If I could be anywhere

di Emma_Hufflepuff
(/viewuser.php?uid=245283)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un risveglio apparentemente pessimo ***
Capitolo 2: *** Una giacca di pelle al profumo di pino ***
Capitolo 3: *** Piacevoli sorprese. ***
Capitolo 4: *** Il buio che non fa paura ***



Capitolo 1
*** Un risveglio apparentemente pessimo ***


Driiiiin!!!
Il campanello.
Di domenica mattina.
Non ci posso credere!
Neanche di domenica posso dormire in santa pace.!
Incredibile!
Driiiin!!
Ancora?? !!
Ma mia mamma dov'è??
Dovrebbe correre a vedere chi è.
Vedo che non smette allora mi alzo dal mio morbido e caldo letto, apro la porta della mia stanza dove noto un post-it giallo che dice "Io e Alex siamo usciti al mercato. Torniamo tardi. Un bacione, mamy" Ma bene ci si mette pure lei a fare la mattiniera. A proposito, Alex è il mio "dolcissimo" fratellino di undici anni.
Driiiin!!
Ma santa banana, in questo momento non c'è proprio rispetto per le persone stanche morte!!
Guardo l'orologio, non ho parole... Le 8 e 50 minuti?!
Questo suddetto essere alla porta è proprio un maleducato!!
Vado alla finestra del bagno che dà direttamente all'ingresso e vedo, nascosta dietro le tende bianche, 3 "simpatici" uomini che si allontanano armareggiati con delle bibbie in mano.  Ah fantastico, ci mancava solo una visitina dei testimoni di Geova. Meno male che se ne sono andati, altrimenti sarebbe stato peggio per loro. Non ho proprio voglia di discutere con certi individui. Io, con una balla di fieno al posto dei capelli, occhi da zombie e ore di sonno arretrate (parecchie). Torno a letto, ma dopo dieci minuti decido di alzarmi definitivamente non riuscendo a chiudere più occhio. Una doccia calda è quel che ci vuole. Dopo due shampii e una buona dose di docciaschiuma alla vaniglia, torno in me (finalmente!). Mi spazzolo i capelli, li asciugo, anche se sembra ancora che qualche ciuffo non voglia essere domato. Metto i leggins marroni e una maglietta grigia di almeno 4 taglie in più. Infilo le pantofole leopardate e scendo sciallamente le scale. Prendo la mia tazza, con Harry Potter (il mio idolo) raffigurato mentre gioca a quidditch, ci verso una modesta quantità di latte e la sbatto letteralmente nel microonde per 1 minuto e 2.
Intanto che il latte si scalda, mi fiondo sul divano e accendo la TV.
Ah, che stupida ho dimenticato di presentarmi. Mi chiamo Emma. Abito un paesino sperduto nella Castiglia ( la regione più nebbiosa di Spagna). Las Rosas: popolazione ottomila abitanti. Ok, adesso sembro quella emo di Bella di Twilight.
Comunque, chiunque scriva una storia deve presentare il suo personaggio, quindi tenterò una descrizione abbastanza banale su di me.
Sono alta un metro e sesanta, peso 53 chili (ma vorrei pesarne 50). Ho i capelli castano chiaro, corti, tipo alla Alice Cullen. I miei occhi sono a mandorla e marroni come il cioccolato alla nocciola, il mio preferito. Sono mancina, porto il 37 e mezzo di scarpe, non mi piacciono gli insetti. Ho la fobia dei ragni, delle altezze e degli spazi angusti. Odio i cavoli e le melanzane e detesto il gelato al pistacchio. Mia mamma è italiana mentre mio padre è spagnolo.
Ecco, questa sono io.
Ok, il latte è pronto. Prendo la tazza dal microonde e inserisco cautamente due misurini di cappuccino in polvere con una bustina di zucchero. Torno sul divano con la tazza fumante e un pacchetto di biscotti con le gocce di cioccolato. Mi adagio comodamente e passo in rassegna tutti i canali di Sky Cinema (zapping time!!).
