Revenge of Sin.

di AngelOfSnow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Revenge of Sin. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Di amorevoli complessi. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Chi non muore... ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Si rivede ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. Di viaggiatori clandestini. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Nuvole Nere. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Di Letali Conseguenze ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Attesa. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Il fatto. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Il peccato dei Vivi. ***
Capitolo 11: *** Libertà. ***



Capitolo 1
*** Revenge of Sin. ***


Revenge of Sin.

Revenge of Sin.

 

Era estate.

Il sole splendeva alto nel cielo e un filo di vento sferzava docile sul viso di due ragazzi, gemelli, impegnati a prendere del sole.

Appunto perché gemelli, i loro lineamenti erano pressoché identici.

L’unica differenza era il loro carattere: scontroso, bellico e calcolatore, per il ragazzo; dolce, affettuoso e comprensivo della ragazza; entrambi, però, erano intelligenti. Molto intelligenti.

La ragazza fu la prima ad aprire gli occhi di un magnetico azzurro carezzandosi i capelli cioccolato, lunghi fin metà schiena.

<< Sora? >>

Chiamò, gentile, posando sul torace del fratello la mano sinistra affusolata. La sua voce, diceva chi l’ascoltava, pareva il canto di una sirena e il tintinnio di campanellini messi insieme.

<< Mh? >>

Mugugnò il ragazzo, in modo scontroso.

<< Si sta facendo tardi. >>

Disse la ragazza, per niente intimorita dagli atteggiamenti dell’altro.

<< Tsk. >>

Sbuffò il ragazzo, aprendo gli occhi.

Rivelò, con quella mossa, lo stesso azzurro magnetico della sorella che stava alzandosi.

<< Sei fastidiosa, Haku! >>

Haku rise di gusto, portandosi la mano vicino alle labbra per camuffare la risata con un colpo di tosse.

<< Certo, certo. >>

E incrociò le braccia esili dietro la schiena, piegandosi in avanti per avvicinare il volto a quello di Sora.

Sorrise compiaciuta.

<< Vuoi che Daichi ci trovi, ancora? >>

Automaticamente, nella mente di entrambi, apparve la figura di un ragazzo con un’espressione corrucciata da fare paura.

Nelle fantasie della ragazza, la stessa figura prese a brillare ricoprendo il ruolo di “Fratellone più figo del mondo”.

Nelle fantasie del ragazzo, invece, la stessa figura cominciò ad assumere forme mostruose e contorte di serpenti, vermi o scarafaggi... magari messi insieme!

Sora ridacchiò in modo sinistro facendo rabbrividire la sorella.

<< Non mi dire! >>

Sbuffò cercando di non ascoltare le assurde macchinazioni del fratello.

Sorrise, Sora, e subito dopo prese la sorella per mano, cominciando a camminare verso casa.

 

٭٭٭٭٭٭

 

La donna sorrise compiaciuta: Sakura aveva compiuto un ottimo lavoro con quei due.

Gli sarebbero stati davvero utili, quei bambini.

In fondo, lei non era invecchiata di una virgola dopo quella notte di pura paura.

La donna sorrise, scompigliandosi la corta chioma corvina, precedentemente bionda.

Il riflesso di uno specchio, dove le figure di Haku e Sora camminavano in modo spedito verso casa con le mani intrecciate, fece sorridere la donna sinistramente.

<< Non trovi che abbia fatto uno splendido lavoro, mh? >>

La stessa, rivolse gli occhi cremisi su uno specchio alle proprie spalle, per guardare la figura incatenata all’interno.

La figura si mosse cercando di forzare le catene, ma l’unica cosa che produsse, fu un indistinto rumore di catene e alcuni mugolii sommessi.

<< Hai ragione... >> rifletté la donna ad alta voce. << Sarei dovuta morire quella notte! >> e prese a ridere fragorosamente, scoprendosi una spalla per mostrare un marchio rialzato sulla pelle candida.

 

 

٭٭٭٭٭٭

 

Quella donna gli stava letteralmente rubando i sensi, pensò Daichi guardando gli occhi scuri di una ragazza al proprio fianco.

<< Sei sensuale come un felino, Sachiko. >>

Sussurrò al suo orecchio, causando alla ragazza una reazione eccessiva: prese a tremare leggermente dal piacere e avvampò.

Il ragazzo si leccò le labbra, compiaciuto: se avesse continuato così, quella sera avrebbe condiviso il letto del proprio appartamento con una delle ragazze più carine del distretto di Tokyo.

In fondo lui era un’amante instancabile del gentil sesso.

O forse amava solo il sesso e le sensazioni che un corpo delicato come quello di una donna sapesse trasmettere...

 Decisamente la soluzione ideale.

Con fare gentile attirò ancora più a sé la ragazza cingendole le spalle con un braccio.

<< D-daichi! >>

Gemette quella, incrociando gli occhi verdi, con delle intagliature di marrone chiaro, per sciogliersi come  cera a contatto col calore.

Sorrise il diretto interessato a quella reazione più che calcolata e s’apprestò a posare le labbra su quelle carnose e rosee della ragazza.

A pochi centimetri dalla meta, il telefonino gli prese a vibrare nella tasca del pantalone bianco con la quale le gambe erano fasciate.

<< Scusami un secondo, dolcezza! >>

Sussurrò con lo stesso tono ammaliatore il giovane.

Il display segnava il numero di quel tizio.

<< Direttore, mi dica. >>

Ed assunse un’espressione contrita, ascoltando l’interlocutore, spiegare in dettaglio che in quella zona, avevano localizzato le coordinate di due Level End.

<< Ma, direttore Cross, io...! >>

<< Lo so. È il tuo giorno libero, ma sei un Vampire Hunter, giusto? >>

<< Giusto. >> rispose il ragazzo, monocorde.

<< Quindi Daichi,fa del tuo meglio! Ricordati che è un ordine di Zero-kun!  >>

La telefonata si interruppe .

Daichi ringhiò di rabbia e osservò di sottecchi il bel bocconcino seduto ad aspettarlo con le gambe incrociate.

Sospirò tornando al tavolo del locale sotterraneo in cui si trovavano – uno di quelli con i tavoli rotondi e il sedile unico, tondeggiante – e con una mano, richiamò la cameriera che non l’aveva lasciato un momento con gli occhi dal proprio ingresso.

<< Per favore, potrei chiederti il conto? >>

La ragazza dalle movenze feline e sensuali strabuzzò gli occhi, infastidita.

<< Come, te ne vai? >>

Chiese, cercando di dissimulare l’eccitazione che l’aveva presa pensando alla notte.

 La cameriera annuì abbagliata e lui sorrise gentilmente a Sachiko, promettendole una serata indimenticabile.

<< Ecco a lei. >>

Mormorò in modo sottomesso la cameriera, facendo trasparire dalle movenze anche altro.

Daichi sorrise in modo sghembo chiedendo anche una penna.

La ragazza, sorpresa da quella richiesta, estrasse quella che teneva per le ordinazioni e guardò stupita quel ragazzo angelico.

<< Grazie... >> mormorò Daichi a Sachiko prima di alzarsi dopo aver scritto qualcosa sullo scontrino. << E arrivederci, signorina. >> concluse, dando penna e scontrino in mano alla cameriera.

Poi uscì dal locale, tranquillamente.

Quando la ragazza guardò lo scontrino, sgranò gli occhi: al suo interno vi era annotato un nome, un cognome, un indirizzo, perfino il numero di un telefono cellulare e come ciliegina sulla torta, alla fine di tutto, svettava con prepotenza una calligrafia ordinata ed elegante che diceva “Call me.

 

 

٭٭٭٭٭٭

 

La donna sorrise ancora e guardò con occhi avidi di curiosità le mosse del giovane uomo.

Aveva mandato due level End in zona e, con sua grande sorpresa, aveva anche avuto fortuna.

Proprio lei, che da quella notte aveva perso tutto a causa di quella donna, aveva avuto fortuna nel trovarsi la propria preda già in zona.

<< Non trovi sia fantastico? >>

Sussurrò nuovamente rivolta alla figura dentro lo specchio, che questa volta gemette istintivamente nel riconoscere la figura dentro lo specchio davanti alla corvina, sospeso in aria, che riproduceva le azioni del biondino.

<< Ah, non preoccuparti, non è Cristian, ma non trovi che gli somigli in modo pazzesco? >>

La figura nello specchio sgranò gli occhi, prima di gemere in modo  affermativo.

 

 

٭٭٭٭٭٭

 

 

<< E’ strano! >> mormorò una Purosangue dagli occhi color cioccolata e capelli lunghi e setosi del medesimo colore.

<< Non ha tutti i torti, Nobile Yuuki. >> annuì un vampiro di livello D.

<< Smettila di chiamarmi così! >> rimbeccò lei e interiormente ripensò alla persona che gli aveva affibbiato una così pesante spina nel fianco.

È per il tuo bene un corno! Ringhiò mentalmente.

<< Impossibile una diminuzione così drastica di Level End! Zero, cosa ne pensi? >>

Il diretto interpellato – un Purosangue dai lineamenti, seppur spigolosi eleganti, dagli occhi malva e capelli argentei – alzò il capo verso un uomo.

<< Cristian, non ne ho la più pallida idea. Per adesso teniamo la situazione sotto controllo e non esitate a fare rapporto in caso dovessero esserci novità! >>

Sentenziò con fare serio, prima di massaggiare le tempie.

La porta si spalancò di botto, rivelando la figura di un uomo con degli occhiali ridicoli, con indosso una mantellina e i capelli raccolti in una coda da un nastrino viola, che teneva in mano un set di tazzine riempite di un liquido ambra. 

<< Zero-kuuuuuuuun! >>

Il vampiro, sembrò irrigidirsi per poi sbuffare, irritato.

<< Direttore, le sembra il modo di entrare? >>

<< Ma, ma, ma, ma, ma! >>

Continuò questo, mirando con una delle tazzine alle labbra dell’albino.

<< Chiamami papà! Non sono più il Direttore dell’Associazione! >>

La reazione del ragazzo fu palese: arrossì lievemente a quella svista e deviò agilmente la tazza afferrandola al volo prima che potesse toccare il suolo. 

<< Ero nel bel mezzo di una riunione! >>

Ringhiò poi, indicando all’uomo le figure all’in piedi.

<< Yukiiiiiii! >>

E la ragazza dai lunghi capelli lisci e morbidi, del colore del cioccolato, riuscì ad intuire il motivo di quel Livello D affibbiatogli dal proprio Nii-san.

<< Waaa! Proteggimi! >> ordinò evitando un abbraccio mortale.

L’uomo dai capelli biondi come il grano, occhi di un verde intenso e  dal sorriso angelico, prese a sedersi davanti all’albino con fare divertito.

<< Mi mancava quest’area così familiare. >>

Sorrise e l’altro tirò i muscoli in modo piccato.

<< Ah. Ah. Cristian avevo un’altra cosa da dirti, ma nella confu- VOLETE SMETTERLA VOI DUE?! >>

Ringhiò improvvisamente l’albino, rimettendo in riga sia il Level D, le urla della vampira e dell’uomo.

Poi, con un’espressione alquanto piccata, tornò a guardare Cristian, che nel frattempo aveva preso a ridere di gusto.

<< Ho mandato Daichi giù in campo, visto che era nei paraggi di due Level End. >>

Cristian annuì e sorrise a Zero.

<< Sono i primi dopo quasi cinque mesi di inattività? >>

Chiese.

<< Già... >> rispose amareggiato l’albino. << Abbiamo chiesto anche man forte al Concilio, ma non hanno la più pallida idea di quello che sta accadendo. >>

<< Kaname onii-san non è ancora riuscito a venirne a capo. Zero, mi spiace. Cercherò di rendermi utile anche io in qualche modo. Ci vediamo, gente! >>

Sorrise, prima di salutare e cominciare una corsa sfrenata per allontanarsi il più possibile da quel posto.

<< Yuuukiiiiiiii! Chiamami papà! >>

Prese a rincorrerla Kaien Cross, con il chiaro intento di coccolarla fino allo stremo.

Cristian rise fragorosamente e Zero si portò una mano alla testa, irritato.

 

 

٭٭٭٭٭٭

 

Sakura oramai aveva perso le speranze di veder spuntare a casa, per ora di cena il proprio bambino.

Anche se tanto bambino non lo era più, il cuore di una mamma non ha tempo.

<< Mamma! Abbiamo fame! >>

Cantilenarono in coro i due gemelli e lei sorrise gentilmente, divertita da quella scenetta giocosa che inscenavano da ben dieci anni, per sollevarle il morale.

<< Siete così affamati, mh? >>

<< Io voglio una torta immeeensa! >> prese a giocare Haku, gesticolando con le mani e aprendo le braccia sulla parola “grande”.

 Sora stette in silenzio.

<< E tu? >>

Chiese cordialmente Sakura, lasciando che qualche ciocca di capelli scivolasse di lato al collo.

<< Spaghetti di soia. >>

Disse solo, imbronciandosi appena per guardare un’altra direzione.

Sakura sorrise ai propri bambini e li attirò a sé, abbracciandoli con trasporto.

<< Siete sempre così affettuosi. >>

Sora fu il primo ad interrompere quell’abbraccio, fulminando la sorella che rideva sotto i baffi.

<< Mi avevi detto che non ci avrebbe abbracciati! >>

Così facendo, cominciarono a rincorrersi per tutta casa, mentre Sakura faceva leva sulla propria autorità per fermare quel gioco pericoloso.

Veloce, agile e forte, acchiappò entrambi i quindicenni per i capelli, trascinandoli poi dalle maglie giù per le scale e portarli sul divano.

<< Fate i buoni! >> sorrise loro. << Com’è andato il pattugliamento? >>

Entrambi sorrisero e cominciarono a parlare in sincrono.

Erano eccitati e i suoi occhi cioccolato, riuscivano a scorgere anche in profondità nei loro animi, conoscendoli meglio di se stessa.

<< Avete fatto rapporto a Zio Zero? >>

Mormorò infine, quando gli animi si placarono.

<< Emh... >> mormorò Haku. << No. >> rispose Sora, specchiandosi negli occhi azzurri della sorella.

Sakura annuì e intimò loro di andare in cucina: la cena sarebbe stata a momenti pronta e Cristian sarebbe rincasato a momenti e Daichi... bhè, quel ragazzo a venti anni, con un lavoro ben retribuito, fascino da vendere e furbizia della madre, sarebbe stato bene; fin quando l’avrebbe beccato e rimproverato severamente, ovvio.

Sakura sorrise fra sé e sé, prima di sentire il rumore di porta aperta e dei passi all’ingresso, poi un << Amore, sono a casa! >>, i versi sdegnati dei propri figli, occupati ad apparecchiare la tavola, e i commenti sarcastici del proprio amore contro i versi precedenti, prima di sentirsi circondare da un abbraccio intriso d’amore.

<< Sono a casa. >>

Sussurrò la voce di Cristian vicino all’orecchio di Sakura e questa sorrise.

<< Bentornato. >>

 

 

٭٭٭٭٭٭

 

 

Daichi aveva in mano la Black Rose, unica arma che, fino a quel momento, aveva una colorazione nera fra tutte quelle anti-vampiro.

<< Tutto qui? >>

Mormorò, insoddisfatto dalla brevità di quel compito.

Si ripulì le mani con un fazzoletto e ripose l’arma sotto la giacca, dove prima giaceva indisturbata, per guardarsi un po’ intorno.

Forse potrei tornare al locale, pensò, ma prima che potesse gettare anche un minimo passo verso la sua meta, il telefono prese a vibrare nella propria tasca: il numero non l’aveva memorizzato.

<< Pronto? >>

Chiese, cordiale.

<< Emh, p-pronto? Daichi Tsucase? Sono Karin, la cameriera del locale... >>

Sorrise alla propria fortuna e s’affrettò a rispondere.

<< Ciao, Karin, posso darti del tu, vero? >>

Dall’altro lato sentì un verso d’assenso e sorrise ancora una volta.

<< Dove vuoi che ti venga a prendere, bellezza? >>

Disse seducente, facendo squittire la ragazza al telefono.

<< Io ho appena finito il mio turno... a casa tua? >>

Daichi si leccò le labbra, soddisfatto.

Non aveva sprecato del tutto il proprio tempo, quella sera.

 

٭٭٭٭٭٭

 

La figura allo specchiò guardò ammaliata le movenze feline di Daichi.

Purtroppo gli ricordavano maledettamente quella persona e le condizioni in cui aveva visto Sakura e Cristian non gli avevano fatto sperare che fossero potenti come un tempo.

Avrebbe dovuto fare qualcosa per uscire da quella posizione di stallo, o sarebbe ricominciato tutto da zero e, no, non avrebbe potuto permetterlo.

<< Non puoi fare nulla. >>

La donna attraversò con solo metà busto il vetro dello specchio, carezzandogli la guancia.

<< Esatto, avresti dovuto uccidermi quella volta! >>

<< Cos’hai intenzione di fare?! >>

Berciò e l’altra scosse le spalle, lasciando che il soprabito che indossava, le calasse giù per tutta la schiena, mostrando un segno maledetto.

<< Sono un X-Project, ricordi? Voglio solo tornare umana! >>

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. Di amorevoli complessi. ***


Capitolo 2.

Di amorevoli complessi.
 


Decisamente Daichi era un tipo con la quale era impossibile perpetuare nel tempo in un’unica attività!

Nemmeno quella notte in compagnia di Karin, lo aveva smosso particolarmente.

Infatti, quella mattina, aveva semplicemente aperto gli occhi, baciato la ragazza e s’era andato a fare una doccia.

<< Posso farla con te? >>

Chiese Karin e lui non si tirò indietro, anzi, sembrava che gli piacessero le prese di posizione delle ragazze con cui stava.

<< Non è una cattiva idea! >>

Ammise, iniziando a mordicchiare il collo della giovane, che per tutta risposta gemette.

Per un’altra ora, si sentì perfettamente occupato.

<< Non dirmi che sei stato anche ieri sera in giro!? >>

Ringhiò un uomo dai corti capelli ramati, puntandogli contro un dito in segno di ammonimento.

<< No, Kaito. >>

Sospirò Daichi, camminando per i corridoi dell’Istituto Cross Academy, sentendosi spossato ma incredibilmente appagato.

<< Chiamami Kaito-sama ragazzo! >>

<< Ma nemmeno per sogno! >>

Rimbeccò il biondo, guadagnandosi le occhiatacce fredde e austere di Kaito Takamiya... sempre meglio di Toga Yagari.

<< Come osi, piccolo impertinente?! >>

E Daichi sorrise al proprio maestro con occhi colmi di devozione.

Si, pur essendo uno del così raro e prezioso clan Tsucase- così come lo chiamavano tutti, tranne il padre stesso. – e quello tenuto in vita dalla madre dei Moricase, aveva preferito avere un altro maestro, pur impraticandosi con il padre nel controllo degli elementi.

In fondo, era come giocare.

<< Mi stai ascoltando, pivello?! >>

Ringhiò Kaito e lui annuì, ricercando nella sua psiche il discorso che si era appena perso.

<< Il rapporto sto per andare a consegnarlo. >> affermò, bloccandosi per alcuni secondi. << E porterò anche i miei fratelli per
farlo, visto che ieri sono rientrati direttamente a casa. No? >>

Lo anticipò sul tempo, prima di salutare l’uomo con una mano ed entrare dentro una delle numerosissime aule della Day Class.

<< Buongiorno, Tsucase-sensei. >>

<< Buongiorno, ragazzi, spero che siate pronti per un test a sorpresa. >>

Brusii scandalizzati ed impauriti si levarono dalla stanza, insieme agli insulti mentali dei molti al proprio indirizzo.

Sorrise.

Eh si, Daichi Tsucase, aveva ereditatonon solo il controllo dell’Aria e della Terra, ma anche una porzione della Mente, equamente diviso con i fratelli, a quanto gli risultava.

Difatti, non ricevette nessun segnale dalla parte dei due gemelli che lo guardavano entrambi con astio.

Sorrise cordialmente loro, passando attraverso i banchi per consegnare il test di matematica e tornare a guardare il cielo cristallino.

<< Bastardo. >>

Sentì in un sussurro da parte di Sora e lo afferrò velocemente per l’orecchio sinistro, facendo sobbalzare gli altri studenti impegnati nello scrivere e arrovellarsi il cervello.

<< Tu, sei, proprio, nei, guai. >> sibillò, portandosi il fratello alla cattedra separandolo dalla sorella, la quale aveva già completato metà dei quesiti senza esitare.

<< Senza Haku, voglio proprio vedere cosa combini, pivello. >>

Vide con un sadismo plateale le gote di Sora divenire rosse e gli lasciò completare il compito.

Alla fine della campanella prese a ritirare i compiti con un sorriso cordiale e sincero, capendo chi avesse difficoltà e chi no all’interno dei vari quesiti lasciati in bianco.

Il suo sorriso si allargò oltremodo quando Haku si alzò dalla sedia, per andargli incontro e consegnare il foglio.

Dire che adorava la sorella sarebbe stato un insulto.

Lui semplicemente la venerava e la vezzeggiava in ogni modo possibile.

<< Sensei, credo di non aver fatto nemmeno un errore. >>

Commentò lei, sicura, riflettendosi negli occhi del fratello in un moto di fierezza.

L’espressione cordiale ma seria, cominciò a vacillare pericolosamente, rischiando di far vedere agli studenti il suo tallone d’Achille.

Fu Sora a distrarlo dal coccolare la sorellina.

<< Tsk. >> mormorò, consegnando il foglio completamente in bianco, rosso fin l’attaccatura dei capelli in volto.

<< Non sei riuscito a fare nulla? >> chiese la sorella assumendo un’espressione affranta. L’altro ringhiò di tutto punto.

<< Daichi! >> l’ammonì Haku, rivolgendosi al biondo. << Perché l’hai fatto?! >>

E si mise le mani ai fianchi, facendo brillare gli occhi di rabbia.

<< Sei proprio cattivo quando fai così! Pur sapendo le difficoltà di - >>

La mano del ragazzo gli tappò la bocca e la trascinò via alla vista del maggiore, che sorrise spensierato, prima di sedersi alla cattedra e chiamarli una seconda volta.

<< Aspettatemi all’uscita: andiamo all’Associazione, più tardi. >>

L’unica risposta che ricevette fu data da Sora.

<< TSK! >>

Con curiosità – appena i due gemelli uscirono dalla stanza – Daichi cominciò proprio da loro due a correggere.

Con sua grande emozione notò la perfezione assoluta in quello di Haku e poi sorrise in modo sadico, vedendo il foglio in bianco del fratello.

<< Moccioso. >>

Sussurrò a se stesso pronto a mettere il due meritato, qualcosa lo bloccò.

Aggrottò le sopracciglia, Daichi, per mettere il foglio in controluce.

Sgranò gli occhi nel notare delle serie di numeri ricalcati sul foglio.

<< Quel moccioso! >>

Ringhiò a denti stretti, prendendo una matita in mano e mettendola di lato: con la punta cominciò a colorare il foglio e dei numeri risultarono chiari vicino ai quesiti.

Li aveva fatti tutti. Incredibilmente erano tutti scritti.

Miracolosamente il compito era perfetto.

Inarcò un sopracciglio per addolcire lo sguardo poi...

<< Quel moccioso... >>

Gli uscì dalle labbra come una dolce carezza.
In fondo, Daichi Tsucase, amava i fratelli con tutto se stesso.

<< Quindi, com’ andata, fratellone? Ho fatto tutto giusto? >>

Chiese innocentemente Haku, non chiedendo il voto per correttezza dei compagni; l’unica cosa che desiderava era farsi delle inimicizie.

<< Si, come al solito, perfetto. >>

Disse lui, abbracciando la castana con dolcezza.

<< Invece, >> proruppe divertito. << a qualcuno non è andata benissimo, mr.White. >>

Vide Sora a quell’affermazione, sorridere in modo sommesso.

<< Certo, idiota. >>

Disse poi, utilizzando i propri poteri per ridare vita e colore all’inchiostro.

Daichi avrebbe perso la stima dei docenti e lui si sarebbe vendicato.

Non si era fatto dare ripetizioni dalla sorella per niente. Questo non di certo.

<< Com’è andato il pattugliamento? >>

Chiese gentilmente rivolto ad entrambi, Daichi, guardando le loro espressioni dallo specchietto della macchina.

Gli fu chiaro l’esodo: nulla; nessun vampiro da incenerire.

Lui sospirò e poi sorrise.

<< Io ne ho fatti fuori due, ieri notte. >>

E gli occhi dei due ragazzini brillarono in sincrono, stupendo non poco il fratello.

<< Davvero?! >> chiese euforico Sora. << Dimmi dove ne posso trovare altri! >> continuò, ignorando lo sguardo stralunato del
biondo.

<< Emh... >> per tutta risposta la ragazza gli poggiò una mano sulla spalla.

<< Sora, non penso che... >> l’altro sbuffò, spostando la mano dalla propria spalla.

<< Già, come se fosse un gioco! >> prese a dire, ringhiando interiormente.

<< Fratellino, certo che l’assenza di azione ti rovina, eh? >>

Sorrise aSora, intuendo lo stato interiore del minore: per persone come loro, combattere veniva automatico e, soprattutto per il castano, stilare strategie pur essendo carichi di adrenalina, era una sensazione inimmaginabile.



٭٭٭٭٭٭
 


Hanabusa seguiva in silenzio la figura davanti a sé. Camminavano da giorni, eppure non avevano trovato nulla fra quelle discariche.

<< Hanabusa. >> chiamò questa, facendo rinsavire il giovane dai propri pensieri.

<< Si? >>

<< Avvicinati. >> l’altro fece come ordinato e si specchiò negli occhi castani – di un’insolita tendenza rossiccia – del proprio signore, che lo guardavano con preoccupazione.

<< Osserva. >>

Disse e il biondino annuì, aggrottando le sopracciglia, prima di spalancare gli occhi in un moto di disgusto.

<< Co-cosa significa? >>

Per un solo momento quello che un tempo era Idol-sempai, tremò di paura.

<< Non lo so, Hanabusa, và, chiama gli altri. >>

Ordinò il Purosangue, senza distogliere gli occhi dal paesaggio di rovina e miseria sotto i propri occhi.

<< E voi, Nobile Kaname? >>

Questi non rispose subito, chiudendo gli occhi, per lasciarsi investire dal venticello del tardo pomeriggio.

<< Ho una brutta sensazione, Hanabusa, chiama anche Sakura. >>

Bastò quel nome a far preoccupare il biondo come non mai;

Era raro che il Nobile Kaname chiamasse Sakura per nome, principalmente soleva chiamarla “Moricase” oppure non la chiamava proprio.

