Un dovere (in)evitabile.

di Noth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un dovere (in)evitabile. ***
Capitolo 2: *** The boy on the roof. ***



Capitolo 1
*** Un dovere (in)evitabile. ***


Un Dovere (in)evitabile.
Klaine Week








 

Blaine non aveva mai voluto che suo fratello gli trovasse un fidanzato, anzi, a dire la verità non aveva neanche mai  voluto che si impicciasse delle sue questioni sentimentali. Eppure quest’ultimo sembrava trovare un malsano interesse nel farsi gli affari suoi. Aveva addirittura creato l’associazione B.O.W.T.I.E. (Blaine Otterrà un Wonderful Tizio perché Io sono Eccezionale) della quale, ovviamente, era fondatore ed unico membro.

Fin da quando erano piccoli, a Cooper piaceva passare interi pomeriggi, mentre Blaine era fuori casa, a setacciare la stanza del fratellino alla ricerca del suo diario segreto, per carpire informazioni sui suoi coetanei, sui suoi gusti e per farsi quattro risate sui testi delle canzoni che il bambino componeva ed infilava rigorosamente tra le pagine di quello che avrebbe dovuto essere un quadernetto privato. Ma – come per le parole privacy, gratis, copione emutande – anche privato non sembrava rientrare nel suo vocabolario. E Cooper era testardo, oh, eccome se lo era. Non aveva mai letto un libro, ma sarebbe stato in grado di citare intere frasi tratte dal diario segreto di Blaine e, anzi, non si faceva affatto problemi a farlo.

Il tutto era cominciato con incontri casuali, molto sospetti, con suoi amici che sosteneva di conoscere da tempo immemore, mentre Blaine non ricordava di averli mai visti in giro per la casa, inoltre si domandava come avesse potuto conoscere tanti gay quando lui stesso entro poco avrebbe dovuto mettere dei cartelli di WANTED per trovare un solo omosessuale nei dintorni di Westerville o, se volevamo proprio fare i Drama King, in tutto l’Ohio.

E così si era trovato chiuso in uno sgabuzzino con Elliott, biondino con gli occhi verdi ed una malsana fissazione per i Transformers, mentre Cooper sosteneva di aver perso la chiave dentro il water mentre – testuale – si spremeva le meningi, e fingeva palesemente di cercarla, gridando: “Oh, non riesco proprio a trovare quella monella, forse dovrei dare un’occhiata con lo scopino, mi allontano un momento, voi due mettetevi comodi, divertitevi, non fate caso a me!”

“Come diavolo vuoi che ci mettiamo comodi in un metro quadrato, Cooper?!” aveva gridato Blaine, e le risa maliziose del fratello maggiore gli avevano immediatamente dato la risposta. Si allontanò prontamente da Elliott, schiantandosi sulle ante dell’armadio che occupava tre quarti dello sgabuzzino e sperò che, al buio, Elliott non potesse vedere quanto il suo viso fosse rosso di rabbia. Blaine aveva dodici anni ed era solo un bambino, non una tessera di Memory da accoppiare a casaccio.

Dopo essere rimasti nello stanzino per un paio d’ore abbondanti, la Signora Anderson era tornata a casa ed aveva udito le imprecazioni del figlio che chiamava il fratello maggiore, ordinandogli di farlo uscire da quella specie di “latrina puzzolente”. Aveva quindi liberato il figlio ed il povero Elliott, che era traumatizzato – probabilmente a vita – dal tempo passato in compagnia di un Blaine lievemente sull’isterico andante.  Il bambino biondo era corso a casa e Blaine aveva iniziato a soffiare come un gatto, raggiungendo il fratello in bagno e trovandolo carponi sulla tavoletta con lo scopino in mano, mentre canticchiava una canzone di dubbio gusto su ciò che stava facendo.

“Oh, qualcuno ha trovato la chiave!” esclamò quando si accorse di Blaine sulla porta, sorridendo e fingendosi sorpreso.

La madre entrò nel bagno con le mani sui fianchi.

“Sì, e mi domando come sia finita nella ciotola di Wilfred.” puntualizzò sarcastica la donna, mentre Cooper scuoteva la testa fingendosi sconvolto.

“Ah, quella bestiolina non imparerà mai.” disse, come se avesse potuto suonare credibile anche per un secondo.

