Verdi come il mare.

di MegJung
(/viewuser.php?uid=242258)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fabbrica abbandonata ***
Capitolo 2: *** Casa McBean ***
Capitolo 3: *** Abissi e terre emerse ***
Capitolo 4: *** La comunità degli zingari ***
Capitolo 5: *** La stanza da letto di Dennis ***
Capitolo 6: *** Il terrazzo ***
Capitolo 7: *** La stanza segreta ***
Capitolo 8: *** Il mare sotto la Craig ***



Capitolo 1
*** La fabbrica abbandonata ***


La Craig, ecco come si chiamava la vecchia fabbrica abbandonata situata vicino al mare. Essa, da quando è stata chiusa, è stata luogo di tante vicende: il parco giochi di tanti bambini nelle giornate soleggiate e calde, ma anche un posto di ritrovo per amanti innamorati sotto il chiaro della luna. Kyle e Jamie erano due ragazzi che solevano andare alla Craig nelle calde notti d'estate per giacere soli, avvolti dal telo oscuro della notte. Una sera di luglio i due si incontrarono sempre nel loro vecchio caro posto, scambiandosi un bacio teneramente. Mano nella mano andarono nel luogo più nascosto della fabbrica, una piccola stanza con all'interno un grande letto sfasciato. Ma che importava del posto se si stava con la persona che si ama di più?
Erano la classica coppia che insieme formava l'articolo "il". Kyle era alto e magro, di carnagione scura; aveva una folta chioma di capelli mossi color cioccolato e gli occhi grandi dello stesso colore. Jamie era decisamente bassa e mingherlina, dalla pelle chiara; lunghi capelli lisci castano chiaro la incornicivano, sul viso due occhi celesti come il cielo.
Si stesero entrambi sul letto e con dolcezza si sfilavano, uno alla volta i vestiti. L'uno spogliava l'altro, facendo in modo che la situazione diventasse più scottante, si stringevano fra loro sfiorandosi lascivamente. Si unirono ardentemente e con furore si davano ai piaceri carnali.
Nella Craig, aguzzando l'udito, si poteva sentire solamente il flebile lamento di piacere dei due innamorati che si univano.
Ma la vecchia fabbrica abbandonata non era solo un teatro d'amore, essa nascondeva le vicende più macabre che la mente umana può concepire.
Una setta satanica dava sfogo al suo credo li, mettendo in atto riti osceni e sanguinari.
Il loro capo era uno degli assassini più ricercati dello stato, Dennis McBean, ma nessuno lo conosceva così: lui era noto come il "mecellaio", nessuno era conoscenza del suo vero nome. Egli arrivò con i suoi compagni, pronto per celebrare il loro culto in tranquillita, ma c'era qualcosa che li disturbava.
Dennis e i suoi seguaci iniziarono la caccia verso quella presenza indesiderata ininterrottamente, con le torce elettriche in mano, illuminando con deboli punti luminosi la Craig. La ricerca continuò finché non trovarono i due ragazzi,  che ignari di tutto furono trovati completamente nudi durante il coito. Essi furono furiosi con loro per essere stati un elemento di disturbo e ritardo per il loro rito, ma al tempo stesso erano felici di aver trovato ciò che mancava per effettuarlo. Si guardarono negli occhi con uno sguardo complice e sui loro volti apparve un sorriso inquietante.
Se l'amore solitamente porta la vita, quella volta divenne la causa della loro morte; ciò che doveva essere un tempo passato fra baci ed dolcezza divenne una notte di supplizio e trapasso.
Jamie e Kyle furono presi con forza, fra urla e strepiti, e utilizzati per le pratiche di quegli esaltati. Nessuno poteva sentire l'urlo dei due adolescenti, durante la notte, vicino alla Craig non passava anima viva. Presero lo sperma di lui e le secrezioni e il sangue vaginale di lei, li mischiarono in una coppa e il tutto fu consumato. Uccisero atrocemente i due innamorati e insieme ad essi, tutti insieme, fecero finire il rito in un'orgia all'insegna della necrofilia.
