-shake it out

di Valerie Clark
(/viewuser.php?uid=194552)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regrets collect like old friends, here to relive your darkest moments ***
Capitolo 2: *** I can see no way ***
Capitolo 3: *** And all of the ghouls come out to play, and every demon wants his pound of flesh ***
Capitolo 4: *** But I like to keep some things to myself,I like to keep my issues strong ***
Capitolo 5: *** It’s always darkest before the dawn ***
Capitolo 6: *** And I’ve been a fool and I’ve been blind ***
Capitolo 7: *** I can never leave the past behind ***
Capitolo 8: *** I’m always dragging that horse around ***
Capitolo 9: *** And our love is pastured such a mournful sound ***
Capitolo 10: *** Tonight I’m gonna bury that horse in the ground ***
Capitolo 11: *** Shake it out ***
Capitolo 12: *** And it’s hard to dance with a devil on your back, so shake him off ***
Capitolo 13: *** I am done with my graceless heart, so tonight I’m gonna cut it out and then restart ***
Capitolo 14: *** And given half the chance, would I take any of it back? ***
Capitolo 15: *** It’s a final mess but it’s left me so empty ***
Capitolo 16: *** I’m damned if I do and I’m damned if I don’t, so here’s to drinks in the dark at the end of my road ***
Capitolo 17: *** So here's to drinks in the dark at the end of my road ***
Capitolo 18: *** Cause looking for heaven, found the devil in me ***
Capitolo 19: *** Well what the hell I'm gonna let it happen to me ***
Capitolo 20: *** SHAKE IT OUT ***



Capitolo 1
*** Regrets collect like old friends, here to relive your darkest moments ***


-Regrets collect like old friends, here to relive your darkest moments.
 GUERRA
 
Una volta lessi in un libro ‘perchè tengo un diario?semplice,perché sono in guerra e ritengo quindi opportuno ricordare bene ogni mossa.’.
Anch’io sono in guerra;non combatto per un ideale o per la patria,combatto per me e contro di me.
Sono il nemico che più temo,la mia più grande insicurezza,il mio unico punto debole.
Unico,mica tanto;ho due braccia e due gambe,dieci dita,due occhi,un naso,una bocca,due orecchie..non sono abbastanza come punti deboli?
Ho sempre odiato i rimpianti però. Sempre convinta di non averne,sicura che non ne avrei mai avuti, e invece eccoli qui pronti a ricordarmi cosa ho perso e vinto. Fanno un punto debole anche loro. Anzi direi che giocano un ruolo fondamentale nella guerra contro di me che sta mettendo in discussione tutto ciò di cui ero certa.
Non dirò cosa è successo.
Non dirò quella parola.
Non dirò che in principio ho sbagliato, perché non è colpa mia.
Non dirò che non sapevo potesse capitare, perché i segnali erano arrivati da un pezzo.
Non dirò che quando sei una persona buona non ti viene mai in mente che possa succedere a te.
Bene,è successo a te. E ora che ne facciamo? Non è uno schizzo venuto male di cui ti puoi liberare, sei te venuta male e di te non potrai mai liberarti.
Qualsiasi cosa io faccia, per quanto mi allontani e per quanto mi ci sforzi finisco sempre coll’inciampare in me.
Ma questa non sono io; non sono io che lascio perdere, non sono io che mi abbandono. Ho la mia faccia e la mia voce ma le mani che mi graffiano la pelle e mi mettono in bocca i calmanti non sono più le mie.
Per mesi nessuno si è accorto di niente;ho affondato il dolore che mi portavo dentro e soffocato il mio grido d’aiuto prima che potesse uscire.
Sempre in tempo, sempre precisa. Questo è un rimpianto, per esempio.
Rimpiango di aver abusato di mesi di corsi di teatro per evitare che qualcuno entrasse dentro di me? Sì.
Sempre sola, sempre zitta. È un rimpianto anche questo.
Rimpiango di non aver detto nulla e aver sempre risposto come una macchinetta sì-sto-bene-sono-solo-stanca? Sì.
Non ho mai avuto la forza di tirare tutto fuori, metterlo davanti a me e affrontarlo davvero.
Probabilmente non lo farò neanche adesso.
Probabilmente non lo farò mai, perdio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I can see no way ***


-I can see no way.
 VIA D’USCITA

E non vedo via d’uscita. Non vedo via d’uscita alla paura che giorno e notte m divora.
Non riesco a uscire dalla barriera altissima che mi sono creata intorno per allontanare da me quello che è successo e chi comunque per tutto questo tempo ha alla fine saputo tutto e mi è rimasto accanto.
Ci sono persone che vedono il meglio di te e se ne vanno, questa ha visto il peggio ed è ancora qui.
Solo questa è entrata davvero.
Solo questa si è svegliata nel mio letto insieme a me per ogni incubo e attacco di panico.
Solo questa mi ha tenuto su i capelli mentre vomitavo le mie paure.
Solo questa mi ha dato il calcio in culo che mi serviva quando non riuscivo ad andare avanti.
E a nessuno avevo mai chiesto niente, ma c’era.
E sono comunque sola perché un uomo non può essere la via d’uscita di un altro;può essere una valvola di sfogo ma non si potrà mai scappare da se stessi per entrare in qualcun altro.
Si entra in qualcuno per amore, non per codardia.
E io non sono mai stata una codarda veramente. Avevo paura del buio perché non vedevo cosa ci si nascondeva ma adesso penso che non ci sia niente che mi piace di più.
Odio i codardi;quelli che scappano dai loro problemi o hanno paura degli altri.
Io ho paura di me stessa ora come ora, forse sono diventata una codarda.
Non ne ho idea perché non so più niente di me! 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** And all of the ghouls come out to play, and every demon wants his pound of flesh ***


-And all of the ghouls come out to play, and every demon wants his pound of flesh.
 MOSTRI
 
Credo che nessun mostro abbia bisogno di un creatore;un mostro nasce con noi quando veniamo al mondo,solo che non lo sappiamo.
Io per esempio ho cominciato un po’ di tempo fa a creare il mostro di me stessa;perché non mi piacevo,non mi andavo più bene o forse volevo semplicemente qualcosa di più.
Il ‘nostro’ mostro penso sia il miglior alter ego che possiamo scegliere. Il mio ad esempio viene fuori con rapidità,rumorosamente,agisce senza pensare e non distingue il giusto dallo sbagliato..tanto da spingere anche me a non farlo. Ed è così che piano piano,in poco tempo si crea il mostro,sostituendosi a noi senza che nessuno,compresi noi stessi,possa accorgersene.
 Questo mostro è qualcosa che non vede nessuno e che si gonfia della cattiveria che ci cresce intorno fino a portarla dentro di noi. Una volta diventato enorme da togliermi il respiro il mio mostro mi ha portato a non credere quasi più a niente.
Dopo aver perso persone,cose e fiducia nel genere umano ho iniziato infatti a disprezzare qualsiasi cosa mi si ponesse davanti,a non stupirmi più di niente,a non restare a bocca aperta davanti al più bel spettacolo del mondo così come di fronte alla scene più brutta,triste e ripugnante.
Mi ha portata a nuove persone e nuove esperienze ma non sono cresciuta nemmeno un po’. Mentre invece lui cresceva  e solo dopo aver già fatto il danno me ne sono resa conto. Non avrei mai dovuto crearlo,ma ora non sapevo come reprimerlo.
Eppure ‘mostro’ deriva dal latino monstrum che significa ‘portento,prodigio’,perché allora siamo sempre indotti a pensare a un mostro come un qualcosa di terrificante e sbagliato? Forse perché pensiamo che faccia solo cose sbagliate o,nel mio caso,che tiri fuori il peggio di noi.
O forse invece questo mostro non sta tirando fuori nulla che non mi appartenga veramente. Magari non ho creato un mostro di me stessa,ma semplicemente me stessa. Noi tutti,chi più chi meno, riceviamo a volte solo cattiveria lì dove avremmo voluto gratitudine e non posso biasimare chiunque dica che questo genera nelle persone un cambiamento di carattere che,grazie al cielo,a me non ha portato alla sofferenza ma ha suscitato un desiderio non proprio di vendetta che non saprei definire.
Dopo la batosta ho iniziato a diffidare da molte persone,a non affezionarmi eppure mi sentivo meno sola di prima. Ho iniziato. Sono andata avanti per un po’ e non ho più smesso. E’ l’abitudine che ci frega. Mostro secondo me è sinonimo di abitudine,altro che prodigio. Ci fa restare bloccati, è una delle cose che odio di più oltre alla gravità che,a parte nelle formule fisiche,non ci serve a niente se non a restare di nuovo bloccati coi piedi per terra. Ci spinge a cercare sempre il modo per aggrapparci a qualcosa anche non materiale per la paura di cadere nel vuoto.
E’ tipo un’ossessione. E la cosa più brutta è che crea dipendenza.  Allora secondo me ci siamo tutti creati dei mostriciattoli indipendenti dal nostro cervello che parlano al posto nostro, fanno le cose al posto nostro o peggio ancora vivono al posto nostro. Un mondo di mostri che nel loro piccolo portano in giro distruzione e cattiveria.
Ecco come lo vedo io un mostro, come una cosa che non uccide realmente ma che ci uccide ogni giorno un po’ senza farsi notare. Il  vero mostro siamo noi,dobbiamo solo decidere come e quanto alimentarlo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** But I like to keep some things to myself,I like to keep my issues strong ***


