Undefinable thing

di birilloorsettokinder
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My perfect one ***
Capitolo 2: *** Stray Dog ***



Capitolo 1
*** My perfect one ***


undefinable thing

 

Buonasera! Che sta facendo qui? Ora? Oggi? Me lo chiedo anche io, in realtà. Non è che abbia le idee molto chiare su questo nuovo progetto!! E’ solo che è nato, da un bel po’ di tempo, nella mia mente, e non poteva aspettare più.

Robert Pattinson e Kristen Stewart: che palle, direte. E lo so, che palle. Ma non posso evitare di provare delle emozioni e quando qualcosa mi fa provare emozioni io devo per forza creare, intorno a queste sensazioni. E loro sono due persone talmente speciali … ignorarle è impossibile.

Direi anche che è evidente, ormai. Tutto il mondo non riesce ad ignorarli.

Non sono una twilighters, ho letto i libri, ho visto i film, mi sono piaciuti. E basta. Loro due, queste persone meravigliosamente speciali, mi hanno però sempre incuriosita. Li ho seguiti per anni, senza dire molto, e li ho semplicemente visti crescere, crescendo insieme a loro. E’ assurdo ciò che hanno intorno e non riesco ad immaginare come si possa gestire tutto ciò. Io e Kristen siamo coetanee ed io non capisco come abbia potuto restare se stessa mentre tutto il mondo la guardava. È dura, impossibile. Lei ce l’ha fatta, fino ad ora. Ciò che è successo questa estate è davvero orrendo e non perché lei abbia tradito lui o chissà cosa, ma perché non si tratta un essere umano in questo modo. Ci sono donne, nel mondo, che fanno le troie dalla mattina alla sera, e non per professione, eppure non è un problema. Ovviamente però se sbaglia una ragazza che ha vissuto tutto la vita per conto suo la cosa fondamentale è distruggerla, in ogni modo umanamente possibile. Purtroppo nel nostro mondo ipocrisie ed incoerenze regnano sovrane e non possiamo far altro che voltarci da un’altra parte, proprio per ignorarle. Non me ne frega niente, non mi interessano le polemiche né ciò che ha dire il resto del mondo, questi due ragazzi mi hanno ispirato e continueranno a farlo. Questa è una raccolta di shot, senza un ordine temporale, credo, o forse un po’ l’avrà. Ne ho già scritte un po’, ma non avevo pensato di pubblicarle. Eppure oggi ho deciso di farlo perché a volte, quando un cavallo caca su un fiore, qualcuno dovrebbe sforzarsi di spostare la merda per permettere al fiore di risollevarsi. Questo è quanto. Spero vi piaccia.

Undefinable thing

“Non ci posso credere” sbuffò Catherine coprendosi il volto con le mani “è tutto inutile. Non lo troveremo mai”.

“Lo troveremo, vedrai” tentai goffamente di incoraggiarla, anche se in fondo sapevo che la sua disperazione era più che motivata.

“Ma li hai visti? Insomma hai visto l’ultimo che è uscito? Sembrava Azzurro, il principe di Shrek! E’ mai possibile che non si riesca a trovare un bel ragazzo che sia anche bravo a recitare? Ne vorrei uno …” le sue mani volteggiavano in aria mentre gli occhi luccicavano. Sapevo a cosa stava pensando, anche io da un po’ di settimane mi ritrovavo a fantasticare sulle scene che avrei girato, sul romanticismo, la dolcezza, la tensione sessuale, e a sorridere come un’ebete. Ma mancava sempre qualcosa per rendere perfetti quei pensieri, mancava Lui.

Allungai la mano sul materasso e afferrai il copione, che già conoscevo a memoria, sfogliandolo piano. Doveva esserci qualche parola, qualcosa che ci facesse capire quale caratteristica dovesse avere Edward. Non potevamo limitarci a cercare uno che fosse bello come un Dio greco, pallido, e magari avesse gli occhi dorati. Ero certa che la risposta fosse lì, tra quelle pagine, bisognava solo trovarla. Guardai nuovamente verso Cathe, notai i suoi occhi stanchi, e mi sentii un po’ in colpa. In fondo, forse, ero troppo esigente. Se lei fosse stata sola si sarebbe accontentata di uno dei ragazzi che avevamo visto e poi lo avrebbe più o meno adattato al personaggio. E io, invece, mi ostinavo a dire di no. Nessuno mi sembrava all’altezza. Quella stupida fissazione dell’Edward perfetto … dovevo farmela passare, o avrei anche potuto rinunciare a questo film.

Ma che mi era preso? Un mese prima avevo gettato la sceneggiatura nella pattumiera, con una smorfia di disgusto, e ora mi ritrovavo a perdere tempo per trovare un compagno di lavoro.

“Se vuoi andare a casa vai, Kris. Non ti preoccupare. L’ultimo lo vedo io e se ne vale la pena poi vi faccio incontrare. Ma tanto sarà l’ennesimo flop!”.

“No, no resto” lasciai scorrere la mano tra i capelli “e non essere così negativa, in fondo non si sa mai. Chi stiamo aspettando?”

“Un certo Pattinson, Robert Pattinson. L’hai mai sentito?”

Feci cenno di no con la testa e allungai lo sguardo sui fogli che teneva sul tavolo e che sfogliava con attenzione “No mai sentito”.

“Dicono che ha fatto Harry Potter … Cedric Diggory. Me l’ha consigliato un amico, secondo lui potrebbe adattarsi bene alla parte”.

“Non ce l’ho presente. Magari è la volta buona”.

“Se, come no. Sogna và!”

In quel momento qualcuno bussò alla porta della camera d’albero di Cathe e noi ci guardammo, per un attimo elettrizzate e piene di speranza. In fondo chi poteva saperlo … e se fosse stato l’Edward giusto?

Cathe si alzò dalla sedia e andò ad aprire la porta, mentre io me ne restai semplicemente lì, in piedi, accanto al letto, a lisciarmi le gambe scoperte dagli shorts di jeans.

“Ciao” la voce di Cathe suonò di nuovo allegra e piena di vita, come ogni volta. Non avrebbe mai fatto vedere la sua stanchezza o l’ansia e la paura di aver fallito un progetto a cui teneva molto, ancora prima di iniziare.

“Ciao io … io sono …” quel ragazzo sembrava in evidente difficoltà e il pensiero mi fece sorridere, perché lo ero sempre anche io ai provini, ma lo nascondevo meglio.

“Robert, tu sei Robert” gli ricordò Cathe prima di tornare nella stanza in cui ero io.

La prima cosa che vidi furono i suoi piedi e mi sembrò che fossero esageratamente lunghi. Corsi lungo i jeans scuri e non mi soffermai sulla maglia slabbrata, raggiungendo il viso. Non riuscii a trattenere un’espressione divertita quando notai il suo viso, per metà coperto da un cappello, circondato da una massa di capelli di uno strano colore.

“Ciao, Io sono Kristen” gli porsi la mano e restò per un secondo ad osservarla, sospesa a mezz’aria, prima di ricambiare la stretta. La presa era sicura, decisa, ma non invadente.

“Si, lo so” balbettò senza lasciare andare la mia mano.

