A Wammy's Love Story

di Mirrine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wammy's House ***
Capitolo 2: *** Wammy'House ***
Capitolo 3: *** Primi passi fra i super geni ***
Capitolo 4: *** Non tutti gli scherzi vengono per nuocere. ***
Capitolo 5: *** Occhi di Ghiaccio e... ***
Capitolo 6: *** Occhi di Smeraldo e... ***
Capitolo 7: *** La lotta porta consiglio ***
Capitolo 8: *** Un risveglio comprensivo. ***
Capitolo 9: *** Colpevole Consapevolezza ***
Capitolo 10: *** Luna nuova, amicizia nuova. ***
Capitolo 11: *** Il Natale più bello della mia vita. ***
Capitolo 12: *** Demoni Lucenti ***
Capitolo 13: *** Perduto ***
Capitolo 14: *** Di fiamme, salvezza. ***
Capitolo 15: *** Ingannevole Fenice ***
Capitolo 16: *** In frantumi ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Wammy's House ***


Nevicava.
Enormi fiocchi di neve biancastri cadevano vorticando follemente nell’aria grigia per poi depositarsi con infinito languore su di una lastricata strada della periferia londinese. Il freddo artico di Dicembre aveva reso le vie antiquate sculture di ghiaccio che la candida neve aveva ricoperto fino all’inverosimile. Strati e strati di prismatici fiocchi che, come spesse trapunte ghiacciate , coprivano di grazioso freddo quell’umida città.
Mail camminava lentamente in quella giungla gelata lasciando, con la lunga sciarpa color porpora, una profonda scia di oscuro vuoto che le nuvole grigie sopra di lui provvedevano immediatamente a ricoprire di nuove lacrime di neve.
Tirò su rumorosamente col naso e strinse i pugni intirizziti dal freddo per evitare di piangere ancora, erano ore ormai che camminava solo per le gelide strade di quella città apparentemente deserta e una parte di lui mugugnò che non avrebbe resistito a lungo.
Come se il copro avesse udito quel muto capriccio, le gambe gli cedettero improvvisamente facendolo precipitare di faccia nella neve, dove rimase immobile senza riuscire nemmeno a pensare.
Non seppe quanto tempo dopo una mano calda lo sollevò dal ghiaccio nevoso e iniziò a riscaldarlo con pacche dolci e quasi amorevoli per poi coprirlo con pesante cappotto e, presolo delicatamente in braccio, iniziare lentamente a camminare.
Per dove?
Mail non poté chiederlo perché quel tiepido calore gli posò le proprie fragili dite sulle sue palpebre gelide chiudendogliele per poi avvolgersi attorno alla propria fragile coscienza e trascinarlo con sé nello splendido mondo del sonno.
****
 
La prima cosa che i suoi finalmente caldi sensi percepirono fu l’infinita morbidezza di dolci coltri che gli coprivano interamente il corpo non più gelido.
Aprì gli occhi di scatto e pareti color ciambella gli apparvero improvvisamente dinanzi agli occhi facendogli gorgogliare rumorosamente lo stomaco.
-        Ecco la tua colazione.
Un colosso un po’ in avanti con gli anni e un paio di vistosi baffoni bianchi gli sorrise da dietro un paio di occhialetti in metallo sottile per poi posare con assurda dolcezza un vassoio in legno chiaro pieno di leccornie sul basso comodino scuro che affiancava il letto su cui era stato disteso.
-        Chi cavolo sei tu?- chiese di getto aggrottando le sopracciglia rossicce in un espressione a metà fra il curioso e il circospetto, chi diamine era quell’uomo, che voleva da lui e dove diavolo lo aveva portato?
L’omaccione si sedette ai piedi dell’elegante letto in legno e guardandolo di sottecchi affermò:” C’è qualcosa che desidero dirti, Mail Jeevas.”
 
 
 
 
 
Ciao sono Mirrine!! Questa è la mia primissima fan fiction e sono tanto nervosa!!! Era da un po’ che pensavo di scriverne una sui miei personaggi di Death Note preferiti ma ho aspettato a decidermi perché avevo paura che ne venisse fuori una schifezza totale!!!
Vabbe’ ormai mi sono decisa e.. eccola qui!!!
Accetto qualunque tipo di critica per migliorarmi, vi chiedo solo di non essere troppo cattivi con me J, sono proprio alle prime armi!!
Spero vi piaccia così la settimana prossima pubblico il secondo capitolo!!
Tengo le dita incrociate!!!!

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Capitolo 2
*** Wammy'House ***


Wammy’s House
 
Le lenzuola sibilarono come serpenti infastiditi quando Mail le scostò con violenza nel tentativo di alzarsi, voleva andarsene da quel luogo sconosciuto odoroso di libro vecchio, lontano  da quel pazzo spione, ma un poderoso braccio lo bloccò al proprio posto.
-      So che ti sembrerò un folle maniaco...- esordì l’uomo lanciandogli l’ennesimo sguardo penetrante da dietro quei minuscoli occhiali d’acciaio.-... ma se lasci che ti spieghi un pio di cose, sono certo che muterai opinione.
Mail però non voleva dargli retta, era solo uno squilibrato che...
-      Ti chiedo solo di ascoltarmi.
Dolcezza ma soprattutto un’infinita stanchezza venarono d’un tratto la voce da baritono di quel grande uomo che però in quel momento gli parve tre volte più anziano.
-      Ok...- il giovane si scostò un ciuffo di capelli rossi dalla fronte per non essere costretto a guardarlo e si riaccomodò lentamente sul morbido materasso.-... ti ascolto.
-      Grazie.
Mail fece un gesto indistinto con la mano e, tanto per fare qualcosa, afferrò una fetta di pane tostato e iniziò a mordicchiarla in attesa che il vecchio baffuto parlasse.
-      Io sono Watari e l’edificio in cui ti trovi in questo momento è la Wammy’s House, un luogo per gente speciale.
-      Io non sono pazzo!- gli uscì detto con la voce soffocata dal bottone immenso che aveva appena trangugiato.
L’omaccione sorrise.
-      E’ una scuola per ragazzi con un’intelligenza superiore alla media, di molto superiore alla media.
Mail spalancò occhi e bocca dallo stupore, una scuola per super geni?
Perché, esistevano?
-      E’ da un po’ che ti teniamo d’occhio ma poi abbiamo perso le tue tracce e...
In un attimo l’ira tornò ad infiammargli cuore e gote.
-      Mi avete spiato?
-      La scuola che frequentavi ci ha inviato molti dei tuoi eccellenti risultati ma visto che dopo l’hai abbandonata, ti abbiamo perso.
Pacato, sereno e implacabile riusciva persino a farlo sentire in colpa per lo scatto di rabbia che aveva appena avuto, Mail se ne rabbuiò.
-      Era noiosa, non insegnavano nulla.- borbottò a mezza voce.
-      Per questo ti vogliamo qui.
Watari sorrise ancora dinanzi alla sua espressione nuovamente stupefatta e, approfittando di quel provvidenziale momento di improvviso silenzio, proseguì:” E’ desiderio della Wammy’s House che tu intraprenda un percorso di studi adatto a te così che, quando sarai pronto un giorno, potrai mettere le tue incredibili capacità al servizio del mondo.”
Percorso di studi?
Incredibili capacità al servizio del mondo?
Mail inarcò un sopracciglio più ironico che scettico, ma prima che potesse mandare a quel paese il pazzo idealista che aveva di fronte, egli riprese parola abbandonando repentinamente il tono solenne che aveva sfoggiato sino a qualche istante prima per dire, con voce assai più pragmatica: Ti daremo un posto dove dormire, mangiare e...”
Watari fece una pausa, quasi ad effetto, che col proprio inaspettato silenzio gli spense violentemente tutta l’ironia che lo aveva infiammato, il suo viso perse lentamente colore come se sapesse che le prossime parole che quel baritono baffuto avrebbe pronunciato avrebbero capovolto l’intera situazione.
-... e stare al sicuro.
Fu come uno sparo, talmente forte che Mail faticò a trattenere l’impulso di tapparsi le orecchie e fuggire a barricarsi in bagno, come aveva fatto quella sera che...
Immagini confuse di ricordi dolorosi minacciarono di invadergli la testa ma la voce profonda  dell’omaccione idealista lo riportò lentamente alla realtà.
-      Dovrai solo studiare e impegnarti al massimo per...
Mail lo bloccò alzando lievemente una mano anchilosata e assentì con un rapido cenno del capo, non l’avrebbe mai ammesso davanti a quell’uomo ma in quel momento aveva un disperato bisogno della Wammy’s House.
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci alla fine di questo secondo capitolo! So che la storia deve ancora ingranare ma dovete avere un po’ di pazienza, siamo solo all’inizio! Spero che vi piaccia tanto tanto anche se siete cattivi con me!!! Mi avete mandata in depressione perché ho ricevuto una sola recensione...  Ringrazio da morire chi mi ha recensita perché mi ha resa molto molto felice!!! Questo capitolo è per te!!! Grazie mille e mi raccomando seguitemi eh!!!!
Mirrine!
 
 
 

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Capitolo 3
*** Primi passi fra i super geni ***


Primi passi fra i super geni
 
Due giorni dopo il parco colloquio con Watari Mail si ritrovò catapultato in un altro mondo.
Il mondo della Wammy’s House.
Un universo, quello, che gli si rivelò una vera e propria giungla.
Le lezioni erano tre volte più accelerate di quanto non fossero in una scuola “normale”, più concetti, meno tempo e infinite ore in più di logica, matematica e una volta , per il suo completo e totale stupore,  come compito in classe venne loro assegnata la risoluzione di un assurdo caso di omicidio.
Quel giorno però Mail aveva compreso appieno il significato dei vaghi accenni che Watari gli aveva gettato, quasi per caso, durante la sua breve convalescenza in infermeria, la Wammy’s era una scuola per futuri super detective o ancora meglio futuri successori del mitico L, apposta per cui, si mormorava, fosse stata creata quella scuola tutta speciale.
Lezioni incessanti, omicidi intricati e ritmi folli però non si erano rivelati così disastrosi come aveva tragicamente pensato all’inizio.
Il vero strazio per Mail si era rivelato la convivenza con gli altri inquilini della Wammy’s e, da un certo, fastidioso punto di vista, era  la stessa rottura che lo tormentava nella sua vecchia scuola se non peggiore visto che ora, oltre a essere egocentrici e astiosi, erano di una sottile e rara malignità probabilmente marcio frutto del loro super intelletto.
E con Mail sembrava stessero mostrando il loro lato migliore visto che si era rivelato inaspettatamente dotato in tutte le materie e incredibilmente alla vetta delle liste per la velocità di risoluzione dei casi che loro assegnati.
Non potendolo raggiungere sul podio con le proprie capacità intellettive, anche se parevano impegnarsi ogni giorno di più a questo scopo, usavano quelle, fantasticamente sviluppate della perfida oratoria.
Dunque insulti particolarmente sagaci e sabotaggi assolutamente cretini.
Per Mail una vera noia.
Tutti quei deficienti che sghignazzavano come stupide iene illudendosi di avergli fatto chissà quale torto, non comprendevano che a lui, di quelle fantasiose dimostrazioni di infantilità, non importava un bel niente.
Seguiva le lezioni, faceva i compiti e cercava di impegnarsi.
Come aveva promesso a Watari.
Studiava e si pagava vitto e alloggio in quell’antiquata dimora ottocentesca che era diventata la sua nuova casa.
Quando non si sforzava di scontare il lungo debito contratto inevitabilmente con la grande W sfogava quell’eterna solitudine, che sentiva crescergli dentro ogni istante di più come una maledetta erbaccia infestante, con l’ultimo retaggio della propria vecchia vita: la console portatile allegramente corredata del suo gioco preferito di “mostracci” come una sua vecchia compagna di classe aveva leziosamente definito il proprio amato Wild 9.
Solitudine e videogiochi.
Cercava di non pensarci.
Il letto vuoto accanto al proprio nell’elegante stanza che gli avevano assegnato, la dura panca deserta dove si sedeva nella gigantesca mensa comune, il continuo essere adocchiato con sufficienza e le incessanti prese in giro di crescente cattiveria non rendevano propriamente quel posto un Paradiso.
Mail però andava avanti, testa bassa sulla console, cuffie nelle orecchie, la corta frangia color rame a coprirgli lo sguardo e la ferma decisione di non crollare.
 
 
 
 
 
EEEE buona sera cari!!! Mi sono fatta attendere meno del previsto a scrivere questo capitolo ma tanto non credo che vi dispiaccia!!!!
Matt qui sembra proprio triste, vero??
Be’ è un periodo un po’ bruttino per tutti ma ci rifaremo presto, vedrete!
Grazie a chi mi segue e in particolare a quel pio che mi ha recensita!
Thanks per la tua cruda sincerità, mi ha spronata a tentare di migliorarmi( anche se questo capitolo non mi convince poi tanto ma ormai è un complesso fisso quindi mi ignoro!!)
Be’ che dire alla prossima!!!!

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Capitolo 4
*** Non tutti gli scherzi vengono per nuocere. ***


L’alieno guaì grottescamente quando Wild 9 lo fulminò con il raggio paralizzante del proprio fucile a laser e iniziò a sbatacchiarlo qui e lì fino a farlo decomporre.
-      Checkpoint!- strillò allegramente la voce dell’assistente di missione dello sterminatore di extraterrestri frantumando il silenzio dell’aula vuota, frutto dell’ennesimo scherzo che Mail stava ignorando a bella posta.
Qualche super genio aveva infatti trovato simpatico comunicargli l’orario sbagliato della lezione straordinaria di quella mattina facendolo giungere in quella stupida classe vecchia almeno mezzo secolo con circa un’ora di anticipo.
Mooolto divertente in effetti.
Mail aveva posato delicatamente la tracolla sul banco scarabocchiato, invece di lanciarla in faccia all’autore di cotanta brillante dimostrazione di intelligenza, come gli suggeriva malignamente una furiosa parte di lui, e si era dedicato alla conquista di Plutone con più violenza del solito.
Wild 9 aveva fatto volare  nell’atmosfera inesistente dell’ultimo pianeta della galassia  parecchie teste e diversi arti per almeno mezz’ora quando cominciarono ad arrivare i primi compagni che si disposero eterogeneamente nell’aula ridacchiando.
Tutti quei piccoli geni malefici, che Mail avrebbe volentieri disintegrato a colpi di fucile a pompa, gli lanciavano sguardi di autentica derisione ma tre di quel fastidioso branco con audacia, che nella sua vecchia scuola il giovane avrebbe smorzato a suon di pugni, gli si pararono coraggiosamente davanti al banco.
-      Ehi pomodoro ti sei alzato presto oggi eh?
-      Sei talmente stupido che hai impostato male la sveglia?
-      Avevi paura che se fossi arrivato tardi ti saresti fregato il posto di cocco del prof?
Mail si concesse qualche istante per finire di annientare un nido di schifosi alieni verdognoli prima di mettere in pausa e alzarsi in piedi pronto a chiarire quella faccenda idiota una volta per tutte ma qualcuno lo precedette.
-      Ci si diverte qui eh?
I ragazzini super stupidi che era in procinto di ridurre a piccole pulci invalide si voltarono di scatto e il giovane nerd osservò con piacevole stupore i loro volti paffuti perdere tre chili velocemente, in effetti troppo velocemente. Incuriosito piegò la testa da un lato per sbirciare dalla spalla del più basso dei tre chi avesse avuto un tale repentino potere di tarpare la loro  stupida insolenza.
Un ragazzo, circa due anni più grande di lui, aveva fatto il proprio beffardo ingresso nell’aula polverosa.
Alto forse troppo per la sua età ma, guardandolo più attentamente, Mail notò che nulla in lui si addiceva agli anni che supponeva avesse.
Il giovane infatti sfoggiava, con una naturalezza e una sensualità che Mail si vergognò di percepire, un completo di pantaloni e gilet interamente neri nonché completamente in pelle aderentissima.
I rigorosamente scuri anfibi borchiati e un biondo caschetto tenuto artisticamente spettinato facevano da cornice ultima all’aria da duro strafottente che la sua intera figura emanava a generose ondate.
Ciò però che colpì Mail più di qualunque altro dettaglio furono i suoi occhi.
Il ragazzo ora spavaldamente stagliato di fronte a lui aveva uno sguardo di puro ghiaccio artico.
Quel folgorante celeste che gli tingeva l’iride non prendeva dai ghiacciai più gelidi del mondo solo la diafana tonalità di colore ma anche, e soprattutto, l’acuta soggezione di trovarsi dinanzi ad uno spettacolo splendido e pericoloso al tempo stesso.
Quelli erano occhi capaci di congelarti sul posto senza indugio alcuno o almeno, l’istinto di Mail lo suggeriva a gran voce, era ciò che il ragazzo voleva che il suo sguardo comunicasse in quel particolare frangente.
Qualcosa infatti suggeriva al cuore del giovane ramato che quegli occhi ora così freddi e terrorizzanti erano capaci anche di comunicare altro, magari anche di più dolce e profondo.
 
Da parte propria il giovane biondo si accorse immediatamente che non tutti lo guardavano con lo smarrimento e il rispettoso panico che pretendeva gli si dovesse riservare. Infastidito fece saettare rapidamente gli occhi lungo l’aula e infine notò che il ragazzino giunto appena pochi giorni prima aveva i propri occhi di smeraldo spalancati su di lui.
Non era però paura ciò che teneva quello sguardo di giada fisso su di lui ma, notò con sbigottito stupore, un sentimento più intenso, talmente profondo che sembrava volergli sfiorare direttamente l’anima.
Curiosità?
Meraviglia?
Solo autentica stupidità?
Il biondo si ritrovò quasi ad augurarselo, perché ciò che vedeva in quegli occhi era bello e attraente a tal punto da allarmarlo.
-      Seduti ragazzi!.
L’istitutore era dunque arrivato e per una volta ognuno si posizionò al proprio posto senza lamentarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Olà! Eccomi tornata con un nuovo capitolo, più lungo per farmi perdonare della spilorceria dell’altro!!!
Per una volta posso dire che questo capitolo mi piace un po’, credo che mi sia venuto decente ma... a voi il giudizio!!!
Spero di sentirvi esprimere il vostro parere, perché i lettori e i loro pensieri sono la droga di ogni scrittore e io che ne sono una in erba ne sono ancor più dipendente!
Be’ alla prossima!!
 
