Frammenti di vita

di kirlia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incubo - Gwen ***
Capitolo 2: *** Regole - Courtney ***



Capitolo 1
*** L'incubo - Gwen ***


L’incubo – POV Gwen

 
All’improvviso aprì gli occhi di colpo, rendendomi conto di non vedere nulla.
Nero. Era tutto nero, come la notte.
Ero forse diventata cieca…? Non ne ero sicura.
Quasi incredula chiusi gli occhi stringendoli forte, tanto da poter vedere rosso… poi li riaprì.
Ed era ancora buio, un silenzioso nulla si estendeva intorno a me.
Che cosa stava succedendo? Dov’ero finita??
“Okay, calma Gwen… cerca di ragionare razionalmente” cercavo di calmarmi.
Ma il mio cuore batteva forte tanto da poterlo sentire nel silenzio assoluto che regnava in questo luogo, se propriamente si poteva definire così.
Il silenzio era assordante.
Se ero cieca… forse ero anche sorda?? Forse.
Cominciai ad ansimare, spaventata a morte, e sentivo il mio respiro colmare il silenzio.
No, non dovevo farmi prendere dal panico!
Provai a muovermi e allora mi resi conto di essere sdraiata: strano, nel nulla non mi ero accorta di non essere in piedi.
Cercai di alzarmi, ma sentii qualcosa che mi impediva di mettermi a sedere… una specie di tetto.
E anche ai miei lati c’erano dei muri!
Mi resi conto di essere in trappola, bloccata in quel nulla limitato… e di stringere in mano qualcosa. La tastai con attenzione, cercando di capire di cosa si trattasse: qualcosa di quadrato, poi un’antenna… un cellulare?
No, aveva un solo tasto centrale… provai a premerlo.
Un suono assordante riempì il nulla, sembrava il rumore di una radio che non riusciva a captare bene il segnale, o di una tv che mostrava un semplice sfondo grigio a righe.
E poi, una voce in lontananza… che non riuscivo a comprendere. Non riuscivo a capire chi fosse, né cosa dicesse… ma dovevo tentare!
Cercai di urlare, di implorare quella persona di aiutarmi ma… la voce mi si bloccava in gola, non riuscivo nemmeno a sussurrare!
Perché tutti i miei sensi erano inibiti? Perché le mie parole imploranti non riuscivano a superare quel nulla per arrivare alla persona anonima dall’altra parte dell’apparecchio?
Sentii le lacrime rigarmi le guance e i singhiozzi disperati in gola, nemmeno quelli producevano suono.
Finalmente riuscii a decifrare una delle parole che il mio interlocutore diceva.
«G-Gwe-en!» urlò Trent con chiara preoccupazione nella voce. Il segnale era disturbato, ma l’intensità con cui mi chiamava era inconfondibile.
“Trent aiutami! Aiutami ad uscire da questo posto!!” volevo gridare, ma la voce mi si bloccava in gola.
Ero terrorizzata, dovevo necessariamente riuscire a parlare. Presi un enorme respiro e…
 
«Trent!» gridai, aprendo finalmente gli occhi.
Una flebile luce illuminava scarsamente l’ambiente, rivelando il dormitorio immerso nel buio della notte e il silenzio interrotto solo dal canto dei grilli in lontananza.
I miei occhi spalancati scrutarono per un attimo la stanza, mentre cercavo di calmare il mio respiro irregolare… era solo un sogno, anzi un incubo. Un semplice incubo.
Soffocai l’ennesimo urlo affondando il viso nel mio cuscino, poi mi costrinsi a sdraiarmi di nuovo sul letto… per tentare di dormire.
Dovevo dormire! La vita in questo reality era dura, e non potevo permettermi di passare la notte insonne… nemmeno per questi sciocchi incubi.
E poi Trent… che tornava ogni notte a popolare i miei sogni. Perché??
No, non potevo pensarci adesso!
Chiusi gli occhi, cercando di prendere sonno. Un sonno senza incubi né sogni… per favore.
 
Intanto qualcuno ridacchiava nel dormitorio, divertito dalla mia sofferenza.
Heather ovviamente… godeva nel vedermi in quello stato! Ma non avevo la forza di oppormi e mi rivoltai nel letto, dandole la schiena e sperando che mi lasciasse in pace.
… mi sfuggì un sorriso quando le sue risate furono bruscamente interrotte da un colpo in testa causato da una scarpa.
«Yo, cerca di smetterla sorella!» sbuffò LeShawna nel letto sopra di me, con evidente irritazione.
Poi si rivoltò nelle coperte causando un insopportabile scricchiolio delle molle del materasso.
Il mio sorriso si spense presto quando ripensai al sogno… dovevo dormire ma avevo talmente paura di rituffarmi in quell’incubo!
Inutile, quella sfida mi aveva davvero traumatizzata. Essere sepolta viva… non credevo che la mia paura potesse davvero degenerare in questo modo.
Tutta colpa di Trent! Se non mi avesse abbandonato in quel modo sotto la sabbia…
Sospirai, preparandomi a passare la notte insonne.