Fui io a ritrarmi, colpita dagli occhi che incontrai. Erano celesti come non ne avevo mai visto, bellissimi, ma non fu quella perfezione a colpirmi. Piuttosto la sincerità, pura e semplice, mi fece sentire nuda.

“Lui è Robert, te lo dico io perché oggi sembra che abbia perso la memoria” intervenne Cathe mentre facevo scorrere le dita tra i capelli, in un piccolo gesto d’imbarazzo immotivato.

Abbozzò un sorriso imbarazzato mentre io distoglievo lo sguardo “Scusate, lo so, sono un po’ … voglio dire … imbarazzato”.

Quando pronunciò quelle parole io e Cathe ci guardammo un attimo, spiazzate, e poi non riuscimmo a trattenere una risata.

“Ma che …?”

“Scusaci, è che …” Cathe tentò di spiegare mentre ancora sorrideva “ci hai un po’ spiazzate con il tuo accento” lui si chiuse un po’ nelle spalle “lo sai che abbiamo bisogno di un accento americano, vero?”

Annuì infilando la mano nella tasca dei jeans “Si, non è un problema. So cambiare il mio accento”.

Più parlava più era evidente quell’accento inglese che a me piaceva tanto. Avevo già lavorato con un inglese, Eddie, per il film “The yellow hankrchief” e ne ero rimasta alquanto affascinata. Sembravano tanto aristocratici con quella voce affusolata, la “r” tonda e le vocali pure … mi piacevano gli inglesi.

“Non si direbbe” constatò Cathe con un sorriso.

“Perché? E’ così evidente?” sembrò un po’ più a suo agio, ed immediatamente lo fui anche io.

“Giusto un po’” mi intromisi io accennando un sorriso confidenziale.

“Dai Rob, posso chiamarti Rob vero?” lui annuì mentre Cathe si trasformava nella regista esplosiva che mi aveva convinta ad innamorarmi di Bella quando non ne avevo alcuna intenzione “Siediti, facciamo due chiacchiere”.

Gli indicò la sedia e lui si accomodò di fronte a lei, mentre io presi posto sul materasso con le gambe incrociate.

“Si può fumare?” chiese quel ragazzo sfilando il pacchetto di sigarette dalla tasca.

“Si certo”.

Agganciò una sigaretta con due dita e la accompagnò alla bocca, seguii quei movimenti finché non mi beccò imbambolata a fissarlo.

Mi deconcentrai subito prendendo le mie sigarette ed accendendone una anch’io.

“Allora, Rob, perché sei qui?” chiese Cathe fissandolo con curiosità.

“Io …” si schiarì la voce ma dopo qualche secondo capii che non avrebbe continuato la frase.

“Hai letto il libro? Twilight intendo”.

“No, in realtà non l’ho fatto. Ma ho letto il copione”.

“Ok, sempre meglio di niente”.

“Almeno è onesto” mi intromisi espirando nicotina.

“Già almeno è onesto”.

“Non hai idea dei ragazzi che si sono presentati qui …” scherzai rivolgendomi a lui “ alcuni di loro sono abbastanza certa che avessero il fondotinta, e il rimmel. E dovevano convincerci che il loro sogno fosse sempre stato quello di interpretare Edward. Per il romanticismo e l’amore spassionato, ovvio” mi coprii il volto con le mani “Oddio non so perché sto dicendo queste cose. A volte parlo troppo. Scusate sto zitta”.

Li sentii ridere mentre fissavo, accaldata per l’imbarazzo, la moquette verde.

“Ok” riprese Cathe divertita “perciò … hai letto il copione … e perché vorresti la parte?”

“Oooo” rise con il dorso della mano sulle labbra “no. Io non voglio la parte. No. No. E’ che … mi hanno detto di questo provino, e io … io avevo visto Into the wild. E questo è l’unico motivo, volevo conoscere Kristen”.

Restai immobile e senza parole per qualche secondo, probabilmente il groppo di saliva che mandai giù fu piuttosto rumoroso perché entrambi si voltarono a guardarmi.

Provai a parlare, ma tutto ciò che riuscii a fare fu arrossire vistosamente e accennare un mezzo sorriso.

“Oh! Grandioso” Cathe mi salvò prontamente da quel momento imbarazzante “allora sai già quanto la nostra ragazza sia brava, togliti quel cappello e vedi di essere alla sua altezza giovanotto”.

Era stato imbarazzante sentire uno sconosciuto pronunciare quelle parole, ma anche lusingante, non potevo negarlo con me stessa. Nessuno, mai, mi aveva fatto sentire un’attrice come c’era riuscito lui pochi secondi prima. E un’attrice era proprio tutto ciò che avevo sempre sognato di essere.

Si tolse il cappello e potei vedere meglio il suo viso estremamente bianco, le occhiaie un po’ marcate e i lineamenti più affascinanti che avessi mai visto. Lo fissai per un po’, senza rendermene conto, con le labbra dischiuse. Dovette essere la stessa reazione che ebbe Cathe perché per un po’ nella stanza regnò il silenzio.

“Si, lo so. Ho questi strani capelli … li avevo tinti di nero per un film e poi li ho lasciati ricrescere … insomma sono un casino ma posso sistemarli”.

Solo in quel momento mi resi conto che aveva ragione, i ciuffi scombinati svolazzavano qua e là intorno a quel viso, senza un senso specifico, ed erano di due colori : le punte, tinte di un nero intenso, contrastavano con la massa informe di capelli biondi che ricordava la chioma di un leone.

Risi, guardandolo per la prima volta con complicità e non potei non notare quando sembrassero nervosi e colmi di ansia quegli occhi celesti.

“Va bene” anche Cathe rinsavì e mi fece l’occhiolino “iniziamo dalla scena del leone e dell’agnello. Riguardate un attimo il copione e poi via … fatemi vedere che sapete fare”.

Non guardai il copione, conoscevo quella scena già a memoria, ma sentivo una tensione che durante tutti gli altri provini non c’era mai stata. Quel ragazzo m’innervosiva, o forse invece semplicemente mi imbarazza. Non riuscivo a capirlo, ma continuavo a martellare con il piede sul pavimento senza sosta.

Lui si allontanò di qualche passo, accarezzò tra pollice e indice il mento ricoperto da una leggera peluria bionda e mi guardò “Sei pronta?”

“Si, certo” deglutii, con la salivazione stranamente azzerata.

Strinse la mascella e il suo sguardo di fece sicuro, nuovo, deciso.

“Sono un assassino”. La voce suonò diversa, più … americana. In fondo aveva detto la verità.

Scossi il capo tentando di avvicinarmi ma arretrò subito “No, non ci credo”.