 

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Capitolo 5
*** Occhi di Ghiaccio e... ***


 
Il cielo domenicale si stendeva con somma pigrizia al di fuori della stretta finestra in legno chiaro della piccola camera di Mail brillando di un lucente...
Azzurro.
Le lenzuola stropicciate dal peso del giovane erano abbandonate lungo il lato destro bagnando il pavimento scuro di un lieve ma dolce...
Azzurro.
Il  letale raggio paralizzante che Wild 9 aveva coraggiosamente puntato contro l’alieno master colpendolo diritto all’addome grigiastro riempiva l’angusto schermo della console di un abbacinante...
Azzurro.
Mail sospirò lentamente nel vano tentativo di restare concentrato sulla missione impostagli dall’assistente di bordo, ma quella mattina di corallo sembrava costantemente voler rubare la propria già fragile attenzione per disperderla nell’aria. La sua mente era infatti alla deriva in un burrascoso mare brillante di ricordi argentati e colmo di onde tinte di un vago ma deciso...
Azzurro.
Wild 9 si lamentò rumorosamente quando la mano tremante di Mail scivolò sui tasti rotondi della console sbagliando mossa e provocando la repentina morte del proprio ego virtuale.
Ci era cascato, come un autentico frutto di stagione.
Aveva pensato al biondo, di nuovo.
Era da un paio di giorni in realtà che quel demone d’oro e pece gli compariva davanti senza preavviso alcuno provocandogli ogni volta reazioni sempre più assurde e imbarazzanti.
La prima volta che vi si era trovato invischiato risaliva al giorno dopo averlo incontrato nell’aula polverosa dove uno stupido scherzo lo aveva incastrato, stava recandosi a mensa con lo sguardo ovviamente sempre fisso sulla console quando, una generosa spallata ,aveva distolto la propria fanatica attenzione e spinto ad alzare finalmente gli occhi.
Il ciuffo di rame che gli decorava la fronte era calato giù come il sipario di un teatro di provincia aprendogli la vista del giovane biondo che, a soli pochi metri di distanza, lo guardava con i propri stupendi occhi di ghiaccio e, notò con un palpito d’emozione, circospetta curiosità.
In quel momento il cuore aveva preso a battergli furiosamente percuotendo il proprio povero sterno ansante e colmandogli le guance di un intenso rossore che sapeva di colpa e imbarazzo.
Erano rimasti lì per minuti che gli erano parsi secoli a guardarsi l’un l’altro in una meravigliosamente inaspettata sticomitia di sguardi fino a che un basso bambino dai capelli d’argento non aveva distratto il biondo strappando a Mail con cruda violenza la sua  divina attenzione.
Quello stesso pomeriggio era stato poi costretto ad andare nell’angusta biblioteca dell’istituto, cosa che lo aveva messo non poco di cattivo umore, dove aveva tentato di vincere la propria innata avversione verso la storia per amor dell’imminente test di quell’odiosa materia.
Dopo aver passato un paio d’ore a cercare disperatamente di capire come un pazzoide francese di nome Marras fosse finito ucciso nella propria vasca da bagno, nonché a tentare con ansia e disperazione crescente di non mettersi a giocare alla console, si era arreso ed era uscito da quel locale polveroso quasi quanto i tomi che conteneva.
Aveva fatto appena un passo oltre la soglia quando, alzando gli occhi verso il corridoio che, credeva ormai finalmente deserto, aveva visto quell’angelo dall’aura marmorea svoltare elegantemente l’angolo e pararglisi improvvisamente di fronte.
I loro occhi si erano incrociati nuovamente.
E ancora una volta quegli occhi in quel momento di ghiaccio e stupore fecero sobbalzare atleticamente lo stomaco di Mail riempiendolo di un sospetto sfarfallio.
Imbarazzato e nervoso aveva abbozzato un sorriso ma prima che potesse anche solo pensare di alzare la mano nell’assurdo tentativo di fare una qualunque altra cosa che non fosse stare lì a fissarlo come un idiota pesce lesso, il biondo, dopo un fugace sguardo aggressivo, gli aveva voltato rapidamente le spalle e con altrettanta velocità si era dileguato.
E due mattinate colme di sole dopo Mail si trovava  malinconicamente stravaccato sul proprio letto a pensarlo, stupido e solo proprio come quando era appena arrivato lì.
D’altronde con i compagni che lo sbeffeggiavano ad oltranza e quello, si vergognava persino a pensare di pensarlo, splendido biondo che gli dava crudelmente la schiena senza nemmeno permettergli di provare a salutarlo, si stupì non poco quando qualcuno bussò con insistenza alla porta della sua legnosa camera.
Stanco, nervoso e di pessimo umore si trascinò con malagrazia verso l’ingresso e apertolo con voluta irruenza aprì bocca per intimare allo sconosciuto scocciatore di tornarsene da dove era venuto perché non era proprio giornata ma, alzando gli occhi, la voce gli morì in gola.
Davanti a lui, con un’attraente smorfia truce dipinta sulla ceramica candida che era il suo volto pallido, si stagliava davanti a lui con immensa fierezza il giovane dai capelli d’oro ammantato di pelle nera.
 
 
 
 
 
Eilà come vi va?
Lo so, lo so ho postato moolto prima di quanto avevo previsto ma spero ne siate contenti!
Questo capitolo non mi convince molto, devo dire, l’ho scritto ascoltando Einaudi quindi temo che mi sia venuto fuori un Matt forse troppo romantico e un po’ femminile...
Spero ardentemente di no!!!
Volevo ringraziare con tanto amore chi ha la pazienza di leggermi e la carità di recensirmi, spero di poter migliorare e piacervi sempre di più!
Io mi impegnerò promesso!
Bye!!!

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Capitolo 6
*** Occhi di Smeraldo e... ***


La finestra causticamente serrata gemette di un lamento lungo e sommesso quando l’ennesima crudele sferzata dell’impetuoso vento mattutino ne colpì con violenta aggressività le antiquate imposte in legno.
-      E sta zitta!- imprecò non propriamente a mezza voce lanciando contro quella fastidioso infisso il cuscino abbandonato diagonalmente sul letto sfatto.
L’impalcatura legnosa si lagnò nuovamente facendo acuire il suo già prepotente nervosismo che orami da alcuni giorni gli faceva solerte compagnia.
Maledetta verifica di storia... pensò uno sguardo disgustato verso la pila di libri che giaceva in maniera scomposta sulla superficie liscia della scrivania ingombrandola con la loro pesante mole.
Chissà se quel rosso ha già finito di studiarli... si chiese involontariamente per poi rabbuiarsene con profonda amarezza e una classica buona dose di ira.
 Dopotutto che cavolo gliene fregava di cosa faceva quel maledetto, stupido rosso i cui occhi di smeraldo e innocente gioia sembrava volergli abbracciare l’anima con un unico dolce sguardo?
-      Ah!- urlò lacerandosi la gola per poi scagliare un’istintivamente rabbioso pugno contro la malandata anta dell’armadio alle proprie frementi spalle.
Continuava a pensarlo.
Nonostante tutti i propri insistentemente zelanti sforzi per cacciarlo a calci fuori dalla propria inaspettatamente turbata mente, quel ragazzino dai capelli di rame fuso tornava ingannevolmente a monopolizzargli pensiero e... cuore.
E’ perché l’ho incontrato fino a nausearmi! – si era detto con imperiosa decisione per tentare di arginare quella cascata di lui che minacciava di trascinarlo sul proprio fondo di smeraldi.
Ed effettivamente era stato così.
La prima volta che i propri occhi si erano nuovamente incrociati, dopo il minuscolo incidente in aula, era avvenuta a mensa.
Era seduto in quell’odiosa sala pregna dell’odore di cibi precotti e le addette ai pasti sapevano solo cos’altro intento ad esorcizzare la noia, che ormai da anni scavava infaticabile un lungo tunnel buio all’interno della sua anima gelida, cercando la propria vittima quotidiana.
Quella mattina sarebbe toccato ad un insulso biondino che gli aveva coraggiosamente fregato il posto, quello che ormai era il suo banco da quattro anni, durante l’ora di logica senza nemmeno aver l’audacia di guardarlo negli occhi.
D’altra parte non poteva biasimarlo, nessuno osava guardarlo negli occhi.
La gelida furia che essi sprigionavano metteva a dura prova persino la ieratica calma degli istitutori che faticavano ad ignorarli con contegno.
E quella mattina stava appunto facendo vagare il proprio sguardo assassino lungo la sala quando, improvvisamente li aveva incontrati.
I suoi occhi verdi.
Occhi di smeraldo e, quel giorno, puro e imbarazzato stupore.
Il primo impulso era stato distogliere immediatamente lo sguardo da quel viso acceso di una bellezza così dolce e ignorarlo sfacciatamente ma quelle reti di giada seppero circuirlo con eccessiva facilità.
Il proprio feroce orgoglio, che tanto spesso lo aveva salvato da fare cose indegne e stupide, era caduto in un vergognoso oblio quando i propri occhi gli dipinsero sul cuore la dolce immagine delle goti del rosso che andavano tingendosi di un imbarazzato rossore.
Era rimasto immobile come un insulso ciocco di legno a osservare ogni dettaglio di quel viso spruzzato di efelidi che la lontananza fra loro gli permetteva di scorgere, con il cuore che saltava i battiti come un acrobata impazzito con un emozione  a tal punto crescente che minacciava di far arrossire anche lui.
-      Mihael.
Una voce cupa dalla tonalità quasi grottesca ma aggressivamente atona era improvvisamente precipitata nel regno paradisiaco del loro scambio di sguardi disintegrandolo in milioni di dolorose schegge smeraldine.
Si era voltato lentamente lasciando che ogni suo gesto comunicasse autentica ira ma quando scorse chi aveva avuto l’ardire di disturbarlo fece fatica a mantenere il solito contegno gelido.
Il suo più odioso compagno di lezioni, colui che era l’unico in tutta la Wammy’s in grado di tenergli testa a intelletto, quell’esecrabile bamboccio di Nate River gli stava davanti con la schiena leggermente curvata, come proprio insulso solito, e un ghigno malvagio vagamente accennato sulle labbra pallide.
Lo  aveva sentito distintamente.
Il calore che gli abbandonava repentinamente il volto facendolo impallidire e una scossa di quei sudori freddi che solitamente faceva provare alle proprie vittime.
-      Non ho tempo da perdere con te!-  aveva affermato tutto d’un fiato con voce altera prima di voltargli le spalle di scatto e fuggire da quella sala maledetta sforzandosi di mantenere un passo costante e tranquillo.
Mai e poi mai avrebbe voluto mostrare la minima debolezza, soprattutto non davanti al proprio eterno rivale, e quello che aveva appena fatto a mensa tradiva perfettamente questo suo comandamento.
Doveva smettere di guardare quel ragazzo, persino di provare a pensarlo.
Il rosso doveva essere cancellato, eliminato o avrebbe fornito a quel nano di Nate un altro asso per la sua manica del pigiama che tanto abitualmente indossava.
Un moto di stizza misto a ira e l’intonaco chiaro del corridoio  aveva tremato pericolosamente minacciando di staccarsi e cadergli vendicativamente in testa.
-      Diavolo!-  aveva bisbigliato tra sé e sé riprendendo a camminare nel tentativo di sfogare quella furia cieca che sentiva montargli dentro a dismisura.
 Aveva vagato  a vuoto per tutto il primo pomeriggio percorrendo alla cieca i pavimenti insensibili dell’istituto con la mente sempre più alla deriva.
Pensava a Nate, a quel ghigno malefico che gli aveva visto dipingersi sul volto scarno, quella smorfia odiosa che sembrava dirgli che il nano aveva compreso ciò che lui già celava dentro il suo cuore di lapislazzuli e anche qualcosa che ancora lui non voleva né sapeva capire.
A quel punto non aveva potuto impedire ad un lungo sospiro rabbioso di sfuggirgli fra le labbra ma  quando aveva svoltato il corridoio, deciso a tornarsene in camera e porre finalmente fine a quell’orrida giornata, il suo piede era incappato nuovamente nel laccio ironico del destino.
Un raggio di sole morente gli aveva colpito la fronte e, desideroso di abbracciare lo spettacolo di fuoco che quel tiepido calore sembrava promettergli, aveva alzato lo sguardo.
Il rosso che lo aspettava davanti alla finestra non era però quello dell’astro morente ma il rame fuso dei capelli di quel giovane con quell’assurdo maglioncino a righe.
In quel momento era stato panico e nervosismo, immenso nervosismo.
Gli occhi di smeraldo e imbarazzo si erano accesi di una nuova, stupefacente luce quando un sorriso incerto si era inaspettatamente affacciato all’angolo di quelle due onde di carnoso cinabro e lui si ritrovò intontito da un rapidissimo batticuore.
La paura di quei sentimenti, che già ticchettavano con prepotenza sullo spesso ghiaccio che ricopriva la propria anima, giunse più velocemente dell’incerta felicità di averlo rivisto e così, dopo un’istintiva occhiata di puro veleno, gli aveva voltato le spalle troncando il suo goffo tentativo di saluto.
Darsi alla fuga.
Ecco cosa aveva appena fatto.
Come un vile, stupido codardo era scappato da quel ragazzino come un bambinetto imberbe.
Lui, Mihael Keehl, che non aveva timore nemmeno degli istitutori, se le era data a gambe davanti a uno stupido ragazzo qualunque.
Non poteva perdonarselo.
Per questa dura ragione aveva preso la ragionevole decisione di affrontare la situazione una volta per tutte per esorcizzare in maniera definitiva tutte quelle insulse paure che gli pizzicavano l’ego.
E quella domenica mattina era perfetta per lo scopo.
E ora in piedi davanti alla sottile lamina riflettente precariamente attaccata all’anta semirotta del suo armadio si sistemò il corpetto di pelle, che tante occhiatacce gli aveva fruttato dagli insegnanti, e uscì chiudendosi con forza l’uscio dietro le spalle diritte.
I corridoi a quell’ora di domenica erano praticamente deserti ma il biondo mantenne comunque la propria arrogante aria di gelida sicurezza e si diresse con adrenalinica baldanza verso la camera del rosso.
Giunto sulla spoglia soglia osservò ghignando beffardamente la propria ombra profilarsi minacciosa sul muro alle sue spalle e, dopo una rilassata scrollata di spalle, bussò.
Dall’interno si udirono variegati rumori indistinti, che fecero accelerare gradualmente i battiti del suo cuore già su di giri, e dopo alcuni asfissianti minuti il rosso comparve sulla porta con un espressione a metà fra il seccato e il nervoso al cui fascino oppose una strenua resistenza.
Batté lo stivale sul marmo candido del corridoio nel tentativo di risvegliare la propria lucidità e, soffocato ogni altro istinto che non fosse quello di mettere fine a tutta quella stupidata, alzò sul rosso un ghigno aggressivo e pericolosamente canzonatorio.
Il giovane gli sbiancò letteralmente davanti agli occhi nutrendo il suo ego già  sul piede di guerra di una nuova, notevole furia.
L’avrebbe fatto nero.
 
 
 
 
Ufff! Ciao a tutti! Eccomi con questo capitolo che efp mi aveva gentilmente cancellato! Ho dovuto riscriverlo tutto daccapo quindi immagino che sarà venuta fuori un’autentica schifezza!! E pensare che non vedevo l’ora di spiare un po’ nella psiche del mio biondo preferito!!
Spero che sia venuta su una cosa almeno passabile!!!!
Fatemelo sapere eh!
Mir!

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Capitolo 7
*** La lotta porta consiglio ***


Una castana ghiandaia chiurlò allegramente dall’alto del suo nido celato fra i rami frondosi della possente quercia che affondava le proprie radici a pochi metri dalla finestra della camera di Mail.
Il silenzio di scattante tensione che si era disteso con pigra baldanza fra i due ragazzi si spezzò in due esatte metà incrinando l’atmosfera apparentemente tesa che faceva da  fosco sfondo al fronteggiarsi di queste due giovani tigri.
O due perfetti pesci lessi!Pensò Mail prima di scoppiare a ridere a crepapelle.
Mihael guardò con autentico stupore quel viso infantile aprirsi  in un ampio e profondamente dolce sorriso che minacciò di contagiare anche lui e si morse forte il labbro inferiore per tentare di uccidere quello stupido istinto di unirsi a quella risata così bella e spontanea che sapeva  pericolosamente di libera felicità.
-      Che cavolo hai da ridere, pomodoro?- lo rimbeccò aspramente voltandogli con molto poco studiata velocità le spalle diritte, non riusciva a sopportare un istante di più quegli occhi di smeraldo che brillavano come stelle assurdamente vicine e l’improvvisa tentazione che le labbra gentilmente carnose del giovane rosso gli stavano suscitando.
-      Sembravamo due piranha con un attacco isterico di comando  davanti alla porta a fissarci!- esalò Mail continuando a ridere allegramente come se fosse appena stato spettatore dello spettacolo più esilarante del secolo.
-      Parla per te, idiota!- sbottò Mihael trovando finalmente nel profondo di sé stesso quella scintilla d’ira che gli permise infine di compiere ciò che si era prefisso di fare andando in quella stanza.
In un unico fluido passo coprì la distanza fra loro e, prima che qualunque altra sciocchezza lo distraesse, afferrò il rosso per il bavero del suo stupido maglioncino a righe e lo sbatté con ancora goffa violenza contro il muro alle sue spalle.
-      Nessuno mi da dello stupido, chiaro?
E senza dargli il minimo tempo per rispondere lo colpì dritto sul naso con tutta la forza che la profonda confusione di quei giorni gli aveva covato dentro con zelo quasi materno.
Fu un istante e Mail sentì una scheggia di dolore trafiggergli la breve penisola di carne fra gli occhi per poi ficcarglisi  con sconosciuta violenza dritta nel cervello. Un gemito involontario gli invase la bocca chiedendo a gran voce di essere liberato ma lui non gli diede retta e lo tenne ermeticamente chiuso nella laringe.
Aveva visto con che sguardo il biondo gli si era scagliato contro e in quegli splendidi occhi color del ghiaccio non aveva scorto la minima traccia di desiderosa violenza o appagato desiderio di dolore altrui.
In quegli occhi Mail trovò solo paura e confusione.
Paura di qualcosa che non conosceva e confusione perché non sapeva affatto come gestire l’intera faccenda.
Il cuore gli mancò un battito mentre un’assurda felicità gli invadeva allegramente l’anima, se era riuscito a provocare in quel gelido biondo quella catasta sconclusionata di emozioni voleva dire che tutta l’indifferenza che gli aveva scatenato addosso in quei giorni era stata solo un’arrogante tentativo di non farsi scoprire a considerarlo.
-      Che cavolo ti ridi?- sbraitò Mihael sentendo il proprio autocontrollo vacillare pericolosamente, si aspettava che il rosso strillasse peggio di una bambinetta a cui venivano tirate le trecce, che cominciasse a picchiarlo a propria volta o iniziasse a pregarlo di smetterla, come avevano fatto tutte le sue vittime precedenti.
Il problema però era che il rosso non era come tutti gli altri.
Gli altri tremavano  di autentico terrore davanti al suo sguardo di ghiaccio mentre lui lo ricambiava con complice disinvoltura.
Gli altri urlavano come torturati alla ruota e rispondevano alle sue provocazioni fisiche con altrettanti pugni e calci facendo così accrescere in lui ancor più la feroce belva dell’ira assetata di violenza mentre il rosso se ne stava immobile fra le sue mani aggressive e stava persino sorridendo.
Gli altri molto più semplicemente covavano per lui emozioni della ristretta gamma che va dall’odio alla paura, mentre lui, proprio nel momento in cui Mihael gli stava facendo del male ,gli stava dimostrando un’inaspettata forma d’affetto che lo spaventava e attraeva al tempo stesso.
-      Scusa Cenerella...- esalò Mail cercando di ingoiare il sangue che aveva iniziato ad invadergli le labbra spaccate nello sciocco tentativo di non sporcare il gilet di pelle nera del biondo che, avvampò con imbarazzata veemenza nel notarlo, gli metteva straordinariamente in risalto l’addome piatto e i fianchi morbidi.-... è che non pensavo ti piacessero questo tipo di robe!
Mihael non riuscì ad impedire ad un celere lampo di incredulità di attraversargli la maschera di tentata imperturbabile aggressività che teneva calata sul viso, in un lampo di comprensione se ne accorse, da ormai un tempo immemore.
Gli aveva appena spaccato il setto nasale e lui faceva battute?
Di quel tipo poi?
Il sangue gli ribollì rischiosamente all’altezza dello stomaco e cercò di stornare l’impeto velato, che sentiva fiorirgli nel profondo del suo corpo, con una nuova ondata di bollente ira ma davanti a quel malandato sorriso ancora ironico gli venne più una gran voglia di canzonarlo che aggredirlo.
-      Sei proprio un...
Mihael però non riuscì a dire a Mail cosa fosse perché in quell’istante Roger, il loro anziano istitutore, entrò improvvisamente nella stanza e trasalì rumorosamente alla vista delle macchie di sangue sul pavimento e il pugno destro del proprio alunno più indisciplinato alzato come in procinto di essere scagliato.
-      Mihael!- urlò stupefatto e preoccupato strabuzzando comicamente gli occhi scuri.
-      ‘Giorno Roger.- ribatté il biondo con la massima naturalezza voltandosi verso l’anziano insegnante con espressione tranquilla.
Mail, perso il sostegno del candido braccio di Mihael, si accasciò pesantemente sul muro cercando a tentoni appiglio al comodino per evitare di rovinare del tutto sul marmo gelido del pavimento.
Sentiva la testa girargli come una giostra fuori controllo ma invece di preoccuparlo la cosa lo rendeva stranamente abbastanza allegro.
-      Buon giorno, prof!- esalò ridacchiando.
-      Che diavolo è successo qui?
-      Allegra discussione fra amici!- la risata ilare di Mail venne improvvisamente smorzata da un cupo colpo di tosse che gettò fuori dalla gola del giovane il gemito fino ad allora trattenuto e un bel po’ di sangue.
-      Mihael questo ti costerà una punizione colossale!
-      Ei chi ti ha detto che è colpa mia?- il biondo piantò arrogantemente le mani sui fianchi e lanciò a Roger uno sguardo di audace sfida.- E’ stato lui a insultarmi per primo e così l’ho colpito.
-      Non ti credo nemmeno un...
-      Ha ragione lui.- intervenne Mail fattosi improvvisamente serio con la voce più flebile ad ogni sillaba che riusciva ad esalare.- L’ho offeso  fino a che  non mi ha rifilato un pugno.
Roger lo guardò come si fa con un alieno verdognolo ricoperto di tentacoli squamosi di un vago viola e il ragazzo si sarebbe volentieri messo a ridere se non stesse lentamente percependo che la coscienza era lì lì per mollarlo.
-      E’ colpa mia, metta me in punizione.- sussurrò prima di perdere la già precaria presa sul legno liscio del comodino e cadere pesantemente al suolo privo di ogni forza.
L’ultima cosa che il suo sguardo appannato riuscì a catturare furono gli occhi azzurri del biondo, miracolosamente inginocchiato al suo fianco, spalancati di quella che sperava ardentemente essere preoccupazione per lui.
Sorrise con flebile felicità pensando che era stupendo svenire con lo sguardo fisso su quel cielo meraviglioso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao cattivoni!! Eccomi tornata con un nuovo capitolo di questa deprecabile storia.
Devo dire di aver avuto non pochi problemi e dubbi su questo capitolo e molte difficoltà nello scriverlo.
Ero sfiduciata, ho pensato anche seriamente di interrompere questa storia e per un istante ho anche creduto che fosse la cosa migliore.
Sapete ricevere poche recensioni( a proposito ringrazio la dolcissima dogliva che mi ha recensito ben due volte e positivamente e Miku Sama che ha fatto altrettanto * si inchina rispettosamente *) e be’ anche per il fatto che temo di annoiare e poi vorrei scrivere un pezzo particolare ma non posso saltare mezza storia per andare subito al pezzo che vorrei!!!!
Ok ehm quindi ringrazio chi ha avuto il coraggio di leggere i miei deliri sino a qui e spero vivamente che anche a chi si limita a visitare e non recensisce possa trarre piacere da questo modesto racconto.
Naga Deff Mir!

