L'unica irraggiungibile

di LokiSoldier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno da scuola ***
Capitolo 2: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 3: *** Attrazione proibita ***
Capitolo 4: *** Risveglio ***



Capitolo 1
*** Ritorno da scuola ***


"Cosa avrei potuto fare se non accoglierlo fra le mie braccia? Fu la notte d'amore più intensa della mia vita."

[...i due finiti i corsi serali devono ritornare a casa.]
Giò camminava lento dietro di me. Era pensieroso e questo non era affatto da lui. Per i primi momenti preferii non parlare. Poi, dopo un quarto d'ora, stanca, mi fermai e lo sentii bloccarsi ad un millimetro da me. Avevo il suo respiro sul collo.
"Scusa..." disse.
"Che hai?"
"Nulla."
"Non è vero."
Mi voltai verso di lui e fissai i miei occhi sei suoi. Era strano farlo. Per la prima volta m'accorsi di quanta sicurezza traevo da lui senza saperlo. La consapevolezza mi colpì in pieno. Ora che lui era così inquieto però volevo essere io a donargli sicurezza.
"Già, non è vero." ribadii.
Mise le sue mani sulle mie spalle e si fece più determinato. Mi fissava con sguardo deciso. Avvicinò il suo volto al mio con lentezza, i suoi capelli mi solleticavano il viso.
"Sto bene, fidati di me." disse e poi mi spostò, ripartendo a camminare. Non mi fidavo delle sue parole però. Casa mia era ancora lontana e oggi Giò aveva dimenticato i biglietti del pullman a casa e così decisi di fare la strada assieme a lui per non farlo stare solo. Dopo parecchi minuti di silenzio m'accorsi che la camicia della divisa di scuola che portava indosso era strappata.
"Come sei riuscito a strapparti la camicia?"
"Boh.". Uff. Sentirlo così freddo mi faceva male. Chissà cos'aveva mi domandavo di continuo mentre continuavamo a camminare nel silenzio più assoluto. Il mutismo fu interrotto dal volgare commento di un motociclista riguardo la gonna della mia divisa.
"Burino." dissi seccata.
"Non ci pensare." mi disse sorridendo. Un sorriso finalmente! Ricambiai e gli presi la mano fra le mie. Ricominciammo a camminare e dopo una mezz'oretta fummo arrivati.
"Eccoci, dunque."
"Sì, eccoci. Prima però dimmi cos'hai...per favore. Sei così strano Giò..."
"Ok, ti dico dentro allora." Annuii e lo feci entrare in casa. Andammo nella mia stanza e buttammo le cartelle a terra, in mezzo al disordine generale.
"Non sembra la stanza di una ragazza questa." commentò ironico. "Antipatico!" dissi facendogli la linguaccia. "E comunque non provare a cambiar discorso!"
"Beh, io c'ho provato." sorrise.
"E non ce l'hai fatta. Dimmi."
Si girò e si poggiò con la schiena al muro, proprio accanto al mio letto. Dall'altro lato, la finestra era aperta e lo illuminava con le solite tinte rosse del tramonto primaverile.
"Ho dei problemi con una ragazza."
"Tu?! Impossibile!" esclamai. Era risaputo che Giò era il ragazzo più bello dell'istituto, non poteva avere problemi con una fanciulla, nessuna le resisteva.
"Già, non posso averla."
"E perchè?" domandai avvicinandomi a lui. Per tutta risposta egli prese il mio viso fra le dita e dopo avermi fissata per un solo lunghissimo istante mi baciò.
"Ecco perchè." disse guardandomi.
"Oh." seppi solo dire. Sorrise laconico. Non seppi proprio cosa fare, quella era proprio una brutta faccenda per entrambi. L'unica cosa che riuscii a fare fu abbassare lo sguardo e stringere la sua mano fra le mie. Dal canto suo, Giò strinse una delle mie mani mentre con l'altra mi sollevava il volto.Che fare? Rifiutarlo o lasciare che tutto andasse per questa direzione? Quando abbassò nuovamente il viso per baciarmi non m'allontanai, anzi chiusi gli occhi e l'assecondai. Tutto ciò era sbagliato, lo sapevamo entrambi. Sentii la sua lingua lasciare le mie labbra per andare a solleticare il mio collo; mi venne un brivido di piacere. Sorrise compiaciuto di questa mia dimostrazione di gradimento e mi buttò sul letto senza alcun riguardo. Il rosso cielo di Marzo ci illuminava mentre le nostre mani toccavano impazienti il corpo dell'altro. Avevo fatto l'amore tante volte in vita mia, ma mai così. Questa volta a rendere il tutto più provocante c'era l'eccitazione del rischio, del sapere di star sbagliando e del relativo fregarsene. Quando riaprii gli occhi il panorama fuori dalla finestra era totalmente diverso. Il cielo era nero e alta nell'oscurità riluceva la luna. Stesa sul corpo di lui guardai in terra e vidi i nostri vestiti buttati alla rinfusa gli uni sugli altri. Che cosa strana. Non pensavo che l'avrei mai fatto con Giò. Per quella notte dormì nella mia stanza assieme a me, nello stesso letto. Ero stanca e prima d'assopirmi, l'ultima cosa che sentii furono le sue labbra sul mio collo.