Quando la cerimonia terminò i due cadaveri furono conservati in una stanza segreta, che solo gli appartenenti a quella setta conoscevano. Furono appesi al soffitto con un gancio da macellaio inserito nelle loro bocche e insieme al loro vi erano un altra miriade di cadaveri che facevano compagnia. Furono segregati la dentro, nel buio più totale, senza che alcun raggio di sole potesse rivelare il segreto che nascondeva la setta di McBean.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Casa McBean ***


Dopo aver sporcato per l'ennesima volta la coscienza con l'ennesimo omicidio, Dennis tornò nella sua dimora, erano le sei del mattino e il sole già cominciava a splendere.
Abitava in un piccolo appartamento al secondo piano, di giorno faceva l'impiegato e non poteva permettersi grandi cose. Quando entrò in casa, regnava il silenzio, udiva solo il rumore dei suoi stessi passi. Silenziosamente aprì una porta, era una stanza da letto e intravide sul giaciglio, fra le coperte la chioma riccia e scura di sua figlia che stava dormendo, Sylvia. Era la cosa più preziosa che possedeva, era l'unica persona per cui non avrebbe mai avuto il coraggio di ucciderla. La amava molto, anche se non parlavano quasi mai, visto che lui era spesso assente. 
Egli viveva da solo con la sporadica compagnia di Sylvia, aveva divorziato da sua madre dieci anni fa, quando la figlia aveva solo cinque anni. Adesso era una ragazza di quindici anni, all'oscuro della terribile e inquietante seconda vita del padre.
Dennis, dopo aver scorto sua figlia si diresse nella sua camera da letto, si svestì fino a rimanere in mutande e andò a dormire profondamente.
Verso le nove Sylvia si svegliò, si accorse che suo padre era tornato a casa e lo lasciò dormire indisturbato. Non gli importava più di tanto quello che il padre faceva durante la notte, lei non aveva la più pallida idea di cosa commettesse. Pensava che stava con le prostitute dell'autostrada vicino casa o che frequentasse i bordelli, ma non le passava neanche dall'anticamera del cervello che lui fosse il terribile "macellaio".
La ragazza sentì il suo stomaco brontolare e si recò in cucina, in cerca di qualcosa da mangiare. Aprì il frigo, c'erano poche cose: una confezione di latte, frutta, carne e altre cose di poco conto, erano sempre al verde. Sylvia prese una tazza di latte e ci intinse dentro dei biscotti presi dalla credenza. Faceva caldo e indosso aveva solo il reggiseno e gli slip bianchi, non si sarebbe vergognata se suo padre l'avesse mai vista in quel modo.
Dennis si alzò un ora dopo e trovò la figlia nel salotto, stesa sul divano, a leggere un libro; la ragazza non si curò della presenza del padre.
- Che hai fatto ieri sera? -  chiese serio Dennis.
- Niente, io sono rimasta qui con delle amiche e insieme ci siamo viste un film - rispose candidamente senza togliere lo sguardo dal libro - piuttosto tu che hai fatto? Sei stato fuori tutta la notte - il suo tono sembrava un po'un rimprovero.
- Sono stato con degli amici - tagliò corto, cercando di essere evasivo.
Passarono il resto della giornata senza scambiarsi una parola.
Dennis trascorse il tempo fuori casa, non andando a lavoro se ne stava sempre peregrinando in giro. Stava sempre nel suo bar preferito con i suoi amici, i suoi seguaci di notte, bevendo e chiacchierando. Beveva e anche parecchio, Sylvia un sacco di volte ha avuto a che fare con il padre sbronzo che in quelle condizioni era estremamente pericoloso.
Quel giorno stranamente Dennis tornò prima a casa, non si sentiva molto bene, un forte mal di testa lo stava tormentando e non riteneva opportuno rimanere al bar.
Sylvia sentì il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva, non si era aspettata che il padre sarebbe tornato così presto.
Egli si stese sul letto e cercò di addormentarsi, ma il dolore era insopportabile, arrivò notte e ancora non aveva chiuso occhio.
Improvvisamente verso l'una di notte cominciò a sentire dei gemiti, come di una donna che ansimava per un orgasmo. Sospiri e respiri irregolari riempirono le orecchie dell'assassino, inizialmente pensò che era l'amplesso dei vicini, ma considevando che erano una coppia di ultra ottantenni era alquanto improbabile. 
