-si, Signore!-

di AstridxAndros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -si, Signore- l'inizio... 1 ***
Capitolo 2: *** -si, Signore- l'inizio... 2 ***
Capitolo 3: *** -si, Signore- l'inizio... 3 ***
Capitolo 4: *** -si, Signore- l'inizio... 4 ***
Capitolo 5: *** -si, Signore- l'inizio... 5 ***
Capitolo 6: *** -si, Signore- un nuovo inizio...1 ***
Capitolo 7: *** -si, Signore- un nuovo inizio...2 ***
Capitolo 8: *** -si, Signore- un nuovo inizio...3 ***
Capitolo 9: *** -si, Signore- l'ultima avventura... 1 ***
Capitolo 10: *** -si, Signore- l'ultima avventura... 2 ***
Capitolo 11: *** -si, Signore- l'ultima avventura... 3 ***
Capitolo 12: *** -si, Signore- l'ultima avventura... 4 ***
Capitolo 13: *** -si, Signore- l'ultima avventura... 5 ***
Capitolo 14: *** -si, Signore- l'ultima avventura... 6 ***
Capitolo 15: *** -si, Signore- THE END ***



Capitolo 1
*** -si, Signore- l'inizio... 1 ***


La sala in meno di qualche secondo si riempì di uomini in divisa nera. Tutti puntavano il fucile verso di noi.
-che… che sta’ succedendo?- riuscii a chiedere tentando di essere calmo, non era la prima volta che ci puntavano un arma da fuoco al cuore, ma ero sicuro che quella non fosse un esercitazione, e che quelli non fossero gli insegnanti.
-fermo ragazzo non ti muovere!- mi ordinò uno di loro.
-ragazzi! Fate come vi dicono!- tutti scattammo sull’attenti al sol sentire quella voce,
-si signore!- esclamammo facendo il saluto militare.  Solo dopo ci accorgemmo delle sue condizioni, quegli uomini lo avevano ammanettato. Nessuno si mosse fino a quando l’uomo non uscì scortato dagli uomini in nero.
-ragazzi ora vi trasferirete tutti in una nostra sede, non opponete resistenza…- io feci un passo avanti, ero il superiore e guidavo anche il distretto est.
-distretto est! Seguite le loro indicazioni!- esclamai, non capii il motivo, ma gli uomini erano visibilmente stupiti,
-distretto nord! Seguite le indicazioni!- la voce proveniva dall’lato opposto della grande sala,
-distretto ovest! Non opponete resistenza!- quello era il distretto dei più attivi, era guidato da una ragazza,
-distretto sud! Fate come vi dicono!- prima dell’interruzione stavo programmando le attività con il capo del distretto sud che ora mi stava accanto.
-o… ora… ragazzi… vi divideremo sui camion…- annunciò palesemente stupito  l’uomo che puntava la capo del distretto ovest.

-chiedo il permesso di parlare!- schiena dritta, passo avanti, voce ferma.
-p…parla…- continuavo a non capire perché fossero così stupiti,
-regola numero tre, i distretti devono sempre rimanere uniti! Dividerò io i membri!- erano ammutoliti, non capivo, perché il Signore ci aveva chiesto di seguire gli ordini di quegli uomini?
Annuirono impercettibilmente scortandoci fuori, i fucili non smettevano di essere puntati sui nostri toraci, ma a nessuno importava, era normale per noi.
-Distretto Nord!- chiamai, tutti si erano messi in formazione,
-agli ordini!- esclamarono insieme facendo un passo avanti,
-primo camion! Di corsa!- i ragazzi senza scomporsi salirono sul grande camion verde scuro,
-Distretto Sud!- di nuovo un altro gruppo avanzò,
-d’ora in poi sarete affidati al vostro capo! Non voglio sentire storie! Secondo camion!-  tutti senza fiatare salirono in ordine sul secondo camion,
-Distretto Ovest! Terzo camion! - ordinai,
-Distretto Est! Con me! svelti! Non è un esercitazione!-.
Nei grossi camion ognuno aveva un fucile puntato, c’era una luce flebile, abbastanza da permettere ai cecchini di prendere la mia giusta. Continuavo a pensare al motivo per cui il Signore ci avesse lasciato nelle mani di quegli uomini.
Scendemmo in un grande spiazzale, dopo qualche ora, sembrava proprio una prigione…
-passo avanti e presentati soldato!- mi ordinò un uomo, era anche lui vestito di nero, ma sembrava più vecchio, pensai che fosse l’unico di cui fidarsi.
-Nome: Elia! Numero:1001! Superiore di distretto! Capo del distretto Est!- l’uomo si fece se possibile più serio,
-quanti anni hai figliolo?- anche io mi incupii, l’età non aveva importanza rilevante, perché quella domanda?
-quattordici signore!- risposi, tutti gli uomini dietro di lui si incupirono, lui invece rimase impassibile,
-starete tutti qui per qualche tempo, guida i tuoi uomini alle proprie stanze, queste sono le chiavi, conferisco a te il compito di assegnarle- mi ordinò,
-chiavi signore?- chiesi confuso, lui parve perplesso,
-non sai cosa sono?- domandò, io scossi la testa,
-lo so signore, ma vuole darci le chiavi della stanza?- lui non capì, che strano comportamento era quello?
-non abbiamo mai avuto delle chiavi… ci chiudono dentro la camerata…- chiarii, lui scosse con decisione la testa sgomento, poi si riprese,
-Qui si seguono le mie regole, avremo modo di discuterne dopo…- io tornai in posizione prendendo il sacchetto con le chiavi.
-si. Signore!- mi voltai verso il mio plotone, erano tutti schierati,
-seguitemi!- ordinai voltandomi verso il grande edificio.
Le stanze erano molto grandi, non mi aspettavo una tale accoglienza. Ma per quel giorno per il mio plotone e per me c’erano state troppe novità e troppe sorprese.
Un uomo in giacca e cravatta mimetica mi chiamò, appena aprì la porta tutti scattammo in piedi facendo il saluto militare.
-ehm… no ragazzi… non c’è bisogno…- era incerto,
-s…soldato Elia… puoi seguirmi?- chiese cordialmente, quella giornata era sempre più strana, quell’uomo mi stava chiedendo gentilmente qualcosa!
-c… certo- risposi anche io incerto, non sapevo cosa fare in quel caso.
Mi guidò verso le camere degli altri, e anche con loro si ripeteva la stessa storia, cosa aveva quell’uomo che non andava?

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Capitolo 2
*** -si, Signore- l'inizio... 2 ***


Ci fece sedere insieme ad altri uomini.
-ragazzi… io sono il capo della squadra speciale… voglio da voi delle risposte- noi rimanemmo in silenzio.
-da quanto tempo eravate sotto il controllo di Handan?-  ci scambiammo occhiate stranite,
-signore, mi spiace ammetterlo ma non sappiamo chi sia… posso dedurre però che si riferisca al nostro Signore giusto?- lui annuì,
-tutti arriviamo al nostro ospedale a pochi mesi di vita. Da lì usciamo solo dopo i quattro anni, e a quell’età iniziamo l’addestramento al campo con tutti gli altri…- Hanna stava parlando.
-quindi non sapete cos’è la scuola?- noi ci scambiammo un'altra occhiata,
-veniamo istruiti molto bene invece… sia sulle materie come storia, lingue, matematica e geografia, sia materie militari…-  erano sorpresi, perché? Non era forse normale avere un istruzione?
-sapete dirmi cosa sono le pillole che abbiamo trovato in grande quantità nella sala dove vi abbiamo trovato?- un'altra occhiata,
-ehm… credo si riferisca alla nostra cena signore… Ferro, Vitamine, Calcio…- Edgar aveva preso come tutti la sua cena, la tenevamo dentro una scatoletta di ferro che veniva attaccata alla cintura, ora la tendevamo agli uomini.

-mangiate solo questo?!-  chiese stupito uno degli uomini,
-che significa solo questo? È tutto ciò che ci serve per sopravvivere!- dissi un po’ arrabbiato, la nostra cena era ciò che ci teneva in vita, come si permetteva a disprezzarla in quel modo?!
-scusatelo…- disse il più anziano, lui non si era scomposto,
-signore, mi scusi, ma non capisco… ho notato molta perplessità nei suoi uomini… posso chiederle a cosa è dovuto?- il vecchio sospirò,
-ragazzo… voglio essere onesto con voi… ciò che mi avete raccontato è improponibile per qualsiasi stato civilizzato… nessun uomo dovrebbe cibarsi di sole sostanze… ansi, mi stupisco come siate così in buona forma… e soprattutto nel mondo civilizzato, gli uomini, i cadetti, i soldati hanno il permesso di essere addestrati solo al compimento dei diciotto anni- rimanemmo in silenzio, era come se quell’uomo avesse distrutto il nostro mondo con un soffio.
-molti, troppi bambini sono stati rapiti dalle proprie famiglie e portate nel vostro campo per formare un esercito…  voi avreste dovuto avere una vita migliore- teneva la testa bassa, si sentiva in colpa.
-signore… i miei uomini hanno delle famiglie?!- chiesi alzandomi di scatto, era nuovamente sorpreso,
-si… certo… e tutti i genitori si sono rivolti a noi disperati- ammise, anche gli altri scattarono in piedi.

