I Thought I Could Fly

di Sally_230710
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - I Thought I Could Fly ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Don't let me alone. Not Again. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2/3 - Don't Touch her, Coward! - Oh, you're finally awake! ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4/5 - Not like the movies - What has happened to him? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 6/7 - I'm sorry, but I'm like that - My Love and my Hope will never die ***



Capitolo 1
*** Prologo - I Thought I Could Fly ***


Quant’è bello! Penso guardando il suo profilo mentre è concentrato sulla strada davanti a se.
Sorrido tra me e me mentre mi accorgo di quanto finalmente io stia bene ormai, di quanto mi senta completa, ho trovato la mia dolce metà. La dolce metà col sorriso più bello e le braccia più accoglienti del mondo.
In quelle braccia trovo calore ogni qual volta il freddo pungente di questo rigido inverno mi penetra le ossa facendomi sentire rigida e rendendomi un piccolo ghiacciolo vivente.
Dopo averlo osservato per bene il mio sguardo si posa sul paesaggio fuori dal finestrino:  una coltre bianca riveste l’intera pianura ed i pali delle viti ormai secche.
Nonostante il tempo, nonostante la bufera di neve, dentro quest’auto aleggia un’aria calda, spensierata e piena d’amore e gioia. A rendermi felice non è soltanto lui, non è soltanto il mio Angelo sceso dal cielo per illuminare la mia via nel periodo più brutto della mia vita.
Ero felice anche perché io e la mia squadra avevamo appena vinto la finale del campionato italiano femminile di pallavolo. Questa che abbiamo appena vinto è la finale che rende, la nostra, la squadra femminile più forte di tutta Italia. E il prossimo obiettivo saranno i campionati europei.
Ad un certo punto, presa dai miei pensieri, distolgo lo sguardo dal panorama fuori dal finestrino per posarlo in quegli occhi così luminosi e raggianti che mi stanno scrutando curiosi. Sorrido per rassicurarlo e mentre ancora lo sto guardando, mi rendo conto che stiamo per imbucare una rotonda: oh quanto le odio! In motorino ci sono caduta spesso su queste curve. Sono tremende!
Mentre stiamo facendo l’ultima curva per uscire dalla rotonda, qualcosa però va storto: le gomme da neve probabilmente non tengono e mi ritrovo così sbattuta da tutte le parti dentro l’abitacolo della macchina.
L’ultima cosa di cui mi ricordo prima di vedere il buio e sentire il silenzio più totale è un “Ti Amo” sussurrato da quelle sue dolci labbra che probabilmente non assaporerò più.



E' una storia diversa da quella di prima, ma spero che possa piacervi. E' corto perchè è il prologo e la storia era originarimente nata per essere pubblicata su Facebook. I capitoli andranno in coppia ( 2/3, 4/5 ) per essere un po' più lunghi e saranno alternati tra presente e flashback.

xx - S <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Don't let me alone. Not Again. ***


“Savannah!” “Savannah!”.
 
Voci, rumori confusi, caos. Poi buio, poi di nuovo suoni e immagini confuse e, infine,  calano di nuovo il buio e il silenzio più totale. Mi pare essere così per sempre, mi pare di non avere più un corpo, però penso, quindi sono ancora viva? Forse.
Provo ad aprire gli occhi, ma non rispondono, di nuovo quella sensazione, quella maledetta sensazione: mi sembra di non avere un corpo, non lo sento. L’unica cosa  che sento di me è la mia coscienza, il mio essere senza un involucro che vaga nel buio.
Ma poi vedo qualcosa in lontananza, sembra una luce.
Sempre “volando”, volteggiando mi dirigo verso quella luce, ma qualcosa mi respinge.
Questo qualcosa è prima una forza misteriosa che poi diventa  un corpo e pian piano riesco a scorgere pure i lineamenti del viso.
“Oh mio Dio” penso.
“Amore! Sei tu!” esclamo contenta di rivederlo finalmente.
Ma sul suo viso non c’è la gioia dipinta sul mio, bensì dolore, tristezza e consapevolezza di qualcosa che purtroppo non sembra essere positivo.
“Piccola, mi dispiace, ma  qui non ci possiamo entrare e tu non puoi nemmeno stare qui, devi tornare indietro.”
“E tu?” chiedo ingenuamente per paura della risposta.
“Io non posso stare da nessuna delle due parti” risponde.
Appena quelle parole escono dalla sua bocca, io mi trovo spazzata via da una forza violenta; sembra  un uragano. Tendo le braccia verso di lui: non voglio lasciarlo un’altra volta. No, non mi strapperanno via dalle sue braccia di nuovo.
Lui allunga le sue mani verso me ma, capendo che ormai non c’è niente da fare, sussurra:
“Ci rivedremo piccolo pettirosso, ci rivedremo te lo prometto”.
 
