02:17 am.

di PriscillaViolante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuta. ***
Capitolo 2: *** Non aver paura. ***
Capitolo 3: *** Logopedista. ***



Capitolo 1
*** Benvenuta. ***


1
Benvenuta.

<< Oh no!! Un’altra volta! >>
Imprecai molto quella notte, come ogni anno, non appena subentrato il solstizio d’autunno.
Ad Evesham, in Inghilterra, era sempre la solita storia.
Ho una paura matta dei tuoni, i lampi li lascio stare, non li guardo, mi piace di più stringere i miei amici fidati sotto le grandi coperte rosa confetto, ovvero Peter il panda e Stitch.
<< Sono una fifona! >> bisbigliai, e decisi di uscire fuori da quella sorta di incubatrice, come una sfida con me stessa. Più che altro la più grande sfida di quella notte fu il non andare in bagno pur avendo bevuto una enorme tazza di tisana alle erbe.
Ad ogni rumore, tuono o semplice respiro, sobbalzavo.
I piedi si alzavano sulle punte, imitando quasi una ballerina di danza classica!
Andai a passi veloci sino al bagno che stava al piano di sotto. Maledette case a due piani.
Non stavo molto da li, fino a pochi anni prima abitavo in una tenera villetta campagnola nella bella California.
Li tutto era diverso, non c’erano le scale prima di tutto, e seconda cosa, molto importante, pioveva raramente.
Li al massimo l’unica cosa che faceva paura, erano le onde, che poi erano la meraviglia dei sufisti.
Tirai lo sciacquone con delicatezza, pensando che con tale gesto, il getto dell’acqua sarebbe stato più lieve e non avrebbe svegliato nessuno.
Tornai a letto, incubandomi ovviamente, con Stitch tra le braccia. << Speriamo di non continuare quel terribile sogno.. >> .

<< Eleonora?! >>
<< Mh.. Non ora mamma.. >> Non esultavo al suono della sveglia, per questo evitavo di puntarla, ma mia madre non aiutava.
<< Invece è ora! Non vorrai mica perdere il primo giorno! >>
A quella frase aprii gli occhi di colpo, come se mi avessero appena dato un pugno dritto allo stomaco.
Mi alzai, e come un soldato mi misi sull’attenti di fronte a Maggie, mia madre.
Scesi insieme a lei, che era l’unica capace a placare la mia ansia e mi calmò tra un biscotto al cacao e un sorso di latte.
Non appena il mio battito diventò regolare, andai in camera mia a prepararmi.
<< Ma dai! E’ un college! Mica è una prigione! Giusto? >> Domandai a Minù, il mio cane, che ovviamente si limitò a storcere il muso!
<< Ahh! Che chiedo a te! Che vivi solo di cibo, coccole e pisolini?! La tua vita è perfetta!! Forse un po’ monotona, ma perfetta! >>
Amavo parlare, che fosse un cane o una parete non importa.
Non ero abituata ai maglioni di lana, anzi, mi davano fastidio, li trovavo scomodi e pruriginosi, quindi optai per una felpa, che no, non portava il nome del college.
Lasciai che lunga chioma bionda aiutasse la mia sciarpa a coprire bene il collo, lasciai ciondolare persino le ciocche che spesso si divertivano a coprire il mio viso.

Non c’era molta distanza da casa nostra a Worcerstershire , dalla quale prendeva appunto il nome del College, ma alla mia famiglia alla sola vista delle valige, scendeva la lacrimuccia.
Salutarli fu difficile.
<< Mamma, vengo a trovarvi tra due settimane, non sto mica andando in guerra! >> Sbuffai tra le sue braccia, non si ostinava a lasciarmi.
Credo fu mio padre a convincerla di lasciare la presa.
<< Hai tutto?! >> Disse quest’ultimo, Giorgio, molto più pacato, dandomi un bacio sulla fronte.
<< Si papà! >> Gli sorrisi, era questo quello che volevo! Lui si che mi dava pace.
Infondo io ero identica a lui, a partire dal nome del tutto italiano.
Mio padre infatti è italiano, siciliano per essere più precisi, il mio nome deriva dalla mia nonna, a mio fratello Samuel è toccato invece il nome di nostro nonno materno.

