Ayer eramos niños di V@le (/viewuser.php?uid=4138)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
ayer...
PROLOGO
Non
sopportava quel rumore. Non l'aveva mai sopportato. Fortunatamente a breve
sarebbe finito. L'aereo
si alzò in volo e il carrello scomparve nell'enorme pancia di acciaio. Juan Diaz
sentì lo stomaco contorcersi per la obbligata posizione che assumeva per il
decollo. Meno
male che era il viaggio di ritorno. Non sapeva per quanto tempo si sarebbe
costretto a stare lontano da un areoporto dopo quella esperienza. L'unico
aspetto positivo era quello di essere stato messo accanto al finestrino. Mentre
l'aereo finalmente prendeva la sospirata posizione orizzontale, il ragazzo si
voltò verso il suo compagno di squadra e migliore amico. Anche lui, Ramon
Victorino, era rimasto molto amareggiato dalla sconfitta subita al campionato
giovanile, benché fossero entrambi soddisfatti di come avevano affrontato i loro
avversari. Ma a quanto pareva in quel momento Ramon non stava pensando al
calcio: era molto più preso dalla persona sedutagli affianco, sua sorella.
Ingrid.
Di carnagione scura e dai tratti simili ma più delicati di quelli del fratello,
da cui differenziava invece per il colore di capelli: un bel rossiccio invece
del tono scuro di lui. Tornava in Argentina dopo anni passati all'estero in una
compagnia di giovani particolarmente dotati riguardo il mondo dello spettacolo.
Ballerini, attrici, musicisti, acrobati e cantanti, categoria in cui lei
rietrava grazie alla sua splendida voce. Si era trasferita con lo zio in
Giappone a causa dei problemi economici della sua famiglia: i genitori non
avrebbero potuto mantenere sia Ramon che Ingrid, così la madre aveva accettato
l'offerta del fratello di prendere con sé uno dei due. Ed era toccato a
lei.
Juan
gettò uno sguardo alla ragazza. Si vedeva che era strafelice di ritornare a
casa. Peccato che non sarebbe durato a lungo... La compagnia riprendeva
l'attività a settembre e ciò significava che sarebbe rimasta giusto per qualche
mese, per poi scomparire nuovamente. Purtroppo.
Scesero
dal veicolo, finalmente arrivati al loro paese.
-E'
proprio come me lo ricordavo!- esclamò Ingrid guardandosi
intorno.
I
due ragazzi, prese le valige, la raggiunsero.
-Dammi
la mia valigia- disse al fratello.
-Te
la porto io.
-No,
dai, la porto io.
-Io
non te la dò.
-Uhf.
Va bene, se ci tieni tanto.
Tutti
e tre si avviarono e arrivarono alla casa di Ramon e Ingrid. Un uomo stava
davanti alla porta maneggiando qualcosa in legno, quando avendo sentito arrivare
qualcuno, si voltò.
-Ingrid!
La
ragazza corse nella sua direzione e gli saltò letteralmente in
braccio.
-Ciao,
papà!
Juan
guardava la scena che gli faceva una certa tenerezza, una delle cose che
capitava spesso quando c'era lei.
In
quel momento uscì dalla casa una donna.
-Mamma!
-Piccola
mia!- esclamò accogliendo tra le sue braccia la sua bambina.
I
due ragazzi intanto si avvicinarono.
-Bentornati,
ragazzi!- li salutò l'uomo.
-Grazie.
-Sono
così contenta che sei tornata- continuava la signora Victorino -anche gli altri
del paese saranno contentissimi di rivederti alla festa di
stasera.
-Quale
festa?
-L'hanno
organizzata per Ramon e Juan per complimentarsi di come sono andati al
campionato.
Ingrid
cominciò a saltellare eccitata.
-Una
festa in paese. E' una vita che non partecipo. Ci
divertiremo!
Juan
frenò il suo entusiasmo.
-Io
non credo che verrò.
-Perché?
La festa è anche per te- intervenne il signor Victorino.
-Sono
stanco, preferirei riposarmi.
-Dai,
hai tutto domani per riposarti, ce l'avrai ancora un briciolo di energia per
stasera- insistette Ramon, seguito a ruota dalla sorella:
-Avanti,
non c'è gusto senza uno dei festeggiati. Per favore, è la mia prima festa
paesana dopo anni...
A quello
sguardo supplichevole non poteva dire di no.
-E
va bene.
continua....
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
ayer...
CAPITOLO
1
La
musica invadeva la piazzetta colma di gente. Oltre ai paesani erano presenti i
loro parenti e amici. I genitori dei festeggiati servivano da bere e da
mangiare, ricevendo una miriade di complimenti per i figli.
Dopo
aver salutato vecchi e giovani del paese, Ramon, Juan e Ingrid si erano seduti
al limite della pista da ballo, cominciando a parlare dei ragazzi che avevano
partecipato al campionato giovanile, ma soprattutto prendendoli in giro; senza
offendere chiaramente.
-Chi
te l'ha rifilate tutte queste cose?- chiese Ramon al limite per le
risate.
-Nelly;
non so da dove le tira fuori, ma è un genio.
-Questa
Nelly deve essere proprio speciale se riesce a farvi fare le cose che ho visto
in Europa avendo solo la tua età- come suo fratello si era sempre chiesto chi
fosse quella ragazza di cui Ingrid cantava sempre le lodi.
-Lei
è una forza della natura. Troppe cose fa e troppo bene. E' capace di gestire la
compagnia in un modo incredibile e in qualche modo si occupa di ciascuno anche
individualmente. Io non ce la farei.
-Di
te che dice?- domandò Juan.
-Che
sono una fifona. Dice che credo di non esser capace di cantare solo per paura.
Ha avuto una pazienza con me...il bello è che quando ti rimprovera, non ti butta
giù: anzi ti spinge a fare meglio. E non è facile trovare della gente come
lei.
-No
direi di no.
Juan
e Ingrid si scambiarono un'occhiata, il cui significato era sconosciuto a
entrambi. Ramon, accortosi, decise di smorzare la tensione che si stava
creando.
-Allora,
quando ci darai una dimostrazione?
-Dimostrazione
di cosa?
-Di
come canti.
-Chi?
Io? No no no no no.
-Perché?
-Primo:
non voglio vedermi ridere in faccia. Secondo: sono in vacanza e l'unica cosa che
voglio fare che concerne la musica è ballare. Giusto a proposito- disse
ascoltando la canzone appena cominciata -questa è una delle mie canzoni! Vieni a
ballare!
-No.
-Dai,
Ramon!
-Non
mi va!
-Invece
a me sì. Ti prego!
-Oddio.
Juan, per favore, la porti a ballare prima che mi faccia esaurire- invocò il
fratello esasperato.
-Ramon...
-E
dai, è solo un ballo!
Il
ragazzo sospirò.
-Va
bene. Su, andiamo a divertirci, mentre tuo fratello fa lo sfaticato stravaccato
su una sedia- si alzò.
Ingrid
lo imitò e, dopo aver fatto la linguaccia a Ramon, lo seguì sulla pista da
ballo. Solo allora si accorsero entrambi che si trattava di qualcosa di più di
un semplice ballo. E la canzone accompagnava questa
sensazione.
Vi
è mai capitato di ascoltare una canzone che dice quello che pensate in quel
preciso istante? Ebbene, ai due stava capitando in quel
momento.
Tonight
we dance
I lay my life in your hands
We take the floor
Nothing is
forbidden anymore
Stanotte
balliamo
metto
la mia vita nelle tue mani
scendiamo
in pista
nulla
è proibito oramai
Arrivati
al centro della pista da ballo, Juan si accorse del disorientamento della
ragazza.
-Tutto
bene? Hai cambiato idea?
-No,
sono pronta.
Con
il suo ok, il ragazzo le prese una mano e con l'altra le cinse il fianco,
attirandola a sé.
No,
non sarebbe stato un semplice ballo.
Don`t
let the world in outside
Don`t let a moment go by
Nothing can stop us
tonight
Non lasciare che il mondo esterno ti
influenzi
non lasciare scorrere un
momento
nulla può fermarci
stanotte
Bailamos, let
the rhythm take you over
Bailamos, te quiero amor
mio
Bailamos wanna live this night forever
Bailamos te quiero amor mio te quiero
Bailamos, lascia che il ritmo ti controlli
Bailamos, te quiero, amor
mio
Bailamos, che tu voglia vivere questa notte per sempre
Bailamos, te quiero, amor mio, te
quiero
Tonight I`m yours
We can make it
happen, I`m so sure
Now I`m letting go
There is something I think you
should know
Stanotte sono tuo
possiamo farlo accadere, ne sono così
sicuro
mi sto lasciando
andare
c'è qualcosa che penso dovresti
sapere
I won`t be leaving your side
We`re
gonna dance through the night
I wanna reach for the stars
Starò sempre al tuo
fianco
balleremo tutta la
notte
voglio raggiungere le
stelle
Bailamos, let
the rhythm take you over
Bailamos, te quiero amor
mio
Bailamos wanna live this night forever
Bailamos te quiero amor mio te quiero
Bailamos, lascia che il ritmo ti controlli
Bailamos, te quiero, amor
mio
Bailamos, che tu voglia vivere questa notte per sempre
Bailamos, te quiero, amor mio, te
quiero
Tonight we dance
Like no tomorrow
If you will stay with me
Te quiero mi
amor
Stanotte balliamo
come se non ci fosse un
domani
se resterai con me
te quiero, mio
amor...
I loro corpi aderivano perfettamente. Lei teneva il viso
quasi nascosto nell'incavo tra il collo e la spalla di lui. Nonostante il ritmo
frenetico del ritornello spezzasse quello leggermente più tranquillo di poco
prima, i due ragazzi continuarono a muoversi lentamente. Spinti da qualche
misterioso impulso, gli occhi cominciarono a cercarsi, imitati subito dopo dalle
labbra. Erano sul punto di sfiorarsi, quando il brusco cambio di canzone li
ridestò da quel momento di nebbia.
-Scusa, io...-provo a giustificarsi Ingrid mentre
indietreggiava.
-Non fa niente- la tranquillizzò lui comunque
impacciato.
Senza dire niente, entrambi ritornarono da Ramon, che
infierì:
-Ho visto che vi siete dati da fare. Siete veramente
bravi...
-Io vado a fare due passi- lo interruppe la sorella -ci
vediamo dopo.
-Ok...- rispose lui seguendola con lo sguardo mentre partiva,
come del resto stava facendo Juan.
Avevano passato un momento veramente magico. Ma era qualcosa
del momento, oppure...
continua...
N.d.A: la canzone citata è "Bailamos" di Enrique Inglesias.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
ayer...
CAPITOLO 2
Ingrid guardò la distesa davanti a sé. Era sera,
ma lei vedeva quel posto in una delle giornate in cui da piccola si rincorreva
con suo fratello e Juan.
Erano inseparabili a quei tempi: facevano tutto
insieme. Erano come una famiglia in formato ridotto. Era tutto così bello e
tranquillo, nella felice semplicità dell'infanzia. Almeno finché non se n'era
dovuta andare...
La compagnia gli aveva dato tanti momenti di
goia, per non parlare poi di Nelly: era stata fantastica con lei, non l'aveva
fatta sentire triste nemmeno un istante. Ma gli era mancata sempre la sua cara
Argentina, in cui Ramon e il suo migliore amico stavano diventando campioni di
calcio. Un'ondata di tenerezza le invase il volto al pensiero di suo fratello.
Era così dolce con lei... Quando lo aveva rivisto aveva temuto che l'avesse
trattata con distacco, come una conoscente; invece le aveva sorriso e corso
incontro, sollevandola di peso per la contentezza. Si vedeva proprio che si
volevano bene...
Ora quello che la preoccupava era Juan. Da
quando lo aveva rivisto dopo tanti anni, beh, non era tanto sicura di provare
solo amicizia per lui. Era cresciuto, era maturato, era diventato un calciatore
dalla tecnica fantastica...e quel che è peggio, veramente, veramente carino. Non
aveva mai pensato ai ragazzi mentre stava in compagnia, ma lui era tutta
un'altra storia. Gli riservava un affetto del tutto sincero sin da quando si
conoscevano, ma il pensarlo non più solo come amico ma anche e soprattutto come
ragazzo la confondeva. O semplicemente voleva dire che le piaceva. E questo
complicava le cose: lei a settembre avrebbe dovuto ritornare in compagnia e
chissà quando lo avrebbe rivisto...
Dopo anni, si rispose da sola, e probabilmente
con una qualche bella ragazza incontrata in chissà quale festa a cui
partecipavano i calciatori. Perché non la sfiorava minimamente l'idea che anche
lei avrebbe potuto trovare un ragazzo fuori dall'Argentina? A questo non
riusciva a rispondere.
Sospirò rivolgendo lo sguardo al cielo stellato.
Dopotutto era ancora giovane: non doveva crucciarsi con questioni del genere.
Prima la carriera e poi i ragazzi, andava dicendo a tutte Nelly. Diceva, mentre
in realtà lei prima fra tutte ci provava spudoratamente con il portiere della
scuola...come si chiamava? Ah, sì, la S. Francis.
Rise all'immagine dell'amica.
-Cosa c'è di divertente?
Ingrid saltò per la paura, per poi
girarsi.
-Juan!- gli colpì la spalla -mi hai fatto
prendere un accidente!
-Scusa- rispose lui ridacchiando -che ci fai qui
tutta sola?