Se non fosse stato per la mano della madre sulla spalla, Blaine avrebbe probabilmente preso la testa di Cooper e la avrebbe sbattuta ripetutamente contro la tavoletta del water.

Ma quello era solo l’inizio di molti episodi.

Ad esempio c’era stato Martin, il nerd che Cooper aveva pensato fosse adatto a Blaine per via della passione che condividevano per i fumetti, ma che non aveva avvisato nessuno della sua allergia ai cani così, quando era arrivato a casa Anderson ed il maggiore lo aveva presentato al minore, il ragazzo gli aveva starnutito addosso non appena le loro mani si erano sfiorate – probabilmente perché Blaine aveva appena finito di accarezzare Wilfred – e l’inizio di quella relazione era stato così disastroso che Blaine era scoppiato a piangere ed era corso in bagno a lavarsi mani e faccia, sistemandosi i capelli spettinati con una quantità di gel che avrebbe potuto incollare una vanga al muro.

“Avresti almeno potuto scusarti per la tua fuga!” si era lamentato Cooper.

“Ah, io dovevo scusarmi?!” aveva risposto Blaine, indignato, ed il fratello aveva assunto un’espressione melodrammatica. Era ovvio che avrebbe dovuto diventare un attore, era nato per sparare balle ed essere convincente.

Era venuto il turno di Daniel, quel ragazzino che si credeva un criceto e mangiava solo verdure e semi. Era mingherlino e ricoperto di lentiggini. Cooper glielo aveva presentato come il figlio del giardiniere, e Blaine si era sentito subito male, perché loro non avevano mai avuto un giardiniere.

“Cooper, noi non abbiamo un giardino...” aveva provato a spiegare, ma il fratello lo aveva preso sottobraccio e trascinato in soggiorno, dove il ragazzino fissava con gli occhi spalancati una carota che stava nella fruttiera – già, nella fruttiera – e non alzò lo sguardo quando i due fratelli entrarono nella stanza.

“Daniel! Oooh, Daniel!” aveva esordito Cooper, e Blaine si era trattenuto dal prendere quella carota e tirargliela in faccia. Poteva essere meno plateale? Solo un pochino, non gli sembrava di chiedere tanto.

Il ragazzino era scattato sull’attenti e li aveva squadrati.

“Sono Cooper, ricordi? Il figlio della famiglia dove tuo padre fa il giardiniere.” scandì lentamente, con un sorriso poco rassicurante.

“Veramente mio padre è un posti…” aveva provato a rispondere Daniel, ma Cooper si era avvicinato ed aveva iniziato ad urlare.

“Ma certo che c’è sempre posto per te in questa casa! E ora,” aveva sorriso, furbo, “questo è mio fratello Blaine. Non è carino? Lui ed il suo cravattino?”

Blaine si era messo una mano sulla fronte. Si era sentito ribollire, scottare, e dentro di lui cresceva la voglia di prendere Cooper e chiudergli la testa tra le ante del frigo.

“Ha gli occhi troppo verdi, ad essere sincero.” Aveva risposto Daniel, e Blaine non poteva credere alle sue orecchie.

Cooper aveva riso forzatamente, come se avesse fatto una bellissima battuta, e aveva spinto il fratello verso la sedia, obbligandolo a sedersi in fronte al ragazzo, che lo squadrava come una cavia guarda lo scienziato.

“Ho lasciato il forno acceso, torno subito!” strillò Cooper, nonostante fosse a un metro da loro, e li lasciò soli.

“Ma dove vai, idiota, è questa la cucina!” aveva gridato Blaine, esasperato.

Da quel momento in poi Daniel non aveva fatto altro che parlare di quanto fosse grande e ben arredata la sua gabbietta, e Blaine dovette ricordarsi più volte di avere 14 anni e di non stare giocando con un bambino quando gli rispondeva.

Dopo aver salutato il ragazzino, Blaine era corso al piano di sopra, era entrato in camera di Cooper, che stava scrivendo “Daniel+Blaine” su un foglietto con un sorriso soddisfatto.

“Allora? Come sta il mio fratellino innamorato?” aveva sorriso, e lo aveva guardato con così tanta speranza negli occhi che Blaine non poté fare a meno di chiedersi se fosse davvero così stupido ed ingenuo o recitasse.

