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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
1
Ecco a voi una nuova storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Grazie =)
Capitolo
1
La sveglia segnava le sette del mattino
e come ogni mattina mi ritrovavo seduta sul divano sotto la finestra ad
osservare i minuti passare. Dormivo poche ore per notte, eppure erano
sufficienti per farmi riacquistare le energie. Era capitato che passassero
anche alcuni giorni prima che mi stancassi al punto tale da dover dormire, ma
quello capitava soprattutto quando facevo un buon pasto. Ormai erano anni che non
mi stupivo più delle mie strane capacità, solo c’era una cosa che continuavo a
chiedermi, ‘perché io?’. E da lì, come un domino le altre domande sorgevano
spontanee. Perché non ero riuscita a trovare nessun altro come me? Perché ero
un mostro? Sarei rimasta sola per sempre? E così via. Ormai era un abitudine.
Ogni mattina, mentre aspettavo l’orario giusto per recarmi a scuola, pensavo
sempre alle solite cose.
Vidi la sveglia segnare le sette e
trenta così alla velocità delle luce mi cambiai, truccai e dopo aver preso lo
zaino andai in cucina. Ci avevo impiegato un minuto esatto, meno del solito.
Stamattina volevo sentirmi più normale del solito, così presi un abbondante tazza
di latte con i miei cereali preferiti, quelli al cioccolato, dopo di che presi
le chiavi della Mini Cooper ed uscii. Abitavo in un’accogliente casetta al
limitare del bosco e questo era uno dei motivi per cui l’avevo scelta. Ero
capitata qui per caso, dovevo cambiare meta, così dall’Irlanda ero andata oltre
oceano e tornata nella mia patria. Gli Stati Uniti d’America. Volevo trovare un
posto poco assolato e con fitti boschi ed avevo puntato subito sullo stato di
Washington, poi chissà perché l’occhio mi era caduto su questo paesino chiamato
Forks e così eccomi qua. Era quasi un anno che ero qui. Per l’età che dimostro
non potevo fare altro che iscrivermi a scuola, non avrei sopportato di
nascondermi ancora sotto le città, nelle fogne, per non mostrare quello che
ero. Ero riuscita a controllarmi e la voglia di essere normale era più forte.
Volevo stare in mezzo agli umani e questo era l’unico modo. Un eterna
studentessa. Il mio periodo peggiore stava tornando a galla ma avevo appena
parcheggiato e la mia amica Angela stava bussando insistentemente sul mio
finestrino. Sapevo di non potermi permettere di stringere legami d’affetto,
perché un giorno o l’altro io avrei dovuto lasciare tutto, perché le persone
avrebbero potuto notare che in me c’era qualcosa di sbagliato, ma ero egoista,
e non voleva stare sola.
“ehi ehi, Angi, mi butterai giù il vetro
se continui così!”.
“Lo so, ma non è questo l’importante!”.
“No? E cosa lo è allora?”.
Era buffa come ragazza. Appena
incontrata Angela non spiccicava parola. È fatta così, con chi non conosce lei
è timidissima, ma aspettate che prenda confidenza e non la si ferma più. Sa
essere travolgente a volte, ma almeno è sincera e leale, e sono le due cose che
più apprezzo di lei. Non come Jessica. Appena ero arrivata aveva cercato in
tutti i modi di entrare nelle mie grazie e portarmi nella sua schiera di amici
come suo trofeo, ma per sua sfortuna avevo un udito così sviluppato che sentivo
le sue cazzate in ogni angolo mi trovassi della scuola,così senza troppi
preamboli l’avevo mandata subito a quel paese.
“Non sarai più la ragazza nuova!”.
“Bè Angi, è un anno ormai che sono qua,
ancora lo sono?”.
“Non importa! Ho saputo che domani
arrivano degli studenti nuovi, sono i figli del nuovo chirurgo del Forks
Hospital. Sono cinque.”.
“Caspita!” enfatizzai con un fischio. “
Il chirurgo si è dato ben da fare per avere cinque figli che vanno tutti alla
High School!”.
Lei mi guardò allienata.
“Hai ragione Bella! Farò delle
ricerche!”.
Sorrisi scuotendo la testa. Angela
sarebbe diventata una strana giornalista, di questo ne ero sicura.
Mi incamminai nella mia prima lezione e
ancora vedevo su di me gli sguardi dei studenti, come fosse il primo giorno.
Non era perché non facevo amicizia, il contrario, ma avevo già menzionato sul
fatto che fossi un mostro, o meglio un bellissimo mostro. Io non avevo mai dato
tanto peso che fossi una ragazza carina, ma le mie varie amiche nel corso degli
anni, mi avevano tutte fatte notare questa cosa. Anche Angi, un giorno, mentre
mi fissava intensamente, mi disse che ero disumanamente bellissima. Io ci avevo
riso sopra, ma lei non poteva sapere, e non lo avrebbe mai saputo.
Il professore spiegava trigonometria ed
io pensavo a quanto fossi sbagliata. Io non dovrei esistere eppure ero qui.
Ricordo i miei primi anni di vita in modo molto doloroso. Vivevo come un
animale, perché le persone mi respingevano. Avevo imparato fin da subito a
nascondermi, anche se avevo le sembianze di una bambina, ero intelligente, e
capii subito di non dovermi mostrare troppo. Vissi un lungo periodo così, e
guardavo quegli esseri che mi assomigliavano a distanza, non capendo perché io
non potessi essere come loro. Quando mi accorsi che il mio corpo non cresceva
più, mi spaventai, iniziai a vagare nelle città, ma la gente si spaventava
ancora e così mi nascosi, come ormai avevo imparato. Mi spostavo di giorno tra
le fognature delle città e di notte uscivo e studiavo i comportamenti degli
umani. Imparai la lingua, a leggere e scrivere, era semplice per me apprendere
tutte quelle cose. Trovai una biblioteca e ci misi quasi un anno a leggere
tutti i libri che conteneva. Al termine ero sconvolta. Avevo avuto la conferma
di essere diversa. Non umana. La cosa che più mi si avvicinava era quella che
nei libri di mitologia e fantascienza chiamavano vampiro. Era forte, immortale
e si cibava di sangue. Ed io avevo ucciso animali a mani nude, senza un
graffio, tralasciavo la carne e bevevo fino all’ultima goccia di sangue.
“Signorina Swan, se la mia lezione la
annoia può anche andarsene!”.
Guardai il professore e feci una faccia
dispiaciuta.
“Mi scusi professore!”.
Mi guardò in cagnesco per altri due
secondi poi si voltò a continuare la sua lezione. La trigonometria era una
materia davvero noiosa e dato che per me non aveva più segreti lo era ancora di
più.
Quando arrivò l’ora di ginnastica, mi
defilai. Non avevo voglia di contenere la mia forza quel giorno, perciò andai
sul tetto della scuola a pensare un po’. Ripensai a quelle storie sui vampiri,
ormai l’avevo capito: ero simile a quel mostro leggendario, ma non lo ero per
davvero. Avevo visto film e letto libri a riguardo, ma a parte le cose basi
sulla forza, l’immortalità e il sangue non c’erano altri riscontri. Il sole non
mi faceva niente, se non illuminare percettibilmente a miei occhi la pelle.
L’aglio e l’acqua santa non erano pericolosi. Se mordevo qualcuno e bevevo il
sangue dandogli poi il mio, questo non si trasformava. Ma io per quanto poco,
sapevo di non essere stata trasformata. Il viso di quella donna che mi aveva
messo al mondo lo avevo davanti agli occhi tutti i giorni così come il fatto
che io la avessi uccisa. Ero nata così, un mostro, e ormai lo avevo accettato.
Forse.
Ciò nonostante potevo benissimo passare
per un umana, i miei occhi erano marroni, il mio cuore batteva, e potevo mangiare
di tutto, ma era solo una pia illusione crederlo di esserlo davvero.
Al termine delle lezioni mi incamminai
verso la mia auto, quando il vento portò l’odore di Angela al mio olfatto,
segno che si stava avvicinando.
“Eccoti qua! Ho saputo che il professore
di trigonometria ti ha richiamata. La odi proprio la sua materia che non riesci
a starci attenta?”.
“Puoi dirlo forte!”.
La vidi prendere un grosso respiro,
quando la fermai sul nascere.
“Metaforicamente parlando Angi!”.
Lei sbuffò fuori l’aria e sorrise. Già
una volta aveva gridato quello che aveva appena detto.
“Comunque, tornado all’argomento ‘nuovi
arrivati’, ho fatto qualche ricerca qua e là… ovvero da Nancy la figlia
dell’infermiera della reception dell’ospedale, e ho saputo che il dottor Cullen,
così si chiama, con la sua signora non hanno potuto avere figli, così li hanno
adottati tutti. E qui risolto il mistero!”.
Sorrideva a trentadue denti per essere
riuscita a ricavare quell’informazione.
“Mi spaventi quando fai così. Diventerai
davvero una giornalista coi fiocchi o un detective, se vuoi.”
Mi guardò seria e poi con tutta la
convinzione che possedeva mi disse: “io diventerò la migliore giornalista del
mondo!”.
Lo disse con un tono così fiero che non
potei fare a meno di assentire.
Il giorno dopo alle sette mi ritrovavo
sempre nella stessa posizione persa tra i mie pensieri, ma stavolta mi sarei
comportata ancora più umanamente del solito. Decisi di prepararmi senza usare
la mia velocità. Mi lavai, sistemai i capelli, mi truccai e scelsi con cura i
miei vestiti: dei jeans attillati, delle converse stivaletto, una felpa grigia
e il mio giubbetto in pelle preferito. Fu così che a meno cinque alle otto ero
ancora in casa. Strappai la mia regola ‘niente poteri’, e un secondo dopo ero
già in strada nella mia macchina.
Gli studenti erano già entrati tutti, e
quando la campanella suonò mi ero appena seduta accanto ad Angela che mi aveva
tenuto il posto.
“Che ti è successo? Tu non arrivi mai
tardi!”.
“Ehi può capitare!”.
Ed è stata una sensazione bellissima,
sembravo davvero una teenager che si era presa a letto.
“Allora non li hai visti!”.
“Visto chi?”.
“Come chi?! Ma i nuovi studenti, no?!”.
“Oh, giusto! Li hai visti?”.
“Ovvio! Ero in prima fila!”.
“Come una brava giornalista!”.
Lei mi tirò la lingua poi continuò il
suo racconto con enfasi.
“Li devi vedere. Sembrano modelli, sono
uno più bello dell’altro. Due ragazze e tre ragazzi. Credono che alcuni di loro
stiano assieme, intendo assieme assieme. Si tenevano per mano in modo davvero
sdolcinato. Oh, Bella, ma non puoi capire li devi vedere per forza. Sono belli
quanto te ed è impossibile, no?”.
Risi del discorso senza aria di Angela.
Arrivò il professore di storia e ci riportò all’ordine. Mentre spiegava mi
persi tra i bisbigli degli studenti in tutta la scuola. Parlavano quasi tutti
di questi Cullen e la cosa strana era che Angela diceva sul serio quando
pensava che fossero bellissimi, perché tutti non facevano che ripeterlo.
Arrivò l’ora di andare in mensa e con
calma mi avviai. Appena entrata vidi Angela già sul nostro tavolo, così mi
presi un vassoio e presi qualcosa da mangiare.
“Ehi, com’è andato il test di inglese?”
le dissi appena la raggiunsi.
Fece una smorfia e ingoiò il boccone.
“Se non avessi perso tutto il mio tempo
a guardare uno dei Cullen, forse meglio!”.
“Era al tuo corso?”.
“Già! Si chiama Emmett ed è…”.
Bloccò le parole a mezz’aria e con gli
occhio spalancati mi indicò l’entrata della mensa. E fu lì che li vidi per la
prima volta. Angela aveva ragione, erano bellissimi, aggraziati e perfetti.
Presero posto sul tavolo più distante della mensa, volevano in qualche modo
tagliarsi fuori e a quanto pare era quello che intendevano fare.
Angela mi aveva poi raccontato che non
si erano lasciati avvicinare da nessuno che non fossero stati i propri
fratelli. Li guardai e non potei fare a meno di pensare che fossero strani, e
lo diceva una che strana lo era nata.
Affilai le orecchie e ascoltai quello che
si dicevano.
“Ci fissano tutti ovviamente!”.
“Dai Jazz non farci caso, dovresti
esserne abituato ormai, no?”.
“Jazz sapessi quello che pensano… la
gioventù odierna è senza peli sulla lingua”.
Quest’ultimo commento mi lasciò
interdetta. Da come aveva esposto la frase, sembrava che lo sapesse veramente,
ma ovviamente ciò non era possibile. Giusto?
Guardai meglio chi aveva pronunciato la
frase e in quell’istante anche lui si voltò verso di me. Credo, anzi no, ne ero
certa che lui fosse il più bello dei tre maschi. Lo stavo fissando, ne ero
consapevole, ma non potevo fare a meno di guardarlo. Bellissimo era dire poco.
“Edward va tutto bene?”.
La Cullen dai capelli neri lo aveva
richiamato e lui aveva distolto lo sguardo. Edward si chiamava. Che cosa aveva
questo ragazzo? Non mi era mai capitato di interessarmi così ad un umano, era
forse il fatto che fosse un dio greco? Non lo sapevo, ma non potevo permettermi
di pensarci. L’amicizia me l’ero concessa, ma l’amore per me era una regola
assoluta da non violare. Io non mi sarei mai innamorata.
Abbassai la testa e mi alzai di scatto
facendo voltare un paio di persone verso di me.
“Ehi Bella tutto ok?”.
“Si, devo solo andare al bagno. Scusa
Angi, ci vediamo alla fine delle lezioni!”.
Senza aspettare che rispondesse uscii
dalla mensa. Dovevo correre come la mia persona me lo permetteva. Era un modo
per scaricare la frustrazione e Dio fece che il bosco fosse a confine con la
scuola.
Tornai in tempo prima che la lezione di
biologia iniziasse.
Quando varcai la soglia della classe,
vidi tutti osservarmi e poi capii il perché. La sedia accanto alla mia, del
tavolo di laboratorio, era occupata. Era dall’inizio dell’anno che quel posto
era vuoto e ora, li seduto, c’era l’unico umano che era stato in grado di
sconvolgermi con uno solo sguardo.
Presi posto a fianco a lui e non lo
guardai. Per circa un minuto, poi cedetti. Lo trovai a fissarmi, come se fosse
anche lui frustato da qualcosa che non capiva, mi fissava in modo diverso da come
lo faceva di solito la gente, sembrava che volesse capire qualcosa di me e per
qualche strano motivo mi turbò sgradevolmente. Non mi piaceva che lui mi
fissasse così e allora glielo dissi.
“Smettila!”.
Lo stupore che gli si lesse in faccia in
seguito alle mie parole, fu visibile anche ad un cieco.
“Come prego?”.
La sua voce era qualcosa di estasiante,
ma non mi lascia abbindolare.
“Mi da fastidio che mi fissi così… come
una cavia dal laboratorio!”.
Un lampo divertito percorse i suoi
strani occhi dorati, e la smorfia di un sorriso colpì l’angolo della sua perfettissima
bocca.
“Hai ragione, ti chiedo perdono!”.
E così, garbatamente come le sue scuse,
si voltò verso il professore e non mi guardò più per tutta l’ora.
La cosa sbagliata fu che mi dispiacque.
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Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
2
Capitolo 2
***
Mi svegliai di soprassalto. Dov’ero? Mi
guardai attorno e mi resi conto di essere nel divano sotto la finestra. Avevo
finito in dieci minuti i compiti e stranamente mi ero addormentata. Beh, forse
non troppo stranamente. Erano giorni che non assumevo sangue e questo si faceva
sentire. A volte ero debole altre, invece, il vampiro in me prendeva il
sopravvento. Sentivo la voglia di attaccare qualsiasi cosa avesse del sangue
che gli circolava dentro e ciò non era un bene. Soprattutto se potevo sgozzare
il mio compagno di banco durante una lezione. Un flash di due occhi dorati mi
passò per la mente. Quell’Edward Cullen. Oggi a biologia il suo sguardo mi
aveva fatto innervosire, eppure, era strano, ma non avevo provato nessun
istinto omicida nei suoi confronti. Forse quell’Edward Cullen doveva
ringraziare la sua buona stella se aveva un sangue poco appetitoso e il mio
naso non lo trovava commestibile. Il suo sangue non sarà stato commestibile
vero, ma bisognava ammettere che la sua pelle profumava in una maniera
estasiante. Emetteva un odore decisamente dolce.
I miei pensieri stavano prendendo una
brutta via, perciò decisi di distrarmi e cosa c’era di meglio se non una buona
battuta di caccia?
Dovevo ammettere che il sangue animale
non era delizioso come quello umano, ma se volevo fingere di essere una persona
normale dovevo cibarmi di esso. La differenza non stava solo nel gusto, il
sangue umano ti cambiava, ti accalappiava e ti trasformava in un mostro senza
sentimenti. Era una droga, ti costringeva a volerne sempre di più. E io non
volevo più essere così.
Aprii la finestra di una camera che dava
sul retro della casa e balzai fuori con un salto. Quando mi lasciavo andare ai
miei istinti non potevo fare a meno di sentirmi libera.
Iniziai a correre, ma avevo deciso di
non allontanarmi troppo. Puntai verso nord e dopo qualche miglio mi fermai. Mi
acquattai su un albero e iniziai ad ascoltare il silenzio attorno a me. Un
respiro a nord ovest attirò la mia attenzione. Era sicuramente un cervo. Iniziai
a respirare fortemente l’aria fino a quando il suo odore mi arrivò dritto al
mio sistema sensoriale. Fu allora che mi lasciai andare e il mio corpo si mosse
da se. Arrivai alle spalle della mie preda e senza troppe cerimonia gli saltai
in groppa e lo morsi sulla giugulare. In quattro e quattro otto lo dissanguai
fino all’ultima goccia. Ero estasiata dal sapore che sentivo in gola. Mi
sedetti a terra e chiusi gli occhi gustando quel delizioso nettare che avevo
appena ingurgitato avidamente. Non c’era nulla da fare. Nessun cibo umano
avrebbe mai potuto competere. Un suono insistente mi trascinò fortunatamente
via dai quei instabili pensieri. Era il mio cellulare. Guardai lo schermo, era
Angela.
“Angi?”.
“Bella! Dove sei? Sono passata per casa
tua, ma non mi hai aperto. Eppure la tua macchina è nel vialetto!”.
Accidenti! E ora che le dico? Lei sa che
non ho una vita molto sociale. Anzi, non ce l’ho per niente.
“ehm… a dire il vero sono andata a fare
una passeggiata nel bosco.”
“Nel bosco??? Ma sei impazzita!! È quasi
buio!”.
Dovetti allontanare il cellulare dal mio
orecchio da quanto aveva urlato.
“Tranquilla. Sono pratica ormai del
posto. Due passi e sono a casa!”.
“Bella se mi perdo io che abito qui da
una vita…”.
“Se sei svampita non è colpa mia!”.
“Amica ingrata!”.
“Si, anche io ti voglio bene! Comunque
come mai eri passata per casa mia?”.
“Oh, giusto! Domani devo andare a fare
delle analisi del sangue. Mi prendi appunti durante l’ora di storia?”.
“Certo, Angi!”.
“Grazie! Sei l’amica migliore del mondo.
Sei arrivata a casa?”.
Sorrisi. Feci un salto di qualche
miglio, poi un altro ancora. Una corsetta veloce e mi trovai dietro casa mia.
“Si. Appena arrivata sana e salva!”.
“Ok! Allora ci sentiamo!”.
“Ciao Angi!”.
Chiusi la chiamata. Un cervo non mi era
bastato, ma era già meglio di niente.
Decisi che subito dopo la scuola, l’indomani, sarei andata al confine col
Canada in cerca di qualche Puma.
Entrai in casa e come una persona
normale feci le pulizie e poi mi feci una doccia.
Il mattino seguente alle sette ero già
in piena opera per prepararmi per la scuola. Ci stavo mettendo più cura del
solito e intanto mi ripetevo che non era per Edward Cullen che lo facevo.
A meno venti alle otto ero già per
strada sulla via della scuola. Quando entrai nel parcheggio occhi nuovi mi
osservarono. Erano quelli dei Cullen. Se ne stavano in piedi vicino alle loro
macchine senza parlare. Ma che avevano? Mettevano inquietudine. Scesi come
niente fosse e mi avviai verso l’entrata, bofonchiando un ‘è proprio un vizio di famiglia’.
Le prime due ore avevo storia, così
presi appunti per Angela. Avevo trascritto parola per parola del professore.
Anche i richiami verso gli altri studenti. No, forse questo era il caso di
cancellarlo. Angi avrebbe potuto insospettirsi.
All’ora di pranzo la fame non era tanta,
non per quei alimenti almeno, ma non dovevo dare nell’occhio, per cui presi
solo un trancio di pizza e una bottiglietta d’acqua.
I Cullen erano già seduti in quello che,
a quanto pare, era diventato il loro tavolo. Al mio arrivo nessuno di loro mi
guardava. Forse ero solo io quella paranoica.
Masticavo mal volentieri la mia pizza,
così non avendo nulla da fare, iniziai ad ascoltare i pettegolezzi. L’argomento
del giorno era su chi fosse il più bello tra i maschi Cullen e con mio forte
fastidio, molte pensavano Edward. Questa cosa non doveva irritarmi. E avrei
finto così. Tra i maschietti invece l’argomento era su chi fosse più sexy tra
Rosalie Cullen, la bionda a quanto pare, e… sputai fuori l’acqua che avevo in
bocca… io. Ovviamente questo atto mi fece perdere molti punti . Abbassai la
testa facendo finta di niente. Cioè quella barbie bionda era praticamente
perfetta, chissà cosa avrebbe detto che era in competizione con me. Avrebbe
riso di sicuro.
Mi voltai verso il loro tavolo e li vidi
parlare, così curiosai tra i loro discorsi.
“Rosalie non te la prendere!”.
“Accetto tutto, ma non che la mia
bellezza venga paragonata a quella di quel sgorbio dai capelli marroni!”.
Cosa? A quanto pare avevano già saputo
anche loro il gossip della giornata. Aspetta… sgorbio?? Quella brutta copia di
Pamela Anderson si stava forse riferendo a me? Forse non aveva capito che ero
io.
“Sei troppo obiettiva Rose, guarda che
la ragazza è molto bella!”.
“Ma per favore, sembra un camionista per
me come è vestita!”.
Guardai la mia camicia a quadri stretta
ad una cintura in vita, i miei jeans e le mie converse. Come osava? Solo perché
io non andavo vestita a scuola come se dovessi andare sul red carpet. Almeno io
avevo ammesso dignitosamente che lei fosse bella.
Mi alzai dal mio tavolo e mentre mi
voltavo, sentii lo sguardo dei Cullen addosso. In quell’istante però mi sentii
chiamare dalla parte opposta.
“Angi?”.
“No comment! Finite la analisi mia mamma
mi ha fatto venire a scuola!” il suo umore però cambiò subito. “Ho visto il
dottor Cullen!”.
“Si?”.
“E’ un gran figo!”.
“E ti pareva?”. Lo dissi un po’ troppo
acida.
“Già, quello che ho detto anch’io! Ehi,
Bella, tutto ok?”.
Ringhiai sbuffando.
“No! Quella stronza bionda di una Cullen
mi urta il sistema nervoso!”.
E nel dirlo mi ero voltata verso di lei.
Sembrava proprio che mi avesse sentito perché in quel preciso istante anche lei
alzò lo sguardo. Ci fissammo un po’. Sembrava una sfida a chi avrebbe tolto per
prima lo sguardo.
Mi
dispiace biondina, non mi fai paura.
La gente parve accorgersi di quello che
stava succedendo e la Cullen mora attirò l’attenzione della sorella. Mi voltai
sorridendo gioendo per quella mini vittoria.
Una volta nei corridoi Angi mi fu
addosso.
“Che è successo là dentro ? Bella, ti
giuro, sembrava di essere in un ghiacciaio dall’atmosfera!”.
“Niente di che. Io non vado a genio a
lei, e lei a me. Questo è tutto!”.
La mia amica mi guardava con un sopracciglio
alzato.
“Ma vi siete neanche almeno mai
parlate?”.
“In questi casi non occorre.”.
“Se lo dici tu..”.
“A dopo Angi!”.
La salutai e andai nello spogliatoio a
cambiarmi. Appena entrata percepii che l’atmosfera era al quanto tesa e capii
subito perché. Sentivo l’odore dolce che caratterizzava i Cullen. Speravo solo
non fosse lei e le mie preghiere fortunatamente furono esaudite.
La nanetta Cullen si stava cambiando in
tutto silenzio e nessuna delle ragazze presenti aveva osato avvicinarsi a lei.
Dato che io era l’ultima persona che poteva trattare diversamente qualcuno, me
ne infischiai delle facce attorno a me e andai a cambiarmi vicino a lei.
Insomma, non mordeva mica. Io si.
Lei mi guardò sorridente, come se mi
aspettasse.
“Tu sei Bella, vero?”.
La guardai sgomenta. Sapeva il mio nome
e sembrava pure amichevole.
“Si. Tu?”.
“Alice Cullen”.
Le allungai una mano e lei la accettò
poco convinta. Certo che era strana. Gliela strinsi tranquillamente poi
continuai a cambiarmi. Mi voltai e lei mi guardava stranita.
“Che c’è?”.
“Non hai paura?”.
Le risi in faccia, ma vedevo che lei non
lo faceva, così mi fermai.
“Penso che tu sia l’ultima persona al
mondo di cui io possa avere paura!”.
Detto ciò mi infilai le scarpe e andai
in palestra.
Lì in attesa c’era un altro Cullen, che
ovviamente mi fissò fino a quando non uscì la nanetta, Alice.
Scostai lo sguardo, ma non le orecchie.
“Lo sapevo che era una bella persona.
Diventeremo buone amiche lo so!”.
“Alice lo sai che non puoi!”.
“Le mie visioni dicono il contrario!”.
Eh? Che fa la chiaroveggente?
La guardai e in effetti sembrava un po’
schizzata. Era per questo che mi chiedeva se avevo paura di lei? Forse dopo
tutto non ero poi l’unico fenomeno da baraccone al mondo.
Terminate le lezioni come sempre mi
avviai verso la mia macchina. Stavo per passare vicino ai Cullen e volevo
vedere se la nanetta Cullen mi avrebbe salutato nonostante la bionda al suo
fianco.
“Bella! Ci vediamo domani!”.
Restai di sasso, non avrei mai pensato
che lo facesse davvero.
“ciao!”.
La salutai inconsciamente, poiché ero
troppo sconvolta per capirne qualcosa.
“Isabella Marie Swan!”.
Angela mi arrivò in piena carica alle
spalle.
“Che ho fatto?”.
Angela infatti usava il mio nome per
intero solo quando avevo combinato qualcosa.
“Fai amicizia con un Cullen e non mi
dici niente? Tutta la scuola ne parla! Si chiedono se sia un modo per la bionda
per farti fuori!”.
Ghignai mentre osservavo i cinque
fratelli montare nelle proprie auto.
“Sai è una domanda che mi sono posta
anch’io, ma figurati. Nessuno può fregarmi!”.
“Si di questo non ti posso dare torto!
Jessica abbassa ancora la testa quando ti passa a fianco!”.
Ripensai a quella scorbutica di
un’umana. Mentre fingeva di essermi amica, mi ridicolizzava in giro, così gli
resi pan per focaccia. La seguii fino a scoprire cose ridicole sul suo conto e
gliele spiattellai in faccia. Durante un’assemblea studentesca. Ghignai
malefica.
“Stai ripensando all’assemblea, vero?”.
“Già.”.
“Mi chiedo ancora come tu abbia saputo
tutte quelle cose.”.
“Segreti del mestiere! Ora vado, ho una
cosa da fare!”.
La salutai e me ne andai a casa. Una
volta lì mi misi in tenuta da caccia. Jeans scuri, stivali, maglia nera. Potevo
benissimo sembrare una spia dei telefilm in missione.
Corsi al massimo delle mie possibilità e
in un battibaleno fui quasi in Canada. Cercai la mia preda e con un po’ di
fatica la trovai. Un puma. Fu un attimo, che gli fui subito addosso,
dissanguandolo dopo averci ‘giocato’ un po’. Percepii un altro respiro poco
distante da lì e per mia fortuna ne trovai un altro. Lo dissanguai in un
battibaleno. Due puma erano la ciliegina sulla torta. Erano animali carnivori,
per cui il loro sangue era più simile a quello umano e ti dava più energia. Era
strano però trovarne due così vicini. Feci un giro della zona e mi fermai di
botto in alcuni punti. Qualcosa aveva cacciato altri animali lasciando poi a
terra la carcassa. Qualcosa che aveva succhiato loro il sangue con un morso.
Era impossibile. Annusai l’aria intorno, ma le tracce di qualsiasi cosa fosse
stata, erano ormai sbiadite. Dai resti della carcassa sembravano passati due
giorni.
I miei pensieri iniziarono a farsi
incoerenti ed una strana agitazione mi perforò, per cui decisi di tornare
indietro.
Dovevo pensare. Insomma, era mai
possibile che non fossi davvero l’unica?
Spoiler
Capitolo 3
“Ok, forse siamo
partiti col piede sbagliato!”.
Lui alzò un
sopracciglio e mi guardò quasi divertito. Non ne ero sicura, però.
“Io sono Isabella
Swan, ma puoi chiamarmi Bella!”.
|
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Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
3
Capitolo
3
La notte seguente alla mia battuta di
caccia ovviamente non dormii. Anche se avessi voluto non avrei potuto. Ero
troppo persa nei miei pensieri per quello che avevo rinvenuto nel bosco, per
dormire. Arrivò mattina con l’idea che appena possibile sarei ritornata in quei
dintorni per trovare altre tracce. Cosa assai difficile visto che guardando
fuori vidi che pioveva in modalità diluvio universale. Abbandonai le converse
oggi e misi dei stivali, non volevo di certo andare sotto acqua.
Arrivai a scuola e mi avviai bagnata
come un pulcino alla prima lezione della giornata: Biologia. A tal pensiero mi
fermai di botto. Biologia uguale Edward Cullen. Iniziai ad agitarmi senza
volerlo. Mi concentrai al massimo e mi avviai in classe a passo sostenuto.
Arrivata mi demoralizzai. La sedia accanto alla mia era vuota. Col muso a terra
mi sedetti al mio posto stendendomi sul mio tavolo e chiudendo gli occhi. Che
stupida. Neanche dovessi andare in guerra. Mi stavo rilassando quando il mio
naso percepì il suo odore. Di scattò mi tirai su e lo guardai mentre sedeva al
mio fianco. Rimase perplesso e non capii perché. Questa situazione doveva
finire.
“Ok, forse siamo
partiti col piede sbagliato!”.
Lui alzò un sopracciglio e mi guardò
quasi divertito. Non ne ero sicura, però.
“Io sono Isabella Swan, ma puoi
chiamarmi Bella!”.
Lui fece una sorta di sorriso sghembo,
che mi mandò quasi in iperventilazione e quel poco sangue che avevo mi si era
raggruppato tutto sulle mie guance.
“Si, lo so chi sei.”
Come?
“Oh! Lo sai?”.
Chiesi al quanto interrogativa e
dubbiosa.
“Si. Nella scuola sei abbastanza popolare.”.
Lo guardai diffidente.
“A me non sembra. Me ne sto spesso e
volentieri per i fatti miei.”.
“Non per questo la gente non ti nota.”
E questo che vuol dire? Era un
complimento? No, forse intendeva che sono strana e si nota.
“Bè sapientino, resta il fatto che non
ti sei ancora presentato.”
Sembrò cadere dalle nuvole, sbattendo
più volte le palpebre.
“Ti prego di scusarmi. Io sono Edward
Cullen!”.
Ghignai mentre gli porgevo la mano.
“Lo so!”.
Sorrise della mia battuta di rimando, ma
poi mi guardò smarrito e guardava stranito la mia mano. Insomma, non avevo i
tentacoli.
Alzai un sopraciglio e lui si affrettò
ad afferrare la mia mano. Una scintilla mi percosse o un brivido, non sapevo,
però qualcosa era scattato al suo contatto. Lui ritirò subito la mano, come se
anche lui fosse stato scottato. Sapevo di avere la temperatura del mio corpo
più fredda di quella di un essere umano, ma non così tanto da poter sembrare
che io avessi solo le mani fredde.
“Lo sai, ah?!”.
Lo guardai e lui aveva già forgiato un
altro sguardo ammaliante ed un altro sorriso dei suoi. Soffriva di certo di
sbalzi d’umore. Stetti al gioco allora.
Gli sorrisi maliziosa.
“Si, tu sei qua da due giorni e sei già
popolare!”.
“Non credo di aver fatto tanto per farmi
notare!”.
“Oh, figurati, ti basta respirare!”.
Cosa? Non lo avevo detto, davvero ?
Mi morsi un labbro mentre lo osservavo
che si tratteneva in una risata.
Stupida. Stupida. Stupida.
Cosa mi ero persa del ‘non dare
confidenza all’altro sesso’?
Ringraziai con tutto il cuore il
professor Molina al suo ingresso in classe. Mi girai dall’altra parte e mi
spostai con la sedia il più lontano possibile da lui, mentre pregavo che una
voragine di vergogna si aprisse e mi inghiottisse.
Il professore spiegava ed io stavo con
la testa perennemente giù, intenta nel prendere appunti, o meglio, trascrivere
esattamente quello che diceva. Volevo guardarlo, ma mi imposi di no. Seguii
allora il suo respiro e mi stranii del fatto che non avesse un respiro regolare
come gli altri. Sembrava tenesse lunghi momenti di apnea. Mi voltai curiosa da
ciò e lo trovai a fissarmi.
Come quando era successo in mensa,
iniziamo a fissarci, a studiarci.
Ora che lo guardavo da vicino potevo
vedere quanto fosse muscoloso, tutto di lui gridava quanto fosse forte. Eppure
era bello, bello da morire, tuttavia c’era davvero qualcosa che non andava. Poi
capii. Silenzio, c’era troppo silenzio. Dal suo torace non proveniva nessuno
battito, neanche minimo. Com’era possibile?
Mi allontanai impercettibilmente da lui,
sbarrando gli occhi.
“Ma cosa…?”.
Lo dissi a bassa voce, che quasi non mi
sentii.
Lui tuttavia si accorse del mio cambio
di espressione e si ritirò a sua volta da me, come per capire che fosse
successo.
Forse c’era una spiegazione se il suo
cuore non batteva. Si, e quale? Come fa a camminare avanti e indietro? Certo,
cosa potevo mai pensare io, che ero un mostro magari peggiore? Forse aveva una
qualche malattia di cui io non sapevo l’esistenza.
La campanella suonò e contemporaneamente
il telefono di Edward.
“Alice?”.
“Forse
abbiamo un problema!”.
“Arrivo!”.
Mi guardò con la coda degli occhi,
mentre si alzava e se ne andava. Io stavo ancora lì a chiedermi cosa fosse
successo.
Mi alzai in automatico e andai alla
lezione successiva.
Un attimo prima ci stavamo stuzzicando e
un attimo dopo ci guardavamo diffidenti. Cos’era in realtà Edward Cullen? Non
potei non pormi questa domanda. Edward era troppo in salute per avere un cuore
che non batteva.
Forse dovevo solo andare lì a
chiederglielo. Si, come no. Ciao Edward
com’è che il tuo cuore non batte? No, lo dico per il tuo bene sai?! Perfetto!
E poi come spiego che io riesco a sentire perfino il rumore di un cuore che
batte?
Forse era il caso di aspettare e avere
qualche idea migliore. Lo terrò d’occhio per il momento. Si, questa era la cosa
migliore.
Peccato che il mio piano andò presto in
fumo, quando, quel giorno andai in mensa e nessuno dei Cullen si presentò. A
quanto pare erano usciti tutti anticipatamente. Ripensai alla telefonata che
aveva ricevuto Edward. A quale problema si sarà mai riferita Alice?
“Bella! Come sei pensierosa.”.
“Si scusami. Ho tanti compiti da fare e
stavo cercando di capire come organizzarmi!”.
Qualsiasi cosa fosse stato Edward
Cullen, non pensavo fosse un bene parlarne in giro, anche se si trattava di
Angela. Io stessa ero un segreto ambulante e per quanto comprensiva potesse
essere quella ragazza, sapevo bene come reagiva la gente al diverso, e non era
piacevole.
Avrei taciuto questa cosa e avrei fatto
delle ricerche per conto mio, cercando di non dare nell’occhio.
“Ma di cosa ti preoccupi? Sei una
secchiona!”.
Le tirai la lingua sdrammatizzando la
situazione.
Il giorno dopo avrei provato ad
avvicinarmi ad Edward. Si, era deciso.
Fu un peccato che anche questo piano
andò in fumo. Il giorno dopo i Cullen non si presentarono.