-a quando l’incontro?- chiese Lucas,
-non vorrei traumatizzare…- tutti coordinati sbattemmo le mani sul grande tavolo di legno,
-abbiamo visto i nostri amici morire per mano di un nostro compagno di distretto, siamo stati addestrati a cavarcela da soli, io non sono riuscita a salvare un mio compagno di camerata da un infarto, è morto tra le mie braccia, Elia invece ha salvato un suo cadetto da un attacco epilettico, non possiamo traumatizzarci! Se quello che dice è vero, non desideriamo altro che vedere le persone che hanno avuto il coraggio di metterci al mondo!- Hanna era arrabbiata, e io la capivo perfettamente.
La vidi tremare, le presi una mano e tentai di controllare  il mio tono di voce.
-ci scusi… e solo che ci hanno sempre detto che i nostri genitori sono morti… la decisione sta’ solo a voi, il Signore ci ha ordinato di seguire le vostre scelte… se la storia del cibo è vera, penso che prima di mangiare come voi dovremmo fare delle visite mediche, anche subito se è possibile…- l’uomo annuì,
-ora ci ritiriamo… ma penso che nessuno di noi vorrà tacere dei genitori agli altri… quindi vogliate scusarci in anticipo…- mi voltai come tutti e ci ritirammo nelle nostre stanze senza più proferire parola.
Eravamo stati addestrati a non lamentarci,  a sopportare di tutto, a non mostrare mai qualsiasi tipo di sentimento, ma io conoscevo bene il mio distretto,  ero sicuro che ognuno fremeva all’idea di avere una vera famiglia.
Nessuno di noi in verità sapeva cos’era una famiglia, avevamo solamente visto un filmato ansi per la precisione qualche immagine, il professore aveva staccato appena era comparsa una famiglia che abbracciava piangendo contenta un bambino. Da quel giorno tutti segretamente desideravamo avere qualcuno che provasse felicità nel vederci.
-signorina… può dirmi in che condizioni sono i ragazzi?- chiesi abbottonandomi la camicia, avevo appena finito il controllo, la giovane arrossì.
-ehm… siete tutti in condizioni piuttosto precarie… il vostro stomaco fortunatamente non ha subito troppi danni… ma dovete iniziare a magiare cibo vero al più presto…- distolse lo sguardo che aveva tenuto fisso sul mio petto, sorrisi.
-la ringrazio… è molto gentile- uscii dalla camera bianca per recarmi nella mia stanza. Era ormai ora di cena, quella era stata una lunga giornata. Ingoiammo per l’ultima volta le pillole che ci tenevano in vita e andammo a letto.

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Capitolo 3
*** -si, Signore- l'inizio... 3 ***


Le luci dell’alba filtrarono dalla finestra riscaldandomi il viso, aprii un occhio alla volta tentando di capire dove mi trovavo, poi gli avvenimenti del giorno prima mi assalirono. Un velo di tristezza mi avvolse.
-quindi come ci dobbiamo comportare?- chiese Hanna guardando le mura grigie. Eravamo solo in quattro svegli. Tutti da sempre in distretti opposti, sempre obbligati a spararci contro “fatti predatore o diventerai preda” , ma non ci eravamo mai odiati, nessuno lo aveva mai fatto.
-ricordate le lacrime di quei genitori? Non le ho mai dimenticato quelle immagini…- ammise Lucas,
-e come si faceva a scordarle? Sapere che anche noi abbiamo qualcuno che potrebbe piangere per noi mi fa venire i brividi…- concordò Edgar. Io rimanevo in silenzio, mi godevo quegli attimi di pace mattutini, era strano ma in quel posto si sentiva il canto degli uccellini, dovevano esserci degli alberi attorno a quella prigione. Mi facevano sentire un po’ libero. Ero un soldato, non avrei dovuto provare quelle emozioni, ma sentire il canto di quegli animali indifesi mi faceva stare bene. Se loro, così deboli e sprovveduti potevano essere felici e liberi, perché non avremmo potuto esserlo anche noi?
-Elia?- io mi risvegliai dai miei pensieri,
-credi che ci divideranno?- sospirai, poi buttai la testa tra le mani, sentivo i capelli corvini scivolarmi tra le dita, sentivo la loro preoccupazione e la mia, eravamo addestrati a superare tutto, ma forse questo non faceva parte di “quel tutto”.
-non lo so…- per la prima volta in vita mia non ero sicuro di niente, ciò che appena un giorno prima mi sembrava una costruzione sicura ora invece capivo che le fondamenta erano semplice sabbia bagnata.
-la colazione di oggi sarà a base di cereali, latte e succo di frutta-  era facile notare che il vecchio si sentiva ridicolo a pronunciare quelle parole,
-provate a mangiare- disse incoraggiante. Tutti guardarono me, ero la loro guida. Presi il cucchiaio, gli altri mi seguirono. Misi una cucchiaiata di quell’impasto in bocca, assaporai quel gusto. Il gruppo mi copiò.
-è strano…- ammisi prendendo un’altra cucchiaiata di quel composto, era una sensazione strana inghiottire qualcosa che non fosse pillole o acqua. Prima di allora avevamo assaporato solo il gusto del fango, o nelle esercitazioni di qualche erba curativa.
il silenzio nella sala era pesante. Tutti i tavoli erano l’uno accanto all’altro a formare un ferro di cavallo, i più grandi erano in un tavolo a parte, guardavano le nostre reazioni. Finimmo tutti insieme di mangiare, tutti parvero apprezzare quel cibo. Nessuno di noi aveva mai pensato che nutrirsi potesse essere qualcosa per riempire quel buco perenne nello stomaco.
-allora ragazzi… domani andrete a casa con i vostri genitori...- disse pacato un uomo vestito di mimetica, tutti annuimmo, eravamo soldati scelti, non ci spaventava stare con degli estranei, la nostra preoccupazione era se quegli uomini e quelle donne ci avrebbero accettato.
-oggi vedrete qualche video sulla famiglia e sulla scuola!- ricominciava a trattarci come soldati, forse era la cosa migliore da fare,
-in questo momento delle mie collaboratrici vi stanno distribuendo i fascicoli della vostra famiglia, ci sono scritte tutte le informazioni principali- tutti contemporaneamente aprimmo i fascicoli.
Lessi tutto con interesse, avevo una sorella e un fratello più piccoli e un fratello e una sorella più grandi.
Strinsi quella cartella tra le mani, avevo una famiglia, una vera famiglia, non potevo crederci.
Camminavamo per la prigione che momentaneamente era la nostra casa, avevamo lasciato tutti i distretti insieme in una sala di svago. Era un opportunità da non perdere, non avevamo mai giocato prima. Ma per noi l’opportunità di passeggiare insieme era irripetibile, il giorno dopo saremmo stati divisi.
-qualcosa non va?- chiesi ad Hanna notando la sua strana espressione, lei scosse la testa sorridente,
-niente- sorrise. Non ero affatto convinto da quella risposta, ma le credetti.
******
ringrazio chi è arrivato fino a qui!! al prossimo capitolo!! <3 

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Capitolo 4
*** -si, Signore- l'inizio... 4 ***


Era ormai notte inoltrata. Solo la luce della luna si specchiava opaca sui muri bianchi. Guardavo il soffitto con una strana sensazione nello stomaco. Ero preoccupato per qualcosa, ma non capivo cosa, ero sicuro che l’incontro del giorno dopo non dovesse spaventarmi così tanto.
Mi alzai sospirando e mi avvicinai al davanzale… le grate erano state tolte dai muri, ma si vedevano ancora chiaramente i solchi che avevano lasciato. Un bruttissimo presentimento mi attanagliò la gola. Senza pensarci due volte uscii di corsa dalla mia stanza e mi recai in quella di Hanna. Non capivo perché, ma dovevo assicurarmi che stesse bene. Mi avvicinai alla sua stanza quando notai uno spiraglio di luce. Perché il distretto Ovest era sveglio?! Entrai spalancando la porta. Tutti erano attorno al letto di Hanna preoccupati. Mi avvicinai.
-cosa è successo?!- chiesi, la preoccupazione mi riempiva sempre di più l’anima.
-e…ecco… stavo cadendo… non l’ho fatto apposta… mi ha salvato ma…- un ragazzino balbettava spaventato, mi voltai verso Hanna. Si teneva la caviglia con entrambe le mani, il viso contorto in un espressione di dolore mal celata. Con un braccio sicuro la feci distendere, le spalancò gli occhi sorpresa.
-c… che ci fai qui?- balbettò, io non le risposi, le spostai le mani che ancora cingevano la caviglia, sapevo cosa fare. Mi scaldai le mani sfregandole tra di loro, e le imposi sulla caviglia dolorante. Poi con la metà della mia forza feci pressione sui tre punti fondamentali. Lei strinse gli occhi, tentando di non urlare, ma un gremito riuscì a sfuggire dalle sue labbra. Lottai contro me stesso, non dovevo cedere. Dopo qualche minuto che sembrò interminabile lei iniziò a rilassarsi, e io iniziai ad allentare la presa. Quella era una tecnica che mi avevano insegnato, per curare, i miei compagni di distretto  più grandi durante una battaglia.
-che succede?- chiese un uomo abbastanza anziano, doveva essere il sorvegliante. io non mi voltai, dovevo stare attento a non mollare troppo in fretta i punti di pressione,
-ecco… c’è stato un incidente, ma sta’ risolvendo il nostro cap. … cioè, Elia… sta’ risolvendo tutto Elia- sorrisi impercettibilmente, non riuscivano ancora a chiamarmi con il mio nome.
-che stai facendo ragazzo?- mi chiese perplesso avvicinandosi, io lanciai un occhiata ad Hanna, teneva un pugno chiuso sulla bocca, lo faceva sempre quando si pentiva di qualcosa.
-niente… non c’è nessun problema non si preoccupi…- minimizzai io, lasciai completamente la presa sulla caviglia della mia amica e feci per tornamene nella mia stanza. Ecco cosa mi nascondeva quel pomeriggio, la caviglia le era tornata a fare male, ma per il suo stupido orgoglio non aveva detto niente a nessuno.
-Grazie Elia Fabiani!- mi voltai stupito, poi notando il suo sguardo dolce capii.
-sarò diventato un comune civile, ma mantengo sempre la stoffa da capo! È una dote naturale!- mi appoggiai con fare teatrale sull’uscio della porta, e la guardai nei suoi occhi ambrati… lei fece lo stesso, e le sue guance si colorarono leggermente di rosso. Sorrisi per quella reazione, poi tornai molto più tranquillo nella mia camera.

