Can you forgive me for who I've been?

di olly winch
(/viewuser.php?uid=166476)

Disclaimer: Questo testo proprietā del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dā diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Can you forgive me for who I've been? -Part 1.- ***
Capitolo 2: *** Can you forgive me for who I've been? -Part 2.- ***



Capitolo 1
*** Can you forgive me for who I've been? -Part 1.- ***


Buon giorno/buonasera/'notte! (Dipende dai punti di vista.)

I Chem mi hanno aiutato molto in questo periodo, e se non ci fossero stati loro probabilmente ora non so se sarei ancora qui. Mi hanno aiutato anche a parlare di lei, e soprattutto a scrivere su di lei. Li ringrazio infinitamente.

Non ho nulla da dire su questa ff. Solo che avrà due parti e che ho stravolto i fatti e le date per rendere più ''credibile'' la ff.

Non scrivo nulla di tutto ciò a scopo di lucro, non conosco realmente i membri del gruppo dei My Chemical Romance. (MA MAGARI!)

L'ho scritta solo per lei, quindi se la leggete o no, fottesega.

E' per lei.





Per te, nonna.

Mi dispiace così tanto. Mi sento tremendamente in colpa. Ma ora è inutile lamentarsi. E' troppo tardi.

Avrei solo dovuto essere una persona migliore.

Ed ora che non ti ho più al mio fianco, non posso fare altro che illudermi e scrivere di te.

Spero solo che ti piaccia.


***




Can you forgive me for who I've been?


-Part 1.-




-Non dargli peso, tesoro. Non farti influenzare dai loro pregiudizi. Non lasciare più che ti facciano del male. Loro non sono nessuno per farti questo. Mi hai capito?- Con quelle dolci ma ferme parole mia nonna Helena riuscì a frenare i miei instancabili singhiozzi. Mentre mi stingevo più a lei, facendo prigioniero delle mie narici il suo odore che sapeva così tanto di casa.

Mi teneva stretto sul suo letto. Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, quello era l'unico posto dove veramente mi sentivo a mio agio.

Tutti i giorni passavo da lei, per tenerle compagnia, per raccontarle di me e della giornata appena trascorsa e soprattutto perché volevo riempirmi l'anima di lei.

Solo che quel giorno era successo l'inevitabile.

Ero seduto sull'imponente gradinata che preannunciava l'imponente edificio del mio fottuto liceo, con imponenti teste di cazzo al suo interno.

Fumavo la mia santissima sigaretta, gustandomela perché avevo aspettato troppo tempo prima di poter estrarre quella dolce droga che era la nicotina e che mandava in estasi i miei nervi che subito si rilassavano.

Mi guardavo intorno. ''Troia, coglione, troia, stronzo, troia, sbruffone.. uno scoiattolo!'' Mi divertivo a classificare tutti i bellissimi esemplari di animali che frequentavano quello schifo di liceo.

Poi la mia attenzione fu catturata da un gruppetto di scimmioni in un angolo nascosto agli altri da grandi alberi, ma che io dalla mia posizione riuscivo ad osservare perfettamente. Gli animali stavano pestando qualcuno, lo vedevo dalla disposizione dei corpi. Due evidentemente tenevano le braccia al povero mal capitato -come se tenerlo fermo sarebbe servito. Non potevi comunque ribellarti.- e altri tre si alternavano a colpirlo in ogni parte del suo corpo, con calci, pugni, ginocchiate e gomitate.

Erano solo dei codardi e degli sfigati. Cinque contro uno, è normale? Quello fece scattare la mia rabbia.

Lasciai tutte le mie cose li -zaino con dentro telefono e ipod, l'adorato giubbotto di pelle e l'ormai caduta sugli scalini amata sigaretta- e avanzai, quasi correndo, verso il gruppo di animali.