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Capitolo 8
*** Un risveglio comprensivo. ***


Le luci aranciate brillavano come miliardi di soli sulla superficie oscura del disordinato universo degli scuri palazzi trasandati di periferia illuminando a sprazzi lo stretto abitacolo con ombre ambigue e ingannevoli.
Going Under andava a tutto volume lungo i pulitissimi interni in pelle nera fasciandoli con mani di ferro e acciaio mentre le casse montate alle spalle dei sedili posteriori tremavano di paura dinanzi all’invasione di suoni che erano costretti a supportare.
Mail tamburellava a ritmo, ticchettando musicalmente le dita sul vellutato volante scuro che teneva rilassatamente abbandonato tra il palmo pallido della mano destra.
Amava la voce di quella demonessa dagli occhi di smeraldo, riusciva sempre a fargli vibrare un paio di corde della sua anima che credeva ormai morte da anni e fargli venire una gran voglia di farsi un tiro.
Nonché di quest’ultima avesse carenza da qualche anno a quella parte ma non importava.
Quella sera più nulla importava.
Perché quella era la sua ultima sera quindi aveva il sacrosanto diritto di farsi anche due pacchetti di fila.
Perché ormai era finito.
Ancora qualche agonizzante minuto e sarebbe andato contro il proprio Game Over.
Già.
Era proprio quella la sensazione che, nella misteriosa notte colma di tenebre in cui si trovava immerso, Mail sentiva premergli addosso come un’ancora legata alle gambe.
Un lungo e insofferente peso che pian piano lo stava trascinando al fondo.
L’accendino scattò di colpo e si riebbe, era inutile pensarci, ormai era fatta quindi era totalmente inutile piangersi addosso perché...
-      Ti riprenderai, caro.
La voce dell’infermiera?
Che diamine centrava la voce pacata dell’infermiera in un inseguimento all’ultimo sangue come quello che stava vivendo?
Be’ però effettivamente non centrava molto, visto che non era nemmeno andato a sbattere,  l’apocalittico dolore che gli affliggeva il naso
Il naso!
-      Ah!
Mail proruppe di colpo in terrificante grido di autentico dolore che fece strillare di paura a sua volta l’infermiera che sobbalzò vistosamente rischiando di finire a gambe all’aria sul pavimento di cotto.
-      Oh mio Dio dagli occhi belli, Jeevas!-  l’addetta all’infermeria gli lanciò un’occhiataccia degna di un pluriomicida tenendosi  premuta la mano rosea sul petto paffuto come per evitare che il cuore le scappasse per lo spavento.
-      Mi scusi donna papputa!- biascicò ridacchiando ad una vecchia battuta dei Simpson che la sua mente confusa aveva ripescato chissà da quale proprio recondito recesso.
L’infermiera gli lanciò uno sguardo desolatamente sconsolato, di quello che si riserva ai pazzi dementi che si credono Napoleone e proclamano a gran voce gesta compiute solo nella loro mente distorta.
-      Devi avere di nuovo la febbre alta stamattina, caro. Stai ancora delirando.
In un attimo Mail si immaginò legato al letto con pesante cinghie di cuoio intento a blaterare, con la rabbia alla bocca, eresie in aramaico contro l’infermiera e Roger che, a prudente distanza, urlava un medioevale esorcismo dai suoni grotteschi, una cosa alla Emily Rose per intenderci.
-      Figo!- mormorò sghignazzando allegramente all’idea di provocare un tale caos, un istinto in lui alquanto latente che di solito si limitava a sfogare nei videogiochi ma che, quel giorno, sembrava volersi riprendere una parte del suo palcoscenico celebrale.
-      Be’ se trovi figo un complesso di Stoccolma...
-      Eh?
Mail guardò l’infermiera con lo stesso ironico scetticismo che avrebbe riservato ad un Wild 9 versione terrestre ma ne ricevette in cambio una dolce risata allegra.
-      E’ quel complesso psicologico che fa innamorare la vittima del proprio carnefice, non lo sapevi?
Un colpo.
Mail udì distintamente un cupo colpo esplosivo come quello di un tamburo da guerra e solenne molto più del rintocco lugubre di un antico pendolo, risuonargli con forza inaspettata in tutto il corpo, rintronandolo.
La malattia che fa innamorare la vittima del proprio carnefice.
Un possente brivido tuonante gli squassò la schiena e cercò inutilmente di deglutire per saziare l’infinita sete della sua gola desertica.
-      Io non sono innamorato di Mihael...- mormorò più rivolto al proprio caotico sé stesso che all’infermiera, la quale però, come tutte le donne della sua età che il giovane aveva avuto modo di conoscere, aveva orecchie acute per le rivelazioni più personalmente imbarazzanti, udì perfettamente.
-      Se fossi una ragazza avrei detto senza ombra di dubbio che ne eri cotto marcio visto che non hai fatto altro, in questi tre giorni di febbricitante delirio, che chiamarlo nel sonno.- la matura donna si lasciò scappare un risolino malizioso prima di assumere una stucchevole posa sognante.- E’ risaputo che quando un persona giunge a chiamarne un’altra nel sonno la ama di un amore più puro e profondo dell’acqua di sorgente! E tu non la smettevi più, giuro!!
Un battito, due e Mail chiuse gli occhi mentre il suo cuore partiva per una folle corsa nell’abisso di diamante che, dalla prima volta in cui aveva incrociato lo sguardo di lapislazzuli di Mihael, gli aveva teso la mano con dolce voluttà.
Una parte di lui gli sussurrava di fermarsi fino a che era ancora in tempo perché la strada oscura verso cui stava correndo a perdifiato lo avrebbe portato solo e nuovamente nel tormentoso regno del dolore e, la porzione di sé stesso più macabra e tenebrosamente pessimista, che di solito lasciava a rodersi nell’angolo più marcio della sua anima, gli soffiò nell’orecchio, condotto infine alla morte.
Proprio come nel suo sogno.
Eppure.
C’era un eppure.
Lo conosceva da pochissimo e lui lo aveva anche preso immotivatamente a pugni ma il suo cuore, avvolto in un sentimento più intenso e vibrante di quanto potesse solo immaginare di provare, sentiva prepotente il desiderio di stargli accanto, di essergli persino amico se ci riusciva.
Perché, contro ogni possibile logica, e in quell’istituto gliene avevano insegnato una miriade di tipologie, quel ragazzo gli era entrato nel cuore, si era steso comodamente sulla sua anima e teneva strettamente entrambe nella palmo della sua  leggiadra mano candida dandogli l’impulso, quasi rimosso dalla sua ferita essenza, di non volerlo lasciare mai.
Il sole brillava alto nel cielo fulgido della sua luce dorata e Mail piacevolmente inondato da quei raggi benefici promise a sé stesso e a quell’astro eterno che non avrebbe permesso a niente e a nessuno di separarlo dall’unica persona che, da dieci anni a questa parte, era riuscita ad inondargli il cuore di gioia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Naga Deff carissimi!
Ok, ho postato questo capitolo che sono sicura mi sarà venuto un’autentica schifezza vero???
Ci ho provato, volevo che finalmente qualcuno si accorgesse che prova qualcosa per il mio biondino preferito e ho cercato di rendere la cosa molto delicata ma al contempo intensa e un po’ teatrale!
Perdonate questo Mail un po’ pazzerello ma ha la febbre quindi è normale che dica qualche sciocchezzuola!!
Be’ che dire spero che vi piaccia almeno un po’ e che non mi riteniate una scrittrice infima!!!
Tanto Amore per dogliva e ad una mia nuova, e per me inaspettatamente felice della storia, recensitrice( so che non esiste però recensore suonava maluccio eheh) Ele_vislova!
Grazie ragazze per avermi recensito, è per voi che continuo a scrivere con motivazione, vi amo!!!
Alla prossima fans!
Mir!

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Capitolo 9
*** Colpevole Consapevolezza ***



 
Il mattutino cielo azzurro brillava incredibilmente terso e assolutamente privo di imperfezioni così che l’intera volta dava la lucente impressione che un benigno demiurgo l’avesse drappeggiata di eleganti e raffinatissimi stralci di pura seta.
Nugoli scuri di rondini cinguettanti si alzavano aggraziatamente in volo dai secolari arbusti che torreggiavano nel modesto giardino solcando quel delicato ricamo celeste con la felice libertà che solo i volatili inconsciamente possiedono.
A Mihael avrebbe fatto infinitamente piacere seguire l’eterno volo  di quei cupi uccelli lungo gli scuri tetti della Londra uggiosa che si distendeva pigramente appena fuori le pesanti cancellate dell’istituto ma in quel momento un paio di pesanti tende color avorio gli vietavano crudelmente una tale paradisiaca vista.
-      Ti rendi conto, vero, che hai comunque fatto una cosa terribile?
Si voltò, lentamente, cercando di mettere in quell’unico gesto tutto il fastidioso dolore che, ormai da giorni, gli graffiava incessantemente la schiena con i propri affilati artigli di ferro e fuoco.
-      So bene che Mail ti ha insultato ma...
Il resto della frase però si perse nella pesante aria circostante dissolvendosi in minuscoli atomi insignificanti di cui nemmeno un quark giunse alle ovattate orecchie di Mihael.
Alla fine Roger ci aveva creduto.
Che la colpa della piccola rissa era in gran parte imputabile al rosso.
In teoria avrebbe dovuto esserne contento.
Sarebbe toccato al pomodoro scontare, senza possibilità alcuna di riduzione o trattazione, un intero mese di dura punizione mentre a lui sarebbe toccata una sola settimana.
Era perfetto, in effetti.
E allora perché qualcosa in lui continuava a strillargli senza posa che avrebbe dovuto essere il contrario?
Perché un prepotente senso di profonda ingiustizia non accennava a voler lasciare la presa sulla propria  sino ad allora insensibile coscienza?
Perché si sentiva in colpa?
Un brivido gli corse rapido lungo la schiena gelida mentre un assurdo timore gli si insinuava malignamente tra le innumerevoli pieghe del suo cuore di ghiaccio arrivando sapientemente a scheggiarlo.
E se avesse iniziato a tenere a quel rosso?
No.
Era semplicemente impossibile.
Lui non teneva a nessun’altro che non fosse sé stesso.
Il rosso non poteva significare qualcosa per lui.
Non doveva.
-      Dovrai prestare aiuto alla mensa per una settimana, chiaro?
-      Chiaro.
La propria voce stranamente atona e incurante fece  notevolmente accigliare Roger che lo studiò da dietro i suoi scuri occhiali metallici con rinnovato rimprovero e, con una tonalità caustica che Mihael non gli aveva mai sentito usare, aggiunse:” Inoltre ti è proibito incontrarlo.”
Gelo.
Totale e assoluto.
Come un iceberg  intimamente ghiacciato che improvvisamente esplode con violenza in un potente getto di acqua infinitamente gelata, la frase appena pronunciata da Roger gli piombò prepotentemente addosso minacciando di schiacciarlo con un solo crudele gesto.
-      C-cosa?- boccheggiò ansante mentre un inaspettata ira travolgeva cieca gli  argillosi argini della sua fredda razionalità per invadergli l’anima a guisa di un burrascoso uragano.
-      Hai compreso alla perfezione.- il vecchio istitutore congiunse severamente le braccia continuando a guardarlo con dura ira. -  Non vogliamo altri incidenti di questo genere.
Non ci poteva credere.
In un istante gli parve d’esser tornato  infinitamente indietro nel tempo, ai propri primi anni in quell’orfanotrofio, quando Roger, nel goffo tentativo di gestire il suo carattere pericolosamente esplosivo, non faceva che porgli caustici divieti senza comprendere che, in questa maniera, alimentava ancora di più la sua sete di caos e anzi gli donava una ragione in più per compiere le proprie infantili malefatte.
Era stato il mantra della propria tenera infanzia.
Più categoricamente era proibito, più ci si doveva impegnare per farlo.
E questa volta non sarà diverso. – sibilò con voce sottile ma profondamente malvagia la parte  maligna di lui che, da qualche tempo  a quella parte, giaceva assopita sul fondo spinoso della sua anima in attesa dell’occasione giusta per tornare a causare guai.
-      Perfetto
Voce alta, sicura e decisa.
Roger gli dedicò un intenso sguardo di sottecchi, sospettoso più di quanto non lo fosse stato fino ad un secondo prima ma Mihael non gli diede un singolo istante per indagare sul proprio repentino cambio improvviso di atteggiamento.
Semplicemente, prima che l’anziano istitutore potesse anche solo meditare di complicargli ulteriormente quel periodo già propriamente burrascoso, si alzò dalla pesante sedia in pelle scura per poi abbandonare rapidamente l’ufficio senza voltarsi.
L’antiquata porta in legno si chiuse con un tonfo tombale alle sue spalle rigide ma in quel momento neanche un poderoso colpo di cannone sarebbe riuscito a destarlo dall’abissale trance in cui era precipitato.
Quell’immagine lo tormentava.
Mail, accasciato sul pavimento, quasi privo di sensi che continuava strenuamente ad addossarsi la colpa con una fedeltà di un’assolutezza così zelante che sembrava dovesse ricompensare Mihael di avergli salvato la vita o  per un miracolo simile.
E poi i suoi occhi.
I suoi splendidi occhi di  puro smeraldo lucente che lo fissavano per pochi ma inumanamente intensi istanti prima di essere celati dalle palpebre in un esausto moto incosciente.
 
