she is the best thing that's ever been mine.

di prettylittlenaya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Titolo: She is the best thing that's ever been mine.
Autore: prettylittlenaya
Personaggi: Santana Lopez, Brittany Pierce, Quinn Fabray, Rachel Berry, Sugar Motta, un po' tutti.
Coppie: Brittany/Santana
Genere: Romantico, Commedia, Fluffy.
Raiting: Arancione, con qualche sprazzo di rosso.
Note: A fine capitolo.


Santana scrutò torva l’edificio. Era orribile. Guardato da un altro sarebbe sembrato bello, insomma, immerso nel verde, alto e dipinto di azzurro.
Alla ragazza sembrava una prigione. E, in un certo senso, lo era.

Un donnone mastodontico scese dal taxi trascinandosi una borsa di finta pelle che consegnò alla ragazza. ‘’Vogliamo andare?’’ chiese. Santana sbuffò. ‘’Non posso nemmeno avere l’onore di rimanere cinque minuti a respirare aria fresca?’’ la donna aprì la bocca per rispondere ma un uomo riccioluto uscì dall’ edificio gridando ‘’ehi Shannon’’
‘’ciao Will’’ urlò di rimando la donna.
Si salutarono schiaffeggiandosi le spalle a vicenda.
‘’dunque Will, lei è Santana’’ presentò la donna.
‘’Piacere Santana’’ fece l’uomo allungando la mano e esibendo un gran sorriso.
Santana non rispose e si limitò ad incrociare le braccia al petto facendo un pallone con la gomma da masticare.
Il riccio tuttavia non si scompose e continuando a sorridere indicò l’entrata.
‘’Andiamo’’ disse ancora poggiando una mano sul braccio della mora che se la scrollò via, infastidita.
Già odiava quell’uomo. E odiava anche l’apparente serenità che alleggiava intorno a quel maledetto posto.
Appena entrata notò la segretaria, o qualunque essere fosse, storcere il naso scrutando gli shorts a giro coscia e la canotta corta che indossava. Odiava anche lei.
Ma la sua espressione di disappunto scomparve subito lasciando spazio ad un sorriso cordiale.
‘’Emma, lei è Santana’’ esclamò il tizio.
‘’Santana, ho sentito molto parlare di te.’’ Squittì la donna.
‘’scommetto non bene.’’ Ringhiò la mora.
I tre fecero orecchie da mercante. L’uomo, anzi, esclamò: ‘’Allora hai la lingua!’’
Lei lo scrutò con superiorità tornando a masticare freneticamente il chewing gum.
‘’Bene, ti va di vedere la tua stanza?’’ sorrise l’ossuta donna.
‘’Davvero dormirò in una stanza? Credevo che ci fossero solo gabbie qui.’’ Ridacchiò senza ironia Santana.
‘’Credo che dovreste andare, Emma’’ si intromise il riccio.
‘’Vieni pure…’’ disse cordialmente la donna.

Santana seguì la donna, che in quel momento sembrava una gazzella saltellante, fuori dall’ingresso addentrandosi nella sua nuova casa. O prigione.
La donna saltellava eccitata, Dio solo sapeva il perché, facendo fluttuare nell’aria la chioma fiammante che la faceva somigliare ad un orango.
Le mostrò la mensa, vuota a quell’ora,  la palestra, gli spogliatoi, perfino i cessi. Infine la scortò davanti ad una porta bianca. Su di questa c’era impresso il numero 19. Sembrava il motel in cui lei era cliente abituale.
La rossa fece scattare la serratura con una specie di carta di credito. Santana strabuzzò gli occhi. Si era potuta permettere una carta di credito solo nelle sue fantasie più sfrenate.