-Mi pareva di avervi detto che andavo a fare due
passi.
-Sì, ma ora stai ferma qui.
-Tu prendi tutto alla lettera?
-No, di solito no.
La ragazza abbassò il capo. Aveva uno sguardo
strano e il tono che usava la stava innervosendo.
-Cosa c'è che non va?
A Ingrid le vi volle un po' per
rispondere.
-Niente, niente...a parte il fatto che sono
appena arrivata e già penso a quando devo ripartire.
-Cioé qui stai così male da non vedere l'ora di
andartene?
-No, qui sto così bene da essere già triste per
la partenza.
-Sì, è un peccato che tu non possa restare,
altrimenti...- si bloccò in tempo.
-Altrimenti?- domandò lei
incuriosita.
-No, niente.
Entrambi sospirarono.
-Ramon dov'è?
-Dove lo hai lasciato. Mi ha mandato cercarti
per dirti che dovevate tornare a casa.
-Ma guarda te che sfaticato... beh, sarà meglio
che vada, così ti faccio andare a dormire.
-Sembro davvero così stanco?
-Sembri stravolto.
-Colpa tua che mi hai fatto
ballare.
-Ehi, la colpa è di mio fartello che è
pigro.
Risero, per poi abbasare lo
sguardo.
-Va bene, allora buonanotte.
-Buonanotte- Juan la baciò sulla guancia -cerca
di stare un po' più allegra, la partenza è ancora lontana. Non ci
pensare.
-Ok. Ciao.
-Ciao- la ribaciò sull'altra
guancia.
Per un attimo tutto normale; il secondo
successivo i loro volti vennero invasi dallo stupore.
-Scusa, io...
-Non è niente. Fermiamoci qui.
-Sì, forse è il caso.
-Bene- Ingrid indietreggiò -'notte- e si diresse
verso casa, lasciando Juan lì, a guardarla.
-Eccoti!- esclamò Ramon vedendola arrivare -su
andiamo, che mi sto addormentando in piedi.
-Sì, sì, va bene. Ma potevi anche venire tu a
chiamarmi, così ti svegliavi un po'. Invece fai fare sempre tutto a
Juan.
-Come? In che senso?
-Come in che senso? Prima lo fai ballare con me
al posto tuo, poi lo mandi a chiamarmi...
-Sì, per il ballo è stato così, ma guarda che è
voluto venire lui a chiamarti quando la mamma mi ha detto che era meglio
tornare.
-Ah...
-Cosa te lo ha fatto pensare che lo avessi
mandato io?
-No, niente...
continua...
A hikarisan: grazie per i complimenti, spero di
non deluderti! Baci
N.d.A.: a chi ha letto questa storia prima della
pubblicazione di questo capitolo, ho sostituito il nome di Carlos con Ramon per
uno sbaglio mio, cioé è Ramon il vero nome di Victorino.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
ayer...
CAPITOLO 3
Era il primo pomeriggio e, nonostante fosse
reduce dal campionato giovanile, Juan stava calciando e palleggiando con la
palla, dimostrando che era difficile poterlo separare da quell'oggetto sferico.
Si fermò un attimo vedendo una figura camminargli incontro che riconobbe essere
l'altro suo migliore amico.
-Piede sempre incollato al pallone,
eh?
-Ciao, Alan!- disse abbracciandolo -sei rimasto
poco a Buenos Aires.
-Sì, mio cugino aveva da fare e ho pensato che
fosse meglio tornare qui. E tu? Ieri sembravi esausto e ti ritrovo a
palleggiare.
-Se lo vuoi proprio sapere, ho dormito fino a
un'ora fa'- terminò la frase con uno sbadiglio - e ancora mi devo riprendere da
ieri sera.
-Sì, ieri sera! Ho sentito che avete fatto
baldoria.
-Gli altri forse, io sono solo stato seduto e a
salutare la gente...
-Certo. E l'aver ballato con Ingrid non si
conta, o non me lo volevi far sapere?
Juan rimase un attimo interdetto, per poi
invitarlo a sedersi sotto un albero. Cominciò a rotolarsi la palla tra le mani,
mentre Alan Pascal sembrava in procinto di volergli fare un bel discorsetto del
tipo della storiella delle api e dei fiori.
-Che ti prende? Ingrid si è fatta una bella
ragazza e mi sembra che abbia un bel carattere...
-A questo ci arrivo anche da solo.
-E allora? Spiegami qual è il problema. Dimmi
perché è così difficile ammettere che Ingrid ti piace.
-Perché si complicherebbe tutto.
-Con le ragazze è sempre tutto
complicato.
-No, non capisci. Lei a settembre riparte. Anche
se glielo dicessi, ammesso che ricambi, cosa faremo quando dovrà ritornare in
compagnia?
-Questo dipende da voi.
-Non ne sono tanto sicuro. E se lei trovasse un
altro?
-Lei, lei, lei... guarda che anche tu potresti
incontrare qualcun'altra. Certo che la colpa la scarichi sempre sugli
altri.
-Non mi sei d'aiuto.
Alan rise.
-A parte gli scherzi, potrebbe funzionare. I
rapporti a distanza esistono e qualche volta funzionano anche.
-Sì, lo 0,0001 percento?
-No, dai, lo 0,0002.
Gli lanciò la palla in faccia, ma poi qualcosa
un po' più lontano catturò la sua attenzione. Ramon e Ingrid stavano facendo una
passeggiata e la ragazza sembrava raccontargli qualcosa di apparentemente molto
eccitante per lei e il fratello ascoltava interessato.
-Oh, ecco la tua pena d'amore.
-Chissà perché non mi ricordavo che fossi così
fastidioso.
- E io non mi ricordavo che fossi così
noioso.
I due si accorsero degli amici sotto l'albero e
li raggiunsero.
-Ciao Alan!- lo salutò Ingrid.
-Ciao.
-Come sta tuo cugino?
-Bene. E voi, ho sentito che ieri sera vi siete
dati alla pazza gioia.
-Non è esatto. Per esempio Ramon se n'è stato
tutto il tempo a poltrire su una sedia.
-Ehi, bella sorella che sei!- rispose lui
cingendole il collo con un braccio per punirla scherzosamente.
-E' la verità. Se sei un pigrone non è colpa
mia- si divincolò e cominciò a calciare la palla, allontanandosi un
poco.
Ramon colse l'occasione per
bisbigliare:
-Devo parlare un attimo con te, Juan. Alan, puoi
portarti via Ingrid un momento?
-Certo, nessun problema- acconsentì Pascal, per
poi avvicinarsi alla ragazza fregandogli la palla -aha, su, vediamo che sai
fare.
-Ehi, non vale, tu sei un calciatore!- lo seguì
lei allontanandosi entrambi.
-Che c'è?- chiese Juan mentre l'altro si sedeva
accanto a lui.
-Si tratta di Ingrid- indugiò un attimo, non
sapendo come continuare, poi risprese -senti, senza fare tanti giri di parole:
ho capito quello che sta succedendo tra te e mia sorella e la cosa mi
proccupa.
-Ehi, io sto tenendo le mani a posto, non
penserai che...
-Lo so che non stai facendo niente, ma potrebbe
succedere qualcosa e ti volevo ricordare che lei riparte a
settembre.
-E' per questo che ancora me ne sto
zitto.
-Sì, ma non starai zitto ancora per molto. Non
vorrei che quest'estate faceste la coppia felice e che alla partenza fosse la
disperazione più totale. O anche peggio, se resterete insieme, che qualcuno di
voi trovi un altro. Mi capisci?
-Lo sai che non farei mai del male a Ingrid! Se
davvero fossi capace di una cosa del genere piuttosto non la sfioro fino a
settembre.
-Spero che tu dica sul serio.
-Certo che dico sul serio.
-Bene. Lo sai che sei come un fratello per me,
ma lei è la mia vera sorella, e tu lo sai quanto io sia attaccato alla
famiglia.
-Cominci a farmi paura.
-Ah sì? Accidenti, non è una brutta
sensazione...- si beccò un pugno sulla spalla.
Intanto Ingrid e Alan stavano
tornando.
-Sei troppo lenta!- la prendeva in giro Pascal
facendo scivolare la palla tra le gambe.
-Certo che sei cattivo!
-Ah sì? Sarei cattivo?- chise lasciando stare il
pallone iniziando a rincorrerla.
Lei prontamente, si nascose dietro le spalle del
fratello.
-Avete finito di scambiarvi
pettegolezzi?
-Pettegolezzi? Ci hai presi per delle
ragazzine?
-Insomma...
Mentre loro ridevano, Alan si
sedette.
-I ragazzi del paese tra una settimana
organizzano un falò lì sulla collina. Mi hanno chiesto se andiamo anche
noi.
-Un falò?
-Sì, si mangia, si beve, si fanno quei giochi
idioti in cui finisce sempre per baciarsi qualcuno...
-Ma sì, per una sera- ramon si girò verso la
sorella -tu che dici?
-Sì, perché no?- lei involontariamente si voltò
verso Juan, come per chiedergli se venisse.
-E tu, Juan?- gli chiese infatti Pascal, non
ottenendo altra risposta se non un mugugno -eddai, tu che sei l'anima della
festa non puoi mancare.
-Sì, sì va bene. Avete deciso di stressarmi
tutta l'estate?
-Sì- risposero i tre all'unisono.
Era mattina presto. Alan era uscito a fare
quattro passi con la palla al piede dirigendosi verso i campi.
Adorava quel silenzio, quella pace. Da tanto ne
sentiva la mancanza. Respirò affondo quell'aria argentina, ringraziando di
essere a casa.
Ma ad un tratto qualcosa ruppe il silenzio,
qualcosa di piacevole però, di orecchiabile, di leggero...
-La la la la la la la la la... la la la la
la la la la la... la la la la la la la la la...
Pensava di sapere chi fosse l'usignolo che
emetteva quel suono gentile. Individuato il punto da cui proveniva, si diresse
lì. Sì, aveva ragione. Era Ingrid che si esercitava.
Stette ad ascoltarla finché lei non si accorse
della sua presenza.
-No, non smettere.
-Ormai li ho finiti. E comunque non è educato
spiare le persone.
-Mi scusi, miss- scherzò inchinandosi -ma tu
tutte le mattine vieni a cantare con gli uccellini?
-No. Ieri ho sentito Nelly e mi ha detto che per
non perdere l'orecchio mi conviene esercitarmi la mattina. Solo che per fare le
scale mi serve uno strumento e io l'unico strumento che so suonare sono le corde
vocali.
-Io so suonare la chitarra. Se vuoi ti posso
dare una mano.
-Oh, no, grazie, ma non voglio farti svegliare
all'alba solo per aiutarmi.
-Guarda che sono Ramon e Juan i dormiglioni. Io
posso anche svegliarmi alle quattro di mattina.
-Non esageriamo...
-Sì, giusto!
Risero.
-Senti, Alan...
-Dimmi.
-Tu... cosa credi che abbia detto mio fratello a
Juan ieri?
-Perché pensi che gli abbia detto
qualcosa?
-Non sono stupida, lo capisco quando due devono
parlare... allora, secondo te di cosa hanno discusso?
-Discusso...è una parola grossa. Comunque non lo
so, visto che non ero con loro.
-Ma lo immagini.
-Come mai così curiosa? Cosa credi che gli abbia
detto?
-Forse...può essere che gli abbia detto di
starmi lontano...
-Starti lontano in che senso?
-Dai, lo so che hai capito.
-E perché avrebbe dovuto farlo?
-Perché riparto a settembre e ha paura che mi
faccia soffrire.
-Mm. E tu che ne pensi?
-Che potrebbe funzionare anche se a fine estate
riparto.
-Cioè mi stai dicendo che Juan ti
piace?
La ragazza si voltò verso di lui con la bocca
aperta.
-No! No, io non ho detto questo
questo...
-Però è vero.
-Beh- lei arrossì e abbassò il capo -non mi
dispiace...
Alan sorrise e le circondò amichevolmente le
spalle con un braccio.
-Ingrid, Ingrid, Ingrid... a quanto pare sei
proprio in un bel casino.
-E' la mia specialità.
-Vabbé, adesso non ti buttare giù, eh? Pensa ai
giochi idioti che faremo al falò e chissà, magari sarete tu e Juan a baciarvi
quella sera...
-E basta!- protestò lei dandogli una
gomitata.
-Ok, ok. Su ti riaccompagno a casa, piccola
ingrata.
E così si incamminarono verso il paese,
lui divertito e lei con l'animo più leggero.
continua...
N.d.A. Grazie a Hikarisan per la
recensione!
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
ayer...
CAPITOLO 4
Il fuoco zampillava alto e imponente. Intorno ad
esso una decina o più ragazzi e ragazze del paese stavano finendo di consumare
la cena tra risa e scherzi.
Ovviamente tra loro c'erano anche Ingrid, Ramon,
Juan e Alan, che si era portato la chitarra, deciso in un modo o nell'altro a
far cantare l'amica davanti a tutti.
-Ok, ok, ok- prese parola una ragazza -adesso è
l'ora di giocare a obbligo o verità.
Ai -Sì; va bene; perché no- si opposero i -Ma
no; scherzi?; neanche per sogno.
Alla fine tutti si fecero convincere a giocare.
Dopotutto era solo un gioco...giusto?
-Ok, comincio io- disse la ragazza che lo aveva
proposto -allora Saul, obbligo o verità?
-Verità.
