Landslide

di Shadow Nameless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rosso scuro ***
Capitolo 2: *** Blu notte ***
Capitolo 3: *** Rosa pastello ***
Capitolo 4: *** Nero, assenza di colore ***



Capitolo 1
*** Rosso scuro ***


Rosso scuro

Rosso scuro

 

Fin da piccoli, volontariamente o meno, veniamo portati ad associare un colore ad una situazione o ad uno stato d’animo.

Si inizia con il rosa per le bambine e azzurro per i maschi, per poi passare alla purezza del bianco e finire al male del nero.

Anche in lui, sin da bambino, si erano radicate alcune certezze basate sul significato dei colori.

Il nero era per le persone tristi, per quelli che soffrivano.

Il giallo per le persone allegre, solari.

Il rosso era per i forti.

Lui vestiva in arancione.

Perché l’arancione era il colore delle persone vivaci, piene di entusiasmo e di energia.

E lui era così, no?

Era l’idiota della classe, prima, l’idiota del gruppo, poi.

Il sempre sorridente senza un problema al mondo che, non avendo i genitori, poteva permettersi di fare qualsiasi cosa. Tanto non avrebbe mai deluso nessuno.

Tanto nessuno lo avrebbe mai giudicato, giusto?

E così, il sempre sorridente, era sempre al tuo fianco.

Cammina a testa basta, per non incontrare lo sguardo della gente, ma tu non te ne accorgi mai.

Perché è lui.

Gli parli dei tuoi problemi, senza chiedergli mai dei suoi, lo vedi cadere e rialzarsi sempre prima di te solo per poterti porgere una mano.

Lui non è mai triste, quindi può anche farlo.

Lui è un idiota.

Lui è arancione.

Lui è lui e, per questo, merita la solitudine.

Perché?

Non ti poni mai veramente il problema, è una cosa che sai, che si sa.

Come che il sole non sorge mai due volte lo stesso giorno e chi veste in arancione è sempre allegro.

E più passa il tempo più questa tua convinzione è sicura, se prima traballava adesso è stata fermata con il cemento.

Urla, ride, sorride.

Si arrabbia e non si abbatte mai.

Le sua rabbia? Solo scena.

La sua tristezza? Inesistente.

Lui è lui e…

Lui odia l’arancione.

Odia ridere e scherzare, ma lo fa.

Odia il cielo splendete e luminoso, così simile a lui all’esterno e così diversi internamente.

Odia la gente, sempre pronta a giudicarlo.

Odia i suoi amici, perché non sanno.

Odia i suoi nemici, perché nonostante tutte le loro parole, i loro attacchi, non riescono mai ad ucciderlo.

Odia se stesso, perché è falso.

Vorrebbe urlare al mondo di smetterla di… di cosa?

Di farlo sentire così solo, così inutile?

Così lui?

Ma sorride e va avanti, adesso le persone si aspettano qualcosa da lui. Combatte in un gruppo e cedendo potrebbe trascinare con se anche  coloro che ormai considera la sua famiglia.

Responsabilità.

E questo lo riempie d’orgoglio, ma, allo stesso tempo, lo fa tremare.

Perché lui è già stanco.

Perché lui è debole.

Perché lui non merita niente.

 

 

I giorni si susseguono tutti uguali.

Lui sorride ancora, un sorriso di vetro. Di bambino mai cresciuto.

Ma lui non è mai stato bambino.

Più passa il tempo, più  si rialza sempre più lentamente.

E mentre lui osserva affascinato il fuoco tu sorridi, trovandolo tremendamente infantile.

Non noti i suoi occhi vacui.

Non scorgi le sue iridi che stanno perdendo il loro azzurro per tingersi di rosso.

Tu non lo osservi.

Nessuno lo fa mai e, così, non lo vedete scivolare nelle tenebre.

 

       -Debole umano, per quanto ancora intendi andare avanti?-

            Io vado sempre avanti.

                  -Perché?-

                        Perché è quello che tutti si aspettano da me.

                             -Tutti, chi?-

                                 Il maestro Iruka, Kakashi, Sasuke, Sakura…

                                      -Quattro persone rappresentano il tuo tutti? Quattro persone che conoscono solo la tua maschera?-

                                           Io non indosso nessuno maschera.

