feci, sventolandogli in faccia l’indice e il medio.
-Perché? Abbiamo delle fasi?- domandò Niall leggermente confuso.
-Certo. Ogni piano che si rispetti ne ha-.
-E quale sarebbe questa fase numero due?-.
-Fare di tutto per incontrarla all’ora di pranzo, a mensa-.
-Pensi che le dovrei chiedere di venire al ballo di sabato con me?-.
-Non a mensa-.
-E dove, allora?-.
-Andiamo per gradi, biondo-. Sbadigliai.
 
 
 
La fila per il polpettone di Vito quel giorno sembrava interminabile.
Sbuffai teatralmente e mi voltai verso Niall, intento a chiacchierare con Liam.
Stavo riflettendo sulla possibilità di rinunciare al piatto e di sopravvivere con una dieta a base di merendine confezionate, quando davanti agli occhi mi sfrecciò un viso conosciuto.
-Susan!- la chiamai, stringendole piano il braccio.
Si voltò confusa. Quando mi riconobbe sorrise.
-Ciao, Fred! Come va?-.
-Tutto bene. Tu?-.
Si strinse nelle spalle. -Non c’è male-.
Acciuffai Niall che ignaro di tutto se ne stava tornando al tavolo e lo gettai senza alcun riguardo nella tana del leone.
-Ti ho presentato Niall Horan?- chiesi alla ragazza simulando un’aria angelica.
-Ehm….ci conosciamo già- asserì lei leggermente confusa dal mio comportamento. Non la biasimavo.
Mi limitai ad un osservazione banale come “Certo che il mondo è proprio piccolo a volte” e rifilai di nascosto una gomitata a Niall, il quale si schiarì subito la voce. –Ti andrebbe di sederti con noi?-.
Lei sembrò in difficoltà. Lanciò un’occhiata al tavolo delle sue amiche.
-Perché non fai venire anche loro? A noi farebbe piacere- l’anticipai.
Susan mi sorrise e annuì. –Va bene. Grazie-.
Il resto del pranzo lo trascorsi fingendo di interessarmi alle chiacchiere dei ragazzi: in realtà non facevo che fantasticare sulle lezioni di calcio che mi avrebbe dato Harry.
Il primo allenamento era quel giorno stesso. Ci saremmo visti al campo un’ora prima degli altri. Da soli.
La mia distrazione persistette durante le lezioni pomeridiane, venni ripresa più volte dalla McCarthy e inviai qualche messaggio con il cellulare a mio fratello.
Al contrario mio, Fred sembrava passarsela davvero bene a Dublino.
La spiegazione di Storia sembrò particolarmente lunga quel pomeriggio e quando infine la campanella segnò il termine delle lezioni, a malapena volevo crederci.
Ero consapevole che le mie funzioni celebrali erano sul punto di incepparsi. Così mi affrettai a raggiungere gli spogliatoi.
Harry mi aspettava seduto sull’erba a centrocampo.
I riccioli scuri e spettinati gli accarezzavano il viso dai tratti infantili. Sorrise quando mi vide arrivare.
-Sei arrivato!- mi accolse, balzando in piedi. –Ho notato che oggi Niall parlava con Morrison-.
Finsi indifferenza. -Mi sono messo subito all’opera-.
Lo vidi annuire mentre un paio di fossette impertinenti facevano capolino agli angoli della bocca rosea.
Proprio allora, mi fulminò il pensiero di essermi cacciata in un  brutto guaio da sola.
Avevo stretto un patto segreto col ragazzo che mi piaceva e sfortunatamente lo avrei avuto intorno per la maggior parte del tempo senza poter fare nulla.
-Bene. Direi di cominciare- esordì lui. –Prima di tutto un calciatore deve giocare nel modo più consono al suo fisico senza però ignorare le esigenze tattiche della squadra-.
Il mio sguardo assorto fu un invito a proseguire.
-Ad esempio, tu sei molto aggressivo in campo, ma sei minuto e non puoi permetterti di contrastare chi è il doppio di te-.
-E come faccio a giocare come si deve, allora?- obbiettai scettica.
-Semplice. Dovrai allenarti sulla rapidità dei passaggi. Sei molto più agile di tutti noi. Non sarà difficile per te-.
Schioccai la lingua sul palato, sempre più incredula. Feci per tornare nello spogliatoio, ma lui mi trattenne.
-Okay. Stammi a sentire. Non sto dicendo che sia un gioco da ragazzi, ma per diventare una coppia vincente dobbiamo assecondarci l’un l’altro-.
Le parole “coppia” e “vincente” mossero qualcosa nel mio stomaco. Erano per caso farfalle?
Dov’era finita la cara, vecchia Maud? Quella di ferro, che non si sentiva coinvolta in nessun genere di sentimentalismi: quella che trovava raccapriccianti i romanzi rosa che leggeva sua madre sulla sdraio ricoperta di crema abbronzante e guardava con aria di superiorità le commedie romantiche che Nancy le propinava ogni sabato pomeriggio? Evidentemente era stata sostituita dalla Maud di cartapesta, piena di crisi esistenziali e fantasie su un ragazzo irraggiungibile.
Nel quarto d’ora seguente ipotizzammo schemi di gioco e tattiche vincenti, nei tre quarti d’ora rimanenti li mettemmo in atto.
Di tanto in tanto, Harry mi dava qualche consiglio dal punto di vista tecnico, oppure si limitava a cenni del campo o ad incoraggiamenti.
Per tutto il tempo, il battito del cuore scandito dalla voce profonda di Harry, mi rimbombò nelle tempie.
Alle sei ci raggiunsero gli altri ragazzi. Liam si sedette sugli spalti per assistere all’allenamento.
Dopo quaranta giri di corsa attorno al campo ero stremata. In compenso scagliai il pallone nella rete e con un passaggio in diagonale permisi ad Harry di segnare un goal da fuori area.
Mi batté il cinque. –Andiamo alla grande!- esclamò con un sorriso che andava da una guancia all’altra. Il suo sguardo vagò oltre la mia spalla e sembrò intercettare qualcosa di interessante, perché un nanosecondo dopo, il ricciolino era sfrecciato verso l’altra metà del campo.
Lo osservai vagamente divertita, mentre riempiva Louis di pizzichi e pacche sul sedere.
-Ragazzi, smettetela! Forza, andate a cambiarmi!- tuonò il mister vicino alle panchine.
Mi offrii di sistemare il materiale nel deposito per evitare di entrare negli spogliatoi con gli altri.
Sistemai i cinesini uno sull’altro e riposi i palloni e i coni utilizzati con una lentezza disarmante per perdere il maggior tempo possibile. Quella sera il cielo screziato si dipingeva di rosso oltre gli spalti del campo.
Pensai che dopotutto essere lì a Bellborough Court non era così terribile come avrei creduto.
Mentre armeggiavo con le chiavi del deposito, i miei compagni di squadra uscirono dagli spogliatoi e mi salutarono da lontano.
Un minuto dopo ero sotto il getto caldo della doccia, persa in considerazioni inutili.
Avevo conosciuto le persone più diverse, e vissuto le esperienze più assurde ed esilaranti e mentre mi avvolgevo nell’asciugamano bianco con lo stemma di Bellborough Court ricamato sopra, pensai che il peggio fosse passato. In fondo avevo fatto amicizia e mi trovavo bene. Ma, non avevo messo in conto preventivamente la mia spropositata dose di sfortuna e imprevisti.
Non avevo udito nessuno rientrare.
Non avevo pensato che qualcuno potesse sorprendermi proprio lì.
E completamente ignara, con i capelli bagnati appiccicati alla fronte, mi ritrovai a fronteggiare un paio di occhi neri come la pece che ricambiavano il mio sguardo increduli.
Urlai.
Urlammo.
 
 

 
 
 
Verde speranza! Ehm…si. Ho notato il drastico calo di recensioni e non negherò che mi sia dispiaciuto. Vorrei solo sapere, se è per gli aggiornamenti irregolari o perché la storia ha perso il sua attrattiva. Nel primo caso direi che me la sono cercata, nel secondo invece cercherei di porre rimedio. Insomma fatemi sapere.
Lo so, sono nuovamente in ritardo e vi prego, vi scongiuro, vi supplico in ginocchio di avere pazienza per un altro po’ ancora. Appena avrò risolto alcune questioni, dedicherò molto più tempo a questa storia e le darò giustizia, promesso :)
Stavolta la citazione non è di Shakespeare, ma di un opera di Ovidio, “Ars Amatoria” che in sostanza insegna agli antichi romani come…rimorchiare u.u. Leggendolo si capisce quanto noi moderni non abbiamo scoperto proprio nulla di nuovo, ma solo ripreso dal mondo antico.
By the way, accadono diverse cose: si scopre del ballo di inizio anno (!!!!!!), Harry invita Vichy, Niall comincia a fare breccia nel cuore di Sue, Maud si allena sola con Harry e soprattutto qualcuno scopre finalmente il suo segreto. Chi sarà? Idee? Sono sicura di si. E sono curiosa di conoscerle. Perciò mi farebbe molto piacere leggere le vostre opinioni in proposito, davvero tanto!!
In ogni caso, ringrazio di cuore tutti quelli che recensiscono/preferiscono/seguono/ricordano o semplicemente leggono la storia (non ho controllato i numeri e non me li ricordo, scusate!!).
Perfetto. Scappo a mangiare la pizza e a vedermi “Narnia e il viaggio del veliero” nuovo di zecca xx
Vi adoro come sempre,
Caty <3

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Capitolo 7
*** 6. Kick and rush ***


             



                                                                                “ Travestimento, vedo che sei un maleficio
                                                                     con cui molto lavora l’astuto nemico.
                                                                    Com’è facile per gli attraenti ingannatori
                                                                   imprimere le loro forme nei cuori di cera
                                                                 delle donne" 
                                                                 (Viola, La Dodicesima nottem Shackespeare)                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

 


6. Kick and rush
Telefonate notturne, inviti e minacce.
 
-Sono fottuta!- esclamai non appena Evelyn rispose al cellulare.
Seguì un tonfo secco e qualche imprecazione. –Aspetta un attimo, Maud.- mi disse la sua voce assonnata. Sbadigliò. Sentii un fruscio di stoffa (forse la vestaglia), dei passi felpati sul parquet e infine una porta che si chiudeva.
-Sono le tre e mezzo di notte. Prega di avere una giusta motivazione per avermi svegliata.- mi avvertì. Probabilmente si era chiusa nel ripostiglio per non disturbare i suoi che dormivano nella stanza accanto.
-Mi hanno scoperto!-.
-Come, scusa?-.
-Hai sentito benissimo-.
-Chi? Quando? Dove? Insomma, spiegati-.
-Un mio compagno di squadra, oggi pomeriggio negli spogliatoi. Ero appena uscita dalla doccia e me lo sono ritrovato davanti-.
-Merda-.
-Che posso fare?-.
-Beh, prima dimmi come ha reagito-.
-Abbiamo urlato per la sorpresa. Io gli ho chiesto di sedersi e di ascoltarmi e….gli ho spiegato la situazione e lui…-.
-Lui?- mi incalzò impaziente.
Esitai. -Si è messo a ridere-.
-Eh?!- sbottò.
Annuii, anche se non poteva vedermi. -Ha detto che era tutto molto divertente e che….avrebbe mantenuto il segreto-.
-Allora che problema c’è?-.
-Eve, quante volte i genitori ti dicono di raccontare loro la verità perché non si arrabbieranno e poi puntualmente lo fanno?-.
-Giusto-.
-In fondo non lo conosco bene. Domani mattina potrebbe appendere manifesti o pubblicare la notizia nel giornalino della scuola per fare scoop-.
-Non esageriamo-.
-Erano ipotesi- puntualizzai appoggiandomi contro la porta del bagno.
-Secondo me, dovresti dormirci su. Vedrai che domani non ti sembrerà così tragico come adesso-.
-Va bene-.
-Chiamami se ci sono sviluppi-.
-Okay-.
-Buonanotte-.
-‘Notte-.
Tutu tutu …
Il suono metallico del telefono mi penetrò nelle ossa. Attaccai anch’io, rigirandomi il cellulare tra le mani.
Forse Eve aveva ragione. Non c’era da preoccuparsi. Lui avrebbe mantenuto il segreto.
Proprio allora, la porta si spalancò e una sagoma immersa nell’oscurità si avvicinò al lavandino.
Potevo distinguere solo i folti capelli ricci e i pantaloni della tuta che gli ricadevano morbidi sulle gambe.
Inizialmente parve non vedermi, poi dopo aver bevuto un po’ d’acqua dal rubinetto, fece per uscire e mi notò seduta sulla tazza del gabinetto.
Si portò una mano al petto, sgranando gli occhi per la sorpresa. –Cristo santo, che spavento! Potevi avvertirmi che eri qui!-.
-Scusa…ero sovrappensiero-.
Si passò una mano tra i riccioli con uno sbadiglio. –Sembri preoccupato. Cos’hai?-.
Mi strinsi nelle spalle. –Niente di che-.
Harry sbuffò e si sedette sul davanzale della finestra.
Forse intuì dal mio sguardo che non mi sarei confidata, perché cambiò di punto in bianco argomento.
-Sabato c’è il ballo di inizio anno…-.
-Già-.
-Con chi ci vai?-.
-Non ci vado-.
-Come?- si meravigliò.- Un Casanova come te? Sei riuscito a far parlare Niall e Morrison!-.
Sorrisi mio malgrado. -Non conosco quasi nessuno.- mi giustificai. -Non saprei chi invitare-.
-Ti aiuto io, se vuoi.- mi propose con quel suo sorriso innocente.
Risi leggermente. –D’accordo-.
Trascorse qualche istante, prima che parlasse ancora.
-Sei strano…-.
Lo fissai interrogativa. –Sbaglio, o non era un complimento?-.
-Beh…sei diverso, ma alla fine risulti simpatico. Quindi…-.
-Grazie mille.- replicai sarcastica.
Lo guance gli si colorano di un rosa tenue. –Non volevo dire…- iniziò, ma io lo interruppi con una risata. –Tranquillo, Harry. Ho capito cosa intendevi-.
Le labbra scure si distesero in un ampio sorriso e le fossette gli punteggiarono il viso.
Capii che qualcosa nel nostro rapporto era cambiato. Forse potevamo diventare amici.
-Mi spieghi una cosa?-.
Trasalii. Che avesse intuito la verità? Magari aveva parlato con lui
-Dipende da cosa.- lo spiazzai.
-Ehm…perché te la sei presa così tanto quando ho detto che volevo provarci con Jordan?-.
Senza volerlo sospirai di sollievo. –Diciamo che…- tentennai. –Non credo sia una ragazza a posto. E’ un gran bel pezzo di femmina ma, a volte un paio di tette e un fondoschiena divino non sono tutto. E’ antipatica e presuntuosa. Io non ci uscirei mai.- decretai alla fine.
-Solo questo?-.
Lo fulminai con lo sguardo per accertarmi che non si stesse prendendo gioco di me.
Che significava? Mi sembrava di aver detto abbastanza. Insorsi. - Scherzi?!E’ una put…!-.
-Okay…okay. –mi anticipò divertito. –Ho recepito il messaggio-.
Scoppiai a ridere con lui.
 
 
 
Venerdì mattina, entrai nella mensa per la colazione con un’aria più circospetta del solito.
Prima di tutto, dovevo trovarlo e scoprire se aveva già spifferato a tutti ciò che sapeva.
Masticai svogliatamente il cornetto ripieno di marmellata che servivano per quel giorno ascoltando le chiacchiere di Louis ed Harry.
-Penso che metteremo l’impianto stereo in palestra. Ho detto a Jade che è l’unica soluzione, ma continua a ribadire che…-.
Il ballo. Ancora. Ormai a scuola non si parlava d’altro.
Niall sbadigliò.
Proprio allora notai Susan Morrison che superava il tavolo dove eravamo seduti per raggiungere il buffet.
Diedi di gomito all’irlandese. –Niall, è il momento di entrare in azione.-annunciai con una punta di malizia nella voce.
L’uovo al bacon gli andò di traverso e rischiò di strozzarsi. Gli assestai qualche pacca sulla spalla, mente tossiva rumorosamente.
-Coraggio! Non è mica la fine del mondo. Ti avvicini, la saluti e la inviti al ballo-. E aggiunsi con tono grave:- Prima che lo faccia qualcun altro…-.
-Vado, vado…- tagliò corto. Si alzò, pulendosi la bocca con il tovagliolo. Mentre camminava finse di sciogliersi i muscoli.
-Buffone!- lo prese in giro Harry.
Sorrisi soddisfatta notando l’occhiata allegra che mi lanciò il ricciolino seduto di fronte a me.
Il sorriso però mi morì sulle labbra quando vidi arrivare Liam e Zayn.
Ovviamente, si sedettero entrambi al mio fianco.
Niall intanto pareva cavarsela estremamente bene con Susan e quando tornò (con un sorriso che andava da una guancia all’altra) Harry ed io gli battemmo il cinque.
-Io scappo!- dissi dopo aver terminato il mio cornetto. Presi i libri e mi dileguai oltre la porta della mensa.
Non avevo fatto i conti però con lui.
-Ehi! Ehi, aspetta!- mi richiamò.
Roteai gli occhi, ma mio malgrado, feci dietro front.
-Dici a me?-.
-Si…- rispose lui, leggermente affannato. I capelli scuri gli ricadevano in ciuffi ribelli sulla fronte. –Non mi hai detto come ti chiami…veramente-.
Mi guardai attorno furtiva e poi, in un impeto d’ira, lo afferrai per il colletto e lo spinsi contro gli armadietti.
La campanella dell’inizio delle lezioni ancora non era suonata. Ergo: il corridoio per fortuna era vuoto. Niente testimoni per il mio delitto.
-Sentimi bene, Zayn.- scandii piano per essere certa che afferrasse ogni singola parola. –Questo è un segreto che deve rimanere tra me e te, chiaro? Non voglio che apri bocca. Nemmeno con i tuoi amici. Perché poi finisce che qualcuno lo scopre ed io mi ritrovo nei casini per colpa tua. Non devo stare qui per un anno intero. Altri cinque giorni e potrai dimenticarmi. Al mio posto verrà Fred e tanti saluti. Hai afferrato il concetto?-.
Lentamente abbassai le braccia e le mani mi ricaddero inermi lungo i fianchi.
Povero Zayn. Sembrava scioccato. -Calmati, d’accordo. Ti ho già detto che terrò la bocca chiusa. Per caso prendi qualche pillola per l’ansia perché altrimenti dovresti fartele prescrivere e…-.
-Maud- lo interruppi all’improvviso. –Mi chiamo Maud-.
-Piacere, Maud.- mi sorrise gentile, porgendomi una mano.
Esitai prima di stringerla.
-Allora, che lezione hai ora?-.
-Francese. Tu?-.
-Francese-.
-Oh, che fortuna!- esclamai sarcastica. Ridacchiò.
Presi il quaderno degli esercizi di Francese e mi avviai assieme a lui.
-Maud?-.
-Eh?-.
-Sei forte a calcio per essere una ragazza-.
-Grazie, ma per il resto della giornata cerca di chiamarmi “Fred”, intesi?-.
 
