Save me.

di _emanuela
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Copertina fan fiction ***
Capitolo 2: *** Ricordi. ***
Capitolo 3: *** False verità. ***
Capitolo 4: *** Perchè? ***
Capitolo 5: *** Crowley ***
Capitolo 6: *** Death ***
Capitolo 7: *** I need to help ***
Capitolo 8: *** I need to help 2 ***
Capitolo 9: *** Incontro ***



Capitolo 1
*** Copertina fan fiction ***


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Capitolo 2
*** Ricordi. ***


Ricordi

Il mio sonno fu interrotto dal rumore incessante della sveglia.
Aprii faticosamente gli occhi a causa della forte luce del sole che filtrava attraverso i vetri del balcone.
Erano le sette. Mi alzai dal comodo letto nel quale avevo dormito. La testa mi doleva e provavo una strana sensazione, come se quella realtà non fosse mia.
Sorrisi, il mattino presto la mia mente elaborava assurde ipotesi. Vedevo decisamente troppi film, dovevo distrarmi e cosa meglio della scuola? Già, a furia di dare ego alla mia fantasia, sarei finita con il fare tardi.
Ero io contro un ammasso di indumenti arrotolati. Sospirai prima di prendere tutto e gettarlo a terra alla ricerca di una maglia e di un jeans.
Finalmente ero pronta. Pulita, vestita e piena di energie grazie ad una colazione abbondante.
Salutai mia madre, mio fratello di soli due anni e mio padre prima di recarmi a scuola e iniziare cinque ore tra urla, spiegazioni e divertimento. Frequentare il quarto anno di superiori era una felice tragedia. Contorto vero?
Il suono della campanella annunciò la fine delle lezioni.
Il bel tempo aveva lasciato spazio ad una pioggia intensa, ma nonostante ciò, sarei dovuta tornare a casa a piedi. Infondo era solo un po’ d’acqua, inoltre portavo sempre l’ombrello con me, quindi non era un problema.
Mentre percorrevo la strada del ritorno,  delle grida risuonarono nell’aria. Mi voltai in direzione del suono, erano i lamenti di un bambino che non voleva lasciare il padre e la madre per il rientro scolastico. Quelle urla erano strazianti, sentii come una ferita che sanguinava dentro di me. Non capii il perché, ero o dovevo essere abituata a situazioni del genere,  prendevo spesso quella via, era il percorso più breve per tornare dalla mia famiglia. La verità era che non ricordavo nulla né di me né della mia famiglia e nemmeno della vita che stavo vivendo.
Mi fermai per pochi attimi, ricordai qualcosa del mio passato. Una donna teneva stretta a sé una bambina, mentre il pianto e i gemiti della piccola creatura echeggiavano per casa. Un uomo stava andando via, anch’egli aveva il volto rigato dalle lacrime. Impugnava un fucile e portava con sé uno zainetto contenente armi e un diario.
Ritornai nel mondo reale e mi guardai intorno. Ero confusa, non sapevo come comportarmi o cosa pensare.
Rientrai in casa. Senza degnare di uno sguardo coloro che per me erano degli sconosciuti, salii in camera e lasciai che le mie preoccupazioni scivolassero insieme al mio corpo,  che con totale naturalezza, si era gettato nelle braccia morbide del materasso scoperto.
Osservai la crepa che si era formata sul muro e un altro ricordo mi venne alla mente. Ancora quella casa, stavolta era in fiamme e una fanciulla che stringeva a sé un bambino, scappava senza guardarsi indietro, come se volesse lasciarsi alle spalle un mondo di menzogne e pericolo.
- Elisabeth – fu la chiamata di mia madre a far interrompere quel flashback. Non avevo mai sentito quel nome, ma fui io a rispondere.
- Voglio stare da sola, lasciatemi in pace – caddi, poi, in un sonno profondo.


Spazio autrice

Avevo quest'idea già da un pò, ma non mi sono mai decisa a scriverla. Finalmente ho preso coraggio ed è uscito il primo capitolo. Non ne sono molto soddisfatta. Ho già chiara l'idea principale, ma come sempre, non so mai come fare iniziare il tutto. Spero che nonostante l'obbrobrio, vi siate incuriositi, anche se lo trovo molto difficile!