-But I like to keep some things to myself, I like to keep my issues strong.
SILENZIO

Ogni volta che c’è da parlare io parlo; non di me, non di come sto, ma parlo.
Mi tengo le mie cose per me. Sempre.
Alcune volte neanche le lascio uscire dalla mia bocca; me le tengo come un nodo in gola perché non voglio sentirle. Perché senza sentirle sembrano meno vere. Sembrano un errore.
Sono quelle cose che ti salgono non dal cuore ma dallo stomaco e ti lacerano tutto il corpo finchè non escono e le orecchie le percepiscono e allora fanno male anche queste.
Una parola che fa male è ‘me’. Dovrebbe essere un suono conosciuto, una sillaba, invece sono solo due lettere praticamente estranee.
Perché mi fai questo?
Perché mi allontani da tutto quello che sono?
Perché mi porti prima su e poi giù come una giostra?
Sono una marionetta nel patetico teatrino della mia vita; mi muovo come il mostro dentro me vuole che mi muova e faccio quello che vuole farmi fare.
Obbedisco.
Obbedisco ad un padrone di cui non posso liberarmi.
Se sogno di avere paura io sono terrorizzata e se sogno di restare sola rimango sola.
Sono diventata così codarda da aver paura di sentire anche il suono della mia voce.
Amavo la mia voce; qualunque cosa pensassi lei sembrava sempre così orgogliosa e fiera e ogni suono era una bugia.
Ora le bugie le dico a me stessa e non sembro nemmeno così orgogliosa.
La mia voce adesso esce da sola, anche di notte, anche quando non me ne accorgo. Esce anche nel sonno; mentre la finzione degl’incubi mi assale la mia voce porta tutto fuori in una dimensione razionale, quasi vera.
Questa è una voce debole però.
Il solo sentire il suo rumore mi fa venire voglia di picchiarmi perché non faccio pace col cambiamento.
La mia domanda è ‘tornerò mai io?’. Non lo so.
Mentre tutti si chiedono se potranno mai essere felice a me non interessa niente.
Voglio solo essere di nuovo io, con il mio odio, la mia cattiveria, le mie bugie.
Rivoglio il modo in cui sorridevo per ogni cosa e l’immenso amore per le persone che prima riuscivo ad esprimere e rivoglio il mio attaccamento alla vita.
Me n’è rimasto poco al momento, ma non è ancora morto. Se fosse morto sarei morta anch’io dopotutto ed io non voglio morire. Ho paura di perdere qualcosa, ho paura di morire senza sapere che c’è qualcosa che non sono riuscita a fare.
Magari ho avuto l’opportunità di fare tutto e non l’ho saputa cogliere e se muoio ora non ce l’avrò mai.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** It’s always darkest before the dawn ***


-It’s always darkest before the dawn.
 INCUBI
 
Ognuno inizia sempre così: due occhi. Due occhi scuri e non definiti, pieni di malizia e odio. Odio per cosa poi? Li ho visti una sola volta in vita mia e nei sogni sono confusi. Ma sono i suoi occhi.
Non sono incorniciati dalle sopraciglia, ma si vede che sono socchiusi e sottili.
Non c’è nient’altro del suo volto.
Non so nient’altro del suo volto.
Alla fine solo gli occhi ricordo di quell’uomo; non saprei neanche descriverli.
Questi occhi non fanno nulla, mi guardano in silenzio. Mi osservano. Mi terrorizzano.
Non so cosa nascondano, non l’ho mai saputo, ma sono bui come quel buio che mi faceva paura da piccola.
E ci sono questi occhi e ci sono io.
Sono brutta, poi bella e poi niente.
Niente è un aggettivo: io sono niente. Io valgo niente.
Quello che ero mi è stato portato via.
Non so quanto duri quest’immagine nella mia testa, ma sapendo quello che viene dopo certe notti vorrei durasse in eterno; impazzisco.
Impazzisco nel sogno e probabilmente anche nella realtà.
È assurdo. So di volere una cosa più di tutto anche se è una cosa che ho sempre detestato. In qualche modo capisco di non poterla più avere. Capisco che ho in qualche modo sbagliato e ora non posso averla. Mi fa impazzire.
Grido, singhiozzo e all’improvviso i miei urli si mischiano ad altri e ci sono milioni di persone che strillano e non capisco più niente.
Poi mi sveglio. Sempre allo stesso momento, sempre alla stessa ora, sempre nello stesso modo.
Non posso respirare, non posso più urlare.
Non ho fiato nei polmoni e nessun pensiero nella testa se non quello che ho appena sognato.
Allora lo vomito fuori e aspetto.
Aspetto di calmarmi, di riconoscermi.
Aspetto che tutto torni al suo posto, che ogni cellula del mio corpo ricominci a svolgere la sua funzione.
Sono mesi che aspetto.
Non è ancora l’alba, è sempre tutto così buio.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** And I’ve been a fool and I’ve been blind ***