Era ora finalmente, se ne erano appena andati, e io ero sola, davanti un enorme edificio e un cielo cupo che faceva da sfondo, molto film horror!
Come se fossi stata appena sfrattata, tra un soffio ed un altro a causa delle ciocche di capelli che coprivano la mia visuale, arrivai al campus, nella mia stanza.
Non appena entrata, vidi subito la stanza come divisa in due, una come se fosse abitata da tempo, con letto appena fatto e foto appese, l’altra vuota, se avessi detto qualcosa ci sarebbe stato l’eco.
<< Ok, mi è sempre piaciuto il posto vicino la finestra! >> Esultai, poggiando  le valigie sul mio nuovo letto.
<< Scusami! Non volevo ufficializzare nulla! >> Sentii subito udire.
Mi girai, e con la mano già tesa ci stava una ragazza col capello lungo ed un grande sorriso pronta a presentarsi.
<< Sono Giuliet piacere! >>
<< Eleonora! Piacere mio! >>
<< Uao! Sei italiana? >>
Era molto carina, mi aiutò subito a disfare le valigie.
<< Nono, mio padre lo è! Il nome deriva da questo >>
<< Ah certo.. Beh! E’ molto bello! >>
La ringraziai.
Parlammo molto, ci conoscemmo quanto bastava per saper convivere nella pace più assoluta.
Nel tabellone, che faceva da testata, appesi qualche foto e sul letto invece, non potevano mancare i miei due pupazzi.
Stitch me l’aveva regalato mio fratello Sam, acquistato in qualche Disney store, Peter il panda l’avevo da quando ero piccola, era praticamente la mia infanzia.
Giuliet si informò anche su di loro.
<< Se ho troppa paura allora me ne presti uno!? >> Disse non appena finì di ascoltare le mie storie metereologiche.
Abbozzai un sorriso, come per accettare e concludere l’affare.
Ci venne la buona idea, non appena conclusi del tutto il mio trasloco, di scendere e girare il campus insieme, dimenticandoci che c’era una guida, che a quanto pare aspettava solo noi!
Piene di imbarazzo, ci nascondemmo tra la folla di coetanei, ridacchiando sotto i baffi per la brutta figura a cinque minuti di permanenza in quel nuovo luogo che ci avrebbe ospitato per alcuni anni.
Tra tante domande e tante risposte, una sola frase nella mia testa continuava a girare “ Questo posto è enorme!! ”
Ad un certo punto la guida si fermò, io e Giuliet eravamo tra le prime file, quindi udire quella frase fu facile, ovvero << Dunque… Sono lieto di annunciarvi che voi siete le nuove matricole anno 2012 a far parte del South Worcerstershire College! Per qualsiasi altra informazione, potete tranquillamente rivolgervi alla segreteria alunni al primo piano del padiglione principale! >>
Il ragazzo, finita quella frase, presa quasi da un registratore di cassa, sparì, come un mago che usciva di scena in gran stile, lasciando l’assistente, in questo caso sostituita da noi matricole, li a ciondolare sul nulla.
Non passò molto tempo quando la cerchia di ragazzi si espanse tanto fino a non esistere più, io e la mia nuova compagna, non sapendo chi seguire, continuammo a vagare intorno quel posto dove ci aveva lasciato Tracy, si, era questo il nome del mago.
<< Le lezioni? Quando iniziano? >> Dissi per capire cosa fare.
<< La prossima settimana.. >> Rispose lei, in modo triste.
<< Motivo?! >>
Assurdo, anni prima avrei pagato per prolungare la  vacanza estiva.
<< Le matricole devono ambientarsi! >> Si atteggiò, imitando voce e portamento della segretaria del famoso padiglione principale.
La parola “ matricola ” mi faceva pensare ad un marchio, un’etichetta, un modo semplice per sapere chi eravamo e cosa ci facevamo li.
Non mi piaceva affatto, mi sentivo una lattante in un nuovo parco giochi, “ Tu sei nuova, non puoi giocare con la sabbia! ”
Lasciai proseguire i miei pensieri, fino a quando Giuliet non mi sorprese con una domanda.
<< Cosa è quello!? >> Domandò puntando il suo indice sul mio polso sinistro.
<< Oh… >>  Guardai il mio tatuaggio, << C’è scritto Ohana, significa Famiglia in hawaiano. >>
<<Ohana significa Famiglia. Famiglia significa che nessuno viene abbandonato.>> Sopraggiunse lei.
<< O dimenticato. >> Conclusi.
<< Ora capisco Stitch e tutto… >>
<< La prima volta che guardai questo cartone, me ne innamorai subito, così tanto che superò La Sirenetta! >>
Ricordai, ridendoci su.
Lilo&Stitch era l’apoteosi targata Disney a mio parere. Tutto era perfetto. Il concetto di famiglia, di amicizia, di amore, con un tocco di ironia, per far piacere ai piccoli si, ma anche ai più grandi.
<< Stasera festa di iniziazione! >> Un ragazzo ci urlò contro, dividendoci e dandoci un foglio dove ci stava il luogo e l’orario.
<< Mi sembra un’ottima idea! >> Disse la ragazza.
Io non ero un tipo da festa, da baldoria insomma!
Però accettai, non avevo nulla da perdere.
Entrammo in camera e ci preparammo per bene.
Giuls, era questo il suo soprannome, ebbe l’onore di truccarmi dato che io non ero poi così capace.
più che altro, sfruttavo la lunghezza delle mie ciglia e gli occhi azzurri per avere uno sguardo da cerbiatto con del semplice mascara.
<< Sei molto carina! >> Disse lei guardandomi.
Mi ricordò molto Minù nel suo modo di storcere il viso, non il muso.
Non avevo chi sa che grande abito addosso, un semplice vestito etnico, ornato da qualche gufo.
Ne andavo matta.
I capelli stavano sciolti, un po’ ondulati dalla piastra e fissati con della lacca.
Il trucco era semplice, con un azzurro per accentuare gli occhi, e tanto mascara, ovvio.
Giuls portava un top anni 50 con dei fiori a sfondo blu ed una gonna a vita alta celeste con delle piccole ancore al posto dei soliti bottoni.
I suoi capelli color cioccolato erano raccolti in una cosa alta, abbellita da un fiocco blu che si abbinava al top!
Trucco pin up, per adattarsi all’abito.
una goccia di profumo per polso e via, eravamo pronte.