-Ok. Allora... con un ragazza ti sei mai spinto
più in là di un bacio?
-Ehi, andiamo sul personale...- protestò un
altro.
-Qual è la penitenza?
-Dunque dunque, se non
rispondi dovrai rimanre per un minuto sulle ortiche.
-Certo che sei perfida- replicò Saul - Sì, l'ho
fatto.
-Uoooo!
-Sì, sì, ho capito. Ora tocca a me. Alan,
obbligo o verità?
-Verità.
-Mm...hai mai pensato a Ingrid come
ragazza?
-No, però la tua amica Vera ha un sedere niente
male- disse lui a Ingrid, beccandosi una gomitata -Hh, vediamo...Palmira,
obbligo o verità?
Juan e Ramon lo guardavano un po' costernati: ma
si divertiva davvero a questi giochi?
-Verità.
-Ti taglieresti i capelli per il ragazzo della
tua vita?
Poteva sembrare una stupidaggine, ma quella
ragazza avrebbe ucciso per i suoi capelli...Una domanda del genere era quindi
terribilmente seria per lei.
-Assolutamente no!
-Ok, calmanti.
-Io sono calma. Ingrid.
-Sì?- rispose lei facendo un sospiro di
esasperazione.
-Obbligo o verità?
-Tanto per fare l'originale, obbligo, ma voglio
sapere anche la penitenza.
-Bene- lo sguardo di Palmira non prometteva
nulla di facile -l'obbligo è baciare Juan in bocca...
Tutti si voltarono verso l'interessato che era
rimasto a bocca aperta.
-...la penitenza è toglierti la maglietta
rimanendo in reggiseno.
Gli altri cominciavano a bisbigliare, mentre i
due erano evidentemente a disagio.
-Allora- incalzarono -non abbiamo tutta la
sera.
-Va bene, ho capito- sospirò, poi rispose
-Obbligo.
Fischi e boati si alzarono.
-Perfetto!- sentenziò Palmira - alzatevi e
tenendovi per mano baciatevi per dieci secondi...
-Solo dieci? Perché non venti?- chiese con
sarcasmo Ramon.
-Sì, giusto, fate venti secondi- propose
Saul.
Victorino si beccò un'eloquente occhiata dalla
sorella.
Juan, stufo degli incitamenti, si
alzò tese la mano a Ingrid per aiutarla.
Lei la afferrò e si tirò su. Dopo un attimo di
esitazione, si strinsero entrambi le mani.
-Dai, i secondi ve li contiamo noi.
I due annuirono e, dopo un sospiro, si
avvicinarono.
Durante il bacio non volava una mosca, sembrava
che il tempo si fosse fermato e che ci fossero solo loro due.
-3...2...1- contati, Alan diede senza farsi
vedere un leggero calcio a Juan, che si staccò immediatamente.
Partì un fischio, seguito da degli applausi.
Ingrid stava morendo di vergogna. Juan, dal canto suo, faceva finta di
niente.
Si sedettero e continuarono il gioco, ma per
poco.
Infatti ad un certo punto Ramon
irruppe:
-Ok, basta coi giochi idioti, adesso sentiamo un
po' di musica.
Alan prese la chitarra già accordata e diede dei
fogli a Ingrid.
-Che ci dovrei fare?
-Cantare.
-Cantare? Chi, io? Ma non ci pensare
nemmeno...
-Avanti, vogliamo sentirti. Ci starai a fare
qualcosa in quella compagnia...
-Sì, certo, così dopo mi ridete in
faccia...
Tutti si misero a spergiurare che non lo
avrebbero mai fatto.
Alan, soddisfatto di aver raggiunto il tuo
scopo, cominciò a suonare.
Dopo essersi schiarita la voce, Ingrid
cominciò:
-Se un giorno mi
innamorassi di te
griderei fino a farmi sentire
fino a svegliarti per
farti capire
che sono qui...
Se un
giorno mi innamorassi di te
ti darei la mia parte peggiore
per capire se
oltre il dolore
restiamo noi...
Amore che non sa parlare,
amore che
non sa gridare,
amore che non sa spogliarsi
perchè ha paura quando c'è,
amore che si nasconde
come un bambino che si confonde,
amore che si
stanca
e se ne va da un'altra parte
questo amore fatto proprio come
te...
Erano tutti incantati dalla sua voce. E poi
cantava con una tale naturalezza...come se non fosse nata per altro che per
questo. Juan se ne rendeva conto più di tutti e Ramon e Alan con lui. Perché
anche loro avevano qualcosa che amavano profondamente e a cui non avrebbero mai
rinunciato.
-Ti pregherei di non dirmelo mai
se
mi vuoi bene o se mi ami,
lo scopriremo insieme ma non me lo dire,
non
dirlo mai...
Amore che non sa parlare,
amore che non sa gridare,
amore che non sa spogliarsi
perchè ha paura quando c'è,
amore che si
nasconde
come un bambino che si confonde,
amore che si stanca
e se
ne va da un'altra parte
questo amore fatto proprio come te...
Dimmelo tu che posso fare
in questo cielo da
inventare,
forse già sono innamorata
ma ho paura come te,
amore che
si nasconde
come un bambino che si confonde,
amore che si stanca
che tradisce che ti manca
questo amore
fatto proprio come noi
adesso mi puoi capire
non ho nient'altro più da
dire
se tutto questo ti può servire
puoi scoprire dentro te
che mi
senti che mi cerchi e che ci sei...
Mentre
le note sfumavano, tutti applaudivano, uno più meravigliato
dell'altra.
Ingrid,
sollevata di non aver fatto brutte figure, sorrise
ringraziando.
-Io vado
a casa- disse Ramon alla sorella.
-Ah, va
bene, andiamo.
-No,
vado io, tu resta se vuoi, basta che dopo ti accompagni o Juan o
Alan.
-Non ti
preoccupare, ci pensiamo noi- lo rassicurò Pascal.
-Ok. Buonanotte- salutò e se ne andò.
Rimasero
solo un altro po'. In breve tutti si decisero a ritornare a
casa.
-Sentite- disse Alan a Ingrid e Juan -io sono un tantino stanco,
corro a dormire. Potete andare da soli?
-Certo-
dissero all'unisono, per poi scambiarsi una fugace
occhiata.
-Bene.
Ci vediamo domani!- e anche lui corse via.
-Ok-
sospirò il ragazzo - vogliamo andare.
-Sì.
E
s'incamminarono, soli e avvolti nella notte.
continua...
N.d.A.
la canzone è "Amore che" di Serena Rossi.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
ayer...
CAPITOLO 5
-Ok-
sospirò il ragazzo - vogliamo andare?
-Sì.
E
s'incamminarono, soli e avvolti nella notte.
Mancava ormai poco al paese, quando Juan ruppe
il silenzio imbarazzante che si era creato.
-Tu hai sonno?
-No...non molto.
-Io pensavo di stare ancora un po' fuori...vuoi
farmi compagnia? Credo sia meglio che rorolarsi nel letto insonni.
-Veramente...
-Oh, sì scusa: magari i tuoi si
preoccupano.
-No, no, a quest'ora già staranno dormendo.
Basta che stia con uno di voi tre e stanno tranquilli.
-Ma?
-Ma niente, stavo dicendo che mi farebbe piacere
rimanere con te.
-Ah, ok. Allora andiamo.
Girarono a destra verso il prato dove da piccoli
giocavano insieme. Lì Ingrid fu felicemente sorpresa di trovare una cosa che
neanche si ricordava ci fosse: il masso accostato al grande albero. Da bambini
lo ritenevano come un trono e facevano a gara per sedercisi sopra e alla fine ci
stavano tutti e quattro. Ma ora... beh, essendo cresciuti, non ci si sarebbero
potuti sedere in più di due. Giust'appunto.
-Quello non me lo ricordavo- disse lei
indicandolo.
-Dai! Ti sei scordata del masso? Ma non lo sai
che è un crimine?
-Smettila!- rispose dandogli un
leggero pugno.
Si diressero verso la 'sacra
reliquia'.
-E così Alan ti ha incastrato a cantare- Juan
si sedette sul masso a cavalcioni con la schiena appoggiata al fusto
dell'albero.
-Già. Ha una mente diabolica, non so cosa
sarebbe capace di fare.
-Ma siamo sicuri che eri davvero tu a cantare?
Non è che eri in playback?
-Quanto sei bastardo!- ribatté la ragazza
cercando di colpirlo con la mano, ma lui gleila afferrò prima.
-Che sarei io?
-Un bastardo!
Le tirò la mano, facendola avvicinare e sedere
di fronte a lui, e gli cinse il collo con un braccio.
-Come scusa?
Ingrid sorrise, sicura di non essere vista
poiché gli dava le spalle.
-Un bravissimo ragazzo...
Juan rise, facendole appoggiare la schiena
contro il suo petto, sempre tenendo il braccio dov'era.
Passò un'interminabile attimo di silenzio, senza
che nessuno dei due si muovesse. Poi lui sussurrò:
-Sono felice che tu sia tornata.
A quelle parole la ragazza appoggiò il capo,
rimasto fino ad allora rigido, sulla sua spalla, rilassandosi
completamente.
-Sono contenta di essere tornata.
Inaspettatamente il ragazzo le diede un bacio
sulla guancia. Non era il bacio di quella sera alla festa del paese. Era più
timido, ma allo stesso tempo più esplicito, dolce e tenero. Nello stesso tempo
con l'altro braccio le aveva cinto la vita e l'aveva attirata di più a sé. Lei,
per tutta risposta, alzò una mano per accarezzargli la guancia, poi la lasciò
cadere su quella di lui intrecciando le dita con le sue.
Rimasero così per un po', mentre Juan continuava
a darle piccoli e innocenti baci sulle guance e sulla fronte. Ma ad un certo
punto la sentì tremare.
-Hai freddo?
-No, è solo un po' di vento.
Senza aggiungere altro la aiutò a girarsi su un
fianco per potersi accucciare meglio al suo petto, per poi circondarla
nuovamente con un braccio, mentre con l'altra mano stringeva quella della
ragazza. Stavolta fu lei a dargli un bacio sulla guancia per
rigraziarlo; poi chiuse gli occhi.
Juan non riusciva a non guardarla: nonostante il
buio, riusciva a distinguere ogni tratto di quel viso perfetto al momento
rilassato e con ciò non poteva che pensare a quel bacio dato per costrinzione di
uno stupido gioco, o idiota, che dir si voglia, ma vissuto fino in fondo da
entrambi. Lo scambio di un messaggio che estingueva ogni dubbio esplicitando
quello che il cuore deve spesso tenersi per sé tenuto a bada dalla
ragione.
Inpaziente di ripetere il gesto, ma rispettoso
nei confronti di chi aveva tra le braccia, avvicinò le labbra a quelle di
Ingrid, accalorandosi al contatto.
Si allontanò poi quel poco per vedere la ragazza
aprire gli occhi, fissarlo un attimo, richiuderli e farsi avanti per il suo
turno. Quella volta oltrepassarono il confine delle labbra, ripetendo
l'esperienza della sera appena passata.
Si erano decisi ad andare a dormire, anche
perché Juan si preoccupava che i genitori di Ingrid si preoccupassero
troppo.
Raggiunsero la casa di lei.
-Bene... allora buonanotte.
-Buonanotte.
Si baciarono.
-Ci vediamo domani.
-A domani.
Un altro bacio.
-Adesso però andiamo a letto, ok?- disse
sorridendo Ingrid.
-Ok. Sogni d'oro.
Ultimo bacio.
La ragazza andò alla porta, la aprì, rivolse uno
sguardo a Juan ed entrò.
Il ragazzo, allo scatto della chiusura, si passò
una mano fra i capelli e sospirò.
Era successo.
continua...
N.d.A: A Hikarisan: eccoti svelato ciò che
succede. Lo so, è 1 po' cortino, ma cercherò di continuare il più presto
possibile. Baci V@le
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
ayer...
CAPITOLO 6
Ingrid aprì lentamentre gli occhi, per poi
richiuderli stiracchiandosi. Sbadigliando, ripensò al sogno che aveva fatto: lei
e Juan, l'una tra le braccia dell'altro, sul masso, avvolti dal
buio...
Si alzò, strofinandosi le mani sul viso per
svegliarsi. Poi con un dito si sfiorò le labbra. Sorrise.
Non era stato un sogno. Si vestì serenamente,
per poi raggiungere i genitori già svegli in cucina.
-Buongiorno cara- la salutò amabilmente la
madre.
-Buongiorno!- esclamò lei prima di darle un
bacio sulla guancia -Buongiorno papà!- disse poi abbracciando da dietro il
genitore seduto.
-Buongiorno piccola. Sei proprio di buon umore
stamattina.
La ragazza gli sorrise mettendosi a tavola.
-Oggi devo andare nel paese qui vicino a
prendere un po' di cose da tuo zio. Vorrei che mi accompagnassi.
-Va bene. Mamma, se passa Alan per gli esercizi
glielo dici tu che sono via?
-Certo, cara.
-Bene- concluse il capofamiglia -appena finita
la colazione andiamo.
Terminato il pasto, uscirono.
Appena la porta si chiuse dietro di loro, Ramon
entrò lentamente nella stanza sbadigliando.
-'Giorno, mamma.
-Buongiorno, caro- rispose lei mentre gli
serviva la colazione in tavola.
-Papà dov'è?
-Lui e Ingrid sono andati da vostro zio per
andare a prendere certe cose.