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Capitolo 5
*** -si, Signore- l'inizio... 5 ***


Quella mattinata tutti erano in fermento. Tutti agitati come non li avevo mai visti. E paradossalmente, neanche un ragazzo di tutto il plotone voleva uscire dalla propria stanza. Nello spiazzale avevo visto già le varie famiglie, tutte perfettamente puntuali. Impazienti. Chi con già gli occhi lucidi, chi invece  con un sorriso a trentadue denti.
Eravamo solo in quattro fuori dalle stanze, forse i più agitati, ma eravamo punto di riferimento per tutti , non potevamo mostrarci deboli.
-signore… nessuno di noi è abituato a comportarsi “normalmente…” iniziò Lucas,
-vorremmo presentarci al nostro solito se è possibile… anche per essere un ultima volta veri soldati…- Edgar teneva la testa bassa, da quel giorno avremmo smesso definitivamente di esserlo.
L’uomo su consiglio di alcuni psicologhi accettò.
-compagnia! A raccolta!- ordinai uscito fuori, tenevo accuratamente le spalle alla gente. In poco tempo il plotone si schierò davanti a me. Non potevano non ubbidire ad un mio ordine. Sapevano che non ero più il loro capo, ma era la forza dell’abitudine.
-Distretto Nord! Distretto Sud! Distretto Est! Distretto Ovest!- chiamai, loro fecero un passo avanti e un saluto militare,
-si, signore!- il vecchio si avvicinò a me. io feci il saluto e andai alla mia postazione.
Guardai gli sguardi della gente, nessuno di loro sembrava stupito o spaventato, ero felice.
-passo avanti e presentatevi!- ordinò il vecchio, io iniziai, non potevo nascondere di essere agitato,
- Nome: Elia Fabiani!- dissi, lanciai una veloce occhiata al vecchio, lui la fece di rimando, sapevo cosa mi aveva voluto dire.
-Ex Superiore di Distretto. Ex capo del Distretto Est. Quattordici anni- così come me fecero tutti gli altri. Ognuno di noi aveva notato la propria famiglia, e loro avevano notato noi.
-Soldati! È stato un piacere conoscervi! Siete ufficialmente congedati! Andate dalle vostre famiglie razza di mocciosi!- era l’ultima sua parola, ci aveva preso in giro, ci aveva trattato come normali civili, quello era l’inizio di una nostra nuova vita.
 *******

chi è arrivato vivo fin qui?! XD spero in molti! baci!!

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Capitolo 6
*** -si, Signore- un nuovo inizio...1 ***


Era una casa grande, a due piani. Ero rimasto senza parole quando mi avevano fatto fare il giro dell’abitazione.
-non ci sei abituato?- chiese la vocetta infantile di una bambina notando il mio evidente stupore, io la guardai,
-in realtà no- le sorrisi e lei fece lo stesso.
i miei “genitori” erano persone dolci e comprensive. Entrambi avevano la passione per il proprio lavoro, e anche i miei fratelli erano molto socievoli.
-allora… raccontaci un po’ di te…- sorrise gentilmente mia madre, io annuì, dovevo ricordarmi che d’ora in poi le cose non mi sarebbero più state ordinate.
-beh… non c’è molto da dire… sono stato cresciuto come soldato fin da piccolo…-
-a quanti anni hanno cominciato ad addestrarti?- chiese curioso Eric, il giovane aveva i capelli corvini come i miei e quelli di mio padre.
-a quattro… - vedendo il suo sguardo curioso sorrisi.
-se vuoi sta’ sera posso raccontarti dell’addestramento, non credo che alle ragazze interessi- sorrisi a mia madre che ricambiò.
-come venivano scelti i capi di distretto? Ho visto una ragazza tra di voi- sapevo che Irene mi avrebbe fatto quella domanda. Per un attimo i miei pensieri volarono alla ragazza dai capelli rossi. Hanna.
-quando da piccoli dovevano scegliere il nostro distretto di appartenenza, valutavano le nostre capacità.
Nord: i più agili. Sud: i più veloci. Ovest: i più attivi e spericolati. Est: i più furbi e capaci.
Ogni volta che il capo iniziava a perdere colpi si cambiava. Si faceva una prova e chi ne usciva vincitore diventava il nuovo capo. Hanna è una mia amica anche se eravamo di due fazioni opposte siamo sempre andati d’accordo…- la ragazza sorrise soddisfatta.
-devi aver avuto una vita difficile…- sospirò mio padre tenendo gli occhi bassi,
-per me quella era la normalità… non ho mai pensato di essere sfortunato o di avere una vita invivibile… anche se a volte si perdeva un amico… o eri costretto a fare qualcosa di… orribile… si andava avanti… comunque… sono contento di essere qui ora- sorrisi all’uomo.
Era stata una giornata pesante, ma avevo promesso a mio fratello di raccontargli degli addestramenti, e ora eravamo nella sua stanza. Mio padre aveva insistito per sapere anche lui e io non avevo potuto dirgli di no.
Mi guardai intorno un po’ spaesato.
-c’è qualcosa che non va?- mi chiese mio padre, io scossi la testa,
-un secondo…- chiesi, poi uscii dalla stanza.
Bussai alla porta poco lontana da quella di Eric.
-avanti- sentii dire dall’interno, con prudenza aprii la porta, mi schiarii la voce nervoso.
-ehm… Alessandro… ti andrebbe di stare con noi nella stanza di Eric? Certo… se non vuoi non fa niente…- perché ero così impacciato? In fondo aveva solo 11 anni… forse era per quello… con i più grandi me la cavavo, e anche con la piccola ci riuscivo, ma quel ragazzo era molto simile a me, forse troppo. Introverso e acuto. Era sicuro che fossimo fratelli. Dopo un po’ di tentennamenti mi sorrise e mi seguì.
I giorni passavano e io conoscevo sempre di più la mia famiglia. Avevo capito che non sarei riuscito ad integrarmi facilmente. Nozioni che la più piccola sapeva a memoria io le disconoscevo. Imparavo lentamente che i cibi erano svariati e che non si mangiava solo per bisogno, ma anche per piacere. Dopo poco i miei decisero che era iniziato per me il momento di andare a scuola. Scoprii di avere un istruzione abbastanza elevata per i loro standard. Non ero obbligato a frequentare elementari e medie, così iniziai il mio primo anno di scuola alle superiori.
Quella mattina fui accompagnato da entrambi i miei genitori, la cosa poteva sembrare banale per alcuni e stupida per altri, ma per me era una cosa speciale. Iniziare il mio primo giorno di scuola con i miei genitori.

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Capitolo 7
*** -si, Signore- un nuovo inizio...2 ***


Il preside si offrì personalmente di scortarmi in aula, ma quella non era un attenzione come quella dei miei familiari, voleva impedirmi di fare guai. Bussò tre volte e poi aprì la porta, un sacco di occhi scattarono verso di noi. Io ero stranamente sicuro, era come una delle tante prove di abilità che avevo superato brillantemente.
-ragazzi questo è un vostro nuovo compagno di classe, si chiama Elia Fabiani. Ha avuto un passato molto difficile, e questa è la prima vera scuola che frequenta, quindi siate comprensivi con lui…- lanciai un impercettibile occhiata torva a quell’uomo, cosa aveva in mente? Di etichettarmi come strano già dal primo giorno? Anche se non potevo dargli tutti i torti, per loro io sarei stato davvero strano.
Guardai velocemente i miei nuovi compagni. Le ragazze sorridevano elettrizzate. Tutte con un evidente rossore sulle guance ogni qual volta il loro sguardo incontrava il mio. I ragazzi invece mi guardavano con un misto di approvazione ed invidia. Quando l’uomo se ne andò la donna anziana che doveva essere la mia professoressa iniziò a farmi qualche domanda.
-allora Elia… quanti anni hai?- chiese gentile,
-ho 14 anni…- sorrisi,
-e vediamo… quali sono i tuoi hobby?- quella semplice domanda mi aveva messo in difficoltà, lei capì la mia palese reazione.
-ti piace giocare a calcio per esempio? Oppure stare al computer? O davanti la televisione? Fai sport? O ti piace passeggiare con gli amici? forza non essere timido…- di male in peggio,
-ecco… mi piace giocare con i miei fratelli… e guardare la televisione… in questo momento non faccio sport, ma voglio ricominciare al più presto…- lei sorrise, ero riuscita a cavarmela, quelle erano le uniche cose che avevo fatto fino a quel momento.
-e qual è la tua materia preferita?- chiese ancora, io ci pensai,
-ehm… a…aritmetica...- stavo per dire aereonautica avanzata… fortunatamente mi ero fermato in tempo…
-avete qualche domanda da fare al vostro compagno?- chiese allora alla classe, un ragazzo più grande di me alzò la mano, in volto un ghigno, la domanda non mi sarebbe piaciuta.
-che significa che hai un passato difficile? sei un terrorista per caso?- un sorriso sfuggì al mio controllo, era proprio lontano dalla verità. Lanciai uno sguardo alla professoressa prima di rispondere, era arrabbiata per la domanda indiscreta.
-no, non sono un terrorista, né uno spacciatore, ne qualcosa del genere, diciamo che ho avuto un passato un po’ burrascoso… ma se diventerò un terrorista sarai il primo a saperlo te lo assicuro!- risate generali, a quanto pare me la ero cavata bene.
-e invece perché non hai mai frequentato una scuola? ci vogliono delle buone basi per entrare al liceo, soprattutto allo scientifico, non lo sapevi?- guardai negli occhi la ragazza, che mi stava lanciando uno sguardo di sfida, ma dopo pochi secondi abbassò lo sguardo rossa in volto,
-in realtà non ho mai frequentato una vera scuola, ma mi hanno istruito molto bene- in quel momento ero a mio agio, mi ero appoggiato sulla cattedra con disinvoltura, la camicia nera con i primi bottoni aperti lasciavano intravedere il mio torace, anche la professoressa si era fermata per un attimo a guardarmi.
-perfetto, puoi prendere posto accanto ad Aurora- mi informò la professoressa indicandomi un posto all’ultimo banco. Le sorrisi e mi avviai al mio posto.
Erano passate due ore, la mia compagna di banco era in imbarazzo al solo guardarmi, mentre le altre provavano invidia verso di lei.
-sai, non mangio mica…- le sussurrai durante la lezione di storia, lei si voltò verso di me,
-scusami…- disse con un leggero rossore sul volto,
-e non preoccuparti, per passato burrascoso intendo niente di illegale…- beh… almeno io non avevo fatto niente di illegale… o no? sparare a qualcuno con un Fucile forse era illegale… ma non era colpa mia!
lei si voltò verso di me facendo intravedere i suoi occhi smeraldo nascosti da una frangetta castana,
-come ti chiami?- chiesi continuando a sussurrare,
-Aurora Daniel… - rispose semplicemente, mi accorsi in quel momento che la mia compagna di banco aveva una bella voce,
-dovresti parlare di più, mi piace la tua voce- ammisi senza ombra d’imbarazzo, lei invece arrossì,
-ci proverò- sorrise.