Accadeva spesso la seconda opzione.

Hanabusa strizzò gli occhi in un bisogno spichico e girò i tacchi, per correre alla velocità della luce all’Associazione Hunter, dove avrebbe incrociato anche il cugino e quel Kiryuu.

Kaname sospirò continuando a guardare quei vampiri dissanguarsi con foga mentre altri arrivavano da lontano.

Decisamente: quella situazione era dettata da qualcuno che aveva a che fare con quella notte.


*****
 


Sora stava scribacchiando qualcosa su un taccuino in modo perfetto ed ordinato: una strategia di guerra, pur essendo un periodo di pace e prosperità dove i Level End scarseggiavano, sentiva il bisogno di tenere ben allenata la mente.

Non appena sentì il fragore di una lama nell’aria,si spostò di lato, evitandola.

<< Chi c’è?! >> prese ad urlare irradiando il corpo di calore fino a toccare temperature umanamente impensabili.

<< Sempre così scontroso? >>

Sora inarcò un sopracciglio guardando il figlio di Takuma e sorrise, salutandolo con affetto.

<< Ti stanno cercando all’associazione, Sora. >>

Il castano annuì sentendo una strana scarica nell’aria.

Non si sentiva tranquillo, per nulla

Come se qualcuno stava leggendogli l’anima sussurrandogli parole a lui sconosciute, ma nitide per il proprio cuore.

Appena vide Haku, si sentì sollevato eppure vide negli occhi della sorella la stessa preoccupazione.

<< Mamma! Papà! >> sbottarono insieme, mentre Kaito affiancava Toga Yagari e Zero Kiryuu con fare professionale.

<< Allora? >> s’intromise nella discussione Daichi, ravvivandosi la chioma bionda.

Sakura sudò fredda sentendosi improvvisamente male.

Non disse nulla, ma la cosa non sfuggì assolutamente alla propria famiglia che – per rispettare il volere della donna – trattennero stoicamente le domande.

Il direttore Cross assunse un tono grave. –“Kaname-kun e Aidou-kun hanno scoperto il motivo di tutta questa calma.”-

Il vampiro senza zanne consegnò la parola al biondo dagli occhi azzurri che guardò con fare preoccupato i presenti.

<< Non sappiamo da cosa siano spinti, però... >> sembrò soppesare le parole e poi riprese a parlare. << I Level End si stanno
uccidendo a vicenda. >>

A quel punto Sora cadde carponi contemporaneamente ad Haku e Daichi.

I ragazzi si tennero i capi senza emettere fiato mentre all’interno delle loro menti si proiettavano immagini di morte e sangue e di
due occhi azzurri che incontravano ripetutamente quelli di loro madre, dall’espressione affranta.

Solo Haku chiamò un nome, piangendo lacrime amare. << Yue! >>

Sakura spalancò gli occhi cercando di dare aiuto ai propri figli.

<< Cristian! Cos’hanno?! Cosa stanno vedendo?! >> sbraitò, abbracciando la ragazzina.

Cristian vide lo scontro contro Yue essere programmato nelle menti dei loro bambini.

Gli mancò il respiro per alcuni secondi rivivendo in terza persona eventi che avevano represso nei loro cuori più di quindici anni addietro.

<< Cosa... cazzo... Arrrgh! >> ringhiò Daichi, poggiandosi contro il muro per rimettersi in piedi: fu sorretto da Kaito, il quale sembrava preoccupato.

I due gemelli svennero fra le braccia dei genitori;

Daichi riuscì a rimanere vigile, con il fiato corto.

<< Chi era... mamma? >>

Gli Hunter e alcuni vampiri rimasero con il fiato sospeso.

Sakura si strinse nelle spalle e prese in braccio Sora.

Cristian fece lo stesso con Haku.

<< Ne parleremo a casa, vogliate scusarci. >>


*****
 


Sakura si sentiva in trappola, vittima di una maledizione senza scampo, che ogni tot di anni si sarebbe ripresentata perseguitando lei e la propria famiglia.

Era bastato il nome di Yue – pronunciato dalle labbra della propria bambina – per entrare nel panico: era impossibile che qualcuno dopo quella notte fosse rimasto in vita.

Il flash della soluzione gli arrivò assieme al volto raffigurato in una fotografia di lei e Cristian durante la non-vita di Sakura.

Cristian sospirò, cingendo i fianchi della moglie, attirandola a sé.

<< Ehi... >> sussurrò, cercando di non badare all’aura così abbattuta della stessa. << Non darti pena, mh? >>

Sakura cinse il collo del marito, allungando le braccia indietro, creando una di quelle posizioni dolci e intime di una coppia relativamente soddisfatta dalla vita.


<< Pensi che Yue..? >> lasciò cadere la frase, facendo intuire il resto al marito, mentre il biondo scoteva il capo.

<< Non lo penso affatto... >> sussurrò all’orecchio della mora. << Penso che sia qualcun altro; ti ricordo che sei stata tu a dirmi di aver accompagnato Yue, i miei genitori e i tuoi dall’altra parte. >>

Parlò in modo risoluto l’uomo, non accorgendosi di due orecchie indiscrete ad ascoltare la discussione.

*****
 


La figura nello specchio sospirò in modo dolce osservando l’angolo d’amore di due eroi.

La donna sghignazzò divertita e con una strana luce negli occhi.

<< Certo, siete contenti, no? >>

Sputò fra i denti la donna, passandosi le dita nei capelli lisci e corti, di un’impenetrabile corvino.

<< Bhè... io no. >>


*****
 


Daichi non conosceva nulla del passato dei loro genitori.

Non che gli importasse chissà cosa – visto che li avrebbe amati comunque – solo che aveva il vago sospetto di non conoscere davvero nulla, su quello accaduto ventisei anni addietro e nemmeno della maestosità del clan Moricase o Tsucase.

Sapeva che in antichità avevano la fama di essere dannatamente potenti – più dei Kiryuu – ma che poi si sarebbero sfaldati, ricomposti e sfaldati nuovamente.

In molti gli avevano confinato quella curiosità in un angolo infantile della propria mente e, proprio per questa ragione, Daichi stava scivolando in modo felino dentro gli archivi dell’Associazione.

Si diede dello sbadato nel cercare negli archivi normali.

Aveva bisogno di prove e documentazioni vecchie di trent’anni, se non di più.

Sgusciò agilmente dentro l’archivio riguardante gli Hunter e prese a guardare con famelico interesse dentro gli schedari in ordine alfabetico.

<< Trovato... >> esultò sottovoce, osservando la linguetta della cartella sulla quale svettava il nome Sakura Moricase.

Prese la cartellina e si sedette sul pavimento piastrellato, corrucciando le sopracciglia nel notare le firme di Kaien Cross, di

Toga yagari e Zero Kiryuu a siglare la cartella. Strano.

Cominciò a leggere la scheda della madre e notò una fotografia sotto alcuni fogli che pareva volere attenzioni.

<< ..Mh? >> gli uscì spontaneo chiedersi chi fosse quel ragazzo dai capelli corvini e gli occhi glaciali, che abbracciava sorridente

Sakura con il padre.

Immediatamente nella propria mente si sovrappose al viso sorridente della fotografia, quello sofferente e morente che aveva in petto la lama della Soul Rose della madre.

<< Yue... >> sussurrò più a se stesso che ad altri e riaprì l’archivio, cercando i documenti riguardante un certo Yue Satoshi.

Ciò che trovò fu la cartella su cui svettava Devil Satoshi.

La trovò nel reparto nero dell’archivio, bollato pericoloso come Rido Kuran.

La storia dei Kuran la conosceva oramai da tempo.

Tutti la conoscevano, ma non aveva mai sentito nominare quel Devil.

Non appena mise occhio al fascicolo, però, qualcuno entrò nell’archivio adiacente a quello in cui si trovava, costringendolo a mettere in ordine con un l’ausilio dell’Aria – che sistemò tutti i fascicoli al loro posto – e della terra – che lo fecero mimetizzare con l’ambiente circostante.

<< Siamo sicuri che Devil sia morto, quella notte? >>

Soffiò glacialmente la voce di Rika.

Daichi sudò freddo considerando che fosse una Sanguepuro.

Qualcuno grugnì alle spalle della corvina e Daichi riconobbe Shiki Senri.

<< Stecchito. >> precisò Kain Akastuki, incrociando le braccia al petto. << Però... >> continuò il ramato, percependo qualcosa di sospetto nella stanza. << Qualcuno che non abbiamo considerato c’è. >>

<< Chi? >> questa era senz’altro Ruka.

Daichi non riuscì a sentire il nome, visto che si erano richiusi la porta alle spalle ma bastò che lasciasse libero il potere della

Mente, per avere risposte: Arimy Sestuna.

Corrucciò le sopracciglia, trasformandosi in Aria per uscire dalla stanza chiusa a chiave.

Adesso, avrebbe indagato da solo.


*****
 



Haku stava allegramente parlottando al telefono con una propria compagna di classe.

<< Tuo fratello ha già corretto i compiti? >>

<< No, non so nemmeno che fine abbia fatto! >> sorrise Haku facendo brillare gli occhi.

Haku ascoltò e ridacchiò ancora con l’amica per dieci minuti, e poi staccò, vedendo il gemello salire con l’affanno e le iridi ridotte a due miseri puntini zaffiri, tanto aveva gli occhi sgranati.

<< Sora? Ehi, tutto bene? >>

Di tutta risposta il ragazzo afferrò Haku per il polso e la prese in braccio, saltando agilmente sull’albero che stava di fronte alle camere dei ragazzi.

<< Dobbiamo andare dai vampiri! >>

Berciò a bassa voce, non appena toccarono il suolo.

<< Cosa? E perché? >>

La ragazza inarcò un sopracciglio, scettica, ma poi asserì col capo.

Haku si fidava ciecamente del fratello e non avrebbe mai permesso ad un qualche dubbio di intaccare il rapporto col gemello.

<< Andiamo! >>

E grazie al potere della Luce, Haku fu in grado di rendere invisibili i loro corpi e seguire il loro genitore.


*****
 



Kaname stava cercando tranquillamente le linee di potere che andavano a controllare quei Level End, che si squartavano e uccidevano da soli.

<< Seireen >> chiamò e subito la vampira dai capelli violacei si materializzò alle spalle del vampiro.

<< Portamene uno qui. >> ordinò e lei eseguì subito, portandogli un vampiro giovane e ancora non consapevole del proprio essere.

<< Come ti chiami? >> chiese il Purosangue e l’altro si contorse nella stretta delle corde della vampira.

-“Sangue!”- urlava e Kaname cercò di penetrare quello strato di intensa resistenza per prendere la supremazia sulla mente del Level End.

Ci provò per una quindicina di volte e non avvenne nulla.

Nulla per la quale esultare o mandare qualcuno a fare rapporto.

Il Purosangue sospirò. << Seireen. >> e la sottoposta sfondò il ventre del poveraccio, facendolo divenire polvere in pochi secondi.

La prima presenza “amica” che Kaname percepì fu quella di Cristian Tsucase.

<< Era ora. >> commentò asciutto non muovendosi dalla propria posa distaccata e superire.

<< Sai, ho una famiglia a cui dare manforte e poi... >> Kaname inarcò un sopracciglio curioso e guardò per la prima volta

Cristian da quando era arrivato.

Il vampiro si sorprese nel vedere il ragazzo di un tempo, maturato fino ad avere uno sguardo maturo e un portamento decisamente adulto e da padre di famiglia.

Sotto certi versi rivide il fantasma di Haruka per i comportamenti e il corpo di Kyosuke Tsucase, asciutto ed atletico di chi ha vissuto da Hunter.

<< Cosa? >> chiese il biondo, che aveva ricambiato l’occhiata del vampiro con curiosità.

Il vampiro arricciò appena gli angoli delle labbra.

<< Notavo quanto tu fossi invecchiato, dall’ultima volta che ti ho visto, Cristian. >>

L’uomo sorrise e s’avvicinò a quel massacro percependo nell’aria una cappa pesante.

<< Gli umani sono fatti così. >> si limitò a dire, cercando di penetrare quella cortina di nebbia che avvolgeva i propri sensi con la Mente.<< Questo posto è controllato da qualcuno. >>

Ammise, dando ragione ai ragionamenti che aveva carpito dal Purosangue.

Cristian evitò di impressionarsi e guardò attentamente i fiotti di sangue e Level End che si dilettavano nel mordersi, staccarsi arti, masticando carni e lottando senza tregue;

<< Ma chi? >> domandò retoricamente il castano, ringhiando contro una figura senza volto.

<< Ho una strana sensazione, Kaname. >>

Nello stesso luogo i due ragazzi stavano ancora cercando di capire cosa e come mai vi fossero tutti quei Level End, riuniti in una discarica puzzolente, a dilaniarsi come animali che non riconoscono nemmeno il branco.

Haku tremò abbracciando il corpo del fratello senza la forza di guardare e Sora la strinse, incapace di distogliere gli occhi da quello scenario.

<< Ma che diavolo... >>

<< E voi che ci fate qui?! >>  

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. Chi non muore... ***


Capitolo 3.

Chi non muore...
 

 
 
Sora non batté ciglio; Haku s’asciugò gli occhi umidi.

-“Daichi!”- si slacciò dal fratello gemello e s’arpionò al corpo virile del più grande, tremando.

-“Quelli non sono Level End, fanno male...”- a quelle parole entrambi i ragazzi si guardarono in volto, conoscendo il potere
particolare della sorella.

-“Cosa senti?”- domandò Daichi, stringendola amorevolmente.

-“Sento disperazione, sete, terrore e...”- urlò portandosi le mani ai capelli attirandosi addosso anche gli sguardi dei tre a controllo della situazione.

-“Haku!”- urlò Cristian, portandosi velocemente vicino alla propria bambina, prendendola in braccio per cullarla e cercare di curare il male che sembrava farla contorcere dal dolore.

-“Non ha nulla!”- urlò un secondo momento con gli occhi lucidi, mentre pensava ad una soluzione e l’unica che trovò, fu quella di farla addormentare.

Cosa che fece.
 

*****
 

La figura nello specchio aveva voglia di rimettere: quella bambina non si meritava quelle sofferenze.

Mugugnò qualcosa e la corvina sorrise soddisfatta, facendo fermare quella tortura parziale
con una semplice mossa.

-“Lo senti, Sakura?”- berciò, ridendo in modo alquanto pazzo.

La figura nello specchio si lasciò sfuggire un gemito.

Non ricordava assolutamente nulla di quella ragazza davanti a sé che l’aveva imprigionata e nemmeno voleva ricordare, ma aveva il sospetto di averla incontrata durante la vita che
s’era lasciata alle spalle.

Gli era bastata quella tortura fatta di vincoli, promesse mancate e doppi giochi...

-“Non pensare questo!”- rise la figura longilinea e impazzita dell’unico X Project rimasto a calcare il terreno di quella Terra, dilaniata da secoli.

-“Se ti ho rinchiuso lì dentro, un motivo c’è!”-

La figura nello specchio inarcò un sopracciglio, non riuscendo a capire.

Devil Satoshi era morto; Kyosuke Tsucase era morto; Rido Kuran era morto... cos’altro la legava a Sakura e Cristian?

-“Io sono stata abbandonata a me stessa!”- berciò ad un certo punto. -“Spaventata, spaesata e colma di un potere che ho imparato a domare solo dopo quasi ventisei anni. Capisci? Capisci per quanto tempo li ho aspettati, cercando un aiuto che non è mai arrivato? Sai quanto ho ucciso per mantenermi in vita? Sai quanto desideravo crearmi una famiglia felice? Mh? Io, che anelavo a diventare qualcuno, non sono niente di meno che un frammento di sogno andato perduto. Un sogno folle!”-

La figura nello specchio capì ogni cosa e ricordò il nome di quella ragazza... non più così umana in fondo, e ricordò anche quanto era stata vicina ad ucciderla.

Avrebbe dovuto farlo, in fondo, seguendo il proprio istinto.

-“Quello che penso sempre ed è un motivo che mi ha fatto pensare a te.”-

La figura nello specchio rabbrividì, ricordando la bellezza dannata dell’Inferno in cui era finita, vicinissima al Purgatorio.

Voleva tornare ad essere nulla, senza bisogno di respirare, senza bisogno di pudore, senza bisogno di vedere per capire, senza bisogno di un’anima e di un corpo concreto per essere.

Voleva tornare a dormire quel sonno eterno che aveva per secoli anelato, senza preoccupazione per la discendente di Yui e per il discendente di Iku.

E poi ventisei anni erano passati in un battito di ciglia, quasi come se non fosse stato abbastanza per lenire la propria stanchezza.

No. No. Non desiderava affatto partecipare ad un altro teatro di terrore.

Perché si era reincarnata? Possibile che quella pazza dai capelli corvini e precedentemente biondi, avesse accumulato tutto quel potere?

La figura nello specchio gemette.

L’altra sorrise spietata passandosi la lingua sulle labbra.

-“Vedo che hai capito.”- sussurrò poi.
 

*****
 

Sakura era preoccupata e a nulla erano valsi i rincuori di Takuma e gli altri ex membri della Night Class.

A nulla.

Soprattutto se aveva percepito il potere di Devil galleggiare sopra i propri bambini.

A nulla se non a farla morire un po’ dentro.

-“Perché eravate lì?”-

Chiese per l’infinita volta Toga Yagari ai due Tsucase, che cocciuti avevano chiuso i passaggi
Mentali – anche a quelli della sorella svenuta – e si rifiutavano di rispondere.

-“Siete identici ai vostri genitori!”- sbottò ad un certo punto Zero, ricordando la forza d’animo dei propri amici.

-“Lasciamo perdere, adesso... Cristian, illuminaci.”-

Il diretto interessato prese per mano la figlioletta e baciò le nocche una per una.

-“E’ lo stesso potere di Devil ad impedirci di fermare quel massacro.”-

-“E’ davvero un problema che si scannino a vicenda?”-

Chiese Yuuki, con aria mortificata: non aveva mai avuto a che fare direttamente con tutti quei Level End in una volta.

-“Non sarebbe un problema.”- cominciò Kain, carezzando la testa di Sora con tenerezza, mentre quest’ultimo rimaneva perfettamente immobile, stilando mentalmente una scaletta degli eventi, cercando di capirci qualcosa.

-“Non sarebbe un problema se morissero tutti.”-

Concluse Rika, stringendosi le braccia al petto.

Hanabusa si mise in mezzo.

-“Sarebbe magnifico, ma se si scannassero tutti, rimarrebbero solo i più forti creando dei problemi.”-

Yuuki fu costretta al silenzio.

-“Il problema non è questo.”- sbottò Shiki, espirando una nuvola di fumo dalle labbra.

-“Ovvero chi c’è dietro a tutto questo.”- finì Rima, rimproverando il vampiro con gli occhi a causa del fumo.

Kaito e Yagari erano quelli che pensavano in grande e a minacce provenienti da altri paesi  - visto i vacillanti rapporti con gli esteri - immaginandosi già a lottare contro persone
sconosciute.

Il quel preciso istante Haku aprì gli occhi, sbattendo lentamente le palpebre e respirando sofficemente.

-“Mamma?”- fu la prima cosa che disse.

-“Amore mio, sono qui!”- pronunciò Sakura, prendendo per mano la ragazza. –“Cosa ti è successo?”-

Automaticamente Haku spalancò gli occhi, tremando leggermente, mentre la pelle della fronte le si imperlava di sudore.

-“Io... ho visto... cose atroci, mamma.”- sussurrò, mordendosi le labbra per non piangere. -“Atroci.”- continuò.

-“Potresti farmele vedere?”- chiese Cristian, non senza rammarico.

Haku asserì, chiudendo gli occhi per lasciare che quelle immagini scivolassero in ogni angolo della propria mente.

E Cristian riconobbe il maniero di Devil Satoshi prima della lotta quella sera dove aveva avuto il terrore di aver ucciso Sakura.

Vide la camera delle torture in cui si tenevano gli X Project e vide gli occhi di una ragazza, spalancati per il terrore prima, ricoperti di lacrime poi e vacui – morenti – alla fine.

Era stata sottoposta ad ogni tipo di esperimento, tortura, lacerazione, incubamento, impollinazione; era stata sottoposta a tutto, ma non aveva ottenuto il potere.

Cristian vide anche gli stessi occhi ricoperti da smorti e spenti capelli biondi, cresciuti a causa dei vari esperimenti in pochissimo tempo e a causa del... morso.

Il morso di Rido Kuran.

-“Oh mio dio...”- pronunciò, intuendo chi ci fosse dietro a quello scempio. -“Arimy...”-

Cristian fu risucchiato in quei ricordi e si rivide giovane e aitante – non che adesso non lo fosse – mentre s’avvicinava con entrambe le pistole alla figura rannicchiata e tenuta prigioniera da Seireen.

Impallidì, ad un certo punto, quando si sentì risucchiare ogni energia.

Sakura notò quel cambiamento e lo prese al volo prima che cadesse al suolo.

Si sentivano entrambi prede troppo scoperte.

-“Cristian? Cos’hai visto?”-

-“Arimy, ho visto alcuni ricordi di Arimy...”-

Fu la risposta veloce e decisa dell’uomo, mentre si notava il ritorno di colore sulle guance.

Kaien inarcò un sopracciglio, seguito a ruota da Zero: non si fidavano della situazione.

Zero sentiva un presentimento alquanto sgradevole e Sakura sentì improvvisamente uno strano brivido.

Viscido, serpentino e oscuro.

Qualcosa che percepì addossarsi su Sora come una pesante condanna...

Come se quell’elemento Oscuro che rappresentava e personificava il figlio, fosse stata la mannaia che avrebbe messo fine a qualcosa.

Non sapeva se fosse una sensazione sensata però... lo sentiva e percepiva. Punto.
 

*****
 

Arimy Sestuna sorrise: era stata scoperta.

-“Oh-oh...”- disse, portandosi un dito sulle labbra con fare innocente. –“Hanno capito chi sono?”-

La figura nello specchio gemette.

Arimy si spostò una ciocca corvina dal viso e rise in modo isterico, spalancando gli occhi azzurri – come il cielo in estate – contorcendo in modo disumano la schiena verso il pavimento.

-“Ma non sanno che io ho te! Non lo sanno! Non lo sanno!”-

Urlò la seconda volta, facendo tremare i vetri delle finestre, in parte già rotti.

Non si poteva certo dire che abitassero in un castello.

Nemmeno in una casa, se è per questo.

Vivevano nelle macerie di quello che era stata la residenza dei Satoshi

Ma in quel momento non era importante sapere altro, a parte che il proprio potere era così immenso e desideroso di uscire, da far del male alla proprietaria stessa.

La figura nello specchio lo sentiva bene.

Quel potere corrodeva l’animo della Level D, come un veleno introdotto lentamente dentro l’organismo.

Lo corrode; lo logora; lo disintegra... inevitabilmente.

Arimy Sestuna era il pallido riflesso di una ragazza morta.

Non esisteva più, e mai sarebbe esistita nuovamente.

Era veramente una folle se pensava di poter tornare umana, dopo l’applicazione del sigillo: era impossibile.

Per distruggerlo il portatore avrebbe dovuto uccidere il creatore e... Devil Satoshi era morto.

Non c’erano speranze per quel corpo di essere libero e anche stesso, avrebbe dovuto fare i conti con un problema a cui nessuno poteva trovare soluzione: regredire da vampiro ad umano.

-“Rendimi partecipe dei tuoi poteri!”-

Disse infine Arimy, entrando intermante dentro lo specchio per dialogare con la figura allo specchio.

-“Non potrai trovare soluzione allo stato di Level End in cui cadrai se romperai il sigillo.”-

-“Ti sbagli!”-

Esultò improvvisamente Arimy, facendo sobbalzare la figura allo specchio – incatenata da pesanti catene – facendo stridere le proprie restrizioni.

-“Cosa..?”-

Arimy compì una piroetta su se stessa. -“Hai capito benissimo invece!”-

E s’avvicinò alla figura incatenata, cominciando a carezzarne i lineamenti del viso.

-“Vedi, in ventisei anni di ricerche e lavori incessanti che non puoi conoscere, visto che ti ho risuscitata solo quest’anno, ho seguito pari passo la crescita dei figlioletti della tua cara

Sakura, senza farmi intercettare da Cristian, ovvio. Ma comunque ho cominciato a capire cosa mi servisse per sopravvivere: un corpo femminile, qualcuno che controllasse la vita e
qualcuno che li controllasse con l’Oscurità più nera... mi capisci?”-

E la figura incatenata sputò in faccia alla povera pazza, beccandosi un sonoro ceffone e lo zigomo graffiato gocciolante sangue.

-“Certo che capisci, no? Visto che è la stessa cosa che avete fatto per secoli tu e quel Devil da strapazzo!”-
 

*****
 

Sora non aveva osato muoversi di un millimetro: qualcosa non gli tornava.

Qualcosa di serio e che gli gravava sull’anima come un macigno immenso posto da qualcuno per fargli un dispetto bello e buono.

Ma chi?

E cosa voleva da lui? Da loro?

Non erano certo stati i Level End a poter fare del male alla propria gemella – era praticamente impossibile che un Level End potesse acquisire poteri Nobiliari dal nulla – quindi la mente del ragazzino, cercava di macinare dati su dati per capire...

Capire chi fosse il terzo incomodo della situazione.

Perché c’era e aveva il vago sospetto che i genitori sapessero già qualcosa.

Un motivo in più per non lasciargli controllare i propri pensieri; conclusione presa da entrambi i fratelli.

Però in quel modo non poteva né essere sentito, né sentire.

Altra conclusione che aveva dettato al fratello maggiore, lasciandolo di stucco.

Guardò la stanza con occhio critico e si trovò a guardare – fissare – gli occhi ambra e magnetici di Kain.

Quello era il vampiro che più fra tutti gli piaceva.

E gli piaceva per due motivi ben ponderati: il primo, era perché in passato lo aveva aiutato a controllare e a domare il fuoco così da non perdere il controllo dello stesso – visto che è uno degli elementi più instabili e pieni di rabbia – e poi, perché aveva uno spiccato senso di osservazione e capacità cognitive quasi pari alle proprie.

Insomma, Kain Akastuki gli era uno spirito affine – per quanto i vampiri ne avessero uno.

Fu proprio per questo, forse, che il ramato gli si avvicinò, accostando la schiena contro il muro e incrociando le braccia al petto con fare indifferente.

-“Sora..?”- pronunciò poi, con voce ferma e calcolata.

Sora fremette ammirando sempre più quel vampiro: sapeva che era arrivato ad una conclusione e forse Kain vi ci era arrivato prima.