                                                La sente ridere.

                                                    Lasciami in pace.

                                                         -Come preferisci, cucciolo, quando vorrai essere libero chiamami.

                                                             Libero?

Libero.

 

E più passa il tempo più lo vedi distante.

Cadi, ma non lo scorgi accanto a te pronto a tenderti la mano.

Urla, ride, ma non sorride più.

Adesso inizi ad osservarlo.

Noti i suoi occhi persi nel vuoto.

Avverti il silenzio intorno a lui.

Il gelo nel suo cuore.

Ti arrabbi, perché lui non può fare così.

Paziente, ti avvicini e chiedi se qualcosa non và.

Osservi lo stupore dei suoi occhi, di nuovo vivi, anche se solo per il battito d’ali di una farfalla.

Tutto bene, cosa ti fa credere che ci sia qualcosa che non va? Ride.

Anche se nelle sue parole c’è qualcosa di strano, tu sorridi.

Qualche giorno e tutto tornerà come prima, così, ricominci ad ignorarlo.

Poche ore dopo vi ritrovate a camminare, circondati da amici, per le strade del villaggio.

Piano piano l’ombra di un sorriso ricomincia ad aleggiare sulle sue labbra.

Sta tornando ad essere lui.

-MOSTRO!-

Una voce riecheggia nella strada, mentre un sasso gli viene lanciato contro.

Non capisci, ci deve essere un errore.

Ma lui sa, capisce.

E crolla.

Cede la vita per una promessa di liberà.

L’arancione e il giallo spariscono, coperte da un manto di rosso.

Rosso scuro, come il sangue.

Rosso scuro, come il fuoco

 

Il fuoco distrusse le catene, gli amici e l’amore e, finalmente, fu libero.

Libero di cadere e di non rialzarsi.

 

 

 

Non chiedetemi com’è nata questa “cosa” perché non lo so neanch’io, semplicemente mi sono messa davanti al pc a scrivere.

Non volevo niente di allegro o complicato, ed è nato questo.

Ovviamente il protagonista è Naruto e, altrettanto ovviamente, è OOC^^’’’’.

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Capitolo 2
*** Blu notte ***


Questo non è un vero e proprio seguito

Questo non è un vero e proprio seguito, ma un diverso punto di vista, sono spiacente, ma la fic era nata per essere così, immaginate che quando l’ho pubblicata l’avevo già finita.

 

Blu notte

 

Blu, rosso e bianco.

Erano questi i colori principali del sul Clan.

Rosso e bianco i colori del ventaglio e blu lo sfondo su cui, normalmente, veniva raffigurato.

E quelli erano anche, a grandi linee, i colori dei componenti della sua famiglia.

O almeno erano i suoi.

Pelle lattea, bianca.

Capelli scuri con riflessi bluastri.

Occhi rossi, segno di una grande dinastia.

Amava quei colori come, del resto, aveva amato il suo Clan.

Ma non amava il suo aspetto.

A cosa serve un bel volto ad un assassino?

Ad un Vendicatore?

Attirava l’attenzione e basta.

O meglio, attirava la loro attenzione.

Persone che lo circondano solo per due begli occhi scuri.

Che si limitano ad osservarlo portando le mani al volto imbarazzato quando, esasperato, le degnava appena di uno sguardo.

Tutti lo osservano, ma nessuno si avvicina.

Lo vedono distante e non fanno niente per camminare al suo fianco.

E se tentano si allontana.

Non vuole l’aiuto di nessuno.

Ignora chi lo circonda e va avanti.

A testa alta, con sprezzante orgoglio.

Non guarda nessuno, ma, allo stesso tempo, coglie ogni cosa.

La felicità dell’amica al solo poter camminare accanto a lui e…

E qualcosa che non capisce.

Ma che ignora.

Non è un problema suo.

L’idiota non era l’unico ad essere solo, quindi poteva anche restarci.

Non ha più sette anni, non cerca più il sorriso di un bambino sconosciuto nascosto in un insulto.

Era ora di crescere.

