What my life has been like without you

di BlueTea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dream On ***
Capitolo 2: *** Go Your Own Way ***
Capitolo 3: *** Behind These Hazel Eyes ***
Capitolo 4: *** A Boy Like That ***
Capitolo 5: *** That's What Friends Are For ***
Capitolo 6: *** Don't Stand So Close To Me ***
Capitolo 7: *** Paranoid ***
Capitolo 8: *** Let The Games Begin ***
Capitolo 9: *** Mission Failed ***
Capitolo 10: *** Video Call ***
Capitolo 11: *** Such A Brat ***
Capitolo 12: *** Misunderstandings ***
Capitolo 13: *** Just Good Friends ***
Capitolo 14: *** Immature ***
Capitolo 15: *** How You Remind Me ***
Capitolo 16: *** Baby Steps ***
Capitolo 17: *** Smile ***
Capitolo 18: *** Found Out ***
Capitolo 19: *** Because of You ***
Capitolo 20: *** The First Time Ever I Saw Your Face ***
Capitolo 21: *** Take My Breath Away ***
Capitolo 22: *** The Only Exception ***
Capitolo 23: *** Trust Me? ***



Capitolo 1
*** Dream On ***


                                               - What my life has been like without you -                         
                                 

                                                                              Chapter 1:
                                                                          Dream on



“I wanna run away. Never say goodbye
 I wanna know the truth, instead of wondering
 why”
  (Linkin Park – Runaway)


                                                                            
Kurt Hummel ancora non ci credeva. Teneva stretta tra le mani la lettera della NYADA, una delle più prestigiose accademie di spettacolo al mondo. La stringeva come se fosse l’unica cosa che lo tenesse ancora con i piedi per terra. Perché quest’anno quella lettera aveva un peso del tutto diverso. Sembrava talmente tanto leggera che Kurt temeva potesse scivolargli dalle mani, insieme a quel poco che restava dei suoi sogni.

L’anno precedente, una lettera per lo più identica a quella aveva mandato in frantumi tutto il suo mondo. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Un vaso pieno di sconfitte. Ma adesso su quel foglio di carta pregiata era scritto che lui, Kurt Hummel, era a tutti gli effetti uno studente della New York Academy of Dramatic Arts.

Sin da piccolo aveva letteralmente adorato tutto ciò che avesse a che fare con la musica, specialmente con i musical. Al secondo anno di liceo notò, attaccato alla bacheca della scuola, un foglio che annunciava le audizioni per il Glee club.
Segnò immediatamente il suo nome, immaginando che di lì a poco sarebbe finalmente diventato qualcuno all’interno di quelle mura fino a quel momento così ostili.

Naturalmente venne preso, data la sua bravura... ma anche perché a presentarsi al provino furono soltanto in cinque e poiché per partecipare alle competizioni di canto corale che si sarebbero tenute durante l’anno erano necessari almeno dodici membri. Chiunque si fosse presentato alla porta dell’aula di musica sarebbe stato ben accetto.

Se aveva pensato che questa attività extracurriculare gli avrebbe fatto acquistare punti, si era sbagliato di grosso.
Tutto ciò a cui portò il suo unirsi a quel club fu una dolorosa e glaciale discesa nella scala gerarchica del liceo McKinley di Lima.
 
Sembrava che il tempo fosse volato in quei tre anni.

Kurt si alzò con un balzo dal letto, stringendo al petto la lettera, aprendo la porta della sua camera e correndo giù per le scale.

- Kurt, tesoro ti romperai l’osso del collo prima o poi! - disse Carole, la moglie di suo padre.

Sua madre era morta quando aveva solo otto anni, eppure lui e Burt, suo padre, insieme ce l’avevano fatta. Erano cresciuti, piangendo l’uno sulla spalla dell’altro e tenendosi stretti quando sembrava che stesse crollando tutto attorno a loro. Poi erano arrivati Carole e suo figlio Finn, compagno di scuola di Kurt, che avevano portato in casa Hummel quel qualcosa in più che li aveva resi  di nuovo una famiglia.

Finn era stato il primo ragazzo popolare ad entrare nel Glee club.
 
Non per sua volontà, ovviamente.
 
Fu il professor Schuester, il quale gestiva il club, che con una menzogna lo costrinse ad iscriversi. Dopo l’entrata del quarterback della squadra di football, le iscrizioni aumentarono “magicamente”, tuttavia questo non servì di certo a rendere il Glee più popolare.

Kurt non rispose a Carole, si limitò ad allungarle la lettera con le lacrime agli occhi e un nodo alla gola. Lei abbassò lo sguardo sulle mani del ragazzo, per poi guardarlo con aria interrogativa.

Prese la lettera e trattenne il respiro per un secondo. Il giovane presto si accorse di una lacrima pronta a solcare la guancia di Carole e si affrettò ad abbracciarla. Lei lo strinse a sé come una madre stringe  un figlio, perché era esattamente ciò che Kurt era diventato per lei nel corso degli anni.

- Kurt, io … - cercò di dire tra i singhiozzi, ma non riuscì ad andare oltre. Si scostò da Kurt, asciugandosi le guance con il dorso della mano destra. - Sono così fiera di te, Kurt. Non immagini neanche quanto.-

A quel punto, neanche lui riuscì a trattenere le lacrime.
Rimase fra le braccia di Carole, provando un po’ di quella sicurezza che anni prima trovava fra le braccia di sua madre.
 
Fu in quel momento che si aprì la porta d’ingresso. Kurt, anche se con un pizzico di riluttanza, si allontanò da Carole, incrociando lo sguardo di suo padre.

- Kurt, Carole? Sono a ca… che è successo?- chiese Burt, togliendosi il berretto e impallidendo improvvisamente.
- Il nostro ragazzo ha ricevuto la lettera dalla NYADA. –
- E …?- chiese Burt, facendo qualche passo verso il figlio. Il ragazzo abbassò lo sguardo, osservando per qualche istante le sue scarpe.
- Papà ce l’ho fatta.- disse con un fil di voce.
Alzò lo sguardo e buttandogli le braccia al collo ripeté a gran voce – Ce l’ho fatta!-

Il padre lo strinse a sé, senza parole. Suo figlio, il suo ragazzo ce l’aveva fatta.
Sapeva che sarebbe stata solo questione di tempo, perché Kurt era la persona più forte che avesse mai conosciuto. Non importa quanti colpi gli sarebbero stati inferti, quante delusioni avrebbe ricevuto, quante porte gli avrebbero sbattuto in faccia. Kurt sarebbe sempre andato avanti, lottando come un leone.

- Kurt. Fa le valige, prendi il primo aereo e rincorri il tuo sogno, capito? Non permettere a nessuno di ostacolarti.- disse fissandolo intensamente negli occhi e enfatizzando le ultime parole. Kurt sapeva esattamente a cosa, o meglio, a chi si riferisse e non riuscendo a sostenere lo sguardo del padre, abbasso gli occhi.
- Sapevo che ce l’avresti fatta.- continuò Burt. - Non ho mai avuto alcun dubbio. Mai.-

Kurt strinse suo padre ancora per qualche istante prima di fare un cenno a entrambi e correre nuovamente in camera sua. Con la coda dell’occhio vide Burt e Carole abbracciarsi e sentì il cuore stringersi nel petto.
 
Spalancò la porta di camera sua e per poco non inciampò nel tappeto per la gran fretta. Si calmò un attimo, pensando che nessuno lo stava inseguendo e che forse era il caso di arrivarci tutto intero a New York.

Aprì l’armadio ed estrasse la sua valigia più grande, perfettamente conscio che quella sarebbe bastata a stento per i suoi outfit estivi e autunnali. Si fermò improvvisamente. C’era altro che doveva fare prima di pensare alla valigia, all’aereo o a New York. Avrebbe dovuto chiamare una persona in particolare: Rachel Berry.

Rachel era, insieme a Mercedes, la sua migliore amica, nonché ex fidanzata di Finn e già l’anno precedente era riuscita ad entrare alla NYADA.
Entrambi condividevano il sogno di sfondare a Broadway  e sembrava che adesso potessero finalmente portarlo avanti insieme.

Lei era una dei cinque ragazzi che si erano uniti sin dal principio al Glee e spesso amavano esibirsi insieme in spettacolari esibizioni di musical.
 
Prese il cellulare che aveva lasciato prima sul comodino e compose il suo numero.

Uno, due, tre, quattro, cinque squilli.
 
Kurt per la tensione aveva già cominciato a camminare avanti e indietro davanti al suo letto, così tante volte che rischiò di solcare il tappeto.

- Kurt!- rispose un’allegra Rachel all’altro capo del telefono.
- Ce l’ho fatta.- disse Kurt nel tono più pacato possibile.
- A far che? – sentì chiedere alla ragazza.

Si chiese se stesse scherzando, dato che era da circa due settimane che non faceva altro che parlare della lettera che aspettava dalla NYADA.

- Rachel! Mi hanno preso! - si portò una mano sulla fronte, non credendo alle sue stesse parole, per poi sedersi sul letto, dato che sentiva le gambe tremare e cominciava a vedere i contorni degli oggetti leggermente sfocati.

Silenzio.

Il ragazzo iniziò seriamente a preoccuparsi che la sua amica fosse svenuta. O forse era eccessivamente catastrofico e in realtà era solo caduta la linea.

- Rachel, ci sei?-

Silenzio per qualche altro istante, poi sentì quello che doveva essere un respiro profondo.

- Oh. Mio. Dio. Kurt, non stai scherzando vero?!-

Come poteva anche solo pensare che potesse scherzare su una cosa del genere?! Kurt rimase a bocca aperta, chiedendosi se la sua cara amica avesse già assunto alcol, nonostante fossero solo le dieci di mattina.

- Rachel! Non scherzerei mai su una cosa del genere.-
- Okay, mi manca il respiro. Okay. Kurt, tu non capisci cosa tutto questo voglia dire per me! Finalmente avrò sempre accanto il mio migliore amico! Mi aiuterai a fare shopping e a preparare qualche assolo. Sai, qui piuttosto che aiutarmi… -
- Oh, sono così contento che tu sia felice per te! - disse Kurt, sarcastico.

Non c’era niente da fare. Per quanto il ragazzo adorasse Rachel a volte sembrava la stessa ragazzina egocentrica e petulante che era al liceo.

Inizialmente Kurt e Rachel avevano avuto tutt’altro che un buon rapporto. Diciamo pure che si odiavano vicendevolmente.
 
Entrambi desideravano esibirsi negli stessi assoli, i quali per la maggior parte delle volte erano normalmente eseguiti da donne. Non che Kurt non fosse in grado di esibirsi in brani del genere, data la sua voce da soprano, tuttavia era un uomo.
Era in grado di raggiungere note come quelle di Defying Gravity ma, essendo un ragazzo, canzoni come quella venivano assegnate a Rachel.

Eppure Kurt non veniva scelto neanche per ruoli maschili come quello di Tony in West Side Story.

- Kurt, - aveva detto Artie, altro membro originario del Glee e regista dello spettacolo l’anno scorso  – hai i lineamenti troppo delicati e la voce troppo femminile per il ruolo di Tony. Finn sarà più adatto.-

Intanto, Kurt stava aspettando una risposta da parte di Rachel, che sembrava stesse cercando le parole giuste mormorando a bassa voce qualcosa che il ragazzo non capiva.

- Oh, beh… - borbottò infine - … lo sai che sono contentissima per te! Dave che ha detto?-

Dave.

Non aveva minimamente pensato a lui, o meglio, non aveva voluto pensarci.
 
David Karofsky era il suo ragazzo circa un anno. Lo stesso ragazzo che aveva reso la vita di Kurt un inferno per due lunghi anni.

Insieme ai suoi compagni della squadra di football, gli aveva tirato granite di tutti i gusti addosso, l’aveva sbattuto contro gli armadietti del McKinley, l’aveva più e più volte gettato nei cassonetti della spazzatura. Perché?

Perché Kurt era fiero di essere gay.

Infine, David aveva baciato il soprano, strappandogli il suo primo bacio.

Kurt aveva pianto, gridato, avrebbe voluto far finta che non fosse accaduto, eppure Dave glielo teneva ben presente.
 
Giorno dopo giorno minacciava di ucciderlo nel caso in cui avesse rivelato quello che era accaduto fra di loro.

Quando Burt venne a sapere dell’accaduto fece di tutto per far espellere David, il quale venne tuttavia semplicemente sospeso.
 
Aveva implorato suo figlio di trasferirsi, di cambiare scuola, di non farsi trovare al ritorno di Dave, ma Kurt sapeva che ovunque fosse andato, avrebbe ricevuto sempre lo stesso trattamento.
 
Il padre gli aveva proposto anche di trasferirsi alla Dalton Academy, un istituto maschile nel quale c’era tolleranza zero in fatto di bullismo, eppure Kurt aveva rifiutato perché voleva affrontare Dave.
 
E così fece. Quando tornò a scuola, Kurt era lì ad aspettarlo e il suo bullo personale sembrava essere diventato un agnellino indifeso.

- No. -  rispose secco a Rachel.
- Hai paura che si arrabbi come l’ultima volta? –

Kurt rabbrividì pensando alle urla di Dave quando gli aveva detto di aver spedito nuovamente la domanda di ammissione per la NYADA.

- No, Rachel.-
- Kurt, hai intenzione di … -
- Si. – la interruppe.

Mentre guidava per casa di Dave, Kurt ripensò a tutto quello che aveva passato con lui.

Dopo il suo ritorno a scuola, Kurt gli era stato vicino, ma il ragazzo non era ancora pronto ad ammettere la sua omosessualità.

Ciò che mandò definitivamente tutto in frantumi, fu il ballo.
Kurt fu eletto reginetta per via del kilt che aveva deciso di indossare quella sera che, evidentemente, non era stato particolarmente gradito dai suoi compagni di scuola, ma in fin dei conti, il vero problema fu che ad essere nominato re, fu proprio Dave.
 
Spaventato dall’idea che qualcuno potesse sospettare che fosse gay, il giocatore di football scappò, lasciando un imbarazzato Kurt nel bel mezzo della palestra adornata per l’occasione.

Tuttavia Dave non si limitò a fuggire dal ballo.
 
Il lunedì successivo non si presento al McKinley e, da voci di corridoio, il soprano venne a sapere che Karofsky si era trasferito in un altro istituto, scappando da tutti. Stava fuggendo persino da lui, che era stato l’unico a tendergli una mano.

Un anno dopo, a San Valentino, Kurt ricevette una chiamata da David, il quale lo invitò a cena al Breadstix. Il soprano ne rimase sorpreso, tuttavia accettò.

Quello che non si aspettava era che Dave lo avesse invitato a cena fuori per chiedergli se volesse diventare a tutti gli effetti il suo ragazzo.

Kurt rimase senza parole.

In effetti cos’altro avrebbe potuto chiedergli proprio il giorno di San Valentino?!
 
Eppure Kurt, quando si parlava di questioni d’amore, proprio non ci capiva niente.
Non ebbe neanche il tempo di pensarci che un compagno di Dave entrò nel locale, trovando i due insieme. Tutto quello che David riuscì a fare, fu darsi alla fuga.
 
Come sempre. 

La settimana successiva, tutti alla nuova scuola di David erano venuti a sapere dell’omosessualità del ragazzo.

Stanco del troppo peso che le sue spalle apparentemente forti sostenevano, tentò il suicidio.

Fortunatamente non riuscì a portare a termine il suo intento. Due giorni dopo l’accaduto, steso nel letto d’ospedale, intento a fissare il soffitto e tentando di non pensare a nulla, Karofsky ricevette una visita inaspettata.

A varcare la soglia della sua camera fu Kurt, il quale gli si sedette accanto e cercò di confortarlo, ripetendogli che non avrebbe dovuto affrontare tutto quello da solo, che lui ci sarebbe sempre stato.

Quando venne dimesso, Dave si ritirò dal liceo e cominciò a studiare a casa, temendo che ciò che era accaduto si ripetesse.
 
Quando i suoi chiesero se ciò che era stato detto in giro fosse vero, rispose con un secco no.
Praticamente ogni giorno, dopo le prove con il Glee, Kurt si recava a casa di David. Spesso andavano in biblioteca oppure restavano in macchina a parlare per ore, fino all’ora di cena.
 
Kurt ascoltava, Dave piangeva.

Nessuno dei due si rese conto dell’esatto istante nel quale smisero di essere semplici amici e divennero qualcosa di più.
Non ci fu una struggente dichiarazione d’amore, né un bacio inaspettato o una serenata al chiaro di luna, semplicemente un giorno, Dave seduto nell’auto di Kurt di fronte a casa sua, si avvicinò al ragazzo e con voce che lasciava trasparire non poca insicurezza chiese a Kurt se potesse baciarlo.

Kurt sentì qualcosa nello stomaco.

Farfalle? No.

Qualcosa che si avvicinava alla paura, forse.
 
In fondo, quello era il ragazzo che gli aveva portato via il primo bacio, senza curarsi del fatto che magari lui non fosse esattamente d’accordo. Adesso, però, sembrava solo un ragazzino pieno di incertezze, per nulla in grado di fargli del male.

Allora Kurt lo lasciò fare, ma non rispose al bacio.
Tra di loro andò avanti così per molto tempo.
 
Ogni tanto Dave chiedeva un semplice contatto e Kurt glielo concedeva. A volte il ragazzo si chiedeva se David fosse ciò che desiderava davvero, ma non si lasciava mai abbastanza tempo per darsi una risposta sincera.

E, in fin dei conti, ad entrambi andava bene così.

Dave gli parlava dei suoi problemi e delle sue paure, ma a Kurt sembrava che a volte semplicemente non bastasse. Continuavano a tenere la propria relazione privata, perché Dave non era ancora pronto ad uscire allo scoperto.

All’inizio al soprano stava bene, ma con il passare del tempo la situazione cominciò a pesargli più di quanto avesse mai potuto immaginare.

Dopo essersi diplomato, Kurt passò l’estate a pensare cosa ne sarebbe stato di lui  da  quel momento in poi.
 
Sarebbe stato il fidanzato segreto del suo bullo del liceo? Sarebbe stato un fallito che passava le giornate a sfogliare Vogue?

Fu allora che il professor Schuester gli tese una mano, proponendogli di aiutarlo a gestire il Glee Club. Kurt si buttò a capo fitto nel suo lavoro.
 
La sera tornava a casa distrutto, conservando le ultime forze per i suoi rituali d’idratazione della pelle.

La storia con Dave ormai era praticamente una relazione a distanza.
Si sentivano una volta al giorno per telefono e poi passavano il venerdì sera insieme a guardare un film oppure parlando dei sentimenti di Dave, delle paure di Dave, del fallimento di Dave…

A volte al soprano sembrava che all’interno di quella sottospecie di relazione non ci fosse spazio per lui. Fu allora che decise di fare qualcosa unicamente per sé, ritentando con la NYADA.

Spinto da suo padre, dal professor Schuester e da Rachel, Kurt rinviò nuovamente la domanda d’iscrizione. Si esibì davanti a Carmen Tibideaux, la quale si complimentò per i miglioramenti che aveva apportato durante l’anno trascorso. Più felice che mai, aveva parlato a David dell’audizione. Il suo ragazzo aveva chiuso gli occhi, stretto le mani in due pugni, poi aveva cominciato a urlare.

Lo aveva accusato, dicendo che questo era solo un tentativo di fuggire, che in realtà lo stava facendo perché non voleva più saperne nulla di lui.
 
Tutto ciò che Kurt riuscì a fare, fu rassicurarlo, dicendogli che sicuramente non sarebbe stato preso.

Fantastico.

Kurt tirò il freno a mano, fermandosi a poca distanza da casa di Dave. Tenne le mani strette al volante, con lo sguardo puntato nel vuoto, chiedendosi che diavolo stesse facendo.

Voleva davvero andare avanti?
Si.

Prima che potesse ripensarci, scese dall’auto, chiudendo lentamente lo sportello e facendo un respiro profondo. Camminò lungo il marciapiede con gli occhi bassi e nel giro di due minuti si ritrovò davanti casa Karofsky.

Allungò il dito affusolato verso il campanello e suonò. Pochi istanti dopo la porta si aprì. David lo guardò con espressione allarmata e invece ci invitarlo ad entrare, fece un passo in avanti e si chiuse la porta alle spalle.

- Che ci fai qui?! Lo sai che a quest’ora mio padre è a casa. – sussurrò David.

Kurt sentì la frustrazione aumentare sempre di più.
 
Era tutto una farsa. Lo era da sempre e come poteva anche solo pensare che un giorno sarebbe cambiato qualcosa? Strinse i pugni talmente forte che sentì le unghie conficcarsi nei palmi, ciò nonostante non provando alcun dolore.
Come aveva fatto poco prima con Carole, gli tese la lettera, notando come l’irritazione di David crescesse a dismisura.

- Bene. Hai preso la tua decisione, quindi.- 
- Sapevamo entrambi che sarebbe finita così. David, - continuò Kurt, incerto su cosa dire. - io non ti servo. Da quando stiamo insieme non hai fatto neanche un misero passo avanti. Non l’hai detto nemmeno ai tuoi! - disse il soprano, stringendo sempre più forti i pugni e alzando il tono di voce senza nemmeno accorgersene.

Non aveva mai detto quelle parole ad alta voce e adesso sembravano avere un peso del tutto diverso. Per Dave non era nient’altro che uno sfogo. Qualcuno da chiamare poiché non aveva altra scelta.

- Kurt, lo sai che … che io … si, ci tengo a te. – disse David, pronunciando le ultime parole tutto d’un fiato.

Kurt lo guardò sconcertato.

- Non abbastanza evidentemente. Altrimenti saresti felice per me, almeno un po’.-
- Abbassa la voce o ci sentiranno! - sussurrò David, senza ribattere.

Il soprano rise amaramente. Era sempre stato sotto il suo naso e aveva fatto finta di niente. Aveva nascosto quella “relazione” ai suoi amici per Dave. Alla stessa Mercedes. Gli unici ad esserne al corrente erano suo padre, Carole, Finn e Rachel.
 
Riprese la lettera dalle mani di David e fece un passo indietro.

- Ci siamo detti tutto quello che c’era da dire.- 

Kurt gli girò le spalle e si incamminò verso la sua auto.
 
- Kurt. –
 
Il ragazzo si bloccò sul posto.
Sentì un brivido lungo la schiena e una strana sensazione nel petto. Speranza, forse?
Si girò con espressione interrogativa nella direzione di Dave.

- Scusami.-

Kurt rimase qualche istante a fissare la figura curva di David. Annuì e riprese a camminare. Salì in auto e imboccò la strada di casa.

Sentiva gli occhi bruciare, ma non voleva, non poteva versare ancora lacrime per Dave. Era stato così cieco. O meglio, non aveva voluto guardare in faccia la realtà.
Tutto quello che Kurt aveva sempre desiderato era qualcuno che lo amasse.
 
Aveva pensato che David avrebbe potuto essere quel qualcuno. Non aveva nemmeno messo in conto cosa provasse lui stesso.

Voleva che qualcuno gli stesse accanto e adesso si sentiva quasi sporco, perché per quanto Dave l’avesse usato per sfogarsi, Kurt di certo non si opponeva quelle poche volte che il suo “ragazzo” chiedeva il permesso di poterlo baciare.
 
Solo adesso il soprano si rendeva conto di quanto ridicola fosse quella situazione.
Quando c’era qualcosa tra due persone non doveva essere tutto spontaneo?
Tuttavia, quelle piccole attenzioni lo facevano sentire per una frazione di secondo completo.

Ma era così che desiderava passare il resto della sua vita?
E se David avesse deciso di fare coming out, sarebbe davvero cambiato qualcosa?
 
Kurt si ritrovò a chiedersi se avesse mai provato qualcosa che fosse più di un sentimento di amicizia nei confronti di Dave.

Era davvero arrivato a questo punto?

 

Tea's Corner:

Salve a tutti! :D

Ho iniziato a scrivere questa fanfiction qualche mese fa e non so ancora per quale motivo mi sono decisa a pubblicarla xD
Spero il capitolo vi sia piaciuto, anche se in effetti da questo non si capisce molto... Nel caso in cui vogliate capirci qualcosa, aggiornerò ogni martedì.

Tea (:




 

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Capitolo 2
*** Go Your Own Way ***


                                                                                                                                                      Chapter 2:
                                                                                                                                          Go your own way


“Start spreading the news. I am leaving today 
I want to be a part of it. New York, New York”

(New York, New York – Frank Sinatra)

Quando Kurt tornò a casa, la trovò vuota, il che da un certo punto di vista era soltanto un bene.
Di sicuro, non sarebbe stato in grado di discutere riguardo la sua rottura con Dave e il suo silenzio non avrebbe fatto altro che far preoccupare Burt.

Lasciò le chiavi sul tavolino da caffè che si trovava in soggiorno e si diresse in cucina per bere un bicchiere d’acqua. Sul frigorifero notò un post-it di Carole il quale diceva che avrebbe trovato il suo pranzo in forno. Il ragazzo non era per niente affamato, perciò si diresse direttamente in camera.Si stese sul letto, con un braccio davanti agli occhi, non sentendo alcun rumore se non il lieve suono del suo stesso respiro.

Un po’ alla volta, sentì il senso di colpa pervaderlo. Stava davvero abbandonando David? Era così meschino da lasciarlo completamente solo?
Kurt, come non gli capitava da anni, provò il forte desiderio di urlare. Come poteva essere che fare la cosa migliore per se stesso portasse allo stesso tempo alla cosa peggiore per qualcun altro? 

Pensò alle parole di suo padre. Gli aveva detto di non lasciare che nessuno intralciasse il suo cammino e aveva immediatamente capito che stesse parlando proprio di quello che adesso era il suo ex ragazzo. Kurt gli aveva chiaramente detto che era tutto finito e di certo Dave non si era messo in ginocchio, implorando di non lasciarlo, di cambiare idea, assicurandolo che starebbe cambiato soltanto per salvare la loro relazione... Forse Kurt aveva sopravvalutato il peso che David dava alla loro relazione.

Sedendosi a gambe incrociate sul letto, fece un respiro profondo e capì che era arrivato il momento di prendere una decisione definitiva.
E sapeva esattamente quale fosse la migliore. Per sé.

Gli era stata concessa una seconda possibilità. La possibilità di realizzare i propri sogni e sarebbe stato un perfetto idiota se l’avesse persa.
 Dopo non ricordava nemmeno quanto tempo, fece qualcosa per se stesso e scelse la strada che si era ripromesso di percorrere sin da quando aveva memoria.

Si alzò dal letto, accese il computer e prenotò il volo del giorno successivo per New York, prima che potesse avere un qualsiasi ripensamento.
Si guardò intorno, osservando la sua camera da letto.

Arrotolò le maniche del maglione che indossava beige fino ai gomiti, facendo ben attenzione a non sgualcirlo, e prese un pacco di post-it colorati, deciso a fare l’inventario di tutte le sue cose.
In quelle due ore catalogò qualsiasi oggetto in camera sua, utilizzando post-it di colore diverso in base a cosa ne avrebbe fatto.
Kurt, immerso nelle note della colonna sonora di Wicked, si prese del tempo unicamente per sé. Non penso a nulla, se non a dividere la sua roba.

- Rosa resta, blu viene con me … -  

Avrebbe pensato ai suoi problemi più tardi.
Prese dall’armadio gli outfit delle ultime collezioni, lasciando i più vecchi. Come aveva immaginato la sua valigia più grande riuscì a contenere solo una piccola parte dei suoi abiti, perciò dovette utilizzarne altre due di media grandezza per i restanti.

Recuperò dallo scantinato gli scatoloni che l’anno precedente aveva acquistato, quando era certo che si sarebbe trasferito a New York come lo era di chiamarsi Kurt Hummel. Beh, in fondo aveva solo dovuto attendere un anno…

Salì in camera e riprese a sistemare senza darsi un attimo di tregua.  

Alle sei e un quarto Kurt si stese distrutto sul letto.
La camera ormai era praticamente vuota. Era talmente stanco che non sentì nemmeno i passi per le scale o la porta aprirsi. In realtà non ricordava nemmeno se l’avesse lasciata chiusa o aperta.

- Ehi, ragazzo. –

Kurt saltò per lo spavento. Vide suo padre sulla soglia della porta che lo guardava con un sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi. Il soprano ricambiò il sorriso.

- Impacchettato tutto?- chiese Burt, sedendosi accanto a lui.
- Si, devo sistemare le mie creme, ma le metterò in valigia domani prima di partire. - rispose, sistemandosi meglio sul letto.
-Non possiamo mica saltare un trattamento!- scherzò il padre.

Kurt gli rispose con un debole schiaffo sulla spalla sinistra, continuando a sorridere. Ci fu qualche istante di silenzio, durante il quale Burt teneva lo sguardo sulle sue mani, improvvisamente con fare interessato, e Kurt che osservava a sua volta suo padre.
Sembrava stesse cercando di dirgli qualcosa. Aprì la bocca tre volte, ma non ne uscì alcun suono. Allora Burt prese un respiro profondo e iniziò a parlare, continuando a tenere gli occhi sulle sue mani.

- Kurt, sono così felice per te… - disse al figlio, con un nodo alla gola. Kurt mise una mano sulle sue, incapace di rispondere. Suo padre tornò a guardarlo negli occhi. - E mi mancherai ogni giorno, ma mi basta sapere che è ciò che realmente desideri. E so perfettamente che è così. La mamma sarebbe fiera di te … -

Kurt sentì la bocca dello stomaco chiudersi in una morsa. Quelle parole lo rendevano la persona più felice e allo stesso tempo più malinconica della terra.
Sapeva che sua madre sarebbe stata orgogliosa di lui. Sin da piccolo era stata la prima persona a sostenerlo e a credere fermamente in lui. La prima ad impedire che non si sentisse diverso dagli altri bambini soltanto perché preferiva giocare a prendere il tè, anziché a fare la lotta. Eppure, nonostante l’avesse persa così presto, era conscio di essere estremamente fortunato.
Non tutti avevano un padre come il suo, che l’aveva accompagnato durante il suo percorso, lasciando che cadesse e comprendesse i propri errori, per poi porgergli una mano per aiutarlo a rialzarsi finché non ne era stato in grado da solo. 

Adesso era arrivato il momento di lasciarlo andare.

- In realtà ero venuto per chiederti una cosa… - continuò Burt, distogliendo Kurt dai propri pensieri.
- Che hai intenzione di fare con David? –

Kurt sospirò. Ci aveva pensato bene e non avrebbe cambiato idea. Sapeva perfettamente che era ciò che doveva fare. Abbassò gli occhi per un attimo.

- Ho già preso la mia decisione. Ho deciso che andrò a New York. Gliene ho parlato e pare che non faccia esattamente i salti di gioia. Era ora che mettessi un punto a questa storia. –
Pronunciando quelle parole ad alta voce, provò rabbia, pensando a come Dave l’avesse usato, ma allo stesso tempo un senso di liberazione, poiché era finalmente riuscito ad uscire da quell’assurda storia.
- Come l’ha presa? – chiese Burt, lasciando trasparire un po’ di preoccupazione.

A suo padre non era mai piaciuto Dave.
Dire che non gli piacesse è un eufemismo. Del resto era solo il tipo che perseguitava suo figlio al liceo…
Non aveva sprangato Kurt in casa, senza cellulare, né computer, bloccando persino la finestra per impedirgli di vedere quel Karofsky semplicemente perché si fidava ciecamente di lui. Naturalmente suo figlio non gli dava a vedere tutte le preoccupazioni che Dave gli procurava.

- A dire il vero non troppo male.- disse Kurt con una punta di acidità.
- Mi dispiace, figliolo. – Kurt sorrise al padre.
- Tranquillo. È meglio che sia andata in questo modo. - Burt semplicemente annuì. Alzò improvvisamente la testa, come se si fosse ricordato di qualcosa, poi si voltò verso il figlio.
- Cacchio! Ero salito per dirti che la cena è pronta! –

Kurt rise e insieme a suo padre scese al piano di sotto.
In effetti, adesso che ci pensava, il suo stomaco stava implorando per una minima quantità di cibo.
Kurt mangiava abitualmente come un uccellino… a dieta.
Comprava prodotti con bassissima percentuale di grassi, naturalmente biologici. Ogni tanto, quando la depressione sembrava divorarselo vivo, si concedeva una fetta di cheese cake. O una torta intera… Ma quelli erano casi isolati.

Non mangiava nulla dal mattino e per di più aveva lavorato senza sosta, trasportando con non poca fatina la sua roba su e giù per le scale per tutto il pomeriggio.
Sedette a tavola di fronte a Carole, fissando il posto vuoto accanto alla donna. Quel posto fino a un anno prima era quello in cui abitualmente sedeva Finn.
Il ragazzo non tornava a casa da sei mesi.

Si era arruolato nell’esercito, volendo seguire le orme di suo padre.
Tuttavia, non riceveva mai più di tre permessi l’anno per tornare a casa.
Carole tentava di celare la sua tristezza, senza buoni risultati. Ogni volta che passava davanti alla camera di Finn, si soffermava qualche istante, apriva la porta e osservava le cose che racchiudevano l’essenza del figlio.

Al contrario di Kurt, il quale stava praticamente portando la sua intera stanza a New York, Finn non aveva avuto bisogno di portare nulla in Georgia e chiudendo quella porta, aveva anche voltato le spalle al ragazzo che era stato una volta e aveva accolto l’uomo che avrebbe combattuto per il proprio stato.
Rachel aveva tentato in tutti i modi di portare avanti quella relazione a distanza, ma dopo due mesi dalla sua partenza, Finn aveva deciso di chiudere quella storia che sembrava li rendesse soltanto infelici.
Kurt guardò Carole negli occhi e le rivolse un sorriso sincero quando notò gli occhi della donna osservare il posto vuoto accanto a sé.
Carole sorrise di rimando a Kurt.

Dopo cena il ragazzo chiamò Mercedes e Will Schuester, dato che non li aveva ancora informati della novità. Il professore si congratulò con Kurt una decina di volte e continuò a ripetere – Ben fatto, Kurt! Ben fatto! – per almeno cinque minuti.

Quando chiamò Mercedes, un acuto per poco non gli perforò il timpano.
Se solo la ragazza l’avesse avuto tra le braccia, l’avrebbe stritolato, ma  fortunatamente per l’incolumità di Kurt, lei si trovava a Los Angeles.
- Prendo il primissimo aereo per Lima! – disse la ragazza, presa dall’emozione. Kurt era scoppiato a ridere e con un pizzico di tristezza la informò che il suo aereo per New York sarebbe partito l’indomani.
Mercedes gli mancava maledettamente. Insieme a lei, i loro pomeriggi di shopping sfrenato, le maratone di film strappalacrime il venerdì sera, le ore passate a parlare di moda…
Riattaccò ancora con il sorriso sulle labbra ed entrò nel suo bagno.
Si sedette davanti allo specchio, intento ad applicare un primo strato di crema idratante e pensando che quella sarebbe stata l’ultima sera che avrebbe passato in camera sua, in casa sua.
Dal giorno successivo, sarebbe stata New York.

Quel pensiero gli provocò una miriade di sensazioni che per qualche istante lo mandarono nel panico. Si sentì improvvisamente terrorizzato all’idea di non farcela senza il sostegno costante di suo padre, senza Carole, senza la sua camera in cui rifugiarsi nei momenti peggiori. Finì di applicare la crema, spense le luci e si sistemò sotto le coperte.Prima di lasciare che il sonno lo rapisse, pensò un’ultima volta a David. Si chiese che cosa avrebbe fatto se avesse avuto la possibilità di tornare indietro. Non si sarebbe mai tirato indietro dall’aiutare Dave, ma di certo non si sarebbe più permesso di stare con lui per sola pena. Aveva fatto di tutto per sostenerlo, ma evidentemente il suo ex ragazzo era il primo a non voler essere realmente aiutato.Forse, nel profondo, a David piaceva quella situazione.Era come se il suoi continui lamenti gli dessero conforto.

Kurt liberò la mente da ogni pensiero e preoccupazione, chiuse gli occhi e pochi minuti dopo si addormentò.
Adesso era arrivato il suo momento.
 
- Kurt, hai preso tutto? -
- Si, papà. Per la settima volta. Si. – rispose il ragazzo, sospirando.

Lui, Burt e Carole stavano trasportando le sue tre valige in macchina, pronti a partire per l’aeroporto. Sin dal primo mattino Burt ebbe parecchi attacchi di panico. E non era quello che stava per trasferirsi in una città a lui praticamente sconosciuta, per di più a chilometri di distanza dalla propria famiglia…

- Sempre meglio assicurarsi, ragazzo. – rispose, tentando di celare il nervosismo.

Carole si avvicinò a Kurt e posando una mano sulla sua spalla, gli disse a bassa voce – Non farci caso. È solo un po’ stressato. –
Kurt si voltò nella direzione del padre.
Stava disperatamente tentando di caricare l’ultima valigia in auto.
Sembrava una vera e propria lotta. Il soprano si chiese chi dei due avrebbe vinto. La valigia a quanto pareva stava avendo la meglio.
Burt inizialmente si limitò a grugnire. Poi maledisse la valigia mentre la spingeva con la schiena, provando a farla incastrare fra le altre due già ben posizionate nel portabagagli. Infine, imprecò contro la sua stessa auto.

- Solo un po’. – continuò Kurt.

Lei rise e andò ad aiutare il marito.
Quando finalmente Burt si convinse del fatto che una terza valigia nel bagagliaio proprio non c’entrava, si decise a sistemarla accanto a Kurt, sul sedile posteriore. Fortunatamente era quella di grandezza media. Il ragazzo si ritrovò completamente addossato allo sportello della macchina e con il bagaglio a mano sulle gambe.
Qualsiasi movimento era impossibile. Kurt sentì che quello sarebbe stato un lungo, lungo viaggio.
Durante la strada che conduceva all’aeroporto, dopo circa venti minuti, Kurt perse la sensibilità alle gambe, ma stava per partire per New York!

Chi diavolo se ne frega di una possibile perdita degli arti inferiori perché andati in cancrena?!

Mandò un messaggio a Rachel nel quale la informò che a breve sarebbe partito. Lei gli rispose con un messaggio pieno di smile e cuoricini.
Molto da Rachel.

Quando giunsero all’aeroporto, Carole andò ad aprire la portiera al ragazzo, prendendo anche il bagaglio a mano per permettergli di scendere.
Kurt tentò di muoversi. Con tutte le sue forze. Eppure le sue gambe non erano per nulla d’accordo.
Dopo aver tentato il suicidio cercando di saltare giù dall’auto senza che le gambe si fossero ancora del tutto riprese e rischiando seriamente di finire con il suo bel faccino spiaccicato per terra, Kurt riprese il bagaglio a mano e dal bagagliaio prese una valigia delle due medie.
Insieme a Burt e Carole andò a ritirare il suo biglietto e consegnò le valige.

- Hanno detto che la tua roba arriverà domani. - disse Burt.

Kurt annuì e abbassò gli occhi, stringendo con forza la tracolla del suo bagaglio. Sentirono una voce annunciare che l’aereo di Kurt sarebbe presto partito.
Il ragazzo abbracciò il padre, stringendolo a sé più che poteva.

- Ti voglio bene. – sussurrò.
- Anch’io Kurt. –

Lasciò le braccia del padre e si voltò verso Carole.
Aveva gli occhi rossi, con le dita cercando il bloccare le lacrime prima che le rigassero le guance. Kurt abbracciò anche lei, lasciandole un bacio sulla guancia, poi voltò loro le spalle e si allontanò.


Con gioia, notò che il suo posto era accanto al finestrino. Sistemò la borsa nello scompartimento apposito e si sedette. Guardò fuori dal finestrino per circa un minuto, poi l’orologio.
Incrociò le braccia al petto, poi giocherellò con il braccialetto che portava al polso. Nonostante non fosse ancora stato comunicato, si allacciò la cintura.
Guardò davanti a sé, senza vedere nulla in particolare. Fu allora che realizzò.

Non aveva nulla da fare.

Niente scalette da programmare, canzoni da arrangiare, persone da ascoltare, nulla da riordinare.

Niente.

In un primo momento inorridì alla sola idea, poi decise di apprezzare a pieno quel momento e di immortalarlo perché, ne era certo, non sarebbe ricapitato presto.
Allora chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.
 

Sentì qualcuno annunciare qualcosa che proprio non capì. Aprì gli occhi e si guardò attorno. Il posto accanto al suo era rimasto vuoto. Fuori era già buio.
L’aereo stava atterrando. A New York. Kurt Hummel era a New York.

Se solo avesse potuto, avrebbe cominciato a saltare come un matto da una parte all’altra. Tuttavia, nessuno sembrava particolarmente entusiasta. C’erano un uomo e una donna intenti a lavorare ognuno al proprio portatile. Un bambino che dormiva e la madre che leggeva una rivista di gossip con fare annoiato.
Un ragazzo che ascoltava musica, tenendo gli occhi chiusi e battendo il tempo con le dita. Poi c’era un signore anziano che semplicemente fissava il vuoto.

Kurt scese dall’aereo e si recò a prendere le sue tre valige. Le caricò su un carrello faticando non poco e si diresse verso l’uscita. Si fermò a pochi passi dalle porte scorrevoli, respirando profondamente.
In pochi istanti si ritrovò fuori, con la bocca aperta e le mani che stringevano il carrello talmente tanto che le nocche divennero bianche.
Grattacieli, sfarzose vetrine, enormi cartelloni pubblicitari, decine e decine di taxi, gente che correva di qua e di là, ragazzini in bici…
Kurt si riscosse dal suo stato di catalessi e si sporse in avanti per prenotare un taxi. Dopo quattro volte, durante le quali i tassisti l’avevano palesemente ignorato e con nonchalance avevano proseguito dritto, si fermò un taxi davanti al ragazzo.Caricò due valige nel bagagliaio e una accanto a sé, come aveva fatto prima.

- Potrebbe portarmi alla NYADA? – chiese con un filo di timidezza.
- Come senior? Mi scusi non conosco ancora perfettamente sua lingua. - rispose il tassista, con un forte accento che a Kurt sembrò spagnolo.
Il ragazzo guardò il cartellino attaccato al sedile del conducente. C’era la foto di un uomo sorridente, con la faccia tonda, di carnagione scura, con folti baffi neri e capelli brizzolati. C’era scritto che il suo nome era Ramon e che veniva dall’Argentina.

Perfetto.

Si passò una mano sul viso e ripeté all’autista di portarlo alla NYADA. Quello annuì e fece partire l’auto.
Restarono imbottigliati nel traffico per quella che a Kurt sembrò essere un’eternità. Per un secondo pensò perfino di andare a piedi, ma aveva tre valige ed era certo che si sarebbe perso nel giro di qualche minuto. Ad un tratto il tassista svoltò a destra per poi tornare indietro.

- Ma dove stiamo andando?!- chiese Kurt, leggermente irritato.
- Ho sbagliato strada. Mi scusi, senior. –

Kurt batté la testa sul finestrino, in preda allo sconforto. Prese il cellulare e scrisse a suo padre che era arrivato e che l’avrebbe chiamato la mattina seguente.
A mezzanotte meno venti il taxi si fermò. Kurt lasciò cadere la testa all’indietro, chiedendosi che diavolo fosse successo adesso, poi guardo fuori.

Era davanti alla NYADA.

Pagò il tassista e gli disse di tenere il resto. Scese dall’auto, prese le valige e una alla volta e le portò davanti al portone. Suonò il campanello, tremando.
Gli aprì una signora sulla cinquantina, minuta, con lunghi capelli castani.

- Salve, sono Kurt Hummel. Scusi l’orario, ma ho avuto problemi con il taxi. -

La signora gli rivolse un caldo sorriso e si fece da parte per farlo entrare nell’androne.

- Piacere di conoscerti Kurt. Io sono la signora Simmons, ma tutti i ragazzi mi chiamano Jane. -
- Piacere mio. – rispose Kurt, sorridendole a sua volta. Rimasero in silenzio per qualche istante.
- Dio mio! Scusami, sarai distrutto! Tieni, questa è la chiave della tua stanza.-

Jane gli diede una chiave con su scritto ventisette e poi aggiunse – Terzo piano. –
Kurt la salutò con un cenno della mano e si diresse verso l’ascensore.
Al terzo piano le porte si aprirono, rivelando un corridoio ricoperto da moquette rossa e con le pareti tappezzate con della carta da parati di un colore che non riuscì a identificare data la scarsa luce.
Sul lato destro del corridoio si trovavano le stanze con numero pari, sul sinistro quelle dispari. Kurt vide da lontano la porta con su scritto ventisette e velocizzò il passo. Si fermò di botto di fronte alla porta e inserì la chiave.

Niente, non si apriva.

Si avvicinò alla serratura, cercando di capire dove sbagliasse. La luce del corridoio si spense improvvisamente e non sapendo dove si trovasse l’interruttore, praticamente appiccicò il naso alla porta per vedere dove infilare la chiave, appoggiandosi con la mano libera.
Girò in senso orario, poi antiorario e finalmente la porta si aprì… non per merito suo. Infatti, perse l’equilibrio, sbattendo la faccia contro qualcosa. No, qualcuno.
Si rialzò di scatto, vedendo un ragazzo. Questo accese la luce della camera e Kurt per qualche secondo rimase abbagliato per via dell’improvviso bagliore.

- Posso aiutarti? –


 

 



Tea's Corner:

Heeello! Ecco il secondo capitolo, niente da dire in particolare...
Grazie a tutti quelli che hanno letto e che spero abbiano la pazienza di continuare.
Dal prossimo capitolo un po' di cose saranno chiarite :D
A martedì prossimo!

Tea (:

 

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Capitolo 3
*** Behind These Hazel Eyes ***


                                                                                                                                         Chapter 3:
                                                                                                                 Behind these hazel eyes

“I am not the boy next door. I don't belong like I did before
Nothin' ever seems like it used to be. You can have your dreams,
but you can't have me”
(Not the boy next door - The boy from Oz)

Ancora con la vista leggermente annebbiata, Kurt alzò lentamente lo sguardo verso il ragazzo che aveva appena aperto la porta.
 
Iniziò guardando i piedi nudi di questo, continuò notando dei pantaloni di tuta che una volta, forse, erano stati neri e che pareva gli stessero decisamente troppo larghi, alzò ancora un po’ gli occhi notando una maglia grigia sgualcita.
 
Fu allora che Kurt guardò il ragazzo in viso.
 
Aveva un’enorme massa di ricci mori che disordinatamente cadevano sulla fronte,  labbra carnose, un filo di barba e delle sopracciglia inquietantemente… triangolari.
 
Il soprano in un primo momento si chiese se fosse lo stesso ragazzo a dargli quella forma, data l’imbarazzante perfezione. Infine lo guardò dritto negli occhi.
Questi erano incorniciati da lunghissime ciglia nere e le iridi erano...
 
Kurt non riuscì a definire di che colore fossero. Verdi? Castane? Grigie?
La luce proveniente dalla stanza era fioca, perciò gli era alquanto impossibile carpire che diavolo di colore fosse. Il soprano smise di osservarlo centimetro per centimetro, scrutandolo nel complesso.
 
Porca miseria, era un figo!
 
Non era particolarmente alto, forse qualche centimetro più basso di lui. In effetti era proprio bassino…
 
Kurt riusciva a vedere i muscoli ben definiti delle braccia attraverso la maglia leggera, le cui maniche erano arrotolate fino al gomito. Sembrava che si fosse appena alzato dal letto, eppure era maledettamente attraente!
 
Com’era possibile?! Che razza di crema usava questo fantomatico ragazzo?!
 
La pelle era luminosa e sembrava che i suoi capelli fossero stati appositamente sistemati in modo da dargli un effetto disordinato. Il soprano si riscosse dal suo stato comatoso, dovuto di sicuro alla stanchezza e non al ragazzo che fissava non sapeva nemmeno da quanto tempo, circondato da un silenzio a dir poco imbarazzante.
 
Agitò leggermente la testa, cessando di scrutare il ragazzo davanti a sé.
Forse non era proprio il caso di guardare così intensamente uno sconosciuto, forse.
 
- Sei il mio compagno di stanza?- chiese Kurt con un filo di voce, senza neanche presentarsi.
 
E tanti saluti alle buone maniere! Se fosse stato al posto del tipo che aveva di fronte avrebbe chiesto nome, cognome, data e luogo di nascita,  possibili patologie, relazioni passate, presenti e stilista preferito.
 
Tuttavia il ragazzo non sembrò turbato dal comportamento di Kurt, che sarebbe potuto essere un killer seriale pronto a farlo a fettine sottili sottili. Quello si voltò verso l’interno della sua camera e guardò qualcosa che Kurt non riuscì a vedere, poi si girò di nuovo.
 
Squadrò il soprano dai piedi fino all’ultimo capello, per poi puntare i suoi occhi dal colore indefinito in quelli azzurri di Kurt.
 
- Purtroppo no, ma uno scambio non mi dispiacerebbe per niente.- disse, accennando un sorriso sghembo.
 
Kurt spalancò gli occhi e prese un bel respiro.
Stava flirtando?! No, non poteva essere.
 
No, no. Figuriamoci…
 
Nella sua mente non era proprio possibile che un bel ragazzo come quello ci stesse provando con lui. Sentì una strana sensazione allo stomaco.
Cercò nel suo archivio personale di emozioni super provvisto, ma tutto ciò che il suo cervello gli fornì fu “file not found”.
 
Era come se avessero acceso tante miccette… No. Come se nel suo stomaco si stessero schiantando tra di loro tanti piccoli e teneri animaletti che poi atterravano storditi con un tonfo secco.
 
Oh.
Oh.
Farfalle?
 
- Scusami?- chiese alzando un po’ il tono della voce.
 
Il riccio si portò un dito alle labbra, facendo segno al soprano di star zitto.
Kurt  arrossì e fece un passo indietro. Notò che sulla porta del ragazzo era segnato il numero venticinque.
 
Aveva sbagliato stanza, stupendo.
Indietreggiò ancora di qualche passo, con la sensazione che le orecchie gli stessero andando a fuoco e quasi sentendo odore di carne cotta a puntino.
 
- Ho… ehm, sbagliato. Buona notte.- balbettò a bassa voce.
 
Trascinò le valige davanti alla porta accanto e inserì la chiave nella toppa.
Tuttavia si sentiva osservato. Voltò con calma la testa, volendo confermare i propri sospetti. Il ragazzo della venticinque era rimasto a fissarlo per tutto il tempo, con uno sguardo che a Kurt non era capitato di vedere molto spesso.
In ogni caso, mai rivolto a lui.
 
Quello era appoggiato alla porta con la spalla sinistra, tenendo le braccia incrociate al petto. Kurt si voltò del tutto nella sua direzione, guardandolo di rimando.
 
- Scusa, che stai facendo? – appoggiò le mani sui fianchi, non sapendo che farne. Avrebbe desiderato schiaffeggiarsi in effetti per il modo idiota in cui si stava comportando, ma non era il caso davanti a quel tizio. Magari dopo, nella tranquillità della sua camera…
 
- Niente. Notavo quanto siano aderenti quei pantaloni. - rispose calmo e con altrettanta tranquillità lasciò vagare lo sguardo sul fondoschiena dell’altro ragazzo che intanto si era voltato di nuovo verso la propria stanza. Kurt arrossì un’altra volta, senza rispondere al commento.
 
Da una parte ne fu un po’ infastidito, ma dall’altra non riusciva a non provare un pizzico di soddisfazione. – Comunque sono Blaine. – continuò il ragazzo.
Kurt balbettò un – Piacere. - e si chiuse la porta di camera sua alle spalle il più velocemente possibile.
 
Forse era stato un po’ maleducato. Però non era esattamente educato fare commenti come quello che gli era appena stato rivolto, considerando che non aveva mai visto quel tipo prima in vita sua.
 
Respirò profondamente, accese la luce e si guardò intorno.
La camera era vuota. Ancora nessun coinquilino.
 
Kurt fece un sospiro di sollievo. Non era proprio in grado di reggere altre presentazioni, o mezze, dato che quella di prima era stata a senso unico.
Le pareti della stanza erano chiare e a terra ,come in corridoio, c’era la moquette ma grigia.
 
Nella stanza c’erano due letti, accanto ad ognuno dei quali si trovava un comodino, due scrivanie e un misero, minuscolo armadio.
 
Uno soltanto?
 
Si chiese se ci sarebbero entrati tutti i suoi vestiti. No, era palese che non ci sarebbero entrati! Per di più aveva un coinquilino. Kurt sperò con tutte le sue forze che non fosse fissato quanto lui con la moda, o ci sarebbe stato il serissimo rischio che scoppiasse la terza guerra mondiale.
 
Si tolse la giacca e si diresse nel suo bagno privato.
Non era grande quanto quello che aveva a Lima, ma andava più che bene.
Tuttavia avrebbe dovuto applicare le sue creme in piedi o seduto alla scrivania.
Si lavò la faccia e ritornò in camera.
 
Dato che era arrivato per primo, aveva la possibilità di scegliere il proprio letto. Senza pensarci due volte, decise che sarebbe stato quello affiancato dalla scrivania più vicina alla finestra.
 
Di mattina era fondamentale che avesse la luce perfetta affinché potesse vedere una qualsiasi dannatissima impurità che andava coperta prima che avesse il tempo di realizzare la disgrazia.
 
Spense la luce del lampadario e accese quella della abat-jour, stendendosi sul suo nuovo letto. Gli  sembrò abbastanza comodo, forse il materasso era un po’ troppo morbido. Inoltre, era solo una piazza. Kurt non era abituato a dormire in un letto a una piazza da… nemmeno ricordava quanto!
 
Sarebbe stato un problema ricordarsi di questo dettaglio nel sonno. Si chiese quante probabilità ci fossero che durante la notte sarebbe potuto cadere rovinosamente a terra come un sacco di patate, provocandosi qualche livido di un bel color prugna.
 
Le lenzuola erano già state sistemate, erano bianche e ricordavano tanto quelle di un ospedale, ma l’indomani sarebbe arrivata la sua roba e avrebbe potuto sostituirle con le sue di un delicatissimo color pesca.
 
Era troppo stanco per curarsi di riporre gli abiti nell’armadio, cosa che si era ripromesso di fare non appena arrivato. Praticamente si costrinse ad alzarsi per indossare il pigiama, perché l’idea di addormentarsi con la sua camicia firmata che portava lo avrebbe devastato.
 
Mise il pigiama di seta e si sistemò sotto le coperte, praticamente svenendo all’istante.


Un raggio di luce filtrò dalla finestra, prendendo Kurt direttamente in viso.  
Con gli occhi ancora chiusi, cercò la sveglia sul suo comodino, ma la sua mano non trovò niente di niente. Improvvisamente si rese conto che no, non si trovava in camera sua e che si, era a New York.
 
Saltò giù dal letto  e dato che era ancora abbastanza rintronato, inciampò nella sua stessa valigia che molto intelligentemente aveva abbandonato ai piedi del letto la notte precedente.
 
Si rialzò aggrappandosi alle lenzuola, più stordito di prima e con la velocità di un bradipo assonnato si diresse in bagno per farsi una lunga e rilassante doccia.
 
Aprì il getto dell’acqua e si girò verso lo specchio, rimanendo pietrificato di fronte all’immagine di se stesso. Sembrava avesse combattuto contro qualcuno, o qualcosa, durante la notte. Pensò che visto l’aspetto dei suoi capelli forse aveva preso la corrente senza che se ne fosse accorto. Plausibile, no?
 
Kurt era sempre stato molto, molto pallido, ma quella mattina sembrava fosse proprio uscito dalla tomba. Per non parlare delle fantasmagoriche occhiaie che avevano deciso di fargli gentilmente visita proprio oggi, per festeggiare insieme a lui l’arrivo a New York. Si pizzicò con forza le guance, sperando che prendessero un pochino, un pizzichino di colore.
 
Data l’assoluta assenza di risultati, rimandò a dopo il proprio restauro ed entrò nella doccia.
 
 
Quando uscì dal bagno, pulito, profumato e con i capelli impeccabili, erano le otto e un quarto. La sera prima non aveva chiesto se ci fossero orari per la colazione. Nel caso in cui la mensa fosse stata chiusa pensò che sarebbe potuto uscire.
 
Aprì la valigia più grande per estrarne qualche capo d’abbigliamento e un paio di scarpe, ma un senso di pena gli stritolò il cuore. Non poteva lasciare i suoi outfit chiusi lì dentro!
 
Ne scelse uno che potesse indossare al momento, niente di troppo appariscente.
Pantaloni neri e una camicia leggera, grigio perla. Uscì il resto degli outfit e li sistemò nell’armadio, occupando metà dell’anta che gli era concessa. E c’erano ancora solo due valige da svuotare…
 
Mentre Kurt cercava una soluzione al suo dilemma, sentì bussare alla porta.
 
- Arrivo!- disse, avviandosi verso la porta mentre infilava le scarpe. Quando aprì qualcosa simile ad un tornado gli piombò addosso. Abbassò leggermente la testa,vedendo un cappellino giallo, sotto al quale si trovava una montagna di lunghissimi capelli castani perfettamente acconciati.
 
- Kurt! – urlò Rachel, avvolgendolo con le braccia e stritolandolo più che poté.
- Non… respiro… Rachel… - cercò di dire, spostandosi leggermente indietro.
 
Lei lasciò immediatamente la presa dal ragazzo e si mise le mani davanti alle labbra. Abbassò le braccia, lasciandole cadere lungo i fianchi e rivelando un sorriso super-extra-arci abbagliante.
 
- Oh! Scusami! E’ solo che… sei qui! Mio Dio Kurt, è fantastico. Non riesco ancora a crederci! - continuò la ragazza  saltellando sul posto.
 
Il soprano scoppiò a ridere per l’entusiasmo della sua migliore amica per poi abbracciarla di nuovo.
 
- Neanche io! Oh, mi siete mancati da morire.-
Il sorriso a sessantaquattro denti di Rachel riprese pian piano le sembianze di un sorriso umano per poi svanire nel nulla.
- Io e … chi?-
- Tu e le tue crisi isteriche. - rispose Kurt con noncuranza. Rachel gli diede un lieve pugno con la mano destra, poi presa la borsa che aveva lasciato cadere prima a terra e ne estrasse un sacchettino.
- Cornetto integrale e latte macchiato scremato. – disse Rachel, uscendo dal sacchetto la colazione che aveva comprato per Kurt.
 
Il ragazzo prese il caffè e il cornetto dalle mani di Rachel, la quale portò le braccia dietro la schiena e cominciò a dondolare avanti e indietro.
In segno di ringraziamento Kurt le diede un leggero bacio sulla guancia.
 
- Vuoi una mano a sistemare la tua roba? - chiese Rachel, mentre Kurt addentava il suo cornetto, sedendosi alla scrivania. La ragazza seguì il suo esempio, accomodandosi sulla sponda del letto del soprano.
- In realtà deve ancora arrivare. Il problema ora come ora è che non so dove mettere il resto dei miei vestiti. –
 
Kurt guardò con fare esasperato l’armadio ancora aperto e le due valige chiuse, prendendo poi un sorso di caffè senza curarsi nemmeno di mettere lo zucchero.
 
- Quello è un problema. Ma niente è irrisolvibile.- incalzò con tono ottimista Rachel.
 
Kurt la guardò con sguardo interrogativo ed estremamente interessato.
Lei si alzò dal letto e riprese la sua borsa. Si sistemò il cappellino giallo e mise le mani sui fianchi.
 
- Ti spiegherò più tardi, adesso devi uscire da questa stanza. -
- A proposito. Come sapevi quale fosse la mia camera?! - chiese Kurt, rendendosi improvvisamente conto di non aver detto a Rachel quale sarebbe stata la sua stanza, dato che neanche lui sapeva quale fosse fino a otto ore prima.
- Jane. - rispose, usando un tono che fece sentire Kurt estremamente stupido.
 
Certo. Jane! Come non ci sono arrivato da solo?! Ma chi è Jane?!  Si chiese il ragazzo.
 
- La portinaia.- continuò Rachel notando lo sguardo confuso di Kurt.
 
Oh, giusto!
 
-Il tuo compagno non è ancora arrivato?- chiese Rachel, notando che la parte della camera che Kurt non aveva occupato era deserta.
 
Kurt scosse la testa. La sera prima per un millesimo di secondo aveva pensato di avere già un compagno di stanza. In fondo, non gli sarebbe dispiaciuto dividere la camera con “Mr. Sono fantastico a tutte le ore del giorno e della notte”.
 
Rendendosi conto di quello che il suo cervello bacato aveva appena pensato sentì un calore familiare impossessarsi delle sue guancie e non poté fare a meno di sentirsi un emerito imbecille. Da quando Kurt era così superficiale?  
 
- Kurt, non devi dirmi niente? - chiese Rachel, con un ghigno sul viso.
 
Era palese che il soprano stesse nascondendo qualcosa e la sua migliore amica era un fenomeno nell’estorcergli contro la sua volontà la più piccola informazione riguardo la cosa più insignificante se si metteva in testa di farlo.
Kurt scosse di nuovo la testa, troppo imbarazzato dall’accaduto.
 
Aveva ancora ben impressa nella sua testa l’immagine di quel ragazzo, Blaine, che lo aveva guardato come nessuno aveva mai fatto, come se fosse qualcosa… da mangiare. Come se non fosse il cucciolo di pinguino che si era sempre considerato.
 
- Kurt! Sono la tua migliore amica. Te lo ordino! - Kurt sospirò esasperato.
 
Sapeva perfettamente che cosa avrebbe fatto la ragazza nel caso in cui gli avesse parlato di Blaine. Avrebbe cominciato a fare battutine o a saltare come una bambina nel caso in cui l’avessero incrociato per i corridoi. Meglio di no.
 
- Rachel, non è successo assolutamente niente di niente. Il caso è chiuso. -
Rachel non ebbe il tempo di controbattere che bussarono alla porta. Il ragazzo si alzò, ringraziando il perfetto tempismo di chiunque fosse fuori dalla porta.
 
Qualcuno doveva avercela seriamente con lui, perché quando aprì si ritrovò davanti proprio Blaine.
 
Kurt sentì il sangue raggelarsi nelle vene e le guance andare a fuoco.
Maledisse tremendamente il colore della propria pelle che non faceva che accentuare il suo disagio, rendendo la situazione più imbarazzante di quanto non fosse già in partenza. Kurt sentiva lo sguardo di Blaine su di sé, perciò si sforzò con tutto se stesso di guardarlo negli occhi.
 
Verdi! Gli occhi di Blaine erano verdi! Certo, un verde particolarmente scuro, con qualche spruzzo di castano qua e là…
 
- Ehi, novellino.- lo salutò il ragazzo, sorridendo.
 
Sembrava un’altra persona in confronto alla notte precedente. Indossava una polo bianca che aderiva perfettamente al suo petto. Inoltre, essendo a maniche corte, permetteva a Kurt di ammirare a pieno i muscoli delle braccia di Blaine.
Portava dei pantaloni grigi decisamente più aderenti di quanto fossero quegli orrendi pantaloni di tuta e dei mocassini, anch’essi grigi senza calze. I capelli, che Kurt ricordava perfettamente essere ricci e molto, molto voluminosi erano ben fissati sotto qualche decina di strati di gel. Il soprano si ritrovò a pensare che li preferiva quando erano disordinati.
 
- Senti chi parla, sei qui da una settimana. - disse Rachel, distogliendo Kurt dai suoi pensieri decisamente malsani.
- Posso entrare?- chiese Blaine, facendo un passo nella direzione di Kurt.
 
Da come lo stava guardando sembrava gli stesse facendo una radiografia.
Il soprano si fece indietro e lo lasciò passare, chiudendo poi la porta dietro di loro.
 
- Vi conoscete già? Kurt, non eri arrivato ieri notte? – chiese Rachel, cominciando a mettere insieme i pezzi e guardandolo con espressione indagatrice degna di Sherlock Holmes. Beh, più che altro di Basil l’investigatopo.
- Kurt, eh?- disse Blaine, più a se stesso che agli altri due.
 
In effetti, Kurt non gli aveva rivelato come si chiamasse la notte precedente, preso com’era da un fortissimo moto d’imbarazzo. Il moro ripeté ancora una volta il nome del soprano, il quale cominciò a strofinare le mani sulle cosce con fare spasmodico, facendo preoccupare non poco Rachel, che lo fissava con sguardo che sembrava urlare – Allora era lui quello di cui non mi volevi parlare, eh?! - .
- Si, è il mio nome. – disse infine il soprano, con un filo d’irritazione nella voce, dovuta più alla curiosità di Rachel che alla imbarazzante presenza di Blaine. – E comunque ieri sera ho sbagliato porta e stavo tentando di aprire quella della sua camera. -
- Capisco… - mormorò la ragazza.
 
Kurt riusciva quasi a vedere il cervello di Rachel che cercava di collegare il suo strano comportamento di poco prima a Blaine.
 
- Blaine, di grazia… che diavolo ci fai qui?- chiese Rachel, inizialmente con tono zuccheroso che si tramutò ben presto in acido allo stato puro.
- Adempio ai miei doveri di bravo vicino. – rispose semplicemente.
- Ah. E com’è che con non hai fatto lo stesso con la ragazza che vive nella ventitre ? – chiese Rachel.
 
Dove diavolo voleva andare a parare?! Kurt per un secondo desiderò sollevarla delicatamente e sbatterla fuori, ma questo implicava restare solo con Blaine e no, era decisamente meglio di no.
 
- Non mi offriva lo stesso spettacolo… -
Kurt avvampò come mai prima di allora per via delle parole di Blaine, accentuate dal suo sguardo che vagava sul corpo del soprano.
 
Porca miseria, era un adulto! Aveva chiuso con il liceo, l’adolescenza, gli ormoni e blabla già da un anno. Non poteva lasciare che un ragazzo gli mandasse in pappa il cervello!
 
 - In realtà questo corridoio offre a tutti la stessa vista.- disse Kurt, facendo finta di non aver capito. 
- S…si, certo. Oh, Kurt! - continuò Rachel. – Sapevi che Blaine è di Westerville?-
- Ovviamente no, Rachel. - rispose, portandosi una mano dietro il collo.
 
Poteva scappare? Era così vicino alla porta!Bastava fare due passi e sarebbe stato libero. Ma no. Quella era camera sua.
 
Blaine si andò a sedere sul letto libero, senza mai staccare lo sguardo da Kurt, il cui disagio non faceva che aumentare.
 
- Oh, beh… Ora lo sai. Era il solista dei Warblers. –
 
A Kurt sembrò di sentire un campanello suonare nella sua testolina castana. Warbles… questo nome non gli veniva per nulla nuovo.
 
Poi arrivò l’illuminazione. O meglio, gli sembrò di sentire qualcuno cominciare ad urlargli nei timpani – Allarme rosso! Allarme rosso! Si salvi chi può! -. Non ebbe il tempo di chiedersi il perché di quella sua reazione, che le parole gli volarono via dalle labbra.
- I Warblers? Il Glee club che mi avevano costretto a spiare?-
 
Kurt vide Blaine cambiare espressione.

 
Okay, altra piccola e insignificante gaffe. Che problema c’è?
 
- Se fossi venuto ti avrei notato.- rispose Blaine, guardandolo molto intensamente negli occhi. Okay, quello era decisamente troppo.
 
Rachel che, anche se Kurt non ne era più tanto certo, era ancora nella stanza, lanciava sguardi di sufficienza a Blaine.
 
- Infatti, dato che io sono una persona per bene, mi sono rifiutato. - rispose Kurt con tono altezzoso, incrociando le braccia al petto.
 
Blaine rise sotto i baffi, abbassando lo sguardo nel tentativo di non farsi vedere. Kurt si sentì quasi preso in giro e con aria di sfida, si soffermò ad osservare il moro. Quel viso non gli veniva nuovo, eppure era come se quel ragazzo solamente somigliasse a qualcuno che il soprano aveva visto.
 
Pensò seriamente che stesse uscendo fuori di testa.
 
Come se non bastasse, c’era qualcosa di diverso in Blaine. Sembrava che ci fosse qualcosa di strano in lui rispetto al momento in cui aveva messo piede nella sua stanza. Lo scrutò un secondo, per poi rendersi conto che si era del tutto sbagliato.
 
Gli occhi del riccio erano nocciola, non verdi. Eppure li aveva guardati bene e poteva giurare sul suo maglione nuovo di Alexander McQueen che fossero verdi!
Blaine si accorse dell’intensità un tantino inquietante con la quale Kurt lo stava osservando e per la prima volta, fu il primo a sviare lo sguardo.
 
- E poi non c’era alcun bisogno di spiare la concorrenza. - disse improvvisamente Rachel, interrompendo il silenzio che era calato nella stanza.
- Ah, davvero? Come mai?- chiese Blaine, voltandosi verso la ragazza, come se sapesse che di lì a poco, dalla sua bocca, sarebbe uscita una balla colossale.
 
Kurt non riuscì a trattenere il sorriso che gli stava nascendo sulle labbra, vista l’espressione del riccio, paragonabile a quella che ha un adulto il quale ascolta i discorsi insensati di un bambino.
 
- Naturalmente perché avevano me. – concluse la ragazza con ovvietà, osservandosi le unghie ben curate.
 
Il soprano da tempo nemmeno ci faceva caso ad affermazioni del genere.
Ormai per lui era chiaro come il sole che fosse più che altro la maniera in cui Rachel cercava di auto convincesi di quanto valesse. Blaine scosse la testa e si voltò nuovamente nella direzione di Kurt, il quale preso alla sprovvista, si fece beccare mentre lo osservava.
 
Abbassò la testa di colpo, dandosi mentalmente del cretino.
Sentì uno spostamento d’aria e nel giro di qualche secondo Blaine a poca, pochissima distanza da sé.
 
- Ti lascio con la tua amichetta. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, sai dove trovarmi, Kurt. -  disse Blaine, puntando gli occhi color caramello in quelli di Kurt ed provocandogli un brivido lungo la schiena quando pronunciò il suo nome.
 
Aggirò il soprano, il quale stava disperatamente tentando di riprendersi ed uscì dalla stanza, chiudendo con un colpo deciso la porta.
 
- Ciao anche a te Blaine! - urlò Rachel.
 
Adesso. Le cose erano due: o Kurt stava seriamente iniziando a dare i numeri, oppure gli occhi di Blaine erano cangianti. 






Tea's Corner:

Heeello! 
Okay, che dire... penso che il più grande dubbio riguardante questo capitolo sia il comportamento del nostro amatissimo Blaine xD 
Quello che posso dirvi è che tutto ha un perché e che se avrete un altro po' di pazienza capirete tutto!

Grazie a tutti quelli che hanno recensito e messo la ff tra le seguite, preferite e ricordate :D 

A martedì prossimo!

Tea (:

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Capitolo 4
*** A Boy Like That ***


                                                                                                                                  Chapter 4:
                                                                                                                      A boy like that


"Here we go again. I feel the chemical's kicking in.
It's getting heavy and I want to run and hide."

(Animal - Neon Trees) 


-Tu!-  disse Rachel, puntando con fare accusatorio l’indice verso Kurt. Il ragazzo indicò se stesso e cercando di parlare con tono più calmo possibile rispose con un semplice – Io? –
 
Rachel roteò gli occhi ed incrociò le braccia al petto.
 