 
 
La peggiore notizia della giornata però doveva ancora arrivare. Se dopo l’incidente con Zayn, credevo di aver superato il momento peggiore dei miei dieci giorni a Bellborough Court, mi sbagliavo di grosso.
Dopo pranzo, durante la pausa prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane, qualcuno appese un nuovo manifesto sulla bacheca nell’atrio.
Niall mi era venuto incontro di corsa, mentre ripassavo assieme a Liam la lezione di Letteratura Inglese. Mi aveva afferrato per la manica della divisa e mi aveva trascinato di peso nell’edificio B.
-Non ci credo!- stava dicendo Louis, mentre Harry si mordicchiava il labbro inferiore pensieroso.
-Che c’è?- chiesi incuriosita facendomi spazio tra Zayn ed Harry.
-E’ stato pubblicato il programma per il torneo di calcio e…-mi spiegò il ricciolino visibilmente preoccupato.
-E…?-.
-E la prima partita è con la Higthon School, mercoledì prossimo-.
Higthon School?! Non era possibile! Mi rifiutavo di credere una cosa del genere!
Eppure sul manifesto vi era scritto proprio “Higthon School”.
-Trasferta o…?-.
-Ospitiamo- rispose prontamente Louis.
-Scusate un attimo. Ho bisogno di una boccata d’aria-. Feci marcia indietro e mi precipitai all’aperto.
Corsi per tutto il viale, attraversai il cortile alberato e quando fui abbastanza lontana, nascosta dietro il muro dei dormitori, urlai.
Urlai così forte che un paio di pettirossi spiccarono il volo da un cespuglio vicino, in un battito d’ali. Beati loro che potevano fuggire quando e dove volevano, mi ritrovai a pensare malinconica.
-Tutto bene?-.
Zayn mi raggiunse alle spalle.
-Che vuoi?- lo aggredii scontrosa.
-Sei scappata via. Mi sono preoccupato…-.
-Sto bene.- troncai il discorso.
-La Higthon School ha una squadra molto forte, ma non è il caso di…-.
-Non è per questo che sono corsa fuori.- obbiettai a braccia conserte.
-Allora per cosa?-.
Sospirai, osservando mestamente il vento che soffiava tra le foglie degli alberi.
-Il mio ex ragazzo gioca nella squadra della Higthon School.- sputai alla fine, amareggiata.
Zayn si esibì in una smorfia di disgusto. –Terribile.- commentò. Mi stava prendendo in giro. Ne ero certa. –Io però penso che sia un motivo in più per giocare la partita.- disse ammiccante.
-Quel bastardo! Quanto vorrei strozzarlo!- sbottai, pestando un piede a terra.
-Vincere la prima partita del torneo contro la sua squadra è una vendetta di gran lunga superiore-.
Tacqui, soppesando per un attimo le sue parole. -Hai ragione-.
-Io ho sempre ragione.-rettificò lui con un sorriso sornione dipinto sul volto.
-Non esagerare.- lo ripresi con uno spintone.
-Era meglio quando credevo che fossi un maschio, sai?-.
 
 
 
 
 
-Calcia e corri-.
-Scusa?-.
-Fred, smettila di lagnarti!- mi rimbrottò Harry, lanciandomi il pallone. –E’ una delle tattiche più vecchie di questo mondo!-.
-Appunto-.
-Fidati di me, okay?-.
Sbuffai sonoramente, ma lo seguii sino al limite del campo.
Provare tattiche di gioco con Harry non era semplice. La fatica era la mia che dovevo liberarmi dei difensori e offrirgli il goal su un piatto d’argento. A me il sudore e a lui la gloria. Bel compromesso solo per frequentarlo di più. Ma, non glielo dissi.
Alle sei, quando iniziò l’allenamento ufficiale, Paul ci spiegò la formazione che aveva scelto per la partita con L’Higthon School.
Zayn mi coprì per il ritorno degli spogliatoi, inventandosi di sentirsi male.
Ed io finsi la parte della crocerossina per prendere tempo ed evitare le docce in comune.
Mezz’ora dopo, il moro si decise finalmente a tirare lo sciacquone e ad uscire dal gabinetto.
-Sono andati via?- mi chiese, avvicinandosi al lavandino. –Si-.
-Bene, allora ci vediamo fuori-.
Annuii e mi diressi furtiva verso lo spogliatoio femminile. Ma, nel mio borsone il sapone e l’asciugamano erano spariti. Spesi dieci minuti buoni per cercarli, finchè non arrivai alla conclusione che dopotutto uno scherzo così stupido non potevano che avermelo giocato i ragazzi.
Imprecai ad alta voce, nel silenzio dello spogliatoio deserto ed infilai di nuovo la divisa della squadra.
Aprii la porta blu, attraversai il corridoio e bussai all’altra porta, quella dei maschi.
-Chi è?-.
-Sono io-.
Il moro socchiuse la porta e mi squadrò con aria inquisitoria. –Ancora non hai fatto la doccia?- fece retoricamente.
-No, perché i tuoi amichetti hanno avuto la brillante idea di rubarmi asciugamani e sapone. Appena li trovo giuro che….-.
-Okay, okay. Non scaldarti troppo, scricciolo-. Gli rifilai un’occhiataccia a quell’epiteto. Mi ignorò, scostandosi leggermente per lasciarmi entrare. Aveva indossato dei jeans puliti e una canotta che lasciava ben poco all’immaginazione. Mi concentrai sul suo viso per evitare di arrossire. Non gli sarebbe sfuggito.
-Ti presto il mio di sapone-.
-Grazie-. Afferrai il flacone che mi porgeva e feci per andarmene.
-Non mi dai neanche un bacio?- mi trattenne lui, mettendo su il broncio.
Scoppiai a ridere e per tutta risposta gli mostrai la lingua e uscii.
Rientrata nello spogliatoio femminile, pensai a Zayn. Era un bel ragazzo, su questo nessun dubbio. E forse sarebbe stato meglio se mi fossi invaghita di lui piuttosto che di Harry. Ma, il ricciolino aveva il potere di farmi impazzire, di lasciarmi sulle spine, di mandarmi all’altro mondo con un suo sorriso…di…
Ero patetica e l’aspetto peggiore della faccenda era che me ne rendevo perfettamente conto.
-Pronta per una serata a colpi di bottiglia?- mi accolse poco dopo Zayn vicino al campo da calcio.
-Che intendi?-.
-Stasera ci riuniamo tutti nella nostra camera-.
-Tutti…chi?-.
-Noi cinque e qualche altro o …altra-.
Sollevai un sopracciglio pensierosa. -Una sorta di festino privato?-.
Ridacchiò. –Si, diciamo di si. Ci saranno birra, scorte di noccioline a non finire e…femmine. Ma, non credo che a te possa interessare il fatto che ci siano o no delle ragazze-.
-No, in effetti no-.
-Neanche se una di queste baciasse Harry?-.
Mi bloccai con il piede a mezz’aria mentre camminavo.
Deglutii a vuoto.-Scusa?-.
-Hai sentito benissimo- mi sorrise lui.
Mi irrigidii senza volerlo. -Harry può baciare chi vuole. La vita è sua-.
Scrollò le spalle. -Mi chiamo Zayn, mica scemo. Quando Harry è nei paraggi ti sudano le mani e sei tesa come una corda di violino. Per non parlare della sfuriata che gli hai fatto quando hai scoperto che usciva con Jordan. Conosco i sintomi. Tu hai una cotta per lui-.
Solo quando finì di parlare, mi accorsi di avere la bocca spalancata per lo stupore. La richiusi meccanicamente. Mi morsi la lingua per trattenermi dal’esplodere. –Lascia perdere. E comunque non verrò. - dissi infine.
Ripresi a camminare a passo spedito e lui dovette faticare per affiancarmi.
-Allora dev’essere un’infatuazione in stato avanzato-constatò con l’aria di un chirurgo che sta esaminando un caso clinico particolarmente difficile.
-Non devi farmi da baby-sitter, né tanto meno da Made Coach. Perciò Malik, impicciati degli affari tuoi-.
-E se ti dicessi che Vichy Jordan su richiesta di Harry parteciperà al ritrovo in camera nostra?-.
Soppesai le sue parole. Probabilmente la mia faccia in quel momento era un misto di ira furente e gelosia. Se credeva che la presenza di una gallina impettita e non molto intelligente mi avrebbe convinta a partecipare, aveva perfettamente ragione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mancano cinque giorni e quindi più o meno cinque capitoli, più l’epilogo prima della fine :’(
Volevo farvelo sapere tanto per non lasciarvi di stucco con il capitolo finale. LOL
Tra l’altro avevo scritto buona parte del capitolo rapidamente, poi sono rimasta un bel po’ in alto mare per la parte finale, ma….dettagli. Bene, a parte questo….WOW!!!! Il ragazzo che ha scoperto il segreto di Maud ovviamente è Zayn, ma penso si capisse abbastanza.
Lo so, vi ho fatto penare sino all’ultimo per saperlo con certezza: sono un’ infame.
Niall invece ha invitato Sue al ballo e Zayn e Maud stanno facendo amicizia …che altro? Niente, più o meno è questo.
Il prossimo capitolo per l’appunto sarà quello della serata in camera di Zayn e Liam e….non vi svelo nulla :D
Ovviamente fatemi sapere cosa vi aspettate, eh eh!!
Okay, okay…concludo che è meglio.Ci tengo a ringraziare di cuore i tredici che preferiscono la storia, i trentuno  che la seguono e i tre che la ricordano. Un grazie infinito va anche a chi recensisce e a chi mi ha inserito tra gli autori preferiti. E infine, grazie anche a te “timido lettore” che non ti fai sentire. Spero che un giorno uscirai allo scoperto J
Con affetto,
Caty <3
 
 
Ps. E dimenticavo (scusate la rottura!! D:) , ma ho scritto una Os autobiografica (che parolone!)… va bé, che parla di una mia esperienza personale, a cui tengo tantissimo. Inutile dire che mi farebbe mooooolto piacere se la leggeste. Perciò se vi va e avete due minuti liberi, mettetevi comode e leggete dei casini che combino nella vita vera!! Sono molto simile a Maud da questo punto di vista! Ahahah
E voilà:
Memorie di una squilibrata


Il titolo non promette nulla di buono, ma come si dice? Provare per credere!
 

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Capitolo 8
*** 7. Trouble Incoming ***


                                                                                                                             
                                                                                                     “O tempo, devi sciogliere tu
                                                                                                     Questo groviglio. E’ un nodo troppo stretto
                                                                                                    Perché lo sciolga io”.
                                                                                                   (Viola, La Dodicesima notte, Shakespeare)
 
 
 
 
7. Trouble Incoming
Comprendere a pieno il significato del verbo “temporeggiare”.
 
 
Avevo compiuto tre imperdonabili errori nell’arco di poche ore.
Prima di tutto avevo lasciato ingenuamente che Zayn scoprisse il mio segreto; in secondo luogo avevo permesso ad Harry  di aiutarmi a trovare una ragazza per il ballo; e terzo, avevo accettato di partecipare al “ritrovo” nella stanza di Liam e Zayn.
Certo, non potevo sapere che di lì a poco la situazione mi sarebbe catastroficamente sfuggita di mano; non potevo assolutamente immaginare che ben presto avrei pagato le conseguenze delle mie decisioni poco calibrate.
Proprio Zayn ed Harry infatti avrebbero giocato un ruolo decisivo nella mia storia.
Lasciatemi dunque ripetere solennemente che nell’arco di poche ore avevo compiuto tre imperdonabili, fatali, deplorevoli  errori.
Quel venerdì piovoso, mi trovavo nella stanza di Zayn e Liam.
-Santo cielo, Malik! Assomigli ad una ciminiera per quanto fumo ingoi!- lo apostrofai, semidistesa sul suo letto.
Il moro strinse la sigaretta tra l’indice e il medio, allontanandola dalle labbra. La stanza si riempì  immediatamente di fumo.
Tossii scacciando con una mano nugoli di mosche invisibili.
-Il fumo mi rilassa.- spiegò.
-A me sembri più che tranquillo-.
-Non rompere scricciolo-.
Detestavo quel nomignolo e lui lo aveva appreso a suon di calci negli stinchi da parte mia. Ma, per una volta, lasciai correre.
-Verrà anche Susan Morrison?-.
-Si, assieme a Beth Turner. Le ha invitate Niall. A quanto ne so, Harry spera che accompagnerai lei al ballo. Ha scommesso dieci sterline con Louis-.
-Harry…COSA????!!!-esclamai fuori di me, balzando a sedere sul letto.
-Ti trova simpatico.- asserì il moro calcando sulla lettera “o”.
-E allora?- sbottai io, viola per la collera trattenuta.
Si strinse nelle spalle. –Mi ha detto che vuole aiutarti a trovare una ragazza per domani sera, visto che sei nuovo-.
-Questo è terribile. Pensavo che non avesse preso sul serio la questione…- borbottai rivolta quasi a me stessa.
-Oh, Hazza prende a cuore tutto ciò che fa. Se si intestardisce su qualcosa, stanne certa che la otterrà-.
-Detesto i ruffiani.- sentenziai in tono astioso, incrociando teatralmente le braccia al petto.
Zayn rise del mio malumore. –Non prendertela. Piuttosto cos’hai in mente di fare con Harry?-.
Trasalii leggermente a quella domanda. –Nulla. Perché?-.
Il moro fece spallucce. –Beh…se sabato andassi al ballo…-.
Finsi una risata fin troppo allegra. –Il tuo senso dell’umorismo mi farà morire-. Altro motivo che si aggiungeva alla, già molto lunga, lista de “il perché gli uomini sono portatori sani di problemi per noi donne”: Zayn Malik non si faceva mai gli affari propri.
-Maud, potresti…-.
Portai le mani avanti, come per fermarlo dal proseguire:- Non voglio- scandii lentamente. –che i tuoi subdoli piani turbino la mia psiche. Perciò non dirmi niente: l’ultima volta che ho dato retta ad un ragazzo, sono finita qui-.
-Non ti è andata tanto male in fin dei conti- celiò lui con un sorriso puramente allusorio stampato bene in faccia.
Cominciavo a chiedermi seriamente chi detestassi di più tra lui e quell’idiota di Styles.
-Ehi, Casanova!- lo apostrofai di nuovo, ironica. –Se mi scoprono, mio fratello verrà espulso ed io, cosa ben peggiore, rimarrò in punizione a vita-.
-Potrei sempre accorrere in tuo aiuto.- propose in tono sincero.
-Come no!-.
-Ridi pure, Bayler. Intanto questa sera Harry ha tutta l’intenzione di baciare Jordan-.
La frecciata andò a segno.
Strinsi le labbra inviperita. –Che faccia come vuole! Se è così stupido da desiderare una come….- boccheggiai alla disperata ricerca di parole abbastanza offensive da rivolgere alla meretrice in questione, quando Liam entrò nella stanza.
Sembrò sorpreso di trovarmi lì. –Ciao, Fred!-.
-Hey!- accennai mantenendo il mio cipiglio corrucciato.
-Pronto per stasera?-. Evidentemente non aveva notato la mia faccia da funerale.
-Non vedo l’ora…- dissi senza entusiasmo.
-Ah, è vero!- esclamò.- Niall mi ha fatto capire che tu e Jordan non potete sopportarvi, ma tranquillo… ci penserà Harry a tenerla occupata-. Il velo di malizia nella sua voce non sfuggì a Zayn e…neanche a me.
Purtroppo per lui, aveva toccato un nervo scoperto.
In una frazione di secondo spostai il mio sguardo furente da Liam a Zayn, che aveva tutta l’aria di voler scoppiare a ridere. Mi alzai dal letto, con un grugnito frustrato e spalancai la porta, per poi uscire a rotta di collo.
Mentre la sbattevo con violenza alle mie spalle, udii distintamente la domanda risentita di Liam e la risposta derisoria di Zayn.
-Ho detto qualcosa di male?-.
-No…fa sempre così. Quando qualcuno nomina Vichy Jordan in sua presenza, lui scappa a gambe levate. E’...un’antipatia a pelle-.
 
 
 
Quando Vichy Jordan fece la sua entrata nella stanza di Zayn e Liam, sperai di potermi mimetizzare con il copriletto azzurro di Conan, compagno di stanza dei due.
La cosa migliore era restarmene in disparte. La serata sarebbe filata liscia e soprattutto…nel modo più indolore possibile.
-Fred, che vuoi da bere?-  domandò Liam, mostrandomi la refurtiva di alcolici che lui e Zayn tenevano nascosta sotto il letto.
-Cosa offre la casa?-.
-Vodka alla fragola,qualche liquore e rum-.
-Rum?!- esclamai stupefatta.
-Sono avanzate alcune lattine di birra se vuoi…-.
-Vada per la birra.- decretai decisa.
Nel frattempo gli altri avevano preso posto dove possibile, chi sui letti, chi per terra, passandosi bicchieri pieni d’alcool e pugni di noccioline.
Harry era disteso sul letto di Liam, con il cuscino dietro le spalle e la testa di Jordan sulle gambe.
Mi scolai un lungo sorso di birra nel speranza di un rapido effetto.
E in ogni incontro studentesco che si rispetti, si trova sempre il pennuto di turno che propone il gioco più insulso del mondo.
-Che ne dite di giocare al gioco della bottiglia?-. Il gridolino acuto e stridente di Lola Vane (lo scendiletto di Vichy) mi giunse alle orecchie, mentre seguivo interessata il secondo tempo di Trainspotting.
La guardai in tralice, sicura che i miei compagni l’avrebbero reputato un gioco troppo infantile in cui cimentarsi, ma Vichy spezzò subito la lancia in favore dell’amica.
-Mi sembra un’ottima idea-. Era molto probabile che si fossero accordate prima su come avanzare quell’orrenda proposta.
Stavo per obbiettare, quando Harry mi anticipò.
-Per me va bene-.
Mi lanciò uno sguardo d’intesa e sorrise rivolto a Vichy. Sue e Beth annuirono.
-Andata.- sospirò Liam, non molto felice, prendendo una bottiglia di plastica vuota e posizionandola al centro del pavimento.
-Inizio io!- cinguettò giuliva la bionda. Afferrò con prontezza la bottiglia e la fece ruotare.
Dopo alcuni tentativi falliti, il controllo passò a Conan, poi a Susan e a Beth Turner. Poi a me, Harry, Zayn e Liam. Al secondo giro, quando toccò di nuovo a Beth, la bottiglia ruotò vorticosamente sul parquet e alla fine, nonostante i miei scongiuri, si fermò con il tappo rivolto verso di me.
-Oh, oh. Betty e Fred!- esclamò Niall tutto contento. Lo fulminai con lo sguardo.
Lola Vane sbatté le ciglia entusiasta. –Bacio! Bacio!-. E avrebbe continuato se solo l’amica non l’avesse zittita.
Fu allora che Harry prese le redini della situazione. –Ragazzi, le regole del gioco vanno rispettate-.
Si, si..lo sappiamo, pensai laconica. In quel momento avrei voluto uccidere Fred…il vero Fred.
 
