Figlia di sua madre.

di StellaArciery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1- Celeste Evans ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2- I will love you, always. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
“Merlino! Ti ho cercato dappertutto!”. La regina Ginevra correva per il palazzo di Camelot da ore con in braccio un bambino urlante avvolto in diversi strati di lenzuola. “Ginevra. Vedo che hai partorito. Artù è in gravissima difficoltà. Non è suo destino sopravvivere oltre questa sera.”. Tutto si era immaginato il vecchio mago tranne la scena che si trovò di fronte agli occhi. La regina, presa come da uno svenimento, si accartocciò su se stessa, stringendo forte a se il rotolo di fasce che teneva tra le braccia. Molte lacrime rigavano il volto stanco di Ginevra, colei che fu la più bella e la più dannata delle regine di Camelot. “Che hai da piangere, Ginevra? Pensavo che non vedessi l’ora di liberarti di tuo marito per poter sposare Sir Lancillotto. Sai che anche Lady Elaine ha partorito? Sir Galahad troverà un degno fratello nel piccolo Thomas. Purtroppo Lady Elaine non vivrà a lungo perché ha perso troppo sangue. Immagino che tu ne sia felice.”. Merlino guardava con disprezzo la regina, che secondo lui era stata la principale causa della decadenza di Camelot. “Merlino, io capisco di non esserti mai piaciuta, ma sei stato via dalla corte più di un anno disperso da qualche parte nelle nebbie di Avalon. Da quando sono rimasta incinta della piccola, mi sono finalmente innamorata di Artù. Ho scoperto in lui un uomo buono e dolce e per questo voglio che il frutto del nostro amore sopravviva alla caduta del regno.”. Merlino la guardò con occhi stralunati-“È figlio di Artù il bambino?”-“La bambina vorrai dire. È una Pendragon a tutti gli effetti. Ti basta guardare i suoi occhi per capirlo: sono uguali a quelli di suo padre”. Mentre il mago e la regina parlavano la bambina si era quietata e ciucciava tranquilla l’orlo delle vesti della madre. Ginevra girò il rotolo di fasce in modo che Merlino potesse vedere la bambina. Il mago rimase ancora più stupito dal fatto che Ginevra non si sbagliava: la piccola era identica a re Artù, quando era ancora in fasce, tranne gli abbondanti capelli neri come l’ebano, in tutto identici a quelli di Ginevra. “Siano lodati gli antichi dei! Una Pendragon! L’unica erede al trono di Camelot! Lo sai che la prima cosa che farà Mordred quando, ahimè, avrà sconfitto Artù sarà ucciderla?”-“Per questo sono venuta a cercarti. Devi portarla via da qui. Devi viaggiare nel tempo, devi portarla via da questa terra, via da questo secolo, in modo che nessuno potrà mai ritrovarla. Portala in un tempo così lontano da questo che nessuno potrà mai nemmeno pensare che quel tempo sia il suo nascondiglio. Ti prego Merlino. Fallo per Artù.”. Merlino guardò la piccola e la regina; non aveva mai adorato Ginevra, ma si considerava un padre per Artù e quindi non poté fare a meno di accettare di aiutare la piccola Pendragon. “Come si chiama?”-“Avevo pensato al nome Celeste. Sai, per i suoi occhi.”-“La principessa Celeste Pendragon. Suona molto bene.”-disse il mago guardando la bambina che gli sorrideva. “Artù sa che è nata?”-“Non ancora. Pensavo di affidartela e poi di andare al campo a dirglielo in modo che nessuno la potesse vedere.”-“Una bella idea, Vostra Altezza.”-“Vostra Altezza?”-esclamò Ginevra stupita-“non mi hai mai chiamata così!”-“Perché non vi siete mai comportata da regina, come ora. Nonostante tutto sono orgoglioso di voi. Sapete che non rivedrete mai più la piccola vero? Se andate al campo di battaglia da Artù, morirete con lui.”. la regina sorrise tristemente, si avvicinò al mago e, dopo aver dato l’ultimo bacio sulla fronte alla bambina, la lasciò tra le braccia della persona di cui si fidava di più in tutta Camelot. “Non importa. Saprà che la amo, la amerò sempre. Prendi i regali che hanno portato per la nascita e andate via. Sono nel mio appartamento. Grazie Merlino e addio.”. La regina si allontanò verso le stalle.
Il mago con la bambina in braccio si stava avviando verso le camere di Ginevra quando una voce fin troppo familiare lo chiamò dal fondo del corridoio-“Morgana”-disse-“Cosa ci fai tu qui? Sei venuta a godere della caduta di tuo fratello?”-“Tutti commettiamo degli errori, Merlino. Le nebbie di Avalon mi hanno mostrato i miei. Purtroppo non posso più cambiare le sorti di Camelot, ma ho una missione. La piccola principessa non è l’unica bambina da salvare.”-“Cosa intendi dire?”-esclamò stupefatto Merlino-“ Sai, non sei l’unico a cui gli Antichi Dei hanno concesso di vedere il futuro.”. Con queste parole la potente fata sparì in una nuvola bianca. Il mago continuò pensieroso la sua corsa verso le sale della regina e prese tutto ciò che era stato portato alla neonata, compreso il diadema di sua madre. Strinse a se la bambina e il baule dove aveva messo i doni e pronunciando alcune formule in celtico, la lingua dei druidi, svanì. Aveva portato la bambina nel posto più lontano da Camelot che esistesse sulla terra: la trafficata Milano del 1996.