-Hey Jake!- Urlai. Riconobbi il viso del capitano della squadra di calcio -si quella scuola era così sfigata da poter giocare solo a calcio perché il campo non era grande abbastanza e non attrezzato.-

Quando si voltarono, scoprii lo sfortunato della situazione. Quando Mark e Paul gli lasciarono andare le braccia cadde sulle ginocchia, stremato e senza forze. Si sforzò ad alzare il capo, per vedere in volto chi era il suo salvatore. Io sbiancai.

Era lui. No, non poteva essere. 

Ero proprio furioso. Gli scimmioni stavano pestando a morte -si, perché per come era combinato se non fossi arrivato io la ''vittima'' non penso sarebbe sopravvissuta.- Frank Iero. Ovvero, il primo ragazzo, per cui avevo preso la mia prima sbandata. Anche se andava avanti dal primo liceo, ed ora mi trovavo al penultimo anno, non volevo definirla qualcosa di più di una semplice cotta. L'idea di soffrire per amore mi spaventava. Quindi per me era solo una cosa ''passeggera''.

-Perché tu e i tuoi scimmioni non andate a farvi un giro allo zoo? Guardate che se non lo fate di vostra spontanea volontà mi vedrò costretto a chiamare la protezione animale, che vi sederà e vi rinchiuderà in gabbie anguste.- Continuai strafottente, cercando di non mostrare tutta la rabbia e la frustrazione per quello che avevo visto.

-Cos'è Way, vuoi proteggere il tuo fidanzatino?- Se la rise Jake. -O dovrei chiamarti... checca.- Sorrise beffardo il bullo, che mi fece l'occhiolino per farmi capire di cosa stava parlando. E lui come lo sapeva? Come era venuto a conoscenza della mia ''cotta'' per Frank Iero?

Diventai rosso peggio della salsa che mia madre metteva sempre sulla pasta e mi avvicinai al calciatore. Gli diedi un pugno sullo zigomo con tutta la rabbia e l'odio che provavo verso di lui e tutti quelli che avevano fatto del male alla mia cotta.

Jake accusò il colpo, perché non se lo aspettava, o almeno non da uno come me, che non aveva praticamente muscoli e non era alto un metro e settordici come lui. Si voltò verso di me massaggiadosi lo zigomo che tra qualche minuto avrebbe iniziato a prendere un colore violaceo ed io avevo già indietreggiato di qualche passo, per darmi un vantaggio. Guardai il corpo inerme di Frank, in posizione fetale, mi guardava. I suoi occhi nascondevano, paura, rabbia, rassegnazion e... cos'era quella.. gratitudine? Per me?

Incatenai il mio sguardo al suo e gli feci cenno di scappare, ora, o non ne avrebbe più avuto occasione. Lui capì e cercando di non farsi notare dal branco si alzò a fatica e poggiandosi al muretto si allontanò.

Ero più tranquillo in quel momento. Ero riuscito nel mio intento, l'avevo salvato. Ora potevano anche pestarmi.

Jake mi guardò furioso. Io gli sorrisi beffardo, indietreggiando ancora. Pronto per una corsetta leggera.

-Prendetelo!- Urlò il bestione capo ai bestioni soldati. Non gli feci neanche muovere un passo che ero giù ritornato sulle gradinate a riprendere la mia roba. L'afferrai con una mano e scappai attraverso il bosco, che mi avrebbe portato dritto a casa Rush.

Dopo quelli che saranno stati trenta minuti buoni di corsa a perdifiato per seminare i bestioni soldati arrivai davanti casa di mia nonna. Sorrisi, poggiandomi alle ginocchia per riprendere fiato, per la mia impresa appena compiuta.

Avevo salvato Frank Iero. Ero riuscito a dare un pugno a quel coglione di Jake. Ed ero arrivato sano e salvo, senza neanche un graffio. Magari mi sarebbero servite svariate bombole di ossigeno, ma quello era solo un particolare.

Ma evidentemente avevo parlato troppo presto.


***


L'ho divisa in due parti perché se no veniva giù un papiello manco la divina commedia!

Alla prossima parte. (?)

E grazie, Stef. Per tutto.

