And I don't care it's obvious

di my shining world 7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione col sorriso. ***
Capitolo 2: *** 1. Febbre ***
Capitolo 3: *** 2. Stranezze mattiniere ***
Capitolo 4: *** 3. Lavoro e domande. ***
Capitolo 5: *** 4. Il calore della stanchezza ***
Capitolo 6: *** Ciambelle, frittelle e sciroppo d'acero ***
Capitolo 7: *** Sweat Dream ***
Capitolo 8: *** 12. Ombre. ***
Capitolo 9: *** Anagramma ***
Capitolo 10: *** 14. Quando si dimentica ***
Capitolo 11: *** 15. Just talk about it ***



Capitolo 1
*** Introduzione col sorriso. ***


Mi svegliai esausta con delle occhiaie che mi facevano gli occhi da panda. Mi sentivo uno straccio, volevo dormire ancora ... ma quella fottuta sveglia avrebbe rotto lo stesso per tutta la giornata.
Si, mettevo la sveglia anche in vacanza. Non mi piaceva svegliarmi tardi, ma in quel momento mi sentivo distrutta, avevo dormito a mala pena tre quarti d’ora.
Mi strofinai il viso con le mani per cercare di rimuovere un po’ quel senso di stanchezza che affliggeva ogni parte del mio corpo.
Mi alzai dal letto barcollante e mi chiusi in bagno. Rimasi a fissare il mio riflesso nello specchio in stile medievale: Avevo un aspetto penoso. Per fortuna non dovevo più andare a scuola.
Decisi di farmi una doccia rinfrescante. Avevo troppi pensieri per la mente e avevo bisogno di distrarmi un po’. Finii la doccia e mi vestii per una bella corsa mattutina al parco, utile per distendere i nervi. M’infilai veloce la tuta azzurra dell’Adidas e le scarpe della Reebok, afferrai l’MP3, le chiavi e uscii da casa.
Andai a correre al parco dietro casa.
Misi le cuffiette e cominciai a fare i miei giri.

Quando ascoltavo la musica era come se andassi in trance: ogni cosa intorno a me scompariva, i rumori delle macchine, il continuo ronzio di odiose vocine stridule d’irrequieti bambini che si rincorrevano, ogni suono e ogni immagine mutava in un nulla totale.
 Solo dopo aver urtato qualcosa... o qualcuno... riaprii gli occhi rendendomi conto di averli chiusi. Dissi un fugace “scusa” e ritornai a correre... mi era sembrato come se il tipo di prima avesse qualcosa di famigliare, ma mi dissi che era stata una mia impressione.
Era bellissimo correre lì, il vento accarezzava deciso i miei capelli, la mia coda oscillava in sintonia con i miei balzi ed era semplicemente meraviglioso correre con il vento.
Sbattei di nuovo contro qualcuno e stavolta, avendo perso l’equilibrio per il forte impatto, cademmo. Mi stropicciai gli occhi e notai che era il tipo di prima... si ero sicurissima che fosse lui: aveva la stessa tuta, le stesse scarpe, lo stesso... profumo?! Si era lui. ”scusa” dissi con voce ovattata continuando a stropicciarmi gli occhi per cercare di risvegliarmi un po’ e quando fui abbastanza sobria mi resi conto che ero seduta sulle gambe di quel ragazzo...figo... e tremendamente attraente e all’istante e mi alzai di scatto in piedi. Lui alzò lo sguardo intorpidito e quasi gli uscì un ghigno più che un sorriso. E fu solo in quel momento che realizzai chi fosse. Cretina io che credevo di non pensarci.
 Fanculo a me e a quel ...a quello lì.
Mi scrollai dalla felpa un po’ di terriccio e lo osservai... aveva uno sguardo compiaciuto e un ghigno di orgoglio si faceva spazio sulle sue labbra così, imbarazzata, me ne andai perché le mie gambe non mi avrebbero retto per molto.
L’avevo incontrato migliaia di volte ma mai l’avevo sfiorato, neanche la sua maglietta quando mi passava vicinissimo e, finirgli addosso non era stata proprio una bella figura, soprattutto perché era successo DUE volte!
Le mie gambe tremavano come foglie mosse dal vento e una tempesta cominciava ad agitarsi nel mio stomaco. Continuavo a correre e il mio respiro creava graziose nuvolette di calore nella fresca aria di dicembre. Un auricolare penzolava come un salame avanti e in dietro ad ogni passo
 Mi sedetti sul muretto davanti al campetto di pallavolo per fare una pausa mentale. Era forse una persecuzione?!
Mi picchiettai la fronte e mi diedi dei piccoli schiaffi sulle guance per cercare di riprendermi da tutta quell’emozione. L’avevo sognato per l’ennesima volta e, per l’ennesima volta, l’avevo incontrato proprio quando non lo volevo neanche sentir nominare. Puttaniere schifoso... perché proprio lui?
Cominciai a fare un po’ di stretching e mezzora dopo me ne andai dirigendomi al panificio di fronte a casa per ordinare il pane, ma lo trovai chiuso così andai a casa. Entrai con passo felpato, mi chiusi in camera mia, mi stesi sul letto e mi tolsi le scarpe con rabbia. Soffocai un lamento nel cuscino, poi  guardai la sveglia che segnava le 7:45, presi il cellulare e scrissi un messaggio a Marco per avvisarlo che sarei passata da casa sua. Posai il cellulare sul comodino e, un attimo dopo, con mia sorpresa ricevetti la risposta : -Buongiorno eh. Ok ti aspetto J.-  Sorrisi spontaneamente nel leggerlo.
Decisi di fermi un’altra doccia, mi cambiai e andai a preparare la colazione per i mie genitori, poi presi un foglietto e vi scrissi che ritornavo a casa per cena, presi la borsa, le chiavi di casa e andai dal mio migliore amico.

Arrivata da lui, gli spiegai cos’era successo e quanto mi sentissi uno straccio e lui, come tutte le volte, riuscì a farmi sorridere “ Kery devi smettere di demoralizzarti in questo modo ” disse abbracciandomi “ La fai facile tu... quell’idiota mi snerva da morire con quei suoi sorrisetti supersexy e maliziosi ” ribattei facendolo scoppiare in una risatina “ Anziché demoralizzarti studiati un piano per contrattaccarlo con la sua stessa arma ” disse sorridendomi “Ne ho studiati a migliaia di piani ma ogni volta che c’è l’ho davanti il mio cervello va in tilt!!! ” esclamai rassegnata “ Nah sono sicuro che ce la farai a sconfiggerlo ” disse dandomi piccole pacche divertite sulla schiena facendomi girare verso di lui rabbiosa “ Lo sai che odio quando mi toccano la schiena?!"  dissi fissandolo “ Si che lo so” disse con aria di sfida e  io presi il suo cuscino “Vuoi la guerra eh?” Dissi con un ghigno “No, no, no, no dai non lo faccio più” disse mettendosi le braccia davanti al viso per parare la cuscinata, scoppiammo entrambi a ridere.
***
Ci sedemmo al tavolo in cucina perché Marco doveva fare ancora colazione (tutti avevano già pranzato), tutto quel ridere e vedere tutte quelle delizie fecero lamentare il mio stomaco provocando un sorriso divertito di lui “Non mi dire che anche oggi non hai mangiato” disse con un pizzico di preoccupazione, annuii “Sei proprio una cretina” disse addentando una fetta di pane e nutella, io feci una smorfia “ Senti dai mangia qualcosa... mia madre deve cucina le frittelle...con il miele ” propose speranzoso “...Mhh ...non posso ” dissi mordendomi il labbro “ Senti o le mangi di tua spontanea volontà o te le faccio magiare a forza ” disse con tono divertito ma con un’espressione seria “ Grazie ma sto bene così ” risposi incerta, lui sbuffò e riportò la sua attenzione alla fetta di pane e nutella che divorò in tre morsi. Poco dopo arrivò sua madre “ Heilà che sorpresa!” esclamò raggiante “Buongiorno” dissi alzandomi per salutarla, mi baciò e poi mi fissò con un dolce sorriso “Accidenti, ogni giorno ti fai sempre più bella” disse continuando a sorridere e io ricambiai il sorriso un po’ imbarazzata “Ti preparo le frittelle?” mi chiese poco dopo che mi risedetti “ Ehm a dire il vero...” non feci in tempo a finire la frase che replicò “ Mi stai dicendo che stai rifiutando le mie frittelle? Oddio piccina cara allora non stai molto bene... non è che ti sei raffreddata?” disse con voce preoccupata “No, no sto benissimo... ” feci una pausa per pensare “ E va bene, le mangio” dissi arrendendomi. Con la coda dell’occhio notai che sulle labbra di Marco si illuminò un sorriso compiaciuto “ Contento ora?” Dissi con tono felice voltandomi a guardarlo negli occhi “ Ma certo” disse ancora con la bocca piena, io scoppiai a ridere perché sembrò che avesse grugnito, cominciò a ridere anche la madre. Fu difficile smettere di ridere.
Mangiai con voracità le mie frittelle e poi andai a rifugiarmi con Marco in camera sua, dove, neanche entrata, mi tuffai sul suo letto matrimoniale ricominciando a ridere come una stupida e beccandomi un cuscino in piena faccia “ Hei ” esclamai fulminandolo con lo sguardo, lui si mise a ridere “ Così ti impari ” sorrisi, mi alzai avvicinandomi con passo pesante a lui che inarcò il sopracciglio “Che c’è?” chiese fissandomi negli occhi, io incurvai le labbra in un ghigno “Niente che ti interessi” lui sollevò le sopracciglia e stette qualche secondo a scrutarmi dalla testa ai piedi, poi ridusse le distanze e...
mi sollevò come fossi un sacco di patate e mi butto sul letto con noncuranza, infine si voltò e uscì dalla stanza.
Io rimasi stesa sul letto a pancia su a fissare il soffitto blu notte sui cui c’erano dei poster di costellazioni, galassie, un’immagine gigantesca della luna e altre un po’ più piccole di tutti gli altri pianeti. Adoravo l’astronomia.
Poco dopo Marco entrò nella stanza tutto sorridente con una coppa di popcorn e un dvd in mano “E’ quello che penso? ” chiesi con un cenno di euforia “Sì è proprio quello!! ” disse poggiando sulla mia pancia la coppa di popcorn. Era un fil horror che non avevo alcuna intenzione di perdermi. Era stupendo avere accanto una persona coi tuoi stessi gusti.
Rimanemmo a stuzzicarci e guardare rapiti il film. Marco si alzò tre volte per fare i popcorn perché con noi avevano vita breve.
*******
“Bhè ti è piaciuta la sorpresa? ” chiese guardandomi curioso “Si è un bellissimo film. Son felice che abbiamo gli stessi gusti” dissi abbracciandolo con slancio “ ...Ti fermi a dormire qua?? ” mi chiese incerto “Mi dispiace ma non posso... ” dissi facendo una smorfia dispiaciuta “ Vabè sarà per la prossima volta ” disse facendomi l’occhiolino. Gli sorrisi poi guardai l’orologio “ Santo cielo è tardissimo!! ” esclamai quasi cadendo dal letto “Quando stiamo insieme il tempo vola” disse lui senza far  trasparire alcuna espressione dal suo viso “ Eh già... vabè io vado, ci sentiamo domani ” “ Ok a domani ” passarono dei secondi interminabili di silenzio, poi io dissi “Saluto i tuoi e poi corro via” salutai i suoi genitori e mi diressi all’uscio “Grazie di nuovo ” dissi sospirando, poi mi alzai in punta di piedi e gli diedi delle pacche sulla testa ottenendo un dolcissimo sorriso “Buonanotte Kery” “Buonanotte Marco” gli sorrisi aprii la porta ed uscii. Mi diressi a grandi passi verso casa. Arrivata a casa con passo felpato mi chiusi in camera. Mi buttai sul letto esausta. Mi misi il pigiama e m’infilai sotto le coperte, presi Tora la mia piccola tigre di peluche dagli enormi occhi verdi, avviai la mia playlist ed infine mi addormentai serena.

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Capitolo 2
*** 1. Febbre ***


Stropicciò gli occhi incredula “Meg?! ...che ci fai qui??” disse cercando di mettere a fuoco la vista e sedendosi con le spalle contro lo schienale del letto per stiracchiarsi “Sono passata a portarti un po’ di delizie da gustare” disse la ragazza di fronte a lei con un mezzo sorriso “E come mai?” chiese Karel confusa e frastornata “Hai la febbre alta mia cara ” disse con un tono da cosa ovvia “Ma che stai dicendo? Io non ho la febbre!” disse con tono spezzato “Tua madre stamattina mi ha avvisata che ti sei presa un febbrone e guardati stai ancora come un bradipo moscio in questo letto!” le fece notare l’amica ridacchiando, Karel inarcò le sopracciglia “ E ci credo che sto ancora nel letto, sto in vacanza!” ma l’amica alzò gli occhi al cielo, si avvicinò alla finestra e scostò la tenda “ Karel Ashley Jason in vacanza dormi sempre fino alle sei del pomeriggio?” “ CHE? ” “ Ora mi credi che hai la febbre?! ” “ Si, si ti credo ” disse arrendendosi e lasciandosi scivolare sotto le coperte. Rimase nel letto per tutto il tempo, non poteva mettere piede fuori che la madre dava di matto, così cenò (sul letto) con una calda minestrina e si accoccolò sotto le coperte ascoltando Meg che l’assillò di pettegolezzi ai quali non poté fare a meno di ridere “E per giunta mentre stava parlan... ” la voce di Meg fu interrotta dalla suoneria del cellulare di Karel che roteò gli occhi e prese il cellulare, ma sullo schermo comparve la scritta: Numero Sconosciuto. Decise di non rispondere, ma il telefono riprese a squillare per altre undici volte ed infine arrivò un messaggio -Stupida mi vuoi spiegare perché cavolo non rispondi?? E’ da venti minuti che ti sto tempestando di chiamate - MITTENTE: Mark Best .
Fissò lo schermo stranita poi compose il numero di Marco, il quale rispose subito con tono irato “ma si può sapere perché cazzo non mi hai risposto a tutte quelle chiamate?” “hei calmati” “calmati un corno, ti sembra maniera? Perché diavolo non mi hai risposto?” “Per favore, calmati!” disse Karel con un tono sommesso seguito da un pesante colpo di tosse “Kery cos’hai?” chiese il ragazzo preoccupato “febbre” rispose con un fil di voce “oh cielo! Cinque minuti e sono da te” disse chiudendo la chiamata senza darle il tempo di replicare, sospirò esausta “ Sta venendo qui? ” chiese Meg sorpresa “ Sì ” “Wao ” disse ridacchiando “ Hei Meg oggi dormi qui? Ti prego dimmi di siiii ” la supplicò con voce cucciolosa ma un po’ rauca “Va bene, va bene, rimango!” disse sorridendo a trentadue denti.
Ricominciarono a spettegolare, quando la porta si aprì di colpo facendo sobbalzare Meg “Ma te sei impazzito per caso?” disse con voce stridula rivolta a Marco che, in un primo momento aveva sorriso soddisfatto, ma poi, guardando Karel cambiò espressione “Hei” disse con tono cupo ed una strana espressione in viso “Hei ” rispose lei quasi come se avesse bisbigliato, lo squadrò da capo a piedi: indossava una maglietta verdone, a maniche corte, abbastanza aderente, jeans neri e converse nere. I suoi capelli ricci, nonostante fossero raccolti in una bizzarra e cespugliosa coda, se ne stavano tutti spettinati sopra la fronte e il colorito della sua pelle era bianchissimo “Come diamine ti sei vestito?” esclamò Meg con tono schifato, lui inarcò il sopracciglio “What’s the problem?” rispose con tono spavaldo, Meg roteò gli occhi “Fai Vo-mi-ta-re!!” rispose con il suo solito tono da cosa ovvia, ma lui non disse nulla, anzi si mise a fissare Karel in modo penetrante e cupo “La smetti?!” chiese lei irritata “Di fare cosa?” “Di guardarmi!”  “Allora mi giro di spalle e ti parlo?” disse con un mezzo sorriso divertito “Smettila di fare il coglione che non è giornata... che volevi che mi hai chiamata?” “Sono rimasto stupito che tu non sia venuta al Dark Space” “Ah... e ora che sai il motivo cosa ci fai ancora qui fermo come un baccalà a fissarmi con occhi da pesce lesso? ” lui schiuse un po’ la bocca, segno che lo aveva stupito o beccato impreparato e a Meg scappò una risatina che le fece guadagnare un’occhiataccia da Marco “Ti dovevo dare questo” disse estraendo dalla tasca sinistra del pantalone uno scatolino celeste con un nastrino dorato e glielo porse “E’ di Luca...” “Oh” prese la scatolina e la poggiò sul comodino accanto al letto “Buon ritorno a casa Marco” “Ciao” disse salutandola con un piccolo cenno della mano e scomparendo dietro la porta della stanza.
Ci fu un po’ di silenzio che fu però rotto dalla voce petulante di Meg  “Bhè che aspetti? Non lo apri?!” disse fissando impaziente lo scatolino, Karel la fulminò con lo sguardo “No” rispose secca “Uffa Che palle!” esclamò l’amica contrariata “Senti io ho sonno quindi vai a prenderti dall’armadio il pigiama, sistemati il divano letto e dormi!” le ordinò Karel e l’amica, annuendo, obbedì, s’infilò sotto le coperte, spense la luce in silenzio e poco dopo si addormentò.

Karel non riusciva a prendere sonno, così prese lo scatolino in mano illuminandolo con la luce del cellulare e lo scrutò a lungo. Chissà cosa ci avesse mai potuto mettere dentro Luca. Rimuginò a lungo e poi s’addormentò.
Si svegliò di buon umore, pareva che niente potesse toglierle il sorriso. Guardò Meg che dormiva ancora e, con passo felpato scese dal letto ed uscì dalla camera. Andò in cucina ad arraffarsi la colazione prima che si svegliasse il fratellino e tornò in camera.
 Scosse un po’ il braccio di Meg per svegliarla e quando quella aprì gli occhi la guardò meravigliata “ Che diamine ci fai in piedi tu?” le chiese con voce rauca, Karel ridacchiò “La colazione” canticchiò indicando il vassoio pieno di cose da mangiare e da bere, Meg le sorrise ed infine fecero colazione. Poi però Karel dovette tornare a letto perché s’era sentita debole e, non appena s’infilò sotto le coperte calde e appoggiò la testa sul morbido cuscino si addormentò.

Riaprì gli occhi intorpidita, aveva la vista appannata e non riusciva a distinguere la figura che le stava davanti, sbatté più volte le palpebre per mettere a fuoco e capì subito chi fosse. Tossì e, ad ogni colpo di tosse, si sentì sempre più debole “Che ci fai qui?” chiesi infastidita e con voce rauca, lui la fissò per un po’, poi scosse la testa “Accidenti che bell’accoglienza” disse con un pizzico di irritazione nella voce “ Bhè presentarti in camera mia, seduto sul mio letto, senza il mio permesso, non è il massimo dell’eleganza ” disse ancora più infastidita “Non cambierai mai” disse lui alzandosi dal letto “Dove vai?” gli chiese “Me ne sto andando via dato che ti do tanto fastidio” ci fu un minuto di silenzio e quando lui fu sul punto di uscire dalla stanza lo chiamò “Luca! Non andartene per favore... ” lui si bloccò “Perché mai dovrei rimanere?” disse volgendole le spalle “ i-io... ” la sua voce fu rotta da un colpo di tosse “scusami ” disse con un tono che doveva essere deciso ma che, con quella cavolo di febbre sembrò supplichevole. Luca si voltò e la scrutò per un po’, poi sospirò “Va bene, ma tu per favore cerca di essere meno acida ok?” disse con tono autorevole ma dolce, lei annuì e gli fece segno di sedersi sul letto, lui sorrise e si accomodò “Non sorridere in quel modo” “Perché? Ti da’ fastidio?” chiese un po’ deluso “Assolutamente no, anzi... quando sorridi in quel modo sei... ” “Sono..?” Karel sentì le guance avvampare,  se per via della febbre o per la situazione imbarazzante in cui si era cacciata, non le era dato saperlo. Luca  continuava a guardarla in modo dolce sorridendo e lei si rese conto che la voglia di baciarlo cresceva sempre di più anche se cercava di resistervi “C-comunque... grazie” farfugliò lei e lui s’illuminò in viso “L’hai aperto?” lei annuì “ è... è bellissimo” si morse il labbro, non sapeva più che dire, ma sapeva che ciò che stava per succedere era inevitabile “Luca... io... mi conosci, sai che  mi scoccio facilmente” lui scosse la testa “Non importa” lei fece un mezzo sorriso si voltò un attimo a prendere lo scatolino lo posò fra le mani di Luca sorridendo “Fa’ quel che devi ” sussurrò rassicurante, lui annuì e fece un grande sorriso, aprì lo scatolino e ne estrasse l’anello “Finché lo porterai al dito sarai mia” sorrisero entrambi mentre Luca le metteva l’anello all’anulare sinistro “E tu mio” non riuscì più a resistere, si umettò le labbra e lo baciò, con voracità e con passione, poi si bloccò un attimo per prendere fiato “Se dovesse venirti la febbre, vieni pure qui, che guariamo insieme” disse ridacchiando, anche lui ridacchiò “ Anche se acida, sei sempre gentile” disse schioccandole un bacio sulla fronte “Ora però dovrei andare, mia madre mi aspetta ” lei annuì ed abbozzò un sorriso “Tranquillo, non farla aspettare” disse facendogli l’occhiolino, lui si alzò e si diresse verso la porta e, una volta arrivato sulla soglia, si voltò a salutarla, poi scomparve nel buio corridoio.
Fissò quel punto un po’ delusa.