La regina aveva preso uno dei cavalli che era rimasto alle scuderie e mentre l’intera Camelot si preparava all’assedio e alla battaglia, cavalcava veloce con i capelli, solitamente ordinatamente raccolti, al vento e il prezioso abito dorato esposto al fango. Raggiunse in breve il campo di tende rosse nella piana tra la foresta e la città, dove era accampato l’intero esercito di Camelot. I soldati appena videro entrare all’accampamento la regina si spostarono dalla via centrale, permettendole di arrivare senza rallentare la corsa del cavallo alla tenda del re, dove entrò senza nemmeno farsi annunciare. Artù era seduto dietro una massiccia scrivania di legno e guardava con faccia sconsolata il progetto per la battaglia, ma appena vide entrare la moglie alzò il capo, che sembrava quasi stanco del peso della preziosa corona che portava, e la guardò preoccupato. “Ginevra! Cosa fai qui? Ti avevo detto di non lasciare Camelot per alcun motivo! Non sei nelle condizioni di fare sforzi, stai per…”-ma il re prima di finire la frase si fermò vedendo il ventre non più ingrossato della moglie-“Hai partorito Gwen?”. A Ginevra scappò un involontario sorriso: Gwen era il soprannome che le aveva dato da quando era incinta della piccola Celeste e da quando il loro rapporto era finalmente diventato di amore reciproco. “Si, ho partorito una bellissima principessa. Ti somiglia tanto amore mio, ha i tuoi stessi occhi.”. Artù, dimentico di ogni tristezza che quella giornata abbracciò la moglie, felice della notizia. “Ma ti devo dare un’altra notizia.”-disse Ginevra tornando seria-“Ho parlato con Merlino. Ha detto che non supererai questa giornata e che cameo cadrà prima del tramonto.”-copiose lacrime scendevano dal volto della regina. Artù sbiancò improvvisamente, ma subito dopo si riprese. “Gwen, tutti abbiamo un tempo limitato da trascorrere sulla terra. Avrei voluto avere di più, avrei voluto dare una sistemazione a te e alla piccola.”-“Alla piccola ho pensato io. L’ho affidata a Merlino, che la porterà in un’altra epoca, dove sarà al sicuro. Per quanto mi riguarda non ho alcuna intenzione di essere sistemata, senza di te. Da nove mesi a questa parte sei diventato la ragione della mia vita, ciò che mi faceva alzare la mattina e continuare la gravidanza che tutti dicevano non sarei riuscita a portare a termine. Celeste è in salvo e non le potrà mai accadere nulla.”-“L’hai chiamata Celeste? È un nome bellissimo.”-“Non è proprio quello che avevamo pensato, ma quando ho visto i suoi occhi, ho capito che nessun altro nome le avrebbe reso giustizia. Comunque, lei è salva e ora tutto ciò che mi lega a questa vita sei tu. Tu muori, io ti seguirò.”. “Mio signore, attaccano.”-un paggio aveva fatto irruzione nella tenda-“Schiera l’esercito. Veloce!”-“Ai vostri ordini, mio signore”. . Il paggio uscì. “Ti amo Gwen.”-“Ti amo anch’io Artù.”.
 
La regina Ginevra morì colpita da un fendente di Mordred che qualche minuto prima aveva ucciso il re. I due corpi furono portati ad Avalon da Galahad e li sepolti insieme.  











Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction e spero che il prologo abbia catturato alcuni di voi. Amo con tutto il mio cuore il ciclo arturiano e ho sempre pensato che il matrimonio tra Artù e Ginevra dovesse avere più importanza nella storia, nonstante la storia d'amore della regina con Lancillotto. Sono aperta ad ogni genere di consigli, dato che sono molto giovane e sarebbe una grande soddisfazione sapere che qualcuno legge le storie che scrivo. Grazie mille a tutti quelli di voi che la leggeranno. 
Stella Arciery 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1- Celeste Evans ***


Capitolo 1: Celeste Evans “Bernarda, sono a casa!”-disse la ragazza entrando nel grande appartamento all’ultimo piano di un vecchio palazzo di via San Marco. “Finalmente, mi niňa! Sei in ritardo oggi.”-“Si, mi dispiace. Il prof. ci ha trattenuti.”. Celeste sapeva di dire una bugia: non era stata trattenuta dal suo borioso professore di Inglese, ma era rimasta incantata per dieci minuti davanti ad una fotografia. Nel suo liceo, uno dei più antichi di Milano, c’era una tradizione da quando un consigliere d’Istituto era stato un anno in America: ogni anno durate il ballo della fine della scuola venivano eletti la “Venere” e il “Marte” della scuola. In realtà erano semplicemente il re e la reginetta dal ballo, proprio come in America, ma al preside era sembrato troppo banale per un liceo classico, dunque erano stati scelti i nomi dei due dei il cui amore era stato il più grande scandalo della storia degli Olimpi. Ogni hanno dunque coppie di studenti si candidavano e a seguito di una accanita campagna elettorale venivano eletti e le loro foto con in testa una piccola coroncina d’oro molto spartana e molto diversa dalle grosse corone d’oro, pacchiane e plastificate americane, venivano appese nel corridoio della segreteria in una elegante cornice di mogano. Non era stato difficile per Celeste vincere il titolo di Venere l’anno prima. Tutti avevano sempre detto che era la più bella ragazza che si fosse mai vista: aveva i capelli lunghi e neri come l’ebano, gli occhi straordinariamente azzurri, tanto che sembravano avere lo stesso colore del cielo, il tutto unito in un viso dolce e dalla carnagione chiara. Arrivata al liceo era stato facile entrare a far parte delle oche belle, stupide e ricche più popolari della scuola. Era comunque molto diversa dalle ragazze che frequentava e che alla fine considerava le sue migliori amiche: era intelligente, era buona ed era ingenua all’inverosimile e con queste sue qualità si era fatta amare da tutti. Anche da Fabio Terrari, il ragazzo più bello della scuola e con il quale aveva vinto il titolo. Era tre anni più grande di lei e forse era per questo che la loro storia non aveva funzionato. O meglio, aveva funzionato fino a che lei non aveva incontrato Thomas. “Tesoro, vieni.”-disse Bernarda risvegliandola dai suoi pensieri-“abbiamo ospiti.”-“Dai Evans”-disse una voce maschile proveniente dalla cucina-“non farmi aspettare che ho fame!”-“Ludo!”-disse Celeste, riconoscendo la voce di uno dei suoi migliori amici ed entrando nella spaziosa cucina-“che cosa ci fai qui? Non dovresti essere a scuola?”-“Dovrei Evans, dovrei!”