-“Kain.”- osò lui, posizionandosi nella stessa direzione, per guardare il letto della sorella, dove
Sakura coccolava Haku insieme a Hanabusa e Ruka – per quanto potesse il carattere della vampira.

-“Ho capito.”- sentenziò in fine il ramato, facendogli cenno di uscire fuori e Sora non esitò
sentendosi perfettamente in simbiosi con l’altro.

Uscirono fuori dalla camera dell’Assocazione Hunter – posto più vicino all’arena dei Level
End – e si guardò intorno, notando i corridoi semi-deserti.

-“Chi è il terzo incomodo, Kain? Non prendermi in giro perché non posso controllarti la

Mente, visto che sono costantemente controllato sia da mia madre che da mi padre, quindi non usare mezzi termini o spiegazioni...”- poi sospirò e puntò gli occhi azzurri contro quelli ambra di Kain decisamente più in alto, data la statura del vampiro. -“Per favore...”- non si scordò di dire, non perché non l’avrebbe detto, ma perché credeva che fosse sottointeso, dato il tono sottomesso con cui aveva parlato.

Il vampiro abbozzò un mezzo sorriso compiaciuto e scompigliò in un gesto affettuoso i capelli castani di Sora.

Quel bambino gli era da sempre piaciuto.

-“Sei un Wilde con i fiocchi, tu.”- mormorò a bassa voce, ricordando le parole di Takuma che gli aveva attribuito in fasce.

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, non capendo a cosa si riferisse e aspettò con impazienza la spiegazione.

Kain si portò una mano ai capelli, passandosela con fare pensieroso e la lasciò cadere fino al collo, dove si arpionò massaggiandosi i muscoli indolenziti.

Guardò Sora con la coda degli occhi

-“Apri bene le orecchie, ragazzo...”-
 

******
 

Sakura sentiva l’esitazione nel raccontare alcune cose da parte di Kain e sorrise intenerita.

Diede un bacio sulla fronte ad Haku – che non disse nulla, intuendo dove stesse andando – e uscì dalla porta, guardando l’espressione avvilita di Sora.

Sembrava che gli avessero carpito la vita dagli occhi, rendendoli cupi e vacui e facendolo somigliare ad un cucciolo smarrito, ma che tiene duro per orgoglio.

-“In verità quello che è successo a me e tuo padre è ben peggiore di come li stava raccontando Kain – e sorrise al ramato ringraziandolo per quello – visto che discendiamo da una madre vampira e padre umano, da poteri inimmaginabili.”-

E il ragazzetto annuì, conoscendo a menadito la storia dei Moricase e degli Tsucase... e allora perché aveva l’impressione che mancasse qualcosa in quel momento?

-“Ma... la stessa madre che generò i nostri clan, discende dai Satoshi, quindi, manca la storia di quest’ultima famiglia, dimenticata e cancellata per motivi alquanto terrificanti.”-

Kain vide il colorito delle guance di Sakura che cominciare a venire meno e poggiò una mano sulla sua spalla, in segno di conforto.

Non era facile parlare a qualcuno di un’esperienza che ti cambia radicalmente.

Soprattutto alla vita che si genera con tanto amore.

Sakura lo sapeva.

Sapeva che se avesse continuato a parlare di quel passato così oscuro e meschino, avrebbe reso adulto il proprio bambino, bruciando delle tappe importanti per crescere.

Con Daichi era stato facile affrontare le tappe di una nuova creatura fino all’età adulta... facile come respirare.

E per lei – che quelle tappe non le aveva vissute – sembrava un’autentica coltellata alla vita che ancora doveva sbocciare nel figlio.

-“Ero in grado di controllare i cinque elementi più la mente, già da sei anni ed insieme al tuo papà eravamo due furie, visto che anche lui sapeva controllarne quattro a quell’età.
Eravamo inarrestabili, solo che Kyosuke, tuo nonno, per tenere fede ad un giuramento fatto a Devil Satoshi, alla nascita consacrò tuo padre ad una setta di pazzi, i Saempitaernum, creati precedentemente con lo scopo di trovare i discendenti sparsi della madre originale ma poi, vennero riadattati con l’unico scopo di eliminare chi avrebbe potuto fermare i piani di Devil Satoshi.”-

Sora sembrò riprendersi dallo stato di trance e guardò la madre con un cipiglio tra l’incredulo e il divertito.

-“Mamma e tu cosa c’entri con tutto questo?”-

E Sakura vacillò – non poco – nel raccontare o meno la propria storia a quegli occhi così inquisitori e carichi di inquietudine.

-“Era il contenitore dell’anima della madre originale.”-

Dal nulla, Kaname Kuran spuntò con al fianco Yuuki Kuran – che sembrava sinceramente a disagio nel piombare dal nulla in una discussione familiare.

-“Kaname-sama. Yuuki-sama”- l’inchino di Kain in segno di saluto verso i purosangue fece storcere appena le labbra ai due umani.

-“Kaname...”- salutò Sakura, mentre Yuuki saltellava euforica e abbracciava l’amica, venendo ricambiata.

-“Sempre più luminosa!”- si complimentò Sakura, vedendo che la bellezza di Yuuki era triplicata da quando era divenuta un’immortale e i vari scontri all’interno della loro famiglia.

-“Tu sei sempre così bella, Sakura.”- fu il commento accorato di Yuuki che la fecero sorridere.

-“Invecchio, mia cara! Non sono mica una sanguepuro, io!”-

Ma alla conversazione più o meno allegra delle due donne non partecipò nessuno degli uomini.

-“Kaname...”- salutò infatti Sora, senza essere particolarmente colpito dalla loro potenza sulla scala sociale dei vampiri.

E comunque, in quel momento aveva altro per la testa.

-“Mamma...”- chiamò infatti, facendo perdere quella piccola speranza alla donna che si scordasse del discorso.

Kaname si esibì in un’espressione compiaciuta inarcando appena un sopracciglio, andando direttamente al sodo.

Infatti, era nel covo di quei miseri Hunter per una motivazione precisa e gli stava davanti al viso, in quella possa diffidente e maledettamente bellicosa.

-“Vorrei parlarti, Sora su qu-“-

-“No.”- fu la risposta secca del ragazzo mentre tornava in camera dalla sorella.

Non avrebbe permesso che quei terribili ricordi venissero visti da terzi facendo soffrire la sorella.

Per quanto Haku fosse dannatamente dolce, sincera, solare, impacciata, chiacchierona, impicciona, buona, generosa e la reincarnazione della Luce e lui soffrisse a starle accanto – come lei soffriva a sua volta visto che lui era l’Oscurità – non l’avrebbe fatta soffrire per nessuna ragione al mondo.

Le spiegazioni avrebbero potuto aspettare.

-“Ehi...”- disse Haku, alzandosi con il busto.

Lui incrociò le braccia al petto, guardando da un altro lato della stanza e riempiva le guance d’aria con fare bambinesco.

Haku sorrise.

-“Ok, non lo faccio più...”- disse la ragazza, allargando le braccia pronta per un abbraccio. -“Quindi mi perdoni?”-

Sora sbuffò, roteando gli occhi e aprendo le braccia, per abbracciare e ricambiare l’abbraccio della gemella.

-“Chiamalo patto di non belligeranza, intesi?”-

Haku si sentì bene e rise divertita contro l’orecchio del fratello.

-“Intesi.”-
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. Si rivede ***


Capitolo 4

Si rivede.

 

 
Kaname era rimasto alquanto indispettito dalla risposta perentoria del ragazzo e della totale mancanza di rispetto nei propri confronti.
 
Se doveva essere sincero, era una sensazione che aveva vissuto in passato con...
 
-“Ah!”- mormorò monocorde, ricordando finalmente perché quella sensazione gli era familiare. -“Tuo figlio riesce a farmi indispettire proprio come facevi tu.”-
 
Sakura però ignorò il Purosangue e questo duplicò il malumore dello stesso, che si passò una mano sulla fronte.
In quel momento Sakura tornò con i piedi per terra, rispondendo lui.
 
-“Non è che tu mi sia mai stato tanto simpatico, forse è una cosa di famiglia..?”-
 
L’umore di Kaname s’abbassò ancora, mentre i nobili – spettatori della scena – cominciarono a sudare freddo, conoscendo entrambi.
 
Si scornavano così – o anche peggio – dal loro primo incontro ma il loro rapporto si era stabilizzato a frecciatine di circostanza quando nessuno dei due potevano farne a meno o all’ignorarsi completamente pur lavorando agli stessi casi.
 
-“Kaname-sama...”- la figura di Seireen comparì alle spalle del castano, mettendo subito in allarme Kain, Ruka, Hanabusa e Yuuki.
 
-“Mh?”- chiese semplicemente Kaname, continuando a tenere il contatto con gli occhi di Sakura.
 
-“Se ne sono aggiunti degli altri, però dovrebbe vedere con i propri occhi, gli Hunter sono già lì cercando di capire come agire.”-
 
E lo sguardo di Seireen cadde su Sakura, facendo capire lei della presenza dei suoi due uomini.
 
Il cuore di Sakura compì una capriola e si guardò intorno per cercare qualcuno che potesse stare a guardia dei propri bambini.
 
-“Ruka!”-
 
-“Non dire altro!”- e la vampira rientrò dentro la stanza, assicurando protezione.
 

******

 
Kaien Cross aveva vissuto tantissimo, aveva conosciuto vampiri da ogni parte del mondo, aveva affrontato nemici a palate, ma mai aveva visto dei vampiri azzannarsi così rudemente e voracemente, con l’unico intento di ammazzarsi a vicenda fino a decretare un unico vincitore.
 
Ed anche se aveva ceduto il posto di capo a Zero, in quel momento desiderava solo prendere tutti e metterli in salvo.
 
Si sorprese, però , quando fu l’albino stesso ad ordinare di trovare un riparo sicuro, mentre la scena mutava
 
L’unico che rimaneva in avanscoperta e tranquillamente in prima linea, aspettando una fine a quella scena di massacro e orribile frenesia con le braccia incrociate, era Cristian.
 
La cosa che metteva in allarme gli Hunter non erano di certo i Level End.
 
No, quelli sarebbero stati punti facilmente cancellabili.

La cosa che li opprimeva a tal punto da richiedere la presenza dei Nobili era quella bestia informe e completamente nera.
 
Sembrava semplicemente il concentrato di ombre oscure e invalicabili pronte a divorare qualsiasi cosa gli si parasse davanti.
 
-“Cristian!”- il richiamo di Kaito sembrò cercare di superare i guaiti acuti di quella bestia, ma a nulla servirono: Cristian stava in piedi con le braccia conserte e gli occhi chiusi placidamente.
 
Ma in fondo non era così placido quanto voleva far credere.
 
Canticchiava a menadito una canzone, uno di quei jingle familiari che erano diventati cavalli di battaglia grazie ad Haku e a Sakura.
 
Uno di quei jingle che gli scaldavano il cuore ricordandogli la famiglia.
 
-“Perché?”- si domandò. -“Perché dopo tutto questo tempo? Mh, Arimy?”- continuò, muovendo aritmicamente il capo.
 
Era convinto di essere osservato ed in fondo non si sbagliava poi così tanto.
 
Sorrise non appena si accorse di essere diventato preda.
 
Non si mosse di un millimetro.
 
-“CRISTIAN!”-
 
Questa volta la sicurezza spavalda che cercava di mostrare agli altri per metterli al sicuro svanì.
 
Svanì nell’esatto momento in cui sentì la voce di Sakura.
 
La sua Sakura.
 
Sua nel dolore; sua nell’amore; sua mentre facevano l’amore; sua mentre erano in compagnia; sua mentre sorrideva; sua mentre cantava; sua mentre ballava; sua mentre coccolava Haku, Sora e Daichi; sua mentre li rimproverava; sua mentre gli dava il benvenuto; sua quando gli diceva “bentornato” dopo una giornata di lavoro;
 
Non poté permettersi di girarsi.
 
No, perché se l’avesse fatto, avrebbe perso la concentrazione e la barriera creata con la propria anima si sarebbe sfaldata.
 
E poi l’avrebbe vista piangere e se doveva essere quella l’immagine del proprio amore, preferiva non guardare.
 
-“NO! CRISTIAN!”-
 
Sakura di tutta risposta cadde carponi.
 
Si sentì sconquassare il petto percependo tutta la negatività intrisa nel corpo di quella belva e percepiva la purezza nel corpo del proprio amore, insufficiente per potergli resistere.  
 
C’era poco da capire, poco da immaginare.
 
E si sentì impotente, una nullità.
 
Uno di quegli eroi da museo che non riesce a salvare la cosa più importante della propria vita a causa del progresso.
 
Vide Kaname camminare placidamente verso Cristian, seguito da
 
Rika – che camminava sbarazzina in barba alle preoccupazioni comuni – impugnando la Bloody Mary.
 
Voleva essere lì, accanto al proprio amore per proteggerlo, per difenderlo... come aveva fatto ventotto anni addietro.
 
Invece, era trattenuta indietro sia da Kain che da Takuma, mentre il vento gli faceva sbattere i capelli sul volto e le prime gocce d’acqua le appesantivano i capelli.
 
Era quello che provava chi non poteva fare nulla?
 
Vedere le persone care rischiare la vita e non potere far nulla.
 
Si diede un decoro e si rimise in piedi, sicura.
 
Lei era Sakura Moricase; la stessa che aveva ospitato lo spirito e i poteri di una Purosangue rischiando la vita, venendo imprigionata in se stessa, vedendo la propria vita sfaldarsi in mille piccole isole di terrore, solitudine e angoscia;
 
Uccidendo addirittura un pezzo del proprio cuore.
 
Ripensò per alcuni secondi al volto tranquillo e spensierato di Yue, ignorando  quelli del suo punto di morte per non angosciarsi.
 
Prese la rincorsa, mischiandosi nel combattimento con la propria Soul Rose: doveva proteggere quella quiete che s’erano costruiti con tanta fatica a qualsiasi costo.
 
Per lei, per Cristian, per i propri bambini e per i propri cari.
 

******

 
La figura nello specchio perse una lacrima di dolore.
 
Non voleva.
 
Non desiderava tornare a quella vita.
 
Era intrisa di dolore, rancore e aveva vagato troppo su quella terra per poter essere catalogata come lottatrice.
 
-“Non voglio.”- si trovò a sussurrare, facendo girare Arimy con uno sguardo interrogativo.
 
-“Perché? Non sei stata esorcizzata da Cristian quella notte? Non mediti vendetta?”-
 
Questa volta la figura nello specchio pianse lacrime amare e fece cenno di no con la testa.
 
-“Oramai è troppo tardi. Vedi la mia creatura? – e indicò la belva nera sullo specchio – quest’oggi spezzerà la vita di Cristian e Sakura. Non mi interessano gli altri! Voglio vederli agonizzare al suolo come insetti colpiti dall’insetticida.”-
 
Gli occhi sembravano volerle uscire fuori dalle orbite.
 
La figura nello specchio fermò il proprio pianto e sorrise teneramente mentre vedeva una saetta bionda che schizzava a colpire la bestia con delle raffiche di Vento.
 
Arimy digrignò i denti infastidita.
 

*****
 

Daichi si sentiva fremere tutto.
 
Sentiva l’adrenalina pompare impazzita e selvaggia nelle proprie vene.
 
Forse era stata la figura così fragile e inerme della madre - che in barba alla mancanza dei propri poteri riusciva a cavarsela con la propria lama -  a fargli nascere quell’emozione in fondo lo stomaco.
 
Forse... no, era la bocca dell’anima che sembrava ruggire percependo qualcosa in più rispetto ai presenti.
 
Quella bestia era stata creata per distruggere i propri genitori, se lo sentiva.
 
Se lo sentiva perché aveva scoperto molte cose in quel lasso di tempo che l’Associazione era priva di copertura e gli archivi lasciati parzialmente incustoditi gli avevano fatto gola.
 
Gola più di qualsiasi donna ai propri piedi in un amplesso magnifico.
 
-“Dove stai andando!?”-
 
-“Prendi la mamma e allontanatevi da qui!”- osò dire, tranciando di netto il braccio di quella creatura con una lama di vento e una pallottola elettrica.
 
Evitò una zampata e saltò in aria – spinto dal proprio elemento stesso – per guadagnare potenza nella discesa che fece in picchiata.
 
Non aveva paura di perforare una creatura, anzi, da bravo lottatore di creature della notte qual’era divenuto, quelle mosse erano si le preferite, ma anche quelle raramente realizzabili.
 
Sorrise compiaciuto di se stesso e con una mosse ferina prese la Black Rose dal cinturone, sparando i colpi di un intero caricatore.
 
Peccato che non furono sufficienti.
 
Infatti appena mise piedi per terra fu spinto via dalla coda dell’animale che lo fece volare per cinque metri, facendolo fermare contro il busto di un albero, trascinandoselo dietro con un polverone denso di polvere.
 
Era potente e resistente – la bestia – ma per sua sfortuna Daichi sembrava essere più divertito che indolenzito.
 
-“Daichi!”- l’urlo di Sakura l’aveva raggiunto superiore ai guaiti di dolore della bestia.
 
Non aveva nulla se non un piccolo taglietto sullo zigomo sinistro.
 
Forse quelli messi meno bene erano gli abiti.
 
Quello che non sapeva la creatura era che quello era il proprio ambiente.
 
L’ambiente perfetto per uno che come lui padroneggiava la Terra.
 
Che era la Terra
 
Era forte come una quercia secolare e robusto come un albero di pioppo; era bello e radioso come la natura stessa e sfacciato come un fiore di campo che cresce fra le rocce.
 
Non si faceva del male poiché era capace di auto-curarsi e sapeva difendersi come un cactus nel deserto arido.
 
Con un sorriso sghembo – da predatore – Daichi si rilanciò per la seconda volta all’attacco, utilizzando tutti e tre i propri elementi:
Terra, Aria e Mente.
 
Poco importava che avrebbe lasciato metà della mente di Haku scoperta e i genitori avrebbero scoperto che lui sapeva;
 
In quel momento doveva abbattere la propria preda
 
Si diede la spinta con le gambe e compì un salto di cinque metri, mentre il padre capiva la tecnica del figlio e s’apprestava a dargli manforte.
 
-“Non ucciderlo!”- urlò Cristian a Daichi, il quale a malincuore annuì, parandosi davanti alla bestia con aria beffarda.
 
La bestia urlò e Cristian fu nella stessa posizione alle spalle della creatura.
 
Sakura, Kaname e Rika davano manforte distraendo la bestia, supportati dai proiettili degli Hunter.
 
Daichi rise specchiandosi negli occhi rossi e mostruosamente aperti della bestia, poi salutò con una mano chi lo stesse osservando.
 
Con un colpo potente della mente poté vedere la creatrice di quel campo di battaglia.
 
-“Ti ucciderò, stanne certa!”-
 
Arimy sussultò sul posto non aspettandosi una così potente manifestazione di potere, in quel momento.
 
Quasi fu sul punto di farsi vedere.
 
Gli venne in mente qualcosa di meglio e di divertente, però.
 
Arimy poggiò le mani nello specchio con la quale stava controllando la bestia e queste sprofondarono fino al gomito.
 
Si schiarì la voce e prese a parlare dando voce alla bestia.
 
-“Ma bravo..”- si complimentò.-“Sei il primo che sia riuscito a travolgere le mie difese!”-
 
Cristian e Sakura spalancarono gli occhi, mentre Kain e i presenti ascoltarono con molta attenzione.

Kaname intercettò il punto d’afflusso dalla quale proveniva il controllo e avvisò sia Kain che Hanabusa.
 
Questi chiamarono a loto volta Takuma e Shiki, allontanandosi di gran lena, alla ricerca di qualche indizio.
 
-“Cosa vuoi da noi?!”- chiese Daichi, comprendendo il tormento dei loro genitori. -“Solo perché sei l’unico X Project rimasto in vita, non vuol dire che tu sia giustificata a fare ciò...”-
 
Finì di dire, spalancando le braccia contemporaneamente a Cristian, per creare una gabbia indistruttibile con degli arbusti.
 
Arimy accettò il guantone di sfida, incuriosita al punto da liberare la figura nello specchio.
 
Questa cadde carponi ancora dentro lo specchio, massaggiandosi i polsi inviolati.
 
Un altro gesto di Arimy – innervosita – e la persona fu scaraventata fuori dallo specchio con cattiveria, facendola gemere di dolore.
 
-“Bentornata nel mondo umano, mia cara...”-
 
La discussione fu udita solo da Daichi, che aveva continuato a mantenere quel contatto mentale.
 
In un primo momento strabuzzò gli occhi assistendo alla scena, poi passò le immagini ai propri genitori e a chi era presente in quel luogo e considerasse amico.
 
Sakura cominciò a piangere e svenne fra le braccia di Rika che non esitò due momenti a sollevarla e a portarla lontano da lì.
 
Cristian scivolò lentamente al suolo con gli occhi sbarrati.
 
-“Non...”- sussurrò a se stesso.
 
Kaname inarcò un sopracciglio, incuriosito.
 
Non appena la persone che prima era nello specchio sollevò il capo, un’ondata di vento s’abbatté prima nella stanza in cui Arimy manteneva il contatto con gli Hunter e i vampiri e successivamente sul luogo dove questi erano.
 
La creatura scomparve evaporando in una nuvola di fumo puzzolente.
 
Cristian e Daichi si misero davanti a tutti, facendo scudo contro la forza di un singolo individuo.
 
-“Chi cazzo...”- cercò di chiedere Daichi, facendosi scudo con gli avambracci davanti al volto.
 
-“Do-dopo...”-
 
Riuscì a farfugliare Cristian nella stessa posizione del figlio.
 
Improvvisamente una luce abbagliò i presenti e quelle non, gelando il tempo in qualcosa di statico e irreale.
 
In verità niente era fermo.
 
Era solo Haku che si muoveva troppo velocemente – tenendo per mano il fratello – per poter essere percepita.
 
-“Daichi...”- disse lei, guardando negli occhi il fratello maggiore, messo in difficoltà. -“Questa non è Arimy?”-
 
Sora socchiuse le palpebre annuendo, poi compì un gesto ampio con il braccio e uno squarcio dimensionale s’aprì facendo vedere dall’altro lato le due vampire.
 
-“Si è lei.”-
 
Haku annuì. -“E questa?”- indicò la persona al suolo che aveva un’espressione assente.
 
-“Deve per forza essere qualcuno che ha a che fare con l’evento di cui parlano tutti...”-
 
Haku allora rafforzò la presa sulla mano del fratello e prese a camminare verso lo squarcio.
 
-“Quanto tempo ti resta prima che torni tutto normale?”- chiese Sora.
 
-“Due minuti”-
 
 -“Tsk, ti pareva...”- borbottò Sora e varcarono la soglia dello squarcio insieme, dopo, il tempo riprese a scorrere normalmente.
 

*****
 

Sakura dormiva.
 
Dormiva e sognava... o percepiva, per meglio dire, le parole cadenzate e ritmate di Yue.
 
Lo stesso Yue che adesso stava invitandola a sedersi con un sorriso dolce e espressione melanconica
 
-“Sakura...”-
 
Disse per l’ennesima volta, abbracciando di slancio la donna.
 
-“Yue, come..?”-
 
Quello alzò le spalle come a sottolineare che oramai c’era abituato.
 
-“Come stai?”- cambiò domanda e lei si portò una mano alla fronte, cercando di fare ordine nella mente.
 
-“Confusa e... spaventata...”- ammise, tremando.
 
Yue sospirò, abbracciandola di slancio.
 
Anche se era cresciuta, Sakura, il terrore che potesse succedere ancora qualcosa di quel genere, era tale da pietrificarla.
 
-“Capisco...”- sospirò ancora il corvino -“I tuoi bambini sono meravigliosi..”-
 
Sakura sorrise e strinse la presa sul torace di Yue – quasi inconsistente.
 
-“Ho paura, Yue...”- singhiozzò. -“Ho paura per i miei figli.”-
 
La risposta dolce e divertita di Yue la fecero sorridere.
 
-“Allora svegliati e vienimi a trovare...”-
 
Sakura ricevette una leggera spinta da un Yue sbarazzino e sorridente, facendola cadere e svegliare contemporaneamente.
 
-“Finalmente!”- sbottò Rika con il volto tirato.-“M’hai fatto prendere un colpo.”- continuò.
 
Sakura non emise fiato e ricominciò a piangere.
 
C’era qualcosa che non andava.
 
Qualcosa che le stava comprimendo la gabbia toracica come un macigno.
 
Ed infatti -“SAKURA!”- la voce di Ruka le aveva gelato il sangue nelle vene.
 
-“Ruka...”- si sporse appena a destra e a sinistra, alla ricerca dei propri pargoli, ma nulla.
 
In quel momento le cadde il mondo.
 
Crollò ogni suo schema di grigia e felice vecchiaia su una veranda a sorseggiare te, parlare con Cristian delle gesta dei loro figli  - magari con qualche vicina anziana – mentre i loro nipotini urlavano contenti.
 
Si sfaldò tutto, riportandola violentemente con i piedi per terra.
 
-“Dove sono?!”- urlò in una crisi isterica, mentre si rimetteva a fatica in piedi e tentava di tornare indietro.
 
Ma la spossatezza e lo stress psicologico che aveva avuto rivedendo in viso Haruhy, era stato così tale, da farle perdere i sensi per la seconda volta.  

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. Di viaggiatori clandestini. ***


 Capitolo 5.
Di viaggianti clandestini.

 

 
Non appena il tempo riprese a scorrere nel suo modo lento e inevitabile, quelli che ne erano rimasti prigionieri si sentirono mancare.

Arimy stessa aveva preferito rimanere per alcuni secondi ferma e immobile con gli occhi chiusi per fare mente locale.

Non l’avesse mai fatto, che si era ritrovata sbattuta a terra da due braccia esili ma salde e forti al collo.

Si era meravigliata di vedersi davanti lo stesso Sora che aveva da sempre pedinato e la stessa Haku.

Lì, in quella camera desolata.

Nel proprio covo.

-“Cosa vuoi da noi?”-

Aveva ringhiato il ragazzo, mentre la ragazza teneva fra le mani una spada di ghiaccio affilata e trasparente.

Arimy sorrise senza fiatare, troppo emozionata.

-“Vendetta.”- sputò poi, affidandosi all’Oscurità nel petto del ragazzino per incuriosirlo.
“Sangue e vendetta, Sora.”-

Come da strategia la presa sul collo s’allentò appena e lei ne approfittò per sgusciare via da quella posa, rimettendosi in piedi.

Allora Sora – irritato da quel gesto – ripartì per la seconda volta all’attacco con un pugno in pieno stomaco, evitato.

Si scambiarono colpi di qualsiasi natura per circa cinque minuti, senza mai dare fondo ad energie in più se non quelle dei singoli fasci di muscoli.