Angolino d'autrice:eeeee BAM! Ecco il  capitolo numero uno revisionato.
Diamine non potete immaginare quanti errori ho dovuto sopportare e correggere *le sanguinano gli occhi*
e quanti ancora dovrò affrontarne... HALP
Spero che questo capitolo non risulti troppo noioso e che vi abbia incuriosito almeno un po' l'entrata di questo personaggio così (disgustosamente) dolce di nome Luca.
Spero di riuscire a revisionare presto gli altri capitoli...
See ya soon
Jade

 

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Capitolo 3
*** 2. Stranezze mattiniere ***


Si sentì in colpa perché sapeva che presto l’avrebbe lasciato.
Si tirò la coperta sulla faccia appena un raggio di sole illuminò la camera “mamma chiudi le tende” mugugnò  “Mi dispiace ma mamma è uscita” disse una voce pungente “E dov’è andata?” “E’ andata al lavoro” rispose la voce e Kery sbuffò seccata e tolse la coperta dal viso “ Dan che ci fai in camera mia?” chiese a fatica al suo fratellino “La mamma mi ha detto di sorvegliarti ” disse con un’espressione altezzosa che la  fece sbuffare “Daniel soltanto quattro parole: FUORI DALLA MIA STANZA!” disse rabbiosa “No” disse lui facendole la linguaccia  “Se mi alzo ti faccio nero” lo minacciò facendo un ghigno malefico “No, dai scherzavo!” disse correndo via, lei sorrise soddisfatta e si coprì di nuovo la faccia con le coperte.
“Kery! Hei Kery svegliati” disse Marco scrollandola, aprì un occhio “che c’è?” aprì anche l’altro occhio e lo guardò allibita “perché mi guardi così?” chiese perplesso “ma mi stai prendendo in giro? Che cazzo ci fai in camera mia? Chi ti ha dato il permesso di entrare? E’ mai possibile che ogni volta che mi sveglio trovo qualche intruso nella mia camera?” esclamò alterata, lui continuò a guardarla perplesso “un po’ acida questa mattina eh!” disse con tono calmo, lei sbuffò “lasciami in pace voglio dormire!” disse annoiata, ma quando cercò di tirare su le coperte, Marco le scaraventò ai piedi del letto facendole salire il sangue al cervello per la rabbia “ma ti sei rincoglionito per caso? Cazzo, lasciami dormire e sparisci!” sbottò infuriata e lui la guardò male “devi andare al lavoro, o già vuoi far tardi il tuo primo giorno?” “cazzo è vero!” “dai alzati” disse lui porgendole la mano che, afferrò per alzarsi “E se mi torna la febbre?” chiese sconsolata e lui, per tutta risposta, scrollò le spalle “verrò con te, così, se ti senti male, ti riporto a casa” disse sorridendo incerto “come mai tutta questa premura?” lui attese qualche istante prima di rispondere “mi viene naturale... e poi che migliore amico sarei?” esclamò con nonchalance, lei lo scrutò perplessa “sei strano... non la metti mai in mezzo l’amicizia, come mai te ne ricordi soltanto ora?” lui sbuffò  “Karel non solo ti sto facendo un fottuto favore e tu ti permetti pure di aver da ridire. Cazzo. Certe volte mi vien la voglia di mandarti a quel posto per le cazzate su cui ti soffermi”
Karel.  Non Kery. L’aveva fatto incazzare. “scusami” disse abbassando lo sguardo per cingersi la pancia con un braccio per colpa di una fitta allo stomaco “Kery?” “tutto ok, tranquillo” disse facendogli un cenno con la mano, ma non fu per niente convincente “Kery evita di mentirmi” lei annuì e poi si passò una mano fra i capelli per tirarli via dagli occhi ed incrociare il suo sguardo “vado a lavarmi” lui annuì e lei andò a farsi una doccia.
-Perché ho avuto l’impressione che avesse sussultato? Mhà... sarà la febbre-
 Purtroppo sua madre aveva messo a lavare l’accappatoio e fu costretta ad avvolgersi in un asciugamano in modo da coprire le parti femminili, poi tornò in camera sua per prendere l’intimo, Marco era così assorto nei suoi pensieri che non si accorse di lei e, quando gli passò davanti, andando ad aprire un cassetto del comò, lui sussultò, poi la osservò da capo a piedi illuminandosi in uno strano sorriso “Che ti prende?” chiese lei inarcando il sopracciglio “niente” disse con un pizzico di euforia nel tono di voce pacata ed indifferente “cazzate! Che ti passa in quel cervello cespuglioso?” chiese mentre estraeva un reggiseno avorio ed una culotte in tinta col reggiseno, girandosi poi a guardarlo curiosa “Il mio cervello sta elaborando immagini poco caste...” “quello lo so” disse annoiata “su-di-te” concluse la frase facendole quasi spalancare la bocca per la  sorpresa “non mi ricordavo che avessi delle gambe così lunghe e perfette” cercò d’interromperlo ma continuò “...poi quell’asciugamano mette in evidenza le tue curve e...” sentirono entrambi una musichetta e si voltarono a guardare il letto dove Karel prese il cellulare e rispose alla chiamata  “si?” “Hei Ker ti ho disturbata?” “No, tranquillo, stavo chiacchierando, dimmi” “so che oggi devi andare al tuo primo giorno di lavoro e ti volevo chiedere se potevamo vederci stasera, per cenare, insieme” “Oh, che pensiero dolce... non so se riesco a venire, ho un casino di cose da fare e dato che sono stata a letto troppo tempo per via della febbre devo recuperare il tempo perso” capisco, se poi sei libera fammi uno squillo, mi manchi” disse facendo una risatina nervosa “mi dispiace non poterti confermare subito, anche tu mi manchi, mi manca il tuo sorriso... le tue labbra...” sentì un sospiro felice da parte di Luca e uno annoiato di Marco, così l’osservò con la coda dell’occhio: gli occhi ridotti a due fessure, piene di noia e disgusto(?)  –e ora perché diamine fa’ così?- rimase a vagare tra i suoi pensieri e non sentì quello che disse Luca “c-come? Scusami ero distratta” “Ho detto che stanotte ti ho sognata” “ah”continuava a chiedersi perché Marco fosse strano “Ker ci sei ancora?” “emh... sì scusami ma devo chiudere” disse vedendo Marco dirigersi verso la porta della stanza, chiuse la chiamata e lo guardò perplessa passandosi la mano sinistra trai capelli cercando di concentrarsi su quello che dovevo dirgli. Feci per aprire la bocca ma lui la bruciò sul tempo “state insieme allora?“ Disse fissando l’anello con astio “sì” rispose sospirando “poverino... anche se sa’ come sono fatta pensa di avere una recondita possibilità che non mi stanchi prima o poi.” Marco sbuffò “è innamorato, è normale che faccia così, ma non pensavo che tu accettassi...” lo guardò a disagio “Beh ho pensato che così sarebbe stato più semplice andarci a letto” “Karel, lasciamo perdere... facciamo colazione al bar?” lei annuì, poi guardò  l’intimo che aveva ancora in mano, posò il reggiseno sul letto e indossò la culotte cercando di non scoprire troppo sia il davanti che il di dietro. Vide Marco guardarla sconcertato “che diamine!” esclamò “che c’è?” chiese voltandogli le spalle e togliendosi l’asciugamano, lo sentì deglutire mentre cercava di mormorare qualcosa senza riuscirci, s’infilò il reggiseno ed andò all’armadio ad infilarsi dei jeans, poi estò un po’ ad infilarsi la maglietta. Scrutò Marco (che si fingeva interessato ai poster attaccati alla porta) e, sbuffando, s’ infilò la maglietta e delle scarpe nere borchiate. Una volta pronta si avvicinai a lui “dai andiamo” lui sussultò, -cavolo... o era davvero interessato a quei poster o si era perso nei suoi pensieri- “ok...” la scrutò “copriti” disse guardando la mia maglietta “che?” spalancò gli occhi allibita “copriti! Fa freddo e rischi di farti tornare la febbre.” disse distogliendo lo sguardo non appena il suo viso prese una sfumatura rossa “mi metto una sciarpa.” “no, cambia maglietta” disse con un tono strano uscendo dalla stanza, lasciandola lì, a guardare il punto dove era sparito  –ma che gli prende?-
Il suo comportamento aveva iniziato ad irritarla. Non cambiò maglietta e mise una sciarpa nera in lana, indossò il giubbotto nero di pelle e scese al piano di sotto per cercare lo psicopatico.
Lo trovò nel salone, intento a scrutare una foto(?). Si avvicinò “dai sono pronta muoviamoci che faccio tardi” disse irritata, lui sussultò per l’ennesima volta facendola sbuffare “si andiamo” “guido io” disse subito ma lui scosse la testa “non ci pensare neanche, se collassi so’ cazzi” Kery sbuffò ed annuì seguendolo fuori dalla porta di casa, chiuse a chiave e si fermò ad osservarlo mentre saliva sulla sua brillante Jeep nera  -...che fighi che sono i suoi capelli scompigliati dal vento...- “sbrigati!” le intimò un attimo prima di chiudere lo sportello. Una volta entrata in auto sentì un’ondata di quell’odore di legna bagnata che si sente nei boschi dopo che è piovuto, un odore buonissimo “Hei sei andato ad aiutare Geppetto?” “che?” “a fare il falegname” disse scoppiando a ridere mentre lui la guardava sconcertato “ma come cazzo fai a fare queste battute?” lei continuò a ridere “credo che sia la febbre... anzi sono io, ma con la febbre peggioro” disse non riuscendo a smettere di ridere “Kery non cambi mai” disse sospirando, il suo viso, per un attimo, s’illuminò con un mezzo sorriso che però si spense subito nell’istante in cui vide Karel osservare il suo anello riflettere i raggi del sole “Kery” richiamò la sua attenzione “Mh?”  “ancora non mi hai raccontato com’è andata la cosa con Luca” disse stampandosi in viso un sorriso falso, lei lo scrutò e pensò d’averla solo immaginata quella falsità, così annuì e gli sorrise “Allora, dopo essere caduta in un sonno profondo  per colpa della febbre, mi sveglio intontita, quando d’un tratto mi accorgo che c’è qualcuno in camera mia...” “era entrato in camera tua senza permesso?!” la interruppe inarcando il sopracciglio e lei annuì “Già, a quanto pare non sei il solo ad avere quel vizio” disse ridacchiando,  lui annuì semplicemente per farle continuare il racconto “Così mi  incazzo, ma quando fa per andarsene lo fermo, lo imploro di non andarsene, poi ci mettiamo a parlaree io, non riuscendo più a resistere, lo bacio, ...devo ammettere che ci sa fare” esclama sorridente poi continua “speravo di ‘ andare a fondo ’ ma lui ha dovuto andarsene” lui annuì nuovamente continuando a guardare la strada senza spiccicare parola, pareva essere assorto nei suoi pensieri “Marco ci sei? Sei connesso?” lui scrollò la testa come ad allontanare un pensiero o un’immagine e mi guardò “si ci sono. Quindi... che intenzioni hai?” “quelle di sempre:se, entro una settimana, non me lo scopo, lo mollo” rispose Karel semplicemente “immaginavo” disse lui facendo un dolce sorriso.



Ed ecco il ssssecondo capitolo rivisto.
Chissà perchè Marco si comporta in quel modo strano...
Al prossimo capitolo
Jade

 

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Capitolo 4
*** 3. Lavoro e domande. ***


“Siamo arrivati” disse Marco parcheggiando l’auto davanti ad un edificio grigio. Scese dall’auto ed aprì lo sportello a Karel - altro gesto gentile e più che raro-  una volta scesa, lui chiuse la macchina ed insieme entrarono nell’edificio.
Si ritrovarono in un atrio enorme con le pareti color nocciola e i mobili ocra, divani in velluto marrone, tappeti enormi e raffinati tavolinetti in cristallo. Un bancone in marmo bianco appariva grossolano collocato lì,  al centro di quella stanza. Dietro questo c’era una ragazza con una camicetta viola ed un giacchetto nero, impegnata a guardare una miriade di fogli. Si avvicinarono “buongiorno” dissero contemporaneamente, ma lei non li degnò di uno sguardo e Karel sbuffò spazientita. E rimase sorpresa dalla reazione di Marco: si appoggiò al bancone e sfoderò un’aria sexy “mi perdoni bella biondina” disse con voce bassa e sensuale la ragazza alzò lo sguardo, lo scrutò e poi sorrise “mi dica tutto” “volevo sapere se il signor McGribbit è nel suo ufficio...” “si è nell’ufficio” disse guardandolo con malizia “avevate un appuntamento?” Marco annuì “mi dica il nome...” disse prendendo il telefono e componendo un numero continuando a fissare Marco “Jason” disse lui guardando Karel con la coda dell’occhio “si signore, Jason. Okk la faccio accomodare” chiuse il telefono e scrutò Karel da capo a piedi “segui quel corridoio fino infondo, poi gira a destra e bussa due volte all’ultima porta che trovi” disse acida, Karel roteò gli occhi guardando Marco in modo eloquente “non è che saresti così gentile da accompagnarci?” le chiese Marco facendole l’occhiolino, lei sorrise fino alle orecchie, uscì da dietro il bancone e gli si appiccicò al braccio “prego di qua” disse incamminandosi, Karel li seguì. Arrivarono davanti ad una porta nera, dove una targhetta dorata illuminava il nome, per Karel impronunciabile, di quel tizio che sarebbe stato il suo datore di lavoro. La bionda aprì la porta, entrò, ci annunciò e poi ci fece entrare continuando a sorridere come un ebete a Marco.
 L’uomo, che se ne stava dietro alla scrivania di quella stanza, ci salutò e congedò subito la biondina “Erica, vai” disse indicando la porta, lei annuì e si voltò a guardare Marco, che le fece l’occhiolino  e le sussurrò ammiccante “ci vediamo dopo E-ri-ca” lei fece un risolino entusiasta e uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle “Marco! Finalmente ci rivediamo” disse l’uomo riportando su di sé l’attenzione dei due ospiti. Karel lo scrutò: indossava un paio di jeans con qualche strappo, una giacca nera e delle scarpe a punta  nere.  Era alto, con spalle larghe, i suoi capelli erano neri e folti e si arricciavano leggermente sulle punte dietro al collo, gli occhi erano color miele, vivaci ed intelligenti, il suo viso, anche se mascolino, aveva dei tratti da ragazzo e, a guardarlo ben,e non doveva avere più di 35 anni. Si alzò da dietro la scrivania e andò da Marco, si salutarono in un modo tutto loro “fratello fatti sentire ogni tanto, va bene che sei preso ed indaffarato...” disse indicando Karel ammiccante “...ma questo non vuol dire che devi sparire” “bhè gli impegni sono impegni” rispose Marco malizioso e scoppiarono entrambi a ridere, una risata che Karel trovò insensata, perciò sbuffò richiamando involontariamente la loro attenzione “oh, oddio mi perdoni” disse l’uomo “certe volte rischio di diventare più maleducato di Porcospino” ridacchiò ricevendo un’occhiataccia da Marco, lei fece un cenno indifferente con la mano e lui le sorrise “io sono Adrian McGribbit” disse porgendole la mano “salve” disse stringendogliela e sbuffando involontariamente “E’ lei la Jason?” chiese Adrian perplesso e Marco annuì sorridente “Bene signorina Jason, si accomodi che le illustro il progetto di lavoro” disse andandosi a sedere dietro la scrivania indicandomi la sedia di fronte “no grazie sto comoda in piedi...” lui scrollò le spalle e frugò nei cassetti e Marco ne approfittò per  sedersi su quella strana sedia davanti alla scrivania  –ecco perché è voluto venire con me, conosceva già sto tizio... perché diamine non me l’ha detto?-
Osservò Adrian posare sulla scrivania delle cartelle  –devo ammettere che è un gran figo... chissà se quella Erica ci è andata a letto... se ci è andata...in base a come l’ha trattata deve esserne rimasto deluso- “KAREL! Riprenditi!” La rimproverò Marco, lei lo guardò stranita ed annuì, ma il suo cervello era da tutt’altra parte –E’ davvero attraente... poi quegli occhi, ddio mi sanno tanto di sadico pervertito ...e la cosa mi attrae ancora di più ...chissà se è abbastanza...- “KAREL!! Ma che ti prende?” la riportò alla realtà “oddio mi scusi” disse abbassando la testa fingendosi imbarazzata “ma no, non si preoccupi, se non se la sente possiamo rinviare il colloquio.” “oh no, non voglio farle perdere tempo” disse con tono dispiaciuto “non si preoccupi non mi farà perdere tempo.” “grazie mille, davvero, è che non sto molto bene e...” iniziò a recitare e lui la interruppe “stia tranquilla ...non deve giustificarsi” “lei è troppo buono signor...em...McGri...Gri..Grib...emh” “chiamami Adrian” disse sorridendole “d’accordo signor Adrian” “dammi del tu...” “come vuoi tu signor Adrian” disse con un sorrisino da angioletto malizioso, lui ridacchiò poi si voltò verso Marco “senti... pranziamo insieme all’Apologize??” “Decisamente sì! E’ un’era che non ci vado... Karel vieni con noi? O vuoi tornare a casa?” lei ci  riflettè qualche istante “vengo con te, ma se mi sento male poi mi dovrai subito riportare a casa” disse facendo un sorriso che lui ricambiò “ovvio che ti riporto a casa, non voglio mica portarmi uno zombie appresso” disse scoppiando a ridere assieme ad Adrian, lei sospirò “sempre le solite frasi premurose, ah quanto ti amo Marco” lui sorrise malizioso mentre Karel si passava una mano tra i capelli per toglierli dagli occhi, ma quel sorriso pian piano si spense  -...giuro che al prossimo sbalzo d’umore un calcio in faccia non glielo nega nessuno...- poi ritornò a sorridere “hei Adri ma la biondina di prima come se la cava?” “...” Marco inarcò il sopracciglio alla smorfia di astio che fece Adrian “Avevo immaginato... poi cazzo più appiccicosa di una fidanzatina tutta love love”continuò Marco con una smorfia  “per fortuna sono rare quelle come lei” disse Adrian  – e io dovrei cercare di rimanere coi piedi per terra mentre questi due parlano dell’argomento che più scatena la mia immaginazione?- si grattò la tempia con la mano sinistra e l’ anello prese a luccicare per via della luce, Adrian guardò l’anello spalancando la bocca, poi guardò Marco allibito “Woah! Da da quand’è che fai le cose serie?” chiese spostando in continuazione lo sguardo dall’anello alla faccia perplessa di Marco “Eh? Ma che cavolo? Adrian di cosa stai parlando?” chiese inarcando il sopracciglio. Karel capì “Oh accidenti, Adrian,  non è come credi” disse sorridendo “se dovessimo aspettare che Marco diventi serio ci cadrebbe il mondo addosso” esclamò scoppiando a ridere e contagiando Adrian con la sua risata “Dicevo io che era assurdo” disse poi “Pensavi che fossi la sua ragazza, oddio sei esilarante!  Che poi, neanche io sono seria, anche se porto questo anello...” disse mettendolo in mostra e Marco lo guardò con disgusto “non sono per niente una brava ragazza” disse ridacchiando “Mh fammi indovinare, se entro una settimana non ti porta a letto lo molli” “bingo, indovinato” lui sorrise “caspiterina, non ci avrei mai pensato, hai un aspetto troppo angelico” disse ridendo e a quella risata si aggiunse anche Marco “bhè modestamente ho una bella migliore amica puttanella” disse canticchiando l’ultima parola e Karel fece finta di esserci rimasta male mettendo il broncio. Continuarono a ridere e scherzare per qualche oretta e poi andarono a pranzare.
Usciti dall’edificio, Adrian salì su quella sua fantastica BMV bianca, con rifiniture grigio metallizzate, dall’aspetto raffinato ma potente, ed Marco e Karel salirono sulla Jeep di Marco.
Inserì la chiave nel cruscotto e notò che Karel si era di nuovo persa nei suoi pensieri -forse era meglio così- pensò, perché se si fosse messa a parlare, avrebbe potuto dire cose di cui poi si sarebbe pentito. Mise in moto e si avviarono.
Arrivarono al parcheggio dell’Apologize e sentì Karel sospirare, spensi il motore dell’auto e si voltò a guardarla perplesso “Qualcosa non va?” “no, tutto a posto... senti...” “dimmi” “perché continui a guardare il mio anello con disgusto?”chiese Kare e lui rimase spiazzato da quella domanda e non sapendo che risponderle, ma, mentre s’impegnava a trovare una frase sensata lei sospirò di nuovo “dai lasciamo perdere” disse scendendo dall’auto ed andando incontro ad Adrian.
Marco rimasi un po’ in macchina, ad osservarli dal parabrezza: Karel sorrideva in continuazione conversando con Adrian, che la guardava ammaliato. Si decise e scese dall’auto e li raggiunse “sei davvero una brava ragazza... anche se scopi con una gran frequenza ” “oh ma grazie, è davvero bello sentirselo dire” Karel sorrise felice, un sorriso vero, e non falso come quelli abituali  -è raro vederla sorridere a quel modo... dovresti esserne orgoglioso Adrian- pensò Marco “Beh devi sapere che Karel prima era davvero una ragazza angelica... ed innocente...” s’intromise Marco nella conversazione, ma Karel fece una smorfia “ fin troppo innocente! Ma poi ho avuto la mia prima volta e sono uscita da quella fottuta bolla d’innocenza e ho conosciuto la vita reale” disse sorridendo raggiante –sai che merda!- “In pratica hai conosciuto la merda” disse Adrian esprimendo a parole il pensiero di Marco “Dipende dal punto di vista. Sono abbastanza selettiva, sono io a scegliere qualcuno e non qualcuno a scegliere me” Marco annuì  e Adrian la guardò compiaciuto “brava, è così che si fa’ imponiti sugli altri” lei sorrise e poi scoppiò a ridere, quando sentì lo stomaco di Marco brontolare “dai andiamo altrimenti qui qualcuno muore affamato” –cazzo Kery smettila di sorridere a quel modo...-  “Sono stato impegnato ultimamente, Dario si è rotto una gamba e noi siamo costretti a coprire i suoi turni...” spiegò “che lavoro fai ora?” gli chiese Adrian “il poliziotto” “Woah fratello, hai realizzato il tuo sogno, ma è fantastico” “già” “menomale che io me ne sono andata... non le sopportavo più tutte quelle zoccole convinte che andassimo assieme a letto” disse Karel con un’agghiacciante freddezza “avete lavorato insieme?” chiese Adrian sorpreso  “Sì, dai andiamo a mangiare”disse lei evasiva voltandosi e incamminandosi, seguita da Marco e Adrian.Una cameriera prese le loro ordinazioni, si allontanò, poi tornò con quello che avevano ordinato. Karel come suo solito si prese solo una bottiglietta d’acqua e rubacchiò qualche patatina fritta a Marco, il suo solito pranzo povero. Si era fissata con la dieta, si vedeva grassa nonostante tutti le dicessero che non lo fosse, ma lei, ostinata com’era, non dava ascolto a nessuno. Marco bevve un sorso di birra e gli venne in mente un episodio riguardo a quella forte fissazione di Karel.

“Kery ma che combini? Dai muoviti che facciamo tardi” “non posso, non so cosa mettermi...” “il vestito che hai indosso ti sta bene” “no, non mi sta bene, mi fa sembrare ancora più grassa di quanto già lo sia” “Kery non ricominciare con sta storia... sei perfetta! Ora muoviti” “no! Non posso! Mi sta malissimo!” disse la Karel ventenne lagnandosi come una bimba capricciosa davanti allo specchio, il ragazzo strofinò il viso con le mani “Kery finiscila di fare la bambina” disse scocciato “io non faccio la bambina, sto solo dicendo che sto malissimo con questo ves-ti...” non riuscì a concludere la frase che il ragazzo le cinse i fianchi e fissò il suo sguardo negli occhi di lei “Kery, ti ho detto che sei perfetta” le sussurrò sensualmente all’orecchio lei rimase in silenzio non riuscendo neanche ad annuire, ogni parola soffocava in gola, aveva un’aria stralunata, così, quando il ragazzo la prese per mano dicendole che dovevano andare, lei non oppose resistenza e si limitò a seguirlo in silenzio.

“Marco stai sorridendo come un ebete e sei totalmente su un altro pianeta, che cavolo ti prende?” gli chiese Adrian, lui si guardò intorno “emh... niente. Dov’è Karel?” chiese preoccupato “E’ andata al bagno... cavolo Marco quella ragazza è straordinaria: è intelligente, simpatica, bellissima... quanto t’invidio che sei il suo migliore amico.” –quanto cavolo hanno conversato quei due?- “In poche parole mi stai dicendo che ti piace?” chiese Marco perplesso inarcando il sopracciglio “eh si cazzo, mai incontrata una così!” esclamò Adrian con gli occhi luminosi, Marco s’impietrì “Marco tutto ok?” –no, non è niente ok. E’ mai possibile che in neanche metà giornata fa’ cadere chiunque ai suoi piedi?-  “Adrian non cadere nella sua rete” lo rimproverò ricevendo un’occhiata perplessa “Ok, terrò lontano i sentimenti, però tu dimmi... com’è a letto?” “e io che ne so?” “COSA? Non l’avete fatto?” chiese Adrian scandalizzato “no” rispose flebilmente l’amico “e non la vuoi?” –più di quanto tu immagini- “no, non la voglio” disse con tono deciso e Adrian lo guardò allibito “Tu, non stai bene! Perché non la vuoi?” –cambierebbe tutto...- “perché sarebbe scocciante ritrovarsi l’amichetto eretto ogni volta che gli starei di fianco, farebbe battute cretine, e sua madre non mi farebbe più mettere piede in casa loro” “ma dai, che te ne fotte?” “me ne fotte perché il mio amico si affaticherebbe per nulla”  –non riuscirei più a guardarla in faccia... la penserei ancora di più di quanto la penso ora...-  “Boh tu sei un cretino Marco” “non sono cretino sono prudente” disse facendo un sorso di birra “è lo stesso. Dai almeno l’hai baciata no?” “chi ha baciato chi?”chiese Karel comparendo all’improvviso, la birra gli andò di traverso, tossì “non sono cose che ti riguardano” disse a fatica cercando di ritornare a respirare normalmente “va bene...” cantilenò lei. Lui guardò malissimo Adrian, il quale scosse la testa con disapprovazione, ricevendo un ‘fanculo’ mimato con le labbra.
Per riprendersi uscì fuori a fumare. Dopo due tiri percepì delle braccia stringergli il petto da dietro “Tutto ok?” gli sussurrò dolcemente all’orecchio, si voltò a guardarla sorpreso “si tutto ok, tranquilla” disse accarezzandole i capelli castani. Poggiò il viso sul suo petto e rimasero in silenzio, un silenzio assurdamente fastidioso “Kery, posso farti una domanda?” “certo dimmi” “hai mai pensato a noi come...coppia?” chiese Marco incerto “che vuoi dire Marco?”chiese con voce ovattata, perché teneva le labbra premute sul mio maglione del suo migliore amico “nel senso coppia” disse non sapendo come spiegare, Karel alzò la testa per guardarlo negli occhi “di letto o da anello?” gli chiese seria “Emh” ci pensò, ma i suoi due organi pensanti dissero due cose diverse “entrambe” “Mh” si fece pensierosa “Come coppia no, mai, perché?” “no così, tanto per” “però...” “però?” la incitò a parlare “ti ho immaginato nudo, anzi ti ho proprio sognato... sembrava un film porno” disse ridendo “e che facevo?” “ti trombavi una ovvio” “lei ti bramava da morire e ti aveva spogliato in un lampo, tu invece la spogliavi lentamente con estrema delicatezza quasi se col minimo tocco sbagliato l’avresti frantumata, nella stanza dove stavate aleggiava un profumo di bosco” la guardò incuriosito “i vostri corpi si muovevano soavi come onde del mare, i vostri gemiti erano come canti di sirene e poi avevate raggiunto insieme l’orgasmo.” la scrutò perplesso “com’era la ragazza?” “era perfetta: capelli biondi occhi azzurri, curve pazzesche seno sodo” “Mh, nient’altro?” lei annuì e riappoggiò di nuovo il viso sul suo petto –non ti dirò mai ch’ero io quella ragazza- pensò risoluta.
Karel s’era spesso chiesta il perché di quel sogno. Le sembrava assurdo, impossibile, inconcepibile, inaccettabile. Sentì il suo cuore di Marco raggiungere un ritmo regolare, così si staccò da lui e tornò al tavolo, senza aprir bocca “già di ritorno?” le chiese Adrian stupito “come già?” “bhe son passati solo tre minuti.” “Wao” disse atona –Pensavo fosse passato più tempo - “Io ho finito di pranzare, se volete possiamo andare” disse Adrian “si dai andiamo” disse lei alzandosi e uscendo dal fast food. Videro Marco con le chiavi della macchina in mano, lo raggiunsero. Salutarono Adrian e tornarono a casa di Karel.
“Mammamia che mattinata” disse Karel buttandosi sul letto, Marco la scrutò e poi si sedé sul letto accanto a lei, che se ne stava a pancia all’aria a guardare il soffitto, si sdraiò sul fianco e si mise a fissarla “Kery” sussurrò al suo orecchiò e lei sentì un brivido correrle su per la schiena “Mh?” chiese voltando la testa verso di lui “Sei ancora fissata con la dieta?” le chiese facendola ridere “no, non ho più quella fissazione” -non più da quando mi dicesti che ero perfetta.-  lui sorrise, lei si mise sul fianco e lo guardò negli occhi “Kery...” guardò le sue labbra e poi i suoi occhi “posso baciarti?”.