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Capitolo 2
*** Non aver paura. ***


 
La sera il prato era colorato da vari faretti posti in ogni angolo del campo,  mi chiedo come  potessero pagare tutto quello spreco di luce.
Non fu difficile capire dove si trovasse la festa, bastava seguire le persone, o direttamente l’odore dell’alcol.
<< Eccone altre due! >> Disse il ragazzo misterioso davanti la porta, << Dovete portare queste! >>
Ci porse delle maschere, quelle tipiche da carnevale, molto colorate, vistose e piene di piume.
Ecco perché l’appellativo di “misterioso”.
<< Perché? >> Intervenni, mentre aiutavo Giuls a non incastrare l’elastico della coda con quello della maschera.
<< Il mistero ragazza mia! Il mistero!! >>
Ma a chi voleva far paura?!
Senza esitare oltre, per non creare troppe storie, ci lasciammo trasportare dalla musica.
L’amica mi lasciò all’entrata dicendomi che sarebbe tornata presto, io preferivo guardarmi intorno, se non potevo vedere i volti degli “invitati” almeno ammiravo il paesaggio.. Il prato.
Una cosa che mi faceva particolarmente sorridere erano i bicchieri rossi colmi di birra, prettamente americani!
Uno mi venne persino offerto! Da chi? Ovviamente non lo so.
Lo ringraziai comunque.
<< E di che! Sei nuova? >>
A meno che la persona con la quale stavo per avere un dialogo portava un problema alle corde vocali, era una voce del tutto maschile.
<< Così dicono! >> Sospirai, storcendo le labbra e sorseggiando un po’ di birra, facendo attenzione a non buttarla giù, non scherzavo quando dicevo che erano colmi.
<< Se mi dici il tuo nome è contro le regole di questa pagliacciata?! >> Si toccò la maschera, come per puntualizzare l’argomento che stava andando a trattare.
<< Forse! Sinceramente non ne sono poi tanto sicura! Io sono la matricola! Non so nulla! >>
<< Chi ti dice che non lo sia anche io?! >>
<< Lieta di confermarti che questa pagliacciata serve a qualcosa! >> Dissi ridendo sulle mie.
<< Chapeau! >> Si chinò per poi tornare su e brindare!
<< Heyyy! Mi dici che ti secca fare la festaiola ed acchiappi prima di me!? >>
Giuliet intervenne con affanno, presentandosi!
<< A presto..? >>
<< Eleonora! >>
<< Sicuro? >> Disse lui prima di sparire.
Io mi limitai a fare le spallucce e alzare le sopracciglia.
Il ragazzo rise, per poi fuggire.
<< Chi era il tipo!? >> Si mise di fronte a me, ondeggiando seguendo il ritmo della musica.
<< Ah boh! >> Le risposi, seguendolo ancora con lo sguardo.
Quel ragazzo, non so per quale strano motivo, mi aveva quasi in modo eccessivo incuriosito.
Non sapevo chi fosse, come fosse, e a stento ricordavo il suono della sua voce.
Alla sua altezza non mi ci interessai più di tanto, tanto avevo poco da osservare.
Portava delle scarpe da ginnastica, oh si, il campo si restringe eccome.
<< Oddio adoro questa canzone!! >> Giuls mi catapultò nell’angolo ballo, tra le note di Swagger Jagger, di Cher Lloyd!
Mi lasciai trasportare anche io, non ero poi così santa, pudica e calma dopo tutto.
Erano circa le 01.15 del mattino, quando Giuliet, esausta e anche un po’ ubriaca mi chiese di portarla a casa, almeno, questo è quel poco che riuscii a capire.
In stanza, tutto era silenzioso.
<< Che succede?! >> Giuliet non aveva proprio capito nulla.
<< Siamo in camera! >> Le risposi con tutta la calma possibile, sfilandole le scarpe e sistemandola a letto.
<< Che camera?! >> La guardava, come se fosse appena venuta al mondo.