Entrò nella stanza della figlia e spaventato gli chiese:
- Senti anche tu queste voci ?-.
Sylvia si svegliò di soprassalto e dopo essersi ripresa dallo spavento rispose:
- No, io non sento nessuno -.
Dennis credeva che stava per diventare pazzo, ma poi gli ritornò in mente una scena: la scena dell'uccisione dei due ragazzi. Era avvenuta nella stessa ora.
Aveva ucciso tante persone e mai sentito una voce, ma perchè con questi stava succedendo?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Abissi e terre emerse ***


Dopo diverse ore insonni, le voci, i sospiri e i gemiti nella testa di Dennis decisero di dargli pace. 
Guardò l'orologio, erano quasi le quattro del mattino e finalmente anche per lui calò il silenzio. Verso quell'ora i due ragazzi morirono assiderati, ma pareva che le loro voci continuassero a sentirsi attraverso la mente di quell'assassino. McBean aveva ucciso tante persone, ormai non faceva nemmeno il conto di quante fossero le sue vittime, ma nessuna lo aveva disturbato tanto. 
Dennis si alzò dal letto, andò presso il balcone e si accese una sigaretta, sperando che l'aria fresca della notte lo avrebbe fatto sentire meglio. 
Quando ritornò in camera apparve qualcosa di insolito nella stanza, su una parete era scritto con un pennarello indelebile nero Kyle + Jamie all'interno di un cuore. All'inizio rimase un po'perplesso, l'unica che avrebbe potuto fare quel disegno era Sylvia, ma non aveva motivo di farlo.
Gli balenò in mente un ricordo angosciante che lo fece trasalire.
Gli apparve in mente il momento in cui trovarono i due ragazzi nudi che stavano copulando, ma lo sguardo non era su di loro, ma su un muro vicino .
C'era lo stesso e identico disegno.
L'assassino si turbò, ma cercò di rimanere calmo, prese della vernice dallo scantinato e coprì quello scarabocchio.
Nello specchio apparve la sua immagine, stava in mutande, trafelato, con il sudore che luccicava sulla sua pelle dorata e gli occhi ambrati iniettati di sangue per le notti in bianco.
Si stese sul letto e si avvolse fra le lenzuola bianche, fissando il soffitto bianco e con l'odore di vernice fresca che gli entrava penetrante nelle narici, inizio a rimuginare su quello che gli stava succedendo.
Aveva collezionato tanti cadaveri, ma gli ultimi che uccise avevano qualcosa di particolare sicuramente.
Chi erano loro? 
Come facevano a perseguitarlo se erano morti?
Loro non erano proprio umani.
 
Da diversi secoli, creature marine dalle sembianze umane convivevano con gli uomini presso le città costiere. Non si poteva distinuere un essere umano da loro, oltre che essi si adattarono subito alle usanze e i costumi della società.
Essi vivevano in armonia e serenamente, gli umani non sapevano che essi vivevano fra loro. Ben presto cominciarono a unirsi con uomini, formando così delle lunghe stirpi che contribuirono il loro perpetuare nel tempo.
Avevano un rito particolare, ma indispensabile per loro, quando uno di loro moriva veniva bruciato e le sue ceneri venivano buttate in mare; se non succedeva l'anima del defundo sarebbe diventato uno spettro spietato che poteva apparire al suo carnefice nelle sembianze più terribili, seminando di inquietanti avvenimenti la sua vita, fino a farlo portare alla follia. Erano spiriti vendicativi e molto scaltri, se offesi, avrebbero vagato senza pace finchè il loro cadavere non sarebbe diventato cenere e quest'ultima doveva essere data al mare. Quelle creature avevano origine dagli oceani e le loro spoglie dovevano ritornare fra la spuma delle onde del mare.
Kyle e Jamie forse non sapevano nemmeno di appartenere a quel popolo, ma non avrebbero dato pace a McBean e altri finché non avrebbero ottenuto quello che volevano: vendetta in terra e cenere negli abissi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La comunità degli zingari ***


McBean fu svegliato dalla luce del sole, non potendo più riposarsi decise di farsi un giro.