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Capitolo 3
*** False verità. ***


False verità

Due giovani ragazzi pieni di speranze.
Lei esile, dai capelli castani, pelle diafana, occhi verdi smeraldo. Perfetta nella sua imperfezione.
Lui alto, robusto, dai lineamenti marcati. L’uomo sognato da tutte le donne.
Erano seduti su un prato, sotto un cielo sereno, abbracciati. I loro sguardi silenziosi esprimevano tutto il loro amore puro e completo.
- Non ti lascerò, qualunque sia il tuo lavoro perché ho bisogno di te, Samuel. Non ho paura dei demoni, dei fantasmi o di altre entità sovrannaturali. Ti resterò accanto, per sempre. – la sua voce era soave, le sue parole sincere e dolorose.
Lo scenario cambiò. Quella donna era morente nelle braccia del suo amato, mentre una bambina osservava impassibile, immobile, come pietrificata dall’assenza di emozione.
Avanzai verso di lei e nell’istante in cui la raggiunsi, diventò adolescente. Ero faccia a faccia con la me di qualche anno fa. In mano aveva una pistola. Partì un colpo, poi un secondo e infine un terzo.
- Mi dispiace ma non potevo fare altrimenti, papà. Devo salvarlo, è il mio compito. – dietro di lei era nascosta una carrozzina. Dentro dormiva beato un fragile pargoletto avvolto in una copertina azzurra di lana.
- Lo so, mia dolce figliola, ma non dimenticare le mie parole. Non diventare una cacciatrice, scappa da tutto questo. – con fatica e affanno, il vecchio babbo disse le sue ultime preghiere prima di giungere all’inferno.
Spalancai gli occhi piangenti. Quel sogno era sembrato così vivo e reale.
Chiamai mio padre urlando il suo nome. Gli chiesi di salire e lui giunse frettolosamente nella mia camera. Il comportamento assunto da me poco prima, lo aveva preoccupato. La sua lamentela fu molto chiara e concisa.
- Ricordi qualcosa di quando ero piccola? – lo interruppi. La mia espressione era mesta e quella persona per cui avrei dovuto provare un forte sentimento, sembrò capirlo. Appoggiò una mano sulla mia spalla e con dolcezza mi strinse a sé.
- Si, certo piccola mia. Ricordo bene quella volta in cui andammo al parco, avevi solo tre anni. Giocavi felice e spensierata con la tua amichetta Lisa. Dopo circa un’ora, stanche per il troppo giocare, mi chiedevate di comprarvi un gelato all’insaputa delle vostre madri per farvene comprare un altro da loro. Ero così incantato dal vostro sorriso innocente, che alla fine cedevo sempre.
- Perché ti è caro questo ricordo?
- Beh tesoro, era un giorno come tanti altri, ma una tua azione mi rimase impressa. Alla tua compagna di giochi quel giorno cadde il gelato e lei era triste per questo, allora tu gli porgesti il tuo. All’epoca per una piccola golosona come te, poteva essere difficile, ma il tuo sorriso mi fece capire che non eri delusa, anzi eri molto felice e fiera.
- Ne comprasti un altro vero? Uno più grande, perché anche tu eri fiero di me. Ora ricordo. – il mio adorato padre mi sorrise e tra le sue braccia possenti mi sentii serena, come una bambina che si sentiva al sicuro nel caldo abbraccio della sua famiglia.
- Grazie papà – ero contenta e sollevata che quella era la realtà e che i sogni, erano e dovevano rimanere tali.


Spazio autrice

Eccoci al secondo capitolo, banale anche questo, ma fondamentale per capire la storia della ragazza. Credo che i due veri protagonisti della serie televisiva entreranno in scena tra il prossimo e il quarto capitolo, quindi spero che per ora questo tentativo vi piaccia!

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Capitolo 4
*** Perchè? ***


Perchè?