Lui lo aveva fatto.

Ma l’altro non sembrava disposto a farlo.

Rideva, sempre; urlava, inutilmente; sorrideva, come uno stupido.

Era un persona orgogliosa, lui.

Non piangeva né per dolore né per felicità.

Aveva il suo orgoglio e questo gli bastava.

L’orgoglio e il silenzio.

L’orgoglio e la solitudine.

L’orgoglio del non chiedere aiuto, che porta ad essere soli.

La solitudine che porta a diventare orgogliosi, per riuscire a rialzarsi.

Per camminare a testa alta.

E allora, perché l’idiota non lo faceva? Perché non alzava quella stramaledetta testa?

Non nota le occhiate d’odio delle gente.

Troppo nella norma per essere scorte.

 

E lui va avanti incurante di chi resta indietro.

Di chi cambia.

Di chi non vorrebbe altro che un aiuto per non sprofondare.

Non vede e non vuole vedere.

Ma ad un certo punto, quando ormai è tardi, si decide a posare lo sguardo accanto a se.

E non capisce.

Trema, sciocco, perché ormai qualcosa è irrimediabilmente mutato e tu non hai fatto niente per fermarlo.

 

E più passa il tempo, più lo vede distante.

Una schiena troppo lontana per sperare anche solo di sfiorarla.

Qualcosa si ribella, una paura a metà fra il ricordo e il sentimento.

Ma ignora.

Ignora ogni cosa, non chiede, non si interessa.

Avanza.

Solo.

Senza neanche più il sorriso di un idiota a fargli compagnia.

 

Lo vede al suo fianco, ma è ancora distante.

Camminano insieme agli altri.

Eppure è ancora molto lontano.

Stringe i denti e guarda la strada di fronte a se.

Non gli importa.

Non deve importargli.

Con la coda dell’occhio lo osserva.

Non sorride, ma sta per farlo.

Lo conosce, lo sa.

E, senza una ragione, sorride anche lui, tranquillo.

Nota che qualcuno lo sta osservando sorpreso.

Ma non fanno domande, sanno che non risponderebbe.

Ma sorride.

Senza una ragione.

-MOSTRO!-

Sussulta.

Si gira.

Non capisce.

Incontra due occhi azzurro cielo.

Spezzati.

Poi…

Il fuoco.

Il rosso avvolge ogni cosa, segnandogli la pelle.

Avverte a mala pena le urla, i pianti, le finestre che andavano in pezzi.

Solo due occhi non più azzurri, ma rossi.

Dolore.

-Tu cosa sei?-

-Cosa sono? Sono ciò che mi hanno detto di essere fin da quando sono nato. Un mostro e, ora, brucia.-

 

Il rosso avvolse ogni cosa.

Cancellò il blu, mutandolo in grigi petali danzanti.

 

Scusa

 

Ed eccoci alla fine del secondo cap^^.

Sì, ok, la storia è andata avanti solo di due battute, ma… è nata così ù_ù.

A proposito, vi avviso sin da ora che oltre a questo ci sarà solo un altro cap.

Ringrazio: Suzaku, Hikary90, elie91, kyl, Kagchan, kuroihikaru, Artemisia 89, Helen Lance, RukiA, Amber, Jaly Chan, Scintilla.

E, sinceramente, vi ringrazio di cuore, sono felice che la mia storia vi abbia colpito e fatto provare qualcosa.

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Capitolo 3
*** Rosa pastello ***


Rosa pastello

Rosa pastello

 

Amava i petali di ciliegio.

Il dolce colore rosastro, il morbido profumo, il loro danzare nell’aria.

Ricordava ancora quando sua madre la portava nel parco per osservare i ciliegi in fiore, gli occhi al cielo, il sorriso sulle labbra, una gioia immensa.

Peccato che, dopo solo pochi giorni il rosa spariva e restava il marrone degli alberi.

Una volta aveva chiesto a sua madre perché le avesse dato il nome di quel fiore.

-Perché sono belli… in modo particolare quelli rosa come i tuoi capelli.-

Lei aveva annuito ed era uscita di casa.

Ma non sorrideva.