L’ossuto essere le lasciò il tempo di entrare e poi cominciò a sparare parole su parole. La mora ne capì forse la metà, anche di meno. Alla fine le consegnò una carta uguale a quella con cui aveva aperto la porta uscì raccomandandole di presentarsi in tempo per il pranzo.
Una volta rimasta sola Santana si avvicinò alla porta facendo scattare una decina di volte di seguito la serratura.
Quando decise di lasciare in pace la povera porta si gettò supina sul letto fissando intensamente il soffitto.
Non riusciva a capire perché era lì, in una casa-famiglia. Lei non ce l’aveva mai avuta una famiglia. Avrebbe potuto dire di essersi fatta da sola in tutti i sensi. E allora perché era lì?

Si mise a sedere tirando la borsa sul letto. Cominciò a frugare nervosamente. Non trovando quello che cercava lanciò tutto ciò che trovava. Vestiti, altri vestiti, trucchi, la sua piastra, un pacchetto di pillole anti-concezionali. Soffermò lo sguardo sul pacchetto. Perché l’aveva portate? Non avrebbe fatto l’amore per molto tempo a quanto pare. Lì dentro sarebbe diventata la cosa più vicina ad una monaca di clausura che potesse immaginare.
Lanciò le pillole in direzione del cestino dell’immondizia senza centrarlo. ‘’Vaffanculo.’’ Tornò a rovistare nella borsa. ‘’Ma dove cazzo è finita?’’ chiese con rabbia al muro. Dopo aver gettato altra roba sul materasso finalmente venne a contatto con della carta da fotografia. Tirò fuori la foto, un po’ stropicciata. Ritraeva la latina insieme ad altre cinque ragazze. Santana era al centro ed abbracciava una ragazza bionda e bellissima. ‘’Quanto mi mancate’’ sussurrò la mora mentre una lacrima solitaria le rigava il viso.
La latina la ricacciò immediatamente con orgoglio. Nessuno poteva vederla piangere, neanche il muro. Nessuno, solo le sue amiche della foto avevano potuto.

Per la prima volta osservò davvero la sua nuova camera. Accostato al lato opposto della stanza c’era un altro letto ricolmo di peluche, pupazzi e pupazzetti. Accanto al cuscino un maxi unicorno di peluche la osservava con occhi scintillanti. ‘’Quindi la mia compagna di stanza ha sei anni?’’ ridacchiò tra sé e sé. ‘’wow.’’

Si avvicinò ad un semplice tavolino di plastica bianca, come se fosse all’ospedale. Accanto a dei fogli da disegno e una scatola di pastelli a cera vide una pila immensa di libri. In cima alla pila trovò un foglio con su scritto ‘per Santana Lopez.’ In bella calligrafia. Sapeva leggere, questo sì. Aveva smesso di andare a scuola finite le medie e non era ignorante a tal punto di non saper leggere il suo nome. Prese uno dei volumi e cominciò ad annusarlo. Adorava quel profumo. Lei aveva sempre posseduto libri di seconda, anche terza, mano che ormai sapevano solo di polvere e vecchiume. Poi prese tra le mani un foglio con su scritto il ‘programma’ quasi lei non fosse una donna ma un robot parlante.
Il pranzo era alle 12.30.  
Santana vide due armadi bianchi. Si diresse verso il più vicino al suo letto sperando di trovarlo vuoto. Aprì il primo cassetto. Non era vuoto, ovvio.
C’era tantissima lingerie, di quella di pizzo. Tra mutandine microscopiche, reggiseni a balconcino praticamente trasparenti  e canotte intime ricamate c’era l’imbarazzo della scelta. Quello decisamente non era il cassetto della biancheria di una bambina di sei anni.
Santana era rimasta come inebriata da quel profumo delicato ma intenso che dominava il cassetto. Avvicinò un paio di mutande alle narici e cominciò ad inspirare ed espirare freneticamente. Solo dopo qualche minuto si rese conto di stare ad annusare dei tanga e li rigettò nelle viscere del cassetto per poi richiuderlo in fretta.
Senza più badare minimamente alla discrezione aprì anche le ante dell’armadio scoprendole piene all’interno di poster di glee, a suo parere la serie tv più stupida e insulsa della terra dato che non rifletteva minimamente la realtà e quanto fosse dura la vita di una vera sfigata. Come lei ad esempio.
Sbatté le ante furiosa.
Era la compagna di stanza di una tipa con la mentalità di una bambina di sei anni che riempiva l’aria con il suo dannato profumo e che, come se non bastasse, era fissata con glee. Che merda.

