Come l'argento con l'oro

di IosonoOmbra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un arrivo inaspettato ***
Capitolo 2: *** Gelosia ***
Capitolo 3: *** Il suono di mille capricciosi campanelli ***
Capitolo 4: *** Loki non ha paura del buio ***
Capitolo 5: *** Giochi pericolosi ***
Capitolo 6: *** Balder, il Coraggioso ***
Capitolo 7: *** Mischievous kid ***
Capitolo 8: *** Non ci saranno più carezze ***



Capitolo 1
*** Un arrivo inaspettato ***


Un arrivo inaspettato
 
Avevo 5 anni quando arrivò Loki.
Mio padre era tornato dalla tremenda battaglia a Jotunheim, le sue vesti erano intrise del sangue
dei giganti, e un occhio gli era stato ferito durante lo scontro.
Gli corsi incontro, tutto emozionato nel vedere il mio eroe di ritorno, e ricordo che la sua espressione
mi parve strana.
Sotto l’orrore e la fatica che le atrocità della guerra procurava ogni volta al suo animo,
sembrava essere felice per qualcosa.
Il suoi sguardo incrociò il mio e lo vidi sorridere con gli occhi, come se fosse illuminato dall’interno
da una calda luce di speranza.
Dev’essere successo qualcosa di molto bello su Jotunheim perché mio padre sia così felice, pensai.
Ricordo ancora l’emozione che provai nel guardare quei eroici e coraggiosi guerrieri asgardiani,
incrociare i loro sguardi impavidi, e nel vedere i loro mantelli svolazzanti impregnati di
sangue rappreso; per me tutto ciò era il più bello degli spettacoli, ancora non ero in grado di
scorgere il vero e crudele aspetto della guerra. Sta di fatto che tra armature luccicanti,
e scroscianti applausi, non notai affatto il piccolo fagotto che mio padre teneva stretto in grembo,
protetto come se fosse il più grande e glorioso bottino di guerra.
 Qualche giorno dopo fui convocato da mio padre, dicendomi che c’era una cosa molto
importante che lui e mia madre volevano mostrarmi.
Credendo che mio padre mi avesse riportato qualche regalo da Jotunheim corsi a perdi
fiato fino alla sala del trono.
La luce dorata del mattino entrava attraverso le enormi vetrate della sala, creando suggestivi
e favolosi giochi di luce; tutto sembrava essere avvolto da una patina di oro scintillante.
La polvere brillava in aria come pagliuzze di magia, incorniciando il sorriso sereno e
paziente sul volto dei miei genitori.
“Padre, mi avete fatto chiamare?”, chiesi, senza fiato.
“Sì, Thor, io e Frigga volevamo mostrarti una cosa e... penso che tu...”
Odino si bloccò, sembrava impacciato e non sapeva bene quali parole usare.
Lanciò uno sguardo supplichevole, con il suo unico occhio, in direzione di Frigga,
e mia madre gli sorrise comprensiva.
Si voltò verso di me e, facendomi segno di avvicinarmi, mi disse:
“Su, Thor, vieni avanti... è meglio che lo veda tu stesso...”
Mi avvicinai senza capire cosa stesse succedendo, ma notai che mia madre teneva
qualcosa in grembo.
Quando fui abbastanza vicino Frigga me lo mostrò: era un neonato, un bambino piccolo
come uno scricciolo.
Lo guardai meglio, sporgendomi in avanti, con gli occhi colmi di meraviglia.
Il bambino aveva delle morbide guance rosee, una testa piccola e bianca,
e lunghe ciglia nere ricurve.
Teneva la boccuccia morbida di latte, socchiusa, e sembrava stesse dormendo.
Mi meravigliai nel constatare quanto candida fosse la sua pelle, simile al colore,
ancora non del tutto maturo, dei boccioli di rosa, o, ancor meglio, alla patina luminescente
che avvolge la luna, nelle notti serene.
“Cos’è?” domandai infine.
Ci fu un secondo di silenzio, poi Frigga si avvicinò a me, porgendomi quella creatura dalla
bellezza incontaminata.
“Un giorno ci dicesti che avresti tanto desiderato un fratellino, cosa ne pensi di lui?”
“Un fratellino?”
Guardai sconcertato quel fagotto silenzioso.
“Ma è minuscolo!”
“Di questo non devi preoccuparti, Thor, crescerà bello e forte proprio come te...”
Frigga mi sorrise e io mi accigliai un poco.
Si dice che la prima impressione sia tutto, non è vero?
La prima sensazione che ti nasce nel cuore nei confronti di una persona, è quella più profonda,
più ancestrale e naturale, quella che sarà il dogma, l’inizio di una futura simpatia o antipatia.
Gli misi un dito dentro una manina, e lui la chiuse subito stretta a pugno, assumendo
un’espressione contrariata, come se avesse qualcosa da recriminare.
Era forte quel bambino, lo percepii subito, non per la convinzione con cui strinse la sua mano,
ma come subito dopo aprii gli occhi, di un blu lattiginoso, per fissare lo sguardo dentro il mio.
Vi lessi passione sopita, virtù, intelligenza, e forza, tanta forza... e volontà.
Mi fissò per un lungo istante, come chi cerca di capire quello che gli succede; infine emise un
vagito capriccioso e, liberando il mio dito, si mosse per girarsi verso Frigga.
Mi venne da sorridere, osservando quella scena buffa, e perciò dissi:
“Mi piace. Penso che sarà proprio perfetto come fratellino!”
I miei genitori si illuminarono sentendo questo, ma in realtà le mie parole avevano rivelato
solo in parte quello che il neonato aveva scatenato nel mio cuore.
Con un solo sguardo mi aveva fatto innamorare, e per un momento tremai immaginando cosa
avrebbe potuto fare una volta cresciuto, quando avrebbe imparato a parlare.
“Come si chiama?” chiesi allora tutto d’un fiato.
I miei genitori si guardarono un momento colti alla sprovvista e poi mio padre borbottò:
“A questo ancora non abbiamo pensato... hai qualche idea, Thor?”
Lo guardai meglio e, ricordando quanto la sua pelle mi fosse sembrata bollente con un solo contatto,
il suo nome affiorò nella mia mente come se fosse sempre stato lì, aspettando quel momento.

“Loki.”

“Perché Loki, tesoro?”
“Perché Loki vuol dire fuoco. E mio fratello deve avere un bel nome...”
Tutti convenimmo che era la scelta più giusta, e anche quando ce ne andammo, e mio fratello fu
portato dalle allevatrici, dentro la mia testa risuonava quel nome come un eco silente, marchiando
la mia anima a fuoco, ed entrandomi sotto la pelle, dentro i muscoli, fondendosi con il mio nome,
per non sciogliersi mai più.
Dopo tutti questi secoli... dopo tutto quello che ha fatto... dopo tutto questo...
Il suo nome è ancora qui, dentro il mio cuore.
Fuso come l’argento con l’oro.

Angolino (piccolo piccolo) dell'autrice:
Della serie miss incostante, la suddetta povera e disgraziata scribacchina del fine settimana si appresta ad una piccola raccolta di one-shot in cui potremo sbirciare sull'infanzia di loki e di thor.. quest'idea mi ronzava dentro la testa da tempo, ma avevo il terrore di metterla su carta, credendo che fosse troppo banale come idea.. beh, speriamo di tirare fuori qualcosa di originale, che ne dite?
Per il momento partiamo con una one-shot abbastanza corta, dell'arrivo di loki.. protagonista indiscusso ormai di qualsiasi cosa scriva.. ç__ç ma va beh.. sorvoliamo! perciò.. se avete letto la one-shot, se avete dato un'occhiata anche ai miei spoloqui blateranti..
COMMENTATE e ditemi cosa ne pensate.. :) Bacioni!!!
Jack

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Capitolo 2
*** Gelosia ***


Gelosia
 
L’arrivo di Loki nella mia vita, sebbene non avesse portato nessun cambiamento evidente,
sconvolse silenziosamente le mie abitudini, e la mia intera esistenza come avrebbe fatto
una tempesta di fulmini e saette.
L’unica differenza è che Loki lo fece di nascosto, senza farsi sentire.
Incontrai i miei amici e gli annunciai con aria entusiasta di questo nuovo fratellino, loro si
guardarono l’un l’altro con espressioni di bambini perplessi.
Poi si accorsero del fatto che ero così felice da vomitare arcobaleni, e allora Volstagg,
Jogun, e Fandral cominciarono a farmi i complimenti e a chiedermi come fosse mio fratello.
Spiegai loro che si chiamava Loki, che aveva la pelle morbida come se fosse intinta nel latte,
e che dentro il suo sguardo brillavano tante pietre preziose quante ce ne potevano
essere nel bottino di guerra di mille soldati.
Rimasero tutti incantati al suono di quelle parole, tranne Sif, che rimase fredda e scostante.
Decisi così di conquistare la mia amica portandola da lui, da quel fagotto di meraviglia convulsa
che ai miei occhi faceva brillare di bellezza ogni cosa lo circondasse.
Ero convinto che, vedendolo, Sif avrebbe ceduto le armi che ostentava ogni qual volta gli si
presentava qualcosa di nuovo che non conosceva, e che non sapeva come affrontare.
Arrivammo correndo fino alle stanze di Loki, che in quel momento dormiva nella sua culla,
ed entrammo in punta dei piedi fino al suo giaciglio.
Mio fratello riposava, la testolina mollemente abbandonata sul cuscino, il petto gli si alzava piano, dolcemente.
Volstagg non riuscì a trattenere un esclamazione di sorpresa, Jogun rimase in silenzio,
osservandolo con attenzione, Fandral commentò dicendo che non mi assomigliava per niente,
nonostante fosse mio fratello, e Sif... in Sif vidi nascere per la prima volta quel sentimento
di fiamma che l’avrebbe assalita per il resto della sua vita, tormentandole il cuore, ogni volta che
il suo sguardo si sarebbe posato su mio fratello; osservò Loki a lungo, si accigliò un poco, poi
guardò me, comprese l’amore sconfinato che già provavo nei confronti di quell’essere minuscolo
che nulla aveva fatto per meritarlo, e quel sentimento nacque; prepotente, crudele... quel sentimento
che ha nome di gelosia.
Scosse la sua bionda chioma con un verso stizzito, e se ne andò senza dire una parola. Io ero troppo
occupato a mostrare mio fratello ai miei amici per accorgermi di quello che avevo fatto.
 
I giorni seguenti sembrarono proseguire come sempre, io e gli altri ce ne andavamo a spasso, a giocare
in riva al fiume, in giro per il palazzo, nelle segrete, nascondendoci nella foresta, attività normali per un
bambino asgardiano, abituato fin da piccolo a cavarsela da solo.
Sif si comportava come al solito, ma ogni volta che parlavo di Loki vedevo il suo sguardo colmarsi di
rabbia e frustrazione, e allora cominciò a dirmi che non avrei dovuto voler bene così tanto a mio fratello.
Quelle parole mi colpirono molto, e quando le chiesi il perché lei mi rispose che i miei genitori ben presto
avrebbero iniziato a preferire Loki a me, e avrebbero cominciato a lasciarmi solo, a dimenticarmi ed infine
non mi avrebbero più voluto bene.
Loki sarebbe diventato il loro figlio prediletto, e sarebbe diventato re al mio posto.
Quel giorno mi arrabbiai con Sif, e le dissi che era cattiva, e che tutte quelle cose non erano vere, non potevo
crederci. Nonostante questo mi spaventai all’eventualità che i miei genitori potessero smettere di amarmi.
Così cominciai a parlare sempre peggio di mio fratello con i miei amici, mostrandomi scostante e costantemente
arrabbiato con i miei genitori che non comprendevano l’origine del mio turbamento.
Rifiutavo di obbedirgli, sparivo per giorni interi, mi nascondevo, e mi isolavo da tutti; nessuno poteva rivolgermi
la parola senza che scoppiassi ad urlare, ero intrattabile.
Un giorno mi rifiutai anche di mangiare, incrociai le braccia e piantai il muso.
Mia madre mi pregò docilmente di non fare i capricci, ma io non l’ascoltai.
Bastò allora il rumore della sedia di Odino che si scostava a farmi trasalire.
Mio padre si era alzato in piedi durante il banchetto, e mi guardava autoritario, con un pericoloso avvertimento
nascosto nello sguardo di pietra.
Mangiai tutto e non lasciai neppure una briciola nel piatto quel giorno.
Tuttavia il mio comportamento non sembrava accennarsi a migliorare, e solo quando veniva la sera succedeva
quella magia che calmava l’incendio del mio cuore ribelle.
Quella magia la faceva mio fratello.
Spesso infatti, quando il palazzo era tutto addormentato e avvolto dalla luce della luna,  lo sentivo piangere nel
cuore della notte.
Io me ne stavo un momento nel mio letto, facendo finta che la cosa non mi riguardasse, ma non resistevo
neanche qualche minuto, che dopo pochi istanti correvo subito da lui, ansante e preoccupato.
La verità era che non sopportavo sentirlo piangere e disperarsi a quel modo.
Perciò entravo nelle sue camere, buttando un occhio all’allevatrice che dormiva profondamente sul letto accanto,
e mi avvicinavo alla sua culla.
Ormai era qualche mese che Loki stava a palazzo, e sembrava riconoscermi.
Ogni volta che mi vedeva al suo capezzale, infatti , Loki apriva gli occhioni grandi grandi come se vedesse qualcosa
di straordinario, spalancandoli come per dire “e adesso che succede?” e smettendo immediatamente di piangere.
Di fronte a quell’espressione buffa mi veniva sempre da ridere. E Loki continuava ad osservarmi cercando di divorarmi
con lo sguardo (cosa che gli riusciva notevolmente bene con il mio cuore).
Poi lo sollevavo con attenzione, tirandolo su dalla culla, buttavo un ultimo sguardo scocciato all’allevatrice, e me ne
andavo con mio fratello in braccio. Non mi piaceva per niente quella donna, dormiva talmente profondamente che
chiunque avrebbe potuto entrare nelle camere di Loki e portarlo via; quando avevo realizzato quell’idea la cosa mi
aveva terrorizzato a tal punto che ogni sera andavo a controllare che mio fratello ci fosse ancora.
La cosa straordinaria era che quando piangeva non dovevo neppure cullarlo, perché gli bastava che fossi con lui e
Loki si calmava subito.
Perciò questa cosa era diventata il nostro modo di stare insieme.
Mio fratello mi chiamava, e io andavo da lui, e tutte le sere, rubando quel fagotto di bambino, me lo portavo in camera
sussurrando durante la strada:
“Shhh, Loki non fare rumore, altrimenti ci scoprono...”
Ma Loki non faceva mai rumore, non emetteva neppure un suono mentre lo tenevo tra le braccia, come se fosse
veramente mio complice, e anche lui temesse che qualcuno, scoprendoci, ponesse fine a quei nostri incontri segreti:
l’unico momento della giornata in cui potevamo stare insieme.
Arrivati finalmente alla mia camera, mi stendevo sul letto con il mio fratellino.
Lo tenevo stretto per paura che, addormentandomi potesse cadere, e lo guardavo, ne studiavo ogni dettaglio con infinita cura.
Loki credo facesse lo stesso, perché restava anche lui a contemplarmi in silenzio, con la boccuccia appena
socchiusa, e lo sguardo infinito perso su di me.
Lentamente, in questo modo ci addormentavamo, mentre sussurravo cantando l’antica nenia
Dell’impavido eroe, lasciando che quelle rime senza tempo ci cullassero assieme.
E mentre io cantavo sentivo Loki vezzeggiarmi i capelli con una manina, toccarmi il viso, le labbra;
mentre la mia voce calava d’intensità, ed iniziavo ad assopirmi, anche il respiro di Loki si faceva più lento
e regolare, la sua mano restava intrecciata tra i miei capelli, e ci addormentavamo insieme restando abbracciati
fino all’alba. Solo allora mi decidevo a riportarlo in camera, quando ormai il sole era sorto da un pezzo.
Tuttavia, se riuscivo ad ingannare così l’enorme allevatrice, questo non vuol dire che riuscii a fare lo stesso con mia madre.
Frigga infatti scoprì che andavo da Loki durante la notte e mi propose un compromesso: la culla di Loki sarebbe
stata spostata in camera mia, e le mie incursioni notturne sarebbero terminate.
Frigga aveva un piano evidentemente, non so quale fossero le sue vere intenzioni, se volesse soltanto legarmi
a mio fratello più di quanto già non mi sentissi, o che sperasse questo fosse un modo per guarire il mio comportamento,
tuttavia Loki fu la cura del mio malumore, e riacquistai tutta la mia vivacità, e obbedienza in un batter d’occhio.
In realtà non mi ero ancora convinto che i miei genitori non potessero smettere di amarmi, ma incredibilmente fu
un pensiero che passò in secondo piano, perché principe indiscusso del mio cuore, e di tutta la mia attenzione era Loki.
Di lui avevo bisogno, e di lui soltanto.

L'angolino dell'autrice:
Ah, ho aggiornato presto.. visto che vi voglio bene? XD *in realtà si è fomentata così tanto che ieri sera non ha fatto altro che scrivere*
cooomunque.. io non voglio cadere troppo nella pucciosità.. e mi dispiace se il capitolo vi sarà risultato stuccoso... è che ... non posso.. non scriverlo così.. *__* immagino il piccolo thor innamorato del fratello e mi escono soltanto capitoli strappa lacrime.. muahahaha!!! *risata da yaoista impazzita dall'eccessivo dose di tenerezza nel salngue*
d'accordo, mi calmo e finisco di dire qualcosa di sensato.. la CUTENESS la troveremo sopratutto nei primi capitoli.. (sta mentendo) dove il povero Loki non può nulla contro le manifestazioni di amore fraterno di Thor.. perciò... i capitoli si faranno sempre più interessanti mano a mano che il dio delle malefatte cresce e può anche lui finalmente mettere voce (e qui è proprio il caso di dirlo) in capitolo...!!! XD bacioni, Jack

ah, già.. dimenticavo... COMMENTATE!!! più commenti mi scrivete e prima aggiornerò.. XD
*in realtà sta già lavorando sul capitolo tre, è diabolica*

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Capitolo 3
*** Il suono di mille capricciosi campanelli ***