-And I’ve been a fool and I’ve been blind.
 DELUSIONE

Non incatenata, immobile; senza catene che mi bloccano o deserti in cui essere sconfinata, solo gli occhi cerchiati di nero, sporchi di lacrime e incubo.
Non incatenata, paralizzata.
Non da sola in mezzo al silenzio, sola tra la folla rumorosa, nuda con gente vestita di sorrisi, al freddo con persone calde d’amore.
Sono uomo, donna e bambino.
Sono la noia, sono la tristezza, il pianto, il dolore.
Sono la vecchiaia, la solitudine.
Sono la delusione.
Sono un amore che ha dato senza riserve, sempre aspettandosi qualcosa indietro, sempre senza ricevere indietro nulla.
Cosa importa quanto ho sacrificato? Nulla.
Sì perché ho sacrificato, e non era forse questo il significato di amare?
Hanno preso tutto. Hanno preso quello che ti avevo dato e l’hanno riadattato al mondo.
Si sono presi il verde dei prati per le tute mimetiche per la guerra e la musica per essere rumore di spari. Anche da qui li posso sentire, forti e fieri nel cielo. Cos’hanno da essere fieri? Milioni di fuochi d’artificio che ti incantano prima di ucciderti.
Per quanto mi sforzo non capisco perché tutti vedano in questo bellezza mentre io ci rivedo l’orrore. Ho scelto di escludermi da quello che sta fuori di me per il ribrezzo che mi faceva guardarlo, ma non avrei mai scelto questa vita se avessi saputo che non mi sarei sopportata.
Niente ho avuto io; non un grazie, non un abbraccio, niente.
Ho vinto la delusione, il pensiero d’essere delusa dagli altri e da me stessa; soprattutto da me stessa.
Ogni tanto da me arriva qualcuno ma io non lascio entrare mai nessuno davvero.
Posso vedere benissimo nei suoi occhi il riflesso dei miei, chiusi ed impenetrabili, e sentire tutte le rotelle del suo cervello aggrovigliarsi tra loro per cercare di comprendere qualcosa che nemmeno io comprendo.
Ieri sono venuti in dieci, oggi in tre, domani non verrà più nessuno a raccontarmi la storia di come ho fallito.
La loro non è cattiveria; è che ci vivono, ci sono imbevuti nella cattiveria che gli cresce intorno. Ci fanno il bagno nell’acqua cattiva e ci cucinano la pasta così da essere cattivi anche dentro.
Forse all’inizio potevo pensare che anche stavolta avevo vinto. Una vittoria secca e pulita, da far rivoltare nella tomba tutti coloro che hanno vinto prima di me, da far sembrare le loro vittorie niente.
E invece coloro che hanno vinto si ammazzano dalle risate nella tomba al pensiero di un uomo che si è innamorato degli altri, di tutti gli altri, e che ha fallito miseramente.
Perché è così, ho fallito.
Non tanto con questi altri quanto con me.
Si dice ‘cadere in amore’; io me lo ricordo bene quando sono caduta perché non mi sono più rialzata.
Sarò qui per sempre, anche dopo quella che chiamano morte, col mio amore tramutato in superbia. Qualcuno verrà, ma si stancherà di me come ho fatto io e allora se ne andrà. Sono comunque da sola.
E tutti moriranno e rinasceranno e cambieranno usi e costumi, ma io no.
Sempre qui, sempre reincarnazione delle più grandi delusioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** I can never leave the past behind ***


-I can never leave the past behind.
 PASSATO
 
Il mio passato? Dio, quasi non me lo ricordo più.
Metto bene a fuoco quanto ero felice, quanto sentissi il mondo nelle mie mani, ma non ricordo più come.
Ci sono molte cose del passato che non metto più a fuoco; ho diviso sedici anni di vita in tre grandi blocchi per ora e di ognuno mi ricordo i giorni, ma non più i momenti.
Il primo è stata tutta la mia infanzia: fino agli undici anni credo più o meno. Non c’è molto da dire, non me lo ricordo. Non lo vedo male però perché tanto non c’era nulla di troppo bello da ricordare. Solo una persona, solo mia nonna.
Ha caratterizzato questo periodo più di mia madre visto che era sempre con me.
Quando avevo undici anni è morta. Non è venuta a mancare o ci ha lasciato, non diciamo stronzate. Lei è morta. Non ci avrebbe mai lasciato.
Credo di somigliarle molto però; credo che molte cose, belle e brutte, di lei vivano ancora in me. Per me una persona non muore mai se la gente continua a ricordarla; se si dimenticano di te puoi essere anche sano come un pesce, ma sei morto.
Il suo è stato il primo e l’ultimo funerale a cui sono andata.
Quella chiesa è stata l’ultima in cui sono entrata.
Sono passati anni, piango ancora? Più di prima. Ogni volta con discrezione, ogni volta in silenzio perché lei odiava vedermi piangere. Anche io odio veder piangere la gente. Mi sento impotente.
Ecco perché per me l’infanzia è finita quando la persona che l’aveva caratterizzata ha smesso di essere materialmente sempre con me.
Poi ho avuto una vita bellissima. Fino ad un annetto fa amavo tutto quello che vedevo e facevo. Ci mettevo l’anima, ci mettevo passione.
Ho amato con tutto il cuore una persona che ha fatto qualsiasi cosa per me.
Quest’estate non ci siamo parlati, troppo stupidi ed orgogliosi per avere il coraggio di andare avanti.
Quest’estate ho avuto il primo crollo, la madre dei miei crolli.
Quando gliel’ho detto piangeva. L’ho detestato. ‘Dovevo esserci’ continuava a ripetersi. Era un minuscolo insetto seduto su quella panchina a pochi centimetri da me ed io mi sentivo più piccola di lui.
Poi mi ha tradito. Io mi sono sentita tradita. Questo solo poco tempo fa però.
Intanto avevo cambiato vita, perso qualcosa e trovato qualcos’altro.
Poi è iniziato tutto.
Luglio, un paesino, un vicolo cieco.
Per 7 mesi mi sono tenuta dentro un peso enorme. Poi è arrivata l’unica persona con cui ho iniziato a condividere tutto; anche se non dico una cosa lui la sa già.
Si è preso sulle spalle un mio problema che era più grande di me, figuriamoci di lui.
E poi c’è oggi.
Oggi che mi sono svegliata di nuovo prima dell’alba per gli incubi.
Oggi che non sono uscita di casa.
Oggi che ho pianto.
Oggi che mi sono sentita sola.
Fino a un secondo fa è passato ed io già quasi non me lo ricordo più.
È diventata routine ormai.
Alzarsi, vomitare, aspettare, piangere, fumare, andare a letto, sognare, alzarsi, vomitare, aspettare.
È tutto maledettamente scandito, tutto come se non avessi più scelta.
E intanto aspetto di trovare il coraggio per cambiare qualcosa. E guardo al passato perché il presente non mi piace. Un passato in cui avevo ancora tutto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** I’m always dragging that horse around ***


(I can see no way)
-I’m always dragging that horse around.
 MONOTONIA
 
Gran bella invenzione di merda la monotonia.
Complimenti a tutti quelli che se la creano, me per prima. Io la adoro e la detesto allo stesso tempo.
Mi sono creata i miei spazi, i miei tempi e non posso più separarmi da questi.
Sono diventata schiava di me stessa e lo odio.
E mi odio.
La schiavitù è sinonimo di monotonia. Uno schiavo è monotono; fa tutto ciò che gli viene ordinato in ogni momento, ogni giorno, ogni anno.
E mi sento di nuovo impotente perché non trovo la forza di dirmi ‘smettila’ e in questo preciso istante da qualche altra parte del mondo, o della mia strada, c’è gente che sta peggio e con che diritto io non riesco  a non sorridere?
Tutti i cristo di giorni mi chiudo in me esattamente come il giorno precedente e quello prima ancora.
Non c’è la svolta.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** And our love is pastured such a mournful sound ***