Scalpiccio, voci allegre e il biondo si riebbe di colpo.
Doveva parlare con Mail.
Capire, domandargli perché diavolo si fosse fatto prendere a pugni senza fiatare e soprattutto per quale dannato motivo lo aveva coperto anche con la scontata prospettiva di una colossale punizione e, in particolar modo, quando avrebbe dovuto avere ben di meglio a cui pensare dal momento che, proprio in quegli istanti, era in evidente procinto di svenire.
Organizzò tutto con cura.
Passò, come Roger gli aveva severamente imposto, il proprio primo turno nelle cucine a lavare le montagne di piatti accumulatesi durante il pranzo ma non con il contrito contegno che ci si aspettava dovesse avere un ragazzo pentito della birichinata compiuta.
Perché lui non aveva proprio nulla di cui pentirsi.
Non però perché non si vergognava del gesto fatto ma perché quella colpa, che lui avrebbe dovuto sentire e per cui avrebbe dovuto scontare quel castigo, se le era caricata in spalla, contro la sua volontà stavolta, qualcun altro.
La smania lo aveva tormentato per tutto il pomeriggio e lui non si era preoccupato affatto di trattenerla.
Aveva strepitato per tutta la durata del suo turno lamentandosi a gran voce, come suo solito, per l’ingiustizia della punizione fino a che l’addetta alla mensa, esasperata dalle sue asfissianti proteste, non lo aveva letteralmente cacciato dalle cucine.
Tutto come aveva previsto.
Ghignando sommessamente se l’era filata da quel buco infernale di cucina per poi lanciarsi di corsa contro i corridoi, a quell’ora ormai deserti, per raggiungere la tanto agognata infermeria prima che venisse chiusa per la notte.
I muscoli delle gambe si lamentavano con dolorosa veemenza per lo sforzo a cui li stava sottoponendo ma Mihael li ignorò bellamente.
Aveva un obbiettivo e non sarebbero state le sue gambe a fermarlo.
Le candide porte dell’infermeria gli apparvero dopo pochi minuti di folle corsa e, concedendosi appena pochi istanti per prendere fiato, si infilò silenziosamente nell’enorme salone archi voltato.
I raggi rossastri del sole morente trafiggevano le enormi vetrate istoriate inondando i letti candidi di mille colori brillanti ma aveva troppa fretta per mettersi ad ammirare quegli splendidi giochi di luce.
Dopo un rapido sguardo attorno individuò un lettino più in disparte rispetto all’entrata e, senza pensare  minimante agli infiniti strati di polvere che avrebbe potuto incontrare, ci si infilò sotto ad attendere che la notte scendesse a coprire il proprio deciso atto di disobbedienza.
Il tempo parve scorrere infinitamente lento in quel bugigattolo in penombra ma finalmente, quando ormai la pazienza di Mihael era quasi giunta agli sgoccioli, scese la bramata oscurità e l’infermiera decise, con sua infinitamente sollevata gioia, di andarsene a letto.
Il campo era infine sgombro.
Un sospiro e il biondo forzò  aggressivamente i propri muscoli intorpiditi a risvegliarsi e muoversi per uscire dal proprio poco fantasioso ma efficace nascondiglio.
Totalmente al buio e senza la consueta presenza rinfrancante della propria allegra addetta, l’infermeria sembrava un luogo molto più cupo e soffocante di quanto non apparisse normalmente ma Mihael non sentì alcun fremito di paura fargli tremare le vene.
Era abituato al buio e anzi, nel proseguo dei propri anni, aveva avuto modo di preferirlo di gran lunga all’accecante luce del giorno.
L’oscurità lo faceva sentire protetto e assurdamente invincibile.
Altro che la stupida paura dei suoi coetanei.
 
Mi fa più timore quello che potrei provare per Mail... gli scappò pensato prima che potesse impedirselo.
Scosse la testa, lui non provava proprio nulla per quello stupido rosso e se era arrivato sino a lì era solo ed esclusivamente per concludere quella faccenda una volta per tutte in modo da potersene dimenticare in santa pace.
E a proposito di quel pomodoro, dove diavolo é?
Lasciò scorrere il proprio attento sguardo sui bui letti vuoti che lo circondavano ma la tenue luce della luna aiutava ben poco i suoi occhi ciechi così iniziò cautamente ad incamminarsi lungo  quell’ampia sala spettrale  raccolto in un profondo silenzio.
Un tranquillo ronfare regolare catturò immediatamente l’attenzione delle sue orecchie spasmodicamente tese e, preso nuovamente dalla famelica smania che in quei giorni lo aveva pedantemente provocato, si diresse subito verso la fonte di quel rumore così buffo con il cuore che andava lentamente accelerando i propri battiti.
Disteso in maniera scomposta tra le lenzuola caoticamente stropicciate e con un espressione di infantile fastidio dipinta sul volto perfettamente ovale dormiva profondamente il per lui incomprensibile rosso.
Mihael allungò una mano con la vendicativa intenzione di affibbiargli uno scossone per svegliarlo ma un improvviso raggio lunare inondò il letto completamente disfatto bloccandogli la mano a mezz’aria.
Le lucenti mani argentate della Luna accarezzavano dolcemente il volto addormentato di Mail mettendone piacevolmente in risalto i punti che già, con la loro spontanea bellezza, avevano attirato la perspicace attenzione di Mihael.
Le lievi efelidi di un leggerissimo porpora gli solcavano le guance magre rendendole di un allegro cinabro sbiadito e giocavano felicemente a nascondersi sotto le candide bende che gli coprivano premurosamente la piccola altura del naso.
I capelli di autentico rame fuso erano sparsi sul cuscino bianco in maniera assolutamente disordinata tanto da sembrare un’insensata mano di vernice purpurea,  insano prodotto di una crisi di follia di un pittore all’apice della propria pazzia artistica.
Il volto roseo di fresco riposo era contratto in un espressione di lieve fastidio che rendeva la sua bocca sottile un’onda rossastra di un mare increspato e be’  Mihael lo trovò... carino...
Come?
Il biondo ritrasse la mano di botto e indietreggiò rapidamente.
Forse avrebbe dovuto dar retta a Roger per una volta.
Smettere di vedere Mail, allontanarsi da lui finché era in tempo.
Ma in tempo per cosa?
Per non farsi coinvolgere nuovamente in un altro affetto che gli avrebbe sicuramente portato ancora  atroce dolore?
Istintivamente Mihael scosse la testa.
Questa volta, si disse con falsa sicurezza, non avrebbe corso rischi.
 Perché in fondo, continuò a mentirsi con sapiente convinzione, non provava nessun tipo di affetto per il rosso, giusto?
E senza aspettare una risposta che molto probabilmente non gli sarebbe piaciuta proprio per niente allungò nuovamente la mano e cominciò a scuoterlo per svegliarlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Uff!
Ciao a tutti * saltella salutando con la mano * finalmente ce l’ho fatta!!
Questo capitolo mi ha spolpata, sul serio, ero convinta che non sarei mai riuscita a finirlo!!
Ogni volta che mi mettevo al computer venivano fuori mille inconvenienti che mi impedivano di finirlo e nell’ultima parte mia zia mi chiamava a ripetizione distraendomi e...
Alla fine sono esplosa di follia e dopo essermi asserragliata in camera ci sono riuscita * tende la mano con dei foglietti sparsi * consegno a voi quest’altro capitolo!
Solitamente i capitoli di Mello mi escono sempre un po’ bruttini ma spero di riscattarmi con questo!!!
Chi ha avuto la santa pazienza di aver letto tutto fino a qui merita una stellina al valore *
Be’ che altro dire, grazie un milione all’infinito a dogliva e ad Ele che hanno la santissima pazienza di sopportarmi e fanno il caritatevole atto di recensirmi ogni volta!!
Grazie mille!!!!
Vi adoro!
Giuro che vi faccio un altarino e inizio un vostro culto ;)
Be’ ho parlato troppo oggi, quindi vi saluto!
Spero di riuscire a postare in fretta il prossimo capitolo e far contento chi mi segue!
Bacioni, Mir!

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Capitolo 10
*** Luna nuova, amicizia nuova. ***


Le persiane ingrigite si chiusero con rumoroso schiocco secco e l’infermiera, infastidita e preoccupata, lanciò un rapido sguardo apprensivo al suo unico paziente di quei giorni per assicurarsi che stesse ancora dormendo.
Quel ragazzino era proprio impossibile.
Aveva passato ore a lamentarsi nel letto e in preda ai deliri delle febbre, che non aveva accennato ad abbassarsi  fino a poche ore prima e non cessava mai di chiamare il nome di  quell’indemoniato di Keehl con dolorosa intensità, come se fosse stato lui  a fargli un torto di qualche tipo.
-      Mah questi ragazzini sono proprio incomprensibili.- mormorò stancamente prima di ritirarsi finalmente nel proprio ufficio e porre fine a quella pazza giornata che Jeevas gli aveva involontariamente donato.
 
Una possente nube scura abbandonò il pallido volto della Luna liberandone infine i ribelli raggi argentati che illuminarono repentinamente la silenziosa infermeria solleticando beffardamente il volto assopito di Mail che...
Alzò una mano per ripararsi dal sole cocente che aveva onorato della propria dorata presenza la splendida mattinata che tingeva d’allegra primavera il prato morbido su cui era comodamente steso.
Faceva caldo, davvero troppo per i suoi gusti e soprattutto per indossare il  suo maglioncino preferito ma non riusciva davvero a pentirsi di esserselo messo.
Una sensazione di profondo benessere surclassava maternamente qualunque brutto pensiero potesse provare a formulare.
Molto più semplicemente, in quella lucida giornata quasi estiva, si sentiva di buon umore.
Una rondine dallo scuro piumaggio volò cinguettando a poca distanza dai suoi occhi spalancati e Mail cercò oziosamente di seguirne l’infinito volo attraverso quel cielo incredibilmente limpido con il sommesso desiderio  inespresso di poterla  eternamente seguire con lo sguardo lungo i tetti della soleggiata città.
 Poi ci fu vento.
Una folata improvvisa di impetuoso vento si alzò inaspettatamente sulla distesa d’erba morbida su cui si era abbandonato, scompigliandogli dispettosamente i capelli, già  naturalmente annodati di loro, e portandogli nella bocca dischiusa per lo stupore l’arcano e quasi dimenticato sapore di cioccolata.
Incuriosito si tirò su lentamente a sedere e osservò con perplessa sorpresa l’infuocata macchia gialla del sole sfumare in unico raggio color oro che si abbatté sul prato con l’innata forza e la sublime bellezza di un fulmine.
Un fascio di luce accecante si disperse nell’aria per alcuni eterni secondi prima che un improvviso buio ne inghiottisse il dorato alone luminoso lasciandone solo un nucleo filiforme che a Mail parve ricordare vagamente qualcuno.
-      Ci stiamo divertendo qui eh?
Quella voce, la sua voce, l’avrebbe riconosciuta tra miliardi di altre.
Si trasse in piedi di scatto e percepì il cuore bombardargli instancabilmente il petto mentre il ragazzo dagli occhi di ghiaccio fuso che tanto lo attraeva gli si faceva sinuosamente incontro.
Il buio parve illuminarsi d’un colpo quando la sua figura elegante comparve ai margini di quel luogo senza tempo alcuno e lo spazio intero parve inginocchiarsi per facilitare la sua andatura elegantemente provocante e permettergli comodamente di piazziarglisi davanti con un ghigno palesemente beffardo dipinto sul volto aggraziato.
Mail rimase immobile, incapace di muovere un solo muscolo davanti a quella scultura neoclassica  fieramente ferma  in una posa estremamente plastica, con il braccio destro abbandonato negligentemente sulla gamba magra, il sinistro posato severamente sul fianco  e gli arti inferiori saldamenti divaricati gli ricordava vagamente il meccanismo esteticamente dinamico del Doriforo.
-      Be’?
Le spighe di grano maturo che erano i suoi lisci capelli dorati ondeggiarono come sospinti da una lieve brezza marina quando il giovane scosse graziosamente la testa in un gesto volutamente provocatorio prima di dedicargli un’occhiata di cui Mail preferì non sondare le profondità per non turbare pericolosamente le proprie.
-      Cosa?- sputò fra i denti  impegnato intensamente nel teatrale tentativo disperato di mascherare i brividi che già stavano divertendosi a squassargli la schiena.
-      Da uno che passa metà del proprio tempo a fissarmi con la bava alla bocca mi aspettavo perlomeno un’accoglienza più calorosa.- le lievi labbra rossastre del biondo si incurvarono in uno stupefacente sorriso colmo di malizia- Magari un bacio...
Bum.
Mail udì distintamente il potente sparo della pistola caricata a salve che dava l’inizio alla folle maratona del proprio cuore in subbuglio mentre una stupida gioia assurda gli colmava l’anima di un’intensa colata di lava bollente.
Alzando però il capo verso quegli occhi beffardi di gelido ghiaccio e lasciando che il proprio sguardo vagasse incantato su quell’espressione dipinta di un incredibilmente seducente sicurezza di sé rafforzò il debole tentativo di autocontrollo.
Il suo istinto ribelle, da qualche parte nelle profondità di quel vortice folle che gli stava travolgendo crudelmente le intimità morali e non, gli urlava indignato di darsi un contegno e, tentare almeno, di assumere un’aria da figo menefreghista ma non c’era verso.
Davanti a quell’angelo di batista ed ebano Mail si sentiva disarmato e impotente.
E l’impotenza che sentiva pervadergli le membra ebbe una vertiginosa impennata quando il biondo prese ad avvicinarglisi ulteriormente e senza alcun preavviso...
-      Sei peggio di un ghiro! Ti vuoi svegliare, stupido pomodoro?
Una scossa, dolore al braccio e Mail si svegliò di soprassalto sobbalzando vistosamente come punto da un’ape malefica.
-      Era ora cavolo!
Fredda, stizzita e inumanamente gelida.
Quella voce, la sua voce, l’avrebbe riconosciuta tra miliardi di altre.
Spalancò d’un tratto gli occhi e, se non avesse avuto un misero residuo dell’autocontrollo che aveva tentato di accumulare nel sogno, si sarebbe messo ad urlare a squarciagola dallo sgomento stupore.
-      C-che ci fai qui?- boccheggiò mentre il fiato lottava per liberarsi dalle reti della pazza gioia che gli stringeva furbescamente i polmoni.
Il volto angelico del biondo venne eclissato da un repentino astro, oscuramente brillante di confusa ira e  pervaso da un vago alone di aggressiva frustrazione, facendo pentire amaramente Mail di aver aperto bocca.
-      Sono venuto a concludere la nostra discussione.- proclamò Mihael cercando duramente di rendere la propria voce seria e severa e al contempo di sembrare deciso a concludere quella faccenda definitivamente.
-      Ok. – il rosso lasciò andare un lungo sospiro paziente prima di serrare con abnegazione assoluta le sue palpebre ancora intontite e irrigidire tutti i muscoli del proprio corpo stanco.- Basta che non mi colpisci di nuovo in faccia, è ancora in frantumi.
E si preparò a ricevere il colpo.
Mihael non poteva crederci.
Spalancò gli occhi glauchi dallo stupore mentre il suo cervello elaborava a fatica la consapevolezza che quel pomodoro era davvero pronto a ricevere un altro pugno  da lui senza opporre la minima resistenza.
-      Perché lo fai?- sibilò con stupita ira mettendosi cautamente a sedere ai piedi del letto per evitare di finire steso sul  candido marmo dall’incredulità. – Perché ti fai picchiare da me senza reagire?
Mail spalancò nuovamente i propri giganti occhi di smeraldo che, insieme all’ampio sorriso sereno dipintoglisi sul dolce volto ancora bendato, parvero illuminare la buia infermeria con mille sfavillanti raggi di lucente giada.
-      Perché spero che tu, da solo, con i tuoi stessi colpi, rompa lo spesso muro di rabbioso ghiaccio che ti sei creato attorno.
Mihael impallidì di botto.
-      Così potremo finalmente diventare amici.
Incredulità.
Mihael non avrebbe saputo definire in altro modo la terrorizzante tachicardia che gli stava intrappolando il cuore tra le corde vocali e il cervello in un’invisibile rete di astrusi sentimenti.
Era incomprensibile.
Esattamente come i profetici vaticini divini di cui aveva parlato Roger durante una lontana lezione di latino.
“ La divinità dava responsi privi di significato alcuno per gran parte delle persone che lo ascoltavano, ma per il diretto interessato, se sapeva sondare sinceramente sé stesso, assumevano lo stesso valore di una verità innegabile.”
E le parole appena pronunciate da Mail rispondevano perfettamente all’antica descrizione lineare di quegli oscuri vaticini.
Ma Mihael non comprendeva, non riusciva assolutamente a comprendere.
Che quelle parole assurde non fossero allora rivolte a lui?
Impossibile.
 Perché Mail guardava lui, proprio lui, e i suoi occhioni di giada erano puntati diritti nei propri divenuti incredibilmente giganti dallo stupore.
Quindi quel satiro dai capelli di infuocato tramonto si stava rivolgendo a lui.
Così come rivolto a lui era il vaticinio oscuro che aveva appena pronunciato.
Oscuro, già, ma forse non così tanto.
Perché se guardava attentamente nel marasma di sentimenti e attimi che li aveva accomunati in quei pochi ma intensi giorni il significato della parole di Mail gli appariva sicuro, indubitabile e quasi scontato.
D’altra parte lo aveva visto accadere per anni fra gli altri bambini e una parte di lui, ignorava volutamente quanto infantile e sofferente, si aspettava innocentemente che un giorno sarebbe successo anche a lui.
Amicizia.
Era qualcosa di realmente possibile anche per lui?
Nonostante il suo feroce orgoglio?
Nonostante la prepotente indole aggressiva che tanto terrore incuteva nei suoi coetanei?
Nonostante la minacciosa aura di gelido ghiaccio che gli aleggiava perennemente attorno?
Forse sì, o almeno il rosso sembrava pensarlo...
-      Be’ ehm...- Mail approfittò del prolungato silenzio del biondo per arrischiarsi ad abbassare il braccio con cui aveva goffamente tentato di ripararsi il naso rotto e sondare la situazione.-... non me ne dai un altro?
Mihael gli dedicò uno dei propri più terribili sguardi di ghiaccio prima di voltare lievemente il capo così che i sottili capelli biondi coprissero il sorriso inesplicabile che si stava impossessando delle sue labbra beffarde.
-      Mi servi intero pomodoro.
Felicità.
Mail la sentì invadergli il corpo con l’allegra prepotenza di un fiume in piena e spalancò la bocca in un enorme sorriso colmo di quella fragranza paradisiaca, raggiante come mai gli era successo prima di allora.
-      Amici?- chiese entusiasta saltellando contento sul letto mentre il dolore di quei giorni di solitudine e la sofferenza fisica del naso rotto abbandonavano la sua anima per fare spazio a quella nuova, stupenda sensazione.
-      Amici.- mormorò Mihael fingendosi profondamente infastidito dal suo comportamento infantile che in realtà  però già iniziava a piacergli.- Basta che la smetti di saltellare  a destra e a manca come uno stupido grillo, sembri un idiota!
-      Per te sembro sempre un idiota, principessa!
-      Come ti permetti?
Mail saltò agilmente al di fuori della sua portata e iniziò a ridacchiare in modo talmente divertito e spensierato che non poté non contagiarlo.
Mihael cominciò a ridere, assurdamente felice, sigillando così l’inizio della loro neonata amicizia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ok sono assolutamente sfinita!!
Mi sono letteralmente uccisa per fare questo capitolo!
Per scriverlo su carta mi ci è voluta un’eternità e metterlo al computer è sembrato ancora più difficile.
Mi bloccavo su alcune frasi, non riuscivo a continuarlo e non smetteva di lasciarmi poco convinta.
Però alla fine eccovelo qui!
Spero davvero che non ne sia uscita una cosa pietosa e che vi piaccia anche solo un trentaquattresimo di quanto avrei voluto!!
Voglio ringraziare ancora una volta dogliva( che spero non si stancherà mai di leggermi e recensirmi perché mi da la forza di continuare a scrivere!) Questo chap è per lei che non vedeva l’ora di vedere le due pesti insieme, spero di averti accontentata e in maniera quantomeno accettabile!!!
Un mio grande grazie va anche a Mysterygirl96 che mi ha dato il piacere di una recensione inaspettata. Non so se sono riuscita a seguire il tuo consiglio ma temo che il mio stile sia di suo un po’ elegante e ampolloso ma sto tentando di renderlo più scorrevole.
L’ultimo ringraziamento, che di solito non faccio, è rivolto a quei silenziosi topolini che leggono questa storia, grazie di seguirmi, mi rendete felice ma lo sarei ancor di più se mi diceste cosa pensate di questa piccola, miserabile storia! Ma comunque grazie, a tutti!!!
A presto, spero, tanti bacioni Mir!