Il suono di mille capricciosi campanelli
 
Loki cresceva bene, e io ne seguivo da lontano, fingendo che non mi interessasse,
ogni suo progresso. La verità è che mi vergognavo di mostrare ad altri quanto amassi
quel fratello che era poco più di una bambola.
Erano ormai 10 mesi che Loki stava a palazzo, e ancora non lo avevamo mai sentito
emettere un suono, fare un verso, che fosse anche soltanto un gorgoglio.
Quella boccuccia restava irremovibilmente chiusa, e tutta la nostra famiglia cominciò
ad essere in apprensione.
Possibile che Loki non avesse voce?
Io sapevo che non era così, perché quando era appena un infante piangeva per chiamarmi,
e se non facevo alla svelta per raggiungerlo, continuava a gridare e piangere fino a ritrovarsi senza forze.
Ma ora Loki poteva ritenersi soddisfatto, dato che trascorrevo la maggior parte
del tempo con lui, certe volte ignorando anche i miei stessi amici.
Gli altri venivano a chiedermi cosa stessi facendo di tanto importante da non poter
dedicargli neppure qualche minuto del mio tempo, e io rispondevo loro che stavo studiando,
o che Frigga mi aveva messo in punizione, o qualsiasi altra frottola ben poco congeniata
mi venisse in mente (dato che mia madre non mi mise mai in punizione).
Il problema con Loki non era soltanto la voce, ma anche e soprattutto il fatto che non
provasse a camminare affatto. Di solito gli asgardiani sono precoci a camminare,
e non sprecano neanche il tempo di imparare a gattonare che, preso il coraggio,
che può possedere un bambino, a due mani, si alzano in piedi e camminano.
È un processo naturale, la cosa più importante per un asgardiano: che si alzi in piedi da solo,
e che se cada non sia aiutato da nessuno.
Può sembrare una pratica crudele, ma è così che hanno fatto tutti gli asgardiani che abitano questi celi.
Tuttavia, nonostante questo, non riuscivo a resistere, e ogni mattina, appena il sole
sorgeva ai cancelli di Asgard, svegliavo Loki e gli dicevo:
“Bene, fratellino, oggi ti insegnerò a camminare.”
Lo mettevo a terra e, sorreggendolo, cercavo di mostrargli come fare.
Ma Loki era recidivo, e come se la cosa non gli interessasse, non faceva nessuno
sforzo per compensare il mio.
Semplicemente continuava a guardarmi stupito, incuriosito, e quando si annoiava,
si accigliava un poco e mi guardava imbronciato.
Di fronte a quegli occhioni lucidi non osavo continuare quello stillicidio che ogni santo
giorno non portava ad alcun risultato.
Non sembrava che non potesse camminare, semplicemente non gli interessava.
Altra cosa che mi dava da pensare su quel fratellino era il fatto che non avessi mai
visto Loki sorridere; non lo aveva mai fatto, neanche una volta.
Quando me ne resi conto corsi da lui, e cercai di farlo ridere in qualsiasi modo, facendo
boccacce, versi, smorfie, ma l’unica reazione che ottenevo era un’espressione perplessa.
Poi un bel giorno decisi di far vedere a Loki una cosa.
Corsi, tenendolo in braccio, fino alle cucine, ci nascondemmo dentro una credenza e aspettammo.
Avevo insaponato tutto il pavimento della cucina, e a quell’ora sarebbero dovuti
tornare i camerieri dal pranzo reale, con vassoi pieni di piatti, pietanze, e bicchieri.
Ero trepidante di attesa e la mia malcelata eccitazione sembrò contagiare Loki che
cominciò a sbattere le manine come per applaudire di fronte ad uno spettacolo grandioso.
“Loki, non guardare me, guarda di là, fra poco succederà qualcosa di molto divertente...”
Mio fratello sembrò capirmi, e fissò il suo intenso sguardo all’ingresso, spiando
attraverso la piccola anta socchiusa della credenza nella quale ci trovavamo.
Pochi minuti dopo arrivarono i camerieri.
Come avevo previsto erano carichi di vassoi, tutti disposti perfettamente in fila:
una trappola perfetta.
Il primo cameriere non fece neppure il tempo di accorgersi di quello che gli stava succedendo;
il suo piede slittò sul pavimento insaponato, il vassoio volò in aria, e una pioggia
di porcellane si sfracellò al suolo, contro i muri, mandando piatti e bicchieri in mille pezzi.
Il povero disgraziato cercò di riprendersi prima di cadere, ma così facendo si
aggrappò al cameriere che lo seguiva che caracollò a terra come avrebbe fatto
una torre di pietra distrutta da un enorme ariete. Anche i suoi piatti fecero una
brutta fine, ma per lo spavento gli partì il vassoio di mano, partendo a razzo come
un frisbee affilato, conficcandosi di taglio nel legno della credenza, poco sopra le nostre teste.
Gli altri camerieri accorsero per vedere cosa stesse succedendo, con l’inevitabile
reazione a catena. Ciascuno inciampò e cadde sui corpi esanimi dei loro colleghi,
mandando all’aria stoviglie, bicchieri, posate, e pietanze avanzate dal banchetto.
Un intera ciotola di salsa tinse di olio e grasso la parete della cucina, e ossa di
pollo masticate sfrecciarono come frecce attraverso l’aria; in seguito vidi ceste
di frutta masticata rotolare a terra, piatti di purè colare come lava sui piani della
cucina, e vulcani di zuppa eruttare dai piatti scagliati in alto. I poveri camerieri cercavano
di non cadere, slittando con bruschi movimenti del bacino su quel pavimento ricoperto
di sapone, e cercavano di aggrapparsi a qualsiasi cosa gli fosse sotto mano,
distruggendo tende, mensole, facendo rovinare a terra ciotole di farina e bottiglie di vino:
la cucina era diventata una specie di grande impasto fatto di uomini e idromele.
L’apoteosi di quel pasticcio fu l’arrivo del caposala, un uomo famoso più per la sua
imponente stazza, che per la sua abilità culinaria.
I camerieri, uno ammassato sull’altro, ebbero appena in tempo a sollevare lo sguardo,
spauriti, che quell’enorme omone entrò in cucina, rovinando come un frassino abbattuto
sopra tutti gli altri. Il suo vassoio cadde a terra con clangore metallico, continuando
a girare nel silenzio malconcio della cucina distrutta.
Avevo guardato la scena con gli occhi spalancati, impietrito, rendendomi conto del
disastro che avevo combinato, e neanche per un momento venne in mente di ridere.
Poi però sentii Loki muoversi un poco sotto di me, e allora spostai la mia attenzione su di lui.
In quell’istante scoppiò in una fragorosa risata, simile al suono di mille capricciosi campanelli.
La scena l’aveva divertito tanto che adesso non riusciva più a riprendere fiato.
“Loki... ho paura che da grande sarai un fratello molto dispettoso...”
Lui alzò lo sguardo, lacrimante per il troppo ridere, e mi sorrise per la prima volta.
Per la prima volta gli vidi fare un’espressione felice, ed era talmente contento che
sembrava gli avessi fatto il regalo più bello del mondo.
Non c’è neanche bisogno di spiegare che naturalmente fummo scoperti, e che io,
essendo l’organizzatore di quel tiro mancino, fui messo in punizione da mio padre.
Odino era un uomo intelligente, e sapeva bene che se mi avesse chiuso nelle mie
stanze assieme a Loki, non mi avrebbe insegnato niente, dato che non aspettavo altro.
Così decise di punirmi severamente, strumentalizzando proprio quell’amore fraterno
che provavo per Loki.
Mi chiuse nelle mie camere, e decise che non avrei avuto il permesso di vedere nessuno,
neppure mio fratello, per un mese intero.
Quella notizia mi sconvolse, ma non potevo che ubbidire.
Mi sentivo come un condannato a morte, e ogni giorno era sempre più duro senza
i miei amici, e senza di lui.
Trascorrevo le giornate cercando di distrarmi sui vecchi libri di avventura,
disegnando guerrieri, draghi, eroiche battaglie, ma tutto questo non serviva, sembrava non bastarmi più...
Ma per volere delle Norne quella reclusione forzata non durò a lungo, e fu proprio Loki a tirarmi fuori dai guai.
Quasi sette giorni dopo, nel cuore della notte, si mise a piangere così forte da svegliare tutto il castello.
I miei genitori accorsero al suo capezzale e cercarono di calmarlo, senza ottenere alcun risultato.
Continuò così per tutta la notte, nonostante fosse senza fiato, e senza altre lacrime da versare.
Io non riuscivo più a sopportare di sentirlo così, tanto atroce era il suo pianto,
e mi tappai le orecchie con forza, appallottolandomi sotto le coperte del letto.
Pregai gli dei che qualcuno alleviasse la sua sofferenza, perché quel grido mi
entrava sotto la carne e mi spaccava il cuore, era orribile.
Ad un certo punto però sentii le porte della mia camera aprirsi, ed io scattai in
piedi come se fosse successo qualcosa di gravissimo.
Entrarono Frigga e mio padre, mia madre mi avvicinò Loki e io lo presi tra le braccia.
Aveva le guance imporporate, gli occhi colmi di lacrime, e tremava come una foglia.
Appena mi vide, rise e qualsiasi diavolo lo avesse tormentato per tutta la notte
se ne andò con la stessa velocità con cui era arrivato.
Loki allungò una manina e giocò con i miei capelli, mentre io rivolgevo lo
sguardo ai miei genitori, tremante d’attesa per il verdetto.
Frigga guardò mio padre, lui sembrò prendere una decisione, sospirò ed infine disse:
“La tua punizione è finita. È impossibile separarvi. Tuttavia dovrai chiedere
scusa a tutta la servitù per lo scherzo dell’altro giorno. Un re dev’essere responsabile
delle proprie azioni, ricordalo sempre Thor.”
Esultai di gioia, approvando con gran baldanza qualsiasi condizione mio padre ponesse per terminare quell’isolamento.
Ero talmente felice che per un istante mi chiesi se fosse il giorno del mio compleanno.
I miei genitori se ne andarono e allora tirai in aria Loki, ridendo:
“Sentito, fratellino, siamo di nuovo insieme! Nessuno può separarci!”
Anche Loki rideva, e tutto fu perfetto.
 

Angoletto autrice:
capitolo tre.. scritto in evidente stato di eccitazione da zuccheri, l'ho riletta e mi è venuto il diabete.. e le carie.. cavolo.. -___-"" di solito non sono così sdolcinata.. chiedo venia se vi sono sembrata troppo "amorino, tesorino, orsettino picciosetto" ... nei prossimi cap cercherò di restare più nel personaggio.. perchè ho l'inquietante sensazione che stia andando proprio OOC.. O_O
detto questo.. spero che il cap vi sia piaciuto... (perchè a me non è piaciuto affatto.. XDDD)
e come al solito commentate e fatemi sapere... :)
i prossimi cap verranno meglio.. promesso..
Bacioni dalla vostra Jack.. <3


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Capitolo 4
*** Loki non ha paura del buio ***


Loki non ha paura del buio

L’euforia di un fratellino nuovo non si spense mai in me, ma forse perse un po’ di intensità.
Loki aveva ormai un anno e mezzo, ma ancora non camminava né parlava.
I dottori spiegarono ai miei genitori che ogni bambino ha i suoi tempi, e che non c’era
proprio nulla che non andava in Loki.
Per quanto mi piacesse la sua compagnia tuttavia cominciai a tornare a giocare con i miei amici,
a passare le giornate in riva al fiume, a sconfiggere eserciti immaginari e stregoni malvagi.
E mentre io me la spassavo, cercando di fuggire alle lezioni dei miei insegnanti privati,
non riuscendo a sopportare neppure qualche ora di studio, Loki era seguito 24 ore su 24
da specialisti che cercavano di insegnargli a camminare e parlare.
Mio fratello era particolarmente intelligente, e sembrava divertirsi un mondo a prendere in
giro quei tronfi asgardiani dalla barba lunga, e la fronte prominente.
Per esempio mi raccontarono che un giorno legò la barba del suo maestro, senza che questo
si accorgesse di niente, alla gamba del tavolo.
Oppure altre volte fingeva di non capire gli esercizi che gli chiedevano di fare, e poi appena
il poveretto si girava un attimo, risolveva tutto senza il minimo sforzo.
Da tempo nutrivo il sospetto che Loki già sapesse camminare, e parlare fluentemente,
e che in realtà il suo fosse soltanto il capriccio di un bambino.
Ogni volta che però lo lasciavo solo, vedevo nei suoi occhi balenare una supplica silenziosa.
Avrebbe voluto che restassi tutto il giorno accanto a lui, magari fuggendo dai suoi specialisti
per qualche ora, sarebbe stato divertente, questo diceva il suo sguardo.
Ma io fingevo di non capire e scappavo dai miei amici, e se inizialmente nutrivo sempre
qualche dispiacere, bastava incontrare il sorriso di Voltagg, o di Sif, per sentire il mio cuore farsi leggero.
Devo ammettere che in gioventù riuscivo a preoccuparmi seriamente di poche cose, e
ogni volta che sparivo da casa, senza che Loki mi trovasse più a dormire nella stessa
camera con lui, non avrei mai pensato che ne potesse soffrire più di tanto... era solo un bambino dopo tutto.
Un giorno però successe qualcosa.
Loki stava disegnando, steso per terra, quando mi vide correre verso l’ingresso, bardato
con spade finte, scudi, e armature di cartone.
Emise un piccolo verso stridulo per richiamare la mia attenzione, ma io finsi di non sentirlo.
Imboccai la porta e non lo degnai di un briciolo di attenzione, nonostante lo sentii protestare battendo i piccoli palmi per terra.
Ero sicuro che se mi fossi voltato avrei visto l’espressione di un Loki corrucciato, quasi in lacrime,
desideroso solo di uno sguardo come segnale per iniziare a piangere.
Non ricordo cosa avevo da fare di così importante quel giorno, ma continuai a correre senza voltarmi;
il cuore pesante come se dentro ci fosse una colata di cemento, e tra le scapole la sensazione
di avere una punta di freccia, probabilmente lo sguardo di Loki.
 
Quel giorno i miei giochi furono interrotti bruscamente.
Una serva con cui ero entrato in confidenza, di nome Lya, corse fino al fiume, tutta rossa in volto, con l’aria sconvolta.
Non appena la vidi ebbi un terribile presentimento.
“Thor... devi fare qualcosa! Tuo fratello...”
Non gli feci aggiungere altro.
Mi catapultai giù dalla quercia sulla quale mi ero arrampicato, senza badare ai tagli che
mi provocai sulla corteccia ruvida dell’albero, e corsi come un fulmine verso il castello,
gettando l’armatura e le spade, che mi intralciavano ad ogni passo.
I miei amici mi seguirono a ruota, ma io ero il più veloce di tutti, e li distanziai di quasi
cinquecento metri, arrivando per primo a palazzo.
Al castello c’era il finimondo, e mi dovetti fare largo tra la marea di gente, e di servitori che
avevano si affannavano da una parte all’altra del palazzo. Intravidi uno dei maestri di Loki,
con la barba incenerita e fumante, paonazzo di rabbia, mentre si sfogava con i suoi colleghi
per qualcosa che gli era successo. Alla fine trovai Frigga, che con sguardo apprensivo
controllava che nulla fosse lasciato al caso.
“Thor, per fortuna sei qui... tu sei l’unico che può fare qualcosa!”
“Madre, cosa è successo a Loki?”
Frigga mi rivolse uno sguardo supplice, e dentro quelle iridi azzurre lessi che non avrebbe voluto
dirmi quello che le chiedevo.
“Loki è scomparso.”
“Cosa... ma Loki non può...”
“Loki non sa camminare, ed è proprio per questo che stiamo sospettando il peggio. Thor...”
Mia madre si abbassò, e mi accarezzò gentilmente una guancia, come per rassicurare qualcuno sotto shock.
“Thor, crediamo che tuo fratello sia stato rapito...”
Non sentii altro di quello che mi disse.
I rumori dopo quella frase arrivarono alle mie orecchie ovattati, rallentati da una consapevolezza pesante
Ricordo che mi allontanai da mia madre senza dire una parola, e che cominciai a correre
anche io attraverso il castello, alla disperata ricerca del mio tesoro perduto.
Arrivai senza che me ne rendessi conto fino in camera mia.
Si vedeva che era già stata perquisita da cima a fondo, perché c’erano giocattoli spostati,
armadi aperti, e anche i letti erano leggermente mossi.
Entrai in camera come una furia, chiamando Loki disperatamente, ma non trovai niente.
Credo che quello fu uno dei primi momenti in cui provai veramente terrore per l’incolumità di Loki.
Lo cercammo tutto il giorno, ma di lui non c’era alcuna traccia.
La sera mi raccontarono meglio le circostanze dell’accaduto.
In pratica Loki stava a lezione con uno dei suoi insegnanti, un uomo particolarmente severo,
di nome Ryur, i cui modi severi mettevano soggezione anche a me, che aveva per caso notato
che mio fratello stava nascondendo un foglio sotto i vestiti.
Gli aveva chiesto di consegnarglielo, ma Loki testardo, si era rifiutato, stringendoselo al petto
più forte che poteva. Il vecchio Ryur allora aveva cercato di prenderglielo con la forza, e allora
era accaduto qualcosa di sorprendente: la barba dell’uomo aveva preso inspiegabilmente fuoco.
Dopo aver spento le fiamme tuttavia Ryur si era convinto che Loki centrasse qualcosa con
quello scherzo di cattivo gusto, e aveva deciso di denunciare il tutto ai suoi genitori.
Quando erano tornati da Loki, che nel frattempo era rimasto solo, lui non c’era più.
Provai un odio profondo per Ryur, perché mi convinsi fosse tutta colpa sua.
Quella sera le ricerche continuarono, ma i miei genitori mi obbligarono ad andare a letto,
promettendomi che l’indomani avrei potuto cercare assieme a tutti gli altri mio fratello.
Mi stesi a letto e cercai di dormire, ma nonostante fossi senza forze non riuscivo ad addormentarmi.
Quando infine la notte rapì i miei sensi fui assalito da incubi continui, che non mi diedero tregua.
Sognavo di correre verso mio fratello, ma quando finalmente riuscivo a raggiungerlo, lui svaniva come fumo, e le mia braccia restavano vuote.
Alla fine una visione raccapricciante, di cui non ho memoria, mi svegliò palpitante nel cuore della notte.
Non so per quale motivo ma all’improvviso mi ricordai di una cosa.
Ossia che a Loki piaceva molto nascondersi.
Non aveva paura del buio, e certe volte vi restava fino a quando la mia voce si incrinava
per la paura di non ritrovarlo, solo allora usciva fuori, ridendo come un matto, divertito da
morire della mia stessa espressione sbiancata.
Loki non ha paura del buio...
Scattai in piedi, improvvisamente certo di sapere dove si trovasse mio fratello.
Sarebbe stato un posto perfetto per nascondersi, e nessuno lo avrebbe mai cercato laggiù, dove credevo che fosse.
Scesi molte rampe di scale, che fecero vacillare le mie certezze, infatti mi domandavo
come avesse fatto Loki a fare tutta quella strada.
Lo avevo portato soltanto un giorno sotto il castello, in quel labirinto di vicoli e cantine, per
cercare di spaventarlo con il buio; in realtà a tremare quella volta ero stato solo io.
Ricordo distintamente Loki che si muoveva tra le mie braccia, scalpitando emozionato di fronte
ad una galleria buia e tetra di cui non si vedeva la fine.
Alla fine lo portai via contro la sua volontà, ma credo che non si sia mai dimenticato di quelle caverne senza luce.
Aprii alcune delle pesanti porte che conducevano ai sotterranei, e mi inoltrai nel buio.
Mi ero portato una lampada ad olio, che tuttavia poco faceva contro l’oscurità di quel posto.
Cominciai a chiamarlo, e ad avanzare attraverso la galleria gocciolante di umidità.
Dalle tenebre riusciva echeggiante solo la mia voce, e nient’altro.
Dopo neanche qualche minuto cominciai ad avere paura, e la mia fifa lottava contro il buon
senso in uno scontro all’ultimo sangue.
Com’era possibile che Loki fosse laggiù? Non poteva essere... ma questo almeno avrebbe
spiegato perché nessuno fosse riuscito a trovarlo. Nessuno sano di mente sarebbe mai andato
a cercarlo nei sotterranei del castello, abbandonati ormai da secoli.
“Loki! Dove sei? Ti prego rispondi... ho paura...”
E avevo paura sul serio, anche e soprattutto per lui.
Tra i miei amici infatti ci divertivamo a spaventarci a vicenda, con storie che riguardavano quel posto.
Alcuni dicevano che quelle gallerie fossero infestate da spiriti maligni, e anime di traditori che
erano stati torturati ed infine uccisi. Altri che nelle sue segrete serpeggiasse un enorme cobra,
tanto lungo da poter avvolgere con le sue spire il mondo intero, altri ancora parlavano di un lupo,
dal manto nero come la notte, le cui zanne erano sempre imbrattate di sangue fresco.
Tuttavia la storia che mi aveva spaventato di più era stata quella che un giorno mi raccontò
un vecchio oracolo di corte. Mi disse che tanti anni fa i miei genitori avevano dato alla luce
un bambino, prima ancora che nascessi io. Ad Asgard ci fu subito una grande festa, e tutti
erano felici di questo lieto evento, ma il cuore dei miei genitori era appesantito da un fardello enorme.
Il bambino infatti era nato deforme, tanto brutto quanto sarebbe potuto essere il figlio di Hel.
I miei genitori allora presero una decisione drastica per quel figlio che era più una maledizione
che una benedizione: lo gettarono nei sotterranei, e ce lo lasciarono a morire di fame, nel buio.
Si dice che ancora oggi l’anima perduta di quel povero bambino infesti quelle gallerie.
Io naturalmente non credei ad una parola di quello che il vecchio mi disse, e corsi via fingendo di
non aver mai sentito quella storia ripugnante.
Ora che però stavo camminando attraverso quelle gallerie avevo il terrore di ritrovarmi di fronte il viso deforme di quel bambino abbandonato.
Un rumore improvviso, come di piccoli passi mi fece sobbalzare.
La lampada mi cadde dalle mani, e per poco non si spense.
Con gli occhi spalancati scrutai nel buio, alla disperata ricerca di ciò che aveva prodotto quel suono.
“Forse era solo un topo... un topo molto grosso...”
Raccolsi la lampada, attesi che il fuoco riprendesse vigore, e sorrisi tra me e me, fingendo di avere
risolto il mistero che mi aveva terrorizzato neppure pochi istanti prima.
Ricominciai ad inoltrarmi nel buio, ma poi altri passi e una voce mi fecero quasi perdere conoscenza.
Thor, non aver paura... i guerrieri asgardiani non hanno paura...
Mi ripetevo mentre cercavo di comprendere quelle voci sussurranti.
Sembrava essere la voce di mille bocche, che ripetevano sempre la stessa parola, per dieci, cento, mille volte.
E poi ancora e ancora.
Quando riuscii a comprendere quale fosse la parola che quell’esercito stava sussurrando con
così tanta insistenza mi si gelò il sangue nelle vene, e ci mancò davvero poco che non corsi via,
fuggendo per sempre da quei sotterranei maledetti.
Le voci stavano sussurrando Thor.
Mi accorsi però che dopo qualche istante che rimanevo in silenzio le voci cessavano, e la cosa
mi parve più stana, che paranormale.
“Loki?” azzardai, nel buio.
Il coro di voce allora ripartiva, e ad intervalli regolari, e con voce lamentosa mi chiamava.
Non capivo cosa stesse succedendo, ma mi misi a correre nel buio, senza altro coraggio
da infondere nella voce più di quanto non ne utilizzassi per chiamare mio fratello.
Ad un certo punto mi immobilizzai.
La luce della lampada non era abbastanza forte, e riuscivo a vedere distintamente soltanto
ad un metro di distanza da me, il resto era l’oscurità più totale, tuttavia nel buio intravidi, lontano,
in fondo al corridoio qualcosa di bianco e piccolo.
Mi incamminai con passi tremanti verso quella cosa, e cercavo di  non pensare a nulla,
troppo terrorizzato dall’idea che quella figura potesse essere altro da mio fratello.
Alla fine arrivai alle spalle di quello che si rivelò essere un bambino.
Era in piedi, in mezzo al corridoio, con un lungo vestito bianco che gli arrivava quasi alle caviglie.
L’oscurità non mi permetteva di distinguerne esattamente le sue fattezze, e il fatto che mi desse le spalle di certo non facilitò le cose.
Puntai il mio sguardo su di lui, e mi accorsi con terrore che sembrava non respirare: era del tutto immobile.
“... Loki?”
Appena pronunciai quelle parole la piccola figura scattò e corse lontano da me, senza voltarsi.
Io lo inseguii senza esitazione, ormai la curiosità stava superando la paura, senza nemmeno badare a dove mettevo i piedi.
Alla fine quel bambino vestito di bianco sparì dietro ad un angolo, che svoltai senza pensarci due volte.
Mi ritrovai quindi in una stanza enorme, di cui non riuscivo a distinguere le pareti e neppure il soffitto.
Mi resi conto allora che qualunque cosa fosse stata nascosta nell’oscurità, avrebbe potuto vedermi,
senza che io vedessi lui, essendo il mio viso illuminato dalla luce della lampada.
Qualcosa si mosse nel buio e mi accorsi di non essere solo.
“Loki... sei tu..?”
Qualcosa mi colpì alla testa.
Me la presi automaticamente, ma mi accorsi subito che non mi aveva fatto male per niente.
Non era un sasso, ma qualcosa di più leggero.
Raccolsi quello che scoprii essere una palletta di carta.
La aprii e la illuminai con la luce della lanterna.
Il foglio accartocciato ritraeva, disegnato a pastelli, un ragazzino biondo, con in mano una spada,
che teneva per mano un altro bambino con i capelli neri.
Entrambi sorridevano e sembravano molto felici di stare insieme.
Sullo sfondo sembrava esserci un grande palazzo, e un arcobaleno attraversava tutto il cielo sopra di loro.
L’armonia di quel disegno tuttavia era stata distrutta da un pastello nero che era stato passato
sopra il ragazzo biondo con così tanta forza da riuscire a bucare il foglio.
Sul viso dell’altro bambino ora c’era un viso triste e piangente.
Con quel disegno, e il fatto di avermelo tirato in faccia, compresi che in realtà la colpa di tutta quella
situazione era solo mia. Se non fossi stato così scostante ed egoista nei confronti di mio fratello,
non sarebbe mai successo niente di tutto ciò e, ora lo sapevo, Loki non sarebbe mai scappato.
Guardai implorante il buio, consapevole che Loki stava studiando la mia reazione.
“Fratello, mi dispiace... sono stato molto cattivo, non avrei mai dovuto trascurarti in questo modo.
Prometto che ogni volta che ne avrai bisogno io sarò al tuo fianco, e ti proteggerò sempre! Non ti sentirai mai solo!”
In quel momento mi sembrarono le parole più giuste da dire, certo, non era una promessa facile
da mantenere, e sapevo bene che prima o poi mi sarei dovuto allontanare da lui, e lasciarlo
di nuovo in balia di se stesso. Ma l’unica cosa che volevo in quel momento era riportarlo a casa,
e gli avrei promesso anche il mondo intero, anche la corona di Asgard, se solo questo sarebbe servito a farlo tornare da me.
Sentii il buio titubare, e alla fine qualcosa si mosse nell’ombra, di fronte a me.
A piccoli passi misurati finalmente uscì fuori Loki, che mi studiava come un animale ferito
che cerca di capire se è il caso di fidarsi.
Aveva il vestito di qualche giorno prima, quello che gli piaceva tanto, verde con ricami dorati.
I suoi grandi occhi di smeraldo mi sembrarono ancora più enormi nel buio.
“Loki!” gli sorrisi nel modo più rassicurante possibile.
Lui mi guardò per un istante e poi disse:
“Thor, sei uno stupido.”
Erano le prime parole che diceva, e credo che se avesse bestemmiato contro il cielo,
e contro tutti gli dei, il mio cuore sarebbe scoppiato di felicità proprio come in quel momento.
“L-Loki... t-tu hai p-parlato...!” gridai, fuori di me dalla gioia.
Mio fratello si accigliò, e rispose con quella voce da fata:
“Certo che parlo, cosa ti ha fatto pensare che non ne fossi in grado...?”
“Beh... è la prima volta che ti sento spiccicare parola.”
“Non avevo ancora niente da dire...”
“E ora ce l’hai?”
“Sì...” si accigliò un po’ e questo fu uno dei momenti che ricordai per tutta la mia vita.
Negli occhi di Loki vidi nascere per la prima volta quello sguardo intenso e profondo, che ti ruba l’anima, che lo avrebbe caratterizzato per tutta la sua vita.
Io rimasi come stordito ma alla fine chiesi.
“Che cosa?”
Ti voglio bene. Ecco cosa.”
Questa volta fui io a restare senza parole...
La lampada mi cadde ancora di mano, e corsi ad abbracciarlo, nel tentativo di nascondere
le lacrime che sentivo salirmi su per la gola.
“Non hai avuto paura quaggiù da solo?” articolai infine, per distrarmi.
“Ma non ero solo.” mi rispose, sorridendo solare.
“Non... eri... solo...?”
Già sentivo sudori freddi scendermi giù per la schiena, e tutta la dolcezza di quel momento sembrò congelarsi.
“Che significa? Quaggiù non c’è nessuno!”
“Ti sbagli, Thor. C’è un bambino, con il volto tutto deforme, che è molto simpatico.”
Disse, passandosi le manine sul viso, come per distorcerlo.
“Ah, è proprio dietro di te! Girati che te lo presento.”
Mi sentivo la schiena rigida come un pezzo di legno, ma mi costrinsi a voltarmi.
Raccolsi la lampada, e la sollevai, tremante.
Loki gridò alle mie spalle, e sentii il cuore fermarsi per un istante. Scattai in avanti e crollai a terra, terrorizzato.
Anche mio fratello cadde per terra, ma diversamente da me si contorceva dal ridere.
“La tua faccia... ahahaha... che fifone...!”
Capii allora che era stato solo uno scherzo.
Uno scherzo diabolico per un bambino così piccolo, pensai.
Alla fine lo presi in braccio, ancora tremante per il ridere, e corsi attraverso le gallerie per portarlo via da quel posto.
Ne avevo abbastanza di gallerie buie e non ben identificate apparizioni.
In realtà non seppi mai cosa Loki avesse visto in quel posto, ma ricordo che mentre correvo,
attraverso i corridoi deserti, con mio fratello tra le braccia, lui si sporse dietro le mie spalle e sussurrò,
alzando appena la manina verso il buio:
“Ciao ciao, fratellino...”