BUM.
 
LUCE.
 
BUIO.
 
LUCE.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2/3 - Don't Touch her, Coward! - Oh, you're finally awake! ***


#FLASHBACK
 
 
Un’altra giornata era andata.
Un’altra sigaretta pure. Però mi mancava quella cosa che mi faceva passare tutti i problemi.
Avevo portato 50 euro per due grammi, ma Willy mi aveva detto che non era riuscito a procurarsela.
E io mi ero arrabbiata, tanto che avevamo litigato per l’ennesima volta: la nostra relazione era la peggiore che si potesse mai immaginare.
Nessuno dei due era innamorato davvero, stavamo insieme solo per divertimento, solo per non restare soli e l’unica cosa che ci accomunava era il continuo bisogno di quella sostanza che ci faceva dimenticare il mondo intero per qualche minuto.
Stavo tornando a casa da mio fratello, io e lui abitavamo insieme, non con i nostri genitori. Loro si erano trasferiti a Londra per lavoro, mentre noi avevamo voluto a tutti i costi restare in Italia.
Mio fratello era più grande di me di 5 anni, lui ne aveva 21  mentre io ne avevo 16 e si chiamava Jonathan.
Stava frequentando l’Università per diventare psicologo: che brutta cosa!
A parte questo il nostro rapporto era ottimo, solo che lui non sapeva che io, al posto di andare a ripetizioni da Luca, mi vedevo con William. Ah, e un’altra cosa: non sapeva della mia “piccola” dipendenza.
Di solito era appunto lui che andava a parlare con i professori e loro gli dicevano che a scuola non c’ero quasi mai e che quelle poche volte in cui mi presentavo la mia postazione era o fuori dalla porta, o dal Preside.
Non sono stupida, semplicemente non ho voglia di studiare, tanto alla fine passano sempre e solo i figli di papà. E io non lo sono.
Dopo i colloqui le sentivo sempre da Jonnhy, e mi minacciava di spedirmi da mamma e papa, ma poi io facevo gli occhioni dolci e tutto si concludeva con un abbraccio.
Quella sera faceva più freddo del solito fuori e le nuvole contornavano il cielo di quella piccola città.
Stavo camminando tranquillamente e stavo pensando a quanto fossi arrabbiata con Willy per avermi tirato pacco, quando tre ombre mi si stagliarono davanti.
Mi fermai di colpo e alzai la testa: oh no! Pensai.
“Che volete?” chiesi a quei tre energumeni per farla breve.
“Cos’è, ora non si saluta neanche più?” mi chiese Enrico, il capo di quella piccola banda di quartiere.
“Io non saluto le teste di cazzo” risposi poi, passando in mezzo a loro, ma quattro mani mi afferrarono i polsi e mi costrinsero ad inginocchiarmi.
“Senti drogata, questa è la posizione in cui devi stare davanti a me e credo che oggi sia il mio giorno fortunato” sentenziò lui.
Enrico ci aveva sempre provato con me,  ma con scarsi risultati. Per questo probabilmente in quel momento mi trovavo in quella scocciante situazione.
Poi si avvicinò e prendendomi per i capelli mi alzò la testa:
“Tiratela su” ordinò ai suoi scagnozzi da quattro soldi.
Improvvisamente mi ritrovai in piedi con Enrico davanti alla mia faccia.
Mi strinse il viso con una mano e lo avvicinò al suo fissandomi negli occhi: conoscevo bene le sue intenzioni, così gli sputai in faccia in segno disprezzo.
Umiliato mi tirò uno schiaffo, lasciando il segno della sua pesante mano sulle mia pallide guancie.
 