Le parole fanno male al cuore.
Sono così stanca di sentirmi emarginata. Sono anch’io una persona, ma nessuno riesce a comprenderlo. Molti si fermano all’aspetto esteriore senza pensare che dentro quel corpo vive un’anima e batte un cuore.
Trovo la pace nella lettura, immergermi in mondi fantastici e in lunghe avventure, conoscere tradizioni passate e mitologie antiche, rasserena il mio animo.
Non capisco perché per un istante il mio corpo si ferma, quasi impaurito da quei racconti surreali pieni di creature immaginarie e sovrumane.
Il giorno passa e giunge il tramonto.
D’improvviso, sulla strada del ritorno, una mano preme sulle mie labbra mentre qualcuno mi spinge in uno stretto vialetto dove non arriva molta luce. E’ un uomo che indossa una camicia quadrettata blu, un giubbotto marrone in pelle, un paio di jeans malridotti e delle scarpe non molto curate. Mi tranquillizza dicendomi che non ha intenzione di farmi del male e mi chiede di non urlare, faccio segno con il capo di sì, e finalmente sono libera di respirare.
- Chi sei? – domandai con un senso di calma inquietante.
- Lo immaginavo, non ricordi nulla. Sono Sam, Elisabeth.
- No, non farmi questo. – con tali parole il ragazzo assunse un’aria interrogativa. - I sogni che ho fatto. Sono veri non è così?
- Nessun essere demoniaco o angelico può cancellare completamente la memoria. I sogni che hai fatto erano ricordi risvegliati dal tuo inconscio. – calai il capo e chiusi gli occhi, sebbene non fosse perfetta, quella vita mi piaceva. - Mi dispiace, ma se continui a rimanere in questa prigione, le persone che hai salvato, moriranno. -
Caddi in un pianto disperato senza conoscerne il motivo. La realtà, la vera realtà che mi aspettava, era troppo cruda.
Asciugai le lacrime e sospirai, non potevo distruggere delle vite umane solo per essere felice, non era questo il destino di una cacciatrice.
- D’accordo, cosa vuoi che faccia?
- Seguimi, Elis. -


Spazio autrice

Eccoci al terzo capitolo, il più brutto di una serie di orrendi capitoli.
Avrei voluto scrivere in modo decente almeno uno dei capitoli di questa fan fiction, ma sembra che la mia ispirazione sia andata a farsi benedire.
Spero che abbiate avuto il coraggio di arrivare fino a questa riga, se lo avete fatto, vi regalo tante caramelle!

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Capitolo 5
*** Crowley ***


Crowley

Raggiungemmo una Chevrolet Impala nera del 1967.