Me ne stavo seduta ai piedi del letto a
gambe incrociate, cercando di capire. Capire cosa? Forse il motivo per cui i
signorini Cullen erano rimasti assenti?! Già, proprio gran bella sfiga dato che
proprio ora avevo deciso di immedesimarmi in James Bond.
Grugnai e arruffai i capelli con la
testa, poi mandai non so chi al diavolo e me ne andai al supermercato a
comprare qualche cibo umanamente commestibile.
Giravo con la testa fra le nuvole tra
gli scaffali, quando arrivai davanti al mio reparto preferito: i cereali per la
colazione. Che spettacolo. Una volta, anzi più di una a dire il vero, la mia
mente malata mi aveva portato a fare colazione con sangue e cereali, invece del
latte. Oddio, era stato davvero un pasto coi fiocchi. Il dracula in me si leccò
i baffi e presi in mano due scatole osservandole. Ero intenta nei miei
schizzofrenici pensieri, quando sentii un odore dolce avvicinarsi. Era senza
dubbio Alice Cullen. D’istinto, non so perché, mi voltai nella sua direzione.
“Alice!”.
“Bella!”.
Sembrava cauta.
“Anche tu a fare la spesa?”.
“Si. Dobbiamo pur mangiare anche noi,
non trovi?”.
Non capivo perché non suonasse
divertente.
“Beh, siete in sette, vorrei ben dire.
Io sono indecisa su un eterno dilemma.”.
Sdrammatizzai la situazione
coinvolgendola nella mia bolla malata.
“Cioccolato fondente o al latte?!”.
Mi guardava tra il mezzo divertita e
l’incredulità.
“Esatto! Non riesco mai a capire quale
sia il più buono!”.
Sorrise finalmente dolce e sincera, cosa
che non avete fatto da quando era arrivata.
“Nel dubbio mischiali assieme!”.
La guardai con ammirazione.
“Ti farò un monumento!”. Feci una pausa
e poi continuai più seria. “Non siete venuti a scuola oggi. È successo
qualcosa?”.
“Oh, non ti preoccupare, problemi
familiari, ma niente che non credo possiamo gestire brillantemente!”.
Non capivo a cosa si stesse riferendo,
perché mi guardava di sfuggita e intensamente contemporaneamente, come se ciò
fosse possibile.
Ripensai ad Edward e ascoltai anche
Alice. Silenzio. Non c’era una minima traccia che il suo cuore battesse.
“Alice…” stavo iniziando una domanda che
non sapevo neanche io come porgere, quando il mio telefono squillò, non so
neanche io se salvandomi.
“Angela?”.
“Bella,
non so se ti sei dimenticata, ma sabato c’è il ballo d’inverno!”.
“Angi è un po’ difficile non accorgersi
del ballo imminente, ogni angolo possibile è tappezzato da quei manifesti!”.
“Lo
so, forse ho esagerato, comunque sai che dovrò fare un articolo e anche delle
foto, ti prego vieni con me a fare shopping e ad aiutarmi a scegliere un vestito
che mi faccia sembrare elegante, sexy e professionale.”
“Angela sono tante cose…”.
“Lo
so ti prego!”.
“Mmmhh.. non…”.
“Ti
prego amica migliore del mondo…”.
“Ok andremo a fare shopping!”.
“Siiii!!!”.
D’abitudine allontanai il cellulare
dall’orecchio.
“Andate a fare shopping? Posso venire
anch’io? Io adoro lo shopping!”.
Alice era come stata impossessata da
qualcosa, quando avevo nominato la parola shopping.
“Chi
ha parlato Bella?”.
“Oh, sono al supermercato ed ho
incontrato Alice Cullen, che a quanto pare vuole venire con noi a fare
shopping!”.
“Dille
di si! Dille di si!”.
Certo che le dirò di si, così avrò modo
di studiare questi Cullen da vicino. Nascondevano qualcosa e volevo scoprirlo.
Più che altro era la mia fissa paura di essere l’unico mostro nel mondo. Se
c’erano altri simili a me, che potevano capirmi, che non mi avrebbero
disprezzata per quello che ero, non li avrei lasciati andare.
“Certo Angi, ci metteremo d’accordo
domani a scuola!”.
La salutai e chiusi il telefono, poi
guardai la nanetta.
“Sempre se vieni a scuola domani!”.
“Oh, si! La questione è già in parte risolta.
Bene, allora a domani Bella!”.
Euforica, degna degli sbalzi d’umore
simili a quelli del fratello, si volatilizzò tra gli scaffali.
Bene, il mio piano stava per rimettersi
in careggiata.
Il giorno dopo appena scesa dall’auto
vidi che i Cullen erano raggruppati vicino alle loro due macchine e stranamente
non guardavano me, ma Angela, che poco più in là parlava con Alice. Ebbi
tuttavia l’onore di vedere l’attenzione di tutti spostarsi su di me.
Abbassai la testa innervosita e mi
avvicinai alla mia amica.
“Ciao!”.
“Ciao Bella, io e Angela avevamo appena
deciso di andare dopo le lezioni a fare shopping, se per te non è un problema!”
“Perfetto!” dissi io.
Lei iniziò a saltare sul posto. “Allora
ci vediamo dopo la scuola qui!”. Così facendo si dileguò raggiungendo i suoi
fratelli.
Io mi soffermai a guardarli, uno di essi
in particolare, che però non contraccambiò il mio interesse. Questo mi ferì e
non sapevo perché.
Spoiler capitolo 4
“Non si usa più salutare?”.
Lui si fermò di botto e mi osservò con il suo sguardo
penetrante.
“Hai ragione. Ciao Bella, come stai?”.
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Capitolo 4 *** capitolo 4 ***
4
Capitolo
4
Ero in mensa e aspettavo l’arrivo di
Angela. Era giovedì e la festa sarebbe stata sabato, dovevo andare a caccia,
ragion per cui decisi che venerdì dopo la scuola sarei subito partita.
Non potevo permettermi di ritrovarmi in
un posto affollato ed essere assetata. Avevo acquistato un buon autocontrollo
ormai, ma non volevo rischiare.
“Bella!”.
Angela aveva gridato il mio nome appena
entrata in mensa. E ora che le prendeva?
“Angela per l’amor di Dio, non urlare ci
stanno guardando tutti! E sai che odio essere fissata!”.
Era tutta in agitazione.
“Lo so, ma ho appena saputo chi sono le
candidate e i candidati per re e reginetta d’inverno!”.
Sbuffai.
“Sentiamo. Chi sono?”.
“Jessica Stanley!”.
“Ovviamente!”.
“Mike Newton e Erik Yorkie.”
“Scontato…”
“Emmett, Jasper ed Edward Cullen!”.
“Scherzi?”.
Restai senza fiato. Era ovvio che il
vincitore sarebbe stato Edward.
“No! Quindi, di conseguenza…”.
“Alice e Rosalie?”chiesi.
“Si!”.
“Beh, della bionda c’era da
aspettarselo. Si vede da qua a La Push che si sente Miss Mondo”.
“E tu!”.
“Io cosa?”.
“Anche tu sei tra le candidate.”
“E’ uno scherzo, vero?”. Sbattei la mia
bibita sul tavolo.
“No.”.
“Ma io non mi sono iscritta.”
“L’ho fatto io infatti!”.
Questa era andata.
“Angela? Ma ti ha dato di volta il
cervello?”.
“Tu per me sei bellissima e sei anche
una bella persona, voglio dimostrarti che non sono l’unica a pensarla così!”.
Sbaglio o di solito la reginetta era
sempre la snob della situazione?
“Angela non so se ti sia ben chiaro come
funzionano queste cose di solito.”
“Lo so, ma almeno potrò finalmente
scattarti qualche foto!”.
“Sai di non essere del tutto normale
vero?”.
“Certo!”.
“Ok!”.
Avrei comunque trovato un sotterfugio
per non fare questa cosa. Del vivere in eterno avevo capito una cosa: non
lasciare tracce del proprio passaggio. Le foto? Mmmm no! Erano una pessima idea.
In quel momento la porta si spalancò
lasciando libero il passaggio ai Cullen al completo. Mi passarono a fianco e
nel farlo Alice mi salutò calorosamente, mentre Rosalie mi trucidò con lo
sguardo. Non mi lasciai di certo intimorire e mi alzai di scattò riversandole
uno sguardo freddo come il ghiaccio. Sapevo di poter provocar paura nell’uomo,
guardandolo con odio. Ciò non sembrava avere lo stesso effetto su Rosalie, che
invece di avere paura, sembrava essere sospettosa. Tutti i suoi fratelli si
fermarono, guardandoci in attesa di dover intervenire o meno. Lei si voltò
teatralmente, tirandomi quasi i suoi capelli in faccia e proseguì verso il suo
tavolo.
Forse quest’anno avrei potuto fare un
eccezione tutto sommato. Le foto avrei sempre potuto distruggerle in seguito.
Era una questione di orgoglio, ed il mio
momentaneamente traboccava.
Che diavolo mi era successo? Non mi ero
mai comportata in questa maniera. Forse, tuttavia, potevo sfruttare i miei
poteri, insomma, dato che me li avevano dati in dotazione alla nascita, tanto
valeva sfruttarli, no? Forse potevo dar sfogo alla parte ribelle di me, senza
lasciar troppo aria a quel mostro che già ero stata, anche se a dir la verità,
in quel periodo, mi sentivo davvero libera.
All’uscita di scuola né Alice né Angela
erano ancora arrivate, per cui mi appoggiai alla mia macchina in attesa. Sentii
il suo odore arrivare, prima di lui. Alzai lo sguardo e lo osservai mentre mi
passava a fianco per raggiungere la sua Volvo.
“Non si usa più salutare?”.
Lui si fermò di botto e mi osservò con
il suo sguardo penetrante.
“Hai ragione. Ciao Bella, come stai?”.
Due secondi fa era irrequieto, ora
sembrava a suo agio. Non lo capivo.
“Bene, a parte il fatto che Angela mi ha
iscritto come reginetta per il ballo d’inverno!”.
Feci una smorfia e lui rise. Restai
quasi imbambolata.
“Già, ho presente come ci si sente.
Alice ci ha iscritti tutti!”.
Restai sorpresa di tale affermazione.
“Ed io che pensavo l’avesse fatto Miss
bionda 2012!”.
Lui restò sorpreso e poi rise della mia
battuta.
“Si, capisco perché lo pensavi. Rosalie
è un po’ narcisista!”.
“Un po’?”.
Gli chiesi enfatizzando tutto alzando un
sopracciglio.
“Ehi state facendo amicizia. Che
bello!”.
Alice arrivò di slancio su di noi.
“Sei un folletto malefico lo sai questo
vero?”.
“Oh, certo che lo so fratellino. È per questo
che mi vuoi bene.”
Risero e battibeccarono tra loro. Ero
quasi invidiosa del loro rapporto sincero.
Dopo qualche minuto arrivò anche Angela
ed Edward se ne andò con i suoi fratelli.
Allora partimmo alla volta di Port
Angeles.
Fu Alice a farci da guida, in quelli che
secondo lei erano i migliori negozi del posto.
Rimasi mentalmente sconvolta nel vedere
il cambiamento di Alice una volta entrata nel primo negozio. Sembrava una
macchinetta che voltava di qua e di là e afferrava ogni vestito che il suo
cervellino bacato gli desse l’input di prendere. Si fermò solo per darci una
matassa di vestiti sia a me che ad Angela. La poverina era ancora più sconvolta
di me.
Passarono due ore prima che tutte e tre
trovammo il vestito adatto. A me più che altro imposero loro, quale fosse il
vestito adatto per una reginetta del ballo. Anche se Alice aveva iscritto se
stessa, stava prestando tutta la sua attenzione su di me e non capivo perché.
“Domani Bella, non per giudicare il tuo
modo di vestire, ma dovresti venire a scuola vestita un po’ diversamente, non
trovi?”.
La guardai pensando a quale tortura
fosse più dolorosa da infliggere ad una persona che mina il mio modo di
vestire. Amavo i bei vestiti, ma non volevo attirare l’attenzione, tutto qua.
“Non fraintendermi Bella, saresti
bellissima anche con un sacchetto della spazzatura indosso, ma il giorno prima
del ballo devi farti notare.”
“Io non voglio farmi notare!”.
“Vuoi che vinca Rosalie?”.
Restai perplessa della sua domanda, ma
insomma, perché tutto questo attaccamento a me?
“Perdonami Alice, ma com’è che stai
dando il tuo appoggio a me, e non a quella che se non sbaglio è tua sorella?”.
“Perché siamo amiche, no?”.
Rimasi perplessa della sua risposta. Non
per quello che aveva detto, ma per la sincerità che sentivo traboccare da ogni
parola.
“Ok!”.
“Come sei presa di guardaroba a casa?
Sennò conosco un altro negozio qui vicino che…”.
Non le lasciai finire la frase.
“Tranquilla! Anche se non sembra a casa
ho molta scelta!”.
I soldi di certo non mi mancavano, e avevo
collezionato un bel po’ d’abiti in giro per il mondo.
Alice mi fissò come in trance per due
secondi, poi sorrise.
“Ok!”.
Certo che ogni secondo che passava era
sempre più strana.
Passammo per altri negozi per gli
accessori e le scarpe, poi finalmente prendemmo la via per il ritorno. Lasciai
a casa prima Angela, dato che a quanto sembrava, i Cullen abitassero fuori dal
centro abitato.
In effetti, se non avessi avuto una
grandissima memoria, ricordarsi arrivare a casa loro sarebbe stata un’impresa.
La loro enorme casa ergeva circondata dal bosco e dovevo ammettere, che per me,
si sarebbe trovata su un punto strategico per la caccia. Fermai la macchina e
scesi per aprirle il bagagliaio e farle prendere i suoi acquisti. Non vedevo
nessuno eppure mi sentivo osservata e questo mi metteva in allerta.
“Bella vuoi entrare? Potrei offrirti
qualcosa!”.
Osservai la casa, sembrava disabitata,
ma il silenzio che sentivo arrivare da dentro fu spezzato da qualcuno, che
riconobbi come Edward.
“Carlisle,
cosa ne pensi?”.
“Sembra
normale in effetti, eppure ha qualcosa di diverso!”.
Mi spaventai a sentire tali parole. A
quanto pare non ero l’unica che cercava di capire qualcosa. La cosa mi spaventò
perché non l’avevo prevista, ed ora come ora avevo bisogno di una via di fuga.
“Si
sta agitando!”.
Se non sbaglio, era stato Jasper a
parlare.
Dovevo andarmene. Mi voltai verso Alice
con un sorriso tirato.
“Io.. scusami, ma ho tanti compiti da
fare. Grazie per il pomeriggio. Ci vediamo domani!”.
Sentii un tono di delusione nella sua
risposta.
“Mi dispiace. Un’altra volta?” chiese
speranzosa.
“Certo Alice!”.
Salii in macchina e sgommando da vera
professionista di rally, me ne andai.
Erano le due di notte e stavo ancora
girando come una trottola per la casa, nel vano tentativo di capirci qualcosa.
Pensavo meglio quand’ero in movimento.
Carlisle, aveva detto Edward. Loro
padre, il dottore. Perché mi analizzavano? Dicevano che avevo qualcosa di
diverso. Come facevano a saperlo? Forse nello stesso modo in cui io sapevo, che
anche loro erano qualcosa di più. E Jasper? Come faceva a sapere cosa stessi
provando?
“Aaarrgghh..”.
Mi arruffai i capelli come ogni qual
volta che ero nervosa.
Mi sedetti sul letto e il sonno
improvvisamente piombò su di me. Ero troppo debole, dovevo dormire. Non feci a
tempo appoggiare la mia testa sul cuscino, che Morfeo mi avvolse tra le sue
braccia.
Quando mi svegliai la mattina dopo mi
sentivo rigenerata, in parte almeno. Mi sentivo più sicura di me e determinata
ad arrivare in fondo a questa storia.
Avevo deciso che la sera del ballo avrei
messo le carte in tavola, o almeno avrei affrontato i Cullen. Qualsiasi cosa
fossero ero comunque forte abbastanza da contrastare chiunque.
Scesi dal letto e feci una doccia.
Asciugai i capelli accuratamente facendoli ricci. Misi un eyeliner nero intorno
agli occhi passando poi più volte il mascara sulle ciglia. Mi sentivo accattivante
quella mattina. Aprii la stanza accanto alla mia, che avevo trasformato in mega
cabina armadio e pensai a cosa mettermi. Da un anno che ero lì nessuno mi aveva
mai visto con una gonna, così osai. Stivali, calze nere, gonna corta in jeans,
maglioncino nero e il mio fidato giubbetto in pelle. Mi sentivo sicura di me e
non sapevo perché.
Presi le chiavi della macchina e mi
avviai verso scuola. Al mio arrivo vidi che i Cullen erano già lì e come sempre
stavano nei pressi delle loro macchine. Parcheggiai di fronte a loro e con
tutta la grazia felina che possedevo scesi a testa alta. Vidi che molti
notarono il mio cambio di abbigliamento, e fui felice quando Edward si voltò
curioso a guardarmi, soprattutto per il fatto che sbarrò gli occhi. Ringraziai
mentalmente Alice per il suo consiglio, la quale stava vicino, a quello che a
quanto pare era il suo Jasper, e che mi
guardava sorridente. Le feci un occhiolino e passai oltre entrando a scuola.
Mi diressi verso il mio armadietto per
prendere alcuni libri e quando lo chiusi, mi ritrovai Edward Cullen appoggiato
al muro vicino. Non avevo percepito il suo arrivo. Male.
“Non si usa più salutare?”.
Mi persi nella sua voce suadente prima
di sorridere in risposta alla mia battuta del giorno prima. Gesù. Cosa era in
grado di farmi Edward Cullen? Sapevo che era strano, dovevo controllarlo e
invece, mi perdevo in sogni ad occhi aperti di me e lui su campi di fiori.
Accidenti a me.
“Mmm. L’ho già sentita! Ciao Edward!”.
Pronunciare il suo nome in sua presenza
era qualcosa, di così reale.
“Ciao Bella! Come stai?”.
“Magnificamente. E tu?”.
“Lo stesso!”.
Eccolo lì che mi guardava come se
cercasse di leggermi dentro.
“Pronto per il ballo d’inverno?”
“Affatto. A proposito…” si fermò
studiandomi. “Mi chiedevo, hai già qualcuno per il ballo?”.
Porca vacca. Non l’ha detto sul serio. O
si ?
Mi sta fissando, forse l’ha detto
davvero.
“No!”.
La mia determinazione mi stava salutando
con la manina da lontano.
“Mi faresti l’onore di farmi da
accompagnatrice?”.
La traditrice tornò indietro a passi
giganti prendendomi mentalmente a schiaffi ‘sbrigati
a dirgli di si’.
“Si?”.
Lui mi guardò trattenendo un sorriso.
“E’ una domanda?”.
Uffi. Perché dovevo sempre farmi queste
figure!
“No, cioè si!” presi un respiro e
continuai. “Edward, mi piacerebbe molto venire al ballo con te!”.
Lui sorrise angelico come un bimbo che
scarta i regali la mattina di Natale. Credeva davvero che avrei rifiutato?
Spoiler
capitolo 5
Avvicinai
il mio naso ad un albero vicino e aspirai a pieni polmoni. Era il suo odore. L’odore
di Edward Cullen.
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Capitolo 5 *** capitolo 5 ***
5
Capitolo
5
Arrivai in mensa chiusa in una bolla
d’aria. Per tutta la mattinata non avevo fatto altro che ripetere che sarei
andata al ballo con Edward Cullen e ancora non ci credevo. Più che altro ancora
non mi ero resa conto di essermi infatuata di un non so cosa, dato che Edward e
la sua famiglia erano ancora un mistero per me.
Vidi che Angela mi aspettava già al
nostro tavolo.
“Bella pronta per oggi?”.
“Oggi?”chiesi perplessa.
“Si! Ti eri proposta di aiutarmi con
l’allestimento per la palestra ancora un mese fa.”.
Accidenti, dovevo andare a caccia.
“Angi, mi dispiace ma ho già un altro
impegno!”.
“Non mi abbandonare anche tu ti prego.
Si sono già ammalati due volontari. Se non vieni anche tu mi troverò in grossi
guai!”.
Mi guardò con occhi da cucciolo e non
potei non assentire.
Dovevo trovare una scorciatoia che mi
permettesse di nutrirmi almeno un po’, ma non avevo scelta, sarei dovuta
partire appena finito in palestra.
“Sai Bella sono troppo sicura che
vincerai tu. Insomma, con quel vestito chi potrà resisterti?”.
Già il mio vestito. Jessica Rabbit in
blu. Pensar di far perdere la testa ad Edward e vincere su Rosalie mi aveva
convinto a comprarlo.
“Tu sei di parte Angi!”.
Lei sorrise scuotendo la testa.
Dopo la scuola andai ad aiutare la mia
amica. C’era da pulire la palestra e addobbarla, suddividere l’area musica, con
quella del buffet e i tavoli. Avevamo fatto davvero un gran lavoraccio e nonostante
ci avessimo impiegato tutto il pomeriggio, non avevamo ancora finito. La
mattina dopo avremmo dovuto andar lì ancora, c’erano i palloncini da gonfiare e
gli ultimi festoni da appendere. Ero stanca e affamata, anzi forse era più
corretto dire, assetata.
Giunsi a casa che erano le otto e mezza,
non mi cambiai nemmeno e partii subito per il centro del bosco. Corsi
sfrecciando tra un albero e l’altro, in alcuni mi davo anche una spinta su di
essi. Non appena arrivata, feci un giro di perlustrazione e mi insospettii
quando mi accorsi che il bosco era stranamente silenzioso, più del solito insomma.
Mi bloccai come una statua, trattenendo il respiro e ascoltando ciò che mi
circondava. Già, qui qualcosa non andava. Era come se non ci fosse più anima
viva.
Puntai più a nord verso un ruscello,
dove sapevo che spesso si fermavano a bere alcuni tipi di animali giusti per
me. Stavo correndo con tutti i sensi in super allerta, quando la scia di un
odore mi fece fermare all’istante. Feci due passi indietro e annusai l’aria. No!
Non era possibile. Non aveva senso. Avvicinai il mio naso ad un albero vicino e
inspirai a pieni polmoni. Era il suo odore. L’odore di Edward Cullen. L’avrei
riconosciuto in capo al mondo. Cosa diavolo ci era venuta a fare fin qui? A
piedi per giunta? Dato che a terra vedevo delle orme.
Presa dagli eventi e dalle domande seguii
la sua scia, che un miglio dopo si incrociò con un’altra. Jasper. Avanzai
ancora e un altro odore troppo familiare mi fece fare un balzo. Due carcasse
morte di due cervi. Gli indizi parevano rimandare tutti ad una stessa
conclusione: i Cullen si cibavano come me, non ero sola. Questo spiraglio di
luce mi fece alleggerire per pochi secondi per poi riportarmi alla realtà. Se
erano come me, perché il loro cuore non batteva?.
Seguii le loro scie ma mi fermai appena
in tempo per vedere la loro casa in lontananza. Si non c’era dubbio. Erano
loro. Erano come me o quasi. Tornai indietro camminando con passo umano,
riflettendo. Avevo già deciso ieri, ora non avevo più dubbi, stasera mi sarei
fatta avanti. Già loro si erano accorti della mia diversità, per cui sarà solo
un parlarsi chiaro in faccia. Forse anche loro mi avevano tenuta d’occhio e mi
avevano seguita. Loro erano in cinque, o meglio sette contando dottorino e
moglie. Erano tanti. Dovevano essere in grado di darmi qualche spiegazione in
più, di quello che io aveva cercato da sola. Dopo 67 anni finalmente avevo
trovato qualcuno come me. Loro sarebbero riusciti ad accettarmi con loro?
Edward, mi avrebbe accettata?
Giunsi con queste domande a casa, ed era
ormai l’alba.
Forse è per questo che mi aveva
ossessionato fin da subito, forse il mio subconscio sapeva che era diverso, che
forse avevo una possibilità per quello che mi ero sempre negata. L’amore. Si,
ma a lui, piacevo? Mi aveva chiesto di andare al ballo, vero. Forse però l’aveva
fatto per lo stesso motivo per il quale subito pensavo di aver accettato:
controllarlo.
Il mio cuore a fianco a lui batteva più
forte, il suo era muto. Chi era più mostro dei due?
Feci una doccia e mi cambiai,
infilandomi i pantaloni di una tuta militare e una felpa bianca. Al diavolo la
reginetta, dovevo lavorare non sfilare quella mattina. Angela ci teneva al mio
aiuto.
Accidenti! Mi ero così persa nel seguire
le scie dei Cullen e fare congetture che non mi ero più nutrita a dovere. Non
era da me perdere il lume della responsabilità così frequentemente. Mi ero
ripromessa che non sarei più diventata il mostro sanguinario di una volta, ma
così mi stavo aiutando a farlo riaffiorare. Stupida me.
Andai in cucina e mangiai metà
confezione di cereali, mi facevano un po’ schifo quel giorno, ma dovevo
mangiare assolutamente. Dovevo saziarmi in una maniera o nell’altra, anche se
sapevo benissimo che era solo un modo per prolungare la resistenza da mancanza
di sangue. Avrei dovuto anche prendere qualcosa di alcolico, aiutava molto. Potevo
farcela, dovevo solo pregar Dio che a nessuno venissi la bella idea di ferirsi.
Erano quasi le otto e mezza perciò mi
avviai in palestra, dove vi trovai già Angela a lavoro.
“Oddio sei qui. Pensavo non venissi
più!”.
“Scusami, mi sono alzata tardi!”.
“Fa niente, una persona è spuntata
stamattina offrendosi di darmi una mano!”.
Mi voltai dove lo sguardo di Angela
puntava e vidi dall’altra parte della palestra Alice, che si stava avvicinando
a passi di danza.
“Bella! Sei arrivata! Immaginavo avreste
avuto bisogno di una mano, per cui eccomi qua. Per mezzogiorno avremmo finito e
poi vi preparerò al meglio!”.
Eh?
“Preparerò a cosa?”.
“Per il ballo! Adoro truccare e
acconciare i capelli, per cui con Angela mi sono già messa d’accordo che
terminato qui andremo poi a casa tua e inizieremo a prepararci!”.
Mi voltai verso Angi sbigottita, la
quale invece era già stata irretita da Alice.
“Non pensi che l’orario sia un po’
troppo presto?”.
“Affatto! Vedrai che forse finiremo in
tempo per il ballo!”.
Questa era pazza!
“7 ore pensi non possano bastarti?”.
“No, non lo penso!”.
“Ok!”.
Ingoiai un boccone invisibile, mentre
silenziosamente mi avvicinavo nella zona che avevo lasciato in sospeso ieri.
Alice era davvero una pazza da legare. Io con la mia velocità pensavo di
impiegarci 5 minuti al massimo, cosa credeva di combinare quella?
Lo scoprii presto per mia sfortuna.
All’una ci trovammo tutte e tre nel
salone di casa mia. Alice con un trolley pieno di accessori da far invidia ad
un’estetista e una parrucchiera contemporaneamente.
Fece fare un bagno a me e poi ad Angela,
con oli essenziali dal profumo intenso. Fece poi la ceretta ad Angela, io mi
giustificai di essere andata dall’estetista il giorno prima, ma a dire il vero
non ne avevo bisogno. Peli superflui non ne avevo, o meglio , non mi
crescevano, neanche i capelli mi crescevano, a meno che non li tagliassi, ma
più lunghi di così non andavano.
Fece un’acconciatura raccolta ad Angi
strepitosa, professionale sexy come voleva lei, mentre a me dopo avere fatto
dei boccoli a miei capelli, li raccolse da un lato, così che mi cadevano
eleganti dall’altro, in avanti. Ci truccò e poi per ultima si sistemò. Era
stato estenuante pure per me che non sentivo poi tanto la fatica, eppure 7 ore
dopo eravamo pronte. Ci aveva impiegato davvero tutto quel tempo.
Alle otto spaccate il campanello di casa
mia suonò.
“Angela perché non vai ad aprire tu?”.
“Alice sono io la padrona di casa, non
credi sia giusto che vada io?”.
“Tesoro, in completino intimo non
faresti una bella figura, e poi ho la sensazione che non vogliano te!”.
Vero o no, alla porta c’era Ben,
l’accompagnatore di Angela, per cui tra l’altro lei aveva una gran cotta. Lei
era pronta per cui andarono via subito, dato che doveva fare le foto per
l’annuario.
Due secondi dopo eravamo pronte sia io
che Alice. Lei aveva un vestito rosa, con scollatura a cuore, come la mia, solo
che il suo vestito era un tubino sobrio che arrivava a raso terra. Il mio
vestito oltre ad essere blu, quindi molto vistoso, aveva un spacco indecoroso
appunto alla Jessica Rabbit, che faceva un effetto vedo e non vedo sulla mia
gamba destra quando camminavo.
Quando sentii suonare il campanello,
Alice gridò un ‘sono arrivati’ e si fiondò giù ad aprire la porta. Presi la
borsetta e ormai rassegnata mi avviai a scendere. Alice, Jasper ed Edward si
trovavano ai piedi della scala. Mentre scesi, vidi lo sguardo di Edward
soffermarsi un solo secondo sul mio spacco, ma giusto il tempo per fargli
sgranare gli occhi. Dovetti ringraziare mentalmente Alice per avermi fatto
osare.
Come immaginavo, una volta a scuola
riuscimmo a zittire gran parte degli studenti. Molti mi osservavano sconvolti,
forse li avrei fatti a sentire più a loro agio se avessi indossato delle
converse, piuttosto che dei splendidi sandali tacco 15.
Quando fummo in palestra annusai l’aria
e trovai subito la mia rivale. Rosalie era al centro della pista con un abito
rosso fuoco che la risaltava come un diamante tra il carbone. Era splendida non
potevo negarlo, e come se non bastasse ballava con Emmett in maniera così
coordinata, che gli altri studenti attorno, erano palesemente consci della
brutta figura che facevano a stargli appresso.
La osservano ma persi subito il mio
impatto sul mondo, quando un respiro freddo mi solleticò la parte del collo con
i capelli raccolti.
“Sei bellissima!”.
Il mio cuore che batteva solitamente in
modo meno regolare degli umani, prese per la prima volta, a battere più
frenetico, di quelle volte che la vicinanza di Edward Cullen gli aveva
concesso.
“Grazie! Anche tu non scherzi!”.
Sorrise e pensai che era la cosa più
bella che avessi mai visto. Speravo davvero che fosse come me, perché lo volevo,
lo volevo davvero.
“Vuoi qualcosa da bere?”.
Annuii e ci avviammo al buffet. Prese un
solo bicchiere di punch e me lo porse.
“Tu non bevi?”.
Fece un cenno negativo della testa.
“Sono più che sicuro che il punch sia
corretto. Voglio riportarti a casa sana e salva!”.
Sorrisi.
“Così hai deciso di far ubriacare me?”.
Fece un sorriso sghembo.
“Almeno tu non devi guidare e non farai
danni!”.
Feci l’offesa e lui rise di più.
Aveva ragione comunque, il punch era
corretto e molto anche. Ciò nonostante non sarei riuscita ad ubriacarmi neanche
se avessi voluto, una volta sola c’ero quasi andata vicino. Il problema era che
il mio corpo bruciava subito l’alcool. Era vero che l’alcool mi placava l’altra
sete, ma solo temporaneamente.
Stavo ridendo e scherzando con Alice,
quando Edward mi arrivò di nuovo lentamente alle spalle e mi sussurrò un: “Balliamo?”.
Annuì e il destino volle che mentre ci
avvicinavamo alla pista, il dj mise un lento. Lui con fare da gentiluomo
d’altri tempi mi porse la sua mano, chiaro invito a danzare. Io allora presi il
mio vestito e feci un inchino per poi rifugiarmi tra le sue braccia, ballando a
stretto contatto con lui. Lo annusai e il suo odore mi fece venire fame, ma non
di cibo o di sangue, bensì di sesso. Era da tanto che non provavo un attrazione
simile per qualcuno.
Mi staccai e lo guardai negli occhi, ma
lui mi stava già scrutando con il suo solito sguardo che mi entrava fin sotto
pelle. Ci avvicinammo così che i nostri nasi si sfiorassero. Era chiaro cosa
stava per succedere, ci stavamo per baciare. Ancora pochi centimetri e sarei
andata in paradiso, ma purtroppo qualcosa cambiò la situazione. Ci misi un
secondo per capire, lui non respirava più. Mi aveva annusato fino a prima, più
volte, ora non lo faceva più. Lui si era bloccato e anch’io lo feci. Era in
allerta e ben presto lo diventai anch’io. Sangue. Un forte odore di sangue
aleggiava nell’aria. Io potevo trattenere il fiato per un po’, ma non per
sempre. Dovevo andarmene. Mi staccai da lui e lui ne parve sorpreso.
“Scusami io…”.
Non terminai la frase che un grosso
bagliore mi illuminò, o meglio, ci illuminò entrambi.
“…Isabella Swan ed Edward Cullen!”.
Tutti iniziarono ad applaudire e
fischiare ed io non capivo.
“Che succede?”.
Maledizione, una buona scorta d’aria se
n’era andata.
“A quanto pare siamo il re e la
reginetta!”.
Lo disse tra i denti. Se era come me
anche lui forse soffriva quella situazione.
“Devo… dobbiamo andarcene!”.
Lui mi guardò non capendo ed intanto la
folla si stava aprendo per lasciarci lo spazio per avviarci sul palco, dove
Angela gridava entusiasta che la raggiungessimo.
Sapevo esattamente che la mia preda si
trovava vicino al buffet. Qualcuno doveva essersi tagliato con un coltello.
Edward iniziò a camminare verso il palco
trascinandomi con un po’ di fatica, visto che io stavo ferma come una statua.
Era in grado di trascinarmi, quindi era pure forte.
Provai a prendere un’altra boccata
d’aria quando fummo più lontano e nei pressi del palco, ma l’odore era ancora
lì, quel dannato con quella ferita era ancora nella stanza.
“Edward” dissi espirando. Parlai a bassa
voce ma speravo che avesse le mie doti e così fu.
“Ti senti male?”.
“Non posso trattenere il respiro ancora
per molto e sto perdendo il mio autocontrollo.”.
Lui sembrava far finta di non capire o
forse sperava di capir sbagliato.
“c’è troppo odore di sangue, tienimi
stretta o lo ucciderò!”.
E con questa frase avevo terminato la
mia scorta d’ossigeno e ammesso cos’ero. Se avessi fatto un buco nell’acqua la
mia copertura presto sarebbe saltata. Lui sembrava terrorizzato e questo mi
fece stringere il petto, ero persa.
Stavamo salendo le scale, quando sentii
Edward sottovoce parlare.
“Alice porta il ferito fuori dalla
stanza. Immediatamente!”.
Il suo tono metteva terrore.
Mi concentrai suoi suoni, ma non sentii
la risposta sopraggiungere.
“Dannazione!”.
Guardai Edward, non dissi nulla, ma il
mio sguardo chiedeva spiegazioni.
“Alice è con Jasper ed Emmett e Rosalie…
no comment. Non mi sentiranno.”
Pensavo fosse disprezzo o terrore il suo
sguardo, invece mi resi conto che era preoccupazione, ma per chi o cosa? Se
stesso? La sua famiglia?
Una volta sul palco Angela mi abbracciò
e inspirai tra i suoi capelli, avevo imparato a volerle bene e questo mi aveva
permesso a non farmi incantare dal suo sangue, non le avrei mai fatto del male.
Riuscii nel mio intento ma il mio maledettissimo olfatto sentì anche il sangue
che aleggiava nell’aria. Dovevo resistere, la mia amica era lì e ora
abbracciava Edward. Dovevo resistere. Angela mi pose sul capo il diadema. Non
dovevo pensarci. Pose la corona sul capo ad Edward. Dovevo pensare ad altro. Ci
fece una foto. Non dovevo guardare verso il buffet, dovevo resistere. Ci
applaudirono. Dovevo ucciderlo.
Cercai di darmi una spinta per saltare
sulla mia preda, ma una mano mi afferrò al volo, camuffando il tutto
prendendomi in braccio. Edward mi aveva preso in braccio tra i fischi di
approvazione degli studenti e mi stava portando al centro della pista. Provai a
liberarmi dalla sua stretta, ma era più forte e una parte di me gli lasciava
essere più forte.
“Dove pensi di andare, dobbiamo
ballare!”.
“io… non posso…”.
Mi mise giù e mi strinse saldamente a
se.
“Resisti, lo stanno portando via proprio
ora!”.
Pregai che fosse vero, ma sentivo che le
sue parole erano sincere.
“Non so cosa tu sia di specifico, ma
sono contento che tu non sia umana!”.
Queste parole furono ancora più sincere
e un gran toccasana, perché mi fecero dimenticare l’intera situazione, mi
fecero dimenticare dove mi trovavo, mi fecero dimenticare perfino il mio nome.
Il suo sorriso sghembo mi portò alla
realtà.
“Puoi respirare ora, non c’è più pericolo!”.
O si che c’era ancora pericolo. Ed ero
io, che ti stavo per saltare addosso violentandoti davanti a tutti.