“Questo perché tu credi alla menzogna” strinse con forza i pugni ai fianchi “E’ un camuffamento” lo avvicinai ancora e questa volta restò fermo “Io …” deglutì “sono il predatore più pericoloso che ci sia al mondo” abbassò un po’ il viso per protendersi verso la mia altezza “ogni cosa tutto di me, tutto ti attrae” restò concentrato e la voce, contenuta, sembrava perfetta, come sarebbe dovuta essere “la mia voce” marcò le parole “la mia faccia” un’espressione infastidita sul volto “il mio odore perfino” guadagnò ancora qualche millimetro verso di me, poi si raddrizzò sulla schiena “come se io avessi bisogno di questo” afferrò il mio polso con un gesto che mi parve pieno di vigore, ma la presa intorno alla pelle risultò quasi impercettibile “Come se tu potessi sfuggirmi” la voce si alzò di qualche ottava, tuonando nella stanza, l’altra mano cadde sul fianco e mi attirò fino a spalmarmi sul suo corpo “o potessi respingermi” mormorò suadente sfiorandomi la guancia con la punta del naso. Trattenni il respiro mentre il profumo delicato che emanava mi colse alla sprovvista. Lasciò andare il polso, tolse la mano dal fianco, ma io non mi mossi. Tutto il mio corpo poggiava sul suo, caldo e vibrante. Puntò gli occhi nei miei, così vicini da potergli cercare dentro l’anima “Io sono fatto per uccidere” fu poco più di un sussurro, ma sicuro e determinante.

Dimenticai, confusa nei suoi occhi, le mie parole per qualche frazione di secondo, presi fiato, alla ricerca del controllo “Non mi importa” ansimai stordita.

Arretrò di un solo passo, separando i nostri corpi “Io ho già ucciso in passato”.

“Non mi importa” ribadii guadagnando di nuovo campo verso di lui, urtando con la punta del piede sul suo.

Si fermò un attimo, esitò con gli occhi sul mio viso e lentamente, con gesti misurati, poggiò i palmi sulle mie spalle, aperti e delicati “Io ti volevo uccidere” una piccola pausa durante la quale osservai la sua gola deglutire con lentezza, il pomo d’Adamo salire e scendere in un gesto sinuoso e naturale “Non ho mai desiderato del sangue umano così intensamente in vita mia”.

Mi avvicinai al suo corpo, sollevai lievemente i piedi, e lui si chinò in avanti con il collo “Mi fido di te”. Sentii le sue dita sfiorarmi la guancia in un gesto appena percettibile, mentre il viso si avvicinava ancora “Non devi”.

“Sono qui, mi fido di te” ansimai ad un passo dalle sue labbra, con un movimento veloce strinsi nei pugni la stoffa della sua maglia e provai a baciarlo. Si ritrasse immediatamente, allontanandosi di un paio di metri. Prese un profondo respiro che gli fece gonfiare il petto e abbassò lo sguardo, chinando il viso e mostrandomi solo il profilo della mandibola a malapena ricoperta da una peluria bionda “Io e la mia famiglia siamo diversi dagli altri della nostra specie, cacciamo solo gli animali”

Mosse il capo e le spalle “Noi sappiamo controllare la sete” e mi guardò di nuovo, incastrandomi nei suoi occhi “Ma tu … il tuo odore” parlò a denti stretti, storpiando a dovere le parole “siete come una droga per me …” spalancò a mezz’aria i palmi delle mani “E’ come se tu fossi la mia qualità preferita di eroina” con due passi fu di nuovo accanto a me e mi prese con dolcezza la mano nella sua, talmente grande da non riuscire ad intrecciare le dita.

“Non riesco a leggerti nella mente” strinse con più forza “devi dirmi cosa stai pensando”.

Lo guardai per un attimo, mi morsi il labbro avvicinai cautamente il capo al suo petto “Adesso ho paura”.

Lasciò andare la mia mano e si scostò da quel contatto “Bene”. La voce suonò delusa e triste.

Riafferrai la sua mano, con decisione e lo feci avvicinare “Non ho paura di te” scosse il capo muovendo le labbra “ho solo paura di perderti, sento che scomparirai”.

Mi fissò le labbra e poi gli occhi, con cautela, per lungo tempo.

“Tu non sai quanto ti ho aspettata” le parole suonarono morbide e sincere, contro il mio viso.

Involontariamente, senza averlo previsto, poggiai la mano sul suo stomaco.

Il respirò si spezzò in gola quando la sua mano si fermò tra il mio petto ed il collo, calda e morbida. “E così il leone si innamorò dell’agnello”.

Deglutii a fatica, stropicciando nel palmo la sua maglietta “Che agnello stupido”.

Una lieve nota di ilarità si disegnò sul suo volto “Che leone pazzo e masochista”.

Poggiò lentamente la fronte contro la mia, e smisi di respirare.

 

“hm-hm” qualcuno tossicchiò e mi riportò in un attimo alla realtà. Ero interamente spalmata sul suo corpo, con una mano nella sua e l’altra ad accartocciare la maglia con tanta forza da avergli quasi scoperto la pancia.

Mi allontanai di scatto, imbarazzata e confusa, mentre lui sorrise. Fece scorrere la mano sull’addome e si sistemò un po’, ma la stoffa rimase spiegazzata. Distolsi lo sguardo e mi voltai verso Cathe che sorrideva come un’ebete.

“Siete stati … insomma … wow”.

Passai una mano tra i capelli, accaldata “Si, è andata bene … credo” cercai lo sguardo di quel ragazzo che fece un piccolo cenno di assenso.

“Bene? Kris stai scherzando? Siete stati fantastici, meravigliosi, elettrici”.

Scossi il capo, avvicinandomi al minifrigo “Kate, dai … vuoi qualcosa da bere?” chiesi guardandolo e indicando l’interno degli scaffali “Robert?”

Fece una piccola smorfia “Rob, solo Rob”.

“Ok, Rob, ti va qualcosa da bere?”

“Una Coca va bene”.

Gli porsi la Coca Cola in una lattina e presi una bottiglietta d’acqua per me prima di sedermi davanti a Kate.

“Senti Rob, puoi dirmi una cosa? Va bene che non hai letto il libro, ma cosa pensi di Edward? Insomma come lo interpreteresti?”
fece una leggera smorfia di imbarazzo e tamburellò con le dita sul tavolo, mentre con l’altra mano beveva un sorso dalla lattina “Io … è un po’ imbarazzante. Insomma vengo qui e vi dico che posso interpretare Edward, che sono quello giusto … come faccio a dirvi questo? Edward è perfetto” ridacchiò nervosamente “è bellissimo e non ha nessun difetto. Vi sembra davvero che io possa essere adatto? Voglio dire, mi piacerebbe, ma non saprei come convincervi” prese un’altra sigaretta e la accese lasciandoci per qualche secondo ad osservarlo senza parlare “Che poi io … io credo che Edward dovrebbe essere un po’ meno perfetto di così. Io non sono una donna, ma non mi sembra che a voi piacciano i ragazzi perfetti, quelli che non vi fanno mai incazzare. In fondo Edward è un vampiro e leggendo il copione quello a cui ho pensato, ancora prima che all’amore per Bella, alla centralità della storia romantica, è stato il dolore di Edward, la difficoltà con cui lui si approccia alla vita, alla sua natura. Credo che l’obiettivo da cui si debba guardare la storia, per essere Edward, sia in bianco e nero. Lui non è felice. Questo sarebbe il presupposto da cui partirei. Non si ama, ed è esattamente il motivo per il quale riesce ad essere così dedito ad un’altra persona. Perché non mette davanti a tutto se stesso, non si tutela in nessun modo”.