“Che vigliacco! Solo i reietti come te sono capaci di mettere le mani addosso ad una donna in quel modo”.
 
Alzai lo sguardo ed Enrico si girò trovando davanti a se la figura di un ragazzo: era alto, con gli occhi chiari, al buio non riuscivo a capire di che colore fossero in realtà. Ma la cosa che mi colpì di più, oltre alla matassa informe di capelli ricci che si trovava in testa, fu la sua lingua: parlava inglese.
 
“E tu chi saresti?” chiese Enrico con tono arrogante e con una pessima pronuncia.
“Non ti riguarda” rispose il ragazzo prontamente.
“Ricordati, damerino, che tutto ciò che succede qua riguarda me” disse Enrico di rimando.
Poi si avvicinò al ragazzo e lo prese per il colletto spingendolo verso il muro: “ E ora sloggia da qui, prima che ti rovini quel bel faccino da figlio di papà”.
Il ragazzo riccio, invece di andarsene, tirò un pugno sul naso ad Enrico facendolo sanguinare e questo rispose con un pugno nell’occhio.
Approfittai del momento di confusione per liberarmi dalla presa di Mattia e Nicola e poi mi avvicinai ad Enrico picchiettandogli su una spalla. Lui si girò verso di me e io gli tirai un calcio ben assestato nel linguine, tanto che si piegò in due dal dolore.
Il mio “salvatore” mi prese per un polso e cominciò a correre. 
 
 
 
#PRESENTE
 
 
BUM.
 
LUCE.
 
BUIO.
 
LUCE.
 
 
 
BIP BIP BIP BIP
 
 
Suono regolare di qualcosa, luce che mi acceca e immagini confuse e sfocate.
Ho di nuovo un corpo, lo sento, sento che ora c’è un contenitore che vieta alla mia anima di volare e di tornare da lui, dal ragazzo che amo più di ogni altra cosa al mondo.
Apro definitivamente gli occhi e, dopo qualche secondo, riesco ad associare i suoni alle immagini.
 
“SAVANNAH! Dottore, dottore si è svegliata!” questa voce, una voce al quanto familiare.
Riesco finalmente a distinguere dei capelli biondi e degli occhi azzurri che esprimono gioia e sollievo.
“N-n-nial-l” sussurro.
“Savannah! Finalmente! Ora stai tranquilla che arriva il dottore” esclama con voce rassicurante.
Io non riesco a capire che succede, e nemmeno cos’è accaduto prima.
Cerco con la mente di ricordare, di trovare qualche immagine, qualche parola o qualche suono e poi:
 
BUM. “Ti Amo”. BUIO.
 
Sbarro gli occhi ricordando il perché mi trovo qui: un incidente.
La ruota che scivola sulla neve ghiacciata, quel dolce ragazzo riccio che sussurra quelle tenere parole, il buio, la luce e di nuovo lui che mi dice che quello non è il luogo per me e che devo tornare indietro.
 
“Harry!” esclamo con la poca forza che ho e cerco di alzarmi.
Ma Niall mi tiene ferma dicendomi di stare calma e che tutto va bene, ma nei suoi occhi vedo che non è così.
Nei suoi occhi vedo che c’è qualcosa che non va, qualcosa che non vuole dirmi.
 
 
Ma che diavolo sta succedendo?
 