Banale.
Demenziale.
No.

No.

Oh, si. "Emma", non per niente si chiama come me, tratto dal romanzo di Jane Austen e con una bellissima Gwyneth Paltrow. Un bellissimo film, lei riesce a trovare il vero amore, anche se nella vita reale capita raramente.
Finisco il latte e anche i biscotti ( i miei fianchi ne sentiranno il peso). Riporto tutto in cucina e, successivamente mi dirigo in bagno per rimuovere accuratamente le tracce di biscotto col mio spazzolino elettrico, gentilmente sponsorizzato da Oral-B.
Dopo due buoni minuti di "spazzolatura", mi sciacquo e mi accorgo che il film è sul più bello. Stanno per dichiararsi. Dai, dillo. Dillo che la ami alla follia e che pensi a lei ininterrottamente...
Driiin!
No, è impossibile!
Proprio adesso che stava per cadere nelle sue braccia...
Driiin!!
Ancora... Ma che due pere!!!
"Arrivo, arrivo"
Chiunque sia deve avere una buona e valida motivazione per rompere i cosidetti santissimi!! Apro la porta con la pigrizia che popola i miei muscoli.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Una giacca di pelle al profumo di pino ***


Davanti al mio cancello c'è un ragazzo piuttosto alto, abbastanza smilzo, capelli biondo ramato e occhi di un azzurro penetrante.
Ma cosa ci fa un ragazzo, anzi no, un Dio davanti a casa mia?
Lui mi guarda e mi dice: "Ciao".
Io, ancora impietrita sulla soglia gli rispondo: "Un momento".
Torno in casa in fretta e furia, m'infilo le converse, la giacca ed esco.
Lui è lì, appoggiato al muretto. Appena mi vede si ricompone "Scusa se ti disturbo a quest'ora del mattino, ma... Ho bucato".
Mi indica una macchina nera con gli interni di pelle chiara. Davvero una bella macchina. Resto a fissare quella meraviglia per qualche secondo quando finalmente noto la gomma bucata.
"Scusa ma non me ne intendo molto di pneumatici" gli rispondo fissando la ruota.
Lui, inaspettatamente si mette a ridere.
Ok, ora mi sento una stupida.
Appena smette di ridere mi chiarisce le idee "Avrei solo bisogno di fare una telefonata al carro attrezzi. Ho finito il credito sul telefono".
Oddio che figura!!
"Ah ok, va bene. Entra pure".
Lo faccio entrare in casa. Lui si toglie la giacca di pelle, l'appoggia sul divano e rimane lì, in piedi a guardarsi intorno.
Prendo la sua giacca e l'appendo all'attaccapanni dietro alla porta. Odora di pino. Rimango per un momento inebriata da quell'odore. Poi tento di ricompormi.
Ma cosa sto facendo? Ho appena fatto entrare un perfetto sconosciuto in casa mia!
Tuttavia, non riesco ad avere paura e non riesco a capire perchè. Prendo il cordless fra le mani e mi rivolgo a Tom.
"Siediti pure. Ecco il telefono. Hai bisogno anche dell'elenco telefonico?"
Mi sorride ancora e mi risponde "Grazie, si ne avrei bisogno... Ehm.. Non ti ho ancora chiesto come ti chiami. Che stupido."
Si passa una mano tra i capelli guardando in basso, lievemente imbarazzato.
Gli sorrido come un ebete e gli porgo la mano "Io sono Emma"
Lui la stringe con la sua. "Tom".
Ci guardiamo negli occhi per un attimo che sembra infinito.
Poi ci stacchiamo (io a malincuore) e gli passo l'elenco telefonico.
"E' "Emma" il film che stavi guardando prima che io invadessi la tua privacy?". Mi chiede fissando lo schermo del mio televisore.
"Si è uno dei miei film preferiti. Hai sete? Vuoi qualcosa da bere? La casa offre acqua, Coca- Cola, aranciata e thè. " Gli rispondo appoggiata allo stipite della cucina.
