Sentimenti intrecciati di maryku (/viewuser.php?uid=38499)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Riccardo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Amalia ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Rebecca ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Teodoro ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Bentrovati! Giusto due parole, perché sì. ^^ Questa storia è composta da prologo, quattro capitolo ed epilogo, ed praticamente già scritta, quindi non dovrei metterci molto a pubblicare il resto, internet permettendo; infatti spero di pubblicare il primo capitolo già lunedì. La storia è sul mio pc già da un po', ma mi sembra sempre che manchi qualcosa, però non cambio quasi nulla... Così ho deciso di pubblicarla e basta. Non voglio lasciarla a marcire nel computer, visto che è una delle poche che ho finito! XD
Il tema centrale è l'ammmmore, o meglio, quattro modi diversi di amare, quattro percezioni diverse dell'amore, che credo tutti voi abbiate provato o proverete. :3
Per chi mi conosce: mi dispiace di essere sparita da EFP, ma la mia voglia di leggere, scrivere e commentare era meno di zero. Adesso comincia un po' a tornare, ma non so quando tornerò ad essere realmente attiva sul sito. Già è tanto se sto pubblicando questa storia...
Non voglio annoiarvi oltre. Buona lettura!
Prologo
Stava andando a scuola, come ogni giorno. E come ogni giorno non gli andava. Erano ben pochi i motivi per cui ancora non aveva lasciato perdere: la ricreazione, la sua migliore amica Amalia, perché lo andava a prendere ogni mattina, e Rebecca.
Ed era soprattutto quest’ultimo motivo che lo spingeva a fare quel tragitto odioso: voleva vedere la bella Rebecca e godere, anche se per poco, della sua presenza.
Ma quel giorno era particolare, sì, era parecchio particolare, ed il motivo era semplice.
Aveva deciso, finalmente, di dichiararsi a Rebecca, e voleva assolutamente togliersi subito il pensiero, così avrebbe potuto avere una ragazza!
Non c’era alcun motivo per indugiare. Ormai aveva deciso!
Sorrise e guardò Amalia.
- Sono sicuro che oggi sarà una splendida giornata!
Amalia si girò a guardare il suo migliore amico. Gli sorrise e annuì.
- Sono sicura che sarà così, Riccardo. Però cerca di seguire anche le lezioni, o i professori si arrabbieranno.
Lui sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Ormai era diventata una routine, per lei, sgridarlo per i suoi comportamenti infantili. Lo conosceva bene, gli voleva bene, e proprio per questo avrebbe voluto che lui maturasse ma, ahimè, lui sembrava voler rimanere per sempre bambino. Forse proprio come Peter Pan…
- Ehi, facciamo una gara a chi arriva prima?
Amalia sgranò gli occhi e scosse la testa.
- Non riuscirei mai a superarti!
- Dai, ti do un po’ di vantaggio.
Scosse nuovamente la testa, si sistemò la giacca e sospirò. Non disse nulla, continuò semplicemente a camminare e a pensare a quell’idiota.
Rebecca stava in piedi davanti all’entrata dell’edificio scolastico. Spalle dritte, piedi leggermente separati l’uno dall’altro e testa appena un po’ inclinata verso l’alto. Sapeva bene che quella posizione era la migliore per sembrare sicuri e decisi, e lei era proprio così: sicura di sé, decisa su ciò che voleva e forte. Molto forte.
Era conscia del fatto che il suo comportamento non faceva avvicinare le persone, ma era anche il modo migliore per non essere usati. Meno relazioni intime, più libertà.
Certo, meno relazioni intime. Anche se avesse trovato un ragazzo, non gli avrebbe permesso di rovinarle la reputazione. Ovviamente proprio per questo, il ragazzo doveva essere un principe azzurro e possibilmente anche su un cavallo bianco, e certamente essere dolce, comprensivo, sensibile, amarla fino alla sfinimento, ascoltarla, capirla, amarla, adorarla, essere preso completamente da l…
Si riscosse al suolo della campanella. I cuoricini che erano cominciati ad apparire grazie alla sua fantasia si dissolsero nell’aria e si fermò dallo scuotere la testa. Sospirò interiormente: magari il ragazzo perfetto esistesse. Magari. Ma ne aveva trovato uno quasi perfetto, Teodoro. Ancora non la ricambiava, l’aveva rifiutata il giorno prima, ma forse, prima o poi, l’avrebbe ricambiata.
Con queste speranze entrò, e si avviò verso la sua classe.
Teodoro coprì con una mano lo sbadiglio che gli era sorto spontaneo. La sera prima aveva fatto tardi dando ripetizioni al fratellino, ma confidava nel caffè della ricreazione per riprendere un po’ di energie. Fortunatamente quel giorno sarebbero mancate delle professoresse, o non sarebbe stato sicuro di riuscire a seguire... anche se un po’ gli dispiaceva, il giorno prima era stato molto interessante. Il professore di storia aveva parlato delle varie rivoluzioni, mentre fisica aveva cominciato a spiegare il nuovo argomento…
Scosse la testa e fu ancora più convinto che quel giorno fosse un po’ sfortunato, la professoressa di chimica era malata, e anche quella di filosofia, però la prima e l’ultima ora erano coperte, quindi niente uscita prima... Peccato, non avrebbe potuto dormire, rientrato a casa.
Chissà se lei…
Sbadigliò nuovamente. Sì, aveva probabilmente bisogno di un buon caffè, o non avrebbe avuto le forze per andare a prendere il fratellino a scuola.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1: Riccardo ***
A quanto pare non riesco mai a rispettare una scadenza. XD Ma stavolta
c'è un motivo: mi sono influenzata. .-. Adesso sono tutta
raffreddata, ma sto meglio di ieri, quindi non faccio aspettare
oltre... Ma tanto non è molto (quesi per nulla) seguita
questa storia, quindi mi sento meno in colpa. XD
Be', buona lettura!