XO

Lover.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Can you forgive me for who I've been? -Part 2.- ***


Non scrivo nulla di tutto ciò a scopo di lucro. Non conosco personalmente i membri del gruppi dei My Chemical Romance. I personaggi non mi appartengono, i fatti non sono realmente accaduti. Tutto frutto della mia immaginazione.


***


Seconda ed ultima parte. Tutta per te.

Nulla da dire, solo grazie.

PS: Ho stravolto ancora di più le cose ora. Perché Gerard non ha fratelli.

Ah, in questo capitolo c'è un narratore esterno. Non è più Gerard.


***





Can you forgive me for who I've been?


-Part 2.-





Gerard venne scosso per una spalla e sbattuto al muretto di cemento che circondava casa Rush.

Sbattè forte la testa, la vista gli si offuscò e non sentì tutti gli insulti che Jake gli stava urlando contro. Il bestione lo teneva fermo per una spalla, sentiva che se avesse continuato così si sarebbe fuso con il cemento per quando gli era attaccato.

-Ti farò passare i mesi peggiori della tua vita, Way! Tu non sai chi ti sei messo contro! Sei ingrossi guai, stronzo!- Ecco. Ora riusciva a vedere e a sentire il bestione che sbraitava.

-Mi sono messo contro il coniglio che crede di essere un dinosauro ma che è solo un codardo perché se la prende con un ragazzino e gli mette contro cinque bestioni come voi? Uh che paura guarda.- Disse con un filo di voce il moro, sorridendo beffardo. Sapeva che con quelle parole si stava condannando da solo, ma non voleva mostrarsi debole agli occhi di quei conigli.

Ormai la sua spalla non la sentiva più. Jake diventò rosso in viso, la rabbia scaturita dalle parole di Gerard. E lui sorrise, contento di aver avuto una specie di ''rivincita'' o ''vendetta'' dipende dai punti di vista.

La vista di Gerard gli si offuscò nuovamente, il dolore alla testa aumentò, e una mano gli afferrò anche l'altra spalla. Solo dopo capì che Jake lo stava ripetutamente sbattendo al muro di cemento. Era sicuro che gli sarebbe venuto un trauma cranico, ma non fa niente, lui aveva salvato Frank.

Gerard non aveva mai pensato a come morire. Ma morire per qualcuno che si ama, gli sembrava un buon modo per andarsene.

''Oh Cristo, ma che sei diventato Bella Swan? Andiamo Gerard! Non stai per morire. Al massimo ti ritrovi le costole rotte, diventerai una melanzana, e i tuoi connotati non saranno più gli stessi. Hey, ma almeno vivrai abbastanza per sentire il piccolo Frank che ti ringrazia per avergli salvato la pelle. E questo non ti sembra un buon modo per combattere? Su forza, reagisci!''

Una vocina nella sua mente continuava a sparare cazzate. Mentre il dolore che sentiva alla testa, al viso e allo stomaco aumentava a dismisura.
Non aveva più la vista sfocata, e pensava che forse la vocina aveva ragione. Doveva combattere per stare al fianco del suo Frankie e proteggerlo da quei bisonti.

Avrebbe tanto voluto combattere. Ma non riusciva a muovere le braccia. Poi capì che Paul e Mark, così come avevano fatto con Frank, gli tenevano fermi gli arti superiori per cercare di non far reagire la povera vittima.

Ma lui voleva ribellarsi. Lui doveva ribellarsi.

Con quelle poche forze che gli restavano tentò di dimenarsi, di sciogliere la morsa che sentiva alle braccia di cui stava perdendo lentamente la snesibilità. Paul e Mark aumentarono la presa.

-Tenetelo fermo, per Dio!- Sbraitò nuovamente Jake, che stava riempendo di calci, pugni e ginocchiate il busto di Gerard. -Ora non fai più tanto il duro, eh Way?- Continuò ridendosela il bestione. Samuel e Jared non stavano contribuendo anche loro a pestare Gerard, perché Jake aveva espressamente detto ''lui è mio.''

Improvvisamente si fermò, osservando che Gerard non tentava più di ribellarsi.