Respirai conscia che l’odore si era
attenuato.
“Idem”.
“Cosa Idem? Non devo per forza respirare
io”.
Scossi la testa.
“Anch’io non so cosa voi tutti siete di
preciso, ma sono contenta che tu non sia umano!”
Spoiler
capitolo 6
“Che cosa sei?”.
Rosalie si era fatta avanti acida.
“Era scaduto lo yogurt stamattina?”.
Non avevo resistito nel non risponderle
per le rime.
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Capitolo 6 *** capitolo 6 ***
6
Mi scuso per il ritardo colossale.
Oggi sono sconvolta, ieri sera ho visto
Breaking Dawn 2… qualcuno felicemente sconvolto come me, per l’epico finale????
Capitolo
6
Finito il ballo d’eccellenza per il re e
la reginetta, io ed Edward cercammo di uscire dalla palestra e non con poca
fatica. Alice continuava a farci delle foto e gente che con cui non avevo
neanche mai parlato, ci faceva i complimenti.
Finalmente fuori, Edward mi prese per
mano e mi fece strada fin dietro la scuola. Una volta lì trovammo Alice ed
Emmett con i vestiti leggermente strappati, Rosalie in piedi fiera che mi
scrutava con odio? Insicurezza? Dubbio? Non sapevo. E infine Jasper seduto a
terra con la testa fra le mani ed Alice che lo accarezzava amorevolmente.
“Che è successo?” chiesi.
“Jasper stava per cedere. Alice e poi
Emmett lo hanno fermato!”.
Doveva essersi dimenato davvero tanto,
nel vedere le conseguenze e a quanto pare lui ne era davvero distrutto.
Sicuramente, per il fatto di essersi scontrato con la sua Alice.
“Che cosa sei?”.
Rosalie si era fatta avanti acida.
“Era scaduto lo yogurt stamattina?”.
Non avevo resistito nel non risponderle
per le rime.
“Come ti permetti?”.
Aveva fatto un passo avanti ed Emmett le
si era subito affiancato, così come Edward aveva fatto un passo davanti a me,
come per farmi da scudo.
“Calmiamoci. La serata è stata già più
movimentata del dovuto!”.
Edward fece subito da arbitro.
“Jasper tirati in piedi, non ti
incolpare di niente, è la nostra natura.”
Si alzò con scattò felino e il suo
sguardo era furioso.
“Sono stanco di essere quello debole. Io
sono sempre stato quello più forte!”.
Alice lo abbracciò di lato.
“Amore non è neanche un secolo che segui
questa dieta, e considerando la tua vita di prima, sei davvero il mio idolo!”.
“Non è vero!”.
“Si, invece!”.
L’amore che provavano l’uno per l’altro
era davvero palpabile nell’aria. Non era questo però che mi sconvolse, Alice
aveva detto ‘neanche un secolo’.
“Ma quanti anni avete?”.
Ero curiosa, ma qualcuno forse voleva
più risposte che domande. Rosalie ringhiò.
“Mocciosa!”.
“Rosalie!”.
Edward l’aveva richiamata subito.
Lentamente lui poi si voltò, mettendosi di fronte a me.
“Bella, puoi gentilmente dirci cosa
sei?”.
Eh no accidenti. Perché mi facevano la
stessa domanda che volevo fare a loro?
“Io, non so come rispondervi. Siete i
primi che trovo diversi dagli umani e simili a me!”.
Edward si sorprese.
“Stai dicendo che non sai cosa siamo?”.
Assentii. Mi sentivo sopraffatta.
“Io non le credo!”.
Rosalie continuava a darmi contro, ma
non lo faceva con cattiveria lei le pensava davvero quelle cose.
“Non sai che ha nella testa, potrebbe
mentirci!”.
“Eppure sento che è più spaventata di
tutti noi!”.
Cos’è che poteva saperne Jasper di come
mi sentivo?
“Lo vedo anch’io Jazz che è spaventata
ed Alice sa che non ci farà del male.”
Rosalie sbuffò e si voltò teatralmente
come il suo solito.
“Bella, guardami, noi siamo vampiri. Tu,
invece?”.
Vampiri? Lui è certo di essere un
vampiro, ma allora io cos’ero? Loro erano di più di me e di gente come me non
ne avevo mai visto.
“A quanto pare qui quella sbagliata sono
io!”.
Lui rise tetro alla parola sbagliata.
“Perché lo pensi?”.
“Ho sempre pensato di essere io il
vampiro, ma voi siete in cinque, io una, quindi forse voi lo siete veramente e
io sono davvero un mostro.”.
Ero lacerata dentro dal dolore di sapere
di essere ancora io l’unica diversa, neanche tra i veri mostri c’era qualcuno
come me.
Edward guardò Jasper e poi si voltò
verso di me.
“Credo che qui sia il caso di parlarne
anche con Carlisle!”.
Tutti annuirono eccetto Rosalie, che
guardava il fratello neutra.
“Bella!”. Mi chiamò lui. “Ti fidi venire
a casa nostra?”.
Forse avrei trovato comunque delle
risposte quindi perché no?
“Ok!”.
Entrammo nella loro immensa casa, dove
il colore di fondo era il bianco. Nel salone ad aspettarci c’era quello che
doveva essere Carlisle e la moglie. Lui si avvicinò lentamente a me, come
timoroso di spaventarmi, e mi allungò la sua mano che io afferrai.
“Sono felice di conoscerti Isabella, i
miei figli mi hanno molto parlato di te!”
Scoccai uno sguardo a Rosalie poi mi
voltai su di lui.
“La prego mi chiami Bella!”.
Sorrise poi allungò la mano verso la
moglie che si mise al suo fianco, sorridendomi sincera e dolcemente.
“io sono Esme. Tanto piacere!”.
Le sorrisi anch’io senza accorgermene.
Ci sedemmo poi nel grande salone, o
almeno io e i due genitori lo facemmo. Tutti gli altri rimasero in piedi, chi
distante come Rosalie, e chi vicino come Edward.
Furono ripetute da quest’ultimo le mie
parole nel retro della scuola e cosa era successo nella palestra. Carlisle si
sorprese.
“Non sai cosa sei?”.
“No!”. Dissi triste.
“Il tuo cuore batte!”.
Era molto pensieroso e concentrato.
“Il vostro tuttavia no!”.
Carlisle alzò un sopracciglio.
“Vediamo di riassumere i concetti
principali.” Si alzò e cominciò ad camminare avanti ed indietro. “hai un buon
udito e un buon olfatto. Sei forte. Brami il sangue, come noi!”
Annuii al suo elenco.
“Sembri una di noi, ma ciò non pareggia
col fatto che il tuo cuore batte e sento comunque che il sangue in te scorre
nelle vene, tutte cose che noi non abbiamo più dopo la trasformazione!”.
Corrugai la fronte alle sue parole.
“Trasformazione?”.
“Si, Bella. Quando siamo stati morsi da
un altro vampiro mentre eravamo ancora umani. Ci siamo trasformati!”.
Presi una boccata d’aria. Ero diversa. Io
non ero stata trasformata!
“Bella quanti anni hai?”.
“Io ne ho 67!
Mi alzai irrequieta forse dovevo dire
tutto. Sarei stata l’unica della mia specie, ma almeno forse potevo farmi amici
nuovi, che bè sembravano avere una media di vita simile alla mia.
“Io sono nata alla fine della seconda
guerra mondiale, nel 1945. Per tutto questo tempo, a parte gli ultimi decenni,
sono sempre stata da sola, girando in cerca di qualcuno come me, ma non ho mai
trovato nessuno, fino ad oggi!”.
“Che intendi a parte gli ultimi decenni!”.
“Significa che in quest’ultimo periodo
io non mi sono più nascosta, ho iniziato a vivere alla luce del sole tra gli
umani. Ho preso una casa, ho iniziato ad andare a scuola e non sono più stata
sola perché mi sono fatta degli amici, umani. Non ho mai rivelato nulla a loro,
però finché potevo, mi sono beata della loro compagnia.”
“Finché potevi?”.
“Fino a quando la gente non iniziasse ad
insospettirsi del fatto che io non invecchiavo!”.
Carlisle annuì ed Edward intanto mi si avvicinava.
“Non sai chi ti ha trasformato?”.
Risi amaramente.
“A quanto pare è qui il bello, quello
che ci differenzia. Io non sono mai stata trasformata. Io sono nata così!”
Silenzio. Sorrisi nella mia testa nel
vedere che perfino la gelida Rosalie era rimasta visibilmente scossa.
“è impossibile!”.
“Invece no, il mio primissimo ricordo è
quello di una donna dal volto scarno, con i miei stessi occhi che mi sorrideva,
fino a quando non perdeva i sensi morta. Sono venuta al mondo è la prima cosa
che ho fatto è stata uccidere. Ero in un bosco, non so di preciso in che zona,
ma oltre a me e a quella che suppongo fosse mia madre non c’era nessun altro. Crescevo
velocemente, già dopo una settimana sapevo camminare. Mi cibavo di frutti che
trovavo sugli alberi o del sangue di animali. Li attaccavo ed ero più forte di
loro. Pensavo quasi fosse normale. Una volta arrivai in una riserva di indiani,
ma scappai subito. Ero vista come un mostro e mi sentivo come un mostro. Vagavo
nella speranza di trovare qualcuno come me, ma non successe mai.”.
Tutti mi ascoltavano attenti, anche
Rosalie. Edward mi prese la mano, segno che mi era vicino.
“passavano gli anni e mi accorgevo che
la crescita stava rallentando e intanto capivo di dovermi nascondermi da tutto.
Iniziai ad osservare da lontano le vite degli umani, a imparare il loro modo di
comunicare. Li studiai. Apprendevo molto velocemente fu facile. In una
cittadina mi richiudevo tutte le notti in una biblioteca,leggendone tutti i
libri. Fu li che iniziò ad aggirarmi per la testa l’idea di essere un vampiro. Solo
che il sole non mi faceva nulla, come l’acqua santa o l’aglio. Provai anche a
trasformare un umano, facendogli bere il mio sangue dopo averlo quasi
dissanguato. So che mi ci volle un autocontrollo pazzesco, ma cmq non servì a
nulla, se non a dilaniarmi dentro. Iniziai ad essere assuefatta dal sangue
umano…”.
Li mi bloccai perché mi accorsi di aver
iniziato a piangere. In quel periodo ho ucciso tante persone… fino a quell’ultima
innocente creatura.
Edward mi passò un braccio intorno alle
spalle attirandomi a se. Il suo profumo mi calmava. Mi sentivo protetta, a
casa.
“un momento, hai detto che hai provato a
trasformare altri come te? Hai morso gli umani e non si sono trasformati?”.
Non capivo il suo sguardo. Feci di si
con la testa.
“Strabiliante!”.
Edward mi richiamò alla sua attenzione. “Vedi
Bella noi vampiri, ci basta mordere una persona e questa si trasforma come noi!”.
Oh!
“Carlisle, tu pensi?”.
Ehm, cosa mi ero persa? Guardavo Edward
e suo padre annuire.
“Mi sono persa qualcosa?”.
Edward mi guardò cadendo dalle nuvole.
“Oh, vedi, alcuni vampiri dopo la
trasformazione sviluppano una specie di dono”.
Fece una smorfia sull’ultima parola.
“Io ad esempio riesco a leggere nel
pensiero!”.
Wow.
Leggere nel pensiero? Chi non sognava di
poter entrare nella testa altrui? Ciò significa che lui…
“Ti blocco già Bella! La mia risposta è
no. Io riesco a leggere nella mente di tutti quanti, di tutti, tranne che nella
tua! Forse sarà per il fatto che sei, chissà? Metà umana e metà vampiro?”.
“Perché no?”.
Mi voltai verso Carlisle. Sembrava realizzato.
“perché no?” feci ecco alla sua domanda.
“Perché no!”.
Affermava trasognante. Era forse
impazzito?
“Carlisle?”.
Lo chiamai. Vedevo tuttavia che anche
gli altri lo guardavano in attesa di qualcosa, tranne Edward.
“Le nostre donne vampire sono bloccate
nel loro corpo e quindi non è mai potuto succedere, ma forse gli uomini vampiri
possono generare. Chissà, forse è possibile che un vampiro abbiamo messo
incinta una donna umana, così da creare una sorta di ibrido!”.
Mi aspettavo che qualcuno ridesse, ma
invece così non fu. A quanto pare quella versione di Carlisle era più che
possibile. Ero ciò quindi? Ero finalmente riuscita a capire da dove diavolo ero
sbucata fuori?
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Capitolo 7 *** capitolo 7 ***
7
Capitolo
7
Un ibrido. Metà vampira e metà umana.
È questo che ero? A quanto sembrava si!
Non potevo crederci, finalmente dopo tutto il mio vagare avevo risposto a gran
parte delle mie domande.
I Cullen mi guardavano e non so cosa si
aspettassero dicessi. Mi sentivo in una situazione di stallo, tutto ciò non
significava che loro, ora, fossero miei amici.
“Bella?”.
Edward mi guardava… preoccupato, si.
Questo era di sicuro quello che il suo sguardo esprimeva.
“Scusate il disturbo, penso sia ora di
andare!”.
Mi alzai e mi avviai verso la porta
d’entrata, ma Edward fu più veloce e si frappose tra me e la porta.
“Aspetta, non andartene!”.
Ora il suo sguardo sembrava timoroso, a
questo non seppi dare un significato, e non volevo perdermi in esso ora. Avevo
bisogno di un po’ di tempo per me.
“Edward, penso che Bella abbia bisogno
di un po’ di tempo… di restare un po’ sola!”.
Mi voltai verso Carlisle e gli sorrisi
ringraziandolo.
Misi la mia mano su quella di Edward che
stringeva il pomello della porta quasi a distruggerlo, come se ciò potesse
fermarmi. Al tocco una scintilla percorse tutta la mia spina dorsale, mi scaldò
dentro e vidi anche lui sussultare. Si scostò e io aprii la porta, quando gli
passai davanti lui mi sussurrò: “Se hai bisogno di qualcuno, io ci sono!”.
Parole d’oro per me. gli sorrisi e mi
avviai a piedi in un andatura calma verso il bosco.
Anni di solitudine e finalmente uno
spiraglio per capirci qualcosa. In parte ero come tutte quelle persone che
avevo sempre invidiato da lontano, ma in parte ero anche come loro, vampiri,
mostri. Mostro. Ciò nonostante io non sarei invecchiata da quel che potevo aver
scoperto di me stessa. Sarei rimasta così per sempre e tutto ciò era
fantastico. Insomma, chi non sognava di poter rimanere giovane per sempre? Si,
era fantastico, se questo non implicava da sola e diventare un assassino. Si
perché era questo che io ero, un assassino, che aveva tolto delle vite, per
nutrimento, per egoismo, per gioco, per superiorità.
A questo pensiero iniziai a correre,
veloce, sempre più veloce. Non ero mai andata così ad ovest, non me ne curai e
corsi.
Quella povera creatura… era innocente e
io portavo nei miei ricordi il suo viso ogni giorno, così da ricordarmi che
scherzo della natura fossi e che se proprio non c’era nulla che potesse
uccidermi, almeno che cercassi di redimere la mia anima, qualora ne avessi avuto
una e non avrei più ucciso nessuno. Non avrei mai più messo la vita degli umani
in pericolo.
Arrivai ad un grande argine che dava su
un fiume, ora furioso come me, lo saltai con tutta la mia forza, ma non appena
lo feci, un odore nauseabondo che non avevo mai sentito mi colpì in pieno.
Adrenalina e un senso di pericolo mi
avvolsero.
Che stava succedendo?
Iniziai a guardarmi attorno, qualcosa
minava la mia persona. Avanzai ancora quando un puro istinto mi fece abbassare
di colpo, giusto in tempo perché la mia testa non restasse impigliata tra i
denti di un enorme lupo marrone.
Il lupo si girò di scatto e si mise in posizione
d’attacco verso di me, facendo anch’io altrettanto, osservandolo.
I suoi occhi erano così espressivi da
mettere i brividi.
“Ehi, lupo, non ti ho fatto nulla che
ti…”.
Non terminai la frase che lui mi attaccò
di nuovo. I suoi occhi erano furiosi.
Tentò di mordermi una spalla, ma con la
mano gli devia la bocca, mentre con l’altra lo spinsi lontano da me. Era enorme
ma velocissimo, atterrò di schiena ma si voltò subito partendo all’attacco di
nuovo. Schivai la prima azzannata e subito dopo anche la seconda, ma era così
rapido che non potei evitare la sua zampata che graffiò il mio braccio da cima
a fondo. Gli artigli del lupo lacerarono i vestiti e di conseguenza la pelle.
Sentii un urlo scorticarmi le orecchie e solo dopo mi resi conto che ad urlare,
ero stata io. Il sangue caldo iniziò a colare giù dal braccio fino a terra,
formando una pozza ai miei piedi. Quel lupo aveva lacerato molte vene, ma
potevo già sentire queste che si stavano rigenerando, se pur lentamente.
Faceva male, molto.
Urlai infuriata e mi scagliai verso il
lupo, ma questi si portò indietro come se si fosse improvvisamente spaventato,
mi guardava a scatti, prima me poi il braccio, poi ancora me e poi ancora il
braccio. Un secondo dopo però fui io a essere ancora più in panico. Alle sue
spalle erano comparsi altri tre lupi, uno nero e più grande degli altri.
Non avevo scampo, possibile che ci fosse
qualcuno in grado di mettere fine alla mia esistenza? Che quattro cani troppo
cresciuti avessero presero le redini della giustizia e mi stessero torturando a
causa di ciò che avevo fatto?
Non riuscii a pormi altre domande dato
che qualcuno richiese la mia attenzione.
“Bella!”. “Fermi! Jacob fermati!”.
Dall’altra parte del fiume Edward e
Carlisle stavano in piedi sul limite dell’argine fieri in tutta la loro
bellezza e preoccupazione.
Erano venuti in mio aiuto?
“Chiediamo di attraversare il confine
per parlarvi e spiegarvi quello che vi state chiedendo!”.
Restarono un minuto esatto a fissare i
lupi in attesa di qualcosa, come se loro stessero decidendo. Erano davvero così
intelligenti quei cani?
Edward fece un cenno a Carlisle ed
insieme saltarono, per posarsi silenziosamente ad ambo dei miei lati.
Carlisle mi prese il braccio esaminando
le ferite.
“Per fortuna pian piano sta guarendo!”.
“Più piano del solito però!”.
“Forse è perché è stato un licantropo a
fartelo!”.
La tensione di Carlisle sembrava
sciogliersi a differenza di Edward che se ne stava in piedi, fermo come una
statua. I suoi lineamenti erano furiosi e freddi come il ghiaccio.
Un momento…
“Lincantropi?”.
Mi voltai guardando i quattro lupi che
soffocavano dei ringhi.
“Ovvio, esistono i vampiri… perché no i
licantropi?!”dissi ironicamente.
Questo mondo era sempre più strano.
Carlisle mi fece un sorriso tirato, ma
Edward che ancora non aveva detto niente, mi guardava vitreo.
“Ti da fastidio l’odore del mio sangue?
gli chiesi.
Lui spalancò gli occhi sorpreso, ma la
sua espressione dura restò immutata.
“No, Bella, affatto!”
Ma perché allora mi guardava così? Non
so perché, ma mi faceva stringere il cuore, il suo sguardo da duro, mi faceva
credere che lui dentro fosse debole.
Carlisle si rivolse intanto a lui.
“Cosa dicono?”.
Distolse così il suo sguardo dai i miei
occhi.
“Vogliono sapere che cosa è!”.
Parlava tra i denti, come se fra poco se
li masticasse.
“Jacob l’ha vista saltare il confine e
dopo aver annusato la sua dolce scia l’ha attaccata. Quando l’ha graffiata ha visto
il sangue colare e solo dopo si è accorto del suo battito cardiaco!”.
Carlisle annuì.
“Loro riescono a capirci?”.
Chiesi rivolta a non so chi in
particolare e a bassa voce oltre tutto. Solo in seguito mi sentii una stupida.
Un guaito offeso mi rispose, poi il lupo
che lo aveva emesso, quello che mi aveva attaccata, andò dietro un cespuglio
per poi sparire. Due secondi dopo ne uscì un ragazzo che sembrava avere circa
vent’anni, alto, muscoloso e abbronzato. Inoltre, Si, ok, era bello, non lo
potevo negare.
“tu sei…”
indicai il ragazzo e poi un lupo e poi
ancora il ragazzo, che da quanto avevo capito si chiamava Jacob.
“eh?”.
“Si, ‘non so cosa tu sia di nome Bella’,
io sono quello!”.
Sembrava parlasse con una ritardata. Feci
una smorfia, la testa poteva scoppiarmi da un momento all’altro, anche se non
era vero.
“Rispondendo alle vostre domande”
riprese Carlisle “ci scusiamo se Bella ha oltrepassato il confine, ma l’abbiamo
conosciuta ora anche noi e non abbiamo fatto a tempo a metterla al corrente del
patto!”.
Poi si girò verso di me.
“Questa zona fa parte della riserva dei
Quileute, noi non la oltrepassiamo, così loro non possono venire nella nostra.
In questo modo creiamo un quieto vivere. La città di Forks è campo neutrale, ma
non è un problema dato che noi non ci cibiamo di sangue umano.!”.
“Tzè!”.
Il ragazzo lupo a quanto pareva non era
poi tanto d’accordo con questo patto.
“se qualcuno oltrepassa il confine, si
ha l’obbligo di attaccare!” continuò Carlisle.
Oh. Capito.
“Dottorino succhiasangue non ci hai
ancora detto cos’è!”.
Mi indicava come se fossi una cosa.
Ringhiai e lo stesso fece lui. Stronzo.
“Calma Bella.”
Carlisle mi mise una mano sulla spalla.
“Lei è un ibrido. È metà vampiro e metà
umana!”.
Dei ringhi misti a ululati risuonarono nell’aria.
“Che scherzo della natura è mai
questo?”.
Il ragazzo lupo si era agitato come gli
altri.
Perfino dai mostri ero indicata come una
cosa sbagliata, ma ciò mi infastidiva. Ad un umano avrei permesso di dirmelo,
ma a loro….
Un ringhio mi esplose da dentro.
“Stupido pidocchioso, non è colpa mia se
sono così!”.
Lui mi guardò serio, senza emozioni.
Il lupo nero latrò per poi fare qualche
passo avanti.
“Sam chiede come è stata creata!” disse
Edward.
Carlisle strinse la sua presa su di me.
“Ho il permesso di riferire loro?”.
Lo guardai stupita. Era un vampiro, ma
sapeva avere un cuore e una comprensione più grande di tanti altri esseri
umani.
Annuii sorridendo lieve.
“Vedete, Bella, non è stata trasformata
come chiunque altro vampiro, lei è nata così!”.
Un guaito ferì l’aria, ma Carlisle non
si lasciò intimidire.
“Un vampiro ha messo incinta la madre di
Bella, una donna umana!”.
“E dov’è questa umana?”.
“E’ morta dandola alla luce!”.
No, non è vero. Io l’avevo uccisa. Il
mio essere messa al mondo, l’aveva uccisa. Era colpa mia.
“E il vampiro?”.
Non potevo continuare a farmi difendere.
“Non c’era nessuno. Quando sono nata
c’era solo… mia.. madre… morta. Ho sempre vissuto sola. Voi siete i primi
esemplari soprannaturali che incontro, compresi loro!”. Indicai i due vampiri
al mio fianco.
I lupi si guardavano e Jacob sembrava
poco convinto.
“Non lo so…”.
“Scusa?”.
Richiamai cattiva la sua attenzione.
“Mi vedi?”. Indicai il mio braccio che
ancora sanguinava, anche se meno di prima.
Grugnì ma non rispose.
“Sam vuole sapere se può essere un
pericolo.”.
“Beh, da quello che so Bella abita qui
da un anno. Voi avete mai avuto problemi finora?”.
Jacob restò sorpreso, così come gli
altri lupi. Lo si vedeva dalla loro espressione. Forse sentivano di non aver
avuto un ottimo controllo su ciò che li circondava.
“OK!”.
Edward si rivolse poi a noi.
“Possiamo andare, ma per la loro
sicurezza, controlleranno Bella da lontano nei territori a loro concesso!”.
Li guardai un’ultima volta poi i due
Cullen mi fecero cenno di seguirli. Mentre mi allontanavo, non potei non
voltarmi indietro per guardare ancora quei quattro.
Da oggi in poi avrei fatto bene ad
affilare l’udito e l’olfatto quand’ero in città.
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Capitolo 8 *** capitolo 8 ***
8
CAPITOLO 8
Ero
sveglia da un paio d’ore ormai. Non che avessi dormito tanto, la nottata era
stata alquanto movimentata. Il ballo, me ed Edward re e reginetta, il tipo
stupido che si ferisce, la scoperta della loro identità, della mia... e poi
Carlisle e poi i lupi. O mio Dio, quante cose erano successe nell’arco di poche
ore? La mia vita, lo sapevo, aveva subito un svolta, che mi avrebbe cambiata
per sempre.
Il
sole stava sorgendo, non che lo vedessi, ma il cielo si era fatto più chiaro,
le nuvole su Forks erano parte integrante del paesaggio. Tutto ciò mi soffocava,
perciò aprii la finestra, come se questo cambiasse le cose, ma era solo l’idea
di per se a farmi sentire meglio.
Presi
enormi boccate d’aria che sapevano di rugiada, muschio, legno, il pane in forno
della signora Green a due case di distanza e… Edward? Sentivo il suo dolce
odore al caramello. Era qui, da qualche parte. Mi sporsi dalla finestra e
osservai in giro, ma non vidi nessuno. Mi ritrassi e poi un po’ stupida nel
poter credere di parlare da sola, lo chiamai.
“Edward?”.
Non
lo gridai, se era nei paraggi mi avrebbe sentito sicuramente, e poi ne ero
certa, lui era lì.
“Edward
mi spii?”.
“No,
credimi!”.
Cacciai
un urletto di sorpresa degno di una femminuccia. Mi aspettavo di vederlo si, ma
non che sbucasse così all’improvviso a testa in giù, appeso alla finestra.
“Scusa
ti ho spaventata!”.
“Mi
hai detto di essere un vampiro, non spiderman!”.
Lui
storse la bocca in sorriso mezzo disgustato al paragone.
“Posso
entrare? Sai i tuoi vicini si stanno svegliando e se mi vedessero, credo che
dovrò proprio trovare una scusante simile!”.
Mi
feci in parte e lui aggraziato saltò dentro acrobaticamente dalla posizione in
cui era.
Lo
fissai pensierosa,non potevo tacere.
“Che
c’è?”.
Scossi
la testa.
“Niente,
pensavo che la calza maglia blu e rossa dovrebbe stare bene con il tuo
incarnato.”.
Restai
seria altri dieci secondi mentre lui mi guardava sbalordito, poi mi misi a
ridere. La sua faccia era la cosa più comica che avessi mai visto e di sicuro
si stava chiedendo se fossi impazzita del tutto, ma a quanto pare la sua testa
macchinava altro. Un cuscino mi arrivò dritto in faccia interrompendo il mio
attacco di riso acuto.
“Ok
me lo sono meritata!”.
Anche
lui rise e faceva davvero male, perché lui era bello, così bello da far male.
Poi
tornò serio.
“Sai,
non ti ho mai sentito ridere così!”.
Ed
era vero. Neanche io avevo mai sentito questa mia risata così sincera e
spensierata.
“Pensavo
che ti avrei trovata a rimuginare in un angolo. Beh, sai, dopo lo scontro con
il branco te ne sei voluta tornare a casa ed io… si, beh, ero un po’
preoccupato per te!”.
Era
così dolce. Nessuno si era mai preoccupato per me, e sentirselo dire era ancora
più bello.
“Ti
ringrazio, ma vedi avevo bisogno di restare sola. Ritrovarsi da sapere niente a
sapere ancora di più di quello che cercavo è una cosa… stravolgente. Ho vissuto
con me stessa tanti anni vittima di una convinzione fasulla e ora devo rivedere
tutto ciò che sono, chi posso essere.”.
Guardavo
il pavimento , non so perché, ma lui mi alzò il viso con un dito sotto il
mento. Il suo contatto era una fonte di calore e di elettricità per me.
“Carlisle
ci teneva che tu sapessi che non sei sola, che tutta la nostra famiglia sarebbe
lieta di stringere un legame con te, che se vuoi potresti unirti anche tu alla
famiglia Cullen…”.
“A
parte che non credo che tutta la tua famiglia mi voglia con sé…”.
Era
un allusione alquanto palese su Rosalie.
“Rose
non è cattiva, è solo iperprotettiva verso le persone a cui tiene, la
conoscerai meglio vedrai.”.
Se
lo diceva lui.
“…
ma come ti ho detto prima è successo tutto troppo in fretta. Sono stata sola
per così tanto tempo, non posso trasferirmi da voi e fingere di vivere nella
famiglia perfetta, ho bisogno di tempo per abituarmi … beh, a tutto!”.
Lui
sorrise sghembo.
“Beh,
il tempo è proprio quello che non ci manca. Prenditene quanto te ne serve!”.
Era
così tranquillo e sereno. Non sembrava quasi lui, o almeno non sembrava lo
stesso di poche ore prima.
“Edward,
posso chiederti una cosa?”.
Lui
si era accomodato disinvolto su una poltrona di fronte al mio letto.
“Certo!”.
“perché
eri così strano prima, di fronte ai licantropi?”.
Non
lo avessi mai detto. La sua posa così rilassata, si irrigidì all’istante. La sua
mascella squadrata si serrò e l’aria sembrava quasi diventare gelida. Che avevo
detto?
“Non….
Non sei obbligato a rispondere…”.
La
sua reazione mi aveva intimorito, non che avessi paura di lui, ma mi dispiaceva
avergli tirato via il buon umore.
I suoi
occhi si addolcirono un po’, ma non la sua compostezza.
“A
dire il vero è una cosa che tu avresti il diritto di sapere, ma… non sono
ancora pronto per parlarne!”.
Questa
sua risposta mi lasciò interdetta. A cosa si riferiva?
“Devo
preoccuparmi?”.
“No,
cioè non lo so… non darci peso, riguardi tu, ma non
proprio… è più una cosa mia…”.
Eh??
“Scusa,
ma non ci sto capendo niente…”.
Lui
si grattò la folta capigliatura disordinata e sexy che se solo lui sembrava
avere. Ora più che rigido sembrava ansioso, quasi imbarazzato. Che problemi
aveva?
“Hai
ragione, lo so… senti Bella fingi che non ti abbia detto niente, ok? Ti prego. Quando
me la sentirò ti parlerò… più chiaro, ci stai?”.
Era
quasi buffo.
“Beh,
non credo di avere molta scelta. Non sono io quella che legge nel pensiero.”.
Sorrisi
e anche lui lo fece, anche se in modo poco visibile.
“Grazie!”.
In
quell’istante suonò il suo telefono, era un messaggio.
“Oh,
devo andare. Alice dice se vuoi andare a caccia con lei oggi.”
Stavo
per rispondere, ma gli arrivò un altro sms.
“Anzi,
dice che ti aspetta per le quattro dato che sapeva già che avresti accettato e
di andare a piedi!”.
“Scusa?”.
Lo
sapeva?
Lui
mi sorrise divertito.
“Ti
spiegherà lei. Ci vediamo più tardi Bella.”.
Non
aspettò neanche il mio saluto perché balzò sul davanzale e sparì.
Mi
sedetti sul letto ispirando il suo odore. Sapeva tranquillizzarmi e non sapevo
come ci riuscisse, forse era il semplice fatto che fosse lui. La mia cotta nei
suoi confronti si faceva sempre più grande e non sapevo come gestirla. Avevo sempre
messo l’amore tra i divieti assoluti, perché nessuno sarebbe mai vissuto tanto
come me, ma ora che avevo trovato qualcuno idoneo, cosa avrei dovuto fare?
Decisi
di tenere la mia mente occupata così mi misi a pulire casa, un modo come un
altro per non pensare, tanto che dimenticai cosa lui non riuscisse a dirmi.
A pranzo
decisi di andare in centro a prendermi un trancio di pizza, tanto più tardi
avrei assorbito le vitamine giuste che mi mancavano.
Camminavo
e mi sentivo osservata, ma speravo che fosse solo una mia sensazione o almeno
avrebbe potuto esserla se solo un paio d’ore prima non avessi conosciuto un
gruppo di licantropi che aveva espressamente detto che mi avrebbe tenuta d’occhio,
certo non pensavo così velocemente.
Arrivai
alla mia meta e mi presi un trancio di pizza sedendomi sui tavolini all’
aperto. Non c’era nessun altro, i clienti mangiavano tutti all’interno, per
loro era troppo freddo li fuori. Diedi un paio di morsi, fino a quando la
sensazione di adrenalina e timore non mi pervase. Un lupo doveva essermi
vicino. Avevano detto che mi avrebbero solo controllato, che avessero cambiato
idea? Però non stavo facendo nulla di male. Decisi di fingere e continuai a
mangiare.
All’improvviso
il vento cambiò e quell’odore nauseabondo che ormai avevo etichettato come lupo
mi arrivò al naso. Solo che quell’odore lo conoscevo.
“E’
un vizio attaccare alle spalle? Che galanteria!”.
Sentii
un ghigno e poi la sedia davanti a me si spostò per accomodare un viso da
schiaffi di nome Jacob.
“Per
i succhiasangue non valgono le regole d’onore!”.
Feci
una smorfia e continuai a masticare guardando da un’altra parte.
Sentivo
il suo sguardo addosso così lo guardai. Una volta inghiottito il boccone,
parlai.
“Insomma
che hai?”.
Era
incerto.
“Stai
mangiando!”.
“Che
genio! Quanto è il tuo Q.I.?”.
Addentai
ancora, lui sbuffò.
“Intendo,
stai mangiando cibo umano.”.
“E
allora? Mi sembrava che ci fossi anche tu quando Carlisle spiegava cos’ero”.
“Si,
ma non pensavo che potessi essere così…”.
“Umana?”.
Buffò
io che sembravo umana? Per me era un dei più bei complimenti che qualcuno
potesse dirmi, anche se è ovvio che lui non lo intendesse di certo in questi
termini.
Lui
annuì.
“Il
tuo odore non è fastidioso come quello degli altri”.
“Il
mio ah?!”.
Ma
si era mai annusato?
Fece
una smorfia poi si alzò e mi passò accanto.
“Almeno
le buone maniere. Il saluto non lo si nega a nessuno!”.
Non
mi voltai e lui non rispose.
“Cafone!”.
Finii
il mio trancio con calma. Feci per alzarmi ma Jacob rispuntò di nuovo,
riprendendo il suo posto.
“Ehi
che problemi hai?”.
Fece
la smorfia di un sorriso.
“Che
vuoi che ti dica, mi hai fatto venire fame!”.
In
mano aveva il tagliere enorme su cui depongono la pizza dopo averla divisa in
tranci, solo che lui aveva la pizza intera.
“Ma
quanto mangi?”.
“Ho
il metabolismo veloce!” rispose con la bocca piena.
E questo
sarebbe il grande e cattivo lupo che mi aveva attaccato? Che avevano tutti in
questo posto, che soffrivano di attacchi di personalità multipla?
“Puoi
prenderne un pezzo se vuoi!”.
Non
sapevo se dovevo andarmene o no. Non capivo se era pericoloso, però
guardandolo, era buffo, non faceva di certo paura.
“Ok,
me lo devi. Hai sempre cercato di uccidermi, non dimentichiamolo!”.
Sorrise
gongolando. Che strano questo Jacob.
“Allora
mezzosangue…”.
“Bella,
grazie!”.
“Allora
mezzosangue Bella…”.
Come
non detto.
“…
mangi come un umano, ma bevi anche sangue giusto?”.
Annuii
mentre continuavo a mangiare e a tenerlo d’occhio col dubbio che non fosse una
trappola.
“Che
tipo…”.
“Animale!”.
Anticipai
la sua domanda.
Annuì.
“Poi?”.
“Cosa?”.
“Cos’altro
fai?”.
“Sei
in ava scoperta per il tuo branco?”.
“Si
e no, ma voglio capire!”.
Alzai
le spalle, chissà magari così avrebbero capito che non c’era nulla di cui
preoccuparsi.
“Dormo
come gli umani, posso piangere, arrossire, per quanto poco il mio corpo è vivo,
come senti il cuore batte, ma non invecchio, non più. Dopo essere nata, sono
cresciuta per sette anni, diventando così e poi non sono più invecchiata. Sono forte,
e tutti i sensi sono amplificati come i vampiri, ma se mordo un umano questo
non si trasforma, io non posso trasformare nessuno.”.
Ricordai
tutti i miei tentativi falliti, che mi avevano poi portato all’orlo della
pazzia.
“Forte!”.
“Forte?”.
Riportai
la mia attenzione a quello che forse era davvero un pazzo.
“Voglio
dire, agli occhi di un succhiasangue tu sei una cosa forte. Il meglio dei due
mondi. Hai la parte più bella del mondo umano e quella del mondo dei vampiri, a
parte bere il sangue, ovvio, ma tu puoi anche mangiare cibo normale per cui…
forte!”.