Capitolo 1: Riccardo.
Riccardo
entrò in classe, seguito da Amalia. Rebecca era
già lì, seduta a fissare fuori
dalla finestra. Era bellissima.
Drizzò
le spalle e si schiarì la voce con la decisione di andare
verso di lei, ma la
domanda dell’amica
lo fermò.
-
Senti, Riccardo, potresti accompagnarmi un attimo a chiedere una cosa
in
presidenza?
Si
accasciò un po’ alla richiesta di Amalia, ma si
girò e le sorrise.
-
Certo! Così c’è una buona
probabilità che rientriamo dopo il professore!
-
Se succedesse, ci interrogherebbe.
-
Ah, già…
Sospirò
e uscì dalla classe, seguendo Amalia. Era una tale precisina
quando si trattava
di queste cose, non lo lasciava mai sperare. Ma erano vicini di casa,
le loro
madri si conoscevano da sempre e si prendeva cura di lui. Era una buona
amica.
Chissà
se, per una volta, avrebbe risposto a un dispetto…
La
prese per le spalle e la spinse nella direzione opposta. Amalia lo
lasciò fare,
e alla fine lui smise e sbuffò.
-
Guarda che so come trattarti. Ti conosco bene, scemo.
Non
era male, vederla sorridere. Ed era una persona che lo ascoltava
sempre.
-
Posso dirti una cosa, Amalia?
-
Parla, basta che andiamo verso il professore.
La
girò e la spinse nella direzione giusta.
-
Sai che mi piace Rebecca, giusto?
-
Certo, ti conosco.
-
Be’, ho deciso di dichiararmi… Sai, è
da tanto che ci penso…
-
Due secondi?
-
Non è vero!
-
Ma se ti sei preso questo colpo di fulmine giusto due giorni fa!
-
Fammi finire, dai!
-
Va bene.
Fece
finta di cucirsi la bocca e lo invitò a continuare. Riccardo
ridacchiò appena.
-
Non so bene come fare. Cioè, la risposta è la
risposta, ma anche la domanda è
la domanda!
-
Chiarissimo, davvero, non avresti potuto spiegarti meglio.
-
Amalia, ti sto chiedendo aiuto! – si lamentò,
togliendo le mani dalle sue
spalle.
-
E io di spiegarti meglio. Cosa vuoi, che ti scriva cosa dire?
-
Magari!
Riccardo
la guardò, supplicante, ma capì
l’inutilità di quello sguardo non appena Amalia
incrociò le braccia al petto. Lo sapeva, glielo aveva detto
lei, quando faceva
così era impossibile farle cambiare idea.
-
Dille ciò che senti. Non c’è un modo
giusto o sbagliato di fare una
dichiarazione, non cambierà i suoi sentimenti.
-
Quindi accetterà ugualmente?
-
No, aspetta…
-
Oh, grazie!
L’abbracciò
e corse in classe, lasciandola nel corridoio. Sapeva che la sua amica
poteva
benissimo cavarsela da sola! Entrò in classe, ma non fece in
tempo ad
avvicinarsi a Rebecca che il professore li fece sedere. Un
po’ sconsolato,
poggiò la testa sul banco e sospirò.
Quando
tornò Amalia, la guardò con lo sguardo da
supplica ma lei, come al solito,
decise di seguire la lezione, piuttosto che parlare con lui.
Dopo
qualche minuto, la spiegazione del professore non gli arrivò
più e chiuse gli
occhi, sperando che quell’ora passasse velocemente. Era
odioso andare a scuola,
come il non poter uscire prima nonostante non ci fossero i professori,
ma
almeno erano ore di buco e non di lezione.
Stava
quasi per addormentarsi, quando sentì qualcuno toccargli la
spalla. Biascicò
qualcosa e si girò dall’altra parte.
-
Riccardo, la prima ora è finita. Riccardo!
Aprì
gli occhi e alzò la testa, vide davanti a sé i
verdi occhi di Amalia e sorrise.
-
Ciao.
-
Togli il dente prima!
-
Come?
-
La tua missione. Te ne sei scordato?
-
Missione? Amalia, spiegati!
-
La dichiarazione, Riccardo. Sbrigati, Rebecca è appena
andata in bagno.
Si
alzò di scatto, improvvisamente si sentiva sveglio.
Ringraziò Amalia e si
affrettò ad andare a cercare Rebecca, ma prima di uscire
dalla classe sentì
l’augurio della sua migliore amica.
-
Buona fortuna.
Il
suo sorriso l’aveva rimesso di buon umore. Sicuramente
sarebbe andata bene.
Sicuram…
Quasi
si scontrò con Teodoro, che stava tornando in classe. Scosse
la testa e lo
superò, non aveva tempo per pensare a quel noioso.
Arrivò
davanti al bagno delle ragazze giusto quando Rebecca ne stava uscendo.
La
bellissima Rebecca. Si schiarì la voce e prese un respiro
profondo.
-
Rebecca, vorrei dirti una cosa.
-
Dilla.
-
Ehm… possiamo spostarci più in là?
Non
era proprio una cosa da dire davanti a un bagno…
Fortunatamente Rebecca non si
lamentò, semplicemente si posizionò accanto alla
finestra.
-
Parla, ti ascolto.
Riccardo
guardò i suoi occhi scuri e sorrise. Sì,
sicuramente poteva andar bene.
Sicuramente.
-
In realtà, è da molto che ti osservo. Dalla prima
volta che ti ho vista, il
primo giorno di scuola, be’, tu mi piaci. Io… ecco
– abbassò lo sguardo. –
Vorresti metterti con me?
In
quel momento, il pavimento gli sembrava davvero molto interessante.