In ricreazione venni assalito letteralmente dalle ragazze.
-mi dai il tuo numero?- mi chiese una,
-e il tuo indirizzo e-mail?-
-e la posta elettronica!-
-anche io voglio il tuo numero!- con una mossa agile riuscii a liberarmi dalle loro grinfie, le ragazze quando erano troppe erano assillanti,
-ragazze mi dispiace, ma io non ho niente di tutto questo- dissi cordiale allontanandomi dalla classe. Tirai un sospiro di sollievo solo quando fui abbastanza lontano.
-Elia! Ma dove vivi?! Non hai neanche il cellulare?- mi schernì un ragazzo che aveva assistito alla scena,
-fino a poco tempo fa’ in una prigione!- a quella voce mi voltai di scatto, rimasi senza fiato a quella vista.
Jeans e magliettina attillata, scarpe alte, capelli sciolti sulle spalle,
-Ha… Hanna?!- la ragazza mi sorrise e io le corsi incontro abbracciandola,
-ehi! Ehi! Che ci fai qui capo?- mi derise ridendo, io le sorrisi,
-potrei farti la stessa domanda…- dissi con voce dolce, tenendola ancora per i fianchi, lei mi sorrise,
-ehi! Piccioncini!- Entrambi ci voltammo a quelle voci familiari, Edgar e Lucas.
Rimanemmo per qualche secondo a guardarci, non ci importava di ciò che succedeva attorno a noi, non ci importavano le voci che di li a poco avrebbero fatto il giro della scuola, eravamo solo noi in quel momento.
-mi siete mancati ragazzi…- sussurrò Hanna,
-anche a me!- esclamò Edgar contento. 

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Capitolo 8
*** -si, Signore- un nuovo inizio...3 ***


-com’è andata la scuola?- chiese amorevolmente mia madre posando sul tavolo un piatto di pasta fumante. Mi ero accorto che qualsiasi cosa lei preparasse io l’adoravo.
-oggi abbiamo ballato! Abbiamo ballato!- esclamò sorridente la piccola Alba, sorrisi,
-ballato? E con chi?- chiese mio padre interessato. Non sapevo se facesse sul serio o cercasse di compiacerla, ma non m’importava.
-io ho ballato con Edoardo!- mia sorella sorrise,
-ma non è quel bambino che…- lasciò la frase a metà,
-è un bravissimo ballerino!- esclamò contenta. Poco dopo fece gli occhi supplicanti a sua madre,
-posso andare a casa sua? La sua mamma mi ha invitato! Ti prego!- ridemmo,
-chiamerò sua madre…- sospirò sorridendo la donna.
-a te Ale?- chiese nuovamente la madre, il ragazzo fece spallucce,
-ci prepariamo per la recita, ma i più grandi non vogliono collaborare, e ora ci siamo ritrovati senza il protagonista…- sospirò il giovane,
-ma nell’istituto dalle elementari alle superiori siete tanti! Ci sarà pur qualcuno adatto a quel ruolo!- si lamentò la donna perplessa,
-fino a ieri sera abbiamo parlato di questo… la protagonista l’abbiamo appena trovata ed è perfetta, però manca il protagonista… ci vuole qualcuno che si abbini a lei…- sospirò nuovamente. Eric vicino a me ridacchiò,
-non è che vorresti essere tu quel ragazzo perfetto?- il mio fratellino arrossì notevolmente.
-ma che stai dicendo!?- esclamò, risata generale.
-non è come pensate voi…- sussurrò leggermente offeso, noi ci facemmo seri,
-ah no?- continuò Eric con il solito tono strafottente che riservava sempre al fratello, l’interpellato scosse la testa deciso,
-no. penso che sia davvero perfetta per quel ruolo, niente di più- Alessandro era molto più maturo di quelli della sua età, lo ammiravo. Come mia famiglia avevano superato attimi di sconforto, durante la mia permanenza in quella casa mi era stato raccontato come avevano reagito tutti alla scoperta del mio ritrovamento nel campo. Eppure, nessuno si era lasciato andare nello sconforto. Per quattordici anni la mia famiglia non aveva perso la speranza. Non mi aveva abbandonato al mio triste destino.
-a te Elia? Com’è andato il primo giorno di scuola?- chiese di nuovo la donna spostando l’attenzione su di me. io sorrisi.
-non male… anche se i miei compagni sono convinti che io sia un terrorista o qualcosa del genere- sorrisi amaramente ricordando la mia compagna di banco. Comunque c’era qualcosa di strano negli occhi di quest’ultima. Non mi guardava come le “oche” che mi avevano accerchiato, o come quelle che invece si erano allontanate frettolosamente da me. dovevo ammettere che la sua strana reazione mi aveva incuriosito.
-non hai incontrato nessuna ragazzina carina?- mi chiese complice mio padre, io arrossii come poco prima Alessandro.
-ecco…- balbettai io,
-andiamo! Le voci girano! Lo sappiamo tutti che sei stato assalito dalle ragazze! E poi che ti sei ritrovato ad abbracciarne una in corridoio!- Eric era compiaciuto della mia reazione,
-ecco… in realtà ho scoperto che anche tre dei miei amici vengono a scuola con me… ho abbracciato Hanna…- ammisi, poi alzai gli occhi dal mio piatto, a parte i miei fratelli le tre “ragazze” erano interessatissime.
-oh! Che bello! Mio figlio fa’ colpo!- esclamò mio padre in quel momento. Risata generale.
-Eric a te come è andata invece?- chiese ancora la madre. Avevamo già finito di pranzare, ma nessuno accennava a volersi alzare, tutti interessati alle storie dell’altro.
-vi do una notizia splendida! Tra meno di una settimana si terrà la gita d’istituto!- esclamò contento. Eric era il rappresentante dell’istituto, e in quanto tale veniva informato in anticipo su tutte le questioni che riguardavano gli alunni.
-e… cos’è?- chiesi io perplesso, mia madre mi sorrise comprensiva.
-allora… tutti gli anni il preside organizza una gita in montagna di tre giorni. E sono coinvolti tutti, dai bambini dell’asilo ai ragazzi delle superiori. Si sta’ in una baita sulla montagna, e ogni gruppo fa delle attività diverse- spiegò Irene con fare di chi la sa’ lunga, io sorrisi riconoscente.
-che bello! Che bello!- esclamò saltellando la piccola Alba, noi ridemmo.
 *****
come vi sembra fino a quì??? siete curiosi di sapere come andrà la gita??? fatevi sentire recensite!! 

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Capitolo 9
*** -si, Signore- l'ultima avventura... 1 ***


Era passata già una settimana e noi ci apprestavamo a partire. Ci riunimmo tutti alle sei di sera.
Le voci su di me si erano sparse ed io mi ero ritrovato accerchiato da “oche” e ragazzi sbruffoni e allontanato dalle altre persone.
Solo i tre miei migliori amici mi rimanevano vicino. Anche loro venivano allontanati.
-non vedo l’ora di partire!- esclamò entusiasta Edgar, io sorrisi,
-sembri un bambino! Sicuro di non dover andare con quelli dell’asilo?- ghignai indicando un piccolo pullman attorno al quale ei bambini giocavano a rincorrersi, lui mi guardò torvo.
il grande spiazzale della scuola era ricoperto dai colori dei cappellini. Gialli per i più piccoli. Verdi per quelli delle elementari. Rossi per le medie. Blu per le superiori. Mi voltai verso Hanna, aveva la faccia stranamente preoccupata,
-qualcosa non va?- le chiesi apprensivo, lei mi sorrise e scosse la testa,
-e che la divisione somiglia molto a quella del campo…- alzò gli occhi al cielo come per lasciar volare via un brutto pensiero, io le cinsi le spalle con il braccio.
-le cose sono cambiate…- sussurrai guardando le nuvole con lei. Da quel momento in poi mi sarei occupato io di lei, mi aveva aiutato in tante situazioni, mi aveva addirittura risparmiato … anche se al tempo eravamo soltanto dei bambini quando entrambi ci eravamo trovati ad imbracciare un fucile avevamo esitato. Con gli occhi lucidi non piangevamo. Dovevamo essere forti. Ci puntammo il fucile contro, ma quando venne il momento di premere il grilletto, non riuscimmo a fare fuoco. Non che non avessimo mai sparato, ma io incontrando quegli occhi così ingenui e puri non me la sentii affatto, lei fece lo stesso. In quel silenzioso momento fummo scoperti da altri due, bambini come noi. Edgar e Lucas. Quello fu’ il nostro piccolo segreto, dopo esserci scambiati uno sguardo pieno di paura, ci voltammo le spalle, io non sarei mai riuscito a sparare a loro, non perché non fossi in grado, ma sapevo che quegli occhi non mi avrebbero mai tradito.
Il rumore del fischietto del professore mi riscosse dai miei pensieri.
-dobbiamo andare…- dissi guardando gli altri. Anche loro guardando quel cielo limpido avevano rievocato quei tristi ricordi.
-hai visto che pettorali?-
-si! Ma poi che sguardo!-
-sarà fantastico stare tre giorni con Elia!-
-a me non sembra cattivo!-
Erano ore che le ragazze facevano commenti di quel genere. Non che mi dispiacesse, ma dopo un po’ avevano cominciato ad infastidirmi. Guardai fuori dal finestrino per distrarmi era ormai buio, la pioggia cadeva battente già da qualche ora, la strada scoscesa che ci avrebbe portato alla baita era come un fiume in piena. Non era affatto saggio guidare in quelle condizioni, ma ahimè non ero più il capo.
-non è saggio guidare durante questa tempesta…- qualcuno aveva dato voce ai miei pensieri, ma non ero io! mi voltai, la mia compagna di banco stava chiacchierando con una ragazza. Guardava fuori dal finestrino la pioggia pensierosa. La sentii sbuffare e sorrisi inconsciamente, era davvero una ragazzina strana.
Mi ero addormentato da poco, ma qualcosa mi fece svegliare bruscamente, l’autobus aveva sbandato. Tutti si unirono in un unico urlo spaventato, mentre il conducente tentava di riprendere il controllo del veicolo. Successe tutto in un attimo. Un grande boato, poi il mezzo iniziò a scivolare lungo uno dei pendii della montagna. Un altro rumore assordante ci fece capire di esserci fermati
-tutti fuori!- gridarono trafelati i professori. I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte. Scendemmo tutti dall’ autobus, solo in quel momento notai anche gli altri autobus dietro di noi, come una reazione a catena tutti avevamo fatto lo stesso percorso. A giudicare dalle urla dei professori nessuno si era ferito gravemente. Era un miracolo.
Fui l’ultimo ad uscire, ma prima di mettere piede fuori dal veicolo lo stesso orribile presentimento di molti giorni prima mi attanagliò lo stomaco, tornai dentro l’autobus trafelato, ispezionai sedile per sedile e in uno verso gli ultimi posti notai la mia migliore amica gemente per il dolore. Seguendo il mio istinto la presi in braccio e la scortai fuori. Mi feci spazio tra i ragazzi e la folla. Non ascoltai nemmeno i professori. Riuscii a fare spostare un po’ di gente facendo stendere sul fango la mia amica.
-cos’hai!?- chiese trafelato il professore, io lo allontanai con la mano restando in silenzio.
-scusami, ma sono costretto a strappare un po’ del pantalone…- le sussurrai, i Jeans stretti mi impedivano la medicazione, ero sordo alle richieste di spiegazione degli adulti, alle urla impaurite dei miei compagni, ai richiami dei miei amici, in quel momento c’era solo lei. Sapevo quanto dolore le procurava quella caviglia.
Con non poca fatica le riuscii a strappare la fine dei Jeans, toccai i punti di pressione con metà della mia forza. La sentii urlare. Tutti gli adulti si avvicinarono a noi, i ragazzi tentarono di capire. I miei capelli e i miei vestiti erano ormai fradici e sporchi vista la posizione inginocchiata sul fango. Dopo quegli attimi di puro dolore Hanna smise di gridare, e io iniziai a lasciare lentamente la presa.
-Edgar, Lucas… levatela dal fango e copritela…- ordinai freddo, i miei amici eseguirono senza fiatare. Loro più di chiunque altro erano al corrente di quanto fosse difficile per me fare quella manovra ad Hanna, non sopportavo l’idea di farle del male.
-ragazzo! Che cosa le hai fatto?!- esclamò arrabbiato un professore di fisica prendendomi per il colletto e alzandomi, io lo guardai gelido, ancora non completamente ripresomi dallo stato in cui dovevo entrare per effettuare quella manovra.
-Hanna ha un problema alla caviglia, devo sempre fare così quando inizia a farle male…- sospirai tentando di riprendere il controllo. 