<< La nostra Giuls.. Dai dormi.. >> Non ero in vena di creare storie per farla ammutolire, lei mi prese in parola, pochi istanti e gli occhi erano già chiusi ad immaginare chi sa cosa.
Decisi a quel punto di togliere i tacchi anche io e di mettere qualcosa di comodo.
Coda alta che raccoglieva più capelli possibili, non ne potevo più di ciocche in faccia.
<< Vediamo che mi ha messo papà in valigia… Mh, sembra carino. >>
Sfilai un libro da sotto il letto, era li che avevo posizionato le cose che non avevano ancora un posto fisso.
Il libro prendeva il nome di “Mangia prega ama”, ma ovviamente nemmeno riuscii a leggere la prefazione, mi addormentai superate le due pagine.
<< Mazza che caldo.. >> Con la voce soffocante mi asciugai la fronte, in preda ad una crisi di nervi data dal calore.
Potevo sentirmi male a 30 ° e dare di matto a 36°, ma li dentro si superava di gran lunga.
<< Che poi dove cavolo sono? >> Continuai.
Era un enorme luogo, indefinito purtroppo.
Sembrava un vecchio centro commerciale, macabro, grigiastro, molto cupo.
Il grigio infatti era il colore portante di quel posto maestoso, pieno di porte, ma pieno davvero, arrivavano persino al soffitto.
<< Le vedi? Hanno tutte dei lucchetti! >> Spuntò dal nulla una signora sulla settantina,  grassoccia, bassina, con un sorriso.. Vuoto.
<< E lei da dove spunta?>> Impaurita indietreggiai, con la voce soffocata dalla mia stessa paura.
<< Dalla tua mente mia cara! >> Ad ogni suo passo verso di me, era un corsa all’indietro.
Mi portò al dovermi poggiare su una di quelle tante porte, facendomi male con l’enorme catenaccio, riuscivo a sentire la polvere attraverso la camicetta di seta.
L’anziana donna continuava a parlare e io continuavo a non capire. Non perché non la sentissi, ma semplicemente perché parlava in modo quasi mistico, di cose sue, dove io non c’entravo e dunque mi era impossibile definire dove volesse andare a parare.
<< Cosa vuole da me? Ho capito che è un sogno, quindi per piacere, mi dica il finale, voglio svegliarmi, sto morendo di caldo! >>
<< Oh oh! Ma come siamo perspicaci mia cara! Chi ti dice che questo sia un sogno?! >>
<< Il posto macabro e il caldo infernale… >> Risposi, col respiro pesante, iniziavo ad avere davvero paura.
<< Il mondo è pieno di posti inquietanti, de il caldo è tipico a settembre! >>
Aveva l’espressione di sfida, anche parecchio sarcastica e provocatoria.
Non riuscivo davvero a capire, ma mi stava provocando un fastidio immenso, una confusione mentale e fisica oserei dire.
<< Voglio andarmene.. La prego.. >> Cercavo di muovermi, ma il suo sguardo mi bloccava, in tutti i sensi.
<< Non è mai così facile Eleonora.. Mai… Tu hai un compito, qui non sei la matricola.>>
Quella frase mi urtò.
<< Un.. Un compito? Di che tipo? >>
<< Hai mai sentito parlare di mondo introspettivo? >> Disse lei, sempre cauta, da ucciderla.
<< Si, credo.. >>
<< Allora perfetto… Ah, ti presento Harry! >>
Un ragazzo si fece intravedere tra le ombre immense di quel luogo.
Solo quando fu del tutto visibile, mi accorsi che era di spalle.
Notai bene che fosse in divisa, giacca nera, pantaloni dello stesso tessuto, capello riccio, morbido.
<< Harry Potter?! >> Ironizzai.
<< Smettila. >> Gli sentii dire.
La signora, del quale il suo nome era ignoto, mi fece cenno con la testa verso il ragazzo.
Iniziai lentamente a camminare, avevo una grande paura.
Gli toccai la spalla, delicatamente, col palmo della mano sudato, un po’ tremolante anche.
<< Non puoi.>> Sussurrò con aria decisa, da assassino.