Il bestione si scostò, indietreggiò fino a dove il marciapiede si incontrava con l'asfalto. Guardò spaventato il corpo di Way Sanior. L'aveva ucciso. Si, ne era sicuro.

-Lasciatelo andare.- Disse serio e impassibile Jake Mayers. Aveva paura, e per questo era diventato così serio. Aveva paura di aver ucciso il primo ragazzo che si era permesso di amare. E anche l'unico, forse.

Mark e Paul lasciarono di scatto il corpo inerme di Gerard. Impauriti anche loro.

Il ragazzo che avevano appena pestato a morte si accasciò pesantemente al suolo. Gli occhi chiusi, il viso incrostato di sangue. Jake non voleva sapere cosa gli aveva combinato dentro. 

I cinque, spaesati e spaventati, lasciarono Gerard sul marciapiede, in una pozza di sangue.

Apparentemente... morto.


***


-Donna Way!- Sbraitò Helena al telefono. -Si può sapere che fine ha fatto tuo figlio? Non è ancora arrivato, e mi aveva detto che usciva alle tre! Ed ora sono le cinque e mezzo! Non è che non mi è venuto a salutare perché doveva uscire con una delle tante ragazzine?- Contunò la nonna dei fratelli Way. Anche se doveva ammettere che se Gerard non era passatoa trovarla perché era uscito con una ragazza ne era più che contenta. Forse però, avrebbe dovuto avvisarla, così non rischiava di prendere un infarto.

-No, mamma. Non è arrivato neanche qui. Infatti io pensavo fosse da te. Ma sta tranquilla, vedrai che si sarà fermato a chiacchierare con Ray e gli altri, o, come di ci tu, sarà uscito con qualcuna.- Parlò tranquillamente Donna. -Tra poco arriva, non preoccuparti.- Finì di parlare la donna.

-Ok.. ok. Ma se quando arriva a casa non mi chiama per dirmi tutto lo tolgo dallo stato di famiglia!- Disse ridendo Helena. Anche se era tutto vero, l'avrebbe fatto seriamente.

-Allora ciao Donna, eh. Ci sentiamo piccola.- Disse dolcemente Helena, prima di riagganciare, senza neanche dare il tempo a Donna di risponderle.

Helena si era tranquillizzata un po', così decise di andare a comprare qualcosa al market lì vicino, così quando l'indomani sarebbe passato Gerard avrebbe trovato una bella torta ad aspettarlo.

Era molto contenta di avere un nipote come lui. Dolce, sensibile, coraggioso. E tremendamente bello. Ma non parlava solo di aspetto fisico, ma anche interiormente.

Prese la giacca, la indossò e portò con se l'ombrello. Visto che verso le 4 aveva iniziato a piovere.

Uscita di casa aprì l'ombrello e si avviò sul vialetto di casa. Arrivata al cancello, scorse una figura nera, stesa per terra sul marciapiede. Inizialmente pensò fosse solo un drogato che, sfinito, era svenuto davanti casa sua. Non si preoccupò più di tanto, cose del genere succedevano tutti i giorni a Belleville.

Quando uscì dalla sua proprietà, però, notò che quel ragazzo aveva indosso solo una maglia a maniche corte, che lasciava scoperta la pelle diafana, quasi cadaverica. Aveva capelli corvini, neri come la pece, e ai suoi piedi, riconobbe la giacca di pelle che aveva regalato a suo nipote per il diciassettesimo compleanno.

Helena collegò tutte le sue informazioni e sbiancò. Non riusciva a muoversi, era nel panico.

Una macchina passò e suonò il clacson, che fece risvegliare Helena.

-GERARD!- Urlò l'anziana donna, che, seppur avendo un'età, si gettò con le ginocchia per terra difianco al corpo sfinito di suo nipote, lasciando cadere l'ombrello, che volò distante, trasportato dal vento.

-Oddio Gerard. Cosa ti hanno fatto. No, no tesoro. Non puoi andartene. No. Non possono averti fatto questo.- Continuava a ripetere Helena, cullando il corpo di Gerard, stretto tra le sue braccia.