“Cooper devi smetterla.” aveva detto con tono fermo e trattenendosi dallo scuotere il fratello.

“Di fare che?” aveva chiesto lui, con aria confusa.

“Di presentarmi tuoi amici che non sono davvero tuoi amici e di cercare di sistemarmi con questi perfetti sconosciuti del quale, comunque, nessuno si è rivelato superare il quoziente intellettivo di… uhm, zero.” Aveva spiegato Blaine, sperando che Cooper capisse, che afferrasse il concetto che aveva bisogno di trovare qualcuno da solo.

“Ma… nel tuo diario tu dici che vuoi un ragazzo coi capelli più chiari dei tuoi, qualche lentiggine, occhi chiari e intelligente!” aveva cercato di giustificarsi Cooper, scavando nella sua memoria per trovare altri dati trovati nei pensieri privati di Blaine ma, non trovandone, estrasse il quadernetto segreto, e

Blaine glielo strappò di mano.

“Ecco, devi smetterla anche di leggere le mie cose!”

“Ma è mio dovere di fratello maggiore!” aveva ribattuto Cooper, cercando di riprendere il diario.

“Cosa? Rovinarmi l’esistenza?”

“No, assicurarmi che trovi qualcuno che ti ami e che non resti solo.” Aveva spiegato, indicando una lista attaccata al muro dove, tra “Diventare un attore professionista” e “Decidermi a mettermi i calzini” stava “Assicurarmi che Blaine si innamori e venga amato e, soprattutto, non resti solo”.

Era una cosa tenera, di per sé, ma non era un po’ grande per quel genere di cose?

“Non resterò da solo, Coop, ma se cerchi di fare tutto tu, io poi non sarò pronto per fare le cose per conto mio. Non puoi sostituirti a me, sono io che devo decidere se una persona mi piace.” Tutta la rabbia di poco prima era sciamata in quella dimostrazione di innocente affetto da parte del fratello maggiore.

Forse, dopotutto, voleva davvero aiutarlo. Anche se non ci riusciva. Anche se un formichiere ubriaco avrebbe fatto un lavoro migliore.

“Ma e se non la trovi? E’ mio dovere aiutarti a…”


“No, Cooper! E’ mio volere trovarla!” aveva gridato Blaine che, nonostante non ce l’avesse più col fratello, si sentiva frustrato. “Quindi fammi un favore, dacci un taglio, va bene? Lasciami vivere la mia vita.” Aveva sbottato, ed era uscito dalla stanza, portandosi con sé il quadernetto. E, da quel momento, Cooper aveva smesso di presentargli suoi amici.


***



A Blaine piaceva quando suo fratello andava a trovarlo alla Dalton, ma ogni volta guardava tutti come delle potenziali minacce, terrorizzato all’idea che qualcun altro potesse picchiare il suo fratellino, per via della sua omosessualità, mentre lui non c’era. Ed i suoi sguardi minacciosi, dopo un po’, si rivelavano davvero fuori luogo.

“Cooper, se non la smetti di uccidere tutti con lo sguardo entro poco ci troveremo circondati da tanti di quei cadaveri che la polizia non si limiterà a crederci quando gli diremo ‘E’ stato un’incidente!’.” puntualizzò Blaine, accompagnando il fratello per i corridoi.

“Controllo solamente che a nessuno vengano strane idee.” spiegò il fratello, continuando a guardarsi in giro e rispondendo distrattamente ai messaggi sul cellulare.

“Qui a nessuno vengono strane idee.” roteò gli occhi Blaine, e continuò a camminare.

“Okay.” si limitò a rispondere Cooper, e fu così strano detto da lui che il fratello minore si fermò e si voltò, così che il maggiore gli andasse addosso.

“Ma che…”

“Okay?” chiese Blaine, preoccupato per via della semplicità ed ovvietà di quella risposta.

“Sì, mi hai detto che non hanno strane idee, mi fido.” scrollò le spalle.

Qualcosa puzzava, e non poco, e non erano i piedi senza calzini di Cooper.

Sputa il rospo.” Arricciò il naso il fratellino, stringendo gli occhi per scrutare oltre la maschera il maggiore si era messo addosso in malo modo sperando
di non fargli capire che tramava qualcosa.

“Quale rospo?”

“Cosa stai tramando?” domandò, incrociando le braccia.