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Capitolo 11
*** Il Natale più bello della mia vita. ***


Mail si rigirò il filiforme pacchetto dorato fra le dita intirizzite dal freddo mentre un sorriso che proprio non riusciva a soffocare gli solcava le labbra arrossate dal freddo di quell’inverno gelido che aveva sfidato per comprare il regalo di Natale per Mihael.
Era felice.
Incredibilmente felice di essere riuscito ad essergli abbastanza amico da potergli donare qualcosa.
All’inizio era stato difficile, molto difficile.
Mihael era abituato a vivere da solo, circondato esclusivamente dal timoroso odio che gli altri compagni covavano nei confronti delle sue non molto sporadiche angherie e dall’aura di impenetrabile ghiaccio che non svestiva mai, nemmeno in solitudine.
Frutto di questo nodoso albero contorto era lo spinoso carattere di Mihael.
Il biondo si era mostrato:
Dispotico.
Permaloso.
E aggressivo, incredibilmente aggressivo soprattutto quando venivano pubblicate le graduatorie dei test e lui risultava essere secondo, magari anche solo di due punti, al suo eterno avversario dai capelli candidi.
Mail però non si arreso e  aveva preso conferma che, come il proprio istinto gli aveva suggerito la prima volta che i loro sguardi si erano incrociati, Mihael nascondeva gelidamente una parte della propria anima, una porzione stupenda.
Perché con tempo e pazienza Mail aveva avuto modo di scoprire che il biondo non era il leone in andropausa che inscenava quotidianamente di essere ma, nei rari momenti sempre più frequenti in cui Mihael osava abbassare di pochi millimetri la propria ferrea guardia rivelava tutta un’altra essenza.
Il biondo sapeva anche essere vagamente dolce e, sebbene in un modo tutto proprio, dimostrava il proprio crescente affetto verso Mail.
E questo per il rosso che, fino a pochi anni prima credeva impossibile anche solo rivolgergli la parola, era semplicemente un miracolo!
-     Sei in ritardo signorino!
Roger, piazzato sulla soglia dell’enorme portone bronzeo con la stessa arcigna severità di un gargoyle, gli pose severamente davanti in proprio gigantesco orologio da taschino.
-     Cinque minuti, signorino!- picchettò con poca gentilezza l’indice sul vecchio quadrante senza mai smettere di fissarlo in cagnesco.- Il coprifuoco è scattato da ben cinque minuti e lei è ancora fuori!
-     Be’ è anche colpa sua...- un sorriso molto poco innocente gli sollevò gli angoli delle labbra screpolate-... se se ne stà lì fermo sulla porta mi spiega come faccio ad entrare?
Gli occhi scuri di Roger si restrinsero pericolosamente dietro le spesse lenti graduate ma un improvviso aumento del vago mormorio interno lo costrinse a far entrare Mail senza altri indugi.
-     Che non accada più!- gli ringhiò con la stessa gentilezza di un doberman tenuto a dieta per un mese davanti ad un pezzo di pane azzimo prima di scomparire nella vaga penombra del corridoio lasciandolo finalmente libero di tornare in camera ad asciugarsi.
La luce aranciata della stanza balbettò lamentosamente brillando a intermittenza per qualche minuto prima di stabilizzarsi improvvisamente fulminandogli gli occhi.
-     Stupida lampada!- biascicò portandosi una mano al viso per ripararsi dall’inaspettata luminosità per poi fiondarsi famelico sul vecchio termosifone arrugginito in cerca del tanto agognato calore.
La neve cadeva a fiocchi sempre più fitti coprendo il prato di una candida trapunta gelata e quella visione così tranquilla gli ricordò improvvisamente la notte in cui era arrivato lì.
Quella sera faceva freddo e non solo all’esterno.
Un fiotto di calore gli travolse di colpo la faccia gelata distraendolo repentinamente da quel latente malumore che minacciava di rovinargli la vigilia di Natale.
E’ roba vecchiasi disse con un lieve sorriso. Ora andrà tutto bene.
Canticchiando allegramente una versione piuttosto ritmata di “All I want for Christmas” iniziò a togliersi gli strati di vestiti bagnati con cui aveva tentato di difendersi dal freddo per poi scivolare in un caldo maglioncino a righe corredato da un paio di lunghi jeans chiari.
Rilassato e nuovamente di buonumore si spalmò sul letto sfatto e riprese la missione contro i Covenant per la salvezza dell’Universo.
In men che non si dica giunse l’ora di quella che lui ironicamente definiva la “ronda della buona notte” ossia Roger che, con la stessa dolcezza di un salatino piccante, bussava di porta in porta ad intimare di filare immediatamente a letto.
-     Spegnere le luci Jeevas!
-     Sì signore!- trillò inserendo il muto al televisore per poi continuare imperterrito a giocare, insomma era inconcepibile lasciare la missione a metà e poi c’era un maledetto Cacciatore che non ne voleva proprio sapere di morire...
-     Sento ancora il rumore dei tasti!
In quello stesso istante il resistente Cacciatore in questione lo fulminò con il proprio diabolico raggio assassino spedendolo dritto al Creatore.
-     E va bene...- borbottò irritato spegnendo console e televisore- Vado a letto.
Le lenzuola frusciarono seccamente come fogli di carta stagnola e Mail dovette mordersi la lingua per non mettersi ad imprecare, il letto aveva la stessa temperatura di un ghiacciaio artico.
In preda a lievi brividi di freddo cominciò a strofinare i piedi nel tentativo di riscaldare quelle maledette lenzuola di lino e finalmente dopo alcuni minuti poté assopirsi al calduccio.
 
 
 
Gli sembrava di essersi assopito solo da pochi istanti quando un’abbagliante luce aranciata gli colpì violentemente gli occhi facendolo destare di botto.
-     Devo ricordarmelo questo metodo, ha proprio avuto un effetto immediato!
Mail sbatté lentamente le palpebre cercando di abituare il proprio sguardo assonnato all’ambiente circostante mentre il suo povero cervello cercava di passare da spento ad almeno a standby.
-     Allontanati dal razzo!- borbottò confusamente.
Una risata leggera, cristallina e marcatamente ironica frantumò la coltre di sonno che gli gravava sulla testa svegliandolo di colpo.
-     Mihael!- Mail sentì le guance ardere di un unico, divampante imbarazzo purpureo.
-     Buongiorno eh!- il suo personale demone dai capelli d’oro fuso gli dedicò un vivace sguardo azzurro che gli depose gelidi brividi lungo tutta la sua ardente schiena.
-     C-che ci fai qui?
-     Non ce la facevo ad aspettare a domattina per avere il mio regalo di Natale!
E tese la mano verso di lui con un buffa espressione di presuntuosa attesa dipinta sul marmoreo volto pallido, brillantemente decorato dalla porpora delle sue labbra sottili inarcate in un tenero sorriso impaziente.
-     Ok ehm...- mail si schiarì nervosamente la gola che, come ormai accadeva ogni qual volta si concedeva di osservare il viso angelico di Mihael più dello stretto necessario, gli si era stranamente seccata-... lo prendo.
-     Daì!
Incespicando e col cuore a tremila afferrò il pacchetto che aveva gelosamente custodito nel comodino e con l’ansia che ormai gli stava digerendo il fegato glielo tese.
Mihael gli lanciò un profondo sguardo curioso di sottecchi prima di dedicarsi alla meticolosa apertura della confezione che rivelò al proprio interno altri tre longilinei involucri colorati.
-     E questa che roba è?
Mail si aprì in un ampio sorriso divertito dinanzi all’espressione perplessa del biondo che teneva in mano le tavolette di cioccolata fondente guardandole come se fossero flood.
-     Le devi mangiare!
Mihael lo guardò con ironico scetticismo ma davanti all’allegra espressione di Mail decise di tentare e diede un cauto morso alla tavoletta bruna.
Un sapore agrodolce gli esplose in bocca estasiandogli le papille gustative e mandandogli dritto nel sangue un’esplosiva dose di zuccherina allegria.
-     E’ buonissima!- gli scappò detto prima che riuscisse a contenersi.
-     Attento, crea dipendenza!- rise Mail beandosi dell’insolita visione di un Mihael teneramente accovacciato sulla moquette a mangiare cioccolata, di cui però un minuscolo brandello si era impigliato al labbro inferiore del biondo sporcandoglielo.
Un pericoloso impeto gli invase improvvisamente l’addome, il cuore iniziò a tamburellargli follemente rimbombando lamentosamente all’interno della cassa toracica mentre la testa gli si riempiva dell’utopica visione di lui che rimuoveva quell’invitante pezzo di cioccolato non esattamente con un tovagliolo.
Deglutì rumorosamente.
-     Tranquillo te l’ho fatto anche io il regalo di Natale, tieni.
La pericolosa bolla di estatica immaginazione gonfiatasi indesideratamente nel suo petto a corto di ossigeno esplose in mille pezzi saponosi facendolo piombare nuovamente sulla Terra.
Affascinatamente avvolto nella mano sottile di Mihael c’era un piccolo sacchetto dipinto con una familiare fantasia a righe che sembrava  allegramente invitarlo a prenderlo.
-     G-grazie.- biascicò quasi più rosso dei propri capelli spettinati mentre il cuore lottava disperatamente tra la gioia inesprimibile che Mihael gli avesse fatto un regalo e il divorante imbarazzo per la fantasia assurda che il suo cervello bacato aveva partorito.
-     Dai, aprilo.
Tremante Mail si sedette sulla moquette accanto al biondo che aspettava impaziente di vedere quale reazione avrebbe avuto il suo nerd a righe preferito( un nomignolo che si sarebbe ucciso pur di non farlo uscire dalla propria testa) davanti allo splendido regalo che era conscio di avergli fatto.
-     Oh santo Arbiter!
Mail emise un urlo soffocato quando la ridente confezione regalo rivelò qualcosa che sognava di avere sin da quando aveva quattro anni: un paio di goggles dalle lenti arancioni ad elastico grigio pronti per essere indossati.
Vibrante di autentica felicità si gettò al collo di Mihael stringendolo a sé per pochi, intensi attimi prima di staccarsi rosso in viso per la vergogna.
-     E’ il Natale più felice della mia vita.- mormorò ormai privo di ogni pensiero logico e prima che quell’accecamento momentaneo e il coraggio, cresciutogli dentro da anni, venissero uccisi dal profondo sguardo di un Mihael immensamente stupefatto congiunse finalmente le proprie labbra alle sue.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Chiedo umilmente perdono!!!!
Lo so, lo so che non mi sono fatta vedere per un bel po’ di tempo e mi siete tanto tanto mancati!!!
Ebbene sì il Natale è finalmente quasi arrivato e siccome molto probabilmente lo trascorrerò fuori, quindi senza il mio caro pc ho deciso di farmi il mio regalo in anticipo quindi eccovi questo ennesimo capitolo.
E’ trascorso un po’ di tempo dall’ultimo, credo che si evinca un po’ dal testo e della psiche dei nostri cari boys e be’ un bacetto ci stava. So che non mi sono dilungata in quella scena ma fa tutto parte di un piano diabolico che prevede...
Oh no non ve lo posso dire!!!
Comunque ormai credo manche poco alla fine, forse sei o al massimo sette capitoli. Spero con tutto il cuore che questo vi piaccia e vi anticipo che purtroppo i seguenti saranno un po’ tristi ma d’altra parte non puo’ andar sempre tutto bene,no?
Be’ ringrazio all’infinito la paziente dogliva che anche questa volta mi ha così gentilmente recensito(ti adoro J) e un grazie speciale va alla mia nuova lettrice che ha caritatevolmente recensito tutti i capitoli della storia!! HunterKeehl mi auguro di tutto cuore di ricevere dei giudizi positivi su questo chap e prometto di dedicarne solo a te( pv Mello si intende!!!)
A presto spero!!!

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Capitolo 12
*** Demoni Lucenti ***


Freddo.
Acuto e marmoreo assaltava la consunta imposta di legno con la cocciuta testardaggine di un ariete da guerra spinto con bellicosa violenza dalle mani aggressive di quel meschino freddo di Dicembre che pareva guardarlo con occhi di...
Smeraldo...
-      I passeggeri del volo diretto a New York si dirigano all’entrata, prego.
Fredda.
La voce meccanica dell’hostess di servizio risuonava con la stessa graffiante crudeltà di una sonata metallica raffreddando ulteriormente l’androne dell’aeroporto e...
La propria anima...
-      Le auguriamo un buon volo signore.
Una colata di gelida realtà gli ghiacciò il sangue nelle vene facendolo rabbrividire.
-      Grazie.- recitò con voce gelata, inumana.
Il sedile in pelle era assurdamente caldo sotto le proprie gambe rigide e per la prima volta dopo quelli che gli erano parsi infiniti inverni Mihael alzò nuovamente lo sguardo verso il cielo.
Una lunga distesa plumbea giaceva indisturbata sulla volta opaca di nuvole che annebbiava l’orizzonte sempre più scuro e un sottile velo di pioggia feriva il proprio cuore gelido come...
-      Come puoi farmi una cosa del genere?-  gli urlava Mail  mentre calde lacrime di insopportabile dolore gli molestavano gli stupendi occhi di smeraldo.- Come puoi andartene?
 
 
-      Si prega di allacciare le cinture, fra pochi istanti decolleremo.
Le dita intorpidite gli si intrecciarono fra le cinghie scure delle...
 
Mani di Mail che tentavano disperatamente di strappare le proprie alla salda presa che aveva serrato attorno al manico di quell’unica valigia, simbolo dell’evidente...
-      Abbandono! E’ questo che mi stai facendo!
 
Un sobbalzo, l’aria che si svuotava di colpo e l’aereo prese il volo facendogli girare di colpo la testa come quando Mail lo aveva stretto a sé per non lasciarlo andare via, per impedirgli di partire per quel viaggio assurdo da cui entrambi già sapevano che non ci sarebbe stato ritorno.
-      C’è altro...- aveva detto con la voce roca del pianto abbracciandolo come se fosse un’ancora nel mezzo di un mare in tempesta-...oltre alla perenne gara che hai ingaggiato con Nate, oltre al trono di petrolio di L.
Ci sono io...
Ci siamo noi...
Una lacrima di maligno ghiaccio gli solcò il volto pallido mentre le mani gelide gli si contraevano in un violento spasmo volontario al ricordo della propria cattiveria. Al ricordo...
Di lui che spingeva via  da sé Mail senza alcun riguardo con una paura talmente grande da mutare in accecata rabbia sorda...
Della propria voce che urlava:” Non c’è alcun noi... non sono un anormale io!”
Dolore.
Un dolore senza pari gli strinse il petto facendolo boccheggiare...
Mail...
Mail che con inumana determinazione affrontava il proprio sguardo di ghiaccio senza timore alcuno...
Mail, sordo alla meschinità che l’ira gli aveva fatto gettare contro di lui senza pietà alcuna, che guardandolo con quei suoi indimenticabili occhi affermava senza ombra di terrore...
Lo stesso terrore che invece attanagliava lui, che lo spingeva a maltrattarlo, insultarlo nel disperato tentativo di allontanarlo da sé...
Lo stesso terrore che lo aveva convinto a fuggire, timoroso che i propri sentimenti per Mail non fossero si semplice e disinteressata amicizia...
-      Amore...- un sorriso infinitamente dolce gli aveva solcato le labbra insanguinate dal suo ennesimo pugno-... è questo ciò che sento per te,  Mihael. Io ti amo.
No,no, no!
-      Basta...- mormorò sfinito prendendosi la testa fra le mani mentre lacrime che mai avrebbe voluto versare gli inondavano i languidi occhi di ghiaccio.-... per favore.
 
-      Signore, va tutto bene?
 
Signore...
Ora avrebbe dovuto abituarsi a essere chiamato così.
Perché dall’oscuro giorno in cui aveva deciso di chiudere Mail dietro i cancelli di piombo della Wammy’s House e condurre a proprio modo la lotta contro Kira che L non aveva saputo portare a termine, non era più il signorino che Roger rimproverava ogni sacrosanto giorno.
 Precisamente nell’esatto istante in cui aveva preso quella scelta aveva smesso di essere Mihael Keehl.
Ora era Mello.
Non più l’orfano pieno di rancorosa tristezza che aveva lavorato una vita intera per affinare la lama del proprio intelletto nel bramoso desiderio di battere l’odioso Nate e prendere il posto del mitico L al posto suo.
Non più il ragazzo che non si era nemmeno accorto di aver iniziato a vivere davvero solo quando uno scricciolo con la maglia a righe gli aveva rubato lo sguardo e l’attenzione con la propria ingenua allegria.
Non più il Mihael terrorizzato dalla serena pace che quel inatteso bacio natalizio gli aveva castamente donato.
Non più l’orgoglioso biondino timoroso di essersi innamorato...
Adesso era un ragazzo dal passato insondabile che avrebbe dovuto aprirsi la strada verso il trono  che gli spettava di diritto non solo più con la propria intelligenza ma anche con mezzi che molti altri avrebbero rifiutato e disprezzato.
Mafia, omicidi, ricatti...
Tutto, si era detto, pur di arrivare al bersaglio prima di Nate e prendersi il posto di L.
Tutto.
E quella smania senza occhi lo aveva privato delle orecchie.
Il feroce orgoglio di cui da sempre era egoisticamente fiero era stato il carburante perfetto per far divampare l’incendio della propria delusione.
Non era stato scelto?
Bene quel posto se lo sarebbe preso lo stesso e molto prima di Nate.
A qualunque prezzo.
-      Si, sto bene.
Sorrise alla graziosa hostess che lo guardò ammirata con i propri occhi...
Verdi.
Di uno smeraldo talmente brillante da...
No!
Doveva dimenticarsi di Mail, eliminarlo totalmente dal proprio cuore e cancellarlo definitivamente dalla mente.
Il rosso era il passato.
Ed essendo già stato vissuto sarebbe stato inutile discuterne ancora.
Contava solo l’istante presente e il futuro glorioso che si sarebbe ostinatamente costruito.
Per il bene della proprio successo e, lo avrebbe ammesso a sé stesso per l’ultima volta, per quello della propria stabilità mentale avrebbe dimenticato Mail per sempre.
 
 
 
****
Ta tà!
Ok questo è un capitolo non sense, lo ammetto, mi batto il petto ma mi è proprio uscito di getto.
Come spero si sia capito è passato un po’ di tempo da quel gioioso Natale e be’ i toni si fanno un po’ più foschi adesso.
Mihael sta davvero male per la scelta che ha fatto e questo capitolo lo vedo come un flusso di coscienza ininterrotto quindi che fosse un po’ confusionario è, spero, accettabile.
Prego di aver reso bene la figura del biondo, diviso fra il proprio orgoglio, il desiderio di battere Nate e l’Amore *:* di Mail.
Era ovvio che stupidotto com’è avrebbe preso quella decisione però questa scena, quando la immagino, mi rende sempre molto triste...
Ok vi ho scocciato anche troppo per oggi...
Spero che il capitolo vi piaccia anche se un po’ corto ma proprio non me ne escono di lunghi in questo periodo *piange disperata* ma ci proverò, prometto!!!
Infine anche se avrei voluto metterlo all’inizio visto quanto ci tengo... Grazie Dogliva!!!!!!
Hai recensito anche il chap precedente, sei un tesoro!!!! Grazie grazie grazie!! Le tue parole sono sempre gentili e spero che questa schifezzuola ti piaccia!!!
Be’ un grande bacio a ognuno di voi lettori!!!
Spero a presto, Mir!
 