-disse il ragazzo abbracciando la sua migliore amica. Ludovico Ferzi aveva anche lui tre anni in più di Celeste e andava nella sua stessa scuola. Lo conosceva da quando era piccola perché abitavano sullo stesso piano e l’aveva sempre considerato suo fratello maggiore. Si sedettero a tavola insieme a Bernarda, la sua governante. Bernarda era spagnola e Celeste e suo nonno l’avevano conosciuta durante un viaggio a Barcellona. Quella signora aveva mostrato di affezionarsi così tanto alla piccola e a suo nonno, el segnor Evàns come lo chiamava sempre, che li aveva seguiti in Italia ed era diventata per Celeste come una madre. Bernarda amava la sua niňa e l’aveva sempre amata come se fosse stata sua figlia. I tre si misero a parlare del più e del meno e finirono in fretta di mangiare il gustoso piatto di lasagne, preparato dalla dolce governante. “Dai ragazzi”-disse loro-“Andate a guardare un po’ di televisione, che qui sistemo io. Celeste ti ricordi che stasera devi andare alla festa aziendale del segnor? Hai chiesto al segnorino Thomas se può venire?”-“Si si Bernarda, tranquilla ha detto che verrà qui per le cinque visto che domani non deve andare in collegio.”. Lasciarono Bernarda a parlottare di quale madre snaturata mandasse in collegio un ragazzo bravo e intelligente come el segnorino Thomas. I due ragazzi andarono in camera di Celeste. Tutto in quella camera parlava della proprietaria: le pareti erano azzurre e una era occupata da una grande vetrata coperta con delicate tendine dello stesso azzurro tenue delle cortine del letto a baldacchino. Sul grande letto c’erano un gran numero di cuscini delle più svariate sfumature di blu e azzurro e un grosso piumone blu. Ludovico si avviò deciso sul letto dove afferrò il telecomando di Sky e mise su MTV, poi si girò verso l’amica che intento si era seduta appoggiata con le spalle alla testiera bianca. “Allora Celeste, è una vita che non ti si vede al terzo piano!”. Celeste scoppiò a ridere, capendo subito a cosa si riferiva. “No Cele, sono serio.”-disse guardandola dritta negli occhi azzurri-“ Cosa è successo quest’estate con Fabio? A giugno sembravate la coppia perfetta. Ora lui è davvero distrutto, ogni volta che a qualcuno scappa una parola su di te gli vengono gli occhi lucidi. Il ragazzo spaccone e simpatico che era, non esiste più. L’altro giorno ha litigato con la Sbazzi perchè si è rifiutato di andare in segreteria. Quando la prof gli ha chiesto per quale motivo, ha risposto semplicemente “L’amore fa schifo” ed è uscito dalla porta. Non sappiamo più che fare.”-“Ludo, a me dispiace per Fabio. So che molti pensano che io sia stata con lui solo per ottenere il titolo di Venere dell’anno, ma sai che non è così. Mi piaceva davvero. Ma ora, Ludo, mi sono innamorata.”. L’amico fece una faccia talmente stupita che la ragazza si mise a ridere sguaiatamente-“ Si sono seria, Ludo. So che è strano Ma è vero! Questa estate ho conosciuto un ragazzo, anzi in realtà lo conoscevo già, ma stava sempre così poco a Vernazza che non lo avevo mai davvero conosciuto. È un ragazzo davvero meraviglioso, è bello, è dolce, è gentile da impazzire, intelligente e si preoccupa per me fino all’inverosimile. Sembriamo essere stati creati apposta per stare insieme.”-“I tuoi occhi brillano, Cele. Ti conosco e mi dispiace per Fabio. La mia piccolina si è davvero innamorata. Sono felice per te.” I due si misero a parlare allegramente dell’estate trascorsa senza vedersi e Celeste scoprì che anche il suo caro amico Dongiovanni si era innamorato e della prima ragazza della storia che non era caduta ai suoi piedi. Dopo un po’ i due si salutarono: Ludovico doveva trovare una buona scusa con sua madre per farlo stare a casa da scuola il giorno dopo, perché non aveva proprio voglia di affrontare un’interrogazione di Latino. Celeste, dopo aver accompagnato l’amico al portone, prese un libro dal suo comodino, uno dei tanti che stava leggendo contemporaneamente, e andò nella stanza che più amava di tutto il grande appartamento. Era un salotto secondario a quello principale e suo nonno ci aveva fatto mettere una scrivani in modo che lei potesse usarlo come studio. Le pareti erano di un delicato verde erba e le spesse tende di velluto verde lasciavano passare solo poca luce soffusa, in modo da rendere lo spazio più intimo. La grossa e antica scrivania in mogano era in disordine a causa del gran numero di libri e dai tre dizionari che giacevano sempre lì da quando aveva iniziato a frequentare il liceo classico. Una parete era occupata da una grande biblioteca che raccoglieva tutti i libri che Celeste aveva comprato nei suoi sedici anni, dalla “Pimpa” a “Delitto e Castigo”. Vicino alla scrivania c’era un piccolo divanetto per due persone anch’esso verde erba. Celeste si sedette comodamente e guardò la cosa che in assoluto amava di più in quella sala: alla parete di fronte a lei era appeso un grosso quadro, che rappresentava i suoi genitori. La ragazza non li aveva mai conosciuti perché erano morti in un disastroso incidente d’auto pochi giorni dopo la sua nascita. Per questo aveva sempre vissuto con il padre di suo padre: Alexander Evans. Arthur e Ginevra Evans sorridevano raggianti dal quadro, entrambi vestiti in stile medievaleggiante. Il nonno le aveva raccontato che i due avevano organizzata uno festa dopo il loro matrimonio, con come tema il Medioevo, quindi oltre a vestirsi in quel modo, vollero un dipinto di famiglia, come quelli che avevano le famiglie dell’alta aristocrazia nel Basso Medioevo. Celeste era identica a sua madre, gli stessi lunghi capelli neri, la stessa figura slanciata, la stessa dolce espressione del viso, tranne per gli occhi, che aveva preso da suo padre. Nonostante non li avesse mai conosciuti, amava i suoi genitori con tutto il cuore e il suo più grande desiderio era vederli anche solo per un minuto, sapere che erano fieri di lei. Smise di fantasticare sul dipinto e si immerse tra le pagine di uno dei suoi libri preferiti, “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen. L’aveva letto ben sei volte, ma non si stancava mai di quell’affascinante storia d’amore. Vedeva se stessa riflessa nella protagonista, Elizabeth Bennett, e vedeva nella sua storia d’amore tormentata con il signor Darcy il riflesso della sua con Thomas. Infatti quell’estate quando si erano incontrati, Celeste non sapeva quasi nulla di Thomas Bianchi. L’aveva visto un paio di volte l’estate prima, ma sapeva di lui soltanto ciò che gli aveva detto il suo migliore amico nonché ex fidanzato Federico e non gli aveva mai parlato molto bene di lui. Lo reputava stupido, insensibile, uno che vive soltanto aspettando la prossima festa in discoteca e tanto orgoglioso da non reputare nessuno all’altezza della sua compagnia se non il suo diciottenne cugino. Celeste con i giorni aveva scoperto che non era così: Thomas si era subito dimostrato simpatico e aperto con tutti, ma soprattutto con lei. La prima cosa che aveva notato in lui era il suo straordinario senso di protezione nei suoi confronti. Ancora prima che stessero insieme, la considerava una principessa di cristallo e si sentiva in dovere di difenderla da qualunque cosa, che fossero schizzi d’acqua fredda quando lei ci metteva tanto ad entrare in mare o frecciatine sulla strage di cuori che la ragazza faceva tutti gli anni. Poi aveva capito che Thomas era molto intelligente e che aveva lo straordinario potere di ascoltare, senza giudicare. Non ci aveva messo molto a capire che si stava innamorando di lui, nonostante sapeva che a Milano il ragazzo più bello e popolare della scuola attendeva con ansia il suo ritorno dalle vacanze estive e così, lasciato Fabio, aveva passato la più bella estate della sua vita, scoprendo giorno per giorno la bellezza di amare qualcuno per quello che è, non per quello che mostra di essere. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla loro storia, nemmeno lei, tranne Thomas stesso, positivo fino all’inverosimile, o forse semplicemente tanto innamorato di lei da dimenticare la distanza che ci sarebbe stata tra loro una volta tornati a Milano. Sorrise al pensiero che nulla era cambiato. Mentre leggeva, senza che se ne accorgesse, nomi, luoghi, personaggi cambiavano e vedeva plasmarsi nella sua mente le dure lettere d’inchiostro sulla sua vita, sulla sua città e sui suoi amici. Quando arrivò all’ultimo punto aveva gli occhi lucidi e le guancie arrossate: aveva letto quasi duecento pagine in due ore! Uscì dallo studio camminando come incantata-“Celeste, che cos’hai?”-le chiese Bernarda, vedendola strana-“Oh, niente. Ho solo letto duecento pagine in due ore.”-“Mi niňa, quante volte ti ho detto che non ti fa bene agli occhi leggere così tanto. Hai tutti gli occhi arrossati ora!”-le disse avvicinandosi e tenendole il viso tra le dolci mani. Celeste si liberò e le diede un rumoroso bacio sulla guancia-“Ti giuro, ne è valsa la pena.”-disse con un sorriso che avrebbe illuminato la giornata anche alla persona più scorbutica-“Mi pequeňa soňadora! Dai tuo nonno ha detto che devi essere pronta per le sei e quindi visto che quando arriverà el segnorino non sarai più disposta a darmi retta,”- un rossore si espanse momentaneamente sulle guancie di Celeste-“ andiamo a sistemarti questi capelli. E poi devi vedere che cosa tuo nonno ti ha comprato da mettere stasera.”-disse la governante sorridendo in modo ambiguo e avviandosi verso la cabina armadio di Celeste. “Ma, Bernarda, il nonno non aveva mica detto che dovevo mettere lo stesso abito del ballo?”-“El segnor ha detto che sapeva che non volevi metterlo per quello che è successo con el segnorino Fabio, e voleva che tu fossi felice nella ricorrenza del sedicesimo anno dalla creazione della fondazione Evans.”. Suo nonno alla morte di suo figlio, aveva creato una fondazione di beneficienza con i molti capitali che la famiglia Evans guadagnava dall’azienda di pubblicità che aveva sede in Inghilterra e ci teneva sempre molto che Celeste officiasse alla cerimonia di anniversario. Ad una gruccia era appeso un grosso copri abiti bianco. Celeste amava quel tipo di sorprese e soprattutto amava suo nonno. Bernarda aprì piano una zip e ciò che Celeste vide fu al di sopra di ogni pensabile aspettativa: un vestito blu notte, di chiffon, con una fascia impreziosita da una composizione di Swarovski più brillanti del sole. “O mio dio! È quello che volevo! Ho passato due mesi a dire quanto amavo questo vestito! Non ci credo!”. La ragazza stentava a stare in piedi e abbracciò Bernarda-“Sarà tutto perfetto! Thomas finalmente conoscerà il nonno e io sembrerò una Cenerentola scappata da un libro illustrato!”-“Dai, Cenerentola! Andiamo in camera tua e sistemiamo la tua folta chioma.”. La pettinatura occupò quasi trentacinque minuti del poco tempo che rimaneva prima dell’arrivo di Thomas. Bernarda intrecciò abilmente i lunghissimi capelli di Celeste in una grossa treccia, che partendo dall’orecchio destro disegnava un complicato ricamo simile a quello del vestito e che terminava lasciando un terzo dei capelli libri, che le si adagiavano dolcemente sulla spalla sinistra. La treccia fu impreziosita da un elastico che aveva come decorazione un delicato delfino di Swarovski, appartenuto alla madre di Celeste. Quando la governante permise alla ragazza di guardarsi allo specchio, questa restò senza parole. “Sei una vera artista!”-disse emozionata. La governate le sorrise e le porse l’intimo comprato dal nonno insieme all’abito. La ragazza aveva appena finito di indossarlo quando il campanello suonò: Thomas era arrivato. “Vai ad aprirgli.”-disse celeste-“Ci penso io ad infilarmi il vestito. Non sarà poi tanto difficile.”. Quando la governante uscì dalla camera Celeste prese il vestito e provò a metterselo, ma non volendo rovinare la treccia, finì per rimanere incastrata tra le pieghe dello chiffon blu. “Fantastico”-pensò”non vedo nulla! Non posso nemmeno guardarmi allo specchio per capire dove si è incastrato.”. Rimase per qualche minuto ferma, cercando di fare meno danni possibili all’abito, ma all’improvviso sentì una divertita voce maschile esclamare-“Ma Celeste è possibile che ti debba salvare anche dai tuoi stessi vestiti?”. Celeste improvvisamente tornò a vedere tutto chiaramente e trovò davanti a se gli occhi azzurri del suo fidanzato, che le diede un dolce bacio sulle labbra. “Ciao”-disse imbarazzata-“Ciao, sei bellissima.”-le rispose Thomas. Grazie a tutti quelli che hanno letto il prologo! Non posso esprimere a parole quello che ho provato quando ho visto che qualcuno aveva letto la mia storia! Grazie davvero! Spero che il primo capitolo non vi deluda. Grazie ancora. Se qualcuno vuole chiedermi qualcosa, sarò più che felice di rispondere a tutti voi :D Stella

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Capitolo 3
*** Capitolo 2- I will love you, always. ***


Sono davvero una persona pessima. Mi ci è voluto più di un mese per scrivere questo capitolo, ma a mia discolpa posso dire che ho avuto un po’ di problemi, che mi hanno impedito di scrivere. Un paio di cose che devo spiegare in questo capitolo. Per un po’ di capitoli dopo questo le scritte in corsivo sono dette dai personaggi in Old English, lingua usata in Inghilterra prima della conquista normanna. In alcune parti ho riportato alcune vere parole in questa lingua, in altre non l’ho reputato utile alla storia, quindi le ho scritte semplicemente in corsivo. Grazie a tutti coloro che hanno letto i capitoli precedenti e spero che questo vi piaccia.