- Che hai intenzione di fare con Blaine?-
 
Naturalmente niente. Si disse.
Blaine in fondo era solo un bel ragazzo, con degli occhi altrettanto belli, ed un fisico mozzafiato.
 
Cazzo.
 
Insomma, che intenzioni poteva mai avere con Blaine?! Al contrario il riccio sembrava avere le idee molto chiare a riguardo. Kurt riusciva a sentire il ticchettio della bomba ad orologeria che si era felicemente stabilita nella sua testa. Possibile che tutta la frustrazione sessuale che non aveva provato come ogni normale ragazzo durante l’adolescenza si stesse presentando tutta in una volta?
 
- Cosa? Che vuoi dire?- il ragazzo era rimasto nel bel mezzo della stanza, con le braccia lungo i fianchi, ancora scosso.
 
Doveva fare qualcosa. Si guardò intorno, cercando qualcosa da fare, poi il suo sguardo cadde sulle valige.
 
Bingo.
 
- Kurt. Non credere che io ci caschi. Quel tipo ti ha preso di mira.- disse con stampata in viso la stessa espressione di soddisfazione che probabilmente avrebbe avuto ­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­Cristoforo Colombo quando scoprì l’America.
 
- Quindi?- chiese il ragazzo, senza nemmeno provare a negare.
 
Era chiaro come il sole che Blaine ci stesse provando. Anche lui se n’era accorto! Lui che non aveva intuito il motivo per il quale Karofsky l’avesse invitato a cena proprio il giorno di San Valentino, presentandosi con un mazzo di fiori e dei cioccolatini.
 
Aprì una delle due valige ancora chiuse, ricominciando a porre gli abiti nell’armadio. Rabbrividì nel vedere come questo si stesse riempiendo e come la valigia sembrava non accennare a svuotarsi.
 
- Quindi?! Non avrai intenzione di cedere! Kurt, sei appena arrivato. Tra qualche settimana cominceranno i corsi e non avrai proprio tempo per divertiti con… -
- Rachel che diavolo stai dicendo?! - la interruppe il soprano, leggermente risentito, avendo capito perfettamente dove Rachel volesse andare a parare.
Smise di sistemare e fulminò l’amica con lo sguardo.
 
Quella rimase a bocca aperta. Non vedeva Kurt così irritato nei suoi confronti da quando si era candidata a rappresentante d’istituto contro di lui al liceo.
Il soprano fece un respiro profondo, pensando che forse stava un po’ esagerando e si voltò di nuovo verso l’armadio, dando le spalle alla ragazza e riprendendo a sistemare i suoi vestiti. Ormai c’era lo spazio al massimo per altre tre grucce e soltanto una valigia e mezza da svuotare.
 
- Sto dicendo che la NYADA richiede impegno e non vorrei che buttassi via il tuo corpo con un tipo del genere per… sfogarti un po’, sai. – continuò Rachel con tranquillità, come se stessero parlando dell’ultimo film che aveva visto al cinema e non della vita sessuale di Kurt.
 
- Grazie, mamma. – disse Kurt sentendosi come un adolescente al quale la madre stava tentando di fare “il discorso”.
 
Ancora ricordava alla perfezione quando suo padre, lo prese per le spalle e lo fece sedere al tavolo della cucina con tanti begli opuscoletti tra le mani, spiegandogli a cosa il sesso l’avrebbe portato dal punto di vista emotivo e, grazie a Dio, lasciando che scoprisse il lato pratico da sé.
 
Al solo pensiero Kurt rabbrividì. Quello era stato uno dei peggiori discorsi che aveva mai avuto con suo padre. Era stato addirittura peggio di quando si era ritrovato a dovergli spiegare perché stesse realizzando un filmino di sé che ballava insieme a Brittany e Tina, due ragazze che aveva conosciuto al Glee, “Single ladies”, vestito con uno strettissimo body tempestato di paiettes.
 
C’è da specificare che Kurt all’epoca non si era ancora dichiarato a nessuno, nemmeno a suo padre.
 
- Kurt, tu sei mio amico. Non prenderla a male, ma non voglio che ti succeda nulla. - rispose la ragazza, sinceramente dispiaciuta.
 
Il soprano la guardò, e con un sorriso sulle labbra cercò di rasserenarla.
 
- Sta tranquilla, Rachel. Non l’ho mai fatto, non vedo perché dovrei cominciare adesso. –
 
Quella alzò di botto il capo, guardando qualcosa davanti a sé. Kurt seguì lo sguardo della ragazza, che era rivolto verso un punto indefinito del muro bianco.
 
- Kurt, tu non hai mai… ?-
 
Il soprano si bloccò all’istante, rischiando di far cadere una sciarpa che gli era costata ben trecento dollari. Non ebbe il coraggio di guardare Rachel, la quale forse era collassata sul letto, dato che Kurt non le sentì proferir parola per due minuti buoni.
 
Improvvisamente questa saltò in piedi e si diresse ad abbracciare il ragazzo che era rimasto girato verso l’armadio, con la sciarpa in mano e gli occhi spalancati.
 
- Kurt è fantastico! Tu e Dave non… oddio, la sola idea mi faceva venire la nausea. –
 
Non dirlo a me.Pensò Kurt, il quale si meravigliò dei suoi stessi pensieri.
- Si, Rachel. Okay, sei felice che la mia virtù sia ancora intatta, ma evitiamo di farlo sapere a tutta la scuola, che dici?-
 
Rachel si allontanò, ancora sorridente per poi abbassarsi a raccogliere il cappello che le era volato mentre effettuava il doppio salto carpiato per aggrapparsi al collo di Kurt.
 
Gli diede qualche colpetto con la mano, fissandolo per qualche secondo e gettandolo sul letto del soprano, apparentemente stufa di quell’accessorio.
 
- Delle scatole.- disse ad un tratto la ragazza.
 
Kurt pensò di aver sentito male.
 
- Come scusa?-
- Ti servono delle scatole come quelle che si usano per fare il cambio di stagione.-  spiegò a Kurt il quale la guardò inorridito.
- I miei vestiti non staranno in delle scatole! - rispose indignato, stringendo al petto la sciarpa come fosse sua figlia.
 
Rachel inarcò un sopracciglio e mise le mani sui fianchi.

- Li preferisci ben accartocciati in valigia? Guarda, là sotto c’è lo spazio perfetto per infilarci due scatole abbastanza grandi. - disse indicando lo spazio vuoto che si trovava sotto i vestiti già appesi. - Io ne ho ancora tre, posso prestartele.-
 
Kurt sospirò, ma dato che quella sembrava l’unica soluzione plausibile, annuì e rispose a Rachel con un debole e quasi impercettibile – Grazie. –
 
Il soprano prese la valigia vuota, la chiuse a la spostò sotto il letto, poi le due ancora con i suoi vestiti dentro e le spostò, adagiandole a muro per evitare che ci incespicasse di nuovo.

- Bene. Ora devo farti conoscere una persona.- fece Rachel, sorridendo al soprano.
- Rachel, non avevi detto niente distrazioni?- chiese Kurt, sorpreso dall’affermazione dell’amica.

Quella abbassò lo sguardo, con gli occhi  carichi di qualcosa che a Kurt parve amarezza e che collegò in un batter d’occhio al suo fratellastro.
Mise una mano sulla spalla della ragazza, invitandola ad alzare il capo e sorridendole.

- Vieni.- disse Rachel, afferrando la borsa e il cappellino, mentre Kurt prendeva le chiavi e il cellulare dalla scrivania ancora vuota, e infilandoseli in tasca.

Chiuse la porta a chiave e insieme a Rachel salì al quarto piano.
Arrivarono di fronte alla camera cinquantanove. La ragazza estrasse dalla sua borsetta la chiave ed aprì.
 
Kurt si ritrovò davanti i suoi stessi mobili, sistemati in ugual modo.
Rachel aveva scelto la sua stessa parte della stanza. Il suo lato era estremamente ordinato, tappezzato di accessori rosa e un semplice quadro sopra il letto, su quest’ultimo, era sistemata una trapunta a fantasia floreale che a Kurt sembrò un pugno in un occhio.

Si voltò leggermente e notò una ragazza sdraiata sul suo letto con le cuffie ed il portatile in grembo, che non si era resa conto della loro presenza.
Era circondata dal caos più totale.

Sul muro c’era qualche poster e al disopra del letto una mensola stracarica di oggetti di tutti i tipi. Come faceva a dormire la notte? Kurt non avrebbe chiuso occhi per il terrore che gli potesse cadere addosso. Il suo stile era molto etnico praticamente l’opposto rispetto a quello di Rachel. Quest’ultima si avvicinò alla ragazza e le sfilò le cuffie.
 
- Guarda chi ti ho portato!-

La ragazza si alzò dal letto, non facendo cadere il portatile per pura fortuna.
Rachel la prese per mano e la trascinò verso Kurt.
 
- Kurt, questa è… -
- Jackie.- la interruppe la ragazza, sfoggiando un sorriso accogliente e tendendo la mano verso Kurt.
 
 
Jackie aveva capelli ricci e biondi, grandi occhi castani, era alta, quasi quanto Kurt, e snella. Indossava un paio di jeans larghi e una maglietta gialla sulla quale era stampata la scritta “peace & love”.
 
- Piacere di conoscerti!-

Il soprano le strinse la mano, notando che Jackie aveva una presa molto forte, forse più della sua.

- Rachel mi ha parlato talmente tanto di te. In questi giorni non ha fatto altro! Scommetto che se mi facessi una qualsiasi domanda sul tuo conto ti saprei rispondere. –
 
Kurt sorrise incerto, chiedendosi se fosse il caso di strozzare Rachel o vedere ciò che aveva fatto come qualcosa di tenero.

- Spero che la nanetta abbia risparmiato i particolari imbarazzanti. -

Rachel abbassò la testa per nascondere lo sguardo colpevole, tuttavia sia Kurt che Jackie scoppiarono a ridere.

- E comunque non capisco che cosa mai tu abbia potuto raccontarle. Io non faccio mai brutte figure.- continuò, incrociando le braccia al petto, con fare arrogante. Allora Rachel alzò il sopracciglio destro e gli rispose con un ghigno malefico sulle labbra.
 
- Si, devo dire che vomitare sulle scarpe della Pillsbury è stato davvero un gesto di alta classe.-

Il soprano non ebbe neanche il tempo di rispondere a Rachel con parole non esattamente fini o almeno di negare tutto, che Jackie, portando una mano alla bocca, disse stupefatta - Ehi, questa è nuova!-

- Nuova?! Rachel, che cosa le hai raccontato?!-
- Oh, niente di che tranquillo. La cosa peggiore che le ho raccontato è di quando ti sei ubriacato per sbaglio al ballo di fine anno e, da piccolo ingenuo che non eri altro, non hai pensato che il punch fosse corretto e hai cominciato a bere come cammello, per poi  parlare con un palloncino del fatto che aveva decisamente sbagliato la tinta.-

No. Rachel non aveva raccontato quella storia davanti ad una persona a lui sconosciuta.
Non poteva essere.

Per quanto Kurt cercasse di convincersi del fatto che era stato frutto della sua immaginazione, il viso soddisfatto della sua carissima amica glielo stava rinfacciando ben bene.

- Rachel! – disse, alzando la voce e stringendo i pugni. - Mi stai facendo passare per un ubriacone! Vogliamo parlare di quando alla festa che avevi organizzato a casa tua… -

- Ragazzi, calma! Tutti abbiamo fatto qualche cazzata nella vita, è normale. Io ormai ho perso il conto. – disse Jackie, interrompendo quello che sembrava l’inizio di una lite.
- Infatti, non c’è niente di male Kurt. - fece Rachel, con tono solenne.
 
Questo le fece una linguaccia e si voltò con finta indignazione, ma ben presto non riuscì a trattenere un sorriso. Rachel fece gesto a Kurt di accomodarsi assieme a lei sul letto, mentre Jackie prendeva uno delle decine di cuscini che erano buttati sul suo, sedendosi a terra di fronte a loro.
 
- Jackie, qui c’è ancora un po’ di spazio.- le disse Kurt, battendo leggermente la mano sulla trapunta, facendole segno di sedersi accanto a sé.
- Lei sta sempre a terra.-

Jackie annuì sorridendo e Kurt fece lo stesso, anche se non molto convinto.

- Jackie… non mi pare corretto che tu abbia così tante informazioni riguardo me ed io nemmeno una su di te!-

Jackie e Rachel risero, il soprano invece si sistemò meglio sul letto, portando le mani sotto il mento, pronto ad ascoltare.

- Mh, non c’è molto da dire in realtà… -
- Si, certo.- disse Rachel, con tono sarcastico.
- Vediamo… sono nata a New Haven diciannove anni fa. Sin da piccola ho pensato che il mio futuro fosse la musica. Mio padre è stata la persona che mi ha insegnato a sentirla, non semplicemente ad ascoltarla. Fa il professore di inglese e per la maggior parte del tempo era a scuola a fare straordinari, ma quando tornava a casa veniva in camera mia e di mia sorella maggiore e cantava delle ninnananne finché non ci addormentavamo. Mi ha insegnato anche a suonare la chitarra. A scuola ero molto impegnata e in qualsiasi attività che comprendesse l’arte. Ho partecipato a tutte le rappresentazioni teatrali … -

- Come protagonista. – aggiunse Rachel con orgoglio.

Jackie arrossì. Kurt pensò che quella ragazza fosse davvero adorabile e sperò vivamente che Rachel non cercasse di metterle i piedi in testa.
Avrebbe dovuto fare un discorsetto alla sua amica riguardo questo argomento.

- Si… comunque, ho fatto il provino per la NYADA e mi hanno presa. Fine della mia esaltante vita. Abbiamo pareggiato i conti adesso? -
- Kurt! Sai che anche lei ha interpretato Maria? Non è fantastico?!- disse Rachel, cominciando a saltellare sul letto.

I ragazzi rimasero a parlare per altre due ore del più e del meno.
Kurt era davvero entusiasta di aver conosciuto Jackie. Rachel gli aveva detto che fare amicizia alla NYADA era davvero, davvero difficile per via della competizione che si veniva a creare fra tutti i ragazzi. Quando, l’anno prima, Rachel era arrivata, non aveva di certo passato un bel periodo per via della storia con Finn che, un po’ alla volta, andava in pezzi. Avere accanto a sé una persona come Jackie era stato un vero  e proprio miracolo.

Kurt salutò le ragazze poiché doveva assicurarsi che la sua roba non fosse arrivata senza che lui fosse in camera.
Scese nella hall, dove trovò la signora Simmons, intenta a compilare qualche documento.

- Buongiorno.-
La signora alzò lo sguardo e sorrise calorosamente al ragazzo.
- Kurt, giusto?-

Il soprano annuì e le si avvicinò, appoggiando le mani al bancone.

- Mi scusi, per caso sono arrivati dei pacchi per me?- chiese, cordiale.

La signora ci pensò un attimo, poi alzò lo sguardo e scosse le testa.

- No, mi dispiace. Se mi vuoi lasciare il tuo numero non appena arrivano te lo farò sapere.-

La signora gli porse un bigliettino sul quale Kurt scrisse numero, nome e cognome. Ringraziò la signora e si diresse verso l’ascensore.
Vide che era occupato e dato che erano solo tre piani decise di salire a piedi. Prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni per controllare l’ora e si ricordò che doveva ancora chiamare suo padre.

Compose in fretta e furia il numero, sbagliando due o tre volte a digitare i tasti per il nervosismo, sperando che suo padre non si fosse preoccupato.
Il telefono squillò un paio di volte, poi lo sentì rispondere, praticamente urlando il nome del figlio, il quale, allontanò il cellulare dall’orecchio.

- Papà!-
- Allora sei vivo!- scherzò suo padre.
- Scusami, è solo che Rachel mi ha praticamente rapito.- disse Kurt, con tono dispiaciuto.

Kurt Sapeva quanto la salute di suo padre fosse instabile.
 
Quando aveva diciassette anni, Burt era stato ad un passo dalla morte a causa di un infarto. Il ragazzo non voleva di certo causargliene un secondo.

- Sta’ tranquillo. Ero solo un po’ preoccupato dato che sei sempre così mattiniero.-
- Carole come sta?- chiese Kurt con il fiatone per via delle scale.

Sembrava non finissero più!
Adesso mancava solo una rampa.

- Sta bene. Sai, questa casa è davvero troppo silenziosa da quando non c’è più gente che ascolta canzoni di musical a tutto volume o che suona la batteria alle undici di sera. - continuò suo padre con un pizzico di malinconia nella voce.

Prima che Finn e Kurt partissero, dopo cena si chiudevano nelle rispettive camere; Kurt accendeva la radio e pochi attimi dopo, la musica veniva sovrastata dalla batteria di Finn. Il soprano bussava alla porta del fratellastro, chiedendo di fare più piano, ma quello in risposta aumentava il ritmo.
Allora Kurt alzava il volume dello stereo, finché Carole non urlava loro di andare a letto e fare silenzio se non volevano essere denunciati per disturbo della quiete pubblica.

Kurt finalmente arrivò al terzo piano e percorse il corridoio che portava alla sua camera. Vide una figura camminare davanti a sé e più andava avanti, più sentiva i suoi dubbi essere confermati.

- Anche voi mi mancate.- rispose al padre, che era rimasto in linea per un minuto buono in attesa di una risposta da parte di Kurt.

Il ragazzo davanti a lui si fermò davanti alla venticinque e cercò qualcosa nello zaino. Il soprano si fermò di botto, incerto su cosa fare. Forse avrebbe dovuto tornare indietro. Si sentì immensamente stupido. Lui doveva andare in camera!

- Lì tutto bene?- chiese allora Burt.

Kurt era sempre più vicino ed era certo che quel tipo l’avrebbe sentito se avesse risposto. Si diede dell’idiota e aprì la bocca, ma non ebbe il tempo di rispondere.

- Ciao Kurt. - disse Blaine mentre apriva la porta, dandogli le spalle.
- Kurt, sei con qualcuno?- chiese suo padre, con un tono che Kurt conosceva bene.
- No. Ti devo salutare. Ci sentiamo presto, okay?-

Il moro si voltò nella direzione del soprano e gli sorrise.

- Ti voglio bene. E stai attento. - aggiunse in fine. Kurt arrossì, dato che suo padre gli aveva appena consigliato, o meglio, ordinato di prendere precauzioni.
Per di più aveva Blaine davanti!
- Si, anch’io. -

Prima che suo padre potesse aggiungere qualsiasi cosa del tipo – Kurt, ricordati che sei importante, non buttarti via! - chiuse la chiamata e mise il cellulare in tasca.

Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di Blaine.

- Il tuo ragazzo?- chiese calmo, appoggiandosi con la schiena al muro.

Kurt strabuzzò gli occhi. Era palese che fosse gay, perciò non si era meravigliato che Blaine non gli avesse chiesto se aveva la ragazza. Tuttavia quella era una domanda personale e si e no avevano parlato in tutto quattro minuti da quando si erano conosciuti.

- No! – rispose, un po’ troppo in fretta.

Blaine sorrise, continuando a fissare Kurt per poi scostarsi dal muro e passarsi una mano tra i ricci cementificati.

- Cioè, era mio padre.-

Perché gli stava dando spiegazioni?!

Kurt prese la chiave e andò ad aprire la porta della sua camera. Come la sera precedente, Blaine era rimasto lì a fissarlo e Kurt non sapeva se esserne lusingato o scocciato.

- Si, Blaine. Dimmi.- disse voltandosi e mettendo le mani sui fianchi, con aria annoiata.

Il moro gli si fece vicino e gli portò una ciocca dietro l’orecchio.
Lo stomaco di Kurt si contorse su se stesso quattro o cinque volte. Anche sei.

- Tornando al discorso di prima… -

Kurt gli rivolse uno sguardo dubbioso chiedendosi a che diamine si riferisse, dato che, non ne avevano ancora intavolato uno decente.

-Allora ce l’hai un ragazzo?- chiese Blaine, continuando a fissargli le labbra.
Kurt non c’è l’aveva più un ragazzo, tuttavia non sarebbe stato poi così scorretto rispondergli con una piccola e banale bugia, se questo l’avrebbe portato a levarselo dai piedi.
-No-

Bravo Kurt! Davvero complimenti. Sei un attore nato. Bene, ora barricati in camera e non uscirne mai più.

-E tu?-

Maledizione. Smettila di parlare, mi stai rendendo ridicolo.

Prima che il più alto se ne rendesse conto, Blaine gli prese il colletto della camicia tra pollice ed indice, per poi tirarlo leggermente verso di sé, così da sussurrargli a fior di labbra -Non sono esattamente tipo da avere una relazione stabile.

– Kurt rabbrividì sentendo il respiro di Blaine che profumava di sciroppo d’acero ad un soffio dalla propria bocca.

Però, c’era da dire che era davvero molto poco fortunato. Tra tutti gli studenti che si trovavano alla NYADA, proprio quello stronzo doveva capitargli come vicino di stanza?!

- Perché? -

Okay, Kurt. Questa domanda te la potevi anche risparmiare. Scappa finché sei in tempo!

- Per esperienza ho capito che non fanno per me. -

Questo non se l’aspettava. Ma del resto, era risaputo che Kurt Hummel avesse lo stesso intuito di una medusa.
Irrigidendosi alle sue stesse parole,  Blaine si allontanò bruscamente dal soprano, che, scosso dall’improvvisa mancanza di calore, vacillò leggermente.
Il riccio non se ne accorse nemmeno, concentrato a tenere gli occhi ben fissi sulla moquette, liquidò Kurt con un – Ci si vede in giro - e si richiuse la porta della sua camera alle spalle.

Il soprano si ritrovò improvvisamente solo nel bel mezzo del corridoio. Ancora decisamente turbato, entrò nella sua stanza.
Rimase con la schiena appoggiata alla porta con il cuore che martellava nel petto. Sfinito si lasciò scivolare a terra. Mise la testa fra le mani, chiedendosi che diavolo gli fosse successo.

Blaine l’avrebbe mandato al manicomio, se lo sentiva.

La sua suoneria del suo I-Phone lo ridestò dai numerosi pensieri che gli vorticavano in quello che una volta avrebbe definito cervello, ma che adesso era più che altro una pappetta grigia.

- Pronto?- rispose atono.
- Kurt, sono Jane. La tua roba è appena arrivata. Dovresti scendere a firmare.-

Kurt si chiese chi diamine fosse Jane e che accidenti volesse da lui che al momento non era decisamente in grado d’intendere e di volere.
Prima che cominciasse a maledire chiunque avesse interrotto il suo momentaneo stato da ameba, gli venne in mente la vocina di Rachel, la quale poche ore prima gli aveva spiegato che Jane era la portinaia.

- Oh. Grazie.- Kurt semplicemente riattaccò, senza neanche aspettare una risposta all’altro capo del telefono.

Traballando leggermente, si alzò da terra e si diresse nuovamente al piano di sotto, con la strana sensazione che per almeno qualche altra ora non avrebbe dovuto preoccuparsi di incontrare Blaine.

 


 

Tea's Corner: 

Heeello!
Che dire... il nostro carissimo Blaine continua a fare colpo xD
Come al solito vi chiedo di aspettare ancora un po' e tutto vi sarà rivelato 

Grazie a tutti quelli che hanno letto la storia e hanno la pazienza di continuare a leggere :D 

A martedì prossimo! 

Tea (: 
 

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Capitolo 5
*** That's What Friends Are For ***


                                                                                                                                            Chapter 5:
                                                                                                                That’s what friends are for

“And who do you think you are? Running ‘round leaving scars.
 Collecting your jar of hearts and tearing love apart.”

(Jar of Hearts – Christina Perri)

Portata la sua roba in camera, Kurt guardava con riluttanza i quattro scatoloni che avevano reso l’ambiente ancora più piccolo di quanto già non fosse.
Decise di togliere quelle lenzuola  a dir poco orride che troneggiavano sul suo letto per sostituirle successivamente con quelle che aveva fatto arrivare da Lima, le quali avrebbero sicuramente dato un tocco di familiarità a quella stanza asettica.

Con cura maniacale sistemò in ordine cromatico le sue riviste di Vogue preferite nel secondo ripiano della scrivania, dato che non sarebbe stato umanamente possibile portare con sé tutte quelle che aveva collezionato nel corso degli anni.

Da una delle scatole, tirò alcune foto: collocò una prima cornice, la quale mostrava  la famiglia Hummel-Hudson al matrimonio di Burt e Carole, sulla scrivania. Accanto a questa un’altra nella quale, sorridente, stringeva Rachel e Mercedes durante la consegna dei diplomi.

Sul suo comodino, poggiò una foto che ritraeva  sua madre la quale, osservandolo con sguardo amorevole, lo teneva in grembo ed infine una semplice cornice a giorno che mostrava le New Directions vincitrici alle nazionali del 2012 svoltesi a  Chicago.

Svuotati tre dei quattro scatoloni, guardò con l’ultimo, sperando che il contenuto magicamente si mettesse  a posto di sua spontanea volontà.
Inutile dire che non accadde.

Dandosi per vinto, lo sistemò sotto la scrivania e si accasciò sul letto del futuro coinquilino, poiché il suo era privo di lenzuola e ricoperto dai vestiti che attendevano di essere sistemati.  Tuttavia, il suo stato di quiete fu troppo presto interrotto.

Kurt ebbe come la sensazione che qualcuno fosse entrato nella sua stanza. Aprì  svogliatamente gli occhi e controllò che i suoi sospetti non fossero fondati; infatti non lo erano.

La stanza era deserta, mancava soltanto il classico cespuglio rotolante che si vede durante i momenti di calma piatta nei film Western, trasportato da  un improbabile alito di vento. Si risistemò sul letto, tentando di riprendere sonno.

- Ehi, Kurt. Non vorrai che quei pantaloni si sgualciscano, vero? Perché non li togli?-

Il soprano scattò a sedere come una molla, voltandosi velocemente in direzione della voce che aveva appena sentito. Alle sue spalle, seduto alla scrivania alla quale dava le spalle il letto, soggiornava un Blaine dall’aria piuttosto compiaciuta.

Doveva essersi fatto una doccia, dato che i suoi capelli erano finalmente liberi dal cemento armato che fino a poco prima opprimeva quei poveri ricci. Il moro si alzò dalla sedia per sedersi subito sul letto accanto a Kurt, praticamente addossato a lui.

Il ragazzo più alto sentì il respiro mozzarglisi in gola e la salivazione azzerarsi in 1,4 millesimi di secondo. Blaine, facendo scorrere una mano lungo la coscia del malcapitato, stava lentamente e pericolosamente avvicinando le proprie labbra a quelle di Kurt.

- Kurt!-

Il ragazzo si sorprese nel sentire il suo nome, dato la bocca di Blaine era leggermente dischiusa. E poi quella voce era troppo femminile.

Comunque il suo cervello riusciva a focalizzarsi su una cosa alla volta e in questo esatto momento la sua attenzione era completamente rivolta alle labbra del riccio.

- Kurt, so che ci sei, apri questa diavolo di porta!-

Bene, c’era decisamente qualcosa che non andava. Kurt udì un colpo secco e aprì gli occhi.
Era. Stato. Un. Sogno.

- Comincio a preoccuparmi seriamente!-

Kurt scosse a testa, incredulo. Non era possibile avesse sognato Blaine. Per di più che l’avesse sognato in contesto del genere! Ebbe come la sensazione che i pantaloni fossero improvvisamente diventati più stretti e quando abbassò lo sguardo verso questi, Kurt si ritrovò davanti ad una evidente erezione.

E ora?
Cercò di darsi un contegno. Pensò di farsi una doccia per placare i bollenti spiriti, ma no, non aveva tempo. Infatti, sentiva ancora una pacata Miss Berry battere i pugni contro la porta con forza inaudita.

Fece avanti e indietro per la stanza più e più volte chiedendosi che cosa avrebbe fatto Finn in quel momento. Il suo fratellastro era un esperto in queste cose.

Giusto! Pensare a qualcosa di sgradevole.

Kurt cercò di pensare a una situazione, un oggetto, qualsiasi cosa che lo ripugnasse, ma l’immagine di Blaine era ancora vivida. Poi arrivò l’illuminazione.
Il soprano pensò al suo primo bacio, o meglio al primo bacio che aveva ricevuto da un ragazzo.
 
Pochi secondi e le labbra di Blaine nella sua testa furono sostituite da quelle di Dave e un senso di nausea gli attanagliò lo stomaco. Almeno adesso il suo problemino era del tutto sparito.

Il più velocemente possibile si recò ad aprire la porta, trovando Rachel che lo guardava con gli occhi praticamente fuori dalle orbite e la bocca aperta, pronta a lanciare un altro urlo dei suoi. Sembrava fosse sul punto di farsi partire un embolo.

- Kurt sono dieci minuti che ti chiamo. - disse, abbassando gli occhi, inspirando ed espirando lentamente e profondamente.

Kurt si passò una mano dietro il collo, imbarazzato. La ragazza alzò di scatto lo sguardo, in attesa di una risposta. Ed era meglio per il soprano che fosse sensata.

- Ehm… stavo dormendo, non ti ho sentita. – rispose semplicemente, sperando che Rachel non chiedesse altro.
- Oh, guarda. Non me ne ero accorta! – continuò, sarcastica. – Per un attimo ho anche pensato che ti fossi barricato dentro con Anderson. - a quel punto la ragazza si mise sulle punte, cercando di guardare oltre la spalla di Kurt, per controllare che non ci fosse nessun altro in camera.
- Anderson? – chiese, confuso. Il ragazzo si domandò se dovesse iniziare a preoccuparsi. Era una sua impressione o cominciava a dimenticare le cose?
Eppure Anderson non gli diceva proprio nulla!
- Blaine, Kurt. Sto parlando di Blaine.-

Quindi Anderson è il cognome di Blaine!
Il soprano si ripeté in testa quel nome, quasi come fosse un mantra.
Incrociò gli occhi di Rachel e si ricordò delle parole che gli aveva appena rivolto.

- Cosa?! Io? Blaine?! Ma che… Rachel! Come… come ti viene anche solo in mente! - balbettò Kurt.

Per un secondo rimase paralizzato per la paura. E se il riccio fosse stato in camera? E se avesse sentito tutto?

- Mi prendi per scema?- Rachel aveva dipinta sul viso un’espressione tra l’incredula e l’offesa.- Ti ho già detto che secondo me quello appena avrà l’occasione ti salterà addosso.-

Rachel mise le mani sui fianchi, alzando leggermente il mento verso l’alto.

- E io ti ho già detto che non glielo permetterò.- disse Kurt con tono più convincente possibile… che verso la fine della frase andò a scemare.
- Hummel, non è per questo che sono qui. - Il ragazzo la guardò in attesa che completasse la frase che aveva iniziato. - Avevamo deciso che avremmo cenato insieme. -
- Si. E che sarei dovuto venire in camera tua alle sei. - rispose, passandosi una mano sul viso, per niente esaltato all’idea di mettere il naso fuori da quell’edificio.
- Eh. Infatti sono le sei e trenta, è mezz’ora che io e Jackie ti aspettiamo.-
- Oh. Scusa, per sbaglio mi sono… addormentato. Sai, sonno arretrato. Comunque! Dov’è Jackie?-

Rachel fissò il suo amico per qualche secondo, chiedendosi se Anderson fosse davvero in camera di Kurt, mezzo nudo, nascosto nell’anta libera dell’armadio o in bagno. Si alzò nuovamente sulle punte per controllare, notando una strana pila di vestiti sul letto dell’amico.

- È andata a chiamare un taxi, ci aspetta giù.- rispose, continuando a fissare l’interno della stanza.

Kurt le passò una mano davanti agli occhi, questa batté le palpebre e sorrise.

- Su, ti aiuto a prepararti e poi raggiungiamo Jackie. - propose, con il secondo fine di dare un’occhiata.

Rachel si chinò per raccogliere le due scatole che aveva portato, quando si alzò vide Kurt annuire ed invitarla ad entrare con un gesto della mano. Buon segno.

- Vediamo che cos’hai qui.-

Rachel si diresse verso l’armadio ancor prima che Kurt chiudesse la porta, lasciando le scatole accanto al letto e spalancando le ante e controllando che non ci fossero intrusi.

- Tesoro, hai bisogno di una camomilla?- chiese il soprano, leggermente confuso dal comportamento dell’amica, la quale sorrise, sollevata per l’assenza di un possibile ragazzo moro e soprattutto nudo nell’armadio del suo migliore amico.

- Tutto bene, tutto bene! Tranquillo. Che dici di questa maglietta?- disse prendendo la prima cosa che gli capitò.

Kurt alzò un sopracciglio, dato che Rachel aveva tra le mani un paio di jeans. Lei abbassò lo sguardo sulle sue mani che tenevano il capo firmato, arrossendo e affrettandosi a prendere una maglia di cotone leggera a maniche lunghe.

- Mh… non so, forse potrei abbinarci… - 
- Kurt! Sei bellissimo, fantastico, stupendo, a dir poco perfetto già così! Metti questa dannatissima maglietta e chiudi la bocca! - lo interruppe, alzando un tantino il volume della voce.

Il soprano prese la maglietta e si chiuse in bagno, domandandosi se sarebbe arrivato tutto intero a fine serata. Certo però, che poteva anche dargli qualcosa di meglio di una semplice maglietta grigia!

- Kurt! Sbrigati! –

Il ragazzo infilò la maglia, si sistemò velocemente i capelli con la sua preziosissima lacca biologica e torno in camera. Rachel gli sorrise.
No, non aveva bisogno di una camomilla. Aveva bisogno di un bravo psichiatra e in fretta.


I tre mangiarono in un ristorante italiano dove erano solite cenare le ragazze il venerdì. Al soprano parve la bella copia del Breadstix.
Rachel e Kurt ordinarono una semplice insalata, mentre Jackie si dedicò anima e corpo ad una delicatissima pizza con peperoni e salsiccia.

Alle nove e trenta il taxi li lasciò davanti alla NYADA. Rimanere fuori oltre le dieci di sera era impensabile. Rachel aveva bisogno di tornare in camera per compiere i suoi indispensabili trattamenti di bellezza. Inoltre doveva dormire almeno sette ore, per recuperare il livello di idratazione della pelle perso durante la giornata e  per prevenire borse e/o occhiaie.

Naturalmente, lo stesso era per il soprano, il quale, tuttavia, in quei giorni aveva trascurato questo importante aspetto della sua vita, frastornato com’era dai nuovi ritmi della grande mela.

Kurt fu l’ultimo a scendere dal taxi. Non voleva tornare in camera.
Per prima cosa, c’era uno scatolone abbandonato che sembrava urlargli quanto fosse negligente, poi c’erano ancora i vestiti da ordinare e le sue lenzuola da sistemare.

Le ragazze stavano per entrare quando il cellulare di Rachel squillò.
Questa fissò lo schermo per qualche istante poi disse agli altri di aspettarla dentro.

- Secondo te chi è? – chiese Jackie, guardando l’amica attraverso le porte di vetro. Rachel aveva gli occhi sbarrati e sembrava parlasse a monosillabi.
- Non so. Forse sono i suoi. -

La brunetta rientrò, con lo sguardo basso e gli occhi leggermente arrossati, poi avvicinandosi ai due sussurrò - Jackie, mi aspetti in camera?-
- Tutto bene?- domandò la bionda, ignorando la richiesta di Rachel, la quale annuì e trascinò Kurt verso l’ascensore, senza che il ragazzo avesse neanche il tempo di salutare.

I due amici rimasero in silenzio per tutto il tempo che rimasero in ascensore. Kurt aveva paura di chiedere, perché aveva intuito che cosa fosse accaduto, ma sperava fino all’ultimo che si stesse sbagliando. D’altra parte Rachel  non aprì bocca finché non furono da soli in camera del ragazzo.

- Era Finn. - disse infine, sedendosi su una delle due sedie della stanza.

Kurt rimase in piedi davanti a lei, non sapendo che cosa dire.

- Ah. -
- Già. - Rachel sospirò, cominciando a torturarsi le mani. - Dice che gli manco, che è stato uno stupido. Di nuovo. - pronunciò con rabbia le ultime parole, per poi bloccarsi di colpo. Kurt vide che gli occhi dell’amica riempirsi di lacrime. – Dice… dice che vuole riprovarci e che questa volta sarà diverso, perché è cresciuto. - si portò le mani al viso e Kurt le accarezzò la schiena, tentando di confortarla.
- E tu che cosa gli hai risposto?- chiese, sedendosi sul letto, accanto a lei.
- Che ho bisogno di riflettere. Kurt, un anno fa stavo per rinunciare a questo per lui. Alla NYADA, ai miei sogni, a tutto. Lui ha deciso che per me sarebbe stato solamente un peso. Non ha voluto sposarmi. Posso capire. Si è unito all’esercito. Va bene. E poi, ha pensato che non fossi in grado… - si interruppe di nuovo per via di un nodo alla gola. -… di gestire questa relazione a distanza. Ha detto che avevamo orari diversi e quelle poche volte nelle quali era libero lui non lo ero io. Ha detto che non era la cosa giusta per me. Ha preso questa decisione al posto mio, senza neanche chiedermi che cosa ne pensassi!-

Rachel non provò più a trattenere le lacrime e scoppiò a piangere.
Kurt la strinse a sé, tentando di rasserenarla, ma sapendo di poter fare ben poco.

- Sono incazzata Kurt. – disse, scostandosi dal ragazzo e guardando le proprie mani strette in pugni sul petto dell’altro. - Perché sto imparando di nuovo ad addormentarmi e a svegliarmi senza pensare a lui. A cantare senza che ogni parola di qualsiasi canzone mi riportasse a lui. A non vedere il suo viso tra la folla. Ma soprattutto, sono incazzata perché manca anche a me. -

Il soprano non aveva alcuna idea di cosa fare o dire. La guardava confuso, non riuscendo a capire cosa fosse più giusto. Doveva consigliarle di dare una seconda occasione a Finn? Kurt sapeva che suo fratello era un bravo ragazzo, ma spesso prendeva decisioni affrettate e cercando di tornare indietro per riparare tutto, non faceva altro che distruggere le poche cose che erano rimaste indenni.
E se avesse cambiato idea di nuovo? Se avesse capito che, anche provandoci, una relazione a distanza era davvero impossibile da sostenere e l’avesse lasciata? Rachel ne sarebbe uscita devastata.

- Io non… Vorrei… -

La ragazza si ritrasse dall’abbraccio, sentendo l’amico irrigidirsi.

- Scusa Kurt. So che ti sto mettendo in una situazione complicata. È tuo fratello ma… io non ho nessuno. Non ho mai avuto nessuno. Una volta avevo te, Finn e i miei. Poi sono partita e ho mandato a monte tutto! -

Kurt la guardò dritto negli occhi, ma lei non riuscì a sostenere lo sguardo per più di qualche secondo. Sembrava così indifesa e Rachel Berry non si mostrava mai fragile.

- Non hai fatto nulla del genere, lo sai. -
- Si, invece.- la ragazza batté i pugni sulle ginocchia, rispondendo con un tono che al soprano parve quasi quello di una bambina. - Se non fossi partita forse non mi avrebbe lasciata. -
- Questo è vero, ma non pensi che questo sarebbe stato il più grande rimpianto della tua vita? -
- Sinceramente? Non lo so. Kurt, tu non sai cosa vuol dire dover scegliere. Non sei mai stato realmente legato a Karofsky. –
 
Kurt trattenne una risata amara che tentò di uscirgli dalle labbra. Rachel non aveva idea di quello che aveva passato. Dei sensi di colpa, della paura che David potesse commettere qualcosa di stupido in sua assenza. Nonostante ciò, il soprano non disse niente, perché era conscio del fatto che Rachel aveva solo bisogno di sfogarsi.
 
- Per te è stato naturale decidere di partire e realizzare i tuoi sogni. Se avessi avuto un po’ di forza di volontà in più, se fossi rimasta…  -
- Non puoi sapere come sarebbe andata Rachel. - concluse con tono fermo.
- E’ vero ma… -

All’improvviso, sentirono il rumore di una chiave che girava nella toppa e pochi attimi dopo un ragazzo entrare nella stanza.
Era alto, molto alto. Forse quanto Finn. Aveva capelli rossi e lisci, gli occhi azzurri. Era magro come un chiodo e la maglietta blu a maniche corte che indossava lasciava scoperte delle braccia rachitiche.

- Oh. Ehm… salve. Scusate il disturbo.- disse il ragazzo che Kurt pensò dovesse essere il suo vero compagno di stanza.
 
Questo abbassò lo sguardo a terra, evidentemente imbarazzato, poggiando a terra il suo borsone. Rachel si alzò velocemente dalla sedia.

- Ci vediamo domattina. – disse, uscendo dalla camera e non urtando per poco il ragazzo impalato alla porta.

Kurt si alzò dal letto, cercando di ricomporsi e si diresse verso lo spilungone, tentando di sorridere, ma con scarsi risultati.

- Piacere, io sono Kurt Hummel.- disse tendendo la mano.

Il tipo la guardò per qualche istante, prima di afferrarla e stringerla. La mano di Kurt praticamente si perse in quella dell’altro, tanto era grande.

- Oliver Lewis. Piacere mio. – rispose a bassa voce.
- Beh, io sono arrivato ieri e ho preso quella parte della stanza. - disse il soprano indicando il suo letto. – Ti sta bene?-
- Oh, si certo! Nessun problema. Mi va bene tutto.-
- Perfetto. Vediamo… In bagno c’è un armadietto. Io ho occupato lo scompartimento di destra. Poi… - continuò Kurt, puntando con l’indice l’armadio. – Ho preso l’anta sinistra, lo sportello di sopra e gli ultimi due cassetti. Per il resto è tutto tuo. -

Oliver guardò il guardaroba. Aprì tutti gli scompartimenti che Kurt gli aveva indicato, guardandoli per bene, poi si voltò verso il compagno di stanza.

- Ma io di tutto questo spazio non me ne faccio niente.-

Kurt spalancò la bocca.

Tutto questo spazio?!

Doveva aver capito male. Di certo. Oliver notò la faccia sconcertata del ragazzo di fronte, non sapendo cosa fare.

- Credo… credo mi basterà quest’anta e  un cassetto. Gli altri scomparti li puoi utilizzare tu, se vuoi. -

Kurt avrebbe voluto lanciarsi in una danza sfrenata, ma era davanti ad Oliver, che sembrava facilmente impressionabile, perciò si trattenne più che poté. Si limitò a guardarlo, con un enorme sorriso carico di gratitudine.

- Ne sei sicuro? Guarda che ti prendo in parola!-

Oliver annuì, sorridendo di rimando a Kurt e sciogliendosi un po’.

- Sicurissimo. Tutti i miei abiti sono in questo borsone.-

Il ragazzo indicò l’oggetto a terra e sorrise timidamente a Kurt.

- Bene! Allora sistemo i miei immediatamente, non ce la faccio più a tenerli così buttati sul letto.-

Il soprano prese la sedia della sua scrivania e uno alla volta sistemò i suoi abiti firmati nello scompartimento a destra.  Purtroppo lo spazio non era sufficiente per poter appendere i pantaloni, tuttavia andava più che bene per giacche, camice, magliette e gilet. Inoltre aveva a disposizione un altro cassetto dove poter piegare per bene i pantaloni.

- Scusa se te lo chiedo, ma se i tuoi vestiti sono sul letto… che c’è nell’armadio?- chiese Oliver, mentre svuotava il borsone e appendeva i suoi abiti.
- Oh, ce ne sono altri.- rispose Kurt con noncuranza.

Per lui era del tutto normale avere una quantità esorbitante di capi. E poi a suo parere non erano mai troppi.
 
- Altri? Cavolo, io non saprei che farmene di tutti questi vestiti. Credo che mi confonderebbero solamente.-

Kurt rise, felice che gli fosse capitata almeno questa fortuna. Per di più il suo compagno di stanza sembrava abbastanza simpatico, forse un po’ timido, ma in questo caso sarebbe stata solo questione di tempo.

Oliver finì di sistemare in cinque minuti e prese un beautycase dal borsone, recandosi in bagno.

- Da dove vieni?- chiese Kurt quando il compagno ritornò in stanza.
- Sono canadese, ma da poco mi ero trasferito a San Francisco. -
- San Francisco? Wow! Non l’ho mai visitata, sarà stupenda. - nella voce del soprano era tangibile un certo entusiasmo.

Oliver annuì, sedendosi sul proprio letto.

- Personalmente preferisco Vancouver. Tu di dove sei?-

Il sorriso del soprano si affievolì leggermente. Non c’era paragone tra la sua città natale e San Francisco.

- Lima, in Ohio. Probabilmente non sai nemmeno dov’è. -

Oliver abbassò lo sguardo, lievemente a disagio. Era strano per Kurt trovare qualcuno che si imbarazzasse più di lui.

- Diciamo che non sono un asso in geografia. -
- Tranquillo. È una città minuscola, la maggior parte della gente è bigotta e non sa tenere per sé i propri pensieri. -

Le parole uscirono dalle labbra di Kurt senza che nemmeno se ne accorgesse. Pronunciò quelle ultime parole con un po’ d’amarezza, ripensando a tutto quello che aveva subìto, a partire dalle violenze psicologiche, finendo a quelle fisiche. Sentì lo stomaco contorcersi al ricordo del suo passato.

Oliver era rimasto zitto.

- Hai fratelli?- chiese il soprano, spezzando quel silenzio imbarazzante.

Trascinò a da sotto la scrivania lo scatolone rimasto e ne estrasse le sue lenzuola, sistemandole sul letto ormai libero. Oliver lo guardò un po’ stranito.

- Figlio unico, anche se un fratello non mi sarebbe dispiaciuto. Sono cresciuto in una compagnia di teatro, perciò spesso eravamo in tour e non potevo socializzare con molti bambini. Avere un fratello o una sorella forse mi avrebbe aiutato a non essere così timido. -
- Aspetta, hai detto compagnia di teatro? – chiese Kurt, con aria sognante.
- Si, mio padre suonava il piano e mia madre era l’attrice di punta. Però cinque anni fa la compagnia si è sciolta e i miei hanno aperto una scuola di teatro a San Francisco. Niente di che. Non mi hai detto se tu hai fratelli. -
- Si, uno. – rispose il soprano senza pensarci un secondo. Del resto, Finn era un fratello per lui, nonostante non fossero uniti da un legame di sangue.
- Figo. – commentò semplicemente Oliver.

Kurt prese dall’armadio il suo pigiama. Si chiuse in bagno e applicò le sue creme con calma, poi indossò il pigiama ed uscì.

- Oliver, sono distrutto. Sarà meglio che vada a letto. -
- Si, certo. Penso proprio che farò lo stesso. -

Kurt si distese, sentendo il familiare odore delle sue lenzuola. Stava per addormentarsi, quando l’immagine di Rachel gli si parò davanti agli occhi. Avrebbe voluto tanto aiutarla, ma non aveva idea di come fare.

Dopo circa un’ora, il cervello del ragazzo implorava per qualche ora di riposo assoluto. Poco dopo cadde in un sonno profondo.


Kurt si svegliò di soprassalto, sentendo qualcuno che urlava. Si voltò verso Oliver, il quale stava dormendo beatamente. Doveva essere stato soltanto un sogno.

- Dio, quanto ti odio Tate! Sei un fottutissimo coglione!-

Blaine.



Tea's Corner:

Hello everyone!
Allora, che dire... Anche Baby Penguin Kurt sta crescendo xD
Non vi anticipo molto, solo che nel prossimo capitolo ritornerà Blaine (questa volta in persona)... Non vogliamo che Kurt stia tranquillo per troppo tempo.
Come sempre, ringrazio tutti quelli che continuano a leggere :)

A Martedì prossimo!

Tea (: 

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Capitolo 6
*** Don't Stand So Close To Me ***


                                                                                                                                                      Chapter 6:
                                                                                                                              Don’t stand so close to me

“I'm on your side when times get rough 
And friends just can't be found.
Like a bridge over troubled water”

(Bridge over troubled water - Simon & Garfunkel)


-  Ah! Sarei io il coglione?! Non mi pare di essere quello che è tornato ubriaco fradicio alle cinque di mattina! -
- Non sono ubriaco! Sono leggermente alticcio! – urlò Blaine, poi si sentì un colpo secco.

Kurt rimase immobile ad ascoltare le urla provenienti dall’altra stanza.
Si chiese se dovesse andare a controllare che nessuno dei due ragazzi stesse tentando di uccidere l’altro, strappando le gambe delle sedie per ottenere oggetti altamente contundenti.
 
Non sentendo più nulla, si rigirò nel letto e chiuse gli occhi, pronto ad abbandonarsi nuovamente alle braccia di Morfeo. Poco dopo, ci fu il rumore di qualcosa che sbatteva rumorosamente. Si rimise a sedere, così che potesse scattare in qualsiasi momento.

Ma per andare dove?!

- Cazzo, Anderson! Se sbatti quella dannatissima porta un’altra volta, giuro che la prossima cosa a farlo sarà la tua testa contro il muro! -
- Fottiti Harris! -

Kurt si portò il cuscino sopra il capo, sperando di riuscire a riprendere sonno. Però quei due facevano un enorme fracasso e di certo non sarebbero bastati neanche i tappi.  Inoltre non riusciva a non essere un po’ preoccupato.

Si voltò nuovamente verso Oliver, il quale non dava alcun segno di vita. Dormiva a bocca aperta, il lenzuolo completamente a terra e un piede che gli sfiorava  il pavimento.

Quando Kurt non sentì più le urla dei suoi vicini di stanza, erano le cinque e mezza.

Finalmente!

Si girò e rigirò nel letto a più non posso finché non prese le sembianze di una salsiccia per via delle lenzuola che lo avvolgevano tre o quattro volte.
Per quanto si sforzasse di riaddormentarsi, proprio non ce la faceva.

- D’accordo. – mormorò nel silenzio della stanza. La sua nuova abitudine di parlare da solo cominciava a spaventarlo seriamente.

Si alzò dal letto barcollando un po’, prese dei vestiti puliti da portarsi in bagno e andò a fare una doccia lunga e rilassante. Sapeva che Rachel si sarebbe alzata alle sei e un quarto, perciò voleva farle una sorpresa, ricambiando il favore e portandole la colazione in camera.

La sera prima l’amica gli aveva indicato la pasticceria dove aveva acquistato il suo cornetto al mattino, dicendo che lì realizzavano anche dolci vegani.
Non era molto distante dalla NYADA, perciò poteva andarci a piedi evitando di  spendere altri soldi per un taxi.

Indossò i suoi jeans super aderenti, una camicia bianca e una cravatta sottile blu e si spruzzò un’enorme quantità di lacca sul ciuffo, rendendolo impeccabile.

Si diede un’ultima occhiata allo specchio, poi prese il portafogli e il cellulare e uscì, assicurandosi di non fare troppo rumore, nonostante avesse capito che Oliver non era esattamente un tipo dal sonno leggero.

Chiuse la porta a chiave e si girò, cominciando ad incamminarsi verso l’ascensore, quando notò un’ombra a terra.
Tornò indietro, vedendo Blaine, seduto sul pavimento, con le gambe strette al petto e la testa appoggiata al muro.
I suoi ricci erano, come nel suo sogno, (Kurt si maledisse per esserselo ricordato) liberi dal gel e indossava un altro paio di pantaloni di tuta e una maglietta blu con su scritto “Dalton”.

- Blaine? – chiese Kurt, domandandosi se stesse dormendo.

Quello aprì gli occhi di scatto. Per la prima volta, sembrava che fosse stato il soprano a prenderlo in contro piede.

- Ciao, Kurt. – rispose, chiudendo gli occhi e poggiando nuovamente la testa a muro.

C’era decisamente qualcosa che non andava. Non aveva ancora fatto domande o commenti inopportuni. Forse doveva riprendersi dalla sbronza, tuttavia non dava l’idea di un ubriaco, in realtà sembrava spossato. Il più alto gli si fece più vicino.

- Tutto bene? – chiese a bassa voce, un po’ intimorito. Il moro si passò una mano sugli occhi, con fare stanco, poi fra i capelli.

Kurt deglutì, tentando di tenere lontane le immagini del suo sogno, ma ottenendo l’effetto opposto.

- Mh, vediamo… Ho un compagno di stanza di merda. -

Blaine alzò lo sguardo verso Kurt, il quale rimase immobile per qualche istante, incapace di fare altro.

- Se posso saperlo… che è successo? -

Il soprano ci pensò qualche secondo, chiedendosi se fosse il caso di farlo, poi si sedette a terra di fronte al moro, incrociando le gambe. La colazione poteva aspettare qualche altro minuto.

Blaine lo guardò confuso, poi abbassò gli occhi, appoggiando il mento sulle ginocchia.

- Non credo di volerne parlare. – la risposta del moro fu quasi aspra.

Kurt voleva soltanto aiutarlo, perché lo trattava così? Non che il riccio gliel’avesse chiesto… ma di certo avrebbe potuto dirlo in maniera più educata. 

- Scusa. Pensavo fosse d’aiuto. -  borbottò il soprano, rimanendo tuttavia seduto davanti a Blaine.
- Non ho bisogno di niente. – continuò il moro.

Rimasero in quella posizione per qualche altro minuto, Blaine rannicchiato su se stesso e Kurt con gli occhi fissi sulle sue mani. Il soprano si domandò che cosa stesse aspettando, seduto lì, davanti a un ragazzo che lo stava palesemente ignorando.

Prima che potesse cambiare idea, si alzò velocemente da terra.
Il riccio fissò dal basso e l’altro senza guardarlo in faccia gli tese una mano.

- Ce la faccio da solo. –

Al soprano scappò una risata per via della reazione di Blaine. Il giorno prima, mentre parlava con Rachel, gli era parso un adulto, ma doveva ammettere che in quel preciso momento dimostrava si e no cinque anni.
 
Forse quel tipo era molto più complesso. Forse lasciava intravedere solo una piccola parte del vero Blaine e, per sua grandissima sfortuna, era quella più intraprendente e provocatoria.

- Sai che accettare una mano ogni tanto non rende meno uomo? - 

Kurt sorrise al ragazzo, il quale spostò lo sguardo sulla moquette. Il soprano si sentì finalmente capace di mettere Blaine in difficoltà, il che gli provocò uno stupendo senso di soddisfazione.
 
- Come no. -

Non sapeva nemmeno perché fosse ancora lì praticamente a parlare con il muro. Doveva andare in quella benedetta pasticceria a prendere la colazione per Rachel,  continuava a pensare “tra un secondo vado” eppure non muoveva un passo verso l’ascensore.

Il soprano sviò gli occhi da Blaine, leggermente offeso. Lui aveva di meglio da fare nella vita che parlare con quell’idiota. Quando sollevò lo sguardo dalle sue scarpe, vide che il riccio lo stava osservando di nuovo.

- Bella cravatta.-  commentò Anderson, con un mezzo sorriso sulle labbra.
- Ehm… grazie. –

Kurt arrossì per il complimento che gli era stato rivolto, osservando che il ragazzo che gli era di fronte per la prima volta non aveva fatto commenti sul suo aspetto fisico o meglio, sul suo sedere. Inoltre quella era una delle sue cravatte preferite.

- Però preferisco i papillon. –

A Kurt si illuminarono gli occhi. Lui adorava i papillon! Ne aveva decine. Sorrise a Blaine, la cui espressione si fece immediatamente fredda. 

- Comunque… - continuò il riccio, facendosi più vicino al soprano.

Sapeva che avrebbe dovuto abbandonare il campo di battaglia almeno cinque minuti prima! Perché non ascoltava mai quello che il suo cervello tentava di comunicargli?!

- Si? – chiese, cercando di indietreggiare, ma sbattendo contro il muro.

Bravo Kurt, ti sei messo nei casini con le tue belle manine.

- Come mai fuori così presto? -

Blaine, seppur tenendosi ad una certa distanza, cominciò a giocherellare con la cravatta dell’altro ragazzo, il quale aveva perso l’uso della parola poiché il suo cervello aveva impiegato gli ultimi neuroni che gli restavano in maniera costruttiva, decidendo di fare le valige e trasferirsi in un rispettabilissimo ospedale psichiatrico.

- Colazione. - Il riccio lo guardò divertito. - Cioè… Io devo andare a comprare la colazione. – sbiascicò Kurt, tentando di darsi un minimo di contegno, senza alcun risultato.
- Capisco. Vuoi che ti accompagni? – chiese Anderson con voce bassa.

Il soprano  non si era sentito mai così vulnerabile in tutta la sua vita. Gli ormoni gli stavano decisamente dando alla testa. Aveva sempre pensato che gli adolescenti fossero esagerati, ma doveva decisamente ricredersi.

- N…no. No, vado da solo. Tu… tu vai a dormire. Sei tornato alle cinque no? -

Blaine lo guardò negli occhi, un po’ confuso.

- Scusa non volevo ascoltare. Davvero, ma voi urlavate e il cuscino non è servito a niente e poi… -
- Calmati, Kurt. – disse sottolineando il nome del soprano.

Certo che aveva proprio un bel nome! Aveva un suono così musicale… eppure se ne era reso conto soltanto adesso che era stato Blaine a pronunciarlo. No, Kurt non pensava che il moro aveva una voce meravigliosa e che sarebbe rimasto lì a sentirgli sparare qualsiasi cazzata soltanto per ascoltarlo. E poi, non poteva averlo pensato perché non era più in possesso di un cervello.

Il riccio mise una mano sulla spalla dell’altro, il quale voltò con lentezza la testa in direzione verso questa, e la strinse leggermente.

- Sono calmissimo. -

Blaine rise e Kurt sentì l’imbarazzo crescere a dismisura. Lui era Kurt Hummel e gli Hummel non si fanno mettere i piedi in testa da nessuno!

Rosso in viso come un pomodoro, prendendo tutta la forza di volontà di cui disponeva, si allontanò bruscamente dal più basso, il quale non afferrò l’improvviso cambio di umore del soprano.
 
- Io ho da fare. – dichiarò Kurt ad un Blaine sempre più confuso. – Ti saluto Anderson. -  dicendo questo, il soprano si voltò e praticamente si mise a correre verso l’ascensore, sentendo lo sguardo dell’altro sulla sua schiena… o su qualcos’altro, ma preferì non scoprirlo.

 
Camminò per venti minuti prima di raggiungere la pasticceria indicatagli da Rachel, sperando che l’aria fresca della mattina gli schiarisse le idee.
Arrivò davanti la porta del negozio, la quale emise un suono di campanelle non appena venne aperta.

La pasticceria non era molto grande: c’erano un bancone di medie dimensioni, due tavolini e quattro sgabelli. Le pareti erano di un giallo pallido e ricoperte con foto di dolci molto elaborati mentre il pavimento era di semplicissime mattonelle bianche.

Quando Kurt si avvicinò per osservare i prodotti, gli si pararono davanti una sfilza di leccornie una più buona dell’altra. I suoi occhi caddero in particolare su una torta ricoperta da glassa di cioccolato fondente e decorata con roselline al cioccolato bianco dall’aria tremendamente invitante.

Il soprano si sentì in colpa solamente al pensiero di introdurre nel suo fisico una bomba calorica del genere. Pochi attimi dopo entrò una signora anziana, con grandi occhi azzurri e capelli biondo cenere.

- Desideri qualcosa, caro? – chiese con dolcezza.
- Salve. Una mia amica mi ha detto che qui confezionate dolci vegani. -

La signora gli indicò la parte destra del bancone.

- Oh, bene. – commentò Kurt, voltandosi verso i dolci. – Credo prenderò due muffin ai mirtilli da portare via. -
- Ottima scelta. Non per vantarmi, ma questi e la torta di mele sono la mia specialità. –
Kurt sorrise alla signora, la quale nel frattempo stava prendendo  con una pinza i muffin, ponendoli in un vassoio di carta.

-  Altro? -

Kurt stava per rispondere di no, quando ricordò che esisteva anche Jackie.
Non conosceva i gusti della ragazza, ma da quello che aveva capito la sera prima, osservandola divorare prima la pizza e poi un’ enorme fetta di crostata al cioccolato, non era proprio una di quelle che teneva ossessivamente alla linea.

- Ehm… non saprei… -
- Hai detto che una tua amica ti ha consigliato di venire qui. Io mi ricordo tutti quelli che vengono qui. Magari non esattamente tutti, ma di certo quelli che passano spesso a trovarmi. -
- Si chiama Rachel. È castana, non particolarmente al…-
- Rachel, certo! Viene a fare colazione qui insieme a Jackie tutti i fine settimana. Quelle ragazze sono meravigliose. -

Kurt sentì il peso opprimente che aveva sul petto sparire improvvisamente. Se si recavano così frequentemente in quella pasticceria, allora la signora doveva conoscere le loro ordinazioni. O almeno sperava.

- Mi saprebbe dire… che cosa prende Jackie? –
- Prende sempre un cornetto alla crema. – rispose, indicandone uno che fece venire al ragazzo l’acquolina in bocca.
- Va bene, grazie. -

La donna confezionò con cura il vassoio e lo poggiò sul bancone, in modo che Kurt potesse prenderlo, dopo andò alla cassa.

- Sono sei dollari e cinquanta. – disse, continuando a sorridere al soprano.

Riusciva a capire benissimo perché le ragazze andassero sempre a mangiare in quella pasticceria. Non solo pareva tutto maledettamente delizioso, ma quella donna sembrava riuscisse a mettere a proprio agio chiunque con un semplice sorriso.

- Grazie, a presto. -

Kurt fece per voltarsi verso la porta, quando sentì la signora dirgli di fermarsi un attimo. Entrò in cucina e ne uscì poco dopo con una caraffa di caffè fumante. Ne versò un po’ in un bicchiere di carta, per poi aggiungere del latte di soia, in un altro versò il caffè, un po’ di latte, coprì il tutto con della panna e spruzzò abbondante cacao in polvere. Infine si girò verso Kurt.

- Tu come prendi il caffè? -
- Di solito con latte scremato, ma non si preoccupi. -

La signora gli fece cenno con la mano e tornò in cucina con quello che doveva essere del latte scremato. Chiuse i tre bicchieri e li mise in un sacchetto, aggiungendo poi due bustine di zucchero di canna e una normale.

- Offre la casa. -
- Oh, non posso accettare. Quanto…? -
- Non discutere giovanotto. Salutami tanto le mie ragazze. -

Ringraziò ancora e ancora non sapendo in che altro modo sdebitarsi e uscì dal negozio, sperando che non si freddasse nulla lungo il viaggio di ritorno.


Kurt bussò tre volte alla porta della cinquantanove, ma non ricevette risposta. Pensò che questa fosse la punizione che Rachel aveva deciso di infliggerli per il ritardo del giorno precedente, ma non sembrava che la ragazza fosse dell’umore giusto per giochetti da bambini.

Batté il pugno ancora due volte, un po’ più forte di prima. Forse erano già uscite. Eppure gli sembrò alquanto improbabile, dato che erano le otto meno venti del mattino, tuttavia quando Rachel Berry era in preda ad attacchi di depressione acuta, bisognava aspettarsi di tutto da lei. Come l’anno prima, quando aveva deciso di andare in Georgia in autostop, essendo la vigilia di Natale e non trovando voli o treni liberi, per convincere Finn a non lasciarla.

Kurt stava per abbandonare l’idea che in quella stanza soggiornasse vita umana, quando sentì il rumore di una porta cigolare. Vide la testa di Jackie sbucare dalla loro camera, che lo osservava come fosse un alieno.

- Ehi, posso entrare? – Kurt alzò il vassoio e il sacco con i caffè – Ho anche portato la colazione! -

Jackie spalancò gli occhi e arricciò il naso, dando l’idea più di un cartone animato che di un essere umano.

- Non so… Rachel non ha dormito tutta la notte, quindi nemmeno io. – tentò di dire, tra uno sbadiglio e l’altro. -  Rifiuta di alzarsi dal letto. – disse, senza staccare lo sguardo affamato dalla colazione. 
- Chi è? –

Kurt sentì la voce di Rachel provenire dall’interno della stanza, anche se gli sembrò quasi la voce di una venuta dall’oltretomba.

- Kurt. – sussurrò Jackie, così piano che praticamente nemmeno il soprano riuscì a sentirla, ma dal suono che uscì dalle labbra della ragazza dedusse che fosse il suo nome.

- Fallo entrare. -

La bionda sorrise al ragazzo, spalancando la porta e lasciandolo entrare. Con un gesto delle mani, gli fece cenno di cederle la roba che aveva tra le braccia e, con infinita gratitudine, Kurt la lasciò fare.

- Pare che sua maestà abbia accettato di ricevermi. - scherzò il soprano, entrando in camera.

Quando Jackie richiuse la porta, rimasero completamente al buio. Le luci erano spente e la finestra era sprangata. Rendeva alla perfezione l’idea del set di un film horror. Inoltre, gli parve che l’aria fosse talmente immobile che gravasse, pesante come un macigno, sulle loro teste.

Rachel sbuffò rumorosamente, rigirandosi sotto le coperte e stringendo a sé il cuscino, alternando sospiri e singhiozzi. Kurt, senza chiedere il permesso, aprì l’unica finestra della stanza.

- Chiudi immediatamente! – ordinò l’amica, portando le braccia davanti agli occhi. In un altro momento avrebbe cominciato a sbraitare, ma aveva saltato le sue sacre sette ore di sonno e probabilmente aveva esaurito tutte le sue energie, piangendo a dirotto per tutta la notte.

Kurt ovviamente non le diede retta.

- Neanche per sogno. -
- Ti odio. – Rachel affondò il viso nel cuscino, continuando a mormorare qualcosa alla quale Kurt non fece, volutamente, caso.
- Ho portato la colazione. –
Si diresse verso la scrivania sulla quale Jackie aveva poggiato i pacchi.
- Muffin vegani per noi… - aggiunse, scartando l’involucro del vassoio.
- Tu non sei vegano. – borbottò Rachel, mettendosi a sedere e tenendo gli occhi, i quali erano estremamente gonfi, socchiusi per l’improvvisa luce.

Il numero di polemiche che la ragazza riusciva a tirare fuori quando era giù di morale era senza limiti e confini! Il soprano prese un respiro lungo e profondo, perché sapeva che doveva essere paziente. Sapeva che Rachel aveva bisogno di un amico. Sapeva che non aveva nessun altro ed era perfettamente cosciente del fatto che ne sarebbe uscito esanime o, nella migliore delle ipotesi, ferito gravemente.

- Lo so, ma ti faccio compagnia. E poi la pasticcera mi ha detto che tu – disse voltandosi verso la bionda - prendi sempre un cornetto alla crema. -

Gli occhi di Jackie si illuminarono improvvisamente come se le avessero puntato due faretti addosso. Kurt le porse il cornetto, lei lo afferrò addentandolo come se non mangiasse da anni.

Quasi soffocò quando si rese conto di non aver ringraziato il ragazzo per il pensiero. Tentò di formulare un – Grazie. – ma il cibo le andò di traverso, peggiorando la situazione.

Fantastico! Continuando così si sarebbe trovato in stanza con una morta per soffocamento e un’altra che aveva tutte le intenzioni di seguirla a ruota nell’oltretomba.

 Era meglio che cominciasse a cercarsi un alibi inattaccabile e sparisse prima dell’arrivo di possibili testimoni o peggio, della polizia.

Kurt diede a Jackie qualche leggera pacca sulla schiena e, quando la ragazza smise di tossire, le passò il caffè sul cui bicchiere era scritto il nome di quest’ultima.

Prese il suo muffin, poggiandolo sulla scrivania, lasciando solo quello di Rachel sul vassoio, per poi sistemarlo ai piedi del letto e porgerle il caffè.

- Sei stato molto carino, ma non ho fame. -
- Rachel. Mangia. Sai che la colazione è il pasto più importante della giornata. – La ragazza inarcò un sopracciglio, prendendo il caffè e bevendone un sorso.
 
Strizzò gli occhi, poiché era del tutto amaro e nonostante tenesse in modo maniacale alla linea, non si negava mai i suoi due cucchiaini di zucchero nel caffè.

Kurt rise, prontamente fulminato dagli occhi castani e iniettati di sangue di Rachel - Samara.  Cercò nel sacchetto nel quale aveva portato le bevande le tre bustine di zucchero e ne porse una all’amica.

- Chi sarebbe la mamma dei due?! -

Rachel prese il suo muffin dal vassoio, mangiandolo a piccoli morsi. Soddisfatto, il soprano si sedette vicino all’amica, finalmente assaporando la sua colazione, ricordando i bei tempi andati in cui il muffin erano caldi e il caffè fumanti. Adesso si ritrovava a mordere un muffin delizioso, ma miseramente tiepido e a sorseggiare un caffè praticamente ghiacciato.
Avrebbe dovuto assolutamente consumare il suo pasto per strada.

I tre mangiarono in silenzio per il resto della colazione, o meglio, Jackie rimase a guardare Kurt e Rachel finire la loro colazione, poiché la sua aveva raggiunto quel luogo ameno che era il suo stomaco pochi attimi dopo che il soprano aveva varcato la camera cinquantanove.
Il ragazzo si sentì un po’ a disagio con Jackie che lo fissava così intensamente. Rachel sembrava esserci perfettamente abituata e ad occhi chiusi masticava e inghiottiva talmente velocemente che una lumaca sarebbe già stata in fase digestiva. Pareva quasi che se avesse una pistola puntata alla testa e che per il nervosismo non riuscisse a mandare giù nulla.

- Ragazzi, credo sia meglio lasciarvi un po’ da soli. Io vado a farmi un giro. – esordì Jackie, gli altri due annuirono, ritrovandosi pochi secondi dopo soli nella stanza.
- Allora. – fece Kurt, voltandosi verso Rachel.
- Allora? -
- Non hai dormito tutta la notte. Non dirmi che non hai pensato a nulla. -
- Oh, sì. A molte cose. Come per esempio… si, insomma… -

Continuò a balbettare qualcosa di incomprensibile per almeno due minuti, sotto gli occhi attenti di Kurt, il quale conosceva già la risposta, come al solito. Non sopportava vedere Rachel ridotta in questo stato, soprattutto sapendo che la causa era sua fratello.

- Berry, ammetti che hai passato la notte pensando a tutti i bei momenti che hai passato con Finn e chiudiamola qua. Ti conosco meglio di quanto faccia tu stessa. -

Rachel incatenò i suoi occhi imperlati di lacrime a quelli azzurri e limpidi del soprano, implorando per un po’ di conforto.

- Sono così confusa, Kurt. Non capisco più niente! –
- E dove sarebbe la novità? -
- Kurt. – lo ammonì l’amica, con sguardo serio.
- Scusa, hai ragione. – il ragazzo alzò le mani in segno di resa. Rachel abbozzò un sorriso, per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani.

Giusto, non era il momento di scherzare.
Tuttavia, Kurt non riusciva a capire che cosa ci fosse di così catastrofico in quella situazione. Finn non la stava mica obbligando con la forza a tornare insieme a lui! Le aveva chiesto, per meglio dire l’aveva supplicata, di pensarci su, eppure lei si sentiva con le spalle al muro, come se non avesse scelta.

- Rachel, io vorrei aiutarti, davvero. Però l’unica persona che può farlo sei soltanto tu. -

La ragazza abbassò lo sguardo, riflettendo sulle parole del soprano, ma non riuscendo a capirne il senso.