Davvero…
E
sperava ancora che Rebecca gli avrebbe detto di sì. Non
c’era modo che potesse
andare male. Non c’era.
-
Scusami, Riccardo. Tu sei un bravo ragazzo, ma… io sono
già innamorata di un
altro.
Alzò
lo sguardo e capì. Tutte le sue speranze erano andate in
fumo con quel semplice
rifiuto, un bel rifiuto, fatto con classe, e con gentilezza, alla
Rebecca
insomma, ma pur sempre un rifiuto. Non capiva più come
avesse fatto ad essere
così… sicuro di sé.
Prese
un profondo respiro e riuscì a sorridere, seppur con un
po’ di sforzo.
-
Va bene. Ho capito.
-
Scusa. Torno in classe.
Se
ne andò lasciandolo lì, da solo, a rimuginare
sulla sua eccessiva sicurezza.
Eppure pensava sul serio di poter essere il ragazzo adatto a lei.
Davvero.
Sospirò,
cercando di ritrovare i motivi della precedente sicurezza.
Non
li trovava. Non c’erano. Erano solo la speranza e la fantasia
di poter essere
ricambiato. Forse tutti gli innamorati la pensavano così.
Si
diede dell’idiota, ricordandosi quante volte anche Amalia
glielo diceva.
Sorrise fra sé e sé. Quella volta era andata
male, ma i sentimenti potevano
cambiare. Forse, prima o poi Rebecca avrebbe potuto ricambiarlo.
Con
un sorriso meno radioso ma più convinto, rientrò
in classe.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: Amalia ***
Beeeene... E son tornata ad aggiornare presto. Evvai! Siamo arrivati a
metà storia. Questo capitolo è tutto dedicato ad
Amalia, ma penso che la mia parte preferita della storia venga solo
dopo questo capitolo... Chissà. Be', a quei pochi che
stoicamente mi seguono, buona lettura!
Capitolo 2: Amalia.
Amalia
vide Riccardo rientrare in classe con un sorriso. Un sorriso meno
radioso.
Sospirò: aveva immaginato che potesse andare a finire
così, Rebecca si era
dichiarata il giorno prima a Teodoro e, benché rifiutata,
non era così semplice
cambiare i propri sentimenti, e non sarebbe stato da perfettina
Rebecca. E poi
non aveva mai mostrato interesse per Riccardo.
Lui
sarebbe stato bene. Era un tale ottimista, sicuro di sé,
sbruffone e idiota da
riuscire a superare indenne qualunque situazione. Sperava solo che
maturasse un
po’.
-
Com’è andata la missione?
-
Mi ha rifiutato. Niente da fare.
-
Mi dispiace.
Gli
carezzò il braccio, ma lui la fermò.
-
Ehi, così mi sento peggio! Per favore, sorridi e lamentati
come al solito.
Amalia
gli diede una leggera schicchera sul braccio, ma fu contenta di vederlo
già
allegro. Probabilmente si sarebbe dichiarato come minimo altre dieci
volte,
come per tutti gli altri colpi di fulmine che aveva avuto.
Dopo
qualche minuto passato a tirare su il morale di Riccardo, lui fu troppo
preso
dai suoi amici per prestarle ascolto.
Amalia
si alzò, raggiunse Teodoro e gli passò un libro.
-
Grazie per avermelo prestato.
-
Di nulla.
Il
ragazzo si rituffò nei compiti, e lei lo lasciò
fare. Era inutile provare a
parlargli quando aveva la testa da un’altra parte.
Chiacchierò
per un po’ con le compagne di classe, sempre con lo sguardo
di Rebecca puntato
addosso. Sapeva perché, ma non poteva certo sentirsi
responsabile, non era
colpa sua.
A
un certo punto, le chiacchiere superficiali delle sue compagne la
stancarono e
preferì tornare a sedersi.
Guardò
fuori la finestra, il cielo era pieno di nuvole, ma non sembrava che
dovesse
piovere.
Superficiale.
Esatto, era la parola adatta per descrivere quell’idiota di
Riccardo. Lo teneva
d’occhio fin da bambino, aveva bisogno di una balia perenne,
e non riusciva a
capire se stesso, figuriamoci le persone! Non aveva capito nemmeno che
la sua
cotta per Rebecca era tutta un’idealizzazione. Bella di qua,
bellissima di là,
ma quando andavi a chiedere cosa effettivamente gli piacesse non sapeva
rispondere altro che: bella. L’idiota.
Va
bene, ammettiamo pure che sia bella, ma poi? Rebecca sembrava arida,
rigida e
con la puzza sotto il naso. Tutto un trucco per allontanare la gente;
non
sarebbe stato meglio fare la ruffiana?
Sbuffò.
Non gli piacevano entrambi i comportamenti, ma Rebecca era molto
sciocca,
secondo lei. Le sarebbe bastato così poco per essere
più serena, e invece
doveva indossare quella maschera di indifferenza verso tutto e tutti.
Solo
quando guardava Teodoro sembrava meno rigida.
E
anche quel ragazzo, perché non la smetteva? Sarebbe stato
meglio, per lui.
Sospirò.
Non che lei fosse tanto meglio. Si era presa una cotta per un assurdo,
megalomane idiota. E non c’entrava niente che lo conoscesse
praticamente da
sempre, non sarebbe dovuto succedere. Lei, una cotta per Riccardo.
Guardò
il suo migliore amico conversare di frivolezze con gli altri. Era bravo
a
trattare le persone, era gentile e sorrideva sempre. Era facile avere a
che
fare con lui, finché si rimaneva sulla conoscenza o
un’amicizia leggera. Ma
quando provavi ad andare oltre, sembrava di trovarsi in un deserto; ma
lo
stesso non poteva fare a meno di pensare a lui come al suo migliore
amico. Gli
voleva bene, e molto, sapeva che aveva solo bisogno di maturare. Quando
voleva
prenderlo in giro, scherzare, ridere con qualcuno, lui c’era;
e quando aveva
bisogno di sentirsi un po’ superiore le bastava sgridarlo su
qualche sua
idiozia, tanto ne faceva sempre.