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Angolo dell'autrice: beeeh, salve. Ho ritrovato questa fic dopo taaaanto tempo e ho deciso di pubblicarla, spero vi piacerà. Ha solo due capitoli, purtroppo, ma chissà che non riesca a continuarla ;) 
Aspetto le vostre opinioni, il prossimo capitolo sarà su Courtney! 
A presto!
Kirlia <3

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Capitolo 2
*** Regole - Courtney ***


Regole – POV Courtney

 
Regole. Perfezione.
La mia vita era sempre stata basata, controllata, intrisa di questi due principi.
Mai agire contro le regole, mai rischiare di farsi espellere, squalificare, cacciare o quant’altro.
Avevo sempre vissuto convinta di non sbagliare, convinta che stessi andando nella direzione giusta…
“Per questo vincerò io questo reality” continuavo a ripetermi.
Avevo esperienza, ero stata la capogruppo di un campo estivo. Anche tra le Carpe Assassine sentivo di essere il capo… il capo di un gruppo di squilibrati.
 
«Stai rubando una tazza?» avevo sussurrato con disprezzo a Duncan quella mattina.
Se c’era uno squilibrato di certo era lui, praticamente un ex-carcerato che nella vita aveva fatto di tutto tranne che seguire le regole.
«Perché rubare una tazza??» avevo continuato, visto che mi fissava senza risposta… e con quel suo sguardo furbetto di chi la sa lunga.
«Perché è carina e io non ne ho nemmeno una! Anzi, non ne avevo nemmeno una» aveva continuato a sorridere quasi a sfidare la mia autorità, mentre si sedeva al tavolo.
Se c’era una persona in questo orribile posto che mi dava sui nervi, era di certo Duncan. Era presuntuoso, superbo, egocentrico e totalmente, TOTALMENTE fuori dalle regole.
E poi cercava sempre di inchiodarmi con quel suo sguardo penetrante e con quei soprannomi che era convinto di potermi affibbiare: Principessa, Raggio di Sole, Honey…
Anche se a volte si era rivelato dolce e gentile, come quando aveva ritrovato Bunny, il coniglietto di DJ. In quell’occasione mi era davvero sembrato diverso, ma lui ovviamente l’aveva negato. Certo.
E da quel momento in poi aveva ricominciato con le infrazioni alle regole, quasi a riconfermare il suo ruolo.
Ah, era anche convinto di piacermi. Come potrebbe mai?? Non potrebbe, ecco.
 
Geoff mi lanciò delle occhiate divertite quando mi vide sgattaiolare via per consegnare quel piatto di cibo a Duncan. Io gli lanciai un’occhiataccia invece.
Non si poteva semplicemente portare la cena (se così poteva denominarsi) ad un mio compagno di squadra…? No. Loro dovevano per forza insinuare che io provassi qualcosa per lui!
Li ignorai, mentre mi chiudevo la porta alle spalle.
Regole.
Stavo già infrangendo una regola.
Chef aveva rinchiuso Duncan in quella casetta in seguito al suo orribile comportamento. Questo perché “Metallo Pesante” aveva addirittura osato dargli un bacio sul naso! A Chef!
E sicuramente non avrebbe accettato che io gli portassi da mangiare.
Che cosa stavo facendo??
Mi fermai, immobile lungo il sentiero che mi avrebbe portato a Duncan.
Stavo sbagliando.
Non avrei dovuto.
Era contro le regole!
Scossi la testa, mentre l’aria gelida mi schiaffeggiava le guance.
Sorrisi, forse il freddo della sera avrebbe reso la mia mente più lucida… e mi sarei convinta a tornare alla mensa.
Invece la mia mente era in subbuglio. Io volevo assolutamente andare da lui, a confortarlo.
«Confortarlo! Figuriamoci… come se ne avesse bisogno!» sussurrai tra me, quasi ad autoconvincermi di ciò che dicevo.
Purtroppo però non ci riuscivo, qualcosa dentro di me mi spingeva a quel gesto… perché?
Avevo visto gli sguardi di Geoff… e le allusioni si erano fatte più chiare. Credevano che io avessi una cotta per Duncan. Per Duncan!!!
Ah, come si sbagliavano.
“Io e lui, una coppia?? Neanche fra un milione di anni!” ripetevo nella mia mente, quasi come una poesia… o una preghiera.
Si, era più giusto definirla una preghiera, perché desideravo realmente di aver frainteso i miei sentimenti.
Desideravo di aver frainteso il modo in cui l’avevo abbracciato, desideravo di non aver mai visto il suo lato gentile… ciò che in realtà lui era davvero.
Perché, nel profondo del mio cuore avevo già sentito i miei sentimenti cambiare.
Per lui. Per Duncan. Per lui che rispecchiava tutto ciò che era contro le regole. Per lui che sconvolgeva il mio mondo fatto di certezze.
 
Senza che la mia mente pensasse razionalmente, sentii i miei piedi muoversi in direzione della casetta…
Forse quelle allusioni avevano un fondo di verità.
Adesso non era più la mente a governare il mio mondo… era il mio cuore.
 

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