Ebbene sì. Non son riuscita a resistere alla tentazione di pubblicare questo capitolo revisto perchè... beh...SUSPANCE! Tanta salutare SUSPANCE. 
E niente.
Vi tocca attendere se non volete spoilerarvi la storia.
Bye bye

Jade

 

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Capitolo 5
*** 4. Il calore della stanchezza ***


Angolino autrice: ebbene ecco il capitolo dei capitoli! *Scuote la testa disapprovando il risultato*

“posso baciarti?”
Rimase in silenzio, non sapeva cosa rispondere, quella sua improvvisa richiesta l’aveva spiazzata, sentiva un formicolio in tutto il corpo,  impiegò 5 minuti per metabolizzare la domanda e, quando capì, scoppiò a ridere “oddio muoio, ah Marco sei terribile... se non ti conoscessi bene avrei pensato che fossi serio” disse piegandosi in due dal ridere, lui rimase in silenzio ad osservarla “oh cielo, questa è stata la più divertente” disse continuando a ridere, rotolando sul letto come una pazza.
Quando riuscì a smettere di ridere lo guardò seria, giusto per un attimo “b-b-baciarmi sembravi serio!” disse ricominciando a ridere mentre lui la guardava senza alcuna espressione –ma guardalo quanto si sta sforzando per essere serio- infine, dopo l’ennesimo attacco di ridarella le  sorrise. Karel però, parve notare una scintilla di tristezza nel suo sguardo –nah... ho visto sicuramente male-


 “posso baciarti?”
Marco si accorse di aver trattenuto il fiato. Gli girava la testa, sentiva i sensi intorpiditi, ma una risata forte e cristallina lo risvegliò: osservò Karel piegarsi in due dalle risate “oddio muoio, ah Marco sei terribile... se non ti conoscessi bene avrei pensato che fossi serio” disse divertita “oh cielo, questa è stata la più divertente” disse continuando a ridere rotolando sul letto come una pazza non riuscendo a smettere, poi si fermò un momento incrociando il suo sguardo “b-b-baciarmi, oh mamma... sembravi serio!” balbettò scoppiando di nuovo a ridere.
Marco impietrì, non riusciva a capire come si stesse sentendo, ma le sorrise, un sorriso che però non mostrava l’improvvisa tristezza e la sensazione di vuoto, non capiva cosa gli stesse succedendo.
Guardò l’orologio ansioso di andarsene via da lì, lontano da lei “cazzo è tardi ciao Karel” disse alzandosi dal letto, poi la guardò un attimo: aveva smesso di ridere e aveva una strana espressione sul volto, ma lui si voltò e se ne andò, anzi fuggì, con un dolore lancinante nel petto che non sapeva spiegarsi.

Si buttò sul letto dopo aver attraversato il salone come una furia non dando il tempo ai suoi di fargli domande, non chiusi nemmeno la camera a chiave, ma ai suoi genitori bastava sentire che sbatteva la porta per capire che voleva stare solo.
Era assurdo. Non riusciva a crederci.
Le aveva esplicitamente chiesto di baciarla –sono un vero idiota, si sapeva già, ma rafforziamo la quantità, sono un EMERITO IDIOTA DEL CAZZO!- Sentiva il cuore martellargli nel petto e un forte bisogno di muoversi, troppa energia, doveva sfogarla. Guardò il  comodino e pigramente afferrò la rubrica color porpora. Jessy?. No. Sì. Affermazioni opposte: cervello in tilt.
Buttò la testa all’indietro sul cuscino e lasciò cadere la rubrica per terra. Si sentiva di colpo stanco. Senza un briciolo di energia.  D’un tratto sentì la tasca vibrare, estrasse il telefono:due nuovi messaggi. Anna. Kery. Merda. La scopamica. La migliore amica. Nel momento sbagliato. Fantastico.
Anna: ciao tesoro, tra una settimana torno da te! Sei contento? Appena hai bisogno chiamami, ci sono sempre ; -cazzo ancora questa- Pensò infastidito, poi lesse il messaggio di Kery: emh... sai sinceramente non so cosa dirti... ecco... io... vabè nulla di che, spero tu sia stato bene oggi. Notte.
Fissò il messaggio per cinque minuti buoni non sapendo come sentirsi, cosa fare. Doveva risponderle, ma non sapeva cosa dirle, così rimase con il cellulare in mano, fissando il vuoto e ragionando su cosa scriverle. Gli venne un flash:Karel aveva scritto” notte” ma erano ancora le cinque del pomeriggio. Forse si aspettava che non lo leggesse subito o forse pensava che avesse degli “impegni”. –Mi schifo da solo. Allegria!- sbuffò mettendosi a sedere a gambe incrociate sul letto rimanendo a pensare, con un qualcosa di fastidioso che gli contorceva lo stomaco.
 
Rimase lì, ferma, sul  letto a fissare il nulla, poi si riscosse e prese il cellulare per inviare a Marco un messaggio in cui gli esprimeva, in modo fine, quanto le avesse dato fastidio il suo comportamento: Brutto Stronzo schifoso non ti permettere MAI più di andartene di punto in bianco o ti trancio le palle e ti castro tagliandoti quel coso facendoti morire dissanguato.
Sì un messaggio molto fine.
Era sul punto di inviarglielo ma le tornò in mente il suo comportamento strano, così cancellò il messaggio iniziale e provò a formulare una domanda decente che non lo facesse alterare, ma ogni cosa che scriveva le sembrava inadatta. Iniziò  a sentire le palpebre pesanti e gli occhi cominciavano a bruciarle, così si distese sul letto chiudendo gli occhi -accidenti sarà tardi- si disse massaggiandosi le tempie, fece un ultimo sforzo visivo per scrivere un qualcosa di confuso: emh... sai sinceramente non so cosa dirti... ecco... io... vabè nulla di che, spero tu sia stato bene oggi. Notte.
Ebbe giusto il tempo di premere il tasto invio che s’addormentò.


“Ma si può sapere che c’è?” chiese la ragazza allibita “Ma come cazzo ti è saltato in mente? Mi spieghi perché diamine l’hai fatto?Ti ha usata Karel, come faccio a fartelo capire una buona volta?” disse lui stanco “uffa, non mi ha usata, mi ha detto pure che mi ama e che non mi lascerà mai” rispose lei offesa, ma lui si strofinò il viso con una mano “Oh cielo Kery... vabè dai lasciamo perdere, andiamo che ti mangi un gelato da Betta” disse infine lui con un sorriso dolce ed un tono premuroso “si evviva!” saltellò lei entusiasta prendendolo sotto braccio e dirigendosi alla gelateria. “come li volete i gelati?” chiese la premurosa gelataia “uno limone e frutti di bosco e l’altro solo nocciola” disse il ragazzo facendo sorridere tantissimo la ragazza “Pazzesco! Marco sei pazzesco!” “cosa?” chiese lui perplesso “ti ricordi i miei gusti preferiti!!” “bhè che migliore amico sarei se non li ricordassi?” disse lui mettendosi a ridere, lei lo scrutò un attimo impassibile ma poi si mise a ridere anche lei.

“Karel! Karel!! Svegliati tesoro!!” aprì piano gli occhi, vedeva sfocato, ma riuscì a riconoscere la figura di sua madre che le toccò la fronte e poi sospirò stanca “m-mamma” balbettò Karel cercando di sorridere.
 “Karel per la miseria dimmi che non sei uscita oggi” disse la madre “umh... ” mugugnò preparandosi a mentire “Non so più come fare con te! Menomale che Marco mi ha avvisata” disse girando intorno al letto “M-Marco? Di che ti ha avvisata?” chiese confusa “mi ha detto che hai preso sonno in pieno pomeriggio e per la miseria, hai dormito tantissimo! Piccola mia mi spieghi che ti succede?” la fissò in attesa di una risposta “Nulla mamma, solo un calo di energie” mentì più a sé stessa che alla madre, la quale  sospirò stanca “se hai bisogno di parlare...” si diresse fuori dalla camera “sai che ci sono” chiuse la porta lasciandola nel silenzio e nella solitudine più totale.
Fissò la porta -Marco- quel nome rimbombò rumorosamente nella sua testa.  Si coprì il volto con le mani e d’un trattò sentì il letto vibrare, ebbe un sussulto e si mise subito a cercare il cellulare, lo trovò in mezzo alle coperte, un messaggio: ‘Cretina come stai?’. Eh sì lui compare sempre nei momenti sbagliati. Decise di non rispondere e buttò il cellulare sul letto. Sbuffò rumorosamente e scese dal letto, inciampò nelle ciabatte e cadde in avanti.
POOF. Si ritrovò fra le sue braccia “porco giuda smettila di comparire in camera mia quando e come cazzo ti pare” sibilò sull’orlo di una crisi di nervi fissando il pavimento, ma sentì comunque addosso l’intensità del suo sguardo “Ker... Karel senti, devi rimanere a letto”le disse premuroso “non ne ho bisogno!” Marco la strinse a sé “Karel la smetti di fare la potente? Non dimostri nulla così, ti stai solo facendo del male! Guardati, sei ridotta come uno straccio e sei pallidissima, le tue energie sono del tutto scomparse! Mi spieghi perché diamine fai così?” parlò con un tono che Karel non aveva mai sentito, la sua voce era severa e le parve quasi malinconica “lasciami” sibilò, ma Karel non vide cosa fece, Marco fu rapido: l’aveva presa in braccio e Karel se ne rese conto solo quando riaprì gli occhi che non sapeva di aver chiuso. Non oppose alcuna resistenza e si affidò a quelle meravigliose braccia, che avevano sempre saputo come consolarla.
“Kery, non puoi immaginare quanto io tenga a te” le sussurrò piano all’orecchio, sorridendo sommessamente. Avevo deciso di permettere a qualcuno di aiutarlo. Avevo aperto un piccolo varco nella muraglia per permetterle di passarci attraverso. Si sentiva bene, avvolto da un tiepido calore, ogni volta che guardava i suoi occhi. Ma Karel, non riusciva a fidarsi o affidarsi a nessuno, tranne che in quel momento, che le forze l’avevano abbandonata. Posò la testa sul petto di Marco e respirò il profumo della sua pelle. Si sentiva magnificamente. Lui iniziò ad accarezzarle i capelli, sfiorandole ogni volta la schiena. -Sì il mio posto, adesso, è con lui- pensò soddisfatta –E’ il mio angelo custode-
Ma voleva davvero abbassare ogni scudo? Non sapeva darsi una risposta.
Ma era fra le braccia di Marco e in quel momento era l’unica cosa che le importava.
Lo sentiva respirare profondamente e in maniera strana, come se volesse dirle qualcosa. Dai capelli spostò la mano sulla schiena, accarezzandola con estrema dolcezza. Mugugnò  qualcosa di incomprensibile e smise improvvisamente, come se li fosse balenata in testa qualche idea geniale. Fece un sospiro.
“Kery, sai cos’è che mi da fastidio?” chiese con un tono incomprensibile, lei sussultò,  ma rimase in silenzio e lui continuò a parlare “Mi da fastidio il tuo essere restia all’affetto, il tuo fingere di essere forte, il tuo fingere di essere qualcuno che non sei, il tuo fare continuamente cazzate colossali, il tuo non renderti conto che ci sono persone che ci tengono fin troppo a te, il mio essere stupido, il mio essere coglione, la mia incapacità a farti evitare ciò che ti distrugge, ciò che ti illude, ciò che non ti rende felice. Mi da fastidio sentirmi inutile. Dopo tutti questi anni vedere di non contare nulla per una persona per la quale mi sarei anche fatto ammazzare se necessario...” il suo monologo l’aveva lasciato in sospeso, quasi a darle spazio per parlare, ma cosa poteva dire? Non sapeva precisamente dove volesse andare a parare, non voleva guardarlo negli occhi, avevo paura di voltarsi. Rimase un po’ a pensare e arrivò ad una conclusione che la terrorizzava. Il suo tempismo fu pessimo, non riuscì ad impedirgli di parlare “Io ho sempre avuto paura di perderti e, finche ho potuto, ti ho tenuta lontana da tale pericolo, ma la curiosità ti ha tirata via. Ma mi chiedo, quella tua stramaledetta curiosità non s’interessa di come può sentirsi una persona al tuo fianco? Karel... io, io volevo semplicemente dirti che non sopporto il fatto che tu indossi quell’anello, che tu sia fidanzata con uno solo per il sesso, io sono il tuo migliore amico, devo impedirti di commettere errori, sono più di un migliore amico, sono tuo fratello, mi preoccupo della mia sorellina che, anche crescendo, è sempre la mia piccola, sono più di un fratello, sono una persona che ha provato a respingere l’affetto, ma ha fallito”.
Una lacrima bastarda sfuggì al suo controllo e percorse la sua guancia: era tutto quello che voleva evitare, era fuggita da codarda, non pensando che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare tutto insieme.
Alzò leggermente la testa quanto bastava per incrociare il suo sguardo, troppo profondo, troppo deluso, troppo triste. “Davvero ti senti inutile?” chiese con voce bassa, ma conosceva già la risposta, fu invasa da flashback che la fecero render conto di come si era comportata negli ultimi anni. Avvertì un fastidio allo stomaco, chiuse gli occhi e sentì delle labbra calde posarsi sulla sua fronte, non oppose resistenza, non aveva né energia né volontà e si addormentò.

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Capitolo 6
*** Ciambelle, frittelle e sciroppo d'acero ***


Fui svegliata da un odore di ciambelline zuccherate, frittelle con sciroppo d’acero e succo di mela e fu uno dei risvegli migliori di tutta la mia vita. Mi alzai dal letto e come se fossi una sonnambula seguii la scia di buon odore per vedere da dove arrivasse –di certo starete pensando che sia scontato che venisse dalla cucina ma...- e finii col sbattere la faccia sulla porta a vetri che portava in giardino. Grugnii per il dolore al naso. Sbirciai dalla porta ma non vidi niente, così uscii in giardino e vi trovai un bel niente! Non c’era nessuno. Girai lentamente su me stessa annusando l’aria e quell’odore delizioso era fortissimo. Girai per il giardino cercando minuziosamente come un cane, poi mi arresi e mi accasciai a terra lamentandomi come una bambina capricciosa. Era un’ingiustizia. Mi avevano ingannata, chiunque fosse stato l’avrei maciullato vivo in un tritacarne.
Sentii un rumore provenire da dentro casa così fissai la porta a vetri, da dove uscì un ragazzo alto con un gilet col cappuccio, che si guardò intorno e dopo un suo cenno della testa uscì dalla porta anche Marco “L’hai vista?” chiese quest’ultimo e il ragazzo col cappuccio scosse la testa alzando le spalle “Brutta bastarda” continuò Marco, decisi di nascondermi, arretrai a gattoni, ma urtai il secchio pieno d’acqua che mi si rovesciò addosso e dovetti concentrare tutta la mia pazienza per non bestemmiare. Sentii i loro passi avvicinarsi. La cuccia del cane era di fianco a me. Mi fermai a pensare un attimo. Mi toccai la fronte, era bollente, avevo la febbre ed ecco il motivo per cui mi cercava Marco. Mi sedei con la schiena appoggiata alla cuccia del cane e chiusi gli occhi lasciandomi cullare dalla tiepida aria di primavera.
Ciambelle, frittelle, succo.
Di nuovo.
Aprii piano gli occhi e mi ritrovai nel mio letto. Ammetto che come sogno non aveva senso. “Buongiorno” disse Marco porgendomi il vassoio con la colazione ed è inutile dire quanto mi si illuminarono gli occhi per la gioia di vedere un tale paradiso “G-grazie” balbettai fissandolo, sentii un qualcosa allo stomaco, ero affamata di prima mattina (?), Marco mi fissò fin che non divorai l’ultima briciola e infine mi sorrise “brava la mia piccola” disse scompigliandomi i capelli, facendomi ringhiare e causandogli una forte risata. Rimasi a guardarlo perplessa e poi fu un lampo. I flashback.
Non ho mai sopportato i flashback.
“Cosa ti ricordi?” mi chiese capendo subito dal mio cambio d’umore a cosa stavo pensando, schiusi la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Fissai il vuoto. Sentivo di star ergendo un nuovo scudo “non ricordo” sussurrai. Mi sforzai ricordare, ma nulla. Il vuoto più totale. Qualcosa mi bloccava. C’era qualcosa che non volevo ricordare.
Il cellulare di Marco prese a squillare, lui lo uscì dalla tasca, guardò lo schermo, sbuffò e rispose “Si?” annuì, “umh, adesso avrei da fare..” guardò l’orologio “si...emh... aspè” allontanò il telefono, mi guardò e mi chiese se un suo amico poteva passare da lì “solo se è bono” annuii io sorridente, lui roteò gli occhi “ok, si... si esattamente, ok, a dopo...si basta che mi chiami, ok ok, ciao” concluse la chiamata con un enorme sbuffo, le mie labbra si aprirono in un enorme sorriso e lui mi guardò male “che c’è?” chiese acido io sorrisi ancora di più “chi è sto tipo?” E lui sbuffò di nuovo “ora che arriva lo vedi” disse freddo uscendo dalla stanza. Feci per scendere dal letto, ma Marco si affacciò dalla porta “NON osare” disse indicando il letto e io feci un versetto da bimba offesa incrociando le braccia al petto “è inutile, con me non attacca, lo sai” disse accennando un sorriso.
Andò via e sentii il suono attutito del suo cellulare ed approfittai della situazione per uscire a darmi una sistemata, odiavo rimanere in pigiama quando avevo ospiti.
Mi andai a chiudere in bagno cercando di non fare rumore, ma, con la fortuna che mi ritrovavo, la porta scricchiolò e io contenni mille bestemmie, mi sbrigai a chiudere a chiave giusto in tempo per sentire la voce di Marco che m’insultava in tutte le lingue esistenti e non, sorrisi soddisfatta e mi andai a fare la doccia.
Mi sentii subito meglio, uscii dalla doccia, mi infilai l’accappatoio e mi misi davanti allo specchio rimanendo delusa dall’immagine che rifletteva, andai alla porta e vi poggiai l’orecchio per sentire se Marco fosse nei paraggi, girai la chiave, aprii uno spiraglio, mi accertai che la via fosse libera e corsi verso la mia camera.
Mi tolsi lentamente l’accappatoio lasciandolo scivolare sulla mia pelle e sentii una strana sensazione, alquanto familiare, mi accarezzai le braccia e chiusi gli occhi. Mi vesti con le prime cose decenti trovate. Fissai la finestra e sollevai la testa cercando di arginare il fiume in piena dentro di me, il fiume che stava per straripare.
Sentii sbattere la porta d’ingresso, mi ricomposi passandomi una mano fra i capelli, ancora bagnati e mi diressi furtivamente al piano di sotto, fermandomi all’inizio della rampa di scale , avendo visto Marco che passava dal salotto ed andava in giardino seguito da qualcuno con indosso un cappuccio e mi venne subito da pensare –ma ha il cappuccio perché è talmente brutto che si vergogna a farsi vedere?- presa dalla curiosità avanzai a passo felpato verso la porta che portava in giardino e mi misi ad origliare. I due parlavano e ridevano ed era difficile sentire cosa si stessero dicendo “una bella gatta da pelare” disse Marco con un tono che mi fece presumere che stesse sorridendo e l’altro rispose qualcosa che non riuscii a sentire, mi sporsi a vedere il tizio ma mi ritrassi subito appena vidi Marco muoversi, così mi venne un’idea geniale e corsi rumorosamente in camera mia, mi stesi sul letto e aspettai cinque minuti, poi presi fiato e urlai il nome di Marco a squarciagola.
pov Marco
Dopo aver fatto accomodare il mio amico in giardino, iniziammo a conversare sul più e sul meno poi lui guardò in alto e indicò col mento la finestra di Kery “non sta un attimo ferma e non solo devo accudire lei, c’è anche sua madre, anche quella è una bella gatta da pelare” gli dissi non riuscendo a contenere un sorriso al pensiero di lei “inutile” disse poi lui schioccando la lingua e facendo un’espressione soddisfatta, si alzò dalla sedia e il suo sguardo mi disse ciò che voleva, lo fissai perplesso, sentimmo dei tonfi da dentro la casa e già sapevamo cosa fosse stato.
Rientrammo in casa, quando Kery urlò il mio nome e che potevo fare se non accorrere da lei? Lui mi seguì ma rimase fuori dalla stanza di Kery.
La fissai storcendo il naso al vedere il suo enorme sorriso sornione e mi sentii a disagio “ E’ fuori dalla stanza, vero?” sussurrò, io annuii “ma è brutto che si copre col capp...” sentii dei passi e dalla faccia di Kery capii che lui era sull’uscio della porta così mi voltai per osservare la scena, non si era tolto il cappuccio e gli si vedeva solo la parte inferiore del viso “disturbo?” chiese con quella sua voce dalla perfetta intonazione da maschio e notai un che Kery ebbe un fremito “n-no p-prego” balbettò imbarazzata –oh sta tornando ad avere un po’ di innocenza!- le labbra di lui si incurvarono in un lieve sorriso, uno di quelli che assume quando studia una persona “E’ strano rivederti, cioè come spiegare..” disse accarezzandosi il lieve pizzetto sul mento. Kery si voltò subito a guardarmi con mille punti interrogativi negli occhi e il panico s’impossessò di me.


Angolo Autrice:
Saaaalve.
Kery: brutta stronza ma mo che è sta novità? chi è sto tizio ah? CHI E'?
Marco: Kery calm..
Kery: CALMARMI? MA SE SONO CALMISSIMA!
insideJade: se questi non la smettono...
OKay ragazzi è inutile dire che Kery sta per scoprire qualcosa o meglio ricordare, perchè beh si ci sono degli avvenimenti particolari che la sua mente le impedisce di ricordare. Chi sarà mai questo giovanotto col cappuccio? boh! Lo vedrete nel prossimo capitolo!
E se pensate che io sia cattiva vi do' pienamente ragione... sto tenendo me stessa sulle spine e...AAAAAAAAAAAAAAAAA.