"Si, un bicchiere d'acqua naturale per favore". Alza gli occhi un attimo solo per rispondermi, per poi ritornare a sfogliare l'elenco telefonico alla ricerca del carro attrezzi più vicino.
"Ricevuto". Verso l'acqua in due bicchieri azzurri come i suoi occhi.
Mi tremano le mani e sento il mio cuore palpitare come un tamburo nel mio petto.
Sento Tom mentre parla al telefono e mi sfugge un sorriso. Appena riattacc, prendo i bicchieri e mi avvio verso il salotto.
Visto che le mie mani tremano, anche l'acqua nei bicchieri traballa.
Non appena Tom nota il mio squilibrio, prende dalle mie mani i bicchieri.
Mormoro un "grazie", imbarazzata e ci sediamo sul divano.
"Sai, è anche uno dei miei film preferiti sebbene sia una storia d'amore". Pronuncia questa frase guardandomi intensamente negli occhi portandosi il bicchiere alla bocca perfetta. Beve tutto il contenuto del bicchiere in un solo sorso.
Bevo anch'io.
L'acqua mi disseta e soddisfa la mia gola secca.
"Ah. non sapevo che piacesse questo genere anche ai ragazzi." gli sorrido maliziosamente.
Lui alza le spalle, "Eh già. Siamo molto sensibili".
Mi sfugge una risata.
"Beh Emma, quanti anni hai?"
"Compio 17 anni il 15 aprile" gli rispondo abbassando lo sguardo. Mi crede di certo una bambina, una ragazzina. Troppo piccola per i suoi standard.
"Tu?" Gli chiedo con gli occhi bassi.
"Beh, faccio 19 anni il 22 settembre, non siamo poi così diversi io e te."
Lo guardo e mi sorride.
Ci sorridiamo.
I nostri occhi sorridono.
Anche i nostri cuori sorridono.
Questo momento non potrebbe essere più perfetto.
DRIIIIIIIN!
Il telefono.
Proprio ora!
No, questo è decisamente troppo!
Faccio per alzarmi alla ricerca del telefono, ma me lo passa Tom, dicendomi che era appoggiato sul divano. Lo prendo, mimo un grazie con le labbra e premo il pulsante per ricevere la chiamata che appena rovinato uno dei più bei momenti della mia vita.
"Pronto?"
"Ciao Emma. Sono la mamma"
"Ah, ciao mamma"
"Io papà e Alex usciamo a pranzo. Vieni con noi no?"
Se andassi con loro significherebbe... Ciao ciao Tom.
Devo assolutamente inventarmi qualcosa.
" No mamma. Guarda preferisco farmi un boccone a casa, anche perchè ho un pò di mal di testa."
Cerco di essere il più credibile possibile.
"Oh cavoli mi dispiace tesoro. Probabilmente noi rientreremo questa sera tardi. Sai Carmen e Gustavo? Beh, ci hanno invitato a casa loro e ci vogliono anche a cena. Sicura di non voler venire. Ci divertiremo."
"Davvero, mami. Non mi sento tanto bene. Farò delle grandi dormite."
Le rispondo sorridendo.
"Va bene cara, comunque ti chiamo oggi. Voglio sapere come stai ok? Allora poi ci sentiamo. Ciao tata."
"Ciao mamma".
Riattacco la conversazione, appoggio il telefono sul morbido cuscino blu del divano , e guardo in basso il tappetto color sabbia.
Cosa mi stava capitando?
Non è da me mentire così spudoratamente, specialmente a mia madre.
"Tutto ok?"
Una voce calda e penetrante mi ricordò la situazione nella quale mi trovavo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Piacevoli sorprese. ***


Sospiro profondamente e cerco di ossigenare il cervello e soprattutto il cuore.
Mi volto e due occhi azzurri come lapislazzuli mi osservano.

"Quindi, se non ti senti bene è meglio che tolga il disturbo, o è solo una scusa buona per trascorrere insieme una giornata intera?".
