T a y l o r ' s F a m i l y

di __lesbianquinn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** S u d d e n l y ***
Capitolo 2: *** S u d d e n l y - p a r t e 2 ***
Capitolo 3: *** S h e ' s - n o t - a - p r i n c e s s ***
Capitolo 4: *** B e l i e v e - i n - m e ***
Capitolo 5: *** Y o u - m a k e - m e - s m i l e ***



Capitolo 1
*** S u d d e n l y ***


S u d d e n l y
 
1
E' così che accadono le cose. Improvvisamente. Niente è sicuro, bisogna essere sempre pronti al peggio, nella vita. Forse è un pensiero troppo pessimista, ma è l'unica cosa che riesco a pensare mentre mi trascino per i corridoi della scuola. Tutti gli sguardi sono puntati su di me, ma non come vorrei io. Le risatine fanno male, certo, ma quello che mi fa più male è vedere la pena e la pietà negli occhi di chi mi incontra. Le battute ironiche sono dolorose, ma è ancora più doloroso sentire quel "povera" sussurrato dalle labbra di chi mi guarda anche solo per caso. Raggiungo la mia aula preferita, quella dove i ragazzi che fanno il coro possono esercitarsi liberamente. Mi siedo sul piccolo sgabello nero e, dopo aver tolto lentamente la pezza verde che copriva i tasti leggermente ingialliti, inizio a suonare. Chiudo gli occhi, prendendo un respiro profondo e lasciando che le mie mani si muovano da sole, liberamente, senza pensare a nulla. La mia mente si svuota, ma senza riuscire a liberarsi del tutto, c'è ancora una parola che mi tormenta. Improvvisamente. E' da anni che tutto accade così, all'improvviso. La separazione dei miei genitori e il cambiamento improvviso di mia madre; il litigio dei miei fratelli e il loro continuo chiedermi favori senza mai fare qualcosa per me; la grave malattia del nonno; il brutto rapporto che ho con la maggior parte dei membri della mia famiglia. E' stato tutto improvviso. Ma io resisto, anche se non so come riesco ancora a sopportare tutto questo. Il suono della campanella mi fa smettere bruscamente di suonare, ma soprattutto di pensare. Apro gli occhi e mi volto verso la porta con il busto, puntando il mio sguardo sulla figura snella che si trova con la schiena appoggiata al muro. Mia sorella non è solita parlarmi a scuola, dice che si rovinerebbe la reputazione, eppure ogni giorno alla fine delle lezioni mi viene a recuperare, per poi tornare a casa insieme. Lei è alta, magra e fa il terzo anno; ha dei lunghi capelli lisci e su un biondo molto scuro, tendente al castano; i suoi occhi, contornati dalla matita nera, sono di un verde molto scuro; le sue labbra sono sottili e un po' più scure del solito grazie al rossetto non molto scuro che tanto ama. E' così diversa da me. Io, a parte il fatto che sono di un anno più piccola di lei, sono di poco più bassa di lei, ma lo stesso molto alta; i miei capelli sono corti fino a metà collo, mossi e di un castano molto scuro, quasi nero; anche io ho gli occhi verdi, ma, a differenza di quelli di mia sorella, i miei sono molto chiari, tanto che a volte, quando c'è bel tempo, diventano quasi azzurri. Mi alzo lentamente dallo sgabello, prendendo poi la mia borsa a tracolla e stringendola al petto; mi avvicino a mia sorella e, in silenzio, ce ne andiamo. Tutte le persone che incontriamo si fermano a salutare mia sorella, degnandomi di uno sguardo solo per poter ridere di me. «Katy, sbrigati», queste sono le uniche due parole che escono dalle mie labbra. Mia sorella, però, mi ignora completamente, ridendo divertita con le sue amiche e parlando di cose come vestiti alla moda e trucchi nuovi. Ecco cos'altro non abbiamo in comune. Lei è futile. E' bella e sa di esserlo, si vanta in continuazione e, cosa che mi fa imbestialire, le va sempre tutto bene. Mamma e papà la perdonano per tutto, a scuola anche se non studia riesce sempre a cavarsela e riesce ad ottenere quello che vuole solo con un sorriso e un paio di risatine. Vedo un altro gruppo avvicinarsi a noi e mi viene voglia di urlare, soprattutto nel notare che in quel gruppo c'è l'unico essere umano in grado di innervosirmi di più di mia sorella, Erik, un pomposo ragazzo di quarto. E' molto alto, muscoloso, anche se non troppo; ha i capelli mori, molto corti; gli occhi castani con delle sfumature verdi sono puntati su di mia sorella e sembra che le facciano i raggi x; le sue labbra sottili sono alzate in un piccolo sorriso malizioso. Sbuffo pesantemente e stringo con forza la tracolla della borsa nella mano sinistra, facendo sbiancare le nocche. «Io vado a casa», dico senza neanche provare a trattenere l'irritazione. Facendo così, purtroppo, attiro l'attenzione del ragazzo, il quale accenna un piccolo sogghigno. «Oh ragazzi, c'è la sorellina di Katy», dice lui con voce falsamente dolce. Stringo con più forza le mani a pugno, digrignando i denti. Accenno un sorriso ironico, puntando i miei occhi nei suoi. «Mi chiamo Eveline, ma tu puoi anche evitare di chiamarmi in qualsiasi modo. Sai, la mia vita non finisce qui solo perché un pomposo idiota del quarto non mi rivolge la parola». La mia voce è leggermente più forte del solito, come a sottolineare la mia sicurezza. Le persone mi conoscono solo come l'insicura e timida sorellina di Katy ed io odio quando mi chiamano così. Io non sono solo la sorella di Katy e la cosa che mi innervosisce è che nessuno tenta di capirlo. «Io vado a casa, Katherine, tu raggiungimi quando la finirai con ... un attimo, com'è che li chiami solitamente? Ah si, con l'inutile plebaglia», mi sono stufata di stare in silenzio e di non rispondere a tutti gli insulti. Sorrido falsamente a mia sorella, la quale mi guarda sbalordita, poi lancio uno sguardo ironico ad Erik, il quale mi guarda con un misto tra divertimento e irritazione. Ignoro gli altri, mi volto e me ne vado, passandomi una mano tra i capelli, in un gesto che faccio solo quando sono nervosa. Ecco che torna di nuovo quella parola. Improvvisamente. Perché si, il mio comportamento di poco prima è stato realmente improvviso, ho stupito anche me stessa. Sorrido compiaciuta e mi dirigo verso casa. Ci metto una decina di minuti, poi busso alla porta. Come al solito devo aspettare un po' prima che qualcuno si decida ad aprirmi. Alzo un sopracciglio nel vedere d'avanti a me la fidanzata di mio padre. Fannie è una donna giovanile, molto bassa e magra; lunghi capelli mori e mossi; due occhi castani e labbra sottili piegate in un sorriso cordiale. Dopo il primo momento di stupore le sorrido a mia volta, piegandomi di poco per poterle baciare una guancia. «Ciao Fannie, papà non c'è?» Chiedo sorridendo ancora, entrando in casa e guardandomi attorno, dopo aver posato la tracolla sulla piccola sedia collocata all'ingresso. «No Eve, Ryan è dovuto rimanere a lavoro, per questo sono qui. Mi ha chiesto di venire a farvi un po' di compagnia», la sua voce dolce mi da una risposta che non volevo avere. Sospiro e mi volto verso di lei, sorridendo ancora. In fondo non sono burbera come dicono i miei fratelli, anzi, mi piace essere cordiale e gentile con tutti ... con quelli che se lo meritano, almeno. Non faccio in tempo a dire nulla che dei passi che provengono dalle scale mi distraggono. Mi volto e, sospirando, punto il mio sguardo su due figure maschili. «Dovevo aspettarmelo che eravate voi, scendete le scale con la grazia di una mandria di bufali impazziti», saluto così due dei miei fratelli. Dan e Gabriel sono più grandi di me di due anni e, fortunatamente, non frequentano la mia stessa scuola. Sono gemelli e sono davvero insopportabili, sebbene con loro abbia un rapporto migliore di quello che ho con mia sorella. Sono alti quanto Katy e hanno un fisico asciutto; i loro capelli castani sono leggermente lunghi, niente di esagerato; hanno gli occhi di un castano molto caldo, quasi del colore del miele. Io adoro il loro sorriso, per quanto a volte può risultare fastidioso, è molto luminoso e contagioso, così come la loro risata. «Sempre dolce, sorellina», mi risponde Dan con un sorriso, avvicinandosi a me e stampandomi un sonoro bacio sulla guancia. So che è lui semplicemente perché, dei due, è quello più affettuoso. Gabriel si limita ad alzare un sopracciglio e accennare un sorriso ironico. «Perché tu non ti senti quando sali in camera? Sembri l'ippopotamo con il tutù della Disney», dice invece lui, senza trattenere il divertimento provocato dalla sua stessa battuta. Non ho il tempo di rispondere perché il rumore della porta che sbatte mi distrae. E' mia sorella. Butta a terra la cartella e punta i suoi occhi su di me, avanzando. Ha l'aria di qualcuno davvero infuriato. Alzo un sopracciglio, guardandola tranquillamente. In fondo lei se la prende sempre con me per qualsiasi cosa. «Sei per caso impazzita?» Mi domanda con la voce che è diventata improvvisamente più acuta. Alzo anche l'altro sopracciglio, sempre più sconvolta. «Come, scusa?» Chiedo a mia volta, cercando di capirla. «Non fare la finta tonta, Eveline! Mi hai umiliata d'avanti a tutti i miei amici», esclama con la voce sempre più acuta. Penso che si riferisca a quello che avevo detto prima. Sospiro e porto le mani sui fianchi, iniziando ad innervosirmi. «Ah, perché tu non mi umili tutti i giorni da quando andiamo a scuola insieme? E poi non ho fatto nulla che poteva umiliarti così tanto, ho solo risposto al tuo caro amico idiota», le rispondo a tono. Subito dopo c'è solo il silenzio. Katy mi guarda stupita, così come i due gemelli e Fannie, spettatrice silenziosa di quel teatrino. «Sono stufa di dover fare la parte dell'inutile sorellina di Katy la grande, sono stufa di essere presa in giro dai tuoi stupidi amici». Non so come mai, ma non riesco a controllarmi. In questo momento sento solo di doverle dire tutto quello che provo. Lei alza un sopracciglio e sorride ironica. «Sei solo invidiosa perché tu non hai amici». La sua voce è secca e velenosa. Mi colpisce forte, dritta al petto, come mille frecce appuntite. Deglutisco a vuoto e la guardo negli occhi, sentendo tante, troppe emozioni percorrermi il corpo. La cosa più brutta è che lei non sembra neanche dispiaciuta per quello che ha detto. Non rispondo più, le do le spalle e, velocemente, mi allontano, salendo le scale e andando a rifugiarmi in camera mia. Fortunatamente Dennis, mio fratello più grande, ha l'appartamento al college, quindi non sono costretta a dividere la camera con quella stupida viziata di Katherine. Mi butto sul letto e abbraccio il cuscino, chiudendo gli occhi e canticchiando a bassa voce. Non piango, non urlo, non rompo niente, non è da me farlo; me ne sto tranquilla a canticchiare con gli occhi chiusi, immaginando una vita migliore, un futuro più tranquillo, un futuro lontano da qui.