Grazie ancora!  
Stella
 
Capitolo 2: I will love you, always.
Sorrise. “Grazie. Di solito è Bernarda che mi aiuta con queste cose, perché io, in un modo o in un altro, combino sempre guai.”. Il ragazzo rise di gusto e Celeste ebbe modo di guardalo velocemente: i capelli castano chiaro, ancora leggermente bagnati, gli ricadevano delicatamente sulla fronte. Portava un paio di jeans molto scuri, con i quali la camicia candida faceva contrasto. Celeste si stupiva ogni volta vedendo quanto riuscisse a sembrare elegante anche con abiti semplici. “Stai molto bene anche tu.”-disse la ragazza, sfiorandogli le labbra con un leggero bacio-“Devo essere all’altezza della mia dama.”. In quel momento Celeste si accorse che non aveva ancora allacciato il vestito che quindi le lasciava scoperta buona parte del busto e arrossì violentemente. “Vai da Bernarda, vorrà sicuramente assicurarsi se a scuola ti danno da mangiare o no e in entrambi i casi ti riempirà di cibo, perché ti vedrà tanto deperito dall’ultima volta.”-disse la ragazza imitando l’accento spagnolo della governante e scatenando di nuovo l’ilarità di Thomas, che dopo averle schioccato un bacio sulla guancia uscì dalla camera diretto alla cucina. Celeste si guardò al grosso specchio, tirandosi su, non senza fatica, la cerniera del fantastico abito blu. Dopo essersi guardata per l’ultima volta tornò nella cabina armadio, dove in un cassetto nascosto dietro ai vestiti, teneva tutti i gioielli che erano appartenuti a sua madre. Suo nonno le raccontava spesso quando era piccola la storia di ogni collana, bracciale o paio di orecchini incastonati di diamanti che Arthur aveva regalato a Ginevra. Ogni volta che Celeste apriva quel cassetto pensava a quanto suo padre doveva aver amato sua madre, non badando a spese, solo per farle un regalo. La cosa più straordinaria tra la luce dei diamanti e i colori di cristalli colorati era la tiara che sua madre aveva indossato per il ritratto dello studio verde: fatta completamente di puro oro, su di essa erano incastonati zaffiri di tutte le sfumature dell’azzurro, più scura nello zaffiro centrale, più chiare quando che le pietre si disponevano verso i lati. Nonostante la mole e l’abbondanza di pietre, la tiara sembrava avere il potere di donare grazia al volto di chi la indossava. Aveva ormai perso il conto delle foto che suo nonno le aveva fatto da bambina con la tiara in testa, mentre faceva finta di essere una delle principesse della Disney, foto che suo nonno conservava gelosamente nel suo studio. La sue mani si mossero automaticamente verso il gioiello e con delicatezza, cercando di non rovinare l’opera di Bernarda, se lo mise sul capo. Camminando sicura uscì dalla cabina armadio e dato una sguardo alla specchio, per poco non svenne. Corse nel piccolo studio verde e guardò il dipinto: non era mai stata tanto simile a sua madre come in quel momento. Bernarda e Thomas che avevano sentito i passi veloci della ragazza, si precipitarono in studio e la trovarono in piedi su di una sedia, con il viso in lacrime a pochi centimetri dal dipinto. Thomas, dopo aver fatto segno a Bernarda di non dire nulla, si avvicinò a lei-“Le somigli davvero tanto. Sembrate quasi gemelle.”-disse, prendendole la mano. “A volte penso a come sarei se li avessi conosciuti.”-disse la ragazza singhiozzando e fissando gli occhi azzurri come il mare ricoperti di lacrime in quelli altrettanto azzurri del ragazzo-“Sei la persona migliore che conosca e non potresti essere più meravigliosa di così. I tuoi genitori ti adorerebbero, come tutti fanno, e sarebbero orgogliosi di avere una figlia come te.”. Piano Celeste scese dalla sedia e abbracciò Thomas. A volte non sapeva davvero cosa avrebbe fatto, cosa sarebbe diventata se non avesse avuto la fortuna di incontrarlo sulla sua strada. Bernarda si propose di preparare una crepes con la Nutella per entrambi, così da sollevare il morale della sua piccolina e i ragazzi accettarono con gioia. Bernarda era universalmente riconosciuta come la miglior preparatrice di dolci della storia. In pochi minuti preparò delle deliziose e soffici crepes che riportarono l’allegria in casa Evans. Celeste aveva rimesso la corona nell’armadio e scelto, sotto la supervisione del fidanzato e della sua Bernarda, i gioielli per la serata, optando per un sottile collier di zaffiri abbinato a dei delicati orecchini e ad un bracciale, ed entrambi non facevano altro che dirle quanto fosse meravigliosa. All’improvviso sentì la vibrazione del suo telefono che aveva abbandonato in camera e corse a prenderlo, pensando fosse una delle ragazze che le chiedeva i compiti. Quando aprì il messaggio, rimase come pietrificata, leggendo queste parole accompagnate dal nome del suo ex fidanzato in lettere cubitali:” Sono fuori dalla porta di casa tua. Aprimi subito.”. Tornò in cucina dove Thomas era impegnato a far capire a Bernarda che nella sua scuola non lo trattavano come un carcerato, ma entrambi si accorsero del cambio di colore del viso di Celeste. Senza dare spiegazioni, la ragazza digitò veloce un numero sulla tastiera dell’Iphone e disse quasi immediatamente, portandoselo all’orecchio:”Ludo, Fabio è qui fuori. Cosa faccio?”. Il panico e la rabbia si scatenarono subito in casa e Bernarda dovette davvero sforzarsi per trattenere un Thomas furente. La voce metallica di Ludovico al telefono disse a Celeste di stare calma, che sarebbe uscito lui a parlarci e che ci avrebbe pensato lui a calmarlo. La salutò con l’ultimo avvertimento di stare dietro alla porta così da poter sentire ciò che si dicevano e da poter intervenire nel caso in cui la situazione fosse volta al peggio. Celeste ripeté agli altri due le parole di Ludovico e Thomas, presa per mano la fidanzata, andò velocemente al portone. Due voci maschili si udivano chiaramente, una calma, l’altra decisamente alterata. “È ubriaco!”-esclamò Celeste-“Ubriaco a quest’ora del pomeriggio?”. Non ebbero tempo di commentare perché sentirono un forte botto. Ludovico era a terra con un labbro sanguinante: Fabio doveva avergli appena tirato un pugno. Thomas, non vedendoci più aprì il portone e uscì per aiutare il ragazzo a terra, ma Celeste ebbe un’idea migliore: sapeva come si comportava Fabio da ubriaco, sapeva che non si sarebbe fermato, se non avesse davvero avuto paura di qualcosa. Corse in salotto dove alla parete era appesa la copia esatta di Excalibur, la leggendaria spada di re Artù, la staccò dal muro, la tolse dal fodero e corse sul pianerottolo. Ludovico stava cercando di trattenere Fabio che sembrava avere tutta l’intenzione di uccidere Thomas con le sue mani. “Stai fermo.”