Tom sorride e mi fa l'occhiolino.
Devo rispondere.
Oddio.
Cosa posso dire??
"Beh, ecco, mi piacerebbe passare un pò di tempo con te, magare per conoscerci meglio. Da una parte lo vorrei tanto, dall'altra ho leggermente paura. Visto che non ti conosco non mi posso fidare ciecamente di te" .
L'ho detto così, senza neanche pensarci.
Un lampo di delusione attraversa il bel viso di Tom.
"Forse è meglio che vada. Resterò in macchina dato che il carro attrezzi non si libererà prima di stasera. Mi dispiace, pensavo potessimo diventare amici".
Si alza dal divano, ma la mia mano afferra il suo braccio. "No, non andartene. Resta, per favore."
Lo guardo e mi sfugge un sorriso, che lui ricambia mentre si riaccomoda sul divano, avvicinandosi a me, "Resto, ma a due condizioni, la prima che mi permetti di aiutarti a preparare il pranzo, la seconda che tu mi lasci cortesemente il braccio prima che mi si arresti la circolazione."
"ODDIO! SCUSAMI!!"
Gli lascio immediatamente il braccio e noto che, nel punto dove la mia mano lo aveva afferrato, c'è un bel segno rosso.
Tom mi sorride malizioso: "So che mi vuoi, ma ci conosciamo appena." E si mette a ridere.
Sento il mio viso tingersi di rosso e le guance avvampare.
Che figura!!
Bene, adesso penserà che sono una ragazza facile, senza scrupoli, soprattutto senza dignità e senza il minimo senso del pudore.
Mi passo nervosamente le mani tra i capelli pensando di aver perduto qualsiasi possibilità con il bel ragazzo misterioso seduto di fianco a me.
Tom smette di ridere, improvvisamente allarmato: "Stavo scherzando, non l'avrai presa sul serio, vero?!"
"No no, certo che no." Vorrei tanto sembrare sincera, ma la mia espressione insicura mi tradisce.
Mannaggia a me!!
Tom, che sembra un cagnolino dopo aver appena combinato un pasticcio , si avvicina a me: "Scusami davvero. Non era assolutamente mia intenzione offenderti".
Mi prende le mani fra le sue e mi guarda, sincero e speranzoso di ricevere una risposta o almeno un mio segno di vita. Rimango impietrita guardando le nostre mani intrecciate, incapace di pensare, sentendo l'elettricità che scorre dalla punta dei piedi fino ad ogni singolo capello.
"Stai bene?" Tom aggrotta le sopracciglia.
Le mie parole sono un sussurro: "Sisi sto bene" solo che non riesco a pronunciarle a voce più alta.
Cerco, comunque, di schiarirmi la voce: " Ehm, tranquillo non mi sono offesa. Davvero. E' solo che non sono una facile come tante altre ragazze. Tutto qui."
Tom mi lascia le mani. "In questi 40 minuti non ho mai pensato che tu fossi una facile. Sono solo rimasto sorpreso che tu mi abbia fatto entrare in casa tua solo dopo averti detto 'ciao'".
Sorrido.
Senza sapere con certezza il motivo: "Io sono sorpresa che ci conosciamo appena e stiamo parlando come se ci conoscessimo da sempre".
Tom si mette a ridere e, chissà il perchè comincio a ridere anch'io.
Mi sento a mio agio, libera di essere me stessa.
Decido di godermi questo momento, di assaporare ogni attimo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il buio che non fa paura ***


Ho le lacrime agli occhi e i muscoli della pancia che bruciano quando la nostra risata improvvisamente cessa.
"Allora Tom che ti va fare? Guardiamo un film?". Lo vedo stiracchiarsi e accidentalmente la maglia bianca si solleva mostrando dei pettorali da urlo. Cerco di trattenere la bava tenendo la bocca chiusa. 
"Si dai, che genere di film ti piace, oltre le pellicole sentimentali?" mi guarda, sorridendo malizioso.