 
 
Allora, comincio a unire i capitoli. Questi li posto su facebook solitamente per questo sono corti, quindi ora vado avanti di due in due come già accennato. <3
 
xx - S <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4/5 - Not like the movies - What has happened to him? ***



#FLASHBACK



Corremmo fino alla fine del vicolo e ci riparammo sotto le impalcature di una casa in ristrutturazione.
Poi vedemmo gli altri 3 correre dalla parte opposta, probabilmente pensavano che ci fossimo riparati al parco.
“Vieni con me che ti metto un po’ a posto quell’occhio” dissi al ragazzo straniero.
Poi lo guidai verso casa mia. Appena entrammo lo feci accomodare in salotto, mentre io mi recai in cucina e presi dal congelatore una bistecca ghiacciata.
Tornai in salotto e lo trovai a guardare le foto mie e della mia famiglia e notai che era al quanto sorpreso.
“Ehm…tieni la bistecca” gli dissi.
Lui si sedette sul divano e se la poggio sull’occhio malato.
“Come ti chiami?” mi chiese improvvisamente.
“Savannah…e tu?” gli chiesi a mia volta.
“Non lo sai?” mi rispose sorpreso.
“Dovrei?” gli chiesi poi.
“Nono ovvio che no…solo che mi sembrava di averti già vista da qualche parte…tutto qui”, ma non sembrava convinto.
Tuttavia decisi di non insistere e lasciai perdere.
“Non mi hai ancora detto come ti chiami però” lo incoraggiai sorridendo.
“H…Hugo” mi rispose balbettando.
“Ok” risposi semplicemente.
“Ehm…devo andare” sentenziò poi.
“Si certo…” dissi.
“Sai, ho notato che non mi hai nemmeno ringraziato” disse con aria ammiccante.
“Beh, avrei potuto benissimo cavarmela da sola” dissi orgogliosa: io non chiedevo mai scusa a meno che non fosse qualcuno a cui tenevo veramente e, non ringraziavo nemmeno. È vero, era sbagliato, il problema è che non mi aspettavo mai nulla da nessuno e tanto meno gli altri dovevano aspettarsi nulla da me. io credo che tutti alla fin fine facciamo tutto per interesse, a parte ovviamente, nei confronti delle persone a cui teniamo e che amiamo.
“Si certo, chissà cosa ti avrebbero potuto fare quelli la se non fossi intervenuto in tempo. Sai, dovresti smetterla di frequentare certa gente” esclamò sorridendo.
Ma io lo presi sul serio e sulla difensiva dissi:
“ E tu chi diavolo saresti per dirmi chi posso o chi non posso frequentare?”
“Mamma mia! Che arrogante la ragazza!” rispose sempre con quello stupido sorriso stampato in faccia: mi stava prendendo in giro. E io odio le persone che mi prendono in giro.
“Senti, sono già incazzata di mio. Forse è meglio che tu te ne vada da qui perché non ti sopporto più. Sparisci!” gli urlai contro.
“Wow, in Italia sono proprio accoglienti eh! Oppure sei tu che hai paura di fare amicizia e ti nascondi dietro questa inutile arroganza?”. Ora aveva proprio esagerato:
“Io non faccio amicizia con i ragazzini viziati come te!” e lo spinsi fuori dalla porta, sbattendogliela poi in faccia.



#PRESENTE


Arriva il dottore per visitarmi e comincia a spiegarmi la situazione: “Lei ha avuto un grave incidente e se l’è cavata molto bene direi, vista la situazione. Si è salvata solo perché il ragazzo accanto a lei ha cercato di proteggerla mettendosi davanti al suo corpo, signorina Everdeen. Il trauma che lei ha subito ci ha obbligati a indurla in una coma farmacologico da cui si è risvegliata senza riportare alcun danno al cervello. L’unico problema ora, sono le sue gambe, non sappiamo in che stato siano. Abbiamo cercato di fare di tutto perché non le perdesse. Deve sapere che nell’ impatto i suoi arti inferiori sono rimasti schiacciati ed è stato difficile tirarla fuori dalla macchina…ma pensiamo che con una buona ginnastica possano tornare a funzionare come prima…” il dottore continua a parlare e dire cose che a me non interessano affatto. Io sono interessata solo a quella frase, quella maledetta frase che ancora non mi ha fatto capire nulla.