 
 
Non avevo mai baciato qualcuno nel ripostiglio delle scope. A dir la verità non avevo neanche mai baciato una ragazza.
Quando chiuse la porta alle nostre spalle, Beth mi rivolse un’occhiata imbarazzata. –Almeno ci hanno concesso un po’ di privacy-.
-Mh-mh- mugugnai tetra. Cacciai le mani nelle tasche dei jeans e mi guardai intorno.
-Allora, mi baci si o no?- mi incalzò ad un certo punto lei. Dovevo trovare il modo di trarmi di impaccio senza piagnistei od altro. Ma, come?
Quando fece per avvicinarsi, spostai un piede indietro e per riacquistare l’equilibrio mi appoggiai all’appiglio più vicino. Un attimo più tardi, sul pavimento giaceva un tripudio di secchi e scope.
-Tutto bene?- ci giunse la voce ovattata di Harry oltre la porta. –Si!- dissi a voce alta.
Beth si mise a ridere. Inaspettatamente. –Non credevo fossi così divertente-.
La fissai sconcertata. –Sul serio?- dissi tanto per prolungare la conversazione.
-Si. Dalle dicerie sul tuo conto, sapevo che eri un tipo fin troppo esperto. Invece…-.
-Invece?- la esortai curiosa.
-Sei…impacciato-. Fece una pausa. –A me piacciono i ragazzi impacciati-. Sfarfallò le ciglia, forse nella convinzione di sembrare più attraente. A me parve solo più scema.
Protese le labbra schiuse verso di me. Inorridii.
-P-perché sbatti le ciglia così?- balbettai.
-Cosa?- si distrasse lei, scostandosi di poco.
Le ripetei lentamente la domanda. Sperai che bastasse a tenerla impegnata.
-Io non sto sbattendo le palpebre- .
-Lascia perdere.- tagliai corto. –Sai una cosa? Ti dirò la verità-.
-Che intendi?-.
-Non meriti di essere imbrogliata. Ti rivelerò tutto-.
-Di che si tratta?- chiese attenta, le orecchie tese per captare ogni, singola parola.
-Di me. Di questa situazione che sto vivendo e che non riesco più a controllare…-.
-Ti ascolto. Dimmi.- mi incoraggiò comprensiva.
Presi un respiro profondo, preparandomi al peggio. –Beth, tu mi piaci- esalai infine. –Non sai quanto. Io sono…pazzo di te. Da quando ti ho visto per la prima volta, non faccio che pensarti. La mattina appena alzato, durante le lezione, la sera… E sai, non voglio che il nostro primo bacio sia in un polveroso ripostiglio. Voglio che sia speciale-. Avevo parlato a raffica e l’avevo stesa al primo round. Come attrice non ero male, dovevo ammetterlo.
Le presi una mano tra le mie, senza lasciarle il tempo di ribattere. –Verresti al ballo con me?-.
Trattenne il respiro per un attimo, prima di rispondere:-Oh, Fred…sei il ragazzo più sensibile che io abbia mai conosciuto…-. Bla, bla, bla. Poche storie. –Certo che ti accompagno.- la sentii dire dopo due minuti buoni di frasi strappalacrime.
-Perfetto-. Spalancai la porta del ripostiglio e la trascinai per il corridoio del dormitorio maschile immerso nell’oscurità. Doveva essere già mezzanotte.
Le stringevo ancora una mano, quando irruppi come una furia nella stanza di Zayn e Liam.
Mi bloccai di colpo però una volta entrata. Capii subito che avevano smesso di giocare. Le luci erano spente e i ragazzi si erano radunati attorno al televisore per guardare un film.
Solo due sagome scure rimanevano in disparte, confondendosi su uno dei tre letti. Sbarrai gli occhi, riconoscendo i riccioli vaporosi dell’uno e le gambe perfette dell’altra. Si stavano baciando avvinghiati in un abbraccio per nulla innocente.
Il mio cervello impiegò alcuni istanti a registrare la scena. Le gambe divennero improvvisamente molli.
-Mi è caduta una cosa nello stanzino. Vado a recuperarla e torno.- sussurrai incolore rivolta a Beth. Lei annuì mansueta e si andò a sedere vicino a Susan.
La lama di luce che la porta socchiusa proiettava attraverso la stanza mi sembrava un miraggio. Mi mossi come un automa e solo dopo una decina di passi, ripresi a respirare regolarmente. Imboccai l’uscita di sicurezza e salii per le scale antincendio. I miei passi frettolosi risuonarono sul metallo.
-Maud, fermati!-.
Mi voltai di scatto. –Che c’è ancora?!- strillai con tutto il fiato che avevo in corpo. Zayn mi fissò desolato. Mi abbandonai contro la parete fredda dell’edificio, mentre le lacrime mi appannavano la vista. Le ricacciai indietro decisa. Non avrei pianto. Non per Harry.
-Mi dispiace.- mormorò dopo una manciata di secondi. Era sincero. Si sedette accanto a me.–Mi dispiace…davvero-.
Evitai il suo sguardo che cercava insistente i miei occhi. Allora, mi prese il viso tra le mani. –Harry sarebbe un completo idiota a preferire Vichy a te. E non è una frase di circostanza. Lo credo sul serio-.
-Dimentichi che Harry non sa nemmeno chi sono veramente.- gli ricordai tagliente.
Il suo sorriso furbo sancì la mia rovina. –E noi allora gli faremo conoscere la vera te-.
 
 
 

Sono molto di fretta, ma dato che nell’ultimo periodo sono sparita dalla circolazione, ci tenevo a spiegare. I miei mi hanno sequestrato il pc e quindi ho dovuto buttare giù il capitolo a mano. Quindi faccio le mie scuse a tutte voi. Sono dispiaciuta, ma non posso farci nulla. Poi, visto che alcune di voi mi hanno chiesto se avevo intenzione di cancellare questa FF, ribadisco per eliminare eventuali dubbi: non cancellerò questa storia. Per quando sia faticoso portare avanti due long contemporaneamente in questo periodo dell’anno non inizio una storia se non ci credo fino in fondo. Perciò anche se le recensioni sono diminuite drasticamente (per una mia mancanza), io continuerò a pubblicare perché prima di tutto scrivo per piacere. Come si dice? Il comandante non abbandona la nave quando affonda. Ahahah.
Well, ringrazio chi recensisce/segue/preferisce/ricorda la storia; chi legge e basta, chi pubblicizza e chi mi ha inserito tra gli autori preferiti. GRAZIE INFINITE.
Penso di postare entro la fine del mese, almeno stavolta fffofngfognfongghisongdppf.
Fatemi sapere,
Un grande, enorme, stritolante abbraccio,
By Caty <3
 
  

 

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Capitolo 9
*** 8. Impossible to choose ***


           

                                               



    A Martina (di nuovo…): perchè senza di te, questo capitolo sarebbe stato diverso.

 
                                                                              “Doomed from the start
                                                                              We met with a goodbye kiss,

                                                                               I broke my wrist
                                                                              It all kicked off, I had no choice
                                                                             You said that you didn't mind

                                                                             'cause love's hard to find”
                                                                             (Goodbye Kiss, by Kasabian)



 
8. Impossible to choose
Infermeria, congetture…imprevisti.

-Come è andata con Beth? Siete spariti ieri sera-. La voce calda e roca di Harry mi fece sussultare.
Smisi di fissare il vasetto pieno di miele vicino al mio piatto. Avrei voluto rispondere che lui mi era sembrato troppo occupato per accorgersi del mio ritorno, ma mi trattenni.
-Bene.- farfugliai invece.
-Lo credo! Siete rimasti chiusi in quello stanzino per parecchio…- si intromise Niall in tono allusivo, masticando rumorosamente un biscotto al burro. Gli altri risero.
-Andremo al ballo insieme stasera.- risposi evasiva alle domande insistenti che continuavano a pormi.
-Hai colto nel segno, allora!- celiò Louis facendomi l’occhiolino.
Abbozzai un sorriso forzato prima di lanciare una silenziosa richiesta di aiuto a Zayn che mi sedeva di fronte.
-Louis,- mi soccorse il moro prontamente. –Volevo chiederti un parere sulla lezione di educazione civica…-.
L’amico si voltò e prese a discorrere con lui. Niall addentò un ultimo biscotto e corse a salutare Susan; Liam si congedò poco dopo. Avrebbe avuto la verifica di algebra e non voleva tardare.
Rimasi sola con Harry.
-Abbiamo entrambi biologia, vero?-.
Annuii, raccattando i manuali sparsi sul tavolo e lo seguii distrattamente fuori dalla mensa.
Io e lui per i corridoi della scuola. Il cuore mi batteva all’impazzata. Dovevo mettere la testa a posto, prima di prendermi seriamente una cotta per quel tipo.
Io non conoscevo lui e soprattutto lui non conosceva me. La sera prima si era sbaciucchiato con Jordan ed io dovevo smetterla di sperare l’impossibile.
L’aula di biologia si affacciava sul cortile alberato della scuola; pareti d’intonaco chiaro pulite come specchi e file di provette e pinze metalliche che campeggiavano sui banchi.
Mi sedetti. Seguii i movimenti di Harry con la coda dell’occhio, mentre spostava la sedia indietro, si accomodava e apriva il libro di biologia sul banco.
Forse averlo come compagno durante la lezione non era stato un colpo di fortuna.
Ma, come dice il vecchio proverbio, “Non c’è mai fine al peggio”.
Mentre tentavo di sezionare la mia rana nel modo migliore, il coltello mi sfuggì di mano. Un istante più tardi, mi portai l’indice alle labbra.
Fortunatamente, non era una ferita troppo profonda, ma avevo macchiato col sangue il piano da lavoro.
Harry smise di fare a fette la sua rana e gettò un’occhiata critica al mio dito. –Ti sei tagliato-.
Tossicchiò leggermente per attirare l’attenzione del Professor Wallace che si era lanciato in un’entusiasmante descrizione delle viscere di un rettile raro.
-Professore, scusi-.
-Cosa c’è, Styles?- replicò l’insegnante visibilmente seccato.
-Bayler si è ferito ad un polpastrello. Potrei accompagnarlo in infermeria per farlo medicare? E’ nuovo e non si è ancora ambientato-.
Lo fissai stupita, mentre rivolgeva al docente un sorriso angelico.
-D’accordo. Ma, tornate subito.- acconsentì poco convinto.
Appena Harry si fu chiuso la porta della classe alle spalle, tirò un sospiro di sollievo e l’espressione da bravo ragazzo, venne ben presto sostituita da un sorriso malandrino.
-Abbiamo avuto una gran fortuna. Le spiegazioni del Professor Wallace sono noiosissime.- asserì incamminandosi a passi lenti e misurati in direzione dell’infermeria.
Attraversammo il cortile ed entrammo nella segreteria. La Signora Gradgrind staccò lo sguardo dal registro che stava consultando con attenzione e ci lanciò un’occhiata accusatrice.
-Mi sono ferito un dito durante la lezione di biologia in laboratorio. Dovrei andare in infermeria-.
La Signora Gradgrind borbottò sottovoce. Probabilmente si stava lamentando dello stipendio basso rispetto alle sue mansioni, oppure del Professor Wallace.
Ci lasciò passare. Ma, dentro la stanzetta spoglia non c’era solo l’infermiera.
-…è l’ultima volta che copro le tue magagne. Malik, cerca di crescere. Non puoi continuare a fingere di sentirti male durante le lezioni-.
Il moro mi dava le spalle, ma riuscivo comunque a scorgere il profilo affascinante del suo sorriso.
-La ringrazio. Non succederà più.- la mise a tacere lui con tono affabile. Quando si voltò per andarsene, quasi ci scontrammo.
-Scusa…- mormorò prima di sollevare lo sguardo e riconoscermi. –Come mai da queste parti?-.
Accennai un sorriso. – Sezionamento delle rane.- sentenziai sventolandogli l’indice davanti agli occhi.
Lui soffocò una risata. –C’è sempre qualcuno che fa questa fine-.
Mi fece l’occhiolino e ci superò, scomparendo oltre il vano della porta.
La sera prima era cambiato qualcosa tra di noi. Il modo in cui mi aveva consolata sulle scale antincendio della scuola ci aveva uniti.
La Signorina Cope mi fece sedere sul foglio di carta ruvida che copriva il materassino di vinile grigio dell’unica branda.
-Nulla di grave.- decretò dopo un istante.
Dopo avermi applicato disinfettante e cerotto, mi mandò via.
 
 
 
Il sabato, dopo le lezioni mattutine, avevamo il pomeriggio libero.
Così mi aggiravo per il corridoio del dormitorio maschile, con le mani in tasca e la testa fra le nuvole. Solo al pensiero del ballo, di Harry e di tutti i guai in cui mi sarei cacciata di lì a poco, avevo il voltastomaco.
-Bayler!-. Louis mi diede una pacca su una spalla. –Emozionato per stasera?-.
-Si.- risposi in automatico. Mi affrettai a correggermi, però.- Cioè, no. Hai una domanda di riserva?-.
Scoppiò a ridere ed io lo imitai. –Sta’ tranquillo. D’accordo? Andrà alla grande!-.
Mi superò e raggiunse la porta della nostra camera. Stavo per seguirlo, quando mi sentii afferrare per un braccio. Sobbalzai.
-Zayn! Mi hai fatto prendere un accidente!-.
-Dovevamo discutere del nostro “segreto”, ricordi?- virgolettò, mentre un sorriso sghembo si faceva strada sul suo volto.
-Per piacere, non complicare le cose.- lo supplicai con le mani giunte in segno di preghiera. –Voglio solo sopravvivere a questa serata e tornare alla mia dolce, quieta, insignificante vita di sempre-.
Il moro sbuffò accigliato. –Che testarda!- esclamò d’un tratto, trascinandomi fuori dall’edificio.
Si fermò in mezzo al vialetto, mentre la ghiaia scricchiolava sotto i nostri piedi.
-Ti piace?- mi chiese senza mezzi termini. Il peso del suo sguardo, mi costrinse a sollevare il viso e a ricambiare l’occhiata penetrante che mi stava rivolgendo.
-Che razza di domande fai?- lo rimbeccai risentita dal suo tono scettico.
-Volevo solo esserne sicuro.- si giustificò lui con ovvietà. –Se è così, allora devi cogliere l’occasione al volo-.
-Non voglio neanche sapere cosa intenti tu per “occasione”.- dissi tagliente e feci per girare su i tacchi e andarmene, ma lui mi trattenne. Ancora.
-Sei proprio un osso duro!- mi apostrofò nervoso.
-Zayn, ti metto al corrente della situazione: al ballo dovrò andarci con Beth Turner e sarà un miracolo se riuscirò a sfuggire dalle sue grinfie ben affilate. Non posso essere contemporaneamente Fred e Maud. - ribadii sconcertata dalla sua insistenza.
-E chi lo dice questo?-.
Inarcai un sopraciglio limitandomi a squadrarlo in silenzio.
Lui sospirò. –Ascoltami. Ti fidi di me?-.
-Neanche un po’-.
-Lo immaginavo-.
 
 
 