Indossò una T-shirt verde, un paio di jeans e un cappello con visiera per nascondere i suoi capelli ricci disordinati.
Erano le nove e mezza, di solito verso le ore mattutine non era insolito trovare in quel quartiere gli zingari con i loro vestiti consumati e variopinti che chiedevano l'elemosina.
Una gitana stava sempre vicino la soglia del portone del condominio dove abitava Dennis, ogni volta che la donna vedeva l'impiegato lo guardava male e gli diceva cose strane in tono apocalittico.
Quel giorno i due si incontrarono e la zingara, come al solito, comiciò ad emanare quelle strane sentenze sul conto di Dennis.
- Tu hai fatto molte cose malvagie - esordì con uno strano accento - e l'ultima che hai fatto la pagherai a caro prezzo! -.
- Zitta pazza - sbottò Dennis stringendo i denti - tornatene nel tuo paese! -.
L'incontro terminò con McBean che snobbò la gitana e continuò a camminare per la sua strada. Quello che non aveva messo in conto era che la sua adorata figlia, Sylvia aveva visto tutta la scena dalla finestra e che quello che aveva avvistato l'aveva lasciata alquanto perplessa.
"Perchè la zingara aveva detto così?" pensò la ragazza "perchè ce l'aveva sempre con mio padre? Se aveva ragione lei e lui era davvero malvagio?".
Non poteva saperlo, oltre che appena alzata dal letto non riusciva a comprendere e a ragionare molto bene. Andò in bagnò e guardò il suo viso trasandato allo specchio, i capelli scuri arruffati gli scendevano sulle spalle e per il sudore erano appiccicati al viso, il suo sguardo era ancora assonnato. Aprì il rubinetto del lavandino per sciaquarsi il viso, ma pochi secondi dopo che l'acqua sgorgò accadde qualcosa di insolito.
Al posto dell'acqua iniziò ad uscire una strana sostanza liquida rossa che pareva sangue mescolato con qualcos'altro.
La ragazza spaventata chiuse il rubinetto e il liquido smise di sgorgare, tingendo il lavandino di rosso.
"C'è qualcosa che non va" pensò Sylvia.
L'atmosfera si stava facendo sempre più surreale e la ragazza era sempre più confusa. Fissando lo specchio vide improvvisamente la figura di due ragazzi dietro di lei, non avevano un aspetto malvagio, ma non capiva come fossero arrivati. Si voltò di scatto, ma non trovò nessuno.
La situazione era troppo strana, Sylvia si rese conto c'era qualcosa che non andava, ma non capiva cosa fosse.
Poi le venne in mente l'unica persona che forse poteva spiegargli quello che le stava accadendo: la zingara sotto casa.
Aveva sempre diffidato di quelle persone, data la loro cattiva fama, ma in quel momento era indispensabile averci a che fare. Scese sotto casa e trovò la donna seduta sul marciapiede, doveva avere una quarantina d'anni. Era una signora dalla carnagione olivastra, con i lineamenti dolci; aveva una folta chioma di capelli neri corvini crespi, raccolti in una treccia ;gli occhi nero carbone che le conferivano uno sguardo amaliante e penetrante e la bocca era carnosa e sensuale. Era difficile non notarla, indossava un lungo abito rosso e verde scargiante e ai piedi scalzi aveva delle cavigliere d'oro che luccicavano al sole.
Sylvia timidamente si avvicinò alla zingara.
- Tu mi devi aiutare - disse schivamente la ragazza.
La zingara si voltò verso di lei e la guardò con un'espressione di una che le stava dando ascolto.
-Devi dirmi cosa sai di mio padre - continuò.
La donna si alzò e invitò la ragazza a seguirla, Sylvia accettò il suo invito.
- Devi sapere che io non sono semplicemente una nomade che chiede l'elemosina - esordì la donna, la sua voce era bassa e quasi sensuale - sono Kalika, una medium e sono spesso in contatto con gli spiriti -.
-Ma perchè hai preso di mira mio padre? -.
La donna senza chiederle neanche chi fosse suo padre le rispose:
- Tuo padre ha reso dannate tante anime e ha disturbato degli spiriti del mare - 
- Anime dannate? Spiriti? Cos'ha fatto? - la ragazza era ancora più perplessa.