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Capitolo 13
*** Perduto ***


Girava.
Ancora e ancora fra quelle maledette pareti che sembravano tutte così schifosamente uguali mentre il solito vago senso di impotenza iniziava ad infettargli le membra come veleno.
Ma proprio quando il corpo stava ormai per arrendersi ai diabolici inganni di quel labirinto apparentemente senza fine appariva di nuovo.
Lui.
Il proprio demone dalle fattezze angeliche il cui nome risuonava dello stesso ghiaccio delle sue iridi luminose.
Mihael.
Ogni notte uguale e al contempo diverso.
Talune volte ferito e sanguinante sembrava scendere direttamente dal cielo plumbeo che si stendeva inegualmente opprimente sopra le mendaci spire del labirinto.
Tra  fragorosi tuoni e un’improvvisa pioggia scrosciante gli tendeva una mano dal pallore cadaverico come in un disperato invito a raggiungerlo ma, appena si slanciava in avanti per abbracciarlo, una voragine senza fondo gli si spalancava ai piedi facendolo precipitare.
Dopo mesi di questo incubo però iniziò a considerarlo un sogno rispetto all’altra visione onirica che spesso si divertiva a tormentarlo.
Era sempre in quel dannato labirinto di pietra sbeccata e sempre vi si aggirava disperatamente.
Questa volta però un feroce Mihael rideva crudelmente dei propri  miserabili sforzi e nell’istante stesso in cui infine la gambe gli cedevano, il biondo ghignava ripetendogli un’unica dolorosa parola.
Anormale.
Inutile dire che dal primo sogno si svegliava in lacrime di inumano dolore e dall’altro urlando di ferita ira.
E la realtà non lo consolava per niente.
Spalancava gli occhi nel buio lercio del tugurio che il miserevole guadagno di quel lavoro senza senso gli aveva permesso di affittare alla periferia di New York e che tutto poteva essere tranne che consolante.
Fetido, malmesso e opprimente.
Decisamente i tre aggettivi adatti non solo alla fogna in cui era costretto a vivere ma alla propria condizione generale.
Una autentica merda.
 
-      Heì ragazzino, non ti pago per startene a fumare nel cortile quindi vedi di rimettere quel tuo culo pallido a lavoro o ti spedisco a pedate da dove sei venuto.
Sempre cortese Lordle.
Si lasciò sfuggire un ultimo sospiro di fumo e rientrò.
Nella schifosa bettola di hacker sulla soglia della legalità in cui da mesi che ormai gli sembravano secoli si ritrovava a lavorare ogni giorno di quella vita sempre più miserabile.
E pensare che era partito pieno di speranze.
Convinto infantilmente che Mihael non sarebbe andato poi tanto lontano, che sarebbe stato come quando erano entrambi alla Wammy’s e il biondino lo evitava per un paio di giorni al massimo e poi tornavano insieme.
Cristo quanto si era sbagliato.
Mihael ne aveva fatta di strada e soprattutto non si era dato nessuna pena di mandargli anche solo una cartolina, giusto per fargli sapere che con quel gesto super eroico non se ne era già andato al Creatore.
Niente.
Per interi, lunghissimi, desolanti mesi.
Mesi in cui Mail aveva speso ogni singolo attimo a cercarlo con l’unico desiderio di riabbracciarlo per dare a sé stesso la conferma che i momenti felici trascorsi in orfanotrofio non erano tutte illusioni.
Aveva accettato di cambiare il proprio nome e la propria identità.
Aveva accettato di vivere in condizioni pietose, di viaggiare senza meta, di accontentarsi di indizi a mala pena definibili tali.
Aveva accettato tutto pur di riaverlo.
Ma nemmeno questo era bastato.
Perché Mihael sembrava essere scomparso nella bruna foschia della nebbia inglese senza lasciare nulla dietro di sé.
A quel punto era semplicemente precipitato.
Al fondo.
Era stato allora che aveva iniziato a fumare e talvolta a farsi un paio di dosi leggere riducendosi ad un autentico schifo umano.
Poi però era arrivata.
La traccia che così a lungo aveva disperatamente anelato.
Una notte senza luna mentre stava nuovamente rifornendosi aveva colto stralci di conversazione fra due spacciatori appartenenti alla mafia.
Discutevano dell’improvviso cambiamento al vertice dell’organizzazione.
A quanto pareva un ragazzo aveva rapidamente scalato le gerarchie giungendo a diventare in brevissimo tempo il comandante indiscusso della malavitosa cosca.
Indiscusso e temuto.
Il demone di piombo veniva chiamato ormai nei bassifondi criminosi dell’America meno nota al resto del mondo dove era ormai conosciuto per la propria pervicace crudeltà ed un’intelligenza inumana.
Quella sera, tutto era divenuto palesemente chiaro.
Avrebbe dovuto pensarci sin dall’inizio.
In quale altro modo un Mihael tradito e all’apice dell’ira avrebbe escogitato di battere Nate se non attraverso l’illegalità per antonomasia.
Quella sera Mail era tornato a drogarsi solo di videogiochi.
Quella sera Mail si era davvero deciso ad indossare i crudi panni di Matt.
La sua mente ora nuovamente lucida e tenuta calma dalle sigarette, unico vizio che proprio non era riuscito a togliersi, vedeva con spaventosa nitidezza.
E aveva paura.
Perché qualcosa, in fondo al cuore, gli diceva che presto o tardi Mihael si sarebbe cacciato in guaio più grosso di lui.
E non ne sarebbe uscito vivo.
E lui?
Ora cosa avrebbe dovuto fare lui?
La parte più meschina e fredda di sé stesso, che non riusciva a non identificare in Matt, non faceva che ripetergli le parole o meglio l’ultima affettuosa parola che Mihael gli aveva riservato prima di partire.
Anormale.
Lo aveva definito un anormale quando gli aveva detto di amarlo.
Anormale.
Suonava come schifoso o sporco o puzzolente.
Suonava come se non volesse averci niente a che fare.
E Matt era incazzato nero per questo.
Incazzato e mortalmente ferito.
 Insomma gliele avrebbe suonate e anche di brutto.
Poi però ricordava il Mihael del sogno.
Quel giovane uomo cadaverico e orribilmente insanguinato che implorava il suo aiuto.
E poi c’erano gli splendidi giorni trascorsi assieme alla Wammy’s.
E lo splendido, casto bacio che gli aveva dato a Natale.
E la sua paurosa indecisione quando lo aveva respinto ai cancelli bronzati dell’orfanotrofio...
E i suoi splendidi occhi ghiacciati che non aveva mai dimenticato...
Insomma un bel po’ di roba.
Alla fine Mail l’aveva avuta vinta su Matt ed era andato.
Aveva seguito gli spacciatori per giorni, intercettato le loro conversazioni, messo cimici a destra e manca e rimasto sveglio per settimane davanti ai monitor del “negozio” a controllare le proprie inconsapevoli pedine.
Talvolta si era sentito spaventosamente vicino a Nate, così freddo e incurante del mondo ma poi sognava Mihael e ogni tipo di scrupolo semplicemente cessava di esistere.
Pazienza, devozione e ostinazione.
Qualche divinità lassù doveva aver finalmente apprezzato perché, dopo sforzi immani e le funzioni celebrali ridotte a quelle di uno zombie, ci era riuscito.
Aveva trovato Mihael.
In un capanno diroccato che era tutt’altro rispetto a quello che sembrava.
E ora?
Ora attendeva solo che calasse la notte.
Perché ?
Bé perché quella notte, non appena il covo malfamato di hacker avesse chiuso i battenti, lui si sarebbe ricongiunto a Mihael, che quel biondino stupido e dispotico lo volesse o meno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ronf, ronf...
Ehm buona sera, anche se per molti ormai sarà notte e dormiranno sereni, beati!!
A me è venuta un’ispirazione morbosa.
Non potevo non scrivere questo capitolo.
E’ stato più forte di me e spero che nonostante sia un lavoro notturno mi sia venuto un qualcosa di almeno accettabile.
Come avrete notato il tempo passa e questa storia è ormai quasi giunta al termine, so che sto facendo un po’ di salti temporali ma spero che comunque la storia si capisca e riesca ancora ad appassionare.
Il prossimo capitolo mi sarà un po’ ostico e complicato ma è inutile parlarvene adesso.
Anche perché è tardi e io adesso sverrò dal sonno se non concludo in fretta.
Voglio ringraziare la mia amata/adorata/ divina Dogliva la quale per amore di non so quale buona divinità ha deciso di essere così incredibilmente gentile da recensire ogni mio capitolo. Ti amo!!!! Ehm ok * torna seria* Grazie, di vero cuore!!!
Un piccolo grazie a coloro che leggono in silenzio e mettono questa piccola storiella fra le seguite o le ricordate o le preferite.
Vi voglio bene ragazzuoli!!!
Spero a presto, Mir!!

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Capitolo 14
*** Di fiamme, salvezza. ***


Urla di terrore.
Tonfi sordi.
Movimenti concitati.
Aggressivi passi sempre più vicini.
Una terrorizzante spirale di caos dilagante al cui calmo occhio stava, stravaccato incurante su di un lungo divano in pelle nera, intento a mordere un lembo di cioccolata fondente.
Freddo e lucido.
Solo vagamente sorpreso che Kira avesse agito tanto in fretta.
Ma pur sempre lucido e ben deciso a non perdere il Death Note e soprattutto il vantaggio che aveva acquisito su quel miscredente di Near.
-      Roy, Skiar state attenti a non farvi rubare il quaderno! Portatelo nella sala monitor!- ordinò secco lanciandosi di colpo alla scalinata in metallo che portava al piano superiore del covo.
La situazione che i computer trasmettevano non era esattamente rosea.
Un gruppo di uomini armati e coperti da pesanti passamontagna aveva fatto irruzione nell’edificio e puntava dritto verso la sala monitor eliminando ogni singolo ostacolo, gli agenti della mafia inclusi.
Lui però era ancora freddo e lucido.
Bastò un istante e una potente esplosione chiuse tutte le uscite trasformando il rudere in una spropositata trappola mortale.
Comando.
Fondamentalmente ciò che Mihael prima e Mello più tardi avevano sempre desiderato e che avevano fatto di tutto per non perdere, nemmeno in un momento critico come poteva essere quello.
-      Ho fatto esplodere entrambe le uscite. Non riuscirete ad uscire facilmente.- la  sua voce risuonò paurosamente metallica al di là  della pesante porta blindata.- Questo era solo un avvertimento. La prossima farà saltare in aria l’intero edificio. Se non volete esplodere con lui, dovrete seguire le mie indicazioni... vi sto osservando... con le telecamere di sicurezza!
Folle.
Tale era l’aggettivo che molti, durante la propria incredibilmente rapida scalata delle gerarchie mafiose, gli avevano più o meno direttamente affibbiato.
E in alcuni, luminosi istanti Mello ci aveva anche creduto, di essere impazzito.
Pazzo per aver abbandonato l’unica persona sulla faccia di quello schifoso pianeta che lo aveva mai amato.
Pazzo per essere giunto persino ad uccidere pur di battere Near.
Pazzo perché più volte aveva rischiato di rimetterci la pelle senza battere ciglio.
Pazzo perché ora, la parte ancora umana di lui lo sussurrava senza posa, si era cacciato in un vicolo cieco.
Ma determinato.
Ecco la dea che mai aveva abbandonato Mihael e altrettanto benigna si era rivelata con Mello.
Determinazione.
La ferrea volontà di tirare avanti anche con le gambe atrofizzate dal peso che sentiva ogni giorno trascinarlo sempre più a fondo nel bruciante rogo, accesosi non appena aveva varcato le soglie in ferro della Wammy’s senza Mail.
Proseguire anche se la situazione sembrava disperata.
-      Prima istruzione: rompete quelle dannate telecamere sui vostri caschi.
E lo fecero, obbedirono drogandolo ancora di quella sensazione di assoluto potere con cui aveva cercato di colmare l’inammissibile vuoto creato dalla mancanza del  proprio piccolo rosso a righe.
-      Adesso buttate giù dalle scale tutte le vostre armi. Tutti facciano un passo indietro, tranne quello che ha il quaderno.
I monitor lampeggiarono delle immagini inebrianti dell’ennesima dimostrazione di obbedienza e, come ormai accadeva quasi giornalmente, Mello venne invaso dall’alcolica sensazione che ce l’avrebbe fatta ancora una volta, nonostante tutto.
-      Bene, avvicinati alla porta col quaderno e poi togliti il casco.
La soglia blindata si aprì lentamente permettendo di entrare nell’angusto androne ad un uomo non più giovane come un tempo ma che nello sguardo sfoggiava la stessa solidità di un neo arruolato.
La sicura produsse uno scatto secco quando venne pericolosamente tolta dando libera via d’uscita ai proiettili e producendo un suono così alieno e al contempo così quotidiano...
-      Porta qui quaderno e casco, tanto sei di nuovo mio prigioniero.
Tranquillamente beffardo con la tavoletta di cioccolata incastrata tra i denti perlacei ormai Mello sentiva di aver vinto quell’ennesima partita.
-      Mihael Keehl. Il suo vero nome è Mihael Keehl.
Un unico, solitario ma raccapricciante brivido gli scosse la schiena ma qualcosa, qualcosa lo bloccava.
Era come se ci fosse un muro tra Mihael e Mello che andava costruendosi istante per istante.
Fin dal primo giorno si erano sempre sentiti una cosa sola mentre in quel momento, in quel preciso, oscuro momento era come se una pallottola li avesse scissi.
-      Lo sapevamo già da prima... Arrenditi Mello! Se rimani qui e ti fai arrestare non verrai ucciso.
Arrestato?
Una risata scosse Mello dalle profondità della gola schiacciando sotto il proprio disilluso peso amareggiato il più fragile Mihael.
-      Forza butta l’interruttore.
-      E tu pensi che io mi possa arrendere per delle minacce simili?
-      Avanti Mello arrenditi, se vuoi rimanere vivo l’unica tua possibilità è quella di farti arrestare. Getta l’interruttore.
Ma era proprio quello il punto.
L’asso nella manica che Mello aveva sempre avuto e che gli aveva permesso di giungere dov’era molto più rapidamente di qualunque altra persona.
La morte.
A Mello morire durante l’impresa di superare Near era sempre parsa la morte più onorevole che potesse toccargli in sorte.
Perché sopravvivere ma essere sconfitto da quel bimbetto asettico sarebbe stato l’equivalente di un coma e a quel punto avrebbe puntato ad occhi chiusi sull’eutanasia.
Lui.
Sconfitto.
Due parole che non potevano convivere nemmeno sullo stesso rigo tanto erano impensabili.
Lui avrebbe vinto o sarebbe morto nel tentarci.
Essere arrestato o arrendersi erano concetti che non aveva neanche mai lontanamente accarezzato.
E non avrebbe mutato idea nemmeno in quello che sentiva sarebbe stato il proprio ultimo istante su quel pianeta di merda.
Per un attimo, mentre almeno una decina di uomini gli puntava contro i proprio fucili d’assalto, pensò a Mail.
Lo rivide allegro, felice e sorridente e poi in lacrime,  inginocchiato a terra e ferito a morte dalle parole crudeli che gli aveva rivolto prima di abbandonarlo.
Qualcosa in Mihael tremò.
Mello però non cedette.
Alzò rapidamente l’interruttore e dopo aver lanciato uno ultimo vuoto sguardo alle armi puntate contro il proprio petto premette l’interruttore.
L’intero edificio esplose in un terribile boato piegandosi minacciosamente su sé stesso.
Muri e pavimenti si inclinarono sotto il peso dell’onda d’urto collassando in un’unica voragine infinita che sembrava  pronta ad inghiottire il mondo intero.
L’intera mobilia s’incendiò di colpo partorendo un possente rogo che iniziò famelico a divorare il covo intero che, in pochi istanti, divenne un inferno di cemento e carbone.
La maschera ovviamente non resse a lungo.
Mello lo sapeva ma al momento la cosa non gli interessava molto.
Steso sul paradossalmente gelido pavimento piastrellato cercava affannosamente il poco ossigeno rimasto, inutilmente.
Era finita.
Glielo urlavano le gambe, bloccate da una pesante trave precipitata dal nulla.
Glielo urlavano i polmoni ormai privi del fiato della vita che, dopo i tanti maltrattamenti a cui l’aveva sottoposta, sembrava essersi finalmente decisa a piantarlo in asso.
Il destino però, con cui da ormai anni Mello aveva intrapreso una pericolosa partita a scacchi, giocò  ghignando il proprio scacco matto.
I computer, sottoposti all’inumano calore di quel rogo incontrollato, esplosero a propria volta nutrendo la  furiosa belva di fiamme che iniziò a percorrerne i circuiti come un predatore alla ricerca della propria indifesa preda.
E Mello in quel preciso istante rispondeva perfettamente a quei macabri requisiti.
Fu un attimo.
Una lingua di fuoco attecchì al legno della trave sospesa precariamente sopra la sua testa facendone cedere le giunture.
L’enorme pezzo di metallo fuso si abbatté al suolo con uno schianto mortale ad un soffio dal suo viso cadaverico portando a terra legno marcio e fiammante.
Fu in quel momento che per Mello l’Inferno salì in terra.
Le fiamme, non paghe ancora di distruzione, e così vicine ad altro a cui potevano attecchire, si avventarono sul suo gilet di pelle nera iniziando a divorare l’indumento e tutta la carne circostante.
L’urlo di infernale dolore gli si strozzò in gola mentre il demoniaco fumo si divertiva a strangolarlo con i propri impalpabili tentacoli di nebbia.
Sarebbe morto.
Ormai ne era convinto.
Questa volta Mello si era sbagliato, non sarebbe riuscito a cavarsela.
Quella era davvero la propria ultima mossa sulla scacchiera di fango e petrolio che portava al trono di L.
Il viso gli andava letteralmente a fuoco così come la spalla e parte del braccio ma ormai lui non sentiva più nulla.
Il dolore era passato, ora c’era soltanto qualcuno che lo chiamava...
Qualcuno che lo chiamava?
-      Mihael!
Com’era possibile?
Mail?
No, non poteva essere.
Dopo tutto quello che gli aveva detto, sicuramente Mail non avrebbe più mosso un dito per lui.
Sicuramente lo aveva già... dimenticato.
Un rantolo strozzato gli uscì di bocca mentre la prima lacrima che avesse mai versato gli solcasse il viso in fiamme bruciandolo di nuovo fuoco.
Il dolore si ripresentò crudele e vendicatore come pochi attimi prima ma Mihael non era abbastanza forte da sopportarlo stavolta e svenne.
Poco prima di potersi accorgere di due soli di smeraldo che presero a brillare vitali in quel cielo di morte e delle due amorevoli braccia di un angelo infuocato che lo riportavano in Purgatorio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
EEEEEEEE fine.
Voilà, finalmente ce l’ho fatta.
Capitolo orribile ma eccovelo.
Il tempo a mia disposizione è davvero ridotto( causa un cugino piccolo che monopolizza il computer e la mia attenzione) perciò oggi non vi scoccerò con le mie chiacchiere.
Evvai, vero? J
Comunque volevo ringraziare sia la mia adorata Dogliva che ha di nuovo( non so come farei se non lo facesse!!!!) recensito e anche positivamente( ma io ti adoro!!!) il mio precedente chap, grazie Do!!!!
Poi un maxi grazie anche ad Uni e a soniuccia a cui va tutto il mio affetto( il mio amore è per te Do, tranquilla XD) che mi hanno recensito in modo così carino ed entusiasta che le avrei volentieri abbracciate * da biscottini al cacao* e be’ alla prossima che purtroppo( vedete la prima parentesi) non so bene quando sarà.
Una bacio tesori!!!