Diede uno sguardo all’orologio da parete. Era mezzogiorno e doveva muoversi.
Sistemò tutti i suoi vestiti alla bell’e meglio nell’altro armadio e corse giù dalle scale. Stava morendo di fame.
Ad un tratto una morsa che non aveva niente a che fare con lo stomaco la bloccò. Una volta varcata quella soglia sarebbe stata come carne fresca per gli squali. Decise di non dare motivo a nessuno di criticarla. Coraggiosamente spalancò la porta della stanza adibita a mensa. Nessuno la degnò di uno sguardo. Meglio di come aveva pensato.  Niente ragazzi che le scrutavano imbambolati le gambe perfette e niente ragazze che bisbigliavano alle sue spalle. Ottimo.

Le sembrava strano vedere così tanto cibo in una sola stanza. Poteva mangiare tutto ciò che voleva senza che nessuno le dicesse: ‘ferma, altrimenti domani rimaniamo a digiuno’? Ovviamente si riempì il vassoio sotto gli sguardi sbigottiti delle cuoche. Poi scelse il tavolo più isolato possibile, in un angolo della stanza e cominciò a strafogarsi come non aveva mai fatto prima.

Stava per iniziare a mangiare l’insalata quando una ragazza si sedette di fronte a lei senza neanche chiederle il permesso. Fece cenno a un gruppo di altre ragazze di avvicinarsi.
Santana la guardò di sottecchi. Somigliava incredibilmente a Lucy, la sua migliore amica, anche se Lucy non si sarebbe mai e poi mai tinta i capelli di rosa. Infatti Lucy 2.0 sfoggiava con incredibile disinvoltura una chioma fucsia. Sotto le lunghe ciglia spuntavano due iridi verdissime. Aveva un anello al naso come quello che Santana portava in cima all’orecchio destro e tatuato sul dito anulare della mano sinistra aveva un nome; ‘Beth’.
Mentre la latina passava al microscopio la ragazza dai capelli fucsia le altre ragazze si erano avvicinate. Loro avevano un aspetto decisamente più usuale. Una nanetta mora, una tizia dai tratti asiatici, un’altra dai capelli biondi raccolti in una coda di cavallo e una afro-americana. La bionda trillò con voce acuta e squillante: ‘’Q. sei sicura che possiamo…?’’ La tizia, Q., non rispose tanto era intenta a masticare il suo pranzo. ‘’Certo, non c’è problema’’ rispose Santana per lei anche se il problema c’era, eccome se c’era.
La ragazza bionda di fronte alla mora, accanto a Q.
Vicino a lei si sedettero la nanetta e l’asiatica.
La bionda interruppe subito il silenzio: ‘’Sei nuova qui giusto?’’ aveva l’aria di conoscere tutto e tutti là dentro.
Santana annuì.
‘’Beh, io sono Sugar’’ disse impugnando la forchetta e mostrando un gigantesco sorriso.
‘’Rachel.’’ Continuò la moretta seduta vicino a lei.
‘’Mercedes’’ disse con entusiasmo la ragazza nera.
‘’T-Tina’’ sillabò invece l’asiatica.
‘’E Quinn’’ disse svogliatamente la ragazza con i capelli fucsia appoggiando i pesanti anfibi sul tavolo.
‘’Santana’’
‘’Fabray, metti quei piedi a terra.’’ Urlò il riccio che l’aveva scortata quella mattina.
Quinn sbuffò sonoramente rimettendosi composta.
‘’Allora benvenuta’’ continuò ammiccante Sugar. Un dubbio si fece strada nella sua mente. La bionda ci stava provando?
‘’Scusala, quando vede una gnocca va in tilt.’’ Rise Quinn.
‘’Cosa ci posso fare Quinnie se ho gli ormoni a mille?’’ ribatté Sugar.
‘’Potresti almeno controllarti davanti alla nuova arrivata, mentre siamo a tavola?’’ disse ancora Quinn ‘’E non chiamarmi Quinnie’’
‘’Ma Quinnie è un così bel nome’’ rispose ancora la bionda continuando a guardare  intensamente l’isanica. Intanto, sotto il tavolo, un minuscolo piede si faceva spazio fino a toccare quello della latina dall’altra parte.
‘’Io sono etero.’’ Esclamò Santana mentre allontanava il piede con una mossa decisa.
‘’Oh beh, stai tranquilla, non verrò a spiarti nella doccia né a stuprarti nei corridoi bui’’ continuò Sugar, un po’ offesa da un rifiuto così netto.
Tutte scoppiarono a ridere. La latina accennò un sorrisetto.