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Capitolo 10
*** -si, Signore- l'ultima avventura... 2 ***


Erano tutti spaventati a morte, i cellulari non prendevano, e risalire il burrone era praticamente impossibile. Saremmo dovuti stare lì fino a quando non ci avrebbero trovato. Fortunatamente aveva smesso di piovere almeno.
Mi avvicinai ai professori, erano tutti trafelati, non sapevano cosa fare, tutti i bambini dell’asilo piangevano, molti di quelli delle elementari non riuscivano a parlare, come tutti gli altri del resto.
-Elia!- io, Alba, Eric e Alessandro ci riunimmo.
-tu sai cosa fare?- mi chiesero i due ragazzi terrorizzati, io annuì sicuro. Ci avevano lasciati spesso in un bosco o peggio a vagare da soli. Ero abituato a certe prove. Sapevo cosa dovevamo fare. Prima di tutto far tornare la calma soprattutto nei più piccoli. Presi in braccio Alba che piangeva disperata. Si strinse a me con tutte le sue forze,
-forza piccola… non è successo niente… smettila di piangere…- sussurrai, lei mi guardò in volto,
-voglio mamma e papà!- disse tra le lacrime, io le sorrisi,
-ti fidi del tuo fratellone?- le chiesi sorridente, lei annuì,
-ti prometto che li rivedrai presto- mi sorrise asciugandosi le lacrime.
-scusatemi…- dissi intromettendomi nella disperata discussione dei professori, loro si voltarono sorpresi di riconoscermi.
-io e la mia squadra potremmo aiutare…- sorrisi, loro erano ancora terrorizzati per l’accaduto, ma mi guardavano perplessi.
-riunite tutti i ragazzi in quello spiazzale, al resto ci penso io…- sorrisi. Il preside conoscendo il mio passato accettò la mia proposta senza indugio.
Tutti i ragazzi erano riuniti in gruppi. Io sorrisi vedendo che i miei amici erano riusciti a tranquillizzare tutti i gruppi.
-ragazzi!- esclamai per farmi sentire da tutti, come previsto attirai la loro attenzione,
-distretto Est! È il vostro capo che vi chiama! Fatevi avanti!- esclamai, una decina di bambini e ragazzi si fece avanti, sorrisi, ero sicuro di non essermi sbagliato, alcuni dei miei compagni erano lì.
-si, Signore!- fecero loro in coro sorprendendo tutti,
-distretto Ovest!- fece Hanna ritrovata la forza,
-si, Signore!- altri ragazzi si avvicinarono a noi,
-distretto Nord!- chiamò Edgar,
-si, Signore!- i nostri compagni aumentavano sempre di più. Anche se alcuni erano piccoli potevano essere sempre d’aiuto.
-distretto Sud!- fece Lucas,
-si, Signore!- io sorrisi compiaciuto, con quell’aiuto saremmo riusciti a trovare una soluzione. Guardando in rassegna i volti dei ragazzi e dei professori mi compiacqui erano tutti sbalorditi.
-soldati! Siete pronti ad affrontare una missione con il vostro capo?!- chiesi io sicuro, si erano ormai tutti schierati,
-si, Signore!- esclamarono in coro facendo un passo avanti e il saluto militare.
Dividemmo lo spiazzale in più parti, così da permettere ai professori di tenere sotto controllo i propri alunni.
-Ragazzi!! So’ che non ci conosciamo ma dovete fidarvi di me!- dissi risoluto guardando i ragazzi delle superiori, nessuno di loro aveva intenzione di farlo. Tutti erano al corrente delle voci sul mio conto.
-il mio passato non è così disastroso come credete, ci tengo a ribadire che non sono né un terrorista né un fuorilegge!- un ragazzo molto più grande di me ghignò,
-e la storia dei distretti? Quei ragazzi ti seguivano come cagnolini!-  insinuava che io fossi appartenuto a qualche banda. Sospirai,
-tutto quello che sto’ per raccontarvi potrà sembrarvi inverosimile, ma è la verità, e il preside ne è al corrente e ve ne darà conferma.- Mi levai camicia zuppa e sporca che non faceva che infastidirmi ed iniziai a raccontare.
-da piccolo sono stato rapito come molti altri da un’organizzazione,  questa puntava a fare un esercito illegalmente per difendere il paese, non per onore ma per soldi… probabilmente se il governo non avesse accettato ci avrebbero fatto schierare con il nemico…
Appena compiuti i quattro anni ci affidarono un fucile e iniziarono ad addestrarci… io ho vissuto quattordici anni fuori dal mondo vero. Ci nutrivano con delle sostanze. La nostra non era questione di vivere o meno… era questione di sopravvivere…
poco tempo fa’ i federali ci hanno trovati e ci hanno “restituiti” alle nostre famiglie… abbiamo imparato a vivere normalmente, a cercare di dimenticare i ragazzi e le ragazze che morivano davanti ai nostri occhi, ce la siamo sempre cavata da soli… per questo vi chiedo ora la vostra collaborazione… per permettere a voi come a noi di continuare a vivere… dobbiamo superare questa brutta esperienza. Insieme…- il mio discorso aveva convinto alcuni e commosso altri. Alcune ragazze piangevano silenziose, altre mi guardavano con compassione. I ragazzi non erano da meno, quello che poco prima aveva parlato ora teneva gli occhi bassi.
-mi aiuterete?- chiesi, i ragazzi annuirono silenziosi, sospirai,
-dimenticate questa brutta storia… almeno per il momento, non voglio la compassione di nessuno, tutti abbiamo avuto momenti difficili nella vita…-. 

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Capitolo 11
*** -si, Signore- l'ultima avventura... 3 ***


Quella notte tutti dormirono sugli autobus. Il giorno dopo avremmo deciso cosa fare.
-signore… credo sia meglio che dorma un poco… penserò io a controllare gli altri…- sorrisi al preside, lui scosse la testa.
-mi dispiace che tu abbia vissuto una vita così difficile… nessuno dovrebbe mai vivere in questo modo…- sorrisi amaramente,
- nel mondo civilizzato, gli uomini, i cadetti, i soldati hanno il permesso di essere addestrati solo al compimento dei diciotto anni…- citai,
-il capo delle forze speciali governative ci ha detto queste esatte parole il giorno del nostro ritrovamento… in una sola frase ha fatto crollare il mio mondo... il mondo spietato e senza compassione in cui vivevo si è trasformato in un attimo in un mondo ancora più spietato dove la gente finge di provare compassione…- non avevo mai fatto quelle osservazioni ad alta voce, ma le avevo sempre pensate.
-gli uomini che hanno rapito bambini innocenti per trasformarli in macchine da guerra spietate… loro provenivano da questo mondo… io e i mei amici, che già a quattro anni imbracciavamo un fucile… non ci siamo mai voltati le spalle… siamo cresciuti con il senso del dovere, e anche se per errore con il senso dell’amicizia e della famiglia…- sospirai vedendo l’uomo sorpreso,
-non deve provare pena per me… ma per quella gente come il mio Signore…- sorrisi amaro a quel pensiero.
Come da consiglio dopo un poco il preside si era addormentato sul tetto di un autobus. Io iniziai a controllare i pullman. I più piccoli dormivano abbracciati l’uno a l’altro, per coprirsi dal freddo usavano i vestiti che erano riusciti a prendere dalle loro valigie.
I più grandi invece erano composti sui sedili. Tutti dormivano. L’ultimo Pullman accoglieva molti ragazzi della mia classe. Notai il ragazzo che aveva parlato il primo giorno, e la ragazza che aveva fatto lo stesso. Poi sentii un ticchettio. Osservai con attenzione i sedili e notai una ragazza seduta al mio posto, era voltata di spalle e guardava le piccole gocce sul vetro infrangersi al di sotto della lastra. Mi schiarii la voce per avvisarla della mia presenza, lei si voltò di scatto.
-oh… sei tu…- disse rilassandosi,
-perché non dormi? Domani sarà una giornata pesante…- dissi tentando di convincerla, lei scosse la testa,
-non riesco a dormire…- ammise evitando il mio sguardo,
-hai freddo? Oppure hai paura?- le chiesi, lei scosse la testa,
-e che non riesco a levarmi dalla testa le tue parole…- disse tornando a guardare le piccole goccioline di pioggia rimaste aggrappate al vetro. Non notavo più quell’imbarazzo che caratterizzava la sua voce quando parlava con me, ora la sua voce era triste, quasi malinconica.
Quel particolare inaspettatamente mi diede fastidio. Volevo sapere il perché di quella sua tristezza.
-mi dispiace averti turbata- dissi a mezza voce per non disturbare gli altri, lei scosse la testa,
-non tu… le tue parole… o per meglio dire, il tono della tua voce…- mi stupii di quell’affermazione,
-ho notato che quando parli o solamente accenni al tuo passato la tua voce si incrina leggermente diventando  malinconica… questo mi ha resa triste… una persona così giovane non può aver affrontato tante cose orribili e riuscire a sorridere e far forza agli altri tenendosi tutto dentro…- aveva notato quel particolare, nessuno lo aveva notato a parte quell’assurda ragazzina. Il ricordo di quella mattina era ancora limpido in me. Non che fosse mutato in quei giorni. Come al solito ogni volta che i nostri sguardi si incontravano lei arrossiva, ma in quel momento non c’era traccia di vergogna o paura nella sua voce, era calma, seria e… triste, si stava dando pena per me…
****
che ne dite eh??? 