- Tuo padre ha ucciso tante persone, non sai chi è realmente, durante la notte è il terribile "macellaio" -.
Sylvia non poteva credere a quello che aveva appena sentito.
- Non è possibile, non può essere lui - balbettò.
- Se non crederai a me, farò in modo che tuo padre stesso te lo dirà -.
Intanto passeggiando Sylvia e Kalika erano giunte nella coloratissima comunità degli zingari, un posto al quanto affascinante e misterioso. La zingara entrò in una tenda e ritornò con in mano una specie di maschera di protezione per gli occhi. Kalika diede l'oggetto alla ragazza.
- Non vuoi credermi? - disse la gitana con tono di sfida - sarà tuo padre stesso a confessare i suoi delitti -. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La stanza da letto di Dennis ***


Sylvia ritornò a casa con quello strano oggetto che le aveva dato la zingara. Non sapeva se credere o meno a quello che le aveva detto, ai medium non ci aveva mai creduto, ma non credeva neanche che dal lavandino di casa sua uscisse sangue. Lasciò quella strana mascherina trasparente sul tavolo della cucina e tornò a fare i fatti suoi.
Amava leggere, prese un romano dalla libreria in salotto, si mise comoda sul divano mezzo scassato, con le cuffie nelle orecchie, finalmente si rilassò.
Dopo l'incontro con la gitana, l'episodio del bagno e lo spaventoso mal di testa del padre, non aveva nessuna intenzione di pensare. Più rimuginava su quelle cose più l'ansia le aumentava e visto che non aveva nessuna intenzione per stare male a causa delle stranezze altrui, si estraniò entrando nel mondo della musica e dalla lettura.
La ragazza si lasciò trasportare leggera in quel mondo fittizio fra note musicali e parole, la sua mente fluttuava in una dimensione dove finalmente poteva sentirsi libera.
Sylvia. 
Una voce femminile dolce e pacata parlò alla ragazza. Sylvia si guardò intorno, il suo animo si turbò di nuovo. Si sfilò le cuffie e andò a controllare per casa se ci fosse qualcuno, ma non c'era anima viva al infuori lei.
"Chi mi sta parlando" pensò la ragazza pensando di star delirando.
- Chi sei tu? - chiese a voce alta, con tono spaventato, senza ottenere risposta.
Non vogliamo farti del male Sylvia, vogliamo solo che ci vendichi.
Stavolta la voce era una voce maschile, bassa e calda.
La ragazza non riusciva a capire più nulla, l'ansia la stava facendo respirare male, le sembrava che tutto le stava girando attorno e si andò a sedere sul divano per non cadere.
- Chi siete? - sussurrò la ragazza.
Siamo Kyle e Jamie, i due ragazzi apparsi dietro di mentre eri davanti allo specchio.
- Siete spiriti? -.
Esatto, noi siamo state vittime di tuo padre, ci ha ucciso. Lui è il "macellaio".
- Cosa volete da me? -.
Ci devi vendicare, devi uccidere tuo padre.
- Non posso, non ci credo - disse sconcertata Sylvia - lui non è un assassino! - sbraitò furiosa.
Non ci credi come hai fatto con Kalika? Stanotte ne sarai certa.
- Io non ho paura di voi! - disse determinata, ma sapeva benissimo che stava ingannando solo se stessa.
Le voci non si fecero più sentire.

Arrivò sera, Dennis tornò a casa e trovò la figlia che stava guardando una trasmissione alla televisione in tutta tranquillità. Dopo averla controllata un attimo andò in cucina e li trovò sul tavolo la mascherima trasparente. Incuriosito prese lo strano oggetto e andò in camera da letto a studiarsi quel manufatto. Era una strana visierina trasparente con delle astine dorate su cui erano incise dei strani segni. Spinto dalla curiosità infilò quella maschera.
Sylvia stava beatamente vedendo la sua trasmissione preferita quando sentì il padre urlare nell'altra stanza. Raramente era entrata nella camera del padre, aveva sempre tenuto le distanze da quel posto. Ma in quel momento la ragazza corse dal padre che fu trovato seduto sul letto, con la testa fra le mani. L'uomo aveva indosso la mascherina della zingara a con sgurado terrorizzato sembrava guardare nel vuoto.