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Capitolo 15
*** Ingannevole Fenice ***


Mesi.
Infiniti mesi di cui ogni singolo istante pesava quanto un’era.
Dolorosi evi di logorante attesa, con le ginocchia che ormai avevano cessato di rispondergli per quanto a lungo erano state costrette a sostare sul putrido pavimento gelido di quel fetido appartamento.
Al capezzale dell’unica persona che Mail aveva mai amato e per cui Matt avrebbe sacrificato la vita.
Mesi.
A nutrirlo con flebo che rubacchiava dai più infimi ospedali o si faceva vendere sotto banco da qualche medico non regolamentare.
Mesi.
A disinfettargli quotidianamente l’orribile bruciatura che andava cicatrizzandosi lungo il lato sinistro del braccio ma che stentava ad abbandonare il proprio aspetto sanguinolento sull’angelico viso di Mihael.
Mesi.
A piangere sul corpo privo di alcun segno vitale se non un lieve e talvolta stentato respiro di quell’angelo caduto.
Mesi.
A pregare perché riaprisse gli splendidi occhi di ghiaccio che da sempre lo tenevano prigioniero volontario del loro gelido palazzo di cristallo.
Mesi.
A supplicare divinità che non aveva mai nemmeno lontanamente adorato perché gli restituissero la sua unica ragione di vita.
Mesi.
Che dormiva si e no due ore a notte.
Mesi.
Che non sognava altro che quella maledetta notte.
Mesi.
Solo di quelle folli fiamme distruttrici che si erano portate via un pezzo del suo amato Mihael.
Mesi.
A svegliarsi di colpo sentendolo lamentarsi nel sonno o urlare dei deliri di una febbre che sembrava non volergli mai abbandonare il corpo.
Mesi.
Che viveva in un incubo.
Mesi.
Che non si arrendeva.
L’aveva giurato quando, appena uscito miracolosamente indenne da quella trappola mortale in fiamme, si era accorto che Mihael respirava ancora.
Aveva promesso che l’avrebbe salvato.
A qualunque costo.
Mesi.
Che attendeva.
Quel suono che  nel vago torpore del breve sonno che era riuscito a concedersi gli parve di sognare.
Eppure...
Si alzò di scatto dal divano rovesciando i tre computer con cui stava tentando di distrarsi poco prima di assopirsi e corse disperatamente in camera da letto.
La vaga penombra offerta da una lugubre piantana sembrava esattamente uguale a come l’aveva lasciata solo poche ore prima e invece...
-      Mail...
Flebile e sospeso ma quel mormorio c’era, non era un’illusione.
Le ginocchia urlarono indignate quando Matt le schiantò incurantemente al suolo per inginocchiarsi sul pavimento lercio e sporgersi delicatamente sul letto.
Mihael era debolmente disteso sulle coperte candide esattamente come lo aveva adagiato dopo l’ultima medicazione e per un infinito, doloroso istante credette di aver sognato ancora.
Che l’ennesima illusione gli avesse ottenebrato i sensi.
Ma poi accadde.
Due lampi gelidi squarciarono l’odioso buio della stanza illuminandola di colpo con la propria celestiale luce di ghiaccio e un’angelica voce proruppe nuovamente in un lieve sussurro:” Mail...”
-      Mihael, cristo santo!
Il cuore parve scoppiargli in petto quando vide quelle labbra violacee muoversi leggermente e pronunciare nuovamente il suo nome dopo quelli che parevano lunghi secoli di oscura sofferenza.
-      Mail...?
-      Sì Mihael, sì! Sono io!
La mano del proprio demone biondo era semplicemente ghiacciata ma Mail non se ne curò minimamente, la tenne stretta fra le proprie cercando di infonderle tutto l’ardente calore che l’Amore gli aveva alimentato per anni.
-      Mail... sei qui?
Una lacrima scese lentamente lungo il viso deturpato di Mihael ma Matt la raccolse in fretta e prendendolo delicatamente per le spalle se lo portò al petto stringendolo sul cuore con quanta più veemente delicatezza permetteva la bruciatura.
-      E dove altro vuoi che sia se non al tuo fianco?- gli mormorò lievemente all’orecchio sano
-      Mail...
Una flebile stretta gli serrò l’avambraccio prima che un caldo alone di lacrime gli bagnasse il maglione a righe nere e rosse.
-      Ehì...- Matt si staccò leggermente dall’abbraccio per poter guardare il proprio unico amore negli splendidi occhi di ghiaccio fuso-... ehì non devi piangere. Va tutto bene, siamo insieme adesso.
-      Pensavo mi avessi dimenticato.- Mihael abbassò lo sguardo nascondendo vergognosamente la testa nell’incavo della sua spalla- Che dopo quello che ti avevo detto tu non volessi più vedermi.
Che mi odiassi.
Mail sentì le lacrime pizzicargli crudelmente gli occhi affaticati ma un largo sorriso di inesprimibile gioia le batté sul tempo.
-      Tu potresti uccidermi ma io continuerei a starti accanto per il resto dei miei giorni e oltre.
Mihael sollevò il capo puntandogli contro un incredulo sguardo incerto e fece per ribattere ma Matt gli posò un dito sulle labbra e proseguì con il cuore che prendeva a tamburellargli sempre più forte nel petto.
Forse quello non era il momento ideale.
Forse avrebbe dovuto attendere che Mihael si riprendesse.
Ma la gioia che sentiva in quel momento oscurava ogni traccia del suo già scarso buon senso e sentiva che era il momento giusto, forse l’unico che avrebbe mai avuto.
-      Ti amo Mihael.
Lo disse d’un soffio e con le guance che gli andavano letteralmente a fuoco ma con gli occhi fissi in quelli ora spalancati del biondo.
-      Ti ho amato fin dal primo giorno in cui ti ho visto e non ho mai smesso nemmeno per un istante di cercarti.
-      Mail...
-      Mihael non potrei odiarti nemmeno volendolo! Lo capisci che ti ho in testa da quattro anni e...
La voce gli morì letteralmente in gola quando Mihael gli prese delicatamente il viso fra le mani e congiunse le proprie pallide labbra alle sue con tanta dolcezza da lasciarlo senza parole.
-      Ti amo Mail...- gli soffiò con incantevole leggiadria staccandosi per un istante e sorridendo, vagamente imbarazzato.- Ci ho impiegato un po’ per capirlo, non è stato facile per me. Lo sai che...
Questa volta fu Matt ad interromperlo cingendolo senza preavviso alcuno in un candido abbraccio che sembrò sciogliere finalmente tutte le incomprese tensioni creatisi stupidamente fra loro.
-      Non ne voglio parlare più.- mormorò Mail accarezzandogli dolcemente i capelli dorati e staccandosi per guardarlo negli occhi.- Ora voglio solo poterti amare.
Mihael sorrise, felice dopo quelle che sembravano  medioevali ere, e gli appose un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba  rossiccia prima che un capogiro lo obbligasse a stendersi.
Mail lo aiutò a coricarsi per poi sdrairglisi accanto con un luminoso sorriso dipinto sulle labbra di un vivace color cinabro.
Lucenti smeraldi colmi di vita si incrociarono con all’apparenza gelidi lapislazzuli di ghiacciato ardore creando una nuova, fantastica lega di inimitabile felicità.
Matt trovò l’apoteosi della propria impulsività nel fiero Mello che  a sua volta colmò il proprio furioso orgoglio con la tranquilla lucidità di Matt.
Mail poté finalmente lasciare che il caldo Amore da sempre annidato sul suo cuore spalancasse le proprie meravigliose ali dorate tingendo l’oscuro universo della propria gabbia di nuovi, sgargianti tonalità di allegria.
Mihael trovò la pace che né l’obbediente comando degli agenti mafiosi e né lo spasmodico uso di cioccolata gli avevano mai donato.
 Semplicemente Mail e Mihael si trovarono.
E in quell’unico, intenso sguardo d’Amore credettero di creare un nuovo mondo dove vivere felici, lontano dalla cruda malvagità spietata di Kira e dal malefico influsso dell’orgoglioso desiderio del sanguinoso trono di L.
 
 
L’Amore però quanto più profondo alle vittime si presenta tanto più credibili fa apparire le illusioni che mostra loro.
Presto, prima di quanto entrambi avessero mai potuto pensare in quel glorioso istante, le ombre del mondo li avrebbero richiamati a loro.
Perché sia Kira che la funerea supremazia di Near non avevano dichiarato la resa ma solo una flebile tregua.
E sia Mail che Mihael avrebbero dovuto indossare ancora i panni di Matt e Mello, pedine di un tirannico Jumanji che non aveva la minima intenzione di lasciarli andare senza che avessero ultimato la partita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
EEEEEEEEEEE vi ho stupiti nah?
Lo ammetto, lo sono anche io e tanto ma il mio cuginetto si è miracolosamente addormentato per tre ore e mezza e io avevo l’ispirazione e... Ne è venuta fuori questa schifezzuola apocalittica!!
Ci ho provato, sul serio, a scrivere un chap che fosse struggentemente romantico ma credo che mi sia uscita un mezzo rifiuto tossico!!!!
Ah cavolfiori non riesco mai ad essere contenta di quello che scrivo, soprattutto ultimamente!!!
Qualcuno mi aiuti!!!
Vabbe’ mi distraggo con i ringraziamenti:
Per primo attribuisco cinquanta punti a Dogliva... ops ok ehm ho sbagliato fandom XD Comunque ehm volevo dire... Ringrazio la mia tesorina, quella dolce Dogliva che sta sempre pronta a recensire questa robaccia, spero che il Matt che ho descritto ti piaccia!!
Poi mille grazie ad Uni, il cui nick è assolutamente adorabile!!! Grazie per la recensione!!!!!!!! Prometto di regalarti una torta al cioccolato J
E poi un altro sentito grazie alla carinissima soniuccia, che ha scritto una recensione talmente dolce che l’avrei volentieri mangiata!!! ( Vedi Uni anche io sono golosissima XD)
Be’ la mia ispirazione si è un po’ prosciugata con questo chap e avrei davvero bisogno di idee per il prossimo, sono un po’ incerta ma non voglio annoiarvi troppo...
Alla prossima, spero rapida e imminente, botta di ispirazione e assopimento di piccola peste!!!
Bacioni a destra e a manca, Mir!!!

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Capitolo 16
*** In frantumi ***


La malata luce di un pallido sole dicembrino inondò di colpo la stanza smunta tingendone ogni cadente anfratto di vaghi bagliori lattescenti.
Lo scheggiato pavimento impiastrellato parve risplendere come un diamante nel momento in cui quella timida luce gli si posò negligentemente sopra rifrangendosi in milioni di schegge luminose che colpirono malignamente gli occhi serrati di un piacevolmente assopito Mihael.
Una colata di ghiaccio fuso parve riversarsi copiosamente dalle sue palpebre quando, schiudendole al mondo, ne mostrò lo splendido oceano gelato che vi si nascondeva dietro e si diede una vaga occhiata attorno.
Le malconce tende color porpora pendevano flosce dagli anoressici bastoni in finto ebano delle finestre che, storti come si presentavano, incurvano quei lunghi teli sfilacciati fino ad impedire che il malefico sole penetrasse nella minuscola camera.
-      ‘cidenti a questo stupido appartamento.- borbottò contrariato mettendosi lentamente in piedi.
Erano circa due settimane che riusciva a percepire il proprio corpo riprendersi dall’ultima follia che aveva sfoderato nel tentativo di autodistruggersi, ma ad accrescersi, oltre alle capacità motorie e alla ferrea salute che aveva sempre posseduto, si accompagnava un sempre più spesso velo del suo vecchio orgoglio.
Ci aveva pensato spesso mano a mano che sentiva le forze titaniche, così tipiche di lui, tornare a scorrergli nelle vene insieme al sangue.
A Near e a Kira.
Quei due maledetti bastardi erano lì fuori a spadroneggiare entrambi su troni che non spettavano loro.
E di certo in quei mesi che gli erano stati necessari per riprendersi non avevano fatto altro che farsi crescere gli artigli con cui stavano attaccati ai propri immeritati domini.
E allora bisognava sbrigarsi, agire subito, in modo inaspettato e possente così da cogliere entrambi impreparati e divorarli come meri stralci di cioccolata.
Quando però guardava Mail tutta la fiammeggiante determinazione che lo bruciava negli istanti lontano da lui si estingueva completamente e quella velenosa brama, che ormai sapeva essere il proprio personale cancro,  semplicemente smetteva di esistere.
Il suo cuore era colmo dei meravigliosi istanti che quel suo periodo di guarigione aveva concesso loro...
Baci ora dolci ora ardenti, carezze delicate che da un lieve istante ad un altro divenivano  colme di una passione quasi inesprimibile e lunghe rincorse di appassionato amore lungo lo stretto perimetro di quell’appartamento fatiscente divenuto splendidamente il caldo nido del loro soave affetto.
Era in quei momenti che Mihael dimenticava tutto e Mello sembrava solo un oscuro ricordo lontano.
Il giovane dai capelli d’oro in lucente filigrana si crogiolava in questo limbo infinito rimandando quasi involontariamente quella scelta.
 
Quella mattina di metà Dicembre però l’affascinante giovane uomo di malvagia ambiguità con le cui sembianze amava talvolta vestirsi il Fato parve finalmente stancarsi della  meravigliosa driade che era la Pace di quel luogo.
Quella mattina di metà Dicembre il Destino sconvolse ogni cosa con un unico, puerile gesto della mano.
 
Mihael, alzatosi stancamente dal letto, si trascinò lentamente in bagno esattamente come aveva fatto quasi ogni mattina da un periodo che preferiva non calcolare a quel giorno e si sciacquò le mani.
Probabilmente perché ci stava pensando...
Forse perché quella mattina la cicatrice gli tirava un po’...
O semplicemente per quel malefico gesto del Fato, quella mattina Mihael fece caso ad una cosa di cui, nonostante si fosse recato in quella stanza ogni singola mattina, non si era mai accorto.
In bagno non c’era lo specchio.
Eppure il muro ne recava la forma e c’era persino il chiodo.
Ma della lastra riflettente nulla.
Accigliato rimase qualche secondo a guardare la parete nuda mentre un letale capriccio cresceva malvagiamente dentro di lui.
Non era mai stato un tipo ossessionato dalla propria bellezza ma dall’ordine personale sì e per essere sempre perfetto, sia in orfanotrofio che per qualche tempo mentre era nella mafia, si era sempre tenuto d’occhio allo specchio.
Lo metteva di buon umore vedere il proprio aspetto perfettamente ordinato così si disse, che dopo mesi di latente ma pur sempre fastidiosa tristezza, non avrebbe potuto che giovargli rivedersi perfettamente curato come al solito.
Uscì allegramente dal bagno e si diresse verso la seconda, minuscola camera da letto, che ormai Mail usava molto raramente, in cui sapeva esserci un armadio nel cui sportello doveva sicuramente nascondersi uno specchio.
L’anta scricchiolò lamentosamente quando Mihael la spalancò impaziente di trovare la conferma alle proprie, sempre esatte, deduzioni.
-      Finalm...- non ebbe tempo di finire la sollevata esclamazione che il solito chiodo penzolante nel vuoto e una lacera sagoma ovale gli ghignarono malignamente dal legno colmo di tarme.
Nulla.
Anche quello specchio era stato rimosso.
Il cuore prese a tamburellargli follemente nell’ansimante petto mentre un presentimento che di vago oramai possedeva solo l’incorporeità gli assaliva l’anima spaventandolo.
 
Cercò ovunque dall’ingresso alla cucina, percorrendo in lungo e in largo quel maledetto appartamento fatiscente come un leone in gabbia finché il malefico Fato, forse finalmente stanco di burlarsi dei suoi sforzi, gli fece cadere lo sguardo su un’anonima piccola porta nera che sembrava volersi confondere col resto del muro.
La soglia color carbone sembrò pulsare di una tenue luce violacea quando Mihael prese ad avvicinarsi ad essa con le palpitazioni ormai incalcolabilmente accelerate ma, offuscato da quella ingannevole paura che gli serpeggiava fra i capelli, proseguì forzandola di colpo con una poderosa spallata.
Uno spesso strato di muffoso buio lo colpì in pieno petto accecandolo improvvisamente.
Il biondo annaspò per pochi, tesi istanti alla ricerca di luce finché le sue dita scosse da lievi convulsioni trovarono finalmente l’interruttore cadente restituendogli purtroppo la vista.
Purtroppo.
Perché, per alcuni cocenti attimi Mihael avrebbe voluto davvero rimanere cieco per sempre pur di non vedere ciò che si pose orridamente davanti al suo sguardo atterrito.
Specchi.
Di molteplice foggia e dimensione erano sparsi disordinatamente lungo tutta la grandezza della camera tappezzandone macabramente pareti e pavimento.
Scheggiati, integri o in frantumi ora riflettevano tutti un’unica, terribile immagine.
Un ragazzo, doveva avere massimo diciott’anni, vestito con dei provocanti pantaloni di pelle scura e un gilet dello stesso colore e materiale lo guardava da ogni frammento riflettente con penetranti occhi color ghiaccio.
Dorati capelli lunghi sino alle spalle e quasi artisticamente spettinati gli scendevano lungo un lato di un viso pallido lasciandone però scoperta l’altra orrida metà.
Una lunga cicatrice rossastra infatti deturpava aggressivamente la parte sinistra di quel volto altrimenti angelicamente perfetto.
Un infinita colata di straziante pelle non del tutto cicatrizzata che, a partire da uno di quei magnifici occhi chiari si perdeva al di sotto del pesante gilet per poi ricomparire, non voluta, lungo tutto il braccio.
Deforme.
Questo fu il primo aggettivo a cui Mihael pensò guardandosi in quei crudeli specchi del demonio.
Deforme e orrido.
Ecco cos’era diventato.
Un mostro.
Calde lacrime di fiele iniziarono a rigargli copiosamente le guance bruciando come il fuoco che lo aveva deturpato mentre una sorda ira verso sé stesso gli colmava il petto stordendolo.
 
Urlò con tutto il fiato che sentiva colmargli i polmoni.
Urlò contro quel maledetto di L che era morto senza onorarlo del trono che invece gli spettava di diritto.
Urlò contro Kira che, quasi senza che se ne accorgesse, gli stava portando via l’esistenza intera.
Urlò contro Near che si era sempre dimostrato più bravo di lui distorcendo completamente il proprio desiderio di apprendere e primeggiare.
E poi urlò contro sé stesso, contro lo stupido egoismo che lo aveva spinto ad un atto tanto cieco.
Ora che sapeva qual’era il proprio vero aspetto come avrebbe potuto guardare Mail negli occhi?
Ora che sapeva che sicuramente il rosso era rimasto con lui solo per pietà...
Ora che sapeva di essere diventato un mostro?
 