Ringrazio purple eyes(Mireadagliocchidicerbiatto) Marianna Tulli (laciabattona) che mi hanno fatto ritrovare la voglia di continuare quest'obrorio di storia!! Vi amo tanto tesoreh!

 

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Capitolo 7
*** Sweat Dream ***


“I die everytime I let my heart surrender.”
-Cynical
Kery pov
Guardai il tizio incappucciato e poi assumendo uno dei miei sguardi più confusi e pieni di domande, fissai Marco. Chi era quel tipo? Che significava la frase? Cosa sapeva Marco? Cosa mi stava nascondendo?
Marco deglutì rumorosamente e mi guardò senza alcuna espressione. Non mi piaceva quando faceva così.
Avevo la bocca aperta, gli occhi sbarrati e mille domande da urlare. Richiusi la bocca e spostai lo sguardo da Marco al tizio una quindicina di volte: nessuno dei due voleva parlare, così presi un profondo respiro e parlai per prima “Che significa?” chiesi con estrema calma, i due si guardarono con intesa, poi parlarono “Vi siete conosciuti da piccolissimi” disse Marco “e non ci vediamo dall’età di sette anni circa” proseguì il l’incappucciato. Li osservai. Del tizio non sapevo se fidarmi, così guardai Marco, riconobbi nei suoi occhi una scintilla, quella scintilla che aveva solo quando non riusciva a mentire.
Forse avevo costruito troppi castelli campati in aria. Sorrisi e Marco fece lo stesso, poi guardò il tizio, che si voltò verso di me, chinò leggermente la testa di lato e allungò il braccio verso di me “sono Denis, piacere di rivederti Karel e...” strofinò un pezzo di cappuccio “ Scusami se non lo tolgo” disse con un tono dispiaciuto(?). gli sorrisi un po’ a disagio per la situazione: ci conoscevamo, lui si ricordava di me, io non avevo la più pallida idea di chi fosse e per di più non vedere il suo viso non mi aiutava di certo.
“Beh che ne dici di prendere un po’ di dolciumi?” propose d’un tratto Denis, Marco si voltò di scatto a guardarlo, non riuscii a intravedere come l’avesse guardato –forse avevano pensato la stessa cosa- io annui felicissima “Ovvio” gracchiai “Okey” disse Marco “torniamo tra poco” concluse il Tizio. Mi guardarono un’ultima volta e poi uscirono dalla camera.
Mi stesi a pancia all’aria sul letto e fissai il soffitto. Sentii la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi: erano finalmente sola.
Fui immediatamente immersa dai pensieri. Dovevo ancora capire cosa cavolo mi era preso quel giorno. Dovevo ancora capire cosa non andasse. Mi sentii stupida ed impotente. Chiusi gli occhi e mi arresi al combattere la stanchezza.
Marco Pov
Denis le aveva allungato la mano, ma Kery non ci aveva fatto molto caso e dopo aver riassunto un’espressione non pensierosa gli sorrise. D’un tratto Denis ruppe il silenzio “Beh che ne dici di prendere un po’ di dolciumi?” propose facendomi girare di scatto verso di lui, guardandolo male, avevo già capito che voleva lui “Ovvio” sentii la voce entusiasta di Kery allora rivolsi un’ultima occhiata a Denis “Okey” dissi “torniamo tra poco” aggiunse Denis guardandola. le rivolsi un’ultima occhiata e uscii dalla casa con Denis.
“Allora?” interruppi il silenzio una volta lontani da casa di Kery, lui mi guardò e sospirò “ Mi sembra assurdo, io... non credo che sia una buona cosa.” Disse con un tono talmente basso che mi fece venire brividi “Ma prima o poi lo scoprirà” gli dissi guardando la strada. Lui strinse il volante e non rispose.
Arrivammo al negozio ‘Sweet dream’. Denis parcheggiò e insieme entrammo nel negozio e fu come ritornare bambini. Quel negozio non era cambiato di una virgola, era sempre ampio, pieno di oggetti coloratissimi e vorticosi, con quell’aura di paradiso, che ti fa perdere la cognizione del tempo. Girai su me stesso ammirando ogni cosa, camminai per tutto il negozio sentendomi felicissimo.
Osservai Denis che aveva uno sguardo assente, in cui si intravedeva una tremenda nostalgia, avrei voluto poterlo consolare, ma non riuscivo a consolare nemmeno me stesso. Guardai i vari scaffali, raggiunsi il mio amico e gli diedi una lieve gomitata e lui si risvegliò “Beh? Vuoi rimanere qui in eterno?” gli chiesi sorridendo, lui scosse la testa e insieme ci avviammo verso il nostro settore preferito.

 
-Quel posto che aveva reso la mia vita un paradiso, quel posto e quegli affetti che rendevano la vita un dolce sogno-
 
“Nonna, Nonna! Chi sono i due vagazzi nella foto? Guavda” disse una bambina indicando una foto appesa a pochi passi da noi, la madre della bambina osservò la foto e sorrise “Umh dovrebbero essere vecchi cliente della signora Middy” disse la signora guardandomi con la coda dell’occhio, poi si chinò ad accarezzare la testa della bambina, la bambina si scostò facendo una smorfia “E ..e la vagazza chi è? Nonna! Pevchè hanno fatto una foto alla vagazza che gia stava fotogvafando quei due? Guavda come i due vagazzi la guavdano, la guavdano come se stessevo guavdano la cavamella più gvande e deliziosa del mondo!” strillò confusa e la signora, sua nonna a quanto pare, si mise a ridere “La foto serve per convincere le persone che qui dentro i dolci sono fin troppo buoni!” spiegò sorridente alla bambina “Ora piccola prendi velocemente quel che vuoi che la mamma ci aspetta!” concluse prendendo per mano la bambina. La bambina prese solo una leccalecca a forma di nuvola e prima di uscire dal negozio la nonna ci guardò per qualche secondo accennando un sorriso. “Zia May” sussurrò Denis, mi voltai a guardarlo “C-come?” balbettai  e lui sorrise “Quella era zia May, il suo sorriso è impossibile da dimenticare” disse sereno “Zia May...zia May... Cavolo quanto tempo! Ma ...è già nonna!?” dissi sorpreso e Denis rise “L’ultima volta che la sentii era incinta di Margaret... e vedo che la figlia è peggio di lei” risi anch’io. Mi chiesi se abitasse ancora alla casa sul lago e fremetti dall’entusiasmo di andarla a trovare. Pensai a Kery e m’incupii. Sentii Denis spostarsi e poi trascinarmi fuori dal negozio.
“E’ strabiliante che le sue preferite siano rimaste sempre allo stesso posto...” parlò sorridente entrando in macchina –Preferite, stesso posto-. Il viso mi s’illuminò. Avevo avuto un’idea geniale e sorrisi a trentadue denti.

Denis  Pov
Il viso di Marco s’illuminò. Ripensai alle mie parole e capii subito qual’era la sua idea geniale. Accesi il motore della macchina ingranai la marcia e sfrecciammo verso casa di Marco. Una volta arrivati, parcheggiai e ci entrammo insieme in casa Polo.
L’ultimo periodo avevo visitato posti che non vedevo da anni e rivisto persone che mi erano mancate fin troppo. Elizabeth, madre di Marco ci accolse con uno dei suoi più dolci sorrisi, mi aveva già visto una settimana prima, ma mi abbracciò come se non mi vedesse da un’eternità, Marco le impose di non strozzarmi e lei brontolò di essere troppo felice di vedermi, facendomi sorridere. Una volta che Marco era riuscito a liberarmi dall’abbraccio della madre, ce ne andammo in camera sua.
Rovistammo nelle scatole dei ricordi e fu sorprendente tutto quello che trovammo. Ricordi fin troppo meravigliosi. Ricordi di un legame fortissimo, di morbidi sorrisi e dolciose risate. Marco telefonò al nipote della proprietaria di Sweat Dream e si accordarono per attuare il piano che, pareva tutt’altro che fattibile, ma non si sa mai, voi non avreste fatto di tutto per far ricordare alla persona a cui tenete tantissimo un periodo bellissimo passato assieme? L’osservai sorridere come un ebete e gli chiesi qual’era il piano, lui me lo spiegò nei minimi dettagli.
Prendemmo alcune scatole dei ricordi e le caricammo in macchina, salutammo Elizabeth e tornammo da Kery.
Arrivammo davanti casa di Karel e vidi Marco tastare il muro intorno al campanello, lo fissai perplesso, guardai per un po’ il cielo quando “Eccola!” esclamò lui con una chiave luccicante tra le dita. Per chi non l’avesse capito, quella chiava Marco l’ha estratta dal muro, solo lui sa come trovarla e come nasconderla. Entrammo in casa, io mi sedei sul divano invece Marco andò a portare i dolciumi a Kery.
Passarono dieci minuti circa quando sentii  un urlo “DOVE LE HAI TROVATE?”
Già quella ragazza impazzisce per cose strane... l’ho sempre detto io. Così com’è fatta lei sarebbe capace di ringraziare Marco in maniera particolare.
“STAI SCHERZANDO?”
Silenzio
“NOOO”
Silenzio
“CERTO CHE SI”
Tonfi per le scale e... Karel arrivò in salotto correndo e saltellando “Che aspetti tu? ANDIAMO!” strillò, io la guardai perplesso, poi arrivò anche Marco “Ma seriamente?” gli chiesi e lui scrollò le spalle.
Ritornammo da Sweat Dream. Dove vi trovammo Adrian, il nipote della proprietaria, che s’illuminò appena vide Karel e lei presa dall’entusiasmo gli andò a sbattere contro “ADRIAN? Tu qui?” chiese sorpresa, lui annuì sorridente “Beh ogni tanto è bello far visita alla nonna e ritornare un po’ bambini” Kery lo guardò stranita, poi guardò la proprietaria  “NNOOO” Si portò le mani sulle guance “LEI E’ LA SIGNORA MIDDY!” l’anziana signora la scrutò da capo a piedi “Sho benisshimo che shono Middy shiovanotta” poi si mise gli occhiali “Oh per l’amor del cielo! Karell Ashley Jashon! Shei davvero tuu?” Kery annuì insistentemente “Beh è una buona cosa che si ricordi almeno di questo posto” mi disse Marco mentre quelle due iniziavano a parlare così tanto quanto il tempo in cui non si erano viste, io sorrisi “dici che.. cioè pensi che si riconoscerà nelle foto?”balbettai e lui scrollò le spalle “ Può darsi di si come può darsi di no, sai quant’è instabile quella...” disse con una smorfia facendomi ridere, Adrian si avvicinò a noi due “Ma hanno parlato sempre così tanto?” chiese con gli occhi spalancati indicando con la testa le due donne, io e Marco ci guardammo e annuimmo sorridendo e lui ci guardò esterrefatto “Un uomo di città non può capire” gli dissi con sguardo di superiorità inglese e Adrian finse uno sguardo da cucciolo triste e scoppiammo tutti e tre a ridere, richiamando involontariamente l’attenzione delle donne “Che avete da ridere” chiese Karel raggiungendoci, Adrian mi afferrò le spalle “Il shiovanotto dice che sono solo un’inferiore uomo di città” disse ridacchiano, lei ci scrutò e inarcò un sopracciglio “Quindi ti piace stare di sopra... mpff tipico dei maschi” disse facendo intendere il senso della frase mettendosi a ridere e contagiandoci.
Parlammo a lungo. Poi Adrian portò Karel in disparte. Parlarono a lungo e quando ritornarono da noi a lei brillavano gli occhi, si avvicinò a Marco e gli sussurrò all’orecchio facendosi abbracciare. E finalmente il suo sogno di lavorare in quel negozio divenne realtà.
Angolino Autrice:
Lo so, lo so che mi volete morta... ma... non è ancora il momento! e so anche che non ci state capendo un c***o ma è essenziale procedere per piccoli passi. Forse avete untuito qualcosa riguardo all'identità di Denis..
Denis:...
Kery: AAAA ma come cazzo possono intuirlo brutta cretina? MANNAGGIADIQUELCA**********************************************
Jade: senti cosetta ti ho detto di abbassare la cresta!
Kery: aoo tu non sei nessuno per dire a me cosa dire o fare!
Jade: hai ragione sono seplicemente quella che TI FA ESISTERE !
Kery: *Urla e si dispera*
Denis: ...
...
Abbiate pazienza tessoreh che vi accontenterò presto!
sign.ra Meddy: Shenti schiovanotta perl'amordelcielo shpiega a queshti lettori chi shia Denish, non lashiarli shulle shpine!
Bimba: Ha vagione la signova, stai facendo soffvive quei pochissimi lettovi che leggono questa stovia a div poco assuvda...
Denis: ...
Kery: *continua ad urlare e disperarsi*
...IO SCAPPO BELLE
ringrazio Marianna Tulli per il suo "Lieve" spronamento a scrivere il nuovo capitolo.
Baci Jade

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Capitolo 8
*** 12. Ombre. ***



Karel s’alzò tutta pimpante e iniziò a saltellare per tutta la sua camera presa da una gioia effervescente. Si affacciò alla finestra e il suo sorriso si spense subito:pioveva. No, Karel non si sarebbe fatta rovinare quel giorno nemmeno da un uragano. Eppure dentro di se percepiva qualcosa che non andava, del resto era più che normale, tutte quelle novità arrivate in un colpo l’avevano parecchio smossa. Decise di ignorare quel fastidio viscerale e corse giù in cucina, dove trovò la madre che le preparava le frittelle canticchiando. Le si avvicinò sorridente e l’abbracciò da dietro “Piccola!Buongiorno!” esclamò la donna dai capelli lunghi e ramati “Buongiorno a te mamma! Ummmh frittelle” disse Karel fissando le frittelle con l’acquolina alla bocca facendo ridere la madre. Poco dopo arrivò anche il fratellino di Karel attirato dal profumino di una squisita colazione, si sedette a mangiare la colazione. In una situazione particolare i figli della signora Margaret avrebbero consumato il loro lauto pasto in maniera composta ed aristocratica. In una situazione particolare. Normalmente sembravano solo delle povere bestie che dopo non essersi nutrite per mesi, consumavano il cosiddetto “cibbo” in maniera rude e selvaggia senza fare complimenti e senza preoccuparsi di dover stare composti. Beh ovviamente la signora Margaret non rimaneva impassibile, ma oramai dopo anni di esperienze rinunciava ad ogni prova di convincimento e tutto quello che le rimaneva di fare, era consumare in tranquillità il suo pasto, sospirando di tanto in tanto per l’esasperazione.

Karel trangugiò le sue frittelle, pulendosi poi la bocca con il dorso della mano, sorrise soddisfatta, non sapendo, o semplicemente ignorando che quel fastidio viscerale la stava avvertendo di qualcosa che stava per accadere. Alzò gli occhi dal suo piatto e guardò la madre che le sorrise, quasi le parve di vedere qualcosa di strano nei suoi occhi, ma ignorò anche quello e ricambiò serena il sorriso “Mamma non è fantastico? Sweat Dream, ti rendi conto che lavorerò da Sweat Dream?!” strillò entusiasta. Il fratellino, fino a quel momento ignaro di quella novità, spalancò la bocca sorpreso, cercando di dire qualcosa di senso compito senza alcun risultato, Karel rise e annuì “Proprio così Dan, io lavorerò da Sweat Dream” disse con tono fiero e sul viso del suo fratellino s’illuminò un enorme sorriso “Sei orgoglioso di me?” disse facendo gli occhioni e sbattendo le ciglia con espressione angelica “Certo che sono orgoglioso! Da oggi sei la mia super sorellona!” esclamò il bambino rizzandosi sulla sedia, prese un coltello e lo sollevò in aria con espressione da aristocratico “Siamo oggi qui riuniti, per celebrare la beatificazione di una brutta e acida sorella in una Super Sorellona!” esclamò con il vocione, Karel chinò il capo e si fece “Beatificare” con il coltello come se fosse stata la spada di un re, i due poi sentirono l’ennesimo sbuffo della madre, si guardarono negli occhi e poi scoppiarono a ridere; e la loro madre seppur esausta per via di quei due mascalzoni non resistette ad aggiungersi alla gioiosa risata.

Karel corse a prepararsi cercando di sbrigarsi, ma quando si trattava di lei sbrigarsi era un’impresa quasi impossibile. Spalancò il suo armadio frugando alla ricerca di qualcosa diverso da quello che si metteva di solito. E stranamente lo trovò. Un solitario vestitino a scacchi nero e grigio se ne stava nell’angolino più nascosto dell’armadio, Karel l’afferrò, lo scrutò, non troppo a lungo e poi sorrise radiosa. Quel vestito era favoloso! Si chiese come mai non si ricordasse di averlo e scrollò le spalle. Si girò per posarlo sul letto quando un qualcosa cadde dal vestitino, si chinò ad afferrare quello che sembrava un foglietto tutto stropicciato. E avrebbe gettato quel foglietto se non si fosse accorta che c’era scritto qualcosa “Diens non dimentica Rakel” fissò il foglietto perplessa “Diens e Rakel? Cosa cavolo mi guardavo in tv da bambina? Oh santo cielo!” disse fra se e se esterrefatta e si ripromise di andare a cercare cosa fosse. Si andò a fare una doccia e poi si vestì velocemente, indossando infine le sue converse nere e portando con se il suo adorato zainetto nero col teschio. E il fastidio viscerale si placò senza che la povera ragazza se ne accorgesse. Ma si sa che c’è calma prima della tempesta.
Arrivò al negozio di dolciumi e vi si fermò un po’ fuori per prendere fiato e darsi una calmata, quel suo enorme sorriso avrebbe potuto spaventare i clienti! Poi una lampadina si accese nel suo cervello: doveva avvisare Luca della novità, come poteva essersi dimenticata del suo fidanzato? Quel povero ragazzo ignaro delle intenzioni di quella vipera della sua fidanzata. Prese il cellulare e digitò il numero del ragazzo brontolando ad ogni “tuut” di attesa “Pronto?” si sentì venire dal cellulare una voce assonnata “Hei Luca! Sono Karel! Oddio nonsaicheèsuccesso!” strillò la ragazza senza riuscire a contenersi “Non...ne ho la più pallida...idea” biascicò il ragazzo ancora troppo addormentato per far funzionare il cervello “DA OGGI LAVORERO’ DA SWEAT DREAM! TI RENDI CONTO?!” Se c’era qualcosa che il ragazzo sicuramente sapeva, era che la sua adorabile ragazza era incontenibile, ma sorrise “Wow Karel complimenti! Sono fiero di te!” farfugliò felicemente inducendo il sorriso di Karel allargarsi ancora di più, in modo sovraumano o semplicemente inquietante. Karel raccontò al ragazzo tutte le vicende strane che l’avevano condotta al suo sogno e Luca fu tremendamente felice per lei, perché cotto com’era, quand’era felice lei di conseguenza lo era anche lui.
Karel rimase un quarto d’ora buono a parlare a telefono, poi si ricordò che doveva lavorare, così si diede una sistemata e poi entrò nel negozio. Una luce morbidissima l’avvolse come una coperta di pail durante un freddo inverno, amava quella sensazione proprio come amava quel posto. Quel posto di cui avrebbe finalmente fatto parte.
“Salve signora Middy!” salutò garbatamente “Scusi per il ritardo, è che, cioè insomma, emh...” cercò di inventare qualche scusa ma l’anziana scosse il capo sorridente “Tranquilla pishina mia, è normale dato che queshto è il tuo primo shiorno!” Karel accennò un sorriso sereno, si strofinò le mani eccitata “Non vedo l’ora che arrivi gente!” disse girovagando per il negozio, guardando ogni cosa e muovendosi leggiadra come una ballerina fra i vari corridoi costeggiati da scaffali pieni di leccalecca, mashmallow, vermi gommosi, gelatine tutti gusti, confetti di ogni genere, caramelle dalle forme buffe, fontanelle e animali di cioccolato, caramelle gommose dalle forme ed i soggetti più strani e rivoltanti, ombrellini commestibili e di tutto e di più. Gli occhi le brillavano e un senso di estrema tranquillità le invase corpo e mente e continuò a vagare spensierata per il negozio, quando arrivò davanti alle sue caramelle preferite e lì le venne spontaneo spostare lo sguardo sulla parete, dove vi era qualcosa che la incuriosiva: una foto. La fissò a lungo prima di guardarla in senso vero a proprio. Il fastidio allo stomaco.
Nella foto vi erano tre bambini: due maschi e una femmina, i due fissavano lei che faceva una foto. Sorrise appena, quella foto le sembrò surreale. Era impossibile avere tanta spensieratezza pensò, però si avvicinò di più alla foto e notò che la bambina aveva un volto famigliare, rimase lì a fissarla. Una mano si posò sulla sua schiena facendola sobbalzare dallo spavento. Si voltò a guardare chi fosse e si trovò davanti una bambina dalla pelle molto chiara e i capelli ramati raccolti in una treccia russa che passava sulla testa a mo’ di coroncina. La bambina la scrutò “scusami potvesti aiutavmi a tvovave le cavamelle al vipieno all’avancia?” chiese aggrottando la fronte, Karel ci mise un po’ a riconnettere le sinapsi ma poi sorrise ed annuì “Certo piccola! Vieni.” Disse porgendole la mano e conducendola dove prima aveva visto le caramelle che desiderava la bambina. Una volta arrivate, il viso della bambina s’illuminò “gvaandiooso!” esclamò  sorpresa “Allova la signova Middy non schevzava, sono enovmi!” disse congiungendo le mani davanti al viso. Karel la osservò divertita, era piacevole vedere tanta gioia sul viso di una persona, nuovamente si perse fra i suoi pensieri.

“Hey, heiii vagazza! Vagazza! Tovna sul pianeta tevva!” la bambina le tirò la mano e Karel la fissò confusa “Emh si?” borbottò la bambina si mise una manina in faccia e ridacchiò “ti ho ciesto di aiutavmi a non esagevave con le cavamelle che devo pvendeve! Mi aiuti... vevo?” mugugnò con gli occhi dolci, conquistando subito l’anima di Karel che le sorrise calorosamente “Ma certo piccola, dimmi quali vuoi e io ne prendo la quantità giusta.” Disse prendendo una bustina per caramelle. La bambina le indicò le caramelle che voleva, facendola confondere per i repentini cambi di idea, ma alla fine la dose fu perfetta “Cavamelle giuste nella quantità giusta!” disse la bambina anticipando  le parole di Karel, si guardarono per un attimo in silenzio e poi scoppiarono a ridere. Karel chiese alla bambina se fosse sola, ma lei le disse che stava con la zia, così Karel le disse di andare alla cassa a pagare e la bambina annuì allegra “Gvazie” disse illuminandosi in un sorriso che Karel ricambiò volentieri “Di nulla piccolina” rispose scompigliandole i capelli “Ora va’ e non fare a spettare troppo tua zia” disse ridacchiando, la bambina annuì e corse via.
Karel rimase a fissare il punto dove prima stava la bambina sorridendo, felice di aver iniziato il primo giorno di lavoro al meglio.