Sora era decisamente in vantaggio e non aveva il minimo sentore di fiatone.

Con un’abile e velocissima strategia, appena Arimy si lasciò andare ad un mezzo passo indietro per evitare un pugno, Sora con una mezza piroetta su se stesso, mise  il piede sotto quello che doveva poggiarsi nuovamente al suolo di Arimy.

Lo alzò e lei cadde con il sedere al suolo, impressionata.

Quel ragazzino era la perfetta copia di Devil Satoshi... doveva ammetterlo.

-“Basta, adesso parliamo come persone intelligenti...”- s’intromise Haku, strappando i due dalla lotta con la forza.

Arimy strabuzzò gli occhi: era dannatamente forte per essere una ragazza.

-“Non stupirti.”- disse Haku. –“Faccio leva e forza grazie all’acqua che scorre in me e allo stesso sangue che è liquido. Troppo difficile da spiegare e capire.”-

Sorrise poi, poggiandosi contro il muro.

-“Tsk...”- sbottò Sora. –“Non hai risposto alle nostre domande e tu sai troppo di noi.”-

In quel momento Arimy rise, divertita.

-“Venite con me, vi mostro la casa...”-

Entrambi i ragazzi corrucciarono le sopracciglia e lanciarono un’occhiata interrogativa verso la seconda vampira seduta con il capo chino al suolo.

Era bella e dimostrava su per giù diciotto anni.

Gli occhi di un’incredibile azzurro e i capelli neri come la notte e lisci come la seta... somigliava molto a loro madre da giovane.

Troppo.

-“Oh, ignoratela...”- s’affrettò a dire Arimy. –“E’ stanca...”- precisò, godendo del fatto che i bambini non riuscissero a penetrare le barriere della propria mente.

Haku si sentì mancare.

Era logico, data l’assenza di Luce e la onnipresente presenza dell’Oscurità...

Sora si scusò mentalmente con lei, diminuendo la forza del proprio elemento e la sorella acquistò un minimo di colorito sulle guance.

Arimy li condusse in ogni anfratto della magione, indicando loro ogni punto con minuziosa precisione.

-“Qui è dove i vostri genitori hanno lottato fianco a fianco...”- diceva. –“Qui è dove facevano gli esprimenti e qui...”- si fermò davanti ad una porta chiusa, sorridente. –“Qui è dove Devil ha compiuto una parte di rituale.”- continuò, aprendola.

I due si guardarono intorno, spaesati: alla loro destra vi erano pezzi di intonaco letteralmente sviscerati dal muro, delle lastre di metallo al suolo di forma cilindrica – simili a quelli per delle sbarre – una finestra, collegata al muro sviscerato, rotta  e penzolante nel vuoto esterno - dove vi ci doveva anticamente essere un muro - a creare un rumore simile a quello dell’altalena mossa, che lasciava intravedere la boscaglia e successivamente la campagna, lasciando che le vibrazioni del vento, creasse suoni striduli fra le varie crepe; alla loro sinistra le cose erano più o meno simili, con l’unica differenza che all’angolo più oscuro vi erano accatastati pezzi su pezzi di legno – forse appartenuti a qualche oggetto di mobilia; l’unica cosa che i due s’accorsero non mancare mai nello scenario, fu il sangue.

Sangue sui muri, sulle mattonelle del pavimento e sangue anche sul tetto della stanza... per non parlare, poi, del sangue vermiglio, limpido e cristallino dentro una vasca a forma pentagonale che li fece inorridire...

Arimy li guardò in tutto il loro splendore da capo a fondo, imprimendosi bene le loro espressioni: corrucciata e calcolatrice di Sora, seria e leggermente spaventata di Haku... entrambi però mantenevano una linea di disprezzo negli occhi da renderli identici ai comportamenti giovanili dei loro genitori.

-“Il sangue dei Purosangue rimane liquido?”- esordì Sora, dando atto di intuito.

-“Non ho mai parlato che sia il sangue di Purosangue, io.”- commentò misteriosa lei, ma Sora scosse il capo.

-“Quello degli umani si secca in pochissimo tempo...”- continuò Haku e Sora indicò una macchia di sangue più spessa e scura sul pavimento, proprio dove Cristian era stato morso e quasi ucciso da Devil.

Intuito pazzesco!” pensò, estasiata mentre cominciava a tessere la propria rete intorno ai due.

Sarebbe stato facile, rapido e indolore... per lei.

-“Quello è il sangue di Yuuki e Kaname Kuran,mischiato a quello di vostra madre quando ancora possedeva lo spirito di Haruhy.”- disse, sorridendo appena.

-“Veramente non possedeva, ma ospitava...”- s’intromise una quarta voce, facendo trasalire perfino Arimy.

-“Non pensavo ti saresti rimessa in sesto così presto, Haruhy.”-

Quella tremò appena, sentendo una fitta ai polsi ancora inviolati, poi si esibì in un’espressione enigmatica ma triste.

I due fratelli trasalirono insieme e Sora cominciò a sentire alcuni punti del proprio corpo pizzicare come se piccoli insetti lo stessero mordendo in sincrono.

Aveva solo percepito, ma la sorella percepiva, vedeva e toccava.

Haku aveva decisamente il terrore di guardarsi il corpo: milioni e milioni di piccoli punti neri stavano posandosi sopra lei e Sora.

Era schifoso e innaturale, anche perché più punti neri vi si andavano a posar di sopra, più lei si sentiva male e debole, come se le stessero succhiando via la Luce...

-“Sora.”- sussurrò, vedendo le due vampire intente a parlottare.

Si limitò a guardarlo negli occhi e il gemello annuì, gettando un veloce schema in mente, così da poter scappare.

Annuirono insieme e prima che potessero aprire un altro varco dimensionale, Arimy si girò con in viso un’espressione folle e divertita. –“Dove credete di andare?”- ammise, dando modo ai sospetti di Sora e Haku di divenire certezze.

-“Via, la mamma sarà preoccupata...- disse in modo di scherno Haku, sorprendendo perfino il fratello con quell’uscita.

Arimy digrignò i denti non appena Sora squarciò lo spazio con un dito e un movimento repentino, e ringhiò.

-“Haruhy, inseguili!”- ma Haruhy stese perfettamente ferma e immobile facendo urlare di rabbia la vampira.

I gemelli svanirono dentro lo squarcio dimensionale, salvi.
 

*****

 
Cristian e Sakura avevano organizzato cinque gruppi di ricerca fra vampiri e Hunter.

Avevano setacciato le periferie di Tokyo e ogni possibile paese adiacente e non al campo di battaglia in cui erano comparsi tutti quei Level End, ma nulla.

Il niente assoluto, associato all’angoscia totale che andava di ora in ora e divenire disperazione nera.

Eppure Daichi aveva espressamente rifiutato di andarli a cercare, sedendosi a gambe incrociate davanti al porta di casa loro con gli occhi chiusi e braccia raccolte sulle gambe, in un vero e proprio esercizio di meditazione.

Lui sapeva dove si fossero diretti i fratelli, ma né Sakura né Cristian gli avevano creduto e avevano cominciato ad organizzare gruppi su gruppi e a mettere in giro voci su voci.

Patetico.

Dovevano forzatamente trattare così infantilmente Haku e Sora?

Credevano che fossero così stupidi da lasciarsi abbindolare?

E comunque, si era ripromesso di uccidere Arimy Sestuna e...

-“Daichi!”- trillò la voce di quella che identificò con “cameriera” e si esibì in un’espressione gentile.

Tanto per non perdere il proprio charme.

-“Karin..? Sei tu?”- chiese, senza muoversi completamente da quella posizione di raccolta.

-“Si... “- domandò cordialmente la ragazza, per poi guardarlo con desiderio – complice il fatto che Daichi avesse gli occhi chiusi – cercando di non essere troppo invasiva. –“Mediti in mezzo alla strada?”-

Daichi inarcò un sopraciglio e poi si esibì in un sorriso sghembo, fatale per le donne. –“No.”- mormorò in modo che lei lo potesse sentire. –“Indico la strada.”-

Ovviamente la ragazza non capì, ma poggiò le buste del market sul pianerottolo e imitò la posizione del biondo, senza dire nulla.

Daichi non disse nulla ma fu grato a quella ragazza di fargli compagnia.

Sora... Haku...” pensò, lasciando che quel richiamo vagasse in ogni modo a lui conosciuto.
 

*****

 
-“Dove siamo?”- chiese Sora, tenendo tranquillamente il corpo della sorella – stanca – in braccio senza provare il minimo sforzo.

-“Non lo so...”- ammise lei in un sussurro – segno tangibile dello sforzo che stava ancora subendo – e continuò.-“Ma so per certo che siamo persi.”- finì, accucciandosi al petto del gemello.

Sora inarcò un sopracciglio muovendosi nell’oscurità più nera.

Anche se Haku stava lavorando e mantenendo un sentiero in quello che era il varco dimensionale del fratello, la capacità della ragazza era limitata ad un massimo di cinque ore e ad un minimo di due.

Loro stavano sfociando nelle sei e la cosa aveva indebolito la sorella da un lato e rafforzato il fratello dall’altro.

-“Mi spiace...”- ammise Sora poggiando Haku al suolo per sedersi anche lui e riposare appena. –“Sono stato troppo impulsivo.”- mormorò, arrossendo fino all’attaccatura dei capelli, riconoscendo che fosse propria la colpa, visto che aveva insistito cosi tanto per andare a stanare Arimy senza indugi e Haku l’aveva seguito senza chiedere, fidandosi ciecamente.

-“Mi spiace davvero, Haku... è tutta colpa mia.”-

Haku sorrise intenerita e mai avrebbe detto che Sora potesse essere così gentile in una situazione del genere.

Con sguardo dolce diede uno spintone a Sora, facendogli perdere l’equilibrio dalla posizione accovacciata che aveva assunto.

-“Ehi!”- sbottò lui, massaggiandosi la nuca – visto che era andato a sbattere al suolo.

-“Chi sei tu?!”- additò Haku, rimettendosi a fatica in piedi per dare patos alla scena.

-“Eh!?!”- quasi urlò incredulo Sora, mettendosi in piedi anche lui così da poter guardare negli occhi la sorella.

Che fosse impazzita?” si chiese.

-“Tu non sei mio fratello! Tu non sei quello con il quale litigo in continuazione e che è sempre scontroso...”- Haku sorrise amabilmente, facendo arrossire Sora.

Ci era caduto in pieno.

-“TSK!”- borbottò, incrociando le braccia al petto. –“Vediamo di uscire da qui...”- borbottò ancora, arrossendo – se possibile – ancora di più.
 

*****

 
I vampiri mandati a cercare Arimy dove Kaname aveva indicato loro, erano tornati indietro, sconsolati.

-“Ebbene?”- chiese loro Kaname, con poca apprensione.

-“Nulla.”- ammise Takuma, con un’espressione sconsolata.

E i due cugini avevano stretto i pugni con forza, visto che avevano perso i loro protetti da sotto il naso.

-“Sakura?” chiese Shiki, accendendo una sigaretta con poca verve.

La spense subito dopo, trovando inutile quell’operazione.

Chissà perché, poi, avesse preso a fumare.

Yuuki entrò nella stanza con il visino stanco e poco corrucciato, sbattendo un pugno sul tavolo – che si frantumò.

Nessuno osò fiatare, visto che entrambi i Purosangue stavano cercando di non dare a vedere la loro frustrazione nel non poter scovare il Level D che avrebbe potuto distruggerli tutti.

-“Dannazione!”- esclamò una seconda volta Yuuki, mentre Kaname le si avvicinava con un’espressione comprensiva.
 

*****

 
Cristian si sentiva un’idiota.

Un’idiota perché sentiva che i loro figli fossero vicinissimi ma non li trovavano da nessuna parte.

Sentiva anche che stessero camminando nel vuoto.

Però, di loro nessuna traccia.

Quando decisero di tornare a casa, lui e Sakura, avevano trovato una ragazza addormentata sulla gambe incrociate di Daichi, che teneva gli occhi chiusi e meditava in silenzio, stringendo a sua volta il corpicino della ragazza a sé.

-“Daichi?”- l’aveva chiamato Cristian, mentre questo stava ancora in quella posizione e non intendeva muoversi per nessuna ragione.

-“Che stai facendo?”- aveva sussurrato Sakura, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, a pezzi.

-“Sto cercando Haku e Sora, passate dal retro e portate Karin dentro, per piacere.”-

I due genitori si guardarono in faccia basiti.

-“Cosa”- borbottò Cristian, trasportando gentilmente il corpo della ragazza da terra.

-“Non potevi avvertirmi prima, mh?”- soffiò invece Sakura,  sedendosi anche lei a gambe incrociate sul pavimento.

Si concentrò e unì il proprio potere a quello del figlio.

-“Non c’è bisog...”- fu interrotto dallo “shhh” rabbioso di Sakura.

Bambini, pensò, tornate subito a casa!

Ma non ottennero nulla se non un ringhio infastidito da parte di Sora.

-“Tsk, fosse facile: Haku s’è addormentata, Daichi!”-

La madre ascoltò la conversazione con un cipiglio fra l’isterico, l’incazzato e il morbosamente preoccupato.

Sensazioni comprensibili, comunque.

A quel punto Daichi sospirò guardandosi bene dall’esser visto da qualcuno.

-“Svegliala e avvertila di tenersi semplicemente attiva mentalmente. Ci penso io.”-

Allora il ragazzino obbedì, memore di esperienze passate in cui il fratello li aveva tolti dai guai: quello era uno di quei casi.

Sakura rimase sbalordita nel vedere il proprio primo genito utilizzare la Luce – non senza affanno – e tirare fuori dal nulla i loro due fratelli.

Era stato come mettere la mano in un cappello cilindrico ed estrarne fuori due conigli: uno messo male, l’altro in perfetta forma.

Un numero di magia fatto da un Mago che ha abusato di un qualcosa non proprio.

Infatti Daichi svenne al suolo, vicino all’entrata di casa, con alcune linee di febbre.

Cristian aveva assottigliato lo sguardo sui loro piccoli, quanto problematici gemelli e uno con più intesa con Sakura, che aveva afferrato senza difficoltà Haku e il marito faceva levitare il corpo di Daichi.

Sora s’era messo le mani ai capelli, resosi conto che l’avrebbero caricato di domande e poi scosse la testa, intenzionato a non rivelare nulla loro. –“Tsk.”- infatti mormorò dirigendosi verso casa.

In fine, dovette cedere vista la tortura con cui Sakura l’aveva costretto a cedere e Sora maledisse interiormente tutte le piume del mondo e l’effetto che gli procuravano in alcune parti del corpo.

Il solletico, poteva essere un’arma a doppio taglio, doveva ammetterlo.
 
 

*****

 
Haruhy fu nuovamente incatenata dentro lo specchio, dopo essere stata percossa per due ore di fila.

La cosa che più detestava negli esseri umani, era la loro incapacità di curarsi velocemente le ferite. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Nuvole Nere. ***


 Capitolo 6.
Nuvole Nere.

 

Daichi si svegliò di soprassalto, sentendo una mano affusolata posarglisi sopra la guancia sinistra del volto, di una diversa temperatura rispetto alla propria – gelata – con l’intento di staccare la testa al proprio aggressore.

<< Buongiorno. >> sospirò Karin e lui sorrise, non ricordando quando avesse fatto sesso con lei, la sera precedente.

<< Tu..? >> chiese, cauto.

<< Scusami per ieri, mi sono addormentata mentre stavi... >> la ragazza dai capelli rossi si portò una mano alle labbra roteando gli occhi verso l’alto in una posa delicata e innocente. << Indicando la via. >>

Daichi annuì e si rilassò nuovamente sul letto, sentendosi dannatamente debole.

<< Grazie. >> sussurrò verso la ragazza e l’abbracciò, non sapendo nemmeno lui perché.

Forse si era affezionato a quella ragazza... infondo a letto era una furia!

Censurò quel pensiero non senza spavalderia e sorrise delicatamente, alzandosi dal divano in cui era.

<< Ah! >> la voce di sua madre lo mise in allerta e fu pronto per abbracciarla com’era consuetudine in quelle occasioni.

<< Salve signora... >> sussurrò Karin e lui gelò, collegando il sorriso della madre con il concetto che la rossa, fosse la prima ragazza che fosse rimasta in casa propria.

Con sua madre, padre e fratelli... cazzo.

Sakura sorrise nascondendo la propria tristezza e tensione con l’euforia di vedere una ragazza in
casa interessata alla salute del figlio così tanto da starli vicino per due giorni.

<< Karin, cara, hai visto che la febbre si è abbassata? >> la ragazza annuì, felice.

<< Hai dormito per due giorni di fila – il ragazzo aggrottò le sopraciglia -  facendola preoccupare, Daichi, dovresti portarla fuori a cena! >>

E i ragazzi arrossirono in sincrono.

A salvarli dall’improvviso entusiasmo di Sakura fu proprio Cristian il quale – sbadiglio alla mano, occhiali dalla grossa montatura indosso, giornale sottobraccio e tazza di cafè all’altra mano – baciò teneramente la castana, distraendola.

<< Come ti senti? >> disse successivamente, mentre Sakura canticchiava, continuando a preparare la colazione.

<< Impasticciato. >> affermò, e Cristian annuì, facendo la stessa domanda alla ragazza.

<< Rinvigorita, signore... >> sorrise lei e poi si rigirò le dita fra di loro, ponderando se fosse meglio andare in quel momento o dopo.

<< Non ci pensare, dolcezza, sei rimasta qui per due giorni e due notti tenendomi compagnia, quindi... >> Daichi la prese per mano e la fece sedere ad una delle sedie premendola in basso con le mani sulle spalle. << ...Ok? >> stupita accettò l’invito e sorrise, rinvigorendo i due coniugi alle prese con i loro fantasmi.

<< Sora e Haku? >>

S’accorse Daichi e Sakura sorrise.

<< Questa mattina all’alba è passato Zero e se li è portati dietro... >>

Daichi annuì, spiegando a Karin che rapporti di parentela passassero fra l’albino e loro.

Ovviamente nessuno era a conoscenza dei vampiri e dei Vampire Hunter, e mai nessuno lo sarebbe stato fino a nuovo ordine, a meno che non si trovasse in una condizione critica.
 

*****
 

Arimy finì di mangiucchiarsi anche l’unghia del pollice, completando l’opera in tutte e dieci le dita.

Non poteva essere quella la reazione che avevano ottenuto dopo un suo attacco.

No. Non poteva essere tornata la pace e la tranquillità dopo un attacco di quelle portate.

Haruhy rise divertita, incrociando le braccia al petto.

<< Non otterrai nulla... sai che sono profondamente cambiati da quel giorno, vero? >>

E si ritrovò sbattuta contro una parete putrescente di cimitero  in cerca di aria, sfidando con gli occhi la corvina.

<< Uccidimi.  >> sibilò e Arimy rise, indispettita da quella strategia.

<< No. Tu mi servi. >> sputò, buttandola di lato come se fosse nulla.
In fondo era nulla in confronto alla forza della vampira.

Appena riprese a vedere nitidamente, cominciò una risata macabra.

<< No, io non ti servo, perché non ti aiuterò, sappilo. >>

Arimy rise e con una mossa della mano, secca, afferrò da una delle numerose tombe e ne estrasse una dal legno in mogano, scardinando addirittura il marmo decorativo.

<< Ma... >> provò a fermarla Haruhy, che provava la cosa immorale in quel corpo da umana.

Non disse più nulla quando quella scardinò il legno sollevando un’enorme polverone.

Il corpo decomposto dal tempo fece capolino dalla tomba e Haruhy chiuse gli occhi, incapace oramai di guardare in faccia l’orrore.

<< A che ti serve quel corpo..? >>

Quella prese in braccio il cadavere e lo abbracciò, strofinando la guancia contro quella putrida del morto.

Poi sospirò, facendo rabbrividire Haruhy – di nuovo.

<< Hai presente il modo in cui tu sei tornata nuovamente a cavalcare questa terra? >>

Lei dissentì, avendone una mezza idea ma senza saperlo.

<< Ho bisogno di un’altra persona, visto che mi hanno già del tutto dimenticata, capisci? >>

La follia che gli brillò negli occhi, fu terribile.

 

*****
 

<< Zio Zeroooo... ti prego, basta!! >> si lamentò la ragazzina, facendo fare una faccia stralunata all’Hunter.

<< No, fino a quando non mi direte esattamente cos’è successo da Arimy, non vi lascerò fermare nemmeno un secondo. >>

Sora rimase muto, lanciando un occhiataccia alla sorella, visto che non si sarebbe mai sbottonato con Zero e avevano deciso che non l’avrebbe fatto mai nemmeno lei.

<< Perché vi ostinate? >> chiese l’albino preoccupato e li fece fermare, continuando a mantenere l’aria austera di sempre ma preoccupato profondamente per il modo di comportarsi di Sora.

Era abbastanza strano il fatto che si limitasse ad annuire e respirare, mangiando appena, parlando a monosillabi.

Ok, magari non era mai stato un tipo particolarmente loquace ma almeno prima si degnava di rispondere alle provocazioni altrui.

<< Tsk. >> borbottò il ragazzo, arrancando come poche volte in vita sua a causa dell’estenuante allentamento e Zero sorrise compiaciuto, piegando le braccia la petto e alzando il mento in aria in modo austero.

Voleva davvero bene a quei bambini come se fossero suoi e – appunto per questo – aveva chiesto esplicitamente a Rika di non intervenire.

E la ragazza lo stava facendo, forzando se stessa a guardare
semplicemente facendo finta che il sole non avesse compiuto un ciclo completo in cielo fino a toccare la linea dell’orizzonte, limitandosi a portare del cibo e dell’acqua.

Ma, quando la luna fu ben visibile perse la pazienza spostando delicatamente Zero per abbracciarli teneramente.

Haku si strinse al petto formoso di Rika, Sora rimase impassibile
guardando oltre la spalla della riccia specchiandosi in quelli ametista del padrino.

<< Sora... >> gemette Haku e lui sospirò, contraccambiando l’abbraccio, lasciandosi scappare una lacrima solitaria. << Io e Sora siamo capaci di creare disfunzioni nel tempo e nello spazio che non durano per più di cinque ore... >> sospirò slacciandosi dalla corvina per sedersi a terra con fare rassegnato.

Poco importava se i vestiti le si sarebbero sporcati di fango, si sarebbe fatta una doccia all’Associazione.

<< Prima di perderci in una delle vie, però, siamo riusciti ad entrare in contatto con Arimy e vedere dove si nascondesse. Era un posto strano, vecchio, pieno del sangue di Kaname e Yuuki e di mamma e papà e... >> la ragazza cominciò a piangere, sentendo su di se ancora la pressante presenza di quei piccoli puntini neri.

<< E ci stava per catturare con una specie di potere Oscuro che disfa l’energia poco per volta. E’ stato terribile ma non irripetibile, sinceramente e per me, la cosa terribile, è stata perdermi nell’Oscurità più nera senza riuscire ad aiutare Haku, che sembrava non esistere più. >>

Zero trattenne un ringhio a stento. << Sapete che siete stati irresponsabili e avventati? >>


Annuirono e Sora s’alzò. << Tsk. E poi c’era quell’altra umana che somigliava alla mamma... è lei Haruhy? >>

Sora gli trasmise un frammento di ricordo e lui annuì, aggrottando le sopracciglia.

Qualcosa non tornava lui.

<< Ma, non era una vampira, Haruhy? >> chiese Rika guardando in modo stralunato Zero.

Haku continuò a singhiozzare leggermente, mentre le sue lacrime divenivano cristalli purissimi.

 

*****

 
Yagari sparò in pieno petto al Level End che quella sera era stato scritto sulla lista nera.

Oramai per lui l’età era arrivata a farsi sentire, ma non era un problema, visto che il corpo dell’uomo non l’aveva mia abbandonato nemmeno nelle situazioni più disperate.

In quella cittadina dove non vi era altro che alcuni negozi, casupole in decadenza e un grande cimitero fatto appositamente per dare nascondiglio a creature della notte, non aveva più nulla da fare.

Il cappello alla testa, i capelli leggermente ingrigiti dal tempo, giubbotto lungo e fucile in spalla, si avviò per tornare a casa, quando un rumore non molto piacevole gli arrivò all’orecchio, proveniente dal cimitero.

Strano, si disse, solitamente è quasi deserto.

E, caricato nuovamente il fucile, s’avviò per controllare cosa stesse accadendo, in modo circospetto.

Non appena entrò nel cimitero e superò alcune tombe poste nella parte settentrionale del luogo, si diresse verso bastioni antichi della struttura – quelli dimenticati anche da Dio – sempre con aria circospetta e guardinga.

<< Dov’è il mio corpo..? >> sentì qualcuno parlare e arrestò la propria camminata, appiattendosi contro il muro e sporgendosi di pochi millimetri per avere una buona visuale.

Agghiacciò.

<< Non ha più un corpo vero e proprio, padrone, ricorda? >>

Pochi metri avanti, un corpo putrescente parlava come se avesse vita da dentro una bara e due donne – di cui non riusciva a vedere i volti – stavano dialogando con esso.

O meglio, quella dai capelli neri e cortissimi in un taglio sbarazzino, aveva una mano posta su quella del cadavere e brillava di azzurro opalescente, mentre l’altra era due metri più lontana con il viso rivolto al tutto fuorché all’abominio che si stava compiendo.

<< Vero, quella notte fui ucciso barbaricamente. >>
Commentò la voce, fermandosi appena. << E dimmi, lui è morto? >>

La ragazza scosse il capo e il cadavere annuì, leggermente piccato dalla cosa.

<< Sono passati ventisei anni da quella notte, padrone. >>

Yagari non si mosse di un millimetro, regolarizzando il respiro e ascoltando bene la discussione senza apparente significato.

<< Sei una così brava serva, piena di potere e forza... come mai ti porti appresso il sigillo dell’X-Project? >>

Yagari strabuzzò l’occhio consapevole e cautamente s’allontanò dalla scena, prendendo in mano il telefono e cominciando a far suonare quello del suo ex allievo, nonché direttore.

Rispose la segreteria e lui bestemmiò, irritato dal non peter riferire quanto scoperto.

<< Zero, Arimy ha risvegliato Devil Satoshi, o così pare, visto che è un cadavere putrescente e nauseabondo, ma gli sta parlando, non so altro... quindi appena ascolterai questo messaggio porta le chiappe di qualcuno a control- >>

Il telefonino si distrusse nel suo orecchio, causandogli un dolore allucinante.

Era palese il fatto di essere stato scoperto, ma non era un problema e – con l’orecchio sanguinante e un’insopportabile ronzio in testa – prese la fedelissima arma in mano pronto a darsi da fare.