“Io? Quando mai tramo qualcosa?” esclamò Cooper, con aria offesa. Blaine assunse un’espressione scettica.

“Devo farti un elenco?”

Il maggiore sbuffò.

“E va bene! C’è… c’è questo ragazzo al piano di sopra, ed evidentemente è nuovo perché si guarda in giro e non parla con nessuno. È davvero carino, corrisponde alla tua descrizione e…”

“Cooper! Pensavo fossimo d’accordo!” sbottò Blaine.

“No, davvero, ascoltami non sto scherzando! Dagli una chance! Per favore! I miei sensi di fratello maggiore dicono che è quello giusto questa volta!” spiegò, ed iniziò a fare gli occhi dolci, giungendo le mani come in preghiera.

Blaine alzò gli occhi al cielo.

“Per l’amor di Dio, Cooper, sei un uomo adulto, comportati come tale una volta tanto.” sospirò. “Okay, dove trovo questo tizio?” si arrese infine.

Gli occhi del fratello si illuminarono.

“Si dirigeva verso la scalinata nord un minuto fa quando lo ho incrociato.”

Di malavoglia Blaine si voltò e corse via, facendo il giro e raggiungendo la scalinata detta dal fratello. Davanti a lui c’era un ragazzo dai capelli castano chiaro, gli occhi cerulei ed una spruzzata di lentiggini sul viso che si guardava intorno spaesato. Era ovviamente lui e, quella volta, Cooper aveva davvero azzeccato la descrizione. Però ora Blaine si sentiva un idiota. Cosa avrebbe potuto dirgli? ‘Ehi, mio fratello pensa che io e te dovremmo stare insieme, sposarci ed avere una famiglia! Oh, a proposito, sono Blaine.’ Certo, suonava magnifico.

Non poteva credere di essere stato tanto stupido così, mentre scendevano le scale, lo superò, tirando per la sua strada e sperando di dimenticare per sempre quell’episodio imbarazzante. Poteva sempre dire a Cooper che non lo aveva trovato.

“Scusa? Sono nuovo qui…” disse una voce, e Blaine si voltò automaticamente, cercandone il proprietario. Non poté credere ai suoi occhi quando vide che era del ragazzo della sua descrizione.

Rispose automaticamente.

“Sono Blaine.” disse, e gli tese una mano. Da dove veniva tutta quella confidenza?

“Kurt.” Rispose l’altro, e sorrise, il sorriso più bello che avesse mai visto.

Forse, questa volta, Cooper aveva fatto la cosa giusta.

Forse.

E Blaine proprio non riusciva a crederci.















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NDA:
Ebbene ecco il mio scritto per la Klaine Week! Prompt Klaine+Cooper :D
Era tanto che volevo scrivere di un Cooper di questo tipo, e mi sono trovata giusta nello stato d'animo per farlo.
Una comica, gente, una comica!
Non mi stupirei se facesse schifo.

Once a Klainer always a Klainer. :)

Noth

PS: al prossimo prompt!

 

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Capitolo 2
*** The boy on the roof. ***


The boy on the roof.
Klaine week (Klaine!Heroes)










Non era facile essere Batman, soprattutto non in quel periodo. Non quando tutta Gotham voleva appenderti per il collo e perdeva più tempo ad insultarti per ciò che non potevi fare che a ringraziarti per quello che riuscivi a concludere.

Non importava quanti colpi riuscisse a sventare, quanti bambini conseguisse a riportare alle loro famiglie, quante volte salvasse quella città infettata dal male dal cadere nel baratro sulla quale era costruirla e riuscisse a riportarla sul bordo.

Batman restava un uomo disturbato, che si nascondeva dietro ad una maschera e che si rifiutava di rivelare la sua identità anche quando ne andava della salvezza di Gotham, almeno questo era quello che si diceva.

Ma la verità, su Batman, era che aveva perso i genitori a causa della malavita della città, che si sentiva incredibilmente solo, che il suo nome era Blaine Anderson, e che nella vita aveva fatto solo una cosa buona: indossare quella maschera.