Perché, per quanto fossero belli, i fiori di ciliegio vivevano poco.

Ne parlò con Naruto.

Ma lui rise.

Lui rideva sempre e non capiva mai.

Forse proprio per questo era speciale.

Con un sorriso ti faceva dimenticare tutti i tuoi problemi.

E anche quella volta accadde.

 

Lui sorrideva sempre.

Lei lo faceva di meno.

Ma il suo era spesso un sorriso dolce, ma falso.

Perché non era come si mostrava.

Era forte e testarda.

Vicina, ma spesso lontana.

E così abbassava la testa, sorridendo imbarazzata.

Perché era quello che si aspettavano da lei.

Delicata come un fiore di ciliegio, dolce come il suo profumo.

Così sorrideva.

E mandava avanti quell’assurda recita.

Ma non con lui.

Perché lui sorride sempre.

Perché lui non chiede mai.

Perché lui ti accetta così come sei.

 

E con loro vai avanti, dolce ragazzina.

A testa alta, sorridendo.

Osservando il mondo attraverso un velo rosa, che, all’occorrenza, poteva diventare scarlatto.

Camminano, lasciandoti indietro e tu, allora, corri.

Perché non vuoi essere da meno.

Perché anche tu sei forte.

E, correndo, non riesci a guardarli in volto.

Vedi il nero che si tinge di rosso, ma non l’azzurro.

Il tempo passa.

E lui smette di sorridere.

Non lo vedi, troppo presa dai tuoi problemi, dalla tua debolezza.

 

I giorni si susseguono monotoni, ma non uguali, qualcosa sta irrimediabilmente cambiando, lo senti, ma non lo capisci.

Nessuno lo fa e lui continua a cadere.

Corri sempre più veloce, ma si allontana.

Vedi anche la notte fare qualche passo verso il sole, ma non riesce a fare altro.

Perché la notte può solo agognare la luce del sole.

 

Ma non ti arrendi.

Tu non lo fai mai.

Ti accosti più che puoi a lui, chiedendogli se qualcosa non va…

Ride.

Se ride allora va tutto bene, no?

Se ride tutto sta tornando come prima… o forse le cose non erano mai veramente cambiate.

Così smetti di osservalo.

Devi correre se non vuoi restare indietro.

Non hai tempo.

Ma lo trovi.

Sono passate solo poche ore, ma sai che il problema e lì e con questo peso non riesci ad andare avanti.

Temi che non ci sia più niente da raggiungere, nessuno ad aspettarti una volta finita la tua corsa.

E devi fare qualcosa.

Parli con coloro di cui ti fidi, di cui sai che lui si fida.

Anche loro vedono e non capiscono.

Lo trascinate fuori di casa e camminate per le strade del villaggio.

Senza meta.

Semplicemente…

Insieme

Lui ancora non sorride, ma sta per farlo.

Lo sai.

E anche la persona a te più cara lo sa, e sorride.

Sorridete in due aspettando che anche lui si unisca in questa vostra serenità.

-MOSTRO!-

Ti guardi intorno, preoccupata, stupita.

Scorgi qualcuno tirargli un sasso.

Non capisci.

Ma senti la rabbia invaderti.

Vorresti urlare qualcosa, ma non ne hai il tempo.

Il rosso avvolge ogni cosa, distruggendola con una sola carezza.

E così, abbracciandoti, distrugge anche te.

 

Non hai più bisogno di correre, piccola, perché loro adesso sono al tuo fianco.

Il blu nella morte.

Il rosso nella rabbia.

 

 

 

 

 Mi scuso per l'enorme ritardo, sopratutto avendo il capitolo già finito, ma ammetto che una recensione mi ha mandata nel panico... cioè, effettivamente, la domanda sorge spontanea... chi diamine si mette a lanciare sassi così, per sport? Chi? *in sottofondo si vede rotolare una palla di fieno* . Ma la parte più difficile non è stata tanto avere una mezza idea quanto decidere quanto doveva essere bastarda la cosa ù_ù.

Alla fine mi sono stata abbastanza buona *risate in sottofondo* almeno secondo i miei standard.