- Come? -
- Ascolta quello che ti dice il tuo cuore. – concluse semplicemente Kurt.
Lei sorrise amaramente, con stampata sul viso un’espressione che diceva “Certo, tu la fai facile.”

- Fa la cosa che ritieni migliore per te stessa, perché potresti finire solamente col danneggiare te e chiunque ti sta accanto. So che potrebbe risultare banale come consiglio, ma è l’unico che posso darti. -
- Finn aspetta una risposta. - commentò Rachel, ignorando il soprano.
- Oh, Finn può aspettare. Hai tutto il diritto di riflettere. -

Le diede una pacca sulla schiena, ma lei non sembrava per nulla convinta.

- Kurt, è più complicato di quanto possa sembrare. -
- Per quanto possa apparire assurdo, sono stato nella tua stessa situazione non più di tre giorni fa. E non dirmi che era diverso, - aggiunse, alzando la mano e facendole segno di tacere non appena Rachel aprì la bocca per obbiettare. - perché sai quanto mi sentissi responsabile nei confronti di Dave. Ho deciso di fare la cosa più giusta per me. Nel mio caso, si è trattato di lasciare Lima e Dave, nel tuo, potrebbe essere dare una seconda possibilità a Finn, oppure chiudere questa storia una volta per tutte. -
- Credo di non avere altra scelta. –

Kurt abbracciò l’amica, tentando di infonderle un po’ della sua forza.
Lei lo strinse forte, prima di lasciarlo andare e asciugare le lacrime con il dorso della mano, guardando la spalla del soprano.

- Scusa, ti ho bagnato tutto! -

Kurt guardò la camicia bianca, ormai trasparente, spalancò gli occhi, con una battutina pungente pronta a fior di labbra, tuttavia non appena sentì la risata della ragazza, ancora spezzata dal pianto, non poté far altro se non sorriderle con dolcezza.

- Adesso vattene, devo dedicarmi a me stessa per almeno tre ore. – tentò di dire con tono acido, ma senza alcun successo.

Rachel si posizionò davanti allo specchio, rabbrividendo davanti alla figura che aveva di fronte. Aveva due abbondanti occhiaie, no, non abbondanti, mastodontiche, sotto gli occhi rossi e gonfi come due palline da pingpong.
I capelli, che la sera prima erano perfettamente acconciati, adesso erano pieni zeppi di nodi. Sembrava quasi che avessero vita propria! Prima di andare a dormire probabilmente non li aveva acconciati, come faceva sempre, in due trecce e di certo non li aveva fissati con dei bigodini.

Per rincarare la dose fino alla fine, era estremamente pallida, nonostante la sua fosse una carnagione olivastra. 

- Ci vediamo. – fece il ragazzo, mentre si apprestava ad uscire dalla stanza.
Rachel guardò il riflesso del ragazzo nello specchio.

- Kurt? – chiese, prima che questo di chiudesse la porta alle sue spalle. – Ti voglio bene. -



Tea's Corner:

Heeello!
E dopo le supermegafantastiche foto che sono appena uscite, arriva anche il sesto capitolo (:

Grazie ancora a tutti coloro che leggono!

A martedì

Tea

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Capitolo 7
*** Paranoid ***


                                                                                                                                                                        Chapter 7:
                                                                                                                   
  
                                                                                                    Paranoid


“See all these illusions just take us too long
And I want it bad because you walk pretty
Because you talk pretty 'cause you make me sick.
And I am not leaving, ‘till you’re leaving’ 
( When I get you alone – Robin Thicke)



Per tre giorni di fila, Kurt e Jackie trascinarono Rachel in giro per New York, tentando di farle tornare in qualsiasi modo il sorriso, ma con scarsi, scarsissimi risultati. Passarono un’intera giornata a Central Park, correndo da una parte all’altra, mangiando zucchero filato, sdraiandosi sull’erba per ore ad osservare le nuvole e a commentarne la forma.

L’indomani, Jackie convinse Kurt ad acquistare dei biglietti per il traghetto che portava a Liberty Park con fermata a Ellis Island dato che, nonostante Rachel abitasse nella grande mela da un anno, non vi aveva mai messo piede.
Kurt era ben conscio dell’effetto che il traghetto avrebbe avuto di lui.
Pensò che sarebbe stato a dir poco catastrofico, che avrebbe vomitato l’anima.

E così fu, naturalmente.

Tuttavia, doveva a tutti i costi aiutare l’amica, la quale sembrava proprio non volerne sapere di uscire da quella sottospecie di depressione dovuta a chissà cosa.
 
Se uno dei due le chiedeva che cosa avesse pensato riguardo Finn, balbettava che era passato troppo poco tempo, che ci avrebbe pensato, magari la sera.
Peccato che quella sera in cui ci avrebbe riflettuto non arrivava mai.

Il terzo giorno tutti e tre erano a dir poco sfiniti ma Rachel pareva più serena, o forse era talmente stanca di girare per New York che avrebbe perfino finto di essere felice come il vincitore della lotteria pur di poter stare seduta comodamente per più di un quarto d’ora, senza nessuno che la tirasse di qua e la spingesse di là.

Jackie e Kurt non si arresero, anche se erano più stanchi di quanto fosse la loro amica. Al mattino fecero colazione dalla signora Nancy, la proprietaria della pasticceria, per poi gettarsi in otto estenuanti ore di shopping.

Se l’avessero saputo prima, si sarebbero recati a far compere dal primo giorno, visto l’improvviso entusiasmo di Rachel. Kurt non aveva ancora avuto il tempo di vedere alcun negozio della città, perciò si buttò corpo e anima nell’acquistò di capi firmati di tutti i generi, a partire da un trench, continuando con quattro camice, sei paia di pantaloni, tre di scarpe e otto nuovissime, meravigliose, originali spille.

Ovviamente aiutò anche le amiche, soprattutto Jackie, la quale sembrava essere del tutto estranea allo straordinario mondo della moda. Rachel comprò cinque vestiti, dato che per lei era impensabile la sola idea di indossare pantaloni o jeans, e un numero spropositato di gonne e camicette, talmente tante che anche Kurt pensò forse fossero un po’ troppe.

Jackie si limitò a comprare un paio di jeans, un ciondolo che raffigurava il simbolo della pace e un paio di scarpe col tacco per le quali il soprano aveva insistito fin quando la ragazza non si era arresa per sfinimento.

Infine, confessò che era la prima volta che acquistava calzature del genere e che ne era praticamente terrorizzata, lasciando Kurt a bocca aperta.

I ragazzi alle otto di venerdì sera, si trascinarono, pieni di pacchi e sacchetti, fuori dal taxi fino all’ascensore, il quale per qualche grazia divina non era occupato.
Rachel era decisamente la meno stanca, infatti aveva ancora la forza di pigiare il bottone per il terzo piano.
- A domani… se riesco ad alzarmi dal letto. – sussurrò Kurt, salutando le ragazze con un cenno debole della mano.

Camminò lentamente per il corridoio, con la schiena che lo implorava affinché  si sdraiasse da qualche parte, anche su delle pietre, ma che lo facesse e al più presto. Sentiva il pacco che teneva sotto braccio scivolare lentamente ed inesorabilmente e anche se fosse caduto, non era concepibile che si chinasse per raccoglierlo.

No, avrebbe abbandonato quelle scarpe da centocinquanta dollari lì, sul pavimento, pregando che chiunque le trovasse ne facesse buon uso e le amasse come avrebbe fatto lui se non fosse stato così pigro per raccoglierle da terra.

Fortunatamente giunse davanti alla sua camera prima che qualsiasi cosa potesse accadere. Ma Kurt non aveva pensato che ad aspettarlo c’era un ultima, tremenda prova. Doveva aprire la porta.

Con quali mani?!

Forse, se si fosse concentrato abbastanza, ci sarebbe riuscito con la forza del pensiero. Batté la testa sul legno liscio e freddo, aspettando che arrivasse un aiuto di qualsiasi genere da chiunque.

Kurt sentì la porta allontanarsi dalla sua fronte e per poco non perse l’equilibrio.

- Kurt? – chiese Oliver.

Oliver, il suo sconosciuto compagno di stanza, quello che in quattro giorni aveva visto si e no per due ore. Il ragazzo prese la scatola sotto il braccio del soprano, notando che quest’ultimo era lievemente in difficoltà.

Kurt si spinse dentro la sua camera, gettando per terra borse, scatole e lanciandosi a peso morto sul suo meraviglioso, spettacolare, super comodo letto. Mai superficie gli era parsa più comoda.

Sentiva le palpebre così pesanti… e poi quei pantaloni che indossava erano relativamente vecchi, quindi dormirci non sarebbe stato un gran problema, no?
Certo che era un problema!

Il soprano si alzò con calma dal letto, nonostante il suo corpo gli urlasse contro.

- Ciao Oliver. – disse infine, sotto lo sguardo divertito del coinquilino.

Perché sembrava così allegro? Che aveva visto di strano?
Insomma, non si stava trascinando, non sapeva nemmeno con quale forza, in giro per la stanza, tentando di prendere il suo pigiama dall’armadio senza alzare le braccia per aprire l’anta.

Quello non era lui.

Scosse la testa, tentando di riprendersi, perché non era per niente pronto a fare una figura del genere di fronte a qualcuno che probabilmente sarebbe andato in giro a raccontare del suo compagno di stanza/zombie, facendogli fare la figura dell’idiota prima ancora che iniziassero i corsi.

Certo, Oliver non sembrava quel genere di persona, ma Kurt Hummel non era uno che si fidava facilmente.

Doccia. Aveva bisogno di una doccia.

Sapeva che non ne aveva la forza, che con molta probabilità sarebbe svenuto sotto l’acqua, ma doveva farlo.

Per non parlare della sua pelle che aveva necessariamente bisogno di creme idratanti.

- Se non ti serve il bagno, io farei una doccia. -

Oliver annuì, nemmeno tentando di celare il suo divertimento nel vedere il povero Kurt ridotto in quel misero stato.

- Certo, fa pure. Io sto morendo di fame. A dopo. -

Kurt nemmeno provò a dirgli che probabilmente l’avrebbe trovato senza sensi, magari sdraiato sul pavimento perché non era riuscito a raggiungere il letto.

Si fece una doccia veloce, la quale, al contrario di quello che aveva pensato, non l’aveva aiutato minimamente a svegliarsi un po’. Anzi, si sentiva più nel mondo dei sogni che nella realtà.

Ma doveva tenere duro, doveva farlo per la sua pelle.

Purtroppo i suoi occhi stanchi non gli permettevano di osservare con assoluta precisione la pelle del viso, perciò applicò le sue svariate creme meglio che poté e con sua grandissima soddisfazione, riuscì a raggiungere il letto, limitandosi a sbandare un paio di volte e ad urtare lo spigolo della scrivania con il fianco, il che gli provocò non poco dolore.

Si coprì con le lenzuola fino al naso e chiuse gli occhi, o forse erano già chiusi.


Qualcuno stava bussando, ma Kurt non aveva alcuna intenzione di aprire.
Aveva sonno e tutto il sacrosanto diritto di dormire per ventiquattro ore di fila senza che nessuno lo disturbasse.

Bussarono ancora.

Non gli interessava chi diavolo fosse. In quel momento avrebbe anche potuto essere Rachel in piena crisi isterica, non ce l’avrebbe fatta a reggerla stanco com’era. E poi, non avendo freni inibitori, probabilmente avrebbe cominciato a urlarle contro che doveva semplicemente prendere una fottutissima decisione e smetterla di piangersi addosso venticinque ore su ventiquattro come se le fosse morto il gatto.

Bussarono altre tre volte, con più insistenza, Kurt si coprì il volto con le mani, in preda allo stress e ormai inevitabilmente sveglio. Aprì lentamente gli occhi, che vennero crudelmente colpiti dai raggi del sole che entravano dalla finestra. Diede uno sguardo all’orologio: segnava l’una meno un quarto.

In effetti, aveva dormito un bel po’… ma aveva ancora sonno!

Chiunque fosse, continuava a picchiare la mano contro la porta. Sperò che fosse qualcuno in pericolo di morte perché, nel caso in cui non fosse stato così, lo sarebbe stato per causa sua.

Con tanto, tantissimo rammarico, il soprano si alzò dal letto con la sua solita grazia mattutina di un ippopotamo e aprì.

- Ben svegliato. -

Kurt chiuse la porta. No, la sbatté letteralmente in faccia a Blaine.
Si era appena alzato dal letto, aveva un aspetto orribile!
Del resto, non tutti avevano la fortuna di sembrare un dio a qualunque ora del giorno e della notte, proprio come il tizio fuori da camera sua.
Ormai il danno era fatto, perciò si forzò a riaprire, trovandosi davanti Blaine con un odiosissimo ghigno sulle labbra.

- Non so perché, ma sentivo che avresti aperto di nuovo. -
- Blaine, sono appena sveglio e non del tutto consapevole di quello che dico o faccio. Arriva al punto, così che possa tornare a dormire. – borbottò Kurt.

Il ragazzo di fronte fece qualche passo avanti, costringendolo ad indietreggiare e, automaticamente, a lasciarlo entrare nella sua camera.

- Prego. – fece Kurt, sarcastico, facendo cenno al ragazzo di accomodarsi.
- Non ti sei fatto vedere in questi giorni. – commentò Blaine con disinteresse mentre osservava la stanza.
- Infatti, sono stato in giro. -

Il riccio si voltò verso Kurt. Improvvisamente imbarazzato, il soprano cercò qualcosa che lo distraesse dal ragazzo che aveva davanti o che almeno gli permettesse di sviare lo sguardo per qualche secondo.

- In giro… - ripeté Blaine, con la faccia di uno che voleva più informazioni, ma Kurt non era per nulla intenzionato a fornirgli altri dettagli riguardo sua vita privata, quindi non si sprecò nemmeno a rispondergli.

Si rese conto che, come un imbecille, aveva lasciato la porta aperta e si affrettò a chiuderla, rimanendo con la mano sulla maniglia e la fronte che quasi sfiorava la superficie. Forse sarebbe anche riuscito a mimetizzarsi.

- Peccato. Mi diverte stare con te. -

Kurt spalancò gli occhi, girandosi di scatto nella direzione di Blaine, il quale era seduto sul suo letto, con le mani poggiate sul materasso. Il soprano si soffermò qualche istante ad osservarlo.

Indossava degli aderenti jeans neri, una maglietta bianca e un leggero cardigan rosso, mentre i capelli erano tristemente fissati con il gel. Forse avrebbe dovuto dirgli che stava meglio quando i riccioli gli cadevano disordinatamente sulla fronte.

Provaci e giuro che te ne pentirai.
- Grazie, credo. – balbettò Kurt.

Si avvicinò a Blaine e incrociò le braccia al petto, leggermente nervoso. Non aveva ancora capito che cosa quel tipo volesse da lui. O forse l’aveva capito, ma non voleva ammetterlo a se stesso. Blaine gli fece segnò di sederglisi accanto, ma Kurt scosse vigorosamente la testa, probabilmente passando per un idiota, e arrossendo spudoratamente.

Il moro rise e fece per togliersi il cardigan, restando soltanto con la maglia a maniche corte che scopriva le sue braccia dannatamente muscolose.

- Non sembri particolarmente a tuo agio. È per caso colpa mia? – chiese, con finto tono innocente.
- Sto benissimo. –

Kurt tentò disperatamente di non dar a vedere tutto il suo nervosismo, ma dall’espressione dell’altro sembrava non stesse riuscendo nel suo intento.
Il riccio riprese ad guardare attentamente la stanza, a sua volta osservato da Kurt, il quale non perdeva neanche un movimento.

Si alzò dal letto, accostandosi alla scrivania. Guardò i numeri di Vogue, poi i numerosissimi libri. Ne prese uno tra le mani e cominciò a sfogliarlo, soffermandosi sulla prima pagina e fissando la firma del soprano.

Raccolse i tre cd che Kurt aveva lasciato sulla scrivania poiché non vi era più posto nel porta cd, li adagiò sul ripiano e passò oltre sotto lo sguardo del soprano il quale si stava chiedendo cosa diavolo Blaine stesse facendo.

Guardò la foto del diploma e quella del matrimonio di Burt e Carole, poi si avvicinò al comodino.

- New Directions? – chiese, puntando la cornice con l’indice.

Il più alto annuì, sorridendo. Il riccio andò avanti con la sua ispezione, poi i suoi occhi caddero sulla seconda foto sul comodino. Kurt notò lo sguardo di Blaine farsi improvvisamente pensieroso.

- Quella era mia madre. - Alzò gli occhi verso il soprano, sempre più confuso. – E’ morta. – concluse, apparentemente calmo.

Come sempre, si sarebbe aspettato una frase del tipo – Mi dispiace tanto. – eppure il moro si limitò ad annuire con fare serio. Per una volta Kurt si sentì infinitamente grato nei suoi confronti. Blaine si guardò in giro un’ultima volta, per poi fermarsi al centro della stanza con aria soddisfatta.

- Mi piace. – fece il moro, riferendosi alla camera.
- Adesso che ho la tua approvazione mi sento molto meglio. – fece Kurt, stupendosi del fatto che era finalmente riuscito ad essere sarcastico con Anderson.

Fino a quel momento era stato un serio problema semplicemente mettere insieme tre parole che formassero una frase di senso compiuto. Uno dei triangoli che Blaine aveva al posto delle sopracciglia si inarcò. Ancora non conosceva quel lato pungente del soprano.

- Quando… prima ti ho chiesto di andare dritto al punto non scherzavo. –

Kurt si rese conto che forse sostenere una conversazione con Blaine non era poi così difficile, stava persino riuscendo a mantenere un tono pacato, senza tremolii di alcun genere. Era piccolo, ma era comunque un passo avanti.

- Devi uscire? – chiese il riccio, facendo due passi avanti.
- No, ma… -
- Allora perché questa fretta? – fece Blaine, interrompendolo.

Perché sono distrutto!Pensò Kurt, ma non riuscì ad esprimere la sua riflessione a parole. Questo non era per niente un buon segno.

Blaine, si avvicinò al soprano. Per lui era proprio d’obbligo la vicinanza, eh?!
Peccato che questo non giovasse ai pochi e preziosissimi neuroni di Kurt. Il moro puntò gli occhi ambrati in quelli dell’altro, per poi farli vagare su tutto il suo corpo.

- Ho una proposta. -

Kurt gelò. Non sapeva nemmeno di che genere di proposta si trattasse, ma non aveva un buon presentimento. Per niente.

- Spara. – disse Kurt, impassibile.
 
Stavolta doveva essere sembrato piuttosto convincente, data l’espressione corrucciata che nacque sul viso dell’altro. Purtroppo non era uno che si arrendeva facilmente e forse questo dettaglio non era ancora ben entrato nella testolina bacata di Kurt.
- Che fai stasera? - fece Blaine, a bassa voce, avvicinandosi ancora.

Kurt cercò di smettere di fissare le labbra del ragazzo di fronte a sé, ma la situazione non migliorò di certo quando incrociò il suo sguardo.

- Ehm… dormo.-

Dalle labbra di Blaine venne fuori una risata profonda, poi fece vagare gli occhi da quelli di Kurt alle sue labbra per poi riprendere – E prima?-

- Oh. Niente.- rispose il soprano, facendo un passo indietro.

Blaine in risposta ne fece uno in avanti, mantenendo il contatto visivo con Kurt.

- Allora, che ne dici di bere qualcosa?-
- Con te. -

Kurt non aveva mai avuto un appuntamento, se non si conta quella sottospecie di cena che aveva organizzato Dave quando gli aveva chiesto di essere il suo ragazzo. Adesso quel ragazzo, quel bellissimo ragazzo, stava chiedendo proprio a lui di uscire. Sapeva che avrebbe dovuto rifiutare, dato che aveva perfettamente  intuito che cosa facesse Blaine con i ragazzi.

-Non sono esattamente tipo da avere una relazione stabile.- gli aveva detto qualche giorno prima. Al contrario, Kurt era esattamente tipo da relazione stabile e non si aspettava di certo che il riccio accettasse la cosa e cominciasse a corteggiarlo, riempiendolo di fiori, cioccolatini e canzoni romantiche.
Sentì le guance arroventarsi. Anche Blaine l’aveva di certo notato, infatti queste erano improvvisamente diventate l’oggetto della sua attenzione.

- Con me. – ripeté, tornando a guardare Kurt negli occhi.
- Non… non so. Dovrei passare da Rachel e… -
- Quindi?- lo interruppe il moro, impaziente.

Kurt sentiva le gambe tremargli. Era normale che volesse allo stesso scappare a gambe levate e saltare addosso a Blaine? Non si era mai trovato tanto in difficoltà nel formulare una semplicissima frase. Tuttavia quella cosa che ancora definiva cervello era troppo impegnata ad impedirgli di colmare la distanza fra le loro labbra.

- Direi di si. - rispose Kurt, con un filo di voce. Del resto, un solo, isolato appuntamento non avrebbe danneggiato nessuno. Lui avrebbe passato una serata in maniera diversa e magari sarebbe stato lasciato in pace prima che le cose si complicassero.

- Diresti o dici?-

Blaine non sembrò particolarmente soddisfatto della risposta e si fece ancora più vicino al soprano. Kurt riusciva a sentire il respiro del riccio sulle proprie labbra.

- Si. –

Stavolta Blaine sembrò accontentarsi della risposta e fece un passo indietro, restando comunque praticamente attaccato a Kurt.

- Fantastico. -

Il riccio poggiò una mano sul fianco dell’altro, avvicinandosi nuovamente. Kurt pensò che stesse per baciarlo, dato la distanza microscopica che c’era fra le loro labbra. Invece, mantenendo il contatto visivo con il soprano, il moro aprì la porta e lasciò scivolare la sua mano fino alla vita del soprano, per poi fare un passo indietro e lasciare la stanza.

Kurt si appoggiò al muro, perché sentiva che le gambe avrebbero potuto cedere da un momento all’altro. Poi, vide qualcosa di rosso con la coda dell’occhio.

Il cardigan di Blaine.

Senza pensarci due volte lo afferrò e si gettò ancora in pigiama nel corridoio. Vide la porta della venticinque che stava per chiudesi.

- Blaine! –

Quest’ultimo uscì la testa dalla stanza, guardando prima a destra e poi a sinistra, per poi incontrare gli occhi di Kurt.

- Hai… dimenticato questo. – il soprano lentamente si portò davanti all’altro, che lo guardò confuso, finché non riconobbe il cardigan.

- Alle otto. - 

Inizialmente il soprano non capì a che diavolo si riferisse. Forse nella sua lingua voleva dire grazie. Poi si ricordò dell’appuntamento. Gliel’aveva chiesto sul serio, allora. Annuì e fece per ritornare in camera, ma l’altro lo fermò.  
Fu un secondo, forse meno, ma le labbra di Blaine sfiorarono con delicatezza l’angolo di quelle di Kurt, il quale non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene che il riccio chiuse la porta.

Frastornato, il soprano tornò in camera, cercando di non riflettere sull’accaduto.
Indossò una maglietta di cotone e un paio di jeans larghi che nemmeno ricordava di avere nel suo guardaroba, ma che evidentemente in un momento di follia acuta aveva deciso di acquistare.

Quando tornò in camera, si rese conto che qualcosa mancava. No, non qualcosa, qualcuno. Dov’era finito Oliver? Era quasi ora di pranzo, era strano che non fosse tornato. Il suo letto era già stato fatto e il cellulare non era come al solito sulla scrivania. Pensando a quest’ultimo oggetto, il soprano si rese conto che lui e Oliver non si erano neanche scambiati i numeri di telefono.

Nel giro di pochi secondi, decine e decine di domande cominciarono ad affollargli la testa. E se uno dei due fosse rimasto chiuso fuori? E se uno fosse in camera con quaranta di febbre e avesse avuto bisogno il più velocemente possibile di farmaci? E se fosse stato in pericolo di vita, magari in procinto di essere rapito?  Kurt si sedette sul letto, cercando di calmarsi, dato che come sempre, stava a dir poco andando in paranoia.  Inspirò ed espirò profondamente per qualche minuto.

Non passò molto tempo, che i suoi pensieri volarono dal possibile rapimento alieno di Oliver a Blaine. Era ancora in tempo per bussare alla porta dell’altro e disdire. Probabilmente non sarebbe stato in grado di dire – Ehi, scusa sono terrorizzato anche solo all’idea di entrare in un bar, quindi ho cambiato idea. A mai più rivederci! – oppure semplicemente – Mi dispiace, ma non posso uscire. - perciò avrebbe potuto lasciare un biglietto di scuse alla porta e cominciare a correre, per poi prendere un taxi, recarsi all’aeroporto, chiudersi in quel buco che era Lima e non mettere mai più piede a New York.

Rabbrividì al solo pensiero.

Tornare a Lima?! Non l’avrebbe fatto neanche sotto la più atroce delle torture! Quindi, no. Non poteva abbandonare la città. Forse avrebbe potuto far finta che Blaine non esistesse, passargli davanti con nonchalance senza neanche degnarlo di uno sguardo… peccato che i suoi occhi tendessero a fare come andava a loro in presenza del riccio, percorrendo la sua figura centimetro per centimetro.
Kurt scartò anche questa opzione.

Gliene rimaneva una e una soltanto: uscire con Blaine.

Magari, se avesse passato con lui più di venti minuti si sarebbe accorto di quanto l’altro fosse stupido, noioso e pieno di difetti, il che avrebbe di certo eliminato una qualsiasi forma di interesse da parte del soprano.
Nella mente di Kurt, infine, si fece spazio una domanda.

Non sarà troppo presto?
Si era appena trasferito e circa una settimana prima aveva lasciato il suo ragazzo. Normalmente, la gente dopo aver concluso una relazione, si concede un po’ di tempo per riflettere sui propri sentimenti e chiarirsi le idee. Fatto sta, che il soprano era ben consapevole di ciò che provava nei confronti di Dave e di certo non era amore. Era così sbagliato divertirsi un po’ ?

Nei mesi scorsi, aveva passato ogni weekend ascoltando i problemi del suo ragazzo senza mai lamentarsi. Non si pentiva di averlo aiutato, né lo accusava di averlo costretto a stargli accanto. Era perfettamente consapevole che era stata una sua decisione sin dal principio.

Kurt decise che sarebbe uscito con Blaine, e che soprattutto si sarebbe permesso di divertirsi. Prendendo il cellulare per chiamare Rachel, Kurt notò che era l’una e trentacinque. La sua sarebbe stata una telefonata breve e concisa.

Aveva soltanto sette ore per prepararsi. 




Tea's Corner:

Heeello!

Wow... siamo già arrivati al settimo capitolo...
Beh, che dire... direi che le cose tra Kurt e Blaine cominciano a farsi interessanti...

A martedì prossimo!

Tea (:



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Capitolo 8
*** Let The Games Begin ***


                                                                                                                                                                        Chapter 8:
                                                                                                                                                       
                                                                                                                                                 Let the games begin


“Blame it on the goose, gotcha feeling loose
Blame it on the 'tron, catch me in a zone
Blame it on the a-a-alcohol”

( Blame it on the alcohol – Jamie Foxx )


Quel pomeriggio Kurt chiamò Rachel per chiederle come stava.
 
Non l’avesse mai fatto.

Il suo orecchio destro era rimasto attaccato al telefono per due ore, ventidue minuti e trentasette secondi, durante i quali Kurt aveva parlato si e no per un minuto e mezzo. Rachel gli aveva raccontato che aveva riflettuto a lungo – Sul serio, Kurt. Tutta la notte e tutta la mattina! -  ma non era riuscita a prendere una decisione.

Lei aveva una brillante carriera da portare avanti, non aveva tempo da perdere stando dietro ai cambiamenti d’umore di Finn! Ma dall’altro lato, tra un – Non se lo merita!- e un - Non mi merita! – c’erano sempre due o tre – Mi manca così tanto, Kurt! -.

Gli aveva elencato una lunga, lunghissima lista di pro e contro sul tornare con il suo ex ragazzo. – Mi riempie sempre di messaggi carinissimi, ma confonde il nostro primo anniversario con il secondo! – perché si, Rachel amava festeggiare sia il giorno in cui si erano messi insieme sia quello in cui, dopo che Finn l’aveva lasciata, si erano fidanzati di nuovo.

In parole povere, cose che il soprano le aveva sentito dire miliardi di volte, ma che continuava ad ascoltare per amor di quel briciolo di sanità mentale che era rimasta alla sua amica.

Infine, gli aveva detto che Finn l’aveva di nuovo contattata, chiedendole perché non si fosse fatta più sentire – Sai cosa mi ha chiesto? “Ti ho messa a disagio?”-.
Inoltre, le aveva detto che era riuscito ad ottenere un permesso e che se lei avesse voluto, avrebbe potuto raggiungerla lì a New York, il che aveva mandato nuovamente Rachel in tremenda crisi. – Perché lascia tutte le decisioni a me?! – aveva chiesto a Kurt, esasperata.

- Magari perché non vuole invadere i tuoi spazi… - aveva ipotizzato il soprano.
- Invadere i miei spazi?! Qui non si rischia di invadere né i miei spazi né quelli di nessuno, ma che mi rinchiudano in un manicomio! – aveva strillato l’altra, dritto nel timpano del soprano.

Dopo sei, non uno di più non uno di meno, tentativi di riattaccare, Kurt la liquidò con – Scusa Rachel, devo iniziare a prepararmi. Ci sentiamo domani mattina. - e chiuse la chiamata.

Fortunatamente non sentì all’altro capo del telefono la ragazza interrogarlo sul perché dovesse prepararsi.

E fu meglio così.

Che cosa le avrebbe potuto dire? – Sai, sto uscendo con Blaine. Si, quello che pensi voglia saltarmi addosso da un momento all’altro, proprio lui. Non è meraviglioso? -

Kurt buttò il cellulare sul letto, desideroso di dargli fuoco. Era sfinito, distrutto, esaurito. Forse si sarebbe sentito meglio se l’avesse investito un’auto.
Se solo avesse potuto si sarebbe buttato sul letto, aspettando che il sonno lo portasse via. Tuttavia erano…

Kurt saltò giù dalla sedia, sperando che avesse soltanto dimenticato come si leggesse l’orologio e non fossero realmente le quattro e cinque del pomeriggio.
Non poteva essere così tardi!

No, l’orologio probabilmente aveva deciso di tirargli un brutto scherzo e di portarsi avanti, facendogli prendere un infarto. Prese il cellulare ancora fumante per la telefonata con Rachel e lesse l’orario. Questo non segnava le quattro e cinque… no, le quattro e otto. 

Kurt si catapultò con uno slancio fenomenale verso l’armadio, facendosi prendere dal panico. Come avrebbe fatto a decidere cosa indossare e finire di prepararsi in così poco tempo?! Quale forza divina sarebbe corsa in suo aiuto?!

Era spacciato, non poteva farcela. Il punto era che doveva riuscire a prepararsi per le otto. Rimase davanti al guardaroba per almeno tre quarti d’ora, fissandolo immaginando diversi possibili abbinamenti, i quali gli sembravano uno più improbabile dell’altro.

Alle sei meno venti cominciò a buttare vestiti sul letto e fu allora che la porta della camera si aprì.

- Ehi, Kurt. – fece Oliver, il quale entrò nella stanza per poi lanciarsi con estrema grazia sul proprio letto.

Fu allora che notò quella massa informe che i vestiti di Kurt avevano creato.
Si grattò la testa, tentando di interpretare il comportamento dell’altro ragazzo, che fino a qualche ora prima sembrava essere attaccato ai suoi abiti come se fossero i suoi più cari amici e che adesso, con tutt’altro che cura e attenzione, li stava scagliando sul letto, non preoccupandosi di piegarli per bene ed evitare che si sgualcissero.  

- Ciao. – rispose il soprano, tentando di nascondere il fatto che fosse inequivocabilmente nel pallone. Prese un paio di pantaloni beige, avvertendo l’arrivo di una possibile idea. Avrebbe potuto abbinarli a quella camicia che… aveva lasciato a Lima.

- Tutto… bene? – chiese Oliver, visibilmente preoccupato.
- Bene? No, benissimo! Devo solo scegliere un outfit da indossare stasera e non so assolutamente che diavolo mettere e ho poco tempo. – Kurt scoppiò in una risata isterica, mentre si passava febbrilmente una mano lungo il braccio sinistro.
- Poco? Stavo scherzando! Io non ho tempo! Non ho neanche un minuto! E devo ancora fare la doccia e sistemarmi i capelli, applicare le creme… -

Il suo compagno di stanza lo guardava interdetto, chiedendosi come potesse aiutarlo. Quello non gli sembrava neanche Kurt. Era più pallido del solito, i capelli erano completamente per i fatti loro: qualche ciuffo aveva deciso di adagiarsi sulla fronte del soprano, la quale era imperlata di sudore, qualche ciocca stava ben dritta sulla sua testa e ricordava che lì una volta soggiornava  una perfetta acconciatura, disgraziatamente, ormai defunta.

- A che ora devi uscire? - chiese Oliver, tentando di trovare una soluzione per il suo amico.
- Alle otto. - mormorò Kurt, fissando l’armadio come se davanti avesse un buco nero pronto a risucchiarlo.
- Ma… non sono neanche le sei!-

Il ragazzo dai capelli rossi si mise una mano davanti alla bocca, tentando a tutti i costi, con tutte le forze che aveva in corpo, utilizzando ogni briciola di forza di volontà che gli era rimasta di non ridere.

Ma non bastò.

Kurt gli lanciò un’occhiataccia che lo riportò immediatamente ad uno stato di assoluta serietà.

- Appunto! – continuò il soprano, tornando al suo dramma. - E non so ancora che diavolo mettere! -
- Non avevi comprato dei vestiti nuovi? - chiese l’altro, con ovvietà.
- Cosa? No… - Kurt ci pensò un attimo. Si era completamente dimenticato degli acquisti del giorno prima. Sul suo volto si aprì un abbagliante sorriso. Oliver gli aveva salvato la vita. - Si! Si, hai ragione. sei un genio! -

Oliver gli sorrise, non arrischiandosi a ridere di nuovo.

- Di niente. -

Kurt prese la camicia bianca che aveva acquistato, dei pantaloni e un gilet neri.
Sul gilet appuntò la sua nuovissima spilla a forma di papillon e sistemò tutto alla perfezione sul letto, scostando delicatamente gli altri abiti.

- Vado in bagno. - disse il soprano, prendendo la biancheria pulita da uno dei suoi numerosi cassetti. Non aveva ancora smesso di ringraziare chiunque gli avesse mandato Oliver e i suoi quattro vestiti, invece di un guru della moda com’era lui.

- Oh, allora ti saluto. Tra poco esco. – rispose l’altro.
- Ma ti fermi mai? – chiese Kurt, mentre apriva il getto d’acqua per farla riscaldare.
- Sono tornato solo per prendere il portafogli, oggi l’ho dimenticato. E poi… ho un appuntamento. -

Rientrando nella stanza, il soprano notò quell’espressione tipica di chi si è preso una bella cotta.

- Davvero? È fantastico! – commentò il soprano, sinceramente felice per Oliver.
Che coincidenza, avevano entrambi un appuntamento.

Oddio, ho un appuntamento. Non azzardarti ad andare nel panico. Pensò Kurt, tentando di non mostrare il nervosismo.

- Già, ho conosciuto una persona fantastica. - 
- Oh, una persona. –
- Si, devo decisamente farti conoscere Charlie. - fece Oliver, più a sé stesso che a Kurt. - Scusami, io – disse, sottolineando l’ultima parola, prendendo in giro Kurt. - sono seriamente in ritardo. A dopo. – e con questa frase lasciò l’altro a bocca aperta nel bel mezzo della stanza.

Charlie. Aveva detto Charlie, giusto? Quindi… quindi Oliver era… gay?
Kurt aveva notato quanto fosse gentile, educato, e stranamente pulito, tutte cose che spesso non sono caratteristiche predominanti nei ragazzi, ma non avrebbe mai pensato che fosse della sua stessa parrocchia. Non avrebbe mai detto neanche che Blaine fosse gay se questo non avesse cominciato a flirtare apertamente sin dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati.
O meglio, fin da quando lo sguardo di Kurt aveva incrociato i piedi dell’altro.

Tuttavia non era il momento di preoccuparsi della sessualità del suo compagno di stanza. Si buttò sotto la doccia, per poi passare almeno quaranta minuti ad occuparsi dei capelli. Si vestì, accertandosi che sugli abiti non ci fossero macchie di alcun genere.

Restò davanti allo specchio per un buon quarto d’ora, cercando di stirare qualsiasi possibile piega poi tornò in bagno per dare un ultimo ritocco al ciuffo. Chiedendosi che ora fosse, poggiò la mano sull’orologio, sperando che non fossero le nove.

No, Blaine lo avrebbe chiamato prima. Oppure no?

Fu allora che sentì qualcuno bussare alla porta. Sperò con tutto se stesso che non fosse Rachel, perché quello sarebbe stato un problema serio. Con un gesto secco della mano vide che erano le otto e cinque.

Un nuovo record per Kurt Hummel!

Si mise davanti alla porta, con una mano sulla maniglia e, prendendo un respiro profondo, aprì.

Davanti a lui non c’era Rachel, in preda ad una crisi isterica, né Oliver che aveva dimenticato le chiavi, ma Blaine.

Blaine che indossava degli aderentissimi jeans, una camicia azzurra con le maniche arrotolate fino ai gomiti e dei mocassini blu.

Con sua grande sorpresa la quantità di gel era decisamente diminuita. Era… era… Kurt non trovò un termine per definire quel ragazzo. L’unica cosa che riuscì a pensare era che stava per uscire con lui.

Sembrava che Anderson gli stesse riservando le stesse attenzioni e come ogni santissima volta in cui era in presenza del riccio, Kurt arrossì miseramente.

- Complimenti per la spilla. – disse Blaine, sfiorandola con un dito.

Oh.

A Blaine piacevano i papillon. Il soprano giurò a se stesso che non l’aveva fatto a posta. Di sicuro non l’aveva fatto di proposito, ma il suo subconscio se ne era ben ricordato.
- Ehm, grazie. Comunque devo prendere le chiavi ed il cellulare. Un attimo. – sussurrò il soprano.

Blaine semplicemente annuì, attendendo l’altro all’esterno.
Il soprano prese tutto quello che gli serviva e fece per uscire, ma il moro era esattamente di fronte alla porta e non sembrava intenzionato a spostarsi. Gli era alquanto impossibile uscire, figuriamoci chiudere la porta.

- Scusa… -  disse Kurt, rimanendo a qualche passo di distanza dal riccio, il quale aveva il suo solito ghigno stampato sul volto.
- Cosa? – chiese, facendo finta di non capire.

Kurt sbuffò. Non era intenzionato a giocare al suo gioco. Aveva accettato di uscire, ma alle sue condizioni.

- Puoi spostarti per favore? Devo chiudere la porta. - concluse, sviando lo sguardo dagli occhi di Blaine, il quale lo guardò, con espressione interrogativa o forse confusa, per qualche istante, per poi spostarsi.

- Dove stiamo andando? – chiese Kurt, mentre attendevano l’ascensore. Blaine scrollò le spalle.
- In un bar. -
- Un bar. – ripeté Kurt. Si, fino a quel punto c’era arrivato anche il suo
cervello/pappetta grigia. Nonostante ciò, non insistette quando il riccio si limitò ad annuire.

Il viaggio in ascensore per Kurt fu il momento più frustrante della giornata.

Blaine non gli staccò gli occhi di dosso per un solo secondo e per quanto lui cercasse di far finta di niente, non riusciva ad ignorare la strana sensazione che gli provocavano tutte quelle attenzioni.
Quando salirono in taxi, per almeno venti minuti, nessuno dei due parlò. Blaine sembrava essere perfettamente a suo agio, come se fosse la sua solita routine.
Al contrario, Kurt stava cominciando a sudare freddo. Per di più quel silenzio non faceva che peggiorare la situazione, rendendolo, se possibile, ancora più nervoso.

- Hey, soul sister. –
- Come, scusa? – chiese Blaine, spostando la sua attenzione dalla strada a Kurt.
- Alle provinciali di tre anni fa avete cantato “Hey, soul sister”. - concluse il soprano, notando che adesso quello leggermente a disagio sembrava Blaine.
- Già. –
- C’ho pensato su un bel po’, ma alla fine mi sono ricordato. Siete stati spettacolari. - aggiunse infine.

Blaine non rispose, semplicemente tornò a guardare il panorama notturno fuori dal finestrino, come se nessuno avesse parlato. Tuttavia, Kurt quella sera aveva deciso che si sarebbe divertito e se questo voleva dire essere il primo a rompere il ghiaccio, non si sarebbe tirato di certo indietro.

- Mi è sempre piaciuta la Dalton. Beh, più che la scuola in sé, mi colpiva la sua politica.-
- Si, una bella gabbia dorata. - disse il riccio, con acidità. – Comunque, siamo arrivati. –
Kurt osservò Blaine scendere dall’auto e pagare l’autista, per poi fargli cenno di scendere. Il soprano prese un respiro profondo e lo raggiunse sul marciapiede. Il riccio riprese immediatamente a camminare, evitando lo sguardo dell’altro. Il soprano cominciò a chiedersi se avesse detto qualcosa che forse aveva offeso Blaine. Al suo paese dire – Ehi! Adoravo le vostre esibizioni. - veniva preso come un complimento, ma con il moro nulla era scontato.

Blaine si fermò davanti ad un bar dall’aria molto esclusiva e salutò con un cenno della mano  il buttafuori,  più un armadio che un uomo. Quello gli fece segno di raggiungerlo, permettendogli di superare la fila chilometrica che li separava dall’entrata.

- Anderson. –
- Ehi Mike, stasera c’è il pienone. – disse Blaine, indicando la folla dietro di loro.
- Ne entrerà si e no la metà. Nuovo amico? – domandò, ridacchiando, l’armadio/Mike, facendo un occhiolino al moro, per poi guardare Kurt, il quale abbassò immediatamente lo sguardo, per nulla imbarazzato. – Ti facevo più un tipo da super palestrati. –

Kurt non poté far a meno di sentirsi un tantino offeso da quella affermazione.

- Scusa. Avremmo un po’ di fretta. – fece il riccio, evitando di rispondere.
Mike li lasciò passare, salutandoli con un – Buon divertimento. -

In un attimo si ritrovarono catapultati nel caos più totale e praticamente un secondo dopo, Kurt perse Blaine.

La musica era tremendamente alta  e tutto era talmente buio ma allo stesso tempo illuminato da luci ad intermittenza accecanti e dai colori sgargianti. I suoi occhi sembravano proprio non volersi abituare all’oscurità. Poco dopo sentì la mano di qualcuno afferrargli il braccio.

- Non qui. – sussurrò, anzi urlò Blaine dritto nell’orecchio di Kurt, anche se a causa del volume stratosferico gli parve un mormorio.

Lo trascinò in una saletta adiacente, probabilmente insonorizzata, poiché non si sentiva più la musica assordante di prima, ma una melodia lieve in sottofondo.

Il riccio fece segno all’altro di scegliere ad uno dei tavolini liberi.
Kurt optò per uno dei più appartati, non aveva intenzione di avere altre scocciature. Quando si sedettero, gli sembrò che Blaine fosse nuovamente a suo agio, infatti adesso aveva stampata in viso la sua consueta espressione da – Lo so, non c’è bisogno che me lo ripeta. Sono un figo. -

Non appena Kurt si sedette, sentì una presenza alle spalle.
Si voltò lentamente, trovando una cameriera con lunghissimi capelli neri, labbra tinte di un rosso che gli ricordò tanto il colore del sangue e due piccolissimi occhi castani, che aveva inutilmente cercato di sfilare, tracciando una spessa e irregolare linea con l’eyeliner.

- Che cosa prendete? – chiese, ignorando totalmente Kurt e guardando dritto negli occhi l’altro ragazzo, il quale le concesse un breve sorriso per poi voltarsi verso il soprano, facendogli segno di scegliere per primo.
- Oh, ehm… non saprei. – balbettò. Il soprano si chiese se fosse così ridicolo chiedere un bicchiere di tè freddo. Sentì la signora Addams dietro di lui sbuffare.
- Non sei uno che beve spesso, eh? – chiese il riccio, divertito.

Era così evidente?

Ma chi voleva prendere in giro?! Era come un agnellino che cercava di intrufolarsi fra un branco di lupi.

- Okay,  allora faccio io. -

Blaine ci pensò un attimo, portandosi una mano sotto il mento. Il suo sguardo si illuminò improvvisamente, probabilmente poiché aveva trovato il drink perfetto. Kurt avrebbe tanto voluto dirgli – Potresti prendermi almeno qualcosa di leggero? Sai non reggo l’alcol e potrei facilmente scambiarti con qualche personaggio fantasy  tipo…  un hobbit, per esempio. Che ne dici di un succo di frutta?  -

- Deciso. Un Angelo Azzurro per lui e per me facciamo un Cosmopolitan. Offro io. -
- No, io… - disse Kurt, non volendo che Blaine pagasse anche il suo drink. Se l’avesse pagato lui, avrebbe potuto lasciarlo tranquillamente nel bicchiere, non avrebbe potuto fare lo stesso se a farlo fosse stato il moro.

- Non ci provare neanche. -

La donna vampiro si diresse verso il bancone, lasciandoli finalmente da soli.
In fondo, gli faceva un po’ pena. Si sprecava a lanciare occhiate flirtose e provocanti al riccio, senza sapere che questo non era per niente interessato.

Kurt tentò di sopprimere un sorriso, dato che nemmeno conosceva quel tipo e non poteva gioire del fatto che se una ragazza ci avesse provato con lui non gliene sarebbe fregato assolutamente nulla. Blaine, come suo solito, era intento a fissarlo, anche se il soprano per una volta sembrava non essersene accorto.

- Allora… - iniziò il moro. Kurt alzò lo sguardo, aspettando che Blaine continuasse. – Ho saputo che anche quest’anno avete vinto di nuovo le nazionali.-
- Si! – rispose Kurt, sorpreso dal comportamento dell’altro. Prima non gli era sembrato particolarmente felice nel parlare del Glee. – Anche se ho dato il mio contributo dietro le quinte. –

Non che gli anni scorsi sia stato diverso.Aggiunse il soprano, tuttavia non esprimendo il suo pensiero.

- Come mai? – chiese Blaine, incrociando le braccia sul tavolo, con aria interessata. Kurt pensò di prendere la palla al balzo, prima che l’altro avesse qualche improvviso cambiamento d’umore dovuto a solo lui sapeva cosa.
- Mi sono diplomato l’anno scorso. Però ho aiutato il direttore del Glee con gli altri ragazzi. – Blaine lo guardò confuso per un attimo.
- Quindi hai preso un anno sabatico… - concluse il riccio.
- Ehm, in realtà aveva già fatto il provino per la NYADA l’anno scorso, ma… -
- Capisco. – lo interruppe l’altro.

A quel punto cadde il silenzio. Era stato lui a tirare fuori l’argomento e adesso sembrava essersene pentito.

In Kurt cominciò a nascere il presentimento che  quella sarebbe stata una serata molto, molto lunga.

 Stupendo, non riuscivano ad avere una conversazione che durasse più di quaranta secondi. Il soprano cominciò a torturarsi le mani per il nervosismo, mentre per Blaine sembrava che fosse tutto perfettamente normale.

Non passò molto che la figlia di Dracula portò i loro drink. Poggiò davanti a Blaine un cocktail arancione, adornato con una fetta sottile di arancia. Fu molto attenta a chinarsi per bene per mostrare il suo davanzale.

Kurt si voltò dal lato opposto, un po’ irritato, finché non vide un braccio passargli davanti con il suo, di drink. L’osservò per bene e, senza dubbio, aveva un aspetto molto invitante. Non ne aveva mai visto uno così, non che avesse mai frequentato dei bar, ma questo era proprio particolare.

Era di una bellissima tonalità di azzurro e al suo interno erano stati adagiati un ombrellino viola e una cannuccia di diverse sfumature di blu, mentre il bordo del bicchiere da cocktail era cosparso di zucchero.

Blaine prese subito un sorso, mentre Kurt stava ancora osservando il suo drink, cercando di capire con cosa potesse essere fatto.

- Se continui a guardarlo ancora per molto, potrebbe evaporare. – commentò il moro, sorseggiando il suo Cosmopolitan.

Kurt arrossì, portandosi la cannuccia alle labbra e lasciando che il liquido scendesse lentamente nella sua gola. Inizialmente si stupì che l’alcol non avesse avuto alcun effetto. Pensava avrebbe cominciato a sputare fuoco o che… fu in quel momento che lo sentì. Era come se qualcuno avesse appiccato fuoco alla sua gola.

Gli venne da piangere, poi da urlare, poi da strapparsi i capelli ed infine da piangere, urlare e strapparsi i capelli contemporaneamente. Ricordava il gusto del punch del liceo e, in confronto a quel drink, sembrava acqua fresca. Eppure il suo viso restò impassibile. Blaine lo osservava, attendendo una qualsiasi reazione. Di certo non si sarebbe mai aspettato qualcosa del genere.

- Allora? – chiese il riccio, curioso.
- Forte. – commentò Kurt, fissando il cocktail e tenendo lo sguardo basso, poiché non voleva mostrare che aveva le lacrime agli occhi.

Si fece coraggio e ne prese un altro piccolo sorso. Questa volta andò decisamente meglio, forse perché il primo assaggio gli aveva praticamente anestetizzato la gola.

- Non ti ho mai visto allo Scandals. – incalzò Blaine. Kurt lo guardò come se avesse detto qualcosa di incomprensibile.
- Cos’è? – chiese, prendendo un altro sorso.
- Non sai cos’è lo Scandals?! - fece Blaine, spalancando gli occhi.
- Se lo sapessi non te lo chiederei. - Che c’era di strano? Non gli aveva mica confessato di essere un serial killer!

Blaine guardò il soprano a bocca aperta per qualche altro secondo, prima di scoppiare in una fragorosa risata. Kurt portò la cannuccia nuovamente alle labbra, riuscendo a mandar giù qualcosa in più di qualche goccia.

- E’ il bar gay di Lima. – disse il riccio, con ovvietà.

A quel punto anche al soprano venne da ridere. Gli venne da ridere quando la situazione era tutt’altro che comica.

Dave non riusciva a stare insieme a Kurt in un posto affollato, figuriamoci in un bar gay!

Il soprano era talmente preso dai suoi pensieri, che nemmeno si accorse delle parole che gli uscirono dalle labbra - Dave non era un tipo da bar. -

Kurt si bloccò e anche Blaine rimase immobile, con il bicchiere ancora a mezz’aria. Perché l’aveva detto? Non voleva!

- Dave? – chiese Blaine, interdetto.
- Si, ehm… -
- Aspetta, aspetta un secondo – disse il moro, sottolineando il gesto con le mani
– Dave era il… il tuo ragazzo? –

Kurt non rispose, si limitò a bere un altro sorso.

- Era il tuo ragazzo. – concluse Blaine. – E sentiamo, com’era? -

Quest’ultimo portò le mani sotto il mento, apparentemente interessato. Kurt abbassò lo sguardo sul drink, sperando che l’avesse quasi terminato. Con suo enorme dispiacere, si rese conto che non ne aveva bevuto neanche metà. Portò la cannuccia nuovamente alle labbra, ignorando palesemente il moro.

- Allora? – chiese Blaine, impaziente.
- Un coglione. -

Kurt si portò una mano davanti alla bocca, e sulle labbra dell’altro si formò uno strano sorriso. Il soprano non avrebbe mai detto una cosa del genere. Magari gli era capitato di pensarlo, ma non l’avrebbe mai detto ad alta voce e, soprattutto, non ad Anderson.

- No. Cioè non volevo dire quello. È solo che… -
- Ti ha mollato? – concluse Blaine.
Kurt, sentendosi punto nell’orgoglio, guardò la figura leggermente traballante del riccio e rispose – No. Sono stato io. -
- Ah, davvero? – chiese il riccio, divertito dall’espressione del soprano.
- Davvero. -

Kurt buttò giù un altro goccio, per poi incrociare le braccia al petto. Blaine non sembrava intenzionato a smetterla con il suo interrogatorio, infatti, dopo aver ponderato per bene la sua ipotesi, riprese a parlare.

- Troppo possessivo? -
- Direi il contrario. -

Il soprano rise alla domanda dell’altro. Karofsky era tutto tranne che possessivo. Non gliene fregava un bel niente di cosa facesse il suo ragazzo, bastava che gli dedicasse qualche ora per potergli rovesciare tutti i suoi problemi addosso.

- Non sapeva baciare? – continuò Blaine. Perché più andava avanti, più le domande si facevano idiote?
- Si…? – Come faceva a sapere se David era bravo a baciare quando non aveva baciato nessun altro ?!
- E allora? Non ti faceva stare sopra? – mormorò il moro, con un sorriso malizioso sulle labbra.
- Eh?-

Il soprano bevve ancora, notando con un po’ di disappunto che aveva quasi terminato il cocktail e stupendosi di come l’avesse trovato in un certo senso perfino… piacevole al gusto. 

- Dio, non reggi neanche un bicchiere. - Blaine scoppiò a ridere, facendo innervosire Kurt.
- Sono perpf… perfettamente cosciente. Pretendo che tu mi spieghi cosa volevi dire! – sbiascicò il soprano.

Il moro si guardò attorno, per poi avvicinarsi a Kurt per sussurrargli all’orecchio
– Attivo o passivo? -

Il più alto lo guardò con sguardo confuso per qualche altro secondo. Ma a che gioco stava giocando? Non era per niente ubriaco ed era nel pieno delle sue funzioni mentali, ma com’era possibile che sembrava gli stesse parlando in arabo?!

Blaine lo fissava, attendendo una risposta che pareva proprio non arrivare. Si chiese  se l’alcol invece di far rilassare un po’ Kurt, gli mandasse il cervello in panne.

- Kurt tu non… -

Il soprano era, se possibile, ancora più confuso. L’espressione dell’altro cambiò improvvisamente, come se si fosse reso conto di qualcosa.




Tea's Corner:

Salve a tutti!
 
Non so come, ma sono stranamente riuscita a pubblicare xD

Bene, riguardo al capitolo... che dire... spero vi sia piaciuto per quanto mi riguarda mi sono divertita a scriverlo :)

A martedì prossimo.

Tea (:

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Capitolo 9
*** Mission Failed ***


                                                                                                                                                           Chapter 9:
                                                                                                                                                Mission failed
“'Cause you're hot then you're cold
You're yes then you're no.
You're in then you're out.
You’re up then you’re down. ”
(Hot N Cold – Katy Perry)

- Io che? – chiese Kurt, guardando la figura sfocata di Blaine.

Forse, ma magari era soltanto una sua impressione, l’alcol stava cominciando a dargli alla testa. Il riccio intanto lo fissava con la bocca aperta, sconvolto, incapace di pronunciare due parole di fila senza balbettare.

- Fin dove… - Blaine, si fermò, non riuscendo a capacitarsi del fatto che stava davvero per porre all’altro quella domanda. – fin dove ti sei spinto con Dave? – chiese, atteggiandosi come se stesse parlando ad un bambino.

Kurt pensò attentamente alle parole dell’altro.
Adesso, “pensare” è un parolone, più che altro tentò di afferrare il concetto appena espresso, spremendosi le meningi più che poté. Poi, in un rapido attimo di lucidità, Kurt capì.

Nello stesso attimo, sperò di non averlo fatto sul serio, perché in quel caso sarebbe stato imbarazzante. Tanto, tanto imbarazzante. Si chiese se fosse il caso di continuare a fingere di essere in uno stato comatoso avanzato, passando per un imbecille, oppure semplicemente replicare.

Tuttavia, Kurt non si smentì neanche quella volta e invece di far finta di niente o rispondere, cominciò a ridere.

- Spinto? – domandò, fra una risata e l’altra. - Una volta… - cominciò il soprano, prima che la sua frase fosse interrotta da un singhiozzo. - mi ha baciato in camera mia. Con mio padre di sotto, capito?! Con mio padre di sotto! Ti rendi conto?!-

Il soprano riprese a ridere, sbattendo, con la poca forza che gli restava, il pugno sul tavolo, per poi adagiare la testa sul braccio destro.

- Vergine. – sentenziò Blaine, tenendo gli occhi fissi nel vuoto.

Naturalmente, Kurt non sentì nulla, poiché il mormorio dell’altro era coperto dalle sue risate. Normalmente non avrebbe riso. Non c’era niente di divertente nella sua prima ed unica relazione, ma a causa dell’alcol che viaggiava allegramente per le sue vene, questa sembrava aver preso un qualcosa di comico.

- E poi, sai… - altro singhiozzo, seguito da una risatina isterica. - hai presente la sensazione che hai quando vedi una cosa rivoltante?-

Blaine annuì, non sapendo in che altro modo comportarsi, ma optando con l’assecondarlo.

- Ecco! – fece il soprano, forse un po’ troppo ad alta voce. – A me succedeva ogni volta. -

Blaine inarcò un sopracciglio, chiedendosi se Kurt stesse scherzando o se l’alcol avesse seriamente su di lui un effetto così devastante.

- Ogni volta che vedevi qualcosa di disgustoso? –
- No! Cioè, anche… Comunque, intendevo quando David mi baciava! -

Il soprano smise improvvisamente di ridere, assumendo un’espressione alquanto corrucciata.

- Mi ha baciato lui. -
- Questo l’avevo capito. – disse il riccio, cominciando a preoccuparsi seriamente per l’altro. Era il suo ragazzo, era ovvio che l’avesse baciato! E lui che pensava che avrebbero passato la serata prendendo un drink dopo l’altro, finché non sarebbero irrimediabilmente finiti nel letto di uno dei due. Probabilmente nel suo, dato che Tate non dormiva quasi mai in camera.

- Si, ma io non volevo. – piagnucolò Kurt.
- Ma… ma non era il tuo ragazzo? – chiese Blaine, il quale cominciò a domandarsi se anche il suo cervello cominciasse a dare i numeri, il che non era per nulla plausibile, dato che non era arrivato nemmeno a metà del suo cocktail.
- Si, ma… ma prima mi… - balbettò il soprano, lasciando la frase a metà, per poi aggiungere – e poi mi ha baciato. - 

Kurt poggiò di nuovo la testa sulle braccia, continuando a ripetere come fosse un mantra – mi ha baciato. – finché tutto non divenne improvvisamente buio.


 
Kurt stava morendo.

Doveva accettarlo, prima o poi capita a tutti. Era la chiusura di un cerchio, la fine di una vita. Peccato che quella in questione non fosse “una vita” ma la sua. Continuava a  contare i secondi, attendendo che la sua testa esplodesse in un fragoroso botto.

Si pentì amaramente di non aver chiamato un’ultima volta suo padre o aver abbracciato Mercedes. Eppure, era inutile che adesso piangesse sul latte versato, ormai era al capolinea.

Aprì gli occhi per quella che doveva essere l’ultima volta e nello stesso istante in cui vide la luce, la testa cominciò a pulsare come un martello pneumatico.

- Kurt! – urlò Oliver, a pieni polmoni, costringendo il soprano a chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie, in preda al dolore più totale.

Non che il suo compagno di stanza avesse effettivamente gridato, ma in quel momento le orecchie di Kurt non avrebbero sopportato nemmeno il ronzio di una mosca.

- Non urlare. – piagnucolò il soprano, talmente piano che anche se Oliver gli fosse stato a una spanna di distanza non l’avrebbe sentito.
- Che? – chiese l’altro, facendosi più vicino e alzando di poco la voce.
- Oliver! – sbraitò Kurt in risposta, provocandosi una fitta alla testa equivalente a cento coltellate.

In fondo, era possibile trovare un lato positivo a quella situazione.
Era ancora vivo.

Il soprano tentò nuovamente di aprire gli occhi, dischiudendone prima uno, poi l’altro, con estrema svogliatezza. La situazione era la seguente: si trovava in camera sua, sdraiato sul letto, con i vestiti della notte precedente addosso… Kurt rifletté un secondo.

- Ho dormito con il mio nuovo outfit! – strillò, tornando alla realtà e fregandosene del mal di testa. – Oddio! Che diavolo è successo ieri notte?! –

Insomma, dalla padella alla brace.
Il soprano si mise a sedere, portandosi le mani al viso, nel disperato tentativo di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa che non fosse una cameriera molto poco vestita o un gorilla dotato di parola scappato dallo zoo senza che nessuno se ne accorgesse poiché vagamente somigliante ad un uomo.

Qualche immagine gli tornò con lentezza alla mente. Ricordava il viaggio in taxi, il bar, la musica assordante (al solo ricordo il dolore alla testa sembrò aumentare) e poi Blaine che ordinava i loro drink.

Blaine.
I drink.

Sapeva che non avrebbe dovuto bere…
cominciò a farsi una serie di domande come: “E se gli avessi vomitato sulle scarpe? E se avessi cominciato a parlare di fatti imbarazzanti riguardanti la mia vita? O peggio, se avessi fatto commenti poco opportuni su di lui?!” tutte domande che non fecero che aggravare, se possibile, ancora di  più la situazione che era già di per sé disastrosa.

Tentò di alzarsi, probabilmente per uscire e buttarsi dal primo ponte che gli capitava a tiro. Tuttavia, non appena fu fuori dal letto sentì le gambe tremare e tutto ciò che gli era attorno volteggiare.

- Kurt, che diavolo stai facendo? – chiese Oliver, avvicinandosi per evitare che si spaccasse la faccia.
- Che è successo? – fece il soprano, ignorando l’altro.

Avvertì delle fortissime fitte allo stomaco oltre le solite alla testa. Perché mai avrebbe dovuto avere dolore allo stomaco? Forse stava morendo davvero.
Oppure era soltanto il suo corpo che implorava per un po’ di cibo. Non mangiava nulla da… da… no, farsi il conto gli era troppo complicato.
Non era mai stato un genio con i numeri nel pieno delle forze, figuriamoci con quei dolori lancinanti.

- Quando? –

Kurt inarcò un sopracciglio, chiedendosi se fosse serio.

- Secondo te?! -

Aveva lo stomaco sottosopra, la testa che martellava, la schiena dolorante e non aveva proprio la forza di contenere la sua metà sarcastica. E poi, era il caso che Oliver cominciasse a farci l’abitudine, dato che avrebbero passato tanto tempo insieme.

- Ti riferisci a ieri sera? -

Kurt fece di sì con la testa in risposta, trattenendosi dal rispondergli in malo modo e attendendo una qualsiasi risposta da parte dell’altro. Del resto, l’idiota che si era ubriacato la sera precedente non era il suo nuovo amico.

- Ehm… perché non mangi qualcosa mentre ti racconto? -

Il fatto che Oliver gli avesse appena lasciato intendere che avevano da parlare un bel po’, di certo non lo rassicurava. Ma magari si stava riferendo al suo appuntamento con Charlie, no?

Il ragazzo dai capelli rossi gli porse un vassoio sul quale erano poggiate una fetta di torta al cioccolato, una di crostata di mele e un muffin, anch’esso al cioccolato.

Quella non poteva essere la sua colazione. Sembrava tutto così ricco di grassi e così… buono. Kurt li squadrò per bene, osservando la glassa di cioccolato che lentamente si scioglieva, sporcando il tovagliolo o la crema pasticcera sotto le mele o ancora tre gocce di cioccolato provenienti dal muffin, che si erano adagiate sul vassoio.

- Sono stato in mensa. Non restava molto… spero che almeno uno di questi ti piaccia. – disse, indicando le leccornie che giacevano davanti agli occhi affamati di Kurt.
- Grazie, sei stato molto gentile. – mormorò il soprano, tentando di riacquistare un atteggiamento cordiale e pacato.

Prese un tovagliolo di carta e la pietanza che gli sembrò più innocua fra le tre, ovvero la crostata di mele. Prese un primo morso e al suo palato raffinato parve un po’ secca, ma il suo stomaco famelico se ne stava altamente fregando.

- Quindi… - iniziò Oliver, prendendo la sua sedia e sedendosi di fronte al letto di Kurt. – Ero appena tornato in camera quando ho sentito bussare. Ho aperto e ho trovato te… - Il soprano fece un sospiro di sollievo, pensando che fortunatamente il ragazzo non si era ritrovato davanti a nessuna scena imbarazzante. Forse Blaine aveva avuto il buon senso di lasciarlo davanti alla porta e sgattaiolare furtivamente in camera sua. – e un altro tipo che ha detto di chiamarsi Blaine. È il ragazzo che sta qui accanto, no?-

Cos’è che aveva pensato? Nessuna scena imbarazzante? Kurt si ripromise di dover imparare a mettere a tacere i suoi pensieri. - Comunque, tu avevi un braccio attorno al suo collo, dato che sembrava non riuscissi a stare in piedi da solo. Mi ha detto che avevi bevuto un po’ e che avevi solo bisogno di riposare. -

Kurt lo fissava a bocca aperta, sperando che quello fosse un sogno. No, non un sogno, un incubo, ma alla fine avrebbe avuto la certezza che si sarebbe risvegliato nel suo bel lettino e avrebbe ripreso la sua vita come se nulla fosse. Eppure Oliver non accennava a fermarsi e tutto cominciava a diventare tremendamente reale.

- Alla fine ha salutato, dicendo che era distrutto e andava a dormire, ma tu gli hai chiesto “Perché non resti qui a dormire?”. - citò Oliver, trattenendosi dal ridere.

Kurt voleva semplicemente morire.
Pochi minuti prima si era rattristato, pensando che fosse arrivata la sua ora, ma adesso desiderava soltanto che il pavimento si aprisse e lo ingoiasse, tenendolo lontano da qualsiasi altra forma di brutta figura.

- Forse questo particolare me lo potevo evitare. – osservò il rosso.

Il soprano semplicemente lo guardava a bocca aperta e con mezza fetta di crostata in mano.

- E… e lui che ha detto?-

Ormai che ci siamo, affondiamo il coltello fino in fondo, no?
- Oh, non credo abbia risposto. Ha solo… se non ricordo male ha fatto un cenno con la mano e si è chiuso in camera. -

Kurt se lo sentiva. Aveva fatto qualcosa e qualunque cosa avesse fatto, non era certo stata la più brillante, dato lo strano comportamento di Blaine. Sentiva una sottospecie lotta dentro di sé. Da un lato voleva sapere di più, come per esempio se il riccio avesse detto qualcosa ad Oliver riguardo la serata, dall’altro sentiva che era meglio non sapere nient’altro.

Alla fine prevalse la sua parte masochista, che con un bel gancio destro stese quella che aveva ancora un briciolo di amor proprio.

- Ti ha detto altro? -
- Altro ? – Oliver ci pensò su un attimo, grattandosi la testa. – No, niente. -

Panico. Sollievo. Panico. Sollievo. Panico. Si, decisamente panico. Kurt era nel panico.  Oliver si batté una mano sulla fronte, come se si fosse appena ricordato di qualcosa. Forse un po’ troppo forte, dato che il rumore provocò una fitta tremenda a Kurt e la botta un possibile mal di testa all’altro. Almeno, adesso avrebbe cominciato a parlare più piano.

- Stamattina è passata una piccoletta, non mi ha detto neanche come si chiamava… - disse, non completando la frase e continuando a massaggiarsi la fronte.
- Quindi? – chiese Kurt, pensando che la ragazza di cui parlava non poteva essere altri se non Rachel.
- Oh! Si, ha detto che ieri il tuo cellulare deve essere morto, perché ti ha chiamato diverse volte, ma le dava spento. -

Kurt strisciò sul letto, in modo da avvicinarsi alla scrivania per prendere il suo telefono e sì, era deceduto o almeno in coma. La telefonata chilometrica che avevano avuto lui e Rachel il giorno prima doveva averlo sfinito, povero.

- Credo sia meglio che vada a vedere cosa voleva. -

Il soprano si alzò dal letto, questa volta con più equilibrio. Prese un paio di jeans e una maglietta dall’armadio. Era un abbigliamento piuttosto scialbo, ma in quel preciso momento non gliene fregava più di tanto.

Appena entrò in bagno, prima di aprire il getto d’acqua della doccia o di fare qualsiasi cosa, prese un’aspirina, sperando che il dolore alla testa diminuisse. Fece una doccia veloce e altrettanto in fretta applicò le sue adorate creme, per poi passare ai capelli.

Dopo quaranta minuti, Kurt uscì dal bagno.

- Meglio? – chiese Oliver, il quale era placidamente steso sul letto a leggere un fumetto su qualche supereroe.
- Decisamente. Almeno non ho più la sensazione che la testa stia per esplodermi da un momento all’altro. -

Il ragazzo rise per poi tornare al suo fantasmagorico fumetto su… Superman? Capitan America? Kurt li confondeva sempre.

- Ci vediamo più tardi. – disse il soprano, aprendo la porta.

Oliver annuì, troppo preso dalla sua lettura, in quel preciso istante aveva sul volto un’espressione a dir poco sconvolta. Kurt scosse la testa, il che gli provocò un leggero dolore, e uscì.

Si incamminò lentamente verso l’ascensore, camminando a zig zag per il corridoio deserto. Mentre si dirigeva verso camera di Rachel, non poteva far a meno di preoccuparsi almeno un po’. Magari la sua amica aveva finalmente preso una decisione definitiva. Lo sperava davvero, perché non avrebbe saputo che altro fare.

L’aveva ascoltata ora dopo ora, provando a consigliarle la cosa giusta da fare, eppure non era riuscito a darle una mano. Cominciava a sentirsi un tantino inutile come amico.

Forse avrebbe dovuto essere più deciso e dirle – Rachel, o prendi una decisione o ti nascondo il cd della colonna sonora di Funny Girl. – però aveva sempre pensato che le minacce non portassero a nulla di buono. Oppure doveva semplicemente mettersi in quarantena e lasciare che la situazione facesse il suo corso. 

Arrivò a circa cinque metri dall’ascensore e alzando lo sguardo dai suoi piedi vide qualcuno che lo osservava. Quel qualcuno era Blaine, il quale non appena incrociò lo sguardo di Kurt, si voltò verso l’ascensore.
Stava fingendo di non averlo visto? No, perché non ci stava per nulla riuscendo. Sembrava teso, forse anche… arrabbiato?

- Blaine. – disse il soprano, tentando di urlare. Tentando.

 Il riccio, ignorò completamente Kurt, facendo finta di non averlo sentito, anzi pigiando il tasto per chiamare l’ascensore tre volte di seguito. Le cose erano due: o lo stava prendendo per scemo o si stava comportando da bambino. Forse entrambe.

- Blaine. – ripeté, fermandosi davanti all’altro. Adesso non era solo la testa che martellava, ma anche quell’organo che si trovava più o meno al centro del suo petto.
- Ciao. – rispose quello, senza staccare lo sguardo dall’ascensore. – Scusa, ho un po’ di fretta. - Blaine si girò nella direzione delle scale, iniziando a camminare a passo spedito. Kurt lo guardò allontanarsi, per poi seguirlo.

Era palese che il moro lo stesse evitando, ma aveva bisogno di sentirsi dire che non aveva fatto qualcosa di troppo imbarazzante.

- Ehi, aspetta!-

Blaine rallentò un po’ la sua andatura, ma continuando a camminare.

- Volevo… volevo scusarmi per ieri sera. – disse il soprano, arrossendo al pensiero di lui abbarbicato a Blaine come un koala ad un eucalipto.
- Perché? – chiese il riccio, apparendo un po’ confuso. Si fermò all’improvviso, proprio davanti alle scale, lasciando la parola a Kurt, tuttavia mantenendo una certa distanza. Questo era strano.