*******

La notte sapeva di fumo e di cemento a Gotham, ormai da anni, e Batman vegliava sulla città dall’alto, seduto malamente sulla sporgenza di una casa ad aspettare che qualcuno cedesse alla sua natura e si rivelasse per ciò che realmente era. La città era davvero infetta, ed il carcere prima o poi non avrebbe potuto contenere tutti i malviventi. Ma Blaine doveva farlo, doveva provare a liberare quel posto da quanta più malvagità potesse, era quello che si era ripromesso quando, da piccolo, aveva visto i suoi genitori morire davanti ai suoi occhi, uccisi da un assassino a sangue freddo. Si ricordava ancora il dolore, la sofferenza, la voglia di soffocare, la rabbia che gli risaliva in gola e prendeva quel sapore metallico che aveva caratterizzato la sua vita a lungo.

Viveva di notte sui tetti di Gotham, nascondendosi nell’enorme villa Anderson che aveva ereditato alla morte dei suoi durante il giorno, uscendo di tanto in tanto per andare a qualche festa, mettendo in mostra la sua presunta vita sregolata finendo nella fontana del ristorante di turno con un paio di ragazze in vestiti succinti. Come se avessero mai potuto interessargli.

Quella sera avrebbe dovuto andare ad una di quelle inutili feste, fingere di divertirsi e di essere il miliardario viziato che tutti si aspettavano fosse, ma non ce l'aveva fatta a convincersi ad andare. Aveva provato a vedere se c’era qualcosa che richiedesse la sua presenza in città, che creasse una scusa per tenersi occupato, ma sembrava che quel giorno il diavolo che possedeva quella città avesse deciso di prendersi una pausa e, di malavoglia, Blaine si ritrovò a dirigersi verso il palazzo dove si teneva la celebrazione, sapendo che, essendo della Anderson Enterprises, sul tetto ci sarebbe stata una porta per le scale antincendio dalla quale sarebbe facilmente riuscito ad entrare, per poi trovarsi nella soffitta in disuso dove avrebbe abbandonato il costume, nascondendo in uno degli armadi del quale, ancora, solo lui possedeva le chiavi. Benedetto quel vecchio Mike Lucius Chang, l’uomo che si occupava del progetto militare che copriva la creazione delle armi e delle varie tecnologie che Batman utilizzava, aveva sempre programmato tutto e creato ogni singolo oggetto della Anderson Enterprises, perfino quei vecchi armadi apribili solo con le chiavi che Blaine era obbligato a portarsi sempre dietro.

Atterrò sul tetto piatto, scese dal cornicione e, approfittando dell’oscurità, scivolò fino alla porta d’entrata ma, ad attenderlo, c’era una sorpresa: un ragazzo con una sigaretta tra le dita, che aspirava

il tabacco a piani polmoni, seduto sul cornicione, con le gambe a penzoloni su quelli che saranno stati una cinquantina di piani, e l’aria di chi preferirebbe essere ovunque tranne lì.

Blaine non sapeva che fare. Se fosse entrato il ragazzo avrebbe sicuramente sentito la porta aprirsi e chiudersi e sarebbe andato a curiosare. Ma la cosa che più lo sorprendeva era che nessuno avrebbe dovuto sapere come arrivare a quel tetto, bisognava prendere delle scale che si trovavano dalla parte opposta alla sala dove si tenevano le feste, ed era comunque in una zona dove la gente, solitamente, tendeva a non andare poiché si trovava nella parte dell’edificio dedicata ai laboratori scientifici e agli uffici di contabilità.

Eppure quel ragazzo era lì, e guardava giù come se si trovasse in cima ad una collina ad osservare un panorama alquanto desolato. Era abbastanza triste come immagine, abbastanza da trovare empatia nel cuore altrettanto triste di Blaine. Certo, non chi lui fosse l’unica anima melanconica di tutta Gotham, la città non se la passava per nulla bene, ma di certo era poca la gente che si sentiva sola, e Blaine poteva percepire il senso di solitudine che aleggiava attorno a quel tipo. D’altra parte era ad una festa, se proprio avesse dovuto salire sul tetto avrebbe potuto farlo con qualcuno per imbucarsi da qualche parte a spassarsela lontano da occhi indiscreti, eppure era lì, da solo, a fumarsi una sigaretta con il modo di fare di chi la considera la sua migliore amica. Indugiò abbastanza da attirare l’attenzione del ragazzo.

Hai intenzione di assalirmi o starai lì nell’ombra ancora molto?” chiese, prendendo un’altra boccata di fumo con indicibile calma.