He!
È vero, non ci avevo mai pensato. Ho sempre pensato che essere me fosse dura,
ma essere un vampiro davvero, un vampiro come Edward… non era il massimo. Chissà
cosa provava lui… loro… Ho passato la mia vita facendo la vittima, eppure c’era
e c’è chi stava peggio. Che stupida.
“Non
è forte?!”.
“Come?”.
“La
tua faccia non sembra contenta, anzi…”.
Stavo
per rispondergli ma una voce allarmata mi chiamò da lontano.
Edward?
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Capitolo 9 *** capitolo 9 ***
9
Capitolo 9
“Bella!”.
Edward
arrivò al mio fianco e spigoloso guardò me e poi Jacob, e ancora me.
“Edward
sembri spaventato, è successo qualcosa?”.
Lui
ci fissava ancora glaciale e sospettoso.
“Alice
non vedeva più il tuo futuro. Ho… abbiamo avuto paura che Sam avesse cambiato
gli ordini e avesse mandato un licantropo ad attaccarti. Sono andato a casa
tua, ma non c’eri, così ho seguito il tuo odore fino a qui e…”.
“Ehi
succhiasangue guarda che Sam è uno di parola!”.
“Non
stavo parlando con te cane!”.
Wow
e questo Edward da dove saltava fuori? L’avevo visto in versione divertente,
seria, preoccupata, ma arrabbiato? Mai! E dovevo ammettere che intimoriva. Cosa
che ovviamente non pensava Jacob, il quale si alzò in piedi per fronteggiarlo. Non
ci voleva un genio per capire che le cose stavano prendendo una brutta piega.
“Ehi,
calma. Calma.”.
Mi
alzai, frapponendomi tra loro.
“Edward
va tutto bene. Sono venuta qui a mangiare, ma a quanto pare Jacob mi è stato
messo alle calcagna per controllarmi, come aveva detto Sam. Poi si è seduto e
ha voluto sapere qualcosa in più su il mio essere diversa da voi. Non ha
cercato di farmi del male…” poi mi voltai verso Jacob “… anche perché stavolta
non avrei esitato!”.
Lui
ghignò come per sminuire la mia minaccia.
Edward
parve rilassarsi, anche solo di poco.
“Ne
sei sicura?”.
“Si
tranquillo!”.
Gli
sorrisi cercando di rassicurarlo ulteriormente, ma Jacob volle immischiarsi.
“I
vampiri possono essere anche gelosi chi l’avrebbe mai detto?!”.
“Cos’hai
detto?”.
Ecco
che Edward si stava innervosendo di nuovo.
-Geloso?
Si, come no, nei miei sogni forse-.
“Vuoi
forse negare?”.
Non
dovevo, ma mi bloccai, volevo sapere la sua risposta.
Esitò
un po’, ma alla fine rispose.
“Si!”.
Crack.
Qualcosa
dentro mi si spezzò.
“Carlisle
e gli altri erano preoccupati, così sono venuto ad assicurarmi che stesse bene
e poi tu sei un licantropo, non ci si può fidare di te!”.
“Perché
dei succhiasangue ci si può fidare? Da quando in qua?”.
Continuarono
a litigare, ma non li ascoltai più.
Ero
una stupida, io e Edward alla fine non ci conoscevamo poi così tanto. Insomma,
qualche parola a scuola, qualche sguardo, mi aveva invitato al ballo, ma solo
per studiarmi. Ci stavamo per baciare… si e poi aveva saputo cos’ero.
In
fin dei contri tra noi non c’era nulla, non c’eravamo promessi amore eterno,
quella era solo una pia illusione. Una mia
illusione.
Ma
allora… perchè faceva così male?
Ero
rimasta ferma inerme, mentre loro litigavano.
Jacob
iniziò a tremare e pensai che non fosse un buon segno.
“Sentite
se volete fare a botte andate da un’altra parte, perché state dando
spettacolo!”.
Alle
mie spalle la gente era affacciata alle vetrine, e io non so perché, dopo il
mio momento di rifiuto, mi stavo pressoché arrabbiando.
“io
me ne vado!”.
“Aspetta
Bella!”.
Guardai
Edward cattiva e per la prima volta fu l’ultima persona al mondo che volevo
vedere.
“Dì
ad Alice che sarò da lei alle quattro puntuale!” poi mi voltai verso Jacob un
po’ meno dura “il tuo nome fa schifo, posso chiamarti Jake?”.
Lui
rise divertito e stette al gioco, avrebbe fatto di tutto per dare sui nervi ad
Edward. L’avevo capito.
“D’accordo
mezzosangue. Alla prossima!”.
Così
mi voltai e me ne tornai a casa, felice o forse no, che Edward non mi avesse
seguito.
Alle
4 puntuale mi presentai alla casa dei Cullen. Edward mi aprì la porta e gli
passai accanto lanciando un sgarbato “ciao!”.
So
che mi stavo comportando in modo infantile, ma non potevo farne a meno. Mi
sentivo rifiutata, ed ora come ora non riuscivo a farmela passare.
“Bella,
aspetta un attimo!”.
Non
mi fermai e mi avviai verso la cucina dove sentivo la voce di Alice.
Stavo
per entrare, ma Edward mi prese per un braccio.
“Si,
può sapere perché sei arrabbiata con me?”.
Il
suo tocco mi aveva lanciato una scarica elettrica che fu difficile da ignorare,
poiché non volevo fare altro che saltargli in braccio.
“Non
sono arrabbiata!” dissi fredda.
“E
allora perché non mi parli?”.
“Perché
non ho niente da dirti!”.
Risposi
senza pensarci e me ne pentii all’istante. Aveva accusato il colpo, lo vidi nei
suoi occhi, ma lui però non aveva avuto la stessa premura nei miei confronti.
Ci
guardammo per altri secondi poi distolsi lo sguardo.
Entrai
con le lacrime agli occhi in cucina, dove Esme, Jasper ed Alice si erano
ammutoliti al nostro scambio di secchiate gelide. Vidi la preoccupazione nel
volto di Esme e la consapevolezza in quella di Alice, che senza dire una parola
mi prese per mano e mi trascinò fuori dalla cucina dalla porta sul retro. La
ringraziai per questo, così non dovetti passare davanti ad Edward.
“Allora
Bella cos’è successo?”.
Non
so il motivo, ma iniziai a piangere. Sempre più forte, quasi istericamente.
Tutta
l’ansia accumulata si stava sfogando così, ed Alice era una buona roccia su cui
aggrapparsi. Lo sentivo.
“Piangi
Bella. Non preoccuparti. Sfogati pure!”.
E così
feci, più che altro perché non riuscivo a fermarmi. Per una volta avevo
abbassato tutte le mie difese e non importava più. Avrei pianto come se fossi
una bambina sul petto della mamma, perché si, ne avevo bisogno!
Dopo
non so quanto tempo finalmente smisi. Alice mi guardava dolcemente. Mi aveva
accarezzato i capelli per tutto il tempo, rassicurandomi in silenzio.
“Allora
Bella, mi dici cosa ti è successo ora? Perché hai litigato con Edward? Stamattina
mi sembrava andasse tutto bene.”
“Non
lo hai.. ehm come si dice nel tuo caso? visto?”.
Lei
mi guardò curiosa.
“Ho
ascoltato qualche vostra conversazione a scuola e da un po’ di informazioni qua
e là, e sapendo cosa… Edward, sa fare, direi che sei una specie di chiaroveggente!”.
Lei
rise.
“Non
proprio. Non è che mi metto con le carte e la sfera magica a predire le cose. Io
vedo il futuro prossimo di ogni persona…”
I miei
occhi si stavano illuminando alle sue parole e lei precisò subito la sua
spiegazione, intuendo la mia reazione.
“…
ma Bella, il futuro può sempre cambiare, poiché sono le nostre decisioni che
prendiamo ogni giorno a crearlo e modificarlo.”.
“Oh…
capito. Ma perché non hai visto che ero con Jacob e stavamo solo parlando?”.
Lei
ci pensò un po’ su.
“I
licantropi sono dei nostri nemici naturali, e quindi penso che sia per quello
che io non posso vedere nulla di loro, del loro futuro. Può essere che sia un
loro meccanismo di autodifesa, ma pare che stando vicino a loro si annulli il
futuro di tutti. Io vedo solo nero, come una tv spenta.”
Riflettei
un po’ su sul suo strano potere.
“Bella?
Ora mi dici cos’è successo con Edward?”.
E ora
che le raccontavo. Non potevo certo dirle che avevo una cotta stratosferica per
suo fratello e che lui aveva ferito i miei sentimenti. Non ci conoscevamo poi
da molto.
“Niente.
Mi infastidisce il suo modo di fare.”.
Suonava
una cavolata anche alle mie orecchie. Alice socchiuse gli occhi studiandomi.
“No.”.
La
guardai interrogativa.
“No?”.
Lei
sorrise.
“No.
Non ti credo!”.
-Accidenti-.
“Bella
ho visto quando stamattina è venuto da te. Sono certa al cento per cento che
non ti infastidiva per niente!”.
-AAA.
Cercasi privacy disperatamente-.
Mi
stavo mordendo le labbra cercando qualcosa da dire, ma non mi veniva in mente
nulla.
“Senti
Isabella, lo so che non è da tanto che ci conosciamo, ma per noi fai già parte
della famiglia. Saremmo felicissimi di accoglierti con noi, ma per il momento
se non ti senti o ti fidi di parlare con me, va bene. Io ci sarò quando lo
vorrai.”
Mi
aveva lasciata piangere e pazientemente era rimasta al mio fianco. Sapevo che
sarebbe diventata un persona importante nella mia vita, ma per ora, avevo
bisogno di riprendere in mano la mia vita con calma. Questo strano sentimento
per Edward, avrebbe aspettato.
“Lo
so, Alice grazie!”.
Lei
mi guardò preoccupata ma fiduciosa.
“Ora
andiamo un po’ a caccia ti va?”.
Annuii
fortemente e poi mi lasciai invadere da un senso primitivo e leggendario.
Il
mattino dopo mi alzai riposata e rinvigorita, nonostante una parte di me fosse
mentalmente distrutta per quello che era successo con Edward. Eravamo rimaste
fuori fino a tarda notte. Quando finimmo la caccia non volli tornare a casa dei
Cullen. Avevo chiesto ad Alice di porgere le mie scuse ad Esme, per come mi ero
comportata, ma il coraggio per entrare di nuovo lì, quello non lo avevo
trovato. Prima di andare Alice aveva insistito che il giorno dopo sarebbe
passata a prendermi per andare a scuola, ma avevo rifiutato. Non era ancora il
momento.
Arrivai
a scuola volutamente in ritardo, cercavo di rimandare il mio incontro con
Edward al più tardi possibile. Sorrisi, mentre varcai la segreteria per farmi
un permesso d’entrata, di sicuro Alice lo aveva visto.
Ero
in classe da dieci minuti e il professore di trigonometria non faceva che
lanciarmi occhiatacce. Che non gli andassi a genio era palese a tutti. Il fatto
che fossi arrivata in ritardo alla sua lezione, lo prese come un affronto
personale. Era inquieto, finì in fretta la spiegazione del giorno, poi camuffò
il fatto che avesse ancora tempo per interrogarmi. Stranamente. Risposi correttamente
a tutte le sue domande e risolvetti da manuale gli esercizi alla lavagna. Il professore
restò vistosamente sconfitto ma io sogghignavo sotto i baffi, e lui col potere
di essere dalla parte opposta della cattedra, non mi diede la soddisfazione nel
il voto che mi meritavo. Andai a posto, mentre la campanella suonava, con una
B.
Al
suono della campanella che segnava la pausa pranzo, trovai Alice e Angela fuori
dalla mia porta.
“E
voi due che fate qua?”.
“Io
voglio sapere dove sei sparita durante la festa di sabato sera, in più tutta
domenica. Sono passata alle 4 ma tu non c’eri, e soprattutto cos’è successo a
trigonometria!”.
Mi
diedi della stupida, non avevo per niente pensato a cosa dirle, guardai Alice,
ma non fu molto incoraggiante.
“Come
mai sei arrivata in ritardo stamattina, Isabella?”.
Brividi
mi percorsero lungo la schiena per come Alice aveva pronunciato il mio nome per
intero.
Feci
un sorriso di scuse, ma le mie amiche non aboccarono.
“Ci
illuminerai con le tue ragioni in mensa, su Isabella!”.
Ancora
brividi. Ma chi me lo aveva fatto fare.
“A
dire il vero oggi non ho molta fam…”.
Due
paia minacciosi di occhi mi perforarono l’anima.
“…ma
ripensandoci…”.
Alice
e Angela sorrisero maleficamente compiaciute del mio cambio di idea.
Mi
avviai verso la mensa, come se stessi andando al patibolo, a testa china.
Mi
sedetti al mio solito tavolo ed Alice con noi. Non voleva proprio mollare.
La
mia curiosità mi rosicava dentro così azzardai un sguardo al tavolo dei Cullen
e lui era lì, a fissarmi. Abbassai lo sguardo incapace di fare altro.
Passai
l’ora inventando scuse su scuse con Angela, e questo per fortuna tese a freno
la mia voglio di voltarmi.
Dopo
la pausa pranzo più scioccante di tutta la mia vita, mi ritrovai finalmente sola.
Stavo andando alla lezione di storia e le due arpie mi avevano lasciata andare
dalle loro grinfie. Voltai l’angolo e mi fermai quando a metà del corridoio
vidi Edward, intento a fissare qualcosa nella vetrina dei trofei. Lo osservai
incurante di sembrare una stalker. Era bello come sempre, ma qualcosa nel suo
sguardo sembrava logorarlo dentro. Strinse forte le sue mani in pugni, le
nocche sembravano volergli uscire dalla pelle. Qualsiasi cosa stesse guardando,
gli stava creando un tumulto dentro. Poi all’improvviso quelle emozioni come
erano arrivate sembrarono sparire. Le sue spalle si incurvarono, le sue mani si
riaprirono, stanche, lungo i fianchi. Sembrava essersi arreso, poi se ne andò.
Aspettai
che girasse l’angolo, per precipitarmi nel punto in cui fin prima stava lui. Guardai
nella vetrinetta e il mio sguardo si posò su una cornice d’ottone, che
incorniciava il re e la reginetta del ballo d’inverno 2012.
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Capitolo 10 *** capitolo 10 ***
10
Carissime lettrici,
colgo l’occasione oggi per
ringraziare voi tutte che mi seguite, mi preferite, mi ricordate =)
e ringrazio specialmente che
mi commenta, grazie mille ai vostri pensieri!!!
Capitolo 10
***
Quando
finì la giornata di scuola corsi come una pazza per non incontrare nessuno, lo
avevo deciso all’istante, sperando così di deviare Alice.
Ero
rimasta scioccata dal comportamento di Edward di fronte alla nostra foto. Angi
aveva lavorato tutta la domenica per sviluppare le foto che mi aveva fatto e se
fossi arrivata in orario quella mattina, forse avrei potuto sapere che lei
aveva già cambiato la foto del re e della reginetta dell’anno prima, con quella
nuova.
Tuttavia,
restava il fatto che non riuscivo a dare un senso al comportamento di lui. Sembrava
furioso, tormentato, rassegnato e io non ci capivo niente. Aver visto quella
foto di noi due assieme, mi aveva stretto il cuore in una dolce morsa.
Quando
arrivai a casa in tutta fretta e furia, quasi non mi accorsi che stavo per
investire Jacob.
“Ehi,
ma chi ti ha dato la patente?”.
All’ultimo
aveva fatto un balzo, rotolando sul giardino.
Frenai
di botto e scesi spaventata.
“Oddio,
scusa. Ero distratta. Ti sei fatto male?”.
Un
istante dopo ricordai che stavo parlando ad un licantropo tutto muscoli.
“Tze!
Queste donne al volante… puah!”.
No,
questa non me la potevo risparmiare.
“Non
so se hai notato, ma gli istruttori di guida, sono la maggior parte delle
volte, maschi! È da voi che impariamo a guidare!”.
Alla
risposta aggiunsi una linguaccia degna di una monella di terza elementare.
Lui
mi guardò sorpreso dalla mia risposta.
“Non
dici davvero, vero?”.
Ci
guardammo allucinati un altro po’, poi scoppiammo a ridere.
Presi
lo zaino da dietro il sedile, dove lo avevo lanciato in tutta fretta e mi avvia
verso l’entrata.
“Che
ci fai qui, Jake?”.
“Mi
annoiavo, e dato che sei sempre circondata da vampiri pronti a difenderti,
magari prima o dopo sarei riuscito a sbranarmi qualcuno di loro!” sorrise
sardonico.
“Seriamente?”.
Lui
annuì distratto, mentre si guardava in giro.
“Comprati
un playstation, una x box o una wii… o qualsiasi altro oggetto tecnologico abbiano
inventato nell’epoca odierna!”.
Jake
si mise a ridere come un matto, riponendo di nuovo la sua attenzione su di me.
“Oddio
sembri mio nonno, ma quanti anni hai?”.
“Sono
nata nel 1945 fatti due conti!”.
Smise
di ridere tornando serio.
“Oddio
potresti essere davvero mio nonno!”.
“Ma
sei scemo?”.
Feci
un balzo con l’intento di atterrarlo, ma fu inaspettatamente più veloce di me.
“E
sei lenta proprio come lui!”.
Ringhiai,
ma non ero davvero infuriata, più che altro scocciata del fatto che non fossi
in grado di sopraffarlo. Non ero poi forte come credevo di essere.
“Uhh…
dovresti farmi paura?”.
Tentai
un attacco da destra, poi mi abbassai velocemente e cercai di attaccarlo sulla
sinistra, ma lui era bravo, non c’era che dire. Parava i miei colpi senza
troppa fatica.
“Sei
davvero prevedibile! Non so come tu abbia fatto a rimanere viva finora!”.
-Beh
semplice, non ho mai dovuto combattere con qualcuno al mio livello-.
Mi
atterrò di nuovo e stavolta non contrattaccai. Non avrebbe cambiato nulla.
Lui
tuttavia si rimise in posizione d’attacco.
“Guarda
che mi arrendo!”.
“Sshhh!”.
Ascoltai
il mondo intorno a me, e percepii una corsa diversa da quella che avrebbe fatto
un semplice umano. E non si trattava di una persona, bensì di due.
Mi
voltai nella direzione da cui tra qualche secondo sarebbero spuntati i miei
ospiti, ovvero da dietro casa mia, e quindi dal bosco.
Infatti,
dieci secondi dopo, Alice e Jasper fecero il loro ingresso.
“E
voi due che fate qua?”.
Alice
mi guardava guardinga, Jasper invece fissava Jacob pronto all’attacco.
“Te
ne sei andata di corsa e poi il tuo futuro è scomparso!”.
-Ovvio-.
Jacob
sbuffò.
“Visto
che avevo ragione?”.
Si
riferiva di certo al fatto che avessi sempre il baby sitter.
Lo
ignorai.
“Alice…
tempo…”.
Lei
storse la bocca. Era poco paziente sebbene fosse un vampiro.
“E
lui che fa qui?”.
Mi
voltai verso Jacob, che era rimasto sempre pronto all’attacco.
“Critica
il mio modo di combattere e anche di guidare… solo perché lo stavo per
investire…” risposi, bofonchiando l’ultima parte.
Jacob
sbuffò.
“Perché
agli anziani non si dovrebbe dare la pantente!” disse, come se stesse cercando
di parlare con una ritardata, in questo caso, me.
“Brutto…”.
Cercai
di attaccarlo ancora, ma come era ovvio aspettarsi, mi bloccò.
Vidi
Alice e Jasper pronti ad intervenire, ma non ce ne fu bisogno.
“Ah…
Bella. Non mi batterai mai, te l’ho detto. Sei troppo prevedibile!”.
Ringhiai
innervosita.
Alice
e Jasper nel frattempo mi guardavano, anzi ci guardavano, anche Jake era nel
loro campo visivo, come due pazzi.
“Bella?
Che ti prende?”.
“Niente!”
tagliai corto “Devo solo prendere lezioni di combattimento.”.
“No,
a te serve un miracolo!”.
“La
vuoi smettere? Non hai un gatto a cui abbaiare?”.
Lui
rise.
“Non
sai ammettere la verità!”.
Poi
prese e se ne andò per il bosco ancora ridendo.
La
mia mente però si era fermata alle sue parole: - non sai ammettere la verità!- . Si, aveva ragione. Non sapevo
ammettere quando a me serviva davvero un aiuto, non sapevo ammettere i miei
sentimenti, ero una buona a nulla.
“volete
entrare?”.
Eravamo
rimasti tutti in silenzio dopo l’uscita di scena di Jacob, sapevo che Alice era
arrabbiata, quindi tanto valeva mettersi almeno comodi.
“Non
ti da fastidio stargli accanto?”.
Jasper
mi aveva fissato per tutto il tempo, metteva ansia.
“Parli
di Jake? Nah, dopo un po’ il suo odoraccio passa in secondo piano.”
“E
non pensi sia pericoloso restare sola con lui? È pur sempre un licantropo,
nostro nemico naturale!”.
“Jazz
ha ragione, Bella. Io vado fuori di testa quando mi sparisci dalla mente!”.
Mi
dispiaceva creare tutta questa preoccupazione nella mia amica, ma ero giunta ad
un conclusione riguardo a questo argomento.
“Ci
ho pensato e no, non penso possa essere pericoloso. Credo che il fatto di
essere per metà umana sia un vantaggio, però confrontandomi con lui mi sono
accorta di non essere poi molto forte come pensavo. Non ho esperienze di
combattimento con altri sovrannaturali, per cui sono patetica e prevedibile”.
Si,
e non andava bene. Avevo scoperto che il mondo là fuori poteva serbare di tutto
dietro ad ogni angolo e io avrei dovuto prepararmi ad ogni evenienza, chi
diceva che i Cullen sarebbero rimasti per sempre al mio fianco?
“Non
lo so Bella, non dovresti però sfidare la sorte”.
Poi
mi venne un’idea.
“Voi
però avete più esperienza di me, forse sapete combattere meglio e magari potete
aiutarmi. Potete?”.
Li
guardai speranzosa.
Alice
mi fissava soprapensiero, poi il suo sguardo si perse nel vuoto per due
secondi.
Wow.
“Alice?
Hai avuto una visione?”.
Lei
annuì contenta, per poi girarsi verso Jasper con un sorriso a 32 denti.
“Jazz?”.
Lui
sembrò terrorizzato.
“No,
ti prego. Ho paura quando mi guardi così!”.
“Jasperuccio
caro… daresti delle lezioni a Bella sul combattimento?”.
Jasper?
Come insegnante? Oddio, mi metteva agitazione solo guardarlo, non mi sembrava
un tipo molto socievole. Avrei avuto paura a confrontarmi con lui.
“Alice
io non…”.
Lei
sorrise saltellando.
“Tanto
io l’ho visto. Accetterai!”.
Per
un momento provai pietà per Jasper. Avevo capito che loro stessero insieme e in
fin dei conti, doveva essere un Santo, per sopportarla.
Lui
chinò il capo sconfitto, e lei lo baciò su una guancia per poi venire ad
abbracciarmi.
“Bene,
bene. Andrà tutto per il bene!”.
“Alice,
ma perché tutto sto entusiasmo solo per qualche lezione di combattimento?”.
Anche
Jasper la guardò curioso, forse la cosa puzzava anche a lui.
“Sono
solo contenta che passeremo più tempo assieme.”.
No,
sentivo che non me la raccontava giusta.
“Sappi
che non ti credo!”.
Lei
alzò le spalle.
“Non
importa, tuttavia siamo venuti anche per un altro motivo.”.
Per
un momento il viso di Edward comparve nei miei pensieri.
“Carlisle
ha chiesto se domani sera puoi venire da noi. Vorrebbe presentarti un nostro
amico che abita in Alaska. Carlisle gli ha raccontato di te ed è curioso di
conoscerti!”.
Rimasi
delusa, ma cercai di non darlo a vedere.
“Che
cosa ti aspettavi dicessimo?”.
Cosa?
E Jasper perché se ne usciva con questa?
“Scusa?”.
“Eri
speranzosa fino ad un secondo fa, poi alla fine della spiegazione di Alice ti
sei dimostrata delusa!”.
Parlava
seriamente, non la stava sparando a caso.
“Io…”
–aspetta “Jasper hai qualche potere di cui io dovrei essere a conoscenza?”.
Sorrise.
“Sono
empatico. Percepisco le emozioni delle persone!”.
Oh!
Annuii.
Certo
che in quella famiglia tutti si facevano gli affari di tutti senza volerlo.
Lui
mi guardava forse ancora attendendo una risposta. Era meglio deviare il tutto,
quindi perché non utilizzare l’esuberanza di Alice come via di fuga?
“Ok
verrò!”.
Bingo!
“Siiii!”.
Iniziò
a saltellare per tutto il mio soggiorno.
Dio
mi aiuti.
Il
giorno dopo arrivai a scuola in orario, avevo deciso di prendermi le mie
responsabilità e di non nascondermi dietro ad un indice, che non avrebbe
servito a nulla.
Parcheggiai
nel mio solito posto, con Angela sempre lì ad aspettarmi.
“Buongiorno
Angi!”.
“Buongiorno.
Ti trovo bene stamattina!”.
“Tu
dici?”.
Lei
annuì guardandomi da sopra i suoi occhiali. Odiavo quando lo faceva.
“Si,
hai una luce diversa stamattina!”.
La
guardai alzando una sopracciglia.
“Sicura
di non avere le lenti sporche?”.
“Ha
ha divertente!”.
Le
diedi una piccola spinta sghignazzando.
Stavamo
per entrare quando il rombo familiare delle macchine dei Cullen mi fece girare
e il mio cuore dispettoso iniziò a battere più forte.
Sapevo
cosa volevo vedere, o meglio chi, ma la delusione mi avvolse subito. Edward non
c’era. Mi girai a spalle curve e me ne andai in classe.
A
mensa mi sedetti come sempre con Angi, mentre Alice nel solito tavolo che
divideva con i suoi fratelli, continuava a lanciarmi sorrisi che mi facevano
rabbrividire. Scommettevo che stava nascondendo qualcosa e ciò mi metteva
ansia. Avevo imparato che da Alice ci si poteva aspettare di tutto.
Quando
ero entrata nella sala, sia Emmett, sia Jasper mi avevano fatto un cenno di saluto,
Alice si era sbracciata urlando, destando ovviamente l’interesse degli altri ,
Rose non aveva neanche alzato lo sguardo dal suo piatto, almeno dalla sera del
ballo non avevamo più litigato, ed Edward, beh, ancora non si era fatto vedere.
Desideravo
non incontrarlo mai più, eppure ad ogni spostamento di aria speravo vederlo
comparire.
Dopo
la pausa pranzo andai a passo lento verso l’aula di biologia, non c’era fretta,
varcai la soglia e il mio cuore riprese a battere furioso. Maledetto traditore.
Edward
Cullen nella sua immensa bellezza sedeva al nostro tavolo di laboratorio. Lo
guardai ancora imbambolata sulla porta e lui faceva altrettanto. Mossi un passo
verso di lui, così come la mia decisione finale.
“Ciao!”.
L’avevo
salutato cordialmente e il più naturale possibile. Se l’amore non mi era
concesso, mi sarei accontentata di essergli anche solo amica.
“Ciao!”.
Mi
rispose visibilmente sorpreso.
“Scusami
se mi sono comportata stranamente con te, è un periodo un po’ così.”.
Lui
sorrise un po’ più rilassato.
“Tranquilla
Bella. Mi ero già dimenticato tutto!”.
Tirai
un sorriso.
“Ho
saputo che Jasper ti darà lezioni di combattimento.”.
Sembrava
rigido.
“Oh
si. Mi sono accorta di averne bisogno.”.
“Beh,
hai trovato l’insegnante giusto. Jasper è nato all’epoca della guerra civile,
nessuno meglio di lui conosce l’arte del combattimento!”.
Però,
era vecchino il caro Jasper.
“E
tu? Voglio dire, quando sei nato?”.
Sorrise
triste.
“Nel
1901, a Chicago”.
“Beh,
non sei poi molto più vecchio di me!”.
Rise.
“No,
direi di no!”.
Sorrisi
anch’io, non riuscivo a fare altrimenti. La sua sola presenza, il potergli
anche solo parlare così, mi faceva stare bene. Si, mi sarei accontenta anche
solo stargli vicino così.
“Stasera
incontrerai Eleazar…”.
“Chi?”.
“Eleazar.
Un nostro caro amico dell’Alaska. Mi sembrava te l’avesse detto Alice”.
“Oh,
si. Non sapevo si chiamasse così!”.
“Non
aver timore di lui. Da tempo è amico fidato della nostra famiglia, soprattutto
di Carlisle! Vorrà solo vedere quanto sei… speciale!”.
“O
strana!”.
“Suona
meglio speciale, no?”.
“Se
lo dici tu…”.
Avrei
fatto di tutto perché pensasse che fossi speciale… per lui, ma sapevo che erano
solo buone maniere le sue. Era pur sempre nato nell’era dei gentiluomini.
“Hai
poca autostima di te stessa, Bella!”.
“Dammi
torto!”.
Sorrisi.
Lui restò un attimo abbagliato nei suoi pensieri. Cosa avrei dato per avere il
suo potere ed entrargli nella testa e stavo giusto per sapere di più sul suo
dono, ma il tempismo del professor Molina mi fece cambiare idea. Mannaggia a
lui, era il mio professore preferito, ma ora aveva perso punti.
Al
termine delle lezioni Edward mi accompagnò silenzioso e galante fino al mio
armadietto, poi la sua tranquillità mutò in agitazione e con un “A stasera” si
dileguò tra i corridoi.
Giunsi
alla conclusione che neanche sfruttando l’eternità sarei mai riuscita a capire
quel ragazzo.
SPOILER CAPITOLO 11
“Sembri proprio come una di noi, se poi
non ci sofferma ad ascoltare il tuo cuore, ovvio… che stranezza!”
E questo cosa vorrebbe dire?
“Ah, comunque, piacere di conoscerti
Bella, io sono Tania!”.
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Capitolo 11 *** capitolo 11 ***
11
CAPITOLO 11
***
Come
da accordo, alle sette di sera mi presentai dai Cullen, per conoscere questo
famigerato Eleazar.
Bussai
alla grande porta di ingresso e una livida Alice mi accolse.
“Alice,
perché quella faccia? È successo qualcosa?”.
Fece
una smorfia disgustata e si fece a parte per lasciarmi entrare.
“Fra
poco capirai!”.
Io
sinceramente non ne ero sicura.
La
seguii verso il salone annusando l’aria. Eleazar non doveva essere venuto solo,
sentivo due scie diverse. Eppure quando Alice mi aveva detto del suo arrivo mi
sembrava entusiasta, la sua faccia ora non la diceva altrettanto, di sicuro
centrava l’altro ospite.
Una
risata ebete scalfì l’aria. Si, di sicuro era l’altro ospite. Mi stava già
antipatica a prescindere.
Alice
si girò verso di me, un millesimo di secondo prima di entrare nel salone.
“Ti
prego fa qualcosa!”.
“Cos…”.
Si
era girata e aveva proseguito, non mi aveva lasciato il tempo di controbattere.
Cos’è che avrei dovuto fare io scusa? Avanzai e il mio cuore andò sotto i
piedi, facendosi calpestare per bene, mentre un’altra emozione strana, mai
provata, si fece largo in me.
“ah
ah ah”.
Ecco
a chi apparteneva quella risata ebete, ad un’oca, bionda per giunta e che
sedeva a fianco ad Edward, mi correggo, appiccicata ad Edward.
Tutti
la guardavano, chi visibilmente ironico come Emmett, chi imbarazzato come
Jasper o Esme, o chi, come Alice, disgustato, oddio, perfino Rosalie la
guardava così.
L’uomo,
che sicuramente era Eleazar, stava in piedi accanto a Carlisle, lontano dalla
pietosa scena. Conversavano tra loro, ma al mio ingresso si bloccarono per
osservarmi.
La
bionda quando finì il suo spettacolo finse di accorgersi di me, quando tutti mi
stavano già osservano da un po’, Edward poi, con una espressione indecifrabile.
Lo odiavo.
“Oh,
tu devi essere Bella. Che carina che sei!”.
Si
alzò facendo vedere quanto lei fosse vestita in modalità ‘copertina di una
rivista di moda’, mentre osservava con una faccia divertita il mio jeans e le
mie converse.
Mi
girò attorno teatralmente.
“Sembri
proprio come una di noi, se poi non ci si sofferma ad ascoltare il tuo cuore,
ovvio… che stranezza!”
E
questo cosa vorrebbe dire?
Unì
il tutto poi con un risolino identico a quello della, ovviamente, odiosa
Dolores Ambridge nei film di Harry Potter. Che fossero segretamente parenti?
“Ah,
comunque, piacere di conoscerti Bella, io sono Tania!”.
Non
le strinsi la mano, avrei potuto mangiarmela per quanto fossi infuriata ora.
Tuttavia le feci un sorriso finto da oscar.
“Piacere,
ma chiamami Isabella, grazie!”.
Chi
sapeva chi ero, come quasi tutti in quella stanza, sapevano che quando mi
presentavo chiedevo a tutti di chiamarmi con il diminutivo, dato che mi piaceva
di più, ma lei no! Con lei io non volevo alcuna confidenza.
Edward
mi guardava sorpreso, Jasper ed Emmett sogghignavano, ma non ero sicura che
fosse per la mia performance, Alice sorrideva finalmente, come sempre, e
stranamente Rose aveva una luce maliziosa negli occhi. Non l’avevo mai vista
guardarmi con uno sguardo che non fosse odio; sia forse vero che quando due
nemici hanno in comune lo stesso nemico, possano allearsi?
“Bella”
mi chiamò Carlisle “Ti presento Eleazar, mio caro e fidato vecchio amico, anche
lui come noi vive a contatto con gli umani, e nella sceneggiatura Tania è una
delle sue figlie.”.
Il
vampiro avvicinò la mano ed io contraccambiai la sua stretta. A dispetto della
sua finta figlia, lui aveva un’aria più gentile ed uno sguardo che pareva aver
visto più cose di tutti noi all’interno della stanza.
“E’
un vero piacere conoscerti Isabella!”.
Non
mi accorsi neanche di dirlo.
“Oh,
la prego, mi chiami Bella!”.
Emmett
scoppiò a ridere soffocando tutto in un colpo di tosse, mentre Jasper teneva a
stento la sua di risata dando dei colpi sulla schiena ad Emmett, come per
aiutarlo a smettere di tossire. Alice e Rosalie si sforzavano entrambe di non
ridere, in modo molto meno plateale dei loro uomini. Quello che mi colpì fu che
anche gli altri erano in una situazione simile, Edward, perfino la dolce Esme,
a parte Tania, ovviamente, che mi guardava con sguardo affilato. La vampira mi
diede le spalle e tornò a sedersi a fianco ad Edward.
Maledetta.
Mi
irrigidii all’istante, e lei parve accorgersene, poiché si strinse ancora di
più a lui.
Edward
poco dopo si alzò di colpo.
“Emmett
andiamo o no a caccia?”.
“Fratellino…
perché tutta questa fretta? I nostri ospiti sono appena arrivati!”.
“Ho
sete!”.
Edward
era frustrato e palesemente seccato, che fosse merito della biondina? Lo
speravo.
“Vengo
anch’io!”.
Ed
eccola lì, quella sua voce stridula, mancava poco che facesse crepare i vetri.
“Ah
ah… perché no? Edward, per te c’è qualche problema se viene anche Tania?”.
Il
scimmione Cullen stava sogghignando sotto i baffi, come se stesse facendo una
marachella, ma non gliene importava se sarebbe stato beccato.
“Ok!”.
Edward
a dire il vero non sembrava molto entusiasta, cosa che non si poteva dire di
Tania, che tutta contenta gli si allacciò al braccio.
Emmett
si avvicinò a Rosalie e la baciò in modo molto appassionale, sfiorava
l’erotico.
Distolsi
lo sguardo, mi pareva di invadere la loro privacy.
“Bene
famiglia, ci vediamo domani!”.
Così
dicendo, Emmett si dileguò.
Edward
nel frattempo mi guardava, sembrava volesse dire qualcosa, ma la smorfiosa lo
tirò per un braccio.
“A
domani Eleazar! Su Edward muoviti!”.
Lui
non disse nulla e si lasciò trascinare fuori, ma cosa mi aspettavo facesse? Che
venisse da me e mi desse un bacio come quello che si erano appena scambiati i
suoi fratelli?
“Eleazar
scusa, ma ogni decennio che passa Tania diventa sempre più insopportabile!”.
Eleazar
parve imbarazzarsi alle parole di Alice, di sicuro non era colpa sua se quella
fosse così.
“Sai
Alice che Tania si sente… molto sola… quando viene qui, si sfoga!”.