E
si era presa una cotta.
Non
ci pensava nemmeno lontanamente a dichiararsi. Non era timidezza, o
paura della
risposta. Sapeva già che Riccardo la considerava solo la sua
migliore amica,
l’aveva vista troppo spesso come amica o mammina per cambiare
così
repentinamente punto di vista e sentimenti. E lei non aveva nessuna
voglia di
stare con un idiota. Avrebbero finito per lasciarsi perché
lui non la capiva e
lei si sarebbe stufata di lui, e in fondo ci teneva alla sua amicizia
invece di
mandare tutto all’aria.
Si
alzò di scatto e sbuffò. Quei pensieri non
l’avrebbero portata da nessuna
parte, la situazione era così ormai da tanto e non sarebbe
cambiata se non con
la maturazione di Riccardo o il cambiamento dei suoi sentimenti, ma
visto che
richiedevano entrambi tempo era inutile rimuginarci troppo sopra.
-
Non è da te perdere il controllo, Amalia.
Teodoro
le sorrise dal suo banco, e tornò ai compiti. Si
avvicinò al ragazzo e notò la
pagina ancora a metà, come l’aveva lasciata prima.
-
Non sei andato avanti?
-
Sono un po’ stanco, ieri ho dormito poco.
Non
se n’era accorta, ma in effetti aveva il viso meno rilassato
del solito.
-
Hai aiutato di nuovo tuo fratello coi compiti?
-
Uhm?
-
Ho capito. Cerca di svegliarti, o non riuscirai a seguire
l’ultima ora.
-
Sì, sì…
Teodoro
riabbassò gli occhi sul quaderno, ma adesso aveva un accenno
di sorriso.
Amalia, però, era un po’ preoccupata. Sperava solo
di non aver fatto peggio.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3: Rebecca ***
Non so, forse perché tanto non la segue quasi nessuno
(grazie per chi si è fermato a leggerla), o
perché è già praticamente completa sul
pc, ma mi viene voglia di aggiornare questa storia, anche se son
passati solo due giorni dall'ultimo aggiornamento. O forse voglio solo
toglierla da pc, per dirmi: basta, è finita, non ci tornare
più col pensiero. È lei, punto!
Sì, probabilmente è così. O forse no.
Tanto pochi leggono la storia, figuriamoci se qualcuno si ferma a
leggere le mie note pazze. XD
Buona lettura!
Capitolo 3: Rebecca
Rebecca
guardò Amalia allontanarsi da Teodoro e tirò un
sospiro di sollievo. Era ancora
arrabbiata e gelosa, avrebbe voluto che quel sorrisino sul viso del suo principe non fosse opera di quella
ragazza, di quell’arpia, quella velenosa serpe che voleva
portarle via il suo
adorat...
Riprese
il controllo dei suoi pensieri prima che questi potessero in qualche
modo
affiorare sul suo viso. Lo sapeva, purtroppo, che Amalia non era una
cattiva
ragazza. Forse un po’ cinica, ma in fondo a posto.
Solo
che non sopportava proprio quando si avvicinava a Teodoro.
Gli
altri ragazzi erano in gruppo, tutti a sentire le idiozie di Riccardo
che, per
carità, era pure un bravo ragazzo, ma non si adattava alla
sua immagine di
principe. Riccardo non era maturo, non eccelleva nello studio, non
sapeva
comprendere l’animo delle persone, non pensava a lei... o
meglio, pensava a
lei, ma se davvero l’avesse capita, l’avrebbe
trattata come una principessa, e
non con quella dichiarazioncina da due soldi.
Sospirò
interiormente. Stava diventando cattiva con quel povero ragazzo, quando
in
realtà Riccardo c’entrava ben poco con i suoi
pensieri. Stava solo cercando di
non pensare alla sua, di disastrosa
dichiarazione del giorno prima. Teodoro le aveva chiaramente detto che
non
poteva ricambiare i suoi sentimenti, perché era innamorato
di un’altra. Buffo
come lei avesse voluto usare le parole piene di tatto del suo principe,
anche
se forse dette da lei non erano poi così gentili.
Si
alzò all’arrivo del professore, mentre i suoi
compagni tornavano ognuno al
proprio posto, e si risedette al cenno dell’adulto.
Lei
non era mai gentile. Non era mai disponibile. Non si lasciava mai
andare.
Lei
era fredda. Era calcolatrice. Era sempre attenta alle sue mosse.
Ma
non poteva fare a meno di lasciar correre i pensieri, quando
c’era il suo
maturo, studioso, empatico Teodoro. Lasciava un po’ a
desiderare nello sport,
ma a quello si poteva rimediare.
Il
reale problema era che non pensasse a lei.
Il
suo sguardo andò involontariamente – e di solito
lei soppesava le sue azioni,
ma quando pensava al suo principe era difficile! – ad Amalia.
Aveva
visto come il volto del ragazzo si era illuminato non appena lei gli
aveva
parlato. Non aveva sentito cosa si erano detti, ma per far sorridere in
quel
modo Teodoro ci voleva qualcosa di più, di una semplice
compagna che si
interessasse a lui. E lei lo sapeva bene. Lei l’aveva
osservato a lungo, il suo
principe.
All’improvviso
sentì il suono della campanella. Guardò
l’orologio e si stupì di come fosse
passata velocemente quell’ora. I ragazzi si alzarono e
ricominciarono a parlare
in gruppo, mentre le ragazze circondarono il banco di una compagna che
aveva
una lettera in mano. Probabilmente una lettera d’amore.