‘’Posso chiederti perché sei qui?’’ chiese la moretta insinuandosi nella conversazione.
Santana non rispose. Si vergognava, e non poco. 
‘’Non preoccuparti, siamo tutte qui per un motivo imbarazzante.’’ Disse Sugar ‘’Io per maltrattamenti’’
‘’Anche io’’ fece Rachel.
‘’Immigrata clandestina’’ dissero quasi all’unisono Mercedes e Tina.
‘’Non gli andava a genio che io volessi crescere mia figlia da sola’’ disse con rabbia Quinn sottolineando le parole ‘mia’ e ‘figlia’.
Sicuramente non erano imbarazzanti quanto il suo di motivo. Quelle ragazze avevano avuto sicuramente un passato terribile ma il suo era qualcosa di schifoso. Anzi, più che schifoso. Vomitevole.
E lei lo sapeva.
‘’Prostituzione.’’ Disse sommessamente. 

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Author's Corner. 

Allora per prima cosa volevo ringraziare tutti voi che siete arrivati fin qui a leggere e anche coloro che si sono degnati di aprire questa schifezza lol.

Poi ringrazio Giulia e Francesca che mi sopportano ogni volta che racconto la trama delle ff che mi vengono in mente.
Riguardo alla storia: Per ora Brittany non si è vista né sentita ma entrerà in scena nel nuovo capitolo.
Diciamo che il prologo è un esperimento per vedere cosa ne pensate e se vale la pena di portarla avanti.

Spero vivamente che vi piaccia, è la mia prima FemSlash e potrebbe fare decisamente schifo.
Vi prego di farmi sapere se vi piace o attraverso una recensione o sul mio profilo twitter @heathsaur.
accetto anche le critiche. 

- Francesca. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Titolo: She is the best thing that's ever been mine.
Autore: prettylittlenaya Personaggi: Santana Lopez, Brittany Pierce, Quinn Fabray, Rachel Berry, Sugar Motta, un po' tutti.
Coppie: Brittany/Santana
Genere: Romantico, Commedia, Fluffy.
Raiting: Arancione, con qualche sprazzo di rosso.
Note: A fine capitolo.
Disclaimer: I personaggi qui descritti (purtroppo) non mi appartengono.