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Capitolo 12
*** -si, Signore- l'ultima avventura... 4 ***


-allora… ho tentato di arrampicarmi su per il pendio, ma è inutile, la strada è troppo scoscesa, e il terreno fangoso-allora… ho tentato di arrampicarmi su per il pendio, ma è inutile, la strada è troppo scoscesa, e il terreno fangoso non mi permette i movimenti. Nessuno dei cellulari funziona, quindi fino a quando qualcuno non ci verrà a cercare rimarremo qui… abbiamo bisogno di cibo. Lucas, tu e la tua squadra vi occuperete di questo- -si, Signore!- esclamarono in coro, il giovane annuì sicuro. -Abbiamo bisogno di protezione da eventuali animali. C’è ne sono molti da queste parti… Edgar, tu e la tua squadra vi occuperete dei motori dei pullman. Dobbiamo creare uno spazio chiuso dove i ragazzi possano essere al sicuro- lui lanciò uno sguardo alla sua squadra sorridendo, ci avevano insegnato tutto sui motori di ogni genere di autoveicolo, da quelli della guerra in volo, a quelli in mare. -poi i ragazzi devono cambiarsi lavarsi e andare al bagno… Hanna, tu e la tua squadra vi occuperete di dividere i ragazzi dalle ragazze, almeno i più grandi… non voglio problemi di questo tipo- -si, Signore!- sapevo che il distretto Ovest era il più attivo e anche quello che sapeva farsi rispettare, ovunque e comunque. -riguardo a noi cerchieremo dell’acqua… qui in torno dovrebbe esserci un fiume o una sorgente se non sbaglio…- i miei annuirono, -in fine voi- dissi riferendomi ai professori che erano rimasti a bocca aperta dallo stupore, -vi dovrete occupare meticolosamente di ognuno dei ragazzi, nessuno si deve allontanare, non intratteneteli con qualcosa di noioso, altrimenti molti si divideranno dal gruppo, chiamate l’appello spesso, non voglio che qualche “uomo” si perda- -va bene…- rispose uno dei professori, io li guardai torvo, loro si irrigidirono, -si, Signore…- sentii suggerire da uno dei miei uomini, -dovete portare rispetto! In questo momento io non sono più un vostro alunno! Ma il superiore di distretto Elia! Numero 1001!- loro si irrigidirono ancora spaventati, -s… si, Signore!- balbettarono, tentai di rilassarmi, -in questa operazione non voglio errori di alcun genere intesi?- tutti annuirono convinti. -sc… scusate…- qualcuno balbettò alle mie spalle, mi voltai sorpreso, nessun altro doveva essere sveglio a quell’ora, neanche il più mattiniero dei bambini non si sarebbe svegliato così presto dopo l’avventura del giorno prima. Con mia grande sorpresa Aurora era davanti a me. Le mani congiunte dietro la schiena. In volto un espressione indecisa e sicura allo stesso tempo. -v… vorrei aiutare…- disse, quelle parole mi attraversarono ogni parte del cervello in meno di un secondo, lasciandomi una piacevole sensazione, questa però fu’ subito accantonata per lasciar spazio alla ragione. Scossi la testa sicuro, -tutto quello che puoi fare è tenere d’occhio i tuoi compagni, e bloccare chiunque tenti di svignarsela- dissi sicuro, lei scosse la testa a sua volta, -ma voglio fare qualcosa di più utile! Permettetemi di aiutarvi!- si lamentò. Tentai di non farlo notare ma ero colpito, perché lo voleva a tutti i costi? -non se ne parla! Non metterei mai in pericolo qualcuno che non sia addestrato! Starai con gli altri! Punto e basta!- risposi categorico, ma lei non demorse, infatti fece per rispondermi quando un grido fece eco nel fitto bosco. Senza pensarci due volte corsi verso la fonte di quel grido, il secondo autobus, dove stavano quelli delle elementari. -cosa succede?!- chiesi tentando di mantenermi calmo, una ragazza preoccupata guardava mio fratello tenendogli una mano sulla fronte. -spostati- le ordinai, lei ubbidì, toccai la fronte di mio fratello, scottava, aveva la febbre alta. Gli altri ragazzi si erano ormai tutti svegliati, -ogni professore torni dai propri alunni, seguite il piano!- sia i distretti che i professori uscirono. Aurora era rimasta accanto a me. Aspettai che tutti i ragazzi scendessero dall’autobus prima di parlare. -dobbiamo fargli abbassare la temperatura… dici di voler renderti utile?- chiesi alla ragazza, io troverò quel fiume, tu occupati di mio fratello… manderò Eric ad aiutarti… tentate di abbassargli la temperatura, Eric ti aiuterà a spogliarlo, bagnatelo con l’acqua che avete a disposizione, la febbre non può e non deve alzarsi ancora…- lei annuì sicura. Camminavo per il bosco seguito dai miei fedeli compagni. Stavo attento ad ogni minimo particolare, non doveva sfuggirmi niente, una minima traccia, anche di terra più umida mi sarebbe stata utile. Ad un tratto il terreno sotto ai miei piedi si fece più morbido, tentai di aguzzare la vista, vidi un fiume poco lontano da lì -ci siamo ragazzi!!- esclamai indicandolo, -voi riempite le borracce, io porto qui mio fratello!- tutti annuirono. Iniziai a correre percorrendo la stessa strada che avevo intrapreso all’andata. Avevo ragione riguardo al fiume! Entrai velocemente nell’autobus scavalcando tutti i ragazzi che mi passavano davanti. Vidi mio fratello sdraiato su due sedili. Faceva fatica a respirare, in dosso aveva solo un paio di pantaloncini. -dobbiamo portarlo al fiume… dobbiamo far abbassare la temperatura…- dissi deciso, Eric senza aspettare altro prese in braccio il fratello, e mi seguii. Erano passate ore da quando avevamo iniziato a bagnarlo, e mio fratello si stava lentamente riprendendo. Si era svegliato finalmente. -ho freddo…- si lamentò, seduto sulla riva, -devi resistere, finché la temperatura non si abbassa- dissi paziente, Eric si era sdraiato stanco poco più in là, mentre Aurora mi era rimasta accanto in silenzio per tutto il tempo, -uff… la fai facile- continuò il giovane, io sorrisi ghignando, e mi levai la maglietta nera, -ora siamo entrambi bagnati e al freddo- sorrisi alludendo alle mie mani perennemente nell’acqua per fargli gli impacchi. Sbuffò contrariato, ora non poteva più lamentarsi. -questa mettila tu…- dissi allora ad Aurora, questa arrossì, -la magliettina che indossi è troppo leggera, ti verrà la febbre anche a te se rimani così! Metti la mia sopra i tuoi vestiti- chiarii, lei annuì. Avevo tre ipotesi ugualmente probabili. La prima era quella che con l’aiuto della notte quella strana ragazza mostrasse il suo lato più sicuro. la seconda invece che faceva la timida solo al contatto con più persone. Mentre la terza… che quella sera fosse riuscita a parlarmi senza guardarmi negli occhi, forse tentando di immaginare di parlare con un'altra persona… o forse perché stava parlando di qualcosa troppo importante per lasciar spazio alla vergogna… in realtà io sia quella notte che quella stessa mattina ero rimasto affascinato e colpito da quella ragazza. Ostentava sicurezza e allo stesso tempo insicurezza. Ogni minuto in più che passavo con lei mi incuriosiva sempre di più. -Aurora, hai trovato alla fine qualcuno?- le chiese Alessandro interrompendo i miei pensieri, la ragazza scosse la testa sconsolata, -ah… è un bel guaio… però io in effetti avrei qualcuno…- sospirò, la giovane si fece attenta, -chi?- chiese, mio fratello mi indicò con un cenno della testa e lei iniziò a squadrarmi, -in effetti non andrebbe male…- disse quasi tra sé e sé. Io li bloccai, -ehi, ehi, ehi!- esclamai, -non andrei male per cosa?!- chiesi, non ebbi neanche la loro attenzione. -si, sarebbe perfetto!- esclamò contenta Aurora alla fine della sua ispezione, aveva osservato ogni parte del mio corpo senza arrossire, doveva essere qualcosa di veramente importante, -visto?- si pavoneggiò Alessandro, -posso sapere quale oscuro progetto state organizzando contro di me?- recitai con fare teatrale, in quel momento capii. non mi permette i movimenti. Nessuno dei cellulari funziona, quindi fino a quando qualcuno non ci verrà a cercare rimarremo qui… abbiamo bisogno di cibo. Lucas, tu e la tua squadra vi occuperete di questo-
-si, Signore!- esclamarono in coro, il giovane annuì sicuro.
-Abbiamo bisogno di protezione da eventuali animali. C’è ne sono molti da queste parti… Edgar, tu e la tua squadra vi occuperete dei motori dei  pullman. Dobbiamo creare uno spazio chiuso dove i ragazzi possano essere al sicuro- lui lanciò uno sguardo alla sua squadra sorridendo, ci avevano insegnato tutto sui motori di ogni genere di autoveicolo, da quelli della guerra in volo, a quelli in mare.
-poi i ragazzi devono cambiarsi lavarsi e andare al bagno… Hanna, tu e la tua squadra vi occuperete di dividere i ragazzi dalle ragazze, almeno i più grandi… non voglio problemi di questo tipo-
-si, Signore!-
sapevo che il distretto Ovest era il più attivo e anche quello che sapeva farsi rispettare, ovunque e comunque.
-riguardo a noi cerchieremo dell’acqua… qui in torno dovrebbe esserci un fiume o una sorgente se non sbaglio…- i miei annuirono,
-in fine voi- dissi riferendomi ai professori che erano rimasti a bocca aperta dallo stupore,
-vi dovrete occupare meticolosamente di ognuno dei ragazzi, nessuno si deve allontanare, non intratteneteli con qualcosa di noioso, altrimenti molti si divideranno dal gruppo, chiamate l’appello spesso, non voglio che qualche “uomo” si perda-
-va bene…- rispose uno dei professori, io li guardai torvo, loro si irrigidirono,
-si, Signore…- sentii suggerire da uno dei miei uomini,
-dovete portare rispetto! In questo momento io non sono più un vostro alunno! Ma il superiore di distretto Elia! Numero 1001!- loro si irrigidirono ancora spaventati,
-s… si, Signore!- balbettarono, tentai di rilassarmi,
-in questa operazione non voglio errori di alcun genere intesi?- tutti annuirono convinti.
-sc… scusate…- qualcuno balbettò alle mie spalle, mi voltai sorpreso, nessun altro doveva essere sveglio a quell’ora, neanche il più mattiniero dei bambini non si sarebbe svegliato così presto dopo l’avventura del giorno prima. Con mia grande sorpresa Aurora era davanti a me. Le mani congiunte dietro la schiena. In volto un espressione indecisa e sicura allo stesso tempo.
-v… vorrei aiutare…- disse, quelle parole mi attraversarono ogni parte del cervello in meno di un secondo, lasciandomi una piacevole sensazione, questa però fu’ subito accantonata per lasciar spazio alla ragione.
Scossi la testa sicuro,
-tutto quello che puoi fare è tenere d’occhio i tuoi compagni, e bloccare chiunque tenti di svignarsela- dissi sicuro, lei scosse la testa a sua volta,
-ma voglio fare qualcosa di più utile! Permettetemi di aiutarvi!- si lamentò. Tentai di non farlo notare ma ero colpito, perché lo voleva a tutti i costi?
-non se ne parla! Non metterei mai in pericolo qualcuno che non sia addestrato! Starai con gli altri! Punto e basta!- risposi categorico, ma lei non demorse, infatti fece per rispondermi quando un grido fece eco nel fitto bosco.
Senza pensarci due volte corsi verso la fonte di quel grido, il secondo autobus, dove stavano quelli delle elementari.