“Wow” mormorai quasi commossa. Avevo visto tanti ragazzi presentarsi per quella parte, avevo cercato il mio Edward perfetto nei visi di giovani americani pompati o ritoccati, negli atteggiamenti spavaldi di ragazzotti troppo sicuri di loro stessi, e mi ritrovavo davanti a quell’inglese, disordinato e confuso, senza avere le parole per esprimermi.

“Va bene” tuonò Cathe alzandosi dalla sedia “Proviamo la scena del bacio nella stanza di Bella”.

Restai per un attimo interdetta, non mi aveva mai chiesta di farla con nessuno, se non con Shilon. Non mi piaceva, Shilon. Era un bravo ragazzo, ma non era Edward. Ero certa che lo avrei riconosciuto subito o almeno ne avrei avuto il sentore, quando sarebbe entrato in quella stanza. L mio Edward.

E quando Robert era entrato dalla porta qualcosa dentro di me si era mosso. In fondo io ero Bella, io avrei dovuto simulare quell’amore folle e assurdo, e non avrei potuto farlo con uno qualunque.

“La scena del bacio?” domandai mentre eravamo ormai tutti in piedi.

“Si, voglio vedervi ancora un po’ in azione insieme”.

Lanciai un’occhiata veloce al copione, e così fece lui.

Mi sistemai sul letto, stesa su un fianco e ovviamente non vidi più in che posizione fosse.

“3- 2- 1- GO!”

Sussultai tra le lenzuola, voltandomi verso l’altro lato del materasso e mi finsi sorpresa quando lo trovai seduto sul bordo.

Ripresi fiato “Come sei entrato?”

“La finestra” rispose con un leggero sorriso sghembo. Cazzo! Pure il sorriso sghembo …

“L’hai fatto altre volte?” il suo viso era più sereno della prima scena, e mi avvicinai di più, fino ad essere davanti al suo corpo.

“Solo nell’ultimo paio di mesi” mi guardò per un po’, vagando sul mio volto con gli occhi spalancati “Mi piace guardarti dormire” allungò la mano sul materasso e ricoprì la mia con due dita, in una leggera carezza “mi affascina molto”.

Incantata com’ero a guardarlo non mi persi neanche un secondo dell’espressione del suo viso che si fece preoccupata e più rigida. Corrugò la fronte, abbassò il sorriso, e deglutì un paio di volte “Vorrei provare una cosa” si avvicinò di qualche millimetro, poco necessari dal momento che mi ero praticamente appiccicata a lui “ma devi restare ferma”. Cazzo. Gli uscì la voce più sexy che avessi mai sentito. Neanche Sean Penn, nei miei ideali di bambina un po’ pervertita, mi aveva mai parlato così.

Era lento, troppo lento, mentre avvicinava le labbra alle mie. Sentivo il suo respiro farsi vicino e il cuore salirmi in gola. C’era un fottutissimo caldo lì dentro.

“Non muoverti” ansimò quando le punte dei nostri nasi si incontrarono. Rallentò ancora i movimenti e così fui io a colmare quell’ultimo spazio tra di noi, sollevando le labbra. Era morbido e tremante. Si fermò subito, mentre io ormai avevo affondato metà del viso contro il suo. Mi diede un altro leggero bacio, e poi un altro. Mi sollevai sulle ginocchia e afferrai il suo volto tra le mani, lasciando scivolare la punta delle dita tra i capelli. Lo baciai con più forza, aspettandomi quasi che rispondesse allo stesso modo.

Quello che non mi aspettavo, invece, fu che mi prendesse per i fianchi e mi spingesse con forza a stendermi sul materasso, seguendomi a ruota.

“Ma che cazz …!”

Scoppiai a ridere sedendomi immediatamente.

“Rob?” domandai guardandolo, con il culo sul pavimento e le guance rosse “Che cazzo hai fatto?”
si alzò in piedi mentre io non riuscivo a smettere di ridere “Sono caduto … avrò messo male il ginocchio, non lo so”.

Scoppiammo a ridere di nuovo, insieme, mentre Cathe ci fissava confusa “Formidabili. Avete fatto scintille. Sono contenta, molto contenta. Robert, sei stato una piacevole sorpresa oggi, inaspettata per di più. Insieme siete un fenomeno! Davvero, avete fatto i fuochi d’artificio su quel letto!”
Rob tossicchiò, ancora imbarazzato per il crollo, eclatante, dal letto. Ma io ero estremamente divertita, e serena.

“Va bene, Rob” esclamò Cathe dopo qualche altro minuto di chiacchiere ed elogi “ io … io ti terrò in considerazione” gli poggiò una mano sulla spalla con gentilezza “quando pensi di ripartire per Londra?”

“Non lo so ancora” scrollò la testa e si sistemò meglio la visiera del cappello.

“Perfetto!” Cathe batté le mani come un’adolescente innamorata “allora non comprare il biglietto dell’aereo, non ancora almeno”.

“Oh oh oh, ok, grazie”.

Mi lasciai cadere sul letto, mentre lei lo riaccompagnava alla porta. Ero esausta, ma non ero mai stata certa di volere il ruolo di Bella come in quel momento. Cazzo. Era perfetto, era stato perfetto.

“Come ti è sembrato?” chiese Cathe sedendosi accanto a me”.

Mi sollevai, incrociando le gambe “Cosa?”

“Pattinson, come ti è sembrato? Voglio dire, è bravo … secondo te potrebbe andare?”

Spalancai gli occhi, confusa “Mi stai prendendo per il culo?”

“No perché? Qualcosa non andava? Mi sembravi soddisfatta, credevo ti piacesse”.

“E’ … è …” annaspai alla ricerca delle parole “E’ perfetto, è l’Edward perfetto”.

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Capitolo 2
*** Stray Dog ***


stry

 Stray dog 

Considering the same old you
Head on fast, but it came on easy
Now I won't be gone for long, at least I'm going home.

 


Stray Dog, Rob Pattinson

 

Il fumo nel locale mi fece bruciare gli occhi, ma la musica era il mio genere e i miei amici ridevano in un tavolo all’angolo del locale, sollevando in aria grossi boccali di birra.

Sorrisi e li raggiunsi, tirandomi via il cappello.

“Ehi, bro!” chiamai poggiando la mano sulla spalla di Tom e spingendolo un po’.

“Oh, Rob! Finalmente, come è andata?”

Spostai la sedia accanto a lui e mi sedetti sfilandogli di mano la birra “L’ho conosciuta, è … è … una bellezza che ti toglie il fiato”.

Lo vidi roteare platealmente gli occhi e sbuffare piano “Intendevo il provino! Rob, ti serve un lavoro, non una nuova cotta improponibile come quella per Katharine Hepburn”.

Scossi il capo, mandando giù un grosso sorso di birra “No, non capisci. Lei è reale, era lì, davanti a me, e mi ha baciato”.

Tom si affogò ed iniziò a tossire, lo aiutai, mentre ridevo, picchiettando con la mano sulla sua schiena.

“Ti ha … ouch … ti ha che? Ti ha baciato?”