<< Toga Yagari... >> rise il cadavere e lui non si stupì affatto di vederlo in piedi anche con lembi di carne penzolante e marrone e ossa scoperte, bianche e in alcuni punti fratturate.

Al seguito del cadavere vi erano le due ragazze in cui riconobbe Haruhy e l’altra di cui gli sfuggiva il nome.

Inutile dire che fosse una vampira.

Allora sparò proprio a quest’ultima, con l’intento di mettere la parola fine già all’inizio.

Alla ragazza bastò socchiudere gli occhi per far esplodere il colpo in aria e sollevare del vento, che scompigliò i capelli di tutti.

Sparò ancora ma ottenne lo stesso risultato.

Ringhiò e bestemmiò a mezza voce, sparò ancora: la vampira si mosse e l’atterrò in pochi secondi, prendendolo dalla gola e sollevandolo per alcuni centimetri dal suolo.

Toga Yagari mise una mano su quella della vampira, incazzato, mentre questa chiudeva e rafforzava la presa sempre più.

Cominciò i vedere sfocato ma non demorse e non lasciò cadere la fedele arma, puntando, in un impeto di ira, le canne contro la testa della corvina.

<< Oh... >> mormorò quella e lui sparò, convinto di poterla fare fuori.

Il colpo non esplose nella canna, inceppata.

Arimy strinse ancora la presa e il cuore prese a martellargli nel petto e nella testa, ricordando lui che per poter continuare a battere avrebbe dovuto riprendere aria.

Perse la forza di lottare e entrambe le mani allentarono la presa, cadendo penzoloni.

Non s’arrese e non appena la vampira fu sicura di averlo messo k.o., lui le assestò un calcio in pieno stomaco allontanandola di alcuni metri: troppo pochi per poter caricare il colpo in canna o pensare di sistemarla.

In pochi secondi, il tempo di un respiro, che si trovò nuovamente avvinghiato dalle mani della vampira che lo tenevano ben saldo.

Quella volta la vampira fu più veloce e precisa, arrivando subito a farlo sentire debole.

Emma...” fu il suo unico pensiero, prima di precipitare nel buio.
 

*****

 
Il telefono dell’Associazione vibrò nell’aria con un tono diverso da quelli normali.

Certo, la suoneria era sempre la stessa e statica, ma Kaien Cross notò in quell’incessante squillare qualcosa di diverso.

Paranoia, si disse, solo vecchia paranoia.

Rispose all’apparecchio con voce stanca e trascinata, di chi sa che vorrebbe essere a casa ma invece sta coprendo il turno in segreteria in solitario.

<< Pronto? >>

<< Kaien hai notizie di Yagari? >>

Kaien annuì con fare tranquillo e rispose caricato di nuova energia.

<< Come te la passi Emma cara? >>

La donna di nome Emma ruggì isterica per un paio di volte e spiegò lui che qualcosa la turbava profondamente da alcuni minuti a quella parte in un senso inquietante di perdita e freddezza.

<< Non pre- >>

<< Kyoku ha vibrato da dentro la custodia, Kaien, senza che io la sfoderassi, ed è male.  >>

Kaien sapeva bene che la compagna di Yagari fosse una ragazza tosta, l’aveva cresciuta, anzi, l’avevano cresciuta lui e lo stesso Yagari, quindi sapeva benissimo che no, le sue sensazioni non andavano sottovalutate o prese sottogamba.

<< Pronto? È ancora li? Cazzo...  >>

<< Oh si, Emma non preoccuparti manderò qualcuno a cercarlo, ok? >>

<< Esco anche io, avvisami se ci sono novità... >>

Kaien si trovò ad assecondare quella sensazione di pericolo e chiamò Zero in casa – visto che stava interrogando i gemelli – sicuro di poterlo trovare.

<< Figlioccio! >> esultò non appena la cornetta fu alzata.

<< Papà? >> mormorò invece la voce di Rika, insonnacchiata, mentre qualcuno mugolava infastidito.

<< Figlioccia adorata, c’è Zero-kun in casa? >>

Rika emise un no soffiato, preoccupato.

<< Come, non l’ha chiamato Yagari-sensei per andare a pattugliare? >>

Il vampiro senza zanne sudò freddo e buttò giù la comunicazione, brandendo la fedele katana e avvertendo chi di turno per eventuali comunicazioni.

Non c’era un minuto da perdere.

 

*****

 
Yuuki tremò appena fra le braccia di Kaname.

Insolito, per una che amava la compagnia del fratello più di ogni altra cosa.

<< Tutto bene? >> chiese infatti Kaname, stringendo appena la presa sulla ragazza  che smise di tremare lentamente.

<< Si, credo. >> mormorò, mentre s’alzava dal letto in cui erano sdraiati e s’avvicinava alla finestra, scostando con due dita le tendine di tessuto leggero: era ancora notte fonda o giorno inoltrato, per loro, ma il cielo era ricoperto da nuvoloni neri che sembravano delle onde gigantesche pronte a divorare ogni cosa.

Rabbrividì ancora.

<< Dovremmo dormire, Yuuki. >> sussurrò allora il fratello maggiore, cingendo delicatamente la ragazza in un tenero abbraccio facendola sussultare appena, poiché non l’aveva sentito arrivare. << Il viaggio di domani sarà lungo. >> continuò, curvandosi in avanti per appoggiare il viso nell’incavo del collo esile e niveo della sorella, baciandolo.

Yuuki sorrise gentile e prese a carezzare i capelli del fratello, assorta a guardare fuori dalla finestra.

<< Ho sentito una strana sensazione attraversarmi la schiena. >> sussurrò, continuando a tenere la tendina leggermente aperta e una mano fra i capelli del moro, adesso intento a leccare lentamente la parte di pelle fra giugulare e collo.

<< Come ad esempio..? >> sussurrò infine il moro, facendo rabbrividire la castana di piacere.

<< Ah-ah, questa non vale, Kaname... >> sospirò e il moro si esibì in un mezzo sorriso, tipico del suo carattere. << Sapeva di perdita... >> mormorò contemplando il panorama e quelle nuvole, insolite.

 

*****

 
Daichi quella sera aveva lasciato Karin a casa sua, visto che il tempo avrebbe portato pioggia – se lo sentiva – e le nuvole nere in cielo ne erano una conferma tangibile.

La ragazza aveva obiettato, ma lui l’aveva suadentemente pregata di rimanere, convincendola.

In quel momento, però, a ridosso della mezzanotte, si stava per infiltrare dentro gli archivi dell’Associazione per poter capire cosa legasse effettivamente la madre con quell’umana che aveva intravisto di sfuggita durante lo scontro e che gli era parsa troppo piccola per essere la stessa persona che aveva sprigionato tutto quel potere successivamente.

<< Voglio vederci chiaro. >> si disse.

Così facendo ridusse se stesso a mera entità d’aria e sorpassò tutti i sistemi di sicurezza indisturbato.

Quando riuscì ad arrivare negli archivi dei normali casi risolti, sospirò di sollievo, visto che sembrava deserto, continuando a muoversi come statica e normale aria.

Agilmente entrò anche nella camera dei rapporti speciali e tornò alla sua forma di carne, sorridente: facile e veloce, come al solito.

Se la volta precedente aveva scoperto tutto quello che riguardava la propria famiglia e i suoi vissuti, questa volta avrebbe cercato nello specifico ciò che non era citato nemmeno nei rapporti: chi fosse
Haruhy Satoshi.

Chi, cosa, dove, quando e perché.

Si ricordò anche di quel Yue Satoshi e provò un brivido lungo la schiena nel capire quanto antica e usurata dal tempo fosse quell’anima, in cerca di vendetta e di pace, trovata con la madre.

Setacciò in lungo e in largo fra gli archivi e non trovò nulla.

Bestemmiò a mezza voce e maledisse la così astuta e innata capacità nel nascondere le cose di Kain Cross.

Si, perché in quel periodo Zero non aveva ancora in mano l’Associazione.

Intorno a lui oltre ai soliti archivi in ferro, c’era una semplice libreria con altrettanti fascicoli e scartoffie di anni passati, fascicolate per anno o secolo.

L’unica cosa che variava nell’ambiente era quel tavolino senza fondo su cui si poteva appoggiare quello che si stava consultando.

Amareggiato si lasciò andare contro il muro in posizione fetale e cominciò a contemplare il viso di Haruhy, senza sapere bene il perché.

L’unica cosa che voleva capire era il motivo di quella profonda tristezza nei suoi occhi.

Come se toccasse a lui estirparne i motivi e accantonarli tutti lontano, proteggendola.

Si passò per tre volte le dita fra i capelli e sopirò socchiudendo gli occhi verdi in modo sofferente.

Perché non riusciva a cancellarsi l’espressione di atroce dolore di quella ragazza? perché gli si stringeva quello stupido cuore umano ogni volta che si soffermava nei dettagli?

S’alzò fluidamente in piedi e riprese la ricerca, sfaldando uno per uno i fascicoli antichi sparpagliandoli un po’ dappertutto.

Ne uscirono fuori dati inerenti al cinquecento e al seicento, ma del settecento, sembrava non esistesse nulla su quel casato nobiliare che tanto l’infastidiva.

Piccato ringhiò, cominciando a leggere il seicento della famiglia Satoshi, non notando nulla di particolare: il patriarca di quella famiglia era solito contribuire con l’Associazione con alcuni esperimenti sui Level End e i vari effetti delle armi antivampiro, ma nulla di più.

Era stato importante e arrivò a leggere dell’ultima collaborazione ufficiale del vampiro,  prima di non trovare più dati inerenti a quella famiglia di vampiri, ma solo di altre famiglie.

Impossibile, si disse, dev’esserci qualcosa!

Sfogliò per altri minuti quei falconi e con la terra creò delle sue copie in miniatura con del legno, che compivano la funzione di immagazzinare informazioni e trasferirgliele.

Non trovarono nulla, a parte una.

L’esserino trasferì le immagini di una cartella vuota e Daichi s’alzò avvicinandosi all’oggetto incriminato... erano bianchi, i fogli.

Li mise controluce ma lo stesso non accadde nulla.

Improvvisamente gli venne in mente un’idea, malsana, che gli illuminarono le speranze.

Con il semplice movimento del mento tutti i vecchi falconi si richiusero e si rimisero al loro posto, perfettamente a come erano stati lasciati, mentre il biondo guardava assorto quel fascicolo.

Gli tesserini tornarono ad essere parquet di legno e – solo quello che aveva trovato il falcone bianco – prese a mutare aspetto, trasformandosi in un piccolo pugnale affilato come la più sottile delle lame.

Come quelle era, infatti, in grado di tagliare.

Daichi sorrise e prese il pugnale in mano, poggiandolo lentamente contro il palmo della sinistra: in pochissimi secondi stille di sangue cominciarono a cadere sui fogli precedentemente bianchi, macchiandoli.

Passarono alcuni minuti in cui non accadde nulla se non il rimarginamento della ferita al palmo di Daichi e la trasformazione del pugnale in parquet, mentre il sangue in eccesso sulla precedente lama s’era andato ad unire al resto.

Quasi ebbe il sentore di aver capito male e quindi combinato un pasticcio...

Al settimo minuto il sangue cominciò a muoversi da solo, andando a formare delle lettere e delle parole, per arrivare ad un periodo complesso ed altri a seguire.

Gli si illuminarono gli occhi dalla gioia.

 

*****
 

 
Era uno schifo.

La scena che si presentava davanti loro, era peggio di trovarsi in uno di quei bordelli feticisti in cui c’è uno di tutto.

Peggio.

Soprattutto perché il corpo riverso a terra di uno dei suoi più cari amici era completamente immerso in una pozza di sangue che andava via via a sfumare a causa della pioggia che aveva cominciato a scendere giù.

<< YAGARI! >>

Peggio quando Emma Kreutzer - una di quelle Hunter russe con le palle e la forza di volontà pari a quella di una roccaforte – compagna del corvino, era a terra, non si capiva se piangente o meno, nella pozza di sangue ad abbracciare il corpo del proprio uomo e a ringhiare come un’animale ferito e abbandonato.

L’unica consolazione era il fatto che Kyoku – una delle katane più potenti al mondo – fosse ancora riposta dentro la custodia ben lontana dalla proprietaria.

<< Yagari! >> gemeva, semplicemente, cullando delicatamente il corpo pallido dell’Hunter, mentre Kaien cadeva al suolo, in ginocchio, pregando gli asi in un miracolo, o semplicemente, che l’ambulanza chiamata da Zero arrivasse il prima possibile.

Kaien alzò il viso al cielo, anzi no, alle nuvole nere, capendo il motivo di quella pioggia e maltempo: stavano piangendo per lui, per la stessa
Emma e per un miracolo al loro stesso creatore.

 

*****

 
Quando Zero telefonò anche Rika per avvertirla dell’aggressione, aveva strattonato i due bambini con rigidità – dormienti nel letto a due piazze degli “zii” – spiegando loro la situazione. 

<< Voglio venire! >> dissero in coro e Rika dissentì.

<< No, state a casa e avvertite Sakura che siete soli in casa. Chiamerò Hanabusa per farvi compagnia più tardi, ok? >>

E avevano ubbidito, vista la gravità della situazione, chiamando casa per avvertirli per poi rimettersi a dormire.

O almeno, Haku.

Sora era rimasto sveglio per permettere alla sorella di dormire senza incubi o pensieri cupi.

La proteggeva e lei a sua volta proteggeva lui in un equilibrio sottile.

Sora si concentrò ed ebbe il bisogno psicofisico di espandere il suo potere, fino a toccare le fondamenta della casa, scaricandosi.

E pensò.

Pensò che in quel momento uno degli Hunter più forti e valorosi dell’intero Giappone, fosse inspiegabilmente fuori combattimento e ridotto in fin di vita.

Pensò che in quel momento di caos generale l’Associazione fosse vulnerabile e scoperta.

Loro divenivano vulnerabili e scoperti in quel momento.

Soprattutto per colpa della figura che si era introdotta all’interno della
casa e camminava nella sua oscurità con passo sicuro e autoritario.

Come se ne fosse il padre e legittimo padrone.

Sora sospirò, aumentando la dose di oscurità per i sogni della sorella, così da non farla immischiare: se un individuo con una tale forza cercava un dialogo con loro, in mezzo non poteva esserci che un compromesso, inevitabilmente uno scambio.

Sora era sicuro che sarebbe stata richiesta la sorella e non poteva permetterlo.

Ancora in quella posizione rilassata – dentro il letto – schiuse gli occhi per osservare chi gli stesse davanti.

Gli venne quasi da vomitare nel vedere un cadavere con il cranio scoperchiato e le suture quasi del tutto dissaldate fra di loro, lasciando intravedere ogni cosa; l’incarnato marrone e in alcuni posti completamente inesistente; come le palle degli occhi: una al posto e l’altra a penzolare leggermente; il naso inesistente e i vari tessuti di carne rimasti nel torace erano così minimi da lasciare vedere l’assenza di organi o quasi; le braccia erano ossa scheggiate e solo in un pezzo del braccio sinistro vi era un benché minimo strato di carne putrescente; il bacino per metà era solo fatto di ossa e per l’altra metà ricoperto di carne; le gambe erano leggermente ricoperte di carne penzolante e i piedi erano esclusivamente ossicine legate fra loro con una rimanenza di cartilagine.

<< Cosa vuoi da noi? >> disse Sora e lo scheletro sorrise in modo macabro, mentre la pelle del mento cadeva penzoloni.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Di Letali Conseguenze ***




Approfitto per farvi un augurio di Buone Feste!! :D 
 



Capitolo 7.
Di Letali Conseguenze.
 

 
 
<< Sei perspicace, ragazzo. >>

Sora ovviamente non gioì del complimento del cadavere, anzi, storse il naso infastidito.

<< Stanno per arrivare due vampiri nobili, proponi in fretta. >>

Ringhiò infastidito il ragazzo e i suoi occhi azzurri brillarono di preoccupazione: se Hanabusa e
Kain – che sicuramente l’avrebbe seguito – avessero visto quell’abominio avrebbero cominciato a lottarci contro, forse rimanendoci secchi.

Non poteva permetterlo.

<< Mi diverti, sai? >> commentò il cadavere e non si meravigliò poi tanto se potesse leggergli la mente, Sora.

<< Bene, a me no, anzi, ti dirò: mi fai ribrezzo, amico. >>

Il cadavere prese a muoversi dal lato di Haku e a pochi centimetri alzò la mano destra, cercando di toccarla: Sora glielo impedì.

<< Non si tocca. >> ringhiò e il cadavere la ritirò lentamente.

<< Bene, allora andiamo subito al dunque: verrà con me e tu... >>

Sora s’abbassò velocemente in avanti, evitando la lama di una katana che fendette l’aria sopra di lui.

<< Lasciami indovinare, morirò? >> commentò sarcastico, mentre dava un calcio in pieno petto ad Arimy, sbucata da non si sa bene dove.

Incazzato da quell’attacco così blando e prevedibile, tornò sul letto giusto in tempo poiché Haruhy stava per prendere in braccio Haku.

Intorno al perimetro del letto s’alzò il fuoco più vivo, allontanandoli.


<< Tsk. >> borbottò. << Facciamo così: voi vi prendete me e vi accontentate e io non opporrò la benché minima resistenza. >>

Arimy rise di gusto sollevata e Sora sbarrò gli occhi capendo troppo tardi chi volessero realmente: sé.

La sua convinzione vacillò per alcuni secondi, sconcertata, giusto il tempo per il cadavere di dire “Si” e per abbassare la barriera di fuoco, mantenendola solo intorno al corpo della sorella senza ustionarla o bruciare materiali: un fuoco protettore che si sarebbe estinto solo con la presenza di Hanabusa e Kain.

Sotto la sorveglianza dei tre Sora si mise addosso degli abiti pesanti e – testa incassata fra le spalle e mani in tasca – s’avviò fuori.

 

*****
 

 
Quando Hanabusa e Kain entrarono nella residenza dei Kiryuu notarono subito un odore sgradevole al naso e la porta aperta.

Il biondo si era messo subito sul chi va la, chiedendosi interiormente cosa fosse successo, ma il ramato fu il primo a salire le scale per andare a controllare direttamente se stessero bene o meno.

Arrivato nel corridoio del piano superiore, Kain sgranò gli occhi nel notare la luce arancione e a tratti rossa provenire dalla camera da letto.

<< Hanabusa... >> chiamò, continuando a camminare.

Si fermò così sulla soglia della camera guardando quelle fiamme protettrici che non lasciavano andare la ragazza.

<< Kain! Hanabusa! Aiutatemi! >>

Aveva detto, semplicemente perché da quello che aveva raccontato loro successivamente, anche con dell’Acqua il  fuoco non si era placato.

<< Vi ringrazio. >> sussurrò poi, mentre si guardava intorno, alla ricerca del gemello.

Non lo trovò, ovviamente.

Si sentì inutile.

Desolatamente inutile.

Gli occhi pieni di vitalità della ragazza s’annullarono lentamente mentre vedeva Hanabusa armeggiare con il telefono e sentiva Kain carezzarle i capelli.

Era una carezza calda come il sole e morbida come la neve soffice, appena fioccata.

Haku ringhiò infastidita ma non l’allontanò,  cercando di ragionare meglio: dove poteva essere andato Sora? Perché? Soprattutto, con chi?

Nello stesso momento la porta venne scardinata da Daichi, il quale aveva un’aria incazzata e cupa.

<< Dov’è?! >> urlò, perentorio. << Dov’è quel piccolo nano infame?! >> continuò, mentre entrava dentro la residenza guardandosi intorno. << Si pentirà per quel “cerebroleso”... >>

Haku aggrottò le sopracciglia, ragionando. << Quando t’avrebbe detto una cosa del genere? >>

Daichi parve riprendersi. << Una trentina di minuti? >> chiese retorico e si guardò intorno, spaesato. << Non è qui? >>

L’occhiata carica di rabbia nello sguardo della sorella lo fece desistere completamente.

<< Cos’è successo? >>  domandò.

<< Quel cretino di Sora è andato chissà dove con i cattivi... >> parlò in modo tagliente la castana, immobilizzando del tutto i presenti.

<< Come fai ad esserne sicura? >>

Haku indicò il pavimento sotto di loro, che era completamente rigato. << Alzami. >> ordinò al fratello maggiore e lui non seppe dir di no.

Haku si mise a lievitare in aria e quando fu in alto si morse le labbra a sangue.

<< “Mi dispiace.” >> mormorò.

<< Cosa? >> chiese Hanabusa e Kain gli intimò di tacere.

<< Gli dispiace. Idiota! >>

Hanabusa non seppe mai se quell’insulto fosse rivolto a lui o ad altro.

 

*****

 
Sakura e Cristian avevano raggiunto il gruppo degli Hunter in ospedale, trovandovi Kaito, Zero, Rika, lo stesso Kaien e ...

<< Emma... >> sospirò Sakura, mentre la donna dai capelli corti e sbarazzini, di un peculiare biondo, abiti succinti e tatuaggi un po’ dappertutto, non si mosse minimamente dal contemplare la vetrata dalla quale era possibile vedere il corpo del corvino intubato.
Immobile e in bilico.

Chiesero ovviamente spiegazioni ma l’unico che a quanto pare avesse capito qualcosa era Zero, che spigò subito loro cosa conoscesse e cosa gl’avesse detto l’hunter prima di essere attaccato.

Sakura parve divenire marmo, Cristian ragionò, cercando di mantenere il controllo: non erano rari i casi di progetti con capacità rigenerative e, o, resuscitive, bisognava vedere fino a che punto quel potere fosse sviluppato.

<< Ha detto altro? >> mormorò infine Sakura, tornata a riprendere il controllo di sé.

Zero scosse il capo, spiegando loro che la comunicazione era caduta senza dare tempo all’uomo di finire la frase.

<< Io e Cristian andremo a vedere se nella base dei Saempitaernum troviamo qualcosa, a voi il resto. >>

Kaito li fermò, gettando contro loro alcuni mazzi di chiavi. << Entrate senza buttare giù porte o portoni, quelle sono le chiavi del palazzo. >>

Annuirono in sincrono e – guardato per un attimo il corpo immobile di Yagari – scomparvero nel nulla.
 

Riapparvero davanti ad un edificio grande, dislocato  fuori da uno dei piccoli centri cittadini vicini alla Cross Academy, di tre piani, ma abbastanza grande da poter ospitare cinque appartamenti – tre grandissimi e due medi -  per piano.

Il locale era lasciato in balia della natura, ed infatti molte erbacce erano andate a rivendicare il loro luogo d’origine, smantellando il cemento e le mattonelle, mentre piante dall’aspetto simile all’edera – ma molto più robuste – avevano completamente invaso il muro sulla quale il sole batteva con prepotenza.

Ovviamente i due non si fecero nessun problema, dirigendosi verso la porta in ferro e ottone, massiccia, che fungeva da principale attrazione per gli occhi, che per i muscoli – vista la pesantezza.

Non appena vi entrarono si mossero con rapidità, spostandosi di stanza in stanza – che erano arredate con semplici mobili in legno massello, in uno stile classico ed elegante – alla ricerca di quelli che l’associazione aveva bollato come “inutili pezzi di carta” riguardanti le varie scissioni genetiche sugli uomini e sui vampiri che avevano portato alla nascita di Project come Makino e Fubuki o come gli X Project come lo sarebbe dovuto essere Arimy, o, per fare un minuscolo passo nel passato, quelle creature immonde che erano morte tutte, una dopo l’altra, il giorno del compleanno di Sakura, ventisei anni addietro.

<< Dove pensi che siano custoditi? >>

Mormorò Cristian, Sakura si limitò a fare strada, ricordando a menadito ogni possibile nascondiglio per i fascicoli dei documenti.
 

Mi guardo intorno, rabbrividendo.

Lì c’è la causa di tutto il mio dolore.

O meglio, la causa parziale di un dolore arcaico,  nato dalla stessa madre di Mary.

<< Sakura? >>

Sorrido all’indirizzo di Cristian e lo aiuto a camminare, visto che ha ancora gamba e braccio fasciato.
Nemmeno io sono messa bene, ma poteva andare peggio.

Kain e Kaito vanno avanti e indietro per la casa, controllando e amministrando altri hunter di cui non mi ricordo minimamente i nomi ma che loro conoscono me.

Quanti giorni sono passati dalla morte di Devil?

<< Sakura, cos’è che ti turba? >>

L’abbraccio dolce e goffo di Cristian è un toccasana

Non sono più abituata alla pace e alla tranquillità, che la mia allerta è sempre attiva.

<< Rilassati. >>

Borbotta Rika mentre Kaito le fa la ricalcata.

Sinceramente sto poco a guardare quella scena divertente e tutta la mia attenzione si riversa su quella casa riempita di fogli e dati.

Ne afferro uno sul pavimento e sto per una manciata di secondi a leggerne i risultati: non lo capisco completamente.

<< Sakura? >>

Ruoto gli occhi al cielo, infastidita dai continui richiami delle persone. Non rispondo e cerco di capire chi mi stia chiamando.

Odio il brusio di sottofondo che continua ad echeggiare per le stanze. Mi fa sentire al centro dell’attenzione e in questo momento non ne ho voglia.

“Sarebbe lei la Moricase?”

“Ma non emana nessuna aura.”

I brusii sono fastidiosissimi, mi correggo, soprattutto adesso che ho perso i miei poteri.

<< Osserva. >>

E osservo la catasta di moduli accumulati l’uno sull’altra nella stanza di Mary, insieme a scaffali e libri di antichissima fattura con ogni tipo di dato sulla sottoscritta, sui miei genitori, su Yue e su
Cristian.

 

Sakura tornò con i piedi per terra, comparando i suoi ricordi con quelli della situazione attuale: molti scaffali di legno erano vuoti, altri riversi al suolo e alcuni completamente distrutti.

Sakura osservò la situazione con indifferenza, Cristian sperò interiormente che i dati a loro utili non fossero irrecuperabili.

<< Puoi fare qualcosa, amore? >> sussurrò Sakura, quasi fosse intimorita della risposta e

Cristian rise leggero, attirandola a sé con dolcezza, per baciarle poi il lobo con malizia.

<< Mmmh, non è il caso, Cristian. >>

Gemette lei, languida, socchiudendo gli occhi.

<< Allora rilassati. >> disse incline a desideri poco casti. << altrimenti mi metti davvero in difficoltà. >>

Sussurrò successivamente, baciandole il collo lentamente.

Sakura afferrò delicatamente uno dei fascicoli dal suolo e lo sfogliò, assorta. Cristian la guardò con la passione negli occhi e non appena lei s’accorse della cosa, sorrise, mentre poggiava il foglio sul tavolo e s’avvicinava al marito.