Harry mi aveva sempre promesso di starmi accanto e proteggermi e l’aveva fatto anche due mesi fa. Già, sono stata in coma per ben due mesi. Harry, il mio amato Harry, mi ha protetta fino alla fine, come promesso. Ma ora? dov’è lui? Che gli è successo? “Mi scusi dottore, dov’è Harry?Come sta? Che gli è successo?” chiedo improvvisamente interrompendo il suo lungo monologo. “Io, non credo sia il caso di parlarne ora…” lascia la frase in sospeso mettendomi ancora più ansia. “Me lo dica la prego! Mi dica almeno se è ancora vivo! Ho bisogno di saperlo! I - io…per favore!” lo supplico in lacrime. “Beh… ecco…lui… “.



Eccoli qui <3 Noto che ci sono delle visite, ma lasciate anche qualche recensione per favore <3


xx - S <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 6/7 - I'm sorry, but I'm like that - My Love and my Hope will never die ***


#FLASHBACK


Una settimana dopo l’incidente con il tizio ficcanaso le cose erano tornate normali.
A scuola c’ero andata tutta la settimana e mi ero anche messa d’impegno per non rispondere male ai prof.
Un giorno, durante la ricreazione, ero rientrata prima dal giardino interno dopo aver fumato una sigaretta.
Vidi uscire dalla mia classe Enrico, con aria soddisfatta. Sul momento non mi preoccupai affatto della sua presenza.
Due ore dopo entrò la Preside in classe chiedendo a tutti noi di svuotare gli zaini e poggiare il contenuto sui banchi: “E’ solo un controllo formale” disse.
Io, sapendo di non aver nulla da nascondere, presi lo zaino e lo rovesciai sul banco.
Fra i libri e tutte le cose sparpagliate, emerse un pacchettino di carta stagnola.
Alla Preside non passò affatto inosservato, così si avvicinò a me, lo prese e lo aprì, rivelando il suo contenuto: Marijuana.
Sul momento ero al quanto sorpresa, ma non per il fatto che quel pacchetto si trovasse nel mio zaino, ma per il contenuto, per il fatto di essere stata così ingenua.
Ecco perché Enrico si trovava nella mia classe a ricreazione, sicuramente quella era stata la sua piccola vendetta per l’accaduto della settimana prima.
Mi sorprese il fatto che avesse calcolato tutto alla perfezione: l’erba in totale era un grammo, ne più ne meno, in poche parole:
“L’uso di queste sostanze a scuola, signorina Everdeen, è assolutamente proibito, non mi interessa l’uso che ne fa fuori dall’edificio, la salute è sua e decide lei, ma qua dentro…qua dentro è qualcosa di assolutamente VIETATO!” urlò la Preside.
“Tuttavia la quantità è stata pesata ed è un grammo, ovvero la quantità massima legale per uso personale qui in Italia. Quindi non verrà arrestata. Secondo me se lei si impegnasse di più e lasciasse perdere queste cavolate sarebbe una promessa scolastica. Non ho intenzione perciò di rovinare la sua fedina penale e nemmeno quella scolastica appunto. Non farò denuncia, ma la sospenderò per due settimane. E mi ringrazi, fosse stato qualcun altro, non avrebbe avuto la mia stessa clemenza”. Detto ciò mi fece uscire dallo studio e fece successivamente entrare mio fratello a cui spiegò l’accaduto.
Probabilmente in quel momento nessuna scusa avrebbe tenuto, quindi ero propensa a raccontargli la verità, la dura verità sulla mia vita al di fuori delle mura casalinghe. 