“Si, per provare la parte”.

“Ma vaffanculo! Non ti ha baciato allora, mi hai fatto prendere un colpo.”

“No, non mi ha baciato” ammisi con un finto sconforto, “però c’è stato qualcosa, qualcosa di più … non è stato un semplice provino, non è stata una semplice scena. Io ero lì … davanti a lei … recitavo e mi rispondeva. Sentivo le sue reazioni, le sue sensazioni, sentivo che era lì, proprio davanti a me”.

“Rob, amico, la marijuana non ti ha mai fatto un bell’effetto! Chi te l’ha offerta?”

“Non ho fumato quella roba, non lo faccio mai!”

“Lo so, per questo mi preoccupo. Ero io quello che ti teneva la testa mentre vomitavi le uniche due volte che l’hai fatto, durante le tue ribellioni adolescenziali”.

“Che palle! Per quanto ancora dovrai ricordarmi quell’episodio?”

“Due, sono stati due episodi”.

“Due, vabbè, quello che è! Due volte in ventun’anni sono comunque poche”.

“E quindi hai deciso di rifarti del tempo perso,oggi?”

“Sono serio, Tom. E’ successa qualcosa in quella stanza, qualcosa di indefinibile, che non ti so spiegare. Ma io l’ho sentita, te lo giuro”.

Accesi una sigaretta e ripresi a parlare, ancora troppo emozionato per riuscire a stare zitto “Avresti dovuto vederla, è molto meglio, molto molto meglio, di come la immaginavo. È un’attrice fantastica, perfetta. Sapevo già quanto fosse brava, cazzo se lo sapevo, ma vederla lì davanti a me, avere l’onore di provare una scena insieme …”
“Calmati, Rob, sembri un bambino che ha appena scoperto la masturbazione”.

“Veramente … non puoi capire. Non puoi, finché non la vedi. Quando ti fissa, con quegli occhi verdi, ti sembra di annegarle dentro, ti sembra di perderti … è così … così … e poi è timida, molto timida. Si passa sempre le mani tra i capelli, ed è perfetta”.

“Ed anche minorenne”.

Mi lasciai andare con la schiena contro la sedia “Si, anche minorenne” ammisi consapevole che quello era un vero problema.

“Comunque, a parte questo, come è andato il provino?”
Deglutii a vuoto, spaventato da quelle parole e da qualunque speranza “Potrebbe essere andato bene”.

Tom si aprì in un enorme onesto sorriso “Sarebbe una bella cosa”.

“Certo che lo sarebbe”.

“Ma?”

“Ma cosa?”

“Sembrava che stessi dicendo un ma”.

Accennai un sorriso, riprendendo la birra fresca tra le mani “Si, hai ragione. Sarebbe una bella cosa, ma non voglio farmi illusioni. Non avrebbero comunque alcun motivo per scegliere me”.

“Perché cazzo devi essere sempre così negativo?”

“Perché è la verità, Tom. Avresti dovuto leggere quel copione, ci sono troppe cose che non vanno in me, non sono la persona giusta per questa parte”.

“Rob …”

“Lascia stare, non mi va di parlarne ancora”.

“Ok, bene. Allora non ne parleremo”.

“Posso portarvi qualcos’altro?” chiese una graziosa cameriera minuta e sorridente.

“Ancora birra, grazie” mormorai timidamente mentre lei si portava dietro l’orecchio una corta ciocca bionda.

“Te la porto subito” mi fece l’occhiolino e non potei evitare di arrossire e osservarla per bene, una volta giratasi. Era bassa, ma aveva tutte le forme al posto giusto, soprattutto dietro.

“Niente male, eh?” Tom mi diede un leggero colpo con il gomito.

“Molto carina” ammisi continuando a guardarla.

“Ah! Quasi dimenticavo! A proposito di ragazze molto carine, oggi ho incontrato Nina”.

Deglutii vistosamente e mi irrigidii “Tom!”

“Rob! Che vuoi! È vero, l’ho incontrata e te lo sto dicendo”.

“Non mi interessa”.

“Non si direbbe”.

“Tom!”

“La smetti di ripetere il mio nome? Che c’è ti sei incantato?”

“Tom! Non ne voglio parlare”.

“Di questo invece ne parliamo. Non puoi evitare sempre il discorso”.

“Posso eccome!” mi alzai di scatto ed uscii dal locale. L’aria tiepida di una notte losangelina mi riscaldò il viso, insieme alla fiammella dell’accendino. Una boccata di nicotina, una seconda e poi una terza, tutte di seguito, non furono sufficienti a farmi rilassare. Di sicuro la mezza pastiglia di valium che avevo preso quel pomeriggio per affrontare il provino aveva ormai terminato i suoi effetti. Oppure quello che Tom aveva toccato era un argomento che nessuna medicina poteva cancellare.

“Bro, dai, non giochiamo a nascondino”Tom mi raggiunse e accese un’altra sigaretta.

“Cazzo! Ti ho detto che non ne voglio parlare. Preferisci restare qui, resta qui. Ma non rompermi i coglioni parlando di … di …”

“Lo vedi? Non riesci neanche a dire il suo nome. Non è vero che non ti interessa”.

Mi strinsi nelle spalle “No. Non mi deve interessare, è diverso il discorso. Non voglio che mi interessi! E’ una stronza, Tom. Una fottuta stronza”.

“La fottuta stronza mi ha chiesto di te”.

Per un attimo trattenni il respiro, strinsi il pugno, e la mano che reggeva la sigaretta si fermò a mezz’aria, poi racimolai la forza per portare avanti il tempo, da quel secondo al successivo, già meno doloroso “E tu che le hai detto?”. Non osai domandare quale fosse stata la sua domanda, troppo spaventato da un semplice e banale “Come sta Rob”, come se fossi stato un amico di vecchia data, un conoscente di cui chiedere informazioni e non il coglione che aveva piantato con due paroline in croce dopo due anni e mezzo di relazione.

“Voleva sapere come stai, se sei a Londra … quando le ho detto che eri qui a Los Angeles era molto contenta, vorrebbe vederti”.

“Ma che cazz … ti sei bevuto il cervello? Perché le hai detto che sono qui?”
“E che le dovevo dire? Sparavo una cazzata e poi magari ti incontrava?”

“Non lo so, Tom, potevi dirle qualsiasi cosa, potevi … non lo so, ma qualcosa di diverso …”

“Perché non vuoi incontrarla?”

Scossi il capo, gettando per terra il mozzicone di sigaretta, ormai fumato anche oltre il filtro. “Non se ne parla”.

“Si, ho capito, ma perché?”
“Hai dimenticato quello che ha fatto?”

“No, certo che no”.

“Ecco, perché da come ne parli sembra che sia una santa”.

“Sappiamo bene che non lo è, però è passato un anno ormai”.

“Non significa un cazzo” passai una mano tra i capelli, nervoso, “Non per me”.

“Io lo so che hai ragione, lo so. C’ero anche io quando se n’è andata. Era una mia amica, ha lasciato anche me. Lo so quello che hai passato. Però, se dovessi incontrarla, vorrei sapere come reagiresti, ecco tutto”.