il solito angolino buio:
Cari miei.. non era mia intenzione aggiornare così presto.. (dato che vi sto viziando) però mi è sfuggita di mano la storia.. dannazione! Non avevo nulla da fare così mi sono detta.. Mah.. perchè non pigiettiamo svogliatamente sul computer per scrivere qualcosa sulla fanfiction... così.. tanto per passare il tempo....
già ... proprio per passare il tempo... ci sono stata tutto il pomeriggio.. intrappolata com'ero, assieme a thor e loki, in quei corridoi bui. -___-"
D'accordo.. ora state assistendo all'altro lato della medaglia del mio stramaledettissimo stile di scrittura.. LA DRAMMATICITA'!!!!! ogni tanto mi piace calcare la mano su scene macabre o drammatiche... (infatti ho già in mente due chicche... ehm.. niente spoiler.. controllati)...
spero che questo nuovo ingrediente non vi abbia fatto passare l'appetito per questa fanfiction.. eheh XD
commentate e ditemi se ho fatto peggio, meglio, uguale.. insomma ditemi quello che ne pensate!!! 

alla prossima.. <3
Jack

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Capitolo 5
*** Giochi pericolosi ***


Giochi Pericolosi
 
Sentii un rumore improvviso, come di un tuono che esplode dentro una stanza,
e sorrisi tra me e me, sapendo fin troppo bene quello che mio fratello aveva appena combinato.
L’ha fatto di nuovo...
“Loki, non farti distrarre dall’indole indisciplinata di tuo fratello. La sua reticenza agli
studi lo farà crescere come uno scapestrato, come tutti gli altri suoi amici, del resto.”
Rivolsi lo sguardo verso il mio insegnante, un uomo alto, dinoccolato, che dimostrava
due volte la sua vera età. Era il mio maestro di rune antiche, io naturalmente già le
conoscevo tutte perfettamente, ma stavo al gioco, fingendo di essere il prezioso studente
modello che ha ancora tanto da imparare dal suo maestro.
Quell’uomo si chiamava Turla, e oltre il suo accademico sapere riguardo le antiche tradizioni,
non mi era mai sembrato brillasse di particolare intelligenza.
Non a caso infatti ignorò, o forse neppure notò, lo sguardo pungente che gli rivolsi,
continuando, a suo rischio e pericolo, a parlare di Thor come se non fosse mio fratello
e non lo conoscessi neppure.
“Arrogante, egoista ed ottuso. Quel Thor non diventerà mai il degno re di cui Asgard ha bisogno,
non se continua a scappare dai suoi stessi insegnanti!”
Ricordai che Turla ce l’aveva con mio fratello a causa di una vecchia collezione
di armi antiche che lui gli aveva recentemente distrutto a causa della sua incontrollata forza,
ma questo non lo giustificava minimamente.
“Arrogante, ed ottuso?”
Gli rivolsi uno sguardo eloquente, pregando il mio cuore di controllarsi, perché già
sentivo le mani formicolare per la rabbia.
“Crede davvero che lei possa esprimersi in questi termini parlando di mio fratello, di fronte a me?”
Per la prima volta Turla mi concesse l’enorme privilegio di un suo sguardo.
Vidi nei suoi occhi inizialmente confusione, poi la consapevolezza di aver fatto un
enorme errore, infine osservai con meraviglia un’amabile nota di inquietudine farsi strada nel suo cuore.
“Io... ho sbagliato principe...”
“Oh, certo che lo hai fatto.”


Odiavo tradizioni antiche.
Era una materia che proprio non riuscivo a sopportare. Tutti quei vecchi coperti di polvere mi facevano annoiare a morte.
Perciò avevo deciso di utilizzare il vecchio trucco dei fulmini per fuggire anche stavolta.
Ero ormai quasi fuori del castello quando sentii un’altra esplosione, provenire
dalle stanze dove invece facevano studiare Loki.
Io e mio fratello non studiavamo mai insieme, e questo a causa della differenza di età,
che in realtà non significava niente, dato che Loki era molto, ma molto più intelligente di me.
Le scale si riempirono di fumo nero come polvere di carbone, e tra le nebbia vorticanti comparve un Loki indispettito.
Mi raggiunse e disse, con l’aria di qualcuno che ha paura di aver commesso l’ennesimo sbaglio:
“Andiamocene.”
Non gli feci aggiungere altro che corremmo fuori del castello, verso i boschi,
lontano da qualsiasi muro potesse ostacolare i nostri cuori affamati di vita.
“Cosa hai combinato questa volta al tuo insegnante?”
Lui mi guardò con quegli occhi che brillavano come un prisma sotto il sole, ed arricciò il naso, divertito.
“Nulla che non possa guarire, risanare, curare un medico che sappia il fatto suo.”
“Loki sai che non va bene... sei ancora troppo piccolo per queste cose!”
Loki sbuffò.
“Gli ho solo fatto esplodere una piccola stella di gesso sotto il naso, si è solo
preso un grande spavento e bruciacchiato un po’ di capelli... niente di più, ho controllato prima di andarmene.”
Le stelle di gesso erano una delle tante invenzioni di mio fratello.
Piccoli petardi ripieni di un gesso esplosivo, che Loki scolpiva lui stesso,
in legno di frassino che in seguito faceva marinare nell’alcol.
Le chiamavamo stelle perché quando le accendevamo fischiavano e prendevano
fuoco esattamente come delle piccole stelle cadenti, l’esplosione di una di queste
produceva un accecante lampo di luce, e una piccola fiammata.
Sbuffai anch’io. Sapevo che il fratello maggiore doveva dare il buon’esempio,
mia madre me lo ripeteva in continuazione, credendo che io fossi la causa del
carattere dispettoso di Loki, ma proprio non ci riuscivo ad arrabbiarmi e a rimproverarlo.
Mio fratello cresceva, e ogni giorno organizzava scherzi più astuti e geniali.
Spostai lo sguardo su di lui, e vidi che aveva abbassato gli occhi, come aspettando di ricevere la punizione fin troppo meritata.
Gli scompigliai i capelli, ridendo, e Loki sollevò lo sguardo, sorpreso.
“Per questa volta passi, fratellino... ma la prossima volta cerca di essere più paziente, d’accordo?”
L’espressione di Loki parve sollevata, e attraverso i suoi occhi mi sembrò di vedere il suo cuore riempirsi di luce.
Poi si liberò dalla mia carezza e disse, con tono di una fata molesta:
“Senti da che pulpito vengono le prediche! Sei stato tu il primo a conquistare il cuore del caro Turla!”
Sgranai gli occhi per la sorpresa, e Loki rise, divertito della mia espressione.
Lasciai cadere il discorso, la lingua argentina di mio fratello si era sciolta del tutto,
e ormai riuscivo a sconfiggere la sua indisponente oratoria soltanto con la mia innata testardaggine.
Arrivammo finalmente al fiume, dove c’erano anche tutti gli altri ad aspettarmi.
“Thor, hai portato anche tuo fratello?”
Parvero tutti sorpresi, ma non mossero alcuna obiezione.
“Sì, doveva prendere una boccata d’aria fuori dal castello...”
“Ha combinato altri disastri?”
“Diciamo solo che ora anche lui è nella lista nera del vecchio Turla...”
Il vecchio maestro era ben conosciuto dalla nostra banda, dato che cercava con ogni mezzo di ostacolare i nostri giochi.
Sif sbucò dalle fronde di un albero, oscillando a testa in giù.
“Turla è un vecchio brontolone, ma lui...”
Fece un gesto verso Loki, e con un salto molto atletico scese dall’albero sul quale si trovava.
“È troppo piccolo per giocare con noi.”
Dopo qualche istante Sif spostò la sua espressione scocciata da me a mio fratello,
per tutto il tempo rimasto nascosto dietro le mie spalle.
“Guarda, non riesce neppure a riprendere fiato, il pidocchio.”
Me ne accorsi solo quando me lo fece notare. Loki ansimava pesantemente, e sembrava fare fatica a riprendere fiato.
Si è sforzato di correre veloce per tenere il mio passo...
“Io non sono un pidocchio!”
“No, sei solo un bambino frignone e fragilino. Non ti vogliamo con noi.”
Sentii Loki fremere dietro le mie spalle, si morse le labbra, e sembrava stesse per esplodere.
Decisi che era meglio intervenire.
“Calmatevi, non c’è motivo per comportarsi così. Loki, sono sicuro che Sif stesse scherzando. Su... fate pace.”
Incrociai le dita e sperai che il mio inguaribile ottimismo funzionasse.
Loki mi guardò un momento, poi abbassò lo sguardo, come se il capo gli pesasse
per una scelta molto difficile.
Mio fratello ancora non aveva quel cuore nero, così ricolmo di risentimento e dolore,
che lo portò ad essere il dio che è oggi. A quei tempi, e so che sembra incredibile,
Loki sapeva perdonare e dimenticare. Ogni giorno crescevamo sempre di
più seguendo le nostre più naturali inclinazioni, allevati da genitori benevoli che
volevano soltanto la nostra felicità. Ancora oggi non riesco a spiegarmi cosa abbia
potuto rendere mio fratello quel crudele essere vendicativo.
Ricordo comunque che quel giorno sollevò lo sguardo e, mostrando un timido sorriso, disse:
“Scusa Sif, so di essere ancora piccolo, ma mi piacerebbe molto giocare con voi... posso?”
Lanciai un’occhiataccia a Sif, non poteva dirgli di no.
Lei lo guardò titubante, poi la sua espressione divenne stranamente intimorita.
Infine scrollò le spalle, e in questo modo diede il suo silente assenso.
Con gli altri ci spostammo sul fiume, ormai nostro luogo di ritrovo per qualsiasi gioco,
e decidemmo che avremmo inscenato uno scontro per le corone.
Era un gioco che facevamo spesso, ma Loki non lo aveva mai fatto, e fu allora che mi
accorsi per la prima volta, e con mia grande sorpresa, che mio fratello raramente partecipava
ai giochi che organizzavamo con i miei amici.
Costruimmo due specie di fortini sopra due grossi alberi, rispettivamente paralleli sulle rive opposte del fiume.
Facemmo provvista di sassi, frecce spuntate e qualsiasi altra arma improvvisata ci potesse tornare utile durante lo scontro.
Sif intrecciò due corone con fili di edera e trifoglio, e le lanciò su due rami del grosso salice che cresceva rigoglioso nel mezzo del fiume.
Il gioco consisteva nel organizzare due eserciti, e chi faceva cadere per primo la corona del gruppo avversario in acqua vinceva.
Ciascuno si rifugiò nel proprio fortino, da una parte me, Loki e Volstagg, dall’altra Sif, Jogun, e Fandral, e il gioco ebbe inizio.
Calandomi nel ruolo di comandante, incitai i miei compagni di squadra a non temere i nostri spaventosi avversari,
infatti dalla nostra parte avevamo il favore delle Norne, e di tutti i nostri antenati, i quali non
avrebbero mai permesso ai figli di Odino di perdere uno scontro talmente importante.
Era uno dei discorsi più impegnativi e toccanti che avessi mai fatto, e credo che l’emozione
di vedere mio fratello fissarmi con quegli occhi illuminati fosse per me un incentivo.
Mi arrampicai quindi su un ramo, e sbucando dalle fronde urlai in direzione del fortino avversario
che era meglio si arrendessero, perché la nostra spada si sarebbe abbattuta sulle loro teste senza pietà.
Ci fu un attimo di silenzio, sentii distintamente Loki trattenere il respiro e poi vidi una
chioma bionda sbucare dall’albero al di là del fiume.
Sif mi fissò con aria truce e quindi gridò a pieni polmoni:
“Non vincerete mai! Le Norne non proteggono i traditori e i mostri!
I serpenti velenosi non dovrebbero abitare in nidi dorati, e piuttosto dovrebbero restare nei profondi abissi dai quali provengono!”
Detto questo, sparì, lasciandomi perplesso a riflettere su quelle parole.
Lanciai uno sguardo alle mie spalle, e notai che l’espressione di Loki si era fatta più cupa
e scavata, come se in un istante fosse cresciuto di molti secoli; quando poi si accorse che
lo osservavo all’inizio parve arrossire, poi abbassò lo sguardo, quindi lo rivolse
di nuovo verso di me e scrollò le spalle come per dirmi che non aveva capito cosa intendesse.
Non compresi né quelle parole né la strana reazione di mio fratello, così lasciai perdere,
nella mia spensieratezza di bambino, e decisi che i fatti avrebbero parlato per noi.
 
La battaglia cominciò con un rullo di tamburi che scosse la foresta.
Quando tornò il silenzio, innalzammo le nostre urla di guerra e lo scontro ebbe inizio.
Pietre, sassi e quant’altro si abbatterono con ferocia sulla corona dell’avversario, nel tentativo
di spezzare il ramo, e farla cadere in acqua.
Jogun scagliò qualche freccia che colpì il legno inutilmente, Volstagg si impegnava
a lanciare i massi più grandi, e Fandral cercava di deviare gli attacchi sulla nostra
corona lanciando altri rami.
Le nostra urla erano simili a quelli di mille uomini, o almeno così mi piaceva di credere in quei momenti.
Loki si sistemò più in alto, nascondendosi tra le foglie, tirando pigne e pietre lisce di fiume, e di conseguenza lo persi di vista.
Ma dopo qualche minuto mi accorsi che il gruppo di Sif non stava giocando pulito.
Frecce e sassi non erano diretti soltanto sul salice e la nostra corona, ma alcuni
venivano lanciati con più forza, con il risultato di cadere verso di noi.
Protestati della loro scorrettezza, ma notai anche che la traiettoria non era esatta;
non stavano mirando al nostro rifugio, quanto piuttosto ad un punto sopra le nostre teste, tra le foglie dell’albero.
Quando sentii Loki soffocare un lamento mi allarmai, e compresi che cercavano di colpirlo.
“Sif, cosa diavolo stai facendo?! Non è leale!”
Non ci fu alcuna risposta, e quando nel rumore della nostra battaglia sentii un colpo più forte degli
altri e Loki gemere, mi spaventai sul serio.
Uscii fuori del mio rifugio e raggiunsi mio fratello che si era arrampicato su un punto troppo scoperto dell’albero.
Con le mani si teneva la testa, e sembrava più spaventato che ferito.
Feci appena in tempo a raggiungerlo che una pioggia di sassi piovve su di noi.
Mi buttai su di lui e lo protessi con il mio corpo.
Fandral si accorse della situazione e gridò affinché la smettessero di lanciare pietre,
ma soltanto quando fece anche il mio nome la pioggia fatale cessò, e finalmente ci lasciarono in pace.
 