E così, in questo cap, come avevate indovinato a parlare è Sakura mentre il prossimo è tutto per il nostro lanciatore di sassi ù_ù.

Ringrazio: Helen Lance, gloglo, Hikary90, Lupus, suzaku (mi spiace che sia ripetitivo, ma mi è necessario), elie191, Artemisia89, DarthSeto, Jaly Chan, Scintilla (TU!), Amber (sì, anch'io in assoluto preferisco il primo^^), neko-chan (tesoro, dovresti saperlo, io ODIO il caffè, in compenso adoro stressarvi^^), Onda.

Vi ringrazio ancora per le vostre parole e i vostri incoraggiamenti, spero che questo capitolo non vi abbia deluse.

 

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Capitolo 4
*** Nero, assenza di colore ***


Nero

Nero, assenza di colore.

 

Una vita di cenere è una vita che non deve essere vissuta, mai.

 

Alla nascita nessuno di noi decide come essere.

Chi essere.

Con chi vivere.

Semplicemente nasciamo e dobbiamo accontentarci di chi abbiamo intorno e di quello che il destino ci aveva riservato.

Poco importava se si trattava di dolore o gioia, solitudine o amore.

Devi accontentarti di ciò che ti viene offerto… oppure tentare.

Tentare, cosa?

Di abbattere gli argini, le regole preimposte e andare avanti, non importa se lo fai sorridendo o piangendo, cadendo in continuazione o andando sempre dritto e a testa alta, l’importante è avanzare.

L’importante è non fermarsi mai.

Perché, così facendo, potresti avere tempo per riflettere e chiederti:

Ne vale davvero la pena?

E spesso fin troppo spesso la risposta è…

 

Nel corso della sua lunga vita aveva visto morire molte persone. Gente che non conosceva o che le aveva segnato il cuore.

Ma la morte è un qualcosa che, sorridendo, sfiora tutti, una dama da cui non si può sfuggire.

Questo era un qualcosa che aveva appurato fin dalla più giovane età, quando aveva visto sua madre morire dando alla luce suo fratello.

O suo padre non tornare più da una missione.

Ma era la vita, e accettava quelle morti con il sorriso sulle labbra.

Sorriso di una vecchia bambola di porcellana, che caduta troppe volte a causa di mani inesperte, ha finito col creparsi.

Si era ritrovata con un fratello da crescere, un bambino pestifero, dagli occhi maligni che avrebbe voluto uccidere appena nato.

Lo odiava.

Lo voleva morto.

Ma questo suo desiderio non era mai stato esaudito.

Così, sospirando, era andata avanti. Dritta per la sua strada, inacidendo il cuore, distruggendo le amicizie.

Lei non aveva bisogno di nessuno, neanche adesso alla sua veneranda età di ottant’anni.

Le bastavano le sue armi e l’oscurità della sua stanza.

 

Luogo che, tempo prima aveva accolto la risata gioiosa di una neonata. Di una bambina. Di una ragazza. Di un’adulta.

Poi quelle pareti erano state costrette ad accogliere il silenzio ed il dolore.

Il dolore di una madre che aveva dovuto seppellire sua figlia.

A causa sua.

A causa del mostro.

A causa di qualcuno che sarebbe già dovuto essere morto da tempo.

Si passò stancamente una mano sulla fronte ormai piena di rughe e, lentamente, si avvicinò al balcone…

Ricordava…

Ricordava ancora bene quel giorno, dopo tanti anni.

Il giorno che le aveva segnato la vita.

E ricordava sua figlia, il suo sorriso, le sue parole.

   -Mamma, lo amo, ti prego, non dirmi di no.-

E lei sorrise, sorrise agli occhi verdi della figlia, a quelli azzurri dell’uomo che amava.

Aveva annuito e pianto di gioia.

Aveva pianto anche al loro matrimonio e quando aveva saputo che presto sarebbe diventata nonna… !

Lei, che non aveva mai sperato neanche di diventare madre.

Era stata felice e sua figlia con lei.

Ma poi era arrivato il fuoco e un potere temuto anche all’inferno.

Ricordava il caos.

Ricordava il terrore.

Ricordava il volto rigato di lacrime di sua figlia.