Presero a spogliarsi a vicenda in modo dolce, carezzevole - quasi come fosse la loro prima volta – e continuarono quella danza d’amore, uniti in un unico e passionale sentimento.
 

 

******

 
Sora sbuffò, snervato.

Era da circa due ore che faceva avanti e indietro da stanza in stanza e buttava il naso dentro i libri, trovandoli noiosi e dannatamente inutili.

In realtà – sotto la maschera di boria – era davvero interessato a quei testi storici che parlavano della famiglia dei Satoshi.

Alcuni male, accomunandoli come piattole dalle fattezze divine, altri lodandoli come beneficiari di una conoscenza divina e salvatrice.

Nessuna via di mezzo.

Bianco o nero, oscuro o lucente, divino o demoniaco.

Era questo ciò che gli risultava affascinante: la capacità indomita di prendere le parti senza nessun ripensamento o frustrazione.

<< Sora... >> sobbalzò guardando Haruhy con un misto di curiosità e scetticismo. << Vieni, è pronta la colazione. >> sussurrò invece Haruhy, facendogli segno di seguirla.

Non disse nulla per continuare quella farsa ma dentro fremeva per sapere come fosse vivere a cavallo di tutti, guardando il tempo e le epoche passare, guardando morire tutto ciò che si conosceva per imparare a conoscere altro, percependo sulla pelle il cambiamento e il completo cambiamento nei modi, costumi e religioni.

Com’era per lei.

E poi l’osservava da dietro, mentre camminava in modo lento e silenzioso, quasi avesse paura e orrore di quel luogo, e non poteva che domandarsi frasi che forse sarebbero rimaste inespresse e taciute per orgoglio.

Non questa volta.” s’impose.

Se voleva davvero aiutare la sua famiglia e la sorella, doveva intanto raccogliere informazioni senza lasciarsi compromettere.

<< Come mai sei umana? >> sparò in modo basso, complice.

Lei si fermò in mezzo al corridoio, guardandolo di sottecchi con un abbozzo di sorriso. << Pensavo non avessi lingua. >>

Sora emise un gesto di stizza e lei continuò. << Il corpo che mi ospita era umano. >>

Lui ragionò lentamente e con precisione. << Quindi in questo momento il nome del corpo potrebbe anche essere Kyoko? >> ironizzò sulla questione, intuendo in modo abbastanza inorridito che quell’Arimy potesse far rigenerare del tutto la materia morta, rianimandola di vita e – in casi come questi – di vita e di un’anima a sé stante.

<< Bingo. >> annuì la corvina e lui l’affiancò, cercando di capire altro.

<< E hai anche tutti i tuoi vecchi poteri? >> disse, ma si corresse. << Voglio dire, tutti i tuoi poteri da vampira? >>

Lei aggrottò la fronte e annuì, pensierosa, mentre Sora considerava l’idea di aver trovato un agnello – non tanto debole – che era stato spesso sacrificato per un pugno di mosche.

<< Si. >> ammise Haruhy. << Devi sapere che prima di essere esorcizzata dalle Tunders Twins di Cristian, sono riuscita a prendere tutti i poteri da tua madre, per lasciarla libera. >>

Sora inarcò un sopracciglio: non sapeva che fosse stata esorcizzata dal genitore.

<< Haruhy. >> la fermò per un braccio e la costrinse a guardarlo negli occhi.

Erano simili tanto da potersi dire quasi uguali e non fu così difficile per loro considerare di potersi “aiutare” a vicenda. << Ho intenzione di informare i miei di quanto stia macchinando Arimy. >> sibilò il ragazzo.

Haruhy ghignò notando la spregiudicata fierezza del suo Yui nello sguardo e lo incitò a continuare.

<< Tu non volevi essere qui, ammettilo. Sei stata costretta senza sapere le parti in cui avresti lottato. So per certo che ti farai uccidere alla prima occasione e che Arimy te lo impedirà, quindi, perché non fare un patto? >>

La corvina rimase sorpresa non aspettandosi minimamente ad una prospettiva del genere in cui, dannazione, aveva perfettamente ragione il castano, non ci voleva stare.

<< Ci sto, ma devi promettermi una cosa. >> lo bloccò, aspettando un suo cenno che arrivò subito. << Sarai tu ad uccidermi, chiaro? >>

Sora sorrise, auto proclamandosi il Re delle Strategie di guerra.
 

 

*****

 
Daichi mostrò loro tutti i documenti che i genitori “avevano cercato” dentro la sede sotterranea dei Saempitaernum, in cui si parlava delle formule chimiche utilizzate per tutti i loro esperimenti e anche su come potesse essere possibile il richiamo delle anime dall’aldilà, in cambio di un sacrificio di uguale valore.

Non era una cosa facile da fare e solo Arimy sembrava essere stata in grado di infrangere quell’equilibrio, risvegliando direttamente un corpo morto.

Le soluzioni erano due: la prima, era presumibile che potesse avere ucciso dei civili, nascondendone i corpi in qualche posto; la seconda – anche meno probabile – era che i corpi morti riacquistavano vigore con un ciclo vitale inverso che li avrebbe inevitabilmente fatti ringiovanire.

Kaname aveva escluso quella possibilità ricordando che anche lui, come sanguepuro, aveva dei limiti anche se era stato uno dei primi vampiri a solcare quella terra e che fosse stato chiamato in vita molte volte durante i secoli. Costretto a crescere e lentamente, con una mente sempre superiore alla media, chiamato in vita dai suoi stessi figli in cambio di sacrifici, che quindi erano usati per riscattare la rinascita di un’anima in particolare.

Senri stesso aveva confermato, confidando nel ricordo del padre e di come fosse riuscito a stabilizzarsi quella volta.

<< Noi stessi siamo un esempio lampante. >>

S’era intromesso Hanabusa, esponendo fatti storici sui vampiri molto analoghi in ogni parte del mondo, ma mai come questa.

<< Seireen. >> sibilò ad un tratto Kaname e la ragazza apparve, bella come al solito e sfuggente come sempre.

S’inchinò e prese a parlare. << Ho visto in avvicinamento dei vampiri sospetti, sono venuta a chiederle il permesso per eliminarli. >> disse, ancora chinata in avanti e Kaname pensò per due secondi e poi annuì, percependo che fossero tutti Level End.

Non appena scomparve, Haku attirò l’attenzione dei genitori che mentalmente avevano cercato Sora.

<< Questa notte io e Sora siamo stati attaccati. >> Rika aggrottò le sopracciglia e fece una faccia stranita, scettica.

<< Cosa?! >> disse Sakura, andando a controllare se la figlia fosse ferita, Cristian sospirò.

<< Dov’è Sora, Haku? >> borbottò infatti, mentre Sakura gelava guardando negli occhi la figlioletta.

<< Mamma, è andato con loro. >> proruppe semplicemente e Yuuki uscì dalla camera,
trovandosi davanti Emma Kreutzer con due teste mozzate in mano.

Yuuki non si fece impressionare e la donna rise sprezzante, mentre la salutava ed entrava nella sala.

Nello stesso istante Seireen ritornava macchiata di sangue nella stanza.

Entrambe attirarono l’attenzione dei presenti e se fino a quel momento lo stesso Zero s’era limitato a partecipare in modo oggettivo agli eventi, quella volta s’alzò in piedi per dare eventuale soccorso. << Cos’è successo? >> fu la domanda piatta e solita del moro all’indirizzo della vampira.

<< Kaname-sama, non erano dei semplici Level E. >>

Allo stesso modo Emma gettò le teste sul tavolo, stizzita.

<< Che accoglienza. >> mormorò imboccando la pipa e gli altri aggrottarono le sopracciglia. << Sembravano esseri umani, forse lo erano nel corpo, ma nelle intenzioni e nei canini c’era sicuramente un vampiro Level End. >> dissero insieme la bionda e la vampira, mandando in completa confusione i presenti.

Zero, stanco di tutta quella misteriosità si mise addosso il giubbotto lungo e uscì dalla stanza, seguito a ruota dai presenti.

Si divisero a coppie; Rika s’incamminò con Sakura, Cristian con Kain, Hanabusa con Haku, Emma con Kaito, Daichi con Zero, Seireen con Kaname e Yuuki con Kaien.
 

I primi a venire braccati furono Haku e Hanabusa.

Quattro contro due in uno scontro insolito.

<< Non sembrate vampiri. >> disse retoricamente il biondo, mentre la castana scoteva il capo, d’accordo con il biondo.

Attaccò per prima, cristallizzandone uno e accecandone un altro, mentre Hanabusa calciò quello più veloce lontano e trapassò con un paletto gelato il secondo.

Inorridirono nel  vedere del sangue scorrere dallo stesso, senza che divenisse cenere.

Erano corpi umani quelli e furono entrambi concordi.

La ragazza allora rinforzò i propri muscoli e si gettò in uno scontro frontale, diretto, corpo a corpo, strappando un arto a quello che stava attaccandola.

Ottenne lo stesso risultato e un urlo di dolore da parte del vampiro, o presunto tale.

<< Cosa siete? >> sibilò la ragazza, tenendo fermo il vampiro dalla testa pronta a staccagliela con una lama d’acqua.

Il vampiro sputò sangue arrancando per il dolore. << Non lo so. >>

Ammise e un attimo dopo morì, vista la gravità della ferita infertagli. La vampira nel ghiaccio si liberò, travolgendola, e prese a morderla con verve, senza però avere realmente i canini.

Le strappo un pezzo di carne e Haku sudò fredda per il dolore, ma non urlò e – formata per tempo una bolla d’acqua senza ossigeno – la imprigionò, uccidendola a causa della mancanza d’aria.

Hanabusa aveva analizzato ogni cosa con l’intento di raccogliere informazioni e aveva tolto di mezzo l’ultimo rimasto.

<< Sono corpi umani... >> sussurrò Haku, mentre anestetizzava la spalla per il dolore, sapendo che poi il fratello l’avrebbe sicuramente guarita. << Umani... >> ripeté a se stessa, inorridendo.

 
 
Kaien e Yuuki avevano finito di lottare con la strana sensazione di aver già visto una cosa simile.

Avevano però capito che fossero dei corpi umani e avevano cercato di essere il meno rudi possibili, colpendo punti vitali per farli soffrire il meno possibile.
 

A Zero e Daichi erano capitati strane figure d’ombra, molto simili a fantasmi, ma con una consistenza molto più tangibile.

Non erano di una bellezza inaudita, ma erano potenti, visto che per eliminarne uno, sia Zero che Daichi avevano dato fondo a tre caricatori l’uno e a colpi speciali fatti di globi e esplosioni.

<< Cosa ne pensi? >> mormorò Daichi, che s’era abbassato a prendere un lembo della “pelle” della creatura e a guardarla da vicino: era nera come il catrame, viscida, gommosa, umidiccia e stepposa... per non parlare dell’odore.

<< Che schifo. >> 

Quella cominciò a muoversi fra le mani di Daichi – che non lasciò la mano divertito e mostrava le immagini ai genitori –  esterrefatti. 

Kain fu da loro in poco tempo e prese a dare fuoco alla cosa con sua soddisfazione – visto che i due vampiri da lui trovati erano normalissimi e non s’era divertito nemmeno un po’.

Vennero raggiunti da tutti e non appena il residuo di quella strana creatura prese a bruciare, ecco che apparve una scritta di fumo ferma a mezz’aria.

Era da parte di Sora e spiegava loro che Devil di ora in ora tornava a riprendere il suo aspetto pur essendo in un corpo del tutto diverso e che Arimy si sarebbe presto presa la vita di Yagari completando la sua opera...

Afferrata per un braccio Cristian teletrasportò Emma proprio davanti l’ospedale e correndo si diressero verso il reparto dell’uomo, notando uno strano silenzio.
Inquietante.

<< Cazzo. >> borbottò Cristian quando sentì l’odore del sangue e dopo pochi secondi – mentre Emma continuava imperterrita la sua corsa – Cristian si fermò a guardare lo scempio commesso: sangue schizzato dappertutto, mentre pozze di sangue andavano a creare delle vere e proprie venature nelle mattonelle una volta candide.

Il corpo di un’infermiera era steso al suolo e agonizzante cercava di respirare, visto il taglio profondo alla gola.

Cristian si precipitò a soccorrerla ma – non appena le fu abbastanza vicina – quella divenne rigida e spiritò un ultimo respiro, con gli occhi vitrei e umidi di pianto.

Cristian si limitò ad abbassargli le palpebre, correndo verso la stanza, visto che non sentiva nulla.

Appena fu sul ciglio della porta rabbrividì mentre Emma teneva il capo di Yagari alzato e lui le parlava, ansante e con una ferita profonda allo stomaco.

<< No... >> sussurrò e si precipitò sulla ferita, curandolo con un flusso potente di Terra.

<< Ti... ricordi del... >> sussurrò il corvino con un’espressione sollevata in volto, mista a dolore.

<< Tuo... soprannome? >>

Sussurrò ancora, rivolto alla ragazza, che manteneva il sorriso – rassegnata al punto da sostenere un sorriso per non rammaricare il cuore del proprio amore – facendo incazzare il biondo che vedeva dei miglioramenti radicali.

<< Arancia Meccanica o Metallo Pesante? >>

Parlò Emma, con tranquillità, mentre gli occhi le si facevano lentamente vacui immersi in quello ghiaccio dell’uomo.

<< Entrambi. >> sussurrò lui, ridacchiando.

Gemette quasi subito di dolore e dalla ferita che Cristian stava curando uscì altro sangue.

<< Ehi, sensei... >> mormorò lei e Yagari ghignò, interrompendola.

<< Non mi... chiami... così... >> si prese una pausa più lunga. << da... molto. >> finì.

Emma alzò le spalle, continuando a sorridergli.

Nella mente della donna andarono a riversarsi ricordi su ricordi che le dilaniarono il petto.

Tutto quel dolore andò a tramutarsi in una semplice lacrima che ne fece susseguire altre, lente, visto il carattere forte della donna.

Yagari sgranò l’occhio, sentendo sulle sue guance la consistenza fredda delle lacrime.

Tanto sarà forte.” si era detto. “Riuscirà a mantenere la calma e a metabolizzare la cosa.” aveva continuato, sicuro.  E ci stava credendo, davvero, visto il sorriso che la propria donna gli aveva rivolto.

Un sorriso fiero e sicuro, poco impanicato, ma sicuro.

Proprio come il primo che gli aveva rivolto e che l’avevano incuriosito – dopo il suo aspetto, ovvio.

Ma adesso...

<< Ti giuro, Yagari, se provi solo a smettere di lottare... >> singhiozzò leggermente e riprese a parlare con voce sicura. << Ti vengo a prendere a calci in paradiso. >>

Adesso che piangeva e aveva la voce tremante, pregna di dolore e paura  - che lui non provava – come poteva smettere di lottare?

Per la prima volta Cristian venne considerato dal corvino che lo ringraziò con lo sguardo per l’aiuto.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Attesa. ***




Capitolo 8.
Attesa.
 
 
Toga Yagari era vivo.
Vivo grazie all’intervento di Cristian. Poteva definirsi un essere vivente a tutti gli effetti ed Emma aveva fatto finta di nulla, troppo orgogliosa per esprimere apertamente i propri sentimenti di gioia e se l’era caricato addosso – letteralmente – abbandonando l’ospedale con il precedente degente. Zero e Kaien avevano subito bonificato l’area e dato una degna cerimonia e sepoltura ai corpi degli uomini uccisi e... il tempo passava.
Oramai erano passate tre settimane da quell’ultimo attacco e la cosa fu notata da Sakura, la  quale non poteva tollerare che Sora fosse nelle mani dei nemici. << Non posso. >> mormorava, guardando le fotografie di quando erano neonati e i rispettivi doni apparire sul pezzo di carta lucido. << Come posso lasciarlo in mano nemica? >>
Haku allo stesso tempo non riusciva a dormire bene, mangiava poco e studiava le carte dei Satoshi come un’ossessa.
Non poteva fare nulla e la cosa l’angustiava come non mai.
Daichi non si era fermato un attimo, alla ricerca di qualche indizio, e – oramai – passava tutte le notti sveglio a cercare e cercare.
Dormiva soltanto dopo una scopata degna di tal nome con Karin.
Non l’amava ma non poteva fare a meno di perdersi un attimo, pensando agli occhi di quella Haruhy... in quei momenti pensava di impazzire dal dolore.
Lui voleva proteggerli - quegli occhi -  e si rendeva perfettamente conto che lei era la nemica... non poteva volere il sorriso in quei lineamenti dolci!
Prima o poi l’avrebbe dovuta uccidere e non sapeva come avrebbe reagito.
Si morse il labbro inferiore a sangue e si alzò in piedi, fulminando con gli occhi la ragazza del locale che stava offrendo lui uno striptease che tutti gli uomini del locale desideravano. Pagò e uscì fuori, lasciandosi colpire dal vento in pieno viso.
Quella quiete lo angustiava. Era come se il nemico fosse un passo in avanti rispetto a loro e stesse giocando.
Bestemmiò interiormente e s’addentrò nelle vie del paese vicino alla discarica – che precedentemente era un ring di Level End – e cercò qualcosa da uccidere.
Nessuna traccia. << Merda. >> strepitò, colpendo con forza un cassonetto dell’immondizia.
 Subito dopo si lasciò scivolare contro il muro ruvido di un palazzo e attese. Cosa, non lo sapeva.
Sentì dei passi affrettati non lontano da dove si trovava lui e tornò presente, percependo la sorella con il fiatone.
<< Daichi... >> sussurrò con gli occhi sbarrati e lui annuì, alzandosi di scatto per stringere le spalle della ragazza.
<< Cosa? >> chiese e la mora si morse le labbra, indecisa. 
<< Ho capito come creare quelle creature ma non posso farlo da sola. >>
Daichi sbarrò gli occhi e annuì, cingendole con il braccio sinistro la spalla, per condurre la sorella lontano da quel luogo.
La guardò in viso un paio di volte e storse gli angoli delle labbra in modo amaro: era dimagrita ed era pallida, troppo.
<< Hai mangiato? >>
<< Non ho tempo per mangiare. >> rispose di rimando la ragazzina e lui annuì, prendendola con la forza per trascinarla in uno di quei break and breakfast notturni.
<< Quando sei con me si. >>
La sorella sospirò affranta e calò la testa, senza più rivolgergli un’occhiata.
 
*****
 
Sora aveva assistito alla trasformazione di un cadavere in essere umano. Perfetto.
Il Devil resuscitato sembrava l’esatta copia di quello che sua madre aveva ucciso insieme a suo padre.
Corvino, dal viso angelico e gli occhi azzurri del colore del ghiaccio, in grado di bruciare l’anima.
Ne era rimasto intimamente affascinato, ma non aveva perso mai di vista il suo obiettivo di aiutare la sua famiglia, eppure... sentiva che il suo elemento più profondo scalpitava sotto il fuoco racchiuso nel suo cuore e sussurrava parole a lui sconosciute, che era meglio non conoscere.
<< Perché ti ostini tanto a non lasciarti andare? >> gli aveva chiesto una sera e lui si era limitato ad alzare le spalle, ricordando che era un semplice prigioniero, non un alleato.
Quella sera, però, nell’aria c’era qualcosa di diverso.
Sembravano tutti in attesa, a cominciare da Arimy, che non sopportava, per finire da Haruhy, la quale sembrava ancora più schifata del solito.
La cosa non gli piaceva, ma sembrava riguardarlo in prima persona, poiché era stato fatto vestire con una tunica simile a quella scura di Devil e fatto sedere al suo fianco, come se fosse un magnate di qualcuno. << Che significa? >>
Disse ad alta voce, senza peli sulla lingua, e Devil si limitò a sorridergli in modo serafico. Come se fossero alleati.
<< Che tra non molto vedrai arrivare ciò che resta dei miei alleati. >>
Sora non si meravigliò più di tanto e maledì interiormente Kaname Kuran: com’era possibile che qualcuno con i suoi poteri, finisse per essere ignorato dai suoi?
Ringhiò di frustrazione e cercò di tenersi calmo, pronto a qualsiasi cosa.
<< Sai che non sono tuo alleato? >> sputò con i denti scoperti e Arimy snudò i canini, intimandogli di smetterla.
<< Non mi fari paura. >> borbottò sicuro di se stesso.
Avrebbero potuto continuare a litigare per anni, se il cipiglio gelido di Devil non avesse congelato Arimy.
<< Ragazzo... >> cominciò Devil. << Quando sono morto ho perso tutti i miei poteri, e, nonostante io sia tornato in vita, mi tocca ricominciare da capo. Per questo ho bisogno di te. >>
Sora abbassò lo sguardo sulla propria tunica nera, dove al centro era ricamato un occhio dorato.
Non si meravigliò della cosa. Sapeva che sarebbe successo qualcosa alla sua incolumità, ma pensava di potersi defilare dalla cosa in qualche modo. Merda, sono senza una strategia.
Sorrise in modo amaro e guardò Haruhy negli occhi. Un lampo di dolore le passò negli occhi azzurri della stessa tonalità.
<< Qual è il mio compito? >>
Non poteva credere di averlo detto per davvero.
 
******
 
Haruhy pensò bene di non guardare più in volto quel ragazzino.
Aveva perso l’ardore con cui era arrivato in quel luogo e sembrava essere in conflitto con se stesso, senza poter davvero prendere una posizione.
E ne soffriva. Soffriva da morire vedendo un suo discendente in quelle condizioni e... non era la prima volta.
Si morse il labbro inferiore e cercò di guardarlo in viso: non ricevette uno sguardo e allora se ne andò, intenta a contattare quel Daichi.
Arimy le fu alle spalle e se ne accorse ma fece finta di nulla, entrando nella propria camera seguita dalla corvina. << Che hai in mente? >> le chiese e lei alzò le spalle, falsamente indifferente.
<< Sono nella mia stanza, Arimy. >> lo schiaffo che ricevette in pieno viso le fece male.
Era pur sempre in un corpo umano. << Bugiarda! >> sibilò Arimy e lei si limitò a non guardarla in viso.
Non era più in grado di combattere come aveva fatto con Sakura. Non aveva nemmeno la stessa verve e sicurezza.
Quello era un corpo deleterio, una prigione creata dalla stessa bionda per tenerla ancorata dove lei non doveva assolutamente essere.
Yue. Si ricordò intimamente di lui e sperò di poterlo avere come alleato.
<< Cos’ha fatto al ragazzo? >> chiese a bruciapelo e Arimy sussultò, ridendo poi in modo sguaiato.
<< Ho il potere di comandare un anima e di condizionarla al mio volere, distruggendo gli equilibri del mondo... secondo te che ho fatto ad un ragazzino con troppa boria? Semplice: ho insinuato il seme del dubbio e della depressione in lui. >>
Continuò a ridere in modo gelido e Haruhy chiuse gli occhi azzurri, troppo scandalizzata per continuare ad ascoltare o guardare la cattiveria in quegli occhi.
I tempi di donare un anima per amore erano finiti con Sakura e Cristian: doveva fare qualcosa. Qualsiasi cosa per mettere la parola fine a quella pagliacciata.
 
*****



Zero guardò negli occhi Yuuki.
Loro due erano il legame che univa Concilio e Associazione ma, in quell’unica occasione, sembravano distanti millenni.
<< Ti dico che questa cosa non va fatta! >> insisteva Yuuki, indicando con un dito Haku e Daichi, mentre Zero si limitava a guardare davanti a sé, ignorando la presenza dei ragazzi, per mantenere un certo controllo.
<< Yuuki dobbiamo tentare! >> sibilava di rimando e la cosa sembrava nono voler finire più.
Sia i vampiri nobili che Kaname Kuran rimanevano in attesa, pronti a tirare per la loro strada ad una resa, più o meno parziale, di Yuuki.
Kaien, Yagari e Kaito – invece – guardavano con occhi pieni di speranza Cristian, il quale era alle spalle dei propri ragazzi e osservava la scena con occhi truci.
Rika e Sakura stavano semplicemente in disparte contro Yuuki e contro Zero.
<< Non potete andare avanti così! >> proruppe ad un tratto Daichi e Kaito gli si fece subito vicino.
<< C’è in ballo un attacco diretto al nemico e... >>
<< E sta succedendo qualcosa a Sora... non possiamo più aspettare! >> il tono fermo e autoritario di Haku, che aveva messo a tacere perfino il fratello, attirò gli sguardi.
<< Che intendi? >> la domanda sussurrata di Hanabusa non si fece attendere e Haku lo guardò come se fosse ovvio.
<< Lo stanno piegando al suo potere. Io ho un brutto presentimento. Sento scorrere nelle vene di mio fratello troppa energia negativa. Temo che vogli- >>
<< Temi che vogliano impiantare i poteri di Sora nel corpo di Devil, vero? >> Sakura si era fatta avanti in un moto di angoscia.
Da madre non poteva tollerare che la sua sorte potesse toccare ad un dei suoi figli e quando finì di parlare, impugnata la fedele Soul Rose, se ne andò a passo svelto.
Cristian rimase fermo e immobile al centro fra i suoi figli e sua moglie: che fare? A quale guerra avrebbe dovuto partecipare?
<< Aaaargh!? Al diavolo! >> sbottò e si lasciò cadere seduto con le gambe incrociate, decidendo di stare al fianco dei propri bambini.
 
*****
 
Sakura si guardò intorno: era sola.
Non si meravigliava della scelta del marito, poiché erano entrambi fatti così.
Lei era nel torto, pur parlando per interesse del figlioletto, non poteva agire da sola come aveva deciso, senza poteri, senza capacità extra o superiori a quelle delle persone che la circondavano.
<< YUE! >> urlò al vento. << Dammi una mano... ne ho bisogno! >>
Il vento smise di ululare e lei annuì, guardando con malcelato odio la luna.
Il figlio della luna l’avrebbe aiutata, visto che anche lui si era trovato a fare parte di una nuova guerra, venendo strappato dal suo sonno.
Sakura sorrise amaramente e cominciò a camminare, verso dove l’istinto la guidava. Aveva un passo svelto, fluido e per niente stanco, pur avendo camminato per più di due ore.
Il suo spirito s’era temprato.
Un po’ grazie alle esperienze, un po’ grazie alla forza che la nascita dei suoi figli, un po’ alle esperienze che si portava sulle spalle e un po’ per la forza che si vantava di avere.
Lei aveva cantato e danzato una melodia mortale che l’avevano portata ad essere “la maga”.
Si fermò solo davanti al luogo in cui giocava da bambina con Cristian e Yue e il luogo nella quale adorava nascondersi da ragazza.
Oramai nulla aveva un collegamento necessario.
Se deve accadere, pensò con rabbia, che accada solo a me!
Si lasciò cadere al suolo davanti allo specchio d’acqua e si specchiò con rabbia, lasciando andare le lacrime.
Si sentiva alla fine di un lungo viaggio, spossata, stanca, spezzata.
Si sentiva oramai all’apice della vita, nonostante le gioie e i dolori che le aveva dato la stessa.
<< Yue... >> sussurrò con dolore all’altro essere che aveva mai amato e si sentì risucchiare con forza.
Allora si lasciò andare.
 