“Non so che dire Savannah, ammettere che mi hai deluso profondamente sarebbe rivelare solo una misera parte di ciò che provo ora nei tuoi confronti”. 
Eravamo arrivati a casa, ormai, e sapevo che comunque prima o poi mi avrebbe sgamata, infatti ero rimasta impassibile. Ovviamente mi dispiaceva averlo deluso, però ormai mi ero rassegnata al fatto che prima o poi sarebbe successo se non avessi eliminato la mia dipendenza, tra l’altro quasi impossibile da sradicare senza l’aiuto di qualcuno e anche in quel caso avrei dovuto dirlo a mio fratello.
“Sarà inutile che ti dica che quella roba non era mia…” affermai poi decisa a raccontargli tutta la verità.
“Beh, che dire! Non hai provato minimamente a difenderti prima di adesso e quindi perché non dovrebbe essere vero? Anzi, hai anche detto alla Preside che la roba era tua! “ esclamò.
“Sai perché non ho tentato di difendermi? Perché dire che mi avevano incastrata avrebbe portato ad andare fino in fondo alla verità! E sarebbe stato peggio Jonathan! E sai perché? Perché la verità è che io non faccio uso di Marijuana, ma di qualcosa che è ancora più forte, illegale e pericoloso!” svuotai il sacco, tanto ormai non avevo più nulla da perdere.
Mio fratello rimase sul momento spiazzato, chissà che tipo di difesa si sarebbe aspettato. Probabilmente di tutto, tranne questo.
“Che…che droghe usi?” mi chiese balbettando.
Feci per aprire bocca, ma lui mi interruppe scuotendo la testa e agitando le mani:
“No, non lo voglio sapere! Non è a me che darai tutte le spiegazioni nei minimi particolari”.
“Cosa intendi?” chiesi confusa.
“Intendo che lo spiegherai a mamma e papà, quando fra tre giorni sarai da loro. A Londra. Mi dispiace Savannah, ma io non riesco più a controllarti”.




#PRESENTE



“Beh…ecco…lui”.
“Dottore la prego!” lo supplico ancora.
“E’ vivo, ma…” non lo lascio continuare perché cerco di tirarmi su a sedere e poi lo abbraccio. Non mi interessano ne i se ne i ma, basta che lui sia vivo. Poi il resto lo affronteremo insieme, come sempre.
“Savannah, è vivo ma…ma non sappiamo se si risveglierà dal coma e nel caso in cui ciò accadesse non sappiamo che danni celebrali potrà riportare”.
Questo però è un colpo basso, fino a prima pensavo che sarebbe andato tutto bene, che ormai fosse fuori pericolo, invece è ancora in coma e forse ci resterà tutta la vita.
Scoppio a piangere, non riesco a spiegarmi perché, perché proprio adesso che andava tutto bene è successo questo!
Ha riscontrato i danni più gravi solo per salvarmi. A questo punto potevo morire solo io, tanto non sarebbe importato a nessuno tranne a Jonnhy forse e forse un po’ anche ai miei genitori, forse a loro sarebbe rimasta solo un po’ di amarezza, ma l’avrebbero colmata col lavoro che li rende più orgogliosi della loro stessa figlia.
Lui invece ha le fans, chissà come si sentiranno poverine, sicuramente penseranno che sia stata tutta colpa mia. In effetti è così. Si, è tutta colpa mia! Non avrebbe dovuto mettere da parte il concerto con i ragazzi per venire a vedere la mia partita. Se fossi stata meno egoista ora sarebbe ancora con i suoi amici e le fans, invece di ritrovarsi a metà fra la vita e la luce della morte. Un sorriso amaro compare sul mio viso: ho davvero paragonato la morte alla luce? Già, l’ho fatto, ma forse è proprio così, più che altro a me è apparsa così. E forse se lui è ancora nel buio a vagare, forse c’è la possibilità che torni indietro da me e dalle persone che lo amano. Ora sono io che mi devo prendere cura di lui, proprio come lui ha sempre fatto con me.
“Dottore , voglio vederlo, la prego!” dico implorante al medico.
“Si certo, aspetta qui però” dice e poi svanisce lasciandomi da sola in quella bianca stanza d’ospedale, che a me pare grigia e nera, perché piena della mia tristezza e del mio senso di colpa. Ma in mezzo a questo buio riesco a scorgere ancora un barlume di luce che non si è spento: la MIA speranza.




Perfavore recensite! Anche se non vi piace Please!!!! <3


xx - S <3

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