-disse la ragazza con fermezza puntando la spada contro il suo ex fidanzato. Improvvisamente Fabio spalancò gli occhi e si fermò, fissando la punta della lama, che sembrava brillare di luce propria, nella leggera oscurità del pianerottolo. “Non devi avere niente contro Thomas, ne tanto meno contro Ludo. Sono io il problema. Ma Fabio, ti prego, pensaci un attimo. Sarebbe davvero durata tra noi? No. Aveva senso che io ti rompessi il cuore più tardi? No. Perché è questo ciò che sarebbe successo. Mi piacevi Fab,davvero, ma non ti amavo. Siamo stati bene insieme, perché devi rovinare tutto? Pensa a come eri e a come sei ora. Questo non è il Fabio che conoscevo, questo ragazzo che si ubriaca al pomeriggio, che risponde ai professori, che se ne frega dei voti, non è il Fabio Terrari che conoscevo. Tu sei molto più di questo. Hai vissuto una vita senza di me, riuscirai di nuovo a vivere come hai sempre fatto. Ora vai a casa, fatti una doccia e dormi. Quando ti sarai svegliato sarai di nuovo te stesso e tornerai ad essere il donnaiolo che sei sempre stato.”. La dolcezza e la calma della voce di Celeste avevano tranquillizzato Fabio, che chiese scusa biascicando a tutti e tre e tornò a casa. La doccia che si fece lavò via tutto il rancore che aveva covato in quell’ultimo periodo e quando si svegliò, riuscì per la prima volta a pensare a Celeste come ad una bella, e conclusa, avventura.
“Cavolo Cele”-disse Ludovico subito dopo che Fabio se ne era andato-“Sei stata grandiosa! Dove hai trovato questo aggeggino luccicante e pericoloso?”-continuò guardando la spada che Celeste aveva ormai abbassato sollevata-“Già”-intervenne Thomas -“Non credo sia molto sicuro lasciarti in mano armi del genere.”-“Era sempre stata appesa in sala, ma il nonno mi aveva detto di non azzardarmi mai ad estrarla dal suo fodero, perché avrei potuto farmi male. Questa volta però non potevo lasciarvi fare a botte con un rugbista ubriaco, senza intervenire. È stata la prima cosa che mi è venuta in mente per fermarlo. Forse ora è meglio che la metta via.”-“Già.”-esclamarono in coro i due ragazzi, che nonostante non si conoscessero, sembravano essere in perfetta sintonia. La lama della spada riluceva nella penombra del pianerottolo,colpita dai raggi del debole sole settembrino. La lama sembrava sbucare dalle fauci del drago che costituiva un pezzo di impugnatura, di cobalto blu con al posto degli occhi due rilucenti perle bianche. L’impugnatura era costituita da due code di drago intrecciate, che terminavano racchiudendo una pietra blu chiara grande come un occhio.
“Beh,”-disse Ludovico rivolto a Thomas,”Piacere. Chiamami Ludo. Grazie per avermi aiutato con Terrari. Immagino che tu sia il ragazzo di cui Evans mi ha tanto parlato.”-“Piacere.”-disse ridendo-“Ho una ragazza davvero pettegola”-continuò stringendo la mano di Ludovico e mandando un bacio a Celeste, che aveva fatto un fintissimo broncio ed era entrata in casa, seguita dai due ragazzi. Rassicurarono Bernarda, che avendo visto la spada in mano a Celeste e il labbro rotto di Ludovico, si era decisamente preoccupata e aveva lanciato qualche imprecazione in spagnolo, che i ragazzi non provarono nemmeno a tradurre. Celeste prese un pacchetto di piselli surgelati e lo lanciò a Ludovico, che afferratolo, se lo appoggiò sul labbro tagliato. Thomas prese la spada e chiese alla ragazza dove andasse messa, per garantire la sicurezza di tutti i presenti. Lei lo prese per mano e lo portò in sala dove il fodero della spada giaceva per terra. “Her lecgan Excalibur, se micel bill. Ancenned Draca blod is motan to ahrinan hie.”-lesse il giovane sul fodero che stava raccogliendo da terra-“Qui giace Excalibur, la grande spada. Solo al sangue del Drago è permesso toccarla.”-tradusse velocemente. “Sai l’Old English?”- disse Celeste stupita-“Si. Mia mamma mi parlava in Old English da piccolo e poi mi ha obbligato a studiarlo. Diceva che un giorno mi sarebbe servito, ma non ho mai conosciuto qualcuno che lo parlasse.”-“Anche mio nonno me l’ha fatto studiare! Molto spesso io e lui parliamo in Old English. Dice che è importante sapere la lingua dei nostri antenati. Sotto certi punti di vista, è molto inglese.”. I due ragazzi scoppiarono a ridere e dopo che Celeste ebbe sistemato la spada, tornarono in cucina. Nessuno dei due si accorse che la pietra racchiusa dalle spire era diventata blu scuro e che le perle degli occhi del drago erano diventate nere. Fecero insieme merenda e Ludovico poté facilmente scoprire che il ragazzo della sua migliore amica era esattamente ciò che lui aveva sempre desiderato per lei. Volle sapere della scuola che frequentava, delle sue amicizie, degli sport che praticava, della sua famiglia, ma così abilmente che Thomas si sentì quasi obbligato a raccontargli tutto. Più Celeste li osservava più si convinceva della tenera ingenuità del suo ragazzo e delle abilità di infido oratore, un po’ come l’odiato Cicerone, del migliore amico, e sorrideva pensando a quanto fosse fortunata ad essere circondata da persone così diverse che ugualmente le volevano bene.  “Blowan, Sono arrivato”-la voce di Alexander risuonò chiara nell’ingresso della casa. Celeste si pulì le labbra sporche di nutella e corse fuori dalla cucina per abbracciare l’adorato nonno. “Grazie, nonno, grazie!”-esclamò, lanciandogli le braccia attorno al collo e schioccandogli un rumoroso bacio sulle gote, leggermente ricoperte di morbida barba bianca. Alexander Evans era un uomo davvero distinto: appariva molto più giovane della sua età, nonostante la barba bianca e i capelli brizzolati. Portava un elegante completo di velluto blu scuro e teneva nella mano destra un grosso fascicolo marrone chiaro e nella sinistra il suo bastone da passeggio di pregiato legno scuro, decorato dalla testa d’argento di un drago. “Oh bocciolo.”-le disse restituendo l’abbraccio-“fatti vedere”. La staccò da se prendendola per mano e la ragazza rise facendo un giro su se stessa. “Sei davvero meravigliosa.”-disse abbracciandola di nuovo-“Allora dov’è il tuo cavaliere?”