<< Ca – vo - lo. >> Si, mi svegliai.
Guardai l’orologio, erano le 02:17 .
Mi toccai la fronte, sudavo freddo.
Facendo attenzione a non svegliare Giuliet, aprii la porta e sgattaiolai in bagno.
Tutto era un accumulo di silenzio intorno, solo il rumore dell’acqua che scorreva per bagnare il mio viso teneva compagnia. Era un silenzio paradossalmente inascoltabile. L’ansia dentro me, anche quello riusciva a provocare uno strano rimbombo dentro le mie orecchie, come se fosse un tamburo.
Ritornai in camera mia, il mio letto era ancora caldo. Li, sedendomi, posizionai il mio corpo verso la finestra.
Grazie alla luce bianca soffusa della luna riuscivo ad intravedere la mia pelle d’oca, mi toccai, ero fredda, paragonabile ad un vampiro, stranamente però non sentivo freddo, al contrario, le vampate di calore arrivavano da dentro il corpo come se stessi entrando in menopausa.
Quel sogno mi aveva provocato qualcosa, qualcosa di talmente forte, da non riuscire a spiegare con delle semplici parole.
Avevo paura a chiudere gli occhi, questo era un chiaro esempio dello spossamento che mi aveva recato.
Rannicchiata, senza le coperte ad avvolgermi, acchiappai Stitch e lo strinsi forte.
Riuscii a dormire si e no solo due ore massimo.
Quando mi svegliai, se così si può dire, erano circa le 07.00 .
Mi alzai dal letto, mi sistemai e scesi, per fare “colazione”.
In quella settimana di immatricolazione si poteva far quel che più ci alleviava, intravidi dalla finestra, intorno le 05.00 un tipo che correva.
Sorseggiai del succo di mela, ed una ragazza di nome Stacy si presentò.
Aveva dei capelli rossi, ovviamente tinti, anche se le lentiggini potevano ingannare.
Californiana come me, serfista.. Non come me.
Tutti, ogni volta che non sussisteva l’accostamento “Eleonora + California = Surf”  esclamavano  << Ma come!? >>
Che posso farci? Non è che se mio fratello Sam e tutta la mia famiglia lo erano, anche io dovevo darmi da fare.
Non siamo mica come la famiglia di Baddy Valastro, dove torta e consegna è tutto sulle note di “We are family”.
<< Io vado su a sistemare la valigia! Tu che fai? >>
<< Vado a fare un giro per il campus! >>
<< Vai.. E stai attenta.. >> Si ammutolì per un momento, per poi continuare, << Ieri ho visto Scream 4, scusami… Ahahahah!! >>
Imitai la sua risata, rassicurandola le risposi che nel caso fosse successo qualcosa, ero munita di.. Autocontrollo e riflessi pronti.
Uscita da li, l’umidità era tangibile, l’avevo notato dalle finestre appannate minuti prima di uscire, ma non pensavo fosse così suggestivo il panorama.