-Ah- sbuffò disinteressato cominciando a
mangiare.
-Ingrid per caso ti ha detto di cosa ha parlato
con la sua amica Nelly ieri?
-Huando sci hono harhate?
-Inghiottisci prima di parlare, per
favore.
Il ragazzo deglutì.
-Quando si sono parlate?
-Ieri al telefono.
-Ah. Comunque no, non mi pare mi abbia detto
niente. Perché?
-Stamattina è allegra come una pasqua, pensavo
fosse per qualcosa che si sono dette... ieri sera era così
pimpante?
-No, non mi pare.
-Oh, beh, tanto meglio se si diverte
qui.
La mattinata era passata velocemente. Forse
perché era contenta di aver rivisto lo zio e i cugini, o semplicemente perché
non pensava ad altro che alla notte precedente.
Era pomeriggio e Ingrid stava tornando a casa
col padre. Che sembrava voler dire qualcosa. Lei aspettava; non aveva fretta di
sapere. In ogni caso la spiegazione arrivò presto.
-Ingrid.
-Sì?
-Vorrei discutere con te di una
cosa.
-Va bene.
-Io mi rendo conto che sei ancora giovane e
comunque tanto impegnata per pensarci, ma vorrei parlartene lo
stesso.
-Ok.
-Io ti considero una ragazza matura e
responsabile e in questi giorni mi sto rendendo conto che lo sei. Quindi nel
caso tu trovassi qualcuno mentre stai in compagnia, io mi fiderei, nel senso che
so che non ti andresti a mettere con un ragazzaccio.
-Certo.
-Ma quando comincerà a trattarsi di storie più
serie, sì insomma, che potrebbero andare a sfociare in...
-...matrimonio?
-Esatto. In quel caso, io sinceramente
preferirei vederti con uno dei nostri, con un argentino intendo. Ancora meglio,
uno che conosciamo.
-Tipo?
-Tipo...non lo so...qualcuno tipo Juan Diaz.
Ecco: lui è un bravo ragazzo che sicuramente ha una carriera davanti. Qualcuno
come lui: bravo e in grado di poterti garantire sicurezza per il
futuro.
-E' un po' presto per parlare di matrimonio, non
ti pare?
-Sì, ma a settembre ritornerai dal fratello di
tua madre e non so quando avremo l'occasione di parlare ancora di queste
cose.
-Capisco. Non ti preoccupare. Ne terrò
conto.
-Grazie, piccola.
La ragazza sorrise davanti alla preoccupaione
del padre. Certo, sarebbe stato davvero difficile ripartire.
-Non ci posso credere.
Alan fissava la faccia contrariata di Ramon per
nulla turbato.
-Ma andiamo, lo sapevamo tutti e due che prima o
poi sarebbe successo- cercò di calmarlo -anzi, ha avuto un bel coraggio Juan a
raccontartelo.
-Sì, proprio un bel coraggio. Sai cosa gli avrei
fatto a tutti e due se l'avessi visti?
-Un bel niente. Senti, si piacciono, lo sanno
tutti i ragazzi del paese. E' normale che vogliano provare a stare
insieme.
-Alan, ma non capisci!- Victorino cominciava a
scaldarsi -Ingrid deve ritornare in compagnia a settembre: cosa
faranno?
-Ma questo è un problema loro. E poi che ne sai
che non possa funzionare come storia a distanza?
-Non funzionerà perché se uno diventa calciatore
e l'altra cantante, non so chi dei due farà prima le corna.
-Certo che hai una stima per tua sorella e per
il tuo migliore amico...
-E' una di quelle storielle adolescenziali che
finirà in un mare di lacrime e io non voglio vedere Ingrid
soffrire.
-Ma chi ti dice che soffrirà...
Pascal si zittì vedendo arrivare l'oggetto della
discussione.
-Ciao ragazzi.
-Ciao Ingrid- rispose Ramon scuro.
-Che c'è?
-Ecco- iniziò Alan cercando il modo migliore per
non far litigare nessuno -Juan ci ha detto, generalmente eh, quello che è
successo ieri notte.
Per un attimo la ragazza rimase a bocca
aperta.
-Oh...bene- disse poi -è giusto che ve ne abbia
parlato. Ma che cos'hai allora tu?- chiese al fratello.
-Non gli sta bene- spiegò Alan.
-Ramon- sospirò lei -cosa c'è che non va? Perché
non ti sta bene?
-Perché tu riparti a fine estate.
-Uffa! Guarda che lo so, non c'è bisogno che me
lo ricordi, ma non è una scadenza. Potrebbe anche durare.
Ramon si allontanò.
-Certo; e per quanto? Due, tre mesi? Già sei
triste di non poter restare in Argentina: se finisse, ti butteresti giù, e io
non voglio vederti in quello stato.
Passò un momento di silenzio, poi Ingrid si
piazzò davanti al fartello, prendendogli un braccio.
-Ramon...
Lui si voltò da un'altra parte.
-Anch'io ho paura che non funzioni, ma se non
proviamo non lo sapremo mai. Che dici?
Il ragazzo non si mosse. Le dita della ragazza
si strinsero leggermente intorno all'arto.
Alan assisteva alla scena tranquillamente,
quando si voltò nella direzione in cui aveva sentito calciare un pallone,
trovando Juan.
Anche gli altri due si accorsero.
-Promettimi che starai attenta- disse
all'improvviso Ramon dopo un lungo attimo di calma.
Al momento Ingrid interpretò quelle parole, poi
gli sorrise e lo abbracciò.
-Grazie, grazie, grazie!
-Promettimelo.
-Te lo prometto- disse frettolosamente
sciogliendo l'abbraccio e dandogli un bacio sulla guancia.
Poi si diresse verso Juan.
Alan e Ramon videro parlare lei, poi lui a testa
bassa mentre si rotolava la palla tra i piedi, poi ancora lei con un mano che
torturava l'altra, di nuovo lui che si voltava da una parte e infine lei che,
dopo quelle ultime parole che da lontano avevano l'aria di un ultimatum anche se
non udite, si allontanava.
I due ragazzi videro Juan guardarli con
l'espressione di chi non sa che fare.
Erano passati tipo venti minuti. No, forse di
più. Forse una buona mezz'ora.
Le parole della ragazza gli rimbombavano in
testa.
-Io ci voglio provare, Juan.
Pensaci.
Ecco cosa gli aveva detto. Avevano paura tutti e
due che non andasse bene, eppure lei voleva tentare. Non rinunciava per il
problema della distanza, anche se non era un problema trascurabile.
Voleva dire che lei ci teneva. E
tanto.
E lui, quanto ci teneva?
Era questa la domanda a cui aveva cercato di
rispondere in quei trenta minuti, non trovando risposta. Ma almeno una decisione
l'aveva presa.
Trovò finalmente Ingrid. Si era andata a sedere
dietro una piccola collina e faceva quel gioco a lei congeniale di strappare
l'erba e lasciare i fili al vento.
Con cautela le si sedette accanto. Lei
neanche lo guardò, fingendosi troppo impegnata a giocare.
Juan si rotolava il pallone tra le
mani, fissandolo come se quell'oggetto così prezioso per lui potesse aiutarlo
anche in quella situazione.
Fece un respiro profondo e finalmente
parlò.
-Ci voglio provare anch'io, Ingrid.
Per un attimo tutto fu calmo, poi la ragazza si
alzò e se ne andò nella direzione in cui erano rivolte le sue
spalle.
Accidenti. Adesso che aveva fatto di
male?
Sbuffò.
Stava pensando di andare a fare qualche altro
tiro con lapalla, quando si sentì abbracciare da dietro.
-Lo sapevo che avresti detto di sì!- esclamò
Ingrid dopo averlo baciato sulla guancia.
Juan rise senza farsi vedere, per poi
trascinarla per un braccio sulle sue gambe e
abbracciarla.
Ne avrebbero viste di belle
quell'estate.
continua...
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
ayer...
CAPITOLO 7
-Qua devi tenerti bassa.
-E invece ti dico che posso alzare il
tono.
-Non ci riesci.
-Sì che ci riesco!
Alan e Ingrid che litigavano sugli spartiti
erano uno spettacolo. Juan e Ramon si divertivano un mondo a
guardarli.
-Ok. Se la metti così io non canto- la ragazza
incrociò le braccia sul petto imbronciata.
-Ma come 'non canto'?
-Se non so come la devo fare non riesco a
cantarla.
-Certo che sei impossibile...
-Ah, io sono quella impossibile? Va bene, allora
vatti a mettere vicino a mio fratello che qua non ti voglio.
Il tono era autoritario, ma la faccia lasciava
intendere che stava scherzando.
-Ah sì? Ok, ti lascio col tuo ragazzo
visto che ci tieni tanto.
Mentre Alan fintamente imbronciato
'attraversava' lo stretto corridoio dell'autobus per spodestare Juan, Ingrid gli
fece la linguaccia, al che i due spettatori risero.
-Certo che tua sorella ha un caratterino...-
disse Pascal a Ramon.
-Tutta colpa di Diaz!- rispose lui alzando il
tono di voce per farsi sentire dall'interessato, che rispose
sarcastico:
-Ehi, gentile da parte tua.
-Begli amici che ti sei fatto- sentenziò
Ingrid con una faccia falsamente seria -dove te li sei andati a trovare? Li hai
vinti alla pesca della fiera?
-Ehi tu, vacci piano, chiaro? Sennò poi ti
faccio vedere io...- minaccio scherzosamente Victorino col dito puntato alla
sorella, il quale rispose con un'altra linguaccia.
Deciso di comune accordo che l'ora degli scherzi
era passata, optarono per un po' di riposo.
Erano sull'autobus delle 22 per Buenos Aires. La
mattina presto sarebbero arrivati a casa del cugino di Alan che li aveva
invitati per una settimana al mare.
Ramon si era addormentato per ultimo. Poco prima
infatti era occupato a guardare Ingrid e Juan, la prima appoggiata al petto del
secondo, sereni e rilassati.
Era preoccupato. Fino ad allora era andato tutto
bene, ma non si sentiva ancora sicuro. Eppure aveva lo strano impulso di dar
loro fiducia. Di solito il suo istinto risultava infallibile. Di solito.
Scesi alla fermata e presi i bagagli,
s'incamminarono verso la casa del cugino di Alan.
Passarono per una strada abbastanza trafficata,
in cui passeggiavano molti giovani. Al passaggio di Ingrid qualche ragazzo si
voltò, probabilmente più interessati alla sua scollatura o al suo sedere che al
suo viso, e ciò rendeva Juan non poco nervoso. Rischiò di scoppiare quando uno
sui vent'anni accerchiato da qualche amico si voltò verso di lei
dicendole:
-Ehi, carina, certo che sei messa bene. Vieni a
farti un giro con me?
Dopo averlo fulminato con lo sguardo, Diaz aveva
preso Ingrid per mano e l'aveva trascinata via, mentre Alan tratteneva Ramon che
sembrava voler pestare l'intraprendente ragazzo.
Arrivarono a destinazione. Era una spaziosa
villa con un bel giardino che li fece rimanere a bocca aperta. Cesar andò
incontro al cugino Pascal salutando con una certa altezzosità priva però di
presunzione.
-Oggi devo stare fuori tutto il giorno, ma
stasera io e Ester avevamo intenzione di portarvi fuori a cena. Ci sono
problemi?
-No, va benissimo. Passeremo il tempo a giocare
a calcio.
-Perfetto, usate il campo dietro la casa quanto
volete.
Ramon e Juan erano sbalorditi: aveva addirittura
un campo da calcio!
Furono accompagnati tutti alle loro camere:
Pascal e Diaz avrebbero dormito in una stanza, fratello e sorella invece in
un'altra.
Cesar uscì e i ragazzi passarono la giornata
come programmato. Ingrid ne approfittò per esercitarsi con delle nuove canzoni
che Nelly le aveva spedito.
Quando la sera incombeva decisero di andare a
prepararsi.
Le note riempivano la stanza. Cesar ascoltava la
melodia che stava suonando a occhi chiusi, per poterla assorbire completamente.
Appena terminò il pezzo, sentì qualcuno battere
le mani. Guardò verso le scale e vide Ingrid che applaudiva
sorridente.
-Sei bravissimo.
-Grazie. Come siamo eleganti- rispose lui
rimirandola.
La ragazza indossava una gonna lunga sul
rossiccio, una maglietta nera, degli stivali alti e un foulard scuro al
collo.
-Una volta tanto è il caso che mi vesto
bene.
-Stai benissimo. Gli altri tre?
-Ancora di sopra. E si dice che sono le donne le
ritardatarie.
Cesar rise.
-Ester non è ancora arrivata?
-La passiamo a prendere. Credo che ti troverà
simpatica e poi lei adora le cantanti.
-Non mi posso definire una cantante, non ancora,
diversamente da te che puoi essere chiamato ballerino. Alan mi ha detto che sei
bravissimo
-Adoro ballare, soprattutto il tango con Ester.
E' come essere in un'altra dimensione, dove si racconta solo la storia di voi
due. E' fantastico- il ragazzo sorrideva radiosamente parlando della sua
fidanzata.
-So cosa intendi.
-Tu hai mai ballato con Juan?
Ingrid per un attimo fu presa alla
sprovvista.
-S-sì. Ma ancora non stavamo
insieme.
-E' da poco che siete una coppia.
-Sì.
-Sembra comunque che vi vogliate un gran bene.