Una ragazza entrò nell’aula adibita a mensa e a quell’ora anche a caffetteria guardandosi intorno. Fece scorrere lo sguardo sui diversi tavolini finché i suoi occhi limpidi e chiari si posarono sulla figura di un ragazzo biondo. Le labbra sottili si inarcarono in un sorriso e si incamminò velocemente, quasi saltellando , verso il tavolo.
Il ragazzo alzò gli occhi dal caffè che stava sorseggiando per posarli sulla figura della ragazza. Ricambiò il sorriso esclamando: ‘Ciao BritBritt’
‘Ciao Sammy’ disse la ragazza giocherellando con la coda di cavallo che raccoglieva una massa di boccoli dorati.
‘Com’è andata oggi?’ disse il biondo.
Brittany sospirò. ‘Cassandra sta diventando sempre più nervosa, le ci vorrebbe un bel trattamento a base di glitter e zucchero caramellato. A te come è andata?’’
‘’Pare che ci vogliano ammettere in serie D, immagini?’’
‘’Sarebbe unicornoso’’ disse la bionda assorta.
‘’Sarebbe fantastico’’ ribadì il biondo ‘’immagini quante università verrebbero a farmi la corte?’’
‘’Nessuna università sarebbe così sciocca da farmi la corte’’ sul volto della bionda si stampò un’espressione triste. ‘’Sam,’’ continuò ‘’Secondo te sono stupida?’’
‘’Assolutamente no’’ Sam posò gli occhi in quelli della ragazza seduta di fronte a lui. ‘’Chi ti ha messo in testa un’idea del genere?’’
‘’Io lo so, so che tutti quanti appena mi giro cominciano a dirlo alle mie spalle come so che i folletti del bosco mi spiano mentre faccio la doccia e come so che lord t. ha ricominciato a fumare’’ 
‘’Ascolta, tu non sei affatto stupida…’’
‘’Lo dici solo perché mi vuoi bene…’’ lo interruppe Brittany.
‘’Ehi’’ disse il biondo prendendole la mano e cercando il suo sguardo che si era fissato sul piano del tavolo. ‘’Tu sei solo speciale. E gli altri sono troppo poco unicornosi per accorgersene.’’ Sul volto di Brittany era spuntato un sorriso quasi inafferrabile per tutti quelli che non la conoscevano, ma che non sfuggì a Sam. ‘’E poi sono gelosi perché tu parli solo con me.’’
‘’Io parlo solo con gli unicorni’’ disse convinta Brittany guardando il ragazzo. Lo sfondo del cellulare del ragazzo si illuminò.
‘’Britt, devo andare’’ disse lui guardando il messaggio. ‘’Puck deve rifarsi la cresta e non ritrova il rasoio’’
‘’Okay’’
‘’Ci vediamo a cena’’ disse il biondo indossando la felpa e strizzandole un occhio.
Britt annuì e quando la figura bionda di Sam uscì dal suo campo visivo si concentrò sui finestroni della mensa osservando il cielo già tinto dei caldi colori del tramonto. Le sarebbe piaciuto tornare a guardare il cielo con la sua mamma come quando era piccola. E avrebbe voluto anche sentire il calore delle labbra arricciate della sua mamma che le sfioravano la fronte per darle la buona notte.
Al contrario di tutti gli adolescenti che avevano il compulsivo bisogno di mostrarsi grandi, Brittany avrebbe voluto tornare bambina. Ad un certo punto della sua vita aveva deciso che da grande non avrebbe fatto la principessa, la rockstar, la presidentessa degli Stati Uniti o la campionessa olimpica. Lei da grande avrebbe voluto fare la bambina.
Nel mondo reale le persone che decidevano di rimanere per sempre bambini non venivano visti di buon occhio, e Brittany non riusciva a capire quale fosse il problema. Ma nel suo mondo, solo suo, dove nessun’altro, neanche Sam riusciva a penetrare, lei poteva essere tutto ciò che desiderava, senza che nessuno potesse giudicarla.
Era quello il motivo per cui si era pian piano chiusa in sé stessa, aveva eretto intorno a lei una robusta barriera di sogni e speranze e dove solo in pochi riuscivano ad entrare.