-cosa succede?!- chiesi tentando di mantenermi calmo, una ragazza preoccupata guardava mio fratello tenendogli una mano sulla fronte.
-spostati- le ordinai, lei ubbidì, toccai la fronte di mio fratello, scottava, aveva la febbre alta.
Gli altri ragazzi si erano ormai tutti svegliati,
-ogni professore torni dai propri alunni, seguite il piano!- sia i distretti che i professori uscirono. Aurora era rimasta accanto a me. Aspettai che tutti i ragazzi scendessero dall’autobus prima di parlare.
-dobbiamo fargli abbassare la temperatura… dici di voler renderti utile?- chiesi alla ragazza, io troverò quel fiume, tu occupati di mio fratello… manderò Eric ad aiutarti… tentate di abbassargli la temperatura, Eric ti aiuterà a spogliarlo, bagnatelo con l’acqua che avete a disposizione, la febbre non può e non deve alzarsi ancora…- lei annuì sicura.
Camminavo per il bosco seguito dai miei fedeli compagni. Stavo attento ad ogni minimo particolare, non doveva sfuggirmi niente, una minima traccia, anche di terra più umida mi sarebbe stata utile.
Ad un tratto il terreno sotto ai miei piedi si fece più morbido, tentai di aguzzare la vista, vidi un fiume poco lontano da lì
-ci siamo ragazzi!!- esclamai indicandolo,
-voi riempite le borracce, io porto qui mio fratello!- tutti annuirono.
Iniziai a correre percorrendo la stessa strada che avevo intrapreso all’andata. Avevo ragione riguardo al fiume!
Entrai velocemente nell’autobus scavalcando tutti i ragazzi che mi passavano davanti. Vidi mio fratello sdraiato su due sedili. Faceva fatica a respirare, in dosso aveva solo un paio di pantaloncini.
-dobbiamo portarlo al fiume… dobbiamo far abbassare la temperatura…- dissi deciso, Eric senza aspettare altro prese in braccio il fratello, e mi seguii.
Erano passate ore da quando avevamo iniziato a bagnarlo, e mio fratello si stava lentamente riprendendo. Si era svegliato finalmente.
-ho freddo…- si lamentò, seduto sulla riva,
-devi resistere, finché la temperatura non si abbassa- dissi paziente, Eric si era sdraiato stanco poco più in là, mentre Aurora mi era rimasta accanto in silenzio per tutto il tempo,
-uff… la fai facile- continuò il giovane, io sorrisi ghignando, e mi levai la maglietta nera,
-ora siamo entrambi bagnati e al freddo- sorrisi alludendo alle mie mani perennemente nell’acqua per fargli gli impacchi. Sbuffò contrariato, ora non poteva più lamentarsi.
-questa mettila tu…- dissi allora ad Aurora, questa arrossì,
-la magliettina che indossi è troppo leggera, ti verrà la febbre anche a te se rimani così! Metti la mia sopra i tuoi vestiti- chiarii, lei annuì.
Avevo tre ipotesi ugualmente probabili. La prima era quella che con l’aiuto della notte quella strana ragazza mostrasse il suo lato più sicuro. la seconda invece che faceva la timida solo al contatto con più persone. Mentre la terza… che quella sera fosse riuscita a parlarmi senza guardarmi negli occhi, forse tentando di immaginare di parlare con un'altra persona… o forse perché stava parlando di qualcosa troppo importante per lasciar spazio alla vergogna… in realtà io sia quella notte che quella stessa mattina ero rimasto affascinato e colpito da quella ragazza. Ostentava sicurezza e allo stesso tempo insicurezza. Ogni minuto in più che passavo con lei mi incuriosiva sempre di più.
-Aurora, hai trovato alla fine qualcuno?- le chiese Alessandro interrompendo i miei pensieri, la ragazza scosse la testa sconsolata,
-ah… è un bel guaio… però io in effetti avrei qualcuno…- sospirò, la giovane si fece attenta,
-chi?- chiese, mio fratello mi indicò con un cenno della testa e lei iniziò a squadrarmi,
-in effetti non andrebbe male…- disse quasi tra sé e sé. Io li bloccai,
-ehi, ehi, ehi!- esclamai,
-non andrei male per cosa?!- chiesi, non ebbi neanche la loro attenzione.
-si, sarebbe perfetto!- esclamò contenta Aurora alla fine della sua ispezione, aveva osservato ogni parte del mio corpo senza arrossire, doveva essere qualcosa di veramente importante,
-visto?- si pavoneggiò Alessandro,
-posso sapere quale oscuro progetto state organizzando contro di me?- recitai con fare teatrale, in quel momento capii.

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Capitolo 13
*** -si, Signore- l'ultima avventura... 5 ***


La temperatura di mio fratello era finalmente scesa, con l’aiuto di Eric eravamo tornati tutti alle nostre postazioni.
-capo, abbiamo finito- annunciarono i tre. Io sorrisi. Avevano fatto tutti un ottimo lavoro. Lo spiazzale sicuro era pronto. il cibo c’era. E soprattutto i ragazzi avevano un posto dove cambiarsi gli abiti fradici del giorno prima.
-siete stati bravi…- dissi, poi mi voltai con sguardo più severo ai professori.
-e voi?- loro iniziarono a balbettare qualcosa,
-mancano due di voi o mi sbaglio?- chiesi, tutti abbassarono la testa. E io capii.
-NON SIETE STATI IN GRADO DI ASSOLVERE UN COMPITO COSÌ FACILE?!- ero arrabbiatissimo, qualcuno non si era presentato all’appello e alcuni professori erano partiti alla ricerca.
-e…ecco… sono in tanti…- tentò di giustificarsi il mio professore,
-ERA QUESTO IL VOSTRO COMPITO! DANNAZIONE! HO LASCIATO TUTTO NELLE VOSTRE MANI! SIETE DEGLI INCAPACI!- in realtà non ero arrabbiato con loro, ma ero preoccupato per i dispersi, poteva essergli capitato di tutto.
Vidi una di loro iniziare a piangere silenziosamente,
-adesso avete anche un recinto. Non fatevi scappare più nessuno! ditemi chi non c’è e chi è andato a cercare…-
-Elisa Franceschi, dell’asilo e Noha Daniel, delle superiori… il preside e il professore Vitale sono andati a cercarli…- balbettò il mio professore, abbassai lo sguardo.
-il distretto Ovest rimarrà qui… tenete d’occhio tutti gli altri, non vorrei che se li facessero scappare un'altra volta- vidi Hanna abbassare la testa, le dispiaceva non poter fare le ricerche con noi, ma sapeva che solo i suoi uomini potevano tenere tutti d’occhio.
-io e gli altri distretti andremo a cercarli, Nord verso il fiume, Sud sull’lato opposto, Est continueremo la discesa- tutti annuirono,
-chi trova i professori li mandi di nuovo qui. Non vorrei che si perdessero anche loro, se li trovate avvisate il gruppo-
-si, Signore!- esclamarono tutti insieme, poi si sparpagliarono.
-p… permettimi di venire con voi…- sentii balbettare alle mie spalle, in un lampo compresi,
-non se ne parla…- dissi questa volta con un tono più dolce, Aurora stava piangendo silenziosamente dietro di me, suo fratello era uno dei dispersi.
-m… ma io non posso lasciarlo…- singhiozzò, teneva la testa bassa. Era la prima volta che la vedevo piangere, le alzai il mento con due dita permettendo ai nostri sguardi d’incontrarsi,
-ti prego…- chiese con un filo di voce,
-ti fidi di me?- le chiesi in risposta, lei mi guadò perplessa, nei suoi occhi la paura,
-ecco… io… si…- ammise distogliendo lo sguardo,
-allora lascia fare a me… lo troverò, sta’ tranquilla…- sussurrai, lei mi abbracciò continuando a piangere.
****

TIFIAMO TUTTI X ELIA!! xd 

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Capitolo 14
*** -si, Signore- l'ultima avventura... 6 ***