Mi ero arrampicato in quel punto credendo fosse un luogo strategico.
Non potevo contare sulla forza bruta di mio fratello, perciò dovevo necessariamente
attaccare da un punto sopraelevato, e quindi più avvantaggiato.
Trovai proprio il posto che faceva al caso mio. La pianta infatti girava su se stessa per
poi sporgersi di poco verso l’acqua, proprio sul lato dove era appesa la corona del gruppo di Sif.
Mi arrampicai e mi sporsi fuori dall’albero, cosciente che in questo modo sarei stato visibile
ai nostri avversari, tuttavia le regole parlavano chiaro, e non credevo potessi diventare oggetto del loro attacco.
Mi sbagliavo.
Dopo neanche qualche minuto di tentativi sentii le prime pietre sfrecciarmi vicino al viso,
non potevo credere che fossero rivolte davvero a me, ma me ne convinsi non appena un sasso mi colpì la spalla.
Allora mi ritirai un po’ più dentro l’albero, ma ormai la mia posizione era stata scoperta.
Sperai con tutte le mie forze che non attaccassero più, e per un momento decisi di non
tirare più sassi verso la corona nemica, ma Sif e gli altri non gettarono la spugna, ed anzi
la mia momentanea ritirata sembrò farli infuriare soltanto molto di più.
Sapevo che dietro tutto questo c’era Sif, ma la cosa che mi lasciava senza parole era perché
mi odiasse così tanto. Non era bastata la frecciatina del serpente velenoso?
Cosa voleva che facessi, che scomparissi per sempre?
Una pietra più grossa delle altre cadde dall’alto colpendomi sul viso.
Mi presi la testa tra le mani, e solo allora mi accorsi di trovarmi in trappola.
Non potevo scendere perché se avessi mosso anche solo un passo rischiavo che
una pietra o qualsiasi altra cosa mi colpisse facendomi perdere l’equilibrio, e non
potevo difendermi non avendo alcuna protezione. In quel momento compresi quanto
fossi diverso da quel gruppo di amici. Non ne avevo mai fatto parte, e loro non mi volevano.
Mi chiesi perché mi trovassi in quella situazione, nonostante non mi fossero mai piaciuti i giochi di guerra.
Li trovavo brutali, stupidi, e disonorevoli per un dio. Proprio quando facevo questi pensieri
sentii la voce di mio fratello. Alzai lo sguardo e mi accorsi che in quel trambusto Thor era arrivato a proteggermi.
Mi strinse al petto nascondendomi in quell’abbraccio che mi era sembrato sempre così grande.
Tuttavia le pietre continuarono a cadere implacabili, e questa volta ferendo anche mio fratello.
La paura per me stesso divenne terrore per l’incolumità di Thor.
Smettetela... vi prego, smettetela!
Li supplicavo mentalmente di cessare quello stillicidio; riuscivo quasi a sentire i sassi abbattersi
su Thor, e il suo respiro interrompersi quando una pietra calava sopra il suo corpo, trattenendo un gemito di dolore.
Alla fine quando finalmente l’attacco cessò, ero talmente frastornato che quasi non me ne accorsi.
Mio fratello allora si allontanò lentamente da me, e mi guardò con sguardo critico,
cupo di rabbia, che tuttavia non sembrava essere rivolta verso di me.
“Ti sei fatto male?”
Non risposi, e rimasi a le labbra serrate.
Mi controllò rapidamente, soffermando le dita sui punti dove erano emerse more violacee.
Quando si accorse che non mi ero ferito gravemente il suo viso si rasserenò come il cielo dopo un’orribile tempesta.
“Meno male, sei tutto intero.”
“T-Thor!”
Il mio grido uscì strozzato dalla gola chiusa, e suonò più allarmato di quanto volessi che fosse.
Mio fratello mi guardò stupito e poi si accorse del motivo per cui mi ero spaventato così tanto.
Si portò una mano alla fronte e toccò il rivolo di sangue che continuò colandogli giù sul viso.
Impallidii e mi sentii mancare.
Mi allarmai e lo tirai fino al rifugio borbottando:
“Thor, dobbiamo curarti immediatamente! Sei ferito ed è tutta colpa mia! È tutta colpa mia...”
Lui si lasciò fasciare e curare, osservandomi attentamente. Sbirciai il suo sguardo
e vidi che sembrava non avercela con me, io tuttavia continuavo a sentirmi peggio di uno straccio.
La ferita alla testa di mio fratello non si rivelò brutta quanto avevo temuto, e notai che
il sangue aveva già cominciato a coagularsi.
Mi accigliai notando anche altre ferite sulla schiena e sulle braccia, ma Thor si accorse subito del mio umore nero.
“Loki, non è stata colpa tua. Capito? Tu non centri niente con questo.”
Accennai un sorriso, ma era talmente stentato che non avrei potuto ingannare neppure quel tontolone di mio fratello.
“I-Io torno a casa... mi sono stancato di giocare...” mentii.
Thor si accigliò un momento e poi disse:
“Loki guardami.”
Obbedii e per un momento mi sembrò di cadere dentro quegli occhi azzurri come quelli di una stella.
“Non è stata colpa tua, e quindi non te ne devi andare per forza. Vorrei tanto che tu rimanessi...”
Il suo solare sorriso mi colpì come uno schiaffo in pieno viso, e sentii grosse lacrimone
salate rotolarmi su per la gola. Le ricacciai indietro con una ostinata disperazione,
e costruii il sorriso più convincente che riuscii a fare in quel momento.
Scappai di nuovo sopra l’albero, appena in tempo per sentire la mia espressione crollare,
e una stella di fuoco esplodermi nel petto.
Era rabbia, odio, e frustrazione, ma anche e soprattutto era la consapevolezza che se non fossi
stato così testardo Thor non si sarebbe fatto del male; non ero soltanto inutile e debole, ero anche dannoso.
Mi appallottolai su un ramo, obbligandomi a respirare piano, e ad impedire a quelle lacrime
imbarazzanti di calare il colpo di grazia su di me.
Spiai tra le fronde e vidi che Thor stava parlando con Sif, e quando incrociai il suo sguardo quasi persi l’equilibrio.
Non avevo mai visto quell’espressione furiosa, e mi ricordò la ceca rabbia con cui si abbatte un fulmine, distruggendo ogni cosa.
Non riuscivo a sentire cosa si dicessero, ma vidi le guance di Sif imporporarsi, e il suo sguardo colpevole sfrecciare verso di me.
Alla fine ognuno tornò alla sua postazione, ma io avevo deciso che per una volta non sarei stato così inutile.
Avremmo vinto quella partita a qualsiasi costo.
Ci rifornimmo di pietre, pigne e rami, ma io ne raccolsi soltanto una manciata, per non far sorgere strani dubbi sulle mie intenzioni.
E infine il gioco ricominciò.

 
Sapevo che non ero riuscito a convincere Loki sul fatto che non centrava niente con le mie ferite,
ma avevo anche visto sorgere nella sua mente l’ombra di un’idea pericolosa.
Sperai che fosse soltanto una mia impressione, ma mi ripromisi che lo avrei tenuto d’occhio.
Il gioco ricominciò e dopo un breve periodo in cui sembrò serpeggiare nell’aria una tensione venefica,
tutti quanti ricominciammo a divertirci.
Voltagg gridava come un orso ubriaco, ed era impossibile non lasciarsi sfuggire un sorriso per quei versi buffi.
Fandral invece cominciò ad inveire contro il cielo, fingendo di scagliare maledizioni ai suoi avversari.
Jogun di fronte a quelle urla sembrava prendersela sul serio, e quando rispondeva alle provocazioni di Fandral era da morire dal ridere.
Anche a Sif sembrò sfuggire qualche sorriso, e finalmente mi rilassai.
Tuttavia quando lanciai uno sguardo a Loki, per vedere se si stesse divertendo anche lui mi sentii mancare.
Mio fratello era scomparso, e non avevo la più pallida idea di dove fosse finito.
Chiesi in giro, e Fandral disse che forse si era annoiato ed era tornato al castello senza dirmi niente.
Sperai che fosse la verità, ma sapevo che Loki non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Ad un certo punto sentii un grosso tonfo in acqua, troppo grosso per essere quello di un sasso o di un ramo.
Corsi con il cuore in mano, e scrutai l’acqua.
Di Loki non c’era nessuna traccia, ma l’eventualità che mio fratello fosse caduto nell’acqua gelata del fiume,
e che fosse stato portato via dalla corrente, mi terrorizzò.
Mi precipitai fuori del mio rifugio e osservai con sguardo febbrile le acque tumultuose, senza vedere nulla.
In quella stagione il fiume era particolarmente agitato, e scendeva giù dalle montagne con una rabbia furiosa,
creando anche delle rapide e dei mulinelli d’acqua. Quel fiume era una tomba per chiunque
ci fosse caduto dentro, e Loki non sapeva neppure nuotare.
“Loki!” gridai, spaventato.
“Sono qui...!”
Alzai lo sguardo in direzione della voce e finalmente lo vidi.
Era appesa ad un albero che sporgeva sul fiume, e protendeva il braccio in direzione del salice,
quel suono doveva essere il rumore di un ramo che si spezzava e che era caduto pesantemente in acqua.
“Cosa stai facendo, Loki?! È pericoloso!”
Dal salice c’erano almeno quattro metri, era impossibile che allungandosi in quel modo
fosse riuscito a raggiungerlo. Bastava una sferzata di vento, o un passo falso che Loki
sarebbe stato risucchiato dalle acque impetuose del fiume.
Mio fratello invece mi rivolse uno sguardo colmo d’orgoglio, e sorrise.
“Vinceremo, guarda!”
Non capivo a cosa si stesse riferendo fino a quando non rivolsi lo sguardo nel punto in cui lo stava fissando Loki.
Il ramo dove stava la corona di Sif ebbe un tremito, e io per un momento pensai di averlo sognato.
Loki si morse le labbra e mosse le dita della mano, e il ramo ebbe un altro tremito.
“Fratello, cosa...”
Su legno inanimato comparvero delle piccole gemme.
Loki si lasciò sfuggire un gemito di vittoria, come se avesse fatto chissà quale miracolo.
Quando infine le gemme cominciarono a crescere e il ramo ad allungarsi non potevo credere ai miei occhi.
Il sorriso sul volto di Loki era sofferente ma concentrato, nulla lo avrebbe distolto da quell’impresa.
Io non avevo fiato, e il mio cuore era diviso dal terrore di vedere Loki cadere, e la meraviglia di quella magia.
Sapevo che mio fratello aveva delle doti particolari, ma mai avrei immaginato che fosse
in grado di tanto, e dalla sua espressione, non lo credeva neppure lui qualche attimo fa.
Il ramo si allungò lentamente, con fatica, ma alla fine fu ad un palmo dalla mano di Loki.
Sif e gli altri avevano ormai interrotto il loro attacco, e tutti eravamo caduti come in tralice,
osservando mio fratello e quel prodigio.
Ma quando ormai sembrava essere ad un soffio dal prendere la corona, vidi distintamente
Loki perdere la presa al ramo cui si teneva. Forse le sue dita avevano perso sensibilità,
sta di fatto che scivolò in avanti, senza alcuna possibilità di riprendersi.
“LOKI!”
Non ebbi neppure il tempo di capire cosa fosse successo che il ramo crebbe ad una velocità
spaventosa andando a sorreggere il corpo di Loki, salvandolo.
Mio fratello aprii lentamente gli occhi, aggrappato come un gatto ad un ramo, e accortosi di essere in salvo mi sorrise.
“Ce l’ho fatta. Abbiamo vinto!”
Sollevò trionfante la corona d’edera come avrebbe fatto un coraggioso guerriero di ritorno
da una missione mortale, o almeno tale sembrò ai miei occhi.
Fu in quel momento che quel beato momento di serenità fu strappato dalle mani di Loki
con violenza inaudita, rifacendomi piombare nel terrore.
Il ramo dove si trovava mio fratello emise uno scricchiolio tremendo, e si ruppe.
Io ebbi appena il tempo di capire cosa stesse succedendo e di incrociare lo sguardo sorpreso
e spaventato di Loki, che lo vidi cadere nel fiume, e sparire risucchiato dalle onde.
Gridai il nome di mio fratello e mi stavo per buttare anche io in acqua quando fui bloccato.
Sif mi aveva preso per un braccio e mi guardava con sguardo infuocato da un’ira spaventata.
“Non farlo! Verrai risucchiato anche tu dal fiume e non potrai fare nulla per salvare Loki!”
Mi liberai, frustrato dalla presa della mia amica, e cercai con sguardo febbrile in acqua.
Corsi lungo il fiume e continuai a chiamarlo, fino a quando finalmente lo vidi riemergere e prendere una boccata d’aria tremenda.
Lo sentii chiamare il mio nome e poi l’acqua gelida lo inghiottì ancora, con brutale ferocia.
All’improvviso ricordai che il fiume era interrotto da un ponte, dal quale se mi fossi calato, avrei potuto salvarlo.
Corsi più veloce che potevo verso quella costruzione, e sperai con tutto il cuore che questo piano funzionasse.
“Loki, resisti! Fratello!”
Raggiunsi immediatamente la costruzione e cercai di intuire da che parte del fiume Loki
potesse arrivare, ma l’acqua era tumultuosa, piena di rapide, e vedevo mio fratello
scomparire e riemergere in zone opposte del fiume.
“Thor, arriverà qui!”
Mi girai e vidi che Sif mi aveva raggiunto, e aveva compreso i miei dubbi.
Io esitai un attimo, poi la mia amica mi urlò:
“Fidati! Vuoi salvare o no, tuo fratello?! Non voglio che Loki muoia, Thor, fidati di me!”
Decisi che tanto era l’unica possibilità che avevo.
Mi calai dal ponte, mentre Sif mi teneva affinché non cadessi dopo aver afferrato Loki.
Le previsioni di Sif alla fine si risultarono esatte, e mio fratello arrivò proprio in quel punto del fiume.
“Loki, prendimi la mano!”
Il rumore del torrente era troppo forte e sebbene gridassi la mia voce suonava non più forte di un sussurro.
Mi gettai quasi in acqua e lo afferrai. Loki si aggrappò a me con tutte le sue forze, e per un momento pensai che era salvo.
“Thor...” Tossì acqua e cercai di tirarlo su ma i suoi vestiti erano scivolosi e cedevoli.
Non gli avrei mai permesso di ricadere nel fiume, perché sapevo che non ce l’avrebbe mai fatta.
Diedi uno strattone perché lo sentivo scivolarmi tra le braccia, ma in questo modo Sif
perse la presa, e cominciò a dire di non riuscire più a reggermi.
La supplicai di resistere, ma quando spostai lo sguardo su Loki un orribile presentimento
mi gelò la schiena più di quanto avrebbe potuto fare le acque del fiume.
I suoi occhi si erano colmati di una consapevolezza crudele.
“No, Loki. Non ci pensare neanche! So cosa vuoi fare!”
Diedi un altro strattone, facendo forza sulle braccia, Sif emise un gemito disperato, e sentii la sua presa allentarsi.
Loki si limitò a sorridere, dopo di che lasciò la mia presa e ricadde pesantemente in acqua.
Lo chiamai e continuai a dibattermi in tutti i modi per tuffarmi, ma in quel momento arrivarono
anche gli altri che me lo impedirono in tutti i modi. Quando rialzai lo sguardo Loki non c’era più, come se fosse stato divorato dalle onde.
Mi guardai le braccia, di lui mi restavano soltanto i segni rossi che le sue unghie mi aveva provocato, poco prima di lasciare la presa.
“Loki...”

fine prima parte...

L'angoletto (sempre più buio) dell'autrice:
D'accordo.. mi preparo per la fustigazione pubblica dopo questo (mezzo) capitolo a dir poco osceno.. ç__ç
Vi ho lasciato con il fiato sospeso vero? ehm.. o almeno spero.. sta di fatto che questo non è il problema maggiore perchè... perchè.... O___O
questo capitolo fa schifo!!!! A fine cap pensavo di aver fatto un  buon lavoro, allora mi sono messa a rileggerlo, tutta contenta e spensierata, e mi è caduta la mandibola dalla disperazione.. =__= ditemi voi che ne pensate.. ho paura di aver fatto.. un buco nell'acqua questa volta (e perdonate anche il non voluto gioco di parole XD).. bacioni mie poche e preziosissimissime fan!!!!
Jack <3



p.s. nel caso non fossi stata abbastanza chiara.. le parti in verde sono il cambio di punto di vista in quello di Loki.. già... della serie:

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Capitolo 6
*** Balder, il Coraggioso ***


Balder, il Coraggioso

L’acqua gelida mi riempiva i polmoni come veleno.
Mi bruciava la pelle, e distruggeva la mia volontà.
Quando vidi mio fratello, e lo sentii su di me, pensai che ormai era tutto finito, e che su di lui potevo sempre contare.
Poi avevo visto lo sguardo di Sif, le sue nocche bianche, la sua espressione, e capii che non ce l’avrebbe fatta a reggere entrambi, non ancora per molto, almeno.
Empatia.
Così la chiamano quell’abilità di comprendere le intenzioni dell’altro senza che questo te ne faccia parola. Appena formulai il pensiero di lasciarmi andare vidi gli occhi di Thor colmarsi di un istintivo panico.
“No, Loki. Non ci pensare neanche! So cosa vuoi fare!”
Certo che lo sai.
Non posso nasconderti niente. Forse neanche se avessi il cuore in mano riusciresti a leggermi dentro bene come stai facendo tu ora.
Gli sorrisi per dirgli di non preoccuparsi, e lasciai andare la sua presa.
Le acque vorticanti del fiume mi divorarono con brutale violenza.
Per un attimo pensai che forse sarebbe stato semplice, mi sarei abbandonato alla corrente, perché sapevo era inutile lottare, e tutto sarebbe finito, senza gloria né disonore. In realtà il fiume si rivelò essere un terribile aguzzino. L’acqua ghiacciata conficcava i suoi artigli crudeli nella mia carne come fossi stato un tenero bocconcino. Mi sballottò contro alcune rocce, graffiandomi le braccia e le mani le quali, nonostante io mi sentissi così arrendevole, continuavano a lottare per conto loro. Cercavano di tirarmi fuori dall’acqua, di portare il mio respiro in superficie, ma nulla serviva contro quella violenza di cui non avevo mai sperimentato neppure una stilla.
Alla fine il fiume decise che si era stancato di giocare con me, mi catturò tra le sue grinfie e mi violentò i polmoni, riempiendoli d’acqua fino all’orlo.
Fu una sensazione orrenda e soffocante, ma durò poco, alla fine il pregato oblio avvolse il mio cuore distrutto, e tutto scomparve dove nulla ha nome.
Dove Loki non ha significato, e neppure la parolafratelli.
Dove Thor non porta quelle emozioni tremende, perché non significa nulla.

 
Dopo che Loki fu rubato dal fiume, Thor sembrava fuori di sé.
Ci vollero alcuni minuti per calmarlo, e anche così, sembrava che nel petto avesse un demone che gli stesse mordicchiando il cuore.
La giornata era diventata un inferno dopo l’arrivo di quel pidocchio di suo fratello.
Non solo avevo ferito Thor senza volerlo, ma ora questo!
Non ero così cattiva da desiderare che Loki morisse, ma sarei una bugiarda se dicessi che non avrei preferito che lui non fosse mai nato. Fin da piccola ero rimasta innamorata della solarità del figlio di Odino. Il suo cuore era sempre leggero, di fronte a qualsiasi difficoltà non faceva che sorridere, era un inguaribile, e certe volte quasi seccante, ottimista. Io non ero mai stata così, piuttosto isolata e solitaria, non cercavo molta compagnia, fino a quando arrivò Thor. La sua solare simpatia, e quel sorriso che non lasciava mai il suo volto mi contagiarono, mi riscaldarono il cuore poco a poco.
Per me Thor era il sole.
E quando arrivò Loki, anche se piccola, compresi che era soltanto una grossa Luna che si frapponeva tra me e il mio sole. Ecco perché desideravo che Loki scomparisse, perché volevo che quella luce benefica tornasse a riscaldare soltanto me, come se mi appartenesse.
A quei tempi ero ancora troppo giovane per comprendere la verità più importante. La mia gelosia mi rendeva ceca, e incapace di vedere oltre quella luce così calda e rassicurante che era Thor. Il motivo per cui il dio del tuono era sempre così felice, coraggioso, e spensierato era per suo fratello. Il suo cuore si illuminava di luce riflessa. E compresi che se per me Thor era il sole, Loki per lui non era una luna, o un bitorzoluto asteroide... Loki era tutto, l’intero, sconfinato e bellissimo universo.
Quel giorno corsi a chiamare aiuto, spiegando la situazione ai genitori di Thor. E tutti accorsero per le ricerche. Cercammo Loki per tutta la mattina, e spesso mi avvicinavo al piccolo dio del tuono e gli dicevo di stare tranquillo, perché sicuramente suo fratello stava bene. Thor allora mi rivolgeva uno sguardo vuoto, spento come non lo avevo mai visto. Mi spaventavo e allora allontanavo lo sguardo, vagamente consapevole del fatto che se Loki non fosse stato ritrovato, del Thor che conoscevamo un tempo, ci sarebbe rimasto solo il ricordo.

 
Labbra dolci e morbide come miele sulle mie.
Qualcuno che mi butta dentro aria con violenza.
Cosa volete ancora da me? Non sono bastate le vostre sevizie, e i vostri giochi crudeli?
Ho messo in pegno la mia vita per quella di mio fratello, ma l’ho fatto perché lo volevo.
Ora cosa volete ancora da me?
Non potrò più vedere il suo sorriso dorato, non è questa la peggiore delle punizioni?
Perché questa condizione è una tortura... e ora, solo di una cosa mi chiedo:
Cosa ho fatto di sbagliato per meritarmi questo?
“Puoi farcela, piccola, riportalo alla vita.”
“Io posso farcela, ma sembra che lui non voglia...”
“Convincilo a tornare.”
Di nuovo quel tocco, quelle labbra gentili, e l’aria che prepotente strazia i miei polmoni già pieni d’acqua.
Lo stimolo ha il suo effetto perché tossisco, e il fiume esce da me con la stessa prepotenza con cui è entrato.
Non ho la forza per tornare cosciente, mi limito a reagire istintivamente, cercando di respirare e di tornare a quel mondo asciutto e rassicurante.
L’aria entra più naturalmente ora, ma i miei polmoni bruciano, come se fossero coperti da scottature.
Cerco di capire dove mi trovo, ma non riesco ad aprire gli occhi.
Sento solo dell’erba umida sotto di me, e qualcuno che mi sorregge la testa.
“Grazie agli dei... sta bene.”
“Sei stata brava. Le vostre vite saranno legate per sempre.”
“Ora cosa devo fare?”
“Aiutalo, è il tuo destino. Tu sei l’unica che può farlo. Ricordi le parole della profezia?”
“Certo che lo ricordo...
Quando l’arroganza del tuono oltrepasserà il limite, il segreto dimenticato tra i ghiacci verrà rivelato.
Allora il cuore straziato del buffone ribalterà il mondo.
Tutti gli volteranno le spalle, il fratello amato diverrà il boia, e i suoi figli saranno divorati.
Quando tutti vorranno la sua fine, solo il cuore di un’iniziata a Freya gli resterà legato, la sua mano sosterrà il suo corpo, e allontanerà il crudele veleno dal suo viso.