All’interno dell’auto, al posto del guidatore, c’era un altro ragazzo, anch’esso robusto e dai lineamenti meno marcati di Sam. I due non si somigliavano molto, uno aveva capelli di media lunghezza castani così come il colore dei suoi occhi, l’altro capelli corti tra il castano e il biondo ed occhi verdi. Differivano anche nell’abbigliamento, molto strano per entrambi, e nel modo di tenere la barba. Nonostante ciò erano fratelli, almeno questo era quello che avevo sentito nella precedente chiamata di Sam.
Era ora. L’hai trovata? – chiese l’altro che sembrò non avermi vista.
Si, Dean– rispose il più giovane.
Salii in auto e per un breve istante lo sguardo mio e di Dean s’incrociarono.
Partimmo e per un po’ di tempo regnò il silenzio.
- Allora, ricorda qualcosa?
- Si, tu sei Dean, lui Sam ed io Elisabeth. – evitai di menzionare i sogni fatti in precedenza.
- Grande, sai proprio tutto. – ironizzò
- Molto probabilmente avrà ascoltato la nostra chiamata. – intervenne il ragazzo dalla giacca di pelle. Dare loro dei soprannomi era divertente, almeno avevo qualcosa da fare durante il viaggio.
Ci fermammo lungo una strada quasi deserta.
- Rimani qui, torniamo subito. – mi avvertì mister ironia prima di scendere dall’auto e allontanarsi con suo fratello.
Nell’attesa accesi la radio, allungandomi più del dovuto e rischiando di cadere. Lasciai alla frequenza che trasmetteva “Eye of the Tiger”, adoravo quella canzone. Canticchiando cercai di non distruggere niente mentre mi dimenavo o meglio, ballavo a modo mio.
La canzone finì e passarono altri venti interminabili minuti nei quali ticchettai le dita contro il vetro laterale, feci un breve riposo e attesi i due fratelli con ansia. Sbuffai in preda alla noia assoluta, stanca di aspettare Dean e Sam che sembravano non tornare. Decisi di andarli a cercare, ma una voce mi trattenne. Mi voltai e accanto a me apparve un uomo non molto giovane.
- Ciao dolcezza, finalmente ti hanno trovato! – disse aggiungendo un sorriso a me poco gradevole.
- Che cosa vuoi? – la sua presenza non mi turbava, forse ero abituata a trascorrere del tempo con lui nella mia normale vita da cacciatrice.
- Oh non ricordi, che peccato. Sono Crowley – il suo nome mi sembrò familiare.
- Sei un demone? – alla domanda, la risposta furono degli occhi completamente neri.
Il demone strinse la sua mano attorno al mio braccio e in una frazione di secondo mi ritrovai legata ad una sedia in una stanza senza via d’uscita.
- Mi dispiace, ma senza ricordi, non posso stringere il patto tanto desiderato. –
- No, aspetta. – bastò uno schiocco delle sue dita per far apparire davanti a me una sequenza rapida d’immagini. Nonostante l’elevata velocità, riuscii a vedere ogni singola immagine ricollegandola ad ogni ricordo.