-And our love is pastured such a mournful sound.
 AMORE
 
Amore? Non c’era amore.
Non c’era niente.
Solo trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Solo non aver avuto la prontezza per correre più veloce.
Solo non aver avuto la forza di graffiare più forte.
Avevo le tip alle unghie in quel periodo; le avevo appena rifatte, ripulite, colorate, curate. Perfette. Erano gialle, piene di vita come me. Le portavo in giro orgogliosa del mio lavoro, orgogliosa di me per una volta.
Quando sei orgogliosa di te non immagini mai che sta per crollare tutto.
Sono tornata a casa e le mie unghie erano perfette, come quando ero uscita, come se non fossa successo nulla. Le ho fissate per ore in cerca di un segno o un graffio. Non c’era niente.
Avevo un pugno nello stomaco, una fitta alla testa, il sangue che usciva dal mio naso e le mani perfette.
Ho tolto le tip con le lacrime agli occhi; non ero più orgogliosa di niente, mi facevo schifo.
Continuavo a grattare con ferocia i rimasugli di colla e mi odiavo per il lavoro sprecato.
Non le ho portate più finché non ho deciso di accorgermi che c’era realmente un problema da cui dovevo uscire. Mi ricordavano quello che avrei potuto fare e non ho fatto.
Non c’era amore.
Non credo in quello che tutti chiamano ‘amore’. Quella cosa bellissima che ti fa venire le farfalle nello stomaco e ti fa piangere perché non ricambiato. Quell’amore a prima vista di cui tutti parlano. Quello che ti fa stare con una persona anche a chilometri di distanza.
Mi manca quando mi piaceva una persona. Non riesco più a provare niente per nessuno.
Mi manca quando sorridevo ogni volta che lo nominavo, cioè sempre.
Mi manca sentirmi chiedere perché mi brillino gli occhi.
Non c’era amore.
Non c’è amore.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Tonight I’m gonna bury that horse in the ground ***


-Tonight I’m gonna bury that horse in the ground.
CAMBIAMENTO
 
Non è vero.
Non cambio perché ho paura di cambiare; sono terrorizzata dal cambiamento, lo sono sempre stata.
Il motivo mi sfugge veramente dato che ora come ora cambiare è l’unica via d’uscita.
Forse non solo ora; forse cambiare qualcosa è sempre l’unica via d’uscita.
Non ti piaci? Cambia.
Non ti piace? Cambialo.
Forse però non dovremmo cambiare per gli altri ma per noi. Anche se un mio cambiamento è meglio per te alla fine quella che cambia sono comunque io.
Quella che non sei, non sarai, a me basterà’.
Perché non ci bastiamo mai? Io non mi basto mai; mi voglio sempre diversa, più alta, più bella, più brutta.
Anche i pregi non ci bastano.
Non vediamo in noi quello che vedono gli altri.
Sembra che più ci dicano che siamo perfetti più ci sforziamo di essere meglio.
Io lo so, non sono il meglio che posso essere. E per quanto mi ci sforzi ogni tanto mi sembra di avere aspirazioni a cui so in partenza di non poter arrivare. Accidenti a me, non mi arrendo mai.
Non esistono guerre perse in partenza secondo me.
Pure nei film gli eroi patetici che non avrebbero nessuna possibilità di vincere lo dicono. Poi vincono sempre perché quelle sono filmetti di merda con finale drammatico strappa mutande, che ancora non capisco a chi piacciono veramente.
Fatto sta che non mi ero mai arresa e ho paura quando so di essere sul punto di farlo. Non so perché ma i codardi li odio. Più del pianto, più della superbia, più di tutto. Scappano, e a che serve scappare? Scappano dai problemi che gli si presentano davanti.
Sono scappata dai problemi che mi si sono presentati davanti.
In questo momento non voglio cambiare, quindi sono una codarda.
Ho combattuto guerre contro chiunque, per motivi giusti o sbagliati a volte, ma mai sono scappata.
Mai ero scappata.
Ho sputato in faccia a qualcuno quell’odio che mi saliva nel vederli distruggere altre vite.
Ho gridato in un megafono in piedi su un camioncino quando un terremoto ha buttato giù la mia città e chi ci governa non aveva le palle di guardarci negli occhi per aiutarci.
Non ho mai avuto paura degli altri, ho paura di me.
Perché?

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Shake it out ***


(So I like to keep my issues strong
But it’s always darkest before the dawn)
-Shake it out.
 ESILIO
 
Devi esiliare dal tuo corpo tutto ciò che vi è entrato.
Devi esiliare dal tuo cuore tutto ciò che ti fa male.
Devi esiliare dalla tua testa tutto ciò che ti tormenta.
‘Buttalo fuori’
Mi sono tuffata fuori da quella ero come un trapezista al circo che salta da una piattaforma altissima in una tinozza d’acqua enorme: scomparendo.
Sono scomparsa così, senza fare in modo che nessuno se ne accorgesse.
Ho preso e me ne sono andata.
Nemmeno io me ne ero accorta.
Vorrei che questo dolore uscisse dal mio stomaco che ne è pieno e mi attraversasse tutte le vene, tutte insieme, tutto d’un colpo, per l’ultima volta.
Vorrei gridarlo.
Vattene!
Lasciami stare!
Va’ via!
Magari mi mancherai, magari ti rivorrò indietro dopo qualche attimo, magari davvero non posso più vivere senza te che mi riempi.
Ma ora voglio provarci, voglio riuscirci.
Voglio riuscirci più di ogni altra cosa.
Me lo ripeto ogni volta che la mia testa mi sembra vuota e pronta ad ascoltare: ti stai perdendo.
Stai attenta, perché stai perdendo tutto quello che eri.
Ti stai lasciando andare.
Stai lasciando che si prenda tutto.
Stai perdendo tutto.
Non ti meravigli più di niente. Non riprendi più fiato. Non ti riconosci più allo specchio. Cosa sei diventata?
Sei incostante e monotona allo stesso tempo.
Non ti sopporti più, non sopporti il tuo continuo girovagare in mezzo a queste quattro mura vuote in cerca di qualcosa che ti possa distrarre. Ti sembra che niente più ti distragga. Tutto ti sta solo distruggendo.
E intanto non cambi niente. Non ti dai quella spinta per cambiare. Non riesci ad andare avanti, sei bloccata.
Chi vuole andare avanti sei te e chi ti trattiene sei te?
Non sei normale, sei patetica. Fai schifo.
Non riesci a cacciare te stessa da stessa.
Se una persona diventa il tuo luogo, dove pensi di andartene?

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** And it’s hard to dance with a devil on your back, so shake him off ***


-And it’s hard to dance with a devil on your back, so shake him off.
 PESANTEZZA
 
Ogni giorno ti sembra la fine del mondo e invece ce n’è sempre uno dopo di giorno.
Anche oggi ti sembra buio e pesante a mezzanotte inizierà domani e sarà meglio.
Magari il domani arriva dopo anni o tutta una vita, ma alla fine aggrapparti a quell’ultimo rimasuglio di fiducia è quello che ti resta una volta tirate le somme.
E ti senti questo peso addosso, questa cosa che non ha mai fatto parte di te, che non conosci minimante e che ti tiene incollato al terreno, troppo pesante per volare.
Ogni cosa che succede è l’ennesima cosa che pensavi a te non sarebbe mai potuta succedere.
Tutto questo ti travolge e ti butta giù, come una valanga.
Immagina di essere sulla neve; sei in cima ad una montagna, pronta a scendere a tutta velocità e a lasciare che il vento ti passi freddo tra i capelli. Ti senti viva. Ti senti veloce. Ti senti potenti.
Guardi dall’alto tutti gli altri, non puoi immaginare cosa pensano e loro non immaginano cosa pensi tu.
Hai gli occhi coperti, nascosta, protetta.
Puoi essere chi vuoi perché nessuno sa chi sei. Ne sei consapevole.
Corri giù, hai deciso di buttarti.
E sei felice. E sei veloce. E sei potente.
E sei viva!
Corri, corri finché puoi.
Finché non ti bloccano; arriva una valanga che ti schiaccia.
Una valanga che pesa sopra di te.
Come in un teatro; sei sul palco, parli, ridi, reciti?
Non lo sa nessuno in platea.
Non sanno se fingi o se sei così veramente. Puoi gridare che fai schifo e magari fai schifo veramente.
Poi arriva l’ultima scena, cala il sipario e al momento degli applausi sono già tutti convinti che quella che sta sorridendo felice sia di nuovo te.
Ti ricade addosso quella pesantezza.
E come se il sipario si fosse abbassato troppo presto e ti sia caduto in testa.
Stavi ancora parlando e ti hanno fermato.
Sei di nuovo te. E per quanto ami la sincerità quel palco ti dava la distanza necessaria a sentirti protetta.
Era come se tutto il peso che ti eri portata dietro per tanto tempo si fosse azzerato per qualche ora, il tempo di diventare qualcun altro.
Ora che lo spettacolo è finito puoi ricominciare a fingere.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** I am done with my graceless heart, so tonight I’m gonna cut it out and then restart ***