Ci fu una pausa solenne, durante la quale la ragazza che aveva parlato mi accarezzò la testa, passando le dita dolcemente tra i miei capelli bagnati.
“Chi sei?” riuscii infine a chiedere.
“Sono una giovane seguace di Freya, dea dell’amore e della magia. La dea aveva predetto questo incontro, ma non abbia timore, la proteggerò sempre da questo giorno in avanti, e le sarò eternamente devota, mio signore. Il mio nome significa amica della vittoria. Il mio nome è Sigyn.”
Quello fu un incontro che da subito mi cambiò la vita, in questo caso salvandomela.
Persi conoscenza, e solo un po’ di tempo dopo riuscii a recuperare abbastanza forze da aprire gli occhi.
Sentii un venticello leggero carezzarmi il viso, e coriandoli di luce filtrare tra le spesse fronde degli alberi. Cercai di tirarmi su, e mi accorsi di trovarmi su una specie di giaciglio, morbido come piuma, ricoperto da un telo bianco.
“Fai attenzione...” disse una voce gentile e timorosa vicino al mio capezzale.
Alzai lo sguardo e incontrai quello curioso di una bambina più o meno della mia età.
Aveva un viso morbido e talmente dolce da sembrare che fosse fatto di burro, capelli color vaniglia, quasi bianchi, legati in una treccia al cui interno erano state infilate rose selvatiche e frutti di bosco, aveva delle orecchiette leggermente a sventola, e un’aria curiosa ma al contempo intimorita. Sembrava volesse leggermi dentro con lo sguardo ed allo stesso tempo che stesse per scoppiare a piangere.
“Come ti senti? Ti ho curato le ferite...”
Guardai dove mi aveva indicato, e in effetti vidi che avevo le bracca fasciate da verze di lino che profumavano di mela e cannella. Dovevo essermele graffiate nel fiume, mentre cercavo di nuotare o anche soltanto restare a galla. Quindi, oltre alle varie ferite sparse in giro per il corpo, mi sentivo discretamente bene.
Mi guardai un momento attorno, e vidi che mi trovavo in una specie di radura in mezzo ad enormi salici piangenti. L’aria profumava di muschio e mughetto selvatico. L’erba cresceva rigogliosa e timide lucciole si nascondevano tra le foglie degli alberi; sembrava quasi un luogo fatato.
Rivolsi di nuovo il mio sguardo verso quello annaspante di meraviglia della mia salvatrice, e vedendo che continuavo ad osservarla senza dire nulla il suo viso prese fuoco come un fiammifero sfregato.
“R-Ricordi... q-qualcosa di q-quello che ti è successo? Hai sbattuto la t-testa e...”
“Ricordo tutto grazie. Tu sei Sigyn, non è vero? Sei stata tu a tirarmi fuori del fiume?”
In risposta la bambina mi guardò con due grandi occhioni marroni, e poi scosse freneticamente la testa in segno di assenso.
Mi chiesi il motivo di quella reazione esageratamente timida e vergognosa, ma alla fine pensai che dipendesse dal carattere introverso della ragazza.
“Quindi mi hai salvato... beh, grazie per averlo fatto, Sigyn.”
Sorrisi, mostrandole la mia riconoscenza.
“Non mi ringraziare, mio signore. Non ho fatto niente di speciale...”
“Ah, a proposito... perché continui a chiamarmi mio signore?”
“Beh, ecco...”
“Sai come mi chiamo? Io sono Loki... anche se sono il figlio di Odino tu sei la mia salvatrice! Perciò ora siamo amici.”
“A-Amici?”
“Certo.”
Non so perché, ma mi sentivo stranamente in pace in sua compagnia. Sembrava che tutti i problemi, quelli almeno che può avere un bambino di cinque anni, svanivano come per magia.
La ragazzina abbassò gli occhi e cominciò a balbettare cose senza senso, poi rivolse lo sguardo verso il fitto del bosco, e i suoi occhi si riempirono di panico.
“Mio sign... ehm, volevo dire... Loki, ora devo scappare!”
Si alzò in piedi e fece per andarsene, quando le chiesi:
“Come posso ritrovarti?”
Lei si fermò e voltandosi ci pensò un attimo.
“Dammi la mano.”
Lo feci senza pensarci, perché sapevo non avevo nulla da temere.
Lei la prese, la chiuse a pugno e vi soffiò dentro.
Quando la riaprii dentro c’era una sfera di cristallo azzurro con venature rosa.
“Quando hai bisogno di me, torna in questo posto e scuoti questa sfera. Produrrà una specie di melodia, io riuscirò a sentirla ovunque mi trovi, e tornerò.”
Detto questo sparì tra gli alberi, in quello che mi sembrò un lampo di luce.
Pensai cosa fosse successo, e chi fosse quella strana creatura che ora cominciavo a dubitare fosse asgardiana, quando sentii un rumore di passi pesanti fuori della radura.
Non sapevo cosa aspettarmi ma in quel momento sbucò fuori Heimdall, con la sua solita espressione illeggibile.
“Signorino, finalmente l’abbiamo trovata.”
Da dietro Heimdall sbucò mio fratello che appena mi vide, sul suo viso esplose una stella di gioia.
“Fratello! Stai bene!”
Mi corse incontro e quasi mi soffocò abbracciandomi. Sembrava essersi più agitato del solito, nonostante non fosse la prima volta che facevo preoccupare Thor con le mie azioni.
Intanto mi controllò la testa, le braccia, e neanche per un istante si chiese chi avesse curato le mie ferite, o come avessi fatto ad uscire tutto intero dal fiume.
A lui bastava che stessi bene. A quei tempi era tutto molto più semplice.

 
Era lì, seduto tranquillo, con le mani in grembo e lo sguardo smeraldino, a fissarmi. Appena lo vidi corsi verso di lui, finalmente sollevato di trovarlo sano e salvo.
Incrociai il suo sguardo e sembrava mi dicesse “Cosa succede fratello? Perché tanto baccano?”.
Compresi che lo stavo stritolando contro di me solo quando emise un piccolo rantolo di dolore.
“Scusa. Perdonami... è che... ho avuto paura.”
Al suono di quelle parole l’espressione perplessa di Loki si rasserenò, diventando atrocemente amorevole.
“Ma ora stiamo bene entrambi. E di nuovo insieme.”
Annuì, felice come una pasqua di aver ritrovato quella piccola peste, ma alla fine notai che era bendato in molti punti, e su alcune ferite sembrava essere stato messo un medicamento a base di erbe.
“Chi ti ha curato, Loki? Sei stato tu?”
Mio fratello si portò una mano sulla fasciatura alla fronte.
“Ah, questo?”
Sembrò pensarci su un attimo, poi il suo sguardo si sciolse come se stesse ricordando qualcosa di piacevole.
“È stata una Naiade, una ninfa delle acque con proprietà guaritrici. Mi ha salvato, tirandomi fuori del fiume, e poi mi ha curato. Vedi? Questo è un suo dono.”
Mi mostrò una piccola sfera luccicante, simile ad una perla screziata.
“Una Naiade? Loki lo sai che non devi dire le bugie... quante volte te l’ho detto?”
Le sue guance si imporporarono subito, a causa del giovane orgoglio ferito.
“Thor! Io non dico bugie! Sei mio fratello e ti voglio bene, non ti mentirei mai...”
Se ripenso a quei momenti, la sincerità con cui Loki manifestava i propri sentimenti era per me quasi disarmante.
Mi ritrovai a ridere nervosamente, e a chiedere scusa per il mio errore.
Lui sorrise, dimentico di tutto, e mi abbracciò senza pensare.
Loki... hai davvero incontrato una ninfa?
Mio fratello fu infine riportato al castello che era quasi notte fonda.
Lo trasportai io stesso a letto perché era talmente stanco che vedevo non riusciva più neanche a tenersi in piedi.
Dormivamo ancora nella stessa camera da letto, ma ora Loki aveva un grande letto tutto suo, con soffici guanciali ricamati, e coperte di seta raffiguranti situazioni mitiche del passato.
Lo posai delicatamente sul suo letto, ma quando feci per andarmene, sentii qualcosa trattenermi per la veste. Con mia grande sorpresa vidi che Loki era ancora sveglio e mi tratteneva con una mano.
“Resta con me...”
Fu la semplice richiesta che formularono le sue labbra.
Io non me lo feci ripetere due volte, e mi stesi accanto a mio fratello.
Loki si appallottolò contro il mio petto e io lo catturai nel mio abbraccio.
“Diventi ogni giorno più forte.” Sussurrò, con la voce impastata di sonno.
“Anche tu, fratellino.”
Lui scosse la testa, affondandola ancora di più contro il mio petto.
“No... tu diventi forte, coraggioso, hai degli amici... io sono debole...”
Poggiai una mano sulla testa di mio fratello, e accarezzai i capelli corvini. Non so nemmeno io quante cose avrei voluto dire. Come potevano le parole spiegare quello che sentivo per quello scricciolo dalla bellezza ambigua e la lingua più aguzza di una spada?
“Diventerai anche tu forte, Loki. Sei ancora piccolo, devi crescere. Ma non ti devi preoccupare di questo. Qualsiasi cosa succeda ti proteggerò io.”
“Qualsiasi?”
“Sempre...”
Lo sentii sorridere contro il mio petto, ed emettere un lento sospiro.
Poi non disse più nulla, e io pensai che si fosse addormentato, ma non era così.
“Thor?”
“Che c’è?”
“Perché Sif mi odia?”
“Non ti odia... lei è così con tutti...” mentii.
“Non ti credo.”
“Dalle tempo, sono sicuro che quando ti conoscerà cambierà atteggiamento.”
Non mi rispose e rimase ancora un momento in silenzio, poi sussurrò ancora più piano:
“Thor...?”
“Cosa?”
“...mi racconti la storia di Balder, il Coraggioso?”
Risi a quelle parole.
La storia di Balder il Coraggioso era una delle preferite di Loki, tra quelle che ci raccontava nostra madre la sera, prima di andare a letto. Per tutte le volte che l’avevamo ascoltata la ricordavamo a memoria, e a Loki piaceva sussurrare di nascosto, mentre nostra madre leggeva, le frasi di quell’eroe.
“D’accordo, ma cerca di dormire...”
E accoccolandosi contro di me credo che non arrivò neppure al terzo capitolo, che si addormentò, o forse era solo Loki che voleva la pensassi così.
 
Una Naiade...
L’avevo detto sul momento, credendo fosse divertente.
In realtà ora che ci pensavo, mi convincevo sempre di più che lo fosse.
Era una creatura comparsa dai boschi, che mi aveva salvato, curato, e che sapeva usare la magia. Era l’unica spiegazione logica che mi era venuta in mente!
Durante la colazione rimuginai sulla questione, facendo rotolare la piccola sfera tra le dita, e ogni tanto la avvicinavo all’orecchio e la scuotevo, cercando di sentire se producesse qualche suono particolare.
“Figlio mio, sei più silenzioso del solito, c’è qualcosa che non va?”
La mia attenzione fu richiamata dallo sguardo gentile e comprensivo di mia madre, che mi aveva rivolto la parola.
“Niente... stavo solo pensando a ieri...”
“Ti sei spaventato molto, non è vero, tesoro?”
Per un momento non seppi cosa rispondere.
Mi ero spaventato, davvero?
Non ci avevo pensato, e a dire il vero non sapevo esattamente cosa significava spaventarsi.
Feci segno di sì, credendo che quella fosse la reazione più naturale e comprensibile, e quando mia madre sorrise, serena, capii di aver risposto nel modo giusto.
 
Quel giorno uscii dal castello evitando i servitori che mi dovevano tenere d’occhio, essendo ancora troppo piccolo per girovagare da solo. Ma ormai sapevano bene che non c’era modo di fermarmi, se volevo scomparire e uscire da palazzo senza essere visto.
Sta di fatto che mi ritrovai svogliatamente sdraiato sul giardino di casa, a giocare con delle piccole piante.
Piantavo dei semi di papavero, che mi aveva regalato mia madre, e posavo la mano sopra la terra, concentrandomi.
Chiudendo gli occhi quasi riuscivo a sentire la terra vibrare sotto le mie dita, e dopo un po’ il naso curioso di una gemma sbucava dal terreno.
Allora alzavo la mano e il fiore continuava a crescere, metteva foglie, il bocciolo cambiava colore e diveniva rosso come il sangue fresco.
Alla fine si apriva e mostrava i suoi morbidi e così fragili petali, alla mia mano aperta, quasi in segno di riconoscenza.
Era un gioco, un semplice gioco innocuo, e mai avrei pensato che ci fosse qualcosa di stupefacente in tutto questo, né tanto meno di utile.
Il gioco sul fiume invece aveva fatto serpeggiare nella mia mente un pensiero, un’idea innocua che prese forma e forza. Il fatto che forse, soltanto per via ipotetica, le mie capacità potessero essere sviluppate e utilizzate per qualcosa d’altro.
Mi tirai su a sedere sul prato, e il mio sguardo cominciò a perdersi sui boschi lontani.
Forse la forza che posseggo io è diversa da quella di mio fratello... lui ha i muscoli, mentre io ho...
Non mi lasciai neppure il tempo di finire quel pensiero che corsi verso la foresta.
Dovevo assolutamente ritrovare quella piccola radura nel bosco, e chiedere a Sigyn di insegnarmi. Lei mi aveva detto che era un’iniziata a Freya, dea dell’amore e della magia! Avrei potuto chiedere di diventarlo anch’io, e se anche mi avesse mentito... dopotutto Sigyn era una Naiade, una creatura magica, sicuramente sapeva come sviluppare le mie doti!
Corsi a perdi fiato, talmente emozionato da dimenticarmi di essere cauto, e di non farmi vedere da nessuno. Attraversai il villaggio, e molti si voltarono, riconoscendo il figlio di Odino, ma nessuno mi fermò. Dopotutto non avevo la notorietà di mio fratello, ero ancora piccolo, ma tutti gli sguardi che mi venivano rivolti, sembravano freddi, scostanti, come se non si fidassero di me. Non mi hanno mai concesso un grammo della loro fiducia, porci ipocriti di quegli Asgardiani... anche voi avete contribuito a creare il mostro contro il quale ora inveite.
Quel giorno corsi fino al fiume senza che nessuno mi fermasse, lo costeggiai senza paura, e arrivai al ponte grazie al quale per un istante avevo creduto di avere salva la vita. Gli lanciai solo una veloce occhiata ed infine ritrovai la strada per la radura.
Il sole di quel mattino d’inverno entrava attraverso i rami dei salici, e l’aria sembrava quasi brillare come ghiaccio, di fronte a quei chicchi di luce.
Presi la piccola sfera dalla tasca, e la osservai un istante, poi la scossi leggermente.
Solo allora quella emise un suono, simile a bicchieri di cristallo che tintinnano ed echeggiano di musica.
Il suono si ripercosse come amplificato per tutta la radura, fu assorbito dai salici e lo sentii continuare vibrando lontano, come se il suono proseguisse veloce il suo cammino per raggiungere tutta Asgard.
Rimasi così meravigliato da quel prodigio da non notare subito che in fondo alla radura si era accesa una specie di fiaccola azzurra.
Quando la vidi corsi verso di lei, notando soltanto quando fui ad un passo da lei che volteggiava nell’aria senza alcun sostegno.
“Un... fuoco fatuo?” bisbigliai, senza pensarci, ricordando fin troppo bene le storie di magia che ci raccontava nostra madre la sera.
Lo toccai ma la fiamma non mi bruciò, anzi sembrò arrampicarsi sulla mia mano, e divertirsi arrotolandosi tra le mie dita, facendomi il solletico; alla fine scomparve, e riapparve qualche metro più avanti.
“Seguimi...” disse una voce impalpabile come quella di una fata.
“Seguirti? Dove?”
Mi avvicinai ancora e la fiamma ripeté la sua mossa, scomparendo e riaccendendosi poco più lontano.
“Seguimi...” rispose, con semplicità.
Acconsentii e mi misi a seguire quella piccola fiammella dispettosa, inoltrandomi sempre più in profondità nel bosco. Solo per un istante mi chiesi come avrei fatto a tornare indietro, e a ritrovare la strada di casa, ma fu soltanto il pensiero di un momento, dato che ben presto la meraviglia sommerse qualsiasi altra cosa.
Intanto attorno a me il paesaggio cambiava, gli alberi diventavano sempre più radi, rivelando un paesaggio che non avevo mai visto prima; sembrava quasi che mi stessi inoltrando a piedi in un altro mondo.
Alla fine gli alberi scomparvero del tutto, ed io mi ritrovai con le caviglie immerse in una sabbia talmente rossa da sembrare che fosse fatta di rubini sbriciolati.
Il cielo era ricoperto da stelle pulsanti, e ad un primo sguardo poteva sembrare fosse notte fonda. In realtà sopra di me non c’era nessuna luna, ma soltanto quella nube vorticante di stelle iridescenti che con la loro luce riuscivano ad illuminare quella strana terra desolata. Anche il cielo in lontananza sembrava sfumare dai toni del blu e dell’azzurro diventando improvvisamente rosso acceso. Mi guardai attorno e riconobbi quel posto come essere un deserto, con le sue enormi dune sibilanti.
“Seguimi...” disse la fiammela, richiamando la mia attenzione.
Spostai i miei occhi sgranati sul fuoco fatuo e continuai a seguirlo.
Mi costrinse ad arrampicarmi sopra una duna, e quando finalmente arrivammo in cima, e potei vedere oltre, d’avanti ai miei occhi si aprì uno spettacolo ancora più sorprendente:
In mezzo a quella distesa di sabbia c’era una specie di piccolo specchio d’acqua, una fonte dentro la quale brillavano tante pietre luccicanti come diamanti.
Ero troppo lontano per vedere chi fosse la piccola figura che si stagliava contro la sabbia rossa, ma vedevo che ogni volta che alzava un braccio, una di quelle pietre schizzava fuori dall’acqua, su nel cielo, e poi prendeva fuoco esattamente come una stella cadente. Dopo di ciò la pietra, raggiunta una certa altezza, esplodeva in mille pezzi fiammeggianti, in un arcobaleno di colori.
Il fuoco fatuo scomparve, e compresi che aveva adempito il proprio compito.
Io non aspettai neppure un secondo che corsi verso quella fonte, con la meraviglia nel cuore e negli occhi.
“Perdonami, ti avevo detto che sarei venuta io... ma Freya non mi ha permesso di allontanarmi.”
La sua voce mi raggiunse prima che potessi riconoscerla d’aspetto.
Sigyn indossava un lungo vestito rituale, con rune incise sul bordo, e nastri tra i capelli che le scendevano sulle spalle scoperte.
Mi sorrise con il suo solito fare impacciato ma gentile.
“Che cos’è questo posto?” chiesi, senza altre parole.
“Oh, questo è una specie di dimensione intermedia tra i regni, e uno dei tanti posti dove Freya mi porta per esercitarmi con la magia.”
Poi parve infervorarsi tutta e disse emozionata:
“Mio signor... ehm, Loki! Guarda cosa ho imparato a fare!”
Si concentrò portando le mani di fronte a sé, chiuse gli occhi, e pronunciò alcune parole che non compresi.
In quel momento un altro diamante, più grosso del precedente, schizzò in aria, prese fuoco ed esplose, per poi ricadere in tanti brillanti frammenti come neve su di noi.
“Che ne dici?”
Io rimasi in silenzio, e Sigyn lesse questa mia reazione come una cosa negativa.
“Ah... naturalmente devo ancora migliorare... ho davvero tanto da...”
“È fantastico...” sussurrai, con lo sguardo perso verso il cielo.
“Cosa?”
Presi le mani di Sigyn e gli feci fare una specie di giro tondo, mentre nella mia voce nasceva una risata scoppiettante.
“È fantastico, assolutamente fantastico! Non avevo mai visto una meraviglia del genere, Sigyn! È stata la cosa più bella che avessi mai visto!”
Gli sorrisi, non riuscendo proprio a contenere quell’euforia.
Lei avvampò tutta, e prese a ridere anche lei, senza riuscire tuttavia a spiccicare parola.
“Ti prego, Sigyn, mi devi insegnare...”
Lei a quelle parole mi guardò un attimo, e poi disse:
“Scusa Loki, ma io non posso... non sono in gradi di insegnarti...”
Per un istante non riuscii a trattenere un moto di delusione al mio cuore, però pensai che non tutto era perduto.
“E se provassi a chiedere a Freya? Secondo te acconsentirebbe?”
La ragazza fece un’espressione incerta.
“Non so... non sono sicura che...”
“Ti prego Sigyn, ti prego, ti prego, ti pregooo... in nome della nostra amicizia!”
Lei sbuffò, imbarazzata, e poi brontolò un d’accordo.
“Prova a chiederglielo, è proprio dietro di te.”
Mi girai, fingendo di credere in quello che pensavo fosse uno scherzo.
Ma quando vidi, su un trono fatto di oro liquefatto, una donna bellissima che mi osservava con un accennato sorriso sulle labbra, rimasi ancora senza parole.
“Ciao, piccolo figlio di Odino... cosa volevi chiedermi?”
“... sei Freya?”
Quella donna era bellissima, aveva lunghi capelli rossi, mossi come le dune di quel deserto. Occhi verdi screziati di azzurro, e una bocca rossa e piena. La sua pelle era diafana, e alla luce delle stelle sembrava rilucere di una propria luminescenza.
Teneva le mani affusolate compostamente in grembo, la testa reclinata di poco lasciava intravedere il collo sottile e delicato.
Mi si sciolse il cuore al solo guardarla, e pensai che nessun’altra donna sarebbe potuta essere la dea dell’amore più di quella che mi si presentava di fronte.
“Sì, sono io... ma non è questo che volevi chiedermi...”
Deglutii e mi feci coraggio, nonostante quella creatura mi mettesse una certa soggezione.
“Volevo imparare l’arte della magia! E speravo che tu me la potessi insegnare...”
Lei mi rivolse uno sguardo dolce, simile a quello di mia madre, ma privo di carezze.
“Lo vuoi veramente, Loki Odinson? Voglio essere sincera con te... sappi che il tuo destino è già stato scritto dalle Norne, coloro che tutto vedono. Sapevano che ti saresti recato da me per imparare l’antica arte, quella magia che ti scorre nelle vene assieme al sangue, ma sapevano anche che questo sarebbe stato uno dei primi passi che ti avrebbe condotto verso la rovina... vuoi davvero proseguire per questa strada?”
Le sue parole mi lasciarono turbato, ma non riuscii a comprenderle fino in fondo, così le chiesi:
“Se non percorressi questa strada... cosa ne sarà di me?”
“Avrai un futuro molto meno inglorioso, ma al contempo il tuo nome verrà dimenticato, come se tu non fossi mai esistito. Comprendo che tu sei ancora molto piccolo per decidere una cosa del genere, perciò fai solo ciò che il tuo cuore ti consiglia.”
In pratica Freya mi stava dicendo che se avessi iniziato il suo tirocinio avrei vissuto una vita ricolma di sofferenza? Per un istante tentennai, poi mi ricordai di Balder il Coraggioso. La sua storia parlava di come quel guerriero avesse combattuto fino alla morte per i suoi ideali. A causa delle sue azioni il suo nome divenne così disonorevole per chi lo pronunciava che fu messo al bando. Si narra che contro Balder fu mandato un intero esercito, e che lui da solo continuò a combattere, e ad uccidere uomini per tre giorni e tre notti. Alla fine del terzo giorno, con un braccio ormai fuori uso, e privo di un occhio, il resto dell’esercito ormai lo guardava con lo stesso timore reverenziale con cui si guarda lo spirito immortale del più valoroso tra i guerrieri.
Balder si ergeva sopra la montagna di cadaveri di uomini che lui stesso aveva ucciso. Ormai era giunta la sua ora, sentiva di non poter resistere ad un atro fendente, anche se ci avrebbe provato, il nero esercito di uomini si accalcò attorno a lui, e Balder, dalla cima della sua montagna, innalzò la spada e urlò con tutta la forza che si trovava in corpo.
L’esercito terrorizzato, fece alcuni passi indietro, e a causa della loro paura decisero di ucciderlo da lontano, a causa della propria vigliaccheria.
Balder fu assalito da un oceano di frecce nere, che posero fine alla vita di quell’uomo.
Il grido di Balder era stato un atto di coraggio, di forza, era il grido di un guerriero che sputava in faccia al destino e al contempo dichiarava a gran voce che nulla lo spaventava. Balder aveva seguito i suoi ideali fino in fondo, senza paura, affrontando il nemico con la spada in mano e gli occhi accesi di gloria.
Avrei seguito il suo esempio.
“Voglio imparare la magia. Ho deciso.”
Freya sorrise e disse:
“Una decisione del degno figlio di Odino. Pregherò per te affinché le Norne cambino idea sul tuo destino... ma ora va e torna a casa, ti farò chiamare da Sigyn quando sarò pronta ad insegnarti.”
Detto questo restò immobile, quasi fosse diventata una statua di pietra, e Sigyn mi portò via con sé, camminando verso una duna.
“Certo che è strana quella dea...”
“Su, non dire così, Loki. È una brava insegnante, e vedrai che ti piacerà.”
Sorrise e quindi aggiunse:
“Sai, sono contenta di averti rivisto così presto.”
Oh, piccola Sigyn... mi sei sempre rimasta accanto. Avresti meritato qualcosa di molto meglio di un dio sbruffone e fuori di senno come lo sono io...
Quel giorno le sorrisi, e dissi che lo ero anche io.
“Ora ti rimando a casa. D’accordo? Chiudi gli occhi e conta fino a 7. Però non sbirciare, mi raccomando!”
Sorrisi a quell’eventualità.
“Sono due giorni che mi conosci e già non ti fidi di me?”
“Non è così, Loki. Io vorrei fidarmi di te, ma so che non devo. Perciò fa’ come ti dico.”
Mi coprii gli occhi con le mani e cominciai a contare ad alta voce.
Una volta arrivato a 7 tolsi le mani e dissi:
“Ma allora, Sigyn, cosa...”
Ma la voce mi fu mozzata non appena misi a fuoco il posto nel quale mi trovavo.
Ero tornato alla radura e, a giudicare dalla luce, doveva essere trascorsa qualche ora.
Con un sorriso stampato in faccia corsi fino a casa, il cuore che mi scoppiava di emozione. Quel giorno mentre giocavo con Thor mi chiese molte volte perché fossi così di buon umore, ma io riuscivo sempre ad ingannarlo, o a fargli dimenticare che dovevo dargli una risposta. Bastava un sorriso e un ti voglio bene, e il cervello di Thor andava subito in tilt, sommerso dal suo cuore.
Già allora avevo capito quale fosse il tuo punto debole,fratello... il tuo fragile cuore sospirante ti è sempre appartenuto. Non capisci che è una debolezza?! L’amore è per i bambini e tu non sei mai cresciuto... io invece l’ho fatto.
Nonostante tutto quello che ti ho fatto mi hai sempre voluto bene, e continui a volermene... Thor... sei un idiota.
 