Quando mi svegliai il mattino dopo, sentii le sue dita fresche sulla mia pelle.
"Buongiorno" gli dissi assonnata.
"Buongiorno a te. Alzati, dobbiamo vestirci." mi disse sorridendo. Annuii e mi vestii in fretta. Così fece anche lui. Appena finimmo di vestirci, vedemmo aprirsi la porta dalla quale entrò mamma.
"Ragazzi scendete, la colazione è pronta."
Sorridemmo e rispondemmo assieme.
"Sì mamma, scendiamo."

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Capitolo 2
*** Il giorno dopo ***


"E per la prima volta mi ritrovai a dover seriamente pensare al mio futuro."

[Sull'autobus per andare a scuola.]
Le 7:45 del mattino. Un caldo leggermente afoso colpisce la città. Le strade sono ancora poco popolate, le nuvole troppo deboli per fermare il sole e l'aria calda. Sta proprio arrivando l'estate.
Alla fermata dell'autobus della piazzetta verde, è appena arrivato l'autobus. Salgono pochissimi ragazzi. Solo quattro. Cosa fuori dal normale, dato che ogni mattina quel pullman è pieno di studenti diretti alla scuola superiore del posto. Una ragazzina dai capelli castani e un giovane dai capelli neri prendono posto in fondo al bus, isolati dal resto della gente presente.
"Fortuna che oggi sono quasi tutti andati a teatro, eh?"
"Sì, Giò. Che fortuna."
Il ragazzo la guarda perplesso. Da quella mattina la ragazza è strana. Quella notte era stata qualcosa d'inaspettato per entrambi.
"Che hai..?" chiede lui.
"Ma come che ho?! Sei consapevole di quello che è successo stanotte? Che è stato un terribile sbaglio?!" dice lei sussurrando quasi irata. Era sconvolta da ciò che era successo. Sul momento ci era stata, e bene anche. S'era lasciata andare, l'aveva assecondato, e le era anche piaciuto. Ma quando si è svegliata ci aveva pensato. Era uno sbaglio enorme tutto quello. E la cosa che più le faceva schifo di sè stessa quella mattina era che proprio il fatto che non avrebbe voluto la fine di quella notte. Voleva continuare a toccarlo, averlo, assaporarlo, possederlo; ma allo stesso tempo ne aveva timore e ribrezzo. Aveva tremato davanti allo specchio quella mattina quando aveva visto la sua immagine riflessa sul vetro.
Sono una persona deplorevole.
"Sì. Sì che sono consapevole di ciò che è successo. E so anche con altrettanta sicurezza che non ne sono pentito. Mi è piaciuto e li rifarei anche ora." disse Giò e la baciò d'improvviso.
Lei si ritirò e lo guardò timorosa.
"Non si può!" disse cercando di avere un tono duro.
"Lo vuoi."
"Questo che c'entra?"
"Che c'è di male ad essere felici?"
E con questa frase lei smise di parlare. Cosa poteva ribattere? Lei non conosceva la risposta a quella domanda ma avrebbe voluto tanto conoscerla.
"Lasciati amare in silenzio..." le sussurrò al collo. Le baciò l'incavo sotto l'orecchio e lei rabbrividì. Volle spostarsi ma sapeva che sarebbe stato inutile. Si limitò a chiudere un secondo gli occhi e a riaprirli subito dopo, in tempo per vedere altri studenti che li fissavano con sguardo malizioso.
"Basta, ci vedono!"
"Non li conosciamo."
Le porte si aprirono.
"Scendiamo dai..." disse lei.
"Aspetta... devo avere qualcosa nell'occhio..." disse Giò rimanendo seduto, con le mani sugli occhi. Lei si abbassò al suo livello e si mise davanti a lui.
"Ehi, tutto ok? Fammi dare un'occhiata."
Ma lui tolse le mani dal suo volto per metterle sul viso di lei mentre le sue labbra già la baciavano.
"Sì, tutto ok."
"Scemo! Abbiamo perso la fermata giusta!"
"Lo so. Non andiamo oggi. Non ci sarà nessuno in classe, sono tutti via. Andiamo in giro. Andiamo a mare."
Sapeva che anche se avesse dibattuto non sarebbe riuscita a convincerlo così s'arrese. Si sedette accanto a lui e mise la sua testa sulla sua spalla. "Come dobbiamo fare, Giò?"
"Non lo so. In qualche modo faremo." disse e le strinse la mano.