-Vorrai scherzare, vero?-.Mi venne voglia di pestare i piedi, come quando ero piccola.
Erano almeno cinque minuti che mi ostinavo a non voler uscire dal bagno.
-Avanti, Maud! Non è poi la fine del mondo-. I deboli tentativi di Zayn di persuadermi naufragarono miseramente.
-No. Ho detto di no-.
-Sono già tutti pronti e sono fuori ad aspettarci. Esci e andiamo a questo stramaledettissimo ballo-.
Emisi un mugolio soffocato e spalancai la porta, trovandomi il completo scuro di Zayn ad un palmo dal naso. Era più affascinante che mai.
-Beh? Che ti guardi?- abbaiai, rossa per l’imbarazzo.
Da quando associavo il nome di Zayn all’aggettivo “affascinante”? Non lo ricordavo e francamente preferivo non pensarci.
-Temevo peggio.- celiò, con un mezzo sorriso.
Alzai gli occhi al cielo. -Hai nascosto il cambio?- gli chiesi.
-Si, signore. Operazione-vestito conclusa con successo.- recitò con voce monocorde.
Ridacchiai. –Raggiungiamo gli altri allora-.
I ragazzi ci aspettavano sugli scalini che portavano ai dormitori maschili, dove Louis si era seduto. Harry era appoggiato allo stipite della porta. Era bello, con le mani cacciate in tasca, la cravatta già allentata prima ancora che cominciasse la festa e i capelli più scarmigliati che mai. Liam era in piedi, in mezzo allo spiazzo e parlava al telefono, mentre Conan fumava una sigaretta in silenzio.
-Chi è la fortunata stasera, Colin?- stava dicendo Louis.
Il ragazzo di colore soffiò piano una nuvoletta di fumo, poi con tutta calma gettò a terra la cicca e la spense sotto la suola delle scarpe nere e lucide. Fece spallucce. –Ho sentito che Shona Cobbett è libera…-.
-In giro si dice che abbia fatto un servizio in bagno a Matt Grant una volta…- disse Niall. Era appena uscito dalla sua stanza, anche lui elegante e con i capelli a spazzola.
-Quando?- fece Zayn accanto a me, visibilmente sconvolto.
-L’anno scorso-.
-Non sarai mica geloso?- lo sbeffeggiò Louis ridendo a crepapelle.
-Ce ne vuole per essere geloso di Shona…- bofonchiò il moretto a disagio.
Lo fissai interrogativa, finchè non ricambiò il mio sguardo. –Alla festa di Natale dello scorso anno abbiamo avuto un flirt. Nulla di serio-. Aveva il tono di un marito che cerca di scusarsi con la moglie iper-possessiva. Solo che io non ero né sua moglie, né tantomeno possessiva. Non con lui.
-Altro che flirt! Avete limonato alla grande quella sera.- lo prese in giro Niall.
Quelle parole ebbero lo strano effetto di attorcigliarmi le viscere. Feci vagare lo sguardo altrove, sperando che qualcuno cambiasse in fretta argomento.
L’edificio che ospitava la palestra era più isolato rispetto alle altre palazzine. Le siepi verdi e curate circondavano i muri di mattoni rossi e sin dai dormitori si udiva l’eco della musica ad alto volume, il ritmo incalzante della batteria e le chitarre.
L’entrata, illuminata da torce colorate, era un crocevia di studenti in tiro, con i capelli tenuti indietro dal gel, e ragazze strette in vestiti succinti e sensuali.
Prima che potessi accordarmi in qualche modo con Zayn, fui travolta da una furia rossa.
-Fred!- cinguettò giuliva Beth, tirandomi per un braccio. Era su di giri. Decisamente.
-Ciao.- bofonchiai, afflosciandomi all’istante come un palloncino sgonfio.
Zayn rideva della grossa. Gli scoccai un’occhiata raggelante, mentre Harry entrava in compagnia di Vichy.
-Andiamo a ballare!-. Avrei voluto rispondere di no. Invece annuii con fare mansueto e mi lasciai trascinare di malavoglia in pista. Bastò una manciata di secondi a farmi perdere di vista gli altri.
In un angolo della palestra era stato allestito un palchetto per l’occasione dove le band si esibivano in successione.
Non avrei saputo dire quanti brani avessero cantato. Forse due. Forse dieci.
Mi rendevo solo conto del caldo, dei corpi sudati premuti gli uni sugli altri, del suono della batteria che rimbombava nel petto.
Appena riuscii a filare via, mi asserragliai in un gabinetto del bagno dei maschi e mi cambiai.
Una volta conclusa la preparazione, sgattaiolai fuori, ignorando le occhiate maliziose dei ragazzi che facevano la fila per entrare.
Mi mossi a fatica sui tacchi, verso la pista da ballo. Essere di nuovo me, di nuovo Maud mi riempiva di sollievo. Finalmente niente parrucche, niente magliette larghe e jeans cadenti; niente voce grossa, niente sotterfugi. Niente di niente. Ero semplicemente io: la cara, vecchia Maud per una sera.
In teoria, secondo il regolamento d’istituto il massimo della trasgressione tollerata sarebbe stato sei cassette di birra e qualche lattina di coca cola, ma in pratica Zayn e Louis nascondevano un intero arsenale di super-alcoolici negli spogliatoi femminili della palestra, sicuri che lì il professor Claythorne non sarebbe mai entrato a controllare.
Perciò non mi meravigliai quando Zayn mi porse un bicchiere di Jack Daniel’s di fronte al buffet.
-Ti stai divertendo?-.
Lo guardai storto. –Si, Beth è semplicemente adorabile.- replicai ironica accettando di buon grado la bevanda fresca. Poi soggiunsi, più cupamente:-Mi sta con il fiato sul collo-.
Ridemmo assieme. Mi venne in mente che mi aveva vista una volta soltanto nelle mie vere vesti: in un pomeriggio di qualche giorno prima, con i capelli bagnati e solo un asciugamano avvolto attorno al corpo…
-Sai, stai bene vestita così.- si complimentò con nonchalance. Accostò il suo bicchiere alle labbra e bevve un sorso.
Il suoi occhi scuri che correvano sulla mia figura mi misero a disagio. Abbassai lo sguardo e mi morsi la lingua, mentre lisciavo il vestito grigio fumo che mi sfiorava appena il ginocchio. Le mie guance presero subito fuoco. –Grazie-. L’aveva rubato Zayn quel giorno stesso, in lavanderia. O preso in prestito, come diceva lui.
Mi sorrise scoprendo una fila di denti bianchi ed io non potei fare a meno di ricambiare mentre una strana sensazione mi sconquassava lo stomaco.
-Chi hai accompagnato stasera?- gli chiesi d’un tratto. La domanda parve spiazzarlo.
-Io…ho deciso di non invitare nessuna-.
-E perché?-.
-Non mi andava-.
Non volli insistere e così presi a parlare d’altro. Ma, Zayn non mi stava più ascoltando. Si era voltato ad osservare un punto oltre la mia spalla.
-Zayn?- lo chiamai.
-Ora comincia la parte divertente.- sghignazzò.
Era ovvio che io e Zayn avessimo due concezioni totalmente differenti dell’aggettivo “divertente”.
La scena che il moretto al mio fianco reputava divertente era quella di un gruppo di ragazzi che disposti in cerchio bevevano a turno un sorso di tequila. Tra loro, scorsi anche Harry.
Se in giro ci sono alcool e ragazze, di certo Harry è nei paraggi, pensai seccata.
Zayn fece caso alla mia espressione perplessa. –E’ molto semplice. Chi beve di più, si guadagna un bacio dalla ragazza in palio-.
-Oh, è disgustoso!- mi indignai.
-E’ divertente- rettificò lui.
–Anni di emancipazione femminile e poi ci riduciamo a questo…-borbottai contrariata.
-Non farmi la moralista. E’ solo un gioco!- mi riprese lui beffardo.
Sbuffai. –E chi sarebbe la ragazza “in palio”?-.
-Si decide alla fine-.
Al terzo bicchiere di tequila, dovettero sostenere il povero Canon per evitare che inciampasse sugli scalini del palchetto. Al quarto venne eliminato Marston, un ragazzone del penultimo anno. Al sesto l’unico che si reggeva a malapena in piedi era...Harry.
Sghignazzava da solo, cantando a squarciagola e biascicando frasi confuse.
-Ha vinto anche quest’anno.- sospirò Louis affranto.
-Potrai rifarti alla prossima occasione.- lo consolò Zayn.
Poi, improvvisamente il ragazzo con le bretelle e i pantaloni eleganti parve notarmi accanto al moro.
-Ci conosciamo?- esordì amichevole. Mi raddrizzai immediatamente. –No. Credo di no-.
Louis parve poco convinto: forse perché riteneva di conoscere l’intera scolaresca o forse  trovava familiari i tratti del mio viso.
Mi tese la mano e dopo un attimo di esitazione gliela strinsi:-Sono Louis-.
-Piacere, Maud.- risposi quasi urlando per sovrastare il rimbombo della musica. Mi sembrava così strano trattarlo come se non lo conoscessi.
-E’ una mia amica…- spiegò Zayn rivolto a Louis.
Nel frattempo Jude Huston, al microfono, chiedeva il silenzio:-Quest’anno il bacio di Harry va a…-.
Non ci crederete. Resterete basite di fronte allo schermo del computer chiedendovi se questo non sia un cliché. Eppure è successo avvero. La sfortuna sembrava perseguitarmi.
Proprio mentre Jude scrutava la folla alla ricerca di un nuovo premio, qualcuno mi spinse avanti (sospetto fosse stato Louis…) ed io finii dritta davanti al palchetto, nello stupore generale.
-Come ti chiami?- mi chiese Jude, posizionando il microfono a due palmi dal mio naso.
-Maud-. Farfugliai incerta. La mia voce risuonò amplificata per tutta la palestra e mi fece arrossire.
-Vieni Maud. Sali su!- mi esortò Jude entusiasta della sua scelta.
-Veramente io…-. Prima che riuscissi a terminare la frase il ragazzo mi issò con un solo movimento sul palchetto.
-Harry, ecco il tuo premio.- disse con disinvoltura rivolto al ricciolino di fronte a me, suscitando le risate degli altri studenti.
Dal canto suo, Harry mi squadrò ben bene ed infine sorrise: gli occhi lucidi per l’alcool e l’equilibrio precario.
-Ciao.- mi disse inaspettatamente.
Lo fissai disorientata. –Ciao-.
-Non ti ho mai vista prima.- osservò alticcio come fossimo stai solo noi due in quell’edificio gremito di ragazzi.
-Sono una che si defila.- decretai facendo spallucce, e lui sembrò credermi. Non feci in tempo ad aggiungere altro però che Jude lo gettò tra le mie braccia con uno spintone.
Il suo slancio mi fece barcollare sui tacchi. Indietreggiai trascinando con me anche Harry.
Nonostante i sei bicchieri di tequila ingeriti, fu abbastanza lucido da sostenermi in tempo. Le sue mani scivolarono dietro la mia schiena. La mia esclamazione di sorpresa venne soffocata sul nascere quando la sua bocca cercò prepotentemente la mia. Avvertii il pesante tonfo del mio cuore contro il seno, pienamente consapevole delle sue labbra esigenti sulle mie. Gli studenti radunati sotto il palchetto  fischiarono e urlarono incoraggiamenti.
La mia intera coscienza era stimolata dal contatto, dal sapore, dall’odore di Harry, tutti piacevoli ed eccitanti. Mi abbandonai alle sensazioni, mentre tutto attorno a me si tramutava in un turbinio confuso.
Ci staccammo bruscamente per riprendere fiato. Qualche ragazzo applaudì e Jude si esibì in un profondo inchino di ammirazione. Avevamo dato spettacolo.
Diedi le spalle ad entrambi per ricompormi: sistemai il vestito, e scostai le ciocche di capelli che mi erano ricadute sul viso.
-Come ti chiami?- la voce arrochita di Harry mi giunse quasi in sottofondo.
Proprio mentre stavo per rispondergli, scorsi Zayn in mezzo agli altri. Il suo sguardo sortì su di me uno strano effetto. Mi mozzò il respiro e lo guardai sparire tra la folla di studenti.
La presa di Harry sul mio braccio mi riscosse. -Ehm…Maud.- lo informai distrattamente. –Scusa. Ma, ora devo proprio andare-. Scesi incespicando sui gradini e cercai di aprirmi un varco nel muro impenetrabile di giacche nere e vestiti colorati.
Solo dopo alcuni minuti riuscii a sgusciare via e corsi in cerca di Zayn.
Lo trovai nei gabinetti della palestra. –Ti ho cercato dappertutto!- lo investii. –E’ successo…Io ed Harry ci siamo baciati! E’ stato…è stato come un incidente d’auto: rapido, ma devastante-. Avevo parlato di seguito, senza far caso alla sua espressione stanca.
-Ho visto-. Improvvisamente non sembrava più tanto toccato dalla faccenda.
Il mio entusiasmo scemò rapidamente. Finalmente lo esaminai con cura: sembrava abbattuto e anche un po’ brillo.
-Si può sapere cos’hai?-.
-Sto bene-.
Il rumore dello sciacquone interruppe la conversazione. Dalla porta del primo gabinetto uscì un ragazzo. Riprendemmo il filo della discussione, solo quando se ne fu andato.
-Non hai un’aria molto salutare in effetti…-giudicai squadrandolo con occhio critico. –Devi vomitare?-.
-No!- urlò spazientito, dando un forte strattone alla cravatta nera per allentarla. –Non ho nulla-.
-Vuoi spiegarmi che succede? Prima non fai altro che insistere sulla questione di Harry ed ora non te ne importa più?-.
-Sono contento per te. Cosa vuoi che ti dica?- mi sfidò lui.
Cominciavo a non capirci più nulla. Era la prima volta che discutevamo. –Non lo so! Qualsiasi cosa!- sbottai furibonda, facendo un passo verso di lui. Avevo certamente sfiorato un nervo scoperto, perché puntò gli occhi dritti nei miei.
-Scusa-.
-Per co…?-. Non riuscii a completare la frase. I miei riflessi non colsero neppure il movimento della sua mano che si spostava lesta dietro la mia nuca. Mi zittì con un bacio. Sentii le labbra morbide sulle mie per alcuni istanti, forse troppo pochi, con il corpo in preda all’emozione e allo stordimento. Mi resi solamente conto di una sensazione mai provata prima. Il cuore e il petto sembravano sul punto di spalancarsi come un mare in tempesta. Provai prima sbigottimento, esultanza e poi qualcosa di molto simile alla gioia. Gioia per cosa, poi? Ci stavamo baciando in uno dei gabinetti più orrendi che avessi mai visto. Ma, non mi importava.
Mi lasciò andare quasi subito.
-Buonanotte, Maud-.
Ancora sgomenta, lo guardai dirigersi verso la porta, aprirla e sparire fuori. Avvertivo un vago senso di spossatezza. Era stato …diverso. Indescrivibile.
Non potevo crederci. Prima Harry, poi Zayn.
Mi aggrappai stancamente ad uno dei lavabi e osservai il mio riflesso nello specchio. Che serata, pensai con l’adrenalina ancora in circolo.
Dovevo ancora riprendermi del tutto dallo shock, che la porta del bagno si spalancò di nuovo e sulla soglia apparve Harry. Schizzai nel primo gabinetto libero e mi assicurai di inserire la mandata.
Capii che si era precipitato nella cabina accatto. Lo sentii tossire più volte. Forse, aveva dato di stomaco.
In pochi secondi, recuperai i panni arrotolati dietro le tubature e mi cambiai. Tentai di pulire via un po’ di trucco, ma servì a ben poco. Quando fui sicura di non avere la camicia a rovescio o la parrucca storta, feci capolino dal bagno.
-Harry!- . Lo acciuffai per i capelli prima che si addormentasse con la testa ficcata nella tazza del cesso. Gli lasciai scivolare un braccio sulla schiena per sorreggerlo e lasciai che mi cingesse il collo.
Lo trascinai fuori dal bagno e andai a sbattere con quella che a tutti effetti mi parve una Beth poco incline alla diplomazia.
-Dove sei stato?- ringhiò con gli occhi che lanciavano faville.
-Betty, ora non è proprio il momento adatto…- tergiversai, facendo per superarla. Lei mi sbarrò la strada. –Sei sparito!- strillò con voce stridula. Il suo aspetto selvaggio e vagamente incazzato non prometteva nulla di buono. L’avrei strangolata se solo il corpo ciondolante di Harry non mi avesse intralciato. -…Mi hai abbandonato da sola in un angolo della pista e…quello cos’è?!- gridò ancora sull’orlo di una crisi di nervi. Sobbalzai mio malgrado. –Di cosa stai parlando?-.
-Questo non è il mio rossetto.- sillabò con un tono di voce talmente basso che faticai ad udirla.
Si riferiva alla mia bocca mezza sporca di rossetto. Del mio rossetto. Ma come spiegarglielo senza smascherarmi?
-Senti, si tratta solo di un semplice malinte…-. Evidentemente però Beth non era in vena di sentire spiegazioni. Sollevò la mano e mi assestò un sono schiaffo su una guancia.
Per la terza volta in una sola serata rimanevo di stucco.
-Sei un bastardo, Fred!- farneticò sul punto di scoppiare in lacrime. Ruotò sui tacchi e se ne andò impettita.
Perfetto. Prima diventavo il premio per una stupida sfida tra ragazzi, poi Zayn rovinava tutto con quel bacio e adesso ci si metteva anche Beth con le sue scenate di gelosia.
Distribuii una serie di spallate alla folla di studenti che mi separavano dall’uscita e in men che non si dica mi ritrovai di fronte la porta della nostra stanza.
Lasciai crollare Harry sul letto. Gli allentai la cravatta per lasciarlo respirare e mi abbandonai accanto a lui con un sospiro. La testa mi scoppiava.
Avrei pensato l’indomani a come ricostruire il filo degli eventi e a come comportarmi di conseguenza.
In una sera ero riuscita a farmi baciare dal ragazzo che mi piaceva e da quello a cui non mi sarei mai aspettata di piacere, e a scatenare l’ira funesta di una donzella inferocita e molto vendicativa: niente male per una stupida festa da college.
 
 
 
 
 
 
You go your way and I'll go my way 

                                                                                                                                 
No words can save us, this lifestyle made us
Run along like I'm supposed to, be the man I ought to
Rock and Roll, sent us insane, I hope someday that we will meet again





 
             
 
 
 
 
 
 
I’m back finally! Sono così contenta. Come avete potuto notare ci sono un sacco di  novità, dal nuovo banner, alla citazione che non è di Shakespeare, ma di una canzone dei Kasabian, fino a…Zayn! Ve lo aspettavate? Sin da quando ho iniziato a descrivere il loro rapporto, mi sono sorti dei dubbi al riguardo: poi diversi giorni fa, un uccellino mi ha detto al telefono che un triangolo amoroso sarebbe stato perfetto (You know what I mean…). Perciò eccomi qui, dopo parecchie sedute psichiatriche a base di gelato al pistacchi, con un nuovo colpo di scena.
Per il banner devo fare un ringraziamento enorme a Littlemore: era la prima volta che provava a farne uno e penso le sia venuto piuttosto bene (meglio del mio primo banner sicuramente. Quando non avrò più un briciolo di credibilità in questo fandom, lo posterò. Era talmente orrendo che non ci ho più provato).
Altra cosa: sono indietrissimo con le recensioni. Giuro che verrò a recensire entro questo fine settimana!!!! :)
Bene, me ne torno a covare uova di struzzo. Un grazie speciale va alle lettrici che hanno recensito lo scorso capitolo. Erano tutte recensioni belle e personali, davvero! Le ho apprezzate tantissimo e appena potrò risponderò a tutte voi <3
Ringrazio gli splendori che preferiscono/seguono/ ricordano la storia; chi mi ha inserito tra gli autori preferiti e chi mi ha pubblicizzato. Grazie, sul serio. E ovviamente grazie di cuore anche ai lettori silenziosi.
Ormai mi conoscete abbastanza da sapere che sono molto curiosa di leggere le vostre impressioni, in particolare per questo capitolo… :)
So che negli ultimi tempi, ho aggiornato non molto di frequente, ma ora che sta per finire la scuola, posso completare Tomboy  come si deve. Quindi, a presto.
Caty <3 

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Capitolo 10
*** 9. Bad joke ***


     
                               





                                                                                                     “Ma, le nostre fantasie sono più inquiete, volubili
                                                                                  Più ansiose, più ondeggianti, più presto perdute
                                                                                 E consumate di quelle delle donne”.
                                                                                (Orsino, La dodicesima notte, Shakespeare).    
9. Bad joke
Incomprensioni, trappole, guai.
 
 
Un secchio d’acqua gelida sarebbe stato meno traumatico.
Barcollavo per la stanza, in preda alla sonnolenza. Ma, non ero io, quello ridotto peggio. Harry giaceva supino, sul suo letto, senza alcuna intenzione di alzarsi.
-Il sole estivo deve avergli dato alla testa. Un allenamento di domenica mattina non si è mai visto!- brontolava Louis, infilandosi alla cieca i pantaloni della tuta. Niall sbadigliò per la quinta volta da quando il mister aveva bussato alla nostra camera per un allenamento extra.
-E’ bellissima-.
Louis si voltò di scatto, interdetto. –Chi?-.
Era stato Harry, ancora mezzo stordito, a parlare.
-Ho incontrato una ragazza ieri sera, alla festa-.
-Come si chiama?- lo interrogai fingendo indifferenza. In cuor mio speravo e insieme temevo di conoscere l’identità della ragazza a cui Harry si riferiva.
-Un nome particolare: mi pare che inizi con la M…- biascicò lui, portandosi una mano sulla fronte dolorante. Rimasi impietrita davanti alla porta del bagno.
-Ah, parli di Maud! L’ho conosciuta anch’io. Sbaglio o vi siete baciati?- intervenne Louis, infilando un asciugamano nella borsa degli allenamenti.
Il povero Harry annuì lentamente e poi, colpito da una fitta lancinante alla testa, emise un mugolio cupo come il ringhio di una belva.
-Harry, mi dispiace interrompere i tuoi sogni idilliaci, ma ti conviene iniziare a prepararti se non vuoi far arrabbiare seriamente Paul!- si intromise Niall con un braccio infilato nella manica della felpa e l’altro no.
Per tutta risposta, il riccio si stropicciò gli occhi gonfi dal sonno, poi ancora con la camicia della sera prima indosso, barcollò fino al bagno e si chiuse dentro.
-Non potremmo dire a Paul che Harry non si sente bene?- proposi io.
-Non se ne parla!- esclamò Louis con una risata. –Così impara a scolarsi sei bicchieri di tequila-.
 