Lo
notò, ovviamente. Vide Teodoro guardare per qualche secondo
di troppo Amalia
prendere per l’orecchio Riccardo e urlargli di smetterla di
voler copiare i
suoi compiti, invece di farli da sé. Ecco, quei due potevano
stare bene
assieme, invece di mettersi in mezzo fra lei e Teodoro.
Sospirò
interiormente. Stava ridiventando cattiva. Riccardo non aveva fatto
nulla di
male, non era colpa sua se Teodoro l’aveva rifiutata.
Si
alzò dalla sedia e si mise davanti al suo principe, che
stava beatamente con
gli occhi chiusi e il volto sul libro, visto che mancava il professore.
-
Teodoro, dobbiamo parlare. Ora.
Il
ragazzo alzò il viso e la guardò, semplicemente
annuì, sicuramente già sapendo
ciò che voleva chiedergli. In fondo, restava il suo
principe, quello che la capiva
meglio, quello che aveva scritto quella meravigliosa poesia, quello che
le
parlava senza sentirsi sempre inferiore a lei, quello di cui si era
innamorata.
Teodoro
uscì dall’aula e lei lo seguì,
raggiungendolo e camminandogli a fianco.
Andarono in giardino, dove c’erano soltanto alcuni ragazzi
che, finita di
fumare l’ultima sigaretta, rientrarono
nell’edificio.
-
Comincia pure.
-
Forse farmi scappare la parola principe, ieri, è stato
troppo... Scusa. Però i
miei sentimenti non cambiano.
-
Nemmeno i mi...
Rebecca
alzò una mano, per imporgli il silenzio. Lui alzò
un sopracciglio – quant’era
bello, quando faceva così! – ma non
ribatté.
-
È Amalia, vero? La ragazza che ti piace.
-
E se non volessi rispondere?
-
Ha già risposto per te il sorriso di stamattina.
-
Oh... Capisco.
Teodoro
fece qualche passo in avanti, e la ragazza capì che per lui
era meno
imbarazzante camminare mentre faceva questi discorsi. O forse
volé capirlo,
invece di pensare che lui volesse semplicemente camminare.
O
forse era lei, che si faceva troppi problemi per il suo principe.
-
Non voglio ferirti, se non vuoi sentire la verità sei in
tempo.
Rebecca
prese un profondo respiro, buttò fuori l’aria e lo
guardò. Il suo principe.
Così incredibilmente bello, maturo e attento agli altri.
Empatico.
-
Te l’ho chiesto io, non posso tirarmi indietro.
Teodoro
annuì, le prese il braccio e la tirò gentilmente
verso la panchina.
-
Sì, mi piace Amalia – disse, e provò ad
alzarsi, ma Rebecca lo trattenne,
facendogli capire con lo sguardo che voleva lui continuasse. E lui
continuò. –
Come sai, non sono esattamente un ragazzo sociale e con cui sia facile
parlare,
come Riccardo. Preferisco sentire una canzone o leggermi un libro
piuttosto che
una partita a calcio, e ovviamente questo non aiuta le mie
già scarse relazioni
sociali. Le ragazze invece sembrano spesso idealizzarmi, dandomi
epiteti che
non merito, che so di non meritare. Sì, parlo di quel
principe, Rebecca.
La
ragazza non riuscì a tenere il contatto con i suoi occhi.
Lei, che si era
sempre detta forte, non riusciva a sostenere lo sguardo del suo
princip... di
Teodoro.
-
Non sono perfetto, è ora che te ne accorga anche tu.
Rebecca
si alzò di scatto. Non riusciva più a stare
accanto a lui, ora, aveva voglia di
fuggire. Aveva voglia di tornare a casa e stringere il suo cane.
Aveva
voglia di sognare il suo principe.
Ma
non poteva andarsene senza l’ultima domanda. La principale.
-
Se quella ragazza non ti idealizza, allora perché non ti
dichiari?
Il
sospiro che sentì provenire dal ragazzo le fece capire di
aver posto la domanda
sbagliata, anche se per lei era fondamentale. E ormai non poteva
più tornare
indietro.
-
Infatti mi sono dichiarato.
-
Oh...
-
Sì. E sono stato rifiutato.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4: Teodoro ***
Finalmente l'ultimo capitolo! XD Ecco il capitolo dedicato a Teodoro.
Vedrò di aggiornare al più presto l'epilogo.
Buona lettura!
Capitolo 4: Teodoro.
Teodoro
guardò la sagoma di Rebecca allontanarsi con la solita
grazia, eleganza e
austerità che la contraddistinguevano ovunque andasse.
Ripensò per l’ennesima
volta che, se solo si fosse lasciata andare un po’, sarebbe
stato più semplice,
per lei. In fondo, aveva un animo dolce e sognatore, era simile a lui,
sotto
questo aspetto.
Solo
che lui non si poteva più permettere di vedere tutto con un
velo sopra gli
occhi. E non perché volesse, ma perché una volta
tolto, aveva scoperto che il
velo non si poteva più rimettere.
Sospirò,
la figura di Rebecca già sparita e quella di
un’altra ragazza si avvicinava,
mentre il gruppetto delle ragazze della sua classe tornava dentro
l’edificio,
nella stessa direzione in cui era sparita quell’altra.
La
sua compagna di classe – si chiamava Anna, se non ricordava
male – gli porse
una lettera e trovò irresistibili i lacci delle sue scarpe,
o almeno così
sembrava, per quanto li stava guardando.
Lesse
velocemente quelle parole, parole che gli fecero subito pensare a
Rebecca. Almeno
lei sembrava conoscerlo, un minimo, e avevano parlato parecchie volte
prima che
la ragazza si dichiarasse. Di Anna, invece, si ricordava a stento, e
gli
dispiaceva molto per la ragazza.