Spiegazioni:

Questa, come ho già detto, è una storia completamente inventata da me, che tratterà soprattutto i "problemi" in famiglia, tematiche familiari. E anche se qualcosa accadrà ad un singolo componente della famiglia, ci sarà sempre il legame familiare sottolineato in questa storia. Spero possa piacere.

Distinti Saluti:
 
LesbianQuinn

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Capitolo 2
*** S u d d e n l y - p a r t e 2 ***


S u d d e n l y - p a r t e 2
 
2
«Se Eveline crede che la vita sia troppo facile per me si sbaglia. Non sa quanto può essere difficile essere me. Devo svegliarmi presto la mattina per fare tutti i trattamenti adatti, la mia pelle ha bisogno di un ottima idratazione e poi devo essere sempre impeccabile a scuola, quindi devo scegliere i vestiti adatti, il trucco adeguato e la pettinatura giusta. Non è semplice essere sempre la più popolare, è un titolo da difendere con le unghie e con i denti, questa è una cosa che Eve non può capire». Sbuffo sonoramente, non la sopporto più. E' tutto oggi che non fa altro che parlare di questa storia con le sue amiche e non si è neanche resa conto che sto proprio dietro di lei. Sospirando accavallo le gambe e do un morso alla mia mela, distogliendo lo sguardo da Katy e dalle sue oche di compagnia. Sento dei passi, ma li ignoro e torno a leggere il mio libro, sfiorando le pagine bianche con i polpastrelli. I passi sono sempre più vicini e, infine, qualcuno si siede vicino a me. Aggrotto le sopracciglia, confusa, ma non alzo lo sguardo. Nessuno si è mai seduto vicino a me a pranzo, sono sempre stata da sola, quindi mi stupiva e non poco quella situazione. «E' maleducazione ignorare qualcuno», è una voce maschile, bassa e che non nasconde una punta di ironia. Alzo un sopracciglio e sposto di poco la testa, puntando i miei occhi verdi sulla figura che si trova al mio fianco. Per un momento ho sperato che si trattasse semplicemente di un brutto sogno, ma poi mi sono resa conto che è vero, che lui è qui vicino a me. Sospiro e poi sorrido ironica, guardandolo con aria di sfida. Sono indecisa se mandarlo a quel paese o se prenderlo a schiaffi. Alla fine opto per una terza scelta: ignorarlo. Scrollo le spalle e torno alla mia lettura, spostando di poco i capelli dall'altro lato per poter vedere meglio. Posso quasi sentire il respiro accellerato del ragazzo che inizia ad innervosirsi e un sorriso compiaciuto mi spunta sul volto. E' una sensazione nuova, questa: per una volta sono io ad ignorare chi mi ha sempre trattata male e chi ha sempre fatto finta che io non esistessi. Certo, sono confusa, non capisco perché si è avvicinato a me se mi ha sempre ritenuta una vera e propria perdente. Sento un sospiro e sono più che sicura che non è uscito dalla mia bocca, ma da quello dell'insopportabile ragazzo che ancora non si decide ad andarsene. La sua mano entra nella mia percezione visiva, sfiorando il mio libro con le dita. Alzo un sopracciglio e mi volto verso di lui, sempre più confusa. «I segreti di Nicholas Flamel l'immortale», la sua voce è bassa, quasi un sussurro, mentre legge il titolo del libro che ultimamente mi sta prendendo tanto. Sorride e non posso fare a meno di pensare che si sta preparando a lanciarmi qualche battuta delle sue. «Hai già raggiunto la casa di Ecate, a quanto pare. Beh, ti consiglio di continuare a leggere, perché qui si fa più interessante». Aggrotto le sopracciglia, Erik mi sta davvero parlando del libro? Deve essersi accorto della mia espressione, perché alza un sopracciglio e mi guarda divertito. «Che c'è? Guarda che so leggere», dice tranquillo, poi posa le mani sul tavolino e fa per alzarsi, ma sembra ripensarci perché si abbandona al suo posto e si avvicina di poco a me. «Lascia perdere quello che dice tua sorella, lo sai come è fatta», la sua frase è un sussurro talmente basso che mi chiedo se l'ha detto davvero o se l'ho immaginato io. Poi, come se nulla fosse, si alza e si allontana. Lo guardo per un istante, poi scuoto la testa e sospiro, dando un ultimo morso alla mia mela e tornando al mio libro, abbandonando i pensieri e la confusione recatami da quell'idiota di quarto.
 
3
«Cosa?! No, te lo puoi scordare!», la mia voce non è mai stata così acuta, ne sono consapevole. Cammino a passo svelto, raggiungendo in fretta il cancello della scuola e superandolo, aumentando la mia andatura, come se volessi seminarla ... peccato che è mia sorella e viviamo insieme. «E dai Eve, quanto ti costa? Insomma, devi solo coprirmi con papà, non devi fare nulla se non ... », la sua voce, invece, non è mai stata tanto irritante ed è molto difficile che lo sia più delle volte precedenti, visto che Katy ha vinto il primo posto per la persona più irritante dell'intero Pianeta. L'arrivo di tre ragazzi mi fa ricredere. Sbuffo pesantemente e alzo gli occhi al cielo. Katy ha vinto solo il secondo premio, il primo è andato di diritto a quell'insopportabile scimmione del quarto. «Io vado», dico in modo frettoloso a mia sorella, la quale si limita a guardarmi cercando di intenerirmi e farmi cedere. Scuoto energicamente la testa, facendole capire che è inutile insistere. Lei sbuffa. «Ne riparliamo a casa», è la sua voce quella che mi segue mentre mi allontano lentamente. Sospiro e mi volto appena. «Tanto la mia risposta è sempre no», le rispondo ad alta voce. Per pensare a lei mi scontro contro qualcuno, facendo cadere così i miei libri. Mi chino e li raccolgo in modo frenetico, borbottando un paio di scuse. «Va tutto bene?», sento una voce maschile, deve essere del tipo con il quale mi sono scontrata. Annuisco distrattamente, poi mi alzo e, senza guardarlo, me ne vado.
 
4
Chiusa nella mia camera riesco a trovare una pace e una tranquillità che in tutta la giornata non riesco ad avere. A scuola è anche inutile provarci, riesco a trovarlo solo quando suono o mi ritrovo a cantare con il coro della scuola, per il resto nulla. Certo, devo dire che oggi la giornata è stata molto meglio delle precedenti. In classe i miei compagni mi rivolgevano la parola e alla lezione di storia, per la prima volta, qualcuno si è seduto al mio fianco di sua spontanea volontà. Sposto i vestiti che avevo posato sulla sedia il giorno prima, poi mi siedo e prendo i libri, iniziando a studiare, ringraziando il Cielo per il fatto che casa è completamente libera, se non conto Dennis, il quale è venuto per stare con noi un paio di giorni. Mentre sto sottolineando le cose più importanti del capitolo di storia, all'improvviso sento il campanello. Non mi preoccupo; gioco distrattamente con una ciocca di capelli, attorcigliandola al dito, senza distogliere l'attenzione dai miei compiti. Quando però sento la voce di mio fratello non riesco a continuare. «Se cerchi Katy mi dispiace avvertirti che non c'è», ecco quello che dice. Sento tutto il disgusto che usa con quelle parole e mi viene da ridere, anche lui, come me, detesta il fatto che le persone vengano solo ed esclusivamente per parlare con mia sorella. Scuoto la testa e torno a leggere. «Veramente cercavo Eveline», una voce maschile che mi sembra di aver già sentito mi distrae nuovamente dallo studio. Mi alzo di scatto, facendo rumore con la sedia; sgrano gli occhi e socchiudo le labbra, cercando di capire come mai qualcuno è venuto a casa solo per cercare me, io non conosco nessuno che non siano i miei insegnanti dei corsi avanzati o di musica. «Ah ... », dal suo tono di voce riesco a capire che anche Dennis è stupito. «Beh ... è in camera sua, la prima a destra salendo le scale», dice infine e questo mi fa sgranare maggiormente gli occhi. E' davvero mio fratello quello che ha appena invitato un ragazzo a salire in camera mia? Lui è la fotocopia di mio padre ed è sempre stato molto protettivo con me, deve essere il fatto che è stato preso alla sprovvista, se no non lo avrebbe mai mandato da me. «No, non vorrei disturbarla, so che non ama le sorprese e sicuramente starà studiando», la voce del ragazzo non è ironica o sprezzante, sembra quasi dolce, amichevole. Senza quasi rendermene conto esco dalla camera e mi sporgo per le scale. Da qui non posso vedere nulla, ma sento meglio. Un verso molto simile ad un sorriso mi raggiunge, ma non so se venga da mio fratello o dall'altro ragazzo. «Può solo darle questo libro, per favore? Le è caduto mentre usciva da scuola», continua quella voce che aveva un qualcosa di familiare. Alzo un sopracciglio e mi mordo il labbro inferiore. Deve essere quel ragazzo con il quale mi sono scontrata mentre tornavo a casa. «Certo», dice semplicemente Dennis, parlando lentamente. Non sento più nulla, solo un saluto cortese e una porta che si chiude. Non appena sento l'ultimo rumore scendo di corsa le scale, guardando mio fratello(lui è un ragazzo molto alto; i capelli sul castano scuro quasi nero, come i miei, e gli occhi verdi molto chiari, solo un po' più scuri dei miei) con gli occhi spalancati, senza neanche provare a mascherare lo stupore.
 
5
«Ti prego!», esclama mia sorella, seguendomi in camera. Sbuffo sonoramente e mi siedo sul letto, incrociando le gambe e portando le braccia attorno alle ginocchia. Alzo lo sguardo e lo punto su di lei, che è rimasta in piedi vicino alla soglia della porta, con una mano sul fianco e l'altra che si muoveva freneticamente vicino al suo viso. «Eve, ho bisogno del tuo aiuto, lo sai che se papà lo viene a scoprire mi ammazza!», continua con la sua voce lamentosa e troppo acuta per i miei gusti. «Mi dici perché ti dovrei coprire mentre vai ad una festa dove ci saranno persone più grandi di te di anni?», chiedo in modo ironico, alzando un sopracciglio e sorridendo in modo altrettanto ironico. Un sospiro esce dalle sue labbra, poi si siede d'avanti a me, guardandomi negli occhi. «Perché papà non mi darà mai il suo permesso. Ti prego Eve, devi soltanto reggermi il gioco. Lo sai che papà chiederà a te per essere sicuro che la mia versione sia vera. Chissà perché di te si fida», dice a bassa voce, per poi borbottare le ultime parole. Il mio sorriso ironico si allarga. «Forse perché io non ho mai saltato la scuola, non sono mai tornata a casa dopo il coprifuoco e non ho mai incendiato un parco?», domandai sarcastica, facendola sbuffare. «Ti prego, Eve!», esclama per l'ennesima volta, quasi mi fa pena. Sospiro e mi sposto sul letto, portando una gamba dietro il mio corpo e l'altra a penzoloni sul letto. «E va bene», cedo, sospirando per l'ennesima volta. Faccio solo in tempo a vedere il sorriso radioso di mia sorella, poi vengo assalita da lei stessa in uno strano abbraccio e in una valanga di "grazie" acuti al mio orecchio.

Spiegazioni:

Sono subito qui, devo dire che non ci ho messo molto ad aggiornare, forse perché, per adesso, ho molta ispirazione. Spero di continuare ad averla. In questo capitolo spunta l'unico fratello che ancora non avevo fatto arrivare, ovvero Dennis, il maggiore. E, oltre a lui, c'è anche un nuovo personaggio che sarà molto importante nella storia. Spero di essere stata chiara e chiedo scusa per eventuali errori.

Distinti Saluti:
 
LesbianQuinn

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Capitolo 3
*** S h e ' s - n o t - a - p r i n c e s s ***


S h e ' s - n o t - a - p r i n c e s s
 
6
«Come ti è saltato in mente di fare una stupidagine simile?!», la voce di mio padre potrebbe essere paragonata ad un tuono. Lui è un uomo alto quasi due metri e dalla presenza ... ecco ... imponente, diciamo così. Sospiro pesantemente e mi lascio scivolare sulla sedia bianca, passandomi una mano tra i capelli. Non posso crederci che Katy sia stata così idiota da fare una cosa simile. Avevo accettato di coprirla e di dire a papà che era una semplice festa di compleanno di una sua amica e che c'erano anche i genitori, fino a qui tutto è andato liscio. Katy è andata alla festa, ma due ore dopo ci è arrivata una chiamata dalla centrale di polizia. «Ti rendi conto di cosa hai fatto? Disturbo alla quiete pubblica, atti vandalici e atti osceni in luogo pubblico», mio padre è su tutte le furie e non posso di certo biasimarlo. Mia sorella ha la testa bassa, il volto coperto dai capelli e le spalle si alzano e abbassano velocemente, segno che sta per piangere. Mi mordo il labbro inferiore, poi mi alzo con uno scatto e mi metto tra lei e papà, guardando quest'ultimo dritto negli occhi. «Papà, non punire Katy. Lei ... lei non voleva andarci a quella festa, sono stata io a convincerla», dico dopo aver preso un respiro profondo, cercando di non esitare molto. Mio padre sgrana gli occhi, guardando prima me, poi lei e infine di nuovo me. E' furioso ed io so che mi aspetta una grande punizione. Non posso crederci di averlo fatto. Mi sono messa nei guai per qualcosa che aveva combinato mia sorella.
 
7
Sono seduta sul letto della mia camera, una coperta avvolta attorno alle spalle e un libro sulle gambe, mentre leggo di quello che è successo dopo l'arrivo alla casa di Ecate. Devo ammettere, non con poco stupore, che Erik aveva ragione, questa è una scena molto interessante. Sento un lieve bussare alla porta. «Avanti», dico semplicemente, senza neanche alzare la testa. Sento un ticchettio e capisco subito chi è. Katy si siede ai piedi del mio letto e allora distolgo lo sguardo dal libro e lo punto su di lei. Si sta contorcendo le mani e mordicchiando l'interno delle labbra. «Volevo ... volevo ringraziarti», il suo è un sussurro, ma vale molto più di qualsiasi altra parola. Sorrido e mi avvicino a lei, mettendo da parte il libro. Le circondo le spalle con un braccio, posando la guancia sulla sua spalla, chiudendo gli occhi quando sento il suo braccio attorno al mio corpo che mi stringe a lei. «Che sarà mai una settimana senza uscire se non per andare a scuola? In fondo già lo faccio di mio», cerco di sdrammatizzare, ridacchiando. Sento un verso simile ad una risata uscire da lei, poi un sospiro. «Si, ma ... », inizia, poi prende un respiro profondo. Apro gli occhi e li punto su di lei, in silenzio. « ... mi dispiace», conclude in un sussurro, per poi sorridere e abbracciarmi meglio, più forte. Mi mordo il labbro inferiore, cercando di trattenere le lacrime. Non ho mai avuto un bel rapporto con lei e vederla così grata e allo stesso tempo dispiaciuta per me è davvero una bella cosa. Mi stringo forte a lei, chiudendo nuovamente gli occhi e godendomi il momento.
 
8
Sono passati tre giorni da quel piccolo inconveniente alla centrale, dove mi ero presa la colpa di Katy, e con mia sorella le cose vanno alla grande. Non siamo mai state così unite. Stiamo tutto il giorno a parlare, a scuola addirittura non mi ignora più, cerca di farmi entrare nel suo gruppo, anche se non è quello che voglio. Scendiamo le scale insieme, ridendo per via di una cosa che mi ha appena raccontato su una sua amica, poi ci sediamo al tavolo in cucina. Dan e Gabriel ci guardano quasi sconvolti, poi sospirando ci passano la colazione. Lei si versa un po' di succo d'arancia e prende un cornetto, mentre io ho il mio caffè e due fette biscottate con la marmellata. Alzo un sopracciglio, rendendomi conto che la mia colazione era già pronta al mio posto. Guardo i gemelli, i quali hanno due reazioni differenti: Dan, sono sicura che sia lui, mi sorride dolcemente e mi fa l'occhiolino; Gabriel, invece, si gira dall'altra parte, alzando le spalle, fingendosi indifferente. Rido appena e inizio a fare colazione, tranquilla come mai sono stata in tutta la mia vita. Sembra che, finalmente, tutto stia andando meglio e la ruota della fortuna stia iniziando a girare per davvero, passando anche dalla mia parte. Dopo aver finito mi alzo, porto il piatto e la tazzina nel lavandino, le lavo e poi salgo in camera mia, seguita subito da Katy. Non appena si chiude la porta alle spalle la mia espressione cambia immediatamente. Sospiro e mi mordo il labbro inferiore, andando a sedermi sul letto. Ieri, mentre parlavamo in camera sua, mi ha fatto una domanda inaspettata. "Eve, ti piace qualcuno?", questo mi aveva chiesto. Io avevo sgranato gli occhi, poi ero arrossita leggermente, cosa che faccio ogni volta che si tocca un argomento di quel tipo. Avevo scosso la testa con forza, ma lei aveva frainteso il mio atteggiamento, così mi aveva convinta a prometterle che il giorno dopo, ovvero oggi, avrei risposto alla sua domanda. «Allora?», la sua voce mi riporta alla realtà. La guardo e noto il suo sorriso leggermente malizioso. Sospiro e mi passo una mano tra i capelli, spettinandoli. «No, Katy, non mi piace nessuno», rispondo tranquillamente. Lei sbuffa e si siede - forse sarebbe meglio dire che si butta - sul mio letto. «Dai Eve, è impossibile che non ti piaccia nessuno!», esclama con la sua solita voce acuta che mi da ai nervi. Almeno questo non è cambiato ... e non cambierà mai. «Ma è così, Katy, mettiti l'anima in pace», rispondo sorridendo ironica. Automaticamente la mia mente vaga, cercando qualcosa che mi faccia essere sicura di quello che ho detto. «Anche se ... », sussurro quasi senza rendermene conto. Immediatamente mia sorella si illumina e le sue mani si stringono al mio braccio. Sospiro. «Ti prego di non ingigantire la situazione e, soprattutto, di non dirlo a nessuno», inizio, terribilmente seria, guardandola negli occhi. Lei annuisce, poi sorride ampiamente, facendomi capire in modo silenzioso che devo continuare. Sospiro ancora, cercando le parole adatte da usare. «Non mi piace assolutamente, ma, tre giorni fa, Erik ha fatto una cosa ... beh ecco, che mi ha confusa un po' ... », ammetto, arrossendo leggermente non appena mi rendo conto che ho davvero confessato una cosa tanto privata a mia sorella. Senza neanche rendermene conto mi ritrovo a raccontarle tutto, filo per segno, e lei, stranamente, si rivela comprensiva e per niente ironica.
 
9
Cammino lentamente per i corridoi della scuola, stringendo il mio libro al petto, mentre parlo con una simpatica ragazza del mio stesso corso di scrittura creativa. Si chiama Marie, è bassina e molto magra; i suoi capelli sono lunghi fino alle spalle, molto mossi e sul rossiccio; ha gli occhi di un castano luminoso, con delle pagliuzze gialle. Ci siamo ritrovate per caso a parlare durante la lezione, scambiandoci informazioni utili per finire il compito che ci era stato assegnato, e poi, non si sa come, ci siamo ritrovate a parlare di altro, dei nostri interessi e via dicendo. Vedo mia sorella seduta al solito tavolo con le sue così dette amiche, mentre ride in modo acuto e, per me, fastidioso. Sospiro e mi siedo al tavolo dietro di loro, come al solito, ma questa volta non sono sola, infatti Marie si siede al mio fianco, sorridendo e tornando a parlare del libro che sto leggendo. All'improvviso sento qualcosa contro la mia spalla e mi volto di scatto, giusto in tempo per vedere Erik superarmi ridendo. «Ed ecco il capo scimmione che fa la sua entrata in scena», dico acida, senza neanche preoccuparmi del tono di voce e del fatto che, probabilmente, mi ha sentita anche lui. La mia amica - oddio, mi fa strano dirlo - ride e inizia a mangiare le sue verdure. Sorrido appena, poi mangio anche io ... o meglio, ci provo. «Ehi, sorellina di Katy, hai qualcosa da dire?», la voce tremendamente fastidiosa del pallone gonfiato mi distrae. Faccio per rispondergli, ma poi mi ricordo quanto fastidio gli aveva dato giorni prima quando lo avevo ignorato, così mi limito a sorridere falsamente e tornare a mangiare. «Non capisco perché faccia così», sento chiaramente la voce di mia sorella, così alzo lo sguardo e lo punto su di lei. Katy muove lentamente la forchetta, poi porta l'insalata alle labbra e mastica piano, per poi ingoiare. «In fondo tu le piaci», dice come se fosse la cosa più normale del mondo. Torno a mangiare, ignorando i loro discorsi. «Cosa hai detto?», chiedono le sue schiavette quasi in coro. Questo dovrebbe allarmarmi, ma, stranamente, neanche ci faccio caso. «Che a Eveline piace Erik», risponde con la sua voce acuta, sorridendo tranquillamente. Sospiro e scuoto la testa, è sempre la solita K ... un attimo, che ha fatto? All'improvviso tutti si voltano verso di me e le reazioni sono diverse: le amiche di mia sorella bisbigliano tra di loro, guardandomi; i ragazzi ridono e fanno battute poco carine, mentre quel tonto di Erik piega di poco le labbra in un sorriso divertito; Katy mi sorride, ma è strano il modo in cui lo fa, è quasi come se mi volesse fare capire che non è stato un incidente. Stringo i denti, per poi mordermi con forza il labbro inferiore, scuotendo appena la testa, in un movimento quasi impercettibile. Lei, come se nulla fosse, torna a parlare con i suoi amici, scherzando e, probabilmente, ridendo di me.
 
 
Spiegazioni:
 
Prima di tutto vorrei dire che il titolo di questo capitolo, ovvero S h e ' s - n o t - a - p r i n c e s s, si riferisce a Katy e al fatto che non è una brava ragazza, per niente, e che combina tanti, forse troppi, casini.

Ciao a tutti. In questo capitolo spero di aver fatto capire meglio il personaggio(meschino, aggiungo io) di Katy e quello(di buon cuore) di Eveline. Ho aggiunto la prima amica di quest'ultima e anche lei avrà una bella parte. 

Mano a mano tutti i componenti della famiglia saranno sempre più presenti, a partire dai gemelli e dall'aggiunta Fannie.

Spero vi possa piacere.

 
Distinti saluti.
LesbianQuinn.

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Capitolo 4
*** B e l i e v e - i n - m e ***


B e l i e v e - i n - m e
 
10
«Non posso crederci che lo hai fatto!» Inizio a detestare anche la mia voce quando diventa così acuta, ma non è il momento di pensarci. Butto con forza la tracolla sulla sedia, rischiando anche di farla ribaltare a terra, poi mi volto di scatto verso mia sorella, incenerendola con lo sguardo. «Ti ho già detto che mi dispiace», la sua voce non è mai stata così intrisa di falsità, lo sento. Assottiglio lo sguardo e prendo dei respiri profondi, prima di fare qualcosa di cui sicuramente mi pentirò. «Finiscila di mentire, Katy! Tu sei così, è inutile che fai finta di essere dispiaciuta, non ti esce bene!», quasi urlo. Non ho mai dato di matto per le cose che mi faceva mia sorella, ma questa volta ha proprio esagerato. Tra l'altro Erik neanche mi piace, se fosse stato così avrei accettato meglio la bravata di Katy. «Ed io che ti ho anche difesa con papà! Mi sono presa la tua colpa, lui ora non si fiderà più di me e per cosa? Solo per parare il culo ad un insopportabile e stupida oca giuliva!», non riesco a trattenermi, le mie urla sono così forti che sento le corde vocali quasi bruciarmi. Sento dei passi provenire dalle scale, ma li ignoro. «Attenta a quello che dici», mi risponde guardandomi male. A queste parole le scoppio a ridere in faccia, con una tale cattiveria che mai avevo avuto. «Se no cosa mi fai? Mi hai già rovinato la vita, Katy. La mia vita è uno schifo ed è solo colpa tua!», urlo ancora, per poi darle le spalle e salire di corsa le scale. «Non voglio vedere nessuno per le prossime quattro ore!», urlo per l'ennesima volta, questa volta rivolta a tutti quelli che si trovano sotto il mio stesso tetto in questo momento. Entro in camera e sbatto con forza la porta, chiudendo poi a chiave. A differenza da tutte le normali ragazze della mia età non scoppio a piangere, non urlo - anche perché l'ho già fatto abbastanza -, non prendo a pugni nulla. Mi siedo d'avanti alla tastiera professionale che mi ha comprato papà per il mio compleanno, metto le cuffie e inizio a suonare, senza sentire così gli svariati squilli al mio cellulare.
 
11
Fare la strada per arrivare a scuola da sola non è brutto né deprimente, è sicuramente meglio di farla in compagnia di quell'oca di Katherine ... o anche di farla scortata dai miei fratelli, come la sto facendo ora. Raggiungiamo il portone della scuola e mi volto verso di loro. «Grazie ragazzi, ma in classe posso arrivarci sola», dico sorridendo ironica. I due si scambiano una strana occhiata. Divento seria, sospirando e guardandoli con attenzione. Sorrido dolcemente e mi avvicino a loro, abbracciando prima uno - inutile dire che Gabriel si è staccato dopo neanche mezzo secondo - e l'altro. «Siete dolci a preoccuparvi per me, ma io sto bene», dico seriamente, poi li saluto ed entro nell'edificio. Non ho mai avuto così tanti occhi addosso, è una sensazione assolutamente orribile. Le risatine, gli insulti, persone che mi indicano, tutto terrificante. Mi stringo nelle braccia e cammino velocemente verso la classe di spagnolo, incrociando così Marie, la quale mi saluta con un sorriso. Almeno questo non è cambiato e lei non mi tratta come tutti gli altri. «Ascolta Eve, ieri ho parlato con il professore di canto ... », inizia a parlare, sorridendomi appena. Alzo un sopracciglio, sembra nervosa. « ... e lui mi ha detto di chiederti se ... insomma, si, se ti andava di cantare una canzone come solista alla nostra piccola esibizione di sabato, come apertura dell'assemblea», mi spiega velocemente. Ora capisco perché è tanto nervosa, teme che io dica di no ... e fa bene, perché non potrei mai cantare d'avanti a tanta gente. Socchiudo le labbra e faccio per risponderle, ma vedo mia sorella e le sue amiche passarci d'avanti. Mi guardano, poi scoppiano a ridere, compresa quella stupida di Katy. Basta, mi sono stufata di essere la timida ragazzina insignificante dell'istituto. Prendo un respiro profondo e mi volto verso Marie. «Ci sto».
 
12
«Sono una stupida, sono una stupida, sono una stupida. Come ho potuto anche solo pensare di riuscirci? Non posso, io ... non posso». Sabato è già arrivato, il tempo è passato in fretta, troppo direi. Ora mi trovo dietro le quinte del piccolo palcoscenico che abbiamo in auditorium, a camminare nervosamente avanti e indietro sotto gli occhi di Marie e di altri componenti del coro, muovendo freneticamente le mani d'avanti al mio viso, senza smettere neanche un attimo di ripetere "sono una stupida". Il preside, dopo aver fatto un suo breve discorso, ci invita a salire sul palco ed esibirci. Prendo un respiro profondo e, senza riuscire a farne a meno, passo gli occhi su tutti i ragazzi seduti in auditorium. Sono tanti, troppi direi, è tutta la scuola, compresi i professori, ed io ... io non ce la posso fare. Il mio sguardo cade su Katy, la quale sta ridacchiando con le amiche, lanciandomi di tanto in tanto qualche sguardo. No, non mi posso tirare indietro. Devo dimostrare a lei, e anche a me, che io posso farcela. Prendo l'ennesimo respiro profondo, poi mi volto verso i ragazzi e faccio un cenno con il capo. Il pianoforte suona e, come al solito, la sua musica mi rilassa, mi calma, mi trasforma. «I'm losing myself», inizio a cantare. La mia voce è bassa, anche se amplificata dal piccolo microfono posizionato su di me e sul coro. «Trying to compete», continuo, chiudendo gli occhi e sentendo il cuore battere all'impazzata. «With everyone else ... instead of just being me». Solo adesso mi rendo conto di quanto questa canzone possa essere perfetta per me. Per paura di non essere in grado di competere con gli altri non sono mai stata me stessa e ora voglio rimediare. «I don't know where to turn», la mia voce si fa più forte, la mano destra si chiude a pugno attorno ad un pezzo di stoffa dei miei pantaloni bianchi. «I've been stuck in this routine», continuo a cantare, sentendo il cuore battere sempre più forte, mischiandosi con il dolce suono della musica. «I need to change my ways ... instead of always being weak». Dio, è vero anche questo. Devo cambiare il mio modo di fare, devo smetterla di avere paura, io non sono una debole. Apro di scatto gli occhi, ma non ho il coraggio di guardare le persone che ho d'avanti, così mi volto verso Marie, la quale mi sorride, come a darmi forza. «I don't wanna be afraid, I wanna wake up feeling beautiful ... today». Non posso crederci, ce la sto facendo. La mia voce è ancora più forte di prima, segue le note del pianoforte e, sembra strano detto da me, ma mi piace. «And know that I'm okay, 'cause everyone's perfect in unusual, ways you see ... », canto e sorrido. Si, mi apro in un sorriso sereno, spensierato, sono contenta di aver rischiato a modo mio, di aver sfidato la mia paura. « ... I just wanna believe in me», finisco il ritornello e il coro fa la sua parte. Sorrido ancora, muovendomi appena sul palco. Ormai è come se mi trovo alle semplici prove, dove posso liberarmi di tutti i miei problemi, cantare con il cuore e svuotare la mente. «The mirror can lie, doesn't show you what's inside». Lo specchio può rifletterti, ma non può mostrare quello che hai dentro. Mentre canto questa piccola frase mi volto verso Katy. Il mio sorriso è sparito; i suoi occhi sono puntati su di me, è seria. «And it, it can tell you your full of life». Quasi non presto attenzione alla mia voce, a quella dei miei compagni o alle dolci note del pianoforte, sono troppo presa a guardare mia sorella. «It's amazing what you can hide ... just by putting on a smile», cantando questa frase mi apro in un sorriso, un misto tra finsione e realtà, perché sono contenta che l'esibizione stia andando bene, ma non riesco ad essere del tutto felice, avendo d'avanti un membro della mia famiglia che, da egoista qual'è, non mi sostiene solo perché, in questo momento, i riflettori sono puntati su di me. Ed è proprio come penso, perché lei ora si alza e, senza degnarmi più di uno sguardo, se ne va. Parte il ritornello ed io non vedo l'ora di terminare la canzone e di andarmene a casa mia. «I'm quickly finding out I'm not about to break down ... not today», cantare questa frase mi ha fatto rendere conto che non posso perdere l'entusiasmo per la mia vittoria contro la paura per colpa di un oca egoista. «I guess I always knew that I had all the strength ... to make it through», dopo di questo ancora il ritornello, ma con un piccolo cambiamento, un cambiamento che, senza rendermene conto, sta avvenendo anche in me, anche se solo per un istante: «Now I believe in me».
 
13
L'auditorium si svuota lentamente, mentre ragazzi e ragazze non fanno altro che parlare tra di loro su quello che hanno appena visto: la piccola dei Taylor, la timida e insicura Eveline, ha tirato fuori le unghie e la voce, cantando come solista all'assemblea. E' così euforica che quasi non presta attenzione alle parole del preside e dei rappresentanti di istituto, così come gli altri alunni, tra l'altro. Esce velocemente dall'aula, seguita dalla sua amica Marie, ridendo spensierata, senza rendersi conto di un paio di occhi azzurri che la guardano da lontano e di un sorriso che si è appena disegnato sul volto di uno dei ragazzi del quarto anno, il quale viene subito raggiunto da alcuni dei suoi amici, che lo allontanano così dai pensieri che, da molto ormai, gli riempiono la testa.
 
 
 
Spiegazioni:
 
La canzone che canta Eveline è Believe in me di Demi Lovato, canzone che, tra l'altro è anche nel titolo del capitolo.

Ciao gente. In questo capitolo si può notare come ha reagito Eve dopo la cattiveria fatta dalla sorella e come decide, a modo suo, di sfidare se stessa e di mettersi in mostra, anche solo per un paio di minuti.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se non capite qualcosa basta dirlo.

 
Distinti saluti.
LesbianQuinn.

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Capitolo 5
*** Y o u - m a k e - m e - s m i l e ***


Y o u - m a k e - m e - s m i l e
 
14
«Non puoi ignorarmi a vita, Eveline!», la voce acuta e dal tono leggermente isterico di mia sorella mi segue, mentre io, come se non ci fosse una pazza che mi urla dietro, scendo le scale con un grosso sorriso. «Buon giorno papà», saluto, avvicinandomi a lui e baciandogli la guancia, passando una mano tra i suoi capelli mori. Ieri abbiamo parlato, io e lui, e ho chiarito sulla questione della festa, spiegando a papà che mi ero presa la colpa per una cosa che aveva fatto Katy. Forse è stato da meschini, ma non mi va di perdere la fiducia di mio padre a causa di una stupida oca. Lui accenna un piccolo sorriso, non è fatto per le dimostrazioni d'affetto, ma, a suo modo, mi dimostra sempre quanto bene mi vuole. Mi siedo e do un morso alla fetta biscottata che è già pronta nel piatto, per poi bere un sorso di caffè. Mi volto verso sinistra, dove trovo uno dei gemelli intento a prepararsi lo zaino, cosa che avrebbe dovuto fare ieri. Mi mordo il labbro, indecisa, poi sorrido. Il modo migliore per distinguerli? Mi alzo di scatto e corro verso di lui, abbracciandolo da dietro e facendolo sobbalzare. Lui si rilassa non appena si rende conto che cosa è successo, poi si volta e mi stringe a se, accarezzandomi i capelli. Sorriso ancora, chiudendo gli occhi e godendomi quell'abbraccio. «Grazie per la colazione», sussurro, senza muovermi di un centimetro. Lo sento ridere e così apro gli occhi, puntando il mio sguardo su di lui, confusa. «Veramente la colazione te l'ha preparata Gabriel», mi risponde tranquillo, facendo poi un cenno con la testa verso le scale, dalle quali sta scendendo giusto adesso il suo inseparabile gemello. Sorrido ironica. «Mi sembrava, infatti, che il caffè fosse troppo acquoso», dico ad alta voce, guadagnandomi così un occhiataccia e un grugnito da parte di mio fratello, cosa che mi fa ridere. Per quanto in questi anni ci sia successa una cosa brutta dopo l'altra, riusciamo sempre a dare una parvenza di normalità. Dan e Gabriel sono essenziali per me e papà, ovvero le due persone in famiglia che più soffrono di questa situazione. Lui, per quanto bene possa volere a Fannie, ha amato profondamente la mamma ed essere lasciato su due piedi è stato davvero distruttivo per lui. Io, essendo la più piccola, ero quella più legata a mia madre ... vederla allontanarsi all'improvviso da tutta la famiglia, anche da me, non è stato per niente facile. I due gemelli ci tirano su di morale con i loro scherzi e il loro buon umore sempre presente, ma io so che dietro quelle risate, dietro quegli scherzi, si nasconde una grande sofferenza anche per loro. «Vado a scuola», annuncio tranquilla, mettendomi di poco sulle punte e baciando la mascella a Dan; a passo svelto raggiungo Gabriel, non prima di aver accarezzato velocemente la spalla di papà, e lo prendo per un braccio, trascinandolo verso la porta; con pochi passi anche il primo ci raggiunge, prendendomi sotto braccio. E' diventata una bella abitudine, quella di essere accompagnata da loro, così come è diventato semplice ignorare Katy ... questo non vuol dire che non sia doloroso, ci soffro molto, ma mi sono stufata di stare ai suoi comandi.
 
15
Il professore di canto ci ha dato un compito per domani, ovvero portare una canzone a nostro piacimento che esprimi un sentimento profondo. Picchietto la matita contro le labbra, giocando nervosamente con il laccetto della mia felpa grigia, muovendo il piede della gamba accavallata, ovvero quello destro, in modo circolare. Non so proprio che canzone preparare, per come sto ora ne farei una deprimente o una sull'odio tra sorelle - ne esiste una su una sorella che odia un'altra sorella? -, sono disperata. Sospiro pesantemente e porto la testa all'indietro, chiudendo gli occhi. «Cerchi l'ispirazione?», una voce maschile, stranamente familiare, mi distrae dai miei pensieri. Apro gli occhi e, sempre in quella posizione, lo osservo. E' molto alto, ha un bel fisico; i capelli corti sono neri e due splendide pietre azzurre sono puntate su di me. Arrossisco leggermente nel rendermi conto di cosa sto pensando e anche del fatto che sto ancora in questa stupida posizione. Mi alzo di scatto dal gradino e mi volto verso il ragazzo, il quale mi sorride cordialmente. «Ti conosco per caso?», chiedo senza riuscire a trattenermi. Purtroppo sono fatta così, non rifletto prima di parlare. Il suo sorriso si allarga e porta la mano destra dietro la nuca, sfregandosela appena. «Non proprio», risponde piano. Alzo un sopracciglio, guardandolo in silenzio, aspettando una sua spiegazione. Lui sospira, poi sorride ancora e mi porge la mano. «Sono ... », inizia, ma non fa in tempo a presentarsi perché qualcuno si avvicina a noi. Sospiro e alzo gli occhi al cielo, vedendo mia sorella e le sue amiche. «Eve cara», la voce falsamente dolce di mia sorella mi da il voltastomaco. Arriccio il naso e trattengo, non so come, un verso disgustato. Mi volto verso il ragazzo e accenno un piccolo sorriso. «Ora devo andare, magari parliamo un'altra volta», dico tranquillamente, poi lo saluto con un cenno della mano e mi allontano, ignorando completamente l'esistenza di mia sorella.
 
16
«Papà, lei mi ignora!», la voce acuta di mia sorella mi raggiunge in soggiorno, seppure lei si trovi in camera sua. Sbuffo sonoramente e porto la matita sulle labbra, mordicchiandola poi appena, cercando di concentrarmi. «Vorrei poter fare lo stesso anche io», borbotta uno dei gemelli, passando da dietro di me e raggiungendo la cucina. «Chi ci vieta di farlo?», ed ecco che spunta anche l'altro gemello, con un tono di voce più allegro e spensierato; rido appena, scuotendo la testa, poi torno al mio foglio ... bianco. Non riesco a trovare una canzone per il compito di domani. Il campanello mi distrae ancora una volta e, sbuffando, mi alzo dalla sedia e trascino i piedi sino a raggiungere la porta, per poi aprirla. I miei occhi sono puntati dritti in quelli del ragazzo di fronte a me; le mie labbra sono serrate e formano quasi una linea sottile. Butto fuori l'aria con il naso, cercando di calmarmi e di non desiderare di prendere a schiaffi lo scimmione d'avanti a me solo per cancellargli quell'insopportabile ghigno. Mi volto dandogli le spalle. «Dan, Gabriel, chiamate la principessa sul pisello, c'è qualcuno che la cerca», dico ad alta voce, subito dopo aver visto sbucare le teste dei miei fratelli dalla cucina. «Chi ti dice che sono qui per Katy?», chiede il ragazzo dietro di me con quella sua insopportabile voce; mi volto nuovamente, guardandolo, e noto con orrore che - oltre al fatto che il suo stupido ghigno è rimasto - è troppo vicino a me. Senza riuscire a trattenermi storco le labbra e faccio un passo indietro, disgustata dalla sola idea di averlo tanto vicino. «Per l'ennesima volta, Erik ... », inizio, incrociando le braccia sotto al petto e guardandolo seria negli occhi. « ... tu non mi piaci», concludo, marcando con forza tutte e quattro le parole. Se lo deve mettere in testa: io non lo sopporto; per me è un viscido, arrogante, presuntuoso e per niente attraente, gorilla del quarto anno. Sento dei passi e, in poco tempo, mia sorella mi supera e butta le braccia al collo del ragazzo, sorridendo in modo troppo stucchevole. «Ciao», gli sussurra con voce che dovrebbe essere sensuale, e poi lo bacia. Non riesco a trattenere un verso disgustato e mi giro dall'altro lato, per poi allontanarmi da quella scena da incubo.
 
17
«Ed io non solo mi ritrovo la regina delle oche sotto il mio stesso tetto, ma devo anche vedere ogni giorno il padrone delle scimmie. Aiutami, Mar», la mia voce è sottile, bassa; mi volto verso la mia amica, guardandola quasi disperata. Lei mi sorride dolcemente, poi mi abbraccia, accarezzandomi i capelli. Lei sa quanto mi fa male questa situazione, ma non perché mi piace Erik - cosa che non potrà mai accadere -, perché non posso ancora crederci di quanto sia egoista mia sorella; a lei importa solo di quello che può allietare la sua già perfetta vita, non le interessa di me o degli altri membri della famiglia. Ci stacchiamo dall'abbraccio e noto il gruppo dei palloni gonfiati passarci vicino, subito dopo vedo quel bel ragazzo che mi si è avvicinato ieri. Deve aver notato che lo sto guardando, perché si volta verso di me e si apre in un sorriso smagliante. Arrossisco leggermente e ricambio il sorriso, per poi distogliere lo sguardo, imbarazzata. Marie ha notato tutto, infatti fa per parlare, ma l'arrivo dell'oca capo e delle sue seguaci la blocca. Mia sorella gioca distrattamente con una ciocca di capelli, sorridendo ironica e guardandomi negli occhi. «Ti devo parlare», mi dice. Non so perché, ma questa volta non la ignoro. La mia amica, insieme a quelle di Katy, si allontana e ci lascia da sole. Sospiro e mi siedo sui gradini, subito seguita da lei. «Cosa vuoi dirmi?», le domando, girando di poco la testa e puntando i miei occhi nei suoi. «Ti ho vista: guardavi Alexander», risponde accennando uno strano sorriso, un sorriso che non promette nulla di buono. Alzo un sopracciglio. «Chi sarebbe Alexander?», chiedo, confusa. Lei, semplicemente, mi indica il ragazzo di prima con un cenno della testa. Ah, quindi si chiama così. Sorrido appena, ironica, tornando a concentrarmi su mia sorella. «Quindi?», la incito a continuare, sono curiosa di capire dove vuole arrivare. «Devi stargli alla larga», dice semplicemente, alzando le spalle. Il mio sopracciglio si alza sempre di più. «E perché?». Giuro, non riesco davvero a capire dove vuole arrivare. «Piace a me», la sua risposta mi spiazza. Non riesco a trattenermi, mi alzo di scatto e la guardo stupita. «Se ti piace quel ragazzo perché allora stai con Erik?», le domando a bassa voce; anche se sono sconvolta, non voglio che altri sentano la nostra conversazione. Lentamente si alza anche lei, sorridendo divertita. «Perché mi annoio». Questo è troppo. Stare con un ragazzo perché ci si annoia, tra l'altro quando si è convinti che quel ragazzo piace alla sorella - anche se non è vero -, è assurdo. «Oh e quindi combatti la noia facendoti ficcare la lingua in gola da quel dolce gorilla?», chiedo sprezzante, senza riuscire a trattenere l'ironia e l'acidità. «Non deve interessarti», risponde forse più acida di me. Prendo un respiro profondo e incrocio le braccia sotto al seno. «Comunque non so perché mi stavo preoccupando», parla tranquillamente, sorridendo ironica e aggiustandosi i vestiti. «Tu non potresti piacere mai ad un ragazzo, figuriamoci ad uno bello e popolare come lui», conclude, poi si allontana, lasciandomi sola con un grosso peso allo stomaco e tanta rabbia.
 
18
Il professore è stato gentile, con me: mi ha dato la possibilità di pensarci un altro giorno, ma per domani il compito deve essere assolutamente pronto, se no mi metterà un brutto voto ... ed io non posso avere un brutto voto. Sbuffo sonoramente, spostando con un gesto seccato della mano gli spartiti sul pianoforte, ma così facendo alcuni di essi scivolano a terra. Scendo dallo sgabello e mi piego sulle ginocchia, raccogliendo velocemente quei fogli caduti, quando sento dei passi e nel mio campo visivo spuntano delle scarpe. Aggrotto le sopracciglia e alzo lo sguardo, trovando subito quello di un ragazzo, o meglio del ragazzo che piace a Katy. Mi sorride e mi prende per mano, per poi aiutarmi a tirarmi su. Sento che sono arrossita appena, come al solito, odio questa mia timidezza. «Grazie», dico piano, passandomi una mano tra i capelli e posando gli spartiti sul pianoforte. Lui mi sorride ancora, poi si siede sullo sgabello, spostandosi verso la fine e facendomi segno di sedermi vicino a lui. Mi mordo il labbro inferiore e lo imito; le nostre spalle si sfiorano, sento il tessuto della sua camicia sfregare contro quello della mia maglietta. «Qualcosa non va?», mi chiede a voce bassa, guardandomi dritta negli occhi. Ricambio lo sguardo, anche se sono un po' imbarazzata per via della situazione. «Ho un compito importante per domani e non ho idea da dove iniziare», gli spiego, poi sospiro e gioco distrattamente con una ciocca di capelli. «Andrà a finire che domani porterò la sigla di un cartone animato, anzi no, la canzoncina sulla droga del cartone di Pollon, il professore mi metterà un due, mio padre mi rinchiuderà in casa per sempre ed io invecchierò non riuscendo a superare il secondo anno». Non riesco a frenare, le parole vorticano velocemente fuori dalle mie labbra e solo quando sento il ragazzo ridere mi rendo conto della cavolata che ho appena detto. Il risultato? Arrossisco ancora di più, ovviamente. Sento la sua mano sfiorare la mia, per poi prendermela con decisione e rivolgermi un sorriso sereno, ma anche divertito. «Sai ... mi fai sempre sorridere», mi sussurra con una tenerezza che mai nessuno - al di fuori dei componenti della mia famiglia - ha mai usato con me. Inizialmente mi sento arrossire sempre più, poi però sgrano gli occhi e, infine, sorrido ampiamente. «Ma certo!», esclamo e, in preda all'eccitazione del momento, lo abbraccio con uno scatto, portando le braccia dietro il suo collo. «Sei un genio!», dico ancora, per poi staccarmi dall'abbraccio e guardarlo negli occhi, sorridendo entusiasta. «Grazie», concludo, poi mi avvicino a lui e gli bacio la guancia. Forse sono troppo esaltata, ma non ci posso fare nulla. Mi alzo velocemente e, dopo avergli sorriso un ultima volta, esco velocemente dalla stanza, decisa a tornare a casa e a trovare il testo di quella canzone.
 
 
 
 
Spiegazioni:
 
Il titolo del capitolo è il titolo di una canzone, la stessa che Eve sceglie di cantare per il compito del professore.

Ciao gente. In questo capitolo spero di aver reso un po' più chiara la posizione dei due gemelli, ma saranno molto più presenti mano a mano. Ecco che arriva ancora il ragazzo dolce che avrà molto a che fare con Eve, ovvero Alexander. Nei prossimi capitoli vedrò di dare più spazio anche ad altri personaggi.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se non capite qualcosa basta dirlo.

 
Distinti saluti.
LesbianQuinn.

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