Spazio autrice

Ecco il quarto capitolo di di due righe più lungo! Non è nulla di speciale, ma questo era l'unico modo (secondo me) perché la protagonista si ricordasse qualcosa! Spero vi piaccia anche solo un pò!

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Capitolo 6
*** Death ***


Death

La mia stanza era troppo spoglia e cupa per un bambino di solo otto mesi, ma era la sola camera della casa che mio padre era riuscito ad affittare.
Seduta a terra, dondolavo la culla dove dormiva beato il pargoletto.
Alle mie spalle apparve l’essenza demoniaca a me più cara e tormentata.
- Ti ho già detto che in sua presenza non devi venire! – dissi senza voltarmi a guardarla.
- Perché no? Un bambino ha bisogno di una madre
- Tu sei morta mamma, sei un fantasma da oltre sette anni – urlai continuando a cullare il piccolo John che emise dei versetti, ma ritornò poi a dormire – E non sei sua madre – spostai lo sguardo dalla parete scolorita alla fragile figura di mio fratello – Vattene ti prego – conclusi con tono flebile.
Passarono così delle ore, tra pensieri, preoccupazioni e accudimento del mio piccolo fratello. Era molto ingordo, ma fortunatamente dal suo viso contento sembrava saziarsi dei pochi pasti che riuscivamo a permetterci.
Giunsero le sei e fuori iniziava ad imbrunire. Mio padre fece ritorno dalla caccia. La sua maglia nera e i suoi jeans erano sporchi di sangue, così come il suo volto e le sue mani.
- Cambiati e resta con lui – non mi stupii dello stato in cui era ritornato, ero ormai abituata – Farò ritorno tra un po’ – raggiunsi la porta e me ne andai.
Arrivata al cimitero, aspettai che scendesse notte. Dopo cinque lunghe ore di attesa, iniziai a scavare per sotterrare la tomba della mia defunta madre. Ella comparve nuovamente dietro di me.
- Non puoi uccidere colei che ti ha dato la vita, sono tua madre, Elisabeth
- Lo odi così tanto. Non lascerò che tu lo uccida!
- Rinneghi la donna più importante della tua vita per un misero fratellastro?
- E’ mio fratello e no, mamma. Non sei più tu, sei solo uno spirito trasparente e infernale
Continuai a scavare tra le minacce e le urla di quell’essere demoniaco. Finalmente sentii qualcosa sotto la pala e con le mani tolsi il poco terreno restante. Non ci volle molto per aprirla, infondo non era una tomba come le altre, mio padre non aveva avuto tempo e di conseguenza non si era interessato di far celebrare un degno rito funebre.
Misi le ossa in un sacco e ricoprii la tomba con il terreno.
Giunta a casa non vidi né sentii mio padre, era andato via lasciando il bambino addormentato nella culla. Lo presi in braccio, lo avvolsi in una calda copertina celeste e lo misi nella carrozzina che sistemai dietro di me.
Gettai sul pavimento le ossa e versai del liquido infiammabile per quasi tutta casa, tralasciando la mia stanza dove c’era un ulteriore porta, solo di uscita. Presi una pistola e caricai tre proiettili.
Arrivò dopo poco tempo e non sembrò sorpreso da quello che trovò.
Partì un colpo, poi un secondo e infine un terzo.
- Mi dispiace ma non potevo fare altrimenti, papà. Devo salvarlo, è il mio compito.
- Lo so, mia dolce figliola, ma non dimenticare le mie parole. Non diventare una cacciatrice, scappa da tutto questo. – con fatica e affanno, il vecchio babbo disse le sue ultime preghiere.
Presi John tra le braccia e appiccai il fuoco. Corsi più veloce che potevo verso la porta e uscii. Continuai a correre e sentii l’esplosione. Mi fermai e strinsi più forte a me quella creatura innocente. Chiusi per un attimo gli occhi per trattenere le lacrime, poi, continuai a fuggire.