***

Santana venne a contatto con la superficie fredda dello specchio mentre due labbra fameliche vagavano sul suo collo, lasciando segni visibili anche sulla sua pelle scura. La latina tirò leggermente la cresta del ragazzo che stava baciando per invitarlo a concentrarsi sulla sua bocca.
Le loro due bocche fameliche e bisognose si scontrarono in un contatto quasi violento lasciando le loro lingue rincorrersi e giocare. Fu la latina a staccarsi, per tornare a mordicchiare il labbro inferiore, tirandolo verso di sé.
“Come hai detto che ti chiami?” fece ancora con le labbra vicine alle sue.
Il ragazzo non rispose, tornando a vagare sul suo collo.
“Ti ho fatto una domanda.” Disse l’ispanica tirandosi leggermente indietro per sistemarsi meglio sul lavandino del bagno delle ragazze “Puck” si decise a dire il ragazzo soffiando contro il collo di Santana ormai arrossato e gonfio per la veemenza di quei baci bollenti.
“Il tuo vero nome, bellezza” continuò ostinata la latina.
“Noah.” Disse il ragazzo di nuovo, con voce più bassa e roca rispetto a prima.
“Noah…” disse Santana lasciandosi sfuggire un mezzo gemito quando Puck arrivò con le labbra all’inizio del suo seno. Prendendo un lembo di pelle scura tra i denti e succhiandolo.
“Perché non la smettiamo di parlare e passiamo ai fatti?”
“Pensi che se avessi voluto passare ai fatti adesso me ne starei ancora qui a parlare?” rise Santana acida.
“Non vuoi fare un giro sulla giostra di Puckzilla?” chiese il ragazzo con aria da tonto per poi tornare a mordicchiarle il seno.
“Il fatto è che il luogo mi dispiace” commentò Santana.
“Non è abbastanza originale per te?” chiese ancora.
“Esattamente.”
“e quali sono questi luoghi originali dove lo fai?”
“Dunque, una volta sul sedile di un autobus, svariate volte in una cabina armadio, e una volta anche nello studio in un artista che mi ha scopato tra le tele dopo avermi fatto un ritratto tutta nuda” contò l’ispanica sulle dita.
“Fantastico” commentò Puck che intanto si era preso la libertà di vagare con le mani sulla sua coscia, vicinissimo al bordo degli shorts che indossava.
“Mi dispiace, si guarda ma non si tocca” commentò la latina prendendo la mano del moicano e portandola ad un lato della sua bocca da cui fuoriusciva un piccolo rivolo di bava.
“Santana, ti prego, io voglio toccarti” lo disse con voce strisciante e supplichevole e alzando lo sguardo, cosa che non aveva fatto dall’inizio del loro rapporto.
“Credi di poterti accontentare di una toccata sopra gli shorts?” disse Santana enfatizzando molto la terzultima parola. “Sono una puttanella esigente io.”
Il ragazzo ridacchio senza ironia esasperato.
“Ma siccome non sono una stronza” continuò sarcastica “ti concedo un compromesso.”
“Del tipo?”
“Prima, durante le tue farneticazioni ti ho sentito parlare di alcol e sigarette giusto?” Il ragazzo annuì.
“Così, saresti capace di farmi arrivare in modo sicuro delle scorte di alcol e qualche stecca di sigarette?”
“Aspetta, e io che ci guadagno?” la interruppe Puck mentre il suo sguardo ricadeva sulle cosce nude di Santana.
“Non ti bastano i miei servigi come amante?” fece l’ispanica. Negli occhi del ragazzo con la cresta apparve un barlume di lussuria.
“Lascia fare a Puckzilla.”