Cosa
intende il buon Eleazar con ‘molto sola’? Mi pare che al mondo ci siano più di
6 miliardi di persone, deve proprio appendersi su Edward in quel modo per
placare la sua solitudine?
“Tornando
a noi comunque, Bella, ti va di raccontarmi la tua storia? Ti giuro che pensavo
Carlisle mi prendesse in giro, anche se non ne vedevo il motivo per cui avrebbe
dovuto farlo.”.
“Amico
mio lo sai che non ti ho mai mentito in tutta la mia vita!”.
Carlisle
gli dette un’affettuosa pacca sulla spalla e poi ci accomodammo nel grande ed
elegante salone dei Cullen.
E
come era successo poco tempo prima, nello stesso identico posto, inizia a
raccontare la mia storia, partendo dalla mia nascita, alla crescita, alla mia
autoeducazione, ai miei diversi contatti con gli uomini, tralasciando i miei
fantasmi più macabri che mi portavo dentro, fino ad arrivare a dove mi trovavo
ora.
“E’
strabiliante… è una evoluzione. Non pensi amico mio?”.
Carlisle
annuì.
“E
c’è dell’altro…” Eleazar cominciò ad osservarmi in modo diverso da come aveva
fatto fin prima, sembrava guardarmi dentro. “si… non può essere altrimenti…”.
Anche
gli altri sembrarono incuriosirsi al cambio di espressione del vampiro.
“Ti
hanno parlato vero che i vampiri, a volte nella loro rinascita portano con se
un dono.”.
Annuii.
“Anch’io
ne possiedo uno, non è molto utile diciamo nei combattimenti, ma è comunque una
parte di me e ho imparato ad apprezzarlo a volte anche…”.
Il
suo sguardo era perso alle mie spalle, penso stesse rivivendo nella sua mente
il suo passato.
“…
stavo dicendo, cara Bella. Io ho il dono di scoprire i talenti degli altri
vampiri. Posso capire se hanno sviluppato una particolare dote.”.
Che
strano potere, non mi sembrava proprio utile, non vedo come avesse potuto
essergli prezioso nella vita, non era di certo al livello di Edward, o di Alice
addirittura.
“Eleazar,
stai forse cercando di dire che Bella ha un dono?”.
“Non
viene siete accorti voi, ah?”.
Tutti
si guardavano curiosi, aspettando di sapere la soluzione al quesito posto. Io
ovviamente, ero più curiosa di tutti loro. Non vedevo nel futuro e non sapevo
leggere la mente delle persone, insomma non ero neanche in grado di battere
Jake, che potere avrei mai potuto avere?
Carlisle
si posizionò più comodo e pensieroso, proprio come quella volta, quando lo
avevo conosciuto. Era entrato in modalità studioso.
“A
parte il suo essere estremamente unica, non abbiamo notato alt… un momento!” si
voltò verso Eleazar “Centra il fatto che Edward non riesce a leggere i pensieri
di Bella?”.
Eleazar
mi guardò estasiato.
“Di
sicuro. Bene bene. Sappiate che la nostra dolce Bella è uno scudo!”.
Un
brusio di sottofondo iniziò, mentre io mi chiedevo cosa ciò significasse.
“Uno
scudo?” chiesi.
“Si,
cara. Mi chiedevo però di che tipo fosse. Sento che è molto forte, dicendomi
che Edward non riesce a leggerle nel pensiero, sappiamo per certo che sei
protetta dai poteri di origine mentale, mi chiedo tuttavia, se tu non fossi in
grado anche di creare uno scudo fisico…”.
Piano,
piano sto perdendo il filo del discorso.
“Sarebbe
magnifico!” sentenziò Carlisle.
“Potrebbe
diventare una vampira fortissima!” fantasticava Jasper. Più lo guardavo e più
sembrava si atteggiasse veramente da comandante di guerra.
“Pensi
sia come Renata?”.
E
questa chi sarebbe?
“No,
Carlisle. Il suo potere e dieci volte più forte.”.
Chissà
come, ma la risposta di Eleazar rabbuiò Carlisle.
“C’è
qualcosa che dovrei sapere? Chi è questa Renata?”.
Eleazar
si voltò verso il suo amico.
“Non
sa nulla?”.
Carlisle
negò con la testa.
“Bella
sei stata fortunata ad incontrare i Cullen. Loro sono la versione più buona dei
vampiri, dovuto al fatto che come me e la mia famiglia, si cibano del sangue
animale e vogliano convivere pacificamente con gli umani. Purtroppo la maggior
parte dei vampiri non è così. Amano viaggiare, spostarsi, vivono in luoghi
oscuri e il loro unico scopo e uccidere e cibarsi degli umani. E fidati se ti
dico che non sono di certo pieni della bontà che noi possediamo.”
Motivo
in più per iniziare presto ad allenarmi, avevo ragione a pensare che il mondo
là fuori in realtà facesse ancora più schifo di quanto potesse sembrare.
“Perché
i vampiri, però, riescano a coesistere senza rivelare la loro esistenza al
mondo umano, è dovuta anche all’esistenza di una specie di casata reale, che ha
sede a Volterra, in Italia. Vengono chiamati i Volturi, e non c’è vampiro al
mondo che non provi timore nei loro confronti. All’apice dei Volturi ci sono i
tre sovrani Marcus, Caius ed Aro, quest’ultimo è il più astuto ed il più
perfido dei tre. Poi al loro cospetto puoi trovare una cerchia di vampiri,
chiamata la guardia. Ognuno di essi è in possesso di un talento molto forte.
Puoi immaginare quanto possano essere temuti questi Volturi avendo a
disposizione un esercito del genere. Nessuno sgarra alle loro regole, poiché la
morte sarebbe la condanna immediata, a meno che il vampiro in questione non
fosse così fortunato da possedere un talento utile ad Aro, quest’ultimo al
posto della morte offrirebbe di unirsi alla sua guardia. Chiunque di fronte ad
una scelta del genere, non ci penserebbe due volte ad accettare.”.
Vedevo
Carlisle preoccupato e non capivo il motivo.
“La
Renata che ho nominato, fa parte di questa guardia dei volturi, lei in
battaglia non molla un attimo Aro. Lei è uno scudo, più fisico che mentale,
riesce ad espanderlo, ma molto faticosamente, per questo resta attaccata ad
Aro, lui è la priorità su tutto. Come dicevo prima però, il suo potere è nulla
in confronto al tuo.”.
Che
rivelazione.
Solo
allora però mi accorsi del silenzio tombale che si era venuto a creare con il
racconto di Eleazar. Il solo nominare i Volturi aveva fatto tacere tutti. Era
questo il timore di cui Eleazar parlava?
Notai
però che Jasper si era avvicinato ad Alice e la stringeva a sé,come se avesse
potuto sparire da un momento all’altro. Riguardai Carlisle, ed Esme gli aveva
posato una mano sulla spalla come a confortarlo.
“Carlisle,
temi che questi Volturi possano prendersi Alice?”.
I
suoi occhi colmi di paura furono più eloquenti di mille parole.
“Se
sapesse della sua esistenza, non perderebbe tempo, così come per Edward.”
Edward…
no. Mi spaventava l’idea che potesse venire reclutato in questa specie di
esercito della morte.
“C’è
questa possibilità che lo scoprano?”.
“Se
non attiriamo l’attenzione, no, ma l’eternità è lunga, chi può dirlo.”.
“Ma
se nessuno glielo dice, lui, questo Aro non potrebbe comunque mai scoprirlo,
giusto!?”.
Eleazar
prese ancora la parola.
“Dobbiamo
solo sperare di non incontrare più la sua strada. Anche Aro possiede un talento,
lui può leggere la mente, ma in modo diverso da Edward, può leggerne una alla
volta solo toccando la persona in questione, solo che lui non legge i pensieri
che passano per la mente in quel momento, lui legge tutto, anche i tuoi più
oscuri segreti!”.
L’idea
di questi volturi iniziò seriamente e a spaventarmi.
C’era
qualcosa però nelle sue ultime parole che attirava la mia attenzione.
“un
momento, tu li hai già incontrati? E anche tu Carlisle?”.
Entrambi
i vampiri fecero un sorriso triste.
“Chi
pensi abbia scovato tutti quei talenti per Aro?”.
“Sei
uno di loro?”.
“No,
non più ormai. Durante una missione ho incontrato la mia Carmen e ci siamo
innamorati, ho lasciato poco dopo la guardia per poter vivere una vita libera
con lei, ma non sai quanto sia stata dura potermene andare. Ciò nonostante ad Aro
avevo già trovato dei doni terribilmente forti e questo placò il suo
disappunto.”
Poi
prese parola Carlisle.
“E’
li che ci siamo conosciuti. Sono stato ospite per un periodo di tempo dai
Volturi, erano affascinati dal mio modo di vivere, di nutrirmi. Cercai di farli
diventare vegetariani, diciamo, ma non ci riuscii. Mi ritenevano un pazzo,
tutti, tranne uno, Eleazar.”
I
due si sorrisero.
“Da
quella volta ne io, ne Carlisle abbiamo più rivisto i Volturi. Li sentiamo
nominare nei nostri viaggi, restiamo al passo con le notizie, ma cerchiamo di
vivere un profilo basso anche perché sono più che sicuro che siamo nel suo
mirino, pronto ad attaccarci se pensasse che stiamo creando un esercito. Il
fatto che ci cibiamo di animali è la nostra ancora di salvezza.”.
“Perché
mai dovreste creare un esercito?”.
“I
vampiri sono solitari, non viaggiano assieme a più di una persona. Dopo i
Volturi, i Cullen e noi del clan Denali siamo gli unici a convivere con più
vampiri assieme. Se Aro volesse, potrebbe attaccarci anche con la sola scusa di
pensare che noi possiamo creare un esercito contro di lui, solo per togliere di
mezzo la minaccia.”.
“Ma
sarebbe ingiusto!”.
“Si,
lo sarebbe, ma nessuno lo contesterebbe. Loro sono i Volturi, nessuno sano di
mente li attaccherebbe, sono fortissimi e tanti ovviamente.”
“Wow,
però, che scoperta!”.
Mi
girai verso Jasper.
“Jasper
dovremmo iniziare il prima possibile!”.
Lui
annuì poco divertito, di sicuro l’idea di poter perdere Alice lo attanagliava.
“cosa
dovete iniziare?”.
Sorrisi
imbarazzata.
“Ehm…
diciamo che non sono molto brava a difendermi. Jasper si è gentilmente…
offerto(?)…” feci un sorriso pieno di sottointesi al vampiro biondino “a darmi
qualche lezione!”.
“Beh
hai trovato un ottimo insegnante!”.
“Si,
me l’hanno già detto!”.
Ripensai
ad Edward, il mio pensiero però si mutò subito in una nube nera al pensiero di
lui e lei nel bosco, a caccia. Speravo solo che Emmett non si smentisse mai, e
gli stesse sempre tra i piedi.
“…Bella?”.
“Come?”
Eleazar
e Carlisle mi osservavano.
“Per
il tuo potere… lo scudo, avresti interesse nel vedere come svilupparlo?”.
Avere
un potere in più? Che gli altri non hanno? E potere essere quasi invincibile? Accidenti,
si!
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Capitolo 12 *** capitolo 12 ***
12
Capitolo 12
***
La
luce del sole filtrava attraverso le tendine strappandomi al mio sogno
frastagliato. Un attimo, sole? Mi alzai di scatto dal letto, meravigliandomi
dei colori che la luce del sole creava. Giusto, Alice aveva detto che ci
sarebbe stato il sole, quindi nessuno sarebbe andato a scuola quel giorno, per
questo ora mi trovavo in una stanza e in un letto non mio. Mi trovavo in una
delle stanze degli ospiti dei Cullen. La sera precedente ero rimasta a parlare
fino a tardi con Eleazar, Jasper e Carlisle dei miei allenamenti, ed Alice mi
avevamo portato di peso in questa stanza per farmi dormire.
Eravamo
giunti alla conclusione che già da oggi avrei iniziato qualche lezione con
Jasper, per quanto riguardava ovviamente lo scontro fisico, poi non avevo
capito cosa, ma Jasper ed Eleazar si erano messi d’accordo su degli attacchi da
farmi per cercare di risvegliare questa sorta di scudo fisico, che il vampiro
del Denali era sicuro avessi. Di quello che ero rimasta sorpresa era il
coinvolgimento che Jasper aveva avuto in tutto ciò, sembrava eccitato nel
mettersi alla prova in questa operazione ‘scopriamo i poteri di Bella’. Alice
mi aveva poi anticipato la domanda, dicendomi che l’allenare, i combattimenti,
erano parte del passato di Jasper e a volte lei sapeva che a lui mancava ciò,
quindi questa occasione sarebbe stata, secondo Alice, prendere due piccioni con
una fava: quindi aiutare me e il suo Jasperuccio.
Eleazar
mi aveva poi invitato a trascorrere le vacanze di Natale da lui, in Alaska,
così da poter lavorare sul mio scudo mentale, con l’aiuto dell’altra sua
figlia, Kate, la quale riusciva a dare al suo avversario una scarica elettrica
tramite le sue dita. Lei mi avrebbe aiutato ad espandere lo scudo anche su
altra persone, come lei era riuscita ad espandere il suo potere in tutto il suo
corpo. Speravo solo che anche quell’altra non fosse stata come Tania, sennò
avrei dato di matto.
Mi
alzai dal letto e mi avvicinai alla grande vetrata da cui entrava il splendido
sole. Wow il verde la fuori sembrava brillare, non com’era tutti i giorni sotto
il grigiore delle nuvole.
“si
è svegliata!”.
Sentii
Alice annunciare a qualcuno in salone i miei movimenti e un secondo dopo, sentii
qualcuno bussare , rimasi scioccata quando aperta la porta vi trovai davanti
Rosalie.
“Ciao
Bella!”.
Non
sapevo cosa dire e come comportarmi, non mi aveva mai rivolto la parola finora,
se non per litigare. Mi spostai e la lascai entrare in camera.
Lei
sorrise del mio disappunto.
“Non
sono venuta per litigare, tranquilla.”
No?
E perché allora?
Cercai
di riprendere il controllo di me, non volevo mostrarmi debole.
“Scusami,
ma permettimi di essere un po’ colpita del fatto che tu voglia parlare con
me!”.
Dicendo
questo mi spostai verso la vetrata, aprendola e avviandomi sul terrazzo. L’aria
fredda del clima tipico di Forks accarezzava la mia pelle, non procurandomi i
brividi che un essere umano avrebbe provato, mentre i raggi del sole accesero
la mia pelle. Mi voltai richiamata da un bagliore alla mia sinistra, era
Rosalie, o meglio, l’effetto che il sole aveva su Rosalie. La sua pelle
scintillava il doppio della mia.
“Wow!
Fantastico!”.
Non
mi accorsi di dirlo ad alta voce.
“Beh,
almeno tu passeresti più inosservata di me!”.
Che
mi venga un colpo. Sarà che le donne analizzano sempre tutte le cose dette, ma
poteva quasi sembrare che Rosalie potesse invidiare qualcosa di me. Scherziamo?
La
guardai di sottecchi in cerca di qualche segno,che forse mi indicasse che si
stava prendendo gioco di me.
Si
voltò verso di me ed io l’affrontai con il mio sguardo.
Sorrise,
stranamente imbarazzata. “Penso di doverti dare delle spiegazioni… sul mio
comportamento!”
“Ah”.
Sorrise
ancora, stavolta per il tono imbarazzato della mia voce.
“Non
mi sono mostrata cordiale con te, come gli altri… tu lo sai perché?”.
“Edward
dice che è perché sei iperprotettiva nei confronti della tua famiglia”.
Lei
restò stupita.
“E’
sempre così gentiluomo!”.
Parlava
di Edward ed il suo tono nascondeva il rispetto. Ne rimasi colpita, in parte,
solo perché mi sembrava ovvio che tutti prima o dopo rimanessero affascinati da
Edward, era perfetto ai miei occhi.
Ok,
forse era meglio cambiare discorso, i miei pensieri stavano prendendo una
brutta piega. Io non dovevo pensare ad Edward, non in quel modo almeno.
Lei
continuò a parlare, persa altrettanto nei suoi pensieri. “Non ti ha raccontato
altro?”.
Cosa
avrebbe dovuto dirmi?
Negai
con la testa.
Lei
sospirò puntando lo sguardo verso l’orizzonte.
“Quand’ero
umana, il mio sogno più grande era sposarmi, con uomo che amavo e che lui mi
amava in egual maniera, e poi, ovviamente, avere dei bambini, tanti!”.
Sorrise,
tenera, ed io non potei non fare altrettanto.
“La
scelta cadde su Royce King, era il 1933, e all’epoca era lo scapolo più ambito.
Io mi sentivo la persona più felice del mondo, giravo per la città a testa
alta, fiera dell’invidia degli altri, perché presto mi sarei sposata, con una
persona che pensavo di amare più di me stessa”.
Sembrava
il prologo di una grande storia d’amore, ma Rosalie era di fronte a me e per
quel che potevo immaginare, la storia non aveva avuto il lieto fine che lei
sognava.
“Una
sera mi ero attardata a casa della mia amica Lucy, si era sposata prima di me,
con un operaio, e avevano avuto un bambino bellissimo. Suo marito la guardava
con aria devota, ed un po’ li invidiavo, ma ero sicura che la mia storia
d’amore sarebbe stata altrettanto bella e passionale, se non migliore.
“
Era una bella serata per cui decisi di tornare a casa a piedi. Mancava poco a
casa mia, quando per strada incontrai lui, Royce King”.
Il
suo tonno divenne più gelido, mentre tutto il suo corpo si irrigidì. I suoi
occhi si in scurirono.
“Royce
e i suoi amici stavano lì, a sghignazzare, tutti ubriachi. Lui mi vide e mi
chiamò, una volta vicino mi attirò brutalmente a sé, presentandomi ai suoi
amici. Ricordo che chiese a loro se ero bella, ma loro mi guardavo indugiando,
come si guarda un animale, volevano sapere com’ero senza vestiti”.
O
mio Dio. La grande storia d’amore si stava trasformando in grande storia
dell’orrore. Speravo in un arrivo di una fata magica che cambiasse il finale,
ma dal suo sguardo vitreo capii che non sarebbe successo.
“Mi
violentarono e mi lasciarono in una pozza di sangue, credendomi morta. Fu lì
che mi trovò Carlisle.”.
Carlisle,
avevo intuito per conto mio che Carlisle fosse alla base della vita di tutti e
ovviamente il collante di quella famiglia.
Rispuntò
il sorriso sul viso di Rosalie, solo che questo metteva i brividi.
“Oh,
ma mi sono vendicata, sai? Li ho presi uno ad uno, così che Royce capisse che
stessi arrivando. Risultavo essere un po’ teatrale all’epoca, ma non me ne
pento.
Arrivai
da lui in abito da sposa, era spaventato a morte, ricordo perfettamente ancora
oggi le sue urla, ma io non ebbi pietà. Carlisle non ne fu felice, ma ne lui,
ne gli altri, rimproverarono mai il mio gesto”.
Mi
sentii quasi in dovere di scusarmi, non capii perché, ma ero succube del suo
racconto e mi dispiaceva che avesse subito una tale violenza che le aveva
frantumato i suoi sogni.
“Mi
dispiace, Rosalie.”
Lei
sorrise, mentre il suo sguardo tornava alla realtà.
“Tranquilla,
è passato tanto tempo ormai!”. Sospirò, per poi continuare. “Dopo un po’
incontrai Emmett, tra le montagne, era in fin di vita, dopo essere stato
attaccato da dei Grizzly. Non so perché, forse il fatto che somigliava tanto al
bambino della mia amica Lucy, ma chiesi a Carlisle di trasformarlo per me.
Emmett, chissà come, riuscì a darmi quell’amore che tanto avevo cercato, anche
se di bambini non avremmo mai potuto averne.”.
Beh,
in modo o nell’altro comunque la sua storia aveva avuto un lieto fine.
“Questo
è uno dei due motivi per cui ti ho allontanata ancora prima di conoscerti.
Vedere che eri diversa, ti faceva sembrare un pericolo, ed è vero quello che ha
detto Edward, temevo che potessi compromettere la felicità della mia famiglia.
Abbiamo passato tante cose per arrivare a vivere la vita tranquilla che abbiamo
ora, e il solo pensare che tu potessi creare scompiglio, faceva di te un
nemico.”.
Capivo,
dopo il suo racconto, la capivo.
“Non
posso portarti rancore Rosalie, se fossi stata al tuo posto avrei agito alla
stessa maniera!”.
Lei
sorrise, per poi intristirsi lievemente.
“A
me dispiace per quello che hai passato, io ho vissuto tuttavia, prima con la
mia famiglia umana, poi con quella creata da Carlisle. Tu, invece, sei sempre
stata…”.
“Sola…
puoi dirlo. Non è una parolaccia.”.
“Beh,
nessuno dovrebbe passare quello che hai passato tu, soprattutto nell’ignoranza
di non sapere chi sei.”.
Mi
veniva da ridere, io che provavo pietà per lei e la sua condizione di vampiro,
e lei vampiro che provava pietà per me e la mia condizione di ibrido.
“Inoltre…”
continuò lei “c’è un altro motivo… più stupido.”.
Ah,
si, giusto. Aveva detto che c’erano due motivi.
“Ti
odiavo, perché Edward mostrava più interesse a te che a me.”.
Scusa?
come? Qualcuno ha detto qualcosa? I maya si erano forse sbagliati? Forse si!
Forse la fine del mondo sarebbe accaduta con questa confessione di Rosalie.
“Credo
di non capire! E poi tu ami Emmett, no?”.
Lei
rise.
“Si,
Bella, io amo Emmett, più di ogni altra cosa al mondo, perfino più di me stessa
e per quanto riguarda Edward, io per lui provo solo affetto fraterno, ma vedi
io sono… vanitosa. Quand’ero umana e quando poi sono diventata vampira, tutti i
maschi hanno sempre provato una forte attrazione nei miei confronti e ciò mi ha
sempre appagata. Ho detto tutti si, ma tranne Edward, lui non ha mai provato il
benché minino interesse nei miei confronti. In seguito vidi che lui non
mostrava interesse per nessun’altra, ritenevo che fosse solo un po’ bizzarro e andava
bene così. Fino a quando però siamo giunti qui. Notai da subito che ti guardava
in modo diverso dagli altri, poi quando iniziò anche a parlare di te, beh, mi
mandò fuori di testa.”
Edward
che parlava di me? Forse Rosalie si stava sbagliando. No, si stava di sicuro
sbagliando.
“Sembri
sorpresa, o sbaglio?”.
La
guardai ancora senza trovare un senso alle sue parole, e niente da dire.
“Oh,
Bella, per l’amor di Dio, non dirmi che non ti sei accorta che Edward è pazzo
di te?!”.
Oh
Santi Pietro e Paolo.
“Pazzo…
di … me?”.
Lei
buttò gli occhi al cielo, per poi puntarli su di me.
“Se
lo dico io, fidati, è vero!”.
Confusa,
ora si che ero proprio confusa.
“Si
sono accorti tutti che vi andate dietro, tranne voi due!”.
La
guardai stupita.
“Tu…
io…”.
Lei
rise del mio imbarazzo.
“Sono
riuscita a farti tacere… non sapevo sarebbe bastato così poco, l’avessi saputo
prima...
“Andiamo
Bella, vuoi forse negare che non ti piace Edward!”.
Ehm…
si?
Non
ne avevo parlato con Alice, non mi sembrava giusto farlo con Rosalie, che fino
a dieci minuti prima era la mia nemica numero 2, Tania l’aveva spodestata in
due secondi.
Forse
era ora di dire ad alta voce quello che avevo dentro, anche se ciò lo avrebbe
fatto diventare vero.
Sbuffai
sedendomi sul letto.
Decisi
di chiamare Alice per farla salire, ma non lo dissi ad alta voce. Ed eccola,
due secondi dopo, entrare tutta contenta.
“Vedo
che hai capito come funzionano le mie visioni!”.
Sorrisi,
vedendo Rosalie un po’ turbata dall’entrata in scena di Alice.
“Non
mi sembrava giusto rispondere alla tua domanda Rosalie, senza Alice.”
Lei
annuì capendo le mie ragioni. Alice mi aveva accolta fin da subito nella sua
famiglia, donandomi la sua sincera amicizia.
“Oh,
tanto la so già la risposta!”.
Alice
saltellava per tutta la camera.
“Allora
non serve che parli.”.
“No,
no, devi dirlo ad alta voce, così diventerà vero!”.
Oddio,
che leggesse anche lei nel pensiero? Oh, no. Giusto. Io avevo lo scudo di
Captain America.
“MipiaceEdward”.
Lo
dissi così velocemente che neanche io avrei capito le mie parole, se non le
avessi pensate e pronunciate.
“Non
abbiamo capito!”.
Alice
sembrava divertirsi.
Uffa.
Presi un grande respiro e scandii le mie parole.
“Mi.
Piace. Edward.”.
“Siiii!”.
Alice
mi abbracciò. Dovevo segnarmelo, ad Alice bastava così poco per essere felice.
“Vuoi
sapere perché ho litigato con lui l’altro giorno?”.
Alice
si calmò annuendo,mentre Rosalie prese parola.
“Oh,
giusto. Io ero in camera e vi ho sentito. Quanto te ne sei andata sembrava che
Edward stesse per radere al suolo tutto il soggiorno da quanto era frustrato?”.
“Frustrato?”.
“Si.
Non capiva cosa avesse fatto per farti arrabbiare!”.
Immaginai
la scena di un Edward frustrato… per me. Non ci riuscii.
“Beh,
vedete…”.
E
così iniziai a raccontargli che avevo incontrato Jake, dell’arrivo di Edward,
dell’insinuazione da parte di Jake che Edward fosse geloso e la sua immancabile
risposta.
Alice
si voltò teatralmente verso Rosalie.
“Rose,
rinfrescami la memoria, sbaglio o Edward aveva saltato questa parte?”.
“Si,
l’aveva saltata!”.
Le
guardai non capendo.
“Ci
siamo fatte spiegare da Edward cosa fosse successo, per capire cosa avesse
potuto farti arrabbiare, ma Edward a quanto pare aveva saltato questo
dettaglio. Che stupido. Anzi siete tutte e due stupidi!”.
Rosalie
annuiva alle parole di Alice.
Oddio,
non ci capivo più niente. Se ascoltavo come lo descrivevano loro, sembrava che
Edward provasse davvero interesse per me, ma…
“Ragazze…
scusate, ma cercherò di non credervi fino a quando non sarà Edward a
dimostrarmi che prova interesse per me!”.
“Ok,
Bella, ma anche tu devi fargli capire che sei interessata a lui, sennò non
andrete da nessuna parte!”.
Oh,
Rosalie aveva ragione. Io ho sempre aspettato che fosse lui a bussarmi alla
porta e inginocchiato promettermi amore eterno, ma io a lui, infine, non avevo
fatto capire niente.
Ci
eravamo detti qualche parola dolce al ballo, ma forse come io avevo pensato che
le nuove scoperte avessero potuto cambiare i suoi sentimenti, forse anche lui
aveva pensato lo stesso di me.
Alice
aveva ragione, ero una stupida.
“Alice?”.
Vidi
Rosalie chiamare il folletto, il quale stava con gli sbarrati, segno che sta
avendo una visione.
Alice
riprese a sbattere gli occhi sorridendo come una pazza.
“Che
hai visto?” le chiesi.
“Non
te lo dico!”.
Mi
tirò la lingua come una monella.
“Ma..”.
“Niente
ma e muoviti. Jasper ti aspetta nel giardino sul retro!”.
Così
dicendo si dileguò. Nana malefica.
Mi
avviai verso la porta con Rosalie, dopo essermi velocemente cambiata, ma mi
bloccai e la fermai.
“Ora
siamo amiche?”.
“No,
ma possiamo provare a diventarlo!”.
Jasper,
come detto da Alice, mi aspettava nel giardino sul retro.
“Sei
pronta, Bella?”.
“Prontissima”.
Ero
in piedi, dritta e Jasper mi camminava attorno, lo percepivo come un pericolo,
perché sapevo che avrebbe potuto attaccarmi da un momento all’altro.
“Tieni
ben presente una cosa, Bella. Quando sei davanti ad un nemico, la prima cosa
che nel tuo spazioso cervello devi fare è analizzarlo, perché quello diventa il
tuo bersaglio. Devi cercare eventuali punti deboli, li noti nel suo modo di
spostarsi, e ovviamente gli eventuali modi per ucciderlo!”.
Wow.
Non
avrei mai pensato che Jasper potesse essere uno stratega del genere.
“Hai
capito?” mi urlò.
“Si,
signore!”.
Lui
sorrise alla mia risposta, io mi diedi della stupida. Mi ero così immedesimata
nella parte del soldato, che come una sciocca gli avevo risposto come tale.
“Bene!”.
Parlò
e un secondo dopo mi attaccò, mi ero distratta e lui mi aveva immobilizzato a
terra.
“morta!”
disse dopo che le sue mani mimarono l’ipotetico staccamento della mia testa!”.
Mi
alzai scocciata di essere stata presa in contropiede.
“Ehm,
Bella. Regola numero 1, che viene prima delle altre: concentrazione!”.
Faceva
anche l’ironico, ah? Maledetto. Non sarebbe successo più.
Mi
guardai attorno e vidi che ora avevamo pubblico. Erano tutti lì: Carlisle ed
Eleazar, Alice, Rosalie ed Esme, quest’ultima mi guardava preoccupata.
Mi
alzai in piedi e mi misi in posizione d’attacco ed altrettanto fece Jasper.
Fece
un passo avanti ed io uno indietro e di lato. Poi alla velocità dei vampiri si
buttò su di me, feci per respingerlo, ma lui scomparve, mi voltai di scatto,
supponendo che mi avrebbe attaccato alle spalle, ma capii che era stata una
finta, stavo per voltarmi, ma lui mi aveva già afferrato le braccia,
chiudendole in una morsa e puntando i suoi canini alla gola. Pensavo che mi
avrebbe lasciata, invece mi diede un colpo dietro alle ginocchia mettendomi in
ginocchio. Mi sentivo esposta, e ciò mi irritava all’inverosimile. Jasper fece
ancora più stretta la sua presa, sentivo che mi avrebbe staccato le braccia, se
avesse continuato.
Perché
non lo fermavano? Eppure percepivo gli occhi in ansia dei presenti.
Esme
mise a voce i miei pensieri.
“Carlisle
digli di fermarsi. Le farà male!”.
Restai
in ascolto, ma non sentii risposta. A parlare fu Eleazar.
“Avanti,
Bella. Prova a liberarti, usa il potere del tuo scudo?”.
Scudo,
ma quale scudo? Io non sapevo come fare.
“Avanti
Bella!” mi disse Jasper, avvicinando di più i suoi canini alla gola. Dalla sua
voce percepivo che non provasse piacere nell’infliggermi questo, e tutto ciò mi
stava deconcentrando.
“Lasciala!”.
Edward
era sbucato da non so dove e aveva tirato via Jasper da me, con uno strattone.
“Bella
stai bene?”.
Si
era inginocchiato e mi aveva aiutato a rialzarmi. Mi guardava in modo così
preoccupato, che abbassai la testa in imbarazzo. Annuii. Avevo i muscoli
indolenziti, ma il dolore era già scomparso.
“Edward,
sai che non le avrei fatto del male!”.
Si
avvicinò a Jasper minaccioso.
“Le
stavi facendo male invece, lo percepivo nei tuoi pensieri.”
“Non
la stavo uccidendo, credi che piacesse anche a me quello che sentivo? Stavo
solo cercando di metterla in una situazione per la quale sentisse il bisogno di
uno scudo!”.
“Lo
so, ma…”.
Edward
si zittì, e cominciò a guardarsi in girò imbarazzato. Forse qualcuno gli aveva
parlato tacitamente.
Io
tuttavia ero ancora scioccata dalla sua entrata in scena, questo a miei occhi
finalmente semi aperti, era una dimostrazione di interesse in piena regola.
Stavo
per avvicinarmi a lui, ma Tanya si mise in mezzo.
“Edward,
hai sempre un cuore troppo grande. Che ne dici di lasciar perdere e andar a
farci una corsetta tra i boschi… proprio come stanotte…”.
Tanya
mi lanciò uno sguardo malizioso ed io andai su tutte le furie.
Analizzare
il nemico: alta, bionda, un incrocio tra un vampiro ed un’oca: fatto.
Punti
deboli: cervello assente, manicure perfetta: fatto.
“Edward
su…”.
Lei
si aggrappò ad un suo braccio e la mia vista, come non era mai successo, si
tinse di rosso. Un ringhio che non avevo mai udito provenire da me, scalfì
l’aria e l’ambiente intorno a me sembrò divenire malleabile alle mie mani.
Vidi
Tanya sorridere al mio ringhio e quella fu lo goccia che fece traboccare l’aria,
non so come, ma so che il mio principale pensiero fu spingere Tanya lontana da
Edward, e stranamente fu ciò che accadde.
Tanya
fu sbalzata in aria contro un albero a diversi metri da Edward, il quale mi
guardava scioccato, come tutti del resto.
Le
emozioni che avevo provato mi scivolarono addosso, rimanendo ferma e sconvolta.
Tutti
tacevano, ma fu Emmett a rompere il silenzio.
“Bel
colpo, Bella!”.
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Capitolo 13 *** capitolo 13 ***
13
Capitolo 13
***
Nessuno
commentò Emmett, tutti erano sorpresi e occupati nello scrutarmi, mi erano
forse uscite due antenne da alieno sopra la testa? Fu stupido, ma mi toccai
sopra i capelli. No, non vi erano antenne.
“Bella,
come hai fatto?”.
Eleazar
fu il primo a porre la domanda e due secondi dopo me li ritrovai tutti attorno,
in attesa di risposta.
“io..
non so.. davvero…”.
“Ehi…
nessuno si preoccupa di me?”.
Tanya
starnazzava mentre si rialzava poco dopo e mi incendiava con lo sguardo.
“Avresti potuto farmi male…”.
Che
odiosa.
“Vorrei
dirti che mi dispiace, ma non dico le bugie!”.
Lei
ringhiò e anch’io in risposta.
“Ok,
calma. Calma!”.
Carlisle
si mise fra noi. “Non litighiamo tra noi.”.
“Noi?
Lei non fa parte di noi!”.
Tanya
aveva detto la sua verità, ma non volli far vedere che mi aveva ferito.
“Tanya!”.
Eleazar
la richiamò minaccioso e lei finalmente tacque.
“Devo
andare in città a fare delle compere, perché non mi accompagni Tanya?”.
Esme
da benevola madre qual era si era sacrificata per allontanare Tanya da quella
situazione scottante, però lo si vedeva dalla faccia che non ne era entusiasta.
“Ti
accompagniamo anche noi, vero Rose?”.
Alice
aveva richiamato la sorella, che aveva annuito non convinta, ma dal tono di
Alice si capivano molti sottintesi, poi guardò me e mi sorrise lieve. A parer
mio, si erano sacrificate entrambe per non lasciare la madre con quella arpia,
e Esme infatti mi parve molto più sollevata.
Fu
così che un quarto d’ora dopo rimasi io, circondata da tutti i maschi. Era stato
difficile trascinare via quell’oca.
Eravamo
sparsi per il giardino, chi seduto su un ramo, chi in piedi, chi seduto su una
roccia. Io ero a gambe incrociate nello stesso punto dell’attacco di prima. Eleazar,
che camminava, si fermò a pochi passi da me.
“C’è
da dire che il colpo che hai sferrato è stato davvero potente, perché lo scudo
non ha diciamo protetto te, tu lo hai espanto, con l’intento, presumo, di
proteggere Edward.”
Arrossii
e immancabilmente Emmett fischiò.
“Bellina,
ricordati di non farti mai ingelosire!”.
“Io
non…”.
Non
finii la frase, perché incrociai gli occhi curiosi di Edward. Mi guardava con
uno sguardo diverso, consapevole quasi, ed io non volevo dire quella stessa
frase, che già una volta aveva creato scompiglio.
Abbassai
la testa.
Qualcuno
si avvicinò e riconobbi le scarpe di Carlisle. Si inginocchiò mettendomi una
mano sulla spalla.
“Cos’hai
provato Bella?”.
Tenni
la testa basta, feci un respiro profondo e come un film, nella mia mente rividi
la scena del mio attacco.
“Ero
arrabbiata… no, di più… furiosa. Il mio sguardo era tinto di rosso e
all’improvviso mi sembrava…” cercai di ritrovare quella scena, era più facile
sentirla che spiegarla a parole.
“Cosa
Bella?”.
“Non
lo so. È difficile da spiegare. Il mondo intorno a me, sembrava malleabile.”.
Suonava
stupido e senza senso.
Eleazar
però disse una cosa giusta.
“Sei
sicura che non si trattasse del tuo scudo? Che fosse quello ad essere
malleabile?”.
Lo
scudo. Si, in effetti mi era sembrato che muovendo il mondo, potessi spostare
le persone, ma forse, aveva ragione non era il mondo a spostarsi, no, era il
mio scudo, era trasparente si, ma ora rivivendo il tutto, mi accorsi di poterlo
quasi vedere. Lo scudo era semi trasparente e rifletteva lievemente la luce.