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Capitolo 3
*** Logopedista. ***


3.  Logopedista.


La gente la mattina scarseggiava, più che altro incontravi matricole, che come me, volevano capire che caspita c’erano andati a fare in quello strano posto.
Io avevo le idee abbastanza chiare, volevo diventare una fotografa giornalistica, e non me lo levava nessuno dalla testa dalla tenera età di 8 anni, ci fu qualche ripensamento nel corso della mia vita scolastica, soprattutto quando prendevo un brutto voto e tornando a casa dicevo  << Farò la “disoccupata”!! >> .
Casualmente finivo sempre a cadere a peso morto di faccia sul mio letto.
Era tipico, lo facevo spesso.
Ma no perché prendevo spesso brutti voti, ma perché spesso prendevo l’angoscia e il pessimismo  tirandomeli contro.
<< Eleonora!>> Mi sentii dire da dietro.
<< Ragazzo di ieri sera! >> Esultai, quando lo trovai a me vicino.
Era l’unico ragazzo che conosceva il mio nome, non poteva essere altro che lui.
<< Ti ricordi allora! >>
<< Non è che una birra mi mandi allo sbaraglio eh.. >>
<< Non potrei dire lo stesso della tua amica.. >> Tossì, grattandosi il capo.
Io gli sorrisi.
<< Ti chiami Harry per caso? >>
Forse ero uscita pazza, non poteva essere vero.
Solo che i capelli lo ricordavano.
<< Emm… Si. >>
<< Oddio. >> Mi pietrificai.
<< Ahahahah, no scherzo! Mi chiamo Louis! >>
Sospirai di sollievo, pur avendomi fatto prendere un colpo. Avrei dovuto, che so, dargli uno strattone, ma mi limitai a dire << Grazie al cielo. >>
<< Ma perché? Cosa è uno stalker? >> La sua fu una domanda lecita.
<< No! >> Farfugliai sulle mie, << E’ solo un vecchio amico, che pensavo venisse qui.. Ma a quanto pare mi ha abbandonata.. >> Ero brava ad inventare storie, anche commoventi oserei, dal nulla.
<< Se sei qui.. Credo che tu.. Sia una matricola! >> Mi indirizzai su un altro discorso, completamente diverso per sviarlo dal precedente.
<< No, sono solo mattiniero.. Tra una settimana questo luogo si affollerà, diventerà un vero manicomio.. >>
Mise le mani dentro le tasche dei suoi jeans, come se sentisse freddo, e dire che era coperto per bene.
Completo di maglioncino di lana attorcigliato dalle maniche sulle spalle.
<< E da quanto non sei più matricola..? >> Domandai incuriosita.
<< L’anno scorso, in questo istante, ero curioso quanto te! >>
Aveva la capacità di rispondere senza andare sullo specifico, come se volesse sorprendermi, o magari era sua naturalezza farlo.
Ad ogni mia domanda c’era sempre una sua dolce, ma fredda risposta.
Non era facile definirlo, attribuirgli un carattere era decisamente un’ardua impresa.
Più io chiedevo cose su di lui, più lui, non chiedendo nulla in cambio, era come se sapesse qualcosa di me.
<< Non è contro le regole prendere dei fiori dal campus?! >> Dissi, nel momento in cui mi porse una margherita appena raccolta.
<< Hey! Chi è qui la matricola?! >> Ammiccò, in modo sfacciato, sistemandosi il ciuffo riccio.
<< Giuso giusto! >> Risposi sorridendo, e percependo tutti gli odori provocati da quel momento.
Guardai il mio orologio.
<< Devo andare! Giuliet vorrà sapere cosa è successo ieri sera! >> Misi la margherita tra i capelli.
<< A presto allora! >>
<< S..Si.. >>
Balbettai, non mi capitava dai tempi dell’elementari.
Andai persino da una logopedista per farmi sistemare, avevo avuto una sorte di trauma dalla maestra di matematica, che cattiveria di persona.
Mi fu innaturale voltarmi per guardarlo, lui proseguiva dritto per la sua strada, spostando spesso il capo verso il cielo, forse voleva valutare le questioni atmosferiche.
Tornando toccai le mie labbra, per capire se avessero avuto qualche problema, come.. Che so, una paresi momentanea.
Tornata in camera, aprendo la porta, ci stava Giuls, in canotta ed una spazzola che fungeva da microfono, improvvisando il playback della canzone Dominio, di Jessie J.