Zia May vide arrivare la nipotina correndo “Candice, finalmente!” disse sorridente “Zia, zia, ho tvovato delle cavamelle enovmi!” disse aprendo le braccia a rafforzare le sue parole “Cioè, a dive il vevo mi ha aiutato una vagazza a tvovavle, è stata molto gentile!” diede le caramelle alla signora Middy che le pesò, zia May annuì alle parole della bambina e poi pagò.
Era ormai risaputo che la sua nipotina era una dolce tempesta che sconvolgeva chiunque la incontrasse, sorrise ricordandosi della bambina che un tempo le faceva sempre visita alla casa sul lago, erano ricordi nostalgici quelli, che le mettevano il cuore in subbuglio nonostante lei fosse la persona meno sentimentalista di quella città, conosciuta da tutti per la sua fermezza ed il suo massimo contegno, erano poche le cose che la toccavano e quei ricordi appartenevano a quelle poche cose.
Prese per mano la bambina, salutarono la signora Middy e se ne andarono alla casa sul lago.
Quella mattinata fu parecchio movimentata e Karel ebbe parecchio da fare, a quanto le disse la signora Middy, quel giorno le erano capitate le persone più strane e assurde e Karel rise spiegando che ormai si era abituata a trovarsi circondata da persone non tanto normali, facendo ridere l’anziana signora, che in un certo senso aveva sentito la mancanza di tutta quella frenesia “Shenti pishina è quashi ora di pransho, tu non avrai mica intenshione di tornare anche oshi pomerishio vero?” chiese la donna preoccupata, Karel fece una smorfia “E se fosse?” “E she fosshe shei proprio passha pishina mia” sorrise la donna contagiando la ragazza, che l’abbracciò affettuosamente. Il sonagli sulla porta suonarono ed entrò una persona alta, dai capelli scuri che formavano delle onde, dalle spalle larghe e con un viso dall’aspetto dolce. La signora e la ragazza si voltarono a guardarlo e sul viso di Karel si fece spazio la sorpresa e poi un timido sorriso “Luca?!” sul viso del ragazzo si aprì un enorme sorriso “Che io sappia sì, Luca è il mio nome” rise assieme a Karel, “Chi è queshto bel shiovanotto? Non me lo preshenti figliuola?” chiese d’un tratto la signora Middy facendo rider ancora di più la ragazza “Luca lei è la proprietaria del negozio, la signora Middy, Signora lui è Luca..” Luca prese la mano della signora fra le sue e la baciò lievemente “Piacere dolce signora.” Disse con uno strano sorriso che Karel non riuscì a decifrare “Oh ashidenti shiovanotto, mi fai arroshire!” esclamò portandosi al viso la mano libera, accarezzandosi la guancia rugosa Luca continuò a sorridere, mandando occhiatine a Karel, la quale si scostò il ciuffo dagli occhi, quel gesto illuminò il viso di Luca di una nuova luce “Oh” farfugliò, le due donne lo guardarono perplesse, lui si schiarì la voce e poi si avvicinò timidamente a Karel “Io, io non pensavo che... cioè insomma... ecco... cioè...” la ragazza lo guardò inarcando le sopracciglia e facendo lievi movimenti con la testa per indurlo a comporre una frase intera, e possibilmente di senso compiuto, ma lui scosse la testa e le sorrise “Niente, sei più bella ogni giorno che passa” disse quasi con un filo di voce mentre le sue guance si tingevano lievemente di rosso, ciò fece scoppiare Karel in una ridarella che pareva essere senza fine. La signora Middy la fissò sempre più sconcertata mentre Luca sprofondava sempre più nell’imbarazzo.
Quando finalmente la ridarella della ragazza parve placarsi nel negozio calò il silenzio assoluto, interrotto però dalla voce di Karel “Scusami, davvero, non volevo!” disse dispiaciuta, posando una mano sul braccio di Luca, che scosse lievemente la testa e le sorrise tranquillo “No davvero, è che... diciamo che sono abituata ad un altro tipo di...complimenti..” disse grattandosi una tempia quasi timidamente. Quasi. Eh sì quasi, quasi perché le ci volle un attimo per riprendersi “Sai no, i riferimenti molto espliciti a parti intriganti del mio corpo o a delle doti particolari come...” la faccia sempre più sconvolta di Luca le impedì di concludere la sua frase, così sorrise “Ahh, lascia stare.” Disse muovendo la mano come a cancellare quello che aveva detto.

La signora Middy era rimasta molto affascinata da quel ragazzo, e lo riempì di domande, ascoltando le sue risposte con grande interesse.
E sorprendentemente anche Karel si interessò al discorso (Dopo essersi fatta una marea di cazzi propri ovviamente), scoprendo cose che neanche aveva immaginato.
Nella sua mente avevano iniziato a frullare pensieri vari, scatenatisi dallo strano interesse che stava nascendo verso il ragazzo, interesse che andava al di là di quello sessuale. Ma Karel, di ciò, non se ne rese neanche conto.
Luca finì di parlare con la signora  Middy poi scomparve tra le caramelle. Karel fissava il vuoto sovrappensiero mente la signora prima citata sproloquiava sul ragazzo, senza accorgersi che Karel non la stava ascoltando “She fosshi più shiovane, cosha farei a quel shiovanotto!” Karel finalmente si riprese e la guardò scandalizzata “Signora!” disse imperiosa ma scoppiò inevitabilmente a ridere. Luca le raggiunse e porse una bustina celeste sul bancone dove vi stava la cassa “Beh belle signore? Chi di voi è l’addetta alla cassa?” chiese con sguardo eloquente e le due si guardarono un momento confuse poi tornarono a guardarlo, poi Karel si mosse e andò alla cassa “Dammi qua!” disse prendendo la bustina a pesandola, poi disse il prezzo al ragazzo e allungò la mano aspettando che il ragazzo le porgesse i soldi e quando li ricevette li mise con cura nella cassa “Grazie e arrivederci” disse con finta aria scocciata e Luca rise “Sembri proprio una di quelle diciottenni scazzate che si ritrovano a fare le commesse senza averlo voluto!” Karel rise con lui ed annuì “Evvai ci sono riuscita!” esclamò alzando un pugno all’aria vittoriosa e risero insieme.

Luca la guardò con una certa intensità e poi le sorrise “E’ ora che io vada, vuoi un passaggio a casa Ker?” chiese dolcemente, la ragazza ci pensò un po’ e poi annuì “Sì dai, altrimenti non mi sbrigo più” disse ridacchiando, si voltò verso la signora Middy e l’abbracciò forte dicendole che la chiamava per farle sapere se tornava nel pomeriggio, la signora annuì “Shi shi tranquilla, non shtancarti mi raccomando!” poi si voltò verso il ragazzo “E tu shiovanotto bada alla mia pishina!” disse austera facendo sorridere il ragazzo “Ma signora semmai dovrei badare io al mio ragazzo e non il contrario!” disse Karel scuotendo la testa con un lieve sorriso, ma la signora sbarrò gli occhi “Ashpetta, ashpetta, il Tuo Ragassho, ho capito bene?” aveva la faccia di una che aveva davanti a sé un alieno “Emh, oh già mi era sfuggito questo piccolo dettaglio” disse ridendo insieme a Luca contagiando l’anziana donna con la loro giovane e fresca risata.


Cosa può esserci di peggiore di alzarsi male una domenica mattina di settembre con il sole che scioglie qualsiasi cosa e una noia che prospetta di accompagnarti per tutta la giornata? Alzarsi una domenica mattina di settembre con il sole che scioglie qualsiasi cosa e una noia che prospetta di accompagnarti per tutta la giornata, ma soprattutto la consapevolezza di dover badar ad un fratellino rompipalle.
“Sei di nuovo nella mia camera senza aver avuto la mia autorizzazione ad entrare” sibilò Karel senza neanche aprire gli occhi, il fratellino rise diabolicamente e la ragazza si scrollò di dosso le coperte in un gesto brusco e repentino che fece sussultare il bambino, che si allontanò di due metri per precauzione “Dai sorellona, lo so benissimo che dici così solo per mascherare il tuo immenso affetto per me!” ghignò beffardo e la sorella sbuffò “Danny, in giorni come questi mi pongo domande esistenziali come” fece una pausa “strozzare il mio Adorato fratellino? O ignorare l’idiota bacato che mi ritrovo come fratello?” alzò le braccia al cielo e  le fece ricadere lungo i fianchi uscendo dalla sua camera seguita dal fratellino che rimase stranamente in silenzio. Karel arrivò in cucina, prese  il succo dal frigo ed una barretta di cereali ai frutti rossi, se ne andò in salotto e si buttò sul divano con aria afflitta, esausta ma soprattutto annoiata, prese il telecomando e accese la tv sul suo canale preferito. Mezz’ora dopo si accorse della presenza del fratellino sulla poltrona accanto al divano su cui era stesa scompostamente, non gli disse nulla, si limitò a lanciarli occhiate di cui questo non parve accorgersene. Se ne stava muto con lo sguardo perso nel vuoto. Strano. Troppo strano.
Karel si massaggiò il mento pensosa prima di decidersi a parlare “Che succede Danny?” chiese atona, il piccoletto ci impiegò un po’ a riprendersi dal suo stato di trance “Niente.” Mugugnò e la sorella lo guardò strano. Tra i due calò il silenzio smosso solo dalle voci della tv.
“Danny sei sicuro che non stia succedendo niente?” chiese Karel improvvisamente, il piccolo sussultò e la guardò a lungo negli occhi e scosse leggermente la testa “Si...” sospirò “No, ci sono delle cose strane che non capisco” disse infine storcendo la bocca, la sorella si mise a sedere incrociando le gambe “Cosa?” il fratellino giocherellò con le dite indeciso su cosa dire “In giro... si dicono cose... strane” farfugliò “Tipo?” chiese con un pizzico di impazienza nella voce “Dicono cose...non molto carine... sulla nostra famiglia...” disse flebilmente con la voce tremula, Karel fece segno al fratellino di sedersi accanto a lei, quello lo fece e rimasero per un minuto in silenzio “Danny... qualsiasi cosa dicano ignora!” disse stringendolo in un abbraccio “D-dicono che...che...” Karel lo strinse più forte “Daniel Jason ti ho detto che devi ignorare quello che senti! Certa gente sa essere davvero cattiva e campa di infelicità degli altri, quindi tu non t’importare di ciò che senti dire da quella gente, sono solo bugie per farti star male! Capito tesoro?” gli chiese scostandolo dal suo abbraccio, il piccolo annuì sorridente e Karel lo soffocò in un altro caloroso abbraccio.
Rimasero tutta la mattinata a guardare la tv, Karel fu pure molto clemente e fece guardare i cartoni animati al fratello, scoprendo che piacevano anche a lei, senza ovviamente dirlo al fratellino. E si rese conto di sentirsi felice della tregua che aveva stabilito col nemico.

“Mamma non viene per pranzo?” chiese Karel a Danny che scosse la testa assottigliando le labbra “No, ha detto che aveva molte cose da fare e che starà via fino a sera” disse sconsolato e Karel si fece pensierosa “Allora oggi ti sfamo a modo mio!” disse d’un tratto ghignando con uno strano luccichio negli occhi che spavento il fratellino che, però, preferì non proferir parola a riguardo.

“E’ pronto!” canticchiò la ragazza soddisfatta, Danny entrò cautamente in cucina, dopo esser stato a giocare ai videogames (per occupare la sua mente e non pensare a come sarebbe morto di lì a poco) e squadrò sia la sorella che la tavola apparecchiata ma soprattutto fece un’attenta analisi al cibo e storse la bocca “L’aspetto non è male, anzi pare buono ma..” Karel lo fulminò con lo sguardo “”Zitto e mangia!” sibilò sedendosi a tavola e rilassandosi con un sorriso, il fratellino la scrutò e dopo una lunga attesa finalmente si decise a mangiare. I suoi occhi s’illuminarono di pura gioia e sorpresa “Ma... ma...” Karel sorrise intenerita “E’ una ricetta di una nostra zia, ma non dire nulla a mamma, deve essere un nostro segreto!” disse sottovoce portandosi un dito alle labbra, il piccoletto annuì con vigore e determinazione “Se mi prometti di cucinarlo più spesso  io ti prometto di non farne parola con nessuno” sussurrò guardingo ricevendo un occhiolino complice e poi nell’aria riecheggiarono due risate divertite.

Finito di pranzare Karel aveva sparecchiato con l’aiuto del fratellino e dopo si era messa lavare i piatti con affianco Danny che li asciugava con un panno e li poggiava sulla scolatrice “Allora sorellona adorata, chi sarebbe il tizio che t’ha accompagnata a casa l’altro giorno?” chiese inarcando il sopracciglio, la ragazza sussultò sorpresa e si voltò a guardarlo perplessa “Come?” il piccoletto scosse la testa come rimprovero “Non fingere di non sapere, che con me, non attacca! Allora? Chi era?” chiese assottigliando gli occhi “Luca” disse semplicemente, con il solito tono che usava per chiudere un discorso e il piccoletto si zittì.
Finirono con le stoviglie e si asciugarono le mani “E’ il tuo ragazzo?” parlò spezzando il silenzio, Karel lo guardò esterrefatta poi fece una smorfia che indicava un misto fra si e no “Lo ami?” le chiese spiazzandola “Daniel, che domande sono queste?” “Ho, cioè vorrei capire un po’ di cose tipo che Marco è foll..” il cellulare di Karel prese a squillare e lei rispose subito intimorita da cosa avrebbe potuto sentire uscire dalla bocca della verità, che altro non era che il fratello minore di nome Daniel “Pronto Ker?” Karel riconobbe la voce e arrossì lievemente “L-Luca ciao!” disse sorridendo “Disturbo?” lei scosse la testa “No, no, qualcosa non va?” chiese preoccupata e sentì una lieve risata “No, anzi, sentirti migliora e rallegra qualsiasi cosa.” Disse pentendosi poi “Cioè emh, ti volevo chiedere se, oggi avessi impegni o potessi uscire con un misero ragazzo timido” Karel sorrise dolce “Umh, fammici pensare... umh” fece la voce da ragazza snob super impegnata “La mia agenda è piena, talmente piena che non esiste” disse ridendo “Oh beh allora ci vediamo stasera alle nove, ti passo a prendere di casa!” disse perentorio e la ragazza non ebbe il tempo di confermare che Luca si scusò che aveva fretta e doveva chiudere la chiamata e lei lo salutò con un flebile ciao, chiuse la chiamata e il suo sguardo si perse nel vuoto, ma nel momento in cui il fratellino fu sul procinto di riprendere la sua frase precedentemente non conclusa, corse come un fulmine in camera sua, chiuse la porta a chiave e si buttò sul letto e ripensò ai trascorsi dei giorni precedenti e sorrise ad un ricordo:
La bambina con la r moscia le corse incontro “Kev, Kev, ho scopevto che la zia ti conosce, dai vieni!” strillò tirandola per la mano e la ragazza la seguì. Quando arrivò davanti alla cassa s’immobilizzò, davanti a lei se ne stava ritta e compostissima una persona che non vedeva da troppo tempo, si portò le mani al viso sconvolta. La signora notò la loro presenza e si voltò verso le due ed ebbe quasi la stessa reazione della ragazza, se non più commossa “Oh santo cielo A-Ashley, s-sei davvero tu?” chiese flebilmente e la ragazza annuì. Quello che seguì fu un abbraccio infinitamente caloroso, a cui si aggiunse anche la bambina e un invito ufficiale alla casa al lazo della zia May, che non accettava rifiuti.
Ed andarono tutte e tre alla casa sul lago, che mise sia una grande ansia che una grande gioia a Karel.
Presero il the insieme e chiacchierarono di pettegolezzi, di accaduti in tutto il tempo in cui non si erano viste, sulle varie novità come il lavoro da sweat dream e correlati. Karel stette bene come non lo era stata per molto e fu felice di aver rincontrato la sua  adoratissima zia May e di aver conosciuto la figlia della cugina “Oh quindi Lydia è stata per molto in Francia” osservò sorpresa “E ha avuto in dono una stupenda angioletta!” disse pizzicando il naso a Candice che le sorrise arrossendo.
Rimasero a chiacchierare a lungo, ma poi Karel dovette scappare a casa per aiutare la madre con le faccende.
Con sulle labbra un dolce sorriso s’addormentò.


Il fratellino le aveva bussato alla porta della stanza, svegliandola lievemente, ma senza pensarci lei aprì la porta e lasciò che il fratellino stesse con lei. Così s’addormentarono assieme, abbracciati e sereni.
Karel si svegliò di soprassalto e guardò l’orario: 19:43. Tirò un sospiro di sollievo e poi si ricordò del fratellino, si girò a guardarlo e sorrise intenerita nel vederlo dormire abbracciato alla tigre di peluche. Scese cautamente dal letto, prese una piccola coperta e la posò sopra al bambino, che per fortuna non si svegliò e continuò a dormire beato. Andò a lavarsi e poi scese al piano di sotto ad aspettare la madre, che arrivò quindici minuti dopo “Karel!” le disse abbracciandola “Scusami per avertelo affidato per tu...” Karel la zittì bruscamente “Mamma, sono stata benissimo, non devi pensarci!” disse sorridendo rassicurante e il viso della madre, prima teso e preoccupato, si distese in un sorriso sollevato “Menomale” sospirò e Karel indicò il piano di sopra “Daniel dorme in camera mia e io stasera ho un impegno, scusa ma devo correre a prendere delle cose!” disse stampando un bacio sulla fronte della madre, controllando di avere il cellulare e uscendo di casa. Andò a casa della sua migliore amica per dei consigli, ritrovandosi a ricevere un regalo: un vestitino blu cielo che le calzava a pennello, così decise di rimanere vestita a quel modo e la sua amica la truccò, assicurandosi prima che quei preparativi fossero per Luca e non Marco. Il risultato fu un capolavoro, Karel era splendida. Il trucco era leggerissimo e velato e la semplicità del vestito evidenziava i tratti dolci del suo viso “Ora mi devi accompagnare con lo scooter, non faccio in tempo ad arrivare a casa in orario!” disse preoccupatissima guardando l’orologio e l’amica scosse la testa esasperata.
Il tempismo fu perfetto, nell’istante in cui Meg era scomparsa dalla via col suo scooter bianco era comparso dal lato opposto il range rover di Luca.
“Sei meravigliosa!” le disse timidamente mentre bevevano una cioccolata calda Karel non riuscì a non arrossire “S-sei gentile!” balbettò imbarazzata e un po’ confusa dal proprio comportamento, lo guardò negli occhi e se ne fregò di tutte le domande che si stavano formando nella sua mente e gli sorrise ricevendo un occhiolino. Passarono una tranquillissima serata, compiaciuti l’uno della piacevole compagnia dell’altra.
Luca la riaccompagnò a casa a ridosso della mezzanotte. Si guardarono fermi e indecisi, seduti su quei sedili di pelle troppo rigidi in confronto a loro che parevano potersi sciogliere da un momento all’altro “B-Bhe io...vado” si decise a parlare lei per prima, lui la guardo intensamente “Gia, purtroppo... beh... emh...buonanotte” disse timido “Hai notato che sembro un bambino ultimamente?” osservò ridendo e Karel annuì lievemente “Non sei l’unico ad essere un po’ cambiato...” disse fissando un punto nel vuoto “Vabeh buonanotte anche a te” disse sorridente, aprì lo sportello, ma non appena mise un piede fiori dall’auto Luca la tirò lievemente per un polso e le posò un lieve bacio sulle labbra, gesto che imbarazzò entrambi, ma li fece anche sorridere felici.
Questa scena però non passò inosservata, anzi.
All’insaputa della ragazza, in casa sua dietro la finestra albergavano due ospiti particolari, che, dopo aver osservato la scena infervorati, erano pronti a fare un bel “discorsetto” alla povera Karel che non poteva neanche minimamente sospettare cosa sarebbe accaduto appena avrebbe messo piede in casa.
Lei rimase davanti alla porta di casa a fissare un punto indistinto su essa, rimuginando su quanto detto nell’auto di Luca.

Qualcosa era cambiato, stava ancora con Luca nonostante avesse sforato la scadenza prefissata e in più la cosa assurda era che lei, Karel Ashley Jason s’imbarazzava e arrossiva. Rimase non poco scandalizzata dalle sue ‘scoperte’ tanto scandalizzata che decise che avrebbe subito chiamato Marco per chiedere il suo parere, non sapendo che con quel gesto sarebbero cambiate anche altre cose, ma non subito.

Dentro casa si respirava un’aria pesante e l’attesa era come quella per il fattorino della pizza sempre in ritardo, davvero una brutta roba.

Si riscosse da quella specie di stato di trance, prese le chiavi, le infilò nella toppa e le aprì con estrema lentezza. Notò una figura davanti a se e pensò che fosse suo fratello, così alzò lo sguardo per intimargli di non fare rumore, ma rimase spiazzata “M-M-Marco che c-ci fai qui?” balbettò sottovoce ma lui non le rispose, si limitò a starsene bellamente poggiato al muro con le braccia incrociate al petto e una strana espressione in viso che la ragazza non riuscì a decifrare, strizzò più volte gli occhi pensando di avere le allucinazioni, ma il ragazzo restava fermo lì, quasi in attesa di qualcosa, qualcosa di imponente e autoritario “Ley!” esclamò una voce dal salone e Karel sussultò spalancando gli occhi, guardò interrogativa il suo migliore amico, ma negli occhi di questo vide solo ovvietà, scosse la testa “...Non.. può essere l-lui...?” disse in un sussurro impercettibile, si girò con estenuante lentezza verso il salone e cercò di focalizzare una qualche figura nel buio, figura che non tardò ad uscire dall’ombra facendo saltare in gola il piccolo cuore della ragazza che spalancò la bocca mentre le lacrime cercavano una via libera per uscire. Alexandr non resistette alla tentazione di abbracciare la sua piccolina dopo tutto quel tempo in cui erano stati lontani “Mi sei mancato” soffiò la ragazza sul petto dell’imponente uomo che sorrise quasi commosso “Tu mi sei mancata da morire,tu la mamma e Dan, mi siete mancati troppo!” disse con la voce incrinata e Karel sollevò la testa dal suo petto per guardarlo negli occhi, quegli occhi che la comprendevano a fondo, quegli occhi uguali ai suoi che le trasmettevano affetto e sicurezza. Ma furono però anche quegli occhi a farle tornare il fastidio allo stomaco, preferì però ignorarlo e concentrarsi sull’uomo più importante della sua vita che è stato lontano da lei per troppo tempo “Rimani fino a gennaio vero?” chiese lei con voce tremula, l’uomo la scrutò e poi annuì un po’ incerto “Credo di sì piccolina mia” lei annuì e si riaccoccolò al petto del suo uomo, stretta da quelle potenti braccia che l’avevano sempre protetta “Resta papà, perfavore” sussurrò un secondo prima di crollare addormentata.


Alexandr si strofinò le guance con le sue grandi mani, i segni della stanchezza che gli solcavano il viso, ma che non lo invecchiavano, ma lo rendevano più giovane e bello da mozzare il fiato.
Alexandr era un uomo alto due metri, con spalle larghe, capelli lunghi e ricci, occhi del verde più intenso e del grigio più nebbioso, braccia forti, mani grandi e sorriso dannatamente meraviglioso, a cui nessuno rimaneva indifferente. Era un uomo molto sicuro di sé esteriormente, ma interiormente una persona afflitta da ogni tipo di dubbi e indecisioni. L’esatto contrario di sua moglie Margaret. Loro erano un vivo esempio de: gli opposti si attraggono. Insieme formavano una coppia meravigliosa capace di conquistare il mondo.

“Proprio zero progressi?” chiese l’uomo quasi esasperato e la donna scosse la testa “Nulla di nulla tesoro” rispose Margaret sconsolata, poi lo sguardo dell’uomo si posò sul ragazzo che considerava quasi come un figlio, lo scrutò a lungo, notando un certo disagio aleggiargli intorno “Marco, tu non hai novità?” chiese con un accenno di speranza nella voce, ma il ragazzo storse le labbra “Non mi pare che sia cambiato qualcosa, il nome Denis non le dice proprio niente, non so davvero che fare” disse guardando mortificato l’uomo, che abbassò lo sguardo fissando un punto indistinto sul pavimento, la moglie gli si avvicinò accarezzandogli affettuosamente una spalla “Dai tesoro, vai a dormire, riaffronteremo il discorso domani, ora hai solo bisogno di riposo!” disse premurosa contenendo l’ondata di intense emozioni che respinse immediatamente. Marco lì guardò e fu invidioso del loro amore. La donna d’un tratto si voltò verso il ragazzo “Stanotte dormi qui, t’ho già sistemato il letto di sopra, veglia su Karel. Buonanotte” disse scomparendo col marito sopra la rampa di scale.
Marco ripensò alla scena a cui aveva assistito dalla finestra e si sentì accendere di rabbia, ma si controllò e decise di andare a dormire per evitare di starsene a rimuginare su cose inutili o quasi.


“Diens, sei sicuro che non ci dicano niente?” chiese la bambina stranita e il bambino annuì determinato “Io comunque... Diens io ho paura!” esclamò con gli occhi lucidi e il bambino l’abbracciò forte “Rakel, i nostri superpoteri ci aiuteranno! Non devi avere paura!”


Karel spalancò gli occhi. E si ricordò di quel cartone animato che vedeva da piccola, il suo sogno era qualche episodio che le era rimasto impresso nella memoria per qualche strano motivo di cui Karel non s’interessò.
Rimase stesa sul letto a fissare il soffitto della sua stanza, consapevole della presenza di Marco in camera sua. Si mosse di lato per osservarlo, dormiva ancora, con i ricci in totale disordine che gli coprivano il viso, contrito in una strana smorfia, forse stava sognando qualcosa di non molto piacevole. Scostò le coperte, scese dal suo letto e si avvicinò al divano letto su cui stava il suo migliore amico, si sedette con delicatezza su un bordo e prese ad osservare Marco con intensità, pensierosa. Mentre dormiva appariva totalmente diverso dal solito, non aveva più quell’aria da donnaiolo strafottente, ma un’espressione dolce da ragazzo affettuoso e molto delicato. Sorrise lievemente, rasserenata. Conosceva quel ragazzo sin da quando aveva quattro anni e non l’aveva mai visto sotto quella luce. Si alzò dal letto e andò in bagno a rinfrescarsi e a lavare via quel senso di colpa che le stava stritolando le viscere.