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Capitolo 3
*** Attrazione proibita ***


"Fu quella mattinata sulla spiaggia a spiegarmi che senza Giò non sarei mai stata quella che ero."

[Preso un altro bus per andare al mare scendono e si ritrovano sulla riva a camminare mano nella mano.]
Il mare si stendeva sotto i loro occhi per miglia e miglia. Era leggermente mosso da qualche breve soffio di vento e la luce del sole si rifletteva su quello specchio d'acqua trasparente. La spiaggia era deserta e la sabbia fresca e soffice sotto i piedi nudi. Qualche roccia fermava la corsa delle onde e le faceva esplodere in spruzzi di spuma bianca.
"Ne è valsa la pena di non andare a scuola per vedere questo?" chiese il ragazzo con le labbra sull'orecchio della giovane.
"Sì." riuscì solo a dire senza fiato.
Camminarono ancora. Sulla battigia le orme dei loro piedi andavano disegnandosi per metri e metri. Quattro file di orme. I due giovani decisero di fermarsi solo quando arrivarono presso una piccola grotta nella roccia. Era scomoda, ma romantica. Si sedettero al suo interno e osservarono il sole calare con la sua grazia straziante. Tutto ciò era così rilassante che dimenticarono per breve tutta quella situazione. Quella loro attrazione impossibile, quella loro voglia incontrollabile. Persero dalla testa tutti i pensieri e seguirono soltanto gli istinti. Giò si volto versò lei e le sfioro le labbra piccole e rosse con le proprie. E lei chiuse gli occhi. E si unirono ancora. Anima e corpo. Con passione, senza paure, con gioia.
Poi tornarono ad essere due corpi divisi e separati; due corpi con lo stesso sangue. Solo le loro mani rimasero una attaccata all'altra.
Si voltarono e si guardarono negli occhi. Quelli di Giò erano accorati, addolciti. Quelli di lei erano tanto tesi. Non riuscivano a rilassarsi. Per lei tutta quella situazione era una trappola, e lei c'era cascata con tutte le scarpe. C'era una via di fuga?
"No, ancora..." disse cercando d'alzarsi. La mano di Giò la fermava.
"Sì, ancora. Vuoi ancora scappare?"
"Sì! Non possiamo continuare così Giò... non si può! Dobbiamo tornare ad essere fratelli e non amanti! A parlare di ragazze e ragazzi, a scherzare mentre guardiamo la tv o mentre giochiamo a qualche gioco da tavolo!" disse lei con l'occhi lucidi.
"Ma io non voglio considerarti ancora come una sorella."
"Devi."
"Allora anche tu dovresti considerarmi un fratello, rifiutarti di farti abbracciare dalle mie braccia, di farti baciare da queste mie labbra. E invece le accetti, le accetti e le ringrazi adorante di farti mia."
Lei guardò altrove.
Giò aveva ragione.
"Guardami." disse lui.
E lei lo fece.
"Se davvero vuoi che tutto torni come prima, se davvero vuoi seppellire questa nostra attrazione in fondo al cuore allora va' a casa. Va' e dimentica e torneremo quelli di una volta. Ma se non ne sei sicura, se sai di non volerlo davvero allora rimani stretta alle mie dita e abbandonati a questo nostro peccato."
Lei rimase interdetta per alcuni minuti. Non sapeva cosa fare. Non voleva continuare per quella strada che non avrebbe portato nulla di buono, ma voleva anche continuare a stare con il suo Giò. Perchè alla fine lei senza lui non era nulla. Lui l'aveva fatta diventare ciò che era. L'aveva cresciuta al posto di una madre troppo impegnata con lavoro e di un padre morto anni addietro. L'aveva fatta sorridere, studiare, diventare più forte, anche piangere a volte. Alla fine decise.