Spazio autrice

Ecco il quinto capitolo. In caso non l'aveste capito, questo è un ricordo della protagonista.
I prossimi capitoli si occuperanno proprio di far ricordare il passato ad Elisabeth.
Spero vi piaccia!

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Capitolo 7
*** I need to help ***


I need to help

Scappai lontano. Portai con me alcune provviste per il piccolo John e un po’ di cibo per me.
Ci rifuggiamo in una vecchia casa abbandonata dalle mura decadenti e dal pavimento in legno marcio.
Le crepe e le finestre rotte facilitavano l’entrata del freddo. Sembrava una di quelle abitazioni da film horror.
Per mia fortuna, nonostante le pessime condizioni, c’erano dei mobili e una culla dove posai il bambino.
Sedei a terra e aspettai che il pargoletto si svegliasse in cerca di cibo e affetto.
Rimanemmo in quel posto per tre, quattro, sei giorni.
Un senso di colpa e una sofferenza tormentavano il mio animo. Avevo privato a una creatura innocente, il calore e il bene di un padre, avevo segnato il suo futuro.
Stanca e sofferente, non smisi di vegliare su John. Non potevo abbassare la guardia, prima o poi i demoni ci avrebbero trovato, ma rimanere attenta e lucida diventava sempre più difficile.
Il leggero scricchiolio del legno mi fece sobbalzare.
Sarà solo un topo” il mio corpo era stremato “Come se avessi combattuto senza sosta “ emisi una risatina, parlare con me stessa era confortante.
Intravidi due figure avvicinarsi cautamente alla stanza. Raggruppai tutte le mie forze e velocemente impugnai una pistola caricata con proiettili d’argento, poi mi nascosi dietro ad una delle poche pareti ancora in parte intatte.
Raggiunsero la culla, sembrava non si fossero accorti della mia presenza.
Chi siete? – mi posi alle loro spalle, poco distante. Si voltarono sopresi.
Chi sei tu – domandò uno dei due
Voi venite qui con delle pistole, armati sicuramente di qualche strana intenzione, e dovrei essere io a dirvi chi sono? – risposi assumendo un’espressione incredula
Beh… - il secondo, dall’aria più intelligente, cercò una spiegazione, ma non riuscì a trovarla.
Non sono un demone - abbassai l’arma - Che ci fanno due cacciatori in questo posto?
- Non ci aspettavamo di trovare una ragazzina
Perdonalo, Dean ha sempre poco tatto – intervenne l’altro lanciando un’occhiata al biondo che sembrò infastidirsi.
- Perché hai dato fuoco a quell’appartamento? -
Quindi è per questo – dissi scuotendo il capo – Ho bruciato le ossa di un fantasma
- Non potevi farlo in un modo meno esplosivo?
- Se non avete altre domande, andate via
Lo sguardo di Dean si posò sul mio corpo in maniera poco delicata.
- Andiamo Sam
I due cacciatori stavano per andarsene, quando - Aspettate, voi siete i fratelli Winchester?
Si – risposero contemporaneamente
Conoscete Bobby Singer? – i fratelli si guardarono con aria interrogativa.
-Si -
- Portatemi da lui, per favore
Diversamente da ciò che avevo immaginato, non fecero domande e non rimasero stupiti quando presi mio fratello tra le braccia, almeno finché non raggiungemmo la loro auto e non ci mettemmo in cammino.
- Quindi conosci Bobby
- Esatto Dean. Mio padre parlava spesso di lui.
- Dov’è tuo padre? – chiese Sam.
Guardai John, sorrideva nell’intento di tirare la sottile ciocca di capelli che cadeva sul mio viso. Non potevo dir loro la verità, soprattutto non potevo rivelargli cosa fosse e cosa sarebbe diventato quel fragile esserino, lo avevo giurato.
- E’ stato ucciso da un demone
- Mi dispiace
Per un po’ di tempo regnò il silenzio, eravamo chiaramente a disagio senza nessun motivo.
Arrivammo finalmente da Bobby. Era molto diverso dalle descrizioni avute da mio padre, ma infondo erano passati degli anni dall’ultima volta che me ne aveva parlato.
Dean mi fece accomodare in una delle camere della casa. C’erano solo un lettino e un cassetto dove erano riposte delle armi e diverse Bibbie.
Ascoltai involontariamente la discussione tra i tre cacciatori, la dimora di Bobby non era molto grande, quindi quello che stavo facendo non poteva definirsi spiare.
- Chi è la ragazza?
- Non lo sappiamo, l’abbiamo trovata in una vecchia abitazione. E’ stata lei a causare l’esplosione
- Vi siete accertati che non fosse un demone?
- Non proprio
- Cosa significa “non proprio”? Potrebbe essere qualunque creatura e voi la portate tranquillamente qui – urlò, infondo aveva ragione, ma era stato proprio il gesto avventato di Dean e Sam a salvare me e mio fratello.
- Robert Singer, mio padre Samuel mi raccontava molto di te. Sono sua figlia, Elisabeth Jones e lui è mio fratello John. Sono umana, credimi, altrimenti te lo proverò – proferii entrando nella stanza.
- Tu sei la figlia di Samuel?
- Si e ho bisogno del tuo aiuto -


CONTINUA...


Spazio autrice

Ecco il sesto capitolo. Un altro ricordo della protagonista. Mi scuso se può sembrare senza senso, ma non volevo passare da breve a estremamente lungo, quindi ho diviso questo capitoli in due parti!
Fatemi sapere cosa ne pensate ^^

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Capitolo 8
*** I need to help 2 ***