E' bello vedere che è così.
Lei rispose con un sorriso.
Intanto finalmente i ritardatari arrivavano.
Juan rimase per un attimo incantato dalla sua ragazza, poi la raggiunse insieme
agli altri.
Il ristorante dove Cesar li aveva portati era a
dir poco di lusso. Una fantastica orchestra suonava sul un piano rialzato
davanti a una frazione di pavimento libera usata come pista da
ballo.
Ester all'apparenza sembrava una ricca snob, ma
invece era una simpatica e modesta ragazza disponibilissima coi ragazzi ed
estremamente intenerita de Ingrid e Juan.
-...formate proprio una bella coppia. Chissà
come vi siete messi insieme.
Purtroppo era un tantino pettegola.
-Ester, lasciali in pace, li metti in
imabarazzo- la ammonì sorridendo Cesar.
-Ok, ok, come vuoi. Vorrà dire che ne parleremo
io e Ingrid in privato- ammiccò lei alla giovane.
-Ehi- intervenne Alan con l'orecchio teso
-questa musica la conosco.
-Sì, anch'io...- Ingrid si voltò verso i
musicisti -questa è la Cumparsita.
-Ti intendi di tango?- chiese
Ester.
-Non molto, ma questa la adoro.
-Dai, Cesar, fateci vedere come ballate-
risprese Pascal.
-No, no, non è il caso.
-Avanti.
-Per favore.
Dopo un po' cedettero. Scesero in pista e
cominciarono a ballare.
Ingrid li fissava incantata. Erano bravissimi.
Avevano un'intesa straordinaria...beh, d'altronde, essendo
finanzati.
Chissà se anche lei e Juan un giorno... scosse
leggermente la testa. Non doveva intristirsi, non in
quell'occasione.
Si sentì pizzicare la guancia. Si voltò e vide
suo fratello.
-Ehi, tutto ok?
Lei si limitò ad annuire con un
sorriso. Perché preoccuparsi? Ora come ora doveva solo
pensare a divertirsi.
Ritornarono alla villa abbastanza tardi e tutti
sembravano leggermente stanchi.
-Vieni un momento?- chiese Juan a Ingrid, mentre
Alan e Ramon entravano nelle rispettive camere.
-Dove andate?- chiese il fratello.
-Te la rubo per qualche minuto, te la riporto
subito- lo rassicurò l'amico trascinando per mano la ragazza.
La condusse un attimo sulla stanza la cui
portafinestra dava sul giardino.
-Beh, che c'è?
-No, niente di particolare. E' che non siamo
stati un attimo da soli oggi.
-Mmm- Ingrid si avvicinò e gli prese le mani
-non è che per quello che è successo stamattina...
-Cosa?
-Quando quel ragazzo mi ha parlato.
-Cosa? Io non sono geloso.
-Sì, va bene, ma comunque ti ha dato
fastidio.
Juan non rispose, ma seguitò a
guardarla.
-O no?- continuò lei.
-E' che...- sospirò distogliendo lo sguardo -tu
sei così carina che potresti avere qualunque ragazzo tu voglia e io ancora devo
capire perchè ti sei messa con me...
-A-a-a- lo ammonì mettendogli un dito sulle
labbra -non cominciare con la vecchia solfa 'non posso credere che una come lei
stia con uno come me'. Io non sono niente di speciale.
-Scherzi?
-Credimi, c'è di meglio. Ma non mi piace che tu
la pensi così: è come se credessi che possa andare con un altro tranquillamente
e quando voglio.
-Ma dai, lo sai che non è così. Io mi fido di
te.
-Sul serio?
-Certo. E' degli altri che non mi
fido.
Ingrid gli diece un leggero pugno sulla spalla,
che lui prontamente bloccò, per poi avvicinarla e abbracciarla.
-Ti ho già baciata oggi?- le sussurrò
all'orecchio.
-Sì, ma mi sacrifico volentieri.
Sorridendo, Juan sciolse l'abbracciò e la baciò
dolcemente. Poi, abbracciati, salirono in camera.
continua...
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
ayer...
CAPITOLO 8
-Oh, sì, questo è un vero falò- sentenziò Ramon
vedendo il grande fuoco muoversi producendo strane ombre sulla
sabbia.
I quattro amici per l'ultima sera a Buenos Aires
avevano deciso di passare la notte sulla spiaggia.
Il vento soffiava leggermente e il rumore delle
invisibili onde era estremamente rilassante.
Si sedettero sui tronchi attorno alla fiamma e
Cesar arrivò poco dopo con la cena. Ester non aveva potuto partecipare per un
impegno.
-Spero che vi siate divertiti.
-Tantissimo. Ma è pur ora di tornare a
casa.
-Che programmi avete per il futuro?
Alan rispose per tutti:
-Noi tre torneremo
sicuramente a giocare a calcio. Ingrid...
Un attimo di silenzio.
-Io torno in compagnia a settembre- terminò
lei.
-Oh, sì, ne ho sentito parlare- disse Cesar
-dicono che Nelly è un fenomeno.
-Fenomeno è dir poco se la vedi gestire una
compagnia alla sua età.
-Giusto. Ma com'è come persona?
Anche Ramon, Alan e Juan tesero le orecchie:
ormai era tanto che sentivano parlare di quella Nelly, senza sapere nemmeno
com'era fatta.
-Beh, lei... è infantile, del tutto pazza, fa
tutto il contrario di quello che dice, è totalmente irrazionale ed è capace di
farti vergognare anche della più piccola cosa... ma è anche gentile, generosa,
onesta, fa anche l'impossibile per aiutarti, ti sta vicino e pensa prima agli
altri che a sé stessa.
-Una brava direttrice di compagnia, insomma.
-Sì, una bravissima direttrice di
compagnia.
Diaz guardò la ragazza sorridendo: a quanto
pareva, ci teneva all'amicizia di quella ragazza.
Intanto Pascal aveva tirato fuori la
chitarra.
-No, Alan, su...
Non era possibile che la incastrava
sempre.
-Oh, insomma, ti devi esercitare, no? Mica
canterai per sempre davanti a una sola persona... su, questa la
conosci.
Cominciò a suonare e anche Juan e Ramon
riconobbero quella melodia: era la ninna nanna che le madri cantavano loro da
piccoli.
Ingrid, dopo aver deglutito, diede una falsa
occhiataccia all'amico e cantò:
-A la nanita nana nanita ella nanita ella
Mi niña tiene sueno bendito sea, bendito sea...
A la nanita nana nanita
ella nanita ella
Mi niña tiene sueno bendito sea, bendito sea...
Fuentecita que corre clara y sonora
Ruiseñor que en la selva cantando llora
Calla mientras la cuna se
balansea
A la nanita nana, nanita ella...
A la nanita nana nanita ella nanita ella
Mi niña tiene sueno bendito sea, bendito sea...
Fuentecita que corre clara y sonora
Ruiseñor que en la selva cantando llora
Calla mientras la cuna se
balansea
A la nanita nana, nanita ella...
Al termine della melodia applaudirono. Diventava
ogni giorno più brava; si sentiva. Sicuramente avrebbe realizzato il suo
sogno...che probabilmente l'avrebbe tenuta lontana da casa.
La strada sconnessa finalmente aveva lasciato
posto ad una più ben fatta, evitando i soliti forti scossoni.
Nell'autobus regnava il silenzio. Dormivano
tutti tranne un ragazzo in fondo che stava fissando la persona che riposava
beatamente appoggiata al suo petto.
Le accarezzava delicatamente i capelli e ogni
tanto le dava un leggero bacio sulla fronte.
Non c'era niente da fare. Ogni volta che
cercavano di non pensare alla loro prossima separazione, qualcuno tirava fuori
il discorso e si ributtavano giù.
Entrambi si rassicuravano di non preoccuparsi,
ma in realtà non pensavano ad altro. Avevano a disposizione troppo poco
tempo.
Juan sospirò. Lo aveva capito: non era una
semplice cotta, una cosa che quando finisce finisce. Stava male solo al pensiero
di saperla lontana da sé. E sapeva che anche per lei era la stessa cosa.
O almeno ci sperava.
-Tanti auguri, Ingrid!
La ragazza si lasciò baciare dalla madre come
augurio di buon compleanno.
-Grazie, mamma.
-Sono contenta che tu abbia potuto festeggiare
qui almeno una volta.
-Sì anch'io. Buongiorno, Ramon- salutò il
fratello che entrava nella stanza per la colazione.
-Buongiorno- baciò sulla guancia la madre, poi
toccò a Ingrid.
-Auguri, sorellina.
-Auguri anche a te.
Si sarebbe detto che fossero stati gemelli
eterozigoti, invece c'era un anno di differenza, benché incredibilmente nati lo
stesso giorno.
-Che programmi avete per oggi?
-Il pomeriggio penso che usciremo come al
solito.
-E stasera?
-Io ho da fare- disse subito la
ragazza.
-Io non so, dopo vedo.
-Va bene, ma non fate tardi.
-Sì, mamma.
Il pomeriggio i ragazzi del paese avevano
preparato una sorpresa ai fratelli e avevano festeggiato. Per cena erano
ritornati a casa.
Per le strette condizioni economiche, i loro
genitori non si potevano permettere regali costosi, ma i loro doni fatti a mano
vennero accettati con entusiasmo, soprattutto dalla figlia: già stare lì per il
suo compleanno era tanto.
Avevano appena finito di lavare i piatti, quando
qualcuno bussò alla porta.
Ramon andò ad aprire, ritrovandosi davanti
Juan.
-Ingrid, è per te!
-Vengo!
Preso qualcosa per coprirsi, la ragazza salutò i
genitori e raggiunse il suo ragazzo.
-Ci vediamo dopo- disse al
fratello.
-Ok. Non fate le ore piccole.
-Sì, papà- cantilenarono lei e Diaz
insieme.
-Spiritosi- ribatté lui chiudendo la
porta.
Finito di prenderlo in giro, si presero per mano
e si allontanarono, dirogendosi verso il masso.
-E' già passato un mese- sospirò lui sedendocisi
sopra.
-Sì... è volato.
Esattamente un mese prima sul quel masso i due
avevano passato una delle notte più magiche mai vissute.
-Ingrid, per il tuo compleanno...- il ragazzo
tirò fuori dalla tasca qualcosa di scuro che sembrava fatto di tessuto -ecco,
tieni- glielo porse non sapendo come altro dire.
Lei prese l'oggetto in mano e lo dispiegò,
vedendo che si trattava di un guanto di pizzo nero a mezze dita.
-Juan...ma dove...
-L'ho trovato in un baule di vecchie cose. A
quanto mi risulta era di mia nonna. Ho pensato che avrebbe potuto farti
piacere.
Rimirando ancora l'accessorio, Ingrid si sedette
sulle sue ginocchia.
-E' bellissimo, grazie- disse per poi baciarlo a
fior di labbra e indossare il regalo.
-Mi faresti una promessa?
-Certo.
-Promettimi che lo indosserai sempre quando
canterai.
-Veramente io...
-Mi rendo conto che le cose non potrebbero
andare bene, ma io ci tengo. Voglio che tu sappia che hai il mio sostegno per il
tuo sogno, come io ho il tuo per il mio.
La ragazza sorrise.
-Te lo prometto. Ma dobbiamo smetterla di
pensare a quando rispartirò. Non possiamo goderci il tempo che ci
resta?
-Sarebbe bello...
La loro attenzion si volse a dei suoni che
provenivano dall'altra parte della collina, dove stava il paese
vicino.
-Deve essere la fiera. Certo che non si
preoccupano di tenere il volume basso...
Dopo qualche attimo, Juan si alzò e, appostatosi
davanti a Ingrid, le tese una mano.
-Mi concede l'onore di questo ballo?- disse con
voluta goffaggine.
-Eddai, non scherzare...
-Dico sul serio.
-Ma è un tango e non lo sappiamo
ballare.
-Ma il tango argentino non si basa
sull'improvvisazione?- chiese lui avvicinandolesi.
-Sì, ma ci vuole anche il senso del ritmo, una
buona intesa con il partner...
-E allora che ci manca? Dai, su, è solo una
prova e lo so che ti piacerebbe tentare almeno una volta.
Ingrid rifletté, asfissiata dallo sguardo
insistente del ragazzo.
-Va bene.
-Grazie della concessione- sussurrò con ironia
lui facendole fare una giravolta per poi attirarla a sé facendo aderire il
proprio bacino al suo.
Cominciarono a muoversi, incuranti dei passi,
trasportati solo dalla musica.
Dopo un po', esausti, si abbandonarono sul
prato. Ingrid gli si avvicinò e si appoggiò a lui.
-Juan.
-Dimmi.
-Ti voglio bene.
Gli occhi dal cielo si spostarono sul viso della
ragazza, che aggiunse:
-Ti voglio bene sul serio.
Passò un attimo di silenzio, poi...
-Ti voglio bene anch'io, Ingrid. Sul
serio.
continua...
N.d.A. La canzone è tratta dalla colonna sono ra del film "Cheetah Girls 2"
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
ayer...
CAPITOLO 9
-Ciao, piccola. Mi raccomando, stai
attenta.
-Sì, papà- rispose Ingrid abbracciandolo, per
poi fare lo stesso con la madre -ciao, mamma.
-Mi mancherai tanto, tesoro.
-Anche tu.
Separatesi, la ragazza sventolò la mano in aria
e seguì i tre che l'accompagnavano.