<< Cosa ti turba? >> il viso di Yue era rimasto quello di un vampiro troppo giovane. Umanamente parlando, era il volto di un ragazzo.
<< Mio figlio... >> sussurrò semplicemente e il ragazzo dai capelli dell’ebano e gli occhi del ghiaccio la guardò con un amore infinito e palpabile.
<< Tuo figlio subirà il tuo stesso destino e... >> l’abbracciò come solo uno spirito poteva fare. << E non so se tu voglia sapere il continuo. >>
<< Dimmelo. >> pronunciò con dolore e si accettò quel rifugio impalpabile
Yue la guardò negli occhi per un paio di secondi e poi prese fiato, anche se non pareva ne avesse bisogno.
<< Sarà lui stesso a mettere fine alla tua vita e a dare a Devil il potere necessario per uccidere ci gli ha messo i bastoni fra le ruote ventisei anni fa. >>
Sakura annuì. << Che devo fare per impedire tutto questo? >>
Yue sussurrò un ti amo flebile nelle orecchie e la sua più che totale comprensione.
<< Sto invecchiando... >> mormorò Sakura, che non si era mai sentita giovane, e un sorriso si dipinse sulle labbra immortali di Yue.
<< Sta attenta ad Haku. Quella raga- >>
<< E’ troppo simile a te. >> sorrise con dolcezza la mora e Yue sorrise senza rendersene conto.
<< Non puoi più stare qui, Sakura... >>
 
Sakura riemerse da quel limbo con il fiatone e sorrise leggermente, dandosi semplicemente il tempo di riprendere fiato e si rimise in cammino verso la dimora dei Satoshi.
<< Vengo a riprendermi il mio bambino, pezzo di merda. >>

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Il fatto. ***



Capitolo 9:

Il fatto.
 

 
Sakura arrivò a rabbrividire, riconoscendo la grande boscaglia che faceva da riparo alla casa dove tutto era partito.
Si massaggiò con fare calmo le tempie e ascoltò il suono della natura, che sussurrava promesse arcane e intimidiva con i suoi sibili serpentini.
Si ritrovò a pregare in una forma di conforto e sentì la mano di Yue sulla propria spalla. << Grazie. >> mormorò alla luna e prese a camminare con passo felino e ben posato verso la grande magione.
Sarebbe andata a riprendersi Sora a costo della vita.
 
*****
 
Sora si guardò bene intorno: c’erano troppi vampiri.
Persone che non avrebbe mai pensato e persone che aveva addirittura conosciuto tramite Kaname.
Si sentì infinitamente perso e guardò Devil con occhi sbarrati, nell’esatto istante in cui quest’ultimo si alzò in piedi e prese a parlare come un profeta.
<< Miei cari... >> cominciò.  << La Profezia quella notte vinse su di me, su di noi, sui miei esperimenti... ma ho capito che la profezia era incompleta. Haruhy è stata una degna vampira e madre, ma ha il cuore troppo tenero e perfino il mio degno erede, Yue – Devil fece una pausa teatrale mentre Sora rabbrividiva – è stato ucciso dalla stessa Sakura, lasciando le mie occupazioni al vento. >> Sora avrebbe voluto saperne di più, ma si sentì improvvisamente debole e privo di qualsiasivoglia ardore. << Questa sera sono qui per presentarvi Sora Tsucase, l’ultimo erede delle tre famiglie ad aver ottenuto l’Oscurità e l’ultimo a racchiudere in sé i poteri dei Moricase. >>
Una vampira alzò la mano in modo impudico e irrispettoso, facendo storcere i lineamenti a Devil, che non disse nulla dandole parola. << Ha intenzione di utilizzare lo stesso rito di ventotto anni fa? >>
Devil rise sornione e Sora socchiuse gli occhi, provando una stanchezza non normale.
Capì solo quando Devil si girò a guardarlo che gli stesse risucchiando la vita. << No, mia cara, non riesci ancora a vedere che il mio ospite mi sta concedendo tutta la sua energia vitale? >>
I vampiri si limitarono ad un mormorio sorpreso e Sora s’accasciò sulla sedia, vedendo Arimy che se la rideva e gli si avvicinava.
<< E’ la fine per te, marmocchio! Anche se tu dovessi sopravvivere senza la tua materia base, l’Oscurità, saresti comunque destinato alla morte, poiché verresti divorato dal mio signore. >>
Sora imprecò un “maledetta” con un filo di voce e poi si accasciò completamente sulla sedia, prossimo al perdere i sensi.
Sentì solo il frastuono di vetri infranti e una figura che sguainava una lama, lottando con movimenti aggraziati ma letali, che la facevano sembrare una ballerina.
Poi, il buio per le sue palpebre fu sovrano.
 
*****
 
Zero afferrò saldamente la sua Bloody Rose, affiancato dall’Associazione.
Ringhiò un bene soddisfatto e guardò con occhi di sfida Yuuki.
<< Se tu non vuoi partecipare a questa lotta, perché troppo scandalizzata da quello che successe ai tempi, fa pure: noi andiamo a salvare un collega. >>
Yuuki Kuran per la prima volta da quando quel collegamento fra Concilio e Associazione era nato, aveva dimostrato una codardia tale da far nascere lo sdegno a chi la stimava.
Non la biasimavano, certo, ma non capivano perché.
Yuuki si mise davanti ai presenti e supplicò ancora una volta di lasciare perdere, di far lottare quella guerra ai soli membri delle varie famiglie coinvolte.
Di far lottare semplicemente Daichi, Cristian, Haku e Sakura. << Non potrei sopportare di perdere uno di voi per la loro storia! >>
Affermò con le lacrime agli occhi e, prima che Zero potesse dire o fare qualsiasi cosa, Rika scattò in avanti, dandole un sonoro ceffone sulla guancia destra, stupendo i presenti.
<< Finiscila di dire scemenze! Sakura non ha colpe per quello che sta succedendo e nemmeno i suoi bambini! Soprattutto non è giusto lasciarli al loro destino. >>
Detto questo sguainò la Bloody Mary e s’incamminò, stando davanti ai presenti con aria dura.
<< Yuuki-sama... >> mormorò Hanabusa, con sguardo basso, mentre Kain – senza emettere fiato – s’incamminava con Ruka, Rima e Shiki.  << Capiamo cosa vuole dirci, ma non possiamo stare a guardare... >> Hanabusa fu bloccato da Kaname, che le carezzò una guancia e le sorrise gentilmente.
<< Aidou, puoi andare, se è questo ciò che desideri. >> mormorò Kaname e il biondo raggiunse il cugino con sguardo basso, guardandosi ogni tanto indietro.
<< Yuuki, non puoi fermarli. Comprendi che quella famiglia di hunter si è radicata fin le fondamenta dei loro cuori? >>
<< Ma... >> Yuuki prese a piangere, continuando a guardare gli occhi del fratello.
<< E’ nostro dovere evitare che una calamità del genere, o come quella di ventotto anni fa e quella di ventisei, si riabbatta sul mondo. Comprendi? >>
Kaname le parlò con dolcezza e Yuuki cominciò a piangere più violentemente, annuendo con il capo e stringendosi contro il fratello. << Ma io ho paura che ti possa accadere qualcosa! >>  rivelò infine e abbracciò il moro, che sorrise leggermente.
<< Prendi Artemis, ti servirà. >>
 
*****
 
Daichi, Cristian e Haku avevano abbandonato la sede dell’Associazione prima ancora che una decisione fosse presa.
Cristian aveva rivelato loro ogni cosa sui Saempitaernum, su loro madre, su di sé e sui Satoshi.
Daichi si era ritrovato ad amare teneramente quella madre che tutti avevano seviziato nel corso dei secoli e la propria madre, così forte nonostante il passato turbolento e pieno di dolore.
Si erano tutti ritrovati a pensare che la loro fosse sfortuna e mai, prima di quel momento, Daichi pensò ad Haruhy come ad un’amante a tutti gli effetti.
<< Dici che la potremo salvare? >> sussurrò ad un tratto verso il padre e Cristian sorrise, commosso dallo svolgere dei sentimenti.
<< Si... >> mormorò infatti e, guardato il luogo nella quale si trovavano, il figlio e la figlioletta, muta nei suoi pensieri, prese a ridacchiare mestamente.
<< Che c’è? >> chiese Haku.
<< Ti sembra questo il momento di ridere come un folle, vecchio?! >> sputò Daichi e Cristian si asciugò le lacrime, guardando intensamente il figlio maggiore.
<< Ti ricordi questo posto? >> sorrise intenerito.
<< Già, quello dove da piccolo mi sono nascosto perché avevo scoperto i miei nuovi poteri ed ero spaventato di essere un mostro. >> ammise il figlio biondo e si sedette accanto al padre, sull’erba verde e fresca, nella stessa posizione in cui erano quella volta.
Daichi alzò gli occhi e si ritrovò caldamente la vista piena di alberi, in una radura che sembrava abbracciarli e rassicurarli in un abbraccio naturale.
<< Questa volta non dobbiamo trovare te. >> s’intromise nel silenzio Haku e i due uomini si sorrisero.
L’irrequietezza della castana rifletteva perfettamente quella del gemello. << Papà... >> sussurrò infatti e Cristian la guardò con dolcezza.
<< Dimmi tesoro. >>
<< Ho una strana sensazione. È terribile. Sembra che io stia soffocando, che mi stiano strappando l’anima attimo per attimo. >>
 
*****
 
Sakura si scagliò come una furia su un’altra serie dei vampiri.
<< Non posso credere che tu sia invecchiata, Sakura. >>
La voce di Devil le arrivò ovattata all’orecchio e guardò con la coda dell’occhio verso il vecchio scarno che aveva in passato occupato e vide il figlio sulle braccia di Arimy, privo di sensi, pallido.
<< Dove lo sta- >> non poté completare la frase che dovette evitare un fendente d’artigli.
Dovette continuare a lottare.
Un vampiro le artigliò le spalle da dietro e la morse facendole scappare un gemito strozzato, mentre le altre ferite reclamavano.
Con il gomito libero colpì il vampiro e – afferratolo per il braccio – lo attirò a sé, trapassandolo da parte a parte con la propria lama.
Tranciò di netto il busto di una vampira e si scaraventò su di un altro nemico.
Le sembrava che quella tortura non finisse mai, che potesse portarla alla morte senza farle incontrare il suo amato Sora, senza poterlo salvare.
Si guardò bene intorno nell’esatto momento in cui si liberò dall’ennesima orda di nemici e il tempo le sembrò inesorabilmente lento, troppo poco consono alla situazione, mentre cercava gli occhi azzurri del figlio con una speranza vana.
<< Devil-sama lo divorerà, prima ancora che tu possa fare qualcosa per capire quello che accadrà. >>
Sakura tranciò di netto la testa a quel vampiro troppo impietoso per capire cosa volesse dire amare un figlio.
Continuò a lottare, sfinendosi lentamente.
 
*****
 
 
Yagari parò un colpo ben assestato al centro degli occhi d un vampiro, poi, non appena si girò notando un nemico nella sua direzione, puntò l’arma, ma uno sparo precedente uccise la sua preda. << Scusi maestro! >> urlò euforico Kaito e il corvino sbuffò infastidito, roteando per alcuni secondi gli occhi e annuendo contro il nulla. Continuò a lottare immerso nei propri pensieri.
Kaito Takamiya era un gran bastardo – a detta di molti.
In realtà nascondeva un animo davvero grazioso ed elegante... Impossibile, si disse Toga Yagari mentre osservava l’ex allievo sparare senza sosta contro alcuni Level End, è troppo bastardo, punto.
Ed in fondo sapeva che, se il rosso e l’albino si rendevano conto di essere delle perfette macchine da guerra, lo dovevano solo a lui.
<< Non ti esaltare troppo, Toga... >> sussurrò all’orecchio dell’amico Kaien Cross e il corvino sbuffò un alito di fumo, comunque orgoglioso dei propri ragazzi.
 
Si prepararono per l’assalto, gli Hunters, facendo leva sulle capacità dei vampiri nobili e, quando Seireen apparve dal nulla, avvisandoli della confusione che aveva scatenato Sakura, fu per loro ancora più facile entrare nella difesa e mescolarsi al combattimento, affiancando e aiutando Sakura, che non era messa poi troppo bene.
 
Rika si diede al puro e sadico divertimento, lasciando andare i poteri che nel tempo aveva cominciato a sviluppare;
Zero, affiancò Sakura e cercò di parlarle, riuscendo a capire che la cosa più importante fosse l’incolumità di Sora.
 
<< Andiamo a cercarlo noi. >> in mezzo alla mischia, la voce di Kain e di Toga risuonarono decise e potenti.
<< Ne siete sicuri? >> chiese Sakura e gli altri intimarono solo fretta, concordi a farla finita.
<< Finiremo presto, voi fate solo il vostro dovere per evitare il peggio! >> urlò irritato Zero e fracassò il cranio di un altro vampiro. << CORRETE!! >>
 
******
 
Devil si guardò bene intorno: la stanza dei rituali non era poi così cambiata.
Certo, magari non era poi così messa a nuovo, ma almeno conservava l’olezzo di morte che tanto amava.
<< Cosa... >> gli occhi azzurri di Devil, limpidi, guizzanti, frenetici, si posarono su quelli di Sora, pallidi, stanchi, morenti, e sorrise di cuore alla sofferenza dipinta sul volto del ragazzo.
Non fiatò, non si curò nemmeno di guardare quale lama stesse impugnando: voleva quel sangue, desiderava riavere a pieno i propri poteri.
Guardò per alcuni secondi la lama e sorrise cattivamente alla vista del filo tutto frastagliato e scheggiata in alcuni punti, soprattutto, la ruggine la rendeva di un colore tendente al marroncino, coprendo i trequarti della lama.
<< Soffrirai. >> sussurrò.
<< Io... non... >> mormorarono le labbra secche di Sora e si sentì solo un borbottio indistinto, seguito da un rantolo acuto e un urlo di dolore, non appena Devil calò l’arma sul
La lama era calata come la morte cala la mannaia sull’anima condannata e l’urlo straziato di Sakura risuonò ansimante e piangente per tutta la sala.
 
*****
 
Daichi si era immerso in tutto quel caos alla ricerca spasmodica e inconcludente di Haruhy.
Aveva cercato anche in delle stanze, nel fragore della battaglia, ma di lei nessuna ombra.
<< Dove sei..? >> si ripeteva, entrando di stanza in stanza, uccidendo solo vampiri a vuoto.
Non riusciva a trovarla. Non riusciva a salvare la donna che avrebbe desiderato al proprio fianco.
La donna che avrebbe voluto liberare.
<< Ti prego... >> sussurrò ancora una volta e si concentrò, lasciando che i poteri si sparpagliassero alla ricerca della vita.
Improvvisamente un punto, meno luminoso di tutti gli altri, si fece largo nella sua mente e si trovò a seguirla per istinto.
Attraversò un paio di corridoi sempre a destra e poi un terzo a sinistra.
Rabbrividì quando le urla di donna si andavano a levare sempre più forte. Urla straziate e dilaniate dal dolore, in cerca di aiuto.
Daichi riconobbe subito la voce di Haruhy.
Non aspettò due secondi e si precipitò dall’altra parte della porta facendo scattare in piedi un paio di vampiri, mentre il terzo, insinuato nelle gambe oscenamente aperte di Haruhy, continuava a morderla e a prenderla in modo brutale.
La violenza che non avrebbe mai dovuto subire.
<< Wow... sei arrivato, umano. >> la voce di scherno di Arimy fu l’ultima goccia per il proprio autocontrollo.
<< Liberala! >> ringhiò, snudando i denti quasi come una bestia.
<< Dimmi... >> giocò la vampira bionda e si mise subito in guardia. << Cosa provi per questa... creatura? >> non appena terminò di parlare schioccò le dita e il vampiro che stava commettendo la violenza, cominciò ad aumentare le spinte nel corpo della donna, straziandola dal dolore.
Daichi dovette restare in silenzio, mentre le unghie andavano a conficcarsi nella carne dei palmi, facendone uscire gocce perfette di sangue scarlatto.
<< Liberala... >> mormorò ancora e socchiuse gli occhi quando la corvina venne morsa ancora.
Impietrì quando gli occhi di Haruhy divennero vacui – ma non morti – e quando Arimy gli accarezzò una guancia, spalmandosi contro la sua schiena virile e abbracciandolo da dietro, annusandogli il collo.
Daichi sentì la pelle del naso di Arimy, fredda, marmorea e liscia, tracciare la linea del proprio collo delicatamente.
<< Ti ho detto lasciala... >>
Arimy cominciò ad offuscare la mente del biondo, lasciandolo in balia della confusione e dell’ira.
<< ... avresti dovuto aiutarla. Potevi farlo. Ma oramai è troppo tardi... Daichi, sta morendo e tu sei ancora fermo... non puoi muoverti. >> Arimy sorrise quando gli occhi verde smeraldo di Daichi cominciarono a cedere sotto il suo influsso, diventando nere.
<< Sei mio... oramai sei in mio potere... >>
 
Haruhy si riprese lentamente, quasi fosse nuovamente cosciente e le spinte che riceveva non dolorose.
Il dolore che in quel momento le stava dilaniando il corpo partiva dal cuore.
Si riprese quando l’odore del sangue di Daichi le arrivò al naso: pur essendo in un corpo umano percepiva qualcosa in più, grazie alla sua originale natura vampirica.
<< NO! >> urlò disperata, quando si rese conto che Arimy stesse bevendo dal collo del biondo. << NO! NO! NO! NO! NO! DAICHI! >> lo schiaffo che ricevette in pieno viso la stordì e provò ad utilizzare i propri poteri.
Inutile.
<< Sei stata drogata in modo speciale da Devil-sama. >> mormorò il vampiro che la sovrastava e pianse amaramente, singhiozzando fino a sentire il sangue in gola e la voglia di morire sempre più pressante.
Qualcosa dentro di lei si ruppe quando Daichi cadde al suolo, cinereo in viso.
<< Dubito che con tutto il sangue che gli ho sottratto possa sopravvivere. >> la bionda sospirò, quasi con nonchalance e alzò le spalle. << Bhè... dove siamo rimaste noi due? >>
 
Haruhy vide solo un lampo giallo invaderle la visuale e il sangue arrivarle direttamente in viso, mentre tutti i vampiri nella stanza sparivano e Arimy sbarrava gli occhi, prima di esplodere in mille pezzi di cristallo nero.
 
Perse i sensi subito dopo. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Il peccato dei Vivi. ***



Capitolo 10:

Il peccato dei Vivi.
 
 
Il fiato di Sora divenne sempre più irregolare, mentre volgeva gli occhi alla madre e aveva piantato nel petto il pugnale che Devil teneva strettamente saldo.
I rumori della battaglia a coprire i suoi ansiti sommessi e la risata cattiva di Devil.
Sakura era pietrificata sul posto, vittima di un dolore senza precedenti che le squarciò il petto.
Gli unici a muoversi furono Kain e Yagari, che fecero allontanare Devil e lasciare la presa sul pugnale, dopo averlo estratto con un movimento rabbioso dal corpo di Sora.
Il suo urlo questa volta non passò inosservato nemmeno da chi stava lottando, così come gli occhi divenuti via via più vaghi.
Solo in quel momento Sakura si riebbe e si mosse per andare dal suo bambino.
<< Amore della mamma... >> sussurrò e cercò di non guardare la ferita profonda e il sangue che stava inzuppandole i vestiti e, oramai, zuppato quelli di Sora.
<< Ma...mma... >> rantolò il ragazzo e Sakura gli intimò il silenzio.
<< Non parlare... adesso la mamma  ti cura, mh? Ok? >>
Sora annuì e Sakura cercò di fare quanto le sue forze le permettessero ma... nulla. Era impotente. Non poteva curare il suo bambino e salvarlo come aveva fatto con Cristian.
Pianse interiormente e sorrise agli occhi del suo bambino.
<< Non va già meglio? >> gli premette la mano sulla ferita e le dita le divennero presto rosse del sangue del suo bambino.
<< Mamma... io... >> Sora era consapevole che stesse per morire e Sakura lo vide nei suoi occhi.
<< No... >> sussurrò più a se stessa che ad altri. << la mamma non ti lascia andare. >>
Prese a carezzare i capelli del figlio, che una volta erano stati lisci come seta e profumati come un giglio, ma che adesso, adesso erano ispidi, rappresi di sangue e maleodoranti dello stesso e gli baciò la fronte.
<< Ti... vogl... >> furono le ultime parole del ragazzo, prima di spirare fra le braccia della madre.

 
*****
 
Haku urlò.
Urlò straziata dal dolore e Cristian le fu subito accanto, nell’esatto momento in cui cadde a terra, tenendosi saldamente il petto.
<< Sora! >> urlò. << NO! >> e prese a piangere.
Cristian a quel punto capì e, avuto il tempo per una sola lacrima, uccise altri due vampiri che gli si frapponevano contro.
Divenne il fuoco in persona e prese sua figlia in braccio, senza farle male con l’elemento suo opposto.
<< Dove? >> si limitò a chiedere con un groppo in gola e Haku indicò il tetto dello scantinato che avevano distrutto – nuovo laboratorio di Arimy e Devil, in cui venivano creati quei vampiri gelatinosi di catrame fondendo ossa e corpi per dargli una vita nuova – e sfondò tutto, ritrovandosi nel mezzo della battaglia fra vampiri nobili, vampiri level end e Hunter.
<< Cristian! >> urlò Rika ma le sue urla sembrarono non raggiungerlo, poiché si guardò intorno e sfondò un’altra volta il tetto sparendo attraverso la nuova apertura.
Si trovò Sakura al suolo, con il corpo privo di vita del figlio fra le braccia, che cullava teneramente e baciava. Haku urlò ancora e il padre la lasciò andare, arrancante e poco stabile. Cadde al suolo non appena toccò il pavimento, gattonando verso la madre.
<< Non ho potuto fare nulla... >> singhiozzarono le due donne e Cristian si voltò, lanciato uno sguardo sofferente al proprio bambino.
Puntò dove nuovi fragori di spari e colori rossi di fiamma nacquero.
 
*****
 
Non usava la Black Rose al massimo delle sue potenzialità da mesi.
Daichi si rimise in piedi a fatica, ansimante, e il primo pensiero che gli invase la mente, fu quello di coprire il corpo di quella creatura che non aveva più un ruolo in quella lurida e squallida battaglia, e curarla.
Haruhy ai suoi occhi era come una bambina, longeva da quasi duemila anni, ma pur sempre una bambina.
E ne era innamorato! Lui, che non aveva mai concesso una parola sincera d’amore puro ad una donna, si trovava a pensarle per una donna che in quell’epoca non sarebbe mai dovuta esistere.
Appena vide tutte le ferite dell’amata guarire, divenne vento e avvolse anche la corvina, che reagì al potere di Daichi come un diapason in vibrazione, facendola divenire vento come se nulla fosse.
<< Ho bisogno di portarti lontano da qui. >>
Si fermò senza fiato quando la mente di Haku esplose in mille frammenti di pensiero indistinto.
Pianse trasportando la propria donna e si promise di tornare sul luogo di battaglia.
 
Zero alzò gli occhi verso la folata di vento che era appena passata sulle loro teste e si asciugò la goccia che gli aveva improvvisamente bagnato la guancia.
Scosse la testa quando capì e gli occhi gli diventarono lucidi improvvisamente, mentre le risate dei due bambini che aveva considerato come dei nipoti, nei suoi ricordi, gli trafiggevano il petto.

 
*****
 
Cristian afferrò saldamente Devil Satoshi dal bavero della tunica logora del sangue di Sora, e con tutto il potere che aveva a disposizione, prese a togliergli i poteri appena sottratti al figlio.
<< Pensi davvero di sconfiggermi in questo modo? >>
Pronunciò Devil e Cristian sentì le ossa del collo di Devil cominciare a scricchiolare sinistramente, sotto la sua presa.
Il volto del corvino, tuttavia, restava imperturbabile, facendogli aumentare la rabbia in corpo.
<< Tu meriti la morte. >> ringhiò a denti stretti, continuando a stringere la presa. << Una morte lenta e dolorosa, che ti faccia così male da lasciarti il segno anche dall’altra parte. Così dolorosa che solo al pensiero di reincarnarti in un corpo ospite, tu debba piangere e tremare per la paura. >> sputò le parole con astio, sentendo un osso rompersi. << Eppure anche adesso, che ti sto rompendo le ossa del collo, sei tranquillo e sicuro di te. Come ci riesci? Mh? Uccidere solo per il gusto di arricchire il tuo potere e tornare quello che ha sterminato la mia famiglia, quella di mia moglie, e che ha strappato dalla vita il mio bambino. A quale scopo, Devil? Oramai non esistono più casate così radicate e numerose. Esistono solo scheletri che si divertono a uscire dall’armadio ogni tanto. Perché non puoi scomparire e lasciarmi in pace, una volta per tutte?! >> urlò in fine e, con uno strattone più forte, schiacciò definitivamente le vertebre della cervicale e del collo.
Devil rise.
Cristian rabbrividì di disgusto.
<< Che ne pensi Cristian..? L’immortalità mi dona, vero? >>
La lapidarietà delle parole appena pronunciate, non promisero nulla di buono.
Toga e Kain si rialzarono dallo stato di incoscienza nel quale erano caduti durante lo scontro.
 