. Thomas e Ludovico erano intanto usciti dalla cucina e avevano osservato la scena sorridendo. “ Tommi, vieni”-gli disse tendendogli la mano-“Questo è mio nonno Alex. Nonno, questo è Thomas.”. Alexander lo scrutò per un secondo e poi disse”Scusa Thomas. Assomigli davvero tanto ad una persona che conosco. Sono molto lieto di conoscerti, finalmente. Mia nipote mi ha parlato molto di te.”-“È un piacere anche per me conoscerla, signor Alexander. Deve avermi visto qualche volta a Vernazza.”-“Oh non credo caro. Non so se Celeste ti ha detto, ma io sarò forse venuto un paio di volte a Vernazza da quando abbiamo lì la casa. Durante l’estate torno in Inghilterra per occuparmi della filiale principale della nostra agenzia pubblicitaria.”-dicendo questo tese la mano al ragazzo che la strinse con forza. “Si, Celeste deve avermelo detto, ma io sono famoso per dimenticarmi sempre tutto.”. Alexander rise. Gli piaceva proprio quel ragazzo, ma non riusciva a scrollarsi di dosso l’idea di aver già visto quei lineamenti in un lontano passato. “Salve Alex.”-disse Ludovico, camminando verso l’amabile terzetto-“Ciao Ludo, tutto bene?”-“Si grazie. E lei?”-“Bene. Ma non ti sei ancora cambiato?”-“Cambiato per cosa, Alex?”-“Per la festa di questa sera! Cielo, Celeste non gli hai detto nulla?”. La ragazza avvampò e cercò di trovare scuse, senza in realtà pronunciare nulla di sensato. “Non importa, non importa. Vatti a cambiare. Con tua madre ci parlerò io più tardi.”. Ludovico diede un’occhiataccia a Celeste che gli sorrise e corse a casa sua per cambiarsi. Intanto Celeste e Thomas andarono in camera della prima, dato che la ragazza doveva ancora mettersi le alte scarpe col tacco. Un paio di bellissime scarpe blu scuro erano state posate sul letto da Bernarda. Erano semplici, ma contemporaneamente particolari perché decorate da un sottile cinturino.  La ragazza si sedette sul letto per infilarsi le belle scarpe, ma si rese subito conto di avere dei seri problemi ad allacciare il cinturino. “Ehm, Tommi.”-disse facendo gli occhi dolci e la voce da donzelletta in pericolo-“Non è che… mi allacceresti il cinturino delle scarpe?”. Il ragazzo la guardò e gli sfuggì una risatina, che provvide subito a nascondere avvicinandosi al letto e prendendo tra le mani il piede che Celeste gli porgeva graziosamente. “Non capisco perché voi ragazze vi ostiniate a mettere ai piedi questi strumenti di tortura.”-“Perché le scarpe con il tacco slanciano la figura e ti fanno apparire più magra e più bella.”-recitò quasi a memoria la ragazza, come avrebbe fatto per una qualsiasi regola di grammatica greca. Thomas la guardò interdetto e la ragazza rise di gusto, divertita dall’espressione dipinta sul viso del suo fidanzato. Con un po’ di aiuto Celeste si mise in piedi. Thomas dovette ammettere nella sua testa che quella regolina recitata a memoria dalla ragazza era più che veritiera: Celeste gli apparve infatti come un angelo disceso dal cielo, così simile a quella donna-angelo che a scuola era obbligato a studiare. “Sono senza parole, sei bellissima.”-disse, provocando un violento rossore sulle guancie di Celeste, che gli diede un lungo bacio. Non c’era altro posto al  mondo dove avrebbe preferito essere. “Ragazzi andiamo?”. La voce di Alexander arrivò dal corridoio seguita dalla risata di Ludovico. Thomas prese per mano Celeste e i due si unirono agli altri.
Il viaggio in macchina dalla casa di Via San Marco all’hotel dove si teneva la festa fu breve e piacevole. Giunti nel vialetto d’ingresso dell’hotel lasciarono l’elegante Mercedes nera ad un educato parcheggiatore in divisa ed entrarono nella grande ed elegante Hall. “Ragazzi, vado a dare le ultime disposizioni in cucina. Voi salite alla terrazza, tanto Celeste ci sai arrivare anche da sola vero?”-“Certo, nonno. Va’ pure tranquillo.”. Gli mandò un bacio e guidò i ragazzi verso uno degli ascensori, nel quale entrò sicura. Tutti gli anni la festa dell’associazione di suo nonno si teneva sulla terrazza di quell’albergo, tutti gli anni con un tema diverso. Quell’anno il tema, su richiesta di Celeste, era il mare e la ragazza non vedeva l’ora di vedere in quale modo suo nonno aveva deciso di arredare la terrazza da dove si godeva di una delle migliori viste di tutta Milano. Non ne fu delusa. C’erano più di cento tavoli, tutti ricoperti da tovaglie blu e azzurre, con i piatti e i bicchieri decorati da disegni marini, come meravigliosi pesci tropicali e stelle marine. Il lungo tavolo del buffet era stato posto in un angolo più riservato, cosicché non ostacolasse la vista del panorama. Vasi pieni di rose blu e delicati mughetti bianchi erano sparsi per tutta la terrazza e davano un magnifico profumo all’aria, tanto che sembrava di essere finiti in un campo di fiori. Milano quella sera era più bella di quanto lo fosse mai stata a memoria d’uomo. Il sole stava calando in quel momento dietro ai nuovi grattacieli della zona di porta Garibaldi, così alti che sembravano toccare il cielo, dipinto dei colori del sole ormai in declino. In lontananza, se si aguzzava la vista, si vedevano le montagne, spruzzate di neve precoce. “Caspita, Cele.”-disse Ludovico-“Tuo nonno quest’anno ha fatto le cose in grande. È la più bella festa d’anniversario che abbia mai organizzato. Dovrò fargli i miei più sinceri complimenti quando lo vedo.”-“Se lo vedrai.”- rispose Celeste ridendo e scatenando l’ilarità dell’amico. Thomas li guardò curioso e ottenne subito una pronta spiegazione dalla raggiante ragazza. Durante i party d’inaugurazione, Alexander passava la serata a parlare con soci, ospiti, personaggi importanti, e non aveva tempo per dare retta anche a Celeste. Quando Thomas, sbigottito, le chiese se tutto ciò non le desse fastidio, ella sorrise-“quando ero piccola, si. M dava tremendamente fastidio. Gli stavo sempre tra i piedi e forse fu proprio durante una di queste feste che lo vidi arrabbiarsi davvero. Per questo l’invito era stato ampliato a Ludo, che sembrava l’unico in grado di tenermi tranquilla. Poi è la sua presenza è diventata una tradizione. Sei uno di famiglia, dopotutto.”-disse guardando l’amico, che annuiva serio. In una situazione normale, Thomas avrebbe trovato quell’amicizia sospetta, ma in un solo pomeriggio si era reso conto che tra quei due c’era un rapporto fraterno, che nessun fidanzato avrebbe mai potuto spezzare.