Uscita dal bagno, tornò in camera e vi trovo un Marco affannato e con una espressione sconvolta in volto, che la fece preoccupare, si sedette accanto al ragazzo e gli mise una mano sulla spalla “Hey, tutto bene?” il ragazzo scosse impercettibilmente la testa “Ho ...fatto un sogno, un incubo.” Disse assente e Karel lo guardò scettica “Tu che fai incubi... umh decisamente preoccupante” esclamò fingendosi sconvolta, facendo voltare il ragazzo a guardarla male, Karel gli sorrise e dopo essersi beccata una gomitata sul braccio si aggiunse alla risata del ragazzo.

Una volta smesso di ridere il volto della ragazza si fece serio e un’ombra le attraversò lo sguardo, Marco che la scrutava presunse che qualcosa non andava in lei, non parlò ed attese in silenzio che parlasse la ragazza. E lei lo fece, rimuginando prima su cosa dire “Marco, secondo te” fece una pausa, dubbiosa “ultimamente” fece un’altra pausa dove sospirò “Sono, come dire, cambiata? Di mentalità dico.” Il ragazzo la scrutò intensamente e si inumidì le labbra prima di parlare “Kery cosa è successo?” chiese,come suo solito, evitando giri di parole, lasciando di sasso la sua amica “Io... cioè...” balbettò cercando di unire le parole in modo da formare una frase sensata, senza però riuscirci “Kery, mi stai preoccupando.” Disse per incoraggiarla a parlare, lei annuì con una smorfia “provo, cioè credo di provare qualcosa di diverso dal solito, cioè diverso dalla banale attrazione sessuale” disse fissando il vuoto “sarà il ciclo in arrivo..” si fece pensierosa e inevitabilmente il ragazzo scoppiò a ridere, lei, spaesata, si girò a guardarlo, come si guarda un morto che resuscita, e chinò di un po’ la testa di lato “Non cambierai mai” disse continuando a ridere, lei lo guardò confusa, poi ripensò a quanto detto prima e scoppiò a ridere anche lei. Lasciarono cadere il discorso, troppo distratti a divertirsi ed essere spensierati.


Era passato un mese.

Un mese in cui il rapporto tra Karel e Luca si era intensificato imprevedibilmente, facendole scoprire che non tutti i pregiudizi, che l’aiutavano ad andare avanti, erano veri. Scoprì che gli scudi di ironia e diffidenza che si era creata facevano rimaner male persone che ci tenevano a lei e si chiedevano da cosa era data tutta quella diffidenza nei confronti del mondo, persone come amici che conosceva da anni, nuove conoscenze, parenti e gente molto legata a lei. In quel mese aveva iniziato ad imparare ad essere più solare e spontanea. Aveva iniziato a comprendere che l’attrazione sessuale non era poi così utile, non aiutava a colmare quei vuoti che ogni giorno si ampliavano sempre più. Iniziò a uscire con gli amici , scoprendo con chi c’era una vera amicizia, rimase un po’ delusa dalle false amicizie che l’avevano illusa, ma fu felice che quelle menzogne siano uscite a galla e fu ancora più felice nell’umiliarle. Accadde di tutto in quel mese e Karel ripensò al suo periodo particolare trovando in quell’isolamento sia lati positivi come smascherare le persone false, che negativi come non essersi subito accorta di quanto quell’isolamento la portasse alla deriva allontanandola dalla vera felicità, inglobandola in una bolla di pensieri negativi.

Un mese pieno di innovazioni e sconvolgimenti. Marco aveva ospitato Denis a casa sua o per meglio dire l’aveva costretto a restare. Anche lui aveva ritrovato la felicità, aveva conosciuto persone nuove e, dopo aver fortemente insistito, era riuscito a far uscire di casa il suo amico, scoprendo quanto fosse timido e tendente all’essere astemio. Si fece raccontare le varie peripezie passate da Denis e si chiese come facesse ad apparire così impassibile dopo tutto quello che aveva passato e stava passando. Dopo un po’ di diffidenza iniziale iniziò a parlargli di tutti i suoi dubbi o quasi. Tralasciò i sentimenti per Karel. Ogni volta che arrivavano a parlare di lei sviava su altri argomenti con agilità e con talmente tanta scorrevolezza da non far dubitare di nulla.

Un mese pieno di dubbi, confusioni e segreti. Karel notava che i genitori si comportavano in maniera strana, cercò di indagare, ma questi erano troppo abili a mascherare verità nascoste, tanto che Karel dopo averle provate tutte, si arrese e cercò di ignorare tutti quei dubbi che si formavano facendola sentire uno schifo di figlia che non si fidava dei genitori. E a quel disagio si aggiunse il senso di vuoto che aveva lasciato Marco, il suo migliore amico scomparso dalla circolazione o almeno scomparso dal raggio di territorio che includeva Karel, perché non riusciva ad ignorare il suo egoismo, egoismo che si alimentava dalla gelosia che risaliva le viscere nel vedere la ragazza, quella che considerava sua, con un tipo che non era lui. E il pensiero che Marco fosse geloso non sfiorò minimamente i pensieri di Karel, che era troppo concentrata a capire quei nuovi sentimenti nuovi che provava verso Luca. E dopo un mese di riflessione e continui cambi di idee si decise di voler intraprendere qualcosa di serio con quel ragazzo che era capace di farla sorridere in ogni momento e arrossire con complimenti spontanei dettati dal cuore.


La Vigilia e il Natale lo passarono in famiglia. Tutti contenti di essere di nuovo una famiglia completa. Alexandr raccontò aneddoti sui suoi viaggi con tale maestria da far rimanere affascinata persino la moglie. La fiamma tra quei due ardeva ancora nonostante gli anni passati l’uno lontano dall’atra, nonostante le varie controversie. Il loro legame era forte e vivido.

La mattina di Natale, Luca era passato da casa Jason portando con sé doni e i genitori, che erano stati calorosamente invitati da un’entusiasta Margaret e da un contenuto Alexandr, che con le solite manie possessive da padre possessivo e gelosissimo di sua figlia. Stranamente evitò di fare il terzo grado al ragazzo, non risparmiandoli però occhiatacce e frasi allusive, che intimorirono e non poco il povero Luca, consolato però con un bacio approfondito la notte di capodanno.


Il capodanno Karel lo passò principalmente con il suo ragazzo Luca e con la sua migliore amica, Meg, scoprendo che si frequentava con Adrian, che passò quel capodanno con loro. Però il cenone l’avevano fatto a casa di Marco, dove c’era la gente più disparata. Denis però rimase in camera, col cappuccio tirato sulla testa a fissare la finestra e i fiocchi di neve che cadevano delicati dalle nuvole grigie, preoccupato di poter apparire maleducato alle persone che l’avevano accolto in quella casa. Avrete dedotto che Karel non ne sapeva niente del soggiorno di Denis a casa di Marco. La ragazza però non riuscì a tenersi dentro tutti quei dubbi e fece segno a Marco che aveva bisogno di parlare. Lui la scrutò indeciso, ma poi si alzò da tavola con lei e se ne andarono al piano di sopra, nella camera da letto dei genitori di Marco. Karel si sedette sul letto e si guardò intorno guardinga, ma rimase in silenzio, un silenzio che pareva non finire più. Marco se ne stava in piedi, poggiato di schiena all’enorme armadio avano, a fissare la ragazza con celato risentimento. Lei si morse il labbro e poi si decise a parlare “Allora, non te lo chiedo nemmeno perché sei scomparso, perché anch’io ho fatto la mia parte, ma voglio sapere che ti prende, cioè insomma mi fissi con insistenza e m’inquieti non poco” disse dandogli una rapida occhiata, evitando di guardarlo negli occhi, lui inarcò un sopracciglio quasi seccato “Non mi prende proprio niente e non”iniziò a trovare giustificazioni “Marco seriamente hai il coraggio di sparare balle a me? Che ti conosco da una vita e so capire ogni tua emozione guardandoti negli occhi.” Disse ravvicinando le sopracciglia in un’espressione di puro scetticismo  poi senza vederlo lo sentì sedersi dietro di lei con un sonoro sbuffo “Non tutte le emozioni o forse fai finta di non capire...” la sua voce era bassa e quasi gutturale, lei si fece pensierosa e  non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia “Di che stai parlando?” chiese deglutendo e sentendo lo sguardo di Marco marcare la sua schiena “Secondo te, cosa può spingermi a guardarti in quella maniera? Karel, seriamente hai intenzione di affrontare questo discorso, stasera, l’ultimo dell’anno?” derisione nella voce “Io... okey lasciamo perdere. E.. vabeh niente, io...torno giu.” Disse alzandosi di scatto dal letto, ma il suo migliore amico la trattenne per il polso costringendola a fermarsi, senza però voltarsi “Che vuoi dirmi?” chiese con tono più calmo “Ho detto niente. Ora lasciami andare, che Luca si preoccupa, è geloso marcio di te..” lui la fissò scettica “Geloso di me? Perché mai?” chiese curioso, Karel scosse la testa cercando di sottrarsi alla stretta di Marco che però si fece più salda “Perché sai com’è sono la sua ragazza ed è geloso di tutti i ragazzi che mi circondano..” lui scosse la testa “Non mentire Karel” sussurrò  e lei finalmente si voltò a guardarlo “Io non sto mentendo” disse in tono sicuro, ma dentro di lei sentiva riaprirsi una voragine di cui si era dimenticata. Stare con Luca le aveva fatto dimenticare molte cose. Marco la scrutò con intensità, apparentemente Karel pareva ferma, fredda, sicura di quello che aveva detto, ma lui non ci credeva minimamente,  lei mentiva, c’avrebbe messo la mano sul fuoco. Restarono in un pungente silenzio. Non si accorsero di come il tempo passava. Rimanevano lì fermi, a fissarsi. Una luce brillò negli occhi di entrambi e quello che successe fu inaspettato per entrambi. Marco la tirò per il polso e lei non oppose resistenza, si lasciò andare sul corpo di lui, seduta a cavalcioni sulle sue gambe. E successe quello che dovettero tener nascosto a sé stessi, quello che avrebbero dovuto dimenticare all’istante. Karel parve riuscirci.

Ritornarono al piano di sotto quando i fuochi già scoppiavano rumorosi, rimbombavano rumorosi in ogni stanza. Luca aveva atteso la sua ragazza. In viso un’espressione triste che però alla vista della ragazza tramutò in un enorme e allegro sorriso, le si avvicinò e le cinse la vita delicatamente lasciandolo un tenero bacio sulla guancia, che la fece arrossire.

Conclusa la cena i due innamorati raggiunsero Meg e il suo misterioso accompagnatore, Adrian, che pareva totalmente ammaliato dalla ragazza, il suo viso era la Gioia vera e propria, e Meg sorrideva timidamente accoccolata nel suo morbido cappotto e nel calore che sentiva per via del braccio di Adrian che le cingeva protettivo la schiena. Karel li guardò con eloquenza e per la curiosità se ne fregò altamente di quanto fossero romantici e trascinò via l’amica per avere spiegazioni e chiarimenti. E il resto della serata lo passarono così, chiacchierando spensierate e pazze di gioia, gioia accentuata da qualche alcolico bevuto in giro.
Luca e Adrian si fecero compagnia a vicenda commentando con aria da sconsolati la situazione in cui li avevano abbandonati le loro ragazze. Rimasero in giro fino alle cinque incontrando tantissima gente che conoscevano , girando per locali e facendo gli stupidi per la strada.


Luca riaccompagnò Karel a casa “Beh ti sei divertita?” le chiese sorridente e lei annuì energicamente “Tantissimo, è stato un capodanno meraviglioso!” esclamò raggiante, poi guardò Luca e arrossì e lui la scrutò infine le sorrise “Beh amore, dai vai a casa che è tardissimo!! Buona notte! Disse dandole un  tenero bacio sulla fronte che fece sorridere entrambi, ma poi Luca si morse il labbro e la baciò d’impeto. Ed entrambi si sentirono felici, riempiti l’uno dell’altra e scaldati dal calore di un bacio timido ma appassionato.
Si staccarono a fatica e Karel puntò il suo sguardo in quello di Luca continuando a sorridere e sentendo le guance andare a fuoco. “Sai non ci credo nelle cazzate ma non si sa mai, chi si bacia il primo dell’anno si bacia tutto l’anno, magari così abbiamo aumentato le probabilità” disse lui in tono dolce e lei continuò a sorridere, gli lasciò un lieve bacio a fior di labbra e corse verso casa, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Un sorriso ignaro di cosa la stava attendendo.


 Karel dopo aver passato una notte intera senza dormire, s’alzò dal letto e scese in salotto a guardare la tv. Si stava annoiando, con c’era nulla che la interessasse , così poggiò la testa sul bracciolo del divano e si mise a fissare il soffitto. Ma qualcosa richiamò la sua attenzione. In tv stavano trasmettendo un programma sulla grammatica, e su varie parole più comuni e utili. Quel giorno il presentatore, sorridente, parlava di anagrammi. Quella parola non era nuova alle orecchie di Karel. Il presentatore diceva che gli anagrammi erano quelle parole che avevano le stesse lettere ma un significato diverso, oppure le stesse lettere in un ordine diverso.
Anagramma.
Diens e Rakel.
Karel voltò la testa di scatto e nel suo sguardo saettò un'ombra di puro terrore.
 
 
Angolino angusto dell’autrice pazzoide:
Perdonate l’attesa ma rieccomi.
Scusate ma non posso trattenermi ho fretta.
Mi scuso per eventuali errori o discordanze e spero il capitolo vi sia piaciuto.
Bacioni dalla vostra Jade

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Capitolo 9
*** Anagramma ***


Sssalveh bellezze. Non potete sapere che crisi isterica sto per avere! Tra lo studio e la progettazione mentale delle storie, i vari libri che sto leggendo e lo stress di ogni giorno c’è da diventar matti. Ma, come da accordo (fatto con me stessa) devo riuscire a pubblicare il nuovo capitolo entro Natale. E ci sarà anche una sorpresina per voi! Hehehe. Ou bando alle ciance. Pensiamo alle cose serie. Buona lettura!
 
Se vi fosse stato un momento adatto in cui decidersi a chiedere spiegazioni, per Karel, sarebbe dovuto essere in quei giorni di febbraio, in cui persino il fratellino di Karel era certo che i genitori nascondessero qualcosa. Ma Karel, da stupida e ferma egoista che era, preferì non pensarci. E a dir il vero, stava tenendo le distanze oltre che dall’argomento, anche dai genitori. Non solo per l’egoismo.
Prese il cappotto nero dall’attaccapanni, se l’infilò alla svelta e s’affrettò ad andare da Sweat Dreams, quel giorno però era il suo giorno libero. Arrivata quasi davanti al negozio si ricordò che aveva la mattinata libera e, andare da Swat Dreams, l’avrebbe soltanto confusa maggiormente, così decise di andare a fare spese: aveva un estremo bisogno di cucinare dolci.
“Den..” sussurrò Marco pensieroso fissando l’amico che, alzò la testa dal libro che stava leggendo e lo guardò interrogativo, Marco si morse il labbro inferiore “Domani è il tuo...” “Ventisettesimo?” chiese Denis e Marcò annuì “Già, il tempo è tiranno, mi sento uno schifo” disse Denis fievolmente, ritornando a leggere il libro: chiaro segno che il discorso si chiudeva lì. Ma nella sua testa il discorso era tutt’altro che chiuso. Tutti i ricordi di quel giorno, il peggiore che lui abbia mai vissuto, riaffioravano in continuazione, giorno e notte. Pensò ai genitori e gi si strinse lo stomaco, il cuore. Era stato il gesto più egoista che avesse mai potuto fare, aveva lasciato tutte le responsabilità nelle loro mani e si sentiva un verme. Guardò la finestra: le nuvole bianche presagivano qualcosa di grandioso e , fissando quel biancore luminoso, comodo sulla poltrona davanti al caminetto che scoppiettava e brillava di rosso e oro, s’addormentò con un’espressione stanca in viso.
Marco l’osservò, comprendendo ogni cosa, si alzo, afferrò la coperta di pail blu elettrico, coprì il suo amico, andò a prepararsi e poi uscì a fare la spesa per il compleanno di Denis, sapendo bene come sarebbe andata, ma non gliene importò. E, se c’era un posto dove avrebbe trovato tutto il giusto necessario, quello, era Wonderland:sempre festa all’altro mondo.
Oh quanto era amato quel luogo quando c’era da comprare ogni cosa necessaria per la felicità.
Karel entrò dalla porta scorrevole trattenendo il fiato: si preparava a immergersi nello splendore irresistibile che c’era nel negozio, un negozio grande, grande quanto un ipermercato. Svuotò l’aria dalle guance e si guardò intorno indecisa su dove andare, su cosa comprare. Rimase ferma davanti alla porta facendo la conta per scegliere da che settore iniziare, quando una voce dolce e calda pronunciò il suo nome e due braccia protettive la strinsero da dietro in un abbraccio, spiazzandola.
“Splendore, il destino ci vuole assieme eh?” le sussurrò timidamente Luca sulla guancia e lei sorrise “Hei, che bella sorpresa!” disse voltandosi e lasciandoli un lieve e caldo bacio sulle labbra e facendolo sorridere “Che hai comprato?” chiese poi curiosa guardando le buste, Luca le sollevò all’altezza del mento “Roba per quelle pesti dei miei cuginetti, hai presente quelli, venuti da Londra, di cui ti ho parlato?” Karel portò un dito alle labbra pensierosa e poi sorrise annuendo “Povero il mio amore, che deve badare a quei piccoli assatanati, vieni qui che ti do’ un super-bacino” disse ridente avvicinandosi al petto di Luca che, cingendole la vita con un braccio, fece aderire i loro corpi, permettendo la buona riuscita di un bel bacio rinvigorente, tanto caldo da far rinvigorire entrambi. Quando le loro labbra s’allontanarono s’incurvarono in un sorriso felice (Scena disgustosamente smielata, non credete?), Luca le prese le mani e intrecciò le dita di lei con le sue, dandole un veloce bacio sulla fronte “E’ così bello saperti mia” le disse all’orecchio, ricevendo un abbraccio impetuoso e, alquanto strano, trattandosi di Karel.
Una volta finito il momento romantico, Luca se ne andò, salutandola con un bacio a stampo troppo intenso e Karel, quasi avvilita, decisi di andare nel reparto delle feste di compleanno, dove avrebbe trovato quello di cui, in quel momento, aveva voglia o semplicemente di cui aveva estremamente bisogno.
Marco spinse lievemente il carrello, si mise a cercare il preparato per torte facendo scorrere il dito sui vari scaffali poi, avendo trovato una confezione, il suo viso s’illuminò. Si mosse veloce in avanti, non accorgendosi di aver urtato il carrello che, sempre senza che lui se ne fosse accorto, andò addosso ad una persona in fondo alla corsia. Quella persona ci impiegò un po’ a comprendere cosa fosse successo, ma non impiegò niente a fare la ramanzina “Brutto MALEDUCATO!” strillò la signora avvicinandosi a Marco e agitandogli il dito davanti agli occhi “oh, oh, si calmi!” disse lui mettendosi le mani davanti, ma la signora fece tutt’altro che calmarsi “COME OSI? DEGENERATO CHE NON SEI ALTRO!” esclamò quella inviperita e Marco la guardò allibita e la signora continuò a strillare in modo talmente acuto che a Marco iniziavano a fischiare le orecchie.
“Chiedo scusa da parte sua signora, non l’ha fatta apposta.” Disse la voce di una ragazza richiamando l’attenzione della signora infervorata la quale, la guardò perplessa “Il mio fidanzato è un po’...” picchiettò un dito sulla testa “Sa’ com’è, i maschi..” disse annuendo con un’espressione allusiva, che fece mutare il broncio della signora in un sorrisino colpevole “Quanto ti capisco cara... scuse accettate” disse “Arrivederci” disse in fine allontanandosi e scomparendo dietro ad una pila di scaffali.
Marco fissò allibito il punto in cui prima c’era la signora con la mente vuota, quando di colpo si rese conto che la voce della ragazza, che aveva ‘scacciato’ la signora infervorata, gli era più che familiare. Si voltò lentamente a guardarla. Gli dava le spalle, impegnata a prendere qualcosa da uno scaffale in alto, fece un piccolo saltello  ma, per sua sfortuna, oltre il pacco che voleva, tirò giù una decina di altre cose, che le precipitarono sulla testa “dannazione” sibilò impercettibilmente chinandosi a raccogliere i pacchi. Marco osservò la scena e senza pensarci due volte si mosse ad aiutarla, non fiatò nessuno dei due sin che non rimisero tutto a posto “Grazie” dissero all’unisono, guardandosi finalmente in viso “Ah bene, allora hai imparato un po’ di buone maniere” parlarono di nuovo all’unisono “Smettila!” sibilarono assieme. Karel lo fulminò con lo sguardo, poi, pensandoci, si rese conto del tempo che era passato dall’ultima volta che si erano visti, si girò di scatto, dando le spalle a Marco, e si avviò spedita verso... neanche aveva pensato dove, le bastava stargli lontano.
-Stronza- pensò la parte egoista di Marco guardandola allontanarsi, -seguila- pensò invece la parte attratta di Marco, ma lui non la seguì, rimase fermo immobile, incapace di fare il minimo movimento, perdendo, come ancora succederà, una preziosa occasione.
Marco andò a pagare alla cassa, dove la cassiera cercò di flirtare con lui, ma lui era troppo impegnato a nuotare nei propri pensieri e poi uscì dall’ipermercato. Andò nel parcheggio, raggiunse l’auto e vi salì, chiudendo la portiera con troppa forza, creando un rumore che, finalmente, lo fece riprendere da quella specie di stato di trance in cui era caduto dall’incontro con Karel, quella che era la sua migliore amica o forse non più.
L’aveva detto lei, la giornata era iniziate col piede sbagliato.

Si sedette sulla panchina nel parco a prendere fiato: dopo esser fuggita via da Marco, aveva lasciato il preparato per torte ed era fuggita via anche dal supermercato, era fuggita da tutto e tutti, trovando, con suo sommo sollievo, il parco deserto.
Prese un profondo respiro e si sistemò comoda, inclinò la testa all’indietro e rimase a guardare il cielo.
“Quando guarderai il cielo, lasciando che la tua mente si svuoti, tra le nuvole, mi vedrai”
Questa frase risuonò nella sua mente come un tintinnio melodioso e angelico che la distrasse da ogni pensiero positivo o negativo. Tutto quello che le interessava in quel momento era osservare il cielo, perdersi in quell’azzurro limpidissimo. E si perse in quell’azzurro, perse la cognizione del tempo, il cielo ormai non era più cristallino, ma di un celeste che rifletteva il bianco candido dei batuffoli di nuvole che avanzavano lente.
“Diens e Rakel”
Quei nomi. Quei nomi avevano lo stesso tintinnio della frase.
“A che pensi?” Karel ci mise un po’ a distogliere lo sguardo dal cielo “Umh?” si guardò intorno e lo vide “Non mi dici più nulla...” disse con una quasi impercettibile tristezza nella voce e Karel lo scrutò a lungo prima di parlare. I capelli corvini, un tempo corti e ricci, erano ora più lungi e ondulati e ricadevano sulle guance pallide, di un viso ancor più pallido. Gli occhi scuri saettavano ovunque tranne che su di lei. “Marco...” guardò la ragazza, che li scrutava con una smorfia irritata e gli occhi fiammeggianti “...quella tipa...” disse indicando col mento la ragazza, richiamando gli occhi di Marco ai suoi.
Un brivido freddo le percorse la schiena.
S’era aspettata tutto tranne quello che trovò nello sguardo di lui. O forse era solo lei il problema in quel momento.
Marco storse le labbra e guardò la ragazza bionda che lo aspettava, sbuffò rumorosamente “Kery... abbiamo molto di cui parlare, quindi, quando credi di avere la voglia e il tempo, fammi un fischio” disse con amarezza alzandosi dalla panchina e raggiungendo la bionda.
Karel li osservò battibeccare senza muovere ciglio e poi... Crack. Qualcosa in lei crollò silenziosamente.
 