Gli accarezzava lentamente i capelli e le braccia, fredde. Helena non sapeva cosa pensare, era disperata. Talmente tanto avvilita che non pensò che il suo Gerard potesse essere ancora vivo.

Solo dopo venti minuti buoni passati sotto la pioggia stringendo Gerard tra le braccia, ritornò alla realtà e lasciò andare suo nipote.

Si sporse fino al viso del ragazzo, e tentò di ascoltarne il respiro. Non sentiva nulla per colpa della pioggia. Così portò due dita alla trachea del ragazzo e premette forte, sperando con tutta la sua anima che suo nipote fosse ancora vivo. 

Gli occhi di Helena guizzarono subito sul volto di Gerard, che rimaneva comunque freddo, bianco e le labbra e il contorno degli occhi sempre viola.

Helena aveva sentito un lieve battito. Un battito che riuscì a riportarla indietro dallo sconforto, dalla disperazione.

Sorrise, passando una mano sulla fronte di Gerard.

Suo nipote era ancora vivo.


***


Gerard sbattè più volte le palpebre, per tentare di mettere a fuoco. Ma quando ci riuscì la luce bianca lo colpì e li richiuse subito di scatto.

Ci mise vari minuti per abituarsi a quella luce così forte. Era rimaso al buio per così tanto. Quel buio era piacevole. Si sentiva in pace con se stesso, e stava veramente bene. Senza più nessuno che lo prendesse in giro, che lo picchiasse.

Girò il capo e notò una figura nera, rannicchiata sulla piccola poltroncina nell'angolo della stanza.

Si, perché si era ritrovato in una stanza d'ospedale. Non sapeva neanche come ci fosse arrivato. Sicuramente non con i suoi piedi. Lui non avrebbe mai voluto abbandonare quel buio così piacevole.

Non sapeva chi fosse quella figura nera, ma poi notò i capelli rossi ai lati. Sorrise. Era lui. Si, Frank Iero. Il ragazzo a cui aveva salvato la vita. Il ragazzo che amava era andato a trovarlo in ospedale, e ci stava passando la notte.

Con il suo piccolo Frankie nei pensieri, Gerard si riaddormentò, stavolta non vedendo l'ora di risvegliarsi, ed incontrare quegli occhi da cerbiatto, verdi e marroni, che tanto desiderava.


***

Il moro si risvegliò, pronto.

Aveva capito, dopo quello che era successo, che doveva rivelare a Frank tutto quello che aveva dentro.

Volse il capo verso la poltroncina dove l'aveva trovato rannicchiato poche ore prima ma la trovò vuota. Cadde nello sconforto, che quello fosse solo un sogno. Pensò che si era immaginato tutto. Che il suo piccolo Frankie non era andato veramente lì, a trovarlo. Chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime.

Una mano calda passò tra i suoi capelli e sobbalzò, riaprendo di scatto gli occhi.

Ritrovò Frankie a guardarlo sorridendogli. Non era solo un sogno. Frankie era veramente stato lì tutta la notte.

I due non si parlarono, il più piccolo continuava ad accarezzargli i capelli.

Gerard alzò lentamente un braccio e passò le dita sui graffi e gli ematomi che quei bastardi gli avevano lasciato.

L'espressione del moro cambiò repentinamente. Era triste. Triste e arrabbiato. Aveva le lacrime agli occhi. Non sopportava l'idea che venisse inflitto del male a Frank.

-Hei... Non preoccuparti. Io sto bene.- Disse sussurrando dolcemente il piccoletto, incastrando la mano fredda di Gerard tra la sua guancia e la sua spalla. Chiuse gli occhi e si godette il momento.

-Se si permettono di nuovo di ridurti in questo stato giuro che li uccido.- Iniziò seriamente Gerard.

-Devi stare tranquillo. Ora che ho te, non mi faranno più niente.- Finì Frank, sorridendo leggermente.

''Ora che ho te.'' Quello aveva detto Frankie. Quindi quello voleva dire che... che anche lui provava qualcosa?