Ma,
ovviamente, non glielo avrebbe detto.
-
Io... mi dispiace, ma non posso ricambiare i tuoi sentimenti. Sono
già
innamorato di un’altra.
Quando
vide che la ragazza stava per scoppiare a piangere, non seppe cosa
fare. Gli
dicevano che era maturo, che era bravo a capire gli altri, che
studiava. Dove
andavano tutte quelle belle parole, in queste occasioni? Lui era il
ragazzo che
aveva spezzato il cuore alla ragazza che stava piangendo di fronte a
lui, e non
poteva fare nulla per farla sentire meglio. Non era mai bello,
rifiutare una
persona.
Le
allungò la lettera, e Anna scappò.
Sperava
che trovasse presto un ragazzo, invece di pensare a lui, che non sapeva
nemmeno
cosa dire, in quelle situazioni. Si sentiva un ragazzino, probabilmente
anche
suo fratello avrebbe saputo dire qualcosa di più confortante
a quella ragazza.
-
Mi dispiace aver assistito alla dichiarazione di Marta, però
diamine, certe
scene accadono solo negli shojo!
Si
girò nel sentire la voce di quel
ragazzo.
Riccardo
aveva ragione, quella era Marta. Anna era l’altra, la
migliore amica.
Per
fortuna non l’aveva chiamata per nome, o l’avrebbe
ferita ancora di più. Gli
dispiaceva.
-
Come fai a dirlo, leggi gli shojo?
-
Ehm... no, li legge Amalia.
Non
era sicuro che quella fosse la verità, considerato il
carattere della
ragazza... ma preferì non indagare con Riccardo e chiedere
direttamente a lei.
-
Che ci facevi dietro il muro?
-
Ero venuto fuori per sfuggire ad Amalia, e poi mi sono trovato in
mezzo...
Alzò
il sopracciglio e osservò meglio il ragazzo, per
l’ennesima volta. Poteva
sbagliarsi, ma non gli sembrava cotto della ragazza. Gli dispiaceva per
Amalia,
nonostante lei gli piacesse. E gli piaceva parecchio. Da quando... non
lo
sapeva. Però sapeva di chi la ragazza fosse infatuata
– non voleva parlare
d’amore, non l’aveva detto lei, non
l’avrebbe pensato lui.
-
Be’, che hai da fissarmi?
-
Niente, ritengo solo che sia uno spreco.
-
Cos...? Che cosa? Che vorrebbe dire, questo?
-
Che sei uno spreco, per lei.
-
Lei chi? Non parlerai di Rebecca, spero!
Scosse
la testa e sbuffò. Che idiota, aveva ragione lei.
-
E così sei cotto di Rebecca.
-
Già, appena rifiutato, devo dire... Ma non mi arrendo.
Sospirò.
Che quadrato odioso si era creato, adesso gli dispiaceva ancora di
più per
Amalia.
Ma
forse lui avrebbe
avuto una possibilità, così...
Come
no. Come se non avesse capito abbastanza il carattere di Amalia e i
sentimenti
per sapere che no, non funzionava così. Non c’era
nulla di logico, era tutta
questione di sensazioni, da cui veniva poi l’affetto, e
l’amore. O almeno,
questo gli era successo con la ragazza, dopo aver parlato con lei tante
volte e
aver osservato il suo modo di scherzare, quel modo che aveva di fare
speciale,
per lui.
Quel
modo che la rendeva unica, ai suoi occhi.
E
che quel cretino di Riccardo non riusciva a vedere.
Il
ragazzo di fronte a lui stava per dire qualcosa, quando vide Amalia
correre
nella loro direzione, afferrare il braccio dell’amico e
tirarlo verso di lei.
-
Non puoi scappare, non dopo il disastro che hai combinato strappando il
mio
quaderno!
Teodoro
ridacchiò per la sfuriata di Amalia e per le scuse patetiche
del ragazzo, che
cercava di sfuggire alla sua presa. Quando finalmente Riccardo
riuscì a
fuggire, e Amalia a sbuffare e puntare i piedi, Teodoro smise di ridere
e
richiamò l’attenzione della ragazza.
-
Eppure avevi detto di essere abituata, a lui.
-
Proprio perché sono abituata so che devo riprendere
quell’idiota, cretino,
stupido...
-
...insensibile e superficiale Riccardo di cui sei infatuata,
sì, lo so.
Amalia
sembrò sul punto di fuggire anche lei, sarebbe stata la
quarta, quel giorno. La
terza a fuggire da lui. Ma il secondo dopo si girò verso di
lui, con
quell’espressione odiosa di compassione che da qualche tempo
gli riservava
sempre.
-
Scusami, non volevo.
-
Non preoccuparti, solo perché mi piaci questo non vuol dire
che ti debba
trattenere, con me. Siamo o non siamo amici?
Amalia
gli sorrise, e lui ricambiò. Era bello, davvero, stare con
lei, così, anche
solo da amici.
-
Sei un bravo ragazzo, Teodoro, anche se non ti sembra. E mi dispiace
per
questo. Ma soprattutto mi dispiace di prendere cotte solo per gli idoti.
-
Sull’ultima cosa sono perfettamente d’accordo.
Amalia
sospirò e si sedette accanto a lui.
-
Mi dispiace, di nuovo. Sembra che riesca sempre a ferirti...
-
Sei fatta così, dici le cose in faccia, quando sei amica di
qualcuno. Almeno
posso avere la tua amicizia.
-
Ma non ti basta.
Teodoro
distolse lo sguardo. Lo sapeva anche lui, che in realtà non
gli bastava, che
aveva trattato Riccardo come uno stupido perché era geloso,
che voleva che la
ragazza ricambiasse i suoi sentimenti. Ma sapeva anche che, per il
momento, non
era così.