Arrivarono alla fermata dell'autobus diretto a
Buenos Aires. Il veicolo era un po' più in là, concedendo la tranquillità che
necessitano i saluti.
-Ok. Ci siamo- sentenziò Alan, avvicinandosi
all'amica -stammi bene.
-Anche tu- rispose lei ricambiando
l'abbraccio.
Ramon guardava la scena con la valigia della
sorella ai piedi. Quanto si vedeva che le sarebbe mancato da morire quel
posto.
Ingrid si voltò lentamente verso Juan e avanzò
un poco verso di lui.
Si guardarono per un infinito attimo negli occhi
e quelli di lei cominciavano a diventare lucidi.
-Troveremo il modo- disse quasi a convincere non
il ragazzo ma sé stessa.
-Certo.
Alla sua voce la ragazza abbassò il capo per
nascondergli la contrazione dei muscoli del suo viso, ma Juan vide ugualmente le
lacrime.
-Oh, avanti...- sussurrò attirandola a sé
dolcemente -ci rivedremo presto, ok?
Come risposta sentì solo dei gemiti soffocati.
Ma poi lei risollevo la testa, dandogli la possibilità di baciarla.
-Ti voglio bene- le bisbigliò all'orecchio prima
di dargli un altro bacio sulla guancia.
-Anch'io ti voglio bene- fece lei sempre a voce
bassa.
Dopo un ultimo bacio sulla fronte, la lasciò
andare.
Fratello e sorella si avvicinarono all'autobus.
Caricato il bagaglio, venne anche il suo turno.
-Lo capisco che sei triste, ma sta sicura che vi
rivedrete prima di quanto immagini.
-Sì.
-A presto, sorellina.
Ancora un abbraccio.
E dopo un ultimo sguardo ad una certa persona,
Ingrid salì sull'autobus.
-Dunque, dunque... dov'era la stazione dei
taxi?
Ingrid era appena arrivata a Buenos Aires e
cecava disperatamente di ricordarsi dove poteva trovare un benedetto taxi che la
portasse all'aeroporto.
Stava per svoltare a sinistra,
quando...
-Ingrid!
La ragazza si voltò e non credette ai propri
occhi.
Una bella bionda di carnagione scura stava
correndo verso di lei.
-Nelly!
Si saltarono praticamente addosso.
-Che ci fai qui in Argentina? Pensavo che
dovessimo incontrarci al Plaza Hotel di Parigi...
-Piaz Hotel, qua a Buenos Aires. Vieni, stavo
giusto finendo di mangiare il dolce.
La guidò a un tavolino davanti a un bar. Si
sedettero.
-Meno male che ci sei tu. Mi stavo sentendo
tremendamente sola... aspetta- guardò sospettosa l'amica che si stava abbuffando
di torta.
-Cosa?
-Tu che mangi qualcosa fuori pasto...e poi
qualcosa di dolce...
-Ma va!
-No, dico sul serio... è successo
qualcosa?
-Qualcosa... praticamente niente.
Ingrid insisté con lo sguardo.
Allora Nelly mandò giù l'ultimo boccone
e:
-Ok, mi arrendo: ho due notizie, una buona e una
cattiva. Quale vuoi sapere per prima?
-La buona, ne ho bisogno.
-Bene. Il discografico &Co. vengono a
vederti domani pomeriggio, quindi hai tutto oggi e domani mattina per provare un
altro po'...
-No, no, frena: vengono? Domani? Vuoi dire che
sono qui solo per vedere me?
-Io oggi non ti seguo proprio. Guarda che il
discografico è proprio di Buenos Aires. Non è andato da nessun parte per
nessuno.
Alla ragazza le ci volle un po' per mettere
insieme i pezzi.
-Aspetta, vuoi dire che nel caso venissi
ingaggiata...
-...rimarresti qui in Argentina?! Sì,
esatto.
-Oh mio Dio!
In due secondi era saltata addosso all'amica e
ora la stava stringendo forte.
-Grazie grazie grazie!
-Ma di che? Non potevo portarti via proprio ora
che ti sei fatta il ragazzo.
Ingrid era pazza di gioia. Si sarebbe messa a
cantare e ballare lì in mezzo alla strada.
Dopo un po' andarono tutte e due al Piaz
Hotel.
Sistematesi nella camera, si sdariarono sul
letto.
-Un momento- Ingrid si voltò verso Nelly -la
notizia cattiva qual era?
-Cattiva... ho esagerato. Più che altro complica
le cose...
-Sì ma che è successo?
La bionda sospirò, si mise a sedere, prese
qualcosa dal cassetto del comodino e lo diede all'amica.
-Santo cielo... Nelly, non sarai
mica...?
-Sì invece. Sono incinta.
-Ma come diavolo...? Di chi?
-Di nessuno, non preoccuparti...
-Come di nessuno...oh- illuminazione -non sarà
mica Benji, vero?
La ragazza aprì la bocca per rispondere, ma non
disse nulla.
-Aspetti un bambino da Benji?! Cavolo, e ora che
fai?
-Prima cosa, me lo tengo. Secondo, devo decidere
se dirglielo o no.
-Non lo sa? Ma come, non state
insieme?
-Sì, magari, infatti quando la sua corriera
decolla un figlio è proprio quello che ci vuole.
-Ma la tua di carriera, Nelly? La tua di
vita?
-Ehi, la mia carriera e la mia vita vanno e
andranno benissimo. Bisogna pensare alla tua di carriera adesso, anche perché se
vuoi rivedere il tuo amato Juan, ti conviene passare il provino.
Ok?
Ingrid non sapeva che pensare.
Ritornò a guadare il soffitto.
continua...
N.d.A.
Grazie a Hikarisan per la recensione... scusa, a
che canzone ti riferisci?? fammi sapere. Baci
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
ayer...
CAPITOLO 10
-Grazie per essere venuti.
-Grazie a lei per averci invitati: non ce ne
siamo per niente pentiti.
-Ne sono felice- sorrise Nelly agli eleganti
signori che avevano appena assistito alla presentazione del frutto del suo
lavoro.
-Allora la aspettiamo tra una settimana.
Arrivederci.
-Arrivederci.
Dopo qualche stretta di mano, la ragazza
raggiunse l'amica in camera che si stava rodendo dalla curiosità per
l'attesa.
Quando Ingrid la vide entrare, scattò in
piedi.
-Allora?
-Preparati psicologicamente, perché tra una
settimana dovrai cantare a una partita di calcio a Santa Fé.
-Vuoi dire... mi stai dicendo che mi hanno
presa?
-Piccola, ora possiamo dire che il tuo sogno si
è avverato: sarai una cantante qui in Argentina.
Per la gioia, le saltò addosso stringendola
forte, ma poi ricordandosi della sua condizione, si allontanò.
-Scusa, scusa scusa... ti ho fatto
male?
-Certo che sei strana. Mica sono fatta di
porcellana, puoi strapazzarmi quanto vuoi.
-Ma ora... tu te ne andrai?
-Certo non posso restare qui in eterno, ma ti
accompagno a Santa Fé, così conosco il tuo ragazzo e ci salutiamo come si
deve.
Ingrid la guardò stranamente.
-Che c'è?
-Nelly...-l'abbracciò -finirò mai di dirti
grazie?
-E di che? Guarda che la voce è la tua. Avanti-
disse staccandosi -scegliamo una canzone decente.
-Ok...aspetta.
-Cosa?
-Juan non abita a Santa Fé, perché dovresti
vederlo lì?
-Come, non te l'ho detto? La sua squadra ci
giocherà un'amichevole.
-E' ora di andare. Muovetevi.
I ragazzi cominciarono ad uscire dallo
spogliatoio.
-Juan? Juan! Vieni, è ora.
Alan si avvicinò all'amico.
-Dai, cerca stare un po' allegro,
su.
-Sì, sì, certo- si lazò lui
pesantemente.
-Sicuro di riuscire a giocare in questo
stato?
-Basta che mi concentri, non ti
preoccupare.
-Hanno giocato bene. Sono bravi.
-Sì, sì- Ingrid non prestava molta attenzione
alle parole di Nelly.
-Ehi, rilassati. Sei una bomba, andrà tutto
bene.
-Certo, per te è facile dirlo.
Nelly sospirò e le si paro davanti.
-Ingrid. Respira.
Lo fece.
-Sbadiglia.
Fece anche quello.
-E pensa a divertirti come quando abbiamo fatto
Sister Act poco tempo fa'.
-Lì ero vestita da suora con un altra decine di
ragazze.
-Oh, certo che sei pessimista. Allora pensa a
che faccia farà Juan quando ti vedrà cantare... insomma, inventati
qualcosa.
-Sì, va bene.
Sentirono chiamare.
-Vai. In bocca al lupo.
Sospiro.
-Crepi.
Uno scroscio di applausi invadeva il modesto
stadio, mentre Ingrid si guardava intorno pensando a tutt'altro.
Sobbalzò quando vide al limite del campo Alan
che la salutava. Gli corse incontro.
-Ciao! Sei stata davvero brava,
complimenti...
-Grazie, ma Juan...
-Che ci fai qui?
-Juan dov'è?
-Era con me fino a un'attimo fa', poi se n'è
andato.
La ragazza avevo uno sguardo leggermente
spaurito.
-Mi ha detto che ti aspettava sul tetto- la
tranquillizzò indicando un ampio terrazzo in alto.
Dopo un profondo sospiro di sollievo, lei partì
sotto gli occhi sorridenti di Pascal.
Raggiunse in poco tempo il posto, trovandolo
seduto, a capo chino.
Ci mise un po' prima di riuscire ad emettere
qualche suono.
-Juan...
Il ragazzo si voltò di scatto e si alzò,
fissandola.
Lei deglutì.
-Ciao, Juan.
-Sei... ancora qui- aveva usato un tono
strano... come se non fosse contento di vederla.
-Sì. Ho incontrato Nelly a Buenos Aires e mi ha
parlato del provino.
-Quale provino?
-Nelly ha detto che, riflettendoci quest'estate,
le sembravo pronta per intraprendere una carriera... o qualcosa di simile. Così
ha cominciato a sentire delle persone per farmi sentire e le ha
trovate.
-Hai già fatto il provino?- chiese lui
lentamente.
-Sì. E... mi hanno presa.
-Sono felice per te- però dal tono non sembrava
-ma ancora non ho capito che ci fai qui a Santa Fé.
-Io sono a Santa Fé perché... perché questo era
il mio primo ingaggio. Il provino me l'ha fatto un discografico di Buenos Aires
e aveva detto che se oggi andava bene, avrei cominciato presto a
lavorare.
-Un discografico di... aspetta- alragazzo gli ci
volle qualche momento per riorganizzare le idee -vuoi dire che rimarrai qui in
Argentina?
-Sì.
In un attimo Ingrid si sentì abbracciare e
ricambiò subito l'abbraccio.
-Non è uno scherzo, vero?
-No, non è uno scherzo.
-Non sai come mi sono sentito in questi sette
giorni...
-Forse come mi sono sentita io quando sono
partita...
Juan sciolse lentamente l'abbraccio, cercando di
guardarla negli occhi che guardavano il pavimento.
La prese per mano, si risedette e fece sedere
lei sulle sue gambe.
-Scusa se prima sono stato brusco. E' che non ci
capivo più niente... vederti lì, a cantare. Quasi credevo che fosse
un'allucinazione.
-Capisco, forse avrei dovuto
avvertirvi...
-Non fa niente. Comunque riusciremo a vederci
così, giusto?
Lei annuì.
-Bene. Quindi tu vuoi ancora essere la mia
ragazza?
-Sì.
-Ok.
Il ragazzo la fece chinare e la
baciò.
-Bentornata, piccola.
continua...
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
ayer...
CAPITOLO 11
-...dovevi vederla! E' stata un cosa fantastica,
ti saresti divertita un mondo!
Ingrid rise candidamente reggendo con una mano
il telefono.
-Sono contenta che stiano tutti bene. E tu, come
va?
-Oh, io il solito... aspetta, c'è un folletto
che ti vuole parlare. Te lo passo?
-Sì, Nelly, va bene.
-Ok, folletto in arrivo...
Dopo qualche suono di disturbo o di
colpi:
-Pronto?
-Ciao Daniel! Come stai?
-Bene, grazie!
Alla ragazza argentina faceva tanto tenerezza
sentire il figlio dell'amica parlarle con tanta confidenza.
-Lo sai che mamma mi ha promesso che mi porta a
vedere una partita di papà?!- continuò il bambino con la sua vocina stentata e
entusiasta.
-Ah sì? Sarai contentissimo, vero?
-Sì, tanto tanto!
-Sono felice per te: mi ripassi la mamma per
favore?
-Sì. Ciao ciao, Ingrid.
-Ciao ciao, piccolo.
Stessi rumori di prima.
-Rieccomi!- disse la voce della
bionda.
-Nelly... sei sicura di riuscire a portarlo a
una partita di Benji?
-Certo, è da tanto che me lo chiede e non posso
dirgli di no. Non ti preoccupare per me, in qualche modo me la
caverò.
Sospiro. Nelly aiutava sempre tutti e diceva
continuamente di non preoccuparsi per lei: quando era lei quella che aveva i
problemi più grossi.
-Se lo dici tu... Grazie per avermi chiamato, mi
ha fatto davvero tanto piacere.
-Ma ti pare, sono io la prima a essere felice di
averti sentito. Ancora tanti auguri di buon compleanno, tesoro.
-Grazie, ciao.