<< No ma buongiorno! >> Urlai, per fermi sentire.
Lei di colpo, un po’ sorpresa anche, abbassò subito il volume dello stereo.
Esitò un po’ per buttar a terra anche il “microfono”.
<< Ho sempre voluto conoscerti! Possiamo farci una foto?! >>
Tra una battuta ed un’altra, l’aiutai a sistemare il suo letto, ancora mezzo disfatto.
<< Che è successo ieri? >>
<< Davvero non ti ricordi? Hai bevuto una birra! >>
<< Ed un quattro bianchi, ed una vodka liscia.. E… >>
<< Ok ok.. >> Dissi sconvolta, << Ho capito! Ahahaha!! >>
<> Metteva sempre una faccia ammiccante nel momento in cui si parlava di qualche ragazzo.
<< L’ho incontrato stamattina.. E’ un tipo.. Insolito! Anche se stamattina non portava la maschera, faceva più mistero di ieri.. >>
<< In che senso..? >> La ragazza si sedette per terra a gambe incrociate, come se fossi una cantastorie, io la imitai.
<< Non lo so… Mi mette ansia ci credi? >>
<< Addirittura? Mai avuto un ragazzo? >>  Rise di gusto.
<< Si, certo! Ho 19 anni, ho avuto le mie esperienze.. Ma in California tutto era diverso.. >>
<< Vuoi dirmi che da quando sei qui… Tu..>>
<< Mai. >> Risposi secca.
Giuliet sapeva che alloggiavo ad Evesham da circa due anni e mezzo, ma non sapeva che non avevo avuto alcuna relazione in quell’arco di tempo.
Per lei sembrava quasi una priorità, a me no, per niente.
Lei, infatti rimase perplessa, a pensare magari come potesse sopravvivere in tale situazione.
<< Come si chiama? >> Resuscitò.
<< Chi? >>
<< Secondo te…? >>
<< Ah si.. Giusto! Louis! >>
<< Mh… Louis eh?… Lo sai cosa è giusto fare solitamente in questi casi..? >>
<< Cosa..? >>
<< Indagare! >>
<< Assolutamente no! >>
Certe cose non mi andavano per niente a genio.
<< Perchèèèè? >> Fece il muso.
<< Non mi sembra per niente giusto! >>
<< Ma infatti queste cose non devono essere giuste! >>
<< Fai quello che vuoi! Io me ne tiro subito fuori! >> Risposi mettendo le mani avanti.
Decidemmo di alzarci, aiutandoci a vicenda, per completare la pulizia di quella camera, ancora “nuova”, da poco abitata.
<< Oggi ho fatto un sogno strano.. Ma non ricordo molto..>> Disse Giuls, grattandosi il capo cercando di ricordare qualcosa.
A quella frase mi si illuminarono gli occhi, non ero stata l’unica forse?
<< Strano? >>
<< Si.. Ho sognato tipo… Tipo che incontravo il mio ex, quest’ultimo mi diceva di avere una nuova ragazza io ci rimanevo male.. Ma non so perché! Non sono mica innamorata di lui… >>
Alla parola “incontravo il mio ex” ho capito che non era la stranezza di cui parlavo io.
Quasi non la ascoltai più, non è da me, ma inevitabilmente mi misi a pensare allo strano sogno; al mio strano sogno.
Era passata l’ora di pranzo, e io ancora ci pensavo.
Chi era quella signora? Chi era quel ragazzo? E soprattutto… Perché, sostanzialmente, continuavo ancora a pensarci?
Era solo un semplice sogno, dato magari dalla suggestione del primo giorno di college.
Ma ogni volta che pensavo anche solo al contesto in cui mi venivo a trovare, mi saliva un brivido sul collo, così inquietante, che portava a storcere il capo.
<< A che pensi? >>
Ero in mensa, quando Louis mi raggiunse.
Scossi la testa, come per eliminare in una manciata di secondi tutti i pensieri macabri dati dalla notte precedente.
<< Forse al sogno di stanotte.. >> Disse Giuls, dopo aver azzannato una fetta di pane.
<< Che sogno? >> Lui continuava a fissarmi.
<< Niente di che, sogni da matricola, non capiresti! >> Ci scherzai su, semplicemente.
<< Il mio primo giorno sognai…>> Si fermò, incerto.
<< Sognai…? >> Calcai.
<< No, non ricordo che sognai… >>
Rispose in modo incerto, come se qualcuno gli avesse tappato la bocca.
“Eccome se lo sa..” Pensai.

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