Il soltio angolino:
Bestemmiare quando hai scritto tutto sull'editor di efp, il computer si spegne e non ti ha salvato nulla.. e devi ricominiciare da capo.. NON HA PREZZO CON MASTERCARD!!
ok.. basta cazzate.. iniziamo con le cose serie.. vi piace il nuove layout? Se sì lo farò sempre così.. con questa specie di casella testo.. lasciare il cap sparso per tutta la pagina mi risulta scomodo.. almeno è quello che penso io quando leggo qualche cosa qui.. ma vabè...
ah, prima che mi scordo..! vi chiedo scusa in ginocchio per non avervi ringraziato singolarmente per le recensioni del cap precedente.. ma vi giuro che le ho lette tutte.. e quindi per ora farò così:
GRAZIE A TUTTI PER I GENTILISSIMI COMMENTI VI AMOOOOOOO!!! XD
ok, dopo aver perso l'unico pezzo penzolante di faccia che mi rimaneva.. vi commento il capitolo vero e proprio che ne dite?
Ingredienti della mia zuppa:
allora, intanto Sigyn, lei è nella mitologia la moglie ufficiale di Loki (già perchè poi il nostro simpaticone dio un dio ha fatto il cattivello varie volte, facendosi ospitare da una gran quantità di letti, ma questa è un'altra succosa storia.. eheh..), con la poverina ha sfornato due bei fanciulli.. e dopo queste inormazioni essenziali sono andagta a fare qualche ricerca sul conto di Sigyn solo per scoprire che non c'è quasi niente nella mitologia che la riguardi.. così sono andata di fantasia.. perdonatemi.. discorso diverso per Balder.. nella mitologia costui è il fratello di Thor.. io per la leggenda però ho ripreso solo il nome.. Balder il coraggioso non ha nulla a che vedere con il suo omonimo della mitologia.. poi.. in alcune parti la narrazione vi risulterà.... strana? Perchè ho voluto che la narrazione sembrasse condotta da un Loki e un Thor ormai cresciuti, che con il senno di poi ricordano il loro passato....  Freya è l'unica poraccia che non ho toccato.. e a cui mi sono rifatta abbastanza fedelmente..

ora, di certo mi sono dimenticata qualcosa.. ma al momento mi sembra di aver detto tutto.. perciò passo e chiudo..  grazie ancora a tutti.. prometto che vi ringrazierò ad ogni commento questa volta.. ;)

Jack

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Capitolo 7
*** Mischievous kid ***


Mischievous kid


“La detesto, la detesto, LA DETESTO!”
Loki buttò per terra la piccola sfera che stava facendo levitare da quasi due ore e mezzo.
Quella non appena toccò il suolo si disintegrò in miliardi di pezzetti, quasi che fosse stata d’acqua e non di cristallo.
“Loki, calmati... non c’è bisogno di arrabbiarsi...”
Il ragazzo prese a camminare in lungo e in largo in cima all’obelisco di pietra sul quale ci trovavamo.
“Non mi dovrei arrabbiare secondo te?! Non credo che l’avrei mai detto ma Freya è davvero la peggiore insegnante che io abbia mai incontrato! È proprio vero che non si deve giudicare un guerriero dall’armatura... la prima impressione che mi ero fatto su di lei era completamente sbagliata!” emise un verso frustrato, e continuò a borbottare fra sé.
Io lo guardavo, disperata, senza riuscire a trovare le parole giuste per calmarlo. Del resto è davvero difficile per me anche solo rivolgergli la parola.
Come può la mia timidezza reggere il confronto di quella sua tagliente lingua argentina?
Credevo che sarebbe stato tutto molto più semplice, ma a quanto pare le profezie del Fato tralasciano molti dettagli importanti.
“Loki, cerca di vedere il lato positivo... non è tanto male quassù...”
Mi guardai intorno indicandogli il cielo che esplodeva di stelle, e in cui si animavano esseri evanescenti dalle non ben precisate fattezze.
Quando riabbassai lo sguardo quello di Loki era puntato su di me, sul suo viso un’espressione di paziente ira. Si sedette di fronte a me senza perdere il contatto visivo e io non riuscii a trattenermi dal sobbalzare, a causa di quella vicinanza.
Oggi giorno di più mi sorprendeva la naturalezza con cui si comportava Loki, come se sapesse sempre cosa fare, dire, e quali fossero i giusti tasti da toccare in chiunque. Mi ritrovai a chiedermi se questo innato approccio diretto fosse proprio solo di Loki, o in generale di tutti i figli di Odino.
Sta di fatto che Loki fissò il suo sguardo nel mio, rimase in silenzio per un attimo e poi alzò un sopracciglio dicendo:
“Siamo bloccati sopra un obelisco alto centinaia di metri, nessuno sa che siamo qui oltre a Freya, sono passate quasi tre ore, e non abbiamo nulla da fare... ora dimmi per quale ragionevole motivo tu dici che ci sono lati positivi in questa faccenda.”
La sua espressione seria e indagatrice mi impedì qualsiasi possibilità di risposta.
Allora, consapevole che il mio viso stava andando a fuoco già da vari minuti, e che sicuramente Loki se ne era accorto, dato che a lui non sfuggiva mai niente, mi coprii il viso con le mani e mi appallottolai a guscio, e gli chiesi scusa, dicendo che aveva ragione lui su tutto.
Quando sbirciai di nuovo attraverso il mio scudo di dita, l’espressione sul viso di Loki era cambiata, ora sembrava sorpreso, ma non quel genere di sorpreso che un attimo dopo si trasforma in rabbia ferina. Era piuttosto quel genere di reazione che ti prende in contropiede, ecco.
Loki quindi mi scompigliò i capelli, e con un sorriso disse:
“Sei sempre troppo buona, Sigyn.”
Detto questo si alzò in piedi e sospirò.
Ripensai ai mesi trascorsi insieme, da quando Loki aveva chiesto a Freya di diventare suo discepolo, e mi accorsi che in effetti aveva tutti i motivi di questo mondo per essere in collera con la dea. Le lezioni del nostro precettore infatti potevano apparire ad un primo sguardo non solo inutili, ma anche tremendamente noiose. Quando la dea non ci relegava in qualche angolo sperduto dell’universo, ad esercitarci per un tempo infinito, allora si dilungava in lunghi e spossanti lezioni in cui non faceva altro che parlare e parlare soltanto. Loki cercava di mantenere il più possibile il controllo, ma ormai riuscivo a cogliere segni di impazienza in qualsiasi suo gesto o espressione: da come corrugava leggermente la fronte, o da come il suo sguardo si faceva sempre più... nero. O ancora come quando si portava una delle ciocche dei suoi capelli corvini d’avanti al viso, e ci giocherellava, distogliendo lo sguardo.
Loki ogni volta protestava, cercava qualsiasi mezzo di dialogo per convincere la dea ad insegnargli quella che lui diceva essere la “vera” magia. Ma nulla sembrava smuovere gli intenti di Freya, che invece sembrava avere tutta una sua concezione dei tempi di insegnamento.
“Loki Odinson, devi essere paziente. Solo grazie a ciò che io ti insegnerò potrai raggiungere gradualmente e nel giusto modo la conoscenza dell’Antica Arte.” Disse un giorno ad un Loki più innervosito del solito.
“Non voglio essere paziente! Voglio imparare! E so di poterlo fare... l’unico problema sei tu. Anzi tutti coloro che mi ostacolano!”
Di conseguenza il piccolo principe aveva cominciato sempre di più a detestare Freya, e cercava in ogni modo di disubbidirgli o di farla innervosire. Una delle cose che infatti più lo aveva meravigliato della sua nuova insegnante era il fatto che la dea dell’amore fosse imperturbabile.
Vedevo Loki escogitare trucchi, con la poca magia che aveva imparato, per far inciampare la dea, rovinarle le vesti, o anche solo spettinarla, il vero obiettivo di quei dispetti era in realtà farle perdere quell’atteggiamento da sfinge egizia, che lui proprio non sopportava.
Proprio come se la dea avesse sentito i miei pensieri, comparve improvvisamente in cima all’obelisco.
“Avete terminato l’allenamento?”
Loki non gli diede neppure il tempo di dire altro che le si avventò addosso, rimanendo comunque a distanza di sicurezza.
“Si sta prendendo gioco di noi, per caso?! Perché io non mi sto divertendo.”
“Chi è succube degli scherzi altrui di solito non si diverte mai...”
A quell’affermazione mi sembrò di vedere Loki ribollire, e pregai gli dei di tutto il Valhalla che per una volta frenasse la sua lingua aguzza.
“Non c’è bisogno di perdere il controllo, Odinson. So perfettamente cosa stai pensando adesso. Credi che i miei insegnamenti non servano a nulla, ho ragione?”
In risposta Loki si limitò a guardarla intensamente e con astio.
La dea sospirò.
“Voi figli del grande padre non avete pazienza, credo che sia uno dei vostri peggiori difetti. Anche Thor è come te...”
“Io voglio solo imparare la magia... e se tu non vorrai insegnarmela allora la imparerò da solo!”
Fece per andarsene, anche se io mi chiesi dove mai sarebbe potuto andare, dato che ci trovavamo ancora in cima all’obelisco.
“La magia, come la chiami tu, è qualcosa che necessita di infinita pazienza... Il tuo spirito dev’essere pronto a piegarsi ad essa, senza spezzarsi. Il tuo cuore deve sopportare, irrobustirsi poco alla volta, altrimenti si strapperà, e la follia invaderà la tua mente prima dei tempi. I tuoi sensi devo crescere assieme alla forza della tua ragione.”
Odinson si girò e gli saettò uno sguardo simile ad un serpente velenoso.
“Belle parole, sibilline, affascinanti, ma tu non mi hai mai insegnato nulla di tutto questo!”
Freya sorrise, con una nota di ironia, e quell’espressione gioiosa mise ancora più in agitazione Loki, che però questa volta parve controllarsi.
“Stai già imparando... e forse lo hai capito anche tu, Loki, a causa del dolore...” disse la dea, in un sussurro appena percettibile.
Poi parve riscuotersi e con un leggero cenno della mano disse:
“Questa lezione è finita, tornate a casa.”
Detto questo l’obelisco scomparve, come spazzato da un vento impetuoso, e ci ritrovammo entrambi alla radura.
Loki mi dava le spalle, e non riuscivo bene a distinguere la sua espressione, tuttavia vedevo fin troppo bene i muscoli della sua schiena irrigiditi, i pugni chiusi e quasi esangui, e compresi che non gli era piaciuto per niente l’atteggiamento di poco prima con la dea.
Poi successe qualcosa che mi meravigliò non poco: Loki sospirò, e si rilassò; si voltò verso di me, e con uno sguardo leggermente velato dalla rabbia di poco prima accennò un sorriso.
“Andiamo?”
Arrossii, non riuscii a trattenermi dal farlo, e risposi:
“S-Sì!”
 
Corremmo fino in città, senza una meta precisa; era evidente che Loki volesse semplicemente allontanarsi dal bosco e distrarsi un po’.
Attraversammo perciò le mura della città e ci inoltrammo tra vicoli e strade, che per me erano ancora sconosciute. Era vero che ormai frequentavo Loki da quasi due anni e mezzo, ma non riuscivo mai ad orientarmi attraverso quell’intrico di vie come invece sapeva fare Loki, la sua memoria fotografia era straordinaria, così come la sua intelligenza. Stavo riflettendo sulle ultime parole della dea, ossia perché avesse detto che Loki stava già imparando, anche se a caro prezzo, quando il giovane figlio di Odino si voltò verso di me.
Il suo sguardo si tinse di un silenzioso divertimento, come se si stesse pregustando qualcosa di davvero eccitante.
“Loki?”
Lui aspettò un attimo, come un grande oratore, riempiendomi il cuore di curiosità, poi sul suo viso si aprì un ghigno degno del più elegante demone degli inferi e sussurrò:
“Vieni, Sigyn, andiamo a fare qualche cattiveria...”
Per un attimo soltanto pensai che le Norne si fossero rimbambite del tutto, come potevo stare al fianco di quel concentrato malefico e affascinante di dio per tutta la vita? Anzi, fino al compimento del Ragnarock?! Sospirai, buttando fuori parte dell’imbarazzo.
Piccolo cuore mio, ti prego, resisti.
 Ero ancora piccola, e sprovveduta, ma se devo essere onesta Loki si era già appropriato del mio cuore, e anche con una certa prepotenza devo dire. A quei tempi naturalmente non lo sapevo, e lo compresi solo quando mi trovai nella possibilità di scegliere... ma questa è un’altra storia.
Quel giorno Loki mi trascinò con sé in una dei suoi soliti vagabondaggi vendicativi; era il suo modo per sfogare i nervi e le frustrazioni, di cui tuttavia ancora non avevo trovato l’esatta origine.
Ci posizionammo addossati al muro di un palazzo, nascosti in uno stretto vicolo, poco trafficato. A Loki brillavano gli occhi, e ridacchiava incessantemente, senza riuscire a trattenersi dal farlo.
“Stai a vedere!” mi bisbigliò, eccitato.
Io lo osservai senza parole salire con un agilità disumana su per il muro, arrampicandosi su qualsiasi sporgenza, terrazzo, vaso di fiori, infilando le dita nelle crepe del muro.
“Quando hai imparato a...”
Loki mi rivolse uno sguardo superbo, mentre continuava a salire indisturbato, con la stessa naturalezza che avrebbe un asgardiano a sfoderare l’arma, o alzare il boccale di idromele.
“Thor ha il cervello e il senso pratico di una gallina, ma è forte, molto forte... io ancora sono troppo piccolo ma in compenso ho qualcos’altro, sono agile...”
E come per confermare la sua affermazione saltò come un gatto sull’ultima terrazza in cima, senza fare il minimo rumore.
Era quasi a quindici metri di altezza, e al solo pensiero di trovarmi lassù fui colta da improvvisi capogiri, ma Loki continuava a sorridere divertito.
Quindi si calò sul terrazzo di quell’appartamento e si accostò al muro dell’edificio.
Mi sembrò di vederlo sussurrare alcune parole magiche, forse lette da qualche libro di magia incautamente lasciato alle grinfie del giovane Odinson.
La finestra scattò e si aprì, e mi sembrò di sentire delle voci, e dei rumori sommessi.
Loki prese a sussurrare qualcosa, ma ero troppo lontana per capire cosa stesse dicendo, così scelsi di utilizzare un piccolo incantesimo per aumentare il mio udito, era un gioco da bambini che però tornava spesso e volentieri utile.
Dopo un momento di stabilizzazione sentii Loki bisbigliare:
“...la debolezza del cuore. La moglie tradita rivelerà la vera natura porcina dell’uomo cui è stata legata dal sacro legame. Tu, infido, che hai ceduto alla debolezza del cuore. Rivela i tuoi peccati.”
In quel momento dovetti interrompere il collegamento perché per poco non mi sfondò i timpani la voce di una donna che gridava isterica.
Vidi un’ascia spaccare la finestra e per un momento temetti che Loki venisse travolto da tanta furia, ma il piccolo dio rideva ormai senza controllo.
L’ascia si conficcò a terra e la voce della donna esplose:
“Maledetto! Sei un porco! Traditore, trova il coraggio di ripetermelo! Chi è la meretrice che ti sei trovato come mia sostituta?!”
Altri rumori di piatti andati in frantumi, e di urla. Poi qualcuno che si precipitava giù dalle scale, imprecando tra i denti, ed infine un uomo dall’aria sconvolta, e spaurita aprire di scatto l’ingresso e fuggire in strada.
La donna si affacciò al terrazzo e continuò ad urlargli dietro, tirandogli addosso armi, e pezzi di quella che sembrava essere un’armatura; infine dalla finestra volò anche lo scudo, che sfiorò la testa dell’uomo e lo mancò per un soffio.
Loki intanto era sceso un terrazzo più in basso, e la sua incredibile agilità ora era divenuta molto più goffa e impacciata a causa delle risa incontenibili che gli facevano mancare il fiato.
Quando finalmente tornò con i piedi per terra tirai un sospiro di sollievo.
Mi guardò con occhi inondati dalle lacrime, e poi sorridendo mi afferrò la mano e disse:
“Sbrigati, Sif, dobbiamo andarcene di qui! O potremmo passare dei guai!”
Ci scaraventammo in strada, in mezzo alla gente, come se dietro le nostre spalle avessimo dei Pentapalmi affamati.
“Loki! Ma cosa hai combinato?!”
“Io? Cosa ti fa pensare che io abbia fatto qualcosa?”
“Ti ho visto sussurrare una specie di incantesimo, dove hai imparato queste cose?”
Odinson mi lanciò uno sguardo fugace.
“Non importa dove le abbia imparate... ma non ho fatto nulla di male. Era da tempo che quell’uomo voleva rivelare a sua moglie il suo atto di tradimento. La rispettava abbastanza da ammettere che le doveva la verità, ma era un vigliacco... io ho solo accorciato i tempi.”
Abbassai lo sguardo, e poi sussurrai:
“Mi fido di te...”
Ed era vero.
Oggi come allora, mi sono sempre fidata del dio delle malefatte, anche se dicevo di non farlo.
Ho sempre saputo che ogni sua scelta era giusta.
Questo naturalmente non proprio nel senso del termine, non “giusta” in senso assoluto, non giusta di fronte ad una corte asgardiana piena di sguardi accusatori, ma “giusta” per lui e per quel suo cuore che non ha mai rinnegato.
Questa è una delle sue più grandi virtù, il fatto di aver sempre seguito il suo cuore; di voler essere se stesso a tutti i costi.
 