“Hai
ragione, Eleazar! L’ho rivissuto e l’ho visto, poco, ma l’ho visto, lo scudo!”.
Non
so come ma ne ero entusiasta.
“Fantastico!
E poi per la prima volta sei riuscita ad evocarlo espandendolo, non lo hai
usato su te stessa! Di solito questo richiama più energia! Tanya deve averti
fatto arrabbiare davvero tanto!”.
Sbaglio
o anche Eleazar faceva l’ironico? Emmett sogghignava irritandomi. Gli lanciai
un’occhiataccia e lui parve divertirsi di più.
Carlisle
cercò di distrarmi.
“Bella
saresti in grado di utilizzare ancora lo scudo?”.
“Non
lo so, potrei provarci!”.
A
dire il vero ora volevo solo andare a mangiare qualcosa perché avevo fame e
avevo voglia di pensare un po’ a quello che era successo da quando mi ero
svegliata quella mattina, ormai tutte le mie giornate avevano bisogno di un’ora
zen per riflettere.
Jasper
si avvicinò.
“Bella
cosa ne pensi di riprovare uno scontro con me?”.
Annuii,
non potevo sottrarmi al suo entusiasmo.
Tutti
si portarono ai lati, lasciando spazio a me e Jasper.
“Pronta?”.
“No,
ma vai!”.
Jasper
sorrise, ma ben presto il suo viso mutò nei lineamenti del combattente.
Arretrai al suo primo attacco, ma riuscii a pararlo, cercava di prendermi alle
spalle, ma riuscivo a tenergli testa. Capivo che lui puntava sulla sua velocità
e la fluidità delle sue tecniche, cercava di distrarmi, ma io continuavo a
seguirlo attentamente in ogni suo spostamento.
Poi
fu un attimo.
Jasper
mi diede un pugno che fece scrocchiare qualche mia costola. Urlai dal dolore,
ma cercavo di non abbassare la guardia. Jasper si fermò allarmato, sconvolto lo
vedevo negli occhi, ma gli feci capire di non fermarsi. Purtroppo Edward
ringhiò e fu li che mi distrassi. Mi voltai per guardare Edward, il quale mi
osservava con gli occhi fuori dalle orbite, e Jasper ne approfittò. Mi trovai
con faccia a terra e le braccia incrociate in una morsa dietro la schiena, alla
base della quale il ginocchio di Jasper premeva. Il tutto faceva ancora più
male a causa delle ossa rotte.
“Bella,
mollo?” era preoccupato e spaesato.
“No…
continua…”.
Non
ero una femminuccia, mai stata!
“Jasper”
disse Edward piano e nello stesso momento furioso.
Accidenti
metteva paura pure a me.
“Avanti
Bella, ricorda la sensazione che hai provato prima.” Jasper sembrava disperato,
non gli piaceva farmi del male o più che altro per il fatto che lo provava pure
lui.
Avanti
Bella, dissi a me stessa, a cosa hai pensato prima? Prima,prima… Tanya, si!
Tanya abbracciata ad Edward.
Riuscii
ad arrabbiarmi, molto, ma non al livello di prima.
Accidenti,
non riuscivo a ritrovare quella sensazione.
“Avanti,
Bella!”.
“Su
Bella!”.
Gli
altri mi spronavano, ma Edward in una calma terrorizzante richiamò ancora il
fratello “Jasper!”. Sembrava un demente e la sua cantilena.
Dovevo
sbrigarmi o Edward avrebbe staccato la testa al fratello, ne ero sicura.
“Bella!”.
A
chiamarmi stavolta era stato Emmett, lo guardai e lui mi fece uno sguardo
sornione.
“Bellina,
forse dovremmo chiamare Tanya. Dovremmo dirle di strusciarsi ad Edward, magari
baciarlo…”.
“Emmett
ma che dici?” Edward, sbloccato dal suo stato catatonico, guardava sconvolto il
fratello, ma il meccanismo che Emmett voleva accendere, era già in moto.
“NO!”
urlai.
Successe
in un attimo, l’immagine di Edward e Tanya che si baciavano mi spuntò davanti,
colorandomi la vista di rosso. Sapevo cosa stava per succedere e stavolta ne
fui preparata. Il mio primo pensiero ora era liberarmi di Jasper, per andare da
Edward. Dovevo tenerlo lontano da Tanya. Mi lasciai invadere dalla rabbia. Era
una sensazione fenomenale, poi percepii quella cosa malleabile, che avevo
scoperto essere il mio scudo, era poco visibile eppure bellissimo. Tardai il
più possibile, così da prendere più confidenza con esso, riuscivo sentirlo,
avvolgere il mio corpo quasi come un indumento. Poi quando mi sembrava di
averlo in mio possesso, lasciai che la mia rabbia esplodesse in tutto il corpo.
Un millesimo dopo vidi Jasper volare a qualche metro di fronte a me.
“Wow!”Emmett
gridava come fosse allo stadio. “Sei grande Bellina!”.
Anche
Carlisle ed Eleazar si congratularono, chi non era felice, era Edward, che mi
soccorse subito.
“Stai
bene?”.
Ero
seduta a terra, ansante e lui sembrava fatto di ghiaccio.
Feci
per alzarmi, ma le mie gambe miste al dolore alle costole, cedettero. Lui fu
pronto a sorreggermi.
“Carlisle!”.
Il
vampiro in modalità dottore mi si avvicinò allarmato.
“Portala
dentro.”
“Non
ce ne bisogno!”.
Tentai
di ribellarmi, ma un’occhiata di Edward mi fece subito zittire.
Mi
portarono in una stanza bianca, asettica. Sembrava di essere in ospedale.
Carlisle
mi visitò e ne risultò un’altra grande scoperta per il suo nuovo immaginario
libro “i mezzi vampiri”.
A
quanto pareva non sorbivo gli attacchi alla stessa maniera dei normali vampiri.
Loro erano simili alla roccia, mentre io essendo per metà umana, ero, per modo
di dire, più elastica. Il mio sangue circolava, e i miei organi funzionavano
proprio come quelli umani, solo accentuati alla milionesima potenza. Le mie
ossa si sarebbero riaggiustate nel giro di un giorno.
“Sai
se non fosse che sappiamo cosa sei, direi che la tua struttura è molto simile a
quella dei licantropi!”.
“Di
Jake?”.
“Si,
loro alla fine sono vivi e le loro funzioni corporee funzionano come le tue.
Però loro possiedono supervelocità, forza… come te… come noi!”.
“Carlisle,
non stai per dirmi vero che ora mi trasformerò in un lupo!”.
Lui
rise ammaliandomi. “No, Bella, non c’è nessun pericolo che tu ti trasformi!
Però devo confessarti una cosa. Quando Jacob ti ha ferita, io ho analizzato il
tuo sangue, dopo averti medicata”.
Wow,
la sua sete di informazioni non aveva limiti.
“Oh,
e quindi, dovrei denunciarla per invasione alla privacy?”.
Lui
resto sorpreso.
“Non
lo so, mi denuncerai?”.
Scoppiai
a ridere alla sua faccia.
“Carlisle
ti facevo con più senso dell’umorismo”. Lui sorrise in imbarazzo. “Su, dimmi,
cosa ne è risultato?”.
Si
entusiasmò nel vedere la mia curiosità.
“Beh,
come sai, credo, gli umani hanno 23 cromosomi, mentre noi vampiri 25.”.
“Degli
umani lo sapevo… beh se io sono una via di mezzo, quanti ne avrò? 24?”.
“Sembrerà
buffo, ma si, ne hai 24, proprio come i licantropi”.
Oh,
davvero?
“Pensi
che sia per il fatto che sono mezza… viva? Come loro?”.
“Beh,
potrebbe essere, perché no?!” restò pensieroso a riguardo.
Eh!
Un vampiro che scientificamente assomigliava più ad un licantropo, ero proprio
un gran bel scherzo della natura.
“Bella”
mi richiamò Carlisle “Edward ti stava preparando qualcosa da mangiare, perché
non lo raggiungi in cucina?”.
Lo
disse con un sottinteso… o mi sbagliavo?
“Ok
e grazie, Carlisle!”.
Lui
sorrise ed io mi avviai al piano di sotto.
In
salone trovai Jasper ed Emmett.
“Bella,
ti prego di scusarmi, non avevo capito di averti rotto delle ossa. Mi sarei
fermato altrimenti!”.
“Jasper
tranquillo. Io mi ero accorta della rottura, ma ti ho chiesto di continuare lo
stesso, anzi grazie per non esserti fermato.”
Lui
sembrava ancora scosso, mentre Emmett era sempre più in super agitazione.
“Oddio,
Bella, sei davvero una forza!”.
Risi
del suo entusiasmo, e anche Jasper.
“Jazz!”
mi permisi di chiamarlo con il suo soprannome, ormai avevamo stretto amicizia,
almeno per me era così. “Spero che continuerai ancora ad allenarmi!”.
Edward
ringhiò dalla cucina, ma feci una linguaccia verso la sua direzione e un cenno
a Jasper perché non ci facesse caso. Lui sorrise ed annuì, mentre Edward in
cucina alzò la voce.
“Forse
non leggerò la tua mente Bella, ma quella di Jasper di sicuro. Ti ho visto!”.
Ops!
Feci
un sorriso angelico e lui mi richiamò in cucina, mentre Carlisle dal piano di
sopra mi pregava di tralasciare gli allenamenti, almeno per un giorno.
Una
volta in cucina trovai Edward che mi aspettava seduto, con la faccia di uno che
la sapeva lunga.
Davanti
a lui aveva apparecchiato un posto, con un fumante e invitante piatto di pasta.
“Cucina
italiana?”.
Sorrise
“il tuo nome ha origini italiane,no?”.
Io
annuii e presi posto.
Il
piatto aveva un aspetto invitante, perciò ne presi una forchettata.
Diavoli
se era buona.
“Edward,
ma è buonissima! Complimenti!”.
Lui
sorrise raggiante, dopo un attimo di tensione.
“E’
quasi un secolo che non cucino, temevo non fosse buona!”.
Lo
guardai di sottecchi.
“Sono
la prima che assaggia la tua cucina vampiresca?”.
Lui
ghignò.
“Si,
sei ufficialmente la mia cavia!”.
Gli
sorrisi di rimando.
“Felice
di esserlo è davvero buona, ne vuoi un po’?”.
Lui
fece un faccia sconvolta quando gli misi davanti la forchetta ed io non potei
non ridere della sua faccia!
“Ah
ah, molto divertente!”.
“Beh,
tu non hai visto la tua faccia!”.
Mi
fece una smorfia ed io continuai a mangiare.
Ero
felice e spensierata. Era da tanto che non mi succedeva e la compagnia di
Edward sapeva calmarmi in una maniera spaventosa.
Terminato
di mangiare mi alzai.
“Dove
vai?” sembrava allarmato.
“A
lavare… il… piatto?!” dissi titubante.
“Oh!”
sembrò sorpreso “Abbiamo la lavastoviglie!”.
“L’avete
mai usata?”.
Lui
si grattò la testa, scompigliando la sua folta e sexy capigliatura.
“Non
credo…”.
Sorrisi.
“Non
vorrai accenderla per due cose.. dai, faccio io!”.
Non
lo lasciai controbattere tanto che dopo aver aperto l’acqua, avevo già preso
tutte le stoviglie ed ero pronta a lavare.
Lui
scosse rassegnato la testa e si mise al mio fianco con un canovaccio, in un
apparente attesa della condanna a morte.
“Che
fai?”.
“Tu
lavi e io asciugo!”.
Risi
e dopo anche lui mi seguì.
E
così, con calma io lavai il tutto e lui vicino a me asciugava quello che gli
passavo. Una scena che vista da fuori dagli occhi di umano, poteva sembrare la
cosa più normale al mondo, mentre vissuta da dentro era una cosa che continuava
a scatenare sia la mia che la sua ilarità.
Terminammo
e continuavamo a scherzare come se ci conoscessimo da tutta una vita.
Ero
così a mio agio, che neanche mi trovassi a casa mia, senza accorge mene, mi
sedetti con un salto, sull’isola della cucina.
Stavamo
ancora ridendo, quando ci guardammo e la risata terminò, mentre tutto cambiava.
Ci fissavamo, ognuno intrappolato nello sguardo dell’altro. Edward si
materializzò a pochi centimetri da me, che mi trovavo ancora seduta sull’isola.
Alzò
a rallentatore una mano e mi accarezzò con il dorso la guancia. Respirai il suo
profumo e lui fece lo stesso.
“Bella…”.
Ero
persa in lui e gli risposi in un basso sussurro “Si…?”.
“Dovremmo
parlare…”.
Sapevo
che aveva ragione, così completai la sua frase “… di noi…”
Lui
annuì piano, il suo naso mi sfiorava.
“Si…
di noi!”.
“Si…
dovremmo…”.
Lo
dissi in un sospiro, ora tutto quello che volevo era solo avere le sue labbra
sulle mie, non desideravo altro. Tutto quello che dovevamo dirci avrebbe dovuto
aspettare.
Anche
Edward era del mio stesso parere.
“Forse
dopo…”.
“Si
dopo!”.
Non
potevo più resistere.
Allungai
una mano sulla sua nuca, facendola scorrere tra i suoi capelli e un attimo dopo
serrare la presa. Decisa lo tirai a me, appoggiando la mia fronte sulla sua,
avvicinando la mia bocca alla sua. Nel frattempo lui si era posizionato tra le
mie gambe, con un mano mi stringeva dolcemente il viso e il collo, mentre con l’altra
mi aveva avvicinato al suo corpo perfetto.
Le
nostre bocche si sfiorarono, mentre i nostri respiri già si allacciavano. Al
solo sfiorare le nostre labbra, una scarica elettrica mi aveva invaso e sapevo
e sentivo che lo stesso era per lui. Stavo per dargli un vero bacio, quando…
“Edward!”.
Tanya
era entrata a tutta velocità dalla porta sul retro.
“Che
diavolo sta succedendo?”.
Alice
arrivò di corsa subito dopo.
“Scusate,
ho fatto di tutto per tenerla distante!”.
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Capitolo 14 *** capitolo 14 ***
14
Spero che le mie
dolci lettrici abbiano trascorso un felice Natale, per voi ecco il
quattordicesimo capitolo.
Vi ringrazio per seguirmi, vi ringrazio con tutto il
cuore.
Capitolo 14
***
Avevo
percepito, tramite i discorsi di Jasper ed Emmett, che Eleazar si trovava
all’esterno con Carlisle, per cui, senza troppe cerimonie, fuggii dalla cucina,
facendo finta di niente. Avevo le guance in fiamme, e un odio ancor più
profondo per Tanya che ci aveva interrotto. Per quanto ancora avrebbe pensato
di rimanere qui?
Sentivo
Edward che la pregava di darsi una calmata e che non aveva senso comportarsi
così e, mentre passavo per il salone, vidi Emmett farmi un gesto con la mano e
il pollice in su, per intendere che approvava le mie gesta. Abbassai la testa e
velocemente seguii le scie che mi portavano dai due vampiri.
Mi
dispiacqui lasciare Edward in balia di quell’oca, ma ero super imbarazzata per
essermi lasciata andare così e sapevo che non avrei saputo reggere l’atmosfera
al meglio della mia stronzaggine.
Quando
arrivai i due vampiri erano voltati dalla mia parte, segno che mi avevano
percepito.
“Bella,
ti senti meglio?”.
“Si,
Eleazar. Ho un buon medico!” e feci un occhietto a Carlisle, che mi sorrise di
rimando.
“Allora,
hai pensato alla mia proposta, di venire in Alaska per le vacanze di Natale?
Magari ci basteranno anche solo pochi giorni, visto i tuoi passi avanti di
oggi.”
“A
tal proposito, mi chiedevo, ma questo scudo psichico, come facciamo ad usarlo
se non riesco a trovarlo?”.
Già,
avevo perso qualche ora la notte prima, in cerca di questo scudo psichico,
grazie al quale sembrava Edward non potesse leggermi la mente, peccato solo che
il risultato era stato un vero fiasco.
“Stavamo
proprio parlando di questo, prima del tuo arrivo. Pare che per smuovere il tuo
potere, bisogna fare leva sui tuoi sentimenti…”
Sbaglio
o sogghignavano complici sotto i baffi di me?
“…
quindi, dopo aver chiamato Carmen, abbiamo deciso di ospitare tutta la famiglia
Cullen per la tua sezione di allenamenti, barra festeggiare il Natale tutti
assieme. Non ci crederai, ma le nostre due famiglie non lo hanno mai trascorso
assieme.”
“Lo
sai che hai ragione Eleazar, non ci avevo mai pensato, eppure sono anni che ci
conosciamo…”.
I
due vampiri si stavano perdendo in ricordi e rimpianti passati e io ripensavo
alle parole di Eleazar. Mi aveva tolto da un bel impiccio. Non volevo essere
scortese e rifiutare il suo invito, perché da sola io non ci sarei mai andata,
quindi lo avrei per lo meno pregato di lasciarmi accompagnare da qualcuno, per
fortuna però mi aveva dato l’opportunità più bella, ovvero portarmi dietro
tutta la famiglia. Questo sarebbe stato il mio primo vero Natale, con una
famiglia, vera.
“Allora?”.
“Si,
ottima soluzione Eleazar.”
“Bene,
allora avviso Tanya e poi partiamo”.
Oddio
Tanya se ne va? Dio sia lodato.
“Partite?”.
“Si,
mia cara. Da quanto ho capito voi avete ancora due settimane di scuola, poi
verrete da noi, quindi andiamo a sistemare la casa così da potervi ospitare
tutti.”.
Annuii
trasognata, Tanya se ne sarebbe andata da lì a poco, sembrava un sogno.
Qualche
ora dopo ci trovavamo tutti fuori dall’ingresso di casa Cullen intenti a salutare
gli ospiti. Tanya era furiosa. Da quanto avevo capito aveva pregato,
letteralmente e in ginocchio, Eleazar di lasciarla lì per le prossime due
settimane, ma le aveva negato il permesso.
Per
quello che mi riguardava, se lui avesse acconsentito, le avrebbe riservato un
biglietto di sola andata per l’al di là da parte mia, e penso che anche Eleazar
fosse stato di quell’ avviso, tanto che le aveva esposto una lista di motivi
per cui non avrebbe potuto restare e controbattere. Mi ricordo, che tutta la
famiglia aveva guardato Alice per capire cosa il futuro ci avrebbe riservato,
ma lei aveva sorriso, segno che Tanya non sarebbe rimasta.
Eleazar
abbracciò tutta la famiglia e inaspettatamente anche me.
“Bella,
non vedo l’ora di aiutarti a sviluppare il tuo scudo psichico.”
Arrossii
lievemente per la sua sincerità.
“Grazie
a te per la tua offerta, invece”.
Fece
un cenno col capo e si voltò per incamminarsi. Tanya non aveva abbracciato
nessuno, aveva solo salutato verbalmente e poco calorosamente la famiglia, io
neanche esistevo, aveva finto la mia assenza. Eppure riuscì a farmi incavolare
lo stesso prima di andarsene. Quando aveva raggiunto Eleazar, si era voltata
indietro dicendo ad Edward di riflettere sulle sue parole, e che da li a due
settimane avrebbe voluto una risposta. È ovvio pensare che noi tutti lo avevamo
guardato curiosi di sapere a cosa lei si stesse riferendo, ma lui aveva alzato
le spalle e non aveva detto nulla. Cosa che ovviamente mi irritò molto.
Qualche
minuto dopo Alice mi consigliò di tornare a casa, perché Angela sarebbe venuta
a cercarmi. Non mi ero portata il cellulare, e quel giorno a scuola non ero
andata. Buona amica qual’era Angela, si era preoccupata e ora stava per andare
a casa mia, per cui sarebbe stato intelligente farmi trovare magari un po’
malaticcia, così da farle intendere che ero rimasta a casa perché non mi ero
sentita bene. Salutai e ringrazia tutta la famiglia per la loro ospitalità e il
loro aiuto. Purtroppo non ebbi la possibilità di parlare con Edward di quello
che era successo, ma lo avrei fatto presto, magari cercando anche di scoprire
la questione Tanya.
Arrivai
a casa quindici secondi prima di Angela.
Toc
toc.
Aprii
la porta con indosso una tuta sgualcita e i capelli spettinati dal vento
durante la mia corsa a casa. Mi erano sembrati molto di scena, come se avessi
passato tutta la mattina a letto.
“Bella,
accidenti che faccia che hai!”.
Dovevo
ringraziare poi l’affaticamento causato dall’allenamento con Jasper, e il mio
nuovo scudo.
“Angi,
scusa, non ti ho neanche avvisato che non sarei venuta a scuola!”.
Lasciai
la porta aperta, portandomi sul divano nel salotto, così che Angela mi seguisse
dentro casa. Presi una coperta, e mi coprii come una bambina, peccato che mi
dimenticai delle mie costole rotte, e mi strinsi troppo forte la coperta tanto
da emettere un gemito di dolore.
“Qualcosa
non va?”
Angela
mi si avvicinò tutta preoccupata.
“No,
è che ho ancora un po’ di mal di stomaco!”.
“Vuoi
una tisana? Te la preparo se vuoi?”.
“No!
Cioè, non ti preoccupare, ho del brodo in forno di oggi, poi me lo riscaldo!”.
Mi
guardò pensierosa poi iniziò la sua ramanzina.
“Ti
ho mandato un’infinità di messaggi, ma non mi hai mai risposto, ero
preoccupata. Ultimamente sparisci di più del solito, sei strana, ripeto, più
del solito.”
Da
buona giornalista, Angela era una buona osservatrice.
“Scusa,
non mi sono neanche preoccupata di guardare il cellulare, ho sempre dormito!”.
“Hai
chiamato un medico?”.
“No,
ma ho preso un’aspirina e sono rimasta al caldo. Davvero sto già meglio, domani
di sicuro verrò a scuola!”.
Mi
sorrise sinceramente sollevata.
“Ok,
guarda ti ho portato gli appunti delle lezioni che avevamo in comune!”.
“Grazie.
Oh, Angi, che farei senza di te?”.
“Saresti
una secchiona lo stesso, per cui…”.
Le
tirai la lingua e lei sorrise.
“Lo
sai che neanche i Cullen c’erano oggi?”.
Si,
ovvio.
“Ehm,
no”.
“ah
ah, giusto, come avresti potuto saperlo?”.
Sorrisi
forzatamente, conscia di averle mentito più del solito ultimamente.
“Bene
Bella, ora devo andare, ho fatto una capatina di corsa, e ho mamma che mi
aspetta. Fila subito in letto e ci vediamo domani,ok? Avvisami se non vieni la
prossima volta!”.
“Grazie
mia Angela Custode!”.
“Si,
si, prendi in giro… ciao Bella!” urlò avviandosi fuori dalla porta.
Rimasi
ferma un po’, ascoltando la sua auto che si allontanava, dopo di che finalmente
mi feci una doccia calda.
Dopo
la doccia mi ero appisolata poche ore, ma verso le tre mi trovai di nuovo
sveglia, forse anche a causa di qualche fastidio alle costole.
Mi
affacciai alla finestra e vidi che la bella giornata precedente aveva lasciato
ancora qualche spiraglio al cielo, tra le nuvole, così feci quello che ormai a
Forks era impossibile fare, ma invece era sempre stato il mio hobby preferito,
guardare le stelle. Aprii la finestra e mi arrampicai così da raggiungere il
tetto. Ovviamente feci il tutto imprecando per le mie ‘ferite di guerra’.
Mi
stesi con le mani sotto la testa e inspirai l’aria circostante, per sciogliermi
del tutto, ciò però fu impossibile quando un odore troppo familiare mi invase
le narici.
“Anche
tu non riesci a dormire?” dissi per poi mettermi a ridere.
“Hai
mangiato pane e ironia per cena?” mi chiese.
“uhm..”
finsi di pensarci “no, a dire il vero non ho neanche mangiato. Mi mancava il
mio chef!”.
Edward
rise e si stese a fianco a me.
“Dovrai
assumermi a tempo pieno allora, non potrei vivere sapendoti affamata per colpa
mia!”.
“D’accordo,
ma la paga sarà minima!”.
“Parlerò
con i miei sindacati…”.
Mi
voltai, trovandolo lì a fissarmi e risi. Risi quella risata che solo lui era in
grado suscitarmi da dentro il cuore e lui rise, una risata che mi accarezza le
orecchie e l’anima.
“Che
fai quassù?”.
“Guardo
le stelle!”.
“Cerchi
qualcosa?”.
Mi
guardava, interessato, ed io ricambiai il suo sguardo, per poi riportarlo con
fatica verso il cielo. In confronto a lui, le stelle erano pezzi di carbone. La
bellezza di lui, risplendeva irreale, ovunque.
“Sai,
credo che per la prima volta in vita mia le osservi e basta, beandomi della
loro luce. Solitamente le guardavo in cerca di speranza e risposte, ma stasera,
per la prima volta, mi accorgo che non ne ho più bisogno, perché tu e tutta la
tua famiglia me le avete date entrambe… risposte.. e speranza…”
Si,
me ne accorsi solo allora.
Attesi
una qualche risposta, ma da lui non arrivò nulla. Mi voltai e lo trovai con una
faccia.. sorpresa.
“Ho
detto qualcosa di sbagliato?”.
Lui
si riprese e negò sorridente.
“No,
Bella, hai detto solo la cosa più giusta che tu potessi dire. Tutti, nella
famiglia Cullen, abbiamo provato la sensazione che stai sentendo tu ora.
Carlisle ha dato a tutti noi la speranza, e sapere che lui, noi siamo ancora in
grado di compiere un azione così bella, mi fa sentire, seppur brevemente, di
esistere per una giusta causa.”.
Le
sue parole mi rattristirono. Edward non si sentiva degno di esistere?
Mi
tirai su, portando una mano sulla sua guancia.
“Non
credi di meritare questa vita?”.
I
suoi occhi si rattristirono, e strinse la mia mano, che si trovava sulla sua
guancia, mentre si portava a gambe incrociate davanti a me.
“Tu
sei nata, questa è la tua vita… ma io sono… morto, il mio cuore non batte. Non
dovrei esistere…”.
“Se
tu non esistessi… non esisterei neanche io…”.
Mi
guardò consapevole, eppure sembrava lo stesso che pensasse di non dover essere
lì.
“…
e poi per quale motivo pensi di essere morto? D’accordo il tuo cuore non batte,
ma quando Carlisle ti ha morso il tuo cuore batteva e tu ti sei semplicemente
trasformato… ipoteticamente è come se tu ti fosse evoluto diciamo, ma non sei
morto.. perché comunque se tu lo fossi realmente, non saresti qui, davanti a me
e non potresti stringermi la mano, e non potresti sentire la mia mano che ti
restituisce la stretta…”.
Mi
guardò un attimo esitante, come se le mie parole gli stessero facendo
combattere una battaglia dentro, sul crederci o meno alle mie parole. Capii
l’esito quando scostò lo sguardo altrove e tentò di distanziarsi da me.
“Quand’ero
umano credevo in Dio… e quando… mi trasformai, l’unica cosa che mi ripetevo era
che Dio aveva fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza, ed io, un vampiro, non
lo ero sicuramente!”.
Perché
faceva così? Perché non poteva guardarsi come io lo vedevo? Semplicemente
perfetto e buono, una persona migliore di tante altre, alle quali il cuore
batteva, eppure non lo usavano.
“Stronzate!”.
Lui
mi guardò sbalordito.
“Io
non sono mai stata umana, ma nei miei studi ho letto di questo Dio e a me piace
pensare che esista e dato che anche tu pensi che esista, lascia che sia lui a
giudicare e giudicarti. Ho sempre pensato anch’io di essere un abominio, di non
dover esistere, di essere un mostro, ma da quando ho conosciuto voi, ho
cambiato modo di vedere le cose. Si, sono ancora l’eccezione alla regola.
L’unica nel mio genere, ma se esisto, se voi esistete, e se comunque il mondo,
con gli umani, va avanti lo stesso vuol dire che forse è giusto che noi siamo
dove ora siamo. C’è stato un tempo che neanche l’uomo esisteva, se ci pensi, ma
poi eccolo. E non era forse diverso da tutti gli esseri che già prima popolavano
questo pianeta?”.
Lui
mi guardava trasognato.
“Sapresti
essere convincente, ma tu non mi conosci. Tu pensi sia buono, ma non sai cosa
ho fatto in passato… non merito di esistere…”
“Allora
neanche io dovrei meritare di esistere…”.
La
sua espressione si addolcì e mi accarezzò il viso.
“Tu…
come puoi pensare di non….”.
“Alt,
è esattamente quello che sto cercando di farti capire…”.
“Ma
io…”.
“Tu
cosa Edward?”.
Si
irrigidì per qualche secondo, poi afflosciò le sue spalle sotto un peso
invisibile ai miei occhi.
“… poco dopo la mia trasformazione, iniziai a
pensare che Carlisle cercasse di tarpare le ali alla mia libertà e che mi
nascondesse la parte più bella dell’essere vampiri. Lasciai la sua casa e feci
il giro del mondo. Iniziai a bere sangue umano, dapprima da sacche di ospedali,
poi direttamente dalla vena pulsante degli umani. Era una droga, ne volevo
sempre di più, iniziai ad uccidere notte dopo notte… giocai a fare Dio,
uccidevo persone malvagie, che secondo me meritavano la morte… ma proprio come
hai detto tu, chi sono io per poter giudicare e togliere la vita a mio
piacimento? Io non ero e non sono Dio, ero e sono un mostro per tutto quello
che ho fatto…” .
Si
scostò da me, vedevo nel suo sguardo l’orrore per se stesso e il timore di
esserlo anche per me.
“Allora
forse dovremmo fare i mostri insieme!”.
Vidi
di aver catturato la sua attenzione.
“Tu
sai benissimo la mia storia, o parte di essa comunque. Sai benissimo che
anch’io, come te, ho visto tutte le tue stesse identiche cose, ed io sono anche
più colpevole di te… tra i due il mostro sono io!”.
Lui
rise amaro.
“Come
potresti?”.
Questa
volta fu il mio turno di irrigidirmi, non l’avevo mai detto a voce alta, quello
che la mia mente ora stava rivivendo.
Mi
alzai tesa, ricordare quella me mi faceva male. Lui si accorse del mio
turbamento e mi fu subito a fianco per poi cingermi le spalle in un abbraccio.
“Anch’io
come te ho giocato a fare Dio, toglievo la vita alle persone che ritenevo lo
meritassero…”.
Presi
un lungo respiro e continuai.
“Una
sera ero strafatta di sangue, me ne stavo tornando a casa quando trovai una
donna morta ed era palese che prima era stata violentata. Non ero lucida e la
rabbia aveva preso possesso subito di me, tanto da essermi messa subito sulle
tracce dell’assassino. Seguii la sua scia fin nel suo appartamento ed entrai
furiosa e bramosa del suo sangue. Lo uccisi in pochi istanti bevendo fino
all’ultima goccia. Nonostante fossi sazia, il suo sangue e tutta l’emotività mi
convinse a volerne ancora e non mi sfuggì l’altro cuore che batteva in quella
stanza… non ci pensai due volte, anzi nemmeno una… i miei più oscuri istinti decisero
per me…”.
Mi
accorsi che stavo piangendo solo perché Edward mi aveva stretto più forte nel
suo abbraccio.
“…
quando quel cuore scoccò l’ultimo battito, mi accorsi di quello che avevo
fatto… tra le mie braccia tenevo una bambina dal viso innocente, aveva lunghi
boccoli biondi ed una gola squarciata… che IO avevo squarciato… da quel giorno,
non bevvi più sangue umano…”.
Le
mie ultime parole mi travolsero nel mio luogo oscuro, dove per anni avevo
vissuto, a causa di quello che avevo fatto. Le lacrime non davano segno di
fermarsi e le braccia di Edward a staccarsi.
Mi
scostò lievemente così da guardarmi in faccia.
“Anch’io
vorrei saper piangere, per farlo assieme a te…”.
Subito
dopo prese a baciarmi le scie che le mie lacrime lasciavano nel loro percorso.
Quando si avvicinò alla mia bocca, tutto venne da se. Le nostre labbra si
sfiorarono dapprima lentamente, facendo conoscenza, poi più spavalde. Il bacio
da prima lento e dolce, diventò violento e passionale. Valeva più di mille
parole. In esso c’era tutto: la sua e la mia colpa, il dolore, la voglia di un
perdono dall’alto, amore, speranza… eppure, non sembrava cosa più giusta in
quel momento, noi due, su quel tetto, sotto le stelle. Tutto il mondo era ora
nel suo giusto equilibrio, tutti i pianeti nell’universo erano in una linea
perfetta.
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Capitolo 15 *** capitolo 15 ***
15
Dopo una vita e mezza eccomi qua!
Spero abbiate passato tutte un buon capodanno e auguro
sinceramente un felice anno per tutti! Io ne ho decisamente bisogno!!!
Vi ringrazio per l’appoggio che mi date in questa ff,
non potete immaginare quanto siate fondamentali!
Capitolo 15
***
Mi
svegliai con la strana e piacevole sensazione di non essere sola. Con gli occhi
chiusi cercai di capire dov’ero, e le immagini della sera precedente
riaffiorarono nella mia mente.
Era
successo davvero? Non era stato solo un sogno? Avevo davvero confessato ad
Edward il mio più oscuro segreto e lui non era fuggito, anzi, mi aveva baciata?
Mi
accorsi di essere accoccolata su qualcosa di leggermente tiepido e che di
sicuro non era il mio cuscino, poiché prese ad accarezzarmi i capelli con un
movimento incantatorio. Sorrisi.
“Buongiorno
Bella Addormentata!”.
Sorrisi
ancora di più e aprii un occhio solo, guardandolo.
“Sei
rimasto davvero …”.
Richiusi
gli occhi dopo aver verificato la sua reale presenza e mi strinsi di più a lui.
“Avevi
dubbi?”.
“Nah…
ma capita che a volte il mattino dopo le persone si sveglino e vedano le cose
in modo diverso dal giorno prima…”.
“Allora
dovrei essere io quello in dubbio, dato che qui quella che dorme sei tu, non
io!”.
Seppi
per certo che sorrideva sotto i baffi.
Mi
tirai su e lo guardai in faccia, beandomi della sua bellezza.
“Beh,
Mr Ovvio, sappi che la mia dormita non ha cambiato nulla…”.
Sorrise
prendendomi il viso tra le sue splendide mani e stampandomi un Signor Bacio del
buongiorno.
“Buono
a sapersi…”.
Gli
sorrisi, ma poi qualcosa attirò la mia attenzione. Di scatto mi tirai su in
ginocchio in mezzo al letto e seria.
“Com’è
che quando ti sei steso su questo letto indossavi una camicia azzurra e ora hai
una felpa grigia?”.
Il
suo sguardo dapprima spaventato, si rilassò.
“Bella,
non potevo certo uscire di qui con gli stessi vestiti con cui ero entrato, cosa
avrebbero pensato i vicini?”.
Alzai
un sopracciglio.
“Perché
pensi che i miei vicini alle tre di notte guardino come sei vestito, mentre
passeggiamo sul tetto?”.
Rise
alla mia domanda.
“Non
si sa mai.”.
“Non
si sa mai!”.
Feci
eco della sua risposta ironicamente.
Guardai
poi l’ora e vidi che mancava un’ora all’inizio della scuola, anche il suo
sguardo seguì il mio.
“Bene,
penso che ora andrò a farmi una doccia!”.
“Ed
io, quale tuo nuovo chef, ti preparerò la colazione!”.
Gli
sorrisi e lui mi diede un bacio sul nasino, per poi scendere al piano terra.
In
uno stato nebuloso di felicità mi feci la doccia. Uscii e mi recai nella stanza
accanto, nella cabina armadio.
Sorrisi
e misi dei jeans neri, delle converse grigie ed un felpa grigia. Un colore a
caso ovvio.
“Bella?”.
La
sua voce angelica poco lontano da me mi chiamava.
“Sono
vestita, entra pure.”.
Due
secondi me lo trovai alle spalle, il suo riflesso nello specchio davanti a me. Mi
sarei mai stancata di guardarlo?
“Uhm,
ottima scelta d’abiti!”.
Risi
e poi lo vidi guardarsi attorno scettico.
“Sappi
che quando lo saprà Alice sarai morta!”
Non
capivo.
“Di
cosa parli?”.
“Di
tutti questi vestiti. Quando lo saprà saranno guai. La conosco abbastanza da
sapere che ti dirà che non è logico venire a scuola in felpa se nel tuo armadio
sfoggi da Chanel ad Armani”.
L’ultima
parte la disse imitando la voce di Alice. Metteva i brividi, lo giuro.
“Ok,
non farlo più ti prego… sembravi davvero lei!”.
Rise
abbracciandomi.
In
cucina trovai la tavola apparecchiata per una persona, un rosa rossa in un vaso
alto e fine e una tazza piena di cereali al cioccolato fondente e al latte.