Lo guardò per circa tre secondi negli occhi, per poi sviare lo sguardo, cominciando a guardare il corridoio, come se non l’avesse visto già centinaia di volte…

- Beh, io… io non ricordo cos’ho fatto ieri, ma qualunque cosa abbia fatto, se ti ho offeso, scocciato, se ho… -
- Kurt. – disse Blaine, fermandolo. – Non hai fatto niente. Tranquillo. Ne ho viste decisamente di peggiori. – mentre parlava non lasciò trasparire alcuna emozione. Il che non era per nulla da lui.

Nei giorni precedenti aveva lasciato ben intendere ogni sua sensazione senza alcun riserbo. Sembrava stesse dicendo la verità, che motivo aveva di mentire del resto? A meno che anche Blaine non avesse fatto qualcosa di imbarazzante e non voleva che Kurt ricordasse. No, meglio la prima versione.

- Okay… - disse il soprano, cercando una qualche conferma nel volto di Blaine, il quale stava ben attento a tenere lo sguardo basso, non lasciando trasparire nulla.
- Volevo solo accertarmene. Non ricordo assolutamente niente. -

Blaine spalancò gli occhi, per poi abbassarli, leggermente a disagio.

- Niente? Niente di niente? – sembrava quasi che il riccio ci sperasse in quella risposta. Kurt scosse la testa, notando che Blaine sembrava essersi un po’ tranquillizzato.
- Non preoccuparti, è tutto apposto. - aggiunse il riccio, abbozzando qualcosa che avrebbe dovuto essere un sorriso.
- Meglio così… - ribatté il soprano, torturandosi le mani.

C’era qualcosa che lasciava intendere a Kurt che Blaine non gliela stesse raccontando giusta. Forse il fatto che non gli si era ancora avvicinato, né aveva tentato di toccarlo, né aveva fatto commenti riguardo il modo in cui i suoi jeans gli fasciassero e gambe?

Quello che aveva davanti non sembrava neanche Blaine! Certo, aveva il suo solito gel, i suoi consueti pantaloni aderenti (che anche quel giorno Kurt non aveva potuto far a meno di notare)  e gli stessi occhi cangianti, eppure non era quello il Blaine che aveva incontrato qualche giorno prima. Per di più, non riusciva a capire se fosse un bene o un male.

Il ragazzo che aveva conosciuto era spesso inopportuno, ma in fondo, non poteva negarlo, in parte lo divertiva. Tuttavia quello che aveva davanti sembrava piacergli tanto quanto l’altro. Non che Blaine gli piacesse! Cioè, magari un solo un po’.

C’era qualcosa di indecifrabile in quel tipo e se il giorno prima aveva pensato che con il passare del tempo si sarebbe accorto di quanto noioso fosse, si era sbagliato di grosso.

- Scusa, devo proprio andare. – disse il riccio, voltandosi per scendere le scale e sparire pochi secondi dopo, lasciando Kurt immobile sul pianerottolo.



- Finalmente! – strillò Rachel, quando aprì la porta al soprano. La ragazza si fece da parte, con aria irritata, facendo entrare l’amico nella sua stanza. Sembrava che Jackie non ci fosse, la sua parte di camera per una volta era stranamente ordinata.
- E’ un piacere anche per me rivederti. – commentò il soprano, con tono acido.

Sembrava proprio che quella stanza brulicasse di cuoricini rosa e arcobaleni. C’era il serio rischio che a quei due venisse il diabete per l’eccesso di zucchero!

- Che fine hai fatto ieri?!-

Kurt sbuffò rumorosamente, incrociando le braccia al petto. E adesso? Doveva dirgli la verità o doveva mentirgli. E se Oliver le avesse già detto che si era ubriacato? Se quella domanda fosse un trabocchetto.

- Sono uscito… - disse Kurt, optando per la verità e sperando che Rachel non facesse altre domande.
- Uscito. Da solo. – disse, evidentemente scettica.

Per quanto ne sapeva lei, il soprano non aveva amici alla NYADA. In effetti, era la verità. Blaine non era suo amico. Blaine era… il soprano non sapeva neanche dire che cosa fosse per lui. Un conoscente, magari. Un conoscente che ci provava spudoratamente, o almeno fino a ventiquattro ore prima.

- No, non sono uscito da solo. –

Era troppo chiedere che Rachel smettesse di preoccuparsi del suo migliore amico in quell’istante e ricominciasse ad essere la solita egocentrica di sempre?

- Quindi non posso sapere con chi. -

Si, era decisamente troppo.

- Sono uscito con Blaine. – sussurrò Kurt, ma la ragazza afferrò immediatamente le parole che aveva pronunciato l’amico. Inizialmente la sua espressione rimase neutra, poi il suo volto prese una tonalità vagamente più scura e Kurt non poté far a meno di immaginare il fumo uscirle dal naso e dalle orecchie, seguito da un rumoroso fischio.

- Anderson. – commentò con tono pacato. - Kurt che cavolo ti è passato per la testa?! – continuò alzando le braccia al cielo e mandando a quel paese i toni tranquilli.
- Rachel, non urlare! Perché oggi gridate tutti?! – chiese il soprano, alzando lui stesso il volume della voce. Il mal di testa era decisamente diminuito. Nel senso che era certo che sarebbe sopravvissuto, ma questo non voleva dire che la testa non gli facesse un male terribile.

- Ma se stai urlando anche tu! -

Kurt si portò una mano davanti alla faccia, respirando profondamente. Se Rachel non voleva comportarsi da adulta, questo non voleva dire che lui dovesse fare lo stesso.

- Okay, calma. Arriviamo al punto, che cosa ti serviva ieri sera? – chiese il soprano, sedendosi sul letto, parlando con pacatezza.
- Mentre te la spassavi con quel tipo? –

Kurt lanciò un’occhiataccia all’amica. Rachel abbassò lo sguardo, rendendosi conto che la situazione le stava vagamente scappando di mano.

- Io non me la sono spassata con nessuno, per tua informazione. Siamo solo andati a prendere qualcosa da bere.-
- Qualcosa da bere? – chiese Rachel, dubbiosa. – Kurt. Tu. Non. Reggi. L’alcol.-

Il soprano si voltò dal lato opposto della sua amica. Avrebbe voluto dirle – Che diavolo dici?! Ieri ho buttato giù tre drink senza alcun problema.- ma quello non era di certo il suo caso.

- Lo so. Infatti ho un mal di testa tremendo, ti prego non urlare. – chiese, con tono supplichevole. Rachel gli si sedette accanto all’amico, passandogli una mano sulla schiena, intenerita dal suo comportamento.
- Almeno è andata bene? – domandò la ragazza, facendosi improvvisamente più dolce.
- Non so. – rispose Kurt, senza nascondere la verità. Mentire a quel punto non avrebbe avuto alcun senso, tanto valeva raccontarle tutto.
- In che senso? -
- Non ricordo nulla. So solo che stamattina ero… -
- Ti prego non me lo dire! – disse Rachel, tappandosi le orecchie e chiudendo gli occhi. Il soprano scoppiò a ridere, portando le mani della ragazza lungo i fianchi.
- Rachel, non abbiamo fatto niente. Stavo dicendo che mi sono ritrovato nel mio letto con l’impressione che stessi morendo. – la rassicurò Kurt, facendola ridere.

Rimasero per qualche istante in silenzio, con il sorriso stampato sulle labbra.

- Ho deciso. – disse improvvisamente la ragazza.
- Hai deciso? – domandò il soprano, non capendo a cosa Rachel si riferisse. Quest’ultima lo guardò dritto negli occhi per poi dire - Voglio vedere Finn. -

Kurt la fissò per qualche secondo, chiedendosi se stesse dicendo sul serio. Non sembrava stesse scherzando e in fondo, non c’era proprio nulla da scherzare.
La strinse fra le braccia, sentendola rilassarsi a poco a poco.

- Vedrai che andrà tutto bene. -                                    Chapter 9:
                  Mission failed
“'Cause you're hot then you're cold
You're yes then you're no.
You're in then you're out.
You’re up then you’re down. ” (Hot N Cold – Katy Perry)

- Io che? – chiese Kurt, guardando la figura sfocata di Blaine.

Forse, ma magari era soltanto una sua impressione, l’alcol stava cominciando a dargli alla testa. Il riccio intanto lo fissava con la bocca aperta, sconvolto, incapace di pronunciare due parole di fila senza balbettare.

- Fin dove… - Blaine, si fermò, non riuscendo a capacitarsi del fatto che stava davvero per porre all’altro quella domanda. – fin dove ti sei spinto con Dave? – chiese, atteggiandosi come se stesse parlando ad un bambino.

Kurt pensò attentamente alle parole dell’altro.
Adesso, “pensare” è un parolone, più che altro tentò di afferrare il concetto appena espresso, spremendosi le meningi più che poté. Poi, in un rapido attimo di lucidità, Kurt capì.

Nello stesso attimo, sperò di non averlo fatto sul serio, perché in quel caso sarebbe stato imbarazzante. Tanto, tanto imbarazzante. Si chiese se fosse il caso di continuare a fingere di essere in uno stato comatoso avanzato, passando per un imbecille, oppure semplicemente replicare.

Tuttavia, Kurt non si smentì neanche quella volta e invece di far finta di niente o rispondere, cominciò a ridere.

- Spinto? – domandò, fra una risata e l’altra. - Una volta… - cominciò il soprano, prima che la sua frase fosse interrotta da un singhiozzo. - mi ha baciato in camera mia. Con mio padre di sotto, capito?! Con mio padre di sotto! Ti rendi conto?!-

Il soprano riprese a ridere, sbattendo, con la poca forza che gli restava, il pugno sul tavolo, per poi adagiare la testa sul braccio destro.

- Vergine. – sentenziò Blaine, tenendo gli occhi fissi nel vuoto.

Naturalmente, Kurt non sentì nulla, poiché il mormorio dell’altro era coperto dalle sue risate. Normalmente non avrebbe riso. Non c’era niente di divertente nella sua prima ed unica relazione, ma a causa dell’alcol che viaggiava allegramente per le sue vene, questa sembrava aver preso un qualcosa di comico.

- E poi, sai… - altro singhiozzo, seguito da una risatina isterica. - hai presente la sensazione che hai quando vedi una cosa rivoltante?-

Blaine annuì, non sapendo in che altro modo comportarsi, ma optando con l’assecondarlo.

- Ecco! – fece il soprano, forse un po’ troppo ad alta voce. – A me succedeva ogni volta. -

Blaine inarcò un sopracciglio, chiedendosi se Kurt stesse scherzando o se l’alcol avesse seriamente su di lui un effetto così devastante.

- Ogni volta che vedevi qualcosa di disgustoso? –
- No! Cioè, anche… Comunque, intendevo quando David mi baciava! -

Il soprano smise improvvisamente di ridere, assumendo un’espressione alquanto corrucciata.

- Mi ha baciato lui. -
- Questo l’avevo capito. – disse il riccio, cominciando a preoccuparsi seriamente per l’altro. Era il suo ragazzo, era ovvio che l’avesse baciato! E lui che pensava che avrebbero passato la serata prendendo un drink dopo l’altro, finché non sarebbero irrimediabilmente finiti nel letto di uno dei due. Probabilmente nel suo, dato che Tate non dormiva quasi mai in camera.

- Si, ma io non volevo. – piagnucolò Kurt.
- Ma… ma non era il tuo ragazzo? – chiese Blaine, il quale cominciò a domandarsi se anche il suo cervello cominciasse a dare i numeri, il che non era per nulla plausibile, dato che non era arrivato nemmeno a metà del suo cocktail.
- Si, ma… ma prima mi… - balbettò il soprano, lasciando la frase a metà, per poi aggiungere – e poi mi ha baciato. - 

Kurt poggiò di nuovo la testa sulle braccia, continuando a ripetere come fosse un mantra – mi ha baciato. – finché tutto non divenne improvvisamente buio.


 
Kurt stava morendo.

Doveva accettarlo, prima o poi capita a tutti. Era la chiusura di un cerchio, la fine di una vita. Peccato che quella in questione non fosse “una vita” ma la sua. Continuava a  contare i secondi, attendendo che la sua testa esplodesse in un fragoroso botto.

Si pentì amaramente di non aver chiamato un’ultima volta suo padre o aver abbracciato Mercedes. Eppure, era inutile che adesso piangesse sul latte versato, ormai era al capolinea.

Aprì gli occhi per quella che doveva essere l’ultima volta e nello stesso istante in cui vide la luce, la testa cominciò a pulsare come un martello pneumatico.

- Kurt! – urlò Oliver, a pieni polmoni, costringendo il soprano a chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie, in preda al dolore più totale.

Non che il suo compagno di stanza avesse effettivamente gridato, ma in quel momento le orecchie di Kurt non avrebbero sopportato nemmeno il ronzio di una mosca.

- Non urlare. – piagnucolò il soprano, talmente piano che anche se Oliver gli fosse stato a una spanna di distanza non l’avrebbe sentito.
- Che? – chiese l’altro, facendosi più vicino e alzando di poco la voce.
- Oliver! – sbraitò Kurt in risposta, provocandosi una fitta alla testa equivalente a cento coltellate.

In fondo, era possibile trovare un lato positivo a quella situazione.
Era ancora vivo.

Il soprano tentò nuovamente di aprire gli occhi, dischiudendone prima uno, poi l’altro, con estrema svogliatezza. La situazione era la seguente: si trovava in camera sua, sdraiato sul letto, con i vestiti della notte precedente addosso… Kurt rifletté un secondo.

- Ho dormito con il mio nuovo outfit! – strillò, tornando alla realtà e fregandosene del mal di testa. – Oddio! Che diavolo è successo ieri notte?! –

Insomma, dalla padella alla brace.
Il soprano si mise a sedere, portandosi le mani al viso, nel disperato tentativo di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa che non fosse una cameriera molto poco vestita o un gorilla dotato di parola scappato dallo zoo senza che nessuno se ne accorgesse poiché vagamente somigliante ad un uomo.

Qualche immagine gli tornò con lentezza alla mente. Ricordava il viaggio in taxi, il bar, la musica assordante (al solo ricordo il dolore alla testa sembrò aumentare) e poi Blaine che ordinava i loro drink.

Blaine.
I drink.

Sapeva che non avrebbe dovuto bere…
cominciò a farsi una serie di domande come: “E se gli avessi vomitato sulle scarpe? E se avessi cominciato a parlare di fatti imbarazzanti riguardanti la mia vita? O peggio, se avessi fatto commenti poco opportuni su di lui?!” tutte domande che non fecero che aggravare, se possibile, ancora di  più la situazione che era già di per sé disastrosa.

Tentò di alzarsi, probabilmente per uscire e buttarsi dal primo ponte che gli capitava a tiro. Tuttavia, non appena fu fuori dal letto sentì le gambe tremare e tutto ciò che gli era attorno volteggiare.

- Kurt, che diavolo stai facendo? – chiese Oliver, avvicinandosi per evitare che si spaccasse la faccia.
- Che è successo? – fece il soprano, ignorando l’altro.

Avvertì delle fortissime fitte allo stomaco oltre le solite alla testa. Perché mai avrebbe dovuto avere dolore allo stomaco? Forse stava morendo davvero.
Oppure era soltanto il suo corpo che implorava per un po’ di cibo. Non mangiava nulla da… da… no, farsi il conto gli era troppo complicato.
Non era mai stato un genio con i numeri nel pieno delle forze, figuriamoci con quei dolori lancinanti.

- Quando? –

Kurt inarcò un sopracciglio, chiedendosi se fosse serio.

- Secondo te?! -

Aveva lo stomaco sottosopra, la testa che martellava, la schiena dolorante e non aveva proprio la forza di contenere la sua metà sarcastica. E poi, era il caso che Oliver cominciasse a farci l’abitudine, dato che avrebbero passato tanto tempo insieme.

- Ti riferisci a ieri sera? -

Kurt fece di sì con la testa in risposta, trattenendosi dal rispondergli in malo modo e attendendo una qualsiasi risposta da parte dell’altro. Del resto, l’idiota che si era ubriacato la sera precedente non era il suo nuovo amico.

- Ehm… perché non mangi qualcosa mentre ti racconto? -

Il fatto che Oliver gli avesse appena lasciato intendere che avevano da parlare un bel po’, di certo non lo rassicurava. Ma magari si stava riferendo al suo appuntamento con Charlie, no?

Il ragazzo dai capelli rossi gli porse un vassoio sul quale erano poggiate una fetta di torta al cioccolato, una di crostata di mele e un muffin, anch’esso al cioccolato.

Quella non poteva essere la sua colazione. Sembrava tutto così ricco di grassi e così… buono. Kurt li squadrò per bene, osservando la glassa di cioccolato che lentamente si scioglieva, sporcando il tovagliolo o la crema pasticcera sotto le mele o ancora tre gocce di cioccolato provenienti dal muffin, che si erano adagiate sul vassoio.

- Sono stato in mensa. Non restava molto… spero che almeno uno di questi ti piaccia. – disse, indicando le leccornie che giacevano davanti agli occhi affamati di Kurt.
- Grazie, sei stato molto gentile. – mormorò il soprano, tentando di riacquistare un atteggiamento cordiale e pacato.

Prese un tovagliolo di carta e la pietanza che gli sembrò più innocua fra le tre, ovvero la crostata di mele. Prese un primo morso e al suo palato raffinato parve un po’ secca, ma il suo stomaco famelico se ne stava altamente fregando.

- Quindi… - iniziò Oliver, prendendo la sua sedia e sedendosi di fronte al letto di Kurt. – Ero appena tornato in camera quando ho sentito bussare. Ho aperto e ho trovato te… - Il soprano fece un sospiro di sollievo, pensando che fortunatamente il ragazzo non si era ritrovato davanti a nessuna scena imbarazzante. Forse Blaine aveva avuto il buon senso di lasciarlo davanti alla porta e sgattaiolare furtivamente in camera sua. – e un altro tipo che ha detto di chiamarsi Blaine. È il ragazzo che sta qui accanto, no?-

Cos’è che aveva pensato? Nessuna scena imbarazzante? Kurt si ripromise di dover imparare a mettere a tacere i suoi pensieri. - Comunque, tu avevi un braccio attorno al suo collo, dato che sembrava non riuscissi a stare in piedi da solo. Mi ha detto che avevi bevuto un po’ e che avevi solo bisogno di riposare. -

Kurt lo fissava a bocca aperta, sperando che quello fosse un sogno. No, non un sogno, un incubo, ma alla fine avrebbe avuto la certezza che si sarebbe risvegliato nel suo bel lettino e avrebbe ripreso la sua vita come se nulla fosse. Eppure Oliver non accennava a fermarsi e tutto cominciava a diventare tremendamente reale.

- Alla fine ha salutato, dicendo che era distrutto e andava a dormire, ma tu gli hai chiesto “Perché non resti qui a dormire?”. - citò Oliver, trattenendosi dal ridere.

Kurt voleva semplicemente morire.
Pochi minuti prima si era rattristato, pensando che fosse arrivata la sua ora, ma adesso desiderava soltanto che il pavimento si aprisse e lo ingoiasse, tenendolo lontano da qualsiasi altra forma di brutta figura.

- Forse questo particolare me lo potevo evitare. – osservò il rosso.

Il soprano semplicemente lo guardava a bocca aperta e con mezza fetta di crostata in mano.

- E… e lui che ha detto?-

Ormai che ci siamo, affondiamo il coltello fino in fondo, no?
- Oh, non credo abbia risposto. Ha solo… se non ricordo male ha fatto un cenno con la mano e si è chiuso in camera. -

Kurt se lo sentiva. Aveva fatto qualcosa e qualunque cosa avesse fatto, non era certo stata la più brillante, dato lo strano comportamento di Blaine. Sentiva una sottospecie lotta dentro di sé. Da un lato voleva sapere di più, come per esempio se il riccio avesse detto qualcosa ad Oliver riguardo la serata, dall’altro sentiva che era meglio non sapere nient’altro.

Alla fine prevalse la sua parte masochista, che con un bel gancio destro stese quella che aveva ancora un briciolo di amor proprio.

- Ti ha detto altro? -
- Altro ? – Oliver ci pensò su un attimo, grattandosi la testa. – No, niente. -

Panico. Sollievo. Panico. Sollievo. Panico. Si, decisamente panico. Kurt era nel panico.  Oliver si batté una mano sulla fronte, come se si fosse appena ricordato di qualcosa. Forse un po’ troppo forte, dato che il rumore provocò una fitta tremenda a Kurt e la botta un possibile mal di testa all’altro. Almeno, adesso avrebbe cominciato a parlare più piano.

- Stamattina è passata una piccoletta, non mi ha detto neanche come si chiamava… - disse, non completando la frase e continuando a massaggiarsi la fronte.
- Quindi? – chiese Kurt, pensando che la ragazza di cui parlava non poteva essere altri se non Rachel.
- Oh! Si, ha detto che ieri il tuo cellulare deve essere morto, perché ti ha chiamato diverse volte, ma le dava spento. -

Kurt strisciò sul letto, in modo da avvicinarsi alla scrivania per prendere il suo telefono e sì, era deceduto o almeno in coma. La telefonata chilometrica che avevano avuto lui e Rachel il giorno prima doveva averlo sfinito, povero.

- Credo sia meglio che vada a vedere cosa voleva. -

Il soprano si alzò dal letto, questa volta con più equilibrio. Prese un paio di jeans e una maglietta dall’armadio. Era un abbigliamento piuttosto scialbo, ma in quel preciso momento non gliene fregava più di tanto.

Appena entrò in bagno, prima di aprire il getto d’acqua della doccia o di fare qualsiasi cosa, prese un’aspirina, sperando che il dolore alla testa diminuisse. Fece una doccia veloce e altrettanto in fretta applicò le sue adorate creme, per poi passare ai capelli.

Dopo quaranta minuti, Kurt uscì dal bagno.

- Meglio? – chiese Oliver, il quale era placidamente steso sul letto a leggere un fumetto su qualche supereroe.
- Decisamente. Almeno non ho più la sensazione che la testa stia per esplodermi da un momento all’altro. -

Il ragazzo rise per poi tornare al suo fantasmagorico fumetto su… Superman? Capitan America? Kurt li confondeva sempre.

- Ci vediamo più tardi. – disse il soprano, aprendo la porta.

Oliver annuì, troppo preso dalla sua lettura, in quel preciso istante aveva sul volto un’espressione a dir poco sconvolta. Kurt scosse la testa, il che gli provocò un leggero dolore, e uscì.

Si incamminò lentamente verso l’ascensore, camminando a zig zag per il corridoio deserto. Mentre si dirigeva verso camera di Rachel, non poteva far a meno di preoccuparsi almeno un po’. Magari la sua amica aveva finalmente preso una decisione definitiva. Lo sperava davvero, perché non avrebbe saputo che altro fare.

L’aveva ascoltata ora dopo ora, provando a consigliarle la cosa giusta da fare, eppure non era riuscito a darle una mano. Cominciava a sentirsi un tantino inutile come amico.

Forse avrebbe dovuto essere più deciso e dirle – Rachel, o prendi una decisione o ti nascondo il cd della colonna sonora di Funny Girl. – però aveva sempre pensato che le minacce non portassero a nulla di buono. Oppure doveva semplicemente mettersi in quarantena e lasciare che la situazione facesse il suo corso. 

Arrivò a circa cinque metri dall’ascensore e alzando lo sguardo dai suoi piedi vide qualcuno che lo osservava. Quel qualcuno era Blaine, il quale non appena incrociò lo sguardo di Kurt, si voltò verso l’ascensore.
Stava fingendo di non averlo visto? No, perché non ci stava per nulla riuscendo. Sembrava teso, forse anche… arrabbiato?

- Blaine. – disse il soprano, tentando di urlare. Tentando.

 Il riccio, ignorò completamente Kurt, facendo finta di non averlo sentito, anzi pigiando il tasto per chiamare l’ascensore tre volte di seguito. Le cose erano due: o lo stava prendendo per scemo o si stava comportando da bambino. Forse entrambe.

- Blaine. – ripeté, fermandosi davanti all’altro. Adesso non era solo la testa che martellava, ma anche quell’organo che si trovava più o meno al centro del suo petto.
- Ciao. – rispose quello, senza staccare lo sguardo dall’ascensore. – Scusa, ho un po’ di fretta. - Blaine si girò nella direzione delle scale, iniziando a camminare a passo spedito. Kurt lo guardò allontanarsi, per poi seguirlo.

Era palese che il moro lo stesse evitando, ma aveva bisogno di sentirsi dire che non aveva fatto qualcosa di troppo imbarazzante.

- Ehi, aspetta!-

Blaine rallentò un po’ la sua andatura, ma continuando a camminare.

- Volevo… volevo scusarmi per ieri sera. – disse il soprano, arrossendo al pensiero di lui abbarbicato a Blaine come un koala ad un eucalipto.
- Perché? – chiese il riccio, apparendo un po’ confuso. Si fermò all’improvviso, proprio davanti alle scale, lasciando la parola a Kurt, tuttavia mantenendo una certa distanza. Questo era strano.

Lo guardò per circa tre secondi negli occhi, per poi sviare lo sguardo, cominciando a guardare il corridoio, come se non l’avesse visto già centinaia di volte…

- Beh, io… io non ricordo cos’ho fatto ieri, ma qualunque cosa abbia fatto, se ti ho offeso, scocciato, se ho… -
- Kurt. – disse Blaine, fermandolo. – Non hai fatto niente. Tranquillo. Ne ho viste decisamente di peggiori. – mentre parlava non lasciò trasparire alcuna emozione. Il che non era per nulla da lui.

Nei giorni precedenti aveva lasciato ben intendere ogni sua sensazione senza alcun riserbo. Sembrava stesse dicendo la verità, che motivo aveva di mentire del resto? A meno che anche Blaine non avesse fatto qualcosa di imbarazzante e non voleva che Kurt ricordasse. No, meglio la prima versione.

- Okay… - disse il soprano, cercando una qualche conferma nel volto di Blaine, il quale stava ben attento a tenere lo sguardo basso, non lasciando trasparire nulla.
- Volevo solo accertarmene. Non ricordo assolutamente niente. -

Blaine spalancò gli occhi, per poi abbassarli, leggermente a disagio.

- Niente? Niente di niente? – sembrava quasi che il riccio ci sperasse in quella risposta. Kurt scosse la testa, notando che Blaine sembrava essersi un po’ tranquillizzato.
- Non preoccuparti, è tutto apposto. - aggiunse il riccio, abbozzando qualcosa che avrebbe dovuto essere un sorriso.
- Meglio così… - ribatté il soprano, torturandosi le mani.

C’era qualcosa che lasciava intendere a Kurt che Blaine non gliela stesse raccontando giusta. Forse il fatto che non gli si era ancora avvicinato, né aveva tentato di toccarlo, né aveva fatto commenti riguardo il modo in cui i suoi jeans gli fasciassero e gambe?

Quello che aveva davanti non sembrava neanche Blaine! Certo, aveva il suo solito gel, i suoi consueti pantaloni aderenti (che anche quel giorno Kurt non aveva potuto far a meno di notare)  e gli stessi occhi cangianti, eppure non era quello il Blaine che aveva incontrato qualche giorno prima. Per di più, non riusciva a capire se fosse un bene o un male.

Il ragazzo che aveva conosciuto era spesso inopportuno, ma in fondo, non poteva negarlo, in parte lo divertiva. Tuttavia quello che aveva davanti sembrava piacergli tanto quanto l’altro. Non che Blaine gli piacesse! Cioè, magari un solo un po’.

C’era qualcosa di indecifrabile in quel tipo e se il giorno prima aveva pensato che con il passare del tempo si sarebbe accorto di quanto noioso fosse, si era sbagliato di grosso.

- Scusa, devo proprio andare. – disse il riccio, voltandosi per scendere le scale e sparire pochi secondi dopo, lasciando Kurt immobile sul pianerottolo.



- Finalmente! – strillò Rachel, quando aprì la porta al soprano. La ragazza si fece da parte, con aria irritata, facendo entrare l’amico nella sua stanza. Sembrava che Jackie non ci fosse, la sua parte di camera per una volta era stranamente ordinata.
- E’ un piacere anche per me rivederti. – commentò il soprano, con tono acido.

Sembrava proprio che quella stanza brulicasse di cuoricini rosa e arcobaleni. C’era il serio rischio che a quei due venisse il diabete per l’eccesso di zucchero!

- Che fine hai fatto ieri?!-

Kurt sbuffò rumorosamente, incrociando le braccia al petto. E adesso? Doveva dirgli la verità o doveva mentirgli. E se Oliver le avesse già detto che si era ubriacato? Se quella domanda fosse un trabocchetto.

- Sono uscito… - disse Kurt, optando per la verità e sperando che Rachel non facesse altre domande.
- Uscito. Da solo. – disse, evidentemente scettica.

Per quanto ne sapeva lei, il soprano non aveva amici alla NYADA. In effetti, era la verità. Blaine non era suo amico. Blaine era… il soprano non sapeva neanche dire che cosa fosse per lui. Un conoscente, magari. Un conoscente che ci provava spudoratamente, o almeno fino a ventiquattro ore prima.

- No, non sono uscito da solo. –

Era troppo chiedere che Rachel smettesse di preoccuparsi del suo migliore amico in quell’istante e ricominciasse ad essere la solita egocentrica di sempre?

- Quindi non posso sapere con chi. -

Si, era decisamente troppo.

- Sono uscito con Blaine. – sussurrò Kurt, ma la ragazza afferrò immediatamente le parole che aveva pronunciato l’amico. Inizialmente la sua espressione rimase neutra, poi il suo volto prese una tonalità vagamente più scura e Kurt non poté far a meno di immaginare il fumo uscirle dal naso e dalle orecchie, seguito da un rumoroso fischio.

- Anderson. – commentò con tono pacato. - Kurt che cavolo ti è passato per la testa?! – continuò alzando le braccia al cielo e mandando a quel paese i toni tranquilli.
- Rachel, non urlare! Perché oggi gridate tutti?! – chiese il soprano, alzando lui stesso il volume della voce. Il mal di testa era decisamente diminuito. Nel senso che era certo che sarebbe sopravvissuto, ma questo non voleva dire che la testa non gli facesse un male terribile.

- Ma se stai urlando anche tu! -

Kurt si portò una mano davanti alla faccia, respirando profondamente. Se Rachel non voleva comportarsi da adulta, questo non voleva dire che lui dovesse fare lo stesso.

- Okay, calma. Arriviamo al punto, che cosa ti serviva ieri sera? – chiese il soprano, sedendosi sul letto, parlando con pacatezza.
- Mentre te la spassavi con quel tipo? –

Kurt lanciò un’occhiataccia all’amica. Rachel abbassò lo sguardo, rendendosi conto che la situazione le stava vagamente scappando di mano.

- Io non me la sono spassata con nessuno, per tua informazione. Siamo solo andati a prendere qualcosa da bere.-
- Qualcosa da bere? – chiese Rachel, dubbiosa. – Kurt. Tu. Non. Reggi. L’alcol.-

Il soprano si voltò dal lato opposto della sua amica. Avrebbe voluto dirle – Che diavolo dici?! Ieri ho buttato giù tre drink senza alcun problema.- ma quello non era di certo il suo caso.

- Lo so. Infatti ho un mal di testa tremendo, ti prego non urlare. – chiese, con tono supplichevole. Rachel gli si sedette accanto all’amico, passandogli una mano sulla schiena, intenerita dal suo comportamento.
- Almeno è andata bene? – domandò la ragazza, facendosi improvvisamente più dolce.
- Non so. – rispose Kurt, senza nascondere la verità. Mentire a quel punto non avrebbe avuto alcun senso, tanto valeva raccontarle tutto.
- In che senso? -
- Non ricordo nulla. So solo che stamattina ero… -
- Ti prego non me lo dire! – disse Rachel, tappandosi le orecchie e chiudendo gli occhi. Il soprano scoppiò a ridere, portando le mani della ragazza lungo i fianchi.
- Rachel, non abbiamo fatto niente. Stavo dicendo che mi sono ritrovato nel mio letto con l’impressione che stessi morendo. – la rassicurò Kurt, facendola ridere.

Rimasero per qualche istante in silenzio, con il sorriso stampato sulle labbra.

- Ho deciso. – disse improvvisamente la ragazza.
- Hai deciso? – domandò il soprano, non capendo a cosa Rachel si riferisse. Quest’ultima lo guardò dritto negli occhi per poi dire - Voglio vedere Finn. -

Kurt la fissò per qualche secondo, chiedendosi se stesse dicendo sul serio. Non sembrava stesse scherzando e in fondo, non c’era proprio nulla da scherzare.
La strinse fra le braccia, sentendola rilassarsi a poco a poco.

- Vedrai che andrà tutto bene. -





Tea's Corner: 

Heello!

Wow, siamo al nono capitolo xD 
Vediamo, commenti a riguardo... lo so, per quanto potesse sembrare che la situazione si stesse chiarendo purtroppo non è ancora così...
Se avrete pazienza, capirete tutto :)

Fatemi sapere cosa ne pensate

A martedì 

Tea (:

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Capitolo 10
*** Video Call ***


                                                                                                                                                                    Chapter 10:
                                                                                                                                                                 
                                                                                                 Video call


“It’s a mess. Time to grow,
time to go. Hello, hello.”

(Hello twelve, hello thirteen, hello love – A Chorus Line)



Dopo essere tornato dalla camera di Rachel, Kurt si chiuse tra le quattro mura della sua stanza. Per i successivi quattro giorni, non mise il naso fuori la NYADA nemmeno una misera volta.

In realtà, se non avesse dovuto obbligatoriamente continuare a nutrirsi, non sarebbe uscito nemmeno dalla sua camera. Si recava in mensa per circa mezz’ora a pranzo e cena, a volte insieme ad Oliver ma per lo più da solo.

Aveva avuto modo di riposare tranquillamente, recuperando tutte le ore di sonno perse, ma soprattutto di dedicare un po’ di tempo esclusivamente a se stesso. Concluse un libro che aveva iniziato un mese prima, quando si trovava ancora a Lima, e che non aveva avuto modo di finire tra il trasloco, Rachel e incombenze varie.

Risistemò la disposizione dei suoi abiti nel guardaroba, finché non furono tutti perfettamente piegati e al loro posto. Accanto all’armadio si trovavano ancora le scatole di Rachel e ogni volta che vi passava accanto si riprometteva di restituirgliele, dato che lui, grazie al suo meraviglioso, coinquilino non ne aveva alcun bisogno.

Chiamò suo padre, il quale gli fece intendere fra le righe, come suo solito, che non si sarebbe offeso se lo avesse chiamato un po’ più frequentemente.

Quel pomeriggio, non avendo nulla in particolare da fare, mandò un messaggio a Mercedes, chiedendole se avesse voglia di fare una veloce videochiamata da almeno quattro ore. Insomma, una di quelle che mandava in tilt il suo povero portatile.

Il responso arrivò circa un minuto dopo che il soprano ebbe inviato il messaggio, dato che il cellulare era praticamente diventato un prolungamento del corpo della ragazza. – Skype. Ora. –

Kurt accese il computer immediatamente, trovando l’amica già collegata.
Non ebbe neanche il tempo di aprire la finestra della chat che gli arrivò un messaggio.


Mercedes Jones 18. 47:
Ehi, straniero!


Kurt sorrise, affrettandosi a risponderle e avviando una videochiamata.
                       
Stavano parlando ormai da un’ora e mezza e nessuno dei due pareva particolarmente incline a concludere la chiamata. Avevano iniziato parlando del nuovo ingaggio come corista della ragazza, di come quest’ultima trovasse asfissiante una biondina pelle e ossa che aveva tentato spudoratamente ( e senza successo) di soffiarglielo.

- Dovevi vederla, Kurt! Pensava di potermi battere, ma ah-a. Nessuno porta via il posto a Mercedes! –

Infine discussero riguardo la nuova collezione di Marc Jacobs, commentando dal primo all’ultimo capo. Rimasero in silenzio per un po’, Mercedes che guardava Kurt con sguardo curioso e il soprano che ricambiava confuso, non capendo cosa la ragazza stesse aspettando.

- Allora, non devi dirmi niente? -

Kurt inarcò un sopracciglio, guardando il viso dell’amica, sul quale era dipinta una strana espressione. Scosse la testa.

- Te l’ho detto, Rachel… -

Mercedes posizionò il suo indice davanti alla webcam, facendo segno a Kurt di tacere.

- No. Non Rachel. Kurt. Voglio parlare di Kurt. -
- Oh. – fece il soprano.

Si, effettivamente la sua era una vita molto interessante. Aveva così tanto da dirle! Alternava fra il parlare con Rachel, scambiarsi un saluto con Oliver, leggere, cantare, guardare il soffitto, dormire… ah! Ovviamente dedicarsi alla cura della pelle.

Una vita a dir poco esaltante!

- Dimmi tutto. -
- Non ho nulla da dichiarare. – rispose il Kurt con tono solenne.

Mercedes spalancò la bocca, chiedendosi se la stesse prendendo in giro.

- Vuoi dirmi che in tutta New York non hai conosciuto qualcuno di interessante?!- domandò stupita.

Si, aveva conosciuto Oliver e Jackie. Di certo non erano due individui comuni, ma chi alla NYADA poteva essere definito comune?
Eppure sapeva che con “interessante” Mercedes intendesse qualcos’altro.
E sì, aveva conosciuto qualcuno che in un certo senso lo incuriosiva.

- No… - rispose, guardando la tastiera del suo computer.
- Si, certo. E io sono alta, bionda e con gli occhi verdi. – commentò quella, leggermente annoiata dal comportamento del soprano. Non riusciva proprio a sopportare quando per farlo parlare era costretta a implicare minacce psicologiche e/o fisiche. In quel caso esclusivamente psicologiche, data la distanza.

- Davvero. Non… non ho conosciuto nessuno. -

Kurt tornò a guardare lo schermo, trovando Mercedes che lo fissava, scettica.
  
- Hummel. Smettila di raccontare balle alla tua ‘Cedes o vengo lì e ti costringo a sputare il rospo. Sai che lo faccio. –

Kurt rise, imbarazzato, chiedendosi se dovesse parlarle di Blaine. In effetti, non aveva alcun senso che lo facesse. Da quando erano usciti insieme, quella prima e probabilmente ultima volta, il riccio non aveva fatto altro che ignorarlo.
Niente commenti, niente assalti in camera sua, niente di niente.
Okay. Kurt non usciva, il che rendeva la situazione un po’ più complicata, ma per ben due volte si erano incrociati in corridoio e l’altro aveva fatto finta di nulla, continuando per la sua strada.

Molto maturo, davvero.

Peraltro, non poteva essersi immaginato tutto. Anche Rachel gli aveva dato conferma, dicendogli con calma e dolcezza – Quello non vede l’ora di mettere le mani sul tuo sedere Kurt! E non solo quelle… - al che Kurt si era tappato le orecchie, arrossendo violentemente.

Doveva aver combinato qualcosa che evidentemente aveva infastidito Blaine, oppure se, come diceva il riccio, lui non aveva fatto nulla di male, era il caso che gli consigliasse di fare una veloce visitina in un manicomio.

Il fatto che Blaine non gli spiegasse che diavolo avesse fatto lo faceva impazzire. In fondo, Kurt voleva solo capire dove avesse sbagliato, magari per rimediare.

Forse, avrebbe dovuto ricambiare il favore, invitandolo a bere qualcosa. Magari il riccio stava aspettando fosse lui a fare il prossimo passo.
Esisteva, però, la possibilità che Blaine si fosse scocciato di corrergli dietro e avesse incontrato qualcuno di più interessante.

I presupposti in effetti c’erano tutti.

- C’è un ragazzo… - iniziò a dire Kurt. Mercedes batté le mani, sorridendo come una bambina davanti al suo regalo di Natale, per poi appoggiarsi con le braccia al tavolo, restando in silenzio e aspettando che continuasse. – Diciamo che sin da quando ho messo piede in questo posto, letteralmente, - sottolineò il soprano. - ha iniziato a… provarci.- Kurt prese un respiro profondo, per poi continuare con il suo discorso. – Mi ha invitato a bere qualcosa… -
- Bere?! – chiese Mercedes, interrompendo il soprano. L’amica mantenne un’espressione seria per qualche secondo, poi cominciò a ridere.
- Si! Perché tutti vi meravigliate così tanto?! – La ragazza alzò le mani in segno di resa, cercando di ricomporsi e invitandolo ad andare avanti. – La sera in cui siamo usciti, mi sono ubriacato. Non ridere. Lo so. -  fece Kurt, anticipando una qualsiasi reazione dell’altra.

Il soprano cominciava a sentirsi seriamente una barzelletta vivente, dato che chiunque incontrasse si sbellicava dalle risate. Almeno, nel caso in cui non avesse sfondato a Broadway, avrebbe potuto unirsi ad un circo.

Questa sì che era una bella consolazione!

Mercedes si portò una mano davanti alle labbra, tentando disperatamente di restare seria e pacata. Ma Kurt Hummel si era ubriacato.
 
Kurt.

Non uno dei tanti Kurt sulla faccia della terra, il suo! Questo, oltre ad essere un evento, era un vero e proprio spasso. Perché quando il soprano faceva una cosa, doveva farla bene. Anche quando era completamente in preda all’alcol, ovvero, faceva morire dalle risate chiunque gli capitasse a tiro, in tutti i sensi.

Era capitato che Mercedes, di fronte al suo migliore amico che parlava con il famoso palloncino del ballo, a causa delle risate, avesse provato uno dei più dolorosi e acuti mal di stomaco di tutta la sua vita.
Per non parlare del fatto che per via del troppo ridere, aveva cominciato a piangere, facendo sì che il trucco le colasse ben bene lungo le guance.

- Il fatto è che non ricordo che cosa sia successo. – proseguì il soprano, con un velo di tristezza nella voce. La ragazza, davanti al viso rattristato di Kurt, venne pervasa da un improvviso moto di malinconia, il quale scacciò in un batter d’occhio tutta l’ilarità provata fino a poco prima. - Da quel momento mi evita, il che non è normale da parte sua… -
- Perché prima si comportava da stalker? – chiese Mercedes, con tono ironico. Kurt alzò lo sguardo in direzione dello schermo. – Si comportava da stalker?! – domandò la ragazza, con fare sconvolto.
- No! Cioè, era molto, molto, molto… -
-
Ho afferrato il concetto. -
- … molto  insistente. Alla fine ho pensato che se fossi uscito con lui avrebbe smesso di provarci. Effettivamente l’ha fatto, ma… -
- A te non dispiaceva. – concluse la ragazza, soddisfatta. - Ma arriviamo al punto focale. Com’è fisicamente? -  domandò Mercedes, avvicinandosi alla webcam.
- Co… come?- Kurt arrossì improvvisamente, ritrovandosi a pensare al corpo di Blaine come non faceva da… qualche ora.
- Hai capito. -
- Mercedes. Mi meraviglio della tua superficialità. – obbiettò il ragazzo, incrociando le braccia al petto, apparentemente deluso dal comportamento dell’amica.

In realtà aveva solo paura che nel descrivergli Blaine cominciasse a sbavare, il che non sarebbe stato proprio il massimo per la propria immagine.

- Si, come no. Adesso parla. –

Kurt sbuffò, riconoscendo di non aver altra scelta.

- Beh, ha i capelli ricci e mori. – Mercedes gli fece cenno di proseguire, sempre più interessata.
- E’ di carnagione… beh, non troppo scura, ma neanche chiara, direi. – continuò il soprano, focalizzando l’immagine del riccio.
- Kurt, fammi sapere se hai intenzione di metterci tanto, così mi organizzo. – disse la ragazza, desiderosa di sapere tutto e subito.
- Come siamo impazienti… -
- Muscoloso?- chiese Mercedes, facendo finta di non averlo sentito.
- Oh, si. – rispose immediatamente. - Voglio dire! E’ ben… ben messo.- balbettò.

Blaine era decisamente ben messo. Aveva un corpo perfetto, non aveva neanche un singolo filo di grasso. Kurt si perse nel fantasticare sul corpo del riccio, ignorando del tutto Mercedes, la quale, tuttavia, attendeva una risposta alla domanda che gli aveva appena posto.

- Come scusa? -
- Ho chiesto: è alto? – ripeté la ragazza, leggermente scocciata.
Kurt si morse il labbro inferiore. - Eh… Beh, direi diversamente alto.-
- E da quando ti piacciono i nani da giardino? –

In effetti, il soprano non era mai stato particolarmente attratto da ragazzi che non fossero più alti di lui. A sedici anni ebbe la sua prima vera cotta ( la prima in assoluto l’aveva avuta per Ricky Martin) per Finn, il quale era un vero e proprio palo della luce. Adesso solo all’idea di stare con lui gli venivano i brividi, probabilmente perché lo vedeva come un fratello.
Forse, se i loro genitori non si fossero sposati non… no. No, neanche in quel caso.
Lo lasciava molto volentieri a Rachel o a chiunque altra fosse disposta a farsi carico di un bietolone (con affetto) con un gusto nel vestire pari a zero e una fissazione patologica per il football.

- Non ho mai detto che mi piace! – rispose Kurt, tentando di apparire il più convinto possibile.
- Si, certo… e come si chiama? -
- Blaine Anderson. –
Mercedes si portò una mano sul mento, con fare pensieroso.
- L’ho già sentito. – disse fra sé e sé.
- Potrebbe anche essere… - replicò il soprano, osservandosi le unghie per evitare lo sguardo indagatore dell’amica.
- E come? -
- E’… di Westerville. Faceva parte del Glee Club della Dalton. –

Kurt sentì un tonfo, alzò lo sguardo per assicurarsi che la ragazza non fosse caduta dalla sedia. Fortunatamente era ancora là, forse un po’ scossa.

- Ma certo! Me ne ha parlato Tina! – fece Mercedes, dandosi uno schiaffo.
- Tina? –
- Si, Tina Cohen – Chang, Kurt. –

Kurt incrociò le braccia al petto, fintamente risentito.

- So chi è! Ma che vuoi dire? –

La ragazza sembrò essersi ricordata di qualcosa, poi guardò alla sua destra, balbettando qualcosa che somigliava a - Oh, non te nei dovrei parlare. –

- Mercedes. – disse Kurt, con tono fermo.
- Kurt, sul serio non… -
- Mercedes! – la interruppe, desideroso di sapere che cosa gli stesse nascondendo.
- Okay, okay! Ricordi quando l’anno scorso avete mandato Tina, Samuel e Brittany a osservare il primo girone delle provinciali?-
- Si… ? -
- Bene. È stato vinto dagli Warblers. Alla fine Brittany aveva deciso che doveva assolutamente conoscere il solista. – campanello d’allarme.

Kurt rammentava vagamente di aver visto Blaine alle provinciali del 2010 e se ricordava bene, era proprio il solista. Inoltre, Rachel qualche giorno prima gli aveva detto che il ragazzo era effettivamente la punta di diamante del Glee della Dalton. – Quella ragazza dopo aver rotto con Santana ha ripreso a uscire con chiunque le capitasse a tiro… - commentò Mercedes, perdendosi fra i suoi stessi pensieri.

- Quindi?! – domandò il soprano, con un pizzico di ansia nella voce.
- Giusto! Allora…  lei e Tina con la scusa di congratularsi per la vittoria eccetera, eccetera li hanno raggiunti prima che salissero sul loro autobus. – Mercedes si fermò, aspettandosi una qualche reazione dall’amico.
- E poi? – chiese, curioso di sapere che diavolo fosse successo dopo.
- Brittany gli ha chiesto di uscire.- fece con tono ovvio.
- ‘Cedes. Hai omesso il soggetto. – voleva sentirglielo dire. Voleva essere certo che il ragazzo di cui stavano parlando fosse Blaine Anderson, anche se ne era già perfettamente cosciente.

- Giusto. A chiesto a Blaine di uscire. –

Lo sapeva!

Era stato così stupido a pensare che non gliene fregasse niente di quella cameriera/vampira!
Blaine era… era… bisessuale.

- Ma ha fatto presente di non essere della nostra stessa squadra. – continuò Mercedes. Il soprano spalancò gli occhi, desideroso di cominciare a saltare per la stanza.
 
No, Kurt. Smettila, questo non vuol dire assolutamente nulla. E anche se volesse dire qualcosa, smettila.

- Per il resto non importa… - aggiunse la ragazza, lasciandolo sulle spine.
- Non puoi iniziare un discorso e lasciarlo a metà! – si lagnò il soprano.
- Promettimi che non uscirai fuori di testa. –

Povera Mercedes, non si era resa conto che Kurt era già impazzito?
Doveva essere l’aria di New York.
Perfino Rachel era peggiorata da quando si trovava lì.
Il soprano semplicemente annuì.

- Tina mi ha chiamata immediatamente chiedendomi un parere. -
- Riguardo che? – perché doveva cavarle ogni singola informazione?!

La ragazza prese un respiro profondo per poi confessare - Ti vedeva sempre così triste e solo e lui era così carino, così simpatico, così  educato e così tanto gentile… beh, voleva tentare di procurarti un appuntamento. –
- Tina? – domandò Kurt, a dir poco scioccato, un po’ per il comportamento della ragazza appena nominata, la quale si era sempre tenuta ben distante dalle questioni amorose altrui, un po’ per la descrizione di Blaine che gli era stata fatta e che non corrispondeva esattamente a quella del ragazzo che aveva da poco conosciuto.

- Guidata dalla mia abile mano. In realtà voce, ma fa lo stesso. – si vantò Mercedes.
- Ma, io… - stavo con Dave .

Stava per aggiungere, eppure si trattenne, pensando che la sua migliore amica non era a conoscenza di questo piccolissimo e insignificante particolare della sua vita.

- Lo so, lo so. Vorresti ammazzarmi. Però è andato tutto a monte.- rispose sconsolata. Kurt aggrottò la fronte.
- In che senso? -
- Tina ha scoperto che aveva un ragazzo… -

Un ragazzo.
Blaine gli aveva detto di non essere un tipo da relazione stabile, e adesso veniva a sapere che fino a qualche mese prima aveva un fidanzato?!
Bene. Adesso si sentiva decisamente preso per il culo.

- Naturalmente non aveva niente a che vedere con te! Insomma, aveva… -
- ‘Cedes. Devo staccare. – disse con tono freddo.

Doveva fare una chiacchierata con Anderson. A costo di farglielo confessare con la forza, aveva bisogno di sapere che cosa avesse combinato di così tremendo per meritare il trattamento che gli stava generosamente riservando. Dopodiché l’avrebbe lasciato stare, ma non prima che confessasse.  

- Tutto bene? – chiese, leggermente preoccupata per l’improvviso cambio d’umore del ragazzo.
- Benissimo. Ci sentiamo. –

Kurt chiuse la finestra della chat e spense il computer, rimanendo a fissare lo schermo nero. Si alzò, prese un paio di pantaloni e una camicia, poi si diresse in bagno per fare una doccia lunga e rilassante.

Doveva calmarsi, o avrebbe cominciato ad urlare contro Blaine prima ancora che gli aprisse la porta, il che non era decisamente da Kurt.
Quando uscì dalla doccia, si avvolse una tovaglia attorno ai fianchi, per poi cominciare ad asciugarsi accuratamente i capelli. Avrebbe dovuto fare come gli aveva consigliato Rachel. Niente distrazioni.
Certo, le lezioni non erano ancora iniziate…

Non era questo il punto!

Quando uscì dal bagno, trovò Oliver seduto alla sua scrivania, intendo a scrivere qualcosa.
- Oliver. -
- Ehi, Kurt! – fece quello con tono allegro, voltandosi verso il soprano. – Che fai?-
- Devo uscire. – rispose freddo.
- Stavolta vacci piano con gli alcolici. – scherzò Oliver, chiudendo un paio di finestre ancora aperte sullo schermo del suo computer,  per poi voltarsi nuovamente verso il soprano, il quale era rimasto al centro della stanza, scuro in volto.

- E’ tutto apposto? – chiese Oliver, grattandosi la testa come in tutte le occasioni in cui non gli era chiaro qualcosa. Il che era abbastanza frequente, soprattutto quando aveva a che fare con gli stati d’animo del soprano.
- Apposto. –
- Sicuro? Non dai esattamente l’impressione di essere sereno. – commentò Oliver.

No, Kurt non era serenissimo! Non lo vedeva com’era tranquillo?! Del resto non stava stritolando il telefono, talmente tanto che le nocche gli stavano diventando più pallide di quanto già non fossero. Lui era perfettamente calmo, come sempre.
- Ah, ma davvero? – chiese il soprano con fare ironico. Oliver abbassò gli occhi, visibilmente dispiaciuto.

Kurt sentì dentro crescere dentro di sé una certo disgusto nei propri confronti. Quel ragazzo era sempre così carino e lui non faceva altro che rispondergli con battutine acide, alle quali Oliver reagiva con sorrisi amichevoli, i quali ogni santissima volta facevano sentire il soprano una vera e propria merda.

- Oliver, scusami è solo che… -
- Sta tranquillo. – rispose l’altro, sorridendogli, apparentemente tranquillo.

Ogni tanto gli ricordava così tanto Finn. Ogni tanto, in quelle rare occasioni in cui si ritrovavano in camera nello stesso momento, parlavano delle loro vite, per lo più era Oliver  parlare, Kurt era piuttosto riservato. Quando chiacchieravano, sembrava che avesse capito la metà della metà del discorso. Continuava a guardare il soprano con lo sguardo di uno che se perde il filo del discorso non ci capisce più nulla. E invece, poi, se ne usciva con una perla di saggezza che lasciava Kurt senza parole. Avrebbe dovuto cominciare a raccogliere i consigli di Oliver in un quadernetto…

- Non ti piace parlare di faccende private, lo capisco. -
- No! Cioè, in parte si. Il problema non sei tu. -
- Kurt, sul serio, non ti preoccupare! – disse Oliver, tentando di tranquillizzarlo, ma senza ottenere molto successo.
- Ehm… grazie. Allora io… - mormorò il soprano, aprendo la porta.
- Ci vediamo dopo. -




Tea's Corner:

Hi everyone! 
Secondo voi Kurt scoprirà per quale motivo Blaine è così freddo?

Ringrazio tantissimo tutti quelli che leggono e recensiscono come sempre :D

A martedì
Tea (:

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Capitolo 11
*** Such A Brat ***


                                         
                                                                                                                                                               Chapter 11:                                                                                          
                                                                                                                                                              Such a brat  


“So, why don't you tell me?
Why don't you tell me?
Why don't you tell me the truth about you?”

(Tell me the truth – Midnight Oil)


Doveva fare più o meno tre passi e mezzo per arrivare davanti alla venticinque, eppure sembravano due chilometri. No, non ce la faceva. Era più forte di lui!

Kurt, non fare il bambino.

Un passo in avanti.

Dai! Dai, ce la puoi fare! Ci sei quasi!

Bloccato. Il terrore se lo stava mangiando vivo. Ma poi, perché doveva essere terrorizzato?! Era un uomo adulto e responsabile che voleva no, non voleva, pretendeva delle risposte alle sue domande.

Facile no? No. Non era per niente facile.

Bussa a quella porta o mi autodistruggo.

Dopo un lungo e complesso sproloquio tra il soprano e il suo cervello, Kurt si decise a bussare a quella dannatissima porta di quel dannatissimo ragazzo.
Tuttavia, ad aprirgli non fu il riccio, ma un tipo dai capelli biondi, con grandi occhi grigi e decisamente più alto del moro. Beh, quasi tutti erano più alti di lui.
Tutto quello che indossava era rigorosamente di marca, eppure l’abbinamento era davvero tremendo.

Spero per lui che si sia vestito al buio, oppure è veramente messo male. È perfino peggio di Oliver.

Kurt sentì un’espressione schifata farsi largo sul suo volto senza che potesse far nulla. Doveva smetterla di giudicare la gente dal modo di vestire. Non poteva accusare la gente di essere tremendamente superficiale per poi catalogare chiunque in base al modo di vestire.

- Si? – chiese il biondo, irritato.

Pure simpatico, però. Oh! Si, questo era quello che Blaine aveva definito il suo compagno di stanza di merda.

- Ciao, io sono Kurt. – fece il soprano, allungando una mano in direzione dell’altro, il quale la guardò un istante per poi tornare a fissarlo con fare seccato.

Ma che persona amabile! Chi l’ha educato? Un branco di scimmie?!

- Tate. –

Kurt ritirò la mano, passandosela dietro il collo, con fare imbarazzato.

- Piacere. C’è Blaine? – mormorò, abbassando gli occhi in direzione del pavimento non appena nominò il nome del riccio.
- Oh, guarda. Un altro amichetto. – rispose l’adorabile Tate, con una certa ironia nella voce. Il soprano abbassò lo sguardo, irritato dal comportamento dell’altro.

Lui non era un amichetto di Blaine. Almeno non quel genere che intendeva quell’imbecille che aveva davanti. In realtà, non era nemmeno un amico.
 
Non era proprio un bel niente!

- Non mi hai risposto. – fece Kurt, cambiando argomento.
- No. –

Ad ogni secondo che passava, il soprano si rendeva conto di quanto quel tizio fosse irritante. Blaine cominciava quasi a fargli pena. Passare più di un quarto d’ora con Tate doveva essere qualcosa di terribile.

- Ah. – disse semplicemente Kurt, guardandosi le scarpe. Che diavolo stava facendo ancora là? Perché non stava girando i tacchi?
- Ti serve altro?- sentì chiedere a quell’idiota che aveva davanti, il quale più il  tempo passava, più sembrava irritarsi.  
- No, grazie. -  disse Kurt, sfoggiando uno dei migliori sorrisi falsi presenti nel suo repertorio.
- Meglio così. – rispose quello, con un odioso ghigno sulle labbra, facendo per chiudere la porta.

Kurt rimase per parecchi secondi immobile a fissare la porta che aveva davanti, non preoccupandosi di quanto questo suo comportamento potesse apparire leggermente da fuori di testa a chiunque fosse passato per quel corridoio. Prese un respiro profondo per poi appoggiarsi con fare stanco contro il muro. Chiuse il gli occhi, portando la testa all’indietro, chiedendosi che cosa stesse ancora facendo là fuori. Aspettare che Blaine tornasse era del tutto fuori discussione. L’idea di passare per uno stalker non lo allettava più di tanto.

- Kurt? – sentì chiedere.
 
Il soprano alzò gli occhi, vedendo il riccio a pochi passi da sé.

- Oh! B… Blaine. Ciao. -

Il ragazzo gli si fece vicino, guardandolo per un attimo negli occhi, poi si voltò verso la porta e batté forte il pugno contro di questa. Insomma, non era un comportamento esattamente normale.
 
Kurt tentò di non andare nel panico, ma vedere Blaine prendere a cazzotti la porta non era molto d’aiuto. Non che credesse che avrebbe potuto picchiarlo nel caso in cui avessero parlato e l’argomento non gli fosse andato a genio… Però quei colpi sembravano proprio forti e sul suo bel visino sarebbero stati tanto dolorosi. 


- Tate, apri questa cazzo di porta!- Nessuna risposta. - Harris! -
- Perché non ti porti le chiavi, Anderson ?- si sentì replicare da dentro.

Il riccio poggiò la testa contro il legno. Kurt si chiese se Blaine si sarebbe accorto se lentamente fosse sgattaiolato in camera. Magari avrebbe pensato di aver visto male. Avrebbe fatto un favore ad entrambi, più al riccio che a sé stesso. Per non parlare del fatto che che quel poco che rimaneva della sua autostima sarebbe completamente andato a farsi friggere.

- La sfondo. Sai che lo faccio. – continuò il moro, battendo un pugno sulla porta.
- Fa pure. A mio padre non darà fastidio ospitarmi per qualche giorno nel suo attico a Manhattan. -
- Devo forse ricordarti che tuo padre ti ha sbattuto fuori di casa? – chiese Blaine, battendo con forza il pugno sulla porta.
- Bé, io vado. – disse Kurt, optando per l’essere educato.

Non ce la faceva, non poteva parlargli. Era più forte di lui.
E poi Blaine adesso era impegnato con il suo amorevole compagno di stanza, non poteva mica disturbalo. Per non parlare del fatto che la sua camera in quel momento lo richiamava come una calamita attira il magnete.
Il soprano mosse un passo quasi impercettibile in direzione della sua stanza, al che Blaine si voltò verso di lui.

- Aspetta. Dovevi chiedermi qualcosa? – chiese, fissando la porta.

Oh, ecco la rabbia che tornava. Si, doveva domandargli tante, tantissime cose da tanto, tantissimo tempo, ma qualcuno aveva deciso di giocare a “Facciamo rimbecillire Kurt”, perciò gli era stato lievemente difficile.

- No. –

Tuhai qualche problema, e io non ho intenzione di risolverlo. Gli fece presente il suo cervello, tanto per mettere fin da subito le cose in chiaro.

- Non dovrei dirlo… - disse il riccio, dando l’impressione di essere vagamente combattuto  - ma quel no, sembrava tanto un sì. Tate!-
- Che cazzo vuoi? –

Altro pugno. Ma di che era fatto quel tizio? Di adamantio? (Materiale che Kurt aveva da poco scoperto grazie alla fissazione di Oliver per i fumetti)

- Ci vediamo, eh… -

Tate aprì la porta, fissando lui e Blaine con sguardo infastidito.

- Se non fosse perché devo uscire, sappi che non ti avrei aperto. – fece questo, urtando Blaine e allontanandosi osservato dagli altri due, il riccio con fare annoiato, Kurt del tutto sconcertato.

- Divertitevi! – urlò, quando ormai la sua figura era sparita dietro l’angolo.
- Allora? – chiese il moro, rimanendo sulla soglia della porta.
- Niente. - Non provare neanche a tornartene in camera. - Beh, in realtà qualcosa ci sarebbe. –

Blaine abbassò la testa, annuendo. Rimasero per qualche istante così, poi il moro fece cenno a Kurt di venire dentro. Prima che potesse ripensarci, il soprano oltrepassò la porta ed entrò in camera dell’altro.

Sembrava quasi che Blaine fosse preoccupato, lasciando solo un vago ricordo del ragazzo sicuro che il soprano aveva conosciuto. Kurt cominciò a pensare seriamente che fosse stato tutto frutto della sua immaginazione.

- Suppongo che tu sappia per quale motivo io sia qui. – disse Kurt, massaggiandosi il braccio destro con la mano.

Blaine aprì la finestra per far cambiare l’aria, dato che quel meraviglioso ragazzo che era Tate evidentemente aveva appena finito di fumare, cosa che tecnicamente era vietata all’interno dei dormitori.

- Supponi male. – rispose il riccio, fissandolo dritto negli occhi.
- Blaine, smettila di far finta di niente. È successo qualcosa. Io ho fatto qualcosa. E ho bisogno di sapere cosa. –

Blaine si passò una mano fra i ricci liberi dal gel, scompigliandoli, se possibile, ancora di più di quanto già non fossero, nel disperato tentativo di trovare le parole adatte. Kurt lo guardava fare avanti e indietro per la stanza, aspettando una risposta che temeva non sarebbe arrivata. Il moro intanto, senza neanche accorgersene si era avvicinato a Kurt e, non appena se ne rese conto, indietreggiò alla velocità della luce, dando al soprano quasi la sensazione che non fosse mai accaduto.

 Oddio. Non è che quand’era ubriaco aveva tentato di stuprarlo, vero?
Quello, sarebbe stato un bel problema.

- Scusa la mia stupidità, ma proprio non ti seguo. -
- Io invece credo che tu sia fin troppo intelligente e per evitare l’argomento stia facendo finta di niente. – disse Kurt tutto d’un fiato.
- Non hai fatto proprio nulla. – disse infine, massaggiandosi le tempie.
- Ah, no? – domandò il soprano, ironico.

Blaine si voltò verso di lui, fermandosi improvvisamente, stando attendo a restare ben lontano dall’altro, il quale lo avrebbe volentieri assicurato che non mordeva, tuttavia, preferì restare in silenzio, aspettando un qualche responso da parte del moro.

- No. – rispose, con tono fermo e sicuro.

Kurt alzò un sopracciglio. Si, sulla fronte doveva aver attaccato una sottospecie di insegna al neon che diceva “Completo imbecille.”.

- Bene. – disse, portando poggiando le mani sui fianchi.

Il volto di Blaine si rasserenò immediatamente. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, per poi emettere un lungo sospiro di sollievo.

Allora non aveva capito proprio un bel niente!
Forse Anderson aveva ragione a dire di essere un idiota e fino a quel momento Kurt era semplicemente stato troppo distratto (non specifichiamo da chi)  per accorgersene.

- Stupendo. Abbiamo finito? – chiese Blaine, abbozzando un mezzo sorriso.

Kurt, tenendo gli occhi fissi in quelli dell’altro, raggiunse uno dei due letti della stanza, sperando fosse quello del moro (non lo allettava l’idea di poter essere contaminato dai germi carichi di stronzaggine di Tate).

Si sedette in modo che fosse abbastanza comodo, sotto lo sguardo confuso di Blaine.

- Finiremo quando mi racconterai la verità. – concluse infine.

Il riccio spalancò la bocca, a dir poco sconcertato.

- Ti ho già detto la verità! – ribadì, praticamente urlando, esasperato.
- Io non credo proprio.- fece Kurt, sbuffando sonoramente. Perché gli sembrava tanto che stessero girando attorno allo stesso punto da un’eternità? - Ti rendi conto che tutto questo non ha senso?! -
- A che cosa ti riferisci? –

Il moro si appoggiò alla scrivania vicina a Kurt, un po’ stordito.
Il soprano avvertì la forza di volontà abbandonarlo. Forse stava esagerando ad essere così tanto insistente. Ma lui non stava mica chiedendo con quanta gente fosse andato a letto Blaine l’altro negli ultimi anni! Aveva tutti i diritti di sapere che cosa lui avesse combinato.

- Blaine, ma dormi o cosa? Fino a qualche giorno fa non facevi altro che… -
- Che? – il moro si sporse in avanti, incuriosito. Era del tutto conscio di ciò che Kurt intendeva dire, ma voleva che dicesse quelle parole ad alta voce.

Certo! Facciamo morire Kurt d’imbarazzo, così ce lo togliamo dai piedi prima che possa fare lo stesso con me!

- Tu... si, insomma. Tu ci… provavi con me! – farfugliò il soprano, abbassando gli occhi sulle sue mani, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
 
Sentiva lo sguardo di Blaine addosso, ma non aveva assolutamente il coraggio di scoprire che cosa mostrasse la sua espressione.  
 
- Non dico che mi facesse piacere, ma vorrei capire perché hai cominciato ed evitarmi. -
- Io non ti evito. –

Kurt alzò di scatto la testa, chiedendosi se stesse scherzando. E va bene che passava metà della sua vita con le fette di prosciutto sugli occhi,  ma anche un cieco si sarebbe accorto che stava facendo in tutti i modi pur non doverlo affrontare. Affrontare, poi… Il soprano voleva soltanto parlare! Discutere come due persone civili ed adulte.

 Che cosa diavolo angosciava quel ragazzo? Cosa?! Quale enorme e insormontabile problema? Fino a poco tempo prima, quello che aveva da preoccuparsi ogni volta che si incrociavano era lui, dato che sembrava Blaine gli fosse sempre sul punto di saltargli addosso, perfino davanti a Rachel.

- Si, che lo fai! E smettila di contraddirmi! -
- Scusa! – rispose Blaine, alzando le braccia al cielo.
- Non scusarti! -
- Scusami se mi scuso eccessivamente! -  

Il riccio fece ricadere le braccia lungo i fianchi in maniera teatrale, come se fino a quel momento avesse sostenuto un peso abnorme.

- Okay! Andiamo avanti. Vuoi dirmelo oppure vuoi che mi accampi qui? – Kurt sperò che Blaine si arrendesse facilmente, perché solo il pensiero di vivere con Tate gli faceva  venire i brividi. - Vorrà dire che mi accamperò qui. – concluse, non ricevendo alcuna risposta dal moro.

Kurt si posizionò meglio sul letto, stendendo per bene le coperte  e incrociando le gambe, stando ben attento che i piedi non poggiassero sul copriletto.
Non era ancora del tutto certo di chi fosse quel letto, perciò meglio mettersi al sicuro.

- Fa come vuoi. – rispose il moro, prendendo un libro dalla scrivania accanto al letto sul quale stava Kurt.
- Blaine! -
- Si, Kurt. Dimmi. –

Il riccio alzò gli occhi al cielo, scagliando il libro sul letto, ma stando attendo che non colpisse l’altro, anche se Kurt pensava che il moro in quel preciso istante, se solo avesse potuto, glielo avrebbe tirato in testa molto volentieri.

- Qua quello che deve parlare sei tu. -
- Non ne vedo il motivo, perciò resta, vattene, tornate in Ohio. Fa lo stesso. – rispose il riccio, con tono freddo. Kurt si alzò, avvicinandosi all’altro.
- Blaine, ti prego. Non ti sto chiedendo tanto. Solo di sapere che cosa ho fatto. Sto seriamente impazzendo, ma non riesco a ricordare nulla della sera in cui siamo usciti. -
- Non hai fatto niente di male, davvero. – lo rassicurò il ragazzo.
Non sembrava stesse mentendo…
- Perciò fino ad ora non hai fatto altro che prendermi per il culo, giusto? Ho perso ore preziosissime del mio tempo per farmi prendere in giro! Sono proprio un idiota! Lo sapevo, io… -
- Kurt! Calmati, non ti ho preso in giro. Ti trovo davvero molto attraente. –

Gli occhi di Kurt si spalancarono improvvisamente alle parole dell’altro.
Gli aveva apertamente detto che lo trovava attraente? Non aveva sentito male, vero?

- Eh? Co… cosa? Io… ah-a. Certo, sicuro… -

Kurt, porca misera! Smettila di fare il bambino. Sei una persona matura, che deve riuscire ad affrontare un discorso da adulti. Ce la fai, no?

Nonostante l’avvertimento del suo cervello, il soprano continuò a balbettare frasi sconnesse sotto lo sguardo divertito di Blaine, che pareva avesse appeso al chiodo per qualche istante la sua nuova maschera di indifferenza

Lascia perdere. Come non detto, fa finta che io non esista, okay?

- Dico sul serio. – disse facendo scorrere lo sguardo lungo la figura del soprano.
- Si, comunque. – fece Kurt, tentando di darsi un contegno. - Io proprio non ti seguo. Dici che io sono… quello, quindi ti sei accorto di quanto sia petulante? Infantile? Noioso? Stupido? Poco interessante… -
- Kurt. – lo interruppe, prendendolo per le spalle. Il soprano si bloccò sul posto, cessando immediatamente di respirare, muovere un qualsiasi muscolo. Sentiva il tremendo bisogno di sbattere le palpebre, ma come al solito lui e il suo cervello non erano d’accordo.  – Semplicemente non possiamo. -
- Ma non possiamo cosa? – chiese confuso.

Okay, adesso si sentiva ancora più stupido di quanto già non sapesse di essere. Per quanto continuasse a ripetersi le parole di Blaine, proprio non vi trovava un senso logico.