- Non è possibile! - urlo Dennis continuando a fissare in una direzione ben definita - io vi ho ucciso non potete essere qui! -.
Con chi stava parlando? Perchè aveva paura?
Sylvia cercò di mantenere sangue freddo e rimase li a osservare cosa avrebbe fatto il padre.
Improvvisamente cominciarono ad apparire sui muri delle scritte fatte con un pennarello indellebile.
Kyle+Jamie all'interno di un cuore.
Dennis era diventato pallido come il lenzuolo del suo letto e cominciò a imprecare ad alta voce.
- Si, è vero sono io il "macellaio"! - iniziò - vi ho ucciso! -.
Visto Sylvia? Tuo padre ha confessato!
La ragazza scioccata, stupita per la predizione e per il ritorno di quelle voci, fece un respiro profondo e, sul punto di piangere, chiese al padre ormai fuori di sè:
- Papà, è tutto vero? -.
- Si - disse rassegnato il padre.
Dennis vedeva gli orrendi fantasmi dei due ragazzi, ma per un secondo riuscì a vederli anche Sylvia.
Due ragazzi, un maschio e una femmina, entrambia pallidissimi, mutilati, nudi e deturpati. Lei aveva un paio di occhi grigi che le davano uno sguardo talmente freddo da far raggelare le vene; lui due occhi neri che parevano due punte sottili di lame di pugnali.
Dopo la visione di quegli spiriti agghiaccianti, Sylvia trasalì e il terrore pervarse nel suo corpo, il suo cuore batteva frenetico e i suoi occhi erano sgranati dalla paura. Poco dopo riuscì a riprendere in controllo e calò il silenzio nella stanza.
- Io sono il "macellaio" - disse Dennis, accasciato a terra sul freddo pavimento, rompendo la quiete - gli spiriti mi hanno detto che tu mi ucciderai -.
Il suo sguardo incontrò quello della figlia atterrito.
- Ma non se ti ucciderò prima io! - sbraitò l'uomo.
Dennis il dolce padre di Sylvia era scomparso, egli era impazzito, in lui era rimasto il terribile "macellaio" per sempre. Il "macellaio" non aveva  compassione per nessuno e non avrebbe esitato ad uccidere neanche la carne della sua carne. Aprì un cassetto del comò e uscì fuori un machete. Si avventò con l'arma bianca sulla figlia ma questa riuscì a scivarlo per poi scappare via dalla stanza.
Forse c'era una ragione se Sylvia aveva sempre avuto paura di entrare nella stanza da letto del padre.


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il terrazzo ***


Sylvia scappò via dalla camera del padre, se si poteva ancora chiamare così. Uscì di casa e cominciò a correre verso i piani superiori, precipitandosi sulle scale mentre il "macellaio" la seguiva con il machete e lo sguardo pulsante di sangue dalla furia. La fuga  per la ragazza ebbe il capolinea quando arrivarono al terrazzo e non aveva più via d'uscita. Sul posto stavano facendo dei lavori di ristrutturazione, infatti il luogo era polveroso e cosparso ovunque di attrezzi da lavoro. Sylvia cadde su una cassetta di metallo per gli attrezzi, scivolando a terra si ritrovò davanti a un piccone.
Avanti che aspetti? Prendi quell'arnese e uccidilo!
Lei non voleva farlo, ma dietro di lei c'era l'assassino che la stava raggiungendo, pronto ad ucciderla.
La ragazza capì finalmente che quella persona non era suo padre, ma un folle omicida che voleva vederla qualche metro sotto terra. Di Dennis McBean rimase solo la sua parte folle, omicida e sanguinaria, quella  del "macellaio", del padre affettuoso e un po'burbero non era rimasto più nulla. Quell'uomo era morto con la follia che fece dare il sopravvento alla parte assassina che era in lui.
Sylvia si fece coraggio, prese il piccone e aspettò che il "macellaio" la raggiungesse. Fece tacere quella vocina che dentro di lei le diceva che quell'uomo era ancora che era suo padre.