Il volto senza vita si suo genero

E quel pianto.

Quel…

 

Degli schiamazzi di ragazzi attirarono la sua attenzione.

Gli occhi scuri si posarono indispettiti su un gruppo di ragazzini che, allegri, ridendo e scherzando stavano passando a pochi metri da casa sua.

Stupidi mocciosi.

Chissà se vi rendete conto che, fra qualche anno la metà di voi sarà già cibo per i vermi.

Se vi rendete conto che le vostre mani gronderanno di sangue non vostro.

Che ucciderete che vedrete uccidere e non potrete fare niente per impedirlo.

Sciocchi ragazzi.

Assottigliò gli occhi mentre le mani iniziavano a tremarle di rabbia.

Strinse la ringhiera del balcone talmente forte da sentire i legamenti delle mani farle male.

Ma non importava.

No.

Niente aveva senso.

Perché lui…

Il maledetto…

Sentì il sangue bruciarle delle vene, il cuore battere all’impazzata.

Gli occhi, azzurri come quelli del suo genero, ma grandi e limpidi come quelli di sua figlia.

Lo odiava.

 

Rivedeva il sangue scorrere a fiumi a causa del mostro che lui, come se niente fosse, si portava in corpo.

Rivedeva il sigillo.

Rivedeva la distruzione.

Sentì un ringhio salirle dalla gola.

 

Quell’essere… quell’essere che aveva il suo stesso sangue.

Quel mostro che conservava colui che aveva portato all’annientamento intere famiglie.

Quel piccolo stupido che voleva diventare Hokage…

Lo vedeva anche da lontano. Era felice circondato dai suoi amici.

Felice.

Ma quelli come lui non meritano di essere felici.

Non meritano di poter camminare così alla luce del sole.

I mostri sono mostri e, in quanto tali, devono strisciare nelle tenebre della notte.

Devono avere orrore di loro stessi.

NON devono essere felici.

 

Ringhiò e tirando un sasso dipinto, un dolce oggetto dono di sua figlia a cinque anni e, con tutto il fiato che aveva in gola, urlò:- MOSTRO!!!-

Vide il fuoco avvolgere ogni cosa, lo vide distruggere fino ad arrivare a lei e sorrise.

Finalmente.

Finalmente avrebbe potuto chiudere gli occhi.

Finalmente quella bambola si sarebbe rotta del tutto.

Non avrebbe più ucciso nessuno.

Non avrebbe più visto morire nessuno.

Poteva smettere di lottare.

 

Ne vale davvero la pena?

No, non ne vale mai la pena.

 

21/03/2007

 

Ed ecco l’ultimo cap*_* e il fantomatico lanciatore di sassi^^.

Avete ragione, di persone che vogliono Naruto morto ce ne sono *osserva una lunga lista di cui si vede l’inizio, ma non la fine* all’inizio avevo pensato a qualcuno che gli è vicino, Iruka (lo adoro troppo per fargli fare una cosa simile), Kakashi (no, non ce lo vedo), Ebisu (nh, gli scriverebbe un trattato su venti perché è un mostro, ma lanciatore di sassi? No no) e così via.

Poi c’è stato il: e se il sasso non fosse indirizzato a lui? Non so, a Sasuke (per essere un sopravvissuto… sì, ho una mente contorta, lo so) e a tanti altri per motivi più o meno sensati, ma che, volendo…

Ed infine lo sconosciuto: ma chi? Prima ho pensato alla madre, ma l’idea non mi piaceva, poi a uno dei vecchiacci, ad un parente in generale e alla fine…

XD Vecchia con parentela ù_ù

Ringrazio per aver letto questa piccola fan fiction: _Eleuthera_ , Artemisia89, Helen Lance, suzaku, Irene Adler, Hikary90, elie191, Lupus, Scintilla, Amber e chi, forse, non ha mai finito di leggerla, ma che, in un modo o nell’altro ha contribuito a questo ultimo cap non programmato: Kyl, Kuroihikaru, kagchan, RukiA, Jaly Chan, gloglo, DarthSteo, neko-chan.

 

A presto con una one-shot^^.

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