- Non possiamo uscire insieme! – rispose il moro, mollando bruscamente la presa dalle spalle di Kurt, il quale per poco non cadde a terra di faccia.

Mancava soltanto che cadesse e la sua immagine di ragazzo patetico sarebbe stata finalmente perfetta. Anche se, in effetti, aveva già perso la sua dignità. Un’altra brutta figura non avrebbe cambiato molto la situazione. 

- Oh… - ci pensò un attimo, poi aggiunse. - Ma, aspetta! Sei stato tu a chiedermelo! -
- Lo so. -
- E allora? – chiese Kurt, avvicinandosi all’altro. Sentiva che c’era vicino, stava riuscendo a farlo confessare!
- Io non… Tu sei… - sbiascicò Blaine.
- Io sono?-

Kurt gli si fece più vicino, tentato di posargli una mano sul braccio nel tentativo di rassicurarlo, ma non ne ebbe il coraggio. Semplicemente gli rimase accanto, invitandolo ad andare avanti.

- Niente. – disse Blaine, infine.

Kurt sentì un qualcosa simile ad una delicatissima vampata di fuoco crescergli dentro, pronta ad uscire per arrostire il ragazzo che aveva davanti, cuocendolo a puntino.

- Anderson, porca misera! – urlò Kurt, prima ancora che se ne accorgesse.
Beh, non l’aveva arrostito, ma  sicuramente gli aveva danneggiato irreparabilmente i timpani.

- Kurt, lascia perdere! - fece, dirigendosi verso la porta, invitando il soprano a lasciarlo stare. Kurt invece si tirò le maniche della camicia fino ai gomiti, più agguerrito che mai.

- Eh, no. Te l’ho già detto non la smetterò finchè… -
- Cazzo, sei vergine! -
- … non mi dira… Come? - 
- Sei. Vergine. – ribadì Blaine. Kurt lo guardò confuso. E chi gliel’aveva detto?
- Io? –
- Tu che dici? – chiese, con un sorriso di scherno sul volto.   
- E quindi? C’è tanta gente vergine… e comunque io non lo sono. -

Blaine lo guardò con una strana espressione in volto, come se non avesse capito quello che gli aveva detto. Eppure a Kurt era parso che stesse parlando in inglese, non in aramaico antico.

- Ma avevi detto che… -
- Ma che ti aspettavi? Ero ubriaco! – lo interruppe il soprano, ridendo di fronte all’espressione allibita dell’altro.
- Okay. Quindi non sei vergine. -
- No. Sai, non ti facevo il tipo che si attacca all’oroscopo. -





Tea's Corner:

MERRY CHRISTMAS!
Okay, non so ancora come abbia fatto a postare questo capitolo, ma... cacchio ce l'ho fatta xD
Spero che sia di vostro gradimento e se vi fa piacere, vedetelo come un mio piccolo pensierino per Natale :D

Ancora tanti, tanti auguri

A martedì

Tea (:

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Capitolo 12
*** Misunderstandings ***


Chapter 12:
  Misunderstandings


“When you see my face.
Hope it gives you hell, hope it gives you hell.
When you walk my way.
Hope it gives you hell, hope it gives you hell.”

(Gives you hell – All American Rejects)


- Oroscopo. –
- Si. Oroscopo. Perché? –

 
Il ragazzo non rispose alla domanda del soprano, semplicemente guardava il vuoto. Eppure non gli sembrava di aver posto una domanda troppo complicata.
 
- Blaine, stai bene? – chiese Kurt, cominciando a preoccuparsi seriamente per la salute mentale dell’altro.


- Tu sei vergine. -
- No, sono capricorno! – disse alla fine, annoiato dal fatto che stessero girando attorno ad una idiozia del genere da fin troppo tempo. – Aspetta. –


No, doveva essere il suo cervello che gliaveva giocato un brutto, brutto, bruttissimo scherzo.

Nella stanza era nuovamente calato un tremendo silenzio.

- Oh. Tu intendevi… – mormorò il soprano.
- Già. -
- Quello. -
- Si. – disse Blaine, accompagnando le sue parole con un cenno della testa.
- Io credo… si, credo sia meglio che vada. -
- Kurt, aspetta.-

Al contrario, il soprano si precipitò fuori dalla porta. Non si era mai imbarazzato così tanto in tutta la sua vita.  Come poteva essere stato così tanto sciocco?
Come?

Si chiuse in camera che come al solito da un po’ di tempo a questa parte era vuota e fregandosene delle creme, indossò il pigiama e si mise sotto le coperte, coprendosi fin sopra la testa. Voleva soltanto sparire dalla faccia della terra. Era troppo? Questione di qualche annetto, giusto il tempo di riprendersi. Magari nel frattempo sarebbe rinsavito. No, così pretendeva troppo…


 
 
- Kurt? –

Nessuna risposta.

- Kurt? Svegliati. –
- Papà altri cinque minuti. – sbiascicò il soprano.

Perché non poteva mai dormire quanto cavolo piacesse a lui?
Doveva averlo colpito una qualche maledizione…

- Sono Rachel! -  strillò la ragazza, con voce acuta, la quale fu un vero toccasana per il delicato udito del soprano.

- Rachel, altri cinque minuti. – borbottò Kurt, anche se soltanto il soprano, e forse neanche lui, capì cosa avesse detto.
- Secondo te si è fatto di qualcosa? –

Per quale motivo quella tipa stava parlando da sola? No, quello non era un suo problema, lui doveva solo preoccuparsi di riprendere a dormire.

- Kurt. –

Va bene, non l’avrebbe lasciato in pace.
Tanto valeva che alzasse bandiera bianca e si decidesse a svegliarsi. Probabilmente se non l’avesse fatto, presto si sarebbe trovato al freddo e al gelo, dato che era già successo che Rachel in preda ad una delle sue adorabili crisi isteriche buttasse a terra lenzuola, copriletto e per poco lui stesso.

- Su Kurt, alzati. C’è tuo fratello.-
- Io non ho fratelli… - disse, tentando di aprire gli occhi con tutte le sue forze.
- E io che cosa sono?! – urlò qualcun altro.

Bene, la buona notizia era che Rachel non era impazzita, o almeno non fino al punto di parlare da sola.

-  Non gridare, Finn. – borbottò il soprano, mettendosi seduto. Un momento. - FINN! -
- Dovrei essere offeso, ma sono troppo felice di vederti per esserlo. – disse l’altro ragazzo, stritolandolo fino a togliergli il respiro.
- Cosa…? Quando…? Ma come…? – chiese Kurt, non appena riprese a respirare normalmente.
- Calmati! – rispose Rachel, guardando con sguardo adorante il suo ex (Kurt non era certo che fosse ancora così) ragazzo. – E’ arrivato ieri sera, ma non ti abbiamo trovato in camera.- continuò la ragazza, quasi… rimproverandolo? In effetti era stato un cattivo ragazzo.

Doveva immaginarsi che la sera precedente si sarebbero presentati quei due in camera sua. Come aveva fatto a non pensarci?!

- E… come siete entrati? -
- Ci ha aperto, ehm… Oliver? – disse Finn, girandosi verso la ragazza, non essendo sicuro di aver azzeccato il nome del coinquilino di Kurt. La ragazza annuì con un sorriso che partiva dall’orecchio destro e arrivava al sinistro. C’era davvero troppo zucchero in quella camera.

- Giusto. E adesso dov’è? -
- E’ sceso a fare colazione. – fece Rachel, degnando Kurt di un minimo di attenzione.
- Colazione? -
- Si, sai è quel pasto che si fa la mattina… - disse Finn.

Il soprano sperò seriamente che stesse scherzando, ma dalla sua espressione non sembrava esattamente ironico. Tuttavia doveva ammettere che sì, suo fratello gli era mancato.

- Grazie per avermi illuminato sull’argomento. Mi erano mancate le tue perle di saggezza. –
- Se vuoi andiamo… - propose Finn, facendo un passo indietro.
- Scherzavo! Scherzavo. – rispose immediatamente il soprano, sporgendosi un po’ troppo in avanti e quasi cadendo dal letto.

Tutti scoppiarono a ridere, a eccezione di Kurt il quale in realtà non capiva nemmeno che cosa ci fosse di così divertente, ma era tuttora più nel mondo dei sogni che sul pianeta terra per farsi delle domande così complesse.

- A proposito di colazione, io sto morendo di fame. -
- Se è rimasto ancora qualcosa a mensa posso prepararti il pane con la banana… - mormorò Rachel, tenendo gli occhi bassi mentre Finn le sorrideva teneramente.
- Sarebbe… sarebbe fantastico. –
- Si, bene. Scusate l’intrusione. Se volete vi lascio la stanza. – disse sarcastico il soprano. Magari era il caso che li lasciasse soli, poverini avevano bisogno di un po’ di privacy e lui gliela stava negando!

Del resto non erano stati loro a piombargli in camera, non erano stati loro a svegliarlo nonostante lui volesse dormire, non erano loro che si scambiavano sguardi e commenti smielati davanti a Kurt.
No, era tutto frutto della sua immaginazione.
 
- Ah, giusto. Kurt, ciao!- disse la ragazza, arrossendo improvvisamente. - Ben svegliato comunque. -
- Che ore sono? – chiese Kurt, stropicciandosi un occhio.
- Mh, le sette e mezza. -
- Le sette e mezza? Non è suonata la sveglia! – sbraitò, balzando in piedi, per una volta non inciampando in niente o nei suoi stessi piedi.
- Si, è suonata invece. Ma a quanto pare è riuscita solo a svegliare Oliver. Poverino, aveva l’aria distrutta. -
- Probabilmente ieri sera sarà tornato tardi. – commentò il soprano, con aria assente.
- Probabilmente? – chiese Finn, tentando di alzare un sopracciglio, ma senza successo.
- Sono andato a letto presto, non so quando sia tornato. –

Rachel riprese a ridere. Era una sua impressione oppure  da quando era arrivato Finn aveva smesso di piangere? Se l’avesse saputo prima, avrebbe chiamato suo fratello sin dal primo istante, invece di ascoltarla ripetere le stesse cose come un disco rotto.

Continuava a volerle molto bene, naturalmente. Era una persona davvero adorabile… quando non aveva alcun genere di problema. In quel caso, si trasformava in una delle persone più ingestibili che Kurt avesse mai avuto il piacere di conoscere.

- Kurt, hai una vita sociale pari a quella di un pesce rosso. – disse Rachel, ridacchiando.
- Non è vero! -
- Vorresti contraddirmi? -
- In effetti… - cominciò a dire il soprano, prima che Finn lo interrompesse.
- Ragazzi, ragazzi. Calma. Vi dispiace se ci catapultassimo in mensa? Ho un buco nero al posto dello stomaco. -
- Certo! Dai, Kurt. Datti una mossa!- lo rimproverò Rachel. Kurt inarcò un sopracciglio, mentre lei continuava a fissarlo, aspettando che facesse qualcosa.
- Certo, mia signora e padrona. – disse ironico, dirigendosi verso il bagno.
- Ecco, così si ragiona. Ti ho già scelto l’outfit perfetto. -
- Rachel. – fece bloccandosi sul posto. Lei aveva messo mano ai suoi vestiti. Si era permessa di toccarli senza che lui ne fosse al corrente. Lo stava prendendo in giro. Kurt sentì il tremendo bisogno che qualcuno gli dicesse che stava scherzando. - Tu. Tu rovisti tra la mia roba? -
- Mi pare ovvio. -
- A  me mica tanto. – obbiettò il ragazzo,che stava per vomitarle addosso un centinaio di motivi che le avrebbero dimostrato il contrario.
- Invece di lamentarti sempre, datti una mossa!-
- Ah! – fece il soprano, alzando le braccia al cielo e arrende dosi di fronte a quel muro di gomma che era Rachel.
 
Prese il maglioncino rosso e i pantaloni neri che Rachel aveva scelto senza fiatare, oppure quella ragazza sarebbe riuscita a provocargli un tremendo mal di testa. Si rintanò in bagno, tentando di non andare fuori di testa, e uscendone pochi attimi dopo.

- Pronto. -
- Perfetto! Andiamo. –

Stavano per uscire dalla porta, quando Kurt ricordò la conversazione che aveva avuto con Blaine la sera prima. E se si fossero incontrati?

- Ragazzi, non ho molta fame. Andate, io vi aspetto qui, okay? -
- Fino a qualche giorno fa non eri tu quello che sosteneva che la colazione sia il pasto più importante della giornata? -
- Si, ma… -
- Niente ma! Vieni.- disse Rachel, prendendolo per mano e trascinandolo in corridoio.

Tutto sembrava apparentemente tranquillo, ma qualcuno sarebbe potuto spuntare in qualsiasi momento e lui non aveva alcuna intenzione di farsi vedere.
 
Avrebbe potuto strisciare a terra fino all’ascensore ma no, i suoi vestiti si sarebbero sporcati. Per non parlare del fatto che era in compagnia. Stava chiudendo la porta a chiave, quando trovò la soluzione. Finn era alto, fin troppo alto, e la sua figura riusciva a coprire perfettamente quella del soprano, avrebbe potuto rannichiarglisi accanto! In meno di due secondi, il soprano si ritrovò praticamente spalmato contro il fianco del fratello.

- Kurt? –
- Mh? -
- Che stai facendo? – chiese Finn, lievemente stralunato a causa del comportamento dell’altro.

Giusto, Kurt solitamente non amava il contatto fisico e l’aveva chiarito fin da subito all’altro.

- Mi… mi sei mancato tanto! - balbettò in risposta, preferendo rimanere ben coperto che imbarazzarsi un po’ pronunciando quelle parole ad alta voce.
Finn gli sorrise teneramente per poi dargli una “leggera” pacca sulla spalla.


 
La mensa era praticamente deserta.
La maggior parte dei ragazzi era particolarmente mattiniera, perfino più di Rachel, perciò già alle otto e mezza del mattino il cibo era quasi del tutto sparito.
 
C’era ancora qualcuno che leggeva mentre terminava la propria colazione, qualcun altro che chiacchierava davanti al vassoio vuoto, altri ancora che non avevano l’aria particolarmente sveglia e consumavano il loro pasto con estrema lentezza.

I tre si avvicinarono al bancone dal quale Rachel riuscì a recuperare un cornetto integrale per sé e un panino con burro d’arachidi e marmellata per Finn.

- Non c’era neanche una banana. – gli aveva detto con aria dispiaciuta. Lui le aveva sorriso, dicendole
- Non preoccuparti, mi basta essere qui. –

Kurt non sarebbe sopravvissuto a tutto quello. Sentiva il tasso di glucosio nel suo organismo crescere a dismisura, senza accennare a fermarsi.

Invitò i due ragazzi a sedersi ad uno dei tavoli liberi, mentre lui prendeva la sua solita tazza di cereali e un latte macchiato, concedendo un po’ di pace alle sue orecchie che non ne potevano più di frasi zuccherose.

Per carità, lui era ad dir poco entusiasta che Finn fosse tornato da Rachel, che fossero felici, che si sarebbero felicemente sposati (si sperava che almeno questa volta fosse quella decisiva), che avrebbero avuto tanti bei bambini felici e che avrebbero passato insieme una lunga e felicissima vita l’uno accanto all’altra.
Era solo che aveva bisogno di un po’ di tempo per sé, per riflettere in pace e solitudine.

- Ehi! –

Parlando di solitudine…

Kurt si voltò lentamente in direzione della voce che aveva appena sentito, stando ben attento che il latte non fuoriuscisse dalla tazza.

- Oliver, buongiorno. – rispose al coinquilino, tentando di abbozzare un sorriso ma riuscendo ad ottenere una misera smorfia.
- Dormito bene? – chiese il ragazzo con un enorme sorriso sulle labbra. Quel ragazzo era davvero un santo. Riusciva a stare dietro a tutti gli sbalzi di umore di Kurt senza il minimo sforzo.

- Benissimo. Come un sasso. A proposito, scusa per la sveglia. -
- Figurati. È stata una fortuna. – rispose Oliver, con sguardo sincero. Kurt sorrise di rimando, cominciando a camminare verso il tavolo che avevano occupato Rachel e Finn.
- Stai con noi? -
- Ah, no… sono con Charlie. Volevo presentarvi, se per te non è un problema. -
Charlie. Il ragazzo che stava frequentando Oliver.

E chi se lo ricordava più ? Certo, il suo coinquilino non era mai in stanza e quando c’era aveva la testa piuttosto fra le nuvole, ma con tutti gli avvenimenti che erano accaduti in così poco tempo, Kurt si era del tutto dimenticato di Charlie.

- Nessun problema. Poso un secondo il vassoio. –

Kurt e Oliver si avvicinarono agli altri due, i quali stavano ridendo per una qualcosa che aveva appena raccontato Finn.

- Ragazzi, scusate un secondo. Ma Oliver vuole presentarmi… una persona. Arrivo subito. –

Quando il soprano si voltò per seguire il ragazzo, si ritrovò davanti Jackie con una… mela in mano? E da quando Jackie si nutriva di cose che non fossero estremamente grasse?!

- Kurt, da quanto tempo! – fece Jackie, sorridendo allegramente.
- Vi conoscete già? – chiese Oliver, guardandoli stranito.
- Certo! Lui è il migliore amico di Rachel. – rispose Jackie, con fare ovvio. Oliver la guardò confuso. – La mia compagna di stanza. – continuò con tono fintamente annoiato.
- Non ricorderò mai il suo nome… -
- Grazie, eh! – fece offesa Rachel, incrociando le braccia al petto.
- Scusami, scusami tantissimo! Oddio, non intendevo offenderti! –

Finn scoppiò a ridere, venendo immediatamente fulminato dalla ragazza, ma ben presto al ragazzo si unirono anche Oliver e Jackie.
Okay, che diavolo avevano messo nel latte quella mattina?
Fortunatamente, Kurt non aveva ancora consumato niente.

- Va bene. Ci sarà tempo per risolvere le incomprensioni. Dov’è Charlie? – chiese Kurt, cominciando a torturarsi le mani per il nervosismo.
- Kurt… ce l’hai davanti. – gli rispose il rosso, con ovvietà.

Non poteva essere perché l’unica persona che aveva davanti era Jackie e lei era una ragazza e Charlie non era una ragazza. Perché Oliver era gay e usciva con un altro ragazzo che si chiamava Charlie  e lui era una persona stupenda e rendeva il suo coinquilino felicissimo e quella situazione stava mandando Kurt in tilt.

- Un attimo. Lei è una ragazza. E poi… lei… lei è Jackie!-
- Jackie?  No, Charlie. – lo corresse Oliver. No, quella era Jackie, non Charlie!
- Ragazzi, calma e sangue freddo. – disse Rachel, la quale si era alzata insieme a Finn, avvicinandosi al soprano.
- Deve esserci stato un malinteso. – continuò Jackie. -  Kurt, vedi… io mi chiamo Charlie. –

Oh. Questo aveva senso.
Quindi, Oliver non era gay e Jackie non era Jackie ma era Charlie e Charlie non era un ragazzo ma una ragazza.

BOOM.

-  Jackie è il mio soprannome. – spiegò, notando lo sguardo perso nel vuoto del soprano che forse, una volta per tutte aveva perso il suo cervello.  
- Charlie. – ripeté Kurt. - Perché…? -
- Perché mi faccio chiamare Jackie? Il mio cognome è Jackson e non ho mai apprezzato particolarmente il mio nome. Oliver ha sentito la signora Simmons chiamarmi Charlie – concluse Jackie. O Charlie.

Il soprano si chiese chi diavolo fosse la signora Simmons.
Troppi cognomi, troppi nomi, tutto troppo complicato per il suo cervello, per di più alle otto di mattina!

La portinaia, Kurt, la portinaia.

Come doveva chiamarla adesso?!

- Capisco. –
- Sicuro? – chiese Finn.
- Si, Finn. Sicuro. – rispose il soprano, lievemente irritato.
- Scusa, non sembrava. -
- Tutto chiarito? – chiese Ja.. Charlie.
- Ho solo una domanda. – disse Kurt, voltandosi verso di lei.
- Spara. -
- Come ti devo chiamare? – le chiese, con tono lamentoso.
 
Lei semplicemente gli sorrise per poi rispondergli.

- Jackie andrà benissimo. –

Kurt annuì alla ragazza, quando sentì un brontolio provenire dal suo stomaco.

- Scusate. – disse, un po’ imbarazzato.
- Kurt! – fece Rachel, con uno dei suoi acuti formidabili.
- Rachel! – le fece il verso.
- Tu non hai ancora mangiato! -
- Ma dai? Non ti sei accorta che ingurgitavo la colazione attraverso una fitta rete di cannucce invisibili? – disse il soprano sarcastico.

Finn lo guardò con la classica espressione che gli si stampava in volto quando non aveva capito una virgola.

- Non chiedermi di spiegartelo, perché non credo di aver capito neanche io. – gli fece Rachel, abbassando il volume, come se non volesse che il soprano ascoltasse la conversazione.
- Cosa volete da me? Nel mio corpo non c’è neanche una goccia di caffè! Come potete pensare che faccia un discorso coerente?! -

Kurt si sedette al tavolo, prendendo un sorso di caffè e avvicinandosi la tazza di cerea… no. Non c’erano più cereali, ma una pappa informe. Il soprano fece una smorfia vagamente disgustata quando tentò di mescolare il contenuto della tazza con il cucchiaio, il quale ormai aveva preso un colorito al quanto inquietate che sembrava tutto tranne che commestibile.

- Credo prenderò qualcos’altro. -


 
Avendo terminato la colazione, i ragazzi pensarono di risalire alle loro camere per poi uscire a fare una passeggiata tutti insieme. Non che l’idea allettasse particolarmente Kurt, il quale sarebbe stato “quello in più”, perciò aveva tentato in tutti i modi possibili ed immaginabili di trovare scuse per evitare di uscire.

- Devo riordinare! – aveva fatto presente, al che Rachel l’aveva guardato scocciata.
- La tua camera è  perfettamente ordinata. - 
 
Aveva provato a dirgli che non si sentiva tanto bene.

- Vedrai che con un po’ d’aria fresca passa tutto! – gli aveva detto Oliver.

Al quinto tentativo, si lasciò convincere, anche se per nulla contento.
Arrivarono di fronte all’ascensore, davanti al quale aspettavano già tre ragazzi, perciò Kurt ed Oliver optarono per usare le scale, dato che dovevano salire solo un piano per arrivare alla loro stanza.

- Jackie, eh? – chiese il soprano, sorridendo all’amico.

Oliver arrossì lievemente, abbassando la testa e annuendo. Poco dopo vi fu un cambiamento nell’espressione del ragazzo, il quale si voltò verso Kurt con sguardo interrogativo.

- Kurt, posso chiederti una cosa? -
- Dimmi.  -
- Prima hai detto “Lei è una ragazza”, cosa intendevi? –

Ah-a. E adesso? Kurt sviò lo sguardo da quello curioso di Oliver, cercando di capire cosa fosse più giusto fare.

- Oh, niente. – borbottò il soprano, vagamente affannato per via delle scale. Non appena arrivarono al loro piano, Kurt accelerò il passo, sperando che Oliver lasciasse cadere la conversazione.

- Aspetta! Tu… pensavi fossi gay? – chiese, con un sorriso divertito sulle labbra.

Probabilmente Kurt avrebbe risposto, oppure no. Sta di fatto che non ne ebbe la possibilità, poiché fu distratto da qualcuno che stava per chiudere la porta della venticinque.

- E la prossima volta che tenti di saltarmi addosso, giuro che ti tiro un pugno! – disse un ragazzo alto e biondo (palesemente ossigenato).

Saltare addosso? Non gli risultava che Tate fosse gay, soprattutto dopo i commenti sarcastici che aveva fatto riguardo “gli amichetti di Blaine”. Perciò per esclusione…

Perso com’era tra i suoi pensieri nemmeno si accorse che quel tipo gli era andato a sbattere contro.

- Oh mio dio, scusami! -
- Figurati. – rispose il soprano, vagamente irritato.

Chi era quel tizio? Che ci faceva in camera di Blaine e soprattutto perché il riccio gli era saltato addosso?! Il ragazzo continuò per la sua strada, sbandando qualche volta, non perfettamente lucido, seguito con dallo sguardo irascibile del soprano.

Incazzato.

Kurt era incazzato e non c’erano altri termini per descrivere il suo stato d’animo.
 





Tea's Corner:

Buon anno :D

Sono in ritardo. Lo so. Scusate se ieri non sono riuscita a postare il capitolo, ma proprio non ce l'ho fatta.
Chi sarà il misterioso ragazzo che esce dalla stanza di Blaine? 
Per la cronaca, a Kurt non interessa. 
No, no. Per niente. 

P.s. la prossima settimana non potrò postare ):

Tea (:
 

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Capitolo 13
*** Just Good Friends ***


               Chapter 13:              

Just good friends


 
“Oh and I can't stand what I'm feeling.
 It’s just like poison in my veins.”

(Jealousy – Darren Criss)



Kurt era la felicità fatta persona.
 
Trascorreva le sue giornate con un gruppo di esagitati che vivevano allegramente la loro vita tutta cuoricini. Per ben due volte erano andati al cinema. A vedere che? Commedie romantiche. Commedie. Romantiche. Kurt era persino arrivato al punto di implorare per vedere un horror e lui odiava gli horror!
 
Qualcun altro avrebbe potuto pensare che quella era una tattica per liberarsi del terzo in comodo, ma no! Kurt si scervellava nel cercare scuse per evitare di uscire, eppure sembrava che la sua presenza fosse fondamentale per gli altri.
 
Certo, serviva sempre qualcuno che prendesse i biglietti oppure ordinasse da mangiare mentre gli altri si scambiavano teneri sguardi. Beh, non era esattamente così: i ragazzi volevano davvero che Kurt uscisse con loro, soltanto che molto spesso (praticamente sempre) era accaduto che lo lasciassero un po’ in disparte.
 
Tuttavia, il soprano era da sempre stato abituato a guardare il lato positivo della situazione: passavano ore in giro per i centri commerciali della grande mela, facevano picnic a Central Park, visitavano musei e gallerie d’arte (per la gioia di Finn), ma soprattutto tutto questo l’aveva distratto dal pensare a Blaine.
 
Kurt doveva ammettere che l’aver visto quel tizio uscire dalla camera del riccio l’aveva infastidito, e non poco… però non era geloso. Perché non ha senso essere gelosi di una persona che a malapena si conosce! E comunque lui non lo era… e anche se lo fosse stato (cosa che non era), si immergeva talmente tanto nelle vite degli altri quattro che non se ne sarebbe neanche reso conto.
 
 
 
Quel lunedì, finalmente, cominciarono le lezioni, il che voleva dire niente più uscite quattro più uno o lunghissime giornate passate in camera a deprimersi.
 
- Figo! Inizio con la lezione di canto. Tu? – chiese Oliver, saltellando di giro per la stanza, mentre preparava la sua borsa.
- Storia del teatro. – rispose il soprano, annoiato. Quel giorno aveva solamente lezioni teoriche, neanche una di canto, danza o recitazione.
- Ah. E poi? -
- Teoria della danza. – continuò, con aria sempre più abbattuta.
- Oh… guarda il lato positivo, non ti devi spostare per andare a teatro. Le classi che devi frequentare tu sono tutte tra il sesto e il settimo piano. Io devo prendere un taxi fino a Broadway. -
- Povero. - disse con tono scocciato.
- Ehi, cerco solo di tirarti su di morale… -
- Scusa, Oliver. È solo che sono un po’ nervoso. –
- Tranquillo, amico. – rispose il ragazzo, sorridendogli.


Quel giorno sarebbe stato miseramente da solo.
 
Alla NYADA non aveva conosciuto nessuno se non Jackie, Oliver e… beh, Blaine.
 
Kurt si fece una doccia veloce, per poi cambiarsi e scendere in mensa per prendere un caffè. Il suo stomaco non avrebbe retto altro.
 
Giunse al sesto piano alle nove meno cinque, temendo terribilmente di arrivare in ritardo, e che per questo motivo il professore avrebbe potuto catalogarlo come un cattivo elemento e magari per questo non sarebbe riuscito ad integrarsi in classe e sarebbe rimasto solo e…
 
Porca miseria, Kurt! Smettila di auto-sabotarti, oppure lo faccio io! Gli sbraitò contro il suo cervello.
 
- Buongiorno, lei è? – fece il professore di storia del teatro.
 
Questo aveva un’immensa montagna di capelli bianchi e ricci, era abbastanza alto, relativamente magro, fatta eccezione per una pancia spropositata.
 
- Ehm, si. Kurt Hummel. -
- Oh, Hummel. Io sono il professor Bradley. Mi piacciono i ragazzi puntuali, prendi pure posto. – gli rispose, indicandogli uno dei tanti banchi che si trovavano nell’aula.
 
Non era andata poi così male, sembrava perfino che gli facesse simpatia. Si sedette in uno dei banchi in fondo. Avrebbe potuto accomodarsi accanto all’unico altro ragazzo che era nell’aula, il quale aveva già aperto il libro di storia del teatro e stava appuntando qualcosa su un quadernetto, ma non dava l’impressione di uno che gli avrebbe prestato molta attenzione.
 
 
Pochi minuti dopo entrò una mandria di ragazzi che rideva e scherzava, sotto lo sguardo severo di Bradley, il quale non sembrava particolarmente contento del comportamento di questi ultimi. Kurt si accinse a prendere quaderno per gli appunti, libro e matita dalla borsa, quando sentì qualcuno avvicinarglisi.
 
- Posso? –
- Certo. – rispose alla ragazza minuta (se l’avesse vista per strada le avrebbe dato quindici anni) che aveva davanti. Aveva dei lunghi capelli biondo-rossicci e occhi chiari, nascosti da una pesante montatura nera. La ragazza poggiò la borsa sul banco, cominciando a svuotarla.
- Io sono Kurt. -
- Daphne. – rispose, timida.
- Vedo che siamo tutti. Sono il professor John Bradley. – fece l’insegnante, mentre scriveva il proprio nome alla lavagna. – Come sapete questa è la classe di storia del teatro e dato che non amo particolarmente perdere tempo, desidererei iniziare subito. -
 
Nessuno in classe fiatò, semplicemente rimasero a fissare il professore


-  Aprite il vostro libro di testo a pagina quattordici. -
 
Il professore cominciò a spiegare fin da subito, partendo dal teatro nell’antica Grecia. Adesso, non che quello non fosse un argomento di per sé a dir poco entusiasmante, ma Bradley era riuscito ad addormentare un’intera classe che fino a pochi minuti prima pullulava di vita.
 
Gli unici che sembravano ancora prestare attenzione erano Daphne e il tipo che prendeva appunti già prima che iniziasse la lezione e che Kurt aveva scoperto si chiamasse Philip Mitchell.  Lui aveva tentato con tutto se stesso di stare attento ma aveva perso il filo del discorso quando Bradley aveva cominciato a parlare di un certo Sofocle a causa di una bellissima mosca che gli danzava elegantemente davanti.
 
Era sempre più interessante della lezione.
 
- Coraggio – si disse – manca solo… un’ora e un quarto. – notò Kurt, inorridendo alla sola idea di dover rimanere rinchiuso lì dentro per tutto quel tempo.
 
 
Quando suonò la campanella, salutò cordialmente Daphne e si scaraventò fuori dalla classe il più in fretta possibile. Prese il cellulare e digitò il numero di Rachel.
 
- Kurtsie! – rispose la ragazza, con tono allegro.
- Ehi, Rachel. -
- Come sta andando? -
- Mh, Bradley mi ha ucciso con un’interminabile spiegazione su qualche povero pazzo che scriveva miliardi di anni fa, ma per il resto tutto bene. Tu? -
- Solita vita. La July mi odia, la Tibideaux mi fa sanguinare le corde vocali e tra poco mi aspetta una fantastica  lezione di recitazione con quel tipo che solo perché ha ottenuto due ruoli a Broadway pensa di essere un attore. –
 
Kurt sbuffò, indispettito. Era lui quello che aveva bisogno di una mano, eppure Rachel era riuscita come al solito a portare l’attenzione su di sé. Ma di che cosa si sorprendeva? Stava parlando di Rachel.
 
- Chi sarebbe? -
- Il professor Brooks. Scusami, Kurt devo scappare. Ci vediamo a pranzo? -
- Penso di sì. Io tanto sono bloccato qui. -
- Giusto. In realtà speravo potessimo incontrarci in un locale qui vicino, magari… Comunque, ne parliamo dopo. Ti voglio bene! – disse prima di staccare.
 
Bene, aveva ancora un quarto d’ora prima che iniziasse la lezione successiva. Il che voleva dire che doveva affrettarsi a raggiungere il settimo piano. Chiamò l’ascensore e non appena le porte si aprirono vide che era già occupato da quattro ragazzi dei quali nessuno sembrava intenzionato a scendere.
 
Kurt sospirò, avvicinandosi ai tasti per schiacciare il settimo. Notò che erano già selezionati il sesto, il quinto e il secondo. Sperò che l’ascensore salisse al settimo piano, ma naturalmente non lo fece. Soltanto dopo che tutti gli altri ragazzi furono scesi, l’ascensore salì al settimo piano.
 
La lezione si sarebbe tenuta alle undici e trenta ed erano… le undici e trenta. Si mise a correre lungo il corridoio e per la fretta nemmeno si rese conto di aver superato la classe, perciò il più velocemente possibile tornò indietro, trovando la porta miracolosamente aperta.
 
Seduta alla cattedra c’era una donna di mezza età dall’aria impettita, dai capelli neri acconciati in un perfetto chignon, con guance scavate e lunghissime ciglia… finte.
 
- Salve, sono Kurt Hummel. -
- Prenda posto, signor Harper. –
 
Kurt aprì la bocca per replicare, tuttavia decise di lasciare correre. C’era qualcosa che gli diceva che anche se le avesse ripetuto il suo cognome non l’avrebbe ascoltato comunque.
 
Si sedette in uno dei pochi banchi in fondo alla classe che erano rimasti liberi. I primi erano praticamente vuoti a parte tre ragazze e  Philip, quello che aveva visto poco prima nella classe Bradley.  Kurt riprese il suo quaderno per gli appunti che era ancora perfettamente bianco, cominciando a scarabocchiare l’ultima pagina.
 
- Benvenuti alla classe di teoria della danza. Io sono la professoressa Coleman e quest’anno… -
- Scusi il ritardo! –
 
No. Eh, no aveva sentito male. Doveva aver sentito male. Non ebbe il coraggio di alzare gli occhi per accettarsi di essersi sbagliato, così continuò come se nulla fosse a disegnare.
 
- Che questa sia la prima e ultima volta, signor… -
- Anderson. -
- Anderson. Adesso prenda posto e veda di non interrompermi più.- disse la Coleman, con tono severo.
 
Kurt proseguì imperterrito a disegnare la sua opera d’arte, facendo finta di nulla.
 
- Ciao. –
 
Il soprano alzò gli occhi dal suo quaderno, incrociando quelli di Blaine, il quale si stava tranquillamente sedendo accanto a lui. Sentì il sangue fluirgli alle guance, perciò farfugliò un – Ciao anche a te. – e tornò alla sua opera.
 
Perché?!
 
Per quale motivo proprio a lui?! Aveva fatto di tutto per evitare quel maledettissimo ragazzo e adesso con una tranquillità disarmante quello gli si stava sedendo accanto come se nulla fosse.
 
Okay, magari il problema era soltanto da parte sua, ma questo non voleva dire che Blaine non dovesse rispettare la sua decisione. Non che Kurt lo avesse reso partecipe del fatto che non aveva più intenzione di rivolgergli la parola per la troppa vergogna, ma avrebbe potuto benissimo arrivarci da solo, no?!
 
- Stavo dicendo, quest’anno partiremo con lo studiare questa meravigliosa arte che è la danza. Esamineremo le tecniche del balletto e le loro applicazioni… -
 
Come aveva immaginato quel blocchetto per appunti non gli sarebbe servito a nulla se non a dare libero sfogo alla sua arte. In un’ora e un venticinque minuti, durante la quale la Coleman non aveva fatto altro che parlare senza centrare mai il punto del discorso, Kurt aveva disegnato un meraviglioso gattino, due paia di occhi, una farfalla e un fiore.
 
Davvero molto istruttivo.
 
In realtà, questa volta non aveva nemmeno provato a prestare attenzione alla lezione. Infatti, si era focalizzato completamente sull’ignorare il fatto che Blaine fosse a meno di dieci centimetri di distanza da sé. Sarebbe bastato un movimento impercettibile e le loro gambe si sarebbero toccate, ma del resto non poteva mica alzarsi e cambiare posto.
 
- Tu stai ascoltando? – chiese Blaine, tenendo gli occhi fissi sul suo libro.
- Se continui a parlare avrò qualche difficoltà. – rispose Kurt, acido.
- Scusami… - fece il riccio, lasciando cadere il discorso.
 
Kurt guardò l’altro con la coda dell’occhio. Non sembrava essere cambiato nulla dall’ultima volta che si erano visti. Niente più occhiate flirtose o commenti poco opportuni. Forse aveva subito una lobotomia... oppure, cosa che era decisamente più plausibile, era troppo occupato ad assillare quel tipo biondo ossigenato per continuare a corrergli dietro.
 
Meno male.
 
Blaine, sentendosi osservato, si girò in direzione di Kurt, il quale distolse immediatamente lo sguardo, arrossendo.
 
- Comunque no. Mi sono perso a :“Sono la professoressa Coleman”. –
 
Ovvero quando era entrato Blaine. Ma questo non c’entrava.
 
Il soprano vide un sorriso formarsi sulle labbra dell’altro e non poté trattenersi dal fare lo stesso. Quel ragazzo era in grado di rovinargli la giornata con la stessa facilità con la quale riusciva a rendergliela fantastica. Blaine gli faceva male. Tanto male.
 
- Ah, si chiama Coleman? – scherzò Blaine.
 
Kurt rise, forse un po’ troppo forte, dato che la professoressa si voltò immediatamente nella sua direzione, lanciandogli un’occhiataccia. Il soprano abbassò lo sguardo immediatamente, sentendo Blaine sghignazzare accanto a lui. Lui nemmeno se ne rese conto, eppure il suo pugno si scagliò con velocità a forza sul fianco dell’altro. Il riccio si portò una mano davanti alla bocca, cercando di trattenere il piagnucolio provocatogli dal colpo di Kurt. 
 
- Oh, scusa. – fece il soprano, con finta innocenza.
- Ah-a. –
 
Forse era stato un po’ eccessivo dargli un pugno, ma Kurt poteva giurarlo non l’aveva fatto di sua spontanea volontà! Fatto sta che Blaine non gli stava più rivolgendo la parola.
 
Era meglio così.
 
Non si era ancora ripreso dalla tremenda figuraccia fatta con il moro e probabilmente non l’avrebbe fatto mai. Doveva cominciare ad abituarsi a questo silenzio, nonostante gli pesasse più di quanto avesse potuto immaginare.
 
- Che stai disegnando? – chiese Blaine, facendosi leggermente più vicino. Kurt istantaneamente si allontanò, passando dallo stare praticamente sdraiato sul tavolo all’essere seduto perfettamente composto.  
- Sta attento alla lezione. – lo riprese il soprano.
- Si, certo. Quindi? -
- Non vedi? – borbottò Kurt, sbuffando.
- Ehm, ho bisogno dell’interprete. -
- Anderson, vuoi un altro pugno? – chiese Kurt, irritato. Tuttavia, stranamente Blaine non sembrava particolarmente spaventato dalla sua minaccia. Si stava trattenendo dal non ridergli in faccia, ma che carino. Ecco una motivazione in più per eliminare quell’individuo dalla sua vita.
- Anderson e … ? – chiese la Coleman, dirigendosi nella loro direzione, ma fermandosi ad una certa distanza, guardandoli irritata come se l’avessero insultata.
- Hummel. – rispose il soprano, con aria mortificata.
- Anderson e Harper. Siete gentilmente pregati di smetterla immediatamente. –
- Si, Harper smettila. – sussurrò Blaine.
- Oh, anche tu no. – rispose Kurt con tono lamentoso. – Hummel. Non Harper.-
- Kurt Hummel. Suona bene. – mormorò il riccio, passandosi una mano sul cemento armato che aveva sulla testa. - Bene. Sto lentamente raccogliendo materiale. – fece il riccio, con noncuranza.
- Per fare che? -
- Naturalmente per stalkerarti. – rispose, serio.
 
Kurt rimase immobile, chiedendosi come diavolo dovesse replicare a quella affermazione. Doveva ridere? Rispondere sarcasticamente? Dargli qualche altro pugno? Quelli gli avrebbero fatto bene… magari non fisicamente.
 
- Kurt. Sto scherzando. -
- Io l’avevo… io l’avevo ca… capito. – balbettò il soprano, tornando ai suoi disegni.
- Non ne dubito. –
 
Per il resto dell’ora Blaine continuò a fare commenti riguardo i disegni di Kurt, il quale più e più volte lo minacciò di prenderlo di nuovo a cazzotti.
Alla fine della lezione il soprano mise velocemente i libri dentro la borsa, non preoccupandosi di riporre la matita nell’astuccio come faceva sempre, semplicemente gettando tutto quello che si trovava sul banco all’interno dello zaino. Questa volta aveva tanta fretta.
 
- Ehi, Kurt aspetta. – gli disse Blaine, seguendolo a ruota fuori dalla classe. – Lo so che non abbiamo iniziato nel migliore dei modi... -
- Abbiamo. – sottolineò il più alto, inarcando un sopracciglio.
- Comunque. – fece l’altro sviando lo sguardo da quello di Kurt – Potremmo essere comunque amici. Qui praticamente non conosco nessuno, l’unico contatto umano che ho è con Tate e non è neanche il massimo quindi… -
- Quindi visto che non conosci nessuno ti accontenti di uscire con me? -
- Non “uscire”. – lo corresse Blaine.
- Cosa? Oh! No, volevo dire stare… no, neanche. Avere rappor… AH! Vuoi essere mio amico solo perché non conosci nessun altro?! – urlò alla fine, in preda ad una crisi isterica.
- No... -
- E allora per quale motivo? -
- Perché sei… simpatico. – fece  il riccio, sorridendogli.
 
Chi sei tu e che cosa ne hai fatto di Blaine Anderson?!
 
- Simpatico. – ripeté il soprano, incrociando le braccia al petto.
- Si. -
- Poco fa ti ho tirato un pugno e adesso mi dici che sono simpatico. -
- Direi che me lo sono meritato. -
- Per quanto mi piacerebbe poterti dire che hai ragione, non credo che si picchi la gente se non si è capaci a disegnare. -
- Non mi riferivo a quello. – gli disse Blaine, guardando Kurt dritto negli occhi. Quel giorno avevano assunto delle meravigliose sfumature ambrate, le quali sembravano addolcire lo sguardo del moro.
 
Kurt, stiamo parlando di Blaine. BLAINE.
 
- Ah, beh allora hai ragione. Ci vediamo. –
 
Kurt prese il cellulare, avviandosi verso l’ascensore. Il soprano stava componendo il numero di Rachel, quando sentì una presenza dietro di lui.  Si voltò di scatto, trovandosi a pochissima distanza da Blaine, il quale indietreggiò all’istante.
 
- Pensavo scherzassi quando dicevi di volermi stalkerare. –
- Ehi, Mr. Egocentrismo, scusami se per andare in camera devo fare la tua stessa strada. – rispose Blaine, con un velo di irritazione nella voce. Va bene, Kurt era stato un tantino maleducato… Anche se tecnicamente faceva tutto parte del suo piano per allontanare il moro. Tutto quello che faceva Kurt era perfettamente calcolato. Tutto.
 
L’importante è che ne sei convinto tu…
 
- Scusa… - mormorò il soprano.
- Come? Non ho sentito. – chiese Blaine, con un ghigno malefico sul volto.
 
Brutto bastardo.
 
- Ho detto scusa. -  ripeté Kurt, questa volta ad alta voce, ma stando ben attento a non guardare il riccio. Sentì quest’ultimo ridere, per poi superarlo. Questa volta fu il soprano a seguire Blaine, il quale però fece finta di nulla e continuò per la sua strada.
 
Salirono in ascensore, rimanendo in religioso silenzio. Fortunatamente non erano soli, altrimenti sarebbe stato ancora più imbarazzante di quanto già non fosse.
 
- Che fai a pranzo? – domandò il riccio, mentre apriva la porta della sua camera.
- ODDIO RACHEL! – strillò Kurt, prendendo immediatamente il cellulare dalla borsa e digitando il suo numero. Blaine rimase a guardarlo divertito, con la chiave ancora inserita nella toppa e la mano sulla maniglia, pronto ad aprire.
 
- Kurt. – rispose Rachel pochi attimi dopo, con voce fredda, no. Glaciale.
- Rachel! Scusami, sono appena uscito dalla classe della… della… - fece  Kurt, non ricordando il nome della professoressa che aveva appena tenuto la lezione.
- Coleman. – suggerì Blaine.
- Grazie, Coleman… -
- Kurt. – lo interruppe la ragazza, la quale sembrava perfino più infastidita di prima. Questo non era proprio un buon segno…
- Si? – chiese, lasciando trasparire il timore che lo stava letteralmente attanagliando.
- Se avevi altri programmi bastava dirlo! – sbraitò la ragazza.
 
Il soprano allontanò il telefono dall’orecchio, in preda ad un dolore lancinante.
 
Devo ricordarmi di abbassare il volume o finirò sordo prima dei trenta.
 
- Eh? – chiese, confuso.
- Se avevi intenzione di pranzare con Anderson potevi mandarmi un messaggio invece di avvertirmi adesso. -
- Rachel io non avevo intenzione di pranzare con nessuno. Abbiamo finito in ritardo, ecco tutto. –
 
Per una volta che gli diceva la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità, lei non gli credeva (non che le mentisse spesso… però con Rachel a volte era necessario). Perché niente andava mai come diavolo andasse a lui?!
 
- Comunque adesso sono con sono con Finn, non scomodarti a raggiungerci. -
- Tutto apposto, allora? – chiese Kurt con voce speranzosa.
- Apposto. – ribadì lei, apparentemente serena.
- Ti voglio bene. -
- Anche io. Ci vediamo stasera, okay? -
- Perfetto! A più tardi. –
 
Kurt riattaccò, per poi voltarsi verso il moro, il quale era rimasto davanti alla porta, godendosi lo spettacolo.
 
- Quindi? – domandò Blaine, aprendo la porta della sua stanza.
- Cosa? -
- Sei libero? -
- Niente alcolici? –
 
L’espressione di Blaine si fece immediatamente preoccupata.
 
Ecco, adesso ritira tutto.
 
 - Assolutamente niente alcolici. – concluse, tentando di apparire il più tranquillo possibile.
- Sono libero. –
 


Tea's Corner:

Hello! 
Mi sembra un secolo che non pubblico xD 
Beene, i corsi sono iniziati e pare che Kurt e Blaine comincino ad avere una relazione civile... 

Ringrazio tutti quelli che hanno la pazienza di leggere e di commentare :D

A martedì prossimo

Tea (:

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Capitolo 14
*** Immature ***


                    Chapter 15:
                   Immature

 
“ But take your time, think a lot,
Why, think of everything you've got.
For you will still be here tomorrow,
but your dreams may not.”
( Father and son – Cat Stevens )
 


Kurt si avvicinò alla signora Simmons, prendendole la scatola dalle mani.
 
Notò che il mittente era suo padre. Non gli aveva detto che gli avrebbe spedito un pacco. Stava per aprirlo, quando si rese conto del fatto che se l’avesse fatto si sarebbe distratto e probabilmente i suoi piani sarebbero andati in fumo. Perciò, non poteva. Aveva bisogno di riflettere e aveva bisogno di farlo adesso. Quel pacco avrebbe potuto aspettare ancora un po’.
 
- Posso lasciarglielo ancora per un’oretta? Adesso dovrei proprio uscire… -
- Ha telefonato tuo padre poco fa per chiedere se fosse arrivato. – lo interruppe la signora Simmons. – Stavo per  chiamarti per consegnartelo. – continuò la donna.
 
Okay, questo Kurt l’aveva capito. Le stava soltanto chiedendo di tenerlo ancora un po’, perché risalire in camera avrebbe potuto significare due cose: incontrare Blaine oppure Rachel e Finn e no, non era possibile.
 
Nel primo caso, sarebbe stato come al solito molto, molto imbarazzante, nel secondo era probabile che l’avrebbero costretto a seguirli per andare in giro per New York e Kurt non era per nulla in vena di stare in compagnia di altri esseri umani.
 
- Si, è solo che… -
- Ha detto che devi aprirlo e poi chiamarlo. – insistette la signora Simmons, sorridendogli amorevolmente.
 
 
Quella donna aveva la capacità di apparire irritante e allo stesso tempo la persona più dolce della terra. Era a dir poco frustrante!
 
- Ha detto che è importante. – aggiunse, sedendosi alla sua sedia, attendendo una risposta da parte di Kurt.
 
Più che attendere una risposta, sembrava stesse aspettando che il ragazzo aprisse il pacco per scoprire che cosa ci fosse dentro e Kurt, per quanto gli stesse simpatica, non aveva alcuna intenzione di mostrarle il contenuto, almeno non prima che l’avesse visto lui.
 
- Va bene. – fece, sospirando. - Salgo in camera. Arrivederci. –
 
Kurt si voltò, dando le spalle alla donna quando si ricordò di non averla ringraziata.
 
- Oh, grazie mille! -
- E’ stato un piacere. – gli rispose dolcemente la donna, prima di tornare al suo lavoro.
 
 
 
Kurt chiuse la porta della sua camera, la quale fortunatamente era vuota.
 
Si sedette sul suo letto, guardando la scatola ancora incartata, chiedendosi che cosa suo padre gli avesse mai potuto mandare. Aveva preso tutto quello di cui aveva bisogno, non aveva lasciato niente a Lima, ne era più che certo.
 
Inoltre, la signora Simmons aveva detto che era importante.
 
Kurt avvertì il cuore cominciare a battere sempre più forte. Non doveva preoccuparsi, non c’era nulla di cui preoccuparsi. Giusto?
 
Doveva aprire quel maledetto pacco, prima che avesse uno dei suoi abituali ed assurdi attacchi di panico.
Si ritrovò tra le mani una scatola nera. Prese due respiri profondi e sollevò il coperchio, trovando finalmente… della carta per pacchi.
 
- Porca miseria! – strillò, sempre più nervoso.
 
Gettò a terra la carta, non preoccupandosi di dove andasse a finire, cosa che non era per niente da Kurt Hummel.
 
Guardò il contenuto per qualche istante senza capire di che cosa si trattasse. Tuttavia, l’illuminazione arrivò pochi attimi dopo: era una sciarpa color pervinca. Suo padre gli aveva regalato una sciarpa di cashmere.
 
Lui adorava quel genere di capo d’abbigliamento e adorava quel colore e adorava il cashmere, ma non si spiegava il motivo per il quale suo padre avrebbe dovuto fargli un regalo. Non era il suo compleanno e Natale era lontano, allora per quale santissimo motivo?
 
 
Suo padre non era mai stato il tipo di uomo che faceva qualcosa senza che ci fosse un valido motivo e per quanto il ragazzo cercasse di spremersi le meningi, proprio non ci arrivava.
 
Il suo cervello sarebbe scoppiato. Presto.
 
Estrasse la sciarpa dalla scatola e appena la sollevò sentì un profumo familiare pervaderlo.
 
- Non può essere. – mormorò, avvertendo un familiare bruciore agli occhi.
 
Prese il cellulare e compose il più in fretta possibile il numero di suo padre, anche se impossibilitato dalle lacrime.
 
- Kurt? – chiese l’uomo all’altro capo del telefono.
 
Kurt aprì la bocca, provando a parlare, tuttavia nessun suono ne uscì fuori.
 
- Kurt, ci sei? – domandò di nuovo Burt, con tono preoccupato.
- Papà… - mormorò il ragazzo, tentando di trattenere le lacrime.
- Tutto bene, ragazzo? -
- Si, si scusa… - fece Kurt, asciugando una lacrima ancora prima che potesse scivolare lungo la sua guancia.
- Hai ricevuto il pacco? – chiese Burt, quasi intimorito.
- Si. -
- Non so se ti possa far piacere, ma ricordo che qualche anno fa ti piaceva molto quella sciarpa. Insomma, era di tua madre e ho pensato che fosse giusto che adesso la tenessi con te, sai per… insomma… -
- Papà, è il più bel regalo che tu mi abbia mai fatto. – lo interruppe Kurt.
 
Adesso ricordava perfettamente.
 
Da piccolo adorava quella sciarpa, più e più volte aveva implorato suo padre di lasciare che ci giocasse un po’, magari indossandola durante uno dei party a base di tè e pasticcini oppure per una delle sue sfilate improvvisate nel soggiorno di casa sua, con i cuscini del divano che delimitavano la “passerella”.
 
Tuttavia, Burt non gli aveva mai permesso di portarla, né tantomeno di giocarci da quando sua madre era morta. La sciarpa era sempre rimasta appesa nell’armadio dei suoi e, con il passare degli anni, Kurt aveva smesso di pensarci.
 
- Davvero? – chiese Burt, emozionato dalla reazione del figlio.
- Davvero. Non so che cosa… che cosa dire. Ne sei sicuro? Cioè, è della mamma. Io non so se… – continuò Kurt, tentando disperatamente di smettere di piangere, ma con scarsissimi risultati.
 
Forse suo padre non si rendeva conto fino in fondo del regalo che gli aveva appena fatto. Purtroppo non aveva un lessico abbastanza esteso per fargli capire quanto gli fosse grato. Adesso come non mai, Kurt desiderava abbracciare Burt come quando era bambino, lasciando da parte almeno per qualche secondo i problemi, anche se il suo problema più grande era decidere cosa indossare per andare a scuola.
 
- Al cento per cento. – rispose Burt, dando al ragazzo l’impressione che stesse dicendo la verità.
- Ti voglio bene papà. -
- Anche io, ragazzo. – disse il padre, per poi borbottare qualcosa che Kurt non riuscì ad afferrare.
- Come? -
- So che non dovrei dirtelo ma… mi manchi. – disse infine Burt, mantenendo comunque un tono di voce basso.
- Anche tu papà mi manchi. Tantissimo. –
 
Ci fu qualche momento di silenzio. Kurt, mentre stringeva a sé la sciarpa di sua madre, sentiva il respiro affannato di suo padre il quale, probabilmente proprio come lui, non era riuscito a trattenere le lacrime.
 
- Beh ragazzo, io devo tornare in officina. Non sono mica un universitario senza pensieri, io. –
 
Kurt rise, asciugandosi le guance sulle quali sembrava avesse diluviato.
 
- Ci sentiamo presto. Abbraccia Carole da parte mia. – lo salutò il ragazzo.
 
Stava per chiudere la chiamata quando sentì suo padre dire - Ah, Kurt! –
- Si, dimmi. -
- E’ tutto apposto? Sai, in questi giorni mi hai parlato tanto di Finn… -
- Vuoi sapere come va con Rachel? – chiese Kurt, interrompendo il padre.
- No, no. Volevo sapere come stessi tu, in realtà.-
 
Il soprano rimase in silenzio, non sapendo che dire. Principalmente perché lui stesso non era in grado di capire come stesse. Per di più, non sapeva se fosse il caso di parlargli di Blaine. Naturalmente, nel caso in cui avesse deciso di farlo, avrebbe omesso qualche piccolo e insignificante particolare come ad esempio… beh, avrebbe omesso praticamente tutto.
 
Aveva sempre parlato con suo padre e nascondergli questa nuova “amicizia – conoscenza” lo faceva in un certo senso sentire in colpa, perciò meglio sputare il rospo.
 
- Io… sto bene. – disse, alla fine, tentando di apparire il più convincente possibile e fallendo miseramente.
- Ah. Qual è il problema? Qualche professore? Il tuo compagno di stanza? -
- No, no. Niente di tutto questo. -
- Un ragazzo? – chiese Burt, lasciando Kurt lievemente a bocca aperta.
 
Okay, aveva deciso che gliel’avrebbe detto, ma non si aspettava mica una domanda così diretta!
 
- Oh, ehm… insomma… -
- Va bene. Un ragazzo. – dedusse Burt dai balbettii del figlio.
 
Cosa voleva fare lui? L’attore? Bene. Non riusciva a fingere neanche per telefono, il che avrebbe dovuto essere più semplice, dato che non era costretto a guardare nessuno dritto negli occhi. Ma no!
 
C’è anche da dire che quello era sempre suo padre e per Kurt mentirgli era la cosa più innaturale del mondo. Infatti, quando si trattava di mentire a Rachel non aveva molti problemi.
 
- S… si…?  - bofonchiò il ragazzo, diventando più rosso di un pomodoro.
- Se non vuoi parlarne… -
- No, non è questo. – lo interruppe Kurt, acquistando un po’ di sicurezza. – E’ solo che… diciamo mi confonde un po’ le idee. – ammise con un po’ di amarezza.
- In che senso “ti confonde le idee”? –
 
Eh, bene. E adesso?! In effetti, avrebbe potuto dirgli – Praticamente, prima Blaine era intenzionato a portarmi a letto, poi ha scoperto che sono ancora vergine e quindi, non chiedermi per quale ragionamento contorto, adesso non gli interesso più. Il punto è che forse, non prenderla troppo sul serio,  quello interessato adesso sono io. –
 
Una via di mezzo no, eh? Su Kurt, sforzati un pochino, provaci almeno.
 
- Beh, diciamo che prima sembrava che gli piacessi ma poi… poi mi ha fatto capire di non… -
- Di non? – chiese Burt, non sentendo il figlio andare avanti.
 
Benissimo e adesso che gli dico?!
 
-Forse pensa che io sia un po’ troppo immaturo… -
 
Immaturo. Si, poteva andare. Da un certo punto di vista lo era, dato che non era a conoscenza praticamente di nulla che riguardasse quell’argomento se non quelle poche informazioni che aveva appreso da quei meravigliosi opuscoli che gli aveva procurato suo padre.
 
- Tu. Immaturo?! – chiese Burt, scoppiando a ridere.
 
Non c’era assolutamente niente di ironico in tutto questo, niente.
 
- Kurt. – fece con tono severo, smettendo improvvisamente di ridere.
- Si? – domandò Kurt, cominciando a terrorizzarsi vista la reazione del padre. Non poteva aver capito tutto! Non era possibile, non aveva lasciato trapelare nulla, se non il fatto che magari agli occhi di un ragazzo potesse sembrare un tantino infantile. Non era umanamente concepibile che suo padre avesse capito!
 
- Non è un professore, vero? – domandò, questa volta sembrando preoccupato.
 
Kurt tirò un sospiro si sollievo. Non c’era arrivato… Un secondo. Un professore?! Ma come gli era soltanto venuto in mente che potesse stare con un professore?!
 
- Cosa?! No! Papà, certo che no! – rispose immediatamente.
- Ah, bene. – fece Burt, palesemente più calmo. – Ma… è più grande? -
- Ehm… è più piccolo.  – confessò il soprano.
- Più piccolo. - ripeté Burt, perplesso.
- Solo di un anno! – puntualizzò il soprano, immaginandosi che molto probabilmente suo padre in quel momento stesse già pensando si fosse innamorato di un sedicenne, catastrofico com’era.
 
Beh, Kurt da qualcuno doveva pur aver preso!
 
- Non credo di aver capito. – ammise Burt, dopo lunghi attimi di straziante silenzio.
- Papà, senti… lascia perdere. È tutto apposto, sul serio. -  disse, cercando di rassicurarlo.
 
Effettivamente Kurt non aveva idea di come spiegare la situazione senza lasciar trapelare troppi dettagli.
 
- Kurt, tu sei la persona più matura che conosca. Credo proprio che quel tipo dovrebbe farsi vedere da un bravo medico se non riesce a rendersene conto. –
 
Il ragazzo era alla ricerca disperata di una risposta, quando sentì bussare alla porta. Sentì i muscoli irrigidirsi, il sangue nelle vene ghiacciarsi e cominciò a sudare freddo.
 
E se fosse Blaine? No. Ora spengo la luce, chiudo la porta a chiave, mi nascondo sotto il letto e faccio finta di non esistere.
 
- Ci sei ancora? – chiese suo padre, il quale stava tuttora attendendo all’altro capo del telefono.
- Si… - sussurrò Kurt.
- Eh?! -
- Ci sono. – mormorò il soprano, cercando di non alzare la voce.
- Cosa?! -
- Si! Ci sono! – sbottò infine, dicendo ciao – ciao al suo piano che comprendeva far finta di non esistere.
- E allora apri! – sentì dire a qualcuno fuori dalla porta. Rachel.
 
Sollievo. Kurt provò un enorme senso di sollievo.
 
- Papà scusa devo staccare. Ci sentiamo presto, okay? -
- Certo, ti voglio bene ragazzo. -
- Anch’io. – disse Kurt, precipitandosi ad aprire la porta.
- … certo che sta bene… - stava dicendo Finn alla ragazza, nel disperato tentativo di tranquillizzarla.
- Kurt! Tutto bene? – chiese Rachel, buttandogli le braccia al collo.
- Si! Sto. Benissimo. – disse, di certo non apparendo per nulla isterico, ma perfettamente sereno e in pace con se stesso. Sembrava appena uscito da una lezione di yoga, in pratica. 
 
Se ti fa star meglio pensarlo, fa pure. Poverino… Ormai anche il suo cervello lo compativa.
 
- Non si direbbe. – commentò la ragazza, trascinandosi Finn ed entrando nella camera di Kurt.
- Sto bene, davvero.-
- Come dici tu. Comunque, siamo venuti qui perché Finn… -
 
Rachel si interruppe, rattristandosi improvvisamente.
Kurt poteva giurare di non aver fatto nulla se non respirare, non poteva essere la causa del suo cambiamento d’umore, vero?
 
- Finn…? – chiese Kurt, invogliando l’amica a proseguire, come se il ragazzo di cui stavano parlando non fosse nella stanza insieme a loro.
- Sto per partire. – concluse Finn, avvicinandosi a Rachel e stringendola a sé.
- Di già? – si lamentò il soprano, seriamente dispiaciuto.
 
Per quanto spesso avrebbe preferito il suicidio piuttosto che uscire con Finn e Rachel a causa delle infinite ondate di amore e gioia che irradiavano, non voleva che suo fratello partisse. In un certo senso, la presenza di Finn a New York lo faceva sentire un po’ meno solo in quella città a lui praticamente estranea.
Ancora non si capacitava di come Rachel fosse sopravvissuta lì un intero anno, da sola per di più.
 
- Sono passate due settimane… Devo tornare in Georgia. – fece Finn, con aria sconsolata.
- Capisco. Beh, mi mancherai. – mormorò il soprano.
 
In pochi attimi si ritrovò stretto fra le braccia di Finn. Probabilmente quando l’avrebbe lasciato sarebbe caduto in frantumi, data la forza che il fratello aveva messo nell’abbraccio. Eppure, Finn non sembrava essere intenzionato a scollarsi e per quanto Kurt gli volesse bene, doveva dirgli (anche se non sapeva esattamente come, dato che non riusciva a respirare) di lasciarlo andare, oppure avrebbe potuto volergli bene solo dalla tomba.
- Finn… -
 
Niente.
 
- Finn, sopf… soffoco! -
- Ah! Scusa amico.- rispose il ragazzo, un po’ imbarazzato.
- No, tranquillo, hai solo attentato alla mia vita, ma è tutto apposto. – fece Kurt, sarcastico.
- Kurt, potresti essere un po’ più carino con tuo fratello. Soprattutto adesso che sta per partire. – lo riprese Rachel.
 
Il soprano stava per ribattere con una delle sue rispose acide, quando si rese conto che, in fondo, aveva ragione. Non avrebbe visto suo fratello prima di Natale e stava sprecando gli ultimi attimi che gli rimanevano in battutine. Molto maturo, davvero molto maturo.
 
Allora, in fin dei conti, non aveva esattamente mentito a suo padre!
Si, come se il pensiero di essere una persona immatura potesse risollevargli il morale…
 
- Scusa Finn. – disse Kurt, voltandosi in direzione del fratello, con espressione desolata.
- Ehi, non preoccuparti! Ormai ci sono abituato… - lo prese in giro il ragazzo.
 
Adesso chi è quello che fa battutine?!
 
- Okay, questo era un colpo basso! -
- Smettetela di fare i bambini! – piagnucolò Rachel, la quale sembrava il ritratto della disperazione.
 
Il fatto che Finn non fosse neanche partito e lei fosse già in questo stato preoccupava Kurt e non poco. Che avrebbe fatto quando se ne sarebbe andato?! No, non era il momento per avere attacchi di panico.
 
Finn. Doveva pensare unicamente alla partenza di Finn. Bene.
 
Kurt sentì una morsa allo stomaco e un nodo alla gola. Perché più tentava di tirarsi su, più cadeva in depressione? Per quale astruso motivo?!
 
- Su, ci rivedremo tra qualche mese, no? – chiese Finn, tentando di rallegrare gli altri due.
 
Eppure, tutto quello che riuscì ad ottenere furono due paia di occhi rossi e lucidi puntati addosso che gridavano – Sei serio oppure scherzi?! –
 
- Okay, lasciamo perdere. Oh mio dio! Sono le tre e venti! Rachel, dobbiamo andare. – disse il ragazzo, inorridendo alla vista dell’orario.
- A...allora ci vediamo presto. – disse Kurt, stringendo i denti trattenendo le lacrime con tutta la forza che aveva.
- Se giuro che questa volta non ti soffoco, ti fai abbracciare? – chiese Finn, avvicinandosi al fratello con cautela, come se stesse per esplodere da un momento all’altro in una violenta crisi isterica. Il che era molto probabile.
 
Kurt si gettò tra le braccia dell’altro ragazzo prima ancora che questo potesse fare un passo avanti, non preoccupandosi di frenare ancora le lacrime.
 
- Mi mancherai anche tu Kurt. – fece Finn, prima di interrompere l’abbraccio.
 
Finn fece qualche passo indietro, facendo segno a Rachel di andare. La ragazza gli si fece vicina e pochi attimi dopo Kurt era di nuovo solo.
 
Come aveva immaginato, adesso non aveva più alcuna voglia di mettere il naso fuori dalla NYADA, voleva soltanto fare una doccia veloce e poi catapultarsi a letto, affondando la testa e la testa nel cuscino e cadendo in un profondissimo sonno, preferibilmente privo di sogni.
 
Si recò in bagno, aprì il getto dell’acqua e mentre aspettava che questa si riscaldasse, diede un’occhiata alla figura riflessa nello specchio.
 
Aveva un’espressione stanca e a dir poco sconvolta.
 
Quello non era lui e non aveva alcuna intenzione di diventarlo, perciò chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
 
Non c’era alcun motivo per il quale avrebbe dovuto rattristarsi. Si trovava a New York, alla NYADA, viveva con la sua migliore amica, aveva passato due settimane con suo fratello e… poi c’era Blaine.
 
Kurt riaprì gli occhi e si guardò allo specchio, consapevole che avrebbe trovato soluzione anche a questo.



Tea's Corner:

Salve a tutti!
In questo capitolo ho preferito dare un po' di spazio al nostro caro Burt, ma nel prossimo la Klaine potrebbe fare qualche piccolo passetto in avanti...

Ringrazio ancora tuuutti quelli che leggono :D

Tea (:


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Capitolo 15
*** How You Remind Me ***


      Chapter 14:            
How you remind me


Mr. Know It All. Well you you think you know it all.
But you don’t know a thing at all ain’t it.”

( Mr. Know it all – Kelly Clarckson )



Dopo aver lasciato i libri nelle rispettive camere, Kurt e Blaine si erano recati in mensa, sperando di trovare ancora qualcosa di commestibile. Era un’impressione del soprano oppure, a qualsiasi ora del giorno non c’era praticamente nulla da mettere sotto i denti?
In mensa si trovavano tante cose: sedie, tavoli, tovaglioli, eppure ciò che sembrava scarseggiare erano proprio i viveri.
 
Si erano avvicinati al bancone quasi del tutto deserto, alla ricerca di qualcosa che assomigliasse a del cibo. Kurt era riuscito a racimolare una minuscola porzione di insalata mista ed una mela, Blaine invece aveva preso l’ultimo hamburger rimasto e un budino al cioccolato.
 
Si sedettero in uno dei pochi tavoli ancora liberi, rimanendo in silenzio per qualche minuto. Il primo che riprese a parlare fu proprio il moro, il quale cominciò a prendere in giro il soprano per la sua eccessiva riluttanza verso i grassi…  o a qualsiasi cosa fosse dannosa alla salute.
 
- Ti godi troppo poco la vita! – gli aveva detto, mentre assaporava il suo panino costituito per il 99% di grassi saturi. Kurt l’aveva guardato con sufficienza, rispondendo che preferiva privarsi di qualche dolcetto che morire a quarant’anni d’infarto per il colesterolo eccessivamente alto, al che Blaine aveva abbandonato sul piatto il suo delizioso hamburger... per riprenderlo dieci secondi dopo e terminarlo in altri due bocconi.
 
- Anche tu domani hai lezione con la Tibideaux? – chiese Blaine, mentre mescolava distrattamente il budino rimasto nel bicchiere.
- Ah-a. – fece il soprano, senza prestare molta attenzione all’altro.
 
Il suo cervello infatti, era impegnato nel trovare una buona motivazione per portare avanti questa cosa, qualsiasi cosa fosse.
 
Blaine aveva detto che gli voleva essere amico. Bene.
Che cosa poteva esserci di male? Sapeva che trascorrere del tempo in compagnia del riccio non gli dispiaceva affatto, soprattutto adesso che cominciava a dimostrarsi un umano e non un alieno proveniente da Pervertsland. Tuttavia, il fatto che fino a qualche giorno prima il riccio avesse ripetutamente tentato di saltargli addosso e adesso recitasse la parte del bravo e simpatico ragazzo lo confondeva terribilmente. Per di più era ancora leggermente irritato per la storia di Mr. Biondo Ossigenato.
 
A me non interessa proprio niente. Che se lo sposi pure! Continuava a pensare, mentre addentava la sua mela con fare nervoso.
 
- A che ora? – chiese il moro distogliendolo, dai suoi pensieri che proprio in quel momento comprendevano un biondino, un omicidio e un alibi perfetto.
- A che ora che cosa? – domandò Kurt, il quale cadde dalle nuvole. Di faccia. Dolorosamente.
 
Blaine inarcò un sopracciglio, smettendo di torturare quella poltiglia che era diventato il suo budino e incrociando le braccia al petto, con aria lievemente indispettita.
 
- A che ora hai la lezione di canto?-
- Ah! Giusto, alle sei del pomeriggio. – rispose Kurt, un po’ imbarazzato.
 
L’espressione di Blaine cambiò nel giro di un nano secondo. Un enorme sorriso spazzò via l’irritazione che prima occupava il suo volto, il che gli diede quasi l’aspetto di un bambino.
 
- Anche io! – esclamò entusiasta, come se gli avessero appena detto di aver vinto alla lotteria.
- Io non ne sarei così felice, sai… - commentò Kurt, tentando di concentrarsi completamente sulla loro conversazione, quando la sua testa tornava sempre a quell’odiosissimo biondo.
 
Ma quanti anni hai? Due?! Nemmeno lo conosci, magari è un ragazzo da premio Nobel per la pace. Lo rimproverò il suo cervello, il quale a intervalli irregolari dava ancora segni di vita.
 