-Ciao, baci.
Con riluttanza premette il tasto per chiudere la
chiamata. Uffa, adesso sarebbe dovuta ritornare a quel party 'di
lavoro'.
Ormai era una cantante abbastanza conosciuta in
Argentina e partecipava anche troppo spesso a quelle noiose riunioni
mondane.
Quel giorno, poi, oltre a essere il suo
compleanno, faceva tre anni e un mese con il suo ragazzo e invece doveva
'lavorare'.
-Chiamasi fortuna...- sussurrò sconsolata,
scrollandosi il vestitino celestino scuro.
-Ingrid!- si sentì chiamare.
Ritornò dentro per vedere chi la
cercava.
Era un conoscente che faceva il cameriere alla
festa.
-Tieni, grazie per aver preso la chiamata- disse
restituendo l'apparecchio -perché mi hai chiamata?
-Sul restro c'è qualcuno che chiede di
te.
-Chi?
-Dice di essere venuto a salvarti la
vita...
La ragazza, incuriosita, si precipitò alla porta
secondaria.
Uscì, ma si bloccò sull'uscio.
Appoggiata a una macchina c'era una certa
persona.
-Juan!- gli andò incontro -ma che ci fai
qui?
-Sono venuto a salvarti la vita. Buon
compleanno, piccola- augurò, per poi baciarla.
-Grazie. Sono...strafelice di vederti qui!
Quanto puoi restare?
-Me ne sto andando...
-Di già?
-... e tu vieni con me.
La ragazza sorrise.
-Ora capisco cosa intendi con 'salvarmi la
vita'. Però sbrighiamoci, prima che si accorgano che non ci sono.
-Agli ordini!
Salirono velocemente in macchina e partirono.
Si trovavano in una modesta località di mare a
sud di Buenos Aires.
Il ragazzo si fermò in periferia, vicino alla
spiaggia e, mentre la ragazza scendeva, tirò fuori dal portabagagli un
cesto.
-Che cos'è?
Lui le mostrò il contenuto.
-Mois de Moisson?- lesse lei sull'etichetta
dello spumante argentino affaincato da due bicchieri.
-E non è finita qui- Juan spostò la
bottiglia.
-No! Le tartine della mamma! Come... dove le hai
prese?
-Sono passato al paese ieri e tua madre me le ha
date in modo che te le portassi oggi.
-Devo ricordarmi di telefonarle- disse Ingrid
prendendo una tartina e infilandola subito in bocca.
Andarono sulla spiaggia, si sedettero e fecero
quel piccolo picnic notturno.
Finito, si avvicinarono di più al
mare.
-TI va di fare un bagno?- chiese la ragazza dopo
un po'.
-Un bagno? Senza costume?
-La biancheria intima è come un costume. Dai,
non c'è nessuno...
-Ingrid...
-Ti prego! Come regalo di
compleanno.
-Va bene- cedette lui aiutandola ad
alzarsi.
Come avevano detto, si spogliarono rimanendo in
intimo e si tuffarono immediatamente in mare.
A parte i vari richiami del ragazzo perché lei
si spingeva troppo al largo, fu tutto tranquillo, finché non
uscirono.
-Brrrrr, che freddo!
-Vieni, ho delle coperte in
macchina.
-Quante cose hai in macchina?
-E' stato tuo fratello ad avvertirmi che avresti
potuto avere voglia di un bagno.
-Ah, ecco, è stato Ramon.
Si coprirono ed entrarono in
macchina.
-E adesso?
-Un mio amico ha una specie di capanna qua
vicino, ha detto che ci possiamo passare la notte.
In poco raggiunsero il rifugio e ci si
precipitarono dentro.
Juan accese in fuoco in un rudimentale camino
mentre Ingrid metteva i vestiti ad asciugare.
Dopo un po' le coperte sembravano troppo pesanti
e così se le sfilarono rimanendo di nuovo in biancheria.
Si stesero sul letto a una piazza e mezzo che
c'era, convinti entrambi che l'altro fosse stanco. Invece nessuno dei due chiuse
occhio.
La ragazza gli si avvicinò e si appoggiò al suo
petto mentre lui le circondava le spalle con un braccio.
-Tre anni e un mese...- sussurrò la prima -il
tempo è volato, eppure mi sembrano così tanti...
-Avevo paura che non ci saremmo mai
arrivati.
Silenzio.
-Anch'io.
Juan spostò lo sguardo su di lei, poi si mise su
un fianco con la testa appoggiata alla mano per poterla guardare meglio, in
tutto il suo splendore di giovane adulta.
Era veramente bella. Lo era sempre stata, ma in
quel periodo era una cosa stupenda... sembrava quasi che brillasse di luce
propria. Cosa non sarebbe successo se non avesse detto la sospirata frase
-Anch'io ci voglio provare, Ingrid-?
Una carezza di lei lo riportò alla
realtà.
-A che pensi?- gli chiese a voce
bassa.
-Niente... a una stella.
La ragazza lo guardò con espressione
interrogativa, per poi scuotere leggermente il capo.
-Sono felice che tu mi sia venuta a salvare...-
bisbigliò.
-Anch'io.
Il ragazo si abbassò per andare a incontrare le
sue labbra. Il leggero contatto si sciolse in un dolce bacio che man mano
diventava sempre più profondo.
Al bacio si accompagnò la mano che fece
scivolare dolcemente sulla spalla la spallina del reggiseno.
Le bocche scendevano a esplorare, i tocchi erano
esigenti ma delicati, i respiri si facevano via via più affannosi.
Percorrendo quel sentiero sconosciuto seppur
familiare, arrivarono ai veri sentimenti, dissipando i segreti non
svelati.
Il sole era alto già da un po' quando i due
ragazzi si svegliarono ancora abbracciati e coperti solo da un
lenzuolo.
Il fuoco si era spento da sé e gli indumenti
erano ormai asciutti. Ma vollero rimanere al letto ancora un po'.
-Grazie di avermi aspettato...- sussurrò Ingrid
dopo un po'.
Era da tempo che spesso si trovavano sul punto
di 'superare il limite', ma la ragazza lo aveva sempre fermato non essendo
ancora pronta. Avevano anche avuto una leggera di scussione su ciò, ma si era
risolto tutto velocemente e per il meglio.
-Di niente- rispose lui tranquillo dandole un
leggero bacio sulla fronte.
E mentre lei si accoccolava al suo petto, lui
ripensò a cosa no sarebbe successo se non avesse detto quella sospirata
frase.
continua...
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
ayer...
CAPITOLO 12
-Ecco qua, il fermaglio è a posto.
Nelly lasciò Ingrid a rimirare i propri capelli
appena acconciati allo specchio.
-Tu sei una maga.
-Sì lo so- si vantò lei con fdalsa modestia, per
poi affacciarsi in corridoio -Bea, vieni che tocca a te.
-Sì, eccomi.
Una ragazza dai tratti mediterranei e i boccoli
castani entrò nella stanza con un astuccio in mano. Ne tirò fuori un pennello e
una scatoletta scura, poi cominciò a mettere un po' di fard sul viso
dell'amica.
-Sai che sei un po' pallida? Sicura di stare
bene?
Ingrid rise: Bea si preoccupava sempre di tutto
e di tutti.
-Sto benissimo, sono solo un po'
stanca.
-Mm, però cerca di non prendere freddo sennò ti
ammali- rispose lei cominciando a metterle la matita.
-E' piena estate!
-Ma la sera tira vento.
-Ok, ok, mi porterò una giacca, contenta?- si
arrese prima di farsi mettere un filo di lucidalabbra.
-Dove ti porta Juan stasera?- chiese Nelly
sfogliando una rivista.
-Non lo so, non mi ha detto niente. A quanto
pare vuole farmi una sorpresa.
-Che carino!- esclamò Bea rimettendo tutto
nell'astuccio.
La bionda si alzò e si avvicinò all'amica
castana avendo notato la punta di malinconia in viso.
-Piccolina, adesso non mi fare la triste. Vedrai
che prima o poi ci riuscirai pure tu a farlo svegliare- disse pizzicandole le
guance.
Beatrice era la bambina della compagnia,
l'avevano coccolata sempre tutti ed era una delle più brave cantanti insieme a
Ingrid. Purtroppo era stata anche lei colpita dalla maledizione che affliggeva
la loro cerchia di amiche: innamorarsi di un calciatore.
-Mi sa più poi che prima...-ribatté sconsolata,
ma venne interrotta da una irruzione nella stanza.
Un bambino entrò saltellante e si fece prendere
in braccio da Nelly.
-Cucciolo!- la madre gli schioccò un bacio sulla
guancia.
-Sai che ho battuto Vera! Ho parato tutti i
tiri!
-Ma che bravo!
-Sì, tutto suo padre- sbottò scherzosamente una
ragazza varcando la soglia.
Vera, altra amica, italiana, ballerina e
maledetta anche lei.
-Poco ma sicuro- rispose la bionda senza il
minimo segno di turbamento per l'argomento saltato fuori.
Certo, loro lo sapevano che soffriva ancora e
tanto per Benji, ma sapevano anche le sue regole: niente pianti o arrabbiature
davanti a suo figlio Daniel.
-Oh, tu mi avevi chiesto questi orecchini,
vero?- riprese Vera tendendo una mano a Ingrid.
-Sì! Grazie- disse lei prendendoli e
mettendoseli.
-Di niente.
Il campanello suonò.
-Vado io! Io, io!- Daniel saltò giù
dall'abbraccio della mamma e corse alla porta.
-Eccolo è arrivato- Ingrid controllò velocemente
la borsa, per poi rivolgersi alle amiche -grazie ancora ragazze!
-Figurati- Bea l'abbracciò -ci vediamo al
matrimonio di Avril.
-Ok. Ciao, Vera.
-Ciao, buona serata- anche lei
l'abbracciò.
Nelly l'accompagnò alla porta.
Il bambino aveva già aperto e discuteva
allegramente con Juan reggendo una lurida palla da calcio in mano.
-Ok, smetti di dare fastidio, piccolo- disse la
bionda tirandolo indietro.
-Nessun fastidio- la tranquillizzò il ragazzo
-anzi, andiamo piuttosto d'accordo, vero?- si ricolse a Daniel che
annuì.
-Tutta colpa del calcio. Ok, ciao
Ingrid.
-Ciao, Nelly, grazie ancora. Ciao, cucciolo!- si
inginocchiò e lo baciò sulla guancia.
-Ciao ciao, Ingrid. Ciao ciao Juan!
Lui si limitò a sorredergli, per poi invitare la
sua ragazza a salire in macchina.
-In bocca al lupo- sussurrò
gli Nelly.
-Crepi- rispose lui sempre a voce bassa prima di
raggiungere Ingrid.
Avevano appena finto di mangiare in una
carinissimo locale sul mare e ora stavano passeggiando sulla spiaggia, poco
lontani da un balneare dove stavano suonando per una festa.
Il rumore delle onde era estremamente rilassante
e ricordava la loro amata Argentina.
-Che cos'hai dietro la schiena?
Juan, beccato, le mostrò una bellissima rosa
bianca.
-Grazie- disse prendendola, per poi baciarlo
sulla guancia.
Passeggiarono per un po'
abbracciati.
-Non vedo l'ora di tornare a casa.
-Sì, anch'io. A quest'ora Ramon e Alan saranno
già in paese.
-A dormire.
Ridendo, lei si sedette e lui si sdariò con la
testa sulle sue ginocchia.
-E così la tua amica si sposa.
-Sì. Si sapeva che quei due avrebbero finito per
sposarsi, sono sempre stati inseparabili. Però sono anche tanto
giovani...
-E allora?
-Non lo so... con l'ambiente che frequentano si
direbbe che sono destinati a durare poco...
-Ma se stanno insieme da tanto e sono sicuri,
non capisco qual è il problema.
La ragazza scosse la testa.
-Sì, hai ragione. E' solo che, vendendo tutta la
gente che si molla e si riprende al giorno d'oggi, non si è più sicuri di
niente.
-Questo è vero: i matrimoni non sono più come
quelli di una volta. Se pensiamo che i nostri genitori si sono sposati a
quattordici o quindicianni e ancora stanno insieme...
-E' una cosa bella.
Juan spostò lo sguardo su Ingrid, che guardava
il mare.
-Aver capito subito qual era la persona perfetta
per te, continuare a volersi bene per così tanto tempo... deve essere davvero
bellissimo.
Il ragazzo si tirò su.
-Senti, Ingrid...
-Dimmi.
-Io ti amo.
La ragazza si voltò verso di lui.
-Anch'io ti amo, Juan.
-Lo so, e... credo che ormai non mi basti più
stare con te...
-Come? Aspetta, non ti seguo più... che... che
vuoi dire con questo?
La ragazza cominciava a spaventarsi pensando
alla peggiore delle ipotesi.
-Guarda nella rosa.
Completamente ignara di cosa volesse fare, prese
il fiore e guardò tra i petali.
Spalancò gli occhi.
-Oh mio... Juan- fra le dita teneva un semplice
anello d'argento con una rosa incisa -che cosa significa?
Il ragazzo prese il gioiello, prese la mano di
lei e glielo infilò.
-Significa: Ingrid, mi vuoi
sposare?
Per un attimo le mancò il respiro. Continuava a
guardare prima l'anello poi il ragazzo.
-I...io non so cosa dire...
-Potresti dire di sì.