“Male” ammisi adocchiando la mia macchina posteggiata all’angolo della strada “Reagirei male, penso”.

“Lei, comunque, dice che vorrebbe vederti …”.

“Bene, può sempre affittare il dvd di Harry Potter se ha questo desiderio”.

 mi guardò fisso in viso e respirò profondamente “… e dice che le dispiace, per tutto”.

Un altro pugno allo stomaco, più violento del precedente “A me no” dissi a denti stretti “almeno so che merda di persona è. Meglio tardi che mai”. Estrassi le chiavi dalla tasca dei jeans “Adesso è meglio che vada”.

“Rob, dai Rob, non andare” Tom mi seguì “non ne parliamo più, giuro. Non volevo rovinarti la serata”.

“Per me la serata finisce qui” mormorai prima di aprire lo sportello.

“Mi dispiace, bro”.

“Non ce l’ho con te, è tutto ok. Solo … solo sono molto stanco, e ho bisogno di stare un po’ per i cazzi miei”.

Mi chiusi dentro e sgommai via, con la mia solita grazia alla guida. Non riuscivo proprio ad abituarmi alla guida americana, prima o poi ci sarei rimasto secco in una di quelle strade.

Ero nervoso, stanco e nervoso. E non ci voleva quel discorso, non adesso.

Nina … Nina. Era un capitolo chiuso, lo era da mesi, ma sentirla nominare portava ancora a galla un dolore che sembrava essersi assopito. Un dolore profondo, che partiva dall’intestino e raggiungeva la lingua. Un dolore che nasceva dal ricordo della gioia, della semplicità di una vita che non sarebbe più tornata. Non l’amavo più, non avrei mai potuto, dopo ciò che aveva fatto, ma faceva male. Il ricordo faceva un fottutissimo male.

I'm here for you, now you know what you lost
Now you are the thieves that you pardoned
Search for need, it'll never come

 

“Ehi, sono a casa” lanciai il giaccone pesante di pioggia sul pavimento e mi beai del calore del mio piccolo appartamento.

“Rob”.

Entrai in soggiorno con un enorme sorriso ebete stampato sul viso “Nina, amore. Tu che ci fai qui?”

Era seduta sulla poltrona, seria e pallida, e non mi guardò “Ti devo parlare”.

Non colsi l’allarme in quelle parole, né dal tono, né dal suo atteggiamento. Probabilmente fui un coglione.

“Dov’è Tom?” domandai avvicinandomi a grandi falcate per bacialra, ma quando mi chinai sulla poltrona per raggiungerla si scostò, alzandosi in piedi.

“E’ uscito” si toccò i capelli, portandoli dietro le orecchie “ho detto che ti devo parlare, Rob”.

“Sono qui, dimmi tutto” a quel punto sentii una strana sensazione, all’interno dello stomaco, che mi fece capire che qualcosa non andava.

Si mosse, da un piede all’altro, e tormentò le dita delle mani tra loro, lasciandomi ad attendere le sue parole per qualche lungo secondo “Devo partire. Io … vado a Los Angeles”.

La bocca si seccò immediatamente e le mani iniziarono a sudare “Che?”

“Parto, Rob. Mi hanno assunta per un servizio fotografico e mi hanno detto che lì ho molte probabilità di fare carriera, di firmare contratti su contratti. Secondo il mio agente è la cosa giusta. Non posso fossilizzarmi qui a Londra”.

Tentai di deglutire, ma fu inutile, non avevo più saliva e la gola bruciava “Quando?” fu l’unica domanda intelligente che fui in grado di fare.

“Quando cosa?”

“Quando parti?”

“Domani”. Il mondo si fermò per un attimo e mi si spezzò il cuore.

“Do … come domani?”

“Domani, non ce l’ho fatta a dirtelo prima”.

“Cioè, tu lo sapevi da prima?”

“Si”.

“Da quanto tempo lo sapevi?”

“Rob … non importa, dai …”

“Lascia decidere a me cosa importa. Da quanto tempo lo sapevi?”

“Due mesi”.

Sentii gli occhi inumidirsi di lacrime “perché non me l’hai detto prima, porca puttana!, Nina, ma che cazzo ti ha preso?”

“Non sapevo come dirtelo, non ne avevo idea”.

“E … come facciamo?”

Scosse il capo per un attimo, fissando il pavimento “Non facciamo”.

“Che vuoi dire?” mi sembrò che l’udito si fosse abbassato, le mie orecchie non funzionavano, di certo doveva essere quella la motivazione.

“Niente Rob, te l’ho detto. Noi, non facciamo niente”.

Mi diedi un colpo con la mano sulla fronte “Ma che cazzo, Nina, parla chiaro, non ti riesco a capire”.

“E’ finita”.

“Cosa? Che vuoi dire?Non …”
“E’ finita, Rob. Ci siamo lasciati”.

La guardai, vidi il suo viso, chinato, e il corpo nervoso, ma non vidi lei, la ragazza che amavo “No, no. Non è vero. Tu, tu mi stai lasciando”.

“Rob … è meglio così”.

“No, per chi? Per chi è meglio così? Non per me. No. Io ti amo, io … Nina, dimmi che è uno scherzo”.

A quel punto mi guardò, mentre stavo crollando in pezzi, e i suoi occhi gelidi mi distrussero “Rob, ascoltami. Siamo stati insieme, ci siamo voluti bene …”
“Io ti amo”.

“Ok, ci siamo amati, ma adesso è finita. La vita va avanti e non possiamo sprecare la nostra solo per restare insieme. Cosa vedi per noi, eh? Un futuro qui a Londra? Con una vita borghese, dei bambini e tanti sogni buttati nella merda? Bene non è quello che vedo io. Voglio guardami indietro e poter dire che non ho rinunciato a niente. Non posso rinunciare al mio futuro per te, non posso permetterti di ostacolarmi, non posso lasciare che i miei sogni diventino irrealizzabili”.

“Io … non so che dire”.

“Non dire niente, allora. È stato bello, finché è durato. Noi non torneremo mai più come prima. Ma è il tempo di voltare pagina, di guardare avanti e capire che c’è molto di più, al di lè di noi”.

“Sei la mia ragazza, ti amo. Non puoi dire queste cose, noi puoi fare così”.

Mi prese la mani, stringendole tra le sue,calde e morbide, ma assolutamente estranee “Ti ho voluto molto bene, amore, ed è stato bellissimo, ma è finita. Non posso rinunciare a tutto il resto, solo per te”. Solo per me …

Se ne andò così, senza dire altro, senza che io avessi la possibilità di dire altro, lasciandomi solo.

 

Now you have fallen
There's more for their own now
Sometimes I need a focus, I need a reason
So, so long

 

Frenai di botto, accorgendomi all’ultimo minuto che una macchina mi stava venendo addosso.

“Cazzo!” urlai mentre davo un pugno al volante. Avrebbero dovuto dichiarare illegale una patente che mi permetteva di guidare in America, dopo che avevo guidato in Inghilterra. Neanche i piedi funzionavano nel modo giusto, dopo tutto quel tempo.