 
 
-Dov’è Styles?- ruggì il mister a dieci minuti dall’inizio dell’allenamento.
Mi girai verso Louis, mentre pensavo freneticamente ad una scusa da rifilargli, ma proprio in quel momento, Harry sbucò fuori dagli spogliatoi e si fermò al mio fianco con il fiatone. -Scusi per il ritardo!-.
Il motivo di tanta sollecitudine da parte del nostro allenatore era la partita con la squadra del mio vero college quello stesso mercoledì. Da quando avevo saputo che avrei incontrato Sam, la mia priorità erano diventati gli allenamenti con Harry e le nostre tattiche di gioco, ma gli eventi della sera prima mi avevano sconvolto talmente tanto che non riuscivo a concentrarmi.
Il bacio con Harry era stato sensazionale, ma il comportamento di Zayn mi aveva confuso le idee.
A colazione si era seduto il più lontano possibile da me, per tutto il tempo aveva evitato il mio sguardo ed ora aveva fatto in modo di non capitare nella mia stessa squadra.
Se fosse stato per me, avrei tentato di chiarire, di capire, ma Zayn sembrava ostinato ad ignorarmi.
Peggio per lui, se era così stupido da gettare all’aria un’amicizia per niente.
A fine allenamento Paul ci chiamò entrambi in disparte per discutere su alcune modifiche posizione.
-Tu sarai la punta più esterna.- spiegò rivolto a Zayn. -Invece, Bayler avanzerà verso l’ala…-.
Discutemmo sulle modalità di gioco per almeno una ventina di minuti, prima di correre a prepararci. Gli altri che se ne stavano andando. –Ci trovate in cortile-.
Annuii mesta, e guardai i miei compagni di squadra uscire ad uno ad uno. Quando fummo solo io e Zayn nella stanza, lo fissai insistentemente, in attesa che prendesse parola.
Lui, dal canto suo, fingeva di frugare da cima a fondo il suo borsone.
Tre minuti dopo, il nervosismo raggiunse il punto di ebollizione. Sbuffai, girai sui tacchi e feci per andarmene, ma compii solo qualche passo che Zayn mi afferrò per un braccio, costringendomi a voltarmi verso di lui.
-Dove vai?- chiese con un’espressione maledettamente stupida.
-Nell’altro spogliatoio.- risposi asciutta. Mi divincolai dalla sua stretta e ripresi a marciare dritta verso la porta.
-Dobbiamo parlare.- obbiettò il moro seguendomi.
-Potevi deciderti prima.- gli rinfacciai astiosa e sarcastica. Posai una mano sulla maniglia, ma Zayn mi impedì di abbassarla. Gli scoccai un’occhiata bieca. –Smettila di comportarti così!-.
-Scusa?-.
-Hai capito benissimo. E adesso, per piacere, fammi uscire-.
-Tu sei matta.- mi apostrofò stranito.
Sciolsi la morsa attorno alla maniglia della porta e lasciai pendere le braccia inerti lungo i fianchi.
Poggiai la schiena al muro per guardarlo dritto negli occhi. –Io, matta?! – gli feci eco stizzita. -Sei tu quello che soffre di personalità multipla. Prima ti comporti da amico, poi proprio quando tutto sta andando come dovrebbe, mi baci; dopo mi ignori e adesso improvvisamente vuoi chiarire. Perdonami, ma ho già molti problemi e non mi serve anche un ragazzino lunatico e viziato-.
Aveva la faccia di uno che ha appena ricevuto uno schiaffo che non dimenticherà facilmente. –Non sono quel tipo di persona.- mormorò infine.
-Allora, come sei? Perché francamente non riesco a capirlo-.
Zayn socchiuse le labbra per rispondere, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
-Come pensavo.- dissi quasi a me stessa e una parte di me avrebbe voluto che mi contraddisse. Gli diedi le spalle e stavolta uscii per davvero.
 
 
 
Ero talmente irata da non pensare che forse sarebbe stato più prudente controllare che non fossi sola nello spogliatoio femminile.
Gettai la parrucca in un angolo con noncuranza e mi svestii rapidamente prima di infilarmi sotto la doccia. Non ci capisco più nulla, pensai rabbiosa rovesciando il capo all’indietro per far scorrere il sapone tra i capelli; l’acqua bollente sul mio corpo ebbe l’effetto di un calmante.
Solo in seguito, consapevole del corso futuro degli eventi, mi sarei domandata come non mi fossi accorta della presenza di qualcun altro negli spogliatoi.
Fatto sta che, una volta finito di lavarmi, uscii dalla doccia per recuperare un asciugamano con cui coprirmi. Ma, il gancio sul muro era vuoto. Mossi alcuni passi incerti, sentendomi sempre più debole e terrorizzata all’idea che cominciava a balenarmi in mente, per poi appurare che qualcuno, approfittando della mia distrazione, mi aveva rubato furtivo tutti i vestiti e gli effetti personali.
Dopo alcuni minuti di sgomento, decisi di riprendere il controllo della situazione. Feci alcuni respiri profondi, riflettendo brevemente sulle possibilità che si profilavano.
Potevo aspettare che qualcuno mi venisse a cercare, ma a quel punto tutti avrebbero saputo del mio travestimento. Il cellulare era rimasto in camera, abbandonato sulla scrivania che dividevo con i miei tre compagni di stanza e di certo lì non sarebbe servito a molto. Cominciavo a sentire freddo, mentre l’acqua si asciugava sulla pelle e i capelli umidi mi intorpidivano la schiena.
Mi strinsi in un abbraccio impacciato, sfregando le mani sulle braccia percorse dai brividi e proprio quando iniziavo a disperare, udii la porta aprirsi. Ascoltai in silenzio alcuni passi lenti sulle mattonelle lucide dello spogliatoio.
-Maud? Tutto bene?- la voce di Zayn mi giunse attutita dalla parete che ci divideva. Mi trasmise sollievo e al contempo sicurezza.
-Zayn!- lo chiamai a voce alta. Capì dove mi trovavo e fece per avvicinarsi. –Fermo! Non. Entrare.-articolai a fatica per la paura che potesse spalancare la porta e vedermi nuda.
Lo sentii sospirare. -Ti senti bene?-.
-Si, ma ho un problema-.
-Quale?- mi sollecitò. Sembrava vagamente preoccupato.
-Mi hanno rubato i vestiti. Non so come uscire di qui-.
Attesi una sua reazione, ma tutto mi aspettavo tranne che scoppiasse a ridere.
Lo sentii trafficare per un po’ con il suo borsone; poi, all’improvviso un asciugamano scuro mi colpì in faccia. Soffocai un’esclamazione di sorpresa e mi affrettai a coprirmi.
Un istante più tardi aprii la porta. –Ogni volta che ti incontro, sei nei guai. Cosa faresti se non ci fossi io?- mi schernì con un sorriso sghembo.
Feci una smorfia rassegnata. –Dobbiamo assolutamente ritrovare la borsa. Altrimenti posso dire addio alla copertura e a tutto il resto-.
-D’accordo.- convenne subito. –Io cerco in giro. Non può essere sparita nel nulla. Tu intanto resta qui-.
-Credo che andrò a prendermi un caffè, invece.- ribattei pungente facendolo sbuffare.
Quando fu uscito, mi sedetti su una delle panche. Non mi restava che attendere.
Mi ispezionai le unghie corte e curate, pensando a quanto mi sarebbe piaciuto comprare un nuovo smalto. Il giorno prima mio padre mi aveva chiamato per sentire come stavo. Avevamo avuto una chiacchierata piuttosto lunga; si era informato sull’inizio della scuola, gli orari, gli insegnanti, gli amici. Avevo risposto sicura e solo di tanto in tanto ero stata costretta ad improvvisare.
Nonostante il divorzio dei miei genitori, avevo continuato ad aver un rapporto di forte intesa con mio padre: da piccola trascorrevo interi pomeriggio al parco assieme a lui. E così ero cresciuta a dose di tornei scolastici e partite in tv il sabato sera. Sulla mia mensola ora campeggiavano almeno una decina di premi, foto ricordo con i vecchi compagni di squadra e altre cianfrusaglie di poco conto.
Mio fratello Fred invece non aveva mai amato lo sport: si era appassionato alla musica, si era iscritto a diversi corsi, aveva imparato a suonare almeno tre strumenti diversi. Era lui l’artista della famiglia.
Il filo dei miei pensieri venne interrotto dal tonfo della porta. Da lì fece capolino uno Zayn affannato e dall’aria stralunata.
Mi mostrò il borsone e i vestiti. –Li ho trovati nei bagni femminili, al terzo piano dell’edificio A-.
Presi gli indumenti che mi porgeva e sparii di nuovo nelle docce per vestirmi.
-Hai idea su chi possa essere stato?- mi interrogò concitato, mentre dall’altra parte io mi infilavo gli slip.
-Non lo so.- ammisi dopo alcuni istanti di riflessione. –Credo sia stata una ragazza-.
-Ma, perché portarti via i vestiti?-.
Indossai frettolosamente i jeans e afferrai la camicia a quadri lì vicino. Feci spallucce. –Potrebbe essere stata Beth. Forse ha scoperto che sono una ragazza: si è sentita usata e ha deciso di giocarmi un brutto tiro.- ipotizzai, tastando tra gli indumenti per trovare i calzini.   
-Beth Turner? Non mi pare che frequenti gli spogliatoi femminili-.
-Neanche tu. Però ora ti trovi qui.- argomentai spigliata. - Lei è una ragazza. Anche se non è una cheerleader, potrebbe tranquillamente sgattaiolare dentro e poi uscire indisturbata-.
Più ci pensavo, più me ne convincevo. Era stata lei. Ne ero sicura.
-Beth non mi sembra il tipo…-.
Proprio allora mi colpì un pensiero terrificante. Ero nella merda fino al collo. –Zayn…-.
Il ragazzo si zittì. -Mh?-.
-Se Beth era nascosta negli spogliatoi, ora sa la verità e potrebbe spifferarla a chiunque-.
 
 
 
 
 
Credo di aver ascoltato l’intera discografia di Bruce Springsteen per scrivere questo capitolo. LOL
Non ho molto da dire, se non che le lettrici che hanno recensito si sono divise in due schieramenti netti tra Harry e Zayn. Ho semplicemente voluto dare maggiore spazio al personaggio di Zayn, prima di tutto perché fondamentale per la riuscita del piano di Maud e poi perché, nonostante io adori Harry in generale, mi piace come sono riuscita a rendere la sua personalità.
E poi, quante volte ci capita? Ci fissiamo sui tipi impossibili, senza notare chi ci apprezza veramente.
Quindi, spero che questo capitolo vi sia piaciuto…e ovviamente, ringrazio gli splendori che continuano a preferire/seguire/ricordare e recensire la storia; chi mi ha inserito tra gli autori e chi pubblicizza :)
Grazie, sul serio.  Ah, siccome ho scritto una one shot "personale", mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate:  

 
Sempre vostra, Cate :)
 
 
                                                                                 
 

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Capitolo 11
*** 10. Another Fred ***


                                 



                                                                                                    “Una pagina bianca, mio signore. Mai
                                                                                 Disse il suo amore, ma lasciò che il segreto,
                                                                                Come un verme nel bocciolo si nutrisse
                                                                               Della sua guancia di damasco.”
                                                                              (Viola, La dodicesima notte, Shakespeare)
 
10. Another Fred
Nulla combacia, ma c’è chi ritorna sempre.
 
 
Concluso il travestimento io e Zayn corremmo a perdifiato lungo il vialetto di ghiaia, con i borsoni che ondeggiavano a destra e a manca sulle nostre spalle: superammo con un salto le siepi di bosso che separavano un plesso dall’altro, fino all’edificio B. Attraversammo l’atrio e ci lanciammo su lungo la balaustra, spintonando gli altri studenti per poter passare.
-Beth chi?-.
-Beth Turner-.
-No, mi dispiace. Stamattina non l’ho proprio vista.- ci disse più di qualcuno, finché sul pianerottolo del secondo piano quasi non mi scontrai con Susan. Susan Morrison.
-Scusa, hai visto Beth?-. Ci guardò sospettosa e un po’ risentita, senza risparmiarmi un’occhiata di rimprovero. –E’ nella segreteria da almeno un’ora e mezza per punizione. Dovrà riordinare i moduli con la signora Gradgrind per due weekend consecutivi.- spiegò lentamente. Poi qualcuno alle sue spalle la chiamò. Mi parve Niall, ma non ne ero certa. Così ci rivolse un cenno di saluto e scese.
-Un’ora è mezza fa, stavamo ancora al campo di calcio. Non può essere stata Beth.- osservai procedendo a passo spedito lungo il corridoio del terzo piano. –Oggi non ci sono nemmeno le lezioni. Chi mai verrebbe qui invece di starsene all’aperto con gli amici?-
-Magari la persona in questione aveva dimenticato un libro ieri mattina in classe e ne ha approfittato per liberarsi delle tue cose.- ipotizzò.
-Può darsi.-concessi con qualche riserva. –Escludendo quindi a priori che possa trattarsi di un ragazzo, concentriamoci su ciò di cui disponiamo. Poco fa Susan se ne stava andando dall’edificio B, anche con una certa fretta-.
-E’ un’amica di Beth. Questo ci riporterebbe al punto di partenza-.
-Esattamente-.
-Ma, perché avrebbe dovuto trovarsi negli spogliatoi femminili proprio a quell’ora, mentre c’eri anche tu?-.
Riflettei brevemente. -Non lo so, Zayn. Non ne ho idea-.
 
 
 
 
-Oh, andiamo! Susan ed io abbiamo trascorso buona parte della mattinata insieme dopo gli allenamenti.- la difese Niall a spada tratta quando all’ora di pranzo gli raccontammo l’accaduto. In breve dicemmo che proprio mentre mi trovavo sotto la doccia, qualcuno mi aveva sottratto i vestiti e data l’aria vendicativa di Beth la sera prima, tutto ci portava a pensare che fosse stata la sua amica Susan per rivalsa.
-Hai detto bene: buona parte…- gli fece notare Zayn allusivo.
-Non potete veramente credere che sia stata lei. Le sono andato incontro mentre faceva colazione. Abbiamo passeggiato insieme e l’unico momento in cui si è allontanata è stato per recuperare un libro che una ragazza aveva scambiato con il suo. Ma, l’ho aspettata nemmeno per cinque minuti. Non avrebbe avuto comunque il tempo necessario per correre negli spogliatoi, prendere i tuoi vestiti e salire al terzo piano dell’edificio B, per giunta!-. Niall aveva ragione: non poteva essere stata lei.
-Fred, perché ti scaldi tanto?- intervenne Liam pacato. –In fondo hai detto che Zayn ha ritrovato in fretta le tue cose. E poi di quando in quando le ragazze entrano negli spogliatoi maschili-.
Boccheggiai per un istante, chiedendomi quale spiegazione avrei potuto inventare per un comportamento simile. –Nessuno controllava. Sarebbe potuta entrare senza farsi notare.- proruppi, terrorizzata all’idea che si venisse a sapere la mia vera identità.
-Io so solo che non è stata Susan.- ribadì l’irlandese facendo spallucce. Sotto il tavolo, la mano di Zayn si posò sulla mia gamba per calmarmi.
-A proposito di ieri sera,- intervenne Harry nel futile tentativo di placare gli animi. – Ho conosciuto una ragazza carina…-.
-Come si chiama?- domandò Zayn con una sollecitudine che non gli apparteneva.
-Maud, ma non so il cognome. L’avete mai vista in giro?-. Seguii la scena in silenzio, lusingata dall’interesse di Harry.
-No.- dissero all’uni solo Liam e Niall.
-Me l’ha presentata Zayn…- riferì invece Louis. Harry ed io ci voltammo contemporaneamente verso di lui, il ricciolino sinceramente curioso ed io terribilmente inquieta.
-La conosci?-. Inconsciamente trattenni il respiro. –No, io…-.
-Zayn, mi hai detto che era una tua amica…- obbiettò Louis inarcando un sopracciglio.
-Louis, avevi appena bevuto quattro bicchieri di tequila. Ti stai sbagliando.- fece il moro in tono persuasivo. –Mi ci sono imbattuto per caso al banco degli alcolici: passabile, niente di più-.
Lo inchiodai con lo sguardo, ferita senza volerlo dal suo giudizio, ma lui non mi degnò di un’occhiata.
La mia vita stava assumendo rapidamente le caratteristiche perfette per una telenovela spagnola di ultima categoria. Odiavo la situazione in cui mi trovavo. Ero sempre stata una ragazza decisa nelle mie scelte, e invece ora mi ritrovavo ad essere confusa davanti ad una questione semplicissima: Harry o Zayn?
Dovevo tentare di districare il groviglio di attrazione e amicizia che mi legava ad entrambi per discernere per quale dei due provassi un sentimento reale.
 
 
 
 
-Così sono appena passabile, eh?- dissi provocando un sonoro sbuffo da parte di Zayn.
-Non volevo che facesse troppe domande-.
-Dovevi consultarti prima con me…-.
-Come potevo lì, a mensa?- fece con ovvietà.
-Dovevi farlo prima infatti–. Ragionai brevemente sui singolari avvenimenti di quella mattina. -E poi, perché sei venuto negli spogliatoi femminili, si può sapere?-.
-Questo si che è il colmo! Dovresti ringraziarmi, e invece ti chiedi perché ero lì?!- sbottò.
-Allora?- lo incalzai spietata, marciando dritta verso i dormitori maschili.
Corrugò la fronte nervoso, poi sospirò. –Volevo chiarire. Te ne sei andata come una furia e non ho potuto fermarti.- ammise alla fine.
Mi portai le mani sui fianchi, e lasciai correre il mio sguardo lungo la sua schiena. –Senti, fingiamo che non sia successo nulla-. Non ero sicura della mia scelta, ma almeno per il momento volevo preoccuparmi solo del mio segreto che rischiava di essere sbandierato ai quattro venti.
Lo osservai mentre si voltava a guardarmi con un’espressione dapprima meravigliata, risentita e infine seria. Eppure si raddrizzò e disse con nonchalance:-Hai ragione. E’ meglio così-.
-Perfetto-. La mia me interiore gridava che lui protestasse, ma non lo fece.
-Già-.
-Bene-.
-Bene.- gli feci eco con un tono che sembrava più voler convincere me stessa che lui.
Nel silenzio assoluto del corridoio, aprì la porta della sua camera e stava per richiudersela alle spalle, quando senz’alcun preavviso cacciò un urlo di orrore. Sgranò gli occhi e impallidì, facendo un maldestro passo indietro.
-Cosa c’è?-.
-Un…un ragno…-
Mi misi a ridere. –E quindi?-. Proprio in quel momento l’insetto - piuttosto grande rispetto a quelli che ero abituata a trovare tra le tende nel mio appartamento in città - zampettò verso di noi.
Zayn strillò di nuovo e flettendo le gambe, balzò sul letto lì accanto. –Che schifo!-. Dopo un attimo di ribrezzo, lo raggiunsi e inconsciamente gli circondai le spalle con un braccio per rassicurarlo. –Sta’ calmo. E’ solo un ragno-. E soggiunsi:- Proviamo a scacciarlo con qualcosa-. Lanciai uno sguardo sotto il letto e recuperai una scarpa da ginnastica.
-Quella è mia!- protestò inorridito.
-Beh?-.
-Sono aracnofobico.- mi informò tagliente. Io, senza prestargli ascolto, la lanciai. La scarpa volò disegnando una parabola perfetta attraverso la stanza e sbatté contro la parete opposta, spaventando il ragno che si spostò in direzione di Zayn. –Fermalo!- ordinai tra le risate mentre il moro continuava a frignare:-Odio i ragni!-.
-Come faccio?-.
-Prendi un quaderno, un libro…qualsiasi cosa!-.
Con un urlo di guerra, si lanciò verso la scrivania, afferrò la giacca di una divisa poggiata sulla spalliera della sedia e l’agitò nell’aria come un cowboy con il suo lazzo. Colpì l’insetto e lo mise in fuga. Lo guardammo entrambi mentre si dileguava tra i mobili e spariva oltre la finestra sul cortile.
Appena ripresi fiato scoppiai di nuovo a ridere, imitata da Zayn. –Sei stato fantastico!-.
-Wow! Ce l’ho fatta!-.
 