Ancora cercava di riprendere fiato, facendo
rodere il ragazzo per l'attesa. Poi, inaspettatamente:
-Sì... certo che sì!- disse abbracciandolo
forte.
La allontanò per poterla baciare sulla
fronte.
-Che fai, piangi?
Infatti gli occhi della ragazza erano
lucidi.
Lei sorrise, stampandogli un bacio sulle
labbra.
Una melodia familiare li fece voltare verso il
balneare dove si festeggiava.
-E' la nostra canzone.
Sì, esattamente la stessa canzone che avevano
ballato alla festa del paese dopo il campionato.
Juan si alzò e tese la mano a Ingrid, che la
prese e si sollevò.
E la ballarono, come l'avevano ballata anni
prima.
Come se nulla fosse cambiato.
continua...
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
ayer...
CAPITOLO 13
-...Pascal supera la metà campo mentre
Suarez si porta avanti...oh, Pascal è bloccato! Il difensore della squadra
ospite non lo molla! Cerca un compagno libero... trova Diaz sulla sinistra! Ora
il gioco è nuovamente in mano al capitano! Si avvicina all'area di rigore... Ma
l'arbitro fischia la fine del primo tempo supplementare, che si conclude 4 a
2...
Juan si buttò sul prato a bordo campo,
esausto.
-Sei stato un fenomeno. Due goal in dieci
minuti- Alan gli lanciò un asciugamano direttamente in faccia.
-Sì, sì...
-Diaz!- chiamò l'allenatore
avvicinandosi.
-Cosa c'è?- rispose scocciato mettendosi a
sedere.
-Niente, tua moglie sta solo partorendo- rispose
il mister sarcastico.
Il ragazzo scattò subito nello spogliatoio e poi
fuori dallo stadio, diretto all'ospedale.
Ingrid guardava adorante la creatura che aveva
fra le braccia. Le gocce di sudore colavano dalla fronte e dal petto, ma a lei
non importava: era troppo occupata a rimirare sua figlia.
-Ma lo sai che sei bellissima?- sussurrò
accarezzandole piano la guancia -Piccola mia... Vedrai quanto sarà contento il
tuo papà di vederti! Solo che dovrai aspettare un po' a incotrarlo... lui è un
calciatore molto famoso e sta giocando la finale del campionato nazionale, ma
vedrai che appena avrà finito correrà a vederti...
Neanche a farci apposta, la porta si aprì e
comparve sulla soglia l'oggetto del discorso.
-Juan! Ma come, la partita è già
finita?
-Sta finendo, quando sono andato via era
terminato il primo tempo supplementare- si avvicinò.
-Sei fuggito di nuovo? Ma che ti costava
aspettare un altro quarto d'ora? E se aveste perso?
-Non ti fa bene agitarti in questo stato- la
baciò sulla fronte sudata, per poi posare lo sguardo sulla bambina -oh mio
Dio...
Ingrid si spostò per permettergli di sedersi al
bordo del letto, poi gliela avvicinò.
-E' bella, vero?
-E' una meraviglia...- disse con la voce
troncata dall'emozione, pensando che quella creatura assomigliava terribilmente
alla madre.
Ad un tratto sentì quest'ultima
ridacchiare.
-Che c'è?
-Qualcuno lì dietro si sente
trascurato.
Il ragazzo si voltò, accorgendosi che il bambino
dietro di lui stava tirando insistentemente la sua maglietta.
Lo prese di peso e se lo mise sulle
gambe.
-Già cominci a essere geloso?- chiese vedendo
che teneva il broncio.
-Oh, piccolino... guarda, adesso diamo la tua
sorellina a papà e tu vieni in braccio a me, ok?
-Sì, però subito!
Eseguirono l'ordine impartito. Il bambino di tre
anni si accocolò in braccio alla madre.
-Ma adesso smettila di tenere il broncio,
eh?
-Scusa, ma io sono nato prima e coccolate di più
lei!
-Inocente- continuò lei -guarda che questo vuol
dire che abbiamo coccolato te tre anni in più.
-Ma adesso lo farete solo con lei e non mi
guardarete più!
-Inocente- lo richiamò il padre -calmati e non
parlare così alla mamma.
-Shh, ci penso io- gli sussurrò la ragazza, per
poi tornare a discutere con figlio -lei è più piccola ed è normale che la
coccoliamo un po' di più, ma tu rimani sempre il nostro pestifero
preferito...
Entrambi i genitori sorrisero.
-...e poi ora sei diventato un fratello maggiore
ed è compito tuo proteggere la tua sorellina. E' una cosa molto
importante.
-Esattamente- intervenne Juan -basta che non
prendi esempio dallo zio Ramon...ahu!
Se non avesse avuto in braccio la bambina, si
sarebbe massaggiato la spalla dopo il colpo della compagna, a cui Inocente aveva
riso.
Il piccolo si sfilò dalla stretta di Ingrid e a
quattro zampe osservò la nuova arrivata.
-Adesso che la guardo- fece con un'aria troppo
saccente per la sua età -mi pare carina... Però è bianca!
-Non è bianca, è che ha la carnagione chiara...
deve aver preso dalla nonna di papà. Anche lei aveva la pelle candida
candida.
A quelle parole il bambino si sedette e parve
riflettere.
Più tardi Juan era andato a prendere Pascal per
portarlo a vedere la bambina, lasciando madre e figli soli.
-Mamma?- disse Inocente ad un certo
punto.
-Dimmi, tesoro.
-Come si chiama?- chiese riferendosi alla
bambina.
-Ancora non lo abbiamo deciso.
-Posso decidere io?
Per un momento Ingrid fu spaesata, poi gli
sorrise.
-Beh, magari dovremmo chiederlo a papà... ma non
penso ci siano problemi. Hai già qualche idea?
-Mmm- rifletté concentrato - forse...
Chicca!
-Chicca? Chicca non è un nome, Inocente, è un
soprannome...
Il bambino incrociò le braccia,
seccato.
-Oh, adesso non fare così... non sarà il suo
nome, ma tu potrai chiamarla Chicca tutte le volte che vorrai.
-Sì... ma allora quale sarà il suo
nome?
-Prova a pensarci, ti verrà in mente
qualcosa.
Dopo un po' i piccoli pugni baterono sul
letto.
-Candida! Ha la pelle chiara, va
benissimo!
La madre lo fissò
stranamente.
-Che c'è?... Non ti piace?- chiese lui con una
vocina timorosa.
-No, che dici- lo invitò a vernirle in braccio
-è perfetto. Vedrai che piacerà anche a papà.
Qualche anno dopo...
-...mhmh, certo, nessun problema... Ma si
figuri, anzi, lo faccio volentieri!... Sì, alla prossima settimana.
Arrivederci.
Ingrid mise giù la cornetta e ritornò
all'impasto del suo dolce. Che venne prontamente assaltato da una
ditata.
-Inocente! Bisogna cuocerla una torta prima di
mangiarla.
Il bambino se ne andò soddisfatto col dito in
bocca.
La ragazza stava cercando disperatamente una
teglia, quando la vocina della più piccola provenì dal corridoio.
-Papà! Zio!... Alan!
Sorrise. Sua figlia era uno spettacolo quando la
venivano a trovare.
Salutato pure il piccolo, i tre la raggiunsero
in cucina. Quando vide entrare Ramon, Ingrid gli saltò letteralmente in
braccio.
-Quanto tempo che non ti vedo!
-Scommetto che sei stata da dio senza di
me.
-Spiritoso!- poi passò all'altro -ciao, Alan- lo
baciò sulle guance.
-Ciao. Ti trovo bene.
-Grazie!- sorrise lei con falsa
vanità.
-Ehi, sono oltremodo stupito dall'accoglienza-
si lamentò Juan prendendo un bicchiere d'acqua -e poi pensavo che avessi sposato
me.
-E' tardi per fare il geloso, non ti pare- lo
baciò sulle labbra e ritornò alla sua disperata ricerca.
In quel mentre Inocente e Candida entrarono in
cucina.
-Mamma, andiamo di fuori a giocare- parlò il
primo a nome di tutti e due.
-Va bene.
-Venite pure voi?
-Andate, io inforno la torta e vi
raggiungo.
Uscirono tutti tranne Ramon.
Per un po' rimasero in silenzio. Poi, quando lei
riuscì a trovare la dannata teglia e cominciò a versarci dentro l'impasto, lui
prese parola.
-Sei veramente uno spettacolo come donna di
casa.
-Dovrei prenderlo come un
complimento?
Il ragazzo rise.
-Mi sembra ieri che eravamo bambini. Noi che
giocavamo con un pallone mezzo sgonfio, tu che stavi a guardare o ci correvi
dietro...
-...senza mai riuscire a
raggiungervi.
-Sì. Poi sei partita...
-...sono tornata dopo anni, mi sono innamorata
di Juan, tu hai cominciato a fare il geloso, poi ho trovato lavoro e adesso sono
qui: sposata e con due figli.
-Sono veramente due miti. Non sai quanto Candida
mi ricordi te.
-Ah sì?- Ingrid infornò e chiuse lo sportello
-non l'avrei mai detto. Io non mi ricordo così carina.
-Così carina no, ma così piacevolmente
rompiballe...
Si beccò un pugno sulla spalla.
-Gentile con tua nipote, eh?
-E' semplicemente una forza della natura come
te. Inocente, invece...
-Inocente è testardo come Juan e dolcissimo con
la sorella come te. E poi comincia a mostrare di avere una certa vena sarcastica
tipo Alan, e non capisco da dove uscita fuori.
Pausa.
-Sono contento che sia andata bene tra voi due.
Se ti avesse fatto soffrire lo avrei preso a calci... ma è andata
bene.
Fu incuriosito dalla faccia mezza rassegnata di
lei.
-Sono spaventata.
-Spaventata? Di che cosa hai paura?
Sospiro.
-Siamo tanto giovani, Ramon, e vedendo tutti
quei matrimoni che vanno a rotoli...
-Avanti, sorellina- le si avvicinò e l'abbracciò
-il vostro è al sicuro. Durerà, ne sono certo- sciolse l'abbraccio per guardarla
in viso -e poi io sonosempre pronto a prenderlo a calci.
Ingrid rise.
-Anche Inocente fra qualche anno farà così con
Candida. Juan alla nascita di lei gli ha raccomandato di non imitarti, ma credo
che quando Chicca diventerà un'adolescente cambierà idea.
-Sicuramente.
Ramon uscì e lei rimase lì
appoggiata
Entrò Juan, seguito da una bella bimba
saltellante.
-Guarda, mamma, ti ho portato un
fiore!
-Oh, ma che bello! Grazie- si inginocchiò e
abbracciò la bambina dandole un bacio sulla guancia -come ricompensa stasera
avrai una grande fetta di torta.
-Sì!- esclamò contenta Candida -ricordatelo, eh?
la fetta più grossa a me!- tornò saltellando di fuori.
Il padre rise, per poi posare lo sguardo sulla
moglie che si rotolava tra le dita la piccola margherita bianca.
-Ti vedo stravolta.
-Oh, stamattina allo studio mi hanno massacarto
e tra una settimana ho un concerto di beneficienza.
-Candida stava correndo dietro a Inocente mentre
giocava col pallone.
-Sicuramente ha preso da me.
Il ragazzo la guardò. Sì, era proprio
stanca.
-Piccola- la affiancò circondandole le spalle
con un braccio -ti stanno stremando le pesti, eh?
-Ma no, figurati, sono pure troppo buoni. E' che
ancora mi devo abituare a fare tutte ste cose insieme.
-E' che tu ne vuoi fare troppe: l'assistente
all'asilo infantile, la mensa dei poveri... guarda che sei un normale essere
umano.
-Me ne sto rendendo conto- confermò lei
strofinandosi gli occhi con una manica come una bambina.
-Vieni, ti accompagno di sopra: ti devi
riposare.
Ingrid non fece tante storie quando la prese per
mano e la condusse in camera da letto.
Si abbandonò sul letto e lui le si mise un
momento accanto.
-Cosa c'è?- chiese vedendo che la
fissava.
-C'è che sei bellissima anche quando sei
stremata.
Lei sorrise al complimento.
-Come fai a essere così dolce- gli accarezzò la
guancia.
-Come fai a essere così eccezionale?- ribatté
lui prima di abbassarsi su di lei e baciarla.
Si fecero le coccole per un po', poi Juan si
alzò per tornare di sotto.
-Ingrid?- non si era ancora allontanato dal
letto.
-Dimmi- si drizzò a sedere.
-Sono incredibilmente felice di averci
provato.
Non vedendo nessuna reazione, si voltò per
uscire.
Ma sulla soglia sentì due braccia circondargli
le spalle e la voce della compagna all'orecchio.
-Sono incredibilmente felice di averti
praticamente costretto a provarci.
Le prese un polso e la trascinò davanti a sé
sorreggendola per la schiena.
-Resti sempre una ragazzina!
Bacio.
-Anche tu!
Bacio.
La rimise in piedi, abbracciandola
all'istante.
-Resta sempre così, ti prego.
Silenzio.
-Anche tu.
Fine
N.d.A. Siamo arriavti alla fine. Spero che
questa storia vi sia piaciuta e che mi lasciate qualche commento per sapere come
vi è sembrata.
Hikarisan: innazitutto i due hanno 22 e 23
anni nello scorso capitolo, poi ti volevo ringraziare tanto x avermi seguito
lungo questo interminabile corso. spero che rimarremo in
contatto!
Baci e grazie a tutti,
|
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