-      No!
La voce gli si spezzò in gola mentre quell’unico grido gli squarciava la gola facendo uscire fiotti bollenti di disperazione.
-      No!
Continuò ad urlare mentre si scagliava rabbioso contro quei putridi specchi nello squilibrato desiderio di distruggerli.
-      No!
Frammenti di vetro volavano ormai per tutta la stanza ma Mihael ancora non si fermava.
Folle e invasato da una pazzia che sembrava non conoscere limiti il giovane si accaniva contro gli specchi con le mani e le braccia riempiendo la logora moquette di sangue e frammenti.
-      No, no no!
Le ginocchia gli cedettero di colpo facendolo collassare su quegli Inferi pungenti che subito lo ferirono facendogli stillare nuova sofferenza.
-      No!
I singhiozzi minacciavano di mandarlo in miliardi di pezzi quando di colpo due possenti braccia gli si strinsero attorno al petto tenendolo unito e integro.
-      Mihael, va tutto bene, basta!
Quella voce calda e suadente come miele tentò di scavare nella dura roccia della sua sofferenza ma la spessa barriera creata dal proprio orrido riflesso che lo sbeffeggiava da ogni angolo della stanza resse all’assalto della consolazione.
-      No!
Urlò talmente forte che sentì le corde vocali vibrare di inaudita protesta contro l’ansimante trachea continuando al contempo a dimenarsi nel tentativo di raggiungere le macerie ancora intatte di quei macabri specchi.
-      Mihael, sono Mail, calmati!
Mail...
Il mio dolce Mail?- domandò timidamente la desolata parte di lui che giaceva accovacciata in posizione fetale nel tentativo di respirare sotto gli infiniti strati di soffocante disperazione.
No, il crudele Mail che ti ha nascosto tutti gli specchi e ti ha mentito per mesi. Quel ragazzino che è rimasto con te solo per pietà! – ribatté  malignamente una giovane Furia aizzando nuovamente la sua rabbia.
-      Perché?- gridò riprendendo a divincolarsi- Perché non mi hai detto nulla?
Nuove lacrime presero a inondargli le palpebre arrossate mentre tentava di colpire Mail al petto con le proprie deboli mani sanguinanti.
-      Perché sei rimasto con me solo per pietà?
Una travolgente ondata di sofferenza lo investì mandandolo totalmente fuori di sé.
-      Come puoi amarmi se sono un mostro?
-      Mihael.
Un sussurro, lieve, quasi impalpabile gli scompigliò dolcemente i capelli mentre quelle possenti braccia lo stringevano più forte a sé nel tentativo di trarlo in salvo dalle rapide della disperazione.
-      Mi dispiace di avertelo nascosto.- mormorò Mail ad un centimetro dal suo orecchio deturpato- L’ho fatto per il tuo bene, sapevo che avresti reagito così quindi preferivo aspettare che tu ti sentissi meglio; così avremmo potuto affrontare la cosa insieme.
Dolore e rimorso, puro e incontaminato rimorso.
Era questo ciò di cui Mihael sentì venarsi la voce della propria ancora di salvezza e la cui intensità lo sconvolse spingendolo ad alzare lo sguardo.
Mail lo guardava con i propri stupefacenti occhi di smeraldo colmi di pentimento e una disperata richiesta di perdono che sciolsero completamente l’ingiustificata ira che aveva covato nei suoi confronti.
L’unica colpa di quella storia era la propria.
Nuovi e più violenti singulti presero a scuoterlo con aggressività sconvolgendogli il corpo con lacrimose convulsioni.
-      E’... è tutta colpa mia.-  singhiozzò incassando la testa nel dolce petto accogliente di Mail che lo prese delicatamente in braccio e lo trasportò in camera.
Lentamente e con una delicatezza che lo faceva quasi sentire di cristallo il rosso lo sdraiò sul modesto letto rudemente rifatto e, prima che un altro singulto potesse deturpargli le labbra, lo baciò.
Dapprima con dolcezza poi con foga maggiore sino a lasciarlo quasi senza fiato.
-      Devi smetterla di piangere, ok?- la decisione e la cupa sensualità venata con cui lo disse ammutolirono di colpo Mihael che non poté impedirsi di assentire lentamente.
Un ciuffo di ribelli capelli color mogano gli solleticò la fronte quando le labbra di Mail tornarono a richiedere impetuosamente le proprie.
-      E...
Il rosso si staccò lievemente iniziando a mormorare a fior di bocca.
-... non devi pensare nemmeno per un istante...
Una mano bollente gli si insinuò con voluttà tra i bottoni del gilet strappandoli con unico, febbrile colpo.
-... che io stia con te solo per pietà.
Mihael non riuscì a non gemere quando le labbra di Mail presero a baciargli appassionatamente il petto nudo fino alla cintola.
-      O che...
Un fiotto di autentica eccitazione invase il corpo del biondo quando sentì la lodevole lingua del rosso stuzzicargli un capezzolo.
-      ... io non ti ami o...
Un brivido scosse la giovane schiena di Mihael facendolo inarcare dal desiderio mentre Mail gli baciava la parte bassa del ventre.
-      ... o che tu sia un mostro.
Il rosso sollevò nuovamente il proprio ammutolente sguardo di smeraldo liquido e lo posò con ferrea decisione in quello smarrito del biondo.
-      Ai miei occhi sei l’angelo infernale più dannatamente bello che esista...-  Mail gli sfiorò dolcemente la guancia deturpata con la punta dell’indice.- Ai miei occhi questa cicatrice ti rende più sexy di prima e ti desidero più di qualunque altra cosa.
Una lacrima di amorevole commozione rigò improvvisamente la pallida gote di Mihael che, preso delicatamente il viso dell’altro fra le mani, gli appose sulle labbra un bacio lieve come la neve.
-      Ti amerò per sempre Mi’, qualunque cosa succeda.- gli soffiò leggermente il rosso prima di ricongiungersi nuovamente al proprio unico motivo di vita.
-      Ho paura...- fremette il biondo gettandosi di colpo fra le braccia del rosso.-... ho paura che questo non basterà, che cederò alla tentazione di tornare a combattere....
Mail gli strofinò teneramente il naso sui capelli prima di staccarsi con infinita delicatezza e senza mai cessare di guardarlo negli occhi gli si rivolse con un espressione talmente sibillina da lasciare l’altro sconvolto.
-      Ho sempre saputo che non ti saresti mai arreso, che un giorno avresti desiderato tornare sul campo di battaglia...
-      T-tu..?
-      E...- riprese impedendogli di continuare a parlare-... ti ribadisco quello che ti ho detto prima, Mihael io ti amerò per sempre, qualunque cosa succeda.
-      Ma...!
-      Credi che non sappia che questa maledetta guerra potrebbe portarci sotto terra?
Un silenzio attonito e pesante quanto il piombo delle pistole che in quei mesi Mihael aveva così incurantemente maneggiato, scese di colpo nella ombrosa stanza da letto.
Il biondo guardò sconvolto l’espressione serena dipinta sullo splendido viso del proprio infine ritrovato amante e un’intensa paura gli sconvolse le viscere mentre la consapevolezza cresceva disumana in lui.
-      Eppure ti seguirò Mihael, perché io ti amo e per te sono pronto anche a morire.
Devozione e abnegazione.
Totali e devastanti.
C’era stato un tempo in cui Mihael ne avrebbe malignamente riso con soddisfazione.
C’era stato un tempo in cui Mello le aveva pretese dai propri sottoposti per essere sicuro di poter usare le loro vite nel modo più sconsiderato pur di vincere.
In quel momento però il biondo si disgustava di entrambe.
Ora devozione e abnegazione gli facevano solo paura.
Perché sapeva che anche grazie a loro stava condannando l’unica cosa buona che gli fosse capitata da quando era nato.
Però....
Però c’era il fantasma di L che non passava notte senza torturarlo...
Senza implorare la propria meritata vendetta.
E allora...?
-      So quello che senti Mihael...- Mail gli posò dolcemente indice e medio sotto il mento sollevandoglielo delicatamente.-... so che vuoi vendicare L, so che non puoi fermarti.
Gli occhi dello stesso colore di un gelido cielo invernale miracolosamente privo di nubi si spalancarono di sorpresa provocando la lieve ilarità del giovane dal maglioncino a righe.
-      Ti amo da anni, ormai conosco di te ogni più scuro anfratto.
-      Tu non sei obbligato...- le parole gli uscirono a fatica dalla gola ormai secca come un desolante deserto.
-      Non voglio che affronti questa palude da solo.
E lo disse con una tale decisa risolutezza che Mihael, esperto di quel genere di tono, sapeva che nulla la mondo adesso glielo avrebbe impedito.
Lo sapeva con la stessa sicurezza con cui si rendeva conto che lo stava mandando a morte certa.
Lacrime di mai sperimentata disperazione cominciarono a invadergli le lande artiche delle iridi di  gelido ghiaccio ma ancora una volta Mail gliele asciugò prima che potessero rigargli le guance.
-      Ti ho detto che non devi piangere.
-      Io mi sento in col...- un singhiozzo involontario gli fece mancare il fiato per un istante mentre una nuova ondata di fiele minacciava di riversarsi dalle sue candide palpebre.
-      Se ti senti in colpa ti chiedo di realizzare il mio ultimo desiderio. – Mail gli sorrise sornione strappandogli una smorfia di divertimento.
-      E quale sarebbe?
Il rosso si chinò nuovamente su di lui e quando fu ad appena un centimetro dalle sue labbra schiuse mormorò:” Fai l’amore con me.”
E lo disse in maniera talmente dolce, quasi reticente, ma così teneramente sensuale che Mihael sentì il proprio corpo rispondere prim’ancora della voce.
-      Sì...- sussurrò sorridendo per poi baciarlo.
 
 
Quella mattina di metà Dicembre alla vaga luce di quel miracolosamente splendente sole d’inverno Mihael e Mail poterono finalmente amarsi completamente.
Fu un po’ come riassumere l’intera loro vita in un giorno.
Si conobbero, lentamente, esplorando ciascuno ogni anfratto del corpo dell’altro con le dita, la lingua e lo Spirito.
Si cercarono a lungo in baci infiniti e carezze voluttuose che facevano inarcare e fremere il corpo di entrambi.
Poi finalmente si trovarono l’uno dentro l’altro con le reciproche passioni ardenti di desiderio che chiedevano solo l’ultimo appagante amplesso.
E infine vennero, insieme, percorrendo i primi sensuali passi verso quell’oasi di definitiva pace a cui entrambi anelavano ormai di giungere.
 
Si amarono con l’oscura passione disperata dell’ultima notte ma anche con la lucente tenerezza di chi sperava di poterlo fare per sempre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Infine sono arrivata.
Chiedo perdono in maniera più assoluta ma ho avuto un sacco di problemi in famiglia e scrivere mi era diventato praticamente impossibile.
Spero che il capitolo possa piacervi almeno un po’ perché forse è il peggiore che io abbia scritto...
Spero proprio di sbagliarmi.
Voglio ringraziare la mia adorata Dogliva per la sua recensione sempre così dolce e premurosa nei confronti di questa pessima scrittrice. Spero di non averla delusa questa mia bella Musa...
Un altro grande grande grazie va ad Uni che mi ha dedicato proprio una bella recensioncina e a cui presto preparerò un tortino per ringraziarla.
Poi un mini grazie anche agli altri lettori che non lasciano mai un parere( tranne soniuccia talvolta, ciao eh Jma che sperano gradiscano comunque.
Allora, spero di aggiornare più in fretta di stavolta quello che sarà, ebbene sì, l’ultimo capitolo.
Bacioni a tutti.
Mirrine

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


Lo zippo produsse un secco schiocco metallico quando lo feci scattare con un unico, abituato, colpo di mano per liberare la magica benzina che avrebbe alimentato il mio personale vizio capitale.
Una leggiadra nube di denso fumo grigio si liberò improvvisamente dalla sigaretta che tenevo precariamente in equilibrio fra le labbra schiuse dandomi un’effimera sensazione di calma.
E c’era da scommettere che, seppur falsa, me ne sarebbe servita, di calma.
Perché infine era arrivato.
Il momento della fine.
Della mia.
Della nostra.
Fine.
Mi ero detto che, in fondo a quel cratere bollente che era la mia anima, l’avevo sempre saputo.
Che quella guerra assurda ci avrebbe condotti entrambi a morte.
Ora che c’eravamo però iniziavo a rendermi conto che una cosa era averlo sempre saputo...
Perché, be’, viverlo era un altro paio di maniche.
Molto lunghe e terrorizzanti.
 
Me ne stavo scompostamente seduto sul caldo sedile in pelle scura della macchina che, con tante fatiche e parecchi trucchetti di “magia”, ero riuscito a comprare.
Quella  magnifica Chevrolet che, forse per un macabro scherzo del fato, aveva un’intensa colorazione purpurea.
Poco distante dalla tonalità bronzea dei miei capelli indomabili e perfettamente uguale invece a quella che avrebbe avuto il sangue che, di lì a poco, avrei sicuramente versato.
Già, perché, arrivati a questo punto, era inutile illudersi.
Sarei morto.
Saremmo morti.
Stecchiti, inermi e dimenticati.
Un sorriso ironico mi solcò involontariamente un lato della bocca mettendo a rischio l’acrobatico equilibrio della sigaretta, non avrei mai pensato di cadere in riflessioni simili.
Mihael, lui sì che avrebbe potuto essere così cinico, d’altra parte lo era sempre stato.
L’appropinquarsi della Morte però sembrava aver invertito un po’ i poli del nostro piccolo mondo.
 
- Ce la faremo.
Erano state queste le ultime, innocentemente false, parole che il mio dolce demone dagli occhi di ghiaccio mi aveva rivolto guardandomi con uno stupefacente velo di preoccupate lacrime mentre mi rivestivo.
Per pochi istanti ero rimasto attonito.
Immobile e senza fiato.
Come se una maledetta piovra gigante mi avesse agguantato per la vita e mi tenesse stretto tra i propri schifosi tentacoli viscidi per divorarmi.
Semplicemente il mio cervello non riusciva a comprendere come solo pochi attimi prima avessi raggiunto le vette della gioia più pura tra le braccia del mio Paradiso personale e mi stessi poi preparando per andare a morire.
Un istante dopo però avevo visto l’espressione colpevole dipinta sullo splendido volto distrutto dal dolore di Mihael e tutte le ragioni che mi avevano spinto ad offrirgli la mia vita senza rimpianti o rancori avevano preso a sfilarmi severamente davanti destandomi immediatamente.
Mi ero avvicinato nuovamente a lui e col cuore in procinto di restare schiacciato fra la disperata gioia e un furente dolore, gli avevo  posato il mio addio sulle labbra cercando di metterci tutto il marasma di sentimenti che provavo per lui dalla notte dei tempi.
Un singhiozzo aveva minacciato di uscirmi dalle labbra contratte ma l’avevo soffocato assieme alla fiumana di lacrime che spingevano freneticamente per fuoriuscire dai miei occhi, già purtroppo vagamente lucidi.
- Sono felice di morire per te.- avevo sussurrato dolcemente prima di voltargli le spalle nel goffo tentativo di nascondergli la cascata di amaro dolore che mi si stava riversando sulle guance.
- Mail...
Lo sgangherato stipite della porta d’ingresso si era lamentato con intensi scricchiolii, unendosi al canto di profonda disperazione ineluttabile che il mio cuore cantava ormai ininterrottamente da giorni che sembravano secoli, quando ci avevo serrato convulsamente la mano sopra nel tentativo di reggermi.
- Lo so, Mihael.
La saliva sembrava essersi fatta di colla quando avevo cercato di mandarla giù insieme al bollente grumo di acide lacrime, prima di voltarmi per l’ultima volta.
- Ti amo.- avevo biascicato aprendomi in un vago sorriso con cui speravo mi avrebbe ricordato, vivo o morto che ne fosse uscito.
A quel punto però non avevo saputo resistere oltre e mi ero lanciato fuori da quel maledetto buco che aveva protetto il nostro fragile amore e che ora conservava un pezzo della mia anima in frantumi.
Ero letteralmente fuggito in macchina, futura tomba metallica della mia morte fiammante.
Ed ora ero qui nell’abitacolo nebbioso del fumo convulso che avevo consumato in soli cinque minuti, a cercare di ignorare quel senso di impotente piccolezza da cui mi sentivo schiacciato.
 
Un rombo possente accompagnato da un’audace sgommata.
 
La rombante tromba di guerra aveva squillato.
Il pendolo della mia morte aveva scoccato la mezzanotte.
Il motore della Chevrolet sbuffò vistosamente quando girai piano la chiave nel quadro per invitarla ad accendersi cercando al contempo di non scoppiare a ridere follemente per l’ironico destino che mi spingeva a guidare incontro alla mia stessa fine.
 
Gli infiniti grattacieli di quella impossibile città brillavano delle calde luci aranciate di case e uffici.
Per un attimo mi persi in quell’arcobaleno artificiale che sapeva di sogno.
Certo, il sogno!
Adesso ricordavo!
Era stato anni fa, il giorno in cui ero finito in infermeria perché Mihael mi aveva spaccato il naso.
Avevo sognato di trovarmi in una macchina a guidare attraverso una nefanda notte oscura con la Morte nel cuore.
La sigaretta cominciò a tremarmi convulsamente fra le labbra mentre una serie ininterrotta di brividi di gelida paura mi torturavano malignamente la schiena.
Della serie non sempre è un bene che i sogni si realizzino.
Bene.
Grazie tante, avrei voluto urlare a quel gelido cielo insensibile che sembrava semplicemente infischiarsene del mio destino di morte.
Sarebbe stato inutile, lo sapevo.
Così come sarebbe stato del tutto inutile sperare di salvarci.
In realtà niente più era utile in quel momento.
 
Lo specchietto retrovisore lampeggiò delle attese luci giallastre di alcune macchine scure e il mio piede si mosse istintivamente sull’acceleratore.
In un attimo mi balenò il volto angelico di Mihael, con quel sorriso sereno che solo da bambino gli avevo visto fare.
Lo stesso sorriso che mi aveva fatto innamorare follemente di lui.
Dal primo giorno all’ultima ora.
- Addio Mihael...- mormorai asciugandomi l’ultima lacrima della mia vita prima di calarmi i suoi googles sugli occhi, accendermi una sigaretta e andare infine a morire per l’unica ragione al mondo per cui avrei desiderato cessare definitivamente di esistere.
Mihael.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ed eccoci qui.
Ciao a tutti.
Dopo un’attesa deplorevolmente lunga eccovi l’ultimo atto di questa grande tragedia che spero di aver rappresentato dignitosamente dall’inizio alla fine.
Ringrazio la mia amata Dogliva che con tanta pazienza e amore ha continuato a seguirmi con la stessa fedeltà di una cara amica.
Grazie ad Uni che si è unita alle lettrici e ha avuto il valore aggiunto di recensirmi spesso, il che ha contribuito a portarmi fino alla fine di questa esperienza.
Grazie a Nomeda che ha deciso magnanimamente di recensire qualche capitolo così come soniuccia.
Grazie a tutti.
Ho pianto molto su questo chap e crudelmente spero che lo facciate anche voi.
Ora però basta stressarvi ulteriormente, mi inchino al gentile pubblico e vi do il mio addio.
Mirrine.

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