 
 
 
Il resto del pomeriggio lo trascorremmo studiando (o almeno provandoci) in mezzo al rettangolo di prato che fiancheggiava i nostri dormitori, chi seduto sulla propria giacca, chi a piedi scalzi, chi con le maniche della camicia arrotolati sugli avambracci.
Ripetei distrattamente la lezione di Storia a Louis e poi studiammo Chimica insieme: tenni sempre l’orecchio teso però, pronta a captare qualsiasi segnale di pericolo.
Mentre tentavo in tutti i modi di spiegargli la differenza tra il legame covalente e quello dativo, udimmo alcune voci concitate alle nostre spalle.
-Stanno litigando…ancora.- sospirò Louis scoccando un’occhiata rassegnata alla coppia in piedi vicino alle aiuole. Erano Harry e Vichy. –Deve aver visto il bacio di ieri…- ipotizzò rigirandosi la penna tra le mani. Sapevo a cosa si riferiva.
A dir la verità i due sembravano molto arrabbiati. La bionda gesticolava, mentre Harry rimaneva impassibile con le braccia conserte e lo sguardo neutro. Non gridava mai, neppure quando si innervosiva. Ma, la sua voce gelida spaventava molto più degli strilli di Vichy.
-Era solo un gioco…- riuscii a sentire ad un certo punto. E poi:-Sei uno stronzo!-. La seguii con lo sguardo mentre se ne andava via ad ampi passi. Prima di sparire dietro l’angolo ci rivolse un’occhiata di fuoco.
Harry tornò verso di noi. –Come è andata con la tigre?-.
Per tutta risposta, il ricciolino emise uno sbuffo derisorio. –E’ matta da legare, quella lì. Se crede che le chiederò scusa per qualcosa di cui non ho colpa, si sbaglia di grosso-. Si sedette al mio fianco e intrecciò le mani attorno alle ginocchia burbero.
In quel momento avrei dovuto saltellare per la gioia: da quando avevo conosciuto Harry, non avevo fatto altro ch tentare di allontanarlo di Jordan ed ora riuscivo solo a provare un vago senso di vuoto all’altezza dello stomaco.
-Ieri a Fred, oggi tocca a te. E’ la vita. –lo consolò Louis fingendosi rammaricato.
-Ma, piantala!-.
 
 
 
 
Quella sera entrai nella mensa dell’istituto con un’aria più guardinga del solito. Qualsiasi gesto, o sguardo indifferente o casuale mi venisse indirizzato sembrava una prova per incriminare qualcuno del furto. Ma, forse erano solo mie impressioni: stavo diventando paranoica.
Lasciai buona parte del pasto nel piatto, così come era stata servita a tavola e con la scusa del test scritto di Chimica il giorno successivo, abbandonai in fretta la mensa e corsi fuori in cerca di tranquillità.Continuai a camminare lentamente, cercando di rilassarmi, finchè non mi rasserenai.
Mi lasciai cullare dallo scricchiolio basso e confuso delle foglie scosse dal venticello della sera, abbracciandomi goffamente il busto con le braccia. Proprio quando stavo per tornarmene in camera mia però, mi sembrò di scorgere un movimento improvviso nell’oscurità, oltre il cancello tra i cespugli. Aguzzai lo sguardo curiosa e al tempo stesso intimidita e stavo per parlare, quando qualcuno lo fece al posto mio.
-Bayler, cosa ci fai lì?-.  Istintivamente feci qualche passo indietro, ritirandomi tra il fitto fogliame. L’ombra della McCarthy era comparsa nel vano della porta della mensa, sulla mia destra. Per quando assurdo possa sembrare però, non si riferiva a me. Io mi trovavo più in là, seminascosta tra gli alberi al limitare del cortile e dalla sua posizione non avrebbe potuto scorgermi.
La seguii con lo sguardo mentre marciava impettita verso qualcuno che non riuscivo ad individuare, proprio dove poco prima avevo intravisto un movimento.
-Insomma, come hai fatto ad uscire?- incalzò l’insegnante fronteggiando il cancello che cingeva il complesso.
-Credevo che oggi fosse la sera di libera uscita…-. Una voce rispose al posto mio, giungendo alle mie orecchie flebile e impaurita. Strabuzzai gli occhi nell’oscurità e tentai di avvicinarmi con passo felpato per assistere meglio alla scena.
-Avanti, torna dentro. Se si dovesse ripetere, andrai incontro ad un rapporto-. La professoressa aprì un cancelletto più piccolo rispetto a quello principale e lasciò entrare una figura che inizialmente non riuscii a riconoscere.
Solo quando il suo volto venne investito dalla luce della mensa, più avanti, capii veramente.
Fred era tornato.
 
 

Innanzitutto mi scuso per non aver aggiornato la scorsa settimana, ma ho avuto un viaggio imprevisto e non ho potuto avvisarvi prima!! Però ho scritto e ieri sera, appena tornata ho copiato tutto sul pc e adesso eccomi qua. Purtroppo ho pochissimo tempo, perché tra meno di un’ora devo prendere un treno e quindi…niente, spero tanto che vi sia piaciuto il capitolo. Fatemi sapere, mi raccomando.
Tornerò tra venerdì e Domenica, ancora non so, e aggiornerò subito Penfriends!!
Ringrazio infinitamente chi preferisce/segue/ e ricorda la storia; chi la recensisce, perché leggere le vostre opinioni mi fa estremamente piacere e chi mi ha inserito tra gli autori preferiti.
Quando sono tornata ho trovato tantissimi aggiornamenti, quindi vi prometto che appena salita sul treno risponderò alle recensioni e recensirò a mia volta.
Ah, dato che ormai hanno tutte ask, mi sono registrata anch’io. Mi trovate qui:  http://ask.fm/RuthSpencer 
 
 
 
A prestissimo :D
Cate  

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Capitolo 12
*** 11. Misunderstanding ***


                                         

                   All’ illustre poeta Levi Lanche e al suo degno compare, il Puppet Master che ormai sono Storia
 
 
                                                      

                                                                                               Tu non puoi non riconoscere chi sono.
                                                                        Se accetti il mio amore, fammelo sapere col tuo sorriso,
                                                                       il sorriso ti si addice molto.
                                                                      Perciò sorridi sempre, in mia presenza, mio dolce amore,
                                                                     te ne prego.” (Viola, La dodicesima notte, Shakespeare)
                                                                   

 
11. Misunderstanding
Complicazioni…
 
 
 
Da quel momento in poi gli eventi si aggrovigliarono con una rapidità tale e con risvolti così inaspettati che sarà difficile ricostruire per filo e per segno il susseguirsi temporale dei fatti.
I secondi che trascorsero, prima che la professoressa McCarthy si dileguasse nell’ombra della sera, mi parvero ore. E l’avrei trovata una sensazione singolare in futuro, quando i due giorni a seguire mi sarebbero parsi fin troppo frenetici per i miei gusti.
Cercai di regolarizzare il respiro, prima di acquattarmi tra le siepi e raggiungere di soppiatto mio fratello.
-Fred! Fred!- bisbigliai con voce concitata.
Il ragazzo si voltò verso la mia direzione. –Maud?-.
Gli feci segno di avvicinarsi e appena fu a portata della mia mano, lo afferrai per il lembo della camicia tirandolo giù.
-Che ti salta in mente?- abbaiai nervosa, mentre si accovacciava al mio fianco.
-Ma…-.
-Piombi qui come se nulla fosse. Avevi detto che saresti tornato Mercoledì e oggi è Domenica. Dovevi avvisarmi!-.
-Ci sono state delle complicazioni…- cominciò a spiegare mio fratello.
-Complicazioni, complicazioni… Tu sei una complicazione!-.
-Mi spieghi perché ti agiti tanto?-.
-Perché siamo due Fred e invece ce ne dovrebbe essere uno soltanto!- sbottai con ovvietà. –Dove ti nasconderemo in questi due giorni?-.
-Non devo nascondermi. Sono tornato e tu puoi prendere il primo treno per Londra-.
-Mercoledì abbiamo la partita e tu non sai giocare a calcio!- obbiettai fremente di rabbia.
Lui fece spallucce. -Fingerò di sentirmi male e la salterò-.
Scossi la testa perentoria. -Non se ne parla. Ci sarà Sam nell’altra squadra ed io voglio vincere-.
 
 
 
 
Ero talmente determinata a giocare la partita contro il mio College, che chiesi aiuto (ancora una volta) a Zayn.
-Possiamo farlo dormire in infermeria. Lì c’é una lettiga più che comoda per qualche notte.- propose dopo qualche istante di riflessione, studiando mio fratello con una luce curiosa negli occhi.
-Il problema è come farlo entrare…- obbiettai pensierosa.
-Non ci avevo pensato.- sbuffò Zayn, sedendosi sul bordo di un vaso enorme posto sul retro dei dormitori maschili.
-Potreste rendermi partecipe della discussione?- protestò debolmente Fred, in piedi di fronte a me.
-Tu sta’ seduto e in silenzio. Se ci troviamo in una situazione così difficile è solamente tua la colpa.- sbottai fulminandolo con lo sguardo.
Fred, intimorito dal mio tono irruento, tacque improvvisamente.
Trascorse una manciata di secondi, prima che Zayn parlasse di nuovo:-L’unica ad avere sempre le chiavi con sé è l’infermiera. Se riesco a distrarla, tu gliele potrai sottrarre-.
Incontrammo la Signorina Cope, mentre chiudeva a chiave l’infermeria.
-Signorina Cope!-. La giovane si voltò in direzione di Zayn e avendolo riconosciuto, gli dedicò un sorriso mozzafiato. Non mi ero accorta che fosse così attraente: ventisei anni, accento americano. I capelli bruni le ricadevano ondulati sulle spalle e sulle labbra a cuore era ancora perfettamente spalmato un rossetto color ciliegia. Ora che ci pensavo, la Signorina Cope di certo faceva girare la testa a tutti i ragazzi della scuola, e forse anche a Zayn constatai sopraffatta da un irragionevole rammarico. Immaginai quante volte avesse finto di sentirsi male solo per trascorrere qualche minuto in più con lei che senza alcun dubbio ricambiava a pieno le attenzioni del ragazzo.
-Malik, che ci fai qui? Volevi chiedermi qualcosa?- gli domandò con un’espressione insieme compiaciuta e lusingata dipinta sul viso. Poi, sembrò rendersi conto della mia presenza, dietro di lui e parve contrariata.
-Si…- annaspò il moro. Si passò la lingua sul labbro inferiore, inumidendosi la bocca: con ogni probabilità si stava chiedendo come fare per prendere tempo. –Vede, domani ho una verifica…-.
-No, Malik. E’ già la terza volta che me lo chiedi da quando è iniziata la scuola. Non posso proprio…-.
-La prego! L’ultima volta! Giuro che…-.
A quel punto, la Signorina Cope si voltò completamente verso Zayn, lasciando la presa sulla chiave ancora inserita nella serratura. Io, intanto, mi ero spostata di lato aggirandola.
-Se lo facessi con te dovrei farlo con chiunque altro-.
-Non lo dirò a nessuno…- ritentò lui.
-Sarei scorretta nei confronti dei tuoi compagni.- spiegò con fare materno la giovane. Seguivo distrattamente la loro conversazione, mentre mi avvicinavo alla chiave.
Le diedi le spalle, premurandomi di controllarla di tanto in tanto e raggiunsi la porta dell’infermeria.
Proprio allora Zayn mi lanciò un’occhiata apprensiva in una silenziosa richiesta di sbrigarmi, ma la Signorina Cope intercettò il suo sguardo e curiosa di sapere cosa o chi avesse catturato l’attenzione dell’alunno, fece per voltarsi.
Sgranai gli occhi, con le mani strette attorno alla chiave ancora nella toppa e lessi la mia stessa espressione anche sul volto di Zayn.
Lui reagì in un lampo: scattò in avanti e, afferrando l’infermiera per la cerniera della giacca a vento, l’ attirò a sé con violenza. I miei occhi, se possibile, si spalancarono ancora di più, tanto da farmi male, nell’assistere al loro bacio irruento. Per un attimo, le due ombre alla luce dei lampioni sembrarono quasi fondersi, mentre la Signorina Cope, in un primo momento rigida tra le braccia di Zayn, ora faceva vagare le mani come tanti tentacoli tra i capelli di lui.
Presa alla sprovvista, dovetti reagire di fronte allo sbigottimento e ad uno strano senso di vertigini che tutto ad un tratto mi avevano colto.
Diedi le spalle ad entrambi, spaesata e con un lieve strattone liberai la chiave dalla serratura. Me la misi in tasca. Poi, tossicchiai lievemente per attirare l’attenzione della coppia.
In un baleno, proprio come era cominciato, Zayn si scostò dalla bella infermiera per scoccarmi uno sguardo eloquente.
-Zayn…-sussurrò la Signorina Cope con voce flebile. Da quando lo chiamava per nome? –Vienimi a trovare in infermeria domani. Ne parleremo con più calma-.
Ci mancava  l’appuntamento, pensai nervosa mentre l’infermiera talmente scossa si allontanava senza le chiavi, dopo un ultimo sguardo indirizzato a me. Forse, temeva che parlassi con gli altri studenti.
 
 
 
 
Una volta sottratte le chiavi alla Signorina Cope, aprimmo l’infermeria a Fred.
-Devi andartene da qui alle sette meno un quarto. L’infermiera arriva alle sette in punto. Poi vieni nei dormitori. – mi raccomandai.
-E le chiavi? Dove le lascio?-.
-Dove le abbiamo trovate.- intervenne Zayn. –Inserite nella toppa. La Cope capirà di averle dimenticate e non incolperà nessuno-.
-Frequenterai ancora tu le lezioni per me?-.
-Si, devi metterti in pari. Intanto io penserò a farti prendere qualche voto decente-.
Feci dietro front e stavo per seguire Zayn fuori dall’edificio, quando Fred mi richiamò. –Maud?-.
-Si?-.
-Grazie-.
Feci spallucce. –Di niente. Com’è andata l’audizione?-.
-Ho ancora una reputazione, ma la risposta la sapremo tra due settimane-.
-Sono sicura che vi sceglieranno.- dissi addolcendomi.
Per l’intero tragitto dall’infermeria ai dormitori sola con Zayn, rimasi in religioso silenzio.
-Sembra simpatico tuo fratello-.
-E’ solo apparenza.- ironizzai, ma il mio tono e il mio sguardo erano talmente neutri che si sarebbe detto che fossi seria.
-Sicura di sentirti bene?-.
-Mai stata meglio-.
-E’ per la Signorina Cope?- indagò.
-Per il vostro bacio, intendi? No, affatto.- sentenziai ostentando una disinvoltura che in quel momento non mi apparteneva.
-Mi era parso…-.
-Ti era parso male.- tagliai corto, camminando a passo spedito verso la mia stanza.
-Maud, l’ho fatto solo per distrarla.- mi rassicurò il moro con l’ombra di una supplica nella voce.
-Che cuore nobile! Oh, si che Zayn Malik è un vero gentiluomo!- sputai sarcastica avanzando a tentoni nel buio.
Lui si bloccò in mezzo al corridoio, stranito. –E’ stata la prima cosa che mi è venuta in mente sul momento…-.
-Per distrarla.- completai io al suo posto.- Si, lo so. Devo ammettere però che sembravi parecchio occupato anche tu. E adesso hai perfino un appuntamento ufficiale con la tua bella infermiera. Dovresti ringraziarmi-.
-Non è un appuntamento.- rettificò Zayn.
-Io lo definirei così, invece-.
-Senti…-.
-Buonanotte.- lo liquidai lapidaria sbattendogli la porta in faccia.
I miei compagni di stanza russavano beatamente immersi nel sonno.
Volevo indietro la mia vita.
 
 
 
La mattina seguente, come stabilito, Fred uscì dall’infermeria alle sette meno un quarto, lasciando la chiave nella toppa. Corse fino ai dormitori e lanciò un sassolino contro la finestra della mia camera per avvertirmi di essere arrivato. Non appena tutti gli altri furono usciti per andare a colazione, lo feci entrare.
-Rimani dentro e non uscire per nessuna ragione.- gli ordinai e al ritorno dalla mensa gli portai una brioche ripiena di marmellata e un toast. Lasciai le chiavi della stanza sulla scrivania, prima di recuperare la mia tracolla colma di libri e recarmi a lezione.
Ma, la situazione era destinata ad incontrare delle complicazioni.
Nella stanza che dividevo assieme ad Harry, Niall e Louis, Fred trascorreva una mattinata noiosa. Sedeva scomposto sulla sedia vicino alla finestra, con i piedi incrociati sulla scrivania quando un trambusto fuori lo spinse a spostare lo sguardo sulla porta chiusa.
Mosso dalla curiosità, ai alzò e socchiuse appena la porta per sbirciare all’esterno.
Il corridoio era completamente vuoto ad eccezione di una ragazza bionda ed atletica che in quel momento si era chinata per raccogliere i libri caduti in terra.
Suppongo che fu colto da un improvviso spirito di galanteria, perché, aperta la porta, uscì e prestò soccorso alla ragazza.
-Non ti scomodare.– sibilò infastidita la ragazza dopo avergli lanciato una rapida occhiata. Fred le restituì l’ultimo libro.
-Come ti chiami?- sorrise. Lei alzò di scatto il viso per incenerirlo con lo sguardo e improvvisamente parve accorgersi di qualcosa. Sgranò appena gli occhi, prima di ricomporsi con un colpo di tosse. –Simpatico davvero, Bayler.- disse beffarda.
Fred, compreso l’errore commesso, arrossì violentemente. –Si fa per scherzare, certo-. Si strinse nelle spalle. –Che ci fai nei dormitori dei maschi?-.
-Nulla di compromettente. Cercavo Harry-.
-Oh.- disse facendo mente locale sui nomi dei suoi o i miei (ad essere pignoli) compagni di stanza.-Penso sia a lezione. Tu non hai corsi da frequentare oggi?-.
Lei lo fissò, guardinga. –Ho un’ora libera…-.
-Che ne diresti di trascorrerla insieme?-.
Ora sembrava palesemente divertita. -Direi di no, ovviamente-. Gli lanciò un’ultima occhiata derisoria, prima di voltarsi con un “Ci si vede in giro, Bayler” e sparire in fondo al corridoio.
Fred rimase ancora un po’ lì, immobile con un’espressione sognante stampata in faccia. Quando però, si riscosse, fece per tornare dentro e scoprì di aver lasciato la porta chiusa e le chiavi nella stanza.
 