Come diavolo faceva a sapere che quella era lo cosa che più adoravo? Presi la
rosa e l’annusai. Era stata appena colta e il suo profumo fresco era un odore
delizioso.
“E’
bellissima…”.
Lo
guardai e lui stava appoggiato allo stipite dell’ingresso alla cucina, la
parola bellissimo ancora non gli rendeva giustizia. Sembrava creato
perfettamente per risplendere tra il mobilio della mia casa.
Uhm,
l’idea di averlo lì 24 su 24 non mi disturbava affatto.
“E
come facevi a sapere i miei gusti?”.
Lui
rise picchiettandosi la tempia.
“Lo
hai detto ad Alice una volta.”.
Quella
volta al supermercato, ma certo.
“Non
era lì per fare la spesa vero?”.
“Ehm…
no!”.
Ovvio.
Mangiai
volentieri la colazione da lui preparatemi, e chissà come, furono i più buoni
cereali con il latte che io avessi mai mangiato in vita mia.
Lavai
tutto e dopo aver preso la mia tracolla, con la Volvo di Edward ci recammo a
scuola.
Fu
ovvio che il nostro arrivo destò più polverone del solito tra i studenti della
Forks High School, poiché quel mattino arrivammo assieme. Era palese quello che
voleva significare, per loro almeno, per me no.
Lui
scese dall’auto e con fare da vip mi passò un braccio sulle spalle avviandoci
all’interno.
“Ci
guardavano tutti!”.
“No,
guardavano te, perché sei più bella del solito…”.
“Si,
farò finta di crederti.”.
Se,
banane. Non penso proprio che il loro pensiero fossero quanto io fossi carina o
meno.
“A
cosa pensi?”.
Sembrava
seriamente infastidito di non saperlo.
Ci
fermammo di fronte al mio armadietto.
“Sicuramente,
penseranno che noi stiamo assieme…”.
Lasciai
la frase con la cadenza di far credere di dover dire qualcos’altro.
“E…?”.
Mi
incitò lui.
E
cosa? Oddio, mi sentivo stupida dover chiedergli se stavamo assieme o no.
Dov’erano
finiti gli uomini che prendevano loro l’iniziativa in tutto e per tutto? Perché
al giorno d’oggi sembrava che fossero le donne a dover corteggiare gli uomini e
non il contrario?!
Fortunatamente
la campanella suonò.
“Oh,
la campanella. Vado in classe, Angela vorrà spiegazioni. Ci vediamo a pranzo!”.
Non
lo lasciai contraccambiare, mi ero instupidita all’improvviso.
Diamine,
non mi riconoscevo più.
Dov’era
finita la cazzuttissima Isabella Swan che al cuore lei sola comanda? Non mi era
mai capitato di trovarmi in una situazione simile. In passato era successo molte
volte che mi facessero il filo, c’era stato qualcuno di interessante, ma per
ovvie ragioni, ero sempre riuscita ad uscirne indenne. I sentimenti non erano
mai stati sfiorati, nemmeno con una mano immaginaria.
Ma
ora?
Edward
Cullen era riuscito ad entrarmi dentro in una maniera spaventosa, ovvero in
assoluto silenzio, senza accorgermene. Si, mi era piaciuto fin dall’inizio è
vero, ma tutti questi sentimenti che provavo ora, da dove arrivavano? E come se
ci fossero sempre stati, non ricordavo nemmeno l’esatto istante in cui io potessi
dire: ‘si! Edward Cullen, hai iniziato a far battere il mio cuore per te’.
Erano
lì, ovvi e in bella mostra e l’unica cosa che più sentivo era la paura, paura
di perderlo ora che lo avevo trovato. Ora che sapevo di poter provar sentimenti
così.
“Bellaaaa!”.
Angela
mi stava urlando nell’orecchio destro.
“Accidenti
Angi. Ti sei ammattita?”.
Lei
mi guardò incredula.
“Io
ti sto chiamando da 5 minuti senza avere nessuna risposta da te, e sarei io
quella ammattita?”.
Era
buffa, trattenni a stento una risata.
“Scusami,
avevo la testa tra le nuvole!”.
“Ma
davvero? Giuro non si era notato!”.
Le
diedi una spinta.
“Ah
ah!”.
Improvvisamente
cambiò espressione, diventando una finta seria. Aiuto, l’ora x
dell’interrogatorio era arrivata.
“Allora
Bella?”.
Feci
finta di nulla.
“Allora
cosa?”.
“Non
fare la finta tonta con me.”
“Davvero
Angi, non so di cosa tu stia parlando!”.
La
mia amica mi prese per le spalle scuotendomi.
“Dannazione
Bella, tu e … oddio non riesco neanche a ripeterlo ad alta voce…”
Boccheggiò
un paio di volte, poi a bassa voce disse: “tu ed Edward Cullen!”.
Poi
batté le mani, con aria sognante.
“Da
quant’è che state assieme? Perché non mi hai detto che ti sentivi con lui?
Oddio, che emozione. Sono sicura che la scintilla è scoccata la sera del ballo.
In alcune foto vi guardate come se foste attratti come calamite. Lo so, me la
sento, ne sono sicura….”.
“Oddio,
Angi, respira!”.
Angela
prese un respiro, poi ritornò di nuovo su di me.
“Allora?”.
E
ora che le raccontavo?
“Ci
siamo scambiati il numero di cellulare la sera del ballo e ci siamo sentiti un
paio di volte, ma non siamo ancora usciti assieme.” E questo era vero. Io ed
Edward non avevamo avuto di sicuro il classico primo appuntamento. “Ieri mi ha
chiesto se oggi poteva accompagnarmi a scuola e stop, finita la storia!”.
Le
spalle di Angela si afflosciarono, delusa.
“Cosa?
Tutto qua? Eppure stamattina la vostra entrata sembrava volesse dire
tutt’altro!”.
Già
lo so.
“Angi,
che vuoi che ti dica, è presto ancora, non si sa ancora niente di certo, di
cosa possa accadere tra me e lui.”
“Allora
la mia migliore amica non è la ragazza di Edward Cullen?!”
Ehm,
no, ci eravamo baciati, ma non c’eravamo scambiati amore eterno.
“No,
Angi, non lo sono!”.
Mi
sentivo in combutta con me stessa, e il richiamo da parte del docente che fece
zittire Angela, mi permise di concentrarmi sul fatto che… non sapevo cosa
dovevo fare. Come ci si comportava di solito in queste occasioni? Avevo letto
tanti libri per niente, neanche uno sembrava darmi le risposte che cercavo.
Arrivò
l’ora di pranzo con fatica e quando arrivai in mensa notai che Edward sedeva
sul mio tavolo, da solo, e non con i suoi fratelli. Indicò il suo vassoio sotto
di se e fece segno di sedermi con lui. Non so perché ma il suo viso non era
sereno.
“Ti
ho preso il pranzo, almeno tu farai finta di mangiare anche per me!”.
Guardai
il vassoio colmo di cibo.
“Non
penserai però che io mangi tutta quella roba, vero?”.
“No,
scegli quello che vuoi!”.
“Ok!”.
Mi
sedetti davanti a lui e presi un trancio di pizza.
“Com’è
andata la tua mattinata?”.
Si
c’era di sicuro qualcosa che non andava.
“Lunga,
la tua?”.
“Interminabile.”
Annuii.
Cristo,
via il dente.
“Che
hai Edward?”.
Lui
si scosse, come se si fosse appena svegliato.
“Niente,
perché?”.
“Mi
sembri… distante!”.
“Non
vorrei che qualcuno pensasse che fossi il tuo ragazzo!”.
Scusa?
“wow,
e tutta questa acidità te l’hanno data gratis sopra il pranzo?”.
Edward
iniziò a giocare nervosamente col cibo nel vassoio.
Che
gli prendeva e da dove aveva tirato fuori… ah, un momento.
“Hai
ascoltato la mia conversazione con Angi stamattina.”
E non
era una domanda!
Lui
spostò lo sguardo sull’insalata. Bingo!
“Scusa,
mi spieghi cosa avrei dovuto dirle? Sai Angi, vedi io Edward abbiamo molte cose
in comune, non moriremo mai, siamo dei mostri… è questo ci ha fatto avvicinare
moltissimo”.
Lui
mi guardò colpevole.
“Io…”
provò a dire, ma non continuò.
“Cosa?
Dio parla Edward. Stanotte ci siamo baciati, ma non mi sembra di ricordare che
tu mi abbia chiesto di diventare la tua ragazza, perciò ad Angela non credo
proprio di averle mentito. Infondo noi non stiamo assieme…”.
Lui
mi guardava consapevole.
“Oddio, quei due mi hanno rotto!”.
Sia
io che Edward ci voltammo verso la persona che aveva detto quella frase, ovvero
Alice, a tre tavoli da distanza. Ci guardava con gli occhi fuori dalle orbite.
Muoveva la bocca, e parlava ad una tonalità percepibile solo alle nostre
orecchie.
“Insomma, si vede da un chilometro che vi
andate dietro. Cosa serve farne un dilemma del genere. Ve lo dico io, voi state
ufficialmente assieme e intanto, io vi organizzerò le nozze!”.
Chiuse
il discorso con un sorrisetto da brivido dei suoi.
Vidi
tutti gli altri Cullen annuire alle sue parole ed una Rosalie aggiungere: “Grazie Alice, stavo per intervenire io!”.
In
sincrono io ed Edward ci voltammo scioccati, per poi metterci a ridere.
“Beh,
quello che dice Alice , non va discusso!”.
“Si,
Bella, è vero, ma mi sentirei un vile se ora non ti chiedessi, nelle mie più
piene facoltà mentali… vuoi essere la mia ragazza?”.
La
proposta la disse con una tale intensità, che solo lui era in grado di dare ad
una semplice frase.
Sorrisi.
“Si,
lo vorrei!”.
Ci
prendemmo per mano e lui mi diede un dolce bacio a fior di labbra.
Passarono
così, le due settimane che ci dividevano dalle vacanze natalizie, e quindi da
Eleazar.
La
sera stessa del nostro ‘fidanzamento’, Edward, mi portò fuori per un
appuntamento. Non essendo però noi due normali, fu ovvio che il nostro
appuntamento non sarebbe stato come quelle delle persone umane. Edward, molto
galantemente, mi portò in Canada a cacciare, e per galantemente, intendevo, che
nella corsa si era limitato per poter rimanere al mio fianco. Era stata la
caccia più strana della mia vita, primo perché era impossibile concentrarsi,
dato che Edward era così felino, affascinante e aggraziato, che la
concentrazione era una cosa di cui non sapevo nemmeno l’esistenza; secondo, perché
non faceva altro che baciarmi, quando dovevo attaccare. Il giorno dopo, però,
potei dire ad Angi, che finalmente eravamo usciti assieme, solo che nella sua
versione, eravamo andati a bere qualcosa a Port Angeles e che ora poteva
definirsi la migliore amica della ragazza di Edward Cullen.
A casa
Cullen erano tutti felici di sapere di noi due. Carlisle, più di tutti, poiché il
suo Edward era stato solo fino ad ora, e sapeva quanto ci soffrisse. Mai avrei
pensato che un giorno mi sarei ritrovata a vivere tutto questo, un amore ed una
famiglia fantastica.
Nelle
due settimane che passarono continuai anche ad allenarmi, non solo con Jasper,
ma anche con Emmett, il quale aveva espresso la sua insensata voglia, di
provare il mio scudo fisico. E chissà come, dopo che riuscii a sbalzarlo via da
me, si era così gasato del colpo infertogli, che invece di indietreggiare a
tale potere, insistette per voler combattere con me, ancora più di prima. Emmett
era la prova vivente, che anche i vampiri, come gli umani, potevano soffrire di
schizofrenia e Carlisle, ovviamente, fu molto stuzzicato da tale idea.
Jasper,
quale intelligente stratega, studiò anche degli eventuali schemi d’attacco per,
sempre eventuali, scontri con altri vampiri, di cui io ero l’asso nella manica.
Cercammo di fare in modo, che per me fosse sempre più facile poter utilizzare lo
scudo, anche per salvare i miei compagni di battaglia, qualora essi fossero in
pericolo. Con Edward quella volta fu facile, prendere di mira Tanya e non lui,
eppure quando ritentammo, non fu ugualmente semplice. Era finita che oltre ad
Emmett avevo preso anche Rosalie, la quale, invece, avrei dovuto salvare. Passammo
due intere notti ad allenarci su ciò, ma in qualche modo, alla fine ero
riuscita a trovare un punto d’incontro con il mio scudo fisico.
Jasper
era sempre più affascinato dal mio potere. Aveva passato giorni a mettere per
iscritto i suoi pensieri. Secondo lui io sarei stata una grande minaccia per i
Volturi, poiché il mio scudo per intero, quindi fisico e psichico, avrebbe
neutralizzato tutta la guardia dei tre signori, per questo si era poi deciso a
insegnarmi nei minimi dettagli la lotta fisica corpo a corpo, così che potessi
divenire un vampiro temibile sotto tutti i punti di vista.
Chi
non fu felice di tale decisione fu ovviamente Edward. Lui soffriva vedermi
attaccata dalla sua famiglia, seppur conscio del fatto che era un allenamento. Più
di una volta aveva attaccato il mio partner di combattimento quand’ero in
difficoltà, e quanti litigi ne erano susseguiti, poiché io non volevo essere
salvata, io volevo salvarmi da sola, con le mie forze e lui questo non riusciva
a capirlo. Lui ancora ora non riusciva a comprendere il fatto che per sessanta
anni della mia vita, io me l’ero sempre cavata da sola, e questo era più forte
di me. Lo amavo, anche se non glielo avevo ancora detto, però avevo imparato
che prima di poter amare gli altri, bisognava saper amare se stessi, ed io, per
quanto lui fosse il mio tutto, non avrei mai permesso che me stessa venisse
messa in secondo piano.
La
sera prima della partenza avevo preparato il mio trolley ed ero poi andata dai
Cullen, non prima di aver avvisato Angela che per le vacanze natalizie sarei
andata in vacanza con la famiglia di Edward.
Ci
trovavamo tutti nel grande salone aspettando che Alice finisse di impacchettare
le sue cose, quando Emmett lanciò una frecciatina.
“Ehi
Eddino, cosa dirà Tanya quando vedrà te e Bellina tutti appiccicati?”.
Edward
doveva ancora rispondere, quando io mi ricordai delle parole di Tanya alla sua
partenza.
“Grazie
Emmett per il promemoria, Edward che risposta è che dovresti dare a Tanya
appena arriviamo?”.
Vidi
Edward guardarsi in giro imbarazzato mentre si grattava nervosamente la testa e
tutta la sua famiglia lo osservava curiosa.
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Capitolo 16 *** capitolo 16 ***
16
Eccoci al sedicesimo capitolo. Grazie di
cuore per essere ancora qui a seguirmi.
Vi voglio bene!!!
Capitolo
16
***
Stavo in piedi davanti ad Edward con le
mani sui fianchi, così da incutere un po’ di timore, anche se a dire il vero mi
faceva un po’ ridere la scena.
Edward dopo avere devastato ancora di
più la sua chioma, si alzò parandosi a pochi centimetri da me, sussurrando un
‘Seguimi!’.
“E dai fratellino… voglio sapere
anch’io…”.
Emmett si lagnava, mentre io ed Edward
andavamo verso l’esterno. A quanto pare voleva parlarne con me, ma senza
rendere la cosa troppo pubblica. Questi erano quegli atteggiamenti che
mostravano quanto lui fosse gentiluomo, perché per quanto Tanya potesse essere
odiosa, era un donna, e lui era nato nell’epoca in cui il cappello si toglieva
per educazione, non in quella che lo si premeva di più sugli occhi.
Saltò il fiume con un ampio salto e
subito ne fece un altro, io lo seguii a ruota.
“Qui non ascolterà nessuno!”.
Annuii mentre mi sedevo su una roccia
che ergeva in mezzo a quella mini radura, lui invece restò in piedi a pochi
metri da , fissando il nulla tra gli alberi, per poi posare lo sguardo sul mio.
“Cosa pensi mi abbia detto?”.
“Beh, non è difficile, che forse ti ama,
che vi conoscete da tempo, bla bla.. e che sarà giusto così…”.
Lui mi guardò stupito, e mi osservava
come se volesse leggermi dentro. Ah! Anzi, di sicuro cercava di leggermi
dentro, ma senza molto risultato, vedendo la sua frustrazione nella piccola V
che si era andata a formare tra le sue sopracciglia. Avevo voglia di
distenderla con le mie dita.
“Sicura che non leggi anche nel pensiero
tu?”.
Risi.
“No, non mi risulta, ma sono
oggettiva.”.
Si avvicinò di qualche passo.
“Beh, in sintesi le cose stanno come tu
le hai esposte…”.
“E…?” lo incitai a continuare.
“E… niente. Insomma, se volesse Tanya
avrebbe un gran cuore, l’ho visto molte volte in passato, soprattutto con la
sua famiglia. Si comporta in modo esagerato lo so…”.
“Sei sempre troppo buono!”.
Cercava sempre di non essere nella parte
del cattivo.
Mi sorrise sghembo.
“Non mi piace ferire le persone.”
“Lo so, ed è una cosa che apprezzo molto
di te.”
Accorciò la distanza e mi avvolse nel
suo abbraccio.
“Forse mi reputi migliore di quel che
sono.”
Alzai di nascosto gli occhi al cielo.
“No, Edward, non iniziare questo
discorso, sai già che vincerei io!”.
“ok, come non detto!”
Si staccò ridacchiante da me.
E così lei gli aveva detto che lo amava,
ah? Zoccola!
“E così ti ama perdutamente?”.
Lui tirò la bocca in una smorfia,
agitandosi un po’.
“Diciamo che i suoi sentimenti non sono
molto profondi, a mala pena sinceri, ma in ogni caso, non qualcosa che io possa
ricambiare”.
Chissà perché, ma darlo per scontato e
sentirlo dire, sono due cose così differenti. Tirai mentalmente un grosso
respiro di sollievo.
“Come pensi reagirà, quando ci vedrà o
vuoi mantenere segreta la nostra relazione?”
Durante la frase mi ero accorta che
magari c’era la possibilità che lui non la volesse far soffrire così tanto, da
chiedermi di far finta di niente.
Spezzò subito le mie ansie.
“Bella, non è la prima volta che Tanya mi
rivela i suoi sentimenti, forse questa è stata la volta più esplicita, ma ha
sempre saputo che io non l’avrei mai ricambiata. Io non ci penso neanche a
tenerti nascosta, a tenerci nascosti. Siamo io e te, piccola!”
Perché la parola ‘io’ accostata ad un ‘e
te’ uscito dalla sua bocca, suonava sempre così dannatamente bene?
Annuii, incapace di dire altro e lo
baciai, per esprimergli le mie mute parole, che il cuore mi suggeriva.
Dopo infine avergli sussurrato un ‘buona
fortuna’, tornammo dalla nostra famiglia che ci aspettava nel garage e aveva
appena finito di caricare i bagagli. Avremmo fatto tre macchine, la Mercedes di
Carlisle, la Volvo di Edward e la Jeep di Emmett. Quest’ultimo, non appena
arrivammo, mi si avvicinò bisbigliando un ‘quindi?’.
“Emmett non sono affari tuoi!”
Edward lo rimproverava.
“Eddino, perché fai l’antipatico?”
Edward strabuzzò gli occhi, mentre Emmett
si allontanava ammiccandomi strizzando un occhio.
Era proprio fuori. Un vampiro alto e
grosso, ma con l’anima di un bambino di cinque anni.
Il viaggio fu un inferno poiché con me
ed Edward, salirono anche Jasper ed Alice. Ovviamente Jazz fu quiete come il
suo solito, quello che non si poté dire di Alice. Per tutto il viaggio non fece
altro che parlare e la parte peggiore fu quando cercò di coinvolgerci in quelle
stupide canzonette da viaggio o da campeggio. Le volevo bene, ma a volte
l’avrei strozzata, no forse era meglio dire, imbavagliata. Si, meglio, non
bisognava certo farsi prendere dalla mano fino in fondo, no?
“Alice, siamo quasi arrivati, puoi per
cortesia, fare silenzio?”
Edward saettava il suo sguardo dalla
strada allo specchietto retrovisore.
“Emmett ha ragione sei antipatico!”
Lui sbuffò, io risi, riservandomi una
sua occhiataccia, che mi fece allargare il sorriso di più.
Dopo cinque minuti arrivammo. Eravamo
praticamente circondati dalla neve, sembrava quasi un luogo surreale, da quanto
sembrava magico. La casa di Eleazar era una villetta fatta interamente in
legno, era bellissima. La loro casa era circondata da una distesa di neve
contornata più in là da immensi boschi. Tipico per un vampiro vegetariano.
Parcheggiammo davanti e subito i padroni
di casa uscirono. Riconobbi Eleazar accompagnato da quella che doveva essere
Carmen, poi vicino a loro Tanya, con al seguito le sorelle, Irina e Kate. Si
somigliavano tutte e tre, essendo tutte bionde, eppure le altre due Denali,
sembravano per quanto poco, meno oche della sorella. Beh, l’avremmo scoperto
presto di sicuro.
Scendemmo ed Edward mi si avvicinò
subito, prendendomi per mano e intrecciando le nostre dita, cosa che non sfuggì
a nessuno del Clan Denali, soprattutto Tanya, che affilò lo sguardo su noi.
Dopo i primi saluti, Eleazar si fece
avanti per presentarmi la sua famiglia.
Carmen, dai lunghi capelli neri e un
viso dalle curvature spagnole. Era molto bella e il suo sguardo era dolce.
Come avevo sospettato sia Kate che Irina
erano molto differenti dalla loro sorella, avevano i piedi per terra
Finite le presentazioni, portammo i
bagagli all’interno.
“Carlisle, vi abbiamo riservato le
solite camere.”
Poi Eleazar si voltò verso me,
palesemente imbarazzato.
“Io Bella ti ho preparato un camera
apposita per te, con letto e tutto. Però insomma Edward, non sapevo, non so tu…
come…”.
Guardai Edward che tratteneva un
sorriso.
“Tranquillo Eleazar, si condividerò la
camera con Bella.”
Tutti ridacchiavano, tranne Tanya che
ringhiò e se ne andò sbattendo la porta.
“Scusatela!” disse Kate.
Emmett per fortuna con i suoi interventi
inopportuni salvò la situazione, sebbene a mio danno d’immagine.
“Oh, tranquillo Eleazar, tanto anche se
gli dai due camere separate, il furbetto pel di carota la notte sgattaiolerebbe
in camera di Bellina, quindi tanto vale dargliene una. Sai com’è, è stato solo
un secolo!”
“Emmett!” urlammo all’unisono io ed
Edward, mentre gli altri se la ridevano.
Ci aveva fatto passare per due
quindicenni in calore, peccato che io ed Edward non avevamo ancora fatto il
gran passo. Era strano però, perché da quello che sapevo del mondo i ragazzi,
specialmente il giorno d’oggi, dopo un bacio pretendevano già il tuo tutto,
come se fosse quello l’importante. Invece, con Edward, non era così. Ero io a
ritrovarmi a fare sogni ad occhi aperti molto vietato ai minori di 18, lui
nella realtà era e si comportava come il gentiluomo che lui era. A volte mi
passava per la testa che forse non ero desiderabile, però poi mi riscuotevo
pensando che forse era solo Edward che voleva aspettare, perché lui ad ogni
gesto dava la giusta importanza.
Una volta in camera e posato i bagagli
ci guardammo silenziosi per una frazione di secondi e poi scoppiammo a ridere.
“Giuro che un giorno o l’altro ucciderò
Emmett!”
“Bella, pensa che io vivo con lui da più
di mezzo secolo!”
Feci una faccia di puro orrore.
“Non ti invidio affatto!”
Ridemmo ancora ed Edward mi abbracciò,
stampandomi un bacio che presto cambiò in pura passione.
“Allora piccioncini staccatevi. Dai, Eddino,
la nostra gara di Grizzly!”
Mi sentii scuotere e trovai Emmett che
tirava Edward per la manica come un bambino.
Si lo ucciderò ne sono sicura.
Edward riservò uno sguardo di pura
disperazione nei miei confronti e uno da pure killer nei confronti di Emmett.
“Dai vai!”
Sbuffò e mi diede un bacio sul naso, per
poi seguire Emmett fuori dalla porta, il quale urlava a Jasper che stava per
arrivare anche da lui.
Sorridendo disfai i bagagli di me ed
Edward e poi non sapendo che fare scesi al piano di sotto.
Nel salone di fronte ad un fuoco
scoppiettante che presumo esistesse più per mostra che per necessità, trovai
Esme, Carlisle, Carmen ed Eleazar.
“Oh, Bella, stavo proprio pensando a
te!” mi disse quest’ultimo.
“Dovrei preoccuparmi?”.
Suscitai la sua ilarità.
“No, ancora no. Ha fatto progressi il
tuo scudo?”.
Annuii contenta e decisa, per poi
raccontargli di quelle due settimane di allenamento che mi avevano permesso di
riuscire ad usufruire, anche se in modo non del tutto perfetto, il mio scudo
fisico.
Ne era estasiato e non vedeva l’ora che
arrivasse l’indomani per iniziare la sessione di allenamenti con Kate, che a
parer suo era anch’essa estasiata all’idea. Mah!
All’ora di cena Carmen si offrì di
prepararmi qualcosa da mangiare, dato che avevano fatto la spesa in mio onore.
Lei come Esme, mi facevano volentieri da mangiare, perché era una cosa che le
faceva sentire più umane, ed era ovvio, che non ce ne fosse poi molta occasione
di farlo. Io ero la scusa giusta e ne ero felice, almeno la mia diversità
rendeva felici per qualche minuto altre persone.
Giunta sera, Edward non era ancora
tornato ed a me stava venendo sonno, così dopo aver ringraziato i presenti
andai a letto.
Mi resi conto di essere una ninfomane
perché i miei sogni si erano fatti decisamente colorati e poco raccomandabili.
Mi svegliai di botto imbarazzata per la mia mente malsana. Mi stupii inoltre di
continuare a sentire gemiti e frasi nonostante mi fossi svegliata. No, mi stavo
davvero ammalando, non ero normale.
Mi voltai alla mia sinistra e mi accorsi
che Edward non era ancora arrivato e che la sveglia segnava le tre del mattino.
Chissà perché, ma mi svegliavo sempre a quell’ora.
Presi un ampia boccata d’aria e mi
accorsi che quei gemiti non erano frutto della mia immaginazione. Oh, cazzo
erano Emmett e Rosalie. Chissà da quanto andavano avanti, forse era stata colpa
loro se avevo fatto un sogno così strano. D'altronde i sogni che facciamo li
creiamo in una frazione di secondo e poi per tutta la durata del sonno li
rielaboriamo, credendo invece di aver sognato per tutta la notte. Ah, il
cervello umano. E pensare che nel mio caso lo era per metà.
Mi misi dei Jeans ed una felpa di
Edward, giusto per sentire il suo odore, e dopo aver infilato gli UGG saltai
fuori dalla finestra.
Come atterrai mi accorsi di non essere
stata la sola a saltare fuori da una delle finestre di Casa Denali.
“Alice?”.
“Ciao Bella, già sveglia?”
“Diciamo che sono stata svegliata!”
Lei ridacchiò.
“Esme e Carmen mi avevano invitato ad
andare a caccia con loro, ma non ne avevo molta voglia. Però ora piuttosto di
stare in casa a sentire quei due, preferisco ad andare in loro compagnia. Vuoi
venire?”.
Risi.
“No, mi farò una passeggiata qui nei
dintorni!”
“Ok, a dopo Bella!”
“Ehm… Alice?”
Lei tornò indietro.
“Si?”
“Dov’è Edward?”.
Emmett aveva tanto rotto per andare a
caccia, e ora stava di sopra a darsi alla pazza gioia. Oh, avrei voluto
irrompere in camera sua e rendergli pan per focaccia.
Vidi Alice perdersi in una sua visione
per poi tornare in se.
“Bella, non ti consigli di farlo.
Rosalie si arrabbierebbe molto.”
O per l’amor di Dio. Ogni giorno che
passava, riuscivo sempre più a capire perché quei due andassero tanto
d’accordo.
“Comunque, Edward e Jasper sono ancora a
caccia. Emmett è tornato prima perché aveva perso!”
Sogghignai a riguardo.
“E’ venuto a consolarsi…”
“Già…”
Salutai poi Alice e iniziai a
passeggiare in quella distesa bianca.
Un chilometro dalla casa, c’era una
specie di burrone frastagliato da rocce. Su una delle rocce più alte, in mezzo
alla neve, c’era una panchina.
Mi sedetti e lo spettacolo fu
strepitoso. Non c’erano nuvole in cielo e il chiarore della luna e delle
stelle, rendeva il luogo quasi alieno. Fantastico.
Ci fu uno spostamento d’aria e percepii
il suo odore. Il cuore non poté non iniziare a battere più forte del normale.
“Sono contento di farti sempre questo
effetto!”
Sorrisi alla mia destra dove lui si
stava sedendo.
“Non posso farci nulla!”
Gli sorrisi e lui di rimando.
Al chiarore di luna la sua pelle diafana
si accendeva. I suoi occhi d’ambra si accendevano, anzi ora sembravano puro oro
liquido, dovuto al sangue appena assunto. Percepivo poi che anche il suo corpo,
dopo il pasto, era più caldo.
Lui passò un braccio dietro le mie
spalle e mi attirò a se.
“Cosa c’è piccola?”
“Sei… bellissimo Edward!”
Lo dissi con una tale intensità che lui
non si permise di smentire, cosa che di solito faceva.
Questa volta invece mi prese e mi baciò.
“Tu, sei bellissima, Bella e hai un buon
gusto in fatto di vestire.”
Mi strinsi di più a lui.
Stare separati, anche poche ore iniziava
a diventare per me una cosa insopportabile, non era da me e non lo avrei mai
dato a vedere. Di questo ringraziavo soprattutto il mio scudo, che celava così
i miei pensieri a lui. Non volevo soffocarlo.
“Bella, sempre a guardare le stelle,
ah?”
Mi voltai a scrutare il cielo di fronte
a noi.
“Diciamo che stavo dormendo, ma causa
forze maggiori sono dovuta uscire di casa!”
Edward scoppiò in una grossa risata che
risuonò per tutto il burrone, muovendo qualche strato di neve.
“Attento, farai venire le valanghe
così!”
“Ops!”
Tacque subito, ma non celando comunque
un fantastico sorriso in faccia.
“Cosa ti fa ridere?”
“La causa forza maggiore.”
Alzai un sopracciglio.
“Tornato, sono andato in camera per
vedere se dormivi, ma non c’eri ed Em e Rose stavano…”
Lo vidi imbarazzarsi.
“… Così notando la finestra aperta ho
seguito il tuo odore fino a qui!”
“Sono sempre così quei due?”
“Ritieniti fortunata Bella a non averli
conosciuti quando si sono messi assieme. ‘Sono dovuti passare la bellezza di
dieci anni prima che riuscissi a sopportarne la vicinanza entro il raggio di
dieci chilometri. Anche Esme e Carlisle non digerivano molto la faccenda’!”
“Wow. Quindi dovrei ritenermi
fortunata?”
“In un certo senso…”
Feci un smorfia con la bocca che lo fece
ridere.
“Bella, e tu hai solo le orecchie, pensa
a me che vedo tutto, è davvero difficile tagliarli fuori dalla mia mente!”
Accidenti, me ne ero completamente
dimenticata.
Rabbrividii per lui.
“Ti guardi i porno, ah Edward? Non ti
facevo un ragazzo del genere!”
Lo vidi strabuzzare gli occhi, pensavo
gli sarebbero usciti dalle orbite.
“Bella, amore, ma che dici?”
Risi, per poi bloccarmi dopo aver
rielaborato le sue parole.
Amore.
Mi aveva chiamata amore.
Anche lui si bloccò forse accorgendosi
del fatto.
Il mio cuore era ovvio che stesse
battendo all’impazzata, ormai non ci facevo più caso.
“Bella…”
Mi chiamò sottovoce.
I nostri occhi erano incatenati, non
esisteva più nulla. Neanche le stelle, per quanto belle fossero, non c’erano
più, non c’era nulla se non noi e il nostro amore.
Si, era arrivato il momento giusto,
quello di dire le fatidiche ‘due parole cinque lettere’. Quel momento in cui,
quando ti guardi indietro pensi, si, è allora che è cambiato tutto.
“Ti amo.” “Ti amo.”
Buffò o no, lo dicemmo all’unisono,
segno indistinguibile di quanto io e lui fossimo giusti, eppure fummo presi lo
stesso in contro piede dalla consapevolezza di essere anime gemelle.
Sorridemmo incapace di fare altro.
“E’ così allora?”.
Ci guardammo straniti, perché ne io ne
lui avevamo pronunciato quella frase.
Ci voltammo verso il mittente, che si
trovava sulla roccia più alta del burrone, di sfondo alla sua figura, solo la
notte scura.
Tanya.
“Preferisci lei?”.
Edward si era irrigidito.
“Tanya, lo sai come stanno le cose.”
Lei taceva e ci guardava furiosa, prima
lui, poi me.
Edward parlò ancora.
“No, non sarebbe cambiato nulla.”
Stavano avendo una mezza comunicazione
muta.
Lui si alzò poi all’improvviso parandosi
di fronte a me.
“Tanya, siamo amici di lunga data, non
rovinare tutto per una cosa stupida. Con l’esistenza di Bella o meno, io non ti
avrei mai potuto ricambiare!”
Le sue parole ferirono visibilmente la
vampira. Nei suoi occhi: odio e dolore.
“No.” Negò Edward con il capo. “Di tempo
ne è passato tanto lo stesso, non avrebbe cambiato nulla neanche fra
cent’anni.”
Tanya rispose con un ringhio che
rimbombò per quasi un minuto nell’aria. Metteva i brividi e per quanto poco,
provai un po’ di pena per il suo rifiuto, ma non di più. Stavamo parlando di
Edward, e lui era mio.
La vampira dopo il suo sfogo si voltò
saltando nel burrone alle sue spalle.
Se fosse stata umana sarebbe stato un
suicidio, ma essendo lei vampira, di sicuro non aveva subito danni.
Edward si voltò lievemente scosso
dall’accaduto e mi accarezzò la guancia, sorridendo lievemente, anche se ciò,
non arrivò ai suoi splendidi occhi. Alzò poi lo sguardo alle mie spalle e poco
dopo arrivarono Carlisle ed Eleazar.
“Cos’è successo? Cos’è stato quel
ringhio?”.
Mi sentivo in parte colpevole, e non era
giusto. Chissà Edward, invece, come si sentiva. Conoscendolo, si odiava, perché
lui avrebbe fatto di tutto pur di non far soffrire nessuno, anche una stupida
come Tanya.
Parlai io, dato che Edward, non dava
cenni di farlo.
“E’ stata Tanya.”
Eleazar scosse la testa.
“Speravo di aver sentito male.”
“Non ha preso bene il rifiuto di
Edward.”
Strinsi una mano al mio uomo, il quale
ricambiò la mia stretta. Bene, si stava riprendendo.
“Gliel’ho sempre detto a Tanya, ma non
mi ha mai ascoltato. Spero solo non faccia sciocchezze. State tranquilli
ragazzi, tornerà vedrete.”
Detto questo si dileguò, con Carlisle al
seguito, il quale era rimasto due secondi di più a fissare Edward. Di sicuro
aveva capito lo stato d’animo del figlio, in fondo lo conosceva più di tutti e
speravo gli avesse detto una qualche frase ad effetto, dato che Edward aveva
alzato il capo verso di lui e poi annuito.
Una volta soli, Edward si sedette sulla
panchina sospirando. Io mi accucciai a fianco a lui, con il viso sulla sua
spalla guardando il suo sguardo che a sua volta fissava il nulla davanti a se.
“Lo sai vero che non è colpa tua?” gli
dissi. Odiavo credere che potesse pensarlo.
“Anche Carlisle l’ha detto. Si, lo so,
ma mi dispiace, anche perché questa volta era più ferita del solito.”
Presi ad accarezzargli i capelli, non
sapendo se quel gesto faceva stare meglio me o lui.
“Andrà tutto bene, vedrai!” non ne ero
sicura, però volevo rassicurare lui.
“Lo spero.”
***
Qualche frase ha radici in “Midnight Sun” e “Breaking Dawn”.
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Capitolo 17 *** capitolo 17 ***
17
Capitolo
17
***
Io ed Edward passammo il resto della
notte accoccolati ed il mattino seguente, ci ritrovammo quasi tutti, nell’ampia
distesa bianca a fianco alla casa per incominciare gli allenamenti. Da quanto
avevo capito, Tanya non era tornata ed Alice non riusciva a capire dove fosse,
poiché la vampira cambiava frequentemente le sue decisioni. Sapeva come
funzionava il potere di Alice e giocava con i suoi buchi neri.
“Bene, Bella.” Iniziò Eleazar “che ne
pensi di farmi vedere che sa fare il tuo scudo?”