Camminavamo da qualche ora, ogni rumore poteva aiutare. La mia concentrazione era al massimo, le lacrime di Aurora non sarebbero state versate invano.
Ad un tratto sentii una voce flebile, forse portata dal vento. Feci segno ai miei compagni,
-capo… da quella parte?- sussurrò uno dei miei uomini, io aguzzai l’udito, poi annuii.
Eravamo davanti ad un burrone, al di sotto si sentivano distintamente le richieste d’aiuto di una bambina.
-ehi! siamo qui!- esclamai per farmi sentire,
-state bene?- chiesi, la risposta mi arrivò dopo qualche secondo,
-la piccola si ma il mio braccio no… non riesco ad arrampicarmi…- disse un giovane dalla voce strozzata per il dolore. Doveva essere Noha.
-state tranquilli, ora vi tireremo fuori da lì!- esclamò un mio compagno, io feci riunire tutti.
-possiamo trovare una corda qui?- chiesi, tutti scossero la testa,
-allora dobbiamo riuscire a portarli qui sopra senza quest’aiuto-
-qualcuno che porta la bambina, due che portano il ragazzo e due che aiutano- tutti erano d’accordo.
-io posso portare la bambina- si offrì una ragazzina, io annuii.
-noi faremo da supporto- si offrirono i due gemelli- acconsentii,
-io e Robin porteremo il ragazzo- il mio secondo mi lanciò un occhiata sicura.
-gli altri si divideranno in due gruppi, i più piccoli andranno ad avvisare gli altri l’altro gruppo deve aiutarci se succede qualcosa d’imprevisto-
-si, Signore!- un coro si alzò dal bosco.
Il ragazzo non era messo troppo male fortunatamente. Aveva salvato la bambina che si era persa, tenendola tra le braccia l’aveva protetta dalla caduta. Entrambi avevano i vestiti per metà strappati, ma complessivamente stavano bene.
Fasciai il braccio al ragazzo  con la sua maglietta prima di iniziare la scalata. Il giovane continuava a fissarmi,
-non dirmi che anche tu credi alla storia dei terroristi! Noi non lo siamo puoi stare tranquillo- sbuffai, il ragazzo scosse la testa,
-sono sempre stato d’accordo con mia sorella, tu sei un tipo apposto- risi sarcastico,
-oh certo, perché non lo dicevi ieri mattina- si appoggiò a me con il braccio ferito per scalare la montagna, Robin lo teneva dalle spalle.
-infatti l’ho detto- disse sicuro. Sorrisi. Lui e sua sorella erano strani!
Con non poche difficoltà riuscimmo ad arrivare fin sopra il pendio. La roccia era friabile e salire era più difficile ad ogni passo. Ma alla fine, grazie anche all’aiuto dei gemelli riuscimmo a salire.
Eravamo tutti con il fiatone,
-ma tu non hai una maglietta?- mi chiese sorridendo Noha, eravamo distesi sull’erba per riprendere fiato.
i miei compagni risero,
-certo, ma in questo momento la indossa tua sorella- ammisi senza l’ombra di scherno, lui mi guardò incuriosito,
-siete molto legati eh?- chiesi, ma sapevo già la risposta,
-si… da quando mio padre è morto…- ammise, non c’era ombra di tristezza nella sua voce, ma sapevo cosa celava.
Tornati alla “base” trovammo un ordine incredibile. Hanna aveva fatto un eccellente anzi un fantastico lavoro. Aveva diviso in spazi quel posto inospitale permettendo ai ragazzi e ai bambini di giocare per distrarsi un po’. Un grande fuoco era stato acceso per cucinare della carne.
E l’accoglienza non era stata da meno. Aurora era corsa incontro a me e Noha abbracciandoci, Hanna aveva fatto lo stesso.
-ho sentito del burrone, state bene?- ci chiese quest’ultima, io annuì,
-avete fatto un lavoro perfetto lo ammetto!- dissi continuando a guardarmi intorno,
-i ragazzi hanno collaborato. In teoria noi alla baita saremmo dovuti arrivare questa sera, quindi probabilmente fino a domani mattina resteremo qui…- mi informò la mia migliore amica. Io annuì, potevamo resistere ancora un po’.
Ero sdraiato sotto l’ombra di un albero, di certo non era proprio la gita che avevo pensato, ma tutto sommato non era troppo male. Nessuno si era fatto eccessivamente male, e avevamo cibo acqua e un riparo. Eravamo tutti giovani, potevamo resistere.
-non ti ho ancora ringraziato…- Aurora si era seduta accanto a me,
-ah no? penso che quell’abbraccio valga tutti i ringraziamenti possibili- lei arrossì, io risi. Era facile far arrossire quella ragazza, era più difficile capire cosa le passava per la testa.
-sei l’unica che mi ha rivolto la parola da ieri lo sai?- chiesi continuando a guardare le foglie degli alberi, lei annuì.
-perché ti comporti così?- quella domanda mi sorprese,
-così come?- chiesi,
-sei sempre serio o gelido o sarcastico o finto… non mostri mai te stesso, ho notato una piccola scintilla di paura nei tuoi occhi quando Alessandro è stato male. Ma sei rimasto serio… con quell’espressione imperturbabile… fingi di essere sempre calmo, e quando reagisci non perdi mai il controllo, per te è tutto calcolato…-
Aveva notato tutto quello solo in qualche ora, come aveva fatto? Neanche Hanna era mai riuscita ad arrivare così vicina alla verità. Rimasi in silenzio per qualche minuto.
-sono sempre stato il capo… quando ho iniziato l’addestramento i più grandi erano inesperti e sono morti molto velocemente… mi sono sempre occupato da solo di tutto. Ho pianto una sola volta da piccolo… quando ho dovuto uccidere il mio superiore… da quel giorno non ho più mostrato i miei veri sentimenti a nessuno. Ero il capo, il più forte, il punto di riferimento… mi sono sempre impegnato al massimo, ho sempre dato tutto me stesso… eppure ora che non sono più obbligato a farlo… non riesco a non fingere… non riesco a lasciarmi andare… so di essere solo un ragazzino, so di non avere più responsabilità, di essere libero… ma la mia anima è stata incatenata quel giorno sul fondo dell’oceano… senza occasione di uscita... né possibilità di appello…- sospirai, non c’era niente che io potessi fare.
Spostai lo sguardo verso di lei, teneva le ginocchia al petto, guardava avanti a se’ non accennava a parlare.

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Capitolo 15
*** -si, Signore- THE END ***


-Quando ad un tratto… da quella casa… uscì fuori una donna senza testa!- era ormai sera, i più piccoli già dormivano, i più grandi invece erano tutti attorno ad un grande falò e si raccontavano storie dell’orrore.
Ascoltavo disinteressato quelle storie, loro non sapevano cos’era la vera paura.
-molto bella, molto bella… ma ora ve ne racconto una io!- Lucas era sarcastico, ma in quel momento ebbi il  timore che gli stesse per raccontare una delle nostre “avventure”.
-era una notte buia e tempestosa…- iniziò con voce tetra,
-eravamo in tre a vagare senza meta in mezzo ad un fitto bosco. Ricoperti di rosso. In bocca il sapore acre del sangue, nella mente le orribili immagini dei nostri compagni mutilati e lasciati alle bestie…- ecco, i miei presentimenti erano giusti. Vidi alcune ragazze portarsi una mano alla bocca.
-il più grande di noi non aveva più il braccio…- chiusi gli occhi tentando di non rievocare la scena nella mia mente.
-io e il mio migliore amico eravamo stati solo fortunati… una lunga ferita al torace mi inzuppava completamente la maglietta ridotta a brandelli- alzò leggermente la maglietta per mostrare la cicatrice bianca che ormai era ridotta. Tutti senza esclusione si portarono le mani alla bocca. Avevano capito che era una storia vera.
-il mio amico invece aveva una lunga ferita al braccio, sanguinava in modo spaventoso, lasciando tracce di sangue lungo la strada…- mi lanciò un occhiata e io alzai la manica destra della maglietta permettendo a tutti di vedere la cicatrice.
-riuscimmo finalmente ad uscire da quel posto infernale… un fulmine in quel momento illuminò a giorno la zona facendoci intravedere il nostro Signore…- ricordavo perfettamente il ghigno che aveva stampato in volto, rabbrividii inconsciamente.
-ci parve di avere davanti il diavolo in persona… vedere i vestiti zuppi, impregnati del nostro sangue e di quelli dei nostri compagni lo fece ridere… per la prima volta provammo vero terrore… io desiderai morire…- abbassò lo sguardo verso  il fuoco. Tutti pendevano dalle sue labbra.
-il nostro superiore fece un passo avanti raccogliendo tutto il coraggio e tutte le sue forze… ma il Signore lo bloccò… “nessuna pietà” recitò con voce glaciale… vidi lo sguardo di puro terrore negli occhi del ragazzo, niente era paragonabile a tale paura… perfino ritrovarsi di fronte alla morte in persona era meno terrificante… il più grande cadde in ginocchio, tutti e tre sapevamo cosa sarebbe successo… ma non ci immaginavamo come…- vidi tutti rabbrividire,
-vidi un fucile che percorrendo l’aria finiva tra le braccia del mio amico… in quel momento capii. Quell’uomo aveva visto tutto, aveva visto come quel ragazzo era stato ferito e come il mio amico mi aveva salvato… caddi in ginocchio anche io terrorizzato, ecco che fine mi aspettava… ma ad un tratto il Signore parlò, “decidi! Uccidi uno di loro, il tuo capo o il tuo nemico!” - sospirò,
-eh si… il mio migliore amico era anche uno dei miei nemici… ero sicuro di ciò che avrebbe scelto, il suo capo era stato come un padre… io ero solo un nemico… “nessuna pieta!”- distolsi lo sguardo, quella scelta era stata la più difficile della mia vita, a soli cinque anni…
-io e il capo chiudemmo gli occhi, il dolore lancinante, la paura, il terrore, sapevo che niente erano in confronto alla scelta del mio nemico. Lui che aveva rischiato la vita  per salvarmi a soli cinque anni… ora era costretto ad uccidere uno di noi… sentii uno sparo, un dolore lancinante ed un urlo… il suo urlo…
riaprii gli occhi, non era stato lui a spararmi… il Signore mi aveva sparato alla spalla, il mio amico mi aveva risparmiato la vita… la vista mi si offuscò… sentii le urla di Elia, il suo grido disperato mi trapassò l’anima… la pozza di sangue mischiata alla pioggia mi segnò il cuore…-  passai in rassegna tutti i volti, la maggior parte piangeva, gli altri avevano gli occhi lucidi. Persino Hanna e Edgar… loro non avevano superato il primo esame e non erano andati avanti… si erano risparmiati quella tortura, tante volte avevo desiderato di aver fatto lo stesso…
La mattina dopo tornammo a casa.
Non era la prima volta che vedevo i miei genitori piangere dalla gioia, ma ammetto che in quel momento come la prima volta mi sentivo felice. Finalmente c’era qualcuno che si preoccupava per me… e che la mia vita come un giorno la mia morte, non sarebbe passata inosservata.

*****
ED è FINITAAA  ringrazio tutti quelli che sono riusciti a seguirmi fin quì!! recensite1!!! e un bacio a tuttiii!

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