I need to help 2

Robert guardò velocemente i due fratelli, sembrava cercasse una qualche certezza sulla mia identità.
- Ti prego di credermi – supplicai, rimanere sotto la loro protezione era l’unica via di salvezza che rimaneva al piccolo John.
- Non posso fidarmi, dimostrami quello di cui sei capace – ribatté lui, non ancora convinto.
Mi avvicinai a mister ironia, sebbene il suo fosse un fiero e altrettanto insopportabile carattere, il mio istinto mi suggeriva di dargli fiducia.
- Tienilo per un po’, e cerca di stare attento, è un fragile pargoletto – dissi ricevendo in risposta un sonoro no – Suvvia non cercherà di ucciderti, tranquillo –ironizzai fulminando Dean con uno sguardo, il quale forse impaurito, forse stranito, prese tra le braccia mio fratello.
Tornai nuovamente da Robert e accontentai la sua richiesta. Il modo più naturale che avevo appreso dagli insegnamenti di mio padre, era quello di sferrare un destro con forza moderata.
- D’accordo – disse l’anziano nonno, soprannome da me affibbiatogli, portando una mano al viso – Come posso aiutarti? – chiese.
- Aatxe, spirito malvagio. Devo eliminarlo, è stato lui a provocare la morte di mio padre – dentro di me speravo che quella menzogna bastasse ad eliminare ogni dubbio circa la morte di mio padre nei due fratelli e in Robert.
Intanto che Robert ed io discutevamo,  “Sam giacca di pelle” e  “Dean mister ironia” facevano espressioni buffe per far divertire il piccolo John.
- Quindi tu hai appiccato il fuoco poiché convinta dallo spirito che tuo padre volesse uccidere te e tuo fratello? – domandò dubbioso. La mia bugia era poco credibile, ma per riuscire ad avere la loro fiducia, potevo sfruttare la mia falsa inesperienza a causa della giovane età e della mia reale disperazione.
- Volevo proteggerlo, è mio fratello – risposi con tono soffocato.
- Perché ora vorresti vendicarti, se credi ancora alle parole di quello spiritello? –
- Ho riflettuto, ho raccolto tutte le informazioni di cui necessitavo e ho capito che ho sbagliato. Aaxte è un demone muta forma e in alcune leggende, al contrario degli altri, si racconta che proteggesse le persone tenendole lontane dal pericolo, anche qualora queste decidessero di rischiare nonostante i suoi avvertimenti. Se ciò è vero, non avrei potuto avvicinarmi a mio padre. – spiegai cercando di essere precisa e dettagliata, non potevo rischiare di incrementare i loro sospetti - In realtà questi si dice spesso sia fedele alla sua padrona Dea Mari, chiamata anche la "Signora" o Dea Primordiale nella mitologia basca, la quale ossessionata dal potere della giustizia, esige sacrifici umani di individui secondo lei cattivi, e se ciò non avviene, arriva a togliere la vita - conclusi.
- Sei figlia di Samuel, non puoi aver creduto così facilmente a un demone – era chiaro che non mi credeva o probabilmente non si fidava abbastanza di me e di ciò che stavo dicendo.
- Lo spirito di una madre che ti perseguita, un fratello da accudire, un padre assente, la disperazione dettata da una vita troppo difficile da gestire a soli vent’anni. Dover crescere un neonato, un bambino in un ambiente popolato dal male, dovergli limitare la pappa, essere cosciente che non avrà mai una vita felice è straziante. A ciò, la stanchezza, il dolore fisico e morale, la disperazione ti portano a credere in qualsiasi cosa, anche la più insensata. – trattenni le lacrime, tra mille bugie potei confessare una cruda verità.
- Ok, come eliminiamo questo figlio di puttana? – cedette, ma la dura espressione era ancora stampata sul suo volto.
- Esiste un’antica formula, mio padre l’ha conservata nel suo … - non feci in tempo a finire la frase poiché fui interrotta dal lamento di Dean.
- Oh merda! – esclamò allontanando un po’ John da se.
- Che cosa succede? – preoccupata, mi avvicinai al piccolo e fui colpita da un forte odore – Oh, capisco. Nello zaino dovrei avere un pannolino – dissi prendendolo – Dov’è il bagno? – Robert m’indicò la porta del bagno e con l’aiuto di Sam lavai e asciugai delicatamente mio fratello, poi gli misi il pannilino pulito.
Grazie dell’aiuto Sam, e in quanto a te Dean, è solo cacca, combatti contro orribili bestie e non riesci a sopportare un po’ di puzza? – scherzai sorridendo – Allora eliminiamo quel figlio di puttana di un demone? – chiesi spostando la mia attenzione su Robert, mentre tra le mie braccia cullavo il piccolo John per farlo addormentare.
Certo – rispose.
 
 



Spazio autrice

Questo è il continuo del capitolo precedente. So di averlo buttato giù in modo un po' troppo svogliato, ma a me sembra sufficiente, infondo mi ci è voluto tempo prima che riuscissi a scrivere qualcosa che mi convincesse anche solo in parte. Spero apprezziate lo sforzo!