- Perché? – domandò il riccio, confuso e, forse, con un velo di… tristezza?
 
No, doveva essere solo impressione di Kurt. Non era possibile che Blaine fosse dispiaciuto perché aveva frainteso le parole dell’altro pensando che non fosse felice di frequentare la stessa lezione! No, no e assolutamente no! Kurt stava disperatamente tentando di nascondere il sorriso da ebete che stava minacciando di spuntare sulle sue labbra. Blaine doveva smetterla di fare quello sguardo da cucciolo bastonato, al più presto.
 
- Non sai del test? –
- No… - gli rispose il riccio, invitandolo a continuare.
 
 
L’espressione sul volto del moro parve rasserenarsi. Poverino, evidentemente non era a conoscenza della tortura psicologica a cui sottoponeva la rinomata professoressa della NYADA.
 
- La Tibideaux ti farà esibire davanti all’intera classe. –
 
Kurt rabbrividì al solo pensiero. Va bene, non aveva mai avuto problemi a cantare in pubblico, per di più sapeva di avere tutte le qualità necessarie per frequentare la NYADA, eppure non riusciva a non essere vagamente terrorizzato all’idea di sbagliare. Non era possibile che tornasse a casa per uno stupidissimo errore, aveva una seconda occasione e non poteva permettere che gli scivolasse così dalle mani.
 
- Non ho problemi a cantare in pubblico. Sai, me la cavo abbastanza bene. – fece il moro, con un ghigno sulle labbra.
 
Kurt vide il vecchio Blaine stava tornando a galla e quella visione non lo entusiasmò particolarmente. Ma perché? A lui andava benissimo che stesse ben chiuso in qualche angolino del cervello di Anderson e che ci restasse il più a lungo possibile.
 
- Non ne dubito… Il punto è: se non le piaci, a casa. -
- Come, scusa? – domandò Blaine, rimanendo a bocca e occhi spalancati.
- Hai capito. Se si rende conto che non hai fatto progressi dall’ultima volta che vi siete visti… -
- Sei fuori. – concluse Blaine, con voce tremante.
- Esatto. –
 
Blaine sembrava sconvolto. No, non lo sembrava, lo era.  Kurt non l’aveva praticamente mai visto in questo stato. Almeno, non a questi livelli. In fondo, poteva anche capirlo: anche lui veniva dall’Ohio e l’idea di tornare alla realtà di quello stato dopo aver assaporato l’aria di New York era insostenibile.
 
- Scusa non volevo spaventarti. Ma tu, di certo, non avrai problemi. – lo derise il soprano.
- E tu come lo sai?! – domandò il riccio, non cogliendo l’ironia nella voce di Kurt. 
- Non eri tu quello che se la cavava abbastanza bene? –
 
Il moro semplicemente annuì, ma del resto, che poteva dire? Qualcosa del tipo – Sai, sparo cazzate a raffica soltanto perché spero che se le pronuncio ad alta voce diventino reali. –
 
Kurt aveva perfettamente capito che quello che Blaine dava a vedere per la maggior parte del tempo non era che una facciata. In effetti, bastava soltanto osservare un po’ più attentamente, tuttavia sapeva perfettamente che la maggior parte delle volte la gente se ne frega e cataloga chi ha davanti in base alla prima impressione che ha ricevuto.
 
- Blaine... - Lo sai che ce la puoi fare. Lo sai. - Questo… cambiamento a cosa è dovuto? - chiese Kurt in un sussurro, abbassando gli occhi sulle sue mani.

 
Una certa idea ce l’aveva, ma non poteva credere che fosse per quello. Insomma, ai suoi occhi non aveva poi così tanto senso che Blaine avesse smesso di provarci con lui soltanto perché fosse vergine. E poi, da quando essere vergini era negativo?!
 
Kurt si pentì di aver posto all’altro quella domanda nello stesso momento in cui uscì dalle sue labbra. In fondo, neanche gli importava se Blaine fosse interessato ad uscire con lui! Per di più, adesso erano ricominciati i corsi, perciò seguire le lezioni e portare avanti una relazione non sarebbe stato possibile… Gliel’aveva detto anche Rachel!
 
Rachel, che adesso era tornata insieme a Finn.
Si, viva la coerenza!
 
- Cambiamento? – chiese Blaine, facendo finta di non capire a che cosa si riferisse.  
- Si… il tuo comportamento. Nei miei confronti.-
 
Blaine abbassò lo sguardo, cercando di evitare gli occhi di Kurt.
 
- Non capisco a cosa tu stia dicendo. Comunque credo si stia facendo tardi. –
- Sono solo le due e mezza! – si lamentò il soprano, guardando l’orologio.
 
E come al solito Blaine stava tentando di scappare. Doveva cominciare a pensare che fosse lui quello che induceva i ragazzi a fuggire a gambe levate. Prima Dave, ora Blaine. Era proprio un’orribile, orribile persona.
 
- Infatti. – disse Blaine, cominciando a raccogliere le sue cose.
- Blaine… -
 
La mano del più alto si posò su quella dell’altro prima ancora che potesse anche soltanto accorgersene. Blaine si bloccò all’istante. Non spostò la mano, contrariamente a ciò che aveva pensato Kurt, il quale aveva immaginato il riccio allontanarsi bruscamente e cominciare a correre lontano da lui a velocità supersonica, agitando le mani in aria. Okay, forse era una visione un po’ troppo tragica… o da cartone animato.
 
- Kurt. –
- Bene. Adesso che abbiamo fatto le  presentazioni, potresti darmi una spiegazione? –
- Perché devi sempre trovare una spiegazione a tutto?! – chiese il moro con tono esasperato.
- Perché non ha senso vivere tenendo la testa sotto la sabbia! Almeno non per me. – fece Kurt, rimuovendo la mano da quella dell’altro, imbarazzato dal prolungato contatto fisico.
- Bravo. Ti sei risposto da solo. Per me ha più che senso. – fece il riccio, quando si rese conto di qualcosa. - E comunque io non vivo tenendo la testa sotto la sabbia! -
- Come dici tu… - disse il soprano, facendo finta di assecondarlo.
 
Blaine guardò l’altro, incapace di dire qualsiasi cosa. Kurt, invece di sviare come al solito lo sguardo, fissò Anderson dritto negli occhi, cercando di mostrarsi sicuro di sé. Il riccio sospirò, sistemando il cellulare nella borsa.
 
- Senti, per una volta fammi un favore. Fa finta che non sia successo nulla. –
 
Allora è un vizio fare finta di niente! Sono io l’unico squilibrato che affronta i problemi?!
 
- Lo sto già facendo. - replicò Kurt, scocciato dal comportamento dell’altro.
- Perfetto, continua così. –
- Non ho detto che mi vada bene. - fece il soprano nello stesso istante in cui Blaine si stava alzando dalla sua sedia.
- Kurt, per favore. – gli disse, con tono supplichevole.
 
Il ragazzo guardò Blaine negli occhi per qualche istante, rimanendo incantato dalle loro sfumature. Scosse la testa, nel tentativo di togliersi qualsiasi pensiero riguardante la bellezza degli occhi di Blaine, delle labbra di Blaine, del colore della pelle di Blaine…
 
KURT! Tu hai seriamente bisogno di farti curare.
 
- Okay, mi arrendo. – mormorò, spostando lo sguardo da Blaine ad un punto qualsiasi sul muro. - Vuol dire che dovrò abituarmi. – aggiunse alla fine.
- A che cosa dovresti abituarti? -
- Al fatto che cambi personalità come io cambio le sciarpe. –
- Io non cambio personalità! – si lamentò Blaine, alzando il volume della voce abbastanza da far si che si girassero nella loro direzione buona parte dei ragazzi che si trovavano in mensa.
- Devo citare qualche tua frase, per caso? –
 
Kurt aveva una carrellata di fantastiche frasi utilizzate da Blaine quando ci provava con lui, come ad esempio – Niente. Notavo quanto siano aderenti quei pantaloni- oppure - Ti trovo davvero molto attraente.- Sarebbe potuto andare avanti per ore, ma dalla faccia molto poco convinta dell’altro era abbastanza chiaro che non le volesse riascoltare. Eppure la sua la bocca dalla quale erano uscite, qual era il problema nel risentirle, eh?
 
 
- No! No, non farlo. – disse Blaine, agitando nervosamente le mani, facendo cenno di tacere all’altro, apparentemente a disagio. No, non aveva problemi di bipolarismo, era Kurt quello fuori di testa.
 
- Quindi, ho ragione. -
- N…no. Hai… frainteso. – mormorò il riccio, tenendo la testa bassa.
 
Come poteva sembrare credibile agli occhi di Kurt, quando non lo era neanche ai suoi?!
 
- Allora tu chi sei? – chiese il più alto, esasperato.
 
Perché stava perdendo il suo preziosissimo tempo con Anderson? Lui aveva altro da fare! Come… ad esempio… Oh, beh qualsiasi cosa sarebbe stata più costruttiva che tentare di far ragionare Blaine!
 
- Blaine Anderson. – rispose semplicemente il moro.
- No. Sei un idiota. –
 
Blaine stava per obbiettare quando il suo cellulare cominciò a squillare. Emise un sospiro di sollievo, per poi rispondere.
 
- Jeff! –
 
Jeff. Chi è Jeff?
 
- Tutto bene. Si, lo so. L’altra volta ho esagerato. –
 
Ha esagerato. Pensò Kurt, cominciando a mettere assieme i pezzi.  
 
- Lo sai che quando sono ubriaco salterei addosso anche a… - Blaine si bloccò all’istante, ricordandosi di essere in presenza del più alto, il quale cominciava a sentire una leggera nausea dovuta a non riusciva proprio a spiegarsi cosa. – No! Cioè, volevo dire che mi dispiace se ho fatto… insomma, quello che ho fatto. – balbettò il moro, passandosi nervosamente una mano “tra” i capelli stuccati.
 
Evidentemente Jeff doveva essere lo spilungone biondo con cui Kurt aveva avuto l’enorme piacere di scontrarsi.
 
- Domani sera? Non lo so, facciamo venerdì?- propose Blaine all’altro.
 
Certo, invitiamo la gente a uscire davanti a quell’idiota di Kurt.
 
- Anche Nick? Si, certo! –
 
Si! Facciamo anche una cosa a tre!Pensò il soprano, meravigliandosi dei suoi stessi pensieri.
 
- Okay, a venerdì. – concluse il ragazzo, prima di riattaccare.
 
Kurt cominciò a ticchettare nervosamente le dita nervosamente sul tavolo, aspettando che Blaine lo degnasse di un minimo di attenzione.
 
- Scusa era… -
- Il tuo ragazzo. – lo interruppe Kurt, senza nemmeno pensare alle parole che gli uscivano dalle labbra.
 
Blaine si voltò all’istante verso l’altro, a dir poco sconcertato. Beh, qui fra i due quello sconcertato avrebbe dovuto essere Kurt, che aveva appena scoperto che Blaine aveva una relazione quando gli aveva fatto ben presente di non essere adatto.
 
- Come? – chiese il riccio, pensando di aver capito male.
- Niente! Non. Ho. Detto. Niente. – fece Kurt, rimangiandosi tutto.
- No. -
- Si! Non ho detto niente!- si lagnò il più alto, il quale era stato quasi sul punto di strapparsi i capelli per la frustrazione.
 
Ma no, la sua acconciatura era sacra.
 
- Non intendevo quello! – fece Blaine, stressato.
 
Se qualcuno avesse prestato attenzione a quei due in quell’esatto istante, gli avrebbero di sicuro dato l’impressione di una vecchia coppia sposata.
 
- E allora, gentilmente, potresti spiegarmi che diavolo intendevi?! –
 
Non sono fatti suoi, non puoi intrometterti così nelle vite altrui!
 
- Oh, signore! – strillò Blaine, ignorando gli sguardi incuriositi dei ragazzi che li circondavano. - Non è il mio ragazzo! – mormorò infine, apparentemente sfinito.
 
Il primo pensiero di Kurt fu quello di alzarsi e volteggiare in giro per la mensa, cosa che ovviamente non fece. Semplicemente, fissò Blaine per qualche istante, tentando di mantenere un’espressione indifferente.
 
Per quanto odiasse ammetterlo, era palese che Blaine lo interessasse più di quanto avrebbe dovuto un normale. Per di più era tutta colpa di Blaine! Se solo non avesse flirtato così spudoratamente, probabilmente il soprano nemmeno si sarebbe reso conto di quel bellissimo ragazzo. Kurt si sarebbe volentieri dato uno schiaffo per aver associato proprio quell’aggettivo all’altro.
 
- Grazie dell’informazione. – disse, con fare assolutamente disinteressato.
- Di niente. -
- Perfetto. -
- Bene. –
 
Nessuno dei due disse niente, semplicemente cercarono di evitare l’uno lo sguardo dell’altro, come se non fosse accaduto nulla. Il soprano maledisse tremendamente la Coleman. Se solo avesse terminato la lezione in orario avrebbe pranzato con Rachel e Finn e si sarebbe evitato momenti di completo imbarazzo come questi. Di certo, si sarebbe annoiato a morte, considerando il fatto che i due fidanzatini felici l’avrebbero ignorato per tutta la durata del pranzo, ma sempre meglio di questa spiacevolissima situazione.
 
- Kurt? -
- Mh?-
- Posso farti una domanda?-
 
Kurt alzò la testa, trovando un paio di occhi ambrati che lo fissavano con fare supplichevole.
 
- No. –
- Ah. –
 
 
Il soprano si chiese se l’altro fosse davvero così stupido da aver frainteso la sua ironia. Era ovvio che non facesse sul serio! Perché doveva spiegare al ragazzo qualsiasi cosa?! Sospirò pesantemente, per poi riprendere a parlare.
 
- Blaine? -
- Cosa? – chiese il riccio, il quale stava martoriando un povero tovagliolo di carta che per sua sfortuna era capitato nel piatto di Blaine.
- Ero sarcastico!-
- Oh. – fece il moro, lasciando stare il tovagliolo, attendendo che Kurt dicesse qualcosa.
- Quindi? – chiese il soprano, il quale attendeva ancora che Blaine gli ponesse la fatidica domanda.
- Ah, giusto. Tu… -
 
Blaine si bloccò all’improvviso. Per la verità cominciò a balbettare a bassa voce frasi sconnesse che Kurt con tutta la buona volontà proprio non afferrava.
 
- Io…?-
- Sei per caso geloso?- chiese tutto d’un fiato.
- Delle mie cose? Tantissimo! Soprattutto delle mie creme. No, dei miei abiti, anzi… -
- Kurt! – lo interruppe Blaine.
- Si, lo so come mi chiamo! -
- Volevo sapere se tu sei geloso… di me. –
 
Kurt aveva capito perfettamente cosa Blaine intendesse già dal primo istante, eppure non aveva potuto far a meno di fingere di non aver capito, augurandosi che l’altro lasciasse cadere il discorso, scoraggiato dall’apparente stupidità dell’altro. Ma, come sempre, non era andata come aveva sperato.
 
 
- Cosa?! Ma che diavolo ti viene in mente?! Ma stai scherzando, vero?-
- No, sai com’è. Ti ho già detto che… -
- Tranquillo! Stai tranquillo. Non è come pensi. Per niente. – lo fermò Kurt, il quale sapeva perfettamente dove sarebbe andato a parare e, per qualche motivazione a lui del tutto sconosciuta, quelle parole l’avrebbero stranamente infastidito.
- Okay, adesso credo proprio di dover andare. Ci vediamo domani a lezione. – fece Blaine, con uno sguardo che non lasciava trasparire alcuna espressione. Il ragazzo si alzò dalla sedia e si incamminò verso l’uscita.
 
Kurt osservò Blaine uscire a velocità sostenuta dalla mensa. Non capiva come, ma in un modo o nell’altro, praticamente ogni loro conversazione terminava con uno dei due che girava i tacchi, senza dare all’altro nemmeno un attimo per replicare.
 
Queste sì che sono basi solide per un’amicizia.
 
Il punto era che a volte, o per meglio dire sempre, non riusciva a capire Blaine e di certo lui non lo aiutava. Diceva di volergli essere amico, ma come poteva pretendere di costruire un’amicizia, quando era il primo che non sembrava intenzionato a lasciarsi conoscere?!
Forse si aspettava che Kurt avesse qualche genere di potere telepatico… Oppure semplicemente non era serio quando gli aveva chiesto di essere amici. Il che non aveva alcun senso. O, magari, era il soprano che non era abbastanza intelligente da capirlo.
 
A quel punto, era tutto possibile.
 
 
 
Kurt rimase immobile, seduto al tavolo della mensa, quasi aspettando di vedere Blaine girare l’angolo e tornare da lui, dicendo che stava scherzando e che in realtà non se l’era presa per… il soprano in realtà non capiva nemmeno per cosa.
 
Passarono due, tre, dieci minuti e nella testa di Kurt cominciò a farsi spazio l’idea che, forse, Blaine non sarebbe ritornato indietro. Prese la sua borsa e fece per dirigersi in camera, col capo chino e l’aria di uno a cui era appena morto il gatto.
 
Stava per prendere l’ascensore insieme ad un altro paio di ragazzi, quando si rese conto che non aveva alcuna voglia di chiudersi nella sua stanza. Aveva bisogno di fare una passeggiata, di un po’ d’aria fresca, magari gli avrebbe perfino schiarito le idee. A dire il vero, aveva seri dubbi a riguardo.
 
Si fece da parte, lasciando entrare i ragazzi nell’ascensore, scendendo le scale fino alla hall.
 
Arrivò davanti alla scrivania della signora Simmons, che salutò con un cenno della mano prima di avvicinarsi alla porta d’ingresso.
 
- Caro, aspetta! – sentì dire alla signora.
 
Kurt alzò gli occhi al cielo, sentendo che, in modo o nell’altro, di certo quella donna sarebbe riuscita a trattenerlo per almeno mezz’ora… come ogni volta, del resto. Si stampò in faccia il sorriso più convincente che avesse e si voltò verso la signora.
 
- Si? – chiese, mostrandosi il più cortese possibile e cominciando a prepararsi una sfilza di scuse per le quali proprio non gli era possibile rimanere, anche se gli avrebbe fatto tanto piacere.
 
- E’ arrivato questo per te. – gli disse, porgendogli un pacco.





Tea's Corner:

Eeee anche oggi sono riuscita a pubblicare :D Non sareste sopravvissuti senza questo capitolo, vero? 
Naturalmente scherzo xD
Ringrazio ancora tutti quelli che seguono e recensiscono

Alla prossima

Tea (: 

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Capitolo 16
*** Baby Steps ***


                            Chapter 16:
                     Baby steps

 
“I’ll always be there
As frightened as you of being alive,
Being alive, being alive.“ ( Being Alive – Barbra Streisand )
 
 

Kurt si trovava davanti la porta della sala di canto, aspettando.
 
Non era ancora certo di quello che stesse facendo. Insomma, stava davvero aspettando Blaine? Beh, si. Aveva deciso di finirla di fare l’adolescente in preda agli ormoni e tentare di diventare qualcuno che fosse un po’ più simile ad un adulto.
 
Fino a quel momento, quello che aveva cercato di instaurare un rapporto era stato il riccio, forse era il momento che anche lui facesse un passo avanti, perché, doveva ammetterlo, passare del tempo con Blaine gli piaceva. Perciò, perché non provare a diventare amici?
 
Oh, Kurt aveva un milione di motivazioni per le quali non avrebbe dovuto, a partire dal fatto che avrebbe perso tempo che avrebbe dovuto dedicare allo studio, finendo con la possibilità che il suo amichevole interesse si trasformasse in altro e che il suo cuore ne uscisse inevitabilmente ridotto in tanti microscopici pezzettini.
 
Ma poi, perché si stava facendo tutti questi complessi quando con tutta probabilità Blaine non gli sarebbe mai piaciuto in quel senso?
 
Forse perché cominciava già a piacergli proprio in quel senso?
 
Assolutamente no.
 
- Kurt, che stai facendo? – chiese qualcuno, la cui voce alle orecchie del ragazzo suonò familiare.
 
Kurt si voltò in direzione di Blaine, il quale si trovava a pochi passi da lui.
 
E quand’è arrivato?!
 
Blaine lo guardava con espressione confusa, attendendo una risposta. Tuttavia, il soprano, invece di rispondere si concentrò sulla figura del ragazzo che aveva di fronte.
 
Aveva i capelli disordinati e per di più bagnati, una maglietta nera eccessivamente larga, dei jeans blu e un paio di scarpe marroni. In qualsiasi altro momento, con qualsiasi altra persona, Kurt sarebbe inorridito trovandosi di fronte ad una visione del genere, invece non faceva altro che pensare a quanto fosse a dir poco adorabile. E SBAVARE.
 
- Kurt? – domandò il ragazzo, il quale al contrario del soprano, si trovava ancora sul pianeta terra.
 
Kurt scosse la testa, come se in questo modo i pensieri riguardo quanto tenero fosse Blaine sarebbero spariti.
 
- Blaine, ciao. – rispose, tentando di darsi un contegno.
- Si, ciao. Perché sei fuori? –
 
Ecco, a quella domanda non c’aveva pensato.
 
Aveva riflettuto sui possibili argomenti che avrebbero potuto affrontare, a quello che avrebbero potuto fare dopo la lezione, ma a quella semplicissima e maledettissima domanda non aveva minimamente pensato.
 
Cazzo. Glielo dico? Si che glielo dico… No, non glielo dico. Non posso! Si che posso!
 
- Ti stavo aspettando. – disse infine, optando per la verità.
 
Per qualche motivo, Kurt già s’immaginava Blaine che cominciava a urlare come un pazzo, dicendo che non sapeva più come spiegargli che non era interessato ad una relazione, ma lui era sempre un po’ troppo melodrammatico, quindi sicuramente non l’avrebbe fatto. Magari l’avrebbe soltanto ignorato.
 
Al contrario di quello che pensava, Blaine gli sorrise teneramente e Kurt si sciolse come un gelato al sole… per poi maledirsi.
 
L’espressione del riccio cambiò immediatamente, diventando quasi dispiaciuta.
 
- Tutto bene? –
- Oh, si tutto bene. È solo che… - Blaine si interruppe, come se non sapesse come spiegare all’altro cosa intendesse dire.
- Che? – lo incoraggiò Kurt.
- Non ho avuto tempo per mettere il gel. –
 
Stava scherzando.
 
Kurt sperò con tutto se stesso che stesse scherzando, perché se non era così era seriamente da ricovero. Era depresso perché non aveva avuto il tempo di mettere il gel?! Okay, anche il soprano non partiva esattamente con il piede giusto quando usciva con i capelli in disordine, ma questa reazione era proprio patologica.
 
- Blaine, dici sul serio? –
- Si, certo. – rispose l’altro, abbassando gli occhi, sempre più triste.
- Ma… ma perché? – chiese il soprano, guardando Blaine sempre più sconcertato.
- Perché non mi sono accorto di quanto fosse tardi! – ecco spiegato l’abbigliamento. - Sono uscito dalla doccia ed erano le sei meno un quarto! Le sei meno un quarto, capito?! Ho avuto appena il tempo di vestirmi e venire qui! Che ne potevo sapere che la Tibideaux avrebbe ritardato… -  spiegò, con fare sconsolato.
 
Kurt continuava a guardarlo, aspettando il momento in cui si sarebbe voltato verso di lui, dicendo – Ehi! Ma mi hai anche creduto?! – ma no, niente di tutto ciò.
 
- Non intendevo quello… - fece Kurt, il quale voleva sapere per quale motivo fosse così disperatamente disperato, non perché non si fosse messo il gel.
- No? E allora cosa? Non vedi che disastro?! – disse il moro, indicando i suoi capelli.
- Scusa ma proprio non ti seguo… - ammise Kurt, facendo cenno a Blaine di entrare nell’aula di canto.
- Cosa c’è da capire? Non ho messo il gel, i miei capelli fanno schifo. -
- A me piacciono. – disse Kurt, prima ancora che se ne rendesse conto.
 
Il soprano cominciò a darsi ripetutamente dell’idiota e la voglia di picchiarsi c’era ed era anche tanta. Blaine strabuzzò gli occhi, fissando Kurt come se avesse appena detto la cosa più stupida che avesse mai sentito.
 
- Si, certo… - fece il moro, distogliendo lo sguardo e sedendosi in una sedia dell’ultima fila. Kurt senza neanche pensarci si sedette accanto a lui.
 
- Dico davvero. – aggiunse, rendendosi (ai suoi occhi) sempre più ridicolo, anche se questa volta intenzionalmente.
- E’ solo perché per il momento sono ancora bagnati, tra poco gonfieranno e, fidati, cambierai idea. –
 
Kurt non ebbe neanche il tempo di rispondere che la Tibideaux entrò nella stanza.
 
Tutti i presenti smisero immediatamente di fiatare, fissando la professoressa posizionarsi davanti a loro per poi dare il benvenuto ai nuovi arrivati.
 
Kurt si esibì per terzo con “Being Alive”. La Tibideaux non si sprecò in discorsi chilometrici, semplicemente gli disse – Bene, bene. – e lo rimandò a posto, ma per il soprano era più che sufficiente.
 
Per la mezz’ora successiva, né Kurt né Blaine dissero neanche una parola, ma rimasero ad ascoltare i ragazzi che si esibivano in difficili brani davanti alla donna, la quale commentava mantenendo un atteggiamento di completa indifferenza al contrario del soprano che più di una volta aveva dovuto trattenere le lacrime per la straordinaria bravura dei suoi compagni di corso.
 
Al suo fianco, Blaine sembrava teso come una corda di violino. Forse non era stata una delle sue più brillanti idee quella di dirgli del test.
 
- Blaine Anderson. – disse la professoressa, attendendo che il ragazzo si facesse avanti.
 
Il riccio si irrigidì, se possibile, ancora di più. Kurt si voltò verso di lui e con un sorriso tentò di infondergli un po’ di coraggio.
 
Blaine si alzò, sistemandosi davanti alla donna. Annunciò il pezzo che avrebbe cantato e attese che i musicisti cominciassero a suonare.
 
Adesso che ci pensava, Kurt non l’aveva mai sentito cantare.
 
There was a time when we were down and out
There was a place when we were starting over
We let the bough break
We let the heartache in
Who's sorry now?
 
Blaine aveva… aveva una voce meravigliosa.
 
Kurt lo sapeva già, naturalmente, ma sentirlo cantare era qualcosa di completamente diverso. Il soprano guardava l’altro ragazzo esibirsi, immerso nella canzone. Quella era un’altra sfaccettatura di Blaine e, poco alla volta, Kurt le stava scoprendo tutte. Il punto era che più lo conosceva, più l’interesse nei suoi confronti cresceva.
 
Merda.
 
There was a world when we were standing still
And for a moment we were separated
And then you found HIM
You let the stranger in
Who's sorry now? Who's sorry now?
 
What, what kind of fool
Tears it apart
Leavin' me pain and sorrow
Losin' you now
Wonderin' why?
Where will I be tomorrow?
Forever more that's what we are to be
Without each other,
We'll be rememberin' when
 
Gli occhi di Blaine vagarono per la stanza, finché non incrociarono quelli azzurri di Kurt, i quali lo osservavano con attenzione, non perdendo nemmeno un attimo la figura del riccio. I loro occhi rimasero incatenati per qualche istante, prima che Blaine distogliesse lo sguardo, tornando a concentrarsi del tutto sulla canzone.
 
There was a time when we were down and out
There was a place when we were starting over
We let the bough break
We let the heartache in
Who's sorry now? Who's sorry now?
 
What , what kind of fool?
Tears it apart
Leaving me pain and sorrow
Oh, losin' you now, how can I win?
Where will I be tomorrow?
Was there a moment when I cut you down
Played around? What have I done?
I only apologize
For being as they say, the last to know
It has to show when someone is in your eyes
What, what kind of fool tears it apart?
Leaving me pain and sorrow
 
Kurt sentì il cuore battere un po’ più velocemente del normale e tentò con tutto se stesso di convincersi che, di sicuro, non poteva essere che fosse a causa di Blaine.
 
Losing you now, wondering why?
Where will I be tomorrow?
What, what kind of fool
Tears it apart, leavin' me pain and sorrow
Losin' you now how can I win?
Where will I be tomorrow?
 
Blaine terminò la sua esibizione e rimase in silenzio attendendo una risposta da parte della professoressa, la quale stava ancora prendendo appunti. In un certo senso, anche Kurt si sentiva nervoso per il responso. Non era possibile che Blaine fosse cacciato! Non sarebbe stato giusto. La sua esibizione era stata la migliore fra tutte quelle che aveva ascoltato fino a quel momento, persino migliore della sua. Aveva tutto il diritto di restare alla NYADA.
 
- Bravo. – disse la professoressa, per poi chiamare la ragazza successiva.
 
Blaine sorrise e tornò a sedere accanto a Kurt, il quale probabilmente era perfino più esaltato del diretto interessato.
 
- Com’è andata? –
- E me lo chiedi pure?! – chiese Kurt, il quale se avesse potuto si sarebbe gettato addosso all’altro, abbracciandolo fino a togliergli il respiro. Ma non poteva. Assolutamente no. – Sei stato formidabile! –
 
Blaine non disse nulla, semplicemente sorrise al soprano, tornando a concentrarsi sulla lezione.
 
 
 
- Allora, tu hai qualche altra lezione? – chiese Kurt, quando uscirono dall’aula di canto.
- No, nessuna. -
- Bene, allora potrei offrirti un caffè? –
 
Blaine alzò lo sguardo verso Kurt, mostrando un’espressione che l’altro ragazzo non riuscì a comprendere, ma ormai il soprano nemmeno ci faceva caso.
 
- Ho una richiesta. – fece Blaine, fissando Kurt dritto negli occhi.
- Quale? –
- Devo tornare in camera per sistemarmi i capelli. –
 
Kurt scoppiò a ridere, mentre Blaine tentava ancora di capire che cosa ci fosse di così divertente in un argomento per lui tanto delicato.
 
- No. – rispose infine Kurt, tornando serio.
 
Blaine spalancò gli occhi, con l’espressione di uno che era stato condannato alla forca.
 
- Come scusa? -
- Hai sentito benissimo. No. – confermò Kurt, incrociando le braccia al petto e cominciando a camminare verso l’ascensore, quando si sentì tirato indietro per un braccio.
 
 
In pochi attimi, si ritrovò ad una impercettibile, praticamente inesistente distanza da Blaine. Si fissarono per qualche istante, quando gli occhi del riccio scesero sulle labbra del più alto.
 
Oh mio dio.
 
Blaine si allontanò immediatamente, passandosi una mano dietro il collo e prendendo un lunghissimo e profondissimo respiro.
 
- Giuro che non ci metto tanto. – disse il moro, facendo finta che non fosse accaduto niente, eppure non era così!
 
Kurt si chiese di che diavolo stesse parlando l’altro, dato che il suo cervello si era fermato a pochi istanti prima e non sembrava fosse particolarmente intenzionato ad abbandonare l’immagine di quella scena molto presto.
 
- Kurt? – chiese Blaine, scuotendo una mano davanti agli occhi di Kurt.
- Eh? -
- Ci metto un attimo. –
 
Oh, il gel. Giusto.
 
Forse Blaine non si era guardato allo specchio perché i suoi capelli erano perfetti. Almeno, lo erano agli occhi di Kurt. Perché attentava ripetutamente alla loro vita, quando erano così belli?! Come la prima volta in cui si erano visti, cadevano disordinatamente sulla fronte del moro, qualche riccio era fuori posto, eppure sembrava fosse esattamente al posto giusto.
 
Questoè patologico, Kurt. Questo lo è.Gli disse il suo cervello, il quale stava tentando di farlo rinsavire.
 
- Blaine. Stai benissimo. Adesso andiamo. – disse Kurt, avvicinandosi all’altro e spingendolo verso l’ascensore, non curandosi di un’eventuale allontanamento dell’altro.
 
 
- C’è uno Starbucks proprio qui vicino… - fece Blaine, non appena furono fuori dall’edificio.
- No, niente Starbucks. Io conosco un posto migliore. -
- Ah, davvero? – chiese il moro, inarcando un sopracciglio.
 
Perché diavolo tutti in questa città non pensano che non possa esistere qualcosa di meglio di un comunissimo Starbucks?!
 
Kurt cominciò a camminare a passo spedito verso la pasticceria della signora Nancy, senza nemmeno controllare che Blaine gli fosse dietro.
 
- Scusa se mi permetto, ma potrei sapere dove mi stai portando? – chiese il riccio, tentando di tenere il passo dell’altro.
- No. -
- Ah! Ho capito. Mi stai portando in un posto isolato cosicché tu mi possa uccidere. -  concluse Blaine, riuscendo finalmente a camminare a fianco di Kurt, non senza un po’ di fatica, dato che un passo di Kurt corrispondeva a due suoi.
- Come ci sei arrivato?! – domandò il soprano, fingendosi sconcertato.
 
Voltarono l’angolo e si ritrovarono di fronte alla pasticceria. Kurt velocizzò ulteriormente il passo, come rapito dal profumo che proveniva da quel negozio.
 
- Kurt, da quanto tempo! – disse la signora Nancy, non appena il soprano varcò la soglia.
- Salve Nancy. Mi dispiace, sarei voluto venirla a trovare ma ho appena cominciato con i corsi alla NYADA… -
- In effetti ti vedo un po’ sciupato. Vieni, guarda che cosa ho… - la signora si bloccò all’improvviso, spostando lo sguardo da Kurt a Blaine. - Oh, un amico speciale ? - 
 
Il soprano sentì la temperatura alzarsi improvvisamente e le orecchie andargli a fuoco.
- No, siamo solo amici! – risposero all’unisono.
 
I due ragazzi si voltarono l’uno verso l’altro, visibilmente imbarazzati, sotto lo sguardo intenerito della donna.
 
- Va bene… Che cosa desiderate? –
 
Kurt si scagliò sul bancone, praticamente sbattendoci contro. Doveva allontanarsi da Blaine. Peccato che gli avesse proposto di prendere un caffè insieme!
 
 
 
- Okay. Io prendo… -
- Un muffin ai mirtilli e un latte macchiato scremato? – chiese Nancy, prendendo le pinze.
- Si, grazie. Blaine? – domandò il soprano, tuttavia evitando di guardare l’altro.
 
Il moro si avvicinò a Kurt, osservando tutte le leccornie che aveva davanti.
 
- Prenderei tutto quanto. – disse il ragazzo, sembrando quasi un bambino e facendo ridacchiare Kurt.
 
Smettila. Non è c’è niente di tenero in tutto questo.
 
- Mi sembri un tipo a cui piace il cioccolato. – fece la signora a Blaine.
- In effetti… -
- Perché non prendi una ciambella al cioccolato, allora? – chiese Kurt, indicando una serie di ciambelle dall’aria squisita.
- Vada per una ciambella. -
- Desideri anche del caffè? – domandò Nancy, mentre porgeva ai due le loro ordinazioni.
- Oh, si. Un cappuccino se è possibile. –
 
La signora gli sorrise e andò in cucina per preparare i caffè.
Kurt fece segno all’altro di sedersi ad uno dei tue tavolini.
 
- Mi piace venire qui. – disse Kurt, interrompendo il silenzio che si era creato.
- Come mai? -
- Non c’è mai nessuno. -
- Ah, quindi mi hai portato qui perché non volevi farti vedere con me… - concluse Blaine, scherzando.
- A dire il vero, quello che potrebbe rovinarsi la reputazione sei tu. Non eri uno da palestrati? – fece Kurt, non riuscendo a controllare le parole che gli uscivano dalle labbra.
 
Perché non sapeva contenersi?! Che cosa c’era di sbagliato in lui?
 
Lo sguardo di Blaine si fece immediatamente più freddo. Questo non era un appuntamento, quindi perché aveva dovuto tirare in mezzo il fatto che era più un tipo che usciva con ragazzi palestrati?!
 
- Kurt… -
- Scusa, scusa. Non volevo. Non so perché mi sia scappato… - disse il soprano, tentando di sistemare la situazione, prima che Blaine decidesse di alzare i tacchi e lasciarlo solo, anche se probabilmente se lo meritava.
- Quindi lo pensi. -
- No! Cioè… -
- Okay, lasciamo perdere. Non importa. – disse Blaine, guardando fuori dalla vetrina del negozio.
 
Grazie a Dio.


- Quindi… - fece Kurt, tentando di iniziare un discorso di qualsiasi tipo.
- Ecco, ragazzi. –
 
 
 
Nancy comparì poco dopo con i loro caffè. I due le sorrisero, ringraziandola, poi la donna li lasciò nuovamente da soli.
 
- Come ti stai trovando a New York? – chiese Blaine, togliendo un enorme peso dallo stomaco al soprano, il quale non sapeva proprio che cosa dire.
- Bene, direi… -
- Diresti? –
 
Kurt ebbe un tremendo flashback di Blaine che gli  chiedeva di uscire.
- Diresti o dici? – gli aveva chiesto. Sembrava passato un secolo.
 
- Ehm… bene, bene. Tu? – rispose, tentando di scacciare il pensiero.
- Bene. Qualsiasi posto sarebbe migliore dell’Ohio. –
- Giusto. – concordò il soprano, con tono malinconico.
 
Blaine alzò gli occhi che fino a poco prima fissavano il suo caffè, guardando Kurt in cerca di una risposta che il soprano non era certo di volergli dare.
 
- Hai avuto una brutta esperienza? – chiese il moro, prima ancora che Kurt potesse cambiare argomento.
- Tu? -
- Te l’ho chiesto prima io. – si lamentò Blaine.
- Beh, non vedo per quale motivo dovrei raccontarti della mia vita, quando tu non hai intenzione di fare lo stesso, mi sbaglio? – sentenziò il soprano, con una punta di acidità nella voce.
 
 
Non era nemmeno sua intenzione comportarsi in questo modo, ma tutto ciò che si era tenuto dentro fino a quel momento sembrava desiderasse venire finalmente fuori.
 
Blaine aveva nuovamente sviato lo sguardo. Guardando il lato positivo della situazione, non aveva cominciato a urlargli contro.
 
- Perché fai così? –
- Così come? – domandò il riccio, facendo finta di non capire.
- Perché dici di volermi essere amico, quando non è vero? –
 
Blaine si voltò di scatto in direzione di Kurt, puntando i suoi occhi, che quel giorno avevano preso sfumature verdi, dritti in quelli del soprano.
 
- Io voglio esserti amico. – replicò Blaine, tentando di apparire il più sicuro possibile.
- Però non vuoi che io ti conosca. -
- Io… no. Non è questo… -
- E allora spiegami perché proprio non ci arrivo! – fece Kurt, accasciandosi contro lo schienale della sua sedia, praticamente distrutto per lo sforzo immane che stava facendo nel tentare di seguire i ragionamenti contorti dell’altro.
– Blaine, sei ancora preoccupato per l’episodio del bar? – chiese infine il più alto, nonostante tirare fuori quell’argomento era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.
- Non… non credo. – balbettò il moro, sbriciolando la sua ciambella.
- Ma… qui quello che dovrebbe essere imbarazzato sono io. Non che non lo sia, ma me ne sono fatto una ragione e soprattutto ho capito che io e l’alcol dobbiamo stare a distanza… Comunque! Forse, tu dovresti fare lo stesso. – disse Kurt, prima di dare un primo morso al suo delizioso muffin. – O almeno prendere una decisione definitiva. Io… a me piacerebbe esserti amico Blaine.- 
- Anche se ho tentato di saltarti addosso un paio di volte? – domandò il riccio, tentando di apparire del tutto tranquillo, ma fallendo miseramente.
- Io me ne ricordo un po’ di più. – rispose il soprano con estrema calma.
- Kurt! Così non fai altro che peggiorare la situazione! -
- Okay, okay. Scusa! –
 
Blaine permise finalmente che i loro occhi si incrociassero e un secondo dopo entrambi erano scoppiati a ridere come se avessero sentito la barzelletta migliore del secolo.
 
- Mi piace la tua spilla. – fece Blaine, notando l’accessorio a forma di papillon che Kurt aveva appuntato sul petto.
 
Coincidenza, pura coincidenza. Non l’ho mica fatto perché sapevo che gli piace. No.
 
- Lo so. –
 
Kurt porca miseria, sta’ zitto!
 
- Come lo sai? – chiese il riccio, inarcando un sopracciglio.
- Me l’hai già detto, ricordi? –
 
Dalla padella alla brace.
 
- In realtà… no. –
 
Kurt sentì una strana sensazione. Delusione? No, era meglio che non fosse così oppure la situazione cominciava a farsi seriamente critica.
 
- Quindi l’hai messa per fare colpo su di me? – domandò Blaine, con un ghigno divertito sul viso.
- Come l’hai capito? – chiese, decidendo di stare al gioco.






Tea's Corner:

*Entra in punta di piedi* 
Salve...
Uhm... si sono un po' in ritardo... 
Beh, spero che almeno che il capitolo sia di vostro gradimento
:)

Alla prossima settimana 

Tea (:
 

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Capitolo 17
*** Smile ***


                                  Chapter 17:
                        Smile

 
 
“Everything that I want
I want from you
but I just can’t have you.”
( Stray Heart – Green Day )
 

 

Blaine e Kurt passarono almeno un’ora e mezza ridendo a crepapelle, dando a tutti i clienti che entravano nel negozio l’impressione di essere un tantino alticci. Al contrario, la signora Nancy lanciava loro in continuazione dei teneri sguardi.
 
Kurt ebbe come la sensazione che avessero fatto un piccolissimo passo avanti. Non aveva mai visto Blaine comportarsi in questo modo per così tanto tempo. Ogni qual volta si incontravano, aveva come la sensazione che le sue parole, le sue azioni, i suoi sguardi, insomma, che tutto quello che facesse, fosse ben ponderato, invece adesso sembrava rispondere istintivamente al soprano.
 
Come se n’era accorto? Beh, non aveva mai sentito dire a Blaine così tante idiozie tutte in una volta.
 
Non ricordava da quanto tempo non ridesse così tanto e, soprattutto, spontaneamente.
 
Dato che era stato lui ad invitare il riccio a prendere un caffè, fu Kurt a pagare le loro consumazioni, nonostante Blaine avesse provato in tutti i modi a convincerlo a lasciare almeno che pagasse per sé. Tuttavia, anche se il soprano evitò di ricordarglielo, il moro gli aveva già offerto un drink, perciò Kurt si sentiva in un certo senso debito.
 
 
 
- E poi, mentre spiegava come recitare la battuta, per poco non è caduto dal palco! – disse Blaine, mentre si stavano apprestando ad uscire dalla pasticceria.
- Oddio! Oh… mio… Dio! –
 
Kurt aveva praticamente smesso di respirare, tanto stava ridendo per il racconto di Blaine. Il soprano si piegò su se stesso, tentando di riprendere fiato, ma era alquanto impossibilitato dato che non riusciva a smettere di ridere.
 
- Kurt! Kurt, smettila… - fece Blaine, dando una pacca sulla schiena dell’altro ragazzo. Ma come poteva pretendere che il soprano smettesse di ridere, quando era lui il primo a farlo?!
 
- Facile a…  d…dirsi – si lamentò il più alto, tentando disperatamente di fermarsi.
 
Kurt cominciò a tossire convulsamente, al che Blaine gli si avvicinò seriamente preoccupato.
 
- Kurt? Stai bene? –
 
Il ragazzo tentò di rispondere, tuttavia non riuscì a far altro se non tossire ancora di più.
 
- Kurt, porca misera! – urlò Blaine, prendendolo per la vita e trascinandolo verso panchina che distava a qualche metro dal negozio. Il moro fece sedere l’altro ragazzo, non lasciando la presa dalla sua vita.
 
 
Se solo Kurt fosse stato capace di intendere e di volere, probabilmente sarebbe morto dall’imbarazzo, ma a provvedere alla sua morte ci stava già pensando un violento attacco d’asma, perciò il problema neanche si poneva.
 
- Non respirare dalla bocca, respira con il naso! – lo incoraggiò il riccio, il quale era evidentemente nel panico.
 
Kurt seguì il suo consiglio e in un altro paio di minuti si riprese quasi del tutto. Nessuno dei due si mosse: il soprano per la paura che con un semplice movimento potesse riprendere a tossire, Blaine poiché era in uno stato comatoso.
 
- Grazie. – sussurrò Kurt, quando sentì il respiro stabilizzarsi completamente.
- Di niente. – rispose Blaine, ancora visibilmente scosso.
 
Solo in quel momento Kurt si rese conto di quanto fossero vicini, che le mani dell’altro stavano stringendo la sua vita e che la sua mano destra stava attanagliando il giubbotto dell’altro.
 
- Scusa… - fece il soprano, allontanandosi immediatamente dall’altro. Blaine lo guardò con espressione interrogativa, cercando il motivo per il quale avrebbe dovuto scusarsi.
 
Kurt aspettava ancora che Blaine allontanasse le mani, quando il riccio sgranò gli occhi, evidentemente rendendosi conto del modo in cui lo stava stringendo a sé, per poi sistemarsi sulla panchina cosicché che fosse ben lontano dall’altro.
 
 
- No figurati. Ma la prossima volta che mi fai prendere un colpo del genere ti uccido con le mie mani, giuro. – probabilmente avrebbe dovuto suonare come una minaccia, eppure al soprano diede tanto l’impressione che fosse più che altro una supplica.
 
Kurt sorrise, trattenendo una qualsiasi eventuale risata. Prese il cellulare dalla tasca della giacca, notando che erano già le nove meno un quarto.
 
Stupendo, tecnicamente alle nove avrebbe dovuto essere al ristorante con Rachel, Oliver e Jackie. Nella migliore delle ipotesi, Rachel l’avrebbe picchiato a sangue.
 
Alzò lo sguardo verso Blaine, il quale teneva gli occhi fissi sulle sue mani, totalmente immerso nei suoi pensieri. Non voleva che si separassero. Aveva passato un pomeriggio splendido e non aveva voglia che terminasse, del resto erano insieme soltanto da poche ore…
 
Kurt si chiese se fosse il caso di chiedergli di unirsi a lui per cenare. Non ci sarebbe stato nulla di male, per di più c’erano anche i ragazzi perciò non avrebbe neanche avuto la possibilità di pensare che per il soprano quello fosse una sottospecie di appuntamento.
 
- Blaine? – chiese il più alto, riscuotendo il ragazzo dai suoi pensieri.
- Mh? -
- Ti andrebbe di cenare con me… e i ragazzi? Sai, Oliver, Jackie e Rachel. Ceniamo al ristorante italiano che si trova sulla 44 strada.– disse tutto d’un fiato.
 
Blaine si voltò verso Kurt, con un… un meraviglioso sorriso sulle labbra.
 
 
Il soprano sentì che la situazione gli stava scivolando di mano e velocemente. Non gli era mai successo qualcosa del genere e non sarebbe dovuto accadere, almeno non proprio con Blaine.
 
Ma, in fin dei conti, lui era sempre stato un mago nel complicarsi la vita.
 
Prima si era innamorato di un etero, poi si era preso una cotta per un altro etero ed infine aveva lasciato che il suo bullo diventasse il suo ragazzo… adesso, cosa c’era di strano nel voler stare con un ragazzo gay che non era interessato a relazioni serie?!
 
- Cer… aspetta. – fece Blaine, cambiando espressione nel giro di pochi secondi.
– Ho… un impegno. -
- Un impegno? –
 
Kurt, non chiedere!
 
- Si, devo uscire con… -
- Okay! – lo interruppe il soprano, il quale non aveva nessunissima voglia di sentir Blaine dire che aveva un appuntamento con un ragazzo. – Va bene, sarà per un’altra volta. -
- Uhm… scusa, sai che ore sono? -
- Le nove meno dieci. – rispose il soprano, con un tono di voce sconsolato che proprio non era riuscito a celare.
- Le nove meno dieci? Avrei dovuto essere al bar alle otto e mezza… - disse Blaine, il quale tuttavia non sembrava particolarmente sconvolto per il ritardo.
- Scusami, se l’avessi saputo non ti avrei trattenuto così tanto. – disse il più alto, alzandosi dalla panchina, facendo finta di eliminare pieghe inesistenti sui suoi pantaloni pur di evitare lo sguardo dell’altro.
- Tranquillo. Adesso ti accompagno al dormitorio e poi vado. -
- Non c’è bisogno che mi accompagni, ce la faccio da solo. Và pure. – disse Kurt, suonando un po’ acido.
 
Blaine inarcò un sopracciglio, chiedendosi il perché dell’improvvisa reazione dell’altro.
 
- Devo comunque cambiarmi e dare una sistemata ai capelli. – rispose Blaine, con tono di voce distaccato.
 
Kurt sentì un brivido freddo lungo la schiena. Gli era quasi sembrato di sentire parlare il vecchio Blaine e la cosa peggiore era che era perfettamente consapevole del fatto che era stato proprio lui a causare questo cambiamento nell’altro. Doveva smetterla di fare il ragazzino geloso. Lui e Blaine non erano proprio un bel niente, a malapena erano amici e già s’innervosiva quando lo sentiva parlare di uscire con Nick, Jeff o chiunque fosse il tipo di turno.
 
Questo non andava per nulla bene.
 
- Scusami. – mormorò Kurt, sperando che Blaine l’avesse sentito, perché pronunciare di nuovo quelle parole gli sarebbe costato caro.
- Non preoccuparti. – fece il riccio, sorridendogli amichevolmente.
 
 
I due ragazzi percorsero in silenzio il corridoio che portava alle loro camere. Blaine si fermò davanti alla propria, prendendo dal giubbotto la chiave e aprendo la porta.
 
- Io… vado. – fece il riccio, indicando la sua stanza.
 
Kurt semplicemente annuì, imbarazzato dalla situazione.
 
- Ci vediamo domani, immagino. -
- Si. Domani. Ci aspetta quel mostro della Coleman. – scherzò Kurt, tentando di alleggerire un po’ l’atmosfera.
- Non mi ci fare pensare, ti prego. –
 
Blaine rise, rimanendo fermo sulla soglia della sua camera. Kurt prese le chiavi, avviandosi ad aprire la porta sotto lo sguardo dell’altro. Due secondi dopo la luce si spense.
 
- Che cazzo… - imprecò Kurt, trattenendosi dal dare un calcio alla prima cosa che gli fosse capitata a tiro.
 
Troppa tensione, troppa tensione.
 
- Aspetta, accendo la luce. –
 
Kurt sentì Blaine allontanarsi, per poi tornare pochi istanti dopo.
 
- Mi sa che c’è un blackout. – disse il riccio, uscendo dalla sua stanza, avvicinandosi a Kurt… e pestandogli un piede.
- Ahi! – gridò il soprano, indietreggiando istintivamente. 
- Ssh! Ti sto dando una mano. –
- No, mi stai pestando un piede! – protestò il soprano.
 
Blaine allungò il braccio, cercando di capire dove si trovasse l’altro dato che non soltanto era saltata la luce, per di più nel loro corridoio non vi era nemmeno una finestra, perciò erano completamente al buio.
 
Il riccio sfiorò il braccio di Kurt, per poi afferrarlo saldamente, facendo scendere la mano fino a quella dell’altro ragazzo, stringendola.
 
Che diavolo sta facendo?!
 
Kurt si ritrovò a ringraziare per quel blackout, così Blaine non era in grado di notare le sfumature bordeaux che aveva assunto il suo viso. 
 
- Kurt, le chiavi? –
- Come? – chiese Kurt, un tantino scosso per il comportamento dell’altro.
- Dove sono le chiavi? -
- Oh, ce l’ho in mano. –
 
Kurt allungò la mano che teneva le chiavi verso l’altro, leggermente deluso. Era normale che Blaine gli avesse stretto la mano soltanto per questo motivo e lui era stato un emerito imbecille a pensare che avrebbe potuto farlo per altre ragioni.
 
Il moro prese le chiavi per poi dire al più alto – Adesso prendi il cellulare e fammi luce. –
 
Kurt annuì, per poi rendersi conto che in realtà Blaine non era in grado di vederlo. Estrasse il telefonino dalla tasca dei jeans e lo puntò il direzione della maniglia.
 
E si accese la luce.
 
I due ragazzi per lo spavento scattarono in piedi e, dato che si erano chinati verso la serratura per vedere meglio, sbatterono l’uno la testa contro quella dell’altro.
 
- Credo che entro stasera finirò all’ospedale… - commentò Kurt, massaggiandosi il capo e voltandosi verso l’altro che stava facendo la stessa identica cosa.
- A domani. – disse Blaine, entrando nella sua stanza.
- A domani… ah! Blaine? -
- Si? –
- Grazie. Di tutto. – disse Kurt, prima di chiudersi la porta alle spalle e scivolarvi lentamente contro.
 
 
- Ecco, io lo sapevo che alla fine avremmo ritardato per colpa tua. – fece Rachel, mentre procedevano verso il ristorante.
 
La ragazza stava davanti agli altri, camminando a passo veloce nonostante i tacchi a spillo che aveva intelliggentemente deciso di indossare per andare a piedi fino alla 44ª strada. Tuttavia, barcollare e lamentarsi per il lancinante dolore ai piedi avrebbe significato che Rachel Berry aveva sbagliato ad indossare quei trampoli, perciò si sfogava inveendo contro Kurt, il quale da dieci minuti buoni aveva smesso di darle retta.
 
– Avevamo prenotato per le nove e sono le nove e mezza. Benissimo! -
- Dai Rachel, calmati. – le disse Jackie, tentando di farla tranquillizzare.
- Abbiamo prenotato la settimana scorsa per avere un tavolo. – ribatté la brunetta, velocizzando la sua andatura  e praticamente cominciando a correre sulle punte dei piedi.
- Lo vedete? È laggiù! – fece Oliver, dall’altezza del suo metro e novantatre.
- Finalmente! – fece Rachel, disperdendosi definitivamente tra la folla.
 
Gli altri tre arrivarono al ristorante qualche minuto dopo la ragazza, la quale stava già occupando il tavolo che avevano prenotato.
 
- Non è bellissimo qui? – chiese Rachel, saltellando sulla sedia per la felicità.  
- Spero valga la pena spendere tutti questi soldi per un ristorante. – fece Oliver, ricevendo un’occhiataccia da parte delle due ragazze.
 
Kurt incrociò le braccia al petto, appoggiandosi allo schienale della sedia, vagamente scocciato. Sapeva che si stava comportando da idiota, eppure non poteva far a meno di pensare al fatto che Blaine era probabilmente a pochi isolati da lui, a flirtare con qualche ragazzo che ben presto si sarebbe portato a letto. Il soprano sperò almeno che andassero a casa dell’altro tipo, perchè… ma per quale motivo stava pensando ad una scena del genere?! Evidentemente, ci provava gusto a farsi del male da solo, era come una sorta di punizione.
 
Allungò una mano verso l’ultimo menù che era rimasto al centro del tavolo, cominciando a guardare i piatti che vi erano proposti. Doveva essere tutto estremamente buono, eppure non c’era niente che attirasse particolarmente la sua attenzione, perciò optò per la sua solita insalata.
 
- Kurt tu che prendi? – chiese Rachel, tenendo gli occhi sul suo menù.
- Un insalata di radicchio e noci, credo. –
 
Il soprano si ritrovò con tre paia di occhi puntati addosso, uno più sconcertato dell’altro.
 
 
- Amico, solo un’insalata?! – domandò Oliver, con un’espressione sconcertata dipinta sul viso.
- Stai bene? – aggiunse Jackie.
- Certo che sto bene! Solo perché non sto ordinando mezzo menù non vuol dire che io sia depresso o giù di morale o che so io! -
- Kurt, sta tranquillo. Qui nessuno ti sta giudicando. Su, ispira ed espira. – gli disse Rachel, tentando di calmarlo, ma senza ottenere nulla.
- Oggi le lezioni sono state piuttosto difficili. – fece il soprano, tentando di scusarsi.
 
Beh, non era la verità, però ci si avvicinava… e poi non aveva nessuna intenzione di parlare dei suoi problemi, rovinando la serata a tutti più di quanto non stesse già facendo.
 
- Giusto! – disse Rachel, battendo le mani e sorridendo al soprano come se le avesse dato una buona notizia, al che Kurt osservò il bicchiere della ragazza, controllando che non avesse ancora assunto alcolici. - Com’è andata con la Tibideaux? –
- Benissimo, direi. Mi è sembrata piuttosto soddisfatta, anche se avrei voluto vedere la sua faccia quando ha cantato Blaine. -
- Blaine?! Hai avuto lezione con Blaine? – chiese la brunetta, spalancando gli occhi talmente tanto che Kurt si chiese come non le fossero usciti dalle orbite.
 
Era normale che avesse almeno una lezione con l’altro ragazzo dato che entrambi frequentavano l’indirizzo di musical.
 
- Desiderate ordinare? – chiese un cameriere che si era appena avvicinato al loro tavolo.
- Una bistecca di tofu, grazie. – rispose Rachel in fretta e furia, per poi tornare a fissare Kurt.
- Per me un’insalata di radicchio e noci. -
- Allora ti vedi ancora con Blaine? – domandò, arrivando dritta al sodo.
- Rachel, pensavo che avessimo superato il problema riguardante Blaine. E comunque siamo soltanto amici. – disse Kurt, tentando di suonare il meno sconfortato possibile.
- Amici? -
- Amici, solo amici. Nient’altro. Assolutamente niente di niente.-
Kurt sentì le lacrime minacciare di fuoriuscire, quando era l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare proprio in quel momento.
 
C’erano un’infinità di cose che avrebbe dovuto dire alla sua amica, ma con l’arrivo di Finn non avevano avuto neanche un minuto per parlare e prima che quest’ultimo arrivasse, Rachel era stata troppo depressa per parlare dei problemi del ragazzo.
 
- Perché mi sembra che a te questa cosa non vada bene? Kurt, ti devo per caso ricordare che alla NYADA non puoi permetterti distrazioni? -
- Ma da che pulpito viene la predica! Sei appena tornata con Finn. – si lamentò il soprano, completamente dimentico degli altri due ragazzi con i quali erano usciti.
- Come potrai notare, Finn non è qui. – gli rispose Rachel, con voce tremante.
 
Con tutto l’affetto di questo mondo, sappi che sei stato uno stronzo.
 
- Scusami, non so nemmeno che cosa sto dicendo.- disse il ragazzo, abbracciando l’amica.
- Okay, okay. È tutto apposto. Tornando a te… ti piace Blaine. E tu piaci a lui. Giusto? -
- Non abbastanza. – fece Kurt, cercando di controllare la tristezza che stava per assalirlo.
- Non abbastanza? Non mi sembrava che non gli piacessi abbastanza, anzi. -
- No, Rachel. Evidentemente no, dato che mi ha fatto presente che non vuole relazioni serie. – disse infine, alzando un po’ troppo il volume della voce.
- Cosa?! Ma… Kurt, perché è qui? – domandò la ragazza, guardando un punto alle spalle del ragazzo.
- Chi? – chiese il soprano, non capendo dove la discussione stesse andando a parare.
- Come chi? Blaine. –
 
Kurt si voltò di scatto, guardando verso l’entrata.
 
Vicino alla porta c’era il riccio, il cui sguardo vagava per il locale alla ricerca di qualcosa, o meglio, qualcuno. Prima che il soprano se ne potesse anche soltanto accorgere, si alzò andando incontro all’altro.
 
- Blaine? – chiese Kurt, piazzandoglisi davanti.
- Kurt! Ti stavo cercando. –
 
Poteva abbracciarlo? Certo che no, però la voglia di farlo era tantissima.
 
Blaine si era effettivamente cambiato, aveva indossato una camicia e un paio di pantaloni aderenti e con grandissima sorpresa di Kurt, non c’era neanche un filo di gel sui suoi capelli.
 
Blaine lo stava guardando, sorridendogli teneramente, aspettando qualcosa, forse che gli rispondesse.
 
- Che ci fai qui? Non avevi un… - disse Kurt, quando si rese conto che in verità non sapeva che genere di incontro avesse avuto l’altro ragazzo, nonostante potesse benissimo immaginarlo.
- Si… ma ero in ritardo, perciò… spero di non essere di troppo. – disse il riccio, cambiando improvvisamente discorso.
- No! – rispose Kurt, un po’ troppo in fretta, facendo ridere l’altro. – Voglio dire, nessun disturbo. Ehm, vieni siamo da quella parte. –
 
I due camminarono fino al loro tavolo, sotto gli sguardi incuriositi di Oliver e Jackie e quello sconcertato di Rachel.
 
- Ragazzi, spero non sia un problema se si unisce Blaine. -
- Assolutamente, piacere io sono Jackie. – disse la bionda, sorridendo amichevolmente al ragazzo che aveva di fronte.
- Certo che no! – fece Oliver, porgendo una mano al riccio. – Oliver, ci siamo già conosciuti, non so se ti ricordi. –
- Si, si ricordo. – rispose Blaine, con fare imbarazzato.
 
Kurt si chiese quando i due si fossero già incontrati, ma la risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare.
 
- Il nostro amico era messo piuttosto male. – disse Oliver, indicando Kurt.
– Vado ad avvertire il cameriere che è arrivato Blaine. – aggiunse il rosso, alzandosi dal tavolo e allontanandosi, lasciando due cadaveri dietro di sé: da una parte Blaine, che faceva di tutto per dimenticare quell’episodio, ma che in un modo o nell’altro trovava sempre qualcuno pronto a sbatterglielo in faccia, e dall’altra Kurt, il quale si era appena reso conto che Oliver si stava riferendo alla sera in cui si era ubriacato.
 
- Allora, Blaine. – incalzò Rachel, con tono minaccioso, guardando il ragazzo fisso negli occhi. – Da quanto tempo non ci vediamo, eh? -
- Dall’ultima lezione di danza Rachel, ed è stata ieri. – le rispose il riccio, con lo stesso identico tono.
- Come mai sei arrivato soltanto adesso? -
- Rachel, non sono affari tuoi. – disse Kurt, intromettendosi nella discussione.
 
Sapeva che tutto ciò che la ragazza stava tentando di fare era tentare in qualsiasi modo di evitare che il cuore di Kurt si frantumasse in tanti pezzettini. Il punto era che dal suo punto di vista, per raggiungere l’obbiettivo, bisognava eliminare Blaine dalla vita del soprano.
 
Se solo ci fosse stata Mercedes probabilmente l’avrebbe presa per i capelli e tenuta il più lontano possibile dall’amico, pur di evitare che s’intromettesse.
 
- Rachel, mi accompagni un secondo in bagno? – chiese Jackie, tirando l’amica per il braccio.
- Ma io… -
- Niente “ma”, forza cammina. – disse la bionda, la quale prima di allontanarsi insieme all’altra ragazza fece un occhiolino al soprano.
 
Doveva ricordarsi di farle un enorme regalo. Magari un’intera torta al cioccolato…
 
- Sicuro che sia stata una buona idea? Sei ancora in tempo per scappare se vuoi. Sai, lo dico per te… -
- Kurt, sta tranquillo. – gli rispose il ragazzo, sorridendo.
- Io sono la tranquillità fatta persona! – fece il soprano, apparendo persino più nervoso di quanto non fosse in realtà.
- Come dici tu… -
- Davvero! –
 
Blaine annuì, tuttavia sembrando tutt’altro che convinto dalle parole di Kurt. Il soprano gli diede un leggero colpo sulla spalla.
 
 
- Oh mio dio! Sto morendo dal dolore! – fece Blaine, accasciandosi sul tavolo.
- In realtà non volevo farti del male… -
 
Il moro si voltò verso Kurt, inarcando un sopracciglio.
 
Rimasero a guardarsi per un tempo che nessuno dei due sarebbe stato capace di quantificare. Il soprano sapeva perfettamente che avrebbe dovuto distogliere i suoi occhi da quelli di Blaine, ma in qualche modo, erano come incatenati. Come qualche ora prima, lo sguardo del riccio scese sulle labbra dell’altro, eppure nessuno dei due si mosse minimamente. Kurt provò a convincersi con tutto se stesso che quello che gli stava accadendo fosse soltanto frutto della sua immaginazione, eppure era fin troppo reale.
 
- Il cameriere arriva tra poco per prendere la tua ordinazione.- disse Oliver, sedendosi al tavolo.
 
I due ragazzi si allontanarono di scatto, sperando che nessuno avesse notato nulla di strano. Oliver cominciò a parlare di qualcosa, ma il soprano non ascoltò nemmeno una parola, intento com’era nel tentare di riprendersi.
 
Kurt guardò Blaine con la coda dell’occhio, sperando di non trovare il solito ragazzo freddo in cui si trasformava ogni qual volta tra di loro succedeva qualcosa che non sarebbe dovuta accadere.
 
Tuttavia, quando i suoi occhi sfiorarono la figura di Blaine, non riuscirono a scorgere altro se non un sorriso.
 
 
 
- Adesso parliamo. – disse Rachel, chiudendosi alle spalle la porta della camera di Kurt.
 
Non appena erano tornati al loro dormitorio aveva preso il soprano l’aveva cacciato in camera, non permettendogli neanche di salutare Blaine e aveva costretto il “povero” Oliver a passare la notte con Jackie. Naturalmente il ragazzo non se l’era fatto ripetere due volte.
 
- Ma io ho sonno! – le rispose Kurt, con tono lamentoso, mentre si lasciava cadere a peso morto sul suo letto.
- No, tu non hai sonno. –
 
Rachel si avvicinò minacciosamente al ragazzo, sedendosi ai piedi del letto, impedendo all’altro di stendersi e, di conseguenza, cadere in un sonno profondo e dal quale si sarebbe difficilmente risvegliato.
 
- Si, invece. Pure tanto. – si lamentò il ragazzo, stringendosi le gambe al petto e poggiando la testa sulle ginocchia, sperando di riuscire a prendere sonno anche in quella posizione. Era distrutto e Rachel non sarebbe di certo stata in grado di impedirgli di dormire.
- Prima parliamo, prima vai a dormire. Non credere che fare questo mi faccia piacere. -
- Ah, davvero? Avrei giurato il contrario. -
- Kurt, sii serio per una volta. –
 
Il ragazzo inarcò un sopracciglio all’affermazione dell’amica, la quale evidentemente doveva essere perfino più assonnata di lui, dato che aveva cominciato a sparare idiozie a raffica. Tuttavia, sapeva benissimo di non aver altra scelta, perciò incrociò le gambe e fece segno alla ragazza di proseguire con il tuo discorso.
 
- Bene, vedo che ancora ragioni. –
- Veramente… -
 
Kurt non ebbe neanche il tempo di replicare, che Rachel riprese a parlare facendo finta che nessuno avesse detto nulla.
 
Addio civile conversazione, benvenuto monologo!
 
- Sei cotto. – disse semplicemente, stupendo il soprano che si aspettava un discorso lungo ore ed ore.
- Come? – chiese il soprano, il quale doveva certamente aver capito male.
- Sei cotto di Blaine. E si vede. Tanto. – continuò la ragazza, parlando con una tranquillità disarmante.
 
Kurt balzò giù dal letto, cominciando a far avanti e indietro per la stanza del tutto in preda al panico. Se era davvero così palese, probabilmente anche Blaine se n’era accorto. Non gli avrebbe più rivolto la parola, se lo sentiva. Doveva cominciare ad abituarsi all’idea che presto avrebbe ripreso il ragazzo ad ignorarlo. Lo sapeva che avrebbe dovuto arrendersi quando non era anche così tanto coinvolto in questa schifosissima situazione!
 
- No! No che non si nota! Non può averlo notato, non può. Perché… perché non può! Non è possibile, io sono bravissimo a nascondere qualsiasi cosa! E poi, di che diavolo stiamo parlando?! A me non piace affatto. Cioè, si per carità è un bel ragazzo ed è anche molto divertente e tutto il resto, ma per favore! A me, a me non… no, non mi… -
- Kurt, calma. Respira! – fece Rachel, bloccando lo sproloquio privo di senso del ragazzo. 
- Se non respirassi sarei morto! – urlò il soprano, fregandosene altamente del fatto che era l’una di notte. Rachel sbuffò di fronte alla reazione dell’altro, alzandosi dal letto e poggiandogli le mani sulle spalle, invitandolo a risedersi sul letto.
- Sai cosa intendo. C’è altro… -
- Ti prego, uccidimi. – supplicò il ragazzo, con la testa tra le mani.
- Fammi finire! -
- No. Non voglio ascoltare. –
 
Kurt si tappò le orecchie con le mani, cominciando a canticchiare pur di non ascoltare l’amica. Rachel non fece niente, semplicemente lo guardava perplessa, chiedendosi quando avrebbe finito con questa scenata. Il ragazzo allontanò lentamente e cautamente le mani dalle orecchie,  pensando che il peggio fosse passato e che Rachel si fosse arresa.
 
- Gli piaci. – disse tutto d’un fiato la ragazza.





Tea's Corner:

Ma buonasera :D
Probabilmente molti penseranno che è un'emerita idiozia, ma devo ammettere che mi sono divertita da morire a scrivere questo capitolo xD 

Fatemi sapere cosa ne pensate 

Tea
(: 

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Capitolo 18
*** Found Out ***


                       Chapter 18:
                   Found out

 
 
“And it’s such a shame,
‘cause if you feel the same,
how am I supposed to know?”

( Pretending – Glee )
 


Kurt alzò la testa, voltandosi fulmineamente verso Rachel, poi scoppiò in una violenta risata isterica.
 
- Perché ridi? È la verità. – fece Rachel, poggiando le mani sui fianchi.
- Si, certo! -  
- Sono serissima. -
- E ubriaca. – commentò il soprano, il quale non riusciva proprio a credere alle parole della ragazza.
- Ho bevuto solo qualche bicchiere… e comunque non c’entra! –
 
Kurt si alzò nuovamente, sotto lo sguardo annoiato di Rachel. Quella ragazza doveva andarci piano con l’alcol. Su di lei aveva tremendi, tremendi effetti collaterali. Certo, la sua reazione agli alcolici non era nemmeno paragonabile a quella del soprano, ma ci andava vicina.
 
- Si, Rachel. Come dici tu. – la assecondò Kurt.
- Perché non mi credi? – piagnucolò la ragazza, sfoderando la sua espressione imbronciata più convincente.
- Perché io sono una persona obbiettiva e riesco a vedere esattamente le cose come stanno. Tu ti lasci trasportare dalle migliaia e migliaia di emozioni che provi. – fece il soprano, accompagnando le sue parole agitando le braccia in aria con fare teatrale.
- Kurt, so quello che ho visto. -
- Ah, e cosa avresti visto, sentiamo? -
- Ho visto che non ti ha scollato gli occhi di dosso per tutta la serata.- disse la ragazza, con il tono soddisfatto di chi sa perfettamente di avere il coltello dalla parte del manico. Intanto, Kurt cominciò a boccheggiare, tentando di trovare le parole adatte per poter ribattere.
- A me non è sembrato. –
- Ci credo, non facevi altro che evitare il suo sguardo! – lo accusò Rachel.
- Io non ho evitato proprio nulla. -
- Senti, puoi continuare a negare, ma a te quel tipo piace e purtroppo non mi pare di essere nella posizione adatta per evitarti di frequentarlo. -
- Frequentarlo?! – strillò il soprano, rimanendo a bocca aperta di fronte alle parole della ragazza.
 