-Frankie... Tu... Io..- Tentò di dire qualcosa, ma balbettò inutilmente. Imbarazzato, abbassò lo sguardo sulle punte dei suoi piedi coperti dal lenzuolo bianco.

Il piccolo gli alzò il viso e premette le sue labbra sulle sue, dolcemente.

Poi si allontanò giusto il tanto per poter guardare negli occhi Gerard.- Grazie di avermi salvato.- Sussurrò sulle sue labbra.

Gerard sorrise, e portò una mano dietro la nuca di Frankie, per poter continuare a baciarlo.


***


Pochi giorni dopo Gerard uscì dall'ospedale. Voleva tremendamente vedere sua nonna. Voleva consolarla, perché gli avevano detto che era stata lei a trovarlo quasi morto sul marciapiede. Solo che non era andata neanche una volta a trovarlo.

''-Non dargli peso, tesoro. Non farti influenzare dai loro pregiudizi. Non lasciare più che ti facciano del male. Loro non sono nessuno per farti questo. Mi hai capito?- Con quelle dolci ma ferme parole mia nonna Helena riuscì a frenare i miei instancabili singhiozzi. Mentre mi stingevo più a lei, facendo prigioniero delle mie narici il suo odore che sapeva così tanto di casa.

Mi teneva stretto sul suo letto. Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, quello era l'unico posto dove veramente mi sentivo a mio agio.''

L'aveva sognato questa notte. Era tutto così reale, che a Gerard sembrò di sentirsi realmente stretto tra le sue braccia. Ma poi si era risvegliato, con una voglia incredibile di vederla.

Arrivato davanti casa Rush, aprì il cancello e quasi corse verso la porta d'ingresso. Aprì con la chiave che teneva nascosto sotto il vaso di una pianta ed entrò.

-Nonna? Nonna sono Gerard, sei in casa?- Chiese all'aria il nipote. La cercò per tutte le stanze. In salotto, in cucina, nel bagno. E poi entrò piano in camera da letto. Vide sua nonna stesa, con un espressione beata in volto. Gerard sorrise, gli faceva così tanta tenerezza.

Avanzò dentro e si richiuse la porta alle spalle, salì sul letto e si accovacciò vicino al corpo della nonna. Non l'avrebbe mai voluta svegliare.

Dopo qualche minuto, però, a Gerard arrivò una brutta sensazione. Solitamente quando arrivava e si stringeva a lei, lo sentiva sempre e si svegliava.

Si mise ad osservare l'addome della nonna, per constatare se si muoveva. Mise una mano sotto il suo naso, per sentire il soffice respiro infrangersi contro la sua pelle. Mise un orecchio sul suo petto, per ascoltare il suo dolce battito che lo cullava quando la raggiungeva in lacrime e lei lo stringeva tra le sue braccia.

Ma Gerard non sentì nulla di tutto quello. L'addome non si muoveva, le sue dita non percepivano il respiro e la sua cassa toracica non emetteva alcun suono.

Il ragazzo si alzò violentemente sulle ginocchia. Il corpo di sua nonna stretto ancora tra le sue braccia.

Sua nonna era morta, ma lui non volle crederci.

-Nonna, riesci a sentirmi!? Nonna sei qui, vicino a me, vero? Lo so che non mi hai lasciato. Non puoi. Non adesso. Ti prego, nonna...- Iniziò a piangere Gerard.

Si sedette con la schiena sulla testiera del letto, con sua nonna stretta al petto.

''What's the worst that I could say?
Things are better if I stay
So long and goodnight
So long and goodnight.''

Le accarezzava i capelli e intanto cantava parole a caso. Parole che venivano dal cuore.

Parole che sperò arrivassero dritte a lei.

Perché Gerard sapeva che avrebbe vegliato su di lui. Per sempre.


***


E anche io credo che lei vegli ancora su di me.

Grazie a tutti per essere arrivati sin qui, vi meritate tutto quello che desiderate (?).

Adios.

XO

Lover.

Ritorna all'indice


Questa storia č archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1307671