"Bugiarda!" pensò Sylvia " sei solo una bugiarda coscienza mia!".
L'uomo raggiunse l'adolescente e con sguardo da maniaco e la bava in bocca, pronto a conficcare la sua arma bianca nella tenera carne della ragazza. Ma Sylvia fu pronta e sferrò una picconata nello stomaco del "macellaio", facendolo stendere a terra. Non datosi per vinto McBean si alzò e ancora più furioso andò ad attaccare Sylvia.
Iniziò così un duello a suon di coltello e piccone.
La battaglia continuò finché la ragazza si ritrovò con dietro la fine del terrazzo, un solo passo indietro e Sylvia sarebbe caduta e spiaccicata sull'asfalto della strada.
Non puoi morire! Tu devi vendicarci!
La ragazza allora sferrò ancora una picconata sullo stomaco di McBean facendolo cadere a terra e spostandolo un poco. Il coltello scivolò dalle mani dell'assassino e l'arnere sguscio troppo lontano per essere ripreso. Per Dennis era ormai insorabile la fine.
La ragazza era in piedi di fronte a lui seria, con il piccone fra le mani.
Avanti! Dà il colpo di grazia!
Sylvia alzò il piccone in alto e, con le lacrime negli occhi, conficcò l'attrezzo nel cuore dell'uomo, dandogli il colpo mortale.
La ragazza rivide per l'ultima volta il corpo senza vita di quell'uomo che le somigliava tanto, si mise in ginocchio, e pianse sul cadavere di quello che un tempo era suo padre. L'aveva ucciso, non aveva avuto scelta, era stata messa con le spalle al muro da un uomo che aveva ucciso il Dennis McBean che conosceva.
Brava Sylvia ce l'hai fatta!
- Cosa volete ancora? - sbraitò la ragazza agli spiriti - ho ucciso mio padre e finirò in manicomio, dopo che la polizia scoprirà tutto questo! -.
No Sylvia, noi abbiamo pensato anche a te, però devi fare un'ultima cosa.
- Cosa volete ancora? -.
Devi andare alla Craig, tuo padre aveva li una stanza segreta dove ha rinchiuso i nostri cadaveri. Tu devi bruciare i nostri corpi, buttarne le ceneri a mare e allora sarai libera.
Sylvia ormai abituata ad ascoltare le voci dei due ragazzi, scese velocemente le scale del palazzo, finchè non ne uscì e corse verso la strada che portava alla fabbrica abbandonata.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La stanza segreta ***


Sylvia corse finché non arrivò all'entrata fatiscente della fabbrica. Non era mai andata in quel posto e appena ci entrò si sentì disorientata. Non sapeva da dove cominciare la sua ricerca, il posto, in ogni punto che lo vedeva, le pareva sempre uguale, Sylvia si sentiva una creatura smarrita.
Cercò di silenziosa nei vari cunicoli, mentre si sentiva lo scricchiolio del suo passo che schiacciava i vetri rotti. Ma tutto le sembrava uguale, quella fabbrica le sembrava un immenso labirinto che la riportava sempre nella stessa direzione.
Allora stufa la ragazza dei suoi tentativi a vuoto, chiamò in causa gli spiriti.
- Voi mi avete fatto venire qui - disse con tono alterato - Kyle e Jamie adesso ditemi dove devo andare! -.
D'accordo ascoltaci e ci arriverai.
Con la giuda delle voci Sylvia esplorò le varie posti della fabbracia, il luogo di produzione, di assemblaggio e altri.
Arrivarono in una stanza bianca e vuota, dove l'unica cosa presente era un letto scassato. Era un luogo polveroso, freddo, le pareti bianche avevano il colore a pezzi, eppure sembrava un posto che conservava tanto calore. Il letto era sul limite del collasso a terra , era macchiato da delle chiazze di sangue e sperma, la stessa sostanza che era uscita dal rubinetto il giorno prima. Sulla parete vicina al giaciglio vi era una scritta, era nero su bianco, Kyle+Jamie all'interno di un cuore, lo stesso scaraboccio che era apparso nella stanza del padre.
- Qui vi hanno ucciso vero? - chiese Sylvia, per lei quegli spiriti erano quasi diventati degli amici.