 
 
 
Il test di chimica non era stato particolarmente difficile.
-Fred,- mi interpellò Louis a mensa. –Cosa hai risposto alla seconda domanda?-.
Socchiusi gli occhi, tentando di ricordare. –Mi sembra la C -.
Louis si passò una mano tra i capelli con un sospiro di sollievo. –Meno male, anch’io-.
Mi servii del pollo nel piatto, prima di passare il vassoio a Niall. -Dov’ è Zayn?- domandai mentre masticavo.
-L’ho intravisto nell’aula di Geografia.- mi rispose Liam. -Sembrava di cattivo umore…-.
-Ah, eccolo!- intervenne Harry  indicando l’entrata.
Ma, più che di malumore, Zayn mi parve sconvolto. I capelli avevano perso la loro solita piega, gli occhi scuri saettavano rapidi da una parte all’altra e la camicia bianca della divisa era sbottonata all’altezza del colletto sgualcito.
Appena ci individuò seduti ad un tavolo in disparte, sfrecciò verso di noi ad una velocità supersonica.
Harry distolse l’attenzione dal purea spalmato sulla sua fetta di pane. –Zayn, hai l’aria stravolta.- osservò prima di tornare a discorrere con Louis.
A quel punto il moro si chinò subito su di me. –Fred non c’è in camera sua.- soffiò nel mio orecchio.
No. No. No.
Persi un battito e divenni bianca come un cencio.
-Fred, sei impallidito tutto d’un colpo. Stai bene?- fece subito notare Louis.
-C-credo di avere la febbre…- balbettai, tastandomi la fronte sudata con aria sofferente.
-Meglio passare in infermeria per accertarsene.- convenne Zayn, reggendomi il gioco. –Ti accompagno-.
Mi alzai e lo seguii fuori dalla mensa. –Com’è successo?- sbottai appena fummo in cortile.
-Non lo so. Sono entrato con le chiavi di Louis solo per controllare che andasse tutto bene e …boom. La stanza è vuota e di Fred nessuna traccia. – spiegò allarmato, percorrendo il selciato.
-Hai controllato da qualche parte?-.
-No, a parte il corridoio del dormitorio e il tragitto per andare a mensa-.
-Dove si sarà cacciato?- mugugnai, ma feci solo un altro passo che mi bloccai. –Ho dimenticato la borsa nella mensa-.
-Che importa! La prenderanno gli altri-.
-No, preferisco andarla a recuperare. Poi, cercheremo Fred, prima che combini altri guai-.
Ma, proprio mentre ci apprestavamo a tornare indietro, il vero Fred apriva la porta della mensa.
Cominciava ad avere fame, e non avendomi incontrata, aveva deciso di sgattaiolare fino al buffet, mangiare qualcosa e andare via senza che nessuno lo notasse. Non fece in tempo però a raggiungere il centro della sala che si sentì chiamare.
Lasciò vagare lo sguardo tra i tavoli e scorse un ragazzo castano che lo invitava ad avvicinarsi.
Seppur di malavoglia, acconsentì e una volta giunto lì lo vide seduto assieme ad altri tre ragazzi.
-Ragazzi, ho una gran fame!- esclamò.
-Non dovevi andare in infermeria?-.
-No, cioè si. Ma…-.
-Zayn?-.
Fred confuso si guardò attorno come aspettandosi che qualcuno o qualcosa dovesse spuntare da un momento all’altro dal pavimento. –Chi?-.
Il ragazzo castano, strizzò gli occhi azzurri chiedendosi cosa avesse quel giorno il loro compagno di stanza. I suoi amici d’altronde non sembrano di diverso avviso: il riccio e il suo vicino lo fissavano straniti e il biondo sembrava sul punto di scoppiare a ridere. –Hai l’aria strana. Avevi detto che saresti andato in infermeria con Zayn…-.
Zayn, Zayn, Zayn…-Oh quelZayn!- esclamò d’un tratto Fred, portandosi le mani alle tempie con fare teatrale. –Per un attimo avevo pensato a quello conosciuto in Mozambico!-.
I quattro ragazzi, da parte loro, parevano sempre più perplessi.
-Sei stato in Mozambico?- chiese scettico.
-Sicuro. La scorsa estate, con i miei e mia sorella-.
-Ed io che pensavo che se lo fosse inventato di sana pianta il Mozambico.- celiò il ricciolino con aria divertita.
-Sembri diverso…- constatò il ragazzo dagli occhi azzurri squadrandolo da capo a piedi.
Proprio allora, io e Zayn dall’oblò della porta della mensa individuammo mio fratello in piedi, vicino a Louis.
-Aspetta in dormitorio.- fu l’ordine asciutto di Zayn prima di schizzare dentro.
-Sei più alto.- stava dicendo Harry, quando il moro li raggiunse. –E ti si è…abbassata la voce-.
-Colpa del mal di gola!- esclamò Zayn, circondando le spalle di Fred in un abbraccio amichevole.
–Già.- fece Fred.
-Lo porto in infermeria-.
-Ha detto di essere andato in Mozambico-.
-La febbre fa brutti scherzi.- minimizzò Zayn, prima di far ruotare Fred su se stesso e di pilotarlo verso l’uscita.
-Comincio a non capirci più nulla.- disse Louis, guardandoli mentre si allontanavano.
-Il mondo è matto.- fece spallucce Harry.
 
 
 
 
Ed ecco il nuovo capitolo, un po’…movimentato! Che ne pensate?
Il prossimo sarà quello della partita e il successivo l’epilogo. Ma, forse non ci lasceremo tanto presto (per chi vorrà…) perché avrei in mente un seguito, sullo stesso tono di Tomboy, ma con molte, essenziali differenze. Prima di mettermi all’opera però, desideravo conoscere un vostro parere. I particolari potrò darveli nel my space dell’epilogo, così non vi rovinerò certe sorprese. Nel caso vi piacesse la prospettiva, inizierò a pubblicarla appena terminata anche Penfriends.
Ah, il ventuno vado in montagna con i miei: penso di riuscire a postare il ventesimo capitolo di Penfriends, ma quanto a Tomboy ci rivedremo direttamente il trenta luglio :(
A parte questo, devo fare un grazie enorme a chi lascia una recensione/preferisce/segue e ricorda questa storia; chi mi tiene tra gli autori preferiti e chi invece legge e basta. Grazie, sul serio! Siete meravigliose, tutte quante! *.*
Inutile dire che mi farebbe immensamente piacere conoscere il vostro parere su questo capitolo xx

Per qualsiasi cosa sono su ask: http://ask.fm/RuthSpencer 
Vado a rispondere alle recensioni <3

Caty
 

 Ps. Ho appena pubblicato una storia, è un po' particolare e durerà cinque capitoli. Se qualcuno di voi volesse darci una sbirciatina, ne sarei felicissima :D  -   C'era una volta un caso umano  - !!!!!
 

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Capitolo 13
*** 12. The worst is over...maybe. ***


                               




Come nei sillogismi ci vogliono due premesse per fare una conclusione, così ci vogliono due persone per darsi un bacio. 
                                                                (La Dodicesima notte- Shakespeare)
 
 
 
12. The worst is over…maybe.
Chi non muore si rivede.
 
 
Quante azioni compiamo? Quante inconsciamente?
Sei in camera tua, in pigiama, chiedendoti quale sia il problema in tuo fratello, quando ti senti afferrare e all’improvviso cominci a domandarti freneticamente cosa tu abbia commesso per essere trattato con così poco riguardo.
Andò più o meno così quella sera.
Qualcuno mi prese per la collottola e mi scosse con violenza. –Prima fingi di comportarti d’amico dicendomi che Vichy non è una ragazza da frequentare e poi ci provi con lei?-.
Lo fissai terrorizzata, conscia dell’avere addosso le sue mani così grandi che avrebbero potuto trasformare facilmente la mia testa in una palla di budino. Impiegai alcuni istanti a capire, mentre facevo correre uno sguardo confuso per la stanza, prima su Louis, poi su Niall in cerca d’aiuto. Ma, neanche loro capivano.
Poi, i miei pensieri corsero a Fred e improvvisamente compresi l’accaduto. Mio fratello aveva fatto lo svenevole con Jordan, ignaro del fatto che io e lei ci detestassimo e a quel punto Vichy non aveva perso tempo e aveva rinfacciato l’episodio ad Harry per trarne il dovuto vantaggio. Strega lei e idiota lui.
-I-io non ci ho provato!- farfugliai sulla difensiva.
-Harry,- intervenne Louis. –Non credo che Fred…-.
-Invece, si. L’hai sentita anche tu Vichy-.
-Ma, lei mi odia!- esclamai.
-E’ vero: lo detesta.- osservò calmo Niall, seduto sul letto con le mani dietro la schiena che stringevano il piumino.
-Magari Fred sarà stato più gentile del solito e lei avrà approfittato della situazione. Sappiamo tutti che non vede l’ora di venire a letto con te, Harry. – ragionò Louis ad alta voce.
Harry socchiuse un attimo gli occhi, forse riflettendo brevemente se riempirmi di botte o credermi.
Finalmente allentò la presa sulle mie spalle e mi lasciò libera.
-Stronzo.- lo sentii mormorare prima che uscisse dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.
Louis mi guardò dispiaciuto. –Gli passerà-.
 
 
“Gli passerà”mi aveva assicurato Louis la sera prima, ma il martedì trascorreva veloce tra una lezione e l’altra, tra il pranzo della mensa e l’intervallo pomeridiano. Durante l’allenamento, l’ultimo prima della partita, non mi degnò di uno sguardo.
“Gli passerà”.Si, ma quando? Entro un’ora, un giorno, un mese…un anno?
Al momento opportuno avrei sistemato Fred per le feste per tutti i guai che aveva combinato col suo ritorno.
Zayn d’altra parte non era da meno. Continuava a confondermi: dopo il bacio con la Signorina Cope si era comportato come se nulla fosse e ai miei “hai parlato con lei oggi?” replicava facendo spallucce.
La mattina della partita, andai a fare colazione con gli altri, sovrappensiero. Fred era rimasto nella mia stanza e per fortuna sarebbe rimasto lì senza fare pasticci.
-Fred, sei preoccupato? Tranquillo che li stendiamo-. Guardai Niall mesta, prima di sospirare e mettermi in fila per il caffelatte.
Le lezioni sarebbero durate sino alle dieci e mezza, mentre noi che facevamo parte della squadra di calcio eravamo esentati dal frequentare i corsi.
Paul, il nostro allenatore, volle incontrarci prima della partita per una revisione dell’intera tattica di gioco. Nell’edificio C, adibito alla palestra, vi era un piccola sala congressi dalle poltroncine rosse.
-Il gioco della Higthon School è principalmente basato sulla forza fisica. Quando gli attaccanti avanzano ricordatevi di adottare la difesa a zona. Niente pressing: in un contatto fisico non reggereste tre secondi-.
-….armadi a due ante…- sentii bisbigliare alle mie spalle. Era vero: molti dei compagni di Sam erano dei colossi, alti e soprattutto robusti, ma noi eravamo rapidi e precisi nei passaggi almeno quanto loro erano forti.
-Niall, Michael, - continuò il coach, rivolto ai nostri compagni. –Avete delle buone capacità aeree: sfruttatele al meglio. Se riuscite a metterli in fuorigioco, il campo è vostro-. Poi, si volse verso di me:-Fred, stai attaccato alle due punte, Zayn ed Harry: mi raccomando-.
Nel sentirsi nominare, il primo mi lanciò un’occhiata seria e l’altro incrociò le braccia al petto con un lieve sbuffo.
Harry, bello e impossibile. Zayn bello e…impossibile lo stesso.
-Louis, smettila di chiacchierare con Colin. – lo riprese Paul. Cinque minuti dopo, uscivamo per entrare negli spogliatoi.
Il pullman con i giocatori della Higthon School era parcheggiato nello spiazzo davanti ai cancelli del College: i ragazzi della squadra avversaria indossavano i pantaloni lunghi della tuta e la felpa blu con i bordini gialli. Nel mio armadio ne conservavo una identica anch’io.
Salivano e scendevano dal mezzo di trasporto, per recuperare le borse e gli effetti personali.
Per un attimo, prima di entrare negli spogliatoi mi parve di intravedere Nick Parker e accanto a lui la chioma castano chiara di Sam.
-Sta’ calma, okay?- si raccomandò Zayn sulle scale degli spogliatoi. Deglutii rumorosamente e seguii Louis davanti a me.
Mentre ci cambiavamo, gli avversari entrarono con i borsoni su una spalla. Alcuni si salutarono con i nostri, altri ci guardarono in cagnesco, altri ancora continuarono a chiacchierare fra loro.
Ma, solo uno attirò la mia attenzione: un ragazzo alto, con i capelli schiariti dal sole e gli occhi castani.
Quando mi passò accanto, ficcai il naso nel mio giaccone con la scusa di cercare qualcosa nelle tasche per non essere riconosciuta.
Ma, non gli fu difficile notarmi, mentre mi sfilavo i pantaloni lunghi della tuta, con indosso già i calzoncini rossi.
Calzai gli scarpini e proprio quando allacciavo il sinistro, Sam parve accorgersi della mia presenza.
-Fred!- disse forte abbastanza da attirare l’attenzione di tutti i presenti. –Non sapevo facessi parte della squadra-.
Mi esibii in un sorrisetto innocente: dovevo parlare il meno possibile, altrimenti mi avrebbe riconosciuta.
-Ma, non eri una frana a calcio?- mi chiese maligno: alcuni dei suoi ridacchiarono. Strinsi i pugni e mi voltai verso Zayn lanciandogli uno sguardo eloquente.
Ma, non fu lui a difendermi. –Veramente, è il miglior centravanti che abbiamo mai avuto-. La voce ruvida di Harry mi spinse a girarmi nella sua direzione. Mi sorrise, sincero.
-Siete messi male allora!-. Qualcuno rise sguaiatamente.
-Lo vedremo in campo.- replicò semplicemente il capitano della nostra squadra. Voltò le spalle a Sam senza tanti complimenti e mi raggiunse. –Fred, volevo dirti che ho capito di aver sbagliato sul tuo conto. Sei stato gentile con noi, anche se almeno all’inizio non tutti si sono comportati correttamente nei tuoi confronti. Volevo dirti che…beh, ora sei dei nostri-.
-Grazie.- sussurrai grata del fatto che Harry avesse deciso di chiarire. –Non mi deludere in campo-.
Mi diede una pacca amichevole sulla spalla, facendomi barcollare sotto il suo peso e se ne andò. Se lo avessi sentito parlare così qualche giorno prima, avrei provato una piacevole sensazione di vuoto allo stomaco, avrei sorriso giuliva o saltellato una volta che mi avesse dato le spalle. Adesso invece ero solo…contenta.
Uscii dallo spogliatoio per ultima e stavo per raggiungere gli altri, quando mi resi conto di un problema: la vescica stava per scoppiare.
Decisi allora di fare dietro front e tornare da dove ero venuta, ma mi imbattei in…
-Bayler, non stai andando dalla parte sbagliata?-.
La guardai interrogativa. Ci mancava Vichy Jordan.
-Lo spogliatoio femminile è dall’altra parte. – spiegò lei con un sorriso vittorioso dipinto sulle labbra rosse come due ciliegie.
-Non capisco!- saltai su nervosa.
-Andiamo, Bayler! Fai funzionare la materia grigia. Secondo te chi può aver scoperto il tuo segreto negli spogliatoi femminili, tre giorni fa?-.
La fissai incredula, mentre i miei ingranaggi cerebrali cominciavano a ruotare vorticosamente. –Sei stata tu a rubarmi i vestiti!- esclamai esterrefatta con la voce più alta di un decibel. Come avevo fatto a non sospettare di lei?
-Già, e speravo anche che non li trovassi, ma poi c’era sempre il moro che accorreva in tuo aiuto-. Capii che il “moro” per lei dovesse essere Zayn. –Poi, - continuò come se mi stesse raccontando una divertente gita al lago con gli amici. –L’altro giorno mentre cercavo Harry per potergli parlare, ho incontrato il vero Fred-. Si godette la mia espressione allibita prima di proseguire:-Non è stato difficile capire che non fossi tu. Ci ha spudoratamente provato con me, senza sapere che il nostro rapporto non naviga in buone acque. A proposito, è carino tuo fratello…- osservò noncurante con l’intento di provocarmi.
-Così hai pensato bene di vendicarti dicendolo ad Harry. Non mi ha parlato per due giorni!-.
-Povera piccola!- mi schernì lei.
La ignorai, riflettendo brevemente sugli ultimi eventi. –Perché non gli hai raccontato la verità?-.
-Perché?- fece lei retorica. –Perché quando ti ho spiata negli spogliatoi, ti ho riconosciuta. Ho capito che eri la ragazza che Harry aveva baciato al ballo, che era colpa tua se lui mi aveva piantata in asso. Se gli avessi rivelato il tuo segreto, sarebbe corso tra le tue braccia e tu l’avresti accolto come una benedizione. D’altronde, ti piace…-.
-No, sei fuori strada.- la contraddissi senza neanche pensarci.
-Ah si?-.
-Si.- dissi risoluta. Non mi piaceva?
-Meglio così. Allora, possiamo continuare ad ignorarci proprio come prima-. Si voltò, fece qualche passo, poi tornò da me. –Come ti chiami?-.
-Maud-.
-Che nome strano!-.
-Perché, Vichy?- la sbeffeggiai. –Più banale non si può!-.
Mi mandò al diavolo ed io rientrai negli spogliatoi sorridendo.
Ma, proprio ora che tutto sembrava andare come avrebbe dovuto, il fato, il destino o la sfortuna -chiamatela come volete!- ci mise lo zampino.
Entrata nel primo cubicolo libero, mi chiusi la porta dietro e feci scattare la serratura, ma quando andai per riaprirla scoprii di essere bloccata dentro.
La partita però stava per iniziare. Colpita da quel pensiero, presi a battere i pugni sulla porta.
-Ehi! Ehi! C’è qualcuno? Sono bloccato!-. Tentai di nuovo di far scorrere l’asticella della serratura, ma invano. –Aiuto! Mi sentite?-.
Cazzo. Cazzo. Cazzo. 
Cazzo. L’ho già detto?
Sentivo il chiacchiericcio sugli spalti proprio sopra gli spogliatoi. Assestai un altro calcio alla porta nella speranza di sfondarla, ma non ottenni risultati.
 
 
 
Zayn intanto allineato con i suoi compagni si guardava intorno alla mia ricerca. –Si può sapere dove è finito Fred?- sbottò rivolto ad Harry.
-Non lo so, ma qui la partita sta per cominciare. Paul mi ha detto che non possiamo aspettare
oltre-.
-Ma, non possiamo neanche giocare senza di lui-.
-Cosa vuoi che ti dica, Zayn?-.
-Io vado a cercarlo negli spogliatoi.- tagliò corto il moro, ma prima che muovesse un solo passo, Harry lo strinse per le spalle. –Fred è uscito con noi: negli spogliatoi non c’è, è inutile cercare ed io non voglio restare senza una punta perché il centroavanti si è perso-.
-Cosa pensi di fare, allora?-.
-Giocare la partita. A Fred ci penseremo nel secondo tempo-.
Zayn parve contrariato. –La perdiamo la partita senza di lui. Gli schemi di gioco sono improntati sul suo intervento-.
-Ne faremo a meno per quarantacinque minuti. Tu pensa al pallone-.
-E chi dovrebbe giocare al suo posto?-.
L’espressione che comparve sul volto di Harry dovette essere delle più eloquenti, perché Zayn strabuzzò gli occhi. –Non mi dirai che…- iniziò allucinato.
Harry annuì sconsolato. –Alan Davies-.
-Sarà una strage. – commentò lugubre l’altro, mentre la riserva si sgranchiva le gambe ai margini del campo. –Potremmo passare direttamente alla sconfitta a tavolino, già che ci siamo-.
Harry gli lanciò un’occhiata truce. –Non peggiorare la situazione-.
Alan Davies era una delle poche o forse l’unica riserva a non aver mai giocato una partita. Era basso e tarchiato, per niente agile nei movimenti e il fatto che ogni anno in un modo o nell’altro venisse inserito nel gruppo…beh, nessuno se lo sapeva spiegare.
Niall si avvicinò al capitano. –Harry, stai scherzando, vero? Non puoi far giocare Davies!- protestò.
Louis e Colin lo appoggiarono subito. –Ragazzi, Fred al momento sembra introvabile e la partita deve per forza cominciare. Perciò teniamo duro fino al secondo tempo, poi vedremo che fine a fatto l’ imbecille.- spiegò il riccio.
–Ci faranno a pezzi.- concluse Louis.
 