Suonò con insistenza il campanello di casa di Marco per la sesta volta senza avere nessun suono di risposta da dentro casa, ma lei aveva visto una luce in soffitta, era sicura di non esserselo immaginato. Si guardò intorno per controllare che non s’impicciassero vicini indesiderati, suonò un’altra volta ma, con l’ennesimo silenzio che seguì, scalciò un po’ di polvere, sbuffo e infine se ne andò delusa.
Andò a casa sperando di ritrovare un po’ di calma, sperando di trovarvi qualcuno che la consolasse, qualcuno come il suo papà. Aprì la porta e si fermò all’ingresso ad ascoltare eventuali voci “Alexandr... non la prenderà bene, lo sai...” parlò la voce vellutata di Margaret “Le sta succedendo di tutto..” Alexandr era al limite del controllo emotivo “Lo so tesoro, lo so... è una situazione difficile per tutti” la voce di Alexandr aveva un che di metallico, discontinuo, Margaret guardò lo schermo e si sentì in colpa. Karel sbatté la porta e sua madre chiuse il pc “Tesoro?” si voltò verso l’ingresso da cui provenne un mugugno, Margaret s’alzò dalla poltrona e raggiunse Karel “Hei piccolina” disse stringendola fra le braccia. La sentì tremare. Karel affondò il viso nel colletto di lana della madre. Due richieste interiori combattevano. Ma rimase in silenzio fra le braccia della madre.
Due anagrammi.
Un buco nel passato.
La partenza del padre.
La sua confusione.
La rabbia, la delusione, la dolorosa fitta nel petto che la indeboliva.
E qualcosa riaffiorò nella sua mente. La diffidenza verso il genere maschile. Non era la conseguenza di una semplice bottarella andata male ma di qualcosa di molto più grande, qualcosa che l’aveva sconvolta a tal punto da dimenticare una parte importante della sua vita. Quale parte? Quella colmata dall’affetto di una persona che l’aveva sempre protetta, finché, un giorno, non c’era più. Ma chi era questa persona?
La sua mente lavorò velocemente elaborando un viso e un nome: Diens.
Diens. Diens. Diens.
Fece scorrere nella sua mente tutti i nomi che avevano un suono simile, non sembrava conoscerne, ma conosceva qualcuno che l’avrebbe aiutata. Pensò a tutto quello che era successo con Marco e si sentì un verme, una stupida cretina egoista. Non s’era accorta di quanto lui aveva fatto per lei, non s’era accorta che quello di Marco era un affetto duraturo, quel affetto le aveva cicatrizzato tutte le ferite. Come aveva fatto a  non accorgersene?
“Tesoro... io stasera avrei un impegno...ti..” “Si cucino per  Dan, tranquilla” disse atona bloccando la madre e sciogliendo quell’abbraccio caldo. Margaret scrutandola colse una scintilla in quei occhi verdi come smeraldo e rimase in silenzio a decidersi se dir o meno quello che voleva dire e, vedendo che la figlia non voleva nient’altro che sparire, decise di non dir nulla, accarezzò la spalla della figlia e si avviò alle scale. Si girò per scrutare Karel e poi salì le scale fino a scomparire nel buio.

Dan pareva non avere molto interesse per il cibo, pareva alquanto pensieroso. Mentre era intento ad elaborare un pensiero alquanto intricato, la forchetta che teneva a mezz’aria, cadde nel piatto facendo una baraonda in quel sibilante silenzio e irritando Karel che, senza neanche aver il tempo di aprire la bocca, fu interrotta dal fratellino “Karel... ma ci hai pensato che ci sono molti numeri e fatti che creano delle strane coincidenze?” chiese tutto d’un fiato “Sai che la mamma è stata invitata al compleanno di... un tizio a casa di Marco? E quando papà stava in camera a fare le valigie l’ho sentito parlare con la mamma di qualcosa che riguardava te e ...D... D... un nome con la D... e poi compare sto tipo strano col cappuccio, succedono casini vari e c’è un fottutissimo buco temporale nella tua mente che coincide con delle date di cui stava parlando Marco con quel tipo strano e con la mamma...” tutto questo lo disse con un’innocenza che Karel non aveva mai visto nel suo pestifero fratellino “Karel... sai che non sono un impiccione ma quando, cioè sto casino ti sta... umh, ha effetti proprioperniente positivi su di te, di conseguenza influenza la mamma e io, cioè..” fece una pausa in cui si morse il labbro inferiore “Ok non voglio mentire e fingermi egoista, hai visto che è successo al tuo viso? Da quanto non ti guardi allo specchio? Ma soprattutto perché continui a frequentare quel tale...Luca?! Cioè M..” il campanello suonò, il codice che rivelava l’identità dell’ospite senza che Karel la controllasse  dallo spioncino e, a quanto pareva, anche il fratello l’aveva capito “Marco” guardò il vuoto e poi la sorella in cerca di un consenso che non ricevette, così rimase immobile, in attesa di un qualcosa tipo un miracolo.
Karel aprì la porta con troppa forza ma non se ne curò “Che..” lo spettacolo che le si presentava davanti era qualcosa che le mozzò il fiato, eppure, Marco non indossava niente di speciale, tranne uno sguardo implorante e più bello del solito “Ho assolutamente bisogno di parlarti” sussurrò lui sporgendo la testa nell’ingresso per denotare la presenza di eventuali intrusi tipo Dan (fin troppo felice di vederlo) che lo portò ad arretrare e guardare Karel con allusività “Io.. devo stare con Dan, ordini di mamma” Marco sbuffò ma non demorse “Portalo!” disse eloquente “Dan ti va di venire a casa mia?” chiese irrompendo in casa e trovandosi il piccoletto davanti con il viso che era tutt’un sorriso, che era la risposta che serviva Marco per trascinare via Karel.
Denis era uscito a prendere una boccata d’aria (che equivaleva ad una mezz’ora buona) quindi Marco pensò di avere il tempo necessario per il tutto.
Dan rimase in salotto a leggere e Marco portò Karel in soffitta, sicuro di trovarla in puro ordine.
Karel lo guardò accigliata “Sisi, lo so, mi farò perdonare, ma ora, Devi A-scol-tar-mi!” sibilò Marco prendendole le mani fra le sue “Dimmi qualsiasi cosa strana a cui hai pensato in questo periodo” disse serio e Karel ripensò ai ragionamenti che aveva fatto mentre abbracciava con tristezza sua madre. Non aveva motivo di tenersi per se tutto quello, ma proprio non ce la faceva a parlarne, così rimase a fissare Marco negli occhi, perdendovisi, facendo affiorare un ricordo che la fece arrossire “Kery?” Marco cercò invano di richiamarla, ma i pensieri di Karel ormai s’erano messi a vorticare intorno al ricordo del capodanno.
“Non mentire Karel” sussurrò  e lei finalmente si voltò a guardarlo “Io non sto mentendo” disse in tono sicuro, ma dentro di lei sentiva riaprirsi una voragine di cui si era dimenticata. Stare con Luca le aveva fatto dimenticare molte cose. Marco la scrutò con intensità, apparentemente Karel pareva ferma, fredda, sicura di quello che aveva detto, ma lui non ci credeva minimamente,  lei mentiva, c’avrebbe messo la mano sul fuoco. Restarono in un pungente silenzio. Non si accorsero di come il tempo passava. Rimanevano lì fermi, a fissarsi. Una luce brillò negli occhi di entrambi e quello che successe fu inaspettato per entrambi. Marco la tirò per il polso e lei non oppose resistenza, si lasciò andare sul corpo di lui, seduta a cavalcioni sulle sue gambe. Lo guardò insicura, impaurita, ma quando fu sul punto di parlare Marco la zittì, un lieve bacio sul collo. Mai prima di quel momento era stato tanto felice di sapere i punti deboli di Karel,  che aveva appreso dai racconti dei rapporti di questa. Karel rimase immobile e senza parole, non solo per l’azione non-prevista di Marco, ma anche per la sensazione che percepì sulla pelle, sotto la pelle e nello stomaco.
“Sei... libera di andartene” le sussurrò dolcemente all’orecchio, convinto che lei si sarebbe alzata e  in un lampo  sarebbe corsa via di lì, invece no, Karel rimase immobile, su un altro pianeta o chissà dove l’avesse portata la testa. Marco la osservò cauto, non voleva che lei agisse in modo involontario, automatico. Le accarezzò il viso con le nocche e la strinse in un abbraccio colmante.
Karel voleva dimenticarsi di tutto ciò che andava contro quello che voleva in quel momento, ma non ci riusciva, ciò nonostante la sua voglia di agire aumentava, non per automatismo, ma per una forza invisibile che la stava attraendo a Marco, che l’aveva sempre attratta, ma a cui aveva sempre posto resistenza, fino a quel momento, in cui non voleva più combatterla.
La distanza fra i loro visi era minima. Una voce fece eco dentro Karel ‘Posso baciarti?’ Karel s’accigliò ma fu cosa breve, spinse il suo corpo contro quello del suo migliore amico, che le cinse la vita con un braccio per tenerla stretta a sé, per non sfuggire a quell’assurdo contatto fra le loro labbra, che d’prima si toccarono lievemente ma poi si mossero più intensamente in perfetta sincronia. Un bacio assurdo perché non era né casto né intenso. Era un bacio coinvolgente ma non da apnea. Un bacio da bambini ma che racchiudeva un segreto da adulti.
Il fischio del primo fuoco d’artificio riempì l’aria, seguito da un botto attutito. E poi un altro fischio e un botto, e un altro, e un altro ancora. Ma non furono i fuochi a distogliere l’attenzione da quel bacio, fu il tempo. Era scoccata la mezzanotte da cinque minuti. Il vuoto che si creò al distacco delle loro labbra portò una putrida ondata di consapevolezza e l’istinto automatico di cancellare tutto.

 
“Marco hai visto la mia len..” un ragazzo con un asciugamano intorno alla vita e i capelli castani bagnati e gocciolanti entrò in soffitta e si pietrificò appena il suo sguardo incontrò quello della ragazza, a cui mancò il respiro “D-Diens...” sussurrò impercettibilmente sentendosi sempre più debole, Marco guardò il ragazzo, che fissava Karel con due grandi occhi color smeraldo screziati d’oro, e poi guardò Karel preoccupatissimo “Kery” la ragazza annaspò prima di riuscire a dire una parola. Quel ragazzo, che stava davanti ai suoi occhi era identico all’immagine che era stata elaborata dalla sua mente, era... identico... a lei.
“Cazzo...” Denis si passò una mano fra i capelli.
I due ragazzi dovevano sbrigarsi a dare delle spiegazioni a quella ragazza che pareva sull’orlo di una crisi isterica.
“Oggi mi sento un fratello dimmerda molto più di come mi sono sentito in tutti questi anni” disse tra se e sé Denis.
 
ANGOLINO OSCURO DELL’AUTRICE:
FINALMENTE! Questo capitolo è stato peggio di una cacata in un periodo da stitica porcaccia! Ho concluso a Mezzanotte precisa tra il 25 e il 26.
Spero vi sia piaciuto sto capitolo, so che ci sono ancora cosa non chiare, ma ricordatevi che ho ancora mooooooolti capitoli d ascrivere, in cui spiegherò tutto sto intruglio incasinato.
Recensite please
Ringrazio Marianna Tulli e Purple_Eyes per la loro pazienza e il loro profondo amore!
Bacioni dalla sempre vostra Jade

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Capitolo 10
*** 14. Quando si dimentica ***


Capitolo noioso ma che (mia Cara Marianna) non si può skippare u.u
Buona lettura

Non sapeva se mettersi o no a ridere. Quella situazione aveva un che di ironicamente comico. Forse era una semplice coincidenza, una davvero brutta coincidenza. Ma proprio il giorno del suo compleanno doveva succedere? Per giunta la seconda volta.
Si passò una mano fra i capelli bagnati e fece un lungo respiro. Poi guardò Marco e indicò con lo sguardo l’asciugamano che aveva indosso e Marco annuì “Karel... vieni.” Disse conducendola fuori dalla soffitta.
Karel fissava il vuoto. Perché Denis le assomigliava in maniera impressionante? Perché quel viso si era formato nella sua mente senza che lo avesse mai visto? Perché stavano succedendo tutte quelle cose strane?
Marco la scrutò con la coda dell’occhio sentendosi in colpa come non mai. Momento auto-coscienzioso che durò poco.
Denis uscì dalla soffitta stranamente calmo, scese al piano di sotto e raggiunse Marco e Karel, che lo aspettavano ansiosi in salotto, si sedette sul bracciolo della poltrona blu su cui sedeva Marco e prese un altro lungo respiro, innervosendo Marco. L’atmosfera era asfissiantemente tesa. Ma il racconto partì dalla bocca di uno dei due ragazzi in maniera così spontanea e scorrevole che pareva che vi fosse un narratore che raccontava una favola.
Per cercar di comprendere al meglio questa storia bisogna partire fin dal principio.
In un profumato giorno di primavera dalla casa Jason si udiva gran fermento echeggiare nell’aria tiepida. Tanta era la gioia che contagiava chiunque stesse lì nei pressi: era finalmente nata la piccola figlia di Alecsandr!
Quante persone andarono a vedere la neonata, quante persone l’avevano adorata! Zia May tra le più entusiaste, quanti regali che le portò.
Durante l’organizzazione della festa genitori e parenti erano indaffarati a decorare, cucinare, sistemare e la piccola Karel se ne stava silente nella sua culla . Ma non era sola, un bambino accanto a lei la guardava con le labbra storte in una smorfia molto corrucciata, che diceva tutto il contrario dei suoi occhi verdi, che brillavano di un’innaturale luce, brillavano di pura gioia.

Il bambino, nonostante all’apparenza paresse disprezzare Karel, dentro si sentiva come realizzato, fiero di essere accanto a quella bambina che aveva gioia e d energia infinite. Quei due convissero in una tipica aria di Amore-Odio.
 
Karel inarcò il sopracciglio e poi pensò ai due nomi che facevano spesso capolino nella sua testa “Quel bambino... è Diens?”  chiese guardando il vuoto  “Sì” le rispose Denis torturandosi le dita, Marco la scrutò “Ricordi qualcosa?” chiese speranzoso ma Karel scosse la testa “No, c’è solo questo nome che rimbomba spesso nella mia testa” disse mogia “Mh” mugugnarono i due sulla poltrona blu. Karel li scrutò per qualche minuto di silenzio.
Di colpo sbuffò e fece per uscire di casa “Non so cosa diamine stia succedendo e non voglio saperlo.” esclamò uscendo dal salotto e  dirigendosi verso l’uscita, Marco si alzò di fretta per raggiungerla “Karel aspetta” disse afferrandola per un polso. Pessima mossa. Karel si voltò verso di lui a gli puntò addosso uno sguardo glaciale, che Marco non le aveva mai visto fare, pieno di disprezzo “NON MI TOC-CA-RE!” sibilò per poi strattonare il suo polso, liberarsi dalla presa di Marco ed uscire da quella casa sbattendo la porta.
Marco rimase immobile e, se aveva previsto una brutta reazione da Karel, quella che aveva appena visto, era stata la peggiore.
Si passò una mano fra i capelli pensieroso. Voleva contenere la sua reazione.  Temeva di poter dire qualcosa di tremendamente sbagliato.
Karel si guardò intorno, prese il cellulare dalla tasca, digitò un numero che ormai aveva imparato a memoria e si portò il telefono all’orecchio attendendo “Si?” “Hei mi vieni a prendere?” chiese cercando di parlare con più dolcezza possibile “certo” “davanti casa mia” disse e chiuse la chiamata, rimise il cellulare in tasca e si avvicinò  alla strada.
In breve tempo arrivò la Jeep nera che Karel stava aspettando, Karel salì e l’auto si allontanò fulminea.

“Marco?” lo richiamò Denis “il piccoletto ha preso fondo..” disse indicando Dan, Marco gli si avvicinò e gli accarezzò i capelli, poi lanciò uno sguardo verso la finestra, dove un’ombra saliva su un’auto. Tornò a guardare il bambino “Dorme qui oggi” esclamò infine.
“Che bello rivederti” sussurrò Karel prendendogli la mano facendolo voltare il tempo giusto per un largo sorriso “Dove la porta mia signorina?” le chiese gentile “Ovunque, mi basta stare insieme” disse lei. Girarono per la città e si divertirono molto.
Arrivò mezzanotte “Hei tesoro, non si è fatto tardi per te?” le chiese Luca premuroso ma Karel scosse la testa “Perché non andiamo a casa tua?” chiese con voce tenera “A casa mia?” ripeté lui sorpreso e Karel annuì accennando un sorriso , che si allargò non appena tornarono in auto.
“Sei fortunata,  i miei sono fuori” disse Luca prendendola per mano ed entrando in casa. Accese la luce di ingresso “casa mia non è niente in confronto a quella di M...” Karel lo baciò “Non m’importa della casa, m’importa di te” disse baciandolo di nuovo e facendolo sorridere “beh non vorrai mica rimanere qui, spero. Vieni!” disse conducendola nella sua camera dove, una volta entrati, Karel prese la rincorsa e si tuffò sul letto “Woah è morbidissimo!” esclamò entusiasta facendo ridere il ragazzo “sei adorabile” le disse giusto in tempo prima di essere tirato  e finire sul letto a pancia all’aria “Ma che piccola burlona” le disse iniziando a farle il solletico, facendola ridere e contorcere “PIETA’, CHIEDO’ PIETA’!” strillava lei implorante “Non posso mia signorina, dovrebbe darmi qualcosa in cambio” disse dandole una pausa per  riprendere fiato, poi riprese a solleticarla “po...sso...con...cedere... un... bacio” disse lei tra una risata e l’altra facendo fermare Luca “Un bacio ha detto? Umh interessante” disse lui avvicinando i loro volti e facendo aderire le loro labbra, che si mossero in un bacio dolce e famelico “Più che interessante” disse lei in un momento di pausa.
Karel lo attirò a sé, sentendo il bisogno di un contatto fisico maggiore, un contatto che le togliesse dalla mente l’immagine di un bacio che non avrebbe mai dovuto dare.
Luca le baciò il collo, la mascella, tornò a baciarle dolcemente le labbra, aveva capito di cosa avesse bisogno la sua ragazza, ma non era sicuro che fosse la cosa giusta “Amore... sicura?” Karel annuì maledicendosi.
Con un tocco lieve Luca le sfilò la maglietta e Karel gli tolse la camicia accarezzando la pelle nuda “sei così caldo” gli disse e Luca la baciò con foga.
La fece stendere, le sfilò i pantaloni e rimase ad osservarla nel chiarore di luna che illuminava la sua pelle bianca “sei davvero meravigliosa” le disse chinandosi su di lei a baciarla sulle labbra, sul mento, sul collo, sulle clavicole e tornando alle labbra “sei ancora libera di rinunciare” le sussurrò guardandola nella semi oscurità, lei gli accarezzò il viso, facendogli intendere che doveva continuare.
Le lasciò un bacio fra i seni e scese a baciarle la pancia sino ad arrivare al linguine dove smise di baciarla e si mise ad accarezzarle le gambe, poi l’interno coscia, poi passò una mano sulle mutandine e ci giocò un po’, sentendo il corpo di Karel fremere ad ogni carezza. Le sfilò. Continuando ad accarezzarle l’interno coscia “Lu” soffiò lei e il ragazzo passò ad accarezzarla fra le cosce, preparandola, mentre l’accarezzava, indugiava con un dito all’entrata e quando la sentì abbastanza bagnata fece entrare un dito facendola sussultare. Iniziò a muoverlo provocandole piacere, aggiunse un secondo dito, il corpo di Karel aveva continue scosse di piacere sin che Karel arrivò all’orgasmo, gemendo.
Luca le porse una sua maglietta e si mise sotto le coperte accanto a Karel “grazie amore, è stato... è stato... bellissimo” esclamò lei felice accoccolandosi al suo ragazzo “grazie a te Karel, ti amo” le sussurrò sulla fronte “ti amo” disse lei addormentandosi fra le braccia del suo ragazzo.

Denis e Dan dormivano sereni nella camera di Marco che, al contrario, non era per nulla sereno e se ne stava in salotto, sulla poltrona blu a guardare la finestra.
Nel frattempo inventava varie scuse credibili da dire alla madre di Karel che, una volta tornata da lavoro non avrebbe trovato i figli a casa; per Dan le scuse potevano essere infinite, il problema era Karel. Non aveva la più pallida idea a che ora potesse tornare. Sempre se l’intenzione di tornare ce l’avesse.
Dopo averci rimuginato a lungo si decise, prese il cellulare e le inviò un messaggio ‘Dimmi almeno quando hai intenzione di tornare a prendere tuo fratello’ lo inviò e attese la risposta.

Luca non chiuse occhio, rimase ad osservare Karel che dormiva fra le sue braccia e l’accarezzava ogni volta che si agitava nel sonno, facendola calmare. Notò una luce lampeggiare e si guardò intorno cercando di vedere cosa la emanasse. Il cellulare di Karel. Si voltò a guardare la sveglia che segnava le 4.30 del mattino , ci rimuginò un po’ ma poi uscì delicatamente dalle coperte e colse il cellulare da terra: un messaggio da Marco. Strinse i denti costringendosi a non lasciar perdere appena vide la parola ‘fratello’ così torno al letto e smosse Karel per svegliarla “Che?” mugugnò lei,  lui le mostrò lo schermo del cellulare che le infastidì gli occhi, ma dopo un po’ riuscì a leggere e infine digrignò i denti sibilando ‘stronzo’. Luca la osservò rimanendo per un po’ in silenzio “Ti accompagno?” chiese piano e lei annuì. Si rivestirono e uscirono di fretta di casa.
Nel tragitto sino a casa di Marco rimasero in silenzio.
Luca accostò al marciapiede e Karel aprì la portiera “domani, stessa ora, davanti casa mia” disse lasciandogli un frettoloso bacio e scendendo fulminea dall’auto sbattendo lo sportello.
Luca non ripartì sin ché non vide Marco aprire la porta.
“Dov’è Dan?” chiese lei secca e fredda come ghiaccio “è di sopra a dormire” disse Marco atono, Karel lo spinse di lato e salì al piano di sopra entrando silenziosamente in camera di Marco “Karel?” bisbigliò un voce che la fece sussultare “Denis, che  ci fai qui?” chiese lei stupidamente avvicinandosi al letto  e guardando il suo fratellino dormire beatamente, poi spostò il suo sguardo nella penombra della stanza ed incontrò quello di Denis che la guardava con insistenza in modo strano  “Che c’è?” chiese lei ma lui non rispose, semplicemente scosse in modo lieve la testa, senza però smettere di guardarla “Die... Denis... smettila”  lui la guardò perplesso “Che sto facendo?” chiese preoccupato “mi fissi... in quel modo... strano... è inquietante!” lui sgranò gli occhi “sì, inquietante. E’ inquietante guardare i tuoi occhi , sono identici ai miei” disse lei affievolendo sempre di più la voce, Denis non poté trattenere un piccolo sorriso “lo so, lo so” “e allora smettila!”  “non posso” disse continuando a sorridere e intanto, in un momento di silenzio, un ricordo tornava a galla nella mente di Karel, un ricordo che mise a posto tutte le tessere del puzzle.

Allora splendori miei, come va? 
Vi ho fatti soffrire ancora? Se la risposta è sì vi dedico un bel PUAHAHAHA!
Detto questo spero abbiate capito quale rapporto c'è fra Karel e Denis.
Chissà cosa farà Karel, chissà come reagirà, come si svilupperà la situazione...
Ma niente panico! Purtroppo non vi lascerò sulle spine per molto tempo.
Ditemi cosa ne pensate di tutto sto casiiiino e chi è il vostro personaggio preferito.
BBBBaaacioni
La sempre vostra Jade

 

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Capitolo 11
*** 15. Just talk about it ***


In un mondo dove tutto andava storto  qualcosa iniziava ad andare per il verso giusto.
Il vuoto nella mente di Karel si colmò di giorno in giorno.
Il segreto era lasciar la mente libera.
Passarono ore, giorni, mesi. Tutto scorreva perfettamente, o quasi tutto.