Le loro dita si separarono.

"Hai deciso così, dunque... Beh, allora ci vediamo fra qualche ora a casa. A dopo, sorellina." disse lui e si voltò a guardare il mare infrangersi sugli scogli.
Lei si rivestì e si alzò tremante.
Ripercorse la strada che poco prima aveva fatto mano nella mano con Giò e non si voltò indietro.

"Tesoro scendi, è pronto in tavola."
"Sì mamma, scendo."
Lei aprì la porta e scese le scale. La tavola era pronta ma era apparecchiata solo per lei.
"Ma Giò ancora non è tornato?"
"No, sarà fuori con gli amici. Dopo scuola non ti ha detto niente?"
"Ah.. sì.. mi ha detto che aveva il corso di chimica. Me n'ero scordata."
"Ah bene. Sarà qui fra poco allora."
"E tu non mangi?"
"Devo andare a lavoro tesoro. Torno tardi, non mi aspettare. Buonanotte piccola."
E se ne andò.
Lei triste si andò a sedere in tavola e iniziò a mangiare. Quante volte le era capitato prima d'ora? Sua madre che se ne andava a lavoro all'ora di cena e che le diceva di non attenderla perchè sarebbe tornata tardi. La sua cena che si raffreddava sulla tavola perchè le si chiudeva lo stomaco. E poi tornava a casa Giò e anche se era stanco la faceva distrarre perchè lui sapeva che a lei la solitudine faceva male. Perchè lui sapeva tutto di lei. Ogni pensiero. E anche quando lei piangeva lui era sempre nella stanza accanto pronto ad andare da lei a consolarla. Avrebbe perso tutte quelle cose? Se fosse stato così, sarebbe riuscita a sopportare tutto? No, no di certo.
Senza che se ne accorgesse aveva già iniziato a piangere. Poi la porta d'ingresso s'aprì.
"Sono a casa." disse Giò.
Lei cercò di asciugarsi il viso alla bell'emmeglio ma quando lui entrò ovviamente se ne accorse.
"Che succede? Perchè piangi?!"
Non rispose e lui la prese per le spalle, proprio come un tempo. Un tempo però, quelle braccia non avrebbero costituito una trappola per lei.
"Perchè ho paura di perderti... perchè ora è cambiato tutto e ho paura! Perchè sento un'attrazione proibita!" gridò stringendosi i capelli con le mani.
Le mani di Giò la strinsero e lei si lasciò andare. Sentì il profumo di lui addosso e decise la sua strada.
"E' troppo tardi per accettare la tua mano...?"
Lui la guardò in viso e la baciò.