-I am done with my graceless heart.
FINE
 
‘Se ti fermassi ad osservarti a fondo potresti vederti come ti vedo io. E per come ti vedo io, tu non hai bisogno di nient’altro.’
Ci ho provato, non vedo niente.
Tu sei una bugia, sei solo un’enorme menzogna.
Il tuo cuore ora non lo regge più.
Cristo, avranno scritto milioni di canzoni, libri e poesie sulla fine, sul porre fine a qualcosa, sul voltare pagina ed io ancora non capisco come si faccia.
La fine c’è diverse volte al giorno qui, ma vorrei ce ne fosse un’altra; una diversa.
Una definitiva magari.
Ed ora scrivo anche, quando mai ho scritto io?
Quando mai una cosa mi è sembrata talmente grande da non avere il coraggio di tirarla fuori a voce? Nemmeno le mie dita riescono ad esprimerla davvero.
La prima fine mi si sbatte in faccia appena riapro gli occhi sgranati di scatto. Non respiro e in testa sono fisse le immagine che mi hanno tormentato tutta la notte; è finalmente la fine degli incubi, almeno fino a domani.
Aspetto il mattino in un silenzio assordante, poi tutti si alzano e iniziano ad essere infelici; è la fine di un’illusione.
Ogni giorno guardo il sole sorgere dalla finestra con il viso ancora rigato dalle lacrime, una sigaretta in una mano e un libro nell’altra e ogni giorno mi convinco che sarà diverso.
E invece quando tutti escono io rimango da sola e un’altra fine mi rimbomba nel petto.
Questa non riesco mai a definirla: so solo che mi sento sola da morire e mi sembra la fine del mondo.
La notte mi ributto nel letto, mi guardo intorno, chiudo gli occhi e sono di nuovo assalita dalla fine.
Vorrei che per una volta fosse diverso; vorrei dire ‘E’ la fine. Stanotte la faccio finita. Stanotte sono forte. Stanotte non ho paura.’ prima di chiudere gli occhi.
Vorrei un abbraccio soffocante che mi dia il coraggio di arrivare a chiudere l’intero libro e non solo una pagina.
Non ci riesco da sola.
Tutto mi sembra la fine, e invece so benissimo che domani sarà uguale identico ad oggi.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** And given half the chance, would I take any of it back? ***


(Cause I like to keep my issues strong
It’s always darkest before the dawn
Shake it out
And it’s hard to dance with a devil on your back, so shake him off)
-And given half the chance, would I take any of it back?.
PAURA
 
E se mi dessi una possibilità, otterrei davvero qualcosa indietro?
Prima ero per il ‘se non provi non sai’, ora credo di no.
Provavo tutto, anche troppo, ora più niente.
Prima profumavo di buono; ora profumo di vissuta. Se affondo il naso in una maglietta, anche appena uscita dalla lavatrice, posso sentire l’odore di tutto quello che è successo, di tutto quello che ho vissuto.
Tuffarsi in una maglietta significa ora ricordarsi di ogni momento.
E ricordarsi che non voglio che si ripeta.
Ho paura; ho paura di espormi tanto, di farmi male per niente. Ero mai stata così prima?
‘Sei coraggiosa ad affrontare tutto questo’
Forse lo sono davvero.
Perché non potrei esserlo alla fine?
Tutto questo per cui sono tanto coraggiosa (ironia, portami via) mi del tutto preso, e non ci riesco più ad essere coraggiosa, sempre che ci sia stato un periodo in cui ce l’abbia fatta.
Sì, forse c’è stato: quando ho recitato per sei mesi come se andasse tutto bene. Quando nessuno si è accorto di niente. Almeno l’amore e il talento per la recitazione mi è rimasto.
Il fatto è che riesco ad essere me stessa solo quando sono qualcun altro.
E mi chiedo chi io sia realmente.
Non una persona che mi abbia mai chiesto se stavo bene, perché ridevo sempre, sorridevo per ogni cosa.
Recitavo sì, ma ero tutta la vita che ridevo, non sembrava strano a nessuno.
Una persona coraggiosa non è una che non ha paura?
Non lo so; per me un coraggioso è uno che ha paura a tal punto da riuscire ad affrontarla.
In questo momento non lo sono allora: ho paura, tantissima paura, ma non riesco ad affrontarla.
 
 
E se poi la affrontassi davvero, in cambio cosa otterrei? Questa è un tipico periodo ipotetica: se di qua, se di là.
Troppi ‘se’. Non mi piace come argomento, non da sicurezza. 
‘La protasi (dal tardo latinoprotăsis: mettere innanzi) , esprime la premessa, cioè la condizione da cui dipende quanto predicato nella reggente; la apodosi (dal tardo latino apodŏsis: restituire), indica la conseguenza che deriva o dovrebbe derivare dal realizzarsi della condizione espressa dalla proposizione subordinata.’
Quel ‘deriva o dovrebbe derivare’ mi mette una paura enorme.
Un cazzo di modo verbale che ti fa venire miliardi di cazzo di dubbi. Non serve a niente. L’hanno inventato per mettere ansia alla gente, non è stata una grande mossa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** It’s a final mess but it’s left me so empty ***


- It’s a final mess but it’s left me so empty.
VUOTO
 
Mi gira la testa, è tutto vuoto.
È come se avessi un corpo che si trasporta da un posto all’altro lasciando sempre a casa tutto quello che lo riempiva.
È come se avessi pianto tutte le lacrime che avevo dentro, come se non fossi più fatta d’acqua al 70% ma solo al..bho,15? Forse 16, 17% al massimo.
Non sento più niente, non sono più niente.
Vuoto.
La scienza dice che ci sono milioni di particelle minuscole che si muovono dentro di me svolgendo ognuna la sua funzione tutti i giorni, tutti i momenti; le mie sono ferme. Nuotano nel niente che mi è rimasto e non sanno più dove andare a sbattere la testa, non hanno più una loro funzione da svolgere, non sanno più se ci sono altre particelle o se sono da sole.
La scienza questo come lo spiega? Dio, Merlino, Buddha o chi per loro come lo spiegano?
Come si spiega quando una persona non si sente più una persona?
Come accidenti spieghi quando non sei più niente di tutto quello che eri?
Come spieghi quando qualcosa ha un grande impatto sulla tua vita e da quel momento quella smette di essere la tua vita e diventa un qualcosa di lontano, distante da te. Diventa qualcosa che non ti riguarda, qualcosa che ti passa davanti mentre tu stai lì a guardare come si evolve o come si stabilizza.
Come si spiega quando una persona smette di sentirsi tale a tal punto da aver paura delle altre persone?
Quando ti senti diverso da tutto e tutti e ti fa paura.
Quando ti senti usata, maltrattata, violata, lasciata sola, a pezzi, vuota, piena, lontana, chiusa, buia, diversa..
E poi non ti senti più niente.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** I’m damned if I do and I’m damned if I don’t, so here’s to drinks in the dark at the end of my road ***


(It’s always darkest before the dawn)
-And I’m damned if I do and I’m damned if I don’t, so here’s to drinks in the dark at the end of my road.
BIVIO
 