Per quanto Kurt avrebbe potuto desiderare (cosa della quale non era per nulla certo) di frequentare con Blaine, l’altro non era molto d’accordo ed è un tantino complicato uscire con qualcuno che non è consenziente.
 
- Si, da quello che ho capito stasera non è poi quell’idiota che avevo pensato fosse. Anche se devi ammettere che quando sei arrivato qui… -
- RACHEL MA CHE CAZZO STAI DICENDO?! – la interruppe Kurt, in preda ad una crisi isterica.
- Ehi, datti una calmata! –
- Una calmata?! Mi stai dando la tua benedizione per uscire con Blaine?! Oh, ma grazie! Adesso si che mi sento meglio! Oh, aspetta. Lui non vuole uscire con me. Ma questo è un dettaglio irrilevante, no? –
 
Kurt stava gridando. Lo stava facendo nonostante fosse consapevole dell’orario e del fatto che l’indomani molto probabilmente avrebbe perso la voce e quello sarebbe stato un serissimo problema dato che aveva una lezione di canto da sostenere.
 
- Kurt, ma per favore! Quel ragazzo è solo spaventato ma vedrai che… -
- Smettila, ti prego. -
- Kurt… -
- Rachel, per favore. Solo, vai a letto, okay? – disse il soprano, prendendo un pigiama dal cassetto e chiudendosi in bagno.
 
 
 
La mattina successiva Kurt si era scusato con Rachel, la quale lo aveva fatto a sua volta, dicendo che forse aveva esagerato. Nonostante ciò, entrambi rimasero della propria opinione, anche se questa rimase ben chiusa nelle loro menti, dato che nessuno dei due aveva voglia di litigare nuovamente.
 
Da quel giorno era passata una settimana. Una settimana durante la quale, senza che nessuno dei due ci facesse realmente caso, Kurt e Blaine si erano velocemente avvicinati l’uno all’altro.
 
Erano usciti tutte le mattine per fare colazione, spesso e volentieri avevano pranzato insieme e Kurt era perfino riuscito a trascinare Blaine in uno dei numerosi centri commerciali di New York.
 
Poi arrivava la sera e il soprano non chiedeva mai all’altro di passare del tempo insieme, non particolarmente felice all’idea di ricevere un no come risposta poiché Blaine doveva uscire con qualcuno per poi portarselo a letto. 
 
Quella sera erano nella biblioteca della NYADA, cercando di fare una ricerca per il professor Bradley, ma con scarsissimi risultati.
 
Blaine aveva passato l’ora tentando di distrarre l’altro, il quale, dato che non era seriamente intenzionato a portare avanti quel lavoro, spesso e volentieri si era lasciato disturbare.
 
E poi, mancavano ancora due giorni per consegnarla, qual era il problema? Non aveva mica fretta.
 
- Ops. – disse Blaine, chiudendo con un veloce gesto della mano il libro che Kurt stava tentando di leggere.
- Ops? – fece il soprano, voltandosi verso l’altro con un’espressione accusatoria dipinta in viso.
- Giuro che non l’ho fatto apposta! – disse il riccio, portando le mani in alto, con finta innocenza.
 
Kurt inarcò un sopracciglio, guardando Blaine con sguardo annoiato.
Si stava praticamente facendo del male per evitare di sorridere, ma non voleva assolutamente che l’altro capisse nulla riguardo la sua… la sua… si, insomma, lasuacotta.
 
Il più alto riaprì il libro, cercando di ritrovare la pagina persa, quando sentì Blaine sbuffare.
 
- Allora, la vuoi fare questa ricerca oppure no? – chiese il soprano, voltandosi improvvisamente verso l’altro.
- Io la devo consegnare la settimana prossima. – rispose Blaine, con noncuranza.
- Ah, allora sei venuto qui soltanto per infastidirmi? Molto gentile, davvero. -
- Inizialmente, il piano era quello di studiare, ma mi sono reso conto che infastidire te è più divertente. – fece il riccio, sorridendo all’altro.
 
Kurt stava per rispondere al moro, quando notò qualcosa di strano nella sua espressione. Lo stava fissando un po’ troppo intensamente, con sguardo che il soprano non riuscì ad interpretare in nessun altro modo se non confuso.
 
- Ho qualcosa sulla faccia? –
- No. Niente. - rispose il moro, senza cessare di fissare il soprano.
 
Imbarazzato dalla situazione, Kurt abbassò lo sguardo verso il libro, tentando di capire qualcosa riguardo le tragedie greche. Fu allora che Blaine prese la mano che l’altro ragazzo teneva sul libro, con fare lento e delicato.
 
- Mi sa che per oggi non possiamo fare molto altro. –
- In realtà, non abbiamo fatto proprio niente. – puntualizzò il soprano, tenendo gli occhi ben fissi sul libro, del tutto intenzionato a continuare a leggere e, allo stesso tempo, ad evitare di incontrare gli occhi dell’altro ragazzo, cosa che sarebbe stata la sua fine.
 
Perché gli teneva la mano?! Il primo pensiero di Kurt fu quello di ritirarla immediatamente, eppure la mano non eseguì il suo ordine.
 
- Vorrà dire che torneremo domani, dai andiamo. È tardi.-
- Tardi? – chiese il più alto, alzando finalmente la testa che praticamente ormai sfiorava il libro, tanto si era chinato in direzione del tavolo.
 
Blaine, non appena l’altro fece per sistemarsi meglio sulla sedia, lasciò la presa dalla sua mano, tuttavia non mostrando il minimo imbarazzo.
 
- Sono le otto e mezza. -
- Le otto e mezza?! – domandò Kurt, a dir poco sconcertato.
- Già, direi che sarebbe meglio finirla qui. –
 
Kurt semplicemente annuì, anche se non poco rattristato per via della decisione di Blaine. Probabilmente aveva un qualche appuntamento e come al solito gli stava facendo perdere tempo prezioso.
 
- Che ne dici di vedere un film insieme? Stasera Tate è fuori, puoi venire in camera mia. – propose Blaine, cominciando a raccogliere il suo quaderno per gli appunti, il quale era ancora come nuovo, il cellulare e la matita.
- Un film? – chiese Kurt, il quale non era certo di aver afferrato che cosa Blaine gli avesse appena chiesto.
 
Se aveva capito bene, cosa che non poteva essere, gli aveva chiesto di passare la serata insieme. Da soli. Nella sua stanza. Da soli. A vedere un film. Da soli. Naturalmente Blaine non lo intendeva come un appuntamento ed era meglio per Kurt che lo tenesse ben a mente.
 
- Un film. -
- O… okay. – mormorò il soprano, non riuscendo ancora a crederci.
- Non sembri molto convinto. – commentò il riccio.
- Cosa? No! Certo, mi va benissimo! Più che bene! – fece il soprano, forse con un po’ troppo entusiasmo, facendo ridere Blaine.
- Bene. Ma decido io che film vedere. -
- Ti prego, mi va bene tutto, ma non commedie romantiche! – implorò il soprano, il quale aveva visto talmente tante commedie romantiche in quelle settimane che gli sarebbero bastate per almeno due anni.
- Era proprio il genere che ti stavo per proporre... – scherzò il moro.
 
Il soprano sentì improvvisamente un brontolio provenire dallo stomaco dell’altro, il quale sviò lo sguardo, leggermente imbarazzato.
 
- Forse è il caso che andiamo a mangiare qualcosa prima, eh? – fece Kurt, prendendo le sue cose e dirigendosi verso l’uscita.
 
 
 
- Questo è seriamente uno dei migliori horror di sempre! – disse Blaine, alzandosi dal letto e sistemando il computer sulla scrivania.
 
Kurt avrebbe voluto rispondere all’affermazione dell’altro, peccato che fosse ancora pietrificato dal terrore provocatogli da quello schifosissimo film di schifosissimi zombie.
 
Per le due ore più lunghe della sua vita era rimasto immobile, seduto sul letto accanto a Blaine, con le gambe incrociate e le braccia poggiate in grembo. A malapena aveva sbattuto le palpebre, dando l’impressione di essere perfettamente calmo.
 
Nonostante ciò, era più volte riuscito a muovere lievemente la testa, annuendo a Blaine quando commentava la bravura magistrale con la quale erano rappresentate le scene più cruente.
 
Ovviamente, il suo orgoglio gli aveva severamente vietato di mostrarsi un bambino agli occhi dell’altro, perciò quando durante il film sbucava improvvisamente un mostro dal nulla, rimaneva impassibile, osservando lo schermo, mentre dentro di sé un piccolo Kurt correva come un pazzo con le braccia in aria, sconvolto.
 
- Kurt? – chiese Blaine, dato che non aveva ancora ricevuto alcuna risposta.
 
Il ragazzo spostò la sedia sulla quale poco prima poggiava il computer, per poi risedersi sul letto accanto al soprano.
 
- Mh? – fece Kurt, guardando intensamente il campo di battaglia che era scrivania di Tate, evitando così lo sguardo indagatore dell’altro.
- Tutto bene? -
- Si… - rispose il più alto, molto poco convinto.
- Non… non ti sei spaventato, vero? -   
 
Kurt sgranò gli occhi, preoccupato alla sola idea che Blaine avesse potuto intuire che quello che stava dando a vedere non era il suo reale stato d’animo.
 
Ma per favore! Sono stato un mago nel nascondere il mio stato di terrore assoluto. Non c’arriverebbe mai.
 
- No… -
 
Complimenti Kurt! Per questa spettacolare interpretazione riceverai di certo un Oscar.
 
- Hai ragione. Sono proprio un idiota. Effettivamente, il fatto che tu risponda a monosillabi e che i tuoi occhi siano talmente tanto spalancati che rischiano di uscire fuori dalle orbite non mi da alcun motivo di pensare che tu sia irrevocabilmente spaventato.– fece Blaine, con tono sarcastico.
- Io sto benissimo. -
- Kurt, non c’è niente di male nello spaventarsi per un film. – disse il riccio, poggiando una mano sulla sua spalla nel tentativo di rassicurarlo.
 
Kurt era internamente combattuto.
 
Una parte di sé sperava che Blaine spostasse quella mano all’istante, mentre l’altra implorava che non lo facesse per nessunissima ragione.
 
Diciamo pure che la coerenza non era esattamente il miglior pregio del soprano.
 
- Lo so, ma a me non ha fatto paura. – controbatté il soprano, sentendosi più ridicolo che altro.
 
In effetti, non aveva senso che continuasse questa scenata quand’era palese che quel film non l’avesse lasciato indifferente. Ma no, Kurt doveva combattere fino alla fine! Certo, non aveva considerato il fatto che in questo modo stesse facendo la figura dell’idiota più di quanto non avrebbe fatto nel caso in cui avesse ammesso sin dall’inizio che lui e gli horror non andavano molto d’accordo…
 
-Okay, come dici tu. – fece Blaine, arrendendosi di fronte alla cocciutaggine di Kurt e rimuovendo la mano dalla sua spalla.
 
Il soprano accennò un sorriso, abbassando lo sguardo verso le sue mani.
 
Sentì un improvviso senso di amarezza invaderlo al pensiero che era il caso che tornasse in camera sua. Sentiva gli occhi di Blaine su di sé, probabilmente il riccio si stava domandando quando diavolo avrebbe deciso di levare le tende ed era eccessivamente educato per buttarlo fuori.
 
- Io… è meglio che vada. – disse Kurt, informando il riccio e cercando di convincere se stesso a muovere le chiappe da quel letto e portarle sul suo.
- Ah… -
 
Kurt alzò il viso, ritrovandosi davanti ad un paio di occhi che lo osservavano stranamente tristi.
 
- Grazie per la serata e scusami se ti ho rovinato qualche programma. -
- Veramente sono stato io ad invitarti. – puntualizzò Blaine, facendosi un po’ più vicino e facendo sì che le loro braccia si sfiorassero.
- Oh, giusto. Grazie comunque. –
 
I due, proprio come qualche giorno prima, rimasero immobili, l’uno perso negli occhi dell’altro, con la piccola differenza che adesso non c’era nessuno che potesse distrarli.
 
Gli occhi di Kurt vagavano da quelli di Blaine alle sue labbra, mentre la testa tentava in tutti i modi di convincerlo ad allontanarsi il più presto possibile.
 
Blaine si fece, se possibile, ancora più vicino e se fino a poco prima Kurt riusciva ancora a sentire, anche se lievi, gli S.O.S che il suo cervello tentava di inviargli, adesso era del tutto fuori controllo.
 
Alzati, ti prego, prima che ti renda più ridicolo di quanto già non sembri. Pensò il soprano, esattamente un secondo prima che… un momento.
 
Doveva essere una sua impressione perché… beh, perché le labbra di Blaine sembravano essere sulle sue.
 
Gli ci volle qualche istante per capire che, effettivamente, il ragazzo lo stava baciando e qualche altro per rispondere al bacio.
 
Le loro labbra in un primo momento si mossero lente con movimenti parecchio impacciati. La mano di Blaine andò a poggiarsi con delicatezza sulla guancia di Kurt, il quale non riuscì a trattenere un sospiro.
 
La lingua di Blaine premette leggermente sulle labbra dell’altro, il quale le dischiuse lentamente, lasciando che il riccio approfondisse il bacio.
 
- Oh mio Dio. – fece il moro, scostandosi repentinamente dall’altro ragazzo.
 
Kurt lo fissò, con sguardo tra il confuso e il timoroso.
 
Non riusciva a capire che cosa fosse successo, come fosse successo, quando fosse iniziato, quanto fosse durato, perfino se fosse successo sul serio o se fosse solo frutto della sua immaginazione!
 
- Ehm… io… ci… cioè… - balbettò il soprano, non sapendo che altro fare.
 
Un’idea ce l’aveva: scappare.
 
Correre finché aveva fiato, prendere un aereo ed espatriare in un altro continente.
 
- Kurt, non… non doveva succedere. Non so perché sia successo. È solo che, non lo so. Mi dispiace tantissimo, io… -
- Okay, okay. Non dire altro. Ho capito. Non preoccuparti. È tutto apposto, sul serio. – fece Kurt, tentando di sorridere, peccato che l’unica cosa che avrebbe desiderato fare in quel preciso istante fosse piangere.
 
Era stato un povero illuso.
 
Come aveva anche solamente potuto immaginare che Blaine… non voleva neanche pensarci. Lo sapeva, sapeva benissimo che tutto questo non sarebbe finito bene. Sapeva che Blaine prima o poi avrebbe inevitabilmente giocato con i suoi sentimenti, probabilmente senza che se ne rendesse conto.
 
Lo sapeva e aveva permesso che accadesse.
 
- Kurt… -
 
Il soprano si alzò velocemente dal letto dell’altro, dirigendosi verso la porta.
 
- Seriamente, Blaine. È tutto apposto. – ribadì, senza nemmeno voltarsi verso l’altro.
 
Pochi istanti dopo, Kurt era solo nel corridoio buio. Prese un respiro profondo ed estrasse le chiavi della sua camera, aprendo la porta.
 
- KurtKurtKurt! Guarda che ho comprato! - fece Oliver, balzando giù dal letto, allegro come un bambino a Natale e mostrando uno dei suoi numerosissimi fumetti. – Questo è un nuovo supereroe, si chiama Glitterman* e, porca miseria, è la tua copia sputata, amico! –
Sorrise teneramente al coinquilino, cercando di non dare a vedere il suo dispiacere, deciso a far finta che non fosse successo assolutamente nulla.
 
 
 
Kurt era seduto ormai da mezz’ora ad un tavolo della pasticceria della signora Nancy, alla disperata ricerca di un po’ di tranquillità.
 
Non appena aveva terminato la lezione di recitazione si era scaraventato fuori dal teatro, urlando un – Ci vediamo stasera! – ad Oliver mentre correva, rischiando ripetutamente di ruzzolare rovinosamente giù per le scale.
 
 Più che corso via, era proprio scappato da tutto e da tutti, ma aveva bisogno di stare un po’ da solo e come ogni santissima volta in cui non desiderava nient’altro se non un po’ di silenzio, c’era sempre qualcuno che decideva di deliziarlo con la sua presenza.
 
Per sua “grandissima fortuna, Jackie aveva deciso di partire proprio quel fine settimana per andare a trovare i suoi, lasciando a piede libero Oliver.
 
Quel simpaticissimo ragazzo che era Oliver, sin dal momento in cui aveva aperto gli occhi quella mattina aveva ripreso a tartassare il povero soprano con quel diavolo di fumetto che ritraeva un tizio in calzamaglia che si faceva chiamare Glitterman.
 
Tralasciando il nome (sul quale ci sarebbe stato parecchio da discutere) quel tipo portava un bel paio di mutande sopra il costume.
 
Mutande. Sul. Costume.
 
Qui si stava parlando di Kurt Hummel e Kurt Hummel non avrebbe mai e poi mai indossato qualcosa del genere, nemmeno per Halloween! Aveva ancora un briciolo di dignità, lui.  
 
Ma poi, come poteva anche solo pensare che gli somigliasse?! COME?!
 
Solamente perché era un supereroe palesemente gay, con capelli, occhi e conformazione fisica esattamente identici  ai suoi non voleva dire assolutamente nulla.
 
Inoltre, all’infinita lista di disgrazie che stavano accadendo al ragazzo, si aggiungeva quell’amore di ragazza che era Rachel che già di prima mattina aveva deciso di invadere la sua stanza, costringendolo ad aiutarla con il monologo che le avevano assegnato.
 
Fortunatamente, l’amica era talmente presa dal suo compito che non parve neanche accorgersi del tremendo stato in cui si trovava Kurt.
 
Il ragazzo si era ripromesso di far finta di niente, ma proprio non ce la faceva. Andava contro tutti i suoi principi, porca miseria!
 
Blaine l’aveva baciato e, come un idiota, Kurt aveva pensato che potesse significare qualcosa. Ormai doveva aver capito come fosse fatto quel ragazzo. Tuttavia, sembrava proprio che il primo a non essere certo della propria personalità fosse il moro, il che rendeva il cercare di stargli vicino un pochino un’impresa.
 
- Ehi. –
 
Kurt alzò gli occhi verso il ragazzo che aveva davanti, asciugandosi velocemente le lacrime. Blaine stava fermo con un’espressione imbarazzata dipinta in viso, una mano appoggiata allo schienale della sedia libera, aspettando che l’altro ragazzo lo degnasse di una qualche 




Tea's Corner:

Sono in tremendo, tremendissimo ritardo. 
Mi dispiace da morire non essere riuscita a pubblicare prima, ma la scuola mi sta davvero distruggendo D:

Cooomunque, tornando alla storia... Ebbene sì. Si sono baciati. Dopo 18 interminabili ( e probabilmente noiosissimi ) capitoli, si sono baciati... peccato che le cose spesso non vanno nella maniera da noi sperata. E il signor Murphy ne sa qualcosa...

Spero il capitolo sia di vosto gradimento 

Tea (:

P.s. Ci tengo a ringraziare tantissimo Eternalrest, ovvero la mia meravigliosa Linda ( <3 ), che con taaaaaaanta pazienza beta i capitoli.

* Glitterman è uno dei protagonisti della fanfiction Klaine della mia stupendissima amica Ema Penniman, ovvero The Amazing Double Life of My Boyfriend, vi consiglio vivamente di farci un salto e vedere di che si tratta :D


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Capitolo 19
*** Because of You ***


                      Chapter 19:
                 Because of you


“ ’Cuz you've been hurt before.
I can see it in your eyes. You try
to smile it away some things you
can’t disguise”
( Give your heart a break – Demi Lovato )



- Che ci fai qui? – chiese il soprano, tentando di apparire il più tranquillo possibile mentre Blaine prendeva posto di fronte a lui.
- Ti cercavo. –
- Mi cercavi. – fece Kurt, con tono scettico.
- Si, ho visto che non eri in camera, né in mensa, né in biblioteca e… beh, ho pensato che potessi essere qui. –
 
Il più alto annuì, per poi prendere un sorso di caffè, sperando che questo gli desse il coraggio di guardare l’altro negli occhi senza scoppiare a piangere.
 
- Io… credo di doverti delle scuse. – mormorò il riccio, sporgendosi verso Kurt.
- No. Blaine, non c’è alcun motivo per cui… -
- Invece si. – lo interruppe il ragazzo, estremamente serio. – Ti avevo detto che io e te non avremmo potuto essere altro se non amici e, evidentemente, ho superato i limiti dell’amicizia. Giuro che non ti avevo invitato in camera per… ottenere altro. Non è stato nulla di premeditato. Non so nemmeno perché sia successo! – disse il moro, il quale sembrava stesse velocemente entrando in confusione, dato che era il primo a non aver alcuna spiegazione al suo comportamento.

 
- Blaine, non c’è bisogno che tu ti scusi. –
- Io penso il contrario. L’avrei fatto ieri sera, ma non mi hai dato il tempo di… -
- A dire la verità pensavo che non avresti più voluto parlarmi. – lo interruppe Kurt, incrociando occhi di Blaine per poi tornare a fissare le sue mani, sperando che non avesse notato nulla di strano nel suo sguardo.
- Che vuoi dire? –
- Non lo so. Ho pensato che dopo questo episodio non avresti più voluto rivolgermi la parola. Sai, più o meno come qualche tempo fa. – rispose Kurt con voce tremante causata da un tremendo nodo alla gola.
- Ma… io voglio davvero esserti amico. – fece Blaine, prendendo la mano destra di Kurt nella sua.
 
Il soprano avvertì un brivido scorrergli lungo la schiena non appena avvertì il contatto con l’altro ragazzo e per quanto fosse l’ultima cosa che volesse, allontanò immediatamente la mano.
 
- Io non… - cominciò il ragazzo, quando venne interrotto da un singhiozzo. Non poteva piangere e soprattutto non davanti a Blaine.
- Cosa? -
- Non so… se io posso. –
 
Gli occhi del soprano si riempirono di lacrime e, poco prima che queste potessero solcare le sue guance, si alzò dalla sedia, uscendo dalla caffetteria il più velocemente possibile.
 
Sapeva benissimo che stava scappando, ma quello che stava per fare era difficile, troppo, per di più  in quell’esatto momento gli sembrava del tutto inconcepibile.
 
Come poteva dire a Blaine che non poteva essergli amico perché ormai non gli bastava più? Questo implicava il rivelargli ciò che provava nei suoi confronti e…
Semplicemente non poteva.
 
 
- Kurt! – fece Blaine, seguendolo fuori. - Ho rovinato tutto, lo so. Ti assicuro che se avessi potuto mi sarei fermato, ma… -
- Blaine ti prego, smettila di scusarti! – disse Kurt, tra un singhiozzo e l’altro.
- Okay. Cosa posso fare per sistemare le cose, allora? Non ho una macchina del tempo, non posso tornare indietro e fermare me stesso! – disse il riccio, portandosi le mani davanti al viso, per poi sedersi sulla panchina che si trovava lì accanto. – Non voglio perderti, Kurt. –
 
Il soprano si sedette accanto all’amico, poggiando una mano sulla sua schiena.
 
- Nemmeno io. – sussurrò il più alto, spostando le mani dell’altro dal suo volto, e guardandolo dritto negli occhi.
 
Stava rischiando e probabilmente Blaine avrebbe capito tutto.
 
Avrebbe capito che per quanto al soprano potesse stare cara la loro amicizia, ormai semplicemente non gli bastava più. Aveva provato a far finta di niente, ad ammettere che non gli importasse nulla di Blaine, che fosse soltanto un buon amico. Aveva provato a negarlo a tutti, prima di tutti a se stesso, eppure non era servito a niente. Forse aveva soltanto peggiorato la situazione.
 
- Allora qual è il problema? – chiese Blaine, evidentemente confuso dal comportamento dell’altro.
- Il problema è che… non posso più far finta di niente. -
- Va bene, vuol dire che affronteremo questa cosa. Faremo a modo tuo. – disse Blaine, con tono implorante, prendendo le mani dell’altro.
- No. -
- No? – ripeté il riccio, del tutto spiazzato.
- Blaine, il problema non sei tu. Sono io. -
- Kurt che cazzo stai dicendo?! – domandò il moro, facendosi più vicino all’altro.
- Sto dicendo che… senti, ti prego, lascia perdere. -
- Non eri tu quello che diceva che bisogna affrontare i problemi?! Beh, facciamolo. Ti sto dicendo che sono disposto a… -
- Non posso essere tuo amico, Blaine. – disse Kurt, lasciando che le lacrime gli rigassero il viso.
 
Blaine rimase immobile a fissarlo, come se non avesse capito o come se non volesse farlo. Puntò i suoi occhi dritti in quelli dell’altro, tentando di trovare un’altra risposta perché quella che aveva appena ricevuto non gli pareva plausibile.
 
- Posso chiederti almeno perché?  - chiese Blaine, con voce rotta.
 
Perché stava rendendo tutto più difficile?! Non poteva semplicemente fare come aveva sempre fatto?!
 
Quando Kurt aveva rotto con David, gli era parso tutto così facile e quello era il suo ragazzo! Non era umanamente possibile che fosse così tanto doloroso dire ad un ragazzo che aveva conosciuto due mesi prima che non potevano essere più amici.
 
- Non credo cambierebbe qualcosa. -
- Permetti che sia io a decidere se per me cambierebbe qualcosa? – domandò il riccio, lasciando trapelare dalle sue parole persino della rabbia.
- Blaine… -
- No, niente “Blaine”.  Dammi una motivazione. Fallo e giuro che questa volta ti lascerò perdere. –
 
 
 
Kurt guardò l’altro con sguardo implorante, sperando che semplicemente si arrendesse, eppure Blaine persisteva nel sostenere il suo sguardo, aspettando una motivazione convincente.
 
Il punto era che in effetti non esisteva un vero e proprio problema. Il moro non aveva fatto assolutamente nulla per far sì che Kurt potesse non desiderare più la sua amicizia. In realtà, aveva fatto tutto l’opposto.
 
- Io… -  cominciò il soprano, cercando di ignorare la morsa che gli attanagliava lo stomaco.
- Si? – fece Blaine, accennando un sorriso, nel tentativo di incoraggiare l’altro ad andare avanti.
- Blaine, io non posso esserti più amico perché… non mi… non… mi basta. Non più. –
 
Il moro sbatté velocemente le palpebre, confuso dall’affermazione del ragazzo. Nonostante fosse stata una delle cose più difficili che Kurt avesse mai fatto, non poteva negare che aver confessato tutto all’altro l’avesse in un certo senso liberato di un peso enorme, ma era anche cosciente del fatto che, per sua sfortuna, non sarebbe finita così facilmente.
 
- Non ti basta? Kurt, sto cercando di… di capire, ma… -
- Tu mi piaci. – confessò il soprano, evitando di guardare l’altro negli occhi.
 
Sentì accanto a sé Blaine irrigidirsi istintivamente. Era fatta. L’aveva detto chiaramente, per di più, l’aveva detto a Blaine. Prese in considerazione l’idea di alzarsi e correre il più lontano possibile, ma, per quanto potesse sembrare la cosa più facile da fare, era anche la peggiore.
 
 
- Io… io ti piaccio. -
- Si. – rispose Kurt, nonostante quella del moro non fosse una domanda. – E lo so. So perfettamente che non dovrebbe essere così. So che tu non sei interessato a me in nessun altro senso se non… beh, hai capito. E mi dispiace! C’ho provato con tutto me stesso. Ho fatto finta di niente, ho provato ad evitarti, a concentrarmi unicamente sullo studio. Ho provato a convincermi del fatto che non poteva piacermi un ragazzo così… così superficiale. Poi, però, sei cambiato e… non hai fatto che peggiorare la situazione, cazzo! Sei venuto da me facendo finta di nulla, trattandomi come se fossi il tuo migliore amico e, anche se soltanto nella mia testa, come qualcosa di più. Hai cominciato a prendermi per mano a guardarmi negli occhi come se… non so nemmeno come. So solo che tutto questo mi ha mandato completamente fuori di testa e adesso sto rovinando tutto e… -
 
Le parole di Kurt furono improvvisamente troncate da un paio di soffici labbra che si erano poggiate sulle sue mentre delle mani stringevano delicatamente il suo viso. Il bacio durò solo pochi secondi, poi Blaine si scostò lentamente dall’altro, senza tuttavia lasciare il volto del soprano.
 
Kurt si trattenne dall’aprire gli occhi, poiché già riusciva ad immaginare che Blaine da un momento all’altro avrebbe cominciato a scusarsi convulsamente dato che proprio non riusciva a capire come potesse essere successo.
 
- Kurt? – mormorò l’altro, al ché il soprano aprì finalmente gli occhi, trovando quelli di Blaine a pochissima distanza. Il riccio lasciò cadere le mani lungo le spalle di Kurt, tuttavia non lasciando mai la presa.
- Questo che vuol dire? – chiese Kurt, con un filo di voce.
- Vuol dire che dobbiamo parlare. -
 
 
 
 
Blaine chiuse la porta della sua stanza, facendo cenno a Kurt di accomodarsi sul letto mentre lui prendeva una sedia e si sistemava di fronte al soprano.
 
- Tutto quello che ho fatto, il modo in cui mi sono comportato fin’ora… ha una motivazione. – disse il riccio, guardando l’altro negli occhi.
 
Intanto, Kurt si stava scervellando per riuscire a capire quale fosse il proprio stato d’animo. L’unica cosa di cui era certo era di essere assolutamente ed inequivocabilmente confuso.
 
Quando, poco prima, aveva rivelato a Blaine i propri sentimenti, si sarebbe aspettato qualsiasi reazione, qualsiasi, ma di sicuro non aveva immaginato di ricevere un bacio come risposta.
 
- Credo che tu meriti una spiegazione da parte mia. – continuò il moro. – Okay, da dove inizio... Io… io… -
- Blaine, prenditi tutto il tempo che ti serve, d’accordo? –
 
Il riccio annuì, sorridendo all’altro ragazzo per poi riprendere a parlare.
 
- Tempo  fa ero… diverso. -
- Diverso? –
 
Blaine prese un respiro profondo, visibilmente a disagio. Non aveva mai permesso a Kurt di conoscerlo fino in fondo e adesso sembrava essere quasi pronto ad aprirsi, nonostante questo pareva costargli parecchio.
 
- Non ero uno stronzo. Una volta ero un ragazzino ingenuo. Credevo che un giorno l’amore della mia vita mi avrebbe fermato per strada ed io l’avrei riconosciuto. Avrei capito immediatamente che lui sarebbe stato l’unico. Ma viviamo nella realtà, perciò al posto dell’angelo che mi aspettavo, trovai Sebastian. –
 
Il moro si fermò per qualche istante, apriva la bocca, tentando di andare avanti con il suo racconto eppure non ne usciva neanche un suono. Fu allora che, senza neanche pensarci, Kurt gli si fece vicino, poggiandogli una mano sul ginocchio. Blaine guardò la mano dell’altro ragazzo per poi alzare il volto, mostrando un debole sorriso.
 
- Avevo diciassette anni e lui era… era uno dei più bei ragazzi che avessi mai visto. Si era appena trasferito alla Dalton e mi chiesero di mostrargli la scuola. Dal primo momento in cui mi mise gli occhi addosso non fece altro che flirtare con me. Inizialmente ero l’imbarazzo fatto persona e le sue continue avance mi mettevano molto a disagio. Prima di allora, non avevo mai avuto un ragazzo, né sapevo come avrei dovuto comportarmi per fare colpo. Continuò a starmi con il fiato sul collo, finché non dissi di sì quando mi domandò per l’ennesima volta di uscire. Ci frequentammo per qualche settimana, dopodiché mi chiese di diventare il suo ragazzo. Naturalmente accettai. Nemmeno riuscivo a credere che tra tanto ragazzi, avesse messo gli occhi proprio su di me. –
 
Kurt inarcò involontariamente un sopracciglio, chiedendosi se Blaine stesse parlando seriamente. Qualsiasi ragazzo gay dotato di occhi l’avrebbe notato.
 
Miliardi di volte, durante quei due mesi, aveva immaginato come sarebbe stato incontrare Blaine in Ohio. Era persino arrivato a darsi dell’imbecille perché aveva deciso di restare al McKinley invece di trasferirsi alla Dalton, per poi rendersi conto di quello che aveva pensato e, se possibile, darsi addosso ancora di più.
 
- Non passò molto tempo che cominciò a farmi… pressione. –
- In che senso? – chiese il soprano, non riuscendo a capire dove l’altro ragazzo volesse andare a parare con quella affermazione.
- Beh, lui non era più vergine da parecchio tempo e si aspettava da me qualcosa di più che semplici baci. -
- Blaine, se non te la senti… - disse il soprano, notando il disagio dell’altro crescere a dismisura.
- No. No, voglio… voglio raccontarti tutto. Quindi… io non volevo. Non mi sentivo pronto ma, d’altra parte, non volevo neanche perderlo. -
- Ti prego, dimmi che non ti ha forzato. – fece il soprano, il quale era sul punto di avere una crisi di panico al solo pensiero di quello che poteva aver passato Blaine.
- Certo che no! Solo, una sera… lui mi invitò a casa sua e io… mi lasciai convincere. Continuava a ripetermi che non c’era nulla di cui spaventarsi, che non era niente di ché, ma per me era diverso. Era la mia prima volta, volevo che contasse qualcosa, che fosse speciale, ma non potevo dirglielo. Non mi stupì quando mi resi conto che effettivamente non avevo provato nulla. Era stato soltanto sesso. Fino al diploma portammo avanti questa sottospecie di relazione. Anzi, per lui non era nemmeno una relazione, era… un divertimento. Io ero il suo giocattolino personale con il quale giocava quando non aveva nient’altro da fare e, in fondo, mi andava bene così. Poi, l’ultimo giorno di scuola, avevo appena finito di fare le valigie per lasciare la mia camera alla Dalton, perciò mi diressi nella sua per salutarlo, eppure trovai soltanto il suo compagno di stanza, Thad. -
- E… lui che ti ha detto? -
- Mi ha detto: “Come? Ieri è tornato a casa, non lo sapevi?” -
- Aspetta, non ho capito. – disse Kurt, il cui cervello si rifiutava di credere alle parole di Blaine.
- No, hai capito benissimo. Se n’era andato. Senza dire niente. -
- Niente? -
- Niente. In compenso, ho scoperto che mentre stavamo insieme si “divertiva” anche con Thad. – ammise il riccio, stringendo i pugni, ancora evidentemente scosso.
 
Se solo avesse potuto, Kurt l’avrebbe stretto tra le sue braccia, ma c’era qualcosa che gli diceva che quello non era il momento adatto. Blaine era ancora palesemente sconvolto, forse anche più del soprano, il che era preoccupante.
 
- Mi dispiace, Blaine. - si limitò a dire, sperando che le sue parole riuscissero a confortarlo almeno un po’. – Vorrei… -
- Aspetta, prima che me ne penta, lasciami finire. -
- Oh, si certo. Scusa, vai avanti. -
- Bene. Ah… da quel momento ho deciso che non avrei permesso a nessun altro di farmi del male. Mi ripromisi che avrei seguito l’esempio di Sebastian  e… avrei vissuto la vita. -
- In pratica ti saresti portato a letto il primi che capitava. – disse Kurt, lasciando che le parole uscissero dalle sue labbra prima ancora che potesse capire cosa stesse facendo.
- Io… cioè… -
- Scusa, colpa mia. Continua. – lo esortò il soprano.
- O… okay. Ehm, ho detto che avrei seguito l’esempio di Sebastian, ma non è del tutto corretto. Lui si divertiva giocando con i sentimenti di chiunque gli capitasse a tiro, io no. Perciò, decisi che non avrei avuto alcuna relazione seria e duratura. Soltanto puro divertimento, nessun problema. –
 
Kurt annuì, tentando di capire il ragionamento di Blaine, ma senza successo. Si stava sforzando con tutto se stesso, eppure non riusciva a vedere nulla di interessante in una relazione fondata soltanto sul sesso.
 
No, per lui era del tutto inconcepibile.
 
- E poi… non volevo che nessuno vivesse la stessa esperienza che avevo vissuto io. – disse Blaine, sperando che Kurt capisse cosa intendesse, cosa che ovviamente non accadde. – Non volevo che un ragazzo sprecasse la sua prima volta con uno a cui non sarebbe mai importato  nulla di lui. Uno come me. –
 
Kurt vide tutti i pezzi del puzzle incastrarsi perfettamente davanti ai suoi occhi. Blaine non aveva smesso di provarci  con lui perché non gli piacesse più, ma soltanto perché era vergine!
 
In effetti, non c’era proprio nulla di cui rallegrarsi.
 
- Quando sono venuto qui, ero pronto a cominciare una nuova vita, lontano dall’Ohio, dai pregiudizi e da qualsiasi cosa che potesse ricordarmi Sebastian. Sfortunatamente la mia tranquillità è durata poco più di una settimana. –
 
Il soprano alzò lo sguardo verso Blaine, nel disperato tentativo di capire che cosa intendesse. Si sentiva così stupido, praticamente qualsiasi cosa uscisse dalle labbra del riccio gli sembrava assolutamente incomprensibile.
 
- Perché? – chiese Kurt con un filo di voce.
- Perché poi sei arrivato tu. -   
 
Kurt rifletté un instante su ciò che aveva appena sentito, cercando di trovarvi un senso. E… no, non ne trovava. “Perché poi sei arrivato tu.” che c’entrava lui? Non era neanche in grado di comprendere se prendere quelle parole positivamente o negativamente.
 
Nel frattempo, Blaine lo guardava con espressione indecifrabile. Era sempre tutto troppo complicato. O forse era il cervello del soprano che aveva dato definitivamente forfait, il che era la risposta più attendibile.
 
- Ehm… scusa la mia stupidità, ma che vuol dire? – chiese Kurt, passandosi una mano dietro la nuca, con fare imbarazzato.
 
Sembrò che la domanda di Kurt fosse riuscita ad alleggerire l’atmosfera, dato che le labbra di Blaine si distesero in un dolce sorriso. Il soprano, se solo avesse potuto, si sarebbe lanciato sull’altro facendo sì che le loro labbra si incontrassero di nuovo. Del resto, soltanto Blaine poteva baciarlo quando diavolo gli pareva?! Tuttavia, quel pensiero venne ben presto cacciato via da quel che era rimasto della razionalità del soprano.
 
- Che è stata tutta colpa tua. - disse Blaine, apparendo del tutto serio.
- Colpa mia. Oh, capisco. E, gentilmente, mi diresti che cosa avrei fatto?-
 
Davanti all’espressione sbigottita di Kurt, Blaine scoppiò a ridere lasciando che la maschera di serietà che aveva indossato fino a quell’istante si sgretolasse in mille pezzi.
 
-  Ero tranquillamente sdraiato sul mio letto, quando qualcuno cominciò far rumore fuori dalla mia porta… -
- Ah! Quindi mi stai accusando di non averti lasciato dormire? Ma quanti anni hai, cinque? – fece il soprano, incrociando le braccia al petto con fare indispettito.
- Kurt, fammi finire. – ordinò il moro, per poi portarsi l’indice davanti alle labbra, facendo cenno a Kurt di star zitto.
 
Il più alto semplicemente annuì, sistemandosi meglio sul letto e appoggiando la schiena contro il muro, attendendo che l’altro riprendesse con il suo discorso. Più Blaine andava avanti, meno Kurt sembrava capire dove volesse andare a parare.
 
 
- Bene. Mi trascinai dal letto fino alla porta, tentando di non fare molto rumore, dato che se si fosse svegliato Tate avrebbe cominciato ad imprecare come uno scaricatore di porto e proprio non mi andava di litigare. Aprì la porta, trovando un ragazzo che tentava di scassinare la serratura… -
- Io non stavo tentando di… - si lamentò il soprano, interrompendo per l’ennesima volta Blaine, il quale lo fulminò letteralmente con lo sguardo.
- Kurt, zitto! -
- Okay, okay… -
- Dicevo, la prima cosa che pensai fu… - disse Blaine, fermandosi improvvisamente e lasciando intravedere un po’ di indecisione dal suo sguardo.
- Stavolta non ho aperto bocca! – fece il soprano, portando le mani in alto, cercando di discolparsi prima ancora che il riccio potesse accusarlo di qualsiasi cosa.
- Lo so, Kurt, lo so. È solo che… oh, beh sai già che sono un idiota, perché farsi tanti problemi?-
- Si, infatti. Lo so già. – rispose il soprano, nonostante la domanda di Blaine fosse chiaramente retorica.
- Kurt… -
- Scusa! – fece il ragazzo, portandosi entrambe le mani davanti alla bocca, ripromettendosi che avrebbe tentato con tutto se stesso di star zitto.
 
In effetti, stava giocando con il fuoco.
 
Blaine si stava sforzando così tanto per aprirsi, probabilmente più di quanto Kurt potesse immaginare, e lui continuava ad interromperlo, quando c’era una buona possibilità che il moro lo buttasse fuori da un momento all’altro, stanco del suo comportamento infantile.
 
- Ho pensato che tu avessi… ehm, che… -
- Se non vuoi dirmelo… -
- Gli occhi più belli che avessi mai visto. – disse Blaine, tutto d’un fiato, cercando di evitare lo sguardo del soprano.
 
L’aveva detto sul serio, ne era certo. L’aveva sentito con le sue orecchie! Non poteva esserselo immaginato.
 
A Blaine piacevano i suoi occhi.
 
Il cuore prese a battergli talmente velocemente che quasi non gli sembrava neanche di sentirlo.
 
Si sarebbe volentieri messo a saltare sul letto come un bambino se solo avesse potuto. Okay, non era il caso che si esaltasse così tanto, del resto, non gli aveva mica fatto una proposta di fidanzamento.
 
Kurt, caro. Che cazzo pensi?!
 
- Ah. – sussurrò il soprano, con espressione neutra.
- Già. Comunque, a me non potevano interessare delle frivolezze del genere, perciò ti ho squadrato da capo a piedi e ho pensato che… potessi provarci. –
- A far che? – domandò Kurt, il quale  avrebbe sinceramente voluto evitare di interrompere Blaine, ma dato che gli sembrava quasi che il ragazzo stesse parlando in aramaico antico, aveva bisogno almeno di uno straccio di  traduzione!
 
Blaine si portò una mano sul viso, esasperato ed imbarazzato allo stesso tempo.
 
- Volevo provarci con te, Kurt. – ammise, continuando a guardare in qualsiasi direzione eccetto quella del soprano. – E… ho pensato che anche tu potessi essere interessato. -
- In base a che cosa l’avresti pensato? – domandò il soprano, tentando di intercettare gli occhi dell’altro.
- Dal modo in cui mi guardavi. Per non parlare dei tuoi vestiti… -
- I miei vestiti. – ripeté il soprano, inarcando un sopracciglio.
 
Potevano criticare il suo comportamento, la sua dieta, qualsiasi cosa, ma non il suo senso della moda! Cominciò a ticchettare nervosamente le dita sulla sua coscia, aspettando che Blaine si spiegasse ed era meglio che lo facesse in fretta prima che lo riducesse a brandelli.
 
- Si, i tuoi vestiti. Sembravano urlare “SALTAMI ADDOSSO”!-
 
Momento. Era un complimento?
 
Come al solito l’enorme esperienza di Kurt in questo campo non sembrava essergli d’aiuto. Beh, guardando il lato positivo non aveva offeso il suo stile. Magari dal punto di vista di Blaine addirittura positivo.
 
- Ma… -
- Sh! – disse Blaine, poco prima che Kurt potesse commentare. – Decisi che dovevo… diciamo che… Dio, decisi che dovevo averti ed è per questo che ho cominciato a flirtare con te. –
 
Kurt sentì le guance andare completamente a fuoco.
 
No, più che altro gli sembrava quasi di essere all’interno di un’enorme fornace. Troppe informazione, soprattutto, troppe informazioni tutte insieme. Guardava Blaine con la bocca spalancata, aspettando ancora il momento in cui il riccio avrebbe ritirato tutto, dicendo che stava scherzando.
 
Tuttavia, questo non accadeva mai con il riccio.
 
- Poi quella sera al bar, scoprii che tu eri… sei vergine. -
- Quindi hai capito che non ti interessavo più. – concluse Kurt, con un filo di amarezza nella voce.
- E’ proprio questo il punto! – rispose Blaine, alzandosi improvvisamente dalla sedia e cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza, seguito dallo sguardo interdetto del soprano.
- Non… non ti seguo. – mormorò Kurt, sperando di non peggiorare la situazione
- Ho cercato di starti lontano, ma per un motivo o per un altro finivo sempre col chiederti di prendere un caffè, di studiare insieme o qualsiasi altra cazzata. Sapevo che non avrebbe portato a nulla di buono. -
 
Kurt si alzò dal letto, tentando di stabilire un contatto visivo con l’altro ragazzo, il quale, invece, non sembrava per nulla d’accordo.
 
Aveva come l’impressione che la sua testa stesse cominciando a fumare per il disumano sforzo che stava facendo nel tentare di seguire i ragionamenti contorti di Blaine.
 
Okay, probabilmente lui non era proprio un asso in questo genere di cose, ma di certo l’altro non lo aiutava.
 
Kurt prese Blaine per un braccio, costringendolo a fermarsi, tuttavia il riccio persistette nell’evitare i suoi occhi. Il soprano con infinita lentezza avvicinò la sua mano al volto di Blaine, facendo in modo che lo guardasse in viso.
 
Quando finalmente i loro occhi si incrociarono, Kurt riuscì ad intravedere in quelli dell’altro un misto di tristezza, confusione, forse persino rabbia, e un’altra miriade di emozioni che quasi lo spaventarono.
 
- Blaine, non… qualunque cosa tu dica, io non ti giudicherò. – mormorò Kurt, non lasciando la presa dal moro.
- Lo so. Lo so, credimi. -
- Bene, allora non farlo neanche tu. Non giudicarti, dì quello che senti. –
 
Blaine sorrise al soprano, allontanandosi per sedersi sul letto, ma portando l’altro ragazzo con sé.
 
Kurt sentì le tensione crescere, intuendo che, se tutto fosse andato per il verso giusto, forse sarebbero riusciti a sistemare questa tremenda situazione una volta per tutte.
 
- Mi ero ripromesso che… non avrei più permesso a me stesso di lasciare che mi interessasse qualcuno, se non da un punto di vista prettamente fisico. E… non sono riuscito a mantenere questa promessa. – disse Blaine, prendendo le mani dell’altro.


 


Tea's Corner:

Non so per quale grazia divina, ma sono riuscita a pubblicare...
Direi che siamo ad un punto di svolta... chissà che succederà dopo xD 
Volevo ringraziare ancora tutti quelli che leggono e recensiscono la storia, vi adoro tuuutti quanti :D

A presto 

Tea (:
 

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Capitolo 20
*** The First Time Ever I Saw Your Face ***


    Chapter 20:

The first time ever I saw your face
 
 

“Stop there and let me
correct it, I wanna live a
life from a new perspective.
( New Perspective – Panic! At the disco )
 



Kurt gli si avvicinò impercettibilmente, completamente rapito dalle sue parole, aspettando impazientemente che andasse avanti.
 
- Vorrei poterti dire che se tu non volessi più essermi amico, a me andrebbe bene. – sussurrò Blaine, spostando il suo sguardo da quello di Kurt alle loro mani intrecciate. – Vorrei poterti dire che riuscirei senza problemi a far finta di niente, a riprendere la mia vita come se nulla fosse. Che sarebbe spontaneo sedermi lontano da te a lezione. Che non mi mancherebbe passare le ore ad impedirti di studiare… -
 
Kurt ascoltava le parole di Blaine, sentendo le lacrime cominciare ad invadere i suoi occhi.
 
Aveva capito dove volesse arrivare, il punto era che era troppo gentile per dirglielo in faccia. Blaine non era interessato a lui in nessun altro senso, se non come amico.
 
Il soprano riusciva quasi a percepire il suo cuore andare lentamente in pezzi. Rachel l’aveva avvertito che sarebbe finita così, ma come al solito quando si metteva qualcosa in testa non c’era niente o nessuno che riuscisse a fargli cambiare idea.
 
Beh, adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.
 
 
- Il punto è che non posso, Kurt. – concluse il ragazzo, alzando lo sguardo verso l’altro.
 
Kurt sentiva il tremendo bisogno di andarsene, perché non era più disposto ad ascoltare ciò che Blaine aveva da dirgli.
 
Non ce la faceva, non era pronto. Nella sua vita era riuscito a sopportare innumerevoli sconfitte, le aveva accettate e aveva continuato per la sua strada a testa alta.
 
Ma c’è un limite a tutto, giusto?
 
Blaine continuava  a guardarlo, forse aspettandosi una qualche risposta, tuttavia questa volta Kurt non aveva nulla da dire o meglio, non ne era capace.
 
Avrebbe voluto dirgli che lui era diverso da Sebastian, che doveva soltanto concedergli un po’ di fiducia, che avrebbe fatto di tutto pur di non farlo soffrire, ma se solo avesse aperto la bocca per provare a spiegargli, sarebbe di certo scoppiato nuovamente a piangere.
 
Non avrebbe voluto farlo, non voleva che Blaine si sentisse in colpa a causa sua, ma con tutta la buona volontà, non riusciva a scacciare quel dannato nodo alla gola.
 
Il soprano prese un respiro profondo, tentando di ricacciare le lacrime dentro.
 
- Okay, ho… ho capito. – sussurrò, facendo per alzarsi.
- Aspetta. – disse Blaine, stringendo un po’ più forte le sue mani. – Quello che intendevo dire era… -
- Blaine, lascia perdere. – fece Kurt, il quale non aveva bisogno di altre spiegazioni. Non avrebbero fatto altro che peggiorare la situazione.
- Kurt, neanch’io ti voglio come amico. – disse il ragazzo, attirando leggermente l’altro verso di sé.
- Come? -
- Io ci tengo a te. Più di quanto dovrei, in realtà… - rispose il riccio, fissando intensamente l’altro negli occhi.
 
Kurt non riusciva a capire che cosa intendesse, era talmente frastornato che qualsiasi cosa dicesse Blaine gli sembrava del tutto incomprensibile. Guardava l’altro con sguardo confuso, chiedendosi che cosa volesse dire e ripetendosi in mente le parole che l’altro aveva appena pronunciato.
 
Blaine abbassò la testa, sorridendo lievemente, con fare imbarazzato.
 
- Forse questo può chiarirti le idee. – disse il riccio, avvicinandosi pericolosamente all’altro.
 
Il moro si trattenne ad una distanza millimetrica dalle labbra di Kurt, il quale rimase del tutto immobile, terrorizzato all’idea che stesse soltanto fraintendendo il comportamento dell’altro.
 
Nemmeno se ne rese conto, che le labbra di Blaine cominciarono ad accarezzare le sue.
 
Pochi istanti dopo, sentì la lingua del moro premere lievemente sulla sua bocca, al ché il soprano la dischiuse lievemente, lasciandosi trasportare dalla dolcezza di quel bacio.
 
Le mani di Blaine abbandonarono quelle di Kurt, andando ad accarezzare dolcemente la guancia dell’altro ragazzo, il quale lasciò che le sue dita si intrecciassero tra i ricci liberi dal gel del moro.
 
Kurt si scostò qualche istante dopo, alla disperata ricerca di un po’ d’aria, tuttavia adagiando la propria fronte contro quella di Blaine.
 
Il riccio si allontanò lentamente dall’altro, quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
 
- Kurt… -
 
Toc toc.
 
Entrambi rimasero immobili, l’uno immerso negli occhi dell’altro. L’irritante individuo che era fuori dalla porta bussò nuovamente, al ché Blaine sembrò riprendersi.
 
Con la rassegnazione dipinta in viso, il riccio si alzò svogliatamente dal letto, andando ad aprire la porta.
 
- Preparati ad una notte di fuoco! – disse il ragazzo che era fuori dalla porta, scaraventandosi in camera di Blaine prima ancora che quest’ultimo l’avesse invitato ad entrare. – Oh, ciao. – continuò il ragazzo, ( che se Kurt non ricordava male, doveva chiamarsi Jeff ) notando la presenza del soprano.
- Jeff, non è… il momento… - disse Blaine, avvicinandosi all’altro con fare minaccioso.
- Non c’è problema, vi lascio soli. – fece Kurt, alzandosi improvvisamente dal letto, con non poca irritazione.
 
Bene, benissimo. Era stato preso per il culo. Di nuovo.
 
Non riusciva neanche a capacitarsene. Insomma, aveva pazientemente ascoltato Blaine, immaginando che avesse finalmente deciso di essere sincero con lui e poi, con molta nonchalance, si presentava il suo… scopamico?!
 
Fantastico! Come aveva soltanto potuto pensare che Blaine fosse diverso? Come aveva potuto illudersi che ciò che dava a vedere non fosse reale?
 
- Kurt, aspetta. – mormorò il riccio, avvicinandosi al soprano e prendendolo per mano – Non è… -
- Kurt?- chiese Jeff, spalancando gli occhi e guardando il ragazzo come se fosse un alieno.
 
Ma era passato recentemente davanti ad uno specchio? Lasciando perdere il pessimo taglio di capelli alla Justin Bieber e l’orribile ed evidentissima tinta, portava una camicia rosa shocking, una cravatta blu elettrico, dei pantaloni neri e delle scarpe rosse.
 
Va bene, le discoteche sono piuttosto buie, ma non è necessario vestirsi da cartellone al neon per essere visibile!
 
- Blaine, questa sarà una notte indimenticabile! – Kurt sentì dire.
 
Non voleva voltarsi, né tantomeno di sapere chi diavolo fosse l’altro imbecille che aveva deciso di deliziarli con la sua presenza, tuttavia, per uscire da quell’inferno, era necessario che si dirigesse proprio verso la porta, dato che purtroppo non era dotato di superpoteri.
 
In quel caso avrebbe preso una discreta rincorsa e con molta grazia sarebbe uscito dalla finestra per poi spiccare il volo.
 
- Nick, Jeff potete per favore lasciarci soli un attimo? – chiese Blaine, con tono minaccioso, senza mai lasciare la presa dal soprano.
- Si, Nick. – fece il tipo multicolour, volgendosi verso l’altro ( al quale Kurt persisteva nel dare le spalle ). – Lasciamo Blaine e Kurt da soli. -   
- Kurt?! – strillò l’altro tizio,  al ché seguì qualcosa simile ad un gemito strozzato.
- Cazzo, ragazzi! -
- E’ tutto apposto. Vado io, divertitevi. – disse Kurt, voltandosi verso l’uscita e vedendo uno dai capelli castani, evidentemente Nick, aggrappato come un koala al biondino, con un sorriso da ebete sulle labbra.
 
Era meglio che quei due si fossero appena fatti di qualcosa di pesante perché, se erano così di natura, la cosa era piuttosto preoccupante.
 
- No! Kurt, perché non esci con noi? – chiese Nick, scollandosi da Jeff e permettendogli di respirare.
- Nick! Blaine uscirà con noi un’altra volta. Andiamo… - lo ammonì Jeff, prendendolo per il giubbotto nel tentativo di portarlo fuori, nel corridoio.
- Okay, calma! – disse Blaine, afferrando i due ragazzi e, con la delicatezza di un orco,  trascinandoli dentro.
 
 
 
Nel frattempo, Kurt assisteva alla scena a dir poco sconcertato, chiedendosi se dovesse cominciare a ridere o a piangere. Forse era meglio la seconda opzione. Si, decisamente.
 
- Kurt, questi sono Jeff e Nick. – continuò il riccio, indicando i due ragazzi, il secondo dei quali salutò timidamente il soprano con un cenno della mano.
- Si, l’avevo intuito. Adesso vi lascio alla vostra serata. – disse Kurt, facendo per uscire dalla camera, peccato che venne immediatamente bloccato da Blaine, il quale senza pensarci due volte, aveva afferrato l’altro per il polso.
 
Kurt abbassò lo sguardo verso la sua mano, per poi guardare Blaine che l’osservava con i suoi grandi e adorabili occhi da cucciolo.
 
Bastardo.
 
- Scusate, non volevamo disturbarvi. Volevamo soltanto obbligare Blaine ad uscire. Sai, è sempre così depres… AHIA! – strillò Nick, il cui piede era stato ferocemente calpestato da quello dell’altro. - Che ho detto stavolta?! –
- Nick, solo… sta’ zitto. – sussurrò Jeff.
 
Kurt allora tornò a fissare Blaine, il quale si stava coprendo gli occhi con la mano libera, esasperato a causa del comportamento di quei due tizi. In effetti, aveva tutto il diritto di esserlo.
 
- Kurt, Nick e Jeff sono i miei migliori amici. Anche se rischiano di non esserlo più. –
 
Oh. Amici. Solo… migliori amici. Niente di più?
 
Beh, questo cambiava un tantino le cose. Forse, Kurt era stato un po’ troppo affrettato nel giudicare il riccio.
 
Il soprano sorrise ai due con fare timido.
 
- Anche loro facevano parte dei Warblers. – aggiunse Blaine.
- Si! Eravamo quelli in fondo… nella parte buia del palco… - disse Jeff, terminando la frase con una certa malinconia nella voce.
- Al contrario di qualcun altro. – fece Nick, incrociando le braccia al petto e fissando Blaine.
- Ehm, no… mi spiace, proprio non mi ricordo di voi. – ammise il soprano, seriamente dispiaciuto.
 
In fondo, gli facevano anche un po’ pena.
 
Non doveva essere facile stare sempre nelle retrovie, essere soltanto di supporto per il leader… un momento. Era stato così anche per lui.
 
- Figurati, è già tanto che ci abbiano lasciati partecipare. – disse Nick, sorridendo al soprano.
- Comunque, piacere di conoscervi… - mormorò Kurt. - Mi pare di capire che non ci sia bisogno che mi presenti. -
- No, infatti Blaine non fa altro che parlare di te! -
- Cazzo, Nick! – sbraitò il biondino.
- Ma… -
- Ragazzi, ragazzi! Chiudete quella bocca! - 
- Dai, Blaine! Non c’è nulla di cui vergognarsi… - disse Nick, ammiccando al riccio.
- Okay, lasciamo stare. – fece il moro, con fare rassegnato. – Come vedete sono un po’ occupato, quindi… -
- Blaine, davvero. Non è un problema, ci vediamo domani. – disse Kurt, sorridendo sinceramente all’amico.
- No! – rispose Blaine, poggiando una mano sulla spalla del soprano. – Nick e Jeff possono passare un’altra volta. -
- Certo. Ci sentiamo, eh? -  disse Jeff, facendo cenno all’altro di seguirlo fuori.
- Aspetta. Perché non venite con noi? -
- No. Nick. Penso che vogliano stare da soli. Capito? Soli. – mormorò il biondino a denti stretti.
 
Kurt cominciava a domandarsi che diavolo stesse succedendo, dato che, come al solito, era riuscito a capire poco niente. Aveva intuito che Blaine aveva già parlato di lui con i due tipi, il che non era poi una cosa così negativa… vero?
 
No, non lo voleva sapere.
 
- Facciamo un’altra volta, eh Nick? –
- Va bene, va bene. Lasciamo i due piccioncini da soli, Jeff. – e con questa affermazione, i due lasciarono la camera del riccio.
 
Più che “lasciare la camera”, vennero letteralmente scaraventati fuori da Blaine.
 
Il moro rimase per qualche istante con la testa poggiata contro la porta, alla disperata ricerca del coraggio necessario per tornare a guardare Kurt negli occhi.
 
- Bene. – sussurrò il soprano, con fare imbarazzato e  troncando il tremendo silenzio che era piombato nella stanza.
- Ehm… okay, questo è stato piuttosto imbarazzante. – balbettò Blaine.
- Ti riferisci all’incursione dei tuoi amici o alla nostra situazione? – chiese Kurt, il quale probabilmente era persino più imbarazzato dell’altro.
- Entrambi, direi. –
 
Blaine fece un respiro profondo, per poi avvicinarsi lentamente al soprano, nonostante non sembrasse esattamente certo di ciò che stesse per fare.
 
Kurt avvertì il cuore cominciare a battere sempre più velocemente a mano a  mano  che Blaine gli si faceva vicino. Quando il riccio si ritrovò a poco più di una spanna dall’altro, questo gli prese una mano cominciando a giocherellare con le sue dita ed evitando di guardarlo negli occhi.
 
- Allora… - mormorò Blaine.
 
Le guancie di Kurt presero fuoco, data la brevissima distanza che c’era fra il suo corpo e quello del moro, tuttavia non riusciva nemmeno ad ordinare alle sue gambe di muoversi e cominciare a correre. In effetti, non ne aveva alcuna voglia.
 
- Si? – sussurrò Kurt, chiedendosi per qualche motivo stesse parlando a bassa voce.
- Dov’eravamo? – domandò Blaine, con un sorriso sghembo dipinto in volto.
- Io stavo per andare… -
- Ah… stavi per andare. – ripeté il moro, facendosi più vicino, come se non lo fossero già abbastanza.
 
Kurt stava per uscire fuori di testa.
 
Non era la prima volta che accadeva qualcosa del genere con Blaine, eppure era traumatico esattamente come se lo fosse. Adesso gli occhi dell’altro erano puntati dritti nei suoi e le sue dita erano intrecciate saldamente con quelle del soprano.
 
Se solo avesse potuto, Kurt si sarebbe fiondato sulle labbra del moro e… beh, in effetti non c’era nulla che glielo impedisse, se non se stesso.

Oh, si vive una volta sola!  Pensò il più alto, prima di annullare la distanza che lo separava da Blaine e baciando il riccio, il quale ricambiò il bacio senza pensarci due volte.
 
- Scusa! Scusa, non so… - fece Kurt, allontanandosi leggermente dall’altro.
- Kurt. – disse Blaine, facendo una leggera pressione sotto il mento del soprano affinché lo guardasse negli occhi. - Ti stai seriamente scusando?-
- Direi di si… Non so che mi sia preso! Giuro… -
 
Blaine poggiò lievemente la mano sulle labbra dell’altro, impedendogli di terminare la frase e facendolo arrossire tremendamente.
 
- Ehi, sta calmo. – sussurrò Blaine, accarezzando lentamente il braccio dell’altro, apparendo perfettamente a suo agio.
- Io sono perfettamente calmo. –
- Ah-a. -
 
Quella situazione era come un dejà - vu e Kurt doveva ammettere che, in fondo, ma proprio in fondo, gli erano mancate questo genere di attenzioni da parte del riccio. Naturalmente in minima parte… insomma, non aveva mica passato i due mesi precedenti ripensando a quelle rare occasioni in cui Blaine si era avvicinato più di quanto avrebbe dovuto o quando…
 
Terra chiama Kurt! Terra chiama Kurt!
 
Il soprano scosse velocemente la testa, tentando di scacciare via quei pensieri.
 
- Seriamente, sto bene. – fece il ragazzo, evitando gli occhi del moro.
- Non lo metto in dubbio. –
- Blaine… - piagnucolò Kurt.
- Cosa? Ti credo! -
- Si, come no… - sbuffò il più alto, allontanandosi dall’altro, tentando di alleggerire la tensione, ma senza alcun risultato, dato che pochi attimi dopo Blaine gli si stava nuovamente avvicinando.
 
Kurt cominciava seriamente a pensare che non sarebbe uscito vivo da quella stanza. Probabilmente, tutto ciò che sarebbe rimasto di lui sarebbe stata una poltiglia informe.
 
- Tornando a noi… - disse Blaine, stringendo la mano del soprano.
 
Noi. Ma che bella parola!  Pensò il soprano, il quale, per quanto ci stesse provando con tutte le sue forze, non riusciva a trattenersi dal sentirsi estremamente felice, cosa che non avrebbe assolutamente provare.
 
Okay, si erano baciati. Più volte. Quattro fantastiche volte. Beh, questo non voleva dire assolutamente nulla.
 
- Ci siamo baciati. – fece Kurt, non rendendosi neanche conto delle parole che volavano via dalle sue labbra e arrossendo violentemente non appena si accorse di aver espresso ad alta voce i propri pensieri. Sarebbe morto per autocombustione, presto.
- Si, ci siamo baciati. -
- Uhm... questo… vuol dire che… - disse Kurt, lasciando la frase a metà, sperando che l’altro gli chiarisse le idee a riguardo.
- Secondo te che vuol dire? –
 
Ecco, il soprano sperava che fosse Blaine a chiarire la situazione, ma come al solito sembrava che il riccio stesse facendo di tutto per sabotare il povero Kurt.
 
- Dimmelo… dimmelo tu. –
 
Blaine non poté trattenersi dal sorridere, estremamente divertito dalla reazione di Kurt.
 
- Ah, Kurt… - Il soprano guardò l’altro in cerca di una risposta. – Pensavo di averti già risposto. – fece Blaine, avvicinandosi ancora all’altro, tanto che i loro petti quasi si sfioravano.
- Beh, magari dal tuo punto di vista vuol dire che… -
- Kurt, ti andrebbe di uscire con me? -
- … non sei assoluta… come? – chiese il soprano, convinto di non aver capito bene.
- Vuoi uscire con me? -
- In che senso? – domandò il soprano, tentando con tutto se stesso di rimanere con i piedi per terra.
- In che senso lo intendi? -
- Blaine, smettila! – si lamentò Kurt, esasperato dai continui giochi dell’altro, il cui unico scopo era quello di mandarlo fuori di testa.
- Okay, okay. Intendo… un appuntamento. -
- Come due amici che… -
- No. – disse Blaine, interrompendo il soprano. – Non come due amici. -
- Oh. –
 
Kurt continuava a ripetersi le parole del riccio, tentando di trattenersi dal saltargli di nuovo addosso per la felicità. Per quanto non gli sembrasse che Blaine mal sopportasse il contatto fisico, non poteva farlo… cioè poteva, ma no.
 
Non ci pensare neanche, hai fatto anche troppo. Gli disse il suo cervello, il quale ancora cercava, invano, di farlo sembrare ancora sano di mente.
 
- Ma tu avevi detto che non… - farfugliò il soprano.
- Kurt, dimentica quello che ho detto, okay? -
- Aspetta. Da… dall’ultima volta in cui siamo usciti insieme non… - balbettò Kurt, incapace di esprimere i propri pensieri ad alta voce a causa del troppo imbarazzo.
- Non? -
- Non è cambiato niente. – sussurrò infine, sperando che il pavimento si aprisse improvvisamente, ingoiandolo vivo.
- Non è cambiato niente? – domandò Blaine, non riuscendo a capire a che cosa si stesse riferendo l’altro ragazzo. – Non reggi ancora l’alcol? – scherzò il moro.
- No! Cioè, si. Non reggo l’alcol… - fece il soprano, sospirando. – Comunque! Non intendevo questo. Io sono ancora… ehm… - 
- Okay. –
 
Kurt alzò gli occhi verso l’altro, chiedendosi se avesse capito a cosa si stesse riferendo. Il soprano  non voleva neanche immaginare come sarebbe stato nel caso in cui il riccio si fosse tirato indietro, rendendosi conto che il soprano non aveva ancora perso la sua “grande V”.
 
- Ma hai capito cosa intendo? -
- Si, Kurt. – rispose il moro, sorridendo teneramente.
- E non è un problema cheiosiaancoravergine. – fece il soprano, tutto d’un fiato.
- No, non è un problema. – disse Blaine, stringendo leggermente la sua mano.
 
Kurt guardò l’altro ragazzo, il quale gli stava sorridendo teneramente, tentando di capire se stesse dicendo dalla verità. Non gli pareva assolutamente possibile che Blaine stesse trasgredendo alle sue “regole”, se così potevano essere definite. Soprattutto, non gli sembrava plausibile il fatto che lo stesse facendo per lui. Tra i migliaia e migliaia di ragazzi che si trovavano a New York, non poteva aver scelto lui.
 
Magari adesso stava correndo un po’ troppo, non gli aveva mica fatto una richiesta di matrimonio!
 
Restava comunque il fatto che, a quanto pareva, Blaine gli aveva chiesto un appuntamento, nonostante ne avessero già uno a dir poco disastroso alle spalle.
 
- Che ne dici? – chiese Blaine, riscuotendo Kurt dai suoi pensieri.
- Che ne dico?! – fece il soprano, inarcando un sopracciglio.
 
Era palesemente ovvio che Kurt fosse completamente cotto del moro e quello glielo chiedeva pure?!
 
- Già… -
- Certo! – rispose Kurt, senza neanche pensarci. – Volevo dire… mi farebbe piacere. – mormorò, arrossendo fino alla punta dei capelli.
- Perfetto. Domani è troppo presto? -
- No. – disse il soprano, tentando di mantenere un tono pacato. – Non ho nessun impegno. –
 
In effetti, Kurt non aveva alcun impegno, tuttavia era praticamente certo che avrebbe annullato qualsiasi cosa pur di uscire con Blaine.
 
Il riccio annuì, tentando di trattenersi dal ridere. Evidentemente, per quanto Kurt stesse provando con tutto se stesso a mostrarsi perfettamente a suo agio, non ci stava riuscendo molto bene.
 
- Ehm… bene. Io adesso devo… devo andare. – sbiascicò il soprano, allontanandosi lentamente dall’altro. – Ci vediamo domani, allora. -
- A domani. –
 
Kurt si diresse verso la porta, evitando di guardare Blaine in faccia. La situazione era piuttosto imbarazzante. Non aveva idea di come comportarsi! Insomma, a quanto aveva capito, lui e il moro si stavano… frequentando. Bene.
 
E questo che cosa voleva dire?!
 
Quali erano i limiti che doveva rispettare? Come avrebbe dovuto salutarlo? Con il solito cenno della mano? Con un sorriso? Con un… bacio?
 
Nah. Per quanto sembrava che Blaine non disdegnasse quel genere di attenzioni non gli sembrava giusto.
 
Kurt si fermò davanti alla porta con una mano sulla maniglia, deciso ad uscire.
 
Apri la porta, Kurt. Apri questa fottutissima porta!
 
- Tutto bene? – chiese Blaine.
 
Prima ancora che potesse ripensarci, il soprano si fece vicino all’altro ragazzo, poggiò una mano sul suo braccio e gli lasciò un delicato bacio sulla guancia.
 
 
Blaine rimasse immobile per un istante, preso alla sprovvista dal comportamento dell’altro. Kurt sorrise timidamente per poi allontanarsi velocemente, ritrovandosi pochi attimi dopo nel corridoio, con il viso in fiamme.
 




Tea's Corner:

Okay, mi arrendo. Sono un disastro, ormai pubblicare in tempo è diventata un'impresa D: 
In ogni caso, ce l'hanno fatta! Finalmente pare che le cose comincino ad andare meglio :) 
Spero che il capitolo sia di vosto gradimento

Grazie ancora a tutti 

Tea (:

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Capitolo 21
*** Take My Breath Away ***


Chapter 21:
Take my breath away

 

“I get so emotional, baby 
Every time I think of you”
( So emotional – Whitney Houston )
 

 
Con estrema calma, Kurt cominciò a camminare per il corridoio deserto. Salì le scale che portavano al quarto piano, dirigendosi verso la camera di Rachel. Quando si ritrovò davanti alla porta della ragazza, bussò delicatamente, mantenendo un’espressione impassibile.  
 
- Un secondo! – gridò l’amica, poco prima di aprire. – Kurt, sei ancora vivo! – scherzò Rachel, sorridendogli amichevolmente.
 
Il soprano, senza neanche aspettare che la ragazza lo invitasse ad entrare, si incamminò verso il letto di Rachel, per poi sedersi sotto lo sguardo confuso dell’altra.
 