Blaine fu combattuto sul se rispondere. Avrebbe potuto tramortirlo, appoggiarlo a terra ed entrare, così sarebbe andato a quella maledetta festa ed avrebbe fatto la sua bella figura da miliardario in ritardo alle feste per farsi attendere, come una signorina, e fine.

Ma chissà perché l’idea non lo allettava poi molto.

Perché dovrei assalirti?” chiese, la voce rauca che usava quando aveva la pesantissima armatura addosso. Il ragazzo scrollò le spalle.

Perché sono da solo, su un tetto, e tu sei arrivato dal cielo con l’aria di essere un poco di buono. Ma più di tutto perché te lo ho chiesto, signor…” fece per voltarsi e scorse la maschera ed il costume nel buio. Alzò un sopracciglio con aria sorpresa. “… Batman.” E scoppiò a ridere.

Blaine si avvicinò, quasi abbandonando il suo ruolo di paladino oscuro, camminando con aria impacciata verso il ragazzo.

Cos’ha di così divertente il mio nome?” domandò, forse utilizzando un tono un po’ troppo da ragazzina offesa per risultare grosso e temibile.

Il ragazzo scosse la testa.

Niente, ma sai, non si esce tutte le sere con l’idea di incontrare Batman sul cornicione del tetto di un edificio della Anderson Enterprises.” Spiegò, e Blaine non potè fare a meno di accettare la spiegazione come buona.

Forse dovresti scendere da lì.” Puntualizzò, quando il suo senso da supereroe tornò in funzione. Non si trovava esattamente in una bella posizione, sarebbe bastata una folata di vento più forte del normale a farlo volare giù per un incontro ravvicinato e violento col suolo di Gotham.

Forse non dovresti dirmi cosa devo fare.” Rispose lui, dondolando le gambe e facendo cenno al supereroe di avvicinarsi.

Per qualche strana ragione Blaine lo fece, e si trovò a guardare giù, oltre il bordo, assieme al giovane, e vide ciò che scrutava ogni notte: una città scura, illuminata da un’elettricità che consumava litri di petrolio per non schiarire un bel niente, poiché la malvivenza riusciva sempre e comunque a trovare delle zone scure in cui compiere un omicidio o un furto. Quella città era così malata, e Batman non poteva cercare di combattere tutti i batteri da solo per sempre.

Bello, no?” commentò il giovane, sospirando e lasciando cadere il mozzicone di sigaretta. Blaine notò che indossava dei jeans, una camicia bianca ed un gilè verde scarabeo con gli interni di una strana tonalità di viola. Si era voltato verso di lui ed aveva potuto distinguere senza fatica, nell’oscurità, i suoi occhi chiari. Non poté però dirne con sicurezza il colore, per qualche ragione era troppo difficile trovarci un nome.

No, non direi.” Rispose, arrendendosi e sedendosi sul cornicione accanto al ragazzo, che alzò nuovamente un sopracciglio.

Okay, già era strano scambiare due parole con te, cosa dirò al mio gatto quando tornerò a casa e mi chiederà cosa ho fatto? Oh, sai, solita serata, un po’ di vino, tanta gente, ho chiacchierato con Batman che si è seduto accanto a me…”

Blaine scoppiò a ridere, e faceva male ridere con quella maschera, non se n'era mia accorto. Quanto tempo era che non sorrideva senza fingere? Anni? Una vita?

Mio Dio, ridi pure, devo aver bevuto veramente tanto champagne.” Continuò, appoggiando le mani sul cornicione ed appoggiandosi sulle braccia. “Allora, perché non ti piace?”

Uh?”

La città, dico, hai detto che non la trovi bella.” Ripetè, con tono ovvio, lasciando che una nuvoletta di condensa gli uscisse dalla bocca. Forse faceva freddo, forse no, non riusciva a sentirlo con quella tuta protettiva addosso.

Ho un altro concetto di bello.” Spiegò, sperando di non apparire sentimentale. Già aveva riso, la sua immagine non poteva perdere tutta la sua reputazione da duro in dieci minuti.

Il giovane sorrise.

Tu cosa vedi quando la guardi?” Chiese, voltandosi verso di lui e sciogliendosi in un sorriso curioso. Quel ragazzo avrebbe dovuto mettersi una museruola o, per lo meno, una maschera che nascondesse tutta quella malinconica bellezza. Un po’ come Blaine.