È davvero così brutto pensare sempre prima agli altri che a te?
No.
Viene quasi naturale; vedi una persona e fai di tutto per aiutarla. Non ti passa per la mente il tuo dolore, esiste solo il suo. Non puoi calpestare una persona perché tu hai bisogno di altro in quel momento, chi sei tu per fare questo?
Sei a pezzi ma vedi che c’è chi sta peggio di te.
Lo abbracci, lo aiuti, ti senti utile.
Lo ascolti in silenzio mentre pensi cosa puoi fare tu, umano inutile senza laurea in psicologia, di fronte a un problema come il suo; non ti viene in mente niente.
Vorresti stringerlo e dire che va tutto bene anche se sai che non è così.
Stai male? Non importa, me lo prendo io il tuo dolore. Mi prendo io le tue lacrime che ti rovinano il volto e le tue gambe che tremano. Mi occupo io del tuo cuore lacerato, del trucco sbavato, della tua maschera caduta. Proteggo io le tue mani da quelle di chi ti ha fatto male. Soffro io per te.
Lo vedo, il male che ti hanno fatto. Ti hanno lasciato, ti sei rinchiuso in te.
Hai freddo e paura ma sai che sono qui perché ci sono sempre stato; sai che quando domani mattina ti sveglierai ti sembrerà meglio e ti sorriderò felice. Anche tu lo farai, magari non domani, ma sono qui ad aspettarti.
‘Io sono con te’ e ci sono davvero. Lo senti, ti sto abbracciando? 
 
È davvero così brutto pensare prima agli altri che a te?
Sì.
Viene quasi naturale; vedi una persona e fai di tutto per aiutarla. Ti rimbomba in testa il tuo dolore e pensi di nasconderlo facendo finta che esista solo il suo. Solo che non puoi calpestarti perché c’è qualcuno che ha bisogno di altro in quel momento, chi è lui per farti questo?
Sei a pezzi ma ti auto convinci che c’è chi sta peggio di te.
Lo abbracci, lo aiuti, ti nascondi.
Lo ascolti in silenzio mentre pensi cosa puoi fare tu, umano inutile, senza laurea in psicologia e con altri problemi, di fronte a un suo problema che sta per caderti addosso come un pesantissimo masso; non ti viene in mente niente.
Vorresti uscire e gridare che hai bisogno di stare con te e le tue cose prima di pensare alle sue. Non lo fai. Non lo fai mai.
Stai male? Anche io.
Anche il mio volto è rigato e le mie gambe tremano, te ne sei accorto? No, perché fingo. Davanti a te fingo di essere più forte di quello che sono.
Non faccio altro praticamente.
Ma anche il mio cuore è lacerato e ho gli occhi neri a furia di piangere.
Ma la mia maschera non cade. Non cade mai.
Troppo orgogliosa per permettersi di non stare su.
Troppo abituato a fissarti il fondotinta in faccia per mostrare le occhiaie.
Troppo abituato a fissarti i problemi degli altri in testa per non mostrare i tuoi.
Non posso proteggere le tue mani da quelle che ti hanno fatto del male, se riesco a stento a proteggere le mie.
Non riesco a soffrire io per te in questo momento.
Ma non lo vedi il male che mi hanno fatto? Mi sono lasciata andare, mi hanno lasciato, usato, riempito e svuotato.
Mi hanno colmato la testa di parole e il cuore di tenerezza. Mi hanno colmato la testa di incubi e il cuore di paure.
Ho freddo e mi sento morire, so che sono sola; so che quando domani mattina mi sveglierò mi sembrerà meglio e vorrò qualcuno accanto. Poi non sorriderò, mi sembra un pensiero così lontano adesso. Non voglio che quando accadrà tu avrai perso la tua vita ad aspettarmi.
Non so se ho la forza di perderci la mia.
‘Io sono con te’ e non posso esserci adesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** So here's to drinks in the dark at the end of my road ***


-So here's to drinks in the dark at the end of my road.
NON (non ce la faccio, non voglio farcela, non vado avanti, non cambia niente)

Non eri come ti immaginavo; non che ti avessi mai immaginato, chi avrebbe potuto, ma non eri come mi aspettavo.
Che poi ci sono cose che capitano senza che tu quasi te ne accorgi, e allora basta; capitano e fine. E allora tu che accidenti ci poi fare? Niente, stai lí à guardare. Stai lí à guardarti.
Ogni tanto adesso provo a immaginarti invece. Chissà come sei fatto, chissà a cosa stai pensando, cosa stai facendo.
Vorrei sapere se i tuoi occhi sono come me li ricordo o no, se sono vuoti come i miei o pieni di..non so, orgoglio magari?
Ma tu lo sai che esisto?
Io mi ricordo di te, per quel poco che mi riguarda; insomma non é che proprio mi importi come sei fatto e tutto il resto, voglio solo sapere se qualcosa é restato di me.
Sbaglio?
Voglio sapere se anche tu hai l'immagine sfocata di me che ti rimbomba in testa.
Voglio sapere se per te qualcosa é diverso ora.
Voglio sapere se almeno te lo ricordi, cosa é successo.
Dubito.

Mi dai fastidio; mi dai la nausea, mi infastidisci.
Mi fai urlare, mi fai cambiare, mi fai piangere, mi fai vomitare. Mi fai essere prima debole e poi cattiva.
Mi riempi di te e mi svuoti del resto.
Mi fai scappare tutto dalle mani.
Mi fai disprezzare ogni cosa che vedo, mi fai odiare chi mi ama.

E sei solo una persona. Una piccola, insulsa, patetica personcina. Ma come cazzo fai?
Come hai fatto?
Cosa hai fatto?
Sí, io esisto. O meglio esistevo, perché non mi riconosco nelle descrizioni che fanno di me, né in quelle della persona che ero né tanto meno in quelle della ''persona'' che sono diventata.
Un anno; è il primo anniversario della mia morte.
Non ne sono troppo sicura, per quanto mi sforzi non riesco a ricordare che giorno fosse, quanto tempo è passato.
È straziante per una che conta sempre tutto.
Quanto tempo è passato? Tanto, mi sembra. E chissà quant'altro ne dovrà passare.
Eppure qualcosa stanotte mi ha detto che era oggi. Che io oggi sono morta.
Ed è vero che la storia si ripete, che la gente fa sempre gli stessi errori, perchè da quando ho aperto gli occhi stamattina tutto va esattamente come un anno fa.
E se prima contavo i giorni era solo per tenere sotto controllo le cose; mi fa morire l'idea che non riesco a tenere sotto controllo più niente.
Oggi avevo bisogno di controllare, e invece no.
E invece no perchè ho lasciato che qualcuno mi annebbiasse la mente e mi bloccasse il cuore.
Sai quelle stronzate che il cuore fa a pugni col cervello?
Io sono coerente: vanno a braccetto ed entrambi fanno a pugni con me.
E tu? Tu stai festeggiando? Non si usa festeggiare qualsiasi ricorrenza?
Compleanni, anniversari.. Oggi ho comprato un paio di scarpe; appena arrivo a casa bisogna stappare una bottiglia di champagne.
Vuoi brindare?
Alle scarpe, ovviamente, mica a queste tue patetiche vittorie da quattro soldi.
Ti giuro, vorrei davvero avere almeno una tua foto per potermi stampare in testa il tuo viso e mettere bene a fuoco cosa è davvero successo. Sai, per dargli un senso.