- Kurt? Sto cominciando a preoccuparmi. – mormorò l’amica, rimanendo immobile al centro della stanza. – Riguarda… Blaine? – chiese con fare preoccupato, sedendosi accanto al ragazzo e stringendo le sue mani.
 
- Mi ha chiesto di uscire. – sussurrò Kurt, fissando le loro mani.
- Eh? –
- Blaine. – ripeté il soprano, alzando il viso e guardando l’amica dritto negli occhi.
- Che cosa ha fatto?! Giuro che se ha detto, fatto o anche solo pensato qualcosa che… - strillò Rachel.
- Mi ha chiesto di uscire. – disse il soprano, alzando leggermente il tono di voce.
- … io l’ammazzo con le mie stesse mani! Oh, questo cambia le cose. – fece l’amica, sopprimendo in un attimo il suo istinto omicida. – E a te questa cosa va… bene? - 
- No. -
- No?! Kurt hai passato mesi e mesi struggendoti per quel ragazzo e adesso che ti chiede di uscire… -
- Sarcasmo. – disse Kurt, interrompendola.
- Sarcasmo? – chiese la ragazza, inarcando un sopracciglio.
- Ero sarcastico. –
 
Rachel aprì la bocca, tentando di replicare, ma senza trovare alcun argomento valido.
 
- Comunque… ehm, come stai? -
- Come sto? -
- Si. Come stai? – domandò la brunetta, sorridendo.
- Io sto benissimo! Non c’è nulla di cui preoccuparsi! Insomma, non c’è alcun motivo per il quale potrei essere tremendamente terrorizzato alla sola idea di dire o fare qualcosa che potrebbe portare Blaine a pensare che sia un idiota o peggio un bambino! Nessunissima! Sono la tranquillità fatta persona! Non ho paura che si renda conto che non gli interesso davvero e che fino ad ora ha soltanto perso tempo con uno come me quando avrebbe potuto frequentare una miriade di ragazzi alti, belli e atletici! – strillò il ragazzo tutto d’un fiato.
 
Rachel rimase a fissarlo per diversi minuti, aspettando che si calmasse.
 
- Hai finito? -
- Beh, in effetti avrei molte motivazioni per le quali… -
- No. – lo interruppe. - Te lo dico io. Hai finito. – disse la ragazza, fulminandolo con lo sguardo.
- Ma… -
- No, zitto.  -
- Okay. – Kurt mormorò, rendendosi conto che effettivamente stava dando di matto.
- Va meglio? – chiese Rachel, sorridendo teneramente al ragazzo.
 
La prima cosa a cui Kurt pensò fu no.
 
Naturalmente, non poteva dirle la verità o probabilmente avrebbe dovuto sopportare un lungo, anzi, interminabile discorso su quanto speciale lui fosse, cosa che qualsiasi persona dotata di un cervello minimamente funzionante avrebbe molto apprezzato… peccato che lui non fosse quel genere di persona.  
 
Per questo motivo, Kurt si limitò ad annuire, sorridendo di rimando a Rachel.
 
- Bene! – fece la ragazza, battendo le mani. – Quindi, ce la fai a raccontarmi com’è andata? – domandò la brunetta, sistemandosi sul letto in modo che fosse comoda, pronta ad ascoltare il racconto dell’amico.
- Ehm… Blaine mi ha… chiesto di uscire? –
 
Rachel inarcò un sopracciglio.
 
- Dettagli, voglio i dettagli. –
 
Kurt prese un respiro profondo, tentato di non dare a vedere quanto fosse maledettamente nervoso.
 
- Lui… lui mi ha… io… -
- Con parole tue. – lo prese in giro Rachel.
 
Kurt sbuffò e preso un respiro profondo.
 
- Oggi gli ho detto che non potevamo più essere amici. -
- Cosa?! – strillò Rachel, spalancando gli occhi e la bocca, pronta a replicare.
- Rachel, fammi finire. –
 
La ragazza aprì la bocca, per poi annuire e fare cenno al ragazzo di proseguire.
 
- Diciamo che sono… sono uscito fuori di testa e lui… lui mi ha baciato e io… -
- COME?! –
 
Kurt si voltò con sguardo assassino verso l’amica. Per lui era già difficile trattare un argomento del genere senza scoppiare in una tremenda crisi isterica, avere qualcuno che lo interrompeva a ripetizione continua non era proprio d’aiuto.
 
 
- Voglio dire… scusa vai avanti. – continuò la ragazza.
- Okay… - disse il soprano, tentando di riprendere il filo del discorso. - Ehm, mi ha detto che dovevamo parlare, perciò siamo andati in camera sua. –
 
Kurt si fermò per qualche istante, inspirando ed espirando lentamente, nel tentativo di calmarsi.
 
- Mi ha spiegato il motivo per il quale non dovremmo frequentarci… -
- Aspetta, ma non ti aveva chiesto di uscire? Scusa, scusa! – disse la ragazza, prevenendo una qualsiasi reazione di Kurt.
- Ha detto che… - disse il soprano, lasciando la frase incompleta.
- Che? – domandò Rachel, sempre più curiosa.
 
Le guance di Kurt andarono improvvisamente a fuoco.
 
- Che vuole fare un eccezione perché, a quanto pare, gli piaccio. -
- Direi anche parecchio. – aggiunse Rachel, aprendosi in un enorme sorriso.
- Secondo te sto sbagliando? -
- Ad uscire con lui? -
- Già… - mormorò il soprano.
- Ormai non so più che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato. L’unica cosa che so è che quando state insieme sei diverso. –
 
Kurt aggrottò la fronte alle parole della ragazza, non riuscendo a capire a cosa si riferisse.
 
- In modo positivo, intendo. – aggiunse Rachel. – Perciò, direi che dovresti provarci. – concluse la ragazza, incrociando le braccia al petto, soddisfatta del proprio discorso.


 
 
Circa quaranta minuti dopo la visita a Rachel, Kurt stava lentamente procedendo lungo il corridoio che portava alla sua camera. Fin qui nulla di strano, se non fosse per il fatto che se qualcuno gli avesse domandato come aveva fatto ad arrivare fin lì, sicuramente  non avrebbe saputo rispondere. Infatti, durante il tratto dalla stanza di Rachel alla sua, il ragazzo aveva pensato a tutto tranne alla strada che avrebbe dovuto percorrere. Era un miracolo che non fosse caduto rovinosamente per le scale, anche se probabilmente non se ne sarebbe neanche reso conto.
 
- Come diavolo…? – fece il soprano, bloccandosi nel bel mezzo del corridoio e  guardandosi attorno con fare confuso.
 
Scosse la testa, evitando di porsi altre domande. Si mosse con estrema lentezza in direzione della sua camera, estraendo la chiave dalla tasca e aprendo la porta.
 
Non appena chiuse quest’ultima, sentì degli strani rumori alle sue spalle. Si voltò immediatamente verso l’interno della stanza, chiedendosi che diavolo stesse succedendo.
 
Le sue mani volarono istantaneamente sugli occhi, quando vide due figure avvinghiate sul letto.
 
- Scusate! – fece Kurt, rosso per la vergogna.
- Kurt! – strillarono all’unisono gli altri due.
 
Il soprano spostò lentamente una mano, accertandosi di poter guardare.  Jackie saltò istantaneamente giù dal letto, mentre uno stordito Oliver si tirava a sedere. Il soprano tirò un sospiro di sollievo constatando che entrambi erano fortunatamente vestiti.
 
- Ehm… credo tornerò più tardi. Si, vado a fare un giro. – disse il soprano.
 
Si, certo poteva anche uscire, il problema era che non sapeva dove sarebbe potuto andare alle undici e mezza di sera, per di più da solo. Per le strade buie di New York. Fantastico.
 
- No, no. Sta’ tranquillo, stavo comunque per tornare in camera. – disse Jackie, apparentemente del tutto a suo agio, al contrario di Oliver.

La ragazza si chinò verso il rosso, lasciandogli un tenero bacio sulla guancia.
 
- Buonanotte. – mormorò, sorridendogli.
- Notte. – rispose Oliver, sorridendole di rimando.
 
Kurt intanto osservava intensamente la parete, tentando di lasciare un po’ di privacy ai due nonostante non apparissero per nulla disturbati dalla sua presenza. Probabilmente, se fosse stato al loro posto, il soprano sarebbe morto per l’imbarazzo ma altrettanto probabilmente la sua reazione sarebbe stata esagerata.
 
- Ciao Kurt. – disse Jackie, avvicinandosi al ragazzo e aspettando che la lasciasse passare. Kurt alzò gli occhi verso la ragazza, balbettando qualcosa simile a – Sì, ciao… Scusa… Ciao. – ma nemmeno lui riuscì a capire cosa avesse detto.
- Aspetta, ti accompagno. – fece Oliver, alzandosi dal letto con un balzo e seguendo la ragazza fuori dalla stanza.
 
Il soprano rimase immobile davanti all’armadio, fissandosi i piedi. Qualche minuto dopo, ripresosi quasi del tutto dal suo stato comatoso, aprì un’anta dell’armadio estraendone un paio di pantaloni di qualche tuta e una maglietta qualsiasi.
 
Il suo cervello stava praticamente fumando per la stanchezza e proprio non ce la faceva ad impegnarsi nella ricerca di un pigiama tra i centinaia di capi che stavano compressi in quell’armadio.
 
Con le ultime forze che gli rimanevano applicò le sue creme per poi collassare sul proprio letto. Allungò un braccio in direzione del comodino per prendere il cellulare.
 
Stava per spegnerlo, quando notò che aveva ricevuto un messaggio appena qualche minuto prima da un numero sconosciuto.

10:47
Preparati alle serata migliore della tua vita.
Blaine

 
Non appena Kurt lesse il nome del riccio, non poté trattenersi dal sorridere. Spense il cellulare e lo poggiò sul comodino, per poi girarsi su un fianco tentando di prendere sonno.
 
Un momento.

Come faceva Blaine ad avere il suo numero?
 
 
 
Era proprio una bella giornata. Fuori il cielo era coperto da una spessa coltre di nubi, il vento freddo soffiava forte e sembrava che avrebbe piovuto da un momento all’altro, ma era una bella, bellissima giornata. Ovviamente non era assolutamente dovuto a Blaine… okay, era dovuto esattamente a questo. Kurt stava placidamente ordinando la sua stanza, nonostante fosse già perfettamente in ordine, godendosi a pieno il momento, dato che era più unico che raro.
 
Aveva appena finito di sistemare il copriletto, quando venne sorpreso da due inaspettati e leggeri colpi alla porta. Kurt rimase immobile per quelli che a lui parvero pochi istanti. L’idea di aprire la porta avrebbe significato qualcosa di tremendo:  la perdita di quel briciolo di pace che si era riuscito a conquistare con le unghie e con i denti.
 
- Kurt?  - sentì chiedere ad una voce estremamente familiare. 
 
Prendendo un respiro profondo, il ragazzo percorse quel breve percorso che lo divideva dalla porta.
 
- Blaine. – fece Kurt, tentando di mantenere la calma. Il moro sussultò non appena sentì  pronunciare il suo nome, alzando di scatto gli occhi in direzione del soprano.
- Ehi. -  rispose Blaine, accennando un sorriso sghembo.
- Cosa... Cosa ci fai qui? - balbettò Kurt. 
- Dovremmo… discutere di una cosa. Posso...? - mormorò il ragazzo, facendo un passo in avanti. 
- Oh, si certo. - borbottò Kurt, facendosi da parte e lasciando che Blaine entrasse. – Allora, dovevi dirmi qualcosa? – disse Kurt, non appena ebbe chiuso la porta alle loro spalle.
- Beh, si. -
- Quindi...? - chiese il più alto, alzando lo sguardo in direzione dell'altro.
- Ehm... Ricordi il messaggio di ieri? - domandò Blaine, con aria imbarazzata.
- Si, certo. A proposito. Come hai avuto il mio numero? - domandò Kurt, dimentico del motivo per il quale Blaine volesse parlargli.  
- Eh, riguardo a quello… - fece il moro, passandosi nervosamente una mano dietro il collo. - Aspetta! Non sono venuto qui per questo. -
- Mh. – mormorò il soprano, inarcando un sopracciglio. –Dimmi. -
- Senti, io…  io ci ho pensato tutta la notte ma... Ma non sono riuscito a trovare un'idea decente per l'appuntamento di stasera. -  ammise Blaine, tutto d'un fiato. 
 
Kurt l'osservò per qualche secondo, cercando nel suo cervello, all’interno del quale regnava il caos, una risposta che avesse un po’ di senso.
 
 -  Se... Se hai cambiato idea non preoccuparti. – mormorò infine, distogliendo lo sguardo dall'altro ragazzo.  - Ma credo sia meglio che io vada. -
- Kurt, questa sarebbe camera tua. – gli ricordò il riccio, incapace di trattenere un sorriso.
- Giusto. – disse il soprano, avvampando all’improvvisamente per la vergogna. – Forse… sarebbe meglio che tu andassi via. -
 - Kurt. -  ripetè Blaine, avvicinandosi lentamente e provocando un inspiegabile aumento della velocità del battito cardiaco dell’altro. - Io voglio uscire con te. Pensavo di avertelo già detto. - aggiunse facendo in modo che il soprano lo guardasse negli occhi. Nel momento esatto in cui i loro sguardi si incrociarono, le gambe del soprano cominciarono a tremare.
- Oh. – fu tutto ciò che riuscì a dire.
-  Se preferisci, posso presentarti  una richiesta per iscritto. -  scherzò il moro, riuscendo perfino a strappare un sorriso, seppur da ebete, all’altro.
- Non credo sia necessario. In ogni caso, ti dispiacerebbe darmi un po’ di tempo per pensarci? – chiese il soprano,  tentando si riacquistare un minimo di lucidità.
- E tu mi lasceresti ancora con questo tremendo dubbio? – domandò Blaine, mettendo il muso. 
 
Adesso, Kurt ci provava con tutte le sue forze a mantenere la calma e la lucidità, ma Blaine non poteva pretendere che l’altro riuscisse a rimanere sulla terra quando lo guardava con quegli occhi. Kurt sbattè un paio di volte le palpebre, tentando di riprendersi.

- Potrebbe… potrebbe essere. – mormorò il più alto, tentando di apparire il più sicuro possibile.
- Sai di non essere credibile, vero? – fece Blaine, abbassando lo sguardo in direzione della mano di Kurt e intrecciando le sue dita con quelle dell’altro.
- Cosa stai insinuando? –
- Che non sai resistermi. – disse il moro, con estrema naturalezza. Kurt inarcò un sopracciglio, allontanandosi leggermente dall’altro ragazzo.
- Sicuro che non sia il contrario? – replicò il soprano, stringendo lievemente la mano di Blaine.
 
 Sorprendentemente, quella frase uscì dalle labbra di Kurt con un tono che neanche lui si sarebbe aspettato. Di solito, con molta probabilità il povero ragazzo sarebbe arrossito fino alla punta dei capelli, eppure sembrava quasi che fosse riuscito a tenere testa all’altro. No, non sembrava. Era esattamente così.
 Blaine si morse con fare pensieroso il labbro inferiore, lasciandosi scappare un sorriso sghembo.
 
 - Mh… - borbottò il riccio, sciogliendo la presa dalla mano di Kurt per poi guardarlo dritto negli occhi.

 Kurt stava per rispondere, in realtà aveva solo dischiuso leggermente le labbra, infatti non era aveva idea di cosa dire. La sua testa era al momento occupata in fantastici festeggiamenti in onore della rinascita del suo presunto defunto cervello.
  
Tuttavia, anche il tentativo di mettere un paio di parole una dopo l’altra, fu stroncato da tre veloci colpi alla porta. Kurt si allontanò in men che non si dica dal riccio, sedendosi sul proprio letto. Blaine intanto era rimasto al centro della stanza, con una mano sollevata all’altezza del petto e un espressione corrucciata dipinta sul volto.
 
 - Ehi. – fece Oliver, entrando nella stanza e non facendo evidentemente caso “all’intruso”. – Kurt, senti… Oh, ciao. – borbottò, non appena finalmente vide Blaine.
- Ciao a te. – Il moro sciolse la posizione nella quale si era bloccato, sorridendo amichevolmente ad Oliver.
- Se… se volete io posso… - mormorò il ragazzo, puntando con l’indice la porta.
- No, no. – rispose Kurt, alzandosi dal letto. – Non ti preoccupare. –
- Okay. Ehm… vado a farmi una doccia. – comunicò il ragazzo, chiudendosi in bagno.
 
Blaine spostò immediatamente il suo sguardo sul soprano, mostrando un’espressione perplessa.
 
- Ho una domanda.  -
- Devo avere paura? – chiese Kurt, irrigidendosi all’istante.
-Qualcosa da nascondere? – replicò Blaine, abbozzando un sorriso. Kurt sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto.
- Allora? -
- Perché… perché Oliver ha bussato? – domandò il riccio, mordendosi lievemente il labbro inferiore.
 
Naturalmente, Kurt non perse quel minimo movimento delle labbra dell’altro, anzi, osservò con estrema attenzione il modo in cui Blaine liberava il labbro dalla leggera morsa dei suoi denti, per poi dischiudere le labbra.
 
- Kurt? -
- Si. Dimmi. – rispose Kurt, distogliendo immediatamente le sguardo.
  
Okay, forse era il caso che si desse una calmata. Forse. Insomma, magari Blaine avrebbe potuto pensare che fosse un pervertito, feticista delle sue labbra… Oh, ma chi stava prendendo in giro? Stava parlando di Blaine.

- Che stavi facendo? - chiese Blaine, preso da un improvviso moto di allegria. 
- Niente. - borbottò Kurt, tentando di celare l'imbarazzo.
- Okay... – disse il riccio, lasciando fortunatamente cadere l’argomento. - Allora? -
- Cosa? -
- La porta. - gli ricordò il moro.
- La porta! Giusto. - farfugliò il soprano, agitando leggermente l’indice avanti ed indietro. - Abbiamo deciso di bussare tre volte prima di entrare. –
 
Dopo il piccolo imprevisto della sera prima, Kurt era arrivato alla conclusione che no, non aveva nessunissima intenzione di vedere una scena del genere di nuovo. Perciò, di comune accordo, insieme al suo coinquilino, avevano deciso di “annunciare” il loro arrivo, bussando tre volte alla porta.

Blaine aggrottò la fronte, ancora confuso.

- Sai... Nel caso... Si, se... Uhm... -
- Se? - chiese Blaine, nel tentativo di comprendere.
- Per precauzione. – sbiascicò infine Kurt, il cui viso assunse istantaneamente meravigliose sfumature color porpora.
- Precauzione. – ripeté il riccio, sogghignando. Sembrava che avesse capito. Non che ciò rendesse la situazione meno imbarazzante, ma di certo Kurt non sarebbe riuscito senza non poche difficoltà a spiegarglielo. – E con precauzione intendi… -
 
Che grandissimo bastardo. Kurt sapeva perfettamente che quel piccolo hobbit malefico che aveva davanti aveva capito tutto. Si, aveva capito ma non per questo motivo non poteva fare in modo che Kurt morisse dall’imbarazzo.
 
- Sai, nel caso in cui fossimo… fossimo vicini, insomma. – mormorò Kurt, stando al gioco. Non che potesse fare altro…
 
Blaine lasciò che le sue dita vagassero sul suo mento, sfiorandolo a malapena, con finto fare indagatore.  – Vuoi dire… - fece Blaine, muovendo qualche passo in direzione dell'altro, facendo in modo che si trovassero a meno di una spanna di distanza.
 
Lo sguardo del riccio scivolò lentamente dagli occhi del soprano alle sue labbra, apparentemente non lasciandosi sfuggire neanche un particolare del viso di quest'ultimo.
 
- Così?- mormorò, poggiando una mano sul fianco dell'altro, attirandolo a sé.
 
Kurt riusciva a sentire il dolce respiro di Blaine infrangersi lievemente contro le sue labbra e farsi sempre più vicino. Nonostante non fosse esattamente abituato a questo genere di situazioni, doveva ammettere che avrebbe potuto abituarcisi senza troppi problemi.
 
Diciamo senza alcun problema.

Preso da improvvisa follia, Kurt stava per eliminare quella minuscola distanza che separava le loro labbra quando venne bloccato da un rumore molesto.
 
- Ho dimenticato di...- disse Oliver, uscendo dal bagno. -...prendere i vestiti. Oh mio Dio, scusate! - 
 
Kurt rimase pietrificato, con lo sguardo che vagava in tutte le direzioni possibili ed immaginabili, eccetto quella del suo coinquilino.
 
Certo che quel ragazzo aveva un tempismo fenomenale! 
 
La mano di Blaine, con estrema tranquillità era ancora ben salda contro il fianco del soprano. Oliver, estremamente imbarazzato, corse verso l’armadio, estraendone una palla di quelli che dovevano essere degli abiti... O forse lo erano stati… una volta.
 
Chiuse l’anta, tornando indietro. Stava quasi per chiudersi la porta alle spalle, quando, facendo un passo indietro, chiese con tono serio  - Kurt? La regola dei tre colpi vale anche per la porta del bagno? -
 




Tea's Corner:

Buoooonasera! Come al solito sono in ritardo ma, credetemi, non dipende da me D: By the way, siamo arrivati al 21 capitolo... wow. Mi sembra ieri di aver cominciato a scrivere questa cosa (già, cosa, non è degna di essere definita in qualsiasi altro modo xD) 

Adesso me ne torno striciando da dove sono venuta, sperando che il capitolo vi piaccia (:

Vi adoro tutti

Tea (:

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Capitolo 22
*** The Only Exception ***


                 Chapter 22:

              The only exception


 “And if you have a minute
why don’t we go
somewhere only we know. “

(Somewhere Only We Know – Keane) 
 

 
 
Dire che Kurt era nervoso era un eufemismo. Sapeva che la sua “relazione” con Blaine aveva raggiunto un nuovo livello, di certo più profondo, ma non riusciva ad eliminare dalla sua testa la sensazione che, come il primo, quell’appuntamento sarebbe stato un completo disastro.
 
 
Non sarebbe stato nulla di così sconvolgente, in fin dei conti. Continuava a ripetersi di non farsi aspettative, che probabilmente questo malsano interesse di Blaine nei suoi confronti sarebbe improvvisamente sparito. Non poteva far finta di niente, non poteva ignorare il fatto che quel ragazzo che adesso appariva seriamente intenzionato ad approfondire il loro rapporto, fino a poco tempo prima evitava le relazioni stabili come se fossero la peste.
 
 
Non era possibile che avesse provocato un cambiamento così radicale in un ragazzo che conosceva da poco più di due mesi. Perciò, non poteva lasciare che degli stupidi ed insensati sentimenti gli annebbiassero la mente.
 
 
Kurt si guardò allo specchi per un’ultima volta, lasciando che le sue labbra si stendessero in un sorriso. Forse si stava preoccupando eccessivamente. Tutto ciò di cui avrebbe dovuto preoccuparsi quella sera, sarebbe stato divertirsi.
 
 
C’era tempo per pensare ad eventuali complicazioni che sarebbero potute giungere.
 
 
Il soprano prese un respiro profondo, prese il cellulare ed uscì dalla propria stanza. Infilò la chiave nella toppa, facendo per girarla in senso orario, ma questa rimase bloccata. Per l’ennesima volta. In due giorni.
 
Kurt sbuffò mentre si aggrappava con tutta la forza che aveva a quella maledettissima chiave e per poco non cadde a terra nel tentativo di estrarla.
 
 
- Oh, fottiti! – borbottò il ragazzo, fulminando la chiave con gli occhi. Doveva aver ucciso qualcuno nella sua vita passata, dato il mostruoso Karma con il quale si ritrovava a dover fare i conti.
 
 
Non passarono che una manciata di secondi, quando una sonora risata risuonò nel corridoio. Kurt si voltò lentamente in direzione di Blaine, con un’espressione truce dipinta in volto.
 
 
- Da quanto tempo saresti qua? – chiese il più alto, incrociando le braccia al petto e battendo nervosamente il piede contro il pavimento.
- Uhm… -  fece Blaine, trattenendo a stento le risate.
- Spero ti sia goduto lo spettacolo. Ho sempre pensato che nel caso in cui non dovessi sfondare a Broadway potrei esibirmi in qualche circo come fenomeno da baraccone. – lo interruppe Kurt, tentando di rimanere perfettamente serio, nonostante la risata di Blaine fosse tremendamente contagiosa.
 
 
Il riccio roteò gli occhi, muovendosi in direzione del soprano. Con estrema tranquillità, Blaine si avvicinò alla porta, girò la chiave in senso antiorario, poi in senso orario, chiudendo la porta sotto gli occhi stupefatti di Kurt.
 
 
Con un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra, il ragazzo porse la chiave all’altro.
 
 
- Come…? – chiese Kurt, sconcertato.
- Andiamo? – disse quello, ignorando la domanda del soprano.

 
Kurt fissò per qualche altro istante Blaine. In effetti, non si era ancora concesso neanche un secondo per guardarlo attentamente e beh… Blaine era… No, Kurt non era in grado di formulare un pensiero coerente al momento, figuriamoci di trovare una parola che si potesse definire l’altro.
 
 
Gli occhi del moro sembravano un po’ più luminosi del solito, le sue labbra, le sue magnifiche labbra, erano distese in un tenero sorriso (anche se non l’avrebbe mai ammesso a se stesso, sapeva che Blaine concedeva quel sorriso soltanto a lui). Sotto un elegante cappotto, indossava una camicia bianca e un cardigan blu, colore che si abbinava divinamente con la sua carnagione, ma probabilmente Kurt avrebbe apprezzato a pieno il ragazzo anche se se avesse avuto addosso un sacco di patate. 
 
 
- Si. Si, certo. – rispose il soprano, tornando alla realtà. Blaine sorrise dolcemente, facendo cenno a Kurt di incamminarsi.
 
 
Non appena furono nell’ascensore, il riccio premette il tasto che portava all’ultimo piano, ovvero alla terrazza. Kurt inarcò un sopracciglio, chiedendosi se il ragazzo che aveva di fronte avesse confuso il piano terra con l’ultimo.
 
 
A meno che Blaine non riuscisse a spiccare il volo, era alquanto impossibile che riuscissero ad uscire dall’edificio dalla terrazza.
 
 
- Blaine… - mormorò il soprano.
- Sh. – rispose l’altro, portandosi l’indice davanti alle labbra.
 
 
Kurt si morse leggermente il labbro inferiore, tentando di non porsi troppe domande. Doveva rilassarsi. Poteva farcela, non era poi così difficile. Era soltanto Blaine, il ragazzo con il quale aveva passato ore ed ore a ridere come matti o semplicemente seduti l’uno accanto all’altro in biblioteca, ognuno perfettamente a proprio agio, senza avvertire il bisogno di parlare.
 
 
L’ascensore si fermò all’improvviso, riscuotendo Kurt dall’infinità di pensieri che gli affollavano la mente. Le porte si aprirono e Blaine aspettò che fosse l’altro ad uscire per primo. Il soprano si guardò intorno. Non era mai stato all’ultimo piano. Del resto, vi si trovava soltanto un vano vuoto ed una porta, chiusa a chiave, che dava sulla terrazza.
 
 
- Sei molto pensieroso stasera. – disse il riccio, colpendo leggermente la spalla del soprano con la sua.
- In effetti, sto cominciando a preoccuparmi. -
- Preoccuparti? – chiese Blaine, portandosi di fronte all’altro.
- Beh, si. Non è che mi hai attirato qui per uccidermi indisturbato, vero? – fece Kurt, tentando di mantenere un tono serio, al ché dalle labbra di Blaine uscì una leggera e quasi impercettibile risata. – Quella non era una risposta esattamente confortante. – continuò Kurt.
 
 
Blaine allungò una mano in direzione dell’altro, afferrando delicatamente il suo polso per poi camminare verso la porta, osservato da un sempre più confuso Kurt.
 
 
Il moro estrasse una chiave dalla tasca del suo cappotto ed aprì la porta.
 
 
- Jane. - disse Blaine, notando lo sguardo perplesso del soprano.
- Jane ti ha dato le chiavi della terrazza. –
- Esattamente. – rispose, uscendo fuori.
 
 
Kurt rimase per qualche altro istante dentro, osservando il vuoto a bocca aperta. Quel ragazzo riusciva ad ottenere sempre quello che desiderava. Insomma, di certo Jane non avrebbe mai consegnato le chiavi a nessuno. Magari avrebbe spiegato con estrema gentilezza che purtroppo non le era permesso.
 
 
Naturalmente, Blaine era un caso a parte.
 
 
- Kurt? – lo chiamò l’altro, affacciandosi nuovamente e sorridendo.
- Si, scusa. –
- Il gradino. – disse Blaine, evitando all’altro una terribile figuraccia.
 
 
Kurt scese con attenzione quell’unico gradino, dato che con la fortuna che si ritrovava probabilmente sarebbe scivolato e avrebbe battuto la testa.
 
 
Alzò gli occhi dal pavimento, notando che al centro della terrazza era stata sistemata una coperta. Su questa, poggiavano due candele, accanto alle quali si trovava quella che doveva essere la loro cena.
 
 
La vista dalla terrazza era a dir poco spettacolare, le luci illuminavano quanto bastava affinché  fossero immersi in un’atmosfera soffusa. Era tutto così intimo e perfetto che Kurt avrebbe voluto piangere.
 
 
- So che non è esattamente un ristorante di… - fece Blaine, tuttavia Kurt lo bloccò immediatamente, alzando una mano.
- E’ perfetto. – replicò con voce tremante. Questa volta, il soprano non si azzardò neanche a guardare in direzione dell’altro.
 
 
Sentì Blaine tirare un sospiro di sollievo. Allora non era l’unico ad essere terribilmente nervoso. Beh, in qualche modo, la cosa lo tranquillizzava. Senza dire una parola, il moro si sistemò sulla coperta, battendo la mano lievemente contro di questa e facendo cenno a Kurt di sedersi.
 
 
Il soprano inspirò ed espirò profondamente durante il breve percorso che lo separava dall’altro, tentando di non dare a vedere il suo nervosismo.
 
 
Kurt si sedette a gambe incrociate accanto a Blaine, tuttavia stando attento a non sfiorarlo, il che era alquanto ridicolo. Insomma, pochi minuti prima il riccio  l’aveva praticamente preso per mano. Per non parlare del fatto che si erano baciati. Più e più volte. Beh, non era decisamente il caso di pensare alle labbra di Blaine in quell’esatto momento.
 
 
- Ehm… ho comprato qualche sandwich e… beh, avrei preferito preparare qualcosa, ma sai, essendo che viviamo in un dormitorio non ho una cucina a mia disposizione e poi… -
- Blaine, Blaine! – disse Kurt con tono rassicurante, avvicinandosi un po’ all’altro, guardandolo negli occhi. – Deve esserci stato uno scambio di ruoli. Qua quello che esce fuori di testa solitamente è il sottoscritto. E poi non c’è nulla di cui preoccuparsi, sono soltanto io. -
- Infatti, sei tu. – mormorò Blaine, talmente piano che l’altro riuscì a stento  a sentirlo.
 
 
Kurt arrossì, pensando che stava soltanto fraintendendo ciò che Blaine intendesse. Per quanto potesse apparirgli tremendamente dolce, era meglio che rimanesse con i piedi ben saldi a terra.
 
 
- Okay. – fece il moro, aprendosi in un enorme sorriso e, apparentemente, tranquillizzandosi.
- E’ la prima volta che vieni qui? – chiese Kurt, quando si rese improvvisamente conto che non poteva essere la prima, dato che Blaine aveva sistemato tutto per la cena. – Voglio dire, vieni da molto? -
- In realtà, no. Solo un paio di settimane. – rispose il moro, giocherellando con il lembo della coperta. – Avevo bisogno di un posto in cui stare un po’ da solo. Ovviamente,  Jane mi ha scoperto all’istante. – sorrise il ragazzo, contagiando anche Kurt.
- Quindi… noi non dovremmo essere qua. – ipotizzò il soprano, il quale non era particolarmente incline a non rispettare le regole, normalmente.
 
 
Probabilmente, per questa volta, sarebbe riuscito a chiudere un occhio, se non entrambi.

 
- No, no. – rispose immediatamente il riccio. – In effetti, non dovremmo essere qua, ma ho chiesto a Jane se potessi… prendere in prestito le chiavi e venire qua su qualche volta. -
- E naturalmente non  ha saputo dirti di no. -
- Naturalmente. – ripeté Blaine.
 
 
Nessuno dei due disse altro, solo rimasero per qualche istante a contemplare la meravigliosa vista di una New York notturna.
 
 
L’unica cosa che riuscì a distrarre Kurt dall’ammirare la città che non dorme mai, fu il  ragazzo che gli stava accanto. Tentando di non dare nell’occhio, il soprano osservò attentamente il profilo di Blaine. Il modo in cui alcuni riccioli ribelli erano adagiati disordinatamente sulla sua fronte. Studiò le lunghe ciglia nere che incorniciavano i suoi occhi e permise  ai suoi occhi di scendere ancora un po’, scrutando le labbra piene leggermente dischiuse.
 
 
Senza alcun preavviso, Blaine inclinò lievemente la testa, ricambiando lo sguardo di un imbarazzatissimo Kurt.
 
 
Forse si era soffermato un po’ troppo ad osservarlo.
 
 
– Non so tu, ma io sto morendo di fame. – mormorò il riccio, sorridendo timidamente.
 
 

 
 
- Blaine, non penso che qualcuno avesse intenzione di rubarti quel sandwich. – ridacchiò Kurt, guardando l’altro ingoiare l’ultimo panino praticamente intero.
- Non si sa mai, sarebbe potuto spuntare qualcuno alle mie spalle per portarmelo via. Avrei potuto perdere l’occasione di mangiare quello avrebbe potuto essere il sandwich più buono della mia vita. -
- E lo era? – chiese Kurt, prendendo un sorso di soda.
- No, forse avrei fatto meglio a non mangiarlo. Credo che potrei sentirmi male… - disse il ragazzo, portandosi una mano sullo stomaco con fare drammatico, come se da un momento all’altro avrebbe potuto vomitare tutto.
- Ti prego, lontano da me. –
 
Blaine si morse leggermente il labbro inferiore, mostrandosi quasi ferito.
 
- Sai di essere crudele, vero? -
- Oh, andiamo… non fare il bambino. Capisco che la tua altezza potrebbe confonderti alquanto, ma se fai qualche semplice calcolo noterai che hai superato l’infanzia da qualche anno. – disse Kurt, parlando come se stesse effettivamente spiegando un concetto estremamente semplice ad un lattante.
 
Blaine rimase a bocca aperta per qualche istante, forse alla ricerca di una risposta altrettanto pungente. Evidentemente, non trovando nulla che potesse battere la battuta di Kurt, si limitò a fargli una linguaccia.
 
- Sei cosciente del fatto che in questo modo stai semplicemente confermando la mia teoria, vero? –
- Credo che me ne farò una ragione. – sospirò Blaine, passandosi una mano tra i ricci.
 
Kurt rise di fronte all’espressione indignata che l’altro aveva stampata in fronte. Non passarono che pochi attimi che Blaine stava evidentemente lottando contro se stesso pur di non scoppiare a ridere.
 
 
Il soprano continuò ad osservarlo, in particolare il modo in cui le sue gli angoli delle sue labbra erano leggermente piegati verso l’alto.
 
Kurt scosse la testa, strofinando le mani ormai gelide contro il tessuto dei suoi pantaloni nel tentativo di riscaldarle.
 
- Hai freddo? –
 
Kurt scosse lievemente la testa, nonostante stesse facendo il possibile per non cominciare a tremare o a battere i denti. Per quanto non fosse una di quelle classiche, glaciali e innevate serate invernali, il freddo era a dir poco pungente.
 
Tuttavia, Kurt non aveva nessuna voglia di lasciare quella terrazza. Lasciarla avrebbe significato tornare in camera. Tornare in camera avrebbe significato dover lasciare Blaine. Sì, poteva decisamente sopportare un po’ di freddo.
 
Si diede mentalmente dell’idiota, dato che sotto il cappotto non indossava altro se non una camicia leggera. Aveva passato parecchio tempo a pensare che cosa avrebbe dovuto indossare per quell’appuntamento. Alla fine, era arrivato alla conclusione che Blaine l’avrebbe di certo portato in qualche locale superaffollato. 
 
Per una volta, era più che felice di essersi sbagliato.
 
Il moro scrutò per qualche altro istante la figura dell’altro ragazzo, per poi alzarsi di scatto. Kurt seguì la sua figura con lo sguardo mentre si avvicinava a quello che sembrava essere uno zaino per estrarne qualcosa.
 
- Così dovrebbe andare meglio. – fece il riccio, porgendogli una coperta.
 
Kurt fissò per qualche istante la mano di Blaine che stringeva la coperta, intenerito dal modo in cui l’altro sembrava stesse tentando di prendersi cura di lui. 
 
- Tu non senti freddo? – domandò Kurt, prendendo la coperta e avvolgendosela attorno.
- No, sto bene così. – rispose Blaine, sdraiandosi accanto a lui e osservando il cielo.
 
Se solo avesse avuto un po’ più di coraggio, probabilmente Kurt avrebbe fatto lo stesso, tuttavia aveva paura che avrebbe in qualche modo potuto invadere lo spazio di Blaine e tutto era fin troppo perfetto per essere rovinato.
 
- So why don’t we go, somewhere only we know… - canticchiò Blaine, sussurrando a malapena.
 
Kurt sentì un brivido corrergli lungo la schiena nel sentire la calda voce dell’altro intonare quelle note. Stringendosi ancora un po’ nella coperta, si  avvicinò a Blaine. Involontariamente, la sua mano sfiorò il braccio dell’altro, al ché il soprano la ritirò all’istante, come se avesse preso la scossa.
 
- Kurt? – chiese Blaine, mettendosi lentamente a sedere.
- Mh? -
- Di cosa hai paura? –
 
Kurt si voltò verso il moro con un’espressione confusa dipinta in viso. Non riusciva a capire a cosa si riferisse, dato che con molta probabilità non si era mai sentito così al sicuro o sereno in tutta la sua vita.
 
- Cosa vuoi dire? –
 
 
Blaine non rispose, invece si fece se possibile ancora più vicino all’altro, tanto che i loro fianchi aderivano perfettamente l’uno contro l’altro, facendo per avvolgere la coperta anche attorno a sé. Senza che se ne fosse accorto, il soprano dallo stesso momento in cui aveva sentito il corpo di Blaine contro il suo, aveva smesso di respirare.
 
Oh.
 
- A questo. Al modo in cui ti irrigidisci quando qualcuno ti tocca senza che tu te lo aspetti. –
- Uhm. – mormorò Kurt, abbassando lo sguardo in direzione delle sue mani.
 
Pochi attimi dopo, due dita stavano lievemente spingendo il suo mento verso l’alto, facendo in modo che i suoi occhi incontrassero quelli dell’altro ragazzo.


- Hai paura che ti faccia del male? – domandò il moro, mantenendo un tono di voce pacato.
- Cosa? No, no. – si affrettò a rispondere Kurt, al quale parve quasi di notare un velo di sollievo affiorare dallo sguardo di Blaine. – E’ solo che… -
- Kurt, non sentirti obbligato a parlarmene. -
- Fino a pochi anni fa l’unico genere di contatto fisico che ricevevo dai ragazzi erano pugni o spinte. Perciò, si. Non ho molta familiarità con questo genere di cose. – disse Kurt, ignorando l’affermazione dell’altro.
 
Il soprano sentì distintamente il corpo di Blaine raggelarsi contro il suo non appena ebbe compreso le sue parole.
 
- Al liceo ero l’unico gay dichiarato. Fino al terzo anno… la mia vita è stata un vero inferno. Ero costantemente sbattuto contro gli armadietti o buttato in bidoni della spazzatura, ma sembrava che nessuno se ne accorgesse sul serio. – continuò il ragazzo, stupendosi dell’estrema calma con la quale stava parlando di quelli che erano stati gli anni peggiori della sua vita. Stranamente, non sentiva alcun nodo alla gola, né quel naturale bisogno di piangere che lo attanagliavano sempre.
- Ma Rachel… - sussurrò Blaine, come se avesse paura che alzando la voce Kurt sarebbe potuto crollare.
- Non eravamo esattamente amici inizialmente. -
- Ne hai… - disse il moro, fermandosi all’improvviso, come se fosse intimorito.
- Cosa? – chiese Kurt, esortandolo ad andare avanti.
- Ne hai mai parlato con qualcuno? Con tuo padre? Con Dave? -


Kurt si lasciò andare ad una leggera risata amara.
 
- David… per quanto possa apparire assurdo, era lui. Voglio dire, lui era il ragazzo che rendeva la mia vita un costante incubo. -
- Kurt, cosa… Lui…  - balbettò Blaine, incapace di formulare una frase per intero.
- Lo so. In realtà era solo spaventato da se stesso e… e quando mi ha chiesto aiuto, ho rivisto me stesso. Solo, senza nessuno che fosse in grado, no, che volesse aiutarmi, perciò ho deciso di stargli accanto. -
- Ma voi due non eravate semplici amici. – gli fece presente il moro, con un insolito tono di voce, quasi irritato.
- Non credo ci sia un termine esatto con il quale poter definire cosa fossimo. - rispose Kurt, lasciandosi scappare un breve sospiro.
- E tu… tu provavi qualcosa per lui? -
- Avrei voluto.-
- Avresti voluto provare qualcosa per qualcuno che ti aveva fatto soffrire in quel modo? – chiese Blaine, fissandolo come se Kurt avesse appena insultato qualcuno a lui caro.
- Tu non sai cosa vuol dire essere soli, Blaine. -
- Oh, credimi, lo so. Anche io frequentavo una scuola pubblica prima di trasferirmi alla Dalton. –
 
Kurt osservò l’altro a bocca aperta. Era strano. Era una strana sensazione quella di sentirsi… capito. Blaine poteva comprendere ciò che aveva passato ed era come se d’un tratto il peso che aveva sempre portato sulle spalle si fosse alleggerito.
 
 
- Ma io sono scappato.- continuò Blaine,  non nascondendo una certa amarezza, al ché Kurt intrecciò le sue dita con quelle dell’altro senza neanche pensarci.
- Avrai avuto le tue motivazioni. -
- Non lo so, forse. – disse il moro, sorridendo teneramente all’altro. – Sarebbe stato bello avere accanto qualcuno come te, sai? –
- Si, lo penso anch’io. – mormorò Kurt, lasciando che la dolcezza con la quale Blaine aveva pronunciato quelle parole lo riscaldasse.
 
Blaine strinse un po’ più forte la mano del soprano, osservando il modo in cui le loro dita di intrecciavano alla perfezione. Quando i suoi occhi tornarono al viso del soprano, si fece ancora più vicino. Con la mano libera spostò delicatamente una ciocca di capelli dalla fronte dell’altro. Le dita di Blaine scesero lungo la guancia di Kurt, quasi senza toccarla. Accarezzò dolcemente il labbro inferiore dell’altro, poi quello superiore. Nello stesso istante in cui  le dita abbandonarono la bocca di Kurt per adagiarsi sulla sua guancia, queste vennero sostituite dalla soffici labbra di Blaine.
 
Il moro restò immobile, lasciando di proposito che fosse Kurt a condurre quel bacio. Il soprano portò la sua mano destra dietro il collo dell’altro, sfiorandolo lentamente, godendo a pieno ogni istante. Nessuno dei due riuscì a capire esattamente dopo quanto tempo, ma finalmente le labbra di Kurt si mossero con delicatezza contro quelle di Blaine. La mano del riccio scese dalla guancia dell’altro ragazzo lungo il suo fianco, stringendolo ancora di più a sé. Le labbra di Kurt si dischiusero non appena sentì il petto di Blaine premere contro il suo, permettendo alla lingua del riccio di muoversi liberamente all’interno della propria bocca. Kurt fece per approfondire ancora il bacio, intrecciando le sue dita fra i ricci liberi dal gel del moro. Sembrava tutto così naturale e giusto che sentiva avrebbe potuto continuare  a baciare Blaine per ore senza mai stancarsene. Nonostante avesse ancora gli occhi chiusi, percepì un sorriso formarsi sulle labbra del moro e si trovò a sperare che anche Blaine stesse provando quello che provava lui.
 
Con estrema lentezza, il riccio si allontanò quanto bastava affinché potesse guardare l’altro negli occhi, prima che la sua bocca si adagiasse nuovamente contro quella di Kurt, anche se soltanto per una frazione di secondo.
 
Kurt non sapeva che cosa volesse dire tutto ciò. Non sapeva cosa fosse giusto dire, perciò non disse nulla. Poggiò la sua testa sulla spalla dell’altro e nello stesso istante, sentì due braccia stringerlo forte.
 
- Tu non sei solo. – sussurrò Blaine, baciando dolcemente la tempia del soprano.
 
Questa era decisamente una nuova sensazione. Era come se quella ricerca di contatto fisico da parte di Blaine avesse un diverso significato. Baciare era decisamente una delle “attività” più interessanti che Kurt amava praticare, o meglio, baciare Blaine. Tuttavia, sembrava che quell’ultimo bacio che si erano scambiati avesse un significato nascosto e per una volta, Kurt non aveva paura di scoprirlo. 




Tea's Corner: 

Heeello everyone! Ormai pubblicare è diventata una sfida :'D by the way, vi adoro tutti quanti, non so nemmeno per quale ragione continuiate a leggere questa storia, in ogni caso vi ringrazio tanto <3 In particolare come sempre Ema Penniman e Eternalrest (non c'è bisogno che vi dica quanto vi voglia bene, visto che lo sapete già xp) 

Tea (:

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Capitolo 23
*** Trust Me? ***


Chapter 23:
Trust me?

 
 
“Oh this is the night, it's a beautiful night
And we call it bella notte
Look at the skies, they have stars in their eyes
On this lovely bella notte.”
( Bella Notte – The Lady and The Tramp )




- Forse dovremmo rientrare. – sussurrò Blaine, accarezzando gentilmente la schiena di Kurt.
 
Per quanto il soprano odiasse soltanto l’idea, cominciava a fare davvero freddo e la sola coperta non era più sufficiente per riscaldarli. Eppure sembrava che fossero lì da così poco tempo…
 
Kurt abbandonò le braccia di Blaine, seppur con non poca riluttanza, avvertendo immediatamente la mancanza del contatto. Senza dire una parola, entrambi si alzarono, raccogliendo le coperte, i piatti e i bicchieri che avevano utilizzato, sistemandoli nello zaino del moro.  
 
Mentre Blaine chiudeva la porta che dava sulla terrazza, Kurt diede una veloce occhiata all’orologio che con sua enorme sorpresa segnava l’una e venti.
 
In ascensore, il soprano osservò attentamente Blaine, il quale era piombato in uno strano silenzio. Okay, questo non era decisamente da lui. Era del tutto assorto nei propri pensieri, teneva gli occhi fissi in direzione del pavimento ma Kurt preferì non dire nulla.
 
Quando arrivarono di fronte alle loro rispettive camere, Blaine sembrò risvegliarsi improvvisamente.

- Direi che è il momento di salutarci. – mormorò il riccio, avvicinandosi a Kurt.
- Già… -
- Beh, spero che questa serata non sia stata un completo disastro. Non so e… - Blaine venne improvvisamente interrotto da Kurt, il quale con delicatezza appoggiò la mano contro la bocca del moro.
- Blaine, basta. – fece il soprano, lasciando scivolare la mano dalle labbra dell’altro ragazzo.
- Volevo soltanto che… - neanche questa volta Blaine fu in grado di terminare la frase.
 
Dato che apparentemente non volesse capire quanto ridicolmente speciale fosse stato quell’appuntamento, Kurt tentò di aiutarlo prendendo l’iniziativa e baciandolo.
 
Il moro rimase immobile per quelli che a Kurt parvero secoli. Quasi riusciva a sentire il sangue che cominciava ghiacciarsi nelle sue vene, quando Blaine avvolse le braccia attorno alla sua vita, rispondendo al bacio.
 
Per quanto questo potesse apparire uno dei gesti più naturali al mondo, per Kurt non era poi così scontato. Era terrorizzato all’idea di fare sempre la cosa sbagliata, perciò normalmente non avrebbe mai e poi mai fatto qualcosa del genere. Per di più, erano nel bel mezzo di un corridoio, il che non escludeva il fatto che qualcuno potesse vederli e Kurt non era ancora del tutto a suo agio con lo scambio d’effusioni in privato, figuriamoci in pubblico.
 
Il bacio non durò molto, tuttavia non appena le loro labbra si separarono, il soprano cinse il collo di Blaine con le sue braccia, stringendolo in un caldo abbraccio.
 
- So che potrei sembrare ripetitivo, ma è stato tutto perfetto. –
- Anche quando hai rischiato che vomitassi la cena sulle tue scarpe? – scherzò Blaine, strofinando lievemente la punta del suo naso contro il collo del soprano, facendolo rabbrividire.
Kurt ridacchiò, allontanandosi da Blaine.
 
- Ecco, quello l’avevo quasi dimenticato, ma grazie per avermelo fatto ricordare. –
 
Kurt sciolse la presa dal collo di Blaine, mentre le braccia di quest’ultimo scivolarono dalla vita del soprano, tornando lungo i suoi fianchi.
 
- Buonanotte. – mormorò il moro, sfoggiando uno dei suoi straordinari sorrisi.
- Notte. –
 
Il riccio si appoggiò contro il muro, osservando Kurt mentre estraeva le chiavi dalla tasca del cappotto. Naturalmente, il soprano era ben consapevole del fatto che Blaine lo stesse osservando, ma c’era qualcosa di diverso rispetto al modo in cui lo faceva solitamente.
 
Guardando l’altro con la coda dell’occhio, notò che stranamente il moro non era ben concentrato sul suo fondoschiena, bensì sembrava fosse intento nel contemplare il suo viso.
 
Kurt infilò la chiave nella toppa e sentì un familiare calore impossessarsi delle sue guance quando si rese conto che la porta non accennava ad aprirsi. Tentò di mantenere la calma, girando e rigirando la chiave senza nessun risultato.
 
- Oh, di nuovo? – chiese Blaine, sfoderando il suo sorriso sghembo e causando al soprano la perdita di qualche battito.
 
Kurt si fece da parte, estremamente imbarazzato. Come diavolo era possibile che non fosse capace di aprire e/o chiudere quella porta?! Cos’era? Una sottospecie di maledizione?
 
Blaine ripeté la stessa operazione che aveva fatto qualche ora prima, apparentemente non infastidito dall’incapacità del soprano. Kurt non si era mai sentito così stupido in tutta la sua vita.
 
Inoltre, non riusciva a trovare una scusa decente.
 
Potrei dire di essere dislessico!  Pensò il soprano. Eh, no. Magari che… no. Credo sia piuttosto palese che non sono cieco, quindi… Potrei fingere di essere un tantino alticcio! Si… non ho neanche bevuto.
 
Il ragazzo si passò una mano sugli occhi, massaggiandosi lentamente le palpebre.
 
- Kurt. –
- Si? – fece il più alto, aprendo gli occhi.
- Non si apre. – sussurrò il riccio, senza distogliere lo sguardo dalla serratura.
- Non si… non si apre? -

Blaine scosse la testa, poggiando una mano sulla maniglia, pensieroso.

– E’ possibile… no, no. -
- Cosa? –
- Uhm… è possibile che Oliver abbia chiuso la porta a chiave dall’interno e abbia lasciato le chiavi nella toppa? –
 
Kurt aprì la bocca nonostante non avesse la minima idea di cosa rispondere. No, Oliver non avrebbe mai lasciato… un momento.  Il soprano ricordò d’un tratto che era già successo qualcosa del genere qualche giorno prima.
 
Se non ricordava male, Oliver era rientrato tardi e quando, al mattino, Kurt si era alzato per scendere a fare colazione aveva notato le chiavi del coinquilino nella serratura.
 
- Direi dalla tua espressione che quello è un si. -
- Merda. – imprecò Kurt, appoggiandosi contro il muro, sbattendoci, non proprio delicatamente, la testa contro.
- Potresti chiamarlo. – suggerì Blaine, estraendo la chiave dalla serratura.
- Giusto. Giusto… -
 
Kurt prese il cellulare dalla sua tasca, provando a comporre (provando perché le sue mani non volevano smettere di tremare) il numero del suo coinquilino. Portò il telefono all’orecchio. Com’era ovvio, il cellulare era spento.
 
Adesso, Kurt non poteva mica pretendere che almeno qualcosa non andasse storto in una serata che era stata praticamente perfetta.
 
- Niente. – mormorò, cominciando ad accettare l’idea che per quella notte, avrebbe dormito davanti alla porta della sua camera.
- Magari se bussiamo… -
- Si, certo. Oliver non è proprio il tipo da avere il sonno leggero. Tutto l’opposto direi. – disse Kurt, lasciandosi andare ad una risatina isterica.
- Se vuoi puoi dormire nella mia stanza. – propose tranquillamente Blaine, come se gli avesse chiesto di prendere insieme un caffè.
- Come scusa? – chiese il soprano, con voce persino più alta del normale.
- Non è esattamente igienico che tu dorma su questa moquette. – continuò Blaine, restituendogli la chiave. - E poi non voglio che ti becchi un raffreddore o qualcosa del  genere. –
 
Kurt guardò il moro a bocca aperta. Blaine si stava… si stava seriamente preoccupando per lui? Facendo una tremenda fatica nel tentare di reprimere l’enorme desiderio che aveva di mostrargli tutta la sua gratitudine lanciandosi con poca grazia su di lui, unendo nuovamente le loro labbra, il soprano si schiarì la voce, coprendosi la bocca con la mano chiusa in un pugno.
 
Stava per rispondere quando si ricordò di un piccolo, insignificante problema.
 
- Ma… Tate? -
- Durante il fine settimana non c’è mai. –
- Oh. Beh, non mi va proprio a genio di dormire qui fuori, quindi… -
 
Blaine non disse nulla, semplicemente sorrise, dando le spalle all’altro per aprire la porta della sua stanza. Il ragazzo entrò dentro, abbandonando lo zaino sul pavimento, per poi togliersi sia il cappotto che il cardigan, poggiandoli sulla sponda del suo letto.
 
La camera era perfettamente in ordine. In effetti, Tate non doveva passare molto tempo in quella stanza, dato che la scrivania era deserta e lo stesso valeva per il comodino ad eccezione della sveglia che vi era poggiata.
 
Tornando ad osservare il lato della stanza appartenente a Blaine, notò che le uniche cose fuori posto erano una serie di fogli sparpagliati sulla scrivania. Non appena il riccio si accorse dove fosse andato a posarsi lo sguardo di Kurt, si affrettò a raccogliere le cartacce, gettandole nell’immondizia.
 
- Cosa…? – chiese Kurt, il quale si trovava ancora vicino alla porta, con il cappotto indosso, come se stesse per andarsene da un momento all’altro.
- Ah, niente. –
- Scusa, non volevo farmi gli affari tuoi. -
- No, avevo… avevo fatto una lista, sai per decidere dove portarti stasera. – disse Blaine, sorridendo imbarazzato.

Era così… così adorabile. Lo fissava con quei meravigliosi occhi che quella sera apparivano quasi castani con qualche sfumatura di verde. In poche parole, Kurt aveva come la sensazione di essere come un ghiacciolo al sole.
 
Il soprano tentò di darsi un contegno, distogliendo gli occhi da quelli del ragazzo che aveva di fronte.
 
Ormai era arrivato al punto che si faceva paura da solo. Era costantemente, ininterrottamente, continuamente  inondato da una miriade di nuove sensazioni provocategli da quel ragazzo che nel giro di pochi mesi era riuscito a distruggere in mille pezzi il muro di cemento armato che teneva i sentimenti di Kurt ben nascosti tra le mura dell’organo che gli batteva all’incirca al centro del petto. Per quanto strane e spesso e volentieri persino spaventose, erano tutte emozioni estremamente positive.
 
Blaine lo faceva stare bene.
 
Il soprano cominciò a sentire un certo calore pervaderlo, fu allora che si ricordò di avere ancora il cappotto addosso, così fece per toglierlo, poggiandolo sulla sedia vicina al letto di Blaine.
 
- Vuoi che ti presti qualcosa? Voglio dire, un paio di pantaloni e una maglietta per la notte. – domandò il moro mentre apriva un’anta dell’armadio, frugandoci dentro.
 
Adesso, le cose erano due: dormire con indosso il suo outfit, rischiando che si sgualcisse, oppure accettare la gentile proposta di Blaine, salvando i suoi vestiti da un’agonia lenta e dolorosa.
 
- Sicuro? Non ti dispiace? -
- Assolutamente. – disse il riccio, prendendo  due magliette e due paia di pantaloni di pigiama.
- Grazie. – disse Kurt, non appena Blaine gli porse gli abiti.
 
Stava per chiedere se potesse cambiarsi in bagno, quando notò che il moro, il quale non si era nemmeno degnato di avvisarlo (si, lo voleva decisamente morto), stava sbottonando il terzultimo bottone della sua camicia.
 
Un attimo dopo il ragazzo era a petto nudo, completamente a suo agio, dando quasi l’impressione che non si fosse neanche accorto che l’altro fosse ancora lì con lui.
 
Era tutta colpa di Blaine. Tutta colpa di Blaine. Insomma, non si poteva accusare Kurt di osservare un po’ troppo intensamente, o un po’ troppo a lungo, o un po’ troppo attentamente quel fisico perfetto che si ritrovava il moro.
 
Il soprano deglutì, non proprio silenziosamente, e fu in quel momento che Blaine alzò lo sguardo verso di lui, guardandolo come se non capisse che problema avesse. Non passò molto, che Kurt riuscì quasi a vedere una lampadina accendersi sopra la testa del riccio.
 
- Posso usare il bagno? – chiese timidamente, distogliendo gli occhi.
- Si, certo. – rispose Blaine, ridacchiando senza pudore.
 
Kurt non aveva ancora controllato, ma era praticamente certo che Blaine facesse Bastardo di secondo nome.
 
 
Dieci minuti più tardi, Kurt uscì dal bagno con indosso gli abiti di Blaine (la cui maglietta si era rivelata essere di Star Wars. Si sarebbe aspettato di tutto, tranne che fosse nerd) dopo essersi sciacquato la faccia con acqua gelata nel disperato tentativo di calmarsi.
 
 
 
- Vanno bene i vestiti? – domandò Blaine, il quale era seduto a gambe incrociate sul proprio letto, lasciando che il suo sguardo indugiasse sulla figura del soprano.
- Si, si. Benissimo. – fece Kurt, abbozzando un mezzo sorriso.
- Accomodati. – disse il riccio, facendo segno all’altro di sedersi accanto a lui. – Hai sonno? –
- Non proprio. – rispose il soprano, prendendo posto sul letto accanto a Blaine, portandosi le ginocchia al petto.
 
Sonno? E chi aveva sonno? Dopo una serata del genere non sarebbe riuscito ad addormentarsi nella sua camera, sotto le sue calde e morbide coperte, figuriamoci adesso, sul letto (e no, non stava pensando a nulla di sconcio) di Blaine quando erano ad una distanza di quattro millimetri l’uno dall’altro.
 
Kurt sentì una leggera pressione sulla spalla e qualcosa di soffice solleticargli il collo.
 
- Ti do fastidio? – chiese Blaine, strofinando con delicatezza la guancia contro la spalla del soprano.
- No. – sussurrò il ragazzo con un filo di voce.
 
Nonostante stesse dicendo la verità, perché, davvero, non voleva assolutamente che Blaine si spostasse di mezzo centimetro, non riusciva ad impedire al suo corpo di irrigidirsi irrimediabilmente.
 
Sperò con tutte le sue forze che Blaine non ci facesse caso, ma com’era ovvio, non accadde.
 
- Kurt. – mormorò, con un tono di voce più basso del solito. – Rilassati. –
 
Blaine prese una delle mani del soprano, accarezzandone il dorso, poi il palmo con la punta delle sue dita. Un brivido corse lungo la schiena di Kurt. Senza che ne fosse accorto, aveva appoggiato la schiena contro al muro, chiudendo gli occhi, ascoltando il solo suono dei loro respiri regolari.
 
- Va meglio? – domandò Blaine, alzando il viso verso quello di Kurt, il quale si limitò ad annuire, mostrando un tenero sorriso. – Ah, cosa faresti senza di me? –
 
Kurt sospirò lievemente, sentendo che la stanchezza cominciava ad avere la meglio sulla sua forza di volontà.
 
Improvvisamente, il soprano spalancò gli occhi.
 
Aveva del tutto dimenticato che soltanto tre giorni dopo avrebbe lasciato la Grande Mela per tornare a Lima per le vacanze natalizie. Certamente suo padre gli mancava da morire, ma… non avrebbe visto Blaine per una settimana.
 
Sette. Lunghi. Giorni.
 
Magari, trascorrendo un po’ di tempo da solo, il moro si sarebbe accorto dell’enorme idiozia che stava commettendo nel… frequentare (la cosa era ancora alquanto confusa) Kurt.
 
- Stavo scherzando.- fece Blaine, scostandosi dalla spalla dell’altro.
- No, no. Cioè, si. So che stavi scherzando. È solo che… ho ricordato una cosa. -
- Non dirmi che ti sei appena ricordato di avere un impegno alle due di notte. -
- Non direi. – sbiascicò Kurt, lasciandosi scappare una risata.
- Qualcosa di spiacevole? -
- Dipende dal punto di vista. A te farebbe piacere… - se non ci vedessimo per una settimana? Kurt che cazzo pensi?! - …tornare in Ohio? -
- Non particolarmente, ma sono praticamente costretto. Mio fratello torna a casa. -
- Come? – balbettò il soprano, chiedendosi se avesse effettivamente capito bene.
- Mio fratello… -
- Si. Tuo fratello torna a casa. Quindi, tu torni a casa. –
- Beh, si. – ridacchiò Blaine, osservando l’espressione stralunata dell’altro ragazzo.
 
Kurt si morse prontamente il labbro inferiore, tentando di trattenere l’enorme e, secondo il suo parere, inappropriato sorriso che si apprestava a nascere sulle sue labbra.
 
Non poteva, non doveva  lasciarsi trasportare dalle emozioni. Doveva prendere un respiro profondo ed accettare con calma e sangue freddo che Blaine sarebbe stato solamente a pochi kilometri di distanza da lui.
 
Però… però anche Blaine starebbe tornato in Ohio, porca miseria!
 
Come faceva a trattenersi dal cominciare a saltare sul letto come un bambino a cui hanno detto che sarebbe partito per Disneyland?!
 
Okay, okay. Calma. E poi magari nemmeno mi vuole vedere…
 
- Kurt? -
- Ehi! – disse il soprano, salutandolo con un cenno della mano.
 
Si, Kurt continua così... facciamogli vedere a che livelli di insanità mentale siamo arrivati.
 
- Ehi. – sussurrò Blaine, avvicinandoglisi ancora e poggiando la guancia contro il suo collo. – Allora, cosa stavi dicendo? –
- Ehm, che… che tra tre giorni torno a Lima. –
 
Kurt sentì Blaine trattenere il respiro per poi allontanarsi lentamente da lui.
 
- Ma è fantastico! – quasi gridò, evidentemente fregandosene del fatto che fosse notte fonda e che qualche ragazzo delle camere vicine potesse esserne vagamente infastidito.
 
Però, senza che Kurt se ne fosse reso conto, Blaine aveva avvolto le sue braccia attorno al suo collo e oh, al diavolo chi se ne frega  furono gli unici pensieri che nacquero nella sua testa.
 
- Non ti dispiace? – mormorò Kurt, unendo le mani dietro la schiena di Blaine.
- Kurt, smettila. – disse con tono serio, irrigidendosi quasi impercettibilmente.
- Di far che? -
- Di pensare che non mi importi nulla di te. – disse, abbassando il volume della voce e avvicinando la sua bocca all’orecchio di Kurt. – Perché è tutto il contrario. - 
 
Kurt sentì il respiro caldo dell’altro infrangersi contro il suo collo, poi inaspettatamente le labbra di Blaine si poggiarono delicatamente su quella piccola porzione di pelle appena sotto il suo orecchio.
 
Blaine fece per allontanarsi appena, cosicché potesse incontrare il suo sguardo.
 
- Probabilmente io... no. – disse il moro, fermandosi un secondo e pensando a come esprimere a parole ciò che voleva dire. – So di non essermi comportato in maniera tale che tu potessi fidarti di me, lo ammetto sono stato un coglione. -
- Non dir... -
- No. Non dire niente. Sono stato un coglione, non cercare di giustificarmi. – lo interruppe Blaine.
- In realtà non stavo cercando di farlo. – scherzò il soprano, incrociando le braccia al petto.
- Oh. –
 
Gli occhi di Blaine si abbassarono in direzione delle sue mani. Kurt cominciò a domandarsi il motivo per il quale nessuno era in grado di capire quando scherzasse e quando fosse serio. Era un bel problema.
 
Kurt, non direi che è il momento adatto per pensare a questo genere di cose. Lo ammonì il suo cervello.
 
- Stavo... stavo scherzando. –
 
Blaine alzò la testa, passandosi con fare imbarazzato una mano tra i ricci.
 
- Si, lo sapevo. –
 
Kurt sorrise, fingendo di credere alle parole del moro.
 
- Allora? Vai avanti. -
- Beh, io ci tengo a te. – disse Blaine, prendendogli di nuovo la mano. – Solo... concedimi un po’ di fiducia, okay? –
 
Kurt si limitò ad annuire, poggiando di nuovo la schiena contro il muro. Il soprano continuò a ripetersi quelle parole in mente, lasciando che lo cullassero finché non cadde in un sonno profondo.
 
 
Fondamentalmente, c’era qualcosa di strano.
 
Kurt era praticamente certo di essere “svenuto” con la schiena ben pressata contro il muro e beh, di certo adesso non era poggiato contro una superficie dura e fredda. Al contrario, era tutto molto, molto caldo ed era quasi sicuro di essere sdraiato, quasi sicuro, la cosa era ancora da appurare.
 
Qualcosa sotto di lui si mosse e qualche altra cosa di poi non così tanto morbido venne a contatto con la sua spalla.
 
Kurt scattò su come una molla, buttando a terra il plaid con il quale evidentemente era stato coperto e trovandosi seduto a gambe incrociate sul letto di Blaine, il quale sembrava avesse un piccolo problemino ai piani bassi.
 
Momento, momento, momento.
 
 Lui non... lui... naah.
 
No, non aveva utilizzato Blaine come se fosse il suo personale cuscino vivente.
 
Attacco di iperventilazione tra 3...2...1...
 
- Giorno. –
- Buon... buongiorno. – sbiascicò Kurt, rosso come un pomodoro maturo.
 
Questo era un problema serio, molto serio. Non poteva arrossire in continuazione. Quanti anni aveva, sedici?
 
- Dormito bene? – chiese Blaine, strofinandosi gli occhi con fare assonnato.
- Io... ehm... beh... scusami. – balbettò il soprano.
 
Blaine inarcò un sopracciglio.
 
- Per cosa? Dio, il mio cervello sta ancora dormendo e probabilmente continuerà a sonnecchiare fino a quando non ingerirò un litro e mezzo di caffè, quindi ti dispiacerebbe spiegarmi? -
- Blaine, ho praticamente... no, ho letteralmente dormito su di te. – fece Kurt, mostrandosi estremamente tranquillo, il che era piuttosto strano dato che dentro di sé c’era il caos.
 
Il moro sorrise, alzandosi dal letto. Immediatamente, il soprano spostò il suo sguardo verso un punto indefinito del muro, nonostante sembrava che all’altro non interessasse più di tanto di mettere in bella mostra la propria erezione.
 
- Sono un ottimo cuscino, vero? – domandò, prima di chiudersi in bagno.
 
Kurt restò immobile, concentrato nel cercare una soluzione all’altro piccolo problemino che si era formato nei suoi pantaloni.
 
Ecco, questo era il momento di andare nel panico.
 
- Respira, respira. – continuava a ripetersi, mentre pensava al gattino morto che aveva visto due giorni prima.
 
- Hai bisogno del bagno? – chiese Blaine, aprendo la porta dopo la cinquantasettesima volta in cui Kurt si era ripetuto volta “respira”. – Se vuoi puoi usare la doccia. –
 
Oh.
 
 
Blaine non voleva che Kurt andasse via. Che problemi aveva quel ragazzo? Insomma, non era ormai disgustato dalla ininterrotta presenza dell’altro? Il soprano cominciò a domandarsi se in fondo non fosse poi così fastidioso...
 
- Grazie, ma credo sia ora che torni in camera. –
 
Blaine annuì con fare serio, chiudendosi alle spalle la porta del bagno.
 
Con un piccolo salto, Kurt si alzò dal letto, barcollando un po’ non appena i suoi piedi toccarono terra.
 
- Oh. I vestiti. Mm... oggi pomeriggio andrò in lavanderia, quindi penso che... -
- Kurt, non c’è bisogno che li lavi. – fece Blaine, allacciandogli le braccia attorno alla vita e poggiando il mento sulla sua spalla. – E poi mi piace il tuo profumo. – mormorò, quasi sfiorando l’incavo del collo di Kurt con la punta del punta del naso.
- Io non porto nessun profumo. -
- Appunto. – disse, baciando la porzione di pelle tra la spalla e il collo.
 
Kurt sorrise timidamente, mordendosi l’interno della guancia nel disperato tentativo di trattenere il rossore che minacciava di nascergli sul viso. Blaine tracciò una linea immaginaria con la punta del naso dal collo del soprano, lungo la mandibola, salendo e fermandosi a qualche millimetro dalle labbra. 
 
- Beh, non sarebbe esattamente igienico... – tentò di spiegare, ma la bocca di Blaine bloccò all’istante quel fiume di parole che sgorgava dalle labbra del più alto.
 
Del resto, era tipico che Kurt cominciasse a straparlare in un momento del genere.
 
- Dovresti andare, – disse il moro, prima di lasciare un altro, veloce bacio sulle labbra dell’altro. – prima che mi venga in mente di rapirti sul serio. –
 
Se solo avesse avuto un po’ più di coraggio, probabilmente Kurt avrebbe posto a Blaine quella domanda che pesava come, se non più, di un macigno sul suo stomaco. Avrebbe voluto chiedergli che cosa fossero esattamente loro due o che cosa volesse dire tutto questo, invece si strinse a lui un’ultima volta per poi raccogliere i suoi vestiti, dirigendosi verso la porta.
 
- Allora... – mormorò, aprendo la porta.
- Pranziamo insieme? – chiese Blaine, con quella sua tenera aria da cucciolo abbandonato.
- Certo. – fece il soprano, sorridendogli e sperando che i suoi occhi non avessero improvvisamente preso la forma di due stupidissimi cuoricini.
 





Tea's Corner:

Momento, momento, momento. Il mio calendario qui dice che oggi è martedì. Wow. Sono riuscita a pubblicare di martedì. Okay, sono in ritardo. Chiedo umilmente perdono ma sono tremendamente incasinata D: Ad ogni modo... fatemi sapere  cosa ne pensate di questo capitolo, se vi ha fatto proprio schifo o se è stato tutto sommato passabile. 
Vi ringrazio tutti quanti, anzi vi adoro :')

Tea (: 

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