Corremmo a perdi fiato attraverso Asgard, e ci nascondemmo tra la gente del mercato.
Quello dopotutto era il parco giochi di Loki.
Ingannare i negozianti era fin troppo facile, dotati com’erano della famosa scarsa memoria degli asgardiani spesso e volentieri si dimenticavano che Loki si presentava ad intervalli regolari presso i loro chioschi per ingannarli e “giocare” con loro.
Un'altra delle vittime predilette del giovane dio delle malefatte erano le fanciulle asgardiane, bellissime creature dai capelli morbidi che profumano di latte.
Le giovani Aesir portavano sempre delle vesti lunghe e drappeggiate, ad indicare il loro stato di libertà sentimentale. Gli uomini le guardavano come se fossero succulenti banchetti, ma non osavano mai fare commenti sconci, né tantomeno allungare la mano, se volevano ancora mantenere il proprio onore e dignità di fronte a tutta Asgard.
Loki invece non si faceva tutti questi problemi, e con disinvoltura intrufolava le mani tra le vesti delle Aesir, e senza che queste si accorgessero di nulla, legava un pezzo di stoffa alla cintura del guerriero che le stava accanto.
Appena questi si allontanavano, magari in direzioni opposte, la veste della poveretta si sfilava con una facilità disarmante, lasciandola mezza nuda tra la folla.
Allora quasi sempre la giovane Aesir gridava, e poi tirava fuori il pugnale dal suo nascondiglio, per saltare addosso al suo presunto aggressore.
Le donne di Asgard potranno anche sembrare docili e mansuete padrone di casa, ma sono allenate all’arte della guerra tanto quanto gli uomini. L’unica differenza è che di solito queste prediligono armi bianche, sottili e affilate, che facilmente possono essere nascoste sotto la veste.
Quel giorno Loki sembrava più dispettoso del solito, legò in serie le vesti di cinque donne, ad altrettanti uomini, poi ci arrampicammo di corsa su di un muricciolo di pietra poco distante, per goderci la scena.
Le vesti si sciolsero o si strapparono quasi in contemporanea.
Una delle giovani Aesir scelte portava anche una cesta piena di mele rosse, che rotolò al suolo in una cascata di rossi pomi maturi.
Fu immediatamente il caos. Le giovani urlarono, e arrossirono come le più pudiche sacerdotesse di un tempio. Poi sul viso di alcune di loro si infiammò una rabbia degna di Hel. Altre si avventarono senza preavviso, con le armi sguainate sui loro assalitori, tagliando cotte e maglie di pelle, e graffiando i loro visi stupefatti.
Ogni asgardiano sa che una donna non dev’essere sfiorata neppure da un onda del mare, di conseguenza sguainare l’arma e rispondere all’attacco era impensabile.
Gli asgardiani non facevano che indietreggiare, e scambiarsi sguardi spauriti.
Loki se la rideva come un matto, sghignazzando fino alle lacrime, guardando i volti paonazzi di rabbia delle giovani, e quelli ugualmente rossi, ma per l’imbarazzo, dei guerrieri coinvolti.
Ad un certo punto Loki decise che ne aveva abbastanza, lo scontro tra donne e uomini poteva durare veramente a lungo, almeno fino a quando le incomprensioni non venivano spiegate, perciò scese dal muretto e si diresse in mezzo alla battaglia. Odinson schivava con abilità guerrieri che cadevano al suolo come orsi di molti quintali, e i pericolosi fendenti delle Aesir. Quindi raggiunse il centro della piazza, e rubò due delle mele che la donna aveva fatto precedentemente cadere.
Io feci un giro più lungo, per evitare di finire in mezzo allo scontro, e infine lo raggiunsi.
Loki lucidò una mela, strofinandola sulle vesti, e me la porse.
“Non è stato magnifico?”
La sua espressione serena mi sciolse il cuore, e non ebbi la forza di rimproverarlo di nulla.
Restituii il sorriso, ed evitai di rispondere dando un bel morso al succoso frutto che tenevo tra le mani.
 
“Loki, cosa...?”
Il principe mi fece cenno di fare silenzio.
Mi ammutolii all’istante.
Stavamo camminando attraverso uno stretto passaggio, una galleria di pietra abbastanza larga da poter restare fianco a fianco, piegati nel tentativo di non sbattere la testa contro il soffitto fin troppo basso.
Era una via segreta quella che mi stava mostrando Loki, almeno secondo le sue parole, ma oltre a questo non aveva voluto dirmi nulla sulla nostra direzione.
La galleria era completamente buia, ed era rischiarata solo da delle strette lame di luce che filtravano attraverso crepe sul soffitto, non avevo la minima idea di dove stessimo andando.
Infine giungemmo ad una specie di rampa di scale. Proseguimmo silenziosi, mano nella mano per non perderci, o molto più probabilmente per non farmi perdere.
Dopo molti svincoli e stradine tortuose arrivammo a quello che sembrava essere un vicolo cieco.
Un pipistrello si staccò dal soffitto e ci svolazzò attorno, pericolosamente vicino ai miei capelli, io urlai, o almeno quella era l’intenzione; in realtà Loki fu previdente e mi tappò la bocca con una mano, soffocandomi la voce in gola.
“Sigyn, ti ho detto di non fare rumore.”
“Scusa... ma dove stiamo andando?”
Loki si guardò attorno, come se si accertasse che nessuno lo stesse spiando.
Poi sorrise e si avvicinò alla parete della galleria.
Toccò il muro e spostò quello che si rivelò essere un pannello sapientemente nascosto.
Appena l’apertura fu scoperta, e io mi avvinai, nonostante fossi accecata dalla luce, sentii subito delle voci.
Ci avvicinammo all’apertura e insieme vi guardammo attraverso.
“Ma siamo... siamo...!”
“Nell’arena da battaglia, proprio quella, sì.”
Attraverso la fenditura riuscivo a vedere abbastanza distintamente l’ambiente che si apriva fuori di quel passaggio segreto. Era una grande arena polverosa, dalla terra rossa e friabile. Un ricco spalto di seggi abbracciava quello che sarebbe stato il campo da battaglia. Era bellissimo, monumentale, grazie ai preziosi fregi di cui era adornato, ed emanava quella grezza bellezza che trasmette un coraggioso guerriero asgardiano.
Lanciai uno sguardo a Loki e mi accorsi che aveva un’aria persa, assente.
“Siamo troppo lontani, da quaggiù non riusciremo mai a vederlo.”
Si rialzò e mi fece segno di seguirlo.
“Vedere chi?”
“Mio fratello, naturalmente... a quest’ora si allena sempre qui all’arena. Sarà uno spettacolo divertente.”
Svicolammo attraverso altre gallerie fino a quando compresi che ci trovavamo sotto li spalti dell’arena. In fine giungemmo ad una piccola scalinata.
La percorremmo di corsa, e aprimmo una piccola botola.
Ci ritrovammo all’istante su uno degli spalti più bassi dell’arena. Molto vicini ad un gruppo di persone di cui notai la presenza solo allora.
Erano un gruppo non ben precisato di ragazzi, forse una quindicina, e un insegnante muscoloso e pieno di cicatrici, che si allenavano sull’arena.
Non era permesso entrare nell’arena ai ragazzi che non avessero compiuto almeno dieci anni, e di conseguenza era una grande emozione trovarsi lì, senza che tuttavia ci fosse permesso. Ma non era solo per osservare i ragazzi più grandi allenarsi con spade, archi, e asce da guerra il motivo per cui Loki mi aveva portato in quel posto, era evidente da come il suo sguardo analitico correva sui presenti, come quello di un falco predatore.
“Eccolo! Lo vedi?!”
Mi indicò un angolo dell’arena, dove si trovano un gruppo di ragazzi.
“Chi dovrei vedere?”
Ma non ottenni nessuna risposta dal piccolo principe, essendo già tutta la sua attenzione stata rapita da quel misterioso qualcuno in questione.
“Combatterà! Assisteremo ad un combattimento, Sigyn!”
Cercai di capire a chi si stesse riferendo, e alla fine lo vidi: suo fratello.
Sembrerà incredibile ma io non avevo mai incontrato Thor, nonostante io trascorressi quasi tutti i giorni assieme a Loki.
Di solito ci incontravamo per le lezioni con Freya, oppure per vagabondare in giro per la città per fare qualche scherzo, ma conoscevo il primogenito di Odino solo per fama.
Si trovava nel mezzo dell’arena, con un cotta di maglia addosso, i capelli biondi sciolti al vento, e la spada in mano. La prima cosa che mi venne in mente, guardandolo, fu che aveva un’aria davvero presuntuosa. Mentre la seconda cosa che pensai era che i due fratelli non si somigliavano per niente. Entrambi dotati di una bellezza fuori del comune, Thor ricordava i classici canoni di un guerriero Aesir. Nonostante la giovane età era molto alto, abbastanza muscoloso, e il suo sguardo ricordava quello di un vichingo trepidante prima di affrontare uno scontro mortale.
La pelle abbronzata, la folta chioma, la piega della mascella, tutto di lui gridava a gran voce di essere un Asgardiano.
Guardai Loki e mi resi conto che sembravano essere il sole e la luna.
Quest’ultimo infatti aveva i capelli corvini, più neri dell’antro di Hel, sottili e morbidi, quasi fossero fatti di seta pregiata.
Alcuni ciuffi bizzosi gli ricadevano davanti al viso, risaltando ancora di più su quella pelle il cui candore risaltava anche in mezzo alla neve.
Il taglio degli occhi era deciso, e leggermente triste, incorniciati da una corona di ciglia nere, che facevano brillare quel paio di occhi smeraldini.
Mi sfuggii un sospiro quando mi concessi di seguire con gli occhi la piega morbida del viso, e quindi il collo esile ma resistente.
Thor cresceva forte e vigoroso? Il fisico di Loki invece si tendeva come un nervo. Era alto quasi quanto suo fratello, ma era evidente che doveva crescere ancora.
La sua corporatura si rivelava essere flessuosa, e armoniosa; le gambe sottili erano lunghe ed eleganti, le mani affusolate erano grandi e raffinate. L’unica cosa che in entrambi i fratelli sembrava rilucere era quella scintilla. Quel guizzo di luce che brillava nei loro sguardi.
Thor era un promettente guerriero, forte nel cuore e nel corpo, pronto a dare tutto per gli amici, la famiglia e per Asgard; Loki invece era dotato di una mente brillante e geniale, di una bellezza magnetica, e di innate capacità magiche.
Questi sono i figli di Odino... mi ritrovai a pensare, trattenendo il respiro, emozionata di fronte a due futuri giganti.
 
Lo scontro cui faceva riferimento le parole pronunciate da Loki neppure un attimo fa riguardava proprio suo fratello, e un’altra ragazza che era stata sfidata proprio dal piccolo dio del tuono.
“Forza, Sif! Fammi vedere quello che sai fare!” gridò Thor, con aria arrogante.
La ragazza mostrò un sorriso storto, e fece roteare la spada dicendo:
“Odinson! Sei sempre troppo sicuro di te stesso. Sarà la tua rovina...”
“Speri di battermi, Sif?”
“Non lo spero. So che ti batterò, principessina!”
Detto questo Thor si avventò sulla bionda guerriera, forse offeso per quella affermazione.
Il primo fendente fu sferrato con una foga animalesca, che in un primo momento lasciò Sif spiazzata, ma che tuttavia schivò con prontezza.
Io mi coprii gli occhi con le mani, sbirciando di tanto in tanto tra le dita, spaventata da tantaviolenza.
Loki invece riusciva a mala pena a trattenersi dall’esclamare meravigliato di fronte ad affondi e parate.
Sif si riprese velocemente dall’attacco del suo avversario, e con un fendente fulmineo graffiò la guancia del principe.
Thor allora allontanò il colpo di spada con lo scudo, che a dir la verità mi sembrava molto più pesante di quanto potesse sostenerlo, e si allontanò ansimante dal centro della battaglia.
“Già stanco? Figlio di Odino?”
“Ho appena cominciato...”
“Allora mostrami quello che sai fare, arrogante!”
Questa volta il principe non si fece lasciare impressionare, e avanzò con più cautela, occhieggiando i passi e le finte di Sif.
La bella guerriera attaccò per prima, e Thor schivandolo all’ultimo momento colpì con il dorso della spada la spalla di Sif.
“Questo non è il posto per una fanciulla delicata come te!”
“Senti chi parla, razza di arrogante narcisista! Scommetto che tieni più ai tuoi capelli che al filo della tua lama!”
“Per gli dei, questo non è vero! Ritira subito quello che hai detto se ti è cara la vita!”
“Non lo farò fino a quando sarò viva!”
“Allora ti trapasserò da parte a parte con la mia spada!”
E continuarono a lungo a battibeccare, alternando ad ogni affondo una battuta.
“Maledetta... come si permette di parlare in questo modo al grande figlio di Odino?! Thor, ti prego... sconfiggila!” sussurrò il giovane Odinson.
Vedevo chiaramente quanto Loki fremesse dal suo nascondiglio, con gli occhi una luce che può avere soltanto un fratello innamorato.
“Loki calmati, altrimenti ci farai scoprire...!”
“Lo so, lo so... ma non sai quanto darei per poter uscire fuori di qui e gridargli di mettercela tutta. Mio fratello non può essere sconfitto, è il più forte di tutti gli Asgardiani! Forse anche più forte di nostro padre!”
Ripensai alla profezia, ed il mio cuore si colmò di tristezza.
Sapevo bene in che condizioni si sarebbe ridotto quel rapporto idilliaco tra i due fratelli, ma non potevo non sperare che Norne si fossero sbagliate.
“Loki... tu vuoi molto bene a Thor, non è vero?”
“Cosa? A quel testone, ottuso e tronfio di fratello che mi ritrovo?”
Mi lanciò un’occhiataccia, e per un momento pensai che avessi sbagliato a chiederglielo, ma il suo volto si rasserenò in un istante, e il suo sguardo si sciolse di affetto.
“Come non potrei volergli bene?! Dopotutto è... è... è Thor!”
Già... e questo ti bastava una volta.
Lo amavi solo perché era tuo fratello, perché era Thor.
Ma... Loki, se solo ora ti ripetessi la stessa domanda, probabilmente mi risponderesti, con quello sguardo crudele ricolmo di follia, che tanto mi spaventa, che non c’è possibilità che tu possa ancora provare qualcosa nei suoi confronti. Mi urleresti in faccia, completamente fuori di te, che se anche provassi ancora un briciolo di affetto nei confronti di quello che credeva essere suo fratello, lui non lo meriterebbe.
E poi continueresti ad imprecare contro il cielo, maledicendo tutti gli dei, perché il Fato è crudele, e ha voluto che la tua vita fosse un atroce danza ricolma di ingiustizie.
Eppure mentre urleresti, scoccandomi occhiate assassine, vedrei i tuoi occhi luccicare, e la tua gola sforzarsi per ingoiare lacrime più amare della terra.
Perché il cuore ti fa male, non è vero?
Ti fa male come se qualcuno te lo stesse bruciando dall’interno.
Sai Loki, forse non lo sai, ma non è l’odio a farti soffrire così tanto... e non è neppure la rabbia.
È l’amore... l’amore brucia più di qualsiasi altro tormento.
Ma a quei tempi vivevi spensierato, o quasi, e i tuoi sentimenti per Thor erano puri ed incontaminati.
Loki squittì ed io riportai l’attenzione sull’arena.
In quel momento Sif stava per sferrare un fendente che avrebbe inevitabilmente colpito il principe, non c’era modo che potesse evitarlo.
Loki serrò gli occhi e strinse i pugni.
“NO!”
Fu questione di un attimo, la giovane guerriera perse l’equilibrio e cadde all’indietro, sbilanciando il colpo che per fortuna non colpì Thor.
“Cosa diavolo è stato?!”
La ragazza sembrava spaventata, e io compresi immediatamente che Loki era intervenuto per proteggere il fratello.
“Se non riesci neppure a tenerti in piedi, come pensi di sconfiggermi, Sif?”
“Ma... ma... non sono stata io! Qualcuno... qualcosa... mi ha fatto cadere!”
“È una scusa piuttosto misera, non ti sembra Sif? Beh, dai, è impossibile sconfiggere il figlio di Odino in combattimento... ma potrai sempre riprovare.”
Sif continuava a scrutare tra gli spalti, ma noi ce la stavamo già defilando a grande velocità. Loki aveva gridato, e sembrava che nessuno se ne fosse accorto, tranne proprio Sif.
“Loki... ho un orribile presentimento...!”
“Zitta, e cammina!”
 
Ci fermammo in riva al canale dell’acqua che attraversava Asgard, una specie di fiume il cui letto era formato da mosaici di raffinata bellezza.
Ci stendemmo ansimanti, sia per la paura di essere scoperti, sia per l’affanno creato dalla nostra fuga rocambolesca.
“Dici che ci ha visti?” gemetti.
“No, non lo ha fatto... ho almeno credo...”
“Quella Sif... è davvero forte... per poco non colpiva tuo fratello.”
Loki fissò il cielo, e vi perse dentro il suo sguardo allarmato.
“È una persona orribile...”
“Chi?”
“Sif! Finge di essere un’amica preziosa, ma cerca in ogni modo di allontanare Thor da me, e io non posso fare nulla per impedirglielo. Mi detesta, e non solo lei...”
“Loki... che vuoi dire?”
Quegli occhi smeraldini si voltarono verso di me, piegò leggermente il viso e alcune ciocche corvine gli caddero morbide sulla fronte.
“Non te ne sei mai accorta? Sigyn...”
I suo sguardo sembrava cercare di cogliere attraverso la mia espressione confusa se ero veramente ignara di tutto.
Poi un sorriso amaro si allargò sul suo viso di bambino.
“già... troppo buona...” disse a fior di labbra, con gli occhi persi, parlando più a se stesso che a me. Quindi si alzò in piedi e mi fece cenno di seguirlo.
Attraversammo Asgard a piedi, camminando fianco a fianco, lentamente, come se facessimo una tranquilla passeggiata.
“Ora che mi ci fai pensare... quando andiamo in giro guardi solo me, come se tutta la tua attenzione si focalizzasse sul mio viso. Ecco come si spiega il fatto che tu non te ne sia mai accorta. Ora, fa’ attenzione...”
“A cosa devo fare attenzione, Loki?”
“Alla gente...” allungò il passo e mi precedette.
Non capivo a cosa si stesse riferendo, ma feci come voleva.
La gente in un primo momento sembrava quasi non notare la nostra presenza, tanto erano affollate quelle strade.
Percorremmo la via principale, con passo leggero, come di chi passeggia senza avere una meta ben precisa in mente, ma lo fa semplicemente per ascoltare i raggi del sole riscaldargli la pelle, e il vento spettinargli amorevolmente i capelli.
Arrivammo ad una piccola piazza, al cui centro troneggiava una fontana slanciata, di un metallo bronzeo, che si arrotolava su se stessa come un serpente in agonia.
Alcune donne parlavano con un gruppo di uomini, rivolgendo loro sorrisi amichevoli e gentili.
Accadde in un istante.
Un mutamento talmente drastico ed innaturale da lasciarmi sconvolta.
Il gruppo di Aesir si accorse di noi, il loro sguardo cadde su Loki, e il loro sorriso scomparve subitaneo come la luce di una candela in una tormenta di neve.
Cercarono di ritrovare il buon umore, tornando alle precedenti conversazioni, ma la loro attenzione era ormai catturata dal piccolo principe, e le loro espressioni cominciarono a diventare sempre più fredde, intolleranti... rabbiose.
Pensai di essermelo sognato, così distolsi lo sguardo e puntai la mia attenzione altrove.
La via era molto trafficata e qualcuno, abbassando lo sguardo, riusciva anche a notarci. Con crescente stato di inquietudine vidi qualcosa di strano sul viso di quella donna al banco del fabbro, così come nell’atteggiamento dell’uomo che stava valutando la pesantezza di una lama dalla pregevole fattura, e nei gesti di quella madre che accompagnava la sua prole a scuola; lo stesso nello sguardo del ragazzino che giocava a palla con sua sorella, e anche nella reazione delle giovani Aesir che civettavano allegramente tra di loro, e infine sul viso di tutti coloro che si accorsero di Loki.
Sul viso di tutti loro vidi la spensieratezza tramutarsi in paura o disagio, in odio, o profonda repulsione.
I loro sguardi si colmavano di nausea, paura, orrore istintivo, primordiale.
In un attimo sentii anche sulle mie spalle il peso di tutto quell’odio, e tremai al pensiero di come dovesse sentirsi Loki.
 “...cosa...”
“Ti stai chiedendo perché tutti mi guardino in quel modo, non è vero? Con quella rabbia ceca e furiosa, con quell’astio mal celatamente nascosto. Quale sarebbe la giusta definizione... fammi pensare... ah, sì: Come se fossi un mostro in sembianza di bambino che mangerà i cuori della loro prole.”
Le sue parole avevano risuonato vibranti come ghiaccio tintinnante.
La sua voce non tradì neppure un briciolo di emozione, ed anzi era asettica e monotona.
“In realtà non so neanche io il motivo. Ho cominciato a notarlo molto prima dei miei scherzi, e delle mie beffe. Molto prima che potessi anche solo pensare di essere io la causa di quella rabbia.”
“Stai già imparando... e forse lo hai capito anche tu, Loki, a causa del dolore...”
Da quanto tempo la gente lo guardava in quel modo? Ma soprattutto.... perché?!
In realtà con il senno di poi, è molto facile comprenderne il motivo.
Il sangue attaccabrighe degli Aesir ribolliva come un calderone sul fuoco alla vista di quello che sarebbe dovuto essere il loro nemico naturale, ossia di fronte ad uno Jotun.
Loki non poteva saperlo. In realtà... non avrebbe mai dovuto saperlo.
Questa fu la goccia che fece rovesciare il vaso della sua pazzia.
Tutte le cose che non era riuscito a capire della propria vita, si risolvevano in quell’unico tassello mancante. La sua esistenza era come un enorme puzzle in cui mancava soltanto il pezzo centrale, quello più importante, senza il quale non si poteva dare senso a tutto il resto. E quando la verità si è incastrata in quel modo così crudele e perfetto, come uno stiletto affilato in mezzo al cuore, le peggiori paure di Loki sono divenute realtà. Si è convinto del fatto che tutta la sua vita fosse una costruzione mostruosa, uno sbaglio, ma soprattutto che lui stesso lo fosse.
E cosa deve fare un mostro, se non ubbidire alla propria natura?
 