Cosa vedo?” borbottò. “Facciamo prima a dire cosa non vedo. Non vedo famiglie felici, non vedo sicurezza, non vedo luce, vedo tanto odio e tanta ipocrisia. Delle lampadine non bastano ad illuminare una città così scura, soprattutto se tutti i suoi cittadini sono ciechi.”

Il ragazzo ci pensò un po’ su.

E’ una visione bella tosta.”

Blaine sorrise, e si graffiò sugli angoli acuminati della sua maschera scura.

Perché? Tu vedi qualcos’altro?” chiese quindi, stringendo gli occhi e sforzandosi di guardare oltre ciò che voleva a tutti i costi vedere, o a ciò che appariva e basta.

Il giovane scrollò di nuovo le spalle, lo faceva spesso.

Io vedo…” disse, allungando le mani verso l’orizzonte come se stesse stendendo una tela. “Un formicaio pieno di vita, con cuori che pulsano, vite che lottano e cercano di tirare avanti nonostante le difficoltà, vedo una città protetta da un supereroe oscuro, vedo una via verso una futura, ma lontana, salvezza. E divertimento.”

Blaine rimase senza fiato. Non aveva mai visto un panorama del genere su Gotham, e si chiese perché.

Certo che tu vedi un sacco di cose.” Mormorò, la voce ancora rauca.

Il giovane rise.

Mi annoio parecchio.”

Oh, non sei l’unico.” Rispose.

Pare che la noia non risparmi nessuno a Gotham, nemmeno l’oscuro supereroe pipistrello Batman.” Continuò a cantilenare, ridendo, e Blaine si sentì di colpo di buon umore.

All’improvviso tra le nuvole esplose un faro che proiettava un immagine. Il simbolo della richiesta d’aiuto, dei bisogno impellente che la città aveva di quello strano supereroe. Blaine pensava che sarebbe stato felice di andarsene, di tornare al lavoro, ma in realtà ci fu una punta di amarezza in quella apparizione.

Sembra che Gotham abbia ancora bisogno di te.” Disse il ragazzo, e gli fece cenno con la testa di andare.

E’ il mio lavoro.” Rispose Blaine, alzandosi sul cornicione e respirando l’aria pulita che si poteva godere solo dai piani alti.

Ah, il mio nome è Kurt.” Disse il giovane, incassando la testa tra le spalle mentre guardava il cielo e le stelle ancora visibili, tra gli squarci nelle nuvole, sopra di lui.

Allora addio, Kurt.” Disse Blaine, e fece per saltare nel vuoto.

Ho l’impressione che ci rivedremo presto, invece, signor…” tentò, ma Blaine non poteva rivelargli la sua identità. Non poteva rivelarla a nessuno.

Signor Batman.” Lo corresse, sorridendo ancora, e facendosi male un’altra volta. Quante volte doveva restare ferito prima di capire che sorridere non gli faceva bene?

Sei sempre così plateale?” domandò Kurt, ridendo.

Oh, sì.” Rispose Blaine, e Kurt gli prese una mano, lasciandoci dentro qualcosa. Poi lo lasciò andare e il supereroe si lanciò nel vuoto, utilizzando il mantello come deltaplano, altra meraviglia di Mike Lucius. Mentre volava rivedeva quel sorriso magnifico e quegli occhi solitari che lo avevano convinto a fermarsi, e si guardò la mano. Kurt ci aveva lasciato una carta da gioco. La carta del Joker.

Blaine non capì cosa volesse dire, ma lo avrebbe capito presto.

Avrebbe capito presto quanto fosse sbagliato essere attratti irrimediabilmente dal proprio peggior nemico.

Una risata risuonò alle sue spalle, assieme ad un'esplosione.








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NDA:
Ecco a voi il terzo prompt! Purtroppo non sono riuscita a finire il secondo, causa lavoro, quindi pubblicherò quello 'sta sera se riesco.
Cavolo, Batma è il supereroe che preferisco e sono innamorata di Joker. Potevo lasciarmi scappare un'occasione del genere? No!

Spero vi sia piaciuta, fatemelo sapere.
E noooooo, non avevo pensato di farci una long... (LIE!)

Noth

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