“Diens!” esclamò Karel correndogli incontro appena lo vide davanti casa sua “Ti trasferisci a casa?” chiese con una luce di pura gioia negli occhi e la speranza di una bambina nel cuore “Sì mia cara” disse lui sorridendole  “Abbiamo risolto molte cose finalmente e ora è tutto a posto” disse sereno e Karel gli si butto addosso “Torni per restare, vero?” chiese guardandolo negli occhi con estrema serietà “Torno per restare, te lo prometto” disse baciandole la fronte. “Hey voi due, entrate in casa su!” strillò la voce di Margaret dalla porta di casa “Sbrigatevi!” i due ragazzi non se lo fecero ripetere due volte ed entrarono fulminei. Una volta entrati Margaret iniziò ad elencare tutte le cose che aveva sistemato, dove le aveva sistemate e come le aveva sistemate, ma ovviamente i due fratelli non l’ascoltarono “Non sono sicura di quanto Daniel sia propenso a condividere la sua camera... ma penso che gli farà piacere avere un fratello maggiore con cui allearsi contro il nemico” disse ridendo “Poverino, chissà quanto l’hai fatto penare in questi anni!” la sfottè Denis “Ha-ha molto divertente Diens” sibilò lei lanciandogli uno sguardo omicida che durò poco visto che dovevano riportare la loro attenzione sulla Madre che aveva quasi concluso la sua lista “...e niente guerre in casa! Capito Denis?” disse perentoria e i ragazzi annuirono facendo sorridere Margaret di soddisfazione “Bene, ora siete liberi!” disse battendo le mani due volte e Karel se ne andò in giardino accompagnata da suo fratello Denis.
“Allora, fratellone, raccontami che hai fatto in questi anni, dove sei stato e con chi” esclamò Karel accomodandosi con Denis sul divano-altalena, Diens la scrutò “Sono stato con papà nella Base, mi trattava peggio di tutti gli altri soldati” disse facendo un sorriso amaro “ma infondo me lo son meritato” aggiunse guardando il cielo sereno.
Karel si sentì quasi in colpa. Se l’erano tutti presa con Denis.
Ma quell’incidente sarebbe potuto avvenire con chiunque! Non avrebbero dovuto trattarlo così. Non per tutti quegli anni.
“Diens... facciamo così. Il passato ce lo lasciamo alle spalle. E pensiamo al presente” disse regalandogli un enorme sorriso “Troppo dolce e generosa tu!” le disse baciandole la fronte, si abbracciarono.

Qualche settimana dopo che Denis era tornato a vivere con la famiglia, Karel organizzò una festa di bentornato. Si fece in quattro per organizzare tutto con perfezione maniacale.
Andò con Meg  a comprare gli ingredienti per la torta e varie cose da mangiare. Il fidanzato di Meg, Adrian, disse loro che avrebbe portato alla festa una marea di dolci di SweatDream. La zia May insisté sull’organizzare la festa alla casa al  lago. Margaret contattò Alexandr che le disse che avrebbe fatto una sorpresa andando alla festa.
Nell’aria si poteva udire un coro angelico di Halleluja.
Karel ci impiegò tre giorni buoni per finire di preparare.

“Dici che gli piaceranno?” chiese per la quarantesima volta alla sua migliore amica che la guardò esasperata “Sì, Karel!” disse sbuffando “e non dirmi che non ne sei convinta se non vuoi essere legata ad una sedia” aggiunse minacciosa “Ok, ok... basta così” si strofinò le mani osservando le decorazioni “A che ora arrivano gli altri?” chiese Meg  guardando il panorama mozzafiato che si vedeva dalla finestra nel salone “alle otto” disse Karel guardando l’orologio.
Il suo cellulare iniziò a vibrare, lo sfilò dalla tasca e vedendo chi  fosse rispose “Lu! Ciao” disse uscendo sulla veranda “Si, tutto a posto, ho appena finito, beh, com’è andato il colloquio?” scrutò il vialetto che scompariva dentro il bosco di betulle “oh ma è fantastico! Quando torni?” parlava quasi canticchiando “Coosa? Il mese prossimo? Ma perché?” Meg scrutò Karel cercando di non farsi vedere “umh, capito. Mi manchi e mi mancherai tanto amore...” chiuse la chiamata e fissò il vuoto. Maledetto karma che bilanciava le buone e le cattive notizie. Si destò e tornò in casa, andando in cucina. Meg la seguì “Tutto ok?” chiese premurosa e Karel annuì rivolgendole un sorriso “Sono solo un po’ tesa...” disse cercando di sembrare vaga e Meg alzò un sopracciglio “ho i miei dubbi che tu sia tesa per la festa, cosa ti turba?” chiese con fare da psicanalista “Niente Meg”  disse cercando di chiudere il discorso, ma quando la sua migliore amica stava per ribattere entrò in cucina zia May “Oh ciao ragazze” le salutò sorridente  “Ho portato Marco per darvi una mano... ma vedo che è già tutto pronto” disse allegra mentre Marco sbucava dalla porta della cucina rimanendo un po’ spaesato nel vedere Karel. Meg spostò lo sguardo dal ragazzo alla sua migliore amica e viceversa, non che non lo sapesse, ma percepiva della forte tensione nell’aria.
Zia May posò parte delle buste della spesa sul tavolo e invitò Marco a fare altrettanto con le altre. Meg lo osservò e capì che c’era qualcosa di diverso nel modo in cui guardava Karel e la cosa la preoccupava.
Karel si mosse veloce nel prendere le cose dalle buste e sistemarla al posto giusto, evitò palesemente di guardare Marco, temeva di trovare qualcosa di doloroso nei suoi occhi, aveva sofferto già abbastanza negli ultimi tempi e non si sarebbe fatta rovinare la giornata da lui.
Ammucchiò le buste vuote e le mise in un bidone, strofinò le mani fra loro e le posò sui fianchi osservando l’opera completa. Sorrise soddisfatta di se stessa e ringraziò Meg per l’aiuto “mi sarebbe tanto piaciuto che Luca fosse qui...” borbottò a bassa voce e la sua migliore amica le mise una mano sulla spalla come a dirle che comunque non era sola e Karel lo capì, ma irritata se ne andò in giardino, reprimendo la sua rabbia, rabbia che ormai cresceva verso tutti, una rabbia che nasceva da ogni delusione che le davano le persone a cui era più affezionata.

-Capirai che un legame è indissolubile nel momento in cui ti renderai conto che sarà importante anche il gesto più banale-

L’orario della festa sembrava non arrivare mai. E questo lasciava fin troppa libertà ai pensieri di Karel. Ma per fortuna o per puro caso questi pensieri furono bloccati prima della strada di non ritorno. Il rumore del motore dell’auto di Adrian, che preannunciava l’arrivo di Denis, riscosse Karel che tornò subito in casa controllò con una rapida occhiata se fosse tutto a posto e poi spense le luci.
“BENTORNATO!” gridarono all’unisono gli ospiti entusiasti e Denis non poté far a meno di cercare con lo sguardo l’autrice del misfatto e la trovò subito che gli sorrideva con le guance rosee e gli occhi lucidi, la raggiunse in pochi passi e l’abbracciò in un modo unico, un abbraccio contenente tanti grazie, tanti scusa e tanti ti amo sorellina mia. Zia May non riuscì a fermare le lacrime e pianse per una buona mezzora, Meg dovette impiegare tutte le sue forze per non piangere e applaudì con enfasi come tutti gli altri ospiti.
Denis allentò un po’ l’abbraccio e la guardò negli occhi e si sorprese di quello che vi trovò. Un puro contrasto fra gioia immensa e malinconia sconfinata. Lei se ne accorse e si lasciò stringere in un altro abbraccio, nel quale avrebbe dovuto sfogarsi ma, come era prevedibile, non accadde nulla di rilevante.

La festa era perfetta in tutto e per tutto. E lei stava riuscendo anche a divertirsi. Meg le raccontò gli alti e i bassi della relazione con Adrian, zia May riesumava ricordi seppelliti nella mente di Karel che imbarazzavano Denis, tutti avevano qualcosa di cui parlare, qualche ricordo lontano e nostalgico, c’era chi proponeva giochi, balli etc.
C’era un bel clima festoso in cui i brutti pensieri non erano ammessi.

-uno sguardo dice più di mille parole-

Dopo qualche ora Karel decise di sistemare un po’, raccolse delle cose e andò a buttarle in cucina. Sovrappensiero, si lavò le mani nel lavello sotto la finestra. Il suo sguardo era perso nel cielo sgombro, illuminato dalle pallide stelle. Si ridestò, chiuse il rubinetto e si voltò a prendere l’asciugamano dal bancone della cucina e sussultò nel ritrovarsi davanti un ragazzo alto, dal fisico slanciato e dai capelli ricci che la guardava con altrettanta sorpresa. Karel distolse subito lo sguardo da quegli occhi che custodivano troppe cose, quegli occhi che la costrinsero a non andarsene anche se il contatto visivo era stato interrotto.
Erano entrambi silenziosi fino allo sfinimento. Karel rivolta verso la porta che collegava la cucina alla sala, Marco poggiato al frigo, con le braccia incrociate al petto, che guardava la sua schiena in attesa. Sapeva che avrebbe parlato. E avrebbe aspettato anche tutta la notte se necessario.
“Non ti devo alcuna spiegazione” disse atona, ma Marco non disse nulla. Ancora silenzio.
“Smettila di guardarmi in quel modo, non ti devo nulla.” Disse con un accenno di incertezza. Si voltò verso di lui e con uno scatto felino gli fu davanti a pochi centimetri di distanza e l’osservò nella semi oscurità della cucina, lo guardò negli occhi e fece una smorfia quasi disgustata “Lo so che muori dalla voglia di farmi mille domande, te lo si legge negl...” distolse subito lo sguardo dagli occhi, quel contatto diretto la destabilizzava “e quali sarebbero queste domande?” chiese lui apparentemente tranquillo “ti stai chiedendo perché, ci sono tanti perché nella tua testa” disse guardando la finestra, Marco annuì incitandola ad a continuare “e sai che fra non molto ti risponderò” disse facendo un gesto arrendevole.
Marco non le toglieva lo sguardo di dosso e continuava a sperare in un contatto visivo.
“Mi fa bene starti lontano. Ho tutto un mondo di felicità che non include il tuo nome. E...” si passò una mano fra i capelli “vorrei non essere qui a parlarne...” gli occhi iniziavano a bruciarle “non sto illudendo solo lui..., ma... Luca... è così... è come anestetizzante... mi fa  passare ogni qualsiasi forma di dolore e questo mi piace... mi piacciono molte cose di lui... ma forse non abbastanza da ingannare anche me stessa” pensò storcendo la bocca. Si inumidì le labbra prima di parlare  “Ora che con Denis è tornato quasi tutto alla normalità... sto iniziando a rendermi conto di alcune cose, sto realizzando quanto io voglia continuare a tener su quel muro...” non seppe perché alzò lo sguardo verso quello di Marco, era come se avesse seguito un bisogno istintivo “Kar..” lo zittì con lo sguardo “vorrei che almeno qualcosa nella mia vita fosse semplice, vorrei riuscire a decidere senza se e senza ma, vorrei pensare al presente in modo positivo, vorr”
Non voleva ascoltare altro, la strinse a sé, senza violare spazi e regole non scritte.

-I can hear your heartbeath, i can hear your breath-

Una piccolissima lacrima scese dal suo viso. Non era una lacrima di disperazione. Non di tristezza. Non di nostalgia o scuse. Era rabbia. Innocente rabbia per cose non altrettanto innocenti.
Le stelle si rifletterono in quella lacrima. Le stelle sapevano molto. Sapevano cosa c’era in quella lacrima. Le stelle erano presenti in ogni piccolo attimo della loro strana relazione. Non era amicizia, si sapeva. Non era amore fraterno. Non era amore. Era qualcosa di più intimo e confuso. L’avevano capito che ciò che li legava andava ben oltre la loro concezione. Era forse attrazione astrale? Non era dato saperlo. C’era un’attrazione più forte di ogni cosa e loro lo sapevano.
Le chiese scusa.
In un sussurro.
In un soffio sulle labbra.
E le stelle sapevano che nulla sarebbe cambiato.
Dal giardino si intravidero i fari di un’auto e chi li notò si chiese chi fosse arrivato.
Karel andò con Denis verso l’auto e rimasero entrambi sorpresi nel vedere i loro genitori, che li abbracciarono. Il padre notò qualcosa negli occhi dei due. Si, negli occhi di entrambi perché, gli occhi dell’uno erano lo specchio dell’altro. Con uno sguardo Alexandr comprese molto. Non chiese nulla. Sapeva che col tempo avrebbe saputo tutto.
“KAREL” strillò il fratellino sbucando da dietro la madre “PAPA’ NON ANDRA’ PIU’ VIA” saltellava estasiato e Karel guardò la madre in cerca di conferme, la madre le sorrise e, nonostante le occhiaie Karel capì che quel sorriso era il primo sorriso sincero dopo davvero troppo tempo.

"Tutto si sta sistemando" penso Karel.

Marco, attirato dai schiamazzi di Dan, uscì a salutare i genitori di Karel e sorrise loro felice per la notizia “Giovanotto!” lo salutò Alexandr  distogliendo Karel dai suoi pensieri.

"Non proprio tutto" pensò mentre sforzava una smorfia che non era neanche lontanamente un sorriso.
E fu quella smorfia che fece comprendere a sua madre cos’è che non andava, voleva parlarle, ma le lanciò solo un'occhiata.
Karel ignorò il suo sguardo, ignorò gli sguardi di tutti loro, perché ormai i suoi occhi erano diventati un libro aperto e questo le dava fastidio e, senza dire una parola, si voltò verso il lago e scomparve nella penombra.
Denis la guardò allontanarsi e sentì un moto di rabbia verso se stesso: era anche colpa sua se quei due si erano allontanati, doveva cercare di fare qualcosa.
Guardò Marco e gli fece cenno con la testa di seguirla “Emh, signori dovrei fare una cosa... urgente, scusatemi” disse Marco prima di andarsene di passo spedito.

Mentre camminava lungo la riva del lago pensava a quante cose erano successe e cercava di schiarirsi le idee.


“Io... non so che dire” soffiò stanca ‘Da quant’è che va avanti sta storia?’ chiese una voce dal telefono, lei rimase in silenzio ‘Immagino molto tempo... Non ti chiedo nemmeno perché, so già che ci sono molti perché’ continuò la voce, dopo altro silenzio riuscì a parlare “Non chiedo nemmeno scusa perché sarebbe inutile. Non ti chiedo scusa perché infondo ho davvero creduto di provare molto. Hai visto pure tu, ho amato stare insieme a te, ho amato le tue attenzioni e ho amato darti attenzioni...” ‘Il problema è che con tutta la volontà del mondo non siamo destinati l’uno all’altra’ finì lui e la sentì sospirare stancamente ‘Non l’hai detto nemmeno a Meg?’ chiese lui, sapendo che la domanda era retorica “Già, non lo sa nemmeno lei... e per adesso non lo deve sapere nessuno... non voglio che... s’intromettano... devo ancora capire cosa c’è nella mia testa” ‘Karel?’ “Cosa?” ‘Non è solo questione di testa... E non sbuffare!’ disse ridacchiando “Quel brutto giovincello è troppo stupido per essere considerato” disse cercando di essere seria ma lasciandosi sfuggire una risatina ‘Non importa se sia stupido o meno, fidati che ti saprà consigliare bene, fai trovare un accordo fra i due e vedi che andrà tutto per il meglio!’ “Ma... non son capace di riappacificare!” si lagnò lei ‘Fidati, ne sei capace eccome! Basta volerlo’ Karel fece una smorfia e tirò un altro sospiro. Alzò gli occhi verso l’orizzonte dove cielo e lago si fondevano, illuminati dal pallore della luna piena. Cosa dovesse fare non lo sapeva proprio. Sospirò. ‘Hei questo è il terzo sospiro nel giro di qualche minuto!’ si ridestò “Eh Lu, lo so... ma sono un po’ stanca” ‘La stanchezza fa sbadigliare, non sospirare’ Karel stava per replicare ma lui la bloccò ‘No. Non dire che tu sei diversa altrimenti vengo lì e ti faccio la ramanzina!’ “Tanto non puoi! Sei troppo lontano gne gne” disse facendo la bambina ‘Ma sentila!’ risero assieme ‘Beh, io devo andare tes... non più fidanzata’ “Eh e pure io, ciao non più fidanzato. Ti voglio tanto bene. Non stare via troppo tempo, non costringermi a raggiungerti” ‘Cos’è, una minaccia?’ “peggio” ghignò lei ‘Oook, ritornerò presto, buonanotte!’ “Notte!”.
Chiuse la chiamata e fissò il telefono con sguardo assente.
Marco si schiarì la voce facendola sobbalzare lievemente “D-da quanto eri qui?” chiese stranita “Non molto...” disse lui scostandosi un ciuffetto di capelli dagli occhi “Volevi qualcosa?” chiese lei stranamente tranquilla “volevo chiederti scusa” disse lui di gettò, sorprendendosi nel vedere che lei non era affatto sorpresa “Accetto le tue scuse... solo se mi prepari un thè” disse altezzosamente cogliendolo alla sprovvista “K-Kery?” lei si morse un labbro e si decise a guardarlo negli occhi “Marco...” “Non... Da quanto è che non state più insieme?”  chiese lui tutto d’un fiato non resistendo più e, per la seconda volta, sorprendendosi nel non vederla sorpresa, la vide sorridere in un misto di compassione e amarezza “abbastanza... e tu? Da quanto è che hai capito quello che provi per me? Da quant’è che me lo tieni nascosto?” chiese a bruciapelo e lui sentì come un pugno nello stomaco “t-te ne sei accorta?!” farfugliò fra se e se rimuginando “non importa da quanto... non potevo perderti” disse con voce roca “Marco... sei il mio uomo da quanto ero una teppistella di 5 anni, come... non ti avrei mai abbandonato per i tuoi sentimenti.... lo avrei fatto con uno qualsiasi, ma con te no. E lo sapevi bene. So che con me niente e sicuro... però...” “Senti io amo vederti felice e rivelarti un pensiero del genere... sarebbe stato fin troppo.” Disse senza guardarla “Fin troppo... Fra noi dovevano esserci solo verità... guarda a cosa siamo arrivati...” disse amareggiata guardando l’erba “Sai... io ci ho pensato... ci ho pensato molto alla nostra situazione... noi non siamo semplici amici, non siamo fatti per stare insiemei... ma c’è quel qualcosa... che ci impedisce di non parlarci, di non guardarci, di non pensarci. Queste azioni sono come esigenze per noi” disse riuscendo finalmente ad esternare i suoi pensieri.
“Vorresti sperimentare?” le chiese incerto scrutandola in ogni minimo dettaglio. Lei rimase in silenzio a lungo. Annuì incerta “Sperimentare... mi sembra così... crudele... e se...” le posò un dito sulle labbra zittendola “se vuoi ‘sperimentare’ a me va benissimo. Non posso prometterti di non rimanerci eventualmente male se non dovesse andar bene, ma posso prometterti di non smettere di provare quel che provo.” Lei sorrise “sei il solito” bisbigliò prima di abbracciarlo.

-io ci metterò tutta l’anima che ho, quanta vita sei da vivere adesso-

PORCOPANE!
CI SON RIUSCITA!
NON SO CHE SCHIFEZZA IMMANE NE SIA USCITA, MA NON M’IMPORTA (E NON DEVE IMPORTARE NEMMENO A VOI).
Questo è stato un dei capitoli più ardui. Sinceramente nonostante i miei sforzi, continua a sembrarmi banale. Volevo un effetto sorpresa, ma non son riuscita ad ottenerlo perché... beh perché le cose son molto complicate e...
Karel:* borbotta  fastidiosamente*
Jade: che c’è?
K: perché?
J: perché cosa?
Marco: eddai... sei stata cattiva...
J: ma... di che state parlando?
Luca: lasciali perdere...
J: ...
zia May & Meg: non è andata proprio nel migliore dei modi
J:Spie-ga-te-vi!
Adrian: ma io la preferivo tro... emh... libera
K & Ma: ADRIAN!
K: dai Jade! Spiegami il perché!
J: IL PERCHE’ DI COSA?
Ma: era scontato... ma scontato per scontato... potevi aggiungerci qualcosa, no?!
J: ...
K:MARCO!
L: *FACEPALM *
Zia May: Che caspiterina... cioè... ok che tu sei acida e forever single... ma Karel... che ti ha fatto di male?
J: ma... state delirando?
Meg: sarà l’ora tarda... Ma quand’è che pubblichi?
J: ouuu mi state mettendo ansia...

 
 
-io vorrei che fosse già pelle il contatto che c’è-

“Kery...” “si?” mugugnò lei alzando la testa per guardarlo in faccia “volevo... sapere una cosa...” disse incerto e Karel stranamente intuì, annuì lievemente invitandolo a continuare “l-la notte di capodanno...” “c-cosa?” chiese lei allarmata “te la ricordi?” “emh si... l’ho passata con Luca Meg e Adrian” disse sudando freddo “Karel” la rimproverò “intendi...” lui annuì con uno sguardo indecifrabile “io...”
 
Tutti: dai che lo dice!
Ad: nah... secondo me non ce la fa...
Tutti (tranne Adrian): TACI. *Con grande impazienza, fissano speranzosi i due *
K & Ma: JADE! FALLI SMETTERE....
K:PERCHE’ C’E’ TUTTA STA GENTEEEE?!
 

(Je sais pas- Celine Dion in sottofondo)

“Che vuoi sapere precisamente?” chiese cercando invano di distogliere lo sguardo “è stato il nostro primo bacio no? Volevo sapere che hai sentito... cioè... p-pensavi a L...” “NO.” Lo interruppe “Non pensavo a Luca... non so precisamente cosa stessi pensando in quel momento, so che avevo quasi collegato il momento a casa mia... quando mi avevi chiesto se... potevi baciarmi a quell’azione, ma, insomma, come dire, ero... emh... presa” disse sentendo un pizzicore alle guance, ma non fece in tempo a ringrazire la penombra, che “Sei arrossita?” la prese alla sprovvista con un tono di voce strano “da cosa eri presa?” chiese impaziente.
Karel rischiò quasi di farsi sanguinare il labbro a forza di morderselo “io... a-avrei voluto... si insomma... ti volevo, punto” disse sbrigativa “sei un bel ragazzo... e sai il fatto tuo sui baci e... su... come... t-tocc” le diede un bacio sul collo “so il fatto mio eh?” disse percorrendo le sue curve col dorso della mano in un tocco delicato, si avvicinò alle sue labbra “Se solo pot..” “KAREL!” gridò una voce acuta che all’inizio parve lontana, ma al terzo urlo fin troppo vicina “COSA STAI...” Meg era sconvolta “Tu sei fidan...” balbettò l’amica sotto shock. Karel spalancò gli occhi, guardò Meg poi Marco, di nuovo Meg e di nuovo Marco per circa una decina di volte e, per una decina di volte, aprì e chiuse la bocca non sapendo che dire.
Dare delle spiegazioni a Meg era un’impresa quasi impossibile. Era impossibile dirle di averle mentito.
In che guaio s’era cacciata?
Si allontanò di poco da Marco “Meg... io... ti ho mentito...” Meg scosse la testa e batté un piede contrariata “TU! STUPIDA DI UNA KAREL! Finisci quel che stavi...” guardò Marco con un’espressione di disgusto “facendo con costui...” Interruppe Karel e continuò “NO! Le spiegazioni... me le dai un’altra volta... vi... lascio... soli...” disse facendo grandi passi all’indietro e lasciando perplessi e un po’ sconvolti .
Karel e Marco si guardarono al quanto confusi “IO, ho DECISAMENTE bisogno di un posto TRANQUILLO” sillabò Karel “Posso... venire con te?” chiese timidamente Marco speranzoso, Karel lo guardò per qualche secondo e poi ghignò “OH! Mi farebbe molto PIACERE”.


FINE.

Jade(Autrice): RECENSITE PERDINCI!
Ma: ...
K: ...
Tutti( tranne Adrian e Meg): OCCIELO!
Ad & Meg: SARETE SEMPRE NEI NOSTRI CUORI... ANCHE ORA CHE NON CI SIETE PIU’
J: ma che diamine...
K: TI PREGO! Basta con questi dialoghi di mezzanotte passata... VAI A DORMIRE E FALLI SMETTERE!
Tutti (proprio tutti): * sbadigliano, borbottano, salutano alla rinfusa*
J: * manda segnali di fumo per farsi aiutare *  
* non c’è nemmeno un’anima *
J:  * si accascia a terra, si rannicchia, si chiude a riccio e fa scendere una lacrima*
*L a stanza si oscura e l’immagine si dissolve nel nero *

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