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Capitolo 4
*** Risveglio ***


"La verità mi si parò davanti e dovetti ignorarla se volevo continuare ad andare per una giusta via."

Quella notte si coricano entrambi nel letto di lei. Erano stretti l'uno all'altra e lei era felice. Non riusciva a dormire sapendolo lì accanto e sentiva dentro lei la voglia inarrestabile di toccarlo. Purtroppo però lui s'era addormentato e così dovette abbandonare l'idea e tentò in ogni modo di dormire. Pensò così a tutto quello che era successo, a tutta quella situazione che aveva un qualcosa di irreale. Le cose avevano una consistenza strana e le pareva quasi di star sognando. Iniziò a ragionare su queste sue sensazioni, su questi suoi pensieri, quando poi, finalmente s'addormentò.

Aprì gli occhi e si sentì sfinita, come se avesse dormito per giorni interi. Aveva una strana sensazione addosso, ma non capiva cosa fosse. Decise di lasciar perdere e si voltò. Accanto a lei non c'era nessuno.
"Giò..?"
Ma ovviamente non rispose nessuno. Si stropicciò gli occhi ancora impastati di sonno e dopo essersi accertata d'essere da sola, si alzò. Si fece una lunga doccia calda che la rilassò. Aveva però la mente tanto confusa. Quando ripensava a Giò e a ciò che sentiva per lui sentiva una forte confusione, quasi come nulla fosse successo davvero. La colpì un dubbio.

No, non può essere... Non posso aver...

Uscì dalla doccia e si vestì. Mise la solita divisa e uscì dalla stanza. Contemporaneamente a lei, uscì dalla propria stanza Giò. Sembrava tranquillo, a suo agio. Quando la vide le sorrise come faceva sempre e s'avvicinò.
"Buongiorno dormigliona." le disse arruffandole i capelli con una mano. Poi scese le scale per andare in cucina a far colazione.
"Buongiorno..." mormorò allora lei.

Possibile che avessi...ragione?

Scese anche lei e mangiarono in uno strano silenzio. Uscirono di casa e solo una volta arrivati alla fermata Giò si bloccò di colpo.
"Accidenti!"
"Che c'è?"
"Ho dimenticato i biglietti del bus!"
"Ma come!"
"SCAPPA!"
E i due iniziarono a correre a perdifiato verso la loro scuola sperando solamente di non arrivare in ritardo. Ormai senza fiato si ritrovarono sotto il loro istituto proprio mentre la campanella segnalava l'inizio delle lezioni.

Proprio com'era successo... aveva dimenticato i biglietti...

Quella stranissima coincidenza la convinse. Aveva ragione, quegli strani avvenimenti, quei fatti erano un sogno. Aveva sognato quelle giornate con Giò. Il suo amore per lei, i loro discorsi, tutto. Però aveva capito così che ciò che provava nel sogno non era una fantasia, ma era tutto vero. Tutto fottutamente vero. Era innamorata di suo fratello e avrebbe dovuto ignorare tutto. Non poteva parlarne con nessuno e avrebbe sofferto da sola. Lui se ne sarebbe accorte e lei avrebbe dovuto mentire.
Il peso di quelle verità la sopraffece e una tristezza infinita la colpì.
La giornata trascorse lenta e lei pensava solamente a ciò che l'aspettava. Il tormento era appena iniziato e molta altra sofferenza l'attendeva. Sospirò.
All'uscita da scuola si ritrovò in mezzo alle sue amiche a ciarlare di cose stupide e di nessun significato. Non prestava neppure ascolto, aspettava Giò.
Poi lo vide.
Uscì assieme a dei suoi amici e quando la vide, sorrise. Come faceva sempre.
"Oh, quanto sei fortunata ad avere un fratello come lui!" le disse un'amica.
"Oh, no. Le fortunate, siete voi."

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