Si, qui tuo padre ci ha scoperti mentre stavamo facendo l'amore.
- Mi dispiace -.
Non è colpa tua.
Dopo aver dato luce al triste ricordo della tragedia dei due innamorati, Sylvia continuò il suo percorso con gli spiriti che invisibili le stavano vicini.
Mentre andavano verso la stanza, Sylvia vide sulla strada una coppa di metallo con all'interno il solito liquido, tanti segni cominciarono ad essere finalmente chiari.
Arrivarono in un cortile aperto, sembrava che la fabbrica fosse finita e Sylvia confusa, non sapeva dove andare visto che pensava che la fabbrica fosse finita.
- Bene e adesso? La fabbrica è finita! -.
No Sylvia, guarda bene a terra.
Fece come dissero gli spiriti e guardò a terra, ma ciò che riusciva a vedere erano solo foglie e detriti della fabbrica.
- Aiutatemi -.
La botola vicino l'olivo.
Doveva cercare l'olivo, l'unico albero presente sul cortile era proprio quello, quindi la ricerca non fu molto lunga.
Sotto l'albero trovò una botola di legno, con fatica l'aprì e ci entrò dentro. All'interno a tentoni la ragazza trovo un interruttore e lo accese.
Davanti a lei apparve il macabro spettacolo della setta di McBean. Un' immensità di cadaveri nudi, in decomposizione e mutilati erano appesi con ganci da macellaio al soffitto e in fondo alla stanza di potevano intravedere i corpi senza vita di Kyle e Jamie non ancora deturpati dalla putrefazione.
Adesso brucia tutto.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il mare sotto la Craig ***


Mancava poco e Sylvia finalmente si sarebbe liberata da quell'incubo.
Solo una cosa doveva fare: bruciare i cadaveri nella botola, ma come? Sylvia non sapeva come porre fine a quel dramma che le aveva portato via suo padre, non si sarebbe mai aspettata di trovare dentro di lui un uomo così perverso e scellerato. 
A Sylvia venne un'idea, ricordò che all'interno della fabbrica era pieno di taniche di benzina e aveva in tasca un accendino che aveva preso di nascosto dal padre.
Corse verso la fabbrica e andò a cercare in un scomparto, vicino alla stanza dove Kyle e Jamie avevano passato la loro ultima notte d'amore.
In un angolo vi erano ammassate molte taniche impolverate, la cui maggior parte erano vuote, Sylvia iniziò a cercare disperata un contenitore che avesse un po'di quel tanto famigerato liquido scuro. Dopo che la ragazza di si insozzò completamente di polvere controllo l'ultima tanica e questa era miracolosamente piena. 
La ragazza prese il serbatoio e felice si diresse verso la botola, era così allegra per il fatto che era vicina alla sua liberazione che non sentiva il peso di quello che stava trascinando.
Aprì la botola e ci versò all'interno il liquido scuro.
Coraggio, ci sei quasi.
Sylvia non vedeva l'ora, era quasi alla fine e sorridente fece cadere l'accendino acceso nella stanza segreta.
Una fiammata prese tutto e si poteva vedere anche fuori dal botola aperta.
La ragazza guardò quello spettacolo di fiamme e le scintille che volavano leggere nel cielo.
Grazie Sylvia per averci ascoltato, adesso avrai la tua ricompensa, sarai libera come lo siamo noi.
Il corpo di Sylvia iniziò a sgretolarsi e a diventare cenere, anche se non stava bruciando, non stava provando dolore, ma era spaventata per quello che le stava succedendo.
Quando diventò completamente polvere, dalla botola fiammeggiante uscì fuori zampillante la cenere dei cadavere dei due spiriti che iniziò a librare leggera nell'aria unendosi a quella di Sylvia.
In lontananza c'era qualcuno nascosto che stava guardando quello spettacolo: la medium Kalika sorridente, lei sapeva che sarebbe andata a finire così.
Quella nube leggera di cenere fluttuò fino al mare cristallino per fondersi con esso.
Ma aveva qualcosa di particolare quelle polveri, essa non era grigia come era consuetudine.
Era dello stesso colore degli occhi di Sylvia: verdi come il mare. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1305525