 
 
Il fischio d’inizio. Ero sicura di averlo udito.
La voce amplificata e metallica di Jude Huston che faceva da cronista mi invase le orecchie subito dopo.
Saltai sulla tazza, appoggiandomi alle pareti con le mani, ma per quanto tentassi di aggrapparmi al muro per poter scavalcare, non ci riuscii.
Un altro fischio da parte dell’arbitro, qualche protesta, un calcio di punizione.
-Bradley prende una breve rincorsa, carica il destro…Ottimo tiro per la squadra dell’Highton School! ATTENZIONE!-.
Mi bloccai in bilico sulla tazza del gabinetto con le orecchie pronte a captare qualsiasi suono.
-La barriera dei nostri è solida come il marmo: Tomlinson butta fuori il pallone e fa guadagnare il fallo laterale agli avversari-.
Chi stava a giocando al mio posto? Perché non erano venuti a cercarmi?
-…Sam Evans…-. Nel sentire pronunciare quel nome, mi impietrii all’istante. -Evans controlla il pallone molto bene, smarca Canon: passaggio trasversale con Parker…Parker avanza…-. Trattenni il respiro e con me tutti gli studenti radunati sugli spalti molto probabilmente. –ma, sbaglia a calibrare il tiro da fuori area che viene intercettato da Horan-.
Bravo Niall!
-Tomlinson, Canon, ancora Tomlinson, largo per Davies. Il centravanti di BellboroughCourt sembra riscontrare qualche difficoltà nel gioco offensivo. A quanto ne so, la formazione del nostro Coach prevedeva un quattro-tre col centravanti avanzato, Fred Bayler che sembrava aver acceso i suoi compagni di nuove speranze per il campionato, ma stamattina non si è fatto vedere. Forse ha avuto…Oh, Malik prende palla, saetta tra i difensori avversari, sembra inarrestabile…VAI COSI’ ZAYN!-. Alcuni secondi di silenzio, rotti solo dal brusio degli spettatori. –Scusi, professoressa: lo so, devo essere imparziale…-. Probabilmente era stata la McCarthy col suo cipiglio a riprendere Jude.
-Malik non si arrende, con un dribbling mette fuori gioco Anderson, gioca il tutto per tutto, tira: Wilson para, niente da fare-.
Il colletto della maglia mi prudeva terribilmente: stavo sudando.
-Rimessa del portiere, scontro aereo per Anderson e Styles che sembra avere i capelli più spettinati del solito stamattina, il che è tutto dire. No, Styles: nulla di personale. Il tocco è per lui, il capitano, raggiunge la porta, è sul punto di TIRARE…-si accalorò Jude improvvisamente, forse si era addirittura alzato in piedi.
Oh, porca...!
-La palla colpisce come un siluro il palo. Il goal è difficile da trovare con una difesa come quella dell’Highton School. Intanto le nostre cheerleader si fanno sentire: Vichy Jordan pare particolarmente in forma stamattina e…aspettate un attimo! Malik ha colpito Evans con un gancio destro invidiabile…Okay, si ha ragione, professoressa: la violenza è inaccettabile. Qualsiasi cosa gli abbia detto Evans, Malik non doveva eccedere in un gesto simile…Dio Santo, l’ha proprio steso!- continuò tutto eccitato. -Finalmente l’arbitro se ne accorge, sospende il gioco-.
Evans? Zayn aveva picchiato Sam? Perché mai?
Trattenni il fiato per l’ennesima volta. Immaginavo l’arbitro circondato dai giocatori che tentavano di spiegarsi, Zayn con le mani fra i capelli incredulo di fronte al proprio comportamento, Harry e Louis che discutevano con i guardalinee, le tribune silenziose in attesa del verdetto.
-Cartellino rosso per Malik. Questa non ci voleva. La seconda punta della nostra squadra lascia il campo, abbattuta-.
I miei neuroni impiegarono svariati secondi per elaborare la notizia e quando capii la gravità della situazione, sentii la porta degli spogliatoi sbattere con violenza.
-Zayn! Zayn!- mi misi ad urlare.
-Maud?- disse la voce del moro, incerta. Si avvicinò alla porta del mio gabinetto. –Che fine hai fatto, si può sapere? Sei caduta nel cesso, per caso?-.
-Il premio per la simpatia, Malik, davvero.- ironizzai. –Vuoi liberarmi? Sono bloccata-.
-Certo che tu e la sfiga andate a braccetto-.
-Non me ne parlare-.
-Sei presentabile, oppure devo coprirmi gli occhi?-.
-Apri, Zayn o ti ficco…-.
-Okay. Ho afferrato il concetto.- mi interruppe lui lasciandosi sfuggire una risata. Un attimo più tardi due occhi nocciola mi scrutavano divertiti dal vano della porta.
-Zayn! Che diamine ti salta in mente? Come faremo ora che sei stato espulso?- lo aggredii.
Alzò le mani in segno di resa.
-Perché ti hanno sbattuto fuori?-.
-Lascia perdere…-.
-No, affatto. Io…-.
Le parole che Jude Huston stava pronunciando in quel momento però zittirono entrambi. –Evans sembra essersi ripreso in fretta dal pugno di Zayn Malik. Sferra una cannonata e…-. Intercettai lo sguardo del moro, sgranando gli occhi. – E goal. Segna l’uno a zero al trentacinquesimo del primo tempo. I suoi compagni esultano-.
Fissai il soffitto in ascolto, prima di urlare:-Vaffanculo!-.
Pesto i piedi a terra. –Vaffanculo! Fottiti, Evans! Fottiti, fottiti! Stronzo! Pezzo di merda…-.
-Bip!- intervenne Zayn. –Hai appena vinto il premo per aver pronunciato in meno di trenta secondi tutte le parolacce del vocabolario-.
-Non rompere. Lo odio-.
-Si, l’avevo capito-. Sbuffai, ancora fuori di me per quel goal subito, ma, avrei dovuto farci l’abitudine perché meno di dieci minuti più tardi, Parker segnò la doppietta.
Quando finalmente finì il primo tempo, gli altri tornarono negli spogliatoi.
-Dammi un valido motivo per non prenderti a calci in culo!- mi apostrofò subito Harry furente.
-Sono rimasto bloccato nel bagno.- spiegai.
-E così ci hai piantati in asso perché dovevi pisciare?-.
-Ragazzi, non litigate. – prese parola Louis, ponendosi tra me e il ricciolino. –Adesso che c’è Fred, possiamo ancora vincere-.
 
 
 
-Cos’ è? Hai finito di fartela sotto, Bayler?- mi schernì Sam, quando entrammo in campo.
Continuai ad ignorarlo bellamente, mentre affiancavo i miei compagni. –Come sta Maud? Ha preso a pugni qualcun altro nel frattempo?-.
A quel punto, non resistetti. –No, forse sei tu che le prendi da tutti e basta-.
Sam sembrò incassare il colpo. –Salutamela e dille che dovrebbe cimentarsi nella box, invece di provare a giocare a calcio-.
Gli diedi le spalle e seguii Harry. –Fred, ricorda solo gli schemi che abbiamo studiato assieme. D’accordo?-.
Annuii, mentre il cuore mi scalpitava nel petto e le gambe erano diventate improvvisamente gelatina. Due minuti più tardi, l’arbitro suonò il fischio di ripresa. Solo allora mi parve di riacquistare tutta la forza fisica necessaria per potermi battere.
In mezzo al campo, era tutto più semplice ed istintivo per me: mi muovevo tra gli avversari, sfrecciavo da una parte all’altra del campo, smarcavo, prendevo palla, la lanciavo agli altri. Proprio lì, mentre mi precipitavo a recuperare il pallone, capii che indipendentemente da Sam e le mie inutili questioni di principio, io volevo giocare a calcio. Mi sentivo nata per farlo ed era una sensazione del tutto appagante.
-Fred!- mi chiamò Harry, dall’altro lato del campo sovrastando la voce di Huston sugli spalti. Smarcai con un dribbling Odell e mi portai sulla fascia laterale, lanciandomi in una corsa frenetica verso la fine del campo, con Anderson alle calcagna.
Il tiro però fallì miseramente, intercettato da Wilson, il portiere, che con un lancio lungo fece atterrare la palla sul petto muscoloso di Parker in attacco.
-Anderson mi sta appiccicato alle sottane, Harry. Non posso neanche starnutire, che mi salta addosso-.
-Tu tienilo a bada. Io penso a segnare-.
Annuii, riprendendo a correre verso il centrocampo. Wilson ovviamente mi seguì come un cane da tartufo. -Hai perso la mamma, per caso, Wilson?- lo sbeffeggiai.
Lui rispose con un grugnito minaccioso che non riuscii a decifrare: mi voltai per controllare il gioco dei nostri difensori.
-Horan sembra in serie difficoltà di fronte al pressing di Evans, - stava urlando Jude, seduto accanto alla professoressa McCarthy.- riesce a liberarsi, passa il pallone a Tomlinson. La palla attraversa il campo, prende il controllo Davies, ma lo perde quasi subito, smarcato da un Bradley piuttosto aggressivo in questo secondo tempo. Effettua un tunnel nei confronti di Canon e Horan. Tomlinson lo ferma ancora. Avanza rapido, superando Evans e Parker. Scavalca Bradley con un salto e si porta al centro campo! Incredibile!-.
Incrociai lo sguardo di Louis che, quasi avesse le ali ai piedi, si affrettava a venirmi incontro più veloce che mai. Mi indirizzò il pallone e in pochi attimi presi a correre verso l’area avversaria.
Wilson tentò di sottrarmi la palla, ma fui rapida: accelerai fino a raggiungere il corner e lì dopo un breve respiro, scagliai il pallone al centro dell’area. Il resto mi sembrò che avvenisse come in una moviola. Vidi Harry spiccare un salto quasi a rallentatore, sollevarsi da terra mentre la palla fischiava come una freccia nell’aria del mattino, inarcare la schiena per caricare il tiro e poi effettuare un cross al centro, di testa. La palla sibilò a pochi centimetri dall’orecchio di Wilson ed entrò in porta.
Portai le braccia in alto, con le mani strette a pugno, felice e poco dopo Harry mi abbracciò così forte da farmi male. Saltellai assieme a lui e gli altri ci travolsero per esultare. Eravamo in svantaggio, ma tanto era il nostro entusiasmo ora che sembrava avessimo vinto il campionato.
-Bayler pare fondamentale per il gioco di Styles. Un bolide sarebbe stato più semplice da parare per Wilson!- disse entusiasta Jude al microfono, prima che si riprendesse la partita.
Ormai mancavano pochi minuti al fischio finale. Pur avendo subito un goal, il morale degli avversari non era calato affatto, anzi, erano diventati più violenti e battaglieri che mai.
L’arbitro fu costretto a fischiare diversi falli, ma il gioco lo conducevamo noi. Si crearono nuove occasioni per segnare, qualche tiro di tacco o di esterno senza risultati nel tentativo di fare breccia nella difesa avversaria.
Intanto però, lottavamo per recuperare lo svantaggio e concludere bene la partita che si era fatta avvincente: i passaggi erano brevi e veloci, precisi ed efficaci.
Era il novantunesimo minuto quando Evans per un errore di concentrazione si lasciò sfuggire il pallone. Colin ne approfittò subito per passarla a Niall. Il pallo netto dell’irlandese colpì la schiena di Bradley che si gettò a carponi tossendo, ma il gioco non venne fermato. Davies con un maldestro tiro di collo, lanciò la palla ad Harry. Wilson e Odell si fiondarono verso di lui per allontanarlo dall’area. Come due grossi cinghiali inferociti che infieriscono sul terreno e sollevano grosse zolle di erba e muschio, ondeggiando la testa da un lato all’altro, i difensori massicci della squadra avversaria sbuffarono e caricarono come animali contro il ricciolino.
Harry ed io ci scoccammo uno sguardo eloquente e quando ormai gli erano addosso, sferrò il tiro. Il pallone volò ad una velocità strabiliante verso il lato sinistro del campo: io mi fiondai verso quella direzione come un battitore di baseball che con un lancio oltre le linee di foul, ottenga un home run* per sé e per tutti corridori della sua squadra presenti sulle basi.
Corsi come mai in vita mia, entrando nell’area e preparandomi a colpire. Riuscii ad intercettare il pallone nel momento esatto, sollevai i piedi da terra piegandomi di lato e con una rovesciata micidiale lo scagliai nella rete.
Come per il primo goal, tutti i giocatori e addirittura il portiere accorsero per festeggiare. Un minuto più tardi il triplice fischio dell’arbitro vibrò nel campo e tra gli spalti, mentre ancora ci abbracciavamo. Avevamo pareggiato, ma per noi era stata una vittoria.
 
 
 
-Per come era cominciata, mi stupisco che si sia conclusa così. – terminò il racconto Louis negli spogliatoi maschili.-La prossima volta, li annienteremo-.
Niall annuì infilandosi una maglia pulita ed Harry fece altrettanto sedendosi con un sospiro.
-Bel tiro, Fred! Non deve averla vista nemmeno!- si congratulò Colin appena entrato. –Grazie.- mugugnai. Proprio allora mi accorsi di Zayn che aveva ascoltato in silenzio il resoconto dettagliato della partita, tra l’entusiasmo e l’eccitazione generale.
-Davies, te la sei cavata, sai?- lo incoraggiò Louis con una pacca sulle spalle. –Forse alla fine del College sarai passabile!- celiò facendo ridere tutti. L’altro sbuffò vagamente divertito.
-Stanno preparando un rinfresco nella camera di Jordan. Voi venite?- intervenne Colin.
-Certo che partecipiamo!- fece Louis con ovvietà. –Fred?-.
Improvvisamente nello spogliatoio calò il silenzio. Avvertii gli sguardi di tutti i presenti puntati su di me. Avvampai. –Si, fra poco-.
-Ti aspettiamo-.
Così, una volta tornata in camera, feci uscire mio fratello dall’armadio quando ormai eravamo soli, per potergli parlare. Avevo ripreso i panni della vecchia Maud: i capelli scuri e lunghi, mi ricadevano sciolti sulle spalle e sul seno; indossavo un paio di jeans aderenti e una felpa grigia. Si trattava di un abbigliamento anonimo, ma pratico per fuggire da BellboroughCourt il più in fretta possibile e salire sul primo treno diretto a Londra.
-Fred, vai tu al mio posto. Io devo partire-. Dissi cominciando a radunare le mie cose. –Va bene.- acconsentì senza tante cerimonie, poi aggiunse:-So che hai fatto un goal straordinario…-.
-Una rovesciata.- precisai sorridendo.
-E Zayn?-.
-Che intendi?- gli domandai spaesata.
-C’è qualcosa fra di voi?-.
Lo fissai chiedendomi se fosse serio o meno, prima di scoppiare a ridere. –Certo che no! Perché me lo chiedi?-.
Si sedette sul bordo del letto di Niall, allungando le gambe sul pavimento laccato. –Ho sentito che…beh, è stato espulso per te-.
-Cosa?!-. Balzai in piedi sconvolta.
-Già, Sam continuava ad offendere te e me. “Maud di qua, Fred di là” e alla fine lui l’ha colpito, così ho pensato…-.
Non gli lasciai il tempo di spiegare, abbassai di scatto la maniglia della porta e mi precipitai fuori.
Fred mi venne dietro. –Maud? Dove vai?-.
Caracollai fino agli spogliatoi femminili e mi fermai davanti alla camera di Vichy Jordan, aperta e accessibile a chiunque volesse festeggiare per lo straordinario recupero della nostra squadra.
-Dolcezza, non ti ho mai vista qui…-. Al sorriso mellifluo che mi rivolse Colin Canon sbuffai, scavalcandolo. La stanza era più affollata di quanto credessi: i letti erano stati addossati al muro lasciando dello spazio libero al centro dove con le due scrivanie era stato improvvisato una sorta di rinfresco con noccioline e alcoolici.
Lasciai vagare lo sguardo per la camera in cerca di Zayn e lo individuai  appartato vicino al davanzale della finestra con un drink in una mano e una sigaretta nell’altra. Tentai di creare un varco nel muro i persone che ci separavano, ma proprio quando ero a poca distanza da lui, mi venne incontro un grosso inconveniente.
-Ehi,- mi sorrise Harry sornione. –Maud, giusto?-.
Annuii, sperando mio malgrado che qualcosa lo distraesse dalla mia presenta lì.
-Senti, prima che tu sparisca di nuovo: volevo chiederti il numero di telefono. Così, magari…-.
-Harry,- lo interruppi subito, posandogli una mano sul braccio. –Aspetta un attimo-.
Lo superai e marciai dritta verso Zayn che sembrava non avermi ancora notata.
Mi rivolse un sguardo dapprima stupefatto, poi divertito. –Che ti ridi, si può sapere?- abbaiai rabbiosa. –Ti proibisco categoricamente di farti espellere per me durante una partita.- gli ordinai minacciosa prima di tirarlo per la camicia e baciarlo. Esatto, lo baciai come non avevo mai pensato di fare con un ragazzo. Lentamente lui abbassò le braccia fino a sfiorarmi i fianchi con il bicchiere e il mozzicone di sigaretta spento. Mi strinsi contro di lui, accarezzandogli la schiena tra un mezzo sospiro e l’altro, tra un bacio febbrile e l’altro. Affondai una mano nei suoi capelli corvini, dischiudendo le labbra per permettere alle nostre lingue di cercarsi, incontrarsi, rincorrersi, un po’ come avevamo fatto noi due per tutti quei giorni.
Quando finalmente ci staccammo ancora ansimanti, nella stanza di Vichy Jordan nessuno parlava.
Anzi, sembravano tutti molto interessati a noi due. Harry era rimasto impalato dove l’avevo lasciato, con un sguardo frastornato che avrebbe divertito chiunque e il bicchiere col drink ancora tra le mani.
Solo dopo alcuni istanti, Louis si fece avanti confuso. Guardò prima me, poi Fred che era appena sopraggiunti. –Qualcuno può spiegarmi cosa sta succedendo?-.
Intercettai lo sguardo complice di Zayn, poi scoppiamo a ridere all’uni solo. –E’ una lunga storia-.
 
 
 
La vittoria sarebbe stata un po’ scontata, non trovate? Mi sono divertita tantissimo a scrivere la cronaca di Huston, spero quindi che non vi abbia annoiate troppo (mi sono fatta una full immersion di telecronache su you tube).
*Poi, ho citato il cosiddetto home rundel baseball: avete presente quando nei film americani, durante una partita, uno comincia a correre a buffo per il campo e voi non ne capite il motivo? Ecco, quello è il fuoricampo, ovvero l’opportunità di fare un punto occupando tutte le basi. 
E’ mezzanotte e mezza e domani parto, quindi vi saluto. Grazie a chi recensisce/preferisce/segue/ricorda questa storia. Davvero, mi lusingate tantissimo, siete meravigliose <3 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ogni vostro commento sarà utilissimo per migliorare. Fatevi sentire e buone vacanze :)
Alle recensioni risponderò odmani mattina dal cellulare che sono esausta DD:
Ruth <3
  

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