E poi perché cazzo mi perdevo nei ricordi? Tom era un coglione, non avrebbe dovuto parlarmi di Nina, non quella sera.

Mi sentivo talmente euforico dopo il provino che non avevo pensato alle conseguenze che emozioni forti come quelle potevano avere su di me. Mi avevano stordito e adesso stavo ripiombando a picco verso il fondo di me stesso. Quella ragazza, il suo profumo, il suo accento … era così eccitante che anche solo pensarla, per qualche secondo, sotto di me, su quel letto, mi fece venire un’erezione. Come poteva una semplice ragazzina farmi quell’effetto? Era così minuta e giovane, e io ero un pervertito.

Sussultai quando il suono di un clacson mi fece tornare alla realtà, a quella calda notte di Losa Angeles, alle luci della città, grande e serena, a me, seduto in quella macchina. “Cazzo, di nuovo!”

Dovevo solo restare focalizzato sulla strada, senza perdere lucidità, e sarei arrivato a casa, prima o poi.

 

Oh to each their own
When you can call on your mind
It's a crime to hold back the tears sometime
And, wasted wasted, all before
You forget what you came here for
And, you need to see the signs
And, you need to stop wasting time
And, start to save that stolen
Story that you heard before.

 

 

Hai bisogno di vedere i segni, devi smettere di sprecare del tempo e vendere la stessa dannata storia. Una storia che hai già sentito prima, e io ti ho aspettato, ma te ne eri già andata da tempo …”  mi fermai un attimo, aprendo le palpebre e respirando piano. Sfregai i polpastrelli intorpiditi tra di loro, per le stupide ore trascorse a suonare quella dannata chitarra. La posai sul letto e ricominciai a fumare, che altro avrei dovuto fare? Stavo per perdere l’equilibrio e nessuna condizione sembrava in grado di riportarmi alla stabilità. Sospeso, in equilibrio precario, su una fune al di sopra della mia vita. Osservavo, da spettatore, ogni cosa, ma non stavo facendo niente.

Avevo sempre percepito quel bisogno di autonomia che mi aveva condotto a fuggire da Londra, nonostante l’amassi e fosse il modo in cui mi trovavo meglio al mondo, fino a Los Angeles. Non sapevo fare molto, tranne recitare e cantare, ma in fondo forse fingevo anche di saper fare quelle due uniche cose. Che cazzo stavo combinando lì? In questa fottuta città che avevo considerato la terra dell’oro e non si stava rivelando altro che un enorme fallimento? Dannazione … avrei dovuto trovare una soluzione piuttosto che restarmene seduto sul letto di quella stanza affittata, a suonare e pensare a lei. Lei … era un pensiero così stupido ed insistente … mi stava corrodendo il cervello, che invece sarebbe dovuto essere da un’altra parte, ad esempio a cercare un cazzo di fottutissimo lavoro! Una qualunque fonte di guadagno, anche solo sufficiente a comprare un biglietto per tornare a Londra. Avrei potuto chiedere ai miei genitori, e di certo non me li avrebbero negati, ma non ne avevo voglia. In fondo si erano fidati di me, ed erano così entusiasti quando riuscivo ad ottenere un lavoro, che niente avrebbe potuto ripagare le loro espressioni orgogliose. Anche se mio padre … beh … mio padre … lui … scossi il capo, non volevo pensarci. Avrei trovato un modo, magari dopo, per risolvere anche quel problema. Forse c’era ancora una possibilità con quel cazzo di film, mi avevano chiamato per altri due provini, una con Kristen e uno con l’autrice del libro, e sembravano particolarmente entusiasti. Ma non lo ero io, perché ero certo che non mi avrebbero preso. Perché avrebbero dovuto scegliere me? Non c’era niente in me, niente, che ricordasse il protagonista del film. Io ero un ragazzo normale, non riuscivo neanche a camminare con un piede davanti all’altro, ero pieno di difetti e per di più avevo un accento inglese difficile da nascondere, per quanto mi sforzassi. Già al primo provino avevo a lungo speculato sul mio modo di vedere il personaggio, rivoluzionando completamente l’idea che era sul copione. Non potevo essere quello giusto, la regista di sicuro si era resa conto che sarei stato solo un gran casino per lei. Non potevo contare su quel film, in fondo ero andato al provino solo per conoscere Kristen Stewart, e ce l’avevo fatta. Dovevo considerarmi soddisfatto del risultato e non essere sempre ingordo di ogni cosa.

Quella ragazza … che cosa non era? “Tutto di te, tutto mi attrae” le avevo ripetuto più volte durante il primo, e il secondo provino, e non poteva essere più vero. Tutto ciò che avevo sempre considerato attraente in una donna, era in lei. Lo sguardo timido e profondo, verde intenso e luccicante, mi faceva sciogliere di tenerezza e curiosità. La pelle bianca sembrava finta e fragile, sottile come un foglio di seta, avrei dato di tutto solo per poterla sfiorare così a lungo da imprimerne il ricordo nella mente per sempre. Le labbra nervose, morsicate di continuo, erano di un rosso che implorava il peccato. Mi mandava in visibilio, con ogni gesto o parola. Eccitante, ecco la parola corretta per descriverla. O forse no … avrei dovuto considerare l’idea che ai miei occhi non era semplicemente eccitante. Sin dalla prima volta che l’avevo vista mi era entrata nel cervello, come un minuscolo tarlo che si dedica al suo piccolo ramoscello legnoso, fino a corroderlo del tutto.

 

 

“Rob!” Tom bussò alla porta della mia stanza con forza “Rob!”

Grugnii un verso insensato “Entra!”

Il mio amico infilò la testa nello spiraglio della porta che aveva aperto, fece una smorfia di disgusto quando vide in che condizioni mi ero ridotto “Cazzo! Rob datti una pulita, una sistemata, non lo so! Fa qualcosa!”

“Non rompere i coglioni, Tom”.

“No Rob, dico sul serio” avanzò con grandi falcate verso di me “Alzati da quella merda che non si può nemmeno chiamare letto e vatti a lavare” mi tolse il pile di dosso e lo lanciò sul pavimento.

“Non mi va!” sbottai allungandomi per afferrarlo di nuovo “Lasciami in pace”.

“Sta venendo tua sorella”.

Mi gelai, sollevando gli occhi su di lui “Cazzo no!”

“Cazzo si!” un sorrisetto sadico si disegnò sul suo viso “Ora ti alzi?”

“Mia sorella chi?”

“Lizzie!”

Avrei potuto sostenere gli sguardi e le critiche di Vicky, ma non era la stessa cosa per Lizzie.

“Porca puttana!!” mi alzai immediatamente e mi gettai dentro l’armadio alla ricerca di qualcosa di pulito o perlomeno decente. Non doveva vedermi in quelle condizioni, o sarebbe stata la fine. Mi avrebbe fatto esplodere la testa, con tutte le sue parole e urla e “Te l’avevo detto, quella Nina non mi è mai piaciuta”. Non potevo permettere che succedesse. Avevo bisogno di tempo per rimarginare le ferite, non di urla di ragazzine incazzate. Mi infilai velocemente nella doccia e in un quarto d’ora ero pulito e pronto ad affrontare quella pazza di mia sorella.