Aprii e chiusi la bocca più volte, come un pesce fuor d’acqua; mentre mi guardavo attorno sentivo il cuore rimpicciolirsi e accartocciarsi come cartapesta sul fuoco.
La crudele donna di nome Fato aveva già iniziato a costruire le fondamenta dell’odio di Loki.
Mi tolsi la sopravveste e gliela buttai addosso.
Gliela avvolsi velocemente davanti agli occhi, come un grande turbante e lo condussi via con me il più velocemente possibile.
“Sigyn! Ma cosa fai?! Lasciami andare...!”
Io mi mordevo le labbra, ed ingoiavo bicchieri di lacrime, mentre in testa la mia voce allarmata gridava:
“Non guardare, Loki! Non lasciarti ferire! Non guardare, ti prego... non guardare...”



l'autrice:
allora.. intanto mi scuso per il MONUMENTALE ritardo con la fanfiction.. è che siamo tornati tutti a scuola no? poi ho avuto un blocco dello scrittore proprio a metà capitolo.. e tra una scusa e l'altra.. sono riuscita ad aggiornare solo adesso.. (in realtà ha sperperato tutto il suo tempo libero a giocare con minecraft, ma non lo dite a nessuno, sarà il nostro piccolo segreto!)

cooomunque .. il pov di questo cap è quello di Sigyn.. spero si sia capito altrimenti mi vado a buttare sotto un autobus.. troviamo un Loki che se la spassa e un Thor che cresce sempre più bello, forte e... ottuso.. XD in realtà in questo cap succede davvero poco.. nonostante sia lungotto.. all'inizio volevo far succedere tutta una serie di cose...  come colpi di scena, momenti di suspance, e gesti coccolosi ma sono costretta a rimandarlo al prossimo.. come al solito cado sulla tragedia greca.. sì, come al solito Loki soffre.. soffre tanto.. soffre soffre e SOFFRE............................. che ci volete fare??? mi diverto con poco io... XD
spero che il cap.. sia piaciuto.. nonostante tutto.. e commentate...!!!!!!

p.s. una kikka per il titolo.. Mischievous kid significa "bambino dispettoso", no?.. e l'ho messo anche perchè ricorda il suo nome inglese.. the God of mischief... (beh,certo, hanno la stessa fottuta radice, che genio che sei.. -_-" ) già.... coooomunque.. torno nel mio antro a continuare la fanfic... bacioni...!!!! <3

Jack

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Capitolo 8
*** Non ci saranno più carezze ***


Non ci saranno più carezze


Quando ero giovane ricordo che tornavo sempre tardi la sera, a causa dei molti allenamenti cui mi sottoponevo, devo ammetterlo, con grande entusiasmo.
Gli esercizi con la spada, il combattimento a mani nude, le gare di resistenza, ero incredibilmente portato per tutte queste cose, l’unica cosa in cui difettavo un poco era il tiro con l’arco. Diciamo solo che preferivo l’azione e la forza bruta; credevo infatti che fosse una perdita di tempo ed energia sprecare tutta quella attenzione per scagliare una singola freccia, nello stesso tempo con il quale ero in grado di scagliare tre pugni. Ma gli allenamenti non erano tutto. Sif, da giovane maschiaccio qual’era, cominciò a diventare sempre più bella. Le sue forme abbozzate e grezze divennero sempre più armoniose, tanto che era uno spettacolo vederla combattere.
Ma non vidi mai Sif da quel punto di vista, eravamo amici, lo siamo sempre stati, anche se so che non era esattamente quello che lei sperava accadesse tra di noi.
Mio fratello un giorno mi disse che la mia capacità di osservazione è tanto misera, quanto può essere quella di un allevatore di maiali ceco, ubriacatosi dopo l’ennesima scommessa persa.
Mi sono sempre fidato dell’opinione di Loki, perché in realtà sapevo che tra di noi, era lui il più sveglio, l’ho sempre saputo anche se solo oggi riesco ad ammetterlo.
Tuttavia nonostante questa carenza mi fu impossibile non notare gli sguardi fin troppo eloquenti che Sif mi rivolgeva, e fu proprio il modo in cui si comportava, sempre così allegra e affabile, a farmi pensare che forse sarebbe stato bello averla al mio fianco.
Un giorno ero tornato dagli allenamenti quando ormai il sole era calato da tempo, e non avendo fame, cosa piuttosto insolita per me, mi diressi verso le mie camere.
Entrai in punta dei piedi, e guardandomi attorno mi accorsi che Loki fingeva di dormire come al solito. Ora che ci penso devo dire che sì, la mia capacità di osservazione era terribile, ma nei confronti di mio fratello le cose erano diverse. Solo con lui riuscivo ad intuire cose che non sarei mai riuscito a rendermi conto con altri.
Ogni suoi piccolo gesto era rivelatore, e io vi facevo particolare attenzione perché una verità che ho imparato da lui è che coloro che parlano molto, spesso nascondono le cose più importanti.
Perciò quel cipiglio che lessi sul viso di Loki, i muscoli della schiena irrigiditi, e il respiro quasi impercettibile mi rivelarono immediatamente che aveva aspettato tutto quel tempo soltanto che tornassi. Chissà, forse moriva dalla voglia di mostrarmi l’ennesimo trucchetto di magia che aveva letto in qualche polveroso libro della biblioteca reale, o magari voleva farmi vedere una pietra lucente, dalle proprietà curative, ripescata in fondo al fiume, o anche solo ripetermi a memoria la storia di qualche runa antica e dimenticata.
Sia come sia, Loki se ne stava silenzioso, perfettamente immobile, aspettando solo il momento giusto per saltarmi addosso.
Sorrisi sotto i baffi, e mi svestii, con l’intenzione di dirigermi verso i bagni reali.
Una delle cose che Loki non sopportava era lo sporco, e quando rientravo zuppo di fango dalla testa ai piedi, dopo aver trascorso la giornata sotto la pioggia assieme ai miei amici, storceva sempre il naso, e metteva al riparo i suoi libri dalle mie vesti sgocciolanti.
Lanciai un ultima occhiata in direzione di Loki, intenzionato a non rivelarsi, e mi diressi verso i bagni, con indosso soltanto un telo rosso avvolto attorno alla vita.
Dopo qualche attimo tesi l’orecchio e sentii dei piccoli passi seguire i miei, e sorrisi, immaginando Loki puntare il suo sguardo smeraldino sulle mie spalle, camminando in punta dei piedi per fare meno rumore possibile.
Lanciai uno sguardo dietro di me, ma con mia grande sorpresa non vidi nessuno.
Scrollai le spalle e giunsi finalmente ai bagni.
Di notte quel posto era ancor più rilassante; l’acqua calda creava suggestive colonne di vapore, rischiarate soltanto da centinaia di candele costantemente accese.
Mi svestii e mi immersi nell’acqua bollente.
I miei muscoli gridarono di gioia, e si sciolsero come cioccolata al sole.
Dopo qualche secondo i passetti ricominciarono, ma per quanto mi girassi non riuscivo a vedere nulla.
Dovevo avere un’espressione alquanto perplessa perché quello, chiunque fosse colui che mi osservava, si lasciò sfuggire una risatina sommessa.
“Loki...?”
Sentii qualcosa accarezzarmi i capelli e sobbalzai, allontanandomi dal bordo della vasca.
“Chi c’è?!”
Dalla mia voce trasparì un velo di paura, e mi maledissi silenziosamente per essere sembrato così debole.
Non ebbi il tempo di guardarmi attorno un momento di più che qualcosa mi spinse sotto l’acqua.
Ritornai a galla con grande sforzo, non dopo aver bevuto inavvertitamente qualche boccata amara d’acqua.
Ero già entrato in modalità combattere o fuggire, quando la risata scoppiettante di Loki mi tolse qualsiasi volontà di reazione.
“Loki, non è leale aggredire qualcuno alle spalle...”
Sentii mio fratello sorridere contro il mio collo.
Strinse ancora di più le braccia attorno alla mia schiena, appallottolandosi come un cucciolo.
“Mi sei mancato... oggi non ti ho visto per tutto il giorno.”
Era vero, ma non era la prima volta che ci separavamo in questo modo.
Nella sua voce lessi una nota strana, che però non riuscii a decifrare così gli chiesi:
“Loki, va tutto bene?”
Gli presi la mano, e mi misi a giocare con le sue dita.
Lui appoggiò la guancia fredda contro la mia schiena, e il suo silenzio non procurò altro effetto se non quello di farmi preoccupare.
Mi sciolsi dal suo abbraccio e spostai Loki di fronte a me per guardarlo meglio.
“Loki?”
Lui mi fissò con quegli occhi enormi, e la bocca socchiusa, ma senza proferire alcun suono.
Sentivo perdermi sempre di più in quello sguardo che era come una porta aperta, anzi, spalancata, dentro la sua anima, uno sguardo talmente profondo da procurare le vertigini.
Loki si limitava a fissarmi senza dirmi nulla, ma in realtà gridandomi silenziosamente di capirlo. Supplicandomi di non fargli dire quello che avrei dovuto intuire immediatamente, con un solo sguardo. Perché c’era qualcosa che non andava, era evidente come un diamante sotto al sole.
Per un istante mi sembrò di leggere in quello sguardo lucente l’ombra di un terrore sconsolato.
Ma fu solo la sensazione di un attimo.
In un battito di ciglia tutto scomparve e la porta si richiuse.
Con il passare degli anni Loki avrebbe imparato sempre meglio a celare le proprie emozioni, ficcando la paura e il dolore sempre più giù, dove nessuno, neanche lui stesso, potesse trovarla.
Certe volte penso che sia stata tutta colpa mia, a non essere stato più reattivo, più pronto a cogliere quello che accadeva.
Perché Loki soffriva, ma solo oggi posso dire che quel dolore fu il primo gradino di quella scala tortuosa che lo portò alla follia.
Se penso a come negai aiuto a mio fratello, quando ne aveva più bisogno, mi sento esattamente come quando sul Bifrost Loki decise volontariamente di lasciare la presa, preferendo abbandonarsi al vuoto cosmico e alle fredde braccia della morte piuttosto che alle mie.
Ormai mi rimane soltanto una impotente sensazione sconsolata, e so che potrà sembrare egoista... (No, sicuramente lo è...) ma non so cosa pagherei per vedere Loki sorridere ancora una volta come quella sera, sorridere fingendo che vada tutto bene.
Farlo soltanto per me... fingi ancora una volta. Una volta sola. Per me...
“Va tutto bene, fratello. Non ci pensare.”
Non ci pensare. Ti ho dato retta, Loki. Ho lasciato perdere, cercando di far tacere quella sensazione di pericolo.
Ti stavo perdendo, e non lo capivo.
Rimasi impietrito, con il cuore in pezzi, e con l’unico desiderio di scrollarti con violenza per obbligarti a sputare la verità, obbligarti a dirmi cosa ti faceva stare così male.
“Ma guarda questi capelli... Ti sono cresciuti ancora. Vieni qui, ti aiuto a tagliarli.”
Quella sera non ci dicemmo altro.
Loki si sedette sul bordo della vasca con un paio di forbici in mano, le vesti fradice che gli aderivano al corpo, e mi fece segno di avvicinarmi.
Quando eravamo ancora piccoli era sempre nostra madre a tagliarci i capelli, ma non appena Loki crebbe a sufficienza per tenere un paio di forbici in mano, Fraya non dovette più preoccuparsi anche di quell’incombenza.
Era un modo come un altro per starmi vicino, e credo che in parte Loki invidiasse la mia chioma bionda; o almeno questa è la spiegazione che diedi io in un primo tempo al modo con cui mi accarezzava i capelli, ogni volta che me li doveva tagliare, così delicatamente.
Tra le tante cose che ho perso di lui, se solo ripenso a quel tocco gentile, e così atrocemente dolce, di quelle dita, che mi toccavano come se io fossi la cosa più preziosa in suo possesso, mi sento morire.
 
Mi siedo un momento, non posso andare avanti a raccontare... non subito almeno.
Perché se continuo a parlarvi di quando Loki era ancora mio fratello, quel fratello che ho amato più di qualsiasi altra cosa (e stavolta dovete credermi, perché è la verità...), sento che potrei fare qualcosa di veramente molto stupido ed impulsivo.
Mi afferro la testa tra le mani, e mi obbligo a respirare.
Io, il nuovo re di Asgard, dovrei essere modello di forza e indomito coraggio. Dovrei essere l’esempio incrollabile del nostro regno, e lo sono. Il mio cuore riesce a reggere fino a quando qualcuno non punta il dito sull’unica crepa presente sul mio scudo.
Loki è il mio punto debole, e quando si parla di lui tutta la mia forza crolla, è inutile, come delle fortificazioni e delle mura fatte di carta.
Prendo un altro respiro profondo ma è inutile tentare di fuggire.
Così decido di fare una cosa che mi ero ripromesso di non fare.
Scendo nelle segrete, con passo fermo, ma cuore tremante.
Basta un’occhiata ai soldati che stavano di guardia, che quelli si dileguano, senza neppure permettersi di pensare cosa voglia fare.
Ancora non mi sono abituato a tutta questa libertà.
Aspetto di essere solo, dopo di che anche la facciata va in frantumi.
Crollo contro la porta blindata delle segrete, e tremo come fanciulla più fragile dei nove regni.
“Loki... Loki... Loki...” la mia voce singhiozza vergognosamente.
Affondo il viso nel braccio, come nel gesto infantile di nascondere anche a me stesso la mia debolezza.
In un attimo mi assale un’ondata di rabbia, furore, dolore e terrore.
Digrigno i denti, stringo i pungi e ruggisco:
“LOKI!”
Mio fratello non risponde, e anche se volesse non potrebbe.
Ricordo con orrore di essere stato irremovibilmente crudele per la sua sorte.
Loki sarebbe rimasto a trascorrere la fine dei suoi giorni nelle segrete, con braccia e gambe legate, e in bocca quella specie di dolorosa museruola.
Lo avevo deciso io neanche qualche mese fa, e già mi sembrava fosse trascorsa una vita.
In realtà sperai fino all’ultimo che Loki dicesse qualcosa che rimescolasse le carte in tavola, che in qualche modo mi ingannasse, e mi obbligasse a ritrattare.
Forse se avesse anche solo voluto avrebbe potuto convincere tutti noi della sua innocenza, ne sono certo.
Ma non fece nulla di tutto questo, si limitò a guardarmi, con quello sguardo che ancora mi perseguita la notte.
Tendo l’orecchio, come quella volta quando Loki mi aveva seguito fino ai bagni, ma non sento un rumore, né un fiato.
In un istante, un terribile istante, ricordo che qualcuno mi aveva detto che Loki non mangiava ciò che gli veniva portato, i vassoi venivano ritirati sempre pieni, intonsi.
Quando me lo dissero quasi non ci prestai ascolto, e questo era quasi un mese fa...
Inorridii pensando al peggio, e spalancai la porta delle segrete.
Avanzai in una oscurità densa come catrame, ma mi costrinsi a non aver paura.
“...Loki...”
I miei occhi sono troppo abituati all’accecante lucentezza di Asgard, e non riescono ad abituarsi a questa notte umida senza stelle.
E finalmente, dopo un’accanita ricerca il mio sguardo riesce a distinguere qualcosa.
Nel buio più nero brillano un paio di occhi spalancati che mi fissano.
Il cuore mi parte in gola, le gambe non mi sono mai sembrate così deboli, non riesco a muovermi.
Riesco soltanto a continuare a fissare inorridito quello sguardo smeraldino così familiare ma anche così... avvelenato.
Un tempo dentro vi era dolcezza, ammirazione, genialità, ora invece...
oh, Dei... cosa ho fatto? ...
Crollo in ginocchio. Non ho più forze. Non ho più volontà. Ho solo una certezza, una verità che è stato proprio lui a rivelarmi con uno sguardo.
È colpa tua.
Quella sera di tanti anni fa non ero riuscito a cogliere cosa si celava nel tuo sguardo, ma ora... ora l’unica cosa che vorrei fare è chiudere gli occhi, e impedirmi di capire.
F o l l i a . . .   R a n c o r e . . .   R a b b i a . . .   D o l o r e . . .
c o s ì   t a n t o  


D       O         L        O          R       E    .   .    .    


La sua anima non esiste più. Un mostro ha divorato il cuore di mio fratello, e al suo posto ha piazzato un demone crudele e privo di ragione, messo apposta per me, per farmi sentire colpevole, per farmi soffrire fino alla fine dei miei giorni.
Perché mi hai fatto questo, fratello? Perché mi hai fatto questo? È colpa tua... è tutta colpa tua!
I suoi occhi spalancati mi terrorizzano a morte, e soltanto quando quella sensazione di orrore mi ha riempito lo stomaco fino ad arrivarmi alla gola riesco finalmente a fuggire.
Riesco a risalire verso il palazzo soltanto perché animato dal terrore, e non appena rientro nell’ambiente familiare del mio palazzo crollo a terra senza forze.
Non credo di essere completamente cosciente...
Sento il mio respiro pesante, i sensi lenti e rimbombanti.
A mala pena mi accorgo che Freya, accortasi di me e del mio stato mi sta chiedendo preoccupata cosa succede.
 
Penso solo a quella sera.
A quando Loki mi tagliava i capelli, e il vapore si condensava sulla nostra pelle, formando piccole goccioline d’acqua, e la vasca risuonava dello sciabordio delle onde, e le candele sfrigolavano silenziose, e le forbici zigzagavano tra i miei capelli.
Mi allontano dalla realtà e per un istante lo sento di nuovo accanto a me, a sorridermi in quel modo così innamorato e dolce.
Ero così fiero di avere un fratello come te, ero così felice...
La primavera però ormai è finita... i fiori sono morti, assieme alle belle giornate...
Il sole non c’è più, e ora mi sembra che non sia mai esistito...
ho rotto il mio più bel giocattolo... no... il mio tesoro più grande...
l’ho perso per sempre...
 
NON... ci saranno più carezze...
 
Mi accorgo di stare piangendo solo quando le lacrime, rotolando giù lungo il mio viso, mi finiscono in bocca.
Mi prendo la testa tra le mani e urlo senza accorgermene quando ricordo di quella sera...

...
quando Loki mi sorrideva e
passava quei polpastrelli morbidi
sul mio collo
come se
me lo volesse baciare
con le dita
...



Ed ecco che riemergo da mesi di assenza!!! (in realtà non ha neppure controllato quando ha pubblicato lo scorso capitolo, perchè ha paura sia un'eternità..) ma non ero proprio sicura di cosa dovesse trattare questo cap.. così mi sono lasciata andare ed è venuta fuori questa cosa strappa-lacrime-stile-zitellona-grassa-amante-delle-storie-tipo-beautiful....
in realtà spero di avervi commosso.. ma non credo esserci riuscita.. XD
lo so.. lo so.. il cap è corto e tutto.. ma così e venuto e così ve lo prendete!!  ahahahah.. *genio del male*
comunque la raccolta sta prendendo una piega inaspettata.. all'inizio non intendevo andare nel presente della storia.. ma Loki e Thor mi hanno preso per mano e mi hanno detto "vieni con noi.." e come potevo rifiutare di seguirli.. XD non si dice di noi a degli dei... soprattutto se entrambi ispirano così tanta violenz... EHM... cioè....................

COMUNQUE .. XD RINGRAZIO TUTTE PER I COMMENTI.. E SE ANCHE CERTE VOLTE NON RISPONDO AI COMMENTI IO LI LEGO TUTTI!!!!! E piango di commozione ogni volta... :D

bacioni,
Jack

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