Cose imparate:
Un cuore può battere a ritmi fortissimi senza mai spaccarsi;
Un corpo può andarsene in giro senza trasportarsi dietro niente;
Una casa può essere davvero un porto sicuro;
Una persona può essere abbastanza forte da decidere di scappare;
Un sogno può essere più reale della vita reale stessa;
Uno stomaco può sopportare non oltre un certo numero di dolore;
Una bocca può ributtare indietro una quantità illimitata di parole;
Un condotto lacrimale può allagarsi senza che tu te ne accorga;
Un numero finito di lacrime, purtroppo, può non esistere;
Un infinitesimale passo in avanti può essere visto come una conquista; quest'ultima è, da una che non si accontentava mai di ciò che aveva fatto e voleva sempre riuscire a fare di più, ritenuta particolarmente patetica e senza dubbio la più demoralizzante della lista.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Cause looking for heaven, found the devil in me ***


-Cause looking for heaven, found the devil in me.
INSEGUIMENTO
 
Corri, corri, corri.
È stata tutta una corsa continua verso una meta che mi ero immaginata. Non esisteva, non poteva esistere. Non la raggiunge mai nessuno e io mi ero pensata che arrivavo io e ce la facevo.
E invece non ce l’ho fatta.
 
Corri, corri, corri.
Sto inseguendo me stessa alla fine.
Me stessa? Di quale ‘me stessa’ sto parlando? Di quella che non si arrende e continua a inseguire qualsiasi cosa o di quella che piange di nascosto?
Di quella che gridava ‘si va in scena’ o di quella che dietro la scena si nasconde e a teatro non ci mette neanche più piede? Di quella che i sogni li aveva o di quella che li sta lasciando spegnere? Di quella che aveva milioni di cose da dire o di quella che non ne vuole più sapere di parlare con la gente?
 
Corri, corri, corri.
Sempre a correre, a sperare che tutto migliori e invece non migliora niente.
Sempre a sperare che questa sia l’ultima volta e invece non è mai l’ultima volta.
 
Corri, corri, corri.
E se non corri muori. E se non corri che vivi a fare?
E mentre speravo che tutto migliorasse, siamo di nuovo caduti tutti in un burrone.
Ogni volta che perdi cadi, ho perso di nuovo. Ho perso qualcuno di nuovo.
E mi dispiace di non aver fatto abbastanza.
Sì, dopo tutto mi dispiace.
Mi dispiace, nonno.
Non è perché te ne sei andato, per quello figurati, beato te, è per chi resta che bisogna preoccuparsi, ma perché non mi hai nemmeno dato il tempo di pensare che potesse succedere.
Non l’hai dato a nessuno.
Ti odio un po’ per questo; ti ho sempre odiato in un certo senso. Mai convinto, mai sicuro, mai una volta che prendessi una posizione, mai una volta che non seguissi il miglior offerente. Mai una volta che avessi chiesto a tuo figlio, buttato sul divano con quegli occhi vuoti, cosa non andava. Mai. Mai una volta che ti fossi preoccupato di appoggiarlo, di aiutarlo quando ne aveva palesemente bisogno.
Per come ti conoscevo io, come te non avrei mai voluto esserlo, ma la tua generosità, quella sì che la vorrei.
Quella sì che l’ammiravo.
Amore senza riserve per chiunque, magari in modo sbagliato, ma per chiunque.
Io stavo male, nonno.
Forse avrei potuto dirtelo, ma in fondo come avrei potuto? Cosa abbiamo mai avuto da spartire noi?
Bene, te lo posso dire adesso, per quello che conta: io sto male, nonno.
E tu stavi bene.
E la notte in cui te ne sei andato io, per la prima notte dopo mesi, stavo ridendo.
In una notte in cui dal balconcino non si vedeva la luna, io ridevo.
Lo sapevo che qualcosa non andava, ma in me quella notte andava tutto bene.
Giusto qualche ora prima ci eravamo sentiti. ‘Mi raccomando, quest’anno divertitivi come quando viene lì nonno e fate le stesse cose, che tra qualche giorno vi raggiungo.’ E non ci hai più raggiunto.
E quelle cose non le abbiamo nemmeno fatte perché il tempo non ce l’hai dato; ma quella notte sì, io quella notte mi divertivo. Io quella notte la luna me la immaginavo e i problemi non c’erano.
E non c’eri più nemmeno te.
Mi dispiace, nonno, se ridevo mentre tu morivi.
Mi dispiace se ridevo mentre tuo figlio piangeva.
Mi dispiace se ridevo scacciando da me il pensiero che qualcosa stava succedendo a mille chilometri da me.
Mi dispiace se ridevo convincendomi che non poteva essere.
E soprattutto mi dispiace se quando me l’hanno detto non sono riuscita a piangere; piangevano tutti ed io no.
Te l’ho detto, nonno, io sto male: non sento più niente, non ci riesco più a piangere. Pensavo non avessi più niente da piangere, niente più lacrime, esaurite, e invece no; le lacrime ci sono, scendono da sole.
Guardavo la gente intorno a me che piangeva lacrime vere per una perdita troppo grande da essere sopportata e mi sentivo perfida perché io non ci riuscivo. Te lo dico subito, nonno, le mie lacrime non erano vere. Non perché non ti volessi bene, ma perché non sapevo cosa fare.
Bene te ne volevo, te ne voglio, certo, ma non ce la facevo.
Perdonami, ti prego, ma tanto per me tu non sei morto, lo sai.
Lo sai come la penso sulla morte: non c’è la morte. Non esiste. Una persona non può morire. Può andarsene, può sparire per sempre, può prendersela dio, può volare via, ma resta viva. Le idee di una persona, i suoi ricordi, sono sempre vivi in chi l’ama. Per me non è mai morto nessuno, mi si è solo riempito poco a poco il cuore del ricordo di tutti.
Tutti quelli che mi sono stati portati via, io me li ricordo. Sento il loro profumo e rivedo i loro visi. Sono qui.
Vorrei che lo pensasse chi intorno a me piange; vorrei che la smettesse di soffrire, fare funzioni e seppellire cadaveri; non è onorare questo. Siamo tutti qui, non piangere, siamo ancora tutti qui. Tu sei qui.
Mi dispiace che mio padre pianga. E non so cosa dire perché non gli ho mai detto niente su di te. Non avrei mai voluto allontanarmi da te, ma non ho mai condiviso come lo trattavi, anche se forse non ne avevo il diritto. Ma ti voglio bene, nonno, e non hai neanche idea del vuoto incolmabile che hai lasciato quella notte che io ridevo.
‘E’ il giorno della morte che da alla vita il suo valore’
 
Corri, corri, corri.
Ecco ora te l’ho detto, e posso ricominciare a correre.
Ora sai cosa sto provando e posso ricominciare a sperare che tutto migliori.
Ora posso ricominciare a cercare qualcosa di bello e ricominciare ad imbattermi in qualcosa di brutto.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Well what the hell I'm gonna let it happen to me ***


- Well what the hell I’m gonna let it happen to me.
NASCITA
 
Nascita eh?
C’è tutto un giro di parole dietro questa cosa; la nascita è l’inizio di una persona, non solo un cucciolo o un cucciolo di umano nasce. Un uomo nuovo sta nascendo quando decide di cambiare.
Una donna partorisce un bambino, una qualsiasi altra cosa o evento partorisce, o scaturisce, nell’uomo la voglia di cambiare.
E poi sul più bello arriva la depressione post-parto.
E se invece fossi io quella che ha partorito?
E se il nascituro fossi sempre io?
L’unica cosa certa è che la depressione (post-parto o no) c’è.
Ammetto che mi ha sconvolto non poco sentirmi dire che la nuova diagnosi era ‘depressione’.
È insieme di sintomi più o meno complessi che alterano in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno.
Come se non bastasse, cinque cose mi hanno colpita alle spalle, come quando c’è il sole e senti un tuono: non te l’aspettavi ma sai che tra poco pioverà anche qui.
Diminuzione di interesse! Insonnia ! Agitazione! Auto svalutazione! Difficoltà a prendere decisioni!
Diminuzione di interesse! Insonnia! Agitazione! Auto svalutazione! Difficoltà a prendere decisioni!
Diminuzione di interesse! Insonnia! Agitazione! Auto svalutazione! Difficoltà a prendere decisioni!
Dio quanto mi sento stupida.
Davvero, avrei preferito che mi dicessero ‘Sei disperata.’ Punto, così, secco. Sai almeno mi mettevo l’anima in pace, sono una disperata, ok.
Non so perché ma disperata mi sembrava meno grave di depressa. Disperata, anche se vuol dire l’esatto contrario, mi dava almeno un minimo di speranza. Depressa invece mi sa tanto di depressa. Mi sa di niente.
Non lo so, solo a pensarci mi viene un groppo allo stomaco e mi sento male.
Non mi va di essere depressa cristo.
 