***

Brittany si ritrovò di fronte la porta della sua stanza, come la mattina precedente.
Era rimasta tutto il giorno fuori per via degli allenamenti esterni e poi aveva dovuto seguire il corso di spagnolo dove, come al solito, aveva ottenuto una bella F dopo l’ennesima scena muta durante un’interrogazione.
Con amarezza infilò la sua tessera-chiave nella serratura, facendola scattare.
“¿Quién es?” chiese qualcuno dal bagno, una voce femminile, calda e musicale. Brittany sussultò, impugnando la maniglia.
Uno scatto e la luce della lampada invase la stanza, mostrando alla bionda la padrona di quella voce così meravigliosa. Era una diciassettenne non troppo alta, formosa ma perfettamente proporzionata, tanto da sembrare una scultura, un corpo creato unicamente per essere perfetto. E il completino intimo di pizzo nero che la ragazza indossava non aiutava certamente. Brittany rimase colpita dalla perfezione delle curve della ragazza, indugiando sulle gambe, snelle, lunghe, affusolate.
Gli occhi della bionda iniziarono a risalire quella figura passando per la fessura, tra l’elastico degli slip e il bordo inferiore della maglia intima dove si poteva intravedere il sentiero che scolpiva i suoi muscoli addominali, arrivando fino al viso così bello da sembrare ideato dagli angeli. I capelli scuri arrivavano a lambirle il bordo superiore della canotta mettendo dannatamente in risalto la perfezione dei suoi tratti.
Ma niente, niente del suo corpo era paragonabile agli occhi così belli da costringere Brittany a ingoiare un groppo di saliva indiscreto che le si era fermato in gola e a dover stringere le cosce e sfregarle leggermente tra loro.
Quegli occhi scuri l’avevano immobilizzata, l’avevano incatenata.
“Dunque…” la stessa voce che l’aveva fatta cadere in trance la riscosse.
Brittany ingoiò un secondo groppo rendendosi conto di quanto potesse sembrare ridicola agli occhi della ragazza mora.
“Io sono Santana” continuò l’altra girandosi e togliendosi la maglietta che indossava, rimanendo così solo in mutandine e reggiseno.
“B- Brittany” riuscì a sillabare la bionda e precipitandosi verso il bagno per cercare di rinfrescarsi e non coprirsi di ridicolo davanti alla latina. “Eh no,” sorrise mestamente Santana “ci sono prima io.”
Continuò infilandosi nella stanza da bagno.

Riprenditi disse una delle sue voci interiori. Cercò di scuotersi, ci provò davvero, tuttavia era ancora intontita.
Si infilò il suo pigiama rosa, legò i suoi capelli in una coda di unicorno alla bell’e meglio e si infilò tra le lenzuola, senza minimamente pensare alla cura della sua igiene personale a cui ogni sera dedicava un rituale scrupoloso e preciso. Strinse tra le braccia il suo unicorno gigante di peluche, e strinse gli occhi tanto che delle sottili increspature affioravano sulla pelle chiara delle sue palpebre. Nonostante la chiusura ermetica una lacrima solitaria affiorò da una fessura invisibile bagnandole una guancia.
Brittany aveva sempre saputo chi era. Aveva sempre saputo di essere diversa, per un po’ aveva cercato di negarlo a sé stessa ma adesso, adesso non avrebbe più potuto negarlo davanti a nessuno.

Quella Santana era appena entrata nella sua normalità che si era appena decifrata e non ne sarebbe uscita facilmente.


Author's corner. 

E cosa posso dirvi, rieccomi qua dopo tutto questo tempo. Mi dispiace di aver aggiornato così tardi ma ho dovuto combattere un calo di ispirazione terribile lol. Come potete vedere questo capitoletto e parecchio povero ma non ho potuto fare di meglio.

Vorrei precisare che la scena Pucktana che ha rubato spazio alla Santittany (e mi scuso per questo) è utile al fine della storia, non uccidetemi pls.

Vi ringrazio per le bellissime recensioni che mi avete lasciato, mi avete fatto felice. *lacrimuccia*
Rendiamoci conto, 20, dico 20 persone sane di mente (almeno mi auguro) hanno seguito questa storia, 3 l'hanno ricordata e 4 preferita, aww.
*si sente amata* vi ringrazio di nuovo. 

Ci rivedremo presto visto che il nuovo capitolo è già in lavorazione. 

Auguri di buone feste, much love.

-Francesca.

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