Con l’arrivo degli ultimi ospiti la festa ebbe inizio. I ragazzi presero posto in un tavolo riservato, piuttosto lontano dalla confusione generale, dove poterono parlare del più e del meno, divertendosi un mondo. Mangiarono fino a scoppiare e Ludovico bevve decisamente qualche bicchiere di champagne di troppo, tanto che ad un certo punto Thomas e Celeste dovettero togliergli la bottiglia di mano e, dopo che si fu addormentato con la testa sul tavolo, portarlo in una camera gentilmente indicatagli da un discreto cameriere. “La camera degli sbronzi, il nonno la chiama così”-spiegò a bassa voce Celeste a Thomas-“Ne prenota una tutti gli anni perché sa che puntualmente a tutte le feste qualcuno esagera un pochetto.”. I due risero e abbandonarono il povero Ludovico, sbronzo e addormentato, al suo profondo sonno ristoratore. Quando risalirono alla terrazza, tutti i tavoli erano spariti come per incanto e suo nonno era al microfono su un piccolo rialzo. “Vorrei ringraziare tutti per essere venuti, davvero. Sapete quanto sia importante per me commemorare la nascita di questa fondazione in ricordo di Arthur e Ginevra Evans. E vorrei ringraziare anche la mia splendida nipotina, la mia piccola Celeste, che è davvero stata la luce della mia vita, quando non vedevo altro che tenebre. Grazie bocciolo.”. Tutti si girarono verso la ragazza in abito blu, la quale viso era rigato da qualche lacrima commossa. “Se non ti dispiace, piccola mia, vorrei che tu aprissi le danze con il tuo cavaliere quest’anno”-continuò Alexander. Thomas le prese la mano e la trascinò al centro della pista da ballo, incurante delle sue vivaci lamentele. Quando furono al centro della terrazza, le prime note di una delle canzoni preferite di Celeste, “Always” dei Bon Jovi, riempirono l’aria di gridolini e sospiri. Gli occhi color dell’oceano di Celeste si tuffarono in quelli altrettanto blu di Thomas e non ebbero bisogno di parole per ballare in perfetta sintonia. Dopo dieci minuti buoni, i piedi di Celeste iniziarono a gridare di dolore e i due ragazzi abbandonarono la pista da ballo per sedersi sui comodi divanetti blu posizionati vicino alla ringhiera della terrazza. Sotto i loro occhi si estendevano le mille luci colorate di una città, che era viva come di giorno, così di notte. “È bellissimo qui.”-disse Celeste, appoggiando la testa alla spalla di Thomas. “È stata una serata fantastica, amore mio.”-“Amore mio?”-esclamò sorpresa la ragazza-“Celeste Evans, ti amerò, per sempre, come dice la canzone. Sei una persona fantastica sia esteriormente che interiormente. Non pensavo di poterlo dire a diciassette anni, ma sei la donna della mia vita. Ogni cellula del mio corpo è innamorata di te, ogni fibra impazzisce per il tuo sorriso. Ti amo, piccola mia.”-“Ti amo anche io Tommy.”-rispose la ragazza, dandogli un bacio, che fu il primo, di una lunga, lunga serie di baci. Celeste  era sempre più convinta che in quelle labbra, così morbide e profumate di caffè, avrebbe potuto tranquillamente affogarci felice.

Dopo molto tempo, e molti baci, la festa finì e Alexander li chiamò per tornare a casa. Ludovico fu svegliato con un bel po’ d’acqua fredda, e di nuovo sobrio, raggiunse il trio sulla macchina. Mentre Alexander raccontava a Ludovico cosa si era perso della festa e Ludovico si complimentava con lui riguardo a un certo vino, celeste, toltasi le scarpe, si accoccolò tra le braccia rassicuranti di Thomas e si addormentò sorridente. Arrivati a casa, mentre i due ragazzi portavano Celeste in braccio nel suo letto, Alexander fu informato di una persona che lo aspettava nel suo studio da Bernarda. Quando l’uomo aprì la porta del suo ufficio, impallidì improvvisamente. Una donna dai lunghi capelli rossi intrecciati con fiori e un lungo abito verde di velluto in stile medievale era seduta sulla sedia di fronte alla grande scrivania in mogano. “Vivien, cosa ci fai qui?”-“Ciao merlino. Ci hanno trovato, gli uomini di Mordred hanno trovato la nuova Camelot. L’incantesimo è stato rotto.”-“ma cosa dici, Vivien? Come è possibile?”. La preoccupazione era tanta che l’aria ne sembrava intrisa. “Non ho idea di come sia potuto succedere, ma alcuni stregoni mi hanno seguito in questo tempo. Sanno che Celeste è qui.”-“Per tutti gli dei, Vivien!”. In quel momento entrò Bernarda, che annunciò ad Alexander l’arrivo della madre di Thomas. “Falla entrare, falla entrare.”. Una donna dai lunghi capelli neri, dagli occhi viola e vestita elegantemente fece il suo ingresso nella stanza. “Wow, non pensavo di aver introdotto una riunione di famiglia. Vivien, Merlino, cosa ci fate a casa della fidanzata del mio Thomas?”-“Morgana?”-In tutto il mio splendore. Qualcuno mi spiega cosa ci fate qui?”. Alexander-Merlino imprecò a bassa voce. Tutto quello da qui aveva cercato di proteggere Celeste era appena entrato dalla sua porta di casa, in modo molto più dirompente di quanto si era mai aspettato.

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