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Capitolo 9
*** Incontro ***


Notare l’ilarità suscitata negli altri, è alquanto fastidioso.
Essere un hot dog gigante con un dannato sorriso piazzato sul volto, pubblicizzando una misera paninoteca ambulante, era di per sé abbastanza snervante.

Hey, mi verrebbe voglia di mangiarti ” era la battuta più ascoltata e squallida del giorno. Di contro la mia risposta geniale era “Oh, dopo che avrai finito di mangiare la tua materia grigia. Ah già dimenticavo, non ne possiedi una” o la classica variante finale “Ah hai il cervello di un criceto, ecco perché hai ancora fame”.
Non giudicatemi, non sono poi così stronza, solo stanca.
Guadagnarsi quei quattro spiccioli era già complicato di suo, aggiungerci completi decerebrati, era un mix atomico.

Ritornai a casa di Mrs Nonno, ovvero Bobby. Erano passati diversi giorni dal nostro incontro. Ero riuscita a guadagnarmi parte della loro fiducia.
L’unico presente era Dean. Mrs Simpatica stava accudendo mio fratello, per quanto potesse essere schizzinoso, era piuttosto bravo con i bambini, aveva addirittura imparato come cambiare il pannolino.
Chiesi dove fossero gli altri, e la sua risposta fu “A caccia del tuo demone”.
Avrei dovuto guadagnarmi più fiducia, avrei dovuto aiutarli nella caccia del mio e di altri demoni, ma a causa di ciò che era successo, mi era stato vietato.
Questo demone ha scelto te per un motivo. Non si fermerà a tuo padre e onestamente non sappiamo nemmeno il motivo.” fu questa la loro spiegazione al mio divieto di cacciare. “Hai qualcosa da dirci?” chiesero in seguito ricevendo in risposta un sonoro no, il quale non li aveva molto convinti. A causa dei loro dubbi abbozzai una scusa piuttosto banale “Mio padre era un ottimo cacciatore, io non conosco tutte le sue battaglie. Dal suo diario mancano delle pagine”. Sapevo benissimo che ero stata io in precedenza a strapparle, ma era un altro segreto da custodire.

Ritornai alla realtà ascoltando il pianto di quella piccola creatura che era mio fratello. Era affamato e non avevo più nulla da potergli dare, nulla di adeguato per un bambino e purtroppo non mi era stata data la mia paga giornaliera. La mia disperazione doveva essere evidente, poiché Mrs Simpatica si offrì di comprare del latte.

Rimanemmo da soli, io e mio fratello. Oh, sembrava così innocente e fragile, e forse lo era ancora, ma non per molto. Si divertiva ad afferrare il mio “enorme” dito con le sue manine.
Improvvisamente sentii una voce non familiare.
Come on, è questo il benvenuto da dare al vostro caro amico, Crowley
Posai un cuscino al lato del letto che occupavo poco prima, non volevo che il bambino si facesse male cadendo, afferrai la pistola e raggiunsi la sala.
Chi sei, ragazzina?” chiese il demone
Ma davvero? Cioè perché tutti chiedete chi sono io quando chiaramente voi fate irruzione nelle case altrui?” dissi riferendomi all’episodio capitato anche con i due fratelli Winchester.
Ebbene, io sono Crowley e...” non terminò la frase che fece per annusare qualcosa “Oh, questo odore soave” di un tratto scomparì. Istintivamente raggiusi mio fratello. Crowley lo osservò.
Quindi è lui” il suo sorriso compiaciuto mi portò ad avere un espressione di delusione, di compassione e di un sentimento a me ancora sconosciuto.
“Allontanati” minacciai puntando la pistola
O cosa, mi uccidi? Oh non puoi.” il suo sguardo si posò su mio fratello “Loro lo sanno?” domandò
No” risposi senza esitazione posando la pistola, era come se mi fossi arresa o forse ero solamente sollevata ad ammettere ciò che quell’esserino minuscolo era. Come potevo essere così egoista? Ora era tutto incasinato.
Bene, ci rivedremo presto” - sparì dopo aver accentuato quel sorriso malefico.
Tremai guardando nel vuoto. Tutto ora poteva sfuggire al mio controllo.

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