Ora, se io dicessi ‘Non mi va, la faccio finita’ e mi impegnassi al massimo per raggiungere l’obbiettivo, andrebbe tutto bene.
Sempre fatto. Voglio una cosa, me la prendo.
Il problema si presenterebbe quando arriverei alla conclusione che, sforzi e impegno compresi, non raggiungo un cazzo.
Non passa un giorno senza che non mi chieda cosa sarà mai successo a quella ragazza sicura e felice per farle dimenticare cosa significhi prendersi ciò che si vuole.
 
In realtà credo che il vero problema sia il fatto che sono vendicativa.
Sapevo con chi prendermela, buttavo su di lui tutto il mio dolore e la cosa finiva lì.
Ma cosa succede quando non sai con chi prendertela? Quando sai benissimo che non è colpa tua ma il colpevole è scappato senza lasciare un nome o una qualsiasi traccia.
Te la prendi con te stessa. Per forza, è ovvio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** SHAKE IT OUT ***


- Shake it out.
(And it’s hard to dance with a devil on your back, so shake him off)
-
 
Fine o non fine a me non sembra sia cambiato tanto.
Accidenti, doveva essere l’anno in cui cambiava tutto, o almeno cambiava qualcosa.
Che è cambiato? Un cazzo.
 
‘Accidenti, hai presente quando vuoi dire così tante cose che non riesci a dirne nemmeno una?
Quando vuoi correre ma sei paralizzata?
Quando vuoi urlare ma ti brucia la gola?
Quando vuoi dormire ma hai paura?
Quando vuoi qualcosa talmente tanto che fai di tutto per ottenerla?
Quando vuoi qualcosa talmente tanto che sai che non la otterrai mai?
Hai presente?’
 
‘Di cosa hai bisogno? Vieni qua, te lo do io. Vieni qua, ti aiuto io. Sono sempre stata bravo a capire le persone.
Posso aiutarti. Permettimi di aiutarti.
Posso amarti, lo so fare. Permettimi di amarti.
Non preoccuparti, va tutto bene. Stiamo solo cadendo a pezzi, va tutto bene.
Vieni qua, ti asciugo quelle lacrime, ti pulisco quel mascara, ti curo quelle ferite.
Abbracciami, te la do io la forza che ti serve.
Annullami, sono qui per te.
Guardami, ti aiuto io.
Spiegami, io ti capisco.
Rispiegamelo, lo puoi fare.
Amami.
Ma non odiarmi, ti prego non odiarmi. Non odiarmi se non riesco in qualcosa, se non faccio altro che fallire, se non riesco ad essere abbastanza per te.’
 
Sono a pezzi.
Le prove d’amore, le pene d’amore, tutte queste stronzate non funzionano se stai cercando di conquistare te stessa.
 
‘Hai paura? Lo so che hai paura.
Lo so che tutto ti fa paura.’
 
‘Fallisco. Sto fallendo.
Non faccio altro che fallire.
È vero ho paura.
Ho paura che il mondo mi crolli addosso, ho paura che la vita abbia altre sorprese per me.
Ho paura che se ne vada, ho paura che anche la mia vita se ne vada.
Ho paura di non accorgermene.
Ho paura di non fare in tempo.
Ho paura di svegliarmi una mattina e capire che è troppo tardi, ho paura di non aver fatto tutto.
Ho paura di non essere abbastanza, ho paura di fallire.
Ho paura di avere paura, ho paura di non aver mai avuto paura prima.
Ho paura di perdermi qualcosa, ho paura di addormentarmi.
Ho paura della luce, ho paura di svegliarmi.
Ho paura di sognare, ho paura di rivederti.
Ho paura di finire.
Ho paura di essere finita, ho paura di aver rovinato tutto.
Ho paura di piangere, ho paura di non saper impedire al mio cuore di battere forte.
Ho paura di convincere le mie gambe a muoversi.
Ho paura di fare un passo, ho pura di correre, ho paura di andare avanti.
Ho paura di non riuscire ad andare avanti.’
 
‘Cosa ne è stato dei sogni che avevamo? Cosa è successo a quella ragazzina che voleva diventare un pirata? Cosa è cambiato da quando davi il massimo?’
 
‘Il pirata? Ma che non lo sai che a me il mare fa schifo, con tutto quei pesci e le alghe viscide?
Ma che te lo devo spiegare io cosa ti piace e cosa no?
Non voglio farlo, il pirata.
Non sono abbastanza forte per fare il pirata.

Però è vero, io il pirata lo volevo fare davvero. Io coraggiosa volevo esserlo davvero.
E io do il massimo! Lo sai che lo faccio, solo che non basta.
Evidentemente il mio massimo non è abbastanza. Evidentemente i miei sogni erano sbagliati.
E non guardarmi così, lo sai che ho ragione.
E lo so che sei brava a convincere le persone, cosa credi.
Lo so che basta guardarti negli occhi per accorgersi che hai ragione, anche quando menti.’
 
‘Saresti perfetta, nella tua imperfezione.
Saresti brava se solo ci credessi.
Saresti il più forte e coraggioso pirata del mondo.
Saresti tutto, solo che non vuoi esserlo.
Se solo fossi determinata …’
 
‘Lo ero.
Se volevo qualcosa me lo prendevo, se volevo essere pirata tornavo indietro nel tempo per diventarlo.
Io non piangevo, non piangevo mai.
Io non perdevo.’
 
Basta prenderti in giro, Chià.
Basta litigare con te stessa.
Parla, cristo, parla!
Urla, grida!
Fa’ qualcosa, non lasciarti andare così, non perderti così.
Non dimenticarti cosa sei.
Non permettere a te stessa di farti del male.
Non prenderti a pugni, non odiarti.
Non annullarti, ti prego.
Ascoltati, aiutati.
Calmati.
Guardati: cosa sei diventata?
Riprenditi ciò che era tuo di diritto.
Amati.
Non perdere tempo, non avere paura.
Tu non hai paura, non puoi avere paura.
Non lasciarti scappare tutto dalle mani.
Non recitare, getta la maschera, sei stanca ormai.
Non sei stanca? Non vuoi cambiare qualcosa?
Perdio, non è vero che non puoi farcela.
Era un’espressione che non conoscevi, non fallire.
Guardati allo specchio; cosa vedi? Ti piace?
Non credo.
Ti prego, Chià, non perderti così.
Una volta lessi in un libro ‘perchè tengo un diario?semplice,perché sono in guerra e ritengo quindi opportuno ricordare bene ogni mossa.’.
Anch’io sono in guerra;non combatto per un ideale o per la patria,combatto per me e contro di me.
Sono il nemico che più temo,la mia più grande insicurezza,il mio unico punto debole.
Ma chi vuoi prendere in giro?
Ma chi voglio prendere in giro?

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1126117