Gli faccio una linguaccia "Adoro i film dell'orrore".
Tom alza le sopracciglia sorpreso: "davvero? Anche a me piacciono, il tuo preferito?". 
"Mmmh decisamente Nightmare, e il tuo?"
"Sai è difficile. Però credo che un film che non mi annoierebbe riguardare è Halloween". 
Improvvisamente mi si accende una lampadina: "Mio padre ha un'intera collezione di horror in cantina. Non è che mi accompagneresti a prenderla? Sai è un po' pesante". 
"Certo". 
Mi alzo dal divano seguita da Tom. Arriviamo al corridoio e successivamente alle scale strette che portano alla cantina. 
"Sai che le cantine sono i posti più periicolosi nei film dell'orrore?" Lo stuzzico un po' per alleggerire la tensione del momento. 
"Si, lo so. E' per questo che hai voluto che ti accompagnassi". 
Mi guarda maliziosamente. Ma a cosa pensano i ragazzi al giorno d'oggi. "Pensa pure quello che ti pare. Volevo solo che mi aiutassi a portare lo scatolone. Tutto qua". 
Ci ritroviamo davanti alla porta della cantina. Prendo le chiavi, due giri a sinistra. Accendo la luce fioca. Odore di polvere e di logo mi attraversa le narici fino ad arrivare ai polmoni. Non la ricordavo così piccola. Cerco tra gli scaffali in basso lo scatolone, mentre Tom sbircia tra quelli più in alto, dove il mio metro e 60 non ci arriverebbero nemmeno in un'altra dimensione.
Improvvisamente la luce si affievolisce e, dopo aver emesso un ultimo bagliore, si spegne.
I miei occhi vedono nero "Pensavo di aver lasciato la porta aperta." 
"Ehm, l'ho chiusa io. Però ho preso le chiavi", la voce di Tom mi giunge alle spalle, insieme al tintinnio delle chiavi. "Se riuscissi a vederti te le passerei".
Allungo le mani verso il vuoto nella speranza di sentirlo vicino a me: "Dì qualcosa. Fammi sentire la tua voce!". 
Una mano fredda mi sfiora il collo e inizio ad urlare. 
"Emma Emma calmati. Ti ho trovato io per primo!".
"Tom? Brutto scemo potevi dirmi che mi stavi cercando anche tu!"
"Ahahahah alla faccia di quella coraggiosa". 
Mentre il mio cuore cerca di ritornare ad un battito normale cerco la mano di Tom e, dopo averla intrecciata alla mia, con l'altra cerco le chiavi. 
Eccole. Cerco di ricordare mentalmente l'immagine della cantina e mi dirigo verso la porta mano nella mano con Tom. 
Porta trovata. Adesso devo solo fare attenzione nel trovare la chiave giusta. 
Lascio la mano di Tom: "Non gironzolare. Resta qui." 
"Vicino a te?" Sento il suo sospiro sopra i miei capelli. Sa di limone, liquirizia e menta. 
Riemergo dal trans, solo dopo aver sentito un tintinnio sul pavimento. 
Merda. "Mi sono cadute le chiavi."
"Ok niente panico. Cerchiamole insieme. Non saranno cadute tanto lontano da noi."
Ha ragione. Mi piego e inizio a tastare il pavimento, sento che Tom sta facendo lo stesso. 
La mia mano, ad un certo punto, tocca qualcosa di metallico e delle lunghe dita affusolate e fredde. 
Alzo lo sguardo e, sebbbene i miei occhi vedano nero, sento che io e Tom siamo molto vicini. 
Tuttavia, ritorno in me, dobbiamo veramente uscire di qui. 
Ritiro a malincuore la mano, recuperando le chiavi. Velocemente, ma con attenzione trovo la chiave giusta e finalmente, ecco la luce delle scale. 
Guardo Tom e gli dico: "Forza torniamo a cercare lo scatolone, ma facciamo in fretta per favore". 
Lui mi guarda, fa un sorriso e un breve cenno di assenso. 