“Ciao Rob!” Lizzie mi assalì con un sorriso pacato e sereno, mentre, seduta sul mio divano, smanettava con il lettore dvd “Come va?”

“Tutto ok, che ci fai qua?” brontolai accarezzandole i capelli prima di accendere una sigaretta.

Tossì, con esagerazione “Questa casa è una ciminiera, ci morirete qua dentro un giorno o l’altro. Comunque grazie mille dell’ospitalità … sono venuta a portare film e cinese, da quanto non mangiate qualcosa di decente?”

“E tu chiami decente il cibo cinese?” controbattei sedendomi accanto a lei.

“Ehi! Ma … a te piace il cinese” sembrò delusa dal tono che avevo usato e me ne pentii subito.

“Si, certo che mi piace. Dico solo che non è cibo decente. Dai fammi vedere, che film hai scelto?”
sorrise di nuovo e allungò il braccio per sfiorarmi la spalla gentilmente “Claudia, povero Claudia, come sei triste”.

Scossi il capo e la spinsi un po’ ridendo “Ma và! Non fare la sorella maggiore e responsabile che non ti viene proprio”.

Mi mostrò la lingua “Vabbè, ci ho provato. Comunque, ho portato Into the wild, dovrebbe essere interessante”.

“Wow!” Tom entrò con le birre in mano e sistemò i vassoi sul tavolino basso “Dicono che sia fantastico. Grazie Lizzie, mi hai salvato dall’ennesima serata da solo, con quel coglione di tuo fratello chiuso in camera”.

Guardammo il film e per un po’ riuscii anche a distrarmi, meravigliandomi e godendo di ogni istante di quel viaggio, che mi portava talmente lontano dal fallimento in cui ero ora, da lasciarmi senza fiato. avrei voluto trovare il coraggio di farlo anch’io : mandare tutto a fanculo e partire per un viaggio alla ricerca di me stesso, alla ricerca di ciò che era più importante. Ma ci fu qualcosa che interruppe quei miei pensieri e quel qualcosa fu l’immagine di una ragazzina magra e bellissima che si colorò sullo schermo. Aveva ancora la magrezza dell’adolescenza ma ogni cosa, in lei, era piena di sensualità. Il movimento delle labbra, sempre appena dischiuse e i respiri corti, ansiosi, pieni di vita … i suoi occhi pieni di sole ed emozioni, riflessi nella terra secca e nel calore che le aleggiava intorno. Era minuscola ma abbracciava la chitarra come se fosse stato l’unico oggetto che fosse mai venuto a contatto con il suo corpo, come se facesse parte di lei. L’insicurezza dei suoi occhi si rispecchiava in ogni gesto, anche il semplice portarsi la mano al volto mi faceva provare una tempesta di emozioni intense e distruttive. Nessun trucco sul viso, nessuna imperfezione sulla pelle lattea, e la fragilità del corpo era in costante contrasto con la forza che emanava, la certezza di essere lì. Stava sullo schermo senza monopolizzare l’attenzione in modo eclatante, senza pretendere gli occhi su di sé. Stava lì ed eri costretto a guardarla, perché era la cosa più bella e dolce e unica che avessi mai visto.

Quando sorrideva … dio … quando sorrise la prima volta mi costrinse a trattenere il respiro: sembrava che tutto il mondo si illuminasse con il semplice movimento delle sue labbra. Sorrideva e brillava. Ilo suo accento forte, americano e caldo, si sciolse quando iniziò a cantare, lasciandomi come un idiota a guardarla accarezzare le corde di quell’enorme chitarra. Il mio cuore perse di certo un battito quando la vidi quasi nuda sul letto, le gambe magre, l’intimo bianco, semplice, la rendevano perfetta. Quei primi piani, negli occhi grandi, facevano girare la testa. Ogni cosa scorreva con fluidità, come se lei non potesse altrove che lì, nessuna forzatura. Quando il film finì ero ancora imbambolato e la mia mente persa nell’immagine di quella ragazza.

 

Il telefono squillò, riportandomi alla realtà.

“Mamma” risposi tentando di camuffare un po’ l’umore nero che mi portavo dietro da giorni “ciao”.

“Ehi, Rob, tesoro. Come va?”

“Non lo so” ammisi senza volerlo veramente.

“Che vuoi dire? Sembri già di morale”.

“Non lo so, è che … non credo sia una buona idea continuare a stare qui a Los Angeles. Forse dovrei tornare a Londra”.

Qualche secondo di silenzio che servì anche a me per capire che stavo veramente rinunciando a ciò che tentavo di ottenere da anni “Amore perché dici questo?”

“Perché mi sembra di stare perdendo tempo. Ho ventun anni e non ho combinato quasi niente. Forse è il momento di capire che non sono portato e andare oltre”.

“Tesoro, non parlare così. È solo un momento negativo, domani ti passerà”.

“No. Non credo. Non riesco a stare qui a non fare niente, giorno dopo giorno. Mi sento un idiota. È il caso che io torni a casa ed inizi a lavorare per l’azienda di papà”.

“Ma per quel film sui vampiri? Non hai fatto già tre provini?”

“Ahhh non mi prenderanno mai!”.

“Sei sicuro?”

“Si. Non c’è dubbio”.

“Che ti devo dire, se è quello che vuoi, se è quello che reputi giusto, torna. Papà non avrà problemi a darti un posto di lavoro”.
“Si, questo lo so bene. Non aspetta altro”.

“Robert smettila di parlare così, lo sai anche tu che non è vero”.

“Vabbè mà, preferisco non parlarne”.

“Ok, allora … ti compro il biglietto e te lo mando per e mail ok?”

“Si, ciao”.

Era fatta, sarei tornato a casa e avrei iniziato un’onesta vita da venditore di auto d’epoca. Strinsi i pugni, spingendo lontano la chitarra. Non l’avevo mai voluto e il solo pensiero mi faceva mancare l’aria nei polmoni. Mi veniva da piangere, perché ero stato il più grosso fallimento immaginabile, perché …

Il telefono squillò di nuovo e lo afferrai senza guardarlo, certo che fosse mio padre, con la sua voce rassicurante e soddisfatta, pronto a dirmi che aveva ragione lui e che mi avrebbe aiutato in qualunque caso.

“Pronto!” sbottai nervoso.

“Pronto? Robert?”

“Si, con chi parlo?”

“Sono Catherine, Catherine Hardwicke, ti ricordi?”

Mi raddrizzai sulla schiena,s scattando a quelle parole “Si, si certo che mi ricordo”.

“Volevo chiederti : quando puoi venire a firmare il contratto per il film?”

“Q- quale f-film?”

“Twilight, no? Non dirmi che non sei più disponibile”.
“Puoi ripetere per favore?”
rise con forza “Ti voglio per fare Edward quando vieni a firmare?”

“Io … credo … credo … che posso anche venire adesso”.

“Allora ti aspetto”.

Restai impassibile, seduto su quel letto, senza riuscire a muovermi per un bel po’ di tempo.

 

Stray dog
You're only, only a stray,
Joker no, joker no more
Yeah, stray dog

 

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