Emmett si fece subito avanti,
ovviamente.
Il mio scudo era ottimo per un vampiro
del sua stazza. Non avevo la destrezza del combattimento di Jasper, non ancora
almeno, ed Emmett era uno di quei vampiri, che faceva affidamento sulla forza
fisica , era il suo dono ed il mio scudo era ottimo per levarmelo di dosso
quando le sue strette diventavano micidiali.
“Bene. Ho un conto in sospeso con te!”
dissi.
Lui ghignò.
“Avanti sorellina, perché porti
rancore?”
Sorrisi oscillando la testa a destra e a
sinistra.
“No, Emmett. Stavolta non la passi
liscia!”
Lui sorrideva ancora, mentre si metteva
in posizione, non persi tempo, attaccai subito. Jasper me lo ripeteva sempre,
se puoi, non aspettare, attacca sempre per prima, la miglior difesa è l’attacco.
Vidi infatti un lampo di sorpresa negli
occhi di Emmett il quale scansò per un pelo la mia azzannata. Avevo puntato
dritta alla gola. Altro suggerimento di Jazz.
Iniziammo questa strana danza dove io
attaccavo di continuo ed Emmett si difendeva all’ultimo, cercavo di non dargli
respiro, tuttavia riuscì a contrattaccare stupendomi. Mi fu addosso come un
treno, mi atterrò e stava per chiudermi in una delle sue morse, così raccolsi
tutte le mie emozioni, sentendomele fluire dentro e le trasformai in qualcosa
di solido ma malleabile ai miei sensi. Il mio scudo. Quando ne percepii quasi
il gusto lo lanciai su Emmett con tutta la mia forza e boom. Emmett fu sbalzato
in aria ad una decina di metri da me.
“Bene Bella e ora prova a mantenere lo
scudo attivo!”
Eleazar voleva che riuscissi a
mantenerlo attivo, così da creare una barriera infrangibile.
Cercai di rimanere concentrata, era
faticoso, però più ci provavo più mi riusciva meglio, riuscivo a mantenerlo
attivo sempre un secondo in più della volta precedentemente.
Nel frattempo, Emmett, si era rialzato
ed era partito in carica verso di me, successe tutto nello stesso istante.
Emmett che sembrava schiantarsi verso un vetro invisibile, un tuono fragoroso,
dovuto allo schianto tra il vampiro e lo scudo, che si spanse nell’aria e un
piccolo pizzicore in una parte, non propriamente definita, della mia mente. Lo
scontro con lo scudo mi aveva lasciato un retrogusto amaro in bocca, ma gente,
che figata.
“Bella, che figata!”
Appunto, come poteva Emmett non
entusiasmarsi a tal punto? Però non era l’unico. Tutti i presenti erano
visibilmente e piacevolmente sorpresi. Edward, ovviamente, non era presente e
questo mi infastidì più del solito.
“Bella, sei stata grande!” Jasper mi si
avvicinò contento, ma bloccò a mezz’aria il passo che stava facendo.
“Bella?”
Mi chiamò stupito.
Capii subito, lo scudo era ancora attivo
ed io, non me ne ero accorta. Nella mia mente spaziosa avevo dato priorità alla
loro reazione contenta, poi il primo posto dei miei pensieri era stato occupato
fortemente da Edward, e inconsciamente avevo continuato a mantenere attivo lo
scudo. Fantastico. Ripresi coscienza dello scudo, e come acqua alle alte
temperature lo feci dissolvere, simile ad uno stato gassoso, nell’aria.
“Wow!” dissi “inconsciamente sono
riuscita a tenerlo attivo, senza sforzo!”
“Magnifico!” Eleazar si illuminava
sempre di più.
Jasper finalmente riuscì a raggiungermi
e mi diede una pacca leggera sulla spalla.
“Bella devo farti i miei complimenti.
Segui i miei consigli alla lettera.”
Risi.
“Chissà che l’allieva non superi il
maestro!”
Rise anche lui, e nei suoi occhi una
tacita sfida futura.
“Non contarci troppo Bella!”
Dopo quell’episodio ne susseguirono
altri, dove riuscivo a spostare il mio scudo in secondo piano nella mia mente,
mentre questo restava attivo. I problemi nacquero con lo scudo mentale ed in
questo ambito era subentrata Kate. Riusciva ad emanare scosse elettriche da
ogni parte del corpo e ovviamente su di me non facevano effetto.
Dovevo riuscire a trovare il mio scudo
mentale ed espanderlo su altre persone. Emmett si era proposto subito
volontario, solo che io non mi mostravo molto partecipe e il poveretto non
faceva altro che prendersi fulminate che avrebbe polverizzato un umano.
“Scusami Emmett, ancora!”
Il vampiro si alzò a fatica.
“Bellina, non ti preoccupare, ma per
oggi mi ritiro!”
Era visibilmente sfinito, chissà quanto
aveva resistito per potermi aiutare.
“Si, tranquillo, non preoccuparti, sei
stato anche troppo resistente!”
Mi sorrise scompigliandomi i capelli ed
io ero arrabbiata. Arrabbiata con Edward, che invece di essermi a fianco a
sostenermi, se ne stava rintanato chissà dove.
“Bella facciamo una pausa ok?”
Kate mi guardava preoccupata.
“Si, grazie!”
Volevo trovarlo e dirgliene quattro.
“E’ in camera vostra!”
Alice doveva aver avuto una qualche
visione.
La ringraziai e mi avviai furiosa alla
mia meta, ma mi bloccò.
“Bella, vacci piano ok?”
Annuii poco convinta.
Sbattei la porta della camera trovandolo
seduto su una poltrona intento a leggere Nietzsche.
“Finito?” disse in tono freddo e non
alzò neanche lo sguardo dal libro.
Questo non avrebbe dovuto farlo.
Visto che non voleva assistere, tanto
valeva renderlo involontariamente partecipe. Ancora più facilmente, grazie alla
rabbia che mi scorreva dentro, presi il mio scudo e lo espansi verso Edward, il
quale fu sbalzato all’indietro, mandandolo contro la porta finestra, che si
distrusse al suo impatto, scaraventandolo pochi metri più in là della casa.
Ops!
Non mi persi troppo sui danni, avrei
chiesto scusa dopo.
Con un balzo gli fui davanti, lui nel
frattempo si era alzato e mi guardava incredulo.
“Bella, amore, che ti prende?”
“Bella, amore, un corno! Che prende a
te?”
Lui non capiva, mi guardava con gli
occhi sbarrati, spaesato.
“Edward, mi stanno tutti dando una mano,
mentre tu non ti fai neanche lontanamente vedere!”
Una scintilla nei suoi occhi, segno che
stava iniziando a capire.
“Te l’ho già detto, mi fa male vederti
nei combattimenti!”
“E a me fa ancora più male vedere che tu
non ci sei nei momenti in cui avrei maggiormente bisogno di te!”
Il suo sguardo si addolcì, il mio no.
“Ma…”
“Niente ‘ma’, Edward! Ho capito che
soffri nel vedere che vengo attaccata, ma dannazione è una finzione, è un
allenamento, è un fottuto modo per aiutarmi, per salvarmi la vita semmai un
giorno mi trovassi in una situazione e avessi bisogno di questi poteri!
Tu, dovresti essere dalla mia parte!”
“Se un giorno dovesse accadere una cosa
del genere, ci sarò io a proteggerti!”
Mi stava per esplodere la testa dal
nervoso.
“Edward, dannazione, io ho bisogno di
sapere di essere in grado di potermela cavare da sola!”
“Da sola? Ed io chi sono? Dove sono io
nel tuo futuro?”
Ora stava urlando anche lui, era
furioso. Di sicuro ci stavano ascoltando tutti, alla nostra tonalità di voce,
non serviva di certo il super udito.
I suoi occhi si erano fatti neri e se
avessi potuto, lo sarebbero stati anche i miei.
“Perché non capisci, Edward?”
“Cosa non capisco? Non posso leggerti
nella mente!” gridava.
Ero al limite e urlai quello che sentivo
dentro.
“Non capisci che io non sarei in grado di proteggerti!? Tu sapresti destreggiarti
al meglio, ma io? Se tu mai avessi bisogno di me, io non sarei capace di far nulla!
Sei un idiota!”
All’insulto finale, mi accorsi di avere
la voce rotta dal pianto. Mi ero sentita dentro l’inquietudine di trovarmi in
una situazione in cui lui era in pericolo ed io ero ferma, inerme, non sapendo
cosa fare.
Lui era rimasto scioccato alle mie
parole, e quando forse si rese conto del loro vero significato, si avvicinò
veloce a me baciandomi in una maniera del tutto diversa, da come aveva sempre
fatto. Sentivo colpevolezza, voglia di perdono, possessione, paura di perdersi,
voglia di amarsi, per sempre.
Quando ci staccammo, io ansimavo e lui
appoggiò la fronte alla mia, non staccando lo sguardo di fuoco che aveva su di
me.
“Sei una sciocca!”
Un sorriso spontaneo fiorì sulle mie
labbra.
“Tu lo sei di più!”
Sorrise.
“Forse…”
Più tardi dovetti scusarmi con Eleazar e
Carmen per aver distrutto la porta finestra, i quali non si erano scomposti
minimamente. Assomigliavano molto a Carlisle ed Esme.
Nei giorni seguenti, Edward prese ad
allenarsi volentieri con me, ma sapevo che faticava molto a dovermi vedere come
un obiettivo da uccidere. Tuttavia, mi pentii della decisione presa, quando
Kate disse di usare Edward come soggetto da proteggere dalle sue scosse.
“Allora, Bella, sei pronta?”.
Kate mi guardava con un dito alzato che
puntava su Edward, il quale aveva a sua volta una mano allungata verso di lei.
Annuii poco convinta.
Lei si avvicinò con la mano a lui ed io
sudavo freddo. Cercai chissà cosa, simile al mio scudo fisico per coprire
Edward, ma quando pensai di aver percepito qualcosa, lo sentii tenere a freno
il dolore che le scosse di Kate gli davano e ciò mi scombussolò i miei
pensieri, mandando all’aria la mia mente.
“No, no fermati, mi sono sconcentrata!”
Kate sbuffò ed io mi fiondai su Edward.
Lo guardavo dilaniata dentro.
“Bella, sbaglio o è pentimento quello che
sento?”
Guardai Jasper con un’occhiataccia,
mentre Edward alzava un sopracciglio visibilmente divertito dell’affermazione
di Jasper.
“Ti si sono avariati i poteri, Jazz? Non
so di cosa tu stia parlando!”
Voltai la testa sbuffando irritata, per
essere stata colta in flagrante.
Edward si alzò ed io mi riavvicinai come
prima.
“Senti Bella” Kate aveva cambiato tono
“sai cosa farò ora? Userò il mio potere al massimo, ma sappi che a volte la mia
massima potenza ha bruciato vivi alcuni vampiri. Se mi concentro so essere
letale ed è proprio quello che farò!”
La guardai ironica.
“Stai scherzando!”
Lei negò seria.
“No, Bella, o tiri fuori quel scudo e
non so dirti che succederà ad Edward!”
Non sembrava scherzasse.
“Kate…”.
La vampira prese ad avvicinarsi ad Edward,
che sembrava essere abbastanza preoccupato.
No, no, no. Non può farlo davvero!
“Aspetta, Kate!”
O forse si?
“3, 2, 1…”
Non so cosa successe, vidi l’inizio di
una smorfia sul viso di Edward, e qualcosa, simile ad un elastico che avvolgeva
la mia testa si allungò su Edward, mentre il mio ormai familiare scudo fisico
sbalzava Kate lontano da lui, dato che il suo potere funzionava col tatto.
Una volta finito tutto, l’elastico
rimbalzò indietro, riavvolgendo di nuovo la mia mente in modo circolare. Eccolo
dov’era il bastardo.
“Kate tutto ok?”
Edward era andato a soccorrere Kate e lo
seguii anch’io.
“Scusami!” dissi.
Lei si alzò, ma non era arrabbiata.
“Me lo sono meritata, ma non pensavo mi
avresti creduto alla lettera!”
Mi aveva forse fregata?
“Stai dicendo…?”
Lei sorrise colpevole.
“Sto dicendo che non avrei mai rischiato
di fare del male a tal punto ad Edward!”
“Bugiarda!”
La ammonii, tuttavia sollevata.
“Beh, amore, ma ha funzionato e non
credere che la scossa sarebbe stata lo stesso leggera!”
Sapeva le sue intenzioni, aveva recitato
anche lui. Antipatico! Non potevo dir nulla io, dopo che aveva accettato di
aiutarmi e il suo modo era pure efficiente.
“Ha funzionato?”.
Lui annuì felice.
“Prima che tu la allontanassi, Kate mi
stava fulminando, ma dopo l’impatto iniziale, non ho sentito più niente, e dai
suoi pensieri, percepivo il suo potere affluire su me!”
“Yuhuu” gridai saltando in braccio ad
Edward.
Quel giorno finì con una vittoria da
parte mia, che avevo finalmente capito dove si trovasse lo scudo e la sua
forma. Sapevo che sarebbe stato più semplice e così fu. Nei giorni a seguire
divenne sempre più facile usarlo, così da non dover più usare il dono di Kate,
ma quello di Edward e mi limitavo ad oscurare i pensieri dei miei amici alla
sua mente. Quest’ultimi erano davvero contenti di questa innovazione alla loro
privacy!
I giorni passavano, e di Tanya,
tuttavia, non si avevano più notizie, ma nel frattempo arrivò il Natale!
La vigilia ci dividemmo in vari
gruppetti e a turno andammo a fare il ‘cenone
di Natale’. Era davvero comica la storia, dato che tutti, durante la
caccia, indossavamo un cappellino di Babbo Natale.
Alla sera poi, ci ritrovammo tutti nel
salone, intorno al grande albero di Natale che regnava in mezzo alla stanza. Aspettavamo
la mezzanotte così da scambiarsi gli auguri e i regali. Era tutto così… umano,
ed io ero al settimo cielo. Questo sarebbe stato il mio primo Natale con una
famiglia, mia!
Allo scoccare dei dodici rintocchi la
mia visuale era Edward. Tutto era sparito, davanti a me c’era solo lui, i suoi
occhi d’oro liquido, i suoi capelli ramati e quelle labbra che avrebbero
convertito un intero monastero.
“Buon Natale Amore mio”. “Buon Natale
Edward!”
Tutto non poteva essere più perfetto.
Dopo aver festeggiato tutti assieme, io
ero l’unica che brindai con lo champagne, Edward mi sussurrò di ritirarci. Annuii,
e salutammo il resto della famiglia. Stavo per dirigermi verso le scale, ma lui
mi fermo avvicinandosi al mio orecchio e sussurrandomi un “Non di là. Seguimi!”.
Perché la sua voce doveva essere così
sexy?
Mi fece arrampicare sulle sue spalle,
non prima di avermi bendato.
Il mio cuore mi scoppiava, mentre lui
correva. Essere privata della vista, accendeva il mio allarme, ma sentire l’aria
sul viso, misto all’odore di Edward, placava le mie ansie. Edward placava
qualsiasi cosa di negativo ci fosse in me.
La corsa durò pochi minuti.
Dopo aver posato i piedi a terra, Edward
si spostò dietro a me e mi tolse la benda, mentre mi lasciava teneri baci sul
collo, che irradiavano scariche elettriche lungo alla mia schiena.
Poteva un vampiro morire per
autocombustione?
Lasciai la mia risposta in sospeso, poiché
i miei occhi catturarono la scena di fronte ad essi.
Una radura, una favolosa radura coperta
da uno strato di candida neve, al centro del quale c’era una coperta gigantesca
ed intorno ad essa migliaia di lumini accesi. Era tutto così bello, così
surreale, uno spettacolo fantastico.
Piccole lacrime di felicità velarono i
miei occhi.
“Edward è stupendo!”
Lui sorrise sul mio collo e poi per mano
mi condusse sulla coperta.
“Volevo vedere le stelle con te e perché
non sfruttare una notte così meravigliosa e limpida?”
Si poteva amare ogni giorno sempre di
più? Si, si poteva. Il punto era: ci sarebbe mai stato un limite per quel
sentimento? Perché il mio corpo sembrava troppo piccolo per contenerlo tutto.
“Nessuno ha mai fatto tanto… per me!”
Lui si sedette ed io tra le sue gambe,
mentre lui mi stringeva a sé, come se potessi scomparire.
“Ne sono contento. Non fraintendermi…”
continuò subito “… ma se qualcuno le avesse già fatte, vorrebbe dire che tu ora
staresti con quella persona, ed io sto ancora capendo chi devo ringraziare per
averti incontrata!”
Ed ecco che ad ogni secondo di più, era
sempre più grande quel sentimento.
Lo baciai dolcemente. Era ora di dargli
il mio regalo.
“Non ho fatto una cosa così plateale, ma
spero lo stesso possa piacerti.”
Gli passai un pacchetto.
“Bella, non serviva, per me il regalo
più grande è averti al mio fianco!”
Il mio eterno romanticone.
“Zitto e mosca, tutti in fondo adorano i
regali! Su apri!”
Lui rise ed io ero impaziente di sapere
se gli sarebbe piaciuto.
Vidi i suoi occhi ingrandirsi, quando
aprì la confezione. Era un buon segno?
“Bella io…”
Era un bracciale d’oro bianco, con una
targhetta ed un incisione. Sempre con te.
Volevo che quello fosse un simbolo, che capisse che qualunque cose succedesse,
ovunque lui fosse, io sarei sempre stata con lui e guardandolo mi sentisse
vicino.
“… sono senza parole…”
“Se non ti piace io...”
Forse non era tipo da braccialetti. In effetti
l’unico che gli avessi mai visto addosso, era quella con lo stemma della
famiglia Cullen e basta.
“Stai scherzando? Lo amo. Qualsiasi cosa
tu mi avessi dato, l’avrei amata!”
“Anche un pezzo di corda?”
Rise felice.
“Anche un pezzo di corda!”
Lo baciai di slancio. Avevo la necessità
di stare sempre più vicino a lui. Lo volevo, in tutti i modi possibili e
chissà, forse quella sarebbe stata la notte giusta! Eravamo così in sintonia ed
io ero un fuoco.
Il bacio cambiò, da dolce diventò una
necessità, lussurioso e passionale.
Presa dal momento iniziai a spogliarlo,
ma lui forse intuendo la via che avevano preso i miei pensieri, mi bloccò.
“Aspetta, Bella!”
“Cosa c’è?”.
L’oro dei suoi occhi si era
solidificato.
“Non possiamo!”
“Perché no?” non vedevo dove fosse il
problema, io lo volevo lui mi… “Non … mi … vuoi?”
Avevo messo in conto che lui desiderasse
avermi come io volevo lui, ma forse non era così.
Lui si riscosse prendendomi le mie mani
tra le sue.
“Come puoi pensare che non ti voglia? Ogni
parte di me di desidera, come non ho mai desiderato nulla in vita mia!”
“E allora dove sta il problema?”
Lui distolse lo sguardo da me, ed io
offesa mi alzai.
“No, aspetta!”
Mi voltai indispettita.
“Ti avevo avvertito, Edward. Sincerità,
onestà, dialogo. Sempre!”
Lui mi guardava sconfortato.
“E’ solo che non volevo che fossi così…”
Non capivo.
“Edward il luogo intorno è così
romantico… siamo sotto un manto di stelle infinite…”
Per me il luogo era magico.
“Non intendo questo. Io voglio fare
davvero l’amore con te, non sai quante volte mi sia trattenuto, ma io sono un
uomo all’antica e voglio che tutto sia fatto nel modo giusto!”
Sapevo che Edward fosse vergine, diceva
che non si era mai lasciato andare in quel modo, finché non avesse trovato l’amore
della sua vita. Io, dall’altro canto, nella mia vita sconosciuta, per sentirmi
il più umana possibile avevo già affrontato quel passo.
“Ancora non capisco…”
Non capivo, ero io insomma, no? Ero io l’amore
della sua vita, o forse no? Forse ero troppo presuntuosa nel considerarmi tale?
“Non avevo immaginato che sarebbe stato
così però, è giunto il momento!”
Oddio non capivo davvero più niente.
“Edward ma che…”
Le parole mi morirono in gola quando lui
si mise in ginocchio di fronte a me.
Avevo visto molte scene simili, nei film
romantici di tutte le epoche, ma con un finale uguale per tutti.
Volevo sapere cosa stesse per fare, ma
la mia bocca si rifiutava di muoversi.
“Non ho mai creduto nel sesso prima del
matrimonio, era il 1901 e i miei genitori mi avevano cresciuto con dei valori,
che con la trasformazione si sono radicalizzati in me. Non voglio che pensi che
quello che stia per fare sia solo un modo per portarti a letto, Bella, ma è da
un po’ di giorni che rigiro questo, tra le mie mani.” Mise una mano in tasca e
ne tirò fuori una scatolina di velluto rosso, che aprì scoprendo un anello di
oro bianco, con al centro un ovale incastonato di tanti piccoli diamanti. Nel buio
risaltava come Edward alla luce del sole. Era bellissimo. “Bella, lo so che non
è molto che ci conosciamo, ma tu mi sei entrata dentro come nessun altro aveva
mai fatto. Tu mi capisci, non mi giudichi e stranamente mi ami tanto quanto ti
amo io. Mi ci è voluto più di un secolo per trovarti e non ho intenzione di
separarmi mai più da te, se possibile, per l’eternità. Isabella Swan, mi
faresti il grande onore di diventare mia moglie?”
Non mi ero accorta di aver trattenuto il
respiro tanto a lungo. Continuavo a pensare che mi sarei svegliata da un
momento all’altro, perché questo non poteva succedere davvero, perché io ero un
mostro e non potevo essere così fortunata a vivere tutto ciò.
Si, si, si. La mia risposta non avrebbe
potuto essere altro che si.
Lui era in attesa ed io stavo per
rispondere, quando un telefono squillò. Era Alice.
“Abbiamo un problema!”
Eccolo là, il mio risveglio brutale.
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Capitolo 18 *** capitolo 18 ***
18
Non mi sono resa conto, eppure manca davvero poco alla fine della storia.
Vi adoro, grazie per aver seguito fino a qui. Siete tutti importanti, voi che leggette, e soprattutto voi che recensite,
dandomi spunti per la mia storia.
vi chiedo scusa per il ritardo, ed ora: BUONA LETTURA!! <3
Capitolo
18
***
Quando
io ed Edward tornammo in casa Denali, trovammo tutti riuniti nel salone, l’atmosfera
era molto simile ad una veglia funebre.
Li
osservai uno ad uno e non potei non notare come le facce appartenenti al clan
Denali fossero diverse dalle altre. Nei Cullen leggevo preoccupazione e timore,
negli altri sconforto e colpevolezza. Qualcosa li stava dilaniando dentro e non
potei non pensare a Tanya.
“Ditemi
che non è vero! No! Dannazione!”
Edward
se ne era uscito con quella frase ringhiando, scaraventando il tavolino da the
sull’albero di natale, distruggendo tutto. Poi Strinse le sue mani in pugni, le
nocche se possibile, erano ancora più bianche, mentre fissava Alice con una
furia che mai gli avevo visto addosso. Sicuramente aveva letto nella sua mente l’accaduto
e mi spaventava la sua reazione, sembrava che stesse per attaccare sua sorella
ed ero certa, che lei non poteva avere colpa e sarebbe stata il suo capro
espiatorio.
Mi
avvicinai a lui e strinsi una sua mano nella mia, si rilassò, ma non quel tanto
che speravo.
Buffo,
non potei non perdermi a ripensare a pochi minuti prima, dove tutta quella
tensione non c’era, dove stavamo per vivere un sogno, infranto sul più bello.
Quando lui aveva chiuso la telefonata di Alice, si era alzato, rimettendosi
l’anello in tasca. Non lo dissi, ma mi fece male quel gesto, come una porta
aperta dalla quale vedi il paradiso e che ti viene chiusa in faccia, dopo
averti fatto assaggiare l’illusione di potervi accedere. Forse aveva intuito il
mio stato d’animo o forse no, tuttavia mi accarezzò una guancia, dicendomi che
avremmo ripreso il discorso dopo aver affrontato la questione, ma sia io che
lui, sapevamo benissimo che non sarebbe stato così semplice ed ora quelle facce
me lo stavano confermando e la sua reazione, rassegnare.
“Cosa
sta succedendo? Centra … Tanya?”
Tutti
a quel nome sussultarono. La risposta era palese. Edward si prese la testa tra
le mani e si sedette sul primo gradino delle scale che portavano al piano
superiore. Lo conoscevo abbastanza bene da sapere, che qualsiasi cosa stesse
accadendo, lui si sentiva colpevole.
Alice
mi prese una mano e mi guardava con uno sguardo vitreo da raggelarmi il sangue.
La sua voce solitamente allegra era spettrale e apatica.
“Degli
amici di Jasper, che si trovavano nell’Europa Occidentale, hanno incontrato dei
nomadi, i quali hanno riferito loro che i Cullen … noi, stiamo nascondendo un
essere diverso dalla razza dei vampiri e da quella degli umani, tu. Pare che
Tanya abbia parlato di te e soprattutto della tua natura in giro e beh, vedi, i
vampiri centenari sono ghiotti di notizie come queste e sanno diventare dei
veri pettegoli disgustosi. La nostra velocità non aiuta affatto e la notizia si
è sparsa molto velocemente.”
Ma
bene. Ero diventata il gossip numero uno nella Gazzetta del Vampiro.
Il
suo sguardo si era fatto più vitreo ed Edward si stava dondolando in modo
maniacale.
“Non
è tutto, vero?”
Lei
abbassò il capo triste.
“No!”
Europa
uguale Italia.
Italia
uguale Volturi.
Ma
certo, era questo il problema di fondo. Il nostro timore più grande infine si
era realizzato e il più anticipatamente possibile.
“La
notizia è arrivata anche a loro,
vero?”
Non
servì pronunciare il loro nome, tutti rabbrividirono visibilmente solo accennando
a loro. Era come trovarsi in Harry Potter mentre si parlava di colui che non
deve essere nominato.
Carlisle
si avvicinò assieme ad Esme e quest’ultima mi avvolse in un abbraccio
affettuoso da mamma, non avrei mai pensato che il suo viso potesse conoscere la
tristezza.
“Alice
ha avuto una visione dove i Volturi ci mandano a chiamare al loro cospetto!”
disse Carlisle.
“Dritti
nella tana del lupo!” disse Jasper incolore. “Sperano di averci in pugno così,
senza vie di fuga!”
Era
tutta colpa mia, solo mia. La mia diversità li aveva messi tutti in pericolo.
“Andrò
io, non serve che mi accompagnate, è me che vogliono!”
Tutti
mi guardarono come se fossi una pazza, ma fu Edward a terrorizzarmi. Si alzò di
scatto ponendosi ad un soffio da me, mi guardava furente, i suoi occhi: neri. Potevo
provare paura nei suoi confronti?
“Non
dirlo! Neanche per scherzo!”
Alice
cercò di calmare la situazione frapponendosi. Non mi ero accorta di aver
trattenuto il respiro.
“Non
serve che fai Giovanna D’Arco. L’invito di Aro è specifico. Vuole tutta la
famiglia, non possiamo non presentarci, neanche volendo. Sarebbe come ammettere
una colpevolezza!”
“Verremo
anche noi!”
Eleazar
si era spostato per mettersi nel centro della discussione.
“No,
amico!”
Carlisle
lo raggiunse.
“Ci
sentiamo responsabili per il comportamento di Tanya, non possiamo non
appoggiarvi in questa missione!”
“Eleazar,
penso di parlare a nome di tutta la mia famiglia quando dico che il tuo onore è
grande, ma rifiuteremo. Per fortuna i Volturi vogliono solo noi, non rischierò
l’incolumità anche della tua famiglia. Va bene così!”
“E
poi noi abbiamo Bellina, con il suo scudo dovremmo riuscire a cavarcela!”
Emmett
mi scoccò un sorriso.
“In
effetti, contavo proprio su questo!”
Carlisle
mi guardava lievemente imbarazzato. Come se mi stesse chiedendo la luna.
“Scherzate
vero? È ovvio che lo farò. Farò tutto ciò che è in mio potere per proteggervi.
I vostri sforzi nel formarmi in combattimento saranno ora ripagati.”
Jasper
sorrise.
“Loro
non sanno dei tuoi poteri, e tu puoi annullare l’intera guardia. Saranno loro
ad aver paura!”
Il
velo di tensione si era alleggerito percettibilmente e l’aria nella stanza si
fece meno satura di negatività. Il mio scudo era l’unica arma di sopravvivenza
che avevamo ed io, mai come prima, ringraziai il mio dono.
Sentii
una porta sbattere con violenza e notai che Edward non era più nella stanza.
*
Edward
sedeva su quella che avevo ribattezzato ‘la nostra panchina’. Guardava un punto
lontano, ma pensai che ai suoi occhi non ci fossero immagini.
Ero
in piedi dietro a lui, mi abbassai e lo abbracciai. Lui non si mosse, ma una
sua mano strinse forte la mia. Fece per prendere parola, ma lo bloccai sul
nascere.
“Non
provare a darti la colpa di niente!”
Rise
amaro.
“Ma…”
“No!”
Sbuffò.
“Bella…”
“Ho
detto no!”
Feci
il giro e mi sedetti vicino a lui per guardarlo meglio in viso, ora teso in una
maschera di orrore, forse per se stesso.
“Ètuttacolpamia!”
Lo
disse veloce e d’un fiato.
“O
mio Dio, sei impossibile. E ora che l’hai detto? Ti senti meglio?”
Mi
guardò sconfortato.
“No…”
“Appunto!
Sei un’idiota Edward. Non provare a pensare che l’averti nella mia vita sia un
errore. Se non ti avessi incontrato, magari avrei girato il mondo, cosa che
avrei fatto sicuramente, da sola, oltre tutto, e chissà forse mi sarei
imbattuta in loro, senza tutta la consapevolezza che ho acquisito grazie a
voi!”
Aveva
capito a cosa mi riferivo e mi strinse più forte a se, visibilmente impaurito.
“Sei
la cosa migliore della mia vita. Tu e tutta la tua famiglia. Ringrazio Dio ogni
giorno per averci fatto incontrare e poi gli altri hanno ragione: ho il mio
scudo che ci proteggerà e se combatteremo, gli faremo il culo a stelle e strisce
in puro stile americano, alla faccia di quegli italiani!”
Edward
scoppiò in una risata fragorosa delle sue, quelle che mi piacevano tanto.
“Tu
sei pazza!”
“Si,
avevo già un dubbio a riguardo …”
Feci
finta di nulla guardandomi le unghie.
Lui
mi fece voltare, stringendomi a sé serio.
“Io
ho una paura maledetta che ti possano far del male. Non potrei più vivere senza
di te!”
Lo
baciai a fior di labbra.
“Edward
Anthony Masen Cullen, io non ho la minima intenzione di soccombere a Volterra.
Non è ancora giunta la mia ora. Ho ancora una vita immortale da vivere con te.
Ti sposerò, Signor Cullen, quando tutto questo sarà finito! Hai capito bene?”
I
suoi occhi sgranarono l’inverosimile e brillavano, brillavano di una luce che
gli avevo visto solo una volta. Al nostro ti amo.
“Signorina
Swan, sappia che mi sta rendendo l’uomo più felice del mondo!”
“Allora
è meglio sbrigarsi ad affrontare quelle mummie!”
*
Salutammo
il Clan Denali nell’atmosfera più tesa possibile. Si sentivano terribilmente in
colpa per Tanya e inutile era ripetere loro, che non dovevano. Forse quando
tutto questo sarebbe finito, si sarebbe potuto ricucire quel strappo che
comunque si era andato a formare.
Il
viaggio di ritorno fu molto più breve dell’andata, e terribilmente silenzioso. Per
un momento rimpiansi la parlantina di Alice.
Una
volta arrivati e scesi dall’auto, ci accorgemmo tutti che qualcosa non andava. Diverse
scie di vampiri giravano intorno alla casa, alcune erano entrate anche dentro.
“cosa
significa?”
Ero
allarmata e mi sentivo impreparata a tutto, non mi aspettavo di reagire così.
Jasper
con Emmett ed Edward avevano appena finito di sondare la zona.
“Nomadi!”
“Nomadi?”.
Tutti
sembravano sorpresi.
“La
notizia si è sparsa davvero in modo veloce. Di sicuro erano qui per sapere se
il pettegolezzo era vero.”
Fantastico,
pensai, ero davvero diventata il fenomeno da baraccone del momento.
“Credo
che dovremmo iniziare con i preparativi per la partenza, fra un’ora l’emissario
dei Volturi sarà qui. Partiremo domani all’alba, così da arrivare quando lì
sarà buio.”
Tutti
annuirono alla previsione di Alice.
“Stasera,
inoltre” parlò Jasper “Dovremmo fare un punto della situazione e beh, per ogni
evenienza, avere un piano difensivo!”.
Capirono
tutti qual’era quell’evenienza, ovvero se i Volturi non mi avessero accettato.
“Ce
la faremo vedrai!”
Carlisle
mi strinse una spalla e poi con tutti gli altri entrammo nella nostra
abitazione violata.
Esattamente
un’ora dopo, un vampiro dal viso insignificante bussò alla porta d’entrata. Vestiva
un mantello grigio e al collo un simbolo, una V ornata, lo stemma della casata
senza dubbio. Non disse il suo nome, non disse niente che non fosse ciò che
sapevamo già. ‘Eravamo cortesemente pregati a presentarci al cospetto dei tre
signori, per una “chiacchierata informale” alla quale sarebbe stata gradita, l’intere
presenza di tutta la famiglia.’ Era un messaggio nel messaggio. Sembrava gentile
eppure ogni parola metteva solo più brividi. Il vampiro consegnò poi a Carlisle
un invito scritto, che riportava le sue medesime parole, dopo di che si
congedò. Avevo osservato il vampiro entrare ed uscire dalla finestra dello
studio di Carlisle, che guardava sul davanti della casa. Non mi era stato
permesso di essere presente, non volevano rischiare e dare informazioni in più
prima del dovuto. Io dalla mia visuale tuttavia, restai allibita nell’osservare
quel vampiro, era ovvio cosa mi avesse scioccato. Li avevo sempre sentiti
nominare, ma non li avevo mai visti: i vampiri dagli occhi rossi. Avevo sempre
incontrato occhi dorati nel mio cammino, e vedere quegli occhi così diversi,
conscia del loro significato, mi disgustò all’inverosimile. Occhi che avrei
potuto avere anch’io se non fossi fatta a metà, colore che mai avrò più a
macchiare la mia anima.
Alla
sera ci ritrovammo nel grande salone per il punto della situazione. Tutto dipendeva
da cosa sarebbe successo non appena arrivati. Dovevo tenermi pronta con il mio
scudo, semmai ci avessero attaccati subito; se, invece, avessero voluto parlare,
l’effetto a sorpresa sarebbe svanito, nel momento in cui Aro avrebbe letto la
mente di uno qualsiasi della famiglia, me esclusa ovvio, e scoperto i miei doni.
Io ero dell’idea che qualora avessero intrapreso la via secondaria, e quindi
parlare, avrei cercato di tenere il mio scudo su tutti e proteggere le loro
menti, così da fare comunque un grande ingresso in scena. Anch’io avevo una
vena teatrale in me!
Alla
mia proposta tuttavia restai scioccata dalla risposta: consenso. Erano tutti
dell’idea che oramai, come spesso diceva Edward, se dovevamo andare all’inferno, tanto valeva andarci in gran stile.
Per il resto tutto dipendeva da domani e in ogni caso, avremmo combattuto fino
alla morte.
“Bene,
allora siamo d’accordo!”
Carlisle
mise fine a quella mini riunione. Annuimmo. Alice poi schizzò aggraziata sopra
il divano, facendo voltare tutti su di lei.
“Ok,
basta non resisto più! Famiglia Cullen, vi do un motivo in più per cui domani
dovremmo uscirne illesi. Devo preparare il matrimonio di Edward e Bella!”
Cosa?
I restanti
all’oscuro della notizia ci guardarono sorpresi, in cerca di una negazione o di
un’affermazione. Ok, perché tenere segreta la cosa?
“Alice,
non credo che nessuno dei due ti abbia chiesto di preparare niente!”
Lei
mi guardò con aria di sfida.
“Perché
tu pensi che io non sia la più adatta? Anzi, perché tu pensi che io potrei non
appropriarmi di tale compito?”
Oddio,
sembrava indemoniata. Sapevo della sua mania di organizzare tutto, ma non
credevo fosse a livelli così demenziali.
Guardai
Edward, il quale sogghignava sotto i baffi. Conosceva Alice, ovviamente, da più
tempo di me.
“No,
A-Alice, mai pensato!”
Non
avrei mai potuto, neanche volendo, negargli tale incarico, lo sapevo.
“Yuppi!!”
E fu
così, che la famiglia capì, come stavano davvero le cose, e fecero a me ed
Edward i più sinceri auguri, a cui nessuno sapeva quanto sarebbero durati. Fu
un momento di calma e di quiete, prima della grande tempesta.
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