-
Rientriamo?
-
Puoi... possiamo stare ancora un po’ così, per
favore?
Amalia
lo guardò fisso negli occhi, annuì e non disse
più nulla.
In
fondo lo sapeva, era anche per quei momenti di silenzio che gli piaceva.
E
odiava davvero quel quadrato che si era creato fra loro quattro.
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Capitolo 6 *** Epilogo ***
Scusate, mi sono scordata di mettere una nota il capitolo precedente.
Per chi non lo sapesse, gli shojo sono i fumetti giapponesi per le
ragazze.
Le note a fine capitolo. Buona lettura!
Epilogo
Riccardo
osservava di soppiatto Amalia. Era da quando era tornata in classe che
gli
appariva un po’ strana, soprattutto adesso che tornavano a
casa da scuola
insieme, come ogni giorno, e non gli stava ancora dando
dell’idiota.
-
Amalia...
-
Se è per Rebecca sì, ti aiuterò.
Annuì
e guardò il cielo. Era vero, doveva pensare alla sua cotta,
alla bellissima
Rebecca, non solo alla sua amica. Ma in quel momento c’era
lei, accanto a lui,
no?
-
Non ne avevo dubbi. Il problema è...
-
...che sei un idiota?
-
No, però se mi chiami idiota vuol dire che stai meglio.
Le
sorrise, e lei sbuffò. Lo prese per il braccio e
continuarono a camminare per
un po’ in silenzio. Aveva già fatto
così, qualche volta, e ogni volta lui
sapeva che aveva qualche significato, ma non sapeva quale. Se lei non
glielo
diceva, lui come faceva a capirlo? Ma forse avrebbe dovut... Oh.
-
Forse hai ragione.
-
A darti dell’idiota?
-
No, del superficiale. Ero così sicuro che Rebecca non mi
avrebbe rifiutato,
così sicuro di me che non ho pensato nemmeno per un secondo
che potesse
essere... così. Ha fatto male, un po’, sai?
Lei
lo guardò con gli occhi sgranati.
-
Dimmi chi sei tu e cosa hai fatto a Riccardo.
-
Sono un alieno e l’ho mangiato, preso il suo posto e le sue
sembianze per poter
mangiare anche te.
-
Ok, sei il solito idiota.
Lui
rise, la prese per mano e cominciò a correre, strattonandola
e ignorando le sue
lamentele. Non aveva voglia di pensare. Non ora.
Ma
dopo qualche secondo dovette fermarsi, perché la ragazza non
reggeva la sua
velocità.
-
Riccardo... Lo so, che fa male. Lo capisco. Però... almeno
ti aiuta a crescere,
no?
Lui
annuì, anche se avrebbe preferito non ritornare sul
discorso, ma lei era
Amalia, non avrebbe lasciato perdere, perché si trattava di
lui. Questo lo
sapeva.
-
Grazie di essermi amica, Amalia.
La
abbracciò, le sorrise e le fece la linguaccia.
-
Già, sennò chi ti ricorderebbe che sei un idiota
ogni giorno?
Risero
insieme, come amici. Era fortunato, ad averla con sé.
Fortunato perché si
sentiva meglio, e adesso aveva capito di non dover dare sempre tutto
per
scontato. Forse nemmeno lei...
Si
ripromise che, il giorno dopo, avrebbe cominciato a conoscere meglio
Rebecca.
Rebecca
guardò la porta di casa davanti a sé, quasi senza
vederla. Non ricordava bene
come era riuscita ad arrivarci, fin lì, né che
pensieri avesse fatto... però
sapeva a cosa stava pensando adesso.
Al
suo principe.
Fece
una smorfia. Se lo poteva permettere, o forse no, però non
l’aveva vista
nessuno, tanto. Il suo cane la raggiunse, ebbe appena il tempo di farle
le
feste che lei lo prese in braccio e si buttò sul letto,
stringendolo a sé.
Ci
stava male, ci stava maledettamente male. Il suo principe
l’aveva rifiutata per
la seconda volta, ed era colpa sua, perché aveva voluto
sapere. Anzi, essere
sicura, perché a sapere sapeva. E lui non si era risparmiato.
Il
suo principe aveva saputo essere spietato, con lei, forse era per il
suo
bene... forse per farle affrontare la realtà... ma un
principe l’avrebbe
consolata.
Ma
in fondo, lei cosa cercava nel principe? Lei cercava... lei...
Qualcuno
che l’amasse.
Lasciò
andare il cagnolino, che abbaiò e scondinzolò
verso di lei. Sorrise e sospirò.
Poi si ricompose.
Il
principe non esisteva. O almeno, questo aveva voluto comunicargli
Teodoro.
Quali erano i suoi difetti...?
Si
scoprì a non conoscerli, oltre alla sua poca
socialità non sapeva che altri
difetti attribuirgli, e lei era perfettamente conscia che tutti hanno
difetti.
Il
principe non esisteva.
Scosse
la testa e chiuse gli occhi.
Voleva
ancora sognare e fantasticare sul principe, prima che quella bella
favola
volasse via forse per sempre, il giorno successivo.
Ma,
lo sapeva, questo non voleva dire che lui avrebbe smesso di piacerle.
Teodoro
sbadigliò, di nuovo. Il fratellino teneva forte la sua mano
e gli stava
raccontando della sua giornata a scuola. Non riusciva a seguirlo per
bene, però
cercava di fare attenzione perché sapeva quanto fosse
importante, per lui.
E,
soprattutto, così non avrebbe pensato alla povera Ann...
Marta.
Sospirò.
In realtà non stava pensando né ad Anna,
né a Marta, né a Riccardo, né a
Rebecca.