Dopo mezz'ora ecco lo scatolone impolverato "Gli horror di papà". 
E' veramente pesante come pensavo. Infatti Tom mi guarda e senza problemi lo solleva e, insieme torniamo in salotto. 
Ripuliamo lo scatolone e iniziamo a scegliere il film. Dopo venti minuti buoni optiamo per un classico horror-comico "Scream". Accendo il lettore e inserisco il DVD, cercando di non pensare alla mia mano intrecciata a quella di Tom nel buio della cantina. 
Mi accomodo sul divano di pelle nera, dove Tom è già comodamente seduto. 
Non so se sia l'horror o la mia vicinanza con Tom, ma dopo 5 minuti dal film inizio a sentire l'adrenalina scorrermi nelle vene. 
Quando il killer del film sbuca nel buio faccio un sussulto, Tom se ne accorge e si avvicina di più a me. 
"Hai paura?". La sua voce melodiosa mi stuzzica la bocca dello stomaco. 
"No". Mi volto e lo vedo a pochi centimetri me. Mi blocco, non riesco più a proferire parola o a pensare razionalmente. 
Pensa a qualcos'altro Emma. Tom sorride. 
No, non posso lasciarmi andare con un ragazzo che a malapena conosco. Tutto d'un fiato dico "Beh Tom dimmi qualcosa di te." 
Ecco un altro sorriso. "Beh mi chiamo Thomas Felton Gonzales. Frequento l'Università di Madrid. Mio padre è americano e mia madre spagnola. Ho una sorella di 10 anni, Annmaria. Non fumo. Bevo senza esagerare e non sono mai stato in prigione. Ho due cani che adoro: Tiger e Goyle. Mi piace passeggiare all'aria aperta e viaggiare," 
Gli sorrido, anche se penso di avere lo stesso sguardo da ebete "Grazie. E scusa per l'interrogatorio, ma sono una persona molto curiosa". 
Lui si allunga verso di me e mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio "Beh dimmi qualcosa di te ora". 
"Mi chiamo Emma Maria Latoya Watson . Mia mamma è spagnola, mio padre inglese. Ho un fratello di 11 anni, Alex ed è una vera peste. Frequento il quarto anno al liceo Cervantes di Madrid. Non fumo, non mi drogo e non ho mai fatto sesso". 
Oddio l'ultima frase l'ho detta davvero. Smetto di parlare, con il cuore in gola, fissandomi i polpastrelli sudaticci. 
"Beh allora non siamo tanto diversi, l'avevo già detto mi pare." Tom mi sta fissando intensamente con i suoi occhi color del cielo. 
Non so perchè, ma inizio a provare un senso di disagio. Cerco di farmi piccola nel poco spazio del divano rimasto. 
Tom nota il mio smarrimento, mi prende le mani fra le sue e guardandomi negli occhi mi dice: "Scusami, di solito non sono così. Anzi, sono piuttosto timido e riservato. Non mi sono mai reputato una persona socievole e aperta. Ma non lo so, appena ti ho vista, non ho più capito niente. Non fraintendermi, non ho assolutamente brutte intenzioni con te. Anzi, tu non sai quanto vorrei affogare nelle tue labbra. Non so perchè, ma mi sembra di conoscerti da sempre. Sento che con te posso essere me stesso". 
Ho il cuore che batte all'impazzata e uno stormo di farfalle sta svolazzndo allegramente nel mio stomaco. Sono bloccata. Non riesco più a ragionare. Tom mi guarda con un filo di preoccupazione degli occhi "Ti prego Emma dì qualcosa. Non volevo traumatizzarti. Oddio forse c'è un altro ragazzo?". 
Scuoto la testa incapace di proferire parola, stacco le mani dalle sue e lo abbraccio. Senza pensarci. Lui, piacevolemente sorpreso, mi cinge la vita con le braccia e affonda il viso perfetto nei miei capelli.
Non so cosa mi sta succedendo, ma so che non voglio fermarmi ora. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1313958