*****
 
Sora si guardò bene intono.
Non era mai stato in un luogo tanto etereo e onirico della realtà.
Si convinse mentalmente di essere morto e sospirò pesantemente, rimpiangendo di non essere stato in grado di dare una mano.
Una mano senza diventare la principessina da salvare.
No. Ci era dovuto cascare in pieno!
Gli dispiaceva.
Avrebbe voluto dire alla madre che la stimava profondamente, perchè aveva scoperto la sua storia, quella tenuta nascosta, le avrebbe voluto dire che era un genio degli elementi e che le voleva un bene dell’anima.
<< Oh, ma tu puoi dirle tutto questo. >>
Si irrigidì di colpo nell’udire la voce di uno sconosciuto.
<< No, in fondo tu mi conosci. Hai letto tanto su di me nei rapporti stilati da mio zio Devil, che potresti mettermi a nudo in pochissimo tempo. >>
<< Yue Satoshi..? Sei proprio tu..? >>
Non appena le labbra rosee del ragazzo pronunciarono il nome del figlio della luna, esso apparve in tutta la sua immortale fissità.
<< Si. >> si limitò a rispondere e gli appoggiò una mano sulla spalla.
<< Quindi sono morto. >> costatò il ragazzo e Yue non smentì e non confermò, semplicemente, si fermò a contemplare qualcosa di indefinito davanti a sé, che Sora non vedeva.
<< Tu come ti senti? >>
<< Ardente di rabbia. >> fu la risposta repentina del ragazzo e Yue sorrise bonariamente, carezzandogli la testa.
<< Hai dei rimpianti? >> chiese e automaticamente annuì.
<< Si, per esempio non essere diventato un grande Hunter come papà e Daichi... non sapere quanto ho preso in quel maledettissimo compito di matematica e tanto altro. Ho fatto la figura dello scemo, Yue-san. Non mi sono mai sentito tanto stupido in vita mia. Avrei dovuto immaginare che il mio continuo stare male dipendeva dal potere di quella Arimy e invece... >>
Sora batté  una mano sulla propria fronte e negò in segno di resa.
Yue sorrise impercettibilmente e prese un respiro profondo, pur aspirando il nulla.
<< Ragazzo, non preoccuparti, non lascerò che uno di voi attraversi questa dimensione. Stai tranquillo, che al momento giusto tornerai in vita. >>
A Sora scappò un sorriso amaro. << La morte è irreversibile. >>
Yue ridacchiò impercettibilmente.  << Ne sei ancora sicuro? >>
E poggiò la mano destra sulla spalla sinistra di Sora, facendolo comparire sul campo di battaglia.

 
*****
 
Haku si sentiva un fascio di nervi.
Si sentiva tale mentre abbandonava il corpo inerme del gemello al suolo, con le curi amorevoli della madre, e si avviava a passo pesante fuori, per affiancare il padre in una di quelle lotte che sarebbero rimaste negli annali di storia.
Impugnò una delle armi che trovò al suolo e aumentò la propria massa muscolare.
La ragazza sentì la conversazione sull’immortalità di Devil e lo spezzarsi di ossa.
Non si scompose più di tanto e con la lama del machete raccolto gli recise con un fendente un braccio, facendo spostare il padre di lato.
<< Brutto bastardo, adesso come la mettiamo?>>
Il chete che Haku alzò nuovamente in aria sibilò sinistramente, ma, nell’esatto momento in cui lo calò nuovamente su Devil, la lama andò in frantumi, vittima dei nuovi poteri dell’immortale.
<< Adesso mi avete stufato. >> ringhiò sbalzandoli indietro, come se fossero fuscelli.
Haku andò a finire su di Kain, il quale si era appena ripreso.
Sfortunatamente non ebbero il tempo nemmeno di rendersi conto della cosa, che Devil fu addosso ad Haku, intraprendendo uno scontro corpo a corpo.
Haku parò, balzò, schivò, contrattaccò, ma qualsiasi cosa cercasse di fare, nonostante il potenziamento muscolare, sembrava nullo.
E poi esplose, bollendo di rabbia.
Cristian si rimise in piedi e curò le ferite di Toga Yagari, il quale si reggeva un braccio e guardava con astio il nemico.
Rimesso apposto Yagari Cristian s’avventò contro Devil proteggendo la figlia da un colpo ben assestato.
<< Vuoi giocare sporco, Cristian? La tua dolce figliola non possiede tutti gli elementi, potremmo danneggiarla. >>
La provocazione non venne colta e, anzi, Cristian divenne acqua, così come la figlia divenne un manto di luce cristallizzato, che illuminò tutto nell’arco di un chilometro.
La lotta continuò.

 
 
*****
 
Daichi si fermò di colpo, tornando in carne ed ossa, tenendo saldamente al petto Haruhy, mentre veniva investito da una luce calda e familiare.
Doveva trovare un luogo sicuro dove portare la corvina, prima che non avrebbe più avuto un ruolo in quella guerra.
<< Fallo qui... >> sussurrò Haruhy, aprendo gli occhi lentamente e carezzando la guancia del biondo, il quale mosse automaticamente il viso verso quelle mani gelide.
<< Cosa dovrei..? >>
<< Lo sai benissimo.  >> gli occhi di Haruhy erano oasi fresche nella quale gettarsi, tanto erano limpidi e liquidi.
Quelli di Daichi divennero lucidi e pieni di lacrime.
<< Non puoi chiedermi di farlo... >>
<< Posso farlo solo con te. >> abbozzò mezzo sorriso e le lacrime di Daichi scesero, lente, andando a bagnare le guance della corvina, in un percorso scelto dal destino.
<< Uccidimi. >> mormorò Haruhy e Daichi negò con il capo.
<< Sei una donna, non una vampira, non posso farlo. >>
<< Tu puoi. Lo lascerò fare solo a te. Perché... >>
<< Perché mi ami? >> finì la frase il biondo e Haruhy annuì, certa che avrebbe capito, nonostante la voragine che aveva in petto. 
<< Perché è così che dev’essere... >>
Daichi poggiò Haruhy con i piedi per terra e la guardò negli occhi. << Ma io ti amo! Non conta nulla? >> la donna si morse le labbra e guardò gli occhi verdi e lucidi di Daichi.
<< Conta, ma non può influenzare il corso delle cose... >> Daichi interruppe le sue parole con un lungo e straziante bacio.
Bacio che divenne sempre più intenso. << Non... puoi... - mormorò Daichi nel bacio – chiedermi... di ... ucciderti. >> completò e, finita la frase, con un gesto secco della mano ordinò alle piante circostanti di formare un giaciglio di foglie pulite, dove adagiò l’amata.
<< Io ti amo, Haruhy Satoshi. >>
<< Io... >> Haruhy sapeva di stare sbagliando nell’amare quel ragazzo e nel farsi amare, ma le forti braccia che la stringevano, attirandola sempre più a sé, mentre condividevano il loro desiderio, le diedero la sensazione che non fosse mai accaduto nulla.
Che il dare e ricevere le fosse concesso. Che... << E’ sbagliato! >> quasi urlò, mentre Daichi rimase impietrito, chino a baciarle il collo, teso, sudato, eccitato, spaventato. Spaventato di averle fatto male, di aver corso troppo.
<< E’ sbagliato... Daichi... i tuoi genitori, i tuoi amici, i tuoi fratelli sono là. Stanno combattendo una guerra che va avanti da quasi duemila anni e che ventisei anni fa sembrava essere stata messa a tacere con la mia morte e quella di Devil.  Tu sei un ragazzo che merita di vivere. Trova una ragazza umana, una ragazza che possa darti una vita serena, senza complicazioni, che possa darti una casa e dei figli. Io sono solo un esperimento. La mia anima è stata chiamata due volte su questa terra e va contro qualsiasi legge naturale. Non merito di vivere, ho imparato dai miei errori e il mio tempo era già stato segnato.  Adesso basta. >>
Daichi rimase fermo, in ginocchio, con lo sguardo basso e le lacrime a colargli giù dalle guance.
Si sentiva svuotato al pensiero di dover fare un gesto meschino come quello ad una creatura nuovamente purificata.  Gli sembrava un atto immondo. << Non lo è. >> continuò Haruhy, rivoltandogli la mente come un calzino. << Non lo sarà. >>
Haruhy abbracciò Daichi e lo baciò, ringraziandolo dell’amore che stava cercando di donarle.
Si guardarono negli occhi e Haruhy aiutò Daichi a vestirsi.
Sempre la corvina prese la Black Rose e la mise in mano al suo possessore. << Sei umana, non farà effetto. >> disse Daichi, gli occhi rossi e gonfi di pianto.
<< Lo farà, il contenitore è morto, non era come tua madre, e le armi anti vampiro sradicano l’essere vampiro. Morirò, sicuramente. >>
<< Sai qual è la cosa buffa? >> uetaQsorrise tristemente Daichi e la corvina si allontanò un poco, mettendosi in posizione tale da poter essere colpita facilmente, scuotendo la testa.
<< No, qual è? >>
Daichi puntò l’arma, caricò il grilletto e parlò, piangendo.
<< Che ti ho amata dalla prima volta che mi sono potuto immergere nel mondo di sofferenza che ti porti dietro lo specchio dei tuoi occhi.  >> singhiozzò un attimo e non appena alzò gli occhi vide Haruhy piangere, sorridendo come si fa durante gli addii.
<< Anch’io t’ho amato da quell’istante, Daichi Tsucase... sai qual è il “peccato dei vivi”? >>
Daichi fece una leggera pressione sul grilletto, facendo muovere di qualche millimetro il tamburo dell’arma.
<< Essere vivi? >> fu la domanda di Daichi e, quando Haruhy annuì, sparò.
Un semplice sparo che echeggiò nelle orecchie di Daichi per troppo tempo.
Nonostante tutto fu pronto a sorreggere il corpo di Haruhy.
<< S-sai ... perc-ché? >> Daichi negò con il capo e la bacio teneramente, lasciando cadere le sue lacrime come se potessero cancellare dalla sua vista quell’orrenda scena.
<< P-per... ché ric... orderan... no fino... al loro ... ultimo res... spiro qual....qualcosa o qual...cuno... che ha-hanno am-am... amato. >>
Daichi la lasciò finire e annuì.
Non appena Haruhy spirò, Daichi pianse fino all’essere stremato e, seppellito il corpo, divenne vento, tornando alla battaglia.
Il cuore a pezzi, l’anima dilaniata, l’odio come unico ospite nelle sue percezioni. 

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Capitolo 11
*** Libertà. ***


 

Capitolo 11:

Libertà.
 


Cristian e Haku non avevano mai smesso di lottare.
 
Nonostante i rispettivi potenziali, l’Oscurità che Devil era riuscito a strappare al piccolo Sora, prima di ucciderlo, era stata tale da non lasciare un attimo di tregua.
 
Infatti erano esausti, Haku con il fiatone, Cristian con una rabbia non indifferente.
 
Zero e tutti gli altri avevano finito, sterminando i traditori del Concilio e i Level End, incapaci di mettere edito in quella battaglia di titani. Ci avevano provato, ma, purtroppo, senza successo.
L’unica cosa che potevano fare, era stata quella di prendere Haku e lasciarla riposare, oramai alla stregua delle sue forze.
<< Piccola, non preoccuparti, di certo Cristian... >> le parole di Rika caddero nel vuoto, mentre Cristian riceveva un altro colpo.
Un altro colpo che lo destabilizzò, facendolo cadere carponi.
<< Di già? >> mormorò Devil, pronto a dare un ultimo colpo al Tsucase.  Kain e Shiki gli si pararono davanti, a scudo di Kaien e Kaito, che avevano tirato via Cristian per tempo.
<< Grazie. >> aveva sussurrato loro e si era rimesso a stento in piedi, barcollando come una foglia pronta a staccarsi dal proprio ramo, in autunno.
 
Rima e Aidou corsero indietro, verso Sakura, ancora immobile, ad abbracciare il corpo del figlio.
<< Sakura... Cristian è allo stremo delle sue forze... >> non avevano avuto nessuna risposta.
Sembrava che la sua forza vitale l’avesse abbandonata, che si stesse concentrando su qualcosa di piccolo, di astratto.
E forse era così. Forse la Sakura di un tempo – fredda, spietata in combattimento, carica di poteri, inflessibile – stava avendo il sopravvento sulla mamma normale che era diventata.
A discapito della giovinezza rubata, del sigillo che le era stato imposto dall’Associazione, distrutto da Yue, della prima sofferenza contro Devil e la morte dei propri genitori, dei tempi di segregazione da parte dello stesso, il dolore per la morte di Yue, la tristezza di non avere più possesso di se stessa, la sensazione di morire e perdere tutto... pi ripensò al proprio matrimonio, alla gioia di poter dire si, di trascorrere per sempre la propria vita con Cristian, Daichi, Haku e... << Sora! >> il sussurrò le scappò dalle labbra in modo strozzato, affaticato.
No, non poteva buttarsi giù in quel modo.
La causa di tutti i suoi mali era lì, ancora una volta, e lei avrebbe dovuto fare qualcosa. Ancora una volta.
<< Ascoltatemi bene. >> la voce di Sakura alle orecchie di Aidou e Rima, arrivò metallica, impersonale.
Si guardarono negli occhi, sbigottiti.
Non appena una scarica di potere l’investì, spalancarono gli occhi, sgomenti.
<< Portatemi Haku e Cristian, ho bisogno anche di Kaname. >>
 
*****
 
Il cuore oramai aveva perso sensibilità.
Aveva percepito chiaramente la madre risvegliarsi dal torpore e ritrovare una forza che credeva sopita in lei, esorcizzata dalla morte di Haruhy, ma che in realtà aveva sempre avuto e che non aspettava altro di esplodere.
Aveva ascoltato la conversazione di sua madre con Rima e Aidou. Adesso capiva a cosa serviva in quella guerra: guadagnare tempo.
<< Vado io, mamma. >>
Daichi tornò normale solo per farsi riconoscere dalla madre e le sorrise. Un sorriso carico di sottointesi macchiati di sangue innocente. << Ah... mi spiace, tesoro. Sareste stati bene insieme. Dopo tutto non era così male. >>
A daichi scappò una lacrima e se ne andò pronto a sacrificarsi se gli si fosse presentata l’occasione. In un battito di ciglia si ritrovò gli occhi castani della madre puntati contro. << Non fare sciocchezze, intesi, Daichi? >>
Quindi si trattava di questo? Era questo quello che tutti avevano visto della madre? Una donna potente – se non più – dello stesso capo dei sanguepuro? Doveva essere stata tremenda e potentissima, da giovane.
<< Ok... >> sussurrò, incapace di garantire molto.
Guardò la situazione e storse il naso alla vista della sorella svenuta e del padre dolorante: se non aveva potuto lui – che aveva mantenuto i poteri n tutti quegli anni – come poteva Sakura, sua madre?
<< Affronta me, Devil. >> gli occhi iniettati di sangue del vampiro si girarono di scatto nella sua direzione, pronto a scattare.
Ma stranamente si fermò, prendendosi un attimo di tempo per osservarlo come si fa con qualche animale randagio mal ridotto.
Rise, poi, tenendosi ben stretto l’addome. << L’hai uccisa tu? >>
Rise ancora e applaudì come si fa durante una commedia. Daichi si mantenne calmo.
In qualche modo si sentiva capace di tenergli testa per qualche minuto, chissà, forse qualche ora, ma ci avrebbe messo tutto se stesso, in memoria dell’amata.
Si saltarono subito alla gola, come cani che lottano per un osso.
 
******
 
<< Dammi il tuo sangue, sono stata buona per troppo tempo... >> Kaname non seppe che dire, scosso dalla situazione.
<< Cosa? >>
<< Hai sentito bene. Ho bisogno del tuo sangue, vampiro. >> e l’occhiata di Sakura non lasciava spazio ad altro che ad un buco nero, pronto ad inghiottire qualsiasi cosa.
Cristian non disse una parola. Amava Sakura profondamente e comprendeva che accettare di non poter fare nulla era straziante.
L’aveva vista appassire senza i poteri e l’aveva vista rinascere nel prendersi cura dei figli con tutto l’amore del mondo. L’aveva vista accettare le proprie catene d’impotenza e passare lui il carico di tutto. << Sei sicura? >> disse in fine, guardandola con preoccupazione. << Intendo, quell’altra cosa... >>
Sakura spalancò gli occhi. << Si... >> sussurrò, prima di cominciare a bere il sangue del vampiro puro.
Cristian voleva impedirle di fare quello che aveva in mente, ma come? << Facciamolo insieme... >> sussurrò.
Era l’amore della sua vita. La donna che gli aveva cambiato la vita, alla quale aveva consacrato la propria.
<< No... >> le sentì dire e Cristian si morse le labbra a sangue, non potendo fare altro. Capiva quello che le passava nella mente: ‘prenditi cura di loro.’
Si passò una mano sul viso e rimase in quella posizione per alcuni secondi, prima di alzarsi e abbracciare la moglie come si fa con un oggetto prezioso. << Ti ho amata. Ti amo. Ti amerò per sempre. >>
Sakura si pulì le labbra sporche di sangue e ricambiò l’abbraccio, lasciando che alcune lacrime le scendessero sul viso. << Oh... Cristian, avrei voluto che... >> la baciò.
La tenne stretta per minuti che gli parvero flebili. Un addio in pieno stile.
<< Aidou .... >> il vampiro dai capelli biondi non disse nulla, un timido sorriso triste e le passò la figlia.
Sakura prese a dire una litania indistinguibile e un fascio luminoso si staccò dalla ragazza, così come uno più intenso e denso, da Cristian.
Un uomo che stava lasciandosi alle spalle la propria intera esistenza:  suo padre, i Saempitaernum, l’Associazione... sorrise.
Stava per diventare un uomo comune, vedovo, per giunta.
 
*****
 
<< Visto, Sora? >>
Sora spalancò gli occhi. Quella era l’aura materna quasi del tutto ripristinata.
Voleva essere lì per poterla aiutare.
<< Ci sarai. Stai tranquillo e fidati delle mie parole, ok? >>
Sora annuì con interesse nei confronti di Yue. Come avrebbe fatto per tornare?
Sorrise quasi con  espressione disillusa: era impossibile.
<< Perché non so nulla di te e tu hai fatto tutto questo per me? >>
Vide Yue sorridere, sconfortato. << Che t’importa arrivato fino a questo punto? >>
<< Non lo so, ma se hai davvero amato mia madre, non pensi che avresti dovuto tornare tu? >>
Yue scoppiò a ridere, tenendosi la pancia. Era strano, quel luogo, quel vampiro, la risata stessa: anche senz’aria vera riusciva a parlare come se ci fosse aria.
Aspettò che l’amico – poteva chiamarlo così? – smettesse di ridere aspettò una risposta. << In effetti avevo pensato di sfruttare quest’occasione per togliere di mezzo Cristian e stare al fianco di tua madre... >> Sora alzò un sopracciglio, scettico, e Yue continuò. << Sto scherzando. Non avrei potuto farlo. Non al prezzo della sua felicità, Sora. Molto spesso è necessario che qualcuno si faccia da parte, per amore che sia o per codardia, è indifferente, anche se si parla di due sentimenti contrastanti. >>
<< E tu sei un codardo o solo innamorato? >> chiese Sora, ma non ottenne una risposta.
 
Yue pensò bene alle proprie parole e sorrise intimamente: non era un codardo. Si sarebbe lasciato squartare innumerevoli volte dalla lama della Bloody Mary, pur di vederla vivere una vita normale. Allo stesso tempo temeva che quella vita sarebbe stata impossibile, tenendola al proprio fianco. Un pensiero da codardo.
<< Non spetta a me darti una risposta. >>
 
*****
 
Daichi si abbandonò un attimo al dolore. Sapeva  che non avrebbe potuto competere, ma non pensava nemmeno che una cerimonia di scambio potesse durare così tanto.
Quanto avrebbe dovuto resistere a quella tortura? Haruhy! Il volto della donna gli apparve come un faro davanti a tutti i suoi pensieri e si rimise in piedi – visto che era stato colpito così forte da essere sbalzato a terra – brandendo ancora la Black Rose.
Era un’arma fidata, non aveva mai fallito, fino a quel momento: i proiettili venivano inceneriti con un dito solo e tutti gli altri semplicemente fatti scoppiare contro qualcosa di oscuro e lattiginoso.
Si curò il più in fretta possibile le ferite, ma si scostò ad una fiammata improvvisa: ci sapeva fare, il vecchiaccio, e non era facile poter pensare a se stesso per più di alcuni secondi.
Uno stridio nell’aria li fece fermare e un’aura prese a vorticare come se i poteri fossero troppo potenti per stare tutti in un solo luogo e volessero prendere vita propria.
<< Mamma... >> sussurrò Daichi distratto e Devil ne approfittò per colpirlo ad un braccio.
Non avrebbe avuto il tempo di difendersi e ne era consapevole, il biondo; E’ la mia fine? Socchiuse gli occhi.
Si aspettava di provare un dolore sordo, costante e impossibile da contenere semplicemente urlando.
Invece... nulla.
Nulla se non uno scudo di forti rampicanti intrecciati così sapientemente da non far passare nemmeno una stilla di calore.
Al proprio fianco vide sua madre. Era bella, forte, possente e, sopra ogni logica, potente tanto quanto Devil, se non di più.
Si tirò indietro con molta calma, osservando la schiena impettita della donna. << Sta attenta... è un osso duro... >> sussurrò con calma, prima di sorridere impercettibilmente.
<< Lo so, Daichi, grazie per quello che hai fatto... >>
Daichi si guardò bene dal singhiozzare apertamente mentre il viso di Haruhy, gli baluginava in mente.
 
 
****
 
Sakura sorrise a se stessa: avrebbe lottato.
Sicuramente l’avrebbe fatto per salvare tutti, ancora una volta, senza volere nulla in cambio se non la vita di Sora.
Gli apparteneva, era suo figlio, il bambino che aveva ricevuto un fardello troppo grande da sopportare.
<< Perché quando sei stato esorcizzato da Cristian, hai sigillato in me quella parte di oscurità? >>
La domanda fece raggelare i presenti, compreso Cristian, che si teneva a malapena in pied, sorretto da Zero.
Devil sorrise, cattivo e falso, enfatizzando il momento con un battere sordo delle mani. << Ci sei arrivata adesso, mia cara? >>
Sakura digrignò i denti. Per i suoi gusti, stava battendo troppe volte le mani a troppe persone. << Mi deludi, in tutti questi anni, non hai capito che qualcosa non andava nel tuo piccolo pargolo? Ah! E come scordare la tua “amica” del cuore Arimy? Povera! L’avete fatta soffrire come una bestia. Rinchiusa qui, mentre voi vi facevate una vita, mentre voi andavate avanti senza guardare veramente quello che vi stava attorno. >> Sakura si gettò in avanti, colpendo Devil alla bocca dell’anima, senza avere chissà quanti risultati.
Scambiandosi alcuni colpi, Sakura riacquistava potenza e dimestichezza.
Venne sbalzata via da un pugno. << Sei una mamma, adesso, eh? Alla fin fine non rimani che un contenitore vuoto. Quanto è stata idiota Haruhy, ai suoi tempi... forse ai miei tempi, a condannarvi a questa catena di dolore. Vero Daichi? Non trovi che sia una donna, una vampira, un esperimento, chiamiamolo come volete, troppo esuberante? Me ne sarei dovuto sbarazzare quando soffriva la morte dei suoi cari, così come ho fatto con Yue e po-argh! >> Devil cadde a terra carponi, tenendosi ben stretto il petto, aperto in due da uno squarcio che Sakura aveva procurato con una lama di vento che si era formata dal nulla.
Devil sputò sangue rappreso. << Sai Devi? Sono stufa di te. >> e Sakura divenne un’entità traslucida, mentre con le mani pallide poggiò i palmi una alla fronte e l’altra  sulla spalla, portandosi alla schiena dell’avversario. << Muori >>
Le labbra di Sakura si mossero lente, mentre una litania lenta e incomprensibile si faceva spazio nelle onde sonore.
 
Intorno ai due combattenti si creò un pentagono luminoso che sembrava non destare nessuna preoccupazione nelle parti.
 
Cristian guardò la scena con orrore, mentre richiamava la moglie all’attenzione: Devil sbatté una mano sul pavimento, con rabbia e agitazione e due spuntoni si mateializzarono dal suolo, arrestando la loro crescita dentro il corpo di Sakura.
 
Nonostante il dolore, Sakura rafforzò la presa e sorrise amaramente: sarebbe morta così come doveva essere in cambio della vita del figlio.
Socchiuse gli occhi e continuò quel rito, richiamando tutti i propri poteri: nacquero lingue di fuoco intorno al pentagono, così come onde d’acqua, raffiche di vento, tronchi statici di alberi resistenti e luce ed ombra si mescolarono fra di loro, in lotta perenne.
 
Rika non sapeva cosa stesse accadendo dentro quel vortice di poteri, ma le sembrava che l’aurora boreale si fosse concentrata sui corpi dei due lottatori. Pregò che, nonostante le ferite atroci, Sakura fosse illesa, che si sarebbe riaggiustato tutto, ma sospettava che quella supplica, non si sarebbe mai realizzata.
 
 
Devil cercò di muoversi e Sakura sputò sangue. << Lasciami! Lasciami, troia! >>
<< Nemmeno se da questo  dipendesse la mia vita...  l-lo sapevi che un corpo rianimato non può contenere un’anima e quindi essere immortale? >> Sakura riprese fiato lentamente, mentre i polmoni le andavano a fuoco. << E’ un’idiozia: se esplodi per il tuo stesso potere, non sei immortale. Giusto? Quindi io e tu staremo qui, buoni, buoni, ad aspettare che il processo di equilibrio si arresti. >>
<< Tu! Non puoi uccidermi, io ritornerò e ucciderò tutta la tua discendenza! >>
Sakura rise, sbieca. << No, tu non tornerai mai più, perché sto per sigillare le nostre anime insieme e in modo irreversibile, per l’eternità. Se uno dei due dovesse tornare,  l’altro tornerebbe a sua volta e per evitare ciò, mi assicurerò di non lasciare nessuna traccia dei nostri resti... >>
L’urlo di Devil squarciò l’aria in modo disumano.
Quello affranto di Cristian solo il cuore di Sakura.
 
 
*****
 
<< Preparati, stai per tornare dall’altro lato... >> Sora guardò in modo arrogante Yue, prima di piangere come un bambino.
<< Non voglio che mia madre mi lasci... non voglio che rimanga con un mostro del genere per l’eternità. Preferisco stare con te. >>
Yue sorrise con dolcezza.
Quel bambino gli ricordava Sakura da ragazza: sveglia, ardente, impossibile da ammansire, cordiale e gentile. Era il figlio che avrebbero potuto avere e che mai avrebbero avuto insieme.
Nonostante la morte amava Sakura come se il tempo si fosse fermato e la vita non fosse sciabordata via.
Non poteva assecondare Sora, altrimenti non ci sarebbe stato mai un lieto fine.
Sorrise al pensiero che lieto non sarebbe stato comunque e accarezzò la spalla di Sora, prima di afferrarlo e lanciarlo nel vuoto, così come avrebbe dovuto fare.
<< Mi spiace piccolo, non è ancora il tuo momento. >>
 
Sora riaprì gli occhi. Li riaprì giusto in tempo per vedere un’enorme accozzaglia di colori e poi l’esplosione degli stessi in piccoli frammenti che poi divennero tenui e luminose gocce di luce.
<< NO >> urlò, ma nessuno gli diede retta.
 
Era finita.
Finita davvero







 

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