Stava
pensando ad Amalia, e purtroppo gli stava succedendo fin troppo spesso,
di
recente.
Sentì
la manina del bambino stringere appena, probabilmente rivoleva la sua
attenzione, ma il secondo dopo capì che il fratellino aveva
smesso di parlare
già da un po’, accortosi che il maggiore non lo
stava ascoltando. E che erano
arrivati a casa.
-
Scusa, non sono di molta compagnia, oggi.
-
Però mi aiuti lo stesso con i compiti dopo, vero?
-
Certo.
Gli
sorrise, aprì la porta e si fiondò in camera.
Lasciò lo zaino sul letto e
afferrò il telefono.
C’era
un pensiero che gli girava in testa già da un po’,
ma che ancora non aveva
trovato risposta, e forse non l’avrebbe trovata, forse
sì, fatto sta che voleva
parlarne con lei, perchè
sapeva che
avrebbe capito. Lei lo capiva spesso.
Quando
sentì la sua voce rispondere, non le diede nemmeno il tempo
di capire chi
fosse, preso dalla foga.
-
Ho deciso, lo so che sono un inutile ragazzino senza spina dorsale,
quindi devo
farlo... cioè, ho deciso!
-
Aspett...
-
Ed è anche vero che probabilmente non ce la farò,
ma non è che mi aiuteresti?
Sì, ti sto chiedendo aiuto, da amica.
-
Ehi...
-
Sì, lo so che mi piaci e che tu mi vedi solo come amico, ma
un aiut...
-
TEODORO!
Il
ragazzo si zittì immediatamente, non si era del tutto
accorto della sua stessa
foga.
-
Grazie. Adesso prendi un bel respiro
e ricomincia da capo. In cosa dovrei aiutarti?
-
Ecco... vorre aprirmi, cominciare a farmi degli amici. Così,
forse, potrei
anche farmi passare la cotta per te...
Chiuse
gli occhi, come se quella confessione gli pesasse.
Anzi,
leviamo il come.
-
Va bene.
-
Amalia, grazie!
-
Ma dovrai fare tu il primo passo, lo sai, vero?
-
Io...
-
Ti aiuterò, e ne hai già fatto mezzo, di passo.
-
Grazie. Mi sforzerò.
Chiuse
la conversazione così, senza voler dire altro,
perché lo sapeva, che non gli
sarebbe bastato, che probabilmente avrebbe voluto sentire di
più la sua voce.
Sospirò.
Aveva fatto un passo, o mezzo come diceva lei, e almeno avrebbe pensato
ad
altro, non solo a lei.
Ma
lo sapevano entrambi, che era complicato cambiare i propri sentimenti.
Amalia
osservò la cornetta del telefono per qualche secondo prima
di scuotere la testa
e ridacchiare. Era contenta per il suo amico, finalmente decideva di
darsi una
svegliata! Era un ragazzo così dolce, seppur avesse anche
lui i suoi difetti. E
forse avrebbe fatto meglio a prendere una bella cotta per lui, invece
che per
quell’idiota di Riccardo.
Sbuffò.
Già, peccato che, come dicono, al
cuor
non si comanda. E lei ne era la prova, sennò non
avrebbe preso quella
cotta!
Sbuffò
di nuovo. Era inutile mentire anche con se stessa. Lo sapeva anche lei,
che in
realtà non c’erano motivi per i quali uno si
innammora, o meglio, lo senti e
basta. O, meglio ancora, se si era presa una cotta, non poteva
cambiarla
facilmente, né cambiare lui.
Perché,
forse, sarebbero venuti meno i motivi della cotta.
No,
non era nemmeno questo. Era piuttosto che, in amore, bisogna accettare
l’altro,
non sperare che cambi.
Sospirò,
un po’ malinconica. Erano davvero in un pessimo quadrato,
sperava di uscirne
presto, in un modo o nell’altro.
Ed
era contenta che Riccardo stava cambiando; però ormai aveva
capito che lo stava
accettando: le piaceva anche così, idiota e insensibile.
Il
suo migliore amico.
Eh
già, era proprio vero.
Al
cuor non si comanda.
Fine.
Ecco qui. Spero vi sia piaciuto questo breve racconto. Mi piace
perché non finisce, potete immaginare qualsiasi storia,
qualsiasi coppia, anche un manage a trois, o che qualcuno si riscopri
bisex o omosessuale, o anche che rimangano tutti amici e si trovino
altri partner nella vita futura, o altro. Non l'ho voluto scrivere per lasciare
spazio alla vostra immaginazione (e alla mia), e perché
volevo concentrarmi su altro, ritenevo più importante come
loro abbiano affrontato i propri sentimenti e come, un poco, siano
cresciuti. Non mi piace più come l'ho scritta,
sarebbe da cambiare, ma spero che si capisca almeno quello che volevo
dire.
So che sottolineerò l'ovvio, ma preferisco dirlo. XD
Riccardo era il colpo di fulmine, Rebecca l'idelizzazione dell'amato,
Amalia l'amore "non accettato", quello che si vorrebbe solo cancellare,
e Teodoro era l'amicizia che diventa amore. Penso che a tutti sia
capitata almeno una delle quattro cose, d'altronde sono le
più diffuse, e ovviamente diverso è il modo in
cui l'hanno affrontato, ma quello è il carattere che ho
voluto dargli. I personaggi sono volutamente un po' stereotipati, per
concentrarmi meglio sull'ammmore, almeno spero di essere riuscita
almeno in questo. XD
Per ultimo, voglio davvero ringraziare chiunque abbia letto questa
storia, e una mia amica che l'ha letta e mi ha corretto qualche errore.
Se non fosse per lei, adesso stareste leggendo qualche erroraccio
enorme. ^^'
